Noi siamo infinito.

di phoenixsheart
(/viewuser.php?uid=701516)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Primo capitolo. ***
Capitolo 2: *** Secondo capitolo. ***
Capitolo 3: *** Terzo capitolo. ***
Capitolo 4: *** Quarto capitolo. ***
Capitolo 5: *** Quinto capitolo. ***
Capitolo 6: *** Sesto capitolo. ***



Capitolo 1
*** Primo capitolo. ***


Era una dolce mattinata di primavera. I rami ancora un po' infreddoliti dall'inverno cominciavano a sfoggiare i loro bellissimi fiori, e un venticello tiepido scongelava un po' anche me dal torpore invernale. Ero uscita da poco di casa, stavo attraversando un lungo viale alberato per raggiungere la scuola. Gli uccellini cinguettavano e facevano piroette da un albero all'altro, e io, guardandoli, mi perdevo in mille pensieri.
Io sono Isabella, da poco ho compiuto diciotto anni, sono una liceale come tante altre, vado bene a scuola, sono timida, educata, gentile, semplice, di me nessuno si è mai lamentato, mi confondo nella massa. Vivo a Londra da qualche anno, perché mio padre si è dovuto trasferire qui e, per non abbandonarlo, io, mia madre e mia sorella lo abbiamo seguito. Questa città mi piace molto, è piena di vita, di persone, di storie mai raccontate ritrovate nelle scritte tra i palazzi, di giornate veloci, di giornate lente, di pioggia seguita da qualche raggio di sole. Ma, dicevo, stavo andando a scuola. Rincorrendo mille percorsi di idee e fantasie, mi sembrò di arrivare al liceo in una manciata di secondi. Ero in anticipo, come sempre, così mi sedetti sulle scale davanti al portone principale e cominciai a ripassare per la verifica di inglese. Mentre cercavo di ripetere mentalmente la lezione, fui interrotta da un odore insopportabile di sigaretta. Mi guardai attorno infastidita per vedere da dove arrivasse quella puzza, e mi accorsi che, qualche gradino sopra di me, c'era seduto un giovane ragazzo. Aveva un giubbotto di pelle, una maglietta bianca, dei jeans neri e degli stivaletti. Era agitato, continuava a toccarsi il suo ciuffo di capelli neri e fissava il cielo. Aveva degli occhi color mandorla brillanti, particolari. Era preso anche lui dai voli pindarici dei suoi pensieri, così preferii spostarmi piuttosto che disturbare lui.

"Non scomodarti, ho finito di fumare."

Mentre mi stavo alzando, mi bloccai sentendo queste parole. Mi voltai, e quel ragazzo si stava riferendo proprio a me.

"No guarda, io veramente.."
"Sì, come vuoi. Ma sei di questa scuola?"
"Sì, anche tu?"
"Ma ti pare? Non è posto per me questo, e sono troppo grande per andare a scuola"
"Quanti anni hai?"
"Venti. Son qui perché sto aspettando la mia ragazza così bigia e andiamo insieme da qualche parte"
"Capisco.."
"Eccola. Beh, ciao!"

Sì alzò, scese in fretta le scale e andò dalla sua ragazza. Lo sapevo. Era Beth, la più popolare della scuola. Figlia di un imprenditore miliardario e di una direttrice di un giornale, aveva un sacco di soldi e non perdeva occasione per farlo notare. Non aveva mai aperto un libro, eppure aveva voti più alti dei miei. Era una ragazza molto superficiale, viveva di shopping, cambiava un ragazzo a settimana, usciva sempre, frequentava persone di riguardo e andava il locali di rilievo.

"Ehi Zayn!"
"Ciao amore, andiamo?"

Si baciarono volgarmente.

"Certo. Dove hai la macchina?"
"Sono qui in moto"
"Ma stai scherzando? Mi si rovinano i capelli a stare su quella cosa, poi col casco figuriamoci!"
"Dai tesoro sopporta, ti porto a fare shopping!"
"Ci mancherebbe, è il minimo! Dai muoviamoci che qua arrivano i prof, andiamo!"

Si infilarono i caschi, salirono sulla moto e sfrecciarono via, allontanandosi in pochi secondi nelle vie trafficate della periferia di Londra. E così, lui era Zayn. L'ennesima preda di Beth. Eppure era diverso da tutti i suoi ex, gli altri erano stupidi e superficiali come lei. Lui aveva qualcosa di strano, diverso, misterioso. Non lo conoscevo minimamente, eppure vederlo insieme a lei mi provocava una specie di fastidio, come se fosse un'ingiustizia. Mi sembrava sprecato.
Ma non erano affari miei e non mi dovevano interessare. Nel frattempo il cortile della scuola si era affollato e suonò la campanella.
Raccolsi le mie cose, salii i gradini ed entrai.
Non potevo immaginare che quella sarebbe stato l'inizio di tutto, perché quando qualcosa piomba nella tua vita non ti chiede il permesso, non ti manda un messaggio, prende e si lancia, BAM, e come arriva arriva, poco le importa.
Quella mattina io ancora non sapevo, non potevo immaginare.
E così..

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Secondo capitolo. ***


Le ore in classe sembravano non passare mai. Il mio banco era l'ultimo, da solo, vicino alla finestra. Mi piaceva il fatto di essere vicino alla finestra perché potevo guardare fuori, vedere gli alberi che cambiavano di stagione in stagione, osservare qualche persona passare e immaginare le loro storie da lontano. Mi dispiaceva un po' il fatto di essere da sola. Tutti avevano un compagno di banco, tutti avevano legato con qualcuno, io invece ero rimasta sempre in disparte, considerata solo per ottenere il compito, un suggerimento alla verifica. Per fortuna non venivo presa in giro, però non stavo neanche simpatica a qualcuno. Ero sempre lì, nel mezzo tra il bene e il male. Non potevo lamentarmi, ma non potevo neanche essere felice. Mentre il mio sguardo vagava oltre la finestra, entrò in classe il professore di matematica.

"Buongiorno ragazzi, ho corretto le verifiche di venerdì. Ora ve le distribuisco"

Cominciò a passare tra i banchi con i fogli in mano, commentando ad ogni alunno la sua verifica.

"A te, Isabella, un meritatissimo 9. Anche se, lo sai, potevi fare meglio! Sarà per la prossima volta, non è vero?"
"Certo, professore."

Mi consegnò la verifica ed ero soddisfatta della mia valutazione, anche se il mio obiettivo era il dieci.
Non potevo lamentarmi, ma non potevo neanche essere felice.

"Elisabeth è assente, qualcuno può comunicarle l'esito della verifica? Ha preso un bel dieci, la migliore della classe come sempre!"

Beth ha preso dieci. Beth non sa neanche cosa sono i logaritmi, perché sono sicura che se dovessi domandarglielo risponderebbe chiedendomi di che tipo di gruppo musicale sto parlando. Ma Beth è la migliore. Beth è ricca. Beth è bella. Beth è magra. Beth ha tanti amici. Beth è simpatica. Beth è alla moda.
Lei non mi aveva fatto nulla di male, non mi rivolgeva nemmeno la parola, ma la sua vita così semplice mi irritava. Sapere che lei era un gradino sopra di me semplicemente perché ci era nata, mi faceva ribollire il sangue. Non ero invidiosa, perché amavo la vita che facevo e mai avrei fatto cambio con la sua, ma tutto ciò che riguardava lei era un'ingiustizia.

Ingoiai come sempre il rospo in rigoroso silenzio e pregai l'orologio di barare e di far suonare in fretta l'ultima campanella.
Presa dalla mia rabbia repressa, il mio piccolo desiderio sembrò davvero esaudirsi e la campanella suonò poco dopo.
Finalmente un'altra giornata di scuola era finita.
Uscii da scuola e notai, davanti al portone, il ragazzo di prima, Zayn, appoggiato alla sua moto con la sigaretta in bocca. E Beth?

"Magari l'hanno beccata e ora è in presidenza e perderà l'anno. Speriamo. Ma, conoscendola, anche se dovessero scoprirla, uscirà comunque col massimo dei voti" pensai.

Accelerai il passo per allontanarmi da quel brutto edificio pieno di persone corrotte, e mi avviai verso casa.
Più mi allontanavo da lì, più mi sentivo bene.
Camminavo tranquilla sul marciapiede, quando sentii il rumore di un veicolo rallentare e accostare di fianco a me.
Mi voltai, e sbiancai.
Era il ragazzo di prima, Zayn. Ancora lui.

"Guarda un po' chi si rivede!" disse, togliendosi il casco.
"Ciao! Cosa ci fai qui?" gli domandai.
"Ti seguo"
Arrossii come mai nella mia vita. Mi seguiva? Perché?
"Guarda come ci sei cascata ahahah sto scherzando. Abito qui davanti e se ti sposti mi fai un favore, dovrei aprire il cancello e sei in mezzo" continuò lui.

"Se ti sposti mi fai un favore" mi ripetei mentalmente, facendogli il verso.
"Ma pensa te che sbruffone arrogante, fa gli scherzi dei bambini" pensai subito dopo.

Senza dire una parola mi girai e ripartii verso casa, lui disse qualcosa alle mie spalle ma non lo ascoltai e continuai a camminare.
Era proprio uguale a Beth, uno stupido che doveva fare il pagliaccio a tutti i costi. Finalmente capivo perché stavano insieme.
Una volta arrivata a casa, andai in cucina a salutare mia madre.

"Ciao Isa, com'è andata a scuola?"
"Abbastanza bene, dai. Ho preso 9 in matematica"
"Brava la mia cucciola. Perché oggi non esci un po' con Lea? C'è il sole e fa caldo, prenditi un pomeriggio di riposo"
Lea era la mia migliore amica, e in effetti per il giorno seguente non avevo compiti da fare. Però non amavo uscire, non era da me.
"Non mi va, mamma"
"Non puoi stare tutta la vita sotto ai libri"
"A me piace così"

Mi guardò rassegnata e si diresse verso il tavolo per apparecchiare.

"Non apparecchiare per me, non ho fame" le dissi.
"Isabella, da quant'è che non mangi? Vai avanti a frutta e qualche verdura, mi sto preoccupando"
"Ma no mamma, non agitarti. Sono solo stressata per la scuola e non ho molto appetito"
"Sarà.."

Presi il telefono, le cuffie e andai in giardino. Mi sdraiai sul dondolo e cominciai ad ascoltare un po' di musica.
Dopo una mezz'oretta, sentii una voce che mi chiamava, lontana, perché la musica non mi permetteva di sentire bene.
Mi tolsi un auricolare, e al di fuori del cancello qualcuno stava citofonando.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Terzo capitolo. ***


Entrai in casa chiamando mia mamma a squarciagola e chiedendomi perché non avesse ancora aperto il cancello, poi arrivai in cucina e c'era un bigliettino sul tavolo con scritto:

"Isa sono andata a fare la spesa, eri per i fatti tuoi in gardino e non volevo disturbarti. Torno tra poco, un bacio. Mà" 

Ero a casa da sola e nemmeno lo sapevo, bene. Intanto il citofono continuava a suonare, così tornai in giardino ed aprii il cancello.

"Era ora, è una vita che sono attaccata al campanello!"

Era una signora sulla quarantina, capelli scuri perfettamente ordinati, occhi brillanti e fossette. Mi ricordava qualcuno, ma ero sicura di non conoscerla.

"Mi scusi, non avevo sentito. Lei chi è?"
"Sono un'amica di tua mamma. E' in casa?"
"No, è andata a fare la spesa. Vuole aspettarla?"
"Sono di fretta, devo andare. Dille che sono passata e di chiamarmi appena rientra, okay?"
"Certo, lei è..?"
"Te l'ho già detto!"
"Sì, ma avrei bisogno di sapere il suo nome per dire a mia madre chi l'ha cercata"
"Beh, non hai tutti i torti! Io sono Trisha. Scappo, buona giornata Isabella!"
"Grazie, anche a lei!"

Salì in macchina e se ne andò. Chiusi il cancello e tornai in casa. Nel frattempo sentii mia madre che stava parcheggiando la macchina nel retro della casa: che tempismo! Corsi da lei e le raccontai della visita.

"Cavolo, devo assolutamente parlarci! Isa, non è che ti va stasera di venire con me a casa sua?"
"Per forza? Non posso lasciare Aurora a casa da sola, e magari papà deve mangiare quando torna"
"Tua sorella è dalla sua amica stasera, e papà torna tardi dal lavoro. Non hai scuse!"
"Umpf, va bene"

Aurora è mia sorella, ha un anno in meno di me e siamo l'esatto opposto. Lei è bionda con gli occhi azzurri, io castana con gli occhi neri. Lei esce tutto il giorno, non studia mai, ha tantissimi amici e molti ragazzi le ronzano attorno. A volte la invidio, ha un carattere molto aperto e solare, ogni problema lo affronta con facilità e si fa scivolare tutto addosso, soprattutto i giudizi della gente.

Intanto preparammo la tavola per mangiare. Mentre mia madre cucinava, cominciò a tempestarmi di domande.

"Dai Isa, raccontami qualcosa"
"Mà è sempre la solita vita, se ci fossero novità te le racconterei subito"
"Sicura di non nascondermi niente? Un fidanzato, magari"
Arossii. Io? Fidanzata? Ma dai mamma, smettila. 
"Ma stai scherzando? Non esiste nessun fidanzato!"
"Guarda che puoi dirlo alla tua mamma, e soprattutto me lo devi presentare!"
"Giuro, non c'è nessuno. Perché me lo chiedi?"
"Un bel fiorellino come te è impossibile che sia solo"
"Invece è così"
"Se tu ti staccassi un po' dalla scuola e ti guardassi intorno, magari.."
"Ancora? A me piace la vita che faccio, sono contenta così"
"Non cercare di scappare dall'amore nascondendoti, neanche i libri ti salveranno. Se l'amore arriva, distrugge qualsiasi muro che costruisci. Non hai difese contro di lui"
"Sarà, ma per ora non è ancora venuto a bussare. Ora mangiamo, dai"

Manggiammo e così arrivò sera, io e mia mamma ci preparammo e andammo a casa di questa Trisha. Il quartiere in cui abitava era quello in cui passavo ogni mattina per andare a scuola, non molto lontano da casa nostra. Viveva in una villetta a schiera, in quella via erano tutte uguali e, se non ci fosse stato il numero civico, sarebbe stato quasi impossibile distinguere una dall'altra. Eravamo davanti casa sua, mia madre citofonò e rispose una voce maschile, già sentita da qualche parte.

"Chi è?"
"Sono Elena, mi apri?"
"Certo, arrivo!"

Dopo qualche istante il cancello si aprì, e ad accoglierci c'era lui. Il figlio di Trisha. 
Proprio lui. Esattamente lui.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Quarto capitolo. ***


Io e Zayn ci guardammo sorpresi con gli occhi sbarrati, ma poco dopo lui spostò lo sguardo su mia madre e disse:

"Buonasera signora, lei è sua figlia?"
"Ciao caro, sì lei è Isabella"
"Piacere Isabella, io sono Zayn"

Mi porse la mano, mi lanciò uno sguardo d'intesa e sorrise. Mi ricordai della scena davanti al suo cancello quello stesso pomeriggio, così abbassai lo sguardo, non ricambiai il sorriso, e mi limitai a stringere la sua mano e a dire "Piacere!"

Ci fece accomodare nel salotto di casa sua. Era una sala molto accogliente, ben arredata e moderna. Il divano era enorme e in pelle bianca, e il televisore era a schermo piatto, molto largo. Ci portò da bere e si sedette sulla poltrona, e mia madre cominciò a parlare con lui.

"Allora, Zayn, come stai? E' da tanto che non ci vediamo!"
"Eh sì signora, qualche anno! Io me la cavo, lei?"
"Non c'è male. Ma tua mamma dov'è?"
"Dovrebbe scendere tra poco, sa com'è: non è mai in orario!"
"Sì, sì, la conosco! Ma studi ancora?"
"No, a dire il vero sono stato espulso e ho deciso di non continuare con gli studi..."
"Oh cielo! Cos'hai combinato?"
"E' una storia lunga, signora Elena. Le racconterò quando avremo un po' più di tempo"

Nel frattempo era scesa Trisha, curata ed elegante come sempre. Andò a salutare mia madre e le schioccò due baci sulle guance. Sembravano amiche da una vita, chissà come facevano a conoscersi. Fatto sta che il destino mi aveva giocato un brutto scherzo, ero capitata proprio nella tana del lupo, proprio a casa di Zayn. Non mi sentivo a mio agio, soprattutto perché le nostre madri cominciarono a chiacchierare e sentivo i suoi occhi che mi squadravano mentre io facevo finta di rispondere ai messaggi. Volevo tornarmene a casa in fretta.

"Isa, ti va di farti un giro in giardino? Così le lasciamo sole" 

Era dritto in piedi davanti a me, i suoi occhi fissi nei miei, un sorrisino stampato in faccia. 'Isa? Questo si sta prendendo troppe confidenze' pensai tra me e me. Inizialmente pensai di rifiutare l'invito, poi guardai le nostre madri e capii che ero obbligata ad andarmene con lui: ero di troppo. Così mi alzai e lo seguii fino al giardino, lui si sedette su una sedia e io mi accomodai su un'altra.

"Oggi è già la terza volta che ci incontriamo, Isa. Non ti sembra strano?"
"Sì, in effetti è buffa come cosa. Sarà una coincidenza"
"Io non credo nelle coincidenze"

Quella risposta mi spiazzò, così mi limitai a sorridergli e spostai lo sguardo verso il cielo.

"Non sei di tante parole, eh?" riprese lui.
"Non ho niente da dire"
"Ti va di andare a fare un giro in macchina? E' un peccato stare a casa, non fa neanche freddo stasera"
"Guarda, non cr..."
"Perfetto, vado a dire a Trisha ed Elena che usciamo!" mi interruppe lui.

Mi irritava, lo detestavo sempre di più, lui e il suo modo di fare! Io non gli avevo detto di sì, perché non mi lasciava mai finire di parlare? L'avrei preso a schiaffi, mi faceva salire i nervi! Però dall'altro lato ero felice mi avesse chiesto di andare a farci un giro, ma non sapevo il perché di questa gioia. 'Zayn è fidanzato, e pure con Beth. Quindi calmati e non farti castelli' pensai, e mi tranquillizzai. 
Zayn uscì poco dopo con la mia borsa in mano e le chiavi della macchina nell'altro, andammo in garage, salimmo in macchina e partimmo.

"Dove stiamo andando?" Gli chiesi, incuriosita
"Ovunque, e da nessuna parte"
"Cosa vorresti dire?"
"Non preoccuparti, Isa"
"Dai, dimmelo"
"Zitta, questa canzone è bella"

Alzò il volume della radio, che stava trasmettendo "The show must go on" dei Queen.
Innervosita perché ero stata interrotta per l'ennesima volta, sbuffai in segno di sconfitta e cominciai a guardare fuori dal finestrino. Ci stavamo avvicinando sempre di più al centro di Londra, però non stava seguendo le vie principali, stava utilizzando delle scorciatoie che solitamente si usa prendere a piedi. Poi si fermò davanti alla nostra scuola, indicò i gradini e il portone d'entrata e disse:

"Qua è dove ci siamo incontrati la prima volta, stamattina. E qui siamo esattamente a metà strada dal posto in cui ti voglio portare. Altra casualità?" mi disse, poi cominciò a ridere. Io lo guardai senza parole, non riuscivo a pensare a niente di sensato da dire. Una volta che ebbe finito di ridere, mi fissò, sorrise timidamente e ripartì.

"Isabella, da oggi passeremo tanto tempo insieme. E da oggi devi imparare a parlare tanto, le persone troppo silenziose non le sopporto!"
"E' un problema tuo, sai? Se non ho niente da dire non parlo, semplice"
"Meglio acida che zitta, è già un passo avanti!"
"E poi chi l'ha detto che passeremo tanto tempo insieme?"
"Elena non ti ha detto del  motivo per cui doveva parlare con mia madre?"
"No, dimmelo"
"Segreto!"
"Sputa il rospo Zayn!"
"Mai, ti terremo all'oscuro di tutto!"
"Smettila!"

Mi fece la linguaccia e io gli tirai un pizzicotto sul braccio, lui gridò dal dolore e io cominciai a ridacchiare.
Era un pagliaccio, egocentrico, sbruffone e superficiale ragazzo come tutti gli altri, eppure io dentro di me sapevo che quella era la sua maschera. Il vero Zayn era là, sotto la sua stronzaggine.
'Zayn, ti sto venendo a prendere' pensai, guardandolo di nascosto mentre lui era concentrato a guardare la strada e a guidare.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Quinto capitolo. ***


Dopo una mezz'oretta abbondante, Zayn finalmente parcheggiò. Era una strada buia, illuminata solo dalle insegne dei tanti bar che popolavano quella via, però era piena di persone che passeggiavano e si fermavano a chiacchierare davanti all'entrate dei locali. 

"Eccoci qua!" mi disse.
"Mi hai portata in un bar?"
"Ehi, ehi! Non è un bar qualsiasi, è il bar migliore di tutta Londra! Dai salta giù, vedrai che ti innamorerai di questo posto!"

Per quel poco che lo conoscevo, non mi fidavo molto dei suoi gusti. Ero sicura che per bello intendesse 'estremo'. Invece dovetti ricredermi. Il bar in cui entrammo era davvero bello, tutto ciò che c'era al suo interno era fatto in legno: tavoli, sedie, panche, pareti, tetto, bancone, persino i bicchieri dai quali bevevano i clienti erano in legno ma lavorati molto bene. Mi è sempre piaciuto il legno, da un senso di casa e di calore, di ciò che è familiare e protetto. Zayn salutò la barista e la abbracciò, parlarono un po' e poi lei ci fece accomodare, lasciandoci le liste. Io neanche guardai l'elenco delle bevande, già sapevo cosa ordinare. Nel frattempo mi guardavo in giro, per non far sentire in imbarazzo Zayn che doveva ancora decidere cosa prendere da bere.

"Isa, tu cosa prendi?"
"Acqua naturale"

Zayn scoppiò a ridere facendo girare metà dei clienti del posto.

"Stai scherzando, vero? Non puoi prendere l'acqua in un bar, soprattutto in questo!"
"E perché scusa? C'è scritto da qualche parte che è vietato ordinare dell'acqua?"
"E' una regola non scritta, una di quelle cose che tutti sanno senza aver bisogno di leggerlo su qualche muro"
"Me ne fotto io, a me piace l'acqua e l'acqua prenderò"

Arrivò la barista, e chiese a Zayn se avessimo già deciso le ordinazioni.

"Due Long Island, grazie!"
"Ma.."
"Con tanto ghiaccio, mi raccomando!" mi interruppe, e fece l'occhiolino alla barista.

Lei se ne andò e Zayn si girò a guardarmi, con un sorrisino innocente.

"Io ti ammazzo, Zayn! Cos'è sto Long Island? E' alcolico?"
"E' un cocktail alcolico, sì, ma non è fortissimo, giuro!"
"Io non bevo alcolici!"
"C'è sempre una prima volta, no?" disse ridacchiando, mettendo la lingua leggermente in fuori, tra i denti.
"Ti odio"
"Ma smettila! Dalla prima volta che mi hai visto, non riesci più a fare a meno di me! Ti incontro ovunque perché mi segui, ammettilo!"
"Ma smettila di dire idiozie, sei tu che sei ovunque! Fosse per me non ci incontreremmo mai"
"Isa, non mentire" e sorrise, fece uno di quei sorrisi dolcissimi, uno di quelli che ti fanno sciogliere come neve al sole.

Finalmente arrivarono i cocktails a salvarmi da quell'imbarazzante conversazione. Brindammo alla nostra amicizia e cominciammo a bere. Questo Long Island era davvero forte, forse perché io ero sempre stata astemia, o forse perché Zayn mi aveva mentito per farmi tranquillizzare. Quella sera io volevo vedere il vero Zayn, quello che sentivo sotto la sua maschera, e forse l'alcol mi avrebbe aiutata a scavare dentro i suoi muri. Il cocktail scendeva giù per la gola con facilità, e lo finii senza nemmeno accorgermene.

"Isa, hai già finito il cocktail!"
"Era buono"
"Ne vuoi un altro?"
"No, sono a posto così grazie"

Sorrise.

"La tua ragazza sa che sei qui, con me?"
"Punto primo sono affari miei, punto secondo sei una mia amica, punto terzo Beth non è gelosa"
"Ogni ragazza è gelosa, magari non te lo da a vedere"
"No, lei davvero non lo è. Sarà perché non le interessa nulla di me e della nostra relazione..."
"Tu ci tieni davvero a lei?"
"Non lo so. Ha un carattere forte, deciso, riesce a trascinarti col suo carisma. Penso di essermi preso una cotta, ma non credo sia amore"
"E cosa state insieme a fare allora?"
"Attrazione fisica, credo. Perché facciamo sesso sempre e comunque, sicuramente"

Abbassai lo sguardo, un po' perché mi girava la testa, un po' perché avevo capito che con Zayn non avrei mai avuto speranze. Il suo tipo di relazioni erano queste: ognuno fa la sua vita, poi la sera ci si ritrova nel letto, si scopa, e buonanotte. Niente confidenza, niente fiducia, niente coccole, nessuna giornata passata insieme a divertirsi e ridere, a farsi le foto, a costruire ricordi. Niente momenti in cui raccontare a uno la vita dell'altra, a sfilarsi di dosso i dolori e mostrarli, a concedere a una di guardare dentro l'altro e combattere tutti i fantasmi. Niente di niente. Beth e lui erano la coppia perfetta, dovevo accettarlo e vedere Zayn solo come un amico. 

"E' tutto ok?" Zayn mi interruppe da questi pensieri tristi, pronunciando la domanda con un'intonazione seria e preoccupata.
"Certo, stavo solo pensando"
"Sei stanca? Vuoi andare a casa?"
"Sto bene, non preoccuparti"
"Si è fatto tardi, forse è meglio che rientriamo, no?"
"Hai ragione, andiamo"

Dopo qualche minuto di litigata, alla fine riuscì a sorpassarmi e a pagare il conto, lo ringraziai e salimmo in macchina. Non so come, ma aveva capito che qualcosa non andava. A volte avevo l'impressione che riuscisse a leggermi nel pensiero, poi però pensavo alla sua superficialità e mi tranquillizzavo. Altro che maschere, altro che vero Zayn: lui era proprio così, stronzo ed egocentrico. Il ritorno lo passammo in rigoroso silenzio, io guardavo fuori dal finestrino e lui la strada, nessuno dei due rivolgeva la parola all'altro, eppure entrambi eravamo agitati in mezzo a questo silenzio imbarazzante. Zayn accostò davanti casa mia e spense la macchina.

"Ti va se scendo a fumarmi una sigaretta e mi fai compagnia, prima di andare?"
"Certo, perché no"

Scesi dalla macchina e lui anche, mi appoggiai con la schiena sulla staccionata di casa mia e cominciai a fissare il marciapiede, riprendendo i miei pensieri interrotti in quel bar. Lui si appoggiò alla fiancata della macchina, si accese la sigaretta e guardava il cielo. Silenzio. Silenzio tagliente, freddo, stritolante, buio. Dopo qualche minuto gettò la sigaretta ormai finita, io continuavo a fissare il cemento. Si avvicinò piano e si fermò a mezzo centimetro da me. Il mio cuore batteva all'impazzata, talmente forte che ero sicura che lui potesse sentirlo. Perché era così vicino? Prese il mio mento tra il pollice e il lato dell'indice e mi alzò il viso, per farsi guardare negli occhi. Aveva un sorrso dolce ma sicuro, rassicurante. Si avvicinò piano, e dolcemente mi lasciò un bacio casto sull'angolo della bocca.

"Buonanotte, piccola Isa"

E se ne andò. 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Sesto capitolo. ***


Entrai in casa confusa e incredula: cosa significava quel bacio? Come dovevo interpretarlo? Cosa aveva in mente Zayn? Mi buttai sul letto, e guardando il soffitto cominciai a cercare risposte, sperando uscissero dal cemento. Non trovando conclusioni fattibili, optai per una bella dormita. Mi spogliai, mi misi sotto le coperte e mi addormentai subito.

"ISABELLA, TI VUOI MUOVERE? E' TARDISSIMO, SEI IN RITARDO!"

Mi alzai bruscamente al suono delle urla di mia madre. Guardai la sveglia: ero in ritardo di mezz'ora! Saltai giù dal letto, corsi in bagno, mi feci una doccia e mi vestii, impiegando solo 10 minuti. Mi guardai allo specchio e feci una smorfia, come ogni mattina. Non mi piacevo, non mi piacevo per niente. Ero abbastanza alta, 1,74 cm per l'esattezza, ma non bastava. Le mie cosce erano enormi, i miei fianchi e la mia pancia anche. Portavo una 42 ed era troppo, mi sentivo una balena. Mi misi un po' di mascara e blush, gli unici trucchi che sapevo usare. Corsi giù per le scale e supplicai mia mamma di accompagnarmi in macchina a scuola, per la prima volta. Non mi era mai capitato di svegliarmi tardi, sono sempre stata puntuale in tutto, anzi sempre in anticipo, e non mi andava di fare ritardo quella mattina. Mia madre accettò, a patto che prima di uscire facessi colazione. Non volevo mangiare, non potevo permettermelo. Però, non avendo scelta, dovetti bere un bicchiere di succo di frutta. Mia madre mi guardò storta, ma le feci capire che più di così non poteva ottenere quella mattina. Così salimmo in macchina, e in una manciata di minuti eravamo già davanti a scuola. La salutai, le augurai buona giornata e scesi. Mia madre se ne andò, e io mi avviai verso l'entrata, quando mi sentii trascinare da un braccio fino all'angolo dietro di me. Mi voltai terrorizzata, e mi ritrovai Zayn col sorriso stampato in faccia. Come faceva ad essere così arzillo di prima mattina?

"Buongiorno, mia cara Isabella!"
"Buongiorno! Che bisogno c'era di tirarmi per un braccio?"
"Già acida di prima mattina? Ahi ahi, vivi proprio male!"
"Ma saranno affari miei, non credi? Devo entrare a scuola, ti sal.."
"Alle 2 ti vengo a prendere e andiamo in centro a Londra a passeggiare un po', ti va?" mi interruppe.
"Non so, magari ho da studiare"
"Non cercare scuse, alle 2 qua davanti. Passo in macchina o in moto?"
"Io prefer.."
"Moto? Perfetto! Hai fatto la scelta giusta!" mi interruppe per la seconda volta. Perché mi faceva le domande, se poi decideva lui?
"Come vuoi. Posso andare?"
"Prima lasciami il tuo numero di telefono, così ti chiamo per sapere dove sei, visto che all'uscita ci sono un sacco di persone"

Gli scrissi il mio numero su un foglietto, glielo porsi e mi girai per andarmene. Fui riafferrata per il braccio e fui costretta a voltarmi di nuovo.

"Non mi auguri neanche buona mattinata? Sei proprio stronzetta, eh!"
"Buona mattinata, Zayn! Sei contento?"

Mi schioccò un bacio, sempre nello stesso punto. Arrossii e guardai in basso. Il mio cervello non connetteva più, il mio cuore era impazzito.

"E Beth?" gli chiesi, senza neanche pensarci.
"Beth che cosa? Oggi pomeriggio ti dovrò parlare, ora scappo. A dopo!"

E corse via. Era un pazzo questo ragazzo, un vero e proprio pazzo. Però riusciva a farmi sorridere, mi tirava fuori una di quelle felicità che non provavo dai natali di quando ero piccola, quando arriva Babbo Natale, si scartano i regali e tutto il resto. Entrai a scuola velocemente, anche se non era ancora suonata la campanella. Mi sedetti al mio solito posto, e aprii il libro. Dopo pochi istanti mi ritrovai Beth in piedi davanti al mio banco, alzai lo sguardo e notai che aveva un'espressione abbastanza arrabbiata.

"Isabella, io e te dobbiamo parlare"
"Certo, che succede?"
"Non prendermi per il culo, sei solo una povera sfigata. Cosa pensi, che Zayn ti venga dietro? Sei una'illusa senza speranze, e lui è il mio ragazzo è chiaro? Se scopro che sei uscita un'altra volta con lui, non farti più vedere in questa scuola perché finisci male. Intese?" e sorrise, in segno di sfida.
"Mi dispiace, non volevo creare questi casini"
"Non mi interessa, allontanati da ciò che è mio, non ti avvertirò una seconda volta"

Tutta la classe si era girata ad ascoltare la nostra conversazione, così abbassai lo sguardo e mi zittii. Entrò il professore e Beth si andò a sedere al suo posto. La mattinata non passava più, sentivo gli occhi di tutti puntati addosso e le risatine delle ochette che sparlavano. Volevo sparire, sprofondare, sotterrarmi da qualche parte e non uscire mai più. Volevo piangere, andare a casa e non saperne più niente del mondo. Dopo qualche ora guardai il telefono, e trovai un nuovo messaggio. Lo aprii:

"Ciao Isa, sono Zayn! Come procede la mattinata?"

Gli risposi semplicemente:

"Zayn sparisci, non voglio più vederti"

Spensi il telefono. Alle 2 uscii dal retro della scuola per non incontrare nessuno, e cominciai a correre. Cambiai strade per non farmi trovare, anche se allungai il tragitto. Dopo mezz'ora, arrivai a casa. Mia madre era al lavoro, mio padre anche e mia sorella era in giro con le sue amiche. Ero a casa da sola, potevo piangere quanto volevo. Entrai, mi diressi in sala e sbiancai dallo spavento: Zayn era seduto sulla poltrona, la caviglia di una gamba poggiava sul ginocchio dell'altra, aveva le braccia conserte e lo sguardo molto, molto arrabbiato.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2665373