Polvere di Zaffiro di Ithil (/viewuser.php?uid=4196)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Artemisia ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Polvere di Zaffiro - PROLOGO
Polvere di Zaffiro - PROLOGO
Non avevamo via di fuga.
Ero riuscita a sigillare la porta, unico passaggio di entrata ma anche di
uscita da quel buio e stretto antro in cui ci eravamo nascosti. Non sapevo per
quanto l’incantesimo avrebbe potuto reggere.
L’unica cosa che potevamo fare era aspettare che ci trovassero, poi… bhe, poi
avremmo dovuto combattere, con le nostre forze come unica arma.
Desiderai con tutta me stessa di non aver mai intrapreso quell’assurda
avventura.. quasi speravo, dentro di me, che quegli ultimi due mesi fossero
stati solo uno stravagante sogno, il divagare assonnato della mia fantasia.
Con un gesto nervoso afferrai il mio ciondolo a forma di luna: il tepore
della pietra violetta che vi era incastonata era fin troppo reale e non
prometteva niente di buono.
Respirai profondamente e tornai a fissare la porta di legno scuro, in
attesa.
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Capitolo 2 *** Artemisia ***
capitolo 1
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Ecco finalmente il primo capitolo! ieri avevo fatto in tempo a postare solo il Prologo...
Ringrazio Meg89 per il commento! (spero che ti piaccia anche questo capitolo! ^__^ )
Buona Lettura a tutti! ^__-
P.s. fatemi sapere se vi piace e se ne vale la pena di continuarla... !!!
Ithil
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“ Che giornata!" sbuffai
spazientita , mentre cercavo di sistemarmi in una posizione migliore
sulla scomoda sedia davanti alla scrivania del Preside.
Era la terza volta quel mese che mi ritrovavo in quella stanza. E per
questa terza volta il preside aveva deciso di chiamare anche i miei
genitori.
Guardai fuori dalla finestra con aria
triste: era una magnifica giornata di Maggio, finalmente
l’inverno era solo un freddo e lontano ricordo, e mi sembrava
impossibile dover rimanere prigioniera di quelle quattro mura bianche
della scuola tutte quelle ore.
Sentii delle voci avvicinarsi alla
porta: riconobbi distintamente la voce di mio padre che diceva:
“Siamo veramente dispiaciuti per l’accaduto..”
“ non si preoccupi, è
solo che vorremmo far capire ad Artemisia, che l’impegno e lo
studio vengono prima del divertimento!” sentenzio il Preside.
La porta si apri, e lo sguardo accusatore dei miei genitori si posò inesorabilmente su di me.
Sentii il sangue salire alle guance: erano gli unici capaci di farmi sentire così tanto colpevole e a disagio.
Abbassai la testa, cercando di
concentrarmi sulle righe bianche e nere delle mie calze, per non
pensare ai sei occhi che mi osservavano come se fossi stata un animale
raro.
“Misy!” esclamò
mia madre,attirando la mia attenzione verso di lei; “ posso
sapere perché hai saltato le lezioni?” quel tono,
quasi accondiscendente , mi faceva saltare i nervi: sembrava stesse
parlando con una bambina di 5 anni.
“Perché…”
esitai, sapevo che le mie motivazioni erano stupidaggini per loro,
“…perché, era una bellissima giornata e non mi sono
accorta di che ore fossero.”
Giusto una mezza verità: in
realtà mi ero accorta benissimo che le lezioni erano iniziate,
ma stavo così bene seduta sotto quella grande quercia che mi
faceva ombra, con l’erba fresca che mi solleticava i
polpacci… mi sentivo così in pace… almeno fino a
quando il preside non si è messo a gridare dalla sua finestra
che se non rientravo immediatamente mi avrebbe espulso.
Alla mia risposta vidi i loro occhi incrociarsi, come se avessi detto la cavolata del secolo.
Il preside sospirò “
Signorina Kunst, questa è l’ultima volta che la voglio
vedere nel mio ufficio, se ci sarà una prossima volta,
sarà per espellerla.” Poi rivolto ai miei genitori,
“ Voi capite che non posso tollerare oltre questo tipo di
comportamento, non è rispettoso nei confronti di quanti si
impegnano veramente con costanza…”
Sbuffai sonoramente gettando gli occhi a cielo, interrompendo la ramanzina.
“Vuole dire qualcosa?”
“ Si” iniziai,
avvicinandomi e appoggiando una mano sulla superficie della scrivania.
“credo che stia esagerando, i miei voti sono fra i migliori della
mia classe, e…”
“ questo lo so,” riprese, “è la costanza che le manca!”
Sentii mia madre sussurrarmi
“Stai zitta!” e poi rivolta al dirigente
scolastico,“le prometto a nome di mia figlia che non accadranno
più episodi del genere” concluse .
“me lo auguro!” disse il Preside stringendo la mano ai miei e dandomi poi una pacca sulla spalla.
***
Il viaggio in macchina fino a
casa fu disastroso: mi toccò sorbirmi dieci minuti di prediche
doppie, sia dall’uno che dall’altro.
Quando la macchina imboccò il vialetto, credei che la casa fosse solo un miraggio.
Non aspettai nemmeno che spegnesse il
motore, balzai fuori dall’auto e in pochi istanti mi ritrovai a
salire le scale diretta in camera mia.
Chiusi la porta e mi sdraiai sul letto.
Quella mattina avevo lasciato
volutamente la finestra aperta: così la camera si era riempita
del dolce profumo delle rose che crescevano lungo il perimetro della
casa.
Il vento soffiava leggero facendo tintinnare lo scacciapensieri attaccato al lampadario.
Mi alzai a sedere di scatto sul letto: non avevo salutato mia zia con la fretta di scappare dai miei!
Decisi prima di cambiarmi, mettendomi qualcosa che mi facesse sentire meglio.
Andai verso l’armadio e aprii le due ante di legno scuro su cui
avevo attaccato un’infinità di foto che mi ritraevano ad
ogni età.
Cercai qualcosa da mettermi: il mio
armadio era praticamente diviso in due, da una parte i vestiti che mia
madre mi faceva comperare per andare a scuola; dall’altra,
invece, si trovavano tutti gli abiti che mettevo nel tempo libero, uno
diverso dall’altro ed esclusivamente di colore o nero, o viola, o
rosso…
Scelsi un paio di jeans semplici ed
una maglietta rossa con uno scollo rotondo e delle maniche a
¾ strette sul braccio e lente al gomito.
Mi guardai allo specchio, sistemai i
miei capelli castani dietro alle orecchie, e tirai fuori dalla maglia
il mio ciondolo: era un bellissimo pendente d’argento a forma di
falce di luna; tra le punte era incastonata una pietra, con la sagoma
di una goccia, dalle sfumature viola e verdi, che mia zia aveva detto
essere di Fluorite.
Ero molto affezionata a quel
ciondolo, sapevo solo che era appartenuto a mia nonna e ricordavo di
averlo sempre avuto con me, non lo toglievo mai…per me era una
sorta di portafortuna.
Uscii in giardino assicurandomi prima che non ci fosse nessuno nei dintorni. Via libera!
Mia zia Dahlia abitava al piano di
sopra, o meglio in una sorta di mini appartamento al quale si accedeva
tramite una stretta e lunga scalinata esterna.
Zia Dahlia era una donna piuttosto
originale, una di quelle persone alquanto bizzarre dalle quali non sai
mai cosa poterti aspettare. Aveva all’incirca 39 anni, ma
caratterialmente ne dimostrava 20.
Per quanto ne sapevo non si era mai
sposata, o almeno innamorata, sembrava vivere in un mondo parallelo al
nostro fatto solo di piante e fiori–—che riteneva essere
magici — e sempre immersa nella cura e nello studio delle sue
adorate pietre o gemme.
Mi aveva sempre raccontato di come
avesse girato tutto il mondo, per poter racimolare tutti quei
fantastici minerali che aveva sparsi per l’intera casa (persino
lungo la scalinata e il parapetto della sua terrazza). Testimonianze di
questi viaggi erano anche mobili e souvenir che facevano sembrare
la sua abitazione un affollato e colorato bazar.
Adoravo mia zia: lei era
l’unica capace di dispensare sempre buoni consigli e di
difendermi dalle ire dei miei genitori. La sua casa era il mio rifugio.
Come al solito cercavo di salire le scale tentando di non inciampare nei cristalli che lasciava asciugare al sole.
Ero finalmente arrivata sul
pianerottolo quando sentii la zia e mia madre parlottare
all’interno…stavano litigando di nuovo.
Erano ormai diversi mesi che
discutevano quasi ogni giorno, e più io chiedevo il
perché, più mi sentivo rispondere che non erano affari
miei.
La cosa più strana è
che neanche la zia Dahlia, che di solito era sempre sincera con me,
voleva affrontare quella conversazione: alle mie insistenti domande lei
puntualmente rispondeva cambiando discorso.
Decisi perciò di rimanere fuori ad ascoltare in silenzio, sperando di capirci qualcosa…
“NO!” esplose mia madre.
“Iris, parla piano!” la
ammonì mia zia. “ È tempo…è giunto il
momento che sappia. Non potrai rimandare in eterno la
verità!”
“Certo che posso, ma mi serve
il tuo aiuto… devi assolutamente scoprire se il talismano
funziona anche qui…”
“ E se funzionasse, cosa vuoi fare? Nasconderglielo?”
“ Io-io non lo so…”
Ma di cosa stavano parlando? Talismano? Che cavolo significava tutta quella assurda conversazione?
Poi sentii qualcos’altro:
“ Iris… non te lo volevo dire, ma Artemisia ha cominciato a fare strani sogni… credo che —”
“no-non mi ha detto niente—”
Oddio…
Non era possibile… Stavano parlando di me!
Ero stordita… non capivo più niente: che c’entravo io? Che cosa mi stavano nascondendo? Era tempo per cosa?
Ero in preda alla confusione.
Indietreggiai di un passo, ma il mio piede andò a cozzare contro
qualcosa di solido.. non feci in tempo ad afferrarlo: vidi solo un
magnifico cristallo rosa rompersi in mille pezzi mentre cadeva di
gradino in gradino.
Cazzo!
La porta si apri di colpo: entrambe mi fissarono a bocca aperta.
Mia zia era sorpresa, mentre mia madre…bhe lei aveva uno sguardo terrorizzato.
“sc-scusa, io n-non volevo.” Biascicai.
Lanciai uno sguardo verso tutti quei frammenti rosa seminati lungo la scalinata.
“ Da quanto sei lì??” domandò mia madre visibilmente agitata.
“ s-sono appena
arrivata.” Mentii. “non so come scusarmi zia
Dahlia…pulisco tutto io!” Mi accovacciai per raccogliere i
pezzi più grossi che si trovavano sul primo gradino.
“ehm…non preoccuparti
Misy,” disse appoggiandomi una mano sulla spalla facendomi
alzare. “Non è successo niente… è solo un
cristallo, ne ho altri in casa!” sorrise. “guarda vai a
prenderne un altro. Ce n’è uno proprio nella terrazza,
aspettami lì, arrivo tra qualche secondo!” mi diede un
bacio sulla testa.
Accennai un sorriso.
Mossi qualche passo verso l’uscio, ma prima di attraversare il
piccolo soggiorno, mi voltai un ultimo istante verso la porta rimasta
aperta, giusto per vedere mia madre scrollare il capo e poi scendere
verso il giardino.
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