You are my happiness

di HisLovelyVoice
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Exams are over ***
Capitolo 3: *** Everythig is so perfect ***
Capitolo 4: *** I'm afraid to lose you ***
Capitolo 5: *** I didn't want to hurt him ***
Capitolo 6: *** You are wonderful ***
Capitolo 7: *** Please, spend the night here ***
Capitolo 8: *** Lay in my bed ***
Capitolo 9: *** You're just mine ***
Capitolo 10: *** My happiness is destroyed ***
Capitolo 11: *** I can't believe ***
Capitolo 12: *** I love you. I love you. I love you. Do you hear me? ***
Capitolo 13: *** If you love me... ***
Capitolo 14: *** Make love to me ***
Capitolo 15: *** Forever ***
Capitolo 16: *** 15 Past always comes back to knock at the door ***
Capitolo 17: *** Free ***
Capitolo 18: *** I feel safe ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo
 
- sai, quando ho cambiato scuola speravo in un po' di felicità. Ho aspettato, ho aspettato a lungo. E alla fine questa felicità è arrivata. Sei tu la mia felicità. -
 
8 anni dopo...
-  ti prego, aiutami! Che cosa mi metto? - chiesi disperata a Giulia. Lei guardò i due vestiti che avevo in mano. Erano entrambi lunghi fino al ginocchio. Uno bianco di pizzo con una cinta nera in vita con un fiocco sul davanti, l'altro blu stretto in vita e con la gonna a palloncino. - mmmm...quello blu, credo. -
- come "credo"? Ho bisogno di un tuo parere, è importante! -
- si, lo so, lo so! mi hai fatto una testa così con questa cosa! - esclamò esasperata, e non potei fare a meno di ridere. - quello blu è perfetto. - concluse infine. - e poi se fossi in te, non oserei ancora a mettere qualcosa di bianco così leggero. Le ferite sono guarite, ma le cicatrici continuano a vedersi molto sulla schiena. - annuii, costatando che ciò che aveva appena detto era la pura e semplice verità. Posai il vestito bianco e, dopo aver ringraziato Giulia, andai al bagno per cambiarmi. Tolsi l'accappatoio che indossavo, rimanendo solo in biancheria. Guardai il mio corpo allo specchio, ormai solo un paio di chili sottopeso. Delle ferite che avevo sulle gambe e sulle braccia, erano rimaste solo delle piccole cicatrici, che si notavano esclusivamente se si prestava attenzione. Sulla pancia avevo una piccola macchia al centro, che sarebbe rimasta per sempre. La schiena era coperta da cicatrici abbastanza grandi. Ma erano cicatrici, non più ferite. Ormai non facevano più male.
Mi cambiai e notai, con mia grande felicità che il vestito mi stava bene e che le cicatrici non si notavano. Uscii dal bagno e tornai in camera mia. Giulia rimase a bocca aperta quando mi vide.
- wow, sei proprio bellissima. Federico ti mangerà con gli occhi e inizierà a sbavare, più di ieri, quando ti ha visto in pantaloncini e canotta. - scoppiai a ridere, seguita da lei, ricordando la faccia di Federico. Sembrava un pesce. - ora devo farti i capelli. - disse quando si fu ripresa dall'attacco di ridarella. Scossi la testa.
- no, li voglio tenere così. -
- ma dai! Ti faccio un'acconciatura particolare! -
- ti ho detto di no. - sbuffò.
- va bene. - si rassegnò - tanto lo so che non ti convincerò mai. - borbottò. L'abbracciai.
- vedo che capisci allora! - dissi, scoppiando a ridere.
- certo che capisco, non sono un'idiota come te! - esclamò, ridendo anche lei. - ora mettiti le scarpe, quelle blu ovviamente, così andiamo. -
- subito mamma. - risposi prendendola in giro. Scosse la testa, alzando gli occhi al cielo.
- vado dillà. - disse infine, prima di scomparire dietro la porta della mia stanza.
Mi sedetti sul mio letto e tirai fuori da una scatola le ballerine. Le infilai, poi mi alzai e guardai il risultato finale davanti ad uno specchio. Rimasi qualche istante ad osservare il mio riflesso. I capelli biondi arrivavano ormai a metà schiena, gli occhi grigi non erano più spenti e tristi, ma pieni di vita. Pieni d'amore ripeteva sempre Giulia. Ed era proprio così.
Sorrisi. Ce l'avrei fatta, non era nulla di complicato. Dovevo solo entrare nella classe, salutare i professori, sedermi su una sedia e ripetere la tesi di laurea. No, non era affatto complicato.
Qualcuno bussò alla porta, interrompendo i miei pensieri.
- avanti! - esclamai, voltandomi verso la porta. Entrò immediatamente mia madre che, appena mi vide, mi sorrise.
- tesoro, sei bellissima. - disse avvicinandosi. I suoi occhi erano lucidi.
- mamma, ti prego, non piangere. - lei abbassò lo sguardo.
- è che sono così felice. Tutto sta andando per il verso giusto, la scuola, a casa, con Federico. Non ci riesco a credere... - l'abbracciai.
- se è per questo, non ci credo nemmeno io. - ammisi.
- comunque sono qui per dirti una cosa importante. - disse poco dopo con un tono serio.
- è una cosa grave? - chiesi preoccupata. Scosse la testa.
- no, tranquilla. - prese un respiro profondo prima di parlare. - questa notte, nel carcere, è morto quell'uomo. - disse, tutto d'un fiato. Sbarrai gli occhi.
- c-cosa? - chiesi esterrefatta.
- lo hanno trovato impiccato con le lenzuola al soffitto. Vicino c'era anche il figlio... - spalancai la bocca. Provai a dire qualcosa, ma non riuscii a proferire una parola.
- non ci credo. - mormorai poco dopo. Quell'uomo era morto? Matteo era morto? Si erano suicidati? Perché?
Mia madre mi posò una mano sulle spalle.
- hanno parlato con alcuni delle celle accanto. Hanno detto che spesso li sentivano parlare di una ragazza di nome Camilla che aveva rovinato la loro vita... - strinsi i pugni. Io avevo rovinato a loro la vita?! Loro avevamo rovinato la vita a me! - ...spesso hanno provato ad evadere. Molti sostengono che volessero venire a cercarti. Lo so che forse sarebbe stato meglio parlarne dopo, ma con la memoria che ho ora, c'era la possibilità che mi scordassi tutto. - si giustificò.
- tranquilla, nessun problema. Hai fatto bene a dirmi tutto adesso. - la rassicurai. - perdonami, ma vorrei rimanere un po' da sola. - mormorai. Mia madre annuì.
- certo. Ricordati che tra poco usciamo. -
- si. -
Quando mia madre fu uscita dalla camera, mi sedetti sul letto ancora scossa. Ripensai agli otto anni trascorsi da quando Matteo era finito in prigione insieme al padre, accusato di aver fatto evadere quest'ultimo dal carcere.
Otto anni in cui fortunatamente non avevo ricevuto loro notizie.
Otto anni in cui quasi tutte le ferite che avevo erano diventate cicatrici.
Otto anni in cui il mio amore per Federico era aumentato.
Otto anni in cui la mia vita era cambiata.
Otto anni in cui ero rinata.
Ed ora loro, la causa del mio dolore erano morti. Qualcuno avrebbe esultato. Qualcuno avrebbe sorriso semplicemente. Ed io? Io mi sentivo strana. Non sapevo cosa provavo, sentivo però che il mio cuore era più leggero. Non era una bella cosa, ma mi sentivo così.
Scossi la testa.
Dovevo sbrigarmi ad andare all’università, il mio esame per la laurea in medicina si sarebbe tenuto a breve.




HEI!!!
lo avevo detto che avrei scritto il continuo di Waiting for happiness (http://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1679272&i=1), e quindi eccomi qua! :D
cosa ne pensate? spero vi piaccia!
se vi va, lasciate una recensione :3
oggi vado di fretta, quindi vado.
alla prossima!
un bacio
Giulia xxx

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Capitolo 2
*** Exams are over ***


1 Exams are over

 
Mi alzai in piedi e strinsi la mano ai professori.
- signorina Lenci, grazie mille. Saprà i risultati il più presto possibile. Comunque è andata molto bene. - mi informò il mio relatore. Sorrisi a tutti i professori, poi mi diressi verso i miei genitori e Giulia.
Uscimmo dalla stanza e lì iniziarono tutti a farmi i complimenti. Mentre li ringraziavo pensavo al fatto che finalmente mi ero tolta un peso. Poco dopo sentii qualcuno cingermi la vita da dietro. All’inizio mi spaventai, poi però mi rilassai, sentendo il suo profumo.
- scusami, sono arrivato in ritardo. - mi sussurrò all’orecchio Federico. Sorrisi. Mia madre, mio padre e Giulia intanto si allontanarono, lasciandoci soli.
- mmm…non so se posso perdonarti. - dissi fingendomi seria.
- sono sicuro che troverò il modo. - rispose con la voce roca, per poi iniziare a baciare il mio collo. Sentivo dei brividi lungo la schiena ogni volta che poggiava le sue labbra sulla mia pelle. Adoravo i suoi baci. E lui lo sapeva fin troppo bene.
- mi stai corrompendo. - costatai.
- può essere. - disse, senza staccarsi.
Poco dopo mi girai e misi le mie braccia sulle sue spalle. Fissai il mio sguardo nei suoi occhi azzurri come il cielo. Poi mi avvicinai a lui e lo baciai.
- perdonato. - mormorai sulle sue labbra, che si distesero immediatamente in un sorriso. Quando ci allontanammo, mi prese la mano e ci incamminammo verso il parcheggio.
- come è andata? - chiese curioso. - sono sicuro che sei stata bravissima. - gli sorrisi.
- il mio relatore ha detto che è andata bene, e gli altri professori sembravano soddisfatti. -
- mi dispiace di non essere venuto, mi avrebbe fatto veramente molto piacere esserci. - ammise rabbuiandosi. Mi bloccai di colpo, facendolo fermare. Poi posai una mia mano sul suo volto.
- tranquillo, lo sai che non è colpa tua. Oh, ma non ti ho chiesto nulla! Che stupida! - mi battei la mano sulla fronte, facendo ridere Federico. - come sta tua madre? -
Il volto di Federico si fece nuovamente serio. Scosse la testa.
- ci sta lasciando, piano piano. - i suoi occhi erano diventati lucidi. Lo abbracciai, e lui mi strinse forte a se per la vita, come per non volermi far andare via. - questa mattina il dottore ha detto che il suo cuore non funziona più bene. Si potrebbe provare con un trapianto, ma ormai è troppo avanti con l’età, rischia molto. - mormorò iniziando a piangere. Lo strinsi ancora più forte, per fargli capire che c’ero.
- tranquillo, andrà tutto bene. - lo rassicurai, anche se non credevo nemmeno io a quelle parole.
Ma sperare non costava nulla, giusto?
- grazie per esserci. - mormorò al mio orecchio prima di allontanarsi. - grazie perché non te ne vai. - gli sorrisi.
- non me ne andrei per nulla al mondo. - dissi. Si asciugò le lacrime, poi mi prese di nuovo la mano e uscimmo insieme dall’università. Tirai fuori dalla borsa il cellulare e lo accesi. Avevo un messaggio di Giulia.
 
Io e i tuoi siamo tornati a casa. C:
 
- bene… - mormorai.
- che è successo? - mi chiese Federico.
- nulla, solo che i miei e Giulia sono tornati a casa. -
- nessun problema, tanto ti accompagno io! - esclamò, cingendomi la vita.
- ma non devi tornare in ospedale? - chiesi preoccupata.
- adesso c’è Giacomo. A me, sinceramente, serve una pausa, sono stato lì tutta la notte sveglio! - lo guardai, e mi accorsi che aveva delle occhiaie mostruose sotto gli occhi.
- vuoi che guidi io? -
- magari… - mormorò. Gli sorrisi. Mi feci dare le chiavi e, dopo aver raggiunto la macchina, salimmo a bordo.
- andiamo da me? - domandai. Federico si passò una mano sul volto stanco, massaggiandosi le tempie.
- direi di si. Non vuoi festeggiare con i tuoi la fine degli esami? - scossi la testa.
- già glielo ho detto, non voglio fare nulla. -
- quindi andiamo comunque a casa tua. - costatò.
- non per forza. -  risposi. Federico corrugò la fronte, non capendo. - potremmo andare a fare un giro. Lo so che sei stanco, ma forse non pensare a nulla ti farà stare meglio. - proposi. Federico scrollò le spalle.
- possiamo andare ovunque, basta che ci sei tu. - disse, facendomi arrossire. Stavamo insieme da un po’ più di otto anni, ma non ero ancora abituata.
- okay. - riuscii a mormorare.
Misi in moto la macchina e partimmo. Decisi che saremmo andati in spiaggia.
Il vestito che avevo ogni tanto saliva un po’ troppo su, fino a metà coscia, mettendomi particolarmente in imbarazzo. Poi Federico continuava a fissarmi incessantemente, facendomi arrossire molto. Mi schiarii la voce.
- potresti smettere di fissarmi? - mormorai, le guance erano ormai molto imporporate. Lo vidi con la coda dell’occhio sorridere maliziosamente.
- perché? - chiese, come se non sapesse che mi stava mettendo molto in imbarazzo.
- preferirei che guardassi la strada. -
- ma non sono io quello che guida. - vidi un posto libero vicino al marciapiede e decisi di fermarmi. Lo guardai negli occhi.
- lo so, ma mi metti in imbarazzo. - ammisi, abbassando lo sguardo. Lui mise l’indice e il medio sotto il mio mento e mi fece alzare il volto.
- non ci posso fare nulla se sei bellissima. Anzi, che dico, tu sei molto più che bellissima. Sei meravigliosa, stupenda, dolce, solare, a volte rompi scatole, ma pur sempre fantastica. Sei sensibile, sempre pronta ad aiutare gli altri, e io ti amo così tanto che non riesco a smettere di guardarti. - arrossii ancora di più. Lui si avvicinò e mi baciò. Poi fece combaciare le nostre fronti.
- ti amo. - dissi sorridendo.
- ti amo anche io, non immagini nemmeno quanto. -
Ripresi a guidare, anche se Federico continuava a guardarmi. In poco tempo arrivammo sulla spiaggia.
Era piena di gente.
Ragazzi che giocavano a palla.
Bambini che facevano i castelli di sabbia con i papà.
Donne che prendevano il sole.
Gente di tutte le età che faceva il bagno.
E poi c’eravamo noi, due ventiquattrenni innamorati mano nella mano.
Ci togliemmo le scarpe e iniziammo a passeggiare lungo il bagnasciuga.
Era veramente rilassante e molto piacevole. Ma dopotutto, ogni cosa che facevo con Federico era piacevole perché c’era lui.
Improvvisamente si immobilizzò, facendomi fermare. Mi guardò negli occhi e mi sorrise maliziosamente. Capii al volo le sue intenzioni.
- oh, no no! -
- oh, si si! - disse avvicinandosi.
- non ci provare! - esclamai iniziando a correre.
- guarda che ti prendo! E non mi limiterò a buttarti in acqua! - urlò partendo all’inseguimento.
 

NARRATORE ESTERNO

Molti bambini li guardavano scioccati, e spaventati chiedevano ai genitori perché si stessero rincorrendo. Sono innamorati, tesoro. Rispondevano con aria sognante le mamme, volendo anche loro una relazione del genere.
Sono innamorati.Quella era la pura e semplice verità.
Alcuni signori anziani li guardavano malinconici, ricordando la loro gioventù ormai passata, ma senza rimpianti.
Alcuni uomini li osservavano invidiosi dell’amore che li univa.
Un amore che andava oltre le apparenze.
Un amore che aveva scavato nel profondo, fino a toccare il centro del cuore.
Un amore che nessuno avrebbe mai potuto definire passeggero.
Perché si amavano da otto anni, ogni istante di più. Ogni giorno si sorprendevano avvicenda con una premura, una frase, un semplice gesto.
Erano definiti da tutti due anime gemelle.
Erano destinati a stare insieme.
Se fossero stati divisi, si sarebbero ritrovati, a qualsiasi costo.
Perché si amavano. Il loro amore era puro, come quello dei bambini.
Perché si erano accettati con tutti i pregi, ma anche con tutti i difetti e tutti i problemi.
 

CAMILLA

Correvamo come due bambini.
Finalmente riuscivo a farlo liberamente, senza che mi facessi male.
Ma Federico era da sempre più veloce e poco dopo mi raggiunse. Mi prese per la vita, facendo aderire il suo petto con la mia schiena. Poggiò il mento sulla mia spalla. Avevamo entrambi il fiatone, e il suo respiro sulla mia pelle mi procurava dei brividi.
- non mi batterai mai. - sussurrò al mio orecchio facendomi sorridere. - lo sai che ti amo? -
- si, ma mi piace quando me lo dici. - ammisi girandomi. Federico posò le sue mani sui miei fianchi e mi avvicinò ancora di più.
- ti amo. - disse nuovamente. Mi misi in punta di piedi, per poi posare delicatamente le mie labbra sulle sue.
- ti amo anche io. - dissi, e subito dopo lo abbracciai. Lui però, essendo più furbo, mi sollevò dai fianchi. - no! Ti prego, fermati! - urlai ridendo, mentre la gente ci osservava divertita.
- neanche se mi paghi. - rispose ridendo. Iniziai a scalciare e a tirare pugni sulla sua schiena, ma non servì a nulla. Pochi istanti dopo sentii dell’acqua circondarmi. Riemersi dopo pochi istanti, mentre Federico rideva. Lui era immerso in acqua solo fino alla caviglia. Allora mi avvicinai a lui e lo tirai in acqua.
- non avresti dovuto farlo! - esclamò quando riemerse. Iniziammo a ridere come due bambini, schizzandoci a vicenda.
Poco dopo lui si avvicinò e mi tirò sottacqua. Lì mi prese per la vita e posò le sue labbra sulle mie. Tornammo in superficie solo quando ci mancò il fiato.
Ci guardammo negli occhi sorridendo.
Poi uscimmo dall’acqua mano nella mano e ci sedemmo sulla spiaggia uno affianco all’altro ad asciugarci. Poggiai la mia testa sulla sua spalla, ascoltando il rumore rilassante delle onde che si infrangevano sulla sabbia.
 

FEDERICO

- adoro passare le giornate al mare. - disse poco dopo.
- e io adoro passare le giornate con te. - risposi, facendola sorridere.
- trovo rilassante sedersi sulla sabbia e guardare il mare. - continuò.
- ed io trovo rilassante guardare te.- dissi, mentre lei  arrossiva.
- vorrei che questi momenti non finissero mai. - sospirò.
- Ed io vorrei non doverti lasciare mai. -
- amo stare qua. -
- e io amo te. - dissi, mentre le sue guance si imporporavano particolarmente. Ogni volta che succedeva diventava ancora più bella. Non riuscivo a smettere di ammirare la sua bellezza, così semplice e delicata, come quella di una bambina.
Ormai avevamo ventiquattro anni, e ne erano passati otto da quando stavamo insieme. Ma ogni volta che la vedevo mi meravigliavo della fortuna che mi era capitata incontrandola.
- a cosa pensi? - mi chiese poco dopo, riportandomi alla realtà.
- a te. - mormorai.
- a me? - chiese sorpresa.
- si, proprio a te. Tu sei sempre nei miei pensieri. Pensavo a quanto sono stato fortunato a conoscerti. - mi sorrise, facendomi sciogliere.
- sono io quella fortunata. - disse. Le diedi un bacio tra i capelli, per poi ricominciare a guardare il mare.
- mamma, guarda! Sono così carini! - mi girai, nel sentire la voce di una bambina piccola dire quelle parole.
Una bambina di al massimo sei anni con i capelli ricci neri e gli occhi verdi ci stava indicando alla madre, che provava a farle abbassare l’indice. Sorrisi intenerito da quella piccolina. Anche Camilla si girò e sorrise a sua volta.
Le feci cenno di avvicinarsi. La bambina non se lo fece ripetere due volte e trotterellò fino a noi.
- ciao! - mi salutò muovendo anche la mano.
- ciao. - dicemmo in coro io e Camilla. - come ti chiami? - chiesi dolcemente.
- Martina. - rispose sorridendo.
- ma che bel nome! - osservò Camilla.
- si, è veramente molto bello. Io mi chiamo Federico. -
- e io Camilla. - Martina ci sorrise ancora di più, mostrandoci alcuni buchi tra i suoi denti da latte. Incrociò le sue braccia dietro la schiena, dondolandosi leggermente.
- siete molto dolci. - ci disse infine. - siete sposati? - chiese spontaneamente.
- no. - rispose Camilla, un po’ rattristata.
- non ancora. - la corressi, mentre la stringevo ancora più a me. - ora è meglio se vai da mamma, ti sta chiamando. - dissi poco dopo, notando che la madre la stava chiamando a gran voce sbracciando.
- okay. Ciao ciao. - le sorridemmo, mentre si allontanava. Ci rigirammo e continuammo ad ammirare il mare in silenzio.
- mi dispiace, ma ora dobbiamo proprio andare. - dissi dopo un’oretta, una volta asciutti.
- okay. - rispose Camilla leggermente dispiaciuta.

 

CAMILLA

Dopo esserci rimessi le scarpe ci incamminammo verso la macchina. Questa volta guidò lui e mi accompagnò fino a casa.
- ci vediamo domani. - dissi prima di scendere.
- certo. - Federico si avvicinò e mi diede un bacio sulla guancia. - a domani bellissima. - gli sorrisi e scesi dalla macchina. Rimasi immobile a guardarlo andare via, fino a quando non svoltò la curva che mi impedì di vederlo.
Salii su casa sorridendo. Mia madre e mio padre non c’erano. Trovai solo un biglietto sul tavolo della cucina.
Siamo andati a fare la spesa, torniamo sta sera. Un bacio. Mamma e papà.
Andai in camera e mi allungai sul letto. Era stata una giornata faticosa, ma anche meravigliosa, perché con me c’era Federico.
Ripensai a Martina.
Siete sposati?Aveva chiesto. ‘magari…’ mi ritrovai a pensare per la prima volta.







HEI!!!
eccomi qua, finalmente con il primo capitolo! c:
ci ho messo un po', ma sono abbastanza soddisfatta
cosa ne pensate?
sarei felice di saperlo
ringrazio coloro che hanno inserito la storia tra le seguite e anche tra le preferite! 
grazie mille e alla prossima!
un bacio
Giulia xx

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Capitolo 3
*** Everythig is so perfect ***


2 Everythig is so perfect
 
Erano le otto e i miei genitori non erano ancora tornati. Ero spaventata, che gli fosse successo qualcosa? Scossi la testa, cacciando via quel pensiero. No, non gli era successo nulla, dovevo stare tranquilla. Dopo poco sentii il cellulare squillare. Mi era arrivato un messaggio.
 
Mia cara Camilla, ho una sorpresa per te. Apri la porta di casa. Federico.
 
Curiosa di sapere di cosa si trattasse, uscii dalla mia stanza e scesi velocemente le scale, rischiando anche di cadere. Aprii la porta. Era tutto molto silenzioso, sembrava che tutto si fosse fermato.
Le macchine non passavano.
Gli uccelli non cantavano.
Non c'era nessuno a passeggiare e le luci delle case erano perlopiù spente.
Sulla soglia di casa, c'era una scatolina di cartone. Sopra c'era un foglio, su cui scritto aprimi. Raccolsi la scatola e entrai dentro casa, chiudendomi alle spalle la porta. La posai sul tavolo e l'aprii. Dentro c'erano un paio di cuffiette bianche. Le avevo già viste, ne ero sicura. Ma non ricordavo dove. Notai solo poco dopo che c'era un altro foglietto. Lo presi e lo aprii.
Wow, fai ancora quello che ti chiedo! Mi sento realizzato. Comunque, non è questo l'importante. Hai visto il paio di cuffiette? Cosa ti ricorda? Sono sicuro che capirai cosa voglio dirti e che andrai proprio dove ti aspetta una persona con un altro pacco. Si, è una sorta di caccia al tesoro. Un bacio.
Sorrisi. Federico era impazzito, non ne avevo dubbi. Ma alla fine non avevo nulla da fare e i miei non c'erano. Salii in camera cercando di collegare quelle cuffiette ad un luogo che conoscessimo entrambi. Mi cambiai, mettendomi una maglietta a mezze maniche azzurra e un paio di jeans neri. Continuai a pensare a quelle cuffiette, fino a quando non ebbi l'illuminazione...
 
- forza Camilla, sbrigati! - mi esortò Federico. Stavamo a casa mia, e mi stavo preparando per andare con lui al parco vicino casa mia.
- ecco, ecco. Mi metto solo un filo di matita, altrimenti farò veramente paura a qualcuno. - presi in mano la matita, ma Federico mi bloccò.
- come, scusa? Tu dovresti far paura a qualcuno? - mi tolse i trucchi di mano e li posò sul mobiletto del bagno. Poi mi guardò negli occhi. - tu non puoi far paura a nessuno, sei la ragazza più bella che abbia mai visto. - abbassai lo sguardo.
- Damiano non la pensava così... -
- Damiano è uno stupido. E poi è passato un anno! Sono sicuro che si è pentito di averlo detto. Magari era solo innamorato di te e voleva farsi notare. - scoppiai a ridere.
- impossibile. - mormorai. Stava per ribattere, ma mi misi in punta di piedi e lo zittii con un bacio. - grazie. - dissi. Lui mi prese la mano e, dopo aver preso il mio mp3, uscimmo di casa. Infilai immediatamente una cuffietta e diedi l'altra a Federico. Ormai era diventata un'abitudine. Arrivati al parco ci sedemmo su una panchina. Posai la testa sulla sua spalla, continuando ad ascoltare la musica. Lui mi circondò delicatamente la vita con il braccio, stando attento a non premere troppo sulle ferite.
- mi piace veramente molto stare qui, lo sai? - dissi posando una mano sulla sua gamba.
- piace anche a me. -
- dovremmo venirci più spesso. Invece di fare passeggiate lunghissime potremmo rimanere qui. - proposi.
- mi sembra un'ottima idea. - rispose lui, dandomi un leggero bacio tra i capelli.
Rimanemmo per un bel po' al parco in silenzio. Non servivano a nulla le parole, avrebbero solo rovinato tutto. Perché alla fine bastava stare insieme. Dopo un paio d'ore, decidemmo di tornare a casa. Federico mi accompagnò, mentre continuavamo ad ascoltare la musica che ci faceva da sottofondo musicale. Arrivammo velocemente a casa mia e Federico mi porse la cuffietta.
- sai che queste cuffie sono fantastiche? Si sente tutto perfettamente. - constatò. Annuii. Si, quelle cuffiette erano veramente belle. Ci pensai un po', poi spensi l'mp3 e staccai le cuffiette.
- tienile. - dissi porgendogliele. Federico sbatté più volte le palpebre.
- cosa? No, no, sono le tue! -
- e io voglio darle a te. -
- non le posso accettare. -
- si che puoi. E se non lo fai mi offendo. Io ho tante cose tue, non ricordi? Ad esempio quella camicia enorme che indossavo ogni volta che venivo da te. Alla fine me l'hai regalata. Adesso sono io che voglio regalarti qualcosa. - Federico ci pensò un po' su.
- sei sicura? - chiese dopo un po'. Annuii convinta. - grazie. - disse prendendole. Le arrotolò e le infilò in tasca. Poi mi prese il viso tra le mani e mi baciò.
- ci vediamo domani. - dissi.
- certo bellissima. - gli diedi un altro bacio, poi lo lasciai andare. Quando non fu più nel mio campo visivo, salii su casa. Si, avevo fatto la cosa migliore dandogli le mie cuffiette. Ero felice che adesso lui avesse qualcosa di mio…
 
Dopo sette anni aveva ancora quelle cuffiette. Capii immediatamente di dover andare al parco, non c’erano altri posti collegati a quelle cuffiette.
Scesi giù nell’ingresso e, dopo aver preso le chiavi, uscii di casa.
In dieci minuti ero lì. Tutto era rimasto identico a sette anni prima. Gli alberi erano diventati più grandi, ma il sentiero che univa ogni angolo del parco era sempre lo stesso. Il laghetto con i pesci era ancora lì, anche se ricoperto di foglie. Anche le panchine erano rimaste le stesse, e mi avvicinai proprio a quella dove sette anni prima avevo passato quel pomeriggio con Federico. Lì avevamo scritto i nostri nomi con del bianchetto. Non li avevamo uniti con quei “più” stupidi, e non li avevamo circondati da un cuore. No, nulla di tutto questo. Era come se avessimo lasciato una semplice firma.
Arrivata alla panchina notai che c’era una persona in ombra seduta sopra. Teneva in mano una scatola.
- ce l’hai fatta! - esclamò, e riconobbi immediatamente la voce di Simone. Scoppiai a ridere.
- che ti aspettavi, che arrivassi subito? Mi faccio attendere, io! - dissi, ricordando le sue parole di qualche sera prima, quando io e Federico eravamo andati a prenderlo per andare ad una festa e lui non era ancora pronto.
- ah. Ah. Ah. Molto. Molto. Divertente. - disse, scandendo bene ogni parola. Poi si alzò in piedi e mi porse la scatola. - non ho idea di quello che questa cosa possa contenere. Per ragioni di sicurezza, la mia sicurezza, ti chiedo di aprirlo quando sarò lontano. Non voglio vedere che magari ci ha messo dentro un preser… - gli diedi una gomitata.
- hei! Ma cosa sta dicendo? - esclamai indignata, non riuscendo però a non ridere.
- conosco Federico da più tempo di te. E ne sarebbe capace. Oh, se ne sarebbe capace. - alzai gli occhi al cielo, scuotendo la testa.
- sei tu quello che farebbe una cosa del genere. - Simone scrollò le spalle.
- senti, io vado che Francesca mi aspetta. Ci vediamo! -
- oh, salutami Francesca. -
- certo! -
Francesca e Simone si erano fidanzati l’ultimo giorno del liceo. Avevano avuto alti e bassi, ma erano una bella coppia. Si vedeva già dal terzo che erano cotti uno dell’altra.
Lo guardai allontanarsi, poi mi sedetti sulla panchina. Anche se c’era poca luce riuscii ad intravedere i nostri nomi.
Camilla  e Federico 
Federico non era proprio bravo a scrivere. Mi ricordai che lui voleva che scrivessi io il suo nome, per non rendere tutto quanto un obbrobrio.
Ma dai! Mi ricordai che gli dissi. Non importa come scrivi, l’importante è che ci siano i nostri nomi.
E quei nomi erano ancora lì.
Mi riscossi da quei ricordi e aprii la scatola. Dentro questa volta c’era una penna e sempre un foglio. ‘una penna? Mi spieghi cosa ci faccio con una penna?!’ avrei voluto chiedergli. Aprii il foglio, forse leggendo quelle righe avrei trovato qualche collegamento.
Heilà amore, vedo che sei arrivata al parco! Spero solo che Simone non ti abbia trattato male. Altrimenti se la vedrà con me, non c’è nessun problema.
Comunque, hai visto? Ho ancora quelle cuffiette dopo ben sette anni! Scommetto che ti eri dimenticata di avermele regalate.Sorrisi. aveva proprio ragione. Ma ovviamente, lui non lo avrebbe mai saputo.
Sono sicuro che adesso non sai che fartene di quella penna e che stai cercando un qualche possibile collegamento da fare per trovare il luogo dove dovrai andare. Se fossi crudele, non ti direi nulla. Ma dato che ti amo tanto, ti dirò alcune cose. Questa penna (cioè, non proprio quella che hai trovato nella scatola, però il senso è quello) appartiene ad un passato più recente rispetto a quello delle cuffiette. Ti dice niente?‘no, non mi dice nulla.’ Sicuramente no. E se ti dicessi: “ma io lo ammazzo quel piccione maledetto! Userò questa penna!”?
Sono sicuro che adesso ricordi.
Un bacio.
PS: sei vicina alla meta.
Appena lessi quella frase scoppiai a ridere e piano piano i ricordi riaffiorarono nella mia mente…
 
Quinto anno di liceo.
Ultimo giorno.
Ultima ora.
Inglese.
- ragazzi, siete pronti per gli esami? - ci chiese la professoressa. Metà classe annuì tranquilla, mentre l’altra metà negò energicamente, facendo ridere gli altri. Io e Federico eravamo seduti all’ultimo banco a parlare tranquillamente, tanto la professoressa non ci avrebbe detto nulla.
- allora, che farai dopo gli esami? - mi chiese Federico prendendomi la mano. Scrollai le spalle.
- non lo so, credo rimarrò in città. E te? -
- andrò al mare come ogni anno. - disse sorridendo.
- mmm… così farai conquiste? - chiesi, invidiosa di tutte le ragazze che lo avrebbero visto in costume.
- sai, se fossi venuta te, avrei provato a conquistarti, ma dato che tu rimarrai qui, credo che cercherò di non farmi notare da nessuna. - gli sorrisi.
- ma te mi hai già conquistato. - gli feci notare, ma lui scosse la testa.
- no, non mi basterà una vita intera per conquistarti come si deve. -
Okay, ogni volta che apriva bocca mi faceva sciogliere. Gli accarezzai il volto.
- sei veramente molto dolce, lo sai? - lui mi sorrise, per poi darmi un bacio sulla guancia. - mi piacerebbe molto venire al mare, non è giusto che ancora non posso. - mormorai abbassando lo sguardo. Federico mi fece alzare il volto con l’indice.
- manca poco, vedrai. L’anno prossimo verrai con me. -
- lo spero. - dissi poggiando la mia testa sulla sua spalla.
Rimanemmo per un quarto d’ora in silenzio, poi Federico mi guardò.
- ma lo sai che… - iniziò a dire, ma un rumore proveniente da fuori fece sobbalzare tutti. Ci girammo verso la finestra e vedemmo un qualcosa scivolare sul vetro.
- un piccione ha tentato il suicidio! - esclamò qualcuno, facendo scoppiare a ridere tutta la classe. Federico si mise una mano sul cuore.
- ma io lo ammazzo quel piccione maledetto! Userò questa penna! - esclamò, prendendo la prima penna che trovò sul banco. Risi ancora di più, mentre Federico mi guardava con un sopracciglio alzato. - ma che ti ridi? - chiese.
- sei proprio matto! - esclamai sempre ridendo.
- mmmm…però ti piace questo matto. - constatò.
- oh, si, e anche molto. - dissi sorridendo.
In quel momento suonò la campanella e, tra le grida di gioia, uscimmo dalla classe mano nella mano.
Una volta fuori, Federico si mise a cercare il piccione, senza però risultati.
- andiamo, Federico, sembri un bambino piccolo! Non credi che forse sia volato via? - chiesi ridendo.
- ma quel piccione deve morire! - esclamò.
- non pensi che invece di inseguire un piccione, potremmo andare a mangiare un boccone? Sto morendo di fame! - appena pronunciai quelle parole, gli si illuminarono gli occhi.
- cosa? Hai fame? - solo in quel momento mi resi conto che per la prima volta dopo tanto avevo veramente molta fame. Annuii. - allora il piccione può anche andare a farsi fo…a farsi un giro! - si corresse all’ultimo dopo aver visto il mio sguardo. Gli sorrisi. Lui mi si avvicinò e mi baciò. - andiamo, prima che tutti i posti si riempiano. -
 
Pensai che sarei dovuta andare davanti scuola. ‘Sicuramente troverò qualcuno lì.’
La scuola era un po’ distante e, anche se erano le otto e mezza, non avevo paura ad andare in giro da sola.
La scuola era messa veramente male. La tinta bianca era diventata grigia per la muffa ed erano presenti molte crepe. L’ingresso era pieno di erbacce e sigarette, anche se nella scuola era vietato fumare.
Difronte al cancello vidi una ragazza con un pacchetto in mano. Sorrisi, riconoscendo i capelli ricci di Giulia.
- ma allora siete tutti convolti, eh? - dissi, facendola saltare.
- mio Dio, Camilla, mi hai spaventato. - disse, portandosi una mano al petto.
- scusa. -
- dai, su, prendi questa scatola e sbrigati, ti sta aspettando. - le sorrisi, mentre prendevo il pacchetto.
- grazie mille. -
- di nulla. Ci vediamo domani, okay? - annuii.
- a domani. -
Quando fu abbastanza lontana, aprii la scatola. Questa volta c’era una conchiglia e il solito foglietto.
Wow, sei proprio brava mia cara! Vedo che ti sei ricordata del piccione kamikaze! Quel giorno ero proprio fuso. Questo foglio non sarà lungo, la conchiglia dice tutto da sola! Non vedo l’ora di vederti.
A tra poco, amore mio.
Collegai subito la conchiglia alla spiaggia.
Dovevo andare sulla spiaggia.
Chissà, forse adesso lui si trovava là e mi stava aspettando. Con un sorriso sulle labbra, mi incamminai verso la spiaggia. Solo dopo mi ricordai che la spiaggia era immensa. Dove dovevo andare?
Istintivamente decisi di andare dove avevamo incontrato Martina.
E lì rimasi a bocca aperta. Non c’era nessuno, ma la sabbia era ricoperta da dei petali di rosa. Lì vicino c’era un tavolo apparecchiato per due con sopra due candele e al centro un bouquet di rose.
- non vedevo l’ora che arrivassi. - sentii mormorare alle mie spalle. Mi girai e quasi sbattei contro il petto di Federico. Lui mi prese per i fianchi e mi abbracciò.
- è…è…è tutto così bello! - riuscii a dire.
- e non ho ancora finito. - disse per poi allontanarsi.
- come? - chiesi curiosa.
Quando vidi che aveva in mano una piccola scatola blu e che si stava inginocchiando mi portai una mano alla bocca, non riuscendo a smettere di sorridere.
 
FEDERICO
 - sai, quando sorridi sei ancora più bella. La mia giornata cambia, mi sembra tutto perfetto, perché tu lo sei. Sei perfetta nella tua imperfezione ed io ti amo proprio per questo. Al tuo fianco mi sento invincibile, sento che tutto è perfetto. Quando ti sono lontano mi sento morire. Vorrei che tu mi prendessi la mano, e a quel punto mi lascerei guidare in questo vortice immenso di emozioni chiamato vita. Con te non avrei paura di perdermi: sei la mia stella polare che mi indica sempre casa. Tu sei la mia csa, il mio tutto, la mia ragione di vita. Ti devo tutto, è solo grazie a te se sono la persona di adesso. Se te ne andassi, non saprei cosa fare. È solo grazie a te se le mie giornate non sono più grigie e monotone. Tu le hai colorate con i colori dell’arcobaleno. Le hai colorate di rosso con le tue labbra carnose che amo baciare, hai dato loro un tocco di arancione con la tua allegria. Le hai donato il giallo dei tuoi meravigliosi capelli ed la tua speranza ha portato un po’ di verde nella mia vita ormai piena di sconforto. Ed ora è presente anche del blu, perché da quando ci sei tu il mio cielo non è più coperto da nuvole, ma è limpido. Infine il viola. Questo colore indica sacrificio. Ed io sarei disposto a sacrificarmi per te, qualsiasi cosa questo comporti. Perché ti amo. Ti amo più della mia stessa vita. Non so cosa ho fatto per meritarmi una simile fortuna. Sono veramente felice come non lo sono mai stato. Ma allo stesso tempo ho paura. Paura di perderti. Perché magari tu non te ne rendi conto, ma ci sono molti ragazzi che ti muoiono dietro. La mia paura più grande è quella di svegliarmi solo, senza te al mio fianco. Ho bisogno di te. Senza di te non sono nulla, tu sei una parte di me. Sei ciò che mi rende migliore, mi completi. Grazie a te ho scoperto cosa vuol dire amare: rinascere. Tu mi hai fatto rinascere la prima volta che i miei occhi incontrarono i tuoi. Mi hai fatto sentire vivo non appena ti ho sentito ridere. E più ti sentivo ridere, più ti amavo. Più ti amavo, più volevo farti ridere. Per questo adesso voglio chiederti di sposarmi. Voglio passare il resto della mia vita con te al mio fianco. Voglio svegliarmi la mattina con il profumo dei tuoi capelli che durante la notte sono finiti sul mio viso. Voglio addormentarmi abbracciato a te, perché così mi sentirei l’uomo più fortunato del mondo. Lo so che abbiamo solo ventiquattro anni, ma sposarti è ciò che desidero, da sempre. Voglio crescere con te, invecchiare con te. Voglio poter andare in giro e dire: “lei è mia moglie, e io sono l’uomo più fortunato del mondo proprio per questo.” Voglio che tutti ci invidino e ci reputino la coppia più bella che abbiano mai visto. Voglio sigillare il nostro amore con questo patto, rendendoci ancora più affiatati. Quando avevamo sedici anni, ti promisi più volte che non ti avrei più fatto soffrire,  che non me ne sarei mai andato, ma che sarei rimasto per sempre al tuo fianco. Allora sposami. Sposami e mi avrai per sempre vicino; torneremo a casa insieme, vivremo insieme. Passeremo le serate estive in veranda o sul balcone guardando le stelle e amandoci, perché è quello che conta. D’inverno prepareremo la cioccolata calda e ci accoccoleremo sul divano per guardare un film. Non voglio una vita complessa. Voglio una vita semplice, resa perfetta da te e dal nostro amore. Sposami, e sarò veramente l’uomo più fortunato del mondo. Sposami, e non ti lascerò nemmeno respirare per tutti i baci che ti darò. Sposami anche se spesso sono insopportabile e vorresti mandarmi via. Sposami perché ti amo. Ti amo veramente troppo per rimanere solo il tuo fidanzato. -
Camilla aveva gli occhi lucidi. Era scossa, ma riuscì comunque ad annuire. Felice più che mai le presi delicatamente la mano e, tremando, le infilai l’anello. Poi mi alzai in piedi e la baciai con trasporto.
- si, si, si e altre mille volte si. - mormorò allontanandosi un attimo, per poi ribaciarmi. La sollevai e feci un giro su me stesso, poi la posai a terra. Feci combaciare le nostre fonti. - non ci credo. - sussurrò poco dopo.
- se devo essere sincero, nemmeno io. - ammisi, facendola ridere.
- ti amo. - mi sorrise.
- ti amo anche io. -
Rimanemmo per un po’ di tempo abbracciati, poi la feci sedere su una sedia e iniziammo a mangiare.
Quella, fu la serata più bella di tutta la mia vita.







HEI!!!!
devo ammettere che per scrivere questo capitolo mi è venuto il diabete lol
però sono molto soddisfatta, si si!
cosa ne pensate di Federico? io lo amo sempre di più :D
sarei felice di sentire, o meglio, leggere le vostre opinioni c:
grazie a tutti coloro che hanno recensito, coloro che hanno inserito la storia tra le seguite e preferite e i lettori silenziosi
alla prossima
un bacio
Giulia xxx

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Capitolo 4
*** I'm afraid to lose you ***


3 I’m afraid to lose you


Il giorno dopo mi svegliai stanca, veramente molto stanca.
La sera precedente ero rimasta sulla spiaggia con Federico fino alle due di notte a guardare le stelle.
Era stata veramente una serata fantastica.
Guardai l’orologio sulla parete difronte al letto: le tre e mezza! Presi il cellulare e lo accesi. Avevo un messaggio di Federico. Lo aprii subito, con un sorriso sulle labbra.

Ieri sera è stata la notte più bella di tutta la mia vita. Ti amo, non immagini nemmeno quanto. Vengo a casa tua alle quattro

Come era dolce. Lo amavo sempre di più.
Poi però riflettei meglio: se veniva alle quattro voleva dire che avevo solo mezzora per prepararmi! Scattai in piedi e presi dall’armadio la prima cosa che trovai, una maglietta blu a mezze maniche e un paio di pantaloncini corti. Poi corsi in bagno e mi feci velocemente la doccia, felice di non sentire dolore. Anche se da un po’ di anni era così, me ne meravigliavo sempre.
Appena fui pronta, raccolsi i capelli in uno chignon e andai in cucina per mangiare qualcosa, avevo veramente molta fame.
Presi del latte con i biscotti, mentre pensavo a me e Federico.
Non eravamo mai stati insieme in quel senso.
Spesso, quando uscivamo insieme con degli amici, loro parlavano di quanto fosse stato bello andare a letto con una piuttosto che con un’altra. Tutte le volte Federico sorrideva e annuiva, mentre sotto il tavolo mi stringeva la mano. Mi sentivo sempre male quando ne parlavano, mi ricordava troppo tutto quello che avevo subito.*
Ormai però erano passati quasi nove anni da quando tutto era finito, senza contare ovviamente l’episodio con Matteo.
Federico mi aveva sempre capito e mai forzato, ma se si fosse stufato di aspettare? Dopotutto era più che plausibile.
Avevo quei pensieri in mente quando suonarono al citofono. Misi la tazza dentro il lavello pulendomi poi le mani sulla tovaglia e andai ad aprire la porta. Sorrisi appena vidi Federico.
- ciao bellissima. - mi salutò, mentre gli saltavo al collo. Inspirai a fondo il suo profumo, mi era sempre piaciuto.
- ciao. -
Mi allontanai di poco, giusto per baciarlo.
E in quel momento capii di essere pronta.

 

FEDERICO

- che c’è? - le chiesi. Sembrava stesse pensando ad altro. Poi pronunciò quelle tre parole che speravo di sentire da un bel po’.
- mi sento pronta. - mormorò. Sorrisi. Finalmente stava passando oltre a ciò che aveva subito.
Non me lo feci ripetere due volte e la presi in braccio, mentre le baciavo. All’inizio rimase sorpresa, poi però si lasciò andare, prendendomi il volto tra le mani.
- ti amo. - mormorai tra un bacio e l’altro mentre salivo le scale.
- ti amo anche io. -
Arrivati in camera sua la posai sul letto.
- sei sicura? - chiesi preoccupato. Non volevo forzarla. Ma lei annuì con enfasi sorridendo. Le sorrisi di rimando, mentre mi mettevo sopra di lei, ricominciandola a baciare.
Camilla iniziò quasi subito a slacciarmi i bottoni della camicia, mentre continuava a baciarmi. Mi allontanai solo un istante da lei per liberarmi di quell’indumento inutile, per poi ritornare ad assaporare le sue labbra. Le stavo per sfilare la maglietta, quando vidi nel suo sguardo paura. Mi fermai subito.
- cosa c’è? Ho fatto qualcosa di sbagliato? - chiesi spaventato. Lei scosse la testa. Mi resi conto che tremava. - hei, hei, che è successo? - le domandai accarezzandole il volto. Lei scosse di nuovo la testa. Mi tolsi da sopra di lei e mi misi vicino. Lei immediatamente si girò dall’altra parte, arrotolandosi su se stessa, continuando a tremare.
- scusami. - mormorò, e mi resi conto dal tono di voce spezzato che stava piangendo. Mi avvicinai a lei e le posai una mano sulla spalla, scossa dai singhiozzi. - non voglio che tu mi veda così. - disse poco dopo. Scossi la testa.
- non me ne vado. - affermai cercando di farla girare. Dato che non ci riuscivo, l’abbracciai da dietro, provando a farla calmare.
Appena le posai la mia mano sulla pancia, si girò. Aveva il volto pallido e gli occhi rossi pieni di lacrime. Misi un braccio sotto di lei e la feci appoggiare al mio petto. Non se lo fece ripetere due volte e si accoccolò a me, posando la testa sul mio torace. Le accarezzai i capelli, mentre continuava a singhiozzare.
Erano passati otto anni, ma era ancora la mia piccola Camilla indifesa e impaurita che dovevo proteggere.
- mi dici cosa è successo? - chiesi dolcemente mentre le lasciavo alcuni baci tra i capelli.
- io…ho visto…l’ho visto… - mormorò.
- chi hai visto? - chiesi preoccupato.
Camilla si asciugò le lacrime e prese un respiro profondo.
- quando mi hai baciato, - continuò quando si fu calmata, - mi sono apparsi come dei flash in cui vedevo quell’uomo. È stato orribile io…io… - si stava riagitando. Così la strinsi a me accarezzandole i capelli.
- tranquilla, io sono qui. -
- scusami, non ci riesco ancora, mi ricorda troppo il passato. -
- non ti devi scusare, aspetteremo, non ci corre dietro nessuno. Abbiamo una vita intera davanti. - dissi, per poi darle un leggero bacio a fior di labbra.
- mi chiedo come fai a sopportarmi. - borbottò.
- io non ti sopporto: ti amo, è diverso. - la corressi, mentre un sorriso spuntava sul suo volto.
Era sempre bella, ma quando sorrideva lo era ancora di più.
Rimanemmo per un po’ di tempo allungati sul letto, mentre lei faceva dei cerchi sul mio petto e io giocavo con i suoi capelli.
- ti va di uscire? - chiesi interrompendo il silenzio che si era formato. Non volevo continuasse a pensare a quello che era appena successo.
- perché no. - disse sorridendomi grata.
- dove andiamo? -
- mmmmm… non lo so. - disse pensierosa. Poi mi venne l’illuminazione.
- ho trovato! - esclamai, mettendomi seduto.
- davvero? - domandò curiosa.
- si, ma sarà una sorpresa. - dissi.
- va bene, però rimaniamo ancora un po’ qui? - mi chiese. Mi girai e le sorrisi.
- certamente. -
Mi riallungai vicino a lei abbracciandola. Lei posò nuovamente la testa sul mio petto, lasciandomi sentire di nuovo quel delizioso profumo che con gli anni scoprii appartenere proprio alla sua pelle.
In quel momento, non so perché, mi tornarono in mente le parole che Valerio** mi disse quando io e Camilla c’eravamo lasciati per quel maledettissimo bacio.***
Amico, Camilla è una ragazza veramente speciale, si vede che tiene molto a te. Io sono stato un idiota, lo so, e non me lo perdonerò mai. Ti prego, non fare come me. Lei non merita di soffrire così tanto. Stalle sempre vicino, ed ora cerca un modo per ritornare da lei. Le manchi veramente molto.
Sorrisi, pensando a quanto Camilla fosse fantastica.
Mi aveva perdonato, quando mi meritavo solo di essere preso a calci.
Poi ripensai a Valerio. Chissà che fine aveva fatto, era da tanto che non lo vedevo.
Magari si era fidanzato con qualcuna, dopotutto aveva tantissime ragazze che gli andavano dietro. L’importante era che non ci provasse più con Camilla. Potevano rimanere amici, certo, ma non ci doveva provare.
Guardai Camilla. Anche se la conoscevo da tanto tempo, ogni volta che la guardavo mi meravigliavo di quanto fosse bella. Anche se erano passati un po’ di anni, rimaneva meravigliosa.
Quanto l’amavo. Non riuscivo più a stare senza di lei, e il pensiero di lei come mia moglie mi riempiva il cuore di gioia. Volevo che lei fosse mia, solo e soltanto mia. Volevo poter andare in giro e dire a tutti che lei era mia moglie.
La strinsi ancora più a me.
- che c’è? - mi chiese sorridente.
- ho paura di perderti. - ammisi. - non voglio che tu te ne vada via. -
- non me ne andrò, mai. - disse dandomi poi un bacio.
- e se venisse un ragazzo più bello, più simpatico, più dolce, più… - mi posò un dito sulle labbra, scuotendo la testa.
- premetto che per me non esiste un ragazzo più perfetto di te, anche se sei pieno di difetti. Io non me ne andrei mai, sai perché? - scossi la testa. - uno, perché ti amo. Ti amo veramente molto. Due, perché tu non mi hai giudicato. Non mi hai reputato “una che si crede chissà chi” solo perché avevo un paio di cuffiette.**** Mi hai aiutato a sopportare quegli insulti. Mi hai difeso. Mi hai accettato per quella che ero e che sono. Mi hai aiutato a superare tutti i momenti difficili, e lo sai che ne ho passati molti. Mi sei sempre stato vicino. E poi mi hai ridato l’amore. Non pensavo che sarei riuscita ad amare di nuovo qualcuno, ma tu mi hai fatto ricredere. E tre, non so se ti ricordi che ho accettato di sposarti. Perché dovrei andarmene? -
Le sorrisi. La amavo sempre di più, non c’era nulla da fare.
- hai ragione. -
- lo so, ho sempre ragione. - ammise, con un sorriso capace di illuminare un’intera città.
- davvero? - chiesi, per poi iniziarle a fare il solletico.
Sentirla ridere era veramente bello. La sua risata cristallina si diffondeva nella stanza, facendomi stare bene.
Iniziò a scalciare, implorandomi di fermarmi.
- ti amo. - le dissi quando smisi di farle il solletico dandole un bacio.
- ti amo anche io. -
Mi alzai dal letto e ripresi la camicia che, in tutto questo tempo, era rimasta a terra. La infilai, sotto lo sguardo attento di Camilla.
- perché mi guardi così? - le chiesi. Lei scoppiò a ridere. Aggrottai la fronte, non capendo il perché di quella risata.
- i bottoni! - esclamò continuando a ridere.
Guardai la camicia e mi resi conto di averla abbottonata storta. Arrossi immediatamente per la mia sbadataggine. Camilla si alzò dal letto e si avvicinò, posando le mani sulle mie che stavano tentando di sbottonare i bottoni.
- lascia, faccio io. - disse. Sbottonò tutta la camicia per poi riabbottonarla perfettamente. - ecco fatto! - esclamò soddisfatta.
- grazie mille. - dissi, dandole un leggero bacio. - andiamo? -
- si, un attimo che vado a mettermi qualcosa di più decente. - si stava allontanando, ma la presi per un braccio.
- sei perfetta così. -
Arrossì a quel complimento.
- va bene. - prese una borsa e mise dentro il telefono e le chiavi. Poi mi prese la mano e uscimmo di casa.





(per chi non avesse letto "Waiting for happiness" e per chi non si ricoda di alcune cose c:)
*Camilla è stata violentata da un uomo per più di una volta. Lui la minacciava e le aveva detto che sarebbe dovuta andare a casa sua per soddisfare le sue voglie più di una volta a settimana se non voleva morire. (non so se lo avevo già detto, non mi ricordo. tanto dire qualcosa in più non fa mai male :P)
**Valerio è l'ex di Camilla. Lei lo lasciò, perchè quell'uomo le proibì, sotto minaccia, di avere altri rapporti. Valerio, quando successivamente Camilla gli disse di essere stata violentata non ci credette. Solo in seguito si pentì di non aver creduto alle sue parole che erano vere.
***Federico viene baciato da Sara, sua ex e Camilla vede la scena. Per questo si lasciano, ma poi si rimettono ovviamente insieme
****Quando Camilla cambia scuola, passa le prime mattine sola ad ascoltare musica. Per questo le compagne di classe, soprattutto Sara, la prendono in giro e la criticano.


HEI :D
eccomi qua, con questo nuovo capitolo
credevate che finalmente avrebbero fatto il passetto avanti, eh?
e invece no :P
comunque, a me questo capitolo non convince molto, e poi è corto!
ma altrimenti veniva lungo qualche chilometro, quindi è meglio così c:
che ne pensate?
beh, ringrazio come al solito coloro che hanno inserito la storia tra le seguite/preferite/ricordate, i lettori silenziosi e gli amabili recensori c:
alla prossima!
un bacio
Giulia xxx

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Capitolo 5
*** I didn't want to hurt him ***


4 I didn't want to hurt him


In poco tempo ci ritrovammo davanti alla scuola dove facevo pallavolo.
- ti ricordi? - mi chiese Federico, abbracciandomi da dietro e posando il mento sulla mia testa. Misi le mie mani sopra le sue.
- si, ricordo perfettamente come ti aveva ridotto Matteo. - dissi scoppiando a ridere.
- hei! - esclamò fingendosi indignato. - non intendevo quello! -
Mi girai e posai le mani sulle sue spalle.
- lo so. - dissi. Poi mi misi in punta di piedi e gli diedi un leggero bacio sulle labbra. - se non sbaglio dopo otto anni non ti ho ancora ringraziato. -
- si che lo hai fatto. Lo hai fatto amandomi. - disse prendendomi il volto tra le mani. Gli sorrisi.
- grazie comunque. -

Fuori iniziai a piangere come una fontana, non riuscivo più a trattenere tutte quelle lacrime. Mi stavo facendo solo del male, ma non ce la facevo a stare senza loro.
- non piangere. - senza pensarci mi avvicinai a lui e lo abbracciai. Federico rimase immobile, probabilmente aveva paura di farmi male. Ma io avevo bisogno di essere abbracciata. Avevo bisogno di lui.
- ti prego, ho bisogno di un abbraccio... - sussurrai tra i singhiozzi. Non se lo fece ripetere due volte. Piano piano alzò le braccia, e le posò delicatamente sulla mia schiena. Non faceva male, anzi, mi faceva stare bene.
- ti voglio bene, Camilla, non immagini nemmeno quanto. - sussurrò tra i miei capelli. Sentii dei brividi percorrermi la schiena.
- anch’io Federico. Anch’io… -
Rimanemmo per un bel po’ abbracciati, non volevo allontanarmi da lui.

- sai, quel giorno volevo dirti che mi ero innamorato di te. - ammise.
- davvero? Te lo ricordi ancora? - chiesi meravigliata. Federico annuì.
- ricordo tutto ciò che abbiamo fatto insieme. -
Decisi di metterlo alla prova.
- davvero? Vediamo se sei così bravo. - pensai un po’ a tutto il tempo che era passato e decisi di puntare sul primo anno che c’eravamo conosciuti.
- cosa mi hai detto quando hai scoperto che ero uscita con Matteo? - chiesi. Si irrigidì. Non gli era mai piaciuto parlare di Matteo…

- Matteo non è come credi. Ti sembra carino, simpatico, dolce, premuroso e tutti gli aggettivi positivi che ti vengono in mente, ma non è così. È un bastardo, che approfitta dei ragazzi più deboli. Per non parlare delle ragazze... - vidi che stava serrando i pugni. - per favore stai lontana da lui, non voglio che ti faccia del male. - la domanda mi sorse spontanea.
- perché? - alzò un sopracciglio.
- cosa perché? -
- perché mi dici queste cose? Perché ti preoccupi per me? -
- mi sembra ovvio! Sei una mia amica, e anche se ci conosciamo da solo una settimana, sento che sei diversa, in senso positivo. Non voglio che tu soffra. -

- giusto. - dissi, ricordando quella giornata. - e invece ti ricordi quello cosa mi hai chiesto quando siamo tornati a casa dopo che Matteo ti aveva pestato? - chiesi ridendo.
- quella giornata non la scorderò mai… -

- posso chiederti una cosa? - domandai timoroso.
- certo. -
- se io ti abbracciassi, ti farebbe male la schiena? -
Non rispose subito.
- p-perché questa domanda? -
- per sapere… - prese un respiro profondo. Era difficile per lei parlarne, si vedeva. - se non vuoi dirmelo, non fa niente. - scosse la testa.
- dipende. Se mi stringi forte, si, potrei morire dal dolore. E non è un eufemismo. Ma se mi abbracci piano no, sento solo delle piccolissime scosse, ma non fanno niente. -

- quel giorno mi comportai da vero egoista. - disse. Corrugai la fronte.
- perché? -
- beh, perché avevo scoperto della tua paura del contatto fisico e volevo aiutarti a superarla. Volevo che tu fossi più sicura, ma il motivo principale era perché volevo poterti abbracciare. -
 
Volevo sentire il calore del suo corpo senza paura che si staccasse da me impaurita.
Sentirla vicino a me.
Sentire il suo cuore contro il mio battere.
Sentire il profumo dei suoi capelli invadermi le narici.
Come era successo prima, difronte alla palestra.
Avrei voluto abbracciarla tutti le volte che la vedevo.

- è una cosa bella, invece. - gli dissi accarezzandogli il volto.
- ancora non ci posso credere che adesso posso abbracciarti quando voglio. - disse stringendomi a sé.
- ti amo. -
- io di più. -
Iniziai a ripensare alle giornate passate in quelle quattro mura, e, ricordando un avvenimento, scoppiai a ridere. Poi però mi rattristii.
- lo sai che non stai bene, vero? - mi disse serio Federico.
- perché? -
- perché prima scoppi a ridere e poi fai la faccia triste.-
- potresti anche immaginare il perché. - dissi, sicura che avrebbe ricordato.
- sempre una giornata del terzo? - chiese.
- sempre una giornata del terzo. - confermai. Ci pensò un attimo, poi si illuminò.
- certo che ricordo. -

 

Hei Milla! Se stai leggendo questo biglietto, sappi che noi siamo in palestra. Se ti interessa, il tuo zaino l’ho preso io :D
Questo biglietto top secret si autodistruggerà tra 5 secondi. Fai il conto alla rovescia
ad alta voce! ;)

 Federico

Sorrisi appena ebbi finito di leggere le parole scritte da quell’idiota.
- cinque… - mormorai, come una stupida. ‘tanto non mi sente nessuno!’ - quattro, tre due, uno… -
- zero. - sobbalzai. Di certo non mi aspettavo che ci fosse qualcuno. Mi voltai verso la porta e vidi Federico appoggiato allo stipite.
- che ci fai qui? Non dovresti essere in palestra? -
- sai, casualmente sono caduto in palestra. Allora ho chiesto al professore di poter andare in infermeria. Se te lo stai chiedendo, si, abbiamo un’infermeria. Così, sempre casualmente ho lasciato sul banco quel biglietto. A questo punto mi ero messo dietro la porta ad aspettarti, mentre ascoltavo della musica. - che idiota!
- e se fossero arrivati prima gli altri? -
- nah, abbiamo due ore di educazione fisica, dato che manca la Micheloni, e stiamo solo alla prima! -
- manca la Micheloni? -
- si, è passata una bidella per avvertirci. - mi accorsi solo in quel momento di quanto si fosse avvicinato.
Eravamo un ad un passo dall’altro.
- cos’è successo a Giulia? - chiese preoccupato.
- promettimi che non ne farai parola con nessuno. - dissi sedendomi sul mio banco. Federico si sedette vicino a me. Si fece una croce sul cuore.
- promesso. -
- si stava per buttare dalla terrazza. - ammisi. Federico sbarrò gli occhi.
- cosa?! -
- si stava per buttare dalla terrazza. Mi hanno chiamato per farle cambiare idea. -
- ci sei riuscita, spero! -
- certo. Ora sta con il preside. -
- bene, per fortuna non si è buttata. -
- già. -
 
- devo ancora capire di cosa ti eri drogato quel giorno. - dissi ridendo.
- ma smettila, che ti sei divertita! - esclamò ridendo anche lui.
- lo so, ma penso che comunque ti eri iniettato qualcosa. Forse un po’ di cocaina, di eroina, di marijuana, di… - non mi diede il tempo di finire, poiché mi prese il volto tra le mani e mi baciò.
- sai di cosa mi ero drogato? Del tuo sorriso sincero. Del tuo profumo dolce che mi ha invaso le narici, e che poi è entrato dentro di me ed è arrivato fino al mio cuore. Della tua risata quando mi hai dato dello sfaticato. Già ti amavo. -
Rimasi a bocca aperta. Ogni volta che diceva qualcosa mi sorprendeva. Lo abbracciai.
- ti amo. - mormorai al suo orecchio.
Lui mi strinse più forte, sollevandomi leggermente da terra.
- ti amo. -
Quando ci allontanammo, mi prese la mano e cominciammo a passeggiare.
- ma noi non abbiamo ancora detto a nessuno che ci sposiamo! - esclamai improvvisamente fermandomi.
Ci sposiamo. Ancora non ci credevo.
- hai ragione. Che ne pensi di invitare tutti a cena? - propose Federico.
- facciamo da me sta sera? -
- perfetto. -
- invio un messaggio a mia madre e a Giulia. Le dico anche di far venire Fabio, giusto? - Federico annuì.
- io chiamo Giacomo e Simone, che avvertirà Francesca. -
Contattammo tutti e fortunatamente accettarono. Poi però mi sembrò di essermi dimenticata di qualcosa. O meglio, di qualcuno.
- ma Valerio? - chiesi a Federico. Lui scrollò le spalle.
- non lo sento da molto. - disse.
- nemmeno io. -
Decisi di chiamarlo. Magari aveva lo stesso numero.
Uno squillo.
Due squilli.
Tre squilli.
Quattro squilli.
Cinque squilli.
Stavo per riattaccare, quando rispose.
- pronto? - contestò una voce assonnata.
- Valerio? - chiesi insicura.
- si, chi parla? -
- sono Camilla. -
- Camill…aia! - urlò dal dolore.
- si, sono io. - confermai ridendo. Non sapevo perché, ma immaginavo che avesse sbattuto da qualche parte quando per la sorpresa era scattato seduto. - ma stavi dormendo? -
- si, ma non ti preoccupare. Come mai questa chiamata? - domandò curioso. Sembrava che il sonno gli fosse passato.
- beh, è da tanto che non ci sentiamo. Che fine hai fatto? - chiesi.
- mi sono trasferito. - rispose tranquillamente. Sbarrai gli occhi.
- c-cosa? - balbettai incredula.
- si, in America, quattro mesi fa. -
- oh. Ecco perché dormivi ancora. - fu l’unica cosa che riuscii a mormorare.
Mi sentivo triste. C’eravamo persi di vista, si, ma non avrei mai pensato che se ne sarebbe andato così, senza nemmeno un messaggio.
- lo so cosa stai pensando, che sono stato un bastardo perché non ti ho avvistato. Ma credimi, è stata la cosa migliore. Non credo ce l’avrei fatta. - disse poco dopo.
- a fare cosa? - chiesi titubante.
- a salutarti. A lasciarti. A vederti vicino a Federico. A vederti innamorata di lui più di te stessa. - disse tutto d’un fiato. - ti penso ancora, sai? Tutti i giorni. Mi ripeto in continuazione che sono stato un idiota a lasciarti andare. Non avrei mai dovuto farlo. Otto anni fa, ormai quasi nove, avrei dovuto cercare di capire invece che andarmene. - sospirò. - il problema è che ti amo ancora. -
Mi morsi il labbro inferiore. Guardai la mano destra e notai che tremava. Cosa gli dicevo adesso. Lui era ancora innamorato di me dopo tutto questo tempo.
- tutto bene? - chiese Federico, preoccupato dalla mia reazione. Annuii.
- c’è Federico? - mi chiese Valerio.
- si. - mormorai con voce spezzata.
- digli che è fortunato. Digli ti tenerti stretta, di non lasciarti andare, di darti tutto l’amore che necessiti e che io non sono riuscito a darti. Digli che lo invidio. Lo invidio da far schifo. Digli che non si deve azzardare a farti del male e a farti soffrire. Tu non lo meriti. -
Rimasi senza parole. Non riuscivo a dire nulla, aprivo e chiudevo la bocca, ma non emettevo nemmeno un suono. Volevo dirgli che non avrei mai voluto fargli così male e che tenevo ancora a lui, ma non ci riuscivo. Le parole più adatte sembravano scappare via quando stavo per pronunciarle e…
- ci sei? - Valerio mi riportò alla realtà. Mi volta e vidi Federico allontanarsi un po’.
- s-si, sono qui. - mormorai.
- il mio istinto mi dice che il motivo della tua chiamata non era solo per sapere come stavo, o sbaglio? - chiese.
- no, non sbagli. - presi il coraggio che mi era mancato fino a quel momento e dissi ciò che avrei dovuto dire fin da subito.
- io e Federico volevamo invitarti a cena per dirti una cosa, ma dato che non potrai venire te lo dico ora: ci sposiamo. - dissi velocemente, nella speranza di fargli meno male. Mi sentivo in colpa. Farlo soffrire era l’ultima cosa che volevo.
- dovevo immaginarlo. - sussurrò così piano che non ero nemmeno sicura che lo avesse detto. - beh, congratulazioni. Come si dice? Ah, si! Auguri e figli maschi. - disse ridendo nervosamente. Sapevo fin troppo bene però che quella risata serviva per nascondere un pianto imminente. Lo conoscevo da troppo per non rendermene conto. - io ora devo andare, mi sono ricordato di avere un impegno importante. Sono già in ritardo. -
- ma Valerio… - provai a dire, ma mi interruppe.
- ciao, spero sarete felici insieme. - disse triste per poi riattaccare senza darmi il tempo di salutarlo.
- …da te è ancora notte. - mormorai al vento.
Iniziai a guardare il telefono, nella speranza di vedere una sua chiamata in cui mi diceva che stava bene, che non mi amava veramente e che sarebbe venuto volentieri a cena da me. Stavo per metterlo via, quando lo schermo si illuminò.
 
Ti prego, contattami solo per farmi sapere la data del matrimonio, così potrò farvi gli auguri. Ma per il resto non cercarmi più, fa troppo male.
 
- tutto okay? - mi chiese Federico quando si fu riavvicinato. Mi morsi il labbro, scuotendo la testa. Poi mi gettai tra le sue braccia.
- gli ho fatto male. mormorai. - io n-non volevo. - Federico mi accarezzò i capelli.
Avevo ventiquattro anni, ma mi comportavo ancora da quindicenne.
- shhh, stai tranquilla. - cercò di calmarmi.
- ha detto che mi ama ancora. - dissi. Federico si irrigidì.
- viene questa sera? - chiese nervoso. Scossi la testa.
- si è trasferito in America. - appena sentì quelle parole, si rilassò di nuovo, come se prima si fosse spaventato del fatto che Valerio sarebbe potuto venire e portarmi via da lui.
- io non volevo. - mormorai. - veramente, non volevo. -
- torniamo a casa. -







HEI!!!
eccomi con questo nuovo capitolo c:
che ne pensate??
è rientrato in scena, anche se per poco Valerio. :)
poverino, sono stata crudele, lo so
ringrazio coloro che seguono la storia e coloro che recensiscono
alla prossima!
un bacio
Giulia xxx
PS: scusatemi, ma avrei bisogno di un favore enorme. vi prego, se siete bravi ad inglese o se avete fatto il quinto livello del trinity, potete inviarmi un messaggio? avrei bisogno di aiuto!! grazie mille c:

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Capitolo 6
*** You are wonderful ***


5 You are wonderful
 

VALERIO

Ti prego, contattarmi solo per farmi sapere la data del matrimonio, così potrò farvi gli auguri. Ma per il resto, non cercarmi mai più, fa troppo male.
 
Premetti il pulsante invio, mentre lo schermo iniziava a bagnarsi delle mie lacrime.
Camilla si sarebbe sposata. Non riuscivo a crederci. Forse, se avessi provato a fare qualcosa tanti anni prima, in quel momento sarei stato io con lei. Le avrei chiesto di sposarmi e lei avrebbe accettato. Sarei stato l'uomo più felice del mondo, ne ero certo.
Mi mancava. Mi mancava veramente tanto. Avrei voluto averla al mio fianco ogni giorno della mia vita ormai inutile. Perché da quattro mesi l'unica cosa che facevo era alzarmi, andare a lavoro la mattina e il pomeriggio e la sera andare in qualche pub ad ubriacarmi. Non ero più stato con una donna da quando avevo finito il liceo. Erano sei anni che respingevo tutte le ragazze che ci provavano con me.
In quel momento l'unica cosa che volevo fare era tornare in Italia e riprendermi Camilla. Ma sarebbe servito a qualcosa? No. Lei avrebbe sempre amato Federico, qualsiasi cosa fosse successa. Era inutile provare a sabotare il matrimonio. Avevo pensato a farlo appena me lo aveva detto. Poi però riflettei meglio su tutto ciò che era successo quando avevamo sedici anni, e capii che Federico era il ragazzo perfetto per lei.
Lui le era stato accanto.
Lui l'aveva aiutata.
Lui le aveva creduto fin da subito.
Lui l'aveva difesa.
Lui l'aveva protetta.
Lui l'aveva conquistata.
Lui l'aveva amata quando lei aveva smesso di credere all'amore.
Lui l'aveva fatta stare bene dopo molto tempo.
Lui, lui e solo lui.
Non io.
Io mi ero comportato solo da gran bastardo.
E quello che stavo passando in quel momento era solo una leggera punizione rispetto a ciò che avrei dovuto passare.
 

CAMILLA

- mamma, smettila! - esclamai per la ventesima volta. Mia madre fermò la sua corsa sfrenata e mi guardò, alzando un sopracciglio. - te l'ho già detto che a cena non viene la regina Elisabetta, okay? Non serve che ti agiti così tanto! - dissi severa.
- lo so, ma vorrei comunque fare bella figura. Te non potevi proprio avvertirmi prima, eh? - borbottò tornando in cucina.
- te l'ho già detto, ce lo siamo ricordati tardi. - sbuffai seguendola.
- ma perché proprio questa sera? Cosa c'è di così importante da non poter aspettare un po'? - chiese, mentre iniziava a tagliare l'arrosto appena sfornato.
Aprii il frigo e tirai fuori l'insalata.
- non te lo dico, lo scoprirai a cena. - dissi sorridendo, mentre iniziavo a lavare la verdura.
- mmmm... Voi due non me la raccontate giusta. - borbottò. Scoppiai a ridere.
- ti voglio bene mamma. - dissi dandole un bacio sulla guancia.
- anche io tesoro. -
Poco dopo entrò in cucina Federico.
- serve una mano? - chiese sorridendo e avvicinandosi a me per guardare ciò che stavo facendo. Rimase deluso nel vedere solo dell'insalata, così si allontanò, avvicinandosi al tavolo. Mi girai a guardarlo.
- mmmm... Intanto potresti prendere...metti giù le mani! - esclamai puntandogli il coltello contro, appena cercò di prendere una tartina dal vassoio. Ritirò immediatamente la mano.
- scusa, ma ho fame. - si lamentò facendomi ridere.
- io vado ad apparecchiare, tu puoi finire di tagliare l'arrosto. - disse mia madre, anche lei ridendo.
- consideralo già fatto. - rispose Federico. Guardai l'arrosto, mentre mia madre usciva dalla cucina.
- ma è ancora intero. - constatai, continuando a ridere. Federico corrugò la fronte, scuotendo la testa.
- dimmi, cosa hai bevuto? - mi chiese preoccupato.
- un po' di grappa. - scherzai.
- devo ricordarmi di toglierla da casa mia, allora. - disse, mentre prendeva il coltello per tagliare l'arrosto. Annuii ridendo. Aprii l'anta sopra il lavello e tirai fuori una ciotola, dove misi l'insalata. Iniziai a tagliarla canticchiando a bassa voce.
- hai ancora una voce meravigliosa, lo sai? - disse Federico guardandomi.
- grazie. - risposi sorridendogli. Lui posò il coltello e mi si avvicinò.
 

MICHELE

Stavo per entrare in cucina quando vidi Federico avvicinarsi a mia figlia. Sapevo di non avrei dovuto farlo, ma mi nascosi comunque dietro il muro e li guardai.
Quando le fu vicino, Camilla posò il coltello che aveva in mano e mise le mani sulle sue spalle, mentre lui posava le sue sui suoi fianchi. La appoggiò al lavello e fece combaciare le fronti. Mi irrigidii. Camilla era ancora la mia piccola bambina, e poi non mi andava molto a genio la posizione in cui si erano messi.
- non è solo la tua voce meravigliosa. Lo sono anche i tuoi occhi di questo grigio particolare, i tuoi capelli dorati, le tue labbra rosse che amo baciare, il tuo sorriso perfetto, il tuo corpo, anche se ancora un po' sottopeso. Tutto di te è meraviglioso. - disse, per poi baciarla. All'inizio fu un semplice bacio a fior di labbra, poi però approfondirono il bacio, stringendosi l'uno all'altra. Per me quello era troppo. Stavo per entrare, quando mi sentii prendere per il braccio. Mi girai e vidi Silvia.
- non ti azzardare ad entrare. - mi ordinò.
- perché? Andiamo, guarda quello che stanno facendo! - sussurrai.
- si stanno solo baciando. E non fare lo scandalizzato, dato che anche noi abbiamo fatto le stesse cose quando eravamo ragazzi. Anzi, anche di più. Federico è un bravo ragazzo, puoi fidarti. - disse lei, senza però riuscire a farmi cambiare idea. Mi strinse ancora di più il braccio. - Michele, ormai Camilla ha ventiquattro anni. Non è più una bambina, sa quello che fa. - disse. Sospirai. Aveva pienamente ragione. Guardai di nuovo dentro la cucina, e notai che avevano smesso di baciarsi.
- se mio padre ci vedesse così, ti ucciderebbe, lo sai? - sussurrò Camilla sorridendo. E aveva proprio ragione. 'Se non ci fosse stata Silvia adesso staremmo organizzando il funerale.'
- non mi importa. Morirei volentieri ogni giorno. - disse accarezzandole il volto, per poi baciarla di nuovo.
Alla fine dovevo ammettere Silvia aveva ragione, Federico era un bravo ragazzo. Potevo affidargli mia figlia senza il terrore che le facesse del male.
Tornai in camera da pranzo e mi sedetti sulla poltrona. Poco dopo uscirono dalla cucina Federico e Camilla mano nella mano. Iniziai a guardarli da sopra il giornale che stavo leggendo.
- vado a cambiarmi. - disse Camilla.
- guarda che non serve, stai bene così. - la rassicurò Federico. Mia figlia si guardò.
- si, certo, con questi pantaloncini e questa maglietta? Spero tu stia scherzando! - disse ridendo.
- non è mica colpa mia se qualsiasi cosa ti metti ti sta bene. - rispose Federico. Camilla gli sorrise, mentre lui gli dava un bacio sulla guancia.
- vado a cambiarmi. - disse di nuovo lasciando la mano di Federico e salendo in camera sua. Federico la guardò salire su sorridendo come un ebete. Come un innamorato mi avrebbe corretto mia moglie. Sorrisi, scuotendo la testa e ricominciando a leggere il giornale. Federico si sedette sul divano difronte a me, iniziando a torturarsi le mani.
Rimanemmo per un bel po’ in silenzio, poi piegai il giornale e lo guardai.
- allora -, iniziai a parlare per interrompere il silenzio imbarazzante che si era creato, - sai chi viene questa sera? -
- allora, verranno Giulia, il fidanzato Fabio, il mio migliore amico Simone e la sua ragazza, Francesca. - disse, contando ogni persona sulle punta delle dita. - oh, anche mio fratello. -
Mi stavo chiedendo il perché di quella cena, quando Camilla riscese. Aveva indossato un paio di jeans neri e una maglietta bianca con una sola spalla.
- eccomi qua. - disse prima di sedersi vicino Federico.
 

CAMILLA

Misi la mia mano su quella di Federico, che era poggiata sulla sua gamba. Lui mi sorrise, dandomi un bacio sulla fronte.
- vado a vedere se serve una mano a Silvia. - borbottò mio padre prima di alzarsi. Quando rimanemmo solo noi, Federico tirò un sospiro di sollievo.
- mamma mia, non ce la facevo più. - disse reclinando la testa all’indietro.
- ancora ti mette sotto pressione? - chiesi.
- non immagini quanto. Ho sempre paura di fare o dire qualcosa di sbagliato. Ho paura di perdere la fiducia che hanno in me. - ammise.
- non devi.  Tanto alla fine devi piacere a me, non a loro. - dissi, per poi dargli un bacio sulla guancia.
- lo so, ma loro si aspettano che io ti protegga sempre. E se non ci riuscissi? - disse preoccupato passandosi una mano sul volto lasciandola poi sugli occhi.
- Federico, guardami. - dissi togliendogli la mano dal viso. - smettila di farti tutti questi problemi. Sono otto anni che te li fai. Devi stare tranquillo, okay? I miei ti vogliono bene e non ti incolperanno mai. -
Mi sorrise, poi mi strinse a sé.
- cosa farei senza di te? - mormorò affondando il viso tra i miei capelli.
 - saresti perso. - dissi scherzando.
- ne sono sicuro. - rispose lui, serio.
Poco dopo suonarono il citofono. Di malavoglia mi allontanai da Federico e mi alzai per andare ad aprire la porta. Sulla soglia c’era Giacomo.
- heilà! - esclamò abbracciandomi.
- ciao Giacomo! - lo salutai.
- come va? - chiese mentre mi scansavo per farlo entrare dentro.
- tutto bene, grazie. Te? -
- bene. Quel deficiente di mio fratello è già dentro? - domandò. Come al solito era molto gentile nei confronti di Federico. Incrociai le braccia al petto sollevando un sopracciglio. - va bene, va ben. - disse alzando le mani come per difendersi quando vide la mia espressione. - Federico è dentro? - sorrisi compiaciuta.
- si, vieni. - dissi dirigendomi verso il salone. Quando entrò nella stanza salutò il fratello. Poi si guardò intorno.
- sono il primo? - chiese. Annuii. - bene, serve una mano? -
- no tranquillo. - risposi. - abbiamo già fatto tutto.
Ci sedemmo sul divano e iniziammo a parlare, fino a quando non suonarono nuovamente alla porta. Questa volta erano arrivati tutti gli altri. Con loro avevano anche una pianta e una bottiglia di spumante.
Mia madre iniziò così a portare in stanza gli antipasti, che avrebbero potuto sfamare benissimo un esercito. Iniziammo a mangiare allegramente in piedi le tartine e i panini.
Poco dopo guardai Federico. lui mi prese per mano annuendo.
- scusate. - richiamai l’attenzione di tutti. - io e Federico volevamo fare un annuncio. - dissi. Tutti quanti ci guardarono curiosi. Presi un respiro profondo e sorrisi. - ci sposiamo. -
Appena pronunciai quelle parole, mio padre iniziò a tossire, poiché dell’acqua gli era andata di traverso. Non ebbi il tempo di chiedergli come stava, che mia madre mi stava già abbracciando.
- la mia piccola si sposa. - disse con le lacrime agli occhi. Le sorrisi.
- mamma, non piangere. - cercai di calmarla, ma non c’era verso.
- dopo tutto quello che hai passato meriti questa felicità. - mormorò. Non replicai. La strinsi più forte e basta, grata di quelle parole.
Appena si allontanò, Giulia e Francesca mi abbracciarono.
- non ci credo! - esclamò Giulia.
- congratulazioni! - disse Francesca.
- grazie. - mormorai soffocando tra le loro braccia.
- buona fortuna. - dissero in coro Simone, Fabio e Giacomo, battendo una mano sulla spalla di Federico. Lui alzò gli occhi al cielo scuotendo la testa.
- sono felice per voi. - disse mio padre quando si fu ripreso. Poi si alzò e si avvicinò a Federico. - trattamela bene e non farla soffrire ancora. - disse posandogli le mani sulle spalle. Il suo non era un ordine, era più una supplica.
- non si preoccupi, non potrei mai farle del male. - rispose Federico sicuro della risposta. Mio padre sorrise compiaciuto della risposta.
- allora brindiamo a voi due! - esclamò Simone. Prese la bottiglia di spumante che aveva portato e l’aprì. Poi riempì tutti i bicchieri e brindammo allegramente, anche se io bevvi solo un sorso. L’alcol non era la mia passione.
- bene, ed ora mangiamo! - disse poco dopo mia madre, facendo gioire tutti quanti.





HEI!!!
si, lo so, avevo già pubblicato questo capitolo, ma rintontita come sono mi ero scordata di aggiungere la prima parte
adesso spero sarete più tranquilli: Valerio NON rovinerà il matrimonio c:
cosa ne pensate del capitolo?
finalmente hanno detto che si sposano!
il padre a momenti muore strozzato, ma sono piccoli dettagli lol
ringrazio coloro che seguono la storia, la leggono e recensiscono
un bacio xxx
Giulia

PS: anche questa volta rompo --------> "Ricominciare a vivereè importante per me questa storia, se passaste mi fareste un enorme piacere xxx

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Capitolo 7
*** Please, spend the night here ***


6 Please, spend the night here
 
La serata trascorse tranquillamente, tra chiacchiere e risate.
Quando tutti se ne furono andati verso le undici, facendoci ancora gli auguri, rimanemmo io, i miei e Federico.
Mia madre iniziò a pulire e a sistemare insieme a mio padre, rifiutando l’aiuto mio e di Federico. Così noi due salimmo in camera mia e ci sedemmo sul letto a parlare, come quando eravamo due adolescenti.
- è stata una bella giornata. - disse lui sorridendo.
- già, molto bella ma soprattutto lunga. Non finiva più! - ammisi ridendo e buttandomi all’indietro. Posai le mani in grembo, chiudendo gli occhi.
- sei stanca? - mi chiese lui. Annuii. - allora è meglio che vada. -
Si alzò, ma lo presi per un braccio.
- no, per favore, resta. - lo implorai. - se vuoi puoi anche dormire qui. - dissi un po’ imbarazzata. Federico arrossì.
- emmm… non credo che tuo padre apprezzerebbe. -
- hai ragione. - borbottai. - ma che ti importa? Se vuoi tu dormi qui e io sul divano, non voglio che te ne vada. -
- che tu dorma sul divano non se ne parla proprio! - disse, poi mi diede un bacio sulla fronte. - casomai io dormo sul divano. -
- ma te saresti l’ospite! - protestai.
- di solito non si fa sempre scegliere all’ospite? - domandò sorridendo. Gonfiai le guance. Aveva vinto.
Incrociai le braccia al petto e gli diedi le spalle. Lui mi prese il braccio per farmi girare, ma non ci riuscì.
- va bene, me ne vado. - disse. Si era alzato, perché non sentivo più il peso che abbassava il letto. Mi girai di scatto e mi alzai in piedi.
- no! - dissi abbracciandolo da dietro per impedirgli di andarsene. - resta. - mormorai al suo orecchio. Lui si girò sorridendo soddisfatto.
- sapevo che non avresti resistito al mio fascino. - disse sorridendo malizioso.
- idiota. -
- grazie, ti amo anche io. - rispose per poi prendermi in braccio alla sprovvista. Emisi un piccolo grido, che però ammutolì baciandomi. Misi le mie braccia intorno al suo collo continuando a baciarlo.
Poi lui mi poggiò delicatamente sul letto allontanandosi per darmi un bacio sulla fronte.
- buonanotte. - disse dirigendosi verso la porta.
- per favore… - mormorai guardandolo. Lui si girò, fissando i suoi occhi nei miei.
- oh, come faccio a dirti di no? - disse riavvicinandosi. Gli feci un po’ di spazio, fortunatamente il letto era a una piazza e mezzo e, anche se un po’ stretti, ci stavamo. Mi appoggiai al suo petto, mentre lui circondava le mie spalle con un braccio.
- vorrei rimanere così per sempre. - dissi con un filo di voce ascoltando il battito regolare del suo cuore.
Federico mi guardò.
- andiamo a vivere insieme. - propose. Gli sorrisi, pensando che era l’idea fantastica. Poi però mi ricordai di un particolare.
- ai miei non piace l’idea della convivenza. - borbottai mordendomi il labbro inferiore.
- oh. - mormorò Federico. Poi posò il pollice sul mio labbro. - smettila di torturarti le labbra. -
- perché? - chiesi togliendo i denti.
- perché hai delle labbra meravigliose. - rispose semplicemente baciandomi subito dopo.
Rimanemmo per un po’ in silenzio abbracciati. Tenevo la testa sul suo petto, che si alzava e si abbassava ad ogni respiro, mentre lui giocherellava con i miei capelli.
- credo che i tuoi mi stanno odiando in questo momento, soprattutto tuo padre. - disse improvvisamente.
- perché? -
- sarà mezz’ora che sono qui sopra con te. Tuo padre probabilmente starà pensando male, e poi credo che adesso sono svegli per chiudere a chiave la porta quando me ne vado. - disse. Lo guardai, poi mi misi a sedere.
- aspetta un attimo qui. -
Scesi dal letto e andai velocemente giù in salone. Mio padre era seduto sulla sua poltrona mezzo addormentato. Appena sentì i miei passi alzò lo sguardo.
- tesoro, ma Federico? È andato via? - chiese assonnato.
- no, è per questo che sono scesa. Ti prego, può rimanere qui a dormire? - chiesi avvicinandomi a lui. Sbarrò gli occhi.
- c-cosa? - chiese incredulo.
- per favore papà! Solo questa sera. Non mi farà niente, vedrai. E se non ti fidi questa notte ti puoi alzare ed entrare in camera mia quando vuoi. - dissi tutto d’un fiato.
- non so, è comunque un maschio, e sai come sono fatti. - cercò di persuadermi, senza però alcun risultato.
- guarda che anche tu sei un maschio.  - gli dissi.
- lo so, ma… -
- so che hai dormito dalla mamma qualche volta quando eravate fidanzati. E so anche che i nonni non lo sapevano. Io te lo sto chiedendo, cosa vuoi di più? E poi solo per questa notte. Per favore. - lo implorai. Sospirò sconfitto.
- va bene. - sorrisi.
- grazie mille! - esclamai abbracciandolo.
Corsi in camera mia e appena entrai mi tuffai tra le braccia di Federico.
- hei, che è successo? - chiese meravigliato.
- papà ha detto che puoi rimanere. - dissi soddisfatta baciandolo.
Mi guardò incredulo mentre ci sedevamo sul bordo del letto.
- vorresti dire tua madre. - pensò di correggermi. Scossi la testa.
- no, proprio mio padre. Ho tirato in ballo il fatto che anche lui era rimasto a dormire da mia madre quando erano ragazzi. E poi gli ho dato la possibilità di entrare quando vuole qui. Quindi se non vuoi morire, ti conviene stare tranquillo questa notte. - dissi ridendo.
 

MICHELE

Ma perché avevo acconsentito? Certo, mi fidavo di Federico, ma era pur sempre un ragazzo. E mia figlia era un bella ragazza.
- che peccato. - sentii dire da Federico quando passai davanti alla stanza di Camilla. - io che volevo torturarti tutta la notte. -
- cosa avresti voluto fare? - chiese mia figlia curiosa.
- davvero vuoi saperlo? - chiese maliziosamente.
Oddio no. No no, non poteva pensare a certe cose!
- ti avrei adagiato così lentamente sul tuo letto, stando attento a non farti male. Poi mi sarei messo così, preoccupandomi di non pesare troppo sul tuo corpo. - sbarrai gli occhi. Probabilmente lo stava anche facendo mentre le spiegava tutto. Cercai di calmare il mio respiro affannato. - poi mi sarei chinato in questo modo, portando le tue mani qui. E poi ti avrei fatto questo. -
Mi immaginavo la scena. Federico sopra mia figlia con le mani dove non sarebbero dovute essere. O troppo in alto, o troppo in basso. Stavo per tirare giù la maniglia per intervenire, quando sentii mia figlia ridere.
- no, ti prego, non il solletico alla pancia! - disse, cercando di non parlare troppo forte.
- sei tu che mi hai chiesto cosa ti avrei fatto tutta la notte. Ti avrei torturata così. - disse, facendomi emettere un sospiro di sollievo. Si trattava solo di solletico. Io che pensavo già male.
- ti prego, smettila! - disse ancora mia figlia tra le risate.
- mmmm… non so, è così divertente. -
- fammi tutto quello che vuoi, ma non il solletico. - lo implorò mia figlia. Oh, no! Mai dire una cosa del genere ad un ragazzo.
- tutto, tutto? - chiese lui malizioso. ‘ti prego Camilla, dì di no.’
- ah-ah. - rispose lei più calma. Probabilmente Federico aveva smesso di farle il solletico.
- sai, c’è una cosa che vorrei fare. - disse lui, iniziandomi a far sudare freddo. Tenevo sempre la mano sulla maniglia, pronto ad entrare. - ma ci sono due motivi per cui non lo faccio: uno, dillà ci sono i tuoi. E due, il motivo più importante, è che tu mi hai detto di non sentirti ancora pronta. E io non potrei mai, e sottolineo mai, costringerti a fare una cosa che non vuoi. Non mi importa se dovremmo aspettare ancora giorni, mesi, anni. A me importa solo che tu stia al mio fianco. - concluse facendomi rilassare. Se avessero continuato così per tutta la serata, sarei sicuramente morto d’infarto.
Però le parole di Federico mi entrarono in testa, iniziando a vorticare. Non mi importa se dovremmo aspettare ancora giorni, mesi, anni. Che cosa voleva dire? Che non lo avevano mai fatto?
Scossi la testa. Quelli non erano affari miei. Così andai in camera mia.
 

CAMILLA

- sei un ragazzo d’oro, lo sai? - dissi accarezzandogli il volto. Era ancora seduto sopra di me, ma non mi sentivo in imbarazzo.
- è perché ti amo. Ti amo veramente troppo per permettermi di farti soffrire. -
Si rotolò di lato e mi abbracciò. Mi lasciai cullare tra le sue braccia.
Poi dopo un po’ mi alzai, alla ricerca di qualcosa che Federico avrebbe potuto mettere al posto dei vestiti che indossava. Trovai una sua maglietta infondo ad un cassetto che mi aveva detto di tenere quando una volta me l’ero messa a casa sua. Gliela porsi.
- tieni, ho questa. -
- grazie. -
Si sedette sul letto e si cambiò. Appena tolse la maglietta, rimasi, come al solito, affascinata dai suoi muscoli.
- che c’è? - mi chiese quando notò che lo stavo fissando. Scossi la testa.
- nulla. - dissi. Lui mi sorrise e si infilò la maglietta.
Poi mi tolsi anch’io la maglietta davanti a lui, senza vergogna.
- ti ho mai detto che sei bellissima? - disse prendendomi per la vita e facendomi sedere in braccio.
- almeno un milione di volte. - dissi ridendo.
- mmmm… allora facciamo un milione e uno. Sei bellissima. -
- grazie. Ora però fammi cambiare, mio padre potrebbe entrare da un momento all'altro. - gli ricordai alzandomi.
- lo so. Ma secondo me si fida, non penso verrà a controllarci. - alzai le spalle. Poi mi infilai la maglietta.
- chissà. - mormorai.
Mi tolsi anche i pantaloni e finii di mettermi il pigiama. Poi mi allungai vicino a Federico. Lui mi diede un bacio sulla fronte.
- buonanotte. - mormorò.
- notte. - dissi accoccolandomi al suo petto. In poco tempo mi addormentai, cullata dal suo profumo e dai battiti del suo cuore.
Il giorno dopo ebbi il risveglio più bello di tutta la mia vita. Federico era ancora allungato sul letto a pancia in su e dormiva. In quel momento capii che avrei voluto svegliarmi tutti i giorni con lui al mio fianco. Aveva i capelli spettinati davanti agli occhi, le labbra semi dischiuse sembravano fatte a posta per essere baciate. Gli accarezzai una guancia, poi iniziai a sistemargli i capelli dolcemente. Sembrava un bambino piccolo, avevo un enorme voglia di coccolarlo, stringerlo a me e non lasciarlo mai più. Improvvisamente si mosse girandosi verso di me e credetti di averlo svegliato. Però continuava a tenere gli occhi chiusi, e sentirlo russare leggermente mi diede la conferma che dormiva ancora. Continuai a sistemargli i capelli, anche se ormai erano a posto, pensando a quanto fossi stata fortunata. Non avrei mai pensato di poter incontrare una persona come lui, e invece non solo l'avevo conosciuta, ma l'avrei anche sposata. Non sarei potuta essere più felice, da ormai un po' di tempo tutto stava andando liscio come l'olio.
Smisi di sistemargli i capelli e gli accarezzai di nuovo il volto. Lui mugugnò qualcosa, facendomi ritirare di scatto la mano.
- buongiorno. - mormorò.
- buongiorno. Ti ho svegliato? - chiesi preoccupata.
- si, ma non importa, potrei anche abituarmi ad un risveglio del genere. - disse sorridendo. Mi avvicinai al suo volto e lo baciai delicatamente. - dormito bene? - chiese aprendo finalmente gli occhi, facendomi vedere quel meraviglioso azzurro che di mattina sembrava ancora più chiaro.
- molto bene. Non voglio più alzarmi. - ammisi, accoccolandomi di nuovo al suo petto.
- nemmeno io. - disse dandomi dei leggeri baci tra i capelli. - ma che ore sono? -
Guardai l'orologio davanti al letto.
- le nove. - mormorai.
- è ancora presto, allora. Tanto devo stare in officina alle undici, ho tutto il tempo. - disse tranquillamente.
Federico lavorava con il fratello in un officina per riparare le macchine. Avrebbe voluto andare all'università, ma la malattia della madre glielo aveva impedito: doveva guadagnare soldi per le medicine, non spenderli. Così era andato a lavorare con Giacomo. Anche se il lavoro non era dei migliori, riuscivano a guadagnare abbastanza per occuparsi delle cure della madre e per vivere dignitosamente.
- i tuoi? - mi domandò poco dopo. Scrollai le spalle.
- non so. Mio padre deve essere andato a lavoro, mentre mia madre o dorme, o sta sistemando casa o è uscita. -
Federico annuì, stringendomi ancora più a se.
- di solito non vengono a svegliarti? -
- si, ma non quando sto in vacanza. Che ne dici se oggi vengo in officina con te?  - proposi. - tanto non ho nulla da fare. -
- non so, credo ti annoieresti. Non c'è nulla di divertente nel riparare delle macchine. - disse lui grattandosi la testa.
- non importa. A me basta stare insieme a te. - dissi dandogli un bacio.
- va bene. Poi oggi pomeriggio andiamo da mia madre e le diciamo che ci sposiamo. -
- perfetto. -
Rimanemmo per un po' abbracciati, poi ci alzammo e scendemmo in cucina. Sul tavolo c'era un bigliettino.
Sono andata a fare un giro al centro per comprare alcune cose. Divertitevi tu e Federico. Mamma.
Arrossii pensando a quello che avremmo potuto fare se fossimo rimasti soli se io non fossi stata così insicura. Guardai Federico e notai che aveva già preso i biscotti, il latte e due tazze. Presi i cucchiaini e iniziammo a mangiare.
- lo sai che questi biscotti sono pieni di... - cominciò Federico, ma alzai una mano, per farlo stare zitto.
- no. Non lo so e non lo voglio sapere, grazie. -
- volevo dire che sono pieni di zucchero. - disse lui sorridendo. Alzai un sopracciglio.
- certo, come no! Ti conosco abbastanza bene da poter dire che non volevi dire quello, ma che sono pieni di qualcosa di strano. - Federico alzò le mani.
- va bene, lo ammetto. - disse. Sorrisi scuotendo la testa.
Verso le dieci e mezza ero pronta, così ci incamminammo verso casa di Federico, dato che lui doveva cambiarsi. Poi andammo in officina, dove c'era già Giacomo che mi salutò calorosamente.
Mi sedetti su un mobiletto inutilizzato e guardai Federico indossare la tuta. Anche con quella indosso era bellissimo. Iniziò a sistemare il motore di una macchina di un signore anziano, facendolo sembrare un gioco da ragazzi.
Poco dopo arrivò una mini rossa guidata da una ragazza che avrà avuto più o meno la nostra età. Uscì dalla macchina e ne approfittai per osservarla meglio. Era alta e magra, ma con le curve nei punti giusti. I capelli biondi tinti e gli occhi verdi. Le labbra sembravano due canotti. Indossava un vestitino molto corto bianco, un po' trasparente e un paio di scarpe con un tacco vertiginoso. Si avvicinò a Federico facendo gli occhi dolci.
Anche se non mi vedeva la fulminai con uno sguardo. Non si doveva azzardare a toccare Federico. Quell'ochetta invece allungò il braccio, toccando quello di Federico. Stavo per alzarmi e picchiarla, ma Giacomo mi fermò.
- fammi divertire un po’. Se la uccidi non potrò più farlo. - mormorò al mio orecchio prima di avvicinarsi a loro due.
- allora, cosa vuole questa bella ragazza? - chiese alzando un po’ la voce, forse per farmi sentire. La ragazza rispose qualcosa, guardando però sempre il mio Federico.
- perfetto, ci vorrà un po'. Credo una mezz’ora. Lei se vuole può rimanere qui. - disse Giacomo. Cosa?! Voleva far rimanere qui quell'oca? Ma cosa gli passava per quella mente bacata?
La ragazza annuì e si sedette su una sedia, mentre Federico diceva a Giacomo che se ne sarebbe occupato lui. Così mi misi ad osservarlo.
A un certo punto Giacomo si girò verso di me e mi fece l'occhiolino. Io corrugai la fronte, non capendo.
- allora Federico, - iniziò lui ad alta voce, - tu e Camilla avete già deciso la data del matrimonio? - chiese in tono apparentemente casuale. Guardai la ragazza: aveva la bocca spalancata e sbatteva incredula gli occhi. Io intanto me la ridevo sotto i baffi.
- no, ancora no. Almeno, io non l'ho scelta. - rispose Federico. Poi si girò a guardarmi. - tu l'hai scelta amore? - chiese sorridendomi beffardo. Erano proprio fratelli, si capivano al volo.
- ancora no. La dobbiamo scegliere insieme, è una data importante. - dissi. Poi guardai la ragazza. Anche lei mi stava guardando, se possibile più incredula di prima.
- vi sposate? - chiese meravigliata.
- si. - rispondemmo in coro io e Federico, scoppiando poi a ridere.
- ma cosa stai facendo?! - esclamò improvvisamente Giacomo. - oggi sei proprio distratto! Senti Romeo, vai dalla tua Giulietta, va', qui continuo io. Mi chiedo perché tu sia venuto. - borbottò. Federico alzò gli occhi al cielo e mi si avvicinò. Mi cinse la vita con un braccio, mentre io gli circondavo le spalle. Mi guardò.
- ti amo. - disse a bassa voce, come per non farsi sentire da nessuno.
- anche io. - dissi a mia volta con un filo di voce. Gli diedi un leggero bacio a fior di labbra, poi ritornai a guardare Giacomo intento a riparare quella macchina.
- hei, sono geloso. - disse dopo poco Federico dandomi un pizzicotto sul fianco. Lo guardai con un sopracciglio alzato.
- perché? -
- perché stai dedicando più attenzioni a mio fratello che a me. - disse mettendo il broncio. Scoppiai a ridere.
- ma tanto non sposerò mica lui. - dissi accarezzandogli il volto.
- lo so, ma... - gli posai un dito sulle labbra.
- tanto poi abbiamo tutto il giorno. - dissi facendolo sorridere. Rimanemmo un po' in silenzio, la prima ad interromperlo fu la ragazza.
- allora, da quanto state insieme? - chiese.
- sette. - rispose Federico. La ragazza corrugò la fronte.
- sette? Sette cosa? -
- se te lo dico non ci credi. - risposi io facendo ridere Federico.
- lasciali stare, sono due matti. - disse Giacomo scuotendo la testa.
- ci siamo fidanzati otto anni fa, in terzo liceo. - disse Federico quando si fu ripreso dalle risate.
- e vi sposate così giovani? - chiese sbalordita.
- eh già. - risposi io.
- oh. -
Rimanemmo un po' in silenzio, fino a quando Giacomo non finì.
- ecco fatto. - disse pulendosi le mani sporche di grasso su uno straccio.
La ragazza si alzò e andò con Giacomo in una stanza per il pagare.
- non è venuta molta gente oggi. - costatai.
- beh, sai, ormai è luglio ed è quasi ora di pranzo. Tu andresti mai dal meccanico? -
- si se sei tu. - dissi abbracciandolo.
Quando la bionda se ne andò, chiusero l'officina e andammo a pranzare prendendo un po' di pizza al taglio.
- bene, ora possiamo andare all’ospedale. - mi disse Federico quando finimmo di mangiare.





HEI!! :D
come va?
devo ammettere che per scrivere questo capitolo mi sono divertita
il padre di Camilla si è preso un infarto, ma succede :P
cosa ne pensate??
Camilla era un po' gelosa. c:
beh, ringrazio coloro che hanno inserito la storia tra le seguite/preferite/ricordate, i lettori sileniziosi e i fantastici recensori! :D
alla prossima!
un bacio
Giulia xxx

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Capitolo 8
*** Lay in my bed ***


HEI!!!
Dato che mi vergogno di quello che ho scritto, vi saluto qua sopra c:
vi prego, questo capitolo è importante, avrei bisogno dei vostri pareri.
e poi non mi convince per niente .-. (che novità lol)
Non credo di aver esagerato, ma fatemi sapere c:
credo che abbiate capito già cosa succederà eheh :P
sotto lascerò solamente la traduzione delle frasi che metterò in inglese
questo è il link della canzone se volete metterla mentre leggete la parte hot (lol): http://www.youtube.com/watch?v=kUvfhHo7LLw
un enorme grazie a coloro che hanno recensito e a coloro che seguono la storia leggendola silenziosamente o inserendola tra le seguite/preferite/ricordate :)
alla prossima (ovviamente se sarò riemersa dalla fossa :P)!
Un bacio
Giulia xxx



7 Lay in my bed
 

Io e Federico arrivammo molto velocemente all'ospedale. Federico sapeva dov'era la madre, dovette solo chiedere se era possibile visitarla.
- certo. - rispose cordialmente l'infermiera. - ma non potete rimanere troppo a lungo, deve riposare. -
La ringraziammo e salimmo al secondo piano dove c'erano tutti i pazienti ricoverati. Arrivammo fino alla stanza 23.
- pronta? - mi chiese Federico. Gli presi una mano.
- io si, ma tu? - si strinse nelle spalle.
- più o meno. - disse semplicemente. Gli sorrisi, dandogli un bacio sulla guancia.
- starà bene, vedrai. - lo rassicurai. Lui mi sorrise riconoscente, poi bussò alla porta, aprendola subito dopo.
La stanza in cui entrammo era completamente bianca. C'era un solo letto, dove era allungata la madre di Federico, e una scrivania di fronte. Affianco il letto un comodino, pieno di oggettini vari.
La donna distesa sul letto ci guardò e sorrise.
- ciao mamma. - la salutò Federico lasciandomi la mano e avvicinandosi per darle un bacio sulla fronte.
- ciao tesoro. - lo salutò lei. Poi mi guardò. - ciao cara. -
- salve signora. -
- oh, quante volte dovrò dirti di chiamarmi Emilia? - mi rimproverò in modo scherzoso. Le sorrisi. Anche se stava male, riusciva a trovare la forza di ridere. - come mai siete venuti qui? - chiese curiosa. Federico mi fece cenno di avvicinarsi, e feci come mi aveva chiesto. Prima di parlare mi prese la mano.
- sai mamma, ormai stiamo insieme da otto anni, e abbiamo deciso di sposarci. - disse. Il volto di Emilia si illuminò con un grande sorriso.
- era ora! - esclamò.
- ma mamma, abbiamo comunque ancora ventiquattro anni. - le fece notare il figlio. Ma lei scosse la testa.
- per me, voi due vi sareste potuti sposare anche a diciassette anni. - disse felice.
- allora abbiamo la tua benedizione. - constatò Federico.
- ovvio, anche doppia. -
Le sorrisi.
- sono felice che tu sposi questo broccolo. - mi disse Emilia, facendomi ridere.
- hei, non sono un broccolo! - protestò Federico.
- si, certo, certo. - lo ammutolì la madre muovendo la mano come per scacciare una mosca.
- sei un gran broccolo. - dissi io continuando a ridere. Federico alzò gli occhi al cielo, scuotendo la testa.
- vi prego, - ci disse Emilia, - molto probabilmente non potrò esserci il giorno del vostro matrimonio e... -
- no, mamma, non dire così. - la interruppe Federico.
- Federico, lasciami finire. Vorrei che, nel caso fossi ancora viva, collegaste una telecamera ad un computer che mi lascerete qui, così potrò vedervi. - disse con gli occhi lucidi.
- oh, mamma! - esclamò Federico abbracciandola.
- mi dispiace di non poter venire a vedervi. - mormorò in lacrime.
- non importa mamma, non importa. L'importante è che tu stia bene. -
 
…Un mese dopo…
- questa sera Giacomo non c'è a casa, quindi facciamo cena da me e poi andiamo sulla spiaggia, va bene? - propose Federico durante la nostra solita passeggiata pomeridiana.
- perfetto. - risposi sorridendo.
Inviai un messaggio a mia madre avvertendola che non sarei tornata per cena, poi andammo a casa di Federico.
Iniziammo a preparare da mangiare ridendo e scherzando.
Durante la cena, mi ritrovai a pensare numerose volte a Federico mentre mi posava delicatamente sul suo letto, iniziando a baciarmi e a spogliarmi lentamente. Ogni volta arrossivo imbarazzata per quei pensieri che non avevo mai fatto in vita mia. Lui sembrava non accorgersene, o forse faceva solo finta. Quando finimmo di cenare mettemmo i piatti in lavastoviglie e sistemammo le varie pentole. Poi Federico mi prese la mano e uscimmo di casa. Arrivammo velocemente sulla spiaggia e ci sedemmo sulla sabbia dorata intrecciando le nostre dita.
- guarda che bella quella stella lassù. - disse dopo un po’ indicando il cielo. Alzai lo sguardo e vidi una stella molto grande e luminosa.
- si, è veramente molto bella. - dissi a bassa voce.
- ma non come te. -
Guardai Federico e gli sorrisi. Mi avvicinai e lo baciai. Lui mi prese per la vita, avvicinandomi ancora di più a sé, continuando a baciarmi. Mi misi a cavalcioni sulle sue gambe, mentre lui infilava le sue mani dentro la mia maglietta, facendomi rabbrividire.
- credo sia meglio se andiamo a casa mia. - mormorò con voce roca tra un bacio e l’altro.
- hai ragione. - riuscii a dire. Con grande difficoltà mi allontanai da lui.
- non so, potremmo vedere un film. - propose accarezzandomi il volto. Annuii sorridendo.
Ci alzammo in piedi e, mano nella mano, ci incamminammo verso casa sua che, fortunatamente, era vicino alla spiaggia.
Appena chiuse la porta dietro di sé però gli saltai al collo.
- voglio fare l’amore con te. - mormorai guardandolo negli occhi. Federico mi sorrise, poi posò le sue mani sui miei fianchi e cominciò a baciarmi.

I don’t wanna fight, I would rather kiss you.

- al diavolo il film. - mormorò, rimanendo incollato alle mie labbra, facendomi sorridere.
Iniziai a camminare all’indietro trascinandolo per raggiungere il più velocemente possibile la sua camera. Quando fummo vicino al letto presi un po’ titubante l’orlo della sua maglietta e iniziai a tirargliela su. Federico si allontanò da me solo un attimo tirando su le braccia per farsi togliere la maglietta, senza distogliere mai lo sguardo dai miei occhi. Poi, delicatamente, mi fece allungare su letto mettendosi sopra di me, cercando di non pesare troppo sul mio corpo.

Lay in my bed.

Riprese a baciarmi, prima le labbra, poi scese lungo il collo, procurandomi, come sempre, dei brividi. Iniziò a sbottonare lentamente la mia camicetta, continuando a baciarmi. Quando ebbe finito, mi staccai di poco dal letto per poter togliere quell’indumento in quel momento inutile. Poi gli presi il volto tra le mani e lo baciai.
Iniziai ad armeggiare con la sua cintura, ma quella chiusura non si voleva aprire. Impiegai un po’ per riuscire a sbottonarla. Poi aprii anche il bottone dei jeans, facendoglieli scivolare giù. Lui mi aiutò, liberandosene frettolosamente, rimanendo solo in boxer. Subito dopo ritornò sulle mie labbra.

Please spend the night.

Dopo poco iniziò anche lui a sbottonare i miei pantaloni, e ci riuscì molto più velocemente rispetto a me.
Riprese a scendere con le labbra e quando arrivò ai miei seni, mise la mano dietro la mia schiena per slacciare i gancetti. Ci mise un po’, poi però riuscì ad aprirli e, lentamente, abbassò le spalline, come per essere sicuro che io lo volessi. Mi guardò negli occhi quando arrivò al gomito.

I wanna make this right. 

Come risposta alzai le braccia, liberandomi definitivamente delle bretelle. Federico prese il reggiseno dal centro, facendomi emettere un gemito, e lo gettò da qualche parte a terra.
Ribaltai la situazione, mettendomi a cavalcioni su di lui. Posai le mani sul suo petto, ancora muscoloso e asciutto, e mi misi a percorrere con l’indice la forma dei suoi muscoli. Iniziai a baciargli le spalle, per poi arrivare il petto, sentendolo fremere sotto il mio tocco.
Quando arrivai all’addome con l’indice, Federico prese la mia mano e la portò in alto, a sinistra. Sentivo il suo cuore battere velocemente, molto velocemente.
- lo senti? - mormorò con voce roca. Annuii guardandolo negli occhi. - batte così solo per te. - disse, per poi riportarmi sotto di lui e gettarsi nuovamente sulle mie labbra.
Lo amavo. Non c’erano parole per esprimere tutto l’amore che provavo per lui e non mi sarebbe bastata una vita per dimostrarglielo come si deve.
Scese giù con le sue labbra fino all’incavo dei miei seni e iniziò a baciarmi, facendomi gemere per il piacere.
Poi si allontanò di poco e mi guardò negli occhi, ansimante. Mi sorrise e iniziò a scendere con le mani. Mi accarezzò tutto il corpo, per poi ritornare all’estremità dei miei slip. Prese l’elastico li tirò giù velocemente, lasciandomi completamente nuda. Scalciai un po’ per liberarmene, poi lo tornai a guardare. Mi sorrise, e io feci lo stesso.
- sei bellissima. - sussurrò, prima di ribaciarmi.

Remember when I said I will never hurt you? 

Spesso mi sentivo in imbarazzo, anche se indossavo un costume, davanti a lui. Non mi sentivo abbastanza, avevo paura che una ragazza migliore di me potesse arrivare e portarmelo via. Ma in quel momento non mi importava. In quel momento sapevo che lui aveva scelto me, che mi amava, che mi trovava bella anche se avevo delle cicatrici lungo il corpo e una macchia nera al centro della pancia. Mi amava per quella che ero.

You aint gotta cry, I know all the things you been through.

Iniziai a scendere anche io con le mani e arrivai ai suoi boxer. Ero un po’ titubante, non sapevo se farlo o no. Federico si avvicinò al mio orecchio, mordicchiandolo.
- vai tranquilla, ti amo. - mormorò, e con quelle quattro parole mi tolse ogni esitazione.  Presi l’orlo dei suoi boxer e glieli sfilai.
Eravamo rimasti così completamente nudi. Eravamo in sintonia, nulla avrebbe potuto rovinare quel momento. Federico mi fece allargare lentamente le gambe, posizionandosi in mezzo a me.
- sei sicura? Non voglio farti del male. - mi chiese affannato tra un bacio e un altro.
- vai, non sono mai stata più sicura di ora. -
Ed era vero. Non mi ero mai sentita pronta, ma in quel momento per me c’era solo Federico.  Lui e tutto l’amore che provava per me e che non smetteva mai di dimostrarmi.

What I gotta do to show you that I need you?

Per la prima volta feci l’amore con la persona che amavo.
Per la prima volta volevo farlo.
Per la prima volta non piansi.
Per la prima volta ero felice.
Per la prima volta non soffrii.
Per la prima volta feci l’amore e non sesso.

We gotta be making love.

 
 

 
 

Non voglio litigare, preferirei baciarti
Sdraiati sul mio letto
Per favore, trascorri la notte
Voglio farlo nel modo giusto
Ricordi quando ti ho detto che non ti avrei mai fatto del male?
Non devi piangere, so tutto ciò che hai passato
Cosa devo fare per dimostrarti che ho bisogno a te?
Dovremmo fare l’amore

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Capitolo 9
*** You're just mine ***


8 You're just mine
 
Il giorno dopo mi svegliai in un letto che non era il mio. Ci misi un po' a capire dove mi trovavo e cosa era successo quella notte, ma quando ricordai tutto, sorrisi. Ero ancora completamente nuda, ma fortunatamente ero coperta da un lenzuolo. Lentamente misi tutto quanto a fuoco e, quando girai il mio volto verso destra, vidi Federico sveglio. Mi stava guardando.
- buongiorno. - mormorai stiracchiandomi un pochino.
- buongiorno. - disse lui sorridendo. Poi mi prese per la vita e mi avvicinò a se. Mi diede un lungo bacio sulle labbra, poi iniziò a scendere.
Prima passò per la guancia, arrivando velocemente al mento. Poi scese lungo il collo, torturandomi sufficientemente con i suoi dolci baci. E infine arrivò un po' più giù, baciandomi nell'incavo dei miei seni.
- si, è proprio un buon giorno. - disse sorridendo maliziosamente e allontanandosi un po'.
- ti amo. - dissi accarezzandogli il volto.
- ti amo anche io. - disse prima di baciarmi di nuovo.
- stai bene? - mi chiese poco dopo.
- si, tutto okay. - risposi sicura.
- ho fatto qualcosa che...? - provò a dire, ma non gli diedi il tempo di finire.
- è stato tutto perfetto. - dissi sincera.
- tu sei stata perfetta. - mormorò lui.
- non è vero... - risposi imbarazzata.
- è questo il punto. Non ti rendi nemmeno conto di quanto tu sia perfetta. - disse prendendomi il volto tra le mani. - e non intendo solo quando noi... cioè a... vabbè, hai capito. Tu sei sempre perfetta. - gli sorrisi e lo baciai. Poco dopo lui si allontanò mettendosi a sedere. - vado a farmi la doccia. - disse infilandosi i boxer prima di alzarsi. Ma lo fermai con una mano.
- aspetta, - mormorai, - non lasciarmi sola. -
- hei, tranquilla, non me ne vado via. - disse. Gli sorrisi, mentre si alzava per andare al bagno. Poco dopo sentii il rumore dell'acqua iniziare a scendere, e chiusi gli occhi. Avevo voglia di dormire, ero veramente stanchissima.
Improvvisamente però mi sentii sollevare insieme al lenzuolo.
- hei, ma che...? - provai a dire, ma Federico mi ammutolì con un bacio.
- voglio farmi la doccia con te. - mormorò con voce roca e dannatamente eccitante. Gli sorrisi, accarezzandogli il petto nudo, sentendolo rabbrividire sotto il mio tocco leggero. Mi mise giù in bagno. Lì, mi liberai senza esitazione del lenzuolo e mi infilai velocemente sotto il getto d'acqua. Federico non aspettò un secondo di più. Si sfilò i boxer e entrò anche lui nella doccia, prendendomi subito per la vita e poggiandomi al muro, riempiendomi di baci. Infilai le mani tra i suoi capelli bagnati, avvicinandolo ancora più a me.
Lo volevo.
Lo volevo mio.
Mio e basta.
- ti amo. - mormorò facendo combaciare le nostre fronti.
- ti amo anche io. -
Rimanemmo per quasi un'ora sotto la doccia, tra acqua, baci e sapone. Quando uscimmo, lui si allacciò un asciugamano in vita, mentre io misi il suo accappatoio, anche se mi stava enorme. Dopo essermi asciugata, ripresi la mia biancheria e la indossai. Poi aprii uno dei cassetti dei vestiti di Federico e presi le prime due magliette che trovai. Una la diedi a lui, l'altra la presi io. Federico indossò anche un paio di pantaloni, mentre a me bastava la sua maglia, che mi arrivava oltre metà coscia. I capelli bagnati li lasciai sciolti sulle spalle, senza asciugamano.
Andammo in cucina e facemmo colazione in silenzio. Quando finimmo tornammo in camera da letto, dove iniziai ad asciugarmi i capelli sotto lo sguardo attento di Federico.
- che c'è, vuoi capire come si asciugano i capelli? - chiesi ridendo. Lui scosse la testa.
- in realtà stavo contemplando il tuo corpo meraviglioso. - ammise facendomi arrossire.
- smettila. - dissi.
- di fare cosa? - chiese corrugando la fronte.
- di farmi tutti questi complimenti. Andiamo, io non sono così, non sono bellissima, o fantastica o tutto quello che mi hai detto. - Federico si alzò di scatto in piedi e mi tolse il phon dalla mano spegnendolo. Poi mi prese il volto tra le mani.
- spero tu stia scherzando! - esclamò, e notai una punta di rabbia nella sua voce. - Dio, Camilla, guardati! Sei... sei meravigliosa. Io ancora non ci credo che diventerai mia moglie. Ancora non credo di aver avuto la fortuna di incontrati. Sei così bella, semplice, solare, dolce, comprensiva. Sei tutto. Sei il mio tutto. Come puoi dire una cosa del genere? - abbassai lo sguardo.
- io non lo so... So solo che non credo di esserlo. -
- e invece lo sei. - rispose lui. Mi prese per la vita e mi abbracciò. Allacciai le braccia al suo collo e lo strinsi forte a me, inspirando il suo profumo.
- ora abbiamo lo stesso odore. - pensai ad alta voce, pentendomene quasi subito. Era un pensiero stupido da fare, eppure in quel momento non riuscivo a pensare ad altro.
- ci stavo pensando anche io. - mormorò lui dandomi un bacio sul collo. - odore di noi due insieme. - sorrisi nel sentire quelle parole. Poi allontanai un po' il viso per guardarlo negli occhi.
- dillo che mi leggi nel pensiero. - mormorai accarezzandogli il volto.
- può essere. - disse semplicemente per poi baciarmi.

****

Quando finii di asciugare i capelli, andammo in salone e mettemmo un film. Mi accoccolai al petto di Federico, mentre lui mi circondava le spalle con un braccio.
Il film iniziò, ma Federico non lo guardava, sentivo il suo sguardo su di me. Mi voltai e lo guardai negli occhi.
- che c'è? - gli chiesi.
- nulla, solo che sei molto più interessante te di questo film. - disse sorridendo.
- oh. Vuoi che lo cambiamo? - domandai preoccupata che quello che stavamo vedendo non gli piacesse per nulla. Ma lui scosse la testa.
- non sarebbe comunque abbastanza interessante. - rispose accarezzandomi il volto. Arrossii involontariamente, abbassando lo sguardo. Poi decisi di fare una cosa che fino al giorno prima non avrei mai fatto.
Spensi la tv, lasciando un attimo Federico interdetto. Poi mi misi a cavalcioni su di lui, iniziandolo a baciare prendendogli il volto tra le mani. Federico inizialmente rimase sorpreso, ma quando si riprese posò le sue sulle mie cosce nude, accarezzandole, facendomi venire i brividi. Fece salire lentamente le mani, fino ad arrivare alla vita.
- voglio te, solo e soltanto te. - mormorai sulle sue labbra, che distese immediatamente in un sorriso. - ti voglio mio. -
- e io ti voglio mia. - disse con voce roca senza smettere di baciarmi. Iniziò a scendere con le labbra fino al collo, facendomi reclinare la testa leggermente all'indietro.
Poi però qualcuno citofonò alla porta. Sbuffai sonoramente. Federico si allontanò immediatamente dalla mia pelle. - che c'è? Ho fatto qualcosa di male? - chiese allarmato. Corrugai la fronte.
- certo che no. - lo rassicurai. - non lo hai sentito il citofono? - domandai alzandomi in piedi. Lui sbarrò gli occhi.
- perché, hanno suonato? - disse alzandosi anche lui e andando a vedere chi era.
Quando tornò con lui c'era Giacomo.
- ciao Camilla! - mi salutò sorridendo. Feci un cenno con la mano, sorridendo a mia volta.
- forse è meglio che vada. - dissi un po' imbarazzata.
- no, tranquilla, io devo solo prendere una cosa in camera mia, poi tolgo il disturbo. - disse Giacomo. - l'importante è che non abbiate usato quella per i vostri... bisogni fisici. - continuò, facendomi arrossire.
- Giacomo! - lo richiamò Federico, anche lui in imbarazzo.
- oh, andiamo! Lo so che lo avete fatto. Anche perché tu hai un volto molto assonnato, mio caro. E non credo abbiate passato tutta la notte a dirvi dolci frasi d'amore. - disse ancora. Federico mi guardò.
- ti prego, scusalo. È un deficiente. -
- n-non ti preoccupare. - risposi con un filo di voce.
Pochi minuti dopo, Giacomo uscì dalla sua stanza, sorridendo.
- bene, io vado. Buon proseguimento ragazzi. - disse dando una pacca sulla spalla di Federico e uscendo dalla porta di casa.
Federico si avvicinò subito dopo a me sorridendo un po' imbarazzato.
- tuo fratello è molto diretto. - dissi semplicemente.
- già, a volte un po' troppo. - disse grattandosi la testa. - davvero, mi dispiace. - continuò.
- tranquillo, non è colpa tua. - lo rassicurai avvicinandomi a mia volta. Lo guardai negli occhi mordendomi il labbro inferiore.
- non riesco a resisterti. - disse prima di prendermi per la vita e baciarmi, sollevandomi da terra. Allacciai le gambe al suo busto, mentre lui iniziava a camminare verso la sua stanza.
- ti voglio. - dissi quando mi fece allungare sul letto mettendosi sopra di me. - ti voglio mio e basta. -
- solo tuo. Per sempre. - disse prima di ricominciare a baciarmi.







HEI!! :D
allora, i nostri due piccioncini sono molto coccolosi (?) :3
cosa ne pensate del capitolo? spero vi sia piaciuto :)
beh, ringrazio coloro che hanno inserito la storia tra le seguite/preferite/ricordate, i lettori silenziosi e i fantastici recensori <3
lasciate una recensione? *occhi da cucciolo*
alla prossima!
un bacio
Giulia xxx

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Capitolo 10
*** My happiness is destroyed ***


9 My happiness is destroyed
 
Ero felice. Quanto ero felice. E non solo perché avevamo fatto l'amore due volte dopo otto anni e perché avevamo fatto la doccia insieme. Certo, tutto quello aveva un peso molto rilevante, ma il motivo principale era perché finalmente Camilla era riuscita a superare la sua paura, e quello era un grande traguardo. Continuavo a pensare a lei, al suo corpo perfetto, ai suoi baci, alle sue carezze, ai ti amo sussurrati, ai suoi ti voglio mio e basta ripetuti.
Perfetta.
Se mi avessero chiesto di descrivere Camilla con un solo aggettivo, avrei sicuramente usato quello. Era tutto perfetto, finalmente.
Dopo circa mezz'ora da quando se ne era andata, mi arrivò un suo messaggio.
 
Scusami, ma è finita.
 
Il mondo mi crollò addosso. Riuscii a sentire il rumore dei cocci del mio cuore che cadevano a terra. Gli occhi iniziarono a pizzicare, mentre pensavo che fosse tutto uno scherzo. Uno stupido scherzo.
Con le mani tremanti le inviai un messaggio.
 
Cosa? Spero tu stia scherzando! Io ti amo.
 
Il messaggio di risposta non si fece attendere, anche se avrei preferito non riceverlo.
 
Ma io non ti amo più. Ti prego, non cercarmi in futuro.
 
Sbarrai gli occhi. Dalla frustrazione lanciai il telefono contro il muro, facendolo aprire. Puntai i gomiti sulle cosce e mi presi il volto tra le mani tirandomi i capelli, sperando di svegliarmi da quell'incubo. Lacrime amare iniziarono a correre lungo il mio volto, ma non mi curai di asciugarle.  Non mi importava più nulla. Urlai dalla rabbia e dalla frustrazione. Perché improvvisamente diceva di non amarmi più? Cosa era successo? Avevo fatto qualcosa di sbagliato?
Mi alzai in piedi barcollando e uscii di casa. Ancora con le lacrime agli occhi presi la macchina e andai da lei, superando i limiti di velocità e passando con il rosso. Poco mi importava, dovevo raggiungerla il prima possibile. Quando arrivai, mi attaccai al citofono, fino a quando la madre non mi aprì.
- Federico, è meglio se tu... - provò a dirmi, ma non l'ascoltai.
- devo parlare con lei. - dissi fermo.
- ma lei non vuole parlare con te. -
- non mi interessa! - esclamai. - l'ho già persa una volta, non la perderò una seconda, non ora che ci dobbiamo sposare. - la feci scansare e salii di corsa le scale. Aprii la porta della camera di Camilla e la trovai in lacrime sul letto.
- mamma, ti ho già detto di lasciarmi sola! È già difficile, non mettertici anche tu! - esclamò senza guardarmi.
- io non me ne vado finché non mi dai spiegazioni. - dissi, facendola sobbalzare. Alzò lo sguardo dal cuscino e mi guardò. I suoi occhi erano arrossati e pieni di lacrime, come i miei.
- cosa vuoi? - chiese fredda e per me fu una pugnalata al cuore.
- capire. - dissi, ma lei scosse la testa.
- che c'è da capire? Io non ti amo! Non ti ho mai amato e mai ti amerò. - replicò.
- non sai mentire. - dissi in lacrime avvicinandomi a lei.
- stammi lontano! - esclamò mettendosi seduta. Sembrava spaventata. Era spaventata da me?
- Camilla, cosa ti ho fatto? Ti prego, dimmelo! - la implorai.
- tu niente, sono io. Non ti amo, lo vuoi capire? -
- non è vero. Tu mi ami ancora, lo so. - dissi disperato.
- ti sbagli. - disse così convinta che, se non fossi stato con lei per otto anni, le avrei creduto. - io non ti amo. - continuò, scandendo ogni singola parola, mentre le lacrime continuavano a rigarle il volto.
- e allora perché piangi? - domandai.
- sto male con lo stomaco. - rispose, ma scossi la testa.
- balle! -
In quel momento le arrivò un messaggio. Prese il telefono con le mani tremanti e lesse il messaggio. Era spaventata, ma da cosa?
- cosa è successo? - chiesi preoccupato.
- vattene. - mormorò.
- Camilla, io... -
- vattene, ti scongiuro! - urlò indicando la porta. Iniziai a respirare con difficoltà.
- perché? Perché mi fai questo? - chiesi, ma non attesi una risposta. Me ne andai via da quella casa in lacrime. Entrai in macchina e mi passai una mano tra i capelli nervosamente. Non riuscivo a respirare, mi stavo sentendo male. Nella mia mente rimbombavano le sue parole. Non ti amo più. Perché lo aveva detto se non lo pensava davvero? Forse aveva detto la verità, non mi aveva mai amato. Eppure eravamo stati insieme otto anni…!
Rimasi per una decina di minuti a piangere in macchina, poi tornai a casa. Mi buttai subito sul letto, inspirando l'odore che era rimasto impresso. Odore di noi due insieme. Si, era proprio quello. Non c'era più solo il mio odore, ma anche il suo. Strinsi i pugni intorno al cuscino continuando a piangere disperatamente.
Dopo un po' sentii delle mani prendermi per le spalle.
- Camilla...? - mormorai girandomi. Ma non c'era lei, c'era Giacomo.
- che è successo? - chiese allarmato. Tentennai qualche istante, poi risposi.
- tra noi due è finita. - dissi prima di buttarmi nuovamente sul cuscino.
- mi stai prendendo in giro, spero. - disse lui ridendo istericamente. Scossi la testa.
- lo vorrei così tanto... - sussurrai. Chiusi gli occhi, ma lei continuava a stare al centro dei miei pensieri. - non mi ama. - dissi. Giacomo scoppiò a ridere.
- se lei non ti ama, io sono la regina Elisabetta. Andiamo! Ti ama più di quanto faccia con se stessa! - esclamò.
Presi il telefono e gli feci leggere i messaggi.
- oh. - mormorò quando li ebbe letti. - però guarda, qui c'è scritto "scusami". Questo vuol dire che le dispiace, quindi ti ama ancora. - disse convinto.
- certo, e se io dico a te “scusami, ma è finita la benzina”, vuol dire che sono innamorato di te? - chiesi ironicamente.
- no, vuol dire che sei innamorato della benzina. - disse per allentare un po’ la tensione. Scossi la testa.
- come faccio senza di lei? - chiesi al nulla disperato. - io ho bisogno di lei. -
Piansi per tutto il pomeriggio, continuando a pensare a Camilla. Vedevo il suo corpo perfetto, sentivo la sua voce meravigliosa, sentivo il suo odore fuso al mio.
Come avrei fatto a stare senza di lei?
Semplice, non ce l'avrei fatta.
Sarei riuscito a superarla e ad andare avanti?
No.
L'avrei amata per sempre?
Si.
Sarei stato con altre?
No.
L'avrei riavuta?
A qualsiasi costo.
Ricostruii il telefono che ancora giaceva a terra distrutto e le inviai un messaggio.
 
Hai sempre detto con Giulia che siamo destinati a stare insieme. Se lo siamo veramente, ti giuro che in un modo o nell'altro tornerò da te. Non so quando, non so come, ma tu aspettami in qualsiasi momento. Viviamo una volta sola, e io voglio vivere con te. Non so se è vero che non mi ami più, ma se così fosse, ti riconquisterò a qualsiasi costo. Ti amo, non smetterò mai di farlo. Anche se tu non mi vorrai più, io ti vorrò, sempre. Ricordi cosa ti ho detto oggi? "Solo tuo, per sempre". Ti giuro che sarà così. Io sono solo tuo, di nessun'altra. Amo e amerò solo te, per sempre.




Emmm... ciao (non mi fa cambiare il font!!!!!!!!! D:)
per favore non mi ammazzate!! Ilaperla, hai promesso di non uccidermi ahah :P
allora, allora, allora, cosa ne pensate?
vi prego, fatemi sapere! ho notato che le recensioni sono diminuite.
ora, io non voglio avere tutte le recensioni di questo mondo, però vorrei sapere se è dovuto al fatto che la storia non vi piace più. perchè se è così cerco di migliorarla. magari invece siete solo partiti per le vacanze
comunque, ringrazio i lettori silenziosi, coloro che hanno aggiutno la storia tra le seguite/preferite/ricordate e coloro che hanno recensito
un bacio e alla prossima!
Giulia xxx

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Capitolo 11
*** I can't believe ***


10 I can’t believe
 
- mi manca. - bicchiere di birra.
- non mi ama. - bicchiere di birra.
- mi ha lasciato. - bicchiere di birra.
- non mi vuole più vedere. - bicchiere di birra.
- la amo ancora. - bicchiere di birra.
- forse non tornerà più da me. - bottiglia di birra.
- amico, dovresti andarci piano, ti fa male. - mi rimproverò Simone per la millesima volta. Eravamo a casa mia, seduti su delle sedie in salone. Avevo una cassa di bottiglie di birra da un lato e lui dall'altro.
- non mi interessa. - mormorai, bevendo dalla bottiglia.
- la storia si ripete... - borbottò così piano che ebbi qualche dubbio che lo avesse detto davvero.
- fa male. - dissi ancora in lacrime. Piangevo, ma non mi importava di farmi vedere in quello stato da Simone. Era il mio migliore amico, con lui potevo sfogarmi.
- quindi ora cosa farai? - mi chiese titubante qualche minuto e quattro birre dopo. Scrollai le spalle.
- domani andrò a casa sua e insieme sceglieremo la data del matrimonio. - dissi tranquillo e sicuro di quello che dicevo. Si, avremmo scelto la data perfetta. Lei mi aveva detto che le sarebbe piaciuto sposarsi in inverno, e l'avrei accontentata, perché l'amavo tanto.
- amico, quante sono? - chiese Simone urlando e mostrandomi le mani.
- mmmm... devo contare le dita di tutte e due le mani? - chiesi. Simone si battè una mano sulla fronte.
- merda! - esclamò, facendomi ridere. - è una mano! Una sola! -
- come siamo delicati. Secondo te adesso Camilla è sveglia? Voglio parlare un po' con lei e dirle tante volte che la amo. - dissi sorridendo.
- Federico, ti ricordi cosa è successo oggi? - mi chiese preoccupato. Annuii.
- certo, io e Camilla abbiamo fatto di nuovo l'amore. È stato meraviglioso. - dissi allargando il mio sorriso.
- e dopo? - continuò insistente.
- e dopo è tornata a casa e non l'ho più sentita. - risposi. Chissà cosa aveva fatto quel pomeriggio...
- sei ubriaco. - mi fece notare Simone.
- non è vero. - protestai.
- amico, hai bevuto sei birre. Sei ubriaco da far schifo. Non ricordi nemmeno cosa è successo oggi! - esclamò. Corrugai la fronte.
- perché, che è successo? -
- Camilla ti ha lasciato. - disse. Sbattei più volte le palpebre.
- ma cosa vai platerando? -
- si dice blaterando. - mi corresse. - vedi? Sei ubriaco. - sbuffai.
- pazienza. È meglio essere ubriachi e incoscienti che sobri. Quando uno è sobrio ragiona, e quando uno ragiona soffre. È brutto soffrire. - dissi posando il viso sul tavolo chiudendo gli occhi.
 
- come sta? - sentii dire da qualcuno. Era una voce maschile che conoscevo, ma non la riuscivo ad associare a nessuno.
- da schifo. Per fortuna ha dormito tutta la notte, anche se ogni tanto urlava il nome di Camilla. - rispose un'altra voce sempre maschile, conosciuta anch'essa. Un momento, avevo dormito? Non ricordavo. Piano piano aprii gli occhi impastati dal sonno. Inizialmente vidi tutto appannato, poi lentamente riuscii a mettere a fuoco e vidi la libreria del salone. La testa mi scoppiava, non capivo più nulla. Alzai il volto e vidi Giacomo e Simone uno davanti all'altro.
- che ore sono? - domandai assonnato. I due ragazzi mi guardarono sorpresi.
- ti sei svegliato! - esclamò Giacomo.
- sono le tre del pomeriggio. - disse Simone dopo aver guardato l'orologio. Annuii alzandomi in piedi e stiracchiandomi, anche se avevo un po' di difficoltà a stare dritto.
- le sedie non sono comode per dormire, no. - dissi.
- come stai? - mi chiese Giacomo.
- bene. - mentii. Sentivo ancora la voce di Camilla che diceva di non amarmi...
- mmmm.... E veramente? - domandò nuovamente. Alzai le spalle.
- come vuoi che stia? Sto come uno che è appena stato lasciato dopo otto anni. - dissi arrabbiato per quella domanda inopportuna.
- io chiamo Camilla. - disse Giacomo prendendo il telefono.
- bravo, vuoi farmi vedere che tu puoi ancora parlare con lei senza essere respinto? - dissi acido.
- Federico, stai calmo. - disse Simone poggiandomi una mano sulla spalla. Mi allontanai bruscamente.
- mi spieghi come faccio a stare calmo?! - sbraitai. - me ne vado in camera mia, almeno i muri non rompono. - borbottai iniziando a salire le scale barcollando.

 

GIACOMO

- è ridotto proprio male... - mormorai prima di comporre il numero di casa di Camilla. Contestarono dopo tre squilli.
- pronto? - rispose Camilla.
- Camilla, sono Giacomo. - dissi.
- oh, ciao. - mormorò.
- mi spieghi cosa è successo? Federico è disperato, ha bevuto tutta la notte ubriacandosi, ed ora che si è svegliato è anche arrabbiato sia con me sia con Simone. - dissi.
- è complicato... - rispose dopo un po', e dal tono di voce capii che stava piangendo.
- ti prego, dimmelo. - la implorai.
- scusami, ma ora devo andare. - mormorò.
- Camilla, non osare riattaccare. So che la tua è una scusa e ti chiamerò fino a quando non saprò la verità. - dissi fermo. Lei sospirò.
- noi due non... non possiamo stare insieme. - disse.
- perché? -
- ho paura. - ammise. Corrugai la fronte.
- di cosa hai paura? - chiesi. Rimase qualche istante in silenzio.
- possiamo incontrarci? - propose.
- certo, dimmi dove. -
- tra un quarto d'ora sulla spiaggia. - disse lei.
- perfetto, ci sarò. - risposi.
- a dopo. - disse e riattaccò.
- allora? - chiese Simone. Lo guardai.
- vado in spiaggia a parlare con lei. -

****

Arrivato in spiaggia vidi immediatamente Camilla seduta sul bagnasciuga intenta a guardare il mare. Mi avvicinai a lei e mi sedetti al suo fianco, guardando nella sua stessa direzione. Rimanemmo parecchio in silenzio, poi lei si decise a parlarmi.
- mi hanno minacciato. - mormorò. Sbarrai gli occhi.
- cosa?! - esclamai guardandola. Anche lei voltò il suo sguardo verso di me. Aveva gli occhi lucidi e rossi.
- mi hanno minacciato. In teoria non dovrei essere nemmeno qui... - disse abbassando lo sguardo.
- cosa ti hanno detto? -
Camilla prese un respiro profondo e iniziò a raccontare cosa le era successo...
 

CAMILLA

Quando tornai a casa, erano le tre del pomeriggio. Mia madre mi accolse sorridendo.
- come è andata tesoro? - chiese, anche se probabilmente aveva capito ciò che era successo dalla mia espressione.
- benissimo. - risposi sorridendole.
- certo che però potevi farti sentire, mi sono preoccupata. - mi rimproverò, senza perdere però il sorriso. Alzai le mani.
- chiedo perdono, ma me ne sono completamente dimenticata. - ammisi.
- avete avuto di meglio da fare. - disse tranquillamente, facendomi arrossire.
- io... cioè noi... non... - provai a dire, ma mi interruppe.
- tesoro, tranquilla, ho capito. E non ti preoccupare, non dirò nulla a tuo padre, altrimenti gli prende un infarto. - disse ridendo. Le diedi un bacio sulla guancia.
- grazie. Io ora vado in camera mia. -
Salii le scale e mi buttai sul letto. Solo in quel momento mi resi conto che avevo il telefono spento dal giorno prima. Lo accesi e poco dopo mi arrivò un messaggio proveniente da un numero sconosciuto.

 
Tu hai rovinato tutta la mia vita, non hai il diritto di essere felice. Lascia Federico o non lo vedrai mai più.
 
Iniziai a tremare. Chi era il mittente? Cosa voleva dire con "hai rovinato tutta la mia vita"? Perché ora che tutto andava bene dovevo ricevere questo messaggio?
Scossi la testa. Sicuramente era uno scherzo di cattivo gusto di qualcuno. Decisi di far finta di nulla.
Poco dopo però il telefono vibrò. Titubante aprii la casella messaggi.

 
Ti sto guardando...
 
Lasciai cadere di scatto il telefono dalle mie mani spaventata. Se era uno scherzo non era affatto divertente. Presi un respiro profondo e mi alzai in piedi. Chiusi le tende per sicurezza e mi sedetti sul letto a gambe incrociate. Poco dopo arrivò un altro messaggio. Ripresi il telefono spaventata.
 
Sei ridicola, riesco a vederti ancora.
 
Sbarrai gli occhi. Mi alzai di nuovo dal letto e corsi giù.
- tesoro che succede? - chiese preoccupata mia madre quando mi vide. Scossi la testa.
- nulla. - mormorai.
- sembri sconvolta. - riprovò. Le sorrisi falsamente.
- tranquilla mamma, tutto okay. -
Mia madre mi guardò seria.
- cosa è successo? - chiese nuovamente. Sospirai. Dovevo dirglielo. Così le spiegai velocemente cosa era successo, facendole vedere i messaggi.
- ho paura, non voglio perdere Federico, non ce la farei. - mormorai.
- dobbiamo chiamare la polizia. - disse mia madre.
- no! - la fermai. - se lei ci sta guardando? Se poi fa del male a Federico? Non possiamo correre questo rischio. -
- allora credo che tu debba lasciare Federico. - disse. Ebbi un colpo al cuore. Iniziai a scuotere la testa, mentre delle lacrime iniziavano a rigarmi il volto.
Quella era già la seconda volta che qualcuno mi imponeva di lasciare il mio fidanzato. La storia si sarebbe ripetuta?
- no, non voglio. - mormorai.
- lo so, ma devi. -
Presi coraggio e scrissi quattro parole che non avrei mai voluto nemmeno pronunciare.
 
Scusami, ma è finita
 
Potei sentire il rumore dei cocci del mio cuore infranti. Come potevo poi farlo soffrire così tanto? La risposta arrivò abbastanza velocemente
 
Cosa? Spero tu stia scherzando! Io ti amo.
 
Volevo scrivergli che era davvero uno scherzo, che lo amavo più di qualsiasi altra cosa, più di me stessa.
Guardai mia madre. Lei si limitò a scrollare le spalle.
Digitai velocemente la risposta, provando un dolore immenso al petto.
 
Ma io non ti amo più. Ti prego, non cercarmi in futuro
 
Finita. Era finita. Non lo avrei più avuto. Corsi in camera mia dopo aver detto a mia madre che volevo rimanere da sola e mi buttai sul letto in lacrime. 'Ti odio!' pensai riferendomi a colui che mi aveva inviato il messaggio. 'Ti odio profondamente, vorrei tanto che tu finissi sotto una macchina!'
 
- quando Federico è venuto a parlarmi mi è arrivato anche questo messaggio. - dissi con un filo di voce e glielo mostrai.  - non potevo farlo rimanere… -
 
Mandalo subito via, altrimenti gli sparo. Ho una pistola puntata proprio su di lui.
 
- Santo Cielo, Camilla! Devi andare dalla polizia! - esclamò scioccato Giacomo.
- non posso, potrebbero fare del male a Federico. - dissi in lacrime. - ti prego, non dirgli nulla. - lo implorai. - trova il modo per fargli dimenticare me. Digli di uscire e di divertirsi con qualcuna. - dissi, e mentre lo facevo, sentivo una pugnalata al cuore ad ogni parola. Giacomo scosse la testa.
- lui ama solo te. Ha già detto che non starà con nessun'altra. - annuii, consapevole di quelle parole. Me lo aveva detto per messaggio. Dato che c'ero gli feci leggere anche quello.
 
Hai sempre detto con Giulia che siamo destinati a stare insieme. Se lo siamo veramente, ti giuro che in un modo o nell'altro tornerò da te. Non so quando, non so come, ma tu aspettami in qualsiasi momento. Viviamo una volta sola, e io voglio vivere con te. Non so se è vero che non mi ami più, ma se così fosse, ti riconquisterò a qualsiasi costo. Ti amo, non smetterò mai di farlo. Anche se tu non mi vorrai più, io ti vorrò, sempre. Ricordi cosa ti ho detto oggi? "Solo tuo, per sempre". Ti giuro che sarà così. Io sono solo tuo, di nessun'altra. Amo e amerò solo te. 
 
Rileggere quel messaggio fece solo aumentare le mie lacrime.
- stai tranquilla, risolveremo tutto. - disse abbracciandomi.
- ho paura. - mormorai.
- lo so, ti capisco. Ma tranquilla, presto voi due tornerete insieme. Te lo prom... - stava dicendo, ma lo fermai.
- no, non promettere cose di cui non sei sicuro. -
- okay. - rimanemmo un po' in silenzio, guardando il mare.
- ora è meglio che vada, ci sentiamo. - disse alzandosi in piedi un quarto d'ora dopo. Annuii. Lui si pulì i pantaloni dalla sabbia e si allontanò. Io invece rimasi in spiaggia a guardare l'orizzonte.
Sposami.
Chiusi gli occhi, pensando che forse non ci saremmo mai potuti sposare.
Ti amo.
- anche io. - mormorai al vento, sperando che potesse portare quelle parole a Federico.
Sei bellissima.
Portai le gambe al petto, circondandole con le mie braccia. Avrei tanto voluto essere abbracciata da lui...
Pochi istanti dopo mi arrivò un messaggio. Impaurita presi il telefono e lo aprii.
 
Credi che dire tutto a Giacomo sia stata una mossa intelligente? Se è così sbagli di grosso. Sai, il tuo caro Federico è appena uscito di casa. Potrei ammazzarlo, ho una pistola con me. Ma non lo faccio. Tu però non devi più vedere né Giacomo, né Simone, né Francesca, né Giulia, né Fabio. Altrimenti la prossima volta che lo vedo non mi farò scrupoli a premere il grilletto. Spero tu abbia recepito il messaggio. Buona permanenza in spiaggia, mia cara. Forse un giorno ci vedremo.
 
Mi tremavano le mani. Chi era quella persona che conosceva tutti i miei più cari amici? Come faceva a conoscerli? Perché mi tormentava con quei messaggi? Cosa le avevo fatto? Perché mi seguiva?
Chiusi gli occhi, cercando di non pensare a nulla, mentre il vento mi spettinava i capelli.
- bella giornata, non è vero? - sobbalzai nel sentire poco dopo quella voce. 'Non è possibile.' Aprii gli occhi e girai di scatto il volto. Era proprio lei! Quanto tempo era passato...
- Sara? - chiesi perplessa. Lei mi sorrise.
- in persona. -







BUM!!!
meglio tornare al carattere normale, va
però ci stava bene il bum aha
forse devo tornare anche al cervello normale
allora, ora avete capito perchè Camilla ha lasciato Federico
ve lo aspettavate?
e poi c'è l'entrata in scena di Sara! 
ci sarà qualcuno che è felice della sua presenza vicino alla nostra Camilla? non credo..
e chi sarà la persona che invia messaggi alla nostra povera protagonista?
scoprireste tutto nelle prossime puntate!! (?)
forse è meglio che vada...
sono un po' fusa, forse perchè ho letto interamente due libri in un giorno...
ringrazio tutti coloro che hanno inserito la storia tra le seguite, preferite, ricordate, i lettori silenziosi e i recensori
alla prossima!
un bacio
Giulia xxx

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Capitolo 12
*** I love you. I love you. I love you. Do you hear me? ***


11 I love you. I love you. I love you. Do you hear me?
 
- Sara? - chiesi perplessa. Lei mi sorrise.
- in persona. -
Era proprio lei, identica a come l'avevo lasciata anni prima. I capelli marroni le ricadevano fino alle spalle, gli occhi verdi tendenti al marrone erano sempre meravigliosi, come le sue grandi labbra carnose. Non aveva messo su nemmeno mezzo chilo, sembrava ancora una modella. Non mi sarei affatto meravigliata di vederla sulla copertina di una rivista di moda.
Non sembravano passati cinque anni da quando l'avevo vista l'ultima volta.
- wow, è passato tanto tempo. - dissi.
- già. - rispose lei annuendo. - come stai? -
- molto bene, - mentii, - e tu? -
- bene. Scusami, ma sono veramente curiosa. Come va con Federico? - chiese sorridendo.
Il mio stomaco si strinse in una morsa dolorosa, mentre le lacrime che avevo provato a reprimere tornarono ad inumidirmi gli occhi.
Probabilmente se ne rese conto. - è successo qualcosa? - domandò preoccupata. Scossi la testa.
- no, tranquilla. Solo che... - sospirai. - ieri ci siamo lasciati. - mormorai nascondendo il viso tra le mie mani.
- oh. - disse lei, anche se non sembrava molto sorpresa. - qualcosa mi dice che c'è dell'altro. - annuii.
- Io ne sono ancora innamorata. - ammisi tirandomi leggermente i capelli.
- e lui è ancora innamorato di te. - la sua non era una domanda, ma un'affermazione. Annuii. - siete due idioti. - disse, distendendo le gambe.
- è complicato... - mormorai.
- non è complicato, Camilla. Tu ami lui e lui ama te. Se non state insieme vuol dire che avete veramente qualche rotella fuori posto. -
Non risposi. Di certo non sarei dovuta andare a spiegare a lei cosa era successo.
- io devo andare, spero di vederti ancora. - disse poco dopo alzandosi in piedi. Sospirò. - scusami. - disse lasciandomi perplessa. - scusami per tutti gli insulti al liceo. Lo so che forse non potrai perdonarmi, ma a me dispiace veramente molto. Non li meritavi, sei una ragazza fantastica. -
- tranquilla, sono passata oltre. - risposi sorridendole.
- ne sono felice. Troverò però un modo per farmi perdonare come si deve. - disse. Fece un cenno di saluto che ricambiai e si allontanò.
Poco dopo mi arrivò un altro messaggio.
 
Sei un mostro, ricordatelo!
 
Chiusi gli occhi, mentre sentivo di nuovo tutti gli insulti ricevuti nella mia vita. Erano ancora impressi nella mia mente...
Scossi la testa come per cacciarli via e mi alzai in piedi per andare a casa.
- Camilla! - mi sentii chiamare poco dopo. Non mi fermai, anzi accelerai il passo. Quando sentii che anche Federico si era sveltito iniziai a correre. - Camilla, fermati! - urlò ancora.
- lasciami in pace! - urlai, sperando che si fermasse. Se la persona che mi stava minacciando stava anche guardando la scena, probabilmente gli avrebbe potuto sparare. Ma lui continuò la sua corsa, fino a quando non mi raggiunse, prendendomi per un braccio. Mi fece girare, anche se cercavo di allontanarmi.
- Camilla, ti prego, dimmi cosa è successo. - mi implorò, ma scossi la testa.
- te l'ho già detto, io non ti amo. Quante volte dovrò ripetertelo? - chiesi esasperata, ma in realtà avevo una voglia e un bisogno immenso di baciarlo...
- fino a quando non dirai la verità. A quel punto mi rassegnerò.  - rispose lui. Mi accarezzò il volto. - Camilla, io ti amo. Ti amo, ti amo, ti amo! Non riesco a starti lontana, capisci? Io ho un disperato bisogno di te. Non posso lasciarti. - disse in lacrime. Stavo per rispondergli quando mi arrivò un altro messaggio. Non volevo aprirlo, avevo paura. - chi è che ti invia continuamente messaggi? - chiese preoccupato Federico.
- Giulia. - dissi il primo nome che mi era venuto in mente.
Federico sospirò. - quante volte te lo devo dire che non sai mentire? - mi morsi il labbro inferiore. Stavo per rispondere, ma mi arrivò un altro messaggio. - leggili, no? -
Federico mi lasciò il braccio e aprii la casella messaggi. Il primo era scritto, il secondo bianco. Probabilmente lo aveva usato per richiamare la mia attenzione.
 
Te l’ho già detto, ho la pistola puntata contro di lui. Vedi di farlo andare via.
 
- cosa è successo? Sei diventata pallida. - chiese Federico preoccupato. Scossi la testa tremando.
- d-devo andare. - mormorai, prima di iniziare a correre verso casa.
- io ti amo! - urlò.
- anche io. - sussurrai tra le lacrime.
Ma lui non mi sentì, ero già troppo lontana.
Arrivata a casa, corsi in camera mia e presi una foto mia e di Federico. Quando ero triste la prendevo sempre, mi faceva sorridere. C'eravamo noi due nella mia cucina, lui mi stava abbracciando da dietro. Entrambi eravamo ricoperti di farina dalla testa ai piedi: stavamo cucinando un dolce e inevitabilmente eravamo finiti in quella situazione. La foto era stata scattata quando avevamo vent'anni da mia madre. Mi allungai sul letto a pancia in su, portando la foto al petto.
Poco dopo mi arrivò un messaggio. Preoccupata presi il telefono, ma il mittente non era il numero sconosciuto.
 
Ti amo. Ti amo. Ti amo. Ti prego, torna da me.
 
Ricacciai indietro le lacrime e la voglia di rispondergli che lo amavo e spensi il telefono per rimanere sola.
Rimasi tutto il giorno allungata sul letto, fino a quando non mi addormentai senza nemmeno aver mangiato. Ma alla fine l'appetito se ne era andato via totalmente.
‘Il passato, in parte, si sta ripetendo. Non credo riuscirò a sopportarlo di nuovo…’
 

FEDERICO

Ti amo. Ti amo. Ti amo. Ti prego, torna da me.
 
Le inviai quel messaggio, sperando in una risposta che però non arrivò.
Stavo male. Non mi ero mai sentito così, neanche la prima volta che avevamo litigato. Forse perché quella volta c'era una ragione, forse perché non aveva mai negato di amarmi.
In quel momento però non sapevo a che pensare.
Poi improvvisamente mi si accese una lampadina: quando l'avevo fermata in mezzo alla strada, le era arrivato un messaggio. La stessa cosa era successo quando le ero andata a parlare il giorno prima. La prima volta che era successo mi aveva cacciato. La seconda se ne era andata.
Coincidenze?
Direi di no. Cosa c'era scritto in quei messaggi? Dovevo assolutamente scoprirlo. Forse era per colpa di quelli che mi aveva lasciato.
In quel momento qualcuno suonò alla porta. Ero solo, così mi alzai svogliatamente e andai a vedere chi era. Sulla porta c'era una ragazza molto piccola di statura dai capelli biondi e gli occhi verdi. Le labbra erano molto sottili, il naso grazioso. Avrà avuto al massimo diciotto anni. Le sorrisi.
- desidera? - chiesi.
- oh, beh, mi sono trasferita qui quattro giorni fa e non ho ancora fatto la spesa, mi sono arrangiata con quello che avevo. Mi è finito il caffè, potrebbe prestarmelo? - chiese un po' in imbarazzo.
- certo. Venga dentro, glielo prendo subito. - dissi scansandomi per farla passare.
Lei entrò un po' titubante. Solo quando vidi le bottiglie di birra ancora in giro mi pentii di averla fatta entrare.
- ecco, si, c'è un po' di disordine. - dissi grattandomi la testa imbarazzato.
- nessun problema, casa mia è messa peggio. - mi rassicurò ridendo. Andai in cucina e presi al caffè da un mobiletto. Tornai in salone e glielo porsi.
- ecco qui. -
- grazie mille. Sa, oggi viene a trovarmi mia madre e non vorrei presentarmi senza caffè. Lei ne va matta. - mi disse. - glielo riporterò appena se ne andrà. -
- oh, non si preoccupi, tanto ne ho dell'altro. Lo tenga pure. - dissi.
- è molto gentile. Beh, la ringrazio. Arrivederci. - mi salutò avviandosi verso la porta. Gliela aprii e la guardai allontanarsi con in mano il pacco di caffè, anche se in realtà stavo pensando a Camilla.
A lei il caffè non piaceva, ogni volta che lo bevevo mi diceva che non voleva essere baciata. Ma alla fine trovavo sempre il modo per farlo. Amavo assaporare le sue morbide labbra, anche se spesso sapevano di ruggine poiché si mordeva il labbro inferiore a sangue. Sospirai e chiusi la porta, tornando in camera mia.
Prima che la nuova vicina di casa mi interrompesse stavo pensando ai messaggi che erano arrivati a Camilla. Non avevo idee riguardo il possibile contenuto, la mia mente non andava più.
Mi allungai sul letto, con l'intenzione di dormire ancora. Almeno così avevo qualche possibilità di soffrire di meno.

****

- Federico, svegliati! - aprii di scatto gli occhi e vidi davanti al letto Giacomo. - non puoi deprimerti qui dentro, devi uscire. - disse.
- sono uscito, ho anche incontrato Camilla. - risposi. Lui si irrigidì.
- è successo qualcosa? - domandò preoccupato. Scossi la testa.
- no... Però in effetti c'è una cosa strana. Le stavo parlando quando le è arrivato un messaggio. Dopo averlo letto aveva un'aria sconvolta e... - non mi diede il tempo di finire che si era catapultato fuori dalla mia stanza. Incuriosito dalla sua reazione, mi alzai in piedi e lo seguii. Stava in salone con la cornetta del telefono all'orecchio.
- rispondi...! - mormorò. Poi sbattè il telefono sul mobile. - dannazione, c'è la segreteria! -
- Giacomo che succede? Chi stavi chiamando? - domandai preoccupato.
- non posso dirtelo. - mormorò. Sbattei più volte le palpebre incredulo.
- cosa?! - esclamai. - riguarda Camilla, non è vero? -
- Federico, lascia stare. - disse, ma ormai ero accecato dall'ira.
- come faccio a lasciar stare?! - urlai. - sta succedendo qualcosa a Camilla e io non riesco a fare nulla! Aiutami, non metterti anche tu contro di me! - lo implorai esasperato. Ma Giacomo scosse la testa.
- mi dispiace, ma ho promesso che non avrei detto una parola. - disse allontanandosi e andando probabilmente in camera sua.
Mi lasciai cadere a peso morto sul divano disperato.
Andava tutto male, l'unica cosa positiva era che ora avevo la certezza che quei messaggi centravano qualcosa. 'Tornerò da te, Camilla. Te lo giuro.'






HEI :D
allora allora allora... cosa ne pensate?
Federico non è stupido e sta capendo piano piano che qualcosa non va :)
volevo avvertirvi che dal 23 luglio non ci sarò più, fino a fine agosto :'( forse ci sarò un giorno, ma non potrò aggiornare
be' ringrazio coloro che hanno inserito la storia tra le seguite/preferite/ricordate, i lettori silenziosi e i recensori
alla prossima!
un bacio
Giulia xxx

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Capitolo 13
*** If you love me... ***


12 If you love me...
 
Se mi ami ancora, ti prego, vieni oggi pomeriggio alle tre al solito bar. Ti amo.
 
Il giorno dopo le inviai questo messaggio, sperando che venisse.
Mi preparai e alle tre meno cinque andai al nostro solito bar. Spesso ci incontravamo lì io e Camilla per passare il tempo insieme. Era il nostro ritrovo.
Mi sedetti ad un tavolo e aspettai. Passarono dieci minuti, ma di Camilla nemmeno l'ombra. Stavo perdendo le speranze, quando vidi in lontananza sua madre. Si avvicinò piano piano a me sorridendo debolmente.
- salve. - la salutai quando fu abbastanza vicina.
- ciao. -
- Camilla? - domandai preoccupato.
- non è potuta venire. - rispose la donna posando le mani sul tavolo.
- non ha potuto, o non ha voluto? - chiesi alzando un sopracciglio.
La madre sospirò. - non ha voluto. - mormorò. - ma solo perché ti sta aspettando a casa. - nel sentire quelle parole mi si illuminarono gli occhi. La donna mi porse un paio di chiavi.
- grazie. - dissi prendendole e alzandomi in piedi. Iniziai così a correre verso casa di Camilla. Volevo raggiungerla il più velocemente possibile e stare solo con lei. Arrivato sotto casa sua aprii di la porta di casa. All'ingresso c'era Camilla con indosso solo un completo intimo di pizzo rosso. Mi gettai subito su di lei, posando le mie mani sui suoi fianchi e le labbra sulle sue. Quel bacio non aveva nulla di dolce, era un bacio possessivo, pieno di desiderio. Chiusi la porta dietro di me con un calcio e mi girai, facendo poggiare Camilla con la schiena al legno.
- ti amo. - mormorai. Lei mise le sue mani tra i miei capelli, tirandomeli leggermente.
- ti amo. - disse facendomi sorridere. Si allontanò un attimo da me, facendo combaciare le nostre fronti. - non ho mai smesso di farlo e mai lo farò. Spero solo di potermi far perdonare. - disse maliziosa. Non le diedi il tempo di aggiungere altro. Mi gettai nuovamente sulle sue labbra, assaporandone finalmente di nuovo il sapore. Le morsi più volte il labbro inferiore, facendola gemere. Poi la sollevai da terra, e lei allacciò le gambe ai miei fianchi.
- ti amo. - disse.
- dillo di nuovo. - la implorai.
- ti amo... Ti amo... Ti amo...Ti amo. - disse tra un bacio e l'altro ansimante. Iniziai a camminare  per andare in camera sua. Quando entrammo, la feci allungare sul letto, senza smetterla di baciare, e mi allungai sopra di lei. Non oppose resistenza, anzi, iniziò a spogliarmi frettolosamente, desiderosa almeno quanto me di diventare una cosa sola, di amarci.
- e se torna tuo padre? - mormorai poco dopo con voce roca allontanandomi un attimo. Ma lei mi prese per le spalle facendomi ritornare sulle sue labbra.
- mi devo far perdonare o sbaglio? - disse semplicemente, accarezzando poi il mio petto. Senza pensarci un secondo di più le tolsi il reggiseno, continuando baciarla. Lei iniziò a torturare il mio labbro inferiore, mordendolo e leccandolo. Mi allontanai da lei pochi istanti, sorridendole maliziosamente.
Iniziai a scendere con le labbra, fino ad arrivare ai suoi seni. La baciai più volte, e lei si inarcò verso di me, reclinando la testa all'indietro. Ritornai solo dopo molto sulle sue labbra, bramoso di quel contatto che tanto mi era mancato.
Poi però sentii una voce chiamarmi.
Mi allontanai svogliatamente dalle labbra di Camilla. Non era stata lei a parlare. Era stata una voce maschile.
- hai sentito? - chiesi. Ma lei scosse la testa.
- non ho sentito nulla. Ti prego, torna qui. - mormorò sporgendosi in avanti e baciandomi. Probabilmente quella voce me l'ero immaginata. Ricominciai a baciarla, accarezzandole i seni e sentendola gemere di piacere sotto il mio tocco. Lei iniziò dal mio petto a scendere con la mano.
Non avevo mai visto una Camilla del genere, ma mi piaceva emi eccitava pericolosamente.
Continuò fino a quando non arrivò ai miei boxer.
- Federico, svegliati! -
Aprii di scatto gli occhi. Mi ritrovai allungato sul divano di casa mia con davanti Giacomo che mi stava chiamando.
- finalmente! - sospirò. - non ne potevo più di chiamarti. Certo che hai un sonno pesantissimo! -
Mi passai una mano sul volto ripensando al sogno. Davvero mi ero immaginato tutto?
- mi hai interrotto sul più bello. - borbottai sbadigliando subito dopo.
- cosa? - domandò lui perplesso.
- stavo sognando Camilla. - ammisi. Non ci fu bisogno di aggiungere altro, aveva capito.
- ho un fratello pervertito! - esclamò ridendo. Gli lanciai un cuscino del divano che lo colpì in pieno viso.
- smettila. - dissi mettendomi seduto.
- stai tranquillo, risolverete. - mi rassicurò.
- certo, è facile per te parlare. Non sei tu ad essere stato lasciato. - mormorai alzandomi in piedi. - vado a farmi una doccia. - dissi incamminandomi verso il bagno. Si, una doccia rilassante era ciò che mi ci voleva.
Appena però mi infilai sotto il getto, mi tornò alla mente quando avevamo fatto la doccia insieme. Mi appoggiai dove quella volta avevo fatto mettere Camilla sentendo l'acqua bagnarmi i capelli e respirai a fondo. Volevo solo stringerla forte a me, inspirare il profumo della sua morbida pelle e non lasciarla andare mai più.
Senza che me ne accorgessi, una lacrima iniziò a rigarmi il volto, ma non mi curai minimamente di asciugarla. Tanto, a cosa serviva? Alzai il viso per farmelo bagnare completamente dall'acqua della doccia chiudendo gli occhi, mentre numerosi ricordi riaffioravano alla mente. Ripensai alle nostre passeggiate lungo la spiaggia, i picnic in riva al fiume, le risate continue, le nostre mani intrecciate che sembravano essere fatte per essere unite. E poi ripensai a quando avevamo fatto l'amore la prima volta. Sbattei la testa più volte contro il muro, ignorando il dolore che lentamente aumentava.
Cosa avevo sbagliato?
Cosa avevo trascurato?
Perché se ne era andata?
Davvero non mi amava?
Tutte domande a cui non sapevo assolutamente rispondere.
- Federico, sei lì dentro da più di un'ora, è successo qualcosa? -
La voce di mio fratello mi riscosse dai miei pensieri, facendomi sobbalzare.
- no, è tutto a posto. - dissi chiudendo l'acqua. - non mi ero reso conto del tempo che passava. -
Uscito dalla doccia mi infilai l'accappatoio e, dopo essermi asciugato e cambiato, andai in camera mia. Mi allungai sul letto prendendo in mano il telefono. 'E se le inviassi davvero quel messaggio?' mi chiesi. Forse sarebbe venuta e avremmo potuto parlare. Ma se non si fosse presentata il mio cuore non avrebbe retto. Lasciai stare, e dopo aver posato il telefono sul comodino, mi alzai in piedi. Andai da Giacomo, in sala da pranzo.
- tutto bene? - mi chiese preoccupato. Mi limitai a scrollare le spalle e a sedermi vicino a lui.
- perché non mi puoi dire quello che è successo a Camilla? - chiesi dopo un po’ puntando i gomiti sulle ginocchia e appoggiando il viso sulle mani.
Giacomo sospirò. - se te lo dicessi, scateneresti la terza guerra mondiale. -
Mi irrigidii. - è più grave di quando pensassi... - mormorai. - ti prego, Giacomo, dimmelo! Sono davvero preoccupato. -
Rimase qualche istante in silenzio, pensando a cosa fare. - prometti di non fare stupidaggini e di rimanere qui a casa? - disse. Scossi la testa.
- non rimarrò qui a casa, puoi scordartelo. - ribattei.
- non fare stupidaggini. - ripeté.
- va bene. - dissi controvoglia.
- Camilla è stata... -
Si ammutolì immediatamente, come se si fosse pentito di aver parlato.
Iniziai torturarmi le mani. - è stata cosa? - lo incalzai nervoso.
- è stata minacciata. - disse velocemente. Spalancai la bocca, ma non ne uscì nemmeno un suono. Ero troppo sconvolto. Giacomo continuò a parlare. - lei non voleva che te lo dicessi perché hanno minacciato di ucciderti nel caso lei si fosse avvicinata a te. -
'Ecco spiegati gli sms.'
Non riuscivo a dire una parola, non volevo crederci. Perché sempre a lei doveva capitare qualcosa di spiacevole? Perché non poteva vivere in santa pace?
Mi alzai in piedi e mi diressi verso la porta di casa dopo aver preso le chiavi della macchina.
- dove stai andando? - domandò preoccupato mio fratello. Non risposi, tanto sicuramente lo aveva intuito.









HEI!! :D
ahah dovevo metterla una scena del genere :P
sono crudele, lo so!
però ora Federico andrà da Camilla :)
cosa pensate succederà?
beh, ringrazio coloro che seguono la storia, la leggono e basta o recensiscono :)
grazie grazie grazie 
grazie grazie grazie grazie grazie grazie grazie grazie grazie grazie grazie gra... okay, basta ;)
alla prossima!
un bacio
Giulia xxx

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Capitolo 14
*** Make love to me ***


13 Make love to me
 
Presa la macchina mi diressi il più velocemente possibile verso casa di Camilla. Era tutto più chiaro ora. Lei aveva solo paura di quella persona, non era vero che non mi amava. Lei voleva proteggermi e basta. Sapeva che se avessi saputo la verità non me ne sarei mai andato, e che avrei rischiato tutto pur di stare con lei.
Arrivai a casa sua molto velocemente, e quando citofonai, fu proprio lei ad aprirmi. In quel momento la trovai più bella che mai. Indossava una maglietta bianca con una spalla scoperta e un paio di pantaloncini neri che le arrivavano sopra metà coscia.
Mi guardò meravigliata. - Federico, cosa ci...? - provò a chiedermi, ma non le diedi il tempo di finire. Mi gettai immediatamente sulle sue labbra posando le mie mani sul suo collo, sperando quella volta di non svegliarmi, e chiusi la porta dietro di me con un calcio. Lei rimase immobile, lasciandosi baciare ma senza ricambiare, allora mi allontanai un attimo e la guardai negli occhi, accarezzandole delicatamente la guancia con il pollice.
- perdona Giacomo, ma so tutto. - dissi.
Camilla posò la sua mano sulla mia. - allora è proprio per questo che te ne devi andare. - mormorò.
Scossi la testa. - io non me ne andrò, mai. Ti prego, dimmi che mi ami. -
Lei sorrise. - ti amo. Ti amo tantissimo e non ho mai smesso di farlo. - sorrisi anche io nel sentire quelle parole. - ti prego, però, ora vai via. -
- te l'ho già detto, non me ne andrò mai. - dichiarai. La baciai di nuovo, e questa volta lei posò le sue sul mio petto, schiudendo le labbra.
- mi sei mancata. Dio se mi sei mancata! - mormorai rimanendo sulle sue labbra. Lei le distese immediatamente in un sorriso, e in quel momento mi sentii l'uomo più fortunato del mondo.
Poco dopo però le arrivò un messaggio. Si irrigidì immediatamente, allontanandosi da me.
- non hai la minima idea di chi può essere? - le chiesi preoccupato.
Lei scosse la testa. - è meglio se rimaniamo qui, sai? Almeno non ci può vedere. - mormorò. Vedevo che non aveva intenzione di leggere il messaggio, così le presi il telefono dalla tasca e lo guardai.
 
Ho visto che Federico è venuto a casa tua. Sono sicura che adesso tu non stia leggendo questo messaggio, ma lo che lo stia facendo Federico. Quindi, ciao Federico. Beh, hai fatto male ad andare da Camilla, molto male. Ho una pistola e non ho affatto paura di usarla, soprattutto contro di te. Ma poi la userò anche contro Camilla, ovviamente. Con affetto.
 
Spalancai la bocca, senza parole. Andai a leggere gli altri messaggi, rimanendo pietrificato.
- Camilla, devi dirlo alla polizia. - conclusi quando ebbi finito.
- ma poi lei o lui potrebbe farti del male! - protestò. Chiusi gli occhi sospirando e mi sedetti a terra, appoggiandomi al muro. Camilla si mise vicino a me e mi prese la mano.
- non importa. - mormorai. - se non lo farai tu, lo farò io. Ho un amico poliziotto. Potrei chiedergli di venire qui in incognito, così vede i messaggi e pensa a cosa si può fare. - proposi. Era un po' titubante, lo vedevo.
- va bene. - acconsentì alla fine. - ma ora non ci voglio pensare. -
Sorrisi maliziosamente. - io avrei un'idea per non pensarci. - mormorai avvicinando il mio volto al suo.
- pervertito. - mormorò ridendo, rimanendo però ferma. Continuai ad avvicinarmi lentamente, finché non la baciai. Assaporai nuovamente le sue labbra e la presi per i fianchi, attirandola a me. Lei si sedette sopra le mie gambe, continuando a baciarmi. Portò le sue mani sul mio volto mentre io posavo le mie sulle sue gambe nude, accarezzandole lentamente. Poco dopo si allontanò per far combaciare le nostre fronti.
Mi accarezzò il volto. - ti amo. -
- ti amo anche io. -
Continuammo a baciarci a lungo, come due adolescenti. Non volevo più allontanarmi da lei. Avevo paura che, se lo avessi fatto, lei se ne sarebbe andata di nuovo, e non potevo permetterlo.
- cosa possiamo fare? - mi domandò dopo un po'.
Inarcai un sopracciglio. - perché, quello che stiamo facendo ora non ti piace? - chiesi. Lei scoppiò a ridere. Quanto mi era mancata la sua risata...
- si che mi piace. E anche molto. Il punto è che se torna mio padre ti fa fuori. - rispose.
Alzai le spalle. - pazienza. - dissi per poi baciarla di nuovo.
'Se anche questo è un sogno, non svegliatemi.'
 

CAMILLA

Ancora non ci credevo. All'inizio ero arrabbiata con Giacomo perché gli aveva detto tutto, ma poi, quando Federico mi aveva baciato di nuovo, capii di aver sbagliato a non dirgli nulla. Avrebbe dovuto decidere lui se andarsene o no, non io per lui.
- fai l'amore con me. - mormorò con voce roca allontanandosi dalle mie labbra.
Arrossii immediatamente, in imbarazzo. - io non... cioè, qui è... n-non penso tu voglia farlo nel bel mezzo del corridoio. - dissi titubante. - in camera non ci andrei, c'è quel matto che mi spia e il divano è così... così scomodo e… -
- cos'è, un modo dolce per declinare la mia proposta? - chiese ridendo.
Scossi immediatamente la testa. - no, no! - dissi velocemente. - non intendevo quello. È solo che qui è... - mi posò un dito sulle labbra.
- hei, tranquilla, capisco cosa intendevi. - mi rassicurò sorridendo, per poi baciarmi di nuovo. Mi sporsi leggermente in avanti, ma me ne pentii quasi subito, sentendo un rigonfiamento sotto di me. Provai a trattenermi, ma non ci riuscii e scoppiai a ridere.
- io non riderei se fossi in te. Non hai idea di quello che mi stai facendo. - mormorò mordicchiandomi il lobo dell'orecchio, provocandomi dei brividi. Iniziò a scendere lentamente con le labbra lungo il mio collo, lasciando una scia umida di baci.
- p-perché, cosa ti sto facendo? -
- se vuoi te lo faccio vedere. - disse malizioso.
Gli diedi un leggero pugno sulla spalla. - sei un vero e proprio pervertito. - dichiarai ridendo.
- lo dice anche Giacomo. - borbottò.
Corrugai la fronte. - perché? - chiesi curiosa. Lui scosse la testa.
- nulla di importante, tranquilla. - rispose.
Scesi dalle sue gambe e mi sedetti vicino a lui, prendendogli di nuovo la mano.
- che c'è, non stavi comoda? - chiese ridendo.
- no, non volevo pesarti troppo. - risposi.
- ma io stavo comodo. Molto comodo. - disse stringendomi la mano.
Scossi la testa.
- sei un caso perso. - dichiarai.
Rimanemmo per un po' in silenzio, godendoci l’uno la presenza dell'altro. Poi Federico decise di chiamare quel suo amico poliziotto, mettendo il vivavoce.
Quando rispose, gli spiegammo la situazione, leggendogli i messaggi. Alla fine Andrea, si chiamava così il poliziotto, decise che sarebbe venuto da me il giorno dopo.
- considerando l'ultimo messaggio, consiglio vivamente a Federico di rimanere da Camilla per tutto il giorno, anche questa notte. Non vi avvicinate alle finestre e se vi arrivano altri messaggi, chiamatemi. Vedrò di liberarmi e verrò oggi stesso. - ci disse infine.
- okay, grazie mille. - rispose Federico.
- a domani. - e così dicendo riattaccò. Federico rimise il telefono in tasca e mi guardò.
- è un problema se rimango qui? - domandò. Gli accarezzai una guancia.
- certo che no. - mormorai, posando delicatamente le mie labbra sulle sue.
Mi alzai subito dopo in piedi per andare in cucina a prendere qualcosa da mangiare, non avevo ancora fatto colazione, ma Federico mi prese per una gamba, facendomi cadere in braccio a lui.
- ma che fai? - esclamai ridendo.
- resta con me. - mormorò al mio orecchio stringendomi a se.
- non me ne sto andando via. - lo rassicurai, ma lui continuò tenermi stretta.
- non voglio più perderti. - disse accarezzandomi le braccia che avevo unito in grembo.
Solo in quel momento realizzai tutto il male che gli avevo fatto.
- perdonami. - mormorai. - io non volevo farti così male. Volevo solo proteggerti, ma non avevo pensato a ciò che tu avresti provato. Dovresti odiarmi ora, sono stata così stupida e… -
- no, non sei stata stupida. - mi interruppe. - non lo dire mai. Perché tu sei una ragazza fantastica. Non potrei mai odiarti, lo capisci? Ti amo più della mia stessa vita. - gli accarezzai una guancia.
- mi perdoni? - chiesi.
- non c’è nulla da perdonare, e comunque non potrei non farlo. Ricordati, ci dobbiamo sposare. -
Sorrisi. - quindi la proposta è ancora valida? -
- certo. A meno che tu non abbia cambiato idea. -
- mai. -
Rimanemmo un po' abbracciati, poi gli chiesi se avesse fame. Mi rispose di si, così ci alzammo ed entrammo in cucina per prendere qualcosa da mangiare. Rovistammo nei vari sportelli stando lontani dalla finestra e alla fine prendemmo dei biscotti al cioccolato. Andammo in camera da pranzo e ci sedemmo sul divano. Mi accoccolai al suo petto, pescando ogni tanto un biscotto dalla busta che teneva in mano.
- sono buoni. - disse dopo un po'.
Annuii. - si, sono i miei preferiti. - replicai mentre finivo di masticarne uno.
- lo so. - rispose lui toccando con l'indice la punta del mio naso. Sorrisi mordendo un altro biscotto.
- oggi ingrasserò, ne sono sicura. - borbottai, senza però smettere di mangiare.
- sarebbe un bene! - esclamò Federico. - ti ricordo che sei ancora sottopeso. -
Sbuffai. - hai ragione. Ma non mi piace ingrassare. -
- sei troppo magra, okay? Devi ingrassare. - disse lui dandomi un bacio sulla testa.
- certo che tu hai qualche problema. - dissi guardandolo.
Corrugò la fronte. - e perché? -
- semplice, stai con una ragazza come me. Stai con una ragazza sottopeso che viene minacciata. Una ragazza che è stata picchiata e violentata ripetutamente. - mormorai.
- io la vedo diversamente. Io penso che sto per sposare la ragazza che illumina il mio mondo con un sorriso. Sto per sposare la ragazza che mi ama e che amo. Sto per sposare la ragazza che quasi nove anni fa mi ha fatto battere il cuore come nessun'altra e che poi è diventata la mia ragazza. Sto per sposare la ragazza che quando vedo riesce a farmi sentire ancora le farfalle nello stomaco, la ragazza che quando mi abbraccia fa tremare le mie ossa, la ragazza che con la sua voce mi fa sognare, la ragazze che con la sua risata mi fa sentire la persona più fortunata del mondo. Sto per sposare la ragazza dolce, affettuosa, a volte un po' lunatica che mi ha reso l'uomo che sono adesso. - disse. - ciò che hai detto tu è vero, ma non cambia i sentimenti che provo per te. - aggiunse poi, accarezzandomi il volto.
- come può uno non amarti? - chiesi sorridendo.
- non puoi, sono adorabile. - rispose. Scoppiai a ridere e lo baciai.
- sei molto adorabile. - lo corressi, premendo poi nuovamente le mie labbra contro le sue.
- sai, - disse poco dopo, - il divano non è poi così scomodo. - e così dicendo posò, senza allontanarsi da me, la busta di biscotti sul tavolo di fronte al divano. Lentamente mi ritrovai allungata sotto il suo corpo, con le mani intrecciate dietro il suo collo.
- fai l'amore con me. - ripetè sulle mie labbra, e in quel momento mi resi conto di aver un disperato bisogno di lui.





HEI!!
allora, io questo capitolo volevo metterlo più avanti, volevo lasciarli separati più a lungo, ma per tre motivi l'ho messo qui.
1) partirò presto per le vacanze e non volevo lasciarvi più di un mese con loro due separati.
2) mi avreste ucciso.
3) loro due non sono fatti per stare lontani!
Allora, che ne pensate? sarei felice di leggere le vostre opinioni, positive e negative che siano :3
ringrazio coloro che seguono la storia, i lettori silenziosi e coloro che recensiscono
alla prossima! 
un bacio
Giulia xxx
PS questo è il mio profilo di fb creato per efp https://www.facebook.com/hope.efp.9 e questo è ask, se vi interessa http://ask.fm/Hope1946

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Capitolo 15
*** Forever ***


14 Forever
 
Mi svegliai da sola sul divano, avvolta da una coperta. Dovetti sbattere più volte gli occhi per riuscire ad abituarmi alla luce che c’era nella stanza. Era stato solo un sogno? Davvero avevo sognato di tornare con Federico? Eppure mi sembrava tutto così reale. Poi però mi resi conto di essere nuda e, vedendo i nostri vestiti per terra, sorrisi. Ora però lui dov’era?
- ti sei svegliata finalmente. -
Sobbalzai dallo spavento: credevo di essere sola. Guardai mia madre. Era arrabbiata, molto arrabbiata.
- che è successo? - domandai.
- cosa è successo mi chiedi? Ti ho trovata qui mezza nuda, anzi, completamente nuda con solo una coperta addosso abbracciata a Federico, anche lui nudo! - esclamò. - tu dormivi, ma lui era sveglio, così l'ho buttato dentro al bagno per farsi una doccia. Sai cosa sarebbe successo se tuo padre fosse tornato prima? A me va anche bene, più o meno, che voi facciate le vostre cose, avete ventiquattro anni ormai e siete due ragazzi responsabili. Ma almeno abbiate l'intelligenza di chiudervi in camera. A tuo padre sarebbe preso un infarto. - mi rimproverò. Abbassai lo sguardo imbarazzata.
- hai ragione. - mormorai mettendomi a sedere e sistemandomi la coperta per coprirmi meglio.
Mia madre sospirò scuotendo la testa. - ora io devo andare da tua nonna, glielo avevo promesso e sono già in ritardo. Voi due vedete di non fare qualcosa di stupido. Torno verso le quattro. - disse avvicinandosi. Annuii. Lei mi diede un bacio sulla testa e, dopo aver preso le chiavi e la borsa, uscì di casa. Rimasi qualche istante immobile sul divano, poi sentii il rumore dell'acqua della doccia. Così mi allacciai meglio la coperta e mi alzai in piedi, andando verso il bagno. La porta non era chiusa a chiave, allora l'aprii ed entrai dentro. Vidi la tenda della doccia tirata, e Federico sembrava non avermi sentito, così mi tolsi la coperta ed entrai nella doccia. Gli circondai la vita con le braccia. Lui all'inizio sobbalzò per lo spavento, poi però si rilassò e si girò verso di me sorridente.
- ben svegliata. - mormorò con voce roca. - tua madre mi ha quasi ucciso. -
- lo so, mi dispiace. Ma tu lasciala stare. - dissi. Mi avvicinai ancora di più a lui fino ad entrare sotto il getto d'acqua. Lui abbassò il suo volto e mi baciò.
- ti amo. - disse stringendomi a se.
- anche io. -
Quando ci allontanammo, Federico prese del sapone e lo mise su una spugna, per poi passarmela.
- vuoi? - domandò come se si trattasse di un bicchiere d'acqua. La presi sorridente e feci un po' di schiuma, che poi gli posai in testa. Scoppiai a ridere, era veramente buffo: sembrava indossasse un cappello. Ne presi un altro po' e la spalmai sulle sue guance e sul mento, come fosse barba.
- ti stai divertendo? - chiese lui prendendomi per i fianchi.
- molto. - risposi. Lui si sgrullò di dosso il sapone e si tuffò sulle mie labbra. Infilai le mani tra i suoi capelli bagnati, mentre lui mi poggiava contro il muro, premendo leggermente il suo corpo contro il mio. Sentivo cosa voleva, e lo volevo anche io, ma non potevo.
- vorrei fare di nuovo l'amore con te, solo che ho detto a mi madre che non avrei fatto nulla di stupido. - mormorai.
Federico si allontanò da me. - per te fare l'amore è qualcosa di stupido? - domandò perplesso.
Scossi immediatamente la testa. - no! Non intendevo quello. Mia madre mi ha detto di non fare nulla di stupido, e lei intendeva: non farete nulla di osceno fino a quando starete sotto questo tetto. - dissi cercando di imitare la sua voce. Scoppiammo entrambi a ridere.
- e questo non rientra nelle cose "oscene"? - domandò.
- macché, è solo una doccia. - esclamai.
- in due. - puntualizzò lui.
Scrollai le spalle. - sono dettagli. -
Federico mi prese il volto tra le mani e mi riempì di baci. Sulle guance, sulla fronte, sulle palpebre, sulle labbra, ovunque. Poi iniziò a scendere, baciandomi il collo.
- sei tutto ciò di cui ho bisogno. Se ho te, ho il mondo intero. - mormorò sulla mia pelle mentre io incrociavo le mie mani dietro al suo collo. - ti amo tanto. -
- ti amo anche io. -

****

Un'ora e molti baci dopo uscimmo dalla doccia. Gli prestai un asciugamano, mentre io misi il mio accappatoio. Poi uscii dal bagno e recuperai i nostri vestiti. Ritornai da Federico, glieli passai e ci cambiammo. Mi misi un asciugamano anche intorno ai capelli e, dopo aver asciugato alcuni schizzi d'acqua per terra, uscimmo.
- dobbiamo rimanere qui dentro, non possiamo uscire. Che facciamo? - domandai.
- dato che è l'una e mezza, potremmo preparare il pranzo. - propose.
Annuii. - perfetto. -
Andammo in cucina e iniziammo a cercare qualcosa da mangiare.
- i tuoi tornano a pranzo? - mi chiese.
- no, mio padre lavora e mia madre torna verso le quattro. -
Dopo aver cercato ovunque qualcosa da mangiare, decidemmo di ordinare la pizza. Chiamai la pizzeria più vicino a casa e ordinai due pizze margherite. Tornammo in camera da pranzo e ci sedemmo sulle sedie intorno al tavolo.
- che facciamo? - domandai nuovamente.
- io un'idea ce l'avrei, ma non va bene, perciò tocca a te trovare qualcosa da fare. -
- ma te pensi solo a fare sesso? - domandai divertita.
- mia cara, dobbiamo recuperare otto anni. - rispose semplicemente.
Alzai un sopracciglio. - lo avresti fatto anche a sedici anni? -
- con te? Si. Sentivo che eri quella giusta. -
Gli sorrisi e mi alzai in piedi. Mi misi di fronte a lui e, dopo aver preso il suo volto tra le mani, lo baciai. Lui posò le sue mani fredde sulle mie gambe nude, provocandomi dei brividi.
- quanto siamo stati separati? - chiesi allontanandomi un po'.
Federico fece spallucce. - non so, a me sono sembrati secoli. -
- e invece sono stati solo... - presi il telefono che si trovava sul tavolo e guardai a quando risaliva la prima minaccia che mi era arrivata. - ...tre giorni. -
- così tanto? - domandò prendendomi per la vita e facendomi sedere in braccio a lui. Posai la schiena sul suo petto per poterlo guardare meglio.
- si. Così tanto. -
- sono stati i tre giorni più brutti della mia vita. - mormorò.
- e quando sono entrata in coma? - chiesi.
- quei giorni sono stati orribili, ma almeno sapevo che mi amavi. - rispose posando il volto sulla mia spalla.
- scusa. - sussurrai.
- di nulla. -
Rimanemmo un po' di tempo così, poi suonarono alla porta. Mi alzai in piedi e, seguita da Federico, aprii la porta. Sulla porta c’era una ragazza bionda con la divisa della pizzeria. Guardò me sorridente, poi, quando spostò lo sguardo su Federico sbarrò gli occhi.
- ciao. - salutò guardando sempre Federico.
- ciao. - rispose lui.
Non ci stavo capendo nulla. - vi conoscete? - domandai perplessa.
- oh, si, è la mia nuova vicina di casa. - spiegò Federico. - si chiama... -
- Camilla. - concluse la ragazza.
- anche io mi chiamo Camilla. - dissi sorridendo.
- io sono Federico. - si presentò il mio ragazzo.
- non vi eravate presentati? - chiesi nuovamente perplessa.
- no, andavo di fretta. Ero andata a casa sua per chiedergli se aveva del caffè. - rispose la ragazza. - comunque, queste sono le pizze. - disse porgendomele.
Stavo per tirare fuori i soldi, ma Federico mi precedette. Come al solito.
- ecco qua. - disse dandole i soldi e prendendo le pizze.
- perfetto. Ci vediamo! - esclamò lei allontanandosi.
Chiusi la porta e andai in cucina.
- volevo pagare io. - borbottai.
- in una famiglia i soldi sono in comune. Quindi è come se avessi pagato anche tu. - rispose dandomi un bacio sulla guancia.
- ma non siamo ancora sposati. - protestai.
- è uguale. -
Iniziammo a mangiare in silenzio.
- non sei gelosa? - mi chiese improvvisamente. Ingoiai il pezzo di pizza che avevo in bocca.
- dovrei essere gelosa di quella là? - dissi per poi scoppiare a ridere. - non vi eravate nemmeno presentati. - gli feci notare.
- solo io sono geloso di tutti i ragazzi che ti girano intorno? - borbottò.
Annuii. - e fai male. Secondo te, io andrei con il primo che passa? - chiesi.
- no. -
- e io sono sicura che tu non andresti mai con la prima ragazza che incontri per strada. - constatai. - per questo non sono gelosa. Certo, se ti avesse accarezzato il petto, le braccia, i muscoli o il viso, l'avrei scaraventata a terra, dicendole che tu sei solo mio e che non ti condivido con nessuno. - affermai sorridendo. - ma, fortunatamente non è successo. - dissi scrollando le spalle.
- sono solo tuo, quindi? - chiese con in mano uno spicchio di pizza. Annuii. - e allora tu sei solo mia. -
- per sempre. - dissi guardandolo fisso negli occhi.
- per sempre. -




HEI!
okay, non chiedetemi con che coraggio pubblico questo capitolo....
ero indecisa se pubblicarlo ora o domani, e alla fine ho optato per ora.
siete felici che la vicina di casa si chiami Camilla? :D è un nome molto diffuso, a quanto pare lol
fatemi sapere cosa ne pensate!!
beh, ringrazio coloro che hanno inserito la storia tra seguite/preferite/ricordate, coloro che leggono silenziosamente e coloro che recensiscono.
ci sentiremo con il prossimo capitolo solo a settembre
mi mancherete tutti!
per favore, non mi abbandonate.
un bacio
Giulia xxx

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Capitolo 16
*** 15 Past always comes back to knock at the door ***


15 Past always comes back to knock at the door
 
Io e Federico passammo tutto il pomeriggio a giocare a carte, come spesso capitava quando eravamo più giovani. Era divertente, e il tempo passò molto velocemente.
La sera Federico venne a dormire in camera mia, allungandosi al mio fianco solo dopo aver promesso più volte a mio padre che non avremmo fatto nulla.
Passammo la notte a parlare di tutto ciò che ci passava per la mente, incuranti del tempo che passava. Entrambi sentivamo il bisogno di stare con l'altro, poco importava cosa facevamo o dicevamo.
Eravamo stati lontani solo pochi giorni, eppure ci sembrava fosse passata un’eternità.
La mattina ci alzammo verso le sette e, dopo aver fatto colazione, i miei genitori uscirono. Così noi decidemmo di guardare un po' di televisione in attesa di Andrea.
 

FEDERICO

Camilla si appoggiò alla mia spalla mentre io con il telecomando cambiavo canale alla ricerca di qualcosa da guardare. Quando tornai a posare lo sguardo su di lei mi resi conto che si era addormentata. Sorrisi, pensando che non esistesse nulla più bello di lei. Mi sentii davvero fortunato ad averla al mio fianco, e pensare al matrimonio mi fece venire la pelle d'oca.
- ti amo. - mormorai chinandomi sul suo orecchio. La strinsi a me leggermente più forte chiudendo gli occhi e inspirai a fondo il suo buon profumo. Lei si mosse appena nel sonno, posando meglio la testa sulla mia spalla. Quando aprii gli occhi notai che sul suo volto angelico era spuntato un sorriso appena accennato che fece aumentare vertiginosamente i battiti del mio cuore. In quel momento Camilla sembrava tanto una piccola bambina indifesa da dover proteggere, ed io l'avrei protetta da tutto e da tutti. L'amavo così tanto che non avrei retto nel vederla nuovamente sofferente.
Improvvisamente mi sentii trasportare nel passato, a otto anni prima.
Rividi il suo primo giorno di scuola, quando le avevo allungato la mano per presentarmi.
Rividi i suoi occhi grigi pieni di terrore e di dolore che chiedevano aiuto. Voleva essere salvata dal mondo in cui viveva. Voleva allontanarsi dal suo passato burrascoso che odiava, e solo in seguito lo avevo capito.
Rividi i giorni e i mesi successivi. Rividi i suoi passi avanti lontano dal suo passato e i miei passi avanti verso di lei. Ogni giorno me ne innamoravo sempre più, e pensare a lei in abito da sposa non fece altro che far allargare il mio sorriso.
Lei diceva sempre che la fortuna l'aveva baciata, ma io ero sempre più convinto che quello più fortunato fossi stato io. Dopotutto, io non ero nulla di speciale, ma lei si se lo era. Era straordinaria e l'amavo con tutto me stesso.
Nessuno sapeva ciò che mi faceva provare anche solo guardandomi. Nessuno capiva la mia gioia immensa quando mi sorrideva. Quando mi dicevano di aver sbagliato a scegliere lei, rispondevo sempre dicendo che lei era tutta la mia vita, e che averla al mio fianco era per me la cosa più bella e importante al mondo. Come potevano poi dire a me di aver sbagliato, quando loro cambiavano ragazza ogni notte? Lei era tutto ciò di cui avevo bisogno, e alla fine poco importava il giudizio degli altri.
Le diedi un bacio tra i capelli, e lei, lentamente, aprì gli occhi, sempre con quel mezzo sorriso che amavo.
- Hei, ti ho svegliato? - domandai preoccupato.
Lei scosse la testa avvicinandosi meglio a me. - Scusa. - mormorò con la voce impastata dal sonno.
Corrugai la fronte. - Per cosa?
- Per essermi addormentata. - rispose sbadigliando.
Le accarezzai il volto. - Tranquilla, non c'è nessun problema. Anzi, hai fatto proprio bene. - la rassicurai sorridendo. Poi mi avvicinai al suo volto e le sfiorai appena le labbra con le mie. Lei sorrise chiudendo gli occhi e stiracchiandosi leggermente, per poi allacciare le sue braccia dietro il mio collo e darmi un bacio sulla guancia.
- Sai cosa ho sognato? - disse sorridendo.
Scossi la testa.  - Cosa? - domandai curioso. Lei avvicinò il suo volto al mio, portandolo a pochi centimetri di distanza.
- Il nostro matrimonio. - rispose, facendomi sorridere immediatamente.
- Era bello? - chiesi avvicinando il mio volto a mia volta.
Lei annuì. - Oh, se era bello. C'era solo un piccolo problema, ma nulla di che. - disse, e notai un velo di tristezza nei suoi occhi che contrastava fortemente con il suo largo sorriso.
- Cosa?
- Nulla, nulla. - minimizzò scuotendo la testa, ma vedevo benissimo che non era nulla. I suoi occhi non mentivano, erano pieni d'agitazione che non riusciva a mascherare.
- Dai, dimmelo, che ti costa? - la incitai scuotendola leggermente.
Il suo volto si rabbuiò, facendomi provare una morsa allo stomaco. Aspettò qualche istante prima di rispondere. - C'erano Matteo e suo padre che rovinavano tutto. - mormorò abbassando lo sguardo. La stretta allo stomaco si fece ancora più forte nel vedere una piccola lacrima cadere sui suoi pantaloni. Posai l'indice e il medio sotto il suo mento e le feci alzare il volto.
- Non succederà mai, okay? È impossibile, sono morti. Devi stare tranquilla, nulla andrà storto. - la rassicurai asciugandole le lacrime.
- Non lo puoi sapere. E se fosse una specie di sogno premonitore? Io non ci credo, però che ne sai, potrebbe essere un avvertimento. Magari il mio cervello ha usato i loro volti perché mi hanno rovinato la vita, ma in realtà qualcun'altro rovinerà tutto. - disse in preda all'ansia. - Io... io non ce la faccio.
Corrugai la fronte. - A fare cosa? - chiesi.
- Ad essere tranquilla come te. Sono terrorizzata come non mai. - ammise.
- Non succederà nulla, va bene? Nulla. Ci sposeremo tranquillamente, senza nessuno che ci dia fastidio. - le dissi per poi baciarla delicatamente.
Lei annuì, anche se non era del tutto convinta.
- Se proprio non te la senti, scappiamo e ci sposiamo di nascosto. - dissi facendola ridere.
- Si potrebbe anche fare. È molto romantico. - affermò lei.
- Scappiamo appena se ne va Andrea? - chiesi scherzando.
- Vado subito a preparare le valigie. - rispose lei allo stesso modo.
Mi sentii meglio vedendola sorridere. Odiavo vederla triste, mi faceva stare male.
La strinsi leggermente più forte, amandola, se possibile, ancora di più.
Poco dopo suonarono alla porta di casa, così ci alzammo in piedi e andammo ad aprire. Sulla soglia, come mi aspettavo, c'era Andrea. Portava come suo solito un paio d'occhiali da sole che nascondevano i suoi occhi neri come la pece. Non indossava la divisa da poliziotto, ma un semplice paio di jeans e una maglietta rossa attillata, che faceva risaltare i suoi muscoli possenti.
Si sfilò gli occhiali sorridente, mettendoli in mezzo ai capelli biondi leggermente spettinati, e dopo esserci salutati e aver fatto le presentazioni, entrammo dentro casa, andando in salone. Ci sedemmo sul divano e gli spiegammo nuovamente la situazione, facendogli leggere di nuovo tutti i messaggi.
- Non avete proprio idea di chi possa essere questa ragazza? - domandò alla fine.
Corrugai la fronte. - Come fai ad essere sicuro che sia una ragazza? - chiesi perplesso.
Andrea scrollò le spalle. - Non penso che un ragazzo vada a scrivere in un messaggio minatorio "mia cara".
- Hai ragione. - concordò Camilla. - io in effetti un'idea ce l'avrei.
- Chi? - chiedemmo in coro io e Andrea.
- Sara. L'ho incontrata l'altro giorno in spiaggia e le ho detto che ci eravamo lasciati. Non sembrava affatto sorpresa. - rispose.
- Non credo che solo per questo si possa definire una sospettata, ma la potremmo comunque tenere d'occhio. - disse Andrea.
Mi guardai le mani, imbarazzato. - No, lei non può essere. - mormorai. Entrambi mi fissarono perplessi.
- Perché? - chiese Camilla.
- Le ho chiesto io di andarti a parlare, sperando di ottenere qualcosa. - spiegai.
Lei sorrise leggermente prendendomi la mano e posando la testa sulla mia spalla. Strinsi la presa, ritornando poi a posare lo sguardo sul mio amico poliziotto.
- Allora lei è da escludere completamente. - concluse. - Altre idee?
Ci pensai un po' su, ma non mi venne in mente nessuno che potesse odiare Camilla fino a quel punto.
Chi poteva essere?
Francesca? No, impossibile. Era una ragazza così dolce e affettuosa, non avrebbe fatto del male nemmeno ad una mosca.
Giulia? Da escludere immediatamente. Era la sua migliore amica da otto anni, e Camilla non le aveva rovinato la vita, anzi, gliel'aveva salvata.
Sara? Era vendicativa, si, ma non fino a questo punto.
Chi altro c'era? La nuova vicina di casa? Come poteva lei averle inviato quei messaggi? Non si conoscevano nemmeno, non poteva essere lei.
Improvvisamente Camilla sbarrò gli occhi, facendomi spaventare.
- O mio Dio. - mormorò sconvolta.
Nemmeno un paio di secondi dopo svenne.
Le strinsi più forte la mano per evitare di farla cadere e con l'altra la presi per la vita. Andrea scattò in piedi e mi aiutò a tenerla. Mi alzai anch'io dal divano e la feci allungare, molto preoccupato.
Era pallidissima, sembrava quasi una bambola di cera.
Andrea mi consigliò di sederci sul divano in attesa che si riprendesse, e mi rassicurò dicendo che probabilmente era stato solo un calo di zuccheri. Prima di fare come mi aveva detto andai in cucina e presi una bustina di zucchero. Sfortunatamente non sapevo dove tenevano lo strumento per misurare la pressione, altrimenti avrei preso anche quello.
Rimanemmo seduti sul divano per circa cinque minuti in silenzio, mentre l'ansia mi corrodeva dentro. Poi finalmente aprì gli occhi. Mi precipitai subito ai piedi del divano e mi misi in ginocchio, prendendole una mano.
- Amore, tutto bene? - chiesi preoccupato. Lei annuì lievemente, sbattendo più volte le palpebre.
- È ... Camilla... - mormorò.
Corrugai la fronte. - Cosa è Camilla? - domandai perplesso.
- Lei… mi invia… i messaggi. - ripetè con un filo di voce. Lentamente si mise a sedere, tenendosi la testa tra le mani e emettendo dei gemiti di dolore.
- Sicura di star bene? Vuoi che chiami un dottore? - domandai non prestando attenzione a quello che aveva detto per quanto ero preoccupato per la sua salute.
Scosse la testa. - S-sto bene. - disse.
Le porsi la bustina di zucchero. - Prendila, e poi allungati. Non ti fa bene stare seduta se ti fa male la testa. - dissi. Lei fece come le avevo detto, buttando giù tutto lo zucchero e stendendosi di nuovo.
- S-sono sicura che è Camilla ad inviarmi i m-messaggi. - disse subito dopo.
- Perché lei? - chiese Andrea.
- Provate a pensare. A chi è che ho rovinato la vita? - chiese faticando leggermente a parlare.
- Tu non hai rovinato la vita a nessuno. - dissi deciso.
- Ma chi sono quelli che lo dicono? O meglio, che lo dicevano?
Strinsi i pugni. - Quel bastardo di Matteo e lo stronzo del padre. - dissi in preda alla rabbia solo nel doverli nominare.
- Giusto. E, come hanno detto a volte, ho rovinato la vita a tutta la loro famiglia. Matteo ha una sorella. Come si chiama? - chiese nuovamente.
- Camilla, mi sembra. - risposi non capendo ancora.
- Esatto. Quanti anni ha lei? E quanti ne ha, più o meno, Camilla, la tua vicina?
- Cos'è, un quiz televisivo? - domandò Andrea con voce isterica, mentre io invece iniziavo a capire, ricomponendo i pezzi del puzzle.
Sbarrai gli occhi sconvolto quando arrivai alla stessa conclusione alla quale era arrivata Camilla.
- La mia vicina di casa è la sorella di Matteo...




Et voilà!
Eh eh vi ho scioccato, non è vero?
Qualcuno c'era arrivato?
Be', oggi non ho molto da dire, mi scuso solo per il ritardo :3 Perdonate questa povera comune mortale...
Grazie a tutti coloro che seguono questa storia! :D
Alla prossima xxx

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Capitolo 17
*** Free ***


16 Free
 
- Siete sicuri di quello che dite? - chiese per la centesima volta Andrea.
Sia io che Federico annuimmo. - È lei, non ci sono dubbi. - ripetei.
Andrea si massaggiò il mento, pensando. - Intanto potremmo andare a controllare il cognome sul citofono, nel caso abbia usato il suo. Però c’è qualcosa che comunque non torna: perché farsi vedere in giro da voi due? - domandò.
In effetti aveva ragione. Era una mossa stupida.
- Magari voleva controllare se il suo piano procedeva come previsto. Oppure per non destare sospetti. - azzardò Federico. - A me, comunque, non sarebbe mai venuta in mente lei.
- Come faceva ad avere il tuo numero?
Mi strinsi nelle spalle. - Forse lo ha preso dal telefono di Matteo. - ipotizzai.
- Matteo aveva il tuo numero? - chiese infastidito Federico.
- Si, glielo avevo dato la prima volta che siamo usciti. Se non l’ha cancellato non è colpa mia. - dissi.
Federico e Andrea annuirono. Poi quest’ultimo si alzò in piedi e telefonò a qualcuno.
- Come ti senti? - mi chiese preoccupato Federico.
Gli sorrisi. - Bene, tranquillo, sono solo un po’ stanca.
- Mi hai fatto spaventare tantissimo. - ammise prima di baciarmi. - Se vuoi vai a dormire, rimango io a parlare con Andrea.
Scossi la testa. - No, voglio esserci anch’io.
Pochi minuti dopo tornò in salone Andrea. - Allora, un mio collega passerà a controllare, in incognito, il citofono della tua vicina. - disse guardando Federico. Annuimmo entrambi. - Voi due per il momento dovete andare via. - aggiunse subito dopo.
Corrugai la fronte. - Perché? - chiesi.
- Stando qui rischiate molto. Dovete partire e andare da qualche parte dove starete al sicuro. Qui rimarrò io a controllare. Camilla, - disse poi guardandomi. - tu dovresti darmi il tuo cellulare, così se arriveranno altri messaggi potrò leggerli direttamente. Io te ne darò un altro che potrai usare tranquillamente, ma avrai, ovviamente un numero diverso. Va bene per te? - chiese.
Annuii. - Si, non ci sono problemi. Dovrei però avvertire tutti i miei amici di non chiamarmi. - dissi iniziando a tirare fuori dalla tasca il telefono.
- Va bene.
Inviai un messaggio a Giulia, Fabio, Simone e Francesca, che non sapevano di questa situazione, dicendogli di non chiamarmi perché sarei partita per le vacanze con Federico.
- Fatto. - dissi non appena furono inviati. Porsi il mio telefono ad Andrea che lo prese immediatamente, mettendolo in tasca.
- Come dico tutte le volte che prendo un telefono che non è il mio: non guarderò nulla, solo i messaggi che arriveranno. - disse.
Gli sorrisi. - Tranquillo, non c'è nulla che non puoi guardare.
- È sempre meglio dirlo comunque. Io ora devo andare. Presto manderò qui un mio collega a portarti il nuovo telefono. Per adesso voi rimanete lontani dalle finestre come ieri e non informate nessuno della vostra situazione. - ci raccomandò. Io e Federico annuimmo di nuovo.
Ci alzammo in piedi e accompagnammo alla porta Andrea.
- Grazie mille per il tuo aiuto. - disse Federico.
- Di nulla, è il mio dovere. - rispose semplicemente Andrea.
Sorrisi stringendogli la mano. - Davvero, grazie.
Mi sorrise anche lui, poi uscì.
Appena fu fuori io e Federico andammo in camera mia.
- Alla fine scappiamo veramente. - notò lui.
Sorrisi. - Dobbiamo prepararci la valigia, giusto? - chiesi.
Federico annuì. - Forse è meglio usare una borsa, da meno nell'occhio. Andiamo nel paesino di montagna dove siamo andati l'anno scorso, ti va bene?
Annuii. - Amo quel posto. - dissi sorridendo.
- Io adesso torno a casa mia e preparo la mia borsa. - disse.
Il mio sorriso si spense immediatamente. - Sicuro di andare da solo? - domandai preoccupata. - E se... se Camilla ti vede? Hai letto anche tu il messaggio di ieri. Se... se...
Federico posò il suo dito sulle mie labbra.
- Non mi succederà nulla. - disse per poi baciarmi. Mi misi in punta dei piedi prendendogli il volto tra le mani mentre lui mi stringeva per la vita.
- Ti amo così tanto, non voglio ti succeda qualcosa. - mormorai.
- Ti amo anch'io, e ti prometto che starò attento.
Annuii, anche se continuavo ad avere molta paura.
- A dopo. - disse per poi staccarsi da me. Gli presi la mano per non farlo andare, ero davvero terrorizzata, ma lui mi sorrise per rassicurarmi, poi si liberò della stretta e uscì velocemente dalla stanza prima che potessi prenderlo di nuovo.
Fissai per qualche istante la porta, poi mi riscossi e iniziai a cercare una borsa che non desse troppo nell'occhio e i vestiti indispensabili per il viaggio.
Non gli sarebbe successo nulla, sarebbe stato bene. Camilla non lo avrebbe visto e lui sarebbe arrivato sano e salvo a casa. Allo stesso modo sarebbe tornato qui da me e poi saremmo partiti. Nulla sarebbe potuto andare più storto di quanto già era.

****
 
Solo un'ora dopo Federico tornò a casa mia. Intanto era già venuto il poliziotto che mi aveva dato il telefono nuovo.
Appena aprii la porta di casa gli saltai al collo.
- Hai visto? - mormorò al mio orecchio. - Non mi è successo nulla.
- Ho avuto tutto il tempo una paura enorme. - ammisi allontanandomi da lui giusto per farlo entrare. Tornai subito ad abbracciarlo, mentre la paura piano piano scemava.
- Sono qui, stai tranquilla. - mi rassicurò. Poi mi diede un bacio sulla guancia e si allontanò per guardarmi in volto. - Sei pronta? - domandò.
Annuii. - La borsa sta dillà. - dissi indicando il piano di sopra.
Federico mi lasciò e salì di corsa i gradini. Quando fu di nuovo nell'ingresso aveva in spalla la mia borsa.
- Possiamo andare. - annunciò entusiasta prendendomi la mano.
La strinsi forte e, dopo aver messo all'ingresso un foglio per i miei genitori con scritto cosa era successo, uscimmo di casa. Federico mise la borsa nel portabagagli mentre io 
salivo davanti. Poi anche lui salì, mettendo in moto la macchina e partendo alla volta di un bellissimo paesino abruzzese.
Impiegammo circa un paio d’ore per arrivare, ma ne valse la pena. Salimmo il tornante per andare al parcheggio e, quando scesi dall’auto, respirai a fondo l’aria pulita del posto. Mi voltai indietro e guardai il meraviglioso paesaggio che mi lasciava sempre senza fiato. Le alte montagne, la pianura incontaminata dal lavoro dell’uomo, il boschetto percorso da un fiumiciattolo. Amavo quel posto.
Guardai Federico sorridendo. Stava prendendo le borse. ‘Finalmente siamo liberi.’

 


(La foto non è delle migliori, ma per ora ho solamente questa.)
HEI!
Perdonatemi per questo ritardo, sono davvero mortificata. Chiedo soprattutto scusa a te, anonimo di ask, perché ti avevo detto che avrei aggiornato ieri. (no, non ho capito chi sei)
Comunque, adesso Federico e Camilla sono al sicuro. O meglio, dovrebbero essere al sicuro. Sarà così? Io non dico niente, anche perché non so ancora cosa fare LOL
Vi ringrazio di cuore, perché continuate a seguire questa storia anche se spesso mi capita di aggiornare in ritardo. xxx
Be' alla prossima!
Un bacio
Giulia xxx

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Capitolo 18
*** I feel safe ***


17 I feel safe
 
Arrivati in paese, andammo subito a casa. Posammo ciò che non ci sarebbe servito su una poltrona nella nostra camera e, dopo aver dato una veloce pulita al pavimento impolverato, decidemmo di andare al parco che si trovava ai piedi della montagna. Arrivati, vedemmo che c’erano molti bambini felici che giocavano sulle altalene o sugli scivoli, oppure, sorvegliati dai nonni, giocavano a calcio.
Io e Federico trovammo una panchina libera all’ombra. Lui, tenendomi sempre la mano, si avvicinò sedendosi, per poi farmi mettere sulle sue gambe.
- Sei felice di essere qui? - mi chiese posando la testa sulla mia spalla.
Sorrisi. - Molto. Cosa potrei chiedere di più? Sono in un paesino bellissimo con la persona che amo, lontano da ogni pericolo. - mormorai.
Mi baciò il collo, facendomi rabbrividire. Io posai le mie mani sulle sue che teneva sul mio ventre.
- Restiamo qui per sempre. - mi sussurrò all’orecchio.
Non risposi, mi limitai a sorridere e a stringermi di più tra le sue grandi braccia.
Rimanemmo così, senza parlare, per molto tempo. Guardavo i bambini, mentre pensavo a quanto fossi felice a trovarmi tra le braccia di Federico.
Per fortuna le cose si sarebbero risolte. O almeno lo speravo.
- Amore, - dissi improvvisamente, girandomi per poterlo guardare. - dobbiamo scegliere la data del matrimonio.
Mi sorrise. - Sì.
Gli accarezzai il volto, indugiando leggermente sugli angoli delle labbra con il pollice. - Che ne dici di sposarci verso dicembre? È così bello l’inverno. - proposi.
Lui annuì, guardandomi con quel suo sguardo intenso, quello sguardo che mi rendeva vulnerabile e che mi faceva arrossire. Sembrava, però, assente.
- Fede, mi stai ascoltando? - chiesi. Annuì di nuovo. - Che ore sono? -
- Sì amore.
Scossi la testa, alzandomi in piedi e allontanandomi leggermente.
- Amore, dove vai? - chiese riscuotendosi, avvicinandosi subito.
- Potresti ascoltarmi quando parlo… - mormorai abbassando lo sguardo, fingendomi offesa.
- Scusami, davvero. È solo che appena ti sei girata mi sono incantato ad ammirare il tuo volto. Dio, sei così bella… - disse posando le sue mani sulla mia vita e avvicinandomi a se. Affondai il mio viso sul suo petto, inspirando il suo profumo. Poi portai le mie mani al suo collo, chiudendo gli occhi. - Non posso fare a meno di guardarti, Camilla. Sei perfetta.
Sorrisi. - Ti amo.
- Anch'io.
Nello stesso istante che pronunciava quelle parole, si sentì un tuono.
- Meglio se torniamo a casa. - mi disse allontanandosi. Annuii, prendendogli la mano e iniziando a salire. Nemmeno il tempo di uscire dal parco che già la pioggia aveva iniziato a scendere.
- Ci fermiamo in un bar o torniamo a casa? - mi chiese.
- Andiamo a casa. Non voglio rimanere bloccata dentro un locale per chissà quanto tempo.
Riprendemmo così a camminare a passo svelto per arrivare su il prima possibile. La pioggia intanto aumentava di intensità, e noi ci stavamo bagnando completamente. Iniziammo così a correre sotto la pioggia, mano nella mano, come degli adolescenti. Ridevamo senza motivo, mentre l'acqua ci entrava nelle scarpe.
- Aspetta. - dissi poco dopo fermandomi. Non m'importava dell'acqua in quel momento, non mi sarebbe importato nemmeno se mi fossi ammalata.
- Che succede? - mi chiese preoccupato.
- Nulla. - Gli presi il volto tra le mani e sorrisi. - Vieni qui. - mormorai. Avvicinai il mio volto al suo, baciandolo. Lui sorrise, stringendomi a se per la vita. Le sue braccia mi avvolgevano perfettamente, e il suo calore quasi non mi faceva sentire il freddo della pioggia sulla pelle.
- Ti amo. - mormorai sulle sue labbra.
- Amore, non t'importa della pioggia? - chiese allontanandosi leggermente.
- A me no, a te?
- Non mi da fastidio, solo che preferirei fare altro, a casa, in camera. - disse sorridendomi maliziosamente, mentre i capelli si incollavano al suo viso.
Premetti le mie labbra sulle sue, allontanandomi quasi subito. - Andiamo. - dissi, mentre lui mi riprendeva la mano. Ricominciammo a correre e velocemente arrivammo a casa.
Appena chiusi la porta dietro di me, Federico mi posò contro di essa.
- È freddo qui. - mormorai rabbrividendo.
- Ti scaldo io ora.
Pronunciate queste parole, mi sollevò da terra, tenendomi stretta. Io misi il mio volto nell'incavo del suo collo e mi lasciai portare in camera.
- Sono stanca. - dissi, e lo sentii rabbrividire a causa del mio respiro sulla sua pelle. Federico mi fece sedere sul letto delicatamente, per poi prendermi un pigiama dalla borsa.
- Sei completamente bagnata. Lascia che ti cambi. - mormorò con voce leggermente roca.
- Non sono una bambina. - protestai incrociando le braccia al petto.
- Sei la mia piccola, però.
Appena pronunciò quelle parole, il broncio dal mio viso sparì, lasciando il posto a un timido sorriso, mentre lui mi lasciava un bacio sulla fronte. Lasciai che mi togliesse i vestiti insieme alle insicurezze e che mi desse dei baci lungo tutto il corpo. Le sue labbra bruciavano sulla mia pelle, scaldandomi e facendomi rabbrividire allo stesso tempo.
Poi, molti baci dopo, portò i vestiti al bagno, mentre io mettevo il pigiama. Tornato, si sfilò a sua volta i vestiti e si cambiò, sotto il mio sguardo attento e innamorato.
Mi alzai subito dopo e, preso il phon, mi misi ad asciugare i capelli. Per fortuna non erano molto bagnati e, tra una parola e un bacio con Federico, finii presto.
Ci mettemmo così sotto le coperte, io con la testa sul suo petto e lui con un braccio che mi circondava. Tra le sue braccia mi sentivo così piccola; mi sentivo al sicuro, ma soprattutto amata.
Mi tirai leggermente su, in modo da poterlo baciare. Lui posò le sue mani sui miei fianchi, sistemandomi meglio vicino a lui.
Poggiai le mie mani sul suo collo, mentre, con i pollici, gli accarezzavo il viso.
Federico mi stava accarezzando le gambe, quando si allontanò dalle mie labbra per baciarmi lentamente sul collo. I suoi baci erano leggeri e dolci, e piano piano, dopo essermi accoccolata su di lui, mi addormentai, cullata dalle sue labbra sulla mia pelle e dai suoi "ti amo" sussurrati.
 




Oddio... rega, io vi giuro che ora piango... ho aggiornato finalmente!
Un semplice scusa non basterà a giustificarmi, considerando che sono passati nove mesi dall'ultima volta che ho aggiornato. è proprio il caso di dire che QUESTO CAPITOLO E' STATO UN PARTO.
Non so manco se sto usando lo stesso font e la stessa grandezza del carattere... boh.
Non so se c'è ancora qualcuno che mi segue, spero di si. Scusate davvero questa attesa e il capitolo scadente. Apprezzate almeno il fatto che io abbia aggiornato, pleaaase.
Beh, non so che dire... ringrazio coloro che sono rimasti e che continueranno a seguirmi, ma anche chi, demoralizzato dall'attesa, ha messo fine a questa "nostra avventura". Mi dispiace sul serio.
Che dire, spero questa volta di poter continuare presto, credo che non ci metterò molto ad aggiornare. Lo spero.
Ciao ciao :*

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