A Shot In The Dark

di Henya
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo primo ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV ***
Capitolo 5: *** Capitolo V ***



Capitolo 1
*** Capitolo primo ***


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                  Capitolo Primo









Boris non era solito guidare così lentamente, ma soprattutto non riusciva a tenere la radio spenta.

Nel momento stesso in cui accendeva il motore, si trasformava in un essere indemoniato capace di farti vivere l'esperienza del brivido dell'alta velocità e se, per caso, fosse stata, disgraziatamente, la prima volta che mettevi piede nella sua auto, oltre alla cintura di sicurezza dovevi badar bene a reggerti per non farti sballottare da ogni parte.

Lui definiva il suo modo di guidare un'arte.

Io la definivo l'arte del far apparire magicamente il riflesso di un'auto della polizia sugli specchietti retrovisori.

Beh, questo è quello che sarebbe successo in un giorno qualunque.

In genere odiavo il suo modo brusco di guidare, ma quel giorno il suo andare a quaranta all'ora lo trovavo ancora più irritante.

Ed ancora più irritante era il silenzio mortale che entrambi ci ostinavamo a mantenere; forse per non rompere il flusso di pensieri che ci stava come ipnotizzando: a lui lo costringeva a tener gli occhi fissi sulla strada e a me ad osservare il paesaggio che mi lasciavo alle spalle.

Un paesaggio di campagna, fatto di enormi campi di grano, alcune case sparse qua e là, e alberi. Tutto ciò, in un giorno qualunque mi avrebbe trasmesso un piacevole senso di serenità.

Ma quello non era un giorno qualunque, per nessuno.

Lo spiegava il nostro strano atteggiamento e chiunque ci conoscesse lo avrebbe subito notato.

Quando Boris accostò l'auto all'ombra di una enorme quercia, controllai il mio orologio al polso sinistro e mi resi conto che mancavano, all'incirca , solo dieci minuti.
I raggi del sole, oramai prossimi al tramonto, davano un tocco pittoresco al paesaggio circostante e da lontano, laggiù, uno stormo di uccelli neri migrava in direzione del sole. Si credeva che fosse segno di un cattivo presagio, legato alla morte, o almeno, così avevo sentito dire.
Beh, in quel momento, in quella precisa circostanza, sembrò qualcosa d'inquietante, quasi un avvertimento.

" Allora, quanto manca?" domandò il mio amico.

" Dieci minuti" risposi dopo aver ricontrollato.

" Non credi dovremmo cominciare ad avviarci?" .

In quel momento uscì la pistola dalla sua tasca ma dovetti apprestarmi a fermarlo.

"Tu non vai da nessuna parte...".

Ricordo ancora la sua espressione contorta e corrucciata su di me.

Sembrava quella di un bambino a cui avevi appena impedito di fare qualcosa di pericoloso.

" Kai, non fare il testone come al solito!".

Boris non era un bambino, semplicemente un uomo-gigante infantile.

Tuttavia la situazione rimaneva pericolosa e secondo i termini stabiliti, solo io sarei dovuto presentarmi.

" Boris, è me che vuole! La tua presenza potrebbe complicare le cose, quindi stai qui e aspetti il suo ritorno!" conclusi autoritario.

" Da quando stai alle sue condizioni??"

Non seguì una risposta,non sarebbe servita.
Si appoggiò con tanto di sbuffo al sedile, e prese a guardare dall'altra parte, mormorando qualcosa di non ben definito e in quel momento avrei voluto che la mano di Yuri apparisse magicamente dai sedili posteriori, per colpire, come una mazzata, la sua enorme capoccia platinata.

Già, Yuri.

" Hai intenzione di andarci disarmato?" mi domandò.

" No, ho una pistola con me!"

Anche se dubitavo già che mi avrebbero permesso di usarla.

Era stato alquanto chiaro al riguardo: né armi, né polizia. Niente.

L'esclamazione che seguì da parte di Boris, anticipò il mio pensiero.

" Quel figlio di puttana!"

Dette un colpo violento sul volante. " Se solo avessi la possibilità di averlo tra le mani gli farei patire le pene dell'inferno!"

Chi non l'avrebbe desiderato?

Averlo tra le mani e infliggergli talmente tanti colpi, tanti quanti erano stati gli anni in cui avevamo dovuto sopportarlo.

Magari avremmo triplicato la dose; in fondo era stato lui ad insegnarci che le punizioni non erano mai abbastanza e che ci avrebbero fatto crescere ed imparare dagli errori.

Beh, il nostro messaggio non avrebbe preteso alcun insegnamento filosofico, ma la sostanza poteva benissimo essere interpretata allo stesso modo...

Tutti noi avevamo un conto in sospeso con lui.

Io in particolare.

Tutti portavamo su di noi, chi sull'anima e chi sul corpo, un segno del suo passaggio, ed io, in nome di tutti, avevo ben pensato di lasciarne uno indelebile su di lui.

Un segno che gli avrebbe fatto ricordare di me, che lo avrebbe ossessionato, talmente tanto da vedere il mio riflesso persino sui bicchieri e sulle posate, in particolare, sulle lame affilate dei coltelli.

Beh, sapete una cosa? Aveva funzionato.

Non si era dimenticato di me. Proprio così.

Vi dirò di più: a distanza di anni mi telefonò.

E la cosa più strana non è il come avesse potuto trovarmi o ottenere il mio numero, bensì il fatto che quello era il giorno del mio compleanno.

Una semplice coincidenza? Forse. Non saprei dirlo e non sono nemmeno certo che lo ricordasse o che lo sapesse.

Ad ogni modo non ricevetti alcun augurio ma in compenso disse che per me aveva in serbo una bella sorpresa...
















Salve!
Vi starete chiedendo: "che cosa è questa cosa?"
Beh, non lo so nemmeno io!
Chiamatela non-sense, boh.

Ho iniziato a buttare giù questa strana idea un bel pò di tempo fa( così a tempo perso e facendomi film in testa) e adesso ho deciso di pubblicare questo primo capitolo.
La trama è un pò contorta, cioè spero che andando avanti la capirete e nel caso non vi convinca ditemelo senza problemi.
In pratica è tutto un flashback, con all'interno una serie di altrettanti flashback O_o
E' solo un esperimento, di non molti capitoli.
In genere sono abituata a scrivere nello stile di "Never Lose Hope", cioè la mia precedente ed unica storia che abbia mai scritto XD e per chi l'ha letta può facilmente intuire il mio stile alquanto semplice senza classicismi o chissà quali terminoni XD
Adesso mi cimento in questa storia, giusto per vedere che effetto fa... alla fine non mi costa nulla e non so quando ( e se)  pubblicherò il seguito, perchè la mia testa per ora è occupata (oltre che dagli esami) dalla precedente storia a cui tengo parecchio XD e che devo terminare per una soddisfazione personale XD
Ho parecchie cose da definire su questa trama (in pratica devo dare un filo logico ai pezzi di puzzle che ho in testa @___@)
Nel frattempo qualche giudizio al riguardo, consiglio, critiche non mi dispiacerebbero , anzi!
Grazie in anticipo a voi che dedicherete qualche minuto a leggerla :)




Henya 

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Capitolo 2
*** Capitolo II ***


     










CAPITOLO II

"Sei ghiaccio, gelido e trasparente
Strappato via dal tuo corpo.
Nessuno ha saputo,
Nessuno ha potuto.

Il tuo sangue
sei stato costretto a versare.
Adesso seppellisci la tua anima
in una bara infernale"













Quel giorno eravamo tutti lì riuniti.

" Signore, accogli l'anima di questa creatura..."

Ad ogni parola del prete una lama di ferro trafiggeva il nostro petto.

" Un'anima troppo giovane, che ha deciso di lasciarci troppo presto"

Un'anima che voleva solo essere libera e che non riusciva più a sopportare
la vita dietro le sbarre. entro le quali avevano abusato del suo corpo.
tolto la dignità il rispetto e anche la vita.
Tra tutte le possibili alternative lui aveva scelto quella,
a suo parere, più semplice.
E Lui, la causa di tutte le sue sofferenze, si fingeva, lì in mezzo
a noi, dispiaciuto,ma io sapevo che non lo era affatto.

Il prete si avvicinò a quella spoglia cassa di legno in funzione di bara, e la benedì
con un ultimo segno della croce.
Persino quest'ultimo sembrava in preda a qualche turbamento.
Forse perchè sapeva.
Doveva per forza essere a conoscenza  delle circostanze che lo avevano spinto a fare ciò, perchè molte volte si era rinchiuso in confessionale con lui all'interno della piccola chiesa esistente all'interno di quel luogo che aveva ben poco di ortodosso.
C'era solo un piccolo ostacolo, che lui chiamava segreto confessionale.
Io la chiamavo solo paura di dire come le cose effettivamente stavano.


Il vento aumentò la sua furia.
Spostai gli occhi alla mia destra e
Boris era accanto a me.
Nessuna emozione traspariva dal suo volto.
Sembrava ... morto: morto dentro!
Freddo, immobile, come una statua di ghiaccio, osservava
quella bara, che nel frattempo scompariva, ricoprendosi di terra gelida.



                    

*                                      *                                      *




" Boris, devi promettermi una cosa!"
" Mmh?"
" Qualunque cosa succeda, voglio che tu ti prenda cura di lei"
Fu l'ultimo e  forse il primo vero favore che gli chiesi.
" Che cazzo stai dicendo?" 
" L'affido a te!" 
Prese a ridere nervosamente.
" TU ti prenderai cura di lei, perché TU ritornerai insieme a lei!"
" Boris, non ricominciare! Promettimelo e basta!" 
Lo guardai fisso negli occhi puntandogli un dito minaccioso, che sembrava non intimorirlo.
" No!" rispose serio.
" Vaffanculo, Huznestov! Dopo tutti i favori che ti ho fatto in questi anni è così che si ripaga un amico?!?".
Ero al limite della pazienza. Insomma, quella sarebbe stata forse l'ultima volta che mi avrebbe visto e si comportava in quella maniera?
" Se vuoi che qualcuno si prenda cura di lei, allora ti conviene riportare sane e salve qui le tue chiappe reali!"
Solo in quel momento capii che voleva solo che io ritornassi e che quello era un modo per non dirlo esplicitamente.
Presi a scuotere la testa rassegnato e mi arresi, tanto sapevo che l'avrebbe mantenuta ugualmente.
" Beh, adesso devo andare..." mancavano pochi minuti. Dovevo sbrigarmi.
" Aspetta" mi fermò frugando con una mano nella tasca.
Quello che uscì da lì dentro fu un orologio da taschino in oro.
Lo reggeva con due dita per la catenina, sospeso in aria davanti al mio sguardo perplesso.
A prima vista poteva benissimo sembrare un orologio qualunque.
Beh, non lo era ed io lo conoscevo bene.
Era un oggetto molto importante, dal quale difficilmente si separava e che portava sempre con sè, quasi fosse un portafortuna.
E stranamente, dopo tanti anni funzionava ancora...


"Dove cazzo è?!"
Yuri sembrava alla ricerca disperata di qualcosa.
Cominciò a mettere sottosopra il suo materasso e
il suo cassetto, sotto i nostri sguardi contorti.
" Che cerchi?" gli domandò con voce impastata
dal sonno Boris, scendendo dal letto .
" Avanti, ditemi dov'é?"
" Dov'è cosa?" domandai.
" Lo sapete benissimo: l'orologio!"
Un'orologio. Cercava un orologio che
nessuno dei due aveva mai visto.
" Di che orologio parli?".
" Vi conviene uscirlo fuori o finirà molto male!".
" Io non ho mai visto questo cazzo di orologio di cui parli!" rispose Boris seccato.
Yuri s'infuriò ancora di più e nel giro di pochi secondi il platinato si trovò con le spalle al muro e fulminato da due occhi di ghiaccio che non sembravano volergli credere affatto.
" Ma ti sei bevuto il cervello??" gli gridò spingendolo fino a farlo cadere a terra.
Il rosso non cedette e si scaraventò sull'altro come una belva inferocita.
Io rimasi semisdraiato sul letto ad osservarli senza muovere un dito:
non volevo mettermi nei guai per uno stupido orologio scomparso ,
 non ne valeva la pena.
Volevo dormire in pace, ma capii che quella notte sarebbe stata lunga non appena la porta si aprì di colpo lasciando spazio a due guardie.
Cercarono di separarli e dopo alcuni secondi ci riuscirono.
" Che cazzo succede qui dentro??" sbraitò infuriata una delle due.
Yuri respirava affannosamente, tenuto ben stretto per le braccia " Lasciatemi stare!".
" Ma perchè avrei dovuto prenderlo io, perchè non Kai??" disse l'altro cercando di liberarsi dal braccio che gli circondava il collo.
" Perchè sei tu, qui, il ladro tra noi!!".
Era vero. Boris era finito lì dentro proprio per avere rubato , tuttavia sembrò offeso da quelle parole. Non aggiunse più nulla, anche perchè non ne aveva più avuto la possibilità, visto che in quella stanza era appena entrato  colui che sarebbe stato capace di cucirgli le labbra con ago e filo se avesse osato parlare senza il suo permesso.
" Che succede qui?".
Bastava una sua sillaba per fare zittire l'intero universo, o per lo meno, quella struttura delimitata da barre di ferro che la divideva dal mondo esterno.
Entro quei confini lui era il padrone, anzi il Signor Direttore e quello, a suo modesto parere, era Il Riformatorio per eccellenza.
Un posto in cui venivano rinchiusi i disgraziati come noi e in cui all'arrivo venivi spogliato di tutto.
L'unica cosa di valore che, forse, ti rimaneva, era la propria vita, e se ci tenevi dovevi badar bene a proteggerla.
Tutto il resto veniva sequestrato.
Per questa ragione nessuno riusciva a spiegarsi l'esistenza di quell' orologio.


" Questi due hanno..."
" Silenzio!" zittì immediatamente una guardia.
" Ivanov, dimmi che cosa succede!".
Fece cenno di lasciarlo libero e gli ordinò di avvicinarsi a lui.
" Ivanov, alza la testa e guardami in faccia!"
Lo fece, con un certo timore, ma lo fece.
Non riusciva a reggere il suo sguardo.
Si stava sforzando e si vedeva.
" Allora?"
" Io... io...ho perso un orologio" .
Attimi di silenzio.
"Un orologio...che orologio?" domandò con una certa curiosità.
" Il mio orologio..." spiegò con voce sommessa.
" E chi ti ha dato questo orologio?Sentiamo..."
Non rispose e l'altro capì che non ne aveva l'intenzione.
" E come lo hai perso?"
" Mi è stato rubato..."
I suoi occhi si fecero sospettosi e puntavano su Boris,
ancora tenuto fermo dalla guardie.
Si allontanò dal rosso e si avvicinò all'altro.
" Huznestov, hai preso tu il prezioso orologio del tuo
compagno di cella?"
Stranamente quella volta non le chiamò stanze.
Boris si accigliò e fissava amaraggiato Yuri.
Io gli credevo. Qualcosa mi diceva che non era stato lui.
Perchè avrebbe dovuto?
Riteneva Yuri suo "amico" , colui che lì dentro gli aveva insegnato a leggere e a scrivere, per lo meno, le cose basilari.
Yuri non si era mai comportato in quel modo con lui.
Evidentemente quell'orologio era talmente importante ,
che il solo perderlo gli aveva fatto annebbiare la vista.

" Lasciatelo, e perquisite tutta la stanza!"
Le guardie obbedirono.
Perquisirono tutto. Misero la stanza a soqquadro.
Non che ci fosse molto in cui cercare:
due letti a castello e un armadietto con
quattro cassetti.
Tuttavia non fu trovata traccia di quell'oggetto.

" Sembra che il colpevole non sia qui...
Uscite fuori! Tutti fuori!"

Nel giro di pochi secondi ci ritrovammo tutti fuori dalle stanze.

" Sembra che ci sia stato un furto in questo reparto..."
iniziò il Direttore marciando per il lungo corridoio e osservando
tutti i ragazzi negli occhi, alcuni dei quali
facevano fatica a tenerli aperti.
Era notte fonda, dopotutto.

" Qualcuno di voi, ha per caso rubato qualcosa?
Un orologio, per esempio..."

Si fermò.
I suoi occhi scrutavano ogni reazione, ma nessuno rispose.
Figuriamoci.

" Ma che bravi ragazzi...
Mi constringete a far perquisire ogni stanza
e non andrete a dormire finchè quell'orologio
non salta fuori!".


Mi chiedevo quali fossero le sue intenzioni.
Perchè era così interessato a trovarlo?

" Devo star sempre qui a ripetervi che se non dimostrerete
un minimo di buona condotta sarete destinati a marcire qui dentro?"

All'improvviso un ragazzo si fece avanti,
catturando l'attenzione di tutti.

" Signore..."

" Uh, sembra che qualcuno abbia fretta di uscire di qui...
Dimmi!"

" Ecco, io...io... ho visto chi ha rubato l'orologio!"

Spia.

" Bene... vuoi indicarmi chi è il colpevole?"

Alzò il braccio, e il suo dito puntò su un ragazzo posto più
avanti.

Questi cominciò a tremare non appena il Direttore
gli si avvicinò.

" Perquisite la sua stanza..."

La guardia obbedì ed uscì poco dopo con il famoso orologio
che pendolava dalla sua mano destra.

Gli occhi di Yuri quasi non brillarono, ma quando cercò di riprenderselo si spensero all'istante.

Il Direttore lo aveva già nelle sue mani e sarebbe stato difficile
riaverlo.

" Portatelo via... e tu..." indicò la spia " domani avrai un
meritato giorno di riposo.

"  E tu..." il suo dito passò su Yuri " Domani nel mio ufficio".

Yuri quasi non ci credeva.
Aveva fatto tutto quello, per tenersi l'orologio ed era certo che non l'avrebbe più rivisto.


* * *


" Hey, dobbiamo recuperare quell'orologio!"
Da giorni Boris tentava nel convincermi a tutti i costi a trovarlo.

" Dobbiamo? Che c'entro io..."
" Avanti Kai, deve essere importante se ha fatto tutto quel casino!"
" Noi... ci ritroveremo in un casino, se non la smetti di dire stronzate!"
" Che c'è? Hai deciso di mettere la testa a posto e farti domare?".
Cercava in tutti i modi di stimolare la mia irritabilità.
" E sentiamo, dove dovremmo andarlo a cercare, Signor Genio??"
Ci era riuscito.
" Tu fidati di me!"


Mi lasciai coinvolgere e, dopo un piano
efficacemente progettato, l'orologio fu recuperato.
Tuttavia uno dei due non riuscì a farla franca, e il tutto per uno,
almeno per me, insignificante orologio.

Fu punito e amaramente.

Dopo cinque giorni rifece il suo ingresso in mensa.
Tutti smisero di mangiare per osservarlo: un Boris zoppicante e
parecchio malandato si dirigeva a sedersi insieme agli altri.
Ma la cosa che più colpiva all'occhio era la sua testa
completamente rasata.
Si sedette vicino a noi, con fare parecchio seccato.

" Ritornate tutti a mangiare, e sbrigatevi!"
ordinò a tutti una guardia.
Dopodichè riprese il chiacchericcio e il rumore di sottofondo.

Yuri osservava Boris .
Quando gli riconsegnai l'orologio che ero riuscito a portare con me nella fuga,  mi chiese perchè lo aveva fatto.
Non seppi rispondere.
Non riuscivo a capirlo neanch'io.

Prese il suo piatto che non aveva ancora toccato
e glielo mise davanti.
Lo feci anch'io, tanto mi era passata la fame.
Quello zuccone prese il cucchiaio e dopo qualche attimo
di esitazione prese a mangiare.
Si vedeva che non toccava cibo da giorni.
" Adesso sei ufficialmente una testa di cazzo..."
commentai io sotto il suo sguardo accigliato.






" Che cosa significa..."
" Prendilo!"
" E' tuo, non avrebbe senso darmelo adesso!"
" Invece lo devi prendere!"
Insisteva che portassi con me quell'orologio che continuava a penzolare davanti ai miei occhi.
" Non posso!"
" Non è un regalo! E' un prestito..."
Continuavo a non capire e non avevo tempo da perdere. " Dovrai riportarmelo non appena avrai finito!"
Era una specie di garanzia?
" Sai che non posso!"
" Yuri non vorrebbe che si perdesse!"
" Allora è meglio che lo tenga tu, no?"
" Invece lo prendi e me lo riporti, cazzo!"
Sapevo che non mi avrebbe fatto andare finchè non l'avessi preso.
Lo strappai dalle sue mani.
" E va bene, lo prendo! Ma se non dovessi riaverlo , non ti lamentare!"
" So che non mi deluderai..."
Portai gli occhi al cielo: non smetteva di dire cazzate neanche in situazioni come quelle: non aveva speranze e mi chiedevo come avrebbe fatto senza nessuno.
Aprii la portiera. Era giunto il momento di andare ma quando mi voltai verso di lui, dietro quell'espressione dura, per un attimo, io riuscii a vedere non più il Boris rompiscatole  sopportato per anni, bensì il volto di un amico e di un fratello, che sperava ardentemente che io ritornassi e che tutto finisse bene.
Non ci eravamo mai lasciati andare ai sentimentalismi, e di certo quello non sarebbe stato il momento giusto per iniziare.
Cosa dovevo dire?
Addio?
No. Sarebbe stato alquanto deprimente.
" Ci si vede, Huznestov!".
" Riportami l'orologio...".
Lo osservai per l'ultima volta e con un gesto della mano lo salutai come un soldato che stava per partire in guerra.
Forzatamente lo ricambiò, accennando un sorriso malinconico.
Gli voltai le spalle e me ne andai, portando con me l'ultima immagine del suo volto, con la consapevolezza che molto probabilmente non l'avrei più rivisto.

Strinsi forte tra le mie mani quell'orologio, il cui significato non ci fu mai rivelato.
Non sapevamo perchè fosse tanto importante per Yuri, ma sapevamo il perchè era importante per noi...




Stavo percorrendo il lungo corridoio per
raggiungere la mia stanza, quando all'improvviso vidi
arrivare dalla direzione opposta Yuri.
Sembrava perso in chissà quali pensieri.
Quando ci ritrovammo faccia a faccia mi osservò
in una maniera che ancora oggi faccio
fatica a dimenticare e i miei occhi non poterono fare a meno
di fissare il suo collo: era pieno di lividi e sapevo il perchè.
Sembrava volermi dire qualcosa d'importante, ma come al solito non lo fece.
Decise di ingoiare ancora una volta tutto e
riprese il suo cammino, lasciandomi lì.

" Dova vai?"

Si fermò a una decina di passi lontano da me.
" Vado a prendere un pò d'aria sul terrazzo!Torno subito..."

Forse mi sbagliavo.
Era il suo atteggiamento normale, da qualche anno a quella parte.

" Nel frattempo, prenditi cura di Boris..."

Se ne andò e dopo qualche minuto di esitazione, durante
i quali cercavo di attribuire un senso a queste sue parole,
voltai i tacchi e ritornai in stanza.

Solo quando misi piede lì dentro capii.

" Perchè hai quell'orologio?"

Boris era seduto sul letto a osservare
come imbambolato quell'oggetto.

" Me lo ha regalato Yuri! Strano, vero?
Dopo tutto il casino che ha fatto per riaverlo...
e poi si è messo a dirmi cose strane..."

All'improvviso mi fu tutto chiaro.
Sgranai gli occhi; lo tirai per un polso
e senza perdere tempo
gli ordinai di seguirmi.
Correvamo come due matti.
Da lontano due guardie ci ordinarono di fermarci,ma
riuscimmo a seminarle.
" Kai! Vuoi spiegarmi!"
" Yuri!"
" Yuri cosa??"
" Non capisci perchè te lo ha dato?
E' andato sul terrazzo!"

Quando riuscimmo a raggiungere l'ultimo scalino,
la porta del terrazzo era  aperta e varcata la soglia
non trovammo nessuno al di fuori di essa.

" No..."
Boris aveva finalmente capito e a grandi passi raggiunse la balconata per affacciarsi.
Dovetti tenerlo
per la maglietta per far sì che non
cadesse giù.
Non ebbi subito il coraggio di guardare
Ma gli occhi sgranati di Boris mi anticiparono
che non vi avrei trovato nulla di buono.






















Ciao a tutti :)
Ecco l'aggiornamento.
Non pensavo di pubblicare subito, ma sono stata presa da una specie, chiamiamola, ispirazione ed eccoci qua.
Le parti in corsivo sono dei flashback.
Come avrete capito i nostri protagonisti erano "dei poco di buono" ed hanno passato , diciamo , l'adolescenza in un riformatorio.
Loro tre, guarda caso, finirono nella stessa stanza-cella e hanno a loro modo stretto una sorta di amicizia.
Come avrete capito, a malincuore, Yuri purtroppo a quei tempi decise di andarsene, per una serie di avvenimenti spiacevoli.
Quello che combinarono in seguito Boris E Kai cercherò di raccontarlo attraverso una serie di flashback che poi spiegano quello che li ha portati a questo giorno tanto malinconico in cui sembra debbano incontrare qualcuno e bla bla bla...( ok non ci avete capito niente, meglio tacere XD)
Ok... sono in preda ad una serie di dubbi esistenziali riguardo a questo capitolo.
Non so se è stato convincete per voi che siete arrivati a leggere fin qui.
Non so se è stato scritto in maniera decente.
Non so un bel niente XD
Quindi aspetto con grande ansia dei vostri giudizi, che mi aiutino e facciano rendere conto di quello che sto facendo XD
Ringrazio Pich Schrooms che ha commentato con grande pazienza il primo capitolo XD
A presto :)


Henya

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Capitolo 3
*** Capitolo III ***











CAPITOLO III

"Anche il più sanguinante dei cuori è destinato a guarire". [cit.]








All'inizio non volevo una relazione. Non volevo essere coinvolto.
" Kai, non siamo fatti per stare soli!" .
Lei era convinta di questo. Lo si vedeva dal tono fermo e deciso con cui pronunciava questa frase, a cui io non riuscivo ad attribuire un significato.
Forse perchè non ci credevo.
E non volevo crederci.
Per anni, avevo vissuto fuori dal mondo, circondato da quattro mura grigie e umide, sapendo che oltre, là fuori, non ci sarebbe stato nessuno ad aspettarmi e che nessuno sarebbe venuto dentro a liberarmi.
Per anni avevo urlato a squarciagola come un pazzo e a rispondermi era sempre stato lui: il mio eco.
Il mio eco era stata l'unica voce a rispondermi.
La mia ombra era stata l'unica amica a starmi accanto.
Chiudere gli occhi e fingere di star bene non bastava.
Se davvero non eravamo fatti per stare soli, allora mi chiedevo per cosa.
" La vita è questa! Se siamo qui...è per stare insieme, per costruire. Siamo qui per costruire qualcosa..."
Questa era stata la sua risposta.
Costruire insieme qualcosa.
Non riuscivo ancora a capire.
E le cicatrici che segnavano la mia schiena  le spiegavano il perché.
Lei le conosceva bene e forse le aveva pure contate mentre la notte giacevo accanto a lei.
In certe notti insonni mi capitava di sentir le sue dita scorrere lungo di esse ed io, ad ogni tocco, speravo tanto che  svanissero.
Ognuna  portava con sé un ricordo.  
L'amaro ricordo di chi aveva impugnato sadicamente quella frusta e lasciato sulla schiena delle ferite che non si sarebbero più rimarginate.
Segni talmente profondi da colpirti persino dentro: ed era lì che il dolore si faceva più lacerante.
" Kai, anche il più sanguinante dei cuori è destinato a guarire".
Lei me lo ripeteva spesso.
Voleva guarirmi, ma io non glielo permettevo.
Voleva abbattere quel muro impenetrabile, che avevo iniziato a costruire da anni.
Avevo persino cercato di allontanarla da me, escogitando tutti i modi per farmi odiare.
Ben presto, tuttavia, mi resi conto che c'era qualcosa che non andava.  
Quel circolo vizioso che sino ad allora aveva governato la mia vita non sembrava più funzionare:  al male non rispondeva più il male; non venivo più costretto a chinarmi per chiedere perdono, bensì venivo perdonato, anche quando non l'avrei meritato.
Ed io sapevo di non meritarlo.
Non meritavo quella mano che aveva cercato in tutti i modi di farmi rialzare.
Non avrei mai dovuto afferrarla.
Avrei dovuto sapere che lei non ne avrebbe avuto la forza e che, inevitabilmente, sarebbe sprofondata insieme a me.

Non doveva andare in questo modo.

Lei non doveva finire nelle sue mani, perchè sapevo cosa erano capaci di fare.
Lo avevo sperimentato sulla mia stessa pelle, dopotutto.
Il solo pensiero che le sue sporche mani contaminassero la purezza della sua anima mi mandava in bestia.

" Non osare toccarla, neanche con un dito!" lo minacciai stringendo i denti e sforzandomi di conservare il poco autocontrollo che mi era rimasto.
Ma era difficile..
Stringevo con rabbia la cornetta del telefono, ma nella mia mente era il suo collo ad essere circondato dalla mia mano.
Quel collo che quel giorno avrei dovuto spezzare, senza pensarci due volte.
Un errore.
Un imperdonabile errore che mi costò caro e che fece sì che potesse ancora respirare per progettare la sua vendetta contro di me.
Non riuscivo a capire come avesse fatto.
Eravamo fuggiti senza lasciare tracce, eppure era riuscito, inspiegabilmente, a trovarmi.

" Non preoccuparti, è un po' triste, ma ci penseremo noi ad allietare la sua permanenza qui finchè..."
Aveva accennato ad un Noi: non era solo.
" Se provi a farle del male, io..."
" Tu cosa, Hiwatari?".
Già, io cosa? In quella circostanza ero impotente: una mossa sbagliata e tutto sarebbe andato in frantumi, di nuovo.
Dovevo ancora rendermi conto che era lui ad avere il coltello dalla parte del manico, non più io.
Quando cominciò a ridere maleficamente, riemerse dalla mia memoria il ricordo dell'immagine del suo volto, di quel ghigno malefico che esprimeva la sua soddisfazione nell' avere la situazione in pugno.
E lo era.
Stava mettendo in atto il suo gioco.
Un gioco che prevedeva una strategia ben precisa, la quale mi fu subito chiara.

" Quanto sei disposto a dare per riaverla?".

Nel giro di pochi secondi mi ritrovai a contrattare con il Diavolo in persona.

Una vita umana in cambio di soldi: questo era quello che ad una prima ipotesi si poteva azzardare.

Troppo semplice e insensato in quel contesto.
Perchè avrebbe voluto dei soldi, da me?
Non gliene avevo rubati e sinceramente non li avevo.

E anche se avessi avuto miliardi e miliardi di soldi, non sarebbero mai bastati.

La sua strategia prevedeva qualcosa di ben più sofisticato.

" Ti propongo uno scambio...".

Non un semplice scambio.

" Voglio qualcosa che per me vale molto di più della vita di questa puttanella..."

Quel qualcosa non aveva mai avuto valore per lui...fino ad allora.

Ecco cosa desiderava veramente.

" La tua vita...in cambio della sua!"

Quel qualcosa ero Io.

Per soddisfare la sete di vendetta, la sua mente aveva escogitato questo piano:  uno scambio di vite umane.

" Ci tieni davvero a salvare la vita di questa bambolina?".

E in altre circostanze mi sarei pure complimentato per questa sua astuta strategia.

" Allora Kai, quale delle due, per te, ha più valore adesso?".

Una strategia capace di metterti con le spalle a muro.
Un piano degno di portar il suo nome : Vladimir Vorkof.









Il luogo dell'incontro non distava molto da quello in cui avevo lasciato Boris e la sua auto, eppure quel percorso mi stava sembrando infinito.
Più andavo avanti e più mi sembrava di tornare indietro.
Non indietro fisicamente, bensì psicologicamente.
La mia mente stava ripercorrendo a ritroso, come una sequenza di diapositive, momenti del passato che avevo cercato in tutti i modi di eliminare.
La mia memoria mi stava giocando un brutto scherzo e quello non era il momento migliore per andare fuori di testa.
In seguito a quella telefonata, l'odio, la rabbia, il rancore che avevo cercato negli anni di reprimere, si erano risvegliati ed ancora più forti di prima.
Di lì a poco l'avrei rivisto e il solo pensiero bastava a farmi ribollire il sangue al cervello.

Il mio cammino stava per giungere al termine.
Passo dopo passo ero finalmente riuscito a superare quel bosco ombroso, le cui folte chiome degli alberi impedivano ai raggi del sole di penetrare all'interno.
Quando uscii i miei occhi vennero investiti dalla luce del sole, che  di lì a poco sarebbe scomparso all'orizzonte.
Ci volle qualche secondo prima che i miei occhi si riprendessero.
E quando lo fecero si guardarono intorno per subito dopo scorgere da lontano la presenza di un grande albero isolato, un'auto e delle figure poco nitide in piedi vicine ad esso, ma che sembravano guardare proprio nella mia direzione.

Era lì il luogo dello scambio.

Ebbi un attimo di esitazione, durante il quale mi sembrò mancare il respiro.
Quello che avevo davanti era un'enorme distesa di verde attraversato da una striscia di strada sterrata, che mi avrebbe condotto fin lì.

Feci solo tre passi avanti, dopodichè fui preso di soprassalto dal suono di una voce.

" Porta le mani in alto e avvicinati lentamente!".

A cui subito seguì il rumore di un caricatore di fucile.

Il cuore sembrò spostarsi all'altezza della gola.
Feci un respiro profondo e seguii l'ordine: alzai le mani e portai i piedi, lentamente uno dopo l'altro, avanti.

Quando le distanze si ridussero a pochissimi metri, riuscii finalmente ad avere le immagini dei loro volti più nitide.
Erano quattro uomini.
Colui che teneva il fucile mi era completamente estraneo, mentre i due ragazzi appoggiati all'auto avevano qualcosa di familiare.
C'era un quarto uomo, posto più avanti di me, che mi dava le spalle ed era l'unico che conoscevo e che avrei riconosciuto tra mille, anche di schiena.

Continuavo a tenere le mani in alto ed era  difficile riuscire a respirare con un fucile e occhi ostili puntati addosso.
A rompere il silenzio fu il suono della sua fredda, aspra e tagliente voce.

" Ben ritrovato, Kai Hiwatari".

Quel saluto, arrivò alle mie orecchie come la sentenza finale di un giudice che condannava l'imputato a morte.

Il mio respiro, già debole, cominciò a venir sempre meno, non appena il suo capo si mosse, e lentamente si voltò in mia direzione.

Anche la prima volta che fui portato nel suo ufficio si presentò in ugual maniera: mi dava le spalle, e mi mostrò prima la metà destra del suo orribile volto e poi l'altra.
Stava succedendo la stessa cosa.
C'era solo una piccola differenza:
una parte del suo volto non era più uguale all'altra.

" Chi non muore si rivede...Kai".

















Salve a tutti ^_^
Rieccomi qui.
In questo capitolo sono emerse un bel pò di cose.
Spero vivamente che non abbia deluso le vostre aspettative. ( paura modalità ON)
Come sempre sono insicura quindi attendo con ansia il giudizio finale. ^_^""
Come qualcuno aveva già intuito, il famoso direttore èVlady <3 (<__
Kai è stato messo di fronte ad un bivio: salvare la vita di quella ragazza dalle sue grinfie, per sacrificare la sua vita, perchè non vuole che qualcuno paghi per una colpa che ha commesso lui in passato e a quanto pare sembra pure tenere parecchio alla vita di lei.

Ahora, mis queridos lectores ^_^"
sta a voi, che siete giunti vivi fin qui,  dirmi la vostra opinione.
Segnalatemi particolari errori, le vostre incertezze, boh ditemi voi XD

Grazie a voi che avete recensito ^_^ e che avete letto  e messo tra seguite e preferite.

Un bacio...



Henya






























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Capitolo 4
*** Capitolo IV ***








CAPITOLO IV



   Dicono che il tempo sana tutto,
e che col passar degli anni

 ogni cosa tu ti puoi scordar.











Dopo la morte di Yuri, chiudere gli occhi e cercar di dormire tranquillamente cominciò a divenire sempre più difficile.
Era proprio durante la notte, quando la schiena poggiava su quel materasso rigido come la pietra, che la mia mente, circondata dal silenzio più assoluto, diveniva preda dei più oscuri pensieri.
E subito dopo, nel sonno, veniva letteralmente divorata dai più terrificanti ricordi.
A volte si ripetevano nella mia mente scene appena vissute, anche durante il giorno stesso; altre volte ricordi più remoti: quelli sembravano i più veri.
Era persino doloroso dormire, anche se il vero incubo cominciava nel momento stesso in cui riaprivi gli occhi.
Era assurdo, ma delle volte era difficile distinguere tra sogno e realtà.
Sembrava tutto uguale.
Un ciclo che si ripeteva giorno e notte, notte e giorno, mai un attimo di pace, di tranquillità,
Un incubo senza fine.
E a volte desideravo seriamente non riuscire a svegliarmi e rimaner intrappolato all'interno di uno di quei sogni, in cui capitava che qualcuno avvolto nell'ombra mi stringeva le mani al collo, sino a togliermi l'ultimo respiro.

Mi ripetevo che forse Yuri aveva preso la decisione giusta.
Che senso aveva continuare a vivere sapendo di non possedere più nulla?
L'orgoglio, il rispetto, la dignità, e la libertà.
Parole oramai vuote, prive di qualunque significato.
Molti avevano definito Yuri un debole, ma si sbagliavano.
E' vero, forse Yuri aveva compiuto un gesto folle, ma così facendo aveva dimostrato il coraggio di opporsi ad una forza che lo teneva racchiuso dentro un pugno.

Ammetto di aver pensato, non poche volte, di seguire il suo esempio:
chiudere gli occhi e per una volta riuscire a pensar a nulla, per gettarmi nel vuoto e divenire io stesso il Nulla.
Solo allora ogni sofferenza sarebbe stata eliminata, ogni dolore fisico rimosso.
Ma c'era qualcosa che me lo impediva.
Qualcosa mi suggeriva che prima di riconciliarmi al Nulla avrei dovuto eliminare ogni conto in sospeso, per stare in pace con me stesso.
Quel qualcosa aveva ragione.


A differenza mia Boris, oramai il mio unico compagno di cella, era sempre riuscito ad addormentarsi nel momento stesso in cui poggiava la schiena anche nel più scomodo dei letti, ed era sempre stato l'unico ad avere problemi ad aprire gli occhi ed alzarsi.
Tuttavia, anche lui, dopo la scomparsa di Yuri, divenne preda di un qualche turbamento.




Un assordante cigolio era penetrato nelle mie orecchie, e mi constrinse ad aprir gli occhi, che erano  finalmente riusciti a chiudersi qualche minuto prima.
"Yuri, Yuri...".
Sentivo mormorare dall'altra parte della stanza Boris, che continuava ad agitarsi sul letto.
Era proprio lui a causare quel rumore, che nel cuore della notte, era alquanto fastidioso.
Che cosa aveva da mormorare nel sonno?
Alzai la schiena e mi strofinai gli occhi assonnati per osservare meglio cosa stesse facendo, e cercare di capire, soprattutto, cosa stesse dicendo.
Era strano, non lo avevo mai sentito parlare nel sonno, al massimo russare.
E la cosa mi sembrò talmente strana ed insolita che la curiosità mi spinse ad alzarmi e avvicinarmi a lui.
Era molto agitato, sudato e pallido.
Stava male?
Istintivamente la mia mano andò a poggiarsi sulla sua fronte ed avvertì un forte calore.
Quel tocco lo fece svegliare di soprassalto e spazzar via la mia mano in un rapido gesto.
Respirava affannosamente e i suoi occhi scrutavano ogni angolo della stanza.
" Yuri sta dormendo??" mi chiese, fissandomi accigliato.
Non risposi subito.
Era una domanda assurda.
Ma il modo in cui mi guardava mi fece capire che voleva veramente sapere se Yuri stesse dormendo.
Lo stesso Yuri che lui aveva vist...
Era impazzito?
" Boris, ti senti bene?" domandai preoccupato.
Si passò una mano sulla fronte imperlata di sudore e poi passo al collo, quasi come se si sentisse soffocare.
Non mi degnò di una risposta, ma scese dal suo letto per  controllare quello che stava al di sotto del suo: quello che era stato di Yuri.
I suoi occhi si spostavano da un punto all'altro di esso.
" Dov'è Yuri? Dove è andato di notte?".
Cominciai a pensare che forse stava delirando a causa della febbre alta, che addirittura gli aveva fatto dimenticare quello che era successo alcuni giorni prima.
Cosa avrei dovuto rispondere?
Non era nelle condizioni di ricevere la risposta che avrei voluto dare.
" Non ricordi, Boris?" domandai con tono pacato, nella speranza di far risvegliareil suo inconscio.
Spostò gli occhi come a voler ricordare, ma seppur sforzandosi, non ci riuscì.
La situazione cominciò a farsi difficile anche, e soprattutto, per me.
" Boris, forse stai male... perchè non ritorni a dormire?" gli consigliai con calma, prendendolo per un braccio.
" No...no... devo aspettare Yuri!" disse nervosamente, liberandosi dalla mia presa e iniziando a far avanti e indietro per la stanza.
Non mi ascoltava.
Stava giocando col la poca pazienza che avevo cercato di conservare.
" E' inutile, perchè Yuri non verrà!!" esclamai con tono duro.
Le miei parole bloccarono ogni suo movimento e lo fecero voltare accigliato in mia direzione.
" E perchè? Yuri deve venire, Yuri verrà...Yuri...". Continuava a dire queste parole, come a volersi capacitare di una cosa che forse sapeva non sarebbe mai potuta succedere: stava decisamente delirando e anche troppo per i miei gusti.
L'istinto mi portò a prenderlo di forza per la maglietta e sbatterlo a muro per gridargli in faccia la verità.
" Vuoi capire che Yuri NON VERRA',CAZZO, NON VERRA" le mie parole lo avevano terrorizzato e impedito di opporre qualsiasi resistenza. " Yuri E' MORTO!  E' MORTO! come te lo devo dire!?".
Sgranò gli occhi e si lasciò andare, strisciando la schiena lungo il muro sino a toccare terra,
Sembrava davvero la prima volta che udiva queste parole, come se veramente non ne fosse a conoscenza.
E mi sentii quasi in colpa per averglielo detto.
Con la testa poggiata al muro mi fissava sognante per poi iniziare a scuoterla nervosamente.
" No... non è vero...non è vero" pronunciava con tono lamentoso.
Non volevo ripeterlo un'altra volta, mi era già costato dirlo la prima.
Di scatto si alzò e a grandi passi raggiunse il letto di Yuri per far volare via la coperta e scoprire, con sua grande sorpresa , che non c'era nessuno: solo un triste e freddo lenzuolo bianco.
O meglio, questo era quello che vedevo io.
Lui sembrava vederci qualcosa sopra, visto il modo in cui continuava a toccare quel materasso, come se stesse cercando di svegliare ... qualcuno.
" Perchè Yuri non si sveglia! PERCHE' YURI NON SI SVEGLIA!" gridava agitato e con tono isterico.
Sembrava, anzi... era diventato matto: vedeva cose che non esistevano.
Mi apprestai subito a raggiungerlo per bloccarlo e cercare di farlo riprendere.
Lo tiravo per le spalle ma lui opponeva un forte resistenza.
" LASCIAMI! Perchè c'è sangue... nelle mie mani c'è sangue!!". Gridava talmente forte che la sua voce rimbombava per tutto l'edificio.
Urla isteriche.
Urla di disperazione.
Tutto ciò era inquietante.
Avvertii dei movimenti, rumori di passi e tentai vanamente di farlo calmare, ma l'unico risultato ottenuto fu venir  scaraventato contro la parete opposta.
Un dolore atroce colpì la mia schiena e mi costrinse ad arrendermi.
Nel frattempo una guardia stava già aprendo la porta chiusa a chiave e ne fece entrare altre tre che presero di forza Boris per le braccia , che continuava ad agitarsi, scalciare e urlare.
Dopo alcuni secondì arrivò un uomo in camicie bianco con qualcosa in mano: una provetta ed una siringa, che dopo avere riempito, non esitò un istante ad infilzare nel braccio di Boris, che piano piano, nel giro di pochi secondi iniziò a gridar sempre meno, fino a perdere i sensi.
Questo suo strano comportamento non era dovuto alla febbre alta, ma allo shock subito in seguito a quell'evento disastroso accaduto giorni prima.
Shock nell'aver visto morire davanti agli occhi una, anzi, l'unica persona con cui, lì dentro, aveva instaurato un legame particolare.
Boris era stato il primo a scoprire il corpo senza vita di Yuri, dall'alto di un edificio.
E probabilmente lo shock era stato talmente forte da averlo portato alla follia, a vedere per diversi giorni il corpo senza vita di Yuri dove in realtà non c'era; vedeva sangue,  e sentiva urla che nessuno udiva.
Ci mise un po' di tempo prima di riprendersi e tornare alla normalità.
Lo tennero sotto osservazione e in isolamento per diversi giorni.
Non gli chiesi cosa gli avessero fatto, e non volevo neanche saperlo, tuttavia... aveva funzionato.


Quell'esperienza lo aveva segnato e gli aveva lasciato un vuoto dentro che difficilmente riuscì a colmare col passare degli anni.
E forse non non ci era riuscito.
Era impossibile dimenticare le atrocità vissute all'interno di un luogo infernale, dove eravamo stati sottoposti a delle torture terrificanti.
Io non ne avevo scordata neanche una, neanche la più insignificante e insensata...



Faceva freddo, tanto freddo.
Il cortile era ricoperto di neve a causa della bufera avvenuta la notte precedente. Il vento pungente sfiorava il mio viso, e lo aveva reso privo di sensibilità.
A fatica mi muovevo da un punto all'altro del cortile; la mia schiena era a pezzi, le mani riportavano parecchi graffi, alcuni dei quali sanguinavano leggermente e iniziavano a bruciare.
Ma a Lui poco o niente importava, anzi, provava piacere nel vedermi sottoposto a queste assurde punizioni.
Tra tutte quelle da lui inventate, quella era decisamente la più assurda e insignificante punizione a cui ero stato sottoposto: trasportare grandi sassi da un cumulo di pietre all'altro, a una decina di passi distanti l'uno dall'altro.
Solo da una mente malata poteva nascere un'idea talmente assurda.
E la sua lo era.
Ero esausto e riposare mi era impossibile: io stesso evitavo di fermarmi per cercar di finire il prima possibile.
Non sapevo quante volte avessi fatto avanti e indietro, non avevo neanche la forza per pensare, tuttavia mi resi conto che mancavano solo tre pietre per giungere alla fine.
Stavo trasportando la penultima, ma un rumore di passi mi avvertì che qualcuno stava arrivando.
Era Lui, che si fermò per osservarmi lavorare.
Non badai molto alla sua presenza, avevo solo un obiettivo: finire.
" Non ha molto senso, vero?" mi domandò con tono pungente.
In tutta risposta mi limitai a rivolgergli un'occhiata minacciosa, per poi tornare indietro e sollevare l'ultimo sasso.
" Come il tuo comportamento di stamattina, d'altronde!" aggiunse serio, seguendomi con gli occhi.
" Stai fermo!" mi ordinò all'improvviso, impedendomi di poggiare a terra la pesante pietra che reggevo in mano con fatica.
L'ultima.
Cercai in tutti i modi di non cedere, ma il peso era troppo: i muscoli delle braccia si stavano contraendo a dismisura e le gambe stavano per cedere.
Esitante, strinsi i denti ed alzai gli occhi per fissarlo.
Nessuna pietà traspariva da quel volto malefico, solo un ghigno di soddisfazione dipinto sulle sue labbra.
" Ricordati, che fino a quando starai qui dentro farai quello che dico io! Mi hai dato sempre problemi, fin dall'inizio, ma piano piano sono riuscito a domarti!".
Più parlava e più la fatica aumentava.
" Puoi posarlo adesso!" mi ordinò.
Non me lo feci ripetere due volte, e tolto dalle mie mani quel peso, riuscii ad emettere un completo e profondo respiro di sollievo, seguito da qualche colpo di tosse.
Fece un passo avanti e una mano si poggiò sul mio mento, costringendomi ad alzare il viso verso di lui.
" Finchè non sarai domato a dovere, non uscirai di qui!" affermò con voce fredda e penetrante. " Ti conviene comportarti bene, o non vedrai mai più il mondo oltre queste sbarre, Hiwatari!" concluse con un ghigno malefico, per poi voltarmi le spalle ed andarsene, lasciandomi lì a respirare affannosamente.
Priva di svanire, mi diede un'ultimo incarico.
" Ah, un'ultima cosa! Riporta le pietre dove erano prima!" ordinò.
Non potevo crederci.
La punizione non era finita, ma ricominciava da capo.
Era semplicemente...assurdo.

Quella fu una delle più assurde, ma meno atroci.
Molte volte Lei mi aveva consigliato di consultare uno psicologo, per cercare di trovare il valido aiuto di uno specialista.
Io non ero d'accordo.
Cosa avrei dovuto raccontargli?
Tutte quelle assurdità, per ricevere in cambio solo sguardi impietositi e frasette di conforto, che non mi avrebbero neanche sfiorato?
No.
Sarei stato preso per pazzo, o addirittura lo sarebbe diventato lui, a furia di sentire simili assurdità.
Nessuno poteva capire.
Nessuno avrebbe potuto aiutarmi a rimuovere dalla mia mente tutto quello che avevo vissuto.
Neanche il Tempo.



















Ciao a tutti ^O^
Questo nuovo capitolo è tutto un flashback, l'avrete capito immagino v.v
Diciamo che ho messo da parte "l'incontro della narrazione principale" (non mi ricordo se si dice tempo del racconto o tempo della narrazione, boh, non mi viene  XD) lasciato a metà nel precedente capitolo, per fare un passo indietro e raccontare la vita dei nostri cari protagonisti all'interno di quel luogo in cui hanno subito molte sofferenze e soprusi.

Spero di avere reso chiara la "pazzia " di Boris, dovuta ad una serie di circostanze e che poi la morte di Yuri ha portato al culmine.
Io ci ho messo tutto il mio essere per scrivere questo capitolo ^_^ quindi spero di averlo reso convincente e non avere commesso particolari errori, in tal caso segnalatemi tutto ciò che vi fa contorcere il naso XD
Grazie a Pich e Silmeria che hanno recensito i precedenti capitoletti ^*^
Spero che anche i lettori silenziosi mi facciano sapere i loro pareri.
Grazie a tutti e alla prossima!!

Henya

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Capitolo 5
*** Capitolo V ***






CAPITOLO V






Il tempo cura le ferite, le cicatrizza, ma non le cancella.
Quello che ti rimane è un segno.
Un segno che non ti fa dimenticare.






Lui non aveva dimenticato.
Non si era dimenticato di me.
Con quella enorme cicatrice sul volto era impossibile. Ogni volta che la guardava non poteva che associare ad essa il mio nome, non poteva che rivivere il dolore della lama tagliente che squarciava la carne viva del suo volto :  il suo pensiero non poteva che ricadere su di Me.

E tutto questo era normale, dopotutto.
Anche a me succedeva la stessa identica cosa ogni qualvolta mi osservavo allo specchio vedendovi  riflesse quelle cicatrici che ricoprivano il mio corpo.
Era come rivivere quell'esperienza.
Era come risentire quel dolore.
Era come rivedere Lui.

Cio che ci accomunava era l'ossessione del desiderio di vedere l'altro esalare il suo ultimo respiro.
E dopo tanti anni , trovandoci faccia a faccia e a soli pochi metri l'uno dall'altro, quel desiderio si faceva ancora più forte.

" Chi non muore si rivede... Kai"

Quella voce.
Quante volte che mi aveva fatto svegliare di soprassalto nel cuore della notte.
Alle mie orecchie arrivava come un assordante stridulo, di quelli che ti costringono a  stringere i denti, chiudere gli occhi e tappare le orecchie.

Ma non si trattava più di un incubo: lui, quel giorno, era realmente davanti a me.
Mi osservava con uno strano ghigno stampato sulle labbra, ma non era lo stesso di sempre.
Non quello che ricordavo.
Quell'enorme cicatrice che partiva dall'orecchio sinistro sino ad una delle estremità della bocca glielo impediva.
Non doveva essere stato facile ricucire quel taglio, che nelle mie intenzioni avrebbe dovuto spaccargli il cranio a metà.
Un colpo riuscito male, purtroppo.

Il tempo sembrò fermarsi per un istante.
Quel leggero vento che poco prima soffiava, si era ad un tratto fermato e i miei occhi, quasi increduli non riuscivano a spostarsi da quella cicatrice così spessa.
Tutto ciò non fece altro che far rivivere alla mia memoria, come una sequenza di scatti, il ricordo di quel giorno, portandomi indietro nel tempo.

Ero nel suo ufficio e lui era davanti a me.
Buio intorno a noi.
Il suo ghigno.
Un coltello tra le mie mani.
Una incontrollabile rabbia s'impossessò di me.
Gli saltai addosso e...


" 25 Settembre... 1998..." 
Con questa frase inaspettata ruppe il silenzio, spazzando via quelle orribili immagini dalla mia mente, riportandomi alla realtà.

25 settembre 1998...

" Sai che giorno è oggi? Hiwatari..." chiese con un tono pungente.
In quel momento quella domanda mi sembrò talmente inopportuna da non riuscire a ricollegare le idee. Non faceva altro che alimentare il caos nella mia mente.

" Ti do un indizio!" iniziò a dire per, a suo modo, aiutarmi. " Sono passati esattamente cinque anni da allora...".

Esattamente...cinque anni.
Questo voleva dire che...

Sgranai gli occhi non appena la mia mente fece luce sulla situazione.
Finalmente ricordai: era proprio il 25 settembre 2003.

" T-u Tu hai..." . Non riuscivo a parlare.
Ero sconcertato.
Aveva pianificato ogni minimo dettaglio e la cosa più inquietante era che ogni particolare aveva un suo ben preciso significato.

" Solo da una mente malata come la tua poteva nascere un simile piano!" asserii con tono ardito.

Lui prese a ridere maleficamente, anche se la cucitura sulla mascella sinistra impediva il cento per cento della mobilità dei muscoli facciali.

" Sorpreso, Hiwatari?" poi il suo tono cambiò improvvisamente, facendosi serio e minaccioso " Per tutti questi anni non ho fatto altro che progettare la mia vendetta, e adesso,,, vedere di essere riuscito ad averti qui, proprio nel giorno, nel luogo, nell'ora in cui avevo prestabilito mi dà una soddisfazione che nemmeno immagini!".

Non è facile spiegare a parole, per esprimere al meglio, il modo  in cui aveva pronunciato quella frase: se dovessi descriverlo in una sola parola... terrificante!

" Ho fatto di tutto per ritrovarti e a quel punto ho iniziato a pedinarti e in tutto questo tempo...tzs! non te ne sei accorto! Ti facevo un tipo più sveglio. Hiwatari!
Ho fatto seguire te, i tuoi amici e qualunque persona con cui entravi in contatto.
All'inizio non sapevo come poterti mettere in trappola, ma poi..."
s'interruppe e dopo avere portato una mano in alto, all'altezza del viso, partì uno schiocco di dita "...ma poi ho capito come attirarti nella mia ragnatela!".

Finito il suo racconto e un secondo dopo lo schiocco delle dita, la mia attenzione venne catturata da due figure che comparirono da dietro quell' albero solitario, la cui ombra le rendeva poco visibili da lontano.
Quando furono più vicini, ebbi davanti quello che non avrei mai voluto vedere: un uomo alto, forzuto e dall'aspetto terrificante stava conducendo davanti a sè Lei, che con mani legate dietro la schiena e una benda davanti agli occhi camminava zoppicante, venendo ogni tanto spintonata.

" Becky!" esclamai.

" Kai!!" urlò lei con disperazione e terrore.
Non riusciva a vedermi ma il solo sentire la mia voce l'aveva come risvegliata.
L'istinto mi portò a fare un passo avanti per raggiungerla, ma fui subito bloccato per le braccia da due ragazzi.

" Dove vuoi andare, Kai! Non è ancora il momento! Tenetelo ben stretto voi due!" ordinò ai suoi uomini che non se lo fecero ripetere due volte, infatti stringevano ben forte le mie braccia.
Capii che era inutile dimenarsi per riuscire a liberarsi, così mi arresi e aspettai la prossima mossa.

Lei aveva vari strappi sui jeans, la maglietta bianca piena di macchie rossastre e le sue braccia, come le guance riportavano diversi lividi. Stava a testa bassa con gli occhi bendati, si vedeva che tremava, era impaurita e tutto ciò mi fece salire dentro una grande rabbia, perchè di fronte a tutto questo io...ero impotente.

" Che cazzo le avete fatto?! Bastardi... non dovevate toccarla!!"  urlai cercando di tirare le braccia tenute ben strette da quei due.

" Calma, Kai!" disse avvicinandosi a me " I miei ragazzi si sono solo un po' divertiti! Non prendertela, ma dovresti sapere come vanno certe cose, dopotutto è il suo mestiere...è una puttana, Kai o l'hai dimenticato?" concluse con tono pungente.

I miei occhi lo fulminarono e dentro le labbra serrate stringevo i denti, cercando di non perdere il poco autocontrollo che mi era rimasto.
Sapevo che si stava divertendo, sapevo che diceva tutto ciò per provocarmi, lo aveva sempre fatto.

" Toglietele la benda!" Ordinò all'uomo che stava un paio di metri più indietro di lui.
Questi eseguì e poco delicatamente slacciò quella fascia che circondava la sua testa. Quello che vidi mi fece stringere il cuore e morire dentro: due occhi spenti e arrossati, da cui sgorgavano infinite lacrime che scendevano lungo quel viso pieni di graffi e lividi.

Il mio respiro cominciò a divenire affannoso, irregolare, non lo controllavo più; le mie braccia venivano strette sempre più fortemente e in me cominciò a nascere la consapevolezza che ancora una volta non avrei potuto fare nulla.

" Sai, mi stupisce che tu tenga così tanto ad un altro essere...umano!" disse con un leggero sarcasmo " ti facevo più... come dire... egoista! Ad ogni modo, questo mi ha consentito di averti oggi qui!".

" Visto che hai me, adesso puoi lasciarla andare: ricordati che devi rispettare un patto!" gli ricordai senza giri di parole.

" Hai ragione! E sai che io non vengo meno ai patti, sono un uomo d'onore!"

Non sapevo ancora se credere o meno alle sue parole, avevo seri dubbi al riguardo.

" Non voglio che il tuo eroico gesto venga sprecato, quindi la lascerò andare, proprio come avevamo stabilito..."

Quelle parole non mi convincevano.
Davvero l'avrebbe lasciata andare?
Avrebbe davvero mantenuto il patto?

Mi sorrise malignamente, dopodiché si girò in direzione del suo uomo, a cui ordinò con un gesto di capo di lasciarla andare.
Becky venne slegata e con una spinta venne incoraggiata a camminare.
Sembrava impaurita, quasi incredula di essere stata appena liberata.
Iniziò a camminare lentamente verso la mia direzione con occhi pieni di lacrime.

Stava quasi per raggiungermi, fui preso da un sussulto che mi costrinse a sporgermi più avanti, sebbene mi fosse impossibile muovermi, quando ad un tratto un braccio le si parò davanti poco prima che le nostre distanze si riducessero a zero.

" Non puoi avvicinarti a lui..." le spiegò Vorkof quasi divertito da questa scena.

Entrambi eravamo increduli: avremmo dovuto separarci senza dirci una parola, senza un abbraccio, con la consapevolezza che non ci saremmo più rivisti.

" Kai..." disse con voce strozzata dal pianto " perchè non vieni con me? Andiamocene via insieme, ti prego! Non abbandonarmi!"

Queste parole mi trafiggevano il petto come lame di ferro.
Un nodo alla gola rendeva persino doloroso deglutire.
Dunque lei non sapeva nulla.
Questo lo capii dall'espressione di Vorkof, che mi guardava sorridendo maleficamente.
Lei era convinta che fossi andato lì per riprenderla e che insieme ce ne saremmo andati liberi.
Ma la realtà era che solo uno dei due sarebbe andato via.

" Becky..." cominciai a dirle assumendo un tono freddo e distaccato. Decisi che sarebbe stato meglio ritornare il Kai impassibile ed egoista che aveva conosciuto, che non faceva altro che usarla, che la cacciava ogni qualvolta gli pareva, quel tipo di Kai che lei era riuscita in qualche modo a sciogliere, grazie alla sua testardaggine e alla sua voglia di non arrendersi.

" Va via..." mi limitai a dirle con un filo di voce, osservandola fissa negli occhi.

" Ma che stai dicendo?!"

La stavo cacciando via per l'ennesima volta, e anche se mi faceva sentire male, sapevo che era per il suo bene.

" Ho detto che devi andare via!". Il mio tono si faceva sempre più duro.

" Ma che scena commovente!" esclamò con ironia Vorkof che prese pure a battere le mani in segno di applauso " Davvero co-mmo-vente! Due piccioncini che il destino sta separando... mi dispiace per te, bambolina, ma il tuo Kai resta qui, con me! Abbiamo vari conti in sospeso da sistemare!" le spiegò.

Lei spostava i suoi occhi increduli da un viso all'altro, poi venne spintonata più in là come ad incoraggiarla ad andarsene via.

Continuava a fissarmi, mentre i miei occhi rimanevano bassi a osservare il terreno.
Non avevo il coraggio di guardare quel viso, quegli occhi smeraldini che non avrei più rivisto.
Quelle lunghe ciocche bionde che le ricadevano sul suo viso affranto dal dolore.
Non ce la facevo.

" Kai..." mi chiamò con flebile tono.

Chiusi gli occhi e non risposi, non volevo.
Mi limitai ad ascoltare il rumore dei suoi passi che percorrevano quella stradina sterrata da cui pochi minuti prima ero arrivato io; si facevano sempre più spediti e lontani.
Cominciò a correre, dopodichè non sentii più nulla.
Dentro di me si sollevò un sospiro, quasi di serenità.
Ero riuscita a salvarla.
Quando riaprii gli occhi mi ritrovai di fronte quel viso tanto odiato.

" Come vedi... ho rispettato il patto!"

Stranamente lo aveva fatto.

"... Adesso posso dedicarmi a te!"

Quella tortura stava per terminare.

" Controllatelo, potrebbe avere armi!" ordinò ai suoi uomini.

Era una cosa che avevo già previsto.
I due cominciarono a toccarmi e frugare tra le tasche degli indumenti.

" E questo cos'è? Un orologio da polso..." osservò il più alto dei due che faceva dondolare davanti ai miei occhi l'orologio di Yuri.
In quel momento mi pentii di averlo portato con me: era un oggetto molto caro a Boris, perchè cazzo me lo aveva dato? A suo modo era convinto che sarei ritornato per restituirglielo. 
Beh, sapevo che non sarebbe andata così, mi dispiceva solo per lui, ci teneva tanto.

" Interessante, lo prendo io!" disse l'altro strappandoglielo dalle mani.
" Hey, sempre il solito!" gli rimproverò il primo.

" Sbrigatevi voi due!" li incitò severamente Vorkof.
Stavo in piedi con le mani in alto mentre le mani di quei due mi perquisivano dalla testa ai piedi.
" E qui,che nascondi?"

Non mi sorpresi più di tanto quando trovarono la pistola che tenevo dietro la schiena, sapevo già che l'avrebbero trovata, ed era inutile opporre resistenza.

" Eppure ero stato chiaro, Hiwatari: niente armi!" mi rimproverò sarcastico Vorkof " Sai che non sopporto che non venga eseguito ciò che dico!".

Lo ricordavo benissimo.

" Beh, sarà proprio con questa pistola che verrai ucciso!" disse divertito, prendendo quella pistola in mano.

Lentamente la puntò al mio viso a pochi centimentri di distanza.
Chiusi gli occhi. Deglutii, e poi li riaprii. 
La paura cresceva a dismisura.
Quasi non respiravo, non muovevo le palpebre, ma fissavo dritto davanti a me quella canna dal cui foro sarebbe uscito fuori, senza neanche accorgermene, un proiettile che avrebbe perforato il mio cranio.

" Ho desiderato questo momento da molti anni! Vederti finalmente tremare e sapere di non avere via di scampo... questo mi fa salire l'adrenalina! Voltati!" mi ordinò.

Avrei preferito venir ucciso in pieno viso, che di spalle. 
Tuttavia eseguii l'ordine.
Mi voltai e...

" Inginocchiati!".

Mi inginocchiai.

Chiusi gli occhi per riuscire a percepire i rumori e gli odori che mi stavano intorno, gli ultimi che avrei sentito.
Un debole raggio di sole riscaldava il mio viso e il leggero venticello accarezzava le gote.
Era una strana sensazione, che venne stroncata dal rumore del caricatore della pistola.

" Comincia a dire le tue ultime preghiere..."

Riuscivo a vedere lui, il suo viso, che con quell'espressione sadica, teneva davanti a sè una pistola puntata alla mia testa.

" E' finita Kai, comincia a fare il conto alla rovescia".

Stava per sparare, mancava poco.
Strinsi denti e occhi.
Il cuore batteva all'impazzata, quasi ne sentivo il rumore dei battiti.
Nella mia mente iniziai a contare alla rovescia ma fui interrotto dallo scoppio di uno sparo.











































Aprii gli occhi.
Quello che avevo davanti era qualcosa di molto strano.
Non mi ero mai chiesto come fosse l'aldilà, dove si andasse a finire dopo la morte, ma mai mi sarei aspettato che mi sarei ritrovato nello stesso identico posto in cui ero morto.
Ero ancora in ginocchio, con le mani in alto, davanti a me c'era il ragazzo col fucile, stavolta abbassato, che guardava stranito qualcosa che si trovava dietro di me.
La cosa mi lasciò perplesso e lentamente mi voltai indietro, quasi con timore di trovare chissà che cosa, a giudicare dalle espressioni di tutti i presenti.
Quello che vidi era la stessa identica cosa che avevo immaginato un attimo prima di morire: l'espressione sadica di Vorkof nel tenere in mano una pistola.
L'unica cosa diversa era che... non era puntata alla mia testa, bensì verso l'alto.
Non potevo crederci, era assurdo: non aveva puntato alla mia testa, ma al cielo.
Rimasi a fissarlo incredulo e sbalordito da questo suo insolito gesto.
Stava finalmente per raggiungere il suo obiettivo, forse l'unico della sua vita ed invece di perforare la mia testa aveva deciso di sparare un colpo nel vuoto.
Che cosa significava?

" Incredulo, Hiwatari?" disse abbassando il braccio che teneva l'arma. " Davvero pensavi che sarebbe finita così? Che tutto sarebbe finito con un semplice sparo?... No, mio caro! Le cose per te non saranno così semplici."spiegò con aria da perfetto psicopatico che incuteva terrore.

Si avvicinò e si chinò verso di me, che stavo ancora inginocchiato con gli occhi che si perdevano da un punto all'altro del suo volto.

Voleva che la mia non fosse una semplice morte indolore, come speravo, ma dura e sofferta.

" Ci divertiremo un po' insieme... io tu e i miei quattro uomini!".

Lentamente i miei occhi si spostarono verso quelle figure, i cui sguardi non promettevano nulla di buono.

Tuttavia , nonostante non fossi in grado di usare la ragione nel pieno delle sue facoltà, mi resi conto di un'anomalia.
I suoi uomini erano quattro, tuttavia... in quel momento erano solo tre: uno era inspiegabilmente sparito.

Iniziai a guardarmi intorno e mi alzai.

" Cosa cerchi, Hiwatari?".

Sapeva benissimo cosa cercavo.

" Dov'è?" domandai senza giri di parole.

" Dov'è chi?" rispose con finta aria ingenua.

" Lo sai benissimo!!" gli urlai contro avvicinandomi a lui " Uno dei tuoi uomini è sparito, dove cazzo è??" incrementai il tono che si fece ulteriormente alterato.

Lui si limitò a fissarmi con un irritante sorrisetto di soddisfazione.

" Sarà andato a caccia nel bosco..." .

Avevo un presentimento.
Un brutto presentimento.
Se era andato nel bosco, voleva dire che...
Il sangue mi stava salendo al cervello, tenevo i pugni ben stretti fino a sbiancare le nocche, respiravo affannosamente e quel suo malefico ghigno alimentava la mia rabbia.
All'improvviso il mio cuore fu preso da un sussulto: il rumore di uno sparo echeggiò nell'aria e sembrava provenire proprio dal bosco.

" Lui adora andare a caccia di conigliette smarrite!"
















Salve a tutti!
Dopo non so quanto tempo ho deciso di aggiornare questa storia.
Dopo un capitolo flashback ecco che si ritorna al "presente".
Kai e Vorkof dopo esattamente cinque anni si ritrovano faccia a faccia, ed una delle due è parecchio malandata.
Come avete ben capito Kai gli aveva provocato una terribile ferita sul volto che lo ha ossessionato per tutti questi anni.
Ha progettato il loro incontro, cercando in tutti i modi di programmarlo in una data ben precisa.
Ecco che riappare la povera Becky, che hanno mal conciato e che inizialemente viene liberata.
Volevo scrivere in maniera più enfatica la separazione dei due, ma non so... non mi convince, ditemi voi.
Ed infine colpo di scena! Vorkof  decide di prolungare la sofferenza di Kai e addirittura invia uno dei suoi uomini alla ricerca di Becky, si ode uno sparo e...
Davvero pensavate che l'avrebbe lasciata andare?
Ebbene no...
Ditemi cosa ne pensate sia della stesura che della vicenda, se è convincente o meno.
Ringrazio come sempre tutti coloro che leggono , che hanno messo tra preferite , seguite e ricordate e ovviamente chi ha recensito :) 
Al prossimo aggiornamento , bye bye ;)




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