Mercato Nero

di Lara Ponte
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***
Capitolo 3: *** III ***
Capitolo 4: *** IV ***



Capitolo 1
*** I ***


Mercato Nero

I

 

Mi chiamo Uriel. No, non Septim per carità!
Sono solo un semplice Nord: alto, non troppo magro, capelli lunghi biondo scuro, occhi verdi. Come potete immaginare dal mio nome, la mia famiglia da secoli è devota all'Impero e tutto ciò che esso rappresenta, purtroppo per loro non si può dire altrettanto di me che in realtà non mi curo gran ché di nulla.
Ho lasciato la bottega dei miei genitori nella città di New-Kvatch, all'indomani del mio ventesimo compleanno. Per quanto me la cavassi nel mestiere non avevo la benché minima intenzione di affumicarmi a vita nella forgia, mentre là fuori c'era il mondo ad aspettarmi, così quella notte scrissi un biglietto e me ne andai. Nonostante gli volessi bene quel tipo di vita non faceva per me. La parte più difficile fu di fare i conti con la mia vigliaccheria per dovergli dire addio senza nemmeno il calore di un abbraccio, ma non sarei mai riuscito ad andarmene se gli avessi affrontati di persona. Quando ci ripenso, spero di non essere stato troppo odiato per questa mia fuga, tuttavia se non lo avessi fatto me ne sarei pentito per sempre. So che il mio potrebbe sembrare un gesto egoista, ma non ho dubbi che i miei due fratelli maggiori e la mia sorellina saranno ben felici di aiutare i miei a superare quel momento ed ereditare giustamente l'eredità della famiglia Valkyris.

Prima tappa Skyrim: ero proprio curioso di conoscere la terra dei miei antenati.

Ammetto che gli inizi non furono dei più felici. Appena superata la frontiera fui catturato dai soldati, mentre discutevo animatamente con un gruppetto di scapestrati arruolati in un esercito ribelle che si faceva chiamare 'Manto della Tempesta'. Era evidente che gli imperiali mi avessero scambiato per uno di loro o chissà quale altro criminale.
Nonostante gli inutili tentativi di chiarire la questione, anche da parte di uno degli ufficiali, il capitano (Signorina “Non ho tempo da perdere!”) non volle sentire ragioni e fui ad un passo dal rimetterci letteralmente la testa.
Credo di non aver mai ringraziato tanto un drago come quel giorno.

Dopo nemmeno un mese da allora, scoprii di essere Colui (parola grossa!) che viene chiamato Dovahkiin: il leggendario Sangue di Drago. Inizialmente la cosa mi aveva lasciato indifferente, anzi nonostante tutti i segnali mi rifiutavo pure di crederci.
Volevo semplicemente “Farmi gli affari miei” e mettere da parte abbastanza soldi da potermi permettere qualsiasi sfizio e libertà. Possibilmente senza essere obbligato a schierarmi in quella dannata guerra civile che seminava l'odio tra i figli del Nord.
Alla fine, che mi piacesse o meno, fui costretto dalla mia coscienza (eh già, perché ne ho una) a salvare le terre di Skyrim dall'invasione di Alduin e dei suoi draghi; li per li ho agito senza pensarci troppo ma in effetti era l'unica cosa decente che potessi fare, figuriamoci poi se volevo essere arrostito o fatto schiavo da quelle bestiacce!

 

Quando finalmente tutto era tornato 'tranquillo' e cominciavo a godermi la vita, ecco che mi vengono a cercare dei pazzi invasati provenienti da un'isola chiamata Solstheim.
“Che l'oblivion se li porti in malora!” Avrò imprecato mille volte: non sapevo nemmeno dove diavolo fosse quel posto. Alla fine stanco di tutti gli attentati e deciso a fargliela pagare, tra un conato di vomito e l'altro, mi toccò affrontare la peggiore delle attraversate in nave.
“Speriamo che non sia così mal ridotta come dicono, magari trovo almeno una bella spiaggetta...” Borbottai a me stesso prima di sbarcare, senza accorgermi del sorriso ironico di uno dei marinai.
Ciò che trovai appena sceso barcollante dalla passerella, mi sembrò l'inferno in terra. I miei capelli, già impregnati di salsedine fino al midollo, si trasformarono in un cespo dorato di cenere e sudiciume, avevo gli occhi talmente arrossati da sembrare un vampiro. Col senno di poi, non posso biasimare il consigliere Arano che appena mi vide mi scambiò per un malintenzionato.

Furioso e scoraggiato, devo essermi rinchiuso nell'unica locanda esistente in quel buco di città per almeno tre giorni. Dovetti sborsare parecchi septim per convincere il proprietario a sistemare un paio di bagnarole per un vero bagno caldo, dopo di ché alternai infinite ore di sonno a sbronze o abbuffate.
Quando finalmente tornai lucido, mi ricordai del motivo per cui ero giunto in quell'immenso caminetto all'aperto. Inventai il soprannome per quell'isola all'istante, perché posso assicurare che con tutta quella cenere in giro, altro non mi sembrava. Devo infine ammettere che per quanto non amassi particolarmente il freddo, fu quasi una consolazione quando scoprii le montagne ghiacciate delle zone più a nord.
Nonostante tutto, mi abituai in fretta a quell'ambiente così ostile. Arrivai perfino ad ammirare e rispettare il coraggio e la forza dei Dunmer che vi abitavano. Mi avevano insegnato che i Nord erano i guerrieri più forti e leali, ma quando conobbi i Redoran, capì subito quanto la mia gente fosse vanesia ed orgogliosa, quasi più egocentrici degli stessi imperiali. Ogni popolo se messo alle strette, tira fuori la forza necessaria a sopravvivere, nessuno escluso.

 

Comunque sia, tanto per cambiare, mi ritrovai nuovamente costretto ad affrontare mesi difficili e faticosi. Miraak, così si chiamava il mio nemico, si era nascosto nel mondo di Hermaeus Mora o come lo chiamano i miei amici Skaal : “Herma mora, demone della conoscenza”. Nome decisamente più semplice da pronunciare, che subito adottai anch'io.
L'unico modo per raggiungere l'Apocrypha e poter affrontare quel megalomane consisteva nel trovare i Libri Neri, lasciati qua e là da quel 'Simpaticone di Daedra' ed acquisire così il potere e la conoscenza necessari.
Avevo già incrociato lo sguardo di quel mostro su Skyrim, fin da allora gli dissi gentilmente che non intendevo diventare un suo servitore, ma a quanto pareva Lui aveva già deciso che gli interessavo.
Dei, Demoni: bravo chi li capisce!

 

Sospiro, mi rendo conto che a mala pena riesco a reggere la penna.
La stanchezza all'improvviso mi impone di fermarmi. Lascio la scrivania per bermi un sorso di idromele, osservando da breve distanza il piccolo diario sgualcito sul quale sto scrivendo queste righe di poco conto. Dalla finestra semiaperta mi accorgo che si è fatto davvero tardi.
A quanto pare è giunto il momento di prendermi una piccola pausa...






Pensieri a mezz'aria...

Per prima cosa un salutone e grazie per essere arrivati/e fino in fondo.
Che dire? Spero che la scelta di fare capitoli brevi, non venga presa troppo male:
per ora è l'unico modo che mi è venuto in mente per non appesantire troppo la narrazione in prima persona.
Questo primo capitolo in particolare, voleva essere una breve presentazione del mio "scazzatissimo" (scusate il termine) Sangue di drago :)
Salvo imprevisti, pubblicherò il secondo la settimana prossima ^_^
Ciao ciao

 

 

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Capitolo 2
*** II ***


II

 

Dove ero rimasto ?
Già... Miraak ed Herma Mora. Difficile stabilire chi odiassi di più tra i due.
La vittima e il carnefice? Sarebbe bello se la questione fosse stata così semplice. Quei pazzi giocavano perfettamente entrambi i ruoli.

In realtà non ho molto da aggiungere in proposito, meno parlo di loro e meglio sto.
Il Daedra, se così si può dire, mantenne la parola data. Dopo aver preteso un tributo di sangue che mai riuscirò a perdonare o comprendere, mi aiutò a diventare più forte e risolvere il problema che affliggeva Solstheim fu meno complicato del previsto. Nulla però mi aveva preparato al prezzo per la conoscenza contenuta in quell'ultimo libro infernale; sull'unica cosa che non avrei voluto accettare, il bastardo non mi concesse alcuna trattativa. Mi viene ancora la nausea quando ripenso al suo regno di incubi e melma, in cui dovetti vagare durante la mia ricerca e il disgusto diventa più forte ogni volta che mi torna alla mente l'immagine di quel pover'uomo, la cui unica colpa era di essere la guida spirituale degli Skaal. Se lui aveva accettato serenamente il suo destino, io mi rimproverai per mesi di non essere riuscito a trovare un'altra via.
Alla fine mi convinse Frea a mettere da parte ogni rimorso, con un micidiale destro sul naso degno di un orso. 'Non puoi addossarti tutte le colpe di questo mondo...' Mi disse la mattina seguente, mentre mi passavo la neve fresca sul viso ancora indolenzito. Una delle poche volte in cui avevo dormito tutta la notte.

A limite, se proprio devo trovare un lato positivo in tutta quest'esperienza, dopo le tante sveglie attaccato al maledetto tempio di Miraak, è stato di aver imparato perfettamente come squadrare una pietra da costruzione. 'Magari quando tornerò giù mi costruirò una bella casetta...'

 

Sorridendo e scuotendo piano la testa, sollevo lo sguardo dalla pagina: come sempre mi ritrovo a divagare ironicamente anche sulle questioni più delicate.

 

Per farla breve, quel Dio-Oscuro mi aveva concesso di scegliere un Dono per ogni libro recuperato, mi disse che quei poteri sarebbero stati miei per sempre e come avevo sospettato fin dall'inizio: i suoi Doni non sarebbero stati del tutto “innocenti”.
Quello che utilizzavo più spesso, inizialmente per banali questioni pratiche, si chiama “Mercato nero”. Permette di evocare un Dremora con cui commerciare ogni volta che si ha bisogno di denaro o liberarsi delle cianfrusaglie varie.
Confesso che quegli esseri dell'Oblivion mi hanno affascinato da sempre. La pelle dal colore dell'ebano e i lineamenti così simili a quelli elfici li rendono ai miei occhi, esotici ed invitanti come una rara e letale bottiglia di Bracerossa. Perfino le corna ricurve sopra la testa mi sembravano un tocco di eleganza.
Più di una volta sono arrivato a chiedermi come sarebbe se tra i nostri due mondi ci fosse una relazione pacifica, peccato che sia una cosa semplicemente impossibile, basta pensare a cos'era successo con la crisi dell'Oblivion per farmi passare tutte le fantasie idiote.

Nonostante la ragione mi suggerisse di non fidarmi, cominciavo a chiedermi sempre più spesso se la creatura che veniva a commerciare con me fosse sempre la stessa persona oppure no. Non posso dire che il suo aspetto in particolare fosse dei più attraenti. So di aver visto dremora di gran lunga più belli. Il suo volto invece non aveva nulla di particolare, potrei quasi paragonarlo ad uomo ordinario: né bello né brutto.
Eppure c'era qualcosa in lui che mi affascinava in maniera inequivocabile. Mi piaceva ascoltare la sua voce, l'eleganza nel modo di esprimersi e la sua cortesia. Sempre più spesso mi capitava di fissarlo imbambolato, mentre scompariva davanti a me, provando il desiderio di trattenerlo ancora qualche secondo per parlare di qualcos'altro che non fossero i soliti affari.
A dire che prima di conoscere lui in particolare, vedevo i dremora soltanto come temibili combattenti, che io stesso a volte ho evocato come aiuto in battaglia.

 

Ad un certo punto, dato che i miei occhi sono praticamente incapaci di mentire, doveva essersene accorto pure lui. Non so dire quando esattamente, ma cominciò a comportarsi in modo, se possibile, ancora più cortese. All'inizio non mi accorsi subito della cosa, ci misi parecchio a cogliere i piccoli segnali che mi inviava in modo non troppo sfacciato.

Il primo fu quando mi accorsi che anch'egli si soffermava ad osservami nel mentre che tornava nel suo regno. Un giorno puntò i suoi occhi dritto nei miei ed io abbassai lo sguardo disarmato e imbarazzato. Io, che con la mia spada avevo massacrato orde di nemici, adesso vacillavo davanti a un dannato dremora, che probabilmente aveva soltanto deciso di giocare con me. Sapevo di non dovermi lasciare abbindolare, ma quel suo sguardo, malizioso ed innocente allo stesso tempo, ormai non riuscivo più a levarmelo dalla mente.

Un giorno sfiorò in modo impercettibile la mia mano, mentre gli porgevo una collana d'argento. “E sempre un piacere fare affari con te...” Altre volte lo aveva detto, ma dall'intonazione mi resi conto che ormai lo sapeva con certezza. Non riuscivo a credere che con tutti i ragazzi che avevo incontrato, fossi attratto proprio da quel demone, perché di altro non si trattava. Dovevo essere completamente impazzito.

Lo evocai il giorno dopo stesso. Dovevo assolutamente parlargli.
“Ce l'hai un nome? Come ti chiami?”
“Mi lusinga che tu me lo chieda, ma non so se posso dirtelo.”
“Perché?”
Rimase in silenzio ad osservarmi, privandomi di quella sua voce così suadente, mentre il nostro breve tempo scorreva inesorabile. Come avesse intuito la mia tristezza, mi accarezzò dolcemente i capelli ed io rimasi paralizzato da quel gesto, tanto che il mio cuore perse un battito. Quando mi lasciò, notai che nel suo viso ormai evanescente si era formato un sorriso.
Decisi all'istante che dovevo assolutamente trovare un modo per aggiungere almeno un'ora al breve tempo che ci era concesso.

 

Intanto, frustrato e pieno di rabbia, decisi di scaricare i nervi ficcandomi in una delle tante rovine dwemer sparse sul territorio. Ci trovai dentro qualche bandito, la cui debolezza di fronte alla mia Bloodskaal mi fece quasi pena. Mi diede un minimo di soddisfazione in più fare a pezzi un centurione metallico, ma già da diverso tempo chiunque osasse minacciarmi durava ben poco.

Senza accorgermene, diressi infine i miei passi verso la dimora di Maestro Neloth, un incantatore dunmer tra i più potenti dell'antica casata Telvanni. Se c'era qualcuno che poteva aiutarmi senza farmi sentire troppo in imbarazzo, questo era lui.

“Mi stai chiedendo se esiste un modo per far durare più a lungo un'evocazione?”
“Si maestro.” Non so perché, ma ho provato rispetto per quell'elfo stravagante fin dal primo momento. Ammetto che in certi momenti sembrava un nonnino capriccioso, eppure la sua preparazione e la sua conoscenza sono indiscutibili. Lo vidi all'opera una volta e ne rimasi davvero impressionato.
“Il mio apprendista si sta specializzando proprio in quel settore. Alcuni maestri d'evocazione, riescono a trattenere un servitore Atronach fino alla sua stessa morte. Mi chiedo se si possa applicare lo stesso principio ad altre creature.”
'Fino a che morte non ci separi? Forse è un po' azzardato...' Mi dissi, senza rendermi conto di sorridere all'idea.
“Quel bastone che hai...” Proseguì indicando la 'Rosa di Sanguine' che mi penzolava sulla schiena dalla spalla destra. “Stai forse cercando di ottenere da esso un'evocazione permanente? Dato che i bastoni sono la mia specialità, potrei provare a lavorarci su. In effetti una guardia dremora ha la sua comodità.”
“Qualcosa del genere. Ma non è una guardia di cui ho bisogno. Si tratta di migliorare un incantesimo che ho imparato...”
“Uno dei pochi vorrai dire!”
Mi morsi la lingua per non replicare, non lo aveva detto per cattiveria, però un po' di tatto in più non farebbe male.
“Quest'evocazione mi è stata donata dallo stesso Herma Mora.” Risposi mentre vedevo il suo viso farsi pensieroso.
“Forzare uno dei suoi Libri Neri, potrebbe essere pericoloso.”
“Me ne rendo conto. Si potrebbe magari creare una pozione o un incantesimo che agisca solo su di me. Giusto per prolungare il tempo.”
“Un nuovo incantesimo richiederebbe anni di studi e sperimentazioni...” Sospirò. “Inoltre come ben sai non sono un maestro in Alchimia. Tuttavia dispongo di qualche antico e prezioso volume, ti darò il permesso di studiarli, sempre che Tu riesca a ricavarne qualcosa. Credo che Talvas dovrebbe essere in grado di aiutarti. Ma se non vorrà farlo, non potrai costringerlo.”
“Non ci sarà alcun problema. Vi ringrazio tantissimo.”
Mi allontanai da lui per raggiungere al volo il suo apprendista, li a pochi passi.
“Ehylà!?” Lo salutai raggiante. “Ti ricordi il piccolo favore che mi dovevi?”
“Come non potrei...” Ammise rassegnato.
“Perfetto allora. Mettiamoci subito al lavoro!” 'Così impari a fare casini alle spalle del tuo maestro!'

Rimasi in quella torre fungiforme per più di una settimana, raramente mi fermavo così a lungo da qualche parte. Quando me ne andai soddisfatto con quell'ampolla tra le mani, i miei amici mi salutarono senza nascondere la loro seria preoccupazione.
“Andrà tutto bene.” Li rassicurai. Magari potevo limitare i danni di eventuali effetti collaterali assumendo il potere della Forma Eterea, prima di bere quella sbobba. Almeno così sarei stato certo di eliminare i danni fisici, per il resto avrei incrociato le dita.

Dovevo ammettere che l'apprendista di quel Telvanni aveva fatto un lavoro eccezionale: trascorse interi pomeriggi con la vera alchimista della Torre, per riuscire a capire come dare tutti gli effetti di cui avevo bisogno alla mia pozione. Dopo quattro fallimenti ed una solenne esplosione, aveva messo assieme un filtro contenente incantamenti da ben tre scuole diverse: Recupero, Alterazione ed Evocazione.
Lo stesso Neloth ne fu sorpreso e gli fece i complimenti, tuttavia entrambi non erano riusciti a calcolare quali possibili effetti secondari ne sarebbero scaturiti, magari con un po' di fortuna nulla di chè. L'unica cosa certa era che la durata dell'evocazione sarebbe stata almeno di ventiquattro ore.





Pensieri a mezz'aria...

Come promesso, il secondo capitolo. ^_^
L'ho riletto e revisionato infinite volte, ma sono sicura che qualcosa mi sarà sfuggito lo stesso :P
Non posso che confidare nella vostra clemenza...
A questo punto mi sembra abbastanza chiara l'origine del titolo che ho scelto per questa storia.
Sperando che le mie idee folli vi siano piaciute, un saluto ed un grosso... 
GRAZIE !! :D
Salvo imrpevisti, tornerò martedì prossimo :) XXX

 

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Capitolo 3
*** III ***


III

 

Ero molto indeciso se provare l'esperimento a Skyrim oppure li stesso a Solstheim e intanto che ci pensavo su, ero arrivato alla tenuta che mi era stata donata a Roccia del Corvo.

“Era ora che ti facessi vivo!”
Teldryn Sero: furioso, triste e visibilmente ubriaco, mi aspettava seduto (in realtà stravaccato) in una poltroncina dell'ingresso. Se qualcuno mi avesse detto che quel freddo mercenario potesse ridursi in quello stato, gli avrei riso in faccia per mezz'ora.
“Che ci fai qua?” Inizialmente fui sorpreso di ritrovarmelo lì, solo dopo ricordai che non gli avevo ancora chiesto indietro le chiavi. In realtà la sorpresa maggiore consisteva nel vederlo indossare un informale completo dunmer anziché la sua solita armatura di chitina. Se penso quanto avevo dovuto penare per convincerlo a levarsi l'elmo la prima volta.
“Con che coraggio me lo chiedi? Ci siamo lasciati nel peggiore dei modi, volevo parlarti dannazione!”
Si rimise in piedi maldestramente, eppure se si potesse uccidere con uno sguardo, ora sarei cibo per vermi. Non fu facile rispondergli senza sguainare la spada, se c'è una cosa che mi manda su tutte le furie è sentirmi sotto accusa ingiustamente (più o meno).
“Credi che non sia dispiaciuto anche a me per come sono andate le cose?”
In meno di un secondo, mi tonarono alla mente tutti i ricordi di quello che considero come il peggior rientro a casa mi fosse mai capitato.

Mancavo da almeno due settimane. Quella volta stavo aiutando Neloth a scoprire chi volesse farlo fuori. Cosa tutt'altro che semplice: col suo bel caratteraccio la lista poteva diventare fin troppo lunga. Confesso di aver sospettato perfino del suo apprendista, ma per fortuna le cose stavano diversamente. Alla fine di tutto, ero soddisfatto per come avevo risolto l'incarico, ero pure riuscito a salvare una ragazza rimasta coinvolta per sbaglio in quella brutta faccenda.
Rincasai presto, nel pomeriggio poco dopo le due. Ero molto stanco ma non abbastanza da rovinarmi l'umore. Per farmi perdonare la lunga assenza mi ero fermato al “Conato volante” a prendere una bottiglia del Matze preferito di Teldryn. (Abitavamo assieme da circa un anno.)
Non trovandolo nell'armeria, dove era solito passare il tempo a prendersi cura dell'equipaggiamento, andai a cercarlo in camera sua. Scostai lentamente la porta per non svegliarlo in caso fosse addormentato, invece ciò che vidi mi lasciò incredulo e paralizzato. La bottiglia mi cadde di mano infrangendosi al suolo, interropendo bruscamente il suono insopportabile dei loro respiri affannosi. Mi sentii prima svuotato e deluso, un secondo dopo tremavo dalla furia che incendiava le mie vene come fuoco liquido.
Dalla sorpresa alla collera il passo fu breve, mi ritrovai a perdere il controllo come mai mi era successo in tutta la mia vita. Ancora non so dire se quella fosse stata la mia di reazione o quella dello spirito di drago che viveva in me, ma senza pensare alle conseguenze gli avevo urlato contro tutta la mia rabbia. Non so nemmeno come accadde, ma ad un certo punto devo averli insultati usando la 'Lingua antica', scatenando involontariamente su di lui e quella strega il “Potere della Voce”. Riuscii a fermarmi giusto un attimo prima di stroncare le loro vite ed in quel momento, resomi conto di ciò che stavo facendo, mi sentii un vero mostro.

'Un uomo con l'anima di un drago, cosa può esserci di peggio?'

Dopo avergli detto 'E' finita', ero letteralmente fuggito via e da allora non ci eravamo più rivisti. Non avrei mai creduto di ritrovarmelo davanti, come se nulla fosse, dopo quasi sei mesi da allora.


“Mi manchi Ur. Mi sento un idiota a dirtelo, ma non c'è giorno in cui non abbia nostalgia di quando stavamo assieme.”
“Non è così semplice lo sai. Io mi fidavo di te...” 'Se tu quello che mi ha tradito, imbecille!' Peccato che se glielo avessi rimarcato a voce alta saremmo subito passati alle mani o alle armi. In quei mesi in cui avevo vissuto come un selvaggio, solo e senza una meta ero giunto alla conclusione che quello era stato soltanto l'ultimo dei nostri problemi. In coscienza sapevo bene di averlo trascurato, ma non avrei mai immaginato che potesse arrivare a tanto. Io per primo non sono uno stinco di santo, ma a parte quell'episodio c'erano troppe cose a separarci, forse non sarebbe durata in ogni caso.

“Ero venuto per restituirti le chiavi, sai? Ma dato che non arrivavi, credo di essermi bevuto tutto quello che avevi in casa... ”
“Come sta Drelys? Spero non abbia riportato troppe conseguenze.” Chiesi volutamente con un pizzico di cattiveria interrompendo il suo discorso.
“E' una guaritrice straordinaria, se l'è cavata solo con un brutto spavento. Ovviamente poi mi ha mandato al diavolo!”
Dato che lo disse scherzando, capì subito che non avrebbe accettato provocazioni. Notai anche che era già tornato in se nonostante tutto l'alcool che aveva in corpo. Il suo autocontrollo era stata la prima cosa che avevo ammirato in lui. La seconda fu la voce ed il suo spirito sarcastico quasi quanto il mio. Curioso come anche nel suo caso, ho adorato fin da subito il modo in cui si esprimeva.
“Adesso ti lamenti che sei solo, per caso? La vita è una puttana... dovresti saperlo.” Lo presi in giro.
“...e tu sei sicuramente il miglior amico di sua sorella!” * Ridacchiò piano.
Fare pace con lui era semplice, troppo semplice. Mi resi subito conto di essermi avvicinato troppo.
“E se ci dessimo un'altra possibilità?” Chiese guardandomi con dolcezza.
Gli presi il viso tra le mani come avevo fatto mille altre volte, mi sentivo ancora terribilmente attratto da lui, ma non potevo dirgli che nel frattempo fantasticavo addirittura su una creatura degli inferi.
“Non posso, non ora. Potremmo sempre concederci un bacio d'addio e rimanere amici...”
Non avrei mai creduto che mi prendesse sul serio, poggiò con delicatezza le sue labbra sulle mie ed io ne approfittai per stringerlo forte. Non potei resistere alla tentazione di assaporare la sua bocca come ai vecchi tempi. Se avessi voluto, sarebbe stato facile riportarlo nel mio letto un'ultima volta, ma non sarebbe stato giusto.
“Sono stato debole, mi dispiace...” Disse quasi senza voce, quando lo lasciai andare.
“Non è vero. Sono io che sono stato crudele. Troppe volte ti ho lasciato solo senza nemmeno dirti quando e se sarei tornato.”
“Sono contento di aver fatto pace. Almeno non dovremmo odiarci per sempre.”
'Mi aveva odiato davvero?' Quella rivelazione mi fu del tutto inaspettata. Non potevo dirgli che io invece non avevo mai provato un simile astio nei suoi confronti. Ero stato furioso quando lo avevo trovato con quell'elfa, tuttavia dopo essermi sentito in colpa per la mia reazione, credo di averli perdonati all'istante. In realtà non riesco ad odiare a lungo nemmeno i miei nemici. Di solito mi dimentico di loro e basta.
Qualcosa di metallo nelle mie mani, una piccola chiave di ferro mi allontanò dai miei pensieri, riportandomi al presente.
“Io adesso vado. Se avrai ancora bisogno di me, saprai dove trovarmi.”
“Mutsera amico mio...”
Cercai di salutarlo usando la forma cortese parlata dalla sua gente, ma dal modo in cui aveva sorriso scuotendo piano la testa, avevo sicuramente sbagliato qualcosa.
Inutile dire che quando se andò non avevo più alcuna voglia di provare quella pozione, quindi andai al piano seminterrato e mi buttai a letto, sperando in una bella dormita.

 

Come sempre non riuscii a riposare bene. Nonostante la minaccia di Miraak non fosse più una realtà da tempo, non riuscivo a fare sonni tranquilli in quella dannata isola. Dopo essermi sciacquato la faccia con acqua gelida, andai alla locanda a fare colazione. Mangiai avidamente del pane e una porzione di pesce grigliato. Le patate di cenere che facevano da contorno le lasciai sul piatto, assaggiarle una volta era stato più che sufficiente.
Mentre dirigevo al piccolo porto salutai alcune delle persone con cui avevo fatto amicizia, dissi loro che non sapevo quando sarei tornato. Gloover mi chiese di portare un pacchetto a suo fratello di Ritfen, mentre Arano si scusò per l'ennesima volta di avermi giudicato male. Mi resi conto che un po' mi dispiaceva andarmene, ma avevo davvero bisogno di rivedere la mia Skyrim.

 

 

La candela accanto al mio quaderno si è ridotta ad un piccolo disco schiacciato con la fiamma che si aggrappa tenacemente all'ultimo pezzo di stoppino.
Direi che anche stanotte si è fatto tardi.
Confesso che mettere per iscritto questi piccoli pezzi della mia vita, si è rivelato più faticoso del previsto. Come per altre cose ho iniziato per gioco ed ora quasi non riesco a smettere...
...non ad orari decenti, almeno.
Curioso come adesso da una parte mi venga da sorridere e dall'altra invece piangerei come una fontana. Non mi ero mai reso conto di quanto fossero state intense le emozioni provate in quella stra-maledetta isola.
Un giorno un vecchio elfo mi disse che avrei dovuto conoscere Vvardenfell (la grande isola di Morrowind) duecento anni fa e dalla luce che vidi nei suoi occhi da ex-avventuriero, potei soltanto immaginare quanto dovesse essere stato incredibile quel posto.









Pensieri a mezz'aria...

..Confesso che stamattina ho avuto un risveglio tremendo.
Solo un buon cappuccino (con taaanto caffè) e un'aspirina sono riusciti a liberarmi da un mal di testa a dir poco feroce! O_O
Anche oggi vi ringrazio per aver letto la mia storia.
In questo capitolo vediamo quel elfaccio di Teldryn un po' in difficoltà ;)
Come avvisavo nell'introduzione, ho voluto metterlo leggermente  OOC...
...ma come spero traspare dal testo (se ho scritto bene le cose) si riprenderà a breve ! :)
Spero si noti anche il tono "tragi-comico" che ho scelto per descrivere il momento più "triste".
Questo per sottolineare "La testa dura" e il caratteraccio del mio Uriel XD


Passiamo ora alla spiegazione dell'asterisco XD

*Questo scambio di battute "un po' particolari", faceva parte del mio pacchetto-contest.
La storia infatti doveva ispirarsi ad una citazione e nel caso la contenesse, poteva essere "un punto in più"
Ecco la frase, tratta da una canzone dei "Jaws on the floor" :
"La vita è una puttana ma io e sua sorella siamo ottimi amici"

Un salutone a tutti e grazie ancora per la lettura :)
Ciao ciao

p.s. Indovinate un po' chi potrebbe essere "Il vecchio elfo" citato alla fine... XD

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Capitolo 4
*** IV ***


IV

 

Eccomi finalmente alle ultime pagine, a quanto pare anche questo diario si è stancato in fretta di me...
Se non ricordo male ero al punto in cui dopo tanto, troppo tempo, ero in partenza per Skyrim.

 

Il viaggio di ritorno fu meno traumatico. Mi portai dietro alcuni sacchetti di un infuso che mi aiutò a dormire per quasi tutto il tempo ed evitai così di lasciare fuori bordo la metà dei pasti consumati.
Quando sbarcai a Windhelm, città che a malapena sopportavo, andai di corsa alle stalle per recuperare Frost il mio stallone e partii subito verso Whiterun, il feudo di cui invece mi innamorai a prima vista. La casa che avevo comprato non era molto grande, ma dopo averla fatta risistemare disponevo di tutte le comodità di cui avessi bisogno. Feci anche scavare un seminterrato dove avevo allestito un'officina e il mio bellissimo e amato bagno termale.*
Rimasi a mollo nell'acqua calda fino a ritrovarmi le dita completamente lessate: era da tanto che non mi rilassavo così. Dopo aver mandato giù una bistecca ai ferri accompagnata da un buon bicchiere di rosso, diressi al piano superiore dove mi aspettava un letto degno di quel nome.
Subito mi resi conto che non avevo alcuna voglia di mettermi a dormire. Tenevo tra le mani la pozione che mi avrebbe permesso di evocare il mio 'Mercante preferito' per almeno un giorno. Per un breve momento mi sentii in imbarazzo: richiamarlo direttamente in camera mia, non mi sembrò esattamente una buona idea, quindi tornai giù nella piccola sala.

Disposi sul tavolino rotondo una bottiglia dei Fratelli Surile che mi ero portato dietro da Cyrodiil e due coppe d'argento, quindi mi sedetti in una poltroncina valutando se usare la voce per assumere la “Forma eterea”. Paura e curiosità mi stavano logorando da troppo tempo, non sapevo bene cosa rischiavo eppure il pericolo non mi dispiaceva affatto.
'Sopravviverò...' Decisi infine stappando la fiala senza alcuna precauzione. Tenni comunque sotto mano uno dei più potenti filtri di “Ripristina salute” : male che fosse andata me lo sarei scolato subito.
Profumo intenso di rose e sapore d'arancia rancida. Non sapevo se la cosa dovesse schifarmi o compiacermi, se non altro era un sapore migliore di tanti altri intrugli provati fino a quel momento.
Prima di lanciare l'incantesimo controllai che fosse tutto apposto, ma a quanto pareva l'unico piccolo fastidio fu una brusca contrattura nel mio stomaco accompagnata da una leggera nausea, nulla che non passasse in pochi minuti.

Mi decisi infine ad evocarlo: concentrai la mia mente sul Dono e sussurrai le antiche parole che mi erano state insegnate da quel Daedra tanto potente quanto ripugnante.
“Finalmente ci incontriamo di nuovo...”
Stavolta rimasi senza fiato. Non indossava la sua solita tunica nera, ma uno splendido completo di velluto dai colori azzurro e grigio scuro. Aveva anche modificato leggermente la pettinatura e schiarito un poco il colore del tatuaggio, di solito rosso sangue, che gli decorava il volto. Dovevo ammettere che quei piccoli accorgimenti miglioravano davvero di molto il suo aspetto.
“Permettimi di darti il benvenuto nella mia casa...” 'Da quando parlo in modo così elegante?' Fui sorpreso dalle mie stesse parole, ma non lo diedi a vedere. Gli feci cenno di sedersi nella poltrona accanto. Nonostante la mia statura, considerevole anche tra i Nord, mi superava di almeno un palmo ed essere osservato dall'alto mi metteva leggermente a disagio.
“A quanto vedo ce l'hai fatta: questa volta abbiamo più tempo.”
“Ti da fastidio?” Domandai timidamente, ricordando che spesso quando scompariva mormorava parole di nostalgia nei confronti del suo “Dolce Oblivion”.
“No, non preoccuparti. Il vostro mondo mi ha sempre affascinato... ed anche tu se posso dirtelo.” Nel parlare allungò una mano verso il tavolino e dopo aver preso la bottiglia riempì piano le coppe, offrendomene una.
“Non abbiamo mai avuto il tempo di presentarci come si deve. Forse lo sai già, ma io mi chiamo Uriel. Puoi dirmi il tuo nome adesso?”
“I nostri nomi non sono così semplici per voi mortali” Sorrise. “Potresti sempre chiamarmi Val”
“Non prendermi in giro. Valynaz è un appellativo usato in generale per la vostra specie...” 'E indica pure le razze più potenti.' Risposi scherzando, tenendo per me la seconda parte, non mi piaceva usare la parola 'Razza' perché la trovavo poco rispettosa.
Alla mia battuta emise un suono di cui non riuscii a capire una sola lettera. Lo guardai con sospetto e stupore e lui ricambiò sollevando il proprio calice nella mia direzione.
“Quello era il tuo vero nome?” 'Sono un idiota...' Mandai giù il mio vino tutto d'un fiato perché non sapevo cosa aggiungere.
“Non sei un idiota, sangue di drago.”
A quelle parole strinsi la coppa vuota nella mano fino a frantumarla, i numerosi calli frutto di anni lavoro alla forgia mi impedirono di ferirmi. Non potevo credere che quell'essere fosse in grado di leggere i miei pensieri. Compresi subito perché in battaglia fossero così duri da battere, con un simile dono era ovvio che potessero prevedere le mosse dell'avversario.
“Non volevo spaventarti, in realtà ben pochi di noi hanno questo potere. Io in particolare sono stato legato a te da uno dei miei Signori, per questo riesco a percepire i tuoi pensieri. Sta tranquillo, non intendo approfittarne.”
“I tuoi Signori? Sei al servizio di più Daedra?”
“Esattamente. Dovresti saperlo che i mercanti viaggiano parecchio, così ho stipulato accordi con diversi Lord. Ma dimmi ora che siamo qua, di cosa vorresti parlare?”
'Bella domanda...' “E vero che l'Oblivion è un deserto di fuoco?” Balbettai stupidamente.
“Si e no. Dipende da dove ti trovi. Sono sicuro che alcune zone ti sorprenderebbero e non poco.” Sospirò. “...dubito però che tu voglia veramente parlare di qualcosa che puoi trovare in un qualsiasi tomo scritto da un mago o dai sopravvissuti che secoli fa assistettero all'apertura dei Cancelli.”

Mentre parlava si era rialzato lentamente e con o senza il mio permesso decise di fare un giro per la mia casa. Mi affrettai a seguirlo mentre scendeva le scale del seminterrato, fece qualche rapido passo in quegli ambienti per poi tornare su. Fu una vera fortuna che Lydia il mio huscarlo, quei giorni fosse andata a trovare la sua famiglia.
“Notevole.” Si complimentò quando entrò nella torre dei trofei. Sembrava molto colpito dalle ricostruzioni che avevo fatto del teschio di un drago e di uno scheletro arciere. Stavo per chiedergli se anche dalle sue parti ci fossero collezionisti, ma si era già arrampicato su per botola che portava al piccolo terrazzino esterno. Lo vidi respirare in profondità l'aria fresca della notte, guardando distrattamente la cittadina ai nostri piedi.
“Credo che tu sia un uomo fortunato.” Commentò e cingendomi le spalle con un braccio mi fece capire di voler rientrare.
Di nuovo il contatto con lui mi diede i brividi, probabilmente dovevo essere impallidito perché quando tornammo alla sala mi guardò con un'espressione pensierosa.
“Cosa ti spaventa?”
“Non ho paura!” Protestai, ostentando una sicurezza che in quel momento non possedevo. “Prova ad attaccarmi e ti rispedisco a forza da dove sei arrivato.” Gli ringhiai contro.
Era più forte di me: quando mi sentivo insicuro diventavo aggressivo ed in genere così facendo finivo spesso coinvolto in qualche rissa, eppure quel dremora non diede alcun peso a quel mio atteggiamento infantile.
“Attaccarti? ...Ed io che credevo avessimo in mente qualcos'altro.”
L'intonazione usata fu proprio quella che mi faceva perdere la testa. Non so se a quel punto fossi arrossito come una ragazzina, ma di certo mi ritrovai nuovamente a fissarlo inebetito e lui ne approfittò per annullare con un solo passo la poca distanza che ci separava. Poggiò con delicatezza una mano tra il mio viso ed i capelli e prese a giocherellare con un ciuffo ribelle che mi ricadeva sempre sulla fronte. Con l'altro braccio mi cinse piano fino a ritrovarci completamente attaccati. Inspirai profondamente cercando di conoscerlo con tutti i miei sensi, ma la sua pelle scura sembrava del tutto inodore, l'unica fragranza che percepivo arrivava dalla sua veste e mi ricordava un incenso delicato.

Non posso dire quanto a lungo rimanemmo così e un po' alla volta tornai calmo e rilassato. Stare sulla difensiva era stato sciocco da parte mia, in fin dei conti accadeva esattamente ciò che sognavo da mesi. Quando comprese che non avrei più esitato, accostò il suo viso al mio ponendo la sua domanda silenziosa in un semplice sguardo. Sorrisi alle sue intenzioni e lasciai che mi baciasse mentre io poggiai le mani sui suoi fianchi. Il suo sapore fu un'altra gradevole sorpresa, ingenuamente mi aspettavo il gusto del sangue, invece trovai la sua bocca fresca ed invitante. Nemmeno i suoi canini leggermente aguzzi mi diedero alcun fastidio.
Quando mi lasciò respirare ero completamente inebriato da quelle sensazioni, il cuore mi batteva forte e il desiderio che provavo aveva preso il sopravvento su qualsiasi forma di buonsenso o cautela. Accarezzai a lungo il suo volto, tastando la sua pelle levigata senza imperfezioni. Gli sussurrai maliziosamente che avremmo potuto metterci più comodi al piano di sopra e senza farselo ripetere mi sollevò come se non pesassi nulla per poi portarmi egli stesso su per le scale.

Mi posò piano sul letto e rimase qualche secondo ad osservarmi, poi con un gesto fluido e naturale sfilò la propria veste. Possedeva esattamente il tipo di fisico che adoravo, non di quelli grossi ma con una muscolatura atletica ben definita. Sorrise quando lo imitai senza farmi pregare, anche se i miei movimenti furono decisamente più goffi ed impacciati dei suoi. Ricominciare a baciarlo senza alcun velo a separarci mi mandò in estasi.
Permisi che fosse lui a condurre il gioco, cosa che raramente concedevo ai miei amanti, tuttavia si rivelò una buona scelta. Si comportò in modo attento e premuroso, non c'era fretta nel modo in cui mi accarezzava portandomi a se. Quando iniziammo a fare sul serio, mi penetrò lentamente senza causarmi alcun dolore, aspettando che il mio corpo si abituasse alla sua presenza. Io invece diventai subito impaziente, ma solo quando fui completamente rilassato mi permise di dar sfogo alla lussuria abbandonando assieme ogni più piccola inibizione.
Non so dire quante volte raggiunsi l'apice del piacere, però ricordo ancora bene una battutina ricevuta da una guardia il giorno successivo. Doveva aver sentito i nostri gemiti durante il turno di notte e non mancò di farmelo notare cercando inutilmente di mettermi in imbarazzo. Rispondergli a tono senza negare nulla e riuscendo a fargli provare invidia, fu la mia piccola vendetta.

L'intimità con quella creatura mi aveva dato un senso di appagamento fisico che non avevo mai provato con nessun altro. Ero stato completamente soddisfatto da quell'esperienza, eppure era quel tipo di soddisfazione che sapevo non sarebbe durata a lungo.
Prima di andar via mi regalò un ciondolo d'argento con incastonata una pietra nera. Disse che se lo avessi voluto, mi avrebbe permesso di andarlo a trovare nello stesso Oblivion. Fu sincero nell'avvertirmi che tale viaggio sarebbe stato molto, molto pericoloso, infatti sarei stato attaccato da tutte le creature che infestavano quel mondo infernale. Non dico che la sfida non mi interessasse, la mia anima di drago era sempre assetata del sangue di nuovi nemici, tuttavia lo ringraziai senza promettergli nulla. Notai subito un velo di malinconia nel suo sguardo, mi chiesi se davvero un dremora potesse provare quel tipo di sentimento, così lo salutai con un ultimo bacio e lui ringraziandomi a sua volta, mi fece capire che andava tutto bene.

 

Dopo qualche tempo, Passata la sbornia”, conclusi che era stata la cosa più folle e piacevole avessi mai fatto, ma non avrei permesso che accadesse di nuovo. Probabilmente non lo avrei più evocato nemmeno per commerciare ed improvvisamente mi sentii vuoto e solo.
Mi resi conto che era giunto per me il momento di realizzare qualcosa di più. Avevo conquistato gloria e onore, mi ero macchiato dei peggiori crimini e allo stesso modo portato a termine grandi imprese, salvando milioni di vite innocenti.
Eppure tutto ciò non bastava a colmare il mio cuore perennemente insoddisfatto.
Desideravo qualcuno che mi amasse, qualcuno che mi aspettasse a casa...

Qualcuno che mi accettasse per il mostro o il santo che sono.

 

 

In questo momento mi sento uno sciocco ad aver pensato che la mia vita con Teldryn non avrebbe funzionato. Questo diario per ora è concluso così come tutto questo tempo che mi son preso per riflettere. Stavolta un cielo visibilmente chiaro mi dice che è già l'alba, eppure non sento né sonno né stanchezza.
Apro il cassetto della scrivania e noto con piacere che quel ninnolo è ancora là. Alla fine, deciso a ricominciare da zero, metto al collo l'amuleto di Mara per ripartire alla volta di Solstheim...

 

 

 

* (Sto citando una piccola e semplice Mod che cambia in meglio Breezehome)

 



Pensieri a mezz'aria...


Eccoci finalmente all'ultimo capitolo di questa piccola e folle storia.
Ringrazio tutti voi che l'avete letta e le persone che già l'hanno messa
o la metteranno in futuro tra le loro seguite/preferite/..cestinate! etc
Dai che scherzo! XD comunque sia fate voi! ;)
Ho anticipato la pubblicazione, perchè da domani mi metterò al lavoro per altre storie che se tutto va bene pubblicherò a fine estate :)
Augurando a tutti delle buone vacanze...
Un salutone dalla vostra Lara !
Ciao ciao

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