WW Accademy Crisis di kymyit (/viewuser.php?uid=36835)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1: Kat'ja ***
Capitolo 2: *** 2. Gilbo ***
Capitolo 3: *** 3. Al mattino ***
Capitolo 4: *** 4. Avvertimento ***
Capitolo 5: *** 5.Frammenti d’un torbido trascorso. ***
Capitolo 6: *** 6.Боже мой! ***
Capitolo 7: *** 7. Ossessione ***
Capitolo 8: *** 8.Salve, comune mortale. ***
Capitolo 9: *** 9.Lo vedi che i fantasmi esistono?! ***
Capitolo 10: *** 10. Amami, fratello ***
Capitolo 11: *** 11. Torniamo a casa, Vanya ***
Capitolo 12: *** 12. Senza riposo ***
Capitolo 13: *** 13. Sad ending: Insieme per sempre ***
Capitolo 14: *** 14. Happy ending: Di noi restano solo i ricordi ***
Capitolo 1 *** Capitolo 1: Kat'ja ***
Capitolo 1:
Kat'ja
Il telefono squillò.
Un gesto infastidito del coinquilino lo invitò a rispondere
alla chiamata.
-Pronto?- chiese assonnato, era molto tardi, e ancora non era riuscito
a chiudere occhio, grazie al compagno.
-Il signor Ivan Braginski?- disse una voce roca all'altro capo.
-No. Sono il suo coinquilino, chi parla?-
-Sono il dottor Michael Mc Gregor, chiamo dal WideWorld Hospital...- la
mano di Ivan poggiata sulla sua spalla fece capire al ragazzo che
doveva cedere la cornetta, allora perché diavolo l'aveva
fatto alzare?!
-Pronto? -
-E' lei Ivan Braginski?-
-Si.- rispose il ragazzo, con la solita voce fintamente gentile, ma
leggermente tesa. Aveva il sentore di qualcosa...
-Katyusha Braginskaya è una sua parente?-
Il cuore di Ivan parve fermarsi.
Era successo qualcosa a Kat'ja?
Toris, il ragazzo alle sue spalle lo osservò sussultare e
scorse il sudore scorrergli lungo la tempia. Non era mai successo, da
quando conosceva Ivan!
-E' mia sorella.- emise con un sospiro il biondo.
Toris non sentì cosa il medico disse al compagno. L'avrebbe
scoperto più tardi. In quel momento non poté
vedere altro che la mano di lui aprirsi e lasciar cadere a terra la
cornetta .
Fine Capitolo 1.
Taaaaataaaan! Da brava
masochista inizio una nuova long fic, che comunque non
aggiornerò con foga e tanto presto. Circa un cap al mese U_U
Appariranno un po' tutti
i personaggi, ma dato che non so i nomi di tutti (Danimarca,
Norvegia...) vedrò o di inventarli o di usare i nomi
più quotati tra i fan ^_^
Il primo capitolo
è veramente corto, funge più da prologo che
altro, ma spero che mi seguiate lo stesso.
Bacioniii!
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Capitolo 2 *** 2. Gilbo ***
CAPITOLO
2: Gilbo
-Roderich?- Elizaveta osservò l'austriaco al chiaro di luna.
I lineamenti delicati, lo sguardo fiero e severo, ma triste. Elizaveta
sapeva a chi erano dedicate le lacrime che sgorgavano dagli occhi del
moro. Non erano per lei.
Per lei c'era la dolcezza, ma l'amore era condannata a condividerlo con
la persona che avrebbe detto di odiare di più al mondo, se
non avesse scoperto che un tempo quella stessa persona era stata il
mondo del suo Roderich.
Gilbert Beilschmidt era morto due anni prima, d'incidente.
Era un pazzo.
Faceva un sacco di acrobazie idiote con la moto e spesso e volentieri
attaccava briga.
Un giorno semplicemente, per dispetto, qualcuno aveva rotto i freni
della sua moto e lui era volato giù da un ponte.
Nessuno seppe chi era il colpevole. Gilbert aveva troppo nemici.
Roderich era stato accusato, perché tutti li vedevano
litigare e Gilbo compiva nei suoi confronti veri e propri atti di
bullismo. Ma nessuno sapeva che quello era il solo modo di amare che
l'albino tedesco conosceva.
Perché lui AMAVA Roderich e l'austriaco ricambiava, ma solo
nella stanza da letto, lontani da occhi indiscreti.
Elizaveta sapeva e lo accettava.
Quel giorno era la vigilia dell'anniversario della morte di Gilbert,
anche l'anno precedente Roderich piangeva osservando le stelle e
suonando il piano forte, ma per quel giorno ne aveva dovuto fare a
meno. Non si trovava a casa sua, la sua bella villa in stile
ottocentesco. Quel giorno stava da lei, nella sua stanza alla World
Accademy.
La bella ungherese cinse le spalle al suo amato.
Anche se soffriva per quella partizione d'amore, almeno il sentimento
che lei dava, quello, Roderich lo riceveva per intero. Sarebbe stata
solo una questione di tempo e la ferita lasciata dalla morte di Gilbert
sarebbe guarita, almeno un poco.
-L'ho sognato, sai?-
Elizaveta annuì, sempre appoggiata a lui.
-Quell'idiota non cambia mai. Anche nei sogni non fa che darsi delle
arie.- a Roderich scappò una risata amara.
Elizaveta rimase in silenzio.
-Mi ha detto di dovermi parlare, ma non ha finito il discorso... -
Roderich si sistemò gli occhiali sul viso -Insomma, mi ha
lasciato un senso di disagio... -
Saaaalve! Perdonate il ritardo e il capitolo corto. Anche
questo l'avevo già scritto, solo che tra fic e impegni vari,
non trovavo il tempo per aggiornare. Il prossimo cap è
più lunghetto e devo finirlo. Aspettatevi grandi cose.
Spero XD
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Capitolo 3 *** 3. Al mattino ***
Capitolo 3:
Al mattino
La World Academy era un
prestigioso college frequentato da studenti provenienti da tutto il
mondo. Li accoglieva e li accompagnava negli studi, preparandoli a
entrare nel mondo del lavoro, in particolare indirizzandoli sulla via
diplomatica per il dialogo fra le varie nazioni.
Le classi erano per la
maggior parte miste, in modo da abituare fin da subito gli studenti
alle diversità culturali di ognuno.
Quello che l'accademia
si trovava a vivere era un momento particolare, dovuto innanzitutto
all'imminente Halloween, atteso da tutti gli studenti.
Chi come Raivis Galante
lo attendeva con timore perché preda degli scherzi
più crudeli, chi come Ivan Braginski non vedeva l'ora di
terrorizzare tutti in modo ancor più spaventoso di quanto
non facesse già andando su e giù per l'edificio
scolastico armato di rubinetto e minacciando di spaccare dentature.
Anche Alfred Jones
temeva Halloween, ma certamente non l'avrebbe dato a vedere,
perché lui era l'eroe della situazione. Amava fregiarsi di
quel titolo e accorreva in aiuto degli studenti vittime di bullismo.
Aveva persino ridotto gli atti vandalici di Ivan alleandosi con lui.
Dietro quell'alleanza, se così si poteva definire, vi era un
fine politico... se così si poteva definire.
Alfred era il figlio del
preside e nonostante fosse solo al primo anno, aveva avuto il permesso
dal padre di candidarsi al ruolo di rappresentante
d’istituto, per impedire al tedesco Ludwig Beilschmidt di
fare altrettanto.
Ludwig era uno del terzo
anno: biondo, occhi azzurri, muscoloso, perfetto esemplare di razza
ariana.
Due punti a suo sfavore:
voleva stravolgere la scuola e i suoi metodi educativi e girava con un
italiano deficiente al seguito.
Feliciano Vargas non era
una persona propriamente sveglia. Tutt'altro: era ingenuo, sorridente e
fifone. Qualsiasi difficoltà veniva da lui rifiutata. Era un
piccolo parassita che aveva scelto di aggrapparsi allo scoglio tedesco.
Molti si chiedevano se la sua fosse furbizia o ingenuità. Se
fosse stato totalmente deficiente, sarebbe stato preoccupante.
Anche suo fratello
maggiore era un idiota, di quelli che amano darsi tante di quelle arie,
ma almeno lui non avrebbe appoggiato Ludwig, poiché lo
odiava.
Infine, girava con loro
anche Kiku Honda, giapponese timido e silenzioso. Un ragazzo di poche
parole e dalle risposte evasive che si traducevano in ogni caso con NO.
-Ciao, Kiku!- una voce
roca e calda attirò l'attenzione del moretto.
-Sadiq-san!- il
giapponese rispose al saluto dell'altro con un rispettoso inchino -Che
ci fa qui?-
Sadiq Annan era turco e
aveva frequentato l'accademia fino a due anni prima. Era palese che
provasse simpatia per il giapponese, ma il moro sapeva già
di non essere il motivo della visita dell'altro.
-Cercavo Gupta, l'hai
visto?-
Kiku ci pensò
su un poco -Credo sia in biblioteca.-
-Aaargh!-
l'urlo provenne dalle spalle del turco, che voltandosi
riuscì a schivare un potente pugno.
-Dannato, sei ancora
qui!-
-Piacere di vederti,
Heracles.- rispose Sadiq al suo acerrimo rivale.
Heracles, greco, fisico
statuario, aria di chi si era appena svegliato e aveva visto il suo
peggiore incubo divenire realtà, indicava tremante di rabbia
l’altro -Lascia in pace Kiku altrimenti io… -
-Altrimenti ti metterai
a piangere?- lo schernì l’altro, senza scomporsi.
Sadiq e Heracles si
odiavano, eppure passavano molto tempo insieme, a menarsi e insultarsi,
ovvio.
Il turco
sollevò senza fatica il giapponese che emise un gemito di
frustrazione. Erano alle solite.
-Se ci tieni tanto vieni
a prenderlo!- esclamò, correndo come un pazzo su e
giù per l'edificio.
Ma tornando ad Alfred
Jones…
Il suo gruppetto,
soprannominato gli Alleati, perché richiamava la gloriosa
alleanza della seconda guerra mondiale, si era riunito in una delle
stanze della biblioteca.
Vi era un grande scafale
in legno finemente decorato, carico di tomi vecchi, due poltroncine e
un divanetto verde scuro, un tavolino con delle sedie e due lampade
verdi.
Quando
l’americano varcò la soglia dell’aula,
si ritrovò a dover intervenire per impedire il massacro di
due suoi “colleghi”, ovvero Arthur Kirkland e
Francis Bonnefois, inglese e francese. Cane e gatto. No, cane e gatto
vanno più d’accordo.
Ad ogni modo, dopo
averli divisi con nonchalance, separandoli e tenendoli lontani con una
sola mano, si accorse che mancava qualcuno. Qualcuno che non passava
inosservato di certo.
-Dov’è
Ivan?-
-Non è ancora
arrivato.- rispose Yao, cinese, secondo anno.
-Provo a chiamarlo. Devo
parlarvi di una cosa molto importante.-
Arthur e Francis smisero
di guardarsi in cagnesco per un attimo, poi il francese
ribatté –Abbiamo già provato a
chiamarlo, ma ha il cellulare spento.-
Alfred rimase pensieroso
per qualche secondo, tamburellando sul palmo della mano col cellulare,
poi compose un numero.
Poco
dopo, al World Hospital.
-Toris! Ivan!- Alfred
chiamò i due dall'altro capo del corridoio.
Toris lo
osservò avvicinarsi velocemente, trattenuto, letteralmente,
da Ivan. Il russo non sopportava che fra i due ci fosse del tenero.
-Che cos'è
successo di preciso?-
-Kat'ja ha avuto un
malore.- disse Ivan, piatto e serio, guardando malissimo il suo
compagno lituano, che chinò il capo.
-Non prendertela con
lui, ho chiamato io.- disse serio l'americano, per poi domandare ancora
-Sta bene?- insistette Alfred.
-Dorme.- rispose Ivan,
cupo.
Dormiva, forse per
sempre Kat'ja... E la colpa era sua. Solo sua.
-Ma cosa… -
Alfred tentò di indagare più a fondo, ma
l’occhiata truce con cui Ivan lo fissò, gli fece
morire le parole in gola.
-Non sono affari che ti
riguardano.
Quasi intravvedeva
un’oscura aura violacea intorno a lui.
Toris rimase in silenzio.
Lui sapeva qualcosa al
riguardo, ma ovviamente, doveva starsene zitto.
Nella loro stanza, dopo
la chiamata del medico, il gigante era crollato sul letto, aveva
portato le mani grandi al viso, tremando. Tremando!! E sussurrava,
sconvolto, con la vocina flebile e quasi infantile
–E’ colpa mia… l’ho costretta
io… l’ho costretta io a ucciderla… -
°°°
Sempre
in ritardo, pardon. Il capitolo stavolta è lunghetto, ma non
è il massimo, ancora scusa, vi prometto
migliorerà!!
Stefy_rin:
Per
Gilbuccio dovrai aspettare ancora, anche perché se no, che
mistero ci sarebbe? XD
Kurohime:
già,
ho notato che Gilbo muore spesso XD cmq apparirà lo stesso,
mica può lasciare Roderich in pace? Non sia mai!!!
Non sarà un mega capitolo, ma almeno non sono
cinque righe^^
Grazie
a chi recensisce, a EsoChan
che ha messo la fic nei preferiti, Alechan, ladyLminiMisa,
Nell Sev Snape,
sasuchan7,
Seiten Taisei90,
Stefy_rin e
ValeKikyo
per averla messa nelle seguite ^^
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Capitolo 4 *** 4. Avvertimento ***
Capitolo
4: Avvertimento
-Ah!-
Roderich si svegliò
di soprassalto. Elizaveta aprì piano gli occhi e si
voltò lentamente verso di
lui, ancora intorpidita dal sonno.
Da un po’ di tempo a
quella parte il suo compagno austriaco soffriva d’insonnia e
i pochi minuti di
sonno che essa gli concedeva erano tormentati da incubi.
Da Gilbo.
Elizaveta lo odiava.
Gli dispiaceva per
lui, ma non poteva fare a meno di essere gelosa dell’uomo
che, seppur morto,
continuava a ghermire il cuore del suo amato.
Si mise a sedere e
posò la mano sulla spalla di Roderich.
-Va tutto bene?-
Lui si premette
pollice e indice sul setto nasale, per tentare invano di scacciare
l’emicrania
e rispose a bassa voce –Ancora
lui… non
capisco proprio… -
-Era sempre lo stesso
sogno?-
-No.- Roderich prese
gli occhiali dal comodino, se li mise e si alzò piano, quasi
a evitare il
fruscio delle lenzuola. Anche quello inevitabile, come gli incubi in
quel
periodo dell’anno.
-Svegliati,
idiota!- Gilbo si parò davanti ai suoi occhi.
Roderich era ancora nella sua stanza non poteva
sbagliarsi. Era come risvegliarsi da un brutto sogno. Ma
c’era dentro. Perché
per quanti pizzicotti, quante preghiere, quanto desiderio di
svegliarsi, la
verità era che Gilbo era morto.
E l’averlo vicino, a torso nudo, col suo cipiglio fiero e
prepotente, col suo sorriso da schiaffi… era solo un
doloroso incubo. Perché
come sogno non si sarebbe mai avverato.
-Forza forza! Non ho mica tutta la notte, io!-
-Lasciami in pace… - sbuffò l’austriaco.
Gilbert scosse la testa –Non fare l’antipatico.
Mica sono
venuto qua per nulla!-
-Cosa vuoi, allora?-
Gilbo lo fissò dritto negli occhi, serio –Sono in
pericolo. Tutti!-
-Tutti? Chi?- Roderich era confuso –West,
Braginski… tutti!-
Roderich scosse il capo –Non ti seguo… -
Non era sicuro di star bene. Era un sogno, ma sembrava
tutto così reale. Lui credeva di star parlando davvero con
Gilbo. Eppure era
così dannatamente irrazionale.
-Lei è tornata. E’ furiosa, non ha pace. Braginski
deve
sap… -
Poi di punto in bianco sparì. Non terminò il
discorso e
Roderich si sentì risucchiato fuori.
Nella
realtà.
L’assurda realtà.
-Domani
passerò in
Accademia a incontrare Ludwig.-
Il
giorno dopo fu
terribile per Ivan.
Non gliene andava una
giusta. Inciampava e gli si rompevano gli oggetti fra le mani.
Involontariamente, tra l’altro. Normalmente era lui a
distruggere tutto con
gusto.
Fervevano i
preparativi per la festa di Halloween, ma lui non partecipava.
Stava seduto a
rigirarsi nervosamente fra le mani il tubo di rubinetto, con gli occhi
puntati
sul pavimento, come a contare le patacche di sporcizia fresche di
passaggio.
Sua sorella era
ancora in coma e il medico gli aveva detto di tornare a casa, che
l’avrebbero
avvertito se ci fossero stati miglioramenti.
Tutto quello che
poteva fare era attendere.
Era solo questione di
tempo, sapeva per certo che non si sarebbe svegliata e ti tanto in
tanto
meditava l’idea di farla morire. Poi però
scacciava il pensiero.
“Dopotutto quello che
ha fatto per me… “
E mentre sedeva sui gradini
che portavano alla terrazza, accadde che due studenti corressero fuori
per il
pranzo. Uno dei due lo urtò per sbaglio e il bento gli cadde
da sotto il
braccio.
Il riso condito con
tutte quelle strane spezie cascò dritto sulla testa di Ivan,
coprendo i suoi
capelli platinati di chicchi bianchi e appiccicaticci.
Lo studente
giapponese s’inchinò terrorizzato, supplicando il
perdono del russo e Ivan
strinse il suo tubo, lanciandogli un’occhiata torva che
avrebbe fatto
impallidire Satana in persona.
Ma solo quello.
Toris passava di là e
corse su per le scale per tentare di porre rimedio e impedire
l'ennesimo tentato omicidio con annesso pestaggio da parte del russo.
-Ivan… tutto bene?-
gli chiese “Che domanda stupida!” si
sgridò mentalmente.
Braginski scosse la testa
e rimase in silenzio, mentre il lituano fissava stupito i due studenti
sul
terrazzo.
Erano… vivi…
Ivan li
avrebbe uccisi, in una situazione normale.
Era terribile e lui ne sapeva
qualcosa. Invece in quel momento era così fragile da farlo
star male.
Il lituano non aveva
idea di cosa fare. Non poteva farci nulla, a dire il vero...
Si premette una mano sull'addome, in preda all’ennesimo
spasmo d’ansia e
cercò di respirare piano.
Si sedette accanto al russo e tentò di rincuorarlo,
posandogli la testa castana sulla spalla –Si
sveglierà.-
disse, piano.
Ivan scosse mestamente la testa.
-No… non lo farà. Lei
non vuole che si svegli… - e tremò da capo a
piedi.
Perché lui aveva
terrore di Lei.
-Dove
accidenti è
Ivan?!- ringhiò Arthur, in preda all’ennesima
crisi di nervi.
-Lascialo in pace… -
sospirò Francis, occupandosi di appendere dei pipistrelli di
plastica che l’inglese
gli passava.
Avevano quasi finito
di tappezzare l’edificio con quegli affari.
Mentre erano
impegnati a svolgere quel compito, Feliciano Vargas e Kiku Honda si
stagliarono
all’orizzonte, armati di videocamera, registratore, microfoni
e pasta.
-Deve occuparsi lui
degli effetti speciali. Che Halloween sarebbe senza di lui?!-
ribatté l’inglese.
-Una festa genuina. L’hanno
scorso ha pestato a sangue quel canadese, ricordi?-
Arthur fece mente
locale –Ma chi… ah, quello che somiglia ad
Alfred?- chiese, stranamente
distaccato.
-Si… ma è suo
fratello?-
-Aha…-
-Ma quindi siete
fratelli?-
Arthur assunse la
peggiore delle sue facce furiose
–Per.metà.e.ora.appendi.questo.pipistrello.del.cavolo!-
sibilò
-Veeeeee…-
I due sussultarono e
si voltarono di scatto.
Francis quasi cadde
dalla scala su cui era appollaiato.
-Scusate per il disturbo.-
iniziò Kiku, mentre Feliciano sorrideva con quel suo
sorrisetto ebete –Siamo qui
per il giornale della scuola. Vorremmo scrivere un articolo sul
paranormale e
le leggende legate alla notte delle zucche.-
I due annuirono.
-Ci sarebbe molto da
parlare. Che cosa volete sapere di preciso?- chiese Arthur.
-Smettila di mangiare
pasta in continuazione, stupidello.- Francis fissava amareggiato
l’italiano
continuare a mangiare come se nulla fosse –Dai, su!-
Ad ogni modo, pasta o
non pasta, il quartetto si diresse in biblioteca, nel ritrovo degli
Alleati.
I due ospiti si
accomodarono nel divanetto, mentre Francis prese del vino e se lo
versò in un
bicchiere, accomodandosi a gambe incrociate nella sedia di fronte a
loro.
Arthur chiuse la
porta e l’intervista cominciò.
-Quindi Halloween non
è una festa con radici statunitensi?- chiese Kiku
meravigliato.
-Oh, no.- rispose
Francis –Anzi, pare che la sua origine sia europea. Erano i
celti che
lasciavano cibo per le anime dei loro defunti e a creature come elfi e
fate.-
Kiku iniziò a
scrivere diligentemente nel suo taccuino, poi si ricordò del
registratore e
della telecamera.
-Vi spiace se
filmiamo?-
Francis mosse
vanitosamente la sua bella chioma ondulata –Perché
no?-
Arthur arrossì un
poco. Le telecamere lo mettevano in agitazione.
L’intervista iniziò
da principio. Kiku presentò gli ospiti alla telecamera e i
due europei raccontarono
delle origini della festa e delle varie usanze, indirizzando infine i due
da Alfred.
-Non sapevo le fate
fossero creature malvagie.- disse Kiku.
Arthur si sentì
leggermente offeso.
-Non lo sono!-
esclamò, poi chinò lo sguardo, mentre Francis
alzava gli occhi al cielo
pensando “Oh, no… ecco che ricomincia con le sue
storielle fantastiche.”
Ma l’inglese si
limitò a giustificare le deliziose quanto temibili creature
–Sono esseri
stupendi, ma molto permalosi. Bisogna saper trattare con loro, o sono
dolori.-
Ludwig fissò
sospettoso l’austriaco.
-Mio fratello ti ha
parlato?- chiese scettico.
-So che puoi non
credermi, ma ormai mi sono convinto che lui mi abbia davvero parlato.-
Ludwig annuì in
silenzio.
-Mi ha detto di
dirti, di stare in guardia.- osservò l’alta volta
dell’andito, percependo
qualcosa. Qualcosa di oscuro. Nemmeno sapeva perché si era
lasciato convincere
da quel sogno.
Ma tante cose erano
già accadute.
I suoi sogni, la
sorella di Braginski in coma, il terribile russo perseguitato dalla
mala sorte
per tutta la mattina. E che dire dell’imminente temporale
prevvisto per la
vigilia di ognissanti?
Troppe per essere
solo coincidenze.
(((Dove
sono?))) Kat’ja guardò in ogni direzione, ma
tutto era buio. Buio pesto. Buio fitto.
L’aria le mancava, si sentiva soffocare.
Poi una risata e del sangue colò su di lei.
Sporcò i suoi
capelli, il suo viso, il suo corpo, le sue mani…
Kat’ja percepì il Suo sguardo alle sue spalle e
sentì
distintamente il Suo tocco.
La lama sulla sua gola.
Quella stessa lama… con cui le aveva carpito la
vita…
Fine
Capitolo 4
Ed
ecco il 4° capitolo!! Spero sia stato gradito ^^
Povero Ivan... che cattiva sono, eh?
wolvie91: grazie ^^ Ora
sorge il problema. Perché dovrebbe essere un horror, ma
hetalia è demenza... quindi ho paura ne venga fuori una
specie di aprodia alla scary movie XD
Kurohime: E riecco Gilbo. In tutta la sua awesomità XD E
c'è anche qualche indizio sulla morte di Natalia. Kat'ja
ancora non è schiattata, povera. Infine Lovino... ehm...
dai. è un po' dementello anche lui U_U
O_O mi sono accorta di non avere risposto alle recensioni al primo
capitolo.
Vergogna!!
Rimedio.
Akasuna_No-Mayumi:
lieta che la trovi interessante ^^
Stefy_rin: ehehe, Ivan ha un sacco di fan XD
Kurohime: Grazie ^^
Esochan: Ecco, questo non è poco XD
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Capitolo 5 *** 5.Frammenti d’un torbido trascorso. ***
Capitolo 5:
Frammenti d’un torbido trascorso.
Il giorno seguente non
fu certo migliore per Ivan.
Nel pomeriggio,
terminate le lezioni, tornò nel dormitorio insieme a Toris.
Il lituano si
adoperò per riempire la vasca e preparare così un
caldo bagno rigenerante e propose a Ivan di farlo insieme. Forse si
sarebbe distratto.
-Aha…- fece
il russo.
Così si
sedette a leggere svogliatamente una vecchia rivista che giaceva sul
tavolo. Non capì una parola che fosse una di quello che
leggeva. La sua mente era oppressa dalla preoccupazione, dalla paura.
Non era solo apprensione per sua sorella maggiore. Era convinto che LEI
fosse coinvolta in qualche modo. La sentiva.
Era una presenza
costante che mai l’aveva abbandonato.
Era come se LEI non se
ne fosse mai andata.
-…van.-
Lo guardava.
-Ivan?-
Incombeva su di lui.
-Ivan?-
Lo toccava.
Ivan si alzò
di scatto e col gomito colpì qualcosa alle sue spalle.
Toris cadde sul
pavimento.
-Ah!- esclamò
il russo, accorgendosi di ciò che aveva fatto. Si
precipitò verso di lui e lo aiutò ad alzarsi
–Scusa io…-
Gli occhi del lituano si
fecero grandi.
Con la mano destra
carezzò il viso del compagno, quasi il tatto potesse
aiutarlo a comprendere chi avesse di fronte.
-Ivan…-
No. Stava davvero male
per chiedergli scusa.
-Non fa nulla.- disse.
La mascella gli doleva. La gomitata era stata piuttosto forte, ma non
era volontaria. E lo capiva.
-Volevo dirti che la
vasca è pronta e…-
E suonò il
telefono.
Erano circa le otto di
sera e il mittente della chiamata era uno dei medici
dell’ospedale.
Kat’ja aveva
avuto un peggioramento.
Il Russo non
poté far altro che scuotere mestamente la testa e indossare
la giacca.
-Vado.- disse a Toris e
questi fece per seguirlo. Ivan però lo fermò,
parlandogli senza neppure guardarlo in volto, proprio sulla porta
–Da solo.-
Uscì.
Mancava un giorno a
Halloween.
L’indomani a
mezzanotte si sarebbe tenuto il party tanto atteso.
Fervevano gli ultimi
preparativi e gli Alleati avevano ormai terminato con i festoni. Arthur
finì di disporre piccole zucche nei gradini delle scale.
Esse presentavano fori su ogni lato, in modo da illuminare
spettralmente l’intera accademia. Un lavoro impeccabile.
E mentre ultimava
l’opera, l’inglese canticchiava una delle sue
sinistre e inquietanti nenie.
Alfred, alle sue spalle
tremava come una foglia –Ti prego smettila, sai che non
sopporto queste evocazioni sataniche!-
Arthur
sospirò e riprese a cantare, a voce appena più
alta.
-Ti ho detto di
smetterla!-
Poi un fulmine cadde
sulla scuola illuminando a giorno l’intero androne.
Alfred urlò
aggrappandosi all’inglese che urlò anche lui,
infuriato.
-Satana! Il re dei
demoni vuole punirci!-
-Staccati! Mi fai male!
Pussa via!!-
-Se cerchi una vergine
sacrificale prendi lui!!-
-Chi sarebbe la vergine
sacrificaleee?!-
Tutto questo fu urlato
tra il rombare di un assordante tuono e la caduta di un secondo fulmine.
-Non sei più
vergine?- chiese Alfred, sistemandosi gli occhiali.
Mai l’avesse
detto…
Due mesi prima, Las Vegas.
-Vuoi
tu, Arthur Kirkland, prendere in sposo il qui presente Francis
Bonnefois?-
La
sua testa ciondolò un poco di lato.-
-Hic…
si, lo voglio.- disse sorridente e col viso arrossato.
-Col
potere concessomi dallo stato di Las Vegas.- disse un poco credibile
celebrante –Io vi dichiaro, marito e marito.-
Tuono.
Il pugno di Arthur si
abbatté sulla testa di Alfred.
Al World Hospital
intanto, Ivan fu aggiornato sulle condizioni di sua sorella. Le prese
la mano, mentre il medico parlava.
-Le sue funzioni vitali
sono stabili adesso, ma…-
-Ma?-
-Solamente grazie ai
farmaci e ai macchinari. E’ una situazione critica, ma non si
riesce ancora a comprendere la causa.-
“Io
la conosco la causa. E molto bene.” pensò Ivan.
-Fratellone.-
Ivan
rimase fermo dov’era.
-Fratellone,
non fuggire ti prego…-
“Perché,
perché, perché?!” pensava.
Era
tutto così assurdo.
Malata,
ecco cos’era sua sorella. Malata. Perché non lo
lasciava in pace?!
-Fratellone,
voglio stare con te.-
Vide
la sua ombra stagliarsi sotto la porta, le sue unghie conficcarsi nel
legno, i suoi rantoli. Era come vivere un film dell’orrore in
prima persona.
Solo
che Natalia era reale.
-Fratellone,
perché vuoi più bene a quello stupido finocchio
che a me?-
Ovviamente
si riferiva a Toris.
Accarezzò il
viso di Kat’ja, dolcemente, col dorso della mano.
-Mi dispiace
tanto…- le disse piano.
-Che
hai fatto alle dita?- chiese Ivan.
Toris
ammutolì e si guardò le dita steccate per diversi
secondi, come a cercare le parole giuste.
-S-sono
caduto.- mentì.
Un
misero tentativo.
Ivan
aveva già capito.
Il russo ebbe un tremito
improvviso.
E se dopo
Kat’ja fosse toccato a Toris?
Deglutì, poi
afferrò la giacca in fretta e furia e lasciò la
camera, sotto lo sguardo attonito dei medici.
Nel corridoio travolse
un’infermiera e il suo carrello recante medicamenti vari.
Non vide ne
sentì nulla per tutta la strada di ritorno fino al
dormitorio della scuola.
Non sentì il
cellulare vibrare nella tasca.
Toris rimase seduto sul
letto, piuttosto preoccupato per Kat’ja, ma ancor di
più per Ivan. Scosse la testa, pensieroso, e sarebbe rimasto
a sedere ancora per parecchio, se uno strano rumore non avesse attirato
la sua attenzione.
Era come uno stridio di
lame.
-Strano…-
fece Alfred –Non risponde.-
-Bonsoir mes amis!-
esclamò Francis varcando la soglia della biblioteca.
Lì
trovò Feliciano intento a mangiarsi un piatto di pasta,
tanto per cambiare, e Ludwig con lui, seduto sul divano con le braccia
conserte e il cipiglio scuro e meditabondo. Il francese si
spaventò.
-E tu che ci fai qui?-
esclamò sconvolto, con gli occhi a fessura.
-Devo parlarti.- fu la
risposta secca.
Francis si
auto-indicò, stupito.
-Io?-
-Si tu, francese
depravato.-
Francis fissò
l’altro sottecchi e si sedette a debita distanza da lui.
-E di cosa vorresti
parlarmi?-
-Di mio fratello.-
-Gilbert?- Francis ne fu
sorpreso.
-Eravate amici, no?-
-Si, ma come mai
tutt’ad un tratto…-
-Ma perché
non rispondono?!- esclamò Alfred, interrompendoli.
Aveva provato a chiamare
prima Ivan, poi Toris, ma anche lui non rispondeva -Che
strano…- disse grattandosi la testa pensieroso.
Aveva un brutto
presentimento, proprio come Ivan.
-Che sia successo
qualcosa?-
-Non ti starai
preoccupando troppo?-
Era Arthur, con i
capelli in completo disordine e la divisa che pareva un cencio buttato
su uno spaventapasseri. Opera di Alfred che, in preda al terrore,
l’aveva strattonato a manca e a destra per tutta la durata
del temporale.
L’americano
sospirò e fece dietrofront.
-Vado a controllare,
magari hanno bisogno di qualcosa.-
La verità
è che, ad Alfred Jones, Toris Laurinaitis piaceva come
persona.
Quando
s’iscrisse all’accademia, ebbe qualche
difficoltà per quanto riguarda gli studi e Toris, che era
iscritto nella sua stessa sezione, era stato incaricato dal preside in
persona per fargli delle ripetizioni. E questo perché
Arthur, il suo fratellastro, proprio non aveva voglia di avercelo fra i
piedi.
E neppure Ivan, se per
quello.
Non si era mica fatto
bocciare per vedersi soffiare il suo ragazzo dal primo americano che
passava.
Non che Alfred volesse
Toris in quel senso. Era Ivan che fraintendeva e Toris sudò
sette camice per tranquillizzare il suo enorme ragazzo circa
un’inesistente relazione col “nemico”.
Il lituano procedette
lentamente, in direzione di quel rumore.
Non doveva esserci
nessuno in bagno.
Aprì piano la
porta e accese la luce.
Niente.
Si guardò
intorno.
Il rumore non cessava.
Lo sentiva tutto intorno a sé.
Era spaventato,
indietreggiò, ma qualcosa lo spinse all’interno
della stanza .
Cadde in avanti e la
porta si chiuse alle sue spalle.
Toris afferrò
il bordo della vasca da bagno, per tirarsi su.
E fu allora che la vide.
Nella vasca
c’era lei con gli occhi chiusi e due coltelli stretti fra le
mani.
-Natalia?-
Pareva dormire.
Pareva…
Bussarono alla porta
d’ingresso.
Ivan entrò in
accademia a rotta di collo.
Natalia aprì
gli occhi.
Le sue mani cinsero con
forza i fianchi di Toris e lo trascinarono in acqua.
Fine
Capitolo 5
Spero gradiate anche
questo capitolo, ma non perdiamoci in cazz...abubbole e procedo con le
recensioni.
Io adoro scrivere
l'angolino dell'autore, senza recensioni non sarebbe tale, ma devo dire
che è comoda l'opzione per rispondere singolarmente agli
autori delle suddette, specie per chi come me è con l'acqua
alla gola ogni mese per le fic XD
Chibi_: che dire, grazie, anzi pensavo
ci fossero più fic sull'accademia. E confesso che io sono
praticamente una novellina su Hetalia perciò se sbaglio, non
siate crudeli, informatemi e correggerò ^_________^
ChibItaliaSweet:
fiera del
risultato allora ** Io sinceramente l'horror non lo sopporto. O meglio,
non guarderei mai un film horror perché ho paura anche della
mia ombra a momenti. Però un fumetto o un libro (no, anzi,
un libro mi fa strani effetti lo stesso) riesco a sopportarli. Quindi
contenta di aver reso bene la cosa.
Kurohime:
se scleri
come Nat, io mi nascondo come Ivan. Comunque, ancora qualche accenno
alla sua morte e spero poi di poter dare il via alle danze. Vorrei
inserire tanti personaggi, ma molti purtroppo faranno solo da comparsa.
Q_Q Chissà se con Dan riuscirò a farci qualcosa,
anche se avrei un'ideuzza.
Dan:
Decapiterò gli zombi con la mia asciaaaa!
Kym:
Non ci sono zombie qui.
Dan:
Pazienzaaaa!!
Kym:...
Cough
cough, riprendiamo.
L_Lawliet_poppy: peccato per i medici
che mi hanno stroncato la scena, un bel bagnetto tonificante gli ci
voleva, tanto dove credi sarebbero andati a parare quei due?
Ancora grazie a tutti,
se dimentico qualcuno nelle recensioni, fatemi sapere ^^
PS: ho appena aggiornato
la mia fic originale "Il caso della band Visual Kei", fattemi sapere
che ne pensate.
Le recensioni sono linfa
vitale, se mi volete bene e viva per il prossimo capitolo fattemi
sentire (leggere) le vostre vociiii! *alza l'ascia di Dan*
Dan: Poi sarei io
l'esaltato...
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Capitolo 6 *** 6.Боже мой! ***
Capitolo 6: Боже мой!
-Ciao!- esclamò Mathias Køhler, un danese del
terzo anno.
Il ragazzo biondo davanti a lui rimase come di sasso.
Povero, pensava di evitarlo in eterno…
-Ti ho cercato tutto il giorno, ma dov’eri, eh, Lukas?-
Quello sudò freddo. Effettivamente, poteva anche dirgli di
essersene andato a mungere rospi, tanto quello se la sarebbe bevuta
comunque.
Inutile dire però che, ora che l’aveva trovato,
non l’avrebbe mollato più, purtroppo.
-Studiavo.- rispose freddo.
-Ma domani non abbiamo nulla da fare se non gli ultimi preparativi per
la festa, perché non te la prendi un po’ meno
seriamente?- gli diede una forte pacca sulle spalle che quasi gli
sfondò le scapole.
Ma come faceva a non capire che non lo voleva fra i piedi?
Lui, Lukas Bondevik, secondo anno, ottimi voti, candidato a una
cospicua borsa di studio e a un promettente futuro diplomatico, ormai
sopportava il suo “caro amico d’infanzia”
per un semplice motivo.
Mathias si era messo in testa di candidarsi alle elezioni in
concorrenza a Beilschmidt e Jones.
Perché non lasciare tutte le grane a lui e manovrarlo
comodamente da dietro le quinte?
Chissà che, una volta coronato dell’agognata
carica, quel danese non ricevesse per grazia divina un poco
più di sale in zucca.
-Uh?- fece d’un tratto Mathias –Ma quello non
è Braginski?-
Lukas si voltò appena per scorgere, in effetti, il tiranno
numero uno della scuola correre trafelato verso l’ala
superiore dei dormitori.
Poi ebbe un fremito.
Beh, i brividi li aveva anche da prima, ma nel momento in cui il russo
svanì oltre la tromba delle scale, la cattiva sensazione
s’accentuò e non poté scacciarla via.
Quando Ivan sopraggiunse davanti alla porta della sua stanza,
trovò Alfred che bussava trafelato.
-Apri, Toris!- esclamava angosciato ad ogni battito.
-Apri!-
-Che ci fai tu qui?- chiese il russo, infastidito, mentre una goccia di
sudore gelido imperlava la sua fronte,
-Oh, Ivan!- esclamò l’americano accorgendosi di
lui –Ho sentito Toris urlare, ma non apre la porta!-
Ivan Braginski impallidì e il suo cuore mancò un
battito per l’improvvisa e rinnovata ansia.
-Spostati.- disse con un tono fermo che spaventò Alfred.
“Perché?!”
si chiese Toris mentre l’acqua scorreva vorticosa sul suo
corpo .
“Perché?!”
si chiese mentre cercava di liberarsi da quelle braccia.
“Perché?!”
si chiese mentre l’acqua entrava nei suoi
polmoni gelandoli e opprimendoli.
Era Natalia quella, non vi erano dubbi. Sul perché
però si accanisse tanto contro Ivan non lo capiva.
Perché Toris aveva ben compreso i motivi dell’odio
della ragazza nei suoi confronti.
Ma Ivan… Da quel che ricordava, lui le voleva bene, ma era
come… intimorito da lei… perché non si
confidava mai, quello?!
Non aveva il tempo di infuriarsi.
Ormai la sua mente era ottenebrata dal freddo abbraccio di madama Morte.
Il dolore delle spire di Natalia era come ovattato. Si sentì
sospeso in aria. Leggero. E si faceva freddo, ma trovava più
facile arrendersi piuttosto che protrarre quell’inutile
resistenza.
Poi, due braccia forti lo strapparono da tutto ciò, persino
dai suoi pensieri.
Sentì due mani afferrargli la testa e l’aria
entrare a forza dai polmoni.
Sentì ancora quelle stesse mani strappargli la camicia e
premere sul suo petto. Com’erano calde…
L’acqua dentro i suoi polmoni si agitò, fu
sospinta potentemente fuori da quell’aria rovente.
Da quel fiato conosciuto.
Con un forte scossone Toris cedette all’impulso di tossire
violentemente.
-Cough cough!-
Si portò le mani alla gola e continuò a tenere
gli occhi chiusi, inginocchiato a terra per il bruciore al petto.
-Va tutto bene?- gli chiese allora Mathias, preoccupato.
“Non mettere
su quella faccia!” pensò Lukas
–Sì…- esitò.
Qualcosa gravava sopra le loro teste. Lo sentiva.
Era come essere schiacciati da un qualcosa d’indefinito e
angosciante.
Non sapeva spiegarselo, ma lui era molto sensibile a certe cose.
-Usciamo fuori.- disse, piano, sudando freddo.
Tanto Mathias non l’avrebbe preso sul serio.
-Un altro cattivo presagio dal tuo troll?-
Ecco, appunto!
Lui assentiva sempre, ma non ci credeva affatto che lui potesse vedere
gli spiriti.
-Fammi
capire…- Berwald Oxenstierna si premette indice e pollice
sul setto nasale –Oggi che dovevamo terminare la ricerca, te
ne sei andato in giro per l’accademia a cercare fate?!-
-Si.- rispose candido,
il danese –Non ci vedo nulla di male.-
Lo svedese gli
lanciò una delle sue occhiate truci in grado di far
impallidire il diavolo in persona (era secondo solo a Ivan! Neppure
Ludwig era capace di tale rabbia concentrata nello sguardo.)
-Domani dobbiamo
presentare la relazione finale del progetto per cui stiamo lavorando da
tre mesi, Køhler…- cercò invano di
trasmettergli un minimo di buonsenso -…e tu ti permetti di
andare in giro a perder tempo?!-
-A parte che la
relazione è bella che finita.- fece quello sorridendo, ma
col tono fermo di chi non ammette repliche –Se poi, me ne
vado in giro a cercare qualcosa che non esiste, vuol dire che ho i miei
motivi, no?-
Se non avesse sentito quell’ultima frase, probabilmente Lukas
avrebbe continuato a sorridere al suo amico danese come un tempo. Ma
Mathias fingeva di credergli per compiacerlo.
Benché non potesse dargli torto fino in fondo, non riusciva
più ad aprirsi con lui. Si sentiva preso in giro, anche se
con le più buone intenzioni.
Meditava di troncare la loro storia da un pezzo ma per un motivo o per
l’altro non era ancora passato all’azione. Poi,
Mathias non sapeva che lui aveva origliato per caso quel predicozzo di
Berwald con conseguente rivelazione, quindi era come elargirgli un non
gradito colpo basso.
-Ho solo un leggero capogiro…- mentì.
Però gli venne in mente che forse coinvolgendo Mathias in
quello che accadeva, mostrandogli le evidenze sull’esistenza
degli spiriti e creature affini, forse il loro rapporto si sarebbe
salvato. Dopotutto erano amici fin da piccoli. Per quanto quel pazzo
sconclusionato fosse un piombo, aveva pur sempre i suoi lati positivi!
-Ci ho ripensato… andiamo in camera… - disse
piano –Mi sdraio un poco, prima di cena…-
Il danese annuì e dopo qualche secondo il norvegese si
ritrovò sottosopra sulle spalle forti dell’altro.
-Ehi!-
-Hai capogiro, no? Dai, ti porto io in camera. Vuoi anche la cena a
letto? O ordiniamo una pizza?-
-Non c’è bisogno…- protestò.
Inutile.
Quello non lo ascoltava già più.
-No, aspetta!- esclamò Francis, con gli occhi ancora
più stretti a fessura –Tu e quel cosino mangiatore
di pasta siete venuti qua per dirmi che tuo fratello Gilbert ti
è apparso in sogno dicendoti che siamo tutti in pericolo?-
-Esatto.- fece il tedesco. Era schifosamente imbarazzante,
perché tanto quel cretino francese non ci avrebbe creduto.
-E secondo te io dovrei credere a una storia simile di… di
cosa poi? Chi sarebbe questa lei?-
Ecco, come volevasi dimostrare.
-Non è questo il punto!- lo interruppe Ludwig alzandosi di
scatto e spaventando il povero Feliciano.
-Anche a me questa storia sembra solo un’idiozia, ma
ciò che mi preme sapere ora è che rapporti
c’erano fra mio fratello e quel Braginski!-
Francis ammutolì e si carezzò il pizzetto.
-Non ti seguo… comunque… ricordi che io, Gilbert
e Antonio avevamo un complessino?-
-Aha…- annuì Ludwig buttandosi sul divano.
Feliciano terminò la sua pasta e si appoggiò al
petto del tedesco come se questo fosse un cuscino. Quello
arrossì di colpo e Francis, godendosi la cosa come una sorta
di vendetta personale, continuò a parlare sorridendo
maliziosamente. Glielo dovette ripetere diverse volte, ma alla fine
Ludwig recepì il succo del discorso.
-Ha avuto un po’ di screzi con Ivan, poi hanno iniziato ad
andare d’accordo, mentre i rapporti con me e Antonio si sono
un poco raffreddati… -
-Mmmm…- Ludwig si mise a riflettere.
C’era qualcosa di oscuro in tutta la faccenda.
Quasi quasi preferiva che Gilbo se lo fosse rotto da solo
l’osso del collo.
-E la sera che è morto, com’era?- chiese poi,
fissando Francis che rimase come spiazzato.
-Ehm…- disse –Beh… lui era…
come al solito… un po’ ubriaco… ma
nella norma, ecco.-
Ivan scostò in malo modo Alfred dalla porta e con una
poderosa spallata la buttò giù.
Corse nel bagno.
Toris era nella vasca.
Immobile.
-Боже мой!- esclamò.
-Bozhe moĭ!/Oh mio Dio!-
S’affrettò ad afferrarlo e a trascinarlo fuori.
Percepì una certa resistenza.
Una resistenza non ignorabile e per un attimo vide due braccia esili
stringere il corpo del suo ragazzo.
E quelle mani impugnavano dei coltelli!
Ma fu giusto un istante. Perché Ivan strattonò il
corpo magro di Toris e lo sottrasse all’acqua.
Aveva smesso di respirare ed era bianco come se fosse morto.
-Toris!- esclamò Alfred sulla porta del bagno.
Ivan strinse il corpicino del lituano a sé e gli prese il
capo fra le mani.
Gli diede la sua aria.
Fu un gesto dettato dall’istinto. Non voleva che morisse.
Non voleva perdere anche lui!
Non così.
Dopo quel primo ed infantile tentativo di restituirgli il fiato, il
russo mise l’altro sul pavimento. Gli strappò la
camicia, gli impose le mani sul petto, premette le labbra contro le sue
e svuotò i polmoni.
Poi premette il suo corpo fradicio, ripetutamente.
“Ti
prego… ti prego….”
Non riusciva a mettere due pensieri in croce.
Sapeva solo che doveva dargli aria e spingere l’acqua fuori
dai polmoni.
Doveva riportarlo indietro.
Doveva…
Poi Toris quasi si mise a sedere tossendo come un dannato e sputando
una grossa quantità d’acqua.
Ivan rimase quasi di sasso.
In quel momento l’ansia e il terrore avevano raggiunto
l’apice.
Tremò e afferrò con mani malferme le spalle
strette del lituano.
-Va tutto bene?- chiese Alfred, inginocchiatosi accanto a lui e a Ivan.
-To…Toris…- emise il russo con quella sua voce
sottile e così inadatta a lui.
Il suo corpo era come collassato. Ivan non lo sentiva più.
Il lituano aprì finalmente gli occhi e alzò lo
sguardo.
Incrociò le due ametiste sul viso dell’altro e si
gettò su di lui, impaurito, in cerca di protezione.
-Era lei!- esclamò premendo la testa sul suo petto
–Era lei! Era Natalia! Era…-
Ivan gli mise la mano dietro la nuca, per tranquillizzarlo.
-Lo so, ma ora va tutto bene. Tranquillo. Ci sono io…-
Ecco. In una situazione leggermente diversa, Toris a quelle parole
sarebbe fuggito in preda ai mal di stomaci d’ansia cronica.
Mai come in quel momento il corpo di Ivan gli dava così
tanta sicurezza.
C’era anche Alfred, ma non voleva davvero separarsi dal russo.
Il suo odore pungente e fresco lo stava inebriando e il calore del suo
corpo placava i suoi tremori.
-Ivan…- lo abbracciò, anche se un poco titubante.
Ma si strinse a lui.
-Che sarà successo?- chiese, più a se stesso che
al norvegese, Mathias.
Allora Lukas si rimise dritto e, dall’altezza in cui si
trovava sulle spalle del danese, sentenziò.
-Non lo so. Vuoi andare a vedere?-
-Ovvio.- rispose quello.
Era troppo infantile e curioso.
Ma almeno tutto andava secondo il suo improvvisato piano di conversione
del miscredente.
Fine Capitolo 6
Non so se ho reso bene la parte della bocca a bocca. Volevo dargli
velocità e non soffermarmi su quanto sono carucci Ivan e
Toris insieme XD
In questo capitolo entrano in scena, per un mio capriccio, Mathias e
Lukas, alias Danimarca e Norvegia.
Perché, lo sapete, la bellissima me ama Danimarca.
Riguardo ai nomi, ho visitato il sito wiki di Hetalia e ho
guadato. Però Mathias non era fra quelli indicati
dall'autore. Dopo un attento esame ho deciso di lasciare quello che
comunque sembra il più usato fra noi italiani e al quale ero
più legata.
Mettetela così, uno esperto in fatto di spiriti ci vuole. E
non dite che c'è Iggy. Lui deve ancora risvegliarsi
dall'incubo di un marito perverso U_U
Bene.
Al prossimo capitolo!!
Feli92: Grazie
mille, spero continuerai a seguirmi ^^
DarkshielD: Si,
è un fantasma XD Quanto a fargli il culo ci vorrà
un poco, ma pazienta ^_-
Kurohime: Ecco
Dan ^^ E come hai visto l'ho chiamato Mathias, anche se fra me e me lo
chiamo Dan o Den XDD
Yandereness: Ovvio
che c'è. Forse in secondo piano, ma è la mia
prima coppia Hetaliana. Beh, hai visto che Feliciano è un
coccolone XD
ChibItaliaSweet: Il
matrimonio a Las Vegas colpisce ancora. XD Io che sono l'autrice del
misfatto ancor mi chiedo cosa cavolo ci facevano lì quei
due. Mah...
Chibi_: Oh
bene, vedo che riesco a trasmettere immagini malefiche di bimbe
malefiche XD Mis pavento di me stessa O_O No, perché, come
già detto, io l'horror lo evito come la peste. Dato che me
lo chiedi con così tanti lacrimoni... beh... Liet e Kat
soffrono perché io sono malvagia, ecco.
Rinnovo i saluti e al prossimo capitolo con la confessione di Ivan XDD
O almeno una parte XDD
In effetti sto gettando un sacco di carne sul fuoco, perciò
vedrò di definire meglio i vari ruoli nella storia o
finirò per incasinarvi con tutti questi accenni a
vari personaggi XD
Adoro troppo le scene idiote per non metterle ahahaha!!
Bacini bacilli e grazie a chi mi ama e mi segue!!
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Capitolo 7 *** 7. Ossessione ***
Capitolo 7:
Ossessione.
Erano passate diverse ore da quello spiacevole incidente.
Ivan e Toris erano rimasti soli, finalmente.
Dopo che il lituano fu tratto in salvo, Alfred era rimasto per diverso
tempo per assicurarsi che stesse bene. Ivan non lo vedeva di buon
occhio, ma d’altro canto a Toris faceva piacere e dopo quello
che aveva passato per colpa sua, non se la sentiva di negargli le
chiacchiere con l’americano. Il lato positivo della faccenda
fu che quello squinternato era riuscito a strappare un sorriso al
ragazzo, in un certo senso ciò rassicurò il
russo, che ebbe un motivo in più per non sbatterlo fuori
dalla stanza come invece aveva fatto altre volte. A parte
ciò, ci si misero altri due ospiti inattesi ad animare la
serata più del dovuto.
Lukas Bondevik e Mathias Køhler erano entrati nella camera
senza chiedere il permesso.
Il danese affermò di aver udito il frastuono e di volersi
assicurare che tutto andasse bene, il norvegese si limitò a
guardarsi intorno, per poi esordire con una frase che lasciò
di stucco tutti i presenti.
-La sua rabbia degenererà.-
Ovviamente né Alfred né Mathias compresero, ma a
Toris e Ivan venne la pelle d’oca.
Il russo lanciò un’occhiata al norvegese inarcando
il sopraciglio e quello rispose calmo –Sento la sua presenza.
E la sua voce…- si guardò intorno, nervoso
–E’ qui in questo momento, anche se non capisco
dove.-
Alfred prese a tremare come una foglia.
-Smettila!- esclamò –E’ spaventoso!
Terribile! Finiscila!-
-Deve aver subito un grosso affronto in vita, o non proverebbe tanto
rancore.-
-Insomma bastaaaa!- continuava tremando l’americano, mentre
Mathias se ne stava coi gomiti poggiati sul tavolo a bearsi della vista
del compagno in “veste d’esorcista”.
-Fai quasi paura, lo sai?- gli disse strizzando gli occhi e aprendo le
labbra in un sorriso dolce che Lukas non vide. Perché era di
spalle intento a fissare intensamente e con gli occhi quasi vitrei il
coltello a serramanico sul comodino. Ignorò Mathias e fece
per prendere l’oggetto fra le mani, ma la voce gelida di Ivan
lo paralizzò.
–Non toccarlo!-
*
-Ivan?- Toris versò del caffè nelle tazze.
Per inciso, il russo aveva “preso in prestito”
dalla mensa della scuola una macchinetta per il caffè.
Il liquido nero scorse davanti ai suoi occhi spenti e lui non pareva
avere la minima intenzione di berlo. Si limitava a fissare il riflesso
del soffitto in esso, senza reagire. Toris dovette richiamare la sua
attenzione due volte prima che lui si degnasse di guardarlo in faccia.
-Come mai non volevi toccasse quel coltello?- chiese.
-Non è importante.- rispose e distolse lo sguardo.
-E’ importante. Era suo?- domandò ancora, con un
tono più autoritario che gli elargì un bel mal di
stomaco di rimorso. Lui che alzava la voce con Ivan Braginski?! Era di
sicuro in atto l’Armageddon.
Ma Ivan si limitò a mostrargli l’oggetto, senza
tuttavia consegnarglielo. Era rosso, con la lama a scatto. E
sull’elsa vi era inscritto in un motivo floreale il nome
“Natalia”.
-Era un regalo di nostro padre.- disse rimettendolo in tasca.
Toris gli mise una zolletta di zucchero nel caffè e lo
fissò dritto in volto.
-Vuoi raccontarmelo?-
Ivan allora si mise lentamente a sedere composto e si sporse verso di
lui, mettendogli le mani sulle spalle.
-Ma come fai?- gli chiese con il viso distorto in una smorfia
impressionata di sorpresa –Sei quasi morto…-
-Cerco solo di capire, senza pensare a prima…-
Il volto di Ivan si fece se possibile ancora più pallido di
quando aveva visto Toris nella vasca.
-A me puoi dire tutto, lo sai…- continuò il
lituano.
Ivan strinse la presa delle dita tozze sulle spalle ossute
dell’altro fino a fargli male e con disperazione
posò il capo sul suo petto, piangendo calde lacrime.
-Lei ti ucciderà.-
-Ludwig, perché siamo qui?- domandò Feliciano
tremando di freddo e paura. Ludwig trafficava con le sue chiavi e con
la serratura da diversi minuti ormai. Finalmente questa
scattò e la porta si aprì cigolando.
Ludwig accese la luce ed entrò seguito a rotta di collo
dall’italiano.
-Brrrrrrr…- continuava a lamentarsi quello attaccato a lui e
il tedesco non poteva dargli torto. Quell’appartamento
sembrava un campo di battaglia. E Gilbert era disordinato, ma la cosa
assurda era che dopo la sua morte lui aveva riordinato con la pazienza
di un monaco certosino. I vicini raccontavano di strani rumori, in
particolare in certe notti, e nessuno si azzardava ad entrare fra
quelle mura. Ludwig rimise al loro posto gli oggetti di suo fratello
diverse volte dopo allora. Nessuno scassinava la serratura e
l’unico che poteva entrarvi era Roderich, il suo ragazzo, il
quale aveva abbandonato la casa appena dopo la morte di Gilbert,
restituendogli le chiavi. Inoltre il suo modo di essere gli impediva
una vendetta simile ai danni di un defunto.
No, non era Roderich a rivoltare ogni cosa, ma allora chi?
-KYAAAAAAAAAAAAAAAAAAH!!-
l’urlo di Feliciano e il suo conseguente aggrapparsi come un
ossesso su per i suoi vestiti gli fece rizzare i peli su tutto il corpo
e il suo sangue mutò in gelo istantaneamente.
-Il-il-il-col-colt-coltello!- balbettò freneticamente il
ragazzetto indicando altrettanto convulsamente il set di coltelli da
cucina sul lavello –C’e-c’e…
c’era qualcosa che si muoveva nel coltello!-
-Che stai dicendo, Ivan?-
Toris fece quella domanda ben conscio della risposta, ma doveva
strappare la verità dalle labbra di Ivan al più
presto o il suo mal di stomaco sarebbe degenerato in
un’ulcera devastante.
Lo scosse per le spalle.
-Ivan, voglio sapere perché lei vuole uccidermi!- lo scosse
ancora –Non ti riconosco più, dannazione!-
Ivan allora lo fece sedere sulle sue gambe e lo abbracciò.
Raccontò il fatto senza guardarlo negli occhi, era
più semplice.
-Io e le mie sorelle siamo rimasti orfani troppo presto…-
esordì –Prima di trasferirci in questa
città vivevamo a Mosca. Natalia adorava nostro padre. Il
coltello a serramanico glielo regalò lui prima di uscire con
nostra madre per andare ad una cena di beneficenza…-
inspirò –Una delle catene delle ruote si ruppe e
la loro macchina sbandò. Morirono sul colpo andando a
sbattere contro un’altra auto… qualcosa in Natalia
si è spento da allora. Io ho cercato di starle vicino e
così anche Kat’ja, però…-
scosse la testa –Lei mi disse che avrebbe voluto sposarmi un
giorno. Era una bambina, non le ho dato peso, ma più
cresceva più quell’idea si radicava in lei.-
Toris deglutì.
-Era ossessionata da me al punto di fare del male a chiunque mi si
avvicinasse troppo.-
-Non dire fesserie, sarà il nostro riflesso!-
sbottò il tedesco trascinando l’altro nella stanza
da letto di Gilbert. Feliciano rimase aggrappato a lui per tutto il
tragitto.
-Lud, il tuo riflesso non ha un fiocco in testa.-
-Finiscila… che disastro.- commentò poi.
La camera da letto sembrava esser stata appena visitata da Jack lo
squartatore.
La cosa inquietante era che c’era ancora qualche piuma che
volteggiava qua e là al di sopra del materasso squarciato.
Come se fosse stato fatto di fresco. Ludwig percorse la stanza col
cuore in gola, alla ricerca di un qualcosa che sapeva fosse
lì.
-Cosa stiamo cercando?- chiese Feliciano, tentando di concentrarsi
anche lui su qualcos’altro.
Ludwig rovesciò il cassetto della scrivania del fratello.
-Il suo diario.- disse.
-Il diario?- ribatté meravigliato l’italiano.
-Si. A Gilbert piaceva scrivere un sacco di cavolate nel suo blog, ma
prima di fare quello ne scriveva altrettante nel suo diario…
in realtà è un mucchio di fogli imbrattato di
cretinaggini, ma meglio di nulla.-
-Oggi ho visto un tale calvo.- disse Feliciano pochi minuti dopo.
-E allora?- ribatté Ludwig continuando a sfogliare quaderni,
libri, rovesciare cassetti e persino il materasso.
-Spero di non diventarlo anch’io.- disse ancora
l’italiano, al ché il tedesco si voltò
incarognito verso di lui –Se hai tempo per dire fesserie,
aiutami a cercare il dia…- S’interruppe
perché quello che Feliciano aveva fra le mani era un ammasso
informe di fogli rilegati alla meno peggio.
-Dove l’hai trovato?- lo indicò.
–Dentro lì.- disse indicando una scatola in latta
con sopra una pin-up degli anni sessanta in una posa alquanto indecente
per l’epoca.
Ludwig prese il diario dalle mani del ragazzo e prese a leggere
–“23 settembre, la nonna ha fatto indigestione
di prugne”?! “Per strada ho visto un cane col
golfino di Spiderman”?!-
-Tuo fratello scriveva un sacco di cose interessanti!-
affermò ridendo Feliciano.
Ludwig pensò che solo lui poteva pensare che
quell’ammasso di sotto-petegolezzi fosse interessante.
Sfogliò le pagine disastrate per diversi secondi,
finché, verso la fine, non lesse finalmente qualcosa
d’interessante.
-“13 Gennaio. Quel Braginski!! Come ha
osato?! Ok, ok, caro diario del bellissimo me, non capisci un accidenti
di quello che dico vero? Beh, per farla breve quel russo obeso mi ha
messo all’angolo! Dannazione… capisco che io possa
essergli piaciuto, perché, modestamente, sono un bel pezzo
di figliolo, ma non è modo di abbordare la gente!
… un attimo… lanciano di nuovo sassi contro la
finestra.”- Ludwig prese fiato, poi
proseguì la lettura. Il tutto risaliva a pochi mesi dalla
morte di Gilbert –“18 gennaio. Ok, lo ammetto. Bragiski non
è poi così male una volta messe in chiaro le
cose. Non mi ossessiona più e ci si può anche
parlare senza rischiare l’espianto delle corde
vocali… Solo che ogni volta che lo incontro me ne succedono
di tutti i colori… e sembrerò paranoico, ma
c’è sempre una ragazzetta con un fiocco in testa
nei paraggi. Bah… sarà una coincidenza, questa
città non è poi così grande alla fine.
Appena mi diplomerò tornerò a Berlino,
infatti.”-
-Prima di stare con te- continuò Ivan –stavo con
Gilbert Beilschmidt.-
A Toris quasi si fermò il cuore e le sue braccia, per un
impulso involontario, perdettero il calore e s’irrigidirono
sulle spalle di Ivan. Lui proseguì –Abbiamo fatto
sesso, una volta…- il suo pianto si fece più
sconsolato.
-E lei l’ha ucciso.-
Ne era convinto, non aveva bisogno di ulteriori prove.
-Ha ucciso Gilbert perché l’ho preferito a lei. Ti
ha ferito perché ancora una volta le ho preferito qualcun
altro… ha provato ad uccidermi e se sono vivo, è
solo grazie a Kat’ja che l’ha fermata.-
-Kat’ja ha ucciso Natalia?-
-Ma è stato un incidente!- Ivan si mosse talmente veloce che
Toris rischiò di cadere a terra –Lei voleva
disarmarla, soltanto quello, ma Natalia…- il russo prese a
camminare come un ossesso per la stanza –Natalia si
è agitata, hanno lottato per diversi minuti e
poi…- si morse le labbra –Ho sentito il rumore
della lama che penetrava nella carne di Natalia. Mi ha guardato come se
non capisse perché stava morendo…
perché l’avessi rifiutata…- si
buttò a sedere sul letto –Se avessi accettato di
fare l’amore con lei almeno una volta…
forse… forse non sarebbe finita così.-
Toris rimase in silenzio e in piedi davanti a lui.
Non era più quel Braginski e non era più lui ad
aver bisogno di protezione.
Che Natalia avesse cercato di ucciderlo o meno, chi soffriva di
più era Ivan, che non poteva amare per il terrore gli
venisse portato via tutto.
-Ci sono qui io con te…- disse sottovoce.
Fine Capitolo 7
Sempre in ritardo come al solito.
Povero Gilbo, sempre cattivella con lui, però spero che il
capitolo vi sia piaciuto ^_____________^
Yandereness: come
vedi, altro GerIta, ancora Danimarca pucciolo e altra scena dolce fra
Ivan e Toris... più o meno... Spero che ti sia piaciuto il
capitolo ^^
ChibiItaliaSweet: Grazie,
sono contenta che ti sia piaciuta **
Ivan_Kirkland: Ci
mancava solo il cavallo bianco in effetti XD Thank you!
miristar:
Grazie mille, contentissima che hai deciso di leggerla ^_^ Io non so
come sia The Grundge perché gli horror li evito come la
peste. Un po' mi sono ispirata a Ghost Wishperer e un po' a
Supernatural. Danimarca vuole Norvegia e viceversa (anche se fatica
mooolto ad ammetterlo, ma molto molto) solo che dato che Lukas pensa
che Mathias non lo prenda sul serio per via del fatto che vede gli
spiriti, prende le distanze, tu come la intendevi? ^^
Ad ogni modo, grazie a chi ha messo questa fan fic fra preferiti,
seguite, storie da ricordare, tutti voi che recensite e tutti voi che
arrivate a fine pagina senza chiudere e fuggire a gambe levate ^_^
Kiss!
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Capitolo 8 *** 8.Salve, comune mortale. ***
Capitolo 8:
Salve, comune mortale.
Roderich bussò alla porta ed entrò soltanto
quando ricevette il permesso di farlo. La luce della stanza era
piuttosto bassa e Ludwig gli fece cenno col dito di parlare piano.
Feliciano dormiva, ma a giudicare dal suo viso, non doveva essere
immerso in un sogno piacevole.
Le sue sopracciglia erano stranamente corrugate e le sue mani
stringevano i lembi delle lenzuola. A tratti sospirava, piagnucolava e
più di una volta Ludwig si era visto costretto a sedersi
accanto a lui per stringergli le mani fra le sue e tentare di
tranquillizzarlo.
Roderich si sedette su una sedia accanto al tedesco e lo
guardò dritto negli occhi.
-E’ assurdo quello che mi hai raccontato, lo sai?-
-Ne convengo…- ammise lui –Ma anche tu che sogni
mio fratello e lui che ti avverte di chissà quale minaccia.
ammetterai che anche questo è alquanto incredibile, o no?-
-Era lei?- domandò il moro continuando a guardare Feliciano
che dormiva raggomitolato su se stesso, col braccio sinistro ingessato.
-Non l’ho mai incontrata di persona, ma ho letto il diario di
Gilbert e quindi, credo che sia lei… ma mi chiedo
perché ci abbia lasciati andare.-
-Aspetta. - lo interruppe il moro, non capendo –Vi ha
lasciato andare?- chiese ancora –Feliciano ha il braccio
rotto e tu una caviglia slogata, quindi vi ha attaccati, no?-
Ludwig sorrise stentatamente.
-Ehm… non è esatto… in
realtà, quando ci si è parata davanti, Feliciano
ha dato di matto e mi è caduto sopra… -
L’austriaco tacque e si sistemò gli occhiali sul
naso. Era da Feliciano farsi male a quel modo, c’era poco da
dire.
-E questo?- chiese premendo l’indice contro la guancia gonfia
di Ludwig che sussultò dolorante.
-Lovino.- disse soltanto, come se solo quel nome chiarisse tutto.
Era ormai notte fonda e Roderich non tornava.
Da quando faceva quegli strani sogni riguardanti Gilbert era sempre
distratto. Elizaveta non poteva negare a se stessa che la cosa la
seccasse alquanto, ma si sforzava di capire. Poi Ludwig aveva chiamato
il suo fidanzato ad un orario improponibile e al solo nome
“Gilbert” quello era schizzato via dal letto per
correre dal cognato mancato.
La ragazza si adagiò pesantemente sul cuscino, trattenendo
le lacrime.
Doveva resistere, perché in fondo era sbagliato ingelosirsi
di un morto. Era lei quella che Roderich stringeva fra le braccia ed
era sempre lei quella con cui faceva l’amore e progettava di
costruirsi un futuro…
Non Gilbert.
Quel pensiero la fece stare un po’ meglio, anche se dovette
ammettere, di essere stata indelicata.
“Sono io
quella viva, non lui.” aveva pensato, sorridendo
appena, convincendosi di non pensarlo per cattiveria, ma solo per auto
consolazione. Socchiuse gli occhi, sfiancata da tutto quel rimuginare
doloroso, ma quando li riaprì, incontrò due occhi
scarlatti e trentadue denti splendenti ed arroganti.
La ragazza urlò per lo spavento stringendo al petto le
coperte, quando una mano tentò di chiuderle la bocca,
fallendo.
Rimase così, Gilbert, col braccio evanescente sospeso a
mezz’aria e la mano intangibile dentro la bocca di lei.
–Ehm… io…- disse, imbarazzato appena
prima di ricevere una cuscinata che lo attraversò con la
velocità di un tir. Riaprì gli occhi e si accorse
che la sua entrata in scena era stata poco gradita dalla ragazza.
Elizaveta lo fissava torva ed impaurita, ma, come in passato, anche
pronta a farlo a pezzetti.
-Meno male che son morto…- commentò
–Non sento la mancanza delle tue padellate…-
Lei reclinò il capo e tentò di toccarlo, per
capacitarsi meglio della situazione. Le sue dita sfiorarono il gelido
nulla dell’altro e in quel momento l’ungherese si
sentì profondamente dispiaciuta per il fantasma con cui
divideva l’uomo, tanto che rinunciò
all’idea malsana di aspirarlo con il folletto e si sedette
composta sul materasso.
-Che cosa ci fai qui?- gli chiese imbarazzata e scontenta
–Non dovresti essere in paradiso o qualcosa del genere?-
Quello rise –Non pensavo avessi una così alta
considerazione di me. Capisco che la mia magnificenza è
riconosciuta in ogni dove ma…-
-Taglia corto.- lo interruppe la ragazza –Perché
sei tornato?-
-Per mettervi in guardia… lei non si accontenterà
di uccidere chiunque tenti di separarla da Braginski. Vuole molto di
più. Lei vuole vivere ancora per riavere ciò che
ritiene suo.-
-Aspetta, aspetta!- mise le mani avanti Elizaveta –Lei chi?-
domandò –E cosa starebbe succedendo?-
Gilbert sospirò, forse era meglio se parlava direttamente
con Roderich, ma non c’era più tempo.
-Ok… ora te lo spiego lentamente, comune mortale.- disse con
un cipiglio saccente da far saltare i nervi persino ad un santone.
L’ascensore scorreva lento lungo i cavi d’acciaio.
Lo stridore delle carrucole sembrava assordante nel silenzio che
avvolgeva come un deprimente manto sia Ivan che Toris.
Fu molto doloroso per il russo ricevere l’ennesima telefonata
dall’ospedale. Non poteva farci nulla ed era quello a
tediarlo. Perché Kat’ja stava morendo
inesorabilmente. L’aveva salvato e stava pagando quel suo
gesto senza che lui potesse ricambiare.
Sospirò affranto, battendo la testa alla parete gelida della
cabina. Toris lo fissò sottecchi e infilò la mano
nella sua, per consolarlo. Ivan reclinò appena la testa per
sorridergli, quando la cabina s’arrestò di colpo
facendo perdere l’equilibrio ai due. La luce al neon
lampeggiò a intermittenza per alcuni secondi, poi fu il buio.
-Ivan…- annaspò Toris, sentendo l’aria
mancargli.
Era ansia, solo un dannato attacco di panico…
Il russo lo accolse fra le braccia forti per tranquillizzarlo, era una
cosa che gli piaceva fare da morire.
Di solito però era lui a spaventare il lituano. Quella
volta, invece, c’era qualcosa di meno concreto da temere e il
corpo che Ivan stringeva era troppo gelido per essere vivo.
Le luci balenarono ancora una volta e gli occhi stralunati del russo si
spalancarono nel trovarsi di fronte a quelli baluginanti di follia pura
di sua sorella.
-Na…Natalia!?- balbettò con voce strozzata.
La luce s’accese e tremò di nuovo per
interminabili secondi ed Ivan scorse, oltre le spalle della sorella
morta, Toris, rantolante sul gelido fondo della cabina.
Si stringeva la gola, annaspava. Ivan fece per raggiungerlo, ma Natalia
lo respinse senza toccarlo. Sbatté alla parete con forza e
gli parve di sentire la spina dorsale andare in frantumi per il dolore.
Ricadde seduto sul pavimento, mugolando.
-Natalia….- disse sottovoce, con le lacrime agli occhi. Dio
quanto ringraziava il cielo di essere solo...
Era stupido, ma stava piangendo e si sentì profondamente
stupido. Nessuno doveva vederlo così.
-Natalia, fermati, ti prego…- supplicò tentando
nuovamente di raggiungere il compagno che si contorceva a terra, preda
degli ultimi spasmi che il corpo privato d’ossigeno gli
concedeva.
Natalia era come la ricordava quel giorno, fiocco in testa, lunghi e
disordinati capelli, abitino grazioso… una dolce
ragazzina… talmente bella e dolce da poter avere il mondo ai
suoi piedi, talmente folle da volere solo lui che non la desiderava in
quel senso.
-Per favore…- disse ancora a capo chino –Mi
dispiace per quello che è successo, ti prego, fermati!-
Lei guardò lui, poi il lituano ormai giunto al limite e
sorrise ancora, sotto i continui flash intermittenti del neon. Ogni
volta che la luce s’accendeva, lei osservava il proprio
operato da differenti prospettive, compiaciuta del dolore che arrecava.
-Tu
mi hai tradito…- sussurrò
all’orecchio del fratello gelandogli il sangue nelle vene e
Ivan urlò con quella sua voce sottile e le sfuggi scattando
all’indietro, incespicando.
-Ti prego, vattene!- esclamò con le lacrime agli occhi
–Ti prego!-
-Io
ti amo…-
-Io no!- esclamò allora il russo, nel panico –Ma
ti voglio bene! Sei la mia sorellina…-
-ERO
LA TUA SORELLINA!- ruggì metallicamente Natalia
–MI
HAI LASCIATO MORIRE!-
La cabina tremò violentemente a ritmo della luce che
impazzita s’accendeva e spegneva, ancora e ancora. I capelli
di Natalia erano come serpenti che si contorcevano nell’aria
e la sua pelle pareva più cadaverica di pocanzi e i suoi
occhi erano scuri come la pece, come due buchi nel suo capo. Il sangue
le grondava dalla ferita infertale da Kat’ja e Ivan
nell’assistere a quella ripugnante visione si
sentì morire per il terrore.
-IO NON VOLEVO CHE TU MORISSI!- urlò –E’
STATO TUTTO IN INCIDENTE! NESSUNO VOLEVA CHE TU MORISSI, NAT!-
A quelle parole, l’atmosfera si fece meno pesante, ma solo un
poco. In un istante il viso della ragazza fu di nuovo a pochi
centimetri da quello del fratello maggiore.
Cercò le sue labbra tremanti, le sfiorò, ma non
sentì il loro sapore, il loro calore… non
sentì nulla se non l’amara costatazione della
propria situazione…
Era morta.
Natalia lo sapeva, ma si sentì ugualmente infelice.
-Volevo
solo che mi amassi più di una sorella…-
disse piano e sparì.
Ivan non si seppe spiegare né perché,
né come, ma lei non c’era più, la luce
era tornata e l’ascensore era di nuovo in movimento.
-Toris…- esclamò d’un tratto,
voltandosi verso il compagno riverso a terra, ma lo trovò
semiseduto e confuso. Il castano lo guardava con occhi colmi di panico
e confusione.
-Cos’è successo?- gli domandò.
Ivan boccheggiò scuotendo meccanicamente la testa.
-Io… non… non lo so…- disse con un
filo di voce.
Le membra non gli rispondevano più, il suo cuore era come
impazzito nel petto. Strinse al petto le mani sudaticce e tremanti e fu
allora che lo vide, il coltello di Natalia, forse cadutogli dalla tasca
senza che se ne accorgesse.
E giunse infine la notte delle streghe, degli spettri, degli
zombie… la notte oscura in cui il male accede alla
dimensione terrena più di quanto non faccia normalmente. E
anche la notte in cui i bimbi incoscienti girano di casa in casa
dichiarando –Dolcetto o scherzetto!-
Un tempo Elizaveta avrebbe trovato molto divertente tutto quello
svolazzare di lenzuola, mantelli e cenci ma quel giorno non era tornata
all’Accademia per divertirsi e non aveva bisogno di una
maschera per spaventare. Sotto il trucco pesante da strega, i suoi
occhi erano infelici e annoiati.
-Ripetimi di nuovo, perché siamo qui?- sussurrò.
-Non fare domande stupide.- disse Gilbert svolazzando sopra la sua
testa –Devi trovare le possibili vittime e metterle in
guardia.-
-Non pensavo tu fossi così altruista…-
commentò l’ungherese lanciandogli
un’occhiataccia torva –E comunque mi prenderanno
per pazza.-
-Perché, non lo sei?- ribatté il fantasma
sogghignando e la ragazza tentò di colpirlo con la scopa,
rischiando, invece, di dare una ramazzata ad un Roderich vampiro armato
di punch.
-Ehm… ciao…- balbettò imbarazzata la
ragazza. L’austriaco inarcò il sopracciglio, senza
capire.
-Con chi stavi parlando?- le domandò e lei
arrossì, maledicendo mentalmente Gilbert che se la rideva
chiassosamente sopra le loro teste.
-Con nessuno.- mentì –Provavo a calarmi nella
parte… tutto qui… oh, guarda,
c’è Ludwig!- esclamò indicando il
tedesco fra la folla di studenti travestiti.
La sala era un tripudio di zucche, pipistrelli, nastri mortuali e luci
inquietanti.
Fantasmi, zombie, vampiri, streghe, fate, folletti, troll, diavoli e
tante altre creature diverse danzavano, ridevano e scherzavano, ignare
del reale terrore che si sarebbe scatenato quella notte.
Fine capitolo 8
Cattiva ed in ritardo come al solito...
L'intreccio si complica signori, spero di procedere spedita fino alla
fine ^_-
Grazie che mi sostenete nonostante i mostruosi ritardi!!
Kiss!!
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Capitolo 9 *** 9.Lo vedi che i fantasmi esistono?! ***
Capitolo 9: Lo vedi che i fantasmi esistono?!
Che ne dicesse quel pidocchio assillante di Gilbert, la festa trascorse
relativamente in tranquillità. Certo c’erano
diavoli dispettosi che alzavano le gonne a isteriche streghe e angeli
poco angelici che s’insinuavano con i lupi mannari negli
anfratti della scuola per lasciarsi andare ad effusioni poco caste.
Cibi e vivande erano ovunque nella sala e la musica spettrale
tutt’intorno conferiva a quel sabba eterogeneo una parvenza
assai inquietante nella sua finzione.
Non c’era da avere paura, era tutto finto.
Erano finti i denti di Roderich, erano finte le corna da diavolo di
Feliciano Vargas e l’aureola storta di Ludwig, era un
po’ meno falso il costume adamitico di quel francese,
com’era vero, invece, quel povero disgraziato di un inglese
che tentava di gettargli qualcosa addosso. Ed era anche vero Alfred
Jones che frignava in un angolo della sala ciondolando con la testa
raccolta fra le gambe. In realtà, era forse la cosa
più inquietante che si potesse vedere là dentro.
Beh, c’era anche qualcos’altro di vero e svolazzava
a pochi centimetri dalla sua testa. Elizaveta lottava contro il perenne
desiderio di dare a quel fantasma molesto due o tre ramazzate, peccato
che sarebbe stato inutile, perciò si rassegnò a
sopportarlo finché non gli avesse indicato gli obbiettivi
che questa Natalia avrebbe tentato di colpire.
Mentre si concedeva allegre chiacchiere sui bei vecchi tempi andati con
delle conoscenti, la ragazza si rese conto che qualcosa non andava. Non
c’era effettivamente un qualcosa, non vide nulla di sospetto,
però l’aria tutt’intorno pareva come
ostile, non avrebbe saputo definire quella sensazione. Aleggiava come
un senso di macabra attesa tutt’intorno, eppure le casse
fissate ai lati del salone sparavano la musica ad altissimo volume e
gli altri studenti (eccetto Alfred Jones) sembravano divertirsi come e
più di prima. Neppure Roderich pareva essersi accorto di
alcunché.
-La sentì?- le domandò mefistofelico Gilbert,
sussurrandogli quelle parole all’orecchio. Elizaveta quasi
saltò sul posto per lo spavento.
-Che c’è?- le domandò il fidanzato
notando il suo improvviso pallore.
-Un brivido di freddo…- mentì lei scoccando
un’occhiata torva al fantasma. Se non fosse stato bello che
morto non avrebbe esitato a fargli una bella gastroscopia col manico
della scopa. O forse una bella coloscopia?
Roderich le gettò appena un’occhiata
all’abito sbracciato ed arrossì, credette alla
bugia del brivido e tentò di intavolare con lei un discorso
più o meno divertente sul riciclaggio dei materiali per la
realizzazione degli abiti in maschera.
-Donzella in pericolo ad ore tre!- annunciò il fantasma
-Donzella in pericolo ad ore tre!!-
Elizaveta si voltò e vide non una ma almeno dieci donzelle
fare capannello e parlottare fra loro.
-Non mi sembra ci sia nulla di strano…- disse.
-In che senso?-domandò Roderich.
-No, nulla…- rispose la ragazza bevendo qualcosa per poi
voltarsi nuovamente verso le ragazze. Gilbert svolazzò oltre
il gruppetto e le indicò una ragazza che, con aria
abbattuta, si allontanava dal salone. Elizaveta si trovò
così costretta a seguirla.
-Scusa Roderich.- disse interrompendo il discorso monotematico del
ragazzo -Devo andare al bagno, torno subito.-
Non gli diede neppure il tempo di ribattere che scomparve fra la folla.
Roderich rimase sconcertato con ancora in bocca un -Il bagno
è dall’altra.- Le donne erano davvero creature
strane, ma Elizaveta probabilmente lo era più di tutte.
Sembrava cara e gentile e poi saltava fuori quel suo lato inquietante.
L’ungherese riuscì a fatica ad uscire dal mare di
folla che la sballottava con violenza qua e la per la sala. Il
corridoio era pressoché deserto.
-Va a destra!- esclamò Gilbert, precedendola -Muoviti,
donna, muoviti!-
-Smetti di dirmi quello che devo fare!- lo minacciò lei,
dandosi all’inseguimento di quell’invasato. Non era
facile stargli dietro, perché quello s’infilava
fra i muri e tendeva a perderlo di vista e lui tornava indietro a
recuperarla con quell’aria strafottente stampata in faccia.
-Lukas, Lukas!- eccolo lì, di nuovo, quel mentecatto. Lukas
sospirò pesantemente. Già aveva le sue grane
personali con quella presenza, in più ci si metteva quel
fesso ubriaco a rompergli le scatole.
-Lukas! Lukas!- continuava a sbraitare Mathias agitando il braccio.
-Che vuoi?- domandò ostentando un tono calmo.
-Il punch è ottimo, ne vuoi assaggiare?-
-No, non vedi che ho da fare?-
Mathias si guardò intorno -Non mi pare che tu stia ballando
con qualcuno o facendo qualsiasi altra cosa.-
-Ho di meglio da fare, io.- rispose quello. Mathias lo
scrutò da capo a piedi, constatando che per quanto un
marinaio zombie possa essere grazioso con quella maglina e quel
berretto alla Paperino, Lukas non faceva alcuno sforzo per entrare
nella parte.
-Andiamo, cerca di divertirti un po’! Mollati!- lo
incitò, ma quello niente, stava lì in attesa di
qualcosa. Forse era per la questione del fantasma, ma
cavolo… in realtà a Mathias, che il fantasma ci
fosse o meno era indifferente, non si sentiva turbato. Non ancora
almeno. Oh, certo, era stato inquietante quello che era accaduto a
Lorinaitis e Braginski, però lui non aveva un dono, non
poteva sentire, perciò per lui era come se quanto accaduto
fosse solo un episodio a se stante, una cosa strana che non si sarebbe
ripetuta, che ne dicesse Lukas. Sapeva di non poter capire e non se ne
faceva certo una colpa.
Mentre i due nordici si battibeccavano in mezzo al caos, Bella De
Vries, secondo anno, si ritirò dalla festa. Passò
loro accanto, triste e sconsolata, piangeva, ma in mezzo a quella marea
di gente chi mai poteva accorgersene? Lukas sentì qualcosa
di strano, in realtà, come un senso di sollievo.
La cappa d’angoscia che sembrava avvolgere il salone si era
allontanata. Non dissolta, piuttosto, era come se si fosse ritirata, se
fosse scivolata lungo le pareti per infiltrarsi in ogni pertugio, ma
fosse ancora presente, in agguato. E quando passò Elizaveta,
e Mathias ancora dava aria alla bocca, Lukas lo vide.
Afferrò la manica del costume del danese e lo
tirò.
-Seguimi.- gli disse trascinandolo. Mathias obbedì, pensando
che fosse strano se d’improvviso quello aveva voglia di
appartarsi. Non che non ne fosse contento.
Una volta nel corridoio, Lukas si orientò seguendo il suo
sesto senso, ogni tanto lo scorgeva, lo sentiva, c’era un
fantasma in quel corridoio, no due fantasmi.
-Senti, ma dove mi stai portando?- domandò Mathias
malizioso. Lukas si fermò di botto, quasi facendolo
inciampare su di lui e gli chiuse la bocca con la mano. Con un cenno
gli fece segno di seguirlo muto come un pesce, ma era impossibile,
perciò lo zittì nell’unico modo che
quella testa di capra comprendeva.
Lo baciò.
Impetuosamente, violentemente, e finalmente lo zittì.
Mathias rimase immobile, sconvolto da tanta intraprendenza e si
lasciò poi condurre come un bravo bambino per i corridoi
deserti della scuola.
Elizaveta trovò finalmente la ragazza, quella Bella De
Vries. Stava affacciata a una finestra e piangeva.
-Che aspetti, vai, vai!- le ordinò Gilbert.
-Vedi di calmarti.- bisbigliò l’ungherese -Cosa
diavolo dovrei dirle?-
-Beh, che… non lo so, pensaci tu, la mia mente superiore non
può abbassarsi anche a questo!-
Perché era morto?
Perché non poteva padellarlo al muro? Sarebbe stato bello
aspirarlo con un aspirapolvere o spalmare il suo ectoplasma appiccicoso
alla parete.
Mentre tentava di cacciarlo, Bella la vide e la fissò,
imbarazzata, si asciugò le lacrime e fece per andarsene.
-Aspetta!- la chiamò Elizaveta -Va tutto bene?-
La ragazza, una bionda dall’aria graziosa ed energica,
nonostante apparisse molto triste, si voltò appena e
annuì. Mentiva ovviamente. Elizaveta la guardava mentre si
allontanava, tentando di pensare a qualcosa, qualsiasi cosa da dirle.
Insomma, non poteva dirle che era in pericolo perché una
fantasma infuriata voleva farsi suo fratello e aveva bisogno di un
corpo!
Bella compì qualche passo, poi sentì una voce,
una voce che non veniva dalle sue spalle. Era una voce sottile e
gelida, che veniva da davanti a se, e nonostante lei si avvicinasse,
questa non aumentava d’intensità.
Le parole che le disse le spezzarono il cuore.
“Non sei
importante per lui.”
Già, se lo fosse stata quello scemo non avrebbe risparmiato
anche sui gesti d’affetto. Dopotutto chiedeva solo uno
stupido ciondolo, mica la luna. Le ritornava in mente la volta che per
risparmiare sul Babbo Natale della festa in famiglia, e
gliel’aveva promesso che non l’avrebbe fatto, aveva
fatto vestire di rosso il suo compare, Antonio Fernández
Carriedo.
“Se lo fossi
te lo dimostrerebbe.” Continuava la voce “Io lo so, noi
sappiamo che è così, lo sappiamo entrambe. Anche
mio fratello è così. Loro pensano solo alla
propria felicità, non a noi.”
Oh, quanto era vero. Nel profondo del cuore sperava fosse una subdola
menzogna, ma provava un profondo senso di sollievo.
Così profondo, che si sentì mancare, precipitare.
Nel buio, nel sonno.
Elizaveta, Lukas e Mathias (che erano arrivati proprio al momento
cruciale, ma erano rimasti indietro, appena all’inizio del
corridoio) videro il corpo di Bella contorcersi in preda agli spasmi
per qualche secondo. Le gambe le tremavano come elastici lasciati
andare, la testa guardava il soffitto senza che i suoi occhi vedessero,
mugolava. Tremò ancora, prima che gli scossoni cessassero e
si voltò, verso Elizaveta e fissò Gilbert.
Emise una risatina macabra e camminò in direzione dei due.
Elizaveta indietreggiò, preoccupata.
-Sei tornato per mettermi i bastoni fra le ruote?- domandò
Bella. -Anche tu non vuoi che io stia con lui?-
Alla sua destra c’era la bacheca in vetro con
l’ascia da usare solo in caso d’incendio. Bella
infranse il vetro con un pugno e strinse il manico
dell’ascia, incurante delle schegge che le si conficcarono
nella carne. I suoi occhi verdi erano cattivi, il suo ghigno malefico e
freddo.
-Io taglierò tutti… tutti quanti…-
-Che cosa sta…- Mathias era spaventato, alla buonora,
pensò Lukas che nonostante tutto gli scoccò
un’occhiata furba.
-Un fantasma l’ha posseduta.- gli disse.
-Un fantasma?- ridacchiò istericamente quello –Non
mi starai facendo uno scherzo?-
Lukas non gli rispose, Bella avanzava nel corridoio brandendo
quell’ascia. Tagliava l’aria con striduli sibili di
morte, la ragazza davanti a loro sembrava atterrita, al punto che
l’ascia le sfiorò il petto, strappandole un pezzo
del costume.
A quel punto Elizaveta urlò.
Al momento della possessione di Bella, le luci nella sala tremarono e
mancarono del tutto per alcuni minuti. Abel De Vries sentì
un profondo senso di disagio. Ivan si strinse a Toris, in un senso di
protezione misto a paura. Non solo paura per il compagno, ma anche per
se stesso.
-Sta arrivando… sta arrivando…-
piagnucolò. Toris gli strinse la mano per confortarlo e si
guardò intorno, nel buio. Tutta quella situazione gli stava
facendo aprire le ulcere.
Un urlo femminile scatenò il panico, Alfred Jones si nascose
sotto un tavolo e Francis Bonnefoy lo ricacciò fuori, per
ridarsi all’inseguimento del suo caro inglese, che fuggiva
gattonando e lanciando inquietanti maledizioni. Il caos, nel bene e nel
male, regnava sovrano e, intanto, in ospedale, il cuore di
Kat’ja collassò.
Fine
capitolo 9
Non so più se sono demente o troppo cattiva,
beh, spero che vi sia piaciuto il capitolo. Per Bella e Abel ho usato i
nomi che ho visto più gettonati. Beh, per lui non saprei,
visto che io lo chiamo sempre Holland. Mentre per il cognome ho scelto
uno dei più usati cognomi olandesi, per entrambi.
Ora, riuscirà Elizaveta a sfuggire all'ascia di
NataliaBella? Ah, io non lo so.
Più importante è sapere se riuscirà
Iggy a sfuggire a quel pervertito di Francis?
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Capitolo 10 *** 10. Amami, fratello ***
Note: Cari lettori, con
ritardo immenso, vi porto il nuovo capitolo di questa fic. E' stato un
periodo di scarsa ispirazione per le fic già in corso. Mi
mancavano le parole, le idee per collegare i fatti che già
avevo in mente. Spero di aver fatto un buon lavoro con questo capitolo.
E spero di riuscire a finire questa storia, manca pochissimo alla fine,
oserei dire tre o quattro capitoli. Due dei quali saranno un happy
ending e un bad ending. Personalmente sono più per gli happy
ending, ma questo genere di storie quasi chiede di essere concluso
"male".
Speriamo bene, buona lettura ^_-
Capitolo 10:
Amami, fratello
Quando l’urlo di
Elizaveta aveva riempito il silenzio, Roderich si era precipitato da
lei, col cuore in gola. E la terrificante visione che gli si
presentò davanti nella quasi totale mancanza di luce, gli
gelò il sangue nelle vene.
Elizaveta stava di fronte ad una ragazza armata di ascia,
già una scena spaventosa di per sé.
L’atmosfera però era schiacciante, deprimente,
terrificante. Era come avere il corpo schiacciato fra due pareti
invisibili, come essere trafitto da mille aghi fatti di brividi. Lo
stomaco e le budella si contrassero violentemente e l’istinto
di sopravvivenza gli gridava forte “SCAPPA,
RODERICH!!”
Bella marciava macabramente verso Elizaveta, Mathias e Lukas,
illuminata dal chiarore spettrale della luna che filtrava dalle
finestre. L’ungherese indietreggiò ancora,
trattenendo a stento l’impulso di urlare in preda al panico
ancora una volta, la mano premuta contro il petto, per rassicurare il
proprio cuore impazzito di non essere stata ferita.
Non ancora.
Mathias aveva smesso di ridere.
Non era uno scherzo, era troppo spaventoso, troppo innaturale per
esserlo.
Istintivamente spostò Lukas dietro di sé col
braccio.
Bella agitava l’ascia come il più innocuo dei
giocattoli e ghignava maleficamente. Potevano udirle mormorare parole
per lo più incomprensibili, biascicate, aggrovigliate e
sibilanti come serpi. La sua voce riecheggiava tutt’intorno.
Non era umana, non era Bella, era una voce d’oltretomba
carica di odio che reclamava vendetta tramite il sangue.
-Non gli importa
nulla… a loro non importa nulla… -
la voce si sovrapponeva, sdoppiata, parole su parole in una cacofonia
da incubo -E adesso noi
ci prendiamo… ci prendiamo quello che vogliamo, senza che
c’importi di loro… -
-Che cosa sta succedendo qui?- domando l’austriaco agli altri
due ragazzi (li conosceva di vista). Il più alto rimase in
silenzio, deglutendo di tanto in tanto. L’altro gli
lanciò prima un’occhiata, come a studiarlo, poi
riprese a guardare la ragazza belga che tagliava l’aria con
ampi fendenti impazziti.
-E’ posseduta da uno spirito.- disse semplicemente.
-Uno spirito?- ripeté meccanicamente l’austriaco.
Con quella visione terrificante innanzi agli occhi, a udire quella voce
sovrannaturale, la sua gola si era seccata, il suo cervello pareva aver
smesso di funzionare, annullato dall’orrore e
dall’assurdità della situazione. La semplice
affermazione del norvegese non fece che confermare ciò che i
suoi occhi vedevano già, ciò che la sua mente
aveva già percepito, ciò che il suo corpo
già temeva. Eppure a udire quelle parole sentì
come un peso schiacciargli il cuore.
-Uno spirito attaccato al mondo.- ripeté Lukas mentre con
l’ennesimo fendente, Bella strappò un lembo del
vestito di Elizaveta che urlò di nuovo, per poi tentare la
fuga a rompicollo.
Era atterrita.
Proprio lei!
Lei era forte, aveva praticato molte arti marziali e sapeva cavarsela
nel combattimento all’arma bianca. Ma di fronte a tali
elementi sovrannaturali, di fronte all’ignoto, le
qualità umane sono sufficienti?
Certo a mani nude non avrebbe potuto fare nulla. Se doveva morire a
causa dello spirito di una mocciosa psicotica, almeno voleva mettere le
mani su una bella arma e potersi difendere.
Maledisse Gilbert e si maledisse a sua volta per essersi fatta
coinvolgere.
Lei che c’entrava?!
Che diavolo c’entrava in quella storia?
“Maledetto Beilschmidt!” urlò dentro di
sé.
-Attenta!- gridò Roderich.
Elizaveta si voltò.
Non c’era nessuno.
Rimase stupita a fissare il vuoto, poi capì e
contemporaneamente -Sopra di te!- la voce di Gilbert sopra la sua testa
si sovrappose a quella di Roderich. Elizaveta alzò il capo e
vide Bella piombare su di lei, con l’ascia sollevata oltre la
testa, pronta a calare come la mannaia di un boia sul suo corpo
indifeso.
“Sono morta.” pensò Elizaveta, mentre il
tempo pareva rallentare il suo corso, rendendo l’attimo
dell’affondo ancor più terrificante. Ma prima che
la lama raggiungesse la sua pelle, prima che il suo sangue zampillasse
impazzito da una qualsiasi ferita, qualcuno la afferrò per
le spalle e la gettò a terra, rotolando con lei per sfuggire
al corpo mortale.
Elizaveta sentì un gemito di dolore represso e si accorse
solo quando tutto il mondo smise di girare che a salvarla da morte
certa era stato Roderich.
I due, ansimanti, si misero a sedere e guardarono nervosamente in
direzione della ragazza bionda. Quella tentò un secondo
attacco verso di loro e fu Elizaveta, a tentare di fare scudo al suo
ragazzo, anche se lui tentò disperatamente di prendere il
suo posto, non poteva, non voleva permettere che qualcuno le facesse
del male, che le strappasse la vita. Non se lui poteva fare qualcosa
per opporsi.
L’ascia non calò mai su di loro.
Elizaveta aprì gli occhi e si voltò appena. Anche
Roderich rimase meravigliato di primo acchito nello scoprire che la
terribile arma era stata bloccata a mezz’aria prima di poter
sferrare il colpo definitivo.
Da Mathias.
Il danese sogghignò sprezzante, facendo forza con le braccia
per reggere il confronto col fantasma e col corpo che si era scelto.
Strinse le mani sul manico dell’ascia che aveva raccattato a
sua volta in una seconda bacheca in vetro e fece peso col proprio corpo
per respingere l’altra.
Si chiese come fosse possibile che una possessione potesse rendere una
ragazza così forte e sudò freddo, sapendo di non
poter reggere ancora per molto.
-Siete ancora imbambolati?- domandò sogghignando rivolto ai
due che, alle sue spalle, assistevano alla scena sbalorditi. Roderich
fu il primo a scuotersi e si alzò in piedi a fatica,
aiutando la ragazza.
“Grazie” voleva dirgli lei, ma le parole le
morirono in gola quando sentì qualcosa di caldo e umido
gocciolare sulla pelle nuda.
-Oh mio Dio!- esclamò -Roderich!-
L’austriaco strinse i denti, deciso a non lasciarsi sfuggire
neppure il minimo gemito di dolore.
L’ascia di Bella l’aveva ferito alla schiena, forse
non era una ferita mortale, ma era profonda e dolorosa. La ragazza
posseduta li osservava come incuriosita, poi tornò alla
carica, verso di loro, scaraventando Mathias contro la parete con una
potente onda d’urto.
Si scagliò contro i due innamorati con ferocia e Gilbert
urlò, tentò di trattenerla, si
aggrappò al suo corpo tentando di entrare anche lui in
Bella, di scacciare lo spirito di Natalia. Ma non vi riusciva, lo
spirito assetato di vendetta e carico d’odio della defunta lo
ricacciava all’esterno, era sfuggevole, travolgente, la sua
rabbia respingeva ogni cosa intorno a lei.
Ma lui era sempre stato testardo, veramente tanto testardo, e non si
fermò ai primi due tentativi. Doveva continuare a provare,
doveva fermarla assolutamente, doveva salvare Roderich!
Elizaveta strinse il fianco del suo ragazzo tentando di non fargli
troppo male e lo sorresse, aiutandolo a scappare via. Voltandosi appena
per gettare un’occhiata al macabro spettacolo di Natalia che
si contendeva il corpo di Bella De Vries con Gilbert.
“Quell’impiastro… ” le venne
quasi da piangere, ma si contenne.
-Presto, dobbiamo fuggire.- disse fra i denti accelerando il passo
quanto poteva.
Lukas nel frattempo era corso da Mathias.
-Stai bene?- gli domandò chinandosi su di lui.
-Potrei stare meglio.- ammise quello massaggiandosi la testa -Magari
con un bacino.-
Lukas ignorò quell’ultima frase e lo
aiutò a tirarsi su, per poi seguire l’altra coppia
lungo il corridoio buio, accompagnati dalle urla dei due spiriti in
lotta e della povera Bella.
-Che sta succedendo adesso ?- domandò il danese, serio in
volto, ma il norvegese non gli diede spiegazioni, lo
trascinò via con sé.
Solo lui ed Elizaveta, a quanto pareva, potevano percepire le
strazianti urla del fantasma misterioso che stava tentando di
rallentare il passo della ragazza.
Lukas non era sicuro di chi fosse, forse lo conosceva di vista. Era un
po’ da tutta la sera che avvertiva la sua presenza e lo
scorgeva qua e là. Non aveva indizi sufficienti per avere
chiaro il quadro della situazione, ma chiunque avrebbe capito che
quello spirito doveva provare gli stessi forti sentimenti
dell’altro, per poter sempre tornare all’attacco.
Solo che a differenza dell’ammorbante emozione che percepiva
al di sotto della rabbia, quello spirito emanava impetuose ondate di un
sentimento caldo, più puro, ma non meno travolgente.
Lukas si sentì stringere il cuore nel petto e, scambiandosi
fugacemente un’occhiata con i tre compagni di fuga,
intuì che anche per loro era lo stesso.
Era davvero penoso però che tutto ciò che
accadeva alle loro spalle potesse essere compreso, se non del tutto
almeno in parte, soltanto da lui e dalla ragazza.
Ed era penoso anche sentire l’energia dello spirito difensore
affievolirsi sempre più, affaticata, come la luce di una
candela ormai agli sgoccioli, eppure testarda e combattiva.
Roderich non poteva sapere che Gilbert lo proteggeva, ma i flussi
energetici avevano pervaso l’atmosfera, e lui poté
comunque avvertire quelle emozioni contrastanti sulla sua pelle.
E senza capire bene perché, pianse.
Bella non era totalmente incosciente. Pur ridotta ad un misero
burattino, poteva sentire, poteva vedere. E in quel momento
ciò che aveva visto la faceva sentire gelosa, pazzamente
gelosa, furiosa.
Quel ragazzo aveva quasi sacrificato la vita per salvare la sua ragazza.
Quello spirito che la ostacolava, a sua volta desiderava salvare quel
ragazzo, a costo di scomparire.
Ancora si gettava su di lei, lottava contro lo spirito che la possedeva
senza curarsi di sé.
E quel tizio piccoletto e insieme all’altro…
Quei ragazzi si amavano, era evidente, chiaro come il sole, anche se lo
dimostravano davvero poco. Avrebbero dato la vita l’uno per
l’altro, indifferentemente dal fatto di essere corrisposti o
meno, mentre lui…
Suo fratello, avrebbe avuto il coraggio di farlo?
-Non lo farebbe.- le
disse ferma Natalia.
Abel De Vries sbarrò gli occhi quando accadde.
Quando vide alla luce delle lampade d’emergenza quegli
studenti sbalzati via da una potente esplosione d’aria. Un
boato tremendo, distruzione, niente fiamme.
Colpiti da un inesistente scoppio, Roderich, Elizaveta, Mathias e
Lukas, furono sbattuti nel salone della festa, fra le grida
terrorizzate della scolaresca.
E poi apparve lei.
Abel non poteva credere ai suoi occhi. Bella cavalcava la forza
d’urto dell’aria, quasi volava sospinta dalla
stessa potenza del suo potere maligno. Col viso contorto in
un’espressione di goduria mefistofelica, piombò
nella sala, generando il caos.
Gli studenti urlavano e fuggivano urtandosi fra loro come topi
disperati che tentano di abbandonare una nave ormai condannata.
-Bella!- la chiamò -Bella!-
Nessuno avrebbe potuto udirlo in mezzo a quella folla delirante in
preda al panico, ma lei lo fece.
Si voltò di scatto verso di lui, con un gesto
così secco da fermargli il cuore.
-Eccolo!-
diceva una voce -Eccolo!
Adesso vedrai che non gli interessa di noi! Lo vedrai! A nessuno
interessa di noi, vero
FRATELLONEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEE?-
Il grido acuto ruppe i vetri delle finestre, i bicchieri, le brocche,
le lampade. Tutto ciò che di fragile c’era,
esplose in mille frammenti ricadendo sulle teste degli studenti.
A quell’urlo agghiacciante successe il silenzio per pochi
attimi.
Poi gli studenti tentarono nuovamente la fuga, se possibile con
più foga che in precedenza.
Eccetto alcuni.
Ivan e Toris erano sulle scale in quel momento.
Uno dei lampadari era quasi caduto addosso al più giovane e
Ivan, seppur terrorizzato, aveva avuto la prontezza di afferrarlo per
il polso e trascinarlo verso di sé, contro il muro.
L’aveva protetto col suo corpo frapponendosi tra lui e il
groviglio di candele di vetro che fino a quel giorno avevano illuminato
quell’androne. In silenzio, meditando sul da farsi, fissava
la giovane figurina al centro della sala distrutta con dipinto sul
volto un malcelato terrore. Strinse i denti, mentre il sudore freddo
gli colava lungo le tempie.
-Ivan?- Toris lo chiamò diverse volte -Ivan, sei
ferito… - gli disse e gli asciugò il sangue dalla
fronte.
-Non è nulla… - fece quello.
Era vero. Non era che un taglietto, il dolore era insignificante.
Probabilmente anche se l’avessero tagliato a metà,
in quel momento non avrebbe né sanguinato né
sofferto, impietrito com’era dalla paura e dalla rabbia.
Toris aveva rischiato di morire.
Di nuovo.
Come doveva sentirsi se non incazzato a morte?
Voleva tanto che Natalia la smettesse, ma aveva paura di affrontarla.
Se però l’avesse fatto tempo addietro
forse… forse lei sarebbe stata ancora viva.
Forse nulla di tutto quello sarebbe mai accaduto e Kat’ja
sarebbe stata bene.
-Devi andartene… - disse piano, a voce così bassa
che Toris la percepì a stento.
-No… - disse piano -Non posso lasciarti
così… -
-Vattene… - disse fermo.
-No.- rispose Toris, ancora più deciso, per poi vacillare di
fronte all’occhiata omicida del russo.
Quell’occhiata omicida.
-N-no… - rispose scuotendo il capo. -E non… non
mi convincerai così… mi fa più paura
quella... - indicò Bella che continuava a spazzare via
chiunque e qualunque cosa si trovasse sul suo cammino con le sue onde
d'urto. Una di queste prese Abel in pieno, schiantandolo contro una
colonna.
-Perciò anche se poi te la prenderai, io adesso
starò qui.- concluse il castano, con un debole, stupendo
sorriso dipinto sulle labbra.
Ivan tacque. Avrebbe voluto dirgli che quando tirava fuori il coraggio
diventava davvero stupendo, ma non ne ebbe il tempo. Perché
Bella si stava accanendo contro Abel De Vries, contro suo fratello, e
nessuno tentava di fermarla, tutti erano troppo terrorizzati per
pensare a lui.
-Avevi promesso!-
urlò la ragazza, scagliando nuovamente il corpo del fratello
contro la colonna, come un sacco di sabbia colpito da un pugile
particolarmente forte.
-Ma tu non mantieni mai
le promesse! Devi fare tutto come vuoi tu, non pensi mai a me!
T’importa di me?!-
-B-Bella… -
-Stai
zitto!!-
In quel momento, era lei, Bella ad agire.
Era lei a sfogarsi delle ingiustizie che aveva subito. Lei che aveva
finto di perdonare, in realtà c’erano momenti in
cui aveva desiderato prendere Abel per i capelli e spaccargli la testa
contro il muro.
Se non gli avesse voluto davvero bene, forse l’avrebbe fatto.
Ma i fratelli e le sorelle litigano e si trovano spesso in disaccordo,
più spesso di chiunque altro. I loro desideri omicidi,
però, a volte sono semplicemente enfatizzazioni momentanee
della loro rabbia.
Bella non avrebbe mai desiderato uccidere suo fratello. Non davvero.
Desiderava solo dargli una lezione esemplare, ma non…
Non così.
Abel la fissava, bianco in volto, il suo corpo muscoloso non poteva
nulla contro la forza di quel figurino aggraziato che lo sollevava per
aria come un fuscello e stringeva, stringeva…
Abel tentò di allargare la presa delle sue dita contro la
gola, ma senza successo.
Agitò le gambe per scalciare, ma nulla. I suoi calci, Bella
non li sentiva neppure. Lo fissava, il volto contratto in una smorfia
furiosa mista al dolore e continuava a stringere.
-E’ colpa tua, fratello. Colpa tua.- farfugliava
-Perché m’illudi, perché non mi vuoi
bene.-
La ragazza rivolse una fugace occhiata verso Ivan, che rimase in
silenzio, stringendo Toris a sé con maggior forza.
L’olandese non comprese il perché del gesto della
sorella, ma non ci badò molto. Avrebbe voluto dirle che non
era così, che era pentito di tutte le promesse non
mantenute, del suo comportamento tirchio e infantile, troppo
egocentrico per vedere oltre se stesso e i propri desideri, avrebbe
voluto dirle molte cose, ma era condannato a morire in silenzio.
Finché una pioggia di fini cristalli bianchi non sommerse
Bella.
Completamente.
Lei lanciò un grido acuto, lasciò la presa e
cadde a terra, contorcendosi, urlando, imprecando e maledicendo
chiunque fosse l’artefice di quel gesto. La sua voce
echeggiava nella sala con maggiore potenza, sotto gli occhi sbalorditi
dei pochi incoscienti rimasti a guardare.
Ivan e Toris stavano ancora sulle scale. Al primo piano, di fronte
all’entrata, c’erano Ludwig e Feliciano, accanto a
loro Kiku. A piano terra, Elizaveta, Roderich, Mathias e Lukas spiavano
la situazione nascosti dietro alcune colonne, feriti ed esausti.
Roderich perdeva parecchio sangue dalla schiena, sul pavimento una
piccola pozza di sangue s’allargava a vista
d’occhio.
Bella continuava a gridare, mentre Natalia s’aggrappava
disperatamente al suo corpo per non esserne respinta, ma invano.
In quel momento, quando fu vulnerabile, Gilbert tornò alla
carica.
L’afferrò sotto le braccia e la
trascinò via dalla ragazza.
Nonostante quei cristalli bianchi sparsi tutt’intorno,
però, Natalia era comunque molto forte, a causa
dell’ammorbante sentimento che la teneva ancorata al mondo
dei vivi e lui si rese conto immediatamente che non avrebbe potuto fare
nulla contro di lei.
“Solo rallentarla, tutto qui. Poi posso solo
sperare.” Pensò e, voltandosi verso il gruppo alle
sue spalle, disse, sogghignando -Addio.-
Elizaveta si morse le labbra e Roderich, lui spalancò gli
occhi, perché per la prima volta, dopo tanto, tanto tempo,
lo vide.
-Gil… bert… - sussurrò appena.
-Addio, Roderich.- disse quello ancora, sorridendo, perché
voleva rassicurarlo.
Andava tutto bene, tutto, a meraviglia.
Sapeva mentire che era una bellezza.
-Siate felici.- aggiunse, infine.
Gilbert strinse Natalia con forza fra le proprie braccia intangibili,
contenne la sua furia come meglio poté, ma di contro,
usò tutta la sua energia residua e l’aria sopra di
loro parve risucchiarli. Tutt’intorno si alzò un
forte vento, un vento che non veniva da nessuna parte, che
circondò i due e trascinò ogni cosa che
incontrava sul suo cammino scaraventandola per la stanza. Volavano
posate, bicchieri, frammenti di pietra, quadri, vetro, persino le
persone rischiarono di essere trascinate in quel vortice.
-Gilbert!- urlò Roderich allungando le mani verso di lui.
“Siate felici.” Pensò nuovamente quegli,
aggrappandosi con più forza a Natalia.
Si sentì felice a sua volta, perché
l’aveva rivisto. Ed era in buone mani.
Ivan strinse Toris con forza a sé quando sua sorella
invocò nuovamente il suo nome e lo maledisse per
interminabili secondi, prima che il silenzio tornasse a regnare in
sala.
L’unico rumore appena percettibile, fu quello della sostanza
cristallina che come sabbia scivolava al suolo, dal secondo piano
dell’accademia.
Là, appeso a una ringhiera, vi era un enorme sacco
riportante la scritta inequivocabile “Salt” e,
accasciati accanto ad esso, ansimanti sia per lo sforzo, sia per la
paura, vi erano Alfred, Arthur e Francis.
-L’eroe… - mormorò Alfred esangue e
rannicchiato in un angolino in posizione fetale -L’eroe ha
trionfa… trionfato… -
Arthur tacque, lo guardò in silenzio, dovendo ammettere che
quell’impiastro ne aveva fatta una giusta una volta tanto.
Però…
“Non è finita.” pensò
l’inglese. “Non è finita.”
Il solo pensiero lo mandò in panico e, inconsciamente,
cercò la mano di Francis.
Fine capitolo
10
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Capitolo 11 *** 11. Torniamo a casa, Vanya ***
Note: Immensamente, vi chiedo perdono
per il ritardo *inchino* e per la lunghezza del capitolo (ho battuto
record migliori, comunque XD)
Avrei voluto concludere
questa storia in tre capitoli, questo compreso, ma la vicenda era
troppo complicata per essere compressa. Due capitoli in uno sarebbero
stati disastrosi e poi sarebbe venuta una cosa molto più
lunga. Perciò, personaggi assatanati permettendo, dopo
questo dovrei concludere la storia in tre capitoli.
Fatemi sapere che ne
pensate, consigliatemi se qualcosa non vi torna, in modo che possa
porvi rimedio. Buona lettura. ^^
Capitolo 11: Torniamo a casa, Vanya
Ivan taceva, sottostando agli sguardi esterrefatti dei suoi compagni di
scuola. Erano increduli e al tempo stesso affamati di sapere. E come si
poteva dar loro torto, non sapevano nulla di lui eccetto che era un
demonio e che aveva due sorelle, di cui una morta in un terribile
incidente del quale non parlava mai.
A quel punto, dopo il caos che vi era scoppiato, l’androne
dell’accademia era stato evacuato e Bella De Vries, insieme
ai feriti che la furia di Natalia aveva coinvolto, era stata portata in
ospedale.
Suo fratello Abel l’aveva accompagnata
nell’ambulanza e le teneva la mano con un sorriso triste
dipinto sul volto. Eppure, a vederli, Toris pensò che fra
loro le cose si sarebbero sistemate.
Per qualcuno quell’esperienza aveva avuto del positivo.
Di contro però…
Guardò Ivan.
Il terrificante russo, Ivan il Terribile, il distruttore, era un fascio
di nervi, l’ombra di se stesso. Sarebbe anche solo
sopravvissuto a quell’esperienza orribile e frustrante?
Toris gli strinse la mano e, anche se gli costò molto
coraggio, propose di fare qualcosa, di porre fine a tutto.
-Alfred, tu sai come ci si comporta in queste situazioni e anche tu,
Arthur!- esclamò, memore della lunga esperienza filmica
dell’americano, che, nonostante odiasse gli horror, non
riusciva a farne a meno. Ne aveva una collezione invidiabile!
E Arthur, lui aveva grandi conoscenze in campo spiritico, anche se
prediligeva creature meno terrificanti e graziose.
L’americano s’irrigidì sul divanetto.
Si erano riuniti nella sede degli Alleati. C’erano appunto:
Alfred, Arthur, Francis, Yao (che era stato ferito di striscio alla
tempia), Ivan, Toris, Kiku, Ludwig, Feliciano, Mathias e Lukas.
Anche Roderich era stato ricoverato in ospedale ed Elizaveta
l’aveva seguito, non se la sentiva di lasciarlo solo, dopo
che aveva rischiato la vita per lei.
Prima di andare, comunque, aveva preso Ivan Braginski da parte,
perché voleva capire. Lui non si era mostrato molto
disponibile a dirle ogni cosa, ma l’ungherese possedeva una
forza di persuasione notevole. O forse era lui troppo stressato al
momento, perché gli bastò vederle corrugare il
viso in una smorfia furente e farsi prendere per il bavero per
decidersi a vuotare il sacco, brevemente, davanti agli altri.
D’altro canto, ormai non poteva più tenere nulla
segreto.
-Io vorrei proprio sapere perché ogni volta che è
con te, mio fratello finisce in situazioni assurde!- sbottò
un certo intruso -Stupido mangia patate!!-
-Fratellone, per favore, calmati.- si lamentò Feliciano.
-Magari sparisci.- aggiunse Ludwig.
-Tu sparisci!- ruggì Lovino, furente.
-Ragazzi, cerchiamo di stare calmi e decidiamo il da farsi.-
suggerì Kiku, tentando di fare da paciere, senza
però essere ascoltato. Lovino continuò il suo
battibecco-monologo e Ludwig tentò di non ascoltarlo.
Alfred continuava a esaltare le sue doti da eroe, perché se
lui non avesse avuto l’idea del sale, ovviamente nessun
fantasma sarebbe stato scacciato. A quel punto, Arthur, il
fratellastro, gli ricordò che al momento cruciale se
l’era quasi fatta addosso dalla paura e che se non fosse
stato per lui, altro che buttare il sale. E Francis, e ti pareva,
puntualizzò che anche lui aveva aiutato a trasportare e
rovesciare quel pesantissimo sacco e che si meritava un regalino.
Inutile dire, che si scatenarono battibecchi assurdi. Ivan,
già sull’orlo di una crisi di nervi,
rispolverò il suo amato tubo di rubinetto e fece per dare
una bella ripassata a tutti, salvo essere placato da un supplice Toris.
-Ti prego, fermati!- gli fece -Dobbiamo discutere civilmente!-
Il russo gli indicò, senza dire nulla, il gruppetto
petulante di comari assatanate, al che, il lituano non seppe proprio
cosa rispondere. Per fortuna, e per il bene di tutti, Lukas intervenne.
-Scusa l’indelicatezza, dov’è stata
sepolta tua sorella?-
Tutti tacquero, guardando prima il norvegese, poi il russo, che si
ributtò a sedere sul divano.
-In questa città.- rispose Ivan -Io e Kat’ja
abbiamo preferito che riposasse il più vicino possibile a
noi. Ma forse è stato un errore.- aggiunse, stringendosi il
setto nasale fra le dita.
-E’ stato meglio.- ribatté Lukas, per poi
rivolgersi agli altri -Per far sì che uno spirito smetta di
perseguitare qualcuno, bisognerebbe convincerlo con le buone oppure con
le cattive.-
-Non mi sembra uno spirito che si lascia convincere davanti a una tazza
di tè.- rispose, seccato Arthur.
-Perciò dovremo usare le cattive.- convenne il nordico.
-Ovvero?- domandò Ivan, armeggiando col suo telefono
cellulare, non si era accorto che si era spento durante la confusione.
-Come in Supernatural!- saltò su Mathias, con
l’ascia ancora in mano e uno Yao molto preoccupato per la
propria incolumità a fianco.
-Sì, esatto.- fece Lukas, lanciandogli
un’occhiataccia, seccato per essere stato interrotto -Bisogna
bruciare il suo corpo, eliminare ciò che ancora lega lo
spirito a questo mondo.-
-Aspetta.- fece Alfred, comprendendo ciò che avrebbe
comportato la cosa -Questo significa che dobbiamo andare in un
cimitero?-
-Esatto.-
-Di notte?!-
-Non abbiamo tempo di aspettare domani.- rispose Ludwig.
-La notte di Halloween?!-
-Se te la fai addosso, puoi anche non venire.- lo sbeffeggiò
Arthur, ridendosela sotto i baffi. Il fratellastro era bianco come un
cencio. Peccato che la natura eroica prevalse sulla codardia da spettri.
-Se non venissi- mugugnò quello, infatti -non sarei un eroe.
Quando il gioco si fa duro, i duri iniziano a giocare!-
esclamò mettendosi in posa con un piede sul tavolino
-E’ questo il mio credo eroico!-
-In realtà, è convinto che sarà
più al sicuro con noi che qui da solo, nel caso la pazza
tornasse.- bisbigliò Francis a Mathias, abbassando di molto
la voce nel pronunciare la parola “pazza”.
-Molto bene.- fece Ludwig -Andiamo.-
-Scordatelo, scrofa mangia crauti!- protestò Lovino
-Feliciano non verrà con te in un posto così
pericoloso!-
Il diretto interessato, infatti, tremava come una foglia.
-N-n-no-non fa nu-nul-la… - balbettò,
stringendosi al tedesco -C-c-c-ce la fa-fa-ccio… -
-Chi non se la sente,- fece Ludwig -è libero di non venire.-
Toris strinse i pugni. Lui non se la sentiva proprio, però
doveva andare, doveva stare al fianco di Ivan in quel momento. Neppure
Feliciano o Alfred si sottrarono al dovere che si erano sobbarcati
nonostante poco li riguardasse, persino Lovino alla fine cedette,
seppur borbottando. Diceva di non averci nulla a che vedere con quella
storia, di non capire il perché Feliciano si sentisse in
dovere di andare chissà dove a scacciare lo spettro di
chissà chi.
-E’ per salvare la sorella di Ivan.- rispose quello
candidamente -Anche Gilbert avrebbe voluto questo, vero Lud?-
Quello annuì, con un sorriso malinconico sulle labbra,
commosso da quelle parole. Era in momenti come quelli che gli perdonava
tutte le sbadataggini e le cavolate, era per quel suo candore che lo
amava.
A quel punto, tutti erano convinti, non ci fosse più tempo
da perdere. Solo…
Ivan era rimasto in silenzio, pallido, a fissare lo schermo del
cellulare.
C’erano diverse chiamate perse dallo stesso utente.
L’ospedale.
Erano diversi minuti che camminavano in silenzio, trattenendo il fiato,
sussultando a ogni fruscio, ogni crepitio, ogni alito di vento. Ludwig
stava in testa al gruppo, con una torcia in mano. Dietro di lui, o
meglio, abbracciato a lui, si trascinava un impaurito Feliciano. Pochi
passi più indietro, c’era uno scazzato Lovino e,
pochi passi dietro di lui Alfred, che trasportava una tanica di
benzina, Yao, Francis e Arthur. Tutti avevano con sé delle
pale e sacchetti di sale.
-Stando a quello che ha detto Braginski… - fece mente locale
il tedesco -La tomba di sua sorella dovrebbe trovarsi alla fine del
cimitero nuovo. Non manca molto. Feliciano, mi si sta bloccando la
circolazione.-
-Dobbiamo fare in fretta.- disse Arthur accogliendo consensi, sia per
paura che per il vero motivo dell’urgenza. Il loro operato
non sarebbe stato gradito da Natalia ed era probabile che in quel
momento fosse nuovamente tornata all’attacco contro Ivan e
Toris. O forse, d’improvviso, se la sarebbero trovata
davanti, pronta a scatenare contro di loro una furia neppure
paragonabile all’apocalisse che aveva devastato
l’Accademia.
-Ecco, siamo nella zona nuova.- fece Alfred, illuminando con la sua
torcia il sentiero che divideva in due il cimitero. Proprio al limitare
delle zone, fra tutte le tombe e le cripte più recenti e
lavorate, dopo la statua di un angelo, vi era un tumulo semplice con su
la foto di una ragazzina adorabile con un fiocchetto a ornarle il capo.
Il gruppo, quasi ricevendo un tacito segnale, trattenne il respiro.
Alfred mugolò qualcosa, se l’avessero punto o
colpito, non avrebbe sanguinato, né provato dolore.
Feliciano si strinse ancora di più a Ludwig e Lovino non
ebbe nulla da ridire, fissava nervosamente il terreno.
La tomba era stata già profanata.
Davanti alla lapide si apriva un buco profondo diversi metri e
ciò che rendeva il tutto più spaventoso, era che
le zolle di terra aprivano le loro creste polverose e brulicanti di
vermi verso il cielo notturno. Al chiaro della torcia, si poteva
intravvedere il coperchio del feretro spaccato e qualche brandello di
stoffa impigliato nello squarcio.
-E adesso?- domandò Francis ad Arthur.
Ludwig afferrò il cellulare, per informare immediatamente
Ivan. Gli altri iniziarono a guardarsi intorno con le torce,
intimoriti, aspettandosi di secondo in secondo che Natalia li
aggredisse, respingendo il razionale pensiero di non rientrare nei suoi
immediati interessi.
Il tedesco rimase in attesa per qualche secondo, poi provò
un altro numero e un altro ancora. Gli altri spostarono la loro
attenzione sui movimenti frenetici delle sue dita. E quando chiuse
l’ennesima chiamata sapevano già cosa avrebbe
detto loro.
-Sembra abbiano i cellulari spenti.-
Toris non ne aveva voluto sapere di lasciare andare Ivan da solo
all’ospedale, nonostante questi gli avesse mostrato la sua
faccia più inquietante.
-Non è sicuro.- gli aveva detto.
-Non sarò mai al sicuro.- rispose il lituano, infilando il
cappotto -Andiamo, non perdere tempo a discutere con me.-
Il russo rimaneva sempre più meravigliato della sua audacia.
Forse aveva perso troppo il mordente con lui, d’altro canto,
non gli dispiaceva per nulla. Ma non era buona cosa che
s’impuntasse in un’occasione del genere!
Fece altre storie, ma alla fine dovette cedere quando Alfred, il
maledetto quattrocchi, prese in mano la situazione.
-Un gruppo andrà al cimitero e un gruppo
accompagnerà Ivan all’ospedale. Non permetteremo a
quel fantasma di fare i suoi comodi!-
-Sì!- esclamò Feliciano.
-Tsk.- schioccò la lingua il russo.
Non poteva farci nulla, quando quello decideva di fare una cosa, era
quella e basta. Alla fine, Kiku, Lukas e Mathias lo accompagnarono in
ospedale, insieme a Toris.
Ovviamente, armati di sale.
In più, Mathias portava ancora l’ascia con
sé e Kiku aveva la sua katana, quella che teneva esposta
nella propria, ordinatissima, stanza.
-Mi raccomando!- esclamò l’americano, pala alla
mano -Mettetecela tutta!-
Che rabbia che gli faceva, aveva proprio voglia di spaccargli gli
occhiali sul naso, Ivan. Quel maledetto era bravo a dare ordini, ma poi
si era messo nel gruppo che correva meno pericoli.
Una volta superato il parcheggio, il gruppetto entrò
nell’edificio, silenziosamente, persino Mathias
Køhler taceva. Lukas, dal canto suo, parve inquietarsi non
appena varcò la soglia.
Si guardò intorno, cercando di individuare da dove
provenisse di preciso quella percezione, ma non riusciva a determinare
un punto certo. L’intera struttura era permeata di rabbia e
follia.
C’erano poche persone, il personale ospedaliero, che
transitava per i corridoi. Chi per i soliti giri di routine, chi per
particolari controlli, chi per noia. Forse era la situazione a rendere
il tutto così terribile, ma l’angoscia che si
respirava fra quelle quattro mura era palpabile, quasi claustrofobica.
Ivan si avvicinò all’infermiera alla reception.
-Braginski. Ho ricevuto diverse chiamate.- fece una pausa -E’
successo qualcosa a mia sorella?- domandò infine, sapendo
benissimo che, sì, era successo qualcosa.
L’infermiera fece scorrere lo sguardo da lui ai suoi
compagni. Grazie al cielo faceva freddo, avevano potuto nascondere alla
bell’e meglio armi e sale nei cappotti, anche se trovarsi
davanti ad un gruppetto di ragazzi truccati per Halloween, era di certo
una cosa curiosa. Davano parecchio nell’occhio.
-Solo un attimo.- disse, digitando un numero. -Strano, il dottore non
risponde... - disse, fra sé e sé, mentre i
ragazzi s’irrigidirono.
L’infermiera prese a digitare un secondo numero.
-Sono Scarlett, sto cercando di contattare il dottor Mc Gregor
è… ehi, aspettate!- esclamò, mentre
Ivan e gli altri liquidavano la reception per dirigersi verso le scale.
Il russo in testa. Sudava freddo, era terrorizzato, però era
anche l’unico a sapere dove fosse la stanza di
Kat’ja. Sperando fosse ancora lì. Sperando che
stesse bene.
Purtroppo non era troppo bravo a sperare.
Giunti al piano in cui si trovava la stanza di Katyusha, Lukas
indietreggiò, stringendo i denti e sudando freddo.
Mathias gli lanciò un’occhiata preoccupata.
-E’ qui… - spiegò, stringendosi nelle
spalle.
Il danese, per tutta risposta, estrasse dalla tasca della giacca scura
l’ascia, mentre Kiku liberava la sua katana dalla custodia e
si preparò a sguainarla dal fodero.
Nessuno fiatò, mentre si dirigevano verso la stanza. Ivan
rallentava l’andatura a ogni passo, sempre più
intimorito, perdendo sempre più velocemente il coraggio che
era riuscito a riconquistare faticosamente.
Toris gli si portò al fianco, senza dire nulla.
Il russo deglutì, con la mano sulla maniglia. Non ci voleva
un sensitivo per capirlo, poteva sentirlo pure lui: Natalia era dietro
quella porta. Improvvisamente, gli parve che la maniglia bruciasse, non
voleva aprire, voleva tagliare la corda e nascondersi! E dire che molte
volte aveva riso di Alfred Jones e delle sue scenate da cacasotto.
Sospirò diverse volte.
A ogni respiro credeva di riuscire, di poter aprire quella porta, ma
aveva bisogno di ritrovare il coraggio ancora e ancora.
Toris gli prese la mano, per infondergli sicurezza.
-Fratellino, sei tu?- domandò una voce dolce dalla stanza
facendo rizzare i capelli in testa a tutti, nessuno escluso.
Gli occhi di Ivan si spalancarono per lo stupore.
-Kat’ja?-
-Merda, merda, merda!- si lasciò sfuggire Lovino -Ma che
razza di situazione schifosa! Cercare uno zombie che se ne va a spasso
in un cimitero!-
-Ti prego non ricordarmelo… - rispose Alfred, sconsolato.
Yao camminava davanti a loro, mormorando qualcosa, evidentemente
agitato.
-E tu cos’hai da mugugnare?!- sbottò
l’italiano furioso.
-Sto recitando una preghiera per tenere a bada i morti.- rispose
quello, nervoso.
Lovino non ebbe nulla da ridire. Anzi, si unì a lui in vari
riti scaramantici.
-Volete stare un po’ zitti?- li redarguì Arthur,
illuminando una cripta vuota. Si voltò poi verso i due
chiassosi individui con un’espressione malefica,
illuminandosi il viso da sotto -Non sprecate il fiato, i morti sentono
i vostri respiri. Attirerete la loro attenzione così, uhuhu.-
Inutile dire che l’americano quasi collassò per il
terrore, la sua faccia contorta nel celeberrimo urlo di Munch, senza
lasciar trapelare alcun suono.
“Ecco, sistemati, così almeno cercheranno in
silenzio.” pensò, per poi rimettersi a frugare
ogni angolo, ad ascoltare ogni sensazione. Se c’era un motivo
per cui non sopportava il fratellastro e Francis (la maggior parte
delle volte) era che ritenevano che la sua passione per le creature
fantastiche fosse solo una stupida fissa. Per l’americano,
poi, seppure fosse terrorizzato da mostri e fantasmi, quelle creature
erano assolutamente finte.
Erano, appunto. Non poteva più pensarla così.
L’inglese però non era solo appassionato di fate,
folletti e simili, come Lukas, poteva sentirli tutt’intorno.
Nessuno gli credeva quando ne parlava, perciò finiva per
ammettere che si trattasse solo di uno scherzo. In quel momento, poteva
finalmente dimostrare di non essere un idiota molto fantasioso.
Facendosi accompagnare dalle percezioni, individuò
immediatamente una piccola luce fra gli alberi.
La porta si aprì senza che nessuno la toccasse. Nessuno
dall’esterno, almeno.
Sulla soglia, Kat’ja salutò col sorriso fra le
labbra il fratello minore, che era rimasto immobile, meravigliato.
-Ciao, Ivan.-
-Tu… tu…. Come… - non
riuscì a formulare bene il concetto.
Solo fino a quella mattina era in coma, in lotta fra la vita e la
morte. E quelle chiamate… era sicuramente accaduto qualcosa,
eppure la ragazza si reggeva sulle sue gambe, anche se appariva
fisicamente provata.
-Ho chiesto di te.- spiegò Kat’ja, aggrappandosi
alla flebo e facendo spazio sulla porta perché
l’altro entrasse nella stanza. -Ma non riuscivano a
contattarti. Per un attimo ho temuto di essere rimasta sola…
- disse, con un filo di voce.
Avrebbe voluto dirle che non aveva mai smesso di preoccuparsi per lei,
Ivan, ma si limitò a smentire quell’ultima frase
scuotendo il capo e appoggiando la mano sulla spalla della sorella
maggiore, sollevato, prima di seguirla nella stanza. Gli altri,
attoniti, seguivano i due a breve distanza.
Tutto appariva in ordine alla fredda luce dei neon, eccetto per il
letto sfatto e le lenzuola ripiegate disordinatamente sul materasso. I
macchinari erano stati spenti e il loro angosciante ronzio era
fortunatamente cessato. Kat’ja si appoggiò al
corpo massiccio del fratello e si risedette sul letto.
-Che succede?- gli domandò, guardando prima lui, poi gli
altri ragazzi, nella fattispecie Kiku e Mathias che, imbarazzati,
abbassarono le armi.
-Niente.- mentì Ivan. -Eravamo ad una festa, ecco. Oggi
è Halloween.- spiegò, colpevole, senza togliere
gli occhi da quelli stanchi di sua sorella, senza smettere di studiare
i suoi lineamenti delicati sciupati dalla lunga degenza. Lui era a una
festa e sua sorella rischiava la vita…
-Capisco.- sorrise lei, con le mani giunte posate sulle gambe.
Ivan provava gioia, grande gioia, e sollievo
però… c’era dentro di sé una
vocina che gli suggeriva di stare in guardia, che lo rendeva nervoso.
Come se già non bastasse il fatto di dover mostrare il suo
lato tenero a gente che di lui conosceva solo il solito lato psicotico.
Infatti, il danese lo fissava come se fosse una bestia rara, senza
neppure tentare di nasconderlo (Kiku almeno tentava di non darlo a
vedere).
Lukas, invece, era disinteressato, anzi, continuava a scrutare la
stanza come se ci fosse qualcuno o qualcosa appostato in agguato e
camminava qua e là, per accertarsi la provenienza di quella
percezione. Per qualche secondo fissò la ragazza, poi il suo
sguardo cadde sui macchinari. Era stata staccata la spina.
-Che sollievo.- disse Toris, avvicinandosi lentamente al letto, con un
sorriso sincero dipinto in volto
-Grazie al cielo stai bene.-
Katyusha gli rivolse un’occhiata in tralice, prima di annuire
e stringersi al fratellino.
-Non vedo l’ora di tornare a casa!- esclamò,
premendo il seno prosperoso contro il corpo di Ivan che
arrossì e si scostò appena.
-Che c’è?- domandò Kat’ja,
con un sopraciglio inarcato.
-Nulla… - mentì quello, a disagio
-Pensavo… che dovrei parlare col medico per sapere cosa fare
adesso, ecco.- aggiunse, infine.
-Il dottore ha detto che potevo tornare a casa stasera stessa.-
affermò la ragazza, con gli occhi che le brillavano
infantilmente.
-Ah, sì?- chiese ancora il russo, nervoso, mentre lei si
stringeva nuovamente a lui con più foga.
-E’ una bella notizia!- esclamò Toris, con una
mano sul petto, mentre Lukas focalizzava il separé accanto
alla finestra, oltre il letto di Katyusha.
-Bisognerà avvisare il dottor Mc Gregor, comunque.-
ribadì Ivan, deciso, alzandosi in piedi. La sorella rimase
abbarbicata al suo braccio.
-Lo chiameremo quando saremo a casa, fratellino.-
-Non funziona così… - le spiegò lui,
in evidente ansia -Lo sai, bisogna fare accertamenti,
deciderà lui quando dimetterti.-
Toris si era accorto del suo disagio e perciò
tentò di andargli incontro.
-Sarà il caso di andarlo a cercare, allora. Prima lo
troviamo, meglio sarà.-
Katyusha gli rivolse un’occhiata seccata e stavolta non fu
solo il diretto interessato ad accorgersene, ma anche gli altri due.
-C’è… c’è qualche
problema?-domandò il castano, impacciato.
-No, niente.- rispose serafica la ragazza, per poi lanciare
un’occhiata nervosa al norvegese che guardava con troppo
interesse ora il separé, ora i macchinari -Allora, cercate
il medico, per favore, non vedo l’ora di tornare a casa col
mio Vanya!-
-Bene!- esclamò il lituano e fece per uscire dalla stanza
quando -Non c’è bisogno di chiamare il medico.- lo
fermò Lukas, immobile.
Aveva superato il separé ed era rimasto immobile a fissare
qualcosa con aria disgustata e, strano vederlo così,
spaventata.
Katyusha schioccò la lingua e storse le labbra, stringendosi
con più forza a suo fratello.
-Che cos- le parole morirono in bocca a Mathias, che si era avvicinato
al suo ragazzo per controllare cosa l’avesse lasciato senza
parole.
Lukas spostò il paravento con un calcio, rivelando
l’agghiacciante scoperta.
Il dottor Mc Gregor giaceva morto sul pavimento, con sul viso
un’espressione agghiacciante.
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Capitolo 12 *** 12. Senza riposo ***
srip
Capitolo 12:
Senza riposo
Francis lo fissava con una faccia da pesce lesso, che per poco Arthur
non gli scoppiò a ridere in faccia.
-Tu… fuoco… -
-Era un fuoco fatuo.- chiarì subito l’inglese, con
aria fiera.
-Questo l’avevo capito!- esclamò il francese, -Ma
quello… tu… stavi parlando con una fiamma!!-
-E?-
-E cosa?! Non è normale!!-
L’inglese gli lanciò un’occhiata torva
-Cosa di questa situazione è normale, stupido mangiarane?-
Francis tacque, effettivamente, non aveva molto da ridire.
-Scusa…- disse, attorcigliandosi una ciocca di capelli
-E’ che è una situazione fuori dal
comune… -
L’altro fece un verso d’assenso, non poteva dargli
torto.
D’altronde, era la prima volta anche per lui. Non aveva mai
parlato con un defunto prima d’ora e quel fuoco fatuo,
l’anima sperduta di una fanciulla [*], gli era parso assai
triste,
ma, in un certo senso, felice di conversare con qualcuno. Essere utile
a qualcuno.
Forse quando era sparita, era finalmente riuscita ad andare in un posto
migliore.
Arthur lanciò un’ultima occhiata al punto in
cui aveva visto apparire e scomparire la fiamma e sorrise. A
vedere il suo sorriso, Francis intuì il suo pensiero e
sorrise a sua volta.
"Perché si ostina così tanto a fare il duro?" si
chiese con un sorrisetto, alzandogli occhi al cielo. Arthur non sapeva
quanto ci guadagnava a mollarsi un po'.
-Allora?- domandò Ludwig interrompendo il silenzio (quasi)
religioso che si era creato.
-Ecco... mi ha detto di aver visto una ragazza con un fiocco in testa
andare
verso quella parte non molto tempo fa.- rispose Arthur, indicando alla
loro
destra. -Si muoveva a stento, arrancando.- aggiunse poi.
Il gruppo, dopo aver rabbrividito, si diresse nella
direzione indicata, ma non fu facile trovare una ragazzina morta in un
cimitero.
Insomma, qualsiasi creatura che si reggesse in piedi eccetto loro
avrebbe attirato l’attenzione, ma non si vedeva nessuno in
vista
e poi, le uniche luci ad illuminare il luogo e a renderlo
paradossalmente più tetro erano le loro torce e i lumi
sistemati accanto alle lapidi.
-Merda… - commentò Ludwig -Questo posto
è troppo
grande. Forse dovremmo dividerci per- -No!-
esclamò Alfred
inorridendo -Sei pazzo?! Ci farai ammazzare! Per cosa credi che muoia
la gente nei film horror?!-
-Ok, ok…- tentò di sedarlo il tedesco -Ma
così non arriveremo a-
Non finì la frase, Feliciano lo strattonò per poi
indicargli impaurito, qualcosa poco distante da loro. Gli sguardi di
tutti seguirono il suo dito indice verso un angolo del cimitero in
ristrutturazione e lì lo videro.
Era il corpo che
stavano cercando, abbandonato come un rifiuto accanto ad un gruppo di
vecchie tombe in ristrutturazione.
Era proprio il suo corpo, quello di Natalia, consumato dal tempo e
ridotto alquanto male, sporco di terra e fili d'erba, i vestiti
graziosi strappati in diversi punti. Pur scomposto in tal modo, quel
corpo rendeva semplice ai ragazzi immaginare come dovesse essere bella
e aggraziata la ragazza quando era viva.
-A quanto pare non dovremo dividerci.- rettificò Ludwig,
fissandola e sudando freddo. -Diamoci da fare.-
-Ragazzi, io avrei una domanda...- esordì Yao, dopo aver
recitato una qualche formula alla vista del corpo. -Perché
l'abbiamo trovata?-
-Già... sei io fossi un fantasma, il mio corpo lo
nasconderei meglio.- intervenne Lovino.
-Fo-forse...- Feliciano fece capolino da dietro la spalla di Ludwig
-Forse non voleva presentarsi co-così a suo fratello...-
-Beh, non ha tutti i torti...- commentò Arthur, pensieroso.
-Chi, il cosino o la pazza?-
-Bando alle ciance, se il corpo è abbandonato qui,
immaginate dove sia l'anima!- esclamò Ludwig afferrando la
pala con forza. -Non abbiamo tempo da perdere.-
-Bene, allora, buon lavoro!- esclamò Alfred, facendo per
tagliare la corda. Peccato che Arthur e Francis lo afferrarono per la
collottola, trattenendolo.
-Non perdiamo tempo.- disse l'inglese -Chiudiamo questa storia.-
-Oh mio Dio… - sussurrò a denti stretti Mathias.
Non
aggiunse altro. Era uno spettacolo troppo raccapricciante per fare
commenti o battute di sorta.
Anche gli altri erano rimasti completamente pietrificati. Gli occhi
ametista di Ivan erano completamente sbarrati. La morte del medico
comportava un sacco di cose terribili. Deglutì un grosso
groppone di saliva e rivolse lo sguardo a Kat’ja, lentamente,
molto lentamente.
Lei sorrideva, ma non con quel suo sorriso dolce e materno. Era folle
era…
-No!- gridò il russo tentando di divincolarsi, ma la ragazza
aveva una presa salda, quasi volesse staccargli il braccio.
-Non fuggire più fratellone.- gli fece, appoggiando la
guancia
al braccio di lui e stringendolo ancora, come fosse un enorme peluche
-Sai che sarebbe inutile. Io voglio stare sempre con te.-
Aveva sperato che quella brutta sensazione fosse dettata semplicemente
dalla suggestione. Insomma, negli ultimi tempi sembrava che la sua vita
fosse diventata un racconto dell’orrore (lo era anche prima,
con
l’unica differenza che di solito il mostro era lui), quando
aveva
visto Yekaterina finalmente sveglia, finalmente salva, aveva osato
sperare.
“Che male c’è?” si era chiesto
“Forse è davvero così.”
Si era ingannato da solo, lo sapeva.
-Natalia…- iniziò.
-Fratellone?- rispose lei.
-Mi dispiace, per quello che è successo… non
avrei mai
voluto accadesse.- il suo pensiero tornò al passato, a quel
giorno -Io ti volevo, ti voglio bene… -
-Anch'io ti voglio bene, Vanya, per questo voglio stare sempre con te.-
-Non è possibile… - le disse. Vide le sue pupille
contrarsi, l’aria nella stanza vibrò, carica di
negatività, cosicché tutti provarono un forte
senso di
vertigine.
-Si che lo è!- s’impuntò Natalia,
premendosi con
ancora più forza al corpo del fratello, schiacciando i seni
prosperosi contro il braccio di lui. -Adesso possiamo amarci di nuovo.-
-No!- esclamò lui, alterato, strattonandola con maggior
forza e
riuscendo a liberarsi da lei -Non capisci che non va bene?! Tu per me
sei la mia sorellina, non provo nulla di più oltre questo!-
L’aria vibrò nuovamente, con più
potenza di prima. Toris represse l’istinto di vomitare a
stento.
-E’ perché preferisci quel finocchio a me?!-
urlò lei,
le parole riecheggiarono come stridii di lame. Le vibrazioni si fecero
ancora più violente e potenti folate di vento esplosero
tutt’intorno al corpo di Kat’ja, sbalzando via i
ragazzi.
Toris batté la schiena contro il muro, Mathias
afferrò
Lukas prima di schiantarsi entrambi contro la parete. Kiku
volò
per alcuni metri, per poi rotolare malamente a terra, mentre Ivan fu
respinto contro i macchinari, rovesciandoli.
Un vocio allarmato si udì nel corridoio, ma prima che
qualsiasi
infermiere o medico potesse avvicinarsi, la porta della stanza si
chiuse ermeticamente.
-Non è per questo… - biascicò Ivan,
tentando di
alzarsi, dolorante -Ti voglio bene, ma due fratelli non possono-
Kat’ja lo colpì con un calcio alla gola,
azzittendolo.
Rimase in piedi, col piede premuto sul collo del fratello
-Sì che
possiamo. Forse non da vivi.- si leccò le labbra, frugandosi
fra
gli abiti -Io sono già morta, metà del lavoro
è
già fatta.-
Ivan tremò di paura nel vedere cosa Kat’ja, no,
Natalia, reggesse fra le mani.
-Basterà solo un po’ di aria nelle vene.-
ridacchiò
maleficamente, la sua risata sembrava così infantile ed
innocente e, per questo, ancora più terrificante. Ivan
afferrò il piede della sorella, tentando di levarsela di
dosso,
ma ritrasse la mano, per paura che quella pazza lo trafiggesse con la
siringa.
Stava succedendo di nuovo, come quando… come quando era
morta.
Quando lei l’aveva assalito col coltello, minacciandolo che
l’avrebbe ucciso e si sarebbe tolta la vita anche lei pur di
stare insieme. Quando cercava di portarselo a letto, lui la respingeva,
la rifiutava anche in malo modo. Le sfuggiva impaurito quando lei si
alterava, ma non credeva che…
E poi Kat’ja l'aveva colpita.
L’aveva vista cadere a terra, con lo sguardo di chi non
capisce perché sta morendo.
Dopotutto, voleva solo amore gli diceva una voce dentro di
sé.
Ivan strinse i pugni. Sapeva che non era assolutamente giusto quello
che lei voleva da lui e non poteva, non voleva lasciar deragliare oltre
quella situazione. Doveva farglielo capire. Farle accettare il suo
amore fraterno, farle capire che mai aveva desiderato la sua morte.
Era la sua piccola Natalia, dopotutto…
-Natalia, cerca di ragionare, ti prego… - tentò
per
l’ennesima volta, ma lei, ovviamente, non lo
ascoltò.
E come poteva?
Mancava così poco. Lei e il suo Vanya, uniti per
l’eternità.
-Le anime non hanno sangue, non hanno sesso, saremo puri spiriti e
potremo amarci, finalmente!-
-Io non ti amo!- urlò lui con fermezza tale da lasciarla
basita e approfittò della sua esitazione per liberarsi.
-Tu non... -
-Tu sei mia sorella.- rincarò la dose, sincero e fermo.
-No, io... tu... dici così solo perché per la
morale è sbagliato!-
-No, dico questo perché è la verità.-
disse,
ostentando una calma che non possedeva, alzandosi piano in piedi -Tu
sei la mia sorellina, la mia Natalia. E' un amore diverso.-
-IO NON VOGLIO QUESTO AMORE!- ruggì Natalia e la sua voce
risuonò distorta e maligna. Si potevano a stento riconoscere
la
voce di Kat'ja, quella di Natalia, la dolce piccola Natalia, e una voce
sconosciuta, oscura, carica di rabbia e schiacciante di terrore.
L'aria intorno a lei s'agitò e le sue onde d'urto colpirono
ogni
cosa, indistintamente, distruggendo e lacerando tutto ciò
che incontrarono. Lame taglienti d'aria attraversarono ogni angolo
della
stanza. Kiku riuscì a farsi scudo col fodero della spada, ma
ciò non gli evitò tagli di striscio e il venire
sbalzato
contro la parete. Quasi perse i sensi per il dolore. Istintivamente
mise mano al sale e lo scagliò contro la ragazza e
colpendola al braccio che usò per proteggersi il viso. Il
sale le bruciò la pelle come fosse fuoco e lei
urlò con voce acuta e il suo urlo fortissimo crebbe
d'intensità sempre maggiore, costringendo i ragazzi a
chiudersi invano le orecchie con le mani. Poi un'onda d'urto
colpì violentemente Kiku, scaraventandolo contro una parete.
Il ragazzo rimase immobile.
-Attento!- Mathias si frappose fra Lukas e il muro, incurante delle
lamentele di quell'ultimo, mentre tutt'intorno a loro pareva essere
scoppiata la fine del mondo, la catastrofe totale, e tutto volava e
l'aria era pesante e tagliente e gli unici suoni che si potevano udire
erano urla spaccatimpani.
-Spostati da lì!!- esclamò il norvegese,
strattonando l'altro. Ma il
danese era irremovibile e incurante del dolore e della paura si
frapponeva fra lui e il pericolo.
-Come se potessi.- ribatté. La voce gli tremava appena.
Lukas capì allora, nell'osservare il suo sorriso sghembo,
perché ancora non ce l'avesse mandato a quel paese.
-Adesso basta, hai capito, Natalia?!- sbottò la voce di
Ivan, in un
impeto d'ira mista a paura, rivolto a sua sorella. -Non capisci che
cosa stai facendo?! Vuoi
finire per farti odiare?-
Natalia smise di colpo di agitarsi e lo fissò con occhi
sbarrati.
-Tu non... tu non puoi odiarmi...- disse, esterrefatta.
-Posso...- rispose il russo, ansimando, ripulendosi del sangue una
ferita alla guancia. -Non voglio, ma non... ti rendi conto di quello
che stai facendo?-
-Cos'è, cretinetto, vuoi farmi la paternale adesso?- gli
domandò immediatamente lei, con tono duro e tagliente.
Ivan
tremò e deglutì.
-Natalia. Ti prego... io ti voglio bene.-
-E allora perché non hai esaudito IL MIO DESIDERIO!?-
sbottò istericamente lei.
Lukas pensò che quella ragazza avesse la testa dura come il
marmo. Cieca, folle d'amore. Era un sentimento davvero pericoloso. Ne
ebbe quasi paura.
-Perché se ami una persona non la costringi a fare le cose
contro la sua volontà.- insistette lui.
Natalia lo guardò contrita, dolorante nel suo io
più intimo. Scosse meccanicamente la testa, pian piano.
-Voglio solo... Vanya...-
-Ti voglio bene, Natalia.- rispose lui sorridendole teneramente e per
un poco la maschera di folle rabbia si rabbonì sul viso di
lei,
restituendole un poco della sua innocente bellezza.
Durò un attimo.
-IO NON VOGLIO CHE TU MI VOGLIA BENE! MI HAI UCCISA! MI DEVI
QUALCOSA!!- urlò e nuovamente le onde d'urto esplosero nella
stanza, travolgendo tutti.
-Non posso darti ciò che non ho...- disse cupo, Ivan,
rialzandosi a fatica. Una
cupezza, la sua, che spezzò il cuore di Natalia,
perché non gli
aveva mai visto quell'espressione spenta in volto.
Si sentì
respinta, disprezzata. E di colpo si voltò verso Toris.
-Se non posso averti io... - mormorò fra i denti. Poi
sparì in uno sfarfallio, come un ologramma disturbato.
-NESSUNO
TI AVRÀ!- urlò la ragazza, riapparendo di fronte
al lituano, il
volto contorto di furia omicida e un frammento di vetro stretto nel
pugno sanguinante come un pugnale. La lama trasparente
affondò
nella carne e si tinse di rosso.
Toris sbarrò gli occhi.
-I...van...- sussurrò a mezza voce.
L'enorme figura del russo si stagliava fra lui e Natalia, con lama di
vetro conficcata con forza nella spalla destra.
-Io... ti voglio bene...- disse a bassa voce, rivolto a sua sorella. In
quel momento era perfettamente lucido.
Note:
[*si riferisce al fatto che si credeva che i fuochi fatui fossero anime
sperdute o di bambini nel limbo]
Ed eccoci alle battute finali. Il prossimo capitolo sarà un
epilogo. L'idea era di fare bad e happy ending. Quale volete prima? ^_^
Grazie per la lettura e bacioni!!
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Capitolo 13 *** 13. Sad ending: Insieme per sempre ***
Capitolo 13:
Sad ending:
Insieme per sempre
-Io... ti voglio bene...- disse a bassa voce, rivolto a sua sorella. In
quel momento era perfettamente lucido.
Natalia, invece, perse la poca lucidità che aveva.
Afferrò la lama di vetro e con più forza la
conficcò nella spalla del fratello maggiore.
-Ti amo!- urlò.
Affondo.
-Ti amo!- urlò.
Un altro affondo. Estrasse il frammento di vetro e lo
sollevò a mezz'aria per colpire Ivan al cuore.
-Ti a- le parole le morirono in bocca, in un unico, scuro, spruzzo di
sangue. Ivan si spostò di colpo di lato nello stesso
istante. Fu un gesto fulmineo, non calcolato. Natalia sentì
per la prima volta dopo tanto tempo il dolore. Era forte, era
lancinante. E la faceva imbestialire.
Si accorse solo in un secondo momento, guardando il proprio addome
trafitto, di Toris coi pugni stretti intorno ad un secondo frammento di
vetro.
-Scusa, Ivan...- mormorò il lituano, senza perdere la presa.
Natalia affondò le dita nella chioma castana del ragazzo e
lo strattonò con rabbia.
-Cosa hai fatto tu?! Maledetto finocchietto! Cosa credevi di fare?! Eh?
Che cazzo credevi di fare, finocchietto?-
Lo strattonò e lo strattonò ancora, intenzionata
a strappargli la testa dal collo. E lo colpiva con pugni feroci sulla
testa, sul viso, sul petto. Ma Toris non lasciò la presa,
seppur dolorante, e con le mani ferite affondò il vetro
ancora più a fondo. Natalia si lasciò sfuggire un
urlo acuto con la voce di Kat'ja.
Accaddero diverse cose in quel momento.
La prima fu che Ivan si gettò sui due e con forza
separò Toris dalle mani di Natalia, che voleva torcergli
letteralmente il collo con occhi spiritati.
Kiku, giunse in suo soccorso e sua volta trafisse al fianco sinistro il
corpo della ragazza con la sua lama spolverata di granelli di sale.
L'urlo crebbe d'intensità e se ci fossero stati altri vetri
da rompere, li avrebbe polverizzati in un istante. Non mancò
quasi di spaccare i loro timpani. Contemporaneamente, anche Mathias e
Lukas la colpirono, l'uno con l'ascia, alle gambe, l'altro
semplicemente gettandole grosse manciate di sale sul viso. Ma l'effetto
fu assicurato. Natalia si divincolò dai suoi aggressori,
contorcendosi e danneggiando il corpo di Kat'ja più di come
era ridotto, accecata dal sale, strisciando e rantolando, allungando le
mani verso di loro. Le sue onde d'urto li colpirono ancora una volta,
scaraventandoli lontano. Ivan strinse Toris a sé, prima di
finire insieme a lui contro i macchinari distrutti.
Con forza che di umano aveva ben poco, Natalia si alzò
nuovamente, le gambe ferite le tremavano visibilmente, ma lei non ci
badava. Lei voleva solo uccidere.
Uccidere quegli stronzi per quello che le avevano fatto.
Uccidere Toris, che voleva rimpiazzarla.
Uccidere Ivan, per stare con lui per sempre.
Il lituano perdeva sangue dalla testa, Ivan lo strinse a sé,
preoccupato, mentre perdeva lentamente i sensi. L'ombra di sua sorella
si stagliò su di loro.
-Se non possiamo stare insieme... così...-
borbottò, con occhi spiritati, allungando la mano verso
Toris -Se così... insieme...-
Poi, di colpo, Natalia prese fuoco.
-Speriamo che nessuno ci veda...- disse piano Feliciano.
-Guarda, non è che mi preoccupi tanto che ci veda il
guardiano del cimitero, dopo quello che è successo,
prenderei a calci chi ha detto che sono i vivi quelli che si devono
temere.- rispose Francis, con gli occhi fissi sul corpo di Natalia che
ardeva nella notte.
I riflessi rossastri si riflettevano sui loro volti e nei loro occhi.
A tutti parve di sentire un grido lontano, un grido non più
di questo mondo, poi la fiamma crebbe, consumando più in
fretta il corpo. Ludwig si rigirò fra le mani l'accendino
che aveva usato per appiccarlo.
Era finita.
-Riposa in pace.- disse piano, Feliciano, il sensibile, dolce
Feliciano, facendosi il segno della croce.
"Riposa in pace." gli fece eco mentalmente il tedesco, ma non rivolto a
Natalia. "Gilbert."
Suo fratello era stato vendicato, ma non avrebbe mai immaginato che la
sua morte fosse legata a quella di Natalia, alla sua ira, al suo amore
contorto. Quasi preferiva fosse stata tutta una casualità,
una crudele casualità. Nonostante a volte il sapere che non
era affatto così era quasi un sollievo... si
trovò molto confuso sotto questo punto di vista, ma
ciò che contava, era che Gilbert potesse riposare in pace.
Il diretto interessato avrebbe avuto da ridire, considerato che il
paradiso non era abbastanza per il suo ego stratosferico, ma tant'era...
-Raggiungiamo gli altri?- domandò Yao, interrompendo il
silenzio.
-Sì, meglio.- fece Arthur.
-Questo posto è troppo inquietante, muoviamoci prima che i
morti s'incazzino per il disturbo.- disse invece Alfred.
Nessuno gli rispose che i morti non se ne uscivano dalle tombe,
l'esperienza aveva insegnato loro che era possibile.Gettarono altra
benzina sul corpo perché bruciasse più in fretta
e attesero che venisse consumato. Giusto per essere sicuri che Natalia
non tornasse.
Rimasero tutti basiti nell'osservare il corpo di Kat'ja prendere fuoco
dall'interno e contorcersi e nel vedere Natalia, l'anima di Natalia che
usciva da lei, in fiamme. Fiamme che ne divoravano lo spirito e lo
purificavano, costringendola a lasciare quel mondo, precludendole ogni
contatto coi vivi.
-Maledetti!- gridò quella, aggrappandosi ostinatamente alla
sua ira, alla sua rinnovata vita. -Maledetti! Vi ucciderò!
Vi ammazzerò uno ad uno, come cani!-
Ivan strinse a se Toris con più forza, il ragazzo aveva
ormai perso i sensi.
-Non ti libererai mai di me fratellone, mai!!-
Natalia lanciò il suo ultimo grido che riecheggiò
fra le pareti della stanza e scomparve in un turbine nero che
sferzò i corpi dei ragazzi, ferendoli per l'ennesima volta.
Poi più nulla.
Silenzio.
Aria.
Luce.
Pace.
-E' finita?- osò domandare Mathias, quasi aspettandosi che
scoppiasse nuovamente un putiferio.
Nessuno rispose per diversi minuti. Il corpo di Kat'ja giaceva
scomposto e bruciato davanti a loro e... non sembrava davvero il caso
di esultare.
Anche se erano vivi, anche se era finita.
O forse no.
-Che diavolo è successo qui?- esclamò una voce
femminile che li fece saltare sul posto (che ne avessero o meno le
forze).
L'infermiera guardò il disastro, poi i ragazzi, poi scorse
il cadavere del medico e il corpo di Kat'ja e urlò.
Il gruppo decise che di urla ne aveva avute abbastanza, ma non
riuscì a lasciare l'ospedale. Avevano tutti bisogno di cure
e in più era stata allertata la polizia.
Pochi giorni dopo, si tenne il funerale di Kat'ja e una cerimonia per
Natalia. Aveva perso sua sorella minore due volte e sua sorella
maggiore era stata uccisa, perché l'aveva protetto.
Per colpa sua.
Toris gli strinse la mano e lui ricambiò la stretta con
forza.
In cuor suo sapeva che non era davvero colpa sua. Forse, col tempo la
ferita nel suo cuore sarebbe stata risanata. L'importante era che
almeno era riuscito a proteggere Toris e, non meno importante, da
quella esperienza aveva guadagnato degli amici che altrimenti sarebbero
solo fuggiti da lui. Gli furono tutti vicini, tutti lividi, ammaccati,
spaventati, ma vivi.
E per fortuna le accuse di omicidio contro di loro erano cadute, in
qualche modo. Peccato che per il resto furono costretti a scontare sei
mesi di servizi sociali. Ma che importava? Come diceva Feliciano era
per una giusta causa ed erano insieme.
Toris avvolse le braccia esili intorno alla vita robusta del russo,
incurante di tutto e tutti e quello non lo scacciò. Aveva
perso già troppo. Che lo sfottessero, avrebbe messo tutti a
tacere.
Dopo aver sciolto quell'abbraccio, Ivan tenne Toris per mano per tutta
la durata del funerale, poi, quando furono finalmente soli, si concesse
il lusso di piangere tutte le sue lacrime.
"Un'ultima volta." si disse.
Avrebbe pianto un'ultima volta.
Toris gli carezzò la testa dolcemente, senza dire nulla, col
sorriso dipinto sulle labbra.
Quella notte, Lukas non si sentiva tranquillo. Erano passati ormai due
mesi dai fatti di Halloween. La festa di Capodanno di una settimana
prima era stata piuttosto contenuta, se non si considerano certi
individui chiassosi, come per esempio un certo turco e un certo greco
che si azzuffavano, Kiku che tentava di metterli d'accordo senza
successo; Alfred che infastidiva il fratellastro che a sua volta
tentava di sfuggire sia a lui che a Francis; poi c'era Lovino, che
tentava di ammazzare a pomodorate Ludwig e Feliciano che flirtava con
tutte le ragazze che incontrava, sorridendo, sorridendo sempre. Forse
tranquillo c'era solo Yao, impegnato a mangiare ignorando tutto e
tutti. Elizaveta e Roderich se ne stavano da un lato della sala,
appartati in santa pace. Abel e sua sorella Bella, sembravano andare
molto più d'accordo di prima, una cosa buona fra tutto quel
male.
Tutto perfetto, insomma. Anche Mathias era scemo uguale, eppure...
Ivan e Toris passarono davanti a lui quella notte, stretti l'uno
nell'altro. Toris era letteralmente aggrappato al braccio di Ivan ad un
certo punto, in una posa tutt'altro che virile, troppo giulivo, troppo
nonToris e quando il norvegese l'aveva guardato inarcando un
sopracciglio, gli aveva fatto persino l'occhiolino. L'aveva trovato
quasi inquietante. Una nota stonata nell'armonia che si stava ricreando.
"Ma sarà solo un'impressione..." si era detto. Si diceva
ancora, rigirandosi fra le coperte. Mathias dormiva nella grossa
russando come un trombone, quasi quasi, pensò,
poteva svegliarlo con un calcio. Diavolo, si sentì
quasi geloso di tutta la sua tranquillità!
Un leggero bussare alla porta lo fece sobbalzare, i sensi in allerta.
Si alzò piano, col cuore in gola e si avvicinò
all'entrata della sua stanza.
-Chi è?- domandò, teso.
-Toris.- risposero. -Ho bisogno di parlarti.-
Lukas aprì piano la porta, senza levare la catenella.
-A quest'ora di notte?-
-E' una cosa importante.-
"Una cosa della massima importanza. Ho una promessa da mantenere,
dopotutto."
Dietro la schiena, Toris strinse fra le mani un coltello a serramanico
rosso.
"Nessuno potrà mai separarmi da te, fratellone, nessuno."
Note:
No, non sono una carogna. Sì, picchiatemi pure u.u
Per farmi perdonare l'ennesimo ritardo, vi posto anche l'happy ending xp
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Capitolo 14 *** 14. Happy ending: Di noi restano solo i ricordi ***
Capitolo 14:
Happy ending:
Di noi restano solo i ricordi
-Io... ti voglio bene...- disse a bassa voce, rivolto a sua sorella. In
quel momento era perfettamente lucido.
Natalia perse la poca lucidità che aveva.
Afferrò la lama di vetro e con più forza la
conficcò nella spalla del fratello maggiore.
-Ti amo!- urlò.
Affondo.
-Ti amo!- urlò.
Un altro affondo. Estrasse il frammento di vetro e lo
sollevò a mezz'aria per colpire Ivan al cuore.
-Ti a- le parole le morirono in bocca, impossibilitata ad affondare
ancora il vetro. Toris, con tutta la forza che possedeva e una buona
dose di coraggio e disperazione, le trattenne la mano.
-No-non ti permetterò... di fargli ancora... del male...-
disse, stringendo i denti per sostenere lo sforzo. Natalia, da prima
irritata, sogghignò.
-Ma io non voglio fargli del male. Io voglio stare con lui. E tu sei
d'intralcio, finocchietto. SPOSTATI!- ruggì sbalzandolo via,
addosso al corpo di Ivan che lo prese al volo e lo strinse a
sé, finendo a terra con lui e rotolando per alcuni metri.
Kiku, giunse in loro soccorso e trafisse il corpo della ragazza con la
sua lama spolverata di granelli di sale, colpendola al fianco sinistro.
Natalia si lasciò sfuggire un urlo acuto con la voce di
Kat'ja. Da quanto non sentiva dolore?
Contemporaneamente, anche Mathias e Lukas la colpirono, l'uno con
l'ascia, alle gambe, l'altro semplicemente gettandole grosse manciate
di sale sul viso. L'urlo crebbe d'intensità e se ci fossero
stati altri vetri da rompere, li avrebbe polverizzati in un istante.
Non mancò quasi di spaccare i loro timpani.
Natalia si divincolò dai suoi aggressori, accecata dal sale,
contorcendosi e danneggiando il corpo di Kat'ja più del
dovuto, strisciando e rantolando, allungando le mani verso di loro. Le
sue onde d'urto li colpirono ancora una volta, scaraventandoli lontano.
Ivan strinse Toris a sé, prima di finire insieme a lui
contro i macchinari distrutti.
Con forza che di umano aveva ben poco, Natalia si alzò
nuovamente, le gambe ferite le tremavano visibilmente, ma lei non ci
badava. Lei voleva solo uccidere.
Uccidere quegli stronzi per quello che le avevano fatto.
Uccidere Toris, che voleva rimpiazzarla.
Uccidere Ivan, per stare con lui per sempre.
Il lituano perdeva sangue dalla testa, Ivan lo strinse a sé,
preoccupato, mentre perdeva lentamente i sensi. L'ombra di sua sorella
si stagliò su di loro.
-Se non possiamo stare insieme... così...-
borbottò, con occhi spiritati, allungando la mano verso
Toris -Se così... insieme...-
Poi, di colpo, Natalia prese fuoco.
-Speriamo che nessuno ci veda...- disse piano Feliciano.
-Guarda, non è che mi preoccupi tanto che ci veda il
guardiano del cimitero, dopo quello che è successo,
prenderei a calci chi ha detto che sono i vivi quelli che si devono
temere.- rispose Francis, con gli occhi fissi sul corpo di Natalia che
ardeva nella notte.
I riflessi rossastri si riflettevano sui loro volti e nei loro occhi.
A tutti parve di sentire un grido lontano, un grido non più
di questo mondo, poi la fiamma crebbe, consumando più in
fretta il corpo. Ludwig si rigirò fra le mani l'accendino
che aveva usato per appiccarlo.
Era finita.
-Riposa in pace.- disse piano, Feliciano, il sensibile, dolce
Feliciano, facendosi il segno della croce.
"Riposa in pace." gli fece eco mentalmente il tedesco, ma non rivolto a
Natalia. "Gilbert."
Suo fratello era stato vendicato, ma non avrebbe mai immaginato che la
sua morte fosse legata a quella di Natalia, alla sua ira, al suo amore
contorto. Quasi preferiva fosse stata tutta una casualità,
una crudele casualità. Nonostante a volte il sapere che non
era affatto così era quasi un sollievo... si
trovò molto confuso sotto questo punto di vista, ma
ciò che contava, era che Gilbert potesse riposare in pace.
Il diretto interessato avrebbe avuto da ridire, considerato che il
paradiso non era abbastanza per il suo ego stratosferico, ma tant'era...
-Raggiungiamo gli altri?- domandò Yao, interrompendo il
silenzio.
-Sì, meglio.- fece Arthur.
-Questo posto è troppo inquietante, muoviamoci prima che i
morti s'incazzino per il disturbo.- disse invece Alfred.
Nessuno gli rispose che i morti non se ne uscivano dalle tombe,
l'esperienza aveva insegnato loro che era possibile.Gettarono altra
benzina sul corpo perché bruciasse più in fretta
e attesero che venisse consumato. Giusto per essere sicuri che Natalia
non tornasse.
Rimasero tutti basiti nell'osservare il corpo di Kat'ja prendere fuoco
dall'interno e contorcersi e nel vedere Natalia, l'anima di Natalia che
usciva da lei, in fiamme. Fiamme che ne divoravano lo spirito e lo
purificavano, costringendola a lasciare quel mondo, precludendole ogni
contatto coi vivi.
-Maledetti!- gridò quella, aggrappandosi ostinatamente alla
sua ira, alla sua rinnovata vita.
-Maledetti! Vi ucciderò! Vi ammazzerò uno ad uno,
come cani!-
Ivan strinse a se Toris con più forza, il ragazzo aveva
ormai perso i sensi.
-Non ti libererai mai di me fratellone, mai!!-
Natalia lanciò il suo ultimo grido che riecheggiò
fra le pareti della stanza e scomparve in un turbine nero che
sferzò i corpi dei ragazzi.
Poi più nulla.
Silenzio.
Aria.
Luce.
-E' finita?- osò domandare Mathias.
Nessuno rispose per diversi minuti. Il corpo di Kat'ja giaceva
scomposto e bruciato davanti a loro e... non sembrava davvero il caso
di esultare.
Anche se erano vivi, anche se era finita.
O forse no?
Lukas ebbe un'illuminazione improvvisa. Qualcosa che ebbe il potere di
salvare le vite di tutti loro.
-Il coltello!- esclamò. Se non avesse avuto le membra a
pezzi, forse sarebbe saltato in piedi.
Ivan alzò lo sguardo su di lui, interrogativo.
-Gli spiriti spariscono da questo mondo se i loro corpi vengono
bruciati, ma se c'è un oggetto a cui sono molto legati,
anche questo va' distrutto! Altrimenti, siamo punto e a capo.-
Ivan, titubante, si frugò nelle tasce e prese il coltello a
serramanico rosso di Natalia. Il suo unico ricordo. Non voleva
privarsene ma poi, osservando il viso di Toris, corrucciato seppur
privo di sensi, e nel sentire il suo corpo irrigidirsi, decise di farlo.
-Che diavolo è successo qui?- esclamò una voce
femminile che li fece saltare sul posto (che ne avessero o meno le
forze).
L'infermiera guardò il disastro, poi i ragazzi, poi scorse
il cadavere del medico e il corpo di Kat'ja e urlò.
Il gruppo decise che di urla ne aveva avute abbastanza, ma non
riuscì a lasciare l'ospedale. Avevano tutti bisogno di cure
e in più era stata allertata la polizia.
A quel punto l'unica cosa ovvia da fare era una sola.
Aggiungere a distruzione di struttura pubblica, presunto omicidio e
aggressione a degente anche quella di incendio doloso e tentata fuga.
Con un abile gioco di squadra, Kiku, Mathias e Lukas riuscirono ad
allontanarsi da Ivan e Toris col coltello a serramanico. I poliziotti
tentavano di placcarli e i tre furono costretti a lanciarsi l'arma fra
di loro finché uno solo non riuscì a sfuggire
alla legge.
Lukas era piccolo di statura, ma era molto veloce. Doveva distruggere
quel coltello e doveva farlo subito. E doveva seminare la polizia che
aveva alle calcagna.
Fortuna volle fargli incontrare la squadra di inceneritori di ritorno
dal cimitero.
-Presto!- urlò correndo verso di loro, col coltello ben
alzato. -Presto!-
Il gruppo si guardò sconcertato, ma quando fra un ansimo e
l'altro il norvegese gli spiegò ogni cosa, Arthur prese il
coltello e corse via a sua volta, con la tanica di benzina.
Poco prima di essere arrestato, riuscì a bruciare il
serramanico. La scritta "Natalia" riportata su di esso, scomparve,
divorata dalle fiamme.
-Che palle...- protestò Lovino -Per colpa vostra sono
costretto a stare qui!-
-Nessuno ti ha detto che potevi aggregarti.- fece Ludwig, seccato,
tornando alla sua rivista. Lui doveva essere seccato, a causa di quella
vicenda non poteva più candidarsi come rappresentante
d'istituto! Beh, neppure Alfred e Mathias, se per quello.
E gli era andata bene.
-Sei mesi di servizi sociali non è poi così
male.- disse Feliciano, sorridendo, mentre ridipingeva un vecchio muro
sporco di "graffiti".
-Sei.mesi.di.scazzo.sociale.- puntualizzò Lovino -E tutto
perché tu, stupido macho patata non sapevi cosa fare se non
intrometterti nelle questioni di quel russo psicotico!!-
-Lovino, non te la prendere.- fece Feliciano, con tutta la calma del
mondo -Avevamo i nostri buoni motivi per farlo. Almeno siamo tutti
insieme.- disse. Gli altri annuirono, imbarazzati. Certo non era molto
divertente passare per delinquenti patentati, ma almeno erano stati
assolti dalle accuse di omicidio.
-Quando questa storia sarà finita.- disse Francis, d'un
tratto, smettendo di dipingere -Potremmo prenderci una bella vacanza.-
-Non hai tutti i torti.- concesse Arthur.
-Così possiamo fare la nostra luna di miele, mon amour.-
A quel punto, tutti distolsero lo sguardo.
Era certamente meglio vedere i goffi tentativi di Ivan di essere
gentile con Toris piuttosto che un inglese che tentava di affogare un
francese nel secchio della vernice.
-Non ci arrivo...- si lamentava il lituano. Ivan gli prese il rullo
dalle mani.
-Lascia, faccio io.- disse sorridendo gentilmente (era sempre
inquietante vederglielo fare) e coprì il vecchio colore col
nuovo in poche passate.
Erano passati pochi giorni dalla cerimonia per Natalia e Ivan sembrava
finalmente vivo. Era riemerso da un incubo.
Kat'ja si sarebbe ripresa, avrebbe solo dovuto stare ricoverata per
almeno un mese date le sue condizioni, ma era viva! In seguito alla
cerimonia, il russo si era ripromesso di vivere senza rischiare di
perdere più nulla, neppure la più piccola gioia.
Aveva già perso troppo: i genitori, sua sorella minore per
ben due volte e poi Gilbert. E Toris. Aveva quasi perso Toris!
Si era sentito veramente in colpa per quanto accaduto ma il suo
ragazzo, perché ormai era tale e non il suo schiavetto con
le ulcere, era riuscito in qualche modo a mettergli il cuore in pace
almeno su quello.
Durante la cerimonia per Natalia, Toris gli aveva stretto la mano e lui
aveva ricambiato la stretta con forza. Forse, col tempo la ferita nel
suo cuore sarebbe stata risanata. L'importante era che almeno era
riuscito a proteggere Toris e, non meno importante, da quella
esperienza aveva guadagnato degli amici che altrimenti sarebbero solo
fuggiti da lui. Gli furono tutti vicini, tutti lividi, ammaccati,
spaventati, ma vivi. Ivan tenne Toris per mano per tutta la durata del
funerale, poi, quando furono finalmente soli, si concesse il lusso di
piangere tutte le sue lacrime.
"Un'ultima volta." si disse.
Avrebbe pianto un'ultima volta, poi avrebbe guardato solo avanti. Toris
gli carezzò la testa, per consolarlo.
-Ci sono io...- gli disse a bassa voce.
Sì, non era solo, anche se aveva creduto di esserlo.
Della sua famiglia non erano rimasto che lui e Kat'ja e tutti i ricordi
dei momenti in cui erano felici. Una foto di loro, mamma,
papà, Kat, Nat e lui, era incorniciata in un vecchio album,
nascosto alla vista. Pronto ad essere sfogliato quando il suo cuore
ricercava quei giorni in cui sorridevano felici. Anche in quella foto
sorridevano.
Ivan sperò, pregò, che Natalia potesse sorridere
anche in quel momento, lassù.
Dopotutto, era la sua sorellina.
Note:
Sono felice di essere riuscita a concludere questa fic. Avrei voluto
metterci meno tempo e più cretinate e invece è
uscita fuori questa cosa. Ringrazio chi mi ha seguito fin qui, grazie
davvero, ragazzi!! >_<
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