Polvere di Zaffiro

di Ithil
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Artemisia ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Polvere di Zaffiro - PROLOGO

Polvere di Zaffiro - PROLOGO

 

 

Non avevamo via di fuga.

Ero riuscita a sigillare la porta, unico passaggio di entrata ma anche di uscita da quel buio e stretto antro in cui ci eravamo nascosti. Non sapevo per quanto l’incantesimo avrebbe potuto reggere.

L’unica cosa che potevamo fare era aspettare che ci trovassero, poi… bhe, poi avremmo dovuto combattere, con le nostre forze come unica arma.

Desiderai con tutta me stessa di non aver mai intrapreso quell’assurda avventura.. quasi speravo, dentro di me, che quegli ultimi due mesi fossero stati solo uno stravagante sogno, il divagare assonnato della mia fantasia.

Con un gesto nervoso afferrai il mio ciondolo a forma di luna: il tepore della pietra violetta che vi era incastonata era fin troppo reale e non prometteva niente di buono.

Respirai profondamente e tornai a fissare la porta di legno scuro, in attesa.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 2
*** Artemisia ***


capitolo 1 ******
Ecco finalmente il primo capitolo! ieri avevo fatto in tempo a postare solo il Prologo...
Ringrazio Meg89 per il commento! (spero che ti piaccia anche questo  capitolo! ^__^ )

Buona Lettura a tutti! ^__-

P.s. fatemi sapere se vi piace e se ne vale la pena di continuarla... !!!
Ithil
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“ Che giornata!" sbuffai spazientita , mentre cercavo di sistemarmi in una posizione migliore sulla scomoda sedia davanti alla scrivania del Preside.

Era la terza volta quel mese che mi ritrovavo in quella stanza. E per questa terza volta il preside aveva deciso di chiamare anche i miei genitori.

Guardai fuori dalla finestra con aria triste: era una magnifica giornata di Maggio, finalmente l’inverno era solo un freddo e lontano ricordo, e mi sembrava impossibile dover rimanere prigioniera di quelle quattro mura bianche della scuola tutte quelle ore.

Sentii delle voci avvicinarsi alla porta: riconobbi distintamente la voce di mio padre che diceva: “Siamo veramente dispiaciuti per l’accaduto..”
“ non si preoccupi, è solo che vorremmo far capire ad Artemisia, che l’impegno e lo studio vengono prima del divertimento!” sentenzio il Preside.

La porta si apri, e lo sguardo accusatore dei miei genitori si posò inesorabilmente su di me.
Sentii il sangue salire alle guance: erano gli unici capaci di farmi sentire così tanto colpevole e a disagio.
Abbassai la testa, cercando di concentrarmi sulle righe bianche e nere delle mie calze, per non pensare ai sei occhi che mi osservavano come se fossi stata un animale raro.
“Misy!” esclamò mia madre,attirando la mia attenzione verso di lei; “ posso sapere perché hai saltato le  lezioni?” quel tono, quasi accondiscendente , mi faceva saltare i nervi: sembrava stesse parlando con una bambina di 5 anni.
“Perché…” esitai, sapevo che le mie motivazioni erano stupidaggini per loro, “…perché, era una bellissima giornata e non mi sono accorta di che ore fossero.”
Giusto una mezza verità: in realtà mi ero accorta benissimo che le lezioni erano iniziate, ma stavo così bene seduta sotto quella grande quercia che mi faceva ombra, con l’erba fresca che mi solleticava i polpacci… mi sentivo così in pace… almeno fino a quando il preside non si è messo a gridare dalla sua finestra che se non rientravo immediatamente mi avrebbe espulso.

Alla mia risposta vidi i loro occhi incrociarsi, come se avessi detto la cavolata del secolo.
Il preside sospirò “ Signorina Kunst, questa è l’ultima volta che la voglio vedere nel mio ufficio, se ci sarà una prossima volta, sarà per espellerla.” Poi rivolto ai  miei genitori, “ Voi capite che non posso tollerare oltre questo tipo di comportamento, non è rispettoso nei confronti di quanti si impegnano veramente con costanza…”
Sbuffai sonoramente gettando gli occhi a cielo, interrompendo la ramanzina.
“Vuole dire qualcosa?”
“ Si” iniziai, avvicinandomi e appoggiando una mano sulla superficie della scrivania. “credo che stia esagerando, i miei voti sono fra i migliori della mia classe, e…”
“ questo lo so,” riprese, “è la costanza che le manca!”
Sentii mia madre sussurrarmi “Stai zitta!” e poi  rivolta al dirigente scolastico,“le prometto a nome di mia figlia che non accadranno più episodi del genere” concluse .
“me lo auguro!” disse il Preside stringendo la mano ai miei e dandomi poi una pacca sulla spalla.

***

Il viaggio in macchina fino  a casa fu disastroso: mi toccò sorbirmi dieci minuti di prediche doppie, sia dall’uno che dall’altro.
Quando la macchina imboccò il vialetto, credei che la casa fosse solo un miraggio.
Non aspettai nemmeno che spegnesse il motore, balzai fuori dall’auto e in pochi istanti mi ritrovai a salire le scale diretta in camera mia.
Chiusi la porta e mi sdraiai sul letto.
Quella mattina avevo lasciato volutamente la finestra aperta: così la camera si era riempita del dolce profumo delle rose che crescevano lungo il perimetro della casa.
Il vento soffiava leggero facendo tintinnare lo scacciapensieri attaccato al lampadario.
Mi alzai a sedere di scatto sul letto: non avevo salutato mia zia con la fretta di scappare dai miei!
Decisi prima di cambiarmi, mettendomi qualcosa che mi facesse sentire meglio.

Andai verso l’armadio e aprii le due ante di legno scuro su cui avevo attaccato un’infinità di foto che mi ritraevano ad ogni età.

Cercai qualcosa da mettermi: il mio armadio era praticamente diviso in due, da una parte i vestiti che mia madre mi faceva comperare per andare a scuola; dall’altra, invece, si trovavano tutti gli abiti che mettevo nel tempo libero, uno diverso dall’altro ed esclusivamente di colore o nero, o viola, o rosso…
Scelsi un paio di jeans semplici ed una maglietta  rossa con uno scollo rotondo e delle maniche a ¾ strette sul braccio e lente al gomito.
Mi guardai allo specchio, sistemai i miei capelli castani dietro alle orecchie, e tirai fuori dalla maglia il mio ciondolo: era un bellissimo pendente d’argento a forma di falce di luna; tra le punte era incastonata una pietra, con la sagoma di una goccia, dalle sfumature viola e verdi, che mia zia aveva detto essere di Fluorite.
Ero molto affezionata a quel ciondolo, sapevo solo che era appartenuto a mia nonna e ricordavo di averlo sempre avuto con me, non lo toglievo mai…per me era una sorta di portafortuna.

Uscii in giardino assicurandomi prima che non ci fosse nessuno nei dintorni. Via libera!

Mia zia Dahlia abitava al piano di sopra, o meglio in una sorta di mini appartamento al quale si accedeva tramite una stretta e lunga scalinata esterna.

Zia Dahlia era una donna piuttosto originale, una di quelle persone alquanto bizzarre dalle quali non sai mai cosa poterti aspettare. Aveva all’incirca 39 anni, ma caratterialmente ne dimostrava 20.
Per quanto ne sapevo non si era mai sposata, o almeno innamorata, sembrava vivere in un mondo parallelo al nostro fatto solo di piante e fiori–—che riteneva essere magici — e sempre immersa nella cura e nello studio delle sue adorate pietre o gemme.
Mi aveva sempre raccontato di come avesse girato tutto il mondo, per poter racimolare tutti quei fantastici minerali che aveva sparsi per l’intera casa (persino lungo la scalinata e il parapetto della sua terrazza). Testimonianze di questi viaggi erano anche mobili e souvenir  che facevano sembrare la sua abitazione un affollato e colorato bazar.
Adoravo mia zia: lei era l’unica capace di dispensare sempre buoni consigli e di difendermi dalle ire dei miei genitori. La sua casa era il mio rifugio.

Come al solito cercavo di salire le scale tentando di non inciampare nei cristalli che lasciava asciugare al sole.
Ero finalmente arrivata sul pianerottolo quando sentii la zia e mia madre parlottare all’interno…stavano litigando di nuovo.
Erano ormai diversi mesi che discutevano quasi ogni giorno, e più io chiedevo il perché, più mi sentivo rispondere che non erano affari miei.  
La cosa più strana è che neanche la zia Dahlia, che di solito era sempre sincera con me, voleva affrontare quella conversazione: alle mie insistenti domande lei puntualmente rispondeva cambiando discorso.
Decisi perciò di rimanere fuori ad ascoltare in silenzio, sperando di capirci qualcosa…
“NO!” esplose mia madre.
“Iris, parla piano!” la ammonì mia zia. “ È tempo…è giunto il momento che sappia. Non potrai rimandare in eterno la verità!”
    
“Certo che posso, ma mi serve il tuo aiuto… devi assolutamente scoprire se il talismano funziona anche  qui…”
“ E se funzionasse, cosa vuoi fare? Nasconderglielo?”
“ Io-io non lo so…”

Ma di cosa stavano parlando? Talismano? Che cavolo significava tutta quella assurda conversazione?

Poi sentii qualcos’altro:


“ Iris… non te lo volevo dire, ma Artemisia ha cominciato a fare strani sogni… credo che —”

“no-non mi ha detto niente—”

Oddio…
Non era possibile… Stavano parlando di me!
Ero stordita… non capivo più niente: che c’entravo io? Che cosa mi stavano nascondendo? Era tempo per cosa?
Ero in preda alla confusione.

Indietreggiai di un passo, ma il mio piede andò a cozzare contro qualcosa di solido.. non feci in tempo ad afferrarlo: vidi solo un magnifico cristallo rosa rompersi in mille pezzi mentre cadeva di gradino in gradino.


Cazzo!

La porta si apri di colpo: entrambe mi fissarono a bocca aperta.
Mia zia era sorpresa, mentre mia madre…bhe lei aveva uno sguardo terrorizzato.

“sc-scusa, io n-non volevo.” Biascicai.  


Lanciai uno sguardo verso tutti quei frammenti rosa seminati lungo la scalinata.


“ Da quanto sei lì??” domandò mia madre visibilmente agitata.

“ s-sono appena arrivata.” Mentii. “non so come scusarmi zia Dahlia…pulisco tutto io!” Mi accovacciai per raccogliere i pezzi più grossi che si trovavano sul primo gradino.
“ehm…non preoccuparti Misy,” disse appoggiandomi una mano sulla spalla facendomi alzare. “Non è successo niente… è solo un cristallo, ne ho altri in casa!” sorrise. “guarda vai a prenderne un altro. Ce n’è uno proprio nella terrazza, aspettami lì, arrivo tra qualche secondo!” mi diede un bacio sulla testa.

Accennai un sorriso.


Mossi qualche passo verso l’uscio, ma prima di attraversare il piccolo soggiorno, mi voltai un ultimo istante verso la porta rimasta aperta, giusto per vedere mia madre scrollare il capo e poi scendere verso il giardino.

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