Tra le stelle

di Elly J
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Assalto nella notte ***
Capitolo 2: *** Salvataggio ***
Capitolo 3: *** Risveglio ***
Capitolo 4: *** Dove sono? ***
Capitolo 5: *** In fuga ***
Capitolo 6: *** Di nuovo a terra ***
Capitolo 7: *** Presentazioni ***
Capitolo 8: *** Decisioni e interrogativi ***
Capitolo 9: *** Incontro alla tenuta ***
Capitolo 10: *** Nuove occupazioni ***
Capitolo 11: *** Chiacchierata in notturna ***
Capitolo 12: *** Arrivo a Boston ***
Capitolo 13: *** Ginevra ***
Capitolo 14: *** Fuga da Boston ***
Capitolo 15: *** Tensioni e priorità ***
Capitolo 16: *** Fantasmi dal passato ***



Capitolo 1
*** Assalto nella notte ***


Disclaimer: tutti i personaggi di Assassin’s Creed presenti in questa fan fiction non appartengono all’autrice, ma appartengono alla Ubisoft e a chi detiene i diritti sul videogioco. Questo racconto è stato scritto per puro divertimento personale e quindi non a scopo di lucro. Di conseguenza nessun copyright è stato violato.
Gli intrecci del racconto e il personaggio di Scarlet sono stati invece ideati dall’autrice (Elly J) che quindi ne detiene il copyright, vietandone così la riproduzione altrove.
La riproduzione altrove e qualsiasi citazione è ammessa solo se l’autrice ne ha dato il consenso.
 
 
 
Capitolo 1 - Assalto nella notte

Boston - 1776
Anche per quella sera la marmaglia di gente era tornata nelle loro case. Erano tre giorni che la locanda straripava di persone dalla mattina alla sera e Scarlet era stanca come non mai. Quando all'una di notte finiva il suo turno doveva per giunta farsi una mezz'ora a cavallo per raggiungere la sua casa e le era capitato più volte di addormentarsi in sella. Per fortuna Hidalgo conosceva la strada a memoria, portandola direttamente davanti alla porta della stalla.
- Scarlet, hai finito di spolverare i tavoli?
La giovane manco sentì la voce di Thomas, il suo datore di lavoro, nonchè proprietario della locanda.
- Scarlet? - ripetè lui alzando un po' la voce.
Finalmente lei sentì e alzò di scatto il viso verso di lui
- Cosa? - chiese spaesata.
Thomas rise e poi la guardò.
- Vai a casa, Scarlet, finisco io qui. Mi sembri un po' stanca questa sera. Va riposarti. - gli disse con un sorriso dolce.
Scarlet gli riservò un'occhiata sorpresa. Era la prima volta che le permetteva di lasciare prima la locanda.
- No Tom, non preoccuparti, non mi manca molto. - replicò lei sistemandosi il grembiule.
Lui le si avvicinò e le strappò lo strofinaccio dalle mani.
- Non accetto proteste, su!
Scarlet venne letteralmente spinta verso la porta della locanda e quando fu sull'uscio si girò verso Thomas.
- Grazie Tom. - le disse con un sorriso stanco.
Lui ricambiò il sorriso.
- Stai a casa domani, e riposati. Chiamerò Kelly a sostituirti. Ci vediamo venerdì alle 8, va bene?
Scarlet avrebbe voluto replicare, ma poi decise di non farlo. Era molto stanca ultimamente e visto che Thomas le aveva dato un giorno libero dopo mesi, decise di approfittarne.
- Va bene. Grazie Tom. - disse la giovane con un sorriso riconoscente - A venerdì.
Thomas la salutò e chiuse la porta della locanda.
Scarlet fece un profondo respiro e si avviò verso la piccola stalla sul retro della locanda dove lasciava Hidalgo durante le ore di lavoro. Quasi non ci credeva che Tom le avesse dato un giorno libero. Erano sicuramente sei mesi che lavorava tutti i giorni ininterrottamente e sorridendo si rese conto che per una volta avrebbe potuto starsene nel letto a poltrire.
Quando la giovane entrò, Hidalgo la salutò con un forte nitrito.
- Ciao piccolino. - disse Scarlet accarezzando il cavallo - Pronto ad andare a casa?
La ragazza sellò velocemente il cavallo e, dopo aver aperto il recinto ed essere uscita, salì in groppa al suo destriero.
Era una bella serata, fresca e rilassante. Non un alito di vento, non un rumore, nulla. Le stelle punteggiavano il cielo scuro formando figure indistinte quanto magiche. Dopo aver fatto un po' di passo, Scarlet partì al trotto passando per le vie ormai deserte di Boston. La sua casa era in mezzo al bosco e per raggiungerla doveva prima attraversare una buona parte della cittadina per poi sbucare nei campi dei contadini. Superati quelli, iniziava finalmente il bosco.
Gli occhi di Scarlet erano pesanti e la testa le faceva male. Era meglio muoversi ad arrivare a casa.
Per cercare di non addormentarsi, la giovane spronò Hidalgo che iniziò a muoversi con un trotto più sostenuto, ma nonostante questo Scarlet si stava pian piano addormentando. Il rumore degli zoccoli del cavallo pestavano ritmicamente il terreno e quel rumore contribuiva ad assopirla dolcemente. La luce della luna illuminava la strada e Hidalgo procedeva sicuro.
Ad un certo punto però, Scarlet si riscosse all'improvviso. Gli zoccoli di Hidalgo emettevano un rumore più distorto, come se avesse cambiato andatura. Dopo aver sbattuto gli occhi più volte abbassò lo sguardo ma vide che Hidalgo stava sempre procedendo al trotto. Confusa guardò davanti a sè e subito capì perchè aveva sentito un rumore distorto di zoccoli. Un grande cavallo nero le stava venendo incontro e il rumore dei suoi zoccoli si era confuso con il rumore di quelli di Hidalgo. Scarlet aguzzò la vista e man mano che il cavallo si avvicinava riuscì a distinguere la figura di un uomo in groppa ad esso. La giovane si ricompose bene in sella e rallentò leggermente l'andatura spostandosi verso destra per evitare che i due cavalli si calciassero o cercassero di mordersi.
Era la prima volta da quando aveva iniziato a lavorare alla locanda che Scarlet incontrava qualcuno sulla strada del ritorno all'una di notte. Non le era mai successo prima. Un leggero brivido le percorse la schiena e strinse forte le redini.
Quando il grande animale le si avvicinò cercò di scorgere il viso dell'uomo con la coda dell'occhio ma non ci riuscì. Era troppo buio.
L'uomo non salutò e non rallentò, continuando per la sua strada. Appena la superò, Scarlet tirò un sospiro di sollievo. Non sapeva perchè, ma quell'improvviso incontro l'aveva messa a disagio.
La ragazza spronò ulteriormente Hidalgo e partì al galoppo. Superò l'ultima casa della cittadina e finalmente raggiunse i campi dei contadini, una lunga distesa di terreni senza alcuna pianta, ma solo piccoli raccolti.
Scarlet si lanciò al galoppo sfrenato quando all'improvvisò sentì ancora il rumore degli zoccoli distorto. Guardò davanti a sè attraverso il buio, ma non vide nessun cavallo sopraggiungere.
- Ma che diavolo..? - disse con un sussurrò che si perse nell'aria.
Poi capì.
Girò la testa guardando dietro di sè e vide quello che non avrebbe mai voluto vedere.
L'uomo che aveva appena incrociato era dietro di lei, al galoppo sfrenato.
I battiti del cuore di Scarlet aumentarono violentemente. Il cavallo guadagnava terreno in un modo impressionante. La stava raggiungendo.
Incitando Hidalgo con la voce, Scarlet aumentò la velocità del galoppo. Anche Hidalgo si stava agitando, la giovane riusciva a percepirlo dai muscoli dell'animale e soprattutto dagli sbuffi che emetteva dal naso.
Cosa voleva quel tizio da lei?
Il cavallo nero le era ormai a pochi metri di distanza. Scarlet cercò di aumentare ancora di più la velocità, ma Hidalgo stava già mostrando i primi segni stanchezza. Non era allenato per galoppare così a lungo.
L'uomo le si affiancò senza che lei nemmeno se ne accorgesse e con un movimento fulmineo la spinse giù dalla sella. Scarlet sentì una mano forte sulla sua spalla e con un urlo cadde dal cavallo. Rotolò per diversi metri ferendosi una guancia sul terreno e graffiandosi sulle braccia e sulle gambe. Tutto il mondo girava e in lontananza sentì un forte nitrito di Hidalgo. Poi finalmente smise di rotolare e si ritrovò in mezzo ad un campo di insalata.
Le lacrime iniziarono a scenderle violente dagli occhi bruciandole la guancia ferita. La testa le girava e faceva fatica a capire dove si trovava. Sentiva dolore ovunque. Cercò di issarsi sulle ginocchia ma queste cedettero. Con il viso tra la terra, Scarlet alzò lo sguardo in cerca del suo assalitore. All'improvviso sembrava che tutto fosse tornato come prima. Nessun rumore, nessun cavallo nero nelle vicinanze, nessun uomo.
Dove era finito?
La ragazza ripensò di essersi immaginata tutto. Probabilmente si era addormentata e aveva sognato. Dopodichè aveva perso l'equilibrio ed era caduta. Ma Hidalgo dov'era?
Provò per a seconda volta ad alzarsi sulle ginocchia e finalmente ci riuscì. Con le mani sporche di terra e sangue si toccò la guancia e un bruciore acuto le fece emettere un gemito soffocato.
Doveva assolutamente alzarsi e cercare Hidalgo.
Mettendo le mani a terra si diede una leggera spinta e finalmente fu in piedi. Si guardò attorno spaesata, ma del suo cavallo nessuna traccia. Con grande fatica fece alcuni passi.
- Hidalgo! - chiamò. Prima sottovoce, poi si ritrovò ad urlare.
Le lacrime ripresero a scendere violente.
- Hidalgo, dove sei! - singhiozzò.
All'improvvisò sentì un fruscio dietro di lei e automaticamente si voltò. Una mano grande e forte la prese per il collo e la sbattè a terra con violenza.
- Ma guarda un po' come siamo diventate belle. - disse una voce maschile intrisa d'odio.
Scarlet prese a dimenarsi e cercò con le mani di liberarsi dalla stretta dell'uomo, ma lui stringeva sempre più forte. La giovane cercò di urlare, ma quella morsa le impediva di emettere anche un singolo soffio. Gli occhi le si erano appannati e non riusciva a distinguere il volto dell'uomo. Con uno sforzo inumano Scarlet urlò. Urlò più che poté. Ma nemmeno quell'urlo sembrava aver intimorito l'uomo che continuava a cingerle il collo in una morsa mortale.
- E' la fine.. - pensò Scarlet.
Le forze iniziavano man mano a mancargli, così come anche la lucidità.
- Sto morendo..
Vide le stelle, sfuocate, e immaginò di trovarsi lassù, insieme ad Hidalgo. Forse, dopo la morte le avrebbe raggiunte.
Poi, fu come se un tornado l'avesse investita. Un sibilo precedette quella sensazione e subito dopo si ritrovò a tossire sfiorandosi il collo con le mani. La vista era ancora appannata, ma riuscì comunque a distinguere due figure vicino a lei che si muovevano in modo estremamente veloce. Un rumore stridulo e sibilante accompagnava quell'insolita danza.
Stavano combattendo.
Man mano che la vista tornava, Scarlet notò che l'uomo in nero che l'aveva aggredita impugnava una spada, mentre il suo sfidante aveva un'arma in entrambe le mani. In una aveva sicuramente un coltello e nell'altra qualcosa di simile ad un'accetta. Quello che però Scarlet aveva subito notato del secondo uomo era stato il colore bianco della sua divisa, che spiccava in modo quasi innaturale nel nero della notte.
La giovane cercò di allontanarsi dal luogo del combattimento mentre le lame dei due uomini stridevano le une contro le altre. Aiutandosi con le mani e spingendosi con le gambe, Scarlet si trascinò per alcuni metri sporcandosi di terra. Poi, ad un certo punto, tutto tacque. Le lame smisero di stridere le une contro le altre e il respiro affannato dei due uomini era cessato.
Uno dei due era caduto.
La ragazza iniziò a piangere in silenzio e con un moto d'ansia improvviso si tirò in piedi senza voltarsi. Con estrema difficoltà per via del dolore e delle ferite, si mise a correre più veloce che poteva cercando di uscire dal campo e tornare sulla strada sterrata.
La sua corsa però durò poco.
Un braccio le cinse la vita e la costrinse a fermarsi.
- Lasciami, lasciami! - Scarlet si mise a gridare fortissimo e le lacrime iniziarono a scendere più veloci. - Ti prego, non ho fatto nulla di male!
La ragazza alla fine si arrese e singhiozzando cercò di accasciarsi a terra. Però, il braccio che le cingeva la vita la sorresse e le impedì di cadere.
- E' finita, stai tranquilla. - disse una voce maschile particolarmente calda.
Scarlet, con uno stato d'animo misto tra paura e sorpresa, si lasciò sorreggere dall'uomo e continuò a piangere sommessamente.
Il suo aggressore era morto.

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Capitolo 2
*** Salvataggio ***


Capitolo 2 - Salvataggio

La guancia le bruciava da morire e le ferite sulle braccia e sulle gambe pure. Scarlet riusciva a malapena a stare in piedi.
L'uomo che l'aveva sorretta per la vita l'aveva fatta sedere a terra e le aveva ripetuto più volte di stare tranquilla. Scarlet capiva a malapena dove si trovava e non riusciva bene a mettere a fuoco colui che l'aveva salvata. Di certo il buio della notte non l'aiutava. Rimase per un tempo che sembrò interminabile con lo sguardo fisso a terra, senza dire nulla. L'uomo si era seduto poco distante da lei e scrutava in silenzio il paesaggio circostante. Probabilmente stava tenendo d'occhio che non sopraggiungesse qualcuno lungo la strada.
Ad un certo punto Scarlet ricordò il lungo nitrito di Hidalgo e come spinta da una forza invisibile si alzò. Il dolore la percorse da capo a piedi e la costrinse ad inginocchiarsi nuovamente a terra.
L'uomo si girò verso di lei.
- Devi stare calma ancora per un po', sei molto debole. - gli disse con voce calma.
- Calma? - Scarlet pronunciò quella parola quasi con cattiveria. Poi alzò la testa verso l'uomo che l'aveva salvata. Un cappuccio bianco gli nascondeva gran parte del viso e lei non riuscì a guardarlo negli occhi.
- Qualcuno ha appena cercato di ammazzarmi e tu mi dici di stare calma?!
Scarlet riuscì ad alzarsi in piedi e senza dire altro si mise a correre. Le lacrime ricominciarono a scendergli dolorose lungo le guance ferite e ad ogni falcata tutto il suo corpo urlava di dolore.
- Hidalgo! Hidalgo!
La sua voce squarciò il silenzio della notte quasi con violenza. Gli stivali continuavano ad impigliarsi nel terreno rallentando la sua corsa e la terra si alzava al suo passaggio sporcandogli i vestiti. Non riusciva a pensare a nulla. Il dolore offuscava ogni sensazione, ogni emozione, ogni azione. Le lacrime stavano scendendo senza che lei nemmeno se ne accorgesse e non riusciva a controllare il suo corpo non avendo la minima consapevolezza di dove stesse correndo.
Un'ultima falcata e il piede destro si incastrò in una radice che fuoriusciva dal terreno. Sassi e terra raggiunsero il viso di Scarlet quando cadde violentemente a terra dopo quella corsa folle e senza senso.
- Hidalgo.. - sussurrò.
Decise di lasciarsi andare e di non reagire. Tutto divenne vacuo, tutti i rumori e le sensazioni vennero risucchiate all'unisono in un grande buco nero.
Poi più nulla.
 
 
 
***
 
 
 
- Capitano?
L'uomo non rispose subito. Quel cadavere, riverso a terra con il viso contro il terreno, lo aveva molto turbato. Era uno dei suoi migliori uomini e ora era lì, inerte. Morto. Uno dei suoi migliori uomini, il quale vantava un addestramento duro e che preparava a tutto, era morto. Morto per mano di qualcuno migliore di lui. Ma chi poteva essere migliore dei suoi uomini, addestrati per diventare macchine da guerra infallibili?
- Capitano? - ripeté la voce.
Il Capitano si riscosse. - Novità? - rispose freddamente.
Il giovane cadetto si schiarì la voce e un ombra di tensione apparve sul suo volto.
- Qui attorno ci sono segni di lotta, molto violenta si direbbe. C'è molto sangue a terra. - il giovane fece una piccola pausa per ascoltare eventuali commenti del Capitano, ma quest'ultimo non disse niente. - A giudicare dalle ferite, chi l'ha ucciso ha usato armi da taglio di diverso tipo e soprattutto è molto ben addestrato. - concluse quindi il cadetto.
- Tracce della ragazza? - chiese il Capitano con voce dura, quasi non avesse ascoltato la spiegazione che gli era appena stata fornita.
- Nessuna, supponiamo che qualcuno l'abbia protetta. Di certo non è stata lei ad uccidere il nostro uomo. - rispose il giovane.
Il Capitano si abbassò a terra per vedere meglio il cadavere riverso tra l'erba del campo. Le ferite mortali dell'uomo erano certamente quelle al collo, decise e molto profonde. Chi aveva ridotto il suo uomo in quelle condizioni sapeva uccidere.
Il Capitano si rialzò e, senza staccare gli occhi dal cadavere, si rivolse al cadetto.
- Va a chiamare Charles. Dobbiamo ritrovare la ragazza. - disse con la sua solita voce estremamente fredda.
- Subito, Capitano. - il giovane fece il saluto militare e si girò per andare a svolgere il suo compito.
Il Capitano non riusciva a staccare gli occhi da quel cadavere orrendamente ucciso. Aveva riconosciuto lo stile, tagli netti e profondi, nessun rimorso. Tutto pur di salvare la ragazza.
Ne era certo. Non poteva essere altro che lui.

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Capitolo 3
*** Risveglio ***


Capitolo 3 - Risveglio

Un rivolo di sole punse le palpebre di Scarlet. Come al solito mugugnò e si tirò le coperte fin sopra la testa. Odiava quando il sole entrava dalla finestra e la svegliava, però le coperte erano la difesa perfetta.
Qualcosa però non andava.
La luce riusciva comunque e ferirle gli occhi, nonostante fossero coperti. Perché?
Senza aprire gli occhi tastò il tessuto del lenzuolo e subito si accorse che non era il suo. Era molto leggero, troppo, e la luce riusciva a passare attraverso.
Con uno scatto improvviso, si tirò su a sedere e la luce la accecò completamente. La testa iniziò a girarle e una guancia le bruciava. Le giunture delle ossa delle gambe sembravano essersi mosse dopo decenni di immobilità. Scarlet si sentiva un rottame.
Iniziò a stropicciarsi gli occhi per far si che questi si abituassero alla luce mattutina che penetrava con violenza da una finestra alla sua sinistra. La giovane ci mise alcuni minuti per riprendersi completamente. Gli occhi tornarono normali, ma il dolore che le pervadeva tutto il corpo sembrava non intenzionato a lasciarla. Un rivolo improvviso di pensieri le riempì la mente, immagini offuscate, visioni, spezzoni di ricordi. Un fiume in piena all'interno del suo animo.
Un improvvisa fitta al capo la fece piegare in avanti con le mani appoggiate sulla testa dolorante. Le visioni erano sempre più nitide e il corpo le collegava con tutto il dolore che provava.
Poi, all'improvviso, ricordò tutto.
Scarlet si tirò su di scatto, gli occhi sbarrati a fissare un punto imprecisato della stanza.
- Oh mio dio..
La ragazza scese dal letto e subito le sue gambe protestarono. Il dolore era molto, ma sopportabile. Reggendosi alla spalliera del letto, fece alcuni passi verso la finestra alla sua sinistra, quella da cui penetrava la luce. Era aperta e lasciava entrare nella stanza una leggera brezza. Scarlet si avvicinò alla finestra e guardò fuori.
- Ma.. - bisbigliò con stupore.
Si trovava in mezzo al bosco. Da quella finestra poteva vedere l'enorme massa verde che si stagliava per miglia e miglia. Spostò lo sguardo verso destra e poco distante vide delle costruzioni completamente in legno da cui provenivano dei rumori. Rumori molto famigliari.
- Hidalgo! - esclamò all'improvviso.
Dalle costruzioni provenivano diversi nitriti. Erano delle stalle e il suo cavallo poteva trovarsi lì.
Senza pensare ad altro la giovane si girò e si avviò verso la porta senza nemmeno dare uno sguardo al resto della stanza. Non le interessava. Nulla le interessava in quel momento a parte ritrovare il suo cavallo e tornarsene a casa. Doveva andarsene da lì a tutti i costi.

 
***
 
 
 
- Ti rendi conto che adesso siamo in serio pericolo?
Quella mattina, dopo che aveva scoperto della presenza della ragazza nella sua tenuta, Achille era sbottato.
- Il tuo compito era proteggerla, non portartela a casa!
Connor fissava il suo maestro in silenzio senza saper cosa dire. Sapeva che Achille aveva ragione, ma che altro avrebbe potuto fare? Dopo l'aggressione la ragazza era rimasta ferita abbastanza gravemente ed oltretutto era pure svenuta. Non avrebbe mai potuto lasciarla in quel campo.
- Connor! - Achille pronunciò a gran voce il nome del suo allievo credendo che quest'ultimo non lo stesse ascoltando.
Connor si riscosse.
- Ragazzo, mi stai ascoltando? - chiese Achille con una punta di stizza nella voce.
- Certo, maestro. - rispose il giovane. Poi fece una pausa. - Mi dispiace.. - concluse infine.
Achille si girò su se stesso dando le spalle all'allievo.
- I Templari faranno di tutto per riaverla, lo sai questo?
Connor abbassò lo sguardo.
- Lo so. - rispose a voce bassa.
Il bastone da passeggio del maestro picchiò forte sul pavimento provocando un rumore sordo.
- E allora perché diavolo l'hai portata qui? Se scoprono dove si trova uccideranno tutti pur di portarsela via! Sai anche questo vero? - la voce di Achille si stava alzando sempre di più, segno che era molto arrabbiato.
Connor rispettava il suo maestro, ma decise comunque di dire la sua.
- Era gravemente ferita, maestro, ed è svenuta. Non avrei mai potuto abbandonarla lì! - replicò il giovane forse con voce un po' troppo dura. - Non potevo nemmeno riportarla a casa sua dato che non ho la minima idea di dove abiti e anche se lo avessi saputo sarebbe stato troppo rischioso. I Templari l'avrebbero catturata di lì a poche ore.
Achille, sempre dando le spalle a Connor, girò lievemente il viso verso di lui e, chiudendo gli occhi, fece un lungo sospiro.
- Lo so che non avevi scelta, Connor. Lo so. - il maestro scosse la testa - Il problema è che ora siamo in serio pericolo anche noi, oltre che alla ragazza. Dobbiamo trovarle un altro posto sicuro.
Connor annuii senza dire nulla.

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Capitolo 4
*** Dove sono? ***


Capitolo 4 - Dove sono?

Cercando di non fare troppo rumore, Scarlet aprì la porta della stanza e guardò fuori lungo il corridoio. Era deserto, ma sentiva chiaramente delle voci provenire dal piano sottostante. Con circospezione sgusciò fuori dalla stanza e si appiattì lungo la parete.
- Calma e sangue freddo. Uscirai di qui. - si disse sottovoce per farsi forza. Dopodiché prese ad esplorare con gli occhi l'ambiente che la circondava.
Alla sua sinistra, in fondo al corridoio, c'era una rampa di scale che portava al piano di sotto, mentre alla sua destra aveva una finestra da cui filtrava la luce di un sole ormai alto nel cielo. Infine, oltre ad alcune porte sparse lungo le pareti, di fronte a lei c'era un arco che conduceva in una stanza molto grande, forse una sala da pranzo.
La ragazza prese a muoversi lentamente per evitare di far scricchiolare le assi di legno sotto i suoi piedi, dirigendosi per prima cosa verso la finestra alla sua destra. Si avvicinò lentamente ad essa e una volta raggiunta si appoggiò alla parete e guardò fuori cercando di rimanere comunque nascosta alla vista di eventuali abitanti di quel posto che sarebbero potuti passare li sotto. Il paesaggio che poteva ammirare era lo stesso che aveva visto dalla finestra della stanza che aveva appena lasciato. Scarlet provò ad aprire la finestra, ma con sgomento si accorse che era fissa e non aveva alcun tipo di maniglia. Con l'ansia che gli solleticava lo stomaco si girò e guardò la rampa di scale di fronte a lei, quella che portava al piano di sotto.
- Accidenti.. - sussurrò.
Le voci si sentivano ancora, quindi era impensabile passare per le scale. Una volta arrivata di sotto l'avrebbero sicuramente vista. L'unica possibilità era attraversare l'arco e vedere se nella stanza c'era qualche finestra apribile. Avrebbe anche potuto provare ad aprire le svariate porte lungo il corridoio, ma per paura di venire udita lasciò perdere.
Scarlet scivolò attraverso l'arco senza il minimo rumore e si ritrovò in una stanza molto ampia. Al centro c'era un tavolo ornato con un'elegante tovaglia rossa sopra il quale torreggiava un grosso libro aperto tutto consumato. Agli angoli della stanza erano state riposte delle vistose credenze e i muri erano addobbati con dei graziosi quadri raffiguranti alcune scene navali. Ma la cosa che Scarlet notò per prima fu l'enorme porta finestra che dava su un balcone di medie dimensioni. Senza perdere ulteriore tempo si diresse decisa verso di essa e, con un sospiro di sollievo, apprese che questa si poteva aprire.
Una volta uscita sul balcone una leggera folata d'aria fresca le scompigliò i lunghi capelli e la luce del sole la accecò per alcuni secondi. Senza pensarci troppo si catapultò verso il parapetto e guardò giù. Il balcone non stava a molti metri da terra e con un po' di coraggio sarebbe riuscita benissimo a calarsi di sotto.
Dopo aver preso un bel respiro, Scarlet scavalcò il parapetto del balcone e con cautela si afferrò ad esso fino all'estremità. Dopodiché avrebbe solo dovuto lasciarsi andare di sotto.
- Fa che non mi faccia male.. - disse la giovane con una leggera punta di preoccupazione nella voce.
Poi mollò la presa.
 
 
 
***
 
 
 
Achille si sedette sulla sua poltrona e si appoggiò comodamente allo schienale. Connor lo guardò e, incrociando le braccia al petto, si appoggiò allo stipite della porta con la schiena.
- Dove suggerisci di portarla? - chiese il giovane.
Achille lo guardò con sguardo grave, sospirando. - E' un bel problema, ragazzo. Non possiamo di certo rinchiuderla in una stanza o in una grotta. Inoltre a Boston potrebbe avere dei parenti o un fidanzato che, non vedendola tornare, allerterebbero le guardie. E allora si che al quel punto diventerebbe veramente pericoloso. Sai meglio di me che Boston è interamente in mano ai Templari.
 Connor scosse la testa. Sapeva benissimo come giravano le cose a Boston.
- Quindi dovremo sì trovarle un posto sicuro, però dovremo anche permetterle di avere una vita normale o perlomeno quasi normale. - concluse Achille.
- Ma non potremo semplicemente tenerla qui nella tenuta? Alla fine siamo sempre in costante pericolo di questi tempi, quindi credo che la sua presenza qui non aggravi di molto la nostra situazione. - disse Connor guardando il suo Maestro.
Achille staccò la schiena dalla poltrona sporgendosi verso Connor. - No, non possiamo. Almeno non qui nella casa. Ma potremo affidarla a Myriam e Norris per temporeggiare.
Connor scosse nuovamente la testa, questa volta in segno di protesta. - Affidandola a Myriam e Norris metteremo loro in pericolo, non possiamo.
Achille rimase in silenzio per alcuni secondi. Connor aveva ragione, però la ragazza non poteva assolutamente rimanere nella tenuta, era troppo rischioso. Anche per un altro motivo.
- Parlerò con Myriam e Norris e sentirò cosa ne pensano loro. Poi decideremo cosa fare. - disse infine Achille alzandosi faticosamente dalla poltrona - E dobbiamo trovare anche una soluzione per i suoi capelli.
Connor guardò il suo Maestro senza capire. - I suoi capelli? - chiese confuso.
Achille si appoggiò al bastone da passeggio e fece alcuni passi incerti verso il suo allievo. - Il biondo cenere non è un colore molto comune da queste parti come anche i suoi occhi tendenti al viola. Ora che i Templari l'hanno riconosciuta sarà bene camuffarla in qualche modo.
Connor annuii in silenzio.
- E ora va a vedere come sta, potrebbe essersi svegliata. - disse Achille con un gesto della mano.
- Forse è il caso che ci vai tu, Maestro. Sicuramente farà mille domande alle quali io non saprò rispondere. - replicò Connor.
Achille superò lentamente Connor con il suo passo storto. - Per ora non dobbiamo rispondere a nessuna delle sue domande e poi scommetto che preferisca la visita di un bel giovanotto invece che quella di un vecchio zoppo. - disse con una risata divertita.
Connor cercò di protestare ulteriormente ma non ne ebbe il tempo. Un sonoro tonfo proveniente dalla finestra sulla destra distolse la sua attenzione e quella di Achille.
- Ma cosa..? - il ragazzo si avvicinò alla finestra e quando la raggiunse vide attraverso il vetro una figura che si rialzava da terra tutta dolorante. Quando essa alzò il viso circondato da una massa scompigliata di capelli biondi, due occhi viola fissarono quelli nocciola di Connor. Rimasero a fissarsi per alcuni secondi, poi la ragazza si girò e si mise a correre verso le stalle.
- Accidenti! - Connor scattò velocissimo verso la porta d'ingresso della tenuta e l'aprì precipitandosi fuori.
- Non deve fuggire, Connor! Fermala! - gli urlò dietro Achille.
Ma Connor nemmeno lo ascoltò. Lo sapeva benissimo che non doveva lasciarla scappare.

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Capitolo 5
*** In fuga ***


Capitolo 5 - In fuga
 
L'atterraggio non fu così morbido ma soprattutto così semplice come Scarlet aveva immaginato. Appena i suoi piedi sfiorarono terra, le sue gambe cedettero facendola cadere con tutto il peso sul terriccio sottostante e provocandole un dolore acuto alla schiena. La ragazza però, cosciente del fatto che la sua caduta aveva provocato un sonoro tonfo, cercò di non pensare al dolore e con una smorfia si rialzò. Sicuramente l'avevano sentita. L'ansia ricominciò a fluire nel suo corpo con violenza. Doveva andarsene subito.
Mentre si rialzava, alzò il viso e con sgomento vide che era atterrata proprio di fronte ad una finestra del piano sottostante. Non si accorse subito della figura che la stava fissando da oltre il vetro, le ci vollero alcuni secondi per scorgere i due occhi color nocciola che la stavano guardando con stupore.
Il respiro le si bloccò per la paura, ma l'adrenalina che aveva in corpo la fece scattare come una lince. Nel preciso momento in cui si girò per iniziare a correre verso le stalle, vide con la coda dell'occhio che anche la figura all'interno della casa si era mossa velocemente sparendo dalla finestra. Pochi secondi dopo sentì dietro di sé il rumore di una porta che veniva aperta con violenza seguita da uno scalpiccio di passi concitati.
 
Con il fiato corto, Scarlet aumentò l'andatura più che poté. Aveva male ovunque e le gambe di tanto in tanto gli cedevano leggermente, costringendola ad appoggiare una mano a terra per aiutarsi a rialzarsi e riprendere la corsa. Il suo inseguitore continuava ad intimargli di fermarsi, ma lei non ne aveva la minima intenzione.
Finalmente arrivò alle stalle e, con uno sguardo avido e al tempo stesso terrorizzato, cercò Hidalgo tra alcuni cavalli che erano legati ad una staccionata, ma nessuno di loro era lui. Rallentando l'andatura, provò anche a chiamarlo con la voce, ma nessuno dei cavalli rispose al suo richiamo. Hidalgo non era lì.
Scarlet si girò per una frazione di secondo, giusto il tempo di vedere che il suo inseguitore l'aveva quasi raggiunta. Con uno scatto la ragazza raggiunse i cavalli legati alla staccionata e ne scelse uno a caso. Nessuno di loro era sellato, ma non si preoccupò troppo. Fortunatamente sapeva cavalcare anche a pelo e senza finimenti. Con un gesto fulmineo slegò uno dei cavalli e con un balzo gli fu in groppa in men che non si dica. Subito lo spronò con la voce e il cavallo, dopo una serie di sgroppate in segno di protesta, si lanciò al galoppo sfrenato verso il bosco.
 
 
 
***
 
 
 
Nonostante il volo dal balcone e il fatto che inciampasse di tanto in tanto, probabilmente a causa del dolore, la ragazza era più in forma del previsto. Connor non riusciva ancora a credere al modo in cui era riuscita a fuggire dalla sua stanza e soprattutto non capiva come facesse a correre così veloce dopo tutto quello che aveva passato la notte prima. Aveva quasi raggiunto le stalle e Connor capì all'istante quello che la ragazza aveva in mente. Aumentò ancora l'andatura ma non riuscì comunque a raggiungerla prima che lei balzasse in groppa ad uno dei cavalli di Achille.
Senza indugiare, Connor slegò il suo mustang nero che era legato vicino a tutti gli altri cavalli del suo Maestro e a sua volta balzò su di esso spronandolo all'istante.
La ragazza aveva guadagnato molto terreno, ma Connor non si preoccupò. Non sarebbe mai riuscita a scappare.

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Capitolo 6
*** Di nuovo a terra ***


Capitolo 6 - Di nuovo a terra

Il cavallo correva a più non posso tra gli alberi e più di una volta Scarlet ebbe paura di schiantarsi addosso ad uno di essi. Sapeva sì montare a pelo e senza finimenti ma era la prima volta che lo faceva ad una velocità così elevata. Le ginocchia e le gambe le facevano male da quanto le stringeva forte per evitare di cadere e le dita delle mani, strette alla criniera del cavallo, erano tutte indolenzite. Durante la corsa si girò più volte per vedere se il suo inseguitore era ancora dietro di lei e con sollievo vide che nessuno la stava più inseguendo. Forse era riuscita a seminarlo.
Il cavallo iniziò a rallentare, segno che si stava stancando. Scarlet lo lasciò rallentare per permettergli di riprendersi e anche lei si concesse di allentare la presa con le ginocchia e le mani. La giovane si rilassò e iniziò a guardarsi in giro. Appena aveva spronato il cavallo non si era preoccupata della direzione da prendere, aveva lasciato fare all'animale. Dopotutto l'importante era andarsene da quel posto. Il bosco non era molto fitto nel posto in cui si trovava ora, però non stava percorrendo una strada battuta e questo significava che poteva trovarsi ovunque. Scarlet non aveva idea in che direzione si trovasse Boston e nemmeno quando distasse. Poteva essersi avvicinata come allontanata.
- Cavolo.. - l'ansia ricominciò a farsi strada in lei sotto forma di un lungo brivido che le percorse tutta la schiena fino ad arrivare all'attaccatura dei capelli. Doveva assolutamente tornare a Boston e andare da Thomas. Lui avrebbe saputo aiutarla.
Con un deciso colpo di gambe spronò nuovamente il cavallo, il quale partì con un lungo slanciò.
Scarlet non si accorse nemmeno della grossa figura nera che gli si parò davanti all'improvviso. Il suo cavallo nitrì forte e si impennò sulle zampe posteriori facendola cadere rovinosamente a terra. La schiena della ragazza picchiò forte sul terreno e il respirò le si fermò in gola dal dolore. Provò a rialzarsi ma non ce la fece.
Questa volta non aveva più scampo.
 
 
 
***
 
 
 
Connor riusciva ancora a scorgere la ragazza davanti a se che fuggiva al galoppo sfrenato tra gli alberi, ma non sarebbe andata lontano. Syrio, il cavallo che la giovane aveva scelto per fuggire, non era dei più docili e Connor sapeva benissimo che l'animale non le avrebbe mai ubbidito per quanto riguardava la direzione da prendere. Syrio era noto per le sue scappatelle, scappava spesso e volentieri, anche più volte al giorno. Sapeva slegarsi da solo e aprirsi il recinto, ma in ogni caso fuggiva sempre per la stessa strada, come in quel preciso momento.
La ragazza sparì tra gli alberi del bosco e Connor cambiò bruscamente direzione prendendo una piccola strada battuta alla sua sinistra. Il suo mustang nero aumentò l'andatura fino ad arrivare ad un piccolo incrocio di sentieri che precedeva una grande radura.
Non dovette aspettare molto.
Dopo alcuni minuti Connor scorse la ragazza in groppa a Syrio che veniva dritta nella sua direzione. Anche quella volta Syrio non si era smentito per quanto riguardava la fuga.
La ragazza si stava guardando in giro, forse per cercare di capire dove si trovava. Dopo una breve ispezione spronò il cavallo e fu in quel preciso momento che Connor le si parò davanti sbucando improvvisamente dai cespugli. Syrio si impennò nitrendo con vigore e la ragazza cadde di schiena a terra, colta alla sprovvista. Connor scese rapido dal suo mustang e le fu subito vicino. Si sentiva in colpa per averla fatta cadere, ma d'altronde non aveva avuto scelta.

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Capitolo 7
*** Presentazioni ***


Capitolo 7 - Presentazioni

Una figura maschile entrò nel campo visivo di Scarlet. La prima cosa che notò dell'uomo furono i suoi vestiti. Portava una lunga casacca blu e bianca che terminava a coda di rondine e che oltretutto gli fungeva pure da mantello. Era tutta ornata con bottoni particolari, strani fili colorati e piume, probabilmente d'aquila. Sotto la casacca portava una camicia bianca leggermente scollata, ornata anch'essa con dei bottoni strani. Al posto di una classica cintura portava una specie di foulard rosso legato alla vita sopra il quale torreggiava uno strano simbolo simile ad un triangolo con la punta in alto. I pantaloni neri del giovane erano poco visibili causa dei stivali marroni molto alti che gli arrivavano fin quasi alle cosce e fermati ad esse con dei lacci, anch'essi marroni.
Scarlet lo fissò con uno sguardo duro, cercando di non lasciarsi prendere dal panico. Non voleva mostrarsi spaventata o debole, ma pronta a tutto pur di salvarsi. Guardandolo meglio, Scarlet scorse sul viso dell'uomo dei lineamenti particolari. Aveva la pelle leggermente scura e i suoi tratti somatici erano quelli tipici di un nativo americano.
La ragazza si alzò con il busto reggendosi sui gomiti e all'improvviso notò che il tizio era armato. Prima, distratta dai suoi indumenti, non aveva notato l'arco e la faretra piena di frecce che il ragazzo portava sulla schiena, per non parlare di una strana ascia che aveva appesa ad un fianco.
- Se devi uccidermi, fallo in fretta. - sibilò Scarlet guardando con durezza l'uomo negli occhi.
- Non voglio ucciderti e nemmeno devo farlo. - rispose lui con voce tranquilla. Poi le porse una mano per aiutarla a rialzarsi.
Scarlet rimase immobile fissando l'uomo negli occhi e rifiutando il suo aiuto. - E allora che vuoi da me? - gli chiese con voce sospettosa.
Lui, sempre con la mano tesa verso di lei, la guardò quasi con dolcezza. - Voglio solamente aiutarti.
Scarlet però non si decideva ad afferrare la mano del giovane. - Sei tu che ha ucciso quel tizio l'altra notte? Quello che mi stava inseguendo?
- Sì.
La giovane non sapeva se ringraziarlo o cosa. Quell'uomo non sembrava cattivo e se l'avesse voluta uccidere sarebbe già stata morta. O magari era semplicemente un bravo attore che sapeva fingersi un angelo custode salvatore di povere fanciulle indifese.
- Chi era quel tizio? - chiese Scarlet. Non era pronta a dargli ancora tutta la sua fiducia.
- Un mercenario mandato da qualcuno per rapirti. - rispose lui sempre con voce tranquilla. Ora però aveva ritirato la mano.
- Più che rapirmi a me sembrava volesse uccidermi. - replicò Scarlet.
Il ragazzo chiuse gli occhi e scosse leggermente la testa. - Ti dirò tutto a tempo debito, ma ora non è il momento. Sei affaticata e hai appena fatto un volo da un balcone oltre che essere caduta da cavallo per la seconda volta nel giro di dodici ore. - poi sorrise.
Scarlet continuò a fissarlo e quel sorriso la fece stare un po' meglio, però non lo ricambiò. - Chi sei? - domandò poi.
- Mi chiamo Connor.
- Connor e basta?
- Connor e basta. - lui sorrise ancora.
Scarlet guardò ancora gli occhi di quell'uomo. No, non poteva essere cattivo. O almeno non voleva credere che lo fosse. Con uno sforzo disumano si alzò da terra, rifiutando nuovamente l'aiuto di lui.
- Io sono Scarlet. - fece una piccola pausa - Scarlet e basta. Ma penso che tu lo sappia già visto che sei stato mandato a salvarmi da un pazzo assassino. - gli disse mentre si toglieva la polvere e il terriccio dai vestiti.
Connor sorrise a quell'affermazione. - In realtà il tuo nome non mi era stato detto. In ogni caso, piacere Scarlet.
Lei lo guardò, ma ancora non riuscì a ricambiare il suo sorriso. - Non credo di avere altra scelta che seguirti. Fai strada. - gli disse poi.
Connor annuii e, recuperati i due cavalli, si avviarono per la strada che conduceva alla tenuta.

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Capitolo 8
*** Decisioni e interrogativi ***


Capitolo 8 - Decisioni e interrogativi

Quella sera a Boston c'era un viavai di gente incredibile. Un vociare allegro attraversava tutta la città rendendo l'atmosfera calda e piacevole, nonostante la brutta aria fredda che tirava.
Il Capitano decise di raggiungere il luogo dell'incontro a piedi invece che a cavallo per destare pochi sospetti. In una strada piena zeppa di persone a piedi, un uomo a cavallo dava alquanto nell'occhio. Charles aveva scelto una locanda poco fuori Boston che assomigliava molto di più ad una bettola, ma al Capitano faceva poca differenza. I problemi erano ben altri.
L'uomo si chiese come Charles avesse intenzione di muoversi ora, visto il fallimento della missione. La ragazza era sparita nel nulla e uno dei suoi uomini era stato brutalmente ucciso, contando che il Capitano sapeva anche da chi. O per lo meno aveva dei sospetti molto forti.
Quando la locanda fu in vista, il Capitano accelerò il passo e, una volta raggiunta la porta, entrò con tranquillità. All'interno faceva molto caldo e l'odore forte dell'alcol regnava sovrano. La locanda era praticamente piena e molti degli uomini al suo interno erano ubriachi e un'altra buona parte rischiava di diventarlo prima della fine della serata. Il Capitano diede una rapida occhiata attorno e, non vedendo Charles, imboccò le scale che portavano al piano superiore. Di sopra la situazione non era molto diversa dal piano sottostante, ma fortunatamente c'era molta meno gente.
Charles era seduto ad un tavolo sul fondo della sala accompagnato da altri due uomini. Stava sorseggiando della birra e sembrava particolarmente tranquillo. Gli altri due uomini stavano parlando fra di loro, anch'essi accompagnati da un boccale di birra. Non appena il Capitano entrò nel campo visivo degli uomini, tutti e tre si alzarono, Charles in testa.
- Signore. - disse chinando leggermente il capo.
- Comodo, Charles. Anche voi. - replicò il Capitano con un leggero cenno della mano.
I quattro uomini si sedettero al tavolo e il Capitano fece un cenno alla locandiera ordinando una birra. Dopodiché iniziò a parlare con calma.
- Signori, immagino che sappiate il motivo di questa nostra riunione.. - fece una piccola pausa per guardare negli occhi i presenti e dopo continuò senza troppi giri di parole - La missione è fallita. Ho perso uno dei miei uomini e la ragazza è scomparsa. Noi tutti sappiamo che questo è un grosso problema.
Charles alzò leggermente il mento e gli altri due uomini rimasero impassibili. Il Capitano si sistemò comodamente sulla sedia e aspettò commenti. Nel frattempo la locandiera arrivò con la birra e, dopo averla posata sul tavolo, si dileguò senza una parola.
Charles incrociò le braccia sul petto e guardò il suo Capitano. - Non era stato previsto alcun margine di errore per questa missione. Ora che la ragazza sa di essere ricercata se ne starà nascosta da qualche parte e sarà difficile trovarla. - commentò.
Il Capitano annuii leggermente. - Questo sicuramente rallenterà i tempi, ma diciamo che siamo stati fortunati.
Charles guardò l'uomo con sguardo interrogativo.
- Colui che ha ucciso il mio uomo ha lasciato delle.. tracce. - fece una piccola pausa e diede un sorso di birra - Le ferite che ha inferto le conosco fin troppo bene.
Charles sgranò leggermente gli occhi azzurri, segno che aveva capito di chi stavano parlando. - Ne è certo, signore? - chiese poi.
Il Capitano annuii tranquillo. - Più che certo. Questo ci aiuterà a trovare la ragazza, ma dobbiamo sbrigarci. Sicuramente la terrà nascosta da qualche parte, ma a noi non interessa.
Per la seconda volta il volto di Charles assunse un'espressione interrogativa. - Non vuole attuare un attacco diretto?
- No. - replicò deciso il Capitano finendo la sua birra - Sarebbe troppo rischioso e soprattutto troppo scontato. Aspetteremo che la dolce fanciulla ci cada tra le braccia, molto semplicemente. L'unica difficoltà sarà la tempistica, ma di quello ci occuperemo molto presto.
Nessuno ebbe da ridire. Charles annui, seguito dai due uomini.
- A risentirci, dunque. - il Capitano si alzò e, senza aggiungere altro, lasciò la locanda.
 
 
***
 
 
Non ci misero molto a tornare alla tenuta e subito Scarlet si accorse di quanta poca strada aveva percorso tentando si scappare. Molto probabilmente aveva girato in tondo senza accorgersene.
Connor procedeva di buon passo accanto a lei, tenendo i due cavalli per la lunghina. Non si dissero nulla per tutto il tragitto e il muro di silenzio che c'era tra di loro era carico di interrogativi. Scarlet aveva la mente in subbuglio. Qualcuno aveva tentato di ammazzarla, anche se secondo Connor volevano rapirla. Ma perché? E soprattutto, chi?
"Sono solo una locandiera.." pensò la ragazza chiudendo leggermente gli occhi.
- Ci siamo. - le parole di Connor la fecero riscuotere. Erano tornati alla tenuta.
Scarlet si fermò sul vialetto che conduceva alle stalle lasciando che Connor la precedesse. Aveva paura. Paura delle conseguenze, paura di chi avrebbe trovato in quel luogo e soprattutto paura di venire a conoscenza di cose pericolose.
Connor, vedendo che Scarlet si era bloccata in mezzo al vialetto, si girò leggermente verso di lei.
- Tutto a posto? - le chiese.
Scarlet lo guardò con sguardo inespressivo e non rispose, limitandosi a raggiungerlo. Lui, dopo che la ragazza gli si riaffiancò, procedette ancora per un pezzo di strada e legò i cavalli. Poi guardò Scarlet.
- Entriamo. Ti presento una persona. - le disse gentilmente, sorridendogli appena.
La ragazza si bloccò nuovamente e questa volta fissò Connor negli occhi.
- Ho paura. - fece una leggera pausa, poi continuò - Ho paura, non riesco a fidarmi di te. Non mi sembri cattivo, ma proprio non riesco. Ti giuro che vorrei scappare in questo preciso istante, ma vista la recente esperienza, è il caso che non lo faccia. Vorrei solo che tu mi lasciassi tornare a casa.
Connor la guardò e non riuscì a non provare tenerezza per quella ragazza. Sfortunatamente era incappata in qualcosa di più grande di lei, qualcosa che nemmeno lui sapeva con certezza di cosa si trattasse. Achille era stato molto vago sulla vita di quella giovane, non sapeva praticamente nulla di lei.
- Io.. io non posso lasciarti tornare a casa. E' per il tuo bene. - rispose Connor con dolcezza - Ti prometto che non ti sarà fatto alcun male, sono qui per aiutarti. Non voglio ucciderti, io voglio solamente proteggerti.
Scarlet scosse la testa. - Proteggermi da chi? Sono solo una locandiera, non ho mai derubato nessuno, ne ucciso, non ho mai fatto arrabbiare persone pericolose, nulla. Non ho motivo per essere in pericolo. Ci deve essere un errore, non sono la persona che tu pensi io sia.
Connor non sapeva più che dirle per tranquillizzarla e il fatto che sapesse poco sul suo conto non lo aiutava.
- Ti prego, lasciami andare. - la voce di Scarlet si stava avvicinando ad una supplica disperata.
- Ascoltami.. - il giovane si avvicinò lentamente a lei - Capisco che sei spaventata, che tutte le tue sicurezze che hai avuto fin ora della tua vita sono svanite in poche ore, lo so che hai paura. Ma io non posso lasciarti andare, se lo permettessi non riusciresti nemmeno ad arrivare a Boston. Le persone che ti cercano sono pericolose, spietate. Hai bisogno di qualcuno che ti stia vicino, che ti insegni a sopravvivere. E non sto mettendo in dubbio le tue capacità, assolutamente no. Il problema è chi ti cerca, loro non si fanno scrupoli. - mentre parlava Connor si era avvicinato alla ragazza e, ora che l'aveva di fronte, le toccò leggermente la spalla. Voleva fargli capire che doveva fidarsi, altrimenti non ce l'avrebbe fatta.
Scarlet fissò Connor negli occhi per tutto il tempo. Il tocco leggero di lui sulla sua spalla le accese una piccola speranza in fondo al cuore. Credette alle sue parole, questa volta senza alcun dubbio. - Va bene. - sussurrò poi. Chiuse gli occhi per alcuni secondi e prese un bel respiro.
Connor capì che finalmente era pronta. Con un cenno le fece segno di seguirlo e lei ubbidì senza proferir parola.

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Capitolo 9
*** Incontro alla tenuta ***


Capitolo 9 - Incontro alla tenuta

La porta d'ingresso sulla tenuta si affacciava su un corridoio medio lungo e su una rampa di scale che portava al piano superiore. Scarlet pensò che era la rampa che aveva visto poco prima quando era uscita dalla sua stanza.
Connor procedette di alcuni passi e deviò a destra, entrando in una porta molto ampia fatta ad arco. Scarlet lo seguì per ritrovarsi in quello che sembrava un salotto. Le pareti erano tappezzate di quadri raffiguranti paesaggi boschivi e battaglie navali. La stanza era molto grande e ospitava ogni sorta di credenza finemente lavorata. Sulla sinistra si trovava un caminetto circondato da alcune poltrone e il fuoco era acceso, cospargendo nella stanza un'atmosfera calda e accogliente. E su una di queste poltrone era seduta una persona. Scarlet ci mise un po' a notarla e quando si accorse di quella presenza, si bloccò sull'entrata del soggiorno. Connor, invece, aveva raggiunto la persona seduta sulla poltrona e gli fece un cenno con il capo.
- Oh bene.. - l'uomo si alzò con molta fatica reggendosi ad un bastone. Aveva una voce estremamente roca, segno che l'età stava avanzando rapidamente nel suo corpo. Si avvicinò lentamente a Scarlet e, quando fu a pochi passi da lei, la osservò quasi rapito.
Scarlet si sentiva estremamente a disagio. Era un uomo piccolo con la pelle scura, ben vestito e ben curato. Non sapeva dire quanti anni avesse, ma in ogni caso doveva essere abbastanza anziano visto le sue movenze rallentate e la sua voce roca. Per non parlare delle profonde rughe che solcavano il suo viso.
- Come ti chiami? - l'uomo parlò con voce estremamente calma.
Scarlet ci mise alcuni secondi a rispondere. Quella domanda le sembrò quasi una presa in giro. Non sapeva perché, ma il modo in cui quell'anziano signore la guardava... sembrava come se la conoscesse o comunque l'avesse già vista. Ma lei ne era certa, quell'uomo non lo conosceva.
- Scarlet. - rispose lei con un filo di voce.
Lui la guardò ancora per alcuni secondi e poi si rivolse a Connor. - Che ne dici di presentare la nostra nuova ospite alla comunità?
Scarlet guardò Connor a sua volta e poi tornò con lo sguardo sull'anziano. - Comunità? - chiese senza capire - Io credevo che mi spiegaste il perché mi avete portata qui! - la ragazza alzò leggermente la voce.
- Ogni cosa a suo tempo, ragazza. - rispose l'anziano chiudendo leggermente gli occhi.
- Ogni cosa a suo tempo?! - Scarlet stava iniziando a perdere la pazienza - Ho rischiato la vita, un pazzo mi ha quasi ammazzata, mi ritrovo in questo stramaledettissimo posto senza sapere il perché e voi mi dite ogni cosa a suo tempo? - la ragazza indietreggiò di alcuni passi - Voi siete tutti matti! Cosa volete da me? - guardò Connor in cerca di conforto, ma lui non fece una piega.
- Sarò chiaro, ragazza. - la voce del vecchio aveva preso una piega piuttosto dura - Sei in estremo pericolo, la tua vita è in pericolo. Come avrai capito delle persone ti stanno cercando, ma non vogliono ucciderti. Oh no, vogliono fare ben altro di te. Ma credo che spiegarti tutto ora non sia la cosa migliore. Sei ancora scossa e confusa, questo lo posso capire, è normale, è umano. E proprio per questo ora ti darai una calmata e cercherai di fare una vita normale. Quando sarai pronta, ti dirò tutto.
Scarlet fissò l'anziano scuotendo leggermente il capo. - Voi parlate di vita normale? Come posso fare una vita normale se mi ritrovo costretta in questo posto?
L'uomo fece un passo verso di lei. - Costretta? Ti sei per caso ritrovata in catene? Ti abbiamo picchiata e rinchiusa in uno scantinato? Non mi sembra. Ti abbiamo solamente salvato la vita e soprattutto ti stiamo dando la possibilità di vivere una vita normale.
Scarlet aveva paura di quell'uomo. Aveva una calma quasi spettrale in corpo. Il modo con cui scandiva le parole le metteva una soggezione in credibile e qualcosa, nel profondo, le consigliava di non contraddire quell'uomo.
- Io ho una vita normale ed è a Boston. Sono una locandiera e abito in una casa ai margini del bosco. Questa è la mia vita, quella che tu chiami normale. - la ragazza replicò con voce tremula e si odiò per non essere riuscita a rispondere con più decisione.
L'anziano fissò Scarlet negli occhi e quest'ultima non riuscì a reggere il suo sguardo. - Ti dico solo questo. La tua vita di prima non esiste più. Mi dispiace essere così duro, ma questo devi saperlo. - dopodiché l'anziano si rivolse a Connor - Portala a conoscere Prudence e Warren per prima cosa. Sono sicuro che le farà bene.
Connor annuii e fece alcuni passi verso Scarlet. La ragazza si sentiva completamente svuotata dentro. Non riusciva a provare altro che smarrimento e paura. Una lacrima le solcò la guancia e istintivamente abbassò il volto verso il basso.
- Andate. - concluse il vecchio. Dopodiché uscì dalla stanza con passo incerto, il bastone che picchiava sul pavimento.
Connor si avvicinò lentamente a Scarlet e con un flebile - Andiamo.. - la condusse dolcemente fuori dalla tenuta.

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Capitolo 10
*** Nuove occupazioni ***


Capitolo 10 - Nuove occupazioni

La casa di Prudence e Warren non distava molto, circa una quindicina di minuti a piedi, così Connor decise che non avrebbero preso i cavalli. Voleva parlare un po' con la nuova arrivata, per conoscerla un po' meglio. Achille aveva promesso che in quei giorni le avrebbe raccontato tutto su quella ragazza, ma per ora voleva conoscerla un po' da sé. In fondo era la cosa migliore.
Scarlet camminava di fianco a Connor, mantenendo una certa distanza. Ancora non riusciva a fidarsi di lui, non capiva perché nessuno volesse dirle per quale motivo doveva trattenersi in quel posto. L'anziano che le aveva parlato poco prima non le aveva fatto una buona impressione. Il modo in cui l'aveva fissata.. ne era certa, quel tizio conosceva qualcosa su di lei. Ma cosa? Magari qualcosa che lei sapeva già, ma non ne era per niente convinta. Le stava nascondendo qualcosa.
- Mi spiace che Achille sia stato un po' duro, prima. - la voce di Connor si insinuò nella testa della ragazza, stravolgendole tutti i pensieri. All'inizio non afferrò subito, ma dopo capii che Achille era l'anziano della tenuta, proprio colui a cui stava pensando in quel momento.
Scarlet non rispose. Quella situazione le stava procurando sentimenti confusi, tra i quali torreggiava anche un senso di fastidio. In realtà un po' si sentiva in colpa, in fondo quel ragazzo le aveva salvato la vita.. ma in ogni caso ora la stava trattenendo in un posto in cui lei non voleva stare.
Connor, vedendo che la ragazza non disse nulla, decise di non insistere. Però voleva farla parlare, in qualche modo. Era convinto che non le facesse bene che lei si tenesse tutto dentro e poi quella curiosità che lo attanagliava.. non sapeva esattamente perché ma anche lui voleva conoscere di più sul suo conto.
L'arietta di prima mattina che tirava dolcemente nel bosco era molto piacevole. A tratti portava aromi di muschio e pino, e in altri momenti si sentiva la fragranza dei fiori selvatici. Scarlet si guardò un po' in giro e rimase affascinata dalla bellezza che la circondava. Amava molto i boschi e ne aveva girati molti, ma lì era diverso. C'erano molti animaletti selvatici che sgattaiolavano qua e la e la luce del sole che trapassava dolcemente i rami degli alberi la accarezzava sul viso. Era una sensazione bellissima, provata pochissime volte. Quelle magnifiche sensazioni la rasserenarono un po' e qualche pensiero positivo iniziò ad invaderla. Forse ci sarebbe voluto solo un po' di tempo e tutto si sarebbe risolto. Lo sperava con tutto il cuore. Con la coda dell'occhio osservò Connor al suo fianco che camminava tranquillo. Continuava a ripetersi che quel ragazzo non poteva essere cattivo e ne era quasi certa. Forse avrebbe dovuto fidarsi di lui.
- L'anziano, quello che tu hai chiamato Achille.. - iniziò timidamente Scarlet - E' tuo padre?
Connor si girò verso di lei, quasi sorpreso nell'udire la sua voce.
- No, no, non lo è. Ma per me è come se lo fosse. - rispose poi.
- Capisco. - commentò Scarlet.
- Non è un uomo cattivo, te lo posso assicurare. Ti ripeto che mi dispiace per la sua durezza di poco fa, ma vedrai che a suo tempo ti spiegherà tutto. Te lo assicuro. - Connor le parlò con quella sua voce calma che infondeva sicurezza.
Scarlet si girò per qualche secondo verso di lui. - Va bene. - gli disse poi, tornando con lo sguardo davanti a sé.
Mancava poco alla casa di Prudence e Warren e Connor era convinto che avrebbero aiutato molto Scarlet. Erano due brave persone, estremamente generose e sempre pronte ad aiutare il prossimo. Si sarebbero trovati benissimo insieme e poi Scarlet avrebbe potuto aiutare Prudence con il piccolo. Dopo il parto la donna era rimasta un po' debole e Scarlet avrebbe potuto aiutarla con le faccende di casa, così si sarebbe anche tenuta occupata con qualcosa.
Finalmente la casa di Prudence e Warren fu visibile in lontananza, oltre il loro campo di grano. Connor accelerò il passo e Scarlet lo seguì a ruota.
- Warren e Prudence sono due brave persone, ti piaceranno vedrai. - disse Connor alla ragazza con un ampio sorriso. Lei si limitò ad annuire.
Man mano che si avvicinavano alla casa, Scarlet notò diversi attrezzi agricoli sparsi qua e la, oltre ai campi di verdure che si estendevano di fianco all'abitazione. Quelle persone erano sicuramente dei contadini.
Raggiunsero la porta d'ingresso, collocata sulla veranda, raggiungibile tramite piccola scalinata composta da tre gradini. Connor busso leggermente alla porta e attese qualche secondo. Dall'interno si udirono subito alcuni rumori e subito dopo la porta si aprì.
- Connor! Che piacere vederti! - una donna di colore accolse Connor con un bel sorriso. Era vestita molto sobriamente: una maglia bianca con le maniche alzate fino ai gomiti e una gonna azzurrina lunga sopra la quale c'era un grembiule da cucina. La donna teneva i capelli raccolti in una specie di bandana colorata che Scarlet notò subito.
- Salve Prudence, come stai? - salutò Connor gentilmente.
- Molto bene! Fortunatamente questa notte il piccolo Hunter ha dormito senza mai svegliarsi. La prima notte che accade! - rispose la donna con un altro sorriso.
- Ne sono molto felice, Prudence. Finalmente sei riuscita a riposarti un po'!
Prudence rise leggermente. - Decisamente! Ultimamente Norris non si voleva mai svegliare di notte, per cui dovevo alzarmi sempre io.. ah, che marito!
I due risero insieme e poi lo sguardo della donna si posò su Scarlet.
- Oh, abbiamo una nuova ospite! - esclamò gentilmente Prudence.
La ragazza alzò leggermente lo sguardo e fece un piccolo sorriso, notevolmente a disagio.
Connor si scostò leggermente e mise una mano sulla spalla di Scarlet. - Prudence, ti presento Scarlet. E' appena arrivata qui da Boston e rimarrà nella nostra comunità per un po'.
Prudence si sporse verso la ragazza e l'avvolse in un caloroso abbraccio. - Benvenuta, Scarlet. Ti troverai bene qui con noi, vedrai. E forse non vorrai nemmeno più andare via!
Scarlet rimase sorpresa da quel comportamento particolarmente affettuoso di Prudence, ritrovandosi completamente impreparata. Ci mise un po' a ricambiare l'abbraccio e quando lo fece non ne era molto convinta. Riuscì a mormorare un grazie e sorrise leggermente.
- Non vi ho nemmeno fatti entrare, che maleducata.. venite pure avanti! - Prudence si scostò di lato per permettere a Connor e Scarlet di passare, dopodiché chiuse la porta e precedette i due verso il salotto.
Scarlet si sentiva strana, l'abbraccio di Prudence l'aveva completamente spiazzata. In fondo quella donna non la conosceva, non sapeva nemmeno chi fosse.. eppure lei l'aveva accolta in casa sua come se fosse un'amica. Nessuno si era mai comportato così con lei.
- Accomodatevi pure ragazzi, io vado un attimo in cucina. - disse Prudence indicando un piccolo divanetto addossato alla parete. Poi scomparve dietro la volta che dava su un piccolo corridoio. Scarlet si sedette e, di fianco a lei, Connor. Prudence invece, tornò poco dopo con un vassoio che appoggiò su un tavolino poco distante dal divano e successivamente si sedette anche lei, di fronte ai due ospiti.
- Servitevi pure! E' un nuovo thè che ho acquistato a Boston alcune settimane fa. Invece i biscotti sono una mia specialità! - disse la donna facendo l'occhiolino quando nominò i suoi biscotti.
- Grazie, Prudence. - rispose Connor con un cenno.
La donna poi, spostò lo sguardo su Scarlet.
- Dunque, Scarlet, raccontami un po' di te. - le disse sorridendo.
Scarlet alzò leggermente lo sguardo. Non aveva fame, né tantomeno voglia di parlare. Cosa avrebbe dovuto dirle poi? Connor non le aveva detto se evitare il racconto dell'aggressione, anche se pensò lei stessa che era meglio non nominarlo.
- Ecco io.. - la ragazza tentennò alcuni secondi - sono una locandiera. Lavoro a Boston in una piccola locanda nel centro.
- Oh davvero? Da giovane lavorai anche io come locandiera. Bei tempi! - esclamò Prudence sorseggiando un po' di thè - Fu proprio lì che incontrai Warren, mio marito.
Scarlet fece un mezzo sorriso senza sapere cosa rispondere.
- E come mai ora ti sei trasferita qui? - le chiese poi la donna.
Scarlet aprì leggermente la bocca e rimase lì impalata per alcuni secondi. Cosa avrebbe dovuto dirle? Che un pazzo assassino la voleva rapire e che Connor l'aveva salvata?
- Ecco.. la.. la locanda dove lavoro.. - iniziò la ragazza cercando di prendere tempo.
- La locanda dove lavora ha deciso di chiudere per un po'. Il proprietario ha dei problemi personali da risolvere, così ha deciso che la locanda rimarrà chiusa per un po'. - Connor parlò con calma e decisione e infatti Prudence gli credette. Scarlet tirò un sospiro di sollievo.
- Ah, mi dispiace molto! Quindi stai cercando lavoro? - chiese la donna.
Connor si sistemò meglio sul divanetto e addentò un biscotto. - E' proprio per questo che l'ho portata da te, Prudence. So che ultimamente hai molto lavoro con il piccolo Hunter e anche Warren è occupato con i campi. Ho pensato che forse Scarlet avrebbe potuto darti una mano a svolgere alcuni compiti.
Un ampio sorriso si aprì sul volto di Prudence. - E' un'idea perfetta! Ultimamente mi ci vorrebbero giornate con più di ventiquattro ore vista la moltitudine di cose che ho da fare.. - disse la donna entusiasta. Poi guardò Scarlet. - Ti piacerebbe aiutarmi nelle faccende di casa, Scarlet? Pulire, tenere in ordine, magari fare da mangiare. Che ne pensi?
Scarlet guardò la donna. Ora come ora aveva ben altri programmi in testa, ma sapeva che non aveva altra scelta che accettare.
- Beh, sì.. ti aiuterò volentieri. - fu la sua risposta.
- Bene! - Prudence batté le mani, entusiasta. - Quando vorresti iniziare, Scarlet?
Qui, puntualmente, intervenne Connor. - Se per te va bene inizierà fra un paio di giorni.
Prudence annuì. - Certo, per me va benissimo. Quindi ci vediamo mercoledì, Scarlet?
- Sì, certo. - rispose la ragazza annuendo.
- Benissimo!
Prudence era felicissima, Scarlet un po' meno.

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Capitolo 11
*** Chiacchierata in notturna ***


Capitolo 11 - Chiacchierata in notturna

- Hai intenzione di organizzarmi tutta la mia vita da qui in avanti?
Una volta lasciata la casa di Prudence, Scarlet si era rivolta a Connor con aggressività. Chi era lui per decidere cosa avrebbe fatto, dove e quando? La ragazza stava iniziando a sentirsi una marionetta, una piccola marionetta mossa contro la sua volontà per un fine che lei non conosceva
- Sappi che mi è dispiaciuto farlo, ma ho dovuto. - rispose Connor guardandola.
- Certo, certo.. a te dispiace sempre quello che fai, ma devi farlo. Sempre questo "devo"... ma perché devi? Lo fai per Achille? O per qualcun'altro? Perché io non credo che tu lo faccia per te stesso.
- Infatti non lo faccio per me stesso e non lo faccio neanche per Achille.
- E per chi lo fai allora?
- Lo faccio per te.
Scarlet si fermò. - Lo fai per me? - strinse forte i pugni. - Tu non sai nemmeno chi sono e io non voglio che tu faccia niente per me.
Anche Connor si fermò. - Tu non ti rendi conto in che situazione ti trovi.
- Ovvio che no! Nessuno me lo ha spiegato!
- Abbiamo già parlato di questo. Quando sarà ora saprai tutto.
- Io non lo voglio il tuo aiuto. Non lo voglio.
- Allora tornatene a Boston. Ma sappi che non ti salverò un'altra volta.
Un moto di stizza percorse Scarlet da capo a piedi. - So badare a me stessa.
Connor la fissò negli occhi. - Non resisteresti neanche un'ora a Boston da sola. Come non sei resistita la notte dell'aggressione. Se non sbaglio nel giro di due giorni sei caduta da cavallo.. quante volte? Tre? O quattro?
- Sei proprio uno stronzo.
Connor non fece una piega. - Andiamo.
Scarlet si sorprese della mancata reazione di lui. Come poteva mantenere sempre un sangue freddo simile?
- Dove hai intenzione di portarmi adesso?
Connor non le rispose e continuò a camminare, percorrendo a ritroso la strada che avevano fatto poco prima per raggiungere la casa di Prudence e Warren.
Scarlet avrebbe voluto non seguirlo, avrebbe voluto fare dietrofront e prendere un'altra strada pur di non doverlo vedere più. Pensò che di lì a poco avrebbe iniziato ad odiarlo, o forse lo odiava già.
 
 
 
***
 
 
 
Scarlet passò il resto della giornata chiusa nella stanza della tenuta dove si era risvegliata quella mattina. Dopo il battibecco con Connor avuto in mattinata, lui non le aveva più rivolto la parola. L'aveva solamente riaccompagnata alla tenuta e dopo se n'era andato senza dire nulla. Nemmeno Achille le aveva più parlato, nonostante l'avesse incrociato al suo ritorno. Nessuno venne a cercarla in tutto il giorno, nemmeno alla sera. Sembrava che si fossero dimenticati di lei.
Per la maggior parte del tempo Scarlet rimase stesa sul letto a baldacchino con lo sguardo fisso sul piccolo comodino che stava sulla destra. Quella solitudine improvvisa le riempì la testa di pensieri e preoccupazioni, in primis il suo cavallo Hidalgo. Che fine aveva fatto? Dopo l'aggressione non lo aveva più visto, ma ricordava di averlo sentito nitrire in lontananza. Molto probabilmente era tornato a casa o alla locanda a Boston. In ogni caso doveva assolutamente ritrovarlo. Quell'animale era una delle cose più importanti che avesse e non osava nemmeno pensare di non poterlo rivedere più. Oltretutto le venne in mente che il giorno dopo avrebbe dovuto presentarsi al lavoro. Cosa avrebbe pensato Thomas non vedendola arrivare? Avrebbe avvertito le guardie? Questo era poco ma sicuro e Scarlet non voleva nemmeno pensare alle conseguenze. Avrebbe voluto piangere, ma non ci riusciva. Si sentiva talmente vuota dentro che non riusciva più nemmeno a versare una lacrima. Che ne sarebbe stato della sua vita? O meglio, sarebbe riuscita a sopravvivere? Sarebbe riuscita a vivere come una ragazza, come una donna normale?
Alla fine lo stress e la stanchezza ebbero la meglio. Scarlet si addormentò in compagnia di una piccola e silenziosa lacrima che le scese lungo la guancia.
 
Un brutto sogno la fece risvegliare all'improvviso. La stanza era particolarmente fredda, ma soprattutto buia. Scarlet alzò con fatica la testa dal cuscino e guardando fuori dall'ampia finestra della stanza si accorse che era buio.
- Quanto diavolo ho dormito? - sussurrò piano la ragazza tenendosi la testa con una mano. A quanto sembrava aveva dormito parecchio, ma nonostante questo non si sentiva per nulla riposata.
Scivolò lentamente giù dal letto dirigendosi verso la porta della stanza e aprendola si accorse che qualcuno le aveva lasciato la cena davanti ad essa. Scarlet si accucciò vicino al piatto e constatò che il suo contenuto era ormai freddo da un pezzo. In ogni caso non aveva per niente voglia di mangiare.
A piedi nudi e con passo leggero scese le scale. Il piano terra era avvolto nel silenzio e nessuna luce era accesa. Non aveva idea di che ora fosse, ma a giudicare dall'ambiente circostante doveva essere notte fonda. La ragazza passeggiò un po' lungo il corridoio semibuio, ma poi, per nulla intenzionata ad esplorare la tenuta, si diresse verso la porta d'ingresso e senza pensarci due volte sgusciò fuori rapida e silenziosa come una lince.
La luna piena era alta nel cielo e un'arietta piacevolmente calda muoveva le fronde degli alberi con delicatezza. Scarlet scese la piccola scalinata di pietra che dava sulla strada selciata davanti alla tenuta e camminò per un po' verso le stalle.
Era da tanto che Scarlet non ascoltava la voce della natura di notte. Da piccola lo faceva spesso insieme alle sue amiche dell’orfanotrofio. In estate, quelle poche volte che le permettevano di uscire dopo cena, si dirigeva verso il bosco con le altre ragazze e rimanevano ore ad ascoltare le parole degli alberi, degli animaletti notturni, del vento.. la ragazza inspirò una lunga boccata d'aria e una moltitudine di profumi la invasero. I profumi dell'estate, quanti ricordi..
Le stalle erano avvolte nel silenzio come tutto il resto. Qualche cavallo curioso, sentendo il flebile rumore dei passi di Scarlet, si affacciò dalla stalla per poi tornare all'interno con espressione assonnata. La ragazza fece un piccolo giro del campo davanti alle stalle e poi, soddisfatta, si sentì pronta per tornare a dormire.
Ad un certo punto però, un rumore la bloccò.
Scarlet si guardò intorno spaventata ma non scorse alcun tipo di movimento. Aguzzò la vista verso un paio di cespugli vicino al capanno degli attrezzi ma non vide nessuno. Forse se l'era solo immaginato. Stava per convincersi che era stata solo la sua immaginazione quando lo risentì ancora, ma questa volta il rumore iniziò a ripetersi ritmicamente.
- Che diavolo è? - sussurrò piano.
Un po' impaurita ma anche incuriosita cercò di capire da dove venisse. Fece alcuni passi in avanti e le sembrò che quel rumore ritmico provenisse da qualche parte dietro la tenuta. Chi poteva essere da quell'ora? Ringraziando di avere i piedi nudi che emettevano solamente un flebile fruscio, superò le stalle e seguì il sentiero che portava dall'altra parte della tenuta. Il rumore si faceva sempre più forte e quando finalmente lo sentì a pochissima distanza si nascose dietro il muro della tenuta e sbirciò oltre.
In un piccolo spiazzo senza erba c'era un strano manichino fatto di stracci e di fronte ad esso stava un uomo intendo a prenderlo a botte con ogni sorta di tecnica di combattimento. L'uomo era vestito con un semplice paio di pantaloni lunghi fin sotto il ginocchio ed era a petto nudo. La muscolatura si contraeva ritmicamente ogni volta che colpiva il manichino e di tanto in tanto retrocedeva in posizione di difesa.
Scarlet rimase alcuni minuti a fissare quell'uomo che combatteva con una maestria incredibile e dato che le dava la schiena non riuscii a capire subito chi fosse. Quando però il combattente, madido di sudore, si girò lei lo riconobbe con grande stupore.
Connor.
I loro occhi si incrociarono e si fissarono per alcuni secondi senza dire nulla. Poi fu Connor a rompere il silenzio.
- Scarlet.. - disse lui con un cenno del capo in segno di saluto.
Lei aprì la bocca per dire qualcosa ma rimase impalata in quella posizione per alcuni secondi. Poi finalmente riuscì a rispondere.
- Scusa io... io non volevo disturbarti.
Avrebbe voluto andarsene, quella situazione era troppo imbarazzante. Ma qualcosa la spinse a non muoversi.
- Nessun disturbo. - rispose Connor raccogliendo un piccolo straccio da terra - Non riuscivi a dormire?
- Già.
L'uomo si asciugò il volto con lo straccio e poi si girò accucciandosi a terra per raccogliere alcune armi sparse in giro. - Puoi anche uscire dal tuo nascondiglio. - disse poi.
Scarlet fece alcuni passi incerti verso Connor, scostandosi così dal muro.
- Domani andremo a Boston. - disse lui ad un certo punto mentre si rialzava in piedi.
Scarlet sbarrò gli occhi, sorpresa. - Cosa? Perché? - chiese.
Connor si girò verso di lei. - Ho delle faccende da sbrigare e oltretutto dobbiamo sistemare le cose con il tuo datore di lavoro, se è vero che lavoravi in una locanda.
- Certo che è vero.
- Allora siamo d'accordo.
Connor iniziò ad incamminarsi verso le stalle con in mano le armi che aveva raccolto da terra. Scarlet iniziò a seguirlo con passo deciso.
- Cosa intendi per sistemare le cose con il mio datore di lavoro? - chiese poi la ragazza con voce leggermente allarmata.
- Non ho intenzione di ucciderlo, se è quello che pensi. Non mi permetterei mai di togliere la vita ad un innocente. - Connor le rispose quasi con durezza, come se lei, con quella frase, lo avesse ferito nell'animo.
- Io.. non lo pensavo. Non volevo offenderti. - sussurrò piano Scarlet, cercando di rimediare. In realtà aveva veramente pensato che lui intendesse sistemare la cosa uccidendo Thomas, il suo datore di lavoro. Ma ovviamente evitò di dirglielo vista la sua reazione.
Connor raggiunse il capanno degli attrezzi vicino alle stalle con Scarlet e dopo aver sistemato le armi al suo interno uscì e chiuse la porta. Poi guardò la ragazza.
- Credo sia meglio andare a riposare. Domani dovremo alzarci presto.
Scarlet sembrò ignorare quella frase. - Non mi hai detto cosa intendi per sistemare le cose con il mio datore di lavoro. - gli chiese.
- Gli dirai che hai dei problemi e che ti prenderai un periodo di pausa. Tutto qui, giusto per evitare che lui denunci la tua scomparsa alle giubbe rosse.
Scarlet rimase in silenzio per alcuni secondi. - Va bene. - concluse poi.
Connor fece un piccolo cenno con il capo. - Bene allora, a domani.
Scarlet osservò Connor allontanarsi e sparire dietro un angolo della tenuta. Dopo il loro battibecco che avevano avuto la mattina prima, lui era diventato abbastanza freddo e aveva perso un po' della gentilezza con cui l'aveva trattata nei primi momenti. Forse era stata un po' troppo dura con lui..
La ragazza rimase alcuni minuti a contemplare il cielo punteggiato di stelle, poi rientrò nella tenuta chiudendo la porta dietro di sé.

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Capitolo 12
*** Arrivo a Boston ***


Capitolo 12 - Arrivo a Boston

La mattina dopo Connor e Scarlet partirono alle prime luci dell'alba, ognuno con un proprio cavallo. Il viaggio fu abbastanza lungo ma fortunatamente senza intoppi, superando la linea di confine che separava la Frontiera da Boston in tarda mattinata.
Su consiglio di Achille, Scarlet aveva raccolto i suoi capelli biondi in uno chignon, nascondendolo poi con un semplice cappello in stile inglese. Questo perché secondo l'anziano i suoi capelli erano troppo vistosi e rischiava di venire riconosciuta dalle guardie o, ancora peggio, dalle persone che avevano tentato di rapirla. La ragazza avrebbe voluto protestare, ma decise di starsene zitta per evitare altri battibecchi.
Quando Connor e Scarlet arrivarono in vista delle porte di Boston rallentarono l'andatura.
- Passa tranquillamente e stai dietro di me. E' probabile che ti facciano un controllo facendoti scendere da cavallo. Fai quello che ti dicono e lascia parlare me. - Connor si era girato verso Scarlet e le aveva parlato con voce ferma e decisa. Lei si limitò ad annuire. Nessuno l'aveva mai controllata quando lasciava Boston per tornare a casa dal lavoro e si chiese come mai ora avrebbero dovuto fermarla. Alcune rispose le balenarono in testa, ma preferì non approfondirle.
Man mano che i due si avvicinarono all'entrata della città, alcune guardie iniziarono a muoversi qua e là lungo il loro avamposto, come per osservarli meglio. Un trio di giubbe rosse in prima fila era armato fino ai denti: un moschetto a testa più una spada sul fianco destro e un pugnale su quello sinistro. Le guardie delle file secondarie invece avevano solo un moschetto, mentre altre due, ai lati, erano a cavallo.
Scarlet fece un bel respiro e si avvicinò ancora di più al cavallo di Connor. Quando attraversarono la porta il trio di soldati li scrutò attentamente ma nessuno disse loro niente. Scarlet tirò un sospiro di sollievo. Le giubbe rosse armate fino ai denti li avevano lasciati passare e questo era già un buon traguardo. La ragazza cercò di tenere lo sguardo fisso davanti a se ed evitare di guardare le guardie in faccia.
Ormai avevano quasi percorso tutto l'avamposto e si potevano già scorgere le prime costruzioni di Boston. Fu proprio quando il cavallo di Scarlet superò l'ultimo blocco di soldati che qualcuno, dietro di lei, urlò un sonoro "ALT!".
Connor si fermò subito e Scarlet dietro di lui. La ragazza iniziò a sudare freddo e le mani furono percorse da un leggero tremito. L'avevano forse riconosciuta?
Una giubba rossa, precisamente una di quelle armata fino ai denti del trio che avevano incontrato per primo, si avvicinò ai due e fece segno di scendere da cavallo. Connor ubbidì all'istante, ma la guardia lo fermò.
- Solo la ragazza.
Scarlet si sentì gelare. Il cuore prese a batterle all'impazzata, minacciando di uscirle dal petto. Visibilmente scossa scese dal cavallo e si ritrovò davanti alla guardia che la scrutava con durezza.
- Alza le braccia, devo perquisirti. - disse l'uomo con voce rude.
Scarlet ubbidì e l'uomo prese a perquisirla in silenzio. Fu una cosa rapida poiché, ovviamente, Scarlet non aveva nessun oggetto particolare addosso. Finita la perquisizione il soldato passò con il suo sguardo minaccioso a Connor e dopo tornò su Scarlet.
- Motivo della visita?
- Commissioni varie. - rispose Connor prontamente.
Il soldato lo squadrò con sospetto. - E lei? - chiese poi facendo un cenno verso Scarlet.
- E' la mia ragazza.
Scarlet guardò Connor di sfuggita con sguardo leggermente sorpreso, ma poi si fece forza e tornò con un'espressione seria.
Il soldato squadrò per l'ennesima volta Scarlet per poi tornare su Connor. - Ti piace la ragazza vergine alle prime armi, è indiano?
A quella frase tutti i soldati scoppiarono in una rozza risata. Scarlet si sentì terribilmente imbarazzata e spostò lo sguardo verso sinistra per evitare le occhiate dei soldati. Sperava solo che quella situazione finisse il più in fretta possibile. Connor invece non batté ciglio e con uno sguardo duro aspettò che li lasciassero andare.
- Potete andare. - disse infine la guardia con disprezzo.
Scarlet si affrettò a risalire sul cavallo, sperando che Connor partisse all'istante. Così fece. Lui non aspettò nemmeno che Scarlet fosse completamente seduta sulla sella che spronò il cavallo, procedendo ad un trotto leggero.
Una delle guardie li guardò a lungo mentre si addentravano nel centro di Boston. Poi, dopo alcuni minuti, questa si girò verso un altro soldato.
- Va a chiamare il Capitano. La ragazza è in città.
 
 
 
***
 
 
 
Man mano che Connor e Scarlet si allontanarono dall'avamposto il vociare dei soldati si affievolì sempre di più fino a scomparire, lasciando però spazio al vociare degli abitanti di Boston. Scarlet, ancora leggermente imbarazzata dall'accaduto, prese a guardarsi in giro con circospezione. Quel giorno Boston era molto affollata, moltissimo. La ragazza si chiese se in quel giorno ricorresse qualche festività, ma più cercava di ricordare più le sembrava che quel giorno non ci fosse nulla di particolare.
Connor aveva rallentato l'andatura al passo e vista la sicurezza con cui procedeva tra le strade della città, Scarlet pensò che doveva conoscerla bene.
- Dove siamo diretti? - chiese ad un certo punto Scarlet.
Connor girò leggermente il viso verso di lei. - Alla locanda dove lavori, prima sistemiamo le cose con il tuo capo, meglio è. Dopodiché ci fermeremo un attimo in armeria. - rispose.
La ragazza annuii senza dire nulla e poi iniziò a pensare a come avrebbe fatto ad affrontare Thomas, il suo capo. Si sarebbe bevuto quella bugia? E soprattutto, una volta che tutta quella brutta faccenda fosse finita, l'avrebbe voluta ancora nella sua locanda? Tutte domande a cui Scarlet non sapeva dare risposta. Si sentiva alquanto frustrata, ma pensò che la cosa migliore fosse seguire il proprio istinto.
"Quando sarà ora, saprò cosa fare.." pensò tra sé e sé.
 
 
 
***
 
 
 
Sapeva che prima o poi lui l'avrebbe portata a Boston. D'altronde, doveva farlo se non voleva che la scomparsa della ragazza destasse sospetti. Doveva mettere le cose a posto, far sembrare che la ragazza fosse andata via per un motivo .
- Stai diventando un po' troppo prevedibile però, Connor.. - sussurrò il Capitano.
In ogni caso, tutto era già stato preparato. Non appena la guardia aveva confermato la presenza della ragazza in città, l'esca era stata piazzata. Ora si doveva solo aspettare che la dolce preda abboccasse. E il Capitano era certo che abboccasse, più che certo.
Un rumore di passi destò il Capitano dai suoi pensieri e dopo qualche secondo un uomo fu dietro di lui.
- Tutto è pronto, Signore. Charles attende ordini.
Il Capitano girò leggermente il viso per scorgere l'uomo dietro di sé.
- Di pure a Charles di agire.
- Signorsì, Signore! - l'uomo salutò in perfetto stile militare e poi si dileguò.
Il Capitano fece un giro della stanza e dopo si fermò davanti ad una finestra che dava su una delle vie più affollate di Boston.
- Ora non mi resta altro che aspettare. - sussurrò. E un sorriso convinto e deciso gli si formò sul volto.

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Capitolo 13
*** Ginevra ***


Capitolo 13 - Ginevra

La locanda dove Scarlet lavorava si trovava nel centro di Boston, vicino ad una sartoria. Connor decise di lasciare i cavalli legati ad una staccionata poco distante e raggiungere la locanda a piedi per evitare di attirare occhi indiscreti.
Anche quella parte di città era molto affollata e, dopo aver legato i cavalli, Connor guardò Scarlet.
- Stammi vicino e cerchiamo di non perderci di vista. La locanda non è distante, per cui non dovremo avere problemi. - disse con voce ferma.
Scarlet nemmeno lo ascoltò. - Come sapevi dove lavoro?
Connor la guardò duramente. - Non è il momento. Cammina e stammi vicina.
La ragazza alzò gli occhi al cielo e senza aggiungere altro lo seguì.
 
Connor camminava con passo sicuro, sgusciando tra la gente senza nemmeno sfiorarla, Scarlet invece aveva qualche difficoltà. La gente continuava a spintonarla di qua e di la e più volte rischiò di perdere di vista Connor, ma fortunatamente lui la teneva sempre sott'occhio.
Quando arrivarono in vista della locanda, Connor afferrò Scarlet per un braccio e se la trascinò più vicina.
- Ehi, ma che modi! - protestò lei. Poi con uno strattone si liberò dalla presa di lui.
Connor la riafferrò e la trascinò verso il suo petto, portando il suo viso ad un soffio da quello di lei.
- Adesso mi stai bene a sentire. - iniziò lui con voce aggressiva - Se fai qualche stupidata, cerchi di scappare, ci fai scoprire o un'altra delle tue trovate, giuro che dopo averti riportata alla tenuta ti rinchiudo nello scantinato. Sono stato chiaro?
Scarlet lo fissò negli occhi intimorita. Lui non le si era mai rivolto con voce tanto adirata e per la prima volta da quando lo aveva incontrato ne ebbe veramente paura.
- Va bene. - sussurrò lei con voce flebile.
Lui la fissò ancora per qualche secondo e poi, con una leggera spinta, mollò la presa dal suo braccio.
- Adesso seguimi. - concluse il ragazzo.
 
Ormai la locanda distava pochi metri e il cuore di Scarlet iniziò a batterle all'impazzata. Teneva lo sguardo basso, per paura di incrociare dei volti conosciuti. Non voleva che la riconoscessero perché sicuramente le avrebbero fatto un sacco di domande su Connor.
"Chi è?"
"E' tuo fratello?"
"Un amico?"
"Secondo me non è solo un amico.."
"E' il tuo fidanzato?"
"Perché non ci hai detto che hai un fidanzato?"
Scarlet scosse la testa. Non voleva pensarci.
Connor aveva rallentato l'andatura, segno che ormai erano vicini all'entrata della locanda e Scarlet alzò lo sguardo.
Non appena lo vide, la ragazza si bloccò.
Non era possibile.. era tornato alla locanda?
- Connor! - chiamò lei a voce alta.
Connor si girò, ma Scarlet era già sgusciata via.
 
 
 
***
 
 
 
Charles Lee osservò la scena da lontano.
Come previsto la ragazza aveva abboccato alla grande. Sapeva che lo avrebbe fatto.
L'uomo sorrise compiaciuto e con un cenno della mano fece muovere alcune giubbe rosse che si trovavano dall'altra parte della strada. Sperò solo che Connor non le uccidesse troppo in fretta.. aveva bisogno di almeno cinque o sei minuti per fare due chiacchiere con la ragazza.
 
 
 
***
 
 
 
- Hidalgo! - urlò Scarlet correndo verso una delle staccionate che si trovavano addossate alla facciata principale della locanda, alcuni metri oltre l'entrata.
Il cavallo riconobbe subito la sue voce e si girò verso di lei, nitrendo forte.
- Oh, Hidalgo! Ma dove eri finito?
Scarlet cinse il grande collo del suo cavallo con le braccia e lo strinse in un abbraccio forte.
- Ma come sei tornato qui? - disse sorridendo.
Scarlet non era mai stata felice come in quel momento.
- Ora ti porto con me. - disse mentre lo slegava dalla staccionata.
Ad un certo punto la ragazza sentì un leggero fruscio dietro di lei, ma non si preoccupò. Immaginò che fosse Connor che veniva a rimproverarla, tanto per cambiare. In quel momento però non le importava più di tanto.
- Ciao, Ginevra.
Una voce maschile parlò, ma Scarlet, sentendo che il nome pronunciato non era il suo, non si girò.
Pochi secondi dopo una mano le si appoggiò sulla spalla sinistra.
- Ginevra. - ripeté poi la voce.
Scarlet si girò di soprassalto. - Prego?
Davanti a lei c'era un uomo che le sorrideva. Era ben vestito, e a giudicare dagli indumenti che portava doveva essere un generale o qualcosa di simile. Non era un soldato normale perché non portava la classica giubba rossa, ma sicuramente era qualcuno di importante in campo militare. Aveva i capelli neri raccolti in un piccolo codino dietro la nuca e due folti baffi, neri anch'essi, che gli davano un aria da gentiluomo. Però la prima cosa che Scarlet notò di quell'uomo furono i suoi occhi, azzurri come il mare.
- Sei cresciuta Ginevra, molto. - disse l'uomo continuando a sorridere.
Scarlet lo fissò con sguardo interrogativo. - Penso che abbia sbagliato persona, signore. Io non mi chiamo Ginevra. - rispose.
- Ah no? Come ti chiami allora? - replicò l'uomo tranquillamente.
La ragazza ci mise alcuni secondi a rispondere e nel frattempo cercò Connor con lo sguardo.
- Tutto bene? - chiese poi l'uomo vedendo che Scarlet non rispondeva.
Lei tornò con l'attenzione su di lui. - Oh sì, tutto bene. - rispose con un sorriso. L'ansia però iniziò a scorrergli nelle vene. Connor non c'era.
- Non mi hai detto come ti chiami. - la incalzò l'uomo.
- Scarlet. - rispose lei cercando di sorridere.
L'uomo la fissò negli occhi per alcuni secondi che parvero interminabili. - Capisco. - commentò poi.
Scarlet sorrise nervosa. Il comportamento di quell'uomo era abbastanza ambiguo ed oltretutto Connor era sparito. Doveva trovare un modo per svignarsela, e alla svelta.
- Bene, se non le dispiace dovrei andare. - disse la ragazza sorridendo imbarazzata. Fece un passo in avanti, stringendo forte la lunghina che era attaccata alla capezza di Hidalgo e di conseguenza anche il cavallo si mosse in avanti.
L'uomo non parve volerla bloccare, ma disse una frase che costrinse Scarlet a fermarsi.
- Hai gli occhi di tuo padre, gli stessi occhi che avevi da piccola.
La ragazza fissò con stupore l'uomo. Quel tizio la conosceva? Ma soprattutto aveva conosciuto suo padre? Quel padre di cui lei non ricordava nemmeno il viso poiché era morto quando lei era solo una bambina? No, non era possibile.
- Signore, glielo ripeto, sta sbagliando persona. - disse Scarlet con voce leggermente insicura. Forse quell'uomo non stava sbagliando persona.
- Ti garantisco che non sto sbagliando, Ginevra.
- Io non mi chiamo Ginevra. - Scarlet alzò leggermente la voce. Si stava spazientendo, ma soprattutto quell'uomo iniziava a farle paura.
- Mi ascolti, - continuò la ragazza - io non sono Ginevra, non so chi sia questa tizia, non conosco nessuno con questo nome. Io non ho idea di chi fossero i miei genitori, ho vissuto la mia infanzia in orfanotrofio fino alla maggiore età. Poi sono andata a vivere da sola. Io non so nulla ne di mia madre, ne tantomeno di mio padre. E soprattutto non mi chiamo Ginevra. - Scarlet calcò bene sull'ultima frase e cercò di assumere un'espressione sicura.
L'uomo la ascoltò attentamente e la fissò per tutto il tempo. - I tuoi occhi non mentono, ne sono certo. Sei tu la ragazza che sto cercando.
Le mani di Scarlet iniziarono a sudare freddo e il cuore sembrava esplodergli in petto. Hidalgo si stava agitando; continuava a sbuffare dal naso e di tanto in tanto si muoveva in avanti come per voler andar via. Anche Scarlet voleva andarsene, ma qualcosa in fondo al cuore la bloccava lì, di fronte a quell'uomo che sembrava aver conosciuto lei e suo padre molti anni prima. Dentro di lei qualcosa le diceva di approfondire, di chiedere, di scoprire.. Ma quel qualcosa nascondeva anche una paura ignota.
Scarlet guardò bene l'uomo. Non era vecchio, per cui se era vero che si erano incontrati anni prima, lui all'epoca dell'incontro doveva essere pressoché un ragazzino poco più grande di lei. Come faceva ad essere così certo che era lei la ragazza che stava cercando?
- Perché mi stavi cercando? - chiese Scarlet a bruciapelo. La curiosità stava avendo la meglio sul suo buon senso.
Lui stava per risponderle quando all'improvviso delle urla terrorizzate squarciarono il solito vociare quotidiano della gente. Scarlet spostò rapidamente lo sguardo sulla folla e tra di essa vide alcune figure muoversi di qua e di là. Qualcuno stava combattendo.
L'uomo parve riscuotersi non appena udì le urla. - Devo andare. - disse alla ragazza, mentre con gli occhi sembrava controllare la folla.
- Cosa? Ma come? - Scarlet protese le mani avanti per fermarlo - Non può andarsene così!
Lui la prese per le spalle e la guardò negli occhi. - Non posso più restare, io..
Scarlet lo interruppe bruscamente. - Non può lasciarmi qui così! Non dopo quello che mi ha detto!
Lui le strinse le spalle con più forza. - Ascoltami attentamente. Ora non posso portarti con me, non ancora. Torna qui a Boston il più presto possibile e chiedi di Charles Lee alla locanda vicino al porto. Dopodiché ti basterà solo aspettare, ti troverò io.
Scarlet fissò gli occhi azzurri dell'uomo che le aveva appena rivelato di chiamarsi Charles. - Va bene, lo farò. - sussurrò lei confusa.
Charles si girò ancora una volta verso la folla, e poi ancora verso Scarlet. - Un'ultima cosa. - disse poi.
- Cosa?
- Non fidarti di Connor Kenway. So che sei qui con lui, ma non fidarti di quello che ti dice. Promettimi che non ti fiderai.
Lo stupore negli occhi di Scarlet si trasformò in paura. Connor Kenway? Lo stesso Connor che l'aveva tratta in salvo pochi giorni prima e l'aveva accompagnata a Boston quello stesso giorno? Perché non doveva fidarsi?
- Non fidarti. - concluse Charles vedendo che la ragazza non rispondeva. Dopodiché le lasciò le spalle e con passo deciso scomparve tra la folla in subbuglio.

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Capitolo 14
*** Fuga da Boston ***


Capitolo 14 - Fuga da Boston

Connor aveva capito fin da subito che qualcosa non andava, ancor prima che Scarlet gridasse il suo nome e sparisse tra la folla. Aveva visto diverse giubbe rosse ai lati della strada che si muovevano con circospezione e subito dopo ne aveva notate altre tre appostate su uno dei balconi della locanda. Due guardavano nella sua direzione, mentre l'altro.. ne era certo, teneva sott'occhio Scarlet dietro di lui. In quel preciso momento la ragazza aveva gridato il suo nome e lui, girandosi, non l'aveva più vista. L'aveva cercata con lo sguardo per diversi secondi e nel frattempo aveva notato che un gruppo di sei giubbe rosse si era mosso verso di lui. Qualcuno lo aveva tenuto d'occhio e soprattutto voleva separarlo da Scarlet. E purtroppo ci era riuscito.
Connor cercò di muoversi tra la folla per distrarre le giubbe rosse e nel frattempo cercare Scarlet, ma loro furono più rapide e lo circondarono all'istante. Non appena il primo soldato cadde a terra in una pozza di sangue, le persone in strada iniziarono ad urlare.
"Discrezione andata." penso Connor fra sé con una punta di rabbia. Non sarebbe dovuta andare così.
Le guardie erano abbastanza abili, molto più di quelle che Connor combatteva quasi quotidianamente. Queste erano più veloci e letali, e il ragazzo notò subito che il loro addestramento era completamente diverso da quello che veniva attuato per le guardie che solitamente presidiavano Boston. Ci mise diversi minuti ad abbatterle tutte e oltretutto a fine combattimento collezionò un bel taglio profondo sull'avambraccio destro.
La gente in strada era completamente impazzita. Le donne urlavano e scappavano in ogni direzione trascinandosi dietro i loro figli afferrandoli per le braccia e anche molti uomini scapparono a gambe levate, mentre altri rimasero ai lati della strada ad osservare inorriditi i cadaveri delle giubbe rosse che Connor aveva ucciso.
Le persone iniziarono a sfollare con molta rapidità e Connor sfruttò la voragine che si creò in strada per trovare Scarlet. La vide alcuni metri più avanti, oltre la locanda, vicino ad una staccionata che veniva usata per legare i cavalli. Teneva un cavallo alla corda e fissava un punto imprecisato nella folla, come se cercasse qualcuno.
Connor non perse tempo. Scattò verso di lei raggiungendola in pochi secondi, dopodiché saltò sul cavallo che lei teneva alla lunghina e con un gesto fulmineo afferrò Scarlet per un braccio issandola dietro di lui sulla groppa dell'animale.
- Tieniti! - le urlò Connor girando lievemente il volto.
Poi partì al galoppo sfrenato per le vie di Boston, verso la Frontiera.
 
 
 
***
 
 
 
Scarlet stava ancora cercando Charles con lo sguardo quando sentì la mano di Connor stringergli il braccio e alzarla con forza. Senza neanche rendersene conto si ritrovò in groppa ad Hidalgo con Connor che spronava il cavallo e le urlava di tenersi. Lo scatto fulmineo tipico di Hidalgo costrinse Scarlet a cingere la vita di Connor con le braccia per evitare di cadere. La ragazza chiuse gli occhi e si strinse forse a lui, mentre il cavallo continuava ad aumentare l'andatura. La gente si scostava terrorizzata dalla strada per evitare di venire travolta e Scarlet udì distintamente molte imprecazioni.
Dopo diverse svolte brusche la ragazza aprì leggermente gli occhi e con stupore si accorse che avevano già raggiunto l'avamposto che segnava il confine tra Boston e la Frontiera. Molti soldati si raggrupparono davanti all'ampia entrata per impedire a Connor e Scarlet di passare, spianando i moschetti e urlando intimidazioni a squarciagola.
- Connor! - urlò Scarlet terrorizzata.
- Reggiti e chiudi gli occhi. Stringi le ginocchia! - ribatté lui con decisione.
L'avamposto era sempre più vicino, i soldati ancor più vicini, i moschetti vicinissimi. Scarlet chiuse gli occhi.
I muscoli di Hidalgo si muovevano rapidissimi sotto di lei e il vento le sferzava sul viso con violenza. Ad un certo punto una serie di rumori confusi e urla indistinte riempirono l'aria. Cozzare di armi, rumore di soldati in corsa, urla di intimidazione e paura avvolsero Scarlet con violenza per poi scomparire nello stesso modo in cui erano comparse. Sempre con le braccia strette attorno alla vita di Connor, la ragazza aprii piano gli occhi e davanti a sé non vide altro che il verde della foresta.
Avevano superato l'avamposto.

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Capitolo 15
*** Tensioni e priorità ***


Capitolo 15 - Tensioni e priorità

Anche se avevano superato l'avamposto da diversi minuti, Connor decise di galoppare ancora per un po'. Nessuno li stava seguendo, ne era certo, ma era sempre meglio non rischiare.
Scarlet era dietro di lui, con il viso appoggiato alla sua schiena e le braccia strette attorno alla sua vita. La ragazza era estremamente tesa, Connor lo sentiva dal suo respiro e soprattutto dal modo in cui si reggeva a lui.
Galopparono ancora per qualche minuto e poi fu lo stesso Hidalgo a rallentare. Era stremato.
Si fermarono in una piccola radura in mezzo al bosco. Molti alberi ne delineavano la forma rotondeggiante e da alcune angolature era praticamente invisibile dal sentiero principale.
Connor scese dal cavallo ancor prima che quest'ultimo si fermasse e senza troppi preamboli afferrò Scarlet per la vita e tirò giù anche lei. La ragazza teneva lo sguardo basso e senza dire una parola si sedette, accucciandosi vicino al tronco di un albero. Connor, dopo aver legato Hidalgo ad un altro albero poco distante, fece lo stesso e si sistemò vicino a lei.
- Sono stufo di continuare a correrti dietro, lo sai? - le disse sospirando.
Lei, sempre con lo sguardo basso, non mosse un muscolo e non disse una parola.
Connor continuò a fissarla. - Mi sembrava di averti detto di non fare cavolate, o sbaglio?
Scarlet girò il viso dall'altra parte.
- Scarlet.. - Connor allungò una mano verso di lei sfiorandole il braccio destro.
Fu come accendere una miccia.
La ragazza si scansò all'improvviso e guardò Connor con uno sguardo duro.
- Non toccarmi. - gli disse scandendo con forza le due parole.
Connor rimase con la mano a mezz'aria e poi la ritrasse. Scarlet si era rigirata dall'altra parte e non aveva aggiunto altro. Qualcosa non andava, Connor riusciva a percepirlo nelle movenze di lei.
- Chi stavi cercando prima alla locanda? - le chiese poi con voce quasi troppo severa.
Scarlet non si girò nemmeno.
Connor perse la pazienza. Le afferrò un braccio con forza e la costrinse a girarsi verso di lui.
- Ti ho fatto una domanda. Chi stavi cercando prima? Stavi cercando qualcuno con lo sguardo, ti ho vista. Chi cercavi? - la voce del giovane aveva assunto una piega quasi aggressiva, troppo aggressiva.
Scarlet lo guardò spaurita e una grossa lacrima le scese lungo la guancia, poi un'altra e un'altra ancora. Un fiume di lacrime le inondò il viso e i forti singhiozzi coprirono il cinguettare degli uccellini.
Connor rimase estremamente sorpreso da quella reazione e con un forte senso di colpa le lasciò il braccio. Scarlet si era portata le mani al viso e stava piangendo come una bambina piccola. Quella ragazza, la stessa che aveva cercato di scappare lanciandosi da un balcone, la stessa che si era lanciata al galoppo sfrenato nel bosco, la stessa che si era rialzata dopo due terribili cadute da cavallo ora era lì, di fronte a lui, che piangeva come una ragazzina indifesa.
- Scarlet.. - Connor le sfiorò una spalla con dolcezza. Si sentiva terribilmente in colpa. Sapeva di essere stato troppo brusco, fin dall'inizio, fin da quando avevano avuto la loro prima discussione il giorno prima, dopo che avevano lasciato la casa di Prudence e Warren. Non avrebbe dovuto lasciarla da sola per tutto il pomeriggio e quella mattina non avrebbe dovuto trattarla in quel modo.
Non avrebbe dovuto fare molte cose.
- Scarlet.. - ripeté lui stringendole delicatamente la spalla.
- Vattene. - la voce di lei uscì incerta tra i singhiozzi. - Vai via, non voglio più vederti.
- Scarlet, ascoltami, io..
- Ascoltarti?! Io dovrei ascoltarti? - le mani di Scarlet si erano staccate dal suo viso e ora due occhi viola arrossati dal pianto stavano fissando Connor con collera.
- Chi ti credi di essere? Chi ti credi di essere per decidere cosa devo fare, per decidere che devo rendere conto a te? Io non devo rendere conto a nessuno! A nessuno chiaro? Non mi importa se mi hai salvata, non me ne frega un accidente! - Scarlet stava urlando. Le lacrime continuavano a scenderle lungo le guance con violenza, lasciandole dei profondi segni sulla pelle. Erano lacrime di disperazione, di collera e di dolore, Connor lo sapeva.
Un ultimo singhiozzo e Scarlet fissò l'indiano negli occhi. - Ti odio. - gli sibilò. Dopodiché si alzò e con passo deciso sparì tra gli alberi della foresta.
 
 
 
***
 
 
 
Connor la aspettò per tutto il pomeriggio, con la schiena appoggiata a quel maledettissimo tronco. Chiuse gli occhi e li riaprì per un centinaio di volte, nella speranza di vederla ricomparire. Era stufo di correrle dietro, di rimproverarla come se fosse una bambina. Era stufo.
Una goccia di pioggia cadde sul suo cappuccio abbassato. Poi un'altra e un'altra ancora, come le lacrime di Scarlet. L'indiano abbassò il viso. Aveva sbagliato, fin dall'inizio.
Ormai la pioggia aveva iniziato a cadere senza sosta e dei grossi nuvoloni grigi avevano coperto quasi completamente il sole.
Connor diede un ultimo sguardo al punto dove ore prima Scarlet era sparita e poi si alzò.
Sapeva con certezza che lei non sarebbe tornata.
Con passo stanco si diresse verso Hidalgo, lo slegò dall'albero e con un salto gli fu in groppa. Il cavallo nitrì forte e con vigore si lanciò al galoppo tra gli alberi, in direzione della tenuta.
 
 
 
***
 
 
 
Non appena sentii la porta che si apriva, il Capitano girò leggermente il viso verso l'ingresso.
- E' fatta. - la voce compiaciuta di Charles risuonò nella stanza silenziosa.
Il Capitano si concesse un sorriso. - Ben fatto, Charles.
Charles fece alcuni passi avanti. - E' cresciuta molto, è uguale a suo padre. - disse.
Il Capitano si girò completamente verso l'uomo. - Di certo i loro occhi viola non sono molto comuni in giro. - commentò con sguardo serio.
Charles annuii. - Dopo che è stata separata dal padre le è stato cambiato nome, mi ha detto di chiamarsi Scarlet. Ha passato l'infanzia in orfanotrofio fino alla maggiore età.
Il Capitano assunse un'espressione assorta. - Orfanotrofio, è? Molto astuto, quel vecchio non si è mai smentito, nemmeno in passato.
- Già, è riuscito a nasconderla per tutti questi anni senza che nessuno sospettasse nulla, nemmeno la ragazza stessa.
- Connor ha dato problemi?
- Nessuno. Ma ha ucciso tutta la nostra scorta.
Il Capitano si girò, tornando davanti alla finestra della stanza con le mani incrociate dietro alla schiena. - Ci occuperemo anche di lui. Ma per ora la priorità è Ginevra.
Charles fece un piccolo cenno con il capo. - Senza ombra di dubbio.
Il Capitano girò il viso verso l'uomo per alcuni secondi, poi tornò con lo sguardo alla finestra. La sua espressione di fece dura e decisa. - Abbiamo già perso lui, non lasceremo che gli Assassini si portino via anche sua figlia.
Charles si avvicinò al Capitano, fermandosi al suo fianco. - Non ci riusciranno.
Fuori, una leggera pioggia iniziò a cadere con insistenza.

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Capitolo 16
*** Fantasmi dal passato ***


Capitolo 16 - Fantasmi dal passato

Connor arrivò alla tenuta bagnato fradicio. L'umidità le era penetrata fin dentro le ossa e dei brividi avevano iniziato ad infastidirlo. Ma non gli importava. Non ora.
Sistemò Hidalgo al coperto nella stalla e, dopo aver sistemato un po' di fieno accanto all'animale, si diresse a passo deciso verso la tenuta.
Troppi misteri, troppe domande, troppi guai.. Connor doveva mettere a posto quella situazione e c'era un unico modo per farlo.
Quando l'indiano aprì la porta d'ingresso della casa si ritrovò di fronte Achille. Sembrava che il vecchio lo stesse aspettando.
- Dobbiamo parlare. Ora. - disse Connor con un'espressione serissima.
- Lo so. - rispose Achille con voce calma. Poi si girò e iniziò a camminare con passo incerto lungo il corridoio. - Vieni. Ora saprai chi è veramente Scarlet.
 
 
 
***
 
 
 
Non parlarono per molto. Anzi, ad essere precisi parlarono per pochissimo tempo.
Per tutta la durata del loro breve dialogo Connor fissò Achille con un espressione che vagava tra il sorpreso e l'arrabbiato. Perché quel vecchio non gli aveva mai parlato di tutta quella storia? Perché non aveva mai accennato a Scarlet?
- Ora conosci tutta la faccenda. - disse Achille alla fine della sua spiegazione.
Connor lo fissò duramente. - Perché non mi hai mai parlato di lei?
Achille diede alcuni colpi di tosse. - Perché non ce n'era motivo. Se i Templari non l'avessero trovata non ti avrei mai accennato nulla di questa storia.
Connor vagò con lo sguardo nello scantinato della tenuta e si fermò sui quadri dei Templari attaccati alla parete di fronte a lui. Sopra alcuni quadri era stata incisa una grande X rossa, segno che indicava la morte della persona raffigurata. Molti di quei Templari li aveva uccisi lui, ma alcuni anche Achille.
In particolare uno era stato ucciso dal vecchio. Il padre di Scarlet.
- Chi era la madre? - chiese Connor tornando con lo sguardo su Achille.
- Non lo so. E' morta dando alla luce Scarlet, o Ginevra, come la si vuol chiamare. - il vecchio fece una pausa, poi continuò. - Kian Hinchinghooke era un gran bastardo, il classico Templare. Amava molto andare a donne, quindi la madre di Scarlet potrebbe essere stata una nobildonna come una serva.
- Dove è nata Scarlet?
- Inghilterra, Londra per essere precisi.
Connor assunse un'espressione pensierosa. - In ogni caso ha riconosciuto la figlia.
Achille annuii. - La nostra ragazza prima di chiamarsi Scarlet era registrata come Ginevra Hinchinghooke. Quindi sì, l'ha riconosciuta.
Per alcuni secondi nessuno dei due parlò, come se ognuno dovesse fare i conti con i propri pensieri interiori. Fu Achille a rompere quel silenzio carico di ricordi.
- Venni mandato a Londra per uccidere Kian. A quel tempo era uno dei Templari più pericolosi in circolazione, veniva temuto in diverse parti del Regno Unito, ma anche in Italia, Francia, Spagna e via dicendo.
- Un personaggio di spicco, insomma. - commentò Connor.
Il vecchio annuii. - Esatto. Non sapevo avesse una figlia, e a quanto pare lo sapevano in pochi. - fece una piccola pausa, come se i ricordi li opprimessero il petto. Poi, con voce spezzata, continuò. - Ricordo ancora bene il giorno in cui lo uccisi. Avevo rimediato diverse ferite, alcune anche abbastanza gravi, ma non mi importava. Quel maledetto era morto. Stavo per lasciare la sua abitazione quando sentii dei leggeri passi dietro di me. Mi girai.. - Achille si fermò ancora e prese un bel respiro. - Una piccola bambina di circa 5 o 6 anni mi stava fissando con due enormi occhi viola. Mi chiese dove era suo padre e non ricevendo alcuna risposta da parte mia si mise a piangere.
Connor fissò il suo Maestro quasi con tenerezza.
- Era così piccola, indifesa. Cercava il suo papà, lo cercava. E suo papà era quell'uomo che avevo appena ucciso senza alcuna pietà. - Achille si appoggiò al suo bastone e abbassò lo sguardo scuotendo la testa. - Ringrazio solo che lei non ricordi quell'avvenimento. - concluse poi il vecchio.
Connor continuava a guardare il suo Maestro. Doveva soffrire molto ricordando quella brutta storia. - Quindi la portasti con te? - chiese dopo l'indiano.
- Sì, non potevo di certo lasciarla da sola, ma non potevo nemmeno farle da padre. Così una volta tornato in America la affidai ad una amica che lavorava in un orfanotrofio. Andai a trovarla diverse volte, mi sentivo in qualche modo legata a quella bambina. - Achille alzò lo sguardo e lo posò sul quadro di Kian Hinchinghooke solcato dalla grossa X rossa. - Era colpa mia se aveva perso il padre e soprattutto era colpa mia se da quel momento avrebbe dovuto vivere come un'orfana. Ordinai alla mia amica di cambiarle il nome e di eliminare tutti i suoi certificati di nascita. Nessuno doveva scoprire di chi era figlia.
Connor posò lo sguardo su un altro quadro non ancora solcato dalla X rossa, vicino a quello di Kian. - A quanto pare non è servito, i Templari l'hanno trovata. - disse poi.
Achille guardò il suo allievo. - Non so come, ma ci sono riusciti.
Connor scosse leggermente la testa. - Ma perché la vogliono?
Achille sospirò. - E' pur sempre la figlia di un Templare, ma non un Templare qualunque. Qui il punto è proprio il legame di sangue con Kian Hinchinghooke, un Templare che nessuno dimenticherà molto facilmente.
Connor rimase in silenzio, fissando il quadro vicino a quello di Kian.
- Connor. - disse ad un certo punto Achille con voce grave.
L'allievo si girò verso il suo Maestro.
- Promettimi che la troverai e che non permetterai che i Templari la prendano.
Connor fissò negli occhi Achille. - Te lo prometto.
Il vecchio annuii stancamente, poi si avvicinò a Connor. - Promettimi anche che non le racconterai nulla di tutta questa storia. Lei non deve sapere. Non deve.
- Te lo prometto, Maestro.
Achille fissò il suo allievo. - Ora va, trovala e riportala qui.
Connor annuii con convinzione. Diede un ultimo sguardo al quadro non ancora solcato dalla X rossa e poi risalì le scale dello scantinato con velocità.
Avrebbe trovato e protetto Scarlet ad ogni costo.

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