WW Accademy Crisis

di kymyit
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1: Kat'ja ***
Capitolo 2: *** 2. Gilbo ***
Capitolo 3: *** 3. Al mattino ***
Capitolo 4: *** 4. Avvertimento ***
Capitolo 5: *** 5.Frammenti d’un torbido trascorso. ***
Capitolo 6: *** 6.Боже мой! ***
Capitolo 7: *** 7. Ossessione ***
Capitolo 8: *** 8.Salve, comune mortale. ***
Capitolo 9: *** 9.Lo vedi che i fantasmi esistono?! ***
Capitolo 10: *** 10. Amami, fratello ***
Capitolo 11: *** 11. Torniamo a casa, Vanya ***
Capitolo 12: *** 12. Senza riposo ***
Capitolo 13: *** 13. Sad ending: Insieme per sempre ***
Capitolo 14: *** 14. Happy ending: Di noi restano solo i ricordi ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1: Kat'ja ***


Capitolo 1: Kat'ja

Il telefono squillò.
Un gesto infastidito del coinquilino lo invitò a rispondere alla chiamata.
-Pronto?- chiese assonnato, era molto tardi, e ancora non era riuscito a chiudere occhio, grazie al compagno.
-Il signor Ivan Braginski?- disse una voce roca all'altro capo.
-No. Sono il suo coinquilino, chi parla?-
-Sono il dottor Michael Mc Gregor, chiamo dal WideWorld Hospital...- la mano di Ivan poggiata sulla sua spalla fece capire al ragazzo che doveva cedere la cornetta, allora perché diavolo l'aveva fatto alzare?!
-Pronto? -
-E' lei Ivan Braginski?-
-Si.- rispose il ragazzo, con la solita voce fintamente gentile, ma leggermente tesa. Aveva il sentore di qualcosa...
-Katyusha Braginskaya è una sua parente?-
Il cuore di Ivan parve fermarsi.
Era successo qualcosa a Kat'ja?
Toris, il ragazzo alle sue spalle lo osservò sussultare e scorse il sudore scorrergli lungo la tempia. Non era mai successo, da quando conosceva Ivan!
-E' mia sorella.- emise con un sospiro il biondo.
Toris non sentì cosa il medico disse al compagno. L'avrebbe scoperto più tardi. In quel momento non poté vedere altro che la mano di lui aprirsi e lasciar cadere a terra la cornetta .


Fine Capitolo 1.


Taaaaataaaan! Da brava masochista inizio una nuova long fic, che comunque non aggiornerò con foga e tanto presto. Circa un cap al mese U_U
Appariranno un po' tutti i personaggi, ma dato che non so i nomi di tutti (Danimarca, Norvegia...) vedrò o di inventarli o di usare i nomi più quotati tra i fan ^_^
Il primo capitolo è veramente corto, funge più da prologo che altro, ma spero che mi seguiate lo stesso.
Bacioniii!

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Capitolo 2
*** 2. Gilbo ***


CAPITOLO 2: Gilbo

-Roderich?- Elizaveta osservò l'austriaco al chiaro di luna. I lineamenti delicati, lo sguardo fiero e severo, ma triste. Elizaveta sapeva a chi erano dedicate le lacrime che sgorgavano dagli occhi del moro. Non erano per lei.
Per lei c'era la dolcezza, ma l'amore era condannata a condividerlo con la persona che avrebbe detto di odiare di più al mondo, se non avesse scoperto che un tempo quella stessa persona era stata il mondo del suo Roderich.
Gilbert Beilschmidt era morto due anni prima, d'incidente.
Era un pazzo.
Faceva un sacco di acrobazie idiote con la moto e spesso e volentieri attaccava briga.
Un giorno semplicemente, per dispetto, qualcuno aveva rotto i freni della sua moto e lui era volato giù da un ponte.
Nessuno seppe chi era il colpevole. Gilbert aveva troppo nemici.
Roderich era stato accusato, perché tutti li vedevano litigare e Gilbo compiva nei suoi confronti veri e propri atti di bullismo. Ma nessuno sapeva che quello era il solo modo di amare che l'albino tedesco conosceva.
Perché lui AMAVA Roderich e l'austriaco ricambiava, ma solo nella stanza da letto, lontani da occhi indiscreti.
Elizaveta sapeva e lo accettava.
Quel giorno era la vigilia dell'anniversario della morte di Gilbert, anche l'anno precedente Roderich piangeva osservando le stelle e suonando il piano forte, ma per quel giorno ne aveva dovuto fare a meno. Non si trovava a casa sua, la sua bella villa in stile ottocentesco. Quel giorno stava da lei, nella sua stanza alla World Accademy.
La bella ungherese cinse le spalle al suo amato.
Anche se soffriva per quella partizione d'amore, almeno il sentimento che lei dava, quello, Roderich lo riceveva per intero. Sarebbe stata solo una questione di tempo e la ferita lasciata dalla morte di Gilbert sarebbe guarita, almeno un poco.
-L'ho sognato, sai?-
Elizaveta annuì, sempre appoggiata a lui.
-Quell'idiota non cambia mai. Anche nei sogni non fa che darsi delle arie.- a Roderich scappò una risata amara.
Elizaveta rimase in silenzio.
-Mi ha detto di dovermi parlare, ma non ha finito il discorso... - Roderich si sistemò gli occhiali sul viso -Insomma, mi ha lasciato un senso di disagio... -




Saaaalve! Perdonate il ritardo e il capitolo corto. Anche questo l'avevo già scritto, solo che tra fic e impegni vari, non trovavo il tempo per aggiornare. Il prossimo cap è più lunghetto e devo finirlo. Aspettatevi grandi cose.
Spero XD

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Capitolo 3
*** 3. Al mattino ***


Capitolo 3: Al mattino


La World Academy era un prestigioso college frequentato da studenti provenienti da tutto il mondo. Li accoglieva e li accompagnava negli studi, preparandoli a entrare nel mondo del lavoro, in particolare indirizzandoli sulla via diplomatica per il dialogo fra le varie nazioni.
Le classi erano per la maggior parte miste, in modo da abituare fin da subito gli studenti alle diversità culturali di ognuno.
Quello che l'accademia si trovava a vivere era un momento particolare, dovuto innanzitutto all'imminente Halloween, atteso da tutti gli studenti.
Chi come Raivis Galante lo attendeva con timore perché preda degli scherzi più crudeli, chi come Ivan Braginski non vedeva l'ora di terrorizzare tutti in modo ancor più spaventoso di quanto non facesse già andando su e giù per l'edificio scolastico armato di rubinetto e minacciando di spaccare dentature.

Anche Alfred Jones temeva Halloween, ma certamente non l'avrebbe dato a vedere, perché lui era l'eroe della situazione. Amava fregiarsi di quel titolo e accorreva in aiuto degli studenti vittime di bullismo. Aveva persino ridotto gli atti vandalici di Ivan alleandosi con lui. Dietro quell'alleanza, se così si poteva definire, vi era un fine politico... se così si poteva definire.
Alfred era il figlio del preside e nonostante fosse solo al primo anno, aveva avuto il permesso dal padre di candidarsi al ruolo di rappresentante d’istituto, per impedire al tedesco Ludwig Beilschmidt di fare altrettanto.
Ludwig era uno del terzo anno: biondo, occhi azzurri, muscoloso, perfetto esemplare di razza ariana.
Due punti a suo sfavore: voleva stravolgere la scuola e i suoi metodi educativi e girava con un italiano deficiente al seguito.

Feliciano Vargas non era una persona propriamente sveglia. Tutt'altro: era ingenuo, sorridente e fifone. Qualsiasi difficoltà veniva da lui rifiutata. Era un piccolo parassita che aveva scelto di aggrapparsi allo scoglio tedesco. Molti si chiedevano se la sua fosse furbizia o ingenuità. Se fosse stato totalmente deficiente, sarebbe stato preoccupante.
Anche suo fratello maggiore era un idiota, di quelli che amano darsi tante di quelle arie, ma almeno lui non avrebbe appoggiato Ludwig, poiché lo odiava.
Infine, girava con loro anche Kiku Honda, giapponese timido e silenzioso. Un ragazzo di poche parole e dalle risposte evasive che si traducevano in ogni caso con NO.

-Ciao, Kiku!- una voce roca e calda attirò l'attenzione del moretto.
-Sadiq-san!- il giapponese rispose al saluto dell'altro con un rispettoso inchino -Che ci fa qui?-
Sadiq Annan era turco e aveva frequentato l'accademia fino a due anni prima. Era palese che provasse simpatia per il giapponese, ma il moro sapeva già di non essere il motivo della visita dell'altro.
-Cercavo Gupta, l'hai visto?-
Kiku ci pensò su un poco -Credo sia in biblioteca.-
-Aaargh!- l'urlo provenne dalle spalle del turco, che voltandosi riuscì a schivare un potente pugno.
-Dannato, sei ancora qui!-
-Piacere di vederti, Heracles.- rispose Sadiq al suo acerrimo rivale.
Heracles, greco, fisico statuario, aria di chi si era appena svegliato e aveva visto il suo peggiore incubo divenire realtà, indicava tremante di rabbia l’altro -Lascia in pace Kiku altrimenti io… -
-Altrimenti ti metterai a piangere?- lo schernì l’altro, senza scomporsi.

Sadiq e Heracles si odiavano, eppure passavano molto tempo insieme, a menarsi e insultarsi, ovvio.
Il turco sollevò senza fatica il giapponese che emise un gemito di frustrazione. Erano alle solite.
-Se ci tieni tanto vieni a prenderlo!- esclamò, correndo come un pazzo su e giù per l'edificio.

Ma tornando ad Alfred Jones…
Il suo gruppetto, soprannominato gli Alleati, perché richiamava la gloriosa alleanza della seconda guerra mondiale, si era riunito in una delle stanze della biblioteca.
Vi era un grande scafale in legno finemente decorato, carico di tomi vecchi, due poltroncine e un divanetto verde scuro, un tavolino con delle sedie e due lampade verdi.
Quando l’americano varcò la soglia dell’aula, si ritrovò a dover intervenire per impedire il massacro di due suoi “colleghi”, ovvero Arthur Kirkland e Francis Bonnefois, inglese e francese. Cane e gatto. No, cane e gatto vanno più d’accordo.
Ad ogni modo, dopo averli divisi con nonchalance, separandoli e tenendoli lontani con una sola mano, si accorse che mancava qualcuno. Qualcuno che non passava inosservato di certo.
-Dov’è Ivan?-
-Non è ancora arrivato.- rispose Yao, cinese, secondo anno.
-Provo a chiamarlo. Devo parlarvi di una cosa molto importante.-
Arthur e Francis smisero di guardarsi in cagnesco per un attimo, poi il francese ribatté –Abbiamo già provato a chiamarlo, ma ha il cellulare spento.-
Alfred rimase pensieroso per qualche secondo, tamburellando sul palmo della mano col cellulare, poi compose un numero.




Poco dopo, al World Hospital.





-Toris! Ivan!- Alfred chiamò i due dall'altro capo del corridoio.
Toris lo osservò avvicinarsi velocemente, trattenuto, letteralmente, da Ivan. Il russo non sopportava che fra i due ci fosse del tenero.
-Che cos'è successo di preciso?-
-Kat'ja ha avuto un malore.- disse Ivan, piatto e serio, guardando malissimo il suo compagno lituano, che chinò il capo.
-Non prendertela con lui, ho chiamato io.- disse serio l'americano, per poi domandare ancora -Sta bene?- insistette Alfred.
-Dorme.- rispose Ivan, cupo.
Dormiva, forse per sempre Kat'ja... E la colpa era sua. Solo sua.
-Ma cosa… - Alfred tentò di indagare più a fondo, ma l’occhiata truce con cui Ivan lo fissò, gli fece morire le parole in gola.
-Non sono affari che ti riguardano.
Quasi intravvedeva un’oscura aura violacea intorno a lui.
Toris rimase in silenzio.
Lui sapeva qualcosa al riguardo, ma ovviamente, doveva starsene zitto.
Nella loro stanza, dopo la chiamata del medico, il gigante era crollato sul letto, aveva portato le mani grandi al viso, tremando. Tremando!! E sussurrava, sconvolto, con la vocina flebile e quasi infantile –E’ colpa mia… l’ho costretta io… l’ho costretta io a ucciderla… -



°°°










Sempre in ritardo, pardon. Il capitolo stavolta è lunghetto, ma non è il massimo, ancora scusa, vi prometto migliorerà!!

Stefy_rin: Per Gilbuccio dovrai aspettare ancora, anche perché se no, che mistero ci sarebbe? XD
Kurohime: già, ho notato che Gilbo muore spesso XD cmq apparirà lo stesso, mica può lasciare Roderich in pace? Non sia mai!!!  Non sarà un mega capitolo, ma almeno non sono cinque righe^^

Grazie a chi recensisce, a EsoChan che ha messo la fic nei preferiti, Alechan, ladyLminiMisa, Nell Sev Snape, sasuchan7, Seiten Taisei90, Stefy_rin e ValeKikyo per averla messa nelle seguite ^^




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Capitolo 4
*** 4. Avvertimento ***


Capitolo 4: Avvertimento

 

-Ah!-
Roderich si svegliò di soprassalto. Elizaveta aprì piano gli occhi e si voltò lentamente verso di lui, ancora intorpidita dal sonno.
Da un po’ di tempo a quella parte il suo compagno austriaco soffriva d’insonnia e i pochi minuti di sonno che essa gli concedeva erano tormentati da incubi.
Da Gilbo.
Elizaveta lo odiava.
Gli dispiaceva per lui, ma non poteva fare a meno di essere gelosa dell’uomo che, seppur morto, continuava a ghermire il cuore del suo amato.
Si mise a sedere e posò la mano sulla spalla di Roderich.
-Va tutto bene?-
Lui si premette pollice e indice sul setto nasale, per tentare invano di scacciare l’emicrania e rispose a bassa voce  –Ancora lui… non capisco proprio… -
-Era sempre lo stesso sogno?-
-No.- Roderich prese gli occhiali dal comodino, se li mise e si alzò piano, quasi a evitare il fruscio delle lenzuola. Anche quello inevitabile, come gli incubi in quel periodo dell’anno.


-Svegliati, idiota!- Gilbo si parò davanti ai suoi occhi.
Roderich era ancora nella sua stanza non poteva sbagliarsi. Era come risvegliarsi da un brutto sogno. Ma c’era dentro. Perché per quanti pizzicotti, quante preghiere, quanto desiderio di svegliarsi, la verità era che Gilbo era morto.
E l’averlo vicino, a torso nudo, col suo cipiglio fiero e prepotente, col suo sorriso da schiaffi… era solo un doloroso incubo. Perché come sogno non si sarebbe mai avverato.
-Forza forza! Non ho mica tutta la notte, io!-
-Lasciami in pace… - sbuffò l’austriaco.
Gilbert scosse la testa –Non fare l’antipatico. Mica sono venuto qua per nulla!-
-Cosa vuoi, allora?-
Gilbo lo fissò dritto negli occhi, serio –Sono in pericolo. Tutti!-
-Tutti? Chi?- Roderich era confuso –West, Braginski… tutti!-
Roderich scosse il capo –Non ti seguo… -
Non era sicuro di star bene. Era un sogno, ma sembrava tutto così reale. Lui credeva di star parlando davvero con Gilbo. Eppure era così dannatamente irrazionale.
-Lei è tornata. E’ furiosa, non ha pace. Braginski deve sap… -
Poi di punto in bianco sparì. Non terminò il discorso e Roderich si sentì risucchiato fuori.

Nella realtà.
L’assurda realtà.

-Domani passerò in Accademia a incontrare Ludwig.-

 


Il giorno dopo fu terribile per Ivan.
Non gliene andava una giusta. Inciampava e gli si rompevano gli oggetti fra le mani. Involontariamente, tra l’altro. Normalmente era lui a distruggere tutto con gusto.
Fervevano i preparativi per la festa di Halloween, ma lui non partecipava.
Stava seduto a rigirarsi nervosamente fra le mani il tubo di rubinetto, con gli occhi puntati sul pavimento, come a contare le patacche di sporcizia fresche di passaggio.
Sua sorella era ancora in coma e il medico gli aveva detto di tornare a casa, che l’avrebbero avvertito se ci fossero stati miglioramenti.
Tutto quello che poteva fare era attendere.
Era solo questione di tempo, sapeva per certo che non si sarebbe svegliata e ti tanto in tanto meditava l’idea di farla morire. Poi però scacciava il pensiero.
“Dopotutto quello che ha fatto per me… “
E mentre sedeva sui gradini che portavano alla terrazza, accadde che due studenti corressero fuori per il pranzo. Uno dei due lo urtò per sbaglio e il bento gli cadde da sotto il braccio.
Il riso condito con tutte quelle strane spezie cascò dritto sulla testa di Ivan, coprendo i suoi capelli platinati di chicchi bianchi e appiccicaticci.
Lo studente giapponese s’inchinò terrorizzato, supplicando il perdono del russo e Ivan strinse il suo tubo, lanciandogli un’occhiata torva che avrebbe fatto impallidire Satana in persona.
Ma solo quello.
Toris passava di là e corse su per le scale per tentare di porre rimedio e impedire l'ennesimo tentato omicidio con annesso pestaggio da parte del russo.
-Ivan… tutto bene?- gli chiese “Che domanda stupida!” si sgridò mentalmente.
Braginski scosse la testa e rimase in silenzio, mentre il lituano fissava stupito i due studenti sul terrazzo.
Erano… vivi… 
Ivan li avrebbe uccisi, in una situazione normale. 
Era terribile e lui ne sapeva qualcosa. Invece in quel momento era così fragile da farlo star male.
Il lituano non aveva idea di cosa fare. Non poteva farci nulla, a dire il vero...
Si premette una mano sull'addome, in preda all’ennesimo spasmo d’ansia e cercò di respirare piano.
Si sedette accanto al russo e tentò di rincuorarlo, posandogli la testa castana sulla spalla –Si sveglierà.- disse, piano.
Ivan scosse mestamente la testa.
-No… non lo farà. Lei non vuole che si svegli… - e tremò da capo a piedi.
Perché lui aveva terrore di Lei.

 

-Dove accidenti è Ivan?!- ringhiò Arthur, in preda all’ennesima crisi di nervi.
-Lascialo in pace… - sospirò Francis, occupandosi di appendere dei pipistrelli di plastica che l’inglese gli passava.
Avevano quasi finito di tappezzare l’edificio con quegli affari.
Mentre erano impegnati a svolgere quel compito, Feliciano Vargas e Kiku Honda si stagliarono all’orizzonte, armati di videocamera, registratore, microfoni e pasta.
-Deve occuparsi lui degli effetti speciali. Che Halloween sarebbe senza di lui?!- ribatté l’inglese.
-Una festa genuina. L’hanno scorso ha pestato a sangue quel canadese, ricordi?-
Arthur fece mente locale –Ma chi… ah, quello che somiglia ad Alfred?- chiese, stranamente distaccato.
-Si… ma è suo fratello?-
-Aha…-
-Ma quindi siete fratelli?-
Arthur assunse la peggiore delle sue facce furiose –Per.metà.e.ora.appendi.questo.pipistrello.del.cavolo!- sibilò
-Veeeeee…-
I due sussultarono e si voltarono di scatto.
Francis quasi cadde dalla scala su cui era appollaiato.
-Scusate per il disturbo.- iniziò Kiku, mentre Feliciano sorrideva con quel suo sorrisetto ebete –Siamo qui per il giornale della scuola. Vorremmo scrivere un articolo sul paranormale e le leggende legate alla notte delle zucche.-
I due annuirono.
-Ci sarebbe molto da parlare. Che cosa volete sapere di preciso?- chiese Arthur.
-Smettila di mangiare pasta in continuazione, stupidello.- Francis fissava amareggiato l’italiano continuare a mangiare come se nulla fosse –Dai, su!-
Ad ogni modo, pasta o non pasta, il quartetto si diresse in biblioteca, nel ritrovo degli Alleati.
I due ospiti si accomodarono nel divanetto, mentre Francis prese del vino e se lo versò in un bicchiere, accomodandosi a gambe incrociate nella sedia di fronte a loro.
Arthur chiuse la porta e l’intervista cominciò.
-Quindi Halloween non è una festa con radici statunitensi?- chiese Kiku meravigliato.
-Oh, no.- rispose Francis –Anzi, pare che la sua origine sia europea. Erano i celti che lasciavano cibo per le anime dei loro defunti e a creature come elfi e fate.-
Kiku iniziò a scrivere diligentemente nel suo taccuino, poi si ricordò del registratore e della telecamera.
-Vi spiace se filmiamo?-
Francis mosse vanitosamente la sua bella chioma ondulata –Perché no?-
Arthur arrossì un poco. Le telecamere lo mettevano in agitazione.
L’intervista iniziò da principio. Kiku presentò gli ospiti alla telecamera e i due europei raccontarono delle origini della festa e delle varie usanze, indirizzando infine i due da Alfred.
-Non sapevo le fate fossero creature malvagie.- disse Kiku.
Arthur si sentì leggermente offeso.
-Non lo sono!- esclamò, poi chinò lo sguardo, mentre Francis alzava gli occhi al cielo pensando “Oh, no… ecco che ricomincia con le sue storielle fantastiche.”
Ma l’inglese si limitò a giustificare le deliziose quanto temibili creature –Sono esseri stupendi, ma molto permalosi. Bisogna saper trattare con loro, o sono dolori.-



Ludwig fissò sospettoso l’austriaco.
-Mio fratello ti ha parlato?- chiese scettico.
-So che puoi non credermi, ma ormai mi sono convinto che lui mi abbia davvero parlato.-
Ludwig annuì in silenzio.
-Mi ha detto di dirti, di stare in guardia.- osservò l’alta volta dell’andito, percependo qualcosa. Qualcosa di oscuro. Nemmeno sapeva perché si era lasciato convincere da quel sogno.
Ma tante cose erano già accadute.
I suoi sogni, la sorella di Braginski in coma, il terribile russo perseguitato dalla mala sorte per tutta la mattina. E che dire dell’imminente temporale prevvisto per la vigilia di ognissanti?
Troppe per essere solo coincidenze.

 

 

(((Dove sono?))) Kat’ja guardò in ogni direzione, ma tutto era buio. Buio pesto. Buio fitto.
L’aria le mancava, si sentiva soffocare.
Poi una risata e del sangue colò su di lei. Sporcò i suoi capelli, il suo viso, il suo corpo, le sue mani…
Kat’ja percepì il Suo sguardo alle sue spalle e sentì distintamente il Suo tocco.
La lama sulla sua gola.
Quella stessa lama… con cui le aveva carpito la vita…

 

 

 

Fine Capitolo 4

Ed ecco il 4° capitolo!! Spero sia stato gradito ^^
Povero Ivan... che cattiva sono, eh?


wolvie91: grazie ^^ Ora sorge il problema. Perché dovrebbe essere un horror, ma hetalia è demenza... quindi ho paura ne venga fuori una specie di aprodia alla scary movie XD
Kurohime: E riecco Gilbo. In tutta la sua awesomità XD E c'è anche qualche indizio sulla morte di Natalia. Kat'ja ancora non è schiattata, povera. Infine Lovino... ehm... dai. è un po' dementello anche lui U_U

O_O mi sono accorta di non avere risposto alle recensioni al primo capitolo.
Vergogna!!
Rimedio.

Akasuna_No-Mayumi:  lieta che la trovi interessante ^^
Stefy_rin: ehehe, Ivan ha un sacco di fan XD
Kurohime: Grazie ^^
Esochan: Ecco, questo non è poco XD

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Capitolo 5
*** 5.Frammenti d’un torbido trascorso. ***


Capitolo 5: Frammenti d’un torbido trascorso.


Il giorno seguente non fu certo migliore per Ivan.
Nel pomeriggio, terminate le lezioni, tornò nel dormitorio insieme a Toris.
Il lituano si adoperò per riempire la vasca e preparare così un caldo bagno rigenerante e propose a Ivan di farlo insieme. Forse si sarebbe distratto.
-Aha…- fece il russo.
Così si sedette a leggere svogliatamente una vecchia rivista che giaceva sul tavolo. Non capì una parola che fosse una di quello che leggeva. La sua mente era oppressa dalla preoccupazione, dalla paura. Non era solo apprensione per sua sorella maggiore. Era convinto che LEI fosse coinvolta in qualche modo. La sentiva.
Era una presenza costante che mai l’aveva abbandonato.
Era come se LEI non se ne fosse mai andata.
-…van.-
Lo guardava.
-Ivan?-
Incombeva su di lui.
-Ivan?-
Lo toccava.
Ivan si alzò di scatto e col gomito colpì qualcosa alle sue spalle.
Toris cadde sul pavimento.
-Ah!- esclamò il russo, accorgendosi di ciò che aveva fatto. Si precipitò verso di lui e lo aiutò ad alzarsi –Scusa io…-
Gli occhi del lituano si fecero grandi.
Con la mano destra carezzò il viso del compagno, quasi il tatto potesse aiutarlo a comprendere chi avesse di fronte.
-Ivan…-
No. Stava davvero male per chiedergli scusa.
-Non fa nulla.- disse. La mascella gli doleva. La gomitata era stata piuttosto forte, ma non era volontaria. E lo capiva.
-Volevo dirti che la vasca è pronta e…-
E suonò il telefono.
Erano circa le otto di sera e il mittente della chiamata era uno dei medici dell’ospedale.
Kat’ja aveva avuto un peggioramento.
Il Russo non poté far altro che scuotere mestamente la testa e indossare la giacca.
-Vado.- disse a Toris e questi fece per seguirlo. Ivan però lo fermò, parlandogli senza neppure guardarlo in volto, proprio sulla porta –Da solo.-
Uscì.


Mancava un giorno a Halloween.
L’indomani a mezzanotte si sarebbe tenuto il party tanto atteso.
Fervevano gli ultimi preparativi e gli Alleati avevano ormai terminato con i festoni. Arthur finì di disporre piccole zucche nei gradini delle scale. Esse presentavano fori su ogni lato, in modo da illuminare spettralmente l’intera accademia. Un lavoro impeccabile.
E mentre ultimava l’opera, l’inglese canticchiava una delle sue sinistre e inquietanti nenie.
Alfred, alle sue spalle tremava come una foglia –Ti prego smettila, sai che non sopporto queste evocazioni sataniche!-
Arthur sospirò e riprese a cantare, a voce appena più alta.
-Ti ho detto di smetterla!-
Poi un fulmine cadde sulla scuola illuminando a giorno l’intero androne.
Alfred urlò aggrappandosi all’inglese che urlò anche lui, infuriato.
-Satana! Il re dei demoni vuole punirci!-
-Staccati! Mi fai male! Pussa via!!-
-Se cerchi una vergine sacrificale prendi lui!!-
-Chi sarebbe la vergine sacrificaleee?!-
Tutto questo fu urlato tra il rombare di un assordante tuono e la caduta di un secondo fulmine.
-Non sei più vergine?- chiese Alfred, sistemandosi gli occhiali.
Mai l’avesse detto…


Due mesi prima, Las Vegas.


-Vuoi tu, Arthur Kirkland, prendere in sposo il qui presente Francis Bonnefois?-
La sua testa ciondolò un poco di lato.-
-Hic… si, lo voglio.- disse sorridente e col viso arrossato.
-Col potere concessomi dallo stato di Las Vegas.- disse un poco credibile celebrante –Io vi dichiaro, marito e marito.-

Tuono.
Il pugno di Arthur si abbatté sulla testa di Alfred.



Al World Hospital intanto, Ivan fu aggiornato sulle condizioni di sua sorella. Le prese la mano, mentre il medico parlava.
-Le sue funzioni vitali sono stabili adesso, ma…-
-Ma?-
-Solamente grazie ai farmaci e ai macchinari. E’ una situazione critica, ma non si riesce ancora a comprendere la causa.-
“Io la conosco la causa. E molto bene.” pensò Ivan.

-Fratellone.-
Ivan rimase fermo dov’era.
-Fratellone, non fuggire ti prego…-
“Perché, perché, perché?!” pensava.
Era tutto così assurdo.
Malata, ecco cos’era sua sorella. Malata. Perché non lo lasciava in pace?!
-Fratellone, voglio stare con te.-
Vide la sua ombra stagliarsi sotto la porta, le sue unghie conficcarsi nel legno, i suoi rantoli. Era come vivere un film dell’orrore in prima persona.
Solo che Natalia era reale.
-Fratellone, perché vuoi più bene a quello stupido finocchio che a me?-
Ovviamente si riferiva a Toris.


Accarezzò il viso di Kat’ja, dolcemente, col dorso della mano.
-Mi dispiace tanto…- le disse piano.



-Che hai fatto alle dita?- chiese Ivan.
Toris ammutolì e si guardò le dita steccate per diversi secondi, come a cercare le parole giuste.
-S-sono caduto.- mentì.
Un misero tentativo.
Ivan aveva già capito.


Il russo ebbe un tremito improvviso.
E se dopo Kat’ja fosse toccato a Toris?
Deglutì, poi afferrò la giacca in fretta e furia e lasciò la camera, sotto lo sguardo attonito dei medici.
Nel corridoio travolse un’infermiera e il suo carrello recante medicamenti vari.
Non vide ne sentì nulla per tutta la strada di ritorno fino al dormitorio della scuola.
Non sentì il cellulare vibrare nella tasca.


Toris rimase seduto sul letto, piuttosto preoccupato per Kat’ja, ma ancor di più per Ivan. Scosse la testa, pensieroso, e sarebbe rimasto a sedere ancora per parecchio, se uno strano rumore non avesse attirato la sua attenzione.
Era come uno stridio di lame.



-Strano…- fece Alfred –Non risponde.-
-Bonsoir mes amis!- esclamò Francis varcando la soglia della biblioteca.
Lì trovò Feliciano intento a mangiarsi un piatto di pasta, tanto per cambiare, e Ludwig con lui, seduto sul divano con le braccia conserte e il cipiglio scuro e meditabondo. Il francese si spaventò.
-E tu che ci fai qui?- esclamò sconvolto, con gli occhi a fessura.
-Devo parlarti.- fu la risposta secca.
Francis si auto-indicò, stupito.
-Io?-
-Si tu, francese depravato.-
Francis fissò l’altro sottecchi e si sedette a debita distanza da lui.
-E di cosa vorresti parlarmi?-
-Di mio fratello.-
-Gilbert?- Francis ne fu sorpreso.
-Eravate amici, no?-
-Si, ma come mai tutt’ad un tratto…-
-Ma perché non rispondono?!- esclamò Alfred, interrompendoli.
Aveva provato a chiamare prima Ivan, poi Toris, ma anche lui non rispondeva -Che strano…- disse grattandosi la testa pensieroso.
Aveva un brutto presentimento, proprio come Ivan.
-Che sia successo qualcosa?-
-Non ti starai preoccupando troppo?-
Era Arthur, con i capelli in completo disordine e la divisa che pareva un cencio buttato su uno spaventapasseri. Opera di Alfred che, in preda al terrore, l’aveva strattonato a manca e a destra per tutta la durata del temporale.
L’americano sospirò e fece dietrofront.
-Vado a controllare, magari hanno bisogno di qualcosa.-

La verità è che, ad Alfred Jones, Toris Laurinaitis piaceva come persona.
Quando s’iscrisse all’accademia, ebbe qualche difficoltà per quanto riguarda gli studi e Toris, che era iscritto nella sua stessa sezione, era stato incaricato dal preside in persona per fargli delle ripetizioni. E questo perché Arthur, il suo fratellastro, proprio non aveva voglia di avercelo fra i piedi.
E neppure Ivan, se per quello.
Non si era mica fatto bocciare per vedersi soffiare il suo ragazzo dal primo americano che passava.
Non che Alfred volesse Toris in quel senso. Era Ivan che fraintendeva e Toris sudò sette camice per tranquillizzare il suo enorme ragazzo circa un’inesistente relazione col “nemico”.


Il lituano procedette lentamente, in direzione di quel rumore.
Non doveva esserci nessuno in bagno.
Aprì piano la porta e accese la luce.
Niente.
Si guardò intorno.
Il rumore non cessava. Lo sentiva tutto intorno a sé.
Era spaventato, indietreggiò, ma qualcosa lo spinse all’interno della stanza .
Cadde in avanti e la porta si chiuse alle sue spalle.
Toris afferrò il bordo della vasca da bagno, per tirarsi su.
E fu allora che la vide.
Nella vasca c’era lei con gli occhi chiusi e due coltelli stretti fra le mani.
-Natalia?-
Pareva dormire.
Pareva…

Bussarono alla porta d’ingresso.

Ivan entrò in accademia a rotta di collo.

Natalia aprì gli occhi.
Le sue mani cinsero con forza i fianchi di Toris e lo trascinarono in acqua.



Fine Capitolo 5



Spero gradiate anche questo capitolo, ma non perdiamoci in cazz...abubbole e procedo con le recensioni.
Io adoro scrivere l'angolino dell'autore, senza recensioni non sarebbe tale, ma devo dire che è comoda l'opzione per rispondere singolarmente agli autori delle suddette, specie per chi come me è con l'acqua alla gola ogni mese per le fic XD

Chibi_: che dire, grazie, anzi pensavo ci fossero più fic sull'accademia. E confesso che io sono praticamente una novellina su Hetalia perciò se sbaglio, non siate crudeli, informatemi e correggerò ^_________^
ChibItaliaSweet: fiera del risultato allora ** Io sinceramente l'horror non lo sopporto. O meglio, non guarderei mai un film horror perché ho paura anche della mia ombra a momenti. Però un fumetto o un libro (no, anzi, un libro mi fa strani effetti lo stesso) riesco a sopportarli. Quindi contenta di aver reso bene la cosa.
Kurohime: se scleri come Nat, io mi nascondo come Ivan. Comunque, ancora qualche accenno alla sua morte e spero poi di poter dare il via alle danze. Vorrei inserire tanti personaggi, ma molti purtroppo faranno solo da comparsa. Q_Q Chissà se con Dan riuscirò a farci qualcosa, anche se avrei un'ideuzza.

Dan: Decapiterò gli zombi con la mia asciaaaa!
Kym: Non ci sono zombie qui.
Dan: Pazienzaaaa!!
Kym:...

Cough cough, riprendiamo.

L_Lawliet_poppy:  peccato per i medici che mi hanno stroncato la scena, un bel bagnetto tonificante gli ci voleva, tanto dove credi sarebbero andati a parare quei due?

Ancora grazie a tutti, se dimentico qualcuno nelle recensioni, fatemi sapere ^^

PS: ho appena aggiornato la mia fic originale "Il caso della band Visual Kei", fattemi sapere che ne pensate.
Le recensioni sono linfa vitale, se mi volete bene e viva per il prossimo capitolo fattemi sentire (leggere) le vostre vociiii! *alza l'ascia di Dan*
Dan: Poi sarei io l'esaltato...

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Capitolo 6
*** 6.Боже мой! ***


Capitolo 6: Боже мой!



-Ciao!- esclamò Mathias Køhler, un danese del terzo anno.
Il ragazzo biondo davanti a lui rimase come di sasso.
Povero, pensava di evitarlo in eterno…
-Ti ho cercato tutto il giorno, ma dov’eri, eh, Lukas?-
Quello sudò freddo. Effettivamente, poteva anche dirgli di essersene andato a mungere rospi, tanto quello se la sarebbe bevuta comunque.
Inutile dire però che, ora che l’aveva trovato, non l’avrebbe mollato più, purtroppo.
-Studiavo.- rispose freddo.
-Ma domani non abbiamo nulla da fare se non gli ultimi preparativi per la festa, perché non te la prendi un po’ meno seriamente?- gli diede una forte pacca sulle spalle che quasi gli sfondò le scapole.
Ma come faceva a non capire che non lo voleva fra i piedi?
Lui, Lukas Bondevik, secondo anno, ottimi voti, candidato a una cospicua borsa di studio e a un promettente futuro diplomatico, ormai sopportava il suo “caro amico d’infanzia” per un semplice motivo.
Mathias si era messo in testa di candidarsi alle elezioni in concorrenza a Beilschmidt e Jones.
Perché non lasciare tutte le grane a lui e manovrarlo comodamente da dietro le quinte?
Chissà che, una volta coronato dell’agognata carica, quel danese non ricevesse per grazia divina un poco più di sale in zucca.
-Uh?- fece d’un tratto Mathias –Ma quello non è Braginski?-
Lukas si voltò appena per scorgere, in effetti, il tiranno numero uno della scuola correre trafelato verso l’ala superiore dei dormitori.
Poi ebbe un fremito.
Beh, i brividi li aveva anche da prima, ma nel momento in cui il russo svanì oltre la tromba delle scale, la cattiva sensazione s’accentuò e non poté scacciarla via.


Quando Ivan sopraggiunse davanti alla porta della sua stanza, trovò Alfred che bussava trafelato.
-Apri, Toris!- esclamava angosciato ad ogni battito.
-Apri!-
-Che ci fai tu qui?- chiese il russo, infastidito, mentre una goccia di sudore gelido imperlava la sua fronte,
-Oh, Ivan!- esclamò l’americano accorgendosi di lui –Ho sentito Toris urlare, ma non apre la porta!-
Ivan Braginski impallidì e il suo cuore mancò un battito per l’improvvisa e rinnovata ansia.
-Spostati.- disse con un tono fermo che spaventò Alfred.

“Perché?!” si chiese Toris mentre l’acqua scorreva vorticosa sul suo corpo .
“Perché?!” si chiese mentre cercava di liberarsi da quelle braccia.
“Perché?!” si chiese mentre l’acqua entrava nei suoi polmoni gelandoli e opprimendoli.
Era Natalia quella, non vi erano dubbi. Sul perché però si accanisse tanto contro Ivan non lo capiva.
Perché Toris aveva ben compreso i motivi dell’odio della ragazza nei suoi confronti.
Ma Ivan… Da quel che ricordava, lui le voleva bene, ma era come… intimorito da lei… perché non si confidava mai, quello?!
Non aveva il tempo di infuriarsi.
Ormai la sua mente era ottenebrata dal freddo abbraccio di madama Morte.
Il dolore delle spire di Natalia era come ovattato. Si sentì sospeso in aria. Leggero. E si faceva freddo, ma trovava più facile arrendersi piuttosto che protrarre quell’inutile resistenza.
Poi, due braccia forti lo strapparono da tutto ciò, persino dai suoi pensieri.
Sentì due mani afferrargli la testa e l’aria entrare a forza dai polmoni.
Sentì ancora quelle stesse mani strappargli la camicia e premere sul suo petto. Com’erano calde…
L’acqua dentro i suoi polmoni si agitò, fu sospinta potentemente fuori da quell’aria rovente.
Da quel fiato conosciuto.
Con un forte scossone Toris cedette all’impulso di tossire violentemente.
-Cough cough!-
Si portò le mani alla gola e continuò a tenere gli occhi chiusi, inginocchiato a terra per il bruciore al petto.


-Va tutto bene?- gli chiese allora Mathias, preoccupato.
“Non mettere su quella faccia!” pensò Lukas –Sì…- esitò.
Qualcosa gravava sopra le loro teste. Lo sentiva.
Era come essere schiacciati da un qualcosa d’indefinito e angosciante.
Non sapeva spiegarselo, ma lui era molto sensibile a certe cose.
-Usciamo fuori.- disse, piano, sudando freddo.
Tanto Mathias non l’avrebbe preso sul serio.
-Un altro cattivo presagio dal tuo troll?-
Ecco, appunto!
Lui assentiva sempre, ma non ci credeva affatto che lui potesse vedere gli spiriti.

-Fammi capire…- Berwald Oxenstierna si premette indice e pollice sul setto nasale –Oggi che dovevamo terminare la ricerca, te ne sei andato in giro per l’accademia a cercare fate?!-
-Si.- rispose candido, il danese –Non ci vedo nulla di male.-
Lo svedese gli lanciò una delle sue occhiate truci in grado di far impallidire il diavolo in persona (era secondo solo a Ivan! Neppure Ludwig era capace di tale rabbia concentrata nello sguardo.)
-Domani dobbiamo presentare la relazione finale del progetto per cui stiamo lavorando da tre mesi, Køhler…- cercò invano di trasmettergli un minimo di buonsenso -…e tu ti permetti di andare in giro a perder tempo?!-
-A parte che la relazione è bella che finita.- fece quello sorridendo, ma col tono fermo di chi non ammette repliche –Se poi, me ne vado in giro a cercare qualcosa che non esiste, vuol dire che ho i miei motivi, no?-

Se non avesse sentito quell’ultima frase, probabilmente Lukas avrebbe continuato a sorridere al suo amico danese come un tempo. Ma Mathias fingeva di credergli per compiacerlo.
Benché non potesse dargli torto fino in fondo, non riusciva più ad aprirsi con lui. Si sentiva preso in giro, anche se con le più buone intenzioni.
Meditava di troncare la loro storia da un pezzo ma per un motivo o per l’altro non era ancora passato all’azione. Poi, Mathias non sapeva che lui aveva origliato per caso quel predicozzo di Berwald con conseguente rivelazione, quindi era come elargirgli un non gradito colpo basso.
-Ho solo un leggero capogiro…- mentì.
Però gli venne in mente che forse coinvolgendo Mathias in quello che accadeva, mostrandogli le evidenze sull’esistenza degli spiriti e creature affini, forse il loro rapporto si sarebbe salvato. Dopotutto erano amici fin da piccoli. Per quanto quel pazzo sconclusionato fosse un piombo, aveva pur sempre i suoi lati positivi!
-Ci ho ripensato… andiamo in camera… - disse piano –Mi sdraio un poco, prima di cena…-
Il danese annuì e dopo qualche secondo il norvegese si ritrovò sottosopra sulle spalle forti dell’altro.
-Ehi!-
-Hai capogiro, no? Dai, ti porto io in camera. Vuoi anche la cena a letto? O ordiniamo una pizza?-
-Non c’è bisogno…- protestò.
Inutile.
Quello non lo ascoltava già più.


-No, aspetta!- esclamò Francis, con gli occhi ancora più stretti a fessura –Tu e quel cosino mangiatore di pasta siete venuti qua per dirmi che tuo fratello Gilbert ti è apparso in sogno dicendoti che siamo tutti in pericolo?-
-Esatto.- fece il tedesco. Era schifosamente imbarazzante, perché tanto quel cretino francese non ci avrebbe creduto.
-E secondo te io dovrei credere a una storia simile di… di cosa poi? Chi sarebbe questa lei?-
Ecco, come volevasi dimostrare.
-Non è questo il punto!- lo interruppe Ludwig alzandosi di scatto e spaventando il povero Feliciano.
-Anche a me questa storia sembra solo un’idiozia, ma ciò che mi preme sapere ora è che rapporti c’erano fra mio fratello e quel Braginski!-
Francis ammutolì e si carezzò il pizzetto.
-Non ti seguo… comunque… ricordi che io, Gilbert e Antonio avevamo un complessino?-
-Aha…- annuì Ludwig buttandosi sul divano.
Feliciano terminò la sua pasta e si appoggiò al petto del tedesco come se questo fosse un cuscino. Quello arrossì di colpo e Francis, godendosi la cosa come una sorta di vendetta personale, continuò a parlare sorridendo maliziosamente. Glielo dovette ripetere diverse volte, ma alla fine Ludwig recepì il succo del discorso.
-Ha avuto un po’ di screzi con Ivan, poi hanno iniziato ad andare d’accordo, mentre i rapporti con me e Antonio si sono un poco raffreddati… -
-Mmmm…- Ludwig si mise a riflettere.
C’era qualcosa di oscuro in tutta la faccenda.
Quasi quasi preferiva che Gilbo se lo fosse rotto da solo l’osso del collo.
-E la sera che è morto, com’era?- chiese poi, fissando Francis che rimase come spiazzato.
-Ehm…- disse –Beh… lui era… come al solito… un po’ ubriaco… ma nella norma, ecco.-


Ivan scostò in malo modo Alfred dalla porta e con una poderosa spallata la buttò giù.
Corse nel bagno.
Toris era nella vasca.
Immobile.
-Боже мой!- esclamò.                                                                                                                                                                             -Bozhe moĭ!/Oh mio Dio!-
S’affrettò ad afferrarlo e a trascinarlo fuori. Percepì una certa resistenza.
Una resistenza non ignorabile e per un attimo vide due braccia esili stringere il corpo del suo ragazzo.
E quelle mani impugnavano dei coltelli!
Ma fu giusto un istante. Perché Ivan strattonò il corpo magro di Toris e lo sottrasse all’acqua.
Aveva smesso di respirare ed era bianco come se fosse morto.
-Toris!- esclamò Alfred sulla porta del bagno.
Ivan strinse il corpicino del lituano a sé e gli prese il capo fra le mani.
Gli diede la sua aria.
Fu un gesto dettato dall’istinto. Non voleva che morisse.
Non voleva perdere anche lui!
Non così.
Dopo quel primo ed infantile tentativo di restituirgli il fiato, il russo mise l’altro sul pavimento. Gli strappò la camicia, gli impose le mani sul petto, premette le labbra contro le sue e svuotò i polmoni.
Poi premette il suo corpo fradicio, ripetutamente.
“Ti prego… ti prego….”
Non riusciva a mettere due pensieri in croce.
Sapeva solo che doveva dargli aria e spingere l’acqua fuori dai polmoni.
Doveva riportarlo indietro.
Doveva…
Poi Toris quasi si mise a sedere tossendo come un dannato e sputando una grossa quantità d’acqua.
Ivan rimase quasi di sasso.
In quel momento l’ansia e il terrore avevano raggiunto l’apice.
Tremò e afferrò con mani malferme le spalle strette del lituano.
-Va tutto bene?- chiese Alfred, inginocchiatosi accanto a lui e a Ivan.
-To…Toris…- emise il russo con quella sua voce sottile e così inadatta a lui.
Il suo corpo era come collassato. Ivan non lo sentiva più.
Il lituano aprì finalmente gli occhi e alzò lo sguardo.
Incrociò le due ametiste sul viso dell’altro e si gettò su di lui, impaurito, in cerca di protezione.
-Era lei!- esclamò premendo la testa sul suo petto –Era lei! Era Natalia! Era…-
Ivan gli mise la mano dietro la nuca, per tranquillizzarlo.
-Lo so, ma ora va tutto bene. Tranquillo. Ci sono io…-


Ecco. In una situazione leggermente diversa, Toris a quelle parole sarebbe fuggito in preda ai mal di stomaci d’ansia cronica. Mai come in quel momento il corpo di Ivan gli dava così tanta sicurezza.
C’era anche Alfred, ma non voleva davvero separarsi dal russo.
Il suo odore pungente e fresco lo stava inebriando e il calore del suo corpo placava i suoi tremori.
-Ivan…- lo abbracciò, anche se un poco titubante. Ma si strinse a lui.


-Che sarà successo?- chiese, più a se stesso che al norvegese, Mathias.
Allora Lukas si rimise dritto e, dall’altezza in cui si trovava sulle spalle del danese, sentenziò.
-Non lo so. Vuoi andare a vedere?-
-Ovvio.- rispose quello.
Era troppo infantile e curioso.
Ma almeno tutto andava secondo il suo improvvisato piano di conversione del miscredente.


Fine Capitolo 6


Non so se ho reso bene la parte della bocca a bocca. Volevo dargli velocità e non soffermarmi su quanto sono carucci Ivan e Toris insieme XD
In questo capitolo entrano in scena, per un mio capriccio, Mathias e Lukas, alias Danimarca e Norvegia.
Perché, lo sapete, la bellissima me ama Danimarca.
Riguardo ai nomi, ho visitato  il sito wiki di Hetalia e ho guadato. Però Mathias non era fra quelli indicati dall'autore. Dopo un attento esame ho deciso di lasciare quello che comunque sembra il più usato fra noi italiani e al quale ero più legata.
Mettetela così, uno esperto in fatto di spiriti ci vuole. E non dite che c'è Iggy. Lui deve ancora risvegliarsi dall'incubo di un marito perverso U_U
Bene.
Al prossimo capitolo!!

Feli92: Grazie mille, spero continuerai a seguirmi ^^
DarkshielD: Si, è un fantasma XD Quanto a fargli il culo ci vorrà un poco, ma pazienta ^_-
Kurohime: Ecco Dan ^^ E come hai visto l'ho chiamato Mathias, anche se fra me e me lo chiamo Dan o Den XDD
Yandereness: Ovvio che c'è. Forse in secondo piano, ma è la mia prima coppia Hetaliana. Beh, hai visto che Feliciano è un coccolone XD
ChibItaliaSweet: Il matrimonio a Las Vegas colpisce ancora. XD Io che sono l'autrice del misfatto ancor mi chiedo cosa cavolo ci facevano lì quei due. Mah...
Chibi_: Oh bene, vedo che riesco a trasmettere immagini malefiche di bimbe malefiche XD Mis pavento di me stessa O_O No, perché, come già detto, io l'horror lo evito come la peste. Dato che me lo chiedi con così tanti lacrimoni... beh... Liet e Kat soffrono perché io sono malvagia, ecco.

Rinnovo i saluti e al prossimo capitolo con la confessione di Ivan XDD
O almeno una parte XDD
In effetti sto gettando un sacco di carne sul fuoco, perciò vedrò di definire meglio i vari ruoli nella storia o finirò per incasinarvi con tutti questi accenni  a vari personaggi XD
Adoro troppo le scene idiote per non metterle ahahaha!!


Bacini bacilli e grazie a chi mi ama e mi segue!!

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Capitolo 7
*** 7. Ossessione ***


Capitolo 7: Ossessione.

Erano passate diverse ore da quello spiacevole incidente.
Ivan e Toris erano rimasti soli, finalmente.
Dopo che il lituano fu tratto in salvo, Alfred era rimasto per diverso tempo per assicurarsi che stesse bene. Ivan non lo vedeva di buon occhio, ma d’altro canto a Toris faceva piacere e dopo quello che aveva passato per colpa sua, non se la sentiva di negargli le chiacchiere con l’americano. Il lato positivo della faccenda fu che quello squinternato era riuscito a strappare un sorriso al ragazzo, in un certo senso ciò rassicurò il russo, che ebbe un motivo in più per non sbatterlo fuori dalla stanza come invece aveva fatto altre volte. A parte ciò, ci si misero altri due ospiti inattesi ad animare la serata più del dovuto.
Lukas Bondevik e Mathias Køhler erano entrati nella camera senza chiedere il permesso.
Il danese affermò di aver udito il frastuono e di volersi assicurare che tutto andasse bene, il norvegese si limitò a guardarsi intorno, per poi esordire con una frase che lasciò di stucco tutti i presenti.
-La sua rabbia degenererà.-
Ovviamente né Alfred né Mathias compresero, ma a Toris e Ivan venne la pelle d’oca.
Il russo lanciò un’occhiata al norvegese inarcando il sopraciglio e quello rispose calmo –Sento la sua presenza. E la sua voce…- si guardò intorno, nervoso –E’ qui in questo momento, anche se non capisco dove.-
Alfred prese a tremare come una foglia.
-Smettila!- esclamò –E’ spaventoso! Terribile! Finiscila!-
-Deve aver subito un grosso affronto in vita, o non proverebbe tanto rancore.-
-Insomma bastaaaa!- continuava tremando l’americano, mentre Mathias se ne stava coi gomiti poggiati sul tavolo a bearsi della vista del compagno in “veste d’esorcista”.
-Fai quasi paura, lo sai?- gli disse strizzando gli occhi e aprendo le labbra in un sorriso dolce che Lukas non vide. Perché era di spalle intento a fissare intensamente e con gli occhi quasi vitrei il coltello a serramanico sul comodino. Ignorò Mathias e fece per prendere l’oggetto fra le mani, ma la voce gelida di Ivan lo paralizzò.
 –Non toccarlo!-


*


-Ivan?- Toris versò del caffè nelle tazze.
Per inciso, il russo aveva “preso in prestito” dalla mensa della scuola una macchinetta per il caffè.
Il liquido nero scorse davanti ai suoi occhi spenti e lui non pareva avere la minima intenzione di berlo. Si limitava a fissare il riflesso del soffitto in esso, senza reagire. Toris dovette richiamare la sua attenzione due volte prima che lui si degnasse di guardarlo in faccia.
-Come mai non volevi toccasse quel coltello?- chiese.
-Non è importante.- rispose e distolse lo sguardo.
-E’ importante. Era suo?- domandò ancora, con un tono più autoritario che gli elargì un bel mal di stomaco di rimorso. Lui che alzava la voce con Ivan Braginski?! Era di sicuro in atto l’Armageddon.
Ma Ivan si limitò a mostrargli l’oggetto, senza tuttavia consegnarglielo. Era rosso, con la lama a scatto. E sull’elsa vi era inscritto in un motivo floreale il nome “Natalia”.
-Era un regalo di nostro padre.- disse rimettendolo in tasca.
Toris gli mise una zolletta di zucchero nel caffè e lo fissò dritto in volto.
-Vuoi raccontarmelo?-
Ivan allora si mise lentamente a sedere composto e si sporse verso di lui, mettendogli le mani sulle spalle.
-Ma come fai?- gli chiese con il viso distorto in una smorfia impressionata di sorpresa –Sei quasi morto…-
-Cerco solo di capire, senza pensare a prima…-
Il volto di Ivan si fece se possibile ancora più pallido di quando aveva visto Toris nella vasca.
-A me puoi dire tutto, lo sai…- continuò il lituano.
Ivan strinse la presa delle dita tozze sulle spalle ossute dell’altro fino a fargli male e con disperazione posò il capo sul suo petto, piangendo calde lacrime.
-Lei ti ucciderà.-



-Ludwig, perché siamo qui?- domandò Feliciano tremando di freddo e paura. Ludwig trafficava con le sue chiavi e con la serratura da diversi minuti ormai. Finalmente questa scattò e la porta si aprì cigolando.
Ludwig accese la luce ed entrò seguito a rotta di collo dall’italiano.
-Brrrrrrr…- continuava a lamentarsi quello attaccato a lui e il tedesco non poteva dargli torto. Quell’appartamento sembrava un campo di battaglia. E Gilbert era disordinato, ma la cosa assurda era che dopo la sua morte lui aveva riordinato con la pazienza di un monaco certosino. I vicini raccontavano di strani rumori, in particolare in certe notti, e nessuno si azzardava ad entrare fra quelle mura. Ludwig rimise al loro posto gli oggetti di suo fratello diverse volte dopo allora. Nessuno scassinava la serratura e l’unico che poteva entrarvi era Roderich, il suo ragazzo, il quale aveva abbandonato la casa appena dopo la morte di Gilbert, restituendogli le chiavi. Inoltre il suo modo di essere gli impediva una vendetta simile ai danni di un defunto.
No, non era Roderich a rivoltare ogni cosa, ma allora chi?
-KYAAAAAAAAAAAAAAAAAAH!!- l’urlo di Feliciano e il suo conseguente aggrapparsi come un ossesso su per i suoi vestiti gli fece rizzare i peli su tutto il corpo e il suo sangue mutò in gelo istantaneamente.
-Il-il-il-col-colt-coltello!- balbettò freneticamente il ragazzetto indicando altrettanto convulsamente il set di coltelli da cucina sul lavello –C’e-c’e… c’era qualcosa che si muoveva nel coltello!-


-Che stai dicendo, Ivan?-
Toris fece quella domanda ben conscio della risposta, ma doveva strappare la verità dalle labbra di Ivan al più presto o il suo mal di stomaco sarebbe degenerato in un’ulcera devastante.
Lo scosse per le spalle.
-Ivan, voglio sapere perché lei vuole uccidermi!- lo scosse ancora –Non ti riconosco più, dannazione!-
Ivan allora lo fece sedere sulle sue gambe e lo abbracciò. Raccontò il fatto senza guardarlo negli occhi, era più semplice.
-Io e le mie sorelle siamo rimasti orfani troppo presto…- esordì –Prima di trasferirci in questa città vivevamo a Mosca. Natalia adorava nostro padre. Il coltello a serramanico glielo regalò lui prima di uscire con nostra madre per andare ad una cena di beneficenza…- inspirò –Una delle catene delle ruote si ruppe e la loro macchina sbandò. Morirono sul colpo andando a sbattere contro un’altra auto… qualcosa in Natalia si è spento da allora. Io ho cercato di starle vicino e così anche Kat’ja, però…- scosse la testa –Lei mi disse che avrebbe voluto sposarmi un giorno. Era una bambina, non le ho dato peso, ma più cresceva più quell’idea si radicava in lei.-
Toris deglutì.
-Era ossessionata da me al punto di fare del male a chiunque mi si avvicinasse troppo.-


-Non dire fesserie, sarà il nostro riflesso!- sbottò il tedesco trascinando l’altro nella stanza da letto di Gilbert. Feliciano rimase aggrappato a lui per tutto il tragitto.
-Lud, il tuo riflesso non ha un fiocco in testa.-
-Finiscila… che disastro.- commentò poi.
La camera da letto sembrava esser stata appena visitata da Jack lo squartatore.
La cosa inquietante era che c’era ancora qualche piuma che volteggiava qua e là al di sopra del materasso squarciato. Come se fosse stato fatto di fresco. Ludwig percorse la stanza col cuore in gola, alla ricerca di un qualcosa che sapeva fosse lì.
-Cosa stiamo cercando?- chiese Feliciano, tentando di concentrarsi anche lui su qualcos’altro.
Ludwig rovesciò il cassetto della scrivania del fratello.
-Il suo diario.- disse.
-Il diario?- ribatté meravigliato l’italiano.
-Si. A Gilbert piaceva scrivere un sacco di cavolate nel suo blog, ma prima di fare quello ne scriveva altrettante nel suo diario… in realtà è un mucchio di fogli imbrattato di cretinaggini, ma meglio di nulla.-
-Oggi ho visto un tale calvo.- disse Feliciano pochi minuti dopo.
-E allora?- ribatté Ludwig continuando a sfogliare quaderni, libri, rovesciare cassetti e persino il materasso.
-Spero di non diventarlo anch’io.- disse ancora l’italiano, al ché il tedesco si voltò incarognito verso di lui –Se hai tempo per dire fesserie, aiutami a cercare il dia…- S’interruppe perché quello che Feliciano aveva fra le mani era un ammasso informe di fogli rilegati alla meno peggio.
-Dove l’hai trovato?- lo indicò.
–Dentro lì.- disse indicando una scatola in latta con sopra una pin-up degli anni sessanta in una posa alquanto indecente per l’epoca.
Ludwig prese il diario dalle mani del ragazzo e prese a leggere –23 settembre, la nonna ha fatto indigestione di prugne”?! “Per strada ho visto un cane col golfino di Spiderman”?!-
-Tuo fratello scriveva un sacco di cose interessanti!- affermò ridendo Feliciano.
Ludwig pensò che solo lui poteva pensare che quell’ammasso di sotto-petegolezzi fosse interessante.
Sfogliò le pagine disastrate per diversi secondi, finché, verso la fine, non lesse finalmente qualcosa d’interessante.
-13 Gennaio. Quel Braginski!! Come ha osato?! Ok, ok, caro diario del bellissimo me, non capisci un accidenti di quello che dico vero? Beh, per farla breve quel russo obeso mi ha messo all’angolo! Dannazione… capisco che io possa essergli piaciuto, perché, modestamente, sono un bel pezzo di figliolo, ma non è modo di abbordare la gente! … un attimo… lanciano di nuovo sassi contro la finestra.”- Ludwig prese fiato, poi proseguì la lettura. Il tutto risaliva a pochi mesi dalla morte di Gilbert –18 gennaio. Ok, lo ammetto. Bragiski non è poi così male una volta messe in chiaro le cose. Non mi ossessiona più e ci si può anche parlare senza rischiare l’espianto delle corde vocali… Solo che ogni volta che lo incontro me ne succedono di tutti i colori… e sembrerò paranoico, ma c’è sempre una ragazzetta con un fiocco in testa nei paraggi. Bah… sarà una coincidenza, questa città non è poi così grande alla fine. Appena mi diplomerò tornerò a Berlino, infatti.”-


-Prima di stare con te- continuò Ivan –stavo con Gilbert Beilschmidt.-
A Toris quasi si fermò il cuore e le sue braccia, per un impulso involontario, perdettero il calore e s’irrigidirono sulle spalle di Ivan. Lui proseguì –Abbiamo fatto sesso, una volta…- il suo pianto si fece più sconsolato.
-E lei l’ha ucciso.-
Ne era convinto, non aveva bisogno di ulteriori prove.
-Ha ucciso Gilbert perché l’ho preferito a lei. Ti ha ferito perché ancora una volta le ho preferito qualcun altro… ha provato ad uccidermi e se sono vivo, è solo grazie a Kat’ja che l’ha fermata.-
-Kat’ja ha ucciso Natalia?-
-Ma è stato un incidente!- Ivan si mosse talmente veloce che Toris rischiò di cadere a terra –Lei voleva disarmarla, soltanto quello, ma Natalia…- il russo prese a camminare come un ossesso per la stanza –Natalia si è agitata, hanno lottato per diversi minuti e poi…- si morse le labbra –Ho sentito il rumore della lama che penetrava nella carne di Natalia. Mi ha guardato come se non capisse perché stava morendo… perché l’avessi rifiutata…- si buttò a sedere sul letto –Se avessi accettato di fare l’amore con lei almeno una volta… forse… forse non sarebbe finita così.-
Toris rimase in silenzio e in piedi davanti a lui.
Non era più quel Braginski e non era più lui ad aver bisogno di protezione.
Che Natalia avesse cercato di ucciderlo o meno, chi soffriva di più era Ivan, che non poteva amare per il terrore gli venisse portato via tutto.
-Ci sono qui io con te…- disse sottovoce.


Fine Capitolo 7




Sempre in ritardo come al solito.
Povero Gilbo, sempre cattivella con lui, però spero che il capitolo vi sia piaciuto ^_____________^
Yandereness: come vedi, altro GerIta, ancora Danimarca pucciolo e altra scena dolce fra Ivan e Toris... più o meno... Spero che ti sia piaciuto il capitolo ^^
ChibiItaliaSweet: Grazie, sono contenta che ti sia piaciuta **
Ivan_Kirkland: Ci mancava solo il cavallo bianco in effetti XD Thank you!
miristar: Grazie mille, contentissima che hai deciso di leggerla ^_^ Io non so come sia The Grundge perché gli horror li evito come la peste. Un po' mi sono ispirata a Ghost Wishperer e un po' a Supernatural. Danimarca vuole Norvegia e viceversa (anche se fatica mooolto ad ammetterlo, ma molto molto) solo che dato che Lukas pensa che Mathias non lo prenda sul serio per via del fatto che vede gli spiriti, prende le distanze, tu come la intendevi? ^^

Ad ogni modo, grazie a chi ha messo questa fan fic fra preferiti, seguite, storie da ricordare, tutti voi che recensite e tutti voi che arrivate a fine pagina senza chiudere e fuggire a gambe levate ^_^

Kiss!

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Capitolo 8
*** 8.Salve, comune mortale. ***


Capitolo 8: Salve, comune mortale.


Roderich bussò alla porta ed entrò soltanto quando ricevette il permesso di farlo. La luce della stanza era piuttosto bassa e Ludwig gli fece cenno col dito di parlare piano. Feliciano dormiva, ma a giudicare dal suo viso, non doveva essere immerso in un sogno piacevole.
Le sue sopracciglia erano stranamente corrugate e le sue mani stringevano i lembi delle lenzuola. A tratti sospirava, piagnucolava e più di una volta Ludwig si era visto costretto a sedersi accanto a lui per stringergli le mani fra le sue e tentare di tranquillizzarlo.
Roderich si sedette su una sedia accanto al tedesco e lo guardò dritto negli occhi.
-E’ assurdo quello che mi hai raccontato, lo sai?-
-Ne convengo…- ammise lui –Ma anche tu che sogni mio fratello e lui che ti avverte di chissà quale minaccia. ammetterai che anche questo è alquanto incredibile, o no?-
-Era lei?- domandò il moro continuando a guardare Feliciano che dormiva raggomitolato su se stesso, col braccio sinistro ingessato.
-Non l’ho mai incontrata di persona, ma ho letto il diario di Gilbert e quindi, credo che sia lei… ma mi chiedo perché ci abbia lasciati andare.-
-Aspetta. - lo interruppe il moro, non capendo –Vi ha lasciato andare?- chiese ancora –Feliciano ha il braccio rotto e tu una caviglia slogata, quindi vi ha attaccati, no?-
Ludwig sorrise stentatamente.
-Ehm… non è esatto… in realtà, quando ci si è parata davanti, Feliciano ha dato di matto e mi è caduto sopra… -
L’austriaco tacque e si sistemò gli occhiali sul naso. Era da Feliciano farsi male a quel modo, c’era poco da dire.
-E questo?- chiese premendo l’indice contro la guancia gonfia di Ludwig che sussultò dolorante.
-Lovino.- disse soltanto, come se solo quel nome chiarisse tutto.


Era ormai notte fonda e Roderich non tornava.
Da quando faceva quegli strani sogni riguardanti Gilbert era sempre distratto. Elizaveta non poteva negare a se stessa che la cosa la seccasse alquanto, ma si sforzava di capire. Poi Ludwig aveva chiamato il suo fidanzato ad un orario improponibile e al solo nome “Gilbert” quello era schizzato via dal letto per correre dal cognato mancato.
La ragazza si adagiò pesantemente sul cuscino, trattenendo le lacrime.
Doveva resistere, perché in fondo era sbagliato ingelosirsi di un morto. Era lei quella che Roderich stringeva fra le braccia ed era sempre lei quella con cui faceva l’amore e progettava di costruirsi un futuro…
Non Gilbert.
Quel pensiero la fece stare un po’ meglio, anche se dovette ammettere, di essere stata indelicata.
“Sono io quella viva, non lui.” aveva pensato, sorridendo appena, convincendosi di non pensarlo per cattiveria, ma solo per auto consolazione. Socchiuse gli occhi, sfiancata da tutto quel rimuginare doloroso, ma quando li riaprì, incontrò due occhi scarlatti e trentadue denti splendenti ed arroganti.
La ragazza urlò per lo spavento stringendo al petto le coperte, quando una mano tentò di chiuderle la bocca, fallendo.
Rimase così, Gilbert, col braccio evanescente sospeso a mezz’aria e la mano intangibile dentro la bocca di lei. –Ehm… io…- disse, imbarazzato appena prima di ricevere una cuscinata che lo attraversò con la velocità di un tir. Riaprì gli occhi e si accorse che la sua entrata in scena era stata poco gradita dalla ragazza.
Elizaveta lo fissava torva ed impaurita, ma, come in passato, anche pronta a farlo a pezzetti.
-Meno male che son morto…- commentò –Non sento la mancanza delle tue padellate…-
Lei reclinò il capo e tentò di toccarlo, per capacitarsi meglio della situazione. Le sue dita sfiorarono il gelido nulla dell’altro e in quel momento l’ungherese si sentì profondamente dispiaciuta per il fantasma con cui divideva l’uomo, tanto che rinunciò all’idea malsana di aspirarlo con il folletto e si sedette composta sul materasso.
-Che cosa ci fai qui?- gli chiese imbarazzata e scontenta –Non dovresti essere in paradiso o qualcosa del genere?-
Quello rise –Non pensavo avessi una così alta considerazione di me. Capisco che la mia magnificenza è riconosciuta in ogni dove ma…-
-Taglia corto.- lo interruppe la ragazza –Perché sei tornato?-
-Per mettervi in guardia… lei non si accontenterà di uccidere chiunque tenti di separarla da Braginski. Vuole molto di più. Lei vuole vivere ancora per riavere ciò che ritiene suo.-
-Aspetta, aspetta!- mise le mani avanti Elizaveta –Lei chi?- domandò –E cosa starebbe succedendo?-
Gilbert sospirò, forse era meglio se parlava direttamente con Roderich, ma non c’era più tempo.
-Ok… ora te lo spiego lentamente, comune mortale.- disse con un cipiglio saccente da far saltare i nervi persino ad un santone.




L’ascensore scorreva lento lungo i cavi d’acciaio. Lo stridore delle carrucole sembrava assordante nel silenzio che avvolgeva come un deprimente manto sia Ivan che Toris.
Fu molto doloroso per il russo ricevere l’ennesima telefonata dall’ospedale. Non poteva farci nulla ed era quello a tediarlo. Perché Kat’ja stava morendo inesorabilmente. L’aveva salvato e stava pagando quel suo gesto senza che lui potesse ricambiare.
Sospirò affranto, battendo la testa alla parete gelida della cabina. Toris lo fissò sottecchi e infilò la mano nella sua, per consolarlo. Ivan reclinò appena la testa per sorridergli, quando la cabina s’arrestò di colpo facendo perdere l’equilibrio ai due. La luce al neon lampeggiò a intermittenza per alcuni secondi, poi fu il buio.
-Ivan…- annaspò Toris, sentendo l’aria mancargli.
Era ansia, solo un dannato attacco di panico…
Il russo lo accolse fra le braccia forti per tranquillizzarlo, era una cosa che gli piaceva fare da morire.
Di solito però era lui a spaventare il lituano. Quella volta, invece, c’era qualcosa di meno concreto da temere e il corpo che Ivan stringeva era troppo gelido per essere vivo.
Le luci balenarono ancora una volta e gli occhi stralunati del russo si spalancarono nel trovarsi di fronte a quelli baluginanti di follia pura di sua sorella.
-Na…Natalia!?- balbettò con voce strozzata.
La luce s’accese e tremò di nuovo per interminabili secondi ed Ivan scorse, oltre le spalle della sorella morta, Toris, rantolante sul gelido fondo della cabina.
Si stringeva la gola, annaspava. Ivan fece per raggiungerlo, ma Natalia lo respinse senza toccarlo. Sbatté alla parete con forza e gli parve di sentire la spina dorsale andare in frantumi per il dolore. Ricadde seduto sul pavimento, mugolando.
-Natalia….- disse sottovoce, con le lacrime agli occhi. Dio quanto ringraziava il cielo di essere solo...
Era stupido, ma stava piangendo e si sentì profondamente stupido. Nessuno doveva vederlo così.
-Natalia, fermati, ti prego…- supplicò tentando nuovamente di raggiungere il compagno che si contorceva a terra, preda degli ultimi spasmi che il corpo privato d’ossigeno gli concedeva.
Natalia era come la ricordava quel giorno, fiocco in testa, lunghi e disordinati capelli, abitino grazioso… una dolce ragazzina… talmente bella e dolce da poter avere il mondo ai suoi piedi, talmente folle da volere solo lui che non la desiderava in quel senso.
-Per favore…- disse ancora a capo chino –Mi dispiace per quello che è successo, ti prego, fermati!-
Lei guardò lui, poi il lituano ormai giunto al limite e sorrise ancora, sotto i continui flash intermittenti del neon. Ogni volta che la luce s’accendeva, lei osservava il proprio operato da differenti prospettive, compiaciuta del dolore che arrecava.
-Tu mi hai tradito…- sussurrò all’orecchio del fratello gelandogli il sangue nelle vene e Ivan urlò con quella sua voce sottile e le sfuggi scattando all’indietro, incespicando.
-Ti prego, vattene!- esclamò con le lacrime agli occhi –Ti prego!-
-Io ti amo…-
-Io no!- esclamò allora il russo, nel panico –Ma ti voglio bene! Sei la mia sorellina…-
-ERO LA TUA SORELLINA!- ruggì metallicamente Natalia –MI HAI LASCIATO MORIRE!-
La cabina tremò violentemente a ritmo della luce che impazzita s’accendeva e spegneva, ancora e ancora. I capelli di Natalia erano come serpenti che si contorcevano nell’aria e la sua pelle pareva più cadaverica di pocanzi e i suoi occhi erano scuri come la pece, come due buchi nel suo capo. Il sangue le grondava dalla ferita infertale da Kat’ja e Ivan nell’assistere a quella ripugnante visione si sentì morire per il terrore.
-IO NON VOLEVO CHE TU MORISSI!- urlò –E’ STATO TUTTO IN INCIDENTE! NESSUNO VOLEVA CHE TU MORISSI, NAT!-
A quelle parole, l’atmosfera si fece meno pesante, ma solo un poco. In un istante il viso della ragazza fu di nuovo a pochi centimetri da quello del fratello maggiore.
Cercò le sue labbra tremanti, le sfiorò, ma non sentì il loro sapore, il loro calore… non sentì nulla se non l’amara costatazione della propria situazione…
Era morta.
Natalia lo sapeva, ma si sentì ugualmente infelice.
-Volevo solo che mi amassi più di una sorella…- disse piano e sparì.
Ivan non si seppe spiegare né perché, né come, ma lei non c’era più, la luce era tornata e l’ascensore era di nuovo in movimento.
-Toris…- esclamò d’un tratto, voltandosi verso il compagno riverso a terra, ma lo trovò semiseduto e confuso. Il castano lo guardava con occhi colmi di panico e confusione.
-Cos’è successo?- gli domandò.
Ivan boccheggiò scuotendo meccanicamente la testa.
-Io… non… non lo so…- disse con un filo di voce.
Le membra non gli rispondevano più, il suo cuore era come impazzito nel petto. Strinse al petto le mani sudaticce e tremanti e fu allora che lo vide, il coltello di Natalia, forse cadutogli dalla tasca senza che se ne accorgesse.






E giunse infine la notte delle streghe, degli spettri, degli zombie… la notte oscura in cui il male accede alla dimensione terrena più di quanto non faccia normalmente. E anche la notte in cui i bimbi incoscienti girano di casa in casa dichiarando –Dolcetto o scherzetto!-
Un tempo Elizaveta avrebbe trovato molto divertente tutto quello svolazzare di lenzuola, mantelli e cenci ma quel giorno non era tornata all’Accademia per divertirsi e non aveva bisogno di una maschera per spaventare. Sotto il trucco pesante da strega, i suoi occhi erano infelici e annoiati.
-Ripetimi di nuovo, perché siamo qui?- sussurrò.
-Non fare domande stupide.- disse Gilbert svolazzando sopra la sua testa –Devi trovare le possibili vittime e metterle in guardia.-
-Non pensavo tu fossi così altruista…- commentò l’ungherese lanciandogli un’occhiataccia torva –E comunque mi prenderanno per pazza.-
-Perché, non lo sei?- ribatté il fantasma sogghignando e la ragazza tentò di colpirlo con la scopa, rischiando, invece, di dare una ramazzata ad un Roderich vampiro armato di punch.
-Ehm… ciao…- balbettò imbarazzata la ragazza. L’austriaco inarcò il sopracciglio, senza capire.
-Con chi stavi parlando?- le domandò e lei arrossì, maledicendo mentalmente Gilbert che se la rideva chiassosamente sopra le loro teste.
-Con nessuno.- mentì –Provavo a calarmi nella parte… tutto qui… oh, guarda, c’è Ludwig!- esclamò indicando il tedesco fra la folla di studenti travestiti.
La sala era un tripudio di zucche, pipistrelli, nastri mortuali e luci inquietanti.
Fantasmi, zombie, vampiri, streghe, fate, folletti, troll, diavoli e tante altre creature diverse danzavano, ridevano e scherzavano, ignare del reale terrore che si sarebbe scatenato quella notte.

Fine capitolo 8





Cattiva ed in ritardo come al solito...
L'intreccio si complica signori, spero di procedere spedita fino alla fine ^_-
Grazie che mi sostenete nonostante i mostruosi ritardi!!
Kiss!!

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Capitolo 9
*** 9.Lo vedi che i fantasmi esistono?! ***



Capitolo 9: Lo vedi che i fantasmi esistono?!


Che ne dicesse quel pidocchio assillante di Gilbert, la festa trascorse relativamente in tranquillità. Certo c’erano diavoli dispettosi che alzavano le gonne a isteriche streghe e angeli poco angelici che s’insinuavano con i lupi mannari negli anfratti della scuola per lasciarsi andare ad effusioni poco caste. Cibi e vivande erano ovunque nella sala e la musica spettrale tutt’intorno conferiva a quel sabba eterogeneo una parvenza assai inquietante nella sua finzione.
Non c’era da avere paura, era tutto finto.
Erano finti i denti di Roderich, erano finte le corna da diavolo di Feliciano Vargas e l’aureola storta di Ludwig, era un po’ meno falso il costume adamitico di quel francese, com’era vero, invece, quel povero disgraziato di un inglese che tentava di gettargli qualcosa addosso. Ed era anche vero Alfred Jones che frignava in un angolo della sala ciondolando con la testa raccolta fra le gambe. In realtà, era forse la cosa più inquietante che si potesse vedere là dentro.
Beh, c’era anche qualcos’altro di vero e svolazzava a pochi centimetri dalla sua testa. Elizaveta lottava contro il perenne desiderio di dare a quel fantasma molesto due o tre ramazzate, peccato che sarebbe stato inutile, perciò si rassegnò a sopportarlo finché non gli avesse indicato gli obbiettivi che questa Natalia avrebbe tentato di colpire.
Mentre si concedeva allegre chiacchiere sui bei vecchi tempi andati con delle conoscenti, la ragazza si rese conto che qualcosa non andava. Non c’era effettivamente un qualcosa, non vide nulla di sospetto, però l’aria tutt’intorno pareva come ostile, non avrebbe saputo definire quella sensazione. Aleggiava come un senso di macabra attesa tutt’intorno, eppure le casse fissate ai lati del salone sparavano la musica ad altissimo volume e gli altri studenti (eccetto Alfred Jones) sembravano divertirsi come e più di prima. Neppure Roderich pareva essersi accorto di alcunché.
-La sentì?- le domandò mefistofelico Gilbert, sussurrandogli quelle parole all’orecchio. Elizaveta quasi saltò sul posto per lo spavento.
-Che c’è?- le domandò il fidanzato notando il suo improvviso pallore.
-Un brivido di freddo…- mentì lei scoccando un’occhiata torva al fantasma. Se non fosse stato bello che morto non avrebbe esitato a fargli una bella gastroscopia col manico della scopa. O forse una bella coloscopia?
Roderich le gettò appena un’occhiata all’abito sbracciato ed arrossì, credette alla bugia del brivido e tentò di intavolare con lei un discorso più o meno divertente sul riciclaggio dei materiali per la realizzazione degli abiti in maschera.
-Donzella in pericolo ad ore tre!- annunciò il fantasma -Donzella in pericolo ad ore tre!!-
Elizaveta si voltò e vide non una ma almeno dieci donzelle fare capannello e parlottare fra loro.
-Non mi sembra ci sia nulla di strano…- disse.
-In che senso?-domandò Roderich.
-No, nulla…- rispose la ragazza bevendo qualcosa per poi voltarsi nuovamente verso le ragazze. Gilbert svolazzò oltre il gruppetto e le indicò una ragazza che, con aria abbattuta, si allontanava dal salone. Elizaveta si trovò così costretta a seguirla.
-Scusa Roderich.- disse interrompendo il discorso monotematico del ragazzo -Devo andare al bagno, torno subito.-
Non gli diede neppure il tempo di ribattere che scomparve fra la folla. Roderich rimase sconcertato con ancora in bocca un -Il bagno è dall’altra.- Le donne erano davvero creature strane, ma Elizaveta probabilmente lo era più di tutte. Sembrava cara e gentile e poi saltava fuori quel suo lato inquietante.

L’ungherese riuscì a fatica ad uscire dal mare di folla che la sballottava con violenza qua e la per la sala. Il corridoio era pressoché deserto.
-Va a destra!- esclamò Gilbert, precedendola -Muoviti, donna, muoviti!-
-Smetti di dirmi quello che devo fare!- lo minacciò lei, dandosi all’inseguimento di quell’invasato. Non era facile stargli dietro, perché quello s’infilava fra i muri e tendeva a perderlo di vista e lui tornava indietro a recuperarla con quell’aria strafottente stampata in faccia.


-Lukas, Lukas!- eccolo lì, di nuovo, quel mentecatto. Lukas sospirò pesantemente. Già aveva le sue grane personali con quella presenza, in più ci si metteva quel fesso ubriaco a rompergli le scatole.
-Lukas! Lukas!- continuava a sbraitare Mathias agitando il braccio.
-Che vuoi?- domandò ostentando un tono calmo.
-Il punch è ottimo, ne vuoi assaggiare?-
-No, non vedi che ho da fare?-
Mathias si guardò intorno -Non mi pare che tu stia ballando con qualcuno o facendo qualsiasi altra cosa.-
-Ho di meglio da fare, io.- rispose quello. Mathias lo scrutò da capo a piedi, constatando che per quanto un marinaio zombie possa essere grazioso con quella maglina e quel berretto alla Paperino, Lukas non faceva alcuno sforzo per entrare nella parte.
-Andiamo, cerca di divertirti un po’! Mollati!- lo incitò, ma quello niente, stava lì in attesa di qualcosa. Forse era per la questione del fantasma, ma cavolo… in realtà a Mathias, che il fantasma ci fosse o meno era indifferente, non si sentiva turbato. Non ancora almeno. Oh, certo, era stato inquietante quello che era accaduto a Lorinaitis e Braginski, però lui non aveva un dono, non poteva sentire, perciò per lui era come se quanto accaduto fosse solo un episodio a se stante, una cosa strana che non si sarebbe ripetuta, che ne dicesse Lukas. Sapeva di non poter capire e non se ne faceva certo una colpa.  
Mentre i due nordici si battibeccavano in mezzo al caos, Bella De Vries, secondo anno, si ritirò dalla festa. Passò loro accanto, triste e sconsolata, piangeva, ma in mezzo a quella marea di gente chi mai poteva accorgersene? Lukas sentì qualcosa di strano, in realtà, come un senso di sollievo.
La cappa d’angoscia che sembrava avvolgere il salone si era allontanata. Non dissolta, piuttosto, era come se si fosse ritirata, se fosse scivolata lungo le pareti per infiltrarsi in ogni pertugio, ma fosse ancora presente, in agguato. E quando passò Elizaveta, e Mathias ancora dava aria alla bocca, Lukas lo vide.
Afferrò la manica del costume del danese e lo tirò.
-Seguimi.- gli disse trascinandolo. Mathias obbedì, pensando che fosse strano se d’improvviso quello aveva voglia di appartarsi. Non che non ne fosse contento.
Una volta nel corridoio, Lukas si orientò seguendo il suo sesto senso, ogni tanto lo scorgeva, lo sentiva, c’era un fantasma in quel corridoio, no due fantasmi.
-Senti, ma dove mi stai portando?- domandò Mathias malizioso. Lukas si fermò di botto, quasi facendolo inciampare su di lui e gli chiuse la bocca con la mano. Con un cenno gli fece segno di seguirlo muto come un pesce, ma era impossibile, perciò lo zittì nell’unico modo che quella testa di capra comprendeva.
Lo baciò.
Impetuosamente, violentemente, e finalmente lo zittì.
Mathias rimase immobile, sconvolto da tanta intraprendenza e si lasciò poi condurre come un bravo bambino per i corridoi deserti della scuola.


Elizaveta trovò finalmente la ragazza, quella Bella De Vries. Stava affacciata a una finestra e piangeva.
-Che aspetti, vai, vai!- le ordinò Gilbert.
-Vedi di calmarti.- bisbigliò l’ungherese -Cosa diavolo dovrei dirle?-
-Beh, che… non lo so, pensaci tu, la mia mente superiore non può abbassarsi anche a questo!-
Perché era morto?
Perché non poteva padellarlo al muro? Sarebbe stato bello aspirarlo con un aspirapolvere o spalmare il suo ectoplasma appiccicoso alla parete.
Mentre tentava di cacciarlo, Bella la vide e la fissò, imbarazzata, si asciugò le lacrime e fece per andarsene.
-Aspetta!- la chiamò Elizaveta -Va tutto bene?-
La ragazza, una bionda dall’aria graziosa ed energica, nonostante apparisse molto triste, si voltò appena e annuì. Mentiva ovviamente. Elizaveta la guardava mentre si allontanava, tentando di pensare a qualcosa, qualsiasi cosa da dirle.
Insomma, non poteva dirle che era in pericolo perché una fantasma infuriata voleva farsi suo fratello e aveva bisogno di un corpo!
Bella compì qualche passo, poi sentì una voce, una voce che non veniva dalle sue spalle. Era una voce sottile e gelida, che veniva da davanti a se, e nonostante lei si avvicinasse, questa non aumentava d’intensità.
Le parole che le disse le spezzarono il cuore.
“Non sei importante per lui.”
Già, se lo fosse stata quello scemo non avrebbe risparmiato anche sui gesti d’affetto. Dopotutto chiedeva solo uno stupido ciondolo, mica la luna. Le ritornava in mente la volta che per risparmiare sul Babbo Natale della festa in famiglia, e gliel’aveva promesso che non l’avrebbe fatto, aveva fatto vestire di rosso il suo compare, Antonio Fernández Carriedo.
“Se lo fossi te lo dimostrerebbe.” Continuava la voce “Io lo so, noi sappiamo che è così, lo sappiamo entrambe. Anche mio fratello è così. Loro pensano solo alla propria felicità, non a noi.”
Oh, quanto era vero. Nel profondo del cuore sperava fosse una subdola menzogna, ma provava un profondo senso di sollievo.
Così profondo, che si sentì mancare, precipitare.
Nel buio, nel sonno.

Elizaveta, Lukas e Mathias (che erano arrivati proprio al momento cruciale, ma erano rimasti indietro, appena all’inizio del corridoio) videro il corpo di Bella contorcersi in preda agli spasmi per qualche secondo. Le gambe le tremavano come elastici lasciati andare, la testa guardava il soffitto senza che i suoi occhi vedessero, mugolava. Tremò ancora, prima che gli scossoni cessassero e si voltò, verso Elizaveta e fissò Gilbert.
Emise una risatina macabra e camminò in direzione dei due. Elizaveta indietreggiò, preoccupata.
-Sei tornato per mettermi i bastoni fra le ruote?- domandò Bella. -Anche tu non vuoi che io stia con lui?-
Alla sua destra c’era la bacheca in vetro con l’ascia da usare solo in caso d’incendio. Bella infranse il vetro con un pugno e strinse il manico dell’ascia, incurante delle schegge che le si conficcarono nella carne. I suoi occhi verdi erano cattivi, il suo ghigno malefico e freddo.
-Io taglierò tutti… tutti quanti…-
-Che cosa sta…- Mathias era spaventato, alla buonora, pensò Lukas che nonostante tutto gli scoccò un’occhiata furba.
-Un fantasma l’ha posseduta.- gli disse.
-Un fantasma?- ridacchiò istericamente quello –Non mi starai facendo uno scherzo?-
Lukas non gli rispose, Bella avanzava nel corridoio brandendo quell’ascia. Tagliava l’aria con striduli sibili di morte, la ragazza davanti a loro sembrava atterrita, al punto che l’ascia le sfiorò il petto, strappandole un pezzo del costume.
A quel punto Elizaveta urlò.


Al momento della possessione di Bella, le luci nella sala tremarono e mancarono del tutto per alcuni minuti. Abel De Vries sentì un profondo senso di disagio. Ivan si strinse a Toris, in un senso di protezione misto a paura. Non solo paura per il compagno, ma anche per se stesso.
-Sta arrivando… sta arrivando…- piagnucolò. Toris gli strinse la mano per confortarlo e si guardò intorno, nel buio. Tutta quella situazione gli stava facendo aprire le ulcere.
Un urlo femminile scatenò il panico, Alfred Jones si nascose sotto un tavolo e Francis Bonnefoy lo ricacciò fuori, per ridarsi all’inseguimento del suo caro inglese, che fuggiva gattonando e lanciando inquietanti maledizioni. Il caos, nel bene e nel male, regnava sovrano e, intanto, in ospedale, il cuore di Kat’ja collassò.



Fine capitolo 9


Non so più se sono demente o troppo cattiva, beh, spero che vi sia piaciuto il capitolo. Per Bella e Abel ho usato i nomi che ho visto più gettonati. Beh, per lui non saprei, visto che io lo chiamo sempre Holland. Mentre per il cognome ho scelto uno dei più usati cognomi olandesi, per entrambi.
Ora, riuscirà Elizaveta a sfuggire all'ascia di NataliaBella? Ah, io non lo so.
Più importante è sapere se riuscirà Iggy a sfuggire a quel pervertito di Francis?


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Capitolo 10
*** 10. Amami, fratello ***


Note: Cari lettori, con ritardo immenso, vi porto il nuovo capitolo di questa fic. E' stato un periodo di scarsa ispirazione per le fic già in corso. Mi mancavano le parole, le idee per collegare i fatti che già avevo in mente. Spero di aver fatto un buon lavoro con questo capitolo. E spero di riuscire a finire questa storia, manca pochissimo alla fine, oserei dire tre o quattro capitoli. Due dei quali saranno un happy ending e un bad ending. Personalmente sono più per gli happy ending, ma questo genere di storie quasi chiede di essere concluso "male".
Speriamo bene, buona lettura ^_-



Capitolo 10: Amami, fratello



Quando l’urlo di Elizaveta aveva riempito il silenzio, Roderich si era precipitato da lei, col cuore in gola. E la terrificante visione che gli si presentò davanti nella quasi totale mancanza di luce, gli gelò il sangue nelle vene.
Elizaveta stava di fronte ad una ragazza armata di ascia, già una scena spaventosa di per sé. L’atmosfera però era schiacciante, deprimente, terrificante. Era come avere il corpo schiacciato fra due pareti invisibili, come essere trafitto da mille aghi fatti di brividi. Lo stomaco e le budella si contrassero violentemente e l’istinto di sopravvivenza gli gridava forte “SCAPPA, RODERICH!!”
Bella marciava macabramente verso Elizaveta, Mathias e Lukas, illuminata dal chiarore spettrale della luna che filtrava dalle finestre. L’ungherese indietreggiò ancora, trattenendo a stento l’impulso di urlare in preda al panico ancora una volta, la mano premuta contro il petto, per rassicurare il proprio cuore impazzito di non essere stata ferita.
Non ancora.
Mathias aveva smesso di ridere.
Non era uno scherzo, era troppo spaventoso, troppo innaturale per esserlo.
Istintivamente spostò Lukas dietro di sé col braccio.
Bella agitava l’ascia come il più innocuo dei giocattoli e ghignava maleficamente. Potevano udirle mormorare parole per lo più incomprensibili, biascicate, aggrovigliate e sibilanti come serpi. La sua voce riecheggiava tutt’intorno. Non era umana, non era Bella, era una voce d’oltretomba carica di odio che reclamava vendetta tramite il sangue.
-Non gli importa nulla… a loro non importa nulla… - la voce si sovrapponeva, sdoppiata, parole su parole in una cacofonia da incubo -E adesso noi ci prendiamo… ci prendiamo quello che vogliamo, senza che c’importi di loro… -
-Che cosa sta succedendo qui?- domando l’austriaco agli altri due ragazzi (li conosceva di vista). Il più alto rimase in silenzio, deglutendo di tanto in tanto. L’altro gli lanciò prima un’occhiata, come a studiarlo, poi riprese a guardare la ragazza belga che tagliava l’aria con ampi fendenti impazziti.
-E’ posseduta da uno spirito.- disse semplicemente.
-Uno spirito?- ripeté meccanicamente l’austriaco. Con quella visione terrificante innanzi agli occhi, a udire quella voce sovrannaturale, la sua gola si era seccata, il suo cervello pareva aver smesso di funzionare, annullato dall’orrore e dall’assurdità della situazione. La semplice affermazione del norvegese non fece che confermare ciò che i suoi occhi vedevano già, ciò che la sua mente aveva già percepito, ciò che il suo corpo già temeva. Eppure a udire quelle parole sentì come un peso schiacciargli il cuore.
-Uno spirito attaccato al mondo.- ripeté Lukas mentre con l’ennesimo fendente, Bella strappò un lembo del vestito di Elizaveta che urlò di nuovo, per poi tentare la fuga a rompicollo.
Era atterrita.
Proprio lei!
Lei era forte, aveva praticato molte arti marziali e sapeva cavarsela nel combattimento all’arma bianca. Ma di fronte a tali elementi sovrannaturali, di fronte all’ignoto, le qualità umane sono sufficienti?
Certo a mani nude non avrebbe potuto fare nulla. Se doveva morire a causa dello spirito di una mocciosa psicotica, almeno voleva mettere le mani su una bella arma e potersi difendere.
Maledisse Gilbert e si maledisse a sua volta per essersi fatta coinvolgere.
Lei che c’entrava?!
Che diavolo c’entrava in quella storia?
“Maledetto Beilschmidt!” urlò dentro di sé.
-Attenta!- gridò Roderich.
Elizaveta si voltò.
Non c’era nessuno.
Rimase stupita a fissare il vuoto, poi capì e contemporaneamente -Sopra di te!- la voce di Gilbert sopra la sua testa si sovrappose a quella di Roderich. Elizaveta alzò il capo e vide Bella piombare su di lei, con l’ascia sollevata oltre la testa, pronta a calare come la mannaia di un boia sul suo corpo indifeso.
“Sono morta.” pensò Elizaveta, mentre il tempo pareva rallentare il suo corso, rendendo l’attimo dell’affondo ancor più terrificante. Ma prima che la lama raggiungesse la sua pelle, prima che il suo sangue zampillasse impazzito da una qualsiasi ferita, qualcuno la afferrò per le spalle e la gettò a terra, rotolando con lei per sfuggire al corpo mortale.
Elizaveta sentì un gemito di dolore represso e si accorse solo quando tutto il mondo smise di girare che a salvarla da morte certa era stato Roderich.
I due, ansimanti, si misero a sedere e guardarono nervosamente in direzione della ragazza bionda. Quella tentò un secondo attacco verso di loro e fu Elizaveta, a tentare di fare scudo al suo ragazzo, anche se lui tentò disperatamente di prendere il suo posto, non poteva, non voleva permettere che qualcuno le facesse del male, che le strappasse la vita. Non se lui poteva fare qualcosa per opporsi.
L’ascia non calò mai su di loro.
Elizaveta aprì gli occhi e si voltò appena. Anche Roderich rimase meravigliato di primo acchito nello scoprire che la terribile arma era stata bloccata a mezz’aria prima di poter sferrare il colpo definitivo.
Da Mathias.
Il danese sogghignò sprezzante, facendo forza con le braccia per reggere il confronto col fantasma e col corpo che si era scelto. Strinse le mani sul manico dell’ascia che aveva raccattato a sua volta in una seconda bacheca in vetro e fece peso col proprio corpo per respingere l’altra.
Si chiese come fosse possibile che una possessione potesse rendere una ragazza così forte e sudò freddo, sapendo di non poter reggere ancora per molto.
-Siete ancora imbambolati?- domandò sogghignando rivolto ai due che, alle sue spalle, assistevano alla scena sbalorditi. Roderich fu il primo a scuotersi e si alzò in piedi a fatica, aiutando la ragazza.
“Grazie” voleva dirgli lei, ma le parole le morirono in gola quando sentì qualcosa di caldo e umido gocciolare sulla pelle nuda.
-Oh mio Dio!- esclamò -Roderich!-
L’austriaco strinse i denti, deciso a non lasciarsi sfuggire neppure il minimo gemito di dolore.
L’ascia di Bella l’aveva ferito alla schiena, forse non era una ferita mortale, ma era profonda e dolorosa. La ragazza posseduta li osservava come incuriosita, poi tornò alla carica, verso di loro, scaraventando Mathias contro la parete con una potente onda d’urto.
Si scagliò contro i due innamorati con ferocia e Gilbert urlò, tentò di trattenerla, si aggrappò al suo corpo tentando di entrare anche lui in Bella, di scacciare lo spirito di Natalia. Ma non vi riusciva, lo spirito assetato di vendetta e carico d’odio della defunta lo ricacciava all’esterno, era sfuggevole, travolgente, la sua rabbia respingeva ogni cosa intorno a lei.
Ma lui era sempre stato testardo, veramente tanto testardo, e non si fermò ai primi due tentativi. Doveva continuare a provare, doveva fermarla assolutamente, doveva salvare Roderich!
Elizaveta strinse il fianco del suo ragazzo tentando di non fargli troppo male e lo sorresse, aiutandolo a scappare via. Voltandosi appena per gettare un’occhiata al macabro spettacolo di Natalia che si contendeva il corpo di Bella De Vries con Gilbert.
“Quell’impiastro… ” le venne quasi da piangere, ma si contenne.
-Presto, dobbiamo fuggire.- disse fra i denti accelerando il passo quanto poteva.
Lukas nel frattempo era corso da Mathias.
-Stai bene?- gli domandò chinandosi su di lui.
-Potrei stare meglio.- ammise quello massaggiandosi la testa -Magari con un bacino.-
Lukas ignorò quell’ultima frase e lo aiutò a tirarsi su, per poi seguire l’altra coppia lungo il corridoio buio, accompagnati dalle urla dei due spiriti in lotta e della povera Bella.


-Che sta succedendo adesso ?- domandò il danese, serio in volto, ma il norvegese non gli diede spiegazioni, lo trascinò via con sé.
Solo lui ed Elizaveta, a quanto pareva, potevano percepire le strazianti urla del fantasma misterioso che stava tentando di rallentare il passo della ragazza.
Lukas non era sicuro di chi fosse, forse lo conosceva di vista. Era un po’ da tutta la sera che avvertiva la sua presenza e lo scorgeva qua e là. Non aveva indizi sufficienti per avere chiaro il quadro della situazione, ma chiunque avrebbe capito che quello spirito doveva provare gli stessi forti sentimenti dell’altro, per poter sempre tornare all’attacco. Solo che a differenza dell’ammorbante emozione che percepiva al di sotto della rabbia, quello spirito emanava impetuose ondate di un sentimento caldo, più puro, ma non meno travolgente.
Lukas si sentì stringere il cuore nel petto e, scambiandosi fugacemente un’occhiata con i tre compagni di fuga, intuì che anche per loro era lo stesso.
Era davvero penoso però che tutto ciò che accadeva alle loro spalle potesse essere compreso, se non del tutto almeno in parte, soltanto da lui e dalla ragazza.
Ed era penoso anche sentire l’energia dello spirito difensore affievolirsi sempre più, affaticata, come la luce di una candela ormai agli sgoccioli, eppure testarda e combattiva.
Roderich non poteva sapere che Gilbert lo proteggeva, ma i flussi energetici avevano pervaso l’atmosfera, e lui poté comunque avvertire quelle emozioni contrastanti sulla sua pelle.
E senza capire bene perché, pianse.




Bella non era totalmente incosciente. Pur ridotta ad un misero burattino, poteva sentire, poteva vedere. E in quel momento ciò che aveva visto la faceva sentire gelosa, pazzamente gelosa, furiosa.
Quel ragazzo aveva quasi sacrificato la vita per salvare la sua ragazza.
Quello spirito che la ostacolava, a sua volta desiderava salvare quel ragazzo, a costo di scomparire.
Ancora si gettava su di lei, lottava contro lo spirito che la possedeva senza curarsi di sé.
E quel tizio piccoletto e insieme all’altro…
Quei ragazzi si amavano, era evidente, chiaro come il sole, anche se lo dimostravano davvero poco. Avrebbero dato la vita l’uno per l’altro, indifferentemente dal fatto di essere corrisposti o meno, mentre lui…
Suo fratello, avrebbe avuto il coraggio di farlo?
-Non lo farebbe.- le disse ferma Natalia.




Abel De Vries sbarrò gli occhi quando accadde.
Quando vide alla luce delle lampade d’emergenza quegli studenti sbalzati via da una potente esplosione d’aria. Un boato tremendo, distruzione, niente fiamme.
Colpiti da un inesistente scoppio, Roderich, Elizaveta, Mathias e Lukas, furono sbattuti nel salone della festa, fra le grida terrorizzate della scolaresca.
E poi apparve lei.
Abel non poteva credere ai suoi occhi. Bella cavalcava la forza d’urto dell’aria, quasi volava sospinta dalla stessa potenza del suo potere maligno. Col viso contorto in un’espressione di goduria mefistofelica, piombò nella sala, generando il caos.
Gli studenti urlavano e fuggivano urtandosi fra loro come topi disperati che tentano di abbandonare una nave ormai condannata.
-Bella!- la chiamò -Bella!-
Nessuno avrebbe potuto udirlo in mezzo a quella folla delirante in preda al panico, ma lei lo fece.
Si voltò di scatto verso di lui, con un gesto così secco da fermargli il cuore.
-Eccolo!- diceva una voce -Eccolo! Adesso vedrai che non gli interessa di noi! Lo vedrai! A nessuno interessa di noi, vero FRATELLONEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEE?-
Il grido acuto ruppe i vetri delle finestre, i bicchieri, le brocche, le lampade. Tutto ciò che di fragile c’era, esplose in mille frammenti ricadendo sulle teste degli studenti.
A quell’urlo agghiacciante successe il silenzio per pochi attimi.
Poi gli studenti tentarono nuovamente la fuga, se possibile con più foga che in precedenza.
Eccetto alcuni.
Ivan e Toris erano sulle scale in quel momento.
Uno dei lampadari era quasi caduto addosso al più giovane e Ivan, seppur terrorizzato, aveva avuto la prontezza di afferrarlo per il polso e trascinarlo verso di sé, contro il muro. L’aveva protetto col suo corpo frapponendosi tra lui e il groviglio di candele di vetro che fino a quel giorno avevano illuminato quell’androne. In silenzio, meditando sul da farsi, fissava la giovane figurina al centro della sala distrutta con dipinto sul volto un malcelato terrore. Strinse i denti, mentre il sudore freddo gli colava lungo le tempie.
-Ivan?- Toris lo chiamò diverse volte -Ivan, sei ferito… - gli disse e gli asciugò il sangue dalla fronte.
-Non è nulla… - fece quello.
Era vero. Non era che un taglietto, il dolore era insignificante. Probabilmente anche se l’avessero tagliato a metà, in quel momento non avrebbe né sanguinato né sofferto, impietrito com’era dalla paura e dalla rabbia.
Toris aveva rischiato di morire.
Di nuovo.
Come doveva sentirsi se non incazzato a morte?
Voleva tanto che Natalia la smettesse, ma aveva paura di affrontarla. Se però l’avesse fatto tempo addietro forse… forse lei sarebbe stata ancora viva.
Forse nulla di tutto quello sarebbe mai accaduto e Kat’ja sarebbe stata bene.
-Devi andartene… - disse piano, a voce così bassa che Toris la percepì a stento.
-No… - disse piano -Non posso lasciarti così… -
-Vattene… - disse fermo.
-No.- rispose Toris, ancora più deciso, per poi vacillare di fronte all’occhiata omicida del russo.
Quell’occhiata omicida.
-N-no… - rispose scuotendo il capo. -E non… non mi convincerai così… mi fa più paura quella... - indicò Bella che continuava a spazzare via chiunque e qualunque cosa si trovasse sul suo cammino con le sue onde d'urto. Una di queste prese Abel in pieno, schiantandolo contro una colonna.
-Perciò anche se poi te la prenderai, io adesso starò qui.- concluse il castano, con un debole, stupendo sorriso dipinto sulle labbra.
Ivan tacque. Avrebbe voluto dirgli che quando tirava fuori il coraggio diventava davvero stupendo, ma non ne ebbe il tempo. Perché Bella si stava accanendo contro Abel De Vries, contro suo fratello, e nessuno tentava di fermarla, tutti erano troppo terrorizzati per pensare a lui.
-Avevi promesso!- urlò la ragazza, scagliando nuovamente il corpo del fratello contro la colonna, come un sacco di sabbia colpito da un pugile particolarmente forte.
-Ma tu non mantieni mai le promesse! Devi fare tutto come vuoi tu, non pensi mai a me! T’importa di me?!-
-B-Bella… -
-Stai zitto!!-
In quel momento, era lei, Bella ad agire.
Era lei a sfogarsi delle ingiustizie che aveva subito. Lei che aveva finto di perdonare, in realtà c’erano momenti in cui aveva desiderato prendere Abel per i capelli e spaccargli la testa contro il muro.
Se non gli avesse voluto davvero bene, forse l’avrebbe fatto.
Ma i fratelli e le sorelle litigano e si trovano spesso in disaccordo, più spesso di chiunque altro. I loro desideri omicidi, però, a volte sono semplicemente enfatizzazioni momentanee della loro rabbia.
Bella non avrebbe mai desiderato uccidere suo fratello. Non davvero.
Desiderava solo dargli una lezione esemplare, ma non…
Non così.
Abel la fissava, bianco in volto, il suo corpo muscoloso non poteva nulla contro la forza di quel figurino aggraziato che lo sollevava per aria come un fuscello e stringeva, stringeva…
Abel tentò di allargare la presa delle sue dita contro la gola, ma senza successo.
Agitò le gambe per scalciare, ma nulla. I suoi calci, Bella non li sentiva neppure. Lo fissava, il volto contratto in una smorfia furiosa mista al dolore e continuava a stringere.
-E’ colpa tua, fratello. Colpa tua.- farfugliava -Perché m’illudi, perché non mi vuoi bene.-
La ragazza rivolse una fugace occhiata verso Ivan, che rimase in silenzio, stringendo Toris a sé con maggior forza.
L’olandese non comprese il perché del gesto della sorella, ma non ci badò molto. Avrebbe voluto dirle che non era così, che era pentito di tutte le promesse non mantenute, del suo comportamento tirchio e infantile, troppo egocentrico per vedere oltre se stesso e i propri desideri, avrebbe voluto dirle molte cose, ma era condannato a morire in silenzio.
Finché una pioggia di fini cristalli bianchi non sommerse Bella.
Completamente.
Lei lanciò un grido acuto, lasciò la presa e cadde a terra, contorcendosi, urlando, imprecando e maledicendo chiunque fosse l’artefice di quel gesto. La sua voce echeggiava nella sala con maggiore potenza, sotto gli occhi sbalorditi dei pochi incoscienti rimasti a guardare.
Ivan e Toris stavano ancora sulle scale. Al primo piano, di fronte all’entrata, c’erano Ludwig e Feliciano, accanto a loro Kiku. A piano terra, Elizaveta, Roderich, Mathias e Lukas spiavano la situazione nascosti dietro alcune colonne, feriti ed esausti. Roderich perdeva parecchio sangue dalla schiena, sul pavimento una piccola pozza di sangue s’allargava a vista d’occhio.
Bella continuava a gridare, mentre Natalia s’aggrappava disperatamente al suo corpo per non esserne respinta, ma invano.
In quel momento, quando fu vulnerabile, Gilbert tornò alla carica.
L’afferrò sotto le braccia e la trascinò via dalla ragazza.
Nonostante quei cristalli bianchi sparsi tutt’intorno, però, Natalia era comunque molto forte, a causa dell’ammorbante sentimento che la teneva ancorata al mondo dei vivi e lui si rese conto immediatamente che non avrebbe potuto fare nulla contro di lei.
“Solo rallentarla, tutto qui. Poi posso solo sperare.” Pensò e, voltandosi verso il gruppo alle sue spalle, disse, sogghignando -Addio.-
Elizaveta si morse le labbra e Roderich, lui spalancò gli occhi, perché per la prima volta, dopo tanto, tanto tempo, lo vide.
-Gil… bert… - sussurrò appena.
-Addio, Roderich.- disse quello ancora, sorridendo, perché voleva rassicurarlo.
Andava tutto bene, tutto, a meraviglia.
Sapeva mentire che era una bellezza.
-Siate felici.- aggiunse, infine.
Gilbert strinse Natalia con forza fra le proprie braccia intangibili, contenne la sua furia come meglio poté, ma di contro, usò tutta la sua energia residua e l’aria sopra di loro parve risucchiarli. Tutt’intorno si alzò un forte vento, un vento che non veniva da nessuna parte, che circondò i due e trascinò ogni cosa che incontrava sul suo cammino scaraventandola per la stanza. Volavano posate, bicchieri, frammenti di pietra, quadri, vetro, persino le persone rischiarono di essere trascinate in quel vortice.
-Gilbert!- urlò Roderich allungando le mani verso di lui.
“Siate felici.” Pensò nuovamente quegli, aggrappandosi con più forza a Natalia.
Si sentì felice a sua volta, perché l’aveva rivisto. Ed era in buone mani.
Ivan strinse Toris con forza a sé quando sua sorella invocò nuovamente il suo nome e lo maledisse per interminabili secondi, prima che il silenzio tornasse a regnare in sala.


L’unico rumore appena percettibile, fu quello della sostanza cristallina che come sabbia scivolava al suolo, dal secondo piano dell’accademia.
Là, appeso a una ringhiera, vi era un enorme sacco riportante la scritta inequivocabile “Salt” e, accasciati accanto ad esso, ansimanti sia per lo sforzo, sia per la paura, vi erano Alfred, Arthur e Francis.
-L’eroe… - mormorò Alfred esangue e rannicchiato in un angolino in posizione fetale -L’eroe ha trionfa… trionfato… -
Arthur tacque, lo guardò in silenzio, dovendo ammettere che quell’impiastro ne aveva fatta una giusta una volta tanto.
Però…
“Non è finita.” pensò l’inglese. “Non è finita.”
Il solo pensiero lo mandò in panico e, inconsciamente, cercò la mano di Francis.



Fine capitolo 10

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Capitolo 11
*** 11. Torniamo a casa, Vanya ***


Note: Immensamente, vi chiedo perdono per il ritardo *inchino* e per la lunghezza del capitolo (ho battuto record migliori, comunque XD)
Avrei voluto concludere questa storia in tre capitoli, questo compreso, ma la vicenda era troppo complicata per essere compressa. Due capitoli in uno sarebbero stati disastrosi e poi sarebbe venuta una cosa molto più lunga. Perciò, personaggi assatanati permettendo, dopo questo dovrei concludere la storia in tre capitoli.
Fatemi sapere che ne pensate, consigliatemi se qualcosa non vi torna, in modo che possa porvi rimedio. Buona lettura. ^^


Capitolo 11: Torniamo a casa, Vanya



Ivan taceva, sottostando agli sguardi esterrefatti dei suoi compagni di scuola. Erano increduli e al tempo stesso affamati di sapere. E come si poteva dar loro torto, non sapevano nulla di lui eccetto che era un demonio e che aveva due sorelle, di cui una morta in un terribile incidente del quale non parlava mai.
A quel punto, dopo il caos che vi era scoppiato, l’androne dell’accademia era stato evacuato e Bella De Vries, insieme ai feriti che la furia di Natalia aveva coinvolto, era stata portata in ospedale.
Suo fratello Abel l’aveva accompagnata nell’ambulanza e le teneva la mano con un sorriso triste dipinto sul volto. Eppure, a vederli, Toris pensò che fra loro le cose si sarebbero sistemate.
Per qualcuno quell’esperienza aveva avuto del positivo.
Di contro però…
Guardò Ivan.
Il terrificante russo, Ivan il Terribile, il distruttore, era un fascio di nervi, l’ombra di se stesso. Sarebbe anche solo sopravvissuto a quell’esperienza orribile e frustrante?
Toris gli strinse la mano e, anche se gli costò molto coraggio, propose di fare qualcosa, di porre fine a tutto.
-Alfred, tu sai come ci si comporta in queste situazioni e anche tu, Arthur!- esclamò, memore della lunga esperienza filmica dell’americano, che, nonostante odiasse gli horror, non riusciva a farne a meno. Ne aveva una collezione invidiabile!
E Arthur, lui aveva grandi conoscenze in campo spiritico, anche se prediligeva creature meno terrificanti e graziose.
L’americano s’irrigidì sul divanetto.
Si erano riuniti nella sede degli Alleati. C’erano appunto: Alfred, Arthur, Francis, Yao (che era stato ferito di striscio alla tempia), Ivan, Toris, Kiku, Ludwig, Feliciano, Mathias e Lukas.
Anche Roderich era stato ricoverato in ospedale ed Elizaveta l’aveva seguito, non se la sentiva di lasciarlo solo, dopo che aveva rischiato la vita per lei.
Prima di andare, comunque, aveva preso Ivan Braginski da parte, perché voleva capire. Lui non si era mostrato molto disponibile a dirle ogni cosa, ma l’ungherese possedeva una forza di persuasione notevole. O forse era lui troppo stressato al momento, perché gli bastò vederle corrugare il viso in una smorfia furente e farsi prendere per il bavero per decidersi a vuotare il sacco, brevemente, davanti agli altri. D’altro canto, ormai non poteva più tenere nulla segreto.

-Io vorrei proprio sapere perché ogni volta che è con te, mio fratello finisce in situazioni assurde!- sbottò un certo intruso -Stupido mangia patate!!-
-Fratellone, per favore, calmati.- si lamentò Feliciano.
-Magari sparisci.- aggiunse Ludwig.
-Tu sparisci!- ruggì Lovino, furente.
-Ragazzi, cerchiamo di stare calmi e decidiamo il da farsi.- suggerì Kiku, tentando di fare da paciere, senza però essere ascoltato. Lovino continuò il suo battibecco-monologo e Ludwig tentò di non ascoltarlo.
Alfred continuava a esaltare le sue doti da eroe, perché se lui non avesse avuto l’idea del sale, ovviamente nessun fantasma sarebbe stato scacciato. A quel punto, Arthur, il fratellastro, gli ricordò che al momento cruciale se l’era quasi fatta addosso dalla paura e che se non fosse stato per lui, altro che buttare il sale. E Francis, e ti pareva, puntualizzò che anche lui aveva aiutato a trasportare e rovesciare quel pesantissimo sacco e che si meritava un regalino. Inutile dire, che si scatenarono battibecchi assurdi. Ivan, già sull’orlo di una crisi di nervi, rispolverò il suo amato tubo di rubinetto e fece per dare una bella ripassata a tutti, salvo essere placato da un supplice Toris.
-Ti prego, fermati!- gli fece -Dobbiamo discutere civilmente!-
Il russo gli indicò, senza dire nulla, il gruppetto petulante di comari assatanate, al che, il lituano non seppe proprio cosa rispondere. Per fortuna, e per il bene di tutti, Lukas intervenne.
-Scusa l’indelicatezza, dov’è stata sepolta tua sorella?-
Tutti tacquero, guardando prima il norvegese, poi il russo, che si ributtò a sedere sul divano.
-In questa città.- rispose Ivan -Io e Kat’ja abbiamo preferito che riposasse il più vicino possibile a noi. Ma forse è stato un errore.- aggiunse, stringendosi il setto nasale fra le dita.
-E’ stato meglio.- ribatté Lukas, per poi rivolgersi agli altri -Per far sì che uno spirito smetta di perseguitare qualcuno, bisognerebbe convincerlo con le buone oppure con le cattive.-
-Non mi sembra uno spirito che si lascia convincere davanti a una tazza di tè.- rispose, seccato Arthur.
-Perciò dovremo usare le cattive.- convenne il nordico.
-Ovvero?- domandò Ivan, armeggiando col suo telefono cellulare, non si era accorto che si era spento durante la confusione.
-Come in Supernatural!- saltò su Mathias, con l’ascia ancora in mano e uno Yao molto preoccupato per la propria incolumità a fianco.
-Sì, esatto.- fece Lukas, lanciandogli un’occhiataccia, seccato per essere stato interrotto -Bisogna bruciare il suo corpo, eliminare ciò che ancora lega lo spirito a questo mondo.-
-Aspetta.- fece Alfred, comprendendo ciò che avrebbe comportato la cosa -Questo significa che dobbiamo andare in un cimitero?-
-Esatto.-
-Di notte?!-
-Non abbiamo tempo di aspettare domani.- rispose Ludwig.
-La notte di Halloween?!-
-Se te la fai addosso, puoi anche non venire.- lo sbeffeggiò Arthur, ridendosela sotto i baffi. Il fratellastro era bianco come un cencio. Peccato che la natura eroica prevalse sulla codardia da spettri.
-Se non venissi- mugugnò quello, infatti -non sarei un eroe. Quando il gioco si fa duro, i duri iniziano a giocare!- esclamò mettendosi in posa con un piede sul tavolino -E’ questo il mio credo eroico!-
-In realtà, è convinto che sarà più al sicuro con noi che qui da solo, nel caso la pazza tornasse.- bisbigliò Francis a Mathias, abbassando di molto la voce nel pronunciare la parola “pazza”.
-Molto bene.- fece Ludwig -Andiamo.-
-Scordatelo, scrofa mangia crauti!- protestò Lovino -Feliciano non verrà con te in un posto così pericoloso!-
Il diretto interessato, infatti, tremava come una foglia.
-N-n-no-non fa nu-nul-la… - balbettò, stringendosi al tedesco -C-c-c-ce la fa-fa-ccio… -
-Chi non se la sente,- fece Ludwig -è libero di non venire.-
Toris strinse i pugni. Lui non se la sentiva proprio, però doveva andare, doveva stare al fianco di Ivan in quel momento. Neppure Feliciano o Alfred si sottrarono al dovere che si erano sobbarcati nonostante poco li riguardasse, persino Lovino alla fine cedette, seppur borbottando. Diceva di non averci nulla a che vedere con quella storia, di non capire il perché Feliciano si sentisse in dovere di andare chissà dove a scacciare lo spettro di chissà chi.
-E’ per salvare la sorella di Ivan.- rispose quello candidamente -Anche Gilbert avrebbe voluto questo, vero Lud?-
Quello annuì, con un sorriso malinconico sulle labbra, commosso da quelle parole. Era in momenti come quelli che gli perdonava tutte le sbadataggini e le cavolate, era per quel suo candore che lo amava.
A quel punto, tutti erano convinti, non ci fosse più tempo da perdere. Solo…
Ivan era rimasto in silenzio, pallido, a fissare lo schermo del cellulare.
C’erano diverse chiamate perse dallo stesso utente.
L’ospedale.




Erano diversi minuti che camminavano in silenzio, trattenendo il fiato, sussultando a ogni fruscio, ogni crepitio, ogni alito di vento. Ludwig stava in testa al gruppo, con una torcia in mano. Dietro di lui, o meglio, abbracciato a lui, si trascinava un impaurito Feliciano. Pochi passi più indietro, c’era uno scazzato Lovino e, pochi passi dietro di lui Alfred, che trasportava una tanica di benzina, Yao, Francis e Arthur. Tutti avevano con sé delle pale e sacchetti di sale.
-Stando a quello che ha detto Braginski… - fece mente locale il tedesco -La tomba di sua sorella dovrebbe trovarsi alla fine del cimitero nuovo. Non manca molto. Feliciano, mi si sta bloccando la circolazione.-
-Dobbiamo fare in fretta.- disse Arthur accogliendo consensi, sia per paura che per il vero motivo dell’urgenza. Il loro operato non sarebbe stato gradito da Natalia ed era probabile che in quel momento fosse nuovamente tornata all’attacco contro Ivan e Toris. O forse, d’improvviso, se la sarebbero trovata davanti, pronta a scatenare contro di loro una furia neppure paragonabile all’apocalisse che aveva devastato l’Accademia.
-Ecco, siamo nella zona nuova.- fece Alfred, illuminando con la sua torcia il sentiero che divideva in due il cimitero. Proprio al limitare delle zone, fra tutte le tombe e le cripte più recenti e lavorate, dopo la statua di un angelo, vi era un tumulo semplice con su la foto di una ragazzina adorabile con un fiocchetto a ornarle il capo.
Il gruppo, quasi ricevendo un tacito segnale, trattenne il respiro.
Alfred mugolò qualcosa, se l’avessero punto o colpito, non avrebbe sanguinato, né provato dolore.
Feliciano si strinse ancora di più a Ludwig e Lovino non ebbe nulla da ridire, fissava nervosamente il terreno.
La tomba era stata già profanata.
Davanti alla lapide si apriva un buco profondo diversi metri e ciò che rendeva il tutto più spaventoso, era che le zolle di terra aprivano le loro creste polverose e brulicanti di vermi verso il cielo notturno. Al chiaro della torcia, si poteva intravvedere il coperchio del feretro spaccato e qualche brandello di stoffa impigliato nello squarcio.
-E adesso?- domandò Francis ad Arthur.
Ludwig afferrò il cellulare, per informare immediatamente Ivan. Gli altri iniziarono a guardarsi intorno con le torce, intimoriti, aspettandosi di secondo in secondo che Natalia li aggredisse, respingendo il razionale pensiero di non rientrare nei suoi immediati interessi.
Il tedesco rimase in attesa per qualche secondo, poi provò un altro numero e un altro ancora. Gli altri spostarono la loro attenzione sui movimenti frenetici delle sue dita. E quando chiuse l’ennesima chiamata sapevano già cosa avrebbe detto loro.
-Sembra abbiano i cellulari spenti.-




Toris non ne aveva voluto sapere di lasciare andare Ivan da solo all’ospedale, nonostante questi gli avesse mostrato la sua faccia più inquietante.
-Non è sicuro.- gli aveva detto.
-Non sarò mai al sicuro.- rispose il lituano, infilando il cappotto -Andiamo, non perdere tempo a discutere con me.-
Il russo rimaneva sempre più meravigliato della sua audacia. Forse aveva perso troppo il mordente con lui, d’altro canto, non gli dispiaceva per nulla. Ma non era buona cosa che s’impuntasse in un’occasione del genere!
Fece altre storie, ma alla fine dovette cedere quando Alfred, il maledetto quattrocchi, prese in mano la situazione.
-Un gruppo andrà al cimitero e un gruppo accompagnerà Ivan all’ospedale. Non permetteremo a quel fantasma di fare i suoi comodi!-
-Sì!- esclamò Feliciano.
-Tsk.- schioccò la lingua il russo.
Non poteva farci nulla, quando quello decideva di fare una cosa, era quella e basta. Alla fine, Kiku, Lukas e Mathias lo accompagnarono in ospedale, insieme a Toris.
Ovviamente, armati di sale.
In più, Mathias portava ancora l’ascia con sé e Kiku aveva la sua katana, quella che teneva esposta nella propria, ordinatissima, stanza.
-Mi raccomando!- esclamò l’americano, pala alla mano -Mettetecela tutta!-
Che rabbia che gli faceva, aveva proprio voglia di spaccargli gli occhiali sul naso, Ivan. Quel maledetto era bravo a dare ordini, ma poi si era messo nel gruppo che correva meno pericoli.

Una volta superato il parcheggio, il gruppetto entrò nell’edificio, silenziosamente, persino Mathias Køhler taceva. Lukas, dal canto suo, parve inquietarsi non appena varcò la soglia.
Si guardò intorno, cercando di individuare da dove provenisse di preciso quella percezione, ma non riusciva a determinare un punto certo. L’intera struttura era permeata di rabbia e follia.
C’erano poche persone, il personale ospedaliero, che transitava per i corridoi. Chi per i soliti giri di routine, chi per particolari controlli, chi per noia. Forse era la situazione a rendere il tutto così terribile, ma l’angoscia che si respirava fra quelle quattro mura era palpabile, quasi claustrofobica.
Ivan si avvicinò all’infermiera alla reception.
-Braginski. Ho ricevuto diverse chiamate.- fece una pausa -E’ successo qualcosa a mia sorella?- domandò infine, sapendo benissimo che, sì, era successo qualcosa. L’infermiera fece scorrere lo sguardo da lui ai suoi compagni. Grazie al cielo faceva freddo, avevano potuto nascondere alla bell’e meglio armi e sale nei cappotti, anche se trovarsi davanti ad un gruppetto di ragazzi truccati per Halloween, era di certo una cosa curiosa. Davano parecchio nell’occhio.
-Solo un attimo.- disse, digitando un numero. -Strano, il dottore non risponde... - disse, fra sé e sé, mentre i ragazzi s’irrigidirono.
L’infermiera prese a digitare un secondo numero.
-Sono Scarlett, sto cercando di contattare il dottor Mc Gregor è… ehi, aspettate!- esclamò, mentre Ivan e gli altri liquidavano la reception per dirigersi verso le scale.
Il russo in testa. Sudava freddo, era terrorizzato, però era anche l’unico a sapere dove fosse la stanza di Kat’ja. Sperando fosse ancora lì. Sperando che stesse bene.
Purtroppo non era troppo bravo a sperare.

Giunti al piano in cui si trovava la stanza di Katyusha, Lukas indietreggiò, stringendo i denti e sudando freddo.
Mathias gli lanciò un’occhiata preoccupata.
-E’ qui… - spiegò, stringendosi nelle spalle.
Il danese, per tutta risposta, estrasse dalla tasca della giacca scura l’ascia, mentre Kiku liberava la sua katana dalla custodia e si preparò a sguainarla dal fodero.
Nessuno fiatò, mentre si dirigevano verso la stanza. Ivan rallentava l’andatura a ogni passo, sempre più intimorito, perdendo sempre più velocemente il coraggio che era riuscito a riconquistare faticosamente.
Toris gli si portò al fianco, senza dire nulla.
Il russo deglutì, con la mano sulla maniglia. Non ci voleva un sensitivo per capirlo, poteva sentirlo pure lui: Natalia era dietro quella porta. Improvvisamente, gli parve che la maniglia bruciasse, non voleva aprire, voleva tagliare la corda e nascondersi! E dire che molte volte aveva riso di Alfred Jones e delle sue scenate da cacasotto.
Sospirò diverse volte.
A ogni respiro credeva di riuscire, di poter aprire quella porta, ma aveva bisogno di ritrovare il coraggio ancora e ancora.
Toris gli prese la mano, per infondergli sicurezza.
-Fratellino, sei tu?- domandò una voce dolce dalla stanza facendo rizzare i capelli in testa a tutti, nessuno escluso.
Gli occhi di Ivan si spalancarono per lo stupore.
-Kat’ja?-


-Merda, merda, merda!- si lasciò sfuggire Lovino -Ma che razza di situazione schifosa! Cercare uno zombie che se ne va a spasso in un cimitero!-
-Ti prego non ricordarmelo… - rispose Alfred, sconsolato.
Yao camminava davanti a loro, mormorando qualcosa, evidentemente agitato.
-E tu cos’hai da mugugnare?!- sbottò l’italiano furioso.
-Sto recitando una preghiera per tenere a bada i morti.- rispose quello, nervoso.
Lovino non ebbe nulla da ridire. Anzi, si unì a lui in vari riti scaramantici.
-Volete stare un po’ zitti?- li redarguì Arthur, illuminando una cripta vuota. Si voltò poi verso i due chiassosi individui con un’espressione malefica, illuminandosi il viso da sotto -Non sprecate il fiato, i morti sentono i vostri respiri. Attirerete la loro attenzione così, uhuhu.-
Inutile dire che l’americano quasi collassò per il terrore, la sua faccia contorta nel celeberrimo urlo di Munch, senza lasciar trapelare alcun suono.
“Ecco, sistemati, così almeno cercheranno in silenzio.” pensò, per poi rimettersi a frugare ogni angolo, ad ascoltare ogni sensazione. Se c’era un motivo per cui non sopportava il fratellastro e Francis (la maggior parte delle volte) era che ritenevano che la sua passione per le creature fantastiche fosse solo una stupida fissa. Per l’americano, poi, seppure fosse terrorizzato da mostri e fantasmi, quelle creature erano assolutamente finte.
Erano, appunto. Non poteva più pensarla così.
L’inglese però non era solo appassionato di fate, folletti e simili, come Lukas, poteva sentirli tutt’intorno. Nessuno gli credeva quando ne parlava, perciò finiva per ammettere che si trattasse solo di uno scherzo. In quel momento, poteva finalmente dimostrare di non essere un idiota molto fantasioso.
Facendosi accompagnare dalle percezioni, individuò immediatamente una piccola luce fra gli alberi.



La porta si aprì senza che nessuno la toccasse. Nessuno dall’esterno, almeno.
Sulla soglia, Kat’ja salutò col sorriso fra le labbra il fratello minore, che era rimasto immobile, meravigliato.
-Ciao, Ivan.-
-Tu… tu…. Come… - non riuscì a formulare bene il concetto.
Solo fino a quella mattina era in coma, in lotta fra la vita e la morte. E quelle chiamate… era sicuramente accaduto qualcosa, eppure la ragazza si reggeva sulle sue gambe, anche se appariva fisicamente provata.
-Ho chiesto di te.- spiegò Kat’ja, aggrappandosi alla flebo e facendo spazio sulla porta perché l’altro entrasse nella stanza. -Ma non riuscivano a contattarti. Per un attimo ho temuto di essere rimasta sola… - disse, con un filo di voce.
Avrebbe voluto dirle che non aveva mai smesso di preoccuparsi per lei, Ivan, ma si limitò a smentire quell’ultima frase scuotendo il capo e appoggiando la mano sulla spalla della sorella maggiore, sollevato, prima di seguirla nella stanza. Gli altri, attoniti, seguivano i due a breve distanza.
Tutto appariva in ordine alla fredda luce dei neon, eccetto per il letto sfatto e le lenzuola ripiegate disordinatamente sul materasso. I macchinari erano stati spenti e il loro angosciante ronzio era fortunatamente cessato. Kat’ja si appoggiò al corpo massiccio del fratello e si risedette sul letto.
-Che succede?- gli domandò, guardando prima lui, poi gli altri ragazzi, nella fattispecie Kiku e Mathias che, imbarazzati, abbassarono le armi.
-Niente.- mentì Ivan. -Eravamo ad una festa, ecco. Oggi è Halloween.- spiegò, colpevole, senza togliere gli occhi da quelli stanchi di sua sorella, senza smettere di studiare i suoi lineamenti delicati sciupati dalla lunga degenza. Lui era a una festa e sua sorella rischiava la vita…
-Capisco.- sorrise lei, con le mani giunte posate sulle gambe.
Ivan provava gioia, grande gioia, e sollievo però… c’era dentro di sé una vocina che gli suggeriva di stare in guardia, che lo rendeva nervoso. Come se già non bastasse il fatto di dover mostrare il suo lato tenero a gente che di lui conosceva solo il solito lato psicotico.
Infatti, il danese lo fissava come se fosse una bestia rara, senza neppure tentare di nasconderlo (Kiku almeno tentava di non darlo a vedere).
Lukas, invece, era disinteressato, anzi, continuava a scrutare la stanza come se ci fosse qualcuno o qualcosa appostato in agguato e camminava qua e là, per accertarsi la provenienza di quella percezione. Per qualche secondo fissò la ragazza, poi il suo sguardo cadde sui macchinari. Era stata staccata la spina.
-Che sollievo.- disse Toris, avvicinandosi lentamente al letto, con un sorriso sincero dipinto in volto
-Grazie al cielo stai bene.-
Katyusha gli rivolse un’occhiata in tralice, prima di annuire e stringersi al fratellino.
-Non vedo l’ora di tornare a casa!- esclamò, premendo il seno prosperoso contro il corpo di Ivan che arrossì e si scostò appena.
-Che c’è?- domandò Kat’ja, con un sopraciglio inarcato.
-Nulla… - mentì quello, a disagio -Pensavo… che dovrei parlare col medico per sapere cosa fare adesso, ecco.- aggiunse, infine.
-Il dottore ha detto che potevo tornare a casa stasera stessa.- affermò la ragazza, con gli occhi che le brillavano infantilmente.
-Ah, sì?- chiese ancora il russo, nervoso, mentre lei si stringeva nuovamente a lui con più foga.
-E’ una bella notizia!- esclamò Toris, con una mano sul petto, mentre Lukas focalizzava il separé accanto alla finestra, oltre il letto di Katyusha.
-Bisognerà avvisare il dottor Mc Gregor, comunque.- ribadì Ivan, deciso, alzandosi in piedi. La sorella rimase abbarbicata al suo braccio.
-Lo chiameremo quando saremo a casa, fratellino.-
-Non funziona così… - le spiegò lui, in evidente ansia -Lo sai, bisogna fare accertamenti, deciderà lui quando dimetterti.-
Toris si era accorto del suo disagio e perciò tentò di andargli incontro.
-Sarà il caso di andarlo a cercare, allora. Prima lo troviamo, meglio sarà.-
Katyusha gli rivolse un’occhiata seccata e stavolta non fu solo il diretto interessato ad accorgersene, ma anche gli altri due.
-C’è… c’è qualche problema?-domandò il castano, impacciato.
-No, niente.- rispose serafica la ragazza, per poi lanciare un’occhiata nervosa al norvegese che guardava con troppo interesse ora il separé, ora i macchinari -Allora, cercate il medico, per favore, non vedo l’ora di tornare a casa col mio Vanya!-
-Bene!- esclamò il lituano e fece per uscire dalla stanza quando -Non c’è bisogno di chiamare il medico.- lo fermò Lukas, immobile.
Aveva superato il separé ed era rimasto immobile a fissare qualcosa con aria disgustata e, strano vederlo così, spaventata.
Katyusha schioccò la lingua e storse le labbra, stringendosi con più forza a suo fratello.
-Che cos- le parole morirono in bocca a Mathias, che si era avvicinato al suo ragazzo per controllare cosa l’avesse lasciato senza parole.
Lukas spostò il paravento con un calcio, rivelando l’agghiacciante scoperta.
Il dottor Mc Gregor giaceva morto sul pavimento, con sul viso un’espressione agghiacciante.

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Capitolo 12
*** 12. Senza riposo ***


srip
Capitolo 12: Senza riposo





Francis lo fissava con una faccia da pesce lesso, che per poco Arthur non gli scoppiò a ridere in faccia.
-Tu… fuoco… -
-Era un fuoco fatuo.- chiarì subito l’inglese, con aria fiera.
-Questo l’avevo capito!- esclamò il francese, -Ma quello… tu… stavi parlando con una fiamma!!-
-E?-
-E cosa?! Non è normale!!-
L’inglese gli lanciò un’occhiata torva -Cosa di questa situazione è normale, stupido mangiarane?-
Francis tacque, effettivamente, non aveva molto da ridire.
-Scusa…- disse, attorcigliandosi una ciocca di capelli -E’ che è una situazione fuori dal comune… -
L’altro fece un verso d’assenso, non poteva dargli torto. D’altronde, era la prima volta anche per lui. Non aveva mai parlato con un defunto prima d’ora e quel fuoco fatuo, l’anima sperduta di una fanciulla [*], gli era parso assai triste, ma, in un certo senso, felice di conversare con qualcuno. Essere utile a qualcuno.
Forse quando era sparita, era finalmente riuscita ad andare in un posto migliore. 
Arthur lanciò un’ultima occhiata al punto in cui aveva visto apparire e scomparire la fiamma e sorrise. A vedere il suo sorriso, Francis intuì il suo pensiero e sorrise a sua volta.
"Perché si ostina così tanto a fare il duro?" si chiese con un sorrisetto, alzandogli occhi al cielo. Arthur non sapeva quanto ci guadagnava a mollarsi un po'.
-Allora?- domandò Ludwig interrompendo il silenzio (quasi) religioso che si era creato.
-Ecco... mi ha detto di aver visto una ragazza con un fiocco in testa andare verso quella parte non molto tempo fa.- rispose Arthur, indicando alla loro destra. -Si muoveva a stento, arrancando.- aggiunse poi.
Il gruppo, dopo aver rabbrividito, si diresse nella direzione indicata, ma non fu facile trovare una ragazzina morta in un cimitero.
Insomma, qualsiasi creatura che si reggesse in piedi eccetto loro avrebbe attirato l’attenzione, ma non si vedeva nessuno in vista e poi, le uniche luci ad illuminare il luogo e a renderlo paradossalmente più tetro erano le loro torce e i lumi sistemati accanto alle lapidi.
-Merda… - commentò Ludwig -Questo posto è troppo grande. Forse dovremmo dividerci per- -No!- esclamò Alfred inorridendo -Sei pazzo?! Ci farai ammazzare! Per cosa credi che muoia la gente nei film horror?!-
-Ok, ok…- tentò di sedarlo il tedesco -Ma così non arriveremo a-
Non finì la frase, Feliciano lo strattonò per poi indicargli impaurito, qualcosa poco distante da loro. Gli sguardi di tutti seguirono il suo dito indice verso un angolo del cimitero in ristrutturazione e lì lo videro.
Era il corpo che stavano cercando, abbandonato come un rifiuto accanto ad un gruppo di vecchie tombe in ristrutturazione.
Era proprio il suo corpo, quello di Natalia, consumato dal tempo e ridotto alquanto male, sporco di terra e fili d'erba, i vestiti graziosi strappati in diversi punti. Pur scomposto in tal modo, quel corpo rendeva semplice ai ragazzi immaginare come dovesse essere bella e aggraziata la ragazza quando era viva.
-A quanto pare non dovremo dividerci.- rettificò Ludwig, fissandola e sudando freddo. -Diamoci da fare.-
-Ragazzi, io avrei una domanda...- esordì Yao, dopo aver recitato una qualche formula alla vista del corpo. -Perché l'abbiamo trovata?-
-Già... sei io fossi un fantasma, il mio corpo lo nasconderei meglio.- intervenne Lovino.
-Fo-forse...- Feliciano fece capolino da dietro la spalla di Ludwig -Forse non voleva presentarsi co-così a suo fratello...-
-Beh, non ha tutti i torti...- commentò Arthur, pensieroso.
-Chi, il cosino o la pazza?-
-Bando alle ciance, se il corpo è abbandonato qui, immaginate dove sia l'anima!- esclamò Ludwig afferrando la pala con forza. -Non abbiamo tempo da perdere.-
-Bene, allora, buon lavoro!- esclamò Alfred, facendo per tagliare la corda. Peccato che Arthur e Francis lo afferrarono per la collottola, trattenendolo.
-Non perdiamo tempo.- disse l'inglese -Chiudiamo questa storia.-


-Oh mio Dio… - sussurrò a denti stretti Mathias. Non aggiunse altro. Era uno spettacolo troppo raccapricciante per fare commenti o battute di sorta.
Anche gli altri erano rimasti completamente pietrificati. Gli occhi ametista di Ivan erano completamente sbarrati. La morte del medico comportava un sacco di cose terribili. Deglutì un grosso groppone di saliva e rivolse lo sguardo a Kat’ja, lentamente, molto lentamente.
Lei sorrideva, ma non con quel suo sorriso dolce e materno. Era folle era…
-No!- gridò il russo tentando di divincolarsi, ma la ragazza aveva una presa salda, quasi volesse staccargli il braccio.
-Non fuggire più fratellone.- gli fece, appoggiando la guancia al braccio di lui e stringendolo ancora, come fosse un enorme peluche -Sai che sarebbe inutile. Io voglio stare sempre con te.-
Aveva sperato che quella brutta sensazione fosse dettata semplicemente dalla suggestione. Insomma, negli ultimi tempi sembrava che la sua vita fosse diventata un racconto dell’orrore (lo era anche prima, con l’unica differenza che di solito il mostro era lui), quando aveva visto Yekaterina finalmente sveglia, finalmente salva, aveva osato sperare.
“Che male c’è?” si era chiesto “Forse è davvero così.”
Si era ingannato da solo, lo sapeva.
-Natalia…- iniziò.
-Fratellone?- rispose lei.
-Mi dispiace, per quello che è successo… non avrei mai voluto accadesse.- il suo pensiero tornò al passato, a quel giorno -Io ti volevo, ti voglio bene… -
-Anch'io ti voglio bene, Vanya, per questo voglio stare sempre con te.-
-Non è possibile… - le disse. Vide le sue pupille contrarsi, l’aria nella stanza vibrò, carica di negatività, cosicché tutti provarono un forte senso di vertigine.
-Si che lo è!- s’impuntò Natalia, premendosi con ancora più forza al corpo del fratello, schiacciando i seni prosperosi contro il braccio di lui. -Adesso possiamo amarci di nuovo.-
-No!- esclamò lui, alterato, strattonandola con maggior forza e riuscendo a liberarsi da lei -Non capisci che non va bene?! Tu per me sei la mia sorellina, non provo nulla di più oltre questo!-
L’aria vibrò nuovamente, con più potenza di prima. Toris represse l’istinto di vomitare a stento.
-E’ perché preferisci quel finocchio a me?!- urlò lei, le parole riecheggiarono come stridii di lame. Le vibrazioni si fecero ancora più violente e potenti folate di vento esplosero tutt’intorno al corpo di Kat’ja, sbalzando via i ragazzi. Toris batté la schiena contro il muro, Mathias afferrò Lukas prima di schiantarsi entrambi contro la parete. Kiku volò per alcuni metri, per poi rotolare malamente a terra, mentre Ivan fu respinto contro i macchinari, rovesciandoli.
Un vocio allarmato si udì nel corridoio, ma prima che qualsiasi infermiere o medico potesse avvicinarsi, la porta della stanza si chiuse ermeticamente.
-Non è per questo… - biascicò Ivan, tentando di alzarsi, dolorante -Ti voglio bene, ma due fratelli non possono- Kat’ja lo colpì con un calcio alla gola, azzittendolo. Rimase in piedi, col piede premuto sul collo del fratello -Sì che possiamo. Forse non da vivi.- si leccò le labbra, frugandosi fra gli abiti -Io sono già morta, metà del lavoro è già fatta.-
Ivan tremò di paura nel vedere cosa Kat’ja, no, Natalia, reggesse fra le mani.
-Basterà solo un po’ di aria nelle vene.- ridacchiò maleficamente, la sua risata sembrava così infantile ed innocente e, per questo, ancora più terrificante. Ivan afferrò il piede della sorella, tentando di levarsela di dosso, ma ritrasse la mano, per paura che quella pazza lo trafiggesse con la siringa.
Stava succedendo di nuovo, come quando… come quando era morta. Quando lei l’aveva assalito col coltello, minacciandolo che l’avrebbe ucciso e si sarebbe tolta la vita anche lei pur di stare insieme. Quando cercava di portarselo a letto, lui la respingeva, la rifiutava anche in malo modo. Le sfuggiva impaurito quando lei si alterava, ma non credeva che…
E poi Kat’ja l'aveva colpita.
L’aveva vista cadere a terra, con lo sguardo di chi non capisce perché sta morendo.
Dopotutto, voleva solo amore gli diceva una voce dentro di sé.
Ivan strinse i pugni. Sapeva che non era assolutamente giusto quello che lei voleva da lui e non poteva, non voleva lasciar deragliare oltre quella situazione. Doveva farglielo capire. Farle accettare il suo amore fraterno, farle capire che mai aveva desiderato la sua morte.
Era la sua piccola Natalia, dopotutto…
-Natalia, cerca di ragionare, ti prego… - tentò per l’ennesima volta, ma lei, ovviamente, non lo ascoltò.
E come poteva?
Mancava così poco. Lei e il suo Vanya, uniti per l’eternità.
-Le anime non hanno sangue, non hanno sesso, saremo puri spiriti e potremo amarci, finalmente!-
-Io non ti amo!- urlò lui con fermezza tale da lasciarla basita e approfittò della sua esitazione per liberarsi.
-Tu non... -
-Tu sei mia sorella.- rincarò la dose, sincero e fermo.
-No, io... tu... dici così solo perché per la morale è sbagliato!-
-No, dico questo perché è la verità.- disse, ostentando una calma che non possedeva, alzandosi piano in piedi -Tu sei la mia sorellina, la mia Natalia. E' un amore diverso.-
-IO NON VOGLIO QUESTO AMORE!- ruggì Natalia e la sua voce risuonò distorta e maligna. Si potevano a stento riconoscere la voce di Kat'ja, quella di Natalia, la dolce piccola Natalia, e una voce sconosciuta, oscura, carica di rabbia e schiacciante di terrore.
L'aria intorno a lei s'agitò e le sue onde d'urto colpirono ogni cosa, indistintamente, distruggendo e lacerando tutto ciò che incontrarono. Lame taglienti d'aria attraversarono ogni angolo della stanza. Kiku riuscì a farsi scudo col fodero della spada, ma ciò non gli evitò tagli di striscio e il venire sbalzato contro la parete. Quasi perse i sensi per il dolore. Istintivamente mise mano al sale e lo scagliò contro la ragazza e colpendola al braccio che usò per proteggersi il viso. Il sale le bruciò la pelle come fosse fuoco e lei urlò con voce acuta e il suo urlo fortissimo crebbe d'intensità sempre maggiore, costringendo i ragazzi a chiudersi invano le orecchie con le mani. Poi un'onda d'urto colpì violentemente Kiku, scaraventandolo contro una parete.
Il ragazzo rimase immobile.
-Attento!- Mathias si frappose fra Lukas e il muro, incurante delle lamentele di quell'ultimo, mentre tutt'intorno a loro pareva essere scoppiata la fine del mondo, la catastrofe totale, e tutto volava e l'aria era pesante e tagliente e gli unici suoni che si potevano udire erano urla spaccatimpani.
-Spostati da lì!!- esclamò il norvegese, strattonando l'altro. Ma il danese era irremovibile e incurante del dolore e della paura si frapponeva fra lui e il pericolo.
-Come se potessi.- ribatté. La voce gli tremava appena.
Lukas capì allora, nell'osservare il suo sorriso sghembo, perché ancora non ce l'avesse mandato a quel paese.
-Adesso basta, hai capito, Natalia?!- sbottò la voce di Ivan, in un impeto d'ira mista a paura, rivolto a sua sorella. -Non capisci che cosa stai facendo?! Vuoi finire per farti odiare?-
Natalia smise di colpo di agitarsi e lo fissò con occhi sbarrati.
-Tu non... tu non puoi odiarmi...- disse, esterrefatta.
-Posso...- rispose il russo, ansimando, ripulendosi del sangue una ferita alla guancia. -Non voglio, ma non... ti rendi conto di quello che stai facendo?-
-Cos'è, cretinetto, vuoi farmi la paternale adesso?- gli domandò immediatamente lei, con tono duro e tagliente.
Ivan tremò e deglutì.
-Natalia. Ti prego... io ti voglio bene.-
-E allora perché non hai esaudito IL MIO DESIDERIO!?- sbottò istericamente lei.
Lukas pensò che quella ragazza avesse la testa dura come il marmo. Cieca, folle d'amore. Era un sentimento davvero pericoloso. Ne ebbe quasi paura.
-Perché se ami una persona non la costringi a fare le cose contro la sua volontà.- insistette lui.
Natalia lo guardò contrita, dolorante nel suo io più intimo. Scosse meccanicamente la testa, pian piano.
-Voglio solo... Vanya...-
-Ti voglio bene, Natalia.- rispose lui sorridendole teneramente e per un poco la maschera di folle rabbia si rabbonì sul viso di lei, restituendole un poco della sua innocente bellezza.
Durò un attimo.
-IO NON VOGLIO CHE TU MI VOGLIA BENE! MI HAI UCCISA! MI DEVI QUALCOSA!!- urlò e nuovamente le onde d'urto esplosero nella stanza, travolgendo tutti.
-Non posso darti ciò che non ho...- disse cupo, Ivan, rialzandosi a fatica. Una cupezza, la sua, che spezzò il cuore di Natalia, perché non gli aveva mai visto quell'espressione spenta in volto.
Si sentì respinta, disprezzata. E di colpo si voltò verso Toris.
-Se non posso averti io... - mormorò fra i denti. Poi sparì in uno sfarfallio, come un ologramma disturbato. -NESSUNO TI AVRÀ!- urlò la ragazza, riapparendo di fronte al lituano, il volto contorto di furia omicida e un frammento di vetro stretto nel pugno sanguinante come un pugnale. La lama trasparente affondò nella carne e si tinse di rosso.
Toris sbarrò gli occhi.
-I...van...- sussurrò a mezza voce.
L'enorme figura del russo si stagliava fra lui e Natalia, con lama di vetro conficcata con forza nella spalla destra. 
-Io... ti voglio bene...- disse a bassa voce, rivolto a sua sorella. In quel momento era perfettamente lucido.



Note:

[*si riferisce al fatto che si credeva che i fuochi fatui fossero anime sperdute o di bambini nel limbo]

Ed eccoci alle battute finali. Il prossimo capitolo sarà un epilogo. L'idea era di fare bad e happy ending. Quale volete prima? ^_^
Grazie per la lettura e bacioni!!

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Capitolo 13
*** 13. Sad ending: Insieme per sempre ***


Capitolo 13: Sad ending:
Insieme per sempre







-Io... ti voglio bene...- disse a bassa voce, rivolto a sua sorella. In quel momento era perfettamente lucido.
Natalia, invece, perse la poca lucidità che aveva.
Afferrò la lama di vetro e con più forza la conficcò nella spalla del fratello maggiore.
-Ti amo!- urlò.
Affondo.
-Ti amo!- urlò.
Un altro affondo. Estrasse il frammento di vetro e lo sollevò a mezz'aria per colpire Ivan al cuore.
-Ti a- le parole le morirono in bocca, in un unico, scuro, spruzzo di sangue. Ivan si spostò di colpo di lato nello stesso istante. Fu un gesto fulmineo, non calcolato. Natalia sentì per la prima volta dopo tanto tempo il dolore. Era forte, era lancinante. E la faceva imbestialire.
Si accorse solo in un secondo momento, guardando il proprio addome trafitto, di Toris coi pugni stretti intorno ad un secondo frammento di vetro.
-Scusa, Ivan...- mormorò il lituano, senza perdere la presa.
Natalia affondò le dita nella chioma castana del ragazzo e lo strattonò con rabbia.
-Cosa hai fatto tu?! Maledetto finocchietto! Cosa credevi di fare?! Eh? Che cazzo credevi di fare, finocchietto?-
Lo strattonò e lo strattonò ancora, intenzionata a strappargli la testa dal collo. E lo colpiva con pugni feroci sulla testa, sul viso, sul petto. Ma Toris non lasciò la presa, seppur dolorante, e con le mani ferite affondò il vetro ancora più a fondo. Natalia si lasciò sfuggire un urlo acuto con la voce di Kat'ja.
Accaddero diverse cose in quel momento.
La prima fu che Ivan si gettò sui due e con forza separò Toris dalle mani di Natalia, che voleva torcergli letteralmente il collo con occhi spiritati.
Kiku, giunse in suo soccorso e sua volta trafisse al fianco sinistro il corpo della ragazza con la sua lama spolverata di granelli di sale. L'urlo crebbe d'intensità e se ci fossero stati altri vetri da rompere, li avrebbe polverizzati in un istante. Non mancò quasi di spaccare i loro timpani. Contemporaneamente, anche Mathias e Lukas la colpirono, l'uno con l'ascia, alle gambe, l'altro semplicemente gettandole grosse manciate di sale sul viso. Ma l'effetto fu assicurato. Natalia si divincolò dai suoi aggressori, contorcendosi e danneggiando il corpo di Kat'ja più di come era ridotto, accecata dal sale, strisciando e rantolando, allungando le mani verso di loro. Le sue onde d'urto li colpirono ancora una volta, scaraventandoli lontano. Ivan strinse Toris a sé, prima di finire insieme a lui contro i macchinari distrutti.
Con forza che di umano aveva ben poco, Natalia si alzò nuovamente, le gambe ferite le tremavano visibilmente, ma lei non ci badava. Lei voleva solo uccidere.
Uccidere quegli stronzi per quello che le avevano fatto.
Uccidere Toris, che voleva rimpiazzarla.
Uccidere Ivan, per stare con lui per sempre.
Il lituano perdeva sangue dalla testa, Ivan lo strinse a sé, preoccupato, mentre perdeva lentamente i sensi. L'ombra di sua sorella si stagliò su di loro.
-Se non possiamo stare insieme... così...- borbottò, con occhi spiritati, allungando la mano verso Toris -Se così... insieme...-
Poi, di colpo, Natalia prese fuoco.



-Speriamo che nessuno ci veda...- disse piano Feliciano.
-Guarda, non è che mi preoccupi tanto che ci veda il guardiano del cimitero, dopo quello che è successo, prenderei a calci chi ha detto che sono i vivi quelli che si devono temere.- rispose Francis, con gli occhi fissi sul corpo di Natalia che ardeva nella notte.
I riflessi rossastri si riflettevano sui loro volti e nei loro occhi.
A tutti parve di sentire un grido lontano, un grido non più di questo mondo, poi la fiamma crebbe, consumando più in fretta il corpo. Ludwig si rigirò fra le mani l'accendino che aveva usato per appiccarlo.
Era finita.
-Riposa in pace.- disse piano, Feliciano, il sensibile, dolce Feliciano, facendosi il segno della croce.
"Riposa in pace." gli fece eco mentalmente il tedesco, ma non rivolto a Natalia. "Gilbert."
Suo fratello era stato vendicato, ma non avrebbe mai immaginato che la sua morte fosse legata a quella di Natalia, alla sua ira, al suo amore contorto. Quasi preferiva fosse stata tutta una casualità, una crudele casualità. Nonostante a volte il sapere che non era affatto così era quasi un sollievo... si trovò molto confuso sotto questo punto di vista, ma ciò che contava, era che Gilbert potesse riposare in pace.
Il diretto interessato avrebbe avuto da ridire, considerato che il paradiso non era abbastanza per il suo ego stratosferico, ma tant'era...
-Raggiungiamo gli altri?- domandò Yao, interrompendo il silenzio.
-Sì, meglio.- fece Arthur.
-Questo posto è troppo inquietante, muoviamoci prima che i morti s'incazzino per il disturbo.- disse invece Alfred.
Nessuno gli rispose che i morti non se ne uscivano dalle tombe, l'esperienza aveva insegnato loro che era possibile.Gettarono altra benzina sul corpo perché bruciasse più in fretta e attesero che venisse consumato. Giusto per essere sicuri che Natalia non tornasse.



Rimasero tutti basiti nell'osservare il corpo di Kat'ja prendere fuoco dall'interno e contorcersi e nel vedere Natalia, l'anima di Natalia che usciva da lei, in fiamme. Fiamme che ne divoravano lo spirito e lo purificavano, costringendola a lasciare quel mondo, precludendole ogni contatto coi vivi.
-Maledetti!- gridò quella, aggrappandosi ostinatamente alla sua ira, alla sua rinnovata vita. -Maledetti! Vi ucciderò! Vi ammazzerò uno ad uno, come cani!-
Ivan strinse a se Toris con più forza, il ragazzo aveva ormai perso i sensi.
-Non ti libererai mai di me fratellone, mai!!-
Natalia lanciò il suo ultimo grido che riecheggiò fra le pareti della stanza e scomparve in un turbine nero che sferzò i corpi dei ragazzi, ferendoli per l'ennesima volta.
Poi più nulla.
Silenzio.
Aria.
Luce.
Pace.
-E' finita?- osò domandare Mathias, quasi aspettandosi che scoppiasse nuovamente un putiferio.
Nessuno rispose per diversi minuti. Il corpo di Kat'ja giaceva scomposto e bruciato davanti a loro e... non sembrava davvero il caso di esultare.
Anche se erano vivi, anche se era finita.
O forse no.
-Che diavolo è successo qui?- esclamò una voce femminile che li fece saltare sul posto (che ne avessero o meno le forze).
L'infermiera guardò il disastro, poi i ragazzi, poi scorse il cadavere del medico e il corpo di Kat'ja e urlò.
Il gruppo decise che di urla ne aveva avute abbastanza, ma non riuscì a lasciare l'ospedale. Avevano tutti bisogno di cure e in più era stata allertata la polizia.





Pochi giorni dopo, si tenne il funerale di Kat'ja e una cerimonia per Natalia. Aveva perso sua sorella minore due volte e sua sorella maggiore era stata uccisa, perché l'aveva protetto.
Per colpa sua.
Toris gli strinse la mano e lui ricambiò la stretta con forza.
In cuor suo sapeva che non era davvero colpa sua. Forse, col tempo la ferita nel suo cuore sarebbe stata risanata. L'importante era che almeno era riuscito a proteggere Toris e, non meno importante, da quella esperienza aveva guadagnato degli amici che altrimenti sarebbero solo fuggiti da lui. Gli furono tutti vicini, tutti lividi, ammaccati, spaventati, ma vivi.
E per fortuna le accuse di omicidio contro di loro erano cadute, in qualche modo. Peccato che per il resto furono costretti a scontare sei mesi di servizi sociali. Ma che importava? Come diceva Feliciano era per una giusta causa ed erano insieme.
Toris avvolse le braccia esili intorno alla vita robusta del russo, incurante di tutto e tutti e quello non lo scacciò. Aveva perso già troppo. Che lo sfottessero, avrebbe messo tutti a tacere.
Dopo aver sciolto quell'abbraccio, Ivan tenne Toris per mano per tutta la durata del funerale, poi, quando furono finalmente soli, si concesse il lusso di piangere tutte le sue lacrime.
"Un'ultima volta." si disse.
Avrebbe pianto un'ultima volta.
Toris gli carezzò la testa dolcemente, senza dire nulla, col sorriso dipinto sulle labbra.






Quella notte, Lukas non si sentiva tranquillo. Erano passati ormai due mesi dai fatti di Halloween. La festa di Capodanno di una settimana prima era stata piuttosto contenuta, se non si considerano certi individui chiassosi, come per esempio un certo turco e un certo greco che si azzuffavano, Kiku che tentava di metterli d'accordo senza successo; Alfred che infastidiva il fratellastro che a sua volta tentava di sfuggire sia a lui che a Francis; poi c'era Lovino, che tentava di ammazzare a pomodorate Ludwig e Feliciano che flirtava con tutte le ragazze che incontrava, sorridendo, sorridendo sempre. Forse tranquillo c'era solo Yao, impegnato a mangiare ignorando tutto e tutti. Elizaveta e Roderich se ne stavano da un lato della sala, appartati in santa pace. Abel e sua sorella Bella, sembravano andare molto più d'accordo di prima, una cosa buona fra tutto quel male.
Tutto perfetto, insomma. Anche Mathias era scemo uguale, eppure...
Ivan e Toris passarono davanti a lui quella notte, stretti l'uno nell'altro. Toris era letteralmente aggrappato al braccio di Ivan ad un certo punto, in una posa tutt'altro che virile, troppo giulivo, troppo nonToris e quando il norvegese l'aveva guardato inarcando un sopracciglio, gli aveva fatto persino l'occhiolino. L'aveva trovato quasi inquietante. Una nota stonata nell'armonia che si stava ricreando.
"Ma sarà solo un'impressione..." si era detto. Si diceva ancora, rigirandosi fra le coperte. Mathias dormiva nella grossa russando come un trombone, quasi quasi, pensò, poteva svegliarlo con un calcio. Diavolo, si sentì quasi geloso di tutta la sua tranquillità!
Un leggero bussare alla porta lo fece sobbalzare, i sensi in allerta. Si alzò piano, col cuore in gola e si avvicinò all'entrata della sua stanza.
-Chi è?- domandò, teso.
-Toris.- risposero. -Ho bisogno di parlarti.-
Lukas aprì piano la porta, senza levare la catenella.
-A quest'ora di notte?-
-E' una cosa importante.-
"Una cosa della massima importanza. Ho una promessa da mantenere, dopotutto."
Dietro la schiena, Toris strinse fra le mani un coltello a serramanico rosso.
"Nessuno potrà mai separarmi da te, fratellone, nessuno."









Note: No, non sono una carogna. Sì, picchiatemi pure u.u
Per farmi perdonare l'ennesimo ritardo, vi posto anche l'happy ending xp

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Capitolo 14
*** 14. Happy ending: Di noi restano solo i ricordi ***


Capitolo 14: Happy ending: 
Di noi restano solo i ricordi







-Io... ti voglio bene...- disse a bassa voce, rivolto a sua sorella. In quel momento era perfettamente lucido.
Natalia perse la poca lucidità che aveva.
Afferrò la lama di vetro e con più forza la conficcò nella spalla del fratello maggiore.
-Ti amo!- urlò.
Affondo.
-Ti amo!- urlò.
Un altro affondo. Estrasse il frammento di vetro e lo sollevò a mezz'aria per colpire Ivan al cuore.
-Ti a- le parole le morirono in bocca, impossibilitata ad affondare ancora il vetro. Toris, con tutta la forza che possedeva e una buona dose di coraggio e disperazione, le trattenne la mano.
-No-non ti permetterò... di fargli ancora... del male...- disse, stringendo i denti per sostenere lo sforzo. Natalia, da prima irritata, sogghignò.
-Ma io non voglio fargli del male. Io voglio stare con lui. E tu sei d'intralcio, finocchietto. SPOSTATI!- ruggì sbalzandolo via, addosso al corpo di Ivan che lo prese al volo e lo strinse a sé, finendo a terra con lui e rotolando per alcuni metri.
Kiku, giunse in loro soccorso e trafisse il corpo della ragazza con la sua lama spolverata di granelli di sale, colpendola al fianco sinistro.
Natalia si lasciò sfuggire un urlo acuto con la voce di Kat'ja. Da quanto non sentiva dolore?
Contemporaneamente, anche Mathias e Lukas la colpirono, l'uno con l'ascia, alle gambe, l'altro semplicemente gettandole grosse manciate di sale sul viso. L'urlo crebbe d'intensità e se ci fossero stati altri vetri da rompere, li avrebbe polverizzati in un istante. Non mancò quasi di spaccare i loro timpani.
Natalia si divincolò dai suoi aggressori, accecata dal sale, contorcendosi e danneggiando il corpo di Kat'ja più del dovuto, strisciando e rantolando, allungando le mani verso di loro. Le sue onde d'urto li colpirono ancora una volta, scaraventandoli lontano. Ivan strinse Toris a sé, prima di finire insieme a lui contro i macchinari distrutti.
Con forza che di umano aveva ben poco, Natalia si alzò nuovamente, le gambe ferite le tremavano visibilmente, ma lei non ci badava. Lei voleva solo uccidere.
Uccidere quegli stronzi per quello che le avevano fatto.
Uccidere Toris, che voleva rimpiazzarla.
Uccidere Ivan, per stare con lui per sempre.
Il lituano perdeva sangue dalla testa, Ivan lo strinse a sé, preoccupato, mentre perdeva lentamente i sensi. L'ombra di sua sorella si stagliò su di loro.
-Se non possiamo stare insieme... così...- borbottò, con occhi spiritati, allungando la mano verso Toris -Se così... insieme...-
Poi, di colpo, Natalia prese fuoco.



-Speriamo che nessuno ci veda...- disse piano Feliciano.
-Guarda, non è che mi preoccupi tanto che ci veda il guardiano del cimitero, dopo quello che è successo, prenderei a calci chi ha detto che sono i vivi quelli che si devono temere.- rispose Francis, con gli occhi fissi sul corpo di Natalia che ardeva nella notte.
I riflessi rossastri si riflettevano sui loro volti e nei loro occhi.
A tutti parve di sentire un grido lontano, un grido non più di questo mondo, poi la fiamma crebbe, consumando più in fretta il corpo. Ludwig si rigirò fra le mani l'accendino che aveva usato per appiccarlo.
Era finita.
-Riposa in pace.- disse piano, Feliciano, il sensibile, dolce Feliciano, facendosi il segno della croce.
"Riposa in pace." gli fece eco mentalmente il tedesco, ma non rivolto a Natalia. "Gilbert."
Suo fratello era stato vendicato, ma non avrebbe mai immaginato che la sua morte fosse legata a quella di Natalia, alla sua ira, al suo amore contorto. Quasi preferiva fosse stata tutta una casualità, una crudele casualità. Nonostante a volte il sapere che non era affatto così era quasi un sollievo... si trovò molto confuso sotto questo punto di vista, ma ciò che contava, era che Gilbert potesse riposare in pace.
Il diretto interessato avrebbe avuto da ridire, considerato che il paradiso non era abbastanza per il suo ego stratosferico, ma tant'era...
-Raggiungiamo gli altri?- domandò Yao, interrompendo il silenzio.
-Sì, meglio.- fece Arthur.
-Questo posto è troppo inquietante, muoviamoci prima che i morti s'incazzino per il disturbo.- disse invece Alfred.
Nessuno gli rispose che i morti non se ne uscivano dalle tombe, l'esperienza aveva insegnato loro che era possibile.Gettarono altra benzina sul corpo perché bruciasse più in fretta e attesero che venisse consumato. Giusto per essere sicuri che Natalia non tornasse.



Rimasero tutti basiti nell'osservare il corpo di Kat'ja prendere fuoco dall'interno e contorcersi e nel vedere Natalia, l'anima di Natalia che usciva da lei, in fiamme. Fiamme che ne divoravano lo spirito e lo purificavano, costringendola a lasciare quel mondo, precludendole ogni contatto coi vivi.
-Maledetti!- gridò quella, aggrappandosi ostinatamente alla sua ira, alla sua rinnovata vita.
-Maledetti! Vi ucciderò! Vi ammazzerò uno ad uno, come cani!-
Ivan strinse a se Toris con più forza, il ragazzo aveva ormai perso i sensi.
-Non ti libererai mai di me fratellone, mai!!-
Natalia lanciò il suo ultimo grido che riecheggiò fra le pareti della stanza e scomparve in un turbine nero che sferzò i corpi dei ragazzi.
Poi più nulla.
Silenzio.
Aria.
Luce.
-E' finita?- osò domandare Mathias.
Nessuno rispose per diversi minuti. Il corpo di Kat'ja giaceva scomposto e bruciato davanti a loro e... non sembrava davvero il caso di esultare.
Anche se erano vivi, anche se era finita.
O forse no?
Lukas ebbe un'illuminazione improvvisa. Qualcosa che ebbe il potere di salvare le vite di tutti loro.
-Il coltello!- esclamò. Se non avesse avuto le membra a pezzi, forse sarebbe saltato in piedi.
Ivan alzò lo sguardo su di lui, interrogativo.
-Gli spiriti spariscono da questo mondo se i loro corpi vengono bruciati, ma se c'è un oggetto a cui sono molto legati, anche questo va' distrutto! Altrimenti, siamo punto e a capo.-
Ivan, titubante, si frugò nelle tasce e prese il coltello a serramanico rosso di Natalia. Il suo unico ricordo. Non voleva privarsene ma poi, osservando il viso di Toris, corrucciato seppur privo di sensi, e nel sentire il suo corpo irrigidirsi, decise di farlo.
-Che diavolo è successo qui?- esclamò una voce femminile che li fece saltare sul posto (che ne avessero o meno le forze).
L'infermiera guardò il disastro, poi i ragazzi, poi scorse il cadavere del medico e il corpo di Kat'ja e urlò.
Il gruppo decise che di urla ne aveva avute abbastanza, ma non riuscì a lasciare l'ospedale. Avevano tutti bisogno di cure e in più era stata allertata la polizia.
A quel punto l'unica cosa ovvia da fare era una sola.
Aggiungere a distruzione di struttura pubblica, presunto omicidio e aggressione a degente anche quella di incendio doloso e tentata fuga.
Con un abile gioco di squadra, Kiku, Mathias e Lukas riuscirono ad allontanarsi da Ivan e Toris col coltello a serramanico. I poliziotti tentavano di placcarli e i tre furono costretti a lanciarsi l'arma fra di loro finché uno solo non riuscì a sfuggire alla legge.

Lukas era piccolo di statura, ma era molto veloce. Doveva distruggere quel coltello e doveva farlo subito. E doveva seminare la polizia che aveva alle calcagna.
Fortuna volle fargli incontrare la squadra di inceneritori di ritorno dal cimitero.
-Presto!- urlò correndo verso di loro, col coltello ben alzato. -Presto!-
Il gruppo si guardò sconcertato, ma quando fra un ansimo e l'altro il norvegese gli spiegò ogni cosa, Arthur prese il coltello e corse via a sua volta, con la tanica di benzina.
Poco prima di essere arrestato, riuscì a bruciare il serramanico. La scritta "Natalia" riportata su di esso, scomparve, divorata dalle fiamme.




-Che palle...- protestò Lovino -Per colpa vostra sono costretto a stare qui!-
-Nessuno ti ha detto che potevi aggregarti.- fece Ludwig, seccato, tornando alla sua rivista. Lui doveva essere seccato, a causa di quella vicenda non poteva più candidarsi come rappresentante d'istituto! Beh, neppure Alfred e Mathias, se per quello.
E gli era andata bene.
-Sei mesi di servizi sociali non è poi così male.- disse Feliciano, sorridendo, mentre ridipingeva un vecchio muro sporco di "graffiti".
-Sei.mesi.di.scazzo.sociale.- puntualizzò Lovino -E tutto perché tu, stupido macho patata non sapevi cosa fare se non intrometterti nelle questioni di quel russo psicotico!!-
-Lovino, non te la prendere.- fece Feliciano, con tutta la calma del mondo -Avevamo i nostri buoni motivi per farlo. Almeno siamo tutti insieme.- disse. Gli altri annuirono, imbarazzati. Certo non era molto divertente passare per delinquenti patentati, ma almeno erano stati assolti dalle accuse di omicidio.
-Quando questa storia sarà finita.- disse Francis, d'un tratto, smettendo di dipingere -Potremmo prenderci una bella vacanza.-
-Non hai tutti i torti.- concesse Arthur.
-Così possiamo fare la nostra luna di miele, mon amour.-
A quel punto, tutti distolsero lo sguardo.
Era certamente meglio vedere i goffi tentativi di Ivan di essere gentile con Toris piuttosto che un inglese che tentava di affogare un francese nel secchio della vernice.
-Non ci arrivo...- si lamentava il lituano. Ivan gli prese il rullo dalle mani.
-Lascia, faccio io.- disse sorridendo gentilmente (era sempre inquietante vederglielo fare) e coprì il vecchio colore col nuovo in poche passate.
Erano passati pochi giorni dalla cerimonia per Natalia e Ivan sembrava finalmente vivo. Era riemerso da un incubo.
Kat'ja si sarebbe ripresa, avrebbe solo dovuto stare ricoverata per almeno un mese date le sue condizioni, ma era viva! In seguito alla cerimonia, il russo si era ripromesso di vivere senza rischiare di perdere più nulla, neppure la più piccola gioia. Aveva già perso troppo: i genitori, sua sorella minore per ben due volte e poi Gilbert. E Toris. Aveva quasi perso Toris!
Si era sentito veramente in colpa per quanto accaduto ma il suo ragazzo, perché ormai era tale e non il suo schiavetto con le ulcere, era riuscito in qualche modo a mettergli il cuore in pace almeno su quello.
Durante la cerimonia per Natalia, Toris gli aveva stretto la mano e lui aveva ricambiato la stretta con forza. Forse, col tempo la ferita nel suo cuore sarebbe stata risanata. L'importante era che almeno era riuscito a proteggere Toris e, non meno importante, da quella esperienza aveva guadagnato degli amici che altrimenti sarebbero solo fuggiti da lui. Gli furono tutti vicini, tutti lividi, ammaccati, spaventati, ma vivi. Ivan tenne Toris per mano per tutta la durata del funerale, poi, quando furono finalmente soli, si concesse il lusso di piangere tutte le sue lacrime.
"Un'ultima volta." si disse.
Avrebbe pianto un'ultima volta, poi avrebbe guardato solo avanti. Toris gli carezzò la testa, per consolarlo.
-Ci sono io...- gli disse a bassa voce.
Sì, non era solo, anche se aveva creduto di esserlo.
Della sua famiglia non erano rimasto che lui e Kat'ja e tutti i ricordi dei momenti in cui erano felici. Una foto di loro, mamma, papà, Kat, Nat e lui, era incorniciata in un vecchio album, nascosto alla vista. Pronto ad essere sfogliato quando il suo cuore ricercava quei giorni in cui sorridevano felici. Anche in quella foto sorridevano.
Ivan sperò, pregò, che Natalia potesse sorridere anche in quel momento, lassù.
Dopotutto, era la sua sorellina.







Note: Sono felice di essere riuscita a concludere questa fic. Avrei voluto metterci meno tempo e più cretinate e invece è uscita fuori questa cosa. Ringrazio chi mi ha seguito fin qui, grazie davvero, ragazzi!! >_<

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