The end

di roxy_xyz
(/viewuser.php?uid=67420)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** #Paure ***
Capitolo 2: *** #Destino ***
Capitolo 3: *** #Incubi ***
Capitolo 4: *** #Tempesta ***
Capitolo 5: *** #Desideri ***
Capitolo 6: *** #Lacrime ***
Capitolo 7: *** #Andare avanti ***
Capitolo 8: *** #Infinito ***



Capitolo 1
*** #Paure ***


Titolo: The end



Titolo: The end
Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger, Sorpresa
Generi: Fluff, Introspettivo, Dark
Rating: Verde

Capitoli: 8 

Beta reader: Jaybree, I love you
Note personali:  Questa storia è stata archiviata nel mio pc per quasi due anni finché MusicDanceRomance non mi ha “costretto” a continuarla perché secondo lei aveva tanto potenziale per diventare una bella storia. Quindi se ha visto la luce, è solo merito suo e ovviamente di Jaybree che l’ha betata e mi ha incoraggiato, mettendo a tacere le mie paturnie.

Vi avviso che sono presenti tematiche religiose, ma non dimenticate che questa è solo una fanfiction e che io, roxy_xyz, non cercherò di convertire nessuno. Siamo in un paese laico e questo è solo un esercizio stilistico, siamo intesi?

Infine, ringrazio come sempre il mio lovvetto per il banner… Lights, sei fantastica!

 

The end

 

If heaven and hell decide
That they both are satisfied
Illuminate the no's on their vacancy signs
If there's no one beside you
When your soul embarks
Then I'll follow you into the dark

(“I will follow you into darkness”- Death Cab for cutie)

 

 

I

 

 

 

 

#Paure

 

 

Quando ero piccola, mia madre mi diceva sempre di non mentire e di andare in Chiesa per essere una buona cristiana. Tutte le domeniche, entravo in quel luogo sempre con un misto di timore, perché c’era quell’uomo che, con lo sguardo, sembrava trapassarmi da parte a parte; sapevo che lui era a conoscenza delle mie marachelle e non osavo incontrare quegli occhi castani, così buoni. Temevo che, una volta alzato il viso verso di Lui, mi avrebbe sgridato, urlato contro e scacciata via da casa sua e io non volevo deludere mia madre.

Avevo cercato di imparare tutte le preghiere a memoria in modo da non fermarmi mai durante la messa, non volevo che mia madre si vergognasse della sua unica figlia. E poi, mi piaceva leggere, anche se quel libro, la Bibbia, era così strana e piena di creature sovrannaturali che non potevano esistere. Non c’erano angeli, demoni e profeti a Londra. Era solo un libro scritto da qualcuno che aveva anche più fantasia di me.

Questo era quello che pensavo prima di scoprire la Magia in me. Ero una strega, una di quelle creature magiche, maledette, ricercate e condannate a morte per la loro stessa natura; una di quelle donne che si trovano nei libri che ci assegnava le maestre da leggere e che non potevano esistere.

Ero arrivata a un punto della mia esistenza in cui non sapevo più cos’era reale e cosa no.

Anche ora mentre avanzavo in questo vicolo cieco, sapevo che tutto era reale e allo stesso tempo non lo era. Non esisteva né il Paradiso né l’Inferno.

Eppure la terra tremava, e i miei piedi affondavano nel fango. Ce n’era ovunque e sembrava volermi intrappolare, non lasciarmi andare. La pioggia continuava a scendere giù e i miei vestiti ormai laceri e sporchi non offrivano nessuna copertura al freddo. Quando ero piccola, mi bastava alzare gli occhi, fissare intensamente il soffitto e sperare che Lui mi sentisse, in modo da poter finalmente dormire senza pensare al mostro che, probabilmente, stava dentro l’armadio e che non aspettava altro per uscire e divorarmi.

Non c’era nessuno che potesse aiutarmi ora.

C'ero solo io e il mio Purgatorio.

Ero sola dentro l’armadio.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** #Destino ***




I

 

 

II

 

 

#Destino

 

 

“Harry!” esclamai, con una punta di rimprovero.

“Cosa?” Mi rivolse uno sguardo che non mi ingannò neanche per un secondo.

“Lo sai…” continuai.

“È colpa sua, non mia,” si giustificò, alzando pigramente le spalle.

“Sei un adulto di ventinove anni, però.”

“Dettagli,” disse, prima di dare un’altra gomitata al sedile.

“Harry! Finiscila di litigare con il bambino… cavolo, sembrate quasi coetanei.

Mi ero girata verso la piccola peste in questione: un bimbo di appena sette anni che per tutta la durata del tragitto non aveva fatto altro che dare calci al sedile, al sedile dove era seduto Harry per essere precisi. Se non fosse stato per quella spruzzata di lentiggini sul naso, sarebbe stata la copia identica di Harry.

La madre sembrava non vedere il comportamento del figlio; appoggiata al finestrino osservava le macchine nell’altra direzione, senza rimproverarlo per la maleducazione dimostrata.

“Solo se la smette anche lui.”

Improvvisamente provai un impulso irresistibile e mi avvicinai verso di lui per baciarlo. Avevo conosciuto Harry quando aveva scoperto il suo ruolo nel Mondo Magico e lui non era mai stato come gli altri ragazzi della nostra età. Non era stato uno dei tanti adolescenti che preferiva le attività sportive o le ragazze allo studio, lui era uno di quelli che nell’agenda degli appuntamenti aveva anche la scritta ‘Sconfiggere Voldemort’.

Come poteva essere come gli altri? No, sarebbe stato sempre diverso. Da me, da Ron, da tutti.

“Ehi!” proruppi in un gridolino, quando sentii vibrare il sedile in cui ero seduta. Mi girai verso il bambino seduto dietro, e dimenticai per un momento di essere io l’adulta, mentre Harry cercava di soffocare una risata nell’incavo del mio collo.

“Hai ventinove anni anche tu, Hermione.”

“Dettagli.”

 

 

 

“Hermione, cara, ce la fai?”

Molly Weasley non aveva mai smesso di trattarmi come una figlia, anche dopo la fine della mia relazione con Ron. Non c’erano state urla o porte sbattute, anzi era stata una separazione così tranquilla e pacifica che Harry, per giorni, rimase nella convinzione che i suoi migliori amici sarebbe tornati insieme presto.

Dopotutto, durante i nostri studi a Hogwarts, io e Ron avevamo litigato tante volte, soprattutto per ragioni stupide e insignificanti. Poi, era scoppiata la guerra e tutto era successo in fretta. Io. Lui. Un bacio veloce e pieno di passione, e poi una brusca frenata. Ci trovammo in una situazione in cui ci era concesso di procedere con calma, a piccoli passi, eppure volevamo correre, agire in modo frenetico.

Mi sembrava di voler impazzire di desiderio, volevo vivere Ron, la nostra storia d’amore e dimenticare tutto. Il più presto possibile.

Non dovetti aspettare molto: in poco tempo riuscii a rovinare qualcosa che avevo sempre desiderato. Mi bastarono sette mesi e una decina di giorni.

“Sei sicura di non voler venire a cena da noi?”

“Sì, Molly. Sono troppo stanca e ho intenzione di farmi una doccia e andare a dormire presto. Sperai con tutta me stessa che credesse alle mie parole, perché non avevo nessuna intenzione di andare alla Tana e continuare la mia vita come se non fosse successo nulla.

“Ho capito, andrai da Harry come tutte le sere.”

“Ti prego…” La implorai di capirmi. Come potevo chiacchierare tranquillamente con i miei amici, quando non riuscivo ad allontanarmi da Harry nemmeno per un’ora?

“Vi ho sempre considerato come miei figli, lo sai anche tu. Quando sarai pronta, troverai la mia porta aperta e un piatto caldo. Sapevo che continuava a preparare la tavola con i nostri piatti, quello mio e di Harry, come se si aspettasse il nostro arrivo da un momento all’altro. Non ero la sola a fingere di non vedere.

“Grazie,” dissi. Dopodiché rimasi sola, come ormai succedeva da parecchi mesi.

Percorsi quei pochi passi che mi separavano dalla stanza dove ormai passavo la maggior parte del tempo e vi entrai. La luce del comodino era accesa e il libro che aveva iniziato a leggere il giorno prima era ancora accanto all’abat-jour.

Guardai per un’ultima volta fuori dalla finestra e osservai le minuscole gocce attaccate al vetro. Non aveva smesso di piovere nemmeno per un attimo, ormai faceva così da due giorni e sembrava che il sole non volesse più comparire. Odiavo Novembre, quel mese era capace di mettermi su ancora più angoscia di quanto già ne avessi.

Presi il libro e lo aprii là dove avevo piegato l’angolo della pagina e cominciai a leggere ad alta voce.

Nessuno interruppe la mia lettura, nessuno. Nemmeno Harry che odiava quel libro.

Quante volte me l’aveva strappato di mano? Non capiva perché mi ostinassi a rileggerlo con così tanta frequenza, dopotutto lo conoscevo a memoria.

Non capiva il mio desiderio di perdermi dentro quel libro, tra le pagine ormai ingiallite dal tempo, tra le avventure di quella ragazzina spaurita che si trovava catapultata in un mondo che non era suo e che alla fine arrivava ad amare più del proprio.

Lo leggevo di proposito tutti i giorni, speravo che Harry aprisse gli occhi, sbuffasse infastidito e mi rimproverasse di essere la solita sognatrice.

Eppure nei miei sogni non c’era lui steso in un letto d’ospedale, immobile, pallido. In coma. I miei sogni mi erano strati strappati da una donna che non si era fermata ad un incrocio, che non aveva visto il rosso del semaforo, distratta dal pianto di suo figlio e Harry si trovava lì per caso, felice perché aveva finito prima le pratiche e poteva tornare a casa, da me.

La morte aveva cercato di prenderlo così tante volte senza successo che, alla fine, si era arresa all’ineluttabilità degli eventi: Harry Potter sarebbe morto di vecchiaia.

A quel semaforo rosso non fu lei a spingere sulla leva dell’acceleratore, perché non era nei suoi progetti e anche lei si era affezionata a Harry.

Forse fu proprio Lui a farlo.

Quel Lui che non avevo più smesso di pregare affinché lasciasse Harry e portasse via me.

Prendi me, gli dicevo.

Prendi me, lascia Harry.

Il libro cadde per terra. E io con lui.

 

 

 

 

 

 

NdA: Bbbene, ecco che cominciamo a scoprire qualcosina in più. Non credevate mica lasciassi vivo o completamente funzionante uno dei due, vero? Suvvia Harry è in coma, quindi non è morto e non sta parlando con Melinda Gordon! A parte gli scherzi, non temete, perché questa storia è un mix di fluff (in ogni capitolo troverete un flashback romantico) con un pizzico di ambientazione dark, ma è soprattutto un viaggio dentro Hermione.

Il libro a cui faccio riferimento è in realtà un manga, Fushigi Yuugi, che narra appunto le vicende di questa liceale che finisce dentro il libro che sta leggendo e per il quale si troverà a combattere pur di salvare se stessa e le persone che ama. Lo A-D-O-R-O! Nelle mie storie c’è sempre un po’ della passione che nutro verso i manga.

Grazie, grazie mille per tutto! Ci si legge la prossima settimana quando la suddetta “autrice” tornerà più abbronzata e felice… saluti da Ibiza!

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** #Incubi ***




III

 

 

III

 

 

 

#Incubi

 

 

“Allora, cosa hai deciso di fare per il tuo compleanno?”

L’avevo guardato per alcuni istanti, prima di alzare le spalle. Non ne avevo idea, e a dirla tutta non avevo voglia di festeggiare. Era così importante, dopotutto?

“Mi piacerebbe passare una serata tranquilla.”

Dalla sua espressione, capii di averlo sorpreso, eppure mi conosceva sin troppo bene; non ero una persona che amava le feste, e neanche lui. Eravamo una coppia perfetta nel nostro essere assolutamente asociali.

“Non credo che i Weasley te lo lasceranno fare.”

“Potrebbero anche regalarmi un momento di pace!”

Mi aveva accarezzato la testa, prima di chinarsi e di baciarmi sulla guancia. “Te lo meriteresti. Posso far parte di quel momento?”

Chiusi gli occhi, respirando a pieni polmoni la sua vicinanza: era qualcosa capace di scacciare via ogni pensiero e di rilassarmi, come nessun altro sapeva fare. Forse solo mio padre era capace di avere quel potere su di me: quando non riuscivo a prendere sonno e continuavo a rigirarmi sul letto, allora arrivava lui che mi rimboccava le coperte e mi accarezzava il viso. Un semplice gesto che però mi rassicurava e mi permetteva di addormentarmi e di sognare, a volte.

“Vieni qua” dissi, prima di tuffarmi tra le sue braccia. Era così caldo. Così vivo.

 

 

 

Quando ero piccola c'era un solo luogo in cui mi sentivo protetta e dove passavo la maggior parte del tempo. Mia madre non capiva il perché di quella strana scelta, lamentandosi del fatto che una ragazzina della mia età avrebbe preferito la compagnia di un'amichetta e non la solitudine in una chiesa. Neanche io sapevo bene perché tutti i pomeriggi al ritorno da scuola mi rifugiassi in quel luogo, piuttosto che in un parco giochi, forse perché in quel luogo e al cospetto di quell'Uomo riuscivo a smettere di piangere, fino ad accettare me stessa.

A quell'epoca non avevo al fianco Harry e Ron, e nonostante i mille sforzi dei miei genitori per farmi sentire amata, non avevo confidenti o amici.

Hermione Granger era l'unica che non veniva mai invitata alle feste e ai pigiama party, perché era una secchiona che non aiutava mai nessuno.

Solo in chiesa riuscivo a calmare la mia tristezza e a fare pace con me stessa, perché Lui mi ricordava che dovevo solo aspettare e che il mio tempo sarebbe arrivato.

E così mi sedevo su una delle panche in fondo alla sala e leggevo; c'era così tanto silenzio che mi sembrava da stupidi non approfittarne per la cosa che amavo di più.

A casa c'era sempre mamma che cercava di riempire i miei silenzi con le sue mille domande.

“Com'è andata a scuola?” Come ieri, mamma.

“Ho incontrato la mamma di Liz, domani è il suo compleanno. Vuoi andarci?” Liz mi odia e se anche mi presentassi alla sua porta, me la chiuderebbe in faccia.

Che ne dici di fare una passeggiata in centro domani?” Voglio finire questo libro, scusa.

Mio padre era più comprensivo, forse perché avevamo lo stesso carattere introverso e capiva il mio desiderio di rimanere sola. Quando le attenzioni di mia madre diventavano troppo pressanti e fastidiose, mi rifugiavo da lui che mi mostrava gli arnesi del suo mestiere e mi spiegava come passare il filo interdentale. Eravamo una coppia strana, però in quei suoi piccoli gesti mi sentivo davvero felice, non avevo bisogno di parlare o di fare conversazione perché mi bastava ascoltarlo e imitare i suoi gesti.

Perché una bambina preferiva il silenzio di un'enorme Chiesa? Non saprei, però fui grata di quei momenti perché potei prepararmi a quello che successe dopo.

Durante i miei anni a fianco di Harry ero convinta che quel Dio, quell'uomo così buono che aveva passato i pomeriggi con me, lo proteggesse sempre perché meritava di vivere.

Forse era per queste mie sbagliate convinzioni che mi stavo dirigendo verso quel luogo: avevo bisogno di sapere che cosa era cambiato perché Harry si meritasse di rimanere imprigionato in quello stato. Non si era già sacrificato abbastanza?

Non avevo già perso troppe persone importanti nella vita? Non lui, non Harry: l’unica persona che mi capiva anche senza parlare, che riusciva a entrare dentro la mia mente e a lenire ogni mia sofferenza con un suo semplice sorriso.

Mi inginocchiai su quel marmo freddo e pregai Dio di restituirmelo, di smettere di giocare con lui. Non era giusto, no, niente in quegli anni lo era stato e ora volevamo solo godere quegli attimi di pace.

Volevo vivere con lui. Svegliarmi al suo fianco e addormentarmi tra le sue braccia, come in un sogno in cui non avrei mai messo la parola fine.

Perché Dio era così ingiusto da portare via l’unica persona che io avessi mai amato?

Perché?

Per la prima volta dopo parecchi giorni riuscii finalmente a piangere, mentre urlavo al cielo la mia rabbia e la mia disperazione.

Perché doveva sentirmi e ascoltarmi, avevo preparato il mio discorso ed era impossibile negare quanto avessi ragione e Lui torto. Perché doveva riconoscere i suoi sbagli e riportarmelo, altrimenti l’avrei ripreso io. Con la forza e la mia fede. Non in Lui, ma nell’unica persona che mi aveva salvato la vita senza neanche conoscermi.

Come in passato, raggiunsi una delle ultime panche e mi sdraiai alla ricerca di un po’ di pace o forse, semplicemente perché mi ero stancata di scappare dal dolore e avevo solo voglia di affogare in esso.

Chiusi gli occhi, smettendo di scalciare e di graffiare e arrendendomi agli incubi che, ogni sera, mi torturavano e mi svuotavano di ogni ricordo felice.

Chiusi gli occhi e chiesi a Dio di portarmi da Harry.

 

 

 

 

 

 

NdA: ed eccoci al terzo capitolo! Come sempre scena fluff +scena secamentum venarum, perché altrimenti non sarei la scrittrice sadica e strunz che voi conoscete e amate (mi amate, vero??? ahaha). Dal prossimo capitolo, scoprirete il motivo di quel “sorpresa” tra i personaggi della storia. Siete pronti al grande viaggio che ci porterà da Harry?
A giovedì!

 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** #Tempesta ***




IV

 

 

IV

 

 

#Tempesta

 

 

A svegliarmi non fu un mite prete che mi invitava a lasciare la chiesa, né tanto meno il freddo di quell’ambiente così vasto e poco riscaldato.

Fu la sensazione di essere fissata, come se qualcuno non smettesse di guardarmi. Era qualcosa di fastidioso che mi aveva impedito di continuare a dormire, spingendomi ad aprire gli occhi e a scoprire chi fosse la persona misteriosa.

Ero sempre stata una persona razionale che preferiva riflettere a mente lucida e risolvere i problemi o le difficoltà, però non riuscii a trovare le parole adatte o la spiegazione più logica per quello che si presentò di fronte ai miei increduli occhi.

La chiesa era scomparsa, solo la panca era rimasta e si trovava in mezzo ad un ambiente ostile e ricoperto da quello che sembrava fango. Allungai i piedi e lo toccai con la punta delle dita per assicurarmi che non stessi ancora sognando.

Dove mi trovavo?

Nonostante non ci fosse nessuno attorno a me, la sensazione fastidiosa rimaneva sempre lì e pur non sapendo dove mi trovassi e chi mi avesse fatto quello strano scherzo, decisi di incamminarmi alla ricerca di qualcuno che potesse aiutarmi o, almeno, spiegarmi ogni cosa. I miei piedi affondarono nel fango: era caldo e mi arrivava fin sopra le caviglie.

Come la cosa più normale al mondo, guardai il sole e decisi di incamminarmi in quella direzione, dopotutto cosa poteva mai succedermi?

 

 

 

“Devi smetterla, Harry!”

“Di fare cosa?” mi aveva rivolto uno sguardo innocente, come se non capisse dove volessi andare a parare.

“Di buttarti a capofitto in ogni cosa che fai. È rischioso, ecco.” Mi ero morsa la lingua, frenando le parole che avrei voluto realmente dire. Sapevo benissimo come Harry ragionasse e si comportasse di conseguenza, solo che una parte di me aveva paura che, prima o poi, questo suo comportamento stupido l’avrebbe in qualche modo danneggiato.

“Sono un Auror, Hermione e il mio lavoro si svolge sul campo, lo sai benissimo anche tu.” Mi aveva guardato e stretto le mani prima di continuare. “Non voglio morire, non quando ho finalmente trovato una ragione.”

“Una ragione?” avevo domandato senza capire.

“Per tornare a casa e vivere insieme a te. Non credere che a me piaccia essere sempre in procinto di cadere e di magari ferirmi. Sì, mi piace mettermi alla prova e conoscere nuovi avversari, ma nei miei sogni ci sono sempre io che torno da casa e tu sei lì. A rimproverarmi, magari con un mestolo in mano!

“Sei uno stupido.” Le sue parole mi avevano colpito, ma non gli avrei mai dato soddisfazione.

“Vorresti prendermi a forchettate, forse?”

“Stupido.” Questa volta il mio era stato quasi un sussurro.

“Questo l’avevo già capito da prima,” aveva detto Harry dolcemente.

“Scusami, sono una ragazzina immatura e troppo ansiosa. So benissimo che è il tuo lavoro e che non puoi sottrarti al dovere, però non posso non fare queste scenate ogni tanto.

“Hermione?”

Avevo alzato lo sguardo e incontrato i suoi occhi verdi, pensando che avrebbe messo fine alle nostre discussioni con uno dei suoi soliti baci.

“Tu non sei una ragazzina, hai quasi trent’anni.”

Accio mestolo!”

 

 

 

 

 

Se c’era una cosa che avevo sempre odiato era quello di non sapere: dove stavo andando? Dove mi trovavo? Avevo camminato per quelle che mi sembravano parecchie ore, ma il paesaggio attorno a me sembrava sempre il medesimo e durante il cammino non avevo incontrato nessuno. Solo quando notai la panchina, capii che non mi ero mossa di un millimetro; per tutto il giorno non avevo fatto altro che camminare in circolo.

Era stanca, affamata e il sole era quasi in procinto di tramontare. Temevo quello che sarebbe successo una volta calata la notte; nonostante tutti i miei anni a fianco di Harry e Ron rimanevo una ragazzina con una maledetta paura del buio, soprattutto visto che per la prima volta mi ritrovavo sola.

Harry! Non sarei potuta andare a leggere per lui quella sera e non avrei potuto vedere i suoi miglioramenti, sperare in un miracolo.

Mi sedetti, completamente esausta, cercando di riposare almeno per poco le mie gambe stanche. Fu allora che sentii nuovamente quella sensazione fastidiosa e subito dopo vidi una di quelle persone che mai e poi mai mi sarei aspettata di incontrare in quel luogo.

Osservai Albus Silente sedersi con una lentezza disarmante al mio fianco e sorridermi, prima di offrirmi delle arachidi che aveva nel palmo di una mano e che stava sgranocchiando, come se fosse la cosa più normale del mondo.

“Professore!”

“Signorina Granger, mi sembra che si sia diplomata e che la scuola sia finita. Ne mangi un po’, sono buonissime! Ho sempre avuto una passione insana per queste cose, ne divoravo e ne chiedevo a mio fratello sempre tantissime ogni volta che andavo a trovarlo al pub. Però manca qualcosa …”

“Cosa?”

“Ho sete e non c’è nulla da bere. Ha qualche bevanda nella sua meravigliosa borsetta?

Lo guardai stralunata, perché non avevo nulla con me, eppure continuava a fissarmi e ad aspettare una mia mossa.

Guardai alla mia sinistra e la vidi: la borsetta di perline che mi aveva accompagnato durante la ricerca degli Horcrux e nella quale avevo messo veramente di tutto. L’aprii e infilai una mano, trovando inaspettatamente una bottiglietta d’acqua.

“Ecco, tenga.”

“Gentile come sempre. Piuttosto cosa ci fa qui?” chiese, con una punta di curiosità.

“A dire il vero non so nemmeno dove mi trovo. Che posto è questo?”

“Lo capirà presto, però non deve temere nulla qua. Quando capirà ogni cosa, potrà tornare a casa, ma si ricordi che la strada è lunga e che non deve smettere di credere.

Quando Harry ci raccontava dei suoi incontri con il Preside, la parte saccente di me sbuffava innervosita perché forse Harry non prestava abbastanza attenzione agli indizi che gli venivano lasciati. Ora invece, mi ritrovavo nella stessa identica situazione: lui sapeva, ma preferiva non rivelare la verità, e fare giri e giri di parole per non dire nulla alla fine. Una cosa davvero irritante! Mi ritrovavo in un posto sconosciuto e lui mangiava e chiacchierava come se ci trovassimo a Hogsmeade.

Cosa devo capire, Professore?”

“Carissima ragazza, ha fatto la domanda giusta, e quando troverà la risposta potrà trovare ciò che cerca.”

Altro mistero, altre parole non dette.

“E cosa sto cercando?”

“Guardi un altro po’ in quella borsetta, scommetto che troverà qualcosa che non si aspetta e che l’aiuterà a capire.”

Guardavo quegli occhi celesti e anche se continuavo a non capire, una parte di me non poteva smettere di seguire i suoi consigli e di ascoltarlo con assoluta fiducia.

Controllai nuovamente l’interno della borsa e ne toccai il fondo: le mie dita sfiorarono qualcosa di duro, ma nello stesso tempo leggero. Un libro, ne ero assolutamente certa, solo che quando mi ritrovai a fissare la copertina, capii che non era un tomo qualsiasi.

Cosa ci faceva il mio vecchio diario, quello che usavo quando ero ancora una bambina, dentro la borsa? Non sapevo neanche di averlo ancora, pensando di averlo messo in uno dei tanti scatoloni quando avevo impacchettato tutti i miei giocattoli e ricordi di infanzia.

Ma come…” Alzai lo sguardo per sentire quali parole enigmatiche mi avrebbe propinato Silente, ma con mia grande sorpresa trovai il lato della panchina completamente sgombro, come se avessi sognato o immaginato tutto.

Stavo forse impazzendo?

Mi trovavo in un luogo sconosciuto con in mano un vecchio quaderno dove annotavo tutte le mie paure, i miei sogni e il mio ex Preside mi aveva confuso ancora di più le idee. Accarezzai le pagine ingiallite, alla ricerca di un senso, di un perché; non potevo arrendermi, non quando qualcuno aveva cercato di suggerirmi le risposte che forse avrei trovato alla fine della mia ricerca.

Ma io, Hermione Granger, cosa stavo veramente cercando?

Chiusi gli occhi e desiderai con tutta me stessa di rivedere Harry.

 

 

 

 

 

NdA: Ovviamente se ci fossi stata io al posto di Hermione, dalla borsetta avrei preso una bottiglietta con spritz! Dai Silly, facciamoci un happy hour come si deve!

Primo personaggio a sorpresa svelato, ma nell’ovetto roxy c’è ancora tanto da scoprire quindi non temete e ci ritroviamo sempre qua, con lo spritz in mano, la prossima settimana.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** #Desideri ***




V

 

V

 

 

 

# Desideri

 

 

“Che cosa farai una volta superato l’esame?”

Taci, Hermione! Non portarmi male… prima fammelo superare e poi, ti dirò che cosa ha intenzione di fare il grande Harry Potter!” mi aveva risposto facendo il gradasso, ma il tono della voce mi suggeriva quando fosse in realtà nervoso e preoccupato per il test decisivo che avrebbe fatto l’indomani.

Dovresti fidarti delle tue capacità una volta tanto.”

Mi guardò, rivolgendomi un sorrisetto sghembo. “La fai facile tu. Sei brillante in ogni cosa che fai.”

“Io passo ore e ore sui libri, mentre tu hai un dono particolare e non hai bisogno di studiare. Dovrei essere io a invidiare te, piuttosto.

Era vero, diamine! Avevo passato così tante notti insonni per la preparazione di un qualche esame, mentre Harry studiava il necessario, talvolta anche poco ad essere sinceri, e invece riusciva in ogni materia. Difesa contro le Arti Oscure era la sua passione e gli bastava poco per essere il migliore all’Accademia.

“Sarai un’ottima insegnante, lo sai, vero?”

“Penso che sarà una strada lunga, invece.”

La sua mano aveva sfiorato il mio viso in una lunga carezza. “Ce la faremo, come sempre del resto. Siamo una squadra, io e te.”

“Siamo due testoni che non si arrendono mai.”

“Ben detto, signorina Granger. Ora che ne dici di accompagnarmi a cena? Ho intenzione di provare quel nuovo ristorantino messicano e tu verrai con me!

“Harry, devo rileggere alcune cose…”

“Non ne hai bisogno. Hai tutto quello che ti serve.”

L’avevo guardato scettica prima di replicare. “Ossia?”

Me.”

“Sbruffone.”

 

 

 

 

Mossi le labbra in una muta preghiera, desideravo solo una cosa, la persona più importante della mia vita, e forse mi ritrovavo in uno di quei sogni, terribilmente reali, ma che si concludono sempre in fretta. Aprii gli occhi, aspettandomi di ritrovarmi nuovamente in Chiesa, ma nulla di tutto ciò che avevo ipotizzato accadde.

Una spiaggia immensa, ecco dove ero stata catapultata. Non c’era più traccia di fango o di Silente, ma solo una distesa di sabbia e di mare, e io ero sempre seduta sulla panchina.

C’era qualcuno che si stava divertendo alle mie spalle, facendomi perdere tempo prezioso.

Sfogliai quel maledetto diario alla ricerca di un indizio, ma non trovai nulla di importante o comunque di rilevante; erano solo annotazioni di una bambina che sentiva il peso della solitudine e che desiderava avere amici, sentirsi amata. Nulla di impossibile, eppure così lontano dalla sua portata.
Lessi quelle parole, provando la stessa angoscia di un tempo.

Mi ricordai di tutte le volte che ero stata disprezzata dalle compagne di scuola: troppo intelligente, troppo bruttina per la mia età, troppo noiosa per giocare con loro.

Troppo e nulla.

Quando avevo ricevuto la lettera di Hogwarts, mi ero sentita speciale per la prima volta e avevo pregato con tutte le forze di trovare amici, magari complici, e di non essere più presa in giro.

Neanche i maghi mi avevano dato un caloroso benvenuto. Sangue sporco.

Quelle parole incise sul braccio bruciavano ancora, tutti i giorni.

Harry era corso in quel bagno per salvarmi dal Troll di montagna, eppure avevo scambiato con lui solo poche e futili parole. Nonostante tutto, lui aveva rischiato la vita pur di portarmi in salvo, perché era riuscito a leggere in me la sua stessa solitudine. Eravamo due esseri che avevano sempre vissuto ai margini della società, abituati a vivere soli e ad essere beffeggiati.

Non avevo mai amato nessuno come lui, anche se mi faceva perdere la pazienza come nessun altro, a volte riusciva a essere persino peggio di Ron. Era lunatico e quando qualcosa non andava, si chiudeva in se stesso, evitando tutto e tutti. E se perdeva la pazienza… be’, era meglio lasciarlo solo perché tanto avrebbe passato la serata a borbottare qualche parola sconnessa per cercare di farsi perdonare. Dio, quanto le mancava!

“Ha intenzione di rimanere per sempre seduta su quella panchina, signorina Granger?”

Non sentiva quella voce da tanto tempo e, se aveva trovato giustificabile la presenza del Preside, ora si domandava che cosa ci facesse il professor Piton di fronte a lei.

Era come lo ricordava, forse più sereno. Non c’era più traccia di astio o di fastidio nei suoi occhi, come se avesse dimenticato ogni impertinenza che era stato costretto a sopportare.

“Lei… qui?”

“Guardi, me lo sto chiedendo anche io. Vorrei trascorrere il mio tempo in modo migliore, piuttosto che passeggiare per ore in questa spiaggia e raccogliere conchiglie.

“Questa spiaggia… cos’è?”

Non mi aveva risposto subito, come se stesse cercando le parole adatte. “ Credo sia una specie di limbo, ci troviamo a metà strada perché qualcuno è così ostinato da non arrendersi.”

“Arrendersi a cosa?” domandai, pur sapendo la risposta.

“Alla morte, no? La reputavo più sveglia.”

“Io sono viva!”

“Non sia così egocentrica, oltre che ottusa. Chi mai potrebbe desiderare di rovinarmi la giornata e rintanarmi in questo posto?

“Harry?”

Si era avvicinato di qualche passo e seduto al mio fianco. “Perché sono qui?”

Ero l’ultima persona che avrebbe potuto rispondere al quesito. “Non lo so.” Cercavo di collegare ogni cosa, di trovare una risposta alle mie mille domande e la testa sembrava sul punto di scoppiarmi da un momento all’altro. “Cosa devo fare?”

“Lui è qui, nascosto da qualche parte. Deve trovarlo e riportarlo indietro.”

“Come?”

“Credo di conoscere abbastanza il soggetto in questione e sappiamo entrambi quanto sia irritante e ostinato, quindi non le rimane altro che capire cosa lo blocca qui. Lo troverà e lo riporterà indietro, così potrò finalmente passare la mia eternità in santa pace senza che Potter mi rovini ulteriormente l’esistenza. Non l’ha già fatto abbastanza?”

Il suo tono acido sembrava nascondere molto di più. “È strano che abbia scelto lei per dirmi queste cose. Cioè ho capito il professore Silente, ma lei… ecco, non siete mai stati uniti.”

“Strafottente e maleducato, oltre che beatamente ignorante e fiero di esserlo.”

Per la prima volta in quelle ore riuscii a ridere, perché aveva dannatamente ragione, ma io non avrei cambiato nulla di Harry.

“Sì, ecco… grazie, Signor Piton. Quindi come faccio a muovervi da qui?”

“Non deve spostarsi, non ne ha bisogno. Pensi ad un gioco di mimetismo e lo cerchi, sono sicuro che lo troverà facilmente. Addio, signorina Granger.”

E così come si era presentato, se ne andò, lasciandomi nuovamente sola. Aveva detto che Harry era lì, nello stesso luogo in cui mi trovavo eppure i miei occhi non scorgevano altro che sabbia e mare. Mi avvicinai alla riva, le mie mani sfiorarono l’acqua: era calda e piacevole come uno dei suoi abbracci. Lentamente vi entrai e mi tuffai; se lui era qui da qualche parte l’avrei trovato nell’unico luogo in cui si sentiva in pace.

Presi un respiro profondo e m’immersi, lasciandomi abbracciare da quel mare così limpido e tranquillo, come l’uomo che avrei salvato.

 

 

 

 

 

 

NdA: Piton, guarda quante conchiglie ho raccolto! E non cominciare a lamentarti che ti ho portato in una spiaggia di Ibiza e non in un paesino sperduto. Tsk, quell’uomo si lamenta sempre!

Bene, se siete arrivati alle note e state leggendo le mie demenziali uscite, sappiate che come sempre vi ringrazio e vi do appuntamento alla prossima settimana.

Un bacio e buon fine settimana!

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** #Lacrime ***




VI

VI

 

 

 

 

#Lacrime

 

 

Ho alcuni giorni liberi, che ne dici di passarli a mare?” mi aveva proposto in un giorno di Luglio, uno di quelli in cui il caldo era così opprimente da impedirmi di studiare. Fissavo la stessa pagina da una decina di minuti e la mia concentrazione era quasi del tutto evaporata.

“Tra due settimane ho un esame, Harry.”

“Ma se non riesci a concludere nulla con questa afa! Dai, devi rilassarti ogni tanto.”

“Non so…”

Aveva allungato una mano per afferrare la mia e rivolto il suo solito sguardo, quello che usava per ricattarmi. A breve avrebbe iniziato la sua solita sceneggiata, impersonando il ruolo di povero orfanello maltrattato dagli zii e usato tutto il suo potere persuasivo per convincermi ad andare con lui.

“Perché non vai con Ron?” chiesi, cercando una via di fuga.

“Non può, ha da fare con Luna.”

“Quindi, sono la tua ruota di scorta?” avevo chiesto, un tantino dispiaciuta che avesse domandato prima a Ron piuttosto che a me.

“Guarda che è quella a salvarti quando buchi! Io non la sottovaluterei…”

Tipico di lui, rigirare la frittata e buttarla sul ridere. “Perché non chiedi a Neville, allora!”

“Impegnato anche lui.”

Chiusi di scatto il libro, completamente infuriata. “Bene! Vacci da solo allora.”

“Sei proprio ingenua, a volte.”

Avrei potuto scaraventare quel tomo di incantesimi se solo lui non si fosse avvicinato bruscamente a me, e poggiato le sue labbra sulle mie. Erano secche e screpolate per il troppo caldo.

“Non riuscirai ad addolcirmi con i baci, Potter!”

“Io avevo in mente altro…”

 

 

 

 

Riemersi dopo poche bracciate. Di fronte a me non c’era più il mare sconfinato, bensì una zolla di terra con una piccola casa di mattoni. Sembrava una di quelle che si vedevano nei libri di favole; con le sue tendine gialle ricamate e la porta dipinta rossa.

Uscii dall’acqua e m’incamminai verso di essa, decisa a porre fino a questo strano sogno.

Non ebbi difficoltà ad entrare visto che la porta non era stata chiusa a chiave, come se qualcuno mi stesse aspettando. Chi avrei incontrato questa volta? Sirius? Remus?

Il pavimento di legno scricchiolava sotto il peso dei miei passi, eppure nessuno usciva allo scoperto. Era forse disabitata? No, qualcosa mi suggeriva che presto avrei fatto conoscenza con un’altra persona importante per Harry, solo che dovevo aspettare il momento giusto.

Raggiunsi la cucina e mi sedetti su una sedia, guardando con curiosità ciò che mi circondava. Era davvero deliziosa, curata nei piccoli dettagli e ben arredata. Per un attimo pensai ci potesse abitare una donna, e la mia mente corse subito a Lily. Forse era lei che stavo aspettando.

Finché non sentì dei passi farsi sempre più vicini, finalmente qualcuno si sarebbe rivelato e dato indizi per raggiungere il prossimo stadio.

Ero convinta che elencare tutte le possibilità mi avrebbe aiutata a gestire al meglio l’apparizione del personaggio misterioso, per evitare di cadere vittima delle mie emozioni.

Le avevo pensate tutte, eppure vidi andarmi incontro una bambina di circa sette, quasi otto anni che assomigliava terribilmente… a me. Ero io e non lo ero. La mia mente lucida, quella che mi aveva aiutato sempre durante le difficoltà, si arrese all’evidenza e accettò il fatto come se fosse la cosa più normale del mondo.

Mi trovavo in cucina con una versione più giovane di me stessa, solo che sembrava diversa, piatta, senza spessore. Come una foto incollata in un vecchio album di famiglia.

“Ciao.” Cos’altro potevo dire?

“Ciao. Chi sei tu?”

“Passavo di qui e ho visto questa casa…”

“Bugiarda.”

Il tono che aveva usato mi sorprese molto. “Come hai detto, scusa?”

“Stai mentendo. Io lo so.”

Forse, dovevo usare una tecnica diversa e addolcire il suo astio. “Vuoi giocare con me?”

“Io gioco sempre sola.”

“Per una volta potresti farlo con me.” Stavo cercando in tutti i modi di entrare nelle sue grazie.

“Non voglio essere presa in giro.”

“Non lo farei mai.” Potevo provare tristezza e anche un po’ di compassione verso me stessa?

“Non mi piace giocare, io preferisco leggere e scrivere.”

Le avevo sorriso dolcemente. “Ah sì? E cosa scrivi?”

“Parlo di lui nel mio diario.”

Lui chi?” avevo domandato con una punta di curiosità.

Si era avvicinata ad una delle sedie e vi si era seduta, cominciando a pettinare una bambola che si trovava sul tavolo. “La persona con cui parlo spesso e che mi dà sempre consigli.”

“Un tuo amico?” chiesi ancora.

“Non ho amici io. Lui sta sempre con me ogni pomeriggio e non mi prende in giro quando gli racconto quello che mi succede a scuola o casa. Lui sa cosa provo.”

Con molta calma si era alzata e aveva preso un libro, o qualcosa cui assomigliava e si era avvicinata a me. “Gli scrivo tutti i giorni, poi vado da lui e gli leggo ogni cosa.”

Non sapevo cosa dire, la mia testa sembrava sul punto di scoppiare. Perché in questo limbo, se limbo era, c’era la mia versione ed era così reale? Non avevo mai raccontato a Harry della mia infanzia, né tanto meno gli avevo mostrato il mio vecchio diario.

Nessuno l’aveva letto, neanche mia madre visto che l’avevo custodito gelosamente fino ad mio ingresso nel mondo magico, e poi protetto con un incantesimo per evitare che qualcuno potesse aprirlo e quindi leggerlo.

Perché mi trovavo con una giovane Hermione? Silente mi aveva detto che dovevo capire e che solo allora avrei trovato ciò che cercavo. Guardavo me stessa e mille idee giravano vorticosamente nella mia testa, senza però trovare una soluzione all’enigma.

“Hai mai provato a confidarti con tua madre?”

“Lei non capirebbe, è diversa. Lui sa, mi conosce e, a volte, non ho bisogno di parole. È come se lui fosse dentro di me e sapesse ogni cosa. Lui mi guarda e mi ascolta in silenzio, e ho capito. Aveva terminato di parlare, rivolgendomi un timido dolce sorriso.

Capito cosa?” era stata la mia domanda, più che legittima.

“Non sono sola. Lui ci sarà sempre per me. Sempre.”

Guardavo me stessa bambina e potevo sentire l'enorme fiducia che provava verso Dio, quegli stessi sentimenti che avevano fatto parte della mia vita per molto tempo, prima dell'arrivo di quel giorno e della caduta di ogni mia speranza nel rivedere Harry al mio fianco. Anche se i dottori continuavano a ripetere che c'era ancora possibilità di recupero, anche se minime, io non riuscivo più a credere alle loro parole, non volevo illudermi per poi svegliarmi un giorno sapendo che non avrei più sgridato quel testone del mio ragazzo.

Mi sentivo completamente sola, come se Lui avesse messo i paraorecchie e si fosse stancato di quella strana bambina divenuta ora una donna vuota, priva di fede e speranza.

“Neanche tu lo sei,” mi aveva detto, leggendomi nei pensieri.

“Scusa?” dissi incerta, curiosa di conoscere la sua risposta.

“Non sei sola, il mio amico mi ha detto di dirti di non arrenderti e che presto tornerai a sognare.”

Il suo amico? No, io ero quella razionale, non potevo farmi trascinare dalle emozioni e ascoltare una mia versione giovane quando mi ritrovavo in una specie di limbo. Dovevo rilassarmi e pensare a ciò che era reale e tangibile.

Aprii gli occhi e rividi lo stesso ambiente di prima, una casa che non esisteva su una spiaggia in cui avevo incontrato poco prima il mio ex Professore di Pozioni deceduto.

“Smettila di pensare. Se aprirai quella porta troverai ciò che cerchi.” disse, indicando quello che doveva essere l'ingresso in una delle stanze. “Va' da lui e riportalo a casa.”

Come una marionetta, seguii i suoi consigli: abbassai la maniglia ed entrai.

E caddi nel vuoto.

 

 

 

 

NdA: Questa volta niente spritz e niente passeggiate in riva al mare, anzi molta introspezione di Hermione per capire meglio il personaggio. Ho voluto inserire una Hermione piccina per spiegare meglio cosa doveva capire prima di andare a recuperare Harry. Spero di non avervi confuso le idee ma era necessario questo colloquio tra le due Hermione e bisognava riprendere il diario e spiegarlo, altrimenti la sua introduzione nel capitolo con Silly sarebbe stata inutile e confusionaria.

Ora che siete arrivati vicini vicini ad Harry, siete ancora convinti che sia solo un sogno?

Ci si legge come sempre giovedì prossimo!

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** #Andare avanti ***




VII

 

VII

 

 

 

#Andare avanti

 

 

“Hai ricevuto posta?” Harry era entrato in cucina e mi aveva trovato seduta e con una lettera in mano.

Si e no,” avevo risposto.

“Hermione l’enigmatica!” aveva scherzato lui, cercando di capirne di più.

“È un invito di matrimonio da parte di una mia ex compagna di classe.”

“Hai intenzione di andarci?” mi aveva chiesto, con un pizzico di curiosità.

“A dire il vero la odio e lei odia me. Non capisco proprio perché me l’abbia inviato.

Era vero, Loren Steel aveva reso quegli anni odiosi e terribili, mettendomi in imbarazzo quasi ogni giorno e trovando ogni pretesto per ridicolizzarmi e sottolineare quanto fossi una nullità rispetto a lei.

“Quando si sposa?”

Guardai Harry per capire quali fossero le sue intenzioni. “Domani. Perché?”

“Perché ci andremo e…”

“Non se ne parla neanche, Harry!” Non avevo intenzione di presentarmi alla cerimonia, come se in passato non fosse successo nulla. Lei non era una mia amica e io non ero una persona ipocrita.

“Potresti avere la possibilità di vedere cosa vuole, sapere il motivo dell’invito. E poi, serbare rancore non serve a nulla.

“Harry il pacifista!”

La mia replica non aveva fatto altro che suscitare la sua ilarità. “Non nasconderti, Hermione. Tu sei splendida, mostrati anche agli altri. Il bello di essere adulti è proprio questo: quei maltrattamenti, quella solitudine, quegli anni ci hanno resi più forti e siamo quello che siamo grazie ad una Loren o a un Dudley. È tempo di andare avanti e poi…”

“Cosa?”

“Scommetto che è diventata una cicciona e non ha un lavoro!”

“Ti sbagli, è sempre bellissima e ha aperto uno studio medico. I soldi le sono sempre piovuti addosso.” Mia madre mi aveva tenuto aggiornata su ogni cosa, anche sulle notizie meno rilevanti.

“Oh, avanti Hermione! Noi ci andremo, la saluterai e poi ci dirigeremo verso il buffet.

“Cosa?” L’avevo guardato stralunata, sperando di aver sentito male.

“Mi tieni a stecchetto da un mese… ho fame, muoio di fame.”

“Sei incredibile, Harry.”

“Lo so, incredibilmente sexy.”

“Mi hai convinto, domani andremo alla cerimonia.”

“Ti sei arresa, eh?”

“No, è che non abbiamo nulla in frigo e ora non ho proprio voglia di andare a fare la spesa.”

“E di cosa hai voglia?” Il suo tono di voce era improvvisamente cambiato.

“Baciami e dimmi che sono bella, anche se indosso una vecchia tuta e ho i capelli disastrosi.”

“Aspetta che tolgo gli occhiali, allora…”

 

 

 

Harry era lì, davanti a me, seduto sulla spiaggia e intento a giocare con la sabbia.

Non riuscivo a credere ai miei occhi e per un attimo pensai che fosse un altro gioco di illusione, dopotutto lui si trovava su un letto di ospedale. Fu solo quando mi vide e mi sorrise che capii quanto fosse stupida e limitativa la mia logica. Lui era lì, davanti a me e io non smettevo di farmi domande inutili e che non sarebbero servite a nulla.

I miei piedi si mossero da soli e presto mi ritrovai a correre. Harry. Harry. Harry!

Mi avvicinai e, istintivamente, allungai le mani verso il suo viso. Era così pallido e magro, lontano dall’essere quell’uomo massiccio e forte che adorava prendermi in giro.

“Harry?”

“Cosa ci fai qui, Hermione?”

Non mi aspettavo la banda o il tappeto rosso, ma neanche quella freddezza nei miei confronti. “Ti stavo cercando.”

Mi aveva guardato ancora una volta prima di alzarsi e di allontanarsi da me, e io ero scattata in avanti, temendo di perderlo quando finalmente l’avevo trovato.

“Fermati, ti prego!” Le mie dita si era strette intorno al suo polso.

“Non hai pensato che forse non volevo essere trovato?”

Cosa stava dicendo? No, quello non poteva essere lui. Non l’uomo che aveva sempre lottato per il bene e che aveva deciso di tornare indietro quel giorno a King’s Cross.

“Non capisco…”

Dimenticami, Hermione. Sarebbe il tuo più grande affare.”

Sentii il sangue salirmi alla testa e le mie unghia graffiarono la sua pelle. “Non potrei mai farlo, tu sei la mia vita e lo sai benissimo. Vieni con me.”

“Vattene via. Nessuno ti ha chiesto di venire e di salvarmi, come in una di quelle stupide favole. Si era liberato della mia presa e continuato a camminare sempre più velocemente.

“Sbaglio o stai scappando da me?

“Hai sempre avuta troppa immaginazione. Non ne ho passate già abbastanza? È così strano che io voglia solo dormire? Lasciami in pace, ti prego.”

“No!”

“Hermione, svegliati e torna a vivere.” Non l’avevo mai sentito così arrendevole, neanche quando su quella rampa di scale decise di lasciarmi indietro, perché lui si sarebbe sacrificato per tutti e non avrebbe permesso a me, come a nessun altro, di morire al suo posto. Non più. Era tempo di morire per Harry Potter. Come ora, su quella spiaggia infinita e desolata.

“Non ce la faccio, ho bisogno di te,” ammisi in un soffio.

“Non è vero, sei sempre stata tu la più forte, la più intelligente. Senza di te, sarei morto al primo anno.”

“Smettila di dire certe scemenze! Non credi veramente alle cose che dici, giusto? Io, te e Ron siamo sempre stati una squadra. Senza di te e Ron sarei morta per mano di quell’enorme Troll di montagna che voi avete affrontato con uno degli incantesimi più innocui e che, per giunta, non riuscivate ancora a padroneggiare bene. Non è questione di chi-ha-salvato-chi, ma di quanto siamo importanti l’uno per l’altro. Io ti amo Harry Potter e da quando sei su quel letto di ospedale io ho smesso di vivere. Tu sei la mia unica ragione per andare avanti e per non gettare la spugna. Avevo urlato, come non mi succedeva da tanto, messo a nudo ciò che avevo cercato di nascondere agli occhi di Molly e di tutti i miei amici. Io non volevo vivere senza di lui, senza l’unica persona che mi faceva sentire speciale.

“Tu sei Hermione Granger e so che non ti arrenderesti per nessuna ragione al mondo.”

“Invece sì! Perché io non sono sempre stata così, mi hai reso tu forte e testarda… io sono ancora quella bambina brutta e magra che non risponde agli insulti delle sue compagne di classe.

“Non c’è più nessuna Loren Steel a torturarti.”

“Hai ragione, ora ci sei tu.”

Aveva cominciato a torturarsi i capelli, un gesto che faceva solo quando era nervoso.

“Perché non capisci, Hermione? Troppe volte ho rischiato di morire, troppe volte hai sofferto per me. Io non ti merito, ecco.”

“Se c’è una persona di cui mi sono sempre fidata, sei tu, Harry. E questa maledetta spiaggia non segnerà la tua fine. Oh sì, ti impedisco di passare la vita qua, come un eremita insieme a Piton e a parlare di cose senza senso con Silente!”

P-Piton? Silente? Cosa stai dicendo?”

Puntai l’indice contro il suo petto. “ Tu, mio caro, passerai la vita con questa brutta megera e ti proibisco di arrenderti proprio ora, altrimenti…

Era comparso un piccolo sorriso sul suo viso. “Cosa?”
“Leggerò tutte quei romanzetti rosa, seduta al tuo capezzale. Sappilo, Harry Potter, perché Voldemort ti sembrerà poco pericoloso rispetto a me!”

Il sorriso era sempre più ampio. “Cosa devo fare con te?”

“Amarmi e restare con me.”

Avevo allungato la mano, in attesa di una sua decisione che forse avrebbe segnato per sempre la mia vita, chiedendo a quell’uomo così buono di farci tornare a casa. Insieme.

“Vieni con me, Harry Potter.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

NdA: Che dite, farà la solita vittima o alzerà il suo bel culetto per andare con Hermione? Se c’è una cosa che odio del suo personaggio è proprio questa sua presunzione nel credere che le persone starebbero meglio senza di lui e che nessuno dovrebbe sacrificarsi per lui. Matricella, che nervoso mi fa venire! Comunque, spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto e che non lancerete pomodori verso la sottoscritta.

Visto che il prossimo giovedì sarò un tantinello impegnata, l’ultimo capitolo sarà pubblicato martedì 17. A prestissimo!

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** #Infinito ***




VIII

 

VIII

 

 

 

 

#Infinito

 

 

 

 “Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo.”

 

(Vangelo secondo Matteo 28, 19 – 20)

 

 

 

 

Ero stata una bambina anche fin troppo remissiva, avevo sopportato insulti senza mai ribellarmi, perché credevo di essere io in difetto e che gli altri avessero ragione.

Per molti anni avevo pensato che mia madre si vergognasse di avere una figlia come me, fino a quel giorno in cui, per la prima volta, mi ero sentita speciale. Ero una strega e io, ingenua come sempre, avevo attribuito le mie sofferenze proprio a quella diversità. Erano gli altri che non capivano e per questo non riuscivano a vedermi realmente. Io non ero inferiore a nessun altro e avrei voluto gridarlo al mondo.

I miei genitori mi guardavano e sorridevano, non scappavano e non urlavano “al mostro”, perché per loro ero sempre stata perfetta e troppo intelligente per gli altri.

Quanti bambini preferivano la solitudine di una Chiesa e un vecchio libro di storie ai giochi di un parco insieme ai propri coetanei?

Avevo dovuto aspettare il mio incontro con Harry per vedere le cose in maniera nitida: non c’erano più i dispetti di una Loren Steel o i mancati inviti per dei compleanni, tutto era più grande, più complicato. Io mi sentivo una formica che cercava di non essere calpestata e che si affannava per sopravvivere, per evitare quelle grandi ombre che volevano solo dire la fine di tutto. Finché lui con un gesto della mano, le aveva scacciate, facendo fare capolino a un timido sole e mi aveva mostrato che non bisognava temere nulla, se si ha fede in qualcosa. Non solo in un’entità superiore, ma nelle persone, quelle stesse che ci avevano rifiutato durante la nostra infanzia, perché c’era del buono in ognuno di noi.

Ron mi aveva chiesto un giorno perché Harry avesse salvato Draco Malfoy nella Stanza delle Necessità e messo in pericolo le nostre vite. Lui non aveva mai capito il perché; per troppi anni aveva sentito insulti sulla sua famiglia lungo i corridoi di Hogwarts.

Come poteva perdonare Draco, quando suo padre aveva messo con noncuranza uno degli Horcrux nel cestino di Ginny, mettendola in pericolo?

Eppure Harry non aveva esitato un attimo ad allungare la mano verso quel ragazzino che non aveva fatto altro che insultarlo e gioire delle sue sofferenze.

Io e Ron non saremmo mai come lui, capaci di perdonare e di mostrare pietà verso il Male stesso e di continuare a sorridere.

L’avevo sempre reputato forte per me, per Ron, per tutti noi, ignorando quanto invece fossimo noi i suoi pilastri e che da solo non era altro che un bambino costretto a passare le notti in un sottoscala. Avevo camminato lungo i labirinti della sua mente, alla sua ricerca e trovando alla fine anche me stessa.

Io ero Hermione Granger, quella timida bambina seduta in fondo alla navata di una Chiesa, e non me ne sarei mai andata senza l’unica persona che mi aveva insegnato ad amare. Sarei uscita dall’armadio e affrontato le creature mostruose per portare in salvo il mio principe azzurro e vissuto con lui per sempre, felici e contenti.

Perché nelle storie dei miei libri avevo cancellato la parola “fine”, nessuno mi avrebbe detto come concludere la mia favola.

Perché l’avremmo fatto io e Harry, insieme.

 

 

 

 

 

 

E allora Jack si avventò sulle sue labbra, succhiandole e mordendole

“È per caso un Dissennatore?”

“Stai zitto, Harry! Come poteva resistere al candido fascino di Katherine e continuare la sua solita e ordinaria vita?

“Io non mi faccio tutte queste paturnie mentre bacio!”

“No, perché lei era e sarebbe stata la sua unica ragione di vita.”

“È un malato terminale?”

“Lei era l’aurora e il tramonto, non avrebbe più chiuso gli occhi senza prima fissarne l’immagine di cotanta perfezione.”

“Hermione Granger, chiudi quel maledetto libro!”

“No, voglio torturati un altro po’”

“Hai tutta la vita per farlo.”

 

 

 

 

 

 

NdA: E con questo mettiamo la parola fine, o meglio “the end”, anche a questa mia storia. Non sarà l’ultima perché ho sempre voglia di scrivere qualcosa sulla mia coppia preferita, è più che altro una questione di tempo e di volermi cimentare anche con altri fandom.

Spero che questo finale aperto vi piaccia lo stesso, anche se visto che Hermione sta leggendo un romanzetto rosa sappiamo che si trova al suo capezzale, come lo aveva minacciato, e che quindi Harry è uscito dal coma. Un happy ending come promesso!

Tengo molto a questa storia perché ho messo me stessa in Hermione e forse, molti di voi se ne sono accorti, quindi spero di non avervi deluso.

Ringrazio tutti coloro che mi hanno seguito e recensito come Natsumi, Lights, Kia, Bea,Tennant, Spettinato e ovviamente Jaybree e MusicDanceRomance, le persone che mi hanno incoraggiato a pubblicare.

Alla prossima storia… magari una bella commedia, eh?

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2588984