We Are Just Weird Kids In The End

di Iamtheincr0wd
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Fast Times At Clairemont High ***
Capitolo 2: *** Do i know you? ***
Capitolo 3: *** Maybe We're All The Same ***
Capitolo 4: *** Austin/Danny ***
Capitolo 5: *** Alex/Jack/Tay ***
Capitolo 6: *** Mrs. Brightside [Naomi/Emily] ***
Capitolo 7: *** You Don't Know What It's Like [Kellin/Vic] ***
Capitolo 8: *** Hospital for souls ***
Capitolo 9: *** Il Will Try To Find My Place, In The Diary Of...Emily? ***
Capitolo 10: *** No One Knows What To Say ***
Capitolo 11: *** You Could've Been Number One ***
Capitolo 12: *** One Of Those Crazy Girls ***
Capitolo 13: *** Open This Fucking Pit Up ***
Capitolo 14: *** That's What You Get When You Let Your Heart Win ***
Capitolo 15: *** Take A Breath And Let The Rest Come Easy ***
Capitolo 16: *** Somebody That I Used To Know ***
Capitolo 17: *** And I Look Back In Regret ***
Capitolo 18: *** You Don't Want Me No, You Don't Need Me ***
Capitolo 19: *** Fall Down, I'll Wrap My Arms Around You Now ***
Capitolo 20: *** Don't Make Me Sad, Don't Make Me Cry ***
Capitolo 21: *** You Left Me Kneeling ***
Capitolo 22: *** The Calm ***
Capitolo 23: *** The Storm ***
Capitolo 24: *** The Flood ***
Capitolo 25: *** *breve messaggio dell'autrice* ***



Capitolo 1
*** Fast Times At Clairemont High ***


Saranno state le sei quando suonò la sveglia di Emily. “Cazzo” disse con un lamento mentre si stropicciava gli occhi. “Oggi si ricomincia!” disse tra se e se. Sbuffò di nuovo mentre si alzava dal letto. Si preparò in fretta e in silenzio per non svegliare la sorella. “Dove vai?” chiese con uno sbadiglio. “A scuola” rispose veloce Emily, non avevano un gran bel rapporto. Con tono lamentoso la sorella Katy continuò “Sono le sette, ci metti dieci minuti ad arriv…” “Vado a scuola.” Rispose secca Emily. Prese la borza e uscì di casa.



Tay impiegò quasi un’ora ad asciugarsi i capelli. Aveva una frangia enorme oramai ma doveva fare di tutto per apparire perlomeno carina il primo giorno di scuola, sapeva di non esserlo, ma almeno voleva provarci. “Taylor scendi o farai tardi a scuola” solita frase da madre “arrivo mamma” solita frase da figlia. Prese lo zaino e scese di fretta, mise le cuffiette e si avviò verso scuola.



“Sbrigati Alex dai!” i suoi due amici Zack e Rian continuavano a urlare sotto la finestra e a prenderlo in giro “Zitti coglioni!” disse lui ridendo, e gli tirò giu lo zaino “stronzo!” urlarono loro. “Alexander William se ti azzardi di nuovo a urlare parolaccie alla finestra non vedrai piu quei tuoi stupidi amici” il biondo rise “si mamma” le diede un veloce bacio sulla guancia “vado, a dopo” lei con uno sguardo rassegnato disse “ciao alex” e la porta si chiuse.



Bussarono alla porta. La madre di Naomi aprì “Naomi? C’e Marina alla porta, dovete andare a scuola” “scendo adesso” rispose la ragazza. “vieni entra” disse poi educatamente la madre all’amica “non si preoccupi la aspetto qui” disse sorridendo “oh dammi del tu, tesoro”. Naomi e Marina si conoscevano da tanto ma lei si ostinava a dare del lei a sua madre “oh si ovviamente” Marina cercava sempre di essere educata. “Eccomi,diamoci una mossa” Disse poi Naomi scendendo di fretta le scale “Sbrighiamoci, ciao ma’ “ e chiuse la porta.



Vic aspettava il fratellino Mike impaziente sul divano. Non potevano fare tardi, era il loro primo giorno di scuola in questo nuovo paese. Per Mike il primo anno per Vic il secondo ma non conosceva comunque nessuno, essendosi appena trasferito. “Sono pronto” disse poi il piu piccolo, e entrambi salirono sull’auto della madre che li portò a scuola.



“Kell! Kell! Kellin esci da quel fottuto bagno, muovi il culo e vai a imparare qualcose se ti faccia levare dalle palle nel minor tempo possibile” urlò il padre prendendo a pugni la porta del bagno. Il ragazzo uscì ancora mezzo disordinato. La voce del padre di calmò un po “Vai a scuola avanti, cosi ti t…” “trovi un lavoro e me ne vado si ho capito” rispose in tono ironico il ragazzo. Il padre stava per alterarsi ma Kellin fece in tempo a dire “Lascia perdere. Sto uscendo” e corse via, temendo la reazione del genitore. A quel punto la scuola sembrava una buona via di scampo dalla sua realtà.



Danny aspettava nella sua auto personale che il suo amico Austin uscisse di casa. Non faceva quasi mai favori, ma voleva sfruttare il regalino di suo padre. Austin quando uscì sembro meravigliato, ma poteva aspettarsi tutto da Danny considerati i suoi fondi. “hai anche l’autista ora, Worsnop?” “ti sto facendo un favore Carlile, potresti ringraziarmi” l’amico rise. Danny era viziato e insopportabile, l’unico vero amico che avesse era Austin, gentile di natura, forse troppo,  ma gli voleva bene davvero anche se non sempre lo dimostrava. 

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Capitolo 2
*** Do i know you? ***


“Ahh sento già l’aria scolastica” disse Zack facendo finta di odorare l’aria. “Si esatto odore di canna e sudore” disse più serio Rian. Tutti e tre i ragazzi risero mentre attraversavano il cortile. “Chissà quest’anno chi avremo in classe, l’anno scorso sai che noia!” disse poi Alex. Nel secondo anno le classi sarebbero state totalmente cambiate perciò i tre ragazzi avrebbero avuto tutti compagni differenti dall’anno scorso, fortunatamente loro tre sarebbero rimasti insieme. “Ragazzi!” una voce femminile li chiamava da lontano “Ems!” dissero tutti e tre quasi in coro, la ragazza corse ad abbracciarli! “Ragazzi…ragazzi! Stiamo in classe insieme!” disse Emily con eccitazione “Grandioso!” risposero loro con altrettanto entusiasmo. “Sai chi altro c’è?” chiese poi Rian “Si ecco ho hackerato l’elenco dal sito” rispose e tirò fuori un foglio stropicciato dalla tasca “Allora che io conosca c’e solo Jardine, eravamo amiche alle medie, poi vediamo…non siamo molti uhm Ashby,Barakat, Bruce,Campbell, Carlile,Dawson,Diamandis,Fitch,Fuentes, Gaskarth ,Jardine, Lee,blah blah,Merrick,  Mullins, blabla , Quinn, e poi…Worsnop. Fine” “mai sentito nessuno” fece spallucce Zack. “bene allora entriamo e conosciamoli!” disse sarcasticamente Alex e i tre ora quattro si incamminarono verso l’entrata. Tutti i ragazzi si sedettero in classe guardandosi intorno circospetti, nessuno aveva mai visto i propri compagni se non qualcuno che però si era messo vicino ad esempio Austin e Danny, o Marina e Naomi o il gruppo dei quattro con Zack e Rian seguiti dietro da Alex e Emily. Era il primo giorno percio il giorno in cui si parla, ci si conosce e non si fa nulla, ma l’aria della classe sembrava smorta come se fosse già l’ultima ora di un giorno di verifiche. Il primo professore fortunatamente era quello di sociologia. “Ragazzi!? Che succede? Cos’è quest’aria smorta? È il primo giorno di scuola!” disse provando a essere convincente “come se a lei facesse piacere stare qui” rispose sfacciato il vicino di banco di Jardine, al secondo banco in centro. “Lei sarebbe?” chiese il professore controllando il registro “Bruce” rispose di nuovo il ragazzo con aria di superiorità “Senta…BEN, perdonami se ti chiamo per nome, ma io sono pagato per questo e devo cercare di…” “noi però no perciò non si aspetti di vederci entusiati” rispose di nuovo con tono brusco “Senti Ben coso se non vuoi venire a scuola vai a zappare la terra come un ignorante come te dovrebbe fare” intervenne Danny che non sopportava chi faceva il superiore, perché il maschio alfa della classe doveva essere lui. Ben non disse una parola e si alzò verso Danny con aria minacciosa, allora si alzò anche Austin, che con la sua altezza e la stazza leggermente maggiore di quella dell’altro intimorì Ben. “Piantatela, non fare drammi per niente Ben, il tuo compagno giustamente cercava di difendermi dalla mancanza di rispetto che mi hai portato, ma davvero…” “Worsnop” “…Worsnop, non ce ne era bisogno, Bruce, al posto prego” allora Ben si sedette in silenzio. “Bene allora, dopo questa parentesi, conosciamo già l’amico Ben,facciamo l’appello, alzatevi e fate una piccola presentazione  poi per il resto dell’ora conoscerete il vostro compagno di banco. “io conosco gia il mio compagno di banco!” intimò Rian “ok allora cambiamo i posti” propose il professore “no fermi cos…” disse Emily “chi altro conosce il proprio compagno?” Almeno in dieci alzarono la mano “bene allora scambiatevi allora… Diamandis, vicino a Carlile, Worsnop tu andrai vicino a Dawson, Gaskarth vicino a Barakat, Emily passi vicina a Naomi e tu Merrick  vai nel posto vuoto vicino a Mullins, sistemati ora?” tutti annuirono, non potendo controbattere. Ora avanti, conoscetevi, fatevi domande, riflessioni, tutto quello che volete, parlate tra voi, è quello che sapete fare meglio no?”  Subito la stanza si riempì di confusione ma stranamente tutti quanti eseguivano il loro compito, non che fosse così difficile comunque.

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Capitolo 3
*** Maybe We're All The Same ***


Ognuno parlava con il proprio compagno di banco, alcuni erano timidi, altri piu sfacciati, altri ancora facevano dei veloci domanda-risposta. Austin e Marina sembravano trovarsi bene in un certo senso, sembravano entrambi voler raccontare tante cose che però non avevano il coraggio di dire. “Non ho molti amici, come vedi conosco solo Danny, che è uno stronzo fondamentalmente, ma è l’unico che ho al mondo, poi c’è mia mamma, lei è la mia migliore amica…ok scusa non so perche te lo dico io..” Marina sorrise gentilmente “Tranquillo, io non giudico mai nessuno” dopo questa costatazione Austin sembrava più sicuro, sembrava fidarsi di lei, rimaneva in silenzio ad ascoltarlo con attenzione, senza giudizi o battute, al massimo qualche parola di conforto. “ok ora tocca a te Marina, giusto? Parlami di te” chiese educatamente quasi chiedendo perdono per l’invadenza, in effetti la ragazza sembrava abbastanza a disagio, non perché fosse Austin, ma lei non si fidava di nessun altro se non di Naomi con cui parlava spesso. Cercò di parlare di se meno dettagliatamente possibile, ma in qualche modo, Austin capiva che Marina non era solo quello che stava raccontando, ma non voleva ferirla chiedendole di non mentire. Nel frattempo tutti i discorsi di Danny sui suoi possedimenti sembravano annoiare Rian che era costretto ad ascoltare Danny che parlava di se e unicamente di se come se fosse un re, sapeva che non si sarebbe aperto, ma ora era sicuro che non ne avrebbe avuto l’occasione in nessun modo. Tay era costretta ad ascoltare Ben che parlava delle ragazze che si era scopato e delle droghe che aveva assunto, prima che lui finisse la lista di stupefacenti si alzò e chiese al professore “davvero, prof, l’ho conosciuto abbastanza, posso cambiare posto?” il professore sembrava capire la sofferenza dell’alunna “si certo Jardine, vai vicino a…Lee giusto?” l’altra ragazza annuì e Tay corse subito vicino a lei. “Mi dispiace per il tuo compagno” disse ridendo “A me no” rispose Tay. “io sono Amy” disse poi “Tay” la ragazza porse la mano sorridendo. Cominciarono a parlare del piu e del meno, spettegolarono un casino e anche se non sembrava Amy parlava moltissimo ed era solare e Tay apprese che aveva anche un ragazzo con cui stava da un po e sembrava molto innamorata. Tay non aveva mai avuto un ragazzo e si chiedeva come sarebbe stato averne uno, ascoltando dai racconti di Amy sembrava bellissimo, ma nessuno si era mai interessato a lei. “sono sicura che trovi qualche bel ragazzo” disse rassicurante Amy “non sei male, e guarda questi ragazzi, lo trovi lo trovi credimi” le parole erano rassicuranti ma Tay non ne era molto sicura. Davanti a loro c’erano Vic e Kellin, il primo si era trasferito da poco dal Messico, sapeva la lingua, ma non parlava molto, Kellin neanche voleva parlare, perciò si limitavano a qualche domanda seguita da intervalli di silenzi. Kellin provò con la domanda più stupida che gli veniva in mente “cosa fai nel tempo libero?” a Vic sembrava averlo svegliato quella domanda, come se non aspettasse altro. “Canto” disse poi sorridendo, il che non potè che scatenare un altrettanto sorriso da parte di Kellin, perché in effetti condividevano la stessa passione. “Davvero? Anche io! Che musica solitamente?” “Oh ne scrivo della mia, sennò qualche cover dei Chiodos e band del genere” “percio fai anche post hardcore? Cioè riesci ad urlare?” chiese Kellin “Oh si cioe ci provo” disse ridendo “Gia anche io ci provo” rispose Kellin “ho la voce troppo alta per arrivare in basso” e rise di nuovo. Si trovava bene con lui, ed era bello aver trovato qualcun altro con la sua stessa passione. Jack e Alex ancora non si erano rivolti la parola, il biondo guardava dalla finestra e cercava di chiamare Rian o Zack che però non potevano distrarsi mentre il moro scribacchiava sul banco. Disegnava il logo dei Blink 182. Quando Alex lo riconobbe trovò la curiosità di parlargli “piacciono anche a te?” chiese sorridendo gentilmente. Fu il sorriso di Alex a far venire in lui il coraggio di parlargli. Se ne era accorto da poco, ma provava attrazione per i ragazzi e Alex beh era decisamente molto carino, ma non lo sapeva nessuno e non voleva sputare il rospo subito. Intrapresero una conversazione sulle band preferite e sulla musica un po come Kellin e Vic e anche loro si trovavano in sintonia, soprattutto perche Jack sentiva che Alex gli stava cominciando a piacere in qualche modo. Anche tra Naomi ed Emily c’era un po di tensione iniziale, ma Emily alla fine comincio il dialogo senza un pretesto vero e proprio. “Emily” e porse la mano “Naomi” disse l’altra, e la strinse. “Allora, dobbiamo parlare di noi” cercò di continuare la conversazione “ok io mi chiamo Emily e ho una sorella stronza e un fratellino problematico, amo la musica e divertirmi, mi piaccino le feste, la pizza e sono ossessionata dal mio cappello rosso, mi piacciono i libri come Hunger Games e Shadowhunters e non mi farei nessun problema a farmi Jennifer Lawrence” Naomi non poteva che ridere al tono della ragazza, al suo modo di gesticolare e la trovava…dolce in un certo senso. Sembrava una tipa tosta, una che sta con i ragazzi, ma aveva degli occhi scuri da cerbiatto e quel taglio le dava un aspetto innocente nonostante tutto. Rimase impalata a fissarla per un po prima che lei la ‘svegliasse’. “uhm, ok si tocca a te Naomi” ci mise un po per ricapitolare la situazione “ah si scusa io…io sono Naomi e anche a me piace la musica, anche io ho letto Hunger Games e anche io penso che Jennifer Lawrence sia molto bella però anche tu ciò sei carina e ok scusa io uhm perdonami” tutta la confusione della ragazza fece ridere Emily a cui rimaneva impresse cio che aveva appena detto “anche tu sei carina”. Sorrise tra se e se, era dolce, nessuno glielo aveva mai detto.

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Capitolo 4
*** Austin/Danny ***


Le due ore successive non passarono altrettanto in fretta, ma dopo essersi conosciuti meglio i vari compagni di banco non esitavano a chiacchierare durante le altre lezioni. A ricreazione i vari gruppi però si separarono di nuovo e andavano per la loro strada. Emily con i tre amici e Tay che si era integrata con loro, seguita poi da Amy che li abbandonò subito per stare con il suo ragazzo. Naomi e Marina insieme ma sempre in qualche modo vicine ai quattro, Vic e Kellin parlavano ininterrottamente di musica e Danny tornò da Austin, ma dopo poco si accorsero di essere seguiti da altri due ragazzi, Ben e un altro con i capelli rossi, si chiamava Alan. “Ehi..WHOREsnop! Sei stato fortunato prima non vuol dire che ti risparmio adesso” Si avvicinò a passi svelti, Austin fece per rimettersi davanti ma Danny lo bloccò e andò in contro al moro prendendolo a spintoni “Che cazzo pensi di farmi uh? Non hai capito con chi hai a che fare Bruce, posso farti tornare nel tuo paese d’origine in due minuti a partire da ora” Quelle parole sembravano averlo colpito perché si fermo di colpo senza dire nulla “Ce ne vuole uno per riconoscerne uno” continuò Danny. “ e il tuo accento inganna, ma non capisco perche tutta questa vergogna ad essere Inglese..” Danny cercava di restare sicuro di se ma era effettivamente colpito dalla reazione del ragazzo. “Non capisci, e non voglio che tu capisca, ho capito, andiamo Alan” prese il compagno e si allontanò. Danny continuava a non capire e anche Austin sembrava confuso. “Chissa perché ha reagito così…insomma è inglese non africano, di cosa si vergogna?” chiese “Avrà mille motivi non pensi? Non sono affari tuoi Dan e per la cronaca che problema ci sarebbe ad essere africano? Ti senti superiore ad essere inglese..oh non rispondere lasciamo perdere” Austin sembrava seccato, non sopportava la superiorità di Danny quando diventava razzismo “Apri la mente Danny, non siamo nel 1800, datti un svegliata” con questo si mossero entrambi senza parlare. Passarono poi vicino a Marina e Naomi e Austin salutò timidamente, anche lei fece un sorriso timido. Si erano parlati molto ed effettivamente si era accorto che era una ragazza particolare, ed era disposto ad ascoltarlo. Ultimamente Austin ne aveva di problemi e voleva qualcuno con cui parlare, dato che Danny era ancora troppo egocentrico per ascoltare qualche altra voce che non sia la sua. Naturalmente Marina era anche una bellissima ragazza, ma Austin non la vedeva ancora in quel modo, aveva veramente bisogno di qualcuno che lo ascoltasse. Solitamente aveva la madre, ma ultimamente era molto malata e lui ne soffriva molto, anche lui aveva dei problemi al cuore, nessuno sapeva di entrambe le cose, nemmeno Danny, suo unico amico, e in qualche modo quella ragazza gli ispirava fiducia, avrebbe voluto dirglielo quella mattinata stessa, ma non aveva ancora il coraggio, e poi neanche lei si era aperta tanto, cosa che avrebbe veramente voluto. “Amico hai fatto centro!” disse malizioso Danny “Continua a parlarci e vedrai che..” “Smettila Danny sono ancora arrabbiato con te, e se la volessi come amica? Avrei tanto bisogno di qualcuno che mi ascolta perche tu non lo fai mai!” rispose brusco Austin “Andiamo, l’amicizia è stupida, devi fartela, guarda che bocconcino, per non parlare della sua amichetta e…” “L’AMICIZIA E’ STUPIDA?” urlò Austin. Molti si girarono a guardare “Hai ragione Worsnop, la nostra è stupida! A te non importa di come sto. Se stessi di merda? A te importa solo di te stesso e delle ragazze che ti fai, no anzi, non ti importa neanche di loro, ti importa di te e dei tuoi cazzo di soldi inutili, amico, sarai anche ricco, ma sei solo, io sono stanco dei tuoi comportamenti e ti difendo ancora, ne ho le palle piene. Nessuno ti amerà così ti rendi conto? Nessuno!” disse. E se ne andò. Improvvisamente Danny era solo, come meritava di essere forse? La cosa strana era che le parole di Austin non lo meravigliarono, lo sapeva in fondo che era così, lui e Austin non parlavano seriamente da secoli, o forse non avevano mai parlato davvero. Come stava Austin? Glielo aveva mai chiesto? Danny corse via, ma non dall’amico, andò in un angolo, da solo, dove doveva stare. Austin anche era solo, lui però era ferito. Sapeva che Danny era in torto, aveva solo bisogno di un amico, qualcuno che lo ascoltasse, chiedeva troppo? Nessuno si accorgeva del suo dolore, la sua paura di perdere la madre peggiorava e così le condizioni del suo cuore, voleva qualcuno accanto, ma Danny forse non era l’amico giusto. “Austin?” era la voce di Marina. Il ragazzo si asciugò le lacrime in fretta, non voleva che lei lo vedesse piangere. “Ehi” disse lui con voce ancora strozzata “Ehi Austin che succede?” “oh io niente è Danny è un coglione ma che ci posso fare? Gli amici non si scelgono…io credo” Marina aveva capito che non era solo quello , ma si limitò a sorridergli e dirgli “Senti io, non ti conosco bene, ma sai dovresti trovare qualcuno con cui confidarti, perché si vede che Danny non è molto interessato, ma sei una persona fantastica e non meriti di stare così, io parlo con Naomi ad esempio, è un’amica fantastica. Ho commesso degli errori con lei, ma lei mi ha perdonata e ora ci parliamo tanto. Sa quasi tutto di me e io le voglio davvero bene. E’ veramente una persona perfetta ma ecco non sa di esserlo, anzi, pensa il contrario, è come una medicina. Ma basta parlare di lei, io credo, che ecco tu abbia bisogno di una persona del genere.” Austin rimase un po deluso, da una parte sperava di poter essere lui la persona con cui Marina si sfogasse, ma è ovvio che conoscesse Naomi da più tempo. Non ricevette risposta così si alzò e fece per andarsene. “Spero di esserti stata utile, di solito non lo sono.” Il suo sorriso ora era più triste. “Marina” si girò “Vuoi essere tu?” lei sembrò non capire “Vuoi essere tu la mia…medicina?” faceva strano dire quella parola ad Austin. “Non so essere utile” disse Marina di risposta “Lo sei, credimi, davvero” sembrava implorarlo. Lei si morse il labbro, pensò un po’ e disse “Se tu credi che io sia utile, va bene, puoi parlare con me se vuoi, sono sempre disposta ad ascoltare” e se ne andò “Grazie Marina” urlò Austin. Lei si rigirò sorridendo e corse via. La sera Danny era al bar, al solito. Passava tutte le serate li tra alcol e donne. Di solito c’era Austin, a fargli da spalla, a prendersi l’amica brutta, a portarlo a casa ubriaco e strafatto. Ma ora Austin non c’era al suo posto l’autista che rimaneva li a fissarlo in silenzio. Era imbarazzante, nessuno lo avvicinava con l’autista accanto. Era solo vittima di commenti da altri ragazzi che gli davano del figlio di papà. All’ultimo commento urlò ubriaco fradicio. “Che cazzo ridete eh? Non avete mai visto un ragazzo che beve solo? Che cazzo di problema avete?” barcollava e le parole uscivano a fatica “Levatevi dalle palle! Siete inferiori!Poveracci! Plebei!” un uomo dal bancone rispose “Plebei? Non siamo nell’antica Roma coglione!” Danny andava a sbattere addosso ad altre persone che lo spintonavano, si avvicinava a ragazze che lo cacciavano schifate. In pochi minuti si ritrovò a terra, l’autista provò a riprenderlo e a fermare gli uomini che lo prendevano a calci ma Danny era svenuto e non riusciva a portarlo di peso ne a fermare quegli omoni. “Fermatevi sporchi ubriachi” una voce dal fondo del bar attirò l’attenzione di tutti. Era Ben. “Lasciatelo stare, o dico ai miei di bandirvi dal locale, subito.” Tutti si allontanarono per gli affari loro. Ben con occhiali da sole e sigaretta mezza fumata in bocca si rivolse all’autista “Aiutami a portarlo fuori di qui” . Insieme lo trascinarono fuori dal locale, nella macchina, poi Ben aggiunse “Portalo a casa, e non portarlo più qui, lo dico per lui.” “Il signorino Worsnop frequenta tutte le sere il locale, sarà difficile convincerlo” disse con tono formale l’autista. Ben lo guardo da fuori l’auto. Non sapeva che frequentasse il locale dei suoi un tipo che aveva addirittura l’autista. “Come vuole, a patto che sia accompagnato da me” “Vedrò che posso fare signorino…” “Bruce, Ben Bruce” “…Signorino Bruce” “Chiamami Ben” “Si signorino Bruce” sembrava lavorasse per lui adesso. Ben lo squadrò. “Come vuole. Lo riporti a casa ora” “ovviamente” rispose l’autista. “Buonasera” cercò di essere educato lui ma il tono era ancora sfacciato “Buon proseguimento” l’autista parlò con la solita monotonia. Danny si svegliò appena arrivato davanti alla casa. Non aveva le forze di chiedere cosa era successo e gli faceva male tutto. Salì in camera e mandò un messaggio ad Austin. –Ancora incazzato nero?- Non ricevette risposta. Si buttò sul letto e si addormentò immediatamente.

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Capitolo 5
*** Alex/Jack/Tay ***


Erano passate due settimane, era di nuovo lunedì. Prima ora. Sociologia. C’era un enorme brusio in classe. “Ragazzi! Silenzio” urlò il professore entrando in classe. “Sono molto contento di vedervi parlare tra di voi,e a questo proposito, ho un esercizio da farvi fare, per la vostra gioia, alzatevi in piedi” Tutti i ragazzi si guardavano straniti, che senso aveva alzarsi? “Ora allontanatevi dai banchi, o vi farete male” continuavano a non capire “Prof questa è l’ora di sociologia, non educazione fisica!” disse Zack, sempre molto fissato con la ginnastica “lo so Merrick, ma ad ogni modo, dovrete avere un po di muscoli per sorreggere i vostri compagni!” “in che senso prof?” chiese ora Amy. “E’ un esercizio per imparare a fidarvi meglio, uno di voi dovrà mettersi davanti all’altro e cadere all’indietro, e la fiducia sta nel fatto di sapere che il vostro compagno vi afferrerà e non vi lascerebbe mai cadere” spiegò il professore. Ci furono versi di protesta da alcuni e di approvazioni da altri, la maggior parte era indifferente.  “E lo scopo?” chiese Ben “Lo scopo come ho già detto e di fidarvi l’un l’altro e instaurare un rapporto di maggiore amicizia, tutto chiaro?” tutti annuirono.”Bene allora! Cominciate!” disse il professore con entusiasmo, non troppo ricambiato dagli alunni.
In quel momento Tay avrebbe più di ogni altro desiderato di essere stata vicina di banco di Alex Gaskarth. Ultimamente avevano legato molto grazie a Emily che l’aveva integrata nel gruppo, ma purtroppo lei doveva fare l’esercizio con Amy Lee. Che sembrava fidarsi abbastanza di lei, infatti si lasciò andare senza problemi, e Tay la afferrò con altrettanta sicurezza. “non è molto difficile!” commentò Amy “tocca a te”. Tay  non era una che si fidava troppo all’inizio, ma non voleva fare brutta figura con Amy che aveva svolto l’esercizio così bene. Quando la compagna vide che ci stava mettendo troppo le disse “Fai come me, pensa di stare per cadere tra le braccia della persona che ami” “uhm..credo che lo scopo dell’esercizio sia fidarmi di te e non di qualcun altro” rispose Tay “Tanto, ti fiderai di me solo quando ti avrò presa, perciò credimi, funziona” ovviamente Tay pensò di fare l’esercizio con Alex, e a dirla tutta fu una buona idea quella di Amy, perché si lasciò andare e la compagna la prese al volo, senza troppa difficoltà. “Visto?” le sorrise “ti fidi ora?” Tay annuì velocemente, e entrambe tornarono al loro posto.
Jack ancora non ci credeva. Avrebbe avuto del contatto fisico con Alex, il ragazzo per cui aveva perso la testa il primo giorno di scuola. Era maledettamente eccitato e aveva paura che proprio per questo lo avrebbe potuto far cadere insieme a lui. Ma al contrario lui si fidava ciecamente che Alex lo avrebbe preso, o perlomeno lo sperava davvero. Si lasciò cadere. E sentire le sue braccia aggrapparsi intorno alle spalle in quel modo così protettivo gli fece venire le farfalle allo stomaco. Alzò la testa e vide il biondo sorridere sopra di lui. Era un sorriso così dolce, sembrava dire “Tranquillo, puoi fidarti di me.” L’esercizio era stato svolto al meglio per Barakat. Tornò alla realtà, non avrebbe più avuto occasione di essere stretto tra le braccia di Alex, e questo gli infuse un senso di malinconia tale da quasi non farlo reggere sulle sue gambe. In più Jack era maledettamente gracile, così quando Alex si buttò con un po meno di sicurezza su di lui ebbe grandi difficoltà a reggerlo, ma non poteva permettersi di fare una figuraccia, e di fare si che Alex si faccia male e perda la fiducia in lui, sperava che il compagno non avesse notato le sue difficoltà nel reggerlo. Alex gli sorrise di nuovo “tutto ok? Sono troppo pesante?” Jack era imbarazzatissimo “Perdonami, forse sono io troppo leggero” il biondo lo rassicurò “Tranquillo, in effetti lo sei, mangi a casa?” il tono quasi preoccupato del ragazzo fece di nuovo venire a Jack le farfalle. “Si…si come no io..amo il cibo!” balbettò il moro “Davvero!? Anche io!” rispose Alex. Tornarono a sedersi e intrapresero una lunga conversazioni sui loro piatti preferiti.
Naomi stava fissando Emily da capo a piedi. Era più bella del solito. Aveva sempre indosso il suo cappellino rosso quasi dello stesso colore dei capelli. Una felpa lunga grigia, una maglietta bianca altrettanto lunga, con uno squalo che mangiava la scritta “Parkway Drive”. Dei jeans così maledettamente stretti da delineare perfettamente le sue forme. “Puoi farlo prima tu?” le chiese infine “Non sono molto brava nel fidarmi..cioè non che non mi fidi di te sono sicura che cioè non mi lasceresti mai cadere ma ecco io sarebbe meglio se non ti dispiace…” Era tenerissima quando si agitava così pensò Naomi “Oh, certo, tranquilla, ma stai certa non permetterei mai che ti faccia del male” Emily sorrise e si preparò a prendere la compagna. Fu semplice. Prima di rialzarla abbassò lo sguardo verso di lei che sorrideva. Sentì qualcosa di strano allo stomaco, sorrise anche lei e rimasero ferme così per un po’. Poi Emily tornò alla realtà e la rialzò di fretta tentando di fare finta di niente. Ora toccava ad Emily cadere, si levò il cappello e fece un respiro profondo. Naomi da dietro sussurrò “Tranquilla Ems, non succederà nulla, ti afferro io”. Naomi non comprendeva il problema di Emily. Non era che non si fidava di lei, era un ricordo del passato che non le permetteva di lasciarsi andare così facilmente, l’immagine di lei che sarebbe potuta cadere nel vuoto le ripercorreva la mente, e non era facile quindi provare a ripetere l’esperienza, nonostante sapeva che Naomi l’avrebbe presa. Quelle immagini rimanevano impresse in mente e non volevano andarsene. La testa di Emily cominciò a girare e fu costretta a mollarsi all’indietro, nonostante non volesse, perché perse i sensi per un istante. Naomi non si aspettava che cadesse così di peso e ebbe qualche difficoltà a prenderla e rialzarla. Emily si svegliò subito ma Naomi era preoccupatissima. Le afferrò il viso tra le mani e cominciò a dirle “Tutto ok Ems? Stai bene? Cos’è successo?” la rossa doveva ancora connettere bene, ma non riusciva a reggere quegli enormi occhioni azzurri  preoccupatissimi a pochi centimetri da lei. Abbozzò un sorriso “Oh tranquilla. Sto bene, solo…niente sto bene.” L’altra continuava ad essere preoccupata, sapeva che non era così “Emily sei svenuta, sei sicura di stare bene? Ti accompagno in infermeria se vuoi” Emily distolse lo sguardo “Infermeria? Svenuta? No no no me lo sarei ricordata, tranquilla” sorrise di nuovo. Naomi teneva ancora il suo viso tra le mani e Emily sentì lo strano impulso di avvicinarsi, sapeva anche si essere in classe e qualsiasi cosa sarebbe stata inappropriata, percio le diede un rapido bacio sulla guancia, le sorride e tornò al posto. L’altra si toccò la guancia. Cosa significava? E perché Emily aveva reagito così? E perché continuava a sentire quella sensazione allo stomaco? Emily era una ragazza e Naomi era sicura di non essere lesbica eppure Emily era sempre così bella ai suoi occhi e stava così bene con lei e ogni contatto fisico le faceva venire i brividi, in senso buono, cosa le stava succedendo? Naomi si stava…innamorando?
Alla fine dell’ora tutti avevano eseguito l’esercizio, chi si era buttato senza pensare, chi invece è stato più rigido, e alla fine della giornata effettivamente qualcosa era cambiato. Jack e Alex non facevano altro che parlare delle più svariate cose, mentre prima parlavano raramente e se lo facevano solo di musica. Tay continuava a guardarli con gelosia, nonostante ancora non sapesse che effettivamente Jack non era come Zack o Rian, ma provava ciò che provava lei. In effetti qualcosa di strano lo notava, non era gelosa dei suoi altri due amici, né di Emily che sarebbe stata più plausibile, no, lei era gelosa di Jack e in effetti sospettava qualcosa di quel ragazzo. Quando tornò a casa accese subito il computer e vide che Alex era online, ma non voleva scrivergli, sperava che lo avrebbe fatto lui e sapeva che in quel caso sarebbe stata molto più felice. Dopo aver passato tutta la mattinata con Jack, Alex si accorse di aver trascurato un po’ Tay, ragazza da cui era un tantino attratto a dirla tutta, stava nascendo un amicizia strana tra lui e Jack e questo lo spaventava, cercò di non pensarci. Appena vide che Tay era online sentì una sensazione piacevole. E questo gli fece ricredere di essere normale. Decise che l’uomo doveva prendere l’iniziativa
ALEX: Ciao!
TAY: Ehi J
A: Come è andata oggi? Ti hanno presa?
T: Si eccome! Avrei voluto ci fossi stato tu al posto di Amy :c

Tay in quel momento credette di aver esagerato, in effetti così la sua cotta sarebbe risultata troppo palese.

A: Io non ti avrei solo afferrata ;)

A Tay quasi mancò l’aria per la felicità. Cosa intendeva? Cos’altro le avrebbe fatto? Quindi piaceva anche a lui. Non poteva crederci

T: ah si? E cosa avresti fatto? ;)
A: Posso fartelo vedere domani, a ricreazione insieme?

Tay stava per svenire

T: Sicuramente! Non vedo l’ora! <3
A: nemmeno io <3 a domani allora!
T: a domani!
Tay cominciò a saltare sul letto e urlare come un’isterica e a ridere e rotolarsi tanto che entrò la madre a chiederle cosa stesse succedendo. Lei rispose urlando “domani! Domani ci vediamo! A ricreazione e..” la madre alzò gli occhi al cielo e chiuse la porta, Tay era felicissima e corse subito a preparare i vestiti per il giorno dopo nonostante fossero ancora le sei del pomeriggio. Alex provò allo specchio dei modi per fare il figo con Tay, ma ognuno di quelli si rivelò non essere il vero lui, e poi Tay era una ragazza diversa, non poi così superficiale, per questo gli piaceva, non si sarebbe soffermata alle apparenze. Dopo qualche minuto vide che anche Jack gli aveva scritto
Jack:Ehi alex, che fai domani a ricreazione?
A:Non saprei, forse sai, sto con i soliti…
J: allora ci vediamo 

Alex non voleva deludere Jack ma ormai aveva promesso a Tay che sarebbe stato con lui. Era confuso più che mai, e non solo nel decidere con chi passare la ricreazione.

A: si, ci vediamo
J: tutto ok, lex?
A: ovvio! :D
J: oh perfetto, allora a domani <3

Jack si pentì subito di aver scritto quel cuore. Ma cosa gli prendeva?”I ragazzi non scrivono cuori ad altri ragazzi, Barakat” pensò. Aveva paura di aver commesso un errore fatale

A: A domani Jack <3 hahahhaha

Scampato pericolo pensò. Ma quella risata era forse per evadere l’imbarazzo, sicuramente Alex era super etero e non avrebbe mai potuto avere una cotta per lui. Jack doveva essere proprio pazzo ad essersi innamorato di lui, perché ci avrebbe solo sofferto. Eppure, ripensando alle vecchie conversazioni e riguardando le foto, sapeva bene perché si era innamorato. “Alexander William Gaskarth” pensò “Sei perfetto.” Chiuse il computer e andò a dormire. Ancora con il pensiero del ragazzo che gli stringeva le spalle per sorreggerlo e gli sorrideva con il viso appena sopra il suo. 

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Capitolo 6
*** Mrs. Brightside [Naomi/Emily] ***


Il giorno dopo in classe Alex era strano con Jack. Si sentiva un po’ in colpa, non voleva dirgli che a ricreazione sarebbe stato solo con Tay, perché sapeva che in qualche modo ci sarebbe rimasto male…ma perché poi? Alex aveva tutto il diritto di stare con una ragazza e di fare di testa sua, eppure aveva la paura costante di ferire i sentimenti di Jack, che forse si sarebbe sentito rimpiazzato, così come Zack e Rian probabilmente. Nel frattempo Amy cercava di parlare a Tay di come avesse passato bene il pomeriggio con il suo ragazzo ma l’altra non ascoltava distratta dal fissare il biondo che le aveva chiesto di stare con lui dopo. Fantasticava su come sarebbe andata a finire e sulle parole che le aveva detto la sera prima,e non faceva che rimanere lì impalata a sorridere cosa che infastidiva un po’ Amy che si accorse solo alla fine di non essere stata affatto ascoltata. Emily ancora non era entrata e la sua compagna di banco sentiva un po la sua mancanza, ed era allo stesso tempo preoccupata. Non si erano sentite per niente in giorno prima e quello quasi svenimento l’ha fatta preoccupare molto. La ragazza entrò poi a metà della seconda ora, fradicia per la pioggia, con gli occhi rossi e il trucco sciolto, ma questi due particolari li notò solo Naomi, che aumentarono solo la sua preoccupazione. “Dove sei stata? Cosa ti è successo Emily?” la ragazza la guardò con i suoi occhi da cucciolo, gonfi di lacrime, ma accennò un sorriso e scosse la testa. “Emily? Guardami, sta volta non la bevo, ti prego, dimmi cosa succede” la ragazza alzò gli occhi al cielo e prese un bel respiro prima di dire “Perché? Cosa ti importa?” Naomi fu totalmente spiazzata dalla domanda “Beh io…io sono tua amica, ci tengo a te insomma non posso vederti così Em, perché piangi?” Fu una risposta che Emily non sembrava aspettarsi, in effetti la guardò meravigliata ma non rispose fino a che non suonò la campanella della terza ora. Allora le prese la mano e la trascinò in bagno, dove la abbracciò forte, senza parlare ancora. In quel momento Naomi capì che era già abbastanza che fosse lì, così la strinse forte e le accarezzò i capelli. “tranquilla Emily, tranquilla, non piangere, ci sono io” le sussurrava, ma i singhiozzi dell’altra erano sempre più forti. “shhh, Emily, va tutto bene, ci sono io con te”. Piano piano si tranquillizzò, si sciacquò il viso e fu pronta a ritornare in classe. Prima di uscire dal bagno però strinse di nuovo Naomi e le disse a voce quasi impercettibile “Grazie”. Naomi le sorrise e le aprì la porta, e a grande sorpresa Emily le prese la mano, così gliela strinse, e tornarono insieme in classe. A ricreazione Alex sgattaiolò subito via, a gran sorpresa di Jack che non fece in tempo a rigirarsi che non lo rivide più. Tay magicamente era già al bar ad aspettarlo, chissà come aveva fatto ad arrivare prima di lui pensò. “ciao” disse sorridendo lui “ciao” ricambiò lei, con lo stesso sorriso. Tay faticava a trattenere l’entusiasmo. “ti offro qualcosa?” chiese Alex “no tranquillo, apposto così, facciamo un giro?” rispose lei “certo, ma sta piovendo…” era piuttosto perplesso “Appunto, non ci sarà nessuno in giro” disse lei con un sorriso malizioso. La ragazza sapeva come stare al gioco pensò lui. In realtà Tay non lo sapeva, anzi solitamente era impacciata, e proprio per questo non aveva mai dato il primo bacio, e si vergognava di farlo davanti a tanti altri ragazzi, e soprattutto non voleva che nessuno interrompesse quel momento perfetto. Fecero il giro di quasi tutta la scuola, parlando del più e del meno, Tay non era mai stata così a lungo sola con un ragazzo. Alex sentiva che Tay gli piaceva, e provò ad avere la conferma, si fermò e la guardò negli occhi. Il cuore di Tay batteva a mille. Si avvicinarono sempre di più e alla fine Alex la prese e la avvicinò a se, baciandola. Il cuore di Tay esplose in mille emozioni, era il giorno più bello della sua vita, finalmente era riuscita a stare sola con Alex Gaskarth e finalmente, lo aveva baciato, o meglio, lui l’aveva baciata, e questo forse era ancora meglio. Alex si sentiva strano, o meglio, non sentiva nulla. Nulla. Era preoccupante. Eppure Tay era carina, gli piaceva stare con lei, ma forse come amica, come gli piaceva stare con Emily o Naomi o Marina o chiunque, allora perché ci aveva provato? Perché ora stava pensando a Jack? Qual’era il suo problema? No. No no no. Alex non era…no no no. Neanche per sogno. Si staccò di fretta da Tay. Lei fece uno sguardo confuso. “perdonami” disse lui “e di cosa? Io..” “perdonami. Non volevo ferirti, io sono molto…confuso” Tay da felicità estrema era passata a delusione totale. “C..c..cosa intendi? C’e un’altra?” Tay sembrava sul punto di piangere. “No! No no no! Taylor, ho paura” “e di cosa? Ora sono io quella confusa!” Alex la abbracciò, da amico. “Questo non mi chiarisce le idee Gaskarth! Vuoi che sia tua amica almeno? Allora parla!” Alex sembrava in preda ad un attacco di panico “Io..tu mi piaci. Mi piace stare con te, ma non ho sentito nulla capito? Non voglio offenderti, nel senso, ti vedo più come un’amica” “Mi stai friendzonando? Davvero?” chiese lei “TAY CREDO CHE MI PIACCIA JACK!” urlò lui. Poi si guardò intorno. Nessuno aveva sentito, fortunatamente. Lei lo guardava incredula, poi scoppiò in una risata isterica. “sul serio?” non riusciva a respirare e aveva le lacrime da quanto aveva riso. “non aiuti Jardine! Cosa c’è di divertente!?” Alex sembrava preoccupato sul serio “Scusa ma, quasi quasi lo sospettavo, ero piuttosto gelosa di Jack” l’attacco di isteria di Tay era dovuto a tutto l’insieme di avvenimenti in un periodo ristretto di tempo. “Che c’è di male piuttosto?” Alex non sapeva neanche lui come rispondere “Non lo so! Oh andiamo comprendimi! Non è semplice ok? Io non so come sentirmi, credo di piacergli anche io ma, se non fosse così? Mio dio” il ragazzo faceva avanti indietro nel cortile, entrambi erano fradici. “Senti fai così, io non so come ci si sente, tu….parlane con qualcuno, vai da qualche psicologo, non saprei, fai coming out, dichiarati a Jack, non lo so fai quello che ti pare, sono shokkata quanto te ok? Ho bisogno di aria ora” Lei fece per correre via poi si rigirò e disse “Alex...non prendere in giro anche lui però, non tornare etero da un momento all’altro ok? Potrebbe rimanerci male, fa male sai?” e corse via. Alex sapeva che Tay non lo avrebbe mai visto come prima, e ora aveva perso un’amica, e temeva di perderne un altro, e poi magari anche Zack e Rian, che non lo avrebbero accettato magari, e Emily, che aveva totalmente ignorato di recente, oggi lei stava piangendo, e lui non l’aveva degnata di una parola, aveva lasciato Jack in classe senza dire nulla, e ora anche lui si sentiva terribilmente solo. All’uscita di scuola la pioggia si era trasformata in un diluvio, e Naomi maledì se stessa per non aver preso l’ombrello. Vide Emily che usciva e prendeva la strada di casa, era abbastanza lontana dalla scuola, me se la faceva comunque a piedi. Allora corse da lei e le chiese “vuoi che ti accompagno?” a Emily brillarono gli occhi, come se non avesse voluto altro. “Certo” rispose. “Non hai un ombrello, uh?” chiese ridendo Emily “No” disse l’altra. Dopo un po’ di strada in silenzio Emily ruppe il ghiaccio “Facciamo una cosa, vieni da me, ti asciughi un po, ti presto l’ombrello e poi prendi l’autobus, che la fermata è sotto casa. Che ne pensi?” Naomi si sentì onorata della richiesta. “Certo che si…cioè, se posso, e non disturbo, e..” “Tranquilla, tranquilla, siamo solo noi tanto” e risero entrambe. Appena arrivate a casa, Emily offrì dei vestiti asciutti a Naomi. “i tuoi li tengo io “ disse “te li restituisco appena si asciugano ok? Nel frattempo metti della roba mia, prendi quelli che vuoi, tranquilla” Naomi prese dei vestiti a caso e si cambiò, si sentiva un po’ a disagio per qualche motivo a farlo davanti ad Emily, ma lo fece lo stesso, e l’altra non fece a meno di allungare lo sguardo, ma lo distolse subito. ‘Che mi prende?’ pensò. Ma effettivamente, non poteva negare di aver gradito la vista. “Tra poco passa l’autobus, vieni, ti do l’ombrello.” Erano all’ingresso, e Naomi fissava il cappello rosso appeso all’attacca panni. Non si ricordava di aver visto mai Emily senza. La ragazza aveva notato che lo stava fissando “lo vuoi?” chiese “oh no, assolutamente, credo sia molto prezioso per te, non ti ho mai vista senza” e rise. Anche Emily rise, ma ignorò il rifiuto, lo prese, e glielo infilò. Erano ancora più vicine di quando Emily era svenuta. Naomi non si trattenne, era incantata, e le parole uscirono quasi come se non le controllasse. “Sei bellissima”. Emily la guardò un secondo, quegli occhi azzurri fissi su di lei, tornò a sistemarle una ciocca fuori dal cappello. Poi la guardò fissa anche lei. I loro nasi si toccavano, e in pochi secondi anche le loro labbra, seguite poi dalle loro lingue che si intrecciavano senza sosta. Naomi prese Emily per i fianchi e la appiccicò ai suoi, Emily appoggiò la schiena al muro, infilò le mani dentro la maglietta dell’altra, alla quale vennero i brividi, ed accarezzò tutto il suo corpo. I respiri si fecero sempre meno regolari, ma le due non avevano intenzione di staccarsi. Entrambe volevano di più, si vedeva da come ognuna studiava il corpo dell’altra, ma nessuna delle due si azzardava a fare la prima mossa. Emily sentiva di voler toccare di più di quello che c’era sotto la maglietta, si vedeva da come accarezzava l’interno coscia e le parti intime dell’altra dalla superficie dei jeans, il che trasformava i respiri affannosi di Naomi in leggeri gemiti di piacere. Naomi non riusciva a resistere, ma sapeva che quella non era casa sua, e se fosse entrata Katie? O peggio la madre? Si staccò lentamente, per non stranire la ragazza. Entrambe sorrisero, ma non dissero nulla. Emily accompagnò Naomi alla porta, e la salutò, un altro bacio, che in realtà non si aspettava. “allora a domani?” chiese con il sorriso stampato in faccia “a domani” rispose Emily, facendole l’occhiolino, e chiuse la porta. Wow. Lo pensarono entrambe. Cosa era successo? Entrambe non fecero altro che pensare a i minuti trascorsi poco prima. Di una cosa erano certe, ad entrambe era piaciuto, e ad entrambe questo spaventava.

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Capitolo 7
*** You Don't Know What It's Like [Kellin/Vic] ***


Kellin entrò in classe più scuro del solito oggi. I suoi avevano litigato, ma seriamente questa volta. Suo padre non gli aveva rotto le palle sta mattina, solo uscendo si era accorto che la sua macchina non c’era. Dov’era andato così presto di mattina…o così tardi di sera? Si mise al posto accanto al suo nuovo migliore amico Vic, era l’unico che sembrava veramente capirlo, non che avesse ma provato a fare amicizia con nessun altro. Della classe apprezzava veramente solo lui, con gli altri parlava, ma poco, giusto per non fare l’escluso e per non escludere Vic che invece ci teneva ad avere tanti amici. Poi c’era Marina.’Dio quant’è bella’ pensò. L’aveva trovata attraente fin dal primo giorno, ma adesso che sedeva dietro di lui e ci parlava di più aveva un vera e propria cotta per lei, ma c’era un problema, Austin Carlile. Da quando aveva litigato con Danny passava quasi tutto il tempo a parlare con lei, e lui sentiva tutto, era davvero comprensiva, troppo comprensiva, lo aiutava, lo consolava, neanche Austin aveva una vita facile, anzi forse era peggio della sua, ma anche lui avrebbe voluto essere notato e perché no, ascoltato e consolato. Il punto è che Marina guardava Austin nello stesso modo in cui lui guarda lei. Ma Austin non sembrava ricambiare più di tanto, ad Austin serviva un’amica, non una ragazza. Fortunatamente Vic lo distraeva dalla sua triste storia d’amore non corrisposto, e lo aiutava molto perché lui diceva di trovarsi nella stessa situazione, ma non voleva dire di chi stesse parlando. “Ehi amico, che hai?” chiese Vic, vedendolo nascondere la faccia tra le braccia. “Ehi Kell, tutto ok?” insistette scuotendolo delicatamente. “hm..niente” mugolò lui. Vic alzò gli occhi “Kell, parla, ehi dai sai che puoi parlare di tutto con me” si avvicinò alla faccia dell’amico. “E’ sempre quella?” Ripensandoci, neanche Kellin aveva mai detto a Vic il nome della sua cotta, ma in effetti, se l’amico non l’aveva confessato, perché doveva lui? Ok non è il giusto ragionamento, forse non si fidava abbastanza? Decise quindi di parlare. “i miei hanno litigato, ancora”. Vic tornò più serio. “mio padre sta mattina non c’era e poi si, anche lei, al solito”. L’amico abbozzò un sorriso. “Su , su con la vita! Dai, le ragazze? Sei figo ne trovi un’altra e per quanto riguarda tuo padre io…dai su, sicuramente le cose si sistemeranno, in un modo o nell’altro” la voce dell’amico era rassicurante, quasi quasi ci credeva, anche se sapeva che una volta tornato a casa avrebbe avuto un altro break down mentale. “Grazie amico” disse sorridendo, e Vic gli diede una pacca sulla spalla. A ricreazione passarono tutto il tempo con gli altri. Si vedeva che a Kellin non andava a genio l’idea, ma a Vic piacevano gli altri, soprattutto perché stare con loro significava stare con Marina. Ragazza per cui aveva una gran cotta. In più era straniero, non voleva escludersi, fortunatamente gli altri lo avevano ben integrato. Quel giorno c’era un aria strana, sembrava che tutti ce l’avessero con tutti, erano di nuovo a gruppetti. Marina non era con Austin bensì sola a parlare con Naomi, che non aveva rivolto parola ad Emily, stranamente, perché solitamente stavano sempre appiccicate. Alex non parlava con Tay, Jack non parlava con Alex, Rian e Zack sembravano confusi anche loro. Danny era per le sue a fumare. Che situazione. Ora si sentiva escluso, tutti avevano litigato ed effettivamente lui non sapeva perché. Kellin si sentiva ancor più a disagio del solito, e stava fissando fin troppo Marina che parlava in lontananza con Naomi. “Che fai?” chiese Vic guardando dalla stessa parte. “Chi guardi?” come se ci fosse molta libertà di scelta. Kellin fece spallucce. “ah-ah, è Naomi, non è così? Lo sapevo! Ma aspetta, a Naomi non piace nessuno, a meno che, ma certo, ora si spiega tutto, Naomi si è dichiarata a Emily ed è per questo che ora non parlano e…” “Fatti i cazzi tuoi Fuentes” disse acida Emily “Non deve importartene, e sono cazzate, non sparare balle, coglione” Kellin prese le difese dell’amico, nessuno doveva parlargli così. “Stai calma Ems, stava solo facendo un’ipotesi non del tutto da escludere, ad essere onesti” Emily rise isterica “Non da escludere? Allora certo solo perché voi due state sempre insieme non devo escludere che siate froci? Oh no, lo escludo, perché io lo so, chi piace a te Quinn, e anche a te Vic, ehi, sapete cosa? Avete un’altra cosa in comune! Sorpresa!” disse e se ne andò di gran carriera. I due si guardarono, fortunatamente non avevano capito le parole della ragazza. Usciti da scuola Kellin tornò da solo a casa, aprì la porta e non vide nessuno. “Mamma?” chiamò “Mamma, sei a casa?” . Nessuna risposta. “Ma’?” Salì in casa. La madre piangeva sul letto, la camera incasinata, i vestiti per terra, tutte robe in disordine. Kellin corse da lei. “Cosa è successo ma?”. Ma la donna non smetteva di singhiozzare. Ci mise un po a realizzare guardandosi intorno, controllò per essere sicuro. Nessuna camicia. Nessun pantalone. Le cose del padre non c’erano. Lui se ne era andato. Rimase immobile. Non sapeva che fare. Escluse la possibilità di scappare, non poteva distruggere sua madre più di così, voleva distruggere tutto. Stesso risultato. Si mise accanto alla donna e scoppiò a piangere con lei. Se ne era andato, suo padre se ne era andato. Non sarebbe più tornato, lo sapeva, non era un illuso, se lo aspettava anche se ancora non era successo, ma lo sapeva. Era comunque irreale. Dov’era suo padre? Era finalmente felice? Aveva ottenuto ciò che voleva? Perché? Sua madre era lì, immobile, aveva smesso di piangere, ma guardava il vuoto. Cosa fai quando la persona che ami di più se ne va? Kellin non sapeva cosa fare. Corse via dalla stanza, la prima cosa che gli venne in mente era chiamare…Marina. Ci furono due squilli prima che la ragazza rispondesse. “Kell” “Marina” “Kell? Cos’hai? Stai piangendo?” “no” tirò su il naso “Kellin, non mentire, cosa è successo?” non sapeva neanche cosa dire, ma tanto a lei cosa importava, lei pensava solo ad Austin tanto. “nulla” e mise giù il telefono. Forse avrebbe dovuto andare da qualcuno a cui importasse realmente. Uscì di casa per andare da Vic. Sotto casa di lui lo chiamò, non voleva entrare in casa così davanti a tutti. “Amico, fammi salire, ho bisogno di te” Vic non rispose neanche, si affacciò per confermare ciò che diceva l’amico poi scese ed aprì la porta. Lui entrò a testa bassa senza salutare. Neanche Vic sembrava messo bene. Per un momento si sentì in colpa, l’amico avrà avuto altro a cui pensare. “Ehi Vic” “ehi kell” non si guardavano neanche in faccia, Kellin maneggiava dei fogli che poi scoprì essere spartiti. “le scrivi tu?” cercò di sviare dall’argomento che lo aveva distrutto. “Si, sono mie”. Dieci minuti di silenzio. Poi Kellin alzò la testa per trattenere le lacrime. “mio padre è scappato di casa”. Vic lo guardò. Non sapeva cosa dire, si buttò addosso a lui, ora piangevano entrambi, abbracciati. Era strano, non si erano mai abbracciati, era piacevole, ma così maledettamente deprimente. “mi dispiace amico” non sapeva cos’altro dire. Quando si staccò entrambi sorrisero tra le lacrime. “Vuoi sentirne una?” chiese poi Vic. “Certo” rispose Kell. Gliene suonò una che aveva chiamato Stay Away From My Friends. “E’ per la mia lei, che poi non è mia, non lo sarà mai” rise, ma gli scese una lacrima. L’amico lo abbracciò di nuovo “E’ bella…la canzone” disse poi. “Grazie.” Rispose l’altro. Asciugò le lacrime e tirò su le maniche, gesto poco prudente, perché scoprì le cicatrici che Kellin notò all’istante, che gli afferrò entrambe le braccia e le strinse “COSA CAZZO SONO QUESTE?” urlò, il che fece di nuovo scoppiare a piangere Vic. “PERCHE’? COSA SONO? NON DIRMI CHE E’ PER LEI? CHI E’ CHE TI FA QUESTO? CHI E’ LEI?” Vic lo guardò, non riusciva a rispondere, si vergognava come non mai, voleva scomparire. “DIMMI CHI E’” Kellin non abbassava la voce “Kellin, ti prego” “DIMMELO” “Kellin, mi dispiace io…” “PARLA, CHI CAZZO E’ CHE TI FA SOFFRIRE COSI’ TANTO?” non riuscì a trattenersi “Marina”. Terzo colpo in una giornata per Kellin. “Cosa?” “Marina, si. Io, io la amo, ma lei no, e io soffro, ecco” “la ami? Soffri? E fai questo?” Kellin non riusciva a respirare, non ci vedeva più, non aveva neanche più la forze di piangere. “Kell, mi dispiace io..” “non chiedere scusa” disse alzandosi “Ems aveva ragione, abbiamo una cosa in comune” Vic piegò la testa di lato con fare interrogativo. “La amo anche io”. Disse, e corse via. Per la strada, e per la città. Aveva perso suo padre. Sua madre chissà se era ancora viva. Il suo amico si feriva per una ragazza, che amava anche lui. Tutti questi pensieri, passavano veloci in mente, veloci come l’auto che lo travolse.

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Capitolo 8
*** Hospital for souls ***


Austin entrò nell’ospedale con fare incerto. Era la prima volta che entrava come ospite e non come paziente. Dato il suo problema al cuore, lui conosceva bene gli ospedali. Chiese di Kellin, e l’infermiera lo guidò vicino alla stanza, dove vide tutti i suoi compagni di classe. Neanche lui sapeva bene cosa ci facesse lì, figuriamoci loro, che senso aveva andare a trovare Kellin se lo conoscevano pochissimo? L’unico che era in diritto di essere lì forse era Vic, Ma era pur sempre loro compagno, e magari non era fin troppo ipocrita essere lì. Erano tutti in silenzio. Si sedette vicino a Danny ma non proferì parola. Vic se ne stava in disparte, a piangere. Era arrabbiato. Con se stesso, perché non avrebbe mai dovuto lasciarlo scappare, non avrebbe forse mai dovuto neanche confessare il suo amore per Marina. Marina. Anche lei avrebbe dovuto sentirsi in colpa forse. Si girò a guardarla, era lì a fissare il vuoto. Chissà se lo sapeva sia lui sia Kellin erano innamorati di lei. Ma da una parte non si sentì di incolparla della sofferenza di entrambi, che colpa ne aveva lei se non ricambiava? Era arrabbiato con tutti in quella stanza. Loro non avevano quasi mai parlato con Kellin, e sicuramente non gli dispiaceva più di tanto. Perché tutti quegli ipocriti erano lì? Si strinse le mani e pianse in silenzio, le sue lacrime bagnavano il pavimento lucido. Pensò alla famiglia di Kell. La sua povera madre era lì accanto a lui, come se l’abbandono del marito non fosse abbastanza, ora aveva anche il figlio in ospedale povera donna. E il padre, che gli aveva lasciati, da soli, era colpa anche sua, e lui non era lì, probabilmente non sapeva neanche che il figlio fosse in ospedale. Vic riusciva a intravedere l’amico dalle serrande semiaperte. Era su quel letto, sembrava che stesse solo dormendo. Kellin era in un meraviglioso mondo di sogni, lontano da questa orrenda realtà, ma Vic sperava egoisticamente che presto ne sarebbe uscito. Mancava qualche ora all’orario di visita, e i ragazzi erano lì da ore. Quell’incidente sembrava un buon pretesto per riallacciare tutti i rapporti, secondo Alex, che si avvicinò a Tay cercando un pretesto per parlare. “Hai fame?” disse timidamente, sperava che riuscisse a perdonarlo “si” disse lei, un po distaccata, senza guardarlo. “Vuoi accompagnarmi a prendere un po di pizza per tutti?” lei rise, e finalmente lo guardò, “Forse, è meglio che tu vada con Jack, Lex, tu e lui avete molto più da chiarire che noi due” “Sa qualcosa? Glielo hai detto tu?” chiese Alex imbarazzato, a bassa voce “Non c’era bisogno di dirlo, ti sei distaccato, e non solo da lui” guardò Emily “ho detto solo che eri confuso, avrà capito da solo” . Tay sorrise, e quasi lo spinse da lui, che si guardava intorno quasi spaventato, e ad Alex fece così tenerezza che aveva una gran voglia di stringerlo a se. “Se è lui che vuoi, allora parla con lui, per me ci vorrà tempo, ma potrò accettarlo forse” anche Alex tentò di sorridere, e si avvicinò a Jack. “mi accompagni a prendere da mangiare?” chiese. Jack era arrabbiato, ma sapeva anche come ci si sentiva, quindi decise di non rifiutare e fece spallucce. I due si allontanarono in silenzio. Dopo qualche minuto in silenzio fu Jack a parlare “Sei sparito ultimamente” disse. Alex provò a giustificarsi “Si sono stato..impegnato”. “Con Tay?” chiese Jack. Alex era totalmente spiazzato dalla domanda, ma la tranquillità del suo tono e il modo in cui lo guardava non sembravano di gelosia, per quanto sapeva che lui era geloso. “No io…si” Alex non aveva via di scampo. “Beh non sei sparito solo per me, anche per Emily a quanto pare, sai le stanno succedendo di tutti i colori anche a lei, avete molto in comune, davvero!” era distaccatissimo in quel momento “Che intendi?” chiese Alex “Ho parlato con Naomi l’altro giorno, non ricordo neanche perché, ma era giù” “Che centra con Emily?” “Mi pare evidente Alex, anche un cieco si accorge che c’è qualcosa tra loro due. E in effetti è così. Si sono baciate, più di una volta, ma Emily si ritiene confusa e per questo continua a provarci con diversi ragazzi, ciò ferisce molto Naomi, perché con lei Emily diventa dolcissima, ma quando non sono sole si prende gioco dei suoi sentimenti. Naomi ha confessato ciò che prova, ma Emily ha paura e non sa che fare, e ora hanno litigato” disse Jack tutto d’un fiato, senza guardare nemmeno una volta Alex. Che era senza parole, non sapeva cosa dire in sua difesa, era la stessa identica situazione la sua. Tranne il fatto che Alex e Jack non si erano mai baciati, ma Alex desiderava davvero farlo. Dopo aver preso la pizza, tornando all’ospedale decise di parlare con Emily, così arrivati li la prese in disparte, nel corridoio vicino alla stanza di Kellin. “Che vuoi?” chiese Emily scocciata “Devo parlarti” disse Alex. “Non si era capito” Emily era più acida che mai. “So della tua storia con Naomi.” Disse secco Alex, allora Emily sembrò calmarsi. “si” si limitò a dire lei. “Ems, devi sapere che..io ti capisco in pieno, cioè io e te…siamo nella stessa situazione” Emily sembrava non capire “Vedi io… a me piace Jack, ma ho paura di ammetterlo, e ho paura degli altri suppongo e non lo so, insomma non siamo come voi, non ci siamo mai baciati ma comunque sento di prendermi gioco di lui.” Nonostante la descrizione dettagliata della situazione, tutto quello che disse Emily fu “Sei gay?” Alex alzò gli occhi, l’unico modo esatto per rispondere gli sembrò “Sei lesbica?” . Entrambi fecero espressioni rassegnate. “Emily, tu la ami vero? Sei innamorata di Naomi?” lei lo guardò, la risposta si leggeva negli occhi. “Andiamo, Ems, smettila di giocare, fai male a lei e così fai male a te, è tanto difficile ammetterlo e basta?” Emily tornò acida “Siamo nella stessa situazione, chi sei tu per dirmi questo? Sei un ipocrita, Gaskarth”. “No Ems, tu ormai sei più avanti, lei è già tua, se lo volessi, ma tu non lo vuoi, o meglio, tu lo vuoi, ma hai paura. Io sono lontano da Jack, lontano anni luce ora, ma se tu, se tu decidessi di dirle finalmente ciò che provi, allora lo farei anche io” Emily sembrava non capire, ma tutto ciò che diceva Alex era assolutamente vero “Io dovrei dire a Naomi di amarla così tu puoi metterti con Jack?” perché Emily non capiva? “No, tu devi dire a Naomi che la ami perché è così, e non puoi negarlo, lo sai bene. Tu la ami” per un momento Emily temeva che Alex avesse alzato troppo la voce “Cosa ci guadagni a dirmi questo? Se io dico a Naomi che la amo, tu cosa ci guadagni con Jack?” “Beh, se cel’hai fatta te, perché non dovrei io?” Emily ancora non realizzava in nesso logico tra le due relazioni, ma si rassegnò “va bene” fece per allontanarsi, infine Alex disse “Ems, non farlo per me, fallo per te, e per lei” Emily sorrise per la prima volta della giornata, ma non disse nulla. Quando entrambi tornarono nell’altra sala, i loro sorrisi si spensero all’istante. Tutti erano appoggiati al vetro della stanza di Kellin, ma le serrande erano chiuse, e Vic urlava contro il vetro. “e’ Kellin” disse Naomi, rivolta ai due, come se non fosse già ovvio, ma quello che non lo era fu quello che disse dopo “ha avuto un arresto cardiaco.”

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Capitolo 9
*** Il Will Try To Find My Place, In The Diary Of...Emily? ***


Quando tornarono a scuola l’aria in classe era più tesa che mai. Ovviamente non potevano restare in ospedale per sempre, soprattutto perché le condizioni di Kellin non erano certamente migliorate. Erano sicuramente meno depressi di prima, ad eccezione di Vic, che stava sempre peggio. Naturalmente nessuno sapeva cos’era successo, oltre all’incidente, e Vic non sarebbe riuscito a spiegarlo nemmeno se avesse voluto. Tutti provavano a chiederli con delicatezza cosa fosse successo, ma lui non rispondeva mai. Alla fine i suoi compagni cominciarono a tenerlo in disparte, e lui non sapeva neanche se il che fosse un bene o meno. Aveva bisogno di qualcuno che lo consolasse ma voleva rimanere solo. L’unico che si avvicinò fu Austin, ma Vic non riusciva nemmeno più a guardarlo in faccia. “Senti Vic, sappiamo tutti bene che non conoscevamo Kellin e forse non avevamo il diritto di stare lì a disturbare, ma è pur sempre un nostro compagno di classe e volevamo mostrargli il nostro supporto” Vic non rispose, ma Austin non voleva arrendersi “Victor senti per tutte le volte che sono stato all’ospedale, e credimi sono tante, avrei sempre voluto una folla di gente come eravamo noi da Kell, perciò sicuramente gli avrà fatto solo piacere non…”NON CHIAMARLO COSI’” urlò Vic. Austin era spiazzato dalla reazione dell’altro “Sono sicuro, che a Kellin avrebbe fatto piacere sì, se vi avesse conosciuto, ah e soprattutto, se vi avesse potuto vedere, ma no, perché lui non era sveglio, e non lo è neanche ora, solo o in compagnia non gli interessa, perché lui non saprà mai se lo è” disse Vic. Austin era senza parole, ma in fondo aveva ragione, nessun conosceva bene Kellin quanto lui “Ma nemmeno tu conosci Kellin da così tanto, è passato un mese, quanto credi si essergli amico?” Austin cominciò a rispondergli con lo stesso tono. “Più di tutti voi ipocriti sicuramente, a malapena sapete che tono di voce abbia, io almeno gli ho fatto il santo piacere di rivolgergli la parola!” Entrambi cominciarono ad agitarsi e ad alzare la voce “Avrebbe potuto anche lui fare lo sforzo di integrarsi no? Invece di chiudervi in voi stessi, potevate parlare anche con noi, non puoi incolparci di ipocrisia, non ci guadagniamo nulla a passare una domenica in ospedale a deprimerci, credimi” “ALLORA POTEVATE NON VENIRCI, TANTO SIETE STATI INUTILI” urlò Vic, Austin rise “Credi di essere stato utile tu Fuentes?” Vic non rispose e piantò il suo pungo nello stomaco di Austin, che si piegò in due. Austin però era più alto, e più forte, perciò lo prese per il colletto e lo spinse al muro, le loro facce erano alla stessa altezza ora. Alzò il pungo pronto a scagliarlo contro la faccia di Vic, ma quando lui alzò le mani per coprirsi il viso, e ancora una volta le cicatrici si scoprirono, quando Austin le vide lo lasciò andare. In effetti Austin non era un tipo violento, ma non amava essere provocato, ed ebbe poi la conferma che Vic era solo maledettamente triste e ancora più solo di prima. Si risistemò i vestiti e con tono pacato disse “Ho capito, mi dispiace, non volevo farti male, volevo solo difendermi.” Anche Vic sembrava volere la tregua “Scusa, non volevo colpirti” Austin sorrise “Scommetto di sì invece, ma tranquillo, lo capisco” Gli porse la mano in segno di pace. Vic gliela strinse. “Senza rancori?” chiese Vic “Senza rancore” rispose Austin, che poi si allontanò. Vic si sentì male a sapere che ora erano ben due persone a conoscere il suo segreto, e probabilmente lo avrebbe detto a Marina. Il pensiero lo preoccupava. “Austin?” il ragazzo si girò “Non dirlo a nessuno, ti prego”. Austin sorrise “Ti confesserò una cosa” e si riavvicinò “ne ho anche io una” si abbassò il collo della maglietta fino a mostrare il petto, diviso a metà da un’enorme cicatrice. Vic non si aspettava fosse di quel tipo, il che non lo sollevò, perché sapeva che almeno Austin non se la era fatta da solo. “Ho dovuto fare un’operazione a causa del mio problema al cuore, e purtroppo questa è rimasta, ma sai, ho intenzione di farci un bellissimo tatuaggio sopra, così non si vedrà, o perlomeno non tanto” e sorrise di nuovo guardando Vic. “Adesso siamo pari, anche io avevo un segreto che non sapeva nessuno, ma ora tu lo sai” “Ma tu non te ne vergogni, insomma, non è colpa tua” “Comunque non voglio che si sappia in giro” rispose gentile Austin. “Nemmeno Marina?” chiese Vic. Austin esitò. “Cosa centra Marina?” chiese. “Insomma, nel senso, lei nemmeno lo sa?” “Perché dovrebbe saperlo? Insomma non la conosco poi così bene” disse Austin. “Neanche me mi conosci bene, eppure io ora lo so, e poi con lei, insomma sembrate molto…intimi” sentì un po’ di disgusto nel pronunciare quella parola. “Tel’ho detto, l’hai vista perché così abbiamo un segreto ciascuno, e poi che intendi per intimi? Siamo solo amici, mi piace parlare con lei, ma se la intendi in quel senso, tranquillo è tutta tua, io ho bisogno solo di un’amica” disse facendo spallucce. “Oh lo vorrei, peccato che lei sia cotta di te, non di me” lo sguardo di Vic si fece ancora più buio. Austin sembrò sorpreso invece, non se lo aspettava, ma ad essere onesti, la cosa non gli cambiava gran che, lui non voleva un relazione per ora. “Potrei aiutarti con lei se vuoi” disse gentilmente Austin. “No meglio di no, sarebbe ancora peggio per Kellin” “Kellin?” “non sono l’unico a cui piace Marina, amico” Austin sgranò gli occhi, ora si sentiva in colpa. “Wow” non sapeva cos’altro dire, si sentiva come se stesse sprecando un’opportunità che altri ucciderebbero per avere. “Oh tranquillo, non è mica colpa tua se si è innamorata di te” Vic sembrava comprensivo. “Si ma, mi sento in colpa insomma, voi vorreste essere nella mia situazione, mentre io sono qui e non me ne importa nulla dei sentimenti che lei prova per me” forse era troppo cattivo da dire, pensò Austin. “Oh no credimi, forse è meglio che sia così, perlomeno non starete mai insieme, che sarebbe ancora peggio” disse poi Vic, aveva ragione, pensò Austin. “Mi dispiace” disse, e se ne andò. Durante le lezioni avevano parlato a malapena, ma Emily aveva giurato ad Alex che avrebbe chiarito con Naomi, cos’ la inseguì mentre tornava a casa. Alla fine la raggiunse e Naomi si girò di malavoglia. “Possiamo parlare?” chiese Emily, Naomi annuì. Neanche Emily sapeva cosa dire, perciò rimase lì, a fissarla, senza parlare, in effetti sarebbe potuta anche essere la bellezza dell’altra a lasciarla senza fiato, ma non poteva essere una scusa adatta a tirarsi indietro, ormai si era messa in gioco. “Allora?” Naomi batteva il piede impaziente. Possibile che mi odi così tanto? Pensò Emily. Provò a baciarla, e Naomi non si mosse, ma fu la prima a staccarsi, per poi chiederle “Cosa siamo noi, Emily?”. Rimase impietrita, e guardò a terra. “Non lo so” disse dopo un po’, con voce rassegnata, come se fosse stata sgridata e stesse accettando la sua punizione. Naomi scosse la testa e rise. Non sapeva cosa dire, così Emily prese di corsa il suo diario dallo zaino, glielo porse e corse via. Naomi continuava a non capire il gesto di Emily. Se lo ripeteva in mente come a scena di un film, mentre si girava tra le dita il diario di Emily. Non sembrava il tipo di ragazza da tenere un diario. Non si aspettava di leggere certe cose, anche se sapeva che Emily era diversa da quello che voleva far credere di essere, non pensava fosse così complicata. C’erano scritte cose terribili, come ‘sei un disastro’, ‘fai schifo’, e quasi pianse a leggere ‘sei una delusione. Firmato- Tua madre’. Per quanto si immaginava che Emily nascondeva qualcosa, non poteva pensare che pensasse quelle cose di se stessa. C’erano poi diversi biglietti di concerti appiccicati, con rispettivi autografi vicino. Frasi di un certo Corey Taylor. E poi la cosa più dolorosa che potesse leggere ‘Muori. Non importa a nessuno. Non interessi a nessuno.’ Poi una data ‘25/4/13, ti saresti dovuta buttare’. Sentì una fitta allo stomaco e una al petto. Emily aveva provato ad uccidersi, e non molto tempo fa. Immaginava la povera ragazza a piangere, sul suo balcone, pronta a cadere di sotto. Si chiese cosa l’aveva spinta a provarci, e cosa l’ha convinta a non farlo, e ringraziò qualsiasi cosa fosse stata. Quell’orrenda scritta era però tutta sbarrata e nella pagina seguente c’era scritto ‘sorridi, a lei importa’. Quello fece scoppiare in lacrime Naomi. Si sentì così maledettamente importante per una volta e si scordò totalmente del rancore che provava per lei. Dopo altre varie frasi di canzoni, tra cui alcune palesemente dedicate a lei, arrivò alla pagina che Emily voleva probabilmente farle leggere. C’era scritto :’Amo stare con lei. Amo andare da lei. Amo parlarle. Amo sfogarmi con lei. Amo ascoltarla. Amo pensare a lei. Amo sognarla. Amo i ricordi passati con lei. Amo il giorno in cui l’ho conosciuta. Amo il suo sorriso. Amo i suoi occhi. Amo la sua voce. Amo il suo sguardo. Amo la sua risata. Amo le cose dolci che mi dice. Amo i suoi difetti. Amo il suo odore. Amo i suoi abbracci. Amo tenermi per mano con lei. Amo le sue battute. Amo le sue labbra. Amo i suoi baci. Amo dormire con lei. Amo le sensazioni che mi fa provare. Amo le nostre canzoni. Amo il fatto che lei mi ami, e credo di amarla. IO AMO NAOMI CAMPBELL. Vorrei gridarlo al mondo, ma non riesco a dirlo nemmeno a lei.” Le mancò l’aria per un istante, non sapeva cosa dire, cosa fare, non riusciva a muoversi, Emily, che neanche diceva mai ‘ti voglio bene’ aveva appena scritto di amarla. Dovrebbe essere una cosa bellissima, e lo è, ma non del tutto, perché del resto, se la amava, perché continuava a prendersi gioco di lei? Se la amava realmente, non si sarebbe vergognata di farsi chiamare la sua ragazza. Non era facile neanche per lei, ma era così innamorata che se ne fregava di qualsiasi possibile giudizio, se solo avesse avuto Emily, ma aveva paura dei suoi sentimenti contrastanti e di quello che frullava in quella piccola testolina rossa, Prese il diario, la sua bici e corse da lei. Appena arrivò suonò il campanello, ma fu la sorella Katie ad aprire “Cosa vuoi?” chiese infastidita “Devo parlare con tua sorella” rispose con altrettanto tono Naomi. “Tu non parli proprio con nessuno” rispose brusca Katie, ma Naomi la spinse da una parte dicendo “E’ urgente, levati dalle palle, rana del cazzo”. Katie la fece passare e non protestò, sconcertata dallo strano appellativo. Fece irruzione in camera di Emily che si alzò di fretta dal letto in cui stava leggendo. Naomi le lanciò il diario. “Cosa significa?” chiese. Al solito Emily non riuscì a rispondere. “Cazzo, credo di aver avuto il mio prima attacco di panico Emily, dimmi cosa significa” disse Naomi spazientata. “Credo sia evidente” mormorò Emily. Naomi le si avvicinò. “Mi dispiace Emily, ma io non ti capisco. Tu lo sai cosa provo per te, te lo dico ogni giorno, io ho paura dei tuoi sentimenti, non dei miei” “Anche io” si limitò a rispondere Emily. “Quello che c’è scritto è vero?” chiese lei, cercando di calmare il tono. Emily annuì. “allora perché non lo dimostri Emily? Non lo capisci? Mi sta uccidendo, mi uccide ogni giorno e tu non te ne rendi conto. Ho passato le sere peggiori della mia vita a pensare a cose bellissime che però non sarebbero mai capitate tipo tu che mi tenevi la mano in giro, o che mi baciavi davanti a tutti, o le cene romantiche e i mazzi di rose, fare…cose romantiche, no? E sai cosa? Sì vorrei andare a dire in giro che sono la tua ragazza, perché mio Dio guardati sei perfetta e andrei così fiera di dire a tutti che sei mia” Prese un secondo il fiato, era sull’orlo della disperazione. “Io ti piaccio, Emily? Come potrebbe piacerti un ragazzo? Ti piaccio Ems?” “E’ scritto lì cosa provo per te” rispose lei, indicando il diario. Naomi sospirò. “E allora perché giochi con i miei sentimenti? Perché non mi dimostri che mi ami?” chiese esausta Naomi. “Perché ho paura Naomi. Ho paura del giudizio delle persone, probabilmente, di quegli stronzi omofobi che ci prenderanno per il culo magari, e poi non sono mai stata fidanzata, ho paura di soffrire, non saprei…” Naomi si addolcì e si mise accanto a lei, le mise il braccio attorno alle spalle, e la strinse a se. Poi sorrise, la guardò negli occhi e disse “Non ti farei mai soffrire Ems, lo sai che tengo più a te che a me stessa, e poi sai, una volta una bellissima ragazza con gli occhi nocciola e i capelli rosso fuoco mi ha detto ‘Ti importa più del loro giudizio o di quello di chi ti ama?’” Emily la guardò stupita. Era la frase che le ripeteva sempre quando Naomi soffriva per le prese in giro, e lei la consolava. “Ora te lo richiedo, cosa siamo? O meglio, cosa vuoi che siamo?” chiese la bionda “Cosa vorresti tu?” rispose con una domanda Emily “Per me va bene qualsiasi cosa, insomma, sono costretta ad accettarla, al solito, io farei di tutto per te lo sai, veramente Emily, tutto”. Emily in quel momento non avrebbe mai potuto rispondere, aveva ancora qualche timore, aveva ancora bisogno di tempo. “Ti lascio un po’ di tempo per pensarci” disse gentilmente Naomi “Ci vediamo domani” si alzò e la baciò dolcemente, le sorrise per un’ultima volta e se ne andò. Era arrivato il momento, o amicizia o amore, doveva decidere, non poteva più giocare. Ripensò al bacio, a tutti i loro baci, non voleva perdere quelle sensazioni, e pensò a tutte quelle volte in cui avrebbe voluto anche di più. Prese il diario, girò la pagina che aveva letto Naomi, e vide che c’era un’altra scritta, ma la scrittura non era la sua, diceva ‘Non è bellissima quella sensazione? Aprire gli occhi di notte, vedere il viso di chi si ama e non riuscire a respirare da quanto si è felici.’ Lo aveva scritto Naomi, e sorrise come una scema a leggere quel “si ama” sottolineato. Adesso aveva capito, sapeva cosa scegliere, in realtà, sotto sotto lo aveva sempre saputo.

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Capitolo 10
*** No One Knows What To Say ***


L’incidente di Kellin aveva cambiato un po’ tutti, ma il fatto che lui non si fosse ancora ripreso cominciamo a diffondere lo stesso senso di malinconia che c’era quando lo erano andati a trovare. Persino la persona più solare della classe, Amy Lee, cominciava ad essere molto triste. Ma non era direttamente l’incidente il problema, il suo ragazzo Josh era un grande amico di Kellin dalle elementari, ma avevano smesso di sentirsi iniziato il liceo, e ora si sentiva terribilmente in colpa e stava malissimo, lo andava a trovare sempre in ospedale a lo vedeva piangere sempre, e questo stress lo stava portando anche a dei danni a livello fisico. A Amy uccideva vedere il suo ragazzo così. Era innamoratissima di lui, anche se a volte avevano problemi, non riusciva ad immaginare una vita futura senza lui. Josh però ultimamente era intrattabile, era molto difficile riuscire a parlare con lui senza che lui tirassi Kellin nella conversazione e cominciasse a piangere. Eppure lei lo ricordava sempre attivo, felice, e dolcissimo con lei. A volte pensava che lui non aveva mai problemi, per tutta la gioia che lui emanava. Forse era anche quello il motivo per cui lei si era innamorata. Purtroppo avevano diversi problemi anche perché la madre di lui non la sopportava, e questo rendeva difficile l’andare  casa sua, e poi a Amy faceva stare molto male, forse perché temeva che la madre presto gli avrebbe imposto di lasciarla. Quel giorno Amy stava peggio del solito, era scura in volto e tremava, eppure a novembre non faceva ancora così tanto freddo. “Ehi Amy, tutto ok?” chiese Tay “Stai tremando, hai la febbre?” Amy cercò di sorridere, era fin troppo preoccupata e non pensava ad altro. “No tranquilla, sto bene” Tay fece una faccia seria. “Amy, dai, lo sappiamo tutti che c’è qualcosa solitamente tu sei la più allegra della classe” Tay si fermò un secondo a riflettere, sperando che la domanda non facesse troppo male ad Amy “Josh ti ha lasciata?” chiese con la massima discrezione possibile. Amy sorrise di nuovo, stavolta sembrava più sincero, meno forzato, ma comunque malinconico. “No tranquilla, stiamo ancora insieme, ma lui è molto triste, sta veramente male per la morte di Kellin” Tay sgranò gli occhi e sentì un tuffo al cuore. “MORTE?” urlò a fin troppo alta voce.
Naomi vide Emily fuori scuola prima di entrare, con tutti gli altri ragazzi del gruppo, era indecisa se avvicinarsi a lei, ma le parve inutile fingere di essere ancora arrabbiata, dopo quello che era successo il giorno precedente, così fece per avvicinarsi quando Katie le se presentò davanti. “Che cazzo vuoi” disse secca Naomi “Senti signorina, non mi piace come parli, abbassi i toni ok?” Naomi alzò gli occhi al cielo, e Katie cominciò ad avvicinarsi minacciosamente “Stammi a sentire lurida lesbica” Naomi non riuscì a tenere testa a Katie, abbassò lo sguardo e deglutì “Stai lontana da mia sorella, non ha bisogno di essere infettata da un zoccola come te”. In quel momento Naomi rise quasi istericamente. “Prima mi chiami lurida lesbica e poi zoccola? Non sei molto coerente Katie” era quasi disgustata dal ripetere il suo nome. “Non lascerò perdere tua sorella, e poi neanche lei sembra molto disposta a lasciarmi perdere” fece un sorriso di scarno. “Stalle lontana” “Sennò?” Naomi le si avvicinò a sua volta, giusto per sfidarla ancora di più “Ti rovino Campbell” “E come?” Katie non sopportava più tutta quell’arroganza. “Hai intenzione di dire a tutti che sono lesbica? Wow, davvero, pensi davvero di rovinarmi dicendo la verità? E poi, cerchi di proteggere la tua sorellina, ma non ci guadagno nulla, perché sputtanando me, sputtani anche lei” Manteneva il sorriso stampato in faccia, sapeva di avere ragione. Katie si allontanò, non sapeva più cosa dire. “Che c’è? Il gatto ti ha mangiato la lingua? Beh menomale che tua sorella la sa usare ancora, e anche bene” Disse questo e come ultima provocazione, avvicinò due dita alla bocca, mettendoci in mezzo la lingua con fare molto volgare, rise e se ne andò. “Sei morta!” urlò Katie, ma la risposta di Naomi fu una sonora risata. Nel momento in cui si avvicinò ad Emily tornò più impacciata. “C-ciao ragazzi” salutò tutto con un gesto della mano, non sembrava neanche la stessa ragazza arrogante di pochi minuti fa. Emily per un attimo esitò, si era programmata tutta la sera cosa avrebbe dovuto fare, ma qualcosa la fermò. Forse Naomi aveva ragione, ancora si vergognava? Guardò Alex, che le lanciò uno sguardo di incitazione, muovendo la testa verso l’altra. Alla fine si convinse, le sorrise e la baciò avvicinandola a se, come fosse una cosa naturale, come se fosse stato così da sempre. Restarono tutti un po’ sorpresi, Naomi compresa, che non si aspettava che il cambiamento fosse così immediato. Solo Alex sembrava al corrente di tutto, ma allo stesso tempo sentì un senso di ansia nello stomaco, sapeva che ora doveva essere il suo turno e ancora non credeva di essere pronto. Nel frattempo Emily prese la mano di Naomi e si incamminarono mano nella mano, sotto gli occhi di tutti, insieme. Naomi aspettava da tanto quel momento, era lì, mano nella mano con quella bellissima ragazza, la SUA ragazza, per quel momento Naomi si sentì invincibile.
Ultimamente la situazione di Danny non era delle migliori. Da quando il suo migliore amico Austin non gli rivolgeva la parola, lui era stato costretto a fare amicizia con quello stronzo di Ben. Non era una brutta compagnia, e nemmeno il suo amico Alan, ma Austin gli mancava terribilmente, così tanto che nemmeno lui si aspettava. “Andiamo al bar oggi?” chiese Ben passando la sigaretta a Alan “Che novità si perché no” disse Danny sarcastico. “Hai altre idee signor iosocomedivertirmi?” la tensione tra i due era sempre evidente, anche se erano ‘amici’. “Non lo so, andiamo da qualche altra parte, a sballarci sul serio, a farci qualche ragazza facile e prenderci qualcosa di serio” Danny fece un sorriso di sfida. “o non hai il coraggio di andare oltre l’alcol, Bruce?” Alan rise, Bruce lo guardò male e il rosso smise subito “Certo che ci sono andato, cosa credi?”. Danny rise “L’erba non vale”. Ben non rispose. “Visto? Stavolta decido io, e stavolta facciamo sul serio.” Danny si incamminò e li portò nei vicoli più sconosciuti della città. “Vuoi portarci in un vicolo cieco e stuprarci Worsnop?” Danny rise di nuovo, si sentiva come un ragazzo dell’ultimo anno in giro con dei bambini delle medie. Ed era una sensazione magnifica per lui, sentirsi superiore. “Al contrario” rispose. Gli altri due si guardarono preoccupati. “Vi porterò nell’Inferno, il mio paradiso” disse con un sorriso degno di un personaggio cattivo durante il suo monologo finale. I due ragazzi non capirono fino a quando non lessero la scritta del locale, in rosso acceso, che effettivamente si chiamava Inferno. Quando entrarono, capirono il perché del nome. Il locale era enorme, e se dall’ingresso sembrava solo un garage con un scritta rossa, dentro diventava la tana dei sette peccati capitali. Cibo e alcol a fiumi. Ragazze ad ogni angolo, vestite senza pudore, o forse meglio dire non vestite a questo punto, uomini di ogni età che fumavano, tutti rigorosamente di alta società, addirittura uomini di politica e di affari, e questa era solo la stanza principale. Tutta rossa dalla carta dai parati ai cuscini, con qualche tocco di oro sulle tende e sui divani. C’erano delle porte che davano a dei corridoi, contenenti altre stanze, con funzione ovvia, per chi volesse andare al sodo. Danny accolse i suoi amici in quel club perverso come fosse casa sua, e Alan chiese colpito “E tu come lo conosci?” “E’ roba mia, ovviamente” rispose Danny. Ben era a bocca aperta. “Tua?” chiese “Di mio padre in realtà, ma lui è pur sempre un uomo sposato, perciò vengono qui io suoi amici e io, che ne sono il co-proprietario”. Disse con tono fiero. Ben tornò serio. “Tornando a noi, cosa dovremmo fare quindi?” Danny di girò e aprì le braccia, alzò la voce e con un tono simile a quello dei presentatori del circo disse “Fate quello che volete, spassatevela, prendete una ragazza e fateci quello che volete, giocate qualche partita, permettetevi di prendervi tutte le droghe che volete, appartiene tutto a me, e siete miei ospiti , ora, questa giornata è vostra, godetevela” e si allontanò per raggiungere un gruppo di ragazze che gli si appiccicò come sanguisughe. I due ragazzi sembravano sconcertati, non si erano mai trovati in un nightclub del genere, non che non sapessero divertirsi, ma in qualche cosa tutto quello sfarzo li preoccupava. Danny li raggiunse di nuovo, stavolta con una bustina in mano, conteneva delle pasticche. Lui sembrava già essersi servito. “Vi vedo rigidi amici, prendete queste, vedrete presto perderete  ogni inibizione” E cominciò a ridere come un isterico, di nuovo accompagnato dalle stesse ragazze, che lo portarono verso uno dei corridoi bui. Danny si girò un ultima volta verso i due, e gli fece l’occhiolino, poi scomparve, quella fu l’ultima volta della serata che rividero Danny. Decisero di lasciarsi andare, Ben non si tirava mai indietro, e Alan per quanto silenzioso non era di certo uno impacciato, ingerirono quella roba e la serata decollò in pochi minuti, tanti quanti ce ne mise a precipitare, e nessuno dei tre ricordava perché.
Quella sera Vic andò a trovare Kellin in ospedale. Appena raggiunse la stanza dove doveva essere il ragazzo, vide che la madre non c’era, cosa strana, dato che si fermava sempre a dormire lì, ma c’era sempre quel ragazzo che ultimamente vedeva ogni sera in ospedale, sempre per vedere Kellin, che parlava con un’infermiera. Non gli aveva mai parlato fin ora. In qualche modo si sentiva geloso. Da dove era sbucato? E perché era lì? Come conosceva Kellin? E da quanto? Quando l’infermiera si allontanò, lui sembrava avere avuto brutte notizie, perché in effetti aveva uno sguardo dispiaciuto e deluso, e l’amico non era più nella sua stanza. Vic gli si avvicinò e per la prima volta gli parlò “Dov’e Kellin?” cominciava a preoccuparsi. “Kellin?” lo guardò con fare comprensivo. “Kellin non è più qui.”

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Capitolo 11
*** You Could've Been Number One ***


La notizia del trasferimento di ospedale di Kellin non sembrava aver scosso le giornate dei ragazzi più di tanto, in effetti, Amy aveva creduto che fosse morto, invece il suo ragazzo era solo dispiaciuto di non poterlo andare a trovare. La vita sembrava essere tornata normale per tutti, tranne per Vic ovviamente. Ma in effetti una buona notizia c’era, era in un'altra città ma perlomeno si era svegliato e aveva chiamato l’amico, quindi sarebbe presto tornato da loro. Da quanto stavano insieme Emily e Naomi parevano entrambe più felici, ma furono costrette a separarsi di banco per non destare sospetti ai professori e soprattutto per non distrarsi completamente, ora Amy era vicino a Naomi e Tay vicino a Emily, ma non fu più di tanto utile perché si guardavano e parlavano da lontano in continuazione. Per quanto riguarda la reazione dei compagni, nessuno sembrava turbato, forse perché la maggior parte dopo un po’ se lo aspettava. Zack fu quello più sconvolto in realtà, aveva una cotta per Emily da tanto tempo, e lei lo sapeva, in effetti lui glielo aveva confessato e da quel momento avevano avuto un rapporto molto diverso, avevano litigato, ma ora erano tornati amici. Facendo l’appello i ragazzi notarono che mancavano all’appello da più di due giorni Danny, Alan e Ben, e nessuno aveva idea di dove fossero, potevano pensare all’influenza, ma non tutti e tre amici contemporaneamente. Austin, per quanto aveva chiuso con Danny, ancora ci teneva, e cominciava a preoccuparsi per l’amico. A ricreazione decise di chiamarlo. Faceva avanti e indietro per piccoli passi grattandosi la testa, era strano che Danny non rispondesse, per quanto fosse Austin a chiamarlo. Era la terza volta che lo chiamava e il telefono suonava ma non otteneva nessuna risposta. Marina gli si avvicinò, non aveva mai visto Austin così preoccupato. Ma da quando Vic gli aveva detto quello che Marina provava per lui, e quello  che lui e Kellin provavano per lei, lui aveva cominciato ad essere più distaccato. Sapeva anche però che Marina era la sua unica amica, perciò non poteva evitarla completamente. “Tutto ok?” chiese lei, con sguardo indagatore. “Danny non mi risponde comincio ad essere preoccupato.” “Allora è per questo che ultimamene ti comporti strano, oh capito, pensavo fosse colpa mia, menomale” gli sorrise e gli si avvicinò. Austin si sentiva più teso a stare con lei, come se in qualche modo lei ci stesse provando spudoratamente e lui non la volesse  affatto, ma non era così. Se Vic non glielo avesse detto, lui non se ne sarebbe mai accorto, e poi lui apprezzava ancora la compagnia di Marina, e allora perché tutto quel disagio? Tornò a pensare a Danny. “Credo che dovremmo cercarlo” disse infine. Marina sembrava confusa, però rise. “E dove credi di trovarlo? Andiamo, magari è solo a casa malato” disse lei cercando di distoglierlo a tutti i costi dal pensiero dell’amico. “E che mi dici di Ben e Alan? Senti, controlliamo a casa sua, se non c’è, direi che dobbiamo preoccuparci” “D’accordo allora cerchiamo”. Austin fu sorpreso da quell’autoinvitarsi di Marina nella sua ‘missione’ , ma decise di lasciarla fare, avrebbe avuto bisogno di qualcuno che gli dava una mano in caso non avesse retto l’ansia. All’uscita di scuola si diressero subito verso casa di Danny. Austin sapeva che il padre non era mai in casa, e la madre se ne era andata da tempo, perciò se nessuno avesse risposto, sarebbero partiti i guai. La villa di Danny era bianca, enorme, e Marina la fissava a bocca aperta, non se lo sarebbe mai aspettato che fosse davvero così ricco. Austin invece conosceva bene la casa dell’amico e si comportò con disinvoltura. Suonò più di una volta, per essere sicuri che in caso stesse dormendo si sarebbe svegliato. Ma niente. Suonò un’ultima volta ed aprirono. Ma la gioia di Austin divenne delusione in un istante. In effetti si era dimenticato che Danny aveva anche vari “Servitori” come li chiamava lui. “Signorino Austin, che piacere, è da un po’ che non ci si vede” la donna sembrava più allegra di quanto avrebbe dovuto. “Samantha, scusa il disturbo, Danny è in casa?” la donna non sembrò mutare umore, Austin dedusse che quindi non ne sapeva nulla. “Oh no, in effetti, non torna da un po’, ah, tutto suo padre” disse ridendo. Austin non capiva tutta quell’allegria, probabilmente il padre di Danny l’avrebbe licenziata se avesse scoperto della scomparsa del figlio. Non voleva però allarmarla. “Ok allora, mi faccia chiamare se torna ok? Arrivederci Sam” “Arrivederci signorino Austin”. Austin odiava essere chiamato così, e poi odiava tutta quella felicità in un momento del genere, ma forse effettivamente Sam era solo pagata per comportarsi così, doveva essere gentile e cordiale in qualsiasi situazione. Più passavano le ore e più Austin era in ansia, e Marina non aveva idea di come aiutarlo. Non sapeva nemmeno perché stesse così considerato che aveva litigato con lui, ma in effetti erano pur sempre stati migliori amici, e se Naomi fosse scomparsa probabilmente anche lei la avrebbe cercata, anche se avessero litigato. “Capisco che sei preoccupato Austin, ma se siamo qui seduti a non fare nulla non lo troveremo mai, dopotutto la mattina era a scuola l’ultima volta che è venuto perciò, conosci i posti che frequenta la sera?” Austin alzò la testa come se avesse avuto un’idea, ma in effetti l’idea era di Marina. “C’è un bar, in fondo alla strada, anzi è un pub squallido, ogni tanto mi ci portava a forza, lo odiavo, ma non credo che sia rimasto lì insomma che ci fa per tre giorni?” “Tanto vale provare no? Chiediamo se perlomeno lo  hanno visto o se è stato lì, magari il giorno in cui è ‘scomparso’” Quella parola suscitò sconforto in Austin. Marina si sentì inappropriata in quel momento. Le mise la mano sulla spalla, un gesto d’amica, pensò lui, il che sembrò consolarlo un pochino. “Va bene, andiamo”. Si avvicinarono al bar, vedendo chi lo frequentava Marina non ebbe inizialmente il coraggio di entrare, sembravano quel tipo di uomini che nel mezzo della notte ti sfottono e poi ti violentano. “Tranquilla dai, ci sono io” Austin sorrise per rassicurarla, e lei ricambiò. Si avvicinarono al bancone, Marina si guardava intorno mentre Austin chiedeva notizie di Danny al barista, che conosceva bene. “Non so niente del tuo amico, non viene qui da giorni, e sicuramente non era qui tre sere fa” l’omaccione barbuto fece spallucce, però quando Austin cominciò ad allontanarsi gli tornò in mente una cosa. “Ragazzo!” lo chiamò. Austin tornò indietro. “Conosci Ben Bruce?” Austin annuì. “Sì, lui e Danny sono amici ora, viene in classe con me.” Il barista sgranò gli occhi. “Vedi, i genitori sono i proprietari del locale, e sono molto preoccupati perché anche il loro figlio è scomparso, quindi sono scomparsi insieme!” Austin si sentì un tantino sollevato a sapere che Danny non era solo, ma allo stesso tempo, sapendo che era con Ben, aveva tutti i motivi di cui preoccuparsi. Sapeva che Danny era un leader nato, ma non conosceva e non si fidava di Ben.  “Quali altri posti conosci che frequentava Danny?” chiese Marina. In effetti Austin non conosceva altro, quella era il suo posto privilegiato, non sapeva se Danny frequentava altri posti. Per un momento si pentì di averlo ignorato come l’amico aveva fatto con lui.  “Suo padre aveva dei locali, ma Danny non era solito frequentarli, anche se di alcuni me ne aveva parlato. Sale giochi, prostitute, alcol e droga..” “Sicuramente il posto adatto per lui” rispose quasi disgustata Marina. “Non lo so, ne aveva tanti, diceva che uno gli piaceva in particolare, ma è lontano da qui e un po’ nascosto, non credo di riuscire a ritrovarlo, l’avrò visto solo una volta.” L’ansia era cresciuta anche a Marina che ora saltellava qua e là. Fecero un tratto di strada e Austin ci mise tutto l’impegno per ricordarsi la strada per arrivare lì. Una volta arrivati in quel vicolo isolato, Austin cominciò a perdere il senso dell’orientamento e sembrava spaventato. “Tranquillo, è un piccolo viale, non sarà molto difficile trovare un nightclub” disse Marina per tranquillizzarlo. Austin sorrise, per nascondere l’ansia. Quel posto non gli ricordava cose belle, in effetti aveva passate cattive esperienze lì, e questo non fece che aumentare il suo stato su ansia. Arrivarono davanti al cancello con la scritta rossa, che alla luce del Sole sembrava un normale garage o un magazzino. Quello che poi si rivelò essere, dopo essere riusciti ad entrare, i due ragazzi non videro altro che scatole ammassate e gente che sistemavano. Chiesero informazioni, ma i lavoratori erano totalmente ignari della seconda funzione di quel magazzino. Quando Austin uscì sembrava sul punto di piangere, si stringeva la testa mentre Marina continuava a provare a mettergli le braccia apposto, ma erano troppo forti e la presa troppo dura da staccarle. Tutte le speranze sembravano scomparse, quando sentirono delle voci dietro di loro “Austin!” entrambi si girarono “Marina! Austin!”. Con il sole davanti non riuscirono a distinguere le ombre fin da subito.
All’uscita da scuola Alex si decise a parlare con Jack. Anche se la situazione di Naomi e Emily era ancora fresca di giornata, c’era qualcosa dentro che lo stava divorando, e voleva tirare fuori tutto. Dopo il discorso all’ospedale aveva capito che Jack sapeva di ciò che provava o perlomeno della confusione che aveva in testa, forse perché c’era passato anche lui.”Jack ,fermati” aveva il fiatone. L’altro si girò. “Devo parlarti” Jack sorrise. “Risparmia il fiato Gaskarth, pensi che solo perché finalmente Emily e Naomi ci fossero riuscite ora non significa che io cardò ai tuoi piedi e che tutto vada bene.” Aveva un tono ferito “Non capisco” disse Alex secco. “Non c’è molto da capire Lex, Naomi è stata fin troppo paziente con Emily, forse perché la ama, e poi neanche lei era sicura all’inizio, mentre a me tocca aspettare che ti chiarisci le idee e mi prendi in giro, e non solo me, e poi, a differenza di Naomi, io non ti amo, mi piaci, te lo concedo, ma non ti amo, non ancora, se avessi avuto la possibilità, e il tempo, forse saresti stato mio, e forse ti avrei amato, ma no, sei solo una cotta, come tanti altri, e le cotte passano, e per ora come ora, credo proprio che mi stia passando” Non volle neanche ascoltare la risposta, anche perché Alex non sembrava saper rispondere. Si allontanò di pochi passi, e scoppiò a piangere. Tutto ciò che aveva detto non era vero, Alex era speciale, più di ogni altro ragazzo fino ad allora, ma era stanco di aspettare, e forse avrebbe voluto che l’altro nonostante tutto non avrebbe mollato, anche dopo tutte quelle orribili parole. Alex anche era sul punto di piangere, si era incasinato tutto per Jack, e lui lo mollava così, e ancora non aveva capito il perché. Credeva che sarebbe stato facile forse, credeva che se ce l’avesse fatta Emily lo avrebbe fatto anche lui, ma aveva ragione, Naomi è stata disposta ad aspettarla, perché LA AMAVA. Le parole di Jack rimbombavano. “”IO NON TI AMO. SEI COME GLI ALTRI. PASSERA’” Facevano male. Ogni singola lettere sembrava colpirlo come una coltellata. Corse dalla parte opposta, senza una meta precisa.
Emily era sdraiata sul letto con il computer acceso. Era lì sorridente a guardare il soffitto. La giornata era stata gratificante, in effetti stare con Naomi senza doversi più nascondere era  perfetto, e si sentiva molto più felice ora. Sorrideva lì da sola, in attesa di un messaggio dalla sua ragazza, di ritorno dalla cena. Sentì il suono di un messaggio, convinta fosse lei. Lo aprì alla svelta , ma un piccolo senso di delusione la pervase quando scoprì che non era Naomi, bensì una certa Br0kenGirl. Chi cazzo usa un nome del genere? In effetti non le aveva scritto nulla di che, solo un misero ‘Ciao’,  cercava solo una conversazione, così Emily decise di risponderle allo stesso modo. 

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Capitolo 12
*** One Of Those Crazy Girls ***


La campanella era suonata già da un po’ ma forse il suo ritardo sarebbe stato giustificato. Guardò dalla finestra sopra la porta della classe e vide che l’unico banco vuoto era il suo, sorrise poi guardò la madre, che teneva la sua cartella, lui non poteva portare pesi a causa delle stampelle. Lei gli restituì il sorriso e bussò alla porta. Una voce stridula da dentro la sala rispose “Avanti!”. Allora entrarono.
Fu immediata la reazione di sorpresa dei ragazzi che si alzarono e applaudirono, come una standing ovation. Vic fece un sorriso a 32 denti. Finalmente il banco accanto a lui non era più vuoto, il suo amico era tornato. Cercò di mantenersi in equilibrio su una stampella per usare l’altro braccio per salutare i compagni. Per quanto non li conoscesse ancora bene, Vic gli aveva raccontato del supporto che gli avevano mostrato, ed era molto felice di rivederli tutti quanti. Kellin si sedette con attenzione, aveva una gamba fasciata, ma dalle smorfie che faceva sembrava dolergli tutto il corpo. Per quanto Vic fosse felice di vedere l’amico, non poteva fare a meno di notare tutti i segni sul viso e sulle parti visibili del corpo di quel terribile incidente. Ancora stava male a pensare che avrebbe potuto evitarlo. Ma Kellin sembrava molto felice di essere di nuovo lì, quindi meglio non rovinare il momento.
Anche Danny, Ben e Alan erano tornati, e Austin sembrava molto più sollevato, per quanto quello che era successo ai tre amici lo aveva turbato molto, e sembrava anche molto contento di rivedere Kellin lì, come tutti del resto.
L’atmosfera che si respirava in classe sembrava molto più rilassata, Amy era tornata allegra e spensierata come il suo ragazzo Josh, Naomi ed Emily da quando erano insieme erano sempre felici e diffondevano questa felicità anche agli altri membri del gruppo. Tay stava con loro e da quando aveva conosciuto meglio Marina parlava moltissimo con lei. Alex doveva distrarsi dagli ultimi avvenimenti, perciò torno a passare tutto il suo tempo con i suoi migliori amici Zack e Rian, che ancora non avevano capito quello che stava passando, mentre Austin aveva fatto pace con Danny e si era unito al suo gruppo con Ben e Alan, dopo la disavventura che avevano avuto qualche giorno prima. E naturalmente Vic e Kellin erano tornati e scherzare e parlare di musica, senza pensare troppo a Marina, e stavano con il gruppo di Alex e i suoi amici.
L’unico che non sentiva tutta quest’aria di leggerezza era Jack, che da quando aveva cacciato Alex dalla sua vita era rimasto solo e depresso, a pensare ancora a lui. Lo amava ancora, era evidente, ma non poteva perdonargli le prese in giro ed era troppo orgoglioso per chiedere scusa comunque. Era lì appoggiato ad un albero, a guardare come tutti si stessero divertendo mentre lui sedeva in disparte. Oltre ad Alex e i suoi amici conosceva Naomi, che però aveva occhi solo per Emily, che tra l’altro era la migliore amica di Alex, perciò scartò anche questa opzione. Mentre rifletteva sul da farsi gli si avvicinò una ragazza. “Ciao!” disse con tono allegro, sembrava quasi quello di una bambina. Jack alzò lo sguardo, non l’aveva mai vista e non aveva voglia di parlare con nessun altro. Ma gli sembrò sfavorevole allontanare l’unica persona che gli rivolgesse la parola, perciò tentò di sorridere anche lui e rispose “Ciao” in modo un po’ meno amichevole.
Se fosse stato etero avrebbe di certo pensato che sarebbe stata una bella ragazza e probabilmente le avrebbe chiesto di uscire. Aveva capelli e occhi scuri, lentiggini che le coprivano il viso e le fossette che le solcavano le guance ogni volta che sorrideva. Sarà stata sicuramente del primo anno, anche se aveva un sorriso da bambina. “Cosa ci fai qui tutto solo?”. Jack sperava che non ci volesse provare, perché non voleva ferirla, per quanto non la conoscesse, ma non voleva ancora dire la verità in giro. “Cosa spinge te invece a parlare con questo povero ragazzo tutto solo?” chiese lui di nuovo, con un leggero ton di scherno. Lei rise, e Jack sorrise a sua volta. “Non ho più amici, comunque” continuò Jack, facendo cenno con la testa verso il gruppo di ragazzi della sua classe che si stava divertendo poco più lontano. Vedere Alex così spensierato  gli fece venire un nodo alla gola. Ma anche la ragazza non sembrò indifferente alla scena, chissà cosa l’aveva turbata. “Tutto ok?” chiese Jack, lo sguardo di lei sembrava lontano chilometri e stringeva i pugni affondando le unghie nei palmi delle mani.
La voce di Jack la fece tornare alla realtà. Lei si girò di scatto verso lui e gli sorrise ancora. “Nulla” disse “Mi dispiace soltanto perché so come ci si sente, neanche io ho molti amici, nessuno mi vuole”. Fece una faccia da cucciolo smarrito, e a Jack venne quasi l’impulso di abbracciarla. Lui le indicò il posto accanto a lui e chiese “Vuoi raccontarmi perché?” Lei non rispose e si sedette, dopo poco disse. “Credono che io sia pazza”. Non guardava il suo interlocutore, bensì la scena davanti a lei. “Perché?” chiese Jack curioso. “Perché in fondo lo sono” rispose lei accennando un sorriso. “Che intendi?”. Lei finalmente lo guardò con un sorriso innocente. “Soffro di diversi disturbi della personalità”. Jack si sentì un po’ più a disagio ora, soprattutto perché la ragazza scoppiò a ridere senza un apparente motivo. Ma decise di non allontanarsi, in effetti erano entrambi solo, e chi dice che non fosse una bella persona in fondo? “Niente di grave, non ti ucciderò nel sonno” disse e rise di nuovo. “Ho solo qualche mania ossessiva, tutto qui” Sembrava una bambina, piccola e innocente, a Jack faceva molta tenerezza, non poteva lasciarla lì da sola, sapeva quanto poteva esser difficile essere ‘diversi’.
Jack cercò di metterla sul ridere e le chiese “E da cosa, ad esempio, maniaca del pulito? Oppure hai un’enorme collezione di gatti o cose del genere?” ma lei rispose seria, Jack non sembrava averla fatta ridere. “Da una persona in realtà” disse secca. “Sono totalmente ossessionata da una persona” disse, e rise di nuovo, era una risata malinconica e delusa. “Peccato che non sappia nemmeno che esisto”. Guardò di nuovo il vuoto, poi suonò la campanella che annunciava la fine della ricreazione. Si alzarono all’unisono e Jack disse infine “Forse è meglio che tu non la conosca, prendi me, mi sono innamorato di una persona che non mi accetterà mai, perché è ‘sbagliato’, perché è ‘diverso’, e fingerà per tutta la vita. Se non lo avessi mai conosciuto credimi, sarebbe stato meglio”. Si pentì di aver tralasciato così tanti dettagli, si capiva che stava parlando di un ragazzo. La ragazzina, quasi come se Jack non avesse detto nulla, gli porse la mano e disse “Mi chiamo Isabelle”. Il ragazzo la strinse e rispose “Io sono Jack”. “Molto piacere Jack” rise e corse via. “Il piacere è tutto mio” mormorò lui, lei non lo aveva sentito ovviamente. Il ragazzo accennò un sorriso a guardare la ragazzina correre via, gli faceva tenerezza, quasi come una sorellina minore. Sentì per un momento il bisogno di aiutarla, sperando che poi lei sarebbe riuscita ad aiutare lui.
Alla fine delle lezioni Vic accompagnò Kellin a casa, che aveva bisogno di una mano con la cartella, ma la madre non poteva andarlo a riprendere, e decise di informarlo delle novità. Gli parlò di Naomi e Emily per quanto poco ne sapesse, di Danny, Ben e Alan che erano scomparsi per due giorni e di quando ha parlato con Austin riguardo a Marina. Kellin se sentì sollevato a sapere che lui non avrebbe mai provato nulla per lei e che ultimamente erano più separati, ma sapeva anche che al cuore non si comanda e se Marina voleva Austin non poteva farle cambiare idea. Soprattutto non poteva neanche lui provarci con lei perché avrebbe distrutto ancora di più il suo amico Vic. Così decise di non pensarci più di tanto a lei, magari guardando anche altre ragazze, ma Vic non era ancora della stessa idea. “Stavo pensando che, tanto Marina comunque con noi non ci esce, allora dovremmo andare avanti!”. Vic non disse nulla, ma era abbastanza deluso perché sapeva che era la verità, ma non riusciva ad andare avanti. “Ho conosciuto questa ragazza, all’ospedale, era la sorella di un paziente e Vic credimi è ancora meglio di Marina” nonostante avesse poche forze sembrava molto più attivo dell’amico, che rispose “Per te è facile, tu un rimpiazzo l’hai trovato, io no”. Kellin si fermò. “Andiamo amico, lo sai che è meglio per entrambi se non pensiamo a lei, magari tu sei sollevato perché a Austin non piace e io penso ad un’altra ora, ma lei comunque non pensa a te” Vic guardò altrove, Kellin si accorse di aver esagerato. “Andiamo, ne trovi di altre, e poi ora che ci penso, cosa ci abbiamo trovato in lei? Non ci ha mai dimostrato gesti di affetto che sarebbero potuti essere fraintesi, mi spieghi come cazzo abbiamo fatto ad innamorarci di lei?” Kellin rise, e poco dopo Vic fece lo stesso. “Già cazzo ma quanto siamo ridicoli, lei non ci si è mai filati, a malapena ci salutava, e noi ci siamo cascati come delle pere cotte”. Risero di nuovo e si incamminarono verso casa di Kellin.
Quando Emily tornava a casa la sera come di routine si aspettava un messaggio dalla sua nuova ragazza, Naomi. Era così felice di stare con lei e ogni volta che le scriveva era al settimo cielo. Aspettava sempre un suo messaggio perché aveva paura che se le avesse scritto sempre lei sarebbe risultata troppo ossessiva, ma allo stesso tempo si chiedeva se Naomi pensasse lo stesso. Mentre aspettava che la sua amata le scrivesse ultimamente parlava con una nuova amica che aveva conosciuto in rete, ma a quanto pare erano nella stessa città.
-Br0kengirl: Ciao Emily :)
-Emily Fitch: Ciao, come va?
-Br0kengirl: Al solito. L’ho visto oggi, ma non ho avuto il coraggio di parlargli. Però ho conosciuto un nuovo amico
-Emily Fitch: Wow, e chi sarebbe?
-Br0kengirl: Non è importante. Tu che fai?
-Emily Fitch: Oh, parlo con la mia amata :) mi ha appena scritto
L’altra sentì una stretta allo stomaco. Prima perché credeva che stesse parlando di lei e poi perché le riaffiorò l’immagine di Emily con la sua nuova ragazza, Naomi, che ridevano e scherzavano, sentendo una profondo senso di delusione e rabbia.
-Br0kengirl: Sono contenta per te. Adesso scusa, devo andare.
-Emily Fitch: Grazie. Allora, ci sentiamo
Br0kengirl è offline.
Emily lì per lì era stranita dal fatto che l’amica misteriosa se ne fosse andata così presto, erano solite parlare molto di più. Fece spallucce e tornò alla conversazione con Naomi, come fosse niente.
Prese la foto di Emily e cominciò a piangere. L’immagine di lei che baciava Naomi era straziante, ma non se ne voleva andare dalla testa. Aveva milioni di foto di lei nella sua stanza, continuava a fare credere alla sua povera madre che fosse una celebrità. Non aveva di certo foto di Naomi ma se ne avesse avute anche per sbaglio le avrebbe dato fuoco. “Emily Fitch, sei bellissima” mormorò a bassa voce alla foto, con tono che sembrava più una minaccia che un complimento. “E un giorno sarai mia”. 

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Capitolo 13
*** Open This Fucking Pit Up ***


L’indomani Danny si presentò in classe con il sorriso sulle labbra e una manciata di volantini in mano. Cominciò a distribuirli ai suoi compagni di classe, che li leggevano curiosi. “Un concerto?! Grandioso!” urlò Zack. “Chi suona?” chiese poi Rian. Una particolarità dei due amici era che se uno parlava l’altro doveva per forza continuare il discorso. “La band di una mia amica, ci si diverte credetemi!” rispose Danny, poi continuò “E poi è una bella gnocca, è tutta vostra, io ho già dato, mi rivolgo a voi maschietti e ah, Emily e Naomi” con uno sguardo malizioso. Emily rise alla provocazione, Naomi alzò gli occhi al cielo. “Che genere?” chiese Kellin. “Sono…sull’Hard Rock..credo, non saprei, non mi ci sono mai soffermato” rispose e rise di nuovo beffardo. Austin sembrava un po’ preoccupato, non capiva come potesse tornare in giro per club dopo quello che era successo, ma lo sollevò pensare che comunque non sarebbe stato solo. Danny notò il disagio dell’amico e gli disse rassicurandolo “Tranquillo Carlile, ci divertiamo, su che Taylor ci rimane male”. Finse uno sguardo da cucciolo, Austin lo allontanò alzando gli occhi. “Va bene, mi hai convinto. Ma solo per supportare Taylor.” Erano tutti e tre compagni delle medie, Austin era il migliore amico di lei mentre Danny ci provava in continuazione. Alla fine Danny ci era finito a letto e Austin non l’aveva più sentita, andava a quel concerto solo per controllare che Danny non facesse altre cazzate, la ragazza le era del tutto indifferente. Kellin era un po’ dispiaciuto perché aveva ancora vari problemi fisici e non sapeva se sarebbe riuscito ad andare. “Dai amico, in caso stiamo dietro e assistiamo al concerto, così liberi la mente, no? Che ne pensi?” Kellin era ancora titubante. “Potrebbe esserci Kathelynn” disse Vic tentando l’amico come se fosse un cagnolino e lui avesse un biscotto. Kellin rise e lo spinse amichevolmente. “Okay, convinto”. Alex discuteva con i suoi due amici su come organizzarsi per quella sera. Ogni tanto lanciava rapide occhiate a Jack che se ne stava in disparte a fissare il foglio. Alex sperava che “l’amico” sarebbe venuto, ma era certo che non avrebbe avuto nessun motivo di venire. Decise di rompere quel muro che si era formato, così si avvicinò a lui e gentilmente chiese, puntando al foglio. “ci vieni?”. Jack avrebbe ancora dovuto fare l’orgoglioso, ma non poteva resistere al fascino tenero e innocente del biondo così non trattenne il sorriso. Alex si sentì sollevato a vederlo così. “Non saprei” rispose Jack. In effetti non era ancora sicuro di volerlo perdonare. “Ti prego, ci divertiamo!” il suo tono era forse troppo implorante “Siamo tutti!” continuò con entusiasmo, allargando le braccia ad indicare la classe. Jack fece spallucce. “Ti farò sapere” rispose. Non voleva far trasparire l’entusiasmo dato dal fatto che Alex gli aveva rivolto la parola per primo nonostante tutto. Il biondo sorrise e tornò dai suoi amici. A ricreazione provò a reintegrarsi con il gruppo che non ebbe problemi a farlo entrare, come se niente fosse. Alla fine solo Emily sapeva la faccenda tra Alex e Jack, e quando li vide dialogare gli lanciò un occhiata di comprensione. Isabelle se ne stava vicino all’albero dove aveva conosciuto Jack, ma sta volta era sola, perché il suo unico amico se ne era andato. Guardava tutti i ragazzi che si divertivano e parlavano, e i suoi occhi cominciarono ad inumidirsi e appannarsi, scese qualche lacrima, le guance divennero più rosse, ma pianse in silenzio, e per poco. Si asciugò in fretta, stropicciandosi gli occhi, e continuò ad osservare fino a quando non suonò la campanella. Ebbe un sussulto quando vide Emily avvicinarsi dalla sua parte, cominciò a tremare e il cuore le batteva sempre più forte, sperava che si accorgesse e ricordasse di lei. E in effetti lo fece. Quando la guardò, Isabelle le sorrise dolcemente, con quel sorriso da bambina innocente che le lasciava scoprire le fossette, ma allo stesso tempo implorante e i suoi occhi, ancora gonfi sembravano implorare aiuto. Emily ne rimase profondamente colpita e improvvisamente i ricordi le riaffiorarono in mente. Decise comunque di continuare la sua strada, senza parlarle, limitandosi a restituirle il sorriso per un secondo. Isabelle ne rimase folgorata, ma Emily era ancora più colpita da tutta la situazione. Non ricordava di averla mai vista così triste, di non aver mai visto nessuno così triste. Tutto tornò in mente dolorosamente. Il concerto cominciava alle 8, durante il pomeriggio nessuno si degnò di studiare, bensì cominciarono a prepararsi. Austin era andato a casa di Danny dopo la scuola, non voleva perderlo di vista nemmeno un minuto. “Allora, cosa mi metto?” disse, tirando fuori qualche maglietta e pantalone. Austin si guardò, in effetti lui aveva una normale t-shirt nera dei Three Days Grace e dei pantaloni strettissimi che aderivano perfettamente alle gambe lunghe e magre, mentre Danny si preoccupava come una femminuccia al ballo della scuola. Austin, scocciato, prese una maglietta a casa, con una bandiera inglese, e gli disse “Questa” facendo finta che fosse una scelta meditata e non una cosa a caso. Se la provò, e nonostante tutto sembrò convinto. Si mise sopra una giacca di pelle e gli occhiali da sole. Danny e Austin erano opposti, il primo era biondo, piuttosto basso e robusto, mentre Austin era moro, molto alto e magro. E naturalmente, anche caratterialmente lo erano. “Andiamo, Carlile, non vorrai mica ripresentarti a Taylor così!” esclamò squadrandolo da capo a piedi. Austin fece spallucce, poi lo spinse fuori. “Dai andiamo che ci aspettano prima”. Danny fece l’occhiolino da sotto i Ray-Ban e si diressero verso fuori. Marina era con Naomi intenta a cercarle un vestito adatto per una serata con la sua nuova ragazza, era super eccitata perché non le era mai capitato di doverla vestire per un appuntamento, e quella era la sua occasione. “Marina, dai smettila, andiamo ad un concerto non ad una serata di gala, e poi io e Emily siamo uscite altre volte, non è il nostro primo appuntamento.” Cercò di calmarla Naomi, sperando che non le avrebbe fatto mettere un vestito, o qualsiasi altra cosa di Marina, che in qualche modo non indossava sempre abiti casti e puri. “Questo?” gli mostrò un vestito nero a pois bianchi. Naomi lo prese e lo gettò sul letto “Quale parte di concerto non hai capito? Pronto? Mosh pit! Circle pit! Botte e spintonate, non vogli questa roba” sembrava piuttosto irritata. Marina non ci fece caso, e le sorrise comunque. “Come vuoi, ma se poi non le piaci perché sembri una rozza maschiaccia non ti venire a lamentare da me” Naomi rise. “Marina, anche a lei piacciono i concerti, possibile che non sai nulla di lei? Pensavo di avertene parlato fin troppo!” L’altra fece spallucce. “Forse non ascoltavo?” “E poi andiamo, quanto maschio posso essere io in confronto a lei, andiamo l’hai vista? E’ la ragazza più…” il suo sguardo si perse e un sorriso nacque nulle sue labbra “più bella che abbia mai visto blahblahblah” terminò la frase annoiata Marina. “Dai sbrighiamoci, metti quello che cazzo ti pare e usciamo”. Alex, Zack e Rian avevano sempre l’indecisione di chi dovesse guidare, e molte volte finivano per litigare, perché guidare voleva dire non bere, e questo per loro era un grande problema. Alla fine capitò a sorteggio Rian, come quasi sempre. Passarono addirittura a prendere Jack, e poi in pochi minuti arrivarono al locale. Era un posto piccolo e buio, che solo Danny poteva conoscere, l’acustica non era male, ma al solito si sentivano maggiormente il basso e la gran cassa della batteria. Le cameriere avevano abiti succinti e portavano alcol a fiumi, alcune addirittura non portavano nulla, si fermavano ai tavoli per “una chiacchierata”. Il palco era piccolo, e dei ragazzi stavano montando le loro cose, per ora la musica proveniva da delle casse montante sul soffitto. Danny camminava li come se fosse il capo di una banda, mentre gli altri si guardavano intorno meravigliati. Austin scuoteva la testa. Il solito Danny, pensò. Poi il ‘capobanda’ di girò di colpo e disse rivolgendosi a tutti. “Adesso, divertitevi, usufruite, esagerate. I privè da quella parte, per chi si accontenta, i bagni subito accanto, oppure prendete un tavolo con divanetto, o semplicemente state sotto al palco. Fate come volete, io mi dileguo” disse, prendendo una cameriera a braccetto e portandola con se. Austin sapeva che non poteva seguirlo, e da quel momento divenne di nuovo turbato. Alla fine decisero di prendere un tavolo tutti insieme e poi chi voleva sarebbe potuto andare a sentire il concerto da vicino, tutti ordinarono da bere. Austin fissava il suo bicchiere, pensava all’amico e alla fine che poteva fare, di nuovo. Marina provò a rassicurarlo, ma non ci riuscì, così andò a parlare con Tay. Naomi ed Emily continuarono a pomiciare per ore, senza sosta, attirando occhiate maliziose di vecchi pervertiti e cameriere fin troppo esuberanti. Zack le fissava sconsolato, mentre Rian era maledettamente eccitato. Alex era troppo impegnato nel riallacciare i rapporti con Jack, mentre Vic aiutava l’amico a riconoscere Kathelynn nella folla. Tutti furono poi interrotti dal rumore assordante del microfono, e si girarono verso il palco, persino le due ragazze di staccarono. I componenti erano tutti sul palco posizionati, capelli e abiti scuri, l’unica figura che spiccava era questa ragazza, magrissima con dei lunghissimi capelli biondi e gli occhiali da sole, nonostante il buio della sala. Era vestita quasi meno delle cameriere. “ciao a tutti, io sono Taylor Momsen e questa è la mia band, siamo i The Pretty Reckless!” Partì subito la musica. Aveva una voce potente e erano molto energetici, tutti sotto al palco di stavano scatenando. Austin si sentì sollevato a rivedere l’amico, anche lui lì a pogare, e decise di lasciarsi andare finalmente, gettandosi tra la folla. “Vai così Carlile!” urlò Danny. Emily si alzò dal tavolo, prese la mano di Naomi come per offrirle un ballo, e si buttarono anche loro. Tay e Marina avevano paura di farsi male perciò rimasero lì a parlare. Kellin ovviamente non poteva o rischiava e rimase con Vic. Alex era indeciso, Zack e Rian erano andati, ma aveva paura che Jack non volesse. “Cosa vuoi fare?” gli urlò nell’orecchio a causa della musica troppo alta. Jack sorrise malizioso. “Vieni con me” gli prese il braccio e lo portò via, ma non verso il palco. Emily e Naomi cercarono di non rischiare troppo a spintonarsi con i ragazzi troppo grossi, perciò tendevano ad andare contro quelli che conoscevano, poi andarono in contro a l’unica altra ragazza presente. Aveva i capelli marroni lunghi, una giacca di pelle bianca, leggins di pelle, tacchi alti e occhiali da sole. Una Danny al femminile in pratica. “Stai pogando con la stronza sbagliata” disse lei scherzando. Poi sorrise ad entrambe, mantenendo sempre un aria da dura. “Sono Lzzy Hale” disse “L-Z-Z-Y” fece lo spelling, a sottolineare la particolarità del nome. “Noi siamo Naomi e Emily, molto piacere” urlò la bionda. “Non venite spesso qui, vero?” chiese lei. “no, in realtà è la prima volta” rispose Emily, stavolta. “Beh è un bel posto, ci si diverte, c’è musica cazzuta, si poga e tanto, ci si fa male” disse ridendo, e anche le altre due risero. “E’ stato un piacere conoscervi” disse ridendo, poi le spintonò entrambe dall’altra parte. Aveva una forza disumana per essere una ragazza, pensò Emily, che era comunque abituata a pogare. “Ehi biondina, ti va di ballare?” chiese un ragazzo alto e imponente a Naomi, che era sbucato dietro di lei. “No scusa amico, lei è con me” prese le sue difese Emily. “Dai, ti riporto la tua amichetta a casa domani mattina sana e salva, promesso” il suo tono era fin troppo arrogante, e quell’affermazione fece andare Emily su tutte le furie. “Non hai capito brutto stronzo, lei è con me, è la mia ragazza” Naomi adorava quando la chiamava così, ed era molto romantico che lei la stesse difendendo, non lo era altrettanto che lui le stesse palpando il culo. “Toglimi le mani di dosso, non l’hai sentita?” ringhiò Naomi. “No scusa, la musica era troppo alta” rise di nuovo arrogante. Emily gli torse il braccio e lo spinse con la poca forza che aveva. “Stalle lontano!” urlò così forte che anche Danny si accorse che qualcosa non andava. Appena vide Emily spintonare quel ragazzo ma non di certo per pogare, si avvicino a lui, gli girò la spalla e disse “Non rompere le palle alle mia amiche.” L’altro, ubriaco marcio rispose. “Ma amico, la lesbica non vuole farmi scopare la sua amichetta” Anche Danny sembrava piuttosto urtato da quell’affermazione, tanto che gli piantò il suo pugno sulla faccia, accasciandolo a terra. “Non. Toccare. Le. Mie. Amiche”. Il mosh pit divenne improvvisamente una rissa totale, Danny portò fuori le due ragazze, ma Austin e gli altri rimasero coinvolti. Alla fine la sicurezza fermò tutto e cacciò dal club Danny e tutti gli amici, tranne Jack e Alex che erano scomparsi. “Dove siamo?” chiese Alex. Era sicuro di essere ancora nel locale, ma era perso in qualche stanza buia. Sentì Jack ridere anche se non poteva vederlo. Gli si avvicinò, mettendoli il dito per coprirgli la bocca, in segno di fare silenzio. “Ora vedrai” gli sussurrò.

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Capitolo 14
*** That's What You Get When You Let Your Heart Win ***


I ragazzi erano rimasti per strada dopo essere stati cacciati dal club. Danny ancora rideva, e gli usciva del sangue dal naso, probabilmente quel tipo lo aveva colpito, mentre Austin provava aiutarlo a pulirlo. Kellin era piuttosto deluso, e Zack e Rian cominciavano a chiedersi dove fossero Jack e Alex. Emily era vicino a Naomi, che si stringeva le braccia, insieme a Marina e Tay, preoccupate dell’accaduto. Le chiedevano se andasse tutto bene e lei rispondeva annuendo velocemente. Quando poi Danny si avvicinò alle ragazze, anche lui stranamente preoccupato, ma cercando di nasconderlo, Naomi gli sorrise e gli disse “Grazie tante Danny, sei un amico”. Lui restituì il sorriso gentilmente, e con un leggero tono enfatico rispose “Niente di che, insomma l’hai visto? Era un coglione, l’ho steso a terra in un secondo.” Le ragazze risero, Marina ne rimase piacevolmente sorpresa, non avrebbe mai pensato che Danny fosse capace di guardare oltre se stesso e di difendere una ragazza per cui lui non avrebbe potuto provare sentimenti, rischiando anche molto. “Bene, ragazzi mi dispiace, ma la serata finisce qui, ci vediamo domani” disse allontanandosi da solo e prendendo il telefono dalla tasca. Austin lo seguì salutando tutti con un cenno della mano. Vic aiutò Kellin a dirigersi verso casa, stessa  cosa Emily con Naomi, Marina e Tay si incamminarono separatamente. Rimanevano solo Rian e Zack che non avevano la minima idea di cosa fare. Non sapevano dove erano andati gli altri due, non rispondevano, ma Rian aveva le chiavi, così decisero comunque di andare, lasciando i due ad arrangiarsi.
“Dove sei? Jack” chiamò Alex. Jack si era allontanato nel buio di quel luogo. Sentiva ancora la musica dall’altra stanza, nonostante il trambusto di poco prima erano tornati a suonare. Finalmente il ragazzo accese la luce, e la stanza si illuminò completamente. Alex era seduto su un divanetto morbido rosso, dove vicino c’era un tavolino, con degli alcolici. Molto probabilmente quello doveva essere il privè. Alex guardò l’altro meravigliato. Erano passati dal “Non ti amo” allo stare soli in un privè, arredato apposta per chi si volesse divertire con qualche cameriera. Ma in quel momento non c’era nessuna ragazza, solo Jack e Alex, che molto probabilmente non dovevano essere lì, perché quei posti costano e anche caro. Ma Jack aveva già sul suo volto un’espressione maliziosa. Alex non sapeva cosa aspettarsi, e non sapeva nemmeno se era pronti. Insomma non si erano nemmeno mai abbracciati, ne baciati. Lo voleva, in qualche modo sentiva di volerlo, ma non era pratico di certe “dinamiche”, e forse non voleva nemmeno correre troppo. Jack si sedette vicino a lui. E la stretta allo stomaco di Alex si fece ancora più forte quando il moro cominciava ad avvicinarsi, che gli fece capire che era anche quello che lui voleva. Allora si avvicinarono entrambi, ormai erano così vicini che ognuno poteva respirare l’odore dell’altro. Le loro labbra ormai si sfioravano, Jack guardò un’ultima volta Alex come per chiedere il permesso, e quasi rise a vedere l’altro con gli occhi già chiusi e la bocca semi aperta. Finalmente le loro labbra si incontrarono, muovendosi insieme lentamente. Alex non se lo aspettava così. In effetti, non c’era poi molta differenza con qualsiasi altro bacio avesse mai dato, la differenza la fecero le mani ruvide di Jack che piano piano si intrufolarono dentro la sua maglietta, accarezzandogli l’addome e i fianchi. Alex gli afferrò i capelli invece, portandolo più vicino a sé. Cominciarono a metterci più foga, Jack era sopra ad Alex, e provava a slacciargli la maglietta. Alex sapeva che quello avrebbe portato ad altro, e forse i baci non saranno differenti, ma QUELLO beh si. Allora Alex cominciò a dimenarsi leggermente per evitare che riuscisse a slacciargli la maglietta. Jack capì che c’era qualcosa che non andava. Si staccò e ancora con il fiato corto chiese “Cosa c’è?” Alex non se la sentiva  dire cose come “non sono pronto”, erano troppo da femminuccia, fece un sorriso finto e imbarazzato. Jack capì, si rialzò e sorrise dolcemente. “Ho capito, hai ragione, insomma prima non ci parlavamo e ora arriviamo al sodo? Non ha senso hai ragione, ma che dire, mi ispiri certe cose…” disse ridendo. Anche Alex rise, quella situazione era del tutto nuova e per quanto gli avesse fatto piacere si sentiva ancora a disagio. “Piccoli passi ok? Piccoli passi” disse confortante Jack. Poi si alzò, gli prese la mano e lo portò fuori, la musica in quel momento smise di suonare, probabilmente la serata era finita. Camminarono fuori mano nella mano e si accorsero che il locale era semi vuoto e i loro amici non c’erano più. Uscirono correndo e videro che anche la macchina di Rian non c’era, se ne erano andati tutti. Si guardarono e risero, e si incamminarono lunga la strada a piedi, mano nella mano, durante la notte. “Se non sei pronto a farlo sapere in pubblico, prenditi del tempo” disse dolcemente Jack. “L’importante è che lo sai tu” continuò. Alex non sapeva che dire, ancora stordito dalla situazione, tirò Jack dietro e lo baciò di nuovo. “Grazie per la seconda occasione” disse il biondo.
L’indomani Alex raccontò tutto ad Emily, che saltellava qua e là per l’emozione. Finalmente ce l’avevano fatta entrambi. “Secondo te cosa dovrei fare” chiese lui “Credi che dovrei parlargli? Chiedere quello che vuole?”. Alex non era ancora sicuro se mostrarsi finalmente in pubblico. “Se ti ha dato tempo approfittante, ma non troppo, e comunque dimostragli che ci stai lavorando, te lo dico per esperienza” rispose Emily. “Dovresti parlarne con Rian e Zack, a loro sicuramente importa maggiormente, poi gli altri, come hanno accettato me e Naomi, accetteranno anche te, fortunatamente non sono bigotti come pensavo, anzi” Si girò verso Danny e si sorrisero, il ragazzo fece un lieve cenno con la testa. “Non avere paura comunque, sono certa che non avranno problemi”. “E i miei?” “Oh, non saprei come aiutarti, nemmeno io l’ho detto, ancora, ma per ora dillo ai tuoi amici, per quello credo che nemmeno Jack ne abbia parlato a nessuno, insomma nessuno sa che anche Jack è gay” Alex era ancora indeciso, ma le parole di Emily gli diedero conforto, così decise di avvicinarsi a Jack, ma prima si rigirò verso Emily e chiese “C..c..come faccio? Lo bacio? Come hai fatto tu cioè come se niente fosse?” Emily rise. “Allora non mi ascolti! Stupidone, prima parlane con Zack e Rian, poi fai come vuoi, ok?” “O..okay” e se ne andò. Emily scosse la testa ridendo, le si avvicinò Naomi che le mise un braccio intorno alla spalla e la strinse a se. Emily finse commozione, portandosi la mano davanti a la bocca dicendo “Sono cos’ fiera, mio dio”. Naomi rise, poi la girò verso di se e si baciarono. “Però siamo più tenere noi” disse, tenendo ancora la rossa tra le sue braccia.
“Austin!” chiamò Marina verso il ragazzo che si attingeva a tornare in classe dopo la ricreazione. “Austin, aspettami” Lui non si girò, in effetti sperava di riuscire a raggiungere la classe prima che lei raggiungesse lui. Finse di sorridere. “Dimmi”. Lei si sistemò velocemente i capelli dietro le orecchie e disse “Sei sparito ultimamente, non ti fai più sentire, è successo qualcosa?”. “No , non è successo nulla, per questo non ti cerco” Austin si pentì di ciò che aveva detto quasi subito, in effetti non era affatto da lui dire cose del genere e in quel tono. Anche Marina ne rimase sorpresa e naturalmente offesa. “Ah, ok, giusto, beh sono contenta che la tua vita vada così bene che non hai più bisogno di parlare con me insomma, è grandioso, no?” Marina non piangeva mai, lei metteva su un sorriso finto, e spezzare il suo cuore voleva dire che lei lo avrebbe spezzato a qualcun altro, ignara di averlo già fatto doppiamente. “Marina, aspetta” In effetti lei era sul punto di correre via, per quanto le lezioni stessero per ricominciare. “Non intendevo dire…senti è solo che, ho saputo di ciò che insomma, tu provi e, scusa ma io non posso, mi sento in colpa a parlarti, tu mi desideri, ma io no, e c’è qualcun altro che ti vuole, qualcuno che sta davvero male per te, ma tu non riesci a vederlo.” Marina in effetti non capiva. “Sono sicuro che sei una bravissima amica con Naomi o Tay o Ems, ma hai mai pensato a qualcun altro ragazzo oltre a me, nel senso, ti interessa di loro, come stanno, o non so…” “Beh credo che Danny sia molto particolare, e che ci sia qualcosa dietro l’atteggiamento duro di Ben, ma non voglio farmi gli affari loro, se non si aprono con me” Austin scosse la testa. “Ti sei mai chiesta come stanno gli unici due che si sono aperti a te? Vic e Kellin, non so se ricordi.” Marina si sentì in colpa, in effetti li aveva trattati come se non esistessero. “Sicuramente Vic sarebbe molto felice se gli mostrassi attenzioni ogni tanto, non dico che devi provare lo stesso che prova lui, ma per lo mano aiutalo, fermalo.” “Che vuol dire fermalo?” chiese lei. Austin in effetti non avrebbe dovuto far tralasciare tutti quei dettagli. Sospirò, ma poi disse “Fermalo dal male che si sta facendo perché Marina, non voglio essere troppo diretto, ma è colpa tua” “Male?” era imbarazzata dal non sapere minimamente di cosa stesse parlando. Austin tirò indietro le maniche a mostrare le braccia, e lei capì, ma era forse meglio nuotare nell’ignoranza di poco prima. Era davvero per lei? E perché? Perché non dichiararsi piuttosto? Sentì un profondissimo senso di colpa, e cominciò a correre via nella direzione opposta a quella che avrebbe dovuto. Nella sua corsa a testa bassa inciampò addosso ad una ragazzina più bassa e magra di lei. Educatamente la aiutò a rialzarsi e a raccogliere i suoi libri che aveva fatto cadere “Perdonami, ero distratta” ma l’altra non disse niente. Tra le varie carte ne raccolse una più piccola, la girò per restituirla, ma con stupore vide che era una foto di... "Emily?". La guardò confusa. Gli occhi scuri dell’altra erano spaventati, e le guance puntinate da lentiggini scure divennero paonazze. In fretta strappò via la foto dalle mani di Marina e corse via senza dire nulla.

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Capitolo 15
*** Take A Breath And Let The Rest Come Easy ***


Come ogni mattina, Zack e Rian erano andati a prendere Alex a casa per andare a scuola. L’aria cominciava a farsi gelida perché l’inverno ormai era alle porte. Le finestre dell’auto erano mezze appannate e Alex a primo sguardo non riuscì a distinguere chi stesse guidando. Entrò sul sedile dietro, accanto a Rian, mentre Zack era al volante. “Giorno” disse Alex sbattendo la porta. “Giorno” risposero loro in coro, con aria stanca. Non parlarono per un po’ e Alex era agitato perché sapeva che avrebbe dovuto parargli di Jack, ma nonostante ci avesse pensato tutta la notte, non sapeva ancora come. Non voleva perdere i suoi migliori amici, non voleva farli sentire esclusi o in imbarazzo, ma non voleva nemmeno aspettare oltre con Jack. “Allora” iniziò Alex, attirando l’attenzione dei due “Come va?” era imbarazzato e impacciato e sentiva una paura forte che gli stringeva lo stomaco, ormai era partito, non poteva tirarsi indietro. “Non c’è male” rispose Zack accennando un sorriso. “Sapete, sto uscendo con una” disse Rian invece, con il suo solito sorriso smagliante. Alex si sentì sollevato, non era l’unico ad avere novità almeno. “Si chiama Cassadee, non frequenta la nostra scuola e vi assicuro che è una bomba” Zack rise e girò la mano all’indietro per battere il cinque all’amico. “Anche io” disse Alex convinto, ma se ne pentì poco dopo. “Davvero? Esci con una, e chi è? Da quanto? Perché non l’abbiamo vai vista?” ecco l’interrogatorio, pensò. Era il momento, doveva vuotare il sacco. “E’ della nostra classe” disse lui a bassa voce, ma i due compagni lo avevano comunque sentito. “Coooosa!? E chi è? Aspetta che indovino allora…Tay! Di certo è Tay!” disse Zack. “Mi sono sentito con lei ma no, se buttaste nomi non indovinereste” “E perché no? Le ragazze in classe non sono mica infinite” disse ridendo Rian. “Beh perché” i due ragazzi lo guardarono con sguardo indagatorio, persino Zack che avrebbe dovuto guardare la strada. “Perché….” Abbassò lo sguardo. Raccolse tutto il coraggio che aveva. Ormai doveva dirlo. “Perché non è una ragazza” disse veloce, sperando da una parte che lo avessero capito e dall’altra parte no. Nell’auto calò il silenzio. Zack tornò a guardare la strada. Rian abbassò lo sguardo. Alex si aspettava quella reazione, e più c’era silenzio più le fitte allo stomaco aumentavano. Si vedeva che i due amici erano tesi, Merrick guidava con gli occhi spalancati, e Rian lo guardava in altrettanto modo. Alex non riusciva a non sorridere dopo essersi tolto quel gran peso ma allo stesso tempo ancora aveva molta paura. Li guardò entrambi, in attesa di risposta. Nessuno parlò, così prese l’iniziativa dopo la lunga pausa. “ok, immagino che sia strano ma…” “MA COSA?” urlò Rian. “Io ero già scioccato dalla notizia di Emily okay?” urlò Zack che sembrava sul punto di piangere. Alex non credeva che comunque i suoi amici avrebbero fatto finta di nulla, come se fosse normale, ma ora aveva tanta paura che lo avrebbero escluso, e non voleva perdere tutti. Emily lo avrebbe capito ovviamente ma lei aveva Naomi, e se Jack lo avesse lasciato? E se fosse tornato “normale”? sarebbe rimasto solo. “Ragazzi vi prego” ora era Alex a sembrare disperato. Erano arrivati davanti scuola. Scesero, e Alex ebbe paura che sarebbero scappati via con passo svelto, ma i due si lanciarono un’occhiata e rimasero vicino a lui. Rian aveva percepito il disagio dell’amico, e nonostante fosse ancora molto stupito cercò di fare del suo meglio per far sembrare tutto normale. “E chi è, il tuo…ragazzo, intendo” chiese abbozzando un sorriso. Lo accettava, ma si faceva ancora troppe domande, e non se lo sarebbe mai aspettato. “Jack” rispose più tranquillo Alex anche se sapeva di avere ancora molto da temere. Nessuno aveva preso di mira Emily o Naomi dopo il coming out, le loro amiche continuavano a volergli bene come se nulla fosse, i ragazzi erano addirittura più gentili e alcuni chiedevano loro dei consigli. Naturalmente le voci giravano e le persone sparlavano, e ridacchiavano tra loro, ma a loro importava solo avere loro stesse e chiunque le avesse accettate. Ma per Alex sarebbe stato diverso, gli insulti da bisbigli sarebbero diventati urli, botte e umiliazioni pubbliche e avrebbe potuto perdere gli amici, per non parlare della famiglia… “In effeti Jack aveva un qualcosa di…gay” disse pensoso Zack. Era il secondo colpo per lui. “Gay non è un insulto caro mio” esclamò Naomi, entrando nella conversazione. Zack non apprezzava molto Naomi perché fin da piccolo lui provava qualcosa per Emily, ma non poteva incolparla se si era innamorata di lei. “Oh, certamente” rispose quindi, sapeva che si arrabbiava molto quando venivano fatte battute omofobe, ma mai quanto la fidanzata, che apriva dibattiti alla prima battuta discriminatoria. Zack non era omofobo, e neppure Rian, ma conoscevano Alex fin da bambino. Avevano visto le ragazze con cui usciva e di certo da uno così non se lo aspettavano, solo questo. “Dai amico, non vuol dire che adesso ti odiamo, e hai fatto una cosa coraggiosa a dircelo per primi…se siamo i primi. Sei il nostro migliore amico e ti sosterremo sempre” disse dandogli una pacca sulla schiena con le sue braccia muscolose. “Che fai Zachary, mi friendzoni?” rispose Alex scherzoso “Uh a proposito , vedi di non provarci con…” “Essere gay non significa provarci con tutti quelli del proprio sesso, ok? Soprattutto se sai che sono fermamente etero!” lo interruppe di nuovo Naomi con aria sapientona. “Non si è mai del tutto etero” se ne uscì Rian, rivolgendosi a lei e Alex. Entrarono in classe e Naomi corse a baciare con disinvoltura la sua fidanzata. Alex a vedere quella scena divenne di nuovo teso e non sapeva cosa fare. Come avrebbe reagito il resto della classe? Zack poi gli diede una legger spinta e Rian lo guardò sorridendo complice, indicando Jack sussurrando “Dai, vai” e ridendo. In quel momento quindi si rese conto, aveva l’approvazione degli amici, non avrebbe perso nulla, anzi forse guadagnato. Si avvicinò e gli diede un veloce bacio a stampo, che nemmeno il moro si aspettava, ma tutti se ne accorsero. Emily emise un “Wooh” poi rise e cominciò ad applaudire. Seguita poi da Naomi,Marina e perfino Tay la quale gelosia si trasformò in un “che dolci mio dio”. Anche Rian a Zack applaudivano e sorridevano. Danny esclamò con fare teatrale “Questa è ufficialmente la classe più gay mai frequentata.” Ricevendo di tutta risposta da Emily e Naomi in coro “Gay non è un insulto” in tono cantilenante. Danny comunque non era bigotto, ma di certo non capiva, donnaiolo com’era, comprendeva più le ragioni delle due ragazze, ma non fece lo stupido. “Mi raccomando ragazzi, anche se non capisco come faccia a non piacervi la figa, se una stronza vi palpa il culo, non esitate a chiedere” disse abbracciando i due, molto imbarazzati, e facendo l’occhiolino a Naomi. “La sfondo, naturalmente, in un modo da signori” disse infine sistemandosi la giacca. Austin li guardava sorridendo ma pensando ad altro, così come Vic e Kellin. Alla fine i due non si misero vicini, ma con Alex vicino ad Emily e Jack vicino a Naomi, come a confondere le coppie.

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Capitolo 16
*** Somebody That I Used To Know ***


Marina batteva la penna freneticamente sul banco, guardando ripetutamente Emily. Avrebbe dovuto dirle della foto della ragazza? Cosa significava? Avrebbe dovuto semplicemente farsi gli affari suoi? O magari dirlo a Naomi? No,di certo a Naomi no.
Quando la campanella suonò tutti si alzarono, e Marina fece per avvicinarsi a Emily, già appiccicata alla fidanzata. “Ems” disse nel suo tono serio ma gentile, ad intendere che comunque non era nulla di grave, ma se doveva parlarti, qualcosa era successo. “Che succede?” chiese poi, allontanandosi da Naomi. “Io, stavo camminando per il corridoio e sono andata addosso a questa ragazza e…” improvvisamente la vide. La ragazzina con i capelli scuri e le lentiggini. La fissava implorante, quasi come se avesse capito cosa stava per confessare Marina. Allora decise di non farlo, si sarebbe sentita di nuovo in colpa. Chiuse la bocca e scosse la testa. “Che succede? Colpo di fulmine?” azzardò scherzosa Emily. “Niente, non è importante” disse Marina, rassegnata, fingendo un sorriso. Allora l’altra fece spallucce e tornò dagli altri. “Solo…” Emily si girò. “Naomi ti ama ok? E io le voglio bene, e sono certa che tu la ami, non le spezzare il cuore ok?” Sapeva che non avrebbe capito cosa intendeva. Ma la rossa sorrise dolcemente. “Certo che no, amica”. Marina le restituì il sorriso.
Quando Emily si allontanò Marina si avvicinò a passi veloci verso la ragazzina, che non scappò. “Grazie” mormorò. Marina la portò in un posto più riservato. “Grazie un cavolo. Cosa hai intenzione di fare con Emily? Cosa vuoi da lei?” sembrava più arrabbiata del dovuto, ma ora che Naomi era felice nessuno doveva rovinare quello stato. L’altra non sapeva cosa fare, temeva le minacce dell’altra ragazza. “Ti prego non farmi del male.” Alla vista di quel faccino, che si spostò temendo che Marina la avrebbe colpita, la ragazza di addolcì. “Non ti farò del male, ma Emily sta con Naomi, e ora finalmente Naomi è felice, e io le devo un favore, e voglio assicurarmi che lei sia felice il più possibile. Non ti accuso di nulla, ma voglio sapere cosa vuoi da lei” Allora l’altra prese il coraggio di guardarla negli occhi. “Emily è mia amica” disse tanto ferma quanto insicura. “Perché hai una sua foto?” chiese Marina. “Non…” “Sono affari miei, tel’ho già detto, senti, Emily non è sulla piazza, appartiene a qualcuno, e quel qualcuno la ama veramente e tu non rovinerai tutto” il tono di Marina tornò ad essere minaccioso. “Se Emily ama Naomi così tanto, allora di cosa devi temere?” La ragazza cominciò a tirare fuori il coraggio. “Se sai che si amano, perché non le lasci in pace?” ricevette di tutta risposta.
Ovviamente l’amica di Naomi non sapeva la sua storia, pensò Isabelle. D’altro canto, non sapeva se Emily si ricordava di lei, perché ne era passato di tempo. E Emily non sapeva che la misteriosa ‘Br0kenGirl’ era lei.
“Emily mi voleva bene!” scoppiò a piangere. “Era tutto meglio prima di Naomi”. Marina di addolcì di nuovo, sembrava così innocente dopotutto. “E non credi che invece ora per lei sia meglio di prima, e che sia meglio anche per Naomi, da quando stanno insieme?” provò a calmarla, ricevendo la reazione opposta. “Che importa!” urlò tra le lacrime “Tu non sai niente di me, non puoi capire. Io e Emily eravamo amiche! Emily mi voleva bene” disse dimenandosi e urlando. Sembrava avere a che fare con una bambina, e Marina di certo non ci sapeva fare. Improvvisamente si calmò, fece un respiro profondo e tornò a sorridere dolcemente. “Isabelle Fuhrman, chiedile di Isabelle Fuhrman, allora capirai”.  Poi se ne andò. Decise di chiudere con la storia dell’anonimato e di tornare a parlare con Emily come prima, così che finalmente sarebbe tornata da lei. “Cosa vuoi da lei?” urlò Marina, senza sperare che le avrebbe risposto, e invece lo fece. “Voglio che torni da me. Voglio che torni ad essere solo mia.” “Emily non è un pupazzo, e appartiene a qualcun altro” rispose Marina. “Era mia amica. Era mia”
-Br0kengirl: Ehi J
-Emily Fitch: Ehi
-Br0kengirl: Senti, volevo eliminare l’account, perciò, ti va di vederci?
-Emily Fitch: Cosa centra l’eliminazione con il fatto di vederci?
Isabelle temeva che Marina avesse vuotato il sacco.
-Br0kengirl: tu non mi conosci, se sapessi chi sono, potremmo mantenerci in contatto
-Emily Fitch: Sei tu che non vuoi dirmi chi sei
-Br0kengirl: vedrai chi sono quando ci vedremo
-Emily Fitch: Sei simpatica, ma non mi fido degli sconosciuti. Che ne so che non vuoi derubarmi? O farmi del male?
-Br0kengirl: Frequento la tua scuola. Vediamoci davanti al bagno delle ragazze, andiamo, puoi portarti la tua guardia del corpo se vuoi
-Emily Fitch: Perché se sei della mia scuola non mi hai mai parlato di persona?
-Br0kengirl: Quando mi vedrai capirai perché, e poi, non sono di certo la persona più estroversa del mondo
-Emily Fitch: ok mi fido
-Br0kengirl: davanti al bagno a ricreazione?
-Emily Fitch: Ti aspetto lì
“Austin!” l’ultima volta che il ragazzo si era sentito chiamare così da Marina, che lo inseguiva mentre lui si allontanava a ricreazione, non era finita bene. Ma il suo tono non era più allegro come l’ultima volta. “Marina” disse serio. “Dimmi che cosa posso fare” gli chiese disperata. “Per fare cosa?” chiese lui confuso. “Per sistemare questo. Per sistemare il nostro rapporto. Per aiutare Vic magari…o Kellin non lo so. Sono stanca di sentirmi in colpa, e ho bisogno di un amico, che prima avevo, ma ora, ora non c’è più”. Prima la storia di Emily, poi i rapporti in frantumi con i suoi amici, di certo non era un periodo facile per lei. Austin sorrise e fece spallucce. “Scusami, ma non riesco a parlarti come prima, non posso fare questo ad un mio amico.” “Perciò ora Vic conta di più? Da quando in qua sei tanto amico suo? Non avevi solo Danny? Noi eravamo amici, perché ora non ci sei più? Solo perché avevo una cotta per te? Non credi che io abbia più bisogno di questo?” improvvisamente Marina si rese conto di quello che forse intendeva Isabelle, e provò un forte senso di compassione. “Ti rendi conto del male che tu ed io indirettamente infliggevamo a Kellin e soprattutto a Vic? Non ti senti in colpa?” Quelle parole. Non ti senti in colpa. Ferivano come coltelli in una ferita già aperta in precedenza. Se lo ripeteva ogni sera, per eventi passati, con altre persone che amava, e ora, che Austin le ripetesse, come se lei non si sentisse già morire abbastanza.
“Credi che non me ne importi nulla?” urlò lei. “Te ne importa fin troppo” rispose Austin. Di certo Marina non si aspettava una risposta del genere. Prima la incolpava di fregarsene e poi che gliene importasse troppo. Qual’era il problema? “Per una volta, potresti non aiutare nessuno? Magari ecco, farti gli affari tuoi e pensare a te stessa?” chiese infine Austin. “Non mi riesce bene” rispose Marina secca. “Provaci, vivresti molto meglio”. Così chiuse il discorso il ragazzo. Lo avrebbe ascoltato? Di certo non poteva smettere di sentirsi in colpa, ne di aiutare Naomi, e a questo proposito, corse da Emily.
Si piazzò davanti all’amica. “Isabelle Fuhrman” le disse. Emily la guardò con aria confusa. “Scusami dovrei anda..” “Isabelle Furhman, la conosci?”. Certo che la conosceva, ma non voleva più ricordare il passato, non voleva ripensare a prima. “Si, la conoscevo, è solo qualcuno che conoscevo” disse fredda. Marina non la trattenne, e Emily si allontanò verso il bagno, dove doveva incontrare la misteriosa Br0kengirl
Non sapeva nemmeno perché lo stesse facendo. Aspettò lì, non c’era nessuna che sembrasse in attesa di qualcuno. Poi una voce la chiamò da dietro. “Emily”. Era una voce che conosceva, e anche il viso era tale. Capelli neri, lentiggini, sorriso da bambina segnato da due fossette. Faccia maledettamente tenera. Ma non poteva che odiare tutto quello. “Isabelle, eri tu…” “Volevo solo tornare a parlare con la mia amica” disse lei giustificandosi. “Lo sai che non voglio più, lo sai che volevo dimenticare”. “Emily torna alla realtà” urlò lei, e tutti la sentirono, anche i suoi amici si girarono a guardare confusi. “Non puoi scappare dalla realtà, non è solo un ‘periodo’ Emily, tu sei così e basta, come eri tre anni fa, tu sei come me, e noi due eravamo amiche, perché non possiamo esserlo più?”. “No, io non sono così, non come te, è finita, io sono..” “Non sei guarita Emily, non si può guarire!” le urlò Isabelle, stava buttando i suoi fatti sulla piazza. “Tu sei come me, e noi dobbiamo essere amiche, perché gli altri non ci capiscono, siamo diverse, puoi nasconderlo e mentire, ma non puoi negare l’evidenza, i fatti, le prove”. “Eravamo amiche, ma non lo siamo più, lasciami stare Isabelle, io sono guarita” le disse a bassa voce Emily, ma non abbastanza da non farsi sentire da Naomi, che si era avvicinata a lei e le chiese “Guarita da cosa?”. 

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Capitolo 17
*** And I Look Back In Regret ***


“Ciao”. Erano un paio di giorni che Isabelle vedeva quella nuova ragazza nella clinica. Aveva due grandi occhioni marroni coperti da una frangetta rosso scuro. Le sorrideva gentile, sorridendo, lasciando intravedere le fossette su entrambe le guance. “Come ti chiami?” le chiese di nuovo. Doveva essere poco più grande di lei o avere comunque la stessa età. “Isabelle” disse timidamente l’altra ragazza. “Io sono Emily, piacere” le disse gentilmente la rossa. “Come stai?” le chiese poi. “Sono su una montagna russa che va solo in salita” rispose Isabelle. Emily si sedette accanto a lei. “Vuoi parlarne?” le chiese. “Tranquilla, e tu?” rispose l’altra. “Beh io sto per sapere se sono pazza” disse ironicamente Emily. Isabelle rise. “Fitch!” l’infermiera la chiamò. “E’ il mio turno” disse “Allora a presto, Isabelle, è stato un piacere”. La ragazza sorrise e fece un lieve cenno con la mano.
Emily uscì fuori dalla stanza con il foglio dei risultati in mano. Stava tremando e voleva solo scoppiare a piangere. Era abbastanza grande da sapere di non essere del tutto normale ma fa un diverso effetto quando te lo scrivono su carta e danno un nome ai tuoi problemi. Non era di certo l’orgoglio della famiglia, era sempre stata quella “diversa”, e adesso aveva ben tre altri motivi per credere di essere sbagliata.
Dopo i risultati la famiglia di Emily decise di mandarla in terapia, essendo troppo piccola per sottoporla ai farmaci. “Allora come è andata?” chiese Isabelle, stavolta mettendosi lei accanto a Emily. “Se sono qui” rispose lei cupa. L’altra le diede una pacca sulla spalla. “Io ho un livello molto elevato di Disturbo Ossessivo-Compulsivo e Personalità dipendente”. Emily sorrise, fissando il vuoto, poi le porse il foglio. “Vinco io”. In effetti gli esami della rossa dimostravano che lei soffriva di tre disturbi della personalità con alta percentuale. “Non è la fine del mondo” le disse cercando di consolarla. “Se non è la fine del mondo perché fai certe cose?” chiese Emily, finalmente si degnò di guardarla. Aveva notato le cicatrici di Isabelle fin da prima di parlarle. Isabelle diventò tutta rossa e abbassò lo sguardo. “Ci sono passata anche io, ed è inutile credimi.” Adesso era Emily a consolarla. “Non te lo meriti affatto, scommetto che sei una persona meravigliosa”. “Sei gentile, ma non è solo per questo” rispose Isabelle. “Afferrato, però io lo credo comunque”.
Quella fu la prima volta che Isabelle si sentiva apprezzata nonostante la sua diversità. Emily fu la sua prima amica. Forse perché passavano lo stesso, forse perché le voleva bene veramente, ma Isabelle vedeva in Emily l’unica persona che avrebbe mai potuto pensare cose belle su di lei, e non poteva di certo lasciarsela scappare.
I giorni passavo e Isabelle e Emily cominciarono a legare molto. Alcune parti della terapia addirittura le passavano insieme. Si controllavano a vicenda che non facessero cose stupide,e più passava il tempo più Isabelle dipendeva da Emily. Il giorno il cui Emily iniziò il secondo anno di liceo però cambiò tutto. Aveva smesso la terapia, non andava più dallo psicologo, insinuando di essere “guarita”, per quanto Isabelle sapeva bene che non si guarisce. Era scomparsa completamente, non le parlava più, non la vedeva più. La sua ‘migliore amica’ era sparita nel nulla. Ma Isabelle era ancora troppo legata a lei. La sua dipendenza divenne ossessione.
Riuscì dopo qualche tempo a trovarla. Cambiò scuola per frequentarla con lei,ma era più piccola, non potevano avere la stessa classe. Iniziò a collezionare milioni di foto una volta trovata la ragazza su un social network. E creò un profilo anonimo per tornare a parlarle senza sapere che fosse lei.
Ma Emily aveva iniziato una nuova vita. Lontana dal passato, che anche lei sapeva ma non voleva ammettere di essere ancora presente. Era fidanzata ora. Con una ragazza. Ed era circondata da amici, che le volevano bene e a cui lei voleva bene. Ma nessuno la conosceva, no. Nessuno sapeva i suoi segreti meglio di Isabelle.
Quando le aveva sorriso si era sentita al settimo cielo. Ma la faceva tornare a terra vederla felice con Naomi, la sua nuova ragazza, e non con lei.
Immaginava di essere al posto di quella ragazza, felici, come ai vecchi tempi. Non sapeva nemmeno se la vedeva in quel modo, la voleva solo tutta per se come erano prima. Cercò persino di avvicinarsi ai suoi amici, perché se loro avessero saputo la verità forse la avrebbero allontanata e Emily sarebbe stata costretta a tornare da lei. Nemmeno Naomi l’avrebbe voluta più, e sarebbero potute essere di nuovo amiche.
E dopo tutto quel giro di felicità legata ad aver trovato qualcuno seguita da un lungo periodo ti depressione e autodistruzione da abbandono. Dove più Emily la cancellava dalla sua vita, perché le ricordava il ‘passato’, più Isabelle ne diventava ossessionata.

Ora lei era lì, nel bel mezzo del corridoio. Tutti i nuovi amici di Emily ad assistere, e poi anche la sua ragazza, mentre la rossa la guardava implorante di non far uscire una parola di più.
“Tu sei come me, e noi dobbiamo essere amiche, perché gli altri non ci capiscono, siamo diverse, puoi nasconderlo e mentire, ma non puoi negare l’evidenza, i fatti, le prove” le disse, cercando di farsi sentire da tutti. “Eravamo amiche, ma non lo siamo più, lasciami stare Isabelle, io sono guarita” le aveva risposto, ma ormai era troppo tardi, Isabelle aveva ottenuto ciò che voleva, perché Naomi si avvicinò alla ragazza e le chiese “Guarita da cosa?”.
“Come, non glielo hai detto?” chiese Isabelle per provocarla. “Detto cosa? Di cosa sta parlando, Emily” chiese preoccupata Naomi. “Cazzo, fa silenzio, fa silenzio!” urlò Emily contro Isabelle. Lei non si intimorì come al solito, infatti le rispose. “E’ evidente che non sei guarita Emily, tu lo vuoi solo creder e per sentirti normale, ma non lo sei. Non si guarisce, non si torna normali” “Cos’hai che non va Ems?” la preoccupazione cresceva in tutti i compagni. Era sotto le occhiate di tutti, e non reggeva la pressione; Emily corse via in lacrime, seguita dalla ragazza, e tutti gli occhi erano ora puntati su Isabelle.
Non restava più nessun briciolo di razionalità a Isabelle per capire che quel gesto non avrebbe fatto tornare Emily da lei, anzi, non sarebbe mai più tornata, e la avrebbe odiata per sempre. Ma era disperata, e non puoi incolpare una persona per la sua solitudine, e la sua sanità mentale. Isabelle voleva solo qualcuno che la apprezzasse davvero. 

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Capitolo 18
*** You Don't Want Me No, You Don't Need Me ***


A sentire quelle voci dal corridoio accorsero molti studenti che neppure conoscevano le dirette interessate. Tutte quelle persone mettevano a disagio Danny che era noto per la sua ansia a stare vicino a troppe persone, e anche Alex che riusciva a sentire l’imbarazzo della migliore amica, sul punto di piangere. Alex conosceva Emily fin da piccola e sapeva cosa succedeva, e sapeva anche che si sarebbe di certo vergognata a dire certe cose a Naomi, e non solo a lei ma davanti a tutta la scuola. Decise quindi di prendere in mano la situazione.
“Cosa volete?” urlò. “Non avete meglio da fare? Non sono cazzi vostri!”
Neppure Jack aveva mai visto il ragazzo essere così feroce. Molti ragazzi cominciarono ad allontanarsi, poi lui prese Emily per un braccio e la portò via mentre lei ancora lottava per non piangere dall’imbarazzo. Sapeva che l’amica non era di certo abituata alle umiliazioni in pubblico, più solita a difendere chi venisse umiliato, ma quella volta era toccato a lui.
Mentre Alex cercava di confortare Emily in un angolo del cortile, Naomi era corsa a raggiungerli, mentre Marina cercava invano il viso di Isabelle che si era confusa nella folla.
Alex sussurrava parole dolci alla ragazza, che si nascondeva il viso singhiozzando, alzò lo sguardo quando vide la ragazza bionda alta sopra di lui. Gli sorrise dolcemente, come per chiedere il permesso. Lui si alzò sorridendo e disse “Vi lascio sole” un po’ imbarazzato.
La ragazza le si sedette accanto e la abbracciò “Ehi smettila” le sussurrava dolcemente. “Basta amore mio, va tutto bene”. Emily aveva un debole per quando Naomi la coccolava e le accarezzava i capelli nei momenti in cui era triste. La rossa alzò lo sguardo, gli occhi da cucciolo gonfi, e la ragazza le sorrise dolcemente e le lasciò un bacio delicato sulla bocca. Non voleva essere indiscreta a chiederle di cosa stesse parlando quella ragazza, ma Emily sapeva che moriva dalla voglia di saperlo, e ne aveva tutto il diritto.
“Vuoi parlarne amore?” così le diceva ogni volta che le succedeva qualcosa di brutto, e ogni volta Emily si sfogava con lei. Così fece alla fine. Le parlò delle analisi, della clinica, delle terapie e della vecchia amicizia con Isabelle. Non aveva motivo di cancellarla dalla sua vita, ma le ricordava troppo quel periodo, che le ricordava di avere qualcosa che non andava, e non sarebbe mai guarita.  “Non so, mi vergognavo a fartelo sapere, perché magari avresti cambiato idea su di me, e non vorrei perderti per nessun motivo al mondo” concluse infine Emily. Naomi la guardò e la strinse a se di nuovo. “Credi veramente che avrei smesso di amarti? Che avrei cambiato idea su di te?” rise anche “Emily, nulla mi farebbe cambiare idea, io ti amo ok? E non mi importa quello che dicono dei medici, tu non sei pazza, sei perfetta così, perché è questa la Emily di cui mi sono innamorata”. La rossa sorrise, e con la voce sommessa mormorò “Anche se sono pazza?”. Naomi rise. “Non sei pazza ok? E non importa se credi di essere pazza perché a me viene voglia di cantare quando ti vedo e sei bellissima”. Quella frase fece arrossire  Emily, la conosceva bene. Si baciarono e risero per poi tornare dagli altri.
Naturalmente Naomi ancora non sapeva che l’intenzione di Isabelle era di sputare fuori la verità, pensando che l’avrebbe turbata, in modo che le due si sarebbero divise e lei sarebbe tornata ad “avere” Emily. Isabelle sottovalutava di certo l’amore tra le due. Ma Marina sapeva cosa voleva fare, perciò appena tornò in classe, ne parlò ad Emily.
“Sospettavo fosse così” ottenne come risposta dalla rossa. “Credo che dovresti parlarne a lei” disse Marina. Emily sembrava pensierosa. “Ho paura di come reagirebbe, potrebbe dire magari che sarebbe meglio che io andassi con Isabelle così sarebbe felice, sai com’è fatta…”. “Non saresti felice tu” rispose secca Marina. “No di certo”. Lo sguardo di Marina poi si illuminò, come se avesse avuto un’idea. “Dovrebbero parlare solo loro due”. Emily scoppiò in una risata isterica. “Certo, come no”. “No non capisci, sarebbe grandioso invece. Entrambe ti amano per lo stesso motivo io credo, ad entrambe hai dato un motivo per…” “Ferma ferma ferma. Marina, Marina. Isabelle non mi ama. Naomi mi ama. Isabelle ha bisogno di me, no anzi, ha bisogno di qualcuno, non per forza di me, lei è sola e vuole qualcuno, una volta ero io, ma io non ci sono più”.
“Sei davvero capace di abbandonare le persone così?” Marina era abbastanza colpita, non se lo aspettava da Emily, e di certo non voleva che Naomi facesse la stessa fine di Isabelle. “E’ diverso, sono capace di abbandonare chi non amo” rispose fredda. “Allora mi auguro vivamente che tu ami, Naomi”. “La amo, e non la lascio così” “Ha bisogno di te” disse Marina. “Anche io” rispose Emily, che sembrava lontana anni luce.
Naomi corse da Alex, che si stava allontanando verso la macchina con i suoi amici. “Posso parlarti un secondo?” gli chiese. Il ragazzo annuì, un po’ stranito, lui e Naomi non parlavano molto. “Tu di certo conosci Ems da molto più tempo di me, immagino che tu conosca anche quella…Isabelle” c’era una lieve nota di disprezzo nel pronunciare quel nome. “La conoscevo vagamente, quando erano amiche” rispose il biondo. “Amiche?” chiese lei gelosa. Lui rise. “Erano piccola, insomma, non avevano iniziato nemmeno il liceo, forse nemmeno finito le medie, non hai di che temere, e poi come vedi ora la disprezza”. “Ma perché? Insomma, qual’era la loro storia?” in effetti Naomi temeva anche per la facilità con cui Emily sapeva spezzare i rapporti. “Erano amiche quando Emily faceva quelle strane…terapie, che poi feci anche io, in effetti Isabelle era molto attaccata a Ems, e all’inizio anche lei, ma più andava avanti più cercava di…distaccarsi, non che non le volesse bene, ma Emily stava finendo le terapie” “E perché non si sarebbero più potute vedere dopo?” chiese curiosa Naomi. “Beh, vedi Emily come hai visto non ha mai apprezzato quella parte di lei, e poi immagino che Isabelle l’avrebbe costretta a continuarle, ma sappiamo entrambi che sono inutili.” “Capito” “Ad ogni modo, Emily è stata l’unica persona che abbia mostrato mai affetto a Isabelle, e naturalmente lei ne è diventata dipendente perciò eccoci qui” concluse Alex. “Posso capirla, è facile diventare dipendente da lei, è molto…ammaliante” disse preoccupata.
“Tranquilla Naomi, non ti sta prendendo in giro, e lei ti ama, di certo non ti lascerà così, me lo dice sempre, sei la cosa migliore che le sia mai capitata” cercò di convincerla. “Davvero, non devi temere, sa essere stronza a volte, è vero, ma non ti lascerebbe mai” sorrise, e poi se ne andò. “Grazie, Alexbica” disse ridendo. Era il soprannome che gli dava dopo il suo coming out. Il ragazzo gli fece un occhiolino in modo molto effemminato e si avvicinò alla sua auto.
Isabelle pensava di essere riuscita nel suo intento di averle allontanate, quando vide Emily uscire di classe da sola. Emily si accorse di Isabelle e si avvicinò accigliata e a grandi passi verso di lei. Sembrava molto arrabbiata. “Credevi di farla franca?” ringhiò Emily. Non l’aveva mai vista così, ma dati i suoi disturbi, aveva paura che se la sarebbe passata brutta. “Cosa avevi intenzione di fare, umiliarmi davanti a tutti?” le chiese. La ragazzina si fece piccola contro il muro. “S..s..solo davanti a lei” “Ah si? E cosa volevi? Che mi lasciasse? Così sarei tornata strisciando da te? No. No Isabelle, non lo avrei fatto comunque. Anzi, renditi conto? Ti avrei odiata” Le parole ferivano Isabelle come coltelli. Emily se ne accorse e cercò di calmarsi, alla fine una volta erano amiche. Sospirò. “Isabelle, io..io ho passato quel periodo” “non si guarisce, e lo sai” rispose Isabelle offesa. “No è vero, non si guarisce, ma io ora ho una persona che mi ama e mi accetta per quello che sono, e io la amo e siamo felici, e tu questo non puoi cambiarlo. Possiamo tornare amiche, se proprio vuoi, ma non posso pensare solo a te, lo sai” Isabelle era molto delusa. Quella era la realtà, e doveva accettarla. Emily era di Naomi e non poteva averla indietro. “Amiche?” cercò di sorridere con la poca forza che aveva. Si sentiva vuota  e sola, come prima. Emily le sorrise. “Piano piano, con il tempo”. Si strinsero la mano. “Sono felice che hai trovato una persona che ti ama, vi auguro tante cose meravigliose” a sentire quelle parole Emily non poteva che sentirsi sollevata, mentre Isabelle bruciava dentro. Scappò via.
Aveva ottenuto una certa lucidità che prima non c’era. Si era illusa che l’amore tra le due era così infimo da potersi rompere per una cosa del genere, infatti, illusa. Era tornata alla realtà, come se l’offerta di amicizia di Emily l’avesse svegliata come una secchiata di acqua gelata. Isabelle non voleva un’amica da condividere. Non voleva nemmeno Emily a tutti i costi. Voleva QUALCUNO. Strappò via tutte le foto della rossa in camera e le buttò via piangendo. “Addio Emily, addio. Fanculo alla tua amicizia, fanculo a tutto.”
Gettò le foto giù dal cornicione, e non furono le uniche a cadere.

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Capitolo 19
*** Fall Down, I'll Wrap My Arms Around You Now ***


Zack correva in bicicletta lungo una strada, nella periferia della città, in un quartiere pieno di palazzi bianchi e apparentemente vuoti. Non era una bella giornata ma Zack amava andare in bici con qualsiasi tipo di clima. Ci sarebbe anche andato a scuola se non fosse per i suoi amici che doveva sempre scarrozzare.
Amava la sua splendida BMX che gli avevano regalato a natale i suoi amici qualche anno prima. Lungo il suo “scheletro” era decorata con stickers e scritte delle sue band preferite.
Mentre sfrecciava cercando di levarsi tutti i pensieri dalla testa, incorse in una pioggia di fogli di carta che lo costrinse a fermarsi, anche per curiosità. Un urlo squarciò il silenzio di quel quartiere e fece alzare lo sguardo al ragazzo.
Riuscì a distinguere vagamente un corpo che si reggeva in bilico aggrappato a delle grate di metallo rotte di un balcone che avevano tutta l’aria di stare per cedere. La figura continuava ad urlare e a dimenarsi, mentre la grata emetteva dei rumori inquietanti e fortissimi. Sembrava quasi impossibile a Zack che nessuno se ne accorgesse.
Lasciò la bici in un angolo e corse dentro al palazzo. Salì le scale di fretta cercando di ricordarsi che piano fosse quello, ma giunto lì si ritrovò soltanto davanti a portoni chiusi. “Cazzo” imprecò “Possibile che nessuno si accorge che c’è qualcuno che sta cadendo?”. Bussò alla porta a cui doveva corrispondere il balcone a cui era appesa la figura, bussò freneticamente ma nessuno rispose, probabilmente era sola.
Scese altrettanto di corsa e la prima cosa che gli venne in mente fu di chiamare i pompieri, sperando che sarebbero arrivati prima che quel pezzo di metallo fosse ceduto. Ogni minuto di attesa era un’agonia, Zack si maledisse per essere passato di lì, e aveva una paura enorme che la ragazza sarebbe caduta.
Pensò che avrebbe potuto prenderla lui, ma era troppo in alto, e forse il suo peso avrebbe potuto uccidere anche lui. Faceva avanti e indietro freneticamente scoppiando anche a piangere, mentre altre persone accorrevano a vedere. 
I pompieri arrivarono il prima possibile, e subito riuscirono a prendere la ragazza prima che fosse troppo tardi, che si accasciò al suolo tremando per la paura e il trauma.
Da una parte, Isabelle avrebbe voluto farlo, si sarebbe voluta uccidere, ma era solo una stupida voglia che passò una volta che la grata di metallo che proteggeva la balconata si ruppe sotto il suo peso e lei aveva perso l’equilibrio. Si era salvata per un soffio. Ora era seduta per terra con una coperta, di poca utilità, e circondata da persone.
La polizia, arrivata poco dopo, le fece allontanare e dopo che Isabelle si fu calmata le fecero delle domande. Lei spiegò che non era sua intenzione e che sporgendosi la ferrata aveva ceduto. Fecero domande anche sulla madre e sul perché l’avesse lasciata sola in casa, lei non sapeva rispondere. Era qualche giorno che la madre era scomparsa e lei era rimasta completamente sola. La polizia allora le offrì di stare in una casa d’accoglienza, Isabelle pregò soltanto di non mandarla in una casa per pazzi, cosa che a sapere dei suoi problemi, probabilmente avrebbero fatto.
Zack era tornato a prendere la sua bici, e tra quei pezzi di carta distinse una figura familiare, allora si girò verso la ragazza e la riconobbe come la ragazza che stava parlando di Emily davanti a tutti nel corridoio. Provava una certa antipatia per lei, ad avere parlato della sua amica in quel modo e ad averla messa in imbarazzo, ma Alex gli aveva spiegato la situazione in macchina, e a quel punto provò pena per lei.
Tornò dalla polizia e esclamò “Posso ospitarla io”. “Quanti anni hai ragazzo?” chiese un agente. “17, vivo ancora con i miei genitori” rispose Zack. “Conosci questa ragazza?”. “Frequentiamo la stessa scuola” rispose lui, cercando si essere il più serio possibile. “Credi che i tuoi genitori sarebbero disposti ad essere disturbati da un ospite e dalle diverse pratiche per l’affidamento?” chiese ancora l’agente. “Posso chiedere, ma nel frattempo da qualche parte dovrà anche abitare…” Allora intervenì un altro agente “Abbiamo riconosciuto la ragazza e secondo i dati ha diversi problemi ecco…di comportamento, sarebbe meglio portarla in qualche casa di cura o istituto piuttosto che in una famiglia normale” disse rivolgendosi al collega. Allora Isabelle prese parte alla conversazione urlando “No! No ti prego lasciatemi andare con lui” disperata. “Mi dispiace ragazza, ma bisogna vedere se i genitori sono disposti a prendersi cura di te fino alla maggiore età e fino a quando non avrà una disponibilità economica tale da renderti indipendente, di certo non vorranno prestare soldi ad una sconosciuta”
Probabilmente la polizia aveva ragione, e Zack sapeva che i suoi genitori sarebbero stati molto diffidenti a quella novità. Ma il ragazzo si sentiva così in colpa perché la ragazzina lo guardava con così tanta disperazione. E poi cosa avrebbero detto i suoi amici? E Emily? “Ragazzo, è come se la adottassero, capisci? E poi ci vogliono mesi e mesi di pratiche, sarebbe molto più facile una casa di cura” Zack si limitò ad allargare le braccia e a guardare la ragazza come per dire “Ho fatto il possibile, mi dispiace”. “Come vuole allora, arrivederci agente” disse allontanandosi con la bici. Isabelle gli urlava dietro “No ti prego, non lasciarmi andare, non voglio andare li, non voglio”. Zack provava molta pena per la povera ragazza, sussurrò un ‘mi dispiace’, quando delle lacrime gli rigavano la faccia, e il vento gelido gliela scheggiava.
“E’ stato un gesto molto carino” commentò la madre di Zack “Davvero eroico” continuò il padre. Zack era ancora giù per la storia che era successa quel mattino. “Ma la polizia ha ragione, noi non avremmo potuto tenerla, quindi meglio che stia in un posto ecco…adatto a lei” Quell’affermazione fece innervosire il ragazzo. “Sta bene, ha solo qualche disturbo di personalità, ma anche la vostra amata Emily ne ha” disse lui secco. Non era per insultare l’amica, ma odiava come fossero chiusi di mente i suoi genitori. “Non mi sembrava, ma comunque, non era la tua amata Emily?” chiese curiosa la madre. “E’ lesbica” disse seccato, guardando il piatto. I genitori si guardarono imbarazzanti “Una magnifica scoperta” disse la madre. “Oh, di certo sarà questo il suo disturbo principale” affermò il padre ridendo. Zack sputò nel piatto. Tre dei suoi amici erano gay, come poteva vivere con dei bigotti del genere? “Mi fate schifo”.
Il padre rimase sgomento e cominciò ad urlargli molteplici insulti. Lui uscì di casa sotto la pioggia, con la sua amata bici,e corse verso il distretto di polizia, sperando che Isabelle fosse ancora lì. La trovò in sala d’attesa, e sorrise sollevato. Si sedette vicino a lei. “Cosa aspetti?”. Lei fece un largo sorriso, sperando che lui la stesse portando via di lì. “Stanno chiamando la casa di cura, per avvisare che sto arrivando”. Zack abbassò lo sguardo. “Mi dispiace tanto, ma credimi la mia famiglia non è gran che, sono scappato anche io” gli sorrise, e la ragazza rise.
Isabelle sentì una sensazione strana, come quella che provò quando conobbe Emily, la sensazione che qualcuno ci tenesse a lei, e che lei non fosse sola. “Mi dispiace anche per tua madre, e per tutto quello che hai passato.” Lei sorrise e gli diede delle pacche sulla spalla. “Tranquillo, fammi un favore, chiedi scusa ad Emily, dille che non le darò mai più fastidio e che sono contenta per lei” Zack annuì.
Un ufficiale poi si avvicinò a lei, e le disse che era pronta per andare. Zack si alzò con lei. “Se vuole, signore, posso aiutarla a prendere le sue cose”. L’ufficiale annuì, un po’ scocciato. Allora Zack tornò in bici a casa, e subito tornò alla centrale con la sua auto. Accompagnò Isabelle a casa per un’ultima volta. L’aspettò fuori mentre raccoglieva le sue cose . Appena nell’auto, seguì le indicazione per accompagnarla alla casa di cura, che era abbastanza lontana, fuori città.
Era un edificio grande e bianco, circondato da enormi giardini. Lui era tentato di portarla via, sapendo che lei non voleva andare lì, ma si ricordò che la polizia li aspettava e sapevano il suo nome. All’entrata la accolsero la direttrice del posto e un paio di ufficiali, che se ne andarono subito. Prima di entrare la direttrice le lasciò due minuti per salutare l’amico. Lui dispiaciuto la abbracciò, e Isabelle sentì di nuovo quella sensazione di importanza, così lo strinse più forte.
“Ci vedremo a scuola?” chiese lui. Lei scosse la testa con dispiacere. Lui allora storse la bocca. “Ok allora, ti verrò a trovare spesso, okay?”. Gli occhi di Isabelle si illuminarono. “Okay” rispose sorridendo. “Allora a presto” disse Zack, salutandola con la mano. Lo stesso fece lei, sorridendo timidamente.
Nel viaggio verso casa, Zack non fece a meno di pensare alla ragazza. Al suo dolce sorriso sotto le lentiggini, e le fossette che ogni volta questo mostrava. I suoi enormi occhi scuri e il naso quasi da bambina. Sembrava quasi che gli piacesse, e questo lo confuse, dopotutto non la conosceva, e aveva messo in imbarazzo Emily, ma c’era qualcosa nella sua innocenza e nella sua tristezza che lo attraeva.
Arrivato davanti casa, Zack si ricordò del litigio avuto con i genitori e forse non gli sarebbe convenuto entrare.  Prese il telefono per chiamare Rian quando sentì lo sportello aprirsi, entrò Emily, zuppa dalla pioggia. Il viso nero dal trucco sciolto ma allo stesso tempo rosso e rigato dalle occhiaie con un graffio all’altezza dello zigomo.
“Perché glielo hai detto, Zack?”

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Capitolo 20
*** Don't Make Me Sad, Don't Make Me Cry ***


Austin non si sentiva affatto a suo agio ad aver cacciato Marina dalla sua vita, in effetti, anche se poteva contare su Vic e Kellin, che dopo quella storia erano diventati suoi amici, e poi raramente anche su Danny, quasi non sentiva più nemmeno il bisogno di parlarle, ma lo faceva sentire in colpa sapere di averla ferita.
“Ragazzi, devo annunciarvi una cosa che di certo vi piacerà” annunciò il professore di storia, a tutta la classe. I ragazzi si misero più ritti nelle loro posizioni. “Faremo una bella gita, prima di Natale”. I ragazzi cominciarono ad urlare, scambiarsi sorrisi e battersi il cinque. “E dove si va, prof?” chiese Rian. “in qualche meta noiosa ed educativa” rispose cantilenate Ben. “No in effetti, ve l’abbiamo risparmiato sta volta, andremo tre giorni sulla neve, prima che inizino le vacanze, non chiedetemi lo scopo perché non lo so, qui non si fa altro che perder tempo” rispose scocciato il professore, mentre gli alunni festeggiavano.
“Ahh non vedo l’ora di andare in gita! Mancano solo due settimane! E’ grandioso, anche se non so se amo sciare ma chissene importa, passo tre giorni che le mie amiche” disse con esuberanza Tay, abbracciando le altre ragazze. “E’ divertente perché  le ragazze dormano con le ragazze e i ragazzi con i ragazzi, come è giusto, ma non per noi” disse Emily poi rise. “Non sospettano l’insospettabile” rispose Naomi, che la teneva abbracciata da dietro. “Approposito ragazze, contegno” intervenne Marina. “Non credo sarebbe molto piacevole trovare voi due..ehm”. le due fidanzate si limitarono a ridere. “Uhh-uhh chissà cos’avranno in mente Jack e Alex”disse poi Tay. “Non credo che Zack e Rian glielo permetteranno” rispose Marina. “Immagino di no, ma ci sono sempre momenti in cui si può tornare all’albergo, per emergenza” disse Emily, guardando complice Naomi.
“Ehi ragazze, avete idea se andremo con qualche altra classe in gita?” domandò Amy, che si era avvicinata in quel momento con un grosso panino. “Immagino da soli, perché?” Amy fece spallucce. “Solo per sapere”. “Beh siamo onorate della tua presenza qui oggi, Amy, che succede, Josh lo hai lasciato a casa?” chiese Emily, forse troppo poco gentilmente. Amy rispose imbarazzata, ma cercando di fingere una risata. “Si..a casa..certo”. Una risposta che poteva sembrare credibile, ma in effetti quell’ “a casa” doveva essere omesso, per raccontare la verità.
Per Austin il ritorno a casa era la parte migliore della giornata. Amava avere la sicurezza che aprendo la porta la madre lo aspettava sorridendo, con il cibo già in tavola. Anche se il padre non c’era, se la cavavano molto bene da soli. Lui e la madre avevano un legame speciale, molto raro per un adolescente. Quando era più piccolo questo lo sottoponeva a prese in giro, perché lui voleva solo stare con lei e diceva che era la sua migliore amica, naturalmente questo le faceva piacere, ma per il suo bene, voleva che si facesse degli amici e che uscisse. Quando la madre conobbe quella di Danny i due amici divennero amici e le cose migliorarono per Austin, cominciò ad uscire e a conoscere gente senza prese in giro, ma il legame madre-figlio rimase sempre lo stesso.
“Ciao mamma” la salutò lui, con un bacio sulla guancia. Doveva abbassarsi perché era diventato altissimo. “Ciao tesoro, come è andata a scuola?”chiese lei, sempre dolce con una voce armoniosa. “Benone, tra due settimane abbiamo una gita in montagne, starò via tre giorni.” Lo sguardo della donna diventò scuro. Due settimane. Tre giorni. “Sono contenta che ti diverta tre giorni con i tuoi amici, naturalmente mi mancherai, ma scommetto che starai bene”. Austin le sorrise tra un boccone e un altro, mentre lei gli accarezzava i capelli. “io vado a riposare, tu finisci qui e poi studia ok?” Austin annuì. La donna lo guardò, come se il ragazzo gli facesse pena. “Ti voglio bene, figliolo”. E poi salì le scale, scoppiando a piangere solo nel momento in cui sapeva che non l’avrebbe sentita.
Amy e Tay erano andate al centro commerciale a comprare le cose per la gita della settimana dopo, perché in montagna faceva freddo e dopo quel sabato non avrebbero più avuto tempo. Per ora erano solo loro due, ma aspettavano anche Emily, Naomi e Marina. Poi arrivò un messaggio a Tay. “Oh è Emily, dice che non può uscire, a quanto pare sua madre non vuole, non so cosa le prenda ultimamente non può muoversi di casa.” Amy fece spallucce. “E Naomi ha detto che ha un impegno che non può rimandare, quindi aspettiamo solo Marina”. Amy annuì, sorseggiando il suo milkshake.
Quando poi arrivò Marina, le tre fecero compere per le tre giornate sulla neve. Marina dava consigli a Tay, e l’altra si faceva influenzare dalle sue scelte, mente Amy si limitava a prendere le cose per se e a pagarle, senza nemmeno farle vedere alle altre. Sembrava silenziosa, e non divertirsi quanto le altre due, le seguiva con lo sguardo perso mentre loro saltellavano da un negozio all’altro. Alla fine uscirono piene di buste. Tay fu la prima ad andarsene e rimasero sole Amy e Marina, che aveva capito che qualcosa non andava. “Cosa succede Amy?” le chiese. L’altra fece spallucce. “Riguarda Josh?” “Non solo”. Non poteva essere solo una litigata, era una settimana che Amy passava la ricreazione con loro, cosa che quando stava con Josh non faceva quasi mai.  “Mi dispiace tanto”. Amy fece di nuovo spallucce.
Naomi parcheggiò l’auto nell’enorme parcheggio in mezzo al verde, nel posto che gli aveva indicato Zack. Sembrava un bel posto, per essere una casa di cura, forse la tranquillità aiutava i pazienti ad essere meno...pazzi. Entro e si avvicinò alla segretaria. Era vestita di bianco come tutti li dentro, tranne i pazienti ovviamente, il posto era di un colore monotono però era tappezzato di quadri e opere d’arte. Per certi aspetti poteva sembrare più una villa che una casa di cura. “E’ l’orario di visita giusto?”. La ragazza, non doveva avere più di venticinque anni, le rispose gentilmente. “Si, sono nel giardino sul retro, le visite terminano tra un’ora”. “Più che sufficiente” rispose Naomi. “Grazie.”
Il giardino era un ampio spazio dove giravano persone come anime in pena, per quanto sembrasse un posto sereno, nessuno sembrava impegnato in attività normali. C’era chi disponeva sassi con simmetria quasi perfetta mormorando formule matematiche. Chi seguiva gatti urlando “Torna qui amore mio, siamo sposati ormai”. E chi girava sulle altalene, rotolando la corda che le legava al loro appoggio. Isabelle invece era su una panca sola, a leggere. Naomi si sedette vicino a lei. Isabelle le sorrise dolcemente. “Ciao” le disse. “Ciao” rispose Naomi.
“Sei l’ultima persona che mi aspettavo di vedere qui” disse ridendo Isabelle.
“Anche io, ma volevo parlarti, anche solo una volta”
“Ti ascolto”
“Volevo solo dirti che, so come ti senti, insomma, non sono arrabbiata con te, ti capisco.”
Isabelle continuò a guardarla interessata, ma non rispose.
“Emily mi ha parlato di te, di quello che ha passato e di tutto. Insomma è stata la stessa cosa per me in pratica. E’ stato un periodo di merda prima del liceo, e anche i primi anni, ma poi ho conosciuto lei e tutte le cazzate non contavano più nulla contava solo lei. Mi faceva stare bene, mi faceva ridere, mi faceva tanti complimenti quasi a farmi credere che forse qualcosa di buono in me c’era. E per quanto lei faccia credere il contrario è così dolce e gentile e fa tutte quelle cose e ti fa sentire…”
“Amata” Isabelle concluse la frase al posto suo. Naomi annuì.
“Già. Non posso prendermela con te se la volevi tutta per te, ed è quello che voglio anche io. Chi non vorrebbe una persona che ti fa sentire speciale? Tutti hanno bisogno di un qualcuno che ci faccia sentire speciali”
“Tanto sapevo che era troppo tardi, sapevo che ormai voleva te e nessun altro. E anche se avessi saputo di lei, sapevo che tu non l’avresti mai lasciata, anzi, le avresti fatto capire che la ami nonostante tutto. E infatti glielo detto, sono molto contenta per lei, e per voi, sei molto fortunata, ma forse anche io ho trovato una persona speciale”.
Naomi le sorrise. “Sono contenta per te”.  “Anche io, speriamo che sia lo stesso per lui”. “Sono certa che è così, adesso devo andare, è stato un piacere Isabelle”. Le due si strinsero la mano. “Buona fortuna” le disse infine Naomi. “Anche a te” rispose Isabelle.
Il parlare della relazione di Amy fece tornare in mente Austin a Marina, cosa che le fece venire in mente Kellin e Vic e tutto quello che aveva fatto e le venne solo una gran voglia di bere e dimenticare tutto. Era in un bar che brulicava di brutti ceffi che facevano risatine indicandola, forse per fare a gara a chi se la sarebbe fatta prima. Andava avanti già da un po, i suoi vestiti erano diventati squallidi, non c’era da meravigliarsi se credevano che fosse una facile. Uscì da quel bar ed entrò in una specie di club. Girava roba pesante e lei se ne approfittò anche. Aveva perso i freni inibitori. Si ricordava solo di averci provato con qualche decina di ragazzi, o che loro ci avessero provato con lei, ma non ricordava il continuo, ne perché era stata sbattuta fuori dal club poco dopo. Ora era sul marciapiede, con un aspetto orribile: capelli spettinati, trucco scuro ormai mezzo sciolto, vestiti strappati e sudati e dell’alcol in mano.
Iniziò a ridere isterica. “Adesso sei contenta?” urlò al nulla. “Non lo so, dimmelo tu” rispose una voce maschile dietro di lei. Era Denny. Vestito molto elegante, al solito. Con le braccia incrociate, la guardava scuotendo la testa. “Non mi sarei mai aspettato di vedere te così, complimenti” ora applaudiva, poi le porse una mano. “Vieni con me, ti porto in un posto divertente” disse con un sorriso malizioso. “Sarebbe?”. “Scendiamo all’Inferno mia cara, il mio paradiso.”

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Capitolo 21
*** You Left Me Kneeling ***


Zack era ormai solito ad andare a trovare Isabelle tutti i giorni dopo la scuola, facendo arrabbiare gli amici che non avevano più un passaggio a casa, ma soprattutto i medici, che conoscendo i problemi della ragazza sconsigliavano di farla affezionare di nuovo a qualcuno prima che fosse ripulita. Ma i due si incontravano spesso, nonostante i rimproveri dei medici. Isabelle era l’unica che capiva Zack e ultimamente anche l’unica a parlarle dato che gli altri avevano altro da fare: Jack e Alex naturalmente volevano stare da soli, e Rian aveva trovato questa nuova ragazza, Cassadee, e non faceva che pensare a lei o parlare di lei o provare a conquistarla. Zack si sarebbe sentito inutile se non fosse stato per Isabelle che lo ringraziava quasi ogni giorno di averla salvata in tutti i modi possibili. Anche lui le continuava a dire che se non fosse stato per lei lui sarebbe caduto in depressione a causa della solitudine che provava ora.
Ogni volta lui le prometteva che una volta fuori la avrebbe portata a fare tutte le cose che voleva e a vedere tutti i posti che avrebbe desiderato visitare, una sorta di Make A Wish Foundation umano. Zack provava qualcosa per lei, ma non sapeva dire cosa, e ad ogni modo aveva paura che lei non ricambiasse, forse perché non le era concesso, o forse perché si sforzava a non dipendere dalle persone.
“sai cosa mi piacerebbe tanto? Andare ad un ballo, tipo di quelli eleganti, con i vestiti e le giacche e quelle cose li” disse Isabelle. Zack rise e Isabelle pensò che quella era la risata più bella che avesse mai visto. Pensava a Zack in modo  più normale e sano rispetto ad Emily, e questo la faceva sentire fiera di se e speranzosa nel poter uscire presto. “Ci si annoia da morire qui” continuò lei mettendo un finto broncio. “Allora ti porto via” rispose lui. A Isabelle brillarono gli occhi, aveva sempre desiderato che glielo dicesse. “Prima delle vacanze” continuò “Anzi, domani, partiamo per una gita in montagna, per tre giorni, e tu verrai con noi.”
Per un momento si sentì al settimo cielo, ma sapeva che tutto quello sarebbe stato molto improbabile. “E i medici? E la tua scuola?” “Per la scuola non c’è problema” rispose lui “adesso andiamo a parlare con i medici” si alzò e le porse la mano per aiutarla “Fai la brava e dimostra di meritarlo” e le fece l’occhiolino.
“Signor Merrick, la signorina Fuhrman è in grado di uscire ma solo sotto la supervisione di un adulto responsabile, e si da il caso che lei non può firmare la liberatoria in quanto abbia solo diciassette anni” “Ma non siamo soli!” protestò Zack “Siamo una classe intera sotto la supervisione di un insegnante!” “Mi dispiace” insistette la segretaria “ma a meno che non sia lui a firmare, io non posso lasciarla andare”. Zack provò un ultimo tentativo. “E se firmassi con il nome del prof, sono capace a fare la sua firma”. La segretaria sapeva dei rischi legali che questo comportava sia a lei sia a Zack, ma la giovane donna, alla vista della determinazione del ragazzo, cedette. Gli porse il foglio e lo sguardo dei due si illuminò di speranza. “Firmi per lui, ma sappia, signor Merrick, che qualora vengano arrecati danni di alcun tipo alla signorina Isabelle, noi esporremmo denuncia contro di lei, e in quel caso, a causa della falsificazione della firma, i riscontri saranno ancora più gravi, uomo avvisato. Isabelle, vai a preparare la valigia, e tu di corsa a casa, non un fiato su questo, intesi?” I due annuirono freneticamente e Zack per la felicità non smise di dire grazie e abbracciò prima la donna poi Isabelle che, dopo averlo salutato, corse a fare le valigie.
Marina camminava per le vie buie e sconosciute della città, con un aspetto ancora peggiore di quello che aveva prima di entrare nel club di Danny, nonostante poi lì dentro si fosse tutta risistemata. Era abbastanza matura da non essere traumatizzata da quello che aveva visto e fatto, e aiutava il fatto che molte delle cose non se le ricordava nemmeno. Guardò il telefono e si accorse che erano passati almeno due giorni dall’ultima volta che lo aveva fatto, cioè poco prima di entrare nel club. Aveva innumerevoli chiamate e messaggi da Naomi, anche poi da Tay, Emily e addirittura Amy, quelli che però la colpirono furono quelle più recenti, risalenti a poco meno di un’ora prima, di Austin.
Di certo lui doveva sapere che se entrambi sparivano per più di un giorno era sicuramente opera di Danny, come con Ben e Alan, ma cosa gli importava di lei? Come non detto, stava chiamando di nuovo, e stavolta Marina rispose. “Austin?” “Grazie a Dio, Marina cazzo, non dirmi che sei stata con Danny” “Se intendi in quel senso, non lo so, non te lo assicuro, ma si siamo usciti per un po’ a divertirci” Marina lo sentì imprecare “Ti ricordo che domani abbiamo una gita, in caso non ti ricordassi nemmeno questo” ora fu lei a imprecare. “Dove sei?” chiese lui. Marina scoppiò a piangere, senza un apparente motivo. “Non lo so, non lo so cazzo, e tutto buio, mi sono persa”. “Marina ti prego calmati, non ti agitare, ti ha portata in quel suo posto?” chiese con voce dolce e rassicurante. “Si” Marina aveva la voce ancora rotta. “Stai lì, vengo a prenderti” e riagganciò. Non si aspettava che dopo tutte le cose che le aveva detto, lui avrebbe mai fatto una cosa del genere ma non stava lì a lamentarsi o a pensarci perché era Dicembre e si congelava, era stanca, in lacrime e voleva solo andare a casa.
-Tay: Allora? Siete pronte per partire cioè io sono troppo emozionata non vedo l’ora, ho già preparato la valigia
-Naomi: Si tay, siamo pronte, io sono più emozionata di passare due notti con Ems <3
-Emily: aw ti amo <3
-Tay: Bleah ok mi serve Marina , sapete dov’è scomparsa?
-Amy: io non la vedo dal centro commerciale
-Tay: già
- Naomi: non lo so, non mi risponde, sono preoccupata
- Marina: scusate il ritardo amiche
- Naomi: cazzo Marina dove sei stata senza rispondere per due fottuti giorni? Mi hai fatto morire cazzo
- Marina: ritiro spirituale
- Emily: Ma vaffanculo ahah
-Tay: Almeno sei tornata <3
-Marina: si Tay sono tornata
- Naomi: dove cazzo sei stata
- Marina: poi ti spiego Naoms
- Naomi: credo proprio di sì
“Naomi era molto preoccupata” disse Austin, con lo sguardo fisso sulla strada. “E’ stata lei a chiedermi di cercarti, dato che sospettava anche lei di Danny, ha chiesto a me” “E io che pensavo che il principe azzurro fosse venuto a salvarmi per sua spontanea volontà” rispose lei sarcastica. Austin dovette trattenere le risate. “Non mi dona molto l’azzurro” si limitò a dire lui. Marina sorrise. “lo hai fatto solo perché l’ha chiesto Naoms?” lui scosse la testa. “wow allora ti importa di me?” “Ti hanno fatto del male” chiese lui invece di rispondere “no” rispose lei. “Intendo in quel senso” “Ti importerebbe veramente nel caso mi avessero violentata o chissà cosa?” Austin frenò bruscamente l’auto. Il pensiero di una cosa del genere gli faceva venire il voltastomaco. “Certo che mi importa di te” rispose infine, guardandola. “Non sembrava quando ti dicevo che avevo bisogno di te” Austin sospirò. “Marina, avevo promesso a Vic e Kellin che non sarei uscito con te, ma per mantenere la promessa dovevo starti il più lontano possibile, per levarti dalla mia testa.“ Marina sgranò gli occhi. “Cosa vuoi dire?” Austin rise. “Che i tuoi sforzi di apparire carina con me non erano inutili, o meglio, lo erano perché mi piacevi, ma sono un uomo di parola, e restarti amico significava starti vicino e rendere impossibile soffocare i miei sentimenti. Tu lo sai cosa hai fatto a Vic, ma era anche colpa mia, se mi fossi dichiarato a te lo avremmo ucciso.” Marina incrociò le braccia. “Cosa ti ha fatto cambiare idea? Ora non vale più la promessa?” “no, Kellin ha un’altra e così anche Vic” Marina rise isterica. “Certo e io sono stata di merda per settimane pensando che mi odiassi, mi hai lasciata sola con Danny a farmi fare chissà cosa, solo perché dovevi aspettare che i tuoi amichetti trovassero un rimpiazzo a me?” Austin fece spallucce. Tutto un tratto i tentativi per dimenticarlo divennero inutili. “Beh, fanculo” lei urlò. Lui sorrise, e le si avvicinò, lei gli gettò le mani intorno al collo e si baciarono. 

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Capitolo 22
*** The Calm ***


“Su sbrighiamoci stiamo per partire” urlò il professore agli ultimi alunni che correvano verso il bus. Appena il mezzo cominciò ad uscire dal parcheggio della scuola, lui cercò di urlare l’appello, ma appena vide che nessuno lo ascoltava, mollò l’idea pregando che fossero effettivamente tutti presenti. “Ehi Lex, dov’è Zack?” bisbigliò. “Ha detto che non faceva in tempo a prendere il bus e che ci avrebbe raggiunto in auto” le rispose. “e il prof lo sa?” Alex rispose con il cenno di fare silenzio, allora Emily rise e scosse la testa. Tay era seduta vicino a Marina a aprlare senza sosta ma l’altra non ascoltava, guardava Austin che sedeva vicino ad Alan, poco posti più avanti, che ogni tanto le restituiva gli sguardi, per poi distoglierli e sorridere. Vicino a lui Danny, Ben e Alan parlavano dell’erba che Danny aveva portato , insieme ad altra roba più pesante. Austin non voleva saperne, e anche se avesse voluto, i suoi problemi cardiaci non permettevano nessun uso di sostanze stupefacenti. Emily si era addormentata sulla spalla di Naomi, mentre lei le accarezzava, e quando Rian ad un certo punto urlò “Credete che dovremmo cantare una canzone?” e tutti esultarono e risero, lei si svegliò, con un buffo sorriso guardò la ragazza e le disse “Ciao amore” e poi si riaddormentò. Zack guidava con Isabelle accanto, andando il più veloce possibile per raggiungere l’autobus, così che il prof non si sarebbe accorto di nulla. Ogni tanto guardava la ragazza, che passò la prima parte del viaggio a dormire, per poi essere tutta pimpante e non smetterla mai di parlare. Zack adorava vedere Isabelle così felice ed esuberante nonostante tutte le sue difficoltà. Gli aveva raccontato tutta la sua storia in quei giorni che passavano insieme, e più la conosceva più si accorgeva che lei gli piaceva. Finalmente lei parlò “Mio dio Zack, sono così felice di andare via per un po” non smise di sorridere nemmeno un secondo. “Passerai tutto il tempo con me, vero?” lui le sorrise dolcemente “Tutto il tempo, piccola” in un minuto divennero rossi entrambi, Zack tornò a guardare la strada imbarazzato e così anche Isabelle, che però continuava a sorridere. “Sei molto dolce Zachary” intimò, qualche minuto di silenzio dopo. “Sei molto carina, Isabelle” rispose lui subito. “Mi piaci Zack” disse lei. “Mi piaci Belle” rispose lei. “A questo punto di bacerei, ma stai guidando…” disse lei ridendo, facendo ridere anche Zack. “Avremo tutto il tempo quando arriveremo all’albergo.” Rispose malizioso lui. “Sembra un’idea allettante.” Concluse alla fine Isabelle. Si era fatto pomeriggio quando i ragazzi arrivarono all’albergo, e fortunatamente Zack era riuscito ad arrivare addirittura in anticipo, tanto da lasciare che Isabelle facesse check-in per conto suo, senza farsi vedere. Si mimetizzò quindi tra i suoi compagni senza dire nulla e soprattutto senza che il professore lo scoprisse. “Dove cazzo sei stato?” gli chiese Emily, che evidentemente non credeva alla storia di Alex. “Ems, ti prego, non dirlo a nessuno, Isabelle è qui” la ragazza sgranò gli occhi e dovette trattenersi dal non urlare le domande che voleva fargli. “Ok, primo: cosa cazzo ci fa qui? Secondo: come cazzo ti è venuto in mente? Terzo: sai cosa cazzo comporta?” “Ti prego Ems non dirlo a nessuno io…” “Dio Zack tu non conosci quei posti, e le persone che li frequentano, se le succede qualcosa, sei fottuto, e forse non sai che lei è molto propensa a far si che le succeda qualcosa, se capisci” Zack non capiva. “Era felicissima di venire qui, cosa dovrebbe fare? Ems, sta bene, le parlo ogni giorno, io la con…” “La consci?” ora il tono della voce di Emiy si era pericolosamente alzato. “Zack no, tu credi di conoscerla, tu credi che ti piaccia, tu credi di piacerle, è tutta una bugia. Conosci i suoi problemi, non lo metto in dubbio, ma ne conosci la gravità? Lei non è come me Zack, credi veramente che quello del balcone sia stato solo un incidente? Ma per favore, io la conoscevo e di certo meglio di te, io so cos’è capace di fare. Lo so perché un tempo ero io ad aiutarla, ma quando ho capito che non ci sarei riuscita, sono scappata via, perché avevo paura di essere ferita definitivamente. Chiamami vigliacca, ma tu sei un ingenuo e non sai cosa stai andando incontro. Zack non la puoi salvare, quindi, ti conviene starle lontano. Le persone che hai provato ad aiutare, una volta che ti accorgi che hai fallito, recando danni indelebili.” Zack a questo punto era furioso. “Non ti credo Ems, è guarita, tu sei stata una vigliacca e lo sei ancora, un’inutile vigliacca” Allora Emily rise beffarda. “Ti accorgerai che tu sarai inutile, Merrick”. Jack e Alex disfarono le valigie, e il biondo alla fine si gettò sul letto esausto. “Jack allora si buttò sopra di lui e iniziò a baciarlo, ma in quella circostanza Alex si preoccupò che i compagni di stanza potessero entrare all’improvviso. Jack però lo anticipò e vedendolo teso gli disse “Tranquillo, Zack ci sta dando dentro con un’altra e Rian ci prova con Cassadee, siamo soli.” Allora Alex sorrise e ricominciò a baciarlo. I loro baci ripresero con più foga e Jack iniziò a tastare il corpo di Alex sotto la maglietta, così fece anche l’Alex con la sua, fino a quando gliela levò, allora Jack rise e fece lo stesso. Gli accarezzò tutto il petto e l’addome, per poi arrivare ai pantaloni. Jack guardò Alex complice, che si limitò ad annuire. Nel momento in cui stava per slacciare la cintura dei pantaloni, dei tonfi dalla stanza accanto li fermarono. Rimasero per un secondo ad ascoltare, e si accorsero presto che non erano gli unici ad essersi approfittati della situazione. In effetti Alex riconobbe all’istante le urla e i gemiti che li stavano disturbando. “Emily, non posso crederci, quella ragazza non si contiene mai, come si fa ad urlare tanto per un per una lingua ed un paio di dita?”chiese retoricamente ridendo. “Perdonami Lex, ma i gemiti femminili non mi hanno mai eccitato” disse invece Jack. “Non so se a me eccitano, insomma Ems è come una sorella per me, ma insomma sentile, possibile che nessuno vada a dirgli qualcosa?” in effetti i due riuscivano a sentire i vari ‘ohh si continua’ come se fossero in quella stanza. “Credi che dovremmo dirgli qualcosa?” chiese Jack. “A te piacerebbe se ti interrompessero mentre stai venendo?” Jack scosse la testa. “Hai vinto, ma stasera tocca a noi.” “Va tutto bene?” chiese Isabelle a Zack, vedendolo giù di morale. Lui finse un sorriso “Si, tranquilla” lei riprese l’aria maliziosa e si avvicinò a lui baciandolo. Lui non oppose resistenza ma fu il primo a staccarsi ancora allarmato dalle parole di Emily. “Belle, tu mi dici tutto vero?” chiese lui. Lei lo guardò e con un sorriso dolce rispose “certo” “No perché, tu devi dirmi tutto capisci? Se vuoi essere la mia ragazza io…” a quelle parole Isabelle non fece più caso al tono serio di Zack ma a quello che aveva appena detto. “Tu vuoi che io sia la tua ragazza?” gli occhi le brillavano. “Certamente, ma a condizione che mi dici tutto, okay?” lei annuì velocemente, e lui la strinse forte tra le sue possenti braccia. “Grazie Zack” disse lei. “di cosa?” chiese lui. “di avermi salvata.” Rispose Isabelle.

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Capitolo 23
*** The Storm ***


I ragazzi uscirono tutti imbacuccati, in effetti andare in montagna prima di natale non era del tutto conveniente. Sarebbe potuto risultare pericoloso, a causa della neve ancora molto morbida, il rischio bufere e il freddo. Ma l’aria sembrava già molto natalizia e c’erano luci e decorazione ovunque. “Il piano per la mattinata è questo, adesso: escursione nel bosco, dopo potrete riposare fino alle 4, poi scendiamo in paese okay?” presentò il programma il professore. Tutti annuirono. Per raggiungere il bosco bisognava fare un tratto in autobus, e questo spaventò inizialmente Zack che non sapeva come far entrare Isabelle, ma fortunatamente c’erano dei posti che avanzavano e lui riuscì a farla entrare senza problemi.  Arrivarono davanti ad uno spiazzo che si richiudeva in un piccolo sentiero che entrava in un bosco che sembrava quello di un film horror. I brividi dei ragazzi non erano solo di freddo a quel punto. Si stringarono tutti nei loro cappotti, Emily si strinse a Naomi, così come Isabelle a Zack, e anche Alex e Jack si avvicinarono senza però destare sospetti. Austin e Marina invece restarono lontani, ma si scambiarono un sorriso complice.
“Allora ragazzi, in fila singola che il sentiero si stringe, se vi viene la splendida idea di allontanarvi e perdervi , abbracciate un albero, o meglio, tornata all’autobus e se siete così persi da non saper pure tornare indietro, a 2000 metri dovrebbe esserci un rifugio, perciò andate lì, avete 16 anni, vedete cosa potete fare” ammonì il professore di educazione fisica, che iniziò a camminare a passi veloci.
“Quando credi sia il momento giusto?” chiese Ben a Danny. “Lascia che si allontani” rispose lui. “Poi ci allontaniamo nel bosco”. “Nel bosco, ma sei pazzo?” chiese Alan preoccupato. “Saremo fatti! E se ci perdiamo?” “Qualcuno dovrà restare lucido” intervenne Ben. “Austin!” Danny chiamò l’amico, che si avvicinò a l’amico roteando gli occhi. “non è che ci faresti un favorino?” chiese. Austin annuì. “Vieni con noi tra i boschi a…divertirti, dai” fece un sorriso malizioso. Austin iniziò a ridere. “No Danny, non farò parte dei tuoi stupidi giochi.” “Andiamo Austin, tu non ti farai, ma ho portato roba forte, e abbiamo paura di perderci” Austin fece spallucce. “Allora perdetevi”. “Andiamo, davvero non ti importa nulla di me?”chiese Danny, quasi veramente dispiaciuto. “Mi importa troppo di te, e proprio per questo non ti lascerò fare questa cazzata”. “I migliori amici fanno le cazzate insieme!” urlò a Austin mentre si allontanava. Austin si fermò e sospirò, poi si rigirò verso di loro. “Affare fatto, ma se succede qualcosa o ci vede qualcuno, io vi lascio qui.” Danny sorrise , come un bambino che ottiene quello che vuole dopo aver piagnucolato, cosa che lui è sempre stato
“Ems!” la chiamò Alex. Poi lui e Jack si avvicinarono verso le altre due. “Ems senti, non vorrei mai parlarne ma…ecco, credo che sta sera sia il nostro turno”. “Cosa?” chiese Naomi ridendo. “Si, insomma, avete capito”. Emily scosse la testa. Jack era troppo imbarazzato per parlare e scoppiò a ridere. Così anche Alex. “Insomma, sono molto contento che voi vi amiate così tanto e che volete condividere questo amore anche in modo carnale ma ecco diciamo che ecco se urlassi di meno Emily, e se tu magari Naomi ci andassi più piano.”Allora le ragazze scoppiarono a ridere. “opsi” si limitò a dire Naomi. “Quindi, volevamo chiedervi se oggi potevamo farlo senza essere disturbati dai vostri gridolini da porno star” chiese Alex. “Sei proprio gay, alexsbica” disse Emily “Una volta quei gridolini ti eccitavano”. Jack si  sentì stupidamente geloso. “Non se sono quelli di una quasi-sorella” rispose Alex. “Va bene, allora stasera solo coccole.” Le due si guardarono dolcemente e Naomi le rubò un bacio. “Grazie ragazze” disse Jack ancora ridendo. “A patto che voi non urliate, non è romantico sentire le grida di un quasi-fratello che lo prende nelle chiappette”. Alex la spintonò leggermente. “Affare fatto?” chiese Alex, porgendole la mano. “Affare fatto” Emily gliela strinse.
“E’ un posto molto romantico” disse Isabelle guardandosi intorno. “Oh si davvero, con tutti i miei compagni e professori qui nei dintorni” rispose lui sarcastico. “Però sono con te, e sei con me, e non siamo in quello stupido ospedale” continuò lei. “Giusto” disse lui. Da quanto aveva parlato con Emily, che continuava a guardarlo quasi delusa, non riusciva a dimenticare quello che le aveva detto, e a non pensare che forse aveva ragione. Voleva fidarsi di Isabelle, ma in effetti, Emily sapeva molto di più di quanto sapesse lui. Cosa sapeva in fondo Zack di Isabelle? Non voleva comunque risultare freddo, ma era troppo sovrappensiero. “Cosa succede Zack? Tutto bene?” chiese lei. “Sto bene, stavo solo pensando a come renderti felice” Bugia. Ma di certo non poteva dire la verità. “Oh, tesoro, sei così dolce, son così fortunata, adesso mi ricordo perche sono ancora viva.” “Cosa?” chiese preoccupato Zack. “oh, niente” fece il suo sorriso innocente. “Hai preso le medicine, Belle?”. Lei rise istericamente e si avvicinò per baciarlo ma lui la spinse via preoccupato. “Andiamo Belle, le hai prese o no? Sono serio, cazzo, fai la seria”. Lei tornò seria, e con una faccia da cane bastonato rispose “No, non le ho prese, non cel’ho, non le ho portate”. Zack sgranò gli occhi. “Cosa? Non le hai portate nemmeno?”. D’un tratto Isabelle si innervosì e cominciò a piagnucolare come una bambina. “No Zack, io odio quelle medicine ok? Le odio, odio tutto quello che rappresentano e odio me stessa e odio questo mondo e voglio solo…voglio solo che tu mi ami per quello che sono, nessuno mi ama mai per quello che sono, tutti quello che dicevano di volermi bene mi volevano cambiare facendomi prendere quelle medicine ma la realtà è che io non voglio cambiare, io sono così, e voi mi dovete accettare così”. Zack in realtà non sapeva cosa dire. “Noi non ti vogliamo cambiare Belle, noi vogliamo solo che tu non faccia cose stupide”. “Perche io sono pazza” rispose lei, con lo sguardo perso tra i boschi, dove sarebbe andate volentieri. “Perché voi avete paura che io muoia, ma la realtà è che siete egoisti, non avete paura per me, avete paura per voi, avete paura di soffrire. Emily aveva paura di soffrire e mi ha abbandonata, così come i miei genitori e adesso anche tu”. “Io non voglio abbandonarti, per questo voglio che tu prenda le medicine” rispose serio lui, ma Isabelle disse soltanto “Io voglio che tu sia la mia medicina”.
“Tranquilli ragazzi, qua non ci vede nessuno, ma riesco a riconoscere il sentiero” rassicurò Danny agli amici, che sembravano preoccupati dell’idea nonostante tutto. Erano in uno spiazzo di erba bassa, dove gli alberi sembravano essere riluttanti al crescere. “E poi, Austin ci riporterà a casa, vero?” gli fece l’occhiolino. Austin roteò gli occhi e fece cenno di iniziare, come se dovesse dare lui il permesso. “Che gusto c’è a farsi di prima mattina?” chiese poi. “Ci stiamo solo annoiando a morte e vogliamo movimentare le cose, e poi, la roba buona la teniamo per la sera, giusto Danny?” disse Ben. Il biondo annuì mentre preparava gli spinelli da dare agli amici. “Cosa? Uno ciascuno?” chiese Alan, mentre Danny spartiva la droga. “Non sarà troppo per le undici del mattino?”. Austin si limitò a mormorare un ‘e io cosa ho detto?’. Poi Danny disse “Cos’è, troppo forte per te? Questo è solo un  assaggio amico, vedi di prepararti a peggio” e fece un lungo tiro, poi espirò e sorrise. “Che la festa inizi”. Ben lo imitò. Alan era più incerto, e lanciava occhiate ad Austin come per chiedere il permesso. Austin se ne stava a guardarli a braccia incrociate, senza espressione. 
Danny fu il primo a finirlo, lo gettò a terra e disse. “Non era forte come promesso, dovrò parlare a Dimitri” e si allontanò verso il sentiero per tornare dagli altri. Austin decise di aspettare gli altri due. “Sbrigatevi mammolette” urlò Danny, che nonostante la sua precedente affermazione, era evidentemente fatto. Ben restava senza espressione dietro i suoi occhiali da sole, ma aveva iniziato a ridere ad alta voce e a urlare. “Guardate Alan! Povera mammoletta! Che c’è, non reggi il fumo amico?” mentre il rosso aveva iniziato a vomitare copiosamente e a tossire. Austin corse verso di lui per aiutarlo ma il ragazzo non riusciva a respirare e si stringeva la maglietta, come se potesse strapparla e finalmente trovare l’aria. Ben continuava a ridere, non rendendosi conto di cosa stesse succedendo e Austin non potè contare sull’aiuto di Danny, che era già tornato dagli altri, troppo lontani per sentire. Austin imprecò, ma non sapeva cosa fare. Alan continuava a vomitare e ogni tanto usciva fuori qualche parola strozzata come “aria” o “aiuto”.  Non aveva idea di cosa avesse.  Cercò di fare una diagnosi rapida ma lui non ne sapeva nulla e non aveva mai passato una cosa del genere. Dopo qualche minuto smise, si sdraiò per terra e iniziò ad ansimare, per lo spavento e per la mancanza d’aria. Ben era tornato serio, il gioco era finito. Austin imprecò di nuovo e serio disse “Andiamocene via, la festa è finita”. Ben rise e rispose “Vedrai amico, vedrai”. Poi Austin prese Alan e lo aiutò a salire lungo il sentiero per raggiungere gli altri.
Dopo la gita, i ragazzi tornarono stremati in albergo. Tay si gettò a peso morto sul letto e si addormentò in pochi secondi con i piedi mezzi fuori dal letto e le scarpe ancora addosso. Amy prese a messaggiare. Emily e Naomi si misero nello stesso letto e presero a baciarsi, senza però fare altro perché avevano fatto un patto con Alex e Jack, che nell’altra stanza stavano continuando ciò che era rimasto in sospeso.
Si sfilarono reciprocamente le magliette e presero a baciarsi. Erano di nuovo soli, avendo avvisato Rian e Zack che volentieri si spostarono nelle altre due stanze. Non ebbero problemi con i preliminari. Si trattava solo di spogliarsi e di masturbarsi a vicenda, pensò Alex, ma quello che lo preoccupava era dopo. Jack non era un novellino, aveva avuto già esperienze del genere, sapendo di essere gay da tempo, ma per Alex era la prima volta e temeva di come ci si sentisse a subire le cose che lui per anni aveva riservato alle ragazze che aveva rimorchiato. Jack però riusciva sempre a sentire il suo disagio, forse perche ci era passato anche lui, e gli chiese di nuovo se fosse pronto. Alex annuì velocemente, non del tutto sicuro della sua risposta, ma ormai erano lì, senza essere disturbati, nudi, non poteva rovinare il momento. Jack allora si avvicinò maliziosamente al suo orecchio, risalendo baciando tutto il corpo e gli sussurrò “Se vuoi per oggi ti lascio comandare” e fece l’occhiolino. Alex capì subito cosa intendeva, e si sentì più sicuro, ma sapeva che di quella cosa avrebbe dovuto discuterne presto, perche Jack si sarebbe stancato di essere il passivo. Così Jack lasciò che Alex salisse sopra di lui, e fu molto più lento e  quasi dolce di quanto si aspettasse da uno che era appena “uscito dal cassetto”. Si smentì subito quando Alex ci prese la mano e iniziò a spingere più forte, cosa che non dispiaceva comunque ma distolse Jack dai suoi sogni di amore Ottocentesco. Ma lui lo sapeva bene, soprattutto per un uomo, una scopata è una scopata. Alla fine fu molto piacevole per entrambi, e una volta venuto, Alex si allontanò e i due ripresero a baciarsi, poi il biondo si addormentò. Jack gli rimboccò le coperte e si rivestì, poi rimase lì a guardarlo. Sembrava quasi un sogno, aver appena fatto l’amore con il ragazzo “etero” che desiderava da quando era arrivato. E ora era lì e dormiva come un angioletto e lui lo stava fissando. Gli venne quasi da piangere. Jack non aveva avuto vita facile con i ragazzi. Lui era vulnerabile , e tutti i suoi “fidanzati”, se così potevano definirsi, erano molto più grandi di lui. Alcuni erano addirittura fidanzati con ragazze, ma cercavano esperienza diverse. Jack era attraente come una 14enne verginella, aveva il fascino dello sfigatello imbranato, adatto solo per farselo mettere al culo e poi arrivederci. Era molto felice che invece ora piaceva così tanto ad Alex che il ragazzo non si era nemmeno sentito pronto all’inizio.
Alan aveva ancora qualche attacco di panico, se si poteva definire così, e ogni tanto tornava a mancare l’aria e a soffocare, senza però il vomito. Austin  cacciò così Danny e Ben dalla stanza e consigliò ad Alan di addormentarsi, e lo assicurò che sarebbe rimasto lui in caso si fosse sentito male nel sonno. Austin vide in Alan un lui solo meno determinato, sentiva che in fondo voleva essere accettato e quindi faceva il duro, ma non sapeva dire di no a quello che Danny pretendeva per essere suo amico, per quanto fosse assurdo. Austin invece era costretto, per il suo problema, ma le loro famiglie si conoscevano da tanto e Danny non aveva mai costretto Austin a fare prove stupide, perché sapeva del suo problema, anzi lo difendeva anche da chi lo prendeva in giro, per questo era il suo unico amico. Danny pretendeva troppo dagli altri, come ha sempre preteso da se stesso.
In quel paesino il buio scendeva quasi subito, questo rese la loro visita molto più corta del previsto, cosa che sollevò un po’ il morale del professore che per la sua età non poteva reggere certi ritmi. Avevano solo visitato qualche bancarella natalizia, e l’unica che si era distinta per entusiasmo era Emily che non faceva altro che correre qua e la, comprare cose a Naomi e ripetere quanto amasse il periodo natalizio e le luci di Natale. Naomi si limitava a ridere e a roteare gli occhi e scusarsi con gli altri compagni per il disagio che la sua fidanzata stava creando, poi cercava di farla stare ferma stringendola a se, e lei si giustificava dicendo “Io voglio solo essere romantica e farti tanti regali” con i suoi occhioni da cerbiatto. E Naomi le rispondeva “A me basta che mi resti qui accanto, okay?”. La rossa annuì e continuarono a camminare mano nella mano.
Alla fine si ritrovarono a cenare nell’albergo alle sette e essere mandati nelle camere alle otto. L’orario di coprifuoco in cui controllavano che ognuno fosse nella propria stanza erano le undici, ma non tutti lo rispettavano. Comunque quella sera erano tutti così stanchi che nessuno ruppe le regole, tranne Danny e Ben, che scesero nella sala “svago” dell’albergo con la roba più pesante promessa da Danny. Alan stava ancora male e rimase a dormire, con Austin che lo controllava. Gli altri due si ritrovarono in una grande sala con un bar e tutti adulti ben vestiti che bevevano e giocavano d’azzardo, tutti mai visti durante la mattinata. Si atteggiarono come loro, giocarono d’azzardo e riuscirono a rimorchiare anche qualche donna molto più grande di loro, con cui finivano nello squallido bagno dell’hotel, insieme alla roba pesante. Danny aveva una biondona con tette rifatte che diceva di avere trent’anni, mentre Ben una mora, straniera, che non capiva una parola di quello che Ben diceva. Erano nello stesso bagno, in cabine diverse e si davano da fare. Alla fine uscirono e sniffarono coca tutti e quattro, Danny era ancora abbastanza abituato, ma Ben era partito completamente. Avevano ancora i nasi bianchi e le donne erano ancora mezze svestite quando entrarono nel bagno quelli che dovevano essere i loro mariti, perché iniziarono ad urlare in un'altra lingua indicando gli anelli che loro e le donne portavano. Un omone pelato e tatuato, marito della straniera, prese Ben, troppo fatto per difendersi, lo sollevo almeno di trenta centimetri e lo scaraventò contro il cesso, lui rise inizialmente ma poi colpì la tazza con la testa e iniziò a sanguinare, l’omone lo colpì ancora alla faccia e allo stomaco con dei calci e lui svenne, completamente ricoperto di sangue. Danny invece provò a difendersi, e riuscì a sferrare qualche colpo al marito dell’altra, troppo vecchio e debole per combattere, ma l’omone poi tirò fuori un coltello e Danny mise le mani avanti sgranando gli occhi, dicendo “no no no” e implorando pietà. Quando l’uomo sferrò il colpo con la lama Danny riuscì a spostare la traiettoria dallo stomaco ad un fianco, ma venne comunque colpito. l’omone corse via dal bagno sudicio e pieno di sangue e droga, trascinando l’altro via, mentre Danny si accasciava a terra esanime.
Austin era sul punto di addormentarsi quando ricevette una chiamata. Temeva che era di Danny o Ben, che magari si erano persi nella neve completamente fatti, invece era un numero sconosciuto. La voce che parlò era seria e ferma, e per un momento Austin non capì, ma poi si spiegò meglio, e il ragazzo non disse una parola. Lasciò cadere il telefono a terra, con il braccio ancora teso verso l’orecchio che poi lasciò andare giù a peso morto, come se non gli appartenesse più. Rimase a fissare la bufera di neve fuori dalla finestra, che paragonò al freddo e al disordine che improvvisamente sentiva dentro.  Si inginocchiò, tastava il terreno, non riusciva a respirare, e temeva che anche il suo cuore potesse cedere adesso, voleva urlare, ma Alan stava dormendo e non voleva svegliarlo. Trovò la forza di alzarsi e di correre fuori dalla sua.  stanza, per entrare in quella del professore che imprecò quando vide lo spiraglio di luce del corridoio, ma Austin non riuscì nemmeno a scusarsi si limitò a dire “Prof io…io devo andare via, devo andare via adesso, mia madre…mia madre è morta”.
Zack decise di andare un’ultima volta a controllare Isabelle prima di tornare a dormire dai ragazzi, quel giorno non avevano fatto altr che litigare e discutere, voleva solo baciarla, chiederla scuse e mandarla a dormire. Quando entrò nella ua stanza fu travolto da un’ondata di gelo, e non solo perché la finestra era completamente aperta e il davanzale ricoperto di neve, ma perché Isabelle non era nel suo letto. Il bagno era vuoto, così con il fiato corto si affacciò alla finestra e riuscì a distinguere i passi sulla neve che la bufera stava velocemente ricoprendo. Isabelle era scappata. 

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Capitolo 24
*** The Flood ***


Zack era stato completamente preso dal panico, quel minimo di controllo che era rimasto gli suggeriva di non urlare,ma per il resto il suo cervello era in panne . La prima cosa che gli venne  era di avvisare Emily, che lo aveva avvertito. 
Entrò non silenziosamente nella stanza delle ragazze,ma non riuscì a non svegliarle. Si avvicinò alla testolina rossa e imprecò quando vide che le due ragazze erano troppo avvinghiate per svegliarne una senza che l'altra se ne accorgesse. Fortunatamente Emily era già sveglia perché i lampi ed i tuoni non riuscivano a farla dormire. Si spaventò quando vide Zack illuminato dal bagliore di un lampo,ma non fece domande. Lui le fece segno di venire fuori, pregandola con lo sguardo. Accontentò il ragazzo solo perché  sapeva di cosa si trattava. Naomi prima che la ragazza si staccò mugugnò nel sonno,ma non si svegliò fortunatamente, Emily le diede un bacio sulla fronte e sussurro:" torno presto piccolina",poi segui Zack fuori dalla porta.
Il ragazzo tremava e piangeva ed Emily era troppo stanca per rassicurarlo perciò chiese soltanto "cosa c'è" anche se intuiva la risposta. "Isabelle... è scappata dalla finestra...io non so come trovarla" Emily non sembrava affatto colpita "credi che io lo sappia?" gli chiese, "io ti avevo avvertito Zack, non so cosa dirti" vennero interrotti da un tuono. La ragazza si strinse le braccia e iniziò ad ansimare cercando di controllare la paura il più che poteva . "Aiutami a cercarla" le chiese disperato. Lei quasi rise di fronte a quella domanda assurda: "no, Zack" si girò,ma Zack la tirò per un braccio. "Ti prego, potrebbe essere ovunque" "proprio per questo Zack, potrebbe essere ovunque ,e io non ci tengo a perdermi nella bufera. Non si vede nulla,ci sono i fulmini e sai che ho paura, e ti avevo avvertito comunque." Ma Zack insisteva. "Andiamo Ems, era tua amica, io lo farei per Naomi, e tu devi volerle ancora bene da qualche parte del tuo cuore, e se non a lei, a me. Emily, se muore andrò in prigione e giuro che farò di tutto per fare in modo che tu venga con con me". Ora era arrabbiato ed Emily era sconvolta dalle sue parole,ma temeva ciò che poteva fare, perciò si arrese. "Verrò con te" Zack annuì senza ringraziare ed entrambi uscirono dalla finestra della camera di Zack.
Alla notizia di Austin il professore rimase scioccato ma sapeva che avrebbe dovuto prendere provvedimenti, allo stesso tempo non sapeva quali. Non poteva accompagnare lui e lasciare i ragazzi soli ,ma chiamare un sostituto sarebbe stato inutile dato che il giorno dopo sarebbero ripartiti. Partire a quell'ora con quella bufera era improbabile,ma decise comunque di chiamare gli studenti a raccolta. All'appello mancavano Emily, Zack, Ben e Danny e la preoccupazione del prof aumentò. Trovarono la camera di Zack con la finestra aperta così mandarono una squadra di soccorsi fuori. Dopo poco trovarono i corpi di Ben e Danny esamini in bagno e chiamarono di corsa l'ospedale,per quanto fosse lontano. Era una notte da incubo per tutti. Marina non sapeva se scegliere di stare con Naomi che nel frattempo aveva avuto un attacco di panico per tutta la situazione, sopratutto per Emily o stare con Austin che era in uno stato di totale trance. Nel frattempo rimanevano tutti seduti nella hall dell'albergo, chi piangeva, chi tremava e chi guardava fisso,privo di espressione.
La bufera era diminuita e fortunatamente si riusciva a capire dove fosse passata la ragazza,ma il temporale continuava e l'altra cosa che preoccupava molto Emily è che stavano salendo e conoscendo Isabelle, sarebbero arrivati in cima. Continuarono per chilometri mentre il freddo lacerava la pelle. Ma Zack non mollava,mentre Emily faticava a stargli dietro. Si ritrovarono poi davanti a un'enorme roccia che non poteva che essere scalata,e in cima videro la schiena di Isabelle. Zack urlò il suo nome e lei si girò "Isabelle! Perché sei scappata?Cosa ci fai lì? Ero preoccupato, torna giù cazzo!"
"No Zack,non tornerò mai più giù" "cosa?" urlò lui ," lascia fare a me" disse poi Emily. Si arrampicò e si ritrovò faccia a faccia con Isabelle. "Sono di nuovo qui, Belle" "Ems" si limitò a salutare lei. "Isabelle andiamo, scendi giù con me, Zack ti aspetta, qual è il problema?" "Oh Emily, io scenderò giù,ma non da quel lato" riferendosi al burrone sottostante "Perché dovresti? Hai già ciò che hai sempre voluto, qualcuno che ti ama, e tu gli hai detto che ti aveva salvata, mentivi?"
"Non mentivo allora, ma ora lo so, Emily, tu lo sapevi prima di me,alcune persone non sono fatte per vivere". Emily aveva già sentito queste parole da lei,ma Isabelle non era riuscita a concludere ,e ora, proprio quando aveva tutto,aveva deciso di riprovare. "Non sei tu, Ems, o Zack, sono io , è la mia testa, mi dice di farlo." L'istinto di Emily fu quello di stringerla a sé "Io non ti permetto di di farlo,se tu lo fai lo faccio anche io" Isabelle rise" tu non mi ami abbastanza da farlo, tu ami Naomi e non moriresti mai perché hai lei mentre io, io non amo abbastanza da non farlo, io ho Zack, ma non vivrei mai per lui" ma nel frattempo il ragazzo piangeva e non smetteva di urlare di scendere, tanto da non sentire i discorsi delle due. " Lasciami andare,Emily, se mi vuoi bene, lasciami  andare" "voglio bene a lui, non lo farò, pensa alle conseguenze, lui ci rimetterà emotivamente e poi andrà in prigione e probabilmente vorrà fare la tua fine." Isabelle guardò un'ultima volta Emily e sorrise, occhi da cerbiatto,sorriso da bambina, ma parole più dolorose di una lama" cosa deve importarmene? Io sarò morta. Notte, Ems" detto questo spinse Emily giù dal fianco della roccia in cui era Zack . La ragazza urtò violentemente la testa ed il rosso dei capelli si confuse con quello della neve macchiata di sangue. Lei si gettò dall'altro lato dove l'aspettava nient'altro che vuoto.
I tuoni avevano smesso, calò il silenzio più totale ucciso dall'ultimo urlo di Zack, che, troppo esausto per fare altro, si accasciò a terra, come Emily , a differenza del fatto che lui era ancora lucido. Sorprendentemente però fu il suo ultimo urlo ad attirare l'attenzione dei soccorsi, che portarono via entrambi.

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Capitolo 25
*** *breve messaggio dell'autrice* ***


Scusate ragazzi metto qui questa breve nota perche non saprei dove altro metterla. Domani parto per le vacanze il che significa niente wifi per due mesi o piu, ad ogni modo volevo ringraziarvi tutti per aver preferito/seguito/recensito la mia storia. Il messaggio che voglio lasciarvi e' che LA STORIA NON E' AFFATTO FINITA solo che questo ultimo periodo mi si e' rotto il pc+impegni di vario genere, comunque quest estate scrivero' tanto e appena torno giuro che vi regalo capitoli a stecca. Questo messaggio poi a quel punto verra' cancellato per non crearvi problemi. Grazie per la comprensione e tranquilli torno presto, continuate a recensire mi raccomando e buone vacanze estive/esami di maturita'/esami per il debito. -iamtheincr0wd

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