The Cruellest Month

di suzako
(/viewuser.php?uid=2382)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** [Prologue] ***
Capitolo 2: *** Everything you ever wished for ***
Capitolo 3: *** One True Thing ***
Capitolo 4: *** Your pretty blue eyes are just stained glass ***
Capitolo 5: *** Bathing in artificial light ***
Capitolo 6: *** And I love you even trough uncertainty ***
Capitolo 7: *** The smells of hospitals in winter ***
Capitolo 8: *** Above the thunder ***
Capitolo 9: *** Recalling things that other people have desired ***
Capitolo 10: *** The opposite of Faith ***
Capitolo 11: *** The Currency of Hope ***
Capitolo 12: *** Wake unto me ***
Capitolo 13: *** Every act of love is separateness ***
Capitolo 14: *** Counterglow ***
Capitolo 15: *** The need to hold still ***



Capitolo 1
*** [Prologue] ***


Untitled Document

The Cruellest Month


[Prologue]

Inspira.

Espira.

Inspira.

Respira.

Respira, dannazione!

Stai calma. Dipende da te. Dipende tutto da te…

No, no, no, no…

<< Sakura. >>

…No, no, no.

<< Sakura, adesso devi calmarti. >>

<< No… No… >>

Sangue. Troppo sangue.
Emorragia arteriosa. Pressione intermedia. Livello di distribuzione del chakra, 40%.

Di più, dannazione, di più! Così non basta! Così non è abbastanza… Così… Così non…

<< Sakura! >>


Era l’alba da poche ore.
Il sole era sorto sotto una spessa coltre di foschia. I suoi raggi erano deboli, e irradiavano una luce azzurrina e fredda.
La ragazza inalò dalla sigaretta accesa, contemplando con aria assorta il paesaggio di fronte a lei.
Non si vedeva nulla, a parte le lontane montagne a Nord di Konohagure…

<< Ehi. >>

Una voce la fece sussultare, e lei si voltò. Ghignò alla vista della kunoichi che avanzava nella sua direzione. Lo sguardo afflitto coperto dalle ciocche di capelli rosa, non lasciavano dubbi.

<< Fronte spaziosa. >>, constatò con il solito tono beffardo.

La ragazza alzò un poco la testa, l’irritazione evidente negli occhi verdi. Con una smorfia, sbuffò, e si sedette di fianco lei, sul muretto.
Se non rispondeva neanche alle provocazioni, doveva essere davvero preoccupata.
Silenziosamente, le offrì un tiro dal moncherino.
Lei scosse la testa.

<< Lo sai che quella roba non la sopporto. Non so davvero come tu faccia… >>

<< Shikamaru. >>, fu la risposta immediata. Ino ghignò, un lieve rossore visibile sulle sue guance.

Non c’era nessuno. Non un suono, non una persona. Il villaggio sembrava essersi fermato, in attesa. Perché loro non erano ancora tornati.

<< Incredibile come quel tipo ti abbia influenzata. >>, borbottò Sakura.

<< Allora, piagnucolona, cosa vuoi? So perfettamente che non sei venuta fin qua per parlare della mia relazione con Shikamaru. Hai un faccia che spaventerebbe anche il Kazekage. >>

<< Davvero?! >>, esclamò lei sconvolta, portandosi istintivamente le mani al volto.

Ino rise, lasciando cadere la cicca di sigaretta al suolo.

<< Andiamo, non puoi essere così preoccupata! Se la caveranno. Dopotutto, se la sono sempre cavata. >>

<< Sì, lo so, ma… >>

<< C’è anche Sasuke, con loro. >>, la interruppe improvvisamente Ino

<< Da quando nutri tutta questa fiducia in lui?! >>

<< Oh, non essere gelosa, fronte spaziosa. E’ una semplice constatazione. Si tratta comunque di uno dei ninja più forti del villaggio. Forse il più forte in assoluto. >>

<< Heh. Sì, è vero. – Sakura si interruppe, le sopracciglia aggrottate, come avesse ricordato qualcosa – Da quando… Da quando lo chiami così? >>

<< Eh? Che vuoi dire? >>

<< Sasuke, e non Sas’ke-kun. >>

<< Ah, quello. Semplicemente non mi interessa più. Dopotutto, ho smesso di corrergli dietro come una scema, io. >>

<< Già… >>

<< Tu invece sei la solita anima romantica. >>, ghignò con una smorfia di scherno.

<< Non è così. So che lui… Non mi guarderà mai. Non in quel modo. Durante tutti questi anni, siamo arrivati a un rapporto di amicizia, e Naruto mi tranquillizza sempre dicendo che… >>

<< Ti tranquillizza?! Naruto? >>

<< Beh, sì. >>

<< Cioè… Quando sei in pena per Sasuke, ti sfoghi con lui? >>

La ragazza arrossì leggermente: << Certo. E’ il mio migliore amico, dopotutto. >>

<< Fronte spaziosa… Tu non capisci proprio nulla! >>

<< Eeeeh? >>

<< Lascia perdere, lascia perdere! >>, sbottò Ino scuotendo la testa.

Seguì tra loro qualche minuto di silenzio. Le nubi si scurivano sempre di più. Il sole non accennava a comparire. Troppo freddo, per essere Aprile.

<< Pensi che arriveranno presto? >>

<< Smettila di preoccuparti. E’ sempre andata bene, anche questa volta sarà così. >>

<< E’ appunto questo. >>

<< Che intendi? >>

<< Ho come l’impressione che fino ad adesso, le cose siano andate sin troppo bene. Tutte quelle missioni… Non è mai successo nulla, è vero. Ma ogni volta che li vedo allontanarsi, ho il presentimento che qualcosa stia per accadere. Che si sempre più vicino. >>

Sakura si fermò, mordendosi le labbra con forza.

<< Non è strano, che finora non sia accaduto nulla? Appunto per questo, prima o poi dovrà succedere qualcosa! Loro sono forti, è vero. E io ho fiducia in tutti quanti. Ma anche così, nulla toglie che noi siamo ninja. Molti sono morti. E la guerra non è ancora terminata… >>

Ino strinse le labbra in una linea sottile, e abbassò gli occhi. Sì, molti si erano sacrificato per Konoha…
Sakura si accorse dell’espressione del suo volto, e trasalì: per un attimo, aveva quasi dimenticato. Era passato molto tempo.

<< Non dire niente. >>, la anticipò l’altra, con un sorriso storto.

E non lo fece.

<< Torneranno, non è vero? >>

<< Certo. Arriveranno sicuramente, da un momento all’altro. >>


Era una bugia, non è così?

<< Sakura! >>

Questa volta, insieme al richiamo, giunse uno schiaffo in pieno viso.

<< Tsunade-sama… >>, riuscì soltanto a mormorare la ragazza, sconvolta.

<< Sarebbe questa la tua serietà in quanto ninja medico? Hai delle vite che dipendono da te, e l’unica cosa che riesci a fare è andare nel panico. Dovresti vergognarti, Haruno. >>

Non riuscì a dire nulla.

<< Vattene. Non abbiamo bisogno di te. >>, la voce della quinta Hokage era dura e tagliente, e Sakura non riuscì a sostenere quello sguardo su di sé.
Come quando era un’inesperta apprendista.

Ma erano passati molti anni, da allora.
Adesso lei era Sakura Haruno. Aveva diciotto anni. E avrebbe fatto ogni cosa in suo potere, per salvare la vita di un amico.
Avrebbe fatto qualsiasi cosa per salvare Naruto Uzumaki.

<< No. >>

La sua voce, adesso aveva smesso di tremare, e i suoi occhi erano determinati. Aveva paura, ma adesso era pronta.

Tsunade la scrutò per qualche secondo, gli occhi duri e taglienti come il ghiaccio.

<< Non fallire. >>

Non era una richiesta. Era un ordine.

<< Questa sezione dell’ospedale rimarrà sotto la custodia di Sakura Haruno! Siete tutti sotto la sua direzione. >>, gridò rivolgendosi a tutti i ninja medici nella stanza.

Sakura si voltò velocemente, impastando il chakra necessario a cicatrizzare le emorragie principali, che aveva individuato nell’addome e sull’arteria del collo. Si concentrò, respirando profondamente.

Inspira.

Espira.

Inspira.

Espira.

Respira.

Lui vivrà.

Perché l’ho deciso.


* * *

Il cielo era ancora fosco e nuvoloso. La luce del mattino andava sfumando nella brezza serale, troppo fredda per quella primavera che tardava ad arrivare.
Ino Yamanaka si strinse nelle spalle, rabbrividendo leggermente. Ancora una volta, si trovò a lanciare occhiate di sfuggita alla porta che dava sulle corsie principali dell’ospedale.
Chouji era morto poche ore prima.
E lei l’aveva capito immediatamente.
L’aveva guardato negli occhi, mentre Shikamaru lo trascinava a casa per l’ultima volta, e i suoi erano gli occhi di una persona che stava morendo.
Shikamaru era crollato pochi secondi dopo, collassato fra le sue braccia.
Loro erano tornati. Ma le cose, non sarebbero più state le stesse.

<< Torneranno, non è vero? >>

<< Certo. Vedrai, da un momento all’altro… >>

Sakura sorrise, sollevata. Ma quel sorriso non fece in tempo a spegnersi, che un grido si levò, proveniva dall’ingresso del villaggio. L’espressione della ragazza si fece improvvisamente angosciata, e si voltò di scatto verso l’urlo.

<< Cos’è successo? Cos’era quello? >>, sussurrò con voce stridula.

<< Andiamo a vedere, muoviti! >>

Corsero alla porta principale.
Corsero per avere conferma delle proprie speranze. Per sapere che stavano tutti bene. Dovevano stare tutti bene. Volevano vedere Naruto sorridere come sempre, trionfante, e Chouji lamentarsi per la fame, Shikamaru fumare con aria disinvolta, Sasuke dare il solito sguardo di sfuggita, nonostante tutti sapessero che fosse felice di tornare a casa.
A casa. Erano tornati a casa.

<< Shikamaru! >>, Ino si buttò verso di lui, appena lo scorse.

Sakura, invece, rimase pietrificata nella sua posizione. Non è che non volesse muoversi. Semplicemente non poteva. Non poteva farlo, perché quello non poteva essere vero.

<< Sakura… >>, la voce di Sasuke era roca, ma diversa dal solito. E i suoi occhi… Sembravano quasi sofferenti.

Sasuke che non la guardava mai. E ora la stava fissando.
Anche Hinata, di fianco a lui, la guardava. Non aveva detto nulla. La guardava e basta.
E Naruto… Perché lui non diceva niente? Era sempre il più confusionario, il più rumoroso, la assillava specialmente quando non la vedeva per un periodo di tempo.
E invece adesso se ne stava lì, immobile, trasportato a peso dalla giovane Hyuuga e dall’Uchiha.
Non aveva alzato neanche la testa.
Il sangue… Possibile che?
No. Il sangue continuava a scorrere. Continuava a scorrere. Quindi era vivo. E sarebbe vissuto, ancora.

Sakura si sforzò di muovere le gambe, rigida e impacciata.

<< Sakura-san, mi dispiace. I-Io non sono riuscita a fare nulla per Naruto-kun, e… >>

<< Hinata. Pensi di riuscire ad arrivare fino alla torre dell’Hokage? >>, la voce di Sakura era fredda e composta. Ma nonostante questo, tremava.

<< S-sì. >>

<< Avvisa la Maestra Tsunade. Dille di mandare una squadra. – la sua voce s’incrinò – E ti prego… Corri più veloce che puoi. >>

Hinata annuì brevemente, prima di lasciare il braccio di Naruto, e sparire in lontananza.

<< La missione è fallita. >>, la voce di Sasuke era tornata incolore, ma lei sapeva ciò che intendeva realmente.

‘Mi dispiace.’

<< Rimetteremo le cose a posto, Sasuke-kun. >>, mormorò lei, quietamente, incominciando ad esaminare le ferite del ragazzo.

Lui non rispose. Come sempre.

E mentre il sangue macchiava inesorabilmente le sue mani, mentre i rinforzi della squadra medica arrivavano trafelati, mentre i feriti venivano scortati nell’ospedale, ci fu qualcosa che Sakura non vide…

Ino fece sprofondare la testa fra le mani, come ogni particolare di quella dannata mattina le tornava alla mente con dolorosa chiarezza. Era successo tutto così in fretta. E allo stesso tempo, a una lentezza agghiacciante.
Un attimo prima sorrideva inconsapevole e sicura di sé, a rassicurare i timori – a suo parere – completamente ingiustificati di Sakura, guardando il fumo tracciare vie nell’aria. Era certa che presto sarebbero tornati, e tutto sarebbe rimasto sempre uguale, sempre felice, come sempre…
Alzò lentamente la testa, gli occhi che brillavano leggermente nella semioscurità.
E invece le era bastato guardare gli occhi di Shikamaru… E aveva capito.

<< Shikamaru! Ehi, andiamo, guardami! Cos’è successo?! >>

Lui non rispondeva. Il corpo di Chouji gli giaceva ai piedi, e lui teneva lo sguardo fisso al suolo.
Ma Ino non se ne preoccupava. Sapeva che si sarebbe rialzato, come sempre. Al momento, voleva sapere cos’aveva lui.

<< S-Shikamaru…? >>

Però, quando vide i suoi occhi…

<< Non è possibile… >>

…Capì che sarebbe stato meglio non sapere.

<< No! >>

Ino si accasciò al suolo, singhiozzando convulsamente.
Shikamaru, ancora in piedi, non la guardava. La sua voce era ferma… Ma lei poteva esser certa che stesse piangendo.

<< E’ morto. >>

Shikamaru aveva trasportato un cadavere.

<< Yamanaka-san. >>

La voce formale e ma leggermente timorosa di un’infermiera la fece sobbalzare, e Ino si voltò di scatto verso la porta del corridoio, dove la ragazza faceva capolino.

<< Dimmi. >>

<< V-Vedi, la maggior parte del personale è impegnato, e abbiamo bisogno del contributo di qualcuno per dei Medic-jutsu, quindi Tsunade-sama ci ha mandato a chiederti se… >>

<< Il mio livello di conoscenza dell’arte medica è minimo. Non vedo come potrei esservi utile. >>, borbottò lei sbrigativamente.

<< Ma… No, ecco, è soltanto per alcune ferite superficiali, e poi c’è la frattura di Uchiha-san. Noi non siamo ancora autorizzate, e tutti i sempai sono impegnati con… Loro. >>

Shikamaru, Naruto, Hinata.
Da quel che sapeva, anche Kakashi, Lee e un paio di Ambu erano restati coinvolti.

Chissà dove si trovava il corpo di Chouji?

<< Va bene. Verrò. >>

La ragazza assentì, guidandoli per i corridoi. Fra le camere c’era un gran trambusto, persone che si affaccendavano da tutte le parti. Molti di loro avevano le mani coperte di Sangue, ma Ino lo notò solo vagamente, troppo confusa ed estraniata.
Ma quando varcò la soglia della stanza 108, e vide lui, l’invincibile Sasuke, il ragazzo che aveva ammirato per tutta l’infanzia, immobile su quel letto, tornò ad essere padrona di sé stessa.
Non aveva potuto fare nulla per gli altri, ma ora che ne aveva la possibilità, non avrebbe lasciato perdere.

La ragazza mormorò qualche parola che lei non sentì, e si dileguò dalla porta.

Sasuke respirava a fatica, il sangue rappreso sulla pelle bianca, segnata dalle numerose ferite. Aveva gli occhi chiusi, ma le sopracciglia erano aggrottate, e ogni tanto muoveva la testa a piccoli scatti, mormorando parole inudibili.

Ino si concentrò, richiamando al meglio che poteva tutte le tecniche mediche che aveva imparato in quegli anni: lei non era stata sotto il diretto insegnamento della suprema Tsunade, ma aveva imparato le basi, e qualcosa di più.
Notò subito che aveva una febbre molto alta, sicuramente dovuta alle infezioni. Abbassò attraverso la concentrazione del chakra la sua temperatura interna, e poi si diede da fare per accelerare il processo di cicatrizzazione, e risaldare l’osso del gomito, che sporgeva dalla carne viva, sotto le bende accuratamente legate.
Opera di Hinata, certamente. Non doveva aver avuto sufficiente chakra a curarlo. Ma per quello ci avrebbe pensato lei.

Quasi un ora dopo, aveva concluso.
Ino si asciugò il sudore che le colava dalla fronte, esausta, e si sedette su uno sgabello di fianco al letto. Fece qualche profondo respiro, cercando di calmarsi.
La stanza era avvolta nel più completo silenzio. Il suo respiro era pesante e rumoroso, al confronto, Sasuke sembrava quasi non respirasse.
E lei preferì controllare.
Si avvicinò lentamente, sicura che si sarebbe svegliato da un momento all’altro, per guardarla con i soliti occhi freddi e pieni di disprezzo. Però, fintanto che lui dormiva, lontano, fintanto che non poteva neanche immaginare che lei fosse lì…
Con una mano traccio il contorno del suo viso, la pelle ruvida e tagliata dalle ferite, semicoperta dal respiratore. Con i segni violacei delle profonde occhiaie, e i capelli sporchi e incrostati di fango, non sembrava più così bello e irraggiungibile come ogni volta che l’aveva guardato da lontano, ma bensì umano: anche lui poteva cadere, anche lui poteva essere sconfitto. Tutti loro, erano stati sconfitti. Anche lui poteva trovarsi così, incosciente e distrutto su un letto d’ospedale.

Le parole di Sakura le rimbombarono nella mente, come il ricordo di un sogno lontano, e non la memoria di poche ore prima. Prima o poi…

<< Eppure, non l’avrei davvero creduto possibile, Sasuke…kun. >>, sussurrò lentamente, continuando ad accarezzargli il viso.

* * *

Primo capitolo, yay! °___°
Questa è una commissione per Federica, che ha avuto la geniale idea di suggerirmi questo ancora più geniale pairing: Sasuke/Ino! Sì, lo so, molti di voi lo detesteranno, ma a me piace troppo per tirarmi indietro. Altre coppie probabili, NarutoSakura, ShikamaruTemari, forse qualcosa con Hinata. Devo decidere.
QueSia il titolo della storia, che dei vari capitoli a seguire sarà ispirato alle 52flavours della LJ community [grazie a RosS, quindi!^^], saranno circa 16 in tutto. Spero di farcela!
E con questo, commissioni chiuse per ora.
Fatemi sapere.



suzako

Next => [ Everything you ever wished for ]


Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Everything you ever wished for ***


Untitled Document
The Cruellest Month

[Everything you ever wished for]


Il nuovo sole sorgeva con noncurante splendore quel giorno, brillando sulla terra del fuoco, riflettendo i propri raggi su Konohagure.
Non pioveva, quel giorno.

[Il cielo non piangeva per i morti.]

Il cielo che era chiaro e cristallino, l’aria mossa da una brezza leggera. Un Aprile appena arrivato, un Aprile già inesorabilmente finito.

[Non c’è estate, per i morti.]

Le strade erano rumorose, si sentivano le grida dei bambini. Molta gente si affaccendava per le vie, durante quel giorno c’era mercato. Ogni cosa sembrava gioiosa e pura, completamente estranea a quel senso di stordimento e tristezza.

C’era qualcosa che desideravo…

Quello stesso sapore amaro che ti lascia in bocca una battaglia persa…

Il Villaggio della Foglia, era davvero un luogo dove tutti sembravano felici. Le persone sorridevano cordialmente, per le sue strade. Le case colorate davano un impressione così distesa, assolutamente…

Qualcosa che, chiuso nella mia stanza buia, delineai chiaramente.

…E scioccamente felice. Come se non vi fossero preoccupazioni.
E per un lungo periodo, Sasuke si era convinto che fosse quello ciò di cui avesse bisogno. Un luogo come Konoha, dove tutti sorridessero inconsapevoli e felici.

<< Konoha… E’ tutto ciò che si possa desiderare, non è vero, Sasuke-kun? >>

Così aveva detto Sakura una volta, sorridendo a occhi bassi, guardando fuori dalla finestra della piccola stanza d’ospedale.

Ma quello era stato molto, molto tempo prima.

Adesso, Sasuke si trovava di nuovo in una stanza di un biancore accecante, senza dubbio in ospedale. Sakura non era lì, e anche solo aprire gli occhi gli costava fatica immensa. Tentò di muoversi in qualche modo, ma un dolore lancinante agli arti lo fece desistere. Facendo alcuni respiri profondi, tentò di ricostruire gli eventi che lo avevano preceduto.

 

<< Dobbiamo andarcene. >>

<< Che cosa vuol dire che dobbiamo andarcene?! Non possiamo abbandonare il campo di battaglia così! >>

<< Naruto, razza di idiota, non lo capisci che non abbiamo possibilità?! Svegliati! >>, Kakashi aveva gridato ancora più forte, decisamente irritato.

Naruto non aveva risposto, e tutti avevano continuato a correre. Le parole del suo Sensei gli avevano fatto comprendere ciò che avrebbe dovuto capire.
Hinata era sull’orlo del collasso, e la metà del loro gruppo era stato decimato.

<< Shikamaru, tu cosa dici? >>, aveva mormorato Chouji, all’improvviso.

Il Capo-Jounin era rimasto in silenzio per qualche secondo.

<< Anche tentando una strategia azzardata, non conosciamo il loro livello di combattimento, e soprattutto il numero ci mette in gran svantaggio. Una ritirata sarebbe – probabilmente – la mossa non migliore, ma più sicura. >>

<< Ma Shikamaru!-

<< Lui è il capo della squadra. Un ninja deve imparare anche a sottostare alle regole. >>, lo calmò con fermezza Kakashi.

<< Quindi, adesso non ci resta che tornare a Konoha e far sapere a Tsunade… >>

<< Attenti! >>

 

Sì… Ora ricordava. Ora ricordava.

<< Ti sei svegliato, finalmente. >>

Sasuke alzò la testa di scatto, fino a che i suoi occhi non inquadrarono una figura, in piedi davanti a lui. Impiegò qualche secondo a focalizzarla, ma i lunghi capelli biondi e gli occhi di quell’assurdo turchese non lasciavano alcun dubbio. Notò anche le pesanti occhiaie che le oscuravano lo sguardo.
Era quella ragazza. Ino Yamanaka.

<< Cosa vuoi? >>, riuscì a rantolare con voce roca, cercando di trattenere la rabbia.

Hai fallito. Anche questa volta hai fallito. Perché il tuo odio…

La kunoichi scrollò appena le spalle.

<< Passavo di qua. >>

…Non è abbastanza.

Passava. Sasuke ghignò al pensiero: le si addiceva alla perfezione, perché lei passava, leggera e inconsapevole come una piuma, in balia del vento. Passava senza sapere, sfiorando con superficialità le cose. Passava, con lo stesso sorriso sciocco che illuminava i volti vuoti della gente di Konohagure.

<< Lasciami in pace. >>

Perché lei non sa cosa voglia dire. Lei non conosce la perdita, il dolore, non sa nulla.

<< Immaginavo avresti detto così. >>, sussurrò, l’ombra di un sorriso sulle sue labbra.

Eppure…

<< Nh. >>, riuscì a borbottare il ragazzo, tentando nuovamente di muoversi.

…I suoi occhi…

<< No, non devi muoverti. Stai così… Fermo… >>, in un attimo, Ino gli fu di fianco, il suo tocco gelido ma in qualche modo lenitivo che gli lambiva la pelle.
Le sue mani lo sfioravano appena, eppure la sensazione fu forte, quasi brutale.

…Sono così tristi.

Sasuke si fermò, abbandonando la testa contro la ruvida compattezza del cuscino. Così, con gli occhi vuoti e semiaperti, le braccia abbandonate e il collo innaturalmente piegato, sarebbe potuto sembrare morto.

Tu sei vivo. Chi credi di essere, per imitare i morti?

Ino strinse i pugni, la gola improvvisamente secca. Fino a quel momento, aveva fatto di tutto pur di cercare di non piangere.
Una kunoichi non deve mostrare le proprie emozioni. Mai.
Quante volte si era concessa quella debolezza? Quante?
Troppe.

Senza un’altra parola, lasciò la stanza, accompagnando la porta, per non fare rumore.
Sasuke non aveva chiesto né di Sakura, né di Naruto, tantomeno di altri.

Nessuna emozione era stata leggibile sul suo viso.

* * *

Se c’era una cosa che Sakura amava più di ogni altra cosa, erano i giorni di sole.
Le piacevano i giorni chiari e brillanti, quelli dove il cielo era talmente azzurro da fare male, e il caldo le faceva imperlare leggermente la fronte, e una brezza le sollevava i capelli…

E anche la gonna, avrebbe detto Naruto, guadagnandosi così un pugno.

In quei giorni, anche gli allenamenti erano diversi. I combattimenti con la maestra Tsunade erano duri, ma ogni colpo sferrato, ogni tecnica praticata, pur lasciandola sfinita e dolorante, la facevano ghignare di soddisfazione a quel cielo così distante.
Poi, solitamente, un giorno di sole significava uscire. E quando usciva, casualmente, le capitava spesso di vedersi venir incontro Naruto, magari seguito da uno svogliato-ma-comunque-presente-Sasuke, trascinato lì dall’euforica insistenza del ninja.
E allora potevano allenarsi, come ai giorni del Team 7. Poteva mangiare ramen, accusando Naruto di essere quello che li obbligava a ingurgitare quella roba, sebbene entrambi lo trovassero divertente. Oppure, potevano semplicemente stare sdraiati sul campo d’allenamento dei loro tempo da Genin, e fissare quel cielo, in quei momenti più vicino che mai.

Ma nonostante quella che Sakura stesse osservando fosse una radiosa mattinata, sapeva perfettamente che non ci sarebbe stato allenamento o ramen, quel giorno.
Naruto era ancora fermo in quel letto, le bende intrise di sangue. Non sapeva se si sarebbe svegliato quel giorno, o quello dopo ancora.
Sasuke l’aveva guardata. Lei era entrata nella sua stanza, con gli occhi ancora velati dalle lacrime, le mani sporche e il volto distrutto. Lui l’aveva guardata.

Stava bene. Lei stava bene. E se non aveva detto nulla, anche Naruto doveva…

Ma era stato solo un attimo, perché poi aveva girato la faccia dall’altra parte, cancellando la sua esistenza.

Sarebbero tornati? Tutto sarebbe tornato come prima? Aveva fatto del suo meglio, no? Quindi le cose dovevano andare bene, semplicemente. Eppure…

La pressione delle sue mani sulla pelle di Naruto era bruciante e dolorosa, ma non per questo aveva intenzione di lasciar andare. Aveva perso troppo sangue, e il suo occhio… Pur avendo guarito le ferite principali, non poteva rischiare. Non poteva.
Il suo chakra era agli sgoccioli.

<< Merda… >>, mormorò col poco fiato che aveva in corpo, sforzandosi di racimolare e impastare quella poca energia che le rimaneva.

Svegliati. Apri gli occhi.

<< Sakura, va bene così. >>, la voce di Tsunade questa volta era calma, ma comunque autoritaria. Non replicò, ma neanche riuscì a fermarsi.

<< E’ tutto a posto. Hai fatto bene, si sveglierà. Sta bene adesso… - aveva mormorato in tono cantilenante, poggiandole una mano sulla spalla – Va tutto bene. Ora puoi smettere. >>

E lei si era fermata. Di colpo. Tanto che la quinta Hokage aveva sussultato, stringendo la presa sulla sua spalla.
Lentamente, Sakura si era portata le mani ancora sporche di sangue al viso, nascondendolo completamente, affondandolo fra le sue spalle. Le altre aiutanti presenti nella stanza si erano guardate, confuse.
E lei aveva incominciato a tremare. Prima in maniera accennata, poi sempre più violentemente, scossa dai singhiozzi. E solo lì, si era accorta che stava piangendo.
E non riusciva a smettere.

I ricordi seguenti erano una massa imbrogliata e confusa di immagini opache. Ricordava qualcuno che la guidava in una stanza, ricordava il bianco del letto, l’odore della morte ancora impregnati nei vestiti. Poi, il buio.
Quando si era alzata, poche ore dopo, si era pulita le mani in un catino posto nella stanza, le aveva lavate fino a graffiarle, fino a sanguinare dalle nocche.
Quell’odore, quelle macchie, non se ne sarebbero andate.

<< Sakura-san. >>

Una voce timida l’aveva ridestata dai propri pensieri. Si era girata verso la porta, vedendo il volto conosciuto di una delle apprendiste dell’ospedale.
Non rispose, limitandosi a guardarla.

<< Tsunade-sama mi ha chiesto di mandarti a chiamare… - qui la vide chiaramente prendere un profondo respiro - …Perché Naruto Uzumaki ha ripreso conoscenza. >>

<< Lui, si è… Svegliato? >>, riuscì a sussurrare Sakura, con voce roca.

<< S-sì. Camera 107. >>

Apri gli occhi, per me.

* * *


Ino aveva bisogno di uscire. Aveva l’assoluto, disperato bisogno di andare il più lontano possibile.
Dopo aver visto Sasuke in quello stato, qualcosa si era definitivamente rotto. Aveva capito che nulla, nulla sarebbe stato più come prima.

Chouji era morto

<< Ehi. >>

Si voltò, riconoscendo subito la voce che l’aveva chiamata. Conosceva ogni modulazione, ogni suono che potevano produrre quelle labbra.

<< Shikamaru. >>

<< Non sei passata a casa? >>, domandò lui, con aria noncurante.

<< No. Ma neanche tu. >>

<< Già. >>

Passarono i secondi, e uno spiacevole silenzio si sparse fra loro come una nebbia, ad oscurare quel cielo così brillante, così sbagliato.

Chouji era morto

<< Cosa… Cosa faremo noi, adesso? >>

Shikamaru alzò la testa, guardandola di sbieco. Ma non rispose.


C’è ancora, un ‘noi’?

<< Adesso, del nostro team non rimane nulla, non è vero? Prima Asuma-sensei… E adesso… >>, la voce le si incrinò, e Ino dovette fare del suo meglio per non piangere.

Sapeva che la menzione al loro Maestro gli avrebbe dato fastidio. Lo conosceva, ma ne ebbe la certezza vedendolo accendersi una sigaretta. Inalò profondamente due o tre volte, e lo stesso numero di volte, sembrò aprire la bocca per parlare.

Chouji è morto.

E’ colpa mia.

Mi dispiace.


Ma nulla uscì dalle sue labbra, e altri minuti passarono in quel fastidioso silenzio.

All’improvviso, come era successo tante altre volte, Ino si avvicinò, e gli strappò la sigaretta accesa di mano, sostituendo il sapore amaro della nicotina con quello dolce e un po’ intossicante delle sue labbra. Eppure, era diverso dal solito. Entrambi lo sapevano.
Shikamaru poté sentire chiaramente la tristezza, la rabbia e la disperazione in quel bacio.
La strinse possessivamente, più delle altre volte, rispondendo con violenza, quasi facendole male.
Quel bacio, che era anche un addio.

Quando lui lasciò andare la presa, entrambi senza fiato e con le labbra gonfie, si fissarono negli occhi per alcuni secondi.
Ino abbassò lo sguardo per prima, allontanandosi da lui.

<< Allora, Shika, non mi hai ancora detto cosa vuoi fare. Sei libero, adesso, e Tsunade-sama ti lascerà carta bianca. >>, disse all’improvviso, con un tono falsamente gioioso e tranquillo, dandogli le spalle.

Lui fissò la sua schiena ancora più intensamente, sperando che questo potesse bastare a farla voltare nuovamente. Lasciò passare qualche secondo, prima di sospirare e rispondere.

<< Ho accettato un incarico. >>

Le parole non dette risuonarono ancora più forti di quelle pronunciate.

<< E’ a Sunakagure. Probabilmente, dovrò restare là un po’ di tempo. >>

Scusami.

<< Capisco… >>, mormorò Ino.

<< Io resterò qui, invece. Dopotutto, ho ancora il negozio di fiori a cui badare. >>

<< E’ vero. Devi far sbocciare le gardenie. >>

Shikamaru sorrise, di un ghigno falso, mentre continuavano a parlare del più e del meno, fingendo inconsapevolezza, entrambi troppo codardi per dire ciò che avrebbero voluto.

Noi, dov’è che abbiamo sbagliato?

<< E soprattutto, andandomene, sarebbe come arrendermi a fronte-spaziosa. >>

Tu non aspettavi altri che un occasione per fuggire, no?

<< Comunque, ogni tanto tornerò a trovarvi. Giusto per controllare che non combiniate casini. >>, borbottò il ragazzo, con aria sardonica.

Vederti di nuovo farebbe troppo male.
Ma ancora più doloroso, sarebbe non vederti mai più.

<< Guarda che la caveremo benissimo senza di te! >>, esclamò Ino, facendogli la linguaccia con aria infantile.

<< Mh, non fatico a crederlo, una come te… >>, borbottò lui, fingendosi offeso.

<< Una come me… Cosa?! Non ti permettere! >>, strillò, schiaffeggiandogli il braccio tra le risate.

Va via. Ti prego, va via.

Inaspettatamente, Shikamaru le afferrò la mano, prima che lei potesse ritirarla. La confusione si fece spazio nei suoi occhi, mentre lui stringeva ancor più convulsamente.

<< Parto domani. All’alba. >>

<< Allora è così, eh... Shika… >>, il sorriso si spense completamente, lasciando uno sguardo vuoto e apatico nei suoi occhi.

Addio.

<< Sì. >>

Addio.

<< Ci vediamo, Ino. >>

E lei, per non mostrare il tremore della sua voce, sorrise soltanto. Soltanto per lui, l’ultima volta.

<< Ciao. >>

E lui, lasciò andare la sua mano.

Addio.

* * *


La stanza era in penombra, le tende tirate a coprire il sole, nella stanza n° 107.
Sakura bussò delicatamente con le nocche, ma non ricevendo alcuna risposta, si fece coraggio, e piegò la maniglia della porta.

<< Naruto, sto entrando. >>

Riconobbe subito quei capelli di un biondo sfacciato, che spiccavano dalle coperte bianche avvolte attorno al suo corpo. Quel particolare così familiare la fece sorridere, mentre avanzava nella stanza

“A quanto pare si è addormentato”, pensò avvicinandosi al letto, tentando di scorgerlo in viso.

<< Ehi, Naruto… >>

<< Va via. >>

Sakura sussultò, udendo nel fitto silenzio quelle improvvise parole.
La sua voce era roca, il tono brusco, quasi furioso. Lo vide stringersi ancora di più contro la superficie del letto, il volto completamente coperto, impenetrabile.

<< Cosa? >>, mormorò con un filo di voce, confusa.

<< Ti ho detto… Di andare via, per favore. >>, disse Naruto, con un tono diverso, quasi supplichevole.

<< Guardami. >>

Sakura non capiva.

<< No. >>

Non riusciva a capire.

<< Ma insomma, che cavolo hai? Vuoi spiegarmelo!? Avanti, hai intenzione di nasconderti per sempre?! >>, gridò, scuotendolo con forza, cercando di svegliarlo da quell’apatia, quel timore che non riusciva a comprendere.

<< No, senti, aspett… >>, prima che Naruto potesse dire qualcos’altro, Sakura riuscì a spostare le mani che gli coprivano il viso, riuscendo finalmente a guardarlo negli occhi.

Mi erano sempre piaciuti, quegli occhi.

<< N-Naruto… >>, riuscì a balbettare, incapace di mascherare lo shock.

Erano vivi. Così diversi da quelli di Sasuke.

<< Adesso hai visto, Sakura-chan. >>, mormorò lui, con un sorriso triste, ma senza riuscire a guardarla.

La fasciatura gli copriva tutta la metà destra del viso, passando per la nuca. Dove sarebbe dovuto esserci l’occhio, vi era una macchia rosso scuro, di sangue rappreso.
a Sakura bastò un occhiata a capire cosa doveva significare.

L’assenza di garza, la superficie liscia e ben distesa della fasciatura.

<< Io… Mi dispiace… >>, riuscì a dire, mentre le lacrime le rigavano le guance.

Completa assenza del bulbo oculare.

<< Non è colpa tua. Anzi, la vecchia Tsunade mi ha detto che sei stata tu a salvarmi la vita! >>, esclamò con tono così falsamente gioviale, e sorridendo, sorridendo di quel suo sorriso sfacciatamente falso.

E questo, non servì ad altro che far aumentare i suoi singhiozzi.

<< Riesco solo a farti piangere, non è vero? >>, sospirò lui, stringendo i pugni.

<< Sakura-chan, non devi… -

<< Smettila! – proruppe lei, interrompendolo – Perché sei sempre così? Perché devi essere sempre così… Così buono? Non capisci che è colpa mia?! Non sono riuscita… Neanche questa volta, sono riuscita a fare qualcosa per voi… >>

Rabbia, frustrazione, tristezza, senso di colpa, inadeguatezza…

Tutto quel peso, tutti quei sentimenti trattenuti, la piegarono all’improvviso, e Sakura non riuscì neanche a reggersi in piedi: crollò a terra, in ginocchio, ancora scossa dai singhiozzi.

<< Sakura-chan! >>, esclamò Naruto, con tono di voce evidentemente preoccupato, balzando giù dal letto, e avvicinandosi a lei senza esitazione.

<< Sakura-chan, non è per te… Io non sono arrabbiato… >>, mormorò lentamente, cercando di calmarla, mentre una mano era andata, istintivamente, a posarsi sulla sua nuca.

<< Ma… >>

<< Smettila di darti la colpa, ok? Stiamo bene. Mi hanno detto che anche Sasuke è posto. Quindi, non c’è motivo di preoccuparsi. >>

Sakura, udendo quelle parole, si irrigidì.
Non era vero. Non era tutto a posto.

<< Naruto… >>

<< Cosa? >>

<< Chouji. >>

<< Eh…? >>

La kunoichi strinse la labbra, prima di alzare il volto, e guardarlo dritto negli occhi, finalmente.

<< Naruto, Chouji è morto. E’ morto… >>

 

 

* * *

Ah, l'angst...! *________*
Un ringraziamento immenso a tutti quelli che recensiscono, come sempre! Fatemi sapere per questo capitolo, anche se Fede mi ha già dato l'approvazione. Grasssie cara, ma aspetto con ansia i disegni XD
Le citazioni iniziali [a lato] sono prese dal quarto volume di Furuba.

Come sempre, i consigli sono ben accetti. (tranne 'ma è OOC!' perché è fatto apposta >.<)

 

suzako


Next => One True Thing

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** One True Thing ***


Untitled Document
The Cruellest Month

[One true thing]


I giorni passavano.
Erano giorni chiari, dal cielo terso. La primavera sembrava esser finalmente giunta, carica dello splendore di un sole sempre brillante, e della brezza fresca che muoveva i rami rinsecchiti dei vecchi ciliegi.

Sasuke guardava.
Il paesaggio dalla finestra della sua stanza mutava lentamente, ma per quanto continuasse a fissare la superficie opaca e impolverata di fronte al suo letto, non si poteva dire che lui vedesse.
Tenere gli occhi fissi su quel punto, erano un modo come un altro per far capire che no, Sakura, non mi interessa che tu sia qui. Non vedi? Non mi volto neanche a guardarti in faccia. Va’ via.

Mi vergogno.

Era un modo come un altro per scongiurare ogni visita, per fare capire anche a Naruto che doveva stare zitto, che questa volta insultarlo e sfidarlo fingendosi felice e privo di alcuna preoccupazione come sempre, non avrebbe funzionato.

Piangi. Tu che puoi, piangi fino a crollare.

In quei tre giorni, una sola persona aveva continuato a venire, anche due volte nella stessa giornata, a visitarlo, sopportando i suoi silenzi, i suoi occhi vuoti, la sua apatia.
Anche solo per guardarlo fingere di dormire, lei arrivava.
Non parlava. Non aveva mai detto nulla di più che un semplice ‘buongiorno’ o ‘arrivederci’, e nemmeno gli aveva chiesto nulla.
Raramente sorrideva, e lui si trovava a cercare di sbirciare quel sorriso, che tuttavia non sembrava in grado di raggiungere gli occhi, e illuminarli come ricordava.

Da quando guardava quegli occhi?

Dopo i primi due giorni, Sakura non era più tornata. E lui non aveva avuto neanche il coraggio di guardarla in faccia. Sapeva che se l’avesse fatto, tutte quelle parole, tutte quelle verità nascoste…
…Sarebbero inevitabilmente straripate, sommergendolo completamente con il proprio peso.
Ancora, di tanto in tanto, Naruto faceva capolino dalla sua porta: ne percepiva la presenza, e bastava saperlo lì per stringere i pugni e irrigidire il corpo. Voleva che se andasse. Più che mai, trovava insopportabile la sua presenza. E lui doveva accorgersene, perché borbottato un poco convinto ‘cretino’ usciva, i passi silenziosi nel corridoio.

Lei, però, al quarto giorno era ancora lì.
Non che importasse, visto che quella sera stessa sarebbe stato dimesso. Non avrebbe più avuto un pretesto per andare a trovarlo, e lui avrebbe avuto tutto il tempo per rimuovere anche solo la vaga nozione della sua esistenza.
Perché ci tenesse così tanto a farlo, non avrebbe saputo dirlo.

Ed erano le sette del mattino, e il quarto giorno si proclamava radioso e fottutamente felice come sempre: quando lei, fumando una sigaretta appoggiata sul davanzale di quella finestra, parlò.

<< Domani mattina c’è il funerale. >>

Stava appoggiata coi gomiti sul bordo, le gambe leggermente piegate, i capelli che cadevano sulla schiena curva. Per lui, anche volendo, sarebbe stato impossibile evitare di guardarla.
Di certo, non avrebbe voltato la faccia solo per lei.

<< Tamaki e Yuugao… I due ninja della squadra ambu. >>, mormorò.

Prese un paio di ampie boccate, e abbassò gli occhi sulle strade vuote.

<< …E Chouji. >>

Avrebbero riunito tutto il villaggio, come era successo per il terzo Hokage, e Asuma-sensei? Tutti si sarebbero mostrati addolorati, anche coloro che non avevano mai neanche guardato in faccia il nome ora inciso nella pietra? Sarebbe servito a qualcosa, poi?
…Avrebbe piovuto, come era successo per il terzo Hokage e Asuma?

Il cielo era indifferente nel suo splendido chiarore.

E alle sette e quindici del quarto giorno, lei lo guardò. Non di sottecchi, senza timidezza o esitazione: come si può guardare una persona, normalmente, con naturalezza.

<< Tu… Verrai? >>

Sasuke non poté evitarlo. Non è che non ci riuscì. Semplicemente, non poteva.
E fu allora, che la vide.
Vide gli occhi arrossati, cerchiati da pesanti ombre, opachi come non li ricordava. Vide i capelli chiari, e si accorse solo in quel momento che erano sciolti, e non trattenuti in una coda come sempre. Notò come non indossasse una delle solite uniformi, corte e provocanti, caratteristica che sembrava descrivere ogni minimo aspetto del suo stile.
Adesso indossava i pantaloni stretti e la giacca dei chunnin, e i capelli cadevano con noncuranza sulle spalle, tirati dietro alle orecchie.

In tutti quei giorni, quelle ore in cui aveva fissato il mondo di fuori senza guardarlo, in tutto quel tempo in cui non si era neanche si era voltato…
Cos’altro era mutato? Chi altro sarebbe andato avanti, inesorabilmente senza di lui?
Guardò le coperte, bianche, bianche e senza alcuna macchia. Guardò i muri, il soffitto, la stessa maglia che indossava. Anche l’espressione degli occhi che lo fissavano, attoniti, si sarebbe potuta descrivere come bianca.
Le sue stesse nocche si strinsero intorno a quelle lenzuola, fino a sbiancare.

Fuggire non serve più a nulla.

Senza il minimo preavviso, e senza aver dato una risposta alla domanda della kunoichi, Sasuke scostò le coltri che lo avvolgevano, e scese dal letto, ignorando le fitte alle gambe, e il senso di stordimento dopo tre giorni passati nell’immobilità.

<< Sasuke! Non dovresti fare movimenti bruschi… >>, reagì immediatamente la ragazza, sembrando recuperare tutto a un tratto la sua vitalità.

Lui le lanciò un’occhiata di feroce fastidio, allontanandola bruscamente con un braccio. Non avrebbe mai pensato che camminare potesse essere così faticoso.

<< Ascoltami, per una volta! >>

<< Lasciami in pace! >>, rispose immediatamente.

<< No, non ho nessuna intenzione di farlo! >>, continuò, cercando di afferrarlo per il braccio.

<< Perché…? >>

Ino si fermò, non riuscendo a nascondere la sorpresa per una tale domanda, così inaspettata, a partire dal tono: basso, confuso.

<< C-Cosa? >>

Lui non disse nulla, la testa piegata versa il basso.

<< Sasuke. >>, mormorò lei.

Ino avrebbe voluto sapere. Avrebbe voluto, come era suo solito fare con Shikamaru, gridare e strepitare, pretendere ed ottenere, tirare fuori qualsiasi cosa l’Uchiha stesse nascondendo. Per quanto orribile, per quanto penoso potesse essere…
Sentiva il bisogno di sapere, di condividere, di portare qualsiasi peso lo stesse schiacciando.

Però, da una parte, la sua mente sapeva.
Quello non era Shikamaru. Lui se ne era andato. Lei si trovava di fronte al freddo, impassibile Sasuke Uchiha, colto in un momento di debolezza del quale non voleva approfittare.
Qualsiasi cosa stesse nascondendo, qualsiasi cosa avesse voluto dire…
Non era il momento. Non ancora.

C’era una cosa che desideravo.
Qualcosa che delineai, chiuso nella mia stanza buia.

<< Sasuke… >>, ripeté, in tono stranamente dolce.

Ancora una volta, non rispose.

<< Verrai? >>

Non era una richiesta, o una semplice curiosità. Non era neanche una domanda.
Era un invito. Un esortazione.
E lui, alzò la testa.

<< Sì. >>

* * *

Sakura arrivava tutti i giorni, alla stessa ora.
E tutti i giorni, alla stesso ora, Naruto si faceva trovare seduto sul letto, con il viso verso la parte opposta del muro. Poi, quando lei lo salutava con un mezzo sorriso, lui si voltava verso di lei, mostrandosi incredibilmente sorpreso della sua visita, sorridendo e salutando di rimando, e incominciando a parlare di tante cose così inutili e sciocche, così tante cose, in modo che lei non avesse tempo di pensare a tutto ciò che le piegava gli angoli della bocca, o faceva apparire i suoi occhi così spenti, finché qualcosa non accendeva il suo volto e lei gli tirava un pugno, intimidendogli di stare zitto, fingendo di essere arrabbiata, come al solito.

Lui ci impiegava sempre un po’ a preparare quel sorriso.

Allora Sakura improvvisamente appariva più rilassata, incominciava a parlare di questo e quello con tranquillità, e Naruto chiedeva come stava la vecchia Tsunade, o se Kakashi continuava ad offrire il pranzo a Jiraya, per farsi rivelare la trama dell’ultimo libro da pervertito che stava scrivendo.
E lei sorrideva meccanicamente, si passava una mano tra i capelli, accavallava le gambe, tutti quei piccoli movimenti che a lui non sfuggivano mai, e allora s’incantava a fissare la luce che giocava sulla sua pelle, o il riflesso dei suoi occhi, finché lei non diceva, cosa stai guardando, e lui riusciva a trovare qualche scusa idiota, e si meritava un altro pugno.
Però lei rideva.

E ogni tanto, ma solo ogni tanto, nominavano Sasuke, che stava bene, dopotutto …
E lì si interrompeva, sempre. Lo nominava ogni tanto, per non far pensare che evitasse di farlo, ma anche non farglielo venire troppo in mente.

Ma tu, tu a lui pensi sempre, non è così Sakura-chan?

Della morte di Chouji non avevano più parlato.
Shikamaru se ne sarebbe andato il giorno dopo. Naruto non lo sapeva ancora, avrebbe avuto modo di venir a conoscenza del suo repentino trasferimento alla Sabbia per altre vie.
Tutti gli altri stavano bene. Il cielo di Konoha era sempre più brillante, sempre un po’ di più, ma lui non riusciva a guardarlo troppo a lungo, perché era davvero troppo luminoso, e faceva troppo male, e no, il cielo non piangeva per i morti, ma d’altronde neanche lui piangeva quindi era ovvio che

Della morte di Chouji, non avevano più parlato.
Almeno fino a quel giorno.

Sakura aveva bussato, ed era entrata senza aspettar risposta, come sempre. Ma questa volta, non l’aveva salutato con il suo sorriso forzato, questa volta non aveva attirato la sua attenzione per farlo voltare.

Lo sai comunque che sono qui, no?
E allora voltati. Guardami.

<< Cosa stai guardando? >>, aveva mormorato, facendo qualche passo in avanti.

La tenda della finestra era chiusa.

<< Ne, Sakura-chan, mi hai spaventato. Non credevo saresti venuta. >>, disse Naruto, voltandosi immediatamente.

<< Vengo sempre, lo sai. >>

Una pausa.

<< Sì. Lo so. >>

<< Naruto-

<< Perché vieni? >>, la interruppe.

<< Cosa? >>, domandò, decisamente confusa.

<< Perché continui a venire? Forse solo perché vai prima da Sasuke, e poi magari vieni qua perché ti faccio pena? Vieni… >>

Perché sai che non verrebbe nessun altro.

<< Ma che stai dicendo? >>

E’ davvero così?

<< Niente. Scusami. >>

Mi detesti? Mi trovi patetico?

<< Sei il solito… >>, borbottò lei, lasciando cadere l’argomento.

Non lo so. Io non lo so più.

Naruto finalmente si voltò, guardandola coi soliti occhi decisi. Ma Sakura non riuscì a sostenere lo sguardo, e si sedette sul bordo del letto, invece che sullo sgabello, come avrebbe fatto solitamente.
I capelli le coprivano il viso, parzialmente reclinato.
Era un po’ troppo vicina, ed era sempre un po’ troppo lontana…

<< Sakura-chan… >>

<< Oggi ti rimetteranno, non è vero? >>, disse a voce forzatamente alta, disegnando cerchi immaginari sul ruvido cotone delle lenzuola.

<< Sì! E mi farò assegnare tutte le missioni arretrate dalla vecchia Tsunade, vedrai! >>

Lei rise, ma solo un pochino: << Lo so, scemo. >>

Un penoso silenzio cadde nuovamente tra loro.
Cosa succedeva quel giorno? Perché sembrava tutto diverso?
Eppure, niente era cambiato. Lui faceva del suo meglio per sorridere, e gli sembrava di riuscirci, come al solito. Era lei… Era Sakura ad essere diversa.
Indossava quella gonna rossa, troppo lunga per i suoi gusti, ma sufficientemente corta per sollevargli la giornata. Il cielo era sempre brillante, i colori intensi e vivaci.
E allora cos’era…? Cos’era che modificava così tanto il tono della sua voce? Cos’è che la faceva suonare piatta, a volte sul punto d’incrinarsi?

<< Domani… >>, incominciò lei, ma Naruto era troppo immersa nei suoi pensieri per sentirla.

<< Come? >>

<< Domani c’è il funerale. >>

E lui non poté fare a meno di fissarla. Fissarla con un’intensità talmente dolorosa che Sakura, nonostante non avesse ancora alzato gli occhi, riuscì a percepire.

<< Ah. Capisco. >>

<< La mattina presto. Ci vedremo là, suppongo. >>

<< Sì. Ci vedremo là. >>

Detto questo, si alzò dal materasso, e Naruto non le staccò gli occhi di dosso, finché la sua schiena non sparì nel corridoio.


* * *

Kakashi sapeva sarebbe successo. Semplicemente perché accadeva praticamente tutti gli anni.
Sapeva sarebbe accaduto, e lo aspettava, lo aspettava come ogni anno aspettava quell’unica mattina in cui non si sarebbe alzato, come aspettava il giorno, che ancora non accennava a venire, in cui avrebbe strappato quella foto, e lui sarebbe stato libero.

Ma forse non lo desiderava,
Perché forse non c’era nulla che contasse davvero.

Come tante altre volti si trovava di fronte a quella pietra, che era solo pietra, solo pietra, Rin, e no, non credo che Obito ci stia guardando da lassù, non ho bisogno del tuo aiuto, lasciami in pace, è meglio così, è sempre meglio che vada così…

Dopotutto era solo un altro anno, e lui era ancora lì…

<< Sei ancora qui? >>

Un voce.

<< Finalmente esci fuori, Anko. >>

<< Non mi stavo nascondendo. >>

Lui non rispose.

<< Kakashi… >>

<< Lasciami in pace. >>

Va bene così.
Dopotutto, a me non importa davvero.

<< No. >>

<< Perché? >>

E probabilmente non voleva saperlo. Probabilmente, quella domanda stanca era solo una preghiera, una richiesta fatta con quella voce atona. Solo una parola come un’altra.
Nulla aveva reale importanza, dopotutto.
Ogni cosa si riduceva a pochi segni, su quella pietra.

<< Perché tu sei vivo. >>

Sei vivo.
E’ stupido. E forse non è nemmeno merito tuo.

<< Già… >>

Però adesso sei vivo.

<< Il funerale è domani. >>

<< Lo so. >>

<< Torneremo qui. Adesso, è meglio andare. Potrebbe piovere. >>

Kakashi lanciò un occhiata perplessa al cielo così brillante. E se fosse stato qualcun altro, probabilmente avrebbe riso.

<< Questo mi sembra assurdo. >>, borbottò.

<< Appunto per quello! >>

<< Meglio andare via. >>

<< Va bene, ma allora offrimi un okonomiyaki. >>

<< E perché dovrei? >>

<< Non sei affatto galante, Kakashi. >>

Kakashi sapeva che sarebbe successo.
Lo sapeva come sapeva ogni anno che lei sarebbe arrivata, proprio quando gli incubi si facevano troppo insistenti, proprio quando il sigillo faceva davvero troppo male. L’avrebbe aspettata, davanti a quella pietra, come ogni volta, perché dopotutto non era importante.
E di coloro che cadevano per Konohagure, rimaneva soltanto qualche segno stilizzato nella roccia.


* * *

La mattina del funerale non pioveva.
Il sole però sembrava un po’ meno brillante, il vento meno fresco, i colori non così vivaci, e i suoni ovattati, quasi nascosti da una coltre di foschia grigiastra.
Ma non è il sole ad essere davvero meno brillante. Non è il cielo, ad essere veramente oscurato dalle nuvole. E’ solo un’impressione. Una sciocca, ingiustificata impressione.

Il cielo non piange per i morti.

<< Sasuke-kun. >>


Sasuke si fermò. Sapeva chi l’aveva chiamato, ed era da troppo tempo che non affrontava quel volto. Dopotutto, quello era il giorno dei funerali.

Io non scapperò.

<< …Ciao. >>


Il volto di Sakura era pallido e stanco, privo della solita luce, nonostante il sole brillante che splendeva in quel cielo azzurro chiaro, agli albori del giorno. Lei lo guardava senza rancore o tracce d’accusa negli occhi chiari, resi più lucidi dalla tristezza.

<< Buongiorno. >>, mormorò con un piccolissimo sorriso.

Sakura finì di chiudere la porta di casa, e lo raggiunse.

<< Come stai? >>, disse dopo qualche minuto di silenzio.

<< Sto bene. >>, fu la risposta immediata.

Incominciarono a camminare fianco a fianco, verso la roccia ai caduti di Konoha.

<< Tu invece… >>, mormorò Sasuke, poco convinto.

Non è come pensi. Non è vero che non m’importa.

Un risata sforzata uscì dalle sue labbra.

<< Io sono solo stanca. Ma va tutto bene. >>

Va tutto bene, no?
Anche dopo questo, è tutto a posto.


<< Naruto sembrava parecchio scocciato dal fatto che tu non gli abbia neanche rivolto la parola. >>

<< Mh. Quell’idiota mi avrebbe fatto venire mal di testa. >>

<< Lui pensa ancora che tu non lo consideri all’altezza. >>

<< Lui sa perfettamente di essere all’altezza. Non c’è bisogno che glielo dica io. >>

<< Forse sì. >>, disse lentamente guardandolo.

<< Non siamo più bambini, Sakura. >>

La ragazza aprì la bocca, come per dire qualcosa: poi, un sorriso triste le piegò gli angoli delle labbra. Sasuke la guardò, di sbieco.

<< E’ vero. Noi siamo cresciuti, l’infanzia è finita. Ma forse lui è rimasto lo stesso. >>, mormorò poi, con un ghigno sulle labbra sottili.

Cos’è stato a cambiarci? Perché è diventato tutto così difficile?

<< Il solito idiota. >>, proferì il ragazzo con uno sbuffo.

<< Eh già… >>

Stavano per svoltare l’angolo, abbandonando il centro di Konoha con le sue strade stranamente vuote. E lei se ne accorse subito. Probabilmente per il chakra incontrollato, forse per l’odore, magari per qualcos’altro. Ma sapeva perfettamente che lui era lì, e sarebbe sbucato da quel vicolo, come sapeva perfettamente ciò che avrebbe detto.

<< Sakura-chan! >>

<< Basta parlare di uno scemo, che quello spunta subito. >>, borbottò Sasuke.

<< Vedo che il bastardo si è rimesso perfettamente. >>, scattò Naruto, fingendosi offeso.

E’ tutto a posto. Le cose sono come prima, vedi?

<< Stavo benissimo, fino a qualche secondo fa. >>

<< Dateci. Un. Taglio. >>, scandì con tono minaccioso un’alquanto pericolosa Sakura, brandendo un pugno chiuso verso Naruto.

<< Scusa, scusa! Giurò che non importunerò più il bastard- cioè, Sasuke. >>

<< Perfetto. >>

Non siamo più bambini.
Siamo cresciuti, le cose sono cambiate.
Lui però è lo stesso. Ed è meglio che sia così.


* * *

L’ultima sigaretta aveva un sapore più amaro del solito, sulle labbra.
La funzione era terminata da poco, e Chouji era già diventato un ricordo, disperso nell’aria come l’incenso appena bruciato.
Nessuno aveva pianto. Il volto di Kurenai era stato tutto il tempo fisso su una bara che non era quella, incatenato a un nome che non era quello.

Il discorso di Tsunade era durato poco, parole calme ma sentite, occhi fermi e voce bassa.

L’ultima sigaretta si era spenta sul suolo arido, e Shikamaru se ne era andato senza voltarsi, mentre una sagoma conosciuta lo aspettava ai confini. Il viaggio verso il Villaggio della Sabbia è lungo, a farlo da soli…

Si era alzata una brezza leggera, e alcune nuvole si era incominciate a formare nel cielo limpido.

Era finito tutto da ore, il nome di Chouji bruciava su quella lapide.

<< Che ci fai ancora qui? >>

Ino si irrigidì a quella voce, ma non per questo si voltò.

<< Potrei chiedere la stessa cosa a te, Sasuke. >>

<< Torna a casa. >>

<< Quello che faccio, non ti riguarda. >>

<< E’ vero. E non mi interessa neanche. >>

<< Ah, parla come vuoi, per quel che m’importa di te. >>

<< Sei una gran bugiarda. Ma è facile mentire dando le spalle. >>

Ino strinse i pugni, ma non disse nulla.

<< Scommetto che sei il tipo che crede a tutto ciò che sente. >>

<< Tu invece non credi in nulla. >>

<< Pensi ci sia qualcosa in cui credere? >>

Quello era troppo. Lei si voltò, i pugni ancora stretti, gli occhi ridotti a due fessure per controllare la rabbia.

<< Solo perché tu… - incominciò, sibilando - …Solo perché tu non hai più nulla, solo perché tu non vuoi credere in niente perché hai paura, hai solo paura di perdere ciò che hai di importante, non significa che tutti debbano essere come te! Non… Non vuol dire niente! Niente! >>, finì gridando, finché la voce non le si ruppe in un gemito soffocato.

Perché se non posso credere, non mi resta nient’altro.

Non doveva piangere. Non doveva assolutamente…

<< Non hai pianto mentre seppellivano il tuo migliore amico, e lo fai adesso…? >>

Per me, solo per me, non ne vale la pena.

<< Ma stai zitto. >>, borbottò con voce roca.

<< Te l’ho sempre detto, che sei una ragazzina insopportabile e irritante. Ve lo dicevo sempre, a tutte voi – enfatizzò con un gesto vago della mano – che non vi soffrivo. Te lo ricordi, no? >>

Lei non stava piangendo.

<< …E di tutte quelle cose… Neanche una era vera. >>, finì lentamente, lasciando sfumare la frase.

E quelle, non erano lacrime.

<< Sembra che stia piovendo. >>

Sì, quella sicuramente era pioggia.

<< Va’ a casa. >>, mormorò con tono noncurante.

Ino alzò lo sguardo, e lo fissò con quegli occhi assurdamente azzurri, appena lucidi in quel momento.

Ma doveva essere per la pioggia.
Anche se non la sentivano, sicuramente c’era la pioggia.

<< Che cosa significa? >>, disse con un filo di voce.

Sasuke alzò appena le spalle.

<< Ci vediamo. >>

E se ne andò.

 

 

* * *

Finale un po' orrendo, lo so. Però ce l'ho fatta, il terzo capitolo online!^___^ *proud* Spero vi sia piaciuto, anche se a me non fa impazzire. E' un intermezzo, Ino era troppo sconvolta per rispondere. Succederà qualcosa nel prossimo, lo prometto.

Ne approfitto per ringraziarvi di nuovo delle recensioni. A parte che è bello sentire il parere degli altri, contribuiscono pure a soddisfare il mio smisurato ego. Quindi, dateci dentro. *____*

Ja Ne,

suzako

 

Next => [Your pretty blue eyes are just stained glass.]

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Your pretty blue eyes are just stained glass ***


Untitled Document
The Cruellest Month

[Your pretty blue eyes are just stained glass]


Ino Yamanaka era sempre stata vanitosa. Ammetterlo non le costava alcuna fatica, poiché lo considerava come una parte del proprio essere. Lo accettava alla stregua di una caratteristica come un'altra, invece di un difetto.
Un modo come un altro per essere la migliore, sempre.
Lei era più furba di Sakura. Sempre.
Lei era più abile di Sakura. Sempre.
Lei era più popolare di chiunque altro. Sempre sempre sempre.
Ma soprattutto, era più bella. Sempre.

<< Ino-chan, tu sei una bambina bellissima. Tutti ti vorrano sempre bene, e ti ammireranno, per questo. >>

Solo per questo?

<< Sì, mamma… >>

E se non lo fossi? Se non lo fossi, non varrei niente?

Ma quella domanda non era mai stata espressa, e la sua bellezza rimaneva, confermata dalla tranquillizzante presenza dello specchio.
In particolare, aveva sempre nutrito una spiccata, sciocca venerazione per i proprio occhi: l’azzurro intenso, luminoso, il taglio particolare, le ciglia folte e nere…
Se degli sguardi avessero potuto uccidere, sicuramente il suo ne sarebbe stato in grado.
Ulteriore conferma l’aveva avuta, a suo tempo, da Shikamaru: non che lui le avesse mai fatto un qualsiasi tipo di complimento, sarebbe stato troppo. Semplicemente, ricordava alla perfezione il modo con cui la guardava, il modo in cui si perdeva in quelle iridi. E quella consapevolezza le aveva sempre dato un senso di intima soddisfazione.

Solo me. Devi guardare solo me.

Ino Yamanaka poteva essere frivola, sciocca e irritante. Ma era bella. E questo la faceva sentire, in qualche modo, migliore degli altri.

Fino a quel momento, almeno.

E adesso tutto ciò in cui aveva sempre creduto si era dissolto come nebbia, volato via come sabbia nel vento. Non rimaneva neanche la polvere. Solo una lapide su cui piangere…

Uno shinobi non deve mai mostrare i propri sentimenti.

…Ma nessuna spalla su cui appoggiarsi.

Nessuno.

<< Ti ho sempre detto che sei una ragazzina insopportabilmente debole. Ti ho sempre detto che eri solo un fastidio. Ricordi no…? >>

Ricordo.

<< Ma in tutto ciò che ti dissi… >>

Ricordo i tuoi occhi, Sasuke. Non mi hai mai guardato, non è così?

<< …Non c’era nulla di vero. >>

Bugiardo.
Bugiardo.

Tu non mi hai mai guardato. Neanche una volta.


La stanza era immersa nella penombra. L’unica luce era quella proveniente dal pallido quarto di luna che filtrava attraverso la finestra semichiusa. Dalla strada non si sentiva alcun rumore.
Lo specchio ovale che troneggiava sul muro principale della sua stanza giaceva per terra, le schegge sparse dappertutto, in pezzi lucenti che riflettevano mille immagini tutte uguali. Il sangue gocciolava lentamente sul pavimento, con un suono ritmico, colando dal profondo graffio sulla mano destra.

Ino, in piedi davanti ai resti dello specchio sparsi al suolo, fissava ogni suo immagine con sguardo vitreo, assente.
Perché solo in quel momento, se ne era accorta.
Gli occhi di cui andava tanto fiera, dopotutto, erano solo pezzi di vetro macchiato, inutili quanto fondi di bottiglia.

<< Ino-chan? Sei lì dentro? >>

La trance del momento fu interrotta dal sonoro bussare di suo padre e dalla sua voce roca contro la porta. La kunoichi sussultò, sorpresa, e si riscosse immediatamente.

<< S-Sì! Dimmi pure! >>, disse con voce un po’ troppo acuta.

<< Devo uscire. Ti va bene mangiare da sola? >>

<< Certo, non c’è problema. >>

Come sempre d’altronde.

<< Allora ci vediamo dopo. >>

Tornerai.
Ma solo quando sarai certo che sarò andata a dormire.

<< Sì, a presto. >>

Sentì i passi allontanarsi nel corridoio, le luci scattare, le porta chiudersi con un tonfo.
E seppe di essere sola. Di nuovo.
Passò altri secondi così, con lo sguardo perso fra le ombre, prima di riscuotersi e alzarsi. Raccolse i cocci di vetri, pulì il sangue e si fasciò la ferita. Con un sospiro, si diresse verso la finestra, incerta su cosa fare. Non c’era nessuno con cui potesse parlare davvero. Non c’era più nulla.

Conosceva un solo posto dove sarebbe potuta andare.


* * *

Le notti erano incredibilmente fredde nel deserto. A lui bastava premere un palmo sul vetro liscio della finestra, per percepirne il gelo.

<< Shikamaru? >>

Una voce bassa di donna lo raggiunse, e lui si voltò, per vederla in viso.
Temari lo guardava con scarso interesse, un messo sorriso plastificato sulle labbra.

<< Che c’è? >>

Lei sbuffò.

<< Sempre gentile, eh? C’è che è tardi, e io sono stanca. Ho insegnato all’accademia tutto il giorno, voglio dormire, adesso. >>

<< Nh. >>

Ma lui non si mosse.

La kunoichi studiò per qualche secondo i tratti del suo volto: sembravano tesi, corrucciati, le sopracciglia erano aggrottate. Fissava un punto lontano, gli occhi si perdevano nell’oscurità.
Non le piaceva quello sguardo.

<< Cosa stai guardando? >>, chiese con voce un po’ troppo dura.

Lui, finalmente, la guardò negli occhi, ma le sue pupille rimasero vacue, assenti.

<< Nulla. Assolutamente nulla. >>

<< Allora vieni qui. >>, susurrò dolcemente, tendendogli un braccio a modo di invito.

Lui obbedì più docilmente del solito, sdraiandosi di fianco a lei, la testa sul suo grembo.

<< Shikamaru… Per quanto tu cerchi di nascondermi molte cose, oramai ti conosco troppo bene. >>, mormorò.

Silenzio.

Tu non mi ami, non è così?

<< Cos’è che ti preoccupa? >>

Lui serrò gli occhi, respirando profondamente.

<< E’ passato… Così poco tempo. >>, borbottò sommessamente.

Quando ciò che è importante per te, è perso per sempre…

Lei non disse nulla, lasciando che i suoi tormenti e la sua frustrazione si dissipassero sotto il peso del sonno e del tocco della sua mano fra i suoi capelli, sul suo viso.

Temari si lasciò sfuggire un sospiro e si voltò, guardando verso Nord, verso la stessa finestra che lui aveva fissato tanto intensamente fino a un attimo prima.
Proprio in direzione del Villaggio della Foglia.

<< Cos’è che rimpiangi ancora, Shikamaru…? >>, sussurrò in tono appena udibile, prima di addormentarsi lei stessa.


<< Hinata-san! >>, esclamò uno degli Ambu, soccorrendo la ragazza.

<< Cos’è stato?! Cos’era? >>

<< Sono vicini… Non abbiamo tempo! >>

<< Che facciamo? >>, domandò Chouji.

Un ghigno.

<< Combattiamo. >>

I primi shuriken incominciarono a sibilare, fendendo l’aria. Prima di poter azzardare qualsiasi strategia, i sette ninja del suono comparvero davanti a loro.

<< Bene bene, chi abbiamo qui…? >>, disse il primo, guardandoli con calma.

<< Sembrano proprio i dannati della foglia, quelli che volevano uccidere il grande Orochimaru. >>

<< Piuttosto che parlare, fareste meglio a guardarvi le spalle, non trovate? >>, fece presente Shikamaru.

<< Cos-? >>

Prima che potessero accorgersene, una gran quantità di kunai si fiondarono su di loro, silenziosi e velocissimi. Colti di sorpresa, i ninja poterono solo schivare, evitandoli all’ultimo, ma quindi scoprendosi completamente.

<< Juuken shuriken! >>

<< Sperare in un trucco così antiquato… >>

Il ninja del suono non fece in tempo a concludere la frase che si accasciò al suolo, come altri due suoi compagni, sputando sangue dalla bocca.

<< Com’è possibile?! Che cosa significa…? >>, esclamò con orrore uno di loro.

<< Tecnica della famiglia Hyuuga, lo shuriken d’aria. Non sempre è detto che sia necessario colpire l’avversario, per sconfiggerlo. >>, mormorò Hinata, comparendo alle loro spalle.

Tre dei ninja rimanenti sembravano terrorizzati e confusi, solo uno manteneva calma e freddezza, squadrando gli avversari con aria di superiorità.

<< Siete abili, voi della Foglia, su questo non c’è dubbio… Ma non è abbastanza. >>

Presto, si sarebbero sentite le urla.

<< Kekkai! Oto kaze no jutsu! >>



<< NO! >>

Shikamaru si svegliò di soprassalto, madido di sudore, con il respiro affannoso. Si guardò intorno, confuso, prima di ricordarsi dove fosse. Temari. Lei dormiva tranquillamente al suo fianco.
Il vento soffiava dolcemente, echeggiando dalle finestre sbarrate. Calmatosi, e fermata la tachicardia, il ragazzo si lasciò ricadere sul letto, fissando il soffitto.

<< Chouji… Ino… >>

Scosse leggermente la testa, serrando gli occhi con forza.
Era tardi. Era troppo tardi, pensò, prima di girarsi da un lato e cadere in un sonno profondo e senza sogni.


* * *

Faceva freddo.
Ino camminava velocemente, lasciandosi alle spalle casa sua, il negozio di fiori, le strade principali di Konoha, l’arena, l’Ichiraku ramen…
Tutti i posti dove aveva vissuto, tutti i posti che l’avevano vista spensierata, e, nonostante tutto, davvero felice. Il parco dove lei e Sakura si ritrovavano a raccogliere fiori, solo bambine. L’accademia ninja, prima ancora di diventare genin. L’arena dove erano avvenute le selezioni per i chunnin…
…Il Memoriale ai caduti di Konoha.
Alla fine, era là che rimaneva tutto ciò per cui aveva lottato.
I suoi amici, il suo Team.
Il suo onore come Kunoichi.
La forza per proteggere coloro che amava.

Prima Asuma, poi Chouji, infine Shikamaru. Era rimasta sola. In poco tempo, tutto era finito in pezzi, come il vetro che rifletteva i suoi sciocchi occhi blu, così vuoti, così inutili.

Poteva vedere il profilo della roccia stagliarsi nell’oscurità, il prato appena bagnato di rugiada, muto sotto i suoi passi.

Ma c’era qualcuno.

Non se ne era accorta subito, troppo presa dai suoi pensieri, ma ora lo notava con chiarezza, tanto che si stupì di non averlo visto prima.
Una figura maschile si stagliava proprio davanti al monumento ai caduti, le mani nelle tasche, dandogli completamente la schiena. Non riusciva a vedere chi fosse, così si avvicinò di più.

Possibile che fosse…?

<< N-Naruto?! >>

Non poté fare a meno di rimanere parecchio sorpresa, ma allo stesso tempo, sollevata.

O forse delusa?
Speravi di incontrare capelli neri e occhi vuoti come la notte?

Il ragazzo si voltò di scatto, guardandola con l’occhio visibile spalancato.

<< Ah. Ciao, Ino. >>, la salutò, abbozzando un sorriso.

<< Che ci fai tu qui? >>, domandò lei, parecchio sorpresa.

<< Non riuscivo a dormire. >>, rispose semplicemente, con una scrollata di spalle.

<< Capisco. >>

Passarono alcuni minuti di completo silenzio. Ino era accucciata per terra, impegnata a strappare alcuni fili di erba. Avrebbe voluto rimanere da sola, ma di certo non aveva il coraggio di chiedergli di andarsene. Naruto, in piedi di fianco a lei, fissava la lapide, il volto fasciato, privo di espressione. Le bende macchiate gli coprivano l'intera parte destra del volto.

<< Sono passati solo cinque giorni. >>, mormorò improvvisamente il ragazzo, senza alcun preavviso.

Ino alzò appena gli occhi verso di lui: << Sì. >>

Silenzio.

<< Come sta Sakura? >>, chiese lei senza riuscire a nascondere un ghigno.

<< Io… Credo stia abbastanza bene. >>, rispose in tono calmo.

<< E tu? >>, continuò la kunoichi, alzando un sopracciglio.

<< Che intendi, Ino-chan? Io sto benissimo! >>, esclamò, recuperando un poco della solita vitalità, riscuotendosi da quella specie di apatia.

<< Già, certo. >>, rispose lei, in tono sarcastico.

Pensi che basti dirlo, per renderlo reale?

<< Perché mi hai chiesto di Sakura? >>

<< Vi siete avvicinati molto in questo periodo, non è così? >>

<< Sono solo un sostituto, Ino-chan. >>

<< Cosa? >>, balbettò lei, fissandolo sconvolta.

“Come può dire una cosa del genere…?”

<< Io credo che… Sakura-chan abbia capito che Sasuke non la guarderà mai. Non nel modo in cui lei vorrebbe, perlomeno. Credo che sia per questo che ultimamente sembra così pensierosa. Non sarò il più furbo dei ninja, ma l’ho notato. >>, concluse con un sorriso mesto.

Silenzio.

<< Come tutti, ha paura della solitudine. >>, aggiunse poi.

Ino strinse le labbra in una linea sottile e respirò profondamente, prima di rispondere.

<< Ma come puoi dire una cosa del genere? >>, sibilò, cercando di trattenere l’ira.

Naruto la guardò.

<< E’ la cosa più ovvia. Ci ho riflettuto molto, e sono giunto alla conclusione che dev’essere per forza così. Io non sarò mai nulla più di un amico, per lei. >>

Ino si alzò lentamente, spolverandosi il vestito. Alzò la testa, guardando il ragazzo dritto negli occhi.

Occhi azzurri, proprio come i suoi.
Ma molto più vivi.

Lui ricambiò lo sguardo, un po’ imbarazzato.

E lei lo colpì con tutta la forza che aveva.

<< OUCH! MI HAI FATTO MALE!! >>

<< Te lo sei meritato, razza di idiota! Passi tutto il tempo a dire ‘Sakura-chan di qua, Sakura-chan di là’, ma intanto non nutri un minimo di fiducia in lei! Se pensi davvero che si comporti così con te solo per consolarsi, non meriti neanche di rivolgerle la parola! >>, urlò con tutto il fiato che aveva in corpo.

Naruto la fissò, strabuzzando gli occhi, alquanto sorpreso

<< Ah… Questo credo sia vero. >>, mormorò tristemente.

Di fronte a quelle parole, tutta la rabbia si dissolse, e la kunoichi sospirò, passandosi una mano fra i capelli: << Se davvero sei così convinto di quello che dici, parlale almeno. Nascondersi in questo modo è da codardi. >>

Nascondersi dietro il silenzio, è da codardi.

<< Sì, credo che lo farò. >>, borbottò il ragazzo, rialzandosi.

<< Comunque, mi fa piacere che tu stia meglio. >>, aggiunse dopo un po’.

<< Eh? >>

<< In questi giorni sembravi parecchio giù. Ma vedendoti reagire così, mi sembra le cose vadano meglio! Sai ti chiamerebbe ‘femmina isterica con problemi di personalità’! >>, proclamò solennemente, con un ghigno divertito.

<< Na-ru-to! >>

<< Ehi, ehi, calma! Scherzavo! >>

<< Meglio per te… >>

<< Ci vediamo. Buonanotte! >>

<< Ciao. >>

La ragazza lo guardò allontanarsi, fino a che non divenne un punto lontano, praticamente invisibile. Guardò la lapide un ultima volta, la debole luce lunare faceva rilucere i kanji incisi.

Il silenzio è per i codardi.

Ora sapeva cosa doveva fare.
E l’avrebbe fatto adesso.



* * *

Sasuke Uchiha quella notte non avrebbe dormito.
Non avrebbe dormito, perché quel letto era troppo comodo, le coperte troppo morbide, tutto troppo confortevole. Come poteva chiudere gli occhi come se niente fosse accaduto, mentre qualcun altro, quella notte, avrebbe dormito sotto tre metri di terra?

Pensi sia colpa tua?

Come poteva sperare di ucciderlo, come poteva sperare di vendicarsi, se non era neanche in grado di proteggere i propri compagni? Come poteva essere abbastanza? Era quello che aveva desiderato?

Sasuke Uchiha, quella notte non avrebbe dormito.
Ed era perché stava aspettando. E sapeva che sarebbe arrivata.
Come nella prevedibile natura degli esseri umani, anche Ino Yamanaka non si era fatta attendere troppo. L’aveva vista correre, poco prima, correre verso la strada che era certo portasse al monumento ai caduti.

Cosa speri di trovare, lì?

E adesso stava tornando indietro, la sua figura spiccava pallida ed evanescente come un fantasma. La vedeva chiaramente, camminare a passi strascicati e lenti, testa bassa, i capelli che le coprivano parzialmente il viso.
Sasuke si alzò, avvicinandosi alla finestra. Ancora pochi passi, e sarebbe arrivata alla sua porta.
Ancora pochissimi, pochi metri davvero. Il ragazzo la fissò, curiosa di vedere cos’avrebbe fatto.
Lei era proprio davanti a quella porta…
E la superò.
Facendo spallucce, ritornò al proprio letto, gli occhi spalancati nell’oscurità. Passarono pochi, silenziosi minuti.
E poi lo sentì.
Qualcuno bussava alla porta.

Pochi secondi dopo aver bussato, Ino si ritrovò davanti il volto pallido di Sasuke Uchiha, un ghigno stampato chiaramente sul volto.

<< Cosa vuoi? >>

<< Chiarimenti. >>

<< Hai notato che bel cielo, oggi…? >>, rispose lui, con tono strafottente

<< Non prendermi in giro, Sasuke! >>

Il ragazzo la guardò con sufficienza.

<< Entra. >>, borbottò in tono sbrigativo, con un cenno della mano.

Il silenzio, è dei codardi.




* * *

Aww. Povera, povera Temari. °°"
La sto trattando parecchio maluccio ultimamente, lo so. Ma colpa mia se shikamaru mi ispira stronzaggine? [sì]
Comunque, un grazie a Ross, che mi ha dato una mano a chiarirmi le idee su questo capitolo. Se non ci fossi tu, tesora. (L)
Spero sia valso lo sforzo, è stata dura scriverlo. Ah, niente NarutoSakura. Ma penso dispiaccia solo a me X°°D - Mi raccomando, dateci dentro con le recensioni, che ho sempre bisogno di sentire il vostro parere! ^__^

Ah, quasi dimenticavo: Fede mi ha fatto un disegno stupendo ispirato a una scena del primo capitolo, mi ha fatto molto piacere! Grazie, dear *__* Ino e Sakura [le patetiche colorazioni le ho fatte io]

Inoltre, ho deciso di pubblicare settimanalmente, e spero di riuscire a farlo senza troppi problemi XD Quindi, per il prossimo capitolo dovreste aspettare al massimo fino a lunedì.

See ya, suzako

 

p.s.= Ne approfitto anche dello spazio per pubblicizzare la sottospecie di concorso sui pairing assurdi che ho indetto qua, ma anche per dire che se qualcuno vuole proporsi come aiuto giudice, è ben accetto *____*





Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Bathing in artificial light ***


Untitled Document
The Cruellest Month

[Bathing in artificial light]

Un volto pallido, alla porta.

<< Che cosa vuoi? >>

Sguardo annoiato.

<< Chiarimenti. >>

Uno sbuffo. Un gesto seccato con la mano.

<< Entra. >>


Era molto diversa da come se l’aspettava.
Numerose volte da piccola aveva fantasticato sull’appartamento dell’Uchiha, guardando con occhi sognanti le finestre del condominio, immaginando stanze che non aveva mai visto, spazi misteriosi, riempiti dalla sua presenza.

In un’infantile connessione con la sua personalità seria e tetra, l’aveva sempre designato nella mente come un luogo ampio e vuoto, sempre in penombra. Scuro, con austeri mobili di legno pregiato e porcellane delicate. Immaginava una grande casa vuota e silenziosa, dove gli occhi neri di Sasuke si confondevano coi fantasmi allungati sotto i mobili.

La stanza dove si trovava ora aveva muri color panna e un semplice tavolo in alluminio. Le piastrelle del pavimento erano lucide, pulite e asettiche. Si respirava un’aria di ordine rilassato, pochi oggetti usati raramente, lo stretto necessario nei pochi cassetti, e un panno sporco di sangue abbandonato per terra.
Era una casa sfrontatamente banale, come tante altre, e assurdamente fu questo a sorprenderla di più. Ciò che non la stupì fu l’assenza completa di quadri o foto appese alle pareti.

Ce ne era una, una soltanto, nella sua camera da letto.

Tutto era impersonale, ma le ristrette dimensioni le impedivano di associare l’assenza di oggetti al vuoto sconfinato che aveva sempre immaginato.

Era un luogo dove doveva essere impossibile perdersi.

Ma c’era qualcosa. Qualcosa che rendeva l’aria diversa, qualcosa che faceva risuonare ogni suoi singolo passo in maniera differente. Qualcosa che non riusciva a identificare, ma sicuramente non aveva mai percepito da nessun altra parte.

<< Beh? Hai intenzione di restare là tutto il tempo? >>, la voce atona di Sasuke la risvegliò da quella specie di trance in cui era caduta, persa nel filo dei pensieri.

Sbattendo le palpebre un paio di volte, fece qualche passo in avanti, e si sedette di fronte a lui, al piccolo tavolo della cucina. Lui non disse nulla, limitandosi a guardarla, di tanto in tanto, cosa che la rendeva ancora più nervosa. Dopotutto, lui era Sasuke Uchiha, e nonostante fossero passati i tempi dell’infanzia, era ancora difficile comportarsi in maniera naturale.

Quel silenzio, però stava diventando davvero troppo pesante.
Un colpo di tosse, respiri rumorosi. Dita nervose che colpiscono ritmicamente la superficie liscia del legno.

<< Allora? >>

Ino si decise a guardarlo negli occhi. Per sua sorpresa, non fu difficile sostenere quello sguardo. Non era intimidatorio come lo ricordava. Più che altro, vuoto. Terribilmente vuoto.

<< Volevo parlarti. >>

<< Questo l’avevo intuito. >>

<< Molto spiritoso, Uchiha. Anche prima, si trattava solo della tua formidabile ironia? >>

<< Come, prego? >>

<< E non fare finta di non capire. – la sua voce si abbassò di un tono – Intendo ieri. Dopo il funerale. >>

<< Ah, sì, ora ricordo. >>, rispose in tono casuale.

Ancora silenzio.

<< E allora? >>, disse dopo un po’, passandosi una mano fra i capelli.

<< ‘Allora’?! Vuoi smetterla di fare l’arrogante, e prendermi seriamente, dannazione?! – sbottò la ragazza, alzandosi di botto - Perché eri serio, o no? Altrimenti non sarei qui, non ti viene in mente questo? Invece di fare di tutto pur di mettermi a disagio, e divertirti a vedermi in difficoltà, vuoi dirmi quello che voglio sapere, prima che sparisca di qua?! >>

Si risedette di colpo, mordendosi le labbra con forza, per riprendere il controllo sulla rabbia che aveva momentaneamente preso il sopravvento.

<< E non fare finta di non capire…! >>, aggiunse, nascondendosi il viso con le mani, in un moto di frustrazione.

Sasuke non aveva avuto la minima reazione, di fronte alla sua indignazione. L’aveva guardata, le braccia incrociate sul petto, inclinando appena la testa. Poi, lasciando che gli echi del suo sfogo si dileguassero nell’aria, aveva preso un profondo respiro:

<< Non ho mentito. >>

A quelle parole, Ino alzò immediatamente la testa.

<< Ma perché…? >>, mormorò con voce appena udibile.

A te non importa tanto, vero?

<< Ci deve essere una ragione? >>

Vero?


I suoi occhi si indurirono.

<< Sì. >>

Eppure, l’hai detto.

<< Volevo farlo. >>

Perché sembravi così triste.

<< Ma ci sarà stato un motivo, per quello! >>

Consolarti, usare parole vuote, sarebbe stato inutile

<< Era la verità. >>

Io vi invidiavo.

<< Ma… >>

Perché?

<< Perché io? >>

Sasuke la guardò. Non era il suo sguardo beffardo o indifferente, quello. Era serio, concentrato. Fisso su di lei. In quel momento, i suoi occhi scuri sembrarono tracciare il contorno del suo viso, delle sue mani, del suo profilo, in ogni singolo particolare.
Ino si sentì a disagio sotto quello sguardo indagatore.

Era vero. Lei era sempre stata la più insistente, la più rumorosa di tutte loro. Quella che non aveva mai pianto a ogni suo rifiuto, gesto di stizza o risposta crudele.

Allo stesso tempo proprio quella che, inaspettatamente, dopo un po’ aveva rinunciato.

[Ma certo, Sasuke-kun. Dopotutto eravamo solo bambini, non era una cosa realmente importante.]

Cos’era cambiato?

Da quando, gli occhi scuri che la fissavano, erano così vivi, così attenti?

Solo poco prima li aveva definiti vacui.

E da quando il suo volto aveva quell’espressione perennemente corrucciata, da quando l’azzurro aveva perso brillantezza, ed era opaco come vetro?

Lei che era sempre stata così sciocca, sciocca e felice.

Cos’era cambiato?

<< Sono cambiate molte cose… >>, mormorò improvvisamente lui, dopo quel lungo attimo di silenzio.

La luce, Sasuke. La luce è cambiata.

<< Ma è solo… Apparenza. >>, sussurrò lei abbassando il viso.

E’ più luminosa, più calda. Ma si tratta solo di luce artificiale.

Era triste.
Ed era ingiusto.
Ma anche reale. Dannatamente reale.

Ino si morse le labbra, alzando la testa di scatto.

<< Quindi, solo per questo, non puoi pretendere che io creda che-

E si fermò di colpo. Così, a occhi spalancati, le parole ancora disegnate sulle labbra.

Perché quella che aveva visto, alzando lo sguardo, era stata un espressione che mai si sarebbe aspettata di vedere su quel volto, che mai aveva nemmeno immaginato.

Neanche da bambina.

Perché quello era semplicemente troppo.

E per la prima volta da giorni, da quando era successo quello, per la prima volta da troppo tempo, sulla guancia le scivolò una lacrima: ma era solo una piccola, piccolissima lacrima, che era andata presto a morire sull’angolo destro della bocca. Una lacrima così piccola che senza dubbio lui non l’aveva vista, sicuramente, anche se la fissava così, non poteva averla notata.
E quello, per cosa? Per cosa poi? Per la morte di Chouji, del suo migliore amico? Perché era stata lasciata, lasciata senza motivo e senza nulla in mano, lasciata nella maniera più assurda? Era per quello? No, no, non era per loro, assolutamente no. Dopotutto, una kunoichi non mostra mai i propri sentimenti.
E infatti non aveva pianto, al funerale. E non aveva pianto, guardando il suo profilo scomparire nella bruma. Non l’aveva fatto, perché era una kunoichi.
E adesso? E adesso piangeva così, per un motivo così sciocco, per una cosa così piccola…? Solo per, soltanto per…

…Un sorriso triste.


[Sasuke l’aveva presa per le spalle, con fermezza, ma il suo tocco gelido era stato appena percepibile sulla pelle. L’aveva accompagnata alla porta, e aveva chiuso l’uscio solo dopo averla vista allontanarsi.

Quel sorriso era sempre là, però.]


* * *

La mattina dopo, era un’altra giornata radiosa.
Dopotutto, era Konoha quella, ed era Aprile, con un tempo luminoso come mai s’era visto prima.

Aprile, era il mese più crudele.

Sakura aveva camminato lentamente verso l’ospedale, rispondendo con aria assente ai vaghi cenni di saluto che le venivano rivolti. Il sole era brillante, e il cielo azzurro intenso, ma lei non alzava la testa, neanche badava a tutto quello splendore.

Forse perché era davvero un po’ troppo forte, quel sole.

Le sue gambe si muovevano meccanicamente, la testa, la mente, i pensieri rivolti verso un mondo di bruma ovattata, una sordità e cecità con cui sperava di proteggersi da tutto quanto.
E allora i volti si disfacevano in quella nebbia, l’eco del pianto si faceva tenue, facilmente ignorabile. La morte diventava solo una voce, un richiamo sempre più insistente.

Non c’era bisogno di stare male, dopotutto.
Non aiutava davvero.

Entrò nella corsia che le era stata assegnata, prendendo le cartelle e segnando gli appuntamenti di quel giorno – che aveva accuratamente riempito fino all’ultimo turno.
Camminava per corridoi scale stanze, passando vicino a persone stampelle letti tavoli sedie, senza guardare nessuno, senza ascoltare alcuno.
Facendo attenzione a sentire tutto in ogni caso.

<< Sakura-san! >>

Dopo Shizune, scusa ma devo scappare.

<< Buongiorno, Sakura. >>

Oh, ciao Ikida.

<< Sakura-chan! >>

Naruto.

Sakura si bloccò in mezzo al corridoio, come impietrita, fermando le gambe che si muovevano a passo veloce così, di botto. Non alzò la testa. Non subito.

<< Ehi, Naruto. >>

Lui si era alzato per venirle incontro. Indossava i soliti sandali di sempre, i soliti pantaloni di sempre.

<< Come va? >>

Sorrise alle sue scarpe.

<< E’ tutto a posto. Tu cosa devi fare qui? >>

<< Una specie di controllo, credo. – l’avambraccio si alzò, probabilmente ad indicare l’occhio destro. – Sai per caso chi dovrà occuparsene? E’ un ora che aspetto. >>

Sakura mormorò ‘un momento’ prima di controllare fra le numerose cartelle cliniche che reggeva fra le braccia. Trattenne il respiro leggendo i nomi, sperando di non scorgere…

Naruto Uzumaki.

Era la sua.

Ma comunque, preferì rileggerlo due volte.

Respirò profondamente, prima di fare un altro leggero sorriso al pavimento.

<< A quanto pare la Maestra Tsunade mi ha dato la tua cartella senza avvisarmi – mormorò – Però ho un sacco di altre persone, dovrei fare di fretta, forse è meglio se chiedi a Shizune, con più calma… >>

<< Non c’è problema Sakura-chan, tanto lo so che tu sei bravissima, riuscirai sicuramente a visitarmi anche in dieci minuti! Dov’è che dobbiamo andare? >>

Con un sospiro di rassegnazione, la kunoichi gli disse di seguirla, e si diresse verso la stanza assegnata. Camminarono in silenzio, lei sempre avanti di un paio di passi.

La stanza era bianca, la finestra chiusa rendeva l’aria viziata e impregnata dell’odore dei medicinali.
Per terra, qualcuno aveva lasciato uno straccio sporco di sangue. Deglutendo, Sakura si chinò a raccoglierlo, prima di voltarsi e guardare nuovamente [i piedi di] Naruto.

<< Avanti, siediti… >>, disse senza riuscire a proseguire la frase.

<< Mi devo togliere la benda? >>, chiese lui con noncuranza, balzando sul letto.

Lei annuì solamente, voltandosi a frugare inutilmente nei cassetti che conosceva a memoria, pur di non guardarlo.

La benda. Sarà ancora sporca di sangue, la benda?

<< No, aspetta. Faccio io. >>

<< Ok... >>

La benda era bianca. Sakura fece finta di non guardare le macchie scure, concentrandosi sul bianco. Bianco. E’ solo bianco. Guarda la benda, guarda la benda, non togliere gli occhi dalla benda…

Non guardare

Incominciarono a intravedersi i primi lembi di pelle. I graffi e i segni erano oramai spariti, merito del chakra della volpe a nove code, sicuramente.
Che però non era stata in grado di salvargli l’occhio.

<< Sakura-chan? >>

La sua voce era lontana, lontana anni luce.

La palpebra era serrata, ma in maniera naturale. Ignorando l’altro occhio, si poteva quasi pensare dormisse. Lentamente, portò una delle mani sul suo volto, sollevandola delicatamente.

L’orbita era vuota, il nervo ottico ancora intatto, integro nella sua beffarda inutilità.
Deglutì con forza, sforzandosi di controllare il tremore alle mani, sforzandosi di muoversi, di fare qualsiasi cosa.

<< Sakura-chan! >>

La voce adesso era vicina, davvero troppo vicina, e la mano che le scuoteva la spalla era calda, troppo calda.

<< Cosa? Cosa c’è? >>, riuscì a mormorare, confusa.

<< Tu… Stai piangendo. >>

A giudicare dal tono, se l’avesse guardato in faccia, era sicura che avrebbe avuto un espressione preoccupata.

Se l’avesse guardato.

Istintivamente, si portò le mani al volto, riconoscendo subito una scia umida proprio sotto gli occhi.

I suoi occhi.

<< Io… Oh, accidenti. >>, borbottò, sempre più confusa, scostandosi bruscamente.

<< Ehi, aspetta! Che c’è? Cos’hai? >>

<< Niente. Scusami, ma credo sia proprio meglio che vada. >>

<< Sakura-chan! >>

Nonostante fosse scappata in corridoio, la voce era ancora troppo vicina.



* * *

Se c’era una cosa che Kakashi aveva imparato a conoscere dei suoi studenti, erano le loro debolezze. Nei combattimenti, per esempio: sapeva che il genjutsu e Naruto sarebbero stati per sempre incompatibili, e che Sakura non era affatto pratica col kenjutsu. Anche Sasuke, per quanto non l’avrebbe mai ammesso, aveva tentato alcune volte di apprendere il medicjutsu, ma inutilmente.
Questo, Sakura Haruno ovviamente non lo sapeva.
Ma altre a quello, in quanto Sensei, conosceva esattamente quello che era in grado di buttarli giù, le parole capaci a farli sentire meglio, in qualsiasi situazione.
Non che questo lo obbligasse a usarle. Sensei, non balia.

<< Yo. >>

<< Kakashi-sensei! >>

Sakura alzò la testa di scatto, per ritrovarsi faccia a faccia col volto sempre disinteressato e coperto di colui che era stato suo sensei.

Il jounin sospirò.

<< Non sono più il tuo maestro, non c’è bisogno di chiamarmi così. >>

<< Non ha molta importanza. >>, borbottò la ragazza, affondando nuovamente la testa nelle ginocchia.

Si trovavano nel campo dell’allenamento del Team 7, ai loro primi tempi di genin. Era passato molto, molto tempo: eppure, ogni tanto le piaceva tornare lì, da sola.

Per non far vedere agli altri i suoi momenti peggiori.

<< Che ci fai qui? >>

La ragazza inarcò un sopracciglio: << Si tratta di una domanda retorica, o davvero pensi di non saperlo? >>

Kakashi fece un mezzo sorriso, nascosto dalla maschera, e si sedette anche lui.

<< Non dovresti sentirti in colpa, lo sai. >>

<< Non ho mai detto di sentirmi colpevole. >>

<< Però è così. >>

Un attimo di silenzio.

<< Già. >>

<< Pensi che la cosa possa aiutarti? >>

<< Lo so perfettamente che è infantile e inutile, lo so che anche se fosse colpa mia, stare qui a rimuginare e… E lamentarsi non serve a nulla, va bene?! Lo so. Però non posso fare a meno di pensare che se solo… >>

<< …Se solo non avessimo subito un attacco a sorpresa dai sette ninja del suono e se solo fossimo arrivati più velocemente a Konoha, saresti riuscita a salvargli l’occhio? >>, proseguì lo shinobi al posto suo.

<< Detta così, è come se nulla dipendesse da me. >>, borbottò la ragazza.

<< Perché è vero. Naruto se la sarebbe cavata, con ogni probabilità, anche senza il tuo aiuto in quanto ninja medico. Non sei l’unica di tutta Konoha. >>

Sakura alzò la testa, per guardarlo con sguardo vagamente perplesso.

<< E per di più te ne stai qui, e ti senti giù di morale perché tu non sei riuscita ad aiutarlo come volevi, per uno stupido capriccio. Non hai provato a pensare come si sentirà lui? Credi di avere il diritto di sentirti triste, e non guardarlo neanche negli occhi? >>

La kunoichi si morse le labbra. Era vero. Come al solito, si stava solamente comportando in maniera egoista.

<< Ci hai parlato, non è vero? >>

<< Certo. Sei l’unica ad essere troppo codarda per farlo. >>

<< Io sarei… Cosa? >>

<< Codarda. O meglio, paurosa. Una ragazzina spaventata, ecco, come definizione ti si addice. >>

La ragazza si alzò in piedi di scatto, adesso guardando il suo sensei dritto negli occhi.

<< Ma come… Come puoi dirmi una cosa del genere?! >>

<< Posso, posso… >>, mormorò Kakashi, prestandole appena attenzione.

<< Tu non hai capito nulla, assolutamente nulla! >>

Adesso, il jounin sembrò vagamente sorpreso.

<< Ah no? E cos’è che non ho capito? >>, domandò innocentemente.

<< N-Niente! >>

<< Intendi che non c’è nulla da capire? >>

<< No! >>

<< E allora cosa? >>

<< Oh, dannazione, non lo so! >>, gridò la ragazza, esasperata, mettendosi le mani nei capelli.

Lui la guardò per qualche secondo, con aria perplessa.

<< Forse dovresti parlargli. >>, disse dopo un po’.

<< Ma come faccio…? Non riesco nemmeno a guardarlo in faccia. >>, rispose in un mormorio appena udibile.

<< E perché? >>

<< Mi vergogno. Lui ne ha passate così tante, e anche adesso… Nonostante tutto quello che gli succede, riesce sempre a sorridere. Io invece non posso fare a meno di buttarmi giù per ogni minima cosa. Sono assolutamente ridicola. >>

<< Rendersene conto, è già un passo avanti. >>

A dispetto di ogni previsione, la kunoichi fece una risatina soffocata.

<< Credo che andrò da lui. >>, disse Sakura, voltandosi.

Kakashi scrollò appena le spalle.

Mancava solo il colpo finale…

<< Come vuoi. Ma prima sistemati i capelli, sono un disastro. >>

<< Cosa?! Davvero? >>, rispose immediatamente la ragazza, girandosi nuovamente verso di lui, una mano che andava istintivamente a toccarsi le ciocche rosa.

<< Oh sì. E sei anche parecchio rossa in faccia. Il che non sarebbe tanto terribile, ma sanno tutti che rosso e rosa sono un pessimo accostamento di colori. >>

Sakura si sentì avvampare ancora di più.

Da quando, esattamente, il suo ex-sensei era diventato un esperto di moda?

<< Perché ho l’impressione che tu mi prenda costantemente in giro?! >>

<< Non sarà una tua paranoia? Comunque, Naruto era all’Ichiraku. Se ti sbrighi, riesci a trovarlo ancora lì. >>

Sakura preferì non ribattere nulla, ma si voltò nuovamente, allontanandosi a grandi passi.

Se c’era una cosa che Kakashi sapeva, in quanto sensei, era come dare una svegliata ai suoi studenti.

<< Dopotutto, quei due avevano solo bisogno di una spinta… >>, borbottò prima di tirare fuori il famoso libretto arancione, e aprirlo esattamente a pagina 239: era decisamente curioso di sapere cosa avrebbero fatto nella cavità di una parete rocciosa i due protagonisti…


* * *

Kakashi, oh Kakashi! X°°°D
Quanto amo quell'uomo saggio. Spero che la scena non sia risultata troppo ooc, ma dovevo farla. E il primo che insinuerà 'maquellaeraunakakasaku!!' verrà riempito di botte, eh sì. u___u"

Comunque, visto che certa gente [vi amo *o*] ha avuto la pessima idea di farmi notare la carenza di NaruSaku nello scorso capitolo, mi sono rifatta in questo *____*

Ja Ne

 

suzako

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** And I love you even trough uncertainty ***


Untitled Document
The Cruellest Month

[And I love you even trough uncertainty]


Nessuno aveva mai promesso loro un Lieto Fine.
Lo sapevano perfettamente che non era detto, non erano certi che ce l’avrebbero fatta: e Naruto era sicuro che da qualche parte doveva esistere un universo dove tutto era andato orribilmente storto, dove Sasuke, o forse lui stesso, o magari anche entrambi fossero morti, dove nessuno sarebbe più riuscito a sorridere, dove ogni cosa sarebbe andata distrutta.

Ma Sakura-chan no. Semplicemente perché sembrava impossibile.

E ogni volta che guardava il cielo, ogni volta che si ricordava che andava tutto bene, gli sembrava troppo, davvero troppo, e la paura di svegliarsi da un momento all’altro ed accorgersi di essere solo, solo e senza neanche più un sogno o una promessa da mantenere…

Dopo incubi del genere, Naruto non riesce mai a riaddormentarsi.

Perché dopotutto, nessuno aveva promesso loro un Lieto Fine.
Ma ce l’avevano fatta comunque.

Almeno fino a quel momento.

Era sempre andato tutto bene. Erano sempre tornati tutti dalle missioni. Dopo esser riusciti a salvare Sasuke, pensava che nulla potesse intaccarli: avevano superato la prova più difficile. Avevano vinto la loro personalissima battaglia.
[Dopotutto, però, Ororchimaru era ancora vivo, così come Itachi Uchiha.]
Ma erano forti, dannazione, erano diventati i migliori, e dopo tutto quello che avevano passato, dopo tutto quello che loro avevano provato, non era assolutamente possibile che qualcosa li piegasse così facilmente.

E’ morto.

C’erano molte cose che avrebbe voluto sapere.

Perché non mi guardi negli occhi?

Di certo, non avrebbe potuto trovare risposte nella ciotola di ramen tiepido che stava fissando.

Non hai più occhi. Non li hai.

<< Naruto. >>

Proprio quella voce, proprio in quel momento. Il ragazzo non poté far a meno di sobbalzare, visibilmente sorpreso.

<< S-Sakura-chan?! >>, riuscì a balbettare, voltandosi a guardarla.

Lei teneva gli occhi bassi, le mani strette in una morsa.

Lui che si strugge per lei, e lei che va da lui proprio mentre lui pensa a lei:

Una scena del genere, si addiceva più a uno dei libri di Jiraya, piuttosto che alla loro realtà. Era una coincidenza troppo assurda: sembrava quasi che qualcuno glielo avesse detto.

<< Ciao. >>, mormorò lei, esitante.

No, impossibile.

<< Hai fame? Offro io! >>, sorrise Naruto, ignorando il suo imbarazzo.

Sorridi. Anche se non ti guarda, tu sorridi.

<< No, grazie. Non ti preoccupare. >>

Sei davvero felice? E’ davvero così?

Naruto annuì con vigore, prima di incominciare a divorare il suo pranzo già freddo con esagerata foga. Ma dopo pochi minuti aveva già finito, e quel silenzio che si era insinuato fra loro divenne pesante e imbarazzante, troppo carico d’attesa.

Naruto abbandonò il peso allo schienale della sedia, respirando profondamente.

<< Dovevi parlarmi di qualcosa, Sakura-chan? >>, disse quietamente, dopo qualche altro secondo di silenzio, rimanendo con lo sguardo incollato al tavolo.

Non riuscì a vedere il sorriso esitante e timoroso di Sakura, non riuscì a vedere i suoi occhi, che tentavano disperatamente di risalire il contorno degli zigomi, solo un po’ più su, va tutto bene, anche se c’è quella benda bianca, anche se non

<< Volevo scusarmi. >>

Il suo sorriso non si scalfì di un centimetro.

<< Non c’è problema. >>, rispose subito lui, scrollando le spalle.

Sakura vide chiaramente quel sorriso, quella continua, ininterrotta professione di falsità, e incominciò a chiedersene il perché.
Perché lo facesse.

..E non poté che provare rabbia. Perché lui sorrideva continuamente, in maniera totalmente stupida, pensando servisse a qualcosa. E tutti ci credevano, tutti si facevano ingannare da quel sorriso schifosamente falso, da quella maschera snervante, quella maschera che lei voleva spaccare in mille pezzi.

Strinse i pugni fino a far sbiancare le nocche, che Naruto non vide, principalmente perché non la stava guardando [ma sorrideva], ma anche perché erano coperte dai guanti.
Avrebbe voluto urlare, gridargli di tutto, scuoterlo, qualsiasi cosa pur di rompere l’apparenza.

Così, dopo qualche secondo di trattenuto silenzio, in un impeto di coraggio completamente inaspettato, alzò lo sguardo, di scatto, pronta a richiudere le palpebre immediatamente…

…Ma incontrò soltanto la massa disordinata dei suoi capelli biondi, liberi dal coprifronte, per una volta.

Ci impiegò un attimo a capire che lui era voltato a parlare col proprietario dell’Ichiraku di chissà quale idiozia, e che rideva ancora, ancora.
Se Naruto l’avesse guardata bene, avrebbe notato che tremava, e avrebbe capito subito che non era un buon segno, affatto.

Avrebbe distrutto quella maschera, ma a suo modo.

<< Naruto. >>, Sakura riuscì a contenersi a sufficienza per sibilare il suo nome, in maniera tale che sapeva l’avrebbe fatto raggelare sul posto.

Il ragazzo si voltò lentamente, molto lentamente.
Conosceva quel tono. E decisamente, non gli piaceva.

<< C-Cosa…? >>, riuscì a balbettare, confuso.

<< Stringi i denti! >>, urlò la kunoichi con tutto il fiato che aveva in corpo, prima di colpirlo a tutta forza sulla guancia sinistra.

Naruto si schiantò al suolo, trascinando nella caduta un paio di sgabelli, due tovaglie, un vaso di fiori e tre piatti vuoti, sotto gli occhi allibiti di Ayame e suo padre.

<< Ouch ouch ouch… >>, si lamentò il ragazzo, massaggiandosi la guancia, mentre tentava di tirarsi goffamente su.

<< E non fare scena, non ti ho colpito così forte, dopotutto! >>, sbuffò Sakura, guardandolo dall’alto, le braccia incrociate al petto e uno sguardo deciso impresso negli occhi verdi.

<< Come sei ingiusta, Sakura-chan! Almeno prima mi colpivi con un qualche motivo… >>, disse in tono lamentoso il ragazzo, asciugandosi un po’ del sangue dalla bocca.

Sakura se ne accorse, leggermente interdetta. Che avesse esagerato?

Assolutamente no.

<< Sei davvero senza speranze… >>, mormorò prima di inginocchiarsi davanti a lui, e impastare il chakra necessario a curare il piccolo taglio.

<< Razza di imbranato. >>, mormorò di nuovo, più che per abitudine che per altro.

Naruto ignorò i commenti, godendosi la sensazione della mano fresca sulla guancia, limitandosi a sorridere appena.

<< Beh? Che hai da sorridere? >>, chiese lei, alzando gli occhi.

…E guardandolo dritto in faccia.

Il contatto visivo che aveva temuto ed aspettato per tutto quel tempo, arrivò in maniera totalmente inaspettata.
La prima cosa che notò, fu che la benda era bianca, questa volta. Probabilmente se l’era cambiata lui stesso, quel giorno. A riflettere bene, probabilmente non aveva bisogno di una ninja medico, per cambiarsi una fasciatura. E il pensiero conseguente, la fece trasalire: possibile che fosse andato in ospedale solo per vedere lei…?
No, troppo assurdo.
Si guardarono per qualche secondo, in un silenzio irreale: gli occhi di Sakura si mossero dalla garza alla parte sinistra del volto di Naruto. L’occhio che la fissava era di un azzurro intenso, più scuro di quanto non ricordasse.

Erano passati solo due giorni, e già l’aveva dimenticato?

Ma la cosa che la colpì, fu che dopotutto, non lo trovò cambiato. Non c’era nulla di realmente diverso. Era semplicemente… Come se mancasse qualcosa. O ancora, fosse coperta. Solo nascosta. Ma sapeva, che là sotto, nulla era mutato. Non troppo, almeno.
Il suo volto aveva la stessa espressione di sempre. La pelle lo stesso colore, i segni dei baffi sulle guance erano ancora là. Il ragazzo che la stava guardando era Naruto, niente di più come niente di meno.

<< N-Niente! Non ho nulla! >>, sbottò improvvisamente il ninja, spezzando il momento.

Appena un po’ rosso in faccia si rialzò, ripulendosi i pantaloni, prima di tenderle una mano. Sakura la prese senza esitazione, e si rialzò anche lei.

<< Comunque, non ho ancora capito per cos’era quel colpo! >>

La kunoichi sorrise segretamente, prima di sbuffare con finta aria di sufficienza.

Non è il momento. Non ancora.

<< Semplicemente, era troppo tempo che non lo facevo! >>

<< Ehhh? Questo mi sembra ingiusto, Sakura-chan! >>

<< Oh, ma stai zitto. >>

<< Ehi, ho un’idea! Visto che è da un sacco che non lo facciamo, che ne dici di andare ad allenarci? >>

Sakura lo guardò vagamente confusa.

<< Ad allenarci… Noi due? >>, chiese cautamente.

<< Ah, no! Cioè, sì! Intendo, anche con Sasuke, ovviamente! >>, farneticò lui, balbettando parole confuse.

<< Perché no? Sai per caso dove si trovi ora? >>

<< A dir la verità no. Andiamo a vedere a casa sua. >>

<< Ok, muoviamoci. >>


* * *

Si sentiva decisamente stupida.
Il che, teoricamente, non doveva essere una novità: dopotutto, tutti l’avevano sempre considerata una ragazzina sciocca e priva di cervello.
A quanto pareva, avevano ragione.

Una persona minimamente intelligente, si sarebbe ripresentata a quel portone, dopo aver presentato una tale immagine di sé con quella patetica scena, solo la notte prima?

Sakura sicuramente non l’avrebbe fatta, una cosa del genere. O perlomeno, si sarebbe presa la soddisfazione di colpire Sasuke con un bel pugno.

Nota mentale: picchiare Sasuke

Ma per quanto avesse tentato, Ino non era riuscita a tenersi lontana da quella casa, che aveva finito col perseguitarla anche nei sogni dell’agitata notte precedente. Aveva finito col rigirarsi fra le coperte, improvvisamente così scomode, improvvisamente così pesanti, per poi rimanere a fissare il soffitto della stanza fino agli albori, quando poi aveva udito il rumore della porta d’ingresso aprirsi, i passi nervosi di suo padre sulle scale, ed era riuscita finalmente a chiudere gli occhi.

La mattina dopo aveva provato a non pensarci. Ma subito, appena sveglia la fotografia mentale di ciò che era accaduto solo poche ore prima l’aveva colpita con la forza di uno schiaffo in pieno viso. Per quanto il solo pensiero le facesse rabbia, non poteva sfuggirgli.

Aveva provato ad andare ad allenarsi.
I kunai lanciati sibilavano nell’aria, la pressione sufficiente a spaccare una roccia, ma dalla traiettoria imprecisa, dettata dalla rabbia.

Questo, per tutte le volte che mi avete lasciato qui.

Per tutti i momenti in cui mi avete fatto sentire inadeguata.

Questo per ogni volta che ho pianto per voi.

E non c’era nessuno. Quel campo era davvero troppo vuoto, troppo ampio ormai. Ogni pietra, ogni ramo, nascondeva un ricordo, un avvenimento particolare, dai quali trovava impossibile staccarsi.

Non ancora.

Così aveva passato la sua mattina in ospedale, la mente concentrata sui medic-jutsu e nient’altro, nessun altro pensiero per la testa.
Frattura, emorragia interna, lussazione, ematoma…
Qualsiasi cosa, ma non quello. Non lui.

E poi la mattina si era esaurita, così come il suo chakra. Non aveva fatto in tempo a sedersi un attimo per riprendere fiato, che aveva sentito un battere familiare sulla spalla, e si era voltata soltanto per vedere il volto sorridente di Shizune, che l’aveva accompagnata pazientemente all’uscita, ignorando le sue proteste.

Ogni volta, tutti sembravano finire per allontanarla gentilmente.

E così, si era ritrovata a vagare per quelle strade così luminose, così odiose nella loro frastornante allegria: i bambini correvano sul selciati, i paesani camminavano con tranquillità, le numerose botteghe sempre aperte, gli ostelli perennemente affollati.

Nessuno sembrava toccato in alcun modo dalle vite parallele che passavano sotto quegli occhi:
Dopotutto, i ninja si muovevano nell’ombra, dovevano essere in grado di nascondersi perfettamente, uccidere sottovoce, senza farsi notare.

Vivevano ai margini della società: feccia, feccia, solo feccia.

E assorta nei più assurdi pensieri aveva lasciato che le gambe prendessero direzione propria, senza curarsi di dove potessero condurla.

E così, si ritrovò davanti a quella porta – di nuovo.

Le finestre erano sbarrate, probabilmente lui non c’era. Ino si sentì più che mai patetica, in quella continua, estenuante, inutile attesa.
Per chi poi? Il bambino che aveva popolato gli sciocca sogni della sua infanzia? O il ninja migliore del villaggio, colui che era tornato?

Oppure – ma questo non avrebbe saputo dirlo nemmeno lei – il ragazzo che, semplicemente, la notte prima le aveva sorriso?

* * *


<< Dici che non c’è? >>,borbottò Sakura, guardando con aria perplessa le finestre sprangate della casa di Sasuke.

<< Naah. Fa sempre così. >>, rispose Naruto, scrollando le spalle.

<< Che intendi?! >>

<< Adesso vedi. >>, ghignò il ragazzo, avvicinandosi alla porta.

<< Ehi, Sasuke! C’è qui Itachi che vorrebbe dirti una parolina o due, lo sai? >>, urlò improvvisamente, battendo con forza sull’uscio.

<< N-Naruto?! Ma che stai dicendo! >>, disse la ragazza, guardandolo sconvolta.

<< Oh, quasi dimenticavo, è arrivato pure Ororchimaru! Dice che vuole il tuo corpo, ma nell’altro senso, capisci? >>, continuò lui, senza prestarle attenzione.

<< Na-ru-to!! >>

<< …Il che è abbastanza disgustoso certo, ma ehi, oramai cosa ci vuoi fare: per diventare forti i metodi sono pochi, e-

Il colpo, come prevedibile, non si fece aspettare, e il ragazzo si trovò ben presto a terra, un bernoccolo di dimensioni allarmanti sulla testa.

<< Sakura-chaaan! >>, sbottò, urlando con fare teatrale.

<< E non chiedermi per cos’era questo! >>, sbottò parecchio spazientita lei, sbuffando.

<< Ti sembra il modo di comportarti? – continuò, apostrofandolo come a un bambino – Senza tener conto del caos che hai fatto, non hai più dodici anni, e… Mi stai almeno ascoltando? >>

Il ragazzo ignorò la sua domanda, e invece assunse un atteggiamento vigile, scattando in piedi, come se qualcosa avesse improvvisamente colpito la sua attenzione.

<< Sakura-chan! >>

<< Che c’è? >>, domando lei, incuriosita.

<< Non senti questa cosa? >>, disse con aria d’urgenza.

<< Cosa?! >>, ripeté, oramai completamente allarmata.

<< Ma è stranissimo! >>, proseguì lui.

<< Cretino, vuoi dirmi di cosa stai parlando una volta per tutte?! >>, urlò Sakura, perdendo completamente la pazienza, e colpendolo dritto sul capo.

Di nuovo.

<< Ahi, ahi… Ma perché?! >>

<< Ti avevo detto di non provare neanche a chiedermelo! >>

<< Ma è la terza volta… >>

<< Invece di lamentarti, mi spieghi che volevi dire? >>

Naruto mise il broncio, e sbuffò:

<< Parlavo di quest’odore! >>

<< Uh? >>

Solo in quel momento, Sakura notò una strana fragranza aleggiare nell’aria, appena percepibile, ma che sicuramente a Naruto non doveva essere sfuggita. Cercando di concentrarsi, lo riconobbe subito come un profumo femminile, vagamente familiare.

<< Questa è.. Gardenia. >>

<< Cos’è? Si mangia? >>

<< No, scemo: è un fiore. >>

<< Un fiore? Di quelli che vende Ino-chan? >>

<< Può darsi, e… Ma certo! >>

<< Eh? >>

<< E’ il suo profumo! E’ quello che usa lei! >>

<< Oh. Quindi significa che è stata qui. >>

<< Già… >>, mormorò con aria assorta Sakura, guardando nuovamente l’alto edificio di fronte a loro.

<< Ma che ci potrebbe fare? >>

<< Magari era venuta a trovarlo… >>

<< Sasuke e Ino?! Ma andiamo, è ridicolo! >>, esclamò Naruto, scoppiando a ridere.

<< Effettivamente. >>, rispose Sakura, sorridendo.

La loro conversazione fu ben presto interrotta da una voce che li richiamò da pochi metri più in alto.

<< Ehi, voi due… >>

Entrambi alzarono la testa, per vedere Sasuke, il quale li guardava affacciato dalla finestra, con la solita aria di sufficienza stampata sul volto. Ma per tutti e due, fu facile intravedere l’ombra di un piccolissimo sorriso, appena accennato sulle labbra.

<< Buongiorno, Sasuke-kun! >>

<< Che ci fate qua? >>

<< Siamo venuti a trovare te, stronzo. >>

<< Questo l’avrei capito anche senza il tuo brillante intervento, idiota. Ci sarà un valido motivo per disturbarmi, spero. >>

<< Pensavano di poterci allenare insieme… Come al solito… >>, disse debolmente Sakura, la voce poco più di un sussurro.

Lui riuscì a sentirla comunque.

<< Va bene. >>, borbottò dopo un attimo d’esitazione, abbandonando il davanzale, e scendendo dalle scale, per apparire poco dopo, fuori dalla porta.

* * *



Ed eccoci col primo capitolo fuori schema.
Questo non l'avevo pianificato, no no **". Sarà anche per quello che, effettivamente, non succede nulla X'D Scusate anche per il ritardo con l'aggiornamento, ma ieri proprio non sono riuscita a metter su nulla.

Il prossimo sarà più consistente, ma soprattutto, più lungo.

E quasi mi dimenticavo di ringraziarvi per i commenti. Sia qui, che sulle varie on-shot che posto: anche se non posso ringraziare tutti singolarmente, mi fanno sempre infinitamente piacere, sappiatelo^_^

Ja Ne,

suzako

Next => The smell of hospitals in winter


Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** The smells of hospitals in winter ***


Untitled Document
The Cruellest Month


[The smell of hospitals in winter]

Il campo d’allenamento del Team 7 era rimasto immutato.
Sakura lo ricordava ancora, l’erba secca bagnata di rugiada e i tre ceppi di legno piantati nel mezzo, stampato nella memoria dal giorno della loro prima ‘prova di sopravvivenza’.
Poteva trattarsi di una bugia, ma di una sciocca illusione della sua mente, ma lei ne era convinta:
lì non era cambiato nulla.

Non era bastato il tradimento di uno di loro, la furia dell’altro, una guerra fra shinobi in corso: aveva sempre avuto la netta impressione che lì sarebbe andato tutto bene, su quel suolo neutrale, dove mai era stata versato sangue.
Il loro sangue.

<< Allora, bastardo, pronto a finire con la testa nel fango? >>, proruppe Naruto, con la solita irruenza, il kunai già sfilato che brillava nella mano destra.

<< Nh. >>, fu la solito inespressiva risposta di Sasuke.

<< Ehi, voi due, non incominciate subito a... >>

Troppo tardi. Sakura non riuscì a concludere la frase, che un pugnale le passò di fianco, sibilando a pochi centimetri dal suo volto. Sasuke evitò con facilità, per trovarsi tre dei cloni di Naruto alle spalle.

<< Ti ho preso! >>

Un ghigno appena accennato sulle labbra pallide, e la wakizashi che gli andava contro si schiantò su un ramo secco, per il disappunto del ninja e l’aspettativa della kunoichi.

“Tecnica della sostituzione del corpo. Che Naruto si faccia giocare ancora da questi trucchetti…”, sospirò Sakura, appoggiandosi alla staccionata.

Sicuramente, sarebbe andata per le lunghe.

A quanto pare, per quella volta avrebbe fatto da spettatrice. Sapeva che quando si mettevano in mezzo le sfide personali fra Sasuke e Naruto c’era poco da fare.

<< Sei lento, idiota. >>

Nonostante fosse stato preso alla sprovvista, Naruto reagì immediatamente, lanciandosi in aria, e tentando di colpire Sasuke con una serie di shuriken

<< Tecnica segreta della moltiplicazione degli shuriken! >>

L’Uchiha li sviò facilmente, facendoli infrangere contro la pressione dell’aria creata da un fendente della sua katana. Il movimento creò un turbine di terra e foglie, che gli offuscò per qualche attimo la vista, quei due secondi necessari a Naruto, che in un lampo si trovò di fronte a lui, kunai impugnato nel braccio disteso, la cui punta arrivava a pochi centimetri dall’occhio destro dell’Uchiha.
Il ragazzò ghignò.

Lui non si mosse, le braccia abbandonate sui fianchi.

C’era qualcosa…

<< Naruto…? >>

…Qualcosa di irreale, di sbagliato, in quella scena.


Sakura, che fino a quel momento si era limitata a osservarli, parlò, rompendo il silenzio surreale che si era creato.

Sasuke non diceva nulla. Si limitava a fissarlo con quel suo sguardo vacuo.

Il vento non soffiava più.

E Naruto abbassò il braccio.

<< Heh, direi che è abbastanza così. Dopotutto, non mi sembra giusto far annoiare Sakura-chan. >>, disse con il solito sorriso, portandosi una mano sulla nuca.

Come se nulla fosse successo.

<< Non me lo faccio ripetere due volte. >>, cantilenò la ragazza, infilando i guanti neri che utilizzava per ogni combattimento.

Li stessi che toglieva, quando c’era da mettere in campo l’arte medica.

Sasuke ghignò, e in un attimo era scomparso.

<< Che noia… >>, borbottò Naruto, guardandosi intorno, spaesato.

Ma Sakura l’aveva già individuato. Afferrò due kunai, lanciandoli con forza verso un albero poco distante da loro. Essi andarono a perdersi nella macchia verde, e per un attimo a Naruto sembrò che, incredibilmente, Sakura-chan si fosse sbagliata.
Come al solito, invece, era lui quello che non aveva capito.
I medesimi kunai ritornarono indietro, sibilando alle loro spalle. Il ragazzo vide la kunoichi gettarsi a terra, e intuì la direzione dei pugnali, che evitò sbilanciandosi di lato.

<< Arte della terra! Genjutsu! >>

Naruto sorrise. Conosceva quell’illusione, era dello stesso tipo che usava la Maestra Kurenai. Con un paio di balzi si avvicinarono all’albero dove sapevano Sasuke fosse, per trovarlo imprigionato a ridosso della superficie ruvida del tronco, tenuta fermo dai rami intrecciati.

<< Ma guarda un po’. Questa volta sembra che sia tu il perdente, Sasuke-teme. >>, esclamò con aria trionfante Naruto, ghignando soddisfatto.

Il ragazzo si limitò a guardarli entrambi.

<< Ne sei così sicuro? >>

E il clone ombra si dissolse in una nuvola di fumo.

<< Era un trappola! >>, gridò Sakura, guardandosi velocemente intorno.

Quattro shuriken, da destra. Fin troppo facile.
Saltò in aria, aggrappandosi al ramo sopra di lei, per fare una capovolta, e atterrarci sopra. Evitare un attacco del genere non doveva esser stato un problema, per Naruto. Si voltò, aspettando di vederselo comparire di fianco da un attimo all’altro.
Ma non accadde.
Si affacciò nuovamente giù.

Forse non avrebbe dovuto guardare.

Per primo scorse Sasuke, il kimono bianco sempre evidente nella macchia verde scuro, che correva proprio nella sua direzione, il volto coperto dalle ciocche di capelli che gli sferzavano il viso.

Non capiva.

Confusa, corse a ridosso dell’albero, per tornare a terra.

Perché non sentiva Naruto, lui che gridava sempre?

Atterrò sull’erba soffice, ancora umida della rugiada del mattino.
Sasuke la stava guardando [Sasuke che non la guardava mai] e sembrava quasi preoccupato.
L’erba era bagnata, e correndo, Sakura finse di non vedere le gocce scarlatte che punteggiavano i fili sottili.

E poi, vide.

Lui era a terra, e anche se non riusciva a vedere il suo volto, coperto dai capelli, avrebbe giurato che stesse tentando di sorridere, rassicurare un Sasuke che si limitava a cercar di farlo stare fermo, perché era lei il ninja medico, era lei che doveva pensarci. Il sangue che aveva macchiato la terra, impregnava anche la sua maglietta di quello stupido arancione.

Due dei quattro kunai provenienti da destra l’avevano preso in pieno. Spalla, addome. Uno solo di striscio. Gamba sinistra. Per la caduta, si aggiungeva frattura multipla a livello del ginocchio.

Come aveva potuto esser così stupida da non pensarci prima?

Il punto cieco, che impedisce la visione di insieme e restringe il campo visivo.
La perdita di un punto di focalizzazione, che pregiudica il mantenimento dell’equilibrio.

Era lei che avrebbe dovuto pensarci. Era lei che avrebbe dovuto saperlo.

<< Sakura-chan… >>

La sua voce era poco più di un sussurro roco, sforzato.

Oh no. Non adesso.

Non dire il mio nome. Non adesso.

<< Devo fermare l’emorragia. Poi lo porteremo in ospedale. >>

Sakura sperò che la sua voce non stesse tremando.

Concentrando il chakra necessario nelle mani, tolse gli shuriken conficcati in profondità. Naruto si morse le labbra fino a farle sanguinare, ma non produsse alcun suono.
Le sue mani si incrociarono sulle ferite, perché lei sa cosa deve fare e sa come farlo. Non è allieva della leggendaria Tsunade per nulla, ha affrontato casi peggiori, numerose volte…
…Lo stesso Naruto, solo pochi giorni prima, era arrivato in condizioni tali da pregiudicare la sua sopravvivenza stessa.
E lei ce l’aveva fatta. Quindi non vede perché, proprio adesso, la vista debba appannarsi in modo così fastidioso, lei sa cosa deve fare, lo sa perfettamente, ricorda con la chiarezza bruciante di una fotografia il sangue sulle sue mani, il sangue ovunque, il sangue, la ferita sull’occhio, quella dannata ferita sull’occhio…

Dopo appena un quarto d’ora, Sakura può prendere un profondo respiro, sollevata: ha fatto il suo lavoro, ci è riuscita senza farsi prendere dal panico.

Non completamente, perlomeno, sussurra una voce nella sua testa.

<< Portiamolo all’ospedale. >>

La sua voce è bassa, leggermente graffiata, ma ancora ferma.

Sasuke annuisce appena, tirando su Naruto di peso, mentre lui si fa praticamente trascinare.

Ricordi, Naruto?
Quando riportasti Sasuke indietro…

Lei li segue, appena più indietro.
Come sempre. Solo di pochi passi, ma comunque più indietro.

Allora, fosti tu a trascinarlo in quel modo.


* * *

Fa freddo, in ospedale, per essere primavera.
Nelle stanze bianche e polverose sembra di essere cristallizzati in un perenne inverno che rende i respiri più difficili e stentati, fa rabbrividire, rende le palpebre pesanti.

Dormire, di un sonno eterno e senza sogni…

Quell’Aprile restava fuori, confinato dal vetro delle finestre sigillate, lasciato filtrare dai pochi spifferi di aria tiepida che riuscivano a entrare, quei soffi d’aria che sapevano di fiori e di terra.
Dello stesso odore delle pietre tombali.

Sasuke si portò le mani bianche al volto, un gesto immotivato, che non aveva un senso e neanche voleva averlo. I pugni chiusi arrivavano a coprire solo la bocca. Gli occhi restarono apatici, fissi, privi di vita. Come sempre.

<< Che cosa ci fai qui, tu…? >>

Lui non ha bisogno di alzare lo sguardo. Sapeva chi stava arrivando già dalla cadenza dei primi passi in fondo a quel corridoio, già dall’odore che ora permane nell’aria.
Ma non riesce a dire se la cosa possa importargli.

Perché non sa quando ha incominciato a riconoscere quella cadenza.

Non sa quando ha memorizzato ogni inflessione di quella voce.

<< Non ho bisogno del tuo permesso per stare qua. >>

Lei preferì ignorare il sarcasmo della voce, per una volta.

Troppo stanca per combattere, questa volta.

Solo per questa volta.

<< Cos’è successo? >>, ripeté.

Lui non rispose. Le mani sfregarono sulle labbra pallide, gli occhi si abbassarono impercettibilmente.

<< Sasuke, cosa-

<< Ino? >>

Sasuke non si premurò neanche di voltarsi.

<< S-Sakura. >>, Ino invece si girò subito, per trovarsi faccia a faccia con la medic-nin.

E per un attimo, tutti e tre poterono percepire qualcosa. Qualcosa di sbagliato tra loro, ma che non sanno definire. Perché c’è qualcosa negli occhi di Sakura, qualcosa che la porta a scrutare in maniera indagatrice Ino, qualcosa che la porta a lanciare occhiate di sfuggita a Sasuke. Qualcosa, sempre, che fa suonare la voce della bionda kunoichi flebile, quasi tremante. Colpevole.
E poi c’é lui, che in maniera assurdamente ostinata continua a fissare davanti a sé.

<< Almeno tu, vuoi dirmi cosa…? >>, sbuffa la bionda, cercando di assumere un atteggiamento composto e sereno.

<< Non è successo nulla di cui preoccuparsi, Ino. Semplicemente abbiamo avuto un piccolo incidente mentre ci allenavamo. Tutto qua. >>

Il sorriso di Sakura era tirato e spento, evidentemente falso.

Ma appunto per quello, lei non ribatté.

<< Ho capito. >>, rispose semplicemente, abbozzando un sorriso pure lei.

La ragazza questa volte si rivolse all’Uchiha.

<< Sasuke-kun, senti… >>

<< Sakura. >>, la sua voce la fermò, come acqua gelida.

<< S-Sì? >>, mormorò lei, evidentemente sorpresa dall’improvviso tono.

<< Possiamo parlarne dopo? >>

<< Oh, ma certo. >>

Sembrava delusa, quasi.
Ma solo un poco, un piccolo dolore appena percettibile solo dal movimento sfuggente delle pupille, e dalla bocca che si piega verso il basso, agli angoli.

<< Ci vediamo. >>

Lui si alzò e lasciò la stanza così, senza un’altra parola o una sguardo in più, senza un perché.
E Ino lo seguì.
Non c’era un motivo, non c’era un ragionamento. Lei lo fa e basta, e Sakura li guardò allontanarsi.

Anche lei è rimasta indietro di qualche passo, ma perché sembra che non le importi? E Sasuke? Si allontanerà sempre di più, o rallenterà per aspettarla?

Riusciranno a toccarsi?

Questo, forse lei non lo vuole sapere. E chiude la porta, confinando fuori ciò che preferisce non vedere.



* * *


Nuvole scure si addensarono all’orizzonte, macchiando quel cielo così azzurro, così brillante, così perfetto. E Ino pensò che dopotutto, fosse meglio così. Per un attimo – ma è un istante soltanto – si chiede se anche Shikamaru stia osservando quelle stesse nuvole, da una terra lontana lontana…
Ma è solo un attimo, prima che il pensiero svanisca, inabissandosi nei recessi della sua mente.
E torni al presente.

<< Sasuke. >>

Lo stava seguendo da dieci minuti, oramai.
Lui ha camminato per le strade più strette e intricate di Konoha, mentre lei si chiedeva come potesse conoscere quei vicoli. Lo ha seguito, abituandosi al suo passo veloce e costante, senza un attimo di tregua.

Adesso la sua voce è graffiata, la gola secca. I suoi occhi sono fissi sulla sua schiena, talmente penetranti che sembra vogliano trapassarla.

Ma lui è Sasuke Uchiha. Non ci sono occhi che possano competere con i suoi.

Continua a camminare, incurante.

<< Sasuke! >>

Per un istante, un secondo solo, sembra che lui esiti, i suoi piedi fanno una pausa impercettibile sul selciato – ma è solo un istante, uno solo, prima che rincomincino la sua corsa rabbiosa.

Lo vedi, non è vero? Ancora una volta ti stanno lasciando indietro.

Il kimono bianco si allontana sempre più, il rumore dei passi s’affievolisce.

Ino stringe i pugni, tanto che le unghie [sempre troppo lunghe, come diceva Asuma-sensei] le si conficcano nei palmi.

Riesci a vedere?

La figura dell’Uchiha è sempre più piccola, quasi insignificante mentre si allontana.

Mentre si allontana.

Mentre si allontana.

Mentre si allontana.

No, non questa volta.

E anche se è così lontano, anche se sta andando via, anche se lo sa (lo sa) che non gliene importa niente, a lui, lei corre, cadendo sul dannato selciato, e arrancando in maniera patetica (così inutile), pur di avvicinarsi, pur di arrivare…
Per non essere lasciata indietro, almeno questa volta.
Il suo braccio scatta in avanti, nel tentativo di afferrargli il braccio, un lembo di tessuto, qualsiasi cosa purché non vada via.

Non andare.

La manica bianca del kimono è sfuggevole al tatto, quasi un monito [Non toccarmi], un avvertimento [Va via. E’ meglio così.].
Ma per una volta, non le importa.
Anche se i suoi occhi sono rossi, anche se il suo sguardo è freddo e distante, e dice solo lasciami in pace, non importa, davvero. Lei non ha intenzione di lasciare andare la stramaledetta manica.
Lui adesso si è fermato, di colpo e in mezzo alla strada. La sua espressione si fa sempre più dura, ma la sua presa si fa solo più ferma.

Ed è allora, che i loro occhi si incontrano.

Lui è un Uchiha. Nessuno sguardo può competere con il suo. Si dice che lo sharingan riesca a vedere non solo i movimenti del chakra, ma anche quelli dell’anima.

Riesci a vedere?

I suoi occhi sono rossi, e quell’azzurro così assurdamente intenso quasi sparisce per contrasto.
Ma questa volta, è lui il primo a rompere il silenzio.

<< Cosa vuoi? >>

E Ino, per una volta, non sa cosa ribattere. Perché la verità è che nemmeno lei lo sa, nemmeno lei stessa sa dire cosa cerca in lui, da cosa è guidata la sua sciocca ostinazione.

Ancora la stupida fissa di una stupida ragazzina per lui, il ragazzo dagli occhi vacui e senz’anima.

Forse, è appunto per quello.

Hai perso i tuoi sogni? Hai perso ciò in cui credevi, Ino-chan?

“Perché se non posso credere, non ho più nulla.”

E’ il nulla che vai cercando, ora?


“La luce… La luce è cambiata, Sasuke.”

Cosa vuoi?

Le sue labbra si piegarono in un sorriso amaro.


<< Tu cosa puoi darmi, Sasuke? >>

* * *

Gli ospedali cambiano, in inverno.
C’è un odore diverso fra le lenzuola fresche di bucato, fra le boccette di medicinali ancora sigillate. Anche le stanze, sembrano impregnate di un aria diversa.
Sakura lo sa bene: ha passato [aspettato] tanto di quel tempo tra quelle mura [due anni e mezzo], osservando la luce cambiare e mutare attraverso le medesime finestre. Conosce ogni angolo di quell’edificio, ogni nascondiglio. Sente di appartenergli più che mai, e col passare degli anni, lentamente, anche esso sembra diventare suo.

Perché il sangue può essere sempre e comunque lavato. Perché anche il pianto più struggente si spegne, prima o poi. Perché i morti si seppelliscono, anche nella memoria.

Ma adesso non è inverno. Adesso c’è una splendente primavera che brilla fuori dalle finestre sempre chiuse. Il cielo è brillante, il sole caldo e l’aria è sutura di polveri e dell’odore dei fiori.

Per quanto privi disperatamente, lei non riesce a rimuoverlo dalle narici.
Terra, fiori, scarti biologici in decomposizione, quell’indefinibile pesantezza nell’aria…
Lo conosce troppo bene, e non riesce a farci nulla: perché lo sa, che quello è stesso odore che si trova in prossimità delle pietre tombali.

La stanza di Naruto era bianca, la luce filtrata dalle nubi che coprivano il cielo era azzurrina, meno brillante rispetto a quell’Aprile. Sakura avanzò a passo lento, senza far rumore.

Stava dormendo.

In un altro tempo, in un’altra storia, forse se ne sarebbe semplicemente andata, o l’avrebbe svegliato a calci.

Il pensiero la fece sorridere appena.

Invece, si sedette sullo sgabello di fianco al letto, con un sospiro appena accennato. Quello che era successo solo un’ora prima… Sembrava così assurdo. Così impossibile.


<< Io non credevo che… Non… >>

<< Idiozie! In quanto ninja medico conosci benissimo
Questo tipo di conseguenze. Smettila di accampare scuse, Sakura. >>

Strinse le labbra in una linea, abbassando appena il capo.

<< Mi scusi, Tsunade-sama. >>

La donna la guardò un attimo, prima di sbuffare.

<< Sakura, non ce l’ho con te per quello che è successo
Con Naruto. Si riprenderà fin troppo presto,
lo sai bene. Quello di certo non mi preoccupa. >>

La kunoichi alzò la testa, le sopracciglia aggrottate.

<< …Ma non puoi lasciare che la tua lucidità e
La tua capacità di giudizio in quanto ninja medico vengano compromesse.
Spero non si ripeta più. >>

<< Hai, Tsunade-sama. >>

<< Puoi andare. >>


Senza neanche accorgersene, la kunoichi si trovò a guardare distrattamente il volto di Naruto. I folti capelli biondi gli coprivano gli occhi [la benda era ancora là]. Dormiva profondamente… Ma osservandolo meglio, poté notare che non si trattava esattamente di un sonno pacifico e privo di sogni. Al contrario, le sopracciglia erano aggrottate, l’occhio sinistra serrato, il volto rigido e la mascella contratta. Sakura lo guardo ancora qualche secondo, un misto di confusione e apprensione visibile nei suoi occhi.
Poi, riscossasi, gli posò una mano sulla spalla, scuotendolo leggermente.

<< Naruto? Ehi, svegliati! >>

Il ragazzo spalancò gli occhi di colpo, guardandosi intorno, disorientato.

<< Sakura-chan. >>, mormorò quando mise a fuoco il suo volto, e un'espressione di vago stupore si fece largo fra i suoi lineamenti.

<< Come stai? >>, disse lei quietamente.

Lui si mise a sedere sul letto, facendo un profondo sbadiglio.

<< Benone! – rispose recuperando subito la solita vitalità - Mi dispiace però, che abbiamo dovuto interrompere l’allenamento così… >>, mormorò poi a voce più bassa.

Lei non rispose. Non subito.

<< Mi dispiace. >>, disse frettolosamente.

<< Nani? >>

Un sospiro.

<< Sono stata imprudente. Non ho… riflettuto sulle conseguenze. In quanto ninja medico della squadra, era mia responsabilità garantire che… >>

<< Basta così. >>

La sua voce era stranamente dura, mentre disse quelle parole.

<< Eh? >>

<< Sakura-chan, ma perché devi sempre cercare di addossarti la colpa su tutto? >>

<< Non è così! E’ che… >>

<< ‘Sono stata inutile’? E’ questo quello che intendevi? >>

<< …Sì. >>, sussurrò con un filo di voce.

Naruto scosse appena la testa, abbandonando la schiena contro il muro.

<< Credevo l’avessi capito. Tu non sei inutile. Mai. Assolutamente mai. >>, borbottò burbero, incrociando le braccia al petto.

<< Smettila. Sono stanca delle persone che mi dicono così solo per rassicurarmi. >>, sbottò lei, irritata.

<< Rassicurarti? >>

<< C-Come fanno Kakashi-sensei, la Maestra Tsunade… Anche Shizune. >>

“Ottimo lavoro, Sakura.”

“Sei sempre stata molto portata per il genjutsu…”

“Oh, sei stata bravissima Sakura-san!”


Non è vero.
Alla fine, nei momenti decisivi non sono mai in grado di far nulla.

<< Da quand’è che hai bisogno di essere rassicurata? >>, esclamò lui cercando di trattenere una risata.

<< Razza di idiota! E’ appunto quello che sto dicendo, che non ne ho bisogno! >>

<< Beh, io non lo dico mica per quello. >>

<< E allora perché? >>

Lui la guardò, perplesso, come se la risposta fosse di un’ovvietà tale da stupire che lei non ci fosse arrivata.

<< Perché è vero. >>

Silenzio.

<< Se non ci fossi stata tu oggi, per esempio, me ne sarei rimasto su quel prato a fare da fertilizzante per le piante. Non credo che Sasuke sia capace nei medicjutsu, ma comunque non ho nessuna voglia di testare le sue abilità. >>

Sakura si limitò ad annuire, mordendosi nervosamente le labbra. Tentandosi disperatamente di convincersi che fosse vero.

E’ inutile, te ne sei accorta, no?

Per quanto ti alleni, per quanto ti sforzi di dimenticare, resterà lì.

<< Comunque, adesso credo che dovresti prendere qualche precauzione durante gli allenamenti. Tsunade ha detto che ne parlerà a Jiraya, e… >>

<< Non ce n’è bisogno. A dir la verità mi aveva già detto tutto Kakashi-sensei. >>

...Quella voce:

‘Sei debole. Sei inutile. Sei solo un peso.’

<< Eh? >>

<< Beh, mi aveva avvertito che ci sarebbe state delle conseguenze, diciamo. >>

<< Ma… Ma perché allora non ce ne hai parlato…? Perché non mi hai detto nulla…! >>

<< Ecco, uhm… Mi sono dimenticato, sì! L’ho scordato completamente! >>


<< Per prima cosa, potrebbe risentirne l’equilibrio. >>

La voce di Kakashi era pacata, le parole misurate, il suo
sguardo indifferente come al solito.
Naruto strinse nervosamente un lembo del lenzuolo.

<< Che vuol dire, Sensei? >>

<< Camminando non te ne accorgerai, probabilmente. Ma farai più fatica ad atterrare
in posizione eretta, o magari correndo a mantenerti si un percorso rettilineo. >>

Lui non aveva risposto, limitandosi ad abbassare lo sguardo.

<< Sarà il caso di incominciare un allenamento speciale. Ti ci abituerai, vedrai. >>

A quel punto, il ragazzo aveva rialzato lentamente il volto,
la solita espressione di determinata fiducia dipinta nello sguardo.

<< Certamente! Dopotutto, diventerò Hokage, io! >>


<< Bugiardo… >>

Sakura a quel punto aveva abbassato il volto, il mento che andava a toccare il collo della maglietta.

<< Io non ho bisogno di essere protetta, Naruto. >>

<< Ehi, ovvio che lo so Sakura-chan! Qualcuno in grado di buttare a terra un albero con un solo pugno di certo non… >>

<< Non in quel senso, baka! >>, proruppe lei, guardandolo dritto in faccia con espressione infuriata.

<< Possibile che tu non riesca mai ad essere serio? >>, sbuffò incrociando le braccia.

<< Heh, scusa, Sakura-chan. >>

Sakura-chan, Sakura-chan, Sakura-chan! Possibile che dovesse ripetere il suo nome tutte quelle volte?!

<< Non importa. >>

Naruto per una volta non sembrò prestarle attenzione. Infatti, aveva cominciato a strofinarsi con aria insofferente la benda, spostandola di tanto in tanto.

<< Ma che fai…! >>

<< Ah, mi da’ fastidio! >>

Sakura strinse le labbra in una linea sottile.

<< Dopotutto, potresti anche toglierla. La ferita si è rimarginata. >>

<< Lo so, ma poi che faccio? >>

<< In che senso? >>

<< Forse dovrei mettere il coprifronte come Kakashi-sensei… Naah, sembrerebbe che voglia copiarlo. Dovrei prendermi una fascia? >>

<< Solo tu potresti pensare a idiozie del genere… >>

<< Ma cosa dici, Sakura-chan, guarda che è una questione di vitale importanza! >>

La kunoichi soffocò una risata, e si alzò, lisciandosi le pieghe del vestito.

<< Ora sarà meglio che vada. Tsunade mi ha affidato il turno serale nella corsia, meglio non farla infuriare. Tu comunque puoi tornare a casa… >>

“E che m’importa? Tanto non c’è nessuno ad aspettarmi!”

<< Ah, sì. Immagino che tornerò a casa. >>

Improvvisamente il tono della sua voce si era fatto distante, come se parlasse da mille miglia più lontano. E Sakura ebbe l’impressione di aver detto qualcosa di sbagliato. Terribilmente sbagliato.

<< Magari, se vuoi ci vediamo… Dopo. >>, aggiunse quando oramai era alla porta.

<< Eh…? >>

<< Scemo. Intendo, io finirò tardi. Se non ti scoccia aspettarmi possiamo mangiare insieme. >>, borbottò Sakura, senza guardarlo. Osservandola bene in volto, chiunque avrebbe potuto notare il leggerissimo rossore sulle guance.

Per qualche secondo ci fu un tirato silenzio, e Sakura temette che lui l’avesse semplicemente ignorata, troppo perso in chissà quali altri pensieri. Facendo appello a tutto il suo coraggio, alzò gli occhi, per guardarlo in faccia.

<< Naruto, hai capito… >>

Si interruppe di colpo, focalizzando il volto del ragazzo. L’occhio visibile era spalancato fino all’inverosimile, e sembrava avere i lucciconi. Anche la bocca era mezza aperta, e nel complesso dava l’immagine di stupore misto allo shock più assoluto.

Dopo altri secondi di ridicolo silenzio, Naruto sembrò riprendersi.

<< M-Ma certo, Sakura-chan! Ti aspetterei anche tutta la notte! >>, riuscì a dire finalmente, con il più ampio dei sorrisi.

<< Ehi, ehi non esagerare adesso…! >>, disse Sakura, con un sorriso imbarazzato.

<< Quindi ci vediamo dopo…? >>

<< Uhm, sì, a dopo. >>

La ragazza si chiuse la porta alle spalle, i suoi passi svanirono nel lungo corridoio.

Naruto si lasciò cadere sul letto, il sorriso che ancora aleggiava sulle sue labbra. Per qualche secondo non fece che fissare il soffitto, semplicemente felice.

Io sono solo un sostituto, lo so perfettamente.

Non mi faccio illusioni.

I pensieri [che non avrebbe voluto avere] lo colpirono con la forza di uno schiaffo, facendo dissolvere immediatamente quel sorriso.

Dopotutto, chiunque avrebbe paura di rimanere solo.

Dev’essere per quello.

Con un sospiro rassegnato, si rialzò, recuperando la giacca che era caduta per terra, e raggiungendo la porta, per uscire. Prima, istintivamente, lanciò un occhiata al vetro opaco della finestra.
Le nuvole s’erano addensate nel cielo. L’odore della pioggia filtrava dalle inferriate.

Un sorriso amaro gli piegò gli angoli della bocca.

Di una cosa ero certo: l’avrebbe aspettata anche fino alla fine del mondo.


* * *

 

Cosa vuoi?

Tu cosa puoi darmi, Sasuke?


<< Io non ho nulla da darti. >>

I suoi occhi erano rimasti vuoti, come sempre, ma comunque fissi su di lei.

<< E io da te non pretendo niente. >>

Il suo sorriso aveva qualcosa di disincantato, quasi crudele.

<< Tu non capisci. >>

La sua voce era ricolma di una sofferenza distante.

Ma quel sorriso così rotto non si era infranto.

<< Vogliamo scommettere…? >>

 

 


* * *

Ce l'ho fatta. Ce l'ho fatta. Ce l'ho fatta. Sono le dieci di sera, ma ce l'ho fatta.

15 pagine di capitolo per farmi perdonare del ritardo. Sinceramente, non riesco a dire altro X'D

A parte, ovviamente, recensite please.

Ja Ne,

suzako

Next => Above the thunder.

(secondo capitolo fuori programma, sigh)

 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Above the thunder ***


The Cruellest Month

 

[Above the thunder]

 

Le nuvole continuavano ad addensarsi, ampie macchie purpuree che andavano a sporcare un cielo opaco, gonfie di tuoni e di pioggia, componendo un quadro sempre più cupo, dipingendo chiaramente i contorni di una scena macabra e inquietante. La luce era tetra e flebile, così distante dal luminoso chiarore che aveva caratterizzato quei giorni. Le masse gassose si muovevano al comando di una brezza sempre più fredda, sempre più insistente.
Davvero troppo, per essere una giornata di fine Aprile.

Eppure, Ino, alzando per un attimo lo sguardo distratto verso l’alto, non poté fare a meno di pensare che quel cielo e quei tuoni fossero molto più giusti, rispetto a quella primavera così crudele.

<< Non ho tempo di giocare con te. >>

Gli occhi di Sasuke erano fissi nei suoi, lo sguardo strafottente stampato sul volto pallido spaventosamente simile a quello che l’aveva caratterizzato per tutta l’infanzia.

Dopotutto, sei ancora solo un bambino, non è vero?
 

<< Vuoi dire che hai paura? >>

Sulle sue labbra bianche si stagliò l’ombra di un sorriso gelido.

Dopotutto, sei ancora solo, non è vero?
 

<< Le tue parole non mi fanno alcun effetto. >>

E tu? Cosa credi di aver trovato? Cosa credi di avere, più di me?
 

<< E’ vero. Dopotutto, non c’è niente che ti possa toccare in alcun modo, non è così, Sasuke? >>

Lui non rispose.

<< Sai, ho sempre pensato che… - incominciò a parlare lei, con tono distante, lo stesso che si usa per raccontare un sogno - Che tu fossi grande, sempre il migliore, il più forte, il più determinato in combattimento e il più deciso di fronte agli avversari. Un modello da imitare, insomma. Buffo, non è vero? >>

Una goccia si infranse al suolo, silenziosa.

<< E mi arrovellavo, riflettevo, cercavo di capire come facessi, quale fosse il segreto della tua forza. Lo so, ciò che ti spingeva – che ti spinge ancora adesso – solo il desiderio di vendetta. Eppure io, ero convinta, ero certa che non fosse possibile, dovesse esserci dell’altro. Pensavo che una forza così grande dovesse essere generata da qualcosa che grande lo era altrettanto. >> 

Qualcosa di giusto. Qualcosa di prezioso.


Gocciola, gocciola.

<< Mio padre mi diceva sempre che la vera forza nasceva dal desiderio di proteggere ciò che ti è caro. >>, mormorò lei, lentamente.

La sua mano si irrigidì attorno all’elsa della spada.

I suoi occhi si alzarono nuovamente, riflettendo il colore grigio del cielo.

Gocciola.

Gocciola.

<< ...Sai, adesso però credo di aver capito. >>

Un suono soffocato, tra una risata e un singhiozzo, uscì dalle sue labbra.

<< Non era quella la vera forza, non è così? Tu hai tradito Konoha. Hai tentato di distruggere con le tue stesse mani tutto ciò che avevi. >>, disse con tono tagliente.

<< E le cose preziose, i legami… Sono inutili. Alla fine, causano solo sofferenza. >>

Gocciola.

<< …Solo sofferenza. >>, ripeté, alzando lo sguardo.

I suoi occhi erano lucidi.

In risposta, ricevette uno sguardo opaco.

Perso.

<< Dopotutto, tu sei sempre stato solo. E anche se non sono forte come te… Potrei abituarmici anche io, no? >>

 Perché adesso, sono sola anche io.



Ora stava davvero piangendo.

Gocciola.

Gocciola.

Lui non disse nulla. I suoi occhi, non dissero nulla.

<< Ah! Di certo non mi aspettavo una risposta. Ma sta’ tranquillo. Non ti disturberò più. >>

Essere lasciati indietro… Di nuovo.

Il viso di Sasuke era sempre apatico, sempre indifferente. Le parole non sembravano neanche in grado di scalfirlo. La sua maschera era impenetrabile. Ino cominciava a chiedersi se ci fosse davvero qualcosa, dietro quella maschera.

Con un sorriso rassegnato, si voltò, pronta and andarsene. Era stata solo…

<< Sei una cretina. >>

Alzò la testa di scatto.
Le parole impiegarono qualche secondo a registrarsi nel suo cervello. Il tono della voce, l’inflessione, per un attimo erano suonate completamente sconosciute, alle sue orecchie.

Ma non c’era dubbio. Aveva sentito bene.
Si voltò con controllata lentezza, i suoi occhi mandavano lampi di furia. Prima la tormentava. Poi la ignorava. La faceva sentire completamente stupida. E adesso, doveva anche insultarla?

Era troppo. Decisamente troppo.

<< Senti, tu, razza di…! >>

Lui la interruppe senza ritegno.

<< Non credevo davvero potessi raggiungere tali livelli di idiozia. Così fai concorrenza a Naruto… Quando avevamo undici anni. >>

Il suo viso pallido si scoprì in un ghigno crudele, un improvviso bagliore illuminò di una luce fredda quegli occhi.

<< Ma come ti permetti?! – sbottò lei  Ma allora non sei un bastardo! Sei solo uno stronzo! Solo un sfottuto stronzo! Ecco il segreto del misterioso Sasuke Uchiha, egli non è altro che un idiota privo di cervello! >>, incominciò a urlare, senza smettere di fissarlo. La pioggia, sul viso, quasi non la sentiva.

Le gocce avevano incominciato a cadere, sottili e pungenti come aghi.

Quando la sua voce si smorzò, il silenzio scrosciante della pioggia risuonò più forte che mai. Sasuke si limitò a guardarla. Non la fissava, non la osservava, neanche si sforzava di scrutarla. Semplicemente, la guardava. E i dai suoi occhi, invece della solita apatica freddezza, traspariva il più autentico disprezzo.

<< Tu… Non capisci. >>, la sua voce era un roco sussurro.

Si avvicinava, e ogni passo affogava nel fango.

<< Non hai mai capito. Non capirai mai. >>

Quando la distanza si fece più che ridotta, lui si fermò, esattamente davanti a lei, mentre continuava a guardarla. Fu in quel momento che Ino s’accorse che era parecchio più alto di lei. Per guardarlo negli occhi, doveva alzare di parecchio il volto. E le gocce di pioggia che le scorrevano sul viso, non era certo d’aiuto.

Perché era pioggia. Solo pioggia. 

<< Arrogante come sempre, eh? – rispose lei, con la gola improvvisamente secca – Se non mi spieghi, come puoi pretendere che io capisca? >>, rispose con un sorriso beffardo. Triste, ma beffardo.

Lui non rispose. La sua mano invece s’alzò al suo viso, le dita fredde andarono a tracciare una linea immaginaria che andava dalla sua tempia al mento, prima di staccarsi dalla sua pelle, lasciando appena l’impressione di averla sfiorata. Era calda.

<< Tu… >>, incominciò, esitante…

Un rombo di tuono, cupo, forte, incredibilmente vicino fece sobbalzare entrambi, distruggendo quel momento prima ancora che fosse nato, spargendolo in mille frammenti, riducendolo a sabbia, polvere in balìa della prima Borea. Il tuono cancellò le parole che stavano per essere dette, nascondendo anche quelle già pronunciate.
La pioggia sferzava senza pietà, mentre il vento si lamentava fra gli alberi.

Fu solo in quel momento che Ino sembrò accorgersi di dov’era, e soprattutto con chi era. Si accorse di quanto, forse, fossero davvero troppo vicini, e la sua reazione immediata fu quella di scostarsi violentemente, balzando all’indietro, e rischiando di rovinare goffamente per terra.

Sasuke, neanche a dirlo, non fece una piega. Per lui era come se nulla fosse veramente successo.

Apparenza, no?
 

Mormorando qualche vaga parola di scusa, senza neanche preoccuparsene troppo, Ino girò i tacchi e corse via, arrancando, senza fiato, mentre la pioggia le colpiva la pelle, appannandole gli occhi e la mente. Più di due volte si girò, e poté vederlo ancora lì, immobile sotto il temporale: ogni volta, appariva più sfocato, distante, dai contorni meno nitidi, come un fantasma evanescente.
E questa volta, andando verso casa, non si chiese se ci fosse qualcosa dietro la maschera, ma cosa.
E soprattutto, si domandò se le sarebbe piaciuto.

 

* * *

 

Un altro tuono squarciò il cielo. Era il terzo.

Faceva freddo. Davvero troppo freddo per una sera d’Aprile. Non erano passate le sette, che la pioggia aveva incominciato a cadere, infrangendosi a terra con fragore, coprendo tutto con la propria coltre di silenzio e quiete.

Menzogne, vergogna, rabbia, dolore, mancanza…


Ma dopotutto, lui, poteva dire di esserci abituato, Quel freddo l’aveva sempre sentito. Gli occhi che lo guardavano erano sempre stati freddi. Casa sua, era sempre fredda. Quand’era solo… Faceva freddo. E adesso si limitava ad aspettare, fermo sotto la pioggia battente. Era fradicio, ma non importava.

…Tutto soffocata dalla pioggia.
 

Dopotutto, c’era abituato.

Diede un’altra occhiata al cielo sopra di lui. Le nuvole scure coprivano la volta celeste, formando grumi e chiazze buie sulla superficie violacea. Quella sera, non si vedevano le stelle.

Con un sospiro, Naruto si abbandonò al muro dietro di lui, passandosi una mano fra i capelli inzuppati. Era quasi mezzanotte. Stava aspettando da cinque ore.
E con un sorriso, pensò, per un attimo ho creduto sarebbe venuta. Era stato solo un piacevole istante d’illusione, nel quale si era crogiolato con perfetto autolesionismo. Solo per quello, l’impatto con la realtà era stato così duro. Solo per quello. In realtà, non è che gli importasse troppo.

Continua a ripetertelo.
 

Dopotutto, era normale. Sono cose che succedono spesso, gli esseri umani si feriscono continuamente. E non gli importava, davvero. Non troppo.

Forse riuscirai a convincerti che è così.
 

Sakura doveva essere uscita tardi, probabilmente era stanca. Magari non aveva voglia di uscire. Se aveva accennato a quell’invito, durante il pomeriggio, doveva essere stato solo per gentilezza nei suoi confronti.
Magari, se ne era semplicemente dimenticata. Si era dimenticata di lui.

A quel pensiero, Naruto non riuscì a trattenere un ghigno, che si tramutò ben presto in una risata rotta, singhiozzante e stridula, come il grido d’un moribondo. Non c’era nulla di divertente o comico in ciò che gli era successo. Dopo tutte le volte che lo avevano calpestato o usato, un piccolo dolore come quello avrebbe dovuto a malapena sfiorarlo. Era questo che lo faceva ridere.
Perché invece…

Invece

Lo sai qual è, la verità

La consapevolezza avrebbe potuto colpirlo con forza sufficiente a gettarlo al suolo: ma nonostante la propria ingenuità, in tutti quegli anni, qualcosa l’aveva imparato. Così lasciò che quel pensiero si sfaldasse, si perdesse lentamente, affogando fra gli altri pensieri. Il dolore s’estinse, impercettibilmente, come un sussulto. Andava tutto bene, si ripeté, va tutto bene.
Perché nulla era veramente successo.

 

Se c’era una cosa che Sakura detestava, erano i giorni di pioggia.
Erano freddi, bui, e… Bagnati. Molto bagnati. Come le lacrime. Non sopportava che le gocce le scorressero addosso, la sensazione della pesantezza dei vestiti, i movimenti impacciati. Gli occhi gonfi. Si sentiva priva di difese, vulnerabile. Debole.
Ma se s’era una cosa che davvero odiava, era dover tornare a casa a notte fonda, dopo cinque ore di lavoro ininterrotto, con una pioggia scrosciante ad attenderla fuori.

Però, probabilmente, quella volta sarebbe stato diverso, pensò con un piccolo sorriso, mentre si lasciava andare sospirando allo schienale della sedia. La reception dell’ospedale era vuota, e la kunoichi si volle concedere qualche attimo di riposo prima di uscire. “Conoscendo quel baka, sarà iperattivo anche a quest’ora”

A proposito di ora… Ma che ore erano?
Un’occhiata veloce all’orologio che sovrastava il muro bianco davanti a lei bastò a tranquillizzarla: non ancora le dieci. E aveva detto a Naruto che avrebbe fatto tardi. Non c’era nessun problema.

<< Sakura-san? >>

Una voce la fece voltare verso il corridoio.

<< Shizune? Credevo fossi già andata >>

<< Sì, stavo per avviarmi, ma sai, la maestra Tsunade è sempre una gran fatica…! Pensa che si era ubriacata di nuovo, non sai che fatica convincerla ad andare ad addormentarsi, piuttosto che scommettere il ruolo di Hokage a una partita di chouji con Jiraya! >>, replicò la donna con un sospiro drammatico.

Sakura si lasciò sfuggire una risata, pensando alla scena.

<< Piuttosto, Sakura… E’ parecchio tardi. Non avevi da fare? >>

<< Tardi? Beh, non direi… Sono solo le dieci. >>

La medic-nin la fissò con uno sguardo fra l’incuriosito e il perplesso. Poi sembrò accorgersi dell’orologio principale, e si lasciò andare ad un esclamazione.

<< Ah! Ma quell’orologio è fermo! In realtà… Credo sia già mezzanotte! >>

Il sangue sembrò defluire completamente dal volto della ragazza, che rimase a fissarla, colta completamente di sorpresa.

<< C-Cosa…? >>, mormorò con un filo di voce.

<< Mi dispiace, forse avrei dovuto avvisarti, ma con tutte le cose che abbiamo avuto da fare, davvero non… >>

Sakura non le diede l’opportunità di terminare la frase: scattò in piedi, buttando la sedia per terra, per poi precipitarsi con malagrazia all’uscita, correndo fuori, incurante della pioggia. Ma perché a me? Ma perché sempre a me? Pensò fra la disperazione. Fatti alcuni metri, si bloccò per guardarsi intorno, sperando di riconoscere una sagoma familiare, nell’oscurità. Di certo, quella stupida pioggia che bagnava la sua stupida fronte non aiutava affatto.

Continuò a girare intorno all’ospedale, occhi sbarrati nella notte, per un tempo che le sembrò infinito. Perché doveva esserci, semplicemente, doveva essere così. Non poteva accettare di aver perso, non questa volta.

<< Naruto!! >>

La sua voce suonò come un eco per le vie vuote di Konoha. Solo il vento, le rispose.
E fu in quel momento, che Sakura udì il rombo del tuono. Era un suono distante, solo vagamente minaccioso: dopotutto, non aveva mai avuto paura dei temporali – li detestava, sì, ma sapeva che non c’era nulla da temere. Eppure, quella notte, sotto quel cielo che gocciolava, gocciolava, suonò come un monito.

Improvvisamente, tutto il peso della stanchezza di quella giornata colpì con violenza le sue spalle, tant’è che quasi perse l’equilibrio. Vagava da chissà quanto, bagnata, esausta. L’unica cosa che desiderava adesso, era tornare a casa, riscaldarsi, e andare a dormire. Dopodichè, avrebbe dimenticato tutto di quella giornata.

Dimentica. Non è successo niente.

Naruto se ne era andato. Ma non era stata colpa sua, era lei che aveva fatto troppo tardi. Era sempre troppo tardi. Chissà quant’era rimasto ad aspettare, sotto la pioggia: lei aveva sempre abusato della sua pazienza e della sua gentilezza. Dopotutto, se lo meritava.
E non era successo niente, davvero. 

Avrebbe dimenticato.

Perché, dopotutto, nulla era veramente successo.

* * *

E' corto. Terribilmente corto. E sono in ritardo. Tremendamente in ritardo.  E non so davvero come scusarmi. **
Ho avuto una crisi mistica per quel che riguarda l'ispirazione, e per un po' non sono riuscita a combinare nulla. Mi dispiace, soprattutto devo scusarmi con Federica. Giuro che per il prossimo mi impegnerò.

E mi serve un salto temporale. Il mio regno per un salto temporale...!

Sto delirando.

E prometto di aggiornare anche How To Be Emo.
Forse.

Ja Ne,

suzako

P.s.= mi ero dimenticata una cosa importantissima. Grazie a tutti per le recensioni, davvero :)

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Recalling things that other people have desired ***


The Cruellest Month 9

The Cruellest Month

 

 
[Recalling things that other people have desired]

 

Non pioveva da una settimana.

Il cielo primaverile si stava dissolvendo, mutando nel soffocante azzurro spento dei pomeriggi estivi. L’afa rendeva l’aria pesante, il sole pallido, il caldo sembrava sopprimere sul nascere ogni azione o pensiero coerente. Tutto affogava in quelle giornate piatte, che si trascinavano lentamente. Anche solo muoversi, sotto quel cielo, costava una fatica enorme.
E il mese di Aprile ancora non era giunto al termine.

 << Alzati, Naruto. >>

 Lo shinobi aprì pigramente l’occhio, risollevandosi a sedere con un mezzo sbadiglio. Il caldo gli offuscava la vista – o perlomeno, gli piaceva pensare che fosse quello – e si sentiva la testa pesante. Ecco, forse quello era merito del taijutsu del suo sensei.

<< Ne, Kakashi-sensei, potevi lasciarmi riposare un altro po’! E’ tutto il giorno che mi alleno. >>

 Il Jounin sospirò, contraendo il volto impercettibilmente. Naruto che non voleva allenarsi: decisamente, c’era qualcosa che non andava.

 << Hai dormito quasi mezz’ora. Riprendiamo. >>

 << Non credo di averne voglia. >>

 La risposta lo colse vagamente di sorpresa. Aggrottò leggermente il sopracciglio.

 << Non credo affatto di volermi allenare ancora. >>, ripeté il ragazzo, alzandosi completamente, per poi incamminarsi.

 << Credi che scappare ti servirà a qualcosa? >>

La voce perfettamente calma ma tagliente del jounin lo bloccò.

 << Credi che continuare così mi servirà a qualcosa? >>, rispose con un sorriso amaro.

 << Non ti sei mai arreso, Naruto. Hai passato situazioni peggiori, lo so. Cos’è cambiato adesso? >>

 << Forse… Non è cambiato mai niente… Forse, appunto per questo… >>

 Si interruppe, come colto sul punto di dire qualcosa che avrebbe preferito tacere.

 << Sono solo un po’ stanco, tutto qua – si voltò con un sorriso – è colpa di questo maledetto caldo, Sensei. >>

 << Domani, all’alba. >>, replicò Kakashi, senza battere ciglio.

 << E va bene, ci vediamo alle sette! >>, gli gridò di rimando Naruto, mentre s’allontanava, con un gesto vago della mano.

 Forse non è cambiato niente…Su quello, si sbagliava, e solo Kakashi poteva dire quanto. Lui aveva sempre osservato. Conosceva i suoi allievi e gli altri ninja di Konoha meglio di chiunque altro. E capiva perfettamente che, nonostante ciò che potesse pensare Naruto, era proprio il cambiamento che lui non riusciva a comprendere e sopportare.

 Non erano più il gruppo di genin che aveva istruito quasi dieci anni prima. Non erano più bambini. Forse, non erano neanche più il Team 7

E, in qualche modo, avrebbero dovuto imparare ad essere qualcos’altro.

 

 << Merda… >>, Naruto imprecò, lanciando occhiate furiose al muro dell’ingresso di casa sua, per quanto esso non potesse aver colpa, se non quella di essersi frantumati così facilmente sotto il suo pugno. Chi lo sentiva poi, il proprietario dell’appartamento? Avrebbe potuto coprire il buco con qualcosa, magari… Sì, certo, un idea geniale.

 Arrancando stancamente, si buttò sul vecchio divano, le cui molle avevano incominciato da tempo a cedere. Ma in quel periodo, cambiare l’arredamento poteva dirsi l’ultimo dei suoi problemi. Si sentiva esausto, per quanto, non avesse fatto quasi nulla. Quattro ore di allenamento non avrebbero dovuto essere uno sforzo eccessivo per lui, nulla al quale non fosse abituato. Con un sorriso amaro, ripensò all’allenamento che aveva dovuto sostenere quel giorno.

Taijutsu. Di base. Roba che conosceva dai tempi del Fuuma Shuriken. Eppure, non si era mai accorto di quanto fosse difficile capire la distanza che intercorreva fra lui e gli oggetti. Anche stare in equilibrio con il calcio alzato diventava una faccenda imbarazzante. Aveva combattuto con Kakashi-sensei quasi due ore… Ed era riuscito a colpirlo a malapena tre, quattro volte. E sapeva perfettamente che il sensei neanche stava facendo così sul serio, mentre lui tentava colpi alla cieca con tutti la forza che aveva in corpo.

Avrebbe dovuto calmarsi, aveva detto lui, ma come diavolo faceva?
Come faceva a calmarsi, quando tutti gli sforzi che aveva fatto fino a quel momento s’erano rivelati talmente inutili da esser cancellati alla prima difficoltà?

Quando erano passati al lancio degli shuriken, non era andata meglio. Le lame roteavano come proiettili impazziti, fendendo l’aria e tagliando le rocce, ma non c’era verso che riuscissero a centrare il dannato bersaglio. Sembrava che semplicemente non gli fosse possibile. Per quanto si sforzasse… E tutti quello che Kakashi-sensei riusciva a dirgli, era, concentrati e calmati.

A ricordare quelle parole, la frustrazione, il sapore metallico del sangue in bocca, Naruto sentì la propria rabbia prendere il sopravvento, e un gran peso opprimergli il petto. Se solo…!

Il bicchiere che aveva in mano si frantumò sotto la pressione della mano. I pezzi di vetro schizzarono ovunque, alcuni andarono a conficcarsi nella carne. Naruto rimase lì a fissarlo, senza neanche sentire il dolore, senza riuscire a focalizzare bene su cosa fosse successo.

Fece un profondo respiro, tentando di riprendere il controllo sul proprio corpo. Si era solo… Lasciato andare alla frustrazione. Era normale, dopotutto.

Per lui, almeno.

Dopo quello che era successo, per di più, solo una settimana prima…

 Scosse la testa, alzandosi in piedi di scatto. Non doveva pensare. Non era successo niente. Assolutamente niente. E anche se era da quel giorno che lei non la incrociava nemmeno… Era sicuro fosse tutto a posto. Magari, l’avrebbe anche cercata, perché dopotutto erano amici [erano amici, no?] ed era quello che un amico avrebbe fatto.

L’avrebbe fatto, sì.

Quando sarebbe stato in grado di guardarla di nuovo negli occhi.

 

 

* * *

 

<< Sasuke-kun? >>

 La ragazza non riuscì a dissimulare il tono di sorpresa della propria voce. Non poteva negare che vederlo lì, al vecchio campo d’allenamento del loro gruppo, fosse una sorpresa.

Lui non ci tornava mai. A meno che non fosse lei [e Naruto] a chiederglielo.

 << Sakura. >>

 Lui si limitò a roteare gli occhi, e pronunciare il suo nome con la solita imperturbabilità. La katana non esitò un attimo sotto il comando delle sue mani, continuando a roteare fendendo l’aria.

 << Era… Da un po’ che non ci vedevamo. >>

 << Già. >>

Calò il silenzio.

Non capiva. Lei stessa non riusciva a comprendere il perché di quell’improvviso imbarazzo. Era da molto che non si sentiva più così nei suoi confronti. Non arrossiva ogni qual volta che lo guardava, non si sentiva in dovere di mettersi in mostra davanti a lui, non era più il suo pensiero fisso.

Eppure, a volte, si sentiva tutt’altro che a sua agio, con lui: esattamente come una volta.

C’era sempre qualcosa in Sasuke che le faceva venire il dubbio che ogni sua parola e respiro fosse messo sotto l’inappellabile giudizio del ragazzo, alla mercè di quegli occhi, che pur non apparendo sempre freddi e inaccessibili come una volta, le incutevano ancora una sorta di reverenziale rispetto.
C’era sempre qualcosa in lui, che…

 Sciocchezze, si disse Sakura, è mio compagno, e non c’è alcun motivo per il quale mi debba vergognare in sua compagnia.

 << Che ne diresti di allenarci insieme? >>

 Non avrebbe voluto che la sua voce suonasse così debole e acuta, e le sembrava orribile come quel ‘insieme’ fosse stato rimarcato. Era sconveniente.

Lui si fermò, guardandola dritto negli occhi, questa volta. Sasuke sapeva essere davvero… Sgradevole, quando voleva, oltre che indifferente. Ma sicuramente, non era stupido. Conosceva Sakura Haruno, forse non bene quanto Naruto o il loro sensei, ma riusciva a capire quando poteva permettersi di trattarla alla solita maniera, o quando era il caso che si sforzasse un poco, perché anche lei aveva bisogna di essere confortata, di tanto in tanto.
E di tanto in tanto, era proprio necessario che fosse lui a farlo.

 Così quegli occhi si chiusero per un istante, e le labbra sottili si incurvarono appena, in quello che era un accennato sorriso. Breve e appena visibile, ma comunque sincero. E forse a qualcun altro sarebbe sfuggito… Ma non a lei.

 << Certo. >>

 Sakura, il suo sorriso, non fece nulla per nasconderlo.

Dopotutto, era sempre un’ottima occasione per quella che lei chiamava vendetta.
Si alzò subito, infilandosi con studiata cura i guanti neri che indossava sempre. Il suo sorriso si trasformò in un ghigno soddisfatto.

 << Niente kenjutsu, Sasuke-kun. >>, cantilenò.

 Ha bisogno di sfogarsi, Sakura. Perché è nervosa e stanca e nonostante gli sforzi tutto sembra andare sempre peggio. Ne ha bisogno, e lo sa anche lui, come sa che quello è l’unico modo che conosce per aiutarla. Dopotutto, non è che lei sia così crudele.

Non gli romperà nulla che non possa essere riparato.

 

Quando Ino arrivò al campo d’allenamento numero tre, la scena che le si presentò davanti agli occhi fu più che inusuale. Dopotutto, non era scena di tutti i giorni vedere Sakura Haruno all’inseguimento di Uchiha Sasuke, il quale si trovava evidentemente in difficoltà nell’evitare i suoi pugni assassini, che finivano sistematicamente per aprire crateri nel terreno.
Quasi le dispiaceva interrompere quella scena. Quasi.
Ma dopotutto, sembrava dovessero andare avanti per un bel po’. Sasuke era molto agile, e anche senza la katana…

Scosse la testa. Non era lì per lui, comunque.

<< Ehi, fronte-spaziosa! Vedo che ti dai da fare! >>, gridò a gran voce, ottenendo che Sakura si voltasse a guardarla, la più sorpresa delle espressioni dipinta sul volto.

<< Ino…? >>, si fermò con il pugno chiuso ancora nella fossa che lei stessa aveva creato.

Sasuke colse l’attimo di distrazione della kunoichi per sparire come un soffio di vento. Sicuramente, per non subire oltre il supplizio di antistress-barra-punch-ball di Sakura.

Sicuramente, non perché…

 

<< Ohayo – mormorò quietamente la Yamanaka, avvicinandosi – Come vanno le cose? >>

<< Ohayo. E’ tutto a posto. Ma da quand’è che t’interessa? >>, rispose con uno sguardo si sufficienza la kunoichi.

…Non perché c’era lei, no?

 
Sakura sembrava arrabbiata. O meglio, stizzita sembrava la parola giusta. Il modo in cui la fissava, la fretta con la quale si strappava praticamente i guanti dalle mani…

Non erano le solite litigate fra loro due. E questo, di certo non era positivo.

<< Ehi, era solo una domanda… >>

 << E io ti ho solo risposto! >>

<< Ma ti vuoi calmare?! >>

<< Io sono calmissima! E non dirmi di stare calma! >>

 << Senti, non prendiamoci in giro! Se c’è qualche problema… >>

<< Hai un problema, Ino? >>

<< Non è questo che intendevo. >>

<< Bene. Allora puoi anche andartene. >>

<< Non  ho nessuna intenzione di farlo, visto che sei tu ad avere un problema con me! >>

Sakura la fissò, gli occhi semichiusi, fastidio evidente sul volto.

<< Non ho nessun problema. Nessuno per cui tu possa fare qualcosa, perlomeno. >>, mormorò, abbassando il volto.

Ino si limitò a guardarla, confusa, senza sapere cosa dire. Possibile che per lei Sasuke fosse ancora… Così importante? O era successo qualcosa che non sapeva?

Scosse la testa, scacciando la curiosità. Non era il momento, dopotutto.

<< Io credo comunque che dovremmo parlare, Sakura. >>

La kunoichi aprì la bocca per dire qualcosa, ma sembrò ripensarci subito. Con un sospiro, si passò una mano fra i capelli, ed annuì.

<< E va bene. >>

 

* * *

 

Non aveva mai amato particolarmente casa sua.
Anche perché, quell’appartamento al secondo piano della periferia di Konoha, era difficile da chiamare così. Casa. Quando, riferendosene, pronunciava quel suono, la parola sembrava impigliarsi nella frase, come se fosse difficile trovarvi un senso logico. Non era casa, quella.

Non lo era.

Quello, era un posto dove per puro caso di trovava a passare la maggior parte delle sue notti insonni, e dove poteva chiudersi quando i rimproveri di Sakura e l’esuberanza di Naruto diventavano seriamente insopportabili.

Oltre che tutto il resto.

Era il posto dove poteva passare intere giornate semplicemente fissando il soffitto e non pensando. Facendo finta di non esistere. In giorni come quelli, guardare la folla che s’accalcava fuori dalle sue finestre scorrere imperturbabile e affluire in mille direzioni, rendeva facile immaginare che nessuno conoscesse il suo volto o avesse mai sentito il suo nome.

Era facile pensare di essere libero.

 
Sasuke Uchiha, dopotutto, non aveva più nulla.
Paradossalmente, aveva ritrovato tutto ciò che aveva mai potuto desiderare. Gli amici, e un luogo dove fare ritorno, la forza che aveva sempre desiderato. Il sole su konoha splendeva, continuamente. Anche quando non riusciva a vederlo, perché tutti sembrava riuscir a trovare un motivo per sorridere, sempre, sempre.

Anche quando non c’era niente per farlo.

E poi c’erano voci. Voci che non poteva fare a meno di ascoltare. Poteva ignorarle, ma loro restavano lì, e mormoravano continuavano a mormorare. Lui non ascoltava, ma loro erano lì, ed era impossibile non sentire.

 

Vendetta.

 
Sempre, sempre lì.

                                                                                La vendetta che bramavi tanti, dov’è finita?

 

Nel silenzio, le loro parole erano assordanti.

                    Hai rinunciato, perché vuoi fare finta di essere felice.


Perlomeno, quando era con loro…

              Vuoi giocare, piccolo?


…Poteva fingere che non ci fossero.

                                                                                Hai dimenticato.


Ma restavano, comunque.


                                      Codardo.


Sempre, sempre lì.

                                                                                                           Codardo.

 

Non è così. Non aveva dimenticato. Ricordava. Ricordava perfettamente.
La sua famiglia. La sua famiglia. Per loro era la vendetta. Solo per loro. Per il passato, come sempre. Viveva nel passato, dopotutto. Lui era già morto. Solo nel passato, riusciva a vivere. Anche Sakura, una volta, l’aveva detto.

E la sua vendetta…

Alla fine, aveva perso anche quella.

Per ciò, desiderava qualcosa che non andasse protetto.

Naruto, Sakura… Erano stati loro a ritrovare lui. Il merito, era loro soltanto. Non gli aveva mai ringraziati, perché non era una cosa che Sasuke Uchiha avrebbe fatto.

Ma anche adesso, pur essendo lì, non riusciva a ritrovare l’appartenenza. Non era la sua casa, non era la sua vita, quella. Non quella che desiderava, forse non ne desiderava nessuna.
Qualcosa che non avesse bisogno di essere difeso. Qualcosa che non rischiasse di essergli strappato via. Non voleva rischiare, non pensava ne valesse la pena.

Per nessuno.

Nemmeno per Yamanaka Ino.

 

* * *

 Gocciola.

Gocciola.

Dove si trovava era nero e vuoto in tutte le direzioni, l’unico segno dello spazio rappresentato da un cancello in metallo, che tagliavano i suoi occhi facendo filtrare da mille schegge il mondo reale.
Il buio era confortevole, denso e fitto, in grado di coprire i segni degli artigli tracciati nell’aria.

Lì non c’era senso del tatto o del gusto, le sensazioni erano più simili a un ricordo.

Diciotto anni non erano nulla, di fronte all’eternità.
Ma diciotto anni di prigionia, erano diciotto eternità di sofferenza, per il Kyuubi no Youko.

Per tutto quel tempo aveva visto attraverso gli occhi del bambino. Aveva sentito le sue sofferenze. La sua rabbia aveva offuscato l’oscurità della gabbia. Per rari, preziosi momenti, aveva vissuto attraverso di lui. La sua rabbia, la sua ferocia avevano attraversato le vene di quel corpo indegno. Aveva avuto coscienza. Aveva visto.

Poi, per uno stupido errore di quel bambino, per la sua debolezza aveva pensato di essere privato di una delle sue finestre su quel mondo fittizio. Il corpo dove era rinchiuso era stato offeso, e lui stesso se ne sentiva oltraggiato. Ma adesso comprendeva che si trattava esattamente del contrario. Il sangue era affluito, e il dolore aveva risvegliato i suoi sensi.

Quell’orbita vuota, sarebbe stata la sua via verso il mondo esterno.

Gocciola, gocciola.

Lì era oscurità lucida in tutte le direzioni, il senso del gusto del tatto dell’olfatto non avevano riscontri reali, esistevano solo i suoi occhi e il clangore degli artigli sulle sbarre metalliche.
Solo ogni tanti, era udibile l’irregolare cadere delle gocce, che battevano il suo tempo.

Gocciola, gocciola.

Non c’era via d’uscita.

Ma lui era Kyuubi no Youko, e un giorno, sarebbe tornato libero.

 

* * *

Il pomeriggio inoltrato aveva portato una brezza fredda a insinuarsi fra le vie di Konoha, e Ino non poté fare a meno di notare come il gelo sembrasse ancora più intenso, dopo quei giorni dove il sole aveva brillato fino a fare male.
Rabbrividì appena nella corta uniforme, mandando un'occhiata di sfuggita a Sakura, che mangiava lentamente i suoi dango. i suoi occhi sembravano incredibilmente lontani, e qualsiasi parola la kunoichi avesse pensato di rinvolgerle, le morì in gola.

<< Beh? Perché mi fissi? >>

Lei sbuffò, facendo una smorfia.

<< E' perché sei così bella, Sakura-chan! >>, borbottò sarcastica.

La sua reazione non fu quella che si aspettava.

<< Stai zitta. >>, mormorò, abbassando la testa. Sembrava abbattuta. E Ino non capiva il perché.

<< Ehi, ma sei sicura che sia tutto a posto? >>

la medic-nin fece una risatina che di allegro non aveva nulla.

<< A dir la verità no. Non sono sicura di nulla. >>

<< Cos'è... >>

<< Tu, piuttosto, sembrava volessi dirmi qualcosa. >>, la interruppe lei subito, per evitare che il discorso prendesse una certa piega.

Ino decise di rispettare la decisione dell'amica. Per il momento, si disse, solo per il momento.
Aprì la bocca, per cercare di introdurre quello che stava tentando di chiarire nella propria testa, ma si rivelò cosa vana. Non sapeva come incominciare. Non sapeva neanche cosa dovesse incominciare. Solo un nome, chiaro, limpido, emergeva dalla nebbia dei pensieri.

<< Sasuke. >>, mormorò alla fine, affranta.

Per un lungo istante, lei non disse nulla. Cosa avrebbe dovuto dire, dopo tutto?

<< E'... Complicato. >>, rispose dopo un po'.

<< Decisamente. Ma cosa non lo è, dopotutto? Il fatto è... Che io volevo parlartene per... Perchè, ecco non lo so perché, però, come dire, lui è sempre stato... è come se fosse... >>

<< Mio? >>, rise Sakura, di una risata amara.

Suo.
Ne era passato di tempo da quando erano due bambine che facevano a gara per le attenzioni di Sasuke-kun.
Erano cambiate tante cose, in quegli anni. Ma sin dal principio, Ino l'aveva capito: da quando Sakura era finita in Team con Sasuke. Non l'aveva ammesso, non l'avrebbe ammesso mai. Ma aveva capito che da quel momento, qualcosa aveva irrimediabilmente preso il suo corso, e non c'era nulla che lei avrebbe potuto fare per mutarlo.
Era gelosia, ma non soltanto. E alla fine, s'era arresa. Perché era cresciuta, e la sua vita non ruotava più intorno alle diete e a Sasuke-kun, adesso c'era lei, il suo orgoglio di kunoichi, quella promessa fatta ad Asume sensei [solo una promessa], c'era Chouji [era morto, Chouji] e Shikamaru. [Se ne era andato] Soprattutto, era arrivato Shikamaru [e poi, se ne era andato]

Per Sakura, era stato diverso. Aveva visto, Ino. Aveva visto la sua rivale cambiare, e nonostante l'ammirazione per il ragazzo e l'amore che provava per lui fossero sempre presenti, qualcosa era differente. Qualcosa che non sapeva definire.

Alla fine, se ne era andato, Sasuke.
Ma lei non aveva pianto. E in quel momento, aveva capito di essere libera.

[Quanto tempo era rimasta, Sakura, davanti alle porte di Konoha, ad aspettare che tornasse?]

Era solo suo, oramai.

<< Io... Io credo di sì. >>, mormorò, infine.

<< E non sai quanto ti sbagli. >>, rispose con tono piatto.

<< Non è quelli che intendi tu. Anche se tra voi non c'è mai stato niente... >>

Perché tu l'hai aspettato. Hai pianto per lui.


 << Ho sempre pensato... Che fosse tuo diritto, che tu e che lui... >>

Perché era il tuo sogno. E in lui, hai avuto fiducia.

 << ...Non è giusto, Sakura... >>

Perché eri tu a meritarlo.


Sei tu che dovresti stare con lui, adesso.

Sei tu.


<< Non è così che doveva andare... Non così... >>

Non è giusto.

 

Così... E' tutto sbagliato.

 
<< Ino... >>

Sakura non fece niente. Anche se stava piangendo per lei - Ino Yamanaka piangeva per lei - sapeva che non c'era nulla che avrebbe potuto fare, non esistevano parole che avrebbero potuto consolarla.

Era una tristezza, quella, che doveva semplicemente esserci.

Per poi poter essere dimenticata.

 

Oramai, non la riguardava più. Non era più la sua storia. Non era più il suo futuro.
Rimanevano solo i ricordi.

La ragazza continuò a singhiozzare, coprendosi il volto fra le mani, tremando. Con un ultimo singulto, alzò appena il volto, serrando gli occhi.

<< Sakura, mi dispiac-

E la sua mano le coprì la bocca, impedendole di parlare.
Ino spalancò gli occhi, incredulità e sorpresa ben leggibili sul viso. L'espressione di Sakura era indecifrabile. Rimasero così, a fissarsi per poco più di un istante. Poi, lei abbassò il braccio, e sorrise.

<< Hai fatto forse qualcosa di male? >>

<< ...Cosa? >>

<< Rispondimi. Hai fatto qualcosa di sbagliato? Di cattivo? >>

La determinazione dei suoi occhi era la risposta.

<< ...No. >>

<< Allora non chiedere scusa. Neanche io, lo farò. >>

Ino non rispose, limitandosi ad emettere un lungo sospiro, e guardare il cielo sopra di loro: nuvole scure s'allungavano verso l'orizzonte, mentre il sole rosso s'abbassavano pian piano, e il vento si faceva più quieto, meno insistente.
Era quasi il tramonto.

<< Devo dire che mi hai stupito, fronte spaziosa: non credevo avresti rinunciato all'occasione di sentirmi chiederti scusa. >>, disse con un ghigno divertito Ino.

<< Ma sentila. Già fai del sarcasmo... Pensa ad asciugarti gli occhi, Ino-chan. >>

<< Questo era un colpo basso, Sakura... Davvero un colpo basso. >>

<< Touché. >>

Erano passate quasi due settimane da quando Chouji era morto, poco meno dalla partenza di Shikamaru.

Era il tramonto, e, quella sera, avrebbe piovuto.

 

 Sono stata veloce. Come sono stata brava! [suzako se lo dice da sola - suzako è sull'orlo di un crack psicologico]
Il capitolo è stato divertente da scrivere, sì. Scena SasuSaku, sì. Spero abbiate apprezzato, sì, sì.
Ringrazio la mia pupattola emo per la parte che lei sa (si capisce, daiiii)

Me chiude prima di rivelarvi il mio numero di conto in banca.

Ja Ne

suzako

Next => The opposite of faith

 

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** The opposite of Faith ***


tcm

The Cruellest Month




[The opposite of Faith]


Estate.

L’afa col passare dei giorni diventava palpabile nell’aria polverosa e stanca.

Il caldo si trascinava fino alle ultime ore del giorno, lasciando che la sua ombra contaminasse la sera, umida e soffocante. Le nuvole coprivano il cielo, ma non sembravano in grado di filtrare la luce. Dormire, la notte, diventava impossibile.

Le coperte pesanti, il soffitto troppo basso, le mura troppo strette. E poi, il ronzio regolare del frigorifero, il cigolare degli infissi – e cigolavano sempre, da quando era bambino, ma perché ultimamente lo trovava insopportabile? Dormire, assolutamente, era fuori discussione.

Ma per il caldo. Semplicemente per il caldo.

Le vie di Konoha erano un gomitolo di strade fatte di ciottoli sconnessi, la maggior parte strette e tutt’altro che confortevoli. Lui, però, in quei vicoli aveva vissuto, e li sentiva suoi più di chiunque altro. Era tra le strade, dopotutto, che era cresciuto. L’accademia poteva avergli insegnato – tentato, più che altro – come reggere i kunai, ma di certo, non erano stato i bersagli dipinti da Iruka-sensei, a fargli da allenamento.

Ma quella notte era tardi, parecchio tardi – Naruto non sapeva precisamente che ora, visto che aveva centrato con uno shuriken il quadrante dell’orologio, purché se ne stesse zitto – e per le strade non c’era nessuno, non un rumore, non una luce. Era da solo.
Dopotutto, lo era sempre stato.

Rumore di passi…

O forse no.

Riconobbe la sua sagoma immediatamente, perché anche se con un occhio solo, la sua vista rimaneva sempre la più acuta. E poi, quell’andatura, la conosceva fin troppo bene. Semplicemente perché l’aveva visto allontanarsi tante, tantissime volte…

<< Oy, Sas’ke. >>

Anche lui, sicuramente, s’era accorto che stavano camminando sulla stessa strada – stessa strada, ma con direzioni diverse – ma aveva preferito ignorarlo. Naruto non se la prese. Non in quel momento, almeno.

Lui si fermò dopo pochi passi, alzando il volto.

<< Naruto. >>

Come? Niente ‘dobe’, niente ‘idiota’, oggi? Ehi, Sasuke, così non va: i tuoi occhi devono essere più cupi, devi sorridere in maniera più sarcastica… Ti stai chiedendo il perché? Lo so, sei uno scettico. Ma il fatto è, purtroppo, che un perché non c’è. Semplicemente è così che devono andare le cose, perché è così che sono sempre andate. Non farti domande inutili – Io, di risposte, non ne ho mai ricevute.

<< Che cavolo ci fai qua? >>

<< Non ho mica bisogno del tuo permesso per uscire di casa, Dobe. >>

Ah, certo. Così va molto meglio.

<< Certo che no… >>, si limitò a borbottare Naruto, grattandosi distrattamente la testa.

E quello, era il segnale.

In tutti quegli anni, se c’era qualcosa che due certi stupidi gli avevano insegnato, era osservare.

O meglio, accorgersi di ciò che gli passava di fianco. Vedere oltre ciò che gli importava – perché tanto, a Sasuke-kun non interessa, come aveva detto una volta Sakura – perché avrebbe potuto stupirsi, e trovare qualcosa di importante oltre le apparenze…

…Ma quella, era un’altra storia.

E quello che importava, era che adesso era lì, e come al solito, come ogni dannato giorno, c’era qualcosa che non andava, qualcosa di sbagliato – perché Naruto che non rispondeva a una provocazione, e vagava per Konoha alle tre di notte, era qualcosa di decisamente sbagliato.

<< Che è successo? >>, buttò giù con tono brusco, quasi svogliato.

Essendo Sasuke Uchiha, era il meglio che potesse fare.

<< Non è successo niente. >>, replicò lui, con un’alzata di spalle.

E forse, per una volta, sarebbe potuto essere proprio quello il problema.

<< Ma non dire idiozie. >>

Una volta che non sarebbe stata quella.

<< Ehi, Sas’ke, mi stupisci: da quand’è che ti interessa degli altri? >>

<< E da quand’è che a te non importa più nulla? >>, replicò lui, a bruciapelo.

Naruto, questa volta, non rispose. Si limitò a continuare a camminare fissando un punto imprecisato davanti a lui. Guardandolo in volto, non si sarebbe potuti arrivare a nulla, poiché sembrava non avere alcuna espressione.

Qualcun altro, si sarebbe comportato in maniera normale: qualcun altro si sarebbe arreso, avrebbe rotto il silenzio e avrebbe detto, come stai, cos’è successo, cosa sta succedendo adesso, cosa ci sta succedendo. Qualcun altro avrebbe gridato, invece di camminare in silenzio.

Ma per loro, era diverso.

Non c’erano mai stato parole. Parole reali, parole che sapessero andare oltre gli scontri quotidiani. Non avevano mai parlato davvero. Aveva sempre combattuto, fino a uccidersi. Era l’unico modo che conoscevano per comunicare, era l’unico modo che avevano per mantenersi, in qualche modo in contatto.

<< Sas’ke… - la voce di Naruto era bassa, ma non debole – andiamo ad allenarci. >>

Poche ore, e sarebbe sorta l’alba.



* * *

<< Che ore sono, Shizune-san? >>

La voce di Sakura suonava terribilmente stanca, quasi sull’orlo di spezzarsi. Esattamente come cinque minuti prima…

<< Non ancora le quattro, Sakura… >>

Esattamente come cinque minuti fa, avrebbe voluto aggiungere la medic-nin.

<< Capisco… >>, mormorò abbassando gli occhi la ragazza, e ritornando al lavoro di catalogazione che stavano svolgendo.

Ancora una volta, i suoi occhi opachi si posarono distrattamente sulla finestra di fronte, coperta dalle tende spesse e incolore dell’ospedale.
Non filtrava alcuna luce.

Nel silenzio tombale dello studio, anche il graffiare della penna sulle pergamene era assordante, e sembrava rimbombare senza posa nella testa di Sakura, acuendo il suo mal di testa.

Si lasciò sfuggire un sospiro, che non era stato il primo, quella notte. E questo, a Shizune non sfuggì.

<< Sakura… >>, incominciò, esitante.

<< Dimmi pure. >>, rispose la ragazza, in un tono secco a quasi infastidito, dettato più che altro dalla stanchezza e dal nervosismo.

<< Non è forse il caso che tu torni a casa? Questo lavoro posso finirlo io. Senza contare che le pratiche d’ufficio possono farle anche i novizi, Takada se la caverebbe sicuramente. >>, concluse con un piccolo sorriso.

Sakura alzò a malapena gli occhi.

<< Non sono affatto stanca, Shizune. E comunque, questo è il genere di lavoro che va svolto con una certa cura. Preferisco occuparmene io stessa. >>

Preferisco non dover pensare a nient’altro.

<< Capisco… >>

No, non puoi.

Non puoi.

<< Che ore sono? >>, mormorò nuovamente, dopo qualche istante.

Questa volta, Shizune non riuscì a trattenere un sospiro.

<< Mancano cinque minuti alle quattro. >>

La kunoichi si limitò ad annuire.

<< Devi andare da qualche parte, per caso? >>

Sakura si lasciò andare a una risata, stanca a sforzata, ma pur sempre di una risata si trattò.

<< No, Shizune, non devo andare da nessuna parte. >>

Non c’è nessuno che mi aspetta.


* * *

<< Non ho intenzione di aspettare un minuto di più. >>

La voce di Sasuke era indifferente, ma conservava comunque il solito tono arrogante. Lo guardava, e i suoi occhi scuri sembravano voler comunicare tutto il disprezzo che provava per lui.

<< Non ti facevo così frettoloso… >>, borbottò il ragazzo, rialzandosi a fatica.

Prima ancora che potesse sollevarsi completamente in piedi, l’Uchiha gli fu di nuovo addosso: Naruto riuscì a schivare gli shuriken con un balzo, e poco ci mancò che prendesse una ginocchiata nella schiena. In qualche modo, riusciva ad evitare tutti i suoi colpi, ma non c’era verso che riuscisse a ribattere. Colpiva con foga, a gran velocità, ma senza la minima cognizione, alla cieca: Sasuke riusciva sempre a schivare con una facilità che non faceva altro che aumentare la sua rabbia.

Ma la cosa più insopportabile, era che Naruto sapeva perfettamente che il Bastardo non stava neanche usando le proprie capacità al completo.

Lo sottovalutava. E questo, non poteva sopportarlo.

Andarono avanti così per più di mezz’ora. Questa volta, fu Sasuke a limitarsi a respingere gli attacchi, con la stessa indolenza di prima. E Naruto attaccava, con la stessa aggressività cieca di prima.

Il risultato, era esattamente quello di prima.

E quel patetico tentativo di combattimento sarebbe potuto andare avanti per molto, forse anche all’infinito. Se non fosse che Sasuke ben presto si stancò, e con una rapida flessione del polso, ritirò la katana, e lo mandò a terra con un calcio nello stomaco.

<< Sei debole. >>, constatò con indifferenza, guardandolo strisciare al suolo.

<< Fottiti… Fottiti! >>, ringhiò lui, volto nel fango, senza neanche cercare di rialzarsi.

Rimase lì, schiantato a terra, i pugni stretti a tal punto di sanguinare, il viso contratto e deformato.
Tremava. E un continuo ringhiare, basso e roco, sembrava provenire dalla sua gola.

<< Alzati. >>

Non era una richiesta. Era un vero e proprio comando.

Non rispose.

<< Alzati. >>

La sua voce non era autoritaria, non era ferma o imprescindibile.
Si limitava alla stessa vuota apatia che non l’aveva mai più abbandonato, da quel giorno di sei anni prima.

Eppure, era innegabilmente un comando.

<< Lasciami in pace. >>

Non alzò neanche la testa.

<< Vattene. Lasciami in pace, e vattene. >>

Sasuke non si mosse.

E fu in quel momento che si rese conto dell’assurdità della situazione.

Perché lì, c’era Naruto Uzumaki, autoproclamato futuro sesto Hokage, presunto ninja più imprevedibile del Villaggio della Foglia: il quale se ne stava così, sanguinante dalla rabbia, lasciandosi buttare a terra, senza neanche cercare di reagire. Chi era, quello? Era lo stesso che lo aveva riportato indietro? Era la stessa persona che gli aveva urlato in faccia noi siamo amici, proprio mentre lui gli apriva un buco in pancia? Era lui? Era davvero lui?

Non poteva. Semplicemente non poteva essere.

<< Non… >>

Non poteva essere.

<< Non dire idiozie… >>, biascicò a denti stretti, avvicinandosi a grandi falcate.

Lui non reagì, neanche quando Sasuke lo tirò su di peso, prendendolo dalla collottola.

<< Non me ne frega niente di quanto stai male e ti senti inutile. Assolutamente niente. Adesso alzati, e combatti. >>, disse con la stessa glaciale calma.

Naruto non sembrava né vederlo né sentirlo. Non sembrava niente.

E Sasuke, questo, non poteva sopportarlo.

Allora strinse la presa, e con uno scatto lo scaraventò dall’altra parte del campo dall’allenamento.
Naruto si schiantò al suolo, scontrandosi rumorosamente contro le rocce. C’era polvere nell’aria.
Questa volta, Sasuke, non rimase a guardare.

Si girò, pronto ad andarsene.

Fu in quel momento, che la terra tremò.

* * *



Gocciola


Gocciola


Dove si trovava era nero e vuoto, l’oscurità impediva di riconoscere alcuna forma di spazio o prospettiva. L’aria ristagnava, putrida. Le gocce colavano lente sulle sbarre di metallo, segnate dai graffi degli artigli della Volpe.

Sei patetico, bambino.

Quella era la Kyuubi no Youko, e il fatto che lui non avesse più dodici anni, era ininfluente.
Per lui, tutti gli uomini erano poco più che bambini.

Sei debole. Hai perso anche quel poco di potere che eri riuscito a racimolare, con tanta fatica, nel corso della tua stupida vita.

Naruto si limitò a guardarlo, e constatare che fosse ancora lì.
Era passato molto tempo, dall’ultima volta che aveva guardato quegli occhi. Non erano cambiati affatto, notò con vago disinteresse. Sempre rossi. Sempre crudeli. Sempre gli stessi… due occhi.

Tutto quel potere… E anche di più, molto di più, potresti averlo da me, lo sai. Senza il vostro continuo affannarsi, senza tormento. Solo la forza assoluta.

Io non sono te. Non voglio il tuo sangue.

La risposta uscì dalle sue labbra in maniera meccanica, spontanea. Ma subito dopo averla pronunciata, si chiese perché l’avesse detta.

Sempre le stesse siocche parole. Ma vedo che incominci a chiederti perché.

Perché?

Non è così?

Non rispose.

Perché aveva sempre pensato fosse sbagliato? Non ricordava. Per quanto fosse certo che fosse così… Non ricordava.
Dopotutto, lui voleva solo essere forte. Per proteggere i suoi amici, il suo Villaggio.
Lui aveva bisogno di quella forza.

La Volpe sembrava aver letto quei pensieri nello stesso momento in cui li aveva formulati. Il ghigno che scoprì le zanne bianchissime avrebbe fatto tremare più di uno shinobi. Ma lui, da un certo punto di vista, c’era abituato. Era come fosse… Una parte di lui.

E cosa vorresti, in cambio?

La zanne del kyuubi brillavano.

Io voglio vivere.

Naruto abbassò il capo, tentando di raccogliere i pensieri. Ma era come se fosse vuoto, completamente vuoto. Era come vedere le cose in maniera deformata e confusa.
Aveva l’impressione che gli sfuggisse l’essenziale.

Allora, bambino?

Alzò lo sguardo.

Sì.

* * *

Gli fu addosso prima che potesse anche solo pensare.
Il calcio lo prese dritto sulla mascella, scaraventandolo lontano di parecchi metri. Sasuke scattò immediatamente in piedi, lo sharingan che vorticava nelle pupille. Si guardò freneticamente intorno, ma prima che potesse individuarlo, un colpo ben assestato nello stomaco gli tolse il respiro.
Non riuscì a far nulla per evitarlo.
Il marchio incominciò a premere contro il sigillo, ma lui sapeva di non doverlo lasciar libero, sapeva, e Dio quanto bruciava, e non si sarebbe lasciato superare da uno stupido morso di uno stupido uomo serpente.

Concentrò il chakra, acuendo lo sharingan.

E fu in grado di vedere.

<< Tu…! >>, mormorò, spalancando gli occhi.

Non ebbe tempo di aggiungere altro, perché Naruto gli fu nuovamente addosso. Questa volta, non si lasciò colpire, schivando i colpi e cercando di non rispondere agli attacchi. Sentiva il sangue pulsare nelle vene, e notò subito quanto fosse difficile mantenersi lucido.

Il marchio continuava a vibrare, e bruciava, sembrava sanguinare.

<< Naruto, dannazione, fermati! >>

Oramai, non lo raggiungevano neanche le parole.
L’occhio rosso del kyuubi brillava, e le zanne erano scoperte in un ghigno disumano. Lentamente, sotto gli occhi sconvolti di Sasuke, una prima coda purpurea incominciò a formarsi, mentre le unghie delle mani si trasformavano in artigli, e la pelle incominciava a contaminarsi…

<< Merda. – biascicò – merda. >>

Un altro scatto, la mano aperta protesa verso di lui. Sasuke schiva, cerca di rispondere, ma lui continua ad attaccare, continua ad attaccare, senza la minima tecnica, guidato dalla semplice rabbia e dal desiderio di farlo a pezzi. Non importa quante volte lui lo butti a terra, Naruto – no, il Kyuubi – si rialza sempre, quel ghigno che gli spacca la faccia, e Sasuke risponde, risponde agli attacchi, ma l’impressione che no, quella non sia la cosa giusta da fare è un continuo martellare nel petto, ma no, non sa cos’altro possa fare, non lo sa, e non riesce neanche a riflettere, perché troppo impegnato a mantenersi tutte gli arti attaccati al corpo.

Gli attacchi si fanno sempre più feroci e mortali, il chakra inestinguibile della volpe lo rende instancabile, non c’è verso che possa fermarsi.

Lui, invece è quasi al limite.

Quasi.

C’è un ultima risorsa che è lì, e sibila, e brucia, e lì da così tanto tempo ormai, e da così tanto tempo lui non lascia che sia libera.

Ormai, è giunto il momento.

Sasuke lascia andare, e il marchio comincia la sua lenta contaminazione, mandando la pelle in cancrena, procurandogli fitte su tutto il corpo. Riesce a fermarsi al primo stadio. E’ tutto quello che gli serve, anche se lui, ormai ha già sviluppato tutta la seconda coda.

Non deve arrivare a quattro, altrimenti…

Adesso la sua percezione degli attacchi e dei movimenti è completamente diversa, ma ancora non riesce a fermarlo. Perché non può… Non vuole…

…Altrimenti, il kyuubi…

Era stato Kakashi stesso a dirglielo, voce bassissima e occhi sfuggenti. La quarta coda, era quella che andava ad evocare la forma della volpe stessa.

Andava fermato, subito.

E Sasuke, oramai, capisce che c’è un solo modo.

Uno solo.

Rispondendo agli attacchi solo per difendersi, non arriverà a nulla. Capisce che per fermare quella cosa, gli manca un componente essenziale.
Il desiderio di uccidere.
E non è qualcosa di completamente sconosciuto a lui: sa cosa significa, conosce quella sensazione… Può bastare un volto [tu] un ricordo [sei] una semplice parola [debole], e Sasuke riesce a sentire.
E questa volta, colpisce con tuta la forza che riesce ad accumulare, colpisce con tutto l’insofferenza e la frustrazione di quegli anni, colpisce non per gratitudine, non per salvare un amico, per sfogare il suo odio. Questo lo sa, e non può fare a meno che farsene una colpa.

Finalmente, il corpo di Naruto va a schiantarsi contro il suolo. Questa volta, non si rialza.

Sasuke è in piedi, il respiro pesante, gli occhi dilatati.

Le sue mani, sono sporche di sangue.

<< Che cosa… Che cosa stavi facendo? >>

Il suo è un sussurro spezzato dai singhiozzi, e non sa neanche se stia parlando con il ragazzo steso a terra, con uno spettro, o più semplicemente col vento.

<< Cosa cazzo credevi di fare, eh? >>

Sta urlando, ora.

<< CHE CREDEVI DI FARE?! >>

Sta urlando.

Ma l’altro, per la prima volta, sembra incapace di sentirlo.

Quando Kakashi e Yamato arrivano, li trovano ancora lì: Naruto a terra, e l’Uchiha in piedi, di fronte a lui. L’aria è elettrica, la concentrazione di chakra spaventosamente alta fa crepitare l’etere. Loro capiscono. Ma non dicono nulla.

[Sasuke non parlò. Non pronunciò una sola parola.
Kakashi, non fece domande.
Portarono Naruto nell’Ospedale di Konoha.

Sakura, se n’era appena andata.]

__________________________________________________________________________________________

Aggiornamento, yay *_*
Questo capitolo l'ho scritto un po' di fretta, penso si vedrà non solo perché succede di tutto in un niente - e per di più senza ragione apparante - ma soprattutto perché sarà sicuramente pieno di errori e sviste mie. Non ho affatto voglia di ricorreggerlo, scusate, ma se notate qualcosa fatemelo sapere.

Scrivere le scene fra Naruto e Sasuke è stato terribilmente divertente. Lo stupido intermezzo con Sakura era solo una patetica scusa per allungare il tutto.

...E sono due capitolo senza scene NaruSaku e SasuIno, diamine! Scusa Titti, giuro che col prossimo mi rifaccio ç___ç" Visto che questo era breve, cercherò di postarne almeno un'altro prima della fine della scuola, parola mia.

Ancora un volta debbo ringraziare Rekichan, che oltre a sopportare le mie crisi isteriche quando non mi va bene un capitolo, mi aiuta ad ampliare la mia cultura! *-*

E citiamo anche Ross (ringraziamenti in pubblico? Mai!) perché... Beh, perché è la Ross e domani finalmente andiamo a vedere How to B- ehm, cioé, il terzo di Spàiderman. XD

Ok, per oggi chiudo.

Ja Ne,

suzako


Next => The Currency of Hope






Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** The Currency of Hope ***


The Cruellest Month

 

[The Currency of Hope]

 

 

 

L’aveva trovato così, ai piedi dell’ospedale.

Seduto sui gradini, rannicchiato con le ginocchia al petto, la testa abbandonata sul muro ancora umido di pioggia. Gli occhi erano chiusi in maniera rilassata e il respiro sembrava regolare.
Controllò le pulsazioni. Sì, non c’era alcun dubbio.
Sasuke Uchiha, Ambu della squadra di inseguimento di Konoha, si era addormentato stando seduto a terra, e a giudicare dalla temperatura corporea doveva aver passato lì tutta la notte. L’assurdità della scene fece inarcare un sopracciglio perfettamente definito a Ino Yamanaka, che si risparmiò grandi manifestazioni di stupore, limitandosi a un breve sospiro.

<< Ma guarda un po’ cosa mi tocca vedere… >>, borbottò fra sé e sé, indecisa sul da farsi.

Alla fine, optò per la cosa più ovvia.

<< Ehi, Sasuke. >>

Svegliarlo.

<< Sasuke. >>

Il ragazzo aprì di scatto gli occhi, appena la mano dalle unghie smaltate della Chunnin andò a sfiorare il suo kimono.
Per qualche istante, sul volto di Sasuke fu leggibile un’espressione di completo stupore, assai rara per lui, che infatti durò solo un istante: i suoi occhi riacquistarono immediatamente la loro usuale freddezza, e lui si limitò a guardarla un attimo, prima di accennare un saluto.

<< Yamanaka. >>, mormorò.

<< Puoi anche chiamarmi per nome, sai. >>, rispose lei con evidente sarcasmo.

Lui non rispose, tirandosi in piedi. Si sentiva tutte le membra indolenzite, e non desiderava altro che tornare nel suo appartamento.
Perlomeno, gli sarebbe piaciuto farlo: invece, si riassestò il kimono, facendo del suo meglio per non sbadigliare, e fece per entrare nell’ospedale.

<< Ehi, aspetta! >>

Si fermò, senza voltarsi.

<< Penso che tu mi debba delle spiegazioni. >>

Questa volta, invece, si voltò, uno sguardo vagamente interrogativo leggibile da qualche parte sul volto stanco.

<< Insomma, ti trovo qua fuori alle sei del mattino, addormentato per terra, cosa che fa presumere che tu abbia passato tutta la notte qui da qualche parte, e tu come niente fosse ti alzi e te ne vai?! >>

<< Sì. >>

Ino serrò forte i pugni, stringendo le labbra in una linea sottile.

<< E invece no. Dimmi cos’è successo. >>

<< Non ti riguarda, Ino. >>

Quella voce...

<< Tu… Tu… >>

Il tono con il quale aveva pronunciato il suo nome…

<< Tu mi hai stancato! >>

<< Non ho mai-

<< No, adesso stai zitto e ascolti me! Non mi interessa se non sono affari miei, non mi interessa se è la tua vita e vorresti solo che non ne facessi parte, non mi interessa! Ti ho chiesto cos’è successo, e ho intenzione di scoprirlo, perché che ti piaccia o no, ci sono anche io! >>

Com’era prevedibile, lui non rispose. Il suo volto non ebbe la minima variazione espressiva neanche di fronte a quella nuova sfuriata. Si limitò a guardarla, come indeciso sul da farsi.

<< Ma perché…? >>, mormorò dopo un poco.

Ino aggrottò le sopracciglia, confusa.

<< Perché ti affanni tanto, con me…? >>

Sasuke lasciò che il braccio destro gli cadesse, abbandonato, lungo il fianco, mentre la mano sinistra andò a coprirgli il volto, in un immagine che poteva esprimere solo miseria.

<< Di solito, le persone dopo un po’ lasciano perdere, tendono ad evitarmi. >>

La sua voce rimase completamente incolore.

Ino per un attimo fu colta completamente di sprovvista. Non era quello che s’aspettava. Di certo, non aveva riflettuto molto prima di lasciare che le parole e i sentimenti avessero la meglio sul proprio autocontrollo: Sasuke l’avrebbe sicuramente ignorata come suo solito, e lei avrebbe avuto un ottimo modo per scaricare la tensione.
Cosa poteva aspettarsi, di più? Perché si aspettava qualcosa di più?

<< Non è così – la voce le uscì poco più forte di un sussurro – Non è… Proprio così. >>

Anche se lui non si mosse, lei percepì il suo ghigno ironico.

Non capisce. Lui non capisce.

Sentì il nervosismo farsi strada su per le vene, appannargli gli occhi, seccarle la gola.
Prese un profondo respiro. E poi un altro.
Perché lei non era come lui: non avrebbe approfittato di quel momento di debolezza per colpirlo dritto in faccia, come lui aveva fatto.
Lei era diversa.

<< Non è vero. Dopotutto, Sakura… e anche Naruto, loro… >>

<< No. – la interruppe subito, alzando bruscamente la testa – Loro… Ormai, anche loro… >>

 Sono lontani.

<< E’ solo colpa tua. >>, sibilò Ino, quasi contro la sua volontà.

L’espressione perplessa di Sasuke valeva più di ogni parola.

<< Sei tu che li hai lasciati andare. Sei tu che non permetti agli altri di avvicinarsi. Sei tu la causa della tua stessa solitudine, lo sai? >>

Ogni frase spezzata corrispondeva a un passo in avanti, mentre i suoi occhi di quel blu così intenso lo fissavano con assurda insistenza. La distanza fra loro s’accorciava.
Gli occhi invece di Sasuke sembravano atterriti. Tentava di indietreggiare, ma si ritrovò ben presto contro il muro in cemento dell’ospedale.

<< Non sono loro ad essersi allontanati. Sei tu che non riesci a raggiungerli. Se tu… - allungò un braccio, tenendo la mano verso di lui – che non permetti agli altri di toccarti. >>

Con una dolcezza che pensava non poterle mai appartenere, gli appoggiò una mano sulla guancia, in un gesto di familiarità e gentilezza che era loro del tutto estraneo.

<< Non mi toccare. Non toccarmi. >>, sibilò Sasuke, a denti stretti.

Aveva il volto contratto, e gli occhi ridotti a due fessure. Lo sguardo che gli rivolgeva era di puro fastidio, come se avesse di fronte agli occhi ciò che più la disturbava al mondo.

 Fastidiosa. Sei fastidiosa.

La verità, era che sembrava solo spaventato.

<< Sasuke. >>

La sua voce sembrò riscuoterlo in qualche modo.
Con un gesto convulso, si liberò del suo tocco, respingendola con il braccio in uno scatto rabbioso.

<< Cos’è successo? >>, ripeté Ino, con voce controllata.

<< Non lo so. >>, la risposta, inaspettatamente, giunse senza un attimo d’esitazione.

Lei lo fissò con aria perplessa. Che significava ‘non lo so’? Come poteva lui non saperlo?

Sasuke si sedette nuovamente sui gradini, rilasciando un lungo sospiro di frustrazione. Si passò una mano fra i capelli, abbassando la testa.

<< Che cosa significa? >>, sussurrò Ino, allarmata.

<< Esattamente quello che ho detto – l’ombra di un sorriso gli passò sulle labbra – Non ho idea di come sia potuto succedere. Noi, eravamo là, ci stavamo allenando… >>

<< Voi… Chi? Quand’è successo? >>, domandò ancora, sedendosi di fianco a lui sugli scalini freddi.

Sasuke scosse appena la testa, evidentemente infastidito dalla quantità di domande. Tuttavia, dopo un attimo si decise a rispondere.

<< Questa notte. Io e Naruto, stavamo combattendo. E poi… E’ successo qualcosa. >>, mormorò con la testa fra le mani, i capelli che gli coprivano il volto.

Ino attese.

<< Il Kyuubi. Era il Kyuubi, e io pur di fermarlo ho perso il controllo. Ci sarebbero stati altri dieci modi per affrontare la situazione, ma io non sono stato in grado. >>

La verità, è che ho avuto paura.

<< Adesso… Non lo so. E per questo che ero qui, voglio chiedere a Kakashi delle spiegazioni. Ammesso che me le dia. >>, concluse con una nota amara.

La ragazza si limitò ad guardarlo, assorta. Ancora non capiva, ma comprendeva che chiedere di più, in quel momento, sarebbe stato troppo.

<< Io… Capisco. Ti ringrazio, Sasuke. >>, disse invece con un debole sorriso.

Lui alzò immediatamente il capo, la solita indifferenza dipinta sul volto, l’usuale sguardo vacuo nelle pupille. Come se nulla fosse mai successo.
Non le chiese neanche perché.

<< Ci vediamo. >>, buttò lì dopo averle lanciato un’occhiata, allontanandosi dall’ospedale.

<< Sasuke! – lo richiamò lei – Ma non entri a vedere…? >>

Lui esitò per un istante, rallentando il passo.
Poi, riprese a camminare come se nulla fosse.

<< Salutali tu… Da parte mia. >>

Ino rimase a guardarlo qualche altro secondo mentre s’allontanava. Era confusa, e non riusciva a pensare a nulla di coerente. Con uno sbuffo infastidito si voltò, dirigendosi verso le stanze del pronto intervento.

 

* * *

Il clima nella stanza era soffocante.
Le finestre erano serrate su un cielo opaco e nuvoloso, dove la luce filtrava schermata e azzurrina.
Non c’era un soffio di vento. Tutti ero quieto, immobile. In attesa.

<< Come stai, Sakura? >>

La voce del Jounin era forzatamente calma e controllata, senza il minimo accento di nervosismo.
Lei continuò a riordinare gli strumenti sul basso tavolino, con movimenti secchi e precisi.
Non rispose. Non subito.

<< Io sto bene, sensei. >>

<< Ne sono oltremodo felice. >>, replicò pragmaticamente Kakashi Hatake.

Fu un attimo: una scatoletta di aghi di infranse al suolo, il tintinnio metallico del contenuto risuonò per qualche lungo secondo. Sakura rimase immobile, senza chinarsi, mentre ancora dava le spalle all’uomo.
Quando si voltò, i suoi occhi verdi brillavano, furenti, e la voce le tremava leggermente.

<< Voglio sapere la verità, dannazione. E la voglio sapere adesso. >>

Davanti al tono stizzito della sua ex-allieva, il ninja non si scompose.

<< Sarà l’Hokage a informarti di qualsiasi cosa sia giusto tu sappia. Io non ti sto nascondendo niente. >>

<< I canali del chakra nell’aria inerente alle ferite erano bruciati, e ci sono segni evidenti di rigenerazione e allo stesso tempo, erosione, sulla pelle! So cosa significa! >>

 Io ho già visto.

Ho già visto il Kyuubi.

<< Visto? Allora non ho bisogno di dirti nulla. >>

Sarebbe meglio che tu non sapessi.

La kunoichi sbatté con violenza il palmo della mano sul tavolo.

<< E invece sì! Perché?! Che diamine è successo?! >>

 E questa volta, non rimarrò semplicemente a guardare.

Lui si limitò a fissarla.

<< Voglio saperlo! Ho il diritto di… >>

 …Di aiutarli. Di fare qualcosa per loro.

<< Sakura. Credo sia abbastanza. >>

La voce tranquilla dell’Hokage fece voltare entrambi in direzione dell’entrata. Tsunade era in piedi davanti a loro, appoggiata allo stipite della porta, che li osservava con espressione seria.

<< Tsunade-shishou… >>, mormorò lei in un soffio, ancora stupita.

<< Hatake. Con me. >>, si limitò ad ordinare con voce brusca la donna, ignorando la proprio sottoposta.

Kakashi si alzò con una vaga aria di indolenza, pronto a seguire l’Hokage nel suo ufficio: queste fece pochi passi, per poi fermarsi appena messo piede fuori dalla stanza.

<< Sakura. >>

La kunoichi sussultò.

<< Naruto si trova nella sua stanza. Voglio che tu controlli il suo stato, dopodichè vieni immediatamente a fare rapporto da me. >>

<< Sì. – rispose dopo un attimo d’esitazione – Subito. >>


* * *

Yamato era già lì. Lo trovarono che indugiava con gli occhi fissi sulle ampie finestre della torre dell’Hokage, dando loro le spalle mentre guardava il villaggio di Konoha che s’estendeva in tutta la sua ampiezza.

<< Hokage-sama. Kakashi. >>, disse con voce chiara, voltandosi.

Entrambi i Jounin presero posto sulle sedie poste di fronte alla scrivania. Tsunade si sedette con un lungo sospiro, ed intrecciò le dita, guardando i due shinobi con occhi penetranti.

<< Raccontatemi precisamente cos’è successo. >>, disse con voce ferma.

Kakashi incominciò per primo, riportando con voce piatta il corso degli eventi di cui era stato testimone nei minimi particolari: la grande concentrazione di chakra, il rilascio del sigillo e dei poteri della volpe.

Come avevano ritrovato entrambi i ragazzi, e li avevano poi portati lì.

Yamato fece un cenno d’assenso, limitandosi a dire che conveniva in tutto per tutto con la deposizione di Kakashi, e non aveva nulla da aggiungere.

L’Hokage lo guardò fisso per un lungo secondo, poi si schiarì la voce con un colpo di tosse ed inspirò profondamente.

<< Era molto tempo che non succedeva. >>, constatò in un mormorio.

<< Tre anni e mezzo, per la precisione. >>, aggiunse subito Yamato.

Calò un pesante silenzio. L’orologio alla parete ticchettava con ritmo regolare.

<< Questa volta dovremo prendere dei provvedimenti. >>

Yamato scattò immediatamente.

<< Ma, Hokage-sama, mi permetta! Non c’è motivo, si è trattato di un caso isolato, nulla fa pensare che possa ripetersi… >>

Appena conclusa la frase affrettata, il giovane Ambu si rese conto della stupidità in ciò che aveva detto.

‘Nulla fa pensare che possa ripetersi?’

<< Yamato. – incominciò Tsunade con voce grave – Non voglio che tu ti assuma responsabilità per ciò che è successo la scorsa notte. Era da molto che un fenomeno del genere non si ripeteva, anche se avremmo potuto prevederlo: il fatto che tu non fossi là a bloccare il chakra delKkyuubi non è considerato un tuo mancamento. >>

Il Jounin si irrigidì visibilmente sulla sedia.

<< Le condizioni di Naruto non sono delle migliori – parlò Kakashi, pacatamente – ma per adesso un semplice monitoraggio dovrebbe essere sufficiente. In seguito al fallimento dell’ultima missione, qualsiasi azione decisiva potrebbe comprometterlo ancora di più. >>

<< Kakashi. E’ necessario che tu ti metta in contatto con Jiraya il prima possibile. Dovrebbe essere in viaggio di ritorno dal Paese delle Nebbie, tu lo raggiungerai. Una volta arrivato, conducilo subito qui dopo avergli illustrato la situazione. >>

Il Jounin assentì, alzandosi in piedi.

<< Yamato, tu ti occuperai del controllo delle condizioni di Uzumaki Naruto. Non ci sarà bisogno che io aggiunga indicazioni più dettagliate, sai come fare. >>

<< Sì, Hokage-sama. >>

Un discreto bussare suonò alla porta.

<< Entra, Sakura. >>

 

* * *

 
<< Naruto? Posso entrare? >>

Sakura si affacciò, esitante, aprendo una spiraglio nella stanza.
Naruto sul letto, semisdraiato, il volto girato verso la finestra. In realtà aveva percepito immediatamente la presenza della kunoichi, ma aveva voluto aspettare che fosse lei a parlare, prima di girarsi.

<< Ma che domande, Sakura-chan! Certo, entra pure. >>, rispose con un sorriso.

La ragazza entrò nella stanza, rincuorata.

<< Volevo sapere come stavi. >>

<< Sei tu il medico, qui… >>, rispose lui con una scrollata di spalla.

<< Le tue condizioni sono più che buone. Ma io voglio sapere come ti senti tu. >>, replicò con voce calma.

Il ragazzo la guardò, e per un attimo, un istante soltanto, in quegli occhi gli sembrò di leggere insofferenza. Un attimo, uno solo: troppo poco per vedere chiaramente. Doveva esserselo immaginata.

<< …Bene – mormorò, incerto – intendo, per essermi fatto sconfiggere l’ennesima volta dal Teme, ed essere addirittura finito qui per qualche graffio… E’ tutto a posto. >>

Sakura annuì con aria poco convinta, e non rispose. Si mordeva le labbra, nervosamente, e gli lanciava occhiate indecise, per poi distogliere subito lo sguardo.

<< Sakura-chan…? >>, la chiamò lui, confuso.

<< Eh? Che c’è? >>, replicò affrettatamente, sempre senza guardarlo.

<< C’è qualcosa che non va? >>

Lei si lasciò andare a un sospiro affranto, chinando appena la testa. Lui continuava a non capire, ma non fece nulla, a parte stringere inconsciamente un lembo di lenzuolo. Non sapeva cosa stava succedendo. E la cosa lo innervosiva alquanto.

<< Naruto – incominciò quietamente – perché, quando tu e Sasuke-kun avete combattuto, lui ha liberato il sigillo di Orochimaru? >>

Il ragazzo si irrigidì.

<< E perché – la sua voce tremava impercettibilmente, ma continuò a parlare – perché hai utilizzato il chakra del Kyuubi? >>

Naruto fece una smorfia che avrebbe dovuto assomigliare a un sorriso, fallendo miserabilmente

<< Ecco, vedi… E’ un po’ complicato da spiegare… >>

<< Non offendere la mia intelligenza. >>, ribatté lei, seccamente.

Il ragazzo emise un breve sospiro, e la guardò nervosamente per qualche secondo. Poi, abbassando gli occhi, mormorò con tono appena udibile:

<< Potremmo parlarne un’altra volta, Sakura-chan? >>

Sakura non poté nascondere la sorpresa. Non s’era aspettata un netto rifiuto come quello. Pensava di poterlo convincere in qualsiasi modo, farlo parlare con qualche sotterfugio. Quella risposta gentile ma decisa non fece altro che confermare i suoi sospetti: doveva esserci qualcosa che non andava.

<< Va bene. Ma ricordati che stiamo solo rimandando. >>

<< Ah, certo, sì. Sai quanto mi dimettono? Non ne posso già più di stare qui… >>, domandò lui dopo una risatina nervosa, cercando di cambiare argomento.

Sakura aggrottò le sopracciglia: non aveva idea del fatto che Naruto detestasse l’ospedale.

<< Credo presto. Tra poco devo consultarmi con Tsunade, chiederò direttamente a lei. >>

<< Salutami la vecchiaccia, allora! >>

Sakura sorrise, alzandosi dalla sedia: aveva avuto la netta impressione che Naruto la stesse invitando ad andarsene. Magari voleva essere lasciato solo.

<< Sì, sì. Beh, ci si vede, Naruto. >>

<< Stammi bene, Sakura-chan. >>

Era arrivata praticamente alla porta, quando la sua mano, già stretta attorno alla maniglia, esitò. Sapeva che c’era qualcosa che avrebbe dovuto dire. Qualcosa che non poteva restare lì, nel silenzio.
Prese il coraggio a due mani, e sentì la propria voce, stranamente stridula, dire:

<< Mi dispiace per quel che è successo l’altra notte. >>

Silenzio.

<< Io, insomma, so che è una spiegazione ridicola, ma vedi, l’orologio della sala era fermo, credevo fossero le dieci mentre invece era così tardi, non so fin quanto tu abbia aspettato, ma non volevo, insomma, ecco… E’ la verità, e mi dispiace tantissimo. >>

Gli stava dando le spalle, quindi non poteva vedere la sua espressione. Aspettò per un tempo che sembrava un eternità, ma la risposta non arrivava. Al colmo dell’umiliazione, si voltò di scatto, già pronta a rimbrottarlo o arrabbiarsi con lui…

Sorrideva.

<< Non ti preoccupare, va tutto bene. >>

No. Non va tutto bene.

<< Q-Quindi, non sei arrabbiato? >>, mormorò ancora una volta incredula, quasi sperando in un’altra risposta.

 E perché lei avrebbe preferito che lo fosse?

<< Ma no, figurati! Non è colpa tua, davvero! >>

 Va tutto bene. Va tutto bene.

<< Ah. No, certo. Beh, comunque sarà per la prossima volta, no? >>

 E’ vero. Non importa più, ormai.

<< Certamente. >>

 Non importa. Non più.

Sakura uscì sbattendo la porta, senza salutare.
Naruto smise subito di sorridere.

 

* * *

 
<< Buongiorno, Sakura. >>

<< Buongiorno anche a lei, Yamato-taichou. >>

Kakashi accennò a un saluto con la mano, al quale Sakura rispose con un lieve inchino. Tsunade le fece cenno di sedersi
La kunoichi non aspettò un ulteriore richiesta per incominciare a parlare.

<< Le condizioni di Naruto Uzumaki sono buone. Come confermato dalle ultime analisi, il processo di guarigione è rimasto attivo a velocità tripla del normale per il 43%, stabilizzandosi poi su un ritmo di rigenerazione del 20% circa. In base a questi calcoli, entro domattina tutte le ferite dovrebbero essere guarite, si potrebbe dimettere questa sera stessa. >>

I due jounin si scambiarono uno sguardo eloquente, e dopo qualche secondo di silenzio, Tsunade domandò:

<< Hai per caso… Qualche osservazione da fare? >>

Sakura serrò le labbra e soppesò per un attimo quelle parole, prima di rispondere in fretta.

<< I canali del chakra che rivestono la zona riguardante le ferite. Sembra quasi che siano stati erosi dal sistema stesso. Se le analisi non lo negassero, penserei all’azione di un veleno o una malattia autoimmune. >>

Nessuno rispose.

<< Cosa significa questo? >>, mormorò Sakura, facendo del suo meglio per mantenere la voce ferma.

La risposta non la sorprese.

Lei l’aveva già capito che c’era qualcosa che non andava.

<< E’ il Kyuubi. >>

Ma non per questo fece meno male.

 

* * *

 
La sala d’aspetto dell’ospedale era vuota.

<< E tu che ci fai qui? >>

La sala d’aspetto dell’ospedale era vuota.

<< Aspetto. >>

Cercò di capire se non l’avesse sentita entrare, o semplicemente non si fosse accorta della sua presenza.

<< Ne, Kakashi, hai per caso esaurito le risposte originali? >>

<< No, è la triste verità, Anko. >>

<< Hai ragione. La verità non è sempre originale. >>, convenne lei con un sospiro teatrale, mentre s’abbandonava sulla panca di plastica verde, il posto vicino al suo.

<< Ma spesso è triste. >>, concluse.

Kakashi non rispose, e il dialogo cadde lì, senza condurli da nessuna parte.

<< Però non hai risposto alla domanda. >>, ricominciò lei dopo un po’.

<< Sì che l’ho fatto. >>, replicò Kakashi con tono piatto.

<< Lo so, ma mentivi. Naruto potrò uscire solo tra molte ore. Non dirmi che non avevi niente di meglio da fare. >>

<< Non ho detto che stessi aspettando lui. >>

<< Oh, hai ragione. Non l’hai detto. >>, rise con voce distratta.

<< Tu piuttosto, cosa ci fai qui. >>, aveva più il tono di una constatazione che di una domanda, poiché Kakashi aveva pensato di formularla per pure convenzione, piuttosto che reale interesse. Probabilmente, se non avesse risposto non se ne sarebbe neanche accorto.

<< Passavo di qua… >>, replicò con un altro risolino.

Fu solo in quel momento che lui roteò l’occhio abbastanza da poterla cogliere di sfuggire. Il volto era pallido, ma di un pallore malsano. Gli occhi troppo lucidi e troppo fissi, la pelle coperta di sudore. Le tremavano impercettibilmente le mani, a scatti irregolari.

<< Hai la febbre. >>, si rispose da solo.

<< Hai indovinato! Non che fossi difficile, Kakashi: cosa fa la gente negli ospedali, di solito? >>

Lui non rispose.

<< A parte aspettare. >>, aggiunse lei.

<< Muore. >>

Il sorriso si dissolse dalle labbra secche di Anko, che lo guardò con occhi vacui per qualche secondo, quasi si fosse spenta improvvisamente.

<< Solo tu potevi dire una cosa del genere, Kakashi. >>, sospirò Anko con aria indispettita.

<< Dovresti farti visitare, invece che perdere tempo con me. >>

<< E’ vero. Dovrei farlo. >>, annuì lei con tono distante.

Kakashi non avrebbe voluto niente di più che andarsene, allontanarsi da quella donna e dalle sue follie fin troppo lucide, fin troppo dolorose. Si alzò senza dir nulla.

<< Sensei. >>

Sasuke stava entrando solo in quel momento, il suo volto era visibile da una sottile striscia fra le pesanti porte dell’ingresso.

<< Sei venuto qua per vedere Naruto? >>

<< Voglio solo sapere come stanno le cose. >>

<< Dovrei essere io a chiedertelo, questo. >>

<< Non è successo niente. >>

<< Ne sono convinto. Adesso però, vieni con me. >>

Senza la minima esitazione, il jounin gli fece un cenno: il ragazzo strinse le labbra con aria di disappunto, ma non disse nulla, limitandosi a fare dietrofront e scendere la breve scalinata all’esterno.
Kakashi, prima di uscire, si voltò un’ultima volta a guardare la sala d’aspetto.

Era vuota.



 

__________________________________________________________________________________________

Preparatevi, perché se fino ad ora questo vi era sembrato angst, sappiate che siete solo dei poveri illusi.
O magari degli illusi ricchi, io che cavolo ne so?
Ebbene sì, il peggio deve ancora arrivare. E arriverà, eccome se non arriverà: prima di quanto pensiate...
Ma non voglio mica spaventarvi, ben lungi da questo! Dopotutto avete tutta l'estate davanti prima del prossimo capitolo, quindi divertitevi e gioite spensieratamente, che a Settembre ci sarò io a farvi rientrare nel giusto umore *-*

Sto collassando, ve ne sarete accorti.

E' il caldo, il caldo XD

Grazie a tutti coloro che recensiscono, e un bacio ad Eryn che ad Agosto parte e se ne va a farsi l'anno all'estero e mi lascia sola ed emo nel mio baratro di oscura follia, altresì conosciuto come 'scuola'.

La vita è ingiusta.

Sì, sì, mi eclisso adesso. Ma mi rivedrete, a settembre con prossimo capitolo! (che non ho ancora idea di come si intitoli e al quale non penserò per moooooolto tempo)

Saluti,

suzako

 

 

 

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Wake unto me ***


cruellesth month12

The Cruellest Month



[Wake unto me]

 

 

Non era ancora mattina inoltrata, e il sole tiepido che s’alzava lentamente nel cielo pallido non bastava a dissolvere il freddo della notte appena trascorsa. Un soffio di vento s’alzò, e Sasuke sentì un brivido freddo percorrergli la pelle.
Il suo ex-sensei camminava davanti a lui, oramai da diversi minuti, ma nessuno dei due aveva pronunciato una parola.

<< Te ne sarai accorto, Sasuke: siamo nei pressi di casa tua, se non sbaglio. >>

, se ne accorto. No, non sbagliava.

<< Sì. >>, mormorò in tono appena udibile.

Mancavano ancora degli isolati al suo appartamento, quando il jounin si fermò di botto in mezzo alla strada, senza dar cenno di voler dire o fare alcunché.

<< Cosa vuole, sensei? >>, sbottò Sasuke ormai stanco di quel forzato silenzio.

<< Perché supponi che debba volere qualcosa? >>, rispose subito Kakashi, girandosi appena da poterlo intravedere con la coda dell’occhio.

L’Uchiha non rispose.

<< Ah, non ti si può proprio nascondere niente. Ma se hai saputo indovinare che c’è qualcosa che voglio sapere, riuscirai sicuramente anche a capire cosa di preciso. >>

<< Non c’è altro che debba aggiungere riguardo a ieri notte. Vi ho già detto tutto. >>

<< Il che è ironico, Sasuke, perché non hai praticamente aperto bocca. >>

<< La situazione è già perfet-

<< Sasuke. >>

Il tono con Kakashi aveva pronunciato il suo nome era freddo e perfettamente controllato, ma non mancò d’incutergli un certo timore. Era diverso dai rimproveri che ricevevano ai tempi di genin, o dai discorsi più o meno seri che gli erano stati rivolti, tante volte e inutilmente, su un certo argomento.

E lui, istintivamente, abbassò il capo, per poi pentirsi subito dopo di quel gesto di infantile timore: rialzò subito gli occhi, sforzandosi di mantenere uno sguardo neutro.

<< Non so come sia potuto succedere. >>

Kakashi non disse nulla, limitandosi a guardarlo.

<< Un secondo prima stavamo combattendo, non avevamo neanche litigato, era un semplice allenamento. E poi, all’improvviso… Il chakra del Kyuubi. Non è stato perché volessi vincere a tutti i costi: il sigillo l’ho dovuto rilasciare per una questione di sopravvivenza, sensei. >>

Il Jounin si lasciò sfuggire un sospiro impercettibile, per poi voltarsi completamente verso il ragazzo. Il suo volto è quello di sempre, l’atteggiamento – le mani in tasca e l’espressione svogliata – non era cambiata di una virgola in quegli anni. Eppure, all’improvviso, sembrò molto più vecchio, esausto, come se in un secondo fossero passati tutti quegli anni, tutto quanto – rancore rabbia rimorso colpa tristezza – avesse fatto sentire all’improvviso il proprio peso, prima di quel momento nascosto.

Ma fu solo un attimo, forse un’impressione della luce improvvisamente così forte.

<< Cerca di spiegarmi la situazione in maniera più precisa. Ha detto qualcosa di particolare? >>

Sasuke aggrottò le sopracciglia nello sforzo, stringendo le labbra.
I ricordi della sera prima erano confusi, appannati ulteriormente dall’insonnia e la preoccupazione.

Come stai?                                   Da quando non t’importa più nulla?


                            Sei debole                                                                           Come stai?


Alzati                                            E poi, improvvisamente                 Chi sei?

 

Riesci              a           vedere?                                      Chi sei?


Il Kyuubi, era il                               Il sigillo                                  Non doveva usarlo


Troppo odio.

Troppo odio.      

Qualcosa, dentro di lui, si mosse, con il rumore secco e metallico di una chiave che apre la serratura, di una scatola spalancata dopo anni d’assenza.
Prese un profondo respiro, e, meccanicamente, incominciò a parlare.

Kakashi ascoltava in silenzio, e le parole fluivano dapprima incerte ed esitanti, poi sempre più affannate e veloci, quasi avesse difficoltà a contenerle: raccontò di come si incontrarono, quella notte, di quelle poche parole spese, di quel presentimento. Raccontò del modo in cui avevano lottato al principio, e poi, alla fine. Il modo in cui – in un turbine rossastro e bruciante – tutto era cambiato, e di come se ne era accorto solo in quel momento, che tutto era cambiato.

Terminò di parlare, troncando il fiume di parole di botto e senza il minimo preavviso. Il suo volto non aveva perso l’impassibile compostezza neanche per un attimo, e anche adesso era immutato, come se nulla fosse veramente successo.

<< E’ stata colpa mia. >>

Kakashi lo guardò per un lungo istante.

<< Non credi sia arrivato il momento di perdonarti, Sasuke? >>

Il ragazzo strinse i pugni in una morsa, e non riuscì a dire nulla

<< Ho capito. >>, mormorò il jounin, lentamente.

Si allontanò di qualche passo verso la direzione opposta.

<< Non dirò niente del sigillo. Tu fa altrettanto. >>, E sparì in una nube di fumo grigiastro.        



* * *

<< Shizune? >>

Ino fece capolino dalla porta dell’ufficio di direzione dell’ospedale. Aveva sperato di trovare Sakura, ma seduta alla scrivania affollata di carte e bicchieri vuoti, aveva trovato solo la prima assistente dell’Hokage.

<< Buongiorno, Ino. Posso aiutarti? >>, replicò lei con tono gentile ma un po’ forzato. Il volto pallido e affaticato erano indizi evidenti di una notte passata in bianco.

<< Stavo cercando Sakura, l’hai vista? >>

<< Dovrebbe uscire in una mezz’ora, ha quasi finito il suo turno. Non so dove sia ora, ma se l’aspetti fuori, dovrebbe essere questione di poco. >>, rispose la medic-non con tono professionale.

La kunoichi in tutta risposta sorrise e annuì, per poi lasciare la stanza in fretta e furia.
L’idea di vagare per i corridoi dell’ospedale non la entusiasmava, era sollevata all’idea di avere un pretesto per aspettare fuori.

Quanto tempo era passato, da quel giorno?

Quella missione, Chouji, Shikamaru… Sasuke.

Sembrava esser trascorsa un eternità, e invece non erano passate neanche tre settimane.
Aprile non era ancora finito, dopotutto.

Con un sospiro, la ragazza si appoggiò a una delle colonne all’entrata. Il cielo si stava facendo sempre più limpido: anche quel giorno, sarebbe stato bel tempo.

<< Ino-chan? Mi hanno detto che mi cercavi. >>, la voce esitante di Sakura la fece voltare verso la porta d’ingresso. A giudicare dal volto tirato e gli occhi lucidi, non doveva essere in piena forma.

<< Sì, volevo sapere come sta Naruto. Tu l’hai visitato, no? >>

<< Sì… - la medic-nin sospirò, lasciandosi cadere su uno scalino – Adesso ci sono Kiba e Hinata con lui, ma tra poco dovrebbe uscire. Sta bene, comunque: come al solito. E’ tutto a posto. >>, concluse in un mormorio, un sorriso amaro sulle labbra.

<< Ho capito. >>

Silenzio.

<< Sembri un fantasma, Sakura. >>

La ragazza sembrò presa di sorpresa dal commento, ma non rispose. Dopo qualche minuto disse:

<< Hai visto Sasuke, non è vero? >>

Ino si torse nervosamente una ciocca di capelli fra le dita, e i suoi occhi azzurri andarono a cercare quelli verdi di Sakura, che la fissava con insistenza dolorosa.

<< Sì, l’ho incontrato ieri. >>

<< Ti ha detto… Qualcosa? >>, domandò la ragazza quasi sussurrando.

<< Nulla di particolare. Più che altro sono stata io a pretendere che mi dicesse qualcosa, e… Mi ha accennato qualcosa, ma sono cose che sicuramente conosci già. >>, concluse Ino con voce incerta.

La kunoichi continuava a guardarla, come si aspettasse qualcosa di più, da lei. Ino distolse lo sguardo, sforzandosi di guardare altrove. Quella situazione la metteva in imbarazzo, senza che lei capisse il perché.

<< Va bene. Credo che andrò: sono esausta. >>

<< Ci vediamo, Sakura. >>

<< Sì, ci vediamo. >>

Sakura si allontanò a passi veloci e nervosi, senza voltarsi.

 

 * * *

La serratura dell’appartamento scattò con un suono metallico, e la luce filtrante dalle persiane semichiuse rivelò una stanza caotica e sporca: il letto sfatto, i piatti di carta usati ammonticchiati sul basso tavolino, alcuni vestiti a terra, e tracce di polvere sul semplice mobilio.
Sakura storse il naso e sospirò pesantemente, indecisa sul da farsi. Aveva lavorato tutta la notte, il chakra non poteva sostenerla, e durante la mattina si era dedicata al lavoro d’ufficio. Si sentiva le gambe deboli e gli occhi non focalizzavano come avrebbero dovuto. L’unica cosa che aveva avuto in mente fino a quel momento era stata entrare in casa e buttarsi sul letto, ma come era entrata nel monolocale, s’era accorta come sarebbe stato difficile realizzare il suo proposito.

Avrebbe potuto mettere in ordine anche la mattina seguente, pensò con uno sbadiglio. Si tolse gli stivali, sistemandoli davanti alla porta. Sarebbe bastato svegliarsi un’ora prima, e…
Il suo piede nudo calpestò i resti di quel che aveva dovuto essere una scatola di ramen istantaneo, ancora umida e appiccicaticcia: Sakura emise un grido di stizza, raccogliendo con la punta delle dita quella cosa e buttandola nel già strapieno cestino dell’immondizia. Al diavolo, lo farò ora, pensò mentre si dirigeva su un piede solo verso il piccolo bagno.
Stupido Ramen. Perché doveva averlo comprato, poi? A lei neanche piaceva.

Aveva incominciato a rassettare da quasi un’ora, quando un leggero bussare la fece voltare verso la finestra. Non vide nessuno, ma si diresse comunque ad aprirla: ebbe appena il tempo di guardare fuori, che sentì un leggere battere sulla sua spalla.

<< Kakashi-sensei! >>, esclamò con evidente fastidio, voltandosi.

Il jounin si limitò a guardarla, e disse con la solita flemma:

<< Sei davvero la mia migliore studentessa, Sakura: pensare che avevo fatto di tutto per mascherare il mio chakra. >>

La ragazza scosse appena le spalle, distogliendo gli occhi: in realtà l’aveva riconosciuto perché sapeva perfettamente che solo uno come lui avrebbe potuto fare quel genere di stupidi scherzi. Era talmente esausta, che captare le onde del chakra non le era venuto neanche in mente.

<< Credevo fosse Sasuke, il tuo studente migliore. >>, replicò sarcastica.

<< Dipende dalle situazioni. Comunque, domani mattina alle sette, all’uscita Sud di Konoha. >>

<< Sì, sì, troppo fa… Eh? >>

<< Ho detto, domani alle sette del-

<< Ho sentito, ma potresti anche spiegarti meglio, sensei! >>

<< Da una kunoichi intelligente come te mi aspetto più intuizione: mi sembra ovvio che ti sto avvisando per l’allenamento di domani. >>

<< Domani? Allenamento? >>

<< Seriamente, Sakura, stai bene? Hai le tue cose? >>

<< Sono perfettamente a posto, grazie! >>, sbottò la ragazza con voce stridula, ignorando, suo malgrado, il commento ironico del jounin.

<< Mi fa oltremodo piacere saperlo, visto che sarà una sessione particolarmente intensa. Vedrete che sarà divertente. >>

<< Vedremo? Noi chi? >>

<< Tu, Sasuke e Naruto. >>

<< Oh. >>

Il gruppo sette.
Erano loro. Se ne era quasi dimenticata, però erano sempre loro.

<< A domani, allora. >>

<< Ci vediamo alle nove. >>, borbottò lei, con un gesto della mano.

Era solo un allenamento. Dopotutto, anche dopo che i Team di formazione genin erano stati sciolti, era normale un po’ per tutti continuare a combattere con le stesse formazioni: anche Tsunade tendeva a mandare Hinata, Kiba e Shino ancora in missione insieme, così come tutti gli altri. [così come Shikamaru, Chouji e Ino, un tempo]
Nonostante questo, non poté far a meno di pensare che fosse passato molto tempo, dall’ultima volta che loro s’erano allenati insieme. Prima di quella missione.

E poi, c’era stato quell’altro episodio, quanto Naruto era stato…

Scosse la testa, scacciando il ricordo dalla mente. Questa volta sarebbe andato tutto bene. Questa volta c’era anche Kakashi con loro, la situazione era sotto controllo, no?
Eppure… Quello che era appena successo fra Sasuke e Naruto, solo la notte prima, la portò a pensare che ci dovesse essere un qualche collegamento, qualcosa sotto.

Ma dopotutto, oramai – pensò Sakura guardando il sole splendere oltre la finestra ancora spalancata – cos’altro può andare male?

 

* * *


Il giorno dopo, il cielo era ancora splendido.
La luce era chiara e limpida sin dal primo mattino, e chiunque si fosse a camminare sotto quell’azzurro terso e sfavillante, non avrebbe potuto fare a meno di sorridere inconsciamente.
Ma Kakashi Hatake non alzò nemmeno gli occhi quella mattina, come ogni giorno.
Perché lui di giornate così ne aveva viste tante,  e oramai quelle piccole cose, non erano in grado di raggiungerlo, non più.

<< Sensei, sei in ritardo! >>, esclamarono Naruto e Sakura all’unisono, per poi voltarsi l’uno verso l’altro, un’espressione alquanto sconvolta stampata sul volto.

<< E poi sarei io quello immaturo! >>, borbottò il ragazzo, girando la testa dall’altra parte.

<< Veramente non ho detto nulla. >>, sibilò lei, roteando gli occhi.

(Qualsiasi cosa, pur di non guardarsi in faccia)

Sasuke, come al solito, si limitò ad osservare la scena senza batter ciglio.

<< Sono felice di vedervi così attivi fin di primo mattino. >>

<< Sono le nove e mezza, sensei. >>, replicò tagliente la kunoichi.

<< Sei sempre la più precisa del gruppo, Sakura – replicò lui, distrattamente – adesso, se volete seguirmi verso il campo d’allenamento jounin… >>

<< Credevo fosse un semplice allenamento. >>, mormorò Naruto, con aria improvvisamente preoccupata, mentre tutto il gruppo si incamminava verso il lato sud del villaggio.

<< Io non l’ho mai detto. >>

<< Fantastico – borbottò Sasuke, con voce appena udibile – non aspettiamoci di tornare a casa per cena. >>

Nel frattempo, nell’ufficio dell’Hokage, la luce polverosa del cielo della tarda mattinata filtrava dalle persiane abbassate, mentre i ventilatori ronzavano quietamente nella penombra.

<< Con il vostro permesso, vorrei tornare a casa. Devo preparare il pranzo. >>

<< Tu non te ne andrai di qui fino a quando non avrai il mio permesso, Yamanaka. >>

<< Fino a quando non avrò accettato quella missione, vuole dire. >>

Tsunade strinse gli occhi, e per qualche secondo, un certo gelo calò sulla stanza.

<< Non osare utilizzare quel tono, kunoichi. >>

<< Chiedo scusa, Hokage-sama. >>, mormorò la ragazza con un filo di voce, abbassando gli occhi.

<< Risparmia le scuse, e preparati per partire verso Sunakagure in tre giorni. >>

Ino esitò, stringendo i pugni. Teneva gli occhi fissi a terra, improvvisamente molto interessata a un pezzo di carta strappata buttato vicino al suo piede. Sembrava un cartina, ma non riusciva a capire a quale paese appartenesse: si vedeva solo un pezzo di pianura che dava su uno specchio d’acqua. Che posto poteva essere? Non riusciva…

<< Yamanaka. >>

La voce ferma di Tsunade la riportò nella Terra del Fuoco.

<< Sarà fatto, Hokage-sama. >>, sentì la sua voce mormorare in tono dimesso.

Sarà fatto.

<< Non ci penso proprio! >>

La voce di Naruto aveva un’inclinazione di infantile disappunto, e il volto era contratto in una smorfia di pura insofferenza. Sasuke si limitava a camminare, e se Sakura non fosse stata così insopportabilmente stanca, avrebbe trovato il tutto quasi divertente.

<< Stai zitto! Smettila di lamentarti, e risparmia il fiato! >>, sbottò la kunoichi, serrando automaticamente i pugni.

<< Senti chi parla! Sei tu che stai urlando! >>, ribatté lui, con uno sbuffo irritato.

<< Solo perché tu sei insopportabile! >>

<< E allora ignorami, visto che sei così brava! >>

<< Piantala di provocarmi, piuttosto! Ma quanti anni hai?! >>

<< N-

<< Siete entrambi sui sette anni e mezzo, a giudicare dalla maniera in cui battibeccate. >>, sibilò Sasuke con voce bassa e tagliente, che però bastò a zittire entrambe all’istante, o quasi.

<< Arriva lui… >>, borbottò a bassa voce Naruto.

Sakura si limitò a sospirare, e la discussione cadde in un penoso silenzio.

Che l’Uchiha prendesse parte nelle loro discussioni era più che anomalo, ma che addirittura si disturbasse di zittirli… Poteva voler dire solo che era particolarmente nervoso.
E lì, automaticamente, scattava la domanda: perché?

Sasuke accelerò il passo, superandoli.

Sakura lo seguì, perché voleva capire.

Naruto rimase indietro, perché lui sapeva.

 

* * *

 
L’allenamento era stato massacrante anche per i soliti standard di Kakashi Hatake, il cui accennato sadismo era andato a consolidarsi con il passare degli anni, o meglio, con la crescita dei propri studenti.

Quel giorno, il Gruppo Sette aveva dovuto affrontare, in ordine, una sessione di cinque ore di Ninjutsu, prima a gruppi di due contro due, poi tre contro uno, a rotazione (Sakura si augurava di non dover affrontare mai più due possessori dello sharingan contemporaneamente), poi dopo una pausa di dieci minuti, uno studio tattico di alcune formazioni d’attacco per missioni ipotetiche (Naruto giurava che il suo cervello era andato talmente in sovraccarico da non riuscire a funzionare per il resto della lezione) E infine decifrazione e apprendimento di una antica tecnica Genjutsu originaria di Sunakagure, gentile concessione del Kazekage. (Sasuke non avrebbe mai pensato che praticare ‘quattro sigilli’ potesse essere così stancante)

Infine, a notte oramai inoltrata, il Gruppo Sette aveva avuto il meritato riposo.

Appena fu certo che i tre sarebbero stati in grado di comprendere nuovamente il linguaggio parlato, Kakashi parlò nuovamente.

<< Molto bene: ora che siete nuovamente freschi e riposati, potete fare quattro giri lungo la città di Konoha, e-

<< Neanche per sogno! >>

<< Ehi, stavo solo scherzando. >> 

Il jounin si lasciò andare a un sospiro rassegnato, assumendo poi un contegno più serio.

<< L’allenamento di oggi non ha avuto come unico scopo quello di farvi arrivare alla fine della giornata in stato pseudo-vegetativo, al contrario di quanto tu possa pensare, Naruto. >>

Ok, quasi serio.

Il suddetto ragazzo non diede segni di vita, ma il sensei non se ne preoccupò.

<< Consideratela una preparazione. O magari un test. Entrambe le cose, se preferite. >>

A quelle parole, Sakura si rialzò faticosamente a sedere, scrutandolo con sguardo diffidente.

Kakashi si alzò in piedi, e guardandoli con aria di sfida, proclamò con voce chiara:

<< Gruppo sette, ha da domani inizio la missione ‘Tsuchike’, per la durata di cinque giorni, e di livello S. Preparatevi a partire per il Paese del Tuono: vi aspetto domani alle sei presso le porte a Nord della città. Questo è tutto. >>

 

* * *

 
<< Naruto! >>

Sasuke si era già allontanato da un pezzo, mentre Kakashi stava parlando con Naruto. Entrambi i ninja si bloccarono, nell’udire la voce della ragazza.

<< Sakura-chan? >>, rispose con tono incerto il ragazzo, voltandosi per guardarla con la coda dell’occhio.

Quella giornata non era stato facile per nessuno di loro, certo, ma soprattutto per lui: nonostante nessuno avesse fatto commenti, la frustrazione e la rabbia di Naruto erano apparse evidente in ogni bersaglio mancato, in ogni pugno che cadeva a vuoto.

La kunoichi si sforzò di tirare un sorriso sulle labbra che tremavano nervosamente.

<< Ehi, senti… >>

<< Credo sia il caso che me ne vada. >>, interruppe Kakashi dopo una breve occhiata, prima di sparire con un movimento fulmineo.

<< Va tutto bene? >>, borbottò lui prima che Sakyra potesse dire altro, evidentemente perplesso dal suo comportamento.

Perfetto: fare la figura della cretina era proprio quello di cui aveva bisogno. A quel punto, l’unica soluzione era parlare apertamente, senza sotterfugi, per una volta.

<< Ti avevo chiesto se avremmo potuto parlare, ti ricordi? >>, mormorò guardandolo dritto in faccia [ma non la bende, non guardare quella benda]

<< Ah. Sì, certo. >>, non sembrava entusiasta all’idea, ma lei doveva sapere.

Prese un respiro profondo.

<< Che ne dici di andare a mangiare qualcosa? >>


__________________________________________________________________________________________


Ok, ok. Sono imperdonabile. Super imperdonabile. Quant'é passato dall'ultimo aggiornamento? Un sacco di tempo, insomma. Che abbia avuto problemi col computer suppongo si fosse capito, ma in realtà...
Non ho altre scuse *-*" E' stato semplicemente quello, ed è tornato, con tutti i dati, ovvero questo capitolo e il prossimo, solo ieri. Quindi, so che non saranno molti a ricordarsi di questa storia e recensire, ma per chiunque lo facesse, vi amo con tutto il cuore(L)

Riguardo al capitolo. E' fiacco. Non succede praticamente nulla, ma vi assicuro che mi rifarò col prossimo. Preparatevi, perché accadrà di tuttoooo :3
E uscirà lunedi.

saluti,


suzako

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Every act of love is separateness ***


The Cruellesth Month

 

[ Every act of love is separateness ]

 

 

L’Ichiraku Ramen era meno affollato del solito, quel giorno, e Sakura non poté far altro che ringraziare mentalmente qualsiasi divinità avesse provveduto a quella condizione: un po’ di quiete era il minimo, se voleva tirar fuori qualcosa dal ragazzo seduto di fianco a lei.
Nonostante si fosse già preparata mentalmente a un’attesa di svariate tazze di ramen e altrettante chiacchiere sconclusionate prima di riuscire ad attirare minimamente l’attenzione di Naruto, la kunoichi dovette ricredersi. Dopo aver ordinato una doppia porzione di miso ramen e averla divorata con la solita velocità, benché con meno entusiasmo, aveva posato le bacchette di fronte alla ciotola vuota e si era limitato ad attendere, evidentemente poco a suo agio.

 
<< Naruto? Va tutto bene? >>, domandò cauta la ragazza, guardandolo con aria perplessa.

 
<< Uh, certamente Sakura-chan. Tutto a posto. >>, rispose lui, esitante, senza ricambiare lo sguardo.

 
“E io dovrei crederci?”, pensò lei, tutto meno che convinta. Aveva aspettato molto quel momento, ma adesso che si trovava nella situazione perfetta, non sapeva come iniziare il discorso.

<< Senti – incominciò quietamente, dopo qualche secondo d’incertezza – lo sai perché ho insistito tanto a volerti trascinare qui. Io capisco che tu non voglia parlarne, davvero, però io ho bisogno di sapere cos’è successo, capisci? Qualsiasi cosa sia accaduta, pensi di… Di riuscire a parlarmene? >>, e si voltò a guardarlo con apprensione evidente.

Naruto la fissò per un istante negli occhi, ma distolse subito lo sguardo, accennando un sorriso poco convinto.

<< Sì, io capisco. Beh, in effetti hai il diritto di sapere, come membro del Team seven! Il fatto è, che è un po’ difficile da spiegare, visto che non mi ricordo molto bene. In effetti ho una certa confusione in testa. >>

Sakura non disse niente, ma nella piega delle labbra era facile leggere una certa delusione.

<< Senti, perché non chiedi a Sasuke? Lui sicuramente… >>

Un secondo dopo averlo detto, Naruto capì di aver fatto la mossa sbagliata.

L’espressione di Sakura, che già non era raggiante, cadde completamente, mentre i pugni si strinsero sulla stoffa del vestito, e qualche ciocca di capelli cadde a coprirle il volto.

<< No, è meglio di no. Non credo che Sasuke-kun sarebbe entusiasta all’idea di parlarmene. – una risata amare le uscì dalle labbra – come se tu invece volessi, poi. Che stupida… >>

Questa volta fu Naruto a non sapere cosa dire.

<< Se non hai intenzione di farlo, se per te è così difficile, io capisco. Solo dimmelo, e ti lascerò in pace, ok? >>, mormorò la ragazza, sforzandosi di fare un sorriso.

Lui scosse la testa, e si lasciò sfuggire un suono buffo, tra una risata e un singhiozzo.

<< Ehi, ehi, non ho appena detto che in quanto parte del Team seven devi saperlo? Beh, se il Teme non ha intenzione di fare lo sforzo, ci penserò io… >>

Sakura lo guardò, sorpresa. Un piccolo sorriso, questa volta spontaneo, le piegò le labbra.

<< Io… Grazie, Naruto. >>


 

* * *

<
< Hai intenzione di stare lì ancora per molto? >>

Ino sussultò, colta decisamente di sorpresa: si voltò, e per il suo estremo imbarazzo vide che Sasuke Uchiha si trovava a pochi metri da lei, la solita espressione di pura indifferenza stampata sul volto. Ci volle tutto il suo autocontrollo per non arrossire.
E in effetti, farsi prendere alla sprovvista come uno studente dell’accademia, e per di più proprio di fronte a casa sua…Non riusciva a immaginare di peggio. Avrebbe voluto sprofondare.

<< Se ti do così fastidio me ne vado. >>, borbottò, cercando di minimizzare.

Com’era prevedibile, Sasuke non disse nulla, ma lei non si mosse.

<< Yamanaka >>

<< Beh? Non mi chiami più per nome? >>, mormorò lei, con un sorriso triste.

Lo shinobi la guardò per qualche secondo, una luce indecifrabile negli occhi, prima di parlare di nuovo: << Cosa ci fai qui, Ino? >>

<< Volevo parlarti. >>, rispose semplicemente.

Aggrottò le sorpracciglia, confuso.

<< Cos’è successo? >>

Ino lo guardò con una sorta di curiosità nello sguardo, prima di lasciarsi andare a una risata: << Ma devi sempre pensare che al peggio, eh?! No, non ho nessun buon motivo per disturbarti, se è questo che intendi. Volevo semplicemente vederti. >>

<< Ah. >>

Stettero così, uno di fronte all’altro, chiusi in silenzio impacciato, senza sapere bene cosa dire o fare. Lui era stanco, esausto per l’allenamento appena concluso, avrebbe voluto soltanto salire nel suo appartamento e buttarsi sul letto. Eppure, per qualche motivo, non riusciva a dire quelle tre semplici parole che l’avrebbe reso libero dalla fastidiosa presenza della kunoichi.

Non ci riusciva o non voleva?

Lei era preoccupata e confusa, e questo le impediva di pensare razionalmente: era andata là senza un’idea precisa nella testa, non pensava neanche di incontrarlo, forse neanche voleva farlo.

E allora perché era andata lì?

<< Sei stato ad allenarti? >>, domandò dopo un poco, per tentare di smuovere quella situazione imbarazzante per entrambi.

<< Sì. Con Naruto, Sakura e Kakashi. >>

<< Ah. Il tuo Team, certo… Ovviamente. >>, mormorò Ino con voce debolmente, improvvisamente distante.

In qualche modo, Sasuke capì di aver detto qualcosa di terribilmente sbagliato.

<< Tu, ecco… - incominciò a borbottare con tono sommesso – Tu vieni qui spesso, per caso? >>, aveva un’espressione perplessa in volto, e questa volta, Ino non riuscì a dissimulare il rossore che le colorò il volto.

<< Perché me lo chiedi? >>, replicò mentre una sgradevole sensazione le attanagliava lo stomaco.

Sasuke non aggiunse nulla, il che voleva dire, rispondi e basta.
Visto che ormai non aveva più un briciolo di dignità, e non vedeva cosa ci fosse da perdere, la kunoichi pensò bene di lasciar perdere qualsiasi scusa e parlare chiaramente.

<< Sì, a dir il vero sì. >>, ammise, guardandolo di sottecchi per studiare la sua reazione.

Sasuke dette segno di aver udito, ma non mostrò alcuna emozione.

<< Ma come… Come hai fatto a, ecco, uhm… Ad accorgertene? >>

Lui fece un gesto vago con la mano, come a indicare l’ aria.

Ino inarcò un sopracciglio, confusa.

<< L’odore. >>, borbottò infine il ragazzo, incrociando le braccia al petto.

Dalla sorpresa, l’espressione della kunoichi passò al fastidio.

<< L’odore?! >>, replicò con una smorfia.

<< Insomma, il profumo. >>, ribatté Sasuke seccamente, sul punto di spazientirsi.

<< Il… Oh! >>, si lasciò sfuggire lei, capendo cosa intendesse dire.

Era diventata un’abitudine tale, quando era a casa, che non ci faceva praticamente più caso: metteva sempre qualche goccia di un profumo che le aveva lasciato sua madre, ormai era come una seconda pelle, per lei. Ma non avrebbe mai pensato che a causa di quello… Era stata decisamente stupida.

<< Beh, allora… Insomma, mi dispiace per l’inconveniente, io… >>, incominciò a mugugnare, cercando disperatamente di trovare qualche giro di parole che potesse salvarla da quella situazione.

Le bastava ripensare a tutte le volte che, effettivamente, era passata sotto quella parta, e si era fermata proprio lì, alzando lo sguardo, magari sperando di scorgere un’ombra dietro le finestre appannate. Si sentì doppiamente stupida, e si pentì del proprio comportamento: cosa le era saltato in testa?

<< Non importa. >>

Quelle due semplici parole, pronunciate da Sasuke con la solita noncuranza, bastarono ad offrirle un appiglio per scampare a quella situazione.

<< Oh. Beh, allora… Adesso sarà il caso che me ne vada. Sarai stanco, no? >>

<< Sì. >>

Lui era praticamente arrivato alla scala di servizio, quando sentì di nuovo la sua voce, un mormorio basso e nervoso, talmente veloce che fu difficile captarne le parole.

<< Domani partirò per la sabbia. Una missione. >>

Si bloccò immediatamente, voltandosi.

<< Una missione? Per quanto tempo? >>

Quasi sorpresa dal suo interessamento, Ino riuscì a rispondere solo dopo un attimo: << Una settimana. Non di più. >>

<< Capisco. >>, rispose lui distrattamente, tornando all’usuale indifferenza.

Ino lo guardò ancora un istante di sottecchi, per poi indietreggiare di qualche passo.

<< I-Io-

<< Anche noi partiremo domani. >>

<< Una… Una missione? >>

<< Sì. >>

<< Oh. >>

Pausa.

<< Buona fortuna, allora. >>

Sasuke annuì appena, ma per i suoi standard questo era più che sufficiente.

<< Allora ci vediamo, Sasuke. E… E scusami per il disturbo! Alla prossima! >>, prima che lui potesse rispondere, lei era già sparita nella distanza.

 

* * *

 
<< E’ stata colpa mia. >>

Naruto era lì, di fianco a lei, eppure la sua voce sembrava provenire da miglia e miglia di distanza. Sakura fissava la tazza semivuota di ramen posta davanti a lei, senza realmente vederla. Teneva le mani appoggiate in grembo, e la sua espressione era indecifrabile.

<< Mi dispiace. >>

Prese un profondo respiro, cercando di ricomporsi: << No, non scusarti. Non sei stato tu, non solo, sicuramente… Voi due siete proprio i soliti idioti, eh? >>, mormorò piegando le labbra in una smorfia che avrebbe voluto essere un sorriso, ma risultò solo un’espressione abbattuta.

<< Sakura-chan… >>

<< Io non mi ero mai accorta di nulla, sai? Non mi ero mai accorta che tu e Sasuke steste così. Forse non sono in grado di capirvi come pensavo, o magari non riesco a vedere i problemi perché non voglio. Vorrei tanto che non ci fossero, però… >>, la sua voce incominciò a tremare, e Sakura dovette fermarsi. Serrò gli occhi per fermare il bruciore, prima di andare avanti.

<< …La verità è che tutta va sempre peggio, e io non riesco mai a fare niente. Come posso aiutare gli altri se non riesco neanche a vedere le difficoltà della gente che mi sta attorno? Sono un disastro, e so solo piangermi addosso, a quanto pare. >>, mormorò alla fine, realizzando dove le parole l’avessero portata.

Si pentì immediatamente di aver parlato così, di aver mostrato le proprio debolezze. Con un sospiro di frustrazione, appoggiò i gomiti al bancone dell’Ichiraku, coprendosi il volto con le mani.

Naruto si limitò a stare lì di fianco a lei, senza dire niente.
Dopo qualche secondo Sakura si ritirò su, strofinandosi con forza gli occhi.

<< Posso… Posso chiederti un’ultima cosa? >>

Lui non rispose.

<< Se io non ti avessi chiesto, se non avessi insistito così, tu me ne avresti parlato? Mi avresti raccontato cos’era successo, di tua volontà? >>, mormorò lei, guardandolo dritto in volto, e Naruto questa volta non riuscì a distogliere lo sguardo da quegli occhi verdi.

Avrebbe voluto dire “sì, Sakura-chan”, e aprì la bocca per farlo, ma nessun suono volle uscire. Lei non aggiunse altro, distogliendo lo sguardo.

<< Come immaginavo. - disse fra sé e sé, con un sorriso amaro – grazie di tutto, Naruto. Credo che andrò, dopotutto domani ci aspetta una missione importante. >>

Anche dopo che lei se ne fu andata, il ragazzo non si mosse.

 

* * *

 
<< Sapevo che l’avrei trovata qui, sensei. >>

Kakashi Hatake, in piedi di fronte al monumento ai caduti di Konoha, non dette il minimo segno di aver udito le parole della sua allieva, che si avvicinava lentamente, mentre lui ancora le dava le spalle, immobile. La kunoichi non insistette, limitandosi a scorrere lo sguardo sui nomi incisi sulla lapide, cercando di non abbassare troppo gli occhi, cercando di non ricordare.

<< La tua presenza qui invece è una novità, Sakura. Qual’è il problema? >>

<< Dev’esserci per forza un problema? >>

<< Ce ne è sempre uno. >>

La sua risata suonò terribilmente vuota e stanca, ma lei non se ne preoccupò.

<< E’ vero. Qualsiasi cosa facciamo, le cose non vanno mai per il verso giusto. >>

Il jounin non rispose.

<< Perché questa missione, così all’improvviso? Che cosa significa? >>

<< I dettagli li avrete domani mattina. >>

<< E’ di livello massimo! Ne abbiamo affrontate solo altre due! Una cosa del genere normalmente richiede un minimo di preparazione! >>

<< Abbiamo convenuto nel farlo, e abbiamo i nostri buoni motivi. >>

<< Ma quali motivi? E poi, voi chi? Voi…? >>, la ragazza si interruppe, spalancando gli occhi come colta da una rivelazione improvvisa.

<< L’altro ieri, nell’ufficio dell’Hokage, insieme a Yamato-taichou… E’ di questo che stavate parlando, vero? >>

<< Sì. Era di quello. >>

<< Ma cosa significa, una decisione così affrettata? E poi, giusto dopo quello che è successo fra Sasuke-kun e Naruto, non-

Si bloccò nuovamente, e questa volta i suoi occhi mostrarono confusione, ma anche paura.

<< Non… Non può essere che… >>

Kakashi non disse nulla.

Sakura si morse un labbro, cercando di calmarsi e raccogliere i pensieri.

<< Che cosa… Che cosa avete pianificato? Cos’è questo, una specie di test? E’ per vedere se Sasuke e Naruto sono ancora buoni per le missioni sporche? Volete controllare che siano abbastanza sani di mente, o dovrete rinchiuderli in gabbia?! Cosa sta succedendo, cosa diamine sta succedendo? >>

Sakura terminò la frase quasi urlando: era rossa in viso, e i suoi occhi esprimevano tutta la rabbia e la preoccupazione che non era riuscita a celare. Passarono alcuni secondi privi di risposta, durante i quali continuò a fissare con dolorosa insistenza il suo ex-sensei, pronta a insistere anche tutta la notte, pur di ricevere le risposte di cui aveva bisogno.

Finalmente, Kakashi si voltò a guardarla (e nei suoi occhi non c’era rabbia o nervosismo, non c’era niente, solo quella nota sottile quasi impercettibile, quella tristezza sempre celata che non sembrava abbandonarlo mai) e finalmente parlò.

<< Sakura, non c’è nessuna congettura ordita nei vostri confronti, niente del genere. Quella che successo ieri notte, è più grave di quanto abbiamo voluto farvi credere, questo sì. Ed è per questo, che a parte noi, Tsunade e Yamato, nessuno sa nulla. >>

La kunoichi non riuscì a mascherare la sorpresa: << Cos… Perché? >>

<< Il concilio avrebbe sicuramente preso provvedimenti. Ci sono forze… Ci sono cose che appartengono al passato, e non andrebbero risvegliate. Il sigillo di Orochimaru, come la Volpe a nove code, sono ancora argomenti delicati, nonostante tutto il tempo passato. La gente non vuole più sentirne parlare, perché ricorda i tempi in cui nessuno era al sicuro. >>

<< Quindi, questa missione…? >>

<< Puoi considerarla una prova, sì. >>, concluse Kakashi con uno dei suoi sorrisi pressoché invisibili, ma comunque innegabilmente reali.

La kunoichi riuscì a tirare un sospiro di sollievo, ma c’era ancora qualcosa che non capiva, che non quadrava perfettamente.

<< Eppure… Naruto, nelle condizioni in cui è, affrontare una missione di quel tipo… Mi sembra insensato. No, no non riesco proprio a capire. >>, terminò scuotendo la testa.

<< Io partirò con voi, poi ci raggiungerà anche Yamato. Puoi stare tranquilla, la situazione è sotto controllo. >>

Sakura si sentì un poco rincuorata, e neanche si accorse che in realtà non aveva ricevuto risposta alla sua domanda. Non riuscì comunque a calmare completamente la propria ansia: << E se le cose non dovesse andare bene? E se invece-

Il jounin le posò una mano sulla spalla: << Sakura. Smettila di tormentarti in questo modo. Io ho fiducia in Naruto, e anche in Sasuke. Andrà bene, vedrai. >>

La ragazza abbassò lo sguardo, annuendo appena.

<< Sì. Sì, sicuramente sarà così. >>, mormorò in tono appena udibile.

Kakashi lasciò andare la sua spalla e fece un ultimo, breve sorriso, come a confermare ciò che aveva appena detto.

<< Grazie di tutto, sensei. >>, disse lei con un inchino.

<< Non sono più il vostro sensei. >>

Sakura accennò un breve sorriso.

<< Lo so. >>

Kakashi guardò la sua allieva allontanarsi nuovamente, e i suoi occhi tornarono alla superficie liscia della pietra, fissandola senza guardarla realmente.

Andrò tutto bene…

                                               Io ho fiducia in loro.

                                                                                         Non c’è nulla di cui preoccuparsi.

         E’ solo una prova.

 

<< Già… Certo. >>

Gli sarebbe piaciuto riuscire a crederci lui stesso.

 

Cosa volete fargli?

 

* * *

 

La mattina dopo, alle sei il sole era già sorto da un pezzo, nonostante la luce non fosse ancora forte, e il sole apparisse filtrato da una nebbia leggera. Sasuke si incamminò senza alcuna fretta verso l’uscita della città, sapendo che qualcuno sarebbe comunque arrivato in ritardo.
Com’era prevedibile, una volta arrivato scorse solo Naruto e Sakura, seduto a terra in perfetto silenzio. Nessuno di loro tre sembrava aver passato una notte particolarmente tranquilla.

<< ‘giorno, Sasuke-kun. >>, mormorò Sakura alzando appena lo sguardo, mentre Naruto si limitò a un cenno del capo, al quale Sasuke rispose svogliatamente.

Si appoggiò al muro della torre di guardia. Gli Ambu, a pochi metri da loro, fissavano la distanza con gli occhi ciechi delle maschere, immobili come statue.
Passarono i minuti senza che nessuno di loro parlasse.

Sasuke forse se ne accorse, ma non volle rifletterci troppo, perché dopotutto la voce squillante di Naruto e gli strilli di Sakura gli causavano sempre un brutto mal di testa, soprattutto di prima mattina. Quindi, meglio così. Però era strano.
Naruto non ci fece caso, o meglio, non riuscì a farci caso: per lui non c’era quel pesante silenzio, ma un continuo, snervante sibilare nella testa, e sapeva perfettamente a chi appartenesse. Poi c’era quel dolore sordo, una specie di pulsare in prossimità dell’occhio destro (l’occhio che non c’era, non c’era più), e quindi non avrebbe dovuto preoccuparsene. Però era strano.
Sakura il silenzio lo sentiva perfettamente, e le rimbombava nelle orecchie come il più fastidioso dei frastuoni. Ma non vedeva perché dovesse essere lei a romperlo, sempre lei, lei che non riusciva a capire, lei che continuava a rimanere un po’ indietro. Le piaceva fare finta che non le importasse, davvero, quando invece capiva perfettamente che era strano, e c’era qualcosa che non andava.

<< Vi trovo più tranquilli del solito, oggi. >>

I membri dell’ex- Team Seven si voltarono all’unisono verso la voce del loro sensei, che apparve passeggiando tranquillamente proprio dall’uscita del Villaggio della Foglia, come se stesse rientrando solo in quel momento.

<< Sei in ritardo, sensei. >>, mormorò Sakura aggrottando le sopracciglia, perché questa volta, un motivo doveva esserci.

<< Lo so. Ma vedete, l’alba nella foresta è così bella... >>

I tre ragazzi si scambiarono occhiate perplesse, come a dire, di questo se ne riparlerà dopo. Come se potessero sperare di tirare fuori qualcosa dall’enigmatico sensei.

<< Beh, cosa state aspettando? Forza, in marcia. >>

La foresta era silenziosa quanto loro, ogni passo risuonava sugli arbusti secchi e sul fogliame sparso. Si muovevano velocemente, scattando fra gli alberi.

Avanzavano ormai da parecchie ore, quando Kakashi ruppe brevemente il silenzio.

<< Se riuscite a tenere questo ritmo, per sera dovremmo arrivare al villaggio del suono. >>

Per quanto fosse impossibile, Sasuke ebbe quasi l’impressione di aver sentito i suoi compagni irrigidirsi.

Il villaggio del Suono. Sapevano bene che significato avesse per lui, come lui non ignorava ciò che significava per loro. Era il passato. Il passato che avrebbero voluto cancellare.
Dopo la morte di Ororchimaru, Otoagure era rimasta priva di un capo politico. In realtà il Sannin non si era mai particolarmente preoccupato dell’amministrazione del paese che aveva fondato, troppo occupato a inseguire le sue follie: dopo il suo decesso però, la situazione era precipitata nel caos. Le grandi nazioni aveva voluto fare niente, e il Suono era ben presto diventato un covo di assassini e ninja fuggitivi, dove regnava l’anarchia più completa. Nessuno sapeva con certezza cosa stesse accadendo laggiù, poiché le comunicazioni ufficiali si era interrotte molto tempo prima. Nessuno degli Ambu mandati in avanscoperta era mai tornato indietro.

Era quasi pomeriggio, quando si fermarono a fare una pausa.

Dopo aver consumato velocemente un pasto, si sedettero al riparo di alcuni alberi, ancora una volta in silenzio, ma questa volta per l’assenza di fiato.

<< E’ il caso che vi comunichi i dettagli della missione – incominciò subito Kakashi, senza perdere tempo – e vi avverto che non sarà facile. >>

I tre jounin rimasero in attesa, tesi.

<< Come tutti voi dovreste sapere, eccezion fatta forse per Naruto, il villaggio del Fulmine confina con quello Suono. Ancora, anche se a grandi linee, dovreste ben sapere quale sia la situazione laggiù. E’ da molto che il nostro Hokage e il Raikage non hanno una comunicazione ufficiale: questo perché quest’ultimo, da qualche tempo, si rifiuta di concederci l’onore di una sua visita. E la cosa ha allarmato il consiglio, visti anche i precedenti di Kumokagure. >>

Durante la Grande Guerra dei Ninja, Foglia e Tuono avevano combattuto fra loro.

<< Si teme un’alleanza fra il Fulmine e il Suono volta a destabilizzare i trattati di pace? >>

<< Esattamente, Sakura. >>

La kunoichi non sembrò felice di avere conferma dei propri sospetti, e si limitò a stringere le labbra.

<< Il nostro compito sarà quello di passare attraverso il Suono inosservati, per poi arrivare a Kumokagure sempre sotto copertura. Nessuno deve sapere che siamo lì. >>

Questa volta fu Sasuke ad intervenire.

<< Ma il consiglio di Konoha ne è a conoscenza, vero? >>

Silenzio.

<< …Avremmo dovuto immaginarlo. >>

<< Oh, cazzo. >>, biascicò Sakura, abbassando la testa.

<< Cosa significa? >>, borbottò Naruto, che aveva seguito distrattamente tutto il discorso.

<< Significa – sibilò Sakura – che non è una missione ufficializzata. Non è affatto una missione, a dire il vero: nessuno sa che siamo qui, e se dovessimo avere bisogno di una copertura, non verrebbe mandato nessuno! Significa che quando torneremo a Konoha e scopriranno qualsiasi cosa dovremo fare nel Fulmine, verremo denunciati per atti illegali come ninja dal consiglio, ecco cosa! Neanche Tsunade-sama…! >>

<< L’Hokage ci coprirà, invece. – intervenne tranquillamente Kakashi – l’ha già fatto, a dir il vero: ufficialmente, questo è un allenamento organizzato da me con la previa autorizzazione per assicurarmi che le vostre capacità in quanto Jounin siamo effettive. >>

Nessuno disse niente.

<< Anche se questo ci darà solo due giorni. Quando non ci vedranno tornare, probabilmente qualcuno capirà. >>

<< Ecco perché Yamato-taichou non è partito con noi… >>, sussurrò Sakura, portandosi una mano al volto.

<< Sì, è per questo. >>

<< Fantastico. Davvero fantastico. >>, mugugnò Naruto.

<< La situazione potrà sembrarvi spiacevole, ma vi assicuro che è l’ultima cosa di cui mi preoccuperei, al momento. Se riusciremo a completare la missione, andrà tutto bene. >>

<< E se invece non dovessimo riuscirci? >>, domandò Sakura in un soffio.

<< Oh, in quel caso il Consiglio degli Anziani sarebbe l’ultimo dei nostri pensieri. >>, rispose con aria noncurante Kakashi, con un sorriso che li rassicurò affatto.

<< Adesso si che ci sentiamo tutti più tranquilli. >>, sospirò Naruto con una nota di sarcasmo.

<< Ne sono oltremodo felice. Ora, passando alla parte seria… >>

 

* * *

 

<< Yamanaka!! Da questa parte, presto! >>

Nella confusione, Ino riuscì a distinguere una voce femminile chiamare il suo nome. Voltò appena la testa, per cercare di individuarne il proprietario, ma nella folla fu impossibile distinguere alcunché. Invece, si concentrò sulle sue mani: aumentò la pressione del chakra, cercando di cicatrizzare il moncherino dell’uomo sdraiato a terra: con un ultimo sforzo, riuscì a fermare l’emorragia, e lasciò terminare il lavoro a un’apprendista, mentre correva verso la direzione opposta.

<< Arrivo! >>, gridò con la poca voce che le rimaneva.

Arrivò all’entrata dell’ospedale, e ciò che vide la fece impallidire. Fu solo la stanchezza che le impedì di lasciarsi sfuggire un grido d’orrore.

<< Oh… Oh, dio. >>

Un gruppo di ninja avanzava aveva appena fatto il suo ingresso: due uomini portati in barella presentavano ustioni sul 70% del corpo, a giudicare a vista d’occhio: i volto erano deformi e irriconoscibili, l’odore della carne bruciata fortissimo. Gli altri due, una ragazza e un ragazzo, non riuscivano neanche a reggersi in piedi, sorretti da i compagni messi un po’ meglio di loro: erano retti di peso, e a giudicare da come le gambe poggiavano prive di forza al suolo, i collegamenti neuronali dovevano essere stati completamente recisi dalla vita in giù. Avevano gli occhi spalancati e fissi, ma non erano coscienti: più probabile che si trovassero in stato di shock.

<< Delle barelle… - Ino si accorse un momento dopo di aver appena sussurrato – Tamaki! Nagino! Qui, subito, con due barelle! >>

L’inferno doveva essere un posto del genere.

Quando aveva accettato (o meglio, era stata costretta ad accettare) quella missione, non avrebbe mai immaginato nulla del genere. Che Sunakagure avesse bisogno di ninja medici, non era una novità: il villaggio della Sabbia, nonostante avesse aperto un’accademia per le Arti Mediche, rimaneva cristallizzata sull’offensiva. I ninja di quelle terre aspre e solitarie desideravano combattere, non perdere tempo su libri di anatomia ed erbe medicinali.

L’avevano mandata lì insieme ad una squadra di altri quattro ninja medici. Il capo spedizione era della casata degli Hyuuga, e anche la piccola Hanabi aveva insistito per venire. Pochi minuti prima l’aveva incontrata di sfuggita per i corridoi del grande ospedale: il volto era pallido e le mani sporche di sangue, gli occhi spaventati, ma comunque fermi, decisi. Era terrorizzata, ma questo non le impediva di combattere e sforzare al massimo le sue capacità.

Non sapevano ancora perfettamente cose fosse successo, ma era evidente che ci fosse stato un attacco a sorpresa. I ninja che erano stati attaccati erano quelli alle porte della città: nessuno era stato in grado di riconoscere gli offensori. Il Kazekage si trovava proprio in quel momento in colloquio privato con lo Tsuchikage, ed era risultato subito chiaro l’intento provocatorio dell’azione.

<< Nagito, cerca di estrarre il veleno, io penserò all’emorraggia, e-

Nagito Hikaru le posò una mano incrostata di sangue sul braccio, con fermezza, come a voler fermare i suoi movimenti. Lei si bloccò.

<< Yamanaka… >>

Ino non trovò la forza di alzare gli occhi e guardarla in faccia.

<< E’ morto. >>

La situazione tornò sotto controllo solo a sera.

I feriti erano stato sistemati nelle stanze dell’ospedale, sorvegliati costantemente e tenuti sotto monitoraggio. Alcuni volontari si preoccupavano di identificare i morti e garantire loro una sepoltura perlomeno decente. Nonostante le urla e la paura, Ino non ricordava di aver visto una sola persona versare una lacrima.
Si lasciò cadere, esausta, su una delle scomode sedie di una sala d’aspetto completamente vuota. Le girava la testa, si sentiva tremare le gambe e le costava uno sforzo enorme mantenere gli occhi aperti, ma sapeva di non poter assolutamente dormire. In caso di emergenza, ci sarebbe stato bisogno del suo aiuto.

Facendo mente locale su ciò che era accaduto in quella giornata, le venne quasi da ridere riflettendo su qual’era stata la sua maggiore preoccupazione, nell’apprendere di dover andare a Suna.
Shikamaru: durante quelle ore, non aveva pensato a lui neanche una volta.
Ma non poté fare a meno di richiamare alla mente i contorni del suo volto, ancora così vividi nella memoria, mentre Temari della Sabbia faceva il suo ingresso in quella stanza.

 

* * *

 

<< Quindi dobbiamo semplicemente assicurarci che ‘sti tipi non stiano pianificando nulla di losco e poi tornarcene tranquillamente a Konoha, no? Troppo facile. >>

Sakura, Sasuke e Kakashi si voltarono a fissare il ninja, decisamente perplessi.

<< Dobe, quanto invidio il tuo semplice circuito mentale. >>, borbottò Sasuke, alzando gli occhi al cielo.

<< Ottima capacità di sintesi, Naruto. Più o meno è così. >>

<< E in caso stessere invece pianificando qualcosa? Cosa dovremmo fare? >>

Per un attimo, l’aria sembrò gelarsi intorno a loro. Gli occhi dei tre ragazzi era fissi sulla figura del loro sensei, che se ne stava tranquillamente appoggiato con la schiena ad un albero, gli occhi bassi e le braccia incrociate. Quasi poteva sentire il suo ghigno.

<< Nulla. Non siamo autorizzati a prendere iniziate di alcun tipo. Dovremmo solo tornare al Villaggio molto in fretta, e riportare quanti più dettagli è possibile. >>

Sasuke e Sakura si scambiarono un’occhiata. Entrambi celavano la stessa perplessità e preoccupazione, che Naruto, troppo impegnato a intimare alla maledetta Volpe di stare zitta una volta per tutte (e l’occhio, no, non c’era nessun occhio, ma pulsava continuavaapulsare) mentre il dolore alla testa gli impediva di focalizzare l’ambiente come di dovere.

I suoi compagni di squadra continuarono a discutere un altro po’, ma le loro voci erano distanti e ovattate, e non capiva perché avrebbero dovuto fare tutte quelle domande, a lui bastava combattere, doveva combattere, sapeva che quella era l’unica cosa che potesse aiutarlo, qualsiasi cosa purché dannazionestaizittostaizittosmettila.

 << Naruto? >>

Il ragazzo spalancò gli occhi, guardandosi intorno confuso, come se fino a quel momento non fosse stato lì. Finalmente riuscì a inquadrare Sakura, che lo fissava con una certa curiosità mista a preoccupazione.

<< Uhn… Cosa c’è? >>, disse bruscamente, tirandosi in piedi.

<< Stiamo andando. >>, fu la risposta secca della kunoichi.

  

* * *

 
<< Yamanaka, giusto? >>

Temari non aveva mostrato particolare sorpresa nel vederla lì, né si era lasciata andare a convenevoli. A pensarci bene, essendo sorella del Kazekage, doveva già essere stata informata del suo arrivo. Quindi, anche lui sicuramente…

<< Sì. Puoi chiamarmi Ino, Temari-san. >>

La kunoichi annuì appena, senza neanche tentare di sorridere. Si sedette su una panca posta di fronte a lei e chiuse gli occhi, rimanendo ferma e in perfetto silenzio.
Ino non riuscì a nascondere il nervosismo, e passò i minuti seguenti muovendosi sul sedile improvvisamente scomodo, e lanciando occhiate di sottecchi alla ragazza. Le sarebbe piaciuto ostentare la stessa indifferenza, ma la cosa le riusciva impossibile.

Con un sospiro di frustrazione, cercò di concentrarsi su qualcos’altro, ma appena chiudeva gli occhi, il sangue, le ferite e l’odore della carne bruciata la facevano sussultare. Si guardò le mani, che erano ancora sporche di sangue ormai secco, e solo in quel momento si accorse di non essersi neanche sciacquata una volta.

<< Temari-san – inaspettatamente, a parlare fu proprio la sua voce – è stato scoperto cosa sia successo? Chi ha mandato l’attacco? >>

La kunoichi spalancò gli occhi fissandola dritta in volto, mentre i suoi lineamenti si irrigidirono visibilmente.

<< Queste – mormorò quietamente, ma con voce gelida – queste sono questioni private che riguardano Sunakagure. In quanto ninja di Konoha, non avete alcun diritti di sapere dei nostri affari interni. >>

Ino rimase sorpresa dalla risposta brusca, ma la stanchezza le impedì di reagire o arrabbiarsi, come avrebbe fatto altrimenti.

<< Noi di Konoha – ribatté stizzita – abbiamo lavorato tutto il giorno al vostro fianco salvando i vostri ninja come fossero stai nostri compagni, e questo penso mi dia perlomeno il diritto a una domanda! >>

Temari ascoltò impassibile il suo sfogo, prima di lasciarsi sfuggire uno sbuffo.

<< Sempre pronti a scaldarvi, voi della Foglia. >>

<< Già… >>, assentì passivamente lei.

Le due ragazze si scambiarono una smorfia, una specie di sorriso divertito. Per entrambe era come guardare uno specchio al contrario: erano uno l’opposto dell’altra, ma in quel momento i loro volti mostravano gli stessi segni della stanchezza e della preoccupazione, per il medesimo motivo.

Passarono alcuni secondi. Temari la guardava, come in atteggiamento di attesa.

<< Temari… Vorrei parlare con Shikamaru. >>

Ancora una volta, Ino non poté credere che fosse stata proprio lei a dire quelle parole.

Ma Temari, inaspettatamente, non smise di sorridere.


<< Sì. >>

 

 __________________________________________________________________________________________________________________________


Un capitolo straordinariamente lungo necessita di note straordinariamente lunghe.
In realtà so che nessuno ne sente l'impellente bisogno, ma comunque lasciatemi blaterare un po', suvvia ù_ù sarà che sono appena tornata da Lucca Comics, ma mi sento leggermente su di giri... Tranquilli, non ho intenzione di farvi un sermone su quanto fantastica fosse la fiera (anche se sarebbe terribilmente divertente) mi limiterò invece a qualche precisazione tecnica.

Il capitolo è probabilmente strapieno di imprecisioni, e anche dal punto di vista stilistico avrei potuto essere più pignola, ma è da talmente tanto che l'ho pronto, ed è talmente tanto che volevo pubblicarlo che non ho saputo resistere.

Forse qualcuno avrà notato la questione: Naruto, Sakura e Sasuke già jounin, nonostante non ancora ventenni, il che è peculiare, visto che i jounin più giovani che vediamo di solito non hanno meno di 24 anni (casi speciali a parte, come Kakashi e Itachi) ma tenendo presente che all'età di 16 anni, punto attuale del manga, tutti loro hanno raggiunto i rispettivi maestri, credo sia plausibile. Ok, nessuno me l'aveva chiesto, ma ci tenevo a dirlo.

L'incontro tra Temari e Ino. Sarebbe stato molto più logico mettere una scazzottata al femminile, visto il carattere dei personaggi, però sinceramente lo trovo decisamente banale, oltre che triste: entrambe perderebbero completamente la dignità, nel battersi per lo stesso uomo <.< quindi ho optato per qualcosa di meno ovvio, anche se forse un po' sforzato. Ditemi voi che ne pensate.

Per chi si fosse aspettato chissà cosa riguardo a "l'appuntamento" tra Sakura e Naruto, avrà visto che le cose non sono esattamente rose e fiori, anzi. Ho calcato molto la mano sull'angst, ma dopotutto, ve l'avevo detto.

Un ultima nota prima di qualche anticipazione: ci tengo a questo capitolo, in caso non si fosse notato. Quindi non sapete quanto mi farebbe piacere ricevere recensioni articolate e costruttive, davvero. Anche la minima cazzata che vi venga in mente... ditela.
E vi ringrazio tanto, tantissimo per aver recensito: la storia è rimasta ferma scandalosamente a lungo, ma ho visto che molte persone non hanno mollato^^ Grazie mille!

Adesso, qualche anticipazione.

- Ritorno di Shikamaru. Ebbene sì, vedremo un ritorno in scena.

- La missione del Team 7. Ci sarà parecchia azione, e un'altra new entry.

- Angst. Oh, dio, quanta angst.


Credo proprio di aver detto abbastanza


suzako

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Counterglow ***


The Cruellesth Month

 

 

“Temari, io… vorrei parlare con Shikamaru.”

“Va bene.” 

“Sai dove posso trovarlo?”

“Stava parlando con il Kazekage, questa mattina. Dovrebbe

uscire dal suo ufficio a momenti.” 

“…Ho capito.”

“Vai.” 

“Ma-” 

“Ho detto vai.”

 

 

[ C o u n t e r g l o w ]

 
 
 

I corridoi erano lunghi e stretti, illuminati da una luce fioca e spettrale. Ino rabbrividì, per quanto non facesse affatto freddo. Le finestre rivelavano l’oscurità cieca della sera: che ore poteva essere? Da tempo ne aveva perso il conto. Ed era passato un giorno soltanto.

Le porte si susseguivano, tutte uguali, silenziose e mute. La kunoichi si guardò nervosamente intorno. Aveva sempre la curiosa impressione che da un momento all’altro Shikamaru sarebbe sbucato da un angolo, la sigaretta spenta incollata alle labbra, lo stesso sguardo annoiato di sempre, le stesse mani scarne, e l’avrebbe guardata con quegli occhi sottili e pungenti come spilli e dopo un istante, le avrebbe detto-

<< E tu chi sei? >> 

Per quanto la voce non fosse la sua, la sorpresa ebbe comunque il suo effetto.

<< AH! >>, gridò involontariamente, sobbalzando.

<< Ehi! >>

<< Chi sei?! >>

<< Potrei farti la stessa domanda! >>

La figura fece un passo avanti, rivelandosi alla luce delle torce. Il volto nascosto dalla pittura tradizionale da cerimonia di Suna, le mani guantate che reggevano uno stock di pergamene.

Il secondo fratello della Sabbia… Kankuro, il marionettista.

<< Tu sei di Konoha. >>, non era una domanda.

<< Ino Yamanaka. Aiuto medico. >>

<< Sì, certo, capisco. Ma perché non sei in ospedale? >>

Perché stavo per impazzire, sarebbe stata la risposta esatta, ma lei si guardò bene dal dirlo: << Sto cercando una persona. >>

<< Splendido. Buon divertimento. >>, e detto questo la superò, già immerso nelle carte.

<< Hei, aspetta un attimo! >>

<< Che vuoi? >>, non si fermo.

<< Sto cercando Shikamaru! Shikamaru Nara! >>

Uno dei rotoli, cadde a terra.

<< Ah. Lui. Yamanaka, hai detto…? >>, lasciò sfumare la frase, e lentamente, con esasperante lentezza, si voltò a guardarla, e Ino notò solo in quel momento che aveva occhi piccoli e affilati come spilli e la fissava, il bianco dei bulbi oculari spiccava sulla pittura rosso cupo, e lui la guardava con attenzione, quasi divertimento, e per un attimo ebbe impressione che sapesse, che tutti sapessero…

<< Abbiamo appena terminato un colloquio con il Kazekage. Credo sia uscito, guarda nelle terrazze. >>

Raccolse il rotolo, fece un movimento stanco con la mano, qualcosa di vagamente simile a un saluto, e si dileguò fra i corridoi, passi talmente silenziosi da non poter essere uditi.

Quante terrazze poteva avere quel dannato palazzo? Lei non lo sapeva di certo, ma le restava una sola cosa da fare.

Correre.

 

* * * 

 

Il Villaggio del Suono stava cadendo a pezzi.

Ma la cosa meravigliosa, era che a nessuno sembrava importare assolutamente nulla.

Sasuke osservava, osservava attentamente ma privo di interesse reale. Una donna d’età indefinibile giaceva a terra, scossa dalle convulsioni. Due bambini si prendevano a botte, cercando di cavarsi gli occhi con le unghie. Un gruppo di quattro uomini dai volti coperti camminava per le strade larghe e ingombre senza la minima circospezione. Uno di loro teneva la katana ancora sfoderata, grondante di sangue fresco.

Ma non era importante. Non lo era affatto.
Quel che contava, nel momento presente, era attraversare inosservati il Suono, e scivolare verso la terra del Fulmine, in modo da scoprire che cazzo stava succedendo e salvare il mondo, insomma.
Cioè, a dir il vero si trattava solo di Konohagure, ma, diamine, non si può avere tutto dalla vita.
Avevano dovuto vestirsi come pseudo-terroristi, e Kakashi era sparito dopo neanche dieci minuti. Naruto aveva suggerito di fare il giro dei bordelli, Sakura aveva cercato di dargli un pugno, e alla fine aveva deciso per tutti e tre che si sarebbero limitati ad aspettarlo all’uscita del villaggio, perché il sensei sa quello che fa.

Al contrario di loro, che si aggiravano per le strade piene di ombre guardandosi nervosamente intorno ad ogni rumore sospetto, ogni movimento improvviso. Però, quello che accade dopo, di certo non se lo sarebbero aspettati.

Successe tutto così all’improvviso.

Un uomo, probabilmente ubriaco, incespicando e barcollando, finì per camminare loro addosso. Sasuke riuscì a sentire Sakura fremere di disgusto, ma quello che attirò la sua attenzione, fu l’intenzione omicida proveniente da Naruto. Accade così in fretta. Un movimento fluido e rapido della mano del ragazzo, il vecchio non fece in tempo a cadere a terra che era già morto, il collo aperto che schizzava sangue ovunque, sui loro volti, sui loro vestiti, sulle loro mani, per terra, ovunque.
Intorno a loro, l’aria sembrò congelarsi. Nessuno si fermò, nessuno smise di fare ciò che stava facendo, ma era come se un centinaio d’occhi, silenziosi e di comune accordo, si fossero girati verso di loro, e li fissassero malignamente. Ed era assolutamente terrificante.

La mano di Sakura indugiò sul pugnale, ma Sasuke la afferrò prima che potesse fare mosse avventate. Senza mollare la presa, la costrinse a continuare a camminare, avanzando mano nella mano, come un macabro corteo nuziale. Naruto li seguiva, a poca distanza.

La scena si era consumata così in fretta che quasi non potevano pensare fosse successo davvero. Ma la cosa peggiore – la cosa che davvero l’aveva sorpreso – era stato il sorriso appena accennato sul volto di Naruto, e i suoi occhi – l’occhio – estaticamente fissi sul sangue nero.

Sakura era troppo sconvolta e preoccupata per accorgersene, ma lui riusciva a percepirlo con snervante chiarezza – quel chakra allo stesso tempo familiare e sconosciuto, quel chakra bruciante e corrosivo, rosso e terrificante.

Solo il Kyuubi no Yoko possedeva qualcosa di simile.

 

 

* * *

 

L’aveva cercato per più di un ora.

Ino si fermò, ansante per la lunga corsa, il vento freddo della notte che le sferzava il viso. Aveva attraversato ogni terrazza, una ad una, per trovarle sempre vuote, senza alcuna eccezione.

Il palazzo era silenzioso, i gemiti dei moribondi distavano anni luce. Avrebbe dovuto tornare all’ospedale.

<< L’ultima… guarderò ancora una volta, poi… >>

Davvero, probabilmente avevano bisogno di lei.

<< Poi, basta, basta così… >>

Era semplicemente egoista.

Anche l’ultima terrazza era vuota. Incredula, si guardò intorno, sperando di scorgere una sagoma familiare tra le ombre – invano, invano. Non c’era nessuno.

Non era giusto.

<< All’ospedale… Tornerò all’ospedale e basta… Nient’altro. >>

Gli occhi bruciavano ma era colpa del vento. Il vento, sì. Era sempre colpa del vento. Eppure, non riusciva a odiarlo. Perché da qualche parte, la consapevolezza bruciava più delle palpebre arrossate, la consapevolezza del…

<< Forse è colpa mia. Forse è solo colpa mia, eh, Shikamaru…? >>

Il vento ululò più forte.
E fu il quel momento che lo vide.

Una striscia sottile, evanescente come l’ultima traccia di un bastoncino d’incenso nell’aria, ma dall’odore molto più acre e intenso – un odore che poteva far pensare solo a lui.

Il filo di fumo di sigaretta si alzava lentamente, trasportato dal vento. Doveva provenire dalla terrazza di fianco, magari proprio l’unica che non aveva controllato. Ino avrebbe voluto correre, ma si accorse che le gambe non l’avrebbero sorretta. L’aveva trovato.

Il fumo continuava a salire, in lente spirali.

Shikamaru, come sempre, si limitava ad osservarlo vagamente assorto e affascinato, seguendone gli imprevedibili movimenti – o forse non proprio: si accorse che in realtà seguivano le correnti del vento, a seconda dell’intensità e della direzione. Quella notte non era il caldo scirocco a soffiare, ma un vento diverso, gelido e ululante, che mai aveva udito a Suna.

Dopotutto, era là da meno di un mese. Ci avrebbe fatto l’abitudine. Ci avrebbe fatto l’abi-

Rumore di passi. Dietro di lui.

<< Shikamaru? >>, un sussurro coperto dal vento, talmente impercettibile che quasi si chiese come avesse fatto a udirlo.

E riconoscere quella voce.

<< Ah. Sei tu. >>

Il fumo saliva al cielo, lentamente.

<< Shikamaru- >>

Una cosa sola amava di quel sapore acre, quel retrogusto amaro in bocca e quelle spirale viziose che s’innalzavano corrompendo l’aria.

<< Come mai sei qui? >>

Solo in quei momenti, riusciva a non pensare a nulla.

<< Avete chiesto aiuto medico a Konoha. >>

<< E’ vero. L’abbiamo fatto. >>

<< Io vo-

<< Lo sai perché è successo tutto questo, Ino? Lo sai perché? Credo di no, dopotutto nessuno deve avervi informato. Te lo dirò io. Ti dirò chi è stata la testa di cazzo responsabile di tutto questo… >>

<< Cosa? Cosa stai…? >>

<< Un attacco a sorpresa! Bella scusa! Quanti credi che ne abbia ricevuti in questi anni, un Villaggio come Suna? Qui ciò che conta è la forza, non importa in che condizioni e con che scopi, questo dannato paese pensa solo a rafforzarsi militarmente, sai? Sono fissati, sono assolutamente… >>, le mani gli tremavano con violenza.

<< Shikamaru, ti prego… >>

<< …Ossessionati. >>

<< Voltati, ti prego. >>

<< Gliel’ho detto che era idioti, no, la guerra è finita, non possono mica pensare che sia solo quello, solo che i ninja siano armi e nient’altro – volevo che cambiassero, non credevo fosse così diverso da Konoha qui, speravo che non lo fosse gli ho detto, gli ho detto, invece di investire solo nell’attacco e nella difesa dei confini, avete bisogno di una squadra medica, una di inseguimento, non potete semplicemente fare così e basta, cazzo, un minimo di strategia, strategia… >>

La sua voce si incrinò, fino ad interrompersi bruscamente, come recisa di colpo.

Sentì Ino muoversi, un fruscio, i passi sulla pavimentazione ruvida. Si stava avvicinando a lui.

<< Sono stato io a dirgli di diminuire le squadre di difesa, io a dirgli di mostrarsi più aperti alle cazzo di comunicazioni esterne… E il Kazekage mi ha creduto, Gaara l’ha fatto, perché era d’accordo con me anche-

Questa volta, l’interruzione fu più che volontaria.
Ino si bloccò, la mani che si era tesa per raggiungerlo, ferma a mezz’aria. La ritrasse con un movimento lento.

<< Ho capito. >>, mormorò.

<< E’ stata colpa mia. >>

<< E’ vero. >>

<< Idiota idiota idiota idiota-

<< Basta così, Shikamaru… >>

<< Lasciami in pace, per favore. >>

<< …No. >>

E lui la guardò.

Fu un gesto impulsivo, non ponderato – ruotò il collo a le lanciò un’occhiataccia con gli occhi sottili come spilli, e Ino li vide rossi, segnati dalla stanchezza.

<< Che cosa vuoi? Perché sei qui? Mi sei venuta a cercare… Perché? >>, mormorò rigirandosi a guardare la notte color inchiostro, le mani saldamente strette attorno al cornicione.

<< Volevo parlarti, molto semplicemente. >>

<< Perché? >>, ripeté.

<< Non lo so. >>, mormorò lei, con disarmante semplicità.

Lui non disse nulla.

<< Ci siamo già detti addio, e adesso, io… >>

<< Nella maniera più ipocrita e dolorosa, Shikamaru. Davvero non abbiamo nient’altro da dirci? >>

<< No… - ammise, scuotendo la testa – Ma non sono sicuro di volerlo dire. >>, concluse con un sorriso amaro.

 
 

* * * 

 

C’era qualcosa di strano.

Quando arrivarono al limitare del villaggio, Kakashi era già lì.

Qualcosa di decisamente strano.

Era subito andato loro incontro, quando li aveva scorti, il volto ancora più coperto del solito, macchie di sangue nuovo sul mantello.

<< E’ meglio non restare qui troppo a lungo. Dobbiamo attraversare tutta la foresta entro l’alba. >>

<< Ma, sensei! E’ impossibile! Naruto, Sasuke, dite qualcosa anche voi! >>, sbottò Sakura, esasperata.

Kakashi avrebbe potuto ingannare chiunque, ma non loro. Sakura era disperata e confuso, la coscienza di Naruto troppo distante, ma Sasuke era seppur minimamente più lucido.

C’era qualcosa che non andava.

Il chakra del Kyuubi era meno appariscente del solito – non un’esplosione di rabbia e veleno, ma qualcosa di più strisciante, sottile, come un sussurro sullo pelle. Kakashi se ne accorto subito. Ma a cosa sarebbe servito allontanarsi? L’Uchiha corrugò la fronte.

<< Non abbiamo tempo da perdere. Sasuke, Sakura, voi conducete. >>

Kakashi era nervoso. C’era qualcosa di strano.

La foresta si apriva do fronte a loro, immensa ed imperscrutabile. Un gruppo di ninja dall’aria poco raccomandabile stava parlando animatamente, le mani già troppo vicine all’else della katana. Probabilmente Kakashi non voleva che Naruto rischiasse di-

<< …Era un Uchiha, e l’ho visto con questi cazzo di occhi! Se non ci credi sono affari tuoi, ma io non metterò piede di nuovo in quella maledetta foresta! >>

Fu poco più di una frazione di secondo.

Più che sufficiente perché loro udissero. Perché Sasuke, udisse.

Kakashi si voltò verso di lui, qualcosa di imperscrutabile sul volto. Sakura si fermò di colpo. Naruto, alzò gli occhi, per un attimo cosciente.

Fu poco più di una frazione di secondo.

L’uomo che aveva parlato si trovò un kunai affilato contro la gola, e due occhi rossi a fissarlo.

<< Di un po’ – mormorò Sasuke, con deliberata lentezza – l’Uchiha che hai visto, aveva occhi come questi…? >>

 

Il vento cessò di soffiare, per un istante.

 

<< E’ passato così poco tempo, ne? Eppure sembra davvero un’eternità… >>, sorrise Ino, guardando l’orizzonte.

<< Tu dici? >>

<< Sei cambiato. >>

<< Anche tu. >>

Lei spalancò gli occhi, sorpresa.

 

Il vento riprese, più forte di prima.

 

L’uomo fissò gli occhi color sangue con terrore crescente.

<< E’ lui! E’ il suo fantasma! Ve l’avevo detto che la maledizione… La maledizione degli Uchiha…! >>

<< Smettila di blaterale idiozie e ascoltami: dove l’hai visto? Quando? Dov’è? >>

Il ninja era ammutolito dal terrore.

<< Dimmi dov’è! Dimmi dov’è, cazzo! >>, incominciò a urlargli in faccia, scuotendolo con ferocia.

<< Sasuke-kun, ti prego… >>

<< …Dimmelo, o giuro che t’ammazzo! Li vedi questi, occhi li vedi? Ti farò impazzire, ti farò impazzire a tal punto che mi implorerai di venir ucciso! >>

<< Sasuke-kun! >>

<< Non te lo chiederò un’altra volta! >>

<< Non avrai una parola da me, fottuto-

Passò un lungo, terrificante secondo. L’uomo si accasciò a terra, con un grido. Sasuke non battè ciglio.

<< Nella parte più profonda della foresta. >>, mormorò, la voce distante.

Sakura si coprì il volta con una mano.

<< Sasuke-kun… >>

<< Era davvero necessario? >>, domandò Kakashi, imperturbabile.

Sasuke lo fissò per un istante. Il nervosismo, quella fretta improvvisa, anche ora non sembrava minimamente sorpreso. Tutto tornava: Kakashi sapeva. Ma avrebbe potuto non dire altrettanto con lui. Non rispose.

 

Era il crepuscolo. Le ombre avanzavano.

 
<< Che intendi dire? >>

<< Quando sei arrivata… Pensai che avresti fatto una scenata, avresti gridato e mi avresti buttato tutto addosso. E invece siamo qua, parlando come alla fine di un allenamento, come se tutto fosse normale. >>

<< Avrei voluto. >>

Shikamaru non parlò.

<< Avrei voluto urlare, piangere, avrei voluto farlo, quel giorno. >>

<< Ma non l’hai fatto. >>

<< Non volevo che fosse così… difficile. Non sarebbe dovuta andare così. >>

E per un attimo, entrambi non dissero nulla, fissando fantasmi del passato, del presente e del futuro, in un intreccio che mostrava loro le infinite possibilità di ciò che avrebbe potuto essere.

 

Le ombre si allungavano per terra.

 

<< Sasuke! Aspetta, ti prego! >>

<< Corri più veloce, invece di sprecare fiato. >>

La voce di Naruto era aspra, stranamente fredda. Sakura riuscì a provare solo un incredibile fastidio. Non fosse sufficientemente complicata di suo la situazione, l’avrebbe colpito con tutta la forza che aveva.

Si spinse in avanti, superandolo.

Sasuke era poco più di una sagoma sfocata all’orizzonte, e ogni secondo sembrava scivolare un po’ più avanti, sempre di più, finché
Finché lei non lo perse di vista. Aguzzò gli occhi, correndo il più veloce che poteva. Inutile, ormai. In preda all’ansia, si fermò di botto, appoggiandosi a un grosso ramo. Avrebbe fatto meglio ad aspettare Naruto, avrebbero cercato insieme. Passarono i minuti, ma di lui neanche l’ombra. Sakura incominciò a sentirsi davvero nervosa. Si guardò intorno, alla disperata ricerca di- di chiunque, ma nessuno arrivava.

Prendendo un profondo respiro, chiamò a raccolta la poca calma e sangue freddo che gli rimaneva, cercando di percepire le tracce del chakra. Non avrebbe dovuto essere troppo difficile.

E Sakura, finalmente sentì. Ma quello che comprese non le piacque per nulla. 

Il sigillo.

Non deve essere spezzato, mai più, mai

Il chakra della Volpe a Nove Code.

Rosso e bruciante, crudele

Istinto omicida.

“Perché impariate a controllarlo, oggi…”

Quante cose non aveva saputo vedere?


<< Non me ne ero mai accorto, sai? >>, interruppe lui per primo l’assorto silenzio.

<< Che cosa? >>

<< Sei più forte di quanto sembri, Ino. Tu… Non ti sei spezzata. >>

Per un attimo la kunoichi sembrò intenta a soppesare quelle parole, la stretta sulla parapetto così forte da far sbiancare le nocche.

<< E’ quello che pensi… E pur sapendolo, te ne sei andato. >>

Shikamaru si irrigidì impercettibilmente.

<< Stai tranquillo. Non ho intenzione di recriminare. Forte, dici? Io non riesco a vederla così. >>

Silenzio.

<< Solo un mese… No, nemmeno. Hai idea ti quanti mi siate mancati, entrambi? Ho ancora così tanta nostalgia, eppure, il dolore è un’altra cosa. Il dolore- la voce le si spezzò, e si interruppe.

<< …E’ come se non avessi sofferto abbastanza. In queste settimane la mia maggiore preoccupazione era stata proprio quella di essere forte. Non piangere, devi essere forte, non pensarci, devi essere forte, non lasciarti andare, devi essere forte, devi essere forte. Io… >>

<< Ino-

<< Non ho mai pianto per voi, lo sai? Né per te, né per Chouji… Mai. E non è che penso che non sia giusto, anche se è così. Però adesso ho come l’impressione che ci sia qualcosa, un peso che non ho mai voluto lasciare andare, perché sarebbe stato da debole – e adesso, so che non se ne andrà mai più. E non riesco a far a meno di pensare che sia giusto così… >>

 

Sempre, sempre con te

 

La foresta era immensa e senza fine. Gli alberi si stagliavano maestosi, proiettando lunghe ombre sul terreno umido. Filtrava una luce fredda e lattiginosa, il cielo era impossibile da scorgere tra i contorni frastagliati delle fronde.

Sakura correva, con la forza della paura a muoverle le gambe stanche. Avrebbe voluto semplicemente fermarsi e gridare fino a non avere più fiato, gridare aiuto finché qualcuno non avrebbero risposto, ma la parte ancora lucida della sua mente le impediva di farlo. Quindi correva, sfrecciando tra i rami, attenta alla minima traccia che potesse indicarle la presenza dei compagni.

Non ce ne erano.

Il silenzio era muto e terrificante, il suo respiro pesante come un martellare continuo. Poi, nella solitudine della foresta, qualcosa accadde.

Inizialmente fu poco più di un tremito, una vibrazione appena percettibile.
Poi continuò, si estese, divenne suono, divenne crepitare, divenne elettricità.
Una sensazione inquietante e in identificabile, un terrore del tutto ingiustificato, si impadronirono di lei. C’era qualcosa di sbagliato.

C’era qualcosa di assolutamente sbagliato in quella luce.

Un fruscio.

Qualcosa, c’era qualcosa che si muoveva intorno a lei, sopra di lei, ovunque, qualcosa di basso e strisciante, un crepitio continuo di snervante elettricità che le causava continui brividi lungo la schiena, si contorceva, si muoveva, strisciava, qualcosa cosa fosse non riusciva a vederla, si nascondeva, non riusciva a vederla ma forse non c’era forse era solo l’immaginazione ma lei aveva sentito qualcosa e non era possibile e la faceva impazzire.

<< S-Sasuke? Sei tu? >>

Un sibilo. Questa volta era certa di averlo udito. Si voltò di scatto, e due occhi giallo oro, affilati come quelli di un serpente, le penetrarono lo sguardo. Prima che potesse urlare, la foresta esplose, e lei cadde a terra, priva di sensi.







________________________________________________________________________________________________________________

Okok, non ho voglia di fare note di fine capitolo particolarmente profonde, quindi... Non le farò.
Mi scuso per il ritardo, come al solito. E' un casino, lo so, se non c'avete capito niente del capitolo va tutto bene.
Nient'altro da aggiungere! Spero vi sia piaciuto!

Oh, quasi dimenticavo: questo è il principio della fine! Da qua, si scende in caduta libera! Mettetevi comodi e preparatevi alla fine del mondo, yay!

Ja Ne,

suzako




Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** The need to hold still ***


Documento senza titolo

The Cruellesth Month

 

 

[ The need to hold still ]

 

 

 

Ricordava molto bene la morte di Orochimaru, o meglio, ricordava bene ciò che aveva significato per loro.
Lei non c’era stata, nessuno di loro ne era stato partecipe in alcun modo. La notizia era giunta tramite l’Hokage, una mattina come tante altre, mentre erano nel suo ufficio. Come l’avrà ucciso, come avrà fatto? Dev’essere diventato molto forte, Sasuke-kun, non è vero Naruto? Sì, è vero. Ma non ti preoccupare. No, no, certo. Preoccuparsi? E pensare che lei era una sciocca, e per un attimo, quando Jiraya aveva dato loro la notizia, una piccola parte della sua mente aveva pensato con immediata logica, quindi tornerà?
Si era sentita sciocca per quel secondo di distrazione.

Erano stati necessari due mesi di ricerche, fratture multiple, escoriazioni e tre buchi all’addome per riportarlo a casa.

Sakura ricordava comunque molto bene gli occhi di Orochimaru: quegli occhi, che gli avevano portato via Sasuke, erano dorati e fissi, febbrili e inquietanti. Ed erano ancora stampati a fuoco nella sua mente, nel momento in cui riprese coscienza.

E’ stato un sogno. Un’allucinazione causata dal panico.

Si rialzò lentamente, ancora stordita. La foresta era fitta, gli alberi s’innalzavano a coprire il cielo senza lasciarne aperto neanche uno spiraglio. Sakura sentì un sudore gelido bagnarle la schiena.

No, non un’allucinazione. Una visione, forse. Arti magiche.

Strinse i pugni, cercando conforto in sé stessa. La verità era che praticamente mai aveva dovuto affrontare situazioni di simile urgenza senza il supporto di almeno un membro del suo team. Ma poteva farcela, lo sapeva. Doveva solo sforzarsi e mantenere la calma. Per prima cosa doveva cercare di localizzare uno dei suoi compagni. Prima che sia troppo tardi, pensò inconsciamente. Si concentrò intensamente per alcuni lunghi minuti.

Cercò.

Cercò la sensazione pungente, quasi analogo a una lama di metallo, del chakra di Sasuke.
Cercò l’impercettibile, nascosta vibrazione dell’aura di Kakashi-sensei, senza successo.
Cercò il sentimento familiare del chakra ruvido e prepotente di Naruto.
Ma non si aspettava certo di trovare quello.

Le sembrò di bruciare. Era come stare chiusa in uno spazio stretto e soffocante, senza riuscire a liberarvisi. Come un peso sul cuore, sulla mente, sull’addome, qualcosa che ti schiaccia al suolo e non ti permette di reagire.

Era la volpe a nove code.

 

* * *

 

Doveva essere lì.
Sasuke non sapeva da quanto stesse correndo, e neanche gli interessava. Tutto ciò che poteva concepire, tutto ciò che gli interessava vedere in quel momento, era Itachi Uchiha. E lo voleva morto, voleva staccargli la testa dal corpo e bruciarlo, e guardare la pira estinguersi lentamente.

Lo aveva ucciso una volta. Poteva farlo di nuovo.

<< Sasuke-kun… >>

La prima cosa che aveva visto, quando
le sue pupille si erano adattate alla luce,
erano stati i contorni sfocati del volto di Sakura.

Naruto, subito dopo. Lui però non aveva detto nulla.

Non ricordava molto di quel momento. L’ospedale, la testa bendata
E il 15% in meno del sangue in circolazione…

Forse aveva voluto dimenticare.

Ma ricordava bene quali erano state le sue prime parole,
e per quanto sapesse di aver sbagliato, non avrebbe mai fatto altrimenti.

Non c’era traccia di quel chakra per il momento, ma non aveva fretta. L’aveva cacciato per anni e sapeva che avrebbe voluto mostrarsi al momento per lui opportuno. Ma non avrebbe giocato secondo le sue regole. Non quel giorno.

Poi lo sentì. Qualcosa, alle sue spalle. Tre kunai schizzarono velocissimi verso la fonte della vibrazione. Un altro movimento. Questa volta scagliò un esplosivo. Sentiva l’adrenalina montargli nelle vene, sapeva che era lui, doveva essere lui. Vieni fuori, bastardo. Con lo sharingan non fu difficile vedere attraverso la spessa cortina di fumo. E ciò che Sasuke vide furono due occhi rossi.

Estrasse la katana, scagliandosi di peso contro l’avversario. Voleva coglierlo di sorpresa e costringerlo al suolo. Un secondo più tardi si maledì per un’azione tanto avventata: Itachi non possedeva forse lo stesso sharingan? Sicuramente l’avrebbe visto, e Sasuke si sarebbe trovato completamente scoperto. Ma era troppo tardi.
Sasuke si preparò a parare un colpo che non arrivò mai. L’avversario si limitò a bloccare la lama, ed entrambi atterrarono al suolo con un suono secco di foglie calpestate. Non c’era fumo lì, e quando Sasuke alzò il volto per guardarlo negli occhi, trasalì.

Era Kakashi.

Per qualche istante il ninja più anziano non disse nulla, limitandosi ad alzarsi in posizione eretta, e spazzolarsi dell’immaginaria polvere dall’uniforme. Neanche Sasuke disse nulla, senza però smettere di fissarlo. C'era qualcosa di meccanico e forzato nelle loro azioni, qualcosa che non andava.

<< Credo che tu ti stia agitando un po’ troppo, Sasuke >>

…Perché gli occhi che aveva visto, erano due. L’Uchiha non rispose, ma Kakashi non vi badò.

<< Adesso, priorità è ritrovare Naruto e Sakura, e uscire da questa foresta, prima che l’assurda casino in cui tu, in tutta la tua intelligenza, ci hai cacciati, non abbia conseguenze sgra-

Il kunai lo colpì esattamente in mezzo alla fronte. Il clone si dissolse in una scia di fumo.

<< A che gioco stiamo giocando, sensei?>>

L’accento ironico che Sasuke aveva usato era troppo marcato per poterlo ignorare.

Kakashi comparve alle sue spalle, camminando lentamente verso di lui.

<< Non lo so, Sasuke, vuoi dirmelo tu? Uccidere me non avrà alcun effetto sui tuoi occhi, temo>>

Sasuke non smise di sorridere.

<< Tanto vale provare, no?>>

Ammesso che tu sia chi dici di essere.

<< Non c’è tempo per i giochi. Dobbiamo trovare Naruto, prima che-

<< Vuoi che ti conduca da lui? Speri ti aiuti a catturarlo con le mie stesse mani? Non sono così ingenuo… >>, il ragazzo assunse posizione d’attacco. I suoi occhi erano lucidi e febbrili, ed era molto tempo che non brillavano di quella luce sinistra.

<< Tu sei-

Il jounin non ebbe tempo di finire la frase, nel momento in cui i primi lampi fecero tremare il terreno.

 

* * *

 

Gocciola, gocciola, gocciola.

Le pareti della cella era infinite e alte, prive di confini di spazio reali.Anche il tempo pareva privo di significato, lì, poiché ogni secondo di prigionia sembrava stirarsi e dilatarsi infinitamente.

Era sempre stato buio, di un’oscurità densa e priva di spiragli. Fino a quel giorno.
Un muro era crollato, e finalmente, l’aria aveva incominciato a filtrare negli anfratti stantii di quella prigione. Era stato poco pi di uno spiraglio, quasi invisibile da principio. Ma un essere millenario conosce il valore del tempo, e aveva saputo attendere: aveva corroso, consumato quello spiraglio, fino a spaccarlo e renderlo un passaggio praticabile.

Gocciola, gocciola, gocc-

E finalmente, la Volpe aveva potuto lasciare la propria prigione.

 

* * *

Si stava avvicinando sempre di più.
Sakura stava correndo da quasi un’ora, e l’orribile sensazione di prima si faceva sempre più acuta, sempre più invadente. Sapeva che ad ogni passo lui si faceva più vicino, e correva col viso fisso al suolo, perché aveva paura di ciò che avrebbe visto.
Non scappare. Non essere codarda. Hai promesso che non lo saresti più stata.
Si era ripromessa di non lasciare più che la propria debolezza interferisse con le sue azioni.
L’avrebbe affrontato, e l’avrebbe fatto a testa alta.
Alzò gli occhi, senza smettere di correre. E seppe di essere vicina, ancora pochi passi, mancava pochissimo, lo sentiva, doveva essere lì. Uno, due, tre, e dopo l’ultima fila di alberi, una radura.

Ma non fu la volpe, ciò che vide.

<< …Naruto?! >>

Il ragazzo si voltò lentamente.

<< Oi, Sakura-chan! Sei tu! >>, la salutò con un sorriso quasi sollevato.

<< Certo che sono io, baka! Ma tu… Va tutto bene?>>

<< Io? Certo che sto bene, che domande! >>

Sakura sbuffò: << Hai idea di quanto fossi preoccupata? Presto, dobbiamo cercare Kakashi-sensei e Sasuke! >>, era già pronta a correre nella direzione opposta, quando si bloccò.

<< Ah, davvero?>>

La sua voce era fredda.

<< Che razza di domande fai? >>, ribatté la ragazza, gli occhi stretti a due fessure.

Naruto riprese a sorridere, ma questa volta c’era uno strano luccichio nelle sue pupille. Fece qualche passo in avanti.

<< Niente di che. Semplicemente, mi preoccupo per te. Sei sicura di essere a posto…? >>, la sua voce si era fatta più bassa, e improvvisamente era vicino, molto vicino.

<< Naruto?>>

Si chinò su di lei.

 

* * *

 

Gocciola, gocciola, gocciola.

 

* * *

 

<< Stai bene? >>, domandò di nuovo, in un sussurro. Sakura sentì il calore salirle alle guance, ma si impose di rimanere calma. La parte razionale della sua mente aveva già compreso che c’era qualcosa che non andava. Come potevano i suoi occhi negare ciò che vedeva? Eppure quel chakra era più forte che mai, e di quello non poteva sbagliarsi.

Un ninja deve saper vedere oltre la superficie.

<< Chi sei tu?>>

Per un attimo, il ragazzo sembrò confuso. Aggrottò le sopracciglia, inclinando la testa di lato.

<< Che vuoi dire, Sakura-chan? >>

<< Se speri di fregarmi così facilmente… >>, di nuovo, il sangue gli ribollì nelle vene, ma questa volta era per la rabbia.

Naruto le posò una mano sulla spalla, sorridendo.

<< Che peccato. Mi sarebbe piaciuto divertirmi ancora un po’ con te >>

Il sorriso divenne un ghigno. E improvvisamente la stretta amichevole divenne una morsa, e Sakura riuscì a sottrarsi alla presa di quegli artigli un attimo primo che il braccio le fosse troncato di netto. Naruto non aveva fretta: la guardò cadere sgraziatamente al suolo, aspettando che si riprendesse dal terrore e dalla sorpresa.

<< Naruto! Naruto, ti prego, se riesci a sentirmi, non-

<< Se, se, ti sento benissimo! Mi prendi per idiota? Qua comando io, mica la volpe!>>

Una frazione di secondo: sorrise e le si scagliò contro. Sakura non ebbe tempo di ribattere, l’unico pensiero che riuscì a formulare fu non è il Kyuubi, è Naruto che sta facendo questo. Ma non poteva crederlo, non poteva pensare che fosse davvero così. Lui non l’avrebbe mai fatto.

Riuscì ad evitare un pugno che aprì un cratere nel terreno. Ogni suo tentativo d’offesa lo faceva letteralmente ridere. Era cosciente di non star utilizzando alcuna strategia: si limitava a tentare colpi, ma così non sarebbe andata avanti per molto.

<< Così non va affatto, Sakura-chan. Continuando così, finisce che muori >>, dichiarò solennemente lui, senza smettere di ghignare.

Sakura cercò di approfittare del momento di pausa. Doveva farcela. Doveva trovare un modo di…

E’ Naruto! E’ mio compagno, come posso…?

Dio mio, dio mio __________________________ Com’è potuto succedere?

_______Dev’essere il Kyuubi, lui non potrebbe, non potrebbe mai!________________Ho paura

___________E’ colpa nostra ____________________ Ho paura

Dio mio… Che cosa ci sta succedendo?

Ho paura.
Ho così tanta paura.

C.o.m.b.a.t.t.e.r.e.

In quanto ninja, il nostro dovere è combattere.
E’ questo ciò per cui siamo nati, è questo ciò per cui moriamo.
Non è importante chi sia. Non ora. E’ solo un avversario come tutti gli altri.
Rifletti. Pensa a come sfruttare i tuoi punti deboli. Non perdere la testa. Rifletti.
Devi semplicemente fare quello che hai sempre fatto.

Combatti.

<< Beh, ti sei addormentata?>>

Lei non rispose. Aveva il respiro pesante, e la testa bassa. I capelli le coprivano gli occhi.

<< …Che noia, già non ce la fai più? Va bene, finiamola… >>

<< Gen…>>

Il chakra si stava già accumulando nella sua mano destra. Il rasengan.

<< Cos…?>>

Solo in quel momento si accorse degli ideogrammi che lei aveva tracciato sul suolo fino a un momento prima.

<< Arte della terra n°24: Doryuum Shin!>>

Naruto ebbe appena il tempo di notarlo, con la coda dell’occhio, perché dovette focalizzare tutta la propria attenzione sul cerchio di fuoco che gli stava per piombare addosso.

<< Oh, cazzo… >>

 

* * *

La katana si abbassò nuovamente su di lui. Questa volta, Kakashi non fece nulla per schivarla: aveva bisogno di bloccarlo, anche solo per un istante. La lama gli ferì il palmo della mano, ma lui non sentì nemmeno il dolore. Sasuke non mostrò alcuna emozione al suo gesto: il suo volto era una maschera di freddezza e imperturbabilità.

Ancora prima di tentare, il Jounin capì che non avrebbe avuto senso.

<< Con te non si può proprio ragionare, eh…?>>

Si sottrasse al colpo prima che questo potesse spedirgli una scossa elettrica in bocca.
Fino a quel momento aveva continuato a schivare, parare i colpi, evitando lo scontro diretto. Non aveva nessuna intenzione di combattere seriamente contro il proprio ex-alunno, ma doveva capire cosa gli stava succedendo. Era lui, su questo non poteva avere alcun dubbio; per quanto la cosa inizialmente non fosse affatto scontata. Non attaccava, anche per risparmiare chakra, ma sapeva che potevano andare così all’infinito.
C’era qualcosa di strano, in quella foresta.
Il chakra del kyuubi si faceva sempre più intenso. Dove poteva essere Sakura?
Per quanto si sforzasse, riusciva solo a pensare al peggio.

<< Sasuke, fermati. So che puoi sentire perfettamente il chakra del Kyuubi, se non lo fermiamo adesso… >>

<< Sta’ zitto, assassino. La pagherai, giuro che la pagherai!>>

I suoi occhi rossi brillarono d’un sadico piacere, e tornò ad attaccare con ancora più ferocia. Un kunai passò così vicino da sfiorarlo, incidendogli una guancia.

Doveva utilizzare quello, per quanto rischioso sarebbe stato.

Ma aveva bisogno di tempo. Avrebbe dovuto fuggire, e nel mentre, trovare un modo di immobilizzarlo per almeno quindici secondi.

<< Tecnica proibita: Kage bushin!>>

 

* * *

 

<< Molto, molto divertente Sakura-chan. Adesso però esci fuori e lascia che ti spacchi la faccia, che ne dici?>>

Il fumo si era appena diradato, ma riusciva comunque a vedere abbastanza chiaramente… Ma lei non c’era. Non riusciva a percepirne neanche il debole chakra. Fino a un secondo prima era solo nervoso. Adesso era decisamente incazzato.

<< Vieni fuori, stronza… Ti faccio a pezzi…>>

Doveva essere nascosta lì da qualche, ne era sicuro, non poteva essere lontana. Per un istante, riuscì a catturare la traccia di un’ombra olfattiva. Quell’odore dolciastro, e solo vagamente salato. Fece una smorfia, incominciando ad addentrarsi nel bosco.

<< Non hai voglia di giocare, nh, Sakura-chan?>>

Poi, lo sentì chiaramente. Per quanto debole, era il suo chakra. Affrettò il passo, senza far rumore. La traccia si fece più evidente, sempre più evidente, era vicina, vicinissima, quasi poteva sentire già il sapore metallico del sangue in bocca…
Il chakra sparì completamente, di botto. Era come se fosse stato reciso.
Colto di sorpresa, non si accorse immediatamente che adesso l’odore era forte e facilmente rintracciabile. Qualsiasi trucco fosse riuscita a inventarsi, non aveva funzionato.

<< Sei finita! Fi-ni-ta! >>, cantilenò a voce alta.

Per di più, per lui era molto più facile seguire l’olfatto: lasciandosi guidare dall’istinto, non impiegò molto a localizzarla. Non fece nulla per nascondere un sorriso di trionfo, quando intravide la sua forma.

Il suo corpo pendeva esanime dal ramo di un albero, il collo piegato in un angolo innaturale, il volto contratto in una smorfia di dolore.

Una corda le cingeva il collo, e il cadavere ondeggiava leggermente, come privo di peso.

 

* * *

 

Sasuke piegò le labbra in una smorfia. Probabilmente avrebbe dovuto essere un sorriso di scherno, venuto decisamente male a causa del poco allenamento.

<< Andiamo, sensei. Quella tecnica neanche Naruto la usa quasi più>>

I cloni non si dettero pena. di rispondere. Attaccarono. Per Sasuke non fu difficile sconfiggerli uno ad uno, senza fretta.

<< Puoi anche piantarla con quest’assurda scena! So chi sei! Hai capito? So chi sei!>>

Kakashi per un attimo contemplò l’idea di andare a chiedergli, davvero, e chi sarei? ma sapeva quanto la risposta fosse dolorosamente ovvia.

Sakura piangeva silenziosamente, abbandonata
su una sedia. Naruto era in piedi, al suo fianco.

<< Non tornerà… Non tornerà più… >>

Mormorava sommessamente, il volto tra le mani.

<< Tutto inutile, l’abbiamo perso… inutile… >>

Naruto, vedendolo arrivare, alzò lo sguardo.

<< A cosa è servito, sensei? Non è cambiato niente… Anzi >>,
aggiunse con una smorfia.

<< Si riprenderà>>

Sakura si era lasciata sfuggire una risata strozzata, ed era uscita
dalla stanza.

Non l’aveva detto come frase di circostanza. Aveva detto quelle parole
perché ci credeva.

E credeva ancora.

Ma non aveva senso. Non in quel momento. Aveva sperato che non sarebbe mai più successo, aveva sperato che le cose, per un volta, sarebbe potuto andare bene. Vivere e morire senza soffocare, annaspando, tra l’una e l’altra.

Era quasi pronto.

I sigilli posti dai cloni entrarono in funzione esattamente in quel momento.

<< Cos…?>>

Sasuke si trovò immobilizzato, inglobato per tutto il torso dalla cortezza dell’albero.

<< Cosa significa? E’ un’altra illusione delle tue?>>

<< Nessuna illusione, non ancora>>

Si materializzò esattamente davanti a lui. I suoi occhi rossi vorticavano, impazziti, e tutto il suo corpo era teso nel tentativo di liberarsi. Entro non poco tempo ci sarebbe riuscito. Doveva fare il più in fretta possibile.

<< Fatti vedere in faccia, fatti vedere come sei realmente!>>

Ignorandolo, Kakashi si sollevò il coprifronte, rivelando lo sharingan potenziato. Non diede a Sasuke il tempo di dire nulla.

<< Sharingan: shinyomi>>

 

* * *

 

Era una notte calda, rinfrescata solo da una leggera brezza. La terrazza era isolata, proiettata fuori dalla fortezza di difesa di Sunakagure: sarebbe stato facile immaginare di trovarsi un mondo a parte, fuori dallo spazio e dal tempo e dalle battaglie…
L’ultima brace della sigaretta si spense, e Shikamaru la gettò a terra, schiacciandola col tacco.

<< E’ il momento che io torni all’ospedale. Potrebbero aver bisogno di me >>

Il ragazzo inspirò profondamente l’aria della notte.

<< Sì. Torniamo >>

Percorse i lunghi corridoi in silenzio, camminando lentamente. Ogni passo era pesante sul pavimento in pietra. Imparerò a sopportare. Sarò forte. Poi, un secondo prima di ripiombare nel caos straziato dell’ospedale, Shikamaru posò la mano sulla maniglia della porta, ed esitò. Alzò il volt, guardandola dritta negli occhi.

<< Ino, io…>>

Ho sprecato tutti questi anni, vero? Le cose non vanno mai come dovrebbero andare. Cose che avrei dovuto dirti, ma adesso non c’è più tempo. Sai cos’ho pensato? Ho pensato che alla fine noi due non siamo mai stati niente. Ho pensato che proprio nel momento in cui più avremmo dovuto aiutarci, ci siamo messi da parte, naturale, come fosse la cosa più naturale del mondo. Non poteva finire altro che così. Non è divertente? Ho sbagliato, le cose sono andate esattamente come dovevano andare. Non avrei voluto rivederti, ma ora ho capito. Sono stato egoista. Me ne sono andato, ma non ho lasciato andare te. Adesso… Adesso è davvero la fine, non è così? Adesso, è davvero addio… Adesso…

<< Volevo augurarti buona fortuna>>

...Adesso…

<< Anche a te >>, e sorrise.

Aprì la porta, e la penombra dei corridoi poco illuminati fu squarciata dal bianco accecante della luce dell’ospedale.
C’era confusione, e urla. I corpi che giacevano esanimi sulle barelle sfilavano in una lugubre e confusionaria parata, affiancata dalle schiere di medic-nin che come api affamate affollavano l’intera sala. Ino fu subito sopraffatta dall’angoscia e dall’impotenza.

Posso farcela. No, non aveva scelta. Doveva, semplicemente.

Si voltò un’ultima volta verso di lui.

<< Grazie di tutto, Shika>>

Lui sorrise di uno dei suoi sorrisi impercettibili, senza dire nulla. Con un ultimo cenno, si voltò, e Ino lo vide allontanarsi, perdersi fra la folla-

<< Yamanaka Ino>>

La voce proveniva dalle sue spalle, ed era stranamente familiare. Si girò.

<< Il mio nome è Yamato: ex-ambu, e, come te, ninja della foglia. Vorrei che tu mi seguissi per una faccenda della massima importanza. Per adesso, posso dirti solo che ne va della vita dei tuoi compagni… Haruno Sakura, Uzumaki Naruto, e Uchiha Sasuke>>

 

 

*

 

Sono un mostro.
Questo capitolo andava postato un mese e mezzo fa.
Non credo ci sarebbero scuse che potrebbero tenere una pausa così lunga, quindi, non ne farò nessuna. Vi chiederei comunque un parere, per coloro che leggeranno. Grazie.

saluti,

 

suzako

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=114321