Empyrean - Un incredibile thriller originale su Taylor Swift

di Towards The Sun
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Tokyo ***
Capitolo 2: *** Secret ***
Capitolo 3: *** Coffee and Guns ***
Capitolo 4: *** Agent Swift ***
Capitolo 5: *** Adam and Eden ***



Capitolo 1
*** Tokyo ***


Salve! questa è la mia seconda storia, dopo la prima scritta 3 anni fa. In tutto questo tempo semplicemente non ho avuto altro da raccontare. Questa volta voglio dire qualcosa in piu di me, magari poco per volta. Sono un ragazzo, al momento vivo in Florida (USA) e ho 20 anni. Sono un sognatore che ha realizzato alcuni dei sogni elencati nella passata fanfic. Spero di essere migliorato in quanto contenuti e tecnica di scrittura, mi preoccuperei per il contrario essendo passati 3 anni. Spero vi piaccia. Come nell'altra, non cerco di catturare l'attenzione con super html vari, ma semplicemente scrivo quello che voglio raccontare. Fidati, una storia su una celebrità come questa non l'hai mai letta. Buona lettura :)


 
Questa è la mia storia, non certo una storia per i deboli di cuore. Il mio nome è Adam Shaw. Agente Adam Shaw. In realtà questo non è il mio vero nome, bensì il nome assegnatomi quando venni reclutato dalla Central Intelligence Agency, meglio conosciuta come CIA, ben cinque anni fa. La mia vita prima di questo? non è importante. Far parte di questa agenzia prevede un giuramento: quello di amare qualcosa più grande di te, ed eliminare tutti i sentimenti che avevi prima. Nuova identità, nuova vita dove non c’è spazio ai sentimenti, se non l’amore per la tua nazione.

 

 Mi trovavo in Giappone, a Tokyo, nella mia suite all’ultimo piano di un super hotel a 5 stelle comprensivo di tutto: piscina sul terrazzo, letto a due piazze, TV 50” con playstation 4 compresa, mini bar, addirittura una mini sala da bowling nell’altra stanza. Questa era la cosa bella di essere una spia: quando sei in viaggio per lavoro puoi permetterti di tutto segnando come spese lavorative. Ero nel terrazzo a godermi la vista mozzafiato di una Tokyo illuminata al calare del sole, mentre stavo sorseggiando il mio Dirty Martini con 3 olive, e nell’altra mano avevo la busta della CIA. Era così che ricevevamo le nuovi missioni: ci veniva spedita una busta con dentro solo il necessario, solo quanto possiamo sapere, nulla di più. Ed una foto. In questo caso non mi era stata spedita ma l’avevo già trovata nella mia stanza, ma non ci avevo ancora fatto molta attenzione. Posai il mio drink, decidendo di iniziare a pensare al lavoro, e tirai fuori la foto del mio obiettivo. A mia sorpresa vidi il dolce volto di una ragazza, molto bella. Bionda, con capelli lisci ed un accentuato rossetto rosso, pelle chiara e occhi azzurri accentuati da un trucco luminoso e professionale. Si trattava di Taylor Swift, la famosa cantante impegnata nel suo tour mondiale “Red Tour”. Non la conoscevo, la vita da spia mi teneva certamente fuori dal seguire il mondo dello spettacolo. Passai alcuni minuti a fissarla negli occhi, sembrava quasi che stesse ricambiando lo sguardo, seppure si trattava solo di una foto. Rimasi quasi incantato per pochi minuti, per poi riprendermi a voltare la foto per vedere se vi erano ulteriori informazioni nel retro. Rimasi sorpreso a vedere il suo volto, di solito la foto nella busta ritrae una persona da assassinare, ma non vedevo il motivo per tale azione. Nella busta vi era inoltre un mini computer, sembrava quasi più un lettore DVD di minuscole dimensioni, dove vi era contenuto il messaggio del generale Carhood nel quale mi avrebbe spiegato nei dettagli la missione. Non si usano fogli proprio per non lasciar alcuna prova, bensì questi mini lettori video i quali si auto distruggono alla fine della visualizzazione.  

“Agente Shaw. Ti trovi a Tokyo per un motivo ben preciso. Fonti anonime e ricerche all’interno dell’agenzia ci ha portato a credere che la cantante Taylor Swift sarà vittima di un tentato omicidio nei suoi confronti, stasera, durante il suo concerto. È tua missione intrufolarti ed assicurarti che niente accada alla cantante. La notizia del suo assassinio metterebbe in panico l’intera nazione, e sai che questo non possiamo permettercelo. Nella busta avrai un pass da fotografo per entrare nel backstage, usalo per intrufolarti e preleva la ragazza. Non dare nell’occhio. Non uccidere nessuno. Portala alla base CIA più vicina, riceverai maggiori informazioni tramite il tuo iPhone. Mi raccomando.”

 Con queste parole il generale si congedò, e davanti a me si formò una nuvola di fumo a causa dell’autodistruzione del mini hardware all’interno del riproduttore multimediale. Rientrai velocemente dentro alla camera e mi mossi verso la camera armadio. Mi vestii elegante: giacca e cravatta molto sottile, classico colore nero con camicia bianca. Diedi un veloce colpo di gel ai miei ormai troppo lunghi capelli per farli restare all’indietro e usai velocemente il rasoio elettrico che poggiava alla mia destra per tagliare quel poco di barba che mi era rimasto. Infine presi l’ultimo oggetto che vi era all’interno della busta: una pistola. Non si trattava però di una pistola vera: quella era infatti una di quelle pistole che sparava proiettili a forma di frecciette con una speciale sostanza che addormentava all’istante chiunque venisse colpito. Non mi piaceva affatto usare quel tipo di pistole, però in effetti questa era una missione di salvataggio, perciò avrei dovuto usare l’arma solo in caso di problemi con lo staff della cantante, e in quel caso non potevo certo ucciderli. Caricai la pistola, ma prima di uscire mi infilai tra i pantaloni e la camicia anche una pistola vera. Non si sa mai, infondo il motivo del mio salvataggio era per prevenire un assassinio. Ero pronto ad entrare in azione.

 Vi era un traffico incredibile, il concerto si teneva in un arena enorme. Non conoscendo la cantante in questione non mi aspettavo tutto questo accannimento, e sinceramente non lo capivo neanche. Indossavo occhiali, le quali lenti erano telecamere che mandavano il segnale a Eden, un altro agente della CIA, che era dentro al suo camioncino al di fuori dell'arena. In quel camioncino aveva i suoi computer e le sua attrezzature, in modo di potermi aiutare a distanza ed avere veloci contatti coi superiori ed inoltre un maggiore controllo della situazione. Gli occhiali con le lenti a telecamera erano una sua invenzione, e ogni volta che ero in missione con lui voleva che li indossassi. Era sempre meglio infatti riprendere il tutto per poter riguardare in seguito e analizzare piccole cose che magari sul momento non risultano visibili. Inoltre il mio equippagiamento contava, oltre alle già citate pistole, anche un’auricolare e un orologio con un piccolo microfono all’interno, in modo di essere in comunicazione con Eden, in caso avessi bisogno. Infine, una macchina fotografica al collo che serviva per mantenere la copertura. Questa missione non era assai facile: la CIA voleva che mi infiltrassi da solo senza dire niente a nessuno. Se avessero comunicato la notizia infatti tutta la squadra di Taylor sarebbe andata in panico, e la notizia sarebbe filtrata ai fan come sempre succede e sarebbe diventata di domino pubblico. Ecco perché dovevo agire da solo e semplicemente rapirla. La sua mancata presenza allo spettacolo sarebbe stata annunciata come un semplice malore. Una volta identificata la minaccia è sventata sarebbe potuta tornare in attività. Speravo per lei che la cosa si sarebbe risolta in fretta perché fino ad allora, il suo destino era probabilmente quello di stare in una cella di detenzione della CIA in osservazione, con ovviamente tutti i comfort possibili, ma nessun modo di comunicare con "il mondo esterno"

 Entrai velocemente nel backstage esibendo il mio pass da fotografo e mi feci spazio tra le fila. Vi erano parecchi altri “colleghi” e subito cercai di studiarli senza però dare troppo nell’occhio. Il generale Carhood non mi aveva dato molte informazioni quindi non avevo idea da dove sarebbe partito l’attentato. Proprio per questo non potevo fidarmi di nessuno e avrei dovuto prelevare la cantante il prima possibile. Mi guardai intorno, la zona era molto complicata sopratutto perché era buio. Subito finsi di grattarmi la guancia per poter parlare al mio complice attraverso l’orologio, e chiesi subito di analizzare la situazione. Eden era un genio, e mi piaceva molto come persona, però eravamo molto diversi: lui era molto allegro ed impulsivo mentre io ero freddo e sempre serio. Ma nonostante queste diversità di carattere eravamo sempre andati d'accordo, e con lui in contatto mi sono sempre sentito molto più sicuro. Non riesco neanche a contare tutte le volte che mi son salvato la pelle grazie a lui. Diciamo che facevamo coppia fissa. Velocemente smanettò nel computer e dopo pochi secondi fu in grado di avere davanti a se una mappa precisa del backstage dell’arena. Seguendo le sue indicazioni mi spostai dal posto in cui ero, e in una delle zone più buie mi levai la macchina fotografica ed il pass per cercare di passare per uno del management, sopratutto per come ero vestito. Avendo l’apparecchio ancora al collo avrei dato troppo nell’occhio e mi avrebbero fermato subito, anche per il rinomato rapporto tra star e fotografi non certo amichevole. Eden mi guidò fino ad un corridoio dove avrei trovato il camerino della cantante e avrei potuto prelevarla in qualche modo, ma vi erano due gorilla bodyguard all’entrata di esso. Mi fermai prima che loro riuscissero a vedermi, e mi nascosi dietro alla colonna per osservarli. Cercai semplicemente di camminare di fronte a loro senza fargli capire che volevo entrare dentro al camerino, mostrando sicurezza e familiarità col posto non mi avrebbero fermato. O almeno speravo. Così feci, e una volta davanti a loro chiesi un informazione.

“Mi scusi, sa mica dove posso trovare il camerino di questa persona qua, aspetta…”

 Feci per prendere l’iPhone, fingendo di mostrargli un nome, in modo da fargli abbassare la guardia. Lo tirai fuori, e quando uno dei due chinò la testa per guardare lo schermo velocemente gli tirai una gomitata in faccia che lo fece cadere a terra. Nello stesso momento tirai fuori la pistola con proiettili sonniferi e sparai in fronte al secondo facendolo cadere a terra. Nel mentre il primo bodyguard mi trascinò a terra prendendomi per una caviglia e si rialzò, ma per fortuna non mollai la presa con la mia arma. Mise la mano dietro per prendere la sua di arma, ma prima che riuscisse ad impugnarla, gli sparai nel petto, facendolo cadere a terra insieme al suo collega. I proiettili che gli avevo sparati li avrebbero fatti restare addormentati per almeno un paio d’ore. 

 Bussai alla porta, cercando di farmi far entrare con le buone.

“Miss. Swift, posso?”

 Non udii alcuna risposta. Tentai nuovamente, senza nessun risultato. Buttai dunque giù la porta con un calcio, e vidi un corpo per terra leggermente sanguinante. Mi lanciai su di esso, e scoprii per fortuna che non si trattava di Taylor Swift, bensì della sua addetta al trucco. 

“Tutto bene? cosa è successo?”

 La ragazza era visibilmente in shock, ma cercai di prendere delle informazioni ugualmente. Era troppo importante: la questione era seria. Notai che era una ferita da pistola, all’altezza della pancia.

“Lui… è… con lei..”

 Furono queste le ultime parole che disse prima di svenire, probabilmente per la paura o per il panico. Subito mi rivolsi con furore ad Eden tramite l’orologio.

“Ho bisogno di assistenza medica subito, registra la posizione. L’obiettivo è in movimento e in forte pericolo. Ho bisogno di rinforzi”

 Corsi fuori dalla porta con un brivido che mi scese lungo la schiena. L’assassino non è arrivato da fuori come me, altrimenti le guardie del corpo l’avrebbero fermato ed arrestato. Era qualcuno dall’interno. E questo qualcuno era dunque insieme alla cantante adesso. La missione era sull’orlo del fallimento, e mentre corsi verso il palco sentii dei colpi di pistola.

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Capitolo 2
*** Secret ***


Quegli spari che sentii mi fecero rabbrividire. Ero arrivato troppo tardi? eppure il concerto non era neanche incominciato. Corsi con tutta la mia velocità nel corridoio seguendo il rumore dei 2 spari che sentii, il quale mi condusse in un altra stanza non molto lontana. La porta era chiusa ma con un calcio la buttai giù. Era troppo tardi, ma dovevo comunque fare tutto il possibile. La porta andò giù facilmente, e quello che vidi fu orribile. Vidi come prima cosa il mio obiettivo, Taylor Swift, che era li nel centro della stanza con le mani nei capelli, in panico. Accanto a lei, due corpi che giacevano per terra privi di vita. Davanti a lei, un uomo senza capelli e vestito elegante, con la pistola ancora fumante in mano. La ragazza non si girò nemmeno, da quanto era in panico, ma mantenne le mani nei capelli in modo che le sue braccia le coprivano la visuale. Probabilmente ormai aveva accettato il fatto che stava per morire, ma almeno non voleva vedere. Appena quell’uomo mi vide, mi puntò la pistola contro, ma impiegai solo poche frazioni di secondo per prendere la mia, quella vera, e la puntai su di esso.

Eravamo ora uno di fronte all’altro, camminando in circolo, con entrambe le pistole puntate verso l’altro. Vidi con la coda dell’occhio, senza perdere di vista il mio obiettivo, Taylor abbassare piano piano le braccia, e guardare verso di me. Tremava di paura, e si poteva vedere quanto era terrorizzata nei suoi occhi.

“Miss Swift, non si preoccupi. È tutto sotto controllo. Sono un agente della CIA e sono qui per salvarla. Resti li dove è”.

Vi era molta tensione nell’aria, e sia me che il mio avversario non ci potevamo permettere di avere alcun calo di concentrazione. Ecco che quell’uomo misterioso si rivolse a me.

“Cosa ci fa la CIA qua? cosa sapete?”

Subito risposi.

“Metti giù la pistola e fatti arrestare. Ti assicuro che se collabori troveremo un compromesso e non finirai male. Ma metti giù la pistola.”

La situazione era di stallo, ci furono pochi secondi di silenzio, rotti poi dal gesto coraggioso della ragazza che, essendo già molto vicina alla porta e non avendo la nostra completa attenzione essendo noi impegnati a puntare l’arma addosso all’altro, con uno scatto prese ed uscii fuori dalla porta. Il mio avversario urlò forte ordinandole di fermarsi, evidentemente era cosi preziosa che era più importante della sua stessa vita: questo perché lui abbassò la guardia, correndo verso di lei e urlandole di fermarsi, ma io rimasi concentrato, e gli sparai ad una gamba, facendolo cadere a terra. Avrei potuto ucciderlo, ma avrei potuto ottenere importanti informazioni da lui, e in più c’è un fatto di me: non mi piace uccidere le persone, a meno che non sia strettamente necessario. Subito presi un paio di manette che tenevo in tasca e lo legai al piccolo calorifero, in modo da non farlo andare da nessuna parte. Beh, avendo una pallottola nella gamba difficilmente si sarebbe mosso ma non si sa mai. Mentre l’uomo urlava di dolore corsi con tutta la mia velocità per recuperare la ragazza.

Non era andata molto lontana e la raggiunsi con facilità, essendo più veloce di lei. Corse verso l’uscita, da sola, essendo le sue guardie del corpo state stese da me poco tempo prima, e le sue fide compagne uccise da quel misterioso uomo. Cercai di urlare qualcosa per fermarla, dicendole che ero della CIA e che cercavo solo di aiutarla, ma era in un evidente stato di shock nel quale non capiva niente e non era in grado di prendere decisioni razionalmente. Arrivammo dunque alla fine del corridoio, quando la presi per un polso e la sbattei contro il muro con delicatezza, senza farle del male, ma per fermarla. Lei continuò ad urlare molto forte di paura, e quando vide che avevo ancora la pistola in mano, visto che non avevo fatto in tempo a rimetterla a posto data l’esigenza di muoversi velocemente, svenne nelle mie braccia di paura. Subito le controllai il polso, e quando capii che era solo svenuta, tirai finalmente un sospiro di sollievo. Pochi secondi dopo, vidi arrivare una decina di agenti in mia direzione: i rinforzi che avevo chiesto ad Eden erano finalmente arrivati, anche se ormai era troppo tardi. Ma ero comunque contento del loro arrivo, mi avrebbero aiutato ad uscire dall’arena insieme alla cantante senza problemi, e mi avrebbero potuto aiutare a trasportare il corpo zoppicante dell’uomo misterioso. Subito mi rivolsi al comandante dell’operazione di rinforzo che avevo chiamato, il quale mi chiese un aggiornamento della situazione.

“È salva. Manda i tuoi uomini in quella stanza laggiù, ho ammanettato l’assassino. State attenti, non sembra solo un amatore.”

Subito il ragazzo mi rispose.

“Lo abbiamo trovato morto signore, è stato avvelenato.”

“Che cosa?”

Subito intervenne un altro ragazzo del team, appena uscito dalla stanza.

“Abbiamo trovato delle pillole velenose nascoste nel suo orologio, deve essersi suicidato per non essere costretto a parlare al nostro interrogatorio, immagino.”

“Merda.”

Purtroppo avevo perso l’unica fonte di informazioni che avevo. Ma d’altronde non avevo altra scelta, la mia missione principale infondo era quella di salvare la ragazza, e così fu.




La portai nel mio hotel, visto che non vi erano basi CIA a Tokyo, ed in questo momento riposava nel mio letto. Io ero in una sedia vicino a lei col mio computer, che leggevo i suoi file forniti dalla CIA per conoscerla meglio. Era sera, e la finestra che dava sul terrazzo era aperta facendo entrare nella stanza una dolce brezza, che si mischiava all’odore delle candele profumate che avevo sparse per la mia stanza d’hotel super accessorista rendendo così l’aria profumata. Non ci mise molto a svegliarsi, e quando vidi i primi accenni di risveglio posai il mio computer. Appena aprì gli occhi subito scattò seduta a guardarsi intorno, e si lamentò.

“Dove sono? cos’è successo? e chi sei tu??”

Si poteva udire il panico nella sua voce, e subito cercai di calmarla.

“Stia calma miss. Swift. È nella mia stanza d’albergo al sicuro. Sono l’agente Adam Shaw” dissi, mostrando il mio distintivo. “Sono disarmato e non ho alcuna intenzione di farle del male.” continuavo a darle del lei, giusto per formalità.

Subito scattò fuori dal letto e andò nel terrazzo per vedere dove si trovava, e potevo vedere che si stava calmando un pochino. Ma era comunque ancora agitata. Tornò dentro e facendo finta che io manco esistessi andò verso il suo cellulare.

“Devo vedere Dan.”

Subito la fermai, prendendole il polso, e la interruppi.

“Tu non vedi nessuno senza il mio permesso.”

Smisi da quel momento di darle del lei. La ragazza insistette.

“Dan è il mio manager, lui saprà che fare. Avevo un meeting con lui e lo devo assolutamente vedere. Mi dirà lui cos’è successo perché non mi fido di lei, agente Shaw.” disse, con un tono molto sarcastico chiamandomi “agente”.

“Abbiamo già parlato col suo manager miss. Swift. È tutto sotto controllo.”

La ragazza insistette parecchio, comportandosi come una ragazzina viziata, e alla fine la lasciai fare la telefonata. Allo stesso tempo però chiamai il generale Carhood, il mio superiore, e chiesi il permesso di lasciarla incontrare col suo manager. Mi diede il consenso, ma ad una condizione. Che il manager fosse venuto lui stesso a prenderla dalla camera, e che non uscissero per alcuna ragione dalla struttura. Riferii le condizioni alla ragazza, che sbuffando e con un tono parecchio infastidito accettò il compromesso.

Vi era molta tensione nella stanza, percepivo il fatto che la ragazza, anche per la situazione in cui si era trovata, stava sviluppando una forma di odio nei miei confronti. Non aveva ancora chiaro in mente che io ero dalla parte dei buoni, ed io l'avevo salvata da una situazione la quale sarebbe potuta finire molto male per lei. Non aveva ancora capito la gravità delle cose. Stavamo entrambi aspettando il suo manager che arrivasse, come d'accordo, e nessuno dei due spiccicò una parola durante l'attesa. Io stavo al computer a continuare la lettura dei file che mi erano stati inviati, ed ogni tanto alzavo lo sguardo per vedere la ragazza non far niente, stava solo seduta in quella sedia ad aspettare. Ogni tanto si sistemava i capelli velocemente, ogni tanto controllava il cellulare tanto per fare qualcosa. Notai che la stavo guardando, così i nostri sguardi si incrociarono per una frazione di secondo, a seguito della quale continuai a guardare lo schermo del mio mac.

Infine l’uomo si presentò alla porta, e mi chiese se potevano andare al bar al piano terra per avere un po di privacy. Non mi piaceva il fatto che si allontanavano così tanto, probabilmente il generale non avrebbe voluto. Lo vietai fortemente. La ragazza si mise di fronte a me, e con un tono alquanto infastidito si rivolse a me.

"La smetti? sei fastidioso. Prima hai tentato di ammazzarmi e ora mi vieti ogni cosa che voglio, come se fossi mio padre. Io vado, che ti piaccia o no."

Era molto infastidita dalla mia presenza e tutto cio che mi riguardava, ma non potevo perdere la concentrazione, anche se ammetto che mi dava fastidio questo suo comportamento. Cercai di fermarla, ma qualcosa dentro di me mi fermo. Ala fine dopo tutto quello che aveva passato nelle ultime ore si meritava un po di tranquilla, ed infondo era in buone mani, ed era sempre nello stesso palazzo, così come ordinato dal generale. La lasciai dunque andare, ordinando comunque di non lasciare l’hotel senza permesso. L’uomo accettò e così uscirono dalla mia stanza. Vidi l’espressione arrabbiata e svogliata della ragazza nei miei confronti, in effetti mi stavo comportando come un padre premuroso, ma era la mia missione, non potevo lasciare che niente le accadesse.

Andai in bagno, per sistemarmi i capelli velocemente, e vidi che vi era la sua borsa aperta nel mobiletto vicino a me. Non sapevo che fosse li, probabilmente uno degli agenti del team l’aveva appoggiata li. Vidi scorgere un piccolo pacchetto regalo già aperto. Lessi il bigliettino, era da parte di Dan, il suo manager. Era semplicemente una piccola collanina a forma di stella, molto carina. La presi in mano per vederla meglio, per poi lanciarla nell’armadietto per rimetterla a posto. Sbagliai la mira e la collanina cadde a terra. Con l’impatto col terreno la stella del ciondolo si aprì, e vidi che all’interno vi era una minuscola chiave usb. Subito andai al mio computer per vedere il contenuto. Vi erano informazioni di un virus segreto e molto importante iniettato nel corpo di una certa "paziente X" a scopo di preservazione. Non vi erano molte informazioni, ma specificava parecchie volte come fosse molto importante. Feci subito per chiamare il generale ma subito mi posi alcune domande. Perché quel virus era così importante? perché quel chip pieno di informazioni era contenuto in quella collana di Taylor? regalata dal suo manager Dan? perché egli mi ha chiesto di allontanarsi con la ragazza senza di me? quindi nessuno la voleva uccidere al concerto, ma solo rapirla per via di quel virus. E probabilmente Dan faceva parte di loro. Non potevo credere che avevo lasciato Taylor da sola con l’uomo che la voleva catturare e forse uccidere. Corsi molto amareggiato per il mio stupido errore ed il mio calo di guardia, usando tutta la mia velocità dirigendomi fuori dalla porta, afferrando l’iPhone con una mano e le chiavi della macchina con l’atra.

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Capitolo 3
*** Coffee and Guns ***


Ero in ansia, in molta ansia. Questa missione non era iniziata da tanto, e non era certo la più difficile o pericolosa in cui sia mai stato. Ma per qualche ragione il fatto che avevo sbagliato e quindi lasciato Taylor con la persona che la voleva rapire per poi uccidere mi dava alla testa, facendomi quasi uscire da me stesso. Forse perché ero una delle migliori spie della CIA, e non ero abituato a perdere. Fatto sta che stavo correndo con tutta la velocità, con le chiavi della macchina in una mano e il mio iPhone nell’altra. Con l’iPhone aprii subito una speciale applicazione sviluppata solamente per noi della CIA in modo da rintracciare il segnale del cellulare della ragazza. La dovevo trovare il prima possibile, prima che il suo manager, o almeno quello sembrava essere il suo lavoro di copertura, la catturasse. Per fortuna non erano molto lontani, così mi lanciai dentro alla mia lamborghini e la feci partire a tutta velocità, facendola ringhiare come un leone.

Il segnale conduceva in un vicolo parecchio oscuro, nel quale non potevo accedere col mio veicolo. Così parcheggiai al volo e mi catapultai fuori rischiando quasi di lasciare la portiera aperta, e mi camuffai nell’oscurità del vicolo. Avevo la mia pistola in mano, ed avanzai lentamente per non fare rumore. Quel posto era un piccolo labirinto di vicoli molto oscuri, e questo mi avrebbe facilitato a non farmi scoprire. Camminavo lento impugnando la pistola che puntavo dritto di fronte a me, e girai l’angolo restando accostato al muro, per fare in modo di non aver punti deboli. Avanzai lentamente, quando li vidi in lontananza. In realtà non ero sicuro fossero loro, a causa della poca luce, ma decisi di seguirli comunque. Due piccoli pipistrelli passarono sopra di noi facendo rumore, il che rese l’atmosfera più spaventosa che mai. Quest’ultimo fece girare i due nella mia direzione, ma con uno scatto rapido mi chinai dietro un grosso cassonetto della spazzatura per rimanere nascosto. Ora avevo la certezza che si trattava di loro, riconoscendo il viso della dolce cantante una volta girata. Voltarono ancora prendendo un altro vicolo, ed avanzai corricchiando nella loro direzione. Ero all’angolo, e scoprii leggermente il mio volto per sbirciare da dietro l’angolo. Vidi qualcosa che non volevo vedere.

Le sue braccia erano attorno al suo collo, da dietro, e sembrava come se la volesse strangolare. La luce era poca ma potevo vedere chiaramente dov’erano le sue braccia. Feci dunque uno scatto, e puntai la pistola alla testa dell’uomo, alle sue spalle.

”Non provarci neanche. Sei in arresto.” dissi.

L’uomo alzò le mani al cielo, e Taylor si girò di scatto spaventata per vedere cosa stava succedendo. La ragazza non sembrava affatto contenta di vedermi, il che era strano perché le avevo appena salvato la vita. Di nuovo. Non capii. Si avvicinò con prepotenza verso di me, e puntandomi l’indice addosso mi urlò contro.

”Ancora tu? cosa diavolo vuoi da me? ora un amico non mi può neanche abbracciare da dietro che a te non ti va bene, “mister cia”?

dopodiché si allontanò sbuffando. Dan, il suo manager, mi guardò in maniera strana, tenendo sempre però le mani in alto. Avevo sbagliato. Non la stava strangolando ma semplicemente abbracciando, un giusto segno di solidarietà nei confronti di una persona cosi vicina che stava andando in un brutto momento. Riconobbi il mio errore, il che mi fece molto arrabbiare con me stesso, ma rimasi concentrato. Il fatto che non la stesse strangolando in quel momento non giustificava comunque la sua innocenza. Presi le manette, ed una volta sicuro che fosse immobilizzato corsi dietro alla ragazza.

”Non capisci, lui non è chi pensi tu.” gli dissi, bloccandola per il polso.

Si girò e vidi che aveva iniziato a piangere quasi istericamente, e si liberò urlandomi, ancora, in faccia.

”E allora chi è? chi sei tu? cosa mi sta succedendo?”

disse, per poi piegarsi nelle ginocchia e continuare a piangere. Aveva appena avuto un crollo, un pianto liberatorio per tutto quelle che le era successo nelle ultime ore. Non sapevo cosa dire, quando iniziò a piovere. Stessi li, davanti a Taylor che piangeva ancora istericamente, e sempre tenendo per un polso il suo manager ammanettato, che a questo punto mi chiedevo se era colpevole o no. Iniziai per la prima volta in vita mia a dubitare di me stesso.




Il giorno dopo eravamo tutti, compreso il mio migliore amico/compagno di missioni Eden sull’aereo direzione New York, per rientrare in suolo statunitense e fare rapporto. Mi ero addormentato non appena messo piede nell’aereo, e mi risvegliai quando ancora mancava un’oretta di volo. Impiegai qualche secondo per realizzare dove mi trovavo, toccai il sedile in cui ero seduto quasi per verificare l’autenticità della realtà in cui mi trovavo. Mi girai e vidi in un altro sedile Dan, ancora ammanettato, e poco più indietro Eden che parlava e scherzava con Taylor. Quella era la prima volta che la vedevo sorridere, deve essersi ripresa dopo i fatti del giorno prima. Sorrisi leggermente a vederla così, per osservarli ancora qualche secondo. Si trovavano molto bene insieme, ed era giusto cosi. Eden era una buona spia ma allo stesso tempo quando voleva era un simpaticone, quindi la giusta persona per tirare su di morale Taylor in questo momento. Al mio contrario. Una volta atterrato il nostro volo privato ci dirigemmo tutti in una base della CIA. Era bello essere tornato a casa. Era una piccola base sotto terra. A primo sguardo sembrava una grossa stanza piena di computer e schermi, con dei corridoi che portavano ad altre stanze o a piccole celle in cui tenere i momentanei detenuti. Fu proprio una di queste ad accomodare Dan, mentre io Eden e Taylor ci accomodammo nella stanza principale. I due stavano sempre vicini, mentre io ero seduto poco più in la, molto pensieroso. Ci riposammo tutti un paio d’ore, eravamo tutti molto stanchi a causa del jet leg, ma era subito ora per me di fare l’interrogatorio. Questo si svolse nelle più classiche delle stanze: stanza vuota con scrivania al centro ed una sedia per ogni lato, con un grosso specchio che in realtà era uno schermo nel quale Eden osservava ed ascoltava. Ero ancora molto nervoso, forse troppo per fare un interrogatorio, infatti il mio amico mi chiese se era tutto apposto e mi propose addirittura di andare lui al mio posto. Lo guardai negli occhi qualche secondo e poi gli misi una mano sulla spalla come per dire che andava tutto bene, così entrai nella stanza ed inizia con le mie domande.

”Abbiamo trovato un chip contenente informazioni su di un virus molto importante iniettato su una certa “paziente X” all’interno della collana che tu hai regalato a Taylor. Cosa mi dici a riguardo?”

”Non ne so niente.” rispose freddo.

”Non hai idea di come quel chip fosse finito li? non farmi credere che era già dentro quando l’hai comprato” scherzai

”No, quando l’ho comprato e spedito era vuoto. Non so cosa sia successo nel mentre.”

”Tu menti!!” urlai.

Come detto il mio stato d’animo non era quello giusto per fare un interrogatorio, ero molto nervoso e tendevo ad accendermi per nulla. Ma glielo potevo leggere in faccia che mentiva, da come mi guardava, da come rispondeva. O forse ero impazzito completamente. Io sapevo che avevo ragione, non avevo dubbi. Feci ancora qualche domanda nella quale ricevetti le stesse identiche risposte di prima, ed iniziai ad arrabbiare parecchio. Troppo. Misi le mani nella sua maglietta all’altezza del collo per intimidirlo, ma Eden entrò in quel momento e mi fermò mettendomi una mano sulla spalla.

”Perché non ti prendi una pausa?” mi disse.

Lo guardai, con uno sguardo molto cattivo, ma la sua presenza mi calmò. Dopo una riflessione di pochi secondi lasciai andare la mia presa ed uscii dalla stanza, per sedermi nella sala principale. Vidi Taylor andare in panico dopo aver visto cosa ho fatto, ed Eden cercò di mantenere il controllo della situazione e si rivolse a me.

”Hey amico, non sei dell’umore adatto per fare un interrogatorio. Perché non ti rilassi un po? in questo stato non consideri neanche la possibilità che potresti avere tort..”

Lo fermai quasi con rabbia.

“Non ho torto. Son sicuro."

”Okay, okay, calma!” rispose, facendo il segno di calmarmi con le mani.

Era il mio migliore amico nonché il mio compagno di missioni, e sapeva come prendermi. Ma potevo scommettere che anche lui raramente mi aveva visto così acceso. Non so come mai ma questa missione mi sta facendo diventare nervoso sempre di più. Sarà il fatto che non riesco ad accettare di avere torto? Non lo so. In ogni caso Eden, come sempre, aveva la soluzione più adatta.

” Perché non cerchi di rilassarti un po e io ti vado a prendere un caffè? quello aiuterà sicuramente.”

”Grazie fratello, sei un amico.”

”Figurati. Mi porto anche la ragazza con me, c’è troppa aria di tensione qui.”

Sapeva che l;andare in panico di Taylor, giustificato per altro, non mi avrebbe aiutato, e poi non ci piacevamo a vicenda. Era meglio non lasciarci nella stessa stanza. E allo stesso tempo pensavo che ne voleva approfittare per passare del tempo con lei. I due si piacevano, era piuttosto evidente.

Passarono diversi minuti, ma non riuscivo a calmarmi. Provai di tutto, sia camminare avanti indietro, sia a distrarmi con qualcosa visto su internet. Ma la mia mente non voleva allontanarsi dal caso, quindi presi il computer e attraverso il motore di ricerca feci alcune ricerche sul nome “Dan Dymtrow”. Non trovai niente di compromettente. Cercai dunque “Taylor Swift” e fui assalito da articoli riguardanti a musica e/o gossip vari. Ma dopo diversi minuti di ricerche qualcosa mi risaltò agli occhi: un’operazione che la ragazza subì solo due settimane fa. Si trattava di una semplice operazione di rimozione di uno dei denti del giudizio. Riuscii grazie al software CIA a recuperare le immagini di sorveglianza dell’operazione, che però ritraevano solo l’inizio visto che per ragioni di igiene e sicurezza le camere erano state spente durante l’intervento vero e proprio. Non vi era niente di particolare nel video, se non dottori e vari oggetti medici. Lo riguardai più e più volte finché qualcosa non catturò la mia attenzione: vi era una grossa siringa sulla destra, e non era l’anestesia visto che essa era iniettata attraverso un tubo, appoggiato sulla sinistra. Zoommai sulla siringa e vidi che l’etichetta recitava “Virus Empyrean”. Saltai quasi dalla sedia. Catturai l’immagine, e riportai il video a grandezza originale per controllare le facce dei dottori. Purtroppo tutti avevano la cuffia per i capelli e la mascherina, entrambe per ragioni di igiene, quindi per ogni persona spuntavano solo gli occhi. Un dottore in particolare prese la siringa in mano, prima che le riprese finissero. Zoommai e notai come quella persona aveva gli occhi chiari ed una piccola cicatrice vicino all'occhio sinistro, proprio come Dan.

Caricai la pistola e tornai nella stanza dell’interrogatorio. La caricai di fronte all’uomo, per intimidirlo, e gliela puntai addosso.

”Gli hai iniettato il virus Empyrean durante l’operazione del dente del giudizio, non è vero?”

Non rispose, e sorrise. Insistetti.

”Per chi lavori?” urlai, con vigore.

”Non mi sparerai. Non ti lasceranno sparare ad un interrogatorio di un sospetto come me, se lo fai ti arresteranno.”

”Tanto ora so tutto. Per chi lavori??” il mio tono di voce aumentava sempre di più”

”Credi davvero che ti crederanno? Le tue prove non sono sufficienti. Si, ero io in sala operatoria. Ma posso crearmi un alias più facilmente di quello che credi, per giustificare la mia innocenza di quel giorno. E guardati, sembri un pazzo psicopatico. Credi davvero che crederanno ad uno nelle tue condizioni?” disse, ridendo.

Tutto ciò mi fece uscire di testa, più di quanto non lo ero già, e gli sparai in una gamba. Proprio in quel momento Eden e Taylor fecero ritorno, e proprio il rumore dello sparo e dell’urla assordanti dell’uomo li attrassero verso la stanza dell’interrogatorio, dove avevo ancora l’arma in mano fumante. Taylor tirò un urlo fortissimo e fece cadere per terra il caffè che aveva in mano, mentre Eden non perse la calma. Entrò rapidamente nella stanza, e prese la sua pistola. Mi venne vicino, ma a mia sorpresa puntò quest’ultima alla mia schiena.

”Adam, amico mio. Mi dispiace. Metti giù la pistola.”

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Capitolo 4
*** Agent Swift ***


Mi risvegliai in una stanza che non mi era affatto familiare. A dire il vero non mi ricordavo neanche di essermi addormentato, o qualsiasi cosa avessi fatto nelle ultime ore. Ero coricato per terra, in una stanza di metallo fredda con degli specie di inalatori di aria condizionata in ogni lato, e poco altro nella stanza. Tirai su la schiena in modo di sedermi per terra, ed avere una visione migliore della stanza. La prima cosa che notai fu la presenza di Taylor, anch’essa stesa priva di coscienza per terra a pochi metri da me. Tutto appariva così strano, come mai non mi ricordavo? Appena la vidi corsi subito verso di lei, e mi venne un fortissimo giramento di testa appena mi alzai. Mi chinai vicino a lei e come prima cosa controllai il suo battito poggiando due dita subito sotto al lato sinistro della sua mascella, tra la gola e, appunto, la mascella. Tirai un sospiro di sollievo quando scoprii che il cuore batteva ancora regolarmente: era solo svenuta. Cercai di svegliarla, e mentre la scuotevo iniziai a ricordare. Stavo facendo l’interrogatorio a Dan, il presunto manager di Taylor Swift, e quando lo avevo smascherato avevo Eden, il mio migliore amico nonché compagno di un’infinità di missioni, con una pistola puntata alla mia schiena, che mi chiedeva scusa. Come prima cosa mi toccai dietro alla testa, e trovai la presenza di un grosso bernoccolo. A quanto pare Eden non mi aveva ucciso ma semplicemente stordito, probabilmente colpendomi con la canna della pistola con violenza. Cercai la stessa cosa nel retro della testa della ragazza, e per fortuna non trovai niente, come immaginavo. Sicuramente aveva usato un modo differente per sedarla, sapevo che Eden era un gentiluomo e non l’avrebbe colpita. Ma, in effetti, cosa sapevo davvero di lui? Cosa puoi pensare quando un compagno di missioni, uno dei più validi agenti della CIA e sopratutto il tuo migliore amico nella vita reale, ti punta una pistola alla schiena e ti fa svenire? Possibile che era un traditore? no, non era possibile. O forse si. Rabbrividii. Cercai di negare a me stesso i ricordi che mi venivano in testa delle ultime ore, ricordi che condannavano inequivocabilmente la complicità del mio migliore amico con Dan e la sua partecipazione a questa organizzazione misteriosa che aveva sviluppato il misterioso virus “empyrean” e lo aveva iniettato a scopo preservativo nel sangue della famosa cantante Taylor Swift, iniziando tutto questo. Non ci potevo credere.

Proprio mentre pensavo a tutto questo vidi che Taylor piano piano si stava svegliando, e cercava di alzare la schiena e stare sui gomiti. Subito smisi di pensare e la aiutai. Le sorrisi, cercai di trasmetterle della positività per cercare di farle prendere la situazione nei migliori dei modi, e riuscire a trovare insieme un modo per uscire da dov’eravamo.

”Hey. Piano, non muoverti troppo velocemente”

le dissi. Forse per la prima volta da quando l’avevo conosciuta sarebbe stata carina con me, trovandoci entrambi in questa situazione, visto che fino ad ora mi aveva solo accusato di essere parte di tutto ciò e che quindi la stavo solo danneggiando. Però questa volta era diverso, era presente quando Eden mi fece perdere i sensi, e probabilmente proprio in quel momento aveva capito di aver commesso un enorme errore nel diffidare di me e fidarsi del mio amico. Ebbe un espressione vaga, e mi divertii ad ammirarlo per pochi secondi. Ma ben presto il suo viso cambiò espressione. Si guardò intorno, e poi guardò me negli occhi spaventata, ed indietreggiò di pochi centimetri.

”Dove sono? cosa sta succedendo?”

La sua voce era più spaventata che mai, e così il suo sguardo. Cercai ancora di calmarla, anche se era molto difficile calmare qualcuno quando anche te non sei neanche vicino all’essere calmo. Ero spaventato almeno quanto lei, solo che i miei anni di esperienza alla CIA e i miei addestramenti mi avevano insegnato a calmare i miei sentimenti, perché sono proprio i sentimenti che fanno uccidere le spie. Cercai di dirle qualcosa, ma proprio in quel momento sentii un forte rumore alle mie spalle. Mi girai e vidi 4 persone che entrarono sbattendo la porta dietro di me, l’unica entrata ed uscita della stanza. Solo uno di loro era armato, mentre gli altri tre camminavano semplicemente armati delle proprie braccia muscolose, a parte quello che camminava di fronte a tutti che sembrava essere colui che comandava tra di loro. Proprio lui si rivolse direttamente a me.

”Agente Shaw, miss Swift. Ben svegliati. Vi trovate dentro ad una struttura della Shappire family. Miss Swift, lei verrà con noi, abbiamo già una sala operatoria pronta per l’estrazione del, ormai dal lei noto, virus Empyrean. Agente Shaw, per quanto riguarda lei, sa troppo. Non la posso certo far tornare a comunicare tutto alla CIA. Lei morirà qui, adesso. Anzi, mi sorprende che sia ancora viva, Eden è stato troppo buono con lei, agente Shaw.”

Si rivolse poi a due dei suoi uomini.

”Portate via la ragazza. Uccidete la spia adesso.”

Due di loro si avvicinarono Taylor, mentre l’unico armato puntò la pistola verso di me. Era tutto finito. La mia morte era ad un passo, e semplicemente chiusi gli occhi per accettare il mio destino. Ero molto deluso, vi erano cosi tante cose che volevo fare prima di morire, a partire dal capire la verità su Eden, il mio migliore amico. Taylor urlò fortissimo, mentre quella che poteva essere la mia ultima goccia di sudore mi scese lungo la fronte. Ma proprio mentre avevo già accettato il mio destino, ecco che il capo ricevette delle notizie a quanto pare importanti attraverso la sua auricolare. Rispose, e disse che era una cosa urgente.

”Mi scusa, devo andare momentaneamente. Tornerò in un minuto, godetevi i vostri ultimi momenti di vita.”

Poi si rivolse nuovamente ai suoi.

”State di guardia qua fuori, tutti e 3, assicuratevi che l’agente Shaw non provi a scappare. E aspettatemi ad ucciderlo, non voglio privarmi del piacere. Ma se prova a scappare, sparategli.”

concluse, per poi uscire e chiudere la gigantesca porta d’acciaio dietro di se. La nostra morte era solo rimandata, e come prima cosa andai da Taylor che era in un panico indescrivibile, ed aveva tutte le ragioni del mondo per esserlo. Io controllavo ancora i miei sentimenti, ma ero ormai rassegnato. Mi rivolsi a lei.

”Mi dispiace, non sono riuscito a proteggerti come da missione.”

Sinceramente non sapevo che altro dire. Sinceramente se avessi potuto scegliere una persona con cui passare i miei ultimi minuti non avrei certo scelto il soggetto della mia missione, nonché una ragazza che praticamente mi odiava ed andava in panico facilmente. Per non parlare del fatto che era una celebrità, e quindi una persona non abituata a situazioni di estremo pericolo o di morte, come me. A mia sorpresa però vidi che riprese il controllo di se stessa, anche meglio di me, e si guardò in giro come se cercasse una via d’uscita.

”Rassegnati, siamo chiusi qua.”

Le dissi.

”Sta zitto.”

Mi rispose velocemente prima raggiungere uno dei inalatori di aria condizionata ed usare una delle sue scarpe col tacco per romperlo. Alcuni pezzi di plastica caddero, e ne raccolse uno per poi avvicinarsi a me.

”Questo virus dentro al mio sangue reagisce solo con uomini no? li rende super forti no? è questo quello di cui stavate discutendo nella base CIA, o sbaglio?”

Era incredibile come nonostante la situazione delicata aveva ascoltato tutto, ed in un momento come questo riusciva ancora a ragionare con questa freddezza. Ma subito la smontai.

”Cosi diceva il file. Ma non si sa ancora niente, non l’hanno ancora testato sugli umani. È solo una fase beta. Ma che hai intenzione di fare?”

”Beh, non abbiamo tempo per i test. Fidati di me.”

Mi prese la spalla sinistra, ed usando uno di quei pezzi di plastica che aveva raccolto, il più affilato di essi, mi fece un profondo taglio, dal quale uscii sangue. Feci un gemito di dolore, chiedendomi se era impazzita, e poi fece lo stesso taglio sul proprio polso, dal quale uscì parecchio sangue a causa della posizione. Subito portò il suo taglio nel polso e lo strofinò contro il mio taglio nella spalla, facendo entrare a contatto i nostri sangue. Avevo finalmente capito. Voleva trasmettermi il virus che aveva nel suo sangue, virus che reagisce solo con gli uomini a quanto scritto nel chip, per rendermi dunque più forte di un umano e poterci liberare da questa situazione. Ma era un piano pazzo. Chi l’avrebbe detto che il virus avrebbe fatto effetto su di me in così poco tempo? O con solo il contatto tra i nostri sangue? Quali altri effetti collaterali avrebbe il mio corpo subito, a patto che avesse funzionato? Ma nonostante queste domande apprezzai molto il suo sforzo e la sua idea. Purtroppo però non sentii alcun cambiamento in me stesso.

Notai che aveva perso molto sangue per questo suo gesto, e stava quasi per perdere i sensi. Subito le misi una mano dietro alla schiena per non farla cadere, e la feci sedere con delicatezza contro il muro. Mi tolsi la maglietta, per poi strapparne un pezzo da legare intorno al suo polso per bloccare la fuoriuscita di sangue e salvarla quindi da un’emorragia. Sorrisi, quasi per la disperazione.

”Sei stata grande. Nessuno che conosco, neanche spie, avrebbero ragionato con tanta freddezza in un momento del genere. Purtroppo non sento alcun cambiamento. Probabilmente il virus non funziona, d’altronde non l’hanno ancora testato su di umani. Complimenti, sei davvero una brava spia agente Swift.” le dissi, scherzando.

Per la prima volta da quando l’ho conosciuta mi ricambiò il sorriso, e finalmente riuscimmo a parlare o anche solo stare nella stessa stanza per pochi secondi senza litigare o senza che lei mi urli qualcosa o mi accusi di volerla uccidere. Mi sentivo bene, nonostante sarei morto in pochi minuti. Bene come non mi sentivo da anni. Precisamente da 3 anni. Questo bel momento però duro solo pochi secondi. Mentre ancora le curavo il polso, i 4 uomini tornarono. Il loro capo rideva, mentre si rivolgeva ancora a me.

”Che c’è, state provando a toglierci il piacere di uccidervi? state cercando di farlo tra di voi?”

Ed iniziò una risata sadica, per poi ordinare all’unica persona armata di uccidermi. Mi alzai in piedi, e mi avvicinai di qualche passo. Ora la canna della pistola distava solo una ventina di centimetri dal mio petto. Mi volevo assicurare almeno che prendesse il cuore e che sarei passato all’altro mondo direttamente, senza soffrire ulteriormente. Con il suo pollice caricò la pistola, e sorprendentemente il mio orecchio riuscì ad udire la pallottola che entrò nella canna. In quel momento sentii improvvisamente un forte dolore alla spalla tagliata, un dolore fortissimo, quasi insopportabile. Dalla ferita fuoriuscirono delle macchie che velocemente mi ricoprirono tutto il braccio sinistro e solo la parte sinistra del petto e del viso. Mi piegai dal dolore ed urlai fortemente, mentre queste macchie avanzavano nel mio corpo. Erano rosse fuoco, come il sangue, ma una volta depositate sulla mia pelle quasi si raffreddarono, diventando nere come la pece. Il dolore straziante finì istantaneamente, durò solo i pochi secondi nel quale queste misteriose macchie si depositarono su di me. Mi rialzai dunque molto lentamente. I 4 uomini indietreggiarono, spaventati. Mi guardai il braccio per analizzare queste macchie nere, ma sinceramente poco mi importava, perché mi sentivo bene, benissimo, come mai non mi ero mai sentito. Il mio corpo era freddo, il mio sguardo serio. Non provavo alcuna emozione. Dopo pochi secondi i miei occhi si spostarono sull’uomo che impugnava la pistola, ancora davanti a me. Con una velocità incredibile gli tirai un calcio alla mano per fargli cadere l’arma per poi mollargli un destro sulla sua guancia destra che gli fece cadere un dente. Uno di loro cercò quindi di colpirmi, ma tutto era strano. Vedevo tutto più lento nel momento in cui venivo attaccato, rendendomi molto facile il compito di schivare. Così feci, e gli tirai una forte ginocchiata in pancia che lo fece volare contro la parete e gli fece sbattere la testa violentemente contro la porta d’acciaio.

Anche il terzo si fece sotto, ma invece di schivare il suo pugno lo fermai con la mia mano sinistra, e lentamente roteai il suo arto verso sinistra facendogli fare una rotazione non naturale, finché non sentii il rumore dell’osso che si spezzava. I primi tre erano fuori gioco. Rapidamente mi girai verso il loro capo, che aveva perso la sua sicurezza ed arroganza, ed era spaventato al massimo. Mi avvicinai lento verso di lui, per poi mettergli una mano al collo mentre mi implorava pietà. Lo guardavo con freddezza. Volevo odiarlo ma non potevo, ero senza emozioni. A quanto pare era proprio quello l’effetto del virus: eliminare le emozioni e liberare una parte del controllo del cervello in modo da aumentare la forza fisica ed i riflessi a livelli esponenziali. Ma cos’erano quelle macchie sul corpo? In quel momento non riuscivo a pensare ad altro se non uccidere quell’uomo. Lo stavo strozzando, e lo sollevai da terra solo con la mano attorno al suo collo. Potevo sentire il suo collo che stava per spezzarsi, quando Taylor corse verso di me e mi afferrò da dietro, quasi per abbracciarmi, pregandomi di smettere, piangendo. Sentii le sue lacrime sulla mi nuda schiena, la sua voce nelle mie orecchie. Mi girai verso di lei, non mollando la presa, e si spaventò per il mio sguardo privo di emozioni. Ma proprio la visione del suo viso spaventato, pieno di lacrime, la sensazione della sua voce più spaventata che mai mi fece tornare in me stesso. Lasciai la presa, facendo cadere a terra quel uomo insieme ai suoi compagni, e vidi che i segni sul mio corpo si ritrassero, tornando dalla ferita dalla quale erano comparsi, scomparendo definitamente dalla mia pelle. Appena essi scomparirono tornai in me stesso, e guardai i corpi di quei uomini per terra quasi spaventandomi per quello che avevo fatto. Ero a bocca aperta, e senza parole. Taylor sorrise a vedermi tornato in me stesso, e mi abbracciò continuando a piangere. Non potevo credere a quello che mi era successo. Il virus funzionava. L’empyrean scorreva ora nelle mie vene, donandomi un aumento di forza e riflessi mai visto prima all’umanità, ma a quanto pare non era un cambiamento radicale ma reagiva solo in casi di necessità. L’importante era che eravamo salvi.

Mentre ancora la ragazza mi abbracciava e io cercavo di realizzare l’accaduto alle mie spalle, senza che ne io e ne Taylor vedessimo, l’uomo che avevo quasi ucciso, quasi completamente senza sensi, tirò fuori una bomba dalla sua tasca, prima di svenire completamente. Da questa bomba fuoriuscì un gas velenoso potentissimo viola. Appena lo notai mi voltai di scatto, e vidi la porta di sicurezza che si stava chiudendo, in modo da lasciarci assorbire tutto il veleno e farlo entrare in circolo, senza quindi alcuna possibilità di sopravvivenza.

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Capitolo 5
*** Adam and Eden ***


Con uno scatto presi la mano di Taylor, e corsi più velocemente possibile trascinandomi la ragazza con me attraverso la porta che si stava chiudendo. Quel veleno gas che era stato emanato dalla bomba lanciata dal nostro nemico purtroppo era molto potente, e la peggior cosa era che si espandeva con una velocità incredibile, tanto da ricoprire quasi l’intera stanza in pochi secondi. Con una mano trascinai la ragazza con me, mentre con l’altra prima raccolsi la pistola che giaceva a terra accanto ad uno dei loro corpi, e successivamente cercai di coprirmi il naso e la bocca il più possibile. Riuscii a passare attraverso la porta che si stava chiudendo per un attimo, praticamente lanciando la ragazza prima di me per poi infilarmi, e dare un ultima occhiata ai 4 uomini che giacevano per terra svenuti, che avrebbero quindi respirato inevitabilmente il gas velenoso da loro lanciato. Non capivo come mai, chiunque fosse a capo dei controlli della strutta, abbia deciso di chiudere la porta lasciando i propri 4 uomini a morire per un veleno gas lanciato proprio da loro. La nostra morte era forse più importante della loro vita?

Una volta usciti dalla stanza ci ritrovammo in un corridoio con pavimento e mura bianche, così come le varie porte che vi erano in entrambi i lati. Entrambi cademmo a terra stremati per lo scatto compiuto, e sentivo Taylor, che era tornata ad essere in panico, tossire forte a causa della tossina.

”che cos’era?” mi chiese con agitazione.

”probabilmente un gas velenoso. Uno molto potente direi” risposi, sincero. La ragazza andò in panico, come giusto che sia, aveva rischiato la vita troppe volte negli ultimi giorni. Cercai dunque di calmarla.

”Rilassati. Se sono forniti di bombe a gas velenoso hanno sicuramente anche un antidoto, non possono rischiare che l’arma gli si ritorci contro. Sicuramente è qua, da qualche parte.” dissi, caricando la pistola che avevo raccolto dal corpo dell’uomo che aveva appena cercato di uccidermi. Questa mia affermazione la calmò leggermente, ma non poi cosi tanto. Infondo era vero, sicuramente avevano l’antidoto al veleno, ma ci trovavamo sempre in una struttura a noi sconosciuta, in due, un agente ed una civile, contro tutti. Ma non mi persi d’animo, ed iniziai ad incamminarmi per il corridoio facendole segno di seguirmi, prima di venire interrotto da lei.

”Aspetta, ma..”

Era ancora seduta per terra, e non sapeva cosa dire, era ancora sotto shock. La capivo, quindi non mi arrabbiai. Tornai indietro da lei e mi chinai alla sua altezza, e le dissi, guardandola fissa negli occhi:

”Ti salverò, te lo prometto.”

Mi alzai nuovamente, tendendole una mano che l’avrebbe aiutata ad alzarsi. Sembrò che queste 5 parole le fermarono il pianto, lasciando spazio nel suo viso addirittura ad un sorriso, mentre si asciugava le lacrime con la mano destra. Con la sinistra invece prese la mia, e si rialzò. Camminavo lento, attaccato al muro per non avere punti deboli, con la pistola in mano che puntavo dritto davanti a me. Taylor era dietro di me, e seguiva ogni passo che facevo. Notai ad un certo punto che addirittura mi quasi abbracciò da dietro mentre camminava. Era terrorizzata ed era come se usasse me come scudo. Appena lo vidi sorrisi velocemente, notai che finalmente si fidava di me. Un ulteriore ragione per mantenere la mia promessa che l’avrei salvata. Le porte erano tutte chiuse, ma mentre avanzai notai che una di esse era socchiusa, e si poteva intravedere l’interno. Mi fermai, per precauzione, e a mia sorpresa sentii una voce molto familiare che mi invitò ad entrare.

Tirai un calcio alla porta per spalancarla completamente, sempre puntando la pistola dritto davanti a me, e a mia grande sorpresa trovai il mio compagno di missioni, il mio migliore amico, Eden. Vederlo li, davanti a me, dietro ad una scrivania con il logo della Sapphire Family, l’organizzazione colpevole della creazione del virus e tutto il seguirsi di eventi a causa di esso. In quel momento mi venne in mente per un secondo il mio ultimo ricordo alla base della CIA, prima di essere stato trasportato in questa struttura, mentre proprio lui mi aveva colpito in testa con la pistola e fatto svenire. La mia mente continuava a negare quel ricordo, ma vederlo, li davanti a me, purtroppo era la prova definitiva. Subito mi rivolsi a lui, con tono minaccioso, mentre Taylor ancora mi abbracciava da dietro e mi stringeva, usandomi quasi come scudo.

”Eden. Allora i miei ricordi purtroppo non erano falsi. Così sei un agente corrotto. Non l’avrei mai detto, tu.” non potevo ancora crederci, il mio cuore era in frantumi in quel momento. Non avrei mai e poi mai dubitato del mio migliore amico.

”Solo una domanda. Perché?” gli chiesi, attendendo una sua risposta.

” Mi dispiace amico mio. Non posso spiegarti il perché. Ascolta, la nostra amicizia era vera, non ho mai mentito su quello. E te lo dimostro subito. Qui con me ho una sola dose dell’antidoto che cerchi. Tieni, prendilo. Usalo su di te e scappa di qui il più lontano possibile, ti lascerò via libera e mi prenderò le mie responsabilità per averti fatto scappare. Non dirò neanche niente riguardo al fatto che anche tu hai il virus, adesso. Lascia la ragazza qui, e scappa amico mio.” concluse, per poi lanciarmi una piccola bottiglietta con un liquido trasparente, apparentemente l’antidoto che tanto cercavo.

Passai qualche secondo a fissare l’antidoto, e poi a fissare il mio amico. Non sapevo cosa pensare. Potevo fidarmi di lui? evidentemente no, in quanto era un agente corrotto chissà da quanto tempo. Ma il suo sguardo era innocente, nei suoi occhi vedevo il ragazzo con il quale ho sempre lavorato e non solo, il mio migliore amico. Decisi di fidarmi di lui, ma purtroppo le cose non potevano andare così. Nonostante fosse il mio migliore amico non potevo scappare di fronte alla mia missione, di fronte ad un’organizzazione criminale così potente da poter creare un virus di tale potenza. E in più, avevo fatto una promessa a questa innocente ragazza che stava dietro di me, che a causa della mia missione era entrata nella mia vita in maniera così veloce e travolgente. Non potevo certo romperla. Mi girai, e mi rivolsi a Taylor, prendendole la mano e mettendoci in essa la piccola bottiglietta.

”Tieni, prendi questo. Ti salverai.”

Subito rifiutò, chiedendomi cosa avrei fatto io, agitandosi. La calmai, mettendole una mano sulla spalla, e chiedendole di fidarsi di me. La convinsi, e buttò giù il liquido velocemente, mentre sullo sfondo Eden urlò un potente “no”. Mi girai nuovamente, avevo il mio amico di fronte a me adesso. Mi tirai su le maniche per poi rivolgermi a lui.

”Non so per quale motivo sei coinvolto in tutto questo, non so neanche se lo voglio sapere. Ma non posso neanche ucciderti, sei il mio migliore amico. Risolviamola da uomini.” dissi, per poi rivolgermi nuovamente a Taylor, tendendole la pistola.

” Tieni, prendi questa. Prosegui per il corridoio, ho visto un’uscita di sicurezza infondo. Tieni la pistola per le emergenze. Appena uscita vai nel primo posto pubblico: un bar, un supermercato, o il primo nascondiglio che trovi. Aspettami li, se non torno in 15 minuti, scappa.”

stava per ribattere, ma la fermai ancora prima che aprisse la bocca mettendole un dito davanti alle labbra in segno di silenzio.

”Fai quello che ti dico. Fidati. Hai fatto un ottimo lavoro, ora vai”.

Stava quasi per piangere di nuovo, dalla gravità della situazione, ma cercò di fermare le lacrime ed annuì. Eden ovviamente voleva fermarla, in quanto quella era la sua missione, ma c’ero io di mezzo. Non glielo avrei permesso, e lui lo sapeva. Proprio per questo non ci provò nemmeno, ma si limitò semplicemente a togliersi la giacca elegante che portava, per poi tirarsi su le maniche della camicia che aveva sotto.

”Ti ho dato una possibilità di salvarti, Adam. Ci tenevo davvero a te, volevo davvero salvarti. Ma vuoi sempre fare nella maniera più difficile. Cosa credi? che la lascerò andare così? fuori da quella porta di sicurezza ci sono due uomini ad aspettarla, appena aprirà la porta sarà nelle mie mani. Riguardo a te.. ti ho dato una possibilità, ma l’hai sprecata” concluse, per poi saltarmi addosso.

Normalmente ero più forte io di Eden, in passato avevamo già lottato per divertimento, tra amici, e mai e poi mai avrei pensato che un giorno lo avremo fatto seriamente. Purtroppo però in questo caso ero debole, molto debole. Come prima cosa ero stato colpito alla testa e svenuto per chissà quanto tempo, poi avevo ricevuto il virus empyrean, per poi lottare e stendere quei 4 uomini che volevano la mia testa. Inoltre, per concludere avevo respirato un fortissimo gas velenoso che mi stava indebolendo sempre di piu. In queste condizione non avrei mai sopraffatto il mio avversario, ecco perché speravo solamente ad una reazione da parte del virus, come accaduto precedentemente. Non mi piaceva affatto quello che succedeva quando esso si attivava: in quei momenti infatti non avevo provato alcuna emozione, era come se mi fossi trasformato in un robot. Allo stesso tempo però mi donava una forza ed una velocità e prontezza di riflessi unica al mondo, ed era proprio quello che mi serviva per poterne uscire vivo da questa situazione. Quello che mi preoccupava di più però era il fatto che perdevo appunto il controllo delle mie azioni e delle mie emozioni, e avrei finito dunque per ucciderlo, e questo non lo volevo. Eden mi saltò addosso lanciandomi per terra, e mi tirò un pugno forte nello zigomo. Aspettai con ansia che il virus prenda il controllo di me, ma non accadeva, e non mi spiegavo il motivo. Eden continuò a colpirmi ripetitivamente, per poi intervenire.

”Il virus non si attiva, eh? è stato creato per le spie, come me e te. Il virus si attiva quando non vi sono emozioni in gioco. So che non vuoi uccidermi, so che non vuoi combattere con me. Per questo non si attiva”.

Questo spiegava tutto. Contro i 4 uomini prima le mie emozioni non avevano interferito, ma in questo caso si. Da una parte questa notizia mi sollevò, ma dall’altra mi metteva nei guai. Potevo contare ora solo delle mie forze. Con tutte le energie che mi rimanevano misi entrambi i piedi sul suo stomaco, per poi farlo volare all’indietro contro il muro. Sentii il suo gemito di dolore, ma non feci in tempo ad alzarmi che era già pronto ad attaccarmi di nuovo. Mi tirò un calcio in pancia potentissimo, tanto da farmi scaraventare contro la scrivania e far cadere tutto quello che vi era sopra.

Nel mentre, al di fuori della stanza, Taylor, camminava velocemente con la pistola in mano verso la fine del corridoio per prendere l’uscita di sicurezza, dove l’avrebbe attesa due uomini della Sapphire family, solo che lei ancora non lo sapeva. Sentì il forte rumore proveniente dalla nostra stanza, sopratutto l’ultimo, quando venni scaraventato contro la scrivania. Proprio quest’ultimo la fece fermare, e decise di tornare indietro per non lasciarmi solo. Questo suo gesto di coraggio, a sua insaputa, gli aveva salvato la vita.

Ero per terra e tutto mi faceva male. Eden si avvicinò ancora, e mi prese per il collo della maglia e mi “appese” al muro.

”Mi avresti dovuto ascoltare, amico mio.”

Mi disse, per poi prepararsi a darmi il colpo finale. Ma proprio in quel momento reagii riuscendomi a liberare dalla sua presa e riuscendo con uno scatto ad arrivargli dietro. Lo girai velocemente con un colpo alla spalla, per poi colpirlo ripetitivamente al volto e allo stomaco con dei pugni. Subii alcuni colpi, per poi bloccarmene uno e ribaltare la situazione, e bloccarmi con una mossa di sottomissione.

”Adam, ti do l’ultima possibilità. Scappa adesso.”

Ero molto fortunato ad avere un amico così, che nonostante la situazione ancora mi offriva di lasciarmi andare. Ma non potevo accettare. Dovevo liberarmi velocemente di lui, salvare nuovamente la ragazza, e portarmi sia lei che Eden fuori da questa struttura. Era un piano molto complicato ora che ci pensavo, ma non potevo permettermi di perdere ne l’uno ne l’altra.

”Mi dispiace amico. Devo andare in fondo” gli dissi, per scatenare definitivamente la sua ira.

Mi scaraventò per terra, il che mi fece sbattere la schiena contro uno degli oggetti caduti nella scrivania, provocandomi un dolore molto forte. Successivamente si sedette letteralmente sopra di me, e prese una statuetta di bronzo che vi era per terra vicino a me, per sbattermelo addosso, in testa. Era pronto a concluderla. Mi aveva offerto una via d’uscita più volte, ma l’avevo rifiutata. Era dunque la sua missione uccidermi. Ma nonostante tutto, ancora non credevo che ne era capace. Ma continuò a sbattermi forte la statuetta in faccia, fortissimo, tanto che stavo perdendo i sensi. Se mi avesse sbattuto quell’oggetto in faccia ancora poche volte sarei svenuto, e poche volte ancora probabilmente sarei anche morto. Ma ecco che proprio mentre stavo per chiudere gli occhi per svenire, che sentii uno sparo.

Quel forte sordo rumore che mi fece quasi male alle orecchie. E poi il nulla. Eden si era fermato, e la sua espressione era cambiata. Vidi del sangue uscire dal suo petto, e lui cadere a terra vicino a me. Guardai dritto davanti a me, e vidi Taylor con ancora la pistola fumante in mano. La sua faccia era più terrorizzata che mai, e guardò me con la bocca spalancata. Era tornata, era tornata per non lasciarmi solo. Era entrata nel momento sbagliato, e vedendo quello che mi stava facendo, gli aveva sparato per salvarmi la vita. Ma io, sotto sotto, ancora ero convinto che non mi avrebbe ucciso, non poteva. Il migliore amico di una vita non è capace di un gesto simile. Non l'avrebbe fatto, ne ero sicuro. Ma ora non lo potrò mai sapere.

Non potevo credere a quello che avevo appena visto, non avevo parole. Ci fu qualche secondo di silenzio, che per me durò un’eternità. Di scatto usando le ultime energie a me disponibili mi accucciai verso il mio amico, iniziando a piangere istericamente.

”No! no!!! NOOO!!! Eden!!!”

Continuai ad urlare istericamente, per poi controllargli il battito cardiaco. Il cuore batteva ancora, ma era in un evidente stato estremamente grave. Continuai ancora a gridare, quando sentii la sua voce, lieve e sottile come un fantasma.

”Adam, salvala, ti prego."

”Di cosa stai parlando?? salva chi?”

"Selena, mia moglie. Ti ricordi quando l’anno scorso ti dissi che era morta in un incidente? mi dispiace amico, ho mentito”

Si interruppe per tossire, era in evidenti condizioni gravi. Continuò con la voce sempre più lieve.

”È stata catturata dalla Sapphire Family. Dovevo solo compiere questa missione, e l’avrebbero lasciata libera. Mi dispiace amico. Non ti ho detto niente perché non volevo coinvolgerti in tutto questo. Non avevo idea che avrebbero dato questa missione proprio a te. Ho cercato di proteggerti fino alla fine. "

Non capivo. Non potevo capire. Non era corrotto allora. Stava solo giocando a questo psicopatico gioco di questa organizzazione, per avere sua moglie indietro.

”Perché non me l’hai detto?? perché?? l’avremmo salvata insieme! l’avrei fatto per te amico! avremmo potuto buttarli giù insieme, come abbiamo sempre fatto, io e te!!”

Stava morendo, li davanti a me. Riuscii a dire solo le sue ultime parole.

”Mi dispiace, mi dispiace per tutto.”

Vidi nei suoi occhi il rimorso. Forse solo ora si era reso conto che non gli avrebbero dato indietro sua moglie in ogni caso, che avrebbe dovuto coinvolgermi, e avremmo vinto, come sempre. Continuai a piangere ed urlare “no” mentre gli tenevo la testa, e vidi i suoi occhi chiudersi di fronte a me.

Il suo cuore non emetteva più alcun battito, la sua bocca non alcun respiro. Ma nonostante quello non mi ero ancora rassegnato, mi alzai, e Dio solo sa dove trovai la forza di caricarmelo in spalla. Feci qualche passo, quando il veleno che mi stava mangiando da dentro sempre di più mi fece perdere in sensi. Caddi dunque all’indietro, con Eden senza vita ancora in spalla, perdendo completamente i sensi.


”È occupata questa sedia? hey, che ti succede?”

”Lasciami solo. Sono solo al primo anno di questo stupido college e già sono qua al bar depresso.”

”Eddai, con me puoi parlare. Anche io sono al primo anno. Che succede? famiglia? voti a scuola? donne?”

”…”

”Bingo. Che succede, ti sei appena lasciato?”

”…”

”Bingo ancora. Che era, la distanza??”

”La smetteresti di ricordarmi tutto? grazie.”

”Mi dispiace amico. Solo che succede sempre così. Tu cambi città per il college, e lei ti dimentica.”

”Anche a te è successo così?”

”A me? naah. Io sono più furbo di te. Niente fidanzata alla partenza. Però una volta arrivato qui ne ho conosciute mai tante! dovresti fare lo stesso. Che ne dici di conoscere qualcuna qui? dai ti aiuto io”

”Come mai vuoi aiutarmi così tanto? manco mi conosci.”

”Semplicemente non voglio vedere nessuno col viso lungo già al primo anno… e poi non ho di meglio da fare! dai, che ne dici di quella laggiù? è una amica mia, ed è single. Si chiama Selena. Che ne dici?”

”Beh.. carina..”

”Pefetto! dai tirati su, stasera è la sera che volti pagina. Dai andiamo che ti presento io a lei!”

”Dai okay, ci sto! come hai detto che ti chiami?”

”Mi chiamo Adam Shaw, siamo insieme nella classe di biologia!”

”Piacere di conoscerti Adam, io mi chiamo Eden.”

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