Angelo custode

di Pandi34
(/viewuser.php?uid=669338)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chapter 1 ***
Capitolo 2: *** Chapter 2 ***
Capitolo 3: *** Chapter 3 ***
Capitolo 4: *** Chapter 4 ***



Capitolo 1
*** Chapter 1 ***


L'intera storia è frutto della mia fantasia, tranne i nomi degli angeli che, per rendere la storia un pizzico più credibile, sono i nomi effettivi degli angeli. Perdonatemi se i nomi che ho scelto sono presenti in altre storie, ma la mia decisione si basa sul semplicissimo fatto che Caliel è proprio il mio angelo custode, e di conseguenza l'arcangelo è Michele ^^
Ci tenevo a chiarire queste piccole cose per evitare problemi e incomprensioni (?)
Buona lettura :3






Caliel sospirò. Sapeva già come si sarebbe conclusa l’udienza con Michele, ma non ne era intimorito più di tanto. Anche Iezalel aveva preso la sua stessa decisione e ora era sulla Terra tra le braccia del suo amato. Se Michele aveva acconsentito una volta, non poteva respingere la sua richiesta; dopotutto avevano libertà di scelta e quella era la sua decisione.
Per tutto il tempo aveva guardato il suo protetto, che ora si stava togliendo la tuta da meccanico e si spogliava lentamente degli altri indumenti sudati. Entrò nelle docce dell’officina e aprì l’acqua posizionandosi sotto il getto freddo. Caliel sorrise. Era così bello, con quei capelli neri, quegli occhi cristallini capaci di trapassarti da parte a parte, quel fisico asciutto e muscoloso, le gambe slanciate, la schiena dritta che si incurvava in prossimità delle natiche. L’angelo avrebbe voluto essere già lì, e si rese conto di aver aspettato troppo tempo.
-“Caliel.”- disse Michele, interrompendo i pensieri dell’angelo che si girò velocemente.
-“Michele.”
-“Ora puoi venire, scusa se ti ho fatto aspettare.”- asserì quello, lanciando un’occhiata a un angelo che si allontanava ravveduto. L’ennesimo che cercava di interferire con gli umani ancora sotto aspetto divino. Michele odiava, per quanto possa valere il concetto di odio per un angelo, quelli che si rapportavano con i loro protetti senza aver prima assunto sembianze umane. Era contrario, in generale, alle relazioni tra esseri divini ed esseri mortali che andassero oltre il semplice rapporto angelo custode-protetto.
Caliel seguì Michele lungo una galleria dorata a volte, per fermarsi in una stanza sfavillante. Ogni angelo adorava tutto lo sfarzo di quegli ambienti, che con la loro luminosità richiamavano il Creatore, ma Caliel col tempo aveva iniziato a provare fastidio dinnanzi alla troppa luce.
-“Vuoi spiegarmi perché hai chiesto udienza? Alla fin fine sei più vicino all’Onnipotente di quanto lo sia io.”
-“Mi serviva la tua benedizione, Michele. So che anche Iezalel ha parlato con te prima…”
-“Caliel. Non dirmi che hai intenzione di fare quello che penso.”
-“Sì Michele, voglio andare sulla Terra.”
-“Ti rendi conto cosa comporterà questa tua scelta? Se il Cielo avesse bisogno di te, tu saresti tra i mortali a spassartela.”
-“Lo so, ma se dovesse esserci un’urgenza non tarderò a ritornare…”- rispose Caliel. Dannazione, Michele era riuscito anche a farlo sentire in colpa. Sperò che risparmiasse almeno tutte le manfrine sulla loro natura divina e sulla natura peccatrice dei mortali. Le aveva ascoltate tante di quelle volte che le conosceva quasi a memoria.
-“Caliel, per l’amor di Dio. Non hai pensato che il nostro essere angeli ci impone certe regole da rispettare?”
Eccole, le famose manfrine dell’arcangelo Michele.
-“Ci ho riflettuto a lungo, devi sapere. E ho capito che desidero vivere accanto a uno dei miei protetti.”
-“Come vuoi. Prendi le sembianze umane, lascia il paradiso e vai sulla Terra. Dovrai cavartela da solo.”
-“Grazie Michele.”- asserì Caliel, congedandosi.
Gli angeli sono connubi di gioia e amore incondizionato. Balle, pensò. Se fosse vero, nessuno avrebbe nulla in contrario alla decisione di un angelo di scendere sulla Terra. E invece erano solo capaci di farti sentire in colpa.
Ora doveva solo prendere sembianze umane e volare tra i mortali. Le ali gli sarebbero rimaste, erano l’unica cosa che l’avrebbe identificato come essere divino una volta trasformato.
Sarebbe andato subito da Iezalel, che sapeva abitare in una baita in montagna con una ragazza bionda di notevole bellezza. Si sarebbe fatto dare dei vestiti, un po’ di soldi, poi sarebbe volato immediatamente tra le braccia del suo protetto durante una delle sue serate in quel bar gay non lontano da casa sua.
Sembrava tutto così facile.
Caliel sorrise.
“Presto sarò da te”, pensò.





_______________________________

*angolo dell'autrice*
Grazie a tutti quelli che hanno letto fin qui ^^
Beh, questo capitolo è un po' corto, ma d'altra parte è il primo e non potevo dilungarmi troppo.
Fatemi sapere se la storia potrebbe interessarvi, o se è il caso di non continuarla.
Le recensioni sono ben accette, specialmente perché mi aiuteranno a capire quello che ho appena detto nella riga precedente :3

Baci,
Pandi34

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Chapter 2 ***


Bussò alla porta di legno un paio di volte e attese. Dopo una decina di secondi l’uscio si aprì, mostrando un ragazzo alto e biondo con una t-shirt grigia e pantaloni felpati.
-“Iezalel…”- biascicò l’angelo, conscio del suo aspetto.
-“Caliel, finalmente!”- esclamò quello di rimando, abbracciandolo. I due rimasero in silenzio per qualche attimo.
-“Mi faresti un favore?”
-“Certo, che genere di favore?”- ridacchiò quello, scrutando Caliel. Non potè trattenersi dal ridere: vedere l’amico nudo fuori casa sua, quando la temperatura non superava i dieci gradi, era piuttosto esilarante.
-“Non eccitarti troppo. E dai, non ridere! Avrei bisogno di vestiti e di qualche soldo, e poi vorrei chiederti di usare il bagno…”
-“Non sei ancora entrato e già mi chiedi tutte queste cose!”
Caliel rimase spiazzato: non era da Iezalel schernirlo così. Forse la permanenza sulla Terra lo aveva cambiato.
-“Levati quella faccia fratello, scherzavo! Dai, entra… e vai a farti una doccia. Poi mi racconti tutto.”
Caliel assentì, e aspettò che l’amico gli indicasse il bagno.
Era una stanza piuttosto grande, col pavimento di marmo scuro e le pareti di mattonelle che contrastavano con il resto della casa in legno. Vide subito una vasca e senza troppi problemi vi entrò e aprì l’acqua. Un getto freddo lo colpì in piena faccia, strappandogli quasi un grido. Si trattenne perché non voleva fare la figura dell’idiota con Iezalel, anche se già il primo incontro in veste di mortale non era stato un granché. Apri la porta e ti ritrovi un angioletto nudo e spaurito. Fortunatamente abitava in un’area isolata.
Cercò la manopola dell’acqua e la girò velocemente verso sinistra, e in pochi attimi l’acqua si riscaldò. Rimase a lungo in piedi nella vasca, beandosi di quel calore che lo percorreva dalla testa ai piedi. Per la prima volta guardò il suo aspetto umano. Aveva una carnagione olivastra che tanto contrastava con quella diafana di Iezalel. Il suo fisico era asciutto e piuttosto magro. Giudicò di essere anche abbastanza alto.
Ora restava da vedere il viso e per questo c’era uno specchio sopra il lavandino.
Uscì dalla vasca e rimase in piedi su un tappetino, stando attento a non sgocciolare a terra. Allungò un braccio verso destra, e prese un accappatoio bianco dalla pila di salviette ben riposte su un mobiletto. Lo indossò velocemente, avido di calore, e rimase fermò lì finché non fu abbastanza asciutto.
Poi si mosse in direzione del lavandino, e attese un po’ prima di guardarsi allo specchio.
“O la va o la spacca”- pensò. Era un modo carino per dire “o sono bello o sono cesso”, Iezalel era bellissimo, ora che ci pensava. Chissà se anche lui era così. Alzò la testa, che stava fissando il lavandino bianco da un minuto abbondante.
Rimase senza fiato. Non era abituato a vedersi così, non se lo sarebbe mai immaginato. Il destino era stato più che buono con lui. Si compiacque del suo aspetto e si tastò il volto sorridendo. Due occhi verdi brillavano nello specchio, osservando il resto di quel viso angelico. Aveva una bocca carnosa, il naso piccolo e all’insù. Il volto ovale era incorniciato da capelli color rame piuttosto lunghi, che una volta asciutti sarebbero diventati straordinariamente ricci. Sorrise: gli piacevano quei denti che brillavano sul suo volto olivastro. Gli ricordavano un po’ la lucentezza del Paradiso, alla quale era diventato quasi insofferente. Sulla terra era tutt’altra cosa; c’era spazio per altri colori oltre al monotono bianco, ed era questo l’aspetto che più preferiva. Lui stesso era un miscuglio di tonalità che si abbinavano piacevolmente tra di loro.
Rimase a contemplarsi a lungo, staccandosi dallo specchio solo quando sentì bussare alla porta.
-“Ehi, sei annegato nella vasca per caso?!”
-“Per tua sfortuna no. Ora esco.”
Iezalel rimase sollevato nel vedere l’amico in accappatoio.
-“Guarda che non mi sono presentato nudo di mia volontà”- asserì Caliel, intuendo dal volto dell’altro i suoi pensieri.
-“Adesso ti do qualcosa da mettere addosso, vieni con me.”
Caliel seguì l’amico attraverso alcune stanze ampie, e salì al piano superiore. Poi entrò in quella che doveva essere la camera da letto.
-“Guarda nel comò, c’è la biancheria. Primo cassetto. Non prendere la roba di Karen.”
-“Non m’interessano le donne, Iezalel”
Quello lo guardò stranito, poi si ricordò che Caliel gli aveva parlato spesso di un giovane di città e non si preoccupò più di tanto.
-“I vestiti sono nell’armadio scuro. Prendi quello che vuoi, poi scendi appena sei pronto… Ti va un caffè?”
-“Preferirei un tè.”
L’altro uscì, e Iezalel si tolse l’accappatoio. Prese dal comò un paio di boxer, una canottiera bianca e dei calzini, poi aprì l’armadio scuro. C’erano una moltitudine di vestiti, e l’angelo optò per un abbigliamento che avrebbe potuto utilizzare anche al bar, che secondo i suoi piani sarebbe stata la tappa di quella stessa sera. Scelse dei pantaloni color camoscio e una camicia bianca larga, che non abbottonò completamente. Si accorse, camminando avanti e indietro per la stanza, che i pantaloni di Iezalel gli calzavano larghi e prese una cintura dall’armadio.
Poi scese e andò in cucina.
 
-“Mi hai detto che hai bisogno di soldi”- esordì Iezalel, mentre l’altro sorseggiava il tè da una tazza verde.
-“Non molti, giusto per prendere da bere al bar.”
-“E che ci devi fare al bar?”- sogghignò il biondo.
Caliel non rispose. L’amico non era più come lo ricordava, e certi suoi atteggiamenti lo infastidivano un po’. Anche se forse non era l’altro ad essere cambiato, semplicemente iniziava a provare altri sentimenti oltre all’amore e alla gioia, ed era abbastanza intelligente da capire quando qualcosa lo irritava o meno.
-“E la casa? Non puoi mica vivere in strada!”
-“Se avrò bisogno, ti contatterò.”
-“Guarda che non puoi andare allo sbaraglio. Ti serviranno un cellulare, una carta d’identità…”
-“Tu come hai fatto per la carta d’identità?”
-“Ho preso il cognome di Karen”
-“Quindi lei sa che sei…”
-“Sì, lo sa. Gliel’ho detto quasi subito.”
Caliel riprese a sorseggiare il tè, che si era leggermente raffreddato.
-“Senti, io ho un cellulare che non uso… se lo vuoi è tuo… per metterci in contatto. Sai, mica puoi volare qui tutte le volte.”
-“Grazie.”
-“Se hai finito il tè, andiamo a farti fare la carta d’identità. Tanto Karen rincasa tardi… Puoi usare il suo cognome, come ho fatto io. Voteij. Oppure ti pigli un cognome come Rossi o Bianchi…”
-“Va bene Voteij. Credi che me la faranno, la carta?”
-“Ho un amico in comune che mi deve un favore.”
Caliel sorrise. Anche lui, ora, doveva un favore a Iezalel. Più di uno, a dir la verità. Prima di tutto, se non ci fosse stato lui sarebbe ancora in giro nudo. Poi non aveva preso in considerazione il problema della carta d’identità o del cellulare. In previsione di una lunga sosta sulla terra, come sperava, non poteva certo andare “allo sbaraglio”.
I due uscirono di casa verso le cinque, e c’era un gelo bestiale. Nonostante questo Caliel declinò l’invito a prendere un cappotto, perché dove sarebbe andato lui dopo non faceva freddo. In città, dal suo amato, non faceva freddo.
 
 
-Desideri qualcosa?”- domandò un ragazzo piuttosto effeminato dietro il bancone del bar. Non aveva tolto gli occhi di dosso da Caliel da quando era entrato e si era seduto.
-“No, grazie. Sto aspettando una persona.”- rispose l’angelo, senza levare lo sguardo dalla porta. Era lì da una quindicina di minuti e osservava tutti quelli che entravano nel bar, nella speranza di scorgere il suo amato. Più passava il tempo, più la speranza di vederlo si affievoliva. E allora sì che sarebbe stato nei guai, senza un posto dove passare la notte. Non voleva scomodare ancora Iezalel, e poi il suo piano non lo prevedeva.
Il rumore della porta che si apriva lo ridestò dai suoi pensieri.
Un ragazzo moro era appena entrato. Indossava dei pantaloni aderenti di pelle nera, una t-shirt senza maniche e degli anfibi anch’essi neri. Si sentì scrutato dai suoi occhi azzurri per un istante, e questo gli bastò a fargli distogliere lo sguardo all’istante. Si sentiva improvvisamente in imbarazzo, come una ragazzina che incrocia per sbaglio lo sguardo del suo innamorato.
Sorrise.
 
Quando entrò, rimase piacevolmente sorpreso. Non dal bar, che era la solita catapecchia buia piena di gente, ma da un ragazzo che sedeva al bancone. Non lo aveva mai visto prima d’ora, nonostante fosse un assiduo frequentatore di quel bar. Decise all’istante che non se lo sarebbe lasciato sfuggire.
Si avvicinò al bancone, ripetendo mentalmente la sua tecnica, “poche parole e molta azione”. Detestava i tipi troppo loquaci, che si perdevano in sproloqui inutili per non concludere nulla. Di solito quelli non venivano mai a casa tua il primo giorno, probabilmente vivevano ancora con la loro bella famigliola ignara di tutto. Ne aveva già abbastanza dei suoi problemi per doversi sorbire anche quelli di un altro.
-“Stefano”- disse, tendendo la mano a quel ragazzo dai capelli color rame. L’altro gliela strinse delicatamente, farfugliando un nome strano.
-“Caliel”
-“Sei straniero?”- chiese il moro, giusto per farsi vedere interessato almeno un po’. La provenienza di quel ragazzo era l’ultima delle sue preoccupazioni.
-“Sì.”- biascicò quello in tutta risposta.
Rimasero in silenzio per un po’. Nel frattempo Stefano osservava Caliel, che preferiva però il bancone; stava picchiettando due dita nervosamente sul legno lucido, non osando guardare in faccia il moro. D’istinto questo gli prese la mano, richiamando la sua attenzione.
-“Ti va di tornare a casa con me, Caliel?”
Per tutta risposta l’angelo annuì, alzandosi un po’ imbarazzato dallo sgabello. Quindi seguì Stefano verso l’uscita, richiudendosi la porta del bar alle spalle.





___________________________________________


*Angolo dell'autrice*

(Perdonatemi per eventuali problemi con l'html, qualsiasi cosa sia)
Allora, questo è il primo capitolo vero e proprio, ed è piuttosto lungo (almeno per i miei standard, la vocina "sintesi" nella mia mente sta bestemmiando). Non aspettatevi che i prossimi siano così lunghi x'D Mi sforzerò il più possibile per non scrivere tre righe, ma non credo neanche di fare un capitolo lungo come questo! In realtà questo era formato da ben 2 capitoli (o 3, chi si ricorda), potete notarlo dalle spaziature. Beh, non mi perdo in ulteriori chiacchiere :3 Grazie per aver letto fin qui!
Ps.: per la descrizione di Caliel mi sono basata su un'immagine trovata online, e vorrei tanto mostrarvela ma ho già fatto abbastanza casini con sto html, qualunque cosa sia, quindi immaginatevelo un po' come volete x'3
Ad ogni modo... wow! Ho ricevuto non una, ma ben due recensioni al primo capitolo °-° Ringrazio che mi ha recensito e chi lo farà :3
Bacioni,
Pandi34

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Chapter 3 ***


Rimase in silenzio per un po’, osservando Caliel in piedi davanti al letto. Nei suoi occhi poteva leggere un po’ di timore, ma ormai era abituato a questo genere di situazione. Li portava a casa, andavano in camera, facevano quel che dovevano fare, e tutto il più in fretta possibile. Normalmente era lui a prendere l’iniziativa.
Si tolse la t-shirt con un unico gesto, poi si avvicinò al ragazzo che ora si tormentava i capelli, ora si mordeva il labbro. Notò che aveva una bocca bellissima, avrebbe voluto strappargliela a morsi.
Lentamente gli sbottonò la camicia e gli levò la canottiera, lasciandolo a torso nudo.
-“Spogliati”- gli ordinò. Nel frattempo si tolse gli anfibi, lanciandoli da qualche parte nella stanza, e armeggiò con i pantaloni in pelle che non ne volevano sapere di staccarsi dalle sue gambe muscolose. Guardò Caliel: era rimasto in boxer e lo stava osservando a sua volta. Lo spinse sul letto con poco tatto, e in breve gli fu sopra. Poteva sentire il suo respiro che si faceva affannoso senza motivo, probabilmente era uno di quei tipi che si agitavano con un semplice contatto fisico.
Ammirò ancora le sue labbra, così perfette, e decise che per il momento si sarebbe limitato a baciarle. E così fece com’era abituato, in un modo forse un po’ aspro, mettendogli la lingua in bocca con prepotenza. L’altro dapprima non reagì, poi si sciolse e si lasciò andare a quel bacio che desiderava ormai da tanto tempo. Finalmente era lì, tra le sue braccia, si sentiva desiderato. Titubante accarezzò la schiena a Stefano, che per tutta risposta attirò ancora di più a sé l’angelo.
Senza mai staccarsi da Caliel, prese a giochicchiare con i suoi capelli boccolosi che giacevano sparsi sul cuscino. Con l’indice arrotolava una ciocca morbida, per poi disfare tutto e riprendere da capo.
Si staccò dalle labbra dell’angelo e lo baciò sul collo dapprima lievemente, poi con più energia, affondandogli la testa nell’incavo tra la spalla e la nuca, che sembrava fatto apposta per lui. Sembrava fatto apposta per ospitare il suo viso e per accogliere i suoi baci. Con le labbra gli sfiorò l’orecchio, e sentì l’altro gemere sotto di lui.
D’improvviso s’illuminò, gli giunse inaspettato un pensiero che spiegava tutto. Così parlò a Caliel, sussurrandogli piano all’orecchio.
-“E’ la tua prima volta?”
L’angelo annuì.
Stefano si tirò su, guardandolo intensamente negli occhi. Gli pareva di poterlo trapassare da parte a parte, così come aveva fatto con tutti gli altri che erano venuti prima di lui, costringendolo prima o poi a distogliere lo sguardo. Però fu lui a cedere a quegli occhi verdi che lo fissavano intimoriti, e si addolcì un po’. Non gli era mai capitato e sicuramente non lo avrebbe mai ammesso, ma per la prima volta provò qualcosa che andava oltre la passione momentanea rivolta a un amante. Sentiva una sorta di legame con quel ragazzo, e non riusciva a spiegarselo giacché non si erano mai visti prima d’allora.
-“Hai paura, Caliel?”- gli chiese guardandolo negli occhi.
L’angelo annuì nuovamente. Era emozionato e spaventato allo stesso tempo, ma più di tutto era felice che Stefano si fosse ricordato il suo nome.
-“Non farò l’amore con te”- sussurrò -“Non stasera, almeno”- aggiunse.
Lo baciò nuovamente e si tolse da lui, sistemandosi dalla sua parte del letto.
Gli voltò le spalle, dato che vederlo gli faceva uno strano effetto. La prova più lampante erano i boxer, che aveva ancora indosso. Prima di quella sera non aveva mai rinunciato a fare l’amore. Per un istante si sentì stupido e debole: lo conoscevano per i suoi modi aspri e talvolta maneschi, e ora aveva fatto il carino e tutte quelle belle cose che odiava tanto.
“Cazzate” pensò, e si addormentò subito.
 
 
Caliel rimase immobile nel letto, per paura di invadere lo spazio dell’altro. Ancora non riusciva a crederci. In tutti gli anni che lo aveva “spiato”, come gli angeli custodi fanno con i loro protetti, non lo aveva mai visto rinunciare a una nottata di passione.
Si era limitato a baciarlo, e forse era meglio così. In fondo al cuore sentiva che non lo avrebbe lasciato andare, magari lo avrebbe invitato a rimanere con lui…
L’angelo sorrise, beandosi di questi nuovi pensieri, e si quietò un po’.
Poi si abbandonò a una sensazione di crescente stanchezza, che non aveva mai sperimentato prima d’allora, e si addormentò.
 
 
La sveglia suonò alle cinque e mezzo. Era un giovedì come tanti: la sveglia che suonava, Stefano che a momenti la scaraventava giù dal comodino, i residui di una nottata stancante ma soddisfacente. Tutto tranne l’ultima cosa.
Il moro si girò a sinistra, e ammirò Caliel che dormiva composto e silenzioso. Era di una bellezza mozzafiato, anche da fermo, anche con i capelli in disordine.
Decise che non lo avrebbe svegliato, e si alzò dal letto per dirigersi in bagno.
Si guardò allo specchio: i suoi occhi azzurri sembravano in grado di poter rompere il vetro, e stranamente erano svegli. Constatò di non avere neanche tante occhiaie: quella crema che gli era costata un occhio della testa funzionava davvero, a dispetto di ogni suo dubbio.
Si passò una mano tra i capelli scuri e rimase fermo ad osservarsi ancora un po’.
Concluse che doveva farsi la barba. E anche la doccia.
Mezz’ora dopo uscì dal bagno, e si diresse in cucina. Non aveva voglia di fare colazione.
Si mise a frugare in un cassetto e prese un foglio pulito. Afferrò una biro nera dal tavolo e scribacchiò qualcosa, ma a metà del lavoro la penna smise di scrivere.
Imprecò, gettando la biro a terra e causandone la rottura. Rovistò ancora un po’ nel cassetto alla ricerca di un'altra penna, ma trovò solo un evidenziatore verde. La sua prossima tappa sarebbe stata la cartoleria, poco ma sicuro.
Uscì di casa alle sei e un quarto, prese la macchina e si diresse verso l’officina.
 
 
Caliel si svegliò, a causa del sole che entrava dalle persiane. Si rigirò nel letto e vide che Stefano non c’era; sapeva che era andato al lavoro.
Si alzò e andò bagno, poi si diresse in cucina. Constatò che era l’una meno un quarto, e ciò significava che aveva dormito molto. La sua prima notte da umano era stata soddisfacente, e pervasa da sogni gradevoli che riguardavano per la maggior parte Stefano. Quando era un angelo non aveva mai sognato. Si distrasse a guardare l’orologio; la lancetta dei secondi scandiva il tempo silenziosamente, ed era quasi rilassante osservare il suo moto circolare. Pensò che ogni mortale avrebbe voluto fermare quella lancetta per sempre. Si ricordò del suo cellulare e della banconota da dieci euro che aveva in tasca; dovevano essere ancora in camera da letto. Improvvisamente prese consapevolezza della sua condizione: era pieno giorno, e lui era in mutande in una casa sconosciuta. A voler essere sinceri conosceva quell’appartamento anche meglio di sé stesso, ma era meglio non darlo troppo a vedere.
 Portò lo sguardo al tavolo sul quale notò un bigliettino, e curioso lo lesse.
 
Ciao Caliel, come puoi immaginare sono al lavoro. Tornerò alle cinque, se ti viene fame non farti scrupoli a mangiare, e se ti annoi guarda pure la tv. Dovrei  avere anche qualche libro in camera. Ti prego di non andare, stasera voglio parlarti.
Ste
 

L’angelo sorrise: lo aveva invitato a restare a casa sua. Strinse il bigliettino e lo portò al cuore, come facevano una volta le innamorate che ricevevano una lettera dal fidanzato. Si sentiva proprio così, come una ragazza alle prese con la sua prima cotta. Si sedette sul divano ancora immerso nei suoi pensieri, con un sorriso da ebete stampato sul viso.
Lo aveva addirittura pregato di non andarsene.
E voleva parlargli.




 
______________________________________

*angolo dell'autrice*

Saaaalve a tutti :3
Ho trovato un po' di tempo per aggiornare, l'ho fatto anche abbastanza alla svelta direi. Non aspettatevi tanta velocità per i prossimi capitoli x'3
Ad ogni modo, parliamo di questo capitolo; rispetto al secondo è corto, ma vi avevo avvertite che la sintesi è una mia qualità/difetto.
Beh, che altro dire...
Fatemi sapere voi cosa ne pensate, lasciando una piccola recensione (che fa sempre piacere, eh) ^^
Come sempre ringrazio chi mi ha recensito la volta scorsa e chi lo farà questa volta ;)
Bacioni,
Pandi34

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Chapter 4 ***


Stefano entrò in casa, gettando malamente sul tavolo il portafogli e il cellulare, un vecchio Nokia ammaccato. Con una rapida occhiata scorse Caliel, seduto sul divano con un blocchetto di fogli e una matita che non sapeva di possedere fino a un minuto prima.
Sorrise e si avvicinò all’angelo, che stava disegnando.
-“Cosa disegni?”- chiese Stefano.
-“Niente, solo la tua cucina”- rispose Caliel, staccando gli occhi dal foglio. Il suo sguardo incrociò quello del moro e lo sostenne per qualche attimo, poi riprese a fissare il suo capolavoro di disegno.
-“E’ bellissimo, sai? Davvero.”
-“Ti ringrazio”- biascicò l’angelo sorridendo. Poi aggiunse -“ho visto il tuo biglietto.”
-“Ah già, me ne stavo dimenticando. Ti va una tazza di caffè?”- asserì Stefano, e apparve come un tentativo di rinviare la conversazione.
-“Sì, grazie.”
Stefano si avvicinò ai fornelli e preparò la moka, poi prese due tazzine e si mise a giochicchiare con esse aspettando che il caffè fosse pronto. Ad essere sinceri, non gli andava poi così tanto di affrontare quella conversazione con Caliel, specialmente perché aveva paura di fare la figura dell’idiota. Lui, che non aveva mai consentito a nessuno di restare a casa sua oltre una notte, si ritrovava ora ad aver pregato uno sconosciuto di aspettarlo per parlare.
Ci aveva pensato per tutta la giornata, in macchina, in officina, al bar per pranzo e ancora in macchina, al ritorno. Si era sforzato di trovare le domande e le parole giuste, con scarsi risultati. Lui era quel tipo di persona che andava subito al sodo, senza tanti preamboli o frasi varie.
Il ribollire del caffè lo destò dai suoi pensieri, così versò il caffè nelle tazzine che ripose sul tavolo. Si sedette, e Caliel fece lo stesso, mettendosi di fronte a lui.
-“Allora, cos’hai fatto oggi?”- chiese Stefano, dando nuovamente l’impressione di voler rimandare le questioni importanti.
-“Ho pensato.”
-“Sì, e a cosa?”
-“A cosa avresti avuto da dirmi.”
La risposta dell’angelo spiazzò Stefano, che rimase in silenzio per qualche istante. Aveva cercato di fuorviare la conversazione, ma Caliel lo aveva ricondotto sulla “retta via”.
-“Beh, ecco… volevo chiederti delle cose”
-“Okay”
-“Dove abiti, Caliel?”
L’angelo scosse la testa.
-“Non vuoi dirmelo?”
-“No, è che…”
-“Hai una casa?”
Scosse nuovamente la testa.
-“E hai un lavoro?”
-“Lo avevo…”- rispose l’angelo, iniziando a fissare il caffè che andava raffreddandosi nella tazzina.
-“Okay, non preoccuparti… ehi, guardami. Non è un gran problema, un lavoro lo puoi sempre trovare.”
L’altro annuì, sollevando solo per un attimo lo sguardo dalla tazzina.
-“Ho un amico che gestisce un negozio d’abbigliamento, mi deve un favore.”
-“Non sei costretto…”
-“A me non crea problemi”- asserì Stefano, gesticolando con la mano come a voler scacciare via qualcosa. -“Certo, se mi dici che non ti piace perché è troppo gay…”- aggiunse, e si mise a ridere. Caliel sorrise e si asciugò una lacrima, sperando di non essere notato dall’altro.
-“Grazie, ti devo un favore.”
-“Nah. E senti, per la casa…”- iniziò Stefano, bloccandosi quando l’angelo si mise a guardarlo.
-“Cioè, se ti va…”- riprese -“Se non è un problema… Puoi rimanere qui, ecco.”
Caliel sorrise, e aveva il sorriso più del mondo, perché era sincero. E anche perché aspettava quella notizia dal momento in cui aveva letto il bigliettino lasciatogli sul tavolo.
-“Ti devo due favori, ora.”
-“Non dire cazzate, è stata una mia idea in fin dei conti.”- disse Stefano, allungando una mano sul tavolo fino a sfiorare quella di Caliel. Poi gliela strinse, beandosi di quel contatto come le ragazzine con il loro primo fidanzato.
-“E sei libero di andartene quando vuoi, non hai impegni”- aggiunse.
-“Grazie, davvero.”
-“E… la tua famiglia?”
L’angelo scosse la testa, ritornando a guardare la tazzina di caffè ormai raffreddata.
-“Ti capisco.”- asserì. Poi, ridendo, aggiunse -“Ma che, sei caduto dal cielo?”
-“Così sembra”- rise Caliel.
 
 
Nelle successive settimane, Caliel iniziò a lavorare dall’amico di Stefano, tale Cristiano.
Cristiano gestiva un negozio di abbigliamento non lontano dal centro, dove vendeva perlopiù capi femminili e biancheria intima. Era dichiaratamente gay, e ogni tanto non mancava di fare il filo a Caliel.
Il primo giorno di lavoro lo aveva accompagnato Stefano, e aveva messo ben in chiaro con Cristiano che “Caliel è impegnato”. Ma quello non si arrendeva mai, e segretamente aveva una cotta per l’angelo. Era arrivato al punto di fotografarlo di nascosto per poi rinchiudersi in bagno a fare Dio solo sa cosa con quelle foto.
E l’oggetto del suo desiderio non sembrava sospettare nulla di tutto questo.
 
 
 
Caliel aveva appena finito di lavorare. Quella sera aveva fatto tardi per colpa di una signora che non si decideva tra un vestito viola e uno rosso. Ma l’orario di chiusura era pur sempre quello, quindi l’aveva gentilmente convinta a tornare a casa e a decidere con calma, sarebbe sempre potuta tornare il giorno successivo.
S’incamminò verso casa, che non era poi tanto distante dal negozio. Giunse davanti a un cancello arrugginito, lo aprì, e percorse un sentierino che conduceva al palazzo. Entrò frettolosamente, preoccupato per il ritardo, e salì le scale correndo.
Aprì la porta dell’appartamento, e vide Stefano coricato al buio sul divano: probabilmente stava dormendo. Si avvicinò a lui e gli schioccò un bacio sulla bocca, e quello reagì afferrando la schiena di Caliel.
-“Non stavo dormendo, sappilo.”- disse Stefano, tentando di togliere la t-shirt all’angelo. Moriva dalla voglia di fare l’amore con lui, aveva aspettato una settimana perché l’altro fosse “pronto”. La prima volta che avevano fatto l’amore erano in camera, ed erano le due di notte. Entrambi non riuscivano a dormire, per motivi differenti. Stefano lo aveva preso dolcemente, e l’altro non aveva opposto resistenza. Per tutto il tempo lo aveva guardato dritto negli occhi, perché Caliel era una di quelle persone che avevano bisogno di essere tranquillizzate. Lo sentiva fremere di agitazione sotto il suo corpo possente, e il suo cuore sembrava voler fuggire seduta stante. Gli aveva tappato la bocca con una mano, perché non svegliasse tutto il vicinato. Per colpa di quelli che urlavano, si era già beccato un paio di denunce per rumori molesti.
Col tempo Caliel era diventato più tranquillo e intuiva quando Stefano aveva voglia, così non si lasciava prendere dall’agitazione. Di solito.
Ora era stato colto alla sprovvista, ma non voleva mostrarsi agitato come la prima volta, così prese a baciare Stefano con passione, accarezzandogli i capelli.
-“Ehi, con tutta questa foga ti verrà un infarto!”- ridacchiò il moro.
-“Sei tu che hai iniziato, tesoro.”- rise l’angelo con lui.
-“Touché. Che idiota, dovevo farti vedere una cosa.”
-“Cosa?”- chiese Caliel curioso.
-“Una sorpresa”- rispose Stefano, riprendendo a baciarlo.






______________________________

*angolo dell'autrice*
Dopo millenni, sono tornata con questa storia!
Ammetto che ho pensato più di una volta di smettere del tutto, perché non sono brava con le storie a più capitoli, ma stamattina mi sono detta "no, devi continuare!", Ed ecco cosa la mia mente folle ha partorito in un'ora e mezza di lavoro. Ammetto che questo capitolo non mi soddisfa come i precedenti, e spero di rifarmi nei prossimi. Perdonatemi eventuali errori, e fatemi sapere con una recensione cosa ne pensate :'3
Bacioni,
Pandi34


P.s.: Come ho già detto in altre storie, dal 14 al 24 sarò assente, ma riprenderò a postare nell'immediato rientro! ;)

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2662705