Dark Prince: the Monastery

di _ImADreamer_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il Monastero ***
Capitolo 2: *** Madrid, Anno del Signore 1457 ***
Capitolo 3: *** La voce dell'incubo ***
Capitolo 4: *** La storia di Luca e Alessandro ***



Capitolo 1
*** Il Monastero ***


Il Monastero




La certosa non era mai stata così luminosa come quel giorno.

I raggi del sole creavano strani giochi di luce ed ombra tra le panche di legno di quercia che odoravano di lucido e di vecchio.

Tra questi, solinga, si aggirava un frate. Il volto coperto dal cappuccio del saio marrone, l’andatura lenta ma solenne, meditava tra sè e sè interrompendo ogni tanto le sue preghiere. Era molto giovane come molti suoi fratelli nel monastero… in particolare, lui e altri quattro arrivavano appena ai 18 anni: i suoi compagni di cella Luca e Alessandro e i due frati appena giunti da un monastero di Madrid che lui non ricordava affatto di aver sentito nominare.

I due stranieri dicevano di essere fra Adriano e Leonardo.

Eppure, le loro facce non lo convincevano molto.

I due erano schivi e non si separavano mai l’uno dall’altro.

Voci cominciarono a circolare che tra i due vi fosse una qualche relazione a tal punto che nessuno, ormai, sapeva più quale fosse la verità.

Ogni giorno fra Samuel si chiedeva e richiedeva, pensava e ripensava cosa nascondessero i due frati; così decise di parlare con i suoi migliori amici e confidenti fratello Luca e fratello Alessandro.

Passò qualche mese e i due frati non accennavano a voler integrarsi all’interno del complesso monastico e con i suoi residenti, cosi Luca, Alessandro e Samuel decisero di fare il primo passo e di attaccare discorso con quei due asociali.

E quale occasione migliore della mensa?

Presero la palla al balzo e si sedettero tra loro.

I tre frati erano abbastanza incuriositi dai due e così decisero che avrebbero fatto cadere il loro manto di mistero.

La mensa era particolarmente silenziosa e non aiutava i tre ad attaccare bottone ma ci provarono comunque. Il primo a parlare fu Alessandro, l’unico che poteva vantarsi di aver quasi un’abilità nel rompere il ghiaccio con gli sconosciuti, e si rivolse a fra Adriano, quello più vicino a lui.

-Buon appetito fratello Adriano, è di vostro gradimento il pasto?-. L’altro non accennò parola ma si limitò ad annuire leggermente con il capo e fissare Leonardo che sembrava guardare attraverso il tessuto fra Luca e lui faceva altrettanto.

Adriano gli diede una gomitata e lui tornò al suo piatto.

-Suvvia! Avete intenzione di stare solo voi due per tutta la vita? Andiamo qui siamo tutti fratelli. Non vi fidate?-continuò fra Alessandro.

-L’unica persona di cui io mi fidi è me medesimo, nessun altro- rispose in tono aspro fra Adriano.

-Fratello Leonardo voi non dite nulla?-intervenne fra Luca, che si era incuriosito ancor di più alla risposta del frate straniero. Come era possibile che due frati non si fidassero degli altri fratelli nel monastero? Eppure in Spagna le cose non potevano essere cosi diverse.

-Solo che vorrei mangiare in pace. Per il resto non ho nulla da aggiungere a ciò che ha detto fratello Adriano-. Dopodichè, i due si alzarono e si diressero alla loro cella.

Chiusa la porta e, dopo essersi assicurati che nessuno li udisse, tolsero il saio rivelando uno spettacolo davvero insolito. Sotto il sacro tessuto non vi era il corpo di due giovani frati, bensì quello di due ragazze.

Orrore!

Se qualcuno avesse scoperto questo loro terribile segreto!

Per questo non conferivano parola con nessuno… temevano che il minimo errore potesse tradirle.

Nel frattempo nella loro cella fra Luca, insieme ad Alessandro e Samuel, commentava il loro primo insuccesso con gli altri due frati.

-Oltre ad essere asociali sono anche scorbutici!- si lamentava fra Samuel, abituato alla disponibilità e alla gentilezza nei toni degli altri frati del monastero.

-Ma chi ce li ha mandati?- continuava.

Gli altri due,invece,non erano dello stesso avviso:vedevano in quei due qualcosa di più… anche nell’aspetto fisico non erano come gli altri ma quello poco contava. Erano tanti i frati ad avere una certa “tendenza” che non se ne faceva più caso.

Dall’altro lato del monastero una giovane dal carattere impetuoso stava parlando nel tono più basso possibile.

-Abbiamo rischiato grosso- disse alla ragazza seduta di fronte a lei, leggermente più bassa ma con un bel fisico, intensi occhi nocciola e capelli lunghi fino al ventre.

-Non nasconderlo: lo so che guardavi Alessandro- proruppe quest’ultima, fissando la compagna in modo sospettoso.

-No invece. Tu piuttosto ci farai scoprire, visto che mangi con gli occhi quel frate bell’imbusto - buttò li Bea, la prima, mentre sistemava la biancheria nel ripostiglio dietro l’armadio. -Dobbiamo stare attente, Ines. Non dobbiamo farci scoprire soprattutto non per colpa di quei due. Teniamo gli occhi aperti, specialmente tu, e non farti abbindolare dal suo fascino -.

Colta nel segno, Ines rimase in silenzio. Non voleva ammetterlo, ma fratello Luca gli interessava davvero. E non sapeva come Bea riuscisse a resistere al fascino magnetico di quei due bellissimi frati.

Intanto la sua amica dai lunghi capelli ricci continuava a sistemare la biancheria, cercando accuratamente in tutta la stanza qualche prova che potesse farle rischiare di essere scoperte. L’unico suo pensiero, in quel momento, non erano quei due fantastici bell’imbusti, che per di più lei considerava degli scocciatori; no, il suo più grande pensiero, che si presentava come un desiderio, era quello di restare nascosta il più lontano possibile. Mai nessuno sarebbe mai dovuto venire a conoscenza del motivo per cui erano in quel monastero, in Italia. Nessuno.




NOTE DELL'AUTRICE

Salve a tutti!
E' la prima volta che scrivo in questa sezione e per di più che decida di pubblicare, finalmente, la prima storia che io abbia mai scritto.
Ci tengo a specificare che è stata scritta non solo da me, ma anche dalla mia amica __KillTheQueen__, tanto ma tanto tempo fa.
Lascio a voi i commenti e che dire: sono impegnatissima con l'università ma spero di riuscire ad aggiornare con costanza =)
Un bacione

LeLe_Sun


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Capitolo 2
*** Madrid, Anno del Signore 1457 ***


Madrid, Anno del Signore 1457



 Madrid. Anno del Signore, 1457.

Nella residenza della potentissima famiglia Romero, si stava per celebrare il matrimonio del secolo. Le due più potenti famiglie della città, erano in procinto di unirsi.

Non si era capito bene come, ma il giovane signorino Romero sembrava aver deciso di chiedere la mano dell'unica figlia del potente mercante Navarro.

Così, Ines Navarro, stava adesso per divenire Ines Romero.

Aveva accettato di buon grado quel matrimonio, dopotutto, conosceva da molto tempo i due Romero, Ivan e Beatrice.

Con il primo, solo da poco tempo, c'era stato un vero e proprio contatto; con la seconda, si poteva dire, che avevano un bellissimo rapporto di amicizia.

 

Tutti erano affannatissimi negli ultimi preparativi . Gli ospiti più importanti  erano già arrivati da giorni, come era di tradizione, accomodati nelle stanze a loro adibite.

Il futuro sposo e gli uomini erano ad una battuta di caccia, mentre la sposa e le donne  finivano l'abito da cerimonia, cantavano canzoni e ridevano e scherzavano, tessendo le lodi del futuro marito e decantando i pregi della giovane sposa.

-Avrai fortuna . Ivan è giovane ed è molto bello. Inoltre potrete vivere nella ricchezza e perchè no, anche nell'amore. Sembra brillare, ogni volta che ti vede-

Queste furono le parole, dette da una delle serve, mentre appuntava alcuni fiori al petto di Ines.

Poi uscirono tutti, lasciandola sola a mirarsi allo specchio.

-Il grande giorno è arrivato...presto sarai una Romero-

Una voce alle spalle della giovane la fece voltare, con un sorriso.

Beatrice era incantevole nel suo bel vestito da festa e non aveva nulla da invidiare ad Ines.

Niente sembrava poter rovinare quel giorno.

Nulla poteva far presagire, cosa sarebbe accaduto successivamente. Come si sarebbero svolti i fatti.

 

Il matrimonio, era passato come il più felice e pieno di amore per i primi mesi, poi, di colpo, tutta la gioia e la bellezza si erano trasformati in un vero e proprio incubo.

Le botte, i maltrattamenti, le scenate di gelosia, i litigi, i pianti e le notti senza amore. 

Ines aveva ben imparato a coprire i lividi, anche sul viso a cercare conforto lontano dal consorte, in città, in chiesa, nelle spese e negli abiti.

Era la donna più bella, la più ricca e la più dolce. Ma era anche la più triste.

Tante notti, avrebbe desiderato la morte, piuttosto che vivere un giorno di più, accanto a quel mostro.

Ivan si era dimostrato un uomo perfido. Un vero e proprio diavolo.

 

Non sopportando più quella situazione, quei lividi che si stavano facendo troppo evidenti, che rovinavano il suo bel viso e la sua pelle, dove le bocche di molti altri gentiluomini avrebbero voluto posarsi, ma che lei aveva sempre scansato perchè troppo fedele al suo uomo.

Adesso però, era arrivata ad una decisione che l'avrebbe liberata una volta per tutte da quel legame maledetto con il diavolo.

Aveva solo bisogno di un complice; qualcuno che, sapeva, non l'avrebbe tradita mai.

Ivan avrebbe avuto quello che meritava. Avrebbe pagato per tutto il male che aveva arrecato.

Era stata educata al non essere vendicativa. Le punizioni sarebbero arrivate al tempo del prossimo Grande Giudizio di Dio, ma lei non poteva aspettare così tanto, non poteva permettere che uno così continuasse a vivere.

Doveva mettere da parte i sentimenti che la legavano a lui e agire per il bene e per la sua salvezza.

Se fosse stata giudicata in seguito, se fosse sprofondata negli Inferi, non le importava.

 

Fu così che, una notte di primavera, il giovane Romero si spense silenziosamente nel suo letto e due figure nere fuggirono via per sempre da Madrid.




Note dell'autrice

Salve a tutti!
Questo è il secondo capitolo: si inizia a capire già qualcosa delle nostre due protagoniste che sono sicure di essersi lasciate questa brutta storia alle spalle, ormai.
Solo che, come sappiamo, molto spesso scappare dai problemi non risolve nulla...
Ringrazio coloro che hanno letto e spero vivamente che possano lasciarmi qualche commento, davvero.
Ringrazio Franci28 per aver commentato lo scorso capitolo =)
Vi avviso che, per impegni universitari, non riuscirò ad aggiornare in breve tempo.
Un bacione a tutte, alla prossima

LeLe_Sun

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Capitolo 3
*** La voce dell'incubo ***


La voce dell'incubo



Bea si svegliò ansimando. Di nuovo quell’incubo. Si girò a guardare la sua compagna di stanza che dormiva profondamente, serena.
Poverina. Quegli anni di matrimonio per lei erano stati un inferno.
Da quando erano arrivate al monastero Ines era cambiata: era più vitale, finalmente poteva vivere senza il terrore di essere picchiata da quel bastardo di un diavolo…

Eppure ancora non riusciva a crederci. Nonostante fossero passati due anni, nella sua mente era ancora stampato il volto di suo fratello: lo aveva amato più di qualunque altra persona al mondo, più dei suoi genitori.
Perché Ivan era il suo gemello.

Aveva i suoi stessi capelli chiarissimi, quasi bianchi, e i suoi stessi occhi verde mare.
Il loro legame era sempre stato molto forte, fin dalla nascita. Lui aveva sempre saputo se lei era in pericolo e viceversa.
Era come se potessero percepire la reciproca forza vitale. E Bea, ormai da due anni, non sentiva più nulla che appartenesse ad Ivan Romero.
Le loro anime erano sempre state in sincronia ed i genitori parlavano di un prodigio.
Ma, per quanto fossero simili nell’aspetto, il loro spirito era diverso: Ivan era stato da sempre un ragazzo ambizioso, determinato a diventare qualcuno che non venisse mai dimenticato, ed era disposto a farlo a qualunque costo.

Lei, invece, era stata etichettata come una delle migliori ragazze di Madrid, pudica, umile e nobile.
Padre Josè, il suo primo e vecchio padre spirituale, aveva detto ad i genitori quanto i due fossero diversi: lei, un’anima splendente come il mezzogiorno, che illumina tutto il cielo di una luce dorata e lui, un’anima più nera della mezzanotte.

Lui era malvagio e lei buona.

Ma non era stata proprio lei, la sorellina dal cuore nobile e puro, ad uccidere senza pietà il proprio fratello di sangue?
Silenziosamente si risistemò sotto le coperte e tentò, per l’ennesima volta, di prendere sonno, mentre una lacrima scendeva solitaria.

 

Il giorno dopo Luca e Alessandro uscirono dalla loro cella di buon ora.
L’aria mattutina era fresca e umida, la rugiada era posata dolcemente sulle foglie del giardino e brillava sotto i raggi del sole.
-Oggi è davvero una magnifica giornata- disse fratello Luca mentre si godeva i raggi dorati in pieno viso.
-Talmente magnifica, fratello, che potrebbe essere propizia anche sotto un altro punto di vista-continuò fratello Alessandro indicando due figure incappucciate che si dirigevano verso la chiesetta.
Luca parve accorgersene e fece un sorriso d’intesa al frate moro accanto a lui.
Insieme cominciarono a camminare seguendo le due ombre.

 
La chiesetta era piccola. Si contavano una decina di panche disposte in due colonne, cinque da un lato e cinque da un altro. Solo l’anno prima era stata ristrutturata e si sentiva ancora l’odore di vernice, quasi fosse fresca.

Ines si sedette nel banchetto dove Bea era inginocchiata. L’amica aveva gli occhi chiusi ma avvertiva la tensione del suo corpo. Anche se non riusciva a vederla in viso, sapeva già cosa avrebbe visto.

Occhiaie. La bellissima signorina Romero si sentiva in colpa per la morte del suo bello ma malefico fratello. E non c’era nulla che potesse farla risalire dal baratro in cui era caduta.

Lei, invece, sembrava rinata.
Ines Navarro non era più la dolce ragazzina di un tempo. La sua anima si era macchiata ma a lei non importava. Aveva sopportato suo marito, un demone malvagio, e avrebbe sopportato qualunque altra cosa.
Non voleva più pensare a quegli anni di prigionia del suo passato, ma solo al presente.

Il libro della sua vita era ricominciato.

E poi, c’era quel frate con dei bellissimi occhi verdi scuri come aghi di pino…
Un rumore di passi la fece sussultare. Rimase immobile nel banchetto facendo finta di pregare mentre sentiva che i posti dietro di lei venivano occupati.
Lanciò un’occhiata veloce alla sua amica e capì che anche lei li aveva sentiti. Bea le fece segno si aspettare.

 

Dopo mezz’ora, fratello Alessandro non ce la fece più. Si schiarì la gola e parlò con voce controllata e cordiale.
-Buongiorno fratello Adriano e fratello Leonardo- cominciò e, vedendo che i due frati non gli prestavano minimamente attenzione, cambiò tattica.
-Avete visto che bella giornata? L’ideale per una passeggiata in giardino-  continuò, tenendo lo sguardo fisso sul cappuccio di frate Adriano, seduto davanti a lui.
Fratello Luca lo appoggiò ma dai due frati stranieri non arrivò nessuna risposta.
Non subito almeno. Dopo quelle che parvero delle ore, frate Adriano si alzò e si voltò verso i due giovani.
-Fratello Alessandro, non tollero che si disturbino le mie preghiere mattutine-sibilò Adriano con aria minacciosa.
Fratello Leonardo parve essere dello stesso avviso. -Adriano ha ragione. Vi pare il modo…-

Ma non riuscì a finire. Un urlo disumano fece agghiacciare tutti.
Sembrava provenire dalle cucine.
Ines e Bea si guardarono in viso e abbassarono il cappuccio, aspettando che gli altri due si allontanassero, accorrendo a vedere cosa fosse accaduto.

Luca e Alessandro scapparono via, dimenticandosi improvvisamente del loro intento iniziale.
Samuel era già sulla soglia della cucina e aveva l'aria di chi aveva avuto un incontro ravvicinato con un fantasma.
Luca gli posò una mano sulla spalla.

- Cosa è successo? - chiese.
Samuel si limitò ad indicare qualcosa dentro la cucina.
Alessandro fu il primo a guardare dentro e anche lui rimase visibilmente scioccato da ciò che vide.

Un monaco, o almeno quello che se ne poteva vedere, era riversato sul pavimento, sotto il tavolo, in una pozzanghera di sangue ancora non coagulato.
La puzza dolciastra era quasi nauseabonda, come la vista che offriva il cranio, per metà ormai sfondato, del morto.
Si stavano già avvicinando vermi e piccole formiche, che trasportavano alcuni lembi di pelle e capelli.
Il prete anziano era stato colpito con un'efferatezza senza precedenti.

Una reale intenzione di uccidere.

Chi poteva essere mai stato artefice di tanta cattiveria e brutalità?
Alcuni giovani novizi scapparono via, in preda ai conati di vomito. Non erano abituati a vedere nulla del genere ma, evidentemente, non lo era nessuno, a dire dal viso sconcertato e impaurito di tutti.

- Come è potuta accadere una cosa del genere? Senza che nessuno sentisse nulla? - chiese Alessandro.
Insomma, il prete non era certo un campione di leggerezza e, qualsiasi cosa lo avesse colpito, aveva dovuto fare un gran bel rumore;  inoltre, il povero disgraziato, avrebbe almeno dovuto urlare, difendersi.

Stando a quello che il medico era riuscito a dire, prima di allontanarsi, la morte non doveva essere avvenuta da molto, a giudicare dal corpo ancora caldo e dal rigor mortis, non ancora in pieno svolgimento.

Un omicidio in pieno giorno, sotto gli occhi di tutti e senza neanche un testimone.

Ines e Beatrice si fecero largo tra la folla accorsa e rimasero a guardare.
Tra tutti, solo loro, sembravano non essere turbate, almeno in apparenza.
C'era qualcosa di familiare in quello. Un'ombra che incombeva minacciosa.
Bea se lo sentiva e aveva la faccia scura, coperta dal grosso cappuccio del saio. Tenne per se tutta la sua paura, facendo trasparire solo l'ombra di una lieve preoccupazione.

Ines dal canto suo, sembrava quasi impassibile.
La morte non le procurava più alcun sentimento. 
Apparenza però, che nascondeva un certo nervosismo.

E se fosse...

Ma cosa andava a pensare!  Non poteva essere. Non più.
Quel pover'uomo doveva essere stato ucciso da un ladro, che era riuscito a scavalcare le mura dell' abbazia e aveva provato a rubare qualcosa.
A farne le spese, era stato il vecchio.

- Allontaniamoci... -  disse a Bea, prendendola per un braccio.
Uscirono nuovamente.
In quel preciso istante, Luca diede una gomitata ad Alessandro, indicando i due che si allontanavano furtivamente.
- Sam... resta qui... torniamo subito - dissero e si allontanarono a loro volta.
Quando riuscirono a sorpassare la calca umana però, gli altri due erano già spariti.


 ****


Ines trascinò Bea vicino alla cappella.
- Perchè siamo qui? - chiese la seconda.
- Non hai avuto uno strano presentimento prima? Una sensazione qui alla bocca dello stomaco - rispose, con un'altra domanda.
Bea impallidì.
Non voleva che Ines capisse, che avesse sospetti e tornasse a vivere nel terrore.
Fece appello a tutta la sua forza e sorrise.
- Stupida ma cosa vai a dire? Ti sei solo impressionata per quello che è successo... stai tranquilla... vedrai che troveranno presto chi è stato - le accarezzò il viso.
Ines sembrava convinta, anche se un velo di dubbio le copriva il viso.
- Se... se tu dovessi sentire qualcosa... me lo diresti vero? - chiese lei. - Non abbiamo segreti noi due giusto? 
La ragazza scosse la testa.
Le venne da sorridere, pensando che aveva sempre reputato Ines una ragazza sbadata e leggermente più bambina della sua età, nonostante fosse abbastanza intelligente. La sorprese tanta arguzia. Probabilmente, quella cosa orribile che le accomunava  l'aveva resa più matura. 

L'amore per Ivan, che comunque, nonostante lei negasse, viveva ancora nel suo cuore, l'avevano fatta svegliare da quel suo sogno di bambina, che aveva vissuto per tanto tempo.
- Nessuna bugia... è una promessa... - fece Bea - Adesso va a stenderti un pò... sei pallida... - le disse, prendendola per le spalle e spingendola via con delicatezza.
Ines barcollò per un secondo stupita e si voltò a guardare l'amica, che le faceva segno di andare.
Lei sarebbe rimasta un pò nella cappella.
Aveva bisogno di un posto in cui ragionare in pace e tranquillità.

 

Ines si calò meglio il cappuccio sulla testa e prese a camminare a sguardo basso, poi qualcosa si frappose tra lei e il cammino verso il cubicolo.
Alzò il viso.
Divenne completamente rossa, quando si accorse che, avanti a lei, vi era Luca.
- Ti cercavo - fece il ragazzo, prendendola per le braccia.
- Stavo per andare a riposare... mi sento poco bene - cercò di dileguarsi.
Ma lui sembrava intenzionato a non farla scappare questa volta.
- Mi... mi fai male - disse lei, abbassando lo sguardo per non guardarlo, per evitare di scoprirsi troppo.
- Siete molto delicato Leonardo... vi fate male con poco... - sembrò prenderlo in giro.
- Se avessi voluto essere forte... sarei nato come primo figlio e mi sarei dato al combattimento... non alla vita monastica... - si difese e lo spinse via.
Si coprì meglio il viso e si dileguò lungo lo stretto corridoio.
Luca immediatamente gli corse dietro, riprendendola per il braccio.
- Ok,  ok colpa mia, sono stato indisponente... chiedo perdono... - disse e, involontariamente, finì con il placcarla al muro, per essere sicuro che non scappasse di nuovo.

- Non voglio farti alcun male, solo scambiare due parole da soli... sembri molto più disposto al dialogo del tuo compagno - continuò.
- Di cosa devi parlare? - domandò allora lei, sperando che in questo modo, lui la lasciasse andare via. 
Quella posa, non era certo la più consona a due preti.
- Di quello che è successo... non vi ho visto particolarmente... come dire... colpiti... dalla cosa... -  ammise, avvicinandosi di più a lei e al suo viso.
Ines voltò lo sguardo altrove.
Poteva sentirne il respiro, il profumo di pulito e i suoi occhi chiarissimi, puntati su di lei. Si sentiva inerme, come se fosse nuda.
- Siamo nuovi... non conoscevamo bene il poveretto... ma questo non vuol dire che la sua morte non ci abbia colpiti! Non siamo mica fatti di pietra... – rispose.
- Infatti come molti altri... ci siamo dovuti allontanare... non essendo abituati a tale scene...

Luca continuò a guardarlo.
- Non vi ho mai visto in volto, davvero... perchè vi nascondete? - chiese.
Ines spalancò gli occhi e sentì il cuore martellarle nel petto e il sangue premere contro le tempie. Sudore freddo cominciò a colarle lungo la schiena e un senso di panico la pervase.

Cosa ti importa sapere che viso ho? Tanto mica mi devi sposare che devi vedermi! 

- Lasciami!  Ho detto lasciami! - si agitò.
Lui la tenne stretta.
- Ehi ehi buono! Tutta questa forza all'improvviso? Avete davvero un così orribile segreto da nascondere o un faccino troppo bello da poterlo mostrare a qualcuno? - lo prese nuovamente in giro - A giudicare dalla delicatezza della vostra voce e della vostra forza, giurerei che siate un signorino... non è vero? 
Avvicinò una mano al cappuccio dell'altro, che ancora tentava di divincolarsi come una biscia alla sua presa. Quando sentì il tessuto sotto le sue mani, lo strinse, iniziando a calarlo.

 

Bea era entrata nella cappella e si sedette alla fila centrale.
Fece un profondo respiro e si lasciò cullare dal silenzio del luogo. Un pò di tranquillità, era quello che il suo animo chiedeva da numeroso tempo oramai.
Forse non aveva mai avuto un vero momento di tranquillità da quando era scappata da Madrid con Ines. Neanche uno da quando aveva deciso di porre fine alla vita di suo fratello.
Sempre in fuga, sempre a doversi guardare le spalle. Essendo la più forte, aveva dovuto prendersi cura anche di sua cognata; lo continuava a fare tutt'ora, anche se l'altra sembrava, ormai, più tranquilla e spensierata di prima.
Ne era felice.
Chiuse gli occhi e si mise in ascolto.
Gli uccelli in lontananza. I raggi del sole che penetravano dalle vetrate e le scaldavano le spalle e il viso, rendendolo splendente. L'aria che sapeva di incenso e polvere, nonchè di pittura, per i numerosi quadri ed affreschi all'interno. L'olio che aveva da poco finito di bruciare l'ultima fiammella delle lanterne.
Odori di casa, nonostante tutto.
La facevano sentire bene.

Poi, subentrò un odore diverso, che stonava con tutto il resto.
Un odore di buono. Di viola selvatica e di bosco. Odore di uomo. Un odore che non sarebbe dovuto essere lì in quel momento.
Si voltò di scatto, ma non vide nessuno a parte lei.
Si alzò e si mise a guardare bene in giro, percorrendo il colonnato, guardando ogni angolo, anche il più in ombra.
-  C'è qualcuno? - chiese.
Nessuna risposta. Eppure l'odore persisteva e si faceva sempre più intenso.

Adesso era come se fosse alle sue spalle.
Un brivido di paura, gelido come la morte, la percorse.
Cosa diavolo c'era li insieme con lei?
Si voltò nuovamente di scatto.
Ancora nessuno. Solo un grosso Cristo crocifisso che la guardava dalla sommità della croce.
Era spaventosamente vero.
Abbassò lo sguardo. Si sentiva come messa a giudizio da quel viso straziato dal dolore dei chiodi.
Andò quindi a sedersi di nuovo e sentì il bisogno di pregare.

Pensi che quello ti potrà mai salvare? -

Era una voce baritonale e profonda, che sembrava provenire dall'oltretomba.
Aveva un timbro di scherno.

Una voce che lei conosceva bene.
Cominciò a respirare a grandi boccate, sentendosi mancare l'aria nei polmoni.
- Non sei reale... lo so... è impossibile... io ti ho visto! - fece lei chiudendo gli occhi.
Una risata cattiva riempì la cappella.

Prima di dire che una persona morta... è morta... dovreste assicurarvene... tu e l'altra... - continuò - E vi renderete conto di cosa può fare un morto davvero incazzato - sussurrò.

Lo sentì. Era davvero dietro di lei.
- Che vuoi fare? - chiese.
Voglio riavere ciò che è mio... e lei è mia... lo sai tu e lo sa anche Dio... farò scendere le tenebre su questo posto, finchè lei non tornerà... - promise.
- Lasciala in pace... ha sofferto abbastanza! - urlò lei e si voltò per la terza volta.
Non vide suo fratello, al contrario, poco lontano, apparve la figura di Alessandro.

- Mi stavate spiando maledetto? - chiese lei in un ringhio - Vi divertite a fare scherzi idioti?
Il ragazzo sembrò non capire. Scosse la testa.
- Ero solo venuto a parlare con te... non ti stavo spiando Adriano... ho sentito urlare e sono accorso... - spiegò.
Bea prese fiato e tornò a sedersi pesantemente sulla panca, si passò una mano sul viso, cercando di controllare il tremolio del suo corpo.

Ivan... era vero, ne era sicura, non lo aveva immaginato.

Era lì. E voleva Ines.




NOTE DELL'AUTRICE
Buonasera a tutti!
Come direbbe una persona che conosco "ogni tanto le persone si rifanno vive".
Beh, penso di poter dire che è proprio il mio caso.
Mi dispiace poter dedicare solo pochissimo tempo alla scrittura ma l'università non mi permette di fare altrimenti; purtroppo il tempo libero sono costretta a crearmelo e non è granchè come cosa.
Comunque cercherò di essere più presente, farò il possibile.
Ringrazio chi continua a seguire le mie storie e coloro che mi lasciano un commento: mi fa sempre piacere leggere i vostri consigli, critiche e pareri.
Ho creato anche una pagina facebook per restare meglio in contatto con i lettori e sulla quale posterò il link dei capitoli di nuovi dei miei scritti ancora incompleti.
¤Simply your dreamer LeLe_Sun¤
Quest è il link della pagina, se viv a di fare un salto (è appena nata quindi ancora un pò spoglia xD)
Grazie mille a tutti, alla prossima

LeLe_Sun

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Capitolo 4
*** La storia di Luca e Alessandro ***


La storia di Luca e Alessandro


Fratello Alessandro non riusciva a capire quale fosse il motivo di tanta ostilità nei suoi confronti da parte di quel frate straniero.

Se non fosse stato per la sua padronanza di se e i suoi modi gentili, seppur qualche volta in contraddizione con i suoi nudi e crudi pensieri, avrebbe già mandato Dio sa dove quel frate da strapazzo, burbero e per niente alla mano. Tuttavia, una profonda curiosità e un alone troppo spesso di mistero lo spingevano ad avvicinarsi sempre più a quella figura incappucciata che adesso giaceva immobile nel banchetto, dal quale proveniva solo il rumore di un respiro irregolare.

Il bel frate moro si avvicinò cautamente, sapendo che l’umore di fratello Adriano poteva cambiare da un momento all’altro. Si aspettava infatti di vederlo alzarsi e tentare di scappare come sempre.

E quando il frate si accinse a fare quello che lui si aspettava, non si fece cogliere impreparato. Si mise davanti alla porta, bloccando l’uscita.

Adriano, poteva sentirlo, tremava leggermente, e quando parlò, la sua voce non uscì tagliente e dura come sempre, ma più debole. Quasi come se fosse… indifesa. Violata.

-Lasciatemi passare- disse il frate straniero, cercando di aprirsi un varco senza però mai sfiorare il suo compagno.

Alessandro, che si era intestardito a cavargli dalla bocca il motivo di tanto astio, cedette all’impulsività e fece una cosa che rimase di stucco soprattutto se stesso, per primo. Chiuse la porta della cappella, sbarrandola con l’asse di legno, che sollevò come se fosse una piuma.

-Adesso sarai costretto ad ascoltarmi Adriano- cominciò avendo già la vittoria nel cuore. Era assolutamente intenzionato ad approfittare di quel momento di debolezza del frate, deciso a saziare la sua curiosità a qualunque costo.

 

Bea si sentiva malissimo. Aveva appena scoperto che il motivo per cui erano state costrette a fare una vita da fuggiasche era ritornato. Più forte e spietato di prima.

Pur cercando di calmarsi, non riusciva a smettere di tremare violentemente, anche se all’apparenza poteva sembrare che fosse solo un leggero tremito.

E, come se non bastasse, i tentativi di interrogatorio da parte del frate moro davanti a lei non erano finiti. Solo guardandolo, Bea aveva capito che questa volta era davvero intenzionato a scoprire tutto, a partire dal motivo per cui lei e sua cognata erano li e finire al motivo per cui erano tanto asociali, come dicevano loro. E lei, in questo momento, si sentiva vulnerabile e terribilmente esposta, e aveva paura che qualsiasi parola o gesto avrebbe potuto tradirla.

Invano aveva cercato di aprirsi un varco ed andarsene, senza affrontare quel frate con cui lei era sempre stata fredda e diretta, ma non ci era riuscita.

Lui l’aveva in trappola.

Arresasi ormai alla situazione, si schiarì la gola e cercò di parlare con voce calma e limpida, senza successo. Risultava ancora scossa dallo shock di poco prima.

-Per oggi farò un eccezione solo perché non sono in vena di polemiche fratello Alessandro. Spero che arriviate al punto senza dilungarvi molto-gli disse con lo sguardo incollato al suo mento.

Quello, turbato evidentemente dalla sua inaspettata disponibilità, si passò una mano tra i capelli arruffati, diffondendo nell’aria un forte odore, un odore muschiato. Poi parlò.

-Perché stai tremando?-fu la prima domanda che pose.

Bea si paralizzò. Si aspettava tutto, fuorchè che lui notasse il suo stato d’animo.

Deglutì silenziosamente, scegliendo con cura le parole per formulare una risposta che potesse toglierlo di torno alla svelta.

-Mi sento accaldato, dovrò avere la febbre. Gradirei andare a riposare per non aggravarmi di più- rispose lei con voce più ferma. -Se voi vi decideste a lasciarmi passare, ovviamente- finì con una nota di sarcasmo.

Fece per girargli intorno ma il frate la bloccò con una presa forte e salda. Bea si morse la lingua, cercando di non pensare ai lividi che sarebbero comparsi sulla sua pelle delicata, bianca più della neve.

-Lascia che ti aiuti. Riesco a capire quando qualcuno ha la febbre-disse avvicinandola a se.

Con molta calma, il frate cominciò a spostare il cappuccio, scoprendo la fronte della ragazza.

Poi, poggiò delicatamente le sue labbra carnose sulla fronte di lei.

Bea aveva lo sguardo incollato al pavimento, incapace di muoversi e anche di respirare. Aveva paura di svenire da un momento all’altro per l’accumularsi di emozioni contrastanti, pregando che i suoi riccioli ribelli rimanessero al loro posto, senza muoversi nemmeno di un millimetro.

 

Quando Luca afferrò il cappuccio con l’intenzione di scoprirle il viso, a Ines si fermò il cuore. Si malediceva con tutta se stessa per essere stata così stupida a non essere andata via subito quando ancora poteva, rimpiangendo quella parte di lei che l’aveva obbligata a rimanere.

Un senso di terrore la pervase, al pensiero di quello che aspettava non solo a lei, ma anche a sua cognata, la forte e coraggiosa Bea che si era presa cura di lei e che si era sempre raccomandata la discrezione e l’attenzione fin dal loro arrivo nel monastero.

E lei, invece, cosa aveva fatto?

Aveva rovinato tutto.

E aveva tradito la sua fiducia, dimostrandosi una bambina vittima delle passioni umane.

Bea, pensò, perdonami...

Un rumore sordo le fece aprire gli occhi. Luca si era allontanato, guardando un punto fisso sul pavimento con occhi sbarrati. Ines seguì il suo sguardo, curiosa ma anche sollevata che la tragedia che aveva temuto non fosse accaduta.

Sul pavimento, leggiadro e aggraziato come il più bello degli animali, giaceva un gatto. Era nero come la notte e con un espressione particolare. Ma non fu questo che le fece raggelare il sangue. Gli occhi dell’animale erano rossi come il sangue.

-Il male è tra noi…-  disse Luca, in un sussurro quasi inudibile.

Ines trasalì e si girò verso di lui. -Cosa… cosa hai detto?- gli chiese alzando un po’ la voce.

Lui la guardò, non accorgendosi che il cappuccio era stato messo a posto. I suoi occhi, verdi come foglie di quercia, erano spalancati, le pupille dilatate.

-Il male è in agguato… ci osserva…- finì lui, indicando la bestia nera ai suoi piedi.

Ines ebbe giusto il tempo di vederlo farsi il segno della croce, che il frate biondo sparì, seguito dal gatto che si perse nell’ombra.

 

Alessandro si stava beando totalmente del calore che il corpo di quel frate straniero emanava. La fronte, liscia e senza nessun segno, scottava tantissimo e sicuramente Adriano aveva la febbre. Tuttavia non riusciva a staccarsi, pensando che quella era la prima volta che loro due non litigavano, e questo lo rincuorava. Allora non era cosi burbero come voleva dare a vedere. E ne era felice.

Dopo tutti gli sforzi che lui e Luca avevano fatto per avvicinare quei due, finalmente erano stati ripagati. In quel momento, desiderava dimostrare a Samuel che si era sempre sbagliato sul loro conto.

Non riusciva però a capire come mai Adriano si tenesse lontano con le mani poggiate sul suo torace, quasi avesse vergogna. Non che avesse torto.

Se qualcuno li avesse visti in quegli atteggiamenti, avrebbe sicuramente frainteso.

E allora perché a lui non importava?                               

Mentre pensava che probabilmente stava diventando pazzo, la voce del frate straniero lo ridestò, distogliendolo dai suoi pensieri.

-Adesso potreste lasciarmi se non vi dispiace?- disse, allontanandosi appena lui allentò la presa. Sembrava imbarazzato ma non arrabbiato.

-Dovresti andare a riposare. Credo che tu abbia la febbre alta e…- ma non riuscì a finire la frase. Luca apparve correndo e lo guardava con occhi sbarrati.

-Alessandro… vieni.. subito…- disse al frate di fronte a lui e, prendendolo per il saio, lo trascinò dietro di se, con una foga tale che quasi lo fece cadere a terra.

Quando i due sparirono dietro l’angolo, Bea fu sopraffatta dal terrore.

-Ines!- urlò, correndo verso la loro cella.

 

-Luca, si può sapere che hai?- ansimò Alessandro, seduto sul suo letto, in cella.

Guardava senza capire il frate biondo dagli occhi verdi, ancora spalancati, quasi volessero fuoriuscire dalla orbite. Sembrava paralizzato e sotto shock.

Il frate moro si alzò e lo strattonò, facendosi guardare . -Allora?- gli chiese di nuovo, impaziente.

Facendo un respiro profondo, Luca si decise a parlare. -Succederà qualcosa di terribile, come l’ultima volta- disse tutto d’un fiato.

Alessandro non capì e si chiese se per caso il sole avesse dato alla testa al suo coinquilino. Ma quello sembrava essere convinto al cento per cento delle sue parole.

-Luca, spiegati meglio per favore, perché non ci sto capendo un bel niente-continuò lui, esasperato. La verità era che gli dava fastidio che il suo amico lo avesse interrotto con fratello Adriano.

Mettendosi le mani nei capelli come a volerli strappare, Luca lo guardò con il terrore negli occhi. E fu proprio quando Alessandro fece per andarsene che la disse. Una parola che risvegliò in lui la tragedia di pochi anni prima, l’asilo che erano stati costretti a chiedere per non essere impiccati.

Gatto.

 

Sassari,Sardegna,15 luglio 1455.

Quell’estate non era mai stata cosi afosa e soleggiata. I giovani loro compagni si davano alla bella vita, come qualsiasi uomo che si rispettasse: un buon banchetto, belle donne, ricchezza.

Alessandro Castro e Luca Serrano non avevano niente da invidiare agli altri giovani. Il primo, capelli neri e occhi profondi più della notte, era il discendente di una delle più potenti famiglie siciliane e, come lo zio, possedeva un’indole forte e schietta, un innato coraggio e un utile autocontrollo; il secondo, invece, era l’opposto del primo, biondo con gli occhi verde scuro, dal carattere riservato.

Entrambi si erano conosciuti ad un torneo a cui parteciparono i più abili cavalieri della provincia.

Quando Alessandro aveva vinto, Luca, senza rancore, si era congratulato.

Dopo aver pranzato insieme e dopo che il signorino Serrano fu ospite per due mesi dei Castro, i due ragazzi si consideravano l’un l’altro come due fratelli.

In occasione di quella particolare stagione, i due decisero di riservare le loro attenzioni alla Sardegna, la patria del sole e delle belle donne.

Le prime settimane erano trascorse nel migliore dei modi e Alessandro, il più espansivo dei due, aveva conosciuto la bellissima figlia del conte Delussu, uomo burbero e gelosissimo.

I due giovani si vedevano in segreto ogni settimana, approfittando che il conte avesse ogni giorno un impegno diverso.

Luca, dal canto suo, passava le giornate all’aria aperta, allenando il suo giovane corpo al combattimento nel giardino della famiglia Delussu mentre i due ragazzi coltivavano il loro amore. Fu allora che Luca lo vide: un gatto nero come la notte, occhi rossi come il fuoco.

Lui lo guardò, pensando a quanto fosse bizzarra quella bestia, e riprese ad allenarsi senza pensarci più di tanto. Ma fu quello il suo errore.

Il 15 luglio doveva tenersi un’importante battuta di caccia, guidata dal conte in persona, e la figlia, Erika, non aspettava momento migliore.

Mandò la sua serva da Alessandro e gli diede appuntamento nelle sue stanze, quella mattina.

Entrambi fremevano di aversi come sempre ma un’amara sorpresa li attendeva dietro l’angolo. La stessa serva, che sapeva da settimane degli incontri segreti dei due giovani, li aveva traditi.

Alessandro, ancora ignaro, aveva raccontato all’amico di quanto fosse innamorato e di quanto desiderasse sposare quella giovane di ricca famiglia, bellissima e dolce.

Ma non sapeva che la sua era solo una facciata.

La ragazza infatti, messa alle strette dal padre che aveva scoperto che lei non era più vergine, era stata obbligata a puntare il dito contro qualcuno. E quel qualcuno era proprio il nobile discendente dei Castro.

Aveva confessato al padre di essere stata vittima del nobile Alessandro Castro, che il bel giovane l’aveva sedotta contro la sua volontà e la serva, senza vergogna della vile menzogna appena detta, appoggiò la versione della sua padrona, sperando, in quel modo, di rimediare all’errore commesso poco prima. Anche il giovane Luca Serrano era a conoscenza della storia ma aveva minacciato di ucciderle se mai ne avessero fatto parola.

Il conte, infuriato, andò da solo a cercare i giovani che, saputa la storia, in un attacco d’ira ma, più che altro, di disperazione, avendo paura che ciò potesse gravare sulla loro reputazione e sui loro regni, lo uccisero.

Spaventati dalle possibili conseguenze e per paura di essere impiccati per aver ucciso il più ricco e famoso signorotto della provincia, partirono nella notte facendo un voto: si sarebbero rinchiusi in monastero, lasciandosi alle spalle tutta questa storia, sperando di dimenticarla.

Ma Luca non dimenticò mai il gatto, neanche dopo averlo detto al giovane Castro.

Quegli occhi di fuoco rimasero impressi nella sua mente.




NOTE DELL'AUTRICE
Salve a tutti!
Mi scuso enormemente per il ritardo ma i vari impegni con il lavoro e l'università mi portano via il tempo e mi rovinano la vita sociale.
Spero che qualcuno di voi mi lasci un commento col proprio parere, mi farebbe piacere!
A presto

LeLe_Sun

ps: questa è la mia pagina facebook, per chi volesse passare ¤Simply your dreamer LeLe_Sun¤

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