Brotherhood - cronache di vita Malandrina

di sihu
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Perdita ***
Capitolo 2: *** La morte del traditore ***
Capitolo 3: *** La partenza ***
Capitolo 4: *** Cerimonia di smistamento ***
Capitolo 5: *** Al piano di sopra ***
Capitolo 6: *** Primo anno ***
Capitolo 7: *** Secondo anno ***
Capitolo 8: *** Rivelazioni ***
Capitolo 9: *** Spiegazioni ***
Capitolo 10: *** Tornando a scuola ***
Capitolo 11: *** In treno ***



Capitolo 1
*** Perdita ***


ANGOLO DELL'AUTRICE

A causa di alcuni refusi ho cancellato e ricaricato la storia, chiedo scusa. Spero che vi fermiate a leggere questo primo capitolo per aiutarmi a capire se secondo voi vale la pena pubblicare anche il seguito. :)


CAPITOLO 1

PERDITA

1 Novembre 1981.

La casa sulla piccola collina a pochi passi dal centro di Godrig’s Hollow non era mai stata così silenziosa e lugubre prima di quel giorno. Fino a quel momento c’erano state giornate buone, fatte di scherzi e di giochi infiniti, giornate meno buone e giornate brutte, ma mai come quella. Era pieno giorno, il sole era già alto ed entrava dalla vetrata del salotto illuminando la stanza, ma nessuno sembrava avere voglia di notarlo. Solo nella stanza, Steve guardava suo nipote Harry, profondamente addormentato nella sua culla. Guardando il piccolo, con il suo sguardo così angelico e beato, nessuno avrebbe potuto indovinare quale tragedia si era consumata la notte precedente. Intorno al bimbo c’erano i suoi adorati pupazzi tra cui spiccavano un cane, un cervo e un paio di lupi. Del topo non c’era più traccia, Sirius lo aveva portato via sperando di fare sparire insieme a lui anche il traditore che raffigurava e tutto il male che aveva fatto la notte precedente. Nessuno di loro aveva cercato di fermare Sirius, o lo aveva seguito per assicurarsi che non commettesse sciocchezze. Non ne avevano la forza. Steve si riscosse dai pensieri e tornò a fissare Harry. Ogni tanto il piccolo muoveva una manina ed emetteva un versetto, senza aprire gli occhi. Forse stava sognando. Steve lo guardava assorto, chiedendosi che cosa stesse provando in quel momento. 

Ad un anno si soffre quando si perde un genitore? Lo si può ricordare? 

Quella domanda gli rimbombava in testa da ore, da quando aveva saputo che suo fratello era morto. Gli sembrava ancora così irreale, assurdo. 

Come si può morire a poco più di vent’anni quando hai un bimbo così piccolo e ancora così tanti progetti? 

Steve sapeva da un bel pezzo che il mondo non era giusto, ma la notte prima ogni sua speranza nel futuro era andata in frantumi proprio in quella stessa casa, a pochi passi dal divano su cui lui era seduto da ore. 

Harry si sarebbe ricordato di suo padre una volta cresciuto o sarebbe stato solo un ricordo vago e sfuocato tra i tanti? Sarebbe stato fiero di lui oppure se ne sarebbe vergognato?

Le riflessioni del ragazzo vennero interrotte dal rumore della porta che si apriva piano, cigolando. James negli ultimi mesi non faceva che ripetere che doveva oliarla, evidentemente non aveva fatto in tempo a farlo. Steve alzò appena la testa, quel tanto che bastava per scorgere un ragazzo dai capelli chiari, indeciso se entrare o meno. Dopo qualche istante di tentennamento, e senza dire nulla, il nuovo entrato di portò vicino a Steve e si lasciò cadere al suo fianco sul divano, sempre in silenzio. I due ragazzi rimasero per un po’ seduti vicini senza parlarsi, cercando di darsi forza a vicenda.

- Come stai? -

Chiese Remus a Steve, sorridendo appena al piccolo Harry che aveva aperto un occhio per via del rumore della porta e poi era tornato a dormire come se nulla fosse.

- Come vuoi che stia? - 

Rispose stancamente Steve alzando le spalle. Non gli andava di parlare, ma apprezzava la presenza dell’amico al suo fianco. Era confortante sapere che era lì per lui, per aiutarlo, ma allo stesso tempo Steve era ancora abbastanza lucido da sapere che nulla poteva riportare indietro James. Era arrivato troppo tardi, non aveva fatto in tempo a fare nulla per il fratello.

- Scusa, ho fatto una domanda idiota. -  

Mormorò Remus guardando il pavimento, imbarazzato. Steve nel frattempo aveva preso a camminare nervosamente per la stanza, sembrava un’anima in pena. Remus si mise paziente ad aspettare che l’amico si decidesse a dire qualcosa e a sfogarsi almeno un po’. Da quando avevano trovato James morto Steve non aveva avuto nessuna reazione, sembrava morto anche lui. Non aveva urlato, né pianto, né aveva giurato vendetta o aveva fatto cose avventate. L’esatto contrario di Sirius, che aveva perso la testa, e di Lily, che aveva speso tutte le sue lacrime sul corpo senza vita dell’uomo che amava. Steve si era chiuso in se stesso e aveva escluso tutti gli amici più cari dal suo dolore. Persino Remus.

- Vorrei solo svegliarmi e scoprire che non è vero. Dannazione. -  

Esclamò Steve, prendendo a pugni il divano, come se bastasse a cambiare le cose. Remus sospirò. Sapeva che l’amico sarebbe dovuto crollare prima o poi, era proprio per questo che era andato da lui.

- Sai, è tutta notte che mi chiedo se potevo fare qualcosa per evitare che James.. - 

Iniziò Remus, il suo tono di voce era triste. Negli ultimi tempi si erano visti poco a causa di quella dannata guerra, ma quelle poche volte che era capitato sembrava che il tempo non fosse passato e che loro fossero ancora i ragazzini spensierati che scorrazzavano per Hogwards. James era sempre il più allegro di tutti. Infondeva speranza anche quando sembrava tutto nero. Diceva spesso che un giorno tutto sarebbe finito e che le uniche lacrime che avrebbero versato sarebbero state sul binario nove e tre quarti, mentre il treno con i loro figli ed Eylin si allontanava verso il castello. Tutti loro sorridevano pensando a quel momento, certi che sarebbe arrivato prima o poi. Era sempre stato difficile dubitare di qualcosa che diceva James.

- Avrei dovuto insistere, essere io il loro custode segreto.. -

Aggiunse Steve, con fare colpevole. Era questo il suo pensiero fisso da quando aveva saputo di James e dell’attacco alla casa di Godrig’s Hollow. Probabilmente lo stesso che aveva anche Sirius. Entrambi non riuscivano a darsi pace del fatto che avevano permesso al proprio fratello ed alla sua famiglia di mettersi nelle mani del loro carnefice. Uno stupido codardo che li aveva venduti per farsi bello agli occhi del proprio padrone. 

- Steve, nessuno si aspettava che Peter fosse un mangiamorte. - 

Gli fece notare Remus, preoccupato per l’amico. Il topo era riuscito ad ingannarli senza che nessuno di loro dubitasse di nulla. 

- Se fossi venuto da loro ieri sera, forse avrei potuto fare qualcosa. - 

Continuò Steven, scuotendo la testa senza curarsi delle lacrime che scendevano a bagnare il suo viso. Le prime di quelle terribili ore. Non aveva versata nessuna quando aveva visto il corpo senza vita di suo fratello, ne quando aveva trovato Lily ed Harry nascosti sotto il letto spaventati e pallidi. Aveva tenuto duro, solo ora tutto sembrava essere diventato troppo anche per lui.

- Non era un mago normale, era Voldemort in persona. Non avresti potuto fare niente, forse solo Silente avrebbe potuto fare qualcosa. -

Cercò di farlo ragionare Remus. Persino in quella situazione riusciva ad essere razionale e a mantenere il controllo. 

- Almeno non avrei lasciato mio fratello solo. Avrei dovuto sentirlo che qualcosa non andava bene. -

Disse Steve, animato dalla forza della disperazione.

- Saresti solo morto insieme a lui. - 

Esclamò Remus, paziente.

- Remus, io sono morto lo stesso. -

Mormorò Steve guardando l’amico dritto negli occhi. Quello sguardo e quella frase tanto seria inquietarono Remus. Era vuoto, come senza vita. Per la prima volta da quando lo conosceva, Remus iniziò a temere che il suo migliore amico stesse per fare una sciocchezza che sarebbe servita solamente ad aggiungere altro dolore. 

- Lily? -

Chiese Steve dopo un po’, mettendo fine al silenzio interminabile ed imbarazzante che si era creato.

- Di là, con James.. Alla fine è crollata - 

Rispose Remus, alzando le spalle. Di nuovo tornò il silenzio. Nessuno parlava. 

- È incinta. -

Disse Steve dopo un po’, con un tono incolore.

- Cosa? -

Chiese Remus, allibito ed incredulo di quella rivelazione. Steve annuì, distratto. 

- Lily è incinta, aspetta un bambino. Me lo aveva detto James qualche settimana fa. Era così felice di diventare padre per la seconda volta. Non lo aveva ancora detto a nessuno, nemmeno ad Eilyn - 

Spiegò Steve stancamente, cercando di scacciare l’immagine della sorella dalla mente. Si sentiva un codardo, ma non aveva avuto il coraggio di dirle nulla. Aveva chiesto a Silente di occuparsene, scusandosi a testa bassa. Il vecchio preside aveva annuito, comprensivo. Di nuovo il pensiero di Steve tornò al fratello. Ricordava alla perfezione quando James gli aveva dato la notizia del bambino, sembrava passato un secoli invece erano solo un pugno di giorni. Steve era appena arrivato a casa Potter per una delle loro cene di famiglia ed era stato accolto dal fratello che lo aveva travolto come una furia, sembrava persino più esagitato del solito. Gli era saltato sulle spalle come faceva sempre e gli aveva passato un braccio intorno al collo, abbracciandolo a modo suo.

- Quando mi fai diventare zio? -

Aveva chiesto James, ridendo felice. Steve aveva alzato gli occhi al soffitto, seccato ed insieme divertito. Ogni volta che James tirava fuori quella questione era per prenderlo in giro per ore oppure per dirgli qualche grossa news.

- Non saprei, Jamie. Ricordi sempre che sono gay, vero? - 

Aveva risposto Steve, preso alla sprovvista da quella domanda, mentre sul suo viso si era allargato un sorriso identico a quello del fratello che nel frattempo lo aveva liberato dalla sua stretta e gli aveva permesso di sedersi sul divano dove Harry giocava con un pupazzo e guardava felice i due uomini.

- Mi stai dicendo che i mie due pargoli non avranno mai un cuginetto con cui giocare? -

Aveva esclamato James, fingendosi mortalmente offeso e prendendo Steve di sorpresa.

Quelle parole fecero perdere la calma a Remus.

- Non è giusto. Per colpa di quel verme un figlio non potrà mai conoscere suo padre! Vorrei ucciderlo con le mie mani! -

Urlò Remus. Chiunque lo avesse visto in quel momento non avrebbe lo avrebbe certamente riconosciuto. Non vi era traccia del candido e tranquillo Remus, sempre pronto a calmare gli amici ed invitarli a dialogare.

- A che servirebbe? Ci sarebbero due orfani lo stesso. - 

Rispose Steve, stanco e rassegnato. Era strano come la situazione si fosse ribaltata, ma adesso spettava a lui il compito di essere quello calmo e razionale mentre Remus dava i numeri come mai prima.

- Come fai ad essere così calmo? James era tuo fratello, dannazione! -

Esclamò Remus, cercando di provocare una reazione nell’amico.

- Te l’ho detto, sono morto anche io. Non provo più nessuna emozione. Non riesco nemmeno ad essere arrabbiato se non con me stesso. -

Rispose Steve, lasciandosi cadere all’indietro tra i cuscini del divano.

- Non fare pazzie. Devi andare avanti, devi farlo per tutti. Per Lily, per Harry, per il piccolino in arrivo, per Eilyn, per Sirius e per me. - 

Disse Remus, severo. Non poteva permettere che Steve si buttasse giù e smettesse di vivere. Questo James non lo avrebbe di certo voluto. A quelle parole avrebbe preso il fratello per le orecchie e lo avrebbe scosso fino a che questi non avesse ripreso a ragionare.

- Hai ancora Eilyn, ha solo te adesso al mondo. –

Continuò Remus, il viso arrossato dall’agitazione e dalla rabbia che lo scuoteva.

- Non cominciare con una delle tue prediche. - 

Lo ammonì Steve, sbuffando. Sentire il nome della sorella buttato lì per caso in una frase gli faceva male. Forse a quel punto della giornata aveva già saputo e di sicuro si era nascosta da qualche parte a piangere. Lo faceva sempre, Eilyn. Fingeva di essere forte, poi piangeva da sola nel buio della sua stanza facendo in modo che nessuno potesse vederla.

- Sta zitto, sono il tuo migliore amico e ti faccio tutte le prediche di cui hai bisogno. - 

Rispose Remus, deciso. 

Steve alzò gli occhi al cielo, rassegnato, ma proprio in quel momento una fenice fece irruzione nella stanza portando le parole di Albus Silente.

- Mi spiace turbarvi, ma Sirius Black ha perso la ragione e sta minacciando di uccidere Peter Minus. Gli auror stanno andando ad arrestarlo, pensano che sia lui il traditore che ha causato la morte di James.. -  

Disse il patronus del vecchio preside, riassumendo in poche righe quella che aveva tutta l’aria di essere una tragedia imminente. Quelle parole ebbero il potere di far riscuotere Steve dal torpore in cui era caduto.

- Andiamo, sbrigati. - 

Disse deciso, alzandosi in piedi e trascinando l’amico per un braccio verso la porta. 

- Aspetta Steve, Harry.. Lily dorme, non possiamo lasciarlo qui da solo. - 

Cercò di obiettare Remus, indicando il piccolo ancora profondamente addormentato. Stephen in risposta gli lanciò uno sguardo che lasciava trasparire tutta la rabbia che provava in quel momento.

- Lily è nell’altra stanza. Non possiamo nemmeno lasciare che arrestino Sirius per qualcosa che ha commesso Peter. Dannazione, ucciderò quel dannato topo con le mie mani. - Esclamò deciso Steve. Remus guardò l’amico con un espressione sorpresa.

- Come? Mica eri tu quello che sosteneva che la vendetta era inutile e che eri talmente depresso da non avere più reazioni? - 

Chiese Remus, stupido dal repentino cambio di umore del migliore amico. 

- Dicevo cazzate. Quel traditore è responsabile della morte di mio fratello, deve morire. - 

Rispose Steve, deciso a prendersi la sua vendetta. 

- Te l’ha mai detto nessuno che sei bipolare? - 

Chiese Remus, grattandosi perplesso un orecchio.

- Si, tu. Spesso anche. - 

Rispose l’altro distratto, troppo concentrato su Peter per pensare ad altro. Peter era il responsabile della morte di James, non poteva permettergli di scappare e gettare la colpa su Sirius. Aveva già perso un fratello solo qualche ora prima e non voleva perderne un secondo a causa di un topo fifone e di qualche auror confuso.

I due ragazzi si materializzarono in una grande piazza, piena di gente che guardava, curiosa e spaventata allo stesso tempo. Il servizio di sicurezza mandato lì dal ministero stava provando ad allontanarli ma loro non volevano saperne, troppo morbosamente impiccioni per perdersi la fine di una tragedia di quella portata. 

Sirius e Peter si trovavano uno di fronte all’altro. Sirius era disperato e deciso a vendicare il suo migliore amico, non aveva più nulla da perdere. Peter tremava, terrorizzato. Conosceva abbastanza Sirius per sapere che non gliene importava di morire, ma solo di vendicare la morte di James. 

Intorno a loro un’intera squadra di auror, pronta ad intervenire contro Sirius non appena questi avesse attaccato Peter. Nessuno sospettava che l’assassino era l’altro, ma a questo Sirius non badava. Potevano fare quello che volevano, anche rinchiuderlo in prigione e buttare via la chiave, ma prima avrebbe ucciso Peter. Questa era la sua priorità al momento. Quello sporco traditore doveva pagare per le sue colpe.

Steve e Remus non ci pensarono due volte. Steve si precipitò da Sirius e lo trascinò via mentre Remus impediva agli auror di colpire i due ragazzi. Gli auror sembrarono sorpresi di vedere Steve che aiutava Sirius, impedendogli di farsi ammazzare.

- Remus, dannazione, che stai facendo? - 

Chiese Malocchio Moody, infastidito per quell’interruzione.

- Togliti da lì, stai ostacolando una missione auror. - 

Disse un altro auror, con la bacchetta puntata addosso a Sirius e a Steve. Remus scosse la testa, deciso, mentre Steve non aveva la minima intenzione di spostarsi.

- No, vi sto impedendo di colpire un innocente. - 

Rispose Remus, tranquillo, restando fermo sulla sua posizione.

- Remus stai proteggendo un assassino. - 

Cercò di farlo ragionare Frank Paciok, paziente come suo solito. Steve si voltò, sorpreso di trovare Frank in mezzo a quel gruppo di auror. Avrebbe voluto chiedergli quando era tornato in servizio e se le sue ferite erano guarite del tutto, ma si trattenne. Non era decisamente la situazione migliore per parlare.

- L’unico assassino qui è Peter, Sirius è innocente! - 

Urlò Remus, puntando a sua volta la bacchetta contro Peter Minus che aveva provato a scappare approfittando della confusione.

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Capitolo 2
*** La morte del traditore ***


CAPITOLO 2

LA MORTE DEL TRADITORE

1 Novembre 1981.

Ai passanti, babbani o maghi che fossero, la situazione cominciava a sembrare ancora più attraente del previsto. Se prima c’era solo una strana discussione tra maghi - ai loro occhi gente strana vestita in modo bizzarro - che poteva sfociare in tragedia, ora sembrava quasi di essere finiti nella trama di una soap oper. C’era proprio tutto: azione, amicizie, delitti e innocenti che diventavano colpevoli. Moody sospirò, infastidito, decisamente tutti quei curiosi non si sarebbero tolti dai piedi tanto presto anche a costo di farsi male. Nonostante il suo compito fosse quello di proteggerli, Alastor meditò a lungo se tramortirli tutti lui stesso. L’unica cosa che lo trattenne fu il pensiero della predica che gli avrebbe rivolto il capo degli auror, l’ennesima quella settimana. 

- Che diamine stai dicendo Remus? - 

Chiese Malocchio, guardandosi intorno senza capire che stava succedendo. Da una parte c’era Peter Minus, piccolo, insignificante e terrorizzato, dall’altra Sirius e Steve davanti ai quali si parava Remus. Intorno a loro, un numero impressionante di maghi confusi che si chiedeva chi fosse il responsabile e chi invece avesse semplicemente perso la testa a causa della tragedia della notte precedente.

- Non dategli retta, è sconvolto. Tutti lo siamo, Sirius ha tradito il suo migliore amico! Ha ucciso James! - 

Biascicò Peter nell’estremo tentativo di salvarsi. 

- No, sarei morto piuttosto! - 

Esclamò deciso Sirius, trattenuto a forza da Steve. Non gli importava nulla delle conseguenze, la voglia di spaccare la faccia a Peter era troppo forte. Lo avrebbe affrontato anche senza bacchetta, a mani nude. Steve dovette intuire il desiderio dell’amico, perché strinse più forte la presa intorno alle sue spalle.

- Sirius, sta calmo. Andiamo a casa, qui ci pensa Remus. - 

Mormorò Steve dolcemente, prima di materializzarsi a casa Potter. L’intero battaglione auror alzò la bacchetta per impedire loro di fuggire ma ancora una volta Remus si mise in mezzo, obbligandoli a fermarsi.

- Spero ci sia una ragione valida, Remus. Hai permesso che scappassero! - 

Urlò Frank, furente per la rabbia, mentre Malocchio studiava la situazione pensieroso. 

- Andiamo Frank, usa il cervello, se Sirius fosse il vero responsabile pensi che Steve lo avrebbe difeso a quel modo? - 

Fece notare Malocchio seccato, passando velocemente lo sguardo da Frank a Remus. Quelle parole diedero a Remus un po’ di speranza, forse anche Malocchio iniziava a credere loro, o perlomeno iniziata a dubitare della versione di Peter Minus.

- Si, ma.. - 

Provò a obiettare Frank. Ultimamente la sua vita si era ridotta ad arrestare mangiamorte, tutto il resto era passato in secondo piano. Vedeva poco anche suo figlio, il suo piccolo Neville. Tutto quello che voleva era vendicare Alice e fare in modo che quella stupida guerra finisse una volta per tutte. Basta morti inutili, basta tragedie, basta vite spezzate.

- Sta zitto! Avanti ragazzo, parla. -  

Lo interruppe Malocchio, facendo segno a Remus di spiegarsi. 

- Il custode segreto dei Potter, era Peter. - 

Disse Remus, mentre nella grande piazza cadeva un silenzio irreale.

- No, aspettate.. Non è vero! Tutti sapevano che era Sirius.. - 

Esclamò Peter, terrorizzato. Ora più che mai era chiaro che l’ora della verità era arrivato. Non poteva più mentire, ne sperare che il Signore Oscuro venisse in suo soccorso. Era solo, i mangiamorte gli avevano voltato le spalle ed i suoi vecchi amici lo volevano morto.

- Ha ragione lui Remus, è stato Silente in persona a dircelo. - 

Fece notare Frank, dopo averci riflettuto per un po‘ sopra. La situazione era paradossale. Da una parte Remus che non aveva mai mentito in vita sua e che accusava Peter, dall’altra Peter che si difendeva accusando a sua volta Sirius. A Frank non sembravano le stesse persone che fino a qualche mese prima erano gli inseparabili malandrini di Hogwarts. Quella dannatissima guerra aveva mischiato le carte, distruggendo amicizie e rivoltandoli gli uno contro gli altri.

- Prima che i piani cambiassero. Sirius pensava che fosse scontato scegliere lui o Steve, così ha proposto Peter. Avrebbe depistato i mangiamorte.. -  

Spiegò Remus tristemente. Raccontò loro ogni cosa, di come Lily aveva obiettato che era molto meglio scegliere Steve o Sirius e di come entrambi erano stati concordi nel dire che scegliere Peter avrebbe depistato tutti quanti. 

- Silente lo sapeva? - 

Chiese Malocchio, fissando intensamente Remus con il suo occhio magico.

- Lo ha informato Lily ieri sera. - 

Rispose Remus, abbassando la testa. 

- È stato lui! - 

Esclamò Frank, allibito e sconvolto, puntando il dito contro Peter Minus. Per colpa di uno sporco traditore aveva perso un altro amico, l‘ennesimo in pochi giorni e l‘ultimo di una lunga lista da quando quell‘assurda guerra di era fatta più cruenta. Loro stavano solo difendendo il loro diritto a vivere tranquilli e crescere i propri figli un mondo libero da pregiudizi, ma fino a quel momento non avevano ottenuto nulla. Avevano solo pagato un prezzo altissimo. Prima Alice, adesso James. Gli ultimi due nomi di una lunga lista di vittime.

Nel frattempo Peter non si era mosso. Il ragazzo appariva ancora spaventato di prima. Quando aveva visto Sirius aveva pensato che poteva sfuggirgli e fare ricadere la colpa su di lui, ma ora era chiaro che non esistevano vie di fuga. Loro sapevano la verità, questo voleva dire che lui era finito.

Tutti i presenti si voltarono verso Peter, pieni di disprezzo. Si erano sempre fidati di lui, avrebbero dato la vita per lui, tutti quanti, invece lui li aveva traditi vendendoli come cani.

- Sei tu il traditore! - 

Concluse Malocchio, calmo. In pochi istanti tutti puntarono la bacchetta su Peter, solo Remus rimase fermo senza fare nulla. Improvvisamente non gli importava più di essere lui ad ucciderlo, voleva solo che uscisse dalle loro vite. 

- Aspettate, lasciatemi spiegare.. Remus, sono tuo amico. Devi aiutarmi. - 

Implorò Peter, buttandosi in ginocchio ai suoi piedi.

Remus alzò lo sguardo su quello che una volta era stato un suo amico e provò solo un incredibile disgusto, nient‘altro.

 - Lo chiami Amico.. Che valore ha per te l’amicizia? - 

Chiese Frank, il volto distorto dalla rabbia. Era stato vicino ad uccidere un innocente, un suo amico, Sirius, ed invece l’unico colpevole era quel codardo di Peter che stava per farla franca se non fosse stato per Remus. Era disgustato da se stesso, ma ancora di più dal comportamento di Peter.

- Hai ucciso James! -  

Esclamò Remus, sconvolto dalle sue stesse parole. James era morto, ed era stato uno dei suoi migliori amici ad ucciderlo. Dirlo ad alta voce lo rendeva assurdamente vero, ancora più orrendo di quanto pareva qualche istante prima. 

- Non avevo altra scelta, era troppo forte.. Come potevo oppormi a lui? - 

Chiese Peter, piangendo tutte le sue lacrime. Aveva fatto la scelta sbagliata ed ora era vicino a pagarne le conseguenze. Ormai non c’era più nessuno che potesse difenderlo. 

- Hai ucciso il tuo migliore amico e dici che non avevi scelta? Sai che Lily è incinta? Sai che c’è un bambino che non conoscerà mai suo padre e Harry forse neppure ricorderà il suo viso? Sai che Eilyn adesso ha perso anche un fratello, oltre che i suoi genitori?-” 

Esclamò Remus, rosso in viso. La rabbia si era di nuovo impossessata di lui. Frank a quelle parole si fece ancora più rosso in viso dalla rabbia. Gli sembrava di rivivere il suo dramma. Ormai non tratteneva quasi più la voglia di torturare Peter fino alla morte.

- Mi dispiace.. Non volevo andasse così.. Doveva prendere solo il bambino.. - 

Cercò di giustificarsi Peter. Quelle parole fecero arrabbiare ancora di più Remus e fecero perdere la pazienza a tutti i presenti, in particolare Frank. Le parole di Peter erano i deliri insensati di un pazzo che cercava ad ogni costo di salvarsi la vita. 

Come potevano non essersi accorti prima di quanto era codardo e falso Peter?

- Pensavi davvero che James e Lily non avrebbero protetto loro figlio a costo della loro vita? Avresti lasciato morire un bambino di un anno solo per salvarti la pelle, senza fare niente? - 

Esclamò Remus, urlando come non aveva mai fatto in vita sua.

- Remus, aiutami.. - 

Implorò di nuovo Peter, strisciando in ginocchio davanti a lui. Remus distolse lo sguardo.

- No, Peter. Per me sei morto.. - 

Rispose, allontanandosi di qualche passo. Non voleva essere lui a decidere il destino di Peter, ma non gli importava nemmeno di quello che sarebbe stato di lui. Era certo che gli auror non sarebbero stati teneri, non dopo che lui aveva ucciso uno dei loro. 

- Non voglio andare ad Azkaban.. Ho paura! - 

Urlò Peter, terrorizzato. Il viso si fece pallido e spiritato al pensiero dei dissennatori che sorvegliavano l’immensa prigione. 

- Tranquillo Minus, non andrai da nessuna parte. - 

Mormorò Malocchio, tranquillo. Remus si voltò a fissare il vecchio auror, immaginando cosa volesse dire con quelle parole.

- Grazie signor Moody, lei è davvero gentile.. - 

Ringraziò Peter, illudendosi di averla scampata. 

- Prego Peter. Ragazzi, uccidetelo! - 

Rispose Malocchio, deciso.

Successe tutto in un attimo, Peter iniziò ad urlare e a cercare di divincolarsi ma gli auror furono più veloci. Presero la mira e non sbagliarono il colpo. Remus era voltato di spalle ma poteva quasi essere sicuro che fosse stato Frank ad abbatterlo.

Le urla di Peter rimasero impresse nella mente di Remus mentre si materializzava a casa Potter. Quando entrò in salotto gli sembrava di sentirle ancora risuonare nella sua testa. Non riusciva a provare pena per l’orribile fine di Peter, non dopo quello che aveva fatto. 

Sul divano erano seduti solo Sirius e Steve. Remus lanciò una rapida occhiata alla porta che portava al piano di sopra e dedusse che Lily fosse ancora di sopra addormentata. 

Sirius stava piangendo a dirotto sulla spalla di uno Steve altrettanto sconvolto. Sulla poltrona di fronte c’era Eilyn, seria ed impassibile. Nonostante il suo impegno il suo visetto portava ancora i segni del pianto disperato. Remus restò fermo sulla porta, immobile, guardando gli amici senza sapere bene cosa fare. Nessuno dei due gli chiese che cosa ne fosse stato di Peter e lui non aveva intenzione di essere troppo crudo di fronte ad Eilyn. Forse immaginavano che gli auror lo avevano ucciso, oppure semplicemente non interessava loro sapere nulla di quel traditore. L’unica che diede segno di averlo visto fu la Eilyn, che subito saltò in braccio al nuovo arrivato. Lui la allontanò appena, per guardarla meglio. Il suo viso era stanco, portava i segni di tutte le perdite che aveva subito. Prima la madre, poi il padre ed adesso il fratello maggiore. Era troppo per lei. Le scostò una ciocca di capelli dal volto, poi sorrise tristemente. Riccioli scuri, occhi blu ed una spruzzata di lentiggini sulla pelle candida. Sembrava quasi che un mago particolarmente burlone si fosse divertito a prendere i connotati che caratterizzavano i Black e li avesse resi meno oscuri. Più Potter.

- Remus.. - 

Chiamò Sirius ad un certo punto, restando immobile. La sua voce era roca e rotta dall’emozione.

- Dimmi - 

Rispose Remus, ancora sulla porta del salotto.

- Ti ricordi la prima volta che abbiamo preso l’espresso per Hogwarts? - 

Chiese Sirius, alzando gli occhi blu colmi di lacrime sull’amico. Remus si lasciò scappare un sorriso malinconico e si avvicinò al divano.

- Certo che mi ricordo. - 

Rispose poi, accomodandosi su una poltrona. Eilyn non disse niente, ma lo seguì come un’ombra.

- È stato lì che abbiamo conosciuto James. - 

Mormorò malinconico Sirius, sul viso un sorriso sfuocato.

- Me lo raccontate ancora, per favore?

Chiese Eilyn, alzando lo sguardo sul fratello e su Sirius. 

Steve rimase immobile mentre quest’ultimo sospirò, abbassando la testa ed iniziando a raccontare per cercare di allontanare la tristezza una storia che era iniziata tanti anni prima, quando ancora la guerra era un pensiero lontano.

 

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Capitolo 3
*** La partenza ***


CAPITOLO 3

LA PARTENZA

1 Settembre 1971, primo anno.

La stazione di King Cross era particolarmente caotica quel mattino, ma come ogni anno da diverso tempo nulla reggeva il confronto con quello che avveniva sopra l’espresso. Un fiume senza fine di ragazzi aveva appena finito di riversarsi sui vagoni che faticavano a contenerli tutti. Sulla banchina madri disperate e padri con bizzarre espressioni urlavano le ultime raccomandazioni, coscienti che i figli fossero fin troppo eccitati per starli ad ascoltare sul serio. Dopo tutto nemmeno loro quando erano partiti per il castello avevano mai ascoltato ciò che i loro genitori avevano da dire. Il capotreno fischiò e poi suonò la sirena, prima di lasciare che l’espresso si staccasse dolcemente dal binario. Con movimenti sicuri e rodati, il vecchio treno si mise in moto mentre al suo interno gli studenti più giovani scalpitavano incerti sul proprio futuro ed eccitati da quella grande avventura che stava per iniziare.

- Pista.. - 

Esclamò un ragazzino con i capelli scuri sparati in aria e vispi occhi nocciola, travolgendo in pieno un altro ragazzino con i capelli scuri e misteriosi occhi blu che sembrava immerso in profondi ed incomprensibili pensieri. 

- Ehi, insomma, vuoi stare un po’ attento? - 

Rispose il secondo, infastidito, sistemandosi vestiti sgualciti senza degnarlo di uno sguardo. Il primo ragazzino era James Potter mentre il secondo era Sirius Black, entrambi erano al primo anno, ansiosi di raggiungere il castello e fare nuove amicizie. Quell’episodio insignificante, un banale scontro tra ragazzi, segno l’inizio di una delle più grandi amicizie che quel treno e l’intero castello magico avevano mai visto ma il quel momento nessuno dei due poteva immaginarlo. Il primo, James, era troppo eccitato perché sapeva che la sua vita stava per prendere una piega nuova ma un’ombra oscurava la sua felicità, il secondo, Sirius, bramava un po’ di libertà dalla sua ingombrante e blasonata famiglia ma allo stesso tempo temeva di non avere scampo al destino che aspettava a tutti i Black: essere smistati nella casa dei Serpeverde.  

- Scusa, non ti avevo visto. - 

Disse James, mentre un sorriso rassicurante si allargava sul suo viso. Malgrado il buonumore, tuttavia, sembrava distante. Quasi come se i suoi pensieri fossero rimasti fissi sul binario nove e tre quarti piuttosto che seguirlo sul treno.

- Avevo notato. - 

Rispose Sirius, guardando male James che si riscosse dai suoi pensieri e rispose con una smorfia che strappò un sorriso anche a Sirius.

- Piacere, sono James. -  

Si presentò James, tendendo la mano a Sirius. Il ragazzo parve pensarci un po’, poi la prese e la strinse. Quel ragazzo era strano, ma sembrava a posto. Era il tipo di persone, sorridenti e disponibili, da cui la sua famiglia lo aveva sempre tenuto distante. Proprio per questo, moriva dalla voglia di farci amicizia. Era stufo di amicizie finte, basate sulla discendenza e sulla convenienza. Lui voleva un amico vero, un fratello. Qualcuno che lo capisse, lo sostenesse e lo seguisse nelle sue strampalate avventure. Un amico con cui prendersi a botte, rotolarsi nel fango, svaligiare una banca e poi condividere l’ultima fetta di torta oppure l’ultimo goccio di succo di zucca. Quel tipo sembrava avere tutte le carte in regola per essere un buon candidato.

- Sirius Black. -  

Rispose l‘altro, abbozzando persino un sorriso.

- Sei davvero un Black? - 

Chiese James, stupito. Il visetto era stravolto dallo stupore, quasi si trovasse di fronte una creatura mitologica oppure un animale da circo.

- Certo, perché? -

Mormorò Sirius, sospettoso ed allo stesso tempo triste. Sembrava che il suo ingombrante cognome avesse già iniziato a dargli problemi.

- Niente, è un peccato. Mi sembravi un tipo a posto. -  

Commentò James, sempre con il solito sorriso sulle labbra. Sirius rise di quelle parole e del tono spensierato con cui le aveva dette. Era la prima volta che qualcuno rideva del nome che portava piuttosto che temerlo o venerarlo.

- Beh, diciamo che sono la pecora nera della famiglia. Penso che finirò a Grifondoro. - 

Spiegò Sirius, guardando male un gruppo di Serpeverde che stavano entrando in uno scompartimento poco lontano. Tra loro doveva sicuramente esserci qualche cugino o parente alla lontana. 

- Allora possiamo essere amici. -  

disse deciso James, incrociando le braccia al petto. 

- Che onore.. -  

Commentò ironico Sirius, felice di non essere solo. Nella mezzora seguente, dopo aver trovato uno scompartimento vuoto tutto per loro, cominciò a pentirsi della sua scelta mentre James parlava senza interruzioni. Sirius lo ascoltava, a tratti annoiato e a tratti divertito, facendo delle domande di tanto in tanto. Nella voce dell’amico, tuttavia, qualcosa non andava. Ogni tanto James si bloccava, annaspava e poi ripartiva. In quei pochi secondi di pausa, sembrava quasi perso. Sirius non conosceva ancora abbastanza bene James, eppure tutto questo non gli sembrava normale. Ad un tratto dei colpi alla porta interruppero quel bizzarro monologo.

- Possiamo entrare? - 

Chiese timidamente un ragazzino con i capelli chiari e malinconici occhi color miele, dietro al quale di nascondeva un bambino basso e rotondo con dei buffi occhi azzurri.

- Certo, io sono James e questo è Sirius. - 

Si presentò James, indicando l’amico che annuì sorridendo.

- Pia.. Piacere. So.. sono Peter. - 

Disse l’altro ragazzo, più piccolo, biondo e grassoccio del primo.

- Perché balbetti? - 

Chiese Sirius, guardandolo male. Qualcosa in lui non lo convinceva del tutto.

- È molto timido, io sono Remus. - 

Spiegò il secondo, sedendosi di fronte a James che offrì loro delle cioccorane. Peter rifiutò, Remus ne prese una sorridendo. 

- È incredibile, stiamo davvero andando al castello. - 

Esclamò improvvisamente Sirius, sorprendendo gli altri tre.

- Non vedo l’ora di imparare la magia. - 

Sospirò Remus, con aria sognante. Era molto preoccupato che gli altri studenti scoprissero la sua condizione ma allo stesso tempo era eccitato all’idea di poter frequentare la scuola. Silente gli stava offrendo una possibilità eccezionale, non poteva deluderlo. Sarebbe stato bravo e diligente, il migliore. Non poteva essere altrimenti. 

- Già.. - 

Sospirò James, improvvisamente triste.

- Che ti prende, come mai ti sei depresso di colpo? - 

Chiese Sirius, sorpreso. James non era stato né fermo né zitto neanche un momento tranne quei brevi attimi di black out,  poi improvvisamente si era come spento senza motivo. Remus guardò il ragazzo, cercando di capire che cosa non andasse e se qualcuno di loro avesse detto qualcosa che avrebbe potuto ferirlo in qualche modo. James scosse la testa e si volto verso gli amici.

- Niente, pensavo. - 

Rispose, tornando a sorridere. Remus lo guardò con attenzione, gli sembrava quasi che il sorriso del ragazzo fosse forzato.

- Certo che sei proprio un tipo strano.. - 

Concluse Sirius, scuotendo la testa.

- Un po’, ma anche tu non sei da meno. - 

Rispose James, tornando il ragazzo sorridente e logorroico di sempre.

- Quando ti avrei autorizzato a prenderti certe confidenze? - 

Chiese Sirius, fingendosi offeso e causando le risate degli altri due. 

- Sai, penso che diventeremo grandi amici. - 

Concluse James, dando una pacca sulle spalle a Sirius. Lo conosceva da nemmeno un ora, eppure qualcosa gli diceva che aveva trovato un grande amico; un fratello.

- Perché lo pensi? - 

Chiese Sirius, sospettoso. Anche lui si trovava bene con James. Era la prima persona che non lo insultava o lo faceva sentire sbagliato o inferiore. Era impossibile non volere bene ad un tipo come James.

- Mi sei simpatico. Anche voi due. - 

Rispose James, voltandosi verso Remus e Peter.

- Noi? - 

Chiese Peter, sorpreso da quelle parole, arrossendo di colpo. 

- Parli sempre così tanto? -

Chiese Remus, scoppiando a ridere. Non aveva mai conosciuto qualcuno talmente estroverso come James. Quando sorrideva o raccontava qualcosa sembrava diventare una sorta di sole dal quale era impossibile rimanere a distanza. Una sorta di tornado che trasmetteva buonumore.

- Non sta zitto nemmeno per un minuto. - 

Spiegò Sirius, rassegnato. James sbuffò, fingendo di non vedere l’espressione divertita dell’amico. 

- Il silenzio è noioso. - 

Rispose alzando le spalle e fingendosi mortalmente offeso.

- Io e il mio mal di testa vorremmo tanto poterci annoiare insieme allora! -

Esclamò Sirius. James aprì la bocca per rispondere all’amico ma non fece in tempo a dire nulla perché tutto intorno a lui diventò nero e svenne. Remus lo afferrò al volo, impedendo che battesse la testa contro il finestrino. Quando James si svegliò i tre ragazzi erano intorno a lui, pallidi e preoccupati. 

- James.. - 

Lo chiamò Sirius, preoccupato, allontanandosi di qualche passo per lasciarlo respirare. Sul suo viso l’espressione strafottente aveva lasciato il posto ad una decisamente più pallida ed attenta. Decisamente svenire in quel modo non era normale. 

- Tutto bene? - 

Chiese Remus, aiutandolo a rimettersi seduto. Il ragazzo annuì piano, e bevve un sorso d’acqua che Peter gli stava porgendo.

- Si.. Credo di si. - 

Disse poi, tranquillizzando gli amici. Sirius lo guardò sospettoso, James sembrava molto pallido e provato eppure aveva ripreso a sorridere.

- Sicuro? -

Chiese Remus, preoccupato.

 - Si, è stato solo un capogiro. - 

Rispose James sorridendo e cercando in tutti i modi di sminuire l’accaduto. Remus e Sirius si guardarono ma prima che uno dei due potesse dire qualcosa, un fischio annunciò loro che stavano per entrare in stazione. Finalmente erano arrivati al castello.

 

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Capitolo 4
*** Cerimonia di smistamento ***


CAPITOLO 4

CERIMONIA DI SMISTAMENTO

1 Settembre 1971, primo anno.

 

Lo spettacolo che si parò davanti ai loro occhi, una volta scesi dal treno che li aveva condotti fin lì, era al di là di dell’immaginazione. Nemmeno nei loro sogni più vividi avevano visto tanta magnificenza e tanta imponenza. Immediatamente l’incidente di pochi istanti prima sul treno fu accantonato. Un omone enorme li aspettava, urlando a gran voce per richiamare l’attenzione dei ragazzi del primo anno. Sorrideva, tranquillo. In fin dei conti era piuttosto difficile sbagliarsi: quelli nuovi avevano tutti il naso per aria, fisso sulla grande costruzione che si stagliava al di là del lago. Una volta riuniti tutti sulla barca, Hagrid diede l’ordine di partire senza che nemmeno una mosca volasse. Nemmeno i più chiacchieroni come James sapevano cosa dire. La bellezza di Hogwarts, ancora una volta, aveva tolto le parole a tutti.

Il custode lascio i piccoli all’ingresso e si dileguò verso la sua capanna mentre i nuovi arrivati si guardavano intorno ansiosi di scoprire qualcuna delle meraviglie del castello di cui dovevano aver sentito parlare nei racconti di nonni, genitori e fratelli più grandi. I figli dei babbani, ancora più spauriti e fuori posto degli altri quasi non fossero ancora completamente convinti che quel mondo fosse davvero disposto ad accogliere anche loro. 

- Tra poco verrete smistati nelle vostre case. - 

Disse una donna che pochi minuti prima si era presentata come la professoressa McGranitt e che li condusse fino ad una pesante porta di legno, ben chiusa. 

- Aspettate qui, in silenzio. - 

Continuò la donna, infilandosi all’interno della sala e chiudendo velocemente la porta perché nessuno di loro potesse sbirciare cosa ci fosse all’interno. Le risate, il chiacchiericcio e tutte le decorazioni lasciavano pensare che si trattasse della famosa Sala Grande, dove di lì a poco sarebbe iniziata una festa in loro onore al termine dello smistamento. Inoltre, nessuno voleva contraddire quella donna. 

- Evviva, non sto più nella pelle! - 

Esclamò James, al settimo cielo, ritrovando finalmente abbastanza voce per formulare un pensiero coerente. Tante volte aveva fantasticato su quel posto magico, ma trovarvisi per davvero era una sensazione fantastica. Mai provata prima. Nessuno dei racconti che aveva sentito poteva rendere per davvero giustizia a quel luogo. 

- Ehi James, guarda là.. - 

Urlò Sirius, chiamando l’amico ed indicandogli un grosso albero che troneggiava sul parco della scuola. Era immenso, imponente ed incredibilmente agitato.

- Dove? - 

Chiese James, guardando dove l’amico gli indicava senza notare nulla di particolare che giustificasse tutta quell’eccitazione che aveva sentito nella sua voce.

- Nel giardino, quel grosso platano. Si muove da solo, è incredibile! - 

Esclamò Sirius, sorpreso da quanto l’amico vedesse male da lontano, senza staccare gli occhi dall’imponente albero che continuava ad agitarsi in modo minaccioso. Decisamente, non sembrava essere una grande idea finire ai suoi piedi per sbaglio.

- Forte! - 

Commentò James, attirato da quello strano albero. Cercò di ricordare i racconti di suo padre, sorprendendosi che non gli avesse mai parlato di una cosa tanto assurda. Remus guardava la scena, in disparte. Il suo sguardo vagava preoccupato dal grosso platano ai due ragazzi e all’euforia con cui lo guardavano. James sembrava essersi completamente ripreso dall’incidente sul treno, probabilmente era stata solamente un po’ di agitazione a farlo cadere come un sacco di patate. Sirius non gli aveva dato tregua, minacciando di dire a tutti dell’accaduto. James aveva sbuffato e aveva minacciato qualcosa di incomprensibile che aveva fatto ridere l’altro ancora di più.

- Ehi, Remus, sembri preoccupato. - 

Disse James, avvicinandosi all’amico ignorando le risatine di scherno di Sirius. Bastarono quelle parole per fare arrossire il ragazzo, terrorizzato che qualcuno potesse intuire la verità circa l’arrivo di quel grosso albero e ricondurla in qualche modo a lui.

- Io? Ma che dici.. - 

Balbettò Remus, cercando di nascondere la sua agitazione. Non poteva certo dire loro che l’albero che stavano guardando era stato piantato perché lui, il primo lupo mannaro da che la scuola era stata inaugurata dai quattro fondatori, ora frequentava Hogwarts.

- Io ho paura, non so nulla di magia. - 

Esclamò Peter, ancora più terrorizzato di quanto fosse sul treno. Immediatamente James e Sirius si voltarono verso il biondino, lasciando che Remus si rilassasse e riprendesse fiato. L’intervento del piccolo Peter, sebbene fuori luogo, era stato a dir poco provvidenziale. Ancora per un po’, il suo segreto era al sicuro. Farsi scoprire proprio il primo giorno, dopo solo qualche ora, sarebbe stato da idioti. Certamente suo padre avrebbe riso di lui.

- Non serve saper fare magie, è il cappello che sceglie in che casa finisci.- 

Spiegò Sirius, cercando di rassicurarlo senza che le sue parole sembrassero una presa in giro verso il già provato Peter. Le parole del ragazzo, tuttavia, vennero intercettate da qualcun altro che ascoltava con attenzione tutto quello che veniva detto intorno a lei.

- Un cappello? È assurdo! Voglio dire, come fa un cappello a scegliere? Un cappello non può pensare. - 

Chiese una ragazza con i capelli rossi poco distante dal quartetto. James si voltò verso la ragazza che aveva parlato e la scrutò con attenzione. Era la stessa che aveva incontrato per caso sul treno prima di imbattersi in Sirius, insieme a quello strano tipo unticcio e dall’aria malata e sofferente di chi non mangia abbastanza. Non si ricordava il suo nome, ma non sembrava male. La ragazza ovviamente, il suo accompagnatore dava l’idea di essere un tipo viscido e calcolatore.

- È un cappello magico. - 

Disse Sirius, infastidito dal fatto che la ragazzina avesse messo in discussione le sue parole. Intorno a loro, molti altri ragazzi del primo anno si erano voltati per ascoltare meglio quella discussione. Avevano tutti delle espressioni serie e preoccupate. Alcuni, quelli che conoscevano già quella storia, annuivano, gli altri osservavano Sirius a bocca aperta, bramosi di saperne di più.

- Apparteneva a Godrig Grifondoro, uno dei quattro fondatori del castello. - 

Continuò James, orgoglioso di sapere qualcosa che con tutta probabilità gli altri ragazzi del primo anno non sapevano. Era stata sua madre a raccontarglielo, molti anni prima. 

- Parla anche? - 

Chiese Lily, curiosa, prendendo un po’ di coraggio. Non conosceva nessuno, tranne Severus ed aveva il terrore di essere rispedita a casa. 

- Certo. - 

Esclamò Sirius con un tono di voce che lasciava trasparire quanto la domanda fosse banale. Lily arrossì e si sentì ancora una volta fuori posto, quasi quel mondo non le appartenesse. Proprio in quel momento la porta si aprì di nuovo, e la professoressa comparve da una sala in cui erano radunati tutti gli studenti del castello. Bastò una sua occhiata distratta, e cadde il silenzio. Ora che il loro destino era vicino a compiersi, nessuno aveva più voglia di parlare o scherzare.

- Andiamo.. -  

Li chiamò la donna, impaziente, facendo segno loro di entrare. I ragazzi obbedirono, trattenendo il fiato. Se l’esterno del castello li aveva lasciati di sasso, l’interno era ancora più straordinario. La Sala che si trovarono di fronte era incredibile, nessuno di loro aveva mai visto una cosa del genere prima di quel momento. Mentre i piccoli erano ancora troppo concentrati a contemplare il soffitto, la donna si avvicinò ad un uomo con la barba bianca e gli occhiali a forma di mezzaluna che li aspettava sorridendo. Dopo aver richiamato la loro attenzione dolcemente, il preside spiegò loro come si sarebbe svolto lo smistamento. La professoressa McGranitt lo lasciò parlare, poi prese un lungo elenco e iniziò a chiamarli. Gli studenti più grandi, già seduti ai loro tavoli, guardavano la scena annoiati, esultando solo quando il Cappello nominava la loro casa e vi mandava qualcuno. Tra i ragazzi in attesa di essere smistati, invece, si percepiva chiaramente tutta l’agitazione del momento. Nessuno aveva voglia di dire nulla. Alcune ragazze di tenevano per mano, sperando che il Cappello non decidesse di dividere la loro amicizia. Altri, non facevano che ripetere a mezza voce il nome della casa in cui desideravano finire.

- BLACK, SIRIUS -  

Chiamò la professoressa McGranitt. Sirius si diresse verso la donna con un’aria annoiata, camminando piano. Non aveva nessuna voglia di sentirsi dire che era destinato a passare i successivi sette anni con le sue perfide cugine, nella casa di Serpeverde. 

- Un Black? Dovrei mandarti a Serpeverde, ma sei diverso dagli altri. Hai coraggio, e vuoi prendere una strada diversa. Decisamente meglio GRIFONDORO! - 

Disse il Cappello, urlando forte il nome della casa prescelta. Dal tavolo di Serpeverde si alzò una protesta, mentre i ragazzi delle altre case erano attoniti. Mai prima d’ora un Black era finito a Grifondoro. Gli unici a cui non importava erano proprio i ragazzi seduti al tavolo di Grifondoro, che esultavano per il nuovo compagno. Sirius si diresse velocemente verso il tavolo rosso e oro, lanciando occhiate perfide a Narcissa e Bellatrix. Quel momento aveva segnato in modo indissolubile il confine tra lui e la sua famiglia, ma non poteva importargliene di meno. Aveva dimostrato di non essere come loro, e tanto bastava.

- EVANS, LILY -

Chiamò la professoressa McGRanitt. La ragazzina dai capelli rossi trotterellò velocemente con un passo insicuro, lanciando lunghe occhiate preoccupate all’amico dai capelli neri che era con lei e che fino a quel momento non aveva mai smesso di stringere la sua mano. Il ragazzo sorrise per tranquillizzarla, ma era evidente che era ancora più teso di quanto lo fosse lei.

- Vediamo cosa abbiamo.. Una figlia di babbani, ma con un grande potere. Sei destinata a grandi cose piccola mia. GRIFONDORO! -

Urlò il Cappello Parlante. Ancora una volta la casa di Grifondoro esultò. Lily era divisa: una parte di lei era felice per non essere stata rimandata a casa, l’altra era triste perché sapeva che Severus non sarebbe mai voluto finire in quella casa.

- LUPIN, REMUS - 

Chiamò la professoressa McGranitt. Remus si avvicinò timidamente, terrorizzato all’idea che il cappello urlasse che era un lupo mannaro e che al castello non ce lo voleva. Sarebbe stato terribilmente imbarazzante. Probabilmente non si sarebbe mai ripreso da un colpo del genere.

- La scelta è semplice, banale. -

Disse il Cappello Parlante, rivolto a Remus. A quelle parole il ragazzo si sentì morire.

- Lo sapevo, devo andare via. Non c’è posto per uno come me, vero? -

Pensò Remus, quasi sul punto di mettersi a piangere. 

- Non dire idiozie, il posto c’è eccome ed è nella casa dei GRIFONDORO! -

Urlò il Cappello Parlante. A quelle parole Remus sentì il cuore esultare nel suo petto, mentre Silente sorrideva. Si avvicinò al tavolo dei Grifondoro dove Sirius lo aspettava con un gran sorriso sul volto. Remus si sedette vicino al nuovo amico e si voltò a cercare il viso di James. Il ragazzo era ancora tra le fila dei ragazzi che aspettavano di essere chiamati, ma il suo viso aveva perso l’allegria e la sicurezza di poco prima. All’inizio pensò che fosse solo spaventato, come tutti i ragazzi intorno a lui, poi guardò meglio e notò che il viso di James era triste e sofferente.

- MINUS, PETER - 

Chiamò la professoressa McGranitt, distraendo Remus e Sirius dal pensiero di James. Il ragazzino biondo cercava di sembrare spavaldo, ma era fin troppo impacciato. Inciampò un paio di volte, prima di arrivare allo sgabello. 

- Questo è un bel rebus. Non saprei dove mandarti. Hai grandi aspirazioni, ma non abbastanza decisione. Potresti fare grandi cose, oppure No. -

Disse il Cappello Parlante, indeciso. Si trattava di uno degli smistamenti più complicati di sempre, il cappello arrivò anche a chiedersi se Hogwarts fosse davvero il posto giusto per quel lui. I minuti passavano senza che il Cappello si decidesse a dare il suo verdetto.

- Voglio solo degli amici.. Mandami in Grifondoro. -

Implorò Peter, mordendosi un labbro per l’agitazione. Non voleva essere solo. Sul treno aveva incontrato dei ragazzi che non lo avevano mai preso in giro e voleva continuare ad essere loro amico. Con loro stava bene.

- Grifondoro dici? Non so se è la cosa migliore. Forse sarebbe più adatto Corvonero. -

Rispose pensieroso il Cappello.

- No, Grifondoro. Per favore.. Sirius e Remus sono lì. - 

Implorò ancora il ragazzino. Il Cappello Parlante sospirò, poco convinto, poi rimase il silenzio ancora per un bel po’.

- Beh, se insisti così tanto GRIFONDORO! - 

Urlò alla fine, tra l’esultanza della casa rosso ed oro e dei due ragazzi. Ora mancava solo James, poi il quartetto sarebbe stato completo. Sirius sorrise, sicuro. Uno come James non poteva che finire in Grifondoro. 

- PITON, SEVERUS -

Chiamò la professoressa McGranitt. Il ragazzo si incamminò verso di lei mentre Lily sperava con tutto il suo cuore che finisse a Grifondoro. Non voleva separarsi dal suo migliore amico anche se sapeva che lui voleva essere smistato a Serpeverde.

- È chiaro come il sole, SERPEVERDE! - 

Disse immediatamente il Cappello Parlante. Sul viso del ragazzo si disegnò un ghigno soddisfatto, che svanì solo quando intercettò lo sguardo spento di Lily. Erano divisi, destinati a diventare rivali. Che ne sarebbe stato della loro amicizia?

- POTTER, JAMES - 

Chiamo la professoressa McGranitt. James sospirò e si diresse verso il cappello. Avrebbe voluto essere più deciso o euforico, ma qualcosa che non riusciva perfettamente a definire glielo impediva.

- Un Potter, che bello.. È passato così tanto dall’ultima volta che ne avevo visto uno. Non te la sei passata bene negli ultimi mesi, ma non tenere ti troverai benissimo a GRIFONDORO! - 

Urlò il Cappello Parlante. James sorrise, rilassandosi appena. Era quasi sicuro che sarebbe finita così ma sapeva anche che alle volte il Cappello faceva scherzi strani.

Con questi pensieri in testa il ragazzo si avviò sorridente al tavolo indicato, mentre gli amici esultavano festosi, felici di essersi ritrovati tutti e quattro nella stessa casa.

- POTTER,.. -  

Iniziò a chiamare la professoressa McGRanitt. Istantaneamente James si voltò verso la donna, stupito. Qualche istante più tardi sentì la testa iniziare a girargli troppo forte. Il ragazzo cercò di aggrapparsi al tavolo, ma lo mancò e fu solo grazie a Sirius che non cadde a terra come era capitato sul treno. Aprì subito gli occhi, trovandosi ancora una volta di fronte gli sguardi preoccupati dei tre amici ai quali si erano aggiunti quelli degli altri ragazzi, dei professori e del preside.

- Sei sicuro di stare bene? È la seconda volta che ti prendiamo al volo.. - 

Fece notare Sirius, leggermente preoccupato.

- Si, sto bene. Ho solo fame.. - 

Tagliò corto James, imbarazzato. Silente sorrise, e fece segno alla professoressa McGranitt di proseguire con lo smistamento.

- Scusate, volevo dire PULVER, ALICIA- 

Chiamò la donna, leggermente imbarazzata per l’errore commesso.

- TASSOROSSO! - 

Dichiarò il Cappello. Lo smistamento proseguì fino a che ognuno dei ragazzi del primo anno fu collocato in una casa. Al termine, dopo che Zakery Janice fu assegnata a Corvonero, i piatti si riempirono di cibo e la festa poté dirsi iniziata sul serio. Un numero imprecisato di portate più tardi, la professoressa McGranitt decise che era tempo per i giovani Grifondoro di andare verso le loro stanze. 

- Evviva, siamo tutti insieme! - 

Esultò Peter, al settimo cielo, seguendo distrattamente il prefetto che stava mostrando loro la strada. Probabilmente non sarebbe stato in grado di farla da solo, ma era abbastanza convinto che James, Remus o forse Sirius lo avrebbero accompagnato il giorno dopo.

- Incredibile, non sono finito a Serpeverde. -

Esclamò Sirius, sorpreso e sollevato. Remus e Peter si voltarono sorpresi, James rideva in modo sguaiato. Era evidente che fosse entusiasta della scelta del Cappello. Anche se lo conosceva solo da poche ore, Sirius era troppo fuori dalle righe per non diventare suo amico. Avrebbero passato insieme sette anni straordinari, ne era certo.

- Pensi che tua madre si arrabbierà? -

Chiese James, sorridendo all’amico. Sirius finse di mostrarsi spaventato, poi alzò le spalle. In fin dei conti la sua famiglia avrebbe avuto la dire in ogni caso, tanto valeva dargli un ottimo motivo per avercela con lui. Forse così gli avrebbero impedito di tornare a casa per Natale e gli avrebbero evitato il noiosissimo pranzo con le cugine e gli zii.

- Perché pensi che la tua famiglia non sarà contenta? - 

Chiese Remus, curioso.

- Praticamente la sua famiglia è Serpeverde da generazioni. Sirius ha rotto la tradizione. - 

Spiegò James, anticipando Sirius e sedendosi su quella che aveva deciso sarebbe diventata la sua poltrona preferita tra quelle della sala comune dei Grifondoro nei sette anni seguenti.

- Come minimo mi manda una strillettera, ma non mi interessa. Qui sto benissimo e sarò felice di dividere la camera con voi piuttosto che con quel Moccios… - 

Concluse Sirius, sedendosi alla meglio sul bracciolo. Remus li guardò, severo, ma decise di non dire nulla. In fin dei conti, lui non era mica un professore.

- Ha i capelli talmente unti.. Bleah, che schifo! - 

Esclamò James, inorridito, ricordando il breve incontro sul treno.

- Smettetela subito! Severus è mio amico! - 

Urlò Lily, rossa in viso. Tutti e quattro i ragazzi, perplessi, si voltarono verso di lei.

- Dici sul serio? Eppure mi sembravi una ragazza così carina.. - 

Commentò James, facendo andare la ragazza su tutte le furie.

- Sei un mostro! - 

Esclamò lei, scappando giù per le scale che conducevano al dormitorio femminile.

- Ho già fatto colpo, è caduta ai miei piedi. -

Disse James, soddisfatto, iniziando a fare il buffone. Anche quella sarebbe diventata una costante nei sette anni successivi, ma questo ancora non lo sapevano.

- Se ne sei convinto tu, amico. -  

Commentò Sirius, lanciando un cuscino in faccia al suo nuovo amico.

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Capitolo 5
*** Al piano di sopra ***


CAPITOLO 5

AL PIANO DI SOPRA

1 Novembre 1981.

Tornare alla realtà fu un duro colpo per Sirius. Perso nei ricordi, tutto sembrava perfetto. James era ancora vivo e loro erano soli dei mocciosi che ancora non sapevano nulla della vita, ne avevano idea dei guai e dei tormenti che li avrebbero aspettati negli anni a venire. Tutto era ancora da decidere, da esplorare. Tutto era ancora possibile. 

Il ragazzo sospirò. Non era passato poi molto dalla cerimonia di smistamento, dieci anni appena, eppure a Sirius sembrava di parlare di una vita precedente. Quando ancora non c’era la guerra, né la paura di morire giovani per mano di un fanatico assassino. Era normale sentirsi vecchi a ventanni appena?

Remus, Steve e Eilyn guardavano in silenzio davanti a loro. Sirius immaginò che i loro pensieri non dovessero essere poi tanto diversi dai suoi. Rimasero così, immobili e silenziosi, a lungo, fino a che il piccolo non richiamò la loro attenzione.

- Harry.. - 

Sussurrò Remus, mentre il piccolo scoppiava in un pianto disperato. Sirius si avvicinò al bambino e lo prese in braccio con infinita delicatezza. Harry sembrò calmarsi un poco, ma tuttavia non smise di piangere. 

- Dai piccolo, vieni dallo zio Sirius. Su, calmati.. -

Cercò di calmarlo Sirius, senza successo.

- Vuole il papà. -

Disse Eilyn, lapidaria. Nessuno dei ragazzi disse nulla. Steve rimase immobile a guardare il camino, poi sospirò si alzò. 

-Vado da Lily. - 

Dichiarò a mo’ di spiegazione, lasciando la stanza. Nessuno certo di fermarlo, ma Eilyn si strinse più forte tra le braccia di Remus. 

Steve sospiro e prese a salire le scale cercando di non fare rumore. Quel gesto banale e automatico gli ricordò ancora una volta James. Lui gli diceva sempre che faceva troppo rumore salendo le scale e che ogni volta svegliava Harry. Aprire la porta della stanza di Lily e James fu una delle cose più difficili che Steve avesse mai fatto. Nella camera da letto la luce era spenta, la stanza era in penombra e si distinguevano a fatica due figure nel letto rimasto disfatto dalla sera prima.

Lily era sveglia, ma piangeva tutte le sue lacrime abbracciata al corpo senza vita di James. 

Vedere suo fratello, immobile in quel letto, provocò a Steve una scarica di dolore al petto e lo fece sentire impotente. Dovette aggrapparsi con discrezione allo stipite per non finire lungo e disteso per terra. Non c’era nulla, né la vendetta né altro, che avrebbe potuto farlo stare meglio o riportargli suo fratello. Qualsiasi cosa fosse successa a partire dal giorno successivo sarebbe stato solo. Questa consapevolezza lo colpì come una scarica di pugni.

- Steve.. Sei tu vero? - 

Chiese Lily, senza nemmeno alzare la testa o voltarsi verso il cognato che singhiozzava sulla porta come un bambino. Non piangeva così dalla morte della madre.

- Ho fatto rumore sulle scale? - 

Chiese Steve in risposta, asciugandosi il viso con discrezione. 

- No, ma sei l’unico che non si fa problemi a piangere davanti a me. Sirius e Remus cercano di fare i duri, ma so benissimo che stanno male anche loro. Eilyn, invece non l’ho ancora vista. - 

Spiegò la ragazza. La sua voce era debole, poco più di un sussurro. Persino parlare ormai era uno sforzo. Tutto quel dolore la stava consumando. Se dentro di lei non ci fosse stata una vita che cresceva, da difendere, ed un altro piccolo da crescere nella stanza accanto forse si sarebbe lasciata andare e avrebbe seguito James. 

- Vieni giù. Mangia qualcosa, prendi in braccio tuo figlio.. -

Implorò Steve, avvicinandosi un poco alla donna riversa sul letto e sfiorandole appena la spalla. 

- Non posso, non riesco a lasciarlo solo. Mi sembra di abbandonarlo. - 

Spiegò la ragazza tra le lacrime, accarezzando piano il viso del marito.

- Lo so, è un’idiozia. Non mi può nemmeno sentire. Solo, ho bisogno di abbracciarlo ancora e di piangere appoggiata al suo petto un’ultima volta. - 

Disse la ragazza, alzando lo sguardo su Steve. Il ragazzo sospirò. Non aveva senso, ma poteva capirla. Nulla di quello che stava succedendo ormai aveva più alcun senso.

- Allora vi lascio soli. Se hai bisogno di noi ci trovi giù. - 

Mormorò Steve piano, allontanandosi e tornando sulla porta.

- Harry sta bene? - 

Chiese Lily, preoccupata, fermando il cognato. Steve sospirò.

- Si è svegliato. Piangeva, ma Sirius lo ha preso in braccio e si è calmato. C’è anche Eilyn giù, ma non vuole salire. Credo abbia paura. Dopo provo a parlarle. - 

Spiegò Steve, cercando di fare il possibile per aiutare la ragazza dai capelli rossi.

Lily annuì, e Steve lasciò la stanza chiudendosi la porta piano alle spalle.

Tornare in salotto era come entrare in un altro mondo. Certo, l’atmosfera era comunque triste ma niente a che vedere con l’alone di morte che si respirava al piano di sopra. 

Steve per un attimo sembrò di tornare con la mente all’estate in cui era morta sua madre. Solo una voce lontana e tre sguardi perplessi lo distolsero da quel pensiero.

- Lily? - 

Chiese Sirius, appoggiando piano Harry nella sua culla. Il piccolo si era addormentato di nuovo, velocemente come si era svegliato. Si sarebbe svegliato ancora, angosciato per l’assenza del padre, era poco ma sicuro.

- È sveglia, ma vuole stare un po’ sola con James.. - 

Spiegò Steve, sintetico. Remus e Sirius si scambiarono un’occhiata che voleva dire molte cose, ma rimasero in silenzio.

- Dove eravamo rimasti? – 

Chiese Remus, cercando disperatamente di cambiare argomento. James era morto, Peter aveva avuto quello che meritava ma questo non rendeva la giornata meno triste. Parlare d’altro era una necessità, un bisogno primario.

- Al vostro smistamento. - 

Ricordò Steve, facendo mente locale e cercando di scacciare tutti i fantasmi dalla sua mente per quanto difficile potesse sembrare.

- Già, tu non c’eri. - 

Mormorò Eilyn, guardando il fratello con un sorriso triste. Il ragazzo annuì, distratto.

- No, io sono arrivato ad Hogwarts solo al terzo anno. James però mi scriveva ogni giorno. Sapevo praticamente ogni cosa di voi. - 

Confermò Steve, sorridendo tristemente. Da qualche parte, forse in soffitta, aveva ancora tutte quelle lettere. Steve sospirò e si ripromise di andarle a cercare.

 

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Capitolo 6
*** Primo anno ***


CAPITOLO 6

PRIMO ANNO

Giugno 1972, primo anno.

Il primo anno dei ragazzi era praticamente volato. Certo, i primi tempi erano stati decisamente burrascosi. I genitori di Sirius Black non si erano limitati ad una semplice strillettera, come del resto avrebbe eventualmente fatto qualsiasi altro genitore deluso dalla scelta del Cappello, ma erano piombati direttamente al castello ed avevano preteso che Sirius fosse mandato nella casa di Serpeverde immediatamente. Silente aveva accettato di parlare con loro in presenza di Sirius ed aveva accolto tutti nel suo ufficio con un sorriso, diverse ciambelle ed alcuni ghiaccioli al limone che nessuno aveva toccato. James, Remus e Peter aspettavano in sala comune con il cuore in gola. Nonostante si conoscessero da poco nessuno di loro voleva che Sirius li abbandonasse.

Nell’ufficio di Silente l’atmosfera era abbastanza tesa.

- È li che deve stare! - 

Aveva tuonato il padre di Sirius, mentre la madre annuiva decisa.

- Il Cappello la pensa diversamente. - 

Disse Silente pacatamente.

- Devi essersi sbagliato. - 

Continuò deciso il padre di Sirius. Il signor Black era un uomo che non amava essere contraddetto, era abituato a comandare e non mancava di farlo notare ad ogni occasione che avesse.

- Il Cappello non sbaglia mai, signor Black. - 

Specificò la professoressa McGranitt con tono severo e leggermente piccato. Le scelte del Cappello molte volte avevano spiazzato e sorpreso alcune famiglie ma nessuna le aveva mai contestate. Andare contro le decisioni del Cappello Parlante voleva dire contestare il preside Silente e l’istituzione magica che rappresentava. 

- Bene, questa deve essere la prima volta allora.. - 

Urlò la signora Black, iniziando una discussione accesa con la professoressa immediatamente sedata dal preside. 

- Signore, per favore. Che ne dite di lasciare parlare il ragazzo? Se lui è d’accordo possiamo ripetere lo smistamento e vedere se il Capello cambia idea. Se invece preferisce rimanere nella casa in cui si trova immagino che questa discussione sia superflua.. - 

Disse Silente con il solito tono pacifico, indicando Sirius. Il ragazzo era in piedi vicino alla porta, spaventato dalla reazione dei genitori ma deciso a rimanere nella casa in cui si trovava. Per la prima volta nella sua vita si sentiva amato, aveva degli amici sinceri. Non avrebbe perso quella fantastica occasione solo per far contenti i genitori e la famiglia Black.

- Sto bene dove sono. - 

Mormorò Sirius, alzando le spalle.

- Tu, brutto traditore.. - 

Tuonò la madre di Sirius, cercando di afferrare il figlio per una manica del maglione. Sirius riuscì a liberarsi della presa della madre e raggiunse la porta.

- Suppongo questa discussione sia finita, Sirius puoi andare. - 

Concluse Silente, trattenendo i genitori del ragazzo per il tempo necessario a farlo allontanare.

Nella sala comune Sirius trovò i suoi amici, tesi e preoccupati.

- Allora? - 

Chiese subito Peter, spaventato.

- Cosa sono quelle facce? Guardate che non vado mica da nessuna parte! - 

Esclamò Sirius, sorridendo.

- Giuramelo! - 

Disse James, scattando in piedi.

- Certo James, dovrai sopportarmi almeno per sette anni. - 

Confermò Sirius. Remus a quelle parole tirò un sospiro di sollievo.

- È la cosa migliore che potevi dirci! - 

Commentò Remus, abbracciando l’amico.

I ragazzi festeggiarono vagando per il castello, e trovarono l’ingresso delle cucine.

Nelle settimane seguenti James svenne altre cinque volte, alla sesta gli amici lo trascinarono a forza in infermeria dove gli venne diagnosticata una brutta influenza trascurata che lo tenne a letto per un paio di settimane.

- È assurdo, sto benissimo. - 

Sbuffava James dal letto dell’infermeria dove era costretto. Gli amici lo venivano trovare ad ogni momento libero, cercando di rendere la sua convalescenza più sopportabile. Quel giorno era un sabato pomeriggio e James era particolarmente irritato dalla lunga permanenza a letto.

- Avere la febbre e svenire di continuo per te è stare bene? - 

Chiese Remus, esasperato. James aveva continuato a sostenere di stare bene fino a che Sirius non si era accorto che scottava per la febbre. 

- Come siete noiosi. - 

Commentò infastidito James.

- No, sei tu che sei incosciente. - 

Chiarì Sirius. 

- Da bravo, sta a letto, non fare danni e fai i compiti. - 

Si raccomandò Remus, porgendogli libri e quaderni. In risposta James gli lanciò un’occhiata spaventata.

- I compiti? Non ti sembro abbastanza malato e annoiato? - 

Chiese, cercando di convincere l’amico a non farlo studiare. Era già abbastanza terribile passare il sabato pomeriggio a letto, figurarsi a studiare. 

Peter notò che sul comodino di James c’era una pergamena scritta per metà.

- A chi scrivi? - 

Chiese Peter, curioso, cercando di sbirciare la lettera.

- Alla mia famiglia, visto che non posso fare altro.. - 

Rispose James facendo sparire velocemente la lettera all’interno di uno dei libri che aveva portato Remus.

- Porta pazienza, vedrai che ti lasceranno uscire presto. - 

Cercò di consolarlo Sirius. 

- È tutta colpa vostra. - 

Esclamò James, arrabbiato. 

- Si, che ti abbiamo salvato la vita! - 

Specificò Remus. 

La discussione andò avanti per un altro paio di ore, fino a che l’infermiera li buttò fuori dalla stanza. La convalescenza di James durò ancora qualche giorno, alla fine dopo aver minacciato l’infermiera, al ragazzo fu permesso tornare alla solita vita.

La prima cosa che notò, quando tornò in dormitorio fu l’assenza di Remus.

- Ma Remus che fine a fatto? - 

Chiese James, rimettendo finalmente piede nella stanza. Tutto era rimasto come due settimane prima, disordine compreso.

- Sua mamma stava male, è andato a trovarla. - 

Spiegò Sirius uscendo dal bagno.

- Mi spiace. - 

Commentò James, preoccupato per la mamma dell’amico.

- Nemmeno tu sembri stare troppo bene. - 

Osservò Sirius, preoccupato.

- Non ricominciare, ti prego. - 

Lo supplicò James, terrorizzato all’idea di finire ancora in infermeria. 

- Va bene, la smetto. Ma tu sei pallido. - 

Commentò Sirius, osservando bene l’amico.

- Appena vedo Lily chiedo se mi presta il fondotinta, contento? - 

Concluse James, beccandosi in risposta un cuscino in faccia.

- Non staresti male.. - 

Borbotto Sirius a mezza voce.

- Sirius! -

Esclamò James, lanciando un grosso volume magico addosso all’amico.

Remus tornò qualche giorno dopo, più pallido di quanto fosse James.

- Poi ero io quello pallido. - 

Commentò James a bassa voce.

- Remus, stai bene? -

Chiese Sirius, avvicinandosi all’amico.

- Si, tutto bene. Il viaggio è stato un po’ stancante, tutto qui. - 

Spiegò Remus, sorridendo.

- Sicuro? -

Chiese James, accompagnando l’amico al divano della sala comune.

- James, come stai? - 

Chiese Remus appena si accorse della presenza di James. Il ragazzo doveva essere stato dimesso da poco perché sembrava ancora pallido e debole.

- Bene, grazie. Per la cronaca, non sono pallido. -

Disse James, cercando di bloccare in partenza l’ansia dell’amico.

- Beh, un po’ si. -

Ammise Remus, guardando bene l’amico.

- È una congiura! - 

Esclamò James mentre si allontanava scuotendo la testa.

Prima che iniziassero le vacanze di natale la madre di Remus stette male altre quattro volte.

Per natale tornarono tutti a casa, anche se Sirius non sembrava essere molto felice della cosa. 

- Ma dai, è natale. - 

Esultò Peter, pregustando i regali, la cioccolata calda della nonna, il pranzo con la famiglia e i pupazzi di neve.

- Evviva.. - 

Disse Sirius in tono lugubre.

- Di che ti preoccupi? - 

Chiese James, fissando l’amico da sopra un giornale che parlava di scope volanti.

- Quelli sono pazzi, come minimo mi torturano. - 

Spiegò Sirius, disgustato all’idea di vedere la famiglia ed in particolare i genitori.

- Ma è la tua famiglia.. - 

Fece notare Peter, scandalizzato dal fatto che qualcuno potesse odiare le feste di natale in famiglia.

- Appunto! - 

Esclamò Sirius.

- Teniamoci in contatto, e vedrai che andrà bene. - 

Disse Remus, sorridendo. Passare il natale lontano dagli amici e dal castello spiaceva anche a lui ma la voglia di rivedere la sua famiglia era tanta. 

Nel frattempo James era diventato silenzioso, e fissava il camino come in trance.

- Che c’è James, qualcosa ti preoccupa?- 

Chiese Sirius, preoccupato per l’amico. Ogni tanto James aveva attimi in cui diventava un’altra persona, triste e preoccupato. Duravano solo qualche secondo, poi tornava lo stesso di sempre, ma gli amici non avevano potuto fare a meno di notarlo. Sirius non riusciva a capire, aveva provato a chiedere anche a Remus ed entrambi erano giunti alla conclusione che in fondo era normale non essere sempre allegri ventiquattro ore su ventiquattro.

- Non so, una sensazione strana. - 

Rispose James, tornando poi a prestare loro attenzione.

Durante le vacanze, come promesso, i ragazzi si scrissero quasi ogni giorno. I genitori di Sirius rivolgevano a malapena la parola al figlio, che non sembrava troppo dispiaciuto del trattamento.

- Non sei degno di rivolgere la parola né ai tuoi zii né alle tue cugine. - 

Disse la signora Black con un tono gelido non appena Sirius mise piede in casa.

- Dici davvero? Me lo prometti? - 

Chiese Sirius, felice di avere finalmente un buon motivo per non avere a che fare con quella manica di serpenti oscuri.

- Insolente! - 

Rispose la madre, risentita.

Il giorno prima del rientro a scuola Sirius, Remus e Peter ricevettero una lettera strana da parte di James. Il ragazzo sembrava molto sconvolto e diceva di voler parlare con loro appena possibile. Tutti e tre passarono la notte a chiedersi di che poteva trattarsi, senza arrivare a risposte sensate. Aspettarono James con ansia, ma alla fine il treno partì senza di lui e il macchinista disse loro che sarebbe arrivato direttamente al castello.

Tutto questo ai ragazzi sembrò strano, ma decisero di non farsi domande.

Appena arrivati al castello trovarono James in sala grande, seduto a parlare con Lily. O meglio, lui parlava mentre lei cercava di fargli una fattura.

Il loro amico sembrava quello di sempre, non c’era nulla che lasciasse intendere che fosse successo qualcosa di grave.

- Tutto bene, James? -  

Chiese Sirius quando i ragazzi furono soli nella loro stanza.

- Si, certo. - 

Rispose James tranquillamente, fissando gli amici e chiedendosi perché fossero così preoccupati.

- La tua lettera.. Ci hai spaventati un bel po’. - 

Spiegò Remus. James cambiò espressione, si fece serio, poi si mise a fissare il pavimento.

- Mi dispiace, sono il solito esagerato. Mio padre voleva che rimanessi a casa ancora un po’, e io mi sono arrabbiato. - 

Raccontò il ragazzo. 

- Solo per questo? - 

Chiese Sirius, stranito. 

- Scusatemi, non volevo spaventarvi. - 

Disse James, alzando gli occhi sugli amici. Sirius gli diede una pacca sulla spalla.

- Tutto è bene quel che finisce bene. - 

Lo rassicurò Remus.

- Scusatemi ancora. - 

Mormorò piano James.

- Basta scusarsi, che noia.. - 

Lo zittì Sirius.

- Scherzo? - 

Propose poi Remus per far tornare il buon umore a James.

In un lampo arrivò la fine dell’anno e fu tempo d’esami. Non fu difficile per Remus, James e Sirius passare gli esami, nonostante Remus avesse collezionato molte assenza a causa della misteriosa malattia della madre. Peter invece passo a fatica i corsi con il minimo dei voti.

Prima di salutarsi per l’estate, con la stessa promessa di tenersi in contatto, James fece notare a Sirius tutte le strane assenze di Remus. 

- Anche a me sembrava strano, ma non ho mai detto nulla. Remus è così riservato.. - Mormorò Sirius alla stazione. Remus e Peter erano già andati via, ma dei signori Black non c’era ancora traccia. 

- Si, ma.. Non so, è una sensazione. - 

Cercò di spiegare James.

- Che sensazione? - 

Chiese Sirius.

- Che stia nascondendo qualcosa. - 

Spiegò meglio James.

- Hai idee su cosa? - 

Chiese Sirius, curioso.

- Nessuna, ma ci penso durante l’estate. - 

Promise James.

- A Settembre allora.. - 

Salutò Sirius tristemente non appena vide i genitori comparire sul binario, accompagnati dal loro solito e terrificante elfo domestico.

 

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Capitolo 7
*** Secondo anno ***


CAPITOLO 7

SECONDO ANNO

1 Novembre 1981

- Il tempo della scuola è volato. - 

Disse Steve tristemente, fissandosi le scarpe. Quando si è piccoli non si vede l’ora di crescere. Poi ci si ritrova grandi, a chiedersi come sia potuto succedere tutto così velocemente.

- Già, il primo anno è passato in un soffio. - 

Commentò Sirius, sorridendo tristemente.

- Tu e James avevate iniziato a capire, quindi? - 

Chiese Remus, fissando l’amico negli occhi.

Eilyn li guardava senza parlare. Conosceva a memoria quelle storie, eppure sentirle ancora era rassicurante. Erano la prova che suo fratello James era esistito davvero, anche se non era più con loro.

- Erano solo sospetti e sensazione. Eravamo ancora lontani dalla verità. - 

Spiegò Sirius.

- Ne avrete parlato tutta l’estate immagino. - 

Disse Remus.

- Si, abbiamo fatto un sacco di ipotesi strampalate. Una più idiota dell’altra. - 

Racconto Sirius, ripensando alla marea di lettere che si erano scambiati lui e James.

- Tipo? - 

Chiese Remus, curioso.

- Che avessi una storia clandestina con Piton. - 

Disse Sirius, beccandosi un’occhiata schifata da Remus.

- Ti prego.. - 

Esclamò Steve, disgustato dalla visione di Piton e Remus in intimità.

- E non era nemmeno la peggiore! - 

Esclamò Sirius.

- Non voglio sapere le altre. - 

Dichiarò Remus, spaventato all’idea di scoprire cosa erano in grado di elaborare Sirius e James insieme.

- L’estate è stata lunghissima. - 

Mormorò Sirius, ripensando a quei lunghi tre mesi chiuso tra le mura di casa Black. L’unico momento di svago era quando riceveva le lettere di James, di Remus e di Peter.

- Una vera tortura. - 

Disse Remus. Anche lui senza gli amici si annoiava parecchio.

- Non per James. A lui era passata velocemente. - 

Ricordò Steve tristemente. Non era stata una delle più belle estati della sua vita visto che l’aveva passata a letto, ma era con suo fratello e questo bastava a renderla speciale.

- È normale, lui aveva te. Io invece avevo una famiglia che mi odiava e Remus un piccolo problema peloso. - 

Spiegò Sirius.

- Piccolo? Diventare un mostro una volta al mese è una cosa da poco? - 

Esclamò Remus, un poco risentito.

- Mi raccontate cosa è successo al secondo anno? - 

Chiese Eilyn, cercando di mettere fine alla discussione tra i due ragazzi che sapeva avrebbe potuto protrarsi molto a lungo.

Settembre 1972, secondo anno.

Sirius ricordava chiaramente come all’inizio del secondo anno fosse parso chiaro a tutta la scuola che James Potter e Lily Evans non solo non potevano sopportarsi ma che, per qualche assurdo motivo, non riuscivano a stare lontani o ad ignorarsi come facevano tutte le persone che non si sopportavano. Il ragazzo passava ogni attimo libero a trovare nuovi modi per far perdere le staffe alla rossa, che a sua volta sperimentava nuovi incantesimi e nuove fatture su James con un certo successo. Erano certamente la coppia più chiacchierata del castello. Forse non erano una coppia in senso letterale, ma sicuramente insieme erano esplosivi.

Sirius invece trovava decisamente più divertente tormentare i Serpeverde, Piton in testa, trovando in James un’ottima spalla. Remus aveva provato varie volte a farli ragionare, ma alla fine ogni volta desisteva e si trovava ad ammettere che alcuni degli scherzi dei ragazzi erano decisamente divertenti e che i rivali meritavano più che mai quelle angherie. Da quando era ad Hogwarts, Remus era persino riuscito a collezionare qualche punizione. Certo, non quante James o Sirius, ma comunque parecchie per i suoi standard di studente pacifico e diligente. Il piccolo Peter invece era sempre in disparte, troppo occupato ad adorare servilmente gli altri tre per avere una vita tutta sua. Non era particolarmente affascinante o intelligente, spiccava solo perché era uno dei quattro malandrini. Seguiva gli amici a ruota, senza chiedersi se gli andasse veramente bene o meno.

Durante i primi mesi al castello Sirius e James avevano notato che le strane assenze di Remus erano riprese. 

- Come sta tua madre? -  

Aveva chiesto James sul treno, mentre stavano tornando al castello. Remus era diventato rosso in viso e aveva risposto a bassa voce, imbarazzato.

- Meglio, ma penso che avrà ancora bisogno di me.. - 

Aveva sussurrato il ragazzo.

Anche Peter alla fine si era accorto che qualcosa non andava. 

I tre ragazzi ogni tanto ne parlavano, ma James ogni volta sembrava distante e pensieroso. 

- Ma è possibile che la madre di Remus stia male così spesso? - 

Sbuffò Sirius una mattina, durante la lezione di Storia della magia particolarmente noiosa. Remus si era assentato il giorno prima, come al solito alludendo alla malattia della madre.

- Uno non programma quando sta male, Sirius. - 

Gli rispose James, paziente.

- La madre di Remus, sta male ogni mese. - 

Fece notare Sirius, pensieroso.

- Sei sicuro?-  

Chiese Peter, stupito.

- Giorno più, giorno meno. Ogni mese sta male e lui la raggiunge. - 

Spiegò Sirius. James e Peter si misero a riflettere su quelle parole.

- Ma non è sempre la madre. Mi sembra che una volta ha detto che doveva andare dalla cugina.. - 

Mormorò Peter, ingenuo.

- Era una scusa, Peter. - 

Esclamò James, scuotendo la testa. Il professore, stufo del brusio dei ragazzi, li richiamò e i tre dovettero rimandare la discussione.

Nei giorni successivi non tornarono più sul discorso, perché Remus era tornato al castello. Come al solito era pallido e provato, e aveva detto loro di non preoccuparsi. James tuttavia, colpito dalle parole di Sirius aveva cominciato a prestare particolare attenzione a Remus, cercando di cogliere segnali che erano sfuggiti loro fino a quel momento. Per un po’ sempre che tutto fosse tornato come tranquillo, si fa per dire, come al solito.

Qualche settimana prima delle vacanze di natale, invece, la vita dei ragazzi fu nuovamente sconvolta. Era un martedì di dicembre particolarmente freddo e nessuno aveva troppa voglia di allontanarsi dal tepore del camino.

- James! Sirius, Peter.. Correte! - 

Esclamò Remus, precipitandosi come una furia nella Sala Comune dei Grifondoro. Sirius e Peter, impegnati a giocare a scacchi, alzarono lo sguardo sul loro amico. A Sirius bastò un‘occhiata per capire che qualcosa non andava. Remus non correva mai a quel modo e soprattutto non perdeva mai la calma.

- Remus, che ti prende? - 

Chiese Sirius, preoccupato.

- James è in infermeria! - 

Rispose Remus, vicino a una crisi isterica. Sirius sentì il cuore rallentare di qualche battito.

- Come sarebbe a dire, James è in infermeria? - 

Chiese Sirius con un filo di voce. Il ragazzo ripensò all’amico, lo aveva lasciato appena due ore prima e stava bene.

- Stava discutendo con Lily come al solito. - 

Iniziò a raccontare Remus.

- Se quella pazza gli ha lanciato una maledizione, io.. - 

Minacciò Sirius, brandendo con fare minaccioso la bacchetta.

- No, niente maledizioni. Non ha fatto in tempo, è svenuto prima lui. - 

Si affrettò a chiarire Remus, cercando di calmare l’amico.

- Svenuto? - 

Chiese Peter, perplesso mentre Sirius assumeva un’espressione a metà tra lo stupito e il terrorizzato.

- Si, è caduto per terra all’improvviso. - 

Disse Remus, pensieroso.

In pochi minuti i ragazzi raggiunsero l’infermeria.

- James! - 

Esclamò Sirius, preoccupato, mentre l’infermiera provava con tutte le sue forze a cacciarli fuori.

- State calmi, il vostro amico ha bisogno di riposo. - 

Li ammonì la donna con fare severo.

- Che gli è successo? - 

Chiese Peter.

- Non lo so.. Un giramento di testa, forse un po’ di stress. Lasciatelo riposare e vedrete che tornerà come nuovo nel giro di qualche ora. - 

Sbottò la donna, innervosita dalla domanda. I ragazzi discussero ancora un po’ con lei. Ci volle tutta la diplomazia di Remus, ma alla fine ottennero di rimanere con l’amico ancora privo di conoscenza. L’unica condizione che pose la donna era che dovevano restare in assoluto silenzio e non dovevano disturbare il ragazzo addormentato.

James giaceva nel letto più vicino alla finestra. I suoi occhiali erano appoggiati sul comodino, e i suoi capelli erano leggermente più arruffati del solito. Sembrava stare bene, non c’era nulla in lui che lasciava presagire una qualche strana malattia. Sirius si sedette sul bordo del letto dell’amico, e rimase per un po’ ad osservarlo in silenzio.

- Sta tranquillo Sirius, hai sentito? Sta bene ora. - 

Cercò di tranquillizzarlo Remus.

- È strano che sia svenuto così, stava bene.. - 

Mormorò Sirius piano, attento a non disturbare l’amico che dormiva. Alla mente di Sirius erano tornati gli episodi simili avvenuti l’anno prima, quando erano appena arrivati al castello. Quante volte era capitato l’anno prima? Forse sette, oppure addirittura qualcuna in più. 

- Ma si, a volte capita. È successo anche l’anno scorso, no? - 

Rispose Remus, quasi leggendo nel pensiero di Sirius.

- Si, ma.. - 

Cercò di iniziare Sirius, prima di essere interrotto da Remus.

- Sei troppo paranoico. - 

Esclamò Remus con un sorriso. Sirius rispose a sua volta con un sorriso, aprì la bocca per dire qualcosa ma si interruppe quando vide James cercare di aprire gli occhi.

- Buon giorno.. - 

Salutò Sirius, passando al suo migliore amico gli occhiali.

- Do.. Dove sono? - 

Chiese James, cercando di mettere a fuoco le persone di fronte a lui e la stanza dove si trovava senza troppo successo.

- Ad una festa! - 

Rispose deciso Sirius, abbozzando appena un sorriso.

- In infermeria? - 

Chiese James, perplesso.

- Sei svenuto e sei caduto a terra come una pera cotta. - 

Spiegò Remus.

- Davanti a Lily? - 

Chiese ancora James, alzando un po’ la voce. Sirius annui.
- Si, vedila in positivo. Stava per lanciarti una fattura potente. - 

Cercò di consolarlo Remus.

- Che figura di merda. - 

Esclamò James, coprendosi il viso con le mani.

- Hey James, dimmi.. Non è che la rossa ti piace? - 

Chiese Sirius, malizioso. James a quelle parole divenne rosso, ma iniziò a negare.

- Stai scherzando, vero? Mi diverto solo a prenderla in giro, tutto qua.. È anche amica di Piton, figurati.. - 

Disse James, cercando di essere convincente.

- Come vuoi, ma non la racconti giusta. - 

Rispose Sirius, dando una pacca sulla spalla del ragazzo steso a letto.

James si riprese in fretta, ed arrivarono le vacanze di natale. Sirius, Remus e Peter avevano deciso che sarebbero rimasti al castello. Sirius non voleva rivedere la sua famiglia, ed era abbastanza sicuro che anche loro fossero contenti di non averlo tra i piedi. Peter invece voleva stare alla larga dalla sua grande, accogliente e protettiva famiglia. Remus aveva deciso di fare compagnia ai due, così solo James sarebbe tornato a casa. Sirius aveva insistito parecchio e per un attimo il ragazzo era sembrato sul punto di cedere, poi aveva abbassato lo sguardo e aveva detto a bassa voce che non poteva rimanere. Sirius, Remus e Peter non avevano capito di che parlasse ma avevano deciso di rispettare la sua decisione.

Proprio come l’anno precedente si erano tenuti in contatto via gufo. Nonostante cercasse di nasconderlo, ai ragazzi era chiaro che c’era qualcosa che tormentava James. Si ripromisero di parlarne con lui appena questi fosse tornato al castello, ma quando lo videro tornare, sorridente e felice più che mai, decisero di lasciare perdere.

Nei mesi seguenti ripresero sia le consuete sparizioni mensili di Remus che le stranezze di James. A volte il ragazzo si estraniava da tutto e da tutti, da casinista si faceva di colpo silenzioso e rimaneva ore a fissare il vuoto.

- James, che ti prende?- 

Chiese Sirius, fissando preoccupato l’amico. I ragazzi si trovavano nella loro stanza. Remus era andato via due sere prima, e sarebbe tornato di lì a qualche ora. Ancora una volta aveva detto loro che si trattava della madre malata e i ragazzi avevano annuito senza credergli.

- Niente, sto bene. - 

Rispose James, continuando a fissare il vuoto.

- Sicuro? Niente più giramenti di testa strani? - 

Cominciò a chiedere Sirius. Non voleva che il suo migliore amico si sentisse male di nuovo.

- No, sei troppo paranoico. - 

Esclamò James, scoppiando a ridere.

- Allora perché sei così zitto? - 

Chiese Peter timidamente.

- Pensavo..- 

Rispose James, vago. Sirius sospirò. Avrebbe pagato oro pur di arrivare a capire che passava nella testa di James in quei momenti. 

- Alla storia di Remus? - 

Chiese Peter, ansioso.
- Mmm, si.. - 

Rispose James. Sirius sospirò ancora, James mentiva. Tuttavia decise di fingere di credergli. Peter lanciò una rapida occhiata all’orologio: erano le quattro. Tra poco sarebbe stato incredibilmente in ritardo per la lezione di recupero con la professoressa McGranitt. Il ragazzino salutò gli amici e si affrettò ad uscire dalla stanza.

Sirius e James rimasero per un po’ in silenzio, poi Sirius decise di riprendere la conversazione.

- Quando ne parliamo io e Peter non dici nulla, hai qualche idea? - 

Mormorò Sirius, fissando l’amico negli occhi. Lo sguardo di James lo colpì. Era stanco, stremato.

- Forse, ma non ne sono sicuro. - 

Rispose James annuendo piano.

- Avanti, dimmi tutto. - 

Esclamò Sirius, sperando di risolvere almeno uno dei due grandi misteri che lo torturavano.

- Te l’ho detto, è solo un’idea e vorrei esserne davvero sicuro prima di affrontare Remus.. - 

Iniziò James, sulla difensiva.

- Tu dillo a me, non vado di certo a parlarne con Remus. Nemmeno con Peter, promesso. - 

Implorò Sirius. James scrutò per un po’ l’amico, poi decise di fidarsi.

- Va bene, stavo pensando che Remus sparisce tutti i mesi. - 

Cominciò a raccontare James.

- Questo si sapeva già. - 

Obiettò Sirius.

- Si, ma aspetta. Ogni mese Remus se ne va dal castello, ho controllato e ho scoperto che le sue sparizioni coincidono sempre con la luna piena. - 

Continuò James. A quelle parole Sirius sbiancò.

- Oh mio dio, pensi che sia.. - 

Balbettò Sirius, troppo sconvolto per concludere la frase.

- Un lupo mannaro? Forse.. - 

Disse James, mantenendo la calma. Sembrava che la possibilità che uno dei suoi migliori amici fosse un lupo mannaro non lo toccasse, né lo spaventasse.

- Ma Silente ed i professori? - 

Chiese Sirius.

- Forse lo hanno sempre saputo. - 

Buttò lì James.

- Controlliamo meglio, ci sarà pure un libro sui lupi mannari in biblioteca, no? - 

Propose Sirius, cercando di ritrovare un minimo di lucidità.

- Si, l’ho preso stamattina. - 

Rispose James, indicando un grosso libro che giaceva ai piedi del suo letto.

- Che c’è scritto? - 

Chiese Sirius. Una parte di lui voleva sapere, l’altra desiderava non avere mai fatto quella domanda.
- Non ho avuto il coraggio di leggerlo. - 

Ammise James, abbassando la testa. Anche lui aveva paura all’idea di scoprire la verità.

- Da qua.. - 

Disse Sirius, prendendo il libro e iniziando a sfogliare ossessivamente le pagine.

- Allora? -  

Chiese James, ansioso.

- I sintomi corrispondono. Che facciamo? - 

Rispose Sirius, pallido e teso.

- Appena torna ne parliamo con Remus. - 

Mormorò James, togliendosi gli occhiali e buttandosi sul letto. Di lì a poco avrebbero dovuto sostenere la conversazione più lunga della loro vita.

Remus ricordava bene quella sera, era stato il momento in cui tutto era andato in pezzi. La sua vita era finita, e in pochi secondi aveva ripreso a vivere.

Come al solito l’infermiera lo aveva accompagnato fino al quadro della Signora Grassa e si era raccomandata di dire agli amici che la madre stava meglio. Remus aveva annuito, aveva ringraziato la donna ed era entrato sospirando. I ragazzi cominciavano a essere sospettosi, era sicuro che di lì a poco la sua scusa sarebbe crollata e la verità sarebbe venuta a galla. Remus aspettava e temeva quel momento più di ogni altra cosa. Lo aspettava, perché così avrebbe potuto smettere di mentire alle persone che amava di più al mondo, ma lo teneva perché non voleva che i suoi amici lo lasciassero solo.

Con questi pensieri in testa salì le scale ed aprì la porta della loro stanza, senza sapere che James e Sirius aspettavano da ore quel momento. I due ragazzi erano seduti sul letto di James mentre Peter, da poco tornato dall’ufficio della McGranitt stava scarabocchiando qualcosa su una pergamena.

- Ciao Remus, tutto bene? - 

Chiese James, sorridendo. Il fatto che James chiedesse di lui, e non della madre mise Remus in allarme.

- Si, mia mamma sta un po’ meglio. Speriamo che questa sia la volta buona.. - 

Rispose Remus, cercando di essere credibile.

- Remus, sappiamo che è una scusa. - 

Disse deciso Sirius, fissando il ragazzo negli occhi.

- Ma.. Di che.. Pa.. Parlate? - 

Balbettò Remus, sbiancato di colpo.

- Di tua mamma, non vai via dal castello perché lei sta male. Non è così? - 

Chiese James, dolcemente.

- Ragazzi che vi prende? - 

Chiese Peter, passando lo sguardo dai due amici a Remus.

- James ha notato che sparisci sempre quando c’è la luna piena. Abbiamo fatto qualche ricerca in biblioteca oggi pomeriggio. - 

Rispose Sirius. Remus abbassò la testa, il Momento era arrivato.

- Ragazzi, di che parlate? - 

Chiese ancora Peter, confuso. Remus sospirò e si fece coraggio.

- Ero sicuro che prima o poi lo avreste scoperto. - 

Disse tristemente fissando il pavimento.

- Vi prego, spiegate anche a me. - 

Cominciò a piagnucolare Peter.

- Sono un lupo mannaro, Peter. - 

Rispose Remus. Quelle poche parole sorpresero tutti quanti. Remus non aveva mai pensato che sarebbe stato così facile da dire. Anche James e Sirius, che sapevano già come stavano le cose si sorpresero. Peter invece era completamente fuori di sé dalla paura.

- Tu.. - 

Balbettò Peter, terrorizzato.

- Sapevo che l’avreste scoperto, ma non vi ho detto nulla perché volevo illudermi. - 

Cercò di spiegare Remus. Non voleva perdere la loro amicizia, era la cosa più preziosa che aveva.

- Illuderti? - 

Chiese Sirius, sorpreso da quelle parole.

- Si, di poter avere una vita normale. Degli amici.. - 

Mormorò Remus, mentre gli occhi gli si riempivano di lacrime. James teneva lo sguardo fisso su di lui, ma sembrava perso nel suo mondo.

- Ma tu hai degli amici, hai noi. Perché dovrebbe essere diverso? - 

Disse James all’improvviso. Remus alzò piano lo sguardo su di lui. James lo stava fissando, e sorrideva. Nei suoi non c’era paura, ribrezzo o orrore ma solamente affetto e amicizia. Girò un poco la testa e vide lo stesso sguardo negli occhi più spaventati di Sirius. 

- Voi volete essere miei amici anche se io sono un mostro? - 

Chiese Remus, tra le lacrime.

- Tu non sei un mostro, tu sei Remus e io ti prometto che farò tutto quello che è in mio potere per aiutarti. - 

Rispose James, prima di abbracciarlo forte.

- Ma James.. Non puoi fare nulla per me, la vostra amicizia è già tantissimo. - 

Mormorò Remus, ricambiando quella stretta.

- Lo vedremo.- 

Rispose James, con una strana decisione negli occhi che Remus non comprendeva fino in fondo.

- James ha ragione, affronteremo questa cosa insieme. Siamo i Malandrini, no? - 

Esclamò Sirius, abbracciando anche lui l’amico. Solamente Peter si teneva un po’ a distanza, spaventato. Alla fine però si buttò anche lui nell’abbraccio di gruppo.

- Io.. Non so che dire. - 

Mormorò Remus, senza riuscire a smettere di piangere.

- Abbraccia i tuoi amici e sta zitto! - 

Esclamò James, sorridendo.

- Basta bugie, promesso? 

Chiese Sirius, fissando Remus dritto negli occhi. Il ragazzo annuì deciso.

- Ve lo giuro! - 

Promise il licantropo.

Nelle settimane e nei mesi seguenti l’amicizia che già legava i quattro si rinsaldò ancora di più. L’essere a conoscenza del segreto di Remus invece che dividerli aveva avuto il potere di renderli ancora più uniti. Tutta via, più passava il tempo e più l’estate si avvicinava più i ragazzi si facevano tristi. Sirius sapeva bene che non sarebbe potuto sfuggire alla sua famiglia, Remus era rassegnato a sopportare le trasformazione senza potersi poi sfogare con gli amici e Peter temeva che la madre avrebbe presto ripreso a trattarlo come un idiota. Anche James era stranamente silenzioso e preoccupato da quando aveva ricevuto un paio di lettere che non aveva mostrato ai suoi amici.

Remus, Sirius e Peter si stavano proprio chiedendo di che si potesse trattare quando James si avvicinò loro.

- Ragazzi, sentite ho una proposta.. - 

Iniziò James, serio.

- Dai, spara.. - 

Rispose Sirius, sorridendo.

- Che ne dite di venire da me ad agosto? Potremmo passare le ultime due settimane di vacanze insieme e poi tornare al castello. - 

Propose James. Sirius si sentì di colpo più leggero.

- Fantastico, io ci sono! - 

Esclamò Sirius, felice. Non stava più nella pelle all’idea di scappare dalla sua terribile famiglia, vedere casa di James e conoscere i suoi genitori.

- E la tua famiglia? - 

Chiese Remus.

- Tranquilli, saranno felice di liberarsi di me con due settimane di anticipo. - 

Rispose Sirius, sorridendo.

- E tu di loro.. - 

Fece eco Remus.

- Peter? - 

Chiese James, ansioso.

- Non so, devo chiedere il permesso. - 

Sospirò il ragazzino.

- Remus? - 

Chiese Sirius guardando l’unico ragazzo che non aveva ancora risposto.

- La luna piena.. - 

Iniziò Remus.

- È la settimana prima! - 

Rispose deciso James.

- Hai proprio calcolato tutto. - 

Esclamò Remus sorpreso.

- Proprio così.. Guardate che vi aspetto! - 

Disse James sorridendo.

I ragazzi passarono tutto il viaggio di ritorno a parlare di cosa avrebbero fatto una volta a casa di James. Alla fine tutti e tre avevano avuto il permesso, Peter compreso e non vedevano l’ora che arrivasse il giorno stabilito.

Peter, Sirius e Remus si trovarono di fronte all’ingresso del paese il cui abitava il loro amico e di diressero a piedi verso la casa di James.

- È qui, giusto? - 

Chiese Remus, indicando un grosso cancello dietro il quale si ergeva un imponente casa circondata da un giardino perfettamente curato.

- Penso di si.. - 

Disse Sirius, ripensando alle indicazioni dell’amico.

- Avanti, bussiamo! - 

Disse Remus, facendosi coraggio.

Dopo che ebbero bussato i ragazzi aspettarono un po’ fino a che una donna con i capelli corti e scuri venne loro ad aprire. Ai ragazzi bastò un’occhiata per capire che si trattava di Dorea, la madre di James. C’era qualcosa nei suoi lineamenti che la rendeva familiare a Sirius. I tratti del suo viso ed il taglio degli occhi non lasciava dubbi: la madre di James era sicuramente una Black. Era bellissima, sebbene appesantita da qualche chilo di troppo che si notava in particolare sulla pancia.

- Ciao ragazzi, voi dovete essere gli amici di James! Avanti, venite dentro. - 

Esclamò Dorea sorridendo, spostandosi di lato per lasciarli entrare. I ragazzi fecero come aveva detto la donna, leggermente intimiditi.

- James, scendi!- 

Urlò Dorea in direzione delle scale, ma non ebbe nessuna risposta dal figlio. Proprio in quel momento però, Charlus Potter si affacciò dalla stanza vicina. 

- Dorea, hai idea di dove si sono cacciati i gemelli? - 

Chiese dolcemente alla moglie.

- Gemelli? Non sapevo che James avesse dei cugini gemelli.. -

Sussurrò Sirius a Remus.

- Nemmeno io. - 

Rispose Remus a bassa voce.

- Non lo so caro, là c’è Steve. Prova a chiedere a lui.. - 

Rispose Dorea, indicando un ragazzo di spalle che stava cercando alcuni libri nella biblioteca di famiglia. 

- Steve, hai idea di dove sia finito il tuo gemello? - 

Chiese Charlus Potter al figlio.

Sirius, Remus e Peter trattennero il fiato: il ragazzo che avevano di fronte era la copia esatta di James.

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Capitolo 8
*** Rivelazioni ***


CAPITOLO 8

RIVELAZIONI

Estate 1973.

Era bastata una frase, una semplice frase per mandare in pezzi il mondo di Sirius, Remus e Peter e per azzerare tutto quello che i ragazzi credevano di sapere su James. Di colpo James, quello che in poco più di due anni era diventato il fulcro del loro universo, quell’uragano sempre sorridente e sempre pronto a fare loro da spalla per qualsiasi cosa passare loro per la mente, si era dimostrati disonesto. Aveva mentito, tralasciando di raccontare una parte fondamentale della sua vita. Aveva un gemello, ma loro non ne sapevano nulla perché James aveva ritenuto superfluo raccontarlo a loro.

- Ehm, di sopra forse. - 

Mormorò Steve, leggermente in imbarazzo per essere di colpo diventato l’oggetto d’interesse di tutti i presenti. Era bastato appena uno sguardo ai ragazzi che stavano di fronte a lui, pallidi e immobili, per capire che aveva fatto un grosso errore a mostrarsi loro senza dare il tempo a James di raccontare tutta la storia. La sua curiosità aveva creato un danno non da poco.

- Che vi prende?- 

Chiese Steve, guardando gli amici del fratello, confuso. Nonostante la situazione paradossale Steve era al settimo cielo. Finalmente aveva conosciuto Sirius, Remus e Peter, i malandrini di cui aveva tanto sentito parlare nelle lettere che suo fratello gli spediva dal castello.

  • Accidenti, Steve. Tuo fratello ti aveva chiesto di stare di sopra. - 

Esclamò Dorea Potter, furiosa con il figlio. Le espressioni furiose e deluse dei ragazzi promettevano tempesta, non sarebbe finita bene quella giornata.

- Lo so, ma tanto alla fine ci saremmo incontrati lo stesso. Ero curioso. - 

Mormorò Steve, alzando le spalle. 

- Tu.. - 

Balbettò Sirius, furioso e incredulo allo stesso tempo, puntando il dito contro quel ragazzo così fastidiosamente simile a James che aveva di fronte.

- Chi sei? - 

Chiese Peter, completando la frase che l’amico aveva lasciato a metà. Non capiva bene cosa stesse succedendo e perchè Sirius e Remus fossero così arrabbiati ma quel ragazzo gli sembrava simpatico. Assomigliava moltissimo a James per cui doveva per forza essere simpatico.

- Che sbadato. Piacere, sono Steve. - 

Disse la fotocopia di James, tendendo una mano ai tre ragazzi. Nessuno dei tre ricambiò il gesto e così il ragazzo rimase immobile con la mano a mezz’aria. Steve non perse la calma e si disse che dall’esterno doveva sembrare una scena veramente buffa.

- Il gemello di James? - 

Chiese Remus, sperando o forse illudendosi che non fosse così e che esistesse una spiegazione per quale James non aveva mentito loro per tutto quel tempo. 

- Mi sembra abbastanza evidente. - 

Rispose Steve, divertito, confermando tutti i dubbi e le paure dei ragazzi.

- Eccomi mamma. Scusate, un elfo mi tratteneva. - 

Mormorò James, scendendo di corsa le scale, ignorando quello che avrebbe trovato ad attenderlo al piano di sotto. Tre sguardi attoniti ed uno colpevole si posarono immediatamente su di lui prima ancora che questi si fosse reso pienamente conto di quanto accaduto.

- Vado nello studio. Se avete bisogno mi trovate La.. - 

Mormorò Charlus Potter, sparendo nel suo ufficio per dare modo ai ragazzi si sbrigare quella faccenda da soli. Steve aveva combinato il guaio e spettava a lui rimediare, l’ultima cosa che l’uomo voleva era restare invischiato in una lite tra adolescenti.

- Che sta succedendo? - 

Chiese James, fissando la madre con un’aria confusa. Questa lanciò lo sguardo verso la porta dove era sparito Charlus, decisa a seguire il suo esempio prima che James si fosse reso pienamente conto di quanto era appena accaduto certa com’era che non l’avrebbe presa per niente bene.

- Hanno conosciuto tuo fratello. Vado anche io di la, vi lascio soli. - 

Rispose Dorea, raggiungendo rapidamente il marito.

- Mio fratello? - 

Chiese James, guardandosi intorno stupito mentre cercava ancora di dare un senso alle parole di sua madre. 

- Già, che c’è? Nemmeno tu sapevi di averne uno? - 

Chiese Sirius, ironico, trattenendo a stento la rabbia. Bastò l’uscita del compagno di avventure per mettere di fronte James alla realtà: suo fratello doveva aver combinato qualcosa e, tanto per cambiare, lo aveva messo nei casini.

- Dai Sirius, sta calmo. - 

Cercò di calmarlo Remus prima che saltasse addosso a James.

Il ragazzo con gli occhiali si guardò intorno e non appena notò il suo gemello si sentì mancare. Ancora una volta quell’idiota non gli aveva dato retta ed aveva mandato a monte il suo piano, facendosi vedere dai suoi amici prima che lui avesse avuto il tempo di parlare loro di lui.

- Certo, in fondo il mio migliore amico si è solo dimenticato di dirmi che ha un fratello che è praticamente la sua fotocopia. - 

Borbottò Sirius, incrociando le braccia. James continuava a guardare l’amico senza riuscire a dire nulla. Aveva sbagliato e Sirius aveva ragione, doveva trovare un modo per sistemare le cose prima di perdere il suo migliore amico.

- Non direi proprio, io sono più bello. - 

Ribatté Steve, fingendosi offeso. James fulminò il fratello con lo sguardo.

- Potresti almeno stare zitto? Se non hai notato questo casino è opera tua. Dovevi stare di sopra come ti avevo chiesto. - 

Sibilò James, furente per la rabbia, scaricando tutta la sua frustrazione sul gemello.

- Stare di sopra rinchiuso come un prigioniero, certo. Non prendertela con me se le cose sono andate così. Non potevo fare altro, esattamente come tu non potevi fare altro. - 

Gli rispose Steve, deciso a non farsi mettere i piedi in testa dal gemello. Era stato stupido e aveva agito d’impulso ma non poteva biasimargli nulla. Aveva passato gli ultimi due anni da solo, in un letto, leggendo le avventure di James e degli amici senza poterli conoscere o poterci parlare. Chiunque sarebbe stato impaziente di conoscerli e sarebbe andato loro incontro.

- Mi spiace Sirius. - 

Si scusò James, dispiaciuto, ignorando completamente le parole del fratello. Anche Steve aveva le sue ragioni. Tutti avevano le loro ragioni, ma uscire da quel casino senza perdere i suoi amici era dannatamente complicato. 

- È tutto quello che hai da dire? Pensi che basti così poco? Mi hai mentito per due anni. Due anni, non qualche giorno! - 

Urlò Sirius, senza preoccuparsi di Peter che tremava spaventato o di Remus che cercava di calmarlo. Sebbene all’inizio si fosse sentito tradito tanto quanto Sirius alla fine il licantropo aveva deciso di non essere impulsivo. Anche lui per cause di forza maggiore aveva mentito a lungo ai suoi amici, doveva dare a James la possibilità di dare loro delle spiegazioni prima di arrivare a conclusioni affrettate.

- Non ho mentito, ho solo omesso di raccontarvi una cosa. - 

Cercò di giustificarsi James, scegliendo con cura le parole. Sirius ringhiò, mentre Peter si guardava intorno spaventato.

- Si omettono i dettagli di poco conto come il colore dei calzini o il primo libro letto, non il fatto che hai un gemello! - 

Commentò Remus, critico. 

- Dannazione, pensi che non capisca? Pensi che mi sia divertito a mentirvi e a non dirvi nulla per due anni? - 

Domandò James, perdendo la calma. Sirius lo guardo attentamente cercando di capire cosa gli stesse passando per la testa. Era agitato, nervoso. Poteva leggere il terrore nei suoi occhi, eppure non riusciva a perdonargli una cosa tanto grave. 

- Allora perché non lo hai fatto? - 

Chiese Sirius, fissando l’amico dritto negli occhi. Voleva delle spiegazioni e James doveva dargliele subito se voleva salvare la loro amicizia. Il ragazzo con gli occhiali aprì la bocca per rispondere, poi la richiuse e abbassò lo sguardo.

- Non potevo, avevo le mie buone ragioni. - 

Rispose James, fissando intensamente il pavimento.

- Di che diavolo stai parlando? - 

Chiese Sirius, furioso. Possibile che James rispondesse ad ogni loro domanda con una frase più stupida di quella precedente? 

- Andiamo a fare due passi, così vi calmate? - 

Propose Steve, cercando di rimediare a quella situazione che lui stesso aveva creato. Nessuno sembrò però dare cenni di averlo sentito eppure il ragazzo non si arrese. Era evidente che i ragazzi tenessero uno all’altro e Steve sapeva bene che alla base di tutto c’era un malinteso di proporzioni colossali. Sarebbe bastato sedersi e spiegare tutto, ma chiaramente la strada più semplice non era quella possibile.

- Per favore Sirius, niente domande. Devi fidarti di me. - 

Supplicò James, con gli occhi lucidi. Sirius sentì nel tono dell’amico tutta la sua sofferenza. Lo stava pregando, una parte di lui voleva credergli eppure una vocina aveva paura e non voleva credere al ragazzo che gli stava di fronte.

- Come faccio a sapere che non c’è altro che non mi hai detto? - 

Chiese Sirius, combattuto se perdonare o meno il suo migliore amico. 

- Non c’è altro. - 

Giurò James con gli occhi lucidi.

- Ehi! - 

Disse Steve, cercando inutilmente di attirare l’attenzione dei presenti.

- Davvero, credimi. - 

Continuò a supplicare il ragazzo. Sirius non rispose, ma continuò a fissare James con aria critica. Anche Remus fissava James e non poteva fare a meno di vedere un ragazzino spaventato che era stato costretto da qualche strana ragione a mentire, esattamente come aveva dovuto fare lui.

- Dai Sirius, anche io vi avevo nascosto una cosa importante e voi mi avete perdonato.- 

Disse Remus, prendendo le difese di James.

- Tu ci hai detto per quale motivo non ce ne avevi parlato. - 

Ribatté Sirius, deciso a sostenere la sua posizione.

- Non posso.. - 

Disse ancora James, senza staccare gli occhi dal pavimento. Per qualche strano motivo vedere James così triste e così mogio fece male a Sirius.

- C’è altro che dovrei sapere che non mi ha detto? - 

Chiese Sirius, serio, prima di sbilanciarsi.

- Non di essenziale, credo. - 

Rispose James, abbattuto. C’erano moltissime cose che Sirius non sapeva e che riguardavano Steve, ma come poteva dire tutto e tradire così i segreti e le promesse fatte al fratello?

Sirius continuava a fissare James immobile come una statua, senza dire nemmeno una parola.

- Ci mostrate il giardino? - 

Chiese Peter, cercando di allentare la tensione.

L’idea parve piacere a tutti, così i tre ragazzi si fecero guidare da James verso il retro della casa mentre Steve li seguiva in silenzio, impacciato.

- Che pensi? - 

Chiese Sirius, fissando Remus. Il ragazzo era diventato improvvisamente più silenzioso e si lasciava guidare da James senza obiettare. 

- Che nasconde qualcosa. Ricordi la lettera che ci aveva scritto durante le vacanze di natale? - 

Chiese Remus, fissando a sua volta Sirius. 

A pochi passi dai due anche i gemelli stavano parlando tra loro.

- Dovevi dirglielo. Gli vuoi bene e continuando a tenere questo segreto rischi di perderli. - 

Disse Steve, preoccupato per il gemello. Quei tre ragazzi era i migliori amici di  suo fratello e non si sarebbe mai perdonato se li avesse persi per colpa sua.

- Voglio bene anche a te. Ho promesso a mamma di non dire nulla. - 

Ribatté James, deciso. Una promessa era una promessa, se l’avesse infranta che ne sarebbe stato della sua integrità? Amicizia ed amore fraterno avevano lo stesso significato per lui. Non poteva mentire a Sirius tanto quanto non poteva tradire Steve. Era impossibile per lui fare una scelta, anche se questo significava passare per un bugiardo agli occhi di Sirius e Remus.

- Sei un idiota. - 

Lo apostrofò il gemello. James scosse la testa, in fondo suo fratello aveva ragione eppure non poteva agire diversamente. Poteva solo sperare che Sirius si calmasse e si accontentasse almeno per il momento di quelle poche risposte che gli aveva dato.

- Dannazione Steve, credi che non ci abbia provato? A natale di due anni fa glielo volevo dire, avevo anche scritto una lettera.. - 

Disse James, ricordando quel giorno di qualche anno prima.

- Davvero? - 

Chiese Steve, stupito.

- Si, qualche giorno prima di capodanno. - 

Continuò James, distratto.

- Non ho molti ricordi di quel natale. - 

Mormorò Steve, alzando le spalle.

- Come potresti, eri al San Mungo.. - 

Commentò James, improvvisamente triste.

- Perché non glielo hai detto? - 

Chiese Steve, cercando di distrarre il fratello dai tristi pensieri che lo stavano affliggendo. Conosceva bene quei pensieri, esattamente come sapeva di esserne il responsabile.

- Papà mi ha fatto un incantesimo che mi proibiva di parlare di te e di quello che è successo. - 

Spiegò James, allontanandosi verso la piscina. Steve non disse nulla ma si ripromise di fare un discorsetto al padre. 

- Wow, che bella piscina! - 

Esclamò Peter, comparendo alle spalle di James e mettendo fine al discorso dei due fratelli. James sorrise ed annuì, suo padre era davvero orgoglioso di quella piscina. L’aveva costruita lui seguendo uno schizzo di Dorea.

- Sembra un lago! - 

Concordò Sirius, ammirato, dimenticando per qualche secondo la rabbia e la delusione provocati dalla scoperta dell’esistenza di Steve.

- Si può fare il bagno? - 

Chiese Peter, supplicante. Sembrava più che mai un bambino, felice ed entusiasta di fare un tuffo in quell’acqua tanto trasparente.

- Certamente. - 

Esclamò Steve, sollevato che la situazione stesse finalmente prendendo una piega migliore.

- Basta discutere allora! Che aspettiamo a tuffarci? - 

Domandò Sirius, togliendosi la maglietta e tuffandosi in acqua. Fece solo qualche bracciata, poi uscì e si avvicinò in un modo fin troppo circospetto a James.

- Che diavolo fai? - 

Chiese James, fissando curioso l’amico che aveva fallito clamorosamente il suo tentativo di sorprenderlo alle spalle.

- Mi vendico per il tuo piccolo segreto! - 

Mormorò Sirius, divertito. La rabbia nei confronti di James era sparita, restava solo la voglia di conoscere il gemello del suo migliore amico e di divertirsi insieme. Il ragazzo con gli occhiali non potè fare a meno di ridere mentre l’altro lo trascinava in acqua. Finalmente il suo amico Sirus era tornato. 

- Bravo Sirius, affogalo anche per me. - 

Lo incitò Steve, seduto su una sdraio sul bordo della piscina nel tentativo di tenersi il più possibile lontano dall’acqua. Remus fissò il fratello dell’amico, chiedendosi se quel comportamento fosse o meno strano quanto pareva a lui. 

- Non entri in acqua? - 

Chiese James, deluso.

- Non mi Va. - 

Rispose Steve, vago. Per un po’ i due si fissarono intensamente senza dire nulla. Peter si chiese se quei due potevano comunicare telepaticamente o fosse solo una leggenda messa in giro da qualche babbano strampalato.

- Dai Remus.. - 

Chiamò Sirius, schizzando l’amico per incitarlo a tuffarsi.

- No, ho paura dell’acqua. - 

Spiegò il licantropo, imbarazzato.

- Da quando? - 

Chiese James, stupito.

- Da sempre, James. - 

Rispose Remus, sperando che l’occhiataccia ed il tono aspro facessero capire all’amico che non aveva nessuna intenzione di mostrare le sue cicatrici a Steve come biglietto da visita.

- Che gli prende? - 

Chiese James, stupito, passando lo sguardo dal fratello, all’amico a Sirius.

- Non vorrà che tuo fratello veda le ferite. - 

Rispose Sirius, alzando le spalle. In quel momento nella mente di James scattò qualcosa e tutto divenne improvvisamente più chiaro. Forse esisteva un modo davvero molto semplice per mettere tutti a corrente della realtà senza tradire i segreti di nessuno.

- Ci penso io. - 

Rispose James, uscendo dall’acqua e dirigendosi verso le due sdraio dove erano seduti Steve e Remus. I due ragazzi avevano preso a parlare tra loro e si fermarono solo quando James arrivò alle loro spalle. Steve lanciò uno sguardo preoccupato al gemello, intuendo che avesse in mente di combinarne una delle sue.

- Che fai? James, non fare cazzate! - 

Lo ammonì Steve, minaccioso.

- Suvvia, non fate i timidi! - 

Esclamò James, togliendo la maglia a Remus e spingendolo in acqua prima di voltarsi verso il gemello.

- James, fermati! - 

Urlò Steve, furente.

- Avanti fratellino, so benissimo che sai nuotare meglio di me. - 

Lo prese in giro James ed ignorando le sue proteste lo lanciò in acqua.

- James sei un idiota! - 

Dichiarò Sirius, fissando il volto spaventato di Remus e quello fuori di sé di Steve. Non ci voleva certo un genio per capire che adesso al ragazzo sarebbe aspettato un brutto quarto d’ora.

- Solo perché ho fatto fare loro un tuffo? Esagerato! - 

Mormorò James, divertito.

Fu questione di un attimo. In un istante Steve era già uscito dall’acqua e aveva colpito James. Il pugno lo aveva colpito in pieno viso e lo aveva fatto cadere all’indietro, lasciandogli un vistoso segno appena sopra l‘occhio sinistro. James si rialzò in silenzio, ferito profondamente, non tanto dalla forza del pugno quanto dal fatto che a tirarglielo era stato proprio il suo gemello. Steve continuava a guardarsi la mano, incredulo, aveva appena colpito il suo gemello. Non poteva avere davvero colpito suo fratello. 

Sirius, Remus e Peter erano ancora in acqua, paralizzati. Tutti guardavano James, aspettando che dicesse qualcosa. Magari una battuta delle sue per stemperare la tensione. Il ragazzo però rimaneva in silenzio. Rimase a lungo in silenzio, poi si girò e si mise a correre verso la casa senza voltarsi indietro.

Remus guardò l’amico allontanarsi e poi passò lo sguardo su Steve, chiedendosi il perché di quel litigio. Gli bastò un’occhiata per capire, e sentì il sangue gelarsi nelle vene. Sul corpo di Steve, così identico a quello di James, c’erano le stesse cicatrici che aveva anche lui. Le stesse che si faceva ogni dannata luna piena.

Sentendosi osservato anche Steve ricambiò lo sguardo del ragazzo dagli occhi color miele. Non appena i suoi occhi si posarono sulle cicatrici di Remus capì di essere l’ultimo degli idioti e di avere ferito suo fratello per nulla.

 

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Capitolo 9
*** Spiegazioni ***


CAPITOLO 9

SPIEGAZIONI

Estate 1973.

 

Dopo la baruffa avvenuta a bordo piscina era caduto un silenzio irreale nel giardino dei Potter. Di James non c’era traccia mentre Steve era passato dalla furia più nera alla depressione nel giro di pochi istanti. Remus si ritrovò a pensare che tra i tanti problemi del ragazzo, primo tra tutti l’essere un licantropo, ci dovesse essere per forza anche il bipolarismo. Solo quello infatti poteva spiegare un cambio di umore tanto repentino.

- Qualcuno avrebbe la gentilezza di spiegare al sottoscritto che diamine sta succedendo in questa casa oggi? - 

Chiese Sirius, irritato. Nessuno dei membri della famiglia Potter sembrava essere completamente sano di mente, a partire dal signor Potter per finire con James e Steve. Forse Dorea Potter si salvava, ma dopo tutto era una Black che aveva rinunciato a tutto e abbandonato una delle famiglie più influenti per amore, e quindi tanto sana di mente non poteva essere nemmeno lei. 

- Sirius. - 

Lo richiamò Peter, cercando di calmare l’amico. Sirius sbuffò e riprese, alzando la voce.

- No, Sirius niente. Prima scopro che James ha un gemello. Ora questa discussione. Siete tutti matti qui dentro? - 

Chiese ancora Sirius, più esasperato che arrabbiato, guardandosi intorno.

- Sono un idiota. - 

Esclamò Steve, lasciandosi cadere a terra con la testa tra le mani. Sirius aprì la bocca per convenire con la sua stessa conclusione, ma Remus lo precedette.

- Quelle ferite.. - 

Iniziò Remus, incredulo. Aveva passato anni a sentirsi solo, escluso ed emarginato dal mondo per poi trovarsi di fronte un ragazzo che era nella sua stessa situazione. Il fratello di uno dei suoi migliori amici per giunta. Nonostante la situazione fosse abbastanza grave e stesse ulteriormente precipitando, Remus era felice. Non era più il solo, sapeva che al mondo esisteva qualcuno con cui poteva condividere il suo dolore, le sue paure e le sue sofferenze senza dover nascondere nulla o fingere per forza che tutto andasse bene.

- Sono un idiota. - 

Ripeté Steve, più convinto. Gli era bastato un attimo per capire tutto: anche Remus era un licantropo e James non stava facendo altro che farli prendere coscienza di questo fatto senza tradire i segreti di nessuno.

- Come te le sei fatte? - 

Riuscì a chiedere Remus alla fine, temendo e bramando allo stesso tempo una risposta.

- Proprio come te, Remus. - 

Rispose Steve, fissando il ragazzo negli occhi.

- Di che diamine state parlando? - 

Chiese Sirius, molto vicino a perdere la pazienza. James era sparito, fuggito in qualche angolo remoto della casa e ormai neppure Remus si degnava di rispondergli. Il pomeriggio aveva decisamente preso una pessima piega.

- Anche io sono un lupo mannaro. - 

Spiegò Steve, tranquillamente, stanco di mentire e di doversi nascondere. Il tempo dei segreti era finito, anche se forse non come lui e Jamie avevano pensato.

- James lo sapeva? - 

Chiese Peter, di colpo più pallido.

- Ovviamente, Peter. - 

Sbuffò Sirius alzando gli occhi al cielo, stupido dall’idiozia dell’amico.

- Ha promesso di non dirlo a nessuno, mio padre gli aveva anche fatto un incantesimo che gli proibisse di nominarmi. - 

Spiegò Steve, tristemente. Sirius sospirò, capendo improvvisamente a cosa di riferiva James poco prima quando gli diceva che non poteva spiegargli nulla.

- Per questo non ci aveva mai parlato di te.. - 

Esclamò Remus, capendo improvvisamente tante cose. Steve annuì piano, troppo agitato per aggiungere altro.

- Sono un idiota. - 

Esclamò Sirius improvvisamente, battendosi una mano sul viso.

- Mai quanto me. - 

Ribatté Steve, sconsolato.

- Dimmi una cosa, perché gli hai tirato quel pugno? - 

Chiese Peter, fissando intensamente il ragazzo.

- Mi sono sentito ferito. Pensavo che mi avesse buttato in acqua per prendersi gioco di me.. Che si fosse dimenticato delle mie ferite e di quello che sono. Che idiota che sono! -    

Mormorò Steve con gli occhi lucidi, dandosi dello stupido. Era stato davvero un idiota a pensare quelle cose di suo fratello, la persona che lo conosceva meglio e che lo aveva sempre appoggiato da che erano nati.

- Invece lo aveva fatto per farci capire che siamo sulla stessa barca. - 

Concluse tristemente Remus per lui.

- Non voleva tradire nessun segreto. Né quello di Remus né il tuo. - 

Mormorò Peter, capendo improvvisamente di cosa stavano parlando gli amici.

- Devo andare a parlare con lui. - 

Esclamò Sirius, deciso.

- Aspetta, lasciagli qualche minuto per calmarsi. - 

Consigliò Steve. Conosceva bene il suo gemello e sapeva che aveva bisogno di stare da solo per un po’ prima di parlare con qualcuno.

- Ancora non ci credo, mi sembra tutto così strano. - 

Mormorò Sirius, fissando Steve.

- Dove sei stato in questi anni, perché non eri a scuola? - 

Chiese Remus, cercando di rimettere ordine in quella storia confusa facendo combaciare tutte le tessere di quel bizzarro puzzle.

- Stavo male. Sono stato morso circa due anni fa, qualche mese prima che iniziasse la scuola. Da allora sono sempre stato in ospedale. - 

Spiegò Steve, mogio.

- Hai passato due anni al San Mungo? - 

Chiese Peter, incredulo. 

- Sono uscito qualche mese fa. -  

Rispose Steve, annuendo. 

-Sono stato un idiota, devo cercare James e scusarmi prima che smetta di parlarmi. - 

Esclamò ancora Sirius. Improvvisamente non gli importava più di Steve e del fatto che James non gliene avesse mai parlato. Doveva trovare il suo amico perchè aveva bisogno di lui in quel momento, il resto aveva davvero poca importanza.

- Dovrebbe essere nella serra. Va sempre lì quando discute con me. - 

Mormorò Steve, distratto. Nei suoi occhi si poteva vedere una tristezza infinita. 

- Grazie mille. - 

Disse Sirius, allontanandosi verso il punto che gli era stato indicato.

Dopo che Sirius si fu allontanato i tre ragazzi rimasero a lungo in silenzio.

- Deve essere stata dura per te in questi anni. - 

Disse Remus alla fine per rompere quel silenzio così pesante. Steve annuì piano, quasi fosse incapace di parlare.

- È stato brutto stare lontano da James. È il mio gemello, siamo sempre stati molto legati. So quanto vi vuole bene. Fidati, gli è costato molto non parlarvi di me. - 

Mormorò Steve, alzando appena la testa. Remus si accorse che quando parlava del gemello lo sguardo di Steve si illuminava. Si capiva che i due si volevano un gran bene.

- Si, penso di riuscire a capire. - 

Rispose Remus, annuendo.

- Vi ho sempre invidiati molto. - 

Continuò Steve, sincero.

- Dimmi, James ci ha invitati qui perché ti conoscessimo? - 

Chiese Peter, curioso.

- Si, ma avrebbe voluto prima parlarvi. Per questo mi aveva chiesto di restare in camera, ma io ovviamente non gli ho dato retta. - 

Sbuffò Steve, pentito di non avere fatto come voleva James. 

- Come mai proprio ora le presentazioni? Perché non ha aspettato ancora, magari che ti riprendessi del tutto. - 

Chiese Remus, fissando le cicatrici non ancora del tutto chiuse che segnavano il corpo di Steve. Era la prima volta che parlava con qualcuno che aveva passato quello che aveva passato lui. James, Sirius ed il piccolo Peter erano comprensivi ma non potevano capire fino in fondo cosa significasse portare il peso di quella maledizione.

- A settembre verrò al castello con voi. - 

Rispose Steve, sorridendo. Il suo era un sorriso triste perchè era riuscito a rovinare tutto con la sua irruenza e con la sua testardaggine.

- È magnifico! - 

Esclamò Remus. Finalmente avrebbe avuto qualcuno con cui condividere il peso delle trasformazioni. Qualcuno a cui confidare ogni cosa senza paura di essere frainteso o incompreso.

- Io però  non capisco una cosa.. -

Iniziò Peter, dubbioso.

- Cosa?-

- Perché James non ti ha mai detto che Remus è un lupo mannaro? Voglio dire, sarebbe stato tutto più semplice, no? - 

 - È vero, non ci avevo pensato. - 

Esclamò Remus, stupito.

- James non parla mai della mia licantropia. Sopratutto, non ne parlerebbe mai con me. -

Spiegò Steve, abbassando la testa. 

- Ma perché? Voglio dire, non ha nessuno problema con me, almeno credo. - 

Mormorò Remus.

- Si, infatti. Solo.. È complicato. Vedi, pensare che io sono diventato un lupo mannaro lo fa stare male. - 

Cercò di spiegare Steve. Era difficile trovare le parole per spiegare tutto, senza contare che avrebbe rischiato di complicare ancora di più le cose con James.

- Non capisco.. - 

Mormorò Peter, confuso.

- Jamie non ha problema con chi è stato morso da un lupo mannaro, a qualche problema ad accettare che un lupo mannaro ha morso proprio me. - 

Disse alla fine Steve, chiudendo quella conversazione ed avviandosi verso casa.

Sirius aveva attraversato il giardino dei Potter di corsa, temendo di non trovare il suo amico. Un paio di volte si era anche perso, ma alla fine era arrivato nella serra. James era lì, proprio come aveva detto Steve.

- James, meno male.. - 

Esclamò Sirius, riprendendo fiato.

- Sirius, vattene. - 

Disse James, deciso.

- No, dobbiamo parlare. - 

Scandì Sirius, deciso. Il suo tono non ammetteva repliche.

- Di cosa? Sono un idiota. Non vi ho detto nulla di Steve per una stupida promessa che gli avevo fatto. Ho litigato con voi, non vi fidate più di me e quell’idiota mi ha anche preso a pugni. - 

Si sfogò James, tra le lacrime. Aveva perso le due cose a cui teneva di più al mondo, i suoi amici e suo fratello.

- Sei paranoico, sai? - 

Chiese Sirius, sorridendo.

- Che stai dicendo? - 

Mormorò James, confuso. 

- Non hai litigato con nessuno, mi fido ancora di te e ti capisco. Steve ci ha detto della promessa e dell’incantesimo di tuo padre. - 

Spiegò pazientemente Sirius, avvicinandosi all’amico e passandogli un braccio intorno alle spalle. James non disse nulla, rimase a fissare Sirius in silenzio.

- Per questo eri sempre strano e silenzioso? Era di questo che ci volevi parlare nella lettera?- 

Chiese ancora Sirius, senza forzare James a dare delle risposte.

- Io volevo solo che nessuno venisse ferito. Ho agito a fin di bene, te lo giuro. - 

Disse James, affondando la testa nella spalla dell’amico.

- Lo so, James. - 

Rispose Sirius, abbracciandolo più stretto.

- Sirius, io ti voglio bene. - 

Sussurrò James.

- Anche io James, tanto. - 

Rispose Sirius, felice di avere ritrovato il suo amico.

Remus e Peter scelsero proprio quel momento per arrivare. Steve, dopo avere visto lo stato in cui era suo fratello aveva deciso di sparire per un po’, mentre i due amici fissavano la scena chiedendosi cosa dovevano fare.

- Remus.. - 

Mormorò James, vedendo la figura sfuocata dell’amico.

- Abbraccio di gruppo? - 

Chiese Peter, lanciandosi addosso agli amici seguito a ruota da Remus.

- Ce l’hai con me? - 

Chiese James all’amico licantropo.

- Neanche per sogno. - 

Rispose Remus, deciso.

- Sicuro? - 

Chiese ancora James, spaventato.

- Certo. Sai, è simpatico tuo fratello. - 

Esclamò Remus, felice.

- Si, come No. - 

Commentò James, alzando gli occhi al cielo. In quel momento anche solo sentire nominare Steve riusciva ad infastidirlo.

- Avete anche tante cose in comune.. - 

Mormorò Sirius, sarcastico.

- Sirius! - 

Lo richiamò Peter.

- Che c’è? È vero.. Possono passare la luna piena insieme. - 

Esclamò Sirius, piegando la testa di lato.

- Ti sembra una cosa sulla quale scherzare? - 

Chiese Peter, stupito dalla poco sensibilità del ragazzo.

- Mi spiace. - 

Mormorò Sirius, con aria colpevole.

- Non fa niente. -

Lo rassicurò Remus.

- Dovresti parlare con lui. - 

Aggiunse Remus, rivolto a James.

- Neanche per sogno. - 

Dichiarò James, deciso.

- È il tuo gemello, dovete chiarire. - 

Cercò di farlo ragionare Sirius.

- Non mi Va. - 

Ribadì James.

- Non fare il bambino! - 

Lo richiamò Peter.

- È meglio che noi andiamo. 

Disse alla fine Remus.

- Ma.. - 

Provò a protestare James.

- Ci vediamo alla stazione, promesso. - 

Lo rassicurò Sirius.

- Ricorda sempre che noi ti vogliamo bene. - 

Disse Remus con uno sguardo dolce. James sospirò.

- Anche io ve ne voglio. - 

Aggiunse mentre gli amici si allontanavano lasciandolo solo nella serra. 

 

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Capitolo 10
*** Tornando a scuola ***


CAPITOLO 10

TORNANDO A SCUOLA

1 Settembre 1973, terzo anno.

 

Peter, Remus e Sirius passarono l’intera settimana a chiedersi se avessero o meno fatto bene a lasciare James solo con Steve. Certo, i due avevano l’estremo bisogno di chiarirsi ma c’era anche la seria possibilità che passassero tutto il loro tempo a litigare senza concludere nulla. Da quello che avevano visto, James era poco incline a conversare con il gemello. 

Il primo settembre fu una liberazione per il trio: finalmente avrebbero scoperto, nel bene oppure nel male, se i gemelli si erano chiariti o se li avrebbe aspettati un lunghissimo anno scolastico. Remus confidava con tutto se stesso nella prima ipotesi ma era perfettamente a conoscenza dell’imprevedibilità dei due fratelli. Anche in quello, proprio come l’aspetto, erano identici.

- Mamma, c’è Remus. Vado con lui, ciao! - 

Esclamò Peter, illuminandosi alla vista dell’amico. La madre lo aveva costretto ad arrivare alla stazione con più di due ore di anticipo ed il ragazzo fremeva all’idea di raggiungere gli amici e liberarsi delle attenzioni della donna.

- Fa il bravo.. E scrivi appena arrivi.. - 

Iniziò a raccomandarsi la donna, decisa a non andarsene tanto presto. Dopo tutto Peter era il suo umico bambino e lei aveva deciso di consacrare la sua vita a vegliare su di lui. Come aveva detto l’ex marito, prima di prendere la porta e sbattersela alle spalle: il figlio era il suo unico hobby.

- Mamma sto andando ad Hogwarts, mica in guerra.. - 

Sospirò Peter, insofferente. Remus sentì l’amico avvicinarsi e sorrise appena pensando a come dovesse essere infernale la vita con quella donna.

- Ciao Peter, ti presento mio padre. - 

Disse Remus, tranquillo, indicando l’uomo alto e distinto alle sue spalle. Peter sorrise, sua madre iniziò a squittire. 

- John Lupin, accidenti. È un onore. - 

Esclamò la signora Minus, visibilmente emozionata.

- Mamma, mi stai mettendo in imbarazzo. - 

Mormorò Peter tra i denti, desiderando ardentemente che il pavimento si aprisse per inghiottirlo.

- Guarda, laggiù c’è Sirius. - 

Disse Remus, cercando di cambiare argomento per andare in aiuto all’amico imbarazzato.

- Ehi, siamo qui! - 

Urlò Peter, cercando di attirare l’attenzione del ragazzo. Sirius si voltò appena, vide il gruppo e si affrettò a raggiungerlo. Tutto pur di fuggire dalla sua famiglia al completo.

- Giorno ragazzi, odio i miei genitori. - 

Sbuffò Sirius, accasciandosi sopra il suo baule. Remus sorrise, l’entrata in scena di Sirius era più o meno come se l’era aspettata. 

- Fammi indovinare, non sono stati contenti di averti una settimana in più con loro.. - 

Iniziò Remus, scherzando. Sirius sbuffò, roteando gli occhi. 

- Per niente. Hanno cercato di mandarmi da mio zio, ma mi è andata male perché era fuori Londra. Una settimana con mia madre che non faceva che elencarmi i duecento motivi per cui mio fratello è migliore di me. - 

Spiegò Sirius, depresso.

- Accidenti, che tortura. - 

Concordò Peter. Nessuno meglio di lui sapeva quanto poteva essere terribile passare del tempo in famiglia.

- Non me ne parlare. Voi invece? - 

Chiese il ragazzo, guardandosi intorno.

- Tutto bene, una settimana tranquilla in famiglia. - 

Disse Remus, sereno. Il padre aveva preso qualche giorno da passare con lui ed avevano fatto molte cose insieme. Erano andati a pescare, avevano fatto il bagno al lago e tutte le altre cose che fanno le famiglie normali. 

- Anche troppo.. - 

Mormorò Peter, alzando gli occhi al cielo.

- Topino, ma che dici? -  

Chiese la madre del ragazzo, apprensiva.

- Mamma, ti prego smettila. - 

Supplicò Peter, rosso per la vergogna.

- Questo è mio padre. - 

Disse Remus, indicando a Sirius l’uomo alle sue spalle. Sirius si voltò verso il padre dell’amico, curioso. Aveva solo sentito parlare di Remus, ma ora riusciva a capire perfettamente il tono orgoglioso dell’amico quando parlava di lui.

- Piacere, signor Lupin. - 

Salutò l’uomo. Era discreto ed educato esattamente come il figlio.

- Piacere mio. Sirius, giusto? - 

Chiese il signor Lupin, curioso. Anche lui aveva sentito parlare molto spesso degli amici del figlio e si era sempre chiesto come fosse quel Sirius, tanto coraggioso da andare contro alle folli tradizioni di una famiglia come quella dei Black.

- Si, sono io. - 

Annuì Sirius.

- Lei è la madre di Peter invece? Mio figlio mi parla continuamente dei suoi amici, anche se purtroppo per via del mio lavoro ci vediamo poco. - 

Continuò l’uomo, mentre la madre di Peter pendeva letteralmente dalle sue labbra. 

- Sono così felice che Peter non sia solo. È molto timido ed insicuro.. - 

Iniziò la signora Minus.

- Lei è un auror, vero? - 

Chiese Sirius, studiando a fondo il viso del padre del suo amico. Il distintivo che spiccava sul petto dell’uomo aveva attirato la sua attenzione dal primo momento che lo aveva visto.

- Oh, si. Leggo continuamente di lei sulla Gazzetta del Profeta.  - 

Squittì la madre di Peter, ammirata.

- È troppo buona, così mi mette in imbarazzo. - 

Scherzò il signor Lupin.

- Avrai un nuovo superiore da oggi? - 

Chiese Remus, ricordando improvvisamente le parole del padre.

- Non proprio, diciamo che torna quello vecchio. - 

Rispose l’auror, sorridendo.

- Perché? Voglio dire, prima lo licenziano e poi lo richiamano? - 

Chiese ancora Remus, stupito.

- Certo che no, Remus. Il mio vecchio capo si è preso una licenza per motivi familiari. - 

Spiegò pazientemente John Lupin.

- Parla di Charlus Potter, vero? Il grande auror.. - 

Chiese la signora Minus, ammirata.

- Il padre di James? Non mi hai mai detto che lo conoscevi. - 

Esclamò Remus, sorpreso da quella nuova rivelazione.

- Beh, nemmeno tu mi hai mai detto il cognome del tuo amico. Come potevo immaginare che fosse il figlio di Charlus? - 

Ribatté il signor Lupin.

- Aspetti, ma se il padre di James era un auror così famoso perché si è preso una pausa dal lavoro? - 

Chiese Sirius, confuso.

- È una lunga storia, molto delicata. - 

Rispose l’uomo, abbassando la testa e cercando di trovare un modo di uscire da quella conversazione. La madre di Peter non sembrava un proprio un tipo discreto e Charlus non aveva certo bisogno di finire un’altra volta sulla copertina della Gazzetta del Profeta.

- Per il figlio, giusto? Il giornale ne ha parlato per secoli. - 

Si intromise la signora Minus, curiosa si saperne di più.

- Figlio? - 

Chiesero Sirius, Peter e Remus in coro, increduli. 

- Si, diciamo di si. Scusate, Remus, perdonami ma non posso fare tardi proprio oggi. - 

Disse John Lupin, cercando di togliersi da quell’impiccio senza divulgare informazioni riservate.

- Tranquillo, cerca di non perdere il lavoro. - 

Rispose Remus, comprensivo. Era evidente che l’uomo sapesse di più ma non avesse voglia di parlarne con loro. 

- Non essere sciocco John, saluta tuo figlio con calma. Puoi andare al lavoro con Charlus. -

Si intromise una donna, comparendo alle spalle dell’auror e abbracciandolo con affetto. John Lupin si voltò, sorpreso, e si ritrovò di fronte il suo vecchio amico.

- Dorea, sei sempre bellissima. -

Disse l’uomo, guardandola con attenzione e affetto. Era diverso tempo che non la vedeva ma Dorea Potter non era cambiata di una virgola. 

- Sei galante, ma non ti credo. Sono una balena, non vedo l’ora che arrivi dicembre. - 

Sbuffò la donna, poggiando una mano sul ventre con fare materno. Sirius e Remus si scambiarono un’occhiata d’intesa, ripromettendosi di chiedere a James perché non avesse detto loro nulla sul nuovo fratellino in arrivo. 

- Mia moglie è sempre tragica, non fateci caso. –

Mormorò divertito il padre di James e Steve, sorprendendo il gruppo con il suo arrivo. 

- Charlus, devo riprendere a chiamarti capo? - 

Chiese l’auror, divertito. I due non avevano l’idea di essere un auror ed il suo capo, ma solamente due vecchi amici che riprendono a lavorare insieme dopo tanto tempo. 

- Charlus va benissimo. - 

Rispose il padre di James e Steve, sorridendo. Lo stesso modo di fare gentile e positivo di James. 

- Hai accompagnato i tuoi gemellini al treno? - 

Chiese il padre di Remus, divertito. Tutti i presenti sembrarono stupiti da quella confidenza e allo stesso tempo increduli. Remus invece non riusciva a capacitarsi che il padre sapesse che il suo amico James aveva un gemello.

- Non sono più così piccoli come li ricordi tu. - 

Mormorò Dorea, sorridendo.

- Ma sono sempre due pesti. - 

Aggiunse Charlus, divertito.

- L’importante è che stiano bene, tutti e due. - 

Precisò John Lupin. Charlus e Dorea annuirono, cercando di scacciare i brutti ricordi che erano tornati loro in mente. Non si dimentica facilmente di avere quasi visto morire i propri figli, anche dopo anni.

- Non potrei essere più d’accordo. Remus, Sirius e Peter, il gruppo è al completo, vedo. John, so che tuo figlio conosce bene il mio James e ha incontrato anche Steve. - 

Disse il signor Potter, studiando a fondo tutti i presenti e soffermandosi a studiare la madre di Peter. La donna infatti sembrava sul punto di chiedere un autografo a Charlus. Era incredibile per lei conoscere finalmente il mago che era stato sulla prima pagina della Gazzetta del Profeta per mesi.

- Eh si, pensa che l’ho appena scoperto. -  

Mormorò il padre di Remus, divertito. Charlus si volto verso l’amico, sorpreso, ma questi gli fece segno che gli avrebbe spiegato tutto più tardi. Dorea guardava il marito, finalmente sereno, scherzare con il collega e non poté fare a meno di tirare un sospiro di sollievo. Finalmente tutto stava tornando a posto.

- Ragazzi, per voi penso sia ora di andare. - 

Si intromise la signora Minus, fissando preoccupata l’orologio. 

- Certo, ma James e Steve? - 

Chiese Remus, guardandosi intorno alla ricerca dei due amici.

- Sono già sul treno che vi aspettano. Dovrete portare molta pazienza con quei due. - 

Rispose Charlus Potter, sospirando. Sirius e Remus si scambiarono un’occhiata perplessa, ma decisero di non fare domande. Certamente avrebbero capito ogni cosa una volta saliti sull’espresso.

- Ciao mamma, ti scrivo.. - 

Iniziò a dire Peter, subito interrotto da un abbraccio materno. Il ragazzo alzò gli occhi al cielo e cercò con tutte le sue forze di liberarsi dalla stretta della donna.

- Fa attenzione. - 

Si raccomandò la donna, spaventata.

- Che palle. - 

Imprecò Peter a bassa voce, sperando che la madre non lo sentisse. Certamente avrebbe iniziato a fargli una terribile ramanzina sull’importanza dell’essere sempre educati per non fare brutte figure di fronte a persone importanti.

- Signora Minus, Signor Lupin, Signori Potter, vi auguro una buona giornata. - 

Salutò Sirius, cercando di nascondere la delusione per il fatto che la sua famiglia non era lì insieme a lui come quelle degli amici.

I signori Black era corsi via subito, decisi a risparmiarsi l’onta di restare vicini ad un figlio buono a nulla. L’unica cosa di cui si era preoccupati era stato affidare il piccolo di casa, Regulus, alle cure delle cugine.

- Fa buon viaggio Sirius, e non pensare troppo alla tua famiglia. Nessuno più di me conosce il lato peggiore dei Black. - 

Mormorò Dorea Potter a bassa voce, facendo in modo che solo lui sentisse. Sirius sorrise alla donna, complice. Anche lei doveva sapere quanto poteva essere terribile essere parte di quella famiglia.  

- Grazie Signora Potter. - 

Mormorò Sirius in risposta, allontanandosi più sereno. Parlare con la madre di James e Steve lo aveva fatto sentire meno solo.

Dopo che tutti salirono sul treno, Remus si trovò per qualche istante solo con il padre.

Il ragazzo studiò a lungo il genitore, severo.

- Papà.. Tu sapevi che James aveva un gemello? - 

Chiese Remus, sperando che il padre non evitasse la domanda come aveva fatto poco prima. L’uomo sembrò pensarci un po’ su, poi sospirò e si chinò verso il figlio.

- Si, ma.. te l’ho detto, non sapevo che il tuo amico fosse il figlio di Charlus Potter. - 

Rispose John Lupin, guardandosi intorno per assicurarsi che nessuno stesse sentendo.

- Ma cosa.. - 

Iniziò a chiedere Remus, bruscamente interrotto da un gesto del padre.

- Ascolta Remus, è una storia delicata. Non dire nulla, devono essere loro a parlarne. Più di due anni fa i figli di Charlus hanno avuto un brutto incidente. Per molto la stampa diceva che uno di loro era morto, all’inizio dicevano che si trattava di James, poi di Steve, alla fine non hanno più detto nulla fino a che a settembre James non ha cominciato il primo anno senza Steve. -

Raccontò John Lupin, attento che il suo amico Charlus non origliasse la conversazione. 

- Per questo il Signor Potter si è dimesso? - 

Chiese Remus, curioso. Il padre annuì, senza dare troppo nell’occhio.

- Ha detto di voler stare vicino alla famiglia. Ero molto legato ai Potter ed ero stato molte volte a casa loro quando i figli erano più piccoli ma non so nemmeno io cosa sia successo. So solo che per due anni Steve è scomparso, dato per morto, fino a che qualche mese fa ha cominciato a farsi vedere in giro e Charlus ha annunciato di voler tornare a dirigere il dipartimento. Molti hanno fatto domande, ma lui non ha risposto. Vorrei poterti aiutare, ma non so nulla. -  

Concluse il signor Lupin, fissando il figlio negli occhi. 

- Non importa, va bene lo stesso. Grazie per quello che mi hai detto. -

Mormorò Remus, voltandosi verso il treno. Sirius e Peter lo stavano aspettando di fronte allo sportello aperto, mentre i due gemelli dovevano essere già seduti da qualche parte in uno scompartimento tutto per loro. 

- Fa attenzione e divertiti.. - 

Si raccomandò il padre. Improvvisamente Remus realizzò che stava iniziando un nuovo anno; era di nuovo a casa ed i pensieri tristi potevano anche aspettare.

- Prometto che ti scrivo. - 

Promise Remus, sorridendo al padre. John Lupin ci teneva molto ad figlio e diceva spesso di voler essere informato circa tutti i tentativi di sabotare lezioni, custodi e fantasmi. Anche lui, proprio come Charlus Potter, quando frequentava Hogwarts era tutto fuori che un tipo tranquillo.

- Bravo ragazzo. -

Mormorò John, scompigliando i capelli al figlio.

Remus corse verso gli amici, che subito lo bloccarono con una fila di domande.

- Allora? - 

Chiese Peter, cercando di essere il più discreto possibile.

- Tuo padre sapeva che James aveva un gemello? -

Chiese Sirius, andando subito al sodo. 

Remus sospirò ed iniziò a raccontare. 

- Sapeva che i Potter avevano due figli gemelli, ma non sapeva che James fosse il figlio del Signor Potter. - 

Spiegò pazientemente il giovane licantropo.

- Non hai mai detto a tuo padre il cognome di James? - 

Chiese Sirius, allibito. 

- Credo di No. - 

Rispose Remus, imbarazzato, dopo averci pensato su.

- Assurdo, potevamo scoprire tutto prima, e invece.. -

Esclamò Peter, scuotendo la testa.

- Smettila, James e Steve sono là. -

Ringhiò Sirius, indicando uno scompartimento poco lontano. Dalla porta aperta si intravedevano i capelli scompigliati dei due ragazzi. 

Uno dei due sembrava decisamente imbronciato e teso, l’altro si guardava intorno frenetico quasi stesse aspettando qualcuno.

 

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Capitolo 11
*** In treno ***


CAPITOLO 11

IN TRENO

1 Settembre 1973, terzo anno.

 

- Buon giorno. È mattina, c’è il sole e stiamo tornando a Hogwarts.- 

Esclamò Sirius, lanciandosi sui sedili vuoti di fronte ai due ragazzi. Due volti uguali si voltarono verso di lui automaticamente.

- Che gioia.. -

Commentò il più tetro dei due.

- Ti lamenti? Non avrò più la mia famiglia tra i piedi. Qui ci vuole una festa.- 

Spiegò Sirius, mettendosi a sedere in modo da fare posto anche a Remus e Peter che stavano cercando di trascinare i loro grossi bauli all’interno dello scompartimento.

- Beato te. -

Sospirò ancora il ragazzo imbronciato. Sirius decise di lasciare perdere. Era troppo felice di tornare al castello per iniziare una discussione.

- Ciao ragazzi.- 

Salutò Remus, occupando il posto più vicino alla finestra.

- Sirius, Remus, Peter. Vi stavamo aspettando.-

Salutò uno dei gemelli. Questa volta era stato quello sorridente a parlare.

- James sei allegro. Steve invece sembra teso, ma vedrai che ti troverai bene al castello. -

Iniziò Sirius, cercando di trascinare Steve nella conversazione. A quelle parole il ragazzo imbronciato prese a guardare ancora peggio l’amico, lasciando Sirius di sasso.

- No, No, aspetta. Io sono Steve, quello musone è James. - 

Spiegò il ragazzo sorridente, indicando il fratello.

- Amico, che ti prende? - 

Chiese Peter, preoccupato e stranito da quella situazione.

- Nulla, assolutamente nulla. - 

Rispose James, tra i denti. Era evidente che non aveva voglia di parlare, ma i ragazzi erano testardi e determinati.

- Sicuro? - 

Chiese Remus, dolcemente.

- Sei ancora arrabbiato con noi? -

Fece eco Sirius, preoccupato. James sbuffò.

- Che palle, lasciatemi stare. -

Ringhiò James, voltando quasi del tutto le spalle agli amici. I ragazzi si voltarono verso Steve, perplessi, nella speranza che l’altro ragazzo avesse delle risposte.

- È arrabbiato con me. - 

Spiegò il ragazzo, abbozzando un sorriso piuttosto tirato.

- Non vi dovevate chiarire? - 

Chiese Remus. Ormai era chiaro che James non voleva parlare, tanto valeva rivolgersi direttamente al fratello anche se questo poteva voler dire peggiorare il suo umore.

- Oh si, ma James non mi parla da una settimana. - 

Spiegò Steve. Nonostante cercasse di apparire tranquillo nella sua voce si avvertiva chiaramente tanta tristezza.

- Accidenti, mi dispiace. - 

Mormorò Peter, dispiaciuto.

- A me No. - 

Precisò James, secco. Steve sospirò, seccato.

- Andrai avanti per tanto? - 

Chiese Steve, rivolto al gemello.

- È inutile che mi parli, la tua voce non la sento. - 

Rispose James, senza nemmeno guardare in faccia il fratello. Quella situazione era assurda per i ragazzi che stavano a guardare. Sembrava quasi che James stesse litigando da solo.

- Dai ragazzi, da bravi. Perché non parlate? - 

Disse Sirius, cercando di mediare tra i due.

- Perché mio fratello è un idiota. - 

Sbottarono i gemelli, insieme. Almeno su quel punto era evidente che fossero d’accordo. 

- Che carini, lo hanno detto in coro. - 

Fece notare Sirius, sorridendo.

- Sirius, sta zitto. -

Sbottò James, seccato. 

- Va bene, scusate. Almeno su qualcosa siete ancora d’accordo. Ma dico, James.. È il tuo gemello! - 

Continuò Sirius, deciso a non arrendersi fino a quanto non avesse raggiunto il suo scopo.
- Lo so da me, ma grazie per avermelo ricordato.- 

Disse James, alzando gli occhi al soffitto. Negli ultimi giorni aveva sentito ripetere quelle parole dai suoi genitori almeno un milione di volte, ma non aveva nessuna voglia di ascoltarle. Era ancora troppo arrabbiato e deluso per rivolgere la parola a Steve. 

- Mi parlerai prima della fine dell’anno? - 

Chiese Steve, ironico.

James aprì la bocca, probabilmente per dare una risposta acida, ma la richiuse subito e prese  a boccheggiare. Sembrava quasi gli mancasse di colpo l’aria.

- Io.. -

Iniziò James, improvvisamente più pallido.

- James. - 

Mormorò Sirius, spaventato, mentre Steve prendeva dolcemente James per le spalle in modo che non cadesse a terra battendo la testa.

- Dannazione, James. Mi senti? - 

Chiamò Steve, cercando di non perdere la calma.

- È svenuto, chiama uno dei caposcuola. -

Ordinò Remus, agitato. 

- No, lascia stare. Penso io a lui. -

Disse Steve, sicuro. 

- Steve sei sicuro? È svenuto all’improvviso, forse sta male e ha bisogno di cure..- 

Fece notare Sirius, preoccupato per l’amico.

- So cosa ha James, tranquillo.- 

Rispose Steve, senza staccare gli occhi dal viso sofferente del fratello.

- James sta male? - 

Chiese Peter, spaventato.

- Diciamo di si, una brutta ferita non ancora del tutto chiusa.- 

Rispose Steve, cercando di non fare preoccupare ulteriormente il ragazzino.

Remus fissava la scena, in silenzio, chiedendosi se valeva la pena di fare la domanda che gli girava in testa da ore. Alla fine trovò il coraggio.

- Ehi, Steve.. Te la posso fare una domanda? -

Chiese Remus, cercando di apparire disinvolto.

- Vuoi sapere dell’incidente, non è vero? - 

Disse Steve, abbassando gli occhi sul viso del suo gemello.

- Non è obbligato a parlarne.. Voglio dire, forse la cosa lo fa stare male. -

Mormorò Sirius, ansioso. Peter fissava la situazione, stranito. Per la prima volta i ruoli si erano ribaltati ed era Remus l’impertinente che faceva domande scomode.

- Fa stare peggio Jamie, tanto vale che ve ne parli io.. -

Rispose Steve, facendo il misterioso.

-  Che intendi dire? - 

Chiese Remus, senza staccare lo sguardo dai due ragazzi. James non aveva ancora dato cenni di essersi ripreso ed era sempre inerme tra le braccia del suo gemello.

- Jay non parla volentieri dell’incidente. -

Sospirò Steve, giocherellando nervosamente con i capelli del fratello che se fosse stato cosciente probabilmente lo avrebbe maledetto.

- Cosa è successo? - 

Chiese Peter, vinto dalla curiosità. Steve sospirò, senza staccare lo sguardo da James.

- Un lupo mannaro. Ha morso me e quasi ucciso lui. -

Spiegò alla fine Steve, lentamente. Sembrava quasi che le parole faticassero ad uscire.

- Un lupo mannaro? - 

Ripeté Remus, incredulo. C’era qualcosa di surreale nello scoprire che anche il suo amico James aveva avuto un brutto incontro con un licantropo e che non gliene aveva mai parlato nemmeno quando aveva scoperto il suo segreto.

- Si, probabilmente una vendetta. - 

Mormorò Steve, scuotendo la testa quasi a voler scacciare un brutto ricordo.

- Contro due bambini? - 

Chiese Peter, scettico. Il piccolo Peter era cresciuto sotto la proverbiale campana di vetro, tanto che gli risultava difficile comprendere quanto il mondo potesse essere ingiusto e cattivo alle volte.

- Contro nostro padre. - 

Lo corresse Steve, bonariamente.

- Che bastardi! - esclamò Sirius, deciso - Voglio dire, che razza di avvertimento macabro può essere? - continuò il ragazzo.

- Non doveva essere un avvertimento. Non era previsto che noi due sopravvivessimo. - 

Mormorò Steve. 

- Gli svenimenti, il pallore ed i continui giramenti di testa.. Sono una conseguenza dell’incidente? - 

Chiese Sirius, fissando Steve negli occhi. Il ragazzo annuì piano. Di colpo nessuno aveva più voglia di parlare. James si destò qualche minuto dopo ed i ragazzi ripresero a parlare, sforzandosi di fare credere all’amico che non era successo nulla.

Un fischio del treno avvisò il gruppo che il treno stava per entrare in stazione. Rapidi i ragazzi si cambiarono e scesero dal treno. 

James cercò di lasciare indietro Steve, ma quest’ultimo sembrava deciso a non perderlo di vista.

- Te ne vuoi andare? - 

Ringhiò James, cercando di allontanare il fratello con la forza.

- Jay, ascoltami un attimo. - 

Implorò Steve, prendendo James per un braccio. Il fratello si liberò facilmente della presa.

- No, va sulle barche con quelli del primo anno. - 

Rispose James, secco.

- Dopo, prima devo assolutamente parlare con te. Ti giuro che è importante.. - 

Insistette Steve, testardo.

- Prega che lo sia per davvero. -

Mormorò James, alzando gli occhi al cielo. Essere così secco con il gemello faceva stare male anche lui ma non aveva per niente voglia di essere il primo a cedere. Sapeva quanto fosse sbagliato, ma l’orgoglio stava avendo la meglio. 

- Lo sanno. - 

Disse Steve, telegrafico. A quelle parole James impallidì tanto che il fratello cominciò seriamente a temere di vederlo svenire una seconda volta.

- Glielo hai detto tu? - 

Chiese James, con un tono indecifrabile. Remus, Sirius e Peter si affiancarono ai due fratelli, cercando di capire per quale motivo stessero discutendo così animatamente.

- Sapevano dell’incidente. Dovevi prevederlo, no? Il Profeta ne parla da mesi ormai.. - 

Commentò Steve, infastidito.

- Maledetti! - imprecò James, rivolto a quei giornalisti che non si decidevano a lasciarli in pace - Sono impiccioni! Perché ci tormentano ancora? Sono peggio degli sciacalli.. - continuò James, fuori di sé.

- James.. - 

Mormorò Remus, preoccupato.

- Loro non sanno quanto abbiamo sofferto. Devono lasciarci in pace! - 

Tuonò James, il volto stravolto dalla rabbia che stava provando in quel momento.

- Perdonami James. È colpa mia, non avrei dovuto fare domande. - 

Mormorò Remus a testa bassa, con lo sguardo colpevole.

- Tranquillo, non è colpa tua. Avanti, andiamo? - 

Mormorò James, tornando a sorridere agli amici.

- Ed io? - 

Chiese Steve, guardandosi intorno senza sapere dove andare.

- Arrangiati - 

***

Alla fine Steve arrivò veramente al castello con i ragazzi del primo anno, una schiera di bambini piuttosto bassi che lo fissavano incuriositi chiedendosi chi fosse quello spilungone che si era mischiato a loro. Forse un ripetente?

Nessuno dei più grandi lo notò, almeno fino a quando la professoressa McGranitt chiamò il suo nome per lo smistamento.

- POTTER, STEPHEN. - 

Tutti si voltarono verso la porta, chiedendosi chi potesse essere il fratellino di James Potter. Grande fu lo stupore generale quando Steve si diresse verso il Cappello Parlante.

- Per le mutande di Merlino, sono due.. - 

- Vi prego, ditemi che sono già ubriaco! - 

Esclamò Piton, terrorizzato all’idea di avere a che fare con un secondo Potter.

- GRIFONDORO! - 

Urlò il Cappello, scatenando i festeggiamenti del tavolo Rosso ed Oro. Steve si alzò dallo sgabello e tornò verso gli amici, soffermandosi di fronte al fratello.

I due si scambiarono un lungo sguardo di sfida, poi James colpì il gemello con un pugno in pieno viso.

- Siamo pari? - 

Chiese Steve, divertito.

- Vuoi un po’ di dolce? - 

Chiese James, strizzandogli l’occhio.

 

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