Ricordati di Amarmi

di Cassandra Dirke
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** ~ Rosso e Bianco ~ ***
Capitolo 3: *** ~ Non farmi cadere ~ ***
Capitolo 4: *** ~ Invisibile ~ ***
Capitolo 5: *** ~ Quando cala il buio ~ ***
Capitolo 6: *** ~ By your side ~ ***
Capitolo 7: *** ~ La trappola di ogni uomo ~ ***
Capitolo 8: *** ~ Piccola, lucente speranza ~ ***
Capitolo 9: *** ~ Desidero te ~ ***
Capitolo 10: *** ~ Il miglior primo amore del mondo ~ ***



Capitolo 1
*** Prologo ***



15 anni prima.
Circa.


Piove.
Ho otto anni e mi sono rifuggiato sotto il mio letto.
Fuori dalla finestra della mia stanza il vento soffia così forte da far tremare il vetro e i tuoni non danno un attimo di tregua. Il cielo è talmente e costantemente illuminato che sembra quasi giorno.
Ho paura.
I temporali non mi piacciono per niente e questo ha tutta l'aria di essere il peggiore in assoluto.
Piove. Ho otto anni. E sto tremando sotto il mio letto in fremente attesa di mamma e papà.
Ho l'orecchio attaccato al freddo pavimento e sento chiaramente il rumore dei passi. Deglutisco, trattenendo il respiro per non far rumore. Il tempo fuori si calma, quasi per farmi il verso, e sento il sangue pulsarmi nelle orecchie. Chi c'è dietro la porta della mia stanza? Perché sta in silenzio?
Due colpi leggeri al legno e poi una voce.
< Misaki? >
Mi scappa un sospiro di sollievo. < Takahiro! > mormoro uscendo in fretta e furia dal mio nascondiglio.
Mio fratello. Il mio amatissimo fratello ora è con me. Sono salvo e non ho più paura. Spalanco la porta e lo guardo.
È alto. Così alto che penso non avrebbe problemi a salire in cielo. Così alto che potrebbe benissimo alzarsi e rapire il sole. Il suo sguardo mi colpisce, è talmente simile allo sguardo di papà che mi fa sentire allo stesso modo: al sicuro, protetto. Ma il suo sorriso ha tutta la dolcezza della mamma. Così dolce che mi fa sentire amato.
< Mamma ha chiamato > dice porgendomi il telefono di casa. < Stanno arrivando, ma a causa del maltempo faranno un po' tardi >
Prendo il telefono e lo appoggio all'orecchio.
< Misaki? > la voce di mia madre sembra distante, ma riesce comunque a tranquilizzarmi. < Stiamo tornando, tesoro. Tu aspettaci e non avere paura dei tuoni, ok? >
< Sì, mamma > dico sorridendo. Quando c'è lei nessun rumore può spaventarmi.
Sento la sua risata cristallina. < Misaki, papà dice che ti vuole bene e te ne voglio anch'io >
< Anch'io! > rispondo.
< Papà e mamma tornano tra poco, fa' il bravo >
< Sì! > prometto. 
Ho otto anni e non so ancora cosa voglia dire davvero promettere una cosa. Ma, malgrado abbia otto anni, per una volta sono l'unico a mantenere la promessa che ho fatto.

Questa mattina
Circa.

Piove.
È una di quelle giornate che ti fanno passare la voglia di uscire.
È una di quelle giornate autunnali, già fredde, che ti ricordano che l'inverno è alle porte. 
È una di quelle giornate umide che ti fan venire voglia di stare chiuso in casa, all'asciutto, magari davanti ad un cammino acceso, con una cioccolada calda fumante tra le mani.
L'ho detto, è una di quelle giornate che preannunciano l'inverno.
E ho freddo.
No, non freddo da mal tempo.
È un freddo diverso. Un freddo che non viene da fuori, ma da dentro il mio corpo.
Un freddo che non raggiunge le ossa, ma che parte proprio da quelle.
E non vedo l'ora che Lui torni. Perché Lui sa sempre come riscaldarmi.
Guardo l'ora. È appena mezzoggiorno, e Lui ha detto che tornerà per le tre.
Lo ha promesso.
Quindi non posso fare altro che aspettare.
Perché gliel'ho promesso.

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Capitolo 2
*** ~ Rosso e Bianco ~ ***




C'è un telefono che squilla.
È un rumore sinistro, fuori luogo. Talmente insistente da farmi arrabbiare.
C'è una macchina sportiva rossa smacciullata.
Le chiavi infilate, una freccia che lampeggia.
C'è un camion grande, riverso sulla strada.
Un bestione che sembra essersi mangiato il muso dell'auto sportiva.
C'è un'ambulanza.
C'è una macchina dei pompieri.
C'è gente. Tanta gente.
Gente che urla, che mormora, che sta zitta e fissa.
C'è la pioggia.
Tanta è tanto fredda.
È tutto attorno a me, ma è tutto distante. Però non abbastanza.
Faccio un passo indietro per capire.
Perché c'è una spiegazione, vero?
Le cose non possono essere così come appaiono.
Due macchine nel mezzo della strada... un telefono che squilla... sirene della polizia.
Il mio cuore accellera i battiti così velocemente che mi sento mancare l'aria. Perché quella macchina la conosco. Quella macchina l'ho lavata e tenuta pulita per anni. Quella macchina mi ha accompagnato in tanti luoghi. E a questo non posso trovare una spiegazione perché è impossibile che due macchine dello stesso tipo, dello stesso colore abbiamo la stessa targa e si trovino nello stesso quartiere.
Mi manca il respiro. Perché non vedo nessuno seduto al posto di guida della macchina sportiva. Mi manca il respiro perché il conducente del camion è seduto sull'ambulanza e sta parlando con i poliziotti. Mi manca il respiro, perché sull'asfalto davanti alla portiera aperta del conducente della macchina sportiva c'è una macchia. Una grande macchia. E mi manca il respiro perché è rossa e ha tutta l'aria di essere sangue.
< Takahashi-kun... >
E mi manca l'aria perché lui non c'è.
< Takahashi-kun? >
Non c'è. La sua macchina c'è, ma di lui non c'è traccia.
Se n'è andato? Come può essersene andato? Mi aveva detto che non mi avrebbe mai lasciato...
< Misaki! >
I miei occhi seguno il suono che appartiene al mio nome. 
Aikawa-san mi sta guardando con aria preoccupata.
Apro la bocca per risponderle, ma non esce nessun suono. Lei comunque non ci fa caso.
< Lo hanno portato all'ospedale più vicino > dice armeggiando con la borsa per nascondermi le lacrime che stanno affogando i suoi occhi marroni. < Dicono che deve affrontare un intervento. Isaka-san è già lì >
Non dico niente. Non ci riesco. Vorrei muovermi, correre, volare. Vorrei urlarle addosso che cosa ci facciamo ancora qui, perché non siamo già partiti. Perché non sono con lui adesso. Perché lui non è con me ora.
AIkawa-san mi prende delicatamente la mano e mi sorride. < Va tutto bene, Misaki. Sta bene, è vivo > dice dolcemente.
La pioggia mi bagna, attraversando i miei vestiti e arrivando alla mia pelle. Porta il suo freddo alle mie ossa. La pioggia è l'unica cosa che in questo momento mi fa sentire vivo.
Mi faccio tirare da Aikawa-san verso la sua macchina e rimango in silenzio perché non ho aria nei polmoni. Se potessi, le direi che niente va bene. Vorrei dirle che non mi importa niente se c'è Isaka-san, che non deve essere così gentile con me perché mi fa stare male.
Vorrei dirle che essere vivi e stare bene non è affatto la stessa cosa.

Siccome mi sono seduto da un po' e non mostro la minima attenzione di allacciarmi la cintura di sicurezza lei si sporge e lo fa per me. < Questa salva la vita > sussurra quasi tra sé e sé.
Non c'è più la pioggia, mi rendo conto. Ormai è fuori.
Guardo fuori dal finestrino e vedo la portiera della sua macchina aperta. Probabilmente il telefono che squillava era il suo.
Qualcuno risponderà mai?
Fuori la pioggia continua. Lava via tutto. Anche il sangue dall'asfalto.
La pioggia è fuori. L'unica cosa che mi faceva sentire vivo adesso non mi tocca più.
< Voglio vederlo > sento la mia voce sussurrare.
Aisaka-san è al telefono e non mi ha sentito. < Ah, un secondo per favore > dice guardandomi. < Cosa hai detto, Misaki? >
Mi porto la mano al petto. Brucia. È un dolore insopportabile.
< Voglio vederlo! >
Mancano dieci minuti alle tre del pomeriggio e lui aveva detto che alle tre ci saremmo visti. Voglio vederlo. Voglio vederlo. Voglio vederlo!
Aikawa-san riattacca senza nemmeno salutare il suo superiore.
< D'accordo > dice con voce ammirevolmente calma. < Allora vediamo di sbrigarci... >
E la sua macchina parte lasciando i segni sull'asfalto bagnato. 
E ci lasciamo dietro la distruzione portandoci insieme a noi la disperazione.
Odio gli ospedali. Perché i dottori non riescono mai a curarti come si deve. Li odio, perché si tengono sempre una parte di te: un pezzo del tuo organismo, delle tue speranze, della tua salute.
Una volta si sono tenuti i miei genitori. E non li ho più riavuti indietro.
Non so come faccia Aikawa-san ad orientarsi. I corridoi sono tutti uguali di larghezza e di lunghezza e il bianco ci attornia. È tutto schifosamente bianco, le pareti, i vestiti dei medici...le persone. Mi faccio trascinare da lei con il cuore in gola cercando di convincermi che va tutto bene, che lui sta bene e che tra qualche secondo lo rivedrò.
Ci fermiamo una volta arrivati un una sala d'aspetto. Non saprei dire se sai affollata o meno, le mie visite all'ospedale sono pochissime, contabili sulle dita di una mano. Quello che riesco a notare al primo sguardo è che sono tutti vestiti eleganti. C'è un uomo sulla mezza età con un soprabito nero, pantaloni e scarpe nere che sembra aver bisogno di una bella dormita, a giudicare dai segni neri sotto gli occhi. C'è un ragazzo con gli occhiali che sembra la copia sbiadita dell'uomo. Un po' più basso di lui e con i capelli di un marrone tendente al nero, ma comunque più chiari dell'altro. C'è una ragazza. Giovane, non più grande dei vent'anni, dai capelli lunghissimi e lisci. Completamente neri, come quelli del primo uomo. Indossa un chimono. Strano, penso, le ragazze così giovani non si vestono in quel modo. Di solito seguono la moda.
C'è un uomo con un completo blu scuro, dai capelli un po' lunghi e arruffati. Ha l'aria spaesata e non sembra contento di trovarsi lì. Alle sue spalle un altro ragazzo che sembra un suo coetaneo gli sta alle costole e segue ogni sua mossa, si muove prima che lui parli e intuisce i suoi bisogni persino prima che l'altro se ne renda conto.
Li conosco. Li conosco tutti. I primi tre sono la famiglia Usami, naturalmente.
L'uomo della mezz'età con quell'aria sospetta è Usami Fuyujiko, il padre della persona che amo di più al mondo. E il ragazzo che gli sta affianco è il suo primogenito, Usami Haruhiko. Mentre la ragazza è sua nipote, Usami Kuoruko.
Kuoruko è la prima a vederci. Sta piangendo disperatamente e questo spezza anche la più piccola parte della mia anima rimasta ancora intatta in me.
< Misaki! > urla correndomi incontro. Mi abbarccia e mi stringe forte, piangendo sulla mia spalla. Considerando che rimase offesa, la prima volta che ci siamo incontrati, per averle semplicemente sfiorato la mano, il suo gesto mi lascia interdetto.
La sostengo. Non so come ci riesco, ma d'altronde non so nemmeno come faccia io a stare in piedi. Penso che se non sono ancora crollato, posso evitare che lei crolli. Sono abbastanza forte?
Aikawa-san corre da Isaka-san per chiedere notizie e apprendiamo che l'intervento è terminato cinque minuti fa e che stanno aspettando che il medico comunichi loro le condizioni di Akihiko Usami. < Non sappiamo ancora cosa sia successo, di preciso >
< La polizia ci ha soltanto saputo dire che è stato portato qui d'urgenza > dice Haruhiko-san avvicinandosi a me e Kouruko-san. < Lei come sta? > domanda guardandomi attraverso gli occhiali da vista. Il suo sguardo è profondo, sembra voler fulminare il braccio di Kouruko-san che mi stringe forte, e mi mette in soggezione
Non ho il tempo di rispondere, perché una dottoressa vestita tutto di bianco compare all'improvviso. Ha un'espressione rigida e le labbra strette in una linea di disapprovazione. Non è per niente simpatica, ma forse il mio parere non è proprio del tutto oggettivo. Ci guarda uno ad uno e sospira.
Usami-sama si avviccina a lei velocemente e lo stesso fanno Isaka-san e Aikawa-san, sono tutti impazienti di ascoltare quello che lei ha da dire e lo sono anch'io... ma non riesco a muovermi dal mio posto. Non ho la forza per avanzare, sento che potrei sgretolarmi da un momento all'altro.
Kouruko e Haruiko-san decidono di stare con me. Riusciamo comunque a sentire la dottoressa.
< Il dottor Terashima purtroppo è stato chiamato urgentemente in un altro reparto, perciò ritornerà appena gli è possibile. Sarò io a comunicarvi le condizioni del signor Akihiko Usami... >
< La ascoltiamo, dottoressa. Come sta mio figlio? > domanda Usami-sama.
La dottoressa tira fuori la cartella. < Usami Akihiko in conseguenza ad un forte colpo alla testa ha avuto un'emorraggia cerebrale, fortunatamente il nostro miglior neurologo era di turno e ha operato immediatamente e con successo > guarda il padre di Usagi-san con sguardo gelido. < Suo figlio si sveglierà tra poco e si riprenderà completamente nel giro di due settimane. Per i dettagli temo che dovrete aspettare il neurologo... >
< Possiamo vederlo? >
La dottoressa ci guarda di nuovo tutti, evidentemente ci sta contando. < Siete tutti familiari? > chiede infatti.
< Io sono suo padre e loro sono mio figlio maggiore e mia nipote >
La donna annuisce. < Penso che sarebbe meglio se solo il padre e il fratello entrassero. Non sa che cosa è successo, vedere troppa gente potrebbe confonderlo e il paziente ha bisogno di riposare e di stare tranquillo >
C'è qualcosa che non va in tutto questo.
Voglio vederlo, eppure non posso.
Non è giusto.
La dottoressa guarda l'orologio, sembra avere fretta. < Ho un intervento tra cinque minuti, perciò sarà una cosa veloce. Seguitemi, prego... >
Usami-sama lascia la propria giacca sulla sedia e la segue, Haruhiko-san invece non si muove. Anzi, continua a fissarmi.
< Vada Lei > dice dandomi una leggera pacca sulle spalle.
Lo guardo fisso stupito. < M-ma... > mormoro senza sapere esattamente cosa dire.
< Ci racconterete come sta. Vada da Akihiko >
Kouruko annuisce. < Sono sicura che non vede l'ora di vederti >
La dottoressa non sembra d'accordo. < Posso lasciare solo i familiari... >
< Takahashi-kun fa parte della nostra famiglia > ribatte Usami-sama con un sorriso, facendomi segno di seguirlo.
Avanzo a testa bassa, sorpreso e incapace di preferire parola.
Non vedo l'ora di rivederlo.
La stanza è più grande di quel che avrei immaginato e molto luminosa. È spoglia, e questo non mi sorprende, e sa di medicine. Lui è steso su un letto dalle bianche coperte, un bip bip bip viene trasportato dal suono del suo respiro profondo e dal movimento del suo petto che si alza e si abbassa. Ha una benda attorno alla testa e un cerotto sul mento... è così pallido che potrebbe confondersi col cuscino.
< Akihiko... > mormora Usami-sama prendendo la sua mano sinistra tra le sue. Ci sono lacrime di sollievo nei suoi occhi. Avevo giudicato male quest'uomo, mi rendo conto. Lui ci tiene davvero... a tenere al sicuro i suoi figli.
Mi avvicino anch'io, consapevole che lo stesso sollievo potrebbe piegarmi le ginocchia, ma non glielo permetto. Voglio toccarlo. Sentire con la mia stessa pelle che in lui c'è vita.
La sua pelle è calda e una piacevole sensazione di dejà vu mi pervade. Non riesco a fare a meno di sorridere, perché è salvo. Perché sono da poco passate le tre e ci siamo mantenuti la promessa. Perché ormai siamo di nuovo insieme e niente, NIENTE, potrà mai più separarci.
< Akihiko? >
Usami-sama alza la testa e ci rendiamo conto che gli occhi di Usagi-san tremano, che le sue labbra si muovono.
< ...hiro >
< Cosa? > domando avvicinandomi al suo volto.
Ma non c'è bisogno di avvicinarsi, perché la parola è chiara e forte.
< Takahiro >
Indelebile. 

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Capitolo 3
*** ~ Non farmi cadere ~ ***


 
~ Non farmi cadere~
 
 
Due anni fa
Circa
 
Mi chiamo Misaki Takahashi, ho vent'anni e frequento il secondo anno dell'università M. Facendo vari lavori part-time, studio cercando di laurearmi, e intanto faccio la vita dello scroccone nella casa altrui. Vivo in una bellissima casa moderna e spaziosa (troppo spaziosa, soprattutto quando devo fare le pulizie) che in vita mia, lo so, non potrò mai permettermi, insieme al suo proprietario Usami Akihiko, da alcuni chiamato Usagi-san. A volte rispettosamente e a volte un po' meno, per quanto mi riguarda. Per pagarmi l'affitto faccio le faccende domestiche e cerco di tenere in vita il mio Land Lord.
Ma dimenticatevi pure di tutto questo, perché il mio stato attuale è questo: disperso nella foresta.
Perché?! Dico, perché mai queste cose capitano sempre e solo a me?
Sbuffo forte lasciandomi scivolare lungo il tronco dell'albero più vicino.
Il cielo ormai si è fatto rosso, è il tramonto, invece a me sembra di essere qui da secoli. 
Sospiro profondamente. Sono in maniche corte e ormai è quasi autunno... il che mi fa tornare in mente che solo questa mattina Usagi-san mi ha detto che dovevo mettermi qualcosa di più pesante addosso.
Uffa, perché devo sentirmi sempre come un bambino alle prese con un adulto? E va bene che, dopotutto, c'è una bella differenza d'età tra di noi, deci anni non sono esattamente un battito di ciglia, però a volte per come si comporta direi che il più bambino è lui. Ma forse... mi stringo le ginocchia al petto, sapendo che anche il solo costruire questo pensiero farà andare il mio cuore in quinta... forse, e dico forse, lui non si comporta così severamente con me perché vuole dimostrare di essere il più grande. Forse non lo fa se non per me. Forse ha così a cuore me che si dimentica di lui. E qui, lontano da lui e da tutti gli altri... lontano dalla realtà e dalle sue etichette, posso pensare a come questo mi fa sentire.
Avere qualcuno che pensa costantemente a te? Che impazzisce se tu scomparissi e che è geloso di ogni persona a cui rivolgi la parola?
Sfiancante, noioso, seccante. A volte mi fa arrabbiare.
Però è anche... 
Abbasso la testa sulle ginocchia, chiudendo gli occhi.
È piacevole. È lusingante. L'unica persona che mi abbia mai considerato in un senso simile a questo è mio fratello.
Il fatto è che mi sono reso conto di essere caduto in una trappola solo quando ormai mi era impossibile uscirne.
Mi sono reso conto che era amore solo dopo essermi irrimediabilmente e perdutamente innamorato.
Una mano calda e morbida mi accarezza i capelli. 
< Misaki? >
Quando lo vedo... il mio cuore fa i salti della morte.
Sapete, i suoi occhi sono davvero stupefacenti. Se li guardi da lontano e senza osservarli attentamente sono azzurri, ma se ti avvicini a lui così tanto da sentire il suo respiro sulla tua pelle, così tanto da riscaldarti col calore del suo corpo... hanno una tale profondità da sembrare viola. E in questo momento è così vicino che non è più solo un "sembrano". Giuro, in questo momento i suoi occhi sono viola e stanno dipingendo ogni centimetro della mia mente.
< Usagi... Usagi-san! >
C'è ansia nella mia voce. Ma c'è anche sollievo. E c'è...
< Mi hai fatto spaventare, lo sai? Non farmi mai più uno scherzo del genere! > Ha l'aria di essere arrabbiato.
È inginocchiato davanti a me, i suoi vestiti sono macchiati di fango e strappati in più punti. Ci sono delle foglie tra i suoi capelli.
< Mi dispiace > dico mortificato. Si è spaventato davvero.
La sua espressione si addolcisce. < Ti sei perso? >
Annuisco sentendomi le guance andare a fuoco.
< Hai avuto paura? > continua dolcemente.
Alzo lo sguardo per incontrare ancora i suoi occhi. Per essere sicuro che sia reale e non un sogno.
< No > dico, sicuro di me.
Per un attimo rimane stupito, ma subito dopo sorride. < Davvero? >
E il mio cuore si fa sentire nuovamente. Ha capito?
< Mi sembra strano, Misaki, tu hai paura anche degli orsi che ci sono in camera mia, e sono solo dei peluche... >
Mi sfugge un'occhiataccia. < Mi sono caduti tutti insieme addosso una volta e hanno rischiato di soffocarmi! > urlo, consapevole che mi ha condotto in una discussione folle e priva di senso, ma incapace di non seguirlo. < Lo hanno fatto apposta! È colpa tua, li addestri male! >
< Hai ragione > mormora immobilizzandomi le spalle contro l'albero. < Dovrei addestrare TE, invece.... > si avvicina pericolosamente a me, immobilizzandomi del tutto con la sola forza dello sguardo. < A ritrovare la strada di casa... > Il suo naso mi sfiora il mento e il suo respiro mi accarezza il collo. < A starmi sempre vicino, così che io possa tenere lontano da te ogni tipo di paura... >
Basta!
< Allora non mi ascolti! > esclamo scattando in piedi. < Ti ho detto che non ho avuto paura! E poi addestrarmi? > Comincio ad incamminarmi verso la prima direzione che mi capita a tiro. < Come ti permetti?! Non sono mica un cane io! >
< Misaki... >
Mi volto di botto. < Che vuoi?! >
Ha le mani in tasca. La cravatta è storta, la camicia è stropicciata e il gilet è sbottonato. Ma qui, circondato da questo meraviglioso verde e immerso in questa semirealtà dove nessuno può giudicare in alcun modo i miei pensieri, è bello da togliere il fiato.
< È questa, la direzione giusta > dice dolcemente, con un sorriso malizioso e lo sguardo lucente.
Arrossisco e corro nella giusta direzione, superandolo velocemente.
Gli dico che è un idiota, un arrogante, sicuro di sé e lui sorride. 
Gli basta tenermi la mano e camminarmi affianco. 
Ora che ci penso, non mi ha mai chiesto altro.
Invece vorrei dirgli che è vero, che non avevo paura. 
Perché sapevo che lui mi avrebbe ritrovato.
In qualche modo, riesce a ritrovarmi sempre.
 
Oggi pomeriggio
Circa
 
Ha smesso di piovere.
Osservo il cielo dalla finestra impolverata della sala d'aspetto ormai da due ore. E poco fa il cielo ha smesso di piangere. Ora è di un colore scuro ed impenetrabile, come di una barriera che al suo interno non contiene niente. Un po' come il mio freddo cuore.
Ho l'impressione che Usami-sama non abbia mai, nemmeno per un secondo, smesso di fissarmi sin da quando siamo usciti dalla stanza dell'ospedale, ma non ho la forza di ricambiare il suo sguardo. Non posso rispondere alle domande che è stato così gentile da non rivolgermi, ancora, perché io per primo non riesco a spiegarmi che cosa stia succedendo.
Kouruko-san si muove nel sonno e la sua testa scivola sulla mia spalla e mi fa sussultare.
< Haruhiko, penso sia meglio se la riaccompagni a casa... > mormora Usami-sama.
Haruhiko-san lancia uno sguardo sia a me che a suo padre, come se cercasse di capire se ci siamo messi d'accordo sulla cosa, ma io mi stringo nelle spalle e tengo delicatamente ferma Kouruko-san per le spalle. < Non vorrei si ammalasse... ormai il pericolo è passato, non c'è motivo perché non possa dormire in un letto caldo >
Haruhiko-san socchiude gli occhi. < La stessa cosa vale per lei > dice.
Quest'uomo riesce sempre a sorprendermi. La forza del suo interesse, l'intensità del suo sguardo, la luminosità di quel giorno che riuscì ad esprimere il suo sorriso... e la preoccupazione di adesso nei miei confronti... Ogni volta è come se mi mostrasse una parte importante di lui. Come se desiderasse con tutto sé stesso farsi conoscere.
< Devo rimanere qui >
Le mie parole non sono per niente forti come vorrei, ma al momento non lo sono nemmeno io.
< Sarebbe meglio se tornasse a casa > insiste.
Casa... mi rendo conto di non avercela più una casa. La mia casa è sdraiato in un letto d'ospedale.
< Voglio rimanere qui > mi spiego meglio.
Sostengo il suo sguardo, ma cerco di non essere aggressivo e di non sembrare testardo. Voglio che pensi che il mio voler rimanere qui sia un dato di fatto. Voglio che capisca che non mi muoverò perché non posso. Perché le mie gambe non lo farebbero mai.
Sospira e si avvicina per prendere in braccio Kouruko-san, ma prima di allontanarsi punta su di me i suoi occhi scuri. < Per ogni neccessità, non esiti a chiamarmi > sussurra in modo che solo io possa sentirlo.
È così sincero che il suo sguardo emette una luce limpida. Apro la bocca per dire qualcosa, per ringraziarlo, per assicurargli che non ce ne sarà bisogno, ma le parole si aggrovigliano nella mia gola e formano un ingorgo doloroso. Distolgo lo sguardo in fretta e quando si allontana mi rendo conto di essere rimasto senza fiato.
Vorrei riuscire a capire che cosa ci capita a volte. Perché le parole nella nostra vita siano una fonte inesauribile di energia e perché altre semplicemente muoiono nella nostra bocca.
Appena Haruhiko-san scompare il mio cellulare inizia a squillare.
< Oh, mi scusi un attimo... >
< Faccia pure >
Mi allontano nel corridoio e rispondo alla chiamata di mio fratello.
< Misaki?! Stai bene? >
È allarmato. Lo capisco dal tremore della sua voce. L'ultima volta che ho sentito quella voce tremare... credo di essermi dimenticato di allora. Eppure ecco che le stesse paure tornano a tormentarmi. Mi odierà? Capirà che è stata tutta colpa mia? Smetterà di volermi bene?
< Sto bene, Takahiro, non preoccuparti > rispondo in un sussurro. Non ho mai chiamato mio fratello per nome. Gli ho sempre dato il nomignolo affettuoso che imparai quando ero piccolo. Per me lui è sempre stato il mio affettuoso Nii-chan, ma oggi non sono più soltanto un fratello minore che ama il suo fratellone. Oggi sono colui che sta rischiando di perdere tutte le certezze che aveva un tempo. 
< Mi dispiace se ti ho lasciato quel messaggio preoccupante prima, ma adesso va tutto bene. Usagi-san ha avuto un incidente d'auto, è stato ricoverato all'ospedale più vicino. Sembra che abbia preso una botta alla testa, ma ci hanno assicurato che non è grave e che entro un paio di settimane si rimet... > Ho la gola secca e non riesco a finire la frase. Deglutisco e cerco di rimandare indietro la pioggia che rischia di affogarmi. 
< Va tutto bene > cerco di rassicurarlo.
Me lo hanno detto talmente tante volte oggi e io stesso l'ho ripetuto talmente tante volte che suona quasi convincente. Non ho mai mentito a mio fratello. Gli ho tenuto nascoste tante cose, ma non riuscirei mai a dirgli apertamente una bugia. O almeno pensavo che non ci sarei mai riuscito... adesso non ne sono più completamente sicuro.
< Misaki... > lo sento mormorare dall'altra parte. Una lunga pausa in cui il mio cuore cerca di volermi uscire dal petto e poi un respiro profondo. < Megumi e Mahiro stanno arrivando. Purtroppo a causa del lavoro non posso raggiungervi prima di un paio di giorni, ma appena mi sarà possibile verrò >
Vorrei dirgli che non c'è bisogno che lui venga, che in effetti non voglio che lui venga. Ma poi mi ricordo che cos'ha detto Usagi-san nel sonno... ha pronunciato il Suo nome, quindi forse lo vorrà vedere...?
Sento delle voci in sottofondo. < Oh, scusami, Misaki, adesso devo andare >
< Oh, certo. Vai tranquillo > Non mi lasciare.
< Scusami se non ti sono vicino come vorrei > dice sorprendendomi. Lo è sempre stato in questi vent'anni. Mi ha sempre sostenuto, anche quando lui aveva bisogno di sostegno più di me. Si è fatto uomo prima del tempo per badare a me, per proteggermi. E adesso non potrebbe proteggermi anche se fosse qui vicino a me. Le cose... com'è possibile che cambino così in fretta e così radicalmente? Non sono più un bambino.
< Nii-chan, Misaki ormai è cresciuto, lo sai? >
Lo sento ridacchiare. < Lo so. Salutami Usagi, digli di rimettersi in fretta >
< Gli porterò... i tuoi saluti >
Riaggancia.
E il mondo ritorna ad essere silenzioso.
 
Sera.
Quasi.
 
Non piove, ma non si vedono nemmeno le stelle.
Le nuvole sono talmente cariche di pioggia che hanno l'asspetto di palloni sul punto di esplodere, eppure la pioggia non cade.
Forse ha dimenticato come si fa.
Usami-sama si è addormentato e nella paura che potesse avere freddo l'ho coperto con la mia giacca. Ho l'impressione che non abbiano acceso il riscaldamento in questa area dell'ospedale, perché comincio ad avere freddo... e mi chiedo se Usagi-san ha freddo. A coprirlo c'era una coperta molto leggera, ora che ricordo. Forse dovrei chiamare un'infermiera e raccomandarla di coprirlo con qualcos'altro... loro infondo non sanno che Usagi-san è molto freddoloso. Il suo corpo non si riscalda facilmente.
Sto seriamente prendendo in considerazione l'idea di andare in cerca di un'infermiera quando una figura fa la sua entrata dal corridoio. È una donna bassa e magra. Comincia ad avere qualche ruga attorno agli occhi e agli angoli della bocca che le danno una dolcissima aria di mamma. Ha i capelli lunghi fino alle spalle e mossi, neri e senza un capello bianco, e il suo sorriso per un momento mi acceca.
< Misaki! > esclama, ma poi si porta la mano alla bocca, quando si accorge dell'uomo addormentato. < Misaki! > sussurra abbracciandomi.
< Megumi-chan, non serviva che venissi fino a qui > rispondo stringendola forte. Sa di profumo di casa. Di pane appena sfornato, di fuoco che brucia scoppiettante la legna nel cammino, sa di pelle di bambino. < E poi guidare nelle tue condizioni... >
Megumi-chan si porta automaticamente le mani a coppa sulla pancia di cinque mesi. < Misaki, andiamo... sono incinta, non è un problema guidare. Piuttosto, tuo fratello mi ha raccontato che avete parlato... Quindi Usagi-san sta bene, vero? >
Annuisco. < Sì, mi dispiace avervi fatto preoccupare. Si è svegliato un paio d'ore fa, ma aveva male alla testa. Il chirurgo che lo ha operato dice che dopo tutto quello che ha passato è normale e dice anche che è stato fortunato, che sarebbe potuto andargli molto peggio. Ora dorme > faccio una pausa per riprendere fiato. < È assurdo > mormoro parlando più con me stesso che con lei. < Solo questa mattina litigavamo perché non voleva finire la colazione e adesso... >
< Sono cose che capitano, Misaki. Dobbiamo essere forti e fare quello che dicono i medici... ah, anche se a te non piacciono i medici. Scusami, a volte tuo fratello mi racconta delle tue esperienze passate. Sai, credo che tu gli manchi più di quanto non voglia ammettere >
Sospiro, ricacciando indietro le lacrime.
< Misaki, tuo fratello ti rivorrebbe insieme a noi, lo sai? Puoi venire a stare da noi quando vuoi >
< Non posso >
Le parole mi escono da sole. So che continuando il discorso potrei finire in territori pericolosi, ma vorrei capisse che andarmene da Usagi-san per me ormai è impossibile.
< Misaki > il suo sussurro sa di mamma. Mi prende il volto tra le mani e mi costringe a guardare i suoi dolcissimi occhi marroni. < Tu lo sai che quello che è successo non è colpa tua, vero? >
Le parole mi confondono. Mi tagliano come un coltello con un colpo violento e doloroso. All'improvviso ho di nuovo otto anni, sono un bambino terrorizzato dal temporale che aspetta i genitori nascosto sotto il letto, che ha perso tutto. E che ha imparato come si fa a cadere senza sapersi più rialzare da solo. Solo che questa volta non ho perso. Questa volta andrà tutto bene. Questa volta le mie ginocchia sono più forti. Questa volta non cadrò.
< Lo so > mormoro cercando di sorriderle. Questa volta sarà diversa. Questa volta uscirò dall'ospedale insieme alla persona per cui sono venuto.
Megumi-chan sospira e sorride. < Bene! Tuo fratello temeva che ti saresti fatto venire in mente strani pensieri... >
Alzo gli occhi al cielo. < A volte non sembra che per lui ci siano differenze tra me e Mahiro... a proposito, dov'è? > domando rendendomi conto che è strano vedere la mia sorella acquisita senza il suo bel bambino.
< In macchina. Stava dormendo profondamente e non sono riuscita a svegliarlo, ma non penso che mi avrebbe seguito in ogni caso. Come qualcun'altro di mia conoscenza, odia gli ospedali >
Arrossisco. < Che coincidenza > faccio tra me e me.
Raccoglie la borsa nera che ha fatto cadere mentre mi abbracciava e se la porta in spalla. < Ora è meglio che vada. Tornerò quando Usagi-san si sarà risvegliato >
< Torni a casa? Ma è un viaggio così lungo... >
Megumi-chan mi sorride. < È davvero carino che ti preoccupi in questo modo, ma al momento è Usagi-san ad avere bisogno di te, quindi non darti altri inutili pensieri, d'accordo? >
Annuisco. < Sì, mamma >
Ridacchia. < Adesso vado. Abbi cura di te... >
Mi abbraccia un'ultima volta e se ne va.
Rimango in piedi a fissare il punto in cui è scomparsa. 
Ho di nuovo freddo e ho l'impressione che la sala sia meno illuminata di poco fa.
Credo di aver appena capito che, forse, non è importante cadere o restare in piedi. A volte non lo è... quando accanto a te ci sono certe persone che ti sosterrebbero in entrambe le occasioni.
 

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Capitolo 4
*** ~ Invisibile ~ ***


Capitolo 4
 
~ Invisibile ~
 
 
Nella mente di Akihiko
 
Sono niente.
Un minuscolo puntino che crea un punto. Una piccolissima parte di atomo. Uno spazio all'interno di una fiamma. Il respiro di una formica.
Sono piccolo, così piccolo che nessuno sa che esisto.
Così piccolo da sembrare niente. 
Ma ci sono. Sono qualcosa.... da qualche parte, in un'indefinita frazione di tempo, esisto e sono qualcosa. Perché il niente crea il tutto, quindi il niente di per sé non esiste.
E sono anche a conoscenza del mio essere. Esisto e forse in qualche parte dell'universo qualcuno ha la certezza di ciò.
Esisto, lo so. Ma non ne sono sicuro.
Sono sperduto nelle tenebre, uno spazio angusto, ma fin troppo sconfinato per un essere minuscolo come me. Così piccolo che ogni forza mi supera, mi tira, mi schiaccia. Non ho la forza per resistere e non c'è niente che varrebbe la forza che potrebbe schiacciarmi.
Mi lascio trasportare innerte, dappertutto e da nessuna parte. Con il buio che mi calpesta, con l'oscurità che mi spezza.
Sono niente.
Ed è il niente che la tua luce illumina.
Non so cosa sia... no, non so CHI sia, ma so che sei qui per me e che sei reale.
Risplendi e la luce ti avvolge con graziose mani che mi abbagliano. Ho la certezza di ESSERE. Ho la certezza che quella luce mi rende qualcosa. Un'ombra... piccola piccola, destinata a dissolversi in tutta quella bellezza.
Ma Tu protenti le tue mani verso di me e la tua luce mi coccola.
Sono qualcosa. Sono qualcuno.
< Akihiko >
La tua voce mi fa male... come se la luce avesse iniziato a bruciare. Come se il cuore avesse iniziato a sanguinare. Il cuore.... lui, la luce. La vita. Io. Tutte cose che esistono, ci sono... posso vederle.
< Akihiko >
È un suono. Una melodia. È la tua voce.
< Akihiko >
È un richiamo. Un ricordo. Un desiderio.
È un sentimento. Una certezza... come la certezza che ci sei, che sei qui accanto a me.
Le tue mani sfiorano il niente che forma me in tutto. Il tocco è talmente piacevole che non desidero altro per il resto della.... del tempo. Di questo tempo. Di questa esistenza.
Ma il tuo tocco è anche doloroso. Così doloroso che mi trafigge, mi scheggia. È soltanto un qualcosa, ma qualunque cosa si trasforma. Il stuo tocco diventa passione, amore, rabbia. Il tocco mi provoca gioia, dolore, odio. Centinaia di sentimenti turbinano dentro di me, aggrovigliando il mio cuore... presentando al mio corpo il dolore. Le voci mi assordano, le immagini mi accecano, gli odori e i sapori mi nauseano e il mio corpo arde sotto ogni contatto. 
Non sono niente. Sono energia, sono vita, sono il futuro insieme a tutti gli altri niente' che mi circondano. Sono qualcuno e ho qualcosa di prezioso.
Apro gli occhi. Finalmente. E Vedo.
I tuoi occhi marroni sono cosi caldi che mi sento ardere, con il stuo sguardo mi sento trafiggere piacevolmente. E la tua vicinanza, la tua esistenza, mi fa fremere.
Alzo la mia mano e il contatto con la tua pelle ci fa rispledere.
< Ti ho trovato > sussurri in un brivido.
Le mie labbra si schiudono in un sorriso. Sei tu a perderti, in genere.. sei tu che aspetti che io ti trovi. Sei tu che poi torni sempre insieme a me.
Adesso è diverso... ero niente: sei tu che hai raccolto i pezzi di me, rendendomi quel che sono. Mi hai trovato. Adesso, come la prima volta in cui ti ho incontrato.
< Per sempre > mi sento in dovere di avvertirti.
Sciogli delicatamente il nostro abbraccio e mi guardi con un sorriso amaro, terribilmente addolorato. < Temo di no... > sussurri come se non volessi, come se qualcuno ti strappasse le parole di bocca. 
< È il prezzo >
Non capisco. Non voglio capire. In ogni caso non ci riuscirei: sono troppo occupato a preoccuparmi della lontananza che il stuo corpo si è guadagnato.
< Ti ho trovato > sussurri iniziando a scomparire dalla mia vista. < Ora tu trova me >
I miei occhi sono ciechi. Te ne sei andato e ti sei portato dietro la tua luce.
Inizio a rimpicciolire. Non sento più voci, né vedo immagini, né avverto la mia pelle. Siamo fatti di così tanto... così tanto che potrebbe essere niente... così tanto che rende noi così poco.
Sono solo. C'è buio e non so più se esisto o meno.
Potrebbero scomporrere ogni parte di me senza riuscire a negare la mia esistenza.
Ma senza di te....
Senza di te torno a essere niente.
 
 
Nella vita di Misaki
 
La sala d'aspetto si sta affollando. Isaka-san e il suo segretario, Asahina-san, sono ritornati insieme a Aikawa-san, la loro presenza mi mette a disagio. Sono felice che siano qui, che ci tengano a Usagi-san fino a questo punto, ma vorrei davvero rimanere da solo con lui appena si sveglerà. Sono confuso, mi sento come se qualcosa mi sfuggisse, come se l'avessi tralasciata, e penso che saprei di cosa mi preoccupo se lo guardassi negli occhi come facevo una volta. Vorrei che lui guardasse me negli occhi come faceva prima... prima che li chiudesse e si addormentasse, lasciandomi fuori.
Ho ricominciato a mangiarmi le unghie... abitudine che avevo perso da bambino. È solo che non ci posso fare nulla: sono troppo inquieto. Il mio cuore batte ad un ritmo irregolare, senza ragione, e tutto il mio corpo è un fascio di nervi. Mi chiedo come mai... è perché sono impaziente di vederlo che ho tutta questa paura di incontrarlo?
< Va tutto bene? >
Sussulto e mi volto a guardare Haruhiko-san. I suoi occhiali sono leggermente storti, i capelli parecchio scompigliati, la pelle pallida e gli occhi cerchiati da profonde occhiaie scure. Non capisco quest'uomo. Non ci sono mai riuscito. Non capisco perché si ostina a preoccuparsi per me. Ma la somiglianza tra lui e suo fratello in questo momento è talmente sconvolgente da togliermi il respiro.
Non faccio in tempo a rispondergli: l'infermiera compare da dietro l'angolo con una cartella in mano, annunciata dal rumore dei suoi passi, e tutto tace. È la stessa donna che voleva impedirmi di vedere Usagi-san ieri, ma non riesco a provare rancore per lei: in qualche modo ha contribuito a salvarli la vita e non posso che esserle grato.
Alza la testa dalla cartellina e si accorge del numero eccessivo dei visitatori. Quando ci riuniamo sembra sul punto di esporre la sua contrarietà, ma una volta incrociati gli sguardi di Isaka-san, Aikawa-san, Haruihiko-san, Asahina-san e Usami-sama chiude la bocca con un lampo negli occhi.
< Da questa parte > ci indica a mo' di buongiorno.
Lascio che gli altri mi precedino, rimanendo indietro e guardando la stanza che man mano si affolla.
Asahina-san mi aspetta con la sua solita faccia priva di espressione, ma mi pare di cogliere una luce triste e malinconica negli occhi quando mi fa cenno di entrare.
Non riesco a sostenere quello sguardo, così abbasso gli occhi annuendo per ringraziarlo.
Non è cambiato niente. Non so cosa sia peggio: quando non sai più dove ti trovi perché niente è più al proprio posto o perché è tutto nuovo e sconosciuto. Qui è tutto al proprio posto, ma niente è come dovrebbe essere.
La luce fiocca di un sole timido e codardo penetra dalle tende leggermente tirate delle alte finestre, donando calore ad una stanza quadrata, grade e vuota. C'è un letto ad una piazza e mezza sulla sinistra, al centro della stanza. Ci sono macchinari che trasmettono rumori costanti che mi fanno venire la pelle d'oca... c'è un uomo seduto che ci fissa con curiosità appena accennata.
Non respiro più.
< Akihiko! > sospira suo padre avanzando velocemente verso suo figlio. Ha un sorriso sollevato, uno sguardo acceso... le rughe scompaiono e i suoi anni si dimezzano. < Grazie al cielo stai bene >
< Vi lascio > annuncia l'infermiera scrivendo velocemente qualcosa sulla sua cartella e mettendola sul ripiano ai piedi del letto. < Se avete bisogno di me chiedete in cancelleria. Verrò qui quando il tempo sarà scaduto >
Quelle parole mi fanno venire un'inquietante brivido. Cammina spedita fuori dalla stanza e si chiude la porta alle spalle. Avrei preferito che non lo avesse fatto: ora mi sento in una gabbia che si stringe sempre più su di me.
Un brontolio lamentoso mi fa voltare la testa di scatto verso il letto, facendomi scoprire l'espressione scocciata di Usagi-san. < Che diavolo ci fate tutti qua? Non avete niente di meglio da fare? > si lamenta.
Isaka-san e Usami-sama scoppiano a ridere... Aikawa-san mi salta addosso mozzandomi con il suo abbraccio. Persino Haruhiko-san e Asahina-san mostrano l'accenno di un sorriso di sollievo.
Io non capisco...
< Ci hai fatto preoccupare parecchio... > commenta Isaka-san con un sospiro. < Aikawa, forse dovresti chiamare tutti per dare la lieta notizia. Tutto questo casino per niente.... >
Lei si stacca da me, asciugandosi le lacrime dagli occhi, e tira fuori il suo cellulare. Ma io non la guardo, non bado a lei... c'è qualcosa fuori posto. Qualcosa che non mi quadra. Qualcosa... c'è qualcosa che manca. Qualcosa di importante. Come l'aria, come la vita. Eppure nn riesco ad individuare la cosa. Ma so che manca: dentro il mio corpo, su ogni centimetro della mia pelle, ne sento la nostalgia.
Lo guardo: sotto quei giovani raggi solari i suoi capelli hanno mille sfumature, la testa è fasciata e il volto è pallido, come al solito. Le sue labbra sono piene e rosee... solo io so quanto siano calde e soffici. Le sue spalle sono coperte da un leggero camice d'ospedale, le mani sono abbandonate ai fianchi.
I suoi occhi percorrono la stanza soffermandosi su suo padre, suo fratello, Isaka e Asahina-san e poi su Aikawa-san.
< Sì, signor direttore! > squittisce quest'ultima correndo verso la porta.
< Direttore? > Il tono di Usagi-san si fa canzonarotio, freddo. Conosco quella voce. So che non la rivolgerebbe mai e poi mai ad Isaka-san o Aikawa-san...
< Da quando in qua sei direttore, Isaka-san? >
L'editrice si ferma guardandolo sorpresa. Non ha capito il commento. Nemmeno io del resto.
La sorpresa e l'increduità ci paralizza tutti. Il primo a reagire è lo stesso direttore esecutivo della compagnia. Ride senza ritegno. < Dai, Akihiko, non prenderci in giro! Sono anni ormai che sono direttore esecutivo della Marukawa >
Le sopracciglia di Usagi-san si uniscono in una linea retta e pericolosa. < Ora sei tu che ti prendi gioco di me > ribatte in un basso ringhio.
Isaka-san smette di ridere e rimane a fissarlo incredulo. < Ma che dici? >
Il mio cuore batte veloce. Troppo troppo veloce. Non mi permette di pensare.
< Siete invecchiati > dice con voce incolore di punto in bianco Usagi-san. < O forse è solo una mia impressione, considerando che sono anni che non ci vediamo? >
L'aria smette di farsi respirabile e l'immobilità si prende possesso di noi.
< Akihiko... > comincia Usami-sama senza sapere se ridere o essere serio. < Ci siamo visti meno di due settimane fa >
Usagi-san lo guarda con freddezza e rabbia. È lo stesso sguardo... quello che gli aveva rivolto la prima volta che lo aveva visto. Quello che rivolgeva a chiunque... anni fa. Uno sguardo calcolatore, senza traccia di curiosità o calore. Uno sguardo capace di paralizzare e poi ucciderti senza darti modo di scappare.
< Sono più di due anni che non ti vedo > ribatte Usagi-san con voce impregnata di veleno. L'odio è puro e profondo, come il petrolio in un pozzo.
Usami-sama mi guarda. Lo so che mi guarda. Cerca delle risposte, vuole sapere quali siano le domande giuste. Sono tutte cose che io non gli posso offrire.
Sono fermo, che tremo, senza riuscire a parlare, senza riuscire a reagire. Adesso lo so. Adesso finalmente ho capito cosa mi manca. Il suo sguardo...
I suoi occhi non mi cercano, non mi vedono.
Avrebbe dovuto voltarsi dalla mia parte, ignorare tutto il resto e donarmi il suo sorriso. Era questo che avevo temuto e non vedevo l'ora di ricevere prima di entrare qui: il suo sorriso. Il sorriso che mi rivolge da quando ha iniziato ad amarmi. Quello che è capace di sciogliermi. Temevo la mia reazione. Temevo di non poterlo sopportare... il suo amore così prezioso per me, così grande e indispensabile. Temevo che mi avrebbe spezzato.
Adesso... non ho più paura.
Sono terrorizzato.
Non mi guarda, penso incapace di esprimere altro. Non mi guarda, non mi cerca. Non mi vuole.
Questa consapevolezza è orribile.
Vorrei non poter provare niente. Vorrei essere niente. Eppure sono un cumulo di dolore e terrore tenuto insieme dal mio amore. Vorrei sgretolarmi ed essere trasportato via dal vento, incenerito dal fuoco.
< Che cosa stai dicendo? > esplode Isaka-san. < È uno scherzo di cattivo gusto? Se è così allora smettila subito, Akihiko! >
< Non ti ricordi? Due settimane fa ci siamo visti alla Marukawa... c'erano anche Takahashi-kun ed Isaka-san... > si intromette Usami-sama con una certa urgenza.
Per tutti i discorsi il volto di Usagi-san rimane impassibile, ma quando suo padre accenna al mio cognome, la sua attenzione viene catturata.
Il mio cuore si arresta davanti alla luce che intravedo nei suoi occhi.
< Takahiro? > chiede sorpreso.
Il pavimento trema sotto i miei piedi. Le ginocchia dondolano e la stanza inizia a girare.
< Cosa? > Usami-sama deve aver riconosciuto il nome che Usagi-san ha rponunciato appena ieri. Si sorprende di sentirlo di nuovo.
< Hai nominato Takahiro > Il tono di Usagi-san si fa sempre meno paziente e più arrabbiato. < Hai detto Takahashi: è il suo cognome >
No.
La mia mente ripete questa parola tante e più volte di quante io possa contare. Non riesco a pensare ad altro. No. Ti prego, no. Non farmi questo. No. No! NO! No.....
Usami-sama non è l'unico che mi fissa. Si voltano tutti: sono l'unico che può fornire le risposte alle sue domande, pensano. Ma come faccio a dare loro delle certezze, quando la certezza della mia vita è appena evaporata?
< Misaki? > sussurra Aikawa-san. La voce è sconvolta, ha le lacrime agli occhi. È giunta alla giusta conclusione. Dopotutto lei lo conosce bene.
Usagi-san mi guarda con noia, quasi sorpreso di scoprire che lì dentro c'ero anch'io sin dall'inizio. Come se fino a pochi attimi fa io sia stato invisibile.
Mi scrutano per poco, come se fossi qualcosa di poco conto. Poco interessante, passiamo ad altro.
< Non è un ragazzo del liceo? > chiede senza contare davvero sulla risposta di Isaka-san. < Sbaglio o ogni anno che passa li assumete sempre più giovani? >
Il mio cuore rallenta i battiti. Smetto di tremare. Smetto di sentire.
< Ma è Takahashi-kun > risponde Aikawa-san. < Sensei, non riconosci Misaki? >
Il suo sguardo torna ad indagarmi. < Non l'ho mai visto prima. Però ha lo stesso cognome di Takahiro... >
< Sì > Il tono è talmente calmo, la voce è talmente controllata che non la riconosco. Non può essere la mia. La persona tranquilla che ha appena parlato non posso essere io. < Sono Misaki Takahashi. Takahiro è mio fratello >
Sento che l'universo si è fermato. E sento che quando la Terra se ne accorgerà il mondo finirà. Devo sedermi. Cammino in avanti, con passo sostenuto, senza cadere come temo che accadrà. E prendo posto sulla sedia alla destra di Usagi-san.
< Quindi tu sei il fratello minore di Takahiro > realizza con un certo disprezzo.
Annuisco congiungendo le mie mani sulle ginocchia.
< Non gli somigli per niente >
Il suo commento è sprezzante. Crudele.
< Lo so > mormoro tirando fuori da chissà dove un sorriso senza allegria. < Me lo hai già detto >
I suoi occhi si socchiudono. < Non me lo ricordo > mi fa sapere.
Annuisco di nuovo, davanti alla risposta chiave che mi ha appena concesso. < E qual è l'ultima cosa che ricordi? > domando con casualità.
< Stavo comprando il regalo di compleanno di Takahiro. Dietro casa mia c'è una gioielleria. L'altro ieri ci siamo passati davanti e lui aveva visto qualcosa che gli è piaciuto molto. Era venuto giusto per parlarmi di te > Mi inchioda con lo sguardo, come a dire che ho rovinato tutto, anche se non so cosa esattamente.
< E cosa ti ha detto? > continuo con tranquillità.
< Mi ha detto che suo fratello doveva fare l'esame per l'università. Mi ha chiesto di fargli da tutor >
Le mie mani cominciano a rifare parte del mio corpo. Tremano senza controllo e sono costretto a stringermi forte le ginocchia.
< E l'ultima cosa che ricordi è di aver comprato un orologio per il compleanno di Takahiro? > la mia voce è bassa, si spezza sul nome di mio fratello. Ma il mio viso ancora non lascia trapelare niente.
< Come fai a saperlo? Come sai che è un orologio? > domanda con gli occhi ridotti a due fessure. < Lo hai preso? Era in macchina... >
< Mi spiace, non l'ho visto > mormoro piano. La sua preoccupazione per quell'oggetto mi infiamma i polmoni.
< E allora come fai a sapere cosa gli ho comprato? >
Prendo un prespiro profondo e ardente. < Perché ti ho visto consegnarglielo > Mi alzo, non del tutto sicuro che riuscirò a stare in piedi.
Le sue sopracciglia si allineano attacchate. < Ma il suo compleanno non è ancora arrivato >
Lo guardo. < E quanto manca? >
I suoi occhi mi fulminano. < Sei suo fratello, dovresti saperlo benissimo >
< Mancano più di sette mesi > rispondo voltandogli le spalle.
< Puoi farmi riavere indietro l'orologio? > mi chiede Usagi-san. < È della Wathami >
< Lo so > rispondo, sapendo che non potrò mai esaudiere la sua richiesta. D'altronde, nemmeno i miei desideri si realizzeranno... forse, tanto per cambiare, nessuno avrà ciò che desidera nel modo in cui lo desidera.
Meno di cinque minuti fa ho desiderato di essere niente. Adesso sembra che io non esista proprio, non nella sua mente e tantomeno nel suo cuore.
Fate attenzione a ciò che desiderate. 
Esprimere un desiderio potrebbe essere l'ultima cosa che fate.
 

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Capitolo 5
*** ~ Quando cala il buio ~ ***


 
Piove.
Mille gocce di pioggia si staccano l'una dall'altra, dal ventre delle nuvole, per cadere. E cadere e cadere dall'alto dei cieli. Una caduta alta e rovinosa... per poi sfracellarsi sulla nuda terra.
La pioggia è acqua. Condensata dal freddo, resa ghiaccio dalla natura. Il ghiaccio si scioglie, l'acqua si frantuma e si divide. 
Cade, atterra sull'asfalto e si riunisce.
E corre. 
Corre velocemente, senza lasciare indietro niente. Non un rumore di troppo, non un goccia abbandonata. Corre sfrenata verso ogni via di fuga.
Rumore.
Ogni goccia di pioggia emette un debole, debolissimo suono. Una nota cupa e profonda, che dura meno di un secondo.
Due note, cupe ma più forti, che si fanno sentire nella notte.
Tre suoni, impossibili da ignorare... tre gocce di pioggia, tre suoni che la terra fanno tremare.
Da soli siamo niente. 
Deboli suoni che la gente non si ferma ad ascoltare.
Insieme siamo melodia... un'orchestra pronta a debuttare.
Un semplice tocco, seguite da semplici parole...
< Takahashi-kun >
Sussulto. Non mi ero accorto di essere ancora in grado di sentire.
Un fulmine squarcia il cielo... ma io non ci faccio caso. Non più... niente il mio cuore è più in grado di ferire.
Sbatto le palpebre un bel po' di volte, avvertendo la secchezza nelle mie scleree. Chissà da quanto tempo sono qui a guardare la pioggia. Chissà da quanto tempo esse continua integerrima. Chissà se si fermerà mai, o se continuerà fino a che tutto avrà incontrato la sua fine.
< Perché sei ancora qui? > domando con voce calma, ma roca. Perché io sono ancora qui? Non mi è bastato quello che fino ad ora ho ricevuto dal fato?
Haruhiko-san abbassa la mano dalla mia spalla. Non mi ero reso conto prima, ma ora mi accorgo che la sua mano era una fonte di calore. Una debole scintilla che dalla spalla si era distribuita al mio braccio. Una luce fiocca che illumina una vuota stanza.
< È mio fratello > dice come se quella sia davvero la risposta giusta. Come se davvero non abbia capito cosa gli sto chiedendo realmente.
Devo costringermi a fare un debole sospiro tra i denti serrati per mantenere la mia costante voce calma. < E allora perché non è con suo fratello? > domando con rabbia malcelata.
< Dorme > risponde lui semplicemente. < Al momento è lei ad avere più bisogno di me >
Chiudo gli occhi. Perché la gente è così brava a capire di cosa ho bisogno realmente? Mio fratello pensa che io abbia bisogno di una calorosa famiglia amorevole; quest'uomo pensa che abbia bisogno di lui; suo padre pensa che abbia bisogno di qualcuno della mia età, con i miei infantili principi, che non deve affrontare il mondo per me... ho bisogno di un amore fedele e indubbio, secondo lui. Sono tutti bravi a capire di che cos'ho bisogno... quando devono fuggire davanti ai loro. 
Di che cos'ho bisogno veramente? Solo io posso saperlo.
Ho bisogno che la pioggia smetta di cadere. Che la gente mi lasci solo... non capiscono proprio quanto benefica possa essere la solitudine? Ho bisogno di dormire... di sognare. Ho bisogno di svgliarmi nella mia stanza, con il sole dietro le tende e il cinguettio degli uccelli sopra il ramo dell'albero. Ho bisogno di una casa grande, immensa, pulita e profumata. Di una cucina familiare, di una colazione da preparare. Ho bisogno di passi strisciati, lenti ma risonanti. Di un volto mezzo addormentato, uno sbadiglio soffocato e un paio di occhi scuri... come un cielo stellato. Ho bisogno di un buongiorno mormorato... di capelli arruffati... di un tocco freddo e passionale... e di un bacio rubato.
Ho bisogno di tutte queste cose. Cose che fino a due giorni fa erano quotidiane e adesso sono solo dei miei ricordi.
< Non ho bisogno di niente > mento a metà. Niente che lui sarebbe in grado di darmi. 
Torno a guardare fuori... la pioggia è senza pietà anche nei miei ricordi.
 
1 anno fa...
13 marzo
 
La pioggia picchia violenta le vetrate del soggiorno, le tegole del tetto e il muro della casa. La sua furia tappa le orecchia e fa tremare il cuore.
Nella stanza fredda e oscura l'odore della cena è un invito squisito... verdure grigliate e arrosto di pollo, riso fritto, patate bollite, vino rosso e, per completare il tutto, una torta salata a lui, a cui non piacciono i dolci, e un budino alla fragola a me, che ne vado pazzo.
So che tornerà a momenti, la tavola è già pronta e mi ha detto che non tarderà per nulla al mondo... sono io che non riesco a stare fermo qui.
Domani sarà il mio compleanno... ventitrè anni... e sta piovendo.
Un fulmine divide il cielo, illlumina tutto quello che intende distruggere, scompare per lasciar venire il tuono e lascia che rimbomba su tutta la terra. Sono terribili i fulmini, così belli e accecanti. Così rumorosi, ma istantanei. In un momento, poche frazioni di secondo, scuote la tua vita per lasciarti solo, impaurito. Sono terribili i tuoni che un volta scomparsi lasciano il vuoto dentro.
Non riesco ad aspettare. Non riesco a stare qui. Afferro la giacca ed esco.
Non so neppure dove mi condurranno le mie gambe. So solo che giorno è oggi.
Non posso sentire che il vuoto. La paura e il rumore del tuono ancora dentro di me. Sento il freddo, l'umidità e... e la pioggia. Mi avvolge, mi afferra e mi bagna.
Cambio treno tre volte e poi un taxi per arrivare dove voglio, anche se esattamente non so dove io sia diretto. Il tassista non era entusiasta dei miei vestiti fradici, ma la mancia del tutto innopportuna ed esagerata gli fa cambiare idea, regalandomi persino un sorriso.
Cammino velocemente. È tardi, devo ritornare a casa da Usagi-san, però voglio assolutamente andarci.
Apro l'alto cancello in ferro nero e percorro i viali con il fiato corto. La pioggia sembra volermi fermare, ma io non glielo permetto. Corro a più non posso, superando le lapidi di centinaia di persone morte. Uomini, bambini, donne e anziani. Una volta sottoterra non abbiamo né un'età né un sesso. Siamo concime per i vermi... eppure mi piace pensare che non sia solo così. Mi piace pensare che dalla cenere nasciamo e al cielo arriviamo. Mi piace pensare che quindici anni fa i miei genitori siano morti questo stesso giorno, che siano saliti in cielo e che mi stiano osservando. Che, amandomi così come li ho sempre amati io, loro stiano vegliando su di me.
Mi piace pensare che siano fieri di me. Che a dispetto di chi io abbia accanto loro amino vedermi felice.
Le loro tombe sono vicine, i nomi e le foto non si riescono a scorgere sotto il flusso troppo abbandante d'acqua. Non importa... non ho bisogno di una foto per ricordare gli occhi caldi di mia madre e il sorriso protettivo di mio padre. Non mi serve un'immagine per accedere ai ricordi belli, felici che hanno caratterizzato la mia infanzia.
Mi piace pensare che quando due persone che ami muoiono ti lasciano qualcosa di più di qualche ricordo sfuocato. Un segno indelebile, nel cuore, sotto la pelle. Qualcosa che ti protegge e ti guida in ogni istante. Devo avere questi pensieri: è l'unico modo che ho per andare avanti, per non rimanere raggomitolato in un angolo a farmi soppraffare dal dolore della loro mancanza.
E mi piace la pioggia, adesso, in questo momento. Malgrado il freddo che mi trasporta alle ossa, malgrado il peso che aggiunge alle mie spalle..., mi piace. Perché è in grado di celare le mie lacrime, di oscurare il mio dolore.
Ma la odio anche questa pioggia. Perché porta via tutto. Le macchie, la polvere, le lacrime... ma non porta via il dolore.
Non so da quanto tempo sono qui. Non so perché sono venuto. Non so se qualcuno mi sta cercando, se Usagi-san è tornato a casa. Né so quanto freddo ancora io sia in grado di sopportare o quante altre lacrime io abbia ancora da versare... so solo che non posso andarmene da qui. Che oggi, quindici anni fa, i miei genitori morirono. So che trascorro i miei giorni vivendoli appieno, con una persona che amo. Quindi so che questo giorno lo devo a loro. Perciò sono seduto e sto raccontando loro quanto li abbia amati e quanto ancora li amo, quanto amo mio fratello, sua moglie e suo figlio. Racconto loro di ciò che mi fa felice... del modo in cui Usagi-san mi prende la mano e me la stringe quando si accorge che sono preoccupato di qualcosa, del profumo che ha a inizio giornata e di quello che ha a fine giornata, del suo sorriso, del tono felicemente sorpreso con cui dice il mio nome quando si accorge che sono nei paraggi... del suo sguardo magnetico, profondo, malizioso che mi rivolge quando mi prende in giro. Racconto loro tutto ciò e non posso fermarmi perché desidero ardentemente che mi conoscono e che conoscano la persona più importante della mia vita.
Mi fermo solo quando noto un sacchetto di plastica proprio dietro la tomba di mia madre. Mi arrabbio... come è possibile che non si riesca ad avere rispetto nemmeno per i morti? Lo raccolgo e lo butto. E poi ritorno. Rimango lì, davanti a loro, in piedi. Provo ad immaginare cosa potrebbero dirmi se mi vedessero... ma non posso saperlo.
La pioggia frusta il mio corpo, ma all'improvviso due braccia forti e delicate si avventano su di me. Sussulto, ma non urlo.
< Misaki > mormora con il fiato corto contro la mia nuca. Brividi che non hanno niente a che fare con il freddo mi percorrono in lungo, torturando il mio cuore. < Immagini quanto io mi sia preoccupato? >
È lui, mi ritrovo a pensare come una silenziosa preghiera rivolta ai miei genitori. È lui, l'unico.
Arretro, abbandonandomi al suo abbraccio. Facendomi avvolgere, catturare, sapendo di essere al sicuro. A casa. Dove il destino ha scolpito il mio posto: tra le sue braccia, contro il suo petto.
< No > mormoro piano ad occhi chiusi. < Non riesco proprio ad immaginarlo. Perché non me lo spieghi? >
La sua stretta si fa più ferrea, più desiderosa. Sto giocando un gioco pericoloso, che potrei non riuscire a sopportare. Ma non mi importa. Non oggi, non sotto questa pioggia che oscura tutto.
I nostri vestiti sono pesanti e fradici, freddi, ma è come se il suo corpo scaldasse il mio. Come un sole.
La pioggia adesso non è più insopportabile. Si è attenuata e sembra che il cielo si stia schiarendo.
Le sue mani scivolano sul mio petto tamburellante, sulla mia pancia e sul mio fianco.
< Torniamo a casa > dice e non so se è un invito o una minaccia alla mia provocazione.
< Come sapevi che ero qui? >
Lo sento sospirare sui miei capelli. < Misaki, sei venuto qui l'anno scorso e quello prima e quello prima ancora proprio la vigilia del tuo compleanno. Sapevo che ci volevi venire, solo mi sarebbe piaciuto che ti organizzassi insieme a me >
Lo costringo ad allentare la sua presa e a lasciare che mi volti. Lo guardo: i capelli sono appiccicati alla sua fronte, alla sua testa, il volto pieno di gocce d'acqua che scivolano, intruffolandosi sotto i vestiti.... gli occhi scuri, così scuri che riflettono il grigio del cielo di qualche attimo prima. 
La pioggia smette e alcune nuvole si separano lasciando che un debole raggio di sole ci illumini. E, davanti a me e in men che non si dica, i suoi occhi si accendono di viola.
< Saresti venuto con me? > gli chiedo in un sussurro.
La sua mano sulla parte bassa della mia schiena mi attira, facendo aderire il mio corpo al suo, l'altra mano cerca il mio volto, il mio collo e poi la bocca. 
Questa vicinanza mi fa ansimare. Le sue labbra pretendono il mio sguardo.
< Sarei disposto a seguirti ovunque > ringhiano le sue labbra sulle mia fronte. < Anche all'inferno > 
Mi lascio cullare, stringere... ho l'impressione che lui sia l'unico che sarebbe capace di trattenermi su questo mondo se fossi sull'orlo della morte. Lascio che il calore del suo corpo corroda il mio, che si insinui in me facendomi sentire vivo.
Sono felice. Felice che lui sia qui, nella mia vita, nel mio cuore... sono felice che si sia ricordato dove sarei potuto andare. Sono felice che mi abbia raggiunto.
Socchiudo le labbra concedendogli un lieve e dolce bacio sul pollice che mi accarezza dolcemente. Si ferma, sorpreso, e mi guarda con i suoi occhi maliziosi, sorpresi, desiderosi.
< Misaki che vuoi fare, esattamente? > domanda nello stesso modo in cui in genere mi accusa di sedurlo. 
Mi faccio spazio tra le sue braccia e mi abbandono al suo petto. < Voglio stare con te > gli confesso.
Adesso, questa notte, domani, dopodomani, il prossimo anno, tra cinquant'anni e per tutta la vita.
Voglio altri mille abbracci. Al caldo e sotto la pioggia.
Guardo alle sue spalle il sole che tramonta, prendondosi con sé tutta la luce.
Voglio stare con te, penso disperatamente, mentre tramonta il giorno.
< Voglio stare con te anche quando cala il buio >
 
< Takahashi >
È ancora accanto a me. Quest'uomo non si arrende.
< C'è il medico >
Il neurochirurgo è anche il primario del reparto chirurgia ed è decisamente più giovane di quanto immaginassi. Avrà l'età di Usagi-san, se non di meno... è alto e slanciato, magro, dai capelli scuri e arruffati, gli occhi stanchi per la sua età e due rughe agli angoli della bocca, come se sorridesse tutto il giorno o come se lo facesse con fatica. Il suo camice non è bianco come mi sarei aspettato: è verde.
Ci sorride mettendo un punto con uno svolazzo ad una cartella che poi consegna alla dottoressa che poco fa ci ha accompagnato da Usagi-san e si rivolge a Usami-sama.
< Buongiorno, Usami-sensei, piacere di rivederla per quanto la situazione non sia delle migliori... > Ha una parlata sciolta, sicura. Ipnotica.
< Oda-kun > lo saluta l'uomo senza allegria. < Ti trovo in forma >
Il chirurgo risponde con un sorrisoo cortese. < Dopo i quaranta gli anni iniziano a pesare anche per me.... >
Mi sorprendo alquanto. L'aspetto fisico di quest'uomo mi ha ingannato non poco.
Solleva la cartella e la scorre velocemente con lo sguardo. < Penso però che siate ansiosi di conoscere le condizioni di Akihiko-san.... stando ai risultati quello che ha è.... > Devo socchiudere gli occhi e concentrarmi sulle sue labbra per cercare di capire che diamine sta dicendo. Intendiamoci, io non sarò certo un genio fatto, ma il discorso che ci fa è da premio obel. Incomprensibile e inutile perché nel giro di trenta secondi ce ne dimentich... troppo tardi, l'ho già rimosso.
< Quello che ci sta dicendo > intervengo con un certo nervosismo: le conclusioni sono lampanti, non serve una laurea per arrivarci. < Quello che ci sta dicendo è che Usagi... ehm, Akihiko-san ha perso parte della sua memoria. Vale a dire gli ultimi quattro anni e mezzo, in seguito ad una botta alla testa non è così? >
Il chirurgo, interrotto a metà discorso, richiude la cartellina e annuisce con un sorriso comprensivo. < Esattamente... signor? >
< Takahashi Misaki >
Non mi offre la mano, perciò io non gli offro la mia. I miei genitori mi hanno insegnato l'educazione e mio fratello dopo di loro, ma davvero questa non è giornata per rispettare tutte le regole.
< Il coninquilino del paziente, a quanto mi è stato riferito >
Non può essere solo frutto della mia immaginazione l'occhiata d'intesa che lancia al padre di Usagi-san.
Non rispondo, non mi è stata posta una domanda.
< Come ha intenzione di procedere? > Torna a rivolgere la sua attenzione a Usami-sama, ignorandomi né più né meno di quanto abbia fatto all'inizio.
Haruhiko-san interviene. < Ci ha spiegato le cause della sua perdita di memoria, non ci ha detto che cosa può fare la medicina per aiutarlo >
Il sorriso costante del presunto quarantenne si attenua, riducendosi ad un'ombra immaginaria. < Purtroppo in casi come questi la medicina non ha voce in capitolo. Abbiamo fatto tutto ciò che potevamo, l'intervento di ieri gli ha permesso di non perdere completamente la sua memoria... il fatto che non ricordi gli ultimi anni può dipendere anche da una questione spicologica, un trauma che ha segnato il suo inconscio. Sono ferite dell'anima, la medicina non ha ancora trovato cure per quelle >
Stronzate.
< È una condizione permamente? > la voce di Isaka-san placa parte della mia rabbia.
< Molti dicono che dipenda dal paziente. Ho visto persone ricordarsi tutto appena dopo un'ora, o un giorno.... ho sentito casi in cui la memoria tornava dopo una settimana, un mese, un anno > Fa una pausa carica di suspence. < Oppure anni... >
< O mai > indovina Aikawa-san.
< Che cosa mi consigli? > domanda Usami-sama, rispondendo alla domanda originale del medico. < Avevo intenzione di portarlo a casa, in un ambiente che lo farà certamente sentire al sicuro e di parlargli del suo passato. Ha bisogno della sua famiglia >
Mi sento la testa infuocata. 
Immagina il mal di testa più terribile che possa esistere. La testa ti sembra che si stia crepando ovunque, che l'aria inizi ad entrarti nel cervello bruciando ogni minima parte. Un dolore acuto, insopportabile. Un'agonia mortale.
Così è la mia testa.
Così è il mio corpo.
Ho l'impressione che una vetrata immensa si sia frantumata su di me, infilzando il mio corpo con i suoi diamanti. Sto morendo della morte più crudele.
Non voglio.
Lui aveva scelto me. Mi aveva chiesto di andare a vivere da me. Aveva lasciato uscire mio fratello dal suo cuore per lasciarlo a me. Ero io, l'unico per lui. Non avrebbe mai e poi mai scelto di andarsene, di lasciarmi. Non avrebbe mai scelto di dimenticarmi, mai. Questo dottore sta sparando delle stronzate colossali: non ci sono traumi nel suo passato, c'ero solo io e l'amore che mi aveva donato.
Mi aveva ripetuto troppe volte di quante ne potessi contare che mi amava, che avrebbe scalato il mondo per me, che mai e poi mai.... MAI avrebbe permesso a qualcuno di dividerci.
E io gli avevo permesso che gli sarei stato accanto. Che avrei passato la mia vita al suo fianco, malgrado tutto. Malgrado tutti.
< Non sono d'accordo >
Neanch'io.
Cosa?
Torno a guardare il chirurgo, sorpreso della nota contrariata che ho udito nella sua voce. < Penso che la quotidianità possa essergli d'aiuto più di qualunque altra cura. Le stesse azioni di sempre, le stesse persone... sono tutti stimoli che potrebbero accendere la sua mente. Prima lo riporterete alla vita che non ricorda prima questa potrà trasformarsi in quella che ha sempre avuto >
Sono tornati tutti a guardarmi. Come se la mia testa avesse iniziato ad emettere luce, o avesse iniziato a tichettare. Forse il dolore lancinante che avvertivo stava diventando di dominio pubblico.
< Tu conosci meglio di chiunque altro la vita quotidiana di mio figlio, abiti con lui > osserva l'ovvietà Usami-sama.
Ma è Haruhiko-san a fare la giusta osservazione. < Tu lo conosci meglio di chiunque altro. Sei l'unico in grado di aiutarlo >
È che non riesco a fare a meno di pensare a tutte le cose che ho perso e non riesco a pensare a niente di buono che il futuro potrebbe riservarmi.
È che il dolore è così logorante che ho l'impressione che non esista nient'altro.
È che lui si è dimenticato di me. Si è dimenticato dell'amore che prova per me. Dell'amore che provo per lui. Si è dimenticato tutto quello che abbiamo fatto, che ci siamo detti, che ci siamo promessi.
È che ho paura. Una paura dannata che tutto ciò che abbiamo passato sia stato vano. Che l'unico a ricordarmene sarò io.
È che, lontano da lui, dal suo cuore, tutto quello che abbiamo passato... sembra così lontano.
E non è che io mi sia dimenticato.
È questo il problema: ricordo tutto troppo bene, per vivere come se non ci fosse mai stato niente.
Perciò tutto quello che posso fare adesso, in questo momento, è serrare la mia gola, il mio cuore e la mia testa. Annuire e dire che ci penserò, prima di scappare.
È che sono più codardo di quel che si potrebbe pensare.
 
La sua stanza sembra lontana anni luce e quando la raggiungo ho il fiatone. Ma prima di aprire la porta passano altri anni luce.
Sta dormendo.
Lo osservo da lontano... il suo respiro è lento e irregolare, affannoso. La cera farebbe a gara con il volto di un fantasma, gli occhi sono marchiati di grigio e nero. Le sue labbra sono pallide, secche. E i capelli sono umidicci. Nel sonno a volte si muove, si agita e geme. Un incubo?
Prendo un profondo respiro, trattenendo il dolore.
Com'è possibile? Come può.... come può cambiare tutto così radicalmente in così poco tempo?
Ieri avrei dato qualunque cosa pur di vederlo sveglio, adesso sono felice che dorma.
Gli rimbocco le coperte, sistemo per bene il cuscino nel modo in cui piace a lui... prendo un fazzoletto e lo innumidisco con l'acqua che c'è nel bicchiere appoggiato al comodino vicino alla sua testa. Sfioro la sua bocca con le dita e mi sento attraversare da una scarica elettrica.
C'è.... i suoi ricordi se ne sono andati. Il suo amore per me, meno concreto e forte di quel che pensavo, è stato dimenticato. Eppure io ci sono ancora. Il mio cuore batte ancora per lui. Il mio corpo lo desidera.
 
< Perché? > dico a denti stretti.
Ti sei portato via tutto... perché non hai preso anche me?
 
I suoi occhi tremano. Non mi sono accorto che ha smesso di agitarsi. Si sveglia e mi vede.
Mi sono ripreso in fretta. Almeno mi rendo conto che davanti a lui riesco a non andare in pezzi, a differenza di quando sto con gli altri. Forse perché sono io quello che in genere mantiene la calma tra noi. E questo la dice lunga sul nostro rapporto....
< Che ci fai qui? > Ah, è di cattivo umore. Beh, come dargli torto? Non ricorda gli ultimi cinque anni, ha appena avuto un incidente in cui ha rischiato di morire e deve anche aver un mal di testa da paura.
< Come ti senti? > gli chiedo invece di rispondere.
Mi lancia un'occhiataccia, prendendosi la testa con entrambe le mani. Almeno ho indovinato riguardo al mal di testa < Come se fossi stato preso sotto da un tyr >
Il mio cuore batte un colpo. < Te lo ricordi? > La mia voce non rende giustizia alla speranza che è appena sbocciata nel mio cuore.
Mi lancia uno strano sguardo da sotto i palmi delle mani. < Me lo ha raccontato mio padre > stermina le mie speranze. Abbassa le mani e mi guarda divertito. < Dice anche che abitiamo insieme >
Mi metto subito sulla difensiva. Assomiglia molto a suo padre, almeno ha usato lo stesso tono che usa Usami-sama per dirmi che sto facendo qualcosa di sbagliato.
< Sì >
La sua espressione si fa meno decisa. Non crede alle parole di suo padre? < Quanto hai dovuto supplicare per poter vivere sotto il mio tetto? >
Sento la pelle scottarmi. Riesce sempre a farmi arrabbiare, questo glielo riconosco. 
< Non te l'ho mai chiesto. Sei stato tu >
Alza un sopracciglio. < E perché lo avrei fatto? >
In effetti non lo so. So perché voleva che rimanessi con lui, dopo che mio fratello annunciò il suo matrimonio.... ma prima non so perché si fosse offerto di iutarmi.
< Non ne ho idea >
Probabilmente...
< Devo averlo fatto per Takahiro >
Siamo giunti alla stessa conclusione.
Il modo in cui pronuncia il suo nome mi fa venire i brividi. Accarezza quella parola con tutto sé stesso, dolcemente e con cura. Come se fosse la cosa più peziosa che esiste.
L'ho perso, è il pensiero che mi spezza. Mi frantuma.
Quante volte posso ancora rompermi, prima di sbriciolarmi in pezzi così piccoli da non potersi separare più? Perché sono ancora qui? Perché continuo a volermi fare del male?
Eppure non posso muovermi. Perché lui è qui, perché ho promesso che gli sarei stato sempre accanto. E adesso so per certo che farò qualunque cosa mi chiedano per lui. Che mi frantumerò ogni giorno, mi spezzerò, mi brucerò, mi annienterò per poi ricompormi e cominciare a scompormi nuovamente dall'inizio. Perché è ciò che io riesco a fare: stare con lui, solo questo.
< Allora... perché sei ancora qua? > mi chiede, come se riuscisse a leggere in me la mia lotta, la mia guerra furiosa interiore.
Non gli mentirò, non a lui. 
 
< Perché ho promesso che ti sarei sempre rimasto accanto >
E anche se tu te ne sei dimenticato... anche se ti sei dimenticato di amarmi, malgrado la tua promessa, io farò ciò che ho sempre detto. 
Starò al tuo fianco, te l'ho promesso.
Starò al tuo fianco, te lo prometto. 
 
 
 
 
 
 
 
 
N.d.A
 
 
Salve a tutti!
Mi chiamo Cassandra, ma Cassie è più semplice e immediato....
Mi spiace farmi conoscere.... no. 
Mi spiace presentarmi soltanto ora e, credetemi, avrei continuato anche a rimandare questo momento, ma non mi sembra giusto.
Sono felicissima che leggiate ciò che scrivo, non potete nemmeno immaginare quanto. Sono felice che vi piaccia, che non abbiate critiche, anche se mi emozionerò davvero tanto quando le avrete... e vorrei continuare così. Vorrei che comprendeste appieno quanto io ami scrivere e sognare di personaggi che amo particolarmente continuando a leggermi.
Mi sono fermata a "farmi conoscere" perché non è quello che mi sembra di fare, non credo di potervi dire molto su di me dicendovi il mio nome, la mia età, il mio luogo di nascita o il mio codice fiscale. Penso di potervi dire molto di me attraverso gli occhi dei miei pesrsonaggi, dei personaggi che ammiro e delle storie che amo.
Misaki e Akihiko mi hanno fatta innamorare, mi hanno fatta piangere, ingelosire, impazzire. Mi hanno fatta ridere e divertire... mi hanno ispirata e adesso vorrei trasmettere a voi i sentimenti che hanno suscitato in me.
Scusate, magari non riesco ad esprimermi appieno. Magari con il tempo, man mano che mi conoscerete meglio e io conoscerò meglio voi, riuscirò a comunicare... ma è ancora presto per me.
Intanto leggetemi... poi parleremo.
Come mi è venuta "Ricordami di amarmi"? 
Non so... è arrivata come le cose più inaspettate... silenziosa e potente, un'idea che mi ha acceso la mente.
Come andrà a finire?
Dai... non penserete veramente che ve lo dica...
 
Pensieri e parole.
Un groviglio di emozioni.
 
Cassie ♡

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Capitolo 6
*** ~ By your side ~ ***


 
Lunedì mattina.
Dovrei lavorare.
 
Ho dimenticato tutto.
Ho dimenticato che fuori di qui c'è un mondo, che ho un lavoro, una cosidetta vita, una casa che dopotutto non è la mia...
Mi sono fermato qua. Dal giorno in cui lui non è più sé stesso non lo sono nemmeno io.
Siamo degli esseri completi, davvero. Abbiamo un cervello, dei muscoli, degli organi e uno scheletro forte a sostenerci. Siamo gli organismi che hanno concquistato il pianeta... ma siamo come le formiche: soli siano inutili, riusciamo a sopportare solo una briciola alla volta.
Ho dimenticato che sono una persona, che altre persone contano su di me. Ho dimenticato com'ero prima di incontrarti. Ho dimenticato che la mia vita continua anche sola sulla sua strada... che la mia vita esige la mia presenza, è solo il mio cuore che esige la tua.
 
Tu hai perso la memoria.
Tu hai dimenticato me.
Io ho dimenticato tutto il resto, tranne te.
 
È presto. Saranno sì e no le cinque del mattino. Sono solo.
Aikawa-san ed Isaka-san non si vedono più da ieri mattina. Hanno il loro lavoro e non possono far tornare la memoria ad Usagi-san perciò si sentivano inutili. Ovviamente sono fuggiti nel lavoro, là dove possono fare qualcosa.
Usami-sama è stato richiamato urgentemente ed è partito ieri sera.
Haruhiko-san... mi scappa una smorfia. Lui inizia a preoccuparmi: sembra davvero preoccupato per Usagi-san, ma da quando ci hanno detto che la sua vita non è più in pericolo ha cominciato a preoccuparsi... per me.
La mia vita ruota attorno ad un unico pensiero: non far preoccupare gli altri, non creare problemi. Non mi piace creare casini. Ero quello che a scuola si prendeva le colpe al posto dei miei compagni per non far preoccupare troppo la maestra. Ero quello che teneva la casa come un diamante affinché mio fratello potesse preoccuparsi soltanto del suo lavoro. Ero quello che preferiva ingoiare le lacrime... che ammettere a mio fratello che mi mancavano mamma e papà.
Perciò il pensiero che questo uomo dagli interessi contorti si fissi con me più di quanto già non fosse mi fa contorcere in modo malsano. Non voglio. Sto bene, non può farsi i fatti suoi?
Mi intrufolo nella stanza di Usagi-san con l'eleganza di un ippopotamo... è un miracolo se lui non si sveglia o se l'infermiera di turno non viene a controllare. Chiudo delicatamente la porta e mi concentro su di lui.
Mi piace pensare che se prometto qualcosa al Creatore in cui non ho mai creduto, forse lui tornerà da me. Se prometto di non mangiare più i dolci che mi piacciono tanto... se prometto di non farlo più arrabbiare... se prometto di fare il mio lavoro meglio di chiunque altro... se prometto di baciarlo quando me lo chiederà, come fa sempre,... si sveglierà e mi riconoscerà. Mi amerà di nuovo.
Quardo le sue labbra screpolate e i miei occhi si rifiutano di posarsi altrove.
Quante volte mi ha chiesto, supplicato di baciarlo? Quante volte io, troppo codardo per esternargli in modo così evidente i miei sentimenti, mi sono rifiutato?
Adesso mi trovo a sognare le sue labbra, il suo dolce respiro affannoso e carezzevole. Le oscenità che era sempre solito sussurrarmi all'orecchio. E la piacevole pazzia che sfavillava dentro di me..
Non è rimasto niente, mi rendo conto.
Io sono qui, certo. Tremante e ansioso, ma oltre a me...?
C'è lui, certo. Distante e freddo...
Il suo respiro è irregolare. Muove i piedi come se cercasse di correre. I pugni sono stretti, le labbra piegate dal dolore.
Provi quello che provo io?, mi ritrovo a chiedere con tranquillità.
C'è una lacrima sulla sua tempia, i capelli sono umidicci.
Il respiro gli si spezza.
< Ta > sussurra tremante. < Takahiro... non... non lasciarmi >
È la risposta.
La risposta a tutti i miei dubbi. Sì, certo, prova quello che provo io.
No, non è per me che sente nostalgia.
È la risposta al mio dolore.
È tutto sbagliato.
Qualcuno ha tentato di incastrare i pezzi della storia nel modo sbagliato.
Ha tentato incastri là dove non ve n'erano.
Non voglio vederlo soffrire.
Arretro. Non posso stare in questa stanza.
È la risposta a tutto.
Non posso rimanere ancora qui.
Non sono in grado di sopportare.
Il mio cuore non ne sarebbe in grado, senza potersi fermare.
La risposta... sei tu. Lo sei sempre stato. La mia vita, il mio lavoro... non contano nulla.
Io, la mia testa, il mio cuore. Non esistono se non all'interno del tuo amore.
Arretro... corro senza fiato. Esco.
Non posso, capiscimi. Non posso rimanere in un posto dove io per te sono niente.
Vi do un consiglio: se costruite la vita attorno a un qualcosa, assicuratevi che questo qualcosa abbia delle radici resistenti e profonde, che sappia resistere a qualunque intemperia. Pregate che non crolli, che non si annulli... perché se mai dovesse ridursi in polvere, la vostra vita farebbe la stessa fine.
E proprio mentre cerco di correre lontano dal mondo quello mi sbatte addosso.
No, non è il mondo. È una persona.
< Takahashi-kun... che succede, perché corre? >
Quest'uomo comincia davvero a rompermi. Non lo guardo, se mi sarà possibile per nulla al mondo gli mostrerò il mio volto, ma dalla sua voce capisco che è Usami-ani. Le sue braccia mi hanno fermato, mi trattengono un minuto più del neccessario.
< Haruihiko-san, mi perdoni. Non l'avevo vista... >
Devo aggrapparmi a lui per allontanarmi da lui. A volte l'ironia ha del ridicolo. Tengo la testa bassa con ostinazione. Non voglio... non voglio...
< Non si preoccupi > dice lasciando scivolare le sue mani giù dalle mie spalle. < Stava... >
< Stavo andando in bagno > mento voltando la testa in modo di non trovarmi di fronte a lui e faccio per superarlo.
< Aspetti... > la sua voce ha un che di calmo e preoccupato.
< Usagi-san... voglio dire, Akihiko-san non si è ancora svegliato... se vuole > parlo velocemente, senza un filo logico. Perché è qui? Perché proprio ora? NON VOGLIO....
< Misaki! >
Il suo tono mi gela.
La sua voce è una doccia ghiacciata.
È la prima volta che mi chiama per nome.
La sua mano sulla mia fronte non è affatto delicata. Non c'è il minimo riserbo in lui quando, contro la mia volontà, mi alza la testa per guardarmi in faccia.
Non voglio... il mio desiderio è debole, una formica in un torrente. 
Non voglio che lui veda le mie lacrime.
Eppure mi vede, mi guarda e i suoi occhi scuri da prima inespressivi e vuoti si aprono come d'incanto. E quello che vedo non mi piace. Quel dolore riaccende il mio. Il suo volto esterefatto, mi indebolisce.
< Sto bene > mento alzando una mano per coprirmi il volto.
No, vorrei dire se ne avessi la forza. Non mi guardare... solo LUI può vedermi piangere...
Ma lui mi afferra il polso, lasciando la mia mano a mezz'aria.
< Non è vero > dice piano, con dolcezza. La sua voce mi avvolge, mi rilassa. Mi fa calmare.
E appena me ne rendo conto qualcosa di più forte mi afferra: non posso sentirmi così con lui. Non posso calmarmi, non posso tranquilizzarmi perché l'unico in grado di farmi sentire così non si ricorda più di me. Davvero, non posso...
Cerco di raccogliere dentro di me la forza per spingerlo lontano, per impedirgli di toccarmi. Perché ho promesso a Usagi-san che non avrei permesso a nessuno di toccarmi... ma lui non si ricorda nemmeno della promessa che ha preteso da me anni fa e io... non ho più forze. Mi sento vuoto come un guscio morto.
Mi abbandono alla sua presa, ma gli nascondo il mio volto. Ancora non mi va che mi veda.
Odio... odio sentirmi così vulnerabile. È come se tutte le mie barriere si fossero dileguate.
< Venga con me >
Non è un'ordine.
Ma nemmeno una richiesta.
 
Mezzogiorno
Nel mezzo dell'oceano
 
Succede all'improvviso. Come aprire e chiudere gli occhi. Succede... 
Sapete, la morte non ci guarda mai veramente negli occhi.
Risucchia la nostra anima dai nostri pori... ad occhi chiusi, perché non siamo creature degne di essere guardate. Piccoli corpi vuoti, cellule mote. Ecco cosa siamo.
Il cielo è così limpido che mi ci potrei specchiare... al contrario del mare che sembra un'oceano di oscure promesse. Impetuoso e imprevedibile, cela creature di cui noi preferiamo ignorare l'esistenza.
E io preferisco non concentrarmi troppo sul mare. C'è abbondanza di sole e vento carezzevole... il perfetto antidoto a questo caldo torrido.
Apro le braccia a prua e chiudo gli occhi, sognando di volare. Soffro di vertigini, perciò evito di guardare giù. Non ho bisogno di guardare la terra per sapere che il mondo è un posto meraviglioso.
Sento un... no, non un rumore. Sento una sensazione, un presentimento.
Abbasso velocemente le braccia e mi guardo indietro. Alle spalle qualcuno mi spia.
Mi chiamo Misaki Takahashi, mi ritrovo in un yatch non-proprio-mio e l'uomo più irritante e maniaco del controllo del mondo mi sta spiando.
È appoggiato alle parete con le braccia e le caviglie incrociate... i suoi capelli svolazzano a ritmo del vento, le sue labbra sono socchiuse in un sorriso accattivante e i suoi occhi sono così meravigliosamente viola che il mio cuore si ferma per trenta secondi.
< Misaki >
Sembra un saluto, ma probabilmente è una presa in giro. Tutto in lui mi gira e mi rigira come se fossi una sfera... come la Terra che, inconsapevole, gira intorno al sole senza scelta.
Decido di sfidarlo. Sembra troppo tranquillo per i miei gusti... mi ha rapito al lavoro, grazie alla complicità del mio capo, naturalmente... Isaka-san non si sarebbe mai sottrato dal concedergli un favore in cambio di altri diecimila.
< Akihiko >
Vorrei non aver pronuciato il tuo nome con questo tono basso e timoroso.
Vorrei riuscire a tenere la testa alta e le spalle dritte davanti a te. Vorrei riuscire a sostenere il tuo sguardo senza avere timore. Timore che tu riesca a leggere cosa alberga nel mio cuore. Cosa la mia mente riesca ad inventarsi per far accellerare forte il mio respiro.
Sorride ancor di più e, per la prima volta da quando lo conosco, ho paura. Ho paura per davvero.
Mi ricordo che lo sto provocando... e che sono da solo con lui in uno yatch, nel mezzo del Pacifico, senza avere la minima idea di come potrei tornare a casa da solo... non del tutto sicuro che qualcuno sappia effettivamente che mi trovo qui.
Si rilassa, staccandosi dalla parete e iniziando a camminare verso di me.
Arretro, fremendo per davvero. È paura? Che altro potrebbe essere=? So cosa succederà se mi prenderà, so come è fatto quando gli faccio QUESTO effetto. So che non mi... non mi piacerà....
Arretro ancora... sono arrivato vicino alla ringhiera.
Una corda appoggiata nel posto sbagliato... un'onda che scuote la nave in un momento pessimo... io che ho un equilibrio molto precario... e una sfortuna molto sadica sono la mia condanna. Inciampo, sbatto contro la ringhiera... lo scossone mi fa mancare la terra sotto i piedi...
Un urlo. Lacerante, da pelle d'oca... il mio nome, e poi solo mare.
Se non lo sapevate, vi aggiorno subito: l'Oceano Pacifico è freddo. Dannatamente freddo.
Il sangue smette di scorrere. Lo sento, giuro... è come se mille spilli della grandezza del mio mignolo avessero iniziato a pungermi su ogni centimetro della mia pelle. È tutt'altro che una sensazione piacevole.
Le ossa mi si sbriciolano... e la mente esplode. E mentre il mio corpo è alle prese con esplosioni, sbriciolamenti e spilli assassini i miei polmoni vanno a fuoco. L'aria mi abbandona... sale in superficie in bolle vitali. Le vedo... e vedo anche la luce. Quella luce che smette di graziarmi.
Le mie mani sono tese inutilmente verso l'alto... non so nemmeno perché sto cercando di aggrapparmi quella luce. Il sonno mi avvolge, risucchiando in sé ogni altra sensazione. Ogni male e dolore scompare e la mia mente si appanna.
Voglio lasciarmi andare, mi rendo conto. 
Mi lascerò cadere, solo per questa volta.
Non l'ho mai fatto prima in vita mia. Mi sono sempre battutto per tutto con tutte le mie forze, fino all'estremo... e anche quando rinunciavo a qualcosa lo facevo soffrendone così tanto da morirci. 
Questa volta... solo e soltanto per questa volta.... voglio lasciarmi cadere.
Lascio che la luce mi scaldi un'ultima volta e la ammiro a bocca aperta e senza respiro. Letteralmente.
Eppure non tutto è come vorrei che fosse... la luce non è solo mia. C'è una macchia. Una macchia dapprima minuscola dentro a quella lucentezza che man mano accresce e mi copre gli occhi.
È qualcosa... le mie palpebre si fanno pesanti e non mi importa più di cosa mi copra la luce.
Però qualcos'altro mi costringe a contrastare il sonno. Devo stare sveglio.
E l'ombra mi sta raggiungendo sempre più velocemente.
Ma il buio che c'è dentro di me è più veloce, più potente.
Non devo ascoltarlo... non devo assecondarlo. Devo nuotare... non posso...
Sento un grido. Lo so che è assurdo. Lo so che sto morendo, ma lo sento: è lui. Lui e la sua voce tormentata. È lui che mi grida di non chiudere gli occhi.
Ma il sonno è così pesante... cercare di non farmi sopraffare sarebbe come cercare di sollevare il cielo intero sulle mie spalle.
E, per quanto io cerchi di tenere gli occhi aperti, di rimanere coscente... tutto mi crolla addosso. L'acqua mi risucchia come un vortice. Artigli freddi e viscidi mi tirano appicco.
E io affogo.
 
Oggi
6 a.m. minuto più, minuto meno
 
L'acqua mi scorre fresca tra le mani.
Per un secondo... un attimo talmente corto da sembrare immaginario mi sento senza fiato, schiacciato dalla pressione e in punto di perdere i sensi.
No...non me lo immagino e non l'ho provato solo per un attimo. Sono due giorni che annego. Due giorni senza fiato, senza speranza.
Non ci penso. Mi lavo la faccia con gesti veloci, frettolosi, e mi guardo allo specchio. I capelli cominciano ad essere troppo lunghi... sono sparati in tutte le direzioni, creandomi una ridicola criniera marrone cioccolato. Potrei sfidare Goku per la conciatura più fantasiosa e vincerei senza problemi. Il mio volto oltre che grondate d'acqua è anche pallido e sciupato... le occhiaie violacee fanno sembrare i miei occhi neri attornianti da borse rosse.
Non potevo sperare in un aspetto migliore: nelle ultime ventiquattro ore ne ho dormite solo quattro.
Cerco di dare una sistemata anche ai capelli, ma il risultato non sarà comunque mai abbastanza soddisfacente, perciò evito di perdere troppo tempo.
Mi asciugo con un paio di asiugamani di carta guardando distrattamente Usami-ani allo specchio. Guarda intensamente il cielo da un'alta e angusta finestra che fa areeggiare l'aria nel bagno degli uomini del secondo piano dell'ospedale. Gli occhiali gli sono scivolati sulla punta del naso, perciò non penso che stia davvero guardando il cielo. Ha un'aria pensierosa e malinconica.
Forse sta pensando a Usagi-san...
Oppure... e il pensiero mi fa accapponare la pelle, forse pensa che adesso che Usagi-san non mi ama più sia cambiato qualcosa, per me.
Cerco in tutti i modi possibili di scacciare il pensiero perverso e mi concentro sulle mie mani. Sono pulite e asciutte, ma io continuo a passarmele, ricordando l'asfalto macchiato di sangue... la carta si strappa.
< Non deve farlo > L'attenzione di Haruhiko-san è improvvisamente concentrata su di me.
Alzo gli occhi, buttando sollevato la carta nel cestino. < Cosa? >
Mi fisa intensamente. I suoi occhi sono così scuri che mi sembra di cadere. Sono di fronte ad un pozzo profondo e se non faccio attenzione mi ritroverò con le ossa spezzate in men che non si dica. A volte i pericoli peggiori sono nei luoghi più impensati.
A volte le paure più grandi, sono nascoste dalle luce delle sicurezze più profonde.
< Non deve fare quello che gli altri si aspettano da lei > risponde appoggiando la testa al muro. < Non deve... non deve tenere sempre la testa alta e il sorriso pronto solo perché gli altri non si preoccupino. Lei è davvero una persona singolare. Singolarmente speciale penso. Però non può essere forte per gli altri >
Non voglio ascoltarlo.
< Non so di che cosa sta parlando... >
Stringo le mani in pugno. Le sciolgo e poi stringo di nuovo forte. Vorrei avere qualcosa per le mani. Qualcosa per la testa. Vorrei essere così occupato da non avere tempo per ascoltare le sue parole. Perché se ascoltassi....
< Quello che lei fa.... la smetta. Non finga >
Stai zitto.
< Sorride e dice che va tutto bene. Quell'uomo... mio fratello sta bene, è vero. Ieri rischiava la vita e oggi sta bene. Ha perso la memoria ma non è questa la cosa grave, è questo che vorrebbe far credere a tutti, no? >
Voglio che smetta. Non voglio ascoltarlo. Sto respirando, di nuovo. Mi sento in me... ma ascoltando le sue parole ho l'impressione che i muri mi si chiudano addosso. Che i polmoni mi si stringano e che il cuore si faccia sempre più piccolo. Sempre più piccolo.... più piccolo... così da non farmi più respirare.
< Lo farà... io lo so. Accetterà la richiesta di mio padre e farà tutto il possibile per aiutarlo a recuperare la memoria. E ancora non si rende conto di quale sia il vero problema >
L'aria è tossica. Le sue parole fanno male.
Facco due respiri profondi. Sto affogando.
< La smetta... >
< Il problema è che Akihiko si è dimenticato di Lei > C'è tristezza nei suoi occhi. Lui sa. Sa come ci si sente ad amare qualcuno che non ricambierà mai i nostri sentimenti. Sa come ci si sente nel sapere che vivremo l'intera vita ad amare questa e soltanto questa persona senza avere uno straccio di possibilità di essere felici.
< Per favore... > mi ritrovo a supplicare mentre il respiro mi infiamma la gola. 
Fa male respirare.
Ormai fa male vivere.
< Sì è dimenticato che la ama. Si è dimenticato il motivo per cui la amava. E lei invece ricorda tutto... e questo fa male, vero? >
Come diavolo fa... a sapere...
< Ma non deve sopportare per forza >
Mi guarda e poi si alza in piedi. Fa due passi avanti, ma arretra quando io ne faccio due indietro. < Può lasciarsi andare> mi dice. < Può concedersi di cadere. Una volta. Solo una volta > 
Mi sembra una proposta sensata. Posso abbandonarmi a questo per una volta, no? Provo ad ascoltare cos'ho dentro. Lentamente, assaporandone solo la superficie. E sento. Il fuoco alla gola. Il vuoto nel petto. L'ombra nel cranio. No, è insopportabile.
< È abbastanza forte per affrontare tutto. È normale sentire questo dolore > I suoi occhi potrebbero incendiarmi se solo fossero più roventi del dolore che mi sta consumando.
< Taka... > si ferma guardandomi con attenzione.
< Misaki, smettila di fuggire >
È la sua voce.
Il respiro mi blocca. Non è lui a parlare, lo so... perché è lontano. Ma io lo sento. Lo sento dentro di me.
Lo sento, mentre rischio di affogare.
 
Ricordo...
 
È una voce così calda che rischia di scottarmi.
È il mio nome che pronuncia. Tante e tante volte.
Sembra arrabbiato. Pronuncia il mio nome come a volermi frustare.
No... vorrei dirgli. Non arrabbiarti. Si sta così bene qua.
C'è il sole... c'è, vero? Altrimenti da dove arriverebbe questo calore così piacevole? E c'è il vento... che asciuga l'acqua che mi copre.
Acqua.... c'è il mare? Non ricordo il mare. Ricordo un posto bianco e asciutto. Caldo e trasparente. Come una specie di paradiso. Ho visto i miei genitori, perciò forse era davvero il paradiso.
E adesso vorrei tornarci. Sì, vorrei tornare in quel posto così tranquillo. Dove le persone non sono arrabbiate. Dove tutti sono sereni.
< Misaki! >
È arrabbiata e implorante, la voce.
Su su, vorrei dirgli. Non ti preoccupare. Io sto bene. Davvero. Adesso rotroverò i miei genitori... erano qui, no? Non possono essere andati lontani.
< Misaki... torna >
Sembra disperata, la voce.
Oh, vorrei davvero tanto consolarlo. Forse potrei consolarlo... e poi potrei andare a cercare i miei genitori. Sì, non sopporto di sentire questa voce così tormentata.
< Misaki, non mi lasciare... >
< No... > provo a dirgli. Perché non ci riesco? Ah, non ricordo di aver usato la bocca per parlare con i miei genitori. Forse loro capivano i miei pensieri?
Non ti lascerò... sembra una promessa. Ma sì, perché dovrei lasciarlo? Sento la luce... in direzione della sua voce.
Oh, ma non è una voce. Ha un nome, vero? Un nome che ho così tanto pronunciato, lo so.... non mi viene. E pensarci è faticoso. Preferisco ascoltare lui che parla.
< Ti prego... >
Mi sta pregando. Okay, devo davvero davvero aprire gli occhi. Perché sono chiusi, non è così? È per questo che non lo vedo... deve essere così. 
Però quando ci provo il sole rischia di accecarmi e allora li richiudo subito. No... non può essere così doloroso aprire gli occhi. Forse è meglio se li lascio chiusi.
< Misaki! Apri gli occhi! >
No, davvero. Preferisco stare così. Tu continua a parlare. La tua voce mi fa sentire così bene.... Usagi-san, potrei starti a sentire tutta la vita.
Usagi-san!
Per poco non mi si ferma il cuore.
Ma certo! È lui... come ho fatto a dimenticarmi il suo nome? Non ci credo... apro gli occhi. Il sole brucia, è vero. Ma il dolore nella sua voce brucia molto di più.
< Usagi-san... >
< Misaki! >
La gioia che vedo nel suo viso, accompagnata dalla sua voce, mi riempie.
È bagnato. Siamo entrambi bagnati. Ci troviamo sulla barca e io mi metto seduto.
I suoi occhi sono rossi, sembra impazzito, ma quando lo guardo e mi aggrappo al suo braccio sorride. Splende più del sole.
< Sei salvo... > mi stringe così forte da togliermi anche il poco fiato che ho ripreso. Ho rischiato di affogare e lui mi ha salvato.
< Ti sei preoccupato per me... > sussurro contro il suo petto. < Mi dispiace >
< Adesso va tutto bene... tu stai bene >
Mi prende il volto tra le mani e lo avvicina al suo. Mischia il suo respiro con il mio ad occhi chiusi. Assapora la mia presenza, mi tocca i capelli e unisce i nostri corpi.
Aspetto pazientemente che apra gli occhi. < Grazie > gli dico quando finalmente si tuffa nel mio sguardo. < Mi hai salvato la vita >
Il suo respiro si spezza. < Tu hai salvato la mia > sussurra così piano che mi sembra di averlo immaginato. < E adesso non posso più stare senza di te. Oggi... ho pensato che mi sarei lasciato affogare anch'io insieme a te, ma tu sei tornato... >
Gli lancio un'occhiataccia. < Non dire queste cose! >
Mi guarda ad occhi spalancati. Quasi spaventato.
< Non azzardarti a pensare mai più ad una cosa del genere! >
< Ma tu non respiravi più > dice, come se pensasse che io non capisco.
< Ma sono tornato, no? E tornerò ancora e ancora e ancora! Non mi importa quante volte dovrò farlo, ma tornerò sempre! Perché io starò sempre al tuo fianco. Te l'ho già detto, no?! Perché non mi ascolti?! >
Appoggia la sua fronte sulla mia con un sorriso. < Io ti scolto. Ti ascolto sempre. È per questo che sono così felice... e io non voglio perderti >
Mi scanso e lo guardo negli occhi. < Non mi perderai! >
Sembra triste. So quando è così. Quando pensa a tutte le forze universali che potrebbero doviderci. Le nostre famiglie, il mondo intero. E da oggi, a quanto pare, anche la morte.
Lo afferro per le spalle. So cosa lo farà stare meglio. È la stessa cosa che mi chiede ogni volta che c'è qualcosa che lo preoccupa. È la cosa che gli nego ogni volta.
Ma non oggi. Perché oggi anch'io ho davvero paura. Perché ho rischiato di morire senza averlo mai fatto... ho rischiato di lasciarlo senza averlo mai avuto.
< Non permetterò a niente, NIENTE, dividerci. Perché voglio stare accanto a te e da nessun'altra parte. Per sempre >
Mi avvicino a lui, e prima di avere qualunque ripensamento socchiudo le mie labbra sulle sue.
E lo stringo forte. Con la bocca e con i denti, cercando di trasmettergli il mio desiderio di averlo. Di averlo sempre accanto a me, dentro di me. E lo bacio. Perché potrebbe non esserci un domani. Perché niente è scritto sulla pietra. Nemmeno il nostro amore.
E lui ricambia. Mi stringe e mi accarezza. Mi abbraccia e mi bacia. E i nostri respiri si mischiano avvolgendosi dolcemente, ma con tale forza da abbandonarci. 
Siamo una cosa sola. 
Lo sento. È quella cosa che mi invade quando sono con lui. La certezza che posso fare tutto. La certezza che posso essere felice. E il desiderio di permettergli di fare tutto e di dargli tutta la felicità che desidera.
Voglio che sia mio. Voglio avere tutto di lui.
E voglio essere suo. Voglio che si prenda tutto di me.
E continuiamo a baciarci, marchiandoci il corpo con il nostro amore sotto i caldi raggi del sole.
Sa di sale. E di mare.
Sa di vento e di pelle.
Sa di felicità e passione.
Sa di certezze e protezione.
E so per certo che non lo lascerò. Qualunque cosa accada. Non voglio che si senta più solo. Voglio che mi baci e voglio baciarlo fino alla fine del mondo.
 
< Non deve essere forte. Può lasciarsi andare... >
Mi rendo conto che qualcosa pizzica la mia guancia. E quando ci poso la mano sulla guancia... sento umido.
Le lacrime scorrono come due fiumi incontrollati.
< Non posso farlo > dico asciugandomele. Perché se mi lascio andare affogherò in tutto il dolore che fin'ora ho sotterrato. Non posso farlo perché lui non mi ha abbandonato. Si è solo dimenticato.
Ricordo che anch'io l'ho fatto. E sono riuscito a tornare.
Eppure il dolore non accenna ad andarsene.
Troppo tardi, mi rendo conto che solo io promettevo. 
Lui aveva una paura nera che lo lasciassi. Dubitava che lo avrei fatto?
E io ogni volta gli promettevo che sarei sempre tornato.
Facciamo cento promesse al giorno. Grandi o piccole che siano, non siamo uomini se non riusciamo mantenerle...
E io non posso che prendermela con me stesso. Perché gli ho sempre promesso che mai me ne sarei andato... non ho mai chiesto a lui di restare sempre al mio fianco.
Mera ironia... e adesso? È lui che mi ha lasciato!
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
N.d.A.
 
 
Bonsoir a tout le monde!
Okay, siamo arrivati ad un punto cieco. 
Povero Misaki... comincia a rendersi conto che ci sono delle crepe nella sua storia d'amore con la persona a cui tiene di più al mondo. Si rende conto che fino ad ora, anche se magari molti non si rendevano conto della cosa, era sempre lui a dare qualcosa. In questo caso tutto sé stesso. E non è il tipo che fa qualcosa per avere qualcosa in cambio, è altruista e generoso... ma mentre Akihiko lo supplicava di non abbandonarlo mai, lui non gli chiedeva mai la stessa cosa.
È brutto, non credete? Promettere a qualcuno che rimarremo sempre al suo fianco, e fare di tutto pur di mantenere questa promessa, solo per poi accorgerci che è proprio questa persona ad abbandonarci...
Penserete che Misaki sia una lagna... (io lo penso)
Però provate a mettervi nei suoi panni: non è facile perdere l'amore che la persona per cui provate un amore sconfinato vi ha donato fino a ieri. È straziante. È doloroso. E una persona normale ci mette anni a superlarlo.
Tranquilli, Misaki sarà più veloce.
Non posso dirvi se lo supererà o se verrà aiutato.
E non posso dirvi nemmeno se Akihiko recupererà la memoria o con chi stava discutendo prima di fare l'incidente, né di cosa.
Ma una cosa posso dirvela... amo scrivere i momenti romantici tra loro due. Non pensavo che una storia yaoi mi avrebbe preso tanto e forse non sarò all'altezza nella descrizione dei particolari di un rapporto del genere (sono una ragazza dopotutto) però farò del mio meglio. E cercherò di farvi emozionare.
Oooooh, voi non avete idea di che cosa ho in serbo!
E non ve lo dirò! Perciò, non vi rimane che continuare a leggere.
E io devo proprio rimboccarmi le maniche....
Bene, gente... se avete pensieri, idee, critiche o consigli, giuro che ascolterò ognuono di voi.
 
Mi chiamo Cassie 
E ho proprio il presentimento di essermi cacciata nei guai.
 
 

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Capitolo 7
*** ~ La trappola di ogni uomo ~ ***


 
 
 
 
 
 
                                                                                                             Il futuro,
                                                                                                             fantasma dalle mani vuote,
                                                                                                             che promette tutto
                                                                                                             e non ha niente.
                                                                               
                                                                                                                                          Victor Hugo
 
 
 
Martedì
 
La mattinata di Akihiko
 
Il mal di testa è insopportabile. Pulsa come un cuore sanguinoso sul punto di cedere. Ma è quasi benefico. Non posso credere di aver rischiato la vita. Io... che sono sempre stato così cauto in strada, dietro il volante della mia macchina. Malgrado tutto, malgrado tutte le volte in cui ho pensato che sarebbe stato meglio arrendermi e farla finita... e ogni volta di queste avevo pensato a Lui. 
Lui che mi aveva dolcemente travolto in questa spirale dolorosa e surreale di un amore sconfinato ma nascosto. E non so come altro posso fare... se non soffocare i miei sentimenti e sopportare.
Chiudo gli occhi. Ho bisogno di riflettere.
Cinque anni... stando a quanto ha detto il piccoletto è questo il lasso di tempo che mi sono lasciato in quell'incidente stradale. Cinque anni.
L'ultima cosa che ricordo è un pomeriggio soleggiato... un tramonto rosso come il sole. La sua richiesta e la mia felicità... certo che avrei fatto quello che mi chiedeva. Lo avrei fatto per lui, perché la sua felicità è la cosa più importante a cui io abbia mai aspirato nella vita. La felicità della persona che amo è molto più importante della mia.
Ricordo quella gioielleria all'angolo della strada. Un quartiere non proprio frequentato, andato in rovina dopo anni di lenta degradazione, ora abitato da vagabondi e gatti randagi... ma quella gioielleria era sopravvissuta. Non si sa come o perché... il vecchio gioiellere benchè non si regesse bene sulle proprie gambe, riuscva a sostenere quella piccola attività.
Un luogo non proprio luminoso... ricordo. Ci passavo davanti tutte le volte che uscivo, ma soltanto quel giorno l'avevo vista.
Era stato il bagliore riflesso di un focoso raggio di sole. E l'orologio che solo pochi giorni prima lui aveva visto in un altro negozio era lì, davanti a me. L'avevo interpretato come un segno. Se avessi preso quell'orologio, Takahiro avrebbe finalmente contraccambiato i miei sentimenti.
Devo ammetterlo, un pensiero sciocco... ma la speranza non è una semplice erbaccia cattiva di cui ci si può liberare con solo del veleno.
Tock! Tock!
Senza aspettare una risposta, l'inferiera entra. È una ragazza giovane, non più di venticinque anni, ma è timida. Mi spia da sotto la frangetta troppo cresciuta e poi distoglie immediatamente lo sguardo arrossendo come un pomodoro quando si accorge che sono sveglio e la fisso.
< B-buon giorno, Usami-sensei > mormora porgendomi il pranzo.
< Grazie > rispondo io con voce incolore.
Inizia a sistemare tutto: richiude le finestre che aveva aperto un paio d'ore prima, ma lascia le tende aperte. Controlla i macchinari, la pressione del mio sangue assicurandosi che tutto sia come dovuto. Sistema persino il casino che ho distrbuito in un momento di noia. Si occupa dei palloncini e dei fiori che quelle poche persone che si ricordano della mia esistenza mi hanno gentilmente spedito per ugurarmi la buona guarigione. Semplice arredo decorativo, per quanto mi riguarda... se importssi davvero a queste persone verrebbero da me di persona, non si affiderebbero a un corriere espresso. 
E intanto mi studia
< Mi sembra che stia meglio quest'oggi > conclude controllando la cartella clinica con un sorriso cordiale.
Lo ripete ogni volta che guarda quella cartella.
< Solo il solito mal di testa > borbotto da perfetto paziente scorbutico.
L'infermiera annuisce sovrappensiero. < È normale dopo tutto quello che ha passato, Usami-sensei. Ma per ogni evenienza questo pomeriggio le faremo una TAC per toglierci ogni dubbio >
< D'accordo >
L'infermiera annuisce nuovamente, ma questa volta sorride con più calore e questo mi prende in contropiede. < Sarà felice di saperlo... chiama almeno cinque volte al giorno per chiedere sue notizie >
< Mio padre? > domando distrattamente. Non rivedo la mia famiglia da un paio di giorni. Mio padre sarà impegnato con i suoi affari e mio fratello maggiore sarà troppo preso da tutte le cose che può sottrarmi, ora che sono fuori gioco. Quei due non li sopporto proprio. Per mio padre sono sempre esistito quando si è trattato di problemi come la sua maledetta compagnia e mio fratello a malapena riesce a guardarmi. Probabilmente per due persone così perfette, che nella vita hanno ottenuto tutto ciò che desideravano, io non sono altro che uno scarto di cui vergognarsi. Ma non mi importa. Possono anche smettere di fare gli ipocriti.
L'infermiera pare sorpresa. < No... Usami-sama chiede direttamente al Primario. Parlavo del suo coinquilino. È già venuto a trovarla? >
Aggrotto le sopracciglia alquanto sconcertato. Il mio coinquilino? Ah, il piccoletto? E perché mai avrebbe dovuto farsi vivo..? Nemmeno mi conosce! Davvero, come posso credere di aver accolto a casa mia un individuo del genere? Ricordo il modo in cui mi aveva parlato: con pazienza e calma, come se avesse a che fare con un bambino. Lo avevo capito dal primo sguardo: è una di quelle persone che non aveva mai sopportato... sempre pronto a distribuire finti sorrisi e insignificanti consigli.
< No > mi limito a dire.
L'infermiera scrive svolazante sulla sua cartelletta. < È rimasto al suo capezzale per tre giorni senza mai muoversi di qui. Non avevo mai visto una tale dedizione verso qualcuno >
Il suo commento mi irrita e le rivolgo uno sguardo di traverso. < Ha finito? >
L'infermiera mette il punto con un po' troppa foga e, benché dia l'impressione di non accorgersi del mio tono contrariato, il suo sorriso è svanito. < Sì, sensei. Lei è davvero fortunato e non mi riferisco solo all'incidente, ma anche alla sua vita: ha delle persone che tengono a lei così tnto da stare sveglie per giorni e giorni > e, detto ciò, mi augura la buona giornata e se ne va.
Misaki Takahashi, eh?
Mi limito a guardare il pranzo senza nessun'intenzione di mangiare. Sento la mancanza di qualcosa. Qualcosa che ha a che fare con il mio stomaco e con il mio petto. Qualcosa che ho l'impressione di aver lasciato... da qualche parte, senza una ragione precisa. E voglio ritrovarla, qualunque cosa essa sia.
La soluzione.
Misaki Takahashi... è suo fratello. Il piccoletto che aveva tenuto Takahiro costantemente lontano da me, perché il suo fratellino aveva sempre bisogno della sua presenza. Ormai sembra cresciuto... forse il motivo per cui lo tengo a casa è semplicemente il fatto che è suo fratello.
Mi convinco che deve trattarsi di questo.
E forse ho trovato finalmente la soluzione che mi serviva. Forse adesso Takahiro non ha più motivo di non accorgersi di me e di quanto io lo ami.
Scuoto la testa, folle solo per aver pensato una cosa del genere.
Perché io lo so... io lo so che non c'è speranza. Né per me, né per il mio cuore.
 
Martedì
La mattinata di Misaki
 
Il lavoro è la trappola degli uomini, così diceva sempre mio padre quando era ancora in vita.
Per lavoro aveva dovuto rinunciare a tante cose... ai compleanni di mio fratello, alle sue riunioni scolastiche, ai momenti in cui Nii-chan aveva bisogno di lui. C'era sempre la mamma, questo è vero, ma non è lo stesso. Il lavoro di mio padre ha tolto tantissimi momenti a lui e a mio fratello.. momenti che adesso la vita non potrà più restituire loro.
Il lavoro è la trappola degli uomini, ancora sono convinto di questa verità. Ci assicura di guadagnare, di permetterci un tetto sulla testa, di avere un pasto tre volte al giorno... ma ci ruba momenti della nostra vita che pensiamo non siano così importanti. Darei qualsiasi cosa... qualsiasi per restituire del tempo a mio fratello e a nostro padre. Darei qualsiasi cosa... per poter passare ancora un secondo con nostro padre e nostra madre.
Il lavoro è una trappola per gli uomini.
Però non posso fare a meno di pensare che, almeno oggi, è la mia unica ancora di salvezza.
Lavoro come un dannato... faccio fotocopie impilandole alla perfezione, porto fascicoli, ritiro la posta e recupero vecchi manga. Non sono ancora un vero editore... ma sinceramente per ora non mi importa. L'importante è essere qui a sbrigare tutte le faccende che mi vengono assegnate. l'importante è che queste faccende trattengano non solo il mio corpo qui... ma anche la mia mente.
Perciò lavoro lavoro e lavoro.
Faccio quello che mi viene detto di fare... perché è questo che so fare.
Non posso concedermi un momento di riposo, di stacco... non posso, perché so che sarà la fine.
Non posso, perciò... quando mi ritrovo a sbattere contro qualcuno, davanti all'ascensore che dovrei prendere, non è perché la mia testa è altrove perché l'ho incatenata in questo posto... è soltanto colpa della mia olita sbadataggine.
< Takahashi-kun, va di fretta? >
Faccio un passo indietro e poi uno veloce avanti per mantenere in equilibrio la pila di fotocopie del manoscritto che devo consegnare. Un paio di fogli sfuggono alla mia presa e cadono a terra.
Guardo l'uomo che ho di fronte. Si da il caso che si tratti del mio mangaka preferito in assoluto. Ijuuin Kyou-sensei. Potrei dire che è un uomo alta e dal fisico non troppo trascurato, muscoli al posto giusto, slanciato e dalle spalle larghe... potrei spiegarvi che i suoi capelli sono neri e lisci come la notte... che i suoi occhi sono così scuri che ogni volta che li incontro mi ritrovo a scappare... ma le mie descrizioni potrebbero sollevare altre questioni, domande a cui non ho nessuna voglia di rispondere. Per tutti questi motivi, l'unica cosa che mi sento di notare è il suo sguardo che si illumina come se stesse assistendo alla nascita di una nuova stella. E mi si chiude lo stomaco, perché è anche la stessa reazione che ha di solito Usagi-san quando mi vede... aveva. Vedeva. È strano che debba usare il passato malgrado lui sia vivo, ma considerando che queste cose appartengono effettivamente al passato è giusto che mi rivolga con il tempo adatto. Lui continua ad esserci, ma le sue vecchie reazioni no.
< Ijuuin-sensei...! > l'esclamazione di sorpresa dovrei proprio levarmela di torno un giorno o l'altro. Sorpreso e confuso... sembra che in presenza di quest'uomo non riesca a sentirmi diversamente e la cosa mi infastidisce alquanto. Soprattutto oggi.
< Ah, sì... mi scusi, ma sono davvero di fretta > Penso di essere ancora in tempo per prendere l'ascensore. Voglio evitare il mangaka... così come un altro centinaio di persone segnate nella lista che tengo nella tasca posteriore dei pantaloni.
< Lasci che le dia una mano... >
Gentilmente si china per me a raccogliere i fogli che mi sono caduti e li mette al loro posto in cima alla pila.
< Grazie > Mi costringo a sorridere.
Non risponde. In genere mi sorride e fa qualcosa che mi prende in contro piede. In genere uno sguardo così intenso mi farebbe arretrare. Ma ormai ho solo mura dietro di me e non posso fare altro che andare avanti e affrontare ciò che mi aspetta. Non sarà mai né più spaventoso né più doloroso di quello che mi sono lasciato indietro.
La sfortuna mi si è fatta amica negli ultimi giorni perché appena mi volto verso l'ascensore le porte si chiudono ed esso prende a scendere, richiamato da qualcuno alla Hall.
Socchiudo gli occhi cercando di fulminare le porte chiuse e maledendo la mia buona sorte. Perché a volte il mondo sembra girare nel verso sbagliato?
< C'è qualcosa che non va? > domanda il mangaka con un velo di preoccupazione nella voce.
< L'ascensore > rispondo come se non fosse ovvio. < Doveva aspettarmi >
Mi volto per mostrargli il fastidio dipinto sul mio volto, ma lui sta guardando altro. Vede qualcosa oltre la mia fretta, oltre il mio fastidio. Sembra quasi che riesca a vedere oltre la mia maschera quotidiana.
< Intendo... in lei? Sembra diverso... >
Mi sento mortificato. Non avrei mai pensato che qualcuno si sarebbe accorto della perenne nuvola nera che mi svolazza sopra la testa in questi giorni o del pozzo arrugnito e nero che si è scavato solitario nel mio petto.
< Le è successo qualcosa? > domanda, senza farsi scoraggiare dal mio silenzio ostinato.
Non l'ha saputo, mi rendo conto. Isaka-san e Aikawa-san mi hanno detto che avrebbero mantenuto il silenzio stampa sulle condizioni di Usagi-san e sul suo incidente in generale affinché i giornalisti non gli stessero addosso e lo lasciassero rimettersi in pace. Sono felicissimo della loro decisione, soprattutto perché mi sono risparmiato domande e preoccupaioni inutili: non ero mica io il malato! Ma adesso l'importante è che posso sfuggire a quest'uomo.
< No, assolutamente niente > Le parole escono direttamente dalla mia gola, lisce come l'olio. Trasparenti come la verità.
Da quando in qua, mi chiedo, sono diventato un così abile bugiardo?
Anche se, da un certo punto di vista, non mi è successo niente. Non sono io ad avere rischiato la vita. Non sono io ad aver dimenticato gli ultimi cinque anni vissuti. Non sono io... ad aver smesso di amare la persona che fino alla settimana scorsa era il mio unico punto di riferimento. A me, mi rendo conto, non è successo nulla di tutto ciò.
Sono stato ferito, forse questo è vero. Sono stato spezzato, graffiato, soffocato... ma sono ancora vivo. È la cosa più importante, secondo le priorità generali.
< Usami-san? > continua con il suo interrogatorio. < Sta bene? >
I miei occhi scivolano, così come le mie convinzioni. Mi costringo a fissare il punto del nulla tra me e il suo petto. Un puntino minuscolo e oscuro che cattura tutta la mia attenzione.
< Benone >
La mia voce è senza vita, mi accorgo immediatamente, e questo cattura ancor di più la sua attenzione, ma il suono dell'arrivo dell'ascensore interrompe la nostra conversazione, con suo immenso rammarico... con mio sconfinato sollievo.
< È stato un piacere rivederla, Ijuuin-sensei > Davvero, mi spaventa scoprire che bravo bugiardo sto diventando. I miei genitori saranno infuriati con me.
Mi inchino per rispetto, per quello che la pila di fogli me lo permette, e faccio per girarmi dicendo: < Adesso devo prio andare, buona giornata >
Sono salvo, penso con un sospiro di sollievo.
Ma, naturalmente, il destino ha altro in serbo per me.
 
Oceano Pacifico
 
Con l'asciugameno sulla testa, Usagi-san mi copre e scopre a proprio piacimento.. catturando l'acqua dai miei capelli. È piacevole... sono un uomo adulto ormai e non dovrei dirlo, ma non posso fare a meno di pensare che sia piacevole. Dannatamente piacevole.
Non riesco a guardarlo, così mi fisso ostinato le mani congiunte ed appoggiate sulle mie gambe incrociate sul letto. Non dovrei stare seduto in questo modo, con i piedi sul materasso... la conosco l'educazione, davvero, ma in questo momento non me la ricordo. Quando sono con lui... quando siamo così vicini, non penso ad altro che alla distanza che separa i nostri corpi.
La sua camicia è aperta di tre bottoni. Gli ho sempre detto che non è elegante stare così, ma non mi da mai retta. Non mi importa nulla dell'eleganza, se devo essere sincero. Siamo soli dispersi da qualche parte nel mezzo dell'oceano Pacifico, l'eleganza è l'ultima cosa che potrei avere per la testa. Ma non smetto di guardare quei tre bottoni: mi distraggono troppo, per questo gli avevo ordinato di chiuderli.
Intravedo il suo petto. So per esperienza che è liscio e solido. Se ci appoggiassi la mano sentirei il battito del suo cuore. Il pensiero fa scorrere un brivido caldo sul mio petto facendomi sussultare.
< Tutto bene? > domanda smettendo di asciugarmi. Con due dita tira su il mio mento, ma io non riesco ad intercettare il suo sguardo.
Sto ancora pensando al suo petto. In genere è caldo. Caldo... come una stufa, a differenza delle sue mani. Sapete che si dice che chi ha le mani sempre fredde, ha il cuore incredibilmente caldo? Ecco, lui ne è la dimostrazione lampante.
Le sue mani, che in questo momento accarezzano le mie guance... < Misaki? >
Lo guardo, dimentico del fatto che mi ha appena chiesto qualcosa. < Sì? >
< Stai bene? >
La stanza da letto che sto sottocoperta dello yacht che ha affittato Usagi-san per festeggiare il mio compleanno è illuminata da tre habat-jour che emettono una luce arancione. So per certo che li ha fatti cambiare con quelli che c'erano prima e so perché lo ha fatto: per rendere l'atmosfera calda e accogliente, più simile a quella della sua vecchia stanza da letto dove ci teneva tutti quei giochi da bambini.
Credo che le abbia cambiate anche per un altro motivo: probabilmente si è accorto che in quella luce i suoi occhi sono di un viola sconvolgente. Scuri... come la notte. E lucenti, come le sue stelle. 
Le sensazioni che quegli occhi provocano in me sono indescrivibili. Un calore così rovente da intrappolarmi il fiato da qualche parte nel corpo. Nella pancia... no, nel ventre?
< Misaki? >
È ancora in attesa della mia risposta ed è anche parecchio preoccupato. Mi costringe a guardarlo e mi studia con la perizia di un dottore.
< Scusa > mormoro con la voce roca. < Ho perso il filo >
< Capisco che tu sia shoccato > dice con maggiore preoccupazione nella voce. < Se vuoi posso chiamare un Jet e farci portare via di qui >
Le mille domande che affiorano alla prima parte della sua risposta vengono messe in ombra da una sola riguardanti la seconda parte. < Puoi fare una cosa del genere? >
Sono orripilato dal potere che detiene quest'uomo e dai motivi insignificanti per cui vi attinge.
< Certo. La compagnia di mio padre dovrebbe averne una mezza dozzina >
Lo guardo con tanto di terrore negli occhi. < Ma che razza di famiglia hai? > Eppure ormai dovrei sapere che non dovrei sorprendermi di nulla.
A sorpresa cerca di trattenere un sorriso, ma la preoccupazione fa evaporare ogni ilarità. < Davvero, spiegami come ti senti >
La richiesta mi manda in tilt. I suoi occhi scavano dentro di me e ho timore che lui possa vedere quello che mi tengo dentro. < Sto bene > Non suona come una bugia, ma nemmeno come una verità completa. < Perché dovrei sentirmi shoccato? >
Quello shoccato semmai è lui. < Misaki, hai rischiato di annegare! Sei rimasto privo di conoscenza per tre minuti... >
Stringe il mio volto con le sue grandi mani. Come se temesse che da un momento all'altro io decida di evaporare. Come se cercasse in tutti i modi di farmi restare.
Inconsciamente appoggio le mie mani sulle sue e intreccio il mio sguardo al suo. < Sto bene > rispondo con foga. < Davvero. Non è la prima volta che rischio di affogare, ormai l'acqua non mi spaventa più >
< Nemmeno la morte, a quanto pare >
Cerco di nascondere il tremito che mi scuote. In verità ho davvero tanto, tanto paura della morte. < Non ho intenzione di morire affogato >
< Sembra che tu voglia far morire me di spavento, però >
È una triste accusa quella che i suoi occhi portano a me.
< Non permetterei mai che tu morissi > sussurro implorandolo silenziosamete di non dire certe cose.
I suoi occhi si accendono di una luce diversa. Interesse. Malizia. < Ah, no? E come faresti a trattenermi sulla terra, Misaki? >
Abbasso la testa e l'asciugamano che ha lasciato sulla mia testa mi scivola sugli occhi, nascondendolo a me. Vorrei che la smettesse di farmi domande del genere. Perché pensare al modo in cui lo tratterrei vicino a me mi fa pensare a lui che cerca di abbandonarmi. Ed è una cosa che non riesco a sopportare.
Stringo forte le sue mani. < Non ti lascerei andare >
Forse sono davvero shoccato come dice. Forse è l'acqua salata che mi è arrivata al cervello o forse è la consapevolezza che la morte ti raggiunge anche nel tuo letto, mentre dormi, ma voglio che sappia almeno questo. È un'esigenza per me. Non posso semplicemente lasciare la sua mano e vederlo scomparire. Non posso e basta.
La presa delle nostre mani si scambia. Ora è lui a trattenere me.
Il freddo della sua pelle avvolge i miei polsi. Adoro il suo tocco. È rinfrescante, rigenerante.. come il ghiaccio che ti mettono sulla fronte quando hai quaranta di febbre. Come la doccia gelata che fai quando d'estate ci sono quaranta gradi. È un soffio vitale.
< Misaki >
La sua voce al contrario è il fuoco sulla mia pelle. Quello che manda in fiamme le mie cellule, quello che mi tortura fino all'ultimo e più lieve tocco.
< A volte penso... > alza le mie mani in alto e avvicina il suo volto al mio. Il suo naso mi sfiora, mi ruba l'ossigeno condividendo con me il suo soffio vitale. < ...che tu sia la mia maledizione. Sarai il motivo per cui non andrò mai avanti. Per cui rimarrò un fantasma sperduto su una terra desolata, in cerca dell'unica stella di questo mondo: tu >
La sua camicia si apre mostrandomi altre parti del suo petto.
Il mio cuore batte così velocemente nel mio che mi costringo a chiudere gli occhi. È mai possibile che in ventitré anni della mia vita l'unico modo che abbia trovato per sentire distintamente la mia esistenza sia restare con quest'uomo? Non poteva esserci altro modo?
< Smettila > sussurro con mio grande rammarico nel sentire la mia voce tremare. < Smettila di dire queste cose assurde >
Volto il mio viso a destra, per nascondergli il rosso fiamma che sento bruciarmi il volto, ma lui non si arrende. Si avvicina ancor di più e, infilandosi sotto l'asciugamano, annusa i miei capelli umidi, sfiorando il mio orecchio bollente con la punta del naso.
< Misaki >
 
No, non farlo... non sussurrare il mio nome con quella voce così sensuale.
Non accarezzare così dolcemente la mia pelle con il tuo respiro.
 
< Sento il battito del tuo cuore > le sue labbra sfiorano il mio collo così leggermente da sembrare il tocco gelato di un fantasma. Sento un brivido scorrermi dall'orecchio, al collo, al mio cuore, alla pancia e sempre più giù. < Lo sento attraverso i tuoi polsi >
Stringo istintivamente i pugni. È il mio corpo. Gli sta rispondendo, come fa sempre... è come se cercasse di avvicinare le mie vene alle sue mani... come se il mio cuore volesse farsi ascoltare più chiaramente da lui.
Conscio di aver agito d'istinto, mi rilasso immediatamente, abbandonandomi alla stretta delle sue mani come un attimo fa.
Ridacchia. Sembra sapere sempre l'effetto che avrà su di me. La cosa mi manda in bestia, ma non posso farci niente: non posso impedire a lui di farmi questo effetto e non posso impedire al mio corpo di avere certe reazioni.
Non voglio.
Non si ferma, anzi, sembra solo l'inizio.
Le sue labbra agiscono leggere e calme, non sembrano rispecchiare per niente il quadro focoso di Usagi-san. Non ricordo l'ultima volta in cui è stato così gentile... delicato.
Lascia andare le mie mani, liberandomi dalla sua trappola. Potrei spingerlo indietro, potrei separarmi da lui... ma non ci riesco. Mi tiro indietro, ma lui mi viene a cercare. Le sue labbra si schiudono delicatamente sulla mia pelle, viziandomi il collo. La corta barba di due giorni mi solletica, provocandomi tremiti involontari. Le sue mani percorrono le mie spalle, spingendomi contro i cuscini, le sue gambe mi costingono a fargli spazio.
< Aspetta... > sussurro. Ho il respiro spezzato e il cuore svolazzante. Sto perdendo il controllo su me stesso. Metto le mani sul suo petto, vorrei tirarlo indietro, vorrei che si allontanasse, mi convinco, ma non sono sicuro che sia la verità. Le mie mani non lo respingono, anzi ascoltano attentamente i ritmici battiti del suo cuore.
Mi guarda dall'alto, con un sorriso lieve sulle labbra, come di chi è nel bel mezzo della caccia e ha appena addocchiato la sua preda. Mi sovvrasta. È in ginocchia su di me e si avvicina lento.
< Usagi-san... fermati... > la mia richiesta è un debole respiro.
< Perché? >
Si abbassa e annusa i miei capelli prendendo tra le sue mani le mie guance per costringermi ad alzare il volto.
Cerco di non guardarlo, di riprendermi un po' del mio spazio, ma me lo impedisce in modo categorico. Mi divincolo al meglio che posso, ma la sua presa è ferrea. < H-ho appena... appena rischiato la morte. T-ti sembra sa-saggio farlo...? > 
Il mio volto sotto il mio punto di vista potrebbe benissimo essere una fornace. Sotto il suo tocco mi sento sciogliere.
< Hai detto che ti senti bene > dice studiando con dolcezza le mie labbra.
Quest'uomo è imbarazzante. È imbarazzante il modo in cui mi tratta, il modo in cui mi parla..., persino il modo in cui mi guarda!
È imbarazzante quello che riesce a provocare nella mia mente... ma è ancora più imbarazzante quello che riesce a fare al mio corpo!
Mi manda in bestia. Mi fa arrabbiare.
Guardo verso l'alto, allungano la testa sui cuscini per distogliere la mia attenzione da lui. < Che ne sai che certi sforzi non mi facciano stare male? > borbotto incoerente. 
Non si fa fermare. Si abbassa e ricomincia a torturare il mio collo che, mi rendo conto troppo tardi, ho lasciato completamente scoperto.
Perdo il filo, di nuovo, e mi concentro sulle sue labbra, sulla sua lingua che scorre lenta sotto il mio Polmo d'Adamo. Non riesco a fare a meno di deglutire e quel leggero tocco si fa sentire ancora di più, mandandomi in fiamme.
< E-e se... s-se mi si fermass-sse il cuore > sussurro senza avere più il controllo della mia voce, del mio cuore e dei miei occhi che mi rotolano all'indietro. < Per favore ferm--- > Il tocco delle sue mani sulla mia pelle, che si sono intrufolate sotto la mia maglia, fa morire la parola nella mia gola. Sfiorano la mia pancia, sorvolano il mio ombelico, e si arrampicano su di me fino al petto portandosi la maglia con loro.
< Ripetilo > La parola morde il mio orecchio. < "Farlo"... è così seducente sulle tue labbra. Ripetilo >
Arrossisco fino alla punta dei capelli. Questa volta trovo la forza di spingerlo indietro. < Lasciami! Sei un pervertito! Usagi-baka! Usagi-kuso! > urlo senza controllo, lanciandogli fendenti. Afferra entrambe le mie mani senza difficoltà e me intrappola sopra la testa, con una sola delle sue.
< Sei così terribilmente carino > sfiora le mie labbra, affondando il suo sguardo nel mio. Mi sento bruciare. Le sue parole sono benzina in un incendio che pervade il mio petto. Non si rende conto dell'effetto che mi fa?! Certo che sì... lo sa benissimo. E questo lo rende felice. Lo posso capire dalla luce dei suoi occhi. Dal suo sguardo che tenta di spogliarmi. Dal suo tocco che sembra in grado di arrivare alle mie ossa.
 
Sei in ogni parte di me. Sempre. E io non me ne rendo nemmeno conto.
 
La sua mano ridiscende verso il basso, fermandosi prima sul mio petto per sentire il battito del mio cuore. Il suo sorriso si spegne, lasciando il campo a quello sguardo desideroso che mi spaventa. I nostri respiri si mischiano, si appartengono. 
Mi guarda fisso mentre la sua mano scende sempre più in basso. Stringo i denti mentre capisco che ogni mio fremito non gli sfuggirà. Mi costringo a guardarlo di rimando mentre il mio cuore cerca di uscirmi dal petto. Mi mordo il labbro e questo sembra attirare la sua attenzione.
Mi bacia come una furia. Mi prende come se fossi sempre stato suo e mi morde. E io non posso fare che rispondere. Perché, lo so, sono sempre stato suo.
Lascio che tenga ferme le mie mani, lottando contro il desiderio irrefrenabile di stringerlo a me e facilito il percorso della sua bocca, aprendomi alla sua lingua.
Mi si ferma il respiro quando la sua mano arriva al mio basso ventre e scende sotto i jeans, superando i boxer. Emetto un gemito incontrollato quando la sua mano finalmente mi trova.
< Misaki > sussurra la mia condanna rubandomi il respiro con la sua bocca.
Poi mi stringe tutt'altro che delicatamente in una presa ferrea spezzando il ritmo dei battiti del mio cuore. E il mio corpo risponde: sobbalzo con un altro gemito attutito dal nstro bacio, spingendo il mio corpo verso il suo. Mi tendo in modo che la mia pelle si assottigli, che il mio cuore si avvicini sempre di più al suo in modo che lui possa prenderlo più facilmente. E lì mi rendo conto che sono perduto. Che per me non c'è più speranza.
Sento le lacrime uscire dai miei occhi chiusi. Sento lui che le beve assaporandole sulla lingua. Sento il mio respiro che si mischia al suo, il mio desiderio scontrarsi con il suo. Sento il mio piacere, eco del suo.
Sento il mio nome, pronunciato dalla sua voce.
Sento così caldo che potrei benissimo aver preso fuoco.
Poi sento soltanto il vuoto.
 
Marukawa Publishing
 
Il piiin dell'ascensore ne annuncia il ritorno e quel semplice rumore mi fa saltare sul posto. La pila che trasporto con fatica rischia nuvamente per finire a terra, ma grazie ad un altro miracolo riesco a tenerla intatta. E, mentre le porte dell'ascensore si aprono, mi chiedo se io non abbia esurito i miei miracoli in questa vita.
Due uomini escono e mi guardano con sorpresa. Isaka-san ha in mano dei fogli e gli sta mostrando a Usami-sama, il padre di Usagi-san. Quest'ultimo ha un aspetto davvero orrendo. È pallido e le occhiaie lo rendono molto più vecchio di quanto non sia. Mi pare di vedere persino qualche capello bianco nella sua capigliatura insolitamente scura per un uomo della sua età. Mi chiedo quali difficoltà possa sopportare un padre. Mi chiedo se non sia molto più facile affrontare le cose per i figli.
< Misaki > mormora Isaka-san. < Non mi aspettavo di incontrarti qui >
< Ah... > All'improvviso la pila di fogli che porto inizia a pesare. Non so perché, ma adesso che me lo sento dire mi sembra che questo non sia il posto in cui dovrei essere. Sono nel posto sbagliato... lo sono stato per quasi tutta la mia vita. < Ci lavoro, a meno che lei non mi licenzi, Isaka-san > Cerco di tenere un tono tranquillo, ma la mia voce ha una nota troppo bassa perché io ci riesca.
< Certo che no.. però avevo pensato che dopo tutto quello che è... > tace all'improvviso accorgendosi di Ijuuin-sensei. < Oh, Ijuuin-san, è un piacere rivederti! Ti presento Usami-sama, della Usami&CO. Usami-sama, lui è Ijuuin Kyou-sensei, un nostro mangaka da bestseller >
Usami-sama distoglie lo sguardo da me per circo tre secondi, fa un cenno col capo a Ijuuin-sensei, il quale risponde con un inchino e un < È un piacere conoscerla, Usami-sama >, poi torna ad incenerirmi con il suo sguardo. Nel corridoio la temperatura cala di dieci gradi e mi aspetto una tempesta di neve da un momento all'altro.
< Non mi aspettavo di torvarla qua > mi rinfaccia l'uomo.
Deglutisco, dandomi un tono. < Vale lo stesso per me, Usami-sama >
Sono al lavoro, mi convinco. Non sto facendo niente di male. Non c'è niente di cui dovrei sentirmi in collpa.
Ma allora perché? Perché mi sento come un criminale messo alle strette?
Risponde alla mia osservazione con uno sguardo se possibile ancora più glaciale e con un sorriso da brividi. < Ha pensato a quello che le ho chiesto? >
Isaka-san si fa subito avanti. < Usami-sama, non mi sembra questo né il luogo né il momento >
< Si tratta di mio figlio! > esclama all'improvviso Usami-sama con più rabbia di quanto mi aspettassi. I suoi lineamenti sono deformati, così rabbiosi che mi spaventano. C'è disperazione in quegli occhi così gelidi... e mi rendo conto che è questo che con la sua finta indifferenza cerca di nascondere.
È un padre, mi stupisco di non averlo pensato prima. È un padre e sta soffrendo.
Mi chiedo se i padri riescano a sopportare più dei figli. O se siano loro i primi a cadere.
Isaka-an abbassa lo sguardo, incapace di trovare le giuste parole.
< L'avevo giudicata male > Usami-sama mi guarda con espressione amara. < I suoi discorsi su quanto fosse importante per lei, su quanto si sarebbe impegnato ad essere un uomo degno... era quasi riuscito a convincermi, sa? >
Chiudo gli occhi un momento. È difficile. Dannatamente difficile. Come fa a non rendersene conto? Per lui... per tutti loro, in effetti, non è cambiato nulla. Usagi-san si ricorda di tutti loro. L'unico che non fa più parte della sua vita... l'unico di cui non gli importa nulla sono io. È così dannatamente difficile stare nella sua stessa stanza e avere l'importanza di un moscerino morto sulla finestra!
Come posso... fare quello che mi chiede? Come posso stare insieme a lui e fare finta che negli ultimi cinque anni io non abbia passato i momenti più belli della mia vita? Come posso nascondere a lui QUESTO?
Non posso.
< Erano chiacchiere > continua Usami-sama.
Ijuuin-sensei si è avvicinato a me e mi sta guardando. < Takahashi-kun. Ha bisogno di aiuto? >
Mi accorgo che le mani mi tremano talmente tanto che i fogli fanno fatica a rimanere gli uni sugli altri.
Scuoto la testa. No, non ho bisogno d'aiuto. No, non ho bisogno di qualcun'altro che si preoccupi per me. No, quello di cui ho bisogno nessuno di loro me lo può dare. E mi rendo conto che sta tutta qua la risposta. So che non ho mai davvero avuto una scelta. So che, malgrado le difficoltà che dovrò affrontare e il dolore che dovrò vincere, io striscerò fino all'ospedale e starò insieme a lui. E non perché Usami-sama me lo ha chiesto... non perché qualcuno mi ha detto di farlo e nemmeno perché l'ho promesso a Lui.
Lo farò perché è questo che voglio fare. Perché senza di lui non posso stare.
Ijuuin-sensei appoggia una mano sulla mia spalla, trasmettendomi la sua preoccupazione e Usami-sama ci lancia un'occhiata amara, quasi di disprezzo. < Solo vane parole > dice.
< Adesso basta! > urlò facendo sussultare tutti. Mi dirigo verso l'ascensore a passo spedito e premo il pulsante per chiamare l'ascensore con il gomito. Le porte si aprono immediatamente. < Se è questo che pensa, non ha capito niente!! > esclamo guardando Usami-sama infurito prima che le porte si richiudano.
E me ne vado. Non saluto nessuno. E non mi inchino davanti a nessuno.
Basta. Nella mia vita mi sono inchinato e ho fatto quello che volevano gli altri anche per troppo tempo.
Mi guardo nello specchio dell'ascensore e stringo i denti.
A rivolgermi lo sguardo è un ragazzo basso, così basso che per vedermi ci vuole la lente di ingrandimento, dagli occhi verdi e i capelli castano scuro. Il suo sguardo è decisamente sperduto e addolorato, ma di fronte a me si trasforma. I suoi tratti si fanno più duri, gli occhi più fermi e gli angoli della bocca smettono di tremare. Ha deciso che smetterà di esaudire il volere altrui. Smetterà di inchinarsi, perché nessuno merita di vedergli abbassare la testa.
Nessuno sarebbe mai più stato abbastanza importante da farmi abbassare anche solo lo guardo.
Nessuno. Se non lui.
È sempre stata questa la risposta.
Lui è sempre stato la mia trappola.
 
 
 
 
 
 
 
N.d.A.
 
 
 
Ciao a tutti!
Ed eccoci qua con un altro capitolo della FF di Misaki/Akihiko.!! 
Ci ho messo un po' prima di pubblicarla, e benché in genere lo faccia perché segretamente e svergognatamente mi diverto a tenervi sulle spine, questa volta non l'ho fatto per mio volere. L'unica parte che ho scritto tutto d'un getto, liscia come l'olio, è stata quella sullo yacht... sì, penso che sappiate bene quanto io ami stuzzicarvi con il romantisicismo tra questi due! Il resto non è stato semplice come pensavo.
Prima di tutto ho dovuto presentarvi Ijuuin-sensei, il mangaka che Misaki ama da quando era piccolo. Ama, nel senso che stima e rispetta, così come noi facciamo con i nostri beneamini Oda-sama, Kishimoto-sama e Obana-sama (amo Kodomo no Omocha, è il motivo per cui non riesco a diventare adulta!!)
Inoltre, vi assicuro, è davvero difficilissimo non scrivere capitoli interi su Akihiko e MIsaki che fanno zozzerie *^*
Ma, giusto per non sembrare una depravata, mi sembra giusto mandare avanti la trama della nostra FF.
La parte più difficile è stata quella di Akihiko... è un fulmine al cuore parlare di qualcuno che ama che non sia Misaki. Vi giuro... e poi dirgli che Misaki non fa che chiamare per sapere come sta e far in modo che resti indifferente... non potete comprendere le mie sofferenze.
Tuttavia non posso cambiarlo. Spero che soffriate come soffro io (nche se non è carino da dire, ora che ci penso)
Speriamo che tutta questa sofferenza valga a qualcosa... mah, boh, chi può saperlo?
*Un coro infuriato le grida su. < TUUUUUUU!!! >*
Hahahahah, non siate troppo precipitosi...
Sto impazzendo, sul serio.
Beh, almeno mi sto aprendo a voi e comincio a dimostrarvi che sono completamente fuori di testa. Bell'impressione.
Ma chissenefrega!!! Imparerete ad amarmi così XD perché sì, vi assicuro che con il tempo imparerete ad amarmi. E se non amerete me, amerete i miei personaggi.
Perciò ci risentiremo al prossimo capitolo... ma già che ci sono un po' di ringraziamenti sono d'obbligo.... allora, da chi posso iniziare?
Grazie a tutti quelli che hanno inserito tra le preferite la mia FF: aaron yan, c3amaryllis, Gyugyka, liri80 e shippopalla. *^*
Grazie a Dauntless per essere una "da ricordare" ^-^
Grazie a Aeryn, Dinda91, Gyugyka e Teddie per essere tra le loro "da seguire"
E per ultimi, ma decisamente non in ordine di importanza, un grazie infinite ai miei straordinari recensori!! 
Grazie a Gyugyka, perché sei stata la prima e probabilmente senza di te non sarei andata oltre al terzo capitolo.
Grazie a Shippopalla perché, come me, non accetti il fatto che Akihiko si sia dimenticato di Misaki.
Grazie a Dinda91, perché mi sopporti malgrado le lacrime che ti faccio versare. Se mi dai il tuo indirizzo di casa ti manderò un pacchetto di fazzoletti a capitolo e prometto di piangere insieme a te per tutte le cose brutte che capiteranno a Misaki (ops, somiglia molto ad uno spoiler... pardon!)
Grazie a Lyel per avermi fatto notare i miei errori. Senza di te non me ne sarei accorta, thank you :*
Grazie a Shibu-chan per aver approvato l'idea di aver fatto perdere la memoria a Usagi-san e non a Misaki. Sono d'accordo, se avesse dimenticato Misaki sarebbe stato troppo noioso e scontato.
E in fine, solo per data di recensione, grazie a pomypomy69. Sono felice che tu sia rimasta toccata dalla storia e dalla tristezza di Misaki, spero di riuscirti a risollevare il morale con qualche momento tenero tra lui ed Akihiko.
 
Detto questo, se avete idee/consigli/critiche fatevi avanti e recensite! Sarò ben lieta di scambiare pensieri con voi e chiunque volesse essere più partecipe.
 
Grzie a tutti.
Prometto di fare del mio meglio affinché troviate in questa FF emozioni che non troverete altrove (?)
Sogni d'oro, 
per questa notte è tutto!
 
Feelings and words,
Dreams and stars
 
Cassie 
 
 

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Capitolo 8
*** ~ Piccola, lucente speranza ~ ***


 
 
 
 
 
 
                                                                                                                  Mi date speranza e poi me la togliete
                                                                                                                  Questo basterebbe a rendere pericoloso chiunque.
 
                                                                                                                                                                                 Doctor Who
 
 
 
 
 
 
Martedì sera
 
Ospedale
 
Sta diventando una prigione.
Voglio uscire di qui. Le mura sono troppo strette, le pareti troppo bianche e l'aria sa troppo di ospedale. Mi ricordo che una volta sono colassato e mi sono risvegliato in ospedale. Sono rimasto a scrivere la storia che avevo in mente per giorni, senza mangiare niente, rovesciando sulla carta tutti i sentimenti e il dolore che avevo nella mente. Tutta la disperazione che avevo nel cuore. Quella volta rischiai davvero di rimetterci le penne. Per fortuna Aikawa-san mi trovò in tempo.
Ho solo la mia edidtrice. Se non ci fosse lei non si accorgerebbero se sono vivo o morto.
Ma è la vita che mi sono scelto. Quando non puoi ottenere quello che desideri ardentemente, tutto il resto perde di significato.
E io sono così... non posso avere il mio amore che rischia di divorarmi, perciò tutto ciò che cerco di stringere al petto disperatamente sono le mie storie. Sono un derivato del Creatore. Costruisco piccoli e delicati frammenti di felicità che in realtà nemmeno esistono.
Apro gli occhi, subito accecato dalla luce al neon della mia lussuosa, ma incredibilmente spoglia, stanza d'ospedale. Fin'ora ho ricevuto la visita di mio padre, Isaka-san e Aikawa-san. Quella donna è quasi insopportabile. Non ha fatto che blaterare sulle storie che avevo in mente di scrivere (di cui non so assolutamente nulla, non che questo sembrasse interessarle...) e di raccontarmi di quanto preoccupato sembra il mio coinquilino. Se è davvero così preoccupato sarebbe potuto passare a trovarmi, no? Non che io abbia particolare voglia di vedere facce sconosciute. E la sua faccia non mi ricorda per niente quella di Takahiro. È così basso e mingherlino, il suo volto è così infantile e non ti guarda mai negli occhi. A pensarci bene il mio spirito di osservazione mi stupisce: gli ho lanciato giusto un'occhiata, dopotutto. Non mi interessava studiarlo particolarmente.
Sbuffo reprimendo un gemito di dolore che il mio gesto mi causa. Non ero mai stato operato prima d'ora e non ci tengo a ripetere l'esperienza. È così fastidioso... come avere mille spilli in testa. E non ho nemmeno nulla con cui distrarmi...
Voglio sapere tutto. Cosa è successo in questi ultimi cinque anni, cosa mi sono perso, come sono cambiate le persone che conosco, come sono cambiato io nei loro confronti... ma sto solo mentendo a me stesso. voglio sapere come ho fatto a vivere i miei giorni senza Takahiro, perché non è qui, se sa quello che ho passato.
Posso raccontarmi quello che voglio. Posso sognare realtà in cui io e lui stiamo insieme, ma la verità è che niente sarà mai vero.
Prendo un profondo respiro.
Fuori dalla finestra il cielo è viola. Il tramondo lascia il posto alla notte. La luce si spegne, lasciando che la sua ombra più oscura ci rapisca.
Immagino di non essere solo. Immagino un ragazzo alto e magro, con degli occhiali sul naso e i capelli a coprirgli gli occhi. Immagino due occhi marroni come il cioccolato, un sorriso ancora più dolce.
Immagino che si sieda sul alto del letto, proprio accanto a me, immagino la sua mano sulla mia guancia, immagino il mio cuore che batte all'impazzata... ma poi apro gli occhi. Non ce la faccio.
So che è così che nascono le mie storie. Da un momento, un singolo momento che porta a qualcosa, creando una catena di eventi e sentimenti. Ma qualcosa mi frena, mi blocca. Non so cosa sia, ma la storia che c'è nella mia testa.... perché sono Usami Akihiko, di storie la mia testa è piena e strapiena... questa volta la storia non si crea.
Prima che cerchi di convincermi che si tratta solo del disturbo da pagina bianca che ogni scrittore degno di questo nome ha, qualcuno bussa alla porta della mia stanza.
Non rispondo immediatamente, certo che sia quell'insopportabile cameriera venuta a chiudere le tende della stanza e a dare una spolverata ai fiori. Ma la porta non si apre e allora capisco che non può essere lei.
< Avanti > La mia voce è roca, come se non l'avessi usata in questi ultimi cinque anni. Probabilmente sarò rimasto solo nella mia stanza a scrivere. Probabilmente la solitudine colpisce anche gli organi delle persone e non solo la loro anima.
< Permesso >
Quella voce mi illumina. Davvero. Non so come ho potuto sopravvivere fino a un minuto fa senza averla sentita.
Lui entra e forse è solo una mia impressione, ma l'intera stanza si illumina.
< Takahiro > sussurro con voce bassa e tremante.
A volte non mi rendo conto della fortuna che ho. Perché ci sono persone che passano la vita a sognare di poter amare qualcuno senza mai riuscirci. Io sono fortunato, dopotutto. Perché ho qualcuno che amo dal più profondo del cuore. E forse lui mi ama in modo diverso, forse quel sentimento che provo io non potrà mai essere corrisposto nello stesso modo da nessuno, ma in questo momento non importa. Sono felice. Felice di stare con la persona che amo.                                                              
*
 
Il tempo non basta mai. Ti svegli al canto del gallo, hai giusto il tempo di sbadigliare ed è già notte. Sottovalutiamo lo scorrere inesorabile del tempo pensando che ci porterà con sé nel suo incredibile viaggio. Ignari che ci lascerà esattamente nello stesso posto ma con qualche ruga in più.
Nasciamo... e se non sappiamo vivere non avremmo fatto nemmeno il primo strillo di vita che saremmo già morti.
Per questo motivo sto correndo con un gigantesco pelusche d'orso in braccio. Perché Usagi-san ha dimenticato tutto il tempo che abbiamo trascorso insieme e non vedo l'ora che ricordi. E se non ricorderà ripercorreremo lo stesso viale, rivivremo questi cinque anni passati... perché non mi pento di averli vissuti. E li rivrò, visto che ne ho la possibilità.
Entro in ospedale con il cuore che batte a mille. 
Non è morto. 
Sono stato uno stupido ad aver pensato che il nostro amore fosse ormai morto insieme ai suoi ricordi. Forse è così... forse no... nemmeno io so decifrare bene i miei ricordi. Ma ciò che è chiro è che Usagi-san è ancora vivo e non c'è niente, NIENTE, che non si possa recuperare.
Raggiungo l'ala dell'ospedale in cui è ricoverato. Sono oltre il limite massimo delle visite, ma intendo dare talmente tanto fastidio che sono sicuro che mi faranno entrare. Incontro l'infermiera che in questi giorni ha risposto alle mie chiamate insistenti comunicandomi ogni singolo cambiamento delle condizioni di Usagi-san e lei mi sorride.
< È uscito a prendere un po' d'aria? > mi domanda dopo un leggero inchino. < Oh, ha preso un regalo a Usami-sensei? > Guarda sbalordita Suzuki-san, lo stupido peluche che Usagi-san si porta appresso ovunque. Ho pensato che gli avrebbe fatto piacere riaverlo...
Ma le domande dell'infermiera mi prendono in contro piede. < Come, prego? >
La sua sicurezza vacilla. < Mi scusi, ho visto nell'elenco delle visite che è venuto un'ora fa... >
< Sono appena arrivato > le comunico. Volevo chiederle se poteva chiudere un occhio... se poteva lasciarmi entrare comunque >
Il suo sorriso scompare del tutto e corruga la fronte. < Ma io sono certa di aver visto... > prende un quadernetto e scorre le pagine fino alla data di oggi. Scorre un elenco di nomi e giunge all'ultimo. < Ecco... Takahashi > legge con un'esclamazione che frena alla fine del mio cognome. 
E vacilla anche la mia sicurezza. Takahiro. Mio fratello è qui?
< Ah... Takahiro > sussurra. < È un suo parente? >
< Mio fratello > rispondo con un filo di voce. < Posso... posso andare? >
L'infermiera annuisce indicandomi la strada che già conosco. < Prego > dice, ma prima che abbia finito la frase sono già alla fine del corridoio.
Sto correndo nuovamente, ma non è la felicità che spinge i miei piedi ad avanzare. È la adisperazione. Perché? Mi chiedo. Perché diamine mio fratello è qui? Perché ora?
Qundo arrivo davanti alla porta mi fermo con la mano sulla maniglia. Le tende sono chiuse, la luce è accesa.
Perché sono così sconvolto? Che differenza fa?
Voglio vederlo solo io? Davvero? Sono così egoista? Sì, lo sono. Non voglio che mio fratello lo veda. Non voglio che gli parli. Perché Usagi-san lo ama e io voglio solo che si dimentichi nuovamente di questo.
Ed è questo che mi costringe ad agire senza nemmeno pensare: apro la porta senza bussare perché ho intenzione di lottare per riprendermelo. Non è giusto. Lui era mio e non può lasciarmi così.
 
*
 
Per prima cosa mi accorgo delle sue rughe. Sono meravigliose, davvero. Danno sensualità alla sua bocca e fanno risplendere la luce nei suoi occhi, ma l'ultima volta che l'ho visto non le aveva.
Poi i suoi capelli sono striati di fini fili argentei e sono decisamente più corti dell'ultima volta in cui ci siamo incontrati. Non è più tanto magro e la montatura dei suoi occhiali non è più la stessa. Inoltre non sono più spessi dell'ultima volta...?
Il tempo è andato avanti. Non mi ha aspettato.
Eppure nulla è cambiato dentro di me. I miei occhi si beano di lui, lo seguono, lo studiano. Parlo a bassa voce per non coprire la sua, rido quando ride, sono felice di vederlo spensierato e mi preoccupo quando si rende conto di quello che mi è successo.
< Non ricordi niente? Davvero? > L sua domanda è ncredula.
< Niente di niente > rispondo con un sorriso amaro. Davvero, come ho fatto a dimenticare i momenti che probabilmente ho rubato alla sua vita?
Aggrotta le sopracciglia e guarda la coperta che mi protegge dal freddo. Le mie fantasie sono divenute realtà: lui siede davvero accanto a me e la sua mano è a pochissimi centimetri dalla mia. Seriamente, se fingessi un movimento involontario di giusto tre millimetri potrei toccarlo.
< È una cosa incredibile... non ci posso credere. Misaki non mi ha detto nulla di tutto ciò > sembra ferito dalla cosa. E deluso. Davvero, se avessi qui e adesso tra le mani quel piccoletto solo il cielo sa cosa gli farei. Come ha osato rendere così triste Takahiro?
< Di lui non ti ricordi? >
Dovrei? < No >
< Che peccato... eravate diventati degli ottimi amici, sai? Sul serio, Misaki si è molto affezionato a te in questi ultimi anni. Credo che veda in te nostro padre... >
Non mi interessa. Sono ancora concentrato sulla sua mano. Chissà se è ancora morbida? Chissà se ricambierebbe la mia stretta? Chissà se sarebbe in grado di scaldare la mia mano?
< Qual è l'ultima cosa che ricordi? > va avanti a domandare.
Faccio fatica a prendere il respiro per pronunciare le parole. < Ricordo... quando sono andato a comprarti questo > Lo tocco. Il suo polso e poi scivolo più in sù, verso l'orologio che sono certo sia in un pacchetto della borsa sportiva nera che ho a casa. Ma è anche al suo polso, quindi il piccoletto non mi ha mentito. E toccare la sua pelle è proprio come me l'ero immaginato... piacevole, dolce e caldo. Una miriade di scariche di desiderio percorrono la mia mano che vuole di più, sempre di più. Perciò avanzo verso il dorso della sua mano. Voglio incrociare le mie dita alle sue. Voglio che le nostre mani si fondano diventando un'unica cosa. Voglio stringelo e non lasciarlo andare mai più.
Eppure la mia mano si ferma da sola. Ha incontrato un ostacolo insormontabile: un anello. 
Una fede nuziale.
 
*
 
Lo vedo.
Sono i suoi occhi a dirmi tutto.
Perché è lui che cerco appena faccio irruzione nella stanza dell'ospedale, mica mio fratello.
E io suoi occhi mostrano tutto il dolore che ho provato io in questi giorni.
Tutto il dolore che racchiusi nel mio abbraccio cinque anni fa. Lo rivivo. E lui lo rivive con me, solo che non lo sa. Non sa di aver già affrontato tutto.
Non sa di averlo già superato.
< Misaki! >
Mio fratello salta in piedi appena mi vede. Lui non si muove. E allora mi accorgo che sta guardando la mano di mio fratello. Sta guardando il suo anello. Perciò sono certo che lo sa.
Perché a lui non sfugge niente quando si tratta di Takahiro... e me.
< Nii*-chan > mormoro senza riuscire a distogliere lo sguardo dal vuoto che vedo negli occhi di Usagi-san.
No, non è possibile... i suoi occhi per me erano sempre pieni di luce e speranza. Erano sempre pieni di quell'amore sconfinato e brillante che mi riservava. Non posso sopportare.
< È tardi, Usagi-san avrà sicuramente bisogno di riposare e l'orario delle visite è passato da un pezzo... >
No, no no. Voglio solo che mio fratello gli stia lontano. Non capisco nemmeno io questo desiderio irrefrenabile. Ma so che se sta vicino a lui lo ferirà e non voglio che Usagi-san soffra.
Cerco di mentire a me stesso? Nah, non sarei mai geloso in una situazione del genere... io? Non sono mica un bambino!
Takahiro si riscuote. < Hai ragione! >
Si rivolge a Usagi-san e gli sorride. Posso rivedere tutte le volte che mio fratello ha sorriso a Usagi-san. È una persona importante per lui: tutte le volte che mio fratello ha avuto bisogno di qualcuno c'è sempre stato, sempre, senza chiedere mai nulla in cambio. Senza pretendere mai un grazie... e malgrado questi cique anni, io non posso competere con questo.
< Usagi... Spero con tutto il cuore che tu ritorni il solito di sempre e che esca di qui. Guarisci, i tuoi fans aspettano i tuoi libri! >
Cerco di nascondere la mia espressione disgustata. Come farà poi mio fratello a leggere quella roba...? Ricordo com'ero scettico le prime volte che leggevo le BL** di Usagi-san. Ho cambiato idea sullo scritto e sul modo che ha di vedermi, ma le sue storie non cambiano. Non le riesco comunque a leggere.
Il sorriso di Usagi-san è sincero. È davvero felice di aver visto mio fratello... ma l'ombra nei suoi occhi non scompare.
Io lo guardo. Sono preoccupato. Questa volta non accetterà di piangere sulla mia spalla, ne sono certo.
Lui mi fissa di rimando e mille barriere fanno dei suoi occhi due blocchi di ghiaccio.
Mi avvicino velocemente e appoggio il peluche ai piedi del suo letto. < Ho pensato che Suzuki-san si sarebbe sentito solo in quella grande casa... > mormoro senza capire nemmeno io il senso delle mie parole. < Buonanotte, Usagi-san > sussurro chiudendomi la porta alle spalle.
Avrà già mangiato? Gli daranno da mangiare come si deve? Lo sanno che i peperoni non gli piacciono? Lo sanno che non vuole il brodo troppo caldo? Lo sanno che... prendo un profondo respiro. Starà bene, mi convinco. L'importante, per ora, è che sia sano e salvo.
Non so cosa dire a mio fratello... salutiamo l'infermiera e usciamo dall'ospedale a passo svelto. Mi scappa un sorriso nel vedere che anche lui, proprio come me, fa un sospiro di sollievo quando mettiamo i piedi fuori di lì.
< Gli ospedali continuano a non piacermi > dico, consapevole che per lui è lo stesso.
Sorride e mi abbraccia. < Lo so. Nemmeno a me >
< Lo so >
Ricambio il suo abbraccio. Giuro, mi è mancato. Mio fratello... sa di fuoco caldo, di atmosfera famigliare, di cibo fatto in casa. Mi ricordo che quando avevo dieci anni provai a cucinare per lui. Volevo fare le omelette e combianai un disastro assurdo. Venne fuori una poltiglia marrone. E lui si arrabbiò davvero tanto. Ma alla fine mi perdonò, mi abbracciò e mi chiese scusa per avermi sgridato. Pianse come un bambino e per una volta fui io a consolarlo.
Ricordo quel momento perché anche allora mi abbracciò così forte. Mi sussurrò un grazie dal profondo del suo cuore e mi promise che si sarebbe sempre preso cura di me.
È triste, perché non posso permettergli di mantenere quella promessa. Per questa volta, questa soltanto, devo farcela da solo.
< Perché non mi hai detto di come sta Usagi-san? > vuole sapere sciogliendo il nostro legame.
< Perché non mi hai detto che saresti venuto oggi? > ribatto senza rispondere.
< Te l'avevo detto... certo ci è voluto un giorno più del previsto, ma ti avevo detto che sarei venuto >
Sospiro. È vero, ha ragione. Aveva detto che sarebe potuto venire solo entro un paio di giorni e non prima. Ma dopo tutto quello che.... quel giorno mi sembra così lontano che è difficele da ricordare, ecco...
< I dottori dicono che non è una situazione così critica. Dicono che ci sono buone possibilità che riacquisti i suoi ricordi, che... > deglutisco. < Dicono che tornare a casa e riavere poco a poco la sua vita lo aiuterà a ricordare. Usami-sama mi ha chiesto di rimanere accanto a Usagi-san per aiutarlo a ricordare >
La notizia sembra piombarli addosso come una nave pirata volante***. < Cosa? Il padre di Usagi? Non lo conosco nemmeno io... a sentire lui però sembra che sia una persona tremenda >
E lo è. Stanne certo.
< Non ho intenzione di trasferirmi > confesso guardandolo direttamente negli occhi. È stato l'ultimo argomento che abbiamo affrontato un paio di mesi fa: visto che io sono riuscito a laurearmi alla Mitsuhashi, l'università che avrebbe voluto frequentare lui, avrei dovuto trovarmi una nuova casa e un lavoro. Lui vorrebbe che lasciassi Usagi-san, che mi trovassi una fidanzata e che mettessi su famiglia in futuro. Non sa che la mia famigla l'ho già trovata.
< Certo che no > dice con espressione assorta. < Se i dottori pensano che tu possa aiutare... >
< Non intendevo questo > lo interrompo immediatamente. < Onii-chan... resterò accanto a Usagi-san per aiutarlo a riacquistare i suoi ricordi... ma, se lui lo vorrà ancora, rimarrò con lui anche dopo > È la cosa più simile ad una dichiarazione che io abbia mai detto a mio fratello.
Una dichiarazione vera e propria dei sentimenti che nutro per Usagi-san è impensabile... ma almeno posso provare a dirgli che desidero rimanere al suo fianco.
Purtroppo, non ho tenuto conto dell'ingenuità di mio fratello.
Delle assurde lacrime gli compaiono agli angoli delgli occhi e mi stringe nuovamente in un reppentino e forte abbraccio. < Misaki... non avrei mai creduto che tu fossi così generoso. Vuoi aiutare Akihiko e non vuoi abbandonarlo! Nostro padre sarebe orgoglioso di te! >
Si stacca da me così come mi ha afferrato, lasciadomi senza parole. < Adesso devo davvero andare, Manami non può rimanere sola con Mahiro, il suo pancione è sempre più grande > ride con gioia. Ride con la felicità di chi sta per diventare di nuovo padre.
< Certo > mi affretto a dire. < Non preoccuparti per me, vai pure... >
Annuisce, prendendo le chiavi della macchina. < Almeno lascia che ti accompagni... > 
< Ah, lascia stare. Ho voglia di fare due passi, inoltre devo passare al market a comprare delle cose, perciò ci metterò un po'... tu vai e salutami la sorellona >
Annuisce, mi da un altro abbraccio e se ne va.
Rimango a guardarlo.
Per tutto questo tempo mi sono disperato perché ho pensato di aver perso Usagi-san, perché lui per me è tutto. Ma quando una persona costituisce il tutto di un'altra, non vuol dire che oltre a lei ci sia niente.
Ho un sacco di persone ancora che non vorrebbero che stessi male, che si preoccupano per me. C'è mio fratello, sua moglie, suo figlio. Anche se non vorrei, c'è Haruihoko-san, Ijuuin-sensei, Kaoruko-san, Aikawa-san, Isaka-san (forse, non ne sono pienamente sicuro)....
Mi fermo in mezzo alla strada e guardo il cielo.
Le nuvole sono sottili e non nascondono le stelle.
A quanto pare il cielo ha smesso di piangere.
E io mi sono d'un tratto accorto che ci sono tante, tante persone che potrebbero preoccuparsi di me. Ho tante persone che si preoccupano di me, davvero. Ho tante persone su cui contare. Tante... troppe.
L'unica persona di cui ho davvero bisogno è anche quella che mi manca.
 
Tre settimane dopo
 
Penso che se mi avessero detto che nella mia vita avrei dovuto sopportare tutto questo avrei sorriso con gentilezza, fatto un docile inchino e detto < No, grazie tante >
Mi chiedo se sapevo a cosa sarei andato in contro o se qualcuno mi avesse già preparato.
Non vi siete mai chesti come deve essere? Prima di nascere... intendo. Mi chiedo come funzioni. Insomma, a volte provo a immaginare una lunghissima, lunghissima, infinita coda di piccole anime bianche e lucenti, in attesa del loro turno. Una linea talmente lunga da coprire tutto l'orizzonte, da percorrere l'universo per il lungo. Ogni volta che mi immagino come deve essere stato prima... prima di tutto questo, immagino un luogo bianco e sconfinato.
Mi immagino un'anima tra tante. Siamo anime sperdute in attesa. Aspettiamo che sia il nostro turno. Aspettiamo di poter vivere.
Epoi come funziona?
Qualcuno ti guarda con gentilezza e ti spiega per filo e per segno come funziona? Il tuo corpo... un insieme mescolato di sentimenti contrastanti... amore/odio, egoismo/altruismo, felicità/dolore, gioia/disperazione, serenità/confusione. Ma l'amore... e la passione. Come si fa a sopportarli? Ci hanno insegnato a saperli controllare? E poi com'è andata? Una volta nati abbiamo dimenticato tutto?
Mi immagino come una giovane ed ingenua anima in attesa per la propria vita... piena di speranza e fantasie. Mi immagino in attesa.... di poter incontrare le mie delusioni.
< Di certo, se mi avessero detto che avrei dovuto spolverare centinaia e centinaia di peluche li avrei mandati tutti a quel paese! > mi lamento dopo aver aperto la porta della Stanza dei Giochi, nonché la stanza di Usagi-san, ed essere stato investito da un esercito di peluches.
Ho sistemato tutta la casa, cercando di renderla accogliente e comfortevole, ma poi ho aperto quella porta... < DANNAZIONEEEE!! > arrivato al quarantatreesimo peluches perdo letteralmente le staffe e butto alla larga l'orsetto menefreghista che ho in mano.
Non sono un baby-sitter.... ok, considerare "bambini" quei cosi è troppo anche per me. Devo essere proprio stressato.
Afferro un orsetto e con un sospiro mi lascio andare sdraiato nel mezzo del pavimento, stringendolo al mio petto. Guardo il soffitto senza vederlo e intanto cerco di rallentare i battiti del mio cuore.
Sono passate tre settimane. Lo so.
Tre settimane di solitudione e assenza. Tre settimane in cui ho cercato di evitarlo con tutta la mia fantasia. Tre settimane orribili.
Ho tutti gli organi. Non ho mai perso una parte del mio corpo, non mi sono mai fatto togliere le ghiandole, né l'appendice... beh, adesso che ci penso mi sono caduti i denti. Ecco... provate a ricordarvi la sensazione di quando vi cade un dente. C'è il buco che la vostra bocca non ricorda di avere... la lingua corre immediatamente per esplorare quella parte cambiata della bocca, malgrado il dolore. È così che mi sono sentito durante queste settimane. C'era davvero un buco, nel mio petto, che ha continuato a farmi male per tutto questo tempo. E non ho potuto ingorarlo perché il pensiero adanva sempre lì, come attirato da quel piccolo buco nero.
Cerco di respirare, pensando che finalmente, forse, quel buco verrà riempito con la sua presenza, almeno in parte.
Sta per tornare a casa.
Usagi-san sta davvero ritornando. Domani varcherà quella soglia.
Mi porto la mano al petto cercando di frenare l'entusiasmo. Devo sforzarmi di ricordare che non è l'Usagisan di un mese fa che torna... è quello di cinque anni fa... quello che ancora non mi conosce, quello che io non conosco, quello che mi guarda con aria saccente di qualcuno che sta guardando un moscerino. Io sono all'improvviso tornato ad essere il ragazzino che si intrommetteva sempre tra lui e.... trattengo il respiro al solo pensiero, il suo Grande Amore.
Non so se ce la farò. Non so cosa succederà. So solo che non posso aspettare oltre. So che se domani non lo rivedrò finirò per impazzire.
Mi stringo forte all'orsetto giallo consolandomi con l'idea che almeno lui ha avuto Suzuki-san... che almeno, forse, non si è sentito maledettamente solo come mi sono sentito io.
Lo squillo del citofano mi fa letteralmente saltare in piedi.
Chi diavolo è? Non ricordo l'ultima volta in cui qualcuno ha suonato quella porta senza prima fare una telefonata... forse è Aikawa-san, o Isaka-san... negli ultimi tempi passano spesso. O forse è Haruhiko-san. Mi si gela il sangue nelle vene.
Cerco di non fare previsioni azzardate e mi sbrigo a lanciare di nuovo tutti i perfidi peluche nella stanza. Usagi-san mi farebbe fuori se sapesse come tratto i suoi tesori....
Mentre chiudo a forza la porta mi scappa persino un sorriso immaginando la sua faccia furiosa.
< Sì, chi è? > chiedo come d'abitudine guardando il volto di un uomo dall'aria pallida con i capelli tirati all'indietro vestito con uniforme da maggiordomo.
< Sebastian!? > esclamo tra l'interrogativo e lo stupito.
< È Tanaka, Takahashi-san > mi corregge lui come al suo solito.
Sorrido senza nascondere nemmeno uno dei miei denti, iniziando a pensare che la tua gionrata può migliorare persino all'ora di cena.
< Che bello rivederla! > esclamo saltando sul posto. Sul serio sto proprio saltanto. < Le apro subito > e, nemmeno finito di dirlo, ho già aperto il cancello, chiuso il citofano e mi sto catapultando verso la porta d'entrata della casa.
Non so perché sono così felice di vederlo. Forse perché sono tanti mesi dall'ultima volta che ci siamo incontrati e quella volta ero con Usagi-san. Forse, stando con lui, posso far finta che vada tutto bene, che niete sia successo e che Usagi-san sia di sopra a farsi la doccia. Ma non spero. Davvero, non sono più così ingenuo da sperare nell'impossibile.
Quando apro la porta d'ingresso vado a sbattere contro qualcuno e cado all'indietro come un sacco di patate. Ho il sedere in fiamme, sono certo di essermi rotto il bacino e nemmeno la testata che ho dato al pavimento è da sottovalutare. Almeno scopro che il nostro pavimento è proprio legno duro. In conclusione: < AHIA!> esclamo senza fiato massaggiandomi il sedere e accarezzando un neobernoccolo che sta spuntando dietro la testa.
< Guarda dove metti i piedi >
Ma è quella voce che mi mozza il respiro.
Sussulto guardando in alto verso l'entrata, dove un uomo con i capelli più lunghi di quanto ricordassi e lo sguardo più gelido di quanto sia in grado di sopportare mi squadra inespressivo. Ha una mano in tasca, mentre con l'altra tiene la testa di Suzuki-san.
Alle sue spalle Usami-sama compare con uno sguardo glaciale pari solo al figlio. < Takahashi-kun, mi congratulo con lei: modo davvero innovativo di pulire il pavimento > commenta con un ghigno sgradevole.
Vi ricordate... qualche capitolo fa... quando l'ho guardato intensamente e ho pensato che quest'uomo, in fondo, fosse una buona persona che si preoccupa soltanto dei propri figli? Avete presente? Dimenticate tutto. Eliminatelo. Bruciate quelle parole.
E poi, finalmente, per ultimo Tanaka-san mi sorride con in mano una borsa. < Piacere di rivederla, Takahashi-san >
Mi accorgo dell'occhiata di traverso che gli lancia Usagi-san, della luce inquietante negli occhi di Usami-sama come di una pazza e folle speranza... mi accorgo del mio cuore che batte come un tamburo cercando di perforarmi il petto.
Non c'è più il buco nero... dentro di me. Ora il mio cuore è tornato.
 
Mi supera scavalcandomi senza nemmeno guardarmi. Mi sento un sassolino grigio sotto la suola di una scarpa ed è una sensazione orribile.
< È lì che dormi? > domanda con la voce di uno a cui la risposta non interessa minimamente. < Wow, non ti facevo così disperato. E io non immaginavo di essere così crudele >
Mi alzo in fretta, sconvolto dal gelo che avverto nella sua voce. Forse i miei ricordi sono alterati dalla dolcezza che in questi anni quest'uomo è stato capace di mostrarmi... forse inizialmente non ero riuscito a giudicarlo nel modo giusto, troppo sconvolto dal suo lato da pervertito scrittore di BL o dalla sua infatuazione per mio fratello... però non ricordo, in nessun momento che ho trascorso con lui, che abbia mai usato questa voce crudele. Non ricordo che abbia mai guardato o che si sia mai rivolto a qualcuno col preciso intento di fargli del male. Così come adesso sta facendo con me.
Tanaka-san ha un'epsressione decisamente triste. Usami-sama non sorride più così spavaldo. Questo mi fa capire che non sono l'unico ad essermi accorto del suo repentino cambiamento.
Lo guardo. Avanza lentamente guardandosi come se vedesse la casa per la prima volta. Appoggia Suzuki-san sulla poltrona, facendolo sedere... è un gesto che gli ho visto ripetere così tante, tante, tante e tante volte che non posso fare a meno di distogliere lo sguardo. Davvero... il ricordo mi fa fisicamente male.
Fa un giro su sé stesso e posso vedere con esattezza quando i suoi occhi incontrano qualcosa di sconosciuto. Noi, silenziosamente, lo inseguiamo studiandone i movimenti.
Lui indica il tappeto in cucina con un sopracciglio alzato. O meglio, il pavimento dove dovrebbe esserci il tappeto grigio.
< Dov'è il tappeto che ho comprato a Kumamoto?**** > domanda guardando il padre e il suo ex-maggiordomo. Siccome questi si girano a guardare me, lui è costretto a fare lo stesso.
Mi stringo nelle spalle trattenendo un nodo in gola. < Un tentativo cullinario fallito > rispondo guardando altrove.
Continua a fissarmi. Sento il suo sguardo sul mio corpo. So per certo che mi sta squadrando e aspetto che faccia qualcosa. Non so... qualsiasi cosa. Quando mi guardava così intensamente in passato la mia pelle iniziava a scottare, prendeva fuoco e poi le mie fiamme venivano soffocate e allo stesso momento allimentate dal suo tocco. Mi aspetto quasi che le sue mani trovino le mie, adesso. Poi mi ricordo... e la speranza svanisce.
< Quindi, oltre che uno studente mediocre, sei anche un cuoco mediocre > osserva con il suo tono arrogante.
< Come...? > inizio a chiedergli, ma mi fermo.
< Takahiro è venuto per questo da me, sai? Perché temeva che >
< Lo so > rispondo seccato. < Ma il fallito tentativo è tuo, non mio. E io non sono né un cuoco mediocre, visto che in genere ti piace tutto quello che preparo, né uno studente mediocre, considerando che mi sono laureato con lode all'università >
Mi lancia un'occhiataccia. Sembra scocciato che gli abbia rovinato la festa. < Io sono capace di cucinare > contrabatte tirando in fuori il mento quasi impercettibillmente. < Fin'ora me la sono sempre cavata da solo >
< Certo > rispondo sorridendo affabile e incrociando le braccia, così spero che il mio cuore smetta di battere così frenetico. < Se per "fin'ora" intendi prima che arrivassi io... non vorrei proprio deluderti, ma ho scoperto che ti facevi portare due pasti al giorno tutti i giorni dalla tavola calda tre isolati più avanti > indico con il mento la direzione alle sue spalle. < Te la sei cavata eggregiamente, giuro, ti farei un applauso >
Non so cosa mi fa comportare così, non sono mai stato una persona che provoca. Forse il dolore, o la rabbia, o la delusione. Forse tutte e tre le cose e tutte insieme. Perché diavolo si comporta così da.... da... coglione? Io lo voglio aiutare!
< Io non cucino > dice di punto in bianco, confessando. < Hai ragione. Quindi perché mai avrei iniziato? >
Ah. I suoi occhi intrappolano i miei e mi sento formicolare il petto. Non posso sfuggirgli, non posso guardare altro che lui, così chiudo gli occhi per tre secondi stringendo forte i denti. Non posso permettergli di farmi questo. Non è giusto. Ma l'ombra mi aiuta, avvolge tutto e fa scomparire ogni cosa. 
Rispondo controvoglia. < Qualche mese fa dovevi consegnare un manoscritto e, come al solito, eri indietro con la consegna. Per sfuggire allo stress, ti sei convinto che negli ultimi giorni io fossi di pessimo umore. Per ragioni a me sconosciute, ti sei convinto che il mio malumore fosse causato dalla troppa fatica qui a casa, così ti sei messo a cucinare la cena. Cioè... almeno, hai tentato >
Mi fulmina. < E perché lo avrei fatto? >
< So cosa hai fatto negli ultimi cinque anni, non cosa ti è passato per la testa nel frattempo >
Usami-sama fa un veloce passo avanti. < Takahashi-kun lo ha appena detto: perché eri stressato per l'imminente consegna e perché volevi distrarti in qualche modo >
Padre e figlio si guardano e poi Usagi-san guarda me, ma io non dico nulla.
Ho capito che le parole che Usami-sama mi disse tempo fa ora non contano più niente. Che certe volte ti puoi impegnare, puoi mettercela tutta per essere al livello della persona che ami, ma non sarai mai al livello di coloro che vogliono soffocare questo sentimento.
< A volte fai cose sorprendenti > sussurro, guardando il pavimento.
Lui mi ignora bellamente e continua a studiare casa sua. Fissa le tre paperelle che ho messo personalmente sul comò all'angolo con un sopracciglio alzato e prima che possa domandare nulla faccio un respiro profondo e rispondo. < Sono dei regali di Usami-sama. Atami, tre anni fa. Andammo a un osen che mi regalasti > 
Mi guarda con tanto di bocca aperta e distolgo lo sguardo, imbarazzato.
< D'accordo1 > esclama Usami-sama battendo le mani. < Adesso il tour è finito, avrai tempo tutto il resto della vita per vedere cosa è cambiato in casa tua. Hai bisogno di riposo. I medici hanno detto che sei guarito e che puoi stare a casa, ma hanno anche detto che DEVI riposare e NON devi stressarti >
Lo osservo. È decisamente più dimagrito dell'utima volta in cui l'ho visto. Le occhiaie sono accentuate e ha le borse sotto gli occhi. Si muove piano, come se si trovasse in un luogo sconosciuto e temesse che da un momento all'altro stia per cadere in una trappola. È a casa sua... ma sembra così fuori luogo...!
Deglutico strofinandomi la fronte e incontro lo sguardo di Tanaka-san. È fermo, immobile come una statua, e il suo sguardo è caloroso. In una stanza così fredda, con occhi e occhiate deciamente da polo nord, il suo sorriso mi acceca.
< Sono sicuro che andrà tutto bene > dice facendo un inchino e seguendo poi Usami-sama e Usagi-san.
Rimango solo. Solo con la mia solitudine.
 
Rimango solo con il tuo ricordo.
 
Mi chiedo se ero solo anche quando ho deciso di scendere qui, sulla terra. Mi chiedo se sono stato io a scegliermi questa vita. Mi chiedo se sapevo in che cosa mi sarei andato a cacciare.
Ma preferisco immaginare.
Immagino la tua bocca accanto al mio orecchio, la tua mano che stringe la mia.
Non immagino più due anime bianche sperdute. Immagino noi. Insieme.
E immagino te che mi prometti, con la tua bassa voce sensuale e profonda, che in tutto ciò sarai con me. Al mio fianco, a sostenermi con il tuo amore.
Adesso non posso fare a meno di chiedermi... il tuo amore non ce l'ho più... a cosa posso aggrapparmi?
 
Soffoco i miei pensieri contorti e faccio per muovermi. Ma mi blocco. Mi blocco perché anche lui si è fermato. Si è fermato e mi sta guardando con la coda dell'occhio. E nei suoi occhi non c'è freddo e buio. Non c'è disprezzo o rifiuto. C'è una luce. Una luce di curiosità.
È una scintilla.
Una piccolissima scintilla che mi arriva al petto. Mi arriva al petto e mi accende. Accende quel sentimento che ho calpestato talmente tante volte che temevo fosse ormai un fuggitivo dal mio cuore. Eppure la speranza riaffiora. 
E questa volta non me la lascerò sfuggire dal petto mai più.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
N.d.A.
 
 
 
 
Holaaa!!
Non posso credere di aver appena terminato l'ottavo capitolo! Mi sembra di aver appena finito di scrivere il quarto solo ieri...!
Okay, sto decisamente perdendo il senso del tempo. Inizio a preoccuparmi.
Lasciamo stare i miei problemi mentali, comunque, ho altro di cui parlare con voi.
Iniziamo con qualche piccola nota, recuperando qualche *.... allora:
 
° Nii= fratello.
** BL= boy's love (storie yaoi)
*** nave pirata volante= non è un'allusione ovvia a One Piece, noooooo!
**** Kumamoto= città del giappone in cui nacque Eiichiro Oda, il mangaka di One Piece (perché io non sono una fan di One Piece, chiariamo u_u)
 
Inoltre, per chi non avese mai letto il manga Junjou Romantica, volevo spiegare chi, o meglio cosa, è Suzuki-san: è il peluche gigante che Aki-san (Usagi'san) si porta sempre dietro. Questo perché è un genio malato per i peluche e gli orsetti in generale.
 
Spero di essere stata specifica ed esauriente, se avete dei commenti o dei consigli sarò felicissima, come sempre, di leggervi. Se avete delle critiche, per quanto riguarda le note almeno, lo sarò un po' meno perché sono le tre del mattino e so per certo che quando leggerò il tutto domani mattina mi pentirò di tutto ciò che ho appena annotato. XD
Ma lasciamo la vergogna a domani...
 
Volevo ringraziare quelli che mi seguono, ma voglio soprattutto dare un bacione a chi ha recensito (giuro, prima o poi vi risponderò, non perdete la speranza <3). Mi avete rissollevato il morale quando ero completamente immersa nella disperazione di Misaki, il mio povero piiiiciolo non riesce proprio a uscirne e io mi sento sadica a farlo sguazzare nell'ombra del dolore. Ma come ho già detto, le cose non possono andare diveramente.
Comunque, tornando a voi recensori: vi adoro, dico sul serio. Siete lo stimolo che mi costringe a scrivere l'inizio di ogni capitolo... poi il resto viene da sé. Vi dedico questo capitolo augurandomi che ci sia una piccola luce di speranza per il nostro beneamino (Misaki). Forse la vita gli sorriderà....? Sì? Boh? Chissà.
 
È tardi.
Vi auguro sogni d'oro, ma prima.... buona lettura!
 
 
Tomorrow we'll sleep.
Tonight we'll read.
 
 
Xxx,
Cassie

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Capitolo 9
*** ~ Desidero te ~ ***


 
 
 
 
 
                                                                                                             La paura ha distrutto più cose in questo mondo
                                                                                                             di quante ne abbia create la gioia.
 
                                                                                                                                                           Paul Morand
 
 
 
 
 
A casa del Lord Land
Si cena, forse
 
Non riesco a farne una giusta. 
È come se le mie mani non ricevessero gli impulsi che trasportano i comandi del cervello. O come se il mio cervello si sia arrestato. Momentaneamente, spero. Fin'ora ho fatto bollire troppo il tè, bruciato lo stufato, mi sono tagliato tagliando le verdure e ho rotto tre bicchieri.
E quel che è peggio è che i miei gesti sono seguiti in diretta, da spettatori seduti in prima fila.
< Mi permetta... > dice Tanaka-san con estrema delicatezza. Stanco di vedere un incidente dopo l'altro, suppongo, si è alzato e mi prende la pentola dalle mani.
Benché siano seduto in salotto, Usami-sama e figlio-san si voltano a guardare con due sorrisetti diabolici identici stampati sulle facce da schiaffi.
< Sicuro di saper cucinare? >
< Taci Usagi-baka, se pensi di fare di meglio, vieni a dare una mano! > sbotto, incapace di trattenermi.
Noto con una certa soddisfazione che i miei ospiti e il padrone di casa si zittiscono. Mi sembra anche di osservare un certo sorriso soddisfatto sul volto di Tanaka-san, ma potrei anche essermelo immaginato. Decido che non mi importa e che per ora mi importa solo di preparare una buonissima cena di bentornato per Usagi-san.
Ci mettiamo a tavola e noto ocn certo dispiacere che Usagi-san non si siede al suo solito posto, di fronte a me, ma a capo tavola. Sospiro, cercando di soffocare la tristezza. Non se lo ricorda, non è colpa sua.
< Itadakimasu!* > diciamo all'unisono congiungendo le mani davanti al pasto.
Ma io non ho fame. Perciò lo spio: guardo attentamente il modo in cui solleva il cibo alla bocca e trattengo il fiato quando assaggia il primo boccone. Devo mordermi la lingua per non assillarlo con le domande che mi vengono in mente. C'è troppo sale? Troppo poco? 
Lo senti il sapore delle lacrime che ho così tanto faticato a trattenere mentre lo preparavo? 
Lo senti l'amore che ho tentato di metterci? Ricordi quella volta che abbiamo tentato di cucinare insieme? 
Ricordi noi due, insieme? C'è la minima speranza che ricorderai mai chi ero io per te?
Tutto quello che riesco a dire, tutto quello che posso dirgli è un banale: < Com'è? >
Non risponde, si limita a guardarmi. E il suo sguardo mi mette a disagio, davvero. Ricordo di non essermi mai saziato del suo sguardo, che spesso dovevo interrompere quel contatto per non impazire, talmente tanto veloce facevano battere il mio cuore. Adesso invece non posso sopportare l'indifferenza che mi rivolgono. Non ce la faccio.
< È squisito > mi tranquilizza Tanaka-san con un gran sorriso.
Annuisco, deglutendo. Mi porto un boccone alla bocca, ma non ho più fame. 
Forse non l'ho mai avuta.
 
< La ringrazio davvero per l'aiuto, Tanaka-san > dico con un gran sorriso. Mi mancherà quest'uomo. Mi mancherà il calore che è capace di donarmi. Mi ricorda un po' mio fratello... il suo sorriso mi coccola.
< Grazie a lei per l'ospitalità > 
Con un altro sorriso si chiude la porta alle spalle e segue il suo datore di lavoro, lasciandomi sotto la perenne nuvola tempestosa.
Chiudo anche la porta d'ingresso e sospiro voltandomi. Chissà quando ritroverò finalmente la mia vita normale. E chissà quando l'ho persa... il giorno in cui c'è stato l'incidente? Il giorno in cui mi sono accorto di non poter esistere da nessun'altra parte se non qui? Il giorno in cui misi piede per la prima volta in questa casa? Davvero non lo so... e non sono nemmeno sicuro di voler tornare ad allora... sono sicuro di voler tornare a prima dell'incidente, questo sì. Ma non posso più esprimere desideri. Perché hanno tutti un prezzo. E forse ciò che potrei pagare è più di quanto io sia disposto ad avere.
Quando mi volto trovo Usagi-san appoggiato al muro con le braccia incrociate, a guardarmi.
< È tardi > mormoro. < Sarai stanco e confuso... forse è meglio se tu vada a dormire > la mia suona più come una domanda. Una domanda a cui lui risponde con un'altra domanda.
< Perché metà della mia roba è nella stanza degli ospiti? >
Ci penso un attimo... ah, si riferisce alla stanza in cui una volta ho dormito nel suo letto con i suoi vestiti addosso. Quella volta in cui lui si fece il letto da solo. Il ricordo addolcì la mia voce.
< Volevi cambiare la tua stanza >
Mi riferisco alla stanza per bambini, quella piena e strapiena di giochi.
Alza un sopracciglio. Non può nemmeno immaginare le motivazioni che avrebbero potuto spingerlo ad un tale cambiamente, lo so. Non sa che tutto quello che fa lo fa solo per me, per essere più degno di stare con me, per impedire al mondo di dividerci. Ma se tolgo tutto ciò della sua mente... se tolgo ME dalla sua testa, dai suoi ricordi... allora è ovvio che nulla ha più senso. Sì, per me tutto ha perso di significato.
< Ti sei reso conto che quella stanza è per bambini e che sei un uomo... volevi comportarti da tale > rispondo. Mi rendo conto che la mia voce è cambiata di nuovo. Adesso è bassa. Lugubre.
Alza un sopracciglio. < Mi è sempre piaciuta la mia stanza >
< Non sei obbligato a cambiarla se non ti va > mi affretto ad intervenire.
< Non lo farò > mi assicura, scrutandomi dall'alto in basso. < Solo non capisco perché mi sia venuta in mente un'idea del genere >
Abbasso lo sguardo, stringendomi nelle spalle. < Non lo so nemmeno io >
< Davvero? > contrabatte. < Mi sembrava che tra tutti tu ti considerassi in grado di capirmi meglio di chiunque altro >
Trattengo il fiato scattando a guardarlo ad occhi spalancati. Non ricordo di aver mai detto una cosa del genere, almeno non per quel che lui ricordi. < Al contrario > borbotto punto sul vivo. < A volte mi sembra di essere l'unico a non capire cosa ti passa per la testa >
Le volte in cui non ho compreso le sue intenzioni, in qui non ho decifrato le sue azioni sono più di quante vorrei che fossero. La mia voce è più triste di quanto forrei che sembrasse.
Com'è successo all'incirca per tutta la serata non riesco a sostenere il suo sguardo, così cammino velocemente e lo supero, salendo le scale. < Comunque si è fatto tardi > osservo sbrigativo. < Vado a dormire. Buona notte, Usagi-san >
E comunque non mi arrendo. Perché sei tu, perché senza di te ho imparato che non posso vivere.
< Misaki >
E mi fermo. Perché è lui, dopotutto. Perché anche se non ricorda il mio nome... se sa a malapena chi sono io e al tempo stesso non sa nulla di me né di chi sia io...è Lui. È lui che mi chiama. E io non ho mai, mai, mai mancato a rispondergli. Perché è lui. E lui è tutto per me.
Mi volto e mi tuffo nei suoi occhi. < Sì? >
< Risponderai alle mie domande? > domanda con un filo di voce. < Mi aiuterai? >
Mi soprende. E non so di cosa mi soprendo: lui è sempre capace di prendermi alla sprovvista. Eppure mi ero tanto abituato al suo sguardo che trafigge, ai suoi occhi di ghiaccio e al suo modo scorbutico di fare... mi ero abbandonato all'idea che tutto fosse come lo era cinque anni fa. Eppure forse sbagliavo. Forse qualcosa è recuperabile.
Sorrido. Sorrido per davvero. Perché la speranza che ho riagguantato non se ne va. Non se ne andrà Mai!
< Sì! > esclamo con entusiasmo. < Vedrai! Tra pochi giorni ricorderai tutto! >
 
*
 
È un ragazzino.
L'ho guardato da capo a piedi e non posso credere che sarà lui ad aiutarmi. LUI?! Tanaka-san e mio padre stavano scherzando spero...
È basso. Ma proprio basso, capite? E ha questo faccino da bambinetto delle superiori... Ma siamo sicuri che abbia ventiquattro anni? Potrei dargliene al massimo diciannove, sfrozando un po' l'immaginazione. Ha lo sguardo sfuggente, come se fosse costantemente protettivo nei riguardi di chissà quale segreto. Ma non è capace di mentire, l'ho intuito fin da subito. Arrossisce e trema con la facilità di una ragazzina. Si imbarazza immediatamente, per qualunque cosa. Probabilmente è ancora vergine.
Tutto questo mi tornerà utile: non essendo capace di mentire potrò spremerlo per bene senza lasciarmi sfuggire nulla. Voglio scoprire cosa è successo negli ultimi cinque anni della mia vita e voglio sapere perché Takahiro porta uno stramaledetto anello al dito.
Si affaccia quando mi sente scendere le scale.
< Buongiorno, Usagi-san! > esclama con un sorrisone sulle labbra. < Dormito bene? >
Mi fermo, incredulo. Perché è così gentile? Nessuno è mai così gentile con me... solo Aikawa, ma solo quando vuole che faccia al più presto un lavoro e non mai così sinceramente e spontaneamente.
< Non urlare, è fastidioso > sbuffo arruffandomi i capelli per riprendere un po' di lucidità. Alla fine ho deciso di dormire nella stanza degli ospiti perché la mia stanza ha avuto un'invasione di peluche ed era praticamente inabitabile. Non che abbia dormito così bene... ma le lenzuola avevano un buon profumo. Un profumo che ero sicuro di aver già sentito. Un profumo nostalgico. Ma a ripensarci mi viene mal di testa, perciò lascio stare.
< Che cos'è successo alla mia stanza? I peluche in genere hanno una loro sitemazione >
La sua espressione, che prima si era fatta cupa a causa della mia risposta brusca, torna talmente lucente da abbagliarmi.
< Ah, scusa... siccome sei tornato prima di quanto mi avevano detto, non ho ancora avuto tempo di sistemarla > 
< Stai mentendo > dico immediatamente.
Arrossisce, ma non nega. < Tu non hai proprio risposto > ribatte, lasciandomi in sospeso. Mi ha forse fatto qualche domanda?
< Comunque... > fa, come se niente fosse. < La colazione è pronta, è meglio sbrigarci o si raffredderà! > E scompare in cucina.
Mi aggrappo alla ringhiera della scala chiudendo gli occhi, in preda ad un giramento di testa. Non ho dormito per niente bene... mi sono girato e rigirato nel letto cercando la posizione più comoda senza mai trovarla... ah! Apro gli occhi di scatto, dimentico della stanchezza. È questo che mi ha chiesto, vero? Voleva sapere come ho dormito... tanta premura mi sconcerta.
Scaccio via questa sensazione... non proprio sgradevole, ma nemmeno molto piacevole, e scendo le scale. 
Nell'aria c'è un profumo che il mio stomaco non riesce ad ignorare... non ricordo nemmeno l'ultima volta che ho fatto una colazione decente. Se il piccoletto ha preparato la colazione come ha fatto ieri sera con la cena, forse non mi pentirò di essermi svegliato così presto.
La cucina è in ordine, il salotto pure... ma non riesco a non guardare gli elementi che mi sembrano estranei: il tappeto mancante, le paperelle, l'orso in legno... è come svegliarsi una mattina e ritrovarsi la casa arredata in modo differente. Mi domando se i mobili non siano in grado di animarsi durante la notte. Forse si mettono a ballare il Tip Tap?
Scuoto la testa, incredulo dei miei stessi pensieri incoerenti. Forse il problema alla testa è più grave di quel che i medici credono.
< Siediti! > esclama il piccoletto, sorpreso di vedermi ancora in piedi.
Obbedisco al suo ordine di sedermi al mio tavolo, a casa mia, cercando di ignorare quel punto di irritazione che mi pizzica nel profondo. Quanto meno, mi rendo conto, questo ragazzino mi conosce davvero: almeno conosce i miei piatti preferiti. Il tavolo è pieno di un po' di tutte le delizie di cui vado matto, nei colori e nelle forme che preferisco.
< Ti piacciono le uova > dice all'improvviso, senza nemmeno guardarmi, girando e rigirando le omelette sul fuoco. Ha lo sguardo perso e luminoso, come se stesse ricordando una bellissima giornata di sole. < Ti piace il loro colore giallo. E ami mangiare i würstel tagliati a forma di polipi, come hai visto fare alle famiglie in tv. E non sopporti i peperoni... il loro sapore proprio non... >
< Lo so! > esclamo interrompendolo con voce più alta e dura di quanto vorrei. < Conosco me stesso >
È te che non conosco.
Ho quasi paura di averlo detto ad alta voce perché la sua espressione muta immediatamente.
Si ferma, cancellando il suo sorriso, e ritorna bruscamente alla realtà. Non dice niente e mi sembra la giusta punizione al mio comportamento. 
< È il mio passato che non conosco > riprendo con tono più calmo.
Mette le omelette in un piatto che poi appoggia lentamente davanti a me. Si siede di fronte a me, ma non mi guarda apertamente.
< Che cosa vuoi sapere? > domanda.
Se mi guardasse negli occhi potrei prevedere le sue rivelazioni, anche se in effetti per questa non ho bisogno nemmeno di conferme.
< Takahiro > rispondo immediatamente.
Al suono del nome di suo fratello mi sembra di vederlo irrigidire il corpo, quando alza lo sguardo è quasi cauto.
< Che cosa gli è successo? > gli domando con foga, alzando i palmi delle mani verdo l'alto per fargli notare quanto sia ovvia la mia domanda. Ma cerco anche di non essere troppo aggressivo. Forse non è colpa sua. Forse in questi anni non si è accorto dei sentimenti che provo per suo fratello. 
Forse è stupido.
< Sì è sposato > risponde.
Lo so. Le prove sono tutte lì, davanti ai miei occhi.
Ma fa male lo stesso. Sentirglielo dire rende tutto... troppo vero. E il dolore brucia. Nel mio petto scoppia un incedio potente. Sto bruciando da dentro, con la consapevolezza che non c'è modo per estinguere queste fiamme. Che niente mi riuscirà a salvare.
Eppure posso soffocare il tutto ancora per un po'... perché il desiderio di sapere altro sul conto di Takahiro mi spinge ad andare avanti. Perché il mio amore per lui è sempre stato più importante di tutto.
< Quando? > voglio sapere. La mia voce è incolore, priva di emozioni. Sono tutte soffocate... da qualche parte in quello che rimane della mia anima.
Solleva la testa lentamente, come a studiare il mio comportamento. Mi guarda sempre con cautela.
< Cinque anni fa > dice congiungendo le mani sopra il tavolo e fissandole come se fossero la cosa più interessante nella stanza. Come se io non ci fossi. < il giorno del suo compleanno, il giorno in cui gli regalasti l'orologio di marca..., ci presentò Megumi Kajiwara, annunciando che si sarebbero sposati. Disse... > la sua voce iniziò a tremare, così si fermò e riprese. < Disse che desiderava presentarla a TE, prima che a chiunque altro, Usagi-san.... mi arrabbiai. È stata la prima volta in cui avrei voluto prendere a pugni mio fratello. No, è stata l'unica. Ero talmente furibondo che non mi sarebbe importato di fargli del male! Lui non aveva capito niente... >
Guardo questo ragazzino con disprezzo. Come OSA dire queste cose su Takahiro, su suo fratello... sull'uomo che ha rinunciato al suo futuro, alla sua vita per lui?! Come osa il ragazzino dolce, ingenuo, premuroso, amorevole e indispensabile, di cui Takahiro spendeva le giornate a parlare, aver anche solo preso in considerazione l'idea di ferirlo?!
Che ragazzo indegno! Si è permesso di aver pensato male della persona più importante della mia vita.
Prima che abbia il tempo di spezzargli tutte le ossa riprende a raccontare. E forse questo gli salva l'osso del collo.
< Mio fratello... il mio amato e ingenuo fratello non aveva visto nulla di te. Tu, che hai sempre fatto tutto per lui, sacrificando te stesso, senza mai, MAI, chiedere nulla in cambio... tu, che hai sempre sofferto soffocando il tuo amore per lui per proteggerlo, per non fargli del male... eri costretto a incontrare PER PRIMO la donna che ti avrebbe portato via il grande amore della tua vita! >
Le sue parole mi inchiodano.
Se n'è accorto. In tutti questi anni, ho amato Takahiro più della mia stessa vita ma non ho mai permesso a nessuno di vedere all'interno del mio cuore. Nessuno si era mai accorto del mio doloroso amore... tranne Hiroki, ma lui è un idiota speciale... e adesso, dopo cinque anni, mi risveglio scoprendo che questo ragazzino ha visto tutto? Come è stato possibile? Dove ho sbagliato?
Forse, dopo tutto, questo piccoletto non è stupido come sembra.
Fa un profondo sospiro tremante. < Non sono riuscito a sopportarlo, così, con la scusa dello spumante finito, ti ho trascinato fuori per comprarlo insieme >
Lo guardo con più attenzione. Il suo corpo è ripiegato in avanti, le sue spalle tremano basse, la testa per poco non tocca il tavolo e le mani sono piccole e dall'aria fragile. Eppure, questo ragazzino non solo si è accorto dei miei sentimenti, cosa che suo fratello non hai mai notato, ma sembra che abbia anche tentato di proteggermi... sono sorpreso, confuso.
< Corremmo fino a che il fiato ce lo permise, poi ci fermammo e io ti chiesi scusa per il comportamento di mio fratello. Ma tu mi domandasti... >
Deglutisce torcendosi le mani. È come se le parole non volessero uscirgli di bocca, come se ogni parola fosse per lui uno sforzo insostenibile. Non capisco. La sua voce trema e degludisce di nuovo, scosso da un sighiozzo trattenuto. Mi sembra di notare una scia umida sulla sua guancia e l'incomprensibile istinto di alzare la mano e asciugare quella lacrima mi scuote.
Perché?, mi chiedo.
Ma la domanda che esce dalla mia bocca non è quella di cui voglio udire la risposta. < Che cosa? >
< Perché piangenvo >
< E perché piangevi? >
Perché piangi?
< Perché non sopportavo di vederti soffrire >
Le parole mi raggiungono e lasciano dietro di loro una scia di silenzio.
Gli importa, è la prima cosa di cui mi rendo conto. Gli importa di me, non vuole davvero che io soffra... tanto che piange al solo ricordo del mio dolore. Ma perché? Che diavolo centra lui in tutto questo?
Eppure, prima che io riesca a tirare le parole di bocca per porgergli qualunque domanda, lui scatta in piedi sfuggendo alle mie grinfie.
< Farò tardi al lavoro! > squilla voltandomi le spalle con cura. Lo osservo, come ho già fatto più o meno per tutto il tempo... solo che adesso lo guardo in modo differente. Si toglie il grembiule da cuoco e lo ripiega con cura... così guardo il suo corpo. È proprio piccolo e magro... i vestiti gli si appiccicano addosso, definendone bene il profilo. Le sue spalle... la sua schiena e le sue curve... i miei occhi scivolano sul suo corpo con facilità che mi sconcerta.
Mai nella mia vita ho guardato un'altra persona in questo modo oltre a Takahiro. Per me non sono mai esistiti gli altri, solo lui. E adesso, ritrovarmi a guardare suo fratello... forse sto impazzendo. Quando è stata l'ultima volta che...? Se non ricordo male è successo mesi fa, con Hiroki. E anche quello non fu un tentativo ben riuscito, perché per me esisteva solo Takahiro e lo sapevo. Lo sapeva anche lui.
Però sono passati cinque anni. Chissà che ho fatto in quel lasso di tempo? Dubito di averci riprovato, probabilmente è per questo che mi sento così folle.
Potrei sempre chiederlo al ragazzino, sembra saperla lunga sulla mia vita, ma non trovo motivi per cui avrei dovuto confidarmi con lui anche sulla mia vita sessuale. Soprattutto perché sembra il tipo che si scadalizza immediatamente (arrossisce per un non nulla, sono ancora convinto che sia un verginello, anche se probabilmente grazie al suo faccino carino avrà uno stormo di fanciulle sempre alle costole). Considerando poi che sembra già scosso a causa del racconto, non vorrei tirare troppo la corda.
< È meglio che mi prepari > Le sue parole decidono per me e, dicendo questo, scompare.
Respiro lentamente, guardando la colazione che mi ha preparato... che non ha nemmeno sfiorato. Forse l'ho guardato perché è fratello di Takahiro? Deve essere sicuramente così... certo, non si somigliano per nulla, ma qualcosa in comune ce l'avranno pure, no? Dopotutto, sono fratelli...
Il campanello mi rapisce dai miei pensieri, ma, prima che abbia anche solo modo di raggiungere il soggiorno, il piccoletto è già comparso dal nulla e sta aprendo il cancello.
< È Aikawa-san > mi comunica mettendosi le scarpe, senza guardarmi. < Mi ha detto che sarebbe venuta qui per discutere del tuo lavoro... starà qui fino a quando non tornerò >
E capisco bene la funzione della mia editrice: tenermi d'occhio.
< Quindi te la svigni, eh? >
Il mio tono è troppo duro e ha la patetica tendenza all'accusa. Ma non ci posso fare niente. Guarda la porta come se fosse una via d'uscita, come se non vedesse l'ora di andarsene. Sta lasciando il problema alla mia editrice... non posso fare a meno di sentirmi abbandonato. Lui sa tutto di questi cique anni... dei MIEI cinque anni di vita e se li sta portando via.
Mi guarda. Mi guarda davvero. Senza cnsire il suo sguardo con le ciglia, senza distoglierlo ogni tre secondi... tuffa i suoi occhioni verdi su di me, immobilizzandomi con la sola forza di quello sguardo.
< Tornerò > la sua voce è ferma. Solenne.
< Te l'ho promesso >
Eppure non capisco.
Non capisco cosa altro dovrei udire in quelle parole. SO che c'è dell'altro che mi sfugge, ma appena provo a capire di cosa si tratti la porta si spalanca e Aikawa-san fa fuggire il sospetto che insieme a quel ragazzino non se ne andranno lontani da me solo cinque anni della mia vita.
 
Sul treno diretto in città.
Forse finalmente si lavorerà?
 
La città scorre al di là del finestrono del treno e guardo il panorama passivo, senza veramente vederlo. Scorre tutto davanti ai miei occhi. Scorre senza che io possa fermarlo.
Ho come l'impressione che quello che avevo in mano stia pian piano scivolando via.
Chiudo gli occhi e faccio un respiro profondo, fino a gonfiare i miei polmoni al limite. Devo tenere fermamente in mente che dentro di me arde quella piccolissima fiamma di speranza. Devo alimentarla con il solo desiderio, tenerla lontano dalle intemperie. Perché altrimenti si spegnerebbe per sempre.
Perciò non posso assolutamente pensare al suo sguardo quando mi ha chiesto di mio fratello. Non posso pensare a quanto avrei voluto consolarlo quando ho visto il dolore nei suoi occhi. Non posso sentirmi geloso perché ha voluto sapere di Takahiro... non posso lasciarmi andare.
Penso che mi ci voglia una piccola pausa. Posso aiutare Usagi-san, sì posso, devo, farlo. L'ho deciso e andrò fino in fondo. Ma per adesso quello che ho già fatto è abbastanza per me. Di più per oggi non posso sopportare. Non voglio cedere, voglio lottare.
Ma, a volte, senza che noi ce ne accorgiamo, il destino ci porta in luoghi in cui mai e poi mai ci saremmo aspettati di finire.
Così, quando il treno si ferma e sale quell'uomo, si ferma anche il mio cuore.
Haruhiko-san si guarda in torno e ci mette un secondo ad individuarmi. È evidente che mi stava cercando. Senza dire nulla si siede nel posto vuoto accanto al mio e guarda dritto davanti a sé.
Lo guardo. Che ci fa qui? Perché proprio ora?
Apro la bocca per dirgli buongiorno, perché con lui posso essere cortese. Perché non si merita la mia scortesia, ma la parola che vorrei uscisse dalla mia bocca non si fa sentire. È intrappolata nella mia gola, insieme a tantissime altre parole.
Nuovamente, mi ritrovo a pensare a quanto siamo ridicole noi persone. Diciamo cose scontate e futili ogni giorno, ogni secondo. Sprechiamo fiato ed energie per parole senza significato. Poi, quando dobbiamo dire qualcosa di importante, qualcosa di dannatamente neccessiario alla nostra felicità, siamo qui... tentennanti, indecisi. Senza forze.
Averlo vicino, in silenzio, mi fa uno strano effetto. Il peso che ho nel petto si fa più sensibile... quasi più pesante. Si arrampica su per la gola, infiammandola a causa dell'ingorgo che ci trova. Sto bruciando.
E allora mi convinco che posso. Posso prendermi un momento. Posso scivolare verso il basso per un attimo. Posso lasciarmi andare.
Perchè me lo ha detto lui, ma è anche perché il mio cuore ne ha bisogno.
Perciò, senza una prola, abbandono la mia testa sulla sus spalla. Vorrei che al posto suo ci fossi tu. E credo che anche lui lo sappia, ma è comunque qui. 
E tu non ci sei.
Quindi mi permetto di appoggiarmi a qualcuno che non sei tu. 
Lascio scorrere le mie lacrime che tu mi provochi... solo per un momento.
Non mi arrendo.
Lascio che le mie lacrime scivolino giù, rischiando di sporcare la costosa giacca di Haruhiko-san e chiudo gli occhi. Ma non ti preoccupare...
Mi prendo solo un momento.
Solo uno.
Poi mi concederò un respiro e ricomincerò a camminare al tuo fianco.
Non mi arrendo. Non lo farò mai.
 
Dal libro di Akikawa Yayoi**
 
 
La ruota panoramica girava su sé stessa, emettendo una luce sfolgorante, con la lentezza di chi ha capito che il cielo è troppo in alto e che mai e poi mai verrà raggiunto.
I raggi della luna si infiltravano misteriosi dentro le cabine, rendendo magica l'aria stessa che gli spettatori respiravano.
Eppure non tutti si godevano la vista.
Akihiko aveva lo sguardo basso, il cuore martellante. Non c'era posto per il panorama nella sua testa... c'era solo LUI. 
Misaki... non riusciva a capacitarsi di essere stato in grado di ferirlo. Come aveva potuto anche solo Pensare di fargli del male? 
Ricordava perfettamente quel giorno... ricordava che il suo unico desiderio era quello di fargli Sentire quanto lo amasse.
E adesso riusciva a capire, a vedere, i suoi sbagli. Quello che per lui era stata una cosa meravigliosa, un miracolo... per Misaki non era stato lo stesso. Era andato troppo in fretta e adesso rischiava di perdere la cosa più importante della sua vita. E non riusciva neanche ad immaginare la sua vita senza quel ragazzino, senza la sua vitalità, il suo sorriso... le sue eespressioni così carine e buffe.
Strinse forte i pugni... se Misaki l'avesse abbandonato, lui cosa avrebbe fatto?
< Va bene così, Akihiko-san >
La voce di Misaki irruppe nei suoi pensieri, fece sbiadire le sue preoccupazioni, definendo meglio la sua curiosità.
Andava bene così? Cosa voleva dire quell'incomprensibile ed incorreggibile ragazzo? Che la sua vita sarebbe stata migliore senza di lui? Che era giusto che le loro strade si dividessero?
Ma Akihiko non ebbe il tempo di andare nel panico. Misaki non glielo concesse.
< Io ti amo, Akihiko-san >
Non c'erano ombre nella sua voce. Non c'era incertezza o risentimemto. C'era sincerità. C'era fermezza. C'era tranquillità e serenità. Come se fosse una cosa ovvia, come se tali sentimenti non avrebbero mai potuti essere messi in discussione, Misaki li sfoggiò con incredibile coraggio.
Scattò in piedi e si sedette velocemente accanto a lui, come se si stesse togliendo un pensiero, e con i pugni stretti sulle ginocchia, riprese a parlare sotto lo sguardo sbalordito di Akihiko.
< Non mi pento di nulla. Non ho mai pensato che quello che stavo facendo fosse sbagliato e non ho mai preso in considerazione l'idea di tornare indietro. Se non mi fosse piaciuto, non sarei rimasto al tuo fianco. Perciò non ti preoccupare, Akihiko-san, perché la vita che Misaki si è scelto è anche quella che desidera >
Akihiko riprese a respirare.
Le parole di Misaki erano ferme e scorrevoli... non come era solito parlare. Non con quell'incertezza dettata dalla sua timidezza. Erano decise. Una decisione che veniva dalla solidità del suo desiderio.
Il suo respiro si fece più accellerato.
Quardò questo ragazzino con la testa bassa e i pugni stretti e tesi, il rosso che copriva come un velo la sua pelle... i suoi capelli così neri e lisci perennemente spettinati. E, con una grande boccata d'aria, si chiese come avrebbe mai potuto vivere senza di lui? Era impossibile... perché nella sua vita, dove la solitudine era stata la routine, ora che aveva scoperto cos'era l'amore e la felicità immaginare una vita senza era solo una tremenda ed oscura paura.
Alzò la sua mano lentamente... malgrado le sue parole incredibili (incredibili, appunto!) voleva dare comunque modo a Misaki di sottrarsi. Il che era quasi assurdo perché l'ultima cosa che voleva era che lui lo lasciasse! Che incorreggibile contraddizione!
Voleva, più di ogni altra cosa al mondo, che Misaki SCEGLIESSE di restare con lui per il resto della loro vita. Che ingiustificabile egoismo!
Ma Misaki lo sorprese di nuovo: invece di sottrarsi, di allontanarlo, appoggiò la guancia contro il suo palmo e si lasciò toccare.
Fu l'ennesima sorpresa per Akihiko, l'ennesima indescrivibile gioia. Quindi decise che poteva lasciarsi andare: abbassò la sua testa fino a toccare la fronte del ragazzo e con la mano lo guidò verso la sua bocca. Colto l'invito, Misaki aprì la bocca e accolse, accettado di buon grado, il bacio di Akihiko.
I loro respiri si mischiarono, i loro sapori si fusero e le bocche si cucirono tra loro.
Akihiko sentiva il proprio corpo bollente, il proprio cuore fremante e le mani sempre più desiderose. Frugò tra i vestiti, si liberò della sciarpa del ragazzo buttandola da una parte, sbottonò la giacca sfilandogliela dalle spalle, si insinuò sotto il golfino e trovò finalmente il suo petto. Baciò la sua bocca, il naso, la fronte, gli zigomi, la guancia, il mento e il collo e poi sempre più in giù... gli mordicchiò l'orecchio, leccò la pelle appena sotto, assaporando con la propria lingua i battiti frenetici di Misaki. 
Sorrise. Impazziva dalla gioia di sentirlo dibattere impaziente sotto di lui.
< Aki-kihiko-san... > 
Sussurrava il suo nome senza smettere e senza fiato, come se non riuscisse a farne a meno. Come se dire il suo nome fosse una neccessità.
E Akihiko rispose... levò anche il golfino e lo baciò, gli stuzzicò il petto con la propria bocca ed esplorò il suo corpo con la mano.
< N-no! > irruppe Misaki spalancando gli occhi, come risvegliato bruscamente da un meraviglioso sogno... o come se avesse aperto gli occhi scoprendo che quel sogno fosse la realtà. < Il giro starà per fini... ah!>
Akihiko mordicchiò il sensibile corpo di Misaki facendogli nuovamente chiudere gli occhi. La sua mano accarezzò la pancia dell'amato, scese fino al ventre afferrando e poi lasciando andare dolcemente i peli del ragazzo... infine infilò la mano sempre più in giù... fino a trovarlo.
< No! > gemette nuovamente il ragazzo. Ma mentre le sue parole sembravano una protesta, il suo corpo non pareva essere d'accordo: la mano che aveva sulla testa di Akihiko si strinse, costringendolo ad avvicinarsi ancor più al suo petto; e l'altra mano, ferma sulla sua spalla, si inchiodò nella carne, per sostenersi in previsione a ciò che sarebbe giunto.
< Tu dici di no > sussurrò Akihiko guardandolo negli occhi, annegando in quel verde profondo e meraviglioso. < Ma il tuo corpo grida l'esatto contrario >
Misaki lo guardò terrorizzato per un attimo, poi spinto dalla sua insensata timidezza si costrinse a guardare di lato. < M-ma il giro sta per finire > cercò di contrabbattere.
Akihiko si mosse, posizionandosi meglio sopra il ragazzo, con un sorriso sensuale. < Meglio sbrigarci allora >
< Akihiko-sa-- >
Misaki si lamentava e si dimenava, ma mai, mai nemmeno una volta, chiese ad Akihiko di fermarsi. Anzi, quando Akihiko fermò la sua mano, il ragazzo lo guardò quasi imbronciato.
Akihiko ridacchiò per un attimo, ma si fece immediatamente serio. < Non voglio farti del male > gli confessò in un soffio.
Misaki lo guardò, poi lo sconvolse: avvinghiò le sue braccia attorno al suo collo avvicinandolo così a lui, connettendo i loro corpi, e gli sorrise. < Certo che no > sussurrò, lasciandosi baciare e baciandolo a sua volta.
E in quella tenebrosa cabina ma illuminata dai mille colori della notte, Akihiko capì che c'era un'unica cosa che avrebbe stretto nel proprio cuore per il resto della sua vita: quell'incredibile e amabile ragazzo. Misaki era tutto ciò che aveva.
< Ah... > mormorò il piccoletto sciogliendo appena la loro stretta ferrea. < Quasi dimenticavo > I loro respiri erano ancora affannati, i loro corpi sempre uniti. < Cosa ha desiderato l'altra sera, quando hai visto la stella cadente? >
Akihiko lo guardò. Le sue guance erano rosse, come la punta del suo naso e gli occhi ancora lacrimanti. Ma le sue ciglia erano lunghe e il suo sguardo desideroso di conoscerlo, di conoscere lui, sempre di più.
< Te > sussurrò l'uomo avvicinando la bocca all'orecchio del giovane. < Desidero te. Per sempre >
E così, cullandosi a vicenda, aspettavano che il giro della ruota panoramica terminasse... così che la loro vita insieme finalmente iniziasse.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
N.d.A.
 
 
 
 
 
Salve a tutti, belli e brutti!
Vorrei diramare un annuncio: non sono morta, sono ancora viva. XD
Lo so che sarete arrabbiati, come minimo furibondi, ma credetemi, non lo sarete mai quanto lo sono io! Vorrei poter dire che avete atteso tutti questi giorni a causa della vostra stupida autrice e della sua mania di voler perfezionare tutto, ma... beh, forse mi farebbe anche più intelligente, che dite? La verità è totalmente diversa: ho fatto la caz***a che ogni buon scrittore fa: non ho salvato l'opera, perdendo così metà di quello che avevo scritto in un colpo solo. 
Ha ha ha ha ha. Uccidetemi.
Ho dovuto perciò riscrivere le parti fondamentali che avevo già così elaboratamente steso. Avrei voluto morire, in quel momento. Davvero.
Comunque per fortuna ho una buona memoria e un'infinita pazienza, così ho riscritto tutto. Per questo ci è voluto più tempo del solito... sorry.
Comunque adesso ci siamo e possiamo iniziare con le nostre note. 2? Ah, che tristezza.
 
* Itadakimasu: secondo le mie affidabili fonti giapponesi (di giapponese conosco tre parole in croce) significa "buon appetito"
 
** Akikawa Yayoi: è lo pseudonimo che Akihiko Usami, nel manga da cui è tratta la seguente FF Junjou Romantica, utilizza per pubblicare le sue amatissime BL.
 
E, detto ciò, vorrei ringraziare chi non si è arreso; chi ha comunque continuato a lanciare un'occhiata al proprio pc, in rabbiosa attesa di poter continuare a leggere la storia di Akihiko e Misaki.
Spero di non avervi delusi e spero che per il prossimo capitolo ci sarete tutti.
Ora, taglio corto così posso continuare a scrivere, vi auguro buona giornata!
 
 
Cry and Smile,
 
Cassie 
 
 
 

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Capitolo 10
*** ~ Il miglior primo amore del mondo ~ ***


 
                                                                                              Chi si innamora non ha scelta.
                                                                                              Ci si sente attratti da quella persona come dalla Stella Polare,
                                                                                              che sia la persona giusta
                                                                                              o quella destinata a spezzarci il cuore.
 
                                                                                                                                                                       Jodi Picoult
 
 
 
 
Quando Akihiko indaga...
 
Finisco di leggere quelle parole.
Le parole che avevo scritto di mio pugno.
Le MIE parole.
Sono incredulo.
Queste non possono essere le mie parole.
Ho sempre sputato i miei sentimenti più celati in carta straccia, nascondendomi dietro ad uno stupido pseudonimo... di quello che scrivevo, delle cose che Akihiko faceva, c'era sempre qualcosa di mio.
Qui non c'è nulla che mi appartenga.
Non c'è dolore, non c'è tristezza, solitudine.
Qui c'è il ricordo della solitudine... come di una cosa passata, superata, cosa che per me sembra quanto di più impensabile che possa esistere.
Qui c'è luce. Malgrado sia buio c'è luce. C'è amore. C'è calore. 
C'è speranza.
Speranza?! Non è un tratto che mi appartiene! Non so che diavolo sia.
Il mio protagonista è straziato dal dolore che gli causa il troppo amore incatenato nel suo cuore. Non ci sono sorrisi sulla sua faccia, non c'è luce nei suoi occhi. Non c'è luogo dove si potrebbe sentire amato o accolto. Non ci sono braccia abbastanza forti che siano in grado di stringerlo e farlo sentire al sicuro. 
C'è solo Takahiro... il suo amato e i momenti di piacere che riesce a rubargli.
C'è la violenza.
C'è l'oscurità.
C'è l'inferno.
Questo non posso averlo scritto io. È assurdo.
Butto il libro sul tavolo con un tonfo molto poco educato.
< Chi ha scritto questa roba? > domando ancor meno cortese.
Aikawa sgrana gli occhi e mi guarda con la bocca aperta, ma si riprende in fretta. È brava a fingere. È brava a fingere che tutto vada benone quando il mondo va a rotoli.
Accavalca le gambe e mi fa il suo sorriso più caloroso. < Lei, naturalmente, sensei. So che lo stile si è trasformato rispetto a cinque anni fa... so che potrebbe notare qualche sottile differenza, ma le assicuro che ogni parola è detteta dalla sua brillante mente >
Usa l'adulazione per schermare la preoccupazione. Mi sembra di leggere forte e chiaro le emozioni sul suo volto: è terrorizzata al pensiero che io non riconosca le mie opere. Come può continuare a vivere uno scrittore se non sa più come deve scrivere?
Ed è proprio questo a convincermi che non sta mentendendo.
Riprendo il libro con l'indice e il pollice guardandolo con disgusto, come se fosse qualcosa di sconosciuto e orribile. Lo pseudonimo è il mio. La firma è mia. L'opera potrebbe essere stata stesa soltanto dalla mia mano.
< Che cos'è successo? > domando un po' più convinto.
Aikawa inclina la testa leggermente di lato. < A che cosa si riferisce, sensei? >
Con il dorso dell'altra mano colpisco la copertina del libro. < Al cambiamento. Che cos'è successo? Tu lo sai? Perché ho cambiato l'altro protagonista? Perché Akihikko è così... diverso? >
Aikawa ha la bocca aperta. Adesso non riesce davvero a nascondere i suoi sentimenti: sorpresa, senza dubbio. Preoccupazione, odiosa peraltro. Sconcetro. Stenta a credere a qualcosa? Triste... qualcosa ha oscurato il suo sguardo. E gli angoli della bocca sono rivolti verso il basso in una curva amara. < Lei non lo sa? >
Mi aspetto le parole del piccoletto. Mi aspetto un sonoro: < So che cos'hai fatto in questi cinque anni, non cosa ti sia passato per la testa > Perché è così: io faccio le cose senza dare inutili, assurde, incomprensibili spiegazioni. Le persone il più delle volte non approvano i miei gesti, non cercano di vederne le motivazioni. Come Takairo... lui ha sempre chiuso gli occhi dietro a tutto quello che ho fatto. Gli stava bene così. A volte preferiamo ignorare ombre che potrebbero risultare un ostacolo alla nostra strada. Prendiamo deviazioni, solo per non affrontare oscure paure.
Ma non è questo che posso aspettarmi da lei. Lei è la mia editrice. È quella che mi costringe a fare il percorso in lungo, a costo di farmelo fare di corsa e senza fiato... è quella che mi segue per non farmi sbagliare. < Si è lasciato alle spalle Takahiro.. il suo personaggio sta inseguendo la felicità in un nuovo e più appassionante amore. Misaki è la luce che ha illuminato e riscaldato il mondo freddo e oscuro di Akihiko, sensei >
< E perchè ho fatto in modo che accaddesse? > insisto.
Aikawa socchiude gli occhi e stringe le labbra. Sembra leggermente arrabbiata. < Misaki non glielo ha detto, Usami-sensei? > Non so perché la nota d'accusa nella sua voce mi infastidisce. < Misaki-kun non le ha detto niente? >
Evidentemente no, se sono qui a chiederle spiegazioni. Ma evito di parlare perché lei afferra immediatamente.
< Ha cambiato la sua storia perché la Sua storia è cambiata > dice affermando con insistenza l'aggettivo possessevo. < O almeno è quello che io e Isaka-san abbiamo creduto per tutto questo tempo >
La cosa non mi torna. La mia storia era cambiata? Come? Quando?
< Dopo l'arrivo di Takahashi Misaki-kun Lei è cambiato,, sensei > Mi fissa direttaamente negli occhi. < Si è irrimedabilmente innamorato > sussurra.
No.
È la prima cosa a cui riesco a pensare.
Negazione assoluta.
Innamorato io? Io? Di quel moccioso pelle e ossa fifone e schizzofrenico? IO?! Assurdo. Improbabile. Impossibile.
Dopo di che viene la rabbia.
Cosa diavolo ho fatto in questi cinque anni? Se quello che dice questa donna, che in un mondo di cambiamenti sembra essere rimasta quella di sempre, il mio punto d'attracco, è vero vuol dire che ho dimenticato Takahiro.
Peggio: l'ho SOSTITUITO.
Sono talmente immerso nei miei sentimenti fulminei che non noto la lacrima che scende lungo la guancia della mia editrice. < Misaki non le ha detto nulla, sensei? >
< No > rispondo ghermendo la rabbia. < Non mi ha detto una parola >
O forse sì?
Forse la sua peoccupazione, la sua ansia, la sua dedizione avrebbero dovuto comunicarmi qualcosa?
Forse la difficoltà che ha diostrato di provare raccontandomi della mia storia con Takahiro... le improvvise lacrime... la sua rabbia, il suo dolore...
Mi prendo la testa tra le mani.
Fa male.
Niente di quello che ho mai provato fino ad ora è mai stato così doloroso: il mio cuore sta battendo per qualcosa che non esiste.
Aikawa sobbalza quando il suo cellulare prende a squillare. < Chiedo scusa... è Isaka-san >
Si allontana per rispondere, lasciandomi in un luogo freddo e vuoto. È casa mia. È un luogo che stento a non riconoscere: è pulita, lucida, spolverata, in ordine. È profumata, aireggiata, solare...
È come il mio libro: troppo bella per essere vera.
< Mi scusi, Usami-sensei, ma sembra che ci siano dei problemi all'ufficio di stampa e devo urgentemente andare... quando incontro Misaki lo manderò qui, così può tenerle compagnia >
< Non sono un infermo, Aikawa-san, non ti preoccupare > borbotto alzandomi per accompagnarla.
Mi fa un sorriso di scuse e di ringraziamento. < Lo so, è solo che... è strano vedervi così separati >
Tengo ferma la porta per farla uscire stringendola un po' troppo. Sono parole che non riconosco, che mi infastidiscono. Che mi disturbano.
Che vuol dire? Da solo non ho più un'immagine credibile? Pensa che sia davvero così dipendente da questo signor idiota mediocre?
< Buon lavoro > le auguro, celandole i miei quesiti.
< Altrettanto, sensei, e... vedrà che Misaki pian piano la aiuterà a ricordare tutto > Mi sorride con un misto di nostalgia e gioia. Come se io sia qui davanti a lei, ma in verità fossi da qualche altra parte, speruto nel nulla. Sono io, le sto di fronte, ma lei non la pensa allo stesso modo.
Chiudo la porta in risposta mentre ancora mi guarda.
Ascolto il suono dei suoi tacchi e poi il silenzio. 
Il silenzio ha un bel suono. È fatto di pulsazioni, battiti e pensieri... ma in questo caso mi costringo a non avere troppi pensieri o la mia testa potrebbe esplodere da un momento all'altro.
Perciò... il piccoletto fastidioso non mi ha detto tutto, eh?
Evidentemente il succo della storia se lo è tenuto per sé. Perché? E quanto è vero?
Mi accendo una sigaretta... ah... il fumo che mi invade da dentro, disseminado nel mio corpo piccoli fuocherelli di relax. I miei pensieri si calmano, il respiro riprende un degno ritmo e i miei occhi ci vedono meglio. Faccio altri due tiri profondi, guardando le immagini assurde e senza senso che si formano davanti ai miei occhi col fumo, e inizio ad esplorare.
Il piano inferiore non lo prendo nemmeno in considerazione per il momento: quello che mi interessano sono le stanze da letto. Vado in quella dove ha dormito il piccolo bugiardo ieri notte e... e mi ritrovo una stanza spoglia e ordinata. Vicino alla finestra c'è un letto ad una piazza e mezza, ai piedi c'è un armadio per il guardaroba e dall'altra parte della stanza c'è una scrivania. L'unica cosa che noto sono i manga... tanti e di svariati generi, ma siccome non mi sono mai interessati li lascio perdere. 
È davvero un ragazzino, altro che vent'anni! Dovrei dargliene tredici!
Frugo tra le sue cose personali, nei cassetti, sotto il letto... niente. Assolutamente niente. Moduli di lavoro, lettere da Takahiro, pagelle scolastiche... nient'altro. Niente che lo colleghi a me.
Molto insoddisfatto mi sposto nella camera dove io ho dormito. Ma non mi aspetto di trovarci niente: se c'è qualcosa, deve essere soltanto nella mia stanza, così decido di rischiare.
Tiro la tenda ed apro la finestra. Non è molto diversa da come l'ho lasciata... cinque anni fa, e come ho fatto quando sono entrato in casa: cerco gli elementi di cui non conservo ricordi.
Ci sono dei fiori ancora vivi appoggiati sul comò, il biglietto è di congratulazioni per il premio letterario appena vinto. Che premio? Non lo dice... però è firmato Misaki. Rose rosse, come piacciono a me. Riesco a setirne ancora l'odore inebriate, benché i contorni dei petali siano sechi.
Sul comodino, accando al letto, vi è posata una stilografica un pò polverata, in una scatoletta ricoperta di stoffa. Il bisglietto è per augurarmi buon Natale, la firma è la stessa di quella dei fiori. Sotto la scatola c'è un biglietto per il luna park, accanto c'è una torcia a forma di orso... sul comodino accanto c'è un quadro che mi ritrae con le sembianze di un orsacchiotto, davanti c'è un libro rilegato... il primo libro che pubblicai anni fa... sopra c'è un'intera raccolta di documentari sulla vita e le varie specie degli orsi... sono tutti regali. Tutti indirizzati a me. Tutti donati da lui.
Eppure niente di tutto ciò mi dice qualcosa: d'accordo, conosce i miei gusti e allora? L'ha già dimostrato con il cibo e le mie abitudini... probabilmente conosce anche il mio "segreto", stando a sentire ciò che mi ha raccontato questa mattina. Eppure non sembra dargli fastidio nulla di tutto ciò. 
Forse mi sono fatto un'idea sbagliata? Prendo in considerazione l'ipotesi. Forse quel ragazzino si sentie in dovere di prendersi cura di me perché sono stato rifiutato da suo fratello. Forse lo spinge la compassione a sopportarmi...
La sola idea mi reprime.
Apro sovrappensiero il primo cassetto del comò. Sono così concentrato sulle mie assurde idee che da prima non mi rendo conto di ciò che mi ritrovo davanti. Anni fa, che a me sembrano tre settimane fa, in questo cassetto ci tenevo le cose che avevo condiviso con Takahiro: i libri che gli avevo prestato, i biglietti del cinema dei film che avevmo guardato, le lettere che ci eravamo spediti quando ci capitava di separarci, i regali che nel corso degli anni mi aveva fatto.... ed è così ovvio per me che ci siano che non capisco che non è quello che i miei occhi stanno guardando. Adesso, tutto quello che vedo sono foto.
Non mi sento più le ginocchia.
È assurdo. Niente della persona che ho amato per così tanto tempo e con una tale intensità è sopravvissuto. Niente.
A che cos'è servito? Amarlo, aspettarlo... soffrire per lui? 
A che cosa mi ha portato? Non ho una vita, un cuore... un passato. E lui ha una famiglia, una casa calda e accogliente, una moglie... e un fratello.
Sono solo andato a dormire... ho solo chiuso gli occhi un momento.
Ma ciò è stato sufficiente. Mi sono sveglito e non c'è più niente.
Il tempo è il peggior nemico... quello che ti frega.
Ma allora che senso ha?
Prendo la prima foto della cima.
I suoi capelli sono bagnati, le labbra sono viola... evidentemente fa freddo... ma non posso vederlo perché il suo volto occupa tutto l'obbiettivo. Ha gli occhi socchiusi e un sorriso luminosissimo e gigantesco sulle labbra. Ha la punta del naso e le guance rosse e mi sta guardando.
Non può.
Non può essere così felice quando io sono a pezzi. Quando a distruggermi è questa grande ferita....
Stringo la foto fino ad accartocciarla.
< Mi restituirai la mia vita >
Misaki Takahashi. 
 
 
Un crossover non proprio programmato
 
Quando vengo mandato dal mio capo sezione alla Emerald, la parte della Marukawa che si occupa dei manga, non sono entusiasta come dovrei esserlo.
Aspetto impaziente che l'ascensore raggiunga il piano e mi guardo allo specchio passandomi le dita sotto gli occhi: è inutile, noteranno subito che sono settimane che non dormo. Faccio un sospiro parecchio demoralizzato, attirando l'attenzione del ragazzo accanto a me che distoglie subito lo sguardo, e cerco di farmi forza. Dopotutto, mi dico, sto per incontrare nient'altri che Masamune Takano-sama*, la mitica leggenda della Emerald, colui che un due settimane ha resuscitato la rivista e portato al Top mangaka come Erika Ichinose o Yoshikawa Chiharu** aiutando la Marukawa a diventare una delle più prestigiose e famose case editrici di tutto il giappone. Conoscerlo è sempre stata l'aspirazione della mia vita... come lo era stato quello di conoscere Ijuuin-sensei, il mio mangaka preferito.
Non posso lasciarmi condizionare da quel kuso-Usagi*** insopportabile o dai suoi problemi temporali... sono al lavoro e, per ora, non deve esistere altro.
Le porte si aprono... mostrandomi una nuova strada nella mia ormai imprevedibile vita. Perciò, la prima e coraggiosa cosa che faccio è inciampare nei miei stessi lacci sciolti.
< Oh cielo! > esclama il ragazzo che si trovava nell'ascensore insieme a me. Mi porge la mano per aiutarmi con un sorriso di scuse. < Mi scusi tanto... stavo davvero per avvertirla delle sue scarpe, ma mi è sembrato molto preoccupato e non ho avuto il coraggio di parlarle >
Ha i capelli che gli scendono sugli occhi e sono irregolari, niente a che fare con una strana moda di stile trasandato... più che altro sembra che non abbia avuto il tempo di andare dal parrucchiere. Si passa distrettamente la mano sugli occhi, nocciola tendente al verde, per spostarseli e mi sorride di nuovo. È più alto di me, non di molto ma abbastaza da ferire il mio orgoglio, e le occhiaie e il fisico asciutto gli danno l'aria di uno che non vede un pasto come si deve da un po'.
< Ehm... grazie mille > dico accennando appena ad un sorriso. Sto per presentarmi, mi sembra il minimo, ma vengo interrotto da una voce che proviene dall'angolo. 
< Onodera****! >
Un uomo dai capelli neri e uno sguardo da falco dietro a degli occhiali da vista compare sventolando dei fogli. < Tu pensi di poter anche solo appoggiare sulla mia scrivania uno Storyboard***** del genere? > Colpisce con forza la testa del ragazzo, ragazzo sì perché avrà sì e no due anni più di me, con i fogli e poi glieli sbatte su petto.
< Oh..! > Onodera-san con un gesto veloce afferra tutti i fogli prima che cadano. < Takano-san! > protesta guardandolo infastidito. < La sensei si rifiuta di cambiarlo, dice che è perfetto così e che tu sei solo un insopportabile despota arrogante > Nel terminare la frase le sue guance si tingono di un leggero rosa e le labbra si stringono.
Takano-sama (sì non ho sentito male, è proprio lui!) lo inchioda con uno sguardo che mi fa arretrare. Non capisco di che colore sano i suoi occhi... marrone scuro? Dal modo in cui osserva Onodera-san potrebbero anche essere rossi, come gli occhi di un demone.
< Sì... beh, non la parte del despota arrogante, quella l'ho pensata io... > risponde Onodera.
Non so per chi fare il tifo... da una parte c'è l'idolo che ho desiderato incontrare nell'ultimo anno, che penso si stia comportando un tantino eccessivamente, dall'altra c'è questo simpatico e coraggioso (non ha nemmeno arretrato davanti agli occhi assassini di Takano-sama!) ragazzo che in qualche modo sembra essere al suo stesso livello.
Il fuoco che Takano-sama fa trasparire dagli occhi potrebbe far impallidire le fiamme dell'inferno. < Non mostrarmi mai più quell robaccia o sarà l'ultima cosa che farai >
Onodera-sa distoglie lo sguardo, cercando di nasconodere la delusione mista all'irritazione e i suoi occhi cadono su di me. < Oh, mi perdoni... non mi sono nemmeno presentato: mi chiamo Ritsu Onodera e sono un editore di manga proprio di questo piano >
Si inchina decorosamente e io ricambio. < Piacere di conoscerla Onodera-sensei, sono Misaki Takahashi e al momento do una mano alla Marukawa Publishing, ma un giorno vorrei diventare un editore vero e proprio! >
< Takahashi? > domanda Takano-sama guardandomi con un sopracciglio alzato. Deduco che l'espressione da demone infuriato sia dedicata esclusivamente al suo collega, perché adesso sembra quasi annoiato... assonnato. < Quindi sei tu il novellino che ci ha mandato Isaka-san? >
Deglutisco, quando si tratta di Isaka-san non è mai un buon affare, ma sorrido e mi inchino. < Sì, sono io... Misaki Takahashi. Ho sentito così tanto parlare di lei, Takano-sama...! È un onore incontrarla >
Adesso inizia a guardarmi seccato. < Tutti mocciosi > si lamenta ripercorrendo il corridoio da qui è sbucato. Io e Onodera-san ci affrettiamo a seguirlo. Non è molto lontano, percò sento cosa continua a borbottare tra sé: < Cosa crede Isaka-sa, che gestisca un asilo nido? >
Ci rimango malissimo. Lo so di avere la faccia da adolescente, non serve che il dio dell'editoria di manga della Marukawa me lo venga a dire così direttamente. Non mi conosce neppure poi...
Onodera pare che riesca a leggere i miei sentimenti sulla mia faccia, la mia stramaledetta faccia trasparente, e mi sorride per scusarsi di nuovo. < Non è male come sembra > lo difende, malgrado pochi attimi prima abbia affermato che è un "insopportabile despota arrogante". Non capisco questo improvviso voltafaccia. < A volte è duro e sgarbato, ma se sei attento e intelligente impari grazie ai suoi consigli che nemmeno te ne accorgi >
Ah. Capisco.
C'è una strana riverenza nella sua voce. Rispetto e ammirazione. Profonda ammirazione.
Lo guardo con la coda dell'occhio: il suo sguardo segue il suo superiore con una luce luminosa.
Voglio provare anch'io questi sentimenti... di nuovo. Voglio guardare una persona con quell'ammirazione e quella luce entusiasta. Voglio avere lo stesso sorriso misterioso e abbaliante sulle labbra.
No... questi sentimenti mi sono familiari. È quello che provo guardando Lui, no? È solo che la sua lontanaza... fa sentire il mio cuore così vuoto.
L'ufficio dove vengo portato è l'ambientazione di una favola: ci sono fiori colorati ovunque, c'è luce, c'è aria di festa. Niente a che fare con l'ufficio degli editori di libri dove lavora Aikawa-san chiuso e privo di decorazioni.
Mi vengono presentti un uomo alto e magro, i capelli castano scuro e la faccia da pocker di nome Yoshiyuki Hatori (Hatori-san); poi mi si presenta un ragazzo che sembra avere all'incirca la mia età, altrettanto basso e con i miei stessi capelli neri... ha gli occhi sul blu scuri però, davvero bellissimi, e ha la riga dei capelli che gli divide la testa a metà. < Mi chiamo Shota Kisa****** > dice stringendomi calorosamete la mano e dandomi il nomignolo di Misa-chan******* 
Sono gentili... mi mostrano il loro lavoro, mi spiegano cosa fanno, i loro progressi. Non avevo mai immaginato che per fare un manga ci volesse tanto lavoro! Sembra anche divertente...
Mi sento bene. Dopo tante settimana di ansia e di stress continuo... sono finalmente in un ambiente che mi fa sentire tranquillo, come se ogni mia preoccupazione fosse rimasta in quell'ascensore dal momento in cui sono cascato a terra.
Comincio a correre. Appena uno di loro ha bisogno di qualcosa io mi trovo lì, capisco come devono essere attacate le battute nelle vignette perciò finisco il lavoro di Hatori-san e poi passo ad aiutare Kisa-san con lo svolgimento del manga a lui assegnato.
< A volte bisogna eliminare alcune scene comiche > mi spiega segnano una grossa e rossa x su quasi tutta la pagina. < Non permettono il regolare svolgimento della storia o rovinano i momenti toccanti, che dovrebbero essere tristi e drammatici. Ridere fa bene... ma niente è più profondo di una lacrima >
Lo fisso rapito mentre dimezza il capitolo.
< Ah, puoi andare a ritirare questi nel magazzino, per favore? Onodera l'ha dimenticato, quindi probabilmente starà tornado indietro. Il magazzino è in fondo al corridoio qui fuori a destra > mi chiede Hatori-san consegnandomi un elenco di manga.
Sto praticamente saltellando in un posto che non conosco, ma è come se ci fossi sempre vissuto. 
Voglio fare questo: voglio trascorrere le mie giornate a scrivere e costruire storie. Voglio raccontare di amori e dolori, di felicità e di divertimenti. Voglio far emozionare i ragazzi e le ragazze del giappone raccontando loro di eroine ed eroi. Voglio donare loro un mondo in cui rifuggiarsi...
Rallento man mano e guardo il mio riflesso su una finestra. Voglio donare al mondo un nuovo mondo in cui rifuggiarsi. Voglio che chi soffre abbia un luogo in cui dimenticare, anche se solo per pochi attimi, tutte le cose da cui vengono assillati. Così come io per oggi ho dimenticato che il mio cuore è tenuto intero dall'attack.
Voglio crearmi un'illusione,
Sto per aprire la porta di quello che spero sia il magazzino, ma mi fermo in tempo perché sento delle voci.
< Takano-san, no, ti prego... fermati... > Ha tutta l'aria di essere la voce di Onodera-san. Ora che ci penso Hatori-san mi ha detto che doveva essere da queste parti. Sembra che non sia solo.
< Perché no? >
È Takano-sama, non ho dubbi.
< Perché > la voce di Onodera-san trema leggermente, < non è questo il luogo giusto... non è il momento >
< C'è un luogo o un momento adatto per amare una persona? >
Sento le guance andarmi in fiamme e il mio cuore perde un battito. Non dovrei trovarmi qui, non è giusto. Questo momento è il loro... Però la frase di Takano-sama mi h paralizzato le gambe. Davvero... qui c'è qualcosa che sto cercando.
C'è un luogo o un momento adatto per amare una persona?
ribatte Onodera-san in un sospiro.
< E allora qual è? >
< Io.. sei troppo vicino, non riesco a pensare >
All'improvviso sento dei passi di corsa e mi affretto a nascondermi dietro la porta. È stupido, mi scopriranno sicuramente, ma non voglio che accada in questo momento.
Onodera-san sta scappando. Lo capisco dai suoi passi affrettati, escono dal magazzino, ma non fanno molto percorso: Takano-sama afferra Onodera-san e lo attrae verso di sé baciandolo.
Ad interrompere tutto è il telefono di Takano-sama che squilla.
Onodera-san lo spinge violentemente, liberandosi dalla sua stretta e io mi nascondo meglio terrorizzato all'idea di essere scoperto.
< Rispondi > sento la voce di Onodera-san.
< Ceniamo insieme dopo? > dice invece Takano-sama.
< Se rispondi > risponde Onodera-san con tono più fermo.
Qualche secondo dopo Takano-sama inizia ad allontanarsi mentre risponde al telefono.
È che l'amore a volte si nasconde nei luoghi più impensati, in tempi che mai e poi mai avresti detto. L'amore non conosce minuti, secondi, ore, o stanze... l'amore è un qualcosa di un'altra dimensione. Impossibile da toccare, tuttavia impossibile da ignorare.
Il mio pensiero corre immediatamente a Usagi-san. Lui non si ricorda di me e del mio amore... però... in qualche modo, e non sono sicuro di voler iniziare a scoprire come, so che c'è. 
Il mio amore per lui, il suo amore per me. 
Non si è mai mosso, non si è mai spostato in tutti questi anni, perché l'amore non conosce spazi o tempi. È sempre lì... solo che lui si è dimenticato dove e come. E io so dove si trova, perché il suo cuore non è mai cambiato... solo i suoi ricordi. E i ricordi, a differenza di un cuore perduto, sono recuperabili eccome.
Sono talmente concentrato su Usagi-san e sul suo volto, sui suoi occhi che mi spiano e sulle sue labbra che mi cercano, che non sento la porta chiudersi e mi accorgo troppo tardi degli occhi spalancati su di me di Onodera-san.
Nessuno dei due dice niente. Non ci sono parole, forse un po' di imbarazzo, ma niente di cui vergognarsi.
< M-mi dispiace > dico subito. Ho interrotto la loro intimità, la mia mortificazione è naturale. < Hatori-san mi ha consegnato questa lista di manga da portargli... ma non volevo >
Si copre la faccia con una mano, ha l'aria di essere rosso come un peperone.
Mi sembra assurdo. Con tutti i sentimenti che proviamo. L'odio. L'invidia. L'egoismo. La vendetta. L'ira. Il desiderio di violenza.... abbiamo così tanti sentimenti di cui andare poco fieri. Di cui vergognarci. Ma l'amore... l'amore dovrebbe renderci fieri. Fieri di essere delle persone. Fieri dei meravigliosi sentimenti che, in un mondo pieno di intolleranza e rifiuto, siamo capaci di provare.
Non so come ci ritroviamo seduti a terra, spalle al muro, l'uno accanto all'altro. Non facciamo niente di particolare, non parliamo nemmeno, ma è come se ci stessimo comunicando cose. Mi sento bene con questo ragazzo, a mio agio. Forse perché può capire le mie preoccupazioni, forse perché abbiamo entrambi qualcosa che non vogliamo sbandierare al mondo. Perché il mondo è un posto ancora troppo arrido e buio... e distruggerebbe ciò che di buono siamo riusciti a costruirci nel nostro cuore.
< La persona che amo non si ricorda più di me > dico di punto in bianco. Non l'ho detto a nessuno. Molti l'hanno capito, alcuni hanno fatto qualche ipotesi, in tanti si sono fermamente opposti a questi travolgenti sentimenti e le persone che più di tutto dovrebbero saperlo... mio fratello, sua moglie e anche i miei genitori (chissà) non ne sono al corrente.
Io stesso non l'ho mai detto ad alta voce. Quando è stata l'ultima volta che gli ho detto che lo amo? Non me lo ricordo.
Sento i suoi occhi su di me e questo in qualche modo mi spinge a continuare. < Stiamo insieme da cinque anni... e lui non si ricorda del suo passato dal momento in cui ci siamo conosciuti. È assurdo, vero? > Mi sputa a sorpresa un sorriso. Me lo sento in faccia amaro e scottante.
< È stato il mio primo amore > mi risponde in un sussurro. Non serve nemmeno che specifichi il soggetto, è ovvio. < Sono stato innamorato per lui per tre anni... poi, alle superiori, non so come, quando me lo sono ritrovato davanti gli ho confessato i miei sentimenti. Non so cosa mi sia preso. Mi ero arreso all'idea che il mio amore sarebbe rimasto serrato dentro di me per sempre e mai ricambiato. Credo che tenersi una cosa dentro per troppo tempo, poi quella esploda fuori >
Con la coda dell'occhio vedo il suo sorriso spuntare all'improvviso.
< E poi cominciammo a uscire. Mi sembrava incredibile... tutti quegli anni in cui avevo smesso di sperare e all'improvviso la speranza che mi ero vietato si trasformava in realtà. Era troppo... incredibile. Non ci ho creduto, infatti. 
Mi sono convinto che mi stesse prendendo in giro e ho cambiato città, rinunciando >
Mi guarda. 
C'è una strana luce nei suoi occhi. 
È calda, ma non scotta. 
È profonda, ma non irraggiungibile. 
È luminosa, ma non accecante. 
È un fuoco equilibrato che ti permette di sopravvivere.
È una meraviglia assoluta.
< Come vi siete ritrovati? > sussurro.
Scuote la testa. < Non lo so come è successo. Mi sono ritrovato qui per sbaglio... l'ultima cosa che volevo era fare l'editore di shojo manga e l'ho incontrato. Per un gioco di nomi non ci siamo riconosciuti immedatamente... ma con il tempo ha capito che ero io, malgrado fossero passati dieci anni >
< Lo ami? > la domanda sorge spontanea. E la risposta mi sembra evidente. Ma ho bisogno di sentirglielo dire. Ho bisogno di credere che l'amore sia possibile.
< Sì >
< Diglielo > mormoro alzandomi in piedi. < Fai in modo che lo sappia... domani potresti non poterlo più fare >
< Takahashi-kun > mi chiama. < Ti ho raccontato la mia storia per dirti che a volte ciò che credi sia impossibile, si avvera >
Sorrido.
Sorrido davvero. Mi fa male la faccia perché non è più abituata al gesto da un po', ma ci riesco. Sorrido e annuisco. < Lo so. Grazie > Gli do la lista dei manga che mi ha consegnato Hatori-san e lo ringrazio per tutto. < È il momento che torni a casa >
< Buona fortuna > Il suo sorriso è sincero, lo sguardo preoccupato, ma fiducioso.
< Grazie >
Lasciare questo posto è difficile, ma non è il posto che fa per me. Non ancora.
Il mio posto, soprattutto adesso, è accanto a te.
Quando l'ascensore giunge all'ultimo piano non mi sorprendo di trovare Isaka-san d aspettarmi. Consegna distrattamente delle cartelle al suo segretario, il quale mi saluta con un cenno, e mi viene in contro.
< Allora, Takano-san ha soddisfatto le tue aspettative? >
Sospiro e sorrido. Vedermi sul volto quest'espressione rilassata lo sorprende. Anche me, se è per questo... < Sì, è straordinario. Ma adesso voglio andare a casa >
< Ah, beh, se vuoi ti accompagno. Devo comunque passare da quelle parti >
Asahina-san si intromette. < Veramente ha un meeting tra un'ora >
Isaka-san gli lancia uno sguardo di traverso che non si merita proprio. 
< Ah, Isaka-san... davvero non serve che si disturbi. Posso prendere il treno > In treno ho iniziato questa giornata, è giusto che in treno la termini. < Aikawa-san è ancora con Usagi-san, vero? >
Isaka-san si fa scettico. < Non le piace fare da baby-sitter. Se n'è andata meno di due ore dopo che hai iniziato il lavoro >
Mi abbottono il giubotto in fretta e ingoio le parolacce che vorrei dire. < Allora è meglio che mi sbrighi... >
< Chibi-tan, non ti preoccupare: Akihiko è riuscito a sopravvivere per molti anni prima che arrivassi tu, sai >
< Non sono preoccupato >
Lo so che può sopravvivere senza di me.
E so anche che io non posso sopravvivere senza di lui.
In qualunque caso, quello che rischia di perdere tutto sono io.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Nota di un'autrice un po' distratta
 
 
Ciao a tutti!!
 
Inanzitutto grazie davvero perchè mi seguite. Siete sempre attivi e aumentate di giorno in giorno... grazie, perché a volte penso di non meritarvi...
Per proseguire, a proposito del "non meritarvi", vi chiedo infinitmente scusa se avete dovuto aspettare così tanto per questo capitolo... non posso più essere puntuale e svelta con la pubblicazone come lo ero qualche settimana fa perché sto per ricominciare a lavorare e il mio tempo è a dir poco scarso, perciò, davvero, abbiate un po' di pazienza e fate un respiro profondo... non potete uccidermi prima che finisca la storia dopotutto, no? XD
 
E adesso, dopo avervi detto quanto siete bravi e amabili, spero che abbiate voglia di un po' di note, perché sì... ho davvero bisogno di spiegarvi due o tre cosette.
 
Cominciamo dal titolo del capitolo che chiameremo Nota 0: "Il miglior primo amore del mondo" è la traduzione letterale del giapponese Sekai ichi hatsukoi. Adesso, io so davvero che voi sarete praticamente super informati, ma per quei due divoletti che non lo sapessero... Sekai ichi hatsukoi è l'altro manga del mangaka di Junjou romantica.
Questo assurdo crossover è stato del tutto inaspettato.. stavo pensando ad un modo per far diventare Misaki un po' più speranzoso e ottimista e fargli incontrare Onodera e Takano mi è sembrato una cosa talmente assurda da essere stupenda. Chi mai non lo vorrebbe un crossover tra queste due storie strappa lacrime e tachicardie?!
Così... eccomi qua, a incrociare strade, storie e sentimenti in un groviglio che spero vi faccia uscire un po' più forti.
 
* = Masamune Takano è appunto uno dei protagonisti di Sekai Ichi Hatsukoi, non che un'editore della casa editrice in cui lavora Misaki.
** Yoshikawa Chiharu= è niente meno che lo pseudonimo di Chiaki Yoshino, un mangaka della casa editrice e uno dei personaggi di Sekai..
Mentre Erika Icinose è una mangaka della stessa casa editrice che compare una volta in Sekai insieme a Takano-san.
***Kuso-Usagi= è il modo preferito di Misaki di chiamare il suo Lord Land quando lo fa arrabbiare. Kuso vuol dire fottuto, quindi la traduzione è ovvia: Fottuto Usagi.
****Storyboard= è la rappresentazione grafica che compone la storia finale. Almeno per quanto riguarda la fumetteria. In pratica è una specie di riassunto che chiarisce alla larga la storia.
****** Kisa-san e Hatori-san= sono due colleghi di Takano e Onodera, che partecipano attivamente alla storia Sekai.
******Misa-chan= è il nomignolo che la nostra carinissima Dinda91 ha dato a Misaki nella recensione del capitolo 7 e che a me ha letteralmente strappato un sorriso. Volevo ringraziarti di quel momento <3
 
 
Siccome sto scrivnendo questo capitolo da più di un mese e che davvero non mi va di farvi aspettare oltre per rileggerlo... beh, dai gli do solo un'occhiata, ok? E lo posto immediatamente!
 
Perdonatemi ancora... spero che la storia vi piaccia malgrado l'irruzione degli altri personaggi e che non abbiate nulla di cui lamentarvi perché non ho intenzione di cambiare il genere... la storia non è un crossover... solo questo capitolo XD
 
Spero che stanotte riusciate a dormire e che non rimaniate svegli a maledirmi tutta la notte...
 
Love & Peace
 
Cassie
 
 

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