Come prepararsi al nuovo anno - Les Amis Version

di SmartieMiz
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Secret Santa ***
Capitolo 2: *** Promise ***
Capitolo 3: *** Awareness ***
Capitolo 4: *** Drawings ***
Capitolo 5: *** New Year's Eve ***
Capitolo 6: *** Epilogue ***



Capitolo 1
*** Secret Santa ***


Titolo: Come prepararsi al nuovo anno - Les Amis Version
Rating: verde
Genere: commedia/fluff

Note: Eccomi con la mia prima long (anche se una minilong!) sui Miserabili. E' una AU ed è una commedia, premetto che è un qualcosa di assolutamente insensato e vergognoso nei confronti del povero Hugo xD E' un qualcosa però che ci tenevo tanto a scrivere per Natale (che è passato lol) e per il nuovo anno! :D Dovrebbero essere 4 capitoli in tutto (o forse 3 se non addirittura 5, è ancora da definire) e dovrei pubblicarne uno al giorno o uno ogni due giorni. In caso di imprevisti avviserò prima! Sto scrivendo i capitoli man mano, quindi dovrei potercela fare! Ma ora basta con le chiacchiere... lascio a voi la parola! ♥

 

Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Victor Hugo; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

 


A Ems,
perché è passato così poco tempo ma mi sembra di conoscerti già da tanto.
Per tutti i nostri deliri su Les Mis, per tutti i nostri deliri su TW, per tutte le nostre risate e le cose nosense.
E ovviamente per tutti i nostri deliri su George e Aaron :P
Buon Natale e felice anno nuovo ♥

To the
Grantaire of my Enjolras
 

 

Come prepararsi al nuovo anno - Les Amis Version


I

Secret Santa

 

 

 

Quello ad avere le idee sempre più assurde era Courfeyrac.
Quello a pensare che fossero assurde era sempre Enjolras.
Il Babbo Natale Segreto non è un’idea così bizzarra e fuori dal mondo: un gruppo di amici si organizza e scrive i nomi di ognuno su dei foglietti di carta; il nome viene sorteggiato ed ecco fatto, ognuno deve fare un regalo alla persona che gli è capitata.
La proposta di Courfeyrac era stata accolta con tanto entusiasmo da tutti gli altri membri de Les Amis de l’ABC, ma ovviamente ad Enjolras non piacque neanche un po’.
La sfortuna volle che il sorteggiato di Enjolras fosse Grantaire. Sì, proprio quel Grantaire.
Enjolras si chiese cosa avesse fatto di sbagliato per essere stato punito in quel modo.
«Courfeyrac! Posso parlarti?», gli chiese Enjolras sottovoce.
«Certo!», Courfeyrac e l’amico si appartarono in un angolino: «Allora? Soddisfatto del tuo Babbo Natale Segreto?», gli chiese, gioioso.
Enjolras lo guardò, serio. «Affatto. Mi chiedevo se… se… insomma! Mi chiedevo se vorresti scambiare i nomi…».
«Ma non si può fare!».
«Lo so, ma mi faresti un grosso favore. Già trovo immensamente stupido fare dei regali per Natale dato che una festività così importante è stata trasformata in qualcosa di esclusivamente commerciale, figurati a questa persona… non so proprio cosa regalarle…», la voce di Enjolras era insolitamente supplichevole.
Courfeyrac sorrise, malandrino, perché aveva già capito tutto. «Credo di aver capito il tuo Babbo Natale Segreto e no, mi dispiace, ma non farò cambio, anche perché sono stato fortunato col mio! Ah, e siamo in democrazia e le cose funzionano in un certo modo, quindi niente cambio di nome a prescindere. Queste cose dovresti saperle, mio caro amico!».
Se non fosse stato uno dei suoi migliori amici, probabilmente Enjolras gli avrebbe già spaccato qualcosa in testa.
«Comunque approfittane, ‘Ras, questo può risultare un modo per consolidare la vostra amicizia!», cercò di rinfrancarlo l’amico.
«Ma quale amicizia? Io e quell’ubriacone non abbiamo assolutamente niente in comune!».
Ne conseguì un breve silenzio. Enjolras si portò una mano alla bocca, inutilmente. «Deve essermi sfuggito…».
«Si era capito», Courfeyrac gli fece l’occhiolino: «Dunque… potrei darti qualche consiglio».
«Parla pure».
«Regalagli qualcosa di inaspettato», disse: «Qualcosa che tu non vorresti mai, ma che possa piacere a lui. Funzionerà, fidati», e con un’amichevole pacca sulla spalla, Courfeyrac si dileguò e andò a prendere posto tra Combeferre e Jean Prouvaire, lasciandolo solo e dubbioso.
Nonostante tutto, un’atmosfera serena regnava in quei giorni: le vacanze natalizie erano finalmente iniziate e Parigi era coperta dalla bianca, soffice neve.
Tutti erano visibilmente agitati al Caffè Musain per l’imminente Babbo Natale Segreto e per i giorni a venire.
Courfeyrac stava progettando un mega veglione di Capodanno a villa Pontmercy; Joly e Bossuet parlavano di regali, medicine e ovviamente anche di Musichetta.
«Joly, cosa ti piacerebbe ricevere per Natale? Intendo così, in generale… mica per il Babbo Natale Segreto!», gli chiese Bossuet, mentre beveva una cioccolata calda che sfortunatamente aveva zuccherato fin troppo.
Insomma, poco sgamabile il caro Bossuet.
«Una crema idratante per le mani sarebbe l’ideale. Le vedi? Sono screpolate!», rispose l’interpellato, serio, mostrandogli le sue mani leggermente rovinate dal freddo: «E anche qualcosa per le labbra. Sono assolutamente impresentabili… Musichetta non dovrebbe baciarmi con delle labbra così!».
«… mio caro amico, si dà il caso che Musichetta la baci io questo Capodanno!», gli disse Bossuet scherzando – forse nemmeno tanto –, dandogli una pacca amichevole sulla spalla.
Jean Prouvaire si chiedeva come facessero due migliori amici come Joly e Bossuet a stare con la stessa ragazza, praticamente. Sospirava, mentre scriveva versi natalizi sul suo diario.
Feuilly aveva finalmente preso le ferie natalizie e, sollevato, brindò con Bahorel e gli altri amici. Ovviamente Grantaire non si fece sfuggire l’occasione di far scorrere del buon vino nelle cavità più profonde della sua gola.
Un chiacchiericcio allegro inondava l’intero locale; solo Enjolras e Grantaire erano silenziosi, il primo seduto ad un tavolo di fronte al caminetto acceso, l’altro appartato in un angolo a bere in solitudine.
Gli occhi di Enjolras si posarono distrattamente verso quell’angolino. Grantaire gli sorrise, teneramente. «Hey, Apollo».
Enjolras trovava assolutamente maleducato non rispondere, perciò si limitò ad un leggero cenno del capo. Lo vide avvicinarsi a lui. «Vuoi? Fa freddo, ti riscaldi un po’», gli chiese gentilmente porgendogli una bottiglia.
«No, non bevo. Ti ringrazio», gli rispose semplicemente Enjolras.
Grantaire si limitò ad annuire e a bere un altro sorso.
Più osservava quello scettico e i suoi modi di fare, più si convinceva che un paio di bottiglie di un prestigioso vino potesse essere il regalo migliore che avrebbe potuto fargli.
Poi ricordò il velato suggerimento di Courfeyrac. Qualcosa di inaspettato.
Enjolras pensò di essere troppo duro con Grantaire: in fin dei conti, anche se lo irritava parecchio, quell’ubriacone era sempre così gentile nei suoi confronti.
Sospirò, frustrato. Non sapeva nemmeno perché, ma voleva davvero regalare qualcosa di inaspettato a Grantaire. Ma cosa?
«Ragazzi! Un momento di attenzione!», prese parola Courfeyrac, catturando l’attenzione di tutti i suoi amici su di sé: «Siete tutti liberi il 31, vero?».
«Certo! E chi se lo perde il veglione a villa Pontmercy!», rispose Bahorel per tutti.
«Io vorrei ma…».
«No, Jehan, non se ne parla! Siamo tutti amici, non c’è niente di cui vergognarsi e tu verrai con me!», Courfeyrac precedette Jean Prouvaire, sorridendogli calorosamente. Jehan arrossì vistosamente.
«Non mancherò. Sarà divertente sbronzarci tutti insieme», disse Grantaire.
«Io non posso, ho da fare», parlò Enjolras.
Un lungo silenzio inondò la sala.
«Ovvero?», osò chiedere Courfeyrac: «Non rispondermi con devo studiare per il prossimo esame che è a fine gennaio che ti picchio».
«Picchiami, allora».
Scoppiò il putiferio.
«Ma ‘Ras! Fatti una vita!», Bahorel era sempre molto diretto.
«Ci divertiremo!», cercò di convincerlo Feuilly: «Verrò anche io nonostante siano tutti più giovani di me, ma cosa importa? Si sta tra amici!».
«Persino io vengo!», aggiunse Jehan, guadagnandosi il sorrisetto soddisfatto di Courfeyrac che l’aveva convinto.
«Ragazzi, il problema non è convincermi! Devo studiare, non posso venire, mi dispiace».
«Ti dispiace eccome!», ridacchiò Grantaire, bevendo ancora.
Ecco. Era in momenti come quelli che Enjolras gli avrebbe spaccato volentieri una bottiglia in testa.
«Enjolras, io e ‘Ferre ti conosciamo dall’asilo. Non puoi mentirci», lo sguardo di Courfeyrac era spaventosamente severo.
«Non lo conosco dall’asilo come voi ma è così evidente il suo dispiacere!», continuò Grantaire ironico.
Enjolras ne aveva abbastanza. «Taci, Grantaire, dici soltanto stupidaggini dalla mattina alla sera».
«Dico sempre la verità», rispose quello, poi, divertito, alzò in alto il bicchiere e disse: «In vino veritas!».
«’Ras, tu devi venire», asserì Courfeyrac.
«Siamo in democrazia, no? Sono libero di scegliere se venire o meno!», senza nemmeno accorgersene, il sorriso di Enjolras era diventato fin troppo soddisfatto.
«… ma sto organizzando questa festa da mesi! Volevo ci fossero tutti», rispose Courfeyrac, quasi rattristito: «… e tu non vuoi far dispiacere il tuo migliore amico, vero?».
Certo che quel Courfeyrac giocava d’astuzia.
«Non è il mio genere di cose», rispose Enjolras, sincero.
«Suvvia, berrai un po’ e non ci penserai nemmeno!», quel che per Grantaire sembrava un incoraggiamento fu assolutamente la cosa contraria per Enjolras che rispose con un secco: «Io non bevo come te».
«E non berrai, ma vieni, perlomeno!», cercò di persuaderlo Courfeyrac: «Staremo tutti insieme!».
«Potrebbe anche essere il nostro ultimo Capodanno tutti insieme», Joly si intromise nella conversazione: «Potrei lasciarci la pelle! Vedete? Sto sempre peggio!».
«È vero!», concordò Bossuet: «Joly è sempre raffreddato, ormai».
«Avanti, ‘Ras, vieni anche tu!», Combeferre parlò per la prima volta in quella giornata, chiudendo il libro che stava leggendo: «Capodanno è soltanto una volta all’anno, te lo dico io che ho un esame subito dopo l’epifania!».
Enjolras sospirò: perché si fossilizzavano su di lui? Non potevano “divertirsi” ugualmente a quella stupida festa anche senza di lui? Ad Enjolras non sarebbe di certo dispiaciuto.
E invece no: il caro amico Courfeyrac e il resto de Les Amis de l’ABC ci tenevano a movimentare la sua vita. Come se ad Enjolras importasse davvero qualcosa. Aveva altro a cui pensare: aveva un sistema scolastico da tutelare e delle proteste da attuare!
«Ci penserò», rispose per troncare l’argomento: «Ora dovrei andare, ho delle faccende da sistemare. Ci si vede domani!».
«A domani, ‘Ras!», lo salutarono gli amici.
«E comunque non mi sfuggirai: ti tengo d’occhio, rivoluzionario!», Courfeyrac lo guardò minaccioso, puntando le dita sulla fronte per poi indirizzarle verso di lui.
Enjolras non aveva mai visto Courfeyrac così esaltato.
Doveva averne paura.




Angolo della matta che scrive queste cose Autrice

Salve! Innanzitutto porgo di nuovo le mie scuse a Victor Hugo e vi porgo i miei auguri di Natale in ritardo lol xD, e tanti auguri di un felice anno nuovo! :D
Questa cosina che sto pubblicando è assolutamente una commedia natalizia e post-feste di Natale(?) che ha l'obiettivo di strappare un piccolo sorriso, lol. Spero vi piaccia! ♥
Sarei felice di sapere cosa ne pensate! :D
Il prossimo capitolo dovrebbe arrivare domani, è quasi finito!
Alla prossima ♥
Marta_Gleek

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Capitolo 2
*** Promise ***


Titolo: Come prepararsi al nuovo anno - Les Amis Version
Rating: verde
Genere: commedia/fluff

Note: Ed eccomi con il secondo capitolo, come promesso! Sarebbe dovuto essere più lungo, ma forse ho deciso di dividerlo in due parti (per come stanno andando le cose, credo che questa minilong sarà composta da più di 4 capitoli xD). Spero vi piaccia e... lascio di nuovo a voi la parola ♥

 

Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Victor Hugo; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.



 

Come prepararsi al nuovo anno - Les Amis Version


II

Promise

 

 

Mancava soltanto un giorno alla vigilia di Natale e all’apertura dei regali per il Babbo Natale Segreto ed Enjolras ancora non aveva trovato un regalo per Grantaire.
Quella parvenza di desiderio di volergli regalare qualcosa di carino per Natale scomparve del tutto: Enjolras si diede dell’imbecille nell’aver soltanto lontanamente pensato ad una cosa del genere.
Quel giorno erano al Caffè Musain come tutti gli altri giorni; Natale non era nemmeno arrivato e già non si faceva altro che parlare della grande festa di Capodanno a Villa Pontmercy.
«Ma in tutto questo, Marius lo sa?», chiese improvvisamente Jean Prouvaire con innocenza: «Non si sta facendo vedere da un sacco di tempo…».
«Ovvio che sa tutto, mi tengo sempre in contatto con lui!», rispose pronto Courfeyrac, mostrando fieramente tutti gli sms tra lui e Pontmercy: «E comunque penso sappiate tutti perché si sta assentando ai nostri incontri».
«Perché?», chiese Feuilly, incuriosito.
«Cosette», fu la risposta di Courfeyrac: «Ormai non fa altro che uscire con lei!».
«Oh, l’amore!», esclamò Jehan, con gli occhi luminosi.
«A proposito… può venire anche Musichetta alla festa?», chiese inaspettatamente Joly.
«Certo! L’avevo già contata», rispose Courfeyrac: «E ho segnato anche Eponine».
Quando sentì pronunciare quel nome, Combeferre alzò finalmente il volto dal libro di filosofia che stava leggendo. «Sì, mio caro ‘Ferre, proprio lei, Eponine Thénardier!», lo precedette Courfeyrac: «Vedi? Il tuo amico ti pensa sempre!».
Combeferre arrossì leggermente. «Mi farebbe davvero piacere se venisse», disse, infine.
Ogni volta che si parlava di ragazze, Enjolras sbuffava e roteava gli occhi al cielo. Più che Capodanno, sembrava stessero parlando di San Valentino: ogni occasione era buona per parlare delle loro amate mesdemoiselles. Non ne poteva più di Musichetta, Cosette, Eponine e gente bella.
«Apollo! Hey!».
E di Grantaire.
«Che vuoi?», Enjolras non si voltò nemmeno.
«Certo che bel marmo che sei! Mi rispondi subito male!», lo ammonì Grantaire.
Questa volta aveva ragione.
«Scusami, è vero. Dunque, che vuoi?», Enjolras cercò di addolcire il tono con scarsi risultati.
«Sappi che apprezzo comunque lo sforzo», sorrise Grantaire.
«Non mi sono affatto sforzato».
«Comunque non volevo niente», continuò lo scettico, quasi amareggiato: «volevo soltanto salutarti, ma ovviamente per te è impensabile che io voglia semplicemente dirti ciao così, perché mi va. Non volevo offrirti qualcosa da bere come l’altra volta e non volevo nemmeno scherzare o deridere i tuoi progetti futuri. Soltanto un semplice ed insulso ciao!».
Dire che dopo quelle parole Enjolras si sentiva strano era dir poco. Non lo avrebbe mai ammesso di essersi sentito in colpa nei confronti di Grantaire almeno un secondo della sua vita.
«Non sono così orribile come tu credi. Anch’io ho un cuore e posso offendermi», aggiunse Grantaire, corrucciato, per poi andare via.
In un primo momento, Enjolras rimase immobile, quasi confuso. Poi uscì dal Caffè Musain e provò a richiamarlo: «Grantaire, aspetta!», ma Grantaire non lo ascoltò.
Enjolras camminò velocemente, correndo verso di lui e riuscendo a raggiungerlo: la neve intralciava le sue mosse e fu così che intelligentemente inciampò. Non senza essergli prima caduto addosso, ovvio.
Si sentiva tanto Bossuet: in quei giorni tutte le sventure capitavano a lui.
«Scusami! Ti ho fatto male?», gli chiese Enjolras mortificato, completamente steso a terra.
«No, è tutto a posto», rispose Grantaire sopra di lui, il respiro così vicino al suo volto.
Cadde inevitabilmente un silenzio imbarazzante. Enjolras sentì le proprie guance prender fuoco. Avrebbe voluto intimare a Grantaire di levarsi immediatamente di dosso, ma la sua bocca non emetteva alcun suono.
Dal canto suo, Grantaire si era incantato nel fissare il ragazzo sotto di lui e le sue labbra soffici e rosse, degne di un bacio.
«Hai della neve tra i capelli», disse Grantaire, improvvisamente: «Ti aiuto a toglierla».
«Posso fare anche da solo se ti levi di dosso, grazie!», rispose finalmente Enjolras, facendo scostare il ragazzo e alzandosi da terra.
A Grantaire non sfuggì il rossore sul volto del ragazzo. Era persino più bello.
«Mi dici cosa vuoi? Perché cavolo mi guardi?», Enjolras era visibilmente irritato.
Sì, proprio lui, Enjolras, quello così calmo e pacato ma che con lui perdeva assolutamente le staffe.
«Sai per Natale che regalo potresti farmi?», disse Grantaire, terribilmente serio come non mai: «Provare ad essere un po’ più gentile nei miei confronti, non chiedo altro!».
Enjolras non seppe cosa dire. Odiava quella sensazione: ultimamente Grantaire lo stava lasciando sempre senza parole e, dato che odiava quella situazione, si ritrovava ad odiarlo ancora di più.
Eppure era lui quello che stava sbagliando. Grantaire aveva perfettamente ragione.
«Non puoi saperlo se mi sei capitato proprio tu nel sorteggio…».
Enjolras si diede dell’idiota: una risposta più imbecille no, eh?
A quelle parole, lo sguardo di Grantaire si trasformò in un’occhiata piena di sdegno. «“Ma quale amicizia? Io e quell’ubriacone non abbiamo assolutamente niente in comune!”», rispose: «Pensi davvero che non ti abbia sentito l’altro giorno? Di ubriacone nel gruppo ce n’è uno solo. Inizialmente ho fatto finta di niente, ma quando è troppo è troppo. Sono stufo di questa situazione. Sono stufo di te. Cerca di scendere un po’ dal piedistallo e ogni tanto posa la tua corona d’alloro, Apollo».
Pronunciò l’ultima frase con sdegno, lo stesso sdegno che traspariva dagli sguardi e dalle parole di Enjolras rivolte a lui.
Enjolras continuava a guardarlo, senza dire una parola. Grantaire lo guardò, quasi soddisfatto. «Hai perso la lingua? Ti ho spiazzato, per una volta? Ebbene, anche l’ubriacone scettico e incapace di credere e di pensare ogni tanto caccia gli artigli. Forse un po’ in ritardo, ma l’ha fatto».
Grantaire andò via ed Enjolras, anziché umiliarsi o infuriarsi, si ritrovò a riflettere.
Il ragazzo non si era portato dietro nemmeno la sua bottiglia di vino.
La situazione doveva essere alquanto grave.
Enjolras si odiò per non aver trovato qualcosa da dire al momento giusto.
Enjolras, che cosa volevi dire se per una volta ha completamente ragione?, pensò.
 
«Sono un perfetto party planner!».
«Delle case altrui».
«Marius, mi hai dato il permesso!».
Alle parole del suo amico Courfeyrac, Marius Pontmercy rise. «Sarà una festa fantastica, lo sento. Forse verrà anche Cosette».
«Sarà fantastica perché l’ha organizzata il tuo caro amico Courfeyrac, non perché verrà la tua adorata Cosette», scherzò l’amico.
«Pure per questo», sorrise Marius, poi sospirò: «Mi chiedo però come faccia Cosette a convincere suo padre a farla venire. So che suo padre è un tipo molto protettivo!».
«Spero verrà, così non ne parli assiduamente. Non oso immaginare Enjolras cosa possa fare quando ti sentirà gemere e sospirare per lei».
«Enjolras? Mi prendi in giro?».
Se solo Courfeyrac avesse potuto vedere la faccia sorpresa di Marius dall’altra parte del telefono!
«Sto provando a convincerlo, altrimenti verrà con la forza», Courfeyrac sorrise, sadico.
«Non verrà mai, neanche sottotortura, te lo dico io».
«Invece ti dico che verrà!», rispose Courfeyrac, fiducioso: «È il nostro primo Capodanno tutti insieme ed è organizzato da me, non può perderselo!».
«Domani è Natale e stiamo già pensando a Capodanno», cambiò argomento Marius.
«Giusto! Domani scopriremo i nostri Babbi Natale Segreti», fece Courfeyrac: «A te chi è capitato?».
«Ma non si può dire, Courf!».
«E dai! A me puoi dirlo!».
«Giochi sporco».
«Sono curioso, è totalmente diverso, mon ami».
«E secondo te?».
«Qualcosa mi dice Bahorel».
«Magari!».
«Okay, allora Enjolras».
«Esattamente».
«Le mie condoglianze».
«Credo di essere l’unico a non aver ancora trovato un regalo adatto».
«Io invece non credo sia così».
 
Infatti chi poteva essere l’unico – eccetto Marius – a non aver ancora trovato il regalo perfetto il giorno della vigilia di Natale?
Enjolras maledisse prima se stesso e poi Courfeyrac – l’artefice di tutto – per l’ennesima volta in quella giornata. Odiava fare le cose frettolosamente: aveva avuto un paio di giorni di tempo, ma quel Grantaire era impossibile anche nella scelta di un regalo. E poi cosa avrebbe potuto mai regalargli dopo quella discussione? Forse era meglio presentarsi a mani vuote, avrebbe fatto più bella figura.
Ecco un altro motivo del perché Enjolras detestava tutte quelle cose di carattere commerciale legate al Natale.
Erano le quattro del pomeriggio. Alle sei si sarebbe incontrato con i suoi amici al Caffè Musain e alle sette sarebbe dovuto tornare a casa per essere sottoposto ad un noioso e interminabile cenone con una miriade di parenti che nemmeno conosceva.
Aveva due ore a disposizione per pensare a Grantaire.
Aveva due ore a disposizione per disperarsi.
Qualcosa di inaspettato.
Le parole di Courfeyrac gli frullavano in testa.
Sono stufo di questa situazione. Sono stufo di te.
Le parole di Grantaire, come quelle di Courfeyrac, erano impresse nella sua mente.
Innanzitutto doveva scusarsi con Grantaire: nient’altro avrebbe avuto senso.
Non sarebbero state scuse di formalità, ma scuse sincere: sarebbe stato duro ammetterlo, ma Enjolras era consapevole di essere fin troppo severo nei confronti di Grantaire.
Fece qualcosa che non avrebbe mai pensato di fare.
 
Adesso ti trovo a casa? – Enjolras
 
L’sms di Grantaire arrivò dopo qualche minuto.
 
Sì. Sai almeno dove abito? – Grantaire
 
Sì. – Enjolras
 
Grantaire era arrabbiato ed euforico allo stesso tempo. Arrabbiato per quel che era accaduto, euforico perché Enjolras lo aveva cercato per dirgli qualcosa. Forse non gli importava nemmeno tanto cosa volesse dirgli, tanta era l’eccitazione che provava in quel momento.
Quando qualcuno bussò alla porta, aprì inconsciamente senza nemmeno chiedere chi fosse.
«Ciao, Grantaire», lo salutò Enjolras: «Buona Vigilia».
Grantaire si limitò a fargli cenno di entrare in casa. Enjolras rifletté per qualche minuto per poter trovare le parole giuste.
«Grantaire…», iniziò a dire, le guance completamente rosse per l’imbarazzo. Aveva come l’impressione che quel Grantaire gli facesse provare sensazioni a lui del tutto sconosciute: dov’erano finite la sua sicurezza e la sua fierezza?
«Guarda che so il mio nome», fece quello, cinico.
«Sto provando a formulare una frase di senso compiuto», rispose Enjolras, quasi con acidità.
«Ti aspetto. Hai un bel po’ di tempo, i miei genitori arrivano più tardi», continuò quello, con amara ironia.
«Andiamo insieme al Caffè Musain alle sei?», chiese così Enjolras, inaspettatamente.
In verità, nessuno dei due si aspettava una proposta del genere.
«Va bene. Questo solo volevi chiedermi?», chiese Grantaire, stupito.
«No. Mi dispiace, ecco. Voglio chiederti scusa», finalmente disse Enjolras, sostenendo lo sguardo dell’altro nonostante quel forte senso di impaccio che l’aveva colpito in modo tremendo.
Grantaire alzò il capo verso di lui, incredulo. «Eh? Il dio greco si è davvero scusato con l’ubriacone? Me la segno sul calendario!», disse, cinico.
«Sei irritante, per me è già difficile ammettere di avere sbagliato e tu mi provochi. Lasciami parlare, di grazia», rispose Enjolras, gelido.
Grantaire non disse niente; lo rispettò.
«Con poche parole sei stato capace di farmi riflettere e di ammettere che sì, è vero, non ti meriti questo trattamento da me. Posso non essere d’accordo con te, posso essere inorridito dal tuo atteggiamento, ma non posso non riconoscere la tua gentilezza e il rispetto che mi hai sempre dimostrato», fece Enjolras.
Grantaire lo guardò con quell’inspiegabile dolcezza, quasi come se volesse incitare Enjolras a parlare senza timore.
«Sono sempre stato molto duro con te, è vero, e mi dispiace. Non ci siamo mai ritrovati proprio perché siamo gli esatti opposti, Grantaire. Più di scusa non so che dirti. Non ti prometto di certo che diventeremo grandi amici, lo sai, ma magari possiamo provare ad avere un rapporto pacifico e solidale. Se lo vuoi anche tu, ovviamente».
Enjolras si sorprese di se stesso: un rapporto pacifico e solidale? Da quando desiderava avere un rapporto tranquillo con Grantaire? Non aveva mai desiderato avere un contatto con lui e ora parlava di una tregua? Era decisamente uscito fuori di testa.
«Una sorta di… armistizio, come lo chiameresti tu?», chiese Grantaire, facendo sorridere Enjolras.
Non doveva fare certe battute. Era ancora più bello quando sorrideva…
«D’accordo, chiamiamolo così», fece Enjolras, sinceramente divertito: «Affare fatto?».
«Scuse accettate. Affare fatto, Apollo».
Enjolras gli sorrise lievemente e gli porse giocosamente la mano, quasi in segno di promessa.
«Ora però devo andare, ho una faccenda da sistemare. Passo più tardi così andiamo al Musain, va bene?», gli chiese Enjolras.
«Ho capito tutto e no, non preoccuparti, non ce n’è affatto bisogno, Enjolras. Il regalo più bello che potessi ricevere per Natale l’ho già ricevuto: questa promessa».

 
 




Angolo della matta che scrive queste cose Autrice

Salve! :D
Ed eccomi, ce l'ho fatta con il secondo capitolo! ^_^
Abbiamo anche Marius e vengono nominate Cosette ed Eponine! E, come vedete, un piccolo accenno alla Combeferre/Eponine... ^-^ ♥
E poi abbiamo la scena della neve *w* (sì, lo ammetto, avrei voluto insercirci un bacio xD) e la "lite" tra Grantaire ed Enjolras con tanto di "tregua" e feelings. Grantaire esplode ed Enjolras trova una specie di compromesso. Però! xD *w*
Nel prossimo capitolo finalmente scarteremo questi regali, sì xD Spero di poterlo pubblicare per domani, ma ne dubito.
Spero vi sia piaciuto e vi do appuntamento al prossimo ♥
Marta_Gleek

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Capitolo 3
*** Awareness ***


Titolo: Come prepararsi al nuovo anno - Les Amis Version
Rating: verde
Genere: commedia/fluff

Note: Ecco il terzo capitolo! Mi scuso per i due giorni di ritardo, ma alla fine sono riuscita ad aggiornare! :D Questo capitolo è un po' il continuo dell'altro in quanto è ancora la vigilia di Natale! Vi invito ad indovinare i diversi Babbi Natale Segreti e, perché no, anche i regali u.u :P
Alcuni avvisi e chiarimenti li trovate alla fine nell'Angolo Autrice. Lascio a voi la parola, spero vi piaccia! ♥

 

Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Victor Hugo; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.



 

Come prepararsi al nuovo anno - Les Amis Version


III

Awareness

 

 

Marius farà tardi. Dove sei? ;) – Courf
 
Sono proprio dietro di te! :) – Jehan
 
«Hey!».
Courfeyrac si voltò verso quella voce. «Jehan! Ma come siamo allegri oggi…», gli disse, con un sorriso.
Jean Prouvaire ricambiò, dolcemente. «Questo periodo di feste mi mette sempre di buonumore», si giustificò, poi lo abbracciò: «Buona vigilia, Courf».
«Buona vigilia anche a te, amico».
Courfeyrac lo strinse fortemente a sé. Ancora una volta, Jehan realizzò di star bene tra le sue braccia. Arrossì tremendamente a quel pensiero.
«Marius è in ritardo», sbuffò Courfeyrac quando sciolse l’abbraccio: «come sempre».
«Pazienza, aspettiamolo ancora un po’», lo incoraggiò l’amico.
Courfeyrac annuì. «Jehan?».
«Sì?».
«Ti senti bene?».
«Certo, perché me lo chiedi?».
«Ti vedo rosso in viso».
Jehan sarebbe voluto sprofondare sottoterra in quel momento.
«F-fa caldo», Jehan balbettò dicendo la prima cosa che gli venisse in mente, sciogliendo anche la sciarpa che indossava al collo.
La prima cosa più imbecille che gli venisse in mente, ovviamente.
«Con questo freddo?», chiese infatti Courfeyrac sbalordito.
«Ehm… sì», concluse Jehan con un sorriso imbarazzato, poi sviò l’argomento: «Puoi inviare un sms a Marius? Tra meno di cinque minuti dovremmo essere al Musain…».
 
Alle sei in punto, al Musain c’erano soltanto Enjolras e Grantaire.
«Grazie a te oggi sono perfettamente in orario», asserì Grantaire.
Enjolras scosse il capo, divertito.
Gibelotte aveva visto Grantaire e perciò aveva lasciato un paio di birre sul tavolo. Il ragazzo le stava fissando, con occhi bramosi.
«Vuoi bere una birra con me?», gli chiese Grantaire, gentilmente.
Enjolras sospirò. «Grantaire».
«Sì?».
Lo sguardo di Enjolras era serio. «Potresti non bere, per una volta?».
«È come se mi chiedessi di non respirare», lo sguardo di Grantaire divenne improvvisamente cupo: «… non ce la potrei fare».
«Ti fa male, lo dico per te».
«Pensi che non lo sappia?».
«Ma continui a farlo».
«Mi piace, che male c’è? Ne sono consapevole».
«Non voglio che ti distruggi e che ti rifugi nell’alcool per non affrontare quel che ti circonda».
Grantaire quasi sgranò gli occhi. Quelle parole lo avevano colpito nel profondo. Enjolras dovette accorgersene.
«Non vuoi tu?», chiese infatti lo scettico. «Ti interessa davvero?», osò chiedere.
Enjolras stava per dir qualcosa quando vide Combeferre, Bahorel, Feuilly, Courfeyrac, Jehan e Marius entrare nel locale.
Grantaire maledisse l’arrivo dei suoi amici. Enjolras, al contrario, si ritrovò a ringraziare persino Marius che non era arrivato in estremo ritardo come suo solito.
«Io e te dobbiamo parlare», gli aveva sussurrato Grantaire all’orecchio, provocandogli un piccolo brivido lungo la schiena. Non si era arreso: voleva capire.
«Chi manca?», chiese Marius.
«Joly e Bossuet», rispose Courfeyrac, poi disse: «Sono così curioso di sapere chi è il mio Babbo Natale Segreto!».
«Anch’io!», concordò Jehan.
Enjolras, scocciato, alzò gli occhi al cielo, tornando quello di sempre.
Joly e Bossuet finalmente arrivarono.
«Mancavate soltanto voi!», notò Feuilly.
«Questa volta Marius vi ha battuto!», rise Courfeyrac.
«Ehi!».
«Sì, scusate il ritardo, colpa mia! Avevo dimenticato il regalo a casa e sono dovuto risalire!», esordì Bossuet.
«Bossuet, sei sempre il solito», sorrise Courfeyrac, poi incominciò a dare indicazioni: «mettete anche i vostri regali in quella busta, così li peschiamo!».
I nuovi arrivati fecero come detto. Fu Feuilly ad offrirsi di pescare i regali.
«Questo è per Bahorel!», iniziò, porgendo un pacchetto rosso al ragazzo: «Buona fortuna!».
Bahorel scartò il regalo e vi trovò un libro… di diritto? Non si soffermò nemmeno a capire di che cosa trattasse. «Secondo me il mio Babbo Natale Segreto è Combeferre, ci metterei la mano sul fuoco».
«Indovinato!», sorrise Combeferre, entusiasta: «Allora? Che ne pensi? Sono stato ore a decidere quale libro regalarti e ho trovato questa lettura abbastanza leggera, sono certo che ti piaccia!».
Una lettura abbastanza leggera. Per Combeferre anche un trattato della peste nel ‘600 era qualcosa di leggero.
«Ma grazie! Lo leggerò sicuro, contaci», c’era ironia nelle parole di Bahorel, ma nonostante tutto aveva apprezzato lo sforzo.
Feuilly pescò un altro pacchetto.
«Questo è per l’artefice di questa pagliacciata», scherzò.
Courfeyrac si mise sull’attenti e, come un bambino il giorno di Natale, scartò frettolosamente il suo regalo e vi trovò una sciarpa bianca e nera molto calda e soffice.
«Ma è bellissima!», esclamò il ragazzo, provandosela immediatamente: «E mi sta divinamente!».
Les Amis de l’ABC si trattennero dal ridere.
«Sapete che non ho idea di chi sia il mio Babbo Natale Segreto?», disse Courfeyrac, sincero: «So solo che chiunque sia, ha davvero buon gusto».
«Prova ad indovinare», lo incitò Bahorel.
«Jehan?».
«No», rispose l’interessato.
«Bossuet?».
«Neanche».
«Non voglio crederci… Joly?».
«Sì», rispose il ragazzo: «Avevo pensato di regalarti qualcosa per la tosse o per il raffreddore, malesseri che colpiscono frequentemente le persone in particolar modo in inverno, ma poi ho pensato che avresti apprezzato di più una sciarpa che delle medicine, così ti copri bene e previeni questi malanni».
Les Amis risero, divertiti da quella spiegazione. «Grazie Jolllly, è bellissima», sorrise Courfeyrac.
«E adesso…», Feuilly pescò un altro regalo: «… oh, questo è per me!».
Il giovane aprì il proprio regalo e vi trovò dei libri. Gli bastò leggere qualcosa come Storia della Polonia affinché i compagni potessero scorgere un bagliore nei suoi occhi.
«Grazie! Li leggerò tutti d’un fiato! Secondo me Combeferre è il mio Babbo Natale Segreto!», provò ad indovinare Feuilly.
«Non può essere, è stato detto proprio all’inizio!», replicò Courfeyrac.
«Ah giusto! Allora Jehan».
«No».
«Enjolras?».
«No, non sono io».
«… forse Courfeyrac?».
«No!».
«Bahorel?».
«Sì».
«Ti ringrazio, caro!».
Les Amis si fecero le migliori risate al turno di Bossuet. Scartò il pacchetto e vi trovò una boccettina di profumo.
«Oh grazie! Ma che buono, è davvero una bella fragran… oh».
Il profumo era a terra. In frantumi.
Gibelotte accorse subito per dare una pulita, mentre Courfeyrac e Bahorel sghignazzavano in un modo piuttosto inquietante.
«Mi spiace!», disse Bossuet alla donna.
«Non preoccuparti, son cose che capitano», disse lei con un piccolo sorriso, assorbendo con un panno il contenuto del profumo e raccogliendo i cocci di vetro.
«Ragazzi, comunque non fa niente, basta il pensiero!», Bossuet ci rise sopra: «Qualcosa mi dice che me l’ha regalato Grantaire».
«No, non ti avrei mai regalato qualcosa di fragile! Sapevo che l’avresti rotto», rispose quello, con un sorriso.
Bossuet elencò tutti i nomi dei suoi amici senza indovinare il suo Babbo Natale Segreto che, per suo stupore, era Feuilly.
Feuilly pescò l’ennesimo regalo. «Non c’è bisogno di leggere per chi è il regalo: la busta è quella della farmacia che si trova all’angolo della strada!», disse, con un piccolo sorriso.
«Per Joly, allora!», esclamò intelligentemente Marius.
Il regalo di Joly consisteva in una crema idratante per le mani, caramelle per la gola e un burro di cacao alla vaniglia. «Senz’altro Bossuet: tu sì che mi conosci a fondo, amico mio».
«Questo è per Marius!», esclamò Feuilly, porgendo una bustina sottilissima al ragazzo.
Marius, incuriosito, estrasse ciò che c’era nella bustina: tre buoni da due persone ciascuno per bere gratuitamente in alcuni locali di Parigi.
«… Grantaire?», chiese Marius. 
«Sì! Usali pure per te e la tua Mariette, mi raccomando: mi è costato tanto cederteli!», disse il ragazzo, semplicemente.
Marius ringraziò con un sorriso imbarazzato, pensando intanto a come sbarazzarsi di quei buoni.
«Enjolras!», disse Feuilly, porgendo una busta rossa al ragazzo.
«Uh-uh, sono curioso!», esclamò Courfeyrac, beccandosi l’occhiata truce di Enjolras.
Enjolras non l’avrebbe mai ammesso, ma rimase piacevolmente sorpreso del regalo ricevuto: una felpa rossa con la stampa La Patrie ou la Mort.
Se la sarebbe messa e non se la sarebbe tolta più di dosso. Sicuro.
«Grazie», disse Enjolras: «Lo apprezzo».
«Allora?», disse Bahorel.
«Non ne ho idea».
«E dici un nome!».
«Courfeyrac?».
«No».
«Grantaire, tu?», chiese Enjolras rivolgendosi al ragazzo che, con un sorriso, scosse il capo.
«Ti restano Jehan e Marius», lo sfidò Courfeyrac.
«Jehan».
«No».
Enjolras trattenne un’espressione piena di stupore. «Pontmercy? Ma davvero?».
«Bella, vero?», disse Marius, entusiasta: «Scommetto che la indosserai ogni giorno!».
Dopo quella frase pronunciata da quell’essere, l’avrebbe volentieri lanciata nel caminetto e lasciata bruciare dalle fiamme.
«Mi complimento per l’audace scelta, Pontmercy. Ti ringrazio», si limitò a dire Enjolras, pur di non dargliela per vinta.
Il regalo di Combeferre consisteva in alcune letture impegnative sulla filosofia e altre sulla medicina. Apprezzò moltissimo il regalo e subito indovinò che il suo Babbo Natale Segreto era Jean Prouvaire, altro amante e divoratore di libri come lui.
Dopo Combeferre, fu proprio il suo turno.
Quando Jehan scartò il regalo, i suoi occhi si illuminarono: una vasta e superba raccolta di poesie italiane era tra le sue mani.
«Courfeyrac?», disse, semplicemente, mentre sfogliava le pagine, quasi come se fosse ipnotizzato.
«Sì!».
«Io… io non so davvero com…».
«Non devi ringraziarmi», lo fermò Courfeyrac con un sorriso dolce e caloroso: «Sappiamo tutti che ami leggere e scrivere e che ami le poesie più di ogni altra cosa al mondo. Mi auguro che il prossimo libro che avrai tra le mani sia il tuo, perché io credo in te e nelle tue capacità!».
Jean Prouvaire era arrossito: non per la timidezza, ma per l’emozione; poté sentire il cuore balzargli prepotentemente dal petto.
Jehan, a corto di parole, abbracciò Courfeyrac quasi istintivamente.
«Grazie», gli sussurrò.
«Di niente, Jehan».
Mancava soltanto l’ultimo regalo, ovvero quello di Grantaire da parte di Enjolras.
Grantaire stava morendo dalla curiosità; il desiderio di sapere cosa si celasse in quel pacchetto rosso superava la sua gran voglia di bere. Scartò il regalo ed ebbe una reazione simile a quella di Jean Prouvaire: un set da disegno nuovo di zecca era davanti ai suoi occhi. Matite ben temperate di diversa durezza, fogli, acquerelli, carboncini colorati.
Il suo mondo.
«È bellissimo», disse, sincero: «Grazie, Enjolras».
«Mi fa piacere ti piaccia», rispose l’altro, sommessamente: «Vorrei che continuassi a coltivare questa passione e mi piacerebbe anche vedere qualche tuo disegno, sai?».
C’era assoluta franchezza nelle parole di Enjolras. Senza nemmeno rendersene conto, Enjolras voleva davvero conoscere Grantaire; non voleva limitarsi a quello che vedeva esternamente, ovvero un ragazzo con in mano sempre una birra o una bottiglia di vino. Sapeva che in quel Grantaire poteva esserci dell’altro: non credeva in niente, non aveva né ideali né principi, ma era un ragazzo intelligente di cui forse valeva la pena imparare qualcosa.
Grantaire, invece, non aveva bisogno di chiarire nient’altro: aveva semplicemente capito che Enjolras ci teneva anche a lui come teneva a tutti i suoi amici, e questa certezza gli bastava.
Alle sette in punto, les Amis dovettero abbandonare il locale. Si scambiarono gli auguri di Natale e si salutarono.
Solo Courfeyrac e Jehan dovevano ancora lasciare il Caffè Musain; quest’ultimo aveva chiesto al primo di trattenersi con lui per qualche minuto in più.
«Jehan, devi dirmi qualcosa?», gli chiese Courfeyrac, con il suo sorriso sempre affettuoso e affabile che metteva chiunque a suo agio.
Ma in quel momento, Jehan non era affatto a suo agio e incominciò a vaneggiare nel vero senso della parola.
«No. Cioè, sì! In pratica volevo dirti… cioè, non in pratica, ma in teoria... io… sai… ehm… oh! Perché riesco a scrivere dei miei sentimenti ma non riesco a parlarne? Che rabbia!».
Il sorriso intenerito di Courfeyrac dovuto per l’imbarazzo dell’amico svanì.
Perché riesco a scrivere dei miei sentimenti ma non riesco a parlarne?
In quel momento Courfeyrac era ancor più confuso di Jehan.
«Perdonami. Deliravo», si affrettò a dire Jehan completamente rosso in viso, chinando il capo e mordendosi un labbro.
«Tranquillo».
«Dato che sono incapace di spiccicare due parole, sto per fare qualcosa che sconvolgerà questo Natale… sento di doverlo fare, è ormai diventato un peso che mi opprime, mi soffoca…».
«E fallo», si limitò a dire Courfeyrac, impaziente di scoprire quali fossero le intenzioni dell’amico.
Con audacia e sicurezza, Jehan chiuse gli occhi e baciò Courfeyrac. Fu un bacio dolce e molto delicato, ma abbastanza intenso da poter udire i cuori di entrambi pulsare violentemente nel petto.
«Io vado. Ci sentiamo, ancora buon Natale», gli aveva detto sulle labbra Jehan prima di andare via.
Courfeyrac respirò lentamente, per poi prendere il proprio cellulare.
 
‘Ras. ‘Ferre. Devo parlarvi. – Courf


 
 


Angolo della matta che scrive queste cose Autrice

Salve! :D
Inizio con un piccolo avviso: da domani 3 gennaio fino al 5 non avrò accesso ad Internet e quindi non potrò aggiornare! Ma prometto di scrivere durante questa "pausa", magari cercando di postare il quarto capitolo per il 6 o il 7 se non l'8! D:
Altro piccolo avviso: ancora non so se il prossimo capitolo (ovvero il quarto) sarà l'ultimo o se sarà affiancato da un altro capitolo che potrebbe fare da "epilogo" di questa pazza vicenda xD
E ora passiamo alla storia!
Innanzitutto mi soffermo un po' sul titolo del capitolo che significa consapevolezza, certezza. Non so se si era capito, ma l'ho scelto perché Grantaire ha finalmente la consapevolezza che, insomma, Enjolras non sia poi così cieco nei suoi confronti, ma tiene lui come tiene anche agli altri suoi amici. Ma la certezza è anche di Jehan che, in un modo o nell'altro, riesce a dichiararsi a Courfeyrac. (my Jehan/Courfeyrac feelings! *w* ♥).
E in questo capitolo finalmente scartiamo i regali di questi adorabili pazzoidi xD Eccetto quello di Grantaire (Enjolras), Enjolras (Marius) e Joly (Bossuet) che già sapevamo, avete indovinato qualche altro Babbo Natale Segreto? Son curiosa! xD
Per alcuni di loro, la scelta dei regali è stata dura per me in primis, giuro xD
Combeferre: per lui è stato semplice, ho pensato che dei libri potessero fargli più che piacere! xD
Joly: anche qui è stato molto semplice, conoscendo il tipo xD :)
Feuilly: ecco, per lui mi stavo per strappare i capelli. Nel romanzo dei Miserabili, Feuilly ha imparato da solo a leggere e scrivere. In questa piccola commedia modern! AU! senza pretese, ho pensato che regalargli dei libri fosse un qualcosa di carino, dato che Feuilly fa di tutto per istruirsi e "conoscere". Non so se mi sono spiegata, lol xD :P
Bahorel: anche qui avevo qualche problema. Alla fine ho riflettuto sui suoi studi e al fatto che lui non abbia nessuna aspirazione ad inserirsi nell'ambito che studia. Ecco spiegato il libro di diritto regalatogli da Combeferre xD
Bossuet: altro piccolo problema. Mi serviva qualcosa che si rompesse e il profumo è stata la prima cosa che mi sia venuta in testa xD
Jehan: è stato molto semplice: un libro di poesie italiane! Perché Jehan conosce l'italiano, la letteratura, ama le poesie, quindi... ♥
Courfeyrac: essendo Joly il suo Babbo Natale Segreto, ho sul serio pensato a delle medicine LOL, ma alla fine ho pensato che una sciarpa poteva essere l'ideale! xD
Marius: tre biglietti per bere gratuitamente... sul serio... no comment! xD
Grantaire: Grantaire è impossibile, ed è vero. L'Enjolras che si disperava per fargli il regalo rappresentava un po' me, lo ammetto :P Ho da subito pensato di regalargli qualcosa che avesse a che fare con il disegno. Avevo pensato a delle matite e a dei pennelli, lol, ma poi mi sono detta: perché non regalargli il set completo? xD
Enjolras: felpa rossa con la stampa La Patrie ou la Mort. Anche qui no comment :P
Okay, spero di non avervi scocciato (tendo ad essere logorroica! xD :P) e vi do appuntamento al prossimo capitolo! ♥
Ringrazio tutti coloro che leggono e recensiscono ♥ Lo apprezzo tantissimo!
Alla prossima!
Marta_Gleek

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Capitolo 4
*** Drawings ***


Titolo: Come prepararsi al nuovo anno - Les Amis Version
Rating: verde
Genere: commedia/fluff

Note: Scusatemi per il ritardo immane, ma ci sono! ^.^ Bene, cambio di programma: questo non è l'ultimo capitolo. Dovrebbe esserci un altro capitolo ancora + l'epilogo! A voi la parola ♥

 

Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Victor Hugo; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.



 

Come prepararsi al nuovo anno - Les Amis Version


IV

Drawings

 

 

Courf: Ragazzi!
Enjolras: Cos’è successo?
Ferre: Dicci, Courf!
Courf: Non ci crederete, ma Jehan mi ha baciato!
Ferre: Davvero?
Courf: Lo giuro!
Enjolras: Okay.
Courf: Okay? Cosa sarebbe a dire OKAY?!
Enjolras: E che devo fare?!
Ferre: Piuttosto, Courf… ti è piaciuto?
 
Ed era proprio quella domanda a tormentare Courfeyrac che stava messaggiando con i suoi amici lungo la strada per casa.
Ti è piaciuto?
Sì che gli era piaciuto, ma gli risultava difficile ammetterlo.
Forse piaciuto non era proprio il termine adatto: forse era stato qualcosa in più.
Le sue emozioni, i suoi sentimenti erano in subbuglio.
 
Courf: Sì, ma è stato… strano. Non avevo mai baciato un ragazzo prima d’ora.
Ferre: Lo ami?
 
Amare.
Cosa poteva saperne lui dell’amore?
Courfeyrac amava i suoi amici.
Amava l’ardore, la passione, l’impeto, l’entusiasmo di Enjolras di fronte alle parole libertà, uguaglianza, fratellanza, patria, Francia, nonostante il suo essere esageratamente duro, rigido, severo.
Amava il sapere e la tranquillità di Combeferre, nonostante il suo essere esasperatamente impegnato.
Amava l’umorismo di Bahorel, nonostante il suo essere bellicoso.
Amava la generosità e la volontà d’animo di Feuilly, nonostante il suo essere smisuratamente premuroso.
Amava la bontà di Marius, nonostante il suo essere talvolta imbranato.
Amava l’ironia di Grantaire, nonostante il suo essere costantemente cinico, triste, depresso, rifiutato.
Amava l’ottimismo di Bossuet, nonostante il suo essere sfortunato.
Amava la spensieratezza di Joly, nonostante il suo essere cagionevole.
Amava l’intrepidezza di Jean Prouvaire, nonostante la sua timidezza; anzi, anche quella amava. Amava il suo coraggio e il suo impaccio, la sua audacia e il suo imbarazzo, il suo entusiasmo e la sua dolcezza.
Amava vederlo arrossire. Amava sentirlo farfugliare in preda alle emozioni. Amava anche il suo timido sguardo rivolto verso la punta delle scarpe.
Amava il suo essere romantico. Amava la sua passione, la sua tenerezza. Amava i suoi versi, le sue poesie. Amava i suoi occhi luminosi quando si parlava di qualcosa che lo entusiasmasse, amava i suoi occhi brillanti di fronte alle pagine di un libro. Amava il suo sorriso appena accennato e dolce da star male.
Si rese conto che non c’era una cosa che non amava di quel sublime poeta.
 
Courf: Amare è una parola grossa… è uno degli amici più cari che ho…
 
Courf: Può essere.
 
Ferre: Fai questa prova: non parlargli fino a Capodanno e stai il più lontano possibile da lui. Se senti il bisogno opprimente di dirgli una parola, di vederlo, di abbracciarlo… ne sei innamorato.
 
Enjolras: Che c’entra! Peggiorerebbe le cose! Jehan ne soffrirebbe. E Courfeyrac con lui.
 
Courf: Cosa proponi tu, ‘Ras?
 
Enjolras: Hai chiesto alla persona sbagliata.
 
Courf: Per una volta chiudi un occhio e dammi un consiglio da amico!
 
Enjolras: Parlatene insieme.
 
Courf: Sì, proprio così! “Jehan, è stato strano ma piacevole, non so che dirti!”. Non va bene!
 
Enjolras: Allora potresti provare prima ad ammetterlo a te stesso. Sarebbe già un piccolo passo avanti.
 
Mancavano pochi giorni a Capodanno. Grantaire aveva trascorso le giornate festive nel grigiore della sua camera portando un po’ di luce e colore.
Molto colore.
Bozze e schizzi sparsi per la stanza, come se il pavimento fosse la sua scrivania.
La sua non era una semplice camera, ma il suo atelier.
E poi eccolo lì a terra, all’angolo, il disegno su cui stava lavorando con estrema cura.
L’arrivo di un sms interruppe il suo estro creativo.
Ma gli fece battere forte il cuore.
 
‘Taire, allora ci si vede domani sera alle dieci a casa di Marius! ;) - Courf
 
E si sbagliò.
Sospirò: Enjolras non lo aveva contattato in quei giorni, eccetto per gli auguri di Natale che aveva mandato a tutti.
Si era forse illuso? Apollo si era già scocciato di quell’armistizio?
Non lo sapeva, e forse non voleva neanche saperlo più di tanto perché l’eventuale risposta gli faceva paura.
Avrebbe fatto male.
 
Non mancherò, grazie per avermi ricordato l’orario ;) Apollo? Che fa? – ‘Taire
 
Sai, è ostinato, ma giuro che lo prenderò fin sotto casa ;) – Courf
 
Posso chiederti un favore? – ‘Taire
 
Dimmi – Courf
 
Andrò io da lui. Fidati. – ‘Taire
 
 
Vigilia di Capodanno.
Marius era eccitato: mancava soltanto un’ora alle dieci e all’inizio della grande festa a villa Pontmercy.
Alle nove di sera, Cosette era già fuori casa sua.
«Cosette!», urlò di gioia quando la vide; qualcuno forse lo avrebbe preso per folle, ma era assolutamente normale e comprendibile la sua reazione. Quando la vedeva, il suo cuore si colmava di gioia infinita e gli mancava il fiato.
«Marius, ciao!», Cosette gli sorrise. Marius le si avvicinò nel tentativo di darle un bacio.
Tentativo, esattamente.
«Salve, Marius».
Un uomo di mezz’età e di gradevole e austero aspetto era comparso dietro la bella Cosette.
«Salve, signor Valjean», rispose immediatamente Marius quasi esibendosi in un breve e buffo inchino, tanto era il timore e il rispetto che nutriva nei suoi confronti.
Jean Valjean accennò un sorriso, poi si rivolse alla ragazza. «Mia Cosette, non più tardi della mezza, d’accordo?».
«Ma papà, che veglione è!», lo rimbeccò Cosette.
«Voglio essere tranquillo».
«E tranquillo sarai! Non berrò, lo sai che non è da me. E poi sono al sicuro a casa di Marius, non sto in un locale affollato o in un posto del genere!», argomentò la figlia: «C’è anche suo nonno che ci sorveglia!».
A quelle parole Marius sorrise, imbarazzato. Suo nonno aveva fatto tante storie e Marius lo aveva convinto per miracolo, dicendogli cose del tipo sono giovane e ho il diritto di fare certe cose e di stare in compagnia dei miei amici.
Jean Valjean sospirò, poi si voltò verso Marius e il suo sguardo divenne di nuovo semiserio. «Tu», disse, puntandogli il dito contro: «allo scoccare della mezzanotte ci si bacia, basta. Sono stato chiaro?».
«Papà!», Cosette guardò suo padre con sguardo di rimprovero.
Marius era rosso come un peperone. «Certo, è stato chiaro, signor Valjean».
«Bene», Jean Valjean gli sorrise, dandogli una pacca amichevole sulla spalla, poi fece per andarsene: «Divertitevi, ragazzi. E non in quel senso!».
Cosette sarebbe voluta sprofondare. «Ciao, papà», disse, seria: «Ti manderò un sms».
«Ciao! Buon Capodanno!», e andò via.
La ragazza sospirò. «Mio padre», sbuffò: «è sempre lui».
«È molto premuroso, posso capirlo», rispose Marius.
Ci fu un breve attimo di silenzio, poi Cosette si ritrovò improvvisamente tra le braccia di Marius.
«Marius! Ma che fai!», disse, ridendo.
«Ti porto dentro!», rispose lui con un sorriso.
La sorte volle che entrasse in casa con Cosette tra le braccia e si scontrasse contro lui.
«Marius, non hai dieci anni. Non tormentare le fanciulle».
Monsieur Gillenormand, suo nonno.
 
Enjolras era stato sincero: quella sera stava studiando per quell’esame, anche se di tempo a disposizione per farlo ne aveva abbastanza.
Trovava stupido andare a quella festa. Gli piaceva stare in compagnia dei suoi amici, ma amava anche passare del tempo da solo.
E dato che quella sera non avrebbero discusso della successiva protesta scolastica, trovava inutile sprecare quella serata con giochi, risate e balli.
Trovava stupido sbellicarsi e agitarsi fino a tardi in onore dell’anno nuovo.
Il rumore del campanello di casa lo distrasse dai suoi pensieri.
Alzò gli occhi al cielo: Courfeyrac non poteva davvero essere venuto fin sottocasa!
Enjolras scese le scale e si avvicinò alla porta.
«Chi è?», chiese, quasi minaccioso: «Guarda che se sei Courfeyrac non ho intenzione di aprirti!».
«Sono Marius. A me aprirai?», gli rispose una vocina troppo falsata per essere davvero quella di Pontmercy.
Scocciato, Enjolras spalancò la porta.
Altro che Pontmercy.
«Non bastava dire Grantaire?», gli chiese Enjolras secco.
Grantaire rispose con un semplice sorriso. «Posso entrare o resto fuori?».
«Accomodati pure», disse Enjolras, facendolo entrare e chiudendo la porta. Senza troppe cerimonie, Grantaire si sedette sul divano. «Ora posso sapere a quale onore debbo questa visita?», chiese il ragazzo.
«Volevi vedere i miei disegni, vero?», disse Grantaire, indicandogli il borsone che portava a tracolla: «Sono tutti qui. Cioè, non proprio tutti, ma ho selezionato quelli che secondo me sono i migliori».
Enjolras rimase leggermente stupito. Uno stupore di tipo piacevole.
«… e anche per convincerti a farti venire stasera», aggiunse Grantaire.
Lo stupore di Enjolras si tramutò in uno sguardo seccato. «Non verrò», rispose, semplicemente.
«Andiamo, Apollo! Sarà bello. Che cosa t’importa di cosa si fa? Si sta con gli amici! Non è questo quello che conta? È il nostro primo Capodanno tutti insieme!», cercò di persuaderlo Grantaire.
«E sarà anche l’ultimo».
«Non essere asociale!».
«Non sono asociale. Semplicemente ho altre priorità».
Grantaire rise. «Okay, sì, è vero, ma ammettilo: un po’ asociale lo sei».
Enjolras sbuffò. «Allora? Posso vederli?», disse, riferendosi ai disegni.
Grantaire sorrise, vittorioso. Aprì il borsone e ne estrasse una cartellina che porse al ragazzo. «Tieni. Te li posso anche lasciare, così li puoi sfogliare con calma. Se c’è qualcuno in particolare che ti piace posso anche regalartelo, consideralo un Babbo Natale non-tanto-Segreto ed extra».
Enjolras scosse il capo, quasi divertito. «Non preoccuparti, davvero», disse, per poi sedersi al suo fianco e aprire la cartellina. I disegni di Grantaire erano prevalentemente scuri e grigi, realizzati con matite o carboncini; pochi erano quelli colorati. La maggior parte rappresentavano luoghi di Parigi o nature morte.
In un disegno Enjolras riconobbe la facciata esterna del Caffè Musain e, senza nemmeno rendersene conto, le sue labbra si erano incurvate in un sorriso quasi dolce che a Grantaire non sfuggì.
In un altro disegno Grantaire aveva reso giustizia anche agli interni del Caffè Musain e addirittura ai loro amici: si poteva vedere Combeferre indaffarato a studiare, Courfeyrac ridere e il dolce sguardo di Jehan… e persino l’espressione imbambolata di Marius.
La scena era vista da un angolo del Musain, molto probabilmente dal cantuccio di Grantaire, e c’era anche lui, Enjolras, con lo sguardo fisso verso un punto indefinito.
«È abbastanza facile disegnarti, è sempre quella la tua espressione», disse Grantaire, ridacchiando: «Mai un sorriso, mai un’emozione… una statua di marmo, ecco».
«Non è positivo, vero?», disse Enjolras, quasi dubbioso.
«Beh, in realtà non è una cosa positiva o negativa, ma sai, sarebbe bello vederti sorridere una volta tanto».
Enjolras non disse niente, limitandosi a contemplare gli altri disegni. Li ammirò tutti, arrivando all’ultimo disegno e arrossendo terribilmente: nel disegno c’era lui fuori al Caffè Musain, con la neve impigliata nei riccioli biondi scompigliati e le guance rosse.
«Se in quel momento avessi avuto una macchina fotografica ti avrei scattato una foto. Eri così buffo!».
Ma quale buffo. Eri bellissimo, diamine!
«Un attimo dopo avevamo litigato. Non è poi così un bel ricordo da imprimere in un disegno», ragionò Enjolras.
Non è poi così un bel ricordo da imprimere in un disegno.
Nonostante tutto, Grantaire ricordava con dolcezza il volto di Enjolras e le sue labbra.
In quell’attimo aveva avuto il desiderio forte di baciarle e forse l’avrebbe anche fatto, se solo Enjolras non si fosse rialzato bruscamente.
«Sei molto bravo, hai talento», si limitò a dire Enjolras, sincero, riportando Grantaire alla realtà: nell’udir quelle parole, i suoi occhi si erano illuminati.
«Davvero?».
«Perché dovrei mentirti?».
Grantaire sorrise. «Mi fa piacere», gli disse guardandolo dolcemente, poi controllò l’orario: «Sono quasi le dieci. Dovremmo avviarci».
«Dovresti avviarti. Rifiuto gentilmente l’invito», sottolineò Enjolras.
«Io non vado se non vieni anche tu».
«Perché mai?».
«Perché mi farebbe piacere se venissi anche tu».
«A me no».
«Ma dai!»
«No, non ci vado».
«E va bene, allora io resto qui. Hai un posto in più per dormire e del vino o della birra in frigo?».
Enjolras lo guardò, indignato. «Vado un attimo a cambiarmi. Due minuti e sono qui».
Grantaire trattenne un urlo di vittoria. Come aveva fatto a convincere Apollo?
Con un sms contattò Joly.
 
Amico, sei già lì? – ‘Taire
 
Joly rispose subito.
 
Sono in auto con Bossuet e Musichetta, tu dove sei? – Jolllly
 
A casa di Enjolras – ‘Taire
 
Volete un passaggio? Siamo quasi lì! – Jolllly
 
Ti ringrazio! ;) – ‘Taire
 
Enjolras tornò esattamente un minuto dopo: indossava la felpa rossa regalatagli da Marius.
«Noto che Marius ha centrato il regalo!», commentò Grantaire.
«L’ho notato anch’io», rispose Enjolras, mentre si metteva il cappotto.
«Joly e Bossuet ci danno un passaggio», lo informò Grantaire, poi chiese: «Posso lasciare i disegni da te? Me li riprendo domattina».
«D’accordo».
Improvvisamente sentirono un clacson e qualcuno lamentarsi sull’inquinamento acustico.
«Okay, sono loro», constatò Grantaire. I due ragazzi uscirono di casa e videro Bossuet al volante, Musichetta al suo fianco e Joly dietro.
«Salite!», li incitò Joly.
I ragazzi salirono e l’auto partì. «Grazie, ragazzi», parlò Enjolras.
«E di che!», rispose Bossuet: «Piuttosto… ‘Taire ti ha convinto a venire! Mi chiedo come abbia fatto».
«Non ha fatto assolutamente niente», rispose quello, gelido.
«Io non vedo l’ora di arrivare a casa di Marius», parlò per la prima volta Musichetta, rivolta a Bossuet: «Sarà divertente!».
«Sicuramente», concordò il ragazzo, lasciandole un piccolo bacio sulla guancia.
Joly alzò gli occhi al cielo: non si era mai lamentato di quella situazione, anzi, l’aveva sempre vissuta in modo sereno e pacifico, ma in quel momento proprio non riusciva a digerire quei due insieme. Non sapeva se odiare di più Bossuet o Musichetta.
Grantaire notò l’inaspettato malumore di Joly, il ragazzo più allegro del gruppo. E se Joly era giù di morale, c’era da preoccuparsi.
«Se vuoi ne possiamo parlare», gli mormorò con un sorriso amichevole.
Joly piegò leggermente le labbra. «Grazie, ‘Taire».
L’auto si fermò di botto.
«Che succede?», chiese Enjolras.
Un breve silenzio ne conseguì.
«Ehm... credo si sia rotto il motore…», rispose Bossuet.
La solita fortuna.

 


 
 Angolo della matta che scrive queste cose Autrice

Saaaaaalve!
Sì, sono una persona orrenda, ma alla fine sono riuscita a pubblicare! Il capitolo era pronto da millenni(?), mi mancava soltanto la parte finale e... e insomma, volevo inserirci anche la festa di Capodanno a casa di Marius ma sarebbe venuto troppo lungo! Quindi rimando la festa al prossimo capitolo! (dove finalmente vedremo Eponine! *w*).
Alloooora... ma guardate un po', è arrivata la nostra Cosette! :D E anche Musichetta c:
Il capitolo inizia con Courf, i suoi deliri e le sue riflessioni su Jehan. Inutile dire che mentre scrivevo quelle cose ero diventata uno zuccherino xD Insomma, Jehan/Courf sono così belli! ç.ç ♥
Ed ecco anche tanta Marius/Cosette e... *rullo di tamburi*... Jean Valjean! Che cosa ve ne pare della sua entrata? xD ;)
E abbiamo anche il nonno di Marius. Non dimenticatevi di quell'uomo nel prossimo capitolo.
Ma vogliamo parlare degli E/R? *.* 'Taire che si autoinvita a casa di Enjolras, in pratica... e gli fa vedere i disegni!
Enjolras ha miracolosamente deciso di partecipare al party di Marius, a suo rischio e pericolo. :P
Ed ecco il triangolo Joly/Bossuet/Musichetta! Non so voi, ma io sto incominciando a shippare tantissimo la Grantaire/Joly friendship e nel prossimo capitolo ne avremo un po'! :)
Ringrazio tutti coloro che leggono e recensiscono lasciandomi il loro parere! ♥
Spero vi sia piaciuto il capitolo e spero di non farvi aspettare ancora tanto!
Alla prossima! ^.^
Marta_Gleek

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Capitolo 5
*** New Year's Eve ***


Titolo: Come prepararsi al nuovo anno - Les Amis Version
Rating: verde
Genere: commedia/fluff

Note: Scusatemi per il ritardo imperdonabile! Premetto che questo capitolo è lunghissimo e non avevo il coraggio di dividerlo in più parti xD E' una cosa assolutamente demenziale e continuerò a scusarmi con Victor Hugo fino alla fine dei miei giorni. Buona lettura. ♥

 

Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Victor Hugo; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.



 

Come prepararsi al nuovo anno - Les Amis Version


V

New Year's Eve

 

 

«Maledizione!», imprecò Grantaire.
«E ora?», chiese Joly, in preda al panico.
«Ce ne andremo a piedi», rispose Enjolras con assoluta calma e fermezza: «Venti minuti e siamo arrivati».
Joly sussurrò un Morirò disidratato che fece alzare al cielo gli occhi di Enjolras.
«D’accordo, prima però devo chiamare un carro attrezzi», disse Bossuet: «o magari c’è un’officina nei dintorni?».
«Nessun’officina», osservò Musichetta.
«La solita sfiga…», mormorò il povero Bossuet, componendo un numero telefonico.
Ora il problema era aspettare pazientemente l’arrivo del carro attrezzi.
 
Courfeyrac era a casa di Marius già da mezz’ora: aveva aiutato l’amico e Cosette a preparare la casa per la grande festa.
Courfeyrac non vedeva Jehan dalla vigilia di Natale, ma si era sentito normalmente con lui in quei giorni, come se tra loro non fosse accaduto mai niente. Il desiderio di vederlo dopo quei giorni si era fatto sempre più forte e una strana sensazione d’ansia attanagliava il suo stomaco. Come si sarebbe dovuto comportare quando l’avrebbe visto?
Non ce l’avrebbe fatta ad ignorarlo. E non voleva nemmeno farlo.
Nel vederlo pensieroso, Cosette sorrise, intenerita. «Ti vedo quasi inquieto, Courf».
L’interessato tornò nel mondo dei vivi. «Ehm, sto bene, grazie», rispose con un sorriso cordiale.
Marius sorrise, birichino. «Sei innamorato, eh? A me puoi dirlo!», gli diede una gomitata affettuosa.
Sei innamorato, eh?
La scoperta dell’acqua calda, Pontmercy.
Ma è così evidente?!, si chiese Courfeyrac.
Immediatamente Courfeyrac ricordò di non averne mai parlato con lui, ma soltanto con Enjolras e Combeferre.
«No… sto bene, credetemi», tagliò corto.
Il suono del campanello di Villa Pontmercy lo aiutò a scappare da quella faccenda. «Vado ad aprire io!», si offrì.
Aprì la porta e vi trovò il caro Combeferre, arrivato con dieci minuti d’anticipo.
«Joly, Bossuet, Enjolras e Grantaire faranno tardi, si è rotto il motore dell’auto», li informò Combeferre: «Ah, innanzitutto buonasera».
Marius sgranò gli occhi. «Enj-enjolras?», farfugliò. Courfeyrac per poco non saltellò per casa. «Ho sempre ragione, hai visto, Marius? E ora sgancia i dieci euro della scommessa!».
Il campanello suonò ancora una volta. Fu Marius ad aprire la porta.
«Buon Capodanno a tutti!», una ragazza brunetta appese il proprio cappotto all’appendiabiti per poi buttarsi addosso a Cosette e stritolarla in un abbraccio caloroso.
Eponine Thénardier.
Combeferre era bordeaux. Provò a nascondersi dietro la porta, ma il caro e dolce Courfeyrac – che ci teneva tanto alla sua vita sentimentale – lo tirò fuori con la forza.
«Non fare il codardo! È la tua occasione!», mormorò.
«E che cosa le dico?!».
Una volta che Eponine ebbe finito di stritolare tutti, arrivò il turno di Combeferre. E quando Ferre venne avvolto dall’abbraccio dolce e gentile della ragazza, perse sicuramente dieci anni di vita.
«Ciao Ferre!».
«Ep-eponine! Ciaocomestai?».
Eponine rise leggermente e gli scompigliò affettuosamente i capelli. «Molto bene, ti ringrazio!».
L’espressione di Courfeyrac, improvvisamente cupa, interruppe il momento idilliaco tra Ferre e ‘Ponine. «Gavroche», disse, semplicemente: «Perché non è qui?».
«Mia sorella era con la sua comitiva, Gavroche invece avrebbe festeggiato il nuovo anno con quegli scalmanati dei suoi amichetti! Non ho ritenuto necessario dirgli della festa qui da Marius perché quei tipi non si sanno comport…».
Ma Courfeyrac non aveva più seguito il discorso.
«Fallo venire! Chiamalo subito!», disse, con tono supplichevole: «No ‘Vroche no party!».
Il fatto che la casa appartenesse al nonno di Marius era soltanto uno stupido dettaglio, ormai: grazie a Courfeyrac, Gavroche e i suoi compagni sarebbero giunti a casa di Marius in pochi minuti.
Il campanello suonò ancora una volta. Courfeyrac corse ad aprire.
«Ma ciaaaa… ciao».
Jehan era di fronte a lui. Semplicemente bello come sempre.
A Courfeyrac venne naturale sorridergli. «Ciao Courf», rispose il poeta con un sorriso sicuro.
Oltre al saluto, Courfeyrac non seppe cosa dirgli. Ma infatti non doveva dirgli niente. Avrebbe voluto soltanto baciarlo.
Gli si avvicinò lentamente ma si bloccò. «Come va?», chiese infine Courfeyrac.
«Bene, grazie! Tu?».
«Sì, benone!».
«Mi fa piacere! Ora posso… posso entrare? Fa freddo», chiese Jehan con un sorriso timido.
Courfeyrac si diede dell’idiota. «Scusami, subito!», disse, scostandosi per farlo passare, poi chiuse la porta.
Più tardi arrivarono anche Feuilly, Bahorel, Gavroche e i suoi compagni e delle amiche e degli amici universitari di Marius e Courfeyrac.
Mancavano soltanto Musichetta, Bossuet, Joly, Grantaire ed Enjolras.
 
Nel frattempo, come se la stavano spassando i nostri impavidi eroi?
Il carro attrezzi arrivò alle dieci e mezzo. Alle dieci e quaranta i ragazzi stavano ancora camminando verso villa Pontmercy.
Se avesse avuto un fucile, Enjolras avrebbe già sparato Joly che, convinto di essere in fin di vita, camminava facendosi trascinare da Bossuet e Musichetta e non la smetteva di lagnarsi.
«Avete dell’acqua?», chiese Joly, supplicante.
«Purtroppo no», rispose Musichetta.
«Vino? Birra? Qualsiasi cosa!».
Grantaire scosse il capo. «Sarà strano ma no, non ho niente».
Joly sospirò. «Morirò», mormorò per l’ennesima volta.
Enjolras sbuffò. «Al massimo possiamo prenderci una pausa, ma di questo passo non arriveremo mai».
«Cercherò di resistere il più a lungo possibile, allora», disse Joly: «tanto prima o poi morirò lo stesso».
«Ma non dire così, Joly!», Musichetta gli baciò dolcemente una guancia: «Ci sono io con te».
Di fronte a quella scenetta, Enjolras stava per vomitare; all’espressione inorridita del ragazzo, Grantaire si scompisciò dalle risate.
«Che vuoi?», gli chiese Enjolras bruscamente.
«Niente, Apollo. Certe volte mi fai ridere».
«Non ho fatto proprio niente».
«Mi fai ridere e basta».
«Ti diverti con così poco».
«E tu poco mi dai».
Enjolras alzò gli occhi al cielo, incapace di ribattere e di terminare il battibecco con una frase sensata.
Quel Grantaire sarebbe stato la sua rovina.
 
Un amico di Courfeyrac aveva portato l’attrezzatura da DJ e aveva fatto partire la musica.
Combeferre era in pratica incollato a Courfeyrac come una medusa. «Senza il tuo Enj ti senti solo soletto?», lo stuzzicò l’amico.
«Ma piantala!», sbottò Combeferre.
«Lo dico per scuoterti! Vai da lei», lo incitò Courfeyrac.
«Piuttosto, tu cosa mi dici di Jehan? Come vanno le cose?».
«Non cambiare argomento!».
Combeferre sorrise, malizioso. Courfeyrac giurò di non aver mai visto un sorriso del genere sul volto del suo amico. «Okay, ti rispondo e poi pensiamo al caso Thénardier, d’accordo?».
Il ragazzo annuì. «È come se non fosse successo niente, ci siamo salutati normalmente», ovviamente Courfeyrac tagliò la parte dei sorrisi smielati e non accennò nemmeno al gran desiderio di baciarlo che aveva provato: «Non so come comportarmi, lo ammetto».
«Enjolras ha detto la cosa giusta: parlatene insieme», rispose l’altro.
«Quel folle ha sempre ragione, bisogna dirlo! Ma ora pensiamo alla Thénardier», Courfeyrac sviò la questione: «Allora? Vai da lei e ballate insieme: è un primo approccio!».
«Sta ballando con Bahorel, non vedi?».
«E dici a Bahorel di togliersi di mezzo».
«Courfeyrac!».
«Conosco il mio nome».
‘Ferre sbuffò. «Offrile qualcosa da bere», disse Courfeyrac: «E mi raccomando: flirta con lei per tutta la serata».
«Tu sei pazzo».
«No, sono un esperto in queste cose, è totalmente diverso!».
«Ma la potrei spaventare! Non voglio che abbia una cattiva opinione di me!».
«’Ferre, flirtare significa provarci, corteggiare, come diresti tu, mica significa portarla a letto!».
Combeferre arrossì enormemente. «Chiederò consiglio a Jehan. Lui è più sensibile di te».
Courfeyrac sospirò, assorto nei suoi pensieri.
Jehan era più sensibile di lui.
E anche più coraggioso.
«Courf!».
Il ragazzo si voltò e gli si illuminarono gli occhi. «’Vroche!».
«Come va? Hai una brutta faccia».
«Sono sempre bello», scherzò.
«Ti vedo pensieroso», insistette il piccolo Gavroche, poi gli si avvicinò e bisbigliò: «Avanti, a me puoi dirlo!».
«Che cosa?».
«Chi è la tipa per cui ti sei preso una sbandata?», il piccoletto sorrise, furbamente.
Tra le poche cose che Courfeyrac non sapeva fare, c’era il mentire a Gavroche. «È un ragazzo, in realtà».
«Sta con Cosette, non hai speranze».
«Ma cos’hai capito?! Io e Pontmercy? Potrei vomitare!», Courfeyrac sgranò gli occhi.
«Enjolras, allora?».
«Enjolras lo lascio volentieri a Grantaire. Ci vuole una dose immane di coraggio e di amore per sopportarlo».
«’Ferre?».
«’Ferre è cotto di tua sorella. E comunque, se mi lasciassi parlare te lo direi!».
«Okay, allora è Jehan».
«Bravo, piccolo Gavroche».
Il rumore del campanello distrasse tutti e interruppe Courfeyrac e Gavroche. Marius corse ad aprire.
«Sono le undici! Ce l’avete fatta, pensavo sareste arrivati dopo lo scoccare della mezzanotte, sarebbe stato un vero peccato», disse Marius innocentemente.
«Ci tengo a rammentare che non sono io quello che arriva sempre in ritardo, Pontmercy», gli rispose Enjolras, con fermezza.
«Questa volta non aveva detto niente di male, Apollo!», gli bisbigliò Grantaire, poi entrò in casa e disse: «Salve a tutti!».
Bossuet e Musichetta entrarono con un Joly sfinito. «Acqua», si lamentò come i bambini piccoli: «Acqua, Marius! Grazie!».
Quando Eponine e Cosette videro i ragazzi, subito li salutarono con calorosità.
«Ciao Enjy! Tutto bene?», Eponine, radiosa come sempre e amichevole con tutti, gli si buttò addosso.
Enjolras aveva pensato di schivarla, ma ormai era troppo tardi. La sua occhiataccia truce intimorì la ragazza.
Enjy. Manco fosse suo fratello.
Come aveva osato chiamarlo con quell’insulso diminutivo? A momenti preferiva essere chiamato Apollo.
«No, al più presto bisogna prepararsi per la prossima manifestazione. Ho bisogno di qualcuno che realizzi i volantini e di…».
Eponine rise, interrompendolo. «Enjolras, intendevo tu come stai, non il mondo», sorrise.
«Non mi lamento», rispose, algido: «Tu?»
«Mai stata meglio! È bellissimo stare qui con tutti voi!», sorrise, fin troppo entusiasta.
Enjolras la guardò, gelido, porgendosi qualche domanda.
Era davvero così asociale?
«C’è troppa gente», notò Enjolras, rivolto a Grantaire: «e la musica mi dà fastidio. Siamo in Francia e ascoltano musica inglese. Orrore».
Nel sentire quelle confidenze, non solo Grantaire si sentì onorato – andiamo, Apollo gli aveva rivolto la parola di sua spontanea volontà! – ma rise tremendamente.
«La musica disco inglese è ascoltata ovunque. Bisogna ammetterlo: noi francesi siamo un po’ carenti in questo campo», spiegò Grantaire tra una risata e l’altra.
Lo sguardo assassino di Enjolras lo contrastò. «Noi Francesi abbiamo tutto, non abbiamo bisogno di nessuno».
Grantaire non disse altro: continuare avrebbe significato iniziare un dibattito interminabile con l’amante della Patria.
«Allora? Vogliamo farci un giro per la villa?», propose Grantaire.
«D’accordo. Non c’è niente di meglio da fare».
 
«Te l’avevo detto che non sarebbe stata una buona idea, o almeno non per me».
«Cambierai idea a fine serata».
«Suona tanto come una minaccia».
«Lo è».
Erano arrivati in uno degli innumerevoli corridoi di Villa Pontmercy. Enjolras alzò gli occhi al cielo. «Cosa stai cercando di fare, Grantaire?».
«Mi sembra di aver capito che tu non vuoi che io beva», disse improvvisamente Grantaire: «io vorrei che tu vivessi, invece».
«Vivere non significa bere».
«Non intendevo questo».
«E cosa?».
«Vorrei che ti lasciassi andare ogni tanto, Apollo. E lasciarsi andare ogni tanto non significa smarrirsi».
«Ma io sto bene così».
«Enjolras, sei un ragazzo intelligente e sono davvero pochi quelli brillanti come te. Ma perché oltre alla mente non permetti anche al tuo cuore di aprirsi? Giusto un po’! È vero, forse hai altre priorità, ma anche il cuore ha bisogno del suo spazio», Grantaire era spaventosamente serio e il suo sguardo era penetrante.
Enjolras si morse un labbro. «Di cosa hai paura?», gli chiese lo scettico.
«Non ho paura», rispose l’altro, e immediatamente si bloccò. Si sarebbe sentito perfettamente a suo agio nel tenere un sermone, un dibattito politico.
Ma non nel parlare di se stesso.
«… ma sento che ci sono cose ben più importanti», continuò Enjolras, quasi incredulo.
In realtà non se l’era mai posta quella domanda: non rifletteva mai su chi fosse, su chi potesse essere. La sua vita ruotava intorno a quel paese che tanto amava, e magari un giorno sarebbe stato un grande leader.
«Anch’io ho creduto a lungo che nella mia vita ci fossero cose ben più importanti. L’alcool, per esempio, era una delle mie priorità», parlò Grantaire: «… smettere di punto in bianco è assolutamente difficile, ma in questi giorni sto provando a non eccedere perché ho capito cos’è importante per me. Ed è merito tuo».
Quella statua greca che era Enjolras stava prendendo lentamente sembianze umane. Grantaire l’aveva visto esitare. «… non berrai stasera, quindi? Neanche un bicchiere?».
La domanda di Enjolras era posta senza alcun tono accusatorio o di rimprovero; piuttosto era sconvolto interiormente per tutto quello che stava accadendo.
«No, non credo. Voglio essere completamente sobrio per ricordarmi di questa serata».
Enjolras annuì. Grantaire si lasciò andare ad un respiro profondo.
«… ma soprattutto perché voglio ricordarmi per sempre di questo».
Non esitò ancora: le sue labbra erano su quelle di Enjolras, lambendole in un bacio dolce e appena sfiorato.
Inizialmente Enjolras rimase interdetto. Grantaire si preparò al peggio: eppure gli era sembrato il momento perfetto, quello più adatto…
«Scusa, io… forse avre…».
Non finì di parlare perché le labbra del rivoluzionario erano sulle sue, accarezzandole con dolcezza e passione.
Enjolras poté sentire il proprio cuore battere all’impazzata; Grantaire era felice da star male.
«È da tempo che sto cercando di dirtelo», gli disse sottovoce lo scettico.
«È da tempo che non volevo capirlo, allora».
Grantaire sorrise. Dopo quel bacio tanto atteso, l’imbarazzo li colpì in pieno. Grantaire pensò immediatamente alle parole e alle cose giuste da dire e da fare: per una volta toccava a lui guidare Enjolras che, rosso d’imbarazzo, era assolutamente impacciato.
«Andiamo dagli altri?», gli chiese.
Enjolras avrebbe risposto no: si era sentito così bene con Grantaire, lontano da tutto e da tutti.
Incominciò a preoccuparsi di quei nuovi pensieri che ora gli frullavano in testa.
Quanto stava diventando dipendente da quel Grantaire?
«D’accordo», accettò alla fine.
 
Mancava mezz’ora all’anno nuovo e in quella mezz’ora accadde di tutto e di più a Villa Pontmercy.
Il nonno di Marius entrava in stanza ogni mezz’ora per vedere come procedevano le cose, se c’era ordine e se tutto filava liscio. Si era rivelato una presenza alquanto inquietante e sinistra: vigilava tutto e tutti. Con le sue occhiatacce ostili aveva turbato tutti gli invitati.
E ogni mezz’ora, aveva sempre qualcosa da ridire: una carta caduta casualmente a terra, un granello di polvere in più.
«Nipote, fai abbassare un po’ il volume di questa musica assordante», ordinò Monsieur Gillenormand a suo nipote.
Marius lo guardò, attonito. «Ma come! Si sta avvicinando la mezzanotte!».
«E che devo fare?».
«Ma come? L’anno nuovo!».
Monsieur Gillenormand sbuffò. «Abbassa, ho detto».
Courfeyrac – che aveva udito il battibecco – rise. «Ma dai, nonno, divertiti anche tu! È così che festeggi l’anno nuovo?».
Non l’avesse mai detto.
Monsieur Gillenormand si fece rosso di rabbia. «Innanzitutto, neanche mio nipote mi chiama nonno, quindi non capisco perché dovresti farlo tu», disse, cercando di mantenere la calma: «poi, non dovresti rivolgerti ad una persona più anziana di te con il tu».
«Vecchio mio, certo come sei pesante!», si intromise Bahorel che non fece altro che peggiorare la situazione.
«Marius, frequenti questi imbecilli?!», sbraitò l’anziano signore: «Quanta insolenza!».
Marius si portò una mano in fronte. «Ragazzi, porgete le vostre scuse e facciamola finita», disse, esasperato.
«Scusatemi, Monsieur Gillenormand!», fece Courfeyrac, per poi sparire dalla sua vista per evitare altri disguidi.
«Perché dovrei scusarmi? Non ho detto niente di male!», ribatté invece Bahorel.
«Ah no, vecchio pesante non è niente! Questi ragazzi d’oggi, ah!», sbottò il vecchio.
«Bahorel… ti prego!», sussurrò Marius a denti stretti.
«E va bene, solo perché è tuo nonno. Chiedo umilmente perdono», disse Bahorel ironico, irritando soltanto di più il vecchio.
Nel frattempo, Cosette parlava con Eponine e a loro si era unita Musichetta; parlavano di tutt’altro.
«Non so chi baciare a mezzanotte», asserì Musichetta, seria.
«Ma come? Non hai Bossuet?», chiese Cosette, inarcando un sopracciglio.
«E Joly? Entrambi ci tengono tanto e non voglio che ci restino male».
Eponine ridacchiò. «Pensa a me che non ho nessuno da baciare e non ne faccio mica un dramma!».
Enjolras e Grantaire erano appartati in un angolo della sala a parlare civilmente. In realtà Enjolras stava pianificando il prossimo incontro al Musain dopo le vacanze e Grantaire lo ascoltava pazientemente.
«Il 1 gennaio?», chiese Grantaire, sgranando leggermente gli occhi: «Tra meno di un’ora!».
«Tra dieci ore», rispose Enjolras: «Alle nove al Musain. Mi sembra un orario accettabile».
«Ma si farà tardi! Chi dormirà stanotte!».
«Io».
Grantaire aggrottò le sopracciglia. «E se non vengono? Insomma… non è meglio il 2 gennaio?».
«Il progresso non può attendere», sentenziò Enjolras.
«Enjolras, riflettici… spostalo almeno di pomeriggio… la mattina ci sarai solo tu!».
«Credevo venissi anche tu», Enjolras inarcò un sopracciglio.
«Ehm… ecco…».
Monsieur Gillenormand non era andato via, sfortunatamente; era ancora lì e aveva udito la conversazione tra Enjolras e Grantaire.
«Il progresso… che menti giovani e brillanti. E troppo utopistiche. Il mondo sta andando a rotoli per colpa di questa generazione», commentò.
«Parlava di noi?», chiese Enjolras a Grantaire, prendendola giustamente sul personale.
«Sì, ma…».
Vide già Enjolras allontanarsi per dirgliene quattro. Lo trattenne per un braccio. «Lascialo farneticare», cercò di tranquillizzarlo Grantaire.
«Ma come! L’hai sentito? È colpa di gente chiusa mentalmente come lui se il mondo va a rotoli!».
«Enjolras…».
«E ci chiama menti utopistiche! Non sono illusioni le mie, sono sogni, sogni realizzabili! Sogni che vedranno la realtà!».
«Enjolras!».
«Enjolras un corno!».
Monsieur Gillenormand era finalmente andato via, privando tutti della sua lieta presenza.
«Hey, guardami», Grantaire gli accarezzò lentamente il volto; inutile dire che si beccò lo sguardo sorpreso di Combeferre e quello sorridente di Courfeyrac che sembrava volesse dir loro “Ma io l’ho sempre saputo!”: «Tranquillizzati, okay? Se vuoi ragionare con quel vecchio è inutile, Marius ci bisticcia sempre. Tu continua sempre a credere in quello che pensi e continua sempre a fare quello che hai fatto, indipendentemente da ciò che dicono e pensano gli altri».
«Lo so», rispose Enjolras.
«Ma ogni tanto è buona cosa ricordarlo per tenerlo sempre a mente, no?», gli sorrise Grantaire.
Enjolras annuì leggermente a quelle parole rincuoranti, sentendosi già meglio. Grantaire era anche la sua cura.
«Non fare guai ora che vado un po’ da Joly a vedere come se la spassa. Non uccidere nessun conservatore monarchico in mia assenza, mi raccomando!».
Ad Enjolras venne da ridere. Grantaire sarebbe potuto morire da un momento all’altro.
 
«Sbaglio o io ed il signor Joly avremmo dovuto parlare?», gli si avvicinò Grantaire con un sorriso incoraggiante.
«No, non ti sbagli», sospirò Joly: «Ci allontaniamo? Troppi occhi indiscreti».
«Come vuoi», rispose Grantaire.
Uscirono dalla sala e imboccarono un corridoio: «Allora? Musichetta è il problema, giusto?».
«Sì», fece Joly: «Mi sto rendendo conto che quello che stiamo facendo io, lei e Bossuet non è sempre possibile. Forse tutto questo a Bossuet va bene, ma per me non va bene più. Non può durare a lungo».
Grantaire annuì, lentamente. «E cosa proporresti di fare?».
«Oh, sono innamorato di Musichetta. Non posso metterla di fronte ad una scelta, la metterei in difficoltà e non voglio. E poi non lo farei mai… insomma, Bossuet è il mio migliore amico! E non solo… c’è dell’altro».
«Che intendi per c’è dell’altro?».
«Io… io penso di provare qualcosa per Bossuet. Non… non so esattamente cosa, ma qualcosa».
«Sei innamorato di Musichetta e stracotto di Bossuet, quindi?».
«Non proprio… ma in un certo senso, sì. E questa cosa mi fa star male! Dovrei smetterla di vedere entrambi o mi verranno fitte lancinanti al cuore. Morirò di dolore».
Grantaire sorrise. «Non morirai di dolore, Joly. Devi soltanto capire cosa vuoi. Non è mica facile, ma non è nemmeno impossibile».
Joly sospirò. «Grazie per esserci, Grantaire».
«E di che?», Grantaire gli diede una pacca amichevole sulla spalla: «Se hai ancora bisogno di me sai dove trovarmi!».
 
«Sembri Pontmercy, e almeno per me sembri Pontmercy è una delle peggiori offese che un ragazzo così intelligente come te possa ricevere nella sua vita».
Combeferre alzò gli occhi al cielo. «Courfeyrac mi dice di corteggiarla ma non ne sono capace, Jehan mi ha addirittura detto di scriverle un sonetto! Volevo un consiglio più efficace da una persona razionale come te».
«Razionale quanto inesperta», specificò Enjolras.
«Tu e Grantaire come avete fatto?», chiese Combeferre.
Enjolras rimase immobile. «Io e Grantaire cosa?», chiese, in un primo momento.
«Prima vi vedevo molto vicini… pensavo che… insomma, state insieme ora, vero?».
Enjolras arrossì. Gli sembrò come se non lo avesse realizzato a pieno: ancora non era pronto a parlarne.
«Beh… potresti baciarla a mezzanotte», Enjolras sviò la domanda: «Personalmente lo ritengo molto stupido, ma se a te e a lei piace...».
Combeferre annuì, ispirato. Si chiese come l’avrebbe presa Eponine. La osservò in lontananza: così bella e così dolce. Le sembrava quasi irraggiungibile.
Mancava un quarto d’ora allo scoccare della mezzanotte. Gli amici universitari di Marius e Courfeyrac avevano già preparato gli alcolici e gran parte degli invitati già aveva bevuto. Joly e Bossuet erano brilli ed erano impegnati in una conversazione con Musichetta che, sobria, incominciò a sentirsi un po’ a disagio.
Grantaire ebbe più volte l’istinto di prendersi almeno una birra, ma lo trattenne: gli bastava la mano di Enjolras stretta alla sua con decisione per stare meglio.
Courfeyrac mandò tutto a quel paese e si avvicinò a Jehan. Come avevano potuto ignorarsi per una serata intera? Jean Prouvaire per la timidezza; Courfeyrac per la paura.
«Che combini?», ruppe il ghiaccio Courfeyrac con un sorriso. Un sorriso che, questa volta, nascondeva mille incertezze e mille timori.
«Niente, ho parlato un po’ con Feuilly e Bahorel e ho conosciuto una ragazza che scrive poesie come me», rispose Jehan: «Tu?».
«Niente di interessante. Sono stato un po’ in giro», fece Courfeyrac: «Credevo di aver organizzato chissà che cosa e invece tutti si stanno annoiando».
«Non è vero», controbatté l’altro: «C’è chi si sta divertendo».
«Ma tu no».
Jehan arrossì lievemente. «Ma… ma io non sono mica tutti», disse, accennando un sorriso imbarazzato.
«Per me sì».
Ci fu un breve attimo di silenzio che parve interminabile. «Mancano due minuti al 2014!», la voce di Marius riecheggiò in tutta la sala: «Prepariamoci!».
C’era agitazione in sala. Soltanto ad Enjolras non importava niente dell’anno nuovo.
«Mi auguro soltanto sia più fruttuoso e ambizioso degli anni precedenti», confidò a Grantaire.
L’altro rise: «Come se quelli passati non lo fossero stati già abbastanza».
Mancavano un minuto e venti secondi.
Combeferre che si sbracciava tra la folla alla ricerca disperata di Eponine appariva quasi comico.
Un minuto e dieci.
Joly e Bossuet aprirono un’altra bottiglia di birra, senza smetterla di sghignazzare. Musichetta andava avanti e indietro, irritata. «Sto con due ubriaconi!», urlò, spazientita.
Sessanta secondi.
Cosette sorrise a Marius. Marius le baciò una guancia. «Ti amo, Cosette. Non dimenticherò mai il 2013: è l’anno in cui i nostri sguardi si sono incrociati per la prima volta».
Cinquanta.
Bahorel continuava a parlare e a farsi due risate con le amiche e gli amici universitari di Marius e Courfeyrac.
Quaranta.
Eponine scriveva mentalmente i suoi progetti per il nuovo anno. Scompigliò affettuosamente i capelli di Gavroche quando le passò accanto.
Trenta.
Enjolras sbuffò rumorosamente, facendosi domande sulla stupidità umana. Grantaire sorrise, semplicemente.
Venti.
Courfeyrac e Jehan erano ancora vicini, ma silenziosi.
Dieci.
A Feuilly era stata affidata la bottiglia di champagne da stappare. Stava aspettando soltanto il conto alla rovescia.
Nove.
Gli invitati contarono, entusiasti.
Otto.
«Fatemi passare, vi prego!». Ma nessuno calcolò il povero Combeferre.
Sette.
Musichetta voleva scappare.
Sei.
Marius e Cosette si diedero la mano.
Cinque.
Bahorel, sbronzo, stava litigando con qualcuno.
Quattro.
Bossuet si chiese dove fosse Musichetta. Vedeva soltanto Joly.
Tre.
Joly si chiese dove fosse Musichetta. Vedeva soltanto Bossuet.
Due.
Courfeyrac, con coraggio, si protese in avanti. Jehan chiuse gli occhi, come se stesse aspettando quel momento dall’inizio della serata.
Uno.
«Voglio tornare a casa», mormorò Enjolras acidamente.
Buon 2014!
Inaspettatamente, Eponine si ritrovò le labbra di Combeferre sulle sue. Ne rimase piacevolmente sorpresa. «Buon anno, ‘Ponine», le sorrise semplicemente il ragazzo.
Eponine sorrise affettuosamente, facendosi rossa. «Buon anno a te, ‘Ferre!».
Né Joly né Bossuet riuscirono a trovare Musichetta; Joly, ubriaco – e un po’ guidato dai sentimenti – baciò Bossuet che non si ritrasse.
Courfeyrac e Jehan si baciarono, questa volta entrambi con certezza. Era inutile continuare a nascondersi.
Grantaire non baciò Enjolras; sapeva che avrebbe fatto mille storie per uno stupido bacio di mezzanotte dato davanti a tutti solo per tradizione, ma non si trattenne dal lasciargli un dolce bacio sulla guancia.
 
La festa sarebbe continuata fino alle sei del mattino, se Monsieur Gillenormand non avesse cacciato tutti fuori di casa all’una.
C’era stato un litigio pubblico con il nipote e il nonno aveva deciso di mandare via tutti, in quanto erano tutti motivo di fastidio.
Courfeyrac aveva sul serio pensato di trasferire il veglione a casa sua, ma era già occupata dai suoi genitori che avevano invitato amici e parenti.
All’una in punto, Jean Valjean prese sua figlia Cosette e diede un passaggio a casa anche ad Eponine e Gavroche e a Musichetta.
Era stato il più terribile Capodanno della storia, ma c’era da aspettarselo, organizzato da Courfeyrac e Pontmercy…
Enjolras avvertì tutti dell’incontro pomeridiano al Musain. Les Amis erano visibilmente stanchi per mandarlo a quel paese.
Gli amici di Courf e Marius salutarono tutti per poi andare via. Erano rimasti les Amis de l’ABC: Enjolras, Grantaire, Combeferre, Courfeyrac, Jean Prouvaire, Joly, Bossuet, Bahorel e Feuilly.
Nove persone, tra cui tre ubriachi fradici – Joly, Bossuet e Bahorel – e una sola auto: quella di Feuilly.
Feuilly ebbe l’idea più assurda del 2014.
«Ragazzi, potete stringervi».
«Ma sei impazzito?!», asserì Enjolras: «Io me ne torno a piedi, non è un problema… ti ringrazio, Feuilly».
«No ma davvero: ce la possiamo fare! Dai, entrate!», insistette il ragazzo.
Bahorel si mise avanti; dietro c’erano solo quattro posti. Grantaire, Combeferre, Jean Prouvaire e Bossuet occuparono quelli; Courfeyrac si mise in braccio a Jehan, Joly in braccio a Bossuet ed Enjolras, inviperito, in braccio a Grantaire e Combeferre.
Jehan appoggiò dolcemente la testa sulla spalla di Courfeyrac che sorrise. «Appena torno a casa dormo», commentò Jehan.
«Buon per te. Da me ci sono i parenti dei miei genitori e i loro amici. Gente noiosa!», sbuffò Courfeyrac: «Appena posso mi prendo un appartamento, sicuro!».
«Se vuoi stanotte puoi dormire da me», gli propose gentilmente Jehan.
Joly e Bossuet stavano letteralmente amoreggiando in auto, sotto gli occhi di Enjolras che osservava con disgusto. Bahorel se la rideva e diceva cose senza senso.
Grantaire rideva e basta.
«Cazzo», imprecò sottovoce Feuilly: «Okay, ora sì che dovete scendere. C’è la polizia».
«È Javert!», esclamò Enjolras. Conosceva bene quel poliziotto ed era molto temuto.
«Ragazzi, accompagno soltanto Joly, Bossuet, Bahorel e Grantaire che sono ubriachi, va bene? Mi dispiace».
«Non sono ubriaco, stavolta!», sbottò Grantaire.
I ragazzi si salutarono. Restarono soltanto Enjolras, Grantaire, Jehan, Courfeyrac e Combeferre.
«Courfeyrac viene da me. Volete venire anche voi?», propose Jehan.
«Ah non preoccuparti: casa mia è proprio di fronte!», rispose Combeferre.
Grantaire controllò le tasche dei pantaloni. «Magnifico: ho dimenticato le chiavi a casa».
«Puoi venire da me, se vuoi. Non c’è nessuno, abito da solo, sapete», rispose Enjolras con assoluta innocenza. Courfeyrac subito ammiccò, facendolo arrossire e facendogli rendere conto dell’ambiguità delle sue parole: «… per dormire, ovvio. C’è un posto in più…».
Grantaire accettò con un sorriso. I ragazzi si salutarono e tornarono a casa.
 
Enjolras infilò le chiavi nella serratura. Quando entrò, il buio totale. Accese la luce.
Il ragazzo mostrò a Grantaire il bagno degli ospiti e gli diede un cambio per la notte.
Enjolras diede il suo letto a Grantaire e si prese il divano.
«Ma come? Dormo io sul divano, semmai», si offrì Grantaire.
«È un divano-letto, è comodo, sto bene, non preoccuparti», lo rassicurò Enjolras.
Ma alla fine, senza nemmeno sapere come, dormirono entrambi nel letto di Enjolras, l’uno abbracciato all’altro.  


 


 
 Angolo della matta che scrive queste cose Autrice

Saaaaaalve!
Mi scuso per il ritardo imperdonabile! So di essere in estremo ritardo: questo capitolo è stato un parto! XD Ringrazio tutti coloro che hanno affrontato la folle impresa di leggere questa manciata di demenzialità xD
Ma... ma c'è la E/R, quindi potete perdonarmi, vero? *o* *occhioni dolci* E anche la Jehan/Courf! E la Eponine/Ferre! E la Joly/Bossuet! E la Marius/Cosette! *.* Insomma, tutto LOL
Ho paura di essere entrata nell'OOC, in particolare con la dichiarazione di Grantaire ad Enjolras che, personalmente, ho trovato molto stucchevole. xD A voi è piaciuta?
Enjolras affronta una cosa nuova: lo stare con una persona. Come andranno le cose? xD
Jehan e Courf finalmente aprono un po' gli occhietti e capiscono, aw.
Ferre che cerca Eponine! <3 Non sono l'amore? *---*
Joly e Bossuet, ubriachi ma spinti dall'amore ;) Un po' mi dispiace per Musichetta, però...
Marius e Cosette sono sempre loro <3 E... Monsieur Gillenormand è tra noi! Io stimo quel vecchio XD (scherzi a parte, mi sta antipatico xD).
Ah, dimenticavo: et voilà... Javert! Avevo programmato di inserirlo sin dall'inizio di questa minilong, ma non sapevo come. Eccolo. Io lo amo. Aw. ♥
Solo un pazzo come Enj può programmare l'incontro al Musain il primo giorno dell'anno. Sì, perché lui può.
Ridevo come una cretina mentre scrivevo la scena di Feuilly e dell'auto XD Spero abbia fatto ridere un po' anche voi XD
E ora manca solo l'epilogo di quest'assurda vicenda! ;)
Spero vi sia piaciuto questo capitolo, ringrazio tutti coloro che leggono e recensiscono ♥
Alla prossima! :)
SmartieMiz

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Capitolo 6
*** Epilogue ***


Titolo: Come prepararsi al nuovo anno - Les Amis Version
Rating: verde
Genere: commedia/fluff

Note: Scusatemi per il ritardo colossale! Ecco l'epilogo, siamo quindi giunti alla fine di questa follia/disastro. Spero possa piacervi quest'ultimo capitolo ♥

 

Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Victor Hugo; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.



 

Come prepararsi al nuovo anno - Les Amis Version


Epilogue
 

A Ems,
al Grantaire del mio Enjolras.
Ed è in estate che si conclude
il tuo regalo di Natale. Sì, sono pessima.
Questo è il minimo che potevo fare per
una persona speciale come te. ♥


E a Rossyj,
la mia splendida Courfeyrac,
perché è follemente dolcissima e,
quando ho scritto il discorso di Courf,
ho inevitabilmente pensato a cosa avresti detto tu. ♥

 

~


Quando Enjolras si svegliò, immediatamente pensò alla giornata che lo attendeva e a tutte le cose da fare. Soltanto quando provò ad alzarsi dal letto fece caso alle braccia che gli cingevano la vita e alla testa riccia che si era accoccolata sulla sua spalla.
Enjolras si ritrovò ad arrossire nel pensare a quel contatto così intimo; tuttavia, non riusciva a scrollarsi Grantaire di dosso. O forse semplicemente non voleva svegliarlo. Era così quieto nel sonno e appariva sereno.
Enjolras guardò l’ora dall’orologio attaccato alla parete: le 11.00. Gli venne una crisi isterica.
«È tardissimo!», saltò letteralmente dal letto, incurante di Grantaire al suo fianco: «Bisogna preparare tutte le cose per l’incontro!».
Grantaire si era svegliato di scatto. «Cos’è successo? Tutto bene?», chiese, premuroso.
«Affatto! È tardi! Non può andare bene!», rispose Enjolras.
Grantaire alzò gli occhi al cielo. «Mi hai fatto prendere uno spavento, sai?», gli disse con tono di rimprovero: «La prossima volta cerca di moderarti e di avere una reazione meno eccessiva».
Era buffo che in quel momento fosse Grantaire ad ammonire Enjolras per il suo atteggiamento. «Comunque l’incontro è alle cinque, c’è tempo per organizzarsi», provò a rassicurarlo Grantaire: «Verranno tutti?».
«Lo spero e ci conto».
Grantaire annuì lentamente, poi si alzò dal letto e si avvicinò al suo ragazzo. «Hey», richiamò la sua attenzione, poi posò una mano sulla sua guancia, accarezzandolo dolcemente.
Enjolras stava per dire qualcosa come ho da fare o non ho tempo da perdere, ma le parole gli morirono in gola. Vedere Grantaire così felice era una cosa meravigliosa che rendeva sereno anche lui.
Il rivoluzionario sorrise e baciò il suo scettico.
 
 
La cosa più assurda per Bossuet fu trovarsi Joly – completamente vestito – incollato a lui, con la testa appisolata sulla sua pancia come fosse un cuscino.
Non era la prima volta che dormivano insieme, affatto; ma era la prima volta che Joly fosse attaccato a lui come una medusa, manco fosse il suo fidanzato.
Alla parola fidanzato, Bossuet divenne porpora. Cos’era successo?
Joly si ridestò, sbattendo lentamente le palpebre come una soave principessa di un regno incantato. «Mi scoppia la testa», mormorò: «Sento di poter morire da un momento all’altro».
«Colpa dell’alcool, genio», rispose Bossuet secco. Stava ricordando lentamente: avevano bevuto. Avevano bevuto tanto.
«È vero. Abbiamo svuotato tantissime bottiglie. Dovevo essere impazzito», ricordò Joly: «E poi? Musichetta?».
«Se n’è andata».
«Sì, ma cos’altro è successo prima?».
Bossuet deglutì. «Mi hai baciato».
«Ah».
Un silenzio tombale si instaurò tra i due amici. Erano entrambi imbarazzati, il che era strano dato che Joly e Bossuet non lo erano mai; si dicevano sempre tutto, avevano un rapporto d’amicizia splendido. «Sono… confuso», farfugliò Joly.
«Anch’io», rispose Bossuet: «Insomma… mi è piaciuto».
«Anche a me. Forse è stato il mio inconscio a suggerirmi di baciarti…», Joly gli sorrise, impacciato.
Bossuet sorrise a sua volta, quasi teneramente, poi ci risero su. Ma da quel momento in poi non ne parlarono più: andarono tranquillamente in cucina a fare colazione e a chiacchierare come sempre.
Ma forse con una nuova consapevolezza.
 
Stranamente tra i due quello ad essere più insicuro di quella nuova realtà – e forse anche un tantino impaurito – era proprio Courfeyrac: quella con Jehan era la sua prima relazione. Non che prima non avesse avuto storie, ma nessuna aveva avuto molto significato.
La sua relazione con Jehan era diversa da tutte quelle precedenti.
Courfeyrac amava Jehan.
Amare è una parola grossa, dal significato forte e quasi terribile, ma Courfeyrac non ne trovava una migliore che potesse descrivere quello che provava per quel magnifico poeta.
Dal canto suo, Jehan provava lo stesso per Courfeyrac da molto tempo, ormai. Non aveva mai avuto dubbi e quella nuova realtà scacciava la sua malinconia e lo rendeva estremamente felice. Aveva avuto persino l’ispirazione per un nuovo sonetto che avrebbe inevitabilmente dedicato al suo ragazzo.
Quando Courfeyrac si svegliò, si trovò solo. Dapprima un po’ confuso e spaesato, si chiese dove fosse Jehan. Quando iniziò a mettere a fuoco le cose, capì dove Jehan potesse essere: nello studio a scrivere.
Si alzò dal letto e si recò presso lo studio. Lo vide, con sguardo assorto, scrivere versi.
Courfeyrac gli si avvicinò e lo abbracciò da dietro, facendolo sussultare.
«Che cos’è?», chiese il ragazzo, baciandogli una guancia.
Jehan nascose subito il foglio sul quale stava scrivendo, mettendolo sottosopra. «Una lirica», farfugliò: «Cioè, un sonetto».
«Lo sai che se dici poesia, lirica, sonetto o canzone per me sono tutti la stessa cosa, vero?», rise Courfeyrac.
«Ti ho detto tantissime volte che il sonetto italiano è formato da quattordici versi endecasillabi e si compone di due quartine e due terzine, mentre la canzone è…».
«… Jehan, mi dispiace ma non lo ricorderò mai».
Jehan sbuffò, ma non nascose un sorriso.
«Allora? Un sonetto di tredici versi?», provò a sforzarsi Courfeyrac.
«Quattordici», lo corresse l’altro.
«E di cosa parla?».
«Di te. Di noi», rispose Jehan, arrossendo fino alla punta dei capelli come suo solito: «Niente, lascia stare, sono un inguaribile romantico senza speranze…».
«E chi ti ha detto che a me non sta bene?», fece Courfeyrac, stringendolo più forte a sé: «Tu sei il meraviglioso poeta di cui mi sono innamorato».
Quelle parole sciolsero il cuore di Jehan che, con un sorriso enorme, si voltò verso il suo ragazzo e lo baciò sulle labbra con tenerezza. «Ti amo», disse, avvertendo il cuore balzare dal petto, insistentemente.
«Ti amo anch’io».
 
Da quando aveva baciato Eponine, Combeferre vedeva il mondo in rosa. Lui, il serio e diligente Combeferre, la guida, si era innamorato follemente della frizzante Thénardier.
Provò una gioia immensa quando quella mattina Eponine lo telefonò parlandogli del più e del meno, per poi alla fine chiedergli di incontrarsi.
«Io alle cinque dovrei andare al M-musain, c’è l’incontro con gli altri. Mi farebbe molto p-piacere se… se… se insomma, se venissi anche tu!», farfugliò il ragazzo in preda al panico.
Eponine dovette sorridere dall’altra parte del telefono. «Certamente, è un piacere anche per me», rispose, dolcemente.
«E mi raccomando, porta anche Gavroche! Non vorrei che Courfeyrac si mettesse a piangere…».
Eponine rise, una risata forte e cristallina che semplicemente incantò il ragazzo.
«Sarà fatto. Non vedo l’ora di vederti, cioè, di vedervi», disse, per poi mordersi un labbro, anch’ella imbarazzata: «Ci vediamo al Musain, allora! Ciao!».
«A dopo!».
 
Alle cinque meno dieci, Bahorel e Feuilly erano già al Musain.
«È stato sorprendente quello che è successo stanotte», parlò Bahorel, sorseggiando lentamente la bevanda che aveva ordinato: «Ti rendi conto che praticamente si sono dichiarati quasi tutti?».
Feuilly inarcò un sopracciglio. «Cosa vorresti dire?», chiese, spaesato.
«Amico, dov’eri stanotte?».
«Ho stappato lo champagne, prestavo attenzione soltanto al conto alla rovescia», si giustificò il giovane: «Non so e non ho visto niente, a parte Joly e Bossuet che per poco non copulavano sui sedili della mia auto. Che visione raccapricciante».
Bahorel rise. «Courfeyrac ha finalmente aperto gli occhi e smesso di fare l’idiota e ora sta con Jehan che gli sbava dietro da sempre, mentre Combeferre ha preso in mano la situazione e ha baciato la sua amata Thénardier a mezzanotte. E io e te scapoli come sempre».
Feuilly ridacchiò. «Ed Enjolras? Grantaire? Ti ricordo che anche loro sono scapoli».
«Davvero?», sogghignò Bahorel: «Non so te, ma io avrei qualche dubbio…».
In quel momento entrarono Courfeyrac e Jehan. Neanche il tempo di salutare che Bahorel disse allegramente: «Ed ecco i due testoni! Era ora, eh?».
Jehan diventò bordeaux, ma non riuscì a non trattenere un sorriso.
«Già», rispose Courfeyrac sorridente, poi disse: «ma non è di noi che dobbiamo parlare ora, bensì di Enjolras e Grantaire».
«Stanno insieme?», incalzò Feuilly, incuriosito.
«Sì! Il bel marmo ha ceduto! Devo prendere in giro Enj a vita!», fece Courfeyrac, sorridendo in modo inquietante: «Da stanotte sto pensando a quale scherzo posso fargli, ma non ho idee».
Jehan scosse il capo, divertito. «Non fare il bambino», gli disse invece Feuilly, ridacchiando.
Qualche minuto dopo arrivarono anche Combeferre, Eponine, Gavroche e gli altri; Enjolras e Grantaire arrivarono alle cinque e un quarto: avevano persino battuto i record di Pontmercy che, felice di poter portare Cosette con sé, era arrivato al Musain con soltanto cinque minuti di ritardo.
«Non te la prendere per così poco!».
«Così poco? Te l’avevo detto di farti trovare pronto per le quattro e mezza!».
«Ma ti ho aiutato tutta la giornata a preparare le cose! Avevo fame, dovevo pur cucinarmi qualcosa, no?».
«Puoi fare a meno del pranzo per un giorno, ma il progresso non può attendere!».
«Apollo, ma sei serio?».
«E non chiamarmi Apollo!».
Quella scenetta divertì tutti les Amis che dovettero trattenere a forza le risate (eccetto Courfeyrac e Bahorel che si lasciarono andare ad una risata sguaiata).
«Sembrate due sposini!», disse Courfeyrac: «Continuate pure, mi sto gasando tantissimo».
Enjolras gli scambiò un’occhiata atroce; Grantaire, al contrario, stava per ridere anche lui.
«Allora, se permettete voglio aprire io quest’incontro», parlò ancora Courfeyrac: «Siete tutti d’accordo?».
«Sì», rispose Bahorel, curioso di sentire l’amico parlare. I ragazzi annuirono tutti, eccezion fatta per Enjolras che si limitava a fissare – o meglio, a incenerire – Courfeyrac con le braccia conserte.
«So che Enjolras freme dalla voglia di parlare delle prossime manifestazioni, ma io voglio parlare di noi, per una volta, e non noi inteso come studenti che lottano per i propri ideali, non noi inteso come popolo, ma noi inteso come gruppo di amici», iniziò Courfeyrac.
A quelle parole, Jean Prouvaire già si era commosso. Chinò il capo per non farsi vedere da nessuno.
«Premetto che avevo in mente grandi cose per questo Capodanno, ma abbiamo avuto la sfortuna di testare che il nonnino di Marius è un amabile guastafeste», fece il ragazzo, facendo ridacchiare gli amici: «ma, nonostante tutto, è stato il Capodanno più bello della mia vita perché è stato il nostro primo Capodanno insieme, e senza alcun dubbio il primo di tanti altri. Ma la cosa più bella di quest’anno è che siamo stati uniti come più che mai. La cosa più bella e più idiota allo stesso tempo è stato il Babbo Natale Segreto con cui ci siamo cimentati a Natale…».
«Bastardo! Grazie per avermi avvertito», Gavroche interruppe bruscamente Courfeyrac, mettendo su un broncio adorabile.
«Ti ho regalato apposta tre confezioni di caramelle gommose per farmi perdonare», rispose Courfeyrac con un sorrisetto, poi riprese il suo discorso: «Dunque, dicevo… è stata una cosa geniale non solo perché l’ho ideata io, ma perché ci ha fatto divertire e dannare allo stesso tempo. E senza di me, quel pallone gonfiato di Enjolras non avrebbe mai dichiarato il suo amore imperituro a Grantaire, quindi mi sento estremamente fiero degli esiti di queste settimane!».
Nessuno aveva mai visto Enjolras arrossire in quel modo: era diventato un peperone. Grantaire lo trovò adorabile e proprio non riuscì a trattenersi dal sorridere e dal baciarlo sulla guancia davanti a tutti.
«E poi vabbè, ci tengo a precisare che io e quel bellissimo ragazzo stiamo ufficialmente insieme», continuò Courfeyrac, indicando Jehan che, viola anziché rosso, sorrise timidamente, poi Courfeyrac ammiccò discretamente in direzione di Combeferre ed Eponine e poi di Joly e Bossuet: «E non solo: qualcos’altro sta nascendo nell’aria, ma daremo tempo al tempo. Che dire? Vi ringrazio di tutto, ragazzi, perché senza di voi niente di tutto questo sarebbe stato possibile. Vi voglio bene».
Courfeyrac ricevette una standing ovation. Erano tutti commossi, persino Enjolras che, da quando stava con Grantaire, stava incominciando ad ammorbidirsi anche per le piccole cose.
Inutile dire che Jehan era scoppiato in un mare di lacrime e che Joly si sentì morire per l’eccesso di emozioni a cui era stato sottoposto.
«Ma adesso lascio la parola ad Enjolras. E non voglio sentirlo parlare di rivoluzione!», scherzò Courfeyrac.
«Di-scor-so! DI-SCOR-SO!».
I ragazzi fecero dei cori da stadio che sconvolsero il bell’Enjolras che, quando si trattava di parlare di se stesso o dei suoi amici, era a corto di parole, se non addirittura privo.
«Beh… sì, condivido quello che ha detto Courfeyrac poco prima», iniziò Enjolras mordendosi un labbro, poi continuò: «Ringrazio singolarmente e sentitamente ciascuno di voi e nessuno escluso, e ringrazio Grantaire per essere piombato a casa mia il 31 e avermi costretto a presentarmi a Villa Pontmercy per volere di Courfeyrac. Siete tutti degli amici fantastici, non avrei mai potuto desiderarne di migliori, anche se spesso mi fate innervosire. Non ho nient’altro da dire eccetto che sì, vi voglio bene e che non pronuncerò mai più delle cose del genere, nemmeno sottotortura. E adesso possiamo iniziare».
Un coro di oh e aw inondò la saletta del Caffè Musain.
«Amico, sono ufficialmente commosso», scherzò Courfeyrac, mettendogli una mano sulla spalla.
Marius piangeva per l’emozione e Cosette lo consolava con qualche carezza: aveva sentito troppe belle parole pronunciate da Enjolras, ed era stato il nessuno escluso che l’aveva fatto emozionare completamente.
E poi c’era Grantaire che, infiammato d’amore, porse la propria mano al suo ragazzo e gli sussurrò all’orecchio: «Permetti?» ed Enjolras, con il sorriso più bello del mondo, non rifiutò quel gesto, bensì rispose accettando la stretta e intrecciando le proprie dita alle sue.
 

~

 


 
 Angolo della matta che scrive queste cose Autrice

Salve!
Sono passati quasi cinque mesi e sì, mi faccio schifo da sola. Mi scuso infinitamente! (e pensare che metà epilogo era già pronto mi fa imbestialire ancora di più xD).
Che dire? E' stata una piccola avventura, anche se è stata una follia, una commedia nata per strappare qualche sorriso e nata come regalo di Natale, è una piccola minilong che ho concluso in cui ci ho lasciato un pezzettino di me ♥
E ora basta con queste smancerie xD
Ah, un piccolo appunto: il finale. Okay, io odio sempre i finali delle mie storie, ma questo mi piace particolarmente perché richiama un po' ciò che accade nel libro, ma ovviamente qua nessuna fucilata (lol). A me piace stranamente, spero solo di non essere caduta nel banale o nel ridicolo xD
Ringrazio tutti coloro che mi hanno seguito in questa folle impresa. Ringrazio _ems e _Rossyj_ per il loro continuo appoggio, le mie amiche di delirio ♥ Vi voglio bene!
E ringrazio tutti coloro che hanno letto e recensito, siete fantastici ♥
Ho un nuovo progetto in mente (nessuna commedia xD) e spero di poterlo portare a termine. Ci sto lavorando da un po' di mesi e ci tengo molto e non vedo l'ora ^_^
Alla prossima! :)
SmartieMiz

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