Acrucis - I Segreti dello Stagno dei Ricordi.

di Charlotte_Insane
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chapter 1. ***
Capitolo 2: *** Chapter 2. ***
Capitolo 3: *** Chapter 3. ***



Capitolo 1
*** Chapter 1. ***



Acrucis.

I Segreti dello Stagno dei ricordi.

 


 
Chapter 1.
 



La notte scese, cupa e misteriosa, soffocando gli ultimi raggi di sole della giornata.
Un rumore sordo squarciò il silenzio.
Un lampo fece schiarire il cielo.
Un uomo esalava il suo ultimo respiro, mentre il sangue sgorgava dalla ferita che gli squarciava il petto.
La spada che lo aveva ucciso cadde a terra, Luna sbiancò in viso, pentendosi del gesto che aveva appena commesso e corse via. Scappò, lasciandosi quel cadavere alle spalle.
Solo all’alba il corpo fu scoperto.
Per tutto il regno, quello era giorno di lutto.
Il re era morto, nessun erede avrebbe preso il suo posto, quale futuro attendeva i sudditi?! Il popolo sarebbe insorto, l’anarchia avrebbe regnato.
E fu così, per più di vent’anni.
La regina aveva ucciso suo marito, ma non era consapevole, a quel tempo, di portare in grembo un bambino.
Alexander, questo fu il nome che diede al neonato, lo crebbe con amore, ma addestrandolo alla guerra ed istruendolo nelle arti magiche, che lei stessa padroneggiava.
Alexander, tanto simile a sua madre, con gli stessi occhi verdi e i capelli biondi, che teneva lunghi, con qualche ciuffo che, inesorabilmente, gli finiva sempre sul viso.
Era un ragazzo forte ed agile, ma, non conosceva il mondo oltre la piccola casa, nell’immensa foresta, dove sua madre lo aveva cresciuto.
La donna, si era rifugiata in quel luogo, preoccupata per le conseguenze delle sue azioni, ma solo in minima parte, poiché tutto ciò che voleva era proteggere suo figlio, quel ragazzo che cresceva ogni giorno di più, sotto i suoi occhi.
Di una cosa era contenta, Alexander non somigliava nemmeno minimamente a suo padre.
Ciò, bastava a rallegrare il suo animo.
Il giovane, ignorava le sue nobili origini.
Lui, figlio unico di re Dominic III e della regina Luna, figlia del precedente re Nicholas VII.
Mai, il ragazzo si era posto domande sul mondo esterno, se solo i suoi occhi non avessero visto l’orrore.
Fin da piccolo, sua madre lo aveva tenuto lontano dalla parte sud della foresta. In molti sostenevano che una sorte terribile attendesse coloro che decidevano di addentrarsi in quel luogo. Ma non era questa la preoccupazione della donna, bensì un’altra. In quel luogo si trovava un piccolo specchio d’acqua, un tempo era un bellissimo lago, ma qualcosa lo aveva prosciugato, lasciando poco o niente di quelle acque cristalline, se non uno stagno.
Lo Stagno dei Ricordi.
Tutti lo chiamavano così, perché sostenevano che quello fosse il luogo dove il passato si rifugiava, con i suoi errori, con le sue battaglie, le sue vittorie e le sue sconfitte.
Alexander evitava con cura quella zona, preoccupato per le maledizioni che portava.
In una tranquilla mattina di fine novembre, era intento a cacciare nella foresta, sua madre, come al solito, attendeva a casa il suo ritorno, da alcuni giorni pareva molto, molto concentrata nella preparazione di una pozione alquanto misteriosa per Xander, lui non conosceva molte pozioni, se non quelle che sua madre gli aveva fatto imparare quando era bambino, quelle le conosceva così bene da poterle preparare anche con gli occhi bendati.
Senza accorgersene, si era avvicinato ad un misterioso specchio d’acqua, non riusciva a riconoscere la zona in cui si trovava, segno che doveva essersi allontanato dal suo solito percorso.
Da bambino, con un piccolo pugnale, aveva inciso su alcuni alberi dei segni, per potersi orientare da solo, senza che sua madre si preoccupasse troppo.
Luna era una donna apprensiva e, dato il suo passato, aveva tutte le ragioni per esserlo.
Alexander fissò l’acqua e tese una mano sfiorandone appena la superficie, in quel momento si accorse che il suo riflesso non compariva, solo allora capì di cosa si trattava ed indietreggiò appena, vagamente intimorito da ciò che quelle acque celavano.
Si voltò, vide il sacco con le prede catturate, pensò a sua madre e alle mille leggende e storie che era solita raccontargli.
Una sera d’estate, aveva letto fra i libri di magia di Luna del luogo dove i segreti vengono celati agli occhi degli uomini, la cosa lo aveva incuriosito, aveva appena 8 anni all’epoca, si avvicinò alla madre, intenta a preparare la cena, con quel libro.
“Madre.. che cos’è lo Stagno dei Ricordi?” gli aveva domandato incuriosito, sua madre lo aveva guardato con una nota di severità negli occhi, poi gli aveva preso il volume dalle mani e lo aveva riposto con cura su un ripiano molto alto, per tenerlo lontano dagli occhi del figlio.
“A nessuno è dato sapere cosa si cela in quello stagno, anche solo toccare le sue acque può privarti di tutta la tua magia.” Aveva aggiunto poi, impassibile.
Il bambino non aveva risposto, ma, il giorno dopo, mentre sua madre dormiva ancora, aveva ripreso quel libro, era un antico manoscritto, la cui copertina era rivestita in pelle nera.
Cercò di ritrovare il capitolo che stava leggendo la sera prima, sempre più incuriosito da quella storia, ma non aveva fatto in tempo a trovarlo, che sua madre si era svegliata.
Prontamente, aveva nascosto il libro, quando sua madre se ne accorse non disse nulla, si limitò a guardare suo figlio
“Tesoro mio, cosa ti affascina tanto in quel luogo misterioso?” gli aveva domandato rassegnata, sapeva che non sarebbe mai riuscita a tenere a freno la curiosità del piccolo Xander.
 
Scosse la testa ripensando a quei momenti ormai lontani.
Deciso a capire qualcosa riguardo a quella storia prese la sua fida bacchetta, pensò ad un incantesimo semplice, aveva toccato l’acqua, quindi i suoi poteri sarebbero dovuti sparire.
“Lapis Vivus.” Sussurrò puntando l’oggetto verso un sasso, quello parve reagire, una crepa si formò sulla cima, e la roccia si schiuse come un uovo da cui uscì un piccolo animale simile ad un uccello, ma interamente fatto di pietra, il pulcino si avvicinò pigolando.
La mente di Xander  si annebbio, in un gesto istintivo prese l’acqua fra le mani e la fece cadere nuovamente nello stagno, dei cerchi incresparono la superficie, un riflesso comparve facendosi sempre più nitido. Vide un luogo sconosciuto, fatto di mura di pietra dove un uomo non più giovane se ne stava in piedi tenendo una spada fra le mani, dietro di lui c’era una ragazza, piangeva e aveva il volto nascosto fra le mani, ma Xander capì di chi si trattava  facilmente sia dalla folta e lunga chioma bionda, sia da una piccola croce nera incisa sulla mano pallida.
“Madre…” Sussurrò appena, continuando a guardare, le immagini che seguirono erano confuse, annebbiate, vide la madre prendere la spada dalle mani dell’uomo, trafiggerli il petto e poi fuggire.
Il riflesso svanì e le acque divennero nere. Anche la sua mente si fece buia, si alzò, raccolse il sacco e corse via, diretto verso il luogo che fino a pochi secondi prima avrebbe definito casa.
Una volta giunto sulla soglia, spalancò l’uscio, sua madre lo guardò stranita, ma lui non le diede il tempo di dire nulla, subito prese la sua bacchetta e gliela puntò contro.
“Voi! Siete un’assassina! Avete ucciso, come avete avuto il coraggio di compiere un simile gesto?!”
Le urlo conto, la donna rimase pietrificata incapace di dire qualsiasi cosa, ma consapevole di ciò che sarebbe successo di lì a poco, chinò la testa, rassegnata.
“Tesoro, tu non sai, sono tante le cose che non conosci di questo mondo.” Aveva sospirato la donna  guardando il figlio dritto negli occhi.
“Questo è perché voi, mi avete tenuto all’oscuro di tutto, segregandomi qui come un animale in gabbia, solo ora capisco il perché di tutti quei segreti, avete sempre cercato di proteggermi dal mondo esterno, ma non ho mai avuta alcuna protezione da voi.” Disse  con la voce rotta, non diede il tempo alla donna di rispondergli, se ne andò sperando di poter, un giorno, dimenticare.





Eccomi qui, non penso ci sia nulla da dire, questa storia mi fa venire sempre parecchi dubbi, ma ho scelto di pubblicarla ugualmente.
Mi farebbe piacere ricevere qualche commento, delle recensioni, che mi aiutino a migliorare e mi facciano capire se la storia sta andando nella gisuta direzione.
Grazie a tutti coloro che hanno letto e che spero mi seguiranno.
A presto e baci
Charlotte_Insane.

 

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Capitolo 2
*** Chapter 2. ***



Chapter 2.
 


Alexander, camminò a lungo fra quegli alberi che gli erano tanto familiari, poi, si sedette su di un tronco rovesciato, abbandonò la testa fra le mani, non riusciva a formulare alcun pensiero in quel momento, continuava a vedere sua madre mentre uccideva quell’uomo, una domanda si fece largo nella sua mente, si domandò chi fosse. Ma non era in grado di darsi alcuna risposta, non da solo almeno, sarebbe dovuto tornare in quel luogo, ma qualcosa lo bloccava.
Un rumore lo distolse da quei pensieri, si voltò e vide uno strano pulcino pigolare, lo riconobbe subito, quell’animaletto lo aveva seguito per tutto il tempo.
Tese una mano e il pulcino ci saltò su, cominciando a pigolare felice, un lieve sorrise si aprì sul volto del ragazzo. Un sorriso innocente, e per un secondo si dimenticò di tutta quella storia.
 
Era una mattina d’estate, il sole splendeva alto nel cielo e non una nuvola copriva il sereno, Xander ricordava bene quelle giornate passate con sua madre, l’unica persona di cui si fidava, forse aveva sbagliato, ma in fondo un bambino che cosa ne sa: dei segreti che sua madre nasconde, delle bugie che gli racconta o di come il mondo sia diverso oltre le sicurezze che lei crea.
Forse lui era ancora un bambino, aveva l’aspetto di un uomo, ma era ingenuo, troppo ingenuo.
 
Si riscosse dai suoi pensieri, non c’era tempo per il risentimento, per le paure, per le insicurezze o per le incertezze. Guardò il pulcino che si era accoccolato nella sua mano, con un dito gli sfiorò il capo accarezzandolo
“Devo andare, ho bisogno di risposte. Tu resta qui, al sicuro.” Il pulcino scosse il capo con disapprovazione, il ragazzo sospirò e si lascio sfuggire un altro sorriso
“E va bene, vieni con me!” Il piccoletto pigolò felice
“Sai, penso che ti chiamerò.. Emil!” esclamò il ragazzo, l’uccellino sembrò osservarlo perplesso “Non fare quella faccia, è un bel nome!” continuò imperterrito, solo in quel momento si rese conto dell’assurdità della situazione e si lasciò sfuggire un’altra risata.
 
Luna era rimasta sconvolta dal comportamento e dal tono del figlio. Così, su due piedi, magari avrebbe anche potuto dargli ragione, ma, visto che quella storia la conosceva fin troppo bene, non poteva non difendere la sua posizione e le sue ragioni.
Un pensiero si insinuò fra tutti gli altri. Avrebbe voluto spiegargli ogni cosa, ma non poteva. Il solo ricordo di quel periodo la faceva rabbrividire, il suo unico pensiero e scopo, da quando suo figlio era nato, era stato quello di proteggerlo, non le importava più di essersi sporcata le mani di sangue, non temeva la giustizia del suo ex-regno da molto tempo ormai.
Giustizia, che parola grossa per descrive i giudizi e le decisioni che venivano presi dal Re e dai suoi sottoposti.
Doveva continuare a proteggerlo, e lo avrebbe fatto. Ad ogni costo.
Si avvicinò al calderone sul fuoco, dal quale fuoriusciva un fumo denso dai riflessi verdi.
Prese una boccetta di vetro e la riempì con la pozione a cui da giorni lavorava.
Quello era uno dei veleni più potenti fra quelli conosciuti, una sola goccia poteva sterminare un intero villaggio.
Prese la boccetta, e il suo mantello nero, se lo poggiò sulle spalle, non voleva che la gente della città la riconoscesse, anche se erano passati vent’anni, era consapevole del fatto che il suo aspetto non era mutato molto, lei, appena diciassettenne era diventata regina, sposata ad un uomo spietato, assetato di potere, ma anche molto stupido. Queste cose erano state alla base della sua rovina, per questo, dopo appena tre anni la sua vita si interruppe prematuramente.
Luna stava per uscire, quando si bloccò di colpo. Lo sguardo le era caduto sulla sua mano sinistra, sulla quale vi era incisa una croce nera che puntava verso l’esterno, come se fosse stata una spada pronta per essere impugnata. Quello sarebbe stato un segno distintivo per lei, tutti i membri della famiglia reale portavano lo stesso segno, appena nati, i bambini della sua casata venivano marchiati, così da potersi sempre distinguere dagli altri.
Con un gesto rapido, aprì un cassetto e ne tirò fuori dei guanti neri di seta, erano l’unica cosa della sua vecchia vita che aveva tenuto. Se li infilò, così da coprire e nascondere la croce, e poi uscì.
Non aveva altra scelta, sarebbe tornata in città.
 
Xander si alzò in piedi e si appollaiò Emil su una spalla, non aveva altra scelta, doveva tornare a casa ed affrontare sua madre, chiederle spiegazioni e magari, questa volta, ascoltarla, senza fuggire via, come un vigliacco.
Si incamminò per la foresta, si era allontanato abbastanza, e mentre cercava il sentiero che era solito percorrere, si ritrovò davanti allo Stagno dei Ricordi, lo osservò appena per poi proseguire, non se la sentiva di guardare ancora quelle immagini. Chissà quante altre scene simili si celavano in quella che era poco più che una pozza d’acqua, o almeno all’apparenza era così.
Prima di entrare in casa, Xander, si affacciò alle finestre, per controllare che ci fosse qualcuno, quando aprì la porta, però, la trovò vuota. Sospirò e si sedette accanto al caminetto, l’odore acre e pungente della pozione accanto a lui, gli pervase le narici e fu costretto ad allontanarsi.
Lo sguardo gli cadde, inevitabilmente, su una mensola abbastanza alta, allungò il braccio ed afferrò un grosso libro nero, che conosceva fin troppo bene.
Per anni aveva evitato di leggere quelle pagine, ma adesso erano l’unico modo che aveva per scoprire qualcosa su quella storia e magari anche su di se.
Si sedette al tavolo ed aprì il volume, ma appena tento di voltare una pagina quella si sgretolò, divenendo polvere, in meno di un secondo, anche il resto del libro fece la stessa fine, fu in quel momento che il ragazzo capì che sua madre aveva preso delle misure di sicurezza per simili evenienze.
Non aveva scelta adesso, doveva recarsi in città, solo lì avrebbe potuto sperare di trovare delle risposte concrete a tutte le domande che avevano cominciato ad affollare la sua mente.
Non era certo di conoscere il percorso da seguire, ma lo avrebbe trovato.
Prese una borsa e ci infilò dentro un libro di incantesimi, un paio di boccette contenenti delle pozioni semplici, una per annullare gli effetti dei veleni degli animali ed un’altra che non riconobbe, forse era poco prudente da parte sua, ma prese anche un po’ della pozione che bolliva sul fuoco.
Chissà, magari l’avrebbe testata e gli sarebbe anche tornata utile.
Non prese altro, ne cibo ne altro, si rimise il suo mantello verde scuro ed uscì con l’uccellino al seguito. Era strano, ma riusciva a volare molto bene, ed era anche parecchio veloce.
Xander seguì il sentiero per un bel po’, per la prima volta notò che si interrompeva in modo molto brusco, proprio davanti ad una grossa quercia.
“Che strano.. sembra voler bloccare il passaggio, o forse, vuole proteggere qualcosa.” Rifletté il giovane, afferrò la sua bacchetta, conosceva un incantesimo che avrebbe potuto aiutarlo in quel momento. “Ostendo Via.” Esclamò, la terra parve tremare, mentre l’alberò si spezzo in due metà, cadendo a terra, la strada proseguiva indisturbata, ma c’era qualcosa di diverso.
Gli alberi che aveva davanti gli parvero strani, non riusciva a riconoscerli.
Il piccolo Emil gli batté la testa contro il collo per incitarlo a proseguire lungo il suo cammino.
“Oh.. hai ragione, non posso fermarmi adesso.” Esclamò superando ciò che rimaneva della quercia.
 
Luna era giunta in città da un po’ ormai, senza farsi notare, si era addentrata fra le varie vie, ma non aveva ottenuto alcun risultato.
Non sapeva più dove cercare, così, decise di fare una scelta pericolosa.
Percorse una lunga strada, che la portò di fronte al palazzo reale, sospirò pesantemente lasciandosi andare ad un ricordo ormai sbiadito.
Chiuse gli occhi ricordando le risate felici di due bambini innocenti, correvano nel giardino, lei correva fra quei cespugli ben curati, dietro di lei, un bimbo più piccolo, gli occhi verdi e i capelli biondi, proprio come i suoi.
Poi le risate si spezzarono, quando il bambino inciampò.
“Ti sei fatto male?” gli domandò la sorellina chinandosi davanti a lui, il più piccolo scosse la testa e si rimise in piedi, come se nulla fosse.
Poi udirono una voce adulta, non era preoccupata, ma severa. Una donna con gli stessi capelli biondi, ma con gli occhi neri imperscrutabili, si avvicinò a loro.
“James, torna subito dentro!” gli ordinò, il bambino annuì e corse via mentre sua madre si rivolgeva ad una serva che le stava accanto “Camille, va dentro e curalo, domani ci sarà un evento importante, non è così Luna?” questa volta si voltò verso la bambina che rimase in silenzio.
La sera successiva, era in programma una festa da ballo, non una di quelle che la regina Sophie era solita organizzare, questa era per il compleanno della piccola Luna, che il giorno seguente avrebbe compiuto undici anni, suo fratello ne aveva appena sette, perciò, lei sarebbe dovuta diventare regina un giorno, sposando un uomo che la sua famiglia avrebbe ritenuto appropriato.
E proprio la sera successiva, incontrò Dominic. Lui era bello, con gli occhi azzurri e limpidi e i capelli castani ordinatamente sistemati, ma era già troppo grande per la principessa, aveva già trentaquattro anni. Nonostante ciò, lei fu  costretta a sposarlo. Proprio come era stata costretta ad ucciderlo.
Il ricordo si offuscò e Luna si addentrò nel castello, seguendo alcuni passaggi segreti, che usava spesso da piccola, finché non giunse nella grande biblioteca.
Un uomo si voltò verso di lei, scrutandola attentamente, sulla mano aveva la stessa croce che portava incisa la donna. Le si avvicinò cauto, senza parlare, per poi stringerla a se senza alcun contegno.
“L-luna.. non posso crederci..” disse guardandola negli occhi, quelle iridi identiche alle sue che non vedeva da tanto, troppo tempo.
“Shh!” lo zittì lei portandosi l’indice sulle labbra e continuando a sorridergli e ad abbracciarlo “Potrebbe sentirci qualcuno e non voglio che ti accada qualcosa!” esclamò diventando improvvisamente seria.
“Non temere, non mi accadrà nulla. Tu per quale motivo sei venuta?” le domandò sciogliendo il loro abbraccio
“Sto cercando mio figlio, e, se si trova in città, esiste una sola persona in grado di trovarlo.”
“Mi lusinga che tu mi ritenga tanto abile ma.. di quale figlio stai parlando? Tu e Dominic non avete mai generato alcun erede.”
“Lo pensavo anche io, fino a qualche mese dopo la sua morte, sono rimasta incinta proprio quella notte..”
“E me lo dici così?!” disse sorridendole ampiamente “Come si chiama, somiglia al padre o a te? Dove sei stata per tutti questi anni e perché lo stai cercando, è andato via? Cosa è successo?” le domandò poi leggermente allarmato, lei, con un gesto della mano, lo invitò a tranquillizzarsi.
“Una domanda alla volta, ti prego... il suo nome è Alexander, ringraziando il cielo non ha nulla del padre, ma somiglia molto a te, anche caratterialmente. Mi sono rifugiata nella foresta usavo un antico incantesimo di protezione, ricordi gli alberi che proteggevano il regno durante le guerre? Bene, ho usato lo stesso metodo... Non so come, ma Xander è arrivato allo Stagno dei Ricordi e mi ha vista mentre...” la voce le si bloccò e le parole le morirono in gola, il fratello la abbracciò nuovamente, nell’intento di confortarla.
“Non temere, lui non sa, quindi non può far altro che giudicare il tuo gesto...” la rassicurò poi “Vieni con me, vediamo di cercarlo adesso.” La donna annuì e i due si spostarono, uscirono dalla biblioteca e giunsero in una stanza che Luna riconobbe subito.
 
Una sera d’estate Luna si trovava nella Sala del Trono, mancavano poche ore al suo matrimonio forzato con Dominic, suo fratello fece la sua comparsa sorridente come al solito.
“Pronta per il grande evento?”
“Preferirei sposare un Troll di montagna…” sospirò la ragazza scendendo dal trono, dove si era seduta
“Su, non dire così, vedrai che il tuo futuro sarà radioso, proprio come immaginavi!” la incoraggiò James, l’altra scosse la testa
“È carino da parte tua confortarmi, ma, sono consapevole che nessuna delle mie aspettative verrà mai soddisfatta.”
Suo fratello la guardò fissa, pensando a cosa risponderle, poi parve illuminarsi, le afferrò la mano e la trascinò via da quella stanza.
“Dove stiamo andando?” gli chiese seguendolo
“Non temere, ti piacerà!” esclamò prima di aprire una porta, i due fratelli entrarono in una stanza, non era immensa come le altre alee del castello, per un comune cittadino quella era una stanza di dimensioni normali. All’interno vi erano le stesse mura di pietra presenti in ogni stanza, una piccola libreria, da cui spuntavano antichissimi libri di magia, una scrivania di legno scuro si trovava al centro e tre sedie vi erano disposte introno in modo ordinato. Sul tavolo si trovavano alcuni oggetti, uno scrigno dorato, uno specchio d’argento, un pugnale interamente fatto di bronzo, alcune pergamene arrotolate e chiuse da nastri verde scuro e rossi.
James si sedette e invitò la sorella a fare lo stesso, Luna lo fece e prese fra le mani lo specchio, non rifletteva alcuna immagine.
“Ha gli stessi poteri dello Stagno dei Ricordi, solo che può essere controllato più facilmente. Lo scrigno può contenere qualsiasi incantesimo, mentre il pugnale uccide anche solo con un misero graffio. Se ferisci qualcuno con questa lama morirà entro due ore, se la ferita è particolarmente profonda potrebbero bastare appena venti minuti..”
“Perché mi hai portata qui?” gli domandò mettendo giù lo specchio, James le porse una delle pergamene e lei la srotolò, una macchia di sangue copriva le parole, il ragazzo si sporse per guardare spalancando gli occhi per lo stupore e anche per un po’ di paura. “C-cosa significa?” chiese lei, la sua voce era appena incrinata, il fratello si alzò in piedi e le prese la pergamena dalla mani riavvolgendola.
“Non ne ho idea, ma da quanto ne so, non promette nulla di buono.”
A distanza di pochi mesi, quel presagio si era avverato.
La pergamena mostrava il destino di Luna, il sangue era quello con cui si sarebbe macchiata le mani e la coscienza.
 
Luna rabbrividì a quel ricordo e, senza proferire parola, afferrò lo specchio d’argento.
Chiuse gli occhi concentrandosi sul momento in cui Xander era uscito di casa, con l’intenzione di fuggire via.
James non proferì parola per tutto il tempo, attendendo pazientemente.
Luna vide suo figlio rifugiarsi nel bosco, tornare a casa, poi cominciare il suo viaggio e distruggere il sigillo che li aveva protetti per tanti anni.
Chiuse gli occhi e ripose lo specchio sul tavolo.
“Si trova ancora nella foresta. Devo raggiungerlo prima che arrivi in città, non posso permetterlo, lo ucciderebbero.”
“Se la caverà, se somiglia a te non hai alcuna ragione per preoccuparti.” La donna si avvicinò per l’ultima volta al fratello e lo strinse a se .
“Grazie per il tuo aiuto, ti prometto che tornerò, ma adesso devo cercare Xander.”
“Fa solo attenzione...” le raccomandò lui, la guardò andare via, abbandonandolo di nuovo.
Poi, rimase a leggere una pergamena, che fino a pochi giorni prima era bianca, ancora per un po’, fin quando non venne richiamato da una guardia.
Era una giovane di appena ventitré anni, aveva i capelli biondi raccolti in una treccia lunga e gli occhi di una calda tonalità di marrone.
“Lui vuole vedervi.” Esclamò atona, James ripose con cura la pergamena sul tavolo ed uscì, seguito dalla ragazza.
“Cosa vuole da me, Charlotte?”
“Non lo ha detto, ma non penso ci siano buone notizie per voi.”
“Non ce ne sono mai tanto, ed io ci ho fatto l’abitudine.” Esclamò la sua voce era divenuta improvvisamente seria, troppo per lui.
La sua mente era lontana, in quel momento era preoccupato per sua sorella e per il nipote, non gli interessava minimamente cosa quell’essere volesse da lui.







Salve a tutti, mi scuso per il ritardo con cui ho postato il capitolo, ma per via degli esami sono stata molto impegnata, per prevenire un altro ritardo posterò stasera due capitoli (questo e un altro).
Detto ciò, spero che la storia sia di vostro gradimento, e se lo è mi farebbe piacere ricevere qualche recensione (anche se avete delle critiche o dei suggerimenti)
Grazie a tutte le persone che mi seguono e che hanno recensito il primo capitolo.
A presto e baci
Charlotte_Insane.

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Capitolo 3
*** Chapter 3. ***


 
Chapter 3.
 


Un raggio di sole colpì Xander in pieno viso, il ragazzo strizzò gli occhi e si coprì con l’avambraccio, davanti a lui il sole stava cominciando a tramontare, Emil volò via facendogli strada, poi atterrò in una radura. In lontananza si scorgevano, già, le mura della città. Aveva sempre pensato che la città distasse giorni e giorni di cammino, ma, invece, era molto più vicina di quanto credesse.
Fu allora che cominciò a correre, ansioso di vedere quel mondo.
La città era protetta da alte mura di cinta, vi erano due guardie a controllare l’ingresso ed appena gli fu davanti lo bloccarono.
“Altolà! Chi sei straniero?” Gli domandarono le guardie in coro, il ragazzo si bloccò per un secondo, poi si mostrò noncurante della situazione
“Il mio nome è Alexander, giungo da terre lontane, chiedo solo di trovare un riparo sicuro, ho passato molte notti nel bosco…”
Le due guardie lo scrutarono attentamente e poi si scambiarono un occhiata complice.
“Va bene puoi passare.” Disse la prima guardia
“Ma se entri nella città non potrai più uscirne.” Continuò la seconda, poi i due si spostarono lasciandogli libero il passaggio.
Xander avanzò piano con passo incerto per le strade della città semivuote, erano pochissime le persone ancora in giro. Si guardava intorno con occhi stupiti, gli stessi occhi di un bambino, perché per la prima volta vedeva quel luogo. La gente sembrava sparire all'improvviso, era rimasto solo lui per quelle vie, il piccolo Emil, che gli volava accanto, pareva essere incantato tanto quanto il suo padrone.
"Fermo lì. Fai anche un solo passo e ti ritroverai morto prima ancora che il tuo piede possa toccare terra." Xander si bloccò un attimo, sospirando pesantemente, la voce dell'uomo alle sue spalle era dura. Con un gesto rapido ed agile, il ragazzo si voltò di colpo bloccando l'uomo, questi si divincolò ed estrasse una spada dalla fondina attaccata alla sua cintura. Il biondo lo osservò bene, per quanto era possibile dato il cappuccio del mantello poggiato sulla sua testa. Aveva la carnagione molto chiara, quasi quanto la sua, gli occhi di una strana tonalità di azzurrogrigio, e i capelli neri ad incorniciargli il volto. "Hai fatto un grosso errore, straniero." Sibilò l'uomo incappucciato, puntandogli contro l'arma. Xander rispose con un mezzo sorriso di scherno.
"Posso combattere contro di te anche a mani nude!" Fece spavaldo il giovane, l'altro, infuriato, lo attaccò. Il ragazzo riuscì ad evitare bene i suoi colpi, ma essendo disarmato era in svantaggio. Si mostrava comunque spavaldo e sicuro di se, finché un colpo ben assestato non lo raggiunse, ferendogli il braccio destro. L'uomo misterioso lo osservava, aveva smesso di attaccare.
"Da dove vieni?" Gli domandò improvvisamente, senza mai abbandonare quel tono duro e freddo che caratterizzava la sua voce.
"Se te lo dicessi, probabilmente, saresti restio a credermi!" Esclamò sostenendo lo sguardo dell'altro, questi sospirò pesantemente.
"Non è sicuro aggirarsi dopo il tramonto da queste parti, tornatene a casa ragazzino."
"Chi sei tu per darmi ordini?!"
"Per la sicurezza di entrambi, è meglio che tu non lo sappia"
"Non mi piacciono questi misteri."
"E a me non piaci tu."
"Perché vi spaventa tanto il tramonto?"
"La gente qui non teme il tramonto, sciocco ragazzino, ma il gruppo dei ribelli e le guardie del palazzo, entrambi sanno essere spietati e si mostrano solo quando la luce diventa più fievole.."
"Contro cosa si ribellano?"
"Tu fai troppe domande."
"Tu perché ti trovi qui?"
"Sono uno degli ultimi ribelli, da queste parti ci chiamano i superstiti, perché siamo rimasti in pochi a combattere"
"Contro che cosa?"
"Adesso basta! Niente più domande, non ti è dato conoscere questi fatti." Xander rimase in silenzio per un po’,  prima di ricominciare con le sue domande.
“Tu sembri l’unica persona che può darmi qualche risposta…”
l’uomo sospirò e si tolse il cappuccio scoprendosi il volto, aveva dei lineamenti duri, che evidenziavano quel tono minaccioso che aveva la sua voce.
“E va bene straniero, seguimi, ma evita di fare domande finché non sarò io a dirtelo.” Il biondo annuì e seguì l’uomo misterioso. Il cielo si era fatto improvvisamente scuro ed anche Emil, che si era alzato in volo all’arrivo del ribelle, era tornato ad appollaiarsi sulla sua spalla, il ribelle guardò appena l’uccellino ma non disse nulla, anzi proseguì verso le strade che diventavano sempre più buie.
 
Mentre Luna usciva dalla città venne bloccata da tre uomini, non sembravano ribelli, avevano gli occhi scuri iniettati di sangue, dei sorrisi sadici stampati sui volti abbruttiti, il più grosso dei tre le bloccò i polsi, mentre un uomo dai capelli biondi e con una cicatrice sul volto le sfilò i guanti di seta nera.
“Guarda, guarda tu devi essere l’ex regina scomparsa, l’assassina.” Disse l’uomo che fino a quel momento era rimasto in disparte.
“Non sei poi cosi diversa da noi.” Disse il biondo infilandosi i guanti in tasca “Che ne facciamo di lei Frank? La uccidiamo oppure la portiamo a palazzo, cosicché Lui possa vederla agonizzante?!”
“Portiamola a palazzo. Ti piacerà vedrai, non è cambiato poi cosi tanto...” Disse Frank alzandole il viso con una mano, mentre gli altri due le legavano i polsi. “Forse, però, ci sei già stata senza di noi…o sbaglio?! MUOVETEVI, VOI!”
Luna si arrese senza lottare, socchiuse gli occhi abbondonandosi ai suoi ultimi ricordi.
 
Era una fredda notte d’inverno, il piccolo Xander aveva solo pochi giorni e non faceva che piangere, Luna era disperata, con tutto ciò che era successo non si sentiva in grado di provvedere a se e a suo figlio.
Prese in braccio il bambino e cominciò a cullarlo, a poco, a poco il bambino si calmò e si addormentò beato.
Luna lo mise sul letto, era cosi tranquillo e vedendolo le si strinse il cuore.
Quella stessa notte giurò a se stessa che avrebbe fatto tutto il possibile per proteggerlo da quella città che da troppo tempo non riusciva più a riconoscere.
 
Purtroppo, però, aveva fallito ed era venuta meno a quella promessa.
 
Il ribelle condusse Xander in una casa, era un’abitazione modesta, ma abbastanza accogliente.
Invitò il ragazzo a sedersi accanto al camino, che accese con un gesto della mano.
“Non usi incantesimi?” Gli domandò il biondo guardandolo
“Non ne ho bisogno..” Gli rispose l’altro in tono freddo, poi sospirò pesantemente e spostò il suo sguardo su Xander “Adesso puoi pormi tutte le domande che desideri, prima, però, vorrei farti  io qualche domanda, voglio sapere il tuo nome e da dove arrivi, ma soprattutto, voglio sapere perché sei venuto qui.”
Il biondino sospirò pesantemente prima di cominciare a parlare.
“Il mio nome è Alexander, ma fin da quando ero bambino mia madre mi ha sempre chiamato semplicemente Xander, da quanto ne so provengo anche io da questa città, ma mia madre mi ha segregato oltre la fitta foresta. Sono qui perché sono in cerca di risposte sul mio passato e sulle mie origini, e qualcosa mi dice che tu ne sei informato…”  Il ribelle esitò a rispondere e l’altro proseguì “Invece, che cosa dovrei sapere di te?”
“Anche io mi chiamo Alexander ma tu puoi chiamarmi Alex, sono un mago e sono stato istruito da una grande Guaritrice. Dal tuo aspetto  posso supporre che tu abbia poco meno di venti anni, quindi tua madre ha abbandonato la città nei suoi anni più bui, scelta comprensibile.” Il moro si alzò cominciando a camminare avanti e indietro per la stanza mentre raccontava. “Acrucis, questo era il nome della città un tempo, prima che il sovrano morisse, da allora per tutti è diventata La Città Senza Re. Io avevo due anni quando accadde, perciò non ricordo molto, ma mia sorella me ne parlava spesso, la gente temeva per il futuro e nessuno sembrava essere in grado di governare il regno. Il chaos durò per molto tempo, finché Lui non salì al trono.”
“Chi è Lui?” domandò subito il più giovane, interrompendo l’altro, che lo guardò con fare leggermente irritato prima di riprendere a parlare.
“Il suo nome è Tradanix, appena usurpò il trono cominciò ad uccidere tutti coloro che insorgevano, che rifiutavano la sua autorità, in poco tempo divenne temuto e rispettato da tutti. Fra i suoi uomini vi erano tre assassini meglio conosciuti come The Dark Destiny Trio. Molti uomini persero la vita a causa loro, fra questi ce n’era uno il cui nome era Adam, ma era conosciuto da tutti come The Hunter, al  suo tempo era stato uno degli uomini più fidati di Re Dominic III, ma nemmeno lui venne risparmiato.”
Xander rimase in silenzio ad ascoltare finché l’altro non si fermò nuovamente, allora si decise e cominciò a parlare anche lui.
“Com’è morto il re?”
“Venne assassinato con la sua stessa spada, nessuno sa chi sia stato ad ucciderlo, ma in molti lo odiavano, da quanto ne so aveva molti nemici, anche a corte.” A quelle parole il sangue si raggelò nelle vene del biondo e fu colto da un brivido, l’altro lo guardò confuso “Sapevi già questa storia?” gli chiese posizionandosi davanti a lui, il più piccolo scosse appena la testa ma lo sguardo perso nel vuoto lo tradiva.
Il moro lo guardò con insistenza, puntando i suoi occhi di ghiaccio in quelli color smeraldo dell’altro.
“Allora?” lo incitò nuovamente, questa volta Xander fu costretto a cedere.
“Non sono sicuro di potertene parlare, ma ormai devo farlo...” Per la prima volta da quando erano arrivati, Emil si appollaiò sulla sua gamba aspettando che parlasse “Ho vissuto in quella foresta per vent’anni, sapevo poco o nulla del mondo esterno, mia madre non mi aveva mai portata in città, preoccupata per chissà quante cose. Poi un giorno, mentre cacciavo, mi sono trovato davanti ad un piccolo stagno.” Fece una pausa osservando l’altro, che sembrava molto concentrato dalla sua storia.
“Lo Stagno dei Ricordi?” gli chiese immediatamente sorprendendolo, questi annuì debolmente “Lo conosco, mia nonna me ne parlò un paio di volte, ma non l’ho mai visto di persona.”
“Io, invece, ho avuto la sfortuna di farlo, proprio in quel momento ho scoperto la prima di una serie di bugie che mia madre mi aveva raccontato, ed ho creato Emil” aggiunse indicando l’uccellino di pietra, questi pigolò felice “E lo stagno mi ha mostrato una donna, molto giovane, mia madre, io…” si fermò per qualche secondo prima di proseguire “ Io l’ho vista uccidere un uomo con una spada...”
“Scusami, ma come fai ad essere certo che si trattasse proprio di tua madre?” lo interruppe improvvisamente il più grande
“La sua mano… lei ha uno strano simbolo, una croce nera rivolta verso l’esterno, incisa sopra il dorso, fra il pollice e l’indice, e la donna che ho visto aveva lo stesso segno.” Gli rispose il biondo, l’altro rimase interdetto per qualche secondo, perso fra i suoi pensieri, non avrebbe mai creduto a quella storia se fosse stato qualcun altro a raccontargliela, ma quel ragazzo sembrava strano, aveva l’aria preoccupata e ancora scossa. Sospirò profondamente e poi si rivolse a Xander.
“Tu sai cosa significa quella croce?” il ragazzo interpellato scosse la testa, non si era mai posto quella domanda prima di allora. “Da sempre la famiglia reale di Acrucis ci tiene ad evidenziare la propria nobiltà, per questo si marchiano come se fossero delle bestie, fin dalla nascita, ai bambini viene incisa una piccola croce, che sottolinea le loro origini nobili.”
“Che cosa stai cercando di dirmi?” domandò ancora un po’ confuso il più piccolo
“Tua madre fa parte della stirpe reale di Acrucis, ed ho ragione di credere che lei sia, in realtà, la Regina scomparsa.” Disse in tono neutro, senza staccare gli occhi da quelli di Xander.
“Temo che tu abbia preso un abbaglio, mia madre non è una regina, ne lo è mai stata.”
“Sei tu che non sei affatto informato, tua madre era la moglie dell’ultimo sovrano, Re Dominic III, nonché la legittima erede al trono.”
“E’ assurdo…” sospirò il ragazzo abbassando lo sguardo e cominciando ad accarezzare nervosamente le piume del piccolo Emil.
“No, è la verità Xander, o forse preferisci Altezza?!” disse con un’evidente nota di sarcasmo che irritò parecchio l’altro.
 
L’immenso portone che conduceva alla Sala del Trono si spalancò, mostrando la stanza in tutta la sua magnificenza, il soffitto era alto più di dieci metri, e l’ambiente era a dir poco splendente, decorato riccamente con arazzi finemente ricamati in oro, che mostravano le gesta dei molti re e dei guerrieri più valorosi che la grande Acrucis aveva avuto la fortuna di ospitare.
Un lungo tappeto percorreva tutta la sala fino ai tre troni, al centro vi era quello destinato al re, dove Lui attendeva seduto, alla sua sinistra il trono della regina, vuoto da tempo immemore, mentre, alla sua destra, sedeva un bambino.
Il piccolo William aveva appena cinque anni, i capelli neri e gli occhi azzurri, proprio come suo padre, ma per il resto si distingueva già dal genitore. Era lo specchio di sua madre, una povera donna che Tradanix aveva ucciso con le sue mani, davanti al bimbo, che all’epoca aveva tre anni.
James conosceva fin troppo bene quel luogo, che da quasi vent’anni era stato profanato dall’indegno.
James non voleva il trono per se, ma vedere il popolo soffrire e tutta quella gente morire solo per un capriccio di Tradanix gli faceva salire i sensi di colpa, perché sapeva che avrebbe potuto evitare tutto ciò.
Charlotte camminava di fianco a lui, mantenendo un rispettoso silenzio.
“Sono lieto di vedere che avete deciso di omaggiarci della vostra presenza!” esclamò l’Indegno con un tono sarcastico mal celato, poi si alzò ridendo, aveva una strana risata, capace di far raggelare il sangue nelle vene a chiunque.
James lo ignorò, guardandosi introno si accorse della presenza di altre persone, la giovane Charlotte che adesso affiancava il marito Viktor, un uomo che non parlava mai molto, ma che si dimostrava molto protettivo nei confronti della sua famiglia, aveva i capelli castani che portava molto corti e gli occhi scuri, quasi completamente neri. Accanto a loro vi era Iris, la loro figlioletta di appena sette anni, aveva i capelli mossi e castani, ma in quel momento li portava raccolti in modo ordinato, probabilmente era stata sua madre a farle quell’acconciatura, i rari momenti in cui l’incantesimo che controllava la sua mente si incrinava erano quelli passati con sua figlia, la bambina che aveva i suoi stessi occhi color nocciola.
Dal lato opposto, vi erano invece altre quattro guardie, probabilmente erano nuovi, è anche per questo che James non perse tempo ad osservarli.
Tradanix lo raggiunse, sovrastandolo con la sua altezza.
“Charlotte, porta via Iris e William.” La voce dura e roca di Viktor sopraggiunse, ma la donna venne subito richiamata all’ordine dall’indegno.
“No. Lascia che guardino ed imparino come bisogna comportarsi e quali sono le conseguenze quando vengono infrante le regole che io stesso ho stabilito.” La donna guardò prima i bambini e poi il marito, senza nascondere una nota di rammarico per ciò che stava per accadere.
Anche Viktor era pienamente consapevole della situazione che aveva davanti, ma non era riuscito a proteggere l’innocenza dei due bambini.
“Viktor, a te l’onore ed il piacere.” Sibilò Tradanix tornando a sedersi sul trono, l’uomo avanzò, gli occhi scurissimi incontrarono quelli più chiari della sua bambina, che prese istintivamente la mano della madre, stringendola forte.
“Come vuole che cominci?” domandò rivolgendo uno sguardo dispiaciuto a James, sulle labbra dell’uomo comparve un sorriso amaro e poi abbassò la testa.
“Fammi divertire un po’, questo luogo sta diventando troppo monotono, voglio vedere uno spettacolo, non un’esecuzione.” Disse con gli occhi che brillavano di follia, un largo ghigno stampato sul volto, attendeva che Viktor cominciasse, ma vennero interrotti dall’irruzione del Dark Destiny Trio.
“ALTEZZA!” esclamò il biondo prostrandosi ai piedi del sovrano, ma i suoi gesti esagerati facevano capire che quella era solo una presa in giro. Si comportava come un uomo ubriaco, ma era fin troppo lucido. “Abbiamo il piacere di portarvi un regalo, anzi IL regalo per eccellenza! Maestà, signora Charlotte, signori e bambini, permettetemi di presentarvi la traditrice per eccellenza, l’assassina. Sua  maestà l’ex regina Luna.” Ogni sua parola era seguita da gesti teatrali, prima di nominare la donna si voltò verso il portone, e si chinò allargando le braccia e inclinando appena la testa verso destra.
In quel momento, Luna entrò, spinta da Mark, il più grosso dei tre. Frank camminava di fianco a loro, nelle mani teneva già la sua fida spada, una spada talmente sporca di sangue da non poter più essere ripulita, come le mani dell’uomo, e la sua anima.
Luna cadde in ginocchio dinanzi all’Indegno che non riuscì a trattenere una risata di pura soddisfazione.
“Giorno felice! Oggi estirperò definitivamente la famiglia reale, di voi non rimarrà che polvere, sparsa nel vento.” Disse per poi voltarsi verso Viktor, che era rimasto impassibile alla vista dei nuovi arrivati, anche le altre guardie avevano mantenuto la calma, mentre i due bambini erano rimasti un po’ turbati dagli ultimi eventi. Quando James sentì pronunciare il nome dell’amata sorella sgranò gli occhi, non voleva credere a ciò che aveva davanti agli occhi, una donna sconfitta, che si era arresa dopo tante battaglie.
Mark le sciolse i polsi, ma la donna non si alzò, non aveva più la forza per farlo, tutta la sua energia vitale si stava affievolendo, il suo ultimo pensiero fu per la sua famiglia, quella con cui era cresciuta, e per il bambino, ormai diventato uomo che avrebbe dovuto lottare per riportare la pace nel regno.
“Frank, a te l’onore.” Disse Tradanix  osservando la donna, non le staccò gli occhi di dosso nemmeno  per un istante, Iris chiuse gli occhi abbracciando forte la madre che l’aveva presa in braccio, il piccolo William era sul punto di piangere, anche Luna fece lo stesso, lasciò che le lacrime sgorgassero dai suoi occhi, leggere e limpide, come i cieli di agosto, gli occhi verdissimi vennero annegati, mentre un sorriso amaro le compariva sul volto. James chiuse gli occhi, non avrebbe sopportato di vedere la morte della sorella.
I passi pesanti di Frank risuonarono nel salone, sfiorò la lama con un dito, per constatare quanto fosse affilata, e poi colpì la donna alle spalle, a conferma della sua vigliaccheria.
Un urlo straziante riempì l’aria, e la donna cadde a terra, gli occhi spalancati ancora pieni di lacrime, James si lasciò cadere accanto a lei trattenendo a stento il pianto, ma solo per orgoglio. Cominciò ad accarezzare i lunghi capelli biondi della sorella, ma ormai la vita aveva abbandonato il suo corpo, lasciando solo un guscio vuoto, le chiuse gli occhi con le dita, non parlo, sapeva di non essere in grado di farlo, strinse un’ultima volta la donna a se, prima di lasciarla cadere a terra e scoppiare in un pianto disperato.
Aveva ceduto.
Mark lo allontanò dal corpo spingendolo via, l’Indegno rise, una risata così forte che copriva le voci di tutti i presenti.
“Portatela via. Voglio che tutti la vedano.” Ordinò poi, in quel momento James si riscosse
“Non ve lo permetterò! Non continuerete ad umiliarla anche da morta!” esclamò con la voce piena di rabbia ed odio
“Altezza, ho ancora questi, cosa ne faccio?!” domandò Rob sfilandosi i guanti neri di seta da una tasca e mostrandoli all’usurpatore del trono
“Rimetteteglieli, e buttate il cadavere nella piazza.” Questo fu il suo ultimo ordine, dopodiché uscì dalla sala del trono. In quel momento una donna molto anziana entrò, James riconobbe subito Camille, lavorava a palazzo da moltissimi anni, aveva cresciuto lui e la sua defunta sorella, ed ora si occupava di William, prese per mano il bambino e lo portò via. Anche Charlotte seguì la donna, insieme a sua figlia.
“Finiamo il lavoro.” Disse Mark prendendo il cadavere della donna e portandolo via.
James guardò il punto in cui sua sorella era stata brutalmente assassinata, giurò vendetta e giurò di ritrovare suo nipote Xander. 

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