Living in a dream.

di Lady Atena
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. ***
Capitolo 2: *** 2. ***
Capitolo 3: *** 3. ***
Capitolo 4: *** 4. ***
Capitolo 5: *** 5. ***
Capitolo 6: *** 6. ***
Capitolo 7: *** 7. ***
Capitolo 8: *** 8. ***
Capitolo 9: *** 9. ***



Capitolo 1
*** 1. ***


Credits: Ispirata alla fict “Mente divisa” di PurpleStarDream, pubblicata dopo il suo consenso scritto di farlo.
I personaggi Marvel&Co appartengono a chi di dovere, che ne detengono tutti i diritti e non mi passano nemmeno un centesimo; nonostante io passi più tempo con i loro personaggi che con mia madre. Gli OC di psicologhe/dottori/gente a caso sono miei, ma non ne sono gelosa, erano solo per far scena.

La dottoressa ticchettò con la penna sul blocco degli appunti, accavallò le gambe.
“Sta volta per quanto è rimasto sveglio?”.
Steve assottigliò le labbra, aderì con le spalle allo schienale della sedia.
“Tre settimane” rispose atono.
La dottoressa sospirò, si sfilò gli occhiali da vista poggiandoli sulla scrivania davanti a lei e scosse il capo.
“Steve. Questo non fa bene al suo organismo”.
Steve strofinò le labbra tra loro, spostò il peso dalla punta di un piede a quella dell'altro stringendo le mani sulle ginocchia.
“Il mio organismo non ne risente, il siero non lo permette. Non è il sonno il problema, sono i ricordi” spiegò.
La dottoressa si tolse una ciocca castana da davanti al volto, scrisse sul blocco degli appunti e alzò lo sguardo socchiudendo gli occhi azzurro chiaro.
“Le sue visioni sono aumentate d'intensità?” chiese.
Steve strinse di scatto i pugni fino a far sbiancare le nocche, trattenne il fiato tirandosi indietro sulla sedia.
“Di frequenza. L'altra volta stavo facendo il letto, ero molto rilassato, eppure quando ho sentito la caldaia azionarsi io ... non ho ragionato, ho afferrato lo scudo e la pistola, e ho sparato nascondendomi sotto il tavolo” ammise.
La dottoressa aggrottò le sopracciglia, scrisse un altro appunto e scosse il capo guardando l'altro negli occhi.
“Avevamo deciso che lasciasse le sue armi a lavoro”.
Steve sfregò i denti tra loro, deglutì e lanciò un'occhiata alla parete alla propria destra, osservò quella a sinistra e sospirò.
“Lo so, dottoressa. E mi creda, io l'avrei fatto, ma dopo il quinto attacco in un mese ...”.
La dottoressa annuì, si rimise gli occhiali scrivendo qualcos'altro e ticchettò con il piede in terra.
“Steve, lei non migliorerà mai continuando a vivere in questo stato di stress. Dovrebbe prendersi una pausa” consigliò.
Steve la guardò, gli occhi erano leggermente sgranati e le iridi azzurre venate di rosso.
“Ne ho già prese tre in sette mesi. Le persone che mi odiano, i criminali o i loro parenti, vengono comunque a farmi visita”.
Spostò il peso sulla sedia, strinse maggiormente i pugni premendo le unghie nei palmi. La dottoressa si tirò su gli occhiali, strinse la penna e lo indicò con la punta sporgendosi in avanti.
“Ha già cercato un appartamento più discreto? Meno ... rintracciabile?” domandò.
Steve espirò rumorosamente, socchiuse gli occhi e assottigliò le labbra.
“Prima ero a Brooklyn, ma lì era anche peggio. Ho traslocato cinque volte in tre anni. Mi sento come se stessi scappando”.
La dottoressa scrisse velocemente, osservò il foglio mordicchiandosi il labbro.
“Mi sa dire com'è nata la sua fobia per la fuga?”.
Steve si grattò il collo, ticchettò con le dita sul ginocchio e strusciò la punta dello stivaletto in terra.
“Non odio le fughe. Non sono abituato a scappare. Odio i luoghi chiusi, ma me la so cavare. Una volta prima del siero hanno rinchiuso me e il mio gruppo in una casa ed io essendo il più mingherlino sono riuscito a scappare dal camino, così sono sceso dal tetto e ho aperto la porta. Deve proprio prendere appunti?”.
La dottoressa alzò il capo, sorrise e si sistemò gli occhiali sul naso.
“Non badi a quel che faccio io, resti concentrato. Mi parli di questo gruppo. L'hanno mai fatta sentire a disagio? Le mettevano pressione perché era il più fragile fisicamente?” domandò.
“Abbiamo già parlato di questo. E mi ha consigliato gli esercizi di calisthenics ” sussurrò Steve. 
Piegò le spalle e ticchettò con i piedi per terra. Roteò gli occhi arrossati e sbuffò dalle narici ripetutamente. La dottoressa annuì, sfogliò alcune pagine all'indietro e segnò un altro appunto.
“Non dovresti negarti la possibilità di ripetere una cosa due volte. Sei troppo rigido, Steve” lo rimproverò.
Chiuse il blocco, si tolse gli occhiali e mise una ciocca castana dietro l'orecchio.
“In ogni caso, continua la terapia un mese. Se non migliorerà, ti prescriverò dei farmaci”.

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Capitolo 2
*** 2. ***


Credits: Ispirata alla fict “Mente divisa” di PurpleStarDream, pubblicata dopo il suo consenso scritto di farlo.

Steve sospirò massaggiandosi il collo, sentì una serie di ticchettii ripetuti e si girò di scatto; espirò guardando la pioggia battere contro i vetri delle finestre. Chiuse gli occhi e si massaggiò le palpebre, udì il fischio del bollitore e rabbrividì. Si girò nuovamente, avanzò raggiungendo una manopola, chiuse il gas e si leccò le labbra. Si voltò sentendo dei passi, avvertì dei tonfi dal piano di sopra e boccheggiò.

Una mano uscì dal pavimento e gli afferrò il piede, il soldato la calciò con l'altro, una serie di altre mani uscirono dal pavimento dimenando le dita. Prese a correre facendo lo slaloom tra esse, il pavimento si trasformò in un terreno grigiastro. Una serie di esplosioni risuonarono tutt'intorno, il terreno tremò. Si sentiva il sibilo delle bombe, le onde d'urto lo spingevano da varie parti. Udiva il rumore degli aerei sopra di lui, le tempie gli pulsavano, ansimò sgranando gli occhi. Guardò a destra e a sinistra, vide un uomo esplodere, la sua carcassa gli finì addosso imbrattandolo di sangue e frammenti d'organi. Steve indietreggiò, le orecchie gli fischiavano e del sangue gli uscì dal naso.
“È colpa tua, colpa tua” disse una voce alle sue spalle.
Si girò e vide la carcassa di un uomo dal volto giallastro dimezzata, circondato da un alone grigiastro; le braccia tese sanguinavano avvolte dal filo spinato.


Steve indietreggiò ancora, sbatté contro la finestra mandando il vetro in frantumi. Bucky lo afferrò per la mano e lo attirò a sé; lo strinse boccheggiando. Steve tirò una serie di testate contro il suo petto. Bucky avvertì delle fitte, le ossa scricchiolarono e indietreggiò. Lo avvolse con più forza con il braccio di metallo e gli baciò la testa.
“Calmati, calmati ti prego” lo supplicò.
Steve si abbandonò contro di lui sbattendo un paio di volte le palpebre, gli occhi sporgevano.

Un demone rosso grosso due volte lui lo cinse da dietro, afferrandogli i polsi. Con il secondo paio di braccia gli abbassò i pantaloni. Una serie di mani gli aderirono al corpo risalendo.

Steve ruggì e si dimenò più forte. Bucky lo prese in braccio tenendolo fermo.
“Ehy, brother, resta calmo; ti prego” biascicò. 
Lo cullò contro di sé e sentì gli occhi pizzicare. Steve ansimò, la testa gli ricadde in avanti e con un gemito perse i sensi.

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Capitolo 3
*** 3. ***


Credits: Ispirata alla fict “Mente divisa” di PurpleStarDream, pubblicata dopo il suo consenso scritto di farlo.

Steve si mise lo scudo sulle spalle e si leccò le labbra rosee. Abbassò il capo e la ciocca biondo cenere gli oscillò davanti alla fronte.
“Starò bene” mugolò.
“Solo ieri hai avuto l'ultimo attacco. Non dovresti andare a lavoro oggi” borbottò Bucky.
“Tanto non ci saresti comunque. Devi andare a farti controllare dai dottori oggi” gli ricordò Steve. 
Bucky si pulì le mani su una pezzuola e sbuffò.
“È solo la manutenzione per il braccio allo S.H.I.E.L.D” brontolò.
Ticchettò il piede per terra guardando Steve voltarsi e aprire la porta.
“Guarda che se poi ti senti male, cucini e butti la spazzatura per un mese tu” lo minacciò.
Steve sorrise ed uscì.
“Sì, big brother” mormorò. 
Si chiuse la porta alle spalle e scese le scale di ferro. Raggiunse la strada e la percorse, passando accanto a un cassonetto della spazzatura. Si mise una mano nella tasca della tuta, tirando fuori un accendino e una sigaretta. Accese la sigaretta, se la mise in bocca e rimise l'accendino in tasca. Salì sul marciapiede e avanzò. Evitò una donna, schivò un idrante e proseguì accanto a delle vetrine olografiche. Il petto muscoloso gli si alzava e abbassava irregolare, sentiva il sapore di tabacco bruciargli la gola e le narici. Alzò il capo ed espirò. Le tempie gli facevano male e avvertiva delle fitte al petto.

Bucky sgranò gli occhi e precipitò nel vuoto. Steve allungò il braccio verso il vuoto sporgendosi con tutto il corpo. Lo vide allontanarsi, piegò il capo e singhiozzò.

Steve inspirò rumorosamente la sigaretta. Fece lo slaloom tra una trentina di uomini e donne in giacca e cravatta evitando le loro ventiquattrore di pelle. Rabbrividì sentendo i clacson e digrignò i denti udendo delle urle in sottofondo, i rombi delle macchine gli risuonavano nelle orecchie facendogliele fischiare.

“Sorpresa!” gridò Teschio Rosso. 
Uscì da una vetrina. Ghignò e allargò le braccia.
“L'Hydra è ovunque, ha vinto” sibilò. 
Gli zigomi sporgevano sulla pelle color amaranto, le iridi blu scure gli brillarono. 


Steve si appoggiò a un muro sotto un lampione spento e tossì. Lasciò cadere la sigaretta e la pestò sotto lo scarponcino rosso.
“Guarda mamma, Capitan America!”. 
Sentì gridare la voce di un bambino. Si rizzò e tirò fuori il cellulare dalla tasca. Premette due volte il pulsante con il simbolo di un cellulare verde e si portò l'apparecchio all'orecchio. 
“Hi Nat. Sono Cap, sono alla sedicesima. Mi vieni a prendere?” domandò.
“Steven?” domandò la voce di Natasha.
Si sentirono dei brusii in sottofondo, vi fu un gemito soffocato e una serie di tonfi.
“Sto lavorando. Puoi aspettarmi al bar all'angolo?” chiese.
“Sì” biascicò Steve. 
Chiuse la telefonata e abbassò il capo. Un cane gli passò vicino, allungò una mano verso il corpo dell'animale, che ringhiò e scappò via. Steve sospirò.

“Bucky!” gridò. 
Guardò il pezzo del treno staccarsi, vide il migliore amico precipitare.
“Tutti dipenderanno da te. Se qualcuno muore sarà colpa tua” sussurrò Howard. 
Sorrise e versò il contenuto ambrato del bicchiere in terra. 
“È colpa tua! Quanti hai fatto morire nelle trincee?! Dovevi vincere la guerra!” strillò Peggy.
“Ecco perché lei ha sposato me” sussurrò Jack.
Ridacchiò e alzò il fucile.


Steve proseguì lungo la strada, svoltò a sinistra.
“Ha avuto ragione Sharon a piantarmi, sono pazzo” mugolò.
Raggiunse un tavolino di metallo davanti a una porta a vetri sotto una tenda gialla e blu. Si sedette e mise le mani sui fianchi. Osservò l'unico cliente tirarsi su gli occhiali da sole, le rughe spiccavano sul volto incavato. Si allontanò passando dietro la sua sedia, Steve lo seguì con lo sguardo. Un uomo dalla pelle abbronzata avanzò, le maniche della condottiera nera lasciavano scoperte le scapole. Si sedette davanti a lui, sorrise sfilandosi gli occhiali da sole con le lenti viola.
“Posso?” domandò.
Steven alzò le spalle e negò con il capo.
“Basta che offri una birra” mugolò.
L'uomo ridacchiò, aderì con le spalle robuste alla sedia allargando le gambe fasciate dai jeans stretti. Una cameriera si fermò davanti a Steve, si tolse una ciocca di capelli biondi da davanti al volto e sorrise.
“Cosa prende?” chiese.
“Due birre” rispose Steve. 
Alzò lo sguardo e sorrise, le guance incavate gli divennero rosee. La cameriera aggrottò le sopracciglia, strinse le labbra e annuì rizzandosi.
“Le porto subito” rispose brusca.
Si allontanò passando tra i tavoli, l'uomo davanti a Steve agganciò gli occhiali da sole alla maglia.
“Ti ha preso per un alcolizzato” disse.
Steve chiuse gli occhi.
“E non mi ha visto quasi annegare da solo nella vasca da bagno questa mattina” bisbigliò.
L'uomo scosse la mano in aria socchiudendo le iridi castano scuro, arricciò il naso facendo ondeggiare il pizzetto definito e roteò gli occhi.
“Non vedo cosa ci sia di strano. Chiunque annegherebbe nella vasca dopo quasi un mese d'insonnia” si lamentò.
Steve si massaggiò il cuore e strinse gli occhi.

Lo scienziato gli indicò il petto coperto dalla maglia larga. 
“Tu hai qualcosa di diverso proprio lì” sussurrò.


Steve si rizzò di scatto e osservò l'uomo.

Il cadavere dello scienziato giaceva a terra. Gli occhiali gli ricadevano storti sul viso.

Roger riabbassò il capo e sospirò sedendosi nuovamente. L'uomo si alzò, lo raggiunse e gli sfiorò la mano.
“Se ti allontani non funziona tanto bene” sussurrò dolcemente.
Si sentì il rombo di una moto, Natasha saltò giù dalla vettura e tolse il casco facendo ondeggiare i boccoli rossi. 
“Steven!” gridò.
Gli corse incontro, osservò la cameriera uscire dal bar con in mano due birre e scosse il capo indicandole l'interno con il mento. Tornò a guardare il soldato, gli strinse le mani.
“Stai bene?”.
Steve guardò l'altro, arrossì e ritirò le mani. Strisciò indietro il sedile di metallo.
“Sì, mi ha fatto compagnia lui” sussurrò. 
Appoggiando una mano sulla spalla dell'altro. Natasha guardò il soldato toccare il vuoto, si morse il labbro e spostò il peso da un piede all'altro.
“Steven” chiamò, con tono tremante. 
Indietreggiò, sospirò.
“Siamo solo io e te, Steven” disse, dolcemente.
Steve deglutì a vuoto. Sentì il corpo freddo dell'altro uomo sotto la mano. Gli toccò un paio di volte il petto, gli sfilò gli occhiali facendoli cadere a terra. Si alzò di scatto facendo finire sul marciapiede la sedia di metallo con un tintinnio, indietreggiando.
“Nath, sono peggiorate” mugolò.
L"uomo sbuffò, si chinò raccogliendo gli occhiali e li strinse voltandosi, inarcò un sopracciglio.
“Questa sarebbe un'offesa nei miei confronti?” chiese, con tono lamentoso.
Natasha avanzò, passò attraverso l'uomo e poggiò la mano sul gomito di Steve.
“Vuoi che ti porti dalla dottoressa?” chiese.
Steve la abbracciò, le gambe gli tremavano. Nascose il viso nell'incavo del collo di lei.
“Portami a casa, sorellona” implorò.
Natasha annuì, lo sostenne portandolo fino alla moto e lo fece salire. Si mise davanti, avvolse le braccia di Steve attorno alla sua vita sottile e diede gas.
“Tieni duro, fratellino” mormorò.
Tony lo guardò, sbuffò e incrociò le braccia. Si chinò verso l'orecchio di Steve.
“Sta volta vengo a piedi, ma la prossima la fai venire in macchina; o sarà problematico!” si lamentò.
Steve sentì le orecchie bruciare e le guance gli divennero rosso fuoco, come le labbra.
< Almeno questa allucinazione è divertente e non mi fa del male > pensò.

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Capitolo 4
*** 4. ***


Credits: Ispirata alla fict “Mente divisa” di PurpleStarDream, pubblicata dopo il suo consenso scritto di farlo.

Bucky si sporse, scompigliò i capelli di Steve e socchiuse gli occhi. Aveva due profonde occhiaie violacee e la pelle grigia.
“Sicuro che quelle analisi ti facciano bene?” domandò Steve.
“Certo, ma non tutti reggono il siero come te. Ci sono alcuni che non diventano fighi diventando soldati” rispose. 
Gli rimboccò le coperte. Steve tirò fuori la mano da sotto la coperta e gli afferrò la sua.
“Tu lo eri già, fratellone” ribatté con voce rauca.
Bucky si voltò verso Natasha.
“Hai parlato con la dottoressa?” domandò.
Steve chiuse gli occhi, afferrò il cuscino e se lo mise sul volto.

Steve fu raggiunto da un pugno e finì in ginocchio. Il bambino davanti a lui ridacchiò. 
“Rimangialo” sibilò. 
Steve gli sputò ai piedi e fu raggiunto da una gomitata al collo. Gemette e cadde a faccia in giù. Bucky afferrò il bullo e lo colpì con un pugno al viso. Lo raggiunse con una serie di pugni all'addome facendolo sbattere contro la parete.
“Se lo colpisci ancora sei morto!” lo minacciò. 
Il bullo scoppiò a piangere. Bucky si voltò, si piegò, si appoggiò contro il migliore amico. L'altro bambino sorrise.
“Grazie fratellone” bisbigliò.

Natasha alzò il capo verso Bucky, annuì, mescolò un bicchiere d'acqua aranciato e si sedette sul bordo del letto.
“Ha detto che deve valutare di persona i sintomi, ma per sta sera di prendere dose doppia di medicina” rispose.
Poggiò il bicchiere sul comodino, mise la mano sul braccio metallico di Bucky e si chinò in avanti socchiudendo gli occhi azzurro ghiaccio.
“Parlava con qualcuno. Diceva di toccarlo, addirittura” sussurrò.
L'uomo con il pizzetto incrociò le braccia, guardò Bucky e Natasha; roteò gli occhi sedendosi accanto a Steve e incrociò le gambe sul materasso, abbassò il capo premendo lo sul cuscino.
“Parlano male di noi” informò.
Steve si mise su un fianco, dando le spalle ad entrambi, stringendo più forte il cuscino.

Bucky afferrò il braccio dell'aggressore e lo spinse via, facendolo finire dall'altra parte del vicolo. Avanzò lentamente facendo oscillare le braccia, schivò un colpo dello sconosciuto e lo colpì al viso con un pugno. Ghignò e tirò un calcio all'aggressore nei glutei. Lo guardò dimenare le braccia e scappare via.

Steve sospirò e strinse le gambe.
“Le prendo dopo, vorrei dormire” disse secco.
Natasha accentuò la presa delle dita sottili sul braccio di Bucky, si sporse in avanti.
“Dovresti prenderle un'ora prima di dormire” disse dolcemente.
L'allucinazione roteò gli occhi, alzandoli al cielo.
“Mamma e papà hanno paura che fai i capricci, eh?” chiese.
Infilò la testa sotto il cuscino, sorrise.
“Mi chiamo Tony, e occhio e croce direi che hai superato l'età del pannolino da secoli”.
Steve strisciò indietro avvertendo il battito cardiaco accelerare. Si alzò seduto, appoggiò il cuscino sul letto e si voltò. Afferrò il bicchiere e bevve. Bucky si leccò le labbra e appoggiò le mani sulle ginocchia. 
“Allora esco, dormi bene” sussurrò. 
Gli baciò la fronte, si alzò e si voltò. Uscì dalla stanza tenendo le spalle curve. Tony aggrottò le sopracciglia, poggiò le mani sul materasso sporgendosi in avanti.
“Guarda che chiedermi di stare zitto era più efficace” fece notare.
Natasha si chinò in avanti, scompigliò i capelli biondi di Steve.
“Chiamami se ti serve qualcosa”.
“Notte mamma, notte papà!” rispose con tono sarcastico Tony.
Steve annuì e si massaggiò la spalla. Le porse il bicchiere, la guardò prenderlo e si lasciò cadere sul letto. Aprì le braccia, chiuse gli occhi e la ascoltò uscire. Udì il rumore della porta che si chiudeva e gemette. Tony si stese accanto a lui, accavallò le caviglie nude dondolando il piede e voltò il capo.
“Sai che se non dici ai tuoi psicologi che le tue visioni sono a sfondo di violenza sessuale non ti daranno mai qualcosa di efficiente?” chiese.
Mosse il capo a destra e sinistra strofinando i corti capelli castano scuro contro il cuscino.
“Non che lo siano in ogni caso, ma robaccia per robaccia ...”.
Steve si mise seduto, si abbracciò le gambe e appoggiò il mento sulle ginocchia.
“Non sempre, alle volte sono deliranti. Una volta ho sognato di avere un bel corpetto a stelle e strisce, un reggiseno blu e una minigonna a pieghe. Di ballare con lo scudo e l'elmetto davanti a una platea facendomi palpare il sedere. Però ti posso assicurare che non so ballare con i tacchi rossi e non mi depilo le gambe“ bofonchiò.
Tony ridacchiò, incrociò le braccia sotto al capo sollevandolo.
“In effetti non ti ci vedo a fare la genderqueer” rispose.
Accennò un sogghigno, si stese di fianco.
“So che i medici ti mettono ansia. Con tutto quel chiederti ogni dettaglio e volere a tutti i costi che tu sia malato farebbero diventare ipocondriaco chiunque” disse.
Steve ricadde su un fianco continuando a stringersi le gambe.
“Mi dispiace solo di non poter aiutare Bucky. E di non essere operativo come farebbe comodo a Natasha” sussurrò.
Tony gli poggiò la mano calda sulle ginocchia, accennò un sorriso chinandosi in avanti.
“Sei proprio un altruista, eh?” chiese, sottovoce.
Poggiò la fronte contro quella di Steve, socchiuse gli occhi leggermente liquidi.
“Io mi impegnerò ad occuparmi di te, e tu penserai a mamma e papà; così non dovrai sentirti in colpa. Possiamo provare”.
Steve avvertì un calore al basso ventre e socchiuse le labbra.
“Tu non esisti” mugolò.
Tony rise, strofinò il naso contro quello dell'altro.
“Nemmeno le cose che ti spaventano. È per questo che posso occuparmene io” spiegò.
Salì con la mano sfiorandogli la spalla, la strinse.
“Invece mamma e papà esistono. È per questo che devi pensarci tu” sussurrò.
Steve sciolse l'abbraccio, allungò le gambe e abbandonò gli arti sul letto. Chiuse gli occhi e strofinò la guancia sul letto.
“Sembri così dannatamente vero” si lamentò.
Tony sorrise, gli baciò la fronte.
“Sei molto bravo a creare cose belle” sussurrò con tono scherzoso.
Poggiò la mano accanto a quella di Steve, ne osservò gli occhi chiusi e sorrise.
“Deve essere perché lo sei anche tu” bisbigliò.
“D'accordo, proviamoci” mormorò Steve.
Il respiro si fece pesante, sbadigliò e si addormentò.

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Capitolo 5
*** 5. ***


Credits: Ispirata alla fict “Mente divisa” di PurpleStarDream, pubblicata dopo il suo consenso scritto di farlo.

Steve si chiuse l'ultimo bottone della giacca marroncina da militare. Deglutì, si tolse il cappello e aprì la porta. Entrò e avanzò.
“Dottoressa, ho il mio appuntamento delle due” disse e la voce possente gli tremò. La dottoressa annuì, sfilò gli occhiali e afferrò la penna indicando con la mano libera la sedia.
“Si accomodi, signor Rogers. È in anticipo” disse.
Tony si sedette sul bordo della scrivania a lato della donna, sogghignò.
“Ohw. Cattivo, Steve, l'hai privata di cinque secondi di pausa in più”.
Steve raggiunse la sedia e si accomodò, piegando il capo. Unì le mani e chinò la testa. La dottoressa si tolse una ciocca castana da davanti al volto, sorrise.
“Mi hanno detto che la sua condizione è peggiorata, dopo la nostra ultima seduta. Forse abbiamo toccato un punto cardine che ha causato scombussolamento nel suo inconscio” spiegò.
Tony aprì e chiuse la mano battendo il pollice contro le altre dite.
“Bla, bla, bla, bla”.
Steve sorrise e si guardò i piedi.
< I miei pensieri li senti? > domandò mentalmente.
Tony annuì, sogghignò poggiando le mani sulla scrivania.
“Sarebbe disturbante se il frutto della tua mente non sentisse i tuoi pensieri” rispose.
La dottoressa sfogliò un paio di pagine del blocco degli appunti, fece ondeggiare la penna in aria.
“Stavamo parlando del suo gruppo quando ancora non aveva preso il siero. Questo le causa qualche difficoltà?”.
“Ne parliamo da settimane. Le ho anche detto tutti i soprannomi, da femminuccia ad assorbente” brontolò Steve.
Strofinò i talloni sul pavimento. Tony inarcò un sopracciglio, fissando Steve con gli occhi socchiusi. La dottoressa infilò gli occhiali, scrisse velocemente osservando i fogli.
“Mi parli dei rapporti con gli altri membri del suo gruppo. Nel dettaglio, il più possibile”.
Steve si voltò verso la finestra.
“Erano alti, grossi, stupidi e prepotenti. Scommettevano su come sarei morto a causa della guerra” spiegò.
Tony fischiò, accavallò le gambe.
“Che persone amorevoli”.
La dottoressa scrisse velocemente, si premette gli occhiali sul naso.
“Aveva qualche rapporto particolare con qualcuno di loro?”.
Steve incassò il capo tra le spalle.
“Il soldato Barnes è il mio migliore amico” rispose.
La dottoressa alzò il capo, si tolse una ciocca di capelli da davanti al volto.
“Ha ancora sensi di colpa nei suoi confronti?” chiese.
Tony si voltò sgranando gli occhi, aprì le labbra e incassò il capo tra le spalle. Si voltò, inarcò un sopracciglio.
“E saresti tu quello malato?!”.
Steve si voltò di scatto, assottigliò gli occhi e le iridi azzurre gli brillarono.
“Sssh” bisbigliò.
La dottoressa lo guardò, socchiuse gli occhi.
“Sta parlando con la sua allucinazione? È qui?” domandò.
Steve avvampò e sospirò.
“Sì” mugolò.
Guardò Tony seduto sopra la scrivania. Tony scosse il capo, sogghignò roteando gli occhi.
“È carino da parte tua guardarmi mentre mi parli, ma dovresti evitare davanti agli psicotici”.
La dottoressa mordicchiò la stanghetta degli occhiali.
“Assomiglia al suo amico Bucky? O a qualcuno verso cui nutre senso di colpa?”.
Steve si girò verso di lei. Strofinò le mani sulle ginocchia e negò con il capo.
“Assomiglia a un mio amico verso cui non ho mai e mai proverò sensi di colpa” rispose.
La dottoressa scrisse velocemente.
“Mi parli di questo suo amico in poche parole”.
Guardò l'orologio, sorrise.
“Tra dieci minuti ho un altro paziente” spiegò.
Steve si massaggiò una spalla e si alzò in piedi.
“Tutti conoscono Howard Stark” borbottò.
Tony si voltò di scatto verso di lui, scese dalla scrivania e inciampò nel filo teso che collegava la presa di corrente al computer sulla scrivania della dottoressa. Il computer si spense, la presa emise una serie di scintille e la donna urlò alzandosi di scatto. Tony si rimise in piedi, si massaggiò il capo e sbuffò. Lanciò un'occhiata via alla presa attaccata alla corrente, arricciò il labbro e guardò la donna.
“Mica sei caduta tu, idiota” borbottò.
La dottoressa sospirò, osservò dei residui di polvere cadere sul pc e si morse il labbro.
“È meglio che lei vada a casa, signor Rogers. Darò al suo amico il numero di un dottore più adatto alle sue esigenze” lo congedò.
Tony incrociò le mani dietro la testa, sogghignò piegando il capo.
“Andiamo, Steve. Miss professionalità ha paura che le rovini il vestito e di fare tardi dal parrucchiere” disse.
Raggiunse la porta e si poggiò al muro guardando Steve. Steve si voltò e uscì seguendo Tony.

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Capitolo 6
*** 6. ***


Credits: Ispirata alla fict “Mente divisa” di PurpleStarDream, pubblicata dopo il suo consenso scritto di farlo.

Steve sospirò, si chiuse la giacca e saltò oltre una lattina. Raggiunse la sua motocicletta e sporse il labbro inferiore.
“Sono due settimane che mi segui anche in bagno. Sparisci!” gridò.
Una donna sgranò gli occhi, le rughe attorno al suo volto s'ispessirono; si voltò e scappò via. Steve la osservò attraversare la strada di corsa.
“Bene, grazia a te ecco l'ennesima persona che mi crede pazzo. Il Generale Fury mi licenzierà! Già non mi fa obbedire dai miei uomini tenendomi segrete le vere missioni nelle missioni” borbottò.
Tony infilò le mani nelle tasche dei jeans.
“Possibile che tu non ti sia accorto di niente?” domandò, con tono saccente.
Si sedette sulla motocicletta, incrociò le braccia.
“Se tu non urlassi, potresti tranquillamente evitare di farti considerare pazzo. In fondo, correggimi se sbaglio, da quando sono qui non hai più avuto visioni o incubi; tranne di fatti realmente accaduti”.
Steve si sporse e lo spinse giù dalla moto, sedendosi sul sellino al suo posto. Tony mugolò, sbuffò passandosi la mano tra i capelli castani e sospirò. Si rialzo, poggiò la mano calda su quella di Steve e addolcì lo sguardo.
“So che ti faccio sentire a disagio e ti senti perseguitato. E so che il mio caratteraccio non aiuta. Però io non ti lascio, né ti lascerò mai più” sussurrò dolcemente.
Steven arrossì e sentì la gola bruciargli.
“Sembra sempre che tu sappia cosa voglio sentirmi rispondere. È inquietante” sussurrò.
Tony socchiuse gli occhi evidenziando le leggere rughe attorno alle iridi castano scuro, si chinò in avanti stringendogli la mano.
“Non potrebbe essere altrimenti. A me non fa piacere sottolinearlo, ma sei tu a decidere come devo comportarmi; tesoro”.
Steve deglutì a vuoto un paio di volte.
“Sono convinto di non voler essere chiamato tesoro” farfugliò.
Tony ridacchiò, si avvicinò sfiorandogli il naso con il proprio e mosse il capo a destra e sinistra.
“Solo perché non vuoi sentirti dire che sei prezioso non vuol dire che tu non lo sia”.
Steve socchiuse le labbra. 
“Dov'eri quando mi hanno scongelato?” sibilò.
Tony si avvicinò maggiormente, schiuse le labbra.
“Non dipende da me. Io posso scegliere di restare, ma non di arrivare. Tu puoi scegliere chi sono, cosa provo, quando farmi arrivare; ma non puoi mandarmi via” sussurrò con tono melodico.
Steve sentì le gambe tremare e il basso ventre pulsargli. Il battito cardiaco gli accelerò e le labbra gli divennero rosse. Tony poggiò le labbra su quelle dell'altro, le leccò sentendole calde sotto la lingua; strinse la mano di Steve chiudendo gli occhi. Steve rispose al bacio mugolando di piacere. Tony gli passò la mano tra i capelli biondo cenere, si scostò dal bacio e accennò un sorriso.
“Ti sentirai leso nella tua pudicizia se ti dico che in bagno ci vengo per vederti nudo?” sussurrò con tono divertito.
Steve arrossì e abbassò lo sguardo.
“Vediamo” bisbigliò.
Tony lo guardò, batté le palpebre e gli strinse un fianco.
“Credevo tu avessi un lavoro da fare” sussurrò, chinandosi in avanti.
Steve deglutì a vuoto e si rizzò.
“Allora ne riparliamo stasera a casa” borbottò.
Tony gli sorrise, salì sulla moto e indicò il posto del guidatore con il capo.
“Spero solo che i tuoi colleghi siano meno apprensivi del tuo coinquilino!” esclamò.

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Capitolo 7
*** 7. ***


Credits: Ispirata alla fict “Mente divisa” di PurpleStarDream, pubblicata dopo il suo consenso scritto di farlo.

Il dottore si mise gli occhiali, si piegò e prese una cartella da un tavolinetto.
“Io sono il dottor Victor ‘Destino’ Von Doom. Qui leggo che lei mi è stato mandato dalla dottoressa Storm. Giusto?” domandò.
Steve abbassò il capo e annuì.
“Sì, signore” rispose secco.
“Non siamo nell'esercito. Si rilassi pure” rispose il dottore. 
Mise una ciocca nera dietro l'orecchio.
“Allora lei ha iniziato sotto le cure della dottoressa Hill per stress post-traumatico. Riscontrata un certo livello di schizzofrenia è passato alla cure del dottor Richards. Sono subentrate delle visioni, oltre che una forte aggressività perciò è passato alla dottoressa Martin. E nel momento in cui le sue visioni sono diminuite è andato in cura dal dottor Morgan. Avendo scoperto che se n'è però creata una fissa è stato mandato da me” riassunse.
Tony sbuffò roteando gli occhi, sogghignò poggiando le mani sulla scrivania del dottore e dondolò le gambe.
“Cento dollari che sa perfino quante volte vai al bagno e cosa mangi ad ogni pasto!”.
Steve ridacchiò, si abbassò arcuando la schiena.
“Sì, signore”.
Destino appoggiò i fogli sul tavolo e afferrò una matita.
“La sua proiezione ha un carattere sagace per caso? Deride gli altri per farle un favore?” domandò.
Steve arrossì e si tirò un paio di volte il ciuffo. Tony sbuffò sonoramente, roteò gli occhi.
“Derido gli altri perché le persone se la cercano” specificò.
Incrociò le caviglie, sorrise.
“Non rispondere di nuovo ‘sì, signore’; Steve. Penserà che sei ossessivo-compulsivo, altrimenti” consigliò.
“Scherza anche su di me” sussurrò Rogers con voce roca.
Il dottore sorrise e annuì.
“Mi dica, assomiglia a qualcuno che le era caro e ha perso?" domandò.
Steve si voltò verso Tony, corrugò la fronte e annuì.
“Un po' fisicamente, ma quella persona mi odiava ... lui invece ...” rispose.
Doom annuì un paio di volte. Tony tossicchiò, batté il pollice contro le altre dita aprendo e chiudendo la mano.
“Probabilmente si tratta di una proiezione della sua mente distorta. Per caso desiderava che quella persona tenesse a lei?” fece il verso.
Steve si voltò di scatto verso il dottore stringendo i pugni.
“Non scambierei mai Tony per un altro. Non è la proiezione di niente!” gridò.
Il viso gli si arrossò. Destino inarcò un sopracciglio.
“Ha letto testi di psicologia spicciola? O le è stato detto da un altro dottore?” domandò.
Steve riabbassò la testa. 
“Me lo ha detto Tony” brontolò.
Tony ridacchiò, alzò la mano.
“Confermo, colpa mia” ammise.
Saltò giù dalla scrivania, infilò le mani nelle tasche e inarcò un sopracciglio.
“Dobbiamo per forza restare? Adesso cercherà una spiegazione ancora più patologica dei tuoi scarsi problemi mentali” si lamentò.
Steve rabbrividì e strinse gli occhi. 
“Si rilassi, non voglio farle del male” sussurrò Victor. 
Aprì un cassetto e tirò fuori una scatolina con dentro dei cioccolattini in carte dorate.
“Ne prenda uno” mormorò.
Tony guardò il cioccolatino, si chinò e lo osservò dal basso. Annuì, si rizzò e sogghignò indicandolo a Steve con la mano aperta.
“È pulito. Puoi mangiarli” assicurò.
Steve ne prese uno, si girò e lo porse a Tony. Sgranò gli occhi e ridacchiò.
“Giusto, le allucinazioni non mangiano” borbottò.
Tony rise, gli fece l'occhiolino.
“Apprezzo il pensiero, honey”.
Steve avvampò, scartò il cioccolattino e lo mise in bocca.
“Dai documenti della dottoressa Hill, ho appreso che lei ha problemi con la sua omosessualità” disse Doom rendendo atono il tono. 
Rimise i cioccolattini nel cassetto e lo chiuse.
“Non sono malato per quello” sibilò Steven. 
Doom negò con la testa.
“L'omosessualità non è riconosciuta una malattia ormai, almeno non da me” ribatté.
Tony allargò le braccia.
“Ma allora qualcuno ha un quoziente intellettivo, tra questi stupidi medici!” esclamò.
Raggiunse il muro alla destra di Steve, vi si appoggiò, incrociò le braccia e sorrise.
“Ok, ci sto. Proviamo ad ascoltare, Steve”.
Steve strofinò i piedi per terra.
“Neanche a Tony interessa” mugolò.
Doom accavallò le gambe e appoggiò la schiena.
“E cosa gli interessa? Cosa gli piace?” chiese.
Steve rialzò la testa e si voltò verso Tony, leccandosi le labbra sporche di cioccolato. Tony inarcò un sopracciglio, storse il labbro arricciando il naso.
“Adesso sarei io sotto esame?”.
Steve si massaggiò entrambe le spalle e oscillò sul posto. Si rigirò la cartaccia tra le mani. Tony sospirò, raggiunse la sedia e guardò verso il dottore; indurì lo sguardo stringendo le labbra tra loro, il pizzetto spiccava sulla pelle tesa.
“Mi piace spaccare la faccia a chi mette a disagio la persona a cui tengo di più” sibilò minaccioso.
Steve si morse l'interno della guancia. Victor si sporse in avanti.
“Non si senta a disagio. Voglio solo conoscere bene entrambi. Sentiti libero di dirmi ciò che vuoi” sussurrò.
Steve alzò il capo ed espirò. Tony sbuffò, si passò la mano tra i capelli scompigliati.
“E va bene, evitiamo che pensi tu abbia una qualche aggressività latente nei suoi confronti” borbottò.
Incrociò le braccia, spostò il peso da un piede all'altro.
“Mi piace il caffè” disse, con tono riluttante.
“Il caffè” sussurrò con voce rauca Steve.
“E a lei piace il caffè, Steve?” chiese Victor.
“A lui amaro, a me molto dolce” brontolò Capitan America.
Abbassò il capo e guardò il dottore negli occhi.
“E la persona a cui leggermente somiglia non beveva caffè, al massimo lo prendeva ancora in chicchi dentro strane ricette” sibilò.
Tony sorrise, si piegò poggiando la propria mano su quella di Steve. Guardò gli occhi del dottore, ne osservò le sfumature verde silvestre e sogghignò.
“Mi piacciono i suoi occhi. E adoro questa tua sfrontatezza da marito protettivo, darling” disse, con tono provocatorio.
“Non sono un marito protettivo” brontolò Steve. 
Tirò una gomitata a Tony e si voltò di scatto.
“E non guardare gli altri, Tony!” gridò.
Il dottore si grattò una guancia. Si alzò in piedi scostando la sedia e si appoggiò contro la scrivania. Tony rise, indietreggiò e alzò le mani.
“Ehi, ehi, calma. Era una frecciatina” si lamentò.
Si voltò, piegò il capo incrociando le braccia muscolose.
“E smettila di guardarmi quando ti parlo. Capisco che tu risponda ad alta voce per lo psicologo-stalker, ma non c'è bisogno di tutta questa cavalleria medievale” si lamentò.
Steve si strofinò contro lo schienale della sedia. 
“Ha detto che gli piace se sono geloso” spiegò.
“L'avevo intuito. E deduco si chiami ... Tony. Giusto?” domandò.
Steve annuì un paio di volte. 
“La dottoressa Storm dice che visto che volevo un figlio che si chiamasse in quel modo, l'ho chiamato così per quello” spiegò.
Tony guardò Steve, arricciò le sopracciglia aggrottando la fronte.
“Spero che non avrai certi istinti verso tuo figlio, Steve, o ti servirebbe sul serio un medico” disse. 
Steve cadde giù dalla sedia con un grido. Doom lo afferrò per una mano e lo tirò su.
“La sta attaccando?” chiese. 
Steve negò, raddrizzandosi.
“No, no, quell'idiota è cretino. Dice che avrei ... io ... con un piccino ...” mugolò.
Tony si sporse, strinse la mano di Steve e dilatò gli occhi che divennero liquidi e sporse il labbro inferiore.
“Ti sei fatto male?” domandò.
Si piegò, si leccò le labbra e strofinò un piede a terra.
“Scusa, non credevo l'idea ti avrebbe ucciso sul posto” sussurrò.
Steve gli strinse la mano e si staccò dal dottore. 
“Non ti spaventare” bisbigliò.
Victor si sedette sulla scrivania. Tony tirò su Steve, gli si mise accanto e sorrise stringendolo.
“Per lo meno, questo medico è divertente” disse.
“Quel nome le ricorda altro?” domandò Doom. 
Steve si appoggiò alla scrivania accanto a lui stringendo più forte la mano di Tony.
“Parecchie ristoranti nella mia zona. Assomiglia a Anthony, il nome che quel mio amico voleva dare a suo figlio. E poi dovrebbe essere il nome di un cartone che mi ha fatto vedere Tony” rispose.
Tony roteò gli occhi scuotendo il capo, sorrise.
“Non dimenticare che è anche il nome dell'allucinazione più figa del pianeta” ricordò.
Steve afferrò una matita e la fece ondeggiare tra le dita.
“Vorrei andare a più a fondo. Qual è la cosa che più al mondo piace fare alla sua allucinazione?” domandò il dottore.
Tony guardò la scrivania del dottore, notò una serie di fogli dietro dei libri e li indicò a Steve.
“Quelli sono bianchi, se vuoi fare qualche schizzo” gli disse.
Scrollò le spalle, schioccò la lingua.
“Il meccanico. La cosa che mi piace di più al mondo è fare il meccanico”.
Steve afferrò i fogli e li strinse al petto.
“Questi posso tenerli?” chiese. 
Doom socchiuse un occhio e annuì. Steve si voltò verso Tony e sbatté un paio di volte le palpebre.
“Il meccanico? Non me lo avevi mai detto” disse.
Tony sorrise, alzò le spalle.
“Non me lo avevi chiesto”.
Sgranò gli occhi osservando i fogli stretti al petto del soldato, si sbatté la mano sulla fronte, si morse il labbro e scosse il capo.
“Così però il dottore si spaventa, Steve. Già pensa che hai la vista a raggi X per i fogli, evita di rischiare l'internamento. Queste cose chiedimele mentalmente” lo rimproverò.
Steve abbassò lo sguardo e sentì gli occhi pizzicare.
< Scusa > pensò.
Tony si morse il labbro, lo raggiunse e gli strinse la mano.
“Adoro che ti comporti come se io fossi qui, davvero. È dolcissimo e sono un'allucinazione fortunata, ma appunto solo frutto della tua mente. Non voglio ti facciano male perché sei la persona più premurosa del pianeta” sussurrò dolcemente.
“Da quello che ho capito la mia allucinazione ha risposto che gli piace fare il meccanico. Io odio quando devo sistemare la moto, invece” spiegò Steve atono.
Tony gli strinse la mano, sporse il labbro, le iridi castano scuro erano liquide.
“Sei arrabbiato?” domandò, con tono contrito.
Steve si staccò dalla scrivania e si sedette sulla sedia.
< Non è colpa tua se sono pazzo > rispose mentalmente.
Tony gli si inginocchiò davanti, poggiò le mani sulle sue ginocchia e alzò il capo.
“Non sei pazzo. Sei speciale. Unico. Se questo dottore può fartelo capire, collaborerò” promise con tono caldo.
Voltò il capo, strusciò le ginocchia in terra.
“Mi piace inventare. Adoro la fisica, la chimica e le materie scientifiche in generale. Potrei snocciolare le leggi della termodinamica al contrario, ma temo che tu avresti difficoltà a ripeterle e il laureato in stalkeraggio a capirle. Il mio film preferito è il Signore degli anelli, che per la cronaca è un fantasy, che a te non piacciono” elencò.
Steve strofinò le mani tra loro.
“Gli piace la fisica, la chimica, la scienza e ... qualcosa che ha a che fare con le leggi del termosifone” spiegò.
Doom si grattò la testa.
“Come scusi?” domandò.
Tony chiuse gli occhi espirando pesantemente.
“Termodinamica. T-e-r-m-o-d-i-n-a-m-i-c-a”.
Steve avvertì le orecchie diventare bollenti e deglutì. 
“Mi corregge. Si dice Termodinamica, non sono i termosifoni”. 
La voce gli tremò. Victor assottigliò gli occhi.
“L'ha corretta?” chiese.
Tony inarcò un sopracciglio, spostò il peso sui talloni.
“Perché, dovevo lasciare credere si parlasse di termosifoni?”.
“Lui lo fa di continuo” si lamentò Steve.
Doom mise la mano in tasca, tirò fuori il telefono e digitò dei tasti.
“Lei conosce qualcuno esperto di scienze? Ha conoscenze pregresse?” domandò.
Steve scosse il capo violentemente. 
“Non ci capisco niente persino quando me ne parlano. E me ne ha parlato solo lui, gli altri pensavano io fossi troppo stupido” spiegò.
Tony guardò il cellulare di Victor, si avvicinò accostandosi all'apparecchio.
“Prega che non stia chiamando il manicomio locale, o dovremo chiamare le tue balie di corsa. Tienimi pronto” ordinò.
Victor si portò il cellulare all'orecchio.
“Tutan, per favore, anticipa l'appuntamento delle sei a tra cinque minuti. E posticipa la signorina Brown” ordinò. 
Chiuse il telefono e lo rimise in tasca. Tony rilassò le spalle, indietreggiò.
“Ed uno che ha un segretario di nome Tutan vuole fare lo strizzacervelli?” si lamentò.
Prese la mano di Steve, sorrise.
“Tornerò in ginocchio ai tuoi piedi per farmi perdonare, ma solo quando saremo al sicuro in casa” disse, dolcemente.
Steve strinse la mano di Tony e deglutì.
“Il nostro incontro per oggi finirà tra pochi minuti. Prima vorrei farle un'ultima domanda” spiegò Doom. 
Girò intorno al tavolo e si sedette sulla sedia. 
“Ha poteri mentali?” chiese.
“No, ho il siero, non sono un X-men” brontolò Steven.
Tony alzò la mano, la sventolò.
“Io sono capace di riconoscere un ossessivo-compulsivo, vale come potere?” domandò, sarcastico.
Steve si alzò in piedi, afferrò la mano di Tony e lo strattonò.
“Arrivederla dottore” salutò. 
Trascinò Tony fino alla porta. Tony roteò gli occhi, salutò con la mano.
“Ciao ciao Faraone!” urlò.
Si lasciò portare da Steve. Steve scappò fuori chiudendosi la porta alle spalle. Doom si massaggiò la fronte con pollice e indice. 
“Neanche Flash ha il barbaro coraggio di spostare i suoi appuntamenti psichiatrici con così poco preavviso. E lui non ha la cognizione del tempo!” gridò una voce maschile.
La porta a destra si spalancò con un tonfo e Nicky Fury avanzò. Si sedette sulla sedia facendo ondeggiare la palandrana nera, alzò il capo e socchiuse l'unico occhio.
“Ho avuto una ricaduta che hai percepito da qui, o Rogers ha distrutto il piano terra e vuoi i danni?”.
“Non ha un'allucinazione” rispose secco Victor.
Fury poggiò le mani sui bracciolo della sedia, si chinò in avanti.
“Chi?” domandò.
Doom si tolse un paio di occhiali dalla tasca e se li mise.
“Rogers, non so sotto l'effetto di quale potere e/o incantesimo e/o altro riesce a vedere un'entità esistente per fatti suoi. Non è frutto della sua mente. Sa cose che lui non sa neanche a livello inconscio” spiegò.
Fury dilatò le narici corrugando la fronte dalla pelle nera.
“È ostile? Cosa vuole da Rogers?”.
Victor si leccò le labbra.
“Non è ostile, credo voglia un rapporto intimo. Inoltre penso sia lui a eliminare le altre allucinazioni” spiegò.
Fury si alzò, si chinò in avanti socchiudendo le labbra e dilatando l'occhio.
“Trovi un modo per contattarlo. Dobbiamo scoprire se è ostile e cosa vuole da noi. Se davvero aiuta Rogers, potrebbe rivelarsi una risorsa”.
Victor negò con il capo.
“Probabilmente se si è presentato come visione non vedibile da esterni, vuole rimanere tale” ribatté.
Fury ringhiò, sfregò i denti tra loro e tese le braccia.
“La priorità del guardiano di Rogers non m'interessano. Trovi il modo per capire cosa vuole e avrà un paziente in meno di cui preoccuparsi” ordinò.
Camminò fino alla porta, si voltò e sogghignò.
“Le consiglio di farlo, altrimenti la sua professione potrebbe essere a rischio”.
Uscì sbattendosi la porta alle spalle.

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Capitolo 8
*** 8. ***


Credits: Ispirata alla fict “Mente divisa” di PurpleStarDream, pubblicata dopo il suo consenso scritto di farlo.

Tony si inginocchiò ai piedi di Steve, alzò il capo e socchiuse gli occhi.
“Oggi ti ho quasi fatto piangere” mormorò.
Steve si portò la bottiglia d'acqua alle labbra e ne sorseggiò il contenuto. Tony osservò il pomo d'Adamo dell'altro ondeggiare, si puntellò sulle dita dei piedi e premette le ginocchia in terra.
“So che non vuoi affezionarti a me. Anche se mi tratti come un essere vivente, ti rendi conto che sono irreale. Ed è questo che fa di te una persona sana, Steve. Distinguere realtà e fantasia” spiegò.
Tese la schiena, alzò il mento e accennò un sorriso.
“Eppure, io voglio restare con te. In ogni modo possibile” aggiunse.
Steve abbassò la bottiglia e appoggiò la fronte sulle sua spalla; singhiozzando ripetutamente. Tony gli avvolse le spalle stringendolo, gli passò una mano tra i capelli e addolcì lo sguardo.
“Sai che non potrò deludere le tue aspettative, di qualsiasi tipo siano” sussurrò con tono basso.
Lo strinse, gli poggiò le labbra sulla fronte. Steve aprì le gambe e si abbandonò contro di lui.
“Affronterei di nuovo le allucinazioni per averti reale” mormorò.
Tony lo spinse in terra, lo guardò negli occhi con le iridi castano scuro liquide.
< Però solo da allucinazione posso essere adatto ad una relazione, Cap > pensò.
Baciò le labbra di Steve, le leccò e chiuse gli occhi sentendo le tempie pulsare. Steve si inginocchiò a terra e lo abbracciò. Tony allontanò il capo, poggiò la guancia nell'incavo del collo di Steve e ne annusò l'odore. Baciò la pelle scoperta, sentendola sudata. Lo strinse, espirò.
“Lo vuoi da quando mi hai visto” sussurrò.
Steve strisciò sul pavimento mettendosi di fianco a lui e si stese; voltò il viso e ansimò. Tony passò il braccio sotto il fianco di Steve avvicinandolo a sé, affondò il volto nei capelli biondi dell'altro e chiuse gli occhi.
“Fin dove vuoi spingerti?” sussurrò.
Steven si abbassò i pantaloni e le labbra gli divennero rosse.
“Fino a dove riesco” mormorò.
Tony sporse il capo, lo baciò infilando una mano sotto la maglia di Steve e premette i polpastrelli callosi sul muscolo del fianco. Steve gli sfilò la maglietta e gli accarezzò la cicatrice sul petto.
“Vuoi metterti con me?” domandò.
Tony fremette, poggiò la mano su quella di Steve premendosela sul petto e annuì.
“Non potrei non volerlo” sussurrò.
Steve strinse contro il petto la mano dell'altro e si piegò. Appoggiò le proprie labbra su quelle gelide di Tony. Tony gli leccò le labbra, portò una mano ai propri pantaloni tirandoli giù con quella, strofinò il corpo contro il corpo di Steve sentendo l'erezione dell'altro premere contro di lui attraverso i boxer. Steve mugolò di piacere e sentì il piacere aumentare mentre Tony gli abbassava i boxer. Tony strofinò la mano sulla virilità di Steve sentendola fremere leggermente. Si morse l'interno guancia, approfondì il bacio sfregandosi appena. Tirò indietro il capo, socchiuse le iridi castano scuro leggermente liquide e accennò un sorriso.
“Ce la fai?” mormorò.
Steve strofinò la schiena in terra, alzò lo sguardò e ansimò.
“Speriamo che Bucky non arrivi” bisbigliò.
Tony salì con le mani fino alle labbra rosse di Steve, le carezzò con due dita e sogghignò.
“Quando ha le analisi non torna mai prima delle sette di sera” mormorò.
Steve mugolò di piacere e strinse gli occhi, annuendo. 
“Vediamo allora di rendere costruttivo il tempo che abbiamo” sussurrò. 
Gli mordicchiò la punta delle dita e sorrise. 
“Devo essere proprio molto malato, ma non amo avere i debiti e devo ringrazirti ... per la mancanza di allucinazioni” bisbigliò.
Tony ritirò la mano, gli strinse un fianco aderendo con il petto a quello nudo e muscoloso dell'altro; sentiva il sudore leggermente appiccicaticcio sulla propria pelle abbronzata.
“Non voglio avere una relazione basata su debiti e ringraziamenti” mormorò.
Si strofinò, mugolò di piacere con le guance arrossate e gli occhi liquidi.
“Ne voglio una basata sulla mia voglia di proteggerti e sulla tua di stare con me” bisbigliò roco.
Steve rabbrividì e sentì la gola bruciare. Tony lo guardò, chiuse gli occhi ed espirò pesantemente. Afferrò le spalle di Steve, lo spinse verso il proprio petto facendogli strofinare la fronte ed i ciuffi di capelli biondo cenere contro i propri pettorali.
“Va tutto bene. Basta così, amore mio” sussurrò.
Steven si adagiò a lui e lo strinse a sé.
“Odio essere un peso da difendere” ringhiò.
Tony batté le palpebre, accennò un sorriso e socchiuse gli occhi piegando il capo di lato.
“Sei abbastanza grosso da cavartela, darling” disse.
Fece l'occhiolino, gli pizzicò il fianco nudo.
“Io ti difendo da cose che non puoi prendere a pugni, ma se vuoi essere il mio ragazzo puoi proteggermi da quegli schizofrenici dei tuoi psicanalisti e i loro tentativi di farmi svanire”.
Steve si staccò da lui, si acquattò sporgendosi mordendogli il naso. Tony socchiuse gli occhi incassando il capo, ridacchiò ed espirò. Roteò gli occhi, gli bacio il naso e si acquattò in ginocchio.
“Avremo tutto il tempo del mondo” mormorò.
Steve si ritrasse e annuì.
“Lo so” sussurrò con voce calda. 
Mise la sua mano su quella di Tony. Tony gli strinse la mano in risposta poggiandogli il capo sulla spalla.

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Capitolo 9
*** 9. ***


Credits: Ispirata alla fict “Mente divisa” di PurpleStarDream, pubblicata dopo il suo consenso scritto di farlo.

Bucky strinse gli occhi, digrignò i denti strofinandoli contro l'oggetto di cuoio che aveva in bocca; gettò indietro la testa e gridò. I lacci gli stringevano il corpo segnando il polso e le caviglie; il braccio metallico cigolava lievemente. Urlò fino a raschiare la gola sentendola bruciare, percependo il sapore del sangue in bocca. Il suo corpo era scosso da una serie di tremiti e le tempie gli pulsavano; le scariche elettriche lo percorrevano facendolo sbattere ripetutamente contro il sedile sotto di lui. Il braccio di metallo gli venne ancorato saldamente alla pelle. 
“Le prestazioni sono migliorate?”. 
“I grafici come vanno?”. 
“Portate i potenziamenti!”.
Vari voci si accavallarono tra loro. 
“Ancora niente?” domandò una voce maschile.
“Riflessi e velocità aumentate del 55% rispetto all'ultima analisi” rispose una voce femminile.
“Il soggetto oppone una resistenza del 23% inferiore agli ultimi due mesi” aggiunse una voce anziana.
“Ricordategli che lo fa per il bene di Steve, per sostenerlo e aiutarlo nella sua malattia” disse la prima voce maschile.
“È cosciente, può sentirla” comunicò la voce femminile.
Bucky si sentì toccare la spalla, l'uomo si chinò su di lui e socchiuse gli occhi accennando un mezzo ghigno.
“Ti stai comportando molto bene. La tua nazione e il tuo Capitano sono fieri di te. Più sarai forte, più persone potrai aiutare” disse.
Le urla di Bucky si fecero meno forti. L'uomo gli strinse la spalla metallica, passò le dita sulle placche e annuì.
“Sei stato fornito dei migliori materiali, costruito dalla mente più geniale del nostro secolo e forse di tutto il millennio” gli ricordò.
Diede un paio di pacche, si rizzò.
“So, come tutti, che non deluderai il tuo Capitano”.
Una lacrima rigò il viso di Bucky. L'uomo si chinò, socchiuse gli occhi e gli premette la mano sulla spalla metallica.
“John Garret. Vieni da me, se vuoi essere ancora più forte” sussurrò roco.
Si staccò, guardò gli scienziati e annuì. Uscì dalla stanza camminando nel corridoio metallico; le luci si riflettevano sul pavimento nero. Proseguì fino ad una porta automatica, entrò e un uomo si voltò verso di lui.
“Come procede?” chiese.
John alzò le spalle, sogghignò.
“Vuole proteggere il suo pulcino. Resisterà e lo farà in silenzio” rispose, con tono acido.
Guardò lo scettro luminescente d'azzurro sul tavolo circondato da apparecchiature meccaniche, gli occhi gli brillarono e toccò l'oggetto. Lo passò da una mano all'altra, l'altro uomo glielo tolse dalle mani e lo strinse a sé. John ghignò, allargò di poco le braccia mostrando i palmi delle mani.
“Andiamo, Barone. Voglio solo dare un'occhiata” disse.
Il Barone sospirò, indietreggiò e John poggiò lo scettro. Il Barone collegò i fili alla pietra azzurra in cima allo scettro dorato. Le apparecchiature emisero una serie di ronzii e scintillii, dalla punta dello scettro si creò una finestrella grande quattro palmi di mano, lo schermo tremava contornato da puntini e linee attraverso si intravedeva uno sfondo grigio polveroso. Delle ombre passarono sullo sfondo, una serie di sibili fecero fischiare le orecchie dei due uomini. La schermata si rimpicciolì salendo fino ad inquadrare un volto in ombra. La creatura alzò il capo, gli occhi azzurri brillarono illuminando il volto rosso rigato; sogghignò scoprendo i denti bianchi.
“Che novità dal prode Capitano?” domandò, con accento tedesco.
John strinse un pugno e abbassò il capo.
< Anche se è una specie di ologramma, mi sembra sempre troppo vicino > pensò.
Teschio Rosso puntò gli occhi color fiordaliso verso il Barone, nelle sue iridi si rifletteva lo spazio stellare, i bagliori delle stelle scintillavano ruotando su loro stessi. Si sporse dallo scarno metallico facendo risuonare il cigolio sopra il fruscio del vento e delle creature che si muovevano ad altezza delle sue ginocchia.
“Mi contatti per dirmi che va tutto secondo i piani?” domandò.
Il Barone strinse le labbra accentuando le rughe che circondavano la bocca, socchiuse gli occhi cerchiati e piegò il capo in avanti; le lampade bluastre illuminarono i radi capelli.
“Purtroppo l'agente Garret ha riferito che il Capitano ultimamente sembra svolgere le sue missioni senza alcun problema”.
John annuì, sogghignò socchiudendo gli occhi leggermente biancastri e fece due passi indietro.
“Il suo orsacchiotto e lo SHIELD sono per buona parte sotto il nostro controllo, ma dalla morte del Fondatore sembra che il pulcino a stelle e strisce si sia fatto coraggioso” spiegò.
Teschio rosso si sporse in avanti e si massaggiò il mento vermiglio prominente, sentendolo rigido sotto le dita.
“Presto anche il Capitano vedrà la verità che il Tesseract mi ha mostrato e Winter Soldier è già quasi totalmente uno di noi” sussurrò roco.
Il Barone osservò lo scettro di Loki scintillare sul tavolo, incrociò le mani dietro la schiena.
“Il Tesseract rivela infinita conoscenza, e infine tutti ne potranno usufruire” sancì duro.
John roteò gli occhi, lanciò uno sguardo allo scettro e strinse le labbra.
< Se non gli insegnano che gli amici sono una debolezza, non li combatteranno mai. È così che il mio ragazzo ha fallito > pensò.
Osservò un Chitauro passare velocemente alle spalle di Teschio Rosso, vide della polvere coprirne la figura facendo scintillare gli occhi azzurri e strusciò i denti da loro deglutendo.
< Io ho visto la verità di cui è composta la natura stessa attraverso il GH-235. Loro nemmeno sanno realmente cos'è quella gemma che usano come telefono >.
Teschio rosso si ticchettò ripetutamente con l'indice sulla bocca aperta.
“Piuttosto, qualche folle blocca le allucinazioni che mando a Rogers. Trovatelo ed eliminatelo” ordinò.
Il Barone aggrottò la fronte. 
“Non vi sono molte persone dotate di tecnologie così potenti” borbottò. 
John incrociò le braccia, dilatò gli occhi sorridendo.
“Ma molti con poteri abbastanza grandi” sussurrò. 
Il Barone si voltò di scatto, il sopracciglio destro gli tremò. 
“Il nostro signore ha il potere del Tesseract” ringhiò. 
John indicò lo scettro. 
“Di un frammento del Tesseract. Forse chi lo ha tutto ci sta ostacolando” suggerì. 
Il Barone guardò verso l'ologramma di Teschio Rosso. Teschio Rosso negò il capo e sorrise.
“Miscredente, Loki stesso è dalla nostra parte. Io e la mia progenie di Chitauri abbiamo il signore della magia, nessun potere è più grande” sussurrò lascivo.
John strinse le labbra socchiudendo gli occhi.
< E allora perché sei ancora confinato fuori da ogni pianeta, oh onnipotente? > si chiese mentalmente, sarcastico. 
Il Barone annuì, sogghignò e afferrò una serie di fogli. 
“Cercheremo in tutto il pianeta. Nessuno ostacola i piani dell'HYDRA” sancì. 
John roteò gli occhi.
“Heil HYDRA” disse, atono.

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