New York

di bice_94
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** salvatore ***
Capitolo 2: *** capitolo 2 ***



Capitolo 1
*** salvatore ***


Aveva già provato quella sensazione. Terrore.
Quel terrore che sembra congelare ogni parte del corpo, bloccare il flusso del sangue delle vene, costringere i polmoni a inspirare bruscamente, mentre un bruciore inonda la gola.
Si, Felicity conosceva questa sensazione. Eppure questa volta era molto diverso. Molto.
L’aveva provata mentre si trovava nella morsa di Slade, tra le braccia del Conte e quando il Re degli orologi aveva piantato un proiettile nella sua spalla, ma mai si era trovata ad affrontarla con la più completa disperazione.
Si, perché questa volta non poteva esserci Oliver a salvarla, né Sara, né Diggle, né Roy.
Lei, stretta contro il corpo di un uomo dall’accento dell’est, con una pistola alla tempia, era sola.
Felicity chiuse gli occhi e pregò. Per Oliver, per quelle persone che aveva trasformato in una famiglia, per se stessa.
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Erano arrivati a New York per seguire una banda criminale che aveva messo in subbuglio per mesi Starling City. Gli omicidi si erano susseguiti con una frequenza allarmante e ben presto riuscirono a capirne il motivo. Traffico di organi.
Rintracciare i colpevoli fu invece molto più impegnativo, nonostante le abilità di Felicity.
L’insofferenza era scritta a caratteri cubitali sul viso di Oliver, ma non avrebbe potuto fare niente con la sua rabbia. Anche Laurel si aggiunse alle ricerche.
Si, la stessa Laurel che aveva iniziato un addestramento speciale per diventare il sostituto della sorella come nuova eroina della città e la “splendida” Laurel che era tornata ad essere la fidanzata di Oliver da sfoggiare con orgoglio lampante.
Quando finalmente riuscirono a trovare la banda, i risultati non furono particolarmente soddisfacenti. Si erano spostati. Erano volati direttamente a New York.
Non erano più nel loro territorio di competenza, ma qualcosa aveva impedito ad Oliver di lasciare la questione. Probabilmente era dovuto all’ultimo omicidio compiuto dalla banda. Una bambina di appena 12 anni, uccisa, privata di suoi organi e lasciata poi in un vicolo.
Così, quando l’arciere annunciò di voler seguire la banda a New York nessuno oppose grande resistenza. Laurel rimase a Starling City, per volere di Oliver, e gli altri membri della squadra di certo non se ne sarebbero lamentati.
Riuscirono a stabilirsi in meno di tre giorni in una camera d’albergo perfettamente attrezzata.
Oliver, Diggle e Roy decisero di entrare in azione solo dopo aver studiato a dovere il nuovo territorio. Quando entrarono in azione però impedirono a Felicity di seguirli. Non avevano collegamenti, quindi l’attesa per la donna non fu altro che agonia.
Fissò l’orologio per due ora e trentasette minuti, quando decide di andare alla farmacia che si trovava proprio all’angolo e recuperare garze e disinfettante in più.
Non appena uscì all’aria aperta, il senso di paura e ansia che l’aveva colpita da quando i suoi ragazzi avevano lasciato la stanza d’albergo sembrò allievarsi leggermente.
Tuttavia, la sensazione non durò a lungo. Fu invece sostituita da un altro senso di inquietudine.
Da quando aveva messo piede nella città, le parve di sentire qualcuno sempre alle spalle. Ogni volta che si voltava però solo il buio e il silenzio. Felicity fece un lungo sospiro e disse a se stessa che tutto era solo nella sua mente.
Non arrivò alla farmacia. Riconobbe l’accento dell’est alle sue spalle e accelerò il passo. Non servì. Quelli erano una parte degli stessi uomini che erano riusciti a fuggire da Sterling City.
Quando uno di loro la prese, Felicity sapeva che stava per morire.
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Quando la donna riaprì gli occhi, le sue orecchie continuavano a fischiare per il rumore degli spari. Registrò un dolore sordo alla sua coscia che riconobbe. Le avevano sparato.
Felicity riuscì a mettere a fuoco solo dopo alcuni secondi. Era a terra, poteva sentire il freddo del cemento contro la sua schiena. Un paio di occhi la fissavano con un pizzico di paura scritto nelle iridi. Erano azzurri, ma una vena di grigio li rendeva tenebrosi e freddi. Il profilo del suo viso era spigoloso e longilineo. Il naso era sottile e ben disegnato, le labbra sembravano perfette e un filo di barba coloriva il viso dell’uomo, i capelli erano corti e curati e un pizzico di grigio li abbelliva. Notò che indossava una giacca e una sciarpa rossa.
Doveva essere sui quaranta, ma Felicity si ritrovò a pensare che fosse bello.
Notò poi il suo profumo. Era penetrante, nulla a che vedere con quella di Oliver, ma pur sempre molto buono. Registrò una strana forma di calore sulla sua guancia e Felicity capì che doveva essere la mano dell’uomo. Vide la bocca del suo salvatore muoversi, ma la donna non capì una parola.
Riuscì a capire solo “polizia”. Felicity sobbalzò, cercando di muoversi, ma la gamba le sparò un dolore sordo, tanto da oscurarle la vista. “No, ti prego.” Riuscì a sussurrare questa preghiera.
Felicity non riusciva a capire se avesse fatto o meno la cosa giusta, ma sapeva che aveva appena messo la sua vita nelle mani di un perfetto sconosciuto.
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“Tra quanto pensi che si sveglierà?”
L’uomo aveva tolto la giacca e si era seduto accanto al corpo della donna ancora addormentata. Era così luminosa, così giovane e così bella. I suoi capelli erano sparsi sul cuscino in modo disordinato, il suo corpo aveva una posa piuttosto scomoda.
“Non lo so.”
La voce profonda dell’uomo risuonò nella stanza. E quello fu forse il motivo per cui Felicity iniziò a mugolare.
“Oliver..” I due uomini nella stanza si guardarono e una linea di comprensione passò tra i due. “Miss Smoak, il suo capo non è qui, mi dispiace.” Felicity spalancò gli occhi alla voce sconosciuta.
Si guardò intorno velocemente, non riconoscendo l’ambiente. Il suo viso fu invaso da un’espressione selvaggia, mentre una sensazione di panico di insinuava nel suo corpo di nuovo. Iniziò a respirare più velocemente e più affannosamente, ma Felicity non se ne accorse o almeno fino a quando una grande mano calda afferrò la sua.
Felicity portò immediatamente i suoi occhi sull’uomo che l’aveva appena afferrata con una presa calma e confortata. Era un ricordo confuso, ma quegli occhi erano stati marchiati nella sua mente. “Respira, ok? Va tutto bene. Respira con me.”
Felicity non parlò, ma si ritrovò a fare ciò che gli veniva chiesto incapace di staccare gli occhi da lui. Improvvisamente tutta la situazione tornò alla normalità e la donna divenne presto consapevole della vicenda. Non sapeva chi erano quei due uomini e se potesse fidarsi di loro, ma sapeva che aveva bisogno di chiamare Oliver, sapere se erano ancora vivi.
Tirò via la sua mano da quella dell’uomo accanto a lui, provando uno strano senso di freddo. “Chi siete? Dove sono?” Felicity osservò i cambiamenti che avvennero nei due uomini. Quello al suo fianco si appoggiò allo schienale della sedia pesantemente, mentre i suoi lineamenti si indurirono, ricordandole vagamente Oliver. L’altro invece era tutta un’altra storia.
Era leggermente zoppicante, aveva occhiali spessi, capelli disordinati e un’aria sapiente. Fu lui a risponderle. “Siamo qui per aiutarla, miss Smoak. Lei era ed è in pericolo.” Felicity li guardò con attenzione.
“Questo non risponde alle mie domande”. La donna si sentì fiera di se stessa. Era riuscita a mascherare l’ansia che provava. Vide il suo salvatore osservarla. Oh, si, nella sua mente questo era il suo nome.
Scosse la testa e sorrise all’altro uomo. “Lui è il sig. Finch e io sono John Reese. Lavoriamo per un’agenzia di investigazione privata e stavamo seguendo quegli uomini per conto di un altro cliente.”
La sua voce era più piacevole di quanto non ricordasse. Felicity annuì, mentre i suoi neuroni collegavano velocemente. Quella era una balla bella e buona, niente di più. “Io credo che debba ringraziarvi. Voglio dire tu mi hai salvato la vita e posso assicurarti che non eri niente male come salvatore e penso che tu eri a guardargli le spalle, giusto? Non perché io dovrei sapere come funzione, perché io proprio non so come vanno queste cose. Io quindi vi dico grazie, anche della benda alla coscia e per le aspirine, anche se non sono come quelle di Digg.”
Felicity poteva vedere la sorpresa e lo sconcerto per il fiume di parole che era appena uscito dalla sua bocca. Arrossì violentemente. “Oh Dio, perché non riesco a stare zitta. Quello che volevo dire è che vi ringrazio molto, ma ora vorrei tornare a casa.”
John aveva un largo sorriso sulle labbra, mentre Finch guardava la ragazza come un raro esemplare di qualche specie in estinzione. Reese si rese conto che quella descrizione non era poi così lontana dalla realtà. Era molto sicuramente bella, i capelli splendenti, gli occhi oscillavano tra il verde e l’azzurro, mentre le sue labbra carnose sembravano invitanti. Non era il suo tipo. Amava donne forti, mature, il più delle volte l’incarnazione dell’astuzia, ma quella ragazza aveva qualcosa di particolare. Sembrava essere una ventata d’aria fresca, la sua innocenza rimbalzava nei suoi lineamenti, eppure poteva benissimo vedere che non era così ingenua come poteva far credere. Non aveva di certo creduto alla storia che gli aveva rifilato e stava cercando informazioni per andarsene. Era.. interessante.
“Non credo sia una buona idea. Lei è ancora in pericolo.” Finch la osservava con curiosità, mentre Felicity tirò nervosamente i suoi occhiali più vicino ai suoi occhi. “Si fidi di me. Ho qualcuno che mi guarda le spalle. Devo solo tornare al mio albergo.”
Una ventata di riconoscimento passò sul viso dei due uomini e Felicity capì che entrambi conoscevano l’identità di Oliver e la sua. “Non credo sia possibile.” John ripetè le stesse parole del compagno e la donna provò un leggero senso di fastidio.
“Devo considerarmi in ostaggio?” Il suo tono era infastidito e Finch scosse la testa. “Miss Smoak, lei è libera di andare se vuole, ma posso assicurarle che il suo amico non sarebbe in grado di proteggerla al momento. Credo abbia qualche problema da risolvere per se stesso.”
Gli occhi di Felicity si allargarono e un senso di panico la avvolse. Cose diavolo era successo? Sentì le lacrime premere nei suoi occhi. Vide John rivolgere uno sguardo di rimprovero al compagno. “Che cosa è successo?”
La voce della donna era tremolante. Finch le versò un bicchiere d’acqua. “Non si preoccupi. I suoi amici sono tutti interi, ma non in ottime condizioni.”
Felicity si mosse nervosamente. “Devo chiamarli.” John scosse la testa. “Non se ne parla. Non con il tuo telefono.” La donna lo fulminò. “Allora datemi il vostro. Sentite, vi sono grata, ma ho davvero bisogno di andarmene e voi non dovete in alcun modo avvicinarvi al mio amico, come lo chiamate, perché scommetto che ora come ora non è molto felice con voi.”
John scoppiò a ridere, mentre Felicity si trovò persa. “Sig.na Smoak, i casi sono due. O lei sottovaluta il nostro John o sopravvaluta il famoso Arrow, ma le assicuro che non sarebbe poi così minaccioso come crede.”
La donna si trovò a dare un’occhiata attenta a John. Anche se era seduto, riuscì a capire che doveva essere molto alto. La camicia bianca lasciava intravedere un corpo tonico e muscoloso. Le spalle erano dritte e rigide. Felicity pensò immediatamente a Diggle. La loro postura era più simile di quanto non avesse realizzato. Sembrava costantemente attento a ciò che aveva intorno e l’aveva visto fare una cosa che Oliver era solito fare costantemente. Controllare le vie di fuga. Intravide anche la pistola suo fianco.
Doveva essere un ex militare o qualcosa di molto simile. Ciò che però era come una calamita per lei erano gli occhi di nuovo. Erano profondi e tristi allo stesso tempo. Quell’uomo aveva sofferto e visto cose che avevano evidentemente segnato la sua anima. Per un attimo Felicity, si perse nel suo sguardo e sentì quasi il bisogno di avvicinarsi a lui.
Stava per passare all’altro tizio, non riuscendo a comprendere quello strano duo, ma fu interrotta da un suono proveniente dall’altra stanza. Sembrava un computer. Felicity sorrise interiormente.
I due uomini si guardarono e John fece un leggero segno con il capo. Finch si allontanò in silenzio, lasciandola con il suo salvatore. “Miss Smoak..”
“Felicity.” John le sorrise delicatamente. “Felicity, so che non sai chi siamo, ma possiamo aiutarti.  Aiutarvi. Abbiamo scoperto del traffico di organi e conosciamo perfettamente cosa fate tu, il sig. Queen e la vostra squadra, nonostante siate arrivati qui sotto falso nome. Devi credermi se ti dico che siamo più simili di quanto tu possa pensare. Non vogliamo farti del male, ok?”
Felicity si mise a sedere, facendo attenzione alla gamba dolorante.
“Non posso saperlo.”
John sorrise. “Ti tengo d’occhio da quando siete arrivati.” La donna spalancò la bocca. “Eri tu allora. Non sono pazza.” L’uomo scosse la testa. “No, non sei pazza. Quello che voglio farti capire è che avrei potuto farti del male in qualunque momento se avessi voluto, ma non è quello il mio scopo. Voglio solo proteggerti.”
Felicity si trovò senza parole. Sentiva convinzione e determinazione nelle parole di quello sconosciuto.
“Ma tu chi sei? Perché dovresti farlo?”
John le sorrise e si alzò, preparandosi ad uscire dalla stanza.
“Perché sei una mia responsabilità da quando hai messo piede in questa città. Tra qualche minuto potrai chiamare i tuoi amici.”
E con questo se ne andò dalla stanza.




P.s. eccomiiiiii.. questo è il mio primo cross-over, quindi mi scuso se viene fuori una schifezza.. ogni consiglio o critica è ben accetta..
aspetto i vostri giudizi.. :D
ho iniziato a seguire person of interest solo da poco, ma tanto è bastato per innamorarmi di John reese.. quell'uomo è veramente affascinante..
e come evitare di farlo incontrare con Arrow? impossibile..
spero vi sia piaciuto e che altri come me seguano queste due serie..
fatemi sapereee.. :D

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Capitolo 2
*** capitolo 2 ***


Felicity si guardò in giro. Sembrava una casa molto simile al palazzo di Oliver, solo molto più cupo. C’erano libri ovunque e il letto in cui si trovava doveva essere un’organizzazione di fortuna. Nonostante le parole di quell’uomo l’avesse destabilizzata, Felicity non era disposta a rinunciare.
Si alzò a fatica, sentendo un dolore acuto estendersi in tutta la gamba. Dovette inspirare faticosamente, ma riuscì a fare qualche passo. Raggiunse la porta e sentì la voce dei due uomini nella stanza accanto. Sentì anche il rumore di un computer.
Decise di aprire con delicatezza la porta. Ringraziò un qualche dio per non aver fatto rumore.
Gli occhi di Felicity individuarono i due uomini davanti ad una parete di vetro a discutere di alcune foto. Riconobbe uno degli uomini che la sera prima l’avevano aggredita. Spostò lo sguardo e vide il suo obiettivo. Il computer.
Tuttavia, rimase impressionata. Era un processore estremamente potente e costoso. Chiunque fossero quei dovevano avere mezzi in abbondanza. Diede un’occhiata allo schermo e notò una serie di ricerche in attività. Riuscì a riconoscere il sistema utilizzato. Quello che però attirò la sua attenzione era un altro schermo.
Felicity rimase senza fiato e non riuscì ad evitare di fare un paio di passi in avanti, raggiungendo il monitor.
I due uomini non la notarono o per lo meno fino a quando la sua bocca non la tradì. “OH-MIO-DIO”.
Gli altri due occupanti si voltarono di scatto. Finch sembrava inorridito, mentre John sembrava cercare la presenza di qualche intruso.
“Che diavolo stai facendo qui?” Felicity non rispose alla domanda di John, ma tenne i suoi occhi su Finch.
“Io so chi sei tu. Tu sei Harold Finch, primo laureato al MIT nel tuo corso, un genio assoluto. E io ho letto di questa macchina.. tu riesci a prevedere qualunque attacco terroristico, non è vero? Con i numeri di previdenza sociale?”
L’espressione di John era totalmente confusa, mentre Finch la guardava con curiosità.
“Coma fa a saperlo?” Felicity sorrise imbarazzata. “Potrei aver inciso casualmente alcuni sistemi del governo e mi sono imbattuta in questo.”
L’ex militare sgranò gli occhi, mentre Finch era impressionato. Felicity diede un’altra occhiata alla macchina e notò qualcosa di strano. “Un attimo, voi non state cercando attentati, voi prevedete qualunque tipo di reato, non è vero? Quindi lui è la testa e lui il braccio? Oh mio dio , è semplicemente geniale.”
La voce di Felicity trasudava di eccitazione, mentre John sembrava indignato. “Ehi, lui è il supporto tecnico, non puoi dire che lui è la mente.” Finch e Felicity gli rifilarono un’occhiata arrabbiata. “Va bene, va bene, ho capito. Sono in inferiorità numerica.” John si sedette su una sedia e lasciò che il suo compagno sbrigasse la situazione.
“Sa, credo di averla sottovalutata miss Smoak. Sapevo che lei era la mente di Arrow e sapevo anche di alcune performance niente male, ma vedo che lei ha doti eccellenti.” Felicity arrossì.
“E’ un onore detto da lei.”
John scosse la testa. “Finch credo che tu abbia appena trovato un essere umano che ti idolatra. Credevo di non poter vivere abbastanza a lungo per vedere questo giorno.”
L’uomo con gli occhiali lo ignorò. “Sig. Reese credo che dovremmo aggiornare la nostra ospite della situazione.”
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“Ora che sai tutta la storia, starai qui fino a quando non risolvo tutta la faccenda?”
John chiese con pazienza. Felicity annuì. “Va bene, ma devo chiamare Oliver. Avete dei comms? Potrei così tenermi in contatto con loro.” Finch annuì. “Sarò io a portarglieli miss. Smoak, lei rimanga qui con Reese.”
John guardò il compagno. “Sei sicuro?” Harold annuì e scomparve.
Reese afferrò il telefono e glielo porse. Felicity lo guardò e una leggera scarica elettrica attraversò la pelle quando le loro mani si sfiorarono. No, questo era sbagliato, si disse.
Il telefono fece a malapena un paio di squilli che la voce di Oliver giunse con prepotenza. Era in vivavoce.
“Oliver, sono Felicity.” La voce tremò leggermente. “Ehy, dove sei? Stai bene? Cosa diavolo è successo?”
La preoccupazione trasudava in ogni sillaba e Feliciy sentì il suo cuore stringersi leggermente. “Oliver sto bene. È una storia lunga ok?”
E finì con il raccontargli ogni singolo evento. Non mancò la minaccia ben poco velata contro Reese, ma Oliver sembrò quasi grato quando seppe che Felicity sarebbe stata in buone mani. Istituirono un collegamento video e i comms erano giunti a destinazione. “Qui ci sono apparecchiature molto più avanzate Oliver, li troveremo e potrete risolvere questa situazione.”
“Io risolverò la situazione.” La voce John arrivò per la prima volta e Oliver grugnì nervosamente. “Non se ne parla.” Felicity sospirò. “Creo che se evitiate di fare gli uomini di Neanderthal, riuscirete a collaborare e magari ottenere qualche risultato.” Oliver sospirò. “Non mi fido di lui, Felicity.” La donna scosse la testa.
“Lo so, ma non abbiamo altra scelta.” Oliver la studiò dalla web cam e decise di affidarsi a lei.
“Sei sicura di stare bene? Posso venire e prenderti immediatamente” Felicity sorrise e provò ormai la familiare sensazione di calore accendersi nel suo petto. “No, Oliver, sarei solo una passività lì e inoltre qui so come aiutarvi. E poi John si prenderà cura di me, almeno spero.”
Reese sorrise e annuì, ma non perse come la mascella di Oliver si strinse dolorosamente.
“Stai attenta.” Felicity sorrise. “Anche voi, cercate di non farvi uccidere, ok?”
Il collegamento si spense e la donna chiuse gli occhi per un secondo, lasciando che le sensazioni di quella  giornata scivolassero a pieno su di lei. John la osservò con attenzione.
“Ehy, va tutto bene?” Felicity sorrise stancamente, ma annuì.
“Si, solo un po’ frastornata, credo.”
John si alzò e si avvicinò verso la finestra. “Così, cosa porta una ragazza con un quoziente intellettivo e capacità straordinarie ad aiutare un vigilante in calzamaglia?” Un leggero suono di derisione pervadeva quella parole, ma Felicity decise di ignorarlo.
“Potrei allora chiedere cosa porta un ex militare o qualunque cosa tu fossi ad aiutare un genio informatico?” Vide come John si voltò di scatto verso di lei. “Come lo sai?”
Felicity sorrise. “La tua postura e quella cosa che fai ogni volta che entri in una stanza. Cerchi vie d’uscita e possibili minacce.”
John rimase inespressivo, ma fu colpito da quella capacità di osservazione di quella ragazza. “Non hai risposto alla mia prima domanda.”
Felicity gli sparò uno sguardo sospettoso. Avrebbe voluto dirgli che era non era l’unica a non averlo fatto, ma non lo fece. Non seppe il motivo, ma decise di rispondere. Abbassò lo sguardo e giocherellò con il bordo della sua maglietta.
“Credo che arrivi un momento nella vita in cui si ha bisogno di uno scopo. Io penso di aver trovato il mio.”
John non parlò, ma sentì perfettamente la tristezza dietro a quelle parole. Quella ragazza era molto di più di ciò che appariva. I loro occhi si incontrarono e nessuno dei due riuscì a fuggire da quel contatto invisibile.
Il telefono dell’uomo squillò e il momento se ne andò silenziosamente così come era venuto.
“Ehy, Finch, tutto bene?”
“Credo che abbiamo un problema sig. Reese.”



p.s. ritardo imperdonabile.. :D scusatemi, ma spero che a qualcuno continui a interessare l'esperimento. spero mi facciate sapere cosa ne pensate ed eventuali critiche o consigli sono ben accetti..
grazie e un bacione a tutti..

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