Not a Fairytale

di Clary F
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologue ***
Capitolo 2: *** Oh, My God ***
Capitolo 3: *** O Romeo, Romeo! Wherefore Art Thou Romeo? ***
Capitolo 4: *** Memory Lane ***
Capitolo 5: *** Not at All a Fairytale ***
Capitolo 6: *** Shabby Hunter ***
Capitolo 7: *** Thanksgiving Day ***
Capitolo 8: *** Overdrive ***
Capitolo 9: *** What the Hell! ***
Capitolo 10: *** Epilogue ***



Capitolo 1
*** Prologue ***


Titolo: Not a Fairytale
Contesto: Dopo Città del Fuoco Celeste (non sono presenti spoiler fino all'epilogo).
Personaggi: Clary, Jace, Isabelle, Alec, Magnus, Simon, Tessa, Luke, Jocelyn.
Coppie: Clary/Jace, Magnus/Alec, Simon/Isabelle, Tessa/Jem.
Spin off: A Modern Fairytale, one-shot lemon che descrive piuttosto nel dettaglio la notte in cui Clary e Jace hanno concepito (ahahahah), è narrata sempre in prima persona dal punto di vista di Clary, ma lo stile non è ironico/comico come qui.
Note: Okay, questa storia di Clary incinta è demenziale, me ne rendo conto, ma spero l'apprezzerete lo stesso. Si potrebbe collocare in futuro ipotetico dopo che tutti i drammi dei nostri Cacciatori si sono conclusi e l'ispirazione per scriverla mi è venuta dopo aver rivisto il bellissimo film Juno. Detto ciò, ringrazio tutte le persone che hanno recensito e che recensiranno questa idiozia!
 
 

PROLOGUE


Conto i secondi alla rovescia, invocando l'Angelo Raziel e tutti i santi protettori degli Shadowhunters.
 
Dieci.
 
Nove.
 
Otto.
 
Sto iperventilando e questa non è decisamente una buona cosa. Troppo ossigeno al cervello può dare alla testa. Non ho mai sofferto di attacchi di panico, ma questo è sicuramente un buon momento per iniziare ad averli. Ricordo vagamente come bisogna comportarsi in queste situazioni, ma riesco solo a ricordare di un qualcosa tipo contare i respiri o i passi. Le mattonelle del bagno andranno bene lo stesso? Inizio a contarle ma nel frattempo perdo il conteggio del tempo.
 
Dannazione!
 
Facciamo che ero arrivata a tre.
 
Tre.
 
Due.
 
Uno.
 
Okay, Clary. È arrivato il momento. Il momento in cui deciderai se buttarti da un ponte e lasciarti divorare da un demone Devrak, senza nemmeno tentare di difenderti.
 
Afferro lo stick e la parola che appare mi spiazza completamente.
 
Questo non può essere vero, è uno scherzo.
 
Controllo e ricontrollo ossessivamente lo stick. Lo sbatto contro il bordo della vasca da bagno, nel caso fosse andato in tilt e avesse bisogno di una scossa per riprendersi.
 
Okay, stick. Ti do ancora due secondi per cambiare il tuo verdetto, questa è la tua ultima possibilità.
 
Due.
 
So che parlare a uno stick dentro la mia testa non è sintomo di una ferrea salute mentale. Ma chi può biasimarmi?
 
Uno.
 
La scritta in rosso è ancora lì, su quella stupida finestrella bianca.
 
Incinta.
 
Oh, per l'Angelo. Non posso essere incinta! È tecnicamente impossibile. In realtà, tecnicamente, è possibile … visto che ho fatto sesso.
 
Ma ho diciassette anni, dannazione! Per il Conclave sono ancora una bambina, non mi è permesso partecipare alle riunioni del Consiglio, figurarsi avere un figlio! Non ho terminato la mia istruzione, né il mio allenamento; non può essere vero. Probabilmente dovrei rinchiudermi in una stanza e non uscire mai più. Vivrò di aria e polvere e senso di colpa.
 
Stringo i pugni e mi afferro la testa fra le mani. Chi avrebbe mai detto che io, la sfigata di turno appassionata di fumetti, mi sarei ritrovata in una situazione simile?
 
Il mio pensiero corre verso mamma. Mi ucciderà.
 
Come farò a dirglielo? Come può una ragazza di appena diciassette anni, dare una notizia del genere alla sua irascibile, iperprotettiva e sospettosa madre?
 
Potrei sempre uscirmene con un: congratulazioni, diventerai nonna! Lanciandole una manciata di coriandoli in faccia. No, la cosa è da escludere se non voglio procurarle un attacco di cuore, o peggio, essere impalata al muro da uno dei suoi pugnali. Anche se questa potrebbe essere una soluzione, una volta morta non dovrei più preoccuparmi di niente. Ma diciamocelo, morire a diciassette anni non è mai stata la mia prerogativa. L'opzione di vivere come una reclusa per il resto della vita è più allettante.
 
Anche se, in fondo, è colpa sua, non è così? Se solo mi avesse dato da leggere uno di quei depliant da genitori, del genere 'Sesso: istruzioni e precauzioni per l'uso' oppure 'Come evitare l'arrivo della cicogna' ora non mi troverei in questa spiacevole situazione. E invece no, anni di soprusi e intimidazioni genitoriali ('non tornare dopo mezzanotte' e 'i demoni sono mooolto cattivi') ecco a cosa mi hanno portato.
 
Bell'affare.
 
Ma mia madre non è l'unica persona da biasimare qui, oh, no di certo! Un solo nome, quattro lettere: Jace (anche noto come padre-del-bambino-che-cresce-nel-mio-ventre). Lui e la sua lascivia, i suoi soffici capelli biondi (mi chiedo spesso che balsamo usi) …
 
Ehm, dicevo? Ah, sì, che mi rinchiuderò in una stanza e non uscirò mai più da lì. Dormirò sopra un giaciglio di paglia, proprio come fanno i cavalli. Urgh, io odio quegli animali.
 
Inoltre, il vivere per sempre rinchiusa, implicherebbe il fatto che io non possa uccidere la persona che mi ha messo in questo casino. Sì, devo decisamente uscire e uccidere Jace con le mie stesse mani. Sarà un'impresa difficile, certo, lui è il miglior guerriero che io conosca, ma magari con l'aiuto di Luke e il fattore sorpresa la cosa potrebbe andare a buon fine.
 
Oh, Luke. È come se fosse un padre per me, non voglio che smetta di guardarmi come se io fossi la sua tenera e innocente bambina.
 
Questa cosa rovinerà la mia vita.
 
Mia madre verrà imprigionata alla Guardia per omicidio colposo e mi figuro già Magnus, che nel tentativo di aiutarmi a mantenere il bambino si ritirerà a New York e inizierà a lavorare come stripper in uno di quei locali malfamati dei bassi fondi, per una misera paga di 10 dollari l'ora; se non contiamo le mance che gli avventori del locale gli infileranno tra gli slip pitonati, ovviamente.
 
Oh, questo immagine mi ha nauseato, oltre ad avermi fatto venire una tremenda voglia di biscotti all'uva passa.
 
Esisteranno i biscotti all'uva passa?
 
(Ecco un altro motivo per uscire da qui.)
 
Oh, Dio.
 
Sono fregata.
 
Stupido Jace, stupido, stupido Jace!
 
È tutta colpa sua e dei suoi occhi color oro fuso, dei suoi capelli fini come seta (che diavolo di balsamo userà?) e dei suoi addominali scolpiti.

Maledizione!

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Capitolo 2
*** Oh, My God ***


CHAPTER 1
OH, MY GOD
 
 
Dopo ore di estenuante autocommiserazione, ho deciso di riprendere in mano la mia vita. Il motivo principale che mi ha spinta è stata la voglia implacabile di biscotti all'uva passa, ma ora mi rendo conto che nella dispensa della mia cucina non c'è niente di neanche vagamente simile.
 
Forse i biscotti all'uva passa non esistono per davvero.
 
Mamma entra nella stanza e mi guarda come se fossi matta. Certo, non ha tutti i torti, sembro un furetto affamato e la cucina è ridotta un disastro.
 
«Vuoi che ti prepari qualcosa, Clary?» Mi guarda con affetto e alza un sopracciglio.
 
So che non mi guarderà mai più così, dopo che le avrò detto che aspetto un bambino. So anche che dovrei dirglielo il prima possibile. Questo mi sembra un momento più che adatto, siamo sole. Posso farcela.
 
«Mamma, io … devo dirti una cosa.» Le parole mi si impigliano nella gola.
 
Lei annuisce, spronandomi a continuare.
 
«Io, aspetto … aspetto» avanti, un po’ di spina dorsale! Ho distrutto navi giganti, ucciso demoni, salvato il mondo (okay, magari sto esagerando) e non riesco a dire a mia madre che sono incinta? «Aspetto un -»
 
Dannazione, Luke, proprio ora dovevi entrare in cucina? Luke abbraccia la mamma, stampandole un bacio sulla guancia, dopodiché mi rivolge una delle sue occhiate da ciao-piccola-clary-mia-dolce-innocente-bambina.
 
«Ciao, Clary. Cos'è successo qui? Un procione ha invaso la nostra cucina?» dice, riferendosi a tutte le scatole di cereali e biscotti disseminate sul tavolo e sul pavimento.
 
Essere scambiata per un procione famelico è molto frustrante, ve lo assicuro. Faccio una smorfia. «Certo, si sa che i procioni infestano le zone dell'East River, oggigiorno.» Dico sarcastica.
 
«Cosa aspetti, Clary?» Chiede mamma.
 
«Io?»
 
«Sì, tu. Hai detto 'io aspetto un'. Che cosa?»
 
Mamma è agitata. Lo capisco dal tremito leggero della sua voce e dai suoi occhi sporgenti, che sembrano scannerizzarmi dalla testa ai piedi. Perché deve essere così attenta? Ho il cuore in gola e mi sudano le mani. Non credo riuscirò mai a dirglielo, io davvero non posso.
 
«Aspetti un?» Mi incita a continuare.
 
«Un …» avanti, ho una mente brillante, perché non riesco a pensare a nessun'altra parola che non sia 'bambino' o 'procione'? Potrei dirle che aspetto un procione, dopotutto mi sembra una frase sensata. Luke mi guarda in attesa. Sento il peso dei loro occhi verdi e blu su di me, e mi sta schiacciando. Vedo che, tra le mani, Luke tiene una manciata di lettere, probabilmente la posta del mattino. «Un biglietto! Aspetto un biglietto.» Ce l'ho fatta!
 
Le spalle di mamma si rilassano impercettibilmente. «In effetti c'è questa busta indirizzata a te.» Dice Luke, sventolandomi una lettera color crema davanti al naso.
 
Ma guarda te il destino!
 
Ho strappato la lettera dalle mani di Luke e ora sono seduta sul letto di camera mia. Alla fine si è rivelato un invito per il compleanno di Magnus, ovviamente non c'è scritto quanti anni compie e mi chiedo perché mai spedisca gli inviti via posta mondana. Leggo la data prevista per la festa e scopro che si terrà a dicembre, il che è strano visto che siamo a settembre e mancano ancora quattro mesi.
 
Quattro mesi.
 
Per allora sarò grossa come una balena. Potrei suggerire a Magnus di organizzare una festa in maschera. Il mio costume sarebbe di sicuro il più realistico.
 
Visto che il mio nuovo scopo nella vita è quello di evitare Jace, decido di non andare all'Istituto e di incontrarmi con Izzy direttamente davanti alla fermata della metropolitana. Ieri sera, a Chinatown, si è verificata un'intensa attività demoniaca e un mondano è rimasto ferito mentre usciva da un ristorante cinese.
 
«Che cos'hai?» Izzy mi guarda con gli occhi socchiusi, in questo momento assomiglia molto a mia madre.
 
«Niente.»
 
Mi muovo a disagio sul sedile della metro e mi auguro con tutto il cuore che decida di lasciar perdere. Isabelle? Lasciar perdere? Figuriamoci.
 
«Oggi sei più musona del solito. Hai litigato di nuovo con Jace?»
 
Di nuovo? Come se io e Jace litigassimo un giorno sì e l'altro no. Beh, in effetti è così.
 
«No, stavo pensando alla festa di compleanno di Magnus. Dovremmo fargli un regalo, no?»
 
Sto diventando davvero brava a fuorviare i discorsi.
 
«Oh, giusto!» Gli occhi di Izzy si illuminano, come ogni volta che si parla di feste organizzate da Nascosti megalomani con una passione per il glitter. «Credo che un set di biancheria intima di seta potrebbe essere una buona scelta!»
 
«Un set di biancheria intima? Ma che diavolo è?»
 
Izzy mi guarda come se fossi un'aliena particolarmente deficiente. Inoltre ora l'immagine di Magnus in reggiseno e slip di seta si è sovrapposta a quella di lui con gli slip pitonati. Devo vomitare.
 
Arriviamo davanti al ristorante cinese dove la sera prima è avvenuta l'aggressione. Si trova in un vicolo oscuro e maleodorante. Izzy sta seguendo delle tracce di sangue secco, mentre io studio il menù appeso alla vetrina. In questo momento ucciderei per una zuppa di pinne di pescecane.
 
«Clary?» Izzy è dietro di me e mi guarda con le sopracciglia alzate. «Che cosa stai facendo?»
 
«Ehm, pensavo che potremmo fermarci qui per cena.»
 
Di nuovo Izzy mi guarda come se fossi pazza. Ricambio lo sguardo con un'occhiata di sufficienza. Lei fa per aprire bocca, ma un rumore proveniente dal fondo del vicolo la distrae. Due bidoni della spazzatura vengono ribaltati, spargendo il loro nauseante contenuto tutto attorno a  noi. Ormai è buio ed è difficile scorgere qualcosa tra tutta questa spazzatura. Izzy tira fuori la spada angelica e io la seguo. La luce delle nostre spade riesce ad illuminare il deprimente paesaggio del vicolo, insieme ad un paio di tentacoli bianchi dalle ventose appuntite e rosse.
 
«È un demone Raum!» Urla Izzy, saltando sulla marea di rifiuti con una grazia innata che mi fa alquanto innervosire. La sua spada riesce a recidere uno dei tentacoli, mettendolo fuori uso. Il demone, però, non sembra neanche accorgersene e avvolge la caviglia di Izzy in una stretta mortale.
 
Dovrei fare qualcosa, lo so, ma sono paralizzata dalla paura. Non ho paura per me stessa, ormai quella l'ho superata da un pezzo, ma ho paura per il bambino. Non ho idea di come comportarmi, non ho idea se tutto questo possa nuocergli e adesso, l'idea di andare a caccia insieme a Isabelle, mi sembra la più stupida che io abbia mai avuto.
 
A parte andare a letto con Jace senza un'adeguata protezione, ovviamente.
 
Izzy sta lottando e sembra avere la meglio sul demone, ma un altro Raum sembra sbucare dal nulla. O meglio, da uno dei bidoni della spazzatura, sul quale Izzy fa leva con un piede per prendere lo slancio ed eseguire un salto mortale che la riporta a debita distanza dai due demoni. Durante questo breve arco di tempo, non si fa certo scappare l'occasione di lanciarmi un'occhiata furiosa, in stile se-non-ti-dai-una-mossa-ti-uccido-a-mani-nude.  
 
Il demone a cui Izzy ha reciso un tentacolo ora sembra davvero arrabbiato. Corro verso di lui, pregando di non cadere, o farmi male, o essere mangiata da quella orrenda bocca bavosa che il Raum si ritrova. La mia spada angelica sta brillando a pochi centimetri dal petto del demone, sento che affonda nella sua carne molle e per un attimo sorrido trionfante.
 
Il Raum non sembra apprezzare e agita i tentacoli in un vortice, spazzando via tutto ciò che gli è accanto, compresa me e tutta la spazzatura.
 
Vedo Izzy alla sue spalle, e non ho mai amato così tanto quella ragazza, mentre gli infila la spada nel collo dandogli il colpo di grazia, spargendo icore nera e una sostanza melmosa dappertutto.
 
Bene, ora sono completamente ricoperta di rifiuti cinesi, melma e sangue di demone.
 
La mia vita fa schifo.
 
Giro le chiavi nella toppa di casa e non vedo l'ora di lavarmi via tutta la spazzatura e la melma che ho addosso. I due Raum sono stati rispediti nel Vuoto e anche io ci sono andata molto vicina, visto che Izzy mi ha praticamente puntato la spada alla gola chiedendomi che diavolo mi fosse preso.
 
«Sono incinta, okay?!» Avrei voluto urlarle in faccia, ma non l'ho fatto. Mi sono limitata a non aprire bocca e ad esibire la mia migliore espressione mortificata.
 
Lancio le chiavi sul mobiletto e mi avvio verso il bagno, togliendomi la casacca della divisa e lasciando impronte fangose sul pavimento. Mia madre mi ucciderà.
 
Quando passo dalla cucina, però, vedo qualcosa che mi costringe a fermarmi. È davvero tardi, credevo che mamma e Luke fossero già a letto, invece sono entrambi seduti al tavolo della cucina, immobili come due statue di pietra.
 
«Ciao?»
 
Faccio capolino dalla porta ed entrambi alzano lo sguardo su di me. I loro occhi sono vuoti come quelli dei mondani soggiogati dai vampiri.
 
«Che succede?»
 
«Che succede?» Ripete mia madre, alzandosi in piedi. «Dovresti dircelo tu che succede!» Strilla agitando le mani in aria.
 
Mi chiedo cosa possa aver combinato questa volta. Forse è arrabbiata perché ho sporcato il pavimento, oppure … aspetta, cos'è quella cosa che tiene tra le mani?
 
Oh, mio Dio.
 
È il mio stick!
 
Anni e anni di serie tv poliziesche non mi hanno insegnato proprio nulla, allora? Mai buttare le prove nel cestino dell'immondizia della proprio camera!
 
«Hai frugato in camera mia!» Urlo indignata. Perché si sa, l'attacco è la miglior difesa o qualcosa del genere.
 
«Clarissa, tu mi devi delle spiegazioni! Cos'è? Cosa significa? È tuo?» Mi sventola lo stick davanti alla faccia con espressione furiosa e io mi chiedo perché questa serata non possa finire in fretta.
 
«È un test di gravidanza, mi sembra ovvio.» Dico sarcastica, ma è come se avessi ingoiato un limone e sento le lacrime pungermi gli occhi.
 
Luke si alza dalla sedia e inizia a girovagare per la cucina con aria confusa.
 
«Come hai potuto essere così irresponsabile?» La voce di mia madre è come veleno.
 
«Beh, non ho pensato alle conseguenze!»
 
Diciamo che non ho proprio pensato in quel momento.
 
«Questo è ovvio!» Urla mamma, prendendosi il viso fra le mani e respirando affannosamente.
 
«Mi dispiace, mamma.»
 
Lei prende un altro bel respiro per calmarsi. Probabilmente un'iniezione di Valium sarebbe più utile in questo momento. «Okay, Clary, non preoccuparti. Troveremo una soluzione, insieme. Non è così, Luke?»
 
Luke è pallido come un fantasma e deve schiarirsi la voce prima di rispondere, visto che è rimasto in silenzio fino ad ora. «C-certo. Ti staremo vicino.» Fa qualche passo verso di me e mi stringe in un abbraccio un po’ goffo. Cos'ho fatto per meritarmi un papà così buono?
 
In quanto a consolazioni non è il migliore, certo, ma apprezzo molto il suo sforzo.
 
«Ci sono varie opzioni, questo lo sai. Dobbiamo solo scegliere la più adatta per te.» Mamma mi posa una mano sulla spalla e mi guarda dritta negli occhi.
 
Ho capito cosa vuole intendere con altre opzioni e questo mi provoca un'ondata di rabbia. Ho le guance bagnate, il mio sforzo per non piangere è decisamente andato a farsi benedire.
 
«Non ci credo che tu mi stia suggerendo di sbarazzarmene.»
 
«Jocelyn, vacci piano. È spaventata non -»
 
«Sta' zitto, Luke. Questi non sono affari che ti riguardano.» Vedo l'espressione ferita negli occhi di Luke e la rabbia verso mia madre cresce ancora di più. «Clary, sei troppo piccola, hai solo diciassette anni. Non sei pronta per essere madre.»
 
Questo lo so anche io, grazie tante.
 
«Lo hai detto a
 
«Jace, mamma. Si chiama Jace! Direi il suo nome non ti spedirà all'inferno. E no, non gliel'ho detto!»
 
Nel frattempo la discussione si è spostata nel corridoio. Mia madre non può dirmi cosa fare, non in questa situazione. Jocelyn incombe su di me come un titano e io non riesco più a tollerare questa pressione. Afferro la maniglia e mi precipito sul vialetto.
 
«Clarissa, se ora esci da quella porta non ti azzardare a tornare.» La voce di mia madre è gelida.
 
Oh, se solo avessi un dollaro per ogni volta che ho sentito questa frase … ora sarei molto ricca e potrei crescere mio figlio in una villa imperiale.
 
Purtroppo non è così e questa volta mia madre sembra piuttosto seria sulla faccenda del non tornare mai più.
 
Fantastico, sono una senzatetto incinta, ricoperta di immondizia e bava di demone. Si può cadere più in basso di così?
 
Dopo aver girato per un'ora buona per New York, decido che la vita della senzatetto non fa per me, soprattutto in una nottata gelida di settembre. Così vado dall'unica persona che può ospitarmi, o almeno spero.
 
«Chi osa disturbare il -» la voce assonnata proveniente dal citofono si interrompe e sospira. «Chi diavolo è? Sono le due di notte!»
 
«Clary.» Rispondo con voce piatta.
 
Quando arrivo davanti alla porta d'ingresso, Magnus mi accoglie in vestaglia di raso nero e io non posso che pensare al set di biancheria intima di seta consigliato da Izzy.
 
«Mia piccola pel di carota, puzzi come una discarica.» Magnus arriccia il naso, scrutandomi dall'alto del suo metro e novanta.
 
È bello ricevere così tanti complimenti in una sola giornata.
 
«Già. Posso stare da te per un po’?»
 
Lui alza un sopracciglio e si passa una mano fra i capelli arruffati. «Ti direi di levitare fino al bagno in modo da non sporcare i miei costosi tappeti persiani, ma non credo che tu ne sia capace.»
 
Roteo gli occhi al cielo, esasperata. «Credi bene!» Sbotto, infilandomi tra lui e lo stipite della porta.
 
Sono stanca, infreddolita, assonnata, sporca e incinta. Non è proprio il momento per l'ironia da stregone.

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Capitolo 3
*** O Romeo, Romeo! Wherefore Art Thou Romeo? ***


CHAPTER 2
O ROMEO, ROMEO! WHEREFORE ART THOU ROMEO?
 
 
Appena apro gli occhi, per un istante non capisco dove mi trovo. Poi il mobilio di dubbio gusto e gli eventi della sera prima mi piombano addosso come una doccia gelida. Sono nella stanza degli ospiti di Magnus. Mia madre mi odia. Sono incinta.
 
Fantastico.
 
Come se non bastasse, prima di andare a letto mi sono dovuta sorbire ben due ore di lamentele da parte di Magnus, per aver 'sporcato irrimediabilmente il suo bagno egiziano' per usare le sue stesse parole. Gli ho fatto gentilmente notare che lui è uno stregone e può ripulire senza neanche l'ausilio di una scopa. A quel punto è seguito un breve interrogatorio.
 
«Perché sei qui?»
 
«Mia mamma mi ha detto di non tornare più a casa.»
 
«Impossibile. Jocelyn non lo farebbe mai.»
 
Dopo cinque intensi minuti, durante i quali ho urlato a Magnus che invece l'aveva proprio fatto, ha deciso di credermi, tornando a impersonare il poliziotto cattivo.
 
«E perché ti avrebbe cacciata? Cos'hai combinato?»
 
«Divergenze di opinioni.»
 
Ho cercato di tergiversare e lui ha finalmente avuto il buon gusto di lasciarmi andare a letto.
 
Dopo una serie di sbadigli, decido di alzarmi dal letto e controllare il cellulare. Sul display appaiono 27 chiamate perse. Due sono di Jace, tre di Simon e le altre di mia madre, nota anche come: la donna ossessiva. C'è anche un messaggio vocale. Lo ascolto mentre cerco di domare la mia chioma ribelle in una coda.
 
Piccola, mi dispiace per le cose che ti ho detto ieri sera. Per favore, ritorna a casa, risolveremo tutto insieme.
 
La voce registrata di mia madre è rotta dal pianto. Tipico. Prima mi dice di non farmi mai più vedere e dopo mi supplica di tornare. Questa volta non mi farò impietosire, no di certo. Quando esco dalla stanza, trovo Magnus sdraiato sul divano, intento a sorseggiare del caffè.
 
Dio, sto morendo di fame.
 
«Buongiorno anche a te, mia cara.»
 
Io grugnisco in risposta.
 
«Anche io vorrei un caffè.» Dico, sedendomi su una poltrona e raccogliendo le gambe al petto.
 
«E chi sono io, il cameriere?»
 
«Vestito in quel modo potresti esserlo benissimo.» Ribatto, alludendo al suo panciotto bianco e al gilet nero di seta che indossa.
 
Quest'uomo ha dei gusti orrendi in fatto di moda. E di mobilio. E di glitter. L'uomo in questione schiocca le dita, sbuffando, e un bicchiere di caffè fumante appare tra le mie mani.
 
«Fico. Non è che potresti far apparire anche dei biscotti all'uva passa?»
 
Magnus mi guarda con i suoi inquietanti occhi giallo verdi. «Nessuno mangia quella roba.»
 
«Per favore, Magnus» sbatto le ciglia come un cucciolo di cerbiatto, nella speranza di impietosirlo. Anche se, probabilmente, avrei molte più chance se mi chiamassi Albert e avessi degli addominali scolpiti.
 
Lui rotea gli occhi e sbuffa un'altra volta. «Okay, basta che la smetti di guardarmi così. Sembri strabica.»
 
Lo odio.
 
Dopo un altro schiocco di dita, un piatto di biscotti all'uva passa appare sul tavolino da caffè, e il mio odio svanisce all'istante. Quando addento il primo biscotto, mi sento quasi euforica.
 
«Puah!» Magari non troppo euforica. «Questi cosi sono tremendi!»
 
«Io ti avevo avvisata.» Mi risponde Magnus, voltando placidamente una pagina dal giornale di moda che sta leggendo.
 
«Non mi interessa, tanto non ho più fame.»
 
Guardo il Presidente Miao (acciambellato nel grembo di Magnus) con odio e me ne torno in camera mia sbattendo la porta. Qualche ora dopo sento la porta di casa che si apre, probabilmente è Magnus, tornato dal suo impegno di lavoro. In ogni caso non ho intenzione di andarlo a salutare, non ho intenzione di uscire da questa stanza mai più.
 
O almeno fino all'ora di pranzo.
 
Fortunatamente, dopo che Magnus ha annunciato che usciva, sono riuscita a trovare qualcosa di commestibile nel forno. Una deliziosa torta al cacao, guarnita di glassa e zuccherini … Inutile dire che c'è rimasto ben poco di lei.
 
La porta della camera si apre all'improvviso e il mio nuovo coinquilino appare sulla soglia, decisamente trafelato. I capelli gli stanno dritti in tutte le direzioni.
 
«Dovresti proprio fare un passo dal parrucchiere.» Gli dico con benevolenza.
 
«Come hai potuto essere così sconsiderata, Clary?»
 
Magnus mi sta praticamente urlando in faccia e le sue parole mi colpiscono come uno schiaffo in pieno viso. Sono quasi le stesse che ha usato mia madre ieri sera.
 
Oh, no.
 
Lo sa.
 
Mia madre ha scoperto dove alloggio e ha spiattellato tutto a Magnus!
 
«È successo è basta, okay?» Gli urlo di rimando.
 
Credevo che Magnus sarebbe stato un po’ più comprensivo di così.
 
«Ma certo, ti ci sei imbattuta per caso, no?» Continua, in tono vagamente isterico. «Questo è assurdo. Voi giovani fate tutto senza pensare alle conseguenze.»
 
Inizia a camminare avanti e indietro per il corridoio, con il Presidente Miao alle calcagna.
 
«Beh, anche tu e Alec lo fate. È normale, solo che -» cerco di giustificarmi, gesticolando furiosamente. Da quando il sesso tra adolescenti è diventato proibito?
 
«Io e Alec? Noi non lo faremmo mai! Abbiamo dei principi, noi
 
Eh? Quindi Alec e Magnus non hanno mai fatto sesso? Questa sì che è una svolta, devo assolutamente dirlo a Izzy.
 
«Ed era proprio per Alec. So che non siete molto in sintonia. Ma potevi almeno farlo per lui. Stasera è il suo compleanno!»
 
La faccenda inizia a farsi strana.
 
«Magnus, perché mai non avrei dovuto fare sesso con Jace … per Alec?»
 
«Chi ha parlato di sesso!?»
 
«Tu!» Urlo allibita.
 
«Io parlavo della torta che hai ingurgitato senza ritegno. L'avevo preparata io stesso, con le mie mani, per il suo compleanno!»
 
Ditemi che non ho appena scambiato una discussione su una torta di compleanno con una sul sesso.
 
«Ah, beh. In questo caso …»
 
Uccidetemi. Ora.
 
Magnus solleva un sopracciglio e smette di camminare avanti e indietro, facendo capitolare il Presidente Miao, che gli rivolge un'occhiata ostile. «Quindi, desumo che tua madre ti abbia cacciato di casa perché ha scoperto che hai fatto sesso con Jace?» Ghigna verso di me.
 
«Esatto.» Dico, trattenendo un sospiro di sollievo. Il Sommo Stregone di Brooklyn non ha capito un bel niente.
 
«Beh, Jocelyn è un po’ bigotta, in effetti. Non trovo nulla di male nell'esternare il proprio amore tramite l'atto sessuale.» Si blocca, grattandosi il mento, pensieroso. «O nell'atto sessuale e basta.»
 
«Ti ringrazio per il tuo appoggio.» A volte anche io so essere gentile.
 
«Sai, la mia prima volta è stata a dodici anni. Nel lontano milleduecento-»
 
«Magnus!» Lo interrompo prima che mi fornisca un'ampia e dettagliata descrizione del suo primo rapporto sessuale. Non credo di poterlo sopportare, è tutta la mattina che ho nausea.
 
«-trentaquattro. O era il milletrecentodue? Oh, beh, non ricordo la data. Ma ricordo perfettamente quel bel giovanotto dalla pelle ambrata. Aveva un -»
 
«Magnus, ti prego!»
 
«-bellissimo sorriso. E un gran bel sedere. Mi trovavo in Indonesia e …»
 
Mi tappo le orecchie, cercando di scacciare dalla mente immagini inopportune di slip pitonati, biancheria di seta e un Magnus di appena dodici anni. Per l'Angelo, questo ragazzo è precoce! E soprattutto non riesce a tenere chiusa quella stupida boccaccia. Cos'avrò mai fatto di male nella mia vita precedente per meritarmi tutto questo? Probabilmente ero Hitler, o qualcuno del genere.
 
«Era sera, e io ero sgattaiolato via di nascosto dalla mia cameretta, proprio per incontrarmi con Romeo, al chiaro di luna …»
 
Romeo? Ma che razza di nome è?
 
«Lui era lì, che attendeva il mio arrivo con somma trepidazione. Nudo, ovviamente.»
 
Qualcuno lo faccia smettere.
 
«Sono in incinta!»
 
Perfetto, l'ho detto. Più che altro l'ho urlato, così ora, oltre che Luke, mia madre e Magnus, lo sa anche tutto il vicinato di Brooklyn. Perlomeno è servito a interrompere il suo racconto erotico. Ora Magnus mi guarda con gli occhi sbarrati e la bocca spalancata.
 
«Come?»
 
«Hai capito bene.»
 
«Oh, Clary, trovo che sia … magnifico?»
 
Magnifico? Ma che diavolo ha nel cervello?
 
«Direi più che altro tragico. Terribile. Spaventoso. Inopportuno.»
 
Questa volta è lui a interrompere la mia sfilza di aggettivi alzando una mano e sedendosi accanto a me sul letto. «Jace lo sa?» Mi chiede dolcemente.
 
«No. E ti sarei molto grata se non spiattellassi tutto ad Alec, sappiamo entrambi che correrebbe subito a informare il suo parabatai.» Dico seccata.
 
Non riesco più a pronunciare il nome di Jace, sto diventando come mia madre.
 
«Clary, non puoi chiedermi una cosa del genere!» Sbotta, alzandosi in piedi e passandosi le mani fra i capelli. «Sai come i segreti abbiano rovinato il mio rapporto con Alec. Ci siamo ripromessi di dirci ogni cosa. Ogni minuscola, insignificante cosa.»
 
Annuisco con apprensione. «Quindi se raccontassi ad Alec del giovane e rampante Romeo-dalla-pelle-ambrata, lui lo saprebbe già, giusto?» Sbatto le ciglia innocentemente e vedo Magnus irrigidirsi.
 
«Bene. Terrò la bocca chiusa.» Sibila tra i denti.
 
1 a 0 per me!
 
«Piccola serpe. Sei tale e quale a tua madre. Ora alzati e vieni a darmi una mano.» Dice rabbiosamente, avviandosi verso il salone.
 
«A fare cosa? Sono incinta, devo riposare.» Gli urlo dietro, in tono lamentoso.
 
«Preparare torte non è sulla lista delle controindicazioni per le donne incinte. Quindi alza quel sedere e vieni in cucina.»
 
Una lista delle controindicazioni? Devo assolutamente procurarmela.
 
Dopo circa venti minuti, Magnus sta impastando farina, uova e cacao, mentre io mi limito ad osservarlo, sgranocchiando un cracker seduta sul tavolo con le gambe a penzoloni.
 
«Allora stasera organizzerai una cenetta intima per Alec?» Mi informo, non per interesse, più che altro perché mi annoio a morte. «Non sarebbe più carino portarlo fuori? O sei l'unico stregone che non ha un dollaro da parte?»
 
Magnus mi lancia un'occhiataccia indignata. «Se non avessi un dollaro da parte credi che potrei permettermi dei vestiti così fantastici?»
 
Preferisco non rispondere.
 
«In ogni caso, preferisco cenare in casa. La prima e ultima volta che ho portato Alec a cena fuori, siamo finiti in una discoteca, cercando di salvare una giovane lupa in transizione.»
 
«Sembra terrificante.»
 
«E quella è stata la parte migliore della serata. Ti risparmio il nano che ha cercato di derubarci e la deliziosa canzone sulle chiappe.»
 
Ma cosa sta farneticando? A volte mi chiedo (cito Jace) se non abbia ingoiato un vocabolario e non sputi fuori parole a caso.
 
«Comunque non sarà poi così intima.» Continua, tornando a parlare come un essere umano.
 
«Se ti riferisci a me, prometto di chiudermi nell'armadio e di non uscire per tutta la sera.» Sappiamo entrambi che questa promessa non vale un fico secco, ma l'educazione viene prima di ogni cosa.
 
«Questa promessa non vale un fico secco.»
 
Oh, no. Magnus sa leggere nel pensiero? Forse gli stregoni lo sanno fare. Devo informarmi assolutamente.
 
«E in ogni caso, tu cenerai con noi. Insieme a me, Alec, Izzy, Sheldon e Jace.»
 
«COSA?!»
 
(Tanto per la cronaca, Sheldon è Simon. Ormai lo sappiamo tutti.)
 
«Perché mi odi così tanto, Magnus?» Sbotto, saltando giù dal tavolo e sbattendo i piedi a terra come una bambina. Vedete, io sono una bambina, non posso avere un bambino! È contro natura.
 
«Io non ti odio, Clary. E dovrai pur vederlo prima o poi.»
 
«Non necessariamente.» Ringhio in risposta, prima di correre in camera mia a morire.
 
L'ora di cena arriva fin troppo presto e io sono nervosa come mai sono stata nella mia vita. La tavola è imbandita di cibo e bottiglie di vino e ben presto il campanello dell'appartamento si mette a trillare. Devo vomitare.
 
«Simon!» Esclamo, tornando a respirare. È solo Simon, il mio migliore amico Simon. Mi tuffo verso di lui e lo abbraccio con forza, posando la testa sul suo petto.
 
«Che succede, Clary?» Mi chiede subito preoccupato, ricambiando l'abbraccio.
 
«Niente. Sono solo felice di vederti, ecco. E poi ho litigato con mia madre, ora sto da Magnus,» il mio flusso di parole viene interrotto da un secondo trillo del campanello. Questa volta so che sono loro e che non c'è via di scampo.
 
E, infatti, dopo un istante, sulla soglia d'ingresso appaiono Izzy, Alec e Jace. Izzy è stupenda nel suo abito blu scuro, il che mi fa rimpiangere di avere addosso i miei soliti jeans e una maglietta idiota con la scritta: Romeo & Giulietta, in onore di Shakespeare. E in onore di Magnus, ovviamente.
 
L'espressione sul suo volto è stata impagabile, quando ha letto la scritta, davvero.
 
Alec va incontro a Magnus e i due si scambiano un bacio sulle labbra. Jace invece mi sta fissando. Ho paura che la mia stupida mente mi farà dire: «sono incinta,» invece che un semplice «ciao,» non appena aprirò bocca.
 
Jace si avvicina a me e a Simon e il mio cuore inizia a battere furiosamente. È bellissimo, con i suoi capelli dorati che gli ricadono sulla fronte, quegli occhi, simili a due pietre di giada e il portamento fiero di un leone. Non sta sorridendo, ed è strano, perché ogni volta che mi vede sorride. Forse lo sa già. Forse mia madre e la sua bocca larga hanno colpito ancora. Vorrei scomparire. Quando è a pochi passi da me, alza un sopracciglio biondo e punta gli occhi su Simon.
 
«Perché stai abbracciando la mia ragazza?»
 
Oh, è solo geloso, ecco perché non sorride. Che cosa tenera!
 
Simon alza gli occhi al cielo e mi fa un cenno esasperato col capo, prima di dirigersi verso Izzy.
 
Ora siamo soli. Io, Jace e la mia stupida mente.
 
«Bella maglietta.» Mi dice con un mezzo sorriso.
 
«Bel cappello.» Rispondo.
 
«Ma … io non ho un cappello.» Jace mi guarda confuso. Come biasimarlo?
 
«Appunto.» Dico, prima di voltargli le spalle e andare dritta verso camera mia.
 
Oh, Dio, penserà che sono completamente pazza. Come faccio a spiegargli che ho detto 'cappello' solo perché era l'unica parola che mi veniva in mente oltre a 'incinta' e 'gravidanza' e 'bambino'?
 
Sono pazza?
 
«Clary, aspetta!»
 
Jace mi raggiunge nella camera da letto e mi afferra per un braccio, costringendomi a voltarmi. Il contatto con la sua pelle mi provoca, come sempre, una scarica elettrica lungo tutto il corpo. Chiudo gli occhi e cerco di riprendere il controllo.
 
E poi mi meraviglio di essere rimasta incinta.
 
«Per favore, vuoi dirmi che succede? Sembra quasi che tu mi stia evitando. Eppure non ho combinato niente, stavolta. O almeno credo.» Dice, corrugando la fronte.
 
Adorabile.
 
«Non hai fatto niente,» rispondo con dolcezza, fissando insistentemente le sue labbra. «Ho solo litigato con mia madre. Niente di nuovo, insomma. Così ho deciso di stare da Magnus per un po’.» Concludo, stringendomi nelle spalle e congratulandomi con me stessa per non aver nominato nessuna delle parole proibite per un intero discorso.
 
Jace sembra rilassarsi visibilmente. Mi prende il viso fra le mani e io mi dimentico di respirare. Tutto ciò che voglio è che mi baci.
 
«Quindi non hai niente in contrario se ti bacio?»
 
Non ditemi che anche lui sa leggere il pensiero!
 
«No,» sussurro e in un secondo le sua bocca copre la mia. Le sue dita scivolano lungo la mia schiena e fra i miei capelli, mentre le nostre labbra sfregano le une sull'altre.
 
È stupendo. Mi sembra di non baciarlo da mesi, eppure sono passati solo due giorni.
 
«Mi sei mancata.» Mi sussurra all'orecchio, prima di tornare a baciarmi sul collo, sulle guance e sulle labbra.
 
«La cena è in tavola!»
 
La voce baritonale di Magnus spezza l'incantesimo che si era creato tra noi e io cerco di riprendere un minimo di autocontrollo, anche se ho il fiatone e le vertigini.
 
«Meglio andare. Magnus sembra più isterico del solito stasera.» Dice Jace, con il suo sorriso arrogante.
 
«Già, chissà perché.» Rispondo con aria distratta.
 
Una volta seduti a tavola, Alec e Jace si lanciano in una discussione animata su quale sia la migliore arma in assoluto, mentre Izzy e Magnus parlano della nuova collezione di Armani e io e Simon ci guardiamo come se fossimo capitati in un manicomio.
 
Solo in quel momento mi accorgo che nel mio bicchiere c'è del vino e che il menù è composto esclusivamente da sushi e roba cruda. Santo cielo, tutti sanno che le donne incinte non possono mangiare pesce crudo!
 
Mi schiarisco la voce e alzo un sopracciglio, fissando Magnus.
 
«Complimenti, Magnus. Sembra tutto buonissimo.» Dico ad alta voce.
 
Lui sorride, preoccupato. «Grazie, Clary.»
 
«Sembra un po’, ecco … crudo.»
 
«Certo che è crudo, è sushi!» Dice Izzy, infilandosi un pezzo di salmone in bocca.
 
Vedo un lampo di consapevolezza attraversare gli occhi di Magnus. Probabilmente aveva pianificato il menù giorni fa, molto prima di venire a sapere della mia condizione. Poi gli occhi di Magnus cadono sul mio decolté e per un attimo non capisco.
 
Ma certo, sta leggendo lo slogan della mia maglietta.
 
«Perché, Clary, non ti piace il pesce crudo? Di solito lo mangi.» Dice sorridendo lentamente.
 
Brutto … e poi sono io la perfida serpe!
 
«Izzy, ti piace la mia maglietta?» Mi giro verso di lei e sporgo il petto infuori, in modo che tutti possano ammirare l'incantevole scritta rosa: Romeo & Giulietta.
 
Izzy la guarda schifata. «Sembra quella di una bambina di nove anni con gravi problemi sociali.»
 
Sono terribilmente offesa.
 
«Ehi! Mi ricordo della maglietta.» Dice Simon, all'improvviso. «Jocelyn te l'ha comprata quando siamo andati in gita a Coney Island, avevamo appena visto il film.»
 
«Proprio così,» rispondo entusiasticamente. «Mi ricordo ancora le battute a memoria.» Prendo un bel respiro e mi calo nel personaggio, gli occhi fissi su Magnus, che mi guarda agghiacciato. «O Romeo, Romeo! Perché sei tu Romeo? Rinnega tuo padre, rifiuta il -»
 
«Basta così!» Magnus sbatte le mani sul tavolo. Sta sorridendo, ma più che altro il suo sorriso assomiglia alla smorfia di un demone.
 
Izzy, Alec e Jace ci guardano come se fossimo pazzi.
 
«Che c'è, Magnus? Non apprezzi Shakespeare? Eppure tutti sognano di incontrare il proprio Romeo
 
«Questa conversazione è surreale.» Dice Jace, alzando un sopracciglio.
 
«Questa conversazione è da ritardati!» Izzy e il suo solito tatto.
 
Dalle mani di Magnus si levano delle fiammelle azzurre e per un attimo temo che mi ucciderà. Poi sul tavolo appaiono due piatti da portata, pieni di cibo, tutto molto cotto. Sorrido soddisfatta.
 
2 a 0 per me, o sbaglio?
 
«E questi da dove li hai rubati?» Esclama Alec, inorridito al solo pensiero del furto appena commesso dal suo ragazzo.
 
Dopodiché, la cena è stata estremamente piacevole. Almeno per me.
 
Arrivati al dessert, Magnus presenta la sua torta fatta in casa e io mi auguro che non ci obblighi a cantare tutti in coro 'tanti auguri a te'. Ma, ahimè, non lo scopriremo mai, perché proprio in quel momento Alec riceve una chiamata dall'Istituto.
 
«Dobbiamo andare.» Alec si alza in piedi, il corpo teso e gli occhi determinati, già pronto alla battaglia. «Nostra madre ha detto che è stata rilevata un'intensa attività demoniaca in centro e che sono stati avvistati alcuni demoni. Dobbiamo andare a controllare, ora.» Riferisce a noialtri Cacciatori. Poi si rivolge a Magnus, tornando ad essere il solito ragazzo impacciato e imbarazzato. «Mi dispiace tanto, Magnus … per la torta, è davvero carina.»
 
Magnus sembra un cucciolo ferito. Un cucciolo di stregone alto un metro e novanta, ferito.
 
«Non fa niente. Va' pure, Alexander.»
 
Mi viene da piangere. Perché sono stata così crudele con lui?
 
«Andiamo. Clary, datti una mossa.»
 
Eh?
 
«Eh?» Dico stupidamente.
 
Jace mi guarda come se fossi un'idiota. «Vieni, con noi, no?»
 
«Perché?» Chiedo altrettanto stupidamente.
 
«Perché sei una Cacciatrice, per l'Angelo!» Sbotta Izzy.
 
«Io … io …»
 
Oh, no. Non di nuovo. Sono terrorizzata, non voglio esporlo a pericoli inutili.
 
«Clary non si è sentita bene, oggi. Farebbe meglio a rimanere a casa con me.»
 
È la voce di Magnus quella che sento?
 
«Credo sia un'influenza intestinale. Non ha fatto altro che vomitare e andare al bagno.» Grazie tante, Magnus. «Non è così, Clary?»
 
Annuisco con convinzione.
 
«Va bene! Rimani!» Alec, Izzy e Jace sono già oltre la porta, quando Izzy si blocca. «Simon, tu vieni o hai un po’ di mal di testa?» Chiede con tagliente ironia.
 
«Arrivo. Credo di aver dimenticato il portafogli in camera di Clary, aspettatemi di sotto. Ci metto un attimo.» Con un sonoro sbuffo di disapprovazione, Alec, Izzy e Jace spariscono oltre la soglia.
 
Simon va verso la mia camera e io lo seguo. «Dove lo hai lasciato?» Chiedo guardandomi attorno in cerca di un portafogli di pelle marrone consunta. Lo conosco bene perché gliel'ho regalato io per il suo quattordicesimo compleanno. Ma lui non sembra interessato ad alcun portafogli.
 
«Clary, tu non hai l'influenza.»
 
«Ah, no?» Rispondo sulla difensiva. «Non credevo ti fossi iscritto alla facoltà di Medicina negli ultimi due giorni.»
 
«Io so come sei quando stai male o sei stata male, è da quando ho nove anni che ti sto accanto. Lo capisco dalla tua faccia. Non è questo il tuo problema.»
 
Perché sono tutti così attenti alle mie varie facce?
 
«Per favore, dimmi che cosa c'è che non va. Sai bene che non lo dirò a nessuno se è ciò che vuoi.»
 
Respiro a fondo, valutando le mie varie opzioni. Non mi viene in mente un solo motivo per cui non dovrei dirlo a Simon. «Beh, ecco, io potrei essere … lo sai
 
«No, non lo so!»
 
«Potrei essere incinta.» Sento un peso enorme che mi scivola via dal petto. Simon è la prima persona a cui dico volontariamente di essere incinta. E forse non avrei dovuto farlo, visto che sembra sull'orlo dell'infarto.
 
«Potresti, o lo sei?»
 
«Lo sono.»
 
Gli occhi marroni di Simon si spalancano per lo shock. Per un secondo rimane immobile e mi fissa incredulo.
 
«Oh, merda.»
 
«Puoi dirlo forte.»
 
Sembra davvero sconvolto. «Jace è il …?»
 
«Ma che domande fai? Non è che abbia avuto molti altri ragazzi.» Ribatto stizzita.
 
Lui fa un'espressione contrita e abbassa lo sguardo, imbarazzato. «Era per essere sicuro, sai.»
 
Non so cosa dire, davvero. Così decido di rimanere in silenzio.
 
«Io ci sarò sempre per te, lo sai?»
 
Vedo solo una sagoma indistinta che mi si avvicina, i miei occhi sono completamente appannati dalle lacrime. Quando Simon mi abbraccia, per la seconda volta quella sera, riesco a sentirmi finalmente a casa e inizio a piangere.

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Capitolo 4
*** Memory Lane ***


CHAPTER 3
MEMORY LANE
 
 
È passata più di una settimana dalla disastrosa cena di compleanno di Alec e nessuno ha dubitato che io avessi contratto una forma piuttosto forte d'influenza intestinale, visto che vomito da sette giorni incessantemente. Mi chiedo chi abbia inventato il termine 'nausee mattutine' se poi ti ritrovi a vomitare anche di sera. E di pomeriggio. In ogni caso, devo ringraziare la mia somiglianza con la bambina dell'Esorcista, se in questi ultimi giorni nessuno è venuto a importunarmi per la mia assenza dagli allenamenti all'Istituto o dalla caccia ai demoni. Ora mi trovo anche a simpatizzare per i demoni Devrak e le loro continue incursioni in città, che tengono Jace lontano da me. Simon, invece, sembra aver preso molto seriamente la sua promessa, ogni pomeriggio viene a trovarmi e pare che abbia superato lo shock della mia gravidanza.
 
Attualmente mi trovo nella cucina di Magnus (sai che novità) e stiamo preparando una torta. Sì, avete capito bene, io e il mio adorato coinquilino abbiamo scoperto che preparare dolci è un notevole anti-stress per Nephilim e Nascosti con problemi emotivi.
 
«Aggiungi un po’ più di zucchero, cara.» Mi dice Magnus, assaggiando l'impasto con un dito.
 
«Subito, Magnus.»
 
Vedete? Andiamo d'amore e d'accordo!
 
«Hai già deciso come chiamarlo?» Butta lì, Magnus, senza staccare gli occhi dalla torta.
 
«Che cosa?»
 
Alza gli occhi al cielo, esasperato. «Che cosa, secondo te?»
 
Ah, giusto. Il bambino.
 
«Ah, quello. In effetti avrei una mezza idea.»
 
Magnus sembra estasiato dalla notizia. Possibile che siano tutti felici per questa storia tranne me? E mia madre, ovviamente.
 
«Se sarà un maschio, pensavo a Romeo. Che te ne pare?» Devo mordermi il labbro per non scoppiare a ridergli in faccia. Lo so, sono una persona orribile, ma è dovuto a tutti gli ormoni impazziti che circolano nel mio corpo, non è colpa mia, davvero.
 
Magnus mi guarda agghiacciato per un istante, poi scuote la testa. Probabilmente ha capito che le diciassettenni incinte sono molto ostinate.
 
«Non avrei mai dovuto raccontarti quella storia.» Borbotta imbronciato.
 
«Oh, non prendertela. Era solo uno scherzo. In realtà, se devo essere sincera …» ho pensato molto a tutto questo, negli ultimi giorni, e sono arrivata a una conclusione. Credo. «Penso che lo darò in adozione.»
 
Il cucchiaio cade dalle mani di Magnus, spargendo l'impasto al cioccolato lungo tutto il pavimento. «Ne sei sicura?» Mi fissa negli occhi e sembra davvero sorpreso, e qualcos'altro che non riesco a decifrare.
 
«Abbastanza, sì.» Rispondo, scrollando le spalle. «Non sono pronta per essere una madre e non voglio sbarazzarmene, come ha gentilmente suggerito la mia, di madre, quindi credo sia l'unica opzione rimasta.»
 
«È una decisione importante e dovresti parlarne con Jace. Davvero, Clary, non puoi decidere tutto da sola.»
 
«Certo, tanto non è lui che fra qualche mese diventerà una balena.» Sbuffo, spazientita.
 
Io credo sia la scelta migliore. Non posso rovinare la mia vita e soprattutto quella di Jace. Siamo ancora troppo giovani per questa cosa, dovremmo rinunciare a tutto il nostro futuro e Jace dovrebbe cercarsi un lavoro o qualsiasi cosa facciano gli Shadowhunters per guadagnare soldi. E io? Non so neanche badare a me stessa, come posso solo pensare di prendermi cura di un altro essere umano?
 
«Non devi decidere adesso, hai ancora …» Magnus si blocca, con un'espressione confusa. «Ehm, di quanti mesi sei?»
 
«Non ne ho idea. Credo due, tre?»
 
Sono veramente pessima come madre.
 
«Un messaggio di fuoco per te.» Mi fa cenno Magnus, indicando la piccola favilla a mezz'aria sopra la mia testa, che in un istante si trasforma in una busta color crema. La apro e ne leggo il contenuto. È breve e concisa. Ed è ...
 
«Chi è?»
 
«Non sono affari tuoi, Magnus.» Sbuffo, andando verso la porta e infilandomi il cappotto. «Torno per cena!» Gli urlo, prima di scendere le scale del palazzo senza aspettare risposta.
 
La strada per l'Istituto è così familiare che mi provoca una morsa di nostalgia e sconforto. Mi sembrano secoli che non metto piede in quell'edificio. Il grande portone si apre sotto il mio tocco ed eccomi dentro, pregando di non incontrare Jace. Sento l'ascensore sferragliare e mi auguro che sia la persona con cui voglio parlare, ma ovviamente ciò che spero io non si avvera mai. Altrimenti a quest'ora non sarei incinta.
 
«Clary!»
 
Izzy mi si avvicina come se volesse abbracciarmi, poi sembra ripensarci e rimane dritta davanti a me. «Ti è passata l'influenza? Sei qui per gli allentamenti, vero? Oh, Jace sarà così felice di vederti.»
 
Durante questa marea di parole, Izzy mi ha preso per un braccio e mi ha letteralmente ficcata nell'ascensore insieme a lei, diretta verso la sala degli allenamenti. Solo l'Angelo sa quante volte io abbia provato ad opporre resistenza e a spiegarle che non mi sentivo ancora bene. Ma ovviamente Izzy non è una con cui si può ragionare. A volte provo molta pena per Simon.
 
«Jace e Alec si stanno allenando insieme. Con te saremo dispari, ma possiamo fare a turno.» Questa ragazza non sta mai zitta? Aspettate, perché dispari? Generalmente io Alec, Izzy e Jace ci alleniamo insieme, dividendoci a coppie: io e Iz, Jace e Alec.
 
Izzy nota il mio sguardo confuso, così riprende a parlare gesticolando. «Nessuno te lo ha detto? Aline Penhallow starà qui da noi per un po’, per continuare la sua istruzione.»
 
«Ma che bello,» borbotto senza entusiasmo.
 
«Sì, vero?» Continua Izzy. Evidentemente oggi è di buon umore. «E Aline non è l'unica ospite dell'Istituto, è arrivata Tessa Gray, proprio stamattina.»
 
Mi fermo all'istante. Ormai siamo a pochi passi dalla porta che conduce alla stanza degli allenamenti. Al di là di essa, posso sentire i gemiti di Alec e il rumore delle spade, una contro l'altra.
 
«Dov'è Tessa?»
 
«Sarà nella sua stanza, suppongo.» Izzy mi studia con gli occhi scuri socchiusi. Probabilmente ha percepito che c'è qualcosa che non va in me.
 
«Puoi dirmi qual è la sua stanza? Dovrei parlarle.» Cerco di sembrare disinvolta e naturale, anche se non credo di esserci riuscita.
 
«Secondo piano, prima porta sulla destra.» Izzy sbuffa, incrociando le braccia. «Dopo che hai parlato con lei vieni qui, non provare a scappare e a rintanarti di nuovo da Magnus. Se lo farai, sappi che ci sarà una Cacciatrice davvero molto infuriata con te, Clary Fray.»
 
Sai che novità.
 
«Okay, Iz. A dopo.» La liquido in fretta.
 
Davanti alla porta di Tessa decido che probabilmente avrei fatto meglio a rimanermene a casa di Magnus a preparare torte. Faccio per voltarmi e andare via, quando la porta della camera si apre, mostrando sulla soglia una giovane di circa diciannove anni, in jeans stretti, stivali col tacco e camicia di seta lilla.
 
Questa ragazza sì che ha stile, non come quel ciarlatano di Magnus.
 
Lei mi sorride, un sorriso gentile che raggiunge anche i suoi occhi dolci e azzurri. «Vedo che hai ricevuto il mio biglietto, sono felice che tu sia venuta.»
 
Mi fa cenno di entrare e io obbedisco. Non ho confidenza con Tessa, so solo che mia madre la considera un'amica di famiglia, ma c'è qualcosa in lei che mi spinge a fidarmi e a darle ascolto. Mi schiarisco la voce e mi baso sul contenuto del suo messaggio di fuoco per intavolare una conversazione. Anche perché lei si è seduta sul letto e non sembra voler procedere ad aprire bocca.
 
«E così ti ha mandata mia madre.»
 
Mi guarda, squadrandomi dalla testa ai piedi. «Sì. Mi ha contattata qualche giorno fa, è molto preoccupata. So che ti rifiuti di vederla e di parlarle.» Dice in tono accondiscendente, come se stesse parlando ad una belva selvaggia.
 
«Sai, l'ultima volta che le ho parlato non è stata molto ragionevole. E se sei qui a cercare di convincermi del contrario, stai perdendo tempo.»
 
«Non sono qui per questo. Voglio solo aiutarti.»
 
«Beh, la prossima volta che vorrai aiutarmi potremmo vederci a casa di Magnus, qui ci sono troppe persone che cerco di evitare.»
 
Lei mi guarda confusa. «Credevo di farti un favore, so che non hai detto a nessuno della tua gravidanza e non volevo che Magnus si mettesse ad origliare la nostra conversazione.»
 
«Tipico di Magnus,» asserisco convinta. «Ma lui lo sa. Del mio problema, intendo.»
 
«Oh,» Tessa sembra sinceramente sorpresa e non posso di certo fargliene una colpa.
 
Chi mai confesserebbe a quel matto una cosa del genere?
 
«Sono stata costretta a dirglielo. Aveva iniziato un racconto davvero scabroso sulla sua prima volta e ho dovuto fermarlo, in un modo o nell'altro.» Cerco di giustificarmi, abbassando lo sguardo.
 
«Romeo!» Esclama, portandosi le mani alla bocca.
 
«Così lo ha raccontato anche te, eh?» Le dico, alzando le sopracciglia. Quello stregone non sa proprio tenere la bocca chiusa.
 
«Terribile, terribile. Quel ragazzo si è comportato malissimo con lui. Eppure Magnus lo ricorda con un grande affetto. Non so come faccia, insomma, lui aveva solo dodici anni e quell'orribile giovincello era molto più grande! Si è approfittato di lui e dopo averlo usato, rubandogli per sempre la sua innocenza -»
 
«Tessa, ti prego!» Alzo le mani, facendole segno di fermarsi.
 
Perché diavolo tutti vogliono raccontarmi della prima volta di Magnus? E soprattutto, non credo che Magnus sia mai stato dotato di innocenza, nemmeno a dodici anni.
 
«Ehm, giusto. Scusami, parliamo di te.» Tessa mi sorride, aggiustandosi i boccoli castani dietro un orecchio. «Come ti senti? Stai seguendo una dieta equilibrata? Ti idrati abbastanza? Assumi degli integratori vitaminici?»
 
«Eh?»
 
«È importante che tu ti prenda cura di te stessa, e del bambino, ora che sei incinta. Inoltre, sarebbe opportuno fissare un appuntamento da un ginecologo.»
 
«Non mi piace la parola ginecologo.» No, non mi piace affatto. Ho già i brividi.
 
«Lo so, tesoro. Ma devi fare un controllo, al più presto. Di quanti mesi sei?»
 
«Quasi tre.»
 
In effetti, prima, ho mentito a Magnus. So benissimo di quanti mesi sono, perché ricordo benissimo l'ultima volta che ho fatto sesso con Jace.
 
L'appartamento di Magnus ha cambiato aspetto per la millesima volta. Quella sera, il salone si è trasformato in una pista da ballo. Alcuni divanetti dall'aria soffice sono stati posizionati ai lati della stanza, nella penombra delle pareti. Le luci sono basse e soffuse, e brillano di mille colori a intermittenza. La musica è forte, ma non assordante e i corpi di stregoni, lupi mannari, vampiri e fate si ammassano nella danza e al bancone del bar.
 
Vedo Simon, che mi passa davanti trangugiando l'ennesimo bicchiere di l'Angelo-solo-sa-cosa. Ho provato a ricordargli che, l'ultima volta che ha bevuto un drink alla festa di Magnus, si è trasformato in un topo; ma stasera sembra che nulla gli importi e, quando mi vede, mi fa l'occhiolino, prima di tentare, senza successo, di arrampicarsi sopra uno dei tavoli.
 
Guardo il fondo del mio bicchiere ancora intatto e non riesco a non pensare che qui, tutti si divertono, tranne me.
 
Un gruppo di lupi mannari, che all'apparenza non hanno ancora raggiunto la maggiore età, stanno giocando al gioco della bottiglia, seduti a terra. Uno di loro, un giovane con ancora i lineamenti da ragazzino e una zazzera di capelli castani, fa roteare la bottiglia vuota e quando si ferma, la sua estremità indica con assoluta precisione la figura di Magnus, in piedi a qualche metro di distanza, intento a ridere di gusto con la vampira di nome Lily.
 
«Signor Bane!» Urla il giovane lupo e io per poco non mi soffoco con il mio stesso respiro.
 
Signor Bane? Per l'Angelo, quanti anni ha? Due?
 
Magnus sorride tronfio, evidentemente è molto soddisfatto di quell'appellativo. «Sì, caro?»
 
«È il suo turno,» dice il ragazzo lupo, indicando la bottiglia. Magnus sembra sciogliersi come gelatina, avvicinandosi con passi barcollanti verso il cerchio di gioco.
 
«Mio caro, se volevi baciarmi bastava solo chiederlo.» Farfuglia, pericolosamente vicino al giovane, che ora sembra più che altro intimorito.
 
«Io non lo farei,» Alec afferra il suo fidanzato-stregone e lo trascina via roteando gli occhi.
 
Mi passano davanti e non posso fare a meno di sentire Alec, che borbotta furioso. «Ti avevo detto di non bere tutti quei Melatini. Ti danno alla testa!»
 
«Oh, mio dolce amore. Non lo avrei mai fatto … stavo, sai, solo bluffando!» Ribatte Magnus, trascinandosi dietro al suo ragazzo con gambe mal ferme.
 
Questo è troppo.
 
Possibile che io sia l'unica a non divertirsi? Guardo con astio il mio bicchiere ancora pieno e decido di svuotarlo in un sorso.
 
Circa tre, o dieci, bicchieri dopo, sono ancora seduta sul divanetto, anche se il mio umore è nettamente migliorato.
 
Ora Simon si sta esibendo in una contorta danza del ventre, con addosso solo un paio di boxer e una cravatta.
 
Sono sicura che prima non portasse la cravatta. In ogni caso, Magnus sembra apprezzare perché batte le mani come un bambino felice, a tempo con le mosse di bacino di Simon, che finalmente è riuscito a salire sopra uno dei tavoli.
 
«Dovresti fermare il tuo amico, è mortalmente imbarazzante.»
 
Sussulto e mi volto di scatto, per ritrovare il viso di Jace accanto al mio.
 
«Sei arrivato, finalmente!» Gli urlo in un orecchio, gettandogli le braccia al collo. So che dovrei avercela con lui, dopotutto sono più di due ore che lo aspetto, ma forse non sono del tutto in me e vedere il suo viso, poterlo toccare, è tutto ciò di cui ora ho bisogno. Lo bacio, mordendogli il labbro inferiore e facendo scorrere le dita sulla sua schiena.
 
«Dovrei tardare più spesso, se questo è ciò che mi aspetta.» Mi sorride, staccandosi dalle mie labbra. «Anche se non credo sarà facile superare il trauma di aver visto Simon in mutande. Soprattutto se sono mutande di Spiderman.»
 
«Ehi,» gli do un piccolo buffetto sulla spalla. «Quelle gliele ho regalate io!»
 
Jace sembra un po’ nauseato da quella scoperta, ma non mi interessa, voglio solo che mi stringa e che mi baci.
 
«Vuoi ballare?» Mi chiede, sfregando le labbra sulle mie.
 
«Ho un'idea migliore,» gli sussurro all'orecchio, prima di prenderlo per mano e trascinarlo fino in una delle buie camere da letto. Ricordo le sue mani sui miei fianchi, la sua bocca sulla mia e i nostri corpi perfettamente allineati e in sintonia l'uno con l'altro.
 
«… Clary? Mi stai ascoltando?»
 
«Uhm, sì.»
 
«Ti fisserò un appuntamento all'ospedale, per fare la prima ecografia. Chiederò a Catarina se può trovarci un buco per domani.»
 
Devo vomitare di nuovo.
 
«Trovarci?» Chiedo, nauseata e confusa.
 
«Beh, sì … pensavo che ti avrebbe fatto piacere avere una persona accanto, per aiutarti e consigliarti. Una persona che sia già passata attraverso tutto questo.» Sembra sincera e io vorrei abbracciarla e dirle che, sì, mi farebbe davvero piacere avere una persona del genere accanto.
 
Stupidi ormoni impazziti.
 
«Perché vuoi starmi vicina? Non mi conosci nemmeno.» Rispondo con voce aspra.
 
«Ti ho tenuta in braccio, quando eri molto piccola. Jocelyn non si fidava a lasciarti nelle mani di nessuno, ma di me si è fidata. Tu eri davvero minuscola e avevi già un carattere piuttosto … prorompente.»
 
Alzo un sopracciglio. Questi stregoni hanno la tendenza di dire cose che io non riesco a capire.
 
«Hai praticamente tentato di strappare la coda al gatto di Magnus.» Spiega Tessa, nascondendo un sorriso.
 
«Ora capisco la mia avversione per il Presidente Miao. Io e i gatti di Magnus abbiamo un passato burrascoso.»
 
Tessa mi sorride, senza aggiungere nulla.
 
«Quindi mi hai conosciuto quando ero piccola?» Non so perché le sto facendo questa domanda, ma vorrei saperne di più. Vorrei capire perché lei tiene a me.
 
«Sì e mi sei subito piaciuta. E tu sembravi pensarla allo stesso modo.»
 
«Sai, questo bambino è praticamente un tuo parente. Voglio dire, Jace è il padre e tu sei tipo la sua bis-bis-bis nonna.»
 
«Lo so. Ma non è per questo che voglio aiutarti. Voglio solo starti vicina, Clary. Se lo vorrai anche te, ovviamente.»
 
Ora mi sento a disagio e darei qualsiasi cosa per trovarmi nella stanza degli allenamenti con Jace, Alec, Izzy e quella odiosa di Aline. Okay, in realtà non è così odiosa, ma il fatto che abbia baciato Jace ancora non mi va giù, nonostante fosse solo un esperimento per decidere da che parte stare.
 
«Grazie, ma ora dovrei proprio andare.» Mi muovo verso la porta, sperando che Tessa non mi trattenga.
 
«Oh, va bene,» sembra delusa, ma cerca di mascherarlo con un sorriso. «Clary, aspetta.»
 
Ecco, lo sapevo.
 
Tessa si mette a frugare nella borsetta, riemergendone con un pezzo di carta e un flacone arancione pieno di pillole. «Questo è il mio numero di cellulare, chiamami quando vuoi. E queste sono integratori vitaminici apposta per le donne in gravidanza. Prendine una al giorno, è molto importante.»
 
Oh, per l'Angelo.
 
Tessa mi ha trattenuta per un altro quarto d'ora, spiegandomi i benefici dell'acido folico, del ferro, del sodio e delle verdure fresche (se prima lavate accuratamente), prima di lasciarmi andare via. Quando sono uscita dalla sua stanza, mi è parso di vedere una figura scomparire dietro l'angolo di uno dei tanti corridoi dell'Istituto e la paranoia che qualcuno possa aver origliato le nostre parole mi assale.
 
Arrivo nella palestra completamente stordita e in preda al panico, tanto da non fare neanche caso alle facce scioccate di Jace e Alec. Izzy, invece, sorride benevola.
 
«Ciao, Clarissa. Come stai? Spero che tu e la tua famiglia stiate tutti bene.»
 
Di chi è questa irritante voce femminile? Ma certo, Aline. Anche voi odiate quelle persone sempre educate e affabili? Beh, io sì.
 
«Tutto bene.» Non riesco ad aggiungere altro, la vista di Jace che si avvicina mi fa sentire euforica, orribile, soffocata dal senso di colpa, felice. Potrei andare avanti così per ore.
 
«Clary.»
 
«Jace.»
 
Noi si che siamo una coppia loquace.
 
«Sono contento che tu sia guarita.» Lo dice, ma non ne sembra molto convinto. Forse sa che la storia dell'influenza intestinale era solo una balla. Mi prende il viso fra le mani e io sento il calore della sua pelle sulle guance. Chiudo gli occhi e lascio che le sue labbra sfiorino le … la mia fronte?! Neanche fossimo fratello e sorella. Okay, questo è un tasto dolente. Diamine! Non ci vediamo da più di una settimana e lui mi bacia sulla fronte?
 
Mi schiarisco la voce e mi allontano da lui, cercando di non urlargli in faccia. Ma poi, che diritto ho di arrabbiarmi? Dopotutto sono io quella che lo sta tenendo all'oscuro di tutto.
 
«Siamo molto felici che tu stia bene, ora possiamo continuare ad allenarci?» Alec ci guarda con una spada fra le mani e un cipiglio annoiato. Questo ragazzo è davvero insopportabile a volte.
 
Jace mi guarda negli occhi, con un mezzo sorriso sulle labbra. «Lascialo perdere, è frustrato perché il suo stregone lo ignora.»
 
«Magnus non mi sta ignorando!» Urla Alec, ferito, dall'altra parte della stanza.
 
«Certo, come vuoi.» Dice Jace, soffocando una risata.
 
«In effetti ha ragione, Alec, ti ha preparato una torta di compleanno con le sue stesse mani e tu gli hai detto che era carina.» Si intromette Izzy, con fare saccente.
 
Suo fratello si prende la testa fra le mani, esasperato.
 
«Hai decisamente ferito i suoi sentimenti.» Infierisce Jace, scoccando un'occhiata di intesa a Izzy.
 
Mi chiedo cosa penserebbe Alec, se sapesse che la sua prima torta di compleanno è finita dritta nel mio stomaco.
 
«Sono sicura che Magnus non ce l'ha con te, Alec.» Dice Aline, posando una mano sulla spalla del ragazzo.
 
Cosa ne sa lei? Non può farsi gli affari suoi?
 
«Grazie, Aline.»
 
«Va bene, riprendiamo gli allenamenti!» Urla Izzy. Jace mi sfiora una guancia con le nocche, dopodiché torna verso il suo parabatai e riprende ad allenarsi.  
 
Dopo cinque minuti, senza sapere come, mi ritrovo in tenuta da palestra e in piedi davanti a Izzy, pronta per un po’ di sano allenamento corpo a corpo.
 
Voglio morire.
 
Izzy si lancia su di me con l'agilità di un felino e io, per puro caso, riesco a schivarla, nonostante il peso immondo che porto in grembo. Lo so, sto esagerando, ma sono pur sempre incinta.
 
«Avanti, Clary, questo è il meglio che sai fare?» Mi incita, sorridendo, prima di sferrarmi un calcio dietro al ginocchio che mi fa perdere l'equilibrio.
 
Cado a terra, ma non mi faccio alcuno male, visto che stiamo combattendo sopra dei tappetini gommosi, messi apposta per attutire le cadute. Izzy mi guarda soddisfatta. Neanche cinque minuti sul ring e io sono già al tappeto.
 
«Ehi, Isabelle,» urla Aline, seduta in panchina in attesa del suo turno. «Vacci piano con Clary, dopotutto è incinta!»
 
Oh, mio Dio.
 
Non l'ha detto. Ditemi che non ha veramente urlato ai quattro venti che io sono incinta.
 
Purtroppo è proprio così. Lo vedo scritto nei volti di Izzy, Alec e soprattutto in quello di Jace. Sono i volti di tre persone incredule, che non riescono ad accettare o capire ciò che hanno appena udito.
 
Aline Penhallow.
 
Quella bastarda-origlia-conversazioni.
 
Me la pagherà.
 
Le farò ingoiare tutte la pasticche che Tessa mi ha dato.
 
Una ad una.

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Capitolo 5
*** Not at All a Fairytale ***


CHAPTER 4
NOT AT ALL A FAIRYTALE
 
 
«Ehi, Isabelle,» urla Aline, seduta in panchina in attesa del suo turno. «Vacci piano con Clary, dopotutto è incinta!»
 
Questi sono i momenti in cui vorrei avere uno stilo fra le mani, per creare un Portale che mi catapulti direttamente all'Inferno.
 
Difficile, visto che mi ci trovo già.
 
Izzy e Alec cercano invano di ricomporre le loro facce stralunate e mi si avvicinano lentamente, come due avvoltoi che accerchiano la loro preda.
 
«Sta scherzando, vero?» Chiede Alec, guardando prima me, poi Izzy, poi Aline.
 
«Vero, Clary?» Dice Izzy, calcando sulla prima parola.
 
«Oh, Dio. Scusami!» Aline si porta le mani alla bocca. L'espressione sul suo bel visino orientale sembra davvero sorpresa e dispiaciuta, ma questo non mi ferma dall'avere una deliziosa visione in cui io le strappo il cuore a mani nude. «Non credevo fosse un segreto, sai … pensavo che lo avessi detto ai tuoi amici
 
Questa ragazza vuole davvero che io le strappi il cuore. Perché diavolo non sta zitta, invece che peggiorare ulteriormente la situazione?
 
Non mi spreco a guardarla. L'unico che ha la mia attenzione è Jace. È rimasto dietro ai suoi fratellastri e il suo sguardo è basso e perso nel vuoto. Forse sta aspettando il momento in cui io nego tutto, seguito da una bella risata. Purtroppo non è Halloween, dove gli scherzi macabri hanno un senso. E, soprattutto, questo non è uno scherzo. Non riesco neanche a piangere, ho gli occhi completamente asciutti, nonostante dentro mi sento come se fossi andata in pezzi.
 
«Clary?» Izzy mi prende per le spalle e mi scuote. «Dicci che sta scherzando, ti prego.» Aggiunge in un sussurro che solo io posso udire.
 
La porta della sala allenamenti si apre di scatto e sia io, Iz, Alec e l'immonda traditrice (Aline), ci voltiamo per vedere chi diamine ha interrotto il momento.
 
«Oh! Eccovi,» dice uno stregone alto un metro e novanta, con glitter ovunque e un'aria decisamente eccitata. «Ho appena saputo che Tessa è ospite qui - Ciao, Alec, mio tenero fiore - potreste dirmi dov'è la mia amica …» la voce di Magnus si affievolisce. Probabilmente ha notato le nostre facce da funerale. Dopo un attimo di shock, la sua espressione diventa una maschera di orrore. «Immagino che tu abbia dato la notizia, biscottino.» Aggiunge guardandomi con comprensione e anche un po’ di pietà.
 
Sorvoliamo il biscottino. Tanto la situazione non può che degenerare.
 
«Cosa?!» Urla Izzy, in preda al panico. «Allora è vero! Sei incinta!» Non so se sia più sorpresa o disgustata.
 
«Tu lo sapevi?» Sibila Alec, fronteggiando Magnus dal basso. «E non hai detto niente? Jace è il mio parabatai, avevi l'obbligo di dirmelo.»
 
Magnus sospira, già esausto al principio della discussione, e tutto l'entusiasmo per l'arrivo di Tessa sembra svanito in un istante.
 
«Chi altro lo sapeva?» La voce di Jace fa cadere un tragico silenzio, ponendo fine ai battibecchi. Era tempo che non sentivo questa tonalità della sua voce. Quella piatta, fredda, distaccata, che nasconde quanto sia ferito in realtà.
 
Poso lo sguardo su di lui, ma non riesco a incontrare i suoi occhi, ancora bassi e rivolti al pavimento. Probabilmente non mi guarderà mai più. «Mia madre e Luke, Magnus, Simon. E Tessa.»
 
«E io.» Aggiunge Aline, annuendo.
 
La fulmino con lo sguardo. «Solo perché vai in giro ad origliare le conversazioni!»
 
«Potete lasciarci soli?» Mi interrompe Jace, rivolgendosi agli altri, guardando ostinatamente un punto vuoto accanto alla mia spalla.
 
Tutti annuiscono e, bisbigliando sommessamente, lasciano la sala degli allenamenti.
 
«Jace, ti prego, devi -» inizio con voce tragica, ma lui mi fa cenno di stare zitta e io obbedisco. Non voglio certo morire decapitata per mano del mio ragazzo, nonché futuro padre del bambino.
 
«Voglio solo sapere perché.» Dice con la stessa voce piatta di prima. Non mi guarda, fa di tutto per non guardarmi, e questo mi spezza il cuore.
 
«Perché abbiamo fatto sesso, ecco perché!» Sbotto, con voce isterica.
 
«Non intendevo questo,» risponde con voce di vetro. «Perché non me lo hai detto, perché non ti sei confidata con me, invece che con altre mille persone.»
 
«Solo cinque persone.» Ribatto, ma lui non sembra apprezzare la mia puntualizzazione. Prendo un bel respiro, prima di parlare. «Perché avevo paura, non volevo costringerti ad una cosa così grande. Volevo prima avere le idee chiare.»
 
«Le idee chiare?»
 
«Sì, su cosa farne, di questo,» mi indico la pancia, come se non fosse abbastanza ovvio a cosa mi stia riferendo. «Su come comportarmi.»
 
«Ah, certo.» Sorride, ma non c'è nulla di confortante nel suo sorriso. È freddo e distante. «Quindi volevi decidere cosa farne del mio bambino senza neanche chiedere la mia opinione, mi sembra giusto.» Sibila con la voce tagliente come la lama di un rasoio.
 
Il suo bambino? È pazzo!
 
«Io … beh …» il dono dell'eloquenza in situazioni disperate non mi è stato dato, se non si fosse ancora capito.
 
«Tu,» sputa lui, come veleno. «Che mi hai sempre chiesto di non escluderti, di non ergere un muro fra di noi, ora mi fai questo?» La voce gli si alza di un tono e quando alza lo sguardo, avrei preferito che non lo avesse fatto.
 
I suoi occhi non mi hanno mai guardato con una tale furia.
 
«Jace, mi dispiace, okay? La situazione mi è sfuggita di mano … ho diciassette anni, tutte le piante di cui mi sono presa cura sono morte!» Forse questo potevo evitarlo. «Non posso occuparmi di un bambino, di ecografie e di integratori vitaminici!»
 
Jace mi guarda come se fossi una folle con problemi di comunicazione.
 
In effetti lo sono.
 
«Cosa … le piante? Cosa c'entrano le piante!» Ora sta decisamente urlando. «Tu mi hai tradito, Clary, mi hai tenuta nascosta la cosa più importante, hai preso decisioni senza consultarmi, l'hai spiattellato a mezzo mondo tranne a me!» Jace è sconvolto, si passa le mani fra i capelli biondi ripetutamente e inizia a fare avanti e indietro per la stanza. «Non avrei mai creduto che potessi farmi questo.» Aggiunge con aria funerea.
 
«Beh, se vogliamo essere pignoli, sei tu che hai fatto questo a me!» Gli urlo contro anche io. Volevo essere ragionevole, ma non è nella mia indole a quanto pare. So che quello che gli ho appena detto è sbagliato e falso, ma lui mi ha ferita e io non riesco a tenere chiusa questa stupida bocca.
 
Jace mi lancia uno sguardo ferito, furioso, deluso e tradito, prima di lasciare la stanza, senza aggiungere una parola.
 
«Certo, vai via! Non ho bisogno di te e della tua negatività. Dopotutto non sei tu che fra sei mesi sarai grasso come una balena!»
 
Va bene, anche questa potevo risparmiarmela.
 
È passata una settimana da quella spiacevole discussione e la mia vita si è ridotta al puro stato amebico. Jace mi evita e non mi parla. Vivo sul divano di Magnus, avvolta in una coperta leopardata e consumo i pasti necessari giusto a non perdere coscienza, ovvero quando Magnus mi prepara il suo nauseante brodo di pollo.
 
«Non ti azzardare a cambiare canale!» Sbuffo, riprendendo il controllo del telecomando. «È l'ora del mio telefilm.»
 
«Non puoi monopolizzare la mia tv.» Ribatte Magnus, seccato. «Sai, anche Jace guardava le repliche di Laguna Beach, quando soggiornava qui. Evidentemente siete fatti l'uno per l'altra.»
 
«Puoi non nominare quel nome? Grazie.»
 
«Oh, avanti. Sappiamo tutti che farete pace, devi solo dargli tempo per elaborare.» Dice in tono perentorio.
 
«Non credo che questa volta gli basterà elaborare per tornare a parlarmi.»
 
«Beh, non è che abbia tutti i torti. Io te l'avevo detto di dirglielo al più presto.»
 
«Se non esistesse quella stupida traditrice orientale, ora non mi troverei qui. A piangermi addosso, avvolta in una coperta piena di peli di gatto!» Sbotto, mettendo il broncio e fissando lo schermo della tv senza realmente vederlo.
 
«Aline non l'ha fatto apposta. Si è scusata mille volte.» Risponde lui, ragionevolmente. «E il Presidente Miao perde il pelo nei cambi di stagione.»
 
Su questa teoria ho dei seri dubbi. Non sul Presidente Miao, ovviamente, ma su Aline.
 
«Stronzate.» Borbotto, avvolgendomi ancora di più nella coperta leopardata.
 
Il campanello di Magnus trilla e lui si alza imprecando. «Spero vivamente che sia il fattorino con il mio pollo thai che ho ordinato più di un'ora fa. I loro tempi d'attesa sono incivili.»
 
Vedete come sono ridotta? Incastrata su un divano, costretta a sentir blaterale uno stregone di polli thai, cambi di pelliccia felina e altre idiozie.
 
Dopo alcuni minuti, la voce squillante e imbronciata di Magnus giunge alle mie orecchie dall'ingresso. «Clary, il tuo amico Sheldon è venuto a trovarti.»
 
«Chi è Sheldon?» Sento dire alla voce di Simon.
 
«Caro ragazzo, hai le idee un po’ confuse.» Risponde Magnus, scortandolo fino al mio divano. «Ecco, Clary.» Dice ad un Simon più che un po’ confuso, indicandomi come se fossi parte del mobilio. «Ora che hai un nuovo babysitter, credo che uscirò per andare dall'estetista, le mie unghie necessitano di una rinfrescata. Divertitevi!» In meno di due secondi è già sparito.
 
Mi chiedo se stia cercando di liberarsi di me.
 
Impossibile, io sono adorabile.
 
Simon mi si siede accanto, lanciandomi occhiate di traverso. «Perché Magnus ti tratta come una bambina di due anni?»
 
Non c'è risposta a una domanda del genere.
 
«Ehm, ti trovo … bene?» Riprova, incerto, osservando i miei capelli aggrovigliati in stile nido d'api.
 
«Grazie.»
 
Seguono momenti di silenzio imbarazzante, ma non me ne preoccupo. Sono stata umiliata così tante volte, ultimamente, che l'incisione sulla mia lapide sarà: Clarissa Fray, figlia diseredata, fidanzata disprezzata, morta di umiliazione.
 
«Senti, che ne dici di uscire? Potremmo andare nel negozio di fumetti, fare un giro per la Fifth. Andare da Starbucks e ordinare un buon caffè.»
 
Maledetto. Sa che con l'ultima proposta mi sta tentando.
 
«Tessa mi ha detto che il caffè fa male in gravidanza.» Ribatto con voce atona.
 
«E tu fai sempre tutto ciò che dice Tessa, giusto? Tipo prendere gli integratori, assumere pasti regolari e fare un controllo ginecologico?»
 
«Non dire quella parola!» Sbotto all'improvviso, facendolo sobbalzare.
 
Rotea gli occhi, esasperato, forse perché la mia lista di parole proibite diventa più lunga ogni giorno che passa. Ad esempio, in mia presenza è proibito pronunciare: Jace, Aline, mamma, gravidanza, ginecologo, bambino, incinta … La lista potrebbe andare avanti per ore.
 
In effetti Simon ha ragione, non ho fatto nessuna delle cose che Tessa mi ha raccomandato di fare. Non mi sono neppure presentata all'appuntamento che mi aveva fissato per fare la prima ecografia.
 
Simon legge l'espressione nei miei occhi vacui. «Ecco, appunto. E in ogni caso mi sono documentato. Le donne incinta possono bere fino a due caffè al giorno, senza problemi.» Mi sorride benevolo.
 
«E va bene, se ci tieni così tanto … andiamo.» Sbuffo esasperata, anche se la prospettiva di un caffè fumante mi fa brontolare lo stomaco.
 
Mi srotolo dalla coperta-bozzolo e mi avvio verso l'appendiabiti, dove c'è la mia giacca. Simon rimane paralizzato sul divano, guardandomi con gli occhi spalancati.
 
«Che c'è?» Abbaio.
 
«Vieni … così?» Mi chiede, scioccato.
 
Mi guardo nello specchio appeso all'ingresso. «Sì, perché? Cos'ho che non va? Ora che esci con Izzy ti vergogni di me? Solo perché lei è bella e sa camminare sui tacchi, non c'è bisogno di essere crudele con la tua migliore amica.» Strillo, mortalmente offesa.
 
«Clary, sei in pigiama!» Esclama Simon, mettendosi le mani fra i ricci castani.
 
«Ah … giusto.» Mi avvio lentamente verso la camera da letto. «Vado a cambiarmi, ci metto un attimo.»
 
Simon annuisce, felice di aver sventato una possibile crisi isterica. «Ehm, fatti anche una doccia, già che ci sei …» butta lì, con nonchalance.
 
«Stai forse insinuando che puzzo?»
 
«Oh, no. No, no, no. Non lo farei mai.» Dice imbarazzato, indietreggiando di alcuni passi. «È solo un consiglio, sai. Dopo una bella doccia ci si sente molto meglio.» Sorride, anche se riesco a intuire che è terrorizzato da me e dai miei problemi emozionali.
 
Fa bene.
 
«Perfetto, allora!» Urlo, sbattendo la porta della mia camera. «Mi farò una doccia, se è questo che vuoi!»
 
Dopo una doccia ristoratrice, Simon mi ha aiutata ad asciugarmi i capelli e ha scelto i miei vestiti. Sì, proprio così, ha scelto i miei vestiti. Forse crede che quando una ragazza è incinta, il bambino assorba anche il suo buongusto in fatto di moda.
 
Lancio un'occhiata al pigiama di flanella con gli elefanti rosa, le pantofole di paillettes rubate a Magnus e la coperta leopardata che uso da una settimana come scialle.
 
Forse è proprio così.
 
In jeans, stivali e maglione di lana inizio a sentirmi quasi più umana, se non contiamo il fatto che i pantaloni stringono pericolosamente sul girovita. Dopo un tour approfondito al negozio di fumetti, un caffè e una boccata d'aria fredda, credo che la mia psicosi momentanea sia un pochino migliorata. Riesco addirittura a ridere, quando Simon per poco non inciampa su un minuscolo bambino, nell'affollata via del quartiere.
 
Merda. Ho appena riso all'eventualità che un bambino venga travolto e forse ucciso dal mio migliore amico. La credenza che io sia una pessima madre non fa che aumentare.
 
Tra le chiacchiere e la folla, seguo Simon senza rendermi conto di dove mi stia portando. Almeno fino a quando non mi trovo di fronte ad un enorme edificio squadrato, dalle finestre a specchio.
 
«Simon,» inizio con voce acida. «Vuoi forse spiegarmi perché ci troviamo davanti all'entrata del Beth Israel?»
 
«Beh, è un ospedale.» Risponde lui, teso.
 
«So bene che cos'è.»
 
«Un ospedale in cui lavora Catarina Loss. Che, guarda caso, ci sta proprio aspettando nel reparto di Ginecologia.»
 
«Non ci credo. Tu,» gli punto addosso un dito minaccioso. «Bastardo, traditore che non sei altro -»
 
Alcuni passanti ci guardano scandalizzati. Ai loro occhi sembrerò una fidanzata gelosa, mentre la verità è che sono un'idiota incinta, con problemi d'ira e un migliore amico traditore.
 
«Clary, vuoi abbassare la voce?» Mi sibila all'orecchio, imbarazzato, prima di afferrarmi per un braccio e portarmi di peso fino nella hall e poi al piano di Ginecologia. Durante il tragitto continuo a colpirlo con la borsa, lanciando insulti di vario tipo, tanto che un vecchio con un logoro camice da paziente (scrupolosamente aperto sul didietro), ci informa che la strada per Psichiatria è dall'altra parte.
 
«Ho visto più sederi oggi che in tutta la mia vita.» Asserisce Simon, pallido, seduto sulla sedia di una piccola saletta d'attesa.
 
«Anche io. Qualcuno dovrebbe ridisegnare la linea di camici per i pazienti.»
 
«Clary, sei venuta.» Una donna alta, blu, decisamente blu, in tenuta da infermiera mi porge la mano e mi spinge senza tanti complimenti in una stanza vuota, ad eccezione di un lettino e un apparecchio strano.
 
L'ecografia si è rivelata essere un'esperienza non troppo sgradevole, se non contiamo l'orrendo gel che Catarina mi ha spalmato sulla pancia. Ho sentito il battito del bambino e Catarina mi ha assicurato che è tutto a posto. Niente braccia o gambe in più, niente corna o altre stranezze sembrano affliggere il mio bambino. Volevo dire, bambino. Non il mio bambino.
 
«Scusa, ma l'ecografia non dovrebbe farla un medico?» Chiedo con poca gentilezza, mentre tento invano di ripulirmi dall'orribile gel.
 
«I medici sono sopravvalutati.» Risponde la mia nuova amica blu senza tanti preamboli.
 
Se lo dice lei.
 
Simon è rimasto al mio fianco per tutto il tempo, mi ha stretto la mano tanto da farmi male e, per un istante, ho creduto che stesse per svenire. Eppure non ci sono stati spargimenti di sangue. Una volta fuori dall'ospedale, ci fermiamo per analizzare nel dettaglio la foto dell'ecografia che Catarina mi ha dato da conservare per ricordo.
 
«Ha detto che queste sono le gambe e questo il busto,» dice Simon, strizzando gli occhi per mettere a fuoco.
 
«Sembra un fagiolo.»
 
Lui mi guarda, alzando un sopracciglio. «Vacci piano, Fray. È di mio nipote che stai parlando.»
 
Alzo gli occhi al cielo e do un'altra occhiata al fagiolo, voglio dire, bambino. «Ti assicuro che per me ha la forma di un fagiolo. Fantastico! Quel povero bambino ha già il destino segnato. Deriso da tutti gli altri piccoli Nephilim, per la sua strana malformazione.»
 
Simon scoppia a ridere e, dopo avermi preso sottobraccio, ci dirigiamo insieme verso Brooklyn.
 
Quando rientro nell'appartamento di Magnus, la musica è accesa e lo stregone è seduto al bancone della cucina. «Vedo che finalmente hai deciso di farti una doccia.»
 
Per l'Angelo, ma cos'è questa ossessione?
 
«Vuoi vedere?» Gli porgo la foto dell'ecografia e Magnus la studia, rigirandola da ogni lato.
 
«Assomiglia a un fagiolo.» Conclude, infine.
 
«È quello che dico anche io.»
 
«Chi assomiglia a un fagiolo?»
 
Mi volto di scatto verso il divano, da cui proviene la voce di Izzy. Credevo fossimo soli in casa. La ragazza si alza in piedi e ci raggiunge al bancone.
 
«Il bambino di Clary.» Le risponde Magnus, annuendo con convinzione, porgendole la foto dell'ecografia.
 
«Oh, è vero! Quel povero bambino verrà deriso da tutti. Eppure con un padre come Jace mi sarei aspettata di meglio.»
 
Sta forse sottilmente insinuando che io sia brutta?
 
«Senti, Clary, mi dispiace per l'altro pomeriggio. Ho reagito male alla notizia e non ti sono stata molto vicina. Credo che questa cosa» guarda terrorizzata la mia pancia «sia terribile, ecco.»
 
«Ti ringrazio per la sincerità, Iz.»
 
«Ma la situazione è tragica.» Continua lei, con sguardo serio.
 
«Spiegati meglio.» Inizio a sentire caldo dappertutto e ho la tachicardia.
 
«Jace. Non parla, né con me né con Alec, né con nessun altro. Quando andiamo a caccia si limita a impartire ordini o a suggerire strategie. Stop. Ha smesso anche di fare battute. E ogni sera sparisce.»
 
«Jace che non fa battute, sembra davvero grave.» Aggiunge Magnus, nello stesso istante in cui io urlo: «Cosa vuol dire sparisce
 
«A cena non si presenta. Sgattaiola via dall'Istituto e non torna fino all'alba. Un giorno l'ho aspettato alzata, gli ho chiesto dove diavolo fosse stato e lui, beh, non mi parla, quindi puoi immaginare la sua risposta.»
 
Oh, Dio. Jace mi tradisce. Lo so, lo sento!
 
«Fa così da giorni. Sono preoccupata, Clary.»
 
«Ragazze, ragazze calmatevi. Il biondo ha appena scoperto di stare per diventare padre, mi sembra plausibile che sia un po’ instabile.» Dice Magnus, con aria annoiata.
 
«Quindi cosa suggerisci? Di stare qui e aspettare che ritorni in sé?» Ribatto con rabbia e Magnus indietreggia.
 
Perché hanno tutti paura di me?!
 
«In realtà, ho un piano.»
 
Io e Magnus ci giriamo verso Izzy, con sguardo sospettoso. «Quale piano?»
 
«Lo seguiremo, mi sembra ovvio. Stasera.»
 
Izzy sembra molto convinta e soddisfatta del suo così detto piano. Peccato che la ragazza non si renda conto che il piano in questione, non sia assolutamente un piano!
 
«Io ci sto!» Dico con estrema convinzione.
 
Lo so, ho appena detto che il suo piano fa schifo, ma sono volubile. E soprattutto, devo scoprire se Jace mi tradisce.
 
«Mmmh, non so.» Si intromette Magnus-il-guasta-feste. «Non credo che fare un'incursione nella sua privacy possa migliorare la situazione. E poi dovremmo informare Alec.»
 
«Informalo, allora.» Sbotta Izzy, seccata.
 
«Non posso, non mi parla da quando ha scoperto che io sapevo.» Risponde Magnus, con aria triste.
 
«Comprensibile. Nemmeno io parlo a Simon,» fa Izzy, scuotendo la chioma nera, come se non parlare con il suo ragazzo fosse una cosa normale.
 
Ve l'avevo detto che questo bambino avrebbe rovinato l'esistenza di tutti i miei amici.
 
«Eccetto quando è Lord Montgomery.» Aggiunge.
 
Mi volto verso Izzy, corrugando la fronte. Spero che non sia stata colpita anche lei da quella strana malattia in cui si dicono cose a caso senza alcun filo logico. Dopotutto Tessa e Magnus ne sono affetti, quindi potrebbe essere contagiosa.
 
«Lord-che-cosa
 
«Lord Montgomery.» Ripete lei. «È un giochetto erotico tra me e Simon, sapete, lui finge di essere un nobiluomo che viola le virtù e io l'ingenua damigella in pericolo.» Spiega, senza traccia di imbarazzo.
 
Oh, santissimo Angelo! Cos'ho fatto di male? Non riuscirò mai più a guardare Simon negli occhi.
 
«Okay, possiamo concentrarci sul piano?» Alzo la voce, visto che Magnus sembra piuttosto interessato alla faccenda di Lord Montgomery. Probabilmente gli ricorda la sua terrificante prima volta con Romeo.
 
«Ci serviranno parrucche, trucco e travestimenti!» Dice Izzy, eccitata.
 
Eh?
 
«Hai detto parrucche?» Chiede Magnus, con gli occhi febbricitanti.
 
E poi sono io quella a cui indicano il reparto psichiatrico.
 
«Beh, sì. Se dobbiamo seguire Jace, dobbiamo essere irriconoscibili.»
 
Ma certo, ora è tutto chiaro. Inizio a pensare che Izzy abbia ideato questo piano solo per potersi travestire.
 
«Allora verrò anche io!» Esclama Magnus, battendo le mani e balzando in piedi. «Sì da il caso che io abbia un intero armadio pieno di parrucche!»
 
Chissà perché … ma non avevo dubbi.

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Capitolo 6
*** Shabby Hunter ***


CHAPTER 5
SHABBY HUNTER
 
 
La situazione è degenerata.
 
Davvero.
 
Sulle note di Stripper delle Soho Dolls, Magnus ancheggia con fare provocante, mentre io e Izzy mostriamo almeno la decenza di essere imbarazzate. Un uomo in seconda fila, che sospetto vivamente sia un demone Eidolon, lo fissa con la bava alla bocca. Chi l'avrebbe mai detto che qualcun altro all'infuori di Alec potesse trovare Magnus attraente?
 
Peccato per la canzone, mi piaceva, e adesso non riuscirò ad ascoltarla per i prossimi due secoli senza avere la nausea e l'istantanea di questo terribile momento impresso nella mente.
 
Sì, la situazione è decisamente degenerata.
 
 
Circa tre ore prima …
 
«Che ne dite?» Ci chiede Magnus, facendo una piroetta su sé stesso.
 
Io dico: oh, mio Dio.
 
Izzy, invece, sembra pensarla diversamente. «Sei uno schianto! Ma abbonda con il mascara, tesoro.»
 
«Il mascara non è mai troppo,» recita lo stregone, con voce cantilenante, prima di sparire nel bagno a darsi quello che presumo sia il seicentesimo strato di mascara. Perché sono circondata da una gabbia di matti?
 
Magnus ricompare con le ciglia incrostate di nero e Izzy elargisce un sorriso di approvazione. «Bene, ragazze. Venite qui,» ci fa segno di posizionarci accanto a lui davanti allo specchio. «Abbiamo fatto un gran bel lavoro.»
 
Se lo dice lui. Sembriamo due prostitute e un transessuale … l'inizio perfetto per una barzelletta sconcia.
 
Izzy indossa una parrucca biondo platino, liscia e con tanto di frangia, che le arriva a metà schiena; un vestito rosa shocking interamente ricoperto di paillettes e scarpe abbinate con tacco vertiginoso. Sembra Barbie versione cattiva. Io sono quel riflesso al centro dello specchio che, nonostante la buona dose di tacco, rimane comunque più basso degli altri due di qualche spanna. La parrucca a caschetto nero squadrato che indosso prude terribilmente e mi sento la faccia di gomma, a causa di tutti gli strati di l'Angelo-solo-sa-cosa, che mi ha spalmato Izzy, improvvisandosi truccatrice esperta. Ho delle calze a rete e un vestito dorato che luccica come un pugno in un occhio. Il tutto offerto da Magnus, che ha fatto apparire tutte queste cianfrusaglie con uno schiocco di dita, e il quale, nel frattempo, si è aggiustato la sua scintillante parrucca argentata sulla testa. Mi risparmio la descrizione del suo outfit, potrebbe provocare vomito a profusione.
 
«Non credete che tutto questo sia un po’ esagerato anche per gli standard di New York?» Domando ai miei compagni di avventura.
 
«No, cara.»
 
«E secondo voi Jace non ci riconoscerà? Andiamo, è assurdo! Non possiamo seguirlo con questo arcobaleno di vestiti, ci noterà subito e allora tanti saluti al nostro piano.» Urlo sull'orlo della disperazione.
 
«Non essere sciocca, è normale che così ci riconoscerà, ma il costume non è ancora completo.» Dice Magnus, con tono ragionevole.
 
Ah, no? Cos'altro potremmo mai metterci addosso, senza rischiare di cadere sotto il peso degli accessori?
 
Insomma, parrucca, scarpe, calze, vestito, borsetta, gioielli … che altro? No, ditemelo!
 
Magnus schiocca le dita e tra le mani gli appaiono tre maschere, perfettamente abbinate ai nostri abiti. «Direttamente dalle scorte del Carnevale di Rio.» Esclama estasiato.
 
La maschera dotata di piume di struzzo rosa tocca a Iz, io prendo quella nera con intarsi dorati e Magnus quella argentata provvista di corna da diavolo.
 
La morte del buongusto è giunta a Brooklyn.
 
Dopo circa un'ora o più di appostamento dietro a un cespuglio dell'Istituto, ormai è buio e il piano di Izzy mi sembra la cosa più idiota a cui io abbia mai preso parte. E fidatevi, se vi dico che ho preso parte ad un milione di piani idioti.
 
«Non è che è già uscito e ce lo siamo perso?» Mi lamento per la ventesima volta, massaggiandomi una caviglia intorpidita dal freddo.
 
«Sssh,» Izzy mi fa segno di tacere e prima che possa urlare di frustrazione mi volto verso il vialetto e scorgo la chioma bionda di Jace.
 
Sono giorni che non lo vedo e la sua vista mi fa quasi perdere l'equilibrio. Possibile che diventi più bello ogni giorno che passa? Indossa la sua divisa da Cacciatore e gli stivali neri e io lo amo. Okay, non è il momento. Magnus mi afferra la mano e il nostro strano trio si lancia nella folle missione di spionaggio e inseguimento. Jace percorre con passo svelto le vie del quartiere, fortunatamente per noi non prende la metro, né un taxi, si limita a camminare sui marciapiedi, con noi alle calcagna. Ma con discrezione. O almeno fino a quando un ragazzino di circa dieci anni non indica Magnus strillando e nascondendosi dietro le gambe di sua madre.
 
Ti capisco, ragazzino, anche io avrei avuto la tua stessa identica reazione.
 
«Che oscenità,» sussurra la signora, disgustata, al nostro passaggio. «Dovreste vergognarvi.»
 
Lancio un'occhiata furtiva verso Jace, non vorrei mai che la nostra copertura saltasse in aria per colpa di una signora bigotta, ma per fortuna lui prosegue indisturbato per la sua strada.
 
«Mia gentile signora, è lei che dovrebbe vergognarsi, quei pantaloni andavano di moda negli anni '60!» Le urla dietro Magnus e lei si affretta a scappare da noi, trascinandosi dietro il figlioletto.
 
«Che maleducata.» Borbotta Izzy, lanciando uno dei suoi sguardi di ghiaccio alla signora. «Se vuoi faccio ancora in tempo a raggiungerla e a darle una lezione.»
 
«Lo abbiamo perso!» Sbotto a bassa voce, guardando a destra e a sinistra, ma di Jace non c'è più traccia. «Merda!»
 
Magnus corre verso uno dei vicoli stretti, paralleli alla strada principale, e ci fa segno di seguirlo. Quello stregone è come un cane da tartufo, nessuno può seminarlo. Mentre mi infilo nel vicolo, sento il cuore che inizia a battermi forte nel petto, sento che siamo vicini alla meta e presto scoprirò cosa diavolo fa Jace quando scompare.
 
Se mi tradisce dovrà fare i conti con una ragazza molto incinta, molto scompensata, molto arrabbiata … «Alt!» Magnus mi blocca con un braccio, lasciandomi senza fiato per un istante.
 
«Ma che diavolo fai?!»
 
Lo stregone è bianco come un cencio, sotto lo strato generoso di fondotinta e la frangia della parrucca argentata. «Che ci fanno loro qui?» Sibila, sotto shock.
 
Mi ci vuole un attimo per realizzare l'intera surreale situazione in cui mi sono andata a cacciare. Il vicolo è cieco e sulla destra la luce di un'insegna luminosa illumina una piccola coda di persone, che aspettano il loro turno per entrare in quello che, presumo, sia un locale malfamato. Due ifrit se ne stanno all'ingresso, come due guardie della security demoniaca, con la loro pelle rossa e le mani artigliate. L'insegna fatiscente è per metà fulminata, ma riesco comunque a leggere la scritta: Shabby Hunter. Il Cacciatore Squallido? Perché mai Jace dovrebbe voler entrare in una bettola del genere? Sembra uno di quei posti in cui devi stare attento a dove ti siedi, se non vuoi beccarti una malattia venerea. Vedo Jace avanzare in testa alla fila, lo sguardo fisso davanti a sé e l'atteggiamento spavaldo di cui mi sono innamorata.
 
L'ifrit di guardia lo squadra e sembra fare una faccia esasperata, se quella smorfia contorta può essere considerata una faccia. «Di nuovo tu,» sputa verso Jace, «non ti stufi mai?» Aggiunge prima di fargli cenno di passare.
 
Non ti stufi mai di fare cosa?!
 
Sento Magnus e Izzy che confabulano alle mie spalle. Seguo i loro sguardi agitati, da sotto le maschere, e finalmente capisco cos'è che li turba tanto. Jace è scomparso all'interno del locale, ma ora in coda ci sono altre due facce estremamente familiari.
 
«Cosa ci fanno Alec e Simon qui?» Sibilo, portandomi le mani alla bocca e osservando i due ragazzi scomparire a loro volta dietro l'entrata fatiscente.
 
«Credo che il mio fratellino abbia avuto la mia stessa idea.» Risponde Izzy in tono lugubre.
 
Almeno loro due hanno avuto il buon gusto di non travestirsi.
 
«Ma perché si è portato dietro anche Sheldon?» Chiede Magnus, con aria assente.
 
«Simon, Magnus. Si chiama Simon!» Lo redarguisce Izzy, scocciata.
 
«Venite,» Magnus ci fa cenno di seguirlo e noi obbediamo, correndo dietro alla sua chioma lunare, attraverso una minuscola stradina laterale.
 
Ovviamente io incespico e rischio di cadere più e più volte.
 
Possibile che sia l'unica a non saper camminare sui tacchi?
 
Arriviamo davanti a una porta ricavata da una grata di ferro, con tanto di lucchetto. Magnus inizia ad agitare le mani in aria, sprizzando scintille azzurre dalle dita, ma Izzy lo precede, assestando un calcio al cancello, che si apre con un cigolio allarmante.
 
Magnus alza un sopracciglio. «Cacciatori, voi e i vostri metodi incivili.» Borbotta, mentre passiamo attraverso una porta rossa, contrassegnata come uscita di emergenza.
 
A questo punto sono senza fiato, sia per la breve corsa che per le novità di quella assurda serata. «Aspettate, aspettate» ansimo, appoggiando le mani sulle ginocchia, nell'intento di riprendere fiato. «Che cosa stiamo facendo? Che cos'è questo posto?» Chiedo tra un respiro e l'altro.
 
«Lo Shabby Hunter, è uno strip club demoniaco gestito dagli ifrit, dove, diciamo … gli abitanti del Mondo Invisibile vanno a divertirsi.» Risponde Magnus a disagio, fingendo un colpo di tosse per non dover continuare a parlare.
 
Oh.
 
«Avanti, se continuiamo per questo corridoio dovremmo spuntare nella sala principale.» Aggiunge Magnus, prendendomi per un braccio.
 
«E tu come fai a saperlo? Il tuo hobby è quello di conoscere a memoria tutte le piantine degli edifici di New York?» Chiedo acidamente.
 
Magnus mi fulmina con lo sguardo. Ma che ci posso fare io se è un depravato?
 
«Ecco.»
 
Come predetto da Magnus, il corridoio ci conduce fino ad una sala circolare piuttosto buia e fumosa, oltre che maleodorante. In fondo sulla destra c'è un piccolo palchetto, dove due cose si muovono con fare provocante. Temo siano due demoni femmina, colte nell'atto di una danza inquietante. Davanti al palco sono disposti dei tavolini neri e, tra la folla dalle varie fattezze, riconosco subito la chioma di Jace, non molto lontana dal nostro nascondiglio. Osservo con immenso piacere (voi non sapete quanto!) che Jace non sembra interessato allo spettacolino demoniaco, anzi, il suo sguardo è basso e fisso sul bicchiere di vetro che stringe tra le mani.
 
«Magnus, voglio andare a casa.» Sussurro con voce lamentosa, ma lui mi fa cenno di tacere e aguzza le orecchie.
 
Nessuno mi considera.
 
Alec e Simon sbucano alle spalle di Jace, ma lui non sembra interessato ad avere compagnia, si ostina a non alzare il viso dal suo drink.
 
«Jace,» inizia Alec con il suo tono da fratello maggiore/parabatai. «Che diavolo ci fai in questo buco?» Continua a metà tra l'incredulo e il disgustato.
 
L'audio non è il massimo, a causa della musica, degli schiamazzi del pubblico e dei versi osceni provenienti dai due demoni femmina, ma riesco comunque a sentire la conversazione.
 
Simon e Alec prendono posto nelle due sedie libere al tavolo di Jace. «Credevo che almeno qui sarei riuscito a starmene in pace.» Risponde, bevendo un sorso e evitando ostinatamente di guardare Alec in faccia. «Evidentemente mi sbagliavo.» Conclude con sarcasmo.
 
«So che sei sconvolto, Jace, ma venire qui non aiuterà a risolvere i tuoi problemi.» Dice Alec, allungando una mano per posarla sul braccio di lui.
 
«Come è saggio il mio ragazzo!» Esclama Magnus in un sussurro, congiungendo le mani al cuore come una liceale alle prese con la sua prima cotta.
 
Santissimo cielo.
 
«Alec, ha ragione.» Si intromette Simon, lanciandosi sguardi furtivi alle spalle, palesemente spaventato dalle demonesse sul palco. «È normale che tu sia sconvolto e che ce l'abbia con Clary, ma cerca di capire. Anche lei è sconvolta e impaurita! Sai che non farebbe mai volontariamente qualcosa per ferirti.»
 
Izzy rivolge a Magnus uno sguardo di sufficienza. «Chi è saggio, adesso? Il mio, o il tuo, di ragazzo?» Ghigna.
 
Ma dove siamo, alle elementari?
 
«Voi non capite.» Sibila Jace, gelido. «Lei ha scelto di mentirmi, di tenermi all'oscuro di tutto. Ha scelto di confidarsi con tutti, tranne che con me.» Sbatte il bicchiere sul tavolo e buona parte del liquido straborda, bagnando il tavolo.
 
«Hai ragione, si è comportata malissimo.» Annuisce Alec.
 
Cosa? Stupido Alec. Stupido, stupido Alec.
 
«Ma lo ha fatto perché era spaventata,» aggiunge Simon, lanciando uno sguardo minatorio ad Alec, che si stringe nelle spalle.
 
«Sentite, non ho voglia di sorbirmi le vostre lezioni di moralità. Voglio solo affogare i miei dispiaceri nel whisky e godermi lo spettacolo.» Ribatte Jace, seccato, passandosi una mano fra i capelli biondi.
 
«E questo lo chiami spettacolo?» Simon alza lo sguardo verso il palco, dove le due creature demoniache persistono nell'agitarsi al ritmo di musica. «È disgustoso … cosa sono? Demoni?»
 
«Simon ha ragione,» sussurra Izzy alla mia sinistra, «questo posto è da depravati! Chi mai vorrebbe passare una serata qui?»
A parte Magnus, ovviamente.
 
«Ti stupiresti di quanti Cacciatori abbiano gusti sessuali discutibili.» Afferma Magnus. «Una volta conoscevo un Lightwood che -»
 
«Volete stare zitti? Non riesco a sentire cosa dicono.» Sbotto, prima che lo stregone spiattelli qualcosa di troppo sugli antenati di Izzy, rischiando di farla arrabbiare.
 
«Se non vuoi parlare è okay per noi,» dice Alec e Simon sussulta, voltandosi a guardarlo con gli occhi marroni spalancati.
 
«Ah, sì? Credevo l'avessimo seguito fin qui apposta per farlo ragionare.»
 
«Zitto, Simon!»
 
Jace li guarda da sopra il bordo del bicchiere, sembra quasi che stia sorridendo.
 
«Come dicevo, se non vuoi parlare va bene. Ma non ti lasceremo qui da solo a ubriacarti e a fare qualche sciocchezza. Noi staremo qui con te, ci godremo una … ehm … bella serata fra maschi, dopotutto siamo in uno strip club.» Conclude Alec, con voce decisa.
 
«Perfetto.» Sibila Jace, fra i denti.
 
«Alec, io davvero non so se posso sopportare la vista di quei due mostri ancheggianti ancora per molto e poi -»
 
Non riesco a sentire il resto della frase di Simon, perché alle nostre spalle appaiono due ifrit, decisamente arrabbiati.
 
«Che ci fate qui?» Sbraita uno dei due, con la sua voce rauca e impastata.
 
Sono in preda al panico. Ci hanno scoperti e ora ci toccherà combattere.
 
«Posso spiegare tutto, signore, c'è stato un malinteso -» inizia Magnus, sfoggiando una delle sue innumerevoli facce da poker (per non dire altro).
 
L'ifrit lo squadra dalla testa ai piedi. Sento Izzy che stringe la presa sulla sua frusta, nascosta da qualche parte sotto il vestito rosa. «Non c'è tempo per le spiegazioni, dovete essere sul palco tra due minuti. I camerini sono da quella parte.» Ci fa cenno in una direzione e poi si volta per urlare qualcosa al suo presunto collega. «Le ho trovate! Si erano perse!» Torna a guardarci con aria minacciosa. «Avete due minuti. Seguitemi.»
 
Oh, no. Questo idiota ci ha preso per l'Angelo-solo-sa-cosa! Non che io possa davvero biasimarlo. Così conciati non siamo tanto diversi dalle due demonesse. «Guardi che ci deve essere un errore, noi non siamo qui per lavorare ma -»
 
Magnus mi tappa la bocca con una mano e mi sussurra all'orecchio. «Prima regola: mai far saltare la propria copertura!»
 
Prima regola di cosa?! Dopo due minuti esatti, mi ritrovo sul palco dove un attimo prima c'erano i due demoni femmina. Come si suol dire: lo spettacolo deve continuare. La musica parte in sottofondo e le luci colorate mi accecano.
 
La situazione è degenerata.
 
Davvero.
 
Sulle note di Stripper delle Soho Dolls, Magnus ancheggia con fare provocante, mentre io e Izzy mostriamo almeno la decenza di essere imbarazzate. Un uomo in seconda fila, che sospetto vivamente sia un demone Eidolon, lo fissa con la bava alla bocca. Chi l'avrebbe mai detto che qualcun altro all'infuori di Alec potesse trovare Magnus attraente?
 
L'ifrit alla nostra destra ci fa cenno di darci una mossa e io e Izzy ci guardiamo disperate. La folla di spettatori è in subbuglio, ma non in senso buono. Fischi e insulti di varia natura giungono alle nostre orecchie, visto che, né io né Izzy, sembriamo intenzionate a dare spettacolo. Nel frattempo, mi auguro con tutta me stessa che Jace non sollevi lo sguardo dal suo bicchiere. Per ora sembra ancora troppo preso da chissà quale discussione su di me con Alec e Simon.
 
«Muovi i fianchi, su!» Mi intima Magnus, perfettamente a suo agio nella parte.
 
Vedete, lo sapevo che la mia gravidanza l'avrebbe spinto a diventare uno stripper dei bassifondi di New York. Ora mancano solo gli slip pitonati. Potrei intraprendere una carriera come veggente, le persone mi pagherebbero oro per venire a conoscenza del proprio sfortunato destino.
 
Dopo interminabili minuti, in cui io e Izzy ci siamo prodigate in un accenno di danza e impedito a Magnus di denudarsi, la canzone finisce (grazie all'Angelo) e l'ifrit si avvicina al palco, con aria decisamente insoddisfatta, tra gli urli di disapprovazione del pubblico per lo scadente spettacolo appena offertogli.
 
«… grazie per questa memorabile performance,» dice amplificando la sua voce dentro un microfono. Malgrado le sue parole, lo sguardo che ci rivolge non è fra i più amichevoli. Magnus sorride soddisfatto, ammiccando all'uomo in nero seduto in seconda fila. L'ifrit, visibilmente irritato, ci sussurra: «Ditemi i vostri nomi, fate un bel sorriso, dopodiché fuori dal mio locale. Parlerò con il vostro agente e state pur certe che non avrete un ingaggio per un bel po’ di tempo.»
 
Questa minaccia mi ha davvero messo i brividi. Sì, come no.
 
Il finto stregone torna a sorridere in modo tirato al pubblico. «Un applauso per,» e avvicina il microfono alla bocca di Izzy, che lo osserva confusa da sotto la maschera di piume rosa.
 
Come al solito è Magnus a salvare la situazione, sussurrando all'ifrit i nostri nomi d'arte. Ancora mi chiedo come diavolo abbia fatto a inventarseli in cinque secondi.
 
«Un applauso per Barbie Klaus!» L'ifrit indica Izzy e dalla folla si leva un coro di fischi di disapprovazione, poi sposta lo sguardo verso Magnus ed esclama con prontezza: «Lady Marmelade!» Questa volta l'applauso è un po’ più caloroso, nonostante la buona dose di immancabili fischi. «E Buffy!» Conclude il nostro presentatore, indicandomi, confuso dai nostri nomignoli e arrabbiato. «Ora sparite.» Aggiunge in un sussurro, diretto solo a noi.
 
«Potevi inventarti un soprannome più originale, invece che rubare quello di una Cacciatrice di demoni e vampiri.» Sbuffo rivolta a Magnus, mentre mi guida giù dal palco, tra gli sguardi inferociti della folla. «Buffy … Che fantasia.» Aggiungo acida. Poi mi volto verso Izzy con un ghigno. «Quello di Iz però è perfetto, non credevo ti intendessi di storia mondana.»
 
Magnus mi sorride, complice. «Il nome di un comandante della Gestapo mi sembrava più che adatto per la nostra amica Barbie
 
Lei ci guarda corrugando la fronte, scostandosi un lembo della parrucca platinata dal viso. «Cosa state dicendo?»
 
Lasciamo perdere.
 
«Non ti chiederò da cosa deriva il tuo, di soprannome,» continuo a parlare con Magnus, guardando il pavimento per evitare di cadere. «Non vorrei mai che iniziassi un altro racconto erotico risalente al Medioevo.»
 
Magnus non risponde, perciò alzo gli occhi e mi rendo conto di averli persi di vista, travolta dalla folla del locale.
 
«Ehi, dolcezza, adoro i tuoi capelli neri.» Un tizio dall'aria inquietante mi accarezza un fianco e per un istante non ricordo di indossare una stupidissima parrucca nera. Lui sembra male interpretare il mio mutismo, perché aggiunge soddisfatto: «posso pagare in contanti.»
 
COSA!?
 
«Sparisci.» Mi volto di scatto per vedere il viso del mio salvatore, anche se so già cosa aspettarmi, visto che riconoscerei quella voce fra mille.
 
Il tizio inquietante squadra Jace dalla testa ai piedi, con aria minacciosa. «Perché? È la tua ragazza?» Scoppia in una risata sarcastica e fastidiosa e io mi chiedo cosa diavolo ci sia da ridere.
 
«Sì.»
 
COSA!?
 
Non ditemi che Jace mi ha riconosciuto … insomma, è impossibile.
 
Il tizio smette di ridere all'istante. «Beh, la tua ragazza non si sa proprio muovere.»
 
Questa serata sta fortemente minando alla mia fragile autostima.
 
Jace sorride lentamente, quel sorriso ferino che sfoggia sempre l'attimo prima della battaglia. Con un movimento fluido e veloce del polso, assesta un bel pugno sulla faccia del tizio, che, colto alla sprovvista dalla sua forza, va a sbattere dritto sul bancone bar, travolgendo persone, tavoli e frantumando bicchieri. La situazione esplode all'istante, proprio come in quei vecchi film western che guarda Luke. La gente inizia a lottare, uno contro l'altro, senza alcuna logica. I tavolini vengono fatti a pezzi, bicchieri di vetro e corpi volano sopra le nostre teste. Jace mi afferra la mano e mi trascina dietro di sé, verso l'uscita di sicurezza da cui sono entrata poco prima. Continuiamo a correre, senza aprire bocca, fino a quando non siamo abbastanza lontani dallo Shabby Hunter e dal suo trambusto. A quel punto mi lascia andare la mano e mi rivolge le spalle, camminando nervosamente avanti e indietro per il vicolo.
 
Cosa posso fare? Cosa posso dire?
 
«Bella prova.» Va bene, magari avrei potuto dire qualcosa di più significativo.
 
«Perché diavolo mi avete seguito, Clary?» Sbotta Jace, voltandosi a guardarmi come un animale rabbioso e ferito.
 
«Noi? Seguito? Assolutamente no, è stata una pura coincidenza.» Mento, abbassando lo sguardo.
 
«Ah, così tu, Iz e Magnus avete deciso di intraprendere la carriera di spogliarelliste per lo Shabby Hunter? Avresti dovuto informarmi, non credi?»
 
Rimango zitta.
 
«Credi che non mi sia accorto che mi stavate seguendo? Avanti, Clary, avreste almeno potuto scegliere degli abiti meno vistosi.» Continua, sarcastico.
 
Io l'avevo detto a Magnus!
 
«Volevo sapere dove andavi!» Urlo, furiosa. «Izzy mi ha detto che sparivi ogni sera e poi quel bacio sulla fronte … credevo che mi tradissi!»
 
Jace mi guarda scioccato. La braccia gli ricadono molli, lungo i fianchi. «Il bacio sulla fronte?»
 
«Sì, quello che mi hai dato all'Istituto, prima che Aline spiattellasse al mondo intero che sono incinta.» Ribatto, stringendo i pugni.
 
Lui emette un verso esasperato. «Credevo avessi avuto l'influenza intestinale, ora ovviamente so che anche quella era una bugia, perciò ho preferito limitare il contatto.»
 
«Oh, ma come sei nobile!» Strillo, con voce isterica. Da quando Jace è un germo-fobico?
 
«Lo sai benissimo che non ti tradirei mai.» Aggiunge a bassa voce, avvicinandosi di qualche passo.
 
«Non lo so, Jace, dopo quello che ho fatto … avevo paura, mi sono comportata malissimo con te.» Sento le lacrime bagnarmi le guance e distolgo lo sguardo cercando di soffocare i singhiozzi.
 
Jace allunga una mano e con un gesto delicato mi libera dall'impiccio della maschera che ancora indosso. «Ehi,» mi asciuga una lacrima con il pollice, accarezzandomi una guancia. «Non piangere, Clary … o dovrei dire, Buffy?»
 
Maledetto idiota sarcastico. Mio malgrado rido, tra un singhiozzo e l'altro.
 
«Quindi sapevi che ero io sin dal primo istante?» Gli chiedo, posando la mano aperta sulla sua.
 
«Nessun travestimento può ingannarmi. Ti riconoscerei ovunque.» Mi sorride. «Ma mi piace questo look. Anche se preferisco la vera Clary.»
 
Mi viene da piangere, ma sono al settimo cielo. Jace non mi odia e soprattutto non mi tradisce!
 
Mi spinge contro la fredda pietra del vicolo e mi stringe i fianchi, posando delicatamente la bocca sulla mia. Socchiudo le labbra e lui mi bacia, prima con deliberata lentezza, mordendomi dolcemente il labbro inferiore. Poi le nostre lingue si incontrano e il nostro bacio diventa ardente come un miccia appena accesa, sento le sue mani che scorrono lungo le mie gambe coperte dalle (maledettissime) calze a rete di Magnus. Lo stringo a me, aggrappandomi alla sua giacca; voglio sentire il suo corpo caldo contro il mio e non voglio più pensare a niente. Al fatto che sono incinta, al fatto che mi trovo in un vicolo gelido dopo una performance scadente come stripper e al fatto che indosso una parrucca. Voglio sentirmi un'adolescente normale … Jace smette di baciarmi e inizia a percorrere con le labbra una linea immaginaria che parte dal mio zigomo, scendendo giù fino al collo e alla clavicola. Intreccio le dita sulla sua nuca, buttando la testa all'indietro e giocherellando con i ciuffi ribelli dei suoi capelli.
 
Dio, questo ragazzo ci sa proprio fare.
 
«Tipico.» Una voce interrompe il mio idilliaco momento con Jace. «Prima scatena una rissa e poi scappa per amoreggiare con la ragazza.»
 
Ho già detto che ho intenzione di uccidere Magnus a mani nude?

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Capitolo 7
*** Thanksgiving Day ***


CAPITOLO 6
THANKSGIVING DAY
 
 
«Ti dai una mossa?» Urla Magnus dall'ingresso dal suo appartamento, mentre io ancora sono chiusa in bagno da circa tre ore. «Siamo in ritardo, non vorrei che Jocelyn provasse a staccarmi la testa proprio il giorno del Ringraziamento. Sì dovrebbe ringraziare … non uccidere.» Borbotta lo stregone a voce incredibilmente alta.
 
Ancora devo capire come mi sia fatta convincere a passare il Ringraziamento a casa di mia madre. Ah, già. Magnus mi ha obbligata. Dice che è ora che io torni a casa, per il mio bene e per quello della mia famiglia. Sì, come no. La cruda realtà è che vuole sbarazzarsi di me e della mia sempre più visibile pancia da ragazza incinta. Finalmente esco dal bagno e vedo la sagoma di un Portale già pronta per il mio viaggio verso casa di Luke.
 
«Ti odio.» Sibilo mentre lo attraverso, pronta a vorticare nella nebbia. Sento vagamente la risposta di Magnus, prima di essere inghiottita dal Portale, che suona molto come un: il sentimento è reciproco, cara.
 
Una volta davanti al vialetto di ingresso, aspetto che l'oblunga figura di Magnus appaia accanto a me. Ovviamente il mio coinquilino non si è risparmiato neanche questa volta, in fatto di abbigliamento. Pantaloni di pelle, camicia hawaiana e un cappello borsalino sulla testa.
 
Jocelyn appare sulla soglia, accanto a lei c'è Luke, che non appena mi vede mi corre incontro per stritolarmi in uno dei suoi abbracci genitoriali. «Mi sei mancata, Clary.» Sussurra piano al mio orecchio, mentre mi lascia andare per osservarmi dalla testa ai piedi con aria critica.
 
«Anche tu, Luke.» Rispondo con un sorriso, mentre lo sguardo si posa su mia madre, rigida come una statua di pietra. «Ciao mamma,» dico con voce piatta, prima che anche lei si avventi su di me come un avvoltoio famelico e mi stringa forte tra le sue braccia. Ecco, ora mi viene da piangere.
 
Dopo intensi minuti di imbarazzanti convenevoli, Luke e mamma ci scortano nella sala da pranzo, dove un lungo tavolo è stato imbandito per la cena. Con mio sommo disgusto e disagio noto che ci sono già dei posti occupati. Molti posti occupati.
 
Izzy, Simon, Jace, Tessa e Fratello Zaccaria … o dovrei chiamarlo Jem?
 
«Tessa, Tessa, mia cara Tessa!» Magnus si avvicina baldanzoso alla sua amica del passato, mentre io mi rivolgo a mia madre come un piccolo chihuahua nevrotico. «Non doveva essere una cenetta intima?» Sbottò con voce gelida.
 
Lei mi guarda confusa. «Credevo che avere i tuoi amici qui con noi ti avrebbe fatto piacere.» Si giustifica.
 
Mi siedo davanti a Jace, mettendo il broncio e incrociando le braccia. Lui mi guarda, apprensivo. «Che succede? Stai male?»
 
«Clary non sta male.» Risponde Magnus per me, lanciandomi un'occhiata ammonitrice. «È solo un po’ … sapete, incinta. Tutti quegli ormoni la rendono rabbiosa.»
 
Lo guardo male, ma lui non sembra intimorito. Ormai ha capito che sono innocua.
 
«È bello rivederti, Clary» mi dice Fratello Zaccaria/Jem, seduto accanto a Tessa.
 
«Sì, sì. Certo.» Rispondo sul vago, meritandomi un'occhiataccia da parte di Jace. «Che ho fatto?»
 
«Potresti essere più gentile con il marito della mia bis-bis-bis … nonna.»
 
Per fortuna vengo dispensata dal rispondere a questo improvviso bon ton parentale da parte di Jace, a causa del trambusto che stanno facendo Alec e Magnus. «Oh, andiamo, Alexander ancora con questa storia. Guarda Jace e Simon, loro non sono così turbati dal fatto che le loro fidanzate si siano esibite in uno strip club.» Dice lo stregone, con tono ragionevole.
 
Alec diventa rosso dall'imbarazzo. «Puoi abbassare la voce?» Sibila, rabbioso.
 
In effetti Alec ha ragione, ora mia madre mi guarda come se fossi un alieno. «Hai … tu hai … strip club?» Poverina, non riesce neanche ad articolare una frase.
 
«Tranquilla, mamma, eravamo sotto copertura. Una missione.» Snocciolo con aria assente, agitando una mano in aria.
 
«Non hanno avuto neanche un grande successo, signora Fray, se questo può farla sentire meglio.» Interviene Simon.
 
«Ehi, parla per la tua ragazza.» Sbotta Magnus, inviperito. «La mia performance non era affatto scadente.»
 
«Clary!» Esclama mia madre, portandosi le mani alla bocca, scioccata.
 
«Ehm, Jocelyn, il tuo tacchino sembra delizioso.» Jem cerca di smorzare la tensione, complimentandosi per il cibo. Principiante.
 
Mia madre non lo considera nemmeno e torna ad attaccarmi. «Cosa diavolo è questa storia?»
 
«Veramente l'ho fatto io.» Luke si rivolge a Jem in tono educato, anche lui cerca di riportare la conversazione sui binari giusti, senza successo. «L'importante è il ripieno, bisogna -»
 
«Oh, andiamo Luke, a nessuno interessa come hai farcito il tacchino.» Sbotta Jocelyn in preda all'isteria. Tutti iniziano a discutere e a darsi addosso uno con l'altro. C'è chi fa domande, chi insinua che il proprio partner sia un degenerato (Alec) e chi afferma di dover ringraziare, prima di consumare il pasto (Magnus).
«Come disse il grande Abramo Lincoln nel 1863: L'anno che si avvia alla fine è stato ricolmo della benedizione di campi fruttuosi e di cieli salubri. A queste munificenze, di cui godiamo così costantemente da essere portati a -» recita Magnus, in tono solenne.
 
«Lincoln non avrebbe approvato il tuo balletto sconcio allo Shabby Hunters.» Lo interrompe Alec, con aria ostile.
 
«Davvero ricordi a memoria tutto il discorso del 1863?» Chiede Jem allo stregone, sinceramente stupito.
 
E c'è chi tenta di placare l'isteria generale, tipica del giorno del Ringraziamento. Come Tessa, ad esempio, che decide proprio in quel momento di aprire la sua stupidissima bocca, dicendo: «Allora, Clary, hai deciso se tenere il bambino o darlo in adozione?»
 
La voce di Tessa, nonostante sia una voce calma e pacata, fa calare un silenzio teso su tutta la tavolata. I visi dei miei amici e parenti si voltano contemporaneamente verso di me, in particolare quello di Jace, che sembra distorto da una smorfia. Tessa sembra capire di aver fatto una cosa assolutamente, deplorevolmente sbagliata.
 
«Chi ha parlato di adozione?» Sibila Jace, confuso e sull'attenti da quella nuova notizia.
 
 Mia madre mi guarda piena di pietà.
 
«Nessuno, biondino, Tessa deve aver esagerato con il vino, vero?» Si intromette Magnus, guardando l'amica con sguardo eloquente. Tessa si porta le mani alla bocca, scioccata.
 
«Oh, Dio. Clary, io credevo che voi due aveste fatto pace e -» Tessa non sa cosa dire. Peccato che la dislessia non l'abbia colpita prima, a quest'ora non avrei le facce furiose di Alec e Jace che mi fissano come se fossi un demone particolarmente difficile da uccidere.
 
«Io, veramente … non ho ancora pensato a cosa farò.» Dico, guardando Jace dritto negli occhi. È la verità, in fondo, non ho ancora deciso se tenere il bambino o darlo in adozione e non voglio che lui pensi che lo stia escludendo di nuovo.
 
«Jace, vuoi essere così gentile da tagliare il tacchino?» Ora è mia madre che cerca di sviare la conversazione sul povero tacchino. Chi l'avrebbe mai detto.
 
Jace le lancia un'occhiata vuota, prima di impugnare un enorme coltello e avvicinarsi all'animale. Credo che Jocelyn non abbia avuto una grande idea, se devo essere sincera, dotare Jace di un'arma in questo momento potrebbe essere controproducente.
 
Per la mia vita, in particolare.
 
Ricordo vagamente che, anche lo scorso Ringraziamento, il tacchino ha passato un brutto quarto d'ora per mano di Jace, senza tutta la storia di bambini, gravidanze e adozioni, ovviamente.
 
«Così pensavi di dar via mio figlio senza neanche interpellarmi?» Mi chiede gelido, mentre infilza il povero animale morto con eccessiva rabbia.
 
«Jace, ti ho detto che non ho ancora preso una decisione.» Rispondo, agitandomi a disagio sulla sedia.
 
Lui continua ad infilzare ripetutamente il pezzo di carne, trasformandolo in un colapasta. Piccoli brandelli di tacchino, che delizia. «Non ci posso credere,» ride senza allegria, mentre da il colpo di grazia alla nostra portata principale. Luke è disperato. Cinque ore di preparazione culinaria andate in fumo. «Tu mi conosci. Tu sai quello che ho passato, credevo di essere un Wayland. Credevo che Valentine Morgenstern fosse mio padre, ho accettato che quel mostro fosse mio padre, per poi scoprire che non lo era. E, come se tutto ciò non bastasse, un giorno vengo a sapere di essere l'ultimo Herondale e che entrambi i miei genitori naturali sono morti. Secondo te io potrei mai lasciare mio figlio?»
 
Jace Herondale è sempre stato bravo con le parole, ma con questo discorso si è superato. Ora tutti lo guardano impietositi e quando i loro occhi si spostano su di me, non riescono a vedere altro che un essere orribile che vuole privare Jace di suo figlio. Anche mia madre mi guarda in modo strano.
 
«Jace, non credi che dovremmo parlarne in privato?» Dico, alludendo al nostro pubblico molto interessato.
 
«Non credo,» questa volta è Izzy a parlare, tra lo sgomento generale. «Noi tutti qui teniamo sia a te che a Jace e a questo … bambino. Vogliamo essere partecipi delle vostre decisioni, vogliamo aiutarvi!» È strano sentir parlare Izzy in questo modo, probabilmente perché quando ha scoperto che ero incinta ha definito la cosa: terribile. Sono quasi sicura che le sue parole c'entrino qualcosa con la perdita di Max.
 
«Izzy ha ragione.» Asserisce Simon.
 
«Vostre decisioni? Ma se è Clary l'unica che prende decisioni, qui!» Sbotta Jace, sbattendo il coltello sul tavolo e facendo tremare Tessa e Jem di quella che, suppongo, sia paura.
 
«Jace, hai ragione, Clary è un'idiota.» Continua Izzy.
 
Grazie!
 
«Ma è la madre, io credo che l'ultima parola spetti a lei.»
 
«Fai come vuoi, allora.» Borbotta Jace, lasciando la sala da pranzo con ancora il coltello in mano. L'Angelo solo sa perché se lo sia portato dietro.
 
Non c'è mai pace nella vita di un'adolescente Shadowhunter.
 
Circa una settimana dopo mi ritrovo nel reparto premaman di un centro commerciale. I miei jeans stringono sul girovita in modo così estenuante che ho dovuto lasciarli aperti. Sì, è imbarazzante, per questo mi trovo qui, con Izzy, la ragazza meno materna in assoluto.
 
«Questo ti piace?» Dice lei, mostrandomi uno scafandro scozzese.
 
«Ma cos'è? Una maglietta o un paio di pantaloni?» Chiedo confusa, lanciando occhiate ostili a tutte le neo mamme che mi rivolgono sguardi comprensivi o di sufficienza.
 
«Non ne ho idea.» Risponde, lanciando via quell'abominio.
 
Ci tuffiamo in un altro reparto, quello per ragazze normali, non incinte e felici. «Senti, ti dispiace se più tardi non ti accompagno in ospedale?» Mi chiede Izzy, provandosi una sciarpa leopardata.
 
«Non c'è problema, intanto ci saranno mia madre e Tessa a farmi da balia durante l'ecografia.» Dico scocciata. «Ti vedi con Simon?»
 
Il viso di Izzy si illumina. «Sì, sai, è passato troppo tempo dall'ultima sessione con Lord Montgomery, se mi capisci.» Izzy ammicca e io ho voglia di vomitare e di fare pipì per la ventesima volta. Sono queste le conseguenze, quando una vita cresce nel tuo ventre.
 
«Per favore, puoi non parlare di lui chiamandolo Lord Montgomery? È come un fratello per me.»
 
«E quindi? Anche Jace è mio fratello, eppure sarei contenta di sapere che se la spassa con te.» Izzy mi lancia addosso una manciata di magliette taglia XXL. Sono enormi e sproporzionate alla mia figura, ma almeno non hanno quegli strani disegni e quella panciera elastica tipica del reparto premaman. «Queste ti andranno bene. Ora servono dei pantaloni, è imbarazzante il fatto che tu giri con i jeans sbottonati.»
 
«Grazie,» borbotto. «E comunque io e Jace non ci siamo più divertiti dopo questo,» indico la mia pancia abbastanza visibile, alla fine del quinto mese di gravidanza. «E probabilmente non lo faremo mai più.» Concludo, senza speranza.
 
«È molto triste.» Dice lei, senza convinzione, prima di lanciarmi addosso tre paia di leggins elasticizzati. È bello fare shopping con Izzy, ti lascia molto libero arbitrio. «Andiamo a pagare, il mio Lord mi aspetta!» Aggiunge, volteggiando verso la cassa.
 
Raziel, aiutami tu.
 
Ovviamente la mia giornata non può certo migliorare. Alle due ho appuntamento al Beth Israel da Catarina, per fare una nuova ecografia. Alle due e venti mi presento all'entrata e trovo Tessa e mia madre impegnate a confabulare. Appena mi vedono smettono all'istante di parlare e si esibiscono in sorrisini di circostanza.
 
«Ciao, tesoro, finalmente.» Mia madre mi abbraccia, mentre io la guardo sospettosa.
 
«Di cosa stavate parlando?»
 
«Del tempo!» Esclamano all'unisono.
 
Mi chiedo se non si siano messe d'accordo. Decido di lasciar perdere e tutte e tre ci avviamo verso l'ascensore, dirette nelle piccola saletta con l'ecografo. Catarina ci accoglie sorridente e mi fa subito stendere sul lettino. Mi tiro su la maglietta (una di quelle nuove taglia XXL gentilmente consigliata da Izzy) e per la prima volta vedo mia madre commossa. Guarda l'ecografo, dove appare un'immagine in bianco e nero senza capo né coda, ovvero il bambino. Catarina si lancia nelle descrizioni degli arti di mio figlio e apprendo che, fortunatamente, è provvisto di due braccia, due gambe, un torace e una testa. Tessa e mia madre sembrano molto interessante, anche se la Mutaforma continua a lanciare occhiate nervose all'orologio che porta al polso.
 
«Non c'è bisogno che tu stia qui se hai da fare,» le dico e lei alza gli occhi dalle lancette, con uno sguardo colpevole dipinto sul viso.
 
«Oh, no, non devo andare da nessuna parte,» risponde sorridendo. «Mi piace solo … sapere che ore sono.»
 
Volete dirmi che in due secoli di vita, Tessa non ha ancora imparato a mentire?
 
Catarina apre la bocca per parlare, ma non fa in tempo a pronunciare una parola che la porta della stanza si apre di scatto e la figura alquanto trafelata di Jace appare sulla soglia. Sgrano gli occhi in preda allo shock, cercando sostegno nelle mie due accompagnatrici che, a differenza mia, non sembrano affatto sorprese dal suo arrivo. Certo che no, con tutta probabilità sono state loro ad invitarlo.
 
«Scusate!» Dice Jace, con il respiro corto, come se avesse corso fin lì. «Non riuscivo a trovare il reparto, sono finito in Psichiatria e ho avuto una spiacevole discussione con una caposala per niente ragionevole.»
 
Cerco di incontrare il suo sguardo, ma lui guarda dappertutto tranne che verso di me.
 
«Tu devi essere Jace,» Catarina gli fa cenno di avvicinarsi e lui obbedisce. «Sei davvero delizioso, il vostro bambino sarà bellissimo.»
 
Jace si gonfia come un pavone. Stupido idiota. «Grazie, signora, in effetti non è la prima a dirlo.»
 
«Chiamami Catarina, suvvia!»
 
Ma che diavolo …
 
«Scusate?!» Sbotto acidamente e finalmente l'attenzione si sposta nuovamente sulla sottoscritta.
 
«Giusto, giusto. Stavo per dire che il bambino è nella posizione ottimale per vederne il sesso. Se volete posso dirvi se sarà un maschio o una femmina.» Ci informa Catarina, tornando ad essere professionalmente blu.
 
Tessa e mia madre esplodono in mugolii estatici, ma il mio sguardo è fisso su Jace. I suoi occhi dorati incontrano per la prima volta i miei e io ricordo come sia bello stare con lui e il fatto che riusciamo a capirci l'uno con l'altro solo tramite uno sguardo.
 
«No, preferiamo aspettare.»
 
Le mie due accompagnatrici sembrano deluse, ma decidono di non contraddirmi. Dopotutto è una nostra decisione, no?
 
Quando rientriamo a casa di Luke, mia madre si dilegua in cucina, lasciando finalmente un po’ di privacy a me e a Jace. Mi chiudo la porta della mia camera alle spalle e mi siedo sul letto, anche se probabilmente entro dieci minuti dovrò rialzarmi per fare pipì. Nessuno mi aveva informato sui problemi di incontinenza legati alla gravidanza … dovrò scriverci un libro.
 
Jace rimane in piedi, imbambolato. Gli faccio cenno di sedersi accanto a me e dopo un attimo d'incertezza mi raggiunge sul letto. Si sdraia, con le spalle appoggiate alla testiera e gli stivali infangati poggiati ostinatamente sopra il mio copriletto. Tipico.
 
«È stato bello oggi. Sentire il battito e vederlo, intendo.» Dice con lo sguardo perso, mentre mi sdraio su un fianco e poso la testa sopra il suo torace. Riesco a sentire il battito del suo cuore contro il mio orecchio. Familiare e regolare, forse un po’ accelerato. Sembra quasi che siamo riusciti a superare anche l'ultima litigata del Ringraziamento.
 
«È un bene che tu non sia venuto alla prima ecografia, allora. Ehi, aspetta!» Salto su, o per lo meno, mi rialzo dal letto molto lentamente, visto che sono pesante come un barile pieno di sassi, e mi metto a sfogliare il mio album da disegno. Sento lo sguardo di Jace che mi perfora la nuca. Finalmente, tra le ultime pagine, trovo quello che stavo cercando e torno a sdraiarmi accanto a lui. «È la foto della prima ecografia.»
 
Jace prende la foto dalla mia mano e guarda l'immagine in bianco e nero, aggrottando la fronte. «Oh, mio Dio. Sembra un fagiolo.»
 
«È quello che dicono tutti.» Annuisco, rassicurandolo.
 
Rimaniamo in silenzio per un po’, finché non trovo la forza di dire quello che mi passa per la mente. «Senti, mi dispiace per tutta quella storia dell'adozione. So che sono stata molto vaga con te, ma davvero non ho ancora deciso niente, dovremmo discuterne. Insieme.»
 
«Sai già come la penso. Ma Izzy ha ragione, credo che l'ultima parola spetti a te.» Mi risponde con voce piatta, posando la foto dell'ecografia sul comodino e tornando ad oscurarsi in viso.
 
«Siamo troppo giovani, Jace. Non sappiamo badare a noi stessi, non abbiamo un lavoro, non abbiamo una casa, come … Ouch
 
Jace mi guarda allarmato, chinandosi in avanti verso di me mi chiede: «Che succede? Clary?»
 
Alzo gli occhi su di lui e cerco di articolare una frase compiuta, nonostante io sia scioccata. «Si muove … la cosa
 
Jace aggrotta la fronte e si alza di scatto dal letto. Ma che diavolo sta facendo? Lo vedo estrarre un pugnale dalla sua cintura e osservare il mobilio della mia stanza con aria minacciosa. «Cos'è che si muove? Cosa hai visto?» Chiede, continuando ad osservare lo scenario, come se da un momento all'altro potesse sbucare un demone da sotto il letto.
 
Per l'Angelo, siamo rovinati.
 
«Jace! Metti via quel cavolo di pugnale.» Sbotto, portandomi una mano alla fronte, mentre poso l'altra sulla pancia. Credo proprio che il bambino abbia scalciato. Anzi, ne sono sicura. Jace mi guarda sempre più confuso, ma almeno ha la decenza di ascoltarmi e mettere via il pugnale.
 
«Sì è mosso.» Dico, indicandomi la pancia.
 
Jace, l'aria pallida e gli occhi sgranati, si china su di me e posa una mano sulla mia pancia. Finalmente il genio ha capito. Attendiamo per diversi minuti senza che succeda niente, tanto che inizio a pensare di essermi immaginata tutto. Poi eccolo di nuovo.
 
«Hai sentito?» Chiedo subito a Jace, che fissa la mia pancia con aria stupefatta. Quando alza gli occhi sembra un bambino.
 
«Sì … ha scalciato, e anche forte. È … una figata!» Dice sorridendo.
 
Non posso fare a meno di sorridere a mia volta. «Sì, è una figata
 
Dopo quei due calci, il bambino è tornato silenzioso e immobile. Mia madre è entrata in camera mia svariate volte, per controllare. Ha detto che Jace può fermarsi a dormire qui, a patto che stia sul divano in salotto. Sapete, nel caso volesse intrufolarsi nel mio letto e mettermi incinta.
 
Così, dopo una cena in famiglia durante la quale Jace ha detto sì e no tre parole, mi ritrovo sul divano sfondato nel salone, la tv accesa trasmette una puntata di C.S.I. e Jace, con tanto di coperta e cuscino, se ne sta sdraiato con la testa sulle mie gambe. Per me è una posizione piuttosto scomoda, ma non voglio rovinare la nostra ritrovata armonia.
 
«Questa serie tv è irreale,» dice con la voce impastata dal sonno, mentre gli accarezzo pigramente i capelli dorati, che riflettono le luci dello schermo. «Insomma, i cattivi sono solo mondani, niente demoni o stregoni … assurdo.» Blatera, con le palpebre che si chiudono lentamente.
 
Non è adorabile?
 
Trattengo una risata e continuo a giocherellare con i suoi riccioli. Sento il suo respiro farsi più profondo e regolare. «Clary?» Sussurra.
 
«Sì?» Sussurro a mia volta.
 
«Dovremmo tenerlo.» 

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Capitolo 8
*** Overdrive ***


CHAPTER 7
OVERDRIVE
 
 
È più di un mese che io e Jace non litighiamo. La situazione inizia a sembrarmi quasi surreale. Ma non posso negare che questa calma piatta stia giovando molto alla mia salute mentale. Jace non ha neanche più accennato alla faccenda del bambino. Credo mi stia dando del tempo per riflettere sul da farsi e per questo gliene sono grata. Ovviamente la mia vita è ben lungi dall’essere perfetta, sono incinta di quasi sette mesi, la mia pancia sembra sul punto di esplodere contro la stoffa della maglietta e la mia vescica ha una autonomia di circa cinque minuti. Passo la giornata perlopiù in bagno. Vi sembra normale? Sicuramente no. Oltretutto, oggi pomeriggio ho avuto uno spiacevole incontro, mentre mi godevo una sana passeggiata a Central Park.
 
Camminavo tra la natura, beandomi della mia solitudine e imprecando a bassa voce per la mancanza di un bagno pubblico nelle vicinanze, quando una figura alta e snella mi viene incontro. Lì per lì ho stretto gli occhi, cercando di mettere a fuoco l'immagine. Poi la comprensione è arrivata, ed è stata terribile.
 
«Clary, sei proprio tu?» Dice la voce squillante di Sheila Barbarino.
 
O dovrei dire, Sheila “Tanga” Barbarino. Al primo anno di liceo sedevo proprio dietro di lei. Quella ragazza ha una vera abilità nel lasciar cadere le cose a terra, penne, quaderni, mele … insomma, ogni volta che si piegava per raccogliere l’oggetto incriminato, vantavo una visione completa delle sue mutande, che svettavano felici al di sopra dei jeans.
 
«Oh, santo cielo! Sei enorme … sei … sei incinta!?» Continua la ragazza, con quella sua parlata molesta e squadrandomi con aria critica.
 
Chi l’avrebbe mai detto. Sei ai tempi del liceo avessi dovuto scommettere tra me e Sheila, per la vincita del premio di adolescente incinta, avrei puntato tutto su di lei. Come diavolo sono arrivata a questo?
 
«Ciao, Sheila, io sto bene, grazie per avermelo chiesto e, sì, sono incinta.» Rispondo tra i denti, esibendo un sorriso di circostanza, anche se nella mia testa immagino scene di pura violenza. Gli ormoni della gravidanza danno alla testa più degli steroidi.
 
«Dove siete spariti tu e Simon? A scuola ci avevano detto che vi eravate ritirati. Chi è il padre?» Le sue domande a raffica mi danno l'emicrania e noto che si ostina a portare jeans a vita bassissima, oltre che ad essere rimasta la solita superficiale impicciona.
 
Ma perché non mi sono tracciata una runa di Invisibilità prima di uscire di casa? Prendo un appunto mentale per la prossima volta.
 
«Sì, abbiamo deciso di mollare l’istruzione primaria. Crediamo sia sopravvalutata.» Rispondo freddamente. Stupida Sheila, se solo sapesse che il padre del bambino è Jace, un angelo biondo dalle lunghe ciglia, morirebbe di invidia. Poi, nei meandri della mia mente contorta, ricordo qualcosa. Ricordo che Sheila era uscita per un po’ di mesi con Eric, ma era palese quasi a tutti che l’avesse usato solo per potersi avvicinare a Simon. A Sheila piace Simon! Soffoco una risata e lei mi guarda come se fossi folle.
 
«Non dirmi che il padre è …?» Chiede spalancando la sua stupida bocca in segno di stupore.
 
Io annuisco, con l’aria di chi la sa molto lunga. «Sì, proprio così.» Rido. «Il padre è Simon. Siamo molto felici insieme, a giugno ci sposeremo e andremo ad abitare in una caratteristica villetta negli Hamptons.» Concludo, garbata.
 
L’espressione di Sheila è impagabile. Avrei voluto aggiungere che Simon ha vinto un milione di dollari alla lotteria, ma forse la storia perderebbe di credibilità.
 
«Oh,» dice, solamente. «Beh, devo proprio andare. Salutami Simon.» Aggiunge in tono malinconico, prima di darmi le spalle e scomparire dalla mia vista.
 
Ma tralasciamo gli incontri pomeridiani spiacevoli e focalizziamoci sul fatto che la fatidica sera delle festa di compleanno di Magnus è arrivata. Io e Izzy aspettiamo di essere accolte dallo stregone, sul pianerottolo del loft. Izzy tiene stretto tra le mani un pacchetto regalo, contenente il famoso set di biancheria intima di seta. Ancora non ho idea di cosa si tratti (al momento dell’acquisto non era presente e per questo non finirò mai di ringraziare l’Angelo) e nemmeno mi importa. Lo stregone ci accoglie in una mise inadeguata più del solito. La camicia che indossa è di velluto dorato e ha uno scollo che scende fino all’ombelico. Gli faccio brevemente gli auguri, prima di sgusciare nell’appartamento. Devo assolutamente trovare Simon e raccontargli di Sheila.
 
Capisco perché Magnus organizza tutte le sue feste nel loft. Questa sera non assomiglia per niente a una casa, piuttosto ad una di quelle discoteche elitarie che sorgono nelle vie di Manhattan. La musica è assordante, le luci colorate sono fastidiose e c’è odore di sigarette, il che mi irrita alquanto.
 
Sono incinta, diamine!
 
Izzy mi raggiunge, afferrandomi per un braccio e guidandomi verso una sorta di bancone, dove versa in due bicchieri una generosa quantità di vodka. Beve il suo tutto d’un colpo e mi porge l’altro, con aria serena.
 
«Iz, sono incinta. Ricordi?» Indico l’enorme protuberanza che sporge dal mio addome. Come se fosse una cosa che si può dimenticare.
 
«Ah, giusto.» Risponde, scannerizzando la sala e ingoiando anche il contenuto del mio presunto bicchiere.
 
La guardo, alzando un sopracciglio. «Qualcosa non va?»
 
«No, no. Tutto fantastico.»
 
La guardo, alzando anche l’altro sopracciglio. Lei sbuffa e si versa un’altra dose generosa. «Mio padre mi ha scritto un messaggio di fuoco. Sono mesi che non torna a casa da Idris, e ora vorrebbe tanto che lo raggiungessi. Certo, come se lui non fosse l’Inquisitore e non avesse libero accesso al Portale della Guardia. Non gli costa nulla tornare qui, a New York, almeno per un giorno.» Risponde, freddamente.
 
«Magari è oberato di impegni. Dopotutto è l’Inquisitore.» Cerco di giustificarlo, anche se io stessa faccio fatica a credere che, in più di sette mesi, non abbia trovato un minuto libero per i suoi figli.
 
Izzy agita la mano in aria e dice: «Vado a cercare Simon.» Prima di sparire tra la folla di invitati.
 
Dopo neanche un minuto Simon appare proprio accanto a me. «Ciao, Fray. Come sta il mio nipotino preferito?» Aggiunge dopo avermi salutata, chinandosi verso la mia enorme pancia e parlando con voce stridula e melodica. Per l'Angelo, la situazione sta rasentando il ridicolo.
 
«Sei ubriaco?»
 
«Credo di sì.» Risponde con un sorriso beato stampato in viso.
 
«Perfetto. Senti, Iz ti stava cercando … ehi, dimenticavo! Indovina chi ho incontrato oggi pomeriggio? Sheila “Tanga” Barbarino.»
 
Simon ci mette un attimo prima di realizzare di chi sto parlando. «Oh, no.»
 
«Proprio così, crede che tu sia il padre del bambino e che a giugno ci sposeremo.» Aggiungo, soddisfatta.
 
«Cosa?!» Simon si guarda furtivamente alle spalle. Forse ha paura che Jace compaia all’improvviso e gli dia il colpo di grazia con una spada angelica. «Perché le hai raccontato una cosa del genere?»
 
«Per infastidirla, ovvio.» Rispondo, con aria eloquente. «Ha sempre avuto una cotta per te. E io la odio.»
 
«Sei perfida, Clary Fray. Sai, ricordo ancora le sue mutande, a lezione di storia. Ne aveva un paio con strani disegni di gattini pelosi. A quei tempi le trovavo terribilmente eccitanti …»
 
Oh. Mio. Dio.
 
«Le mutande di chi, precisamente, trovavi eccitanti?» Izzy è apparsa alle spalle di Simon, come un gufo decisamente spaventoso e arrabbiato.
 
«Iz!» Esclama lui, facendo un salto piuttosto notevole. «Ehm, mutande? Quali mutande?» Cerca di fare il vago, ma lo sguardo di Izzy è penetrante quanto mille aghi appuntiti. Non ha scelto la serata adatta per parlare delle mutande di Sheila Barbarino.
 
«Forse è meglio che io vada,» dico piano, cercando di eclissarmi, ma Simon mi lancia un’occhiata disperata e io sento che i piedi mi si sollevano da terra e delle braccia mi stringono, aggrappandosi al mio, chilometrico, girovita.
 
«Ciao, Clary.» La voce dolce di Jace mi sussurra all’orecchio, mi volto per osservare il mio splendido ragazzo in tenuta da festa. Indossa una camicia bianca e dei pantaloni neri, ha i capelli arruffati e lo sguardo lucido. Terribilmente sexy, a parte che non sento un accidente di quello che dice, a causa della musica assordante.
 
Inizio a tossire, l’aria fumosa della festa mi fa prudere le vie respiratorie, mi sento stanca, la testa pesante. E, ovviamente, devo fare pipì.
 
La mia emicrania non fa altro che peggiorare, quando la voce acuta di Izzy mi perfora le orecchie, urlando: «CHI DIAVOLO È SHEILA BARBARINO E PERCHÉ CONTINUI A PARLARE DELLE SUE MUTANDE?!»
 
Jace è per metà terrorizzato e divertito. Guarda Izzy, spostandosi a disagio da un piede all’altro. Credo che anche lui sia piuttosto ubriaco. Simon, invece, agita le mani in aria, mortificato, cercando di spiegare a Izzy che Sheila non è assolutamente nessuno. Un nome come tanti, frutto di pura fantasia.
 
Quando credo che la situazione non possa farsi più idiota di così, ecco che arriva Magnus, trascinandosi dietro un Alec dalle gote arrossate. Possibile che siano tutti ubriachi tranne me?
 
«Eccovi, vi ho trovati! Che ne dite di un giro ad Obbligo o Verità?» Chiede il festeggiato, tutto pimpante e glitterato.
 
«Cosa sarebbe? Un nuovo locale?» Risponde Jace, confuso.
 
Alzo gli occhi al cielo, possibile che non sappia proprio nulla della vita? «È un gioco, Jace.» Gli spiego ad alta voce, cercando di sovrastare il rumore della festa. «Devi scegliere se compiere un obbligo imposto, oppure dire la verità su qualcosa. Ma che triste adolescenza hai avuto?» Aggiungo scuotendo la testa. Dopotutto lui è il bambino il cui padre ha spezzato il collo al suo animaletto domestico.
 
Jace, per un attimo rimane confuso, poi sorride beato. «Mi piace questo gioco!»
 
Eh?
 
Izzy sta scuotendo la testa come una furia, dopodiché annuncia stizzita che quella sera vuole stare sola e che sarebbe tornata all'Istituto.
 
«È turbata per la lettera di nostro padre.» Spiega Alec a Simon, decisamente confuso dal comportamento volubile della sua ragazza. «Non ce l’ha con te, vedrai che domani ti perdonerà.»
 
«Perdonarmi? Ma io non ho fatto niente.» Sbotta lui, irritato.
 
«Strano, di solito combini sempre qualche pasticcio.» Ribatte Alec, stringendosi nelle spalle, mentre Magnus sospira e lancia un'occhiata a Jace. Lui risponde con un'altra occhiata d'intesa e io sento le vene della testa pulsare contro le tempie.
 
«Ragazzi, io sono davvero stanca. Vorrei andarmene a letto.» Dico, guardando Magnus e sentendomi vagamente in colpa.
 
Jace si mette subito in allerta, cingendomi le spalle con un braccio. «Stai male? Ti riaccompagno a casa.»
 
Chiamatemi Clary-la-guastafeste. «Mi dispiace, è che c'è troppo rumore qui. Troppo fumo. Troppe persone. Ma non c'è bisogno che mi riaccompagni, Jace. Rimani qui, divertiti. Io prendo un taxi.» Gli urlo nell'orecchio, il volume della musica è notevolmente aumentato.
 
«Tesoro, se vuoi puoi andare a stenderti nella camera degli ospiti. Posso fare un incantesimo insonorizzante alle pareti.» Propone Magnus.
 
Jace mi guarda dubbioso. Non voglio rovinargli il divertimento, soprattutto dopo aver ricordato quell'orribile storia sul suo falco dal collo spezzato, anche se in realtà vorrei davvero tornare a casa, nel mio letto. «Va benissimo.» Annuisco, con convinzione.
 
Dopo avermi dato un lungo, molto lungo, bacio della buonanotte, Jace si richiude la porta della camera alle spalle e tutti i rumori della festa si annullano per magia. Mi stendo sul materasso, nel buio e nel silenzio più totale e cado subito addormentata.
 
La mattina dopo, presumo, mi sveglio del tutto riposata e in forma. Decido di rendermi presentabile, probabilmente Jace è rimasto a dormire qui da Magnus, così faccio una doccia calda e mi infilo i leggins e il maglione della sera prima. Quando entro nel salone, però, rimango piuttosto sconvolta dallo scenario che si prospetta. La casa, ancora sotto le sembianze di un club, è un vero disastro. Ci sono bicchieri, bottiglie, mobili e altri oggetti non identificati dappertutto. Il pavimento è appiccicoso, mentre mi dirigo verso uno dei divanetti, dove Simon giace addormentato.
 
«Ma che diavolo -»
 
Simon apre gli occhi, emettendo un lamento e afferrandosi la testa tra le mani. «Clary,» mugola con voce rauca. «Che ore sono? Oh, la mia testa sta per scoppiare.»
 
«Alec, no! Scappa!»
 
Per un attimo non capisco chi abbia urlato quella frase senza senso. Mi guardo attorno, furtiva, e vedo apparire metà corpo di Magnus, steso sul pavimento e ricoperto da cose e oggetti, tra cui il Presidente Miao, una coperta leopardata e qualche cuscino di paillettes. Magnus mi guarda per un attimo con occhi vacui, poi sbadiglia e cerca di mettersi a sedere sul divano, spostando Simon in malo modo. «Che incubo terribile,» sussurra a nessuno in particolare. «Ho sognato che Alec veniva arrestato dalla polizia mondana.»
 
Lo guardo alzando un sopracciglio. «Davvero terribile. Quindi Jace e Alec sono tornati all'Istituto?» Chiedo, sperando che quei due riescano a darmi una risposta coerente, nonostante il post-sbronza.
 
«Non lo so … non ricordo nulla!» Esclama Magnus, alzandosi in piedi e rischiando di cadere. Anche lui si prende la testa fra le mani, confuso. «La mia mente, qualcuno mi ha rubato i ricordi. Oh, mio, Dio!» Urla in preda al panico.
 
«Sì, qualcuno che si chiama alcool, ti ha rubato i ricordi.» Rispondo, sbuffando. «E tu, Simon? Anche a te quel cattivone del Signor Alcool ti ha cancellato la memoria?» Dico, scettica.
 
Simon annuisce, esausto. «Non ricordo praticamente nulla.»
 
Decido di chiamare Izzy, mentre Magnus cammina avanti e in dietro in preda all'isteria, per assicurarmi che Alec e Jace siano tornati a casa sani e salvi. La telefonata però non risulta affatto tranquillizzante. Quando poso il cellulare sul tavolo, Magnus e Simon mi guardano con i loro occhi rossi e stanchi, in attesa di notizie. «Izzy dice che non sono tornati a casa.» Riferisco, sentendo una lieve morsa di panico stringermi lo stomaco. «Dove diavolo avete lasciato Jace? Volete che mio figlio rimanga orfano di padre?» Sbotto, cercando di mantenere i nervi saldi.
 
È un bene che le mie doti sovrannaturali arrivino in mio soccorso sempre nei momenti di panico. Nella mia mente inizia a formarsi un disegno di linee intrecciate, una runa. Una runa che parla di ricordi dimenticati.
 
«Dammi qualcosa che indossavi o che hai utilizzato ieri sera.» Dico autoritaria, rivolgendomi a Magnus, il quale, balbettando e con un ciuffo di capelli dritto sulla fronte, inizia a guardarsi intorno smarrito. Deve essersi accorto solo ora di essere a petto nudo. Se non avessi appena perso Jace, gli riderei in faccia.
 
Simon si sfila la maglietta stropicciata e me la porge con aria sofferente. Prendo lo stilo dalla mia borsa e inizio a tracciare la runa sul tessuto della maglietta. Quando concludo l'ultima linea, immagini nitide iniziano a formarsi nella mia mente.
 
La musica è assordante. Il loft è pieno di corpi danzanti, Magnus agita i fianchi in ogni direzione con aria sensuale. Alec balla accanto a lui, non avrei mai pensato che sapesse ballare, eppure si muove bene, un po’ a scatti per i miei gusti. Simon invece è il solito pessimo ballerino, ma sembra divertirsi un mondo. Ora Jace si unisce a loro, è così sciolto nei movimenti, così bravo in tutto …
 
Ehm.
 
«Allora, biondino.» Urla Magnus, per sovrastare il suono della musica, senza smettere di ancheggiare. «Obbligo o verità?»
 
Jace ghigna, con gli occhi lucidi e diabolici. So già cosa sceglierà. «Obbligo.»
 
«Ti obbligo a saltare dalla finestra.»
 
Alec guarda il suo fidanzato, con espressione scioccata. «Sei pazzo? Abiti al settimo piano!»
 
Ma Jace è già corso verso la finestra, facendosi largo tra la folla. Sale in piedi sul davanzale, rivolgendo ai presenti un sorriso di sfida. Poi si volta e salta. Il suo corpo sparisce dalla visuale e Simon, Alec e Magnus corrono in sua direzione per guardare di sotto. Jace è lì, piccolo come un puntino a causa dell'altezza, è atterrato in piedi e ora saluta tutti con la mano.
 
La scena cambia.
 
«Verità.» Dice Simon, con aria un po’ terrorizzata. Probabilmente teme di doversi buttare giù dalla finestra come Jace.
 
«Hai mai avuto fantasie erotiche su … com'era? Ah, sì, Sheila Gamberetto e le sue mutande?» Gli chiede Jace, con un ghigno. Simon diventa rosso violaceo. «Ehi, Alec, tira fuori il cellulare, dobbiamo registrare tutto. C'è un sacco di materiale per Izzy.»
 
«Sei uno stronzo, Jace. E comunque era Sheila Barbarino.» Ribatte Simon, alzando gli occhi al cielo. «Sì, ne ho avute un paio e non guardarmi così, avevo quindici anni e il mio corpo era pieno di ormoni impazziti.»
 
Di questa visione ne avrei fatto volentieri a meno.
 
«Obbligo o verità, fiorellino?» Chiede Magnus ad Alec, che sembra il più ubriaco di tutti; continua a ridacchiare senza motivo.
 
«Obbligo.»
 
«Ti obbligo a darmi un lungo, profondo e passionale bacio.» Continua Magnus, con voce maliziosa.
 
«Ma non vale, voi due vi potete baciare quando volete.» Interviene Simon, scuotendo la testa.
 
«Scelgo io gli obblighi, Simon.» Risponde Magnus, chiamandolo miracolosamente con il suo vero nome, poi fa cenno ad Alec di avvicinarsi e lo afferra per il davanti della camicia. Alec osserva il suo ragazzo, con un misto di terrore e adorazione, poi posa incerto le labbra sulle sue. Magnus lo stringe a sé, carpendolo per entrambi i lembi del colletto della camicia. Iniziano a baciarsi con foga e, se inizialmente Alec era sembrato titubante, ora sembra essersi dimenticato del migliaio di spettatori che assistono alla loro scena molto omoerotica. Alec fa scorrere le dita sotto il tessuto della maglia dorata dello stregone, dandoci un'ampia visuale del suo ventre piatto, mentre si stringe contro di lui.
 
«Va bene, va bene, abbiamo capito. Siete una coppia molto affiatata.» Li interrompe Simon, alquanto a disagio.
 
Magnus si stacca da Alec con riluttanza e lancia un'occhiata gelida a Simon. «Sei irritante, Sheldon. Obbligo o verità.»
 
«Ma non tocca a me!» Esclama Simon, agitandosi.
 
«Oh, andiamo, non fare il codardo.» Lo redarguisce Jace, ridacchiando.
 
«Obbligo.» Risponde Simon, esasperato.
 
Magnus guarda Jace e Simon con aria di profonda meditazione. «Simon, ti obbligo a baciare Jace.»
 
«Stai scherzando?» Urla in faccia allo stregone, in preda al panico. «Non posso, è il ragazzo della mia migliore amica. Clary non me lo perdonerebbe mai.» Scuote la testa in segno di diniego.
 
Ah, davvero? In realtà la cosa non mi infastidirebbe poi così tanto … anzi.
 
«Secondo me a Clary non dispiacerebbe. È da quando ci conosciamo che cerca di migliorare il vostro rapporto.» Aggiunge Alec, con il suo tono saggio. Questa poteva risparmiarsela.
 
«Andiamo, Simon, so che vuoi baciarmi dal primo momento che mi hai visto.» È Jace a parlare, con il suo tono tagliente e ironico.
 
«Tu vuoi fare questa cosa?!» Esclama Simon, scioccato.
 
«Non è che muoia dalla voglia, ma sono abbastanza sicuro della mia sessualità, se è per questo. E poi non ho certo intenzione di tirarmi indietro.»
 
Questi ragazzi hanno preso un po’ troppo sul serio la faccenda di Obbligo o Verità.
 
Simon grugnisce, irritato. Poi si avvicina a Jace con aria rabbiosa e gli stampa un bacio sulla bocca, quasi a tradimento. Solo un leggero sfioramento di labbra, niente di che … ma perché diavolo me ne sono andata a dormire?
 
«Mmmh, piuttosto scadente. Ti do un due.» Asserisce Jace.
 
Andiamo, Jace, i baci di Simon non sono poi così male. Lasciamo perdere ... le immagini si sfocano, per poi riformarsi.
 
Simon sta ballando, in modo davvero scoordinato. Va a sbattere contro un corpo e si volta per scusarsi, rimanendo per un attimo di pietra. Davanti a lui c'è una donna di una bellezza disarmante. Appartiene sicuramente al popolo fatato, perché ha lunghi capelli bianchi intrecciati di fiori, la pelle violacea e luminescente.
 
«Oh … mi dispiace tanto.» Dice Simon, con voce soffocata.
 
«Non preoccuparti, carino. Intanto domani non ricorderai più niente.» Risponde lei, con voce di seta.
 
Simon la guarda confuso e lei ride.
 
La scena cambia, per l'ennesima volta.
 
«Obbligo.» Dice Jace, euforico.
 
«Ti obbligo ad andare allo Shabby Hunter e a salire sul palco per un'esibizione.» Risponde Magnus, con un sorriso diabolico.
 
Questa volta l'immagine nebulosa dell'appartamento di Magnus, lascia spazio ad un altro tipo di ambientazione.
 
Riconosco l'atmosfera fumosa e lugubre dello Shabby Hunter. Jace è sul palco che agita i fianchi, mentre le sue dita abili armeggiano con il davanti della camicia, slacciando ogni bottone ad uno a uno. Quando slaccia anche l'ultimo, la sfila con un'abile mossa, mostrando il suo torace ricoperto di rune. Sento il pubblico applaudire e urlare frasi di apprezzamento, mentre Jace continua il suo show a ritmo di musica. Le sue mani scendono fino alla cintura dei pantaloni e a quel punto io mi chiedo per la seconda volta da quando sono iniziate le visioni: perché diavolo me ne sono andata a dormire?
 
«Credo che dovremmo fermarlo, prima che si denudi completamente.» Dice Alec, in un angolo della sala, insieme a Magnus e Simon.
 
«Concordo.» Risponde quest'ultimo.
 
Alec si avvia verso il palco, arrampicandosi su di esso e barcollando verso il suo parabatai. Tenta una mossa per afferrarlo e portarlo via, dietro le quinte, ma Jace lo precede, afferrandogli una mano e facendogli fare una piroetta sotto il suo braccio. Quel giramento improvviso deve aver dato ad Alec il colpo di grazia, perché il ragazzo va a sbattere contro la tenda, aggrappandovisi e facendola cadere proprio sopra di lui. Ora Alec sembra il Fantasma dell'Opera ubriaco.
 
«Oh, no!» Esclama Magnus, correndo verso il palco per salvare il suo fiorellino dalla tenda assassina, con Simon alle calcagna.
 
Magnus raggiunge il suo fidanzato, mentre Simon tenta di occuparsi di Jace, posizionandosi ben saldo sulle gambe e cercando di afferrarlo per le spalle. Ma Jace, come sempre, è più veloce e gli butta al collo la camicia (che al momento stava facendo roteare in aria), tenendola ben stretta per le maniche, arpionando Simon con la stoffa e avvicinandosi a lui con movimenti sensuali. Il pubblico è in subbuglio. Magnus raccoglie Alec e schiocca le dita. L'intera sala cade nel buio più totale e il caos si scatena tra la folla, mentre la sagoma di un Portale si delinea sullo sfondo.
 
Di nuovo, un altro scenario si delinea nella mia mente.
 
«Ti obbligo a fare una nuotata nell'East River.» Dice Simon.
 
Alec si toglie la maglietta e gli stivali, prima di buttarsi nelle acque maleodoranti del fiume. Fa qualche bracciata, prima di tornare verso la riva sassosa.
 
«Ehi,» urla, ancora immerso nell'acqua fino alla vita. «Credo che una sirena mi abbia appena toccato il sedere!»
 
«Le sirene sono sempre state dotate di buon gusto,» asserisce Magnus, a nessuno in particolare.
 
In quell'istante il suono perentorio di una sirena di polizia squarcia il silenzio della notte, avvicinandosi sempre di più a loro e illuminandoli di luce blu.
 
«La polizia mondana! Scappiamo!» Esclama Magnus, con le dita per aria, intento a creare un altro Portale. Jace aiuta Alec a rivestirsi, mentre Simon e Magnus si tengono pronti a fuggire. «Muovetevi!»
 
«Noi non scappiamo davanti al pericolo. Noi siamo Cacciatori!» Urla Jace, convinto e barcollante, mentre una volante si ferma a pochi metri da loro.
 
«Io rimango con Jace.» Aggiunge Alec, con voce solenne, da buon parabatai quale è.
 
«Alec, no! Scappa!» Urla Magnus, in tono decisamente troppo tragico per la situazione, proprio mentre Simon si lancia nel Portale. Si sbilancia e afferra lo stregone, trascinandoselo dietro per un lembo della sua maglietta dorata e squarciandola in due.
 
Mi ritrovo a fissare l'espressioni ebeti di Magnus e Simon. «Allora, che cosa hai visto? Li ha trovati?» Chiede il primo con insistenza.
 
Prendo un bel respiro e mi preparo a snocciolare i punti del mio discorso. «Uno: ma quanto siete idioti? Due: perché diavolo non mi hai svegliata quando Jace e Simon si sono baciati?» Mi rivolgo a Magnus e Simon diventa pallido, esclamando: «Io e Jace, cosa?! Voglio morire, adesso.» Si lascia ricadere sul divano, assumendo un colorito grigiastro. «Tre: ancora non ho idea di dove siano Jace e Alec. Anche se il fatto che si trovino in una cella alla centrale di polizia non è da escludere.» Concludo, appoggiandomi stancamente a una parete. Credo sia giunto il momento di una runa di Localizzazione.
 
Il cellulare di Magnus inizia a trillare, da sotto la montagna di roba sparsa sul pavimento. Dopo vari tentativi, lo stregone riesce a recuperarlo e a rispondere, azionando il vivavoce per sbaglio. «Pronto?»
 
«Ciao, stregone.» La voce dall'altro capo del telefono è familiare, sono quasi sicura che si tratti di Lily, la vampira. Supposizione fondata, visto che, un attimo dopo, aggiunge: «Ci sono due Shadowhunters ubriachi sul tetto dell'Hotel Dumort. Vieni a riprenderteli, qui stiamo cercando di dormire.» Lily butta giù senza attendere risposta. Sembra piuttosto seccata, ma almeno adesso sappiamo dove sono Jace e Alec.
 
Al momento mi trovo nella stanza di Jace, all'Istituto. Lui è sdraiato nel letto, con un asciugamano bagnato posato sulla fronte e mi sta guardando con aria dolorante e mortificata. «Ti prego, non dire altro.»
 
Lo sto informando delle sue svariate performance di questa notte. Ero giusto arrivata al punto in cui Simon lo bacia. «Non vuoi sapere del tuo striptease allo Shabby Hunter
 
«Di male in peggio, quindi?» Dice, con voce contrita.
 
Annuisco vigorosamente. «Credo siano state le fate a mettere qualcosa nei vostri drink. Nei ricordi che ho visto, Simon si è scontrato con una pixie e lei gli ha detto: 'domani non ricorderai più niente'. Quindi ne sono abbastanza sicura. E poi mi rifiuto di pensare che voi quattro siate così idioti al naturale.»
 
Jace fa l'accenno di un sorriso. «Una serata piuttosto omoerotica
 
Sorrido a mia volta, dopodiché passano alcuni istanti di silenzio. «Ascolta, Jace.» Inizio, assumendo un tono serio. «Non credo sia opportuno tenere il bambino.»
 
Jace si irrigidisce e fa per parlare, ma io lo zittisco con un cenno. Voglio che capisca le mie parole e che non fraintenda il mio discorso. «So che tutto quello che è accaduto ieri sera non è colpa tua, non eri in te, lo so. Il punto è un altro. Siamo giovani e ci cacciamo sempre in situazioni assurde, volenti o nolenti. E stamattina, mentre guardavo i ricordi di Simon scorrere davanti ai miei occhi, mi sono accorta di quanto ti stessi divertendo, nonostante tutto e, devo confessarti, che avrei tanto voluto essere lì con voi, a divertirmi e a fare cose stupide. Nell'ultimo anno abbiamo dovuto affrontare tante situazioni terribili. Valentine, Sebastian … non abbiamo avuto modo di fare tutte le cose che fanno gli adolescenti normali, anche se siamo Nephilim. Tenere il bambino significa rinunciare completamente alla nostra adolescenza, diventare responsabili e tutto il resto. Io non credo di essere pronta. Credo che la cosa migliore da fare sia trovare una famiglia che lo renda felice, che gli dia tutto l'affetto e gli strumenti di cui avrà bisogno.»
 
Jace mi guarda, silenzioso. Vedo la sua tensione attraverso i lineamenti duri del suo volto. So che vorrebbe tenere questo bambino e occuparsene, ma riesco anche a vedere che ciò che ho appena detto è ciò che pensa lui stesso.

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Capitolo 9
*** What the Hell! ***


CHAPTER 8
WHAT THE HELL!
 
 
È più di un mese che osservo e studio cartelle, dati, fotografie, beni immobili e non, di famiglie Shadowhunters. Ma nessuna di loro sembra adatta a crescere il mio bambino. Jace non mi è di alcun aiuto nella ricerca, ogni volta che tiro fuori quei documenti, diventa incredibilmente musone e smette di parlare.
 
«I Nightshade sembrano a posto.» Dice mia madre, seduta al tavolo della cucina, osservando la fotografia di due consorti castani e sorridenti.
 
«Troppo sorridenti.» Affermo, con una smorfia.
 
La mamma mi lancia un'occhiata esasperata e Luke ride sotto i baffi, mentre prepara il caffè.
 
«Vuoi far crescere il bambino in una famiglia che non sorride mai?» Mi rimprovera lei, scuotendo la testa.
 
«No, ma neanche in una famiglia dal riso facile. Insomma, finirebbe per non prendere mai sul serio le situazioni … serie.» Ribatto, come se il mio discorso avesse una logica profonda, sotto lo sguardo scettico dei miei genitori.
 
«Allora i Midwinter.»
 
Mamma mi passa la cartella della famiglia Midwinter. Do un'occhiata alla loro scheda, soffermandomi sulla residenza: Alicante. Da un lato vorrei che mio figlio crescesse a Idris, in un ambiente protetto e con un panorama in stile cartolina. Ma dall'altro vorrei averlo vicino, qui, a New York. «Oh, andiamo. La moglie ha un naso terribile.» Esclamo, con veemenza.
 
«Il bambino non prenderà di certo i geni dai suoi genitori adottivi. Quelli rimarranno i tuoi. Per sempre.»
 
«Questa è un'assurdità, mamma. Allora che mi dici di quei cani che assomigliano ai padroni? Non credo che condividano lo stesso DNA. Eppure succede. Spesso, molto più spesso di quanto vogliamo ammettere.» Ribadisco, ferrea.
 
Lei mi guarda scioccata. «Trovi difetti dove non esistono, Clary. Mi chiedo se tu voglia realmente dare in adozione il bambino.»
 
Questa supposizione non ha nulla di fondato.
 
Luke mi versa del caffè, osservando dall'alto la foto della famiglia Midwinter. «In effetti il suo naso è davvero strano.» Asserisce il mio caro, dolce Luke.
 
Inutile dire che mia madre lo fulmina con lo sguardo. «Lo sai che non sei costretta a fare tutto questo. Se ciò che vuoi è tenerlo e crescerlo, io e Luke ti daremo una mano. Potremmo aiutarti.»
 
«Lo so,» mormoro, abbassando gli occhi al pavimento. In realtà non so proprio niente. Non so cosa voglio o non voglio e temo di non riuscire a scoprirlo in tempo. Sono alla fine dell'ottavo mese, dovrei darmi una mossa.
 
Mia madre si alza dal tavolo con un sospiro e inizia a riordinare la baraonda di cartelle sparse in giro. «Ne parleremo più tardi, adesso devi andare a prepararti. Fra un'ora si parte e le tue valige sono ancora nell'armadio. Vuote.» Dice, in tono definitivo e io mi alzo, trascinandomi verso la mia camera.
 
Stasera partiremo per Idris. Il Console Penhallow ci ha mandato un messaggio di fuoco, dicendo che la nostra presenza è gradita e richiesta ad Alicante, in occasione della cerimonia di riapertura dell'Accademia per Cacciatori. Sinceramente avrei fatto a meno di questo viaggetto, ma pare sia un traguardo importante per la comunità e io non mi tiro certo indietro quando si tratta di essere fissati e giudicati da una marea di Shadowhunters. Oppure non sarà così, loro sono abituati a procreare in età precoce. Mia madre non era molto più vecchia di me, quando mi ha partorito.
 
Quando arriviamo ad Alicante, la sera è già calata sui tetti rosso e oro. La mia famiglia e io ci ritiriamo nella casa di Amatis, insieme a Simon; mentre Izzy, Alec e Jace raggiungono la tenuta dell'Inquisitore, insieme a Maryse. Anche Tessa, Jem, Magnus e Catarina hanno viaggiato con noi, ma sinceramente non ho la minima idea di dove alloggeranno. Catarina è diventata la mia, come dire, ostetrica prét-a-porter. Mi segue ovunque e, sotto l'assillante supervisione di Tessa e mia madre, mi obbliga a fare stupidi esercizi di respirazione ogni giorno.
 
L'indomani il sole splende su Alicante, i Nephilim sono in fermento per le strade strette fiancheggiate dai canali, in attesa dell'inizio della cerimonia. Cerimonia che comprende un breve discorso del Console, il taglio di un nastro e così via. In queste cose Shadowhunters e mondani non sono poi così diversi. I giardini attorno all'Accademia sono splendidi, rigogliosi di fiori bianchi e addobbati a festa. Jace mi viene incontro e mi posa un delicato bacio sulla guancia, mentre anche Izzy, Simon e Alec si radunano accanto a noi.
 
Io mi agito, spostando il peso da un piede all'altro e assumendo un'espressione contrita. Izzy alza gli occhi al cielo, esasperata. «Clary, non dirmi che devi di nuovo fare pipì!» Mi sibila all'orecchio, scocciata.
 
Ma che ci posso fare se sono incinta di otto mesi?
 
Jace, Alec e Simon praticamente mi stanno ridendo in faccia. Dopo la fatidica festa devo dire che sembrano molto più affiatati di prima. Come se il rendersi ridicoli insieme possa creare una sorta di ridicolo legame.
 
«Vorrei vedere voi, con una pancia di due chili che preme sulla vostra vescica.» Borbotto, contrariata, mentre la folla di Cacciatori si raduna attorno al Console, in piedi di fronte al grande portone dell'Accademia.
 
Jia inizia il suo discorso sull'Angelo, sulla lealtà, sulla missione di noi Nephilim e su quanto sia importante un'adeguata istruzione per i nostri ragazzi. Una noia mortale, in sostanza. «Izzy,» tiro la manica della sua giacca per attirare la sua attenzione.
 
«Che c'è?» Sussurra lei, a mezza voce.
 
«Ho le caviglie gonfie. Devo sedermi.» Rispondo, con voce lamentosa.
 
Izzy mi prende per mano e mi guida verso una panchina di pietra, immersa nella vegetazione. Sembra un posto tranquillo e appartato, proprio ciò di cui ora ho bisogno. Mi siedo, sospirando. Oggi c'è troppo caldo e sembra quasi che la gravità sia più forte del solito. «Stai bene?» Mi chiede Iz, assumendo un cipiglio preoccupato. Io grugnisco un sì, proprio quando due figure femminili entrano nel nostro campo visivo. Sono Aline e Maia. Non sapevo che Maia fosse qui e soprattutto non sapevo che quelle due si frequentassero. Aline mi rivolge un piccolo cenno col capo, probabilmente mi teme ancora dall'ultima volta in cui ha spiattellato al mondo intero che sono incinta. Maia invece sorride radiosa e si avvicina a me e a Izzy.
 
«Ciao, Isabelle. Clary, sei -» inizia, ma io non le do il tempo di continuare.
 
«Enorme? Grassa? Incinta? Sì, lo so già. Grazie.» Dico acidamente e subito mi sento in colpa.
 
Il sorriso di Maia svanisce dal suo volto, aggrottando la fronte. «In realtà non stavo per dire niente del genere.» Risponde, punta sul vivo.
 
«Devi scusarla, è un po’ isterica, ultimamente.» Mi giustifica Izzy, lanciandomi un'occhiata assassina.
 
Lo so, dovrei scusarmi con Maia. Lei non mi ha fatto niente, anzi, è una delle poche persone che mi piace. È solo che fa troppo caldo qui e c'è troppa forza di gravità. Ne sono certa. Ho anche dei piccoli dolori alla schiena, probabilmente dovuti alla mole di peso che porto sul davanti. «Maia, mi dispiace.»
 
Lei scrolla le spalle. «Non preoccuparti, non deve essere facile, tutta questa storia della gravidanza.»
 
Ahi.
 
«No. No, infatti. Non è per niente facile. Non è facile camminare quando pesi un quintale. Non è facile dover fare pipì ogni minuto, né essere nauseata continuamente. Non è neanche facile scegliere la famiglia giusta per mio figlio. Gli Shadowhunters sono gente strana … troppo sorridenti, troppo nasoni, troppo … Ahi
 
Aline e Maia mi guardano scioccate, mentre Izzy piomba su di me come una mantide apprensiva. «Che succede?» Chiede, vagamente in preda al panico.
 
«Non lo so.» Rispondo, vagamente in preda al panico. Che cos'era? «Credo che il bambino stia scalciando. Credo sia arrabbiato.» Come sua mamma, del resto. Oh, per l'Angelo. Forse il bambino percepisce tutti i miei sentimenti negativi, forse sente tutto quello che dico e questo non è un bene; ho detto più parolacce in questi ultimi otto mesi, che in tutta la mia vita.
 
«Oh, che cosa tenera!» Esclama Aline, in brodo di giuggiole. «Posso sentire?»
 
Ora sono diventata un fenomeno da baraccone.
 
«Fai pure.»
 
Ho detto 'fai pure'? Volevo dire 'no'!
 
Aline posa la mano sulla mia enorme pancia. Ma non accade nulla. Fino a quando non percepisco un'altra dolorosa contrazione.
 
Contrazione è il termine più adatto per definire il dolore che sto provando.
 
Oh, no. No, no, no. È troppo presto, mancano ancora tre settimane prima della data prevista.
 
«Izzy,» mugolo con aria funerea e terrorizzata al tempo stesso. Lei mi guarda, con gli occhi grandi e allarmati. «Izzy, credo che ci siamo.»
 
«Ci siamo?» Ripete, spaesata.
 
Annuisco, stringendomi la pancia. Inizio a iperventilare. Credo di essere sull'orlo di un attacco di panico. Izzy rimane pietrificata per lunghi attimi, poi sembra risvegliarsi dalla sua momentanea trance e inizia a impartire ordini. «Aline, vai a chiamare Jace.» Dice, autoritaria, mentre io tento di alzarmi dalla panchina. «E Jocelyn. E Catarina. E Luke, Alec, Magnus -»
 
«Izzy!» Urlo, in preda al panico. Non è il momento di fare l'elenco di tutte le persone che conosciamo.
 
Lei scuote la testa, come per schiarirsi le idee. «Sì, giusto. Aline, vai a chiamare qualcuno. Maia, io e te porteremo Clary alla Basiliade.» Continua, prendendomi sotto braccio e scambiandosi un'occhiata di intesa con Maia.
 
«Basiliade?» Ripeto, con voce smarrita. «Non voglio andare in nessuna Basiliade, voglio un ospedale vero! Con medici, infermieri veri e senza inquietanti Fratelli Silenti!»
 
«Non essere ridicola. Siamo a Idris.» Ribatte Izzy, afferrandomi e spingendomi in avanti. Maia mi prende per l'altro braccio e, tutte e tre insieme, ci avviamo verso la Piazza dell'Angelo. Cerco di mantenere il conto dei minuti tra una contrazione e l'altra, come mi ha insegnato Catarina, ma tra lo stress e tutto il resto non riesco nemmeno a pensare.
 
«Izzy, è troppo presto. Non posso.» Mugolo, mentre mi faccio trascinare dalle due amiche. «Non ho ancora scelto una famiglia che se ne occupi. Non posso farlo.» Dico, tra un respiro e l'altro.
 
«Non c'è bisogno che cerchi una famiglia. Ne ha già una. Tu, Jace e tutti noi.» Risponde Izzy, risoluta, senza incontrare il mio sguardo.
 
Le sue parole mi spiazzano e mi rendo conto che ha ragione. Non voglio dare il mio bambino in adozione. La sua famiglia siamo io e Jace. E, anche se siamo un disastro, sono sicura che saremo adatti per lui.
 
Quando arrivo all'interno della Basiliade, due Fratelli Silenti mi fanno sdraiare su un lettino e presto vedo il rassicurante viso blu di Catarina. Non sono mai stata così felice di vederla. Le spiego i sintomi, cercando di essere il più precisa possibile. Lei mi passa le mani su tutto il corpo, soffermandosi sulla pancia e mormorando cose che non riesco a sentire. A quel punto sento un gran fracasso al di fuori della stanza. Jace sta urlando contro i Fratelli Silenti e dopo un attimo lo ritrovo accanto al mio letto. Gli occhi dorati sono fuori dalle orbite. «Clary, cosa succede? È troppo presto.» Esclama, fuori di sé e con il fiatone.
 
«Lo so!» Mugolo in risposta, mentre Catarina continua a toccarmi con le sue mani blu.
 
«Stai calmo, bel faccino. E anche tu,» dice la strega, rivolgendosi verso di me. «Avete entrambi ragione. È troppo presto e tu non stai per partorire.»
 
«Ma … le contrazioni … tu hai detto …» Mi accorgo solo in quell'istante, che le presunte contrazioni non si fanno più sentire già da circa venti minuti. Sono semplicemente … scomparse.
 
«Sono state delle false doglie. Non sei ancora pronta per partorire. E smettila di guardarmi con quegli occhi spiritati. È piuttosto comune per le madri giovani, non è niente di preoccupante.»
 
Avrei dovuto scegliere una ostetrica meno rude.
 
Catarina mi ha rispedita a casa, con le raccomandazioni di non sforzarmi e di dedicarmi all'assoluto riposo. Passo le giornate stesa sul divano, nella casa di Amatis, sotto improponibili strati di coperte e un tè caldo tra le mani.
 
«Ecco qui.» Fa Jace, rimboccandomi una coperta sulle spalle. «Hai bisogno di altro? Posso portarti un libro, o una rivista. Shadowhunters Weekly va bene?» Aggiunge con un sorrisetto sghembo. Mentre eravamo nella Basiliade l'ho informato della mia epifania. Ovvero, che voglio tenere il nostro bambino e crescerlo insieme a lui. Da quel momento è diventato di umore incredibilmente ottimo.
 
«Solo se ci sei tu in copertina.» Ribatto, nascondendo un sorriso dietro la tazza fumante.
 
«Purtroppo il mio servizio fotografico sarà nell'edizione di marzo. Dovrai aspettare il prossimo numero per vedermi nudo.» Risponde, attorcigliandosi una ciocca dei miei capelli intorno a un dito e tirando piano.
 
«Quello dove tieni la spada angelica in punti strategici?» Mi informo, con voce ironica.
 
Lui annuisce con finta aria solenne, poi si alza dal divano, aggiustandosi la giacca stropicciata. «Io devo andare. Tessa arriverà a momenti.»
 
«Non ho bisogno della babysitter.» Dico, esasperata. È da quando sono tornata dalla Basiliade che non mi lasciano un momento da sola. Nell'ultimo giorno ho ricevuto le visite di Magnus, Jem, Izzy, Simon e ora Jace … senza contare mia madre e Luke.
 
«Sì, invece.»
 
«No, invece. E poi dove devi andare?» Chiedo, socchiudendo gli occhi con fare sospettoso.
 
Jace si passa una mano fra i capelli biondi, tirando su la zip della giacca ed evitando il mio sguardo. «Niente di interessante. Un giro per negozi.» Bofonchia, avviandosi alla porta.
 
«Stai mentendo.» Sibilo, come una vipera.
 
«Sei paranoica, Fray. A più tardi.»
 
Il mio ragazzo mi sbatte la porta in faccia, metaforicamente, visto che sono incollata a questo stupido divano, e se ne va. Dopo neanche un secondo, Tessa appare sulla soglia di casa.
 
«Come stai, Clary?» Mi chiede, sorridente.
 
«Sto esattamente come stavo tre ore fa. Stanca, arrabbiata e infastidita dalle vostre continue incursioni.» Borbotto, incrociando le braccia al petto.
 
Tessa mi guarda con accondiscendenza. «È normale che tu ti senta così. Si sta avvicinando il momento e questo può fare paura.»
 
«Io non ho paura. Sono solo stufa.» In realtà ho una paura assurda. Ho paura di non essere all'altezza e di essere una madre pessima. Temo che lui, o lei, finirà per odiarmi.
 
Tessa sembra leggermi nel pensiero, perché dice: «Tu e Jace ve la caverete benissimo.»
 
«Non ne sono sicura. Questa cosa è troppo grande. Non ho idea di come ci si debba comportare con un neonato. E ho paura,» ammetto infine. «Ho paura di non piacergli.»
 
«Sei sua madre, gli piacerai sicuramente.» Afferma Tessa, con aria calma e materna.
 
«Tessa,» dico piano e lei annuisce, spronandomi a continuare. «Fa tanto male? Il parto, intendo.»
 
Lei distoglie lo sguardo e questo non è sicuramente un buon segno. «Diciamo che è abbastanza doloroso, ma non appena sarà nato, dimenticherai il dolore in un istante.»
 
«Fantastico.»
 
Dopo un'ora circa, Tessa se ne va, lasciando il posto ad Alec. Lo guardo in cagnesco. «Così sei tu la mia nuova babysitter.»
 
«Credimi, avrei preferito fare dell’altro.» Risponde lui, irritato.
 
«Tipo intraprendere una lunga sessione di baci con Magnus?» Lo punzecchio. In fondo non ho di meglio da fare.
 
Lui si siede su una delle poltrone, visibilmente a disagio. Lo vedo che vorrebbe controbattere con qualcosa di cattivo, ma evidentemente gli hanno riferito che non devo essere sottoposta a stress. Dopo interminabili minuti di imbarazzante silenzio, decido che è giunta l’ora per una passeggiata al bagno. Mi alzo a fatica dal divano e Alec scatta in avanti, con sguardo folle, ributtandomi giù, contro i cuscini.
 
«Ma che -»
 
«Dove diavolo pensi di andare? Catarina ha ordinato che devi stare a riposo.» Sbotta, furioso.
 
«Stai cercando di uccidere la mammina? Ha detto un’altra delle sue cattiverie?»
 
Ma quando diamine è arrivato Magnus?
 
Lo stregone si avvicina a noi, baldanzoso, osservandoci con aria divertita.
 
«Dovrei fare pipì, ma Alec evidentemente pensa che io me la debba fare addosso.» Ringhio, lanciando un’occhiataccia al ragazzo. Evito accuratamente di riferire che questa notte mi è praticamente successo. La mia vescica è sottoposta ad un tale stress, non posso certo biasimarla se non ce la fa più a trattenere!
 
Lui diventa incredibilmente rosso e distoglie lo sguardo. «Potevi dirlo che dovevi andare in bagno.» Borbotta, imbarazzato, mentre Magnus sghignazza.
 
Quando torno in salotto, sento Magnus canticchiare dalla cucina, mentre Alec è fermo immobile sulla poltrona. Deve aver preso seriamente la sua missione di sorveglianza. «Magnus sta preparando un tè.» Mi informa, mentre io torno sul divano. Questo sarebbe il mio quarto tè della giornata. Ci credo, poi, che passo la vita al bagno.
 
«Senti, Alec, tu sai dove è andato Jace?»
 
Lui mi guarda a lungo, vedo lo sforzo dei suoi muscoli facciali per mantenersi inespressivi. «No.»
 
«Perché tutti mi mentono!» Esclamo sull’orlo delle lacrime. Mi rendo conto di essere volubile, un attimo prima rido, quello dopo sprofondo nella depressione più nera.
 
«Clary, devi stare calma! E non maltrattare il mio tesoro, dopotutto non lo rivedrai per un po’.» Magnus appare in salotto, con due tazze tra le mani.
 
Il pianto facile passa all’istante. «Cosa significa?»
 
Alec si rabbuia, poi mi guarda negli occhi. «Credevo che Izzy te lo avesse detto.»
 
«Detto cosa?» L’ansia inizia a montarmi nel petto.
 
«Io sono maggiorenne e Izzy sta per compiere diciotto anni. Nostro padre vuole che concludiamo la nostra istruzione negli Istituti esteri. Come da tradizione.»
 
Oh, no. «Per questo Izzy è così scontrosa ultimamente? Non che in generale non lo sia, intendo, solo più scontrosa del solito.»
 
Alec annuisce.
 
«Ma è una cosa bella, insomma, anche io avrei voluto viaggiare e conoscere gli altri Istituti, le altre culture.» Dico, convinta, anche se sento già la mancanza di Izzy e della sua scontrosaggine.
 
«È quello che le ho detto anche io. Ma non vuole lasciare te e Jace, ora che tu stai per … quello.» Indica la mia pancia con un cenno del mento.
 
Magnus posa le due tazze di tè su un tavolino accanto alla poltrona. «Anche io non voglio che tu parta, Alexander. Ma l’ausilio dei Portali renderà la nostra relazione a distanza più sopportabile. E poi sarà solo per pochi mesi.»
 
Sinceramente non voglio immaginare la mia vita senza Izzy e Alec, neppure per pochi mesi. So che è giusto per loro, ma sento ugualmente una dolorosa morsa di nostalgia allo stomaco, che mi lascia senza fiato. In realtà, è da quando mi sono alzata questa mattina, che ho i crampi allo stomaco. Ma ormai sono abituata alla loro costante presenza.
 
Magnus si siede con grazia sulle ginocchia di Alec, che mi lancia occhiate imbarazzate, anche se non sembra disprezzare le attenzioni dello stregone, mentre gli sussurra paroline dolci all'orecchio. Dio, che scena mielosamente disgustosa.
 
Dopo circa dieci minuti, avverto nuovamente la morsa di malinconia allo stomaco. Un’altra morsa allo stomaco, ancora più forte e ravvicinata … E’ solo in quel momento che realizzo che non sono morse di nostalgia. Ma contrazioni.
 
«Magnus.» Prendo un bel respiro. So che è presto, mancano ancora dieci giorni alla data prevista, ma da una parte sono felice che tutto stia per finire e soprattutto sono sicura che questa volta non si tratti di false contrazioni. Sento che è diverso. «Sta per nascere.» Sussurro, con calma glaciale, anche se dentro di me sento un vortice di emozioni contrastanti.
 
Un dolore lancinante mi attraversa il ventre e io mi piego in avanti, emettendo un lamento. Alzo lo sguardo verso i due che dovrebbero controllarmi. Si stanno scambiando dolci effusioni e sembrano non essersi minimamente accorti dell’imminente tragedia. «MAGNUS!?» Strillo e Alec si alza di scatto, facendo rotolare lo stregone giù dalle sue gambe e facendolo finire dritto a terra. Nel frattempo le tazze di tè vanno in frantumi e vedo Magnus agitarsi come un’anguilla tra i cocci di vetro. «Che succede?» Chiede Alec, senza fiato.
 
«CI SIAMO!» Urlo, mentre un’altra contrazione mi assale dolorosamente.
 
«Oh, per l’Angelo. Oh, per l’Angelo. Oh -» Alec inizia a girare in tondo su sé stesso, sembra un automa inceppato, fino a quando Magnus non lo prende per le spalle e gli urla contro: «E’ tutto sotto controllo! Calmiamoci!» Anche se il suo sguardo da folle mi fa credere che non ci sia niente sotto controllo.
 
«Dobbiamo tirarla su e portarla alla Basiliade!» Esclama lo stregone, bianco come un fantasma.
 
«Ma come facciamo a tirarla su?» Urla Alec, di rimando. «Pesa una tonnellata, nemmeno Jace riuscirebbe a sollevarla!»
 
Lo guardo con puro odio. «Guarda che sono incinta, mica sorda!»
 
Alec sta iperventilando. «Piccolo, calmati. Inspira … espira. Ecco, così! Bravo. Possiamo farcela.» Dice Magnus, guardando il suo ragazzo con trasporto.
 
Stanno scherzando?
 
«Scusate? Quando avete finito, sto per avere un maledetto bambino!»
 
«Perché diavolo non ci hai detto che ti si sono rotte le acque!?» Mi urla contro Magnus, passandosi le mani fra i capelli e sparandoseli in tutte le direzione.
 
«Io, non …» Poi ricordo di questa notte. Credevo di essermela fatta addosso. E invece … Oh, Dio, sono una madre pessima. «Ecco, potrebbe essere che sia successo stanotte …» dico con una vocina.
 
«Potrebbe?!» Urla lo stregone, poi agita le dita in aria, sprizzando fiammelle azzurre e tracciando la sagoma di un Portale.
 
«N-non è controindicato trasportare una donna in travaglio tramite Portale?» Sussulta Alec, ma non ho né il tempo, né la voglia di stare qui ad argomentare. Li afferro entrambi e ci catapultiamo nel Portale.
 
Appena arrivati all'interno della Basiliade, ci accolgono i soliti due Fratelli Silenti dell'altro giorno. Magnus mi regge per un braccio e urla ai due poveri malcapitati: «BAMBINO IN ARRIVO!» So che i Fratelli non hanno espressione, ma sono sicura di aver visto i loro volti contrarsi in stato di shock. Mi conducono in una saletta, sopra un piccolo lettino, mentre maledico tutte le volte che sono andata a letto con Jace.
 
Jace!
 
«Magnus qualcuno deve avvertire Jace!» Mi ricordo improvvisamente. Tutta questa faccenda mi sta dando alla testa. Alec si ricompone e grida: «Vado io!» Sgusciando fuori dalla porta. Dopo poco arriva Catarina, mi visita e dice che tutto ciò che dobbiamo fare è aspettare che le contrazioni aumentino di frequenza.
 
Aspettare … magnifico.
 
La sala della Basiliade si riempi di visitatori in poco tempo. Luke e mia madre sono arrivati correndo, così come Isabelle, Aline, Maia, Tessa, Jem e Simon.
 
«Stai per avere un bambino.» Esclama Simon, con enfasi. Non ditemi che se ne è accorto solo adesso.
 
Circa due ore dopo le contrazioni sono aumentate, oltre ad essere divenute estremamente dolorose. Non credevo potesse esistere un dolore simile. Nemmeno all'Inferno la gente soffre così.
 
«Mamma fa male! Cazzo! Scusa!» Grido con le lacrime agli occhi, mentre lei mi stringe la mano guardandomi con apprensione. Vedo il mio dolore riflesso nei suoi occhi, come se lo stesse condividendo con me. «Dove cavolo è Jace?!»
 
«Non preoccuparti, sarà qui a momenti, Alec è andato a cercarlo.» Mi tranquillizza Luke, anche se ha lo sguardo terrorizzato.
 
Ogni contrazione è un dolore lancinante. Una punizione divina per essere andata a letto con Jace, suppongo, e per aver disobbedito a mia madre.
 
«Izzy dammi il tuo stilo.» Dico, tra i denti, utilizzando il mio miglior tono ragionevole. Lei mi guarda confusa e me lo porge, incerta.
 
«A cosa ti serve?»
 
«Ho intenzione di tracciarmi una runa di Apertura sulla pancia.»
 
Catarina entra proprio in quell'istante a controllarmi e mi trova con lo stilo fra le mani. «Clary, da brava, dammi lo stilo.» Dice la strega, con voce suadente, approcciandomi come se fossi una belva feroce.
 
«NO!» Urlo, istericamente. Sono sopraffatta dal dolore. Chi avrebbe mai pensato che un dolore del genere potesse esistere? «Izzy!» Urlo, voltandomi verso la mia amica. «Traccia una runa di Apertura sulla mia pancia. Il bambino verrà semplicemente fuori!»
 
«Ehm, non credo funzioni esattamente così.» Borbotta lei, guardandomi terrorizzata.
 
Catarina riesce a privarmi subdolamente delle mia arma, dopodiché mi visita per l'ennesima volta e ordina a tutti di aspettare fuori, ad eccezione di mia madre. «Sei pronta, Clary. Devi iniziare a spingere.»
 
Mi sento completamente persa e in preda al panico. «Non posso, non c'è … Jace!» Soffoco un urlo, nel vederlo apparire accanto a me proprio in quel momento. Ha la fronte completamente imperlata di sudore e lo sguardo vitreo.
 
«Clary. Sono qui.» Sussurra affannosamente e mia madre si fa da parte, lasciando che sia lui a tenermi la mano.
 
Ogni volta che il mio corpo e quello di Jace sono entrati in contatto, ho sentito una scarica elettrica attraversarmi i nervi. Una sorta di energia, di eccitazione. Questa volta, però, mentre lui intreccia le sue dita alle mie, percepisco solo un senso di calma e di pace. Ora so che posso iniziare a spingere.
 
Credo di aver passato le ore più brutte della mia vita. Tra sudore, lacrime e dolori lancinanti credevo che il tempo si fosse fermato, dilatandosi in un eterno limbo infernale. O almeno fino a quando il pianto di un neonato non ha riempito l'intera sala della Basiliade. Ho chiuso gli occhi, sentendomi completamente sfinita e ho sentito le labbra di mia mamma posarsi sopra la mia testa. Il respiro brusco di Jace, e poi la voce di Catarina.
 
«Congratulazioni. È una femmina!»

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Capitolo 10
*** Epilogue ***


EPILOGUE
 
 
Io e Jace stiamo cavalcando lungo la valle che attraversa il pendio di Alicante. Il sole è alto nel cielo azzurro ed è una giornata perfetta da passare all'aria aperta, anche se è ben lungi dall'essere una giornata felice. Circa un'ora fa, abbiamo salutato Isabelle e Alec, davanti all'ingresso della Guardia. Quando li abbiamo lasciati, mancavano pochi minuti alla partenza verso l'Istituto di Londra. Rimarranno lì per pochi mesi, ma separarmi da loro, soprattutto in questo momento, è stato davvero difficile. Per fortuna ho Jace, Simon e lei. Sono tre ore che non la vedo e già mi manca terribilmente. Mi chiedo cosa stia facendo … beh, probabilmente la mamma e Luke non le staranno dando tregua. Quando le parlano, o semplicemente la guardano, non possono fare a meno di assumere quell'aria da ebeti e iniziano a bofonchiare frasi senza senso, come due lobotomizzati. Non mi sento di biasimarli completamente, in fondo è davvero bellissima. Appena nata aveva gli occhi di un azzurro intenso, simile a quelli di Luke, ma adesso stanno assumendo una lieve sfumatura dorata … proprio come Jace. Anche i capelli sono biondi come i suoi, ma chi può dirlo se rimarranno così per sempre?
 
«Jace!» Gli urlo nell'orecchio per contrastare il fischio del vento, stringendomi alla sua vita. «Quanto manca? Il mio sedere sta iniziando ad addormentarsi.» Mi lamento, irritata.
 
Vi ho già detto che odio i cavalli (e cavalcare)?
 
«Ancora poco.» Risponde lui. Non riesco a vedergli il viso, ma sento che sta sorridendo. Poso la guancia sul suo dorso, ripensando al giorno di nove settimane fa, quando la mia vita è completamente cambiata.
 
«Ecco qui.» Catarina mi porge la bimba tra le braccia, avvolta in una copertina stretta, come un bozzolo. Sono felice che l'abbia ripulita per bene, per un attimo ho creduto di aver partorito un alieno.
 
«Ciao, piccolina.» Sussurro, stringendola piano al petto. Lei mi guarda, roteando gli enormi occhi e schioccando le labbra. Sembra così fragile e innocente.
 
Alzo gli occhi e incontro quelli lucidi e colmi di lacrime di mia madre. Anche Luke ha l'aria commossa, mentre tenta di trascinare via la mamma dalla stanza, per dare a me e a Jace un po’ di privacy.
 
Jace osserva la piccola con gli occhi spalancati e la bocca socchiusa. «È davvero … minuscola.» Sussurra, senza staccare lo sguardo da lei.
 
«Vuoi tenerla?» Gli chiedo con un sorriso e lui mi rivolge un'espressione spaventata.
 
«Non so come si fa.» Risponde.
 
«Questo perché non sei venuto nemmeno una volta al corso pre-parto organizzato da Tessa.» Dico ironica.
 
Lui alza un sopracciglio, lanciandomi un'occhiataccia, che però risulta piuttosto sdolcinata. «Avrei finito con l'impalare qualcuno, scambiandolo per un demone.» Ride piano, tornando a guardare la piccola.
 
«Avanti,» dico, tendendo le braccia con la bambina verso di lui. «Basta che fai attenzione alla testa. Dicono che sia fragile, quando sono appena nati.»
 
Jace raccoglie goffamente il fagotto tra le braccia, adagiandosela in grembo e contro il petto. «Ehi,» sussurra, terrorizzato, mentre lei allunga un braccino e gli afferra l'indice con le sue minuscole dita. «È forte. Si vede che ha preso da me.» Sussurra, scherzoso.
 
Io li osservo entrambi. È così strano vedere Jace tenere in braccio nostra figlia. Sembra così emozionato e giovane, ancora più di quello che realmente è.
 
«Sei fortunata. Hai il più bel papà del mondo.» Le sussurra ancora, adesso completamente a suo agio con lei. Io roteo gli occhi al cielo, anche se penso che Jace sia davvero il più bel papà del mondo. «Credo che dovremmo darle un nome …» Aggiunge, interdetto.
 
Devo dire che il pensiero mi aveva sfiorato la mente. Ma sì sa che le mie idee sono sempre pessime. «Che ne dici di Buffy?»
 
Jace mi guarda orripilato.
 
«Ehi, stavo scherzando!» Mi giustifico, soffocando un sorriso.
 
«In realtà io avrei un'idea … ma se non ti piace … insomma, è solo un'idea.» Dice lui, un po’ a disagio.
 
«Spara. Qualunque essa sia, sarà sempre meglio dei nomi suggeriti da Magnus.»
 
Prende un respiro profondo, prima di dire: «Che ne dici di Céline?» Continua poi, tutto d'un fiato. «Come mia madre. La mia vera madre, intendo.» Non mi sta guardando. Evita il mio sguardo e io posso vedere tutta la sua vulnerabilità, in questo momento.
 
«Credo sia perfetto.» Rispondo, semplicemente.
 
Lui alza lo sguardo, incrociando il mio. «Davvero?» Sembra sorpreso, forse si aspettava che lo contraddicessi. Ma trovo che il nome sia perfetto, davvero.
 
Annuisco e lui mi porge di nuovo la piccola Céline. È così calma e tranquilla, ci osserva con curiosità e io inizio a pensare che forse essere madre sarà un'esperienza fantastica. In quell'istante la porta della stanza si apre, riversando all'interno quattro persone agitate: Magnus, Alec, Izzy e Simon.
 
«Okay, vi abbiamo dato fin troppo tempo a disposizione.» Esclama Izzy, avvicinandosi al mio letto e sporgendosi per guardare Céline, con gli occhi neri colmi di affetto. «Un femmina. Oh, è così bella …»
 
«Certo che lo è, il DNA non mente.» Ribatte Jace.
 
«Speriamo che la piccola erediti la tua modestia.» Dice Simon, ironico, sporgendosi accanto a Izzy e solleticando la piccola con un dito. Lei sembra apprezzare, perché schiocca le labbra e osserva Simon curiosamente, con i grandi occhi azzurri.
 
«Gli piaci,» asserisco.
 
«Ovvio, sono il suo zio preferito.»
 
Izzy lo fulmina con lo sguardo. «Io sono la sua zia preferita.»
 
«Ragazzi, non diciamo sciocchezze! Sono io.» Si intromette Magnus, spostando con una mossa d'anca sia Izzy che Simon. «Posso tenerla?» Mi chiede con gli occhi da gatto scintillanti. Io annuisco e le passo la piccola tra le braccia.
 
«Ciao, sono lo zio Magnus. Ma puoi chiamarmi Lady Marmelade.» Le dice lo stregone, con una vocina infantile che mi fa rabbrividire.
 
Santissimo Raziel, perché ho dato mia figlia in braccio ad un pazzo?
 
«Alec, guarda.» Aggiunge lo stregone, cullando la bambina fra le braccia.
 
Alec, rimasto in silenzio fino a quel momento, si avvicina alla piccola. Forse è quello che ha più difficoltà ad esprimere i suoi sentimenti, ma nei suoi occhi azzurri vedo un'infinità di affetto per lei, per la figlia del suo parabatai. «Come si chiama?» Chiede, rivolgendosi a me e a Jace.
 
«Céline.» Risponde Jace.
 
Vedo un lampo di comprensione attraversare gli occhi di Alec. Lui ha sicuramente capito che significato ha quel nome per Jace. «Céline,» sussurra, rivolgendosi alla bambina. «Sarò io il tuo zio preferito.»
 
Sorrido, mentre gli altri sbottano protestando stizziti. Poverina, la piccola dovrà crescere circondata da una marea di idioti. Dopo circa una mezz'ora i ragazzi escono dalla stanza, anche Jace, dicendo che vuole andare a cercare Tessa per mostrarle Céline. Dopotutto è tipo la sua bis-bis-bis-bis-bis nonna. Rimane solo Simon, in piedi accanto a me.
 
«Sembra assurdo, vero?» Inizia il mio migliore amico, sedendosi sul bordo del letto. «Come la nostra vita sia cambiata del tutto, negli ultimi due anni.»
 
«Piuttosto surreale.» Approvo, annuendo vigorosamente.
 
«L'Accademia è ufficialmente riaperta.» Continua lui e io aggrotto la fronte, non capendo dove vuole andare a parare. «Il Console mi ha chiesto se voglio frequentare, in modo da essere preparato per la mia futura Ascensione come Shadowhunter. Le ho risposto che dovevo pensarci.»
 
«Simon tu devi frequentare! L'Ascensione è una cosa seria!» Lo rimprovero, agitandomi sotto le lenzuola.
 
«Lo so, ma ti ho promesso che io per te ci sarei sempre stato e -»
 
«Clary?»
 
La voce di Jace mi giunge all'orecchio e il mio ricordo si interrompe.
 
Diavolo. Non mi ero nemmeno accorta che ci fossimo fermati. «Siamo arrivati.»
 
Jace mi aiuta a scendere da cavallo e finalmente sento di nuovo la terra ferma sotto i piedi. Mi guardo intorno e tra la fitta vegetazione di alberi e cespugli, intravedo la facciata di una casa, quasi interamente coperta dall'edera rampicante. Una grande fontana precede l'ingresso. «Siamo alla tenuta degli Herondale.» Sussurro, riconoscendo subito il luogo.
 
Il cuore inizia a battermi all'impazzata nel petto. Mi volto verso Jace e lui mi sorride, un po’ impacciato. È strano vederlo in questo stato, è sempre così padrone delle situazioni, eppure ora sembra un normale adolescente alle prese con l'imbarazzo della vita. «Quando eri in travaglio, sai … ci ho messo così tanto ad arrivare alla Basiliade perché ero con il Console, a firmare carte e altri documenti.»
 
Lo guardo confusa. Non capisco cosa stia cercando di dirmi.
 
«Sai che ho rivendicato il cognome degli Herondale. E con quello tutti i beni che ne derivano. Come questa tenuta, per esempio.» Continua, indicando con un cenno del braccio la casa a pochi metri da noi.
 
Sento il cuore che sta per scoppiarmi.
 
«Se tu vuoi, pensavo, potremmo trasferirci qui, ad Alicante e crescere Céline nella tenuta. Lontano dai pericoli, dai demoni e da tutto …» Vedendo la mia faccia scioccata si affretta ad aggiungere. «Solo se tu vuoi, ovviamente. Ne ho parlato con Luke e tua madre e loro sarebbero disposti a trasferirsi ad Alicante, per aiutarci con la piccola e -» si interrompe, guardandomi preoccupato. «Clary ti senti bene? Sembra che tu stia per vomitare.»
 
«Va' avanti.» Dico, in un sussurro.
 
«Beh,» continua lui, incerto. «Luke e tua madre sono d'accordo, se è questo che anche tu vuoi. E pure il fastidioso mondano lo è.»
 
«Cosa?» Chiedo, senza fiato.
 
«Sì, il mondano. Potrebbe stare da noi, visto che dovrà frequentare l'Accademia. Ne abbiamo parlato e sembrava entusiasta.» Conclude Jace, in tono fintamente infastidito.
 
Non posso credere che l'abbia fatto. Non posso credere che lui abbia fatto tutto questo per me. Che abbia addirittura chiesto a Simon di restare con noi …
 
«Sì.»
 
«Sì, cosa?» Chiede lui, confuso.
 
«Sì a tutto quello che mi hai chiesto.» Rispondo avvicinandomi a lui e stringendomi al suo petto. Sento le sue mani tra i miei capelli e le sue dita gentili che mi alzano il mento verso l'alto, in modo che io lo guardi dritto negli occhi. Posa le labbra sulle mie e io chiudo le palpebre, abbandonandomi a quella strana sensazione di totale felicità.
 
«Ti amo, Jace Herondale.» Sussurro, nascondendo il viso nell'incavo del suo collo.

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