La Whitesun e i Cacciatori

di xAcacia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cambiamento radicale ***
Capitolo 2: *** L'Istituto ***
Capitolo 3: *** Credere ***
Capitolo 4: *** Il Ballo ***
Capitolo 5: *** La gelosia ***
Capitolo 6: *** Il funerale ***
Capitolo 7: *** Tradita ***
Capitolo 8: *** "Fare a botte" ***
Capitolo 9: *** Orgoglio ***
Capitolo 10: *** Le Sirene ***
Capitolo 11: *** Gli Anziani ***
Capitolo 12: *** Mangiatori di Cacciatori ***
Capitolo 13: *** La città distrutta ***
Capitolo 14: *** Troppo giovane ***
Capitolo 15: *** Una scelta difficile ***
Capitolo 16: *** La festa di compleanno ***
Capitolo 17: *** Un incubo ***
Capitolo 18: *** La spada e la lingua ***
Capitolo 19: *** Novità ***
Capitolo 20: *** Obbligati ad amare ***
Capitolo 21: *** Paura ***
Capitolo 22: *** Il giorno è arrivato ***
Capitolo 23: *** Ricordi ***
Capitolo 24: *** Austin ***
Capitolo 25: *** Anime gemelle ***
Capitolo 26: *** L'incantesimo ***
Capitolo 27: *** Andrew ***
Capitolo 28: *** Rapita ***
Capitolo 29: *** I poteri dei Cacciatori ***
Capitolo 30: *** La vecchia vita ***
Capitolo 31: *** Cugina ***
Capitolo 32: *** Diciott'anni di fuoco ***
Capitolo 33: *** Perdere i ricordi ***
Capitolo 34: *** Il pezzo mancante ***
Capitolo 35: *** L'incantesimo ***
Capitolo 36: *** La discoteca dei vampiri ***
Capitolo 37: *** Diverso ***
Capitolo 38: *** Allucinazioni ***
Capitolo 39: *** A fuoco ***
Capitolo 40: *** Cole ***
Capitolo 41: *** Solo l'inizio ***
Capitolo 42: *** I giorni passano ***
Capitolo 43: *** Un ospite desiderato ma indesiderato ***
Capitolo 44: *** Traditore ***
Capitolo 45: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Cambiamento radicale ***



 
Capitolo 1
Cambiamento radicale
 
  – Ciao, mi chiamo Cassie e… Ok, non so veramente cosa dire di me – borbotto io, rido imbarazzata mettendomi indietro i capelli. Vorrei solo finire di dire queste stupidaggini e andarmene da qua, andare dai miei amici, che non stanno in questa scuola, ovviamente.
– La tua data di nascita, le solite stronzate che si devono dire per una presentazione per bene – esclama il ragazzo con la telecamera in mano. Alzo il sopracciglio destro per far capire al ragazzo che ha appena detto una parolaccia davanti alla telecamera della scuola, che serve per registrare la mia presentazione nella mia nuova scuola. – Cazzo. – Rido. – Ok, ricominciamo. E… vai.
– Ciao a tutti, mi chiamo Cassie Moonic e ho quindici anni… tra tre mesi sedici. Mi sono dovuta trasferire in questa scuola per questioni private… —Il ragazzo mi ferma e faccio un’enorme fatica a non sbuffare. Di certo non andrò a dire a tutti il perché la mia vecchia scuola mi guardava come se fossi una specie di cucciolo smarrito.
– Questioni private? – chiede guardandomi con le sopracciglia alzate. Ed ecco la domanda che non avrà mai risposta. In questa scuola dovranno capire che non m’interessa essere “la sfigata della scuola”. Ho finito di pensare a queste idiozie tanto tempo fa, tipo un anno fa. Chissà, magari se a loro fosse successo quello che è successo a me ora non si comporterebbero così. Se invece continuassero, allora significherebbe che ha ragione la gente quando dice che siamo veramente la generazione dei menefreghisti e che non andremo da nessuna parte.
– Si. Private – ripeto io, già abbastanza irritata. Questa storia della registrazione per farmi conoscere dalla gente la trovo una vera cavolata, insomma io non voglio farmi degli amici! Non qua almeno, non dove tutti pensano di sapere la verità, quando non sanno un bel niente! Dio… quanto glie lo vorrei dire, lo vorrei urlare cosicché tutti capiscano che non siamo al sicuro. E magari nemmeno dormono più la notte, un po’ come me insomma. Chiamatemi egoista, ma sono stufa di far pensare alla gente che va tutto bene quando la verità è che siamo tutti spacciati.
– Va bene, come vuoi – bofonchia lui, ricominciando a registrare. A quanto pare nemmeno a lui interessa più di tanto fare questo lavoro. E allora, mi chiedo, che stiamo facendo qua? Di certo non è obbligatorio fare una presentazione. O almeno credo.
– Emh… io veramente avrei finito – dico io, un po’ in imbarazzo.
– Basta? Finito? – chiede lui, praticamente scioccato. Annuisco. – Bah – esclama spegnendo la telecamera. – Certo che sei proprio strana – borbotta a bassa voce. Lo guardo facendo un finto sorriso. Vorrei dirgli: veramente qua quello strano sei te, oltretutto pure sfigato, visto che se ti trovi davanti uno di quei mostri sei morto entro cinque secondi.
– Grazie – esclamo io tranquillamente, pensando alla sua imminente morte.
Alza lo sguardo e arrossisce un po’. – Scusami, ma è vero – balbetta quindi. Rido e mi alzo mentre penso che è anche vero che quando morirà io andrò al suo funerale e farò una mini-festa là dentro.
– Tranquillo, lo so – cerco di tranquillizzarlo io ridendo.
Vado nei corridoi, mi guardano tutti ed io, con lo sguardo a terra, me ne vado in bagno. Ok la verità? Non è come nei film, essere quella nuova fa schifo. Essere quella strana fa ancora più schifo e di sicuro non piace ai ragazzi, non che m’interessi. Twilight? Tutte cavolate. Ma io sono così e basta, i ragazzi che si vantano mi stanno antipatici e di certo non gli vado dietro. Quelli troppo belli non mi fanno sentire a mio agio e odio stare con tante persone. Sono la vera persona strana, nessun film che parla di questo ti dice la verità. Forse – e dico forse – quel film che parla di quella ragazza che fa finta di essere una poco di buono, una prostituta, una puttana? Come la vogliamo chiamare? Ci sono varie parole, non certo carine, ma che ci posso fare io? Mica le ho inventate io! Comunque, si chiama… girl, no… Easy Girl! Si, ma giusto il fatto che la gente ti disprezza o cose simili, in verità non ho mai visto dei veri ragazzi cattolici a scuola che cantano, forse non ci ho mai fatto caso. Boh, vai a capire.
Altra verità? I bagni fanno schifo. Non starai mai sola nei bagni, perché quanti siamo a scuola? Dai cinquecento agli ottocento ragazzi? E dai, è una cosa impossibile! Come può non esserci nessuno in un bagno per una scuola di 500 ragazzi? È ridicolo.
– Te sei quella nuova, giusto? – mi chiede una ragazza praticamente vestita tutta di rosa con una minigonna che potrebbe sembrare l’indumento che ha sotto la gonna.
– Si, perché? – chiedo io guardandola. Deve essere una ragazza popolare, sicuro. Sennò non si spiegherebbero tutte le ragazze che le stanno dietro, alcune sembrano sbavare per lei, altre sembrano spocchiose tanto quanto lei.
– Piacere, io sono Diana – esclama stringendomi la mano e senza rispondere alla mia domanda, cosa che odio.
– Cassie – mi presento io. Sorride e se ne va con tutte le ragazze.
Dopo quattro ore di scuola e presentazioni me ne vado a casa… se così si può chiamare.
– Sono a casa – avverto io, mettendo apposto le chiavi. Faccio un respiro profondo e mi decido ad andare in salone, dove sono sicura che ci sarà la persona che purtroppo in quest’ultimo periodo non sto amando, cosa che dovrei fare.
– Ciao – borbotta l’uomo che chiamo “padre”.
– Ciao – lo saluto io buttando per terra la borsa. – Hai finito? – chiedo. Annuisce e così prendo la lattina di birra e la butto. – Io esco – annuncio subito. Prendo le chiavi della “mia” macchina e il cellulare. Lo so, ho solo quindici anni e qua, in America, non si potrebbe avere una macchina, io, oltre ad essere brava a guidare, ho una patente finta. Idem con il documento. Secondo loro ho sedici anni.
– Ok – mormora mio padre. Sto per uscire quando sento lui urlare: – No, no! Sta ferma!
Chiudo la porta e ritorno dentro casa sbuffando. – Papà… -- borbotto, stufa. Vado in salone e lo guardo con le braccia incrociate. Dovrei pensare: “Oddio, cos’ha che non va? Forse dovrei rimanere a casa e stare con lui fino a quando non si sente meglio” e invece non faccio altro che pensare che se continuiamo così farò tardi a lezione.
– Tua madre è morta. Non puoi uscire – balbetta, in preda al panico.
– Papà, lo so che è morta ma devo andare a lezione.
Ride. – Ancora credi a queste cazzate – esclama lui prendendo un’altra lattina di birra. Si siede un’altra volta sulla poltrona e inizia a bere la birra.
– Queste cazzate me l’hai insegnate te – ringhio io.
– Ok – borbotta alzandosi. – Ora ti dirò una cosa – annuncia venendo davanti a me un po’ traballante. – O sai sparare o non sai sparare. Non hai bisogno di tremila lezioni per questo.
– Papà, io voglio vendicare la morte di mamma, che ti piaccia o no – ringhio alzando la voce. Mi sono stufta dei suoi comportamenti da stronzo, la mamma è morta ed io ho bisogno di lui. Dopotutto ho quindici anni! Non me la posso cavare da sola! Manca anche a me la mamma, ma non ho intenzione di buttarmi giù come ha fatto. Siamo qua, tanto vale combattere. Sennò che viviamo a fare? Non ho intenzione di diventare una ragazza che non fa altro che bere per dimenticare, soprattutto perché alla fine non si dimentica veramente. Muori e basta, sia dentro che fuori. Quindi, se proprio devo morire, o mi sparo oppure faccio in modo che ne sia valsa la pena. Come per esempio per aver vendicato la morte di mia madre.
–  Fai quello che ti pare, ma quando ti avranno morsa, perché credimi che lo faranno, non venire da me. – Ecco quello che ho: un padre ubriaco dalla mattina alla sera che non mi aiuterà mai e poi mai.
–  Ok – ringhio io. Esco senza salutarlo ed entro in  macchina.
Sono arrivata al magazzino ma non sento nessuno sparo. Niente di niente. Mi guardo intorno e vedo che ci stanno tutte le macchine, quindi forse stanno facendo uno di quei lunghi discorsi, forse perché ci stanno dei ragazzi nuovi.
Così entro, ma vedo tutti corpi per terra. Il mio cuore si ferma e mi ritrovo a piangere con una mano davanti alla bocca. Riesco a sentire la voce di mio padre mentre mi dice che sicuramente mi morderanno e che quando lo faranno io rimarrò del tutto sola. Qualcuno tossisce e così corro verso quel rumore. Vedo che è Iris, la mia migliore amica.
– Iris, Iris – la chiamo io prendendole il viso. – Iris, che è successo? – Tossisce un’altra volta, guardo tutto il suo corpo e vedo che l’hanno morsa. Mi alzo di scatto con le lacrime agli occhi.
Qualcuno per mi chiama: è il mio maestro. Mi guardo intorno. – Maestro? – lo chiamo io, ancora sotto shock.
–  Sotto la cattedra, Cassie – mormora lui. Corro verso la cattedra e lo vedo: è ridotto malissimo.
–  Che è successo? – chiedo io. Cerco di non urlare ma è praticamente impossibile. Come ho già detto, sono sotto shock e non ho praticamente nessun controllo del mio corpo.
–  Ci hanno scoperto – risponde tremando. – Ci hanno scoperto, te ne devi andare.
– Ma ci deve essere qualcuno ancora vivo – urlo io, ora in preda al panico.
–  No, non c’è nessuno. Anzi, si stanno per trasformare alcuni, te ne devi andare – mi avverte lui, già bianco cadaverico. Cerco di vedere se l’hanno morso ma è cosparso dal sangue e non riesco nemmeno a capire se è il suo o quello di qualcun altro!
– E lei come farà? – chiedo, non sapendo se si sta trasformando o no.
– Devi pensare a te, adesso.
– No – dico piangendo. – Venga. – Così lo prendo e lo aiuto ad alzarsi, ci giriamo e vedo un uomo venire verso di noi. – Oddio! – Per qualche strano motivo sembro una ragazzina che non ha la minima idea di quello che si trova davanti, ma questo non è possibile, perché io sono la più brava del mio corso!
– Scappa – mi ordina lui, tra un colpo di tosse e l'altro.
– Ma... ma cos'è? – chiedo guardando quella cosa.
– Sono quelli che non si possono guarire – risponde con la voce rauca. È una caratteristica di chi si sta trasformando, ma non posso lasciarlo. Non posso lasciare lui come non posso lasciare la mia migliore amica, Iris.
Devo pensare. Devo pensare. Cosa posso fare? Ok. Ho un’idea. – Mi dia la sua pistola – dico io, come se lui potesse muoversi...
– Non ce l'ho – mi annuncia lui. Continua a tossire, maledizione.
– Oddio – dico, ancora più agitata. – Ok, ok. – Lo faccio sdraiare a terra. – Arrivo subito – lo avverto io, e così corro verso la prima pistola che vedo. Il mostro viene verso di me. – Vieni un po' più vicino – borbotto io, e così fa. Sparo ed esso cade a terra, sospiro sentendomi un pochino meglio. Sento qualcuno dietro di me che respira sulla mia pelle; così, spaventata, mi giro e vedo – Iris – mormoro, con le lacrime agli occhi. Decido di  scappare, mi giro e vedo il maestro alzarsi, anche lui è andato, perduto. Prendo la pistola e sparo al maestro chiudendo gli occhi, con le mani tremanti.
Poi vedo Iris venire sempre più vicino a me. – Non farmelo fare, Iris – piagnucolo guardandola. – Per favore. – Ma lei continua a venire vicino a me, alzo la pistola un'altra volta, ma dopo pochissimo tempo la riabbasso capendo di non riuscire a sparare alla mia migliore amica. – Iris – la chiamo piangendo, – non farlo, per favore – dico io, ma vedo lei continuare ad avanzare. Altre “persone” si alzano e mi guardano, così chiudo gli occhi.
È finita.
No! - urla qualcuno. Cosa? Apro gli occhi e vedo un ragazzo davanti a me, quelle cose se ne vanno via solo dopo averlo guardato, sembrano spaventate a morte. Spalanco gli occhi e alzo subito la pistola vedendo le sue mani bianche, lui si gira e fa un passo indietro. – Ti... ti ho appena salvato la vita e mi ringrazi così? – chiede lui, incredulo. Come se mi facesse pena, come se mi facessero pena. Schifosi mostri, sempre pronti ad uccidere pur di sopravvivere in una vita inutile come la loro. Come fanno a vivere l'eternità in questo modo? Sapendo che se vogliono vivere per sempre devono uccidere qualcuno? Io non ce la farei, io mi ucciderei.
– Tu non provi nessun sentimento, perché mi hai salvata? – chiedo, ancora concentrata sulla pistola. Come se non sapessi la risposta: perché mi vuole uccidere lui. Il mio odio per questi mostri è ovvio, si può sentire pure nella mia voce. In pochi odiano… ormai odiavano i mostri, molti ne avevano paura; io ero quella che odiava quei così più di tutti.
– Forse perché quello che pensate voi non è vero – risponde lui. Rido nervosa. Sono stufa dei loro giochetti, manipolano la gente, ma con me non funziona. Non ci riusciranno mai.
– Oh si, che è vero – ringhio io continuando a tenere la pistola puntata sul suo cuore. Se fa anche solo un singolo passo lo uccido, premo il grilletto e lo ammazzo. Un solo passo ed è morto.
– E allora perché ti ho salvata? – chiede, con quello sguardo con cui mi fa capire che mi sta sfidando.
Lo guardo ancora negli occhi, insospettita. – Vattene – gli ordino, fredda.
 Ride alzando le mani al cielo e poi le posa un'altra volta vicino i suoi fianchi. Ma cosa sta facendo? Mi sta prendendo in giro?! Che stronzo! – Perché me ne dovrei andare? – chiede lui sorridendo come se mi stesse prendendo in giro. Questo oggi vuole proprio morire.
– Perché ti sto salvando la vita – rispondo io facendo finta di premere il grilletto.
Ride. – Ah, si? Dai – mi sfida lui mettendosi perfettamente davanti a me. – Spara, vediamo che sai fare. – E così faccio. Sparo ma dopo pochissimi secondi non lo vedo più e sento qualcuno tenermi il collo. – Ora potrei benissimo morderti o spezzarti il collo. – Abbasso la pistola con il cuore che batte più veloce di prima. – Ma decido di non farlo, solo perché sennò quell'urlo non sarebbe servito a niente e avrei usato le mie corde vocali per niente. – Mi lascia, ne approfitto e mi giro per guardarlo. – Scappa, su.
Inizio a correre, ma mi fermo pensando a Iris, così mi giro ma lui non c'è più. Spalanco la bocca, voglio solo piangere, e piangere, ma questo non è di certo il posto adatto così decido di andarmene a casa.
 
– Sono a casa – dico io facendo finta di niente, come se non fossi sporca di sangue, come se non avessi tutto il trucco colato per essermi messa a piangere come una bambina dentro quella schifosa macchina che per qualche motivo puzza di alcol.
– Com'è andata? – chiede, ma in verità non gli interessa veramente.
Vado davanti a lui. – Papà... il maestro e tutti gli altri sono stati attaccati. – Lo guardo per vedere la sua reazione, il maestro era sua amico. Lui apre un'altra lattina. – Credo sia morto, papà, gli ho dovuto sparare.
Ride. – È tutta colpa tua, è sempre colpa tua – risponde. Il mio cuore fa un balzo sentendo quello che mio padre pensa di me. L'ho sempre saputo, ho sempre saputo che lui ce l'aveva con me per quello che era successo a mia madre, mi ha sempre dato la colpa ma non lo diceva; e adesso, sentirlo dire da lui fa male. Ma dopotutto cos'è che non fa male quando mi parla da ubriaco? Anch'io mi sono sempre data la colpa della morte di mia madre, per qualche motivo io c’entro, lo so e so che nessuno me lo vuole dire. Ma gli occhi di mio padre parlavano e parlano chiari: è colpa mia.
– Cosa? – chiedo io, con le lacrime agli occhi.
– È sempre colpa tua – urla lui. – Quando tua madre è morta, è morta per salvarti e te adesso ti stai praticamente suicidando! È colpa tua se è morta! È colpa tua se il mio amico è morto! –  Scoppio a piangere ma lui decide di continuare come se non glie ne fregasse più niente di me. Forse ormai è vero. – È tutta colpa tua – continua lui, si alza dalla sedia e viene davanti a me. –  Vai fuori da casa mia. Ora! – urla un'altra volta mentre io guardo per terra, ma decido di fare quello che vuole: me ne vado, nonostante non sappia dove andare.
Esco di casa sbattendo la porta, faccio un paio di passi ma sento subito una voce – Mi dispiace – dice quel vampiro. Mi giro di scatto prendendo la pistola, ma lui ride un'altra volta. – Calma. Metti giù – dice mettendo una mano sulla mia pistola. – Metti giù – ripete quando vede che io non nessuna intenzione di fare come dice lui.
– Perché dovrei? Vattene – ringhio io. – Che ci fai qua? – chiedo dopo un po'.
– Volevo controllarti... magari uno di noi ti aveva seguita – risponde facendo spallucce.
Si, ed io sono Jennifer Lopez. – Perché dovresti? – chiedo, se avessi avuto il potere di sputare acido in questo momento lo starei facendo. Odio quando cercano di persuadermi, come se io fossi così stupida da credergli.
– Perché sennò avrei sprecato le mie corde vocali e, credimi, per un uomo morto valgono molto. – Sorride. – Cavolo, io non parlo con un umano da un po' di tempo e quindi non so bene cosa dire, ma te sei veramente deprimente.
Abbasso la pistola. – Anche tu lo sei, tutti voi lo siete – ringhio. Ride un'altra volta, ma io decido di camminare per cercare un qualche posto per dormire.
– Dove vai? – chiede venendo con me. Alzo gli occhi al cielo chiedendo a Dio di fulminare questo povero cristo che non ha più uno scopo nella vita e di certo non può chiedere perdono a lui, come di certo non è più cristiano o altro.
– Vado a cercare un posto per dormire e quindi mi devo concentrare. È stato bello vederti. –  Mi fermo e così si ferma pure lui. – Anzi no, non è stato bello vederti, ma fa niente. Ciao. – Mi guarda e poi scoppia a ridere. Cosa c'è da ridere? Ti sto dicendo che non ti voglio, che mi stai antipatico, che mi fai schifo e te ti metti a ridere? Dov'è la coerenza?
– Ok, volevo solo farti un po' di compagnia – dice lui continuando a prendermi in giro. Come se io volessi la sua compagnia, preferirei buttarmi da un ponte che stare in compagnia di un vampiro.
– Non ho bisogno di compagnia – dico, arrabbiata. – Non ho bisogno della compassione di nessuno, io.
– Spiegami solo come fai a trovare un posto per dormire senza soldi e... perché non stai prendendo la tua macchina – ribatte lui. Guardo la mia macchina, ha ragione. Perché stavo andando a piedi?!
– Non sono affari tuoi – sbotto io prendendo le chiavi dalle mie tasche e aprendo la macchina, ride. – Potrei benissimo dormire qua, non sono affari tuoi, quindi perché non mi fai il piacere di andartene? Perché se non lo fai ti sparerò un'altra volta, e questa volta potrei riuscirci.
– Mm – Viene in un secondo dietro di me, ma toglie subito le mani dal mio collo. – Non è possibile – bisbiglia indietreggiando, incredulo. Mi giro verso di lui. – No, no, no – urla lui per poi scappare.
– Cosa... – dico io non capendo. – Ehi! – urlo io al ragazzo che ormai se n'è andato, o almeno credo. Rabbrividisco, questi mostri oltre ad essere inutili sono pure fuori di testa. Chissà il perché è scappato, non che non mi faccia piacere, ma si è spaventato. Io l’ho spaventato, per qualche strana ragione. Vorrei sapere di cosa si tratta, cos’ho di così spaventoso; o almeno cos’ho fatto di così spaventoso, così almeno lo faccio ogni volta che ne vedo uno, anche se preferirei ucciderlo che farlo scappare.
– Cas... – Mi giro sentendo una voce un po' strozzata e vedo Iris.
– Iris – la chiamo, incredula.
– Aiuto – balbetta lei per poi cadere. L'abbraccio per sorreggerla. – No! – Mi ritrovo per terra a un metro di distanza con tutto il corpo dolorante. – Scusa – piagnucola lei. Mi alzo e vado da lei. – Non avvicinarti a me! – urla, così mi fermo prima di farmi spingere un’altra volta dall’altra parte del pianeta da lei. – Ho fame.
– Ok, entra in macchina – le ordino, seria. Davvero posso farlo? Posso davvero avere una migliore amica vampira? Posso davvero aiutarla a sfamarla? Dio, no, perché mi hai fatto questo?! Ma mi viene un'idea, so dove portarla. 
– Perché? – chiede guardandomi.
– Andiamo da uno come te – rispondo. Devo aiutarla, dopotutto è sempre stata lei quella che aiutava me. Glielo devo, anche se ora è un mostro, magari può diventare più umana, ma ha bisogno di qualcuno come lei che l'aiuti e so esattamente da chi portarla. – Entra in macchina –  ripeto, entro e lei mi segue.
Arriviamo al campo di addestramento. Spero non ci siano ancora i nostri vecchi compagni, ormai mezzi morti. Per fortuna quando entro non vedo  nessuno; faccio sospiro per il sollievo che sto provando, ma non c'è nemmeno quello che mi ha salvato la vita.
– Ehi! – urlo io, arrabbiata. – So che sei qui! Mi devi aiutare. – La verità è che non ho la più pallida idea di quello che sto facendo, potrei benissimo star parlando da sola e questo di certo mi farebbe ridere… se solo non stesse succedendo tutto questo.
– Che c'è? – Mi giro di scatto e lo vedo.
– Perché voi dovete per forza apparire di dietro?! Non potete apparire semplicemente davanti a me?!
Ride. Ok, la potrebbe veramente aiutare se solo lo volesse. Sarei disposta a pregarlo, a baciargli i piedi, tutto quello che vuole, pur di salvare la mia migliore amica. – Non sarebbe nemmeno un po' divertente così – risponde lui accennando un sorriso.
– Senti, puoi aiutare la mia amica? – chiedo indicandola mentre trema. – Per favore – lo prego, mi guarda ancora un po' stranito. Chissà che è successo prima, chissà perché è scappato così.
– No, mi dispiace – risponde, freddo. – Te ne devi andare – balbetta.
Aggrotto la fronte, questi vampiri oltre ad essere dei mostri sono pure fuori di testa. Prima vuole “farmi compagnia” ed ora mi dice di andarmene, non è normale. Ma che mi aspettavo? Stiamo parlando di vampiri! Non sono ne affidabili ne nient'altro. Sono mostri che uccidono persone innocenti per sopravvivere, non eroi. Mi dimentico per la seconda volta in un giorno che questo non è Twilight e che qua i cattivi sono tutti i vampiri, nessuno escluso.
– Perché? – chiedo continuando a sperare in una cosa che non succederà mai. Twilight magari è vero, magari è una storia vera. Per quanto mi riguarda potrebbe esserlo! Deve essere così. Perché la mia migliore amica non può essere un mostro assassino.
– Perché devi stare lontana da me – mi avverte, quasi in preda al panico; la voce gli trema.
Lo guardo non capendo questa risposta. Ok, è veramente lunatico, dopotutto è un vampiro. Come fa a non essere lunatico?– Ti prego, lei è tutto per me – continuo guardandola mentre trema e si abbraccia da sola. Da quando in qua i vampiri hanno freddo? – Non farmi pentire di non averti ucciso – scherzo io.
Ride. – Va bene... ma te ne devi andare – ripete.
Annuisco. – Ok – rispondo guardandolo dritto negli occhi. Ce l'ho fatta, magari alcuni di loro non sono così cattivi, magari alcuni di loro non volevano diventare quello che sono. Magari alcuni bevono sangue animale senza nemmeno ucciderlo. Per la prima volta dopo la morte di mia madre riesco a vedere una piccola luce infondo al tunnel.


Angolo Autrice:
Ciao a tutti! Da dove cominciare? Allora, inizio col dire che questa è la mia prima storia, ma l'ho iniziata a scrivere circa un anno fa. Alcuni mesi fa ho finito di scriverla e solo oggi mi sono decisa a pubblicarla. Spero vi sia piaciuta, se avete qualche commento vi prego di recensire. Ho veramente bisogno di sapere cosa ne pensate, anche se il vostro è un commento negativo.

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Capitolo 2
*** L'Istituto ***






Capitolo 2
L'Istituto
 
Sto dormendo in macchina quando sento un botto; mi alzo di scatto, ormai è mattina e un uomo sta davanti alla mia macchina. Sono stanca ma l’adrenalina entra subito in circolazione e niente sembra più lo stesso. Sono già pronta per uccidere qualche vampiro, come quello davanti alla mia macchina, per esempio.
– Chi sei? – urlo io abbassando il finestrino, un secondo dopo me lo ritrovo davanti a me. Cerco di non sussultare, di non sembrare spaventata ma questo vampiro mi sta rendendo le cose difficili. Dopotutto sono dentro una macchina, devo riuscire a prendere la pistola accanto al mio sedile senza farmi vedere ed è praticamente impossibile.
– Non è questo il problema – sghignazza guardandomi negli occhi, aggrotto la fronte. E allora qual è il problema? Sono io? E perché? Forse ha fame. Forse la bestiolina ha fame, ma non m’interessa. Non sarò io il suo pasto, anzi non ci sarà nessun pasto perché se continua così lo ammazzo.
– Lasciala stare – ringhia il vampiro che conosco.
– Ma che ti sei impazzito?! – chiede l'altro vampiro, arrabbiato. Va dal vampiro che conosco guardandolo in un modo che non mi piace, così esco di scatto dopo aver preso una pistola.
– Toccalo e ti ammazzo – lo minaccio io. Cosa? Ma perché stavo facendo tutto questo? È un vampiro! È uno delle creature che ha ucciso mia madre!
C’è un momento di silenzio dove il vampiro sconosciuto non fa altro che guardare prima me e poi l’altro vampiro, poi lo sento ridere. – Oh, mio Dio – esclama indietreggiando. – Tu – dice indicandomi, – vieni qua e prendi la sua mano. – Aggrotto la fronte non capendo il motivo, ma lo faccio. Vado da lui e prendo la del vampiro che conosco. Un brivido scorre su tutto il corpo: è paura. – Oh, mio Dio.
– Cosa? – chiede il vampire che conosco, perplesso tanto quanto me.
– Vi sentite strani quando state insieme? Vi piacete? Sentite una connessione? – chiede, sembra quasi eccitato. Ma cosa sta dicendo?! Questi vampiri oltre ad essere degli assassini sono anche fuori di testa. Devo dire che lo sarei anch'io; ammazzare gente tutti i giorni e fare una vita del genere... è facile diventare matti. Soprattutto se sai tutta la verità su cosa, cioè che non ci sono solo i mortali qua, sulla Terra.
 – Ma che stai dicendo? – chiede l'altro vampiro.
 – Rispondetemi – urla, arrabbiato. Vorrei andare là e ammazzarlo, spezzargli il collo e poi bruciarlo. Ma non posso, se è amico del vampiro che conosco forse aiuterà anche lui Iris.
– Si, ok – ammette il vampiro. – Cioè non lo so...
Oh, mio Dio. Vabbè che c’entra?! Cassie, non ti puoi innamorare di uno schifoso vampiro! Non puoi! Sei stata addestrata ad odiarli! Non puoi... Ritorna nel mondo reale! Ora. Subito.
– E te? – chiede l'altro vampiro passando lo sguardo dal vampiro che conosco a me.
M’indico con il dito. – Io? – chiedo. Il vampiro che non conosco alza gli occhi al cielo e sono quasi tentata di farlo fuori una volta per tutte, ma non lo faccio ovviamente. Ci penso su e non arrivo a nessuna conclusione, il ché mi da fastidio. Ricordo quando ero innamorata del mio primo - e ultimo - ragazzo, l’avevo capito quasi subito, ma adesso non so proprio cosa pensare. Forse è perché stanno succedendo troppe cose in troppo poco tempo. – Non lo so – dico io andandomene.
 Il vampiro si mette davanti a me senza nemmeno esitare. – Questo non è un gioco, ragazzina – ringhia, arrabbiato. I suoi occhi diventano rossi, indietreggio ma un secondo dopo il vampiro che conosco è davanti a me.
– Non ci provare nemmeno – borbotta lui. Mi metto dietro di lui posando la mia mano con la pistola sulla sua schiena, sento l'altro ridere mentre lui trattiene il fiato, sicuramente avrà capito che se il suo amichetto continua così non rimarrà mezzo-morto per molto.
– Oddio – esclama il mezzo-morto che tra un po’ passerà a morto, continuando a ridere. Vorrei farlo smettere e avrei un idea su come fare, ma continua ad essere amico del vampiro che conosco. – Siete destinati!
– Cosa? – chiedo io. Destinati? E ora che significa questo? Mi sta venendo mal di testa. Stanno succedendo veramente troppe cose. Di solito uccido un vampiro a settimana. Di certo non ci faccio amicizia! Devo mettere fine a tutto questo, ma come faccio se la mia migliore amica è stata appena trasformata?
– Siete destinati a stare insieme – risponde il vampiro ridendo. È più matto di quello che pensavo, lo dovrebbero mettere in un manicomio. Un manicomio per vampiri… Quando succederà mi devo ricordare di dare fuoco all’edificio. – Amico mio, sei in un bel casino.
– Con lei? – chiede il vampiro che conosco mentre mi stringe la mano. Non so se lasciarla o stringerla ancora di più, perché la verità è che ci sto capendo sempre di meno. – Non è possibile... No, io sono di un'altra epoca.
– Non c’entra niente questo, le nostre anime gemelle possono pure venire dall'altro capo del mondo o magari nascere cent'anni dopo di noi. Sono sempre e comunque le nostre anime gemelle.
Il vampiro si distacca da me lentamente ed io non so se sentirmi meglio o peggio. Mi sento così sola in questo momento che vorrei prenderlo e stringerlo a me. Devo tornare da mio padre e parlargli, non posso vivere da sola; non ce la posso fare.
– Ma è lei, vero? È lei la Whitesun – chiede il vampiro che conosco.
Aggrotto la fronte. La che? Ma questi sono del tutto impazziti! Non esistono solo i vampiri, ma anche le anime gemelle e ora anche queste Whitesun. Sono del tutto impazziti e se rimango qua lo diventerò anch'io. Aspetta... ma – Dov'è Iris? – chiedo cercando di cambiare discorso, così da prendere Iris e andarmene. Posso insegnarle da sola come funziona il mondo dei vampiri, li ho studiati per anni, di certo so di cosa si nutrono e per ora questo è l’importante.
– Sta mangiando – risponde il vampire che conosco, come se fosse tutto normalissimo. Dopotutto sta bevendo sangue, è una cosa normalissima! Mi viene da vomitare.
– Si, è lei – continua il discorso l'altro vampiro guardandomi. – Lo percepisco. Percepisco il pericolo.
Lo percepisci? Scommettiamo che percepisci pure il mio pugno dritto in faccia se non mi dici che stai dicendo?! – Cosa sono? Che cosa diavolo sta succedendo? Ditemelo subito, perché mi state facendo innervosire. Se è una cosa che dovrei sapere allora me la dovete dire, soprattutto se è su di me! – sbotto, preoccupata.
– Una Whitesun – risponde il vampiro che conosco girando il viso verso il mio.
Deglutisco cercando di non pensare a lui. È carino. Ha dei capelli biondi chiari e degli occhi quasi neri. – Cioè? – chiedo, ma sento l'amico ridere e la rabbia inizia a bollire nelle mie vene.
– Siete molto rare, ne nasce una ogni mille o duemila anni e tutti i demoni non hanno nessun potere su di voi. Siete come uno scudo naturale ed esistete perché siete le uniche persone che possono uccidere tutti i vampiri – risponde il vampiro sconosciuto.
Perché proprio io? Poi tutto questo non ha senso! Sono nata per ammazzare tutti i vampiri, ma sono destinata a stare con un vampiro?! Dov'è la coerenza?! – No, ok, tutto questo è da matti! – esclamo, arrabbiata. – Non posso essere io!
– Si, lo sei, credimi – dice l'amico.
L’unica domanda che continua a ronzarmi nella testa è: Perché dovrei fidarmi di un vampiro? – Non ha senso. Tutti possono uccidere i vampiri – continuo io.
Il vampiro sconosciuto alza gli occhi al cielo ed io faccio per andare da lui, stringendo la pistola nella mano, ma il mio “amico vampiro” mi ferma mettendo un braccio davanti a me. – Nel senso che se tu uccidi un vampiro, uccidi tutti gli altri – risponde.
Lo guardo sbalordita. – Ma io ho già ucciso vampiri in passato, eppure siete tutti qua – sospiro io.
– Forse perché serve un pugnale specifico – aggiunge l'amico con aria superiore.
Rido. – Ok, tutto questo non può essere vero – esclamo io andando avanti, per entrare in macchina; il vampiro sconosciuto si avvicina e così abbasso il finestrino. – Non ha senso! – continuo. – Io esisto per ammazzare tutti i vampiri, quando sono destinata a stare con un vampiro.
– Non c’entra niente. Il destino "inizia" quando una persona nasce, una persona non nasce vampiro.
Lo guardo. In effetti ha ragione. Cavolo... non può essere più intelligente di me, dopotutto il suo cervello è morto. – Non posso sopportare tutto questo – rispondo guardandolo. – Devo andare a vedere come sta mio padre – annuncio accendendo la macchina. Guardo l'altro vampiro, non voglio nemmeno sapere il suo nome. – Vi prego, badate voi ad Iris.
 
Parcheggio la macchina davanti casa mia e scendo. Cerco di sembrare almeno presentabile, ma è impossibile dopo un’intera nottata in macchina e una lite con un vampiro. – Papà, sono a casa. Senti, mi dispiace per quello che è successo, ma volevo vedere… —mi fermo quando vedo tutto sottosopra. Il mio stomaco si contorce mentre prego con tutta me stessa che mio padre stia bene. – Papà – urlo io, in preda al panico. Vado in cucina e trovo tutto in subbuglio. – Papà – urlo con ancora più forza andando in camera sua. Mi fermo e quando vedo un uomo a terra; mi copro la bocca con le lacrime agli occhi. – Papà! – urlo andando da lui, lo giro e vedo che è ferito. Lo chiamo scuotendolo, ma sembra svenuto.
Apre gli occhi per cinque secondi e poi tossisce, richiudendoli. – Sono arrivati – mormora lui con gli occhi chiusi. – Vattene, Cassie! Cercano te.
– No, io non me ne vado senza di te – piagnucolo. Può essere pure un ubriaco fradicio ma rimane comunque mio padre. E non lascio mio padre da solo a morire, lo devo aiutare in qualche modo. Non può morire, non così, non per colpa mia. Non può succedere un’altra volta. Non posso perdere anche lui.
– È troppo tardi per me – dice lui con una voce strozzata.
– No, no, no, non è vero! Puoi diventare come loro! Puoi controllare la fame e continuare a vivere – esclamo io. I miei pensieri viaggiano troppo velocemente, il ché mi fa capire che sono sotto shock. Non posso perdere pure mio padre. È davvero troppo.
– E diventare come quei mostri che hanno ucciso tua madre? – Tossisce. – Mai. – Mi guarda per un po’ e prende la mia mano, la stringe un po’. – Mi dispiace per non essere stato un bravo padre.
– No – dico io piangendo. – No, papà, non dire così! Te non morirai.
– Si, invece... Mi dispiace averti detto tutte quelle cose brutte. Tua madre ha fatto una scelta e la sua scelta è stata quella di… – Fa un sospiro profondo, – proteggerti. – Abbassa le palpebre un po’ alla volta, il suo respiro si fa sempre più irregolare fino a quando non vedo più nemmeno il suo petto alzarsi. Nemmeno un po’, nemmeno poco. Niente. Lo scuoto un po', in preda al panico, quando in verità peggioro solo la situazione.
– No, no, papà! – Ma non risponde più. Non respira più. Il suo cuore non batte più. Le sue palpebre non si aprono più.  – No, papà – urlo. – Pure te no, ti prego.
Sono passate non so quante ore, forse è pure sera, ma io non lo so, perché sto ancora qua, ad accarezzare mio padre. Continuo ad accarezzarlo fino a quando non vedo una sagoma davanti a me, alzo lo sguardo e vedo il vampiro che conosco a bocca aperta. – Oddio – balbetta lui, scioccato.
– Aiutalo, ti prego – lo prego io guardandolo negli occhi e piangendolo. – Fallo diventare come te, ti prego, fallo diventare come te – continuo alzandomi e prendendolo per la maglietta. – Ti prego, fallo diventare come te – ripeto continuando a strattonarlo per la maglietta.
– Non posso – sbotta lui prendendomi le mani. – Ormai è morto, Cassie! – esclama lui guardandomi negli occhi, senza un minimo di tatto. – È troppo tardi.
Lo lascio ed indietreggio fino a quando non vedo mio padre, a terra, attorno a una pozza di sangue. Non pensavo ci fosse così tanto sangue in un corpo umano. – È tutta colpa mia – ammetto. – Ha detto che cercano me, lo hanno ucciso per me.
– Cosa? – chiede lui, preoccupato. – Stanno cercando te?
– Non m'importa niente – balbetto guardando mio padre. – Mi possono pure uccidere adesso... anzi, mi farebbero un favore – ammetto io accarezzando mio padre.
– No, no – ribatte lui alzandomi. – Te non morirai, ok?! – esclama lui, convinto. – Io non ti lascerò morire – mormora facendo alzare il mio viso con una sua mano, chiudo gli occhi, stanca.
– Basta – dico io piangendo. – Sono stanca di tutto questo. – Sento le sue forti braccia attorno alla mia schiena. Mi sta abbracciando veramente? Però mi fa sentire meglio, non tanto però, ma cosa pretendo? Mio padre è appena morto.
– Ti aiuterò io – risponde lui stringendomi ancora di più.
 
Arriviamo davanti casa sua e bussa alla porta, quindi vive insieme a qualcuno, magari il suo amico. La porta si apre e mostra una ragazza con dei capelli che arrivavano a metà schiena; il mio cuore si ferma per un secondo in più del dovuto. O magari vive insieme ad una sua amica.
– Ehi – saluta lei. – Entrate. – Si fa da parte e il vampiro mi fa avanzare per farmi entrare. Per l’ennesima volta mi chiedo se mi posso veramente fidare di questo vampiro. Sento la ragazza sospirare. – Oddio, sento il pericolo da qua – annuncia sedendosi su una sedia di legno, vicino al tavolo. – Sei la Whitesun, vero?
– A quanto pare – mormoro sedendomi, non ho nemmeno la forza per rimanere in piedi, figuriamoci di litigare con lei. Non mi va di parlare di questa storia, sono troppo stanca per fare qualcosa.
Lei strizza gli occhi. – Alaric si sbagliava – annuncia lei continuandomi a fissare in un modo abbastanza inquietante. – Non siete destinati – continua, accavallando le gambe. – Come immaginavo.
– Davvero? – chiede il vampiro, incredulo e felice.
– Già – risponde la ragazza guardandomi, fissandomi. Vorrei dirle di smetterla, che non c’è bisogno di guardarmi in questo modo, che mi sta dando ai nervi… ma rimango in silenzio anche questa volta.
– Bene – sospira lui. – Avere una Whitesun come ragazza non sarebbe stato il massimo.
 Sorrido. Come se a me avesse fatto piacere. – Come per me non sarebbe stato il massimo avere un ragazzo vampiro – ribatto guardandolo.
– Sono praticamente sicura al cento per cento che sei destinata a stare con un Cacciatore – si intromette la ragazza, che non smette un secondo di fissarmi.
– Un cacciatore? – le faccio eco, confusa.
– Già... non come te e i tuoi amichetti. Intendo un vero Cacciatore.
– Ehi! – esclamo, arrabbiata. – Lasciali stare, loro. Sono morti ieri, per l’amor di Dio. Sai cosa significa “avere tatto”? Erano brave persone, e non mi fissavano, cosa che stai facendo te da quando ho varcato la soglia da quella maledettissima porta.
Alza le mani in segno di resa. – Tranquilla – borbotta per poi prendere una sigaretta. – Sei mai stata all'Istituto? – chiede, tra un rito e l'altro.
Questa volta sono io a fissarla. Sto cercando di capire che essere è. Non mi sembra un vampiro, respira e anche se alcuni vampiri lo fanno per abitudine non credo che lei lo faccia per lo stesso motivo. – Che? Quale Istituto? – chiedo io.
Ride e fa altri due tiri. – Dobbiamo portarla là – ribatte lei, guardando il vampiro dietro di me dopo aver buttato un'altra volta il fumo fuori, – se vuole rimanere intatta.
– Dov'è Iris? – chiedo io guardando il vampiro.
– Chi è Iris, Derek? – si intromette lei guardandolo. Eccolo, il suo nome. Derek... che bel nome. L'ho sempre amato questo nome.
– Una sua amica che è diventata vampira – risponde lui guardando l'amica, ma non sembra molto interessato all’argomento. - Comunque sta dormendo in camera mia.
– Ok, noi dobbiamo andare – annuncia lei alzandosi. – Dobbiamo avvertire l'Istituto, te rimani qua con Iris – continua lei, per poi spegnere la sigaretta. Che spreco, potrebbe fare ancora cinque tiri; o almeno uno spreco di soldi, di certo ha fatto un favore ai polmoni. – Ah, e – aggiunge voltandosi, – non aprire a nessuno, se vuoi rimanere viva. – Apre la porta e guarda Derek. – Queste voci corrono come il vento – borbotta tra sé e sé.
– Ci vediamo tra un po' – mormora Derek guardandomi, sorrido e annuisco. Continuo a non fidarmi di lui, non tanto almeno.
La porta si chiude così vado da Iris e la guardo mentre dorme, appoggiandomi allo stipite della porta aperta; sorrido ancora una volta. Andrà tutto bene, lei continuerà a vivere ed io non la lascerò mai sola. È la mia vita questa ragazza, è tutto quello che mi rimane.
Sento la porta aprirsi, così aggrotto la fronte e vado più vicino alla porta d'ingresso. All’inizio non vedo nessuno, perciò mi giro… e faccio un passo indietro: c'è un uomo.
– Chi sei? – chiedo. Ride e subito dopo sento un dolore inspiegabile al collo. Cado sulle ginocchia con il sangue che mi esce dal collo, ma Iris si alza e spinge l'uomo. Tossisco e cado a terra del tutto senza riuscire a respirare.
Niente panico, Cassie! Niente panico! Respira, è il panico che non ti fa respirare, respira! Cerco di fare dei respiri profondi e quando il panico si attenua vedo la mia pistola per terra. Mi trascino fino a quando non riesco a prenderla. Mi giro per guardare quello che sta succedendo: Iris sta cercando di tenerlo fermo, ma lui è più forte di lei. L'uomo la spinge, facendola sbattere alla parete opposta. Sobbalzo e l'uomo, che molto probabilmente è un vampiro, viene verso di me. Mi stringe a lui, pronto a mordermi un’altra volta. Sorrido e carico la pistola con una sola mano.
– Dì “ciao ciao”, stronzo! – Premo il grilletto e così indietreggia. Cade a terra e scompare in cenere. Cerco di alzarmi ma cado subito; guardo Iris negli occhi e mi accorgo che sono tutti rossi. – No, Iris – dico io guardandola, cerco d'indietreggiare trascinando le mie gambe. – Iris, ce la puoi fare. – Ma lei avanza tranquillamente, c'è l'orrore sul suo viso. Urlo sentendo il mio sangue uscire ed entrare nella bocca di Iris e subito dopo vedo tutto nero.
 
Apro gli occhi, ma vedo tutto sfogato, così sbatto le palpebre più volte e riesco a vedere meglio. Aspetta... questa non è casa di Derek. Mi ha preso qualcuno? Ma l'ho ucciso quel vampiro!
– Ah, buongiorno! – dice una voce. Giro la testa a sinistra e vedo l'amica di Derek, Caroline.
– Che è successo? – chiedo, sedendomi sul letto con delle coperte di lusso. – Dove mi trovo?
– Iris ti ha tolto tutto il sangue nel tuo corpo, sei morta e poi sei ritornata nel mondo dei vivi – risponde Caroline, tutto sembra normale per lei, ma per me no. Sono morta e sono tornata nel mondo dei vivi? Questo non è per niente normale. Eppure so che è vero.
– Com'è possibile? – chiedo. La guardo e mi accorgo che è veramente una bella ragazza. Sarà sui vent’anni e quei suoi capelli neri s'intonano benissimo con la sua carnagione scura, gli occhi sono scuri quasi quanto i capelli e devo dire che sono proprio belli.
– Sei una Whitesun – ribatte lei. – Puoi morire solo in situazioni naturali. – Aggrotto la fronte e lei sospira. – Per esempio, se vieni uccisa da un umano. – Rimane a pensare per un pò e poi aggiunge: – La regola non vale se è stato soggiogato da un vampiro.
– Buongiorno – sento un’altra voce che non riconosco, così alzo lo sguardo.  Un uomo entra nella stanza. – Te devi essere Cassie – esclama lui avanzando.
– Si, sono io. Tu chi sei? – chiedo io, sulla difensiva. Ride, spiazzandomi del tutto. Perché ride?
– Sono il preside dell'Istituto – risponde lui, mi sorride come se fossi una stupida ragazzina che non capisce niente e che deve ancora sapere molte cose, e questa cosa m'infastidisce molto. Però... aspetta, ha detto “Istituto”?
– Aspetta – lo fermo io, anche se si è già fermato da solo. – Sono nell'istituto? – chiedo, l'uomo annuisce. Vorrei che mi spiegasse un po', non può semplicemente annuire! Che cavolo di preside è? Ho bisogno di risposte. Adesso, se è possibile.
– Si, e ci rimarrai – aggiunge la ragazza.
– Perché? Nemmeno li conosco – ringhio io. Di certo non mi possono obbligare a restare. Chi sono per dirmi cosa devo fare? Non mi possono segregare nell’Istituto ed io non so nemmeno chi sono, non so se stanno dicendo la verità… non so niente di niente!
– Perché devi diventare una Cacciatrice – risponde il preside. Lo guardo negli occhi, sono verdi ma io non posso fare a meno di pensare a quante frottole stia dicendo.
– Già lo sono – dico io, seria. Eppure la ragazza scoppia a ridere e la rabbia sale dentro di me.
– Fidati, se adesso lo sei, tra un po' lo diventerai ancora di più, e comunque... questo è un posto veramente sicuro. Qua ci sono un sacco di Cacciatori, non Whitesun come te, ma anche loro hanno un sacco di poteri.
Lo guardo incredula. – In che senso “poteri”? – chiedo.
– Non sono demoni ma nemmeno umani, sono fatti per cacciare – risponde lui. Mi devo aspettare dei mostri che pensano solo a cacciare i demoni? Carino. Dal male in paggio proprio. L'uomo ride. – Non sono dei mostri. – Lo guardo sbalordita. Ma come ha fatto? – Già, alcuni di noi possono leggere nella mente, a volte. Ora, se mi volete scusare, devo avvertire tutti gli altri Cacciatori che abbiamo una nuova Cacciatrice. Raggiungimi tra cinque minuti nel soggiorno – annuncia, per poi andarsene.
Rimango sola con la ragazza, che sinceramente non sopporto più. E sto con lei da quanto? Cinque minuti?
– Ehi – esclama lei, avvicinandosi a me. – C'è la tua anima gemella qua, la percepisco.
– Ma te cosa sei, esattamente? – chiedo, incuriosita.
Sorride e accavalla le gambe, orgogliosa. – Una maga – risponde lei, giocando con l'accendino.
Sto per scoppiare a ridere, ma credo sia più per isteria che per altro. – Una maga che fuma? - chiedo, cercando di non scoppiare a ridere. Mi mordo il labbro inferiore per non ridere, ma è più forte di me.
– Mica siamo nei telefilm, dove le maghe sono delle pazze che non fanno nient'altro che stare in camera loro a fare incantesimi! – Sorrido. - Ah, e prova a chiamarmi strega e ti ammazzo. Posso farlo, sappilo. – Incrocia le braccia con un espressione piena d'orgoglio. Deve essere veramente orgogliosa di essere quello che è e deve piacerle veramente quello che fa; si vede.
La guardo con le sopracciglia alzate. – No, non puoi – la provoco ridendo. Mi guarda con aria di sfida. – Comunque... devo andare – borbotto alzandomi. Esco dalla camera, ma mi fermo appoggiandomi alla porta. – Grazie per essere stata qua con me – la ringrazio io. Alla fine glie lo devo.
Sorride. – Di niente.
E così me ne vado, anche se non so dove andare. Attraverso un corridoio enorme e vedo una cartina che ritrae l'intero Istituto. La guardo attentamente per un bel po’ di tempo, non sono mai stata brava ad interpretarle e quest’Istituto è veramente enorme. Per fortuna devo solo prendere l'ascensore e scendere al piano terra, dovrebbe stare là davanti.
– Esattamente – esclama qualcuno, faccio un balzo e mi giro. Una ragazza con dei capelli biondo rame e lunghi sta accanto a me.
– Come... – cerco di parlare ma lei mi ferma subito.
– Come ho fatto? Leggo nella mente – risponde lei, per poi farmi l’occhiolino. Ok, va bene. Non è normale nemmeno lei. – Ti sento – canticchia lei premendo il tasto dell'ascensore, sbuffo. Dov'è finita la privacy?! – Purtroppo qua non c'è – risponde lei. La mia rabbia si fa sentire sempre di più. – Dai, andiamo – dice lei. Alzo gli occhi al cielo e la raggiungo.
Appena esco dall'ascensore vedo un sacco di ragazzi. – Già – esclama la ragazza guardando avanti dopo aver sicuramente sentito qualche mio pensiero. Sbuffo, lei invece mi sorride e scompare tra la gente. È stata abbastanza gentile, ma non credo di riuscire a sopportare nemmeno lei.
– Mi raccomando, è nuova quindi bisogna darle un caloroso benvenuto. – Louis alza lo sguardo e mi vede. – Eccola! Vieni, Cassie! – Probabilmente tutta rossa, attraverso tutto il salone mentre i ragazzi si fanno da parte per farmi passare e vado accanto al signore. – Lei è Cassie ed è una Whitesun. – Tutti iniziano a bisbigliare. – Ragazzi, tranquilli! – Mi accarezza la schiena. Abbasso lo sguardo per non incontrare tutti quegli occhi, che dicono "oddio è lei". – Ok, ora potete andare – annuncia Louis Dempson.
Sento i passi di tantissime persone farsi sempre più lontani, così alzo lo sguardo ma cado praticamente dentro gli occhi di un celeste fantastico. Però non è solo celeste, è celeste con delle sfumature blu, come se fossero delle scintille. Sono fantastici. Una scossa fortissima percorre tutta la mia schiena fino ad arrivare sulle punte delle mani e dei piedi. È lui, penso, ne sono sicura.
– Emh – inizia il signore per catturare la mia attenzione. – Comunque io mi chiamo Louis Dempson – si presenta lui porgendomi la mano, glie la stringo subito. – Benvenuta all'Istituto dei Cacciatori. – Sorride e così mi sento quasi costretta a ricambiare. – Comunque quel ragazzo si chiama Jeremy Ruterful e si, lo penso anch'io – afferma. Se ne va ed io rido, nervosa. Mi giro per vedere se c'è ancora quel ragazzo ma è come scomparso nel nulla.
– Così sei te la Whitesun. – Accanto a me c'è la ragazza di prima. – A chi sei destinata?
Faccio spallucce. – Non lo so – mento, ma alla fine non è una bugia. La verità è che non ho la minima idea di cosa stia succedendo. Non so cosa significhi avere un’anima gemella, non so cosa siano questi Cacciatori, non so che strani poteri abbiano… Non so niente.
– Mmh... comunque io sono Ivy – si presenta lei, porgendomi la mano. – È un piacere conoscerti, Cassie Whitesun.
Le stringo la mano. – Piacere mio – borbotto, po' infastidita. Mi sfoggia il suo ultimo sorriso e poi se ne va. Sono rimasti in pochi in questo salone quando decido di prendere l'ascensore per andare in camera mia. Sono già stanca morta.
Entro e c'è un sacco di gente. Fantastico, penso cercando di non sbuffare. Appena l'ascensore arriva al mio piano vengo praticamente investita da tutte le persone che stavano là dentro. Faccio passare tutti e sbuffo per l’ennesima volta in un solo giorno. Sono passata dalla nuova ragazza in una scuola normale alla nuova Whitesun in una scuola per Cacciatori. Trova le differenze.
Sento una risata dietro tutte quelle chiacchiere e mi chiedo perché dovrei sentire solo questa risata dentro questo corridoio di chiacchiere e risate. Avanzo fino a quando non decido di girare la testa… ed eccolo là. O meglio, eccoli là, quei occhi. Un'altra scossa percorre tutto il mio corpo facendomi rabbrividire. Quando mi accorgo che mi sta guardando anche lui sussulto e, a passo veloce, torno nella mia nuova camera da letto.
Dopo aver passato un’ora in camera da sola sento una voce uscire da una cassa che sta attaccata alla parete, proprio accanto alla porta. – Sono pregati tutti gli studenti di raggiungere la sala armi. – La prima cosa che penso è: sala armi?! Ok, devo dire che mi piace una sala piena di armi, ma io sono stanca morta!
Esco dalla camera e non vedo nessuno, il ché significa che sono già tutti in quella sala ed io non so nemmeno dove si trovi. Dopo aver attraversato tutto il corridoio vedo la cartina, ma proprio non riesco a trovare la sala armi. Continuo a guardare la mappa con gli occhi ridotti a fessura.
– Serve una mano? – chiede una voce fredda, forse così fredda che è la colpa per cui un brivido ha appena attraversato tutto il mio corpo. Ma no, mi giro per vedere di chi sia questa voce e capisco che non è per la voce, ma perché è Jeremy, il ragazzo con gli occhi celesti.
– Non trovo la sala armi – balbetto perdendomi ancora una volta nei suoi occhi. Sono fantastici. È molto più alto di me - non che ci voglia tanto eh -, ha dei capelli di un castano chiaro che s’intona con quei suoi occhi celesti. Tutto in lui è caloroso; o meglio, tutto tranne la sua voce che è distaccata e fredda come il ghiaccio.
– Seguimi – mi ordina avanzando verso l'ascensore. Lo raggiungo praticamente correndo, i suoi passi sono tre dei miei. Chiama l'ascensore, che arriva subito, ed entriamo. Lui sta dietro di me, appoggiato allo specchio e io gli do le spalle. – Perché hai fatto tardi? – chiede dopo un lungo momento di silenzio.
Aggrotto la fronte. – Appena ho sentito sono uscita – mi giustifico io, continuando a dargli le spalle. So che mi dovrebbe far piacere parlare con lui, ma mi sta dando fastidio invece e non so perché.
– No, non è vero, perché sennò staresti già nella sala – risponde lui.
Quando mi giro per guardarlo male vedo il suo corpo irrigidirsi un po’. – Mi sono dovuta vestire, ma ci ho messo meno di cinque minuti – borbotto, guardandolo negli occhi. Non è il momento giusto per queste smancerie.
Ride. – Si vede che sei nuova – esclama, per poi poggiare il suo sguardo sulle sue scarpe. Ma il suo non è un gesto di timidezza o altro, semplicemente per lui la conversazione è chiusa. Bé, si sbaglia. La conversazione finisce quando anch’io non ho più niente da dire.
– Bé, anche te hai fatto tardi, se è per questo – ringhio io sputando acido.
Alza lo sguardo, sorpreso. – Forse io me lo posso permettere – ribatte, con aria di sfida.
Rido, nervosa. Sento la rabbia salire sempre di più, così mi giro per guardare avanti un'altra volta. Presuntuoso del cavolo, i tuoi occhi saranno pure fantastici ma non c'è niente di fantastico nel tuo comportamento. L’ascensore si ferma e le porte si aprono mostrandomi un altro corridoio. Avanzo ma dopo pochi passi mi fermo, indecisa sul da farsi.
– Puoi andare più avanti? Sai com'è... ci sono pur'io – borbotta Jeremy. Alzo gli occhi al cielo e faccio un paio di passi in avanti. – Grazie – esclama con un tono presuntuoso. Mi giro per fargli capire che sono arrabbiata, ma mi perdo un'altra volta nei suoi occhi e questa volta non riesco a girarmi per non guardarlo. Non riesco a distaccare i miei occhi dai suoi. Niente. È frustrante come cosa.
– La seconda porta a sinistra – mormora, e grazie a Dio riesco a distogliere gli occhi dopo che mi ha parlato. La porta è chiusa, mi giro per guardarlo, un po' preoccupata. – Che è? Hai paura? – chiede ridendo. – Dio, stiamo messi bene qua! – mi prende in giro aprendo la porta. – Una Cacciatrice che ha paura addirittura di aprire una porta – borbotta, andandosene.
Calma, Cassie... Calma. Vedo tutti girarsi verso di me. La sala è enorme, con teli rossi e davanti ad essi ci sono tante armi appese. Non ho mai visto così tante armi in vita mia. La sala sarebbe completamente sgombra se non ci fossero tutte quelle armi appese alle quattro pareti enormi della stanza.
– Ah, eccovi – esclama Louis. – Allora stavamo dicendo... – dice continuando a parlare su cose di cui non sapevo nemmeno l'esistenza fino a pochi secondi fa. – Questa – inizia indicando un'arma, – è per i lupi mannari. – Spalanco gli occhi. Lupi mannari? Esistono? Davvero? – Qualcuno però vuole ricordare qual è una legge molto importante, che noi vogliamo tenere sempre a mente? – chiede.
Alzano tutti la mano. – Non uccidere nessuno, a meno che non si è obbligati, o meglio... non uccidere nessuno se non ha fatto niente di male – risponde Jeremy. Il mio cuore si ferma un secondo in più del dovuto. Però non ha nemmeno chiesto il permesso o alzato la mano, questo conferma che è veramente un fanatico presuntuoso. Non mi piace.
– Esattamente, Jeremy, ma la prossima volta alza la mano come tutti gli altri – lo rimprovera Louis. Non posso fare a meno di sorridere. Gli sta bene.
Ma Jeremy non sembra affatto triste. – Va bene – risponde lui, per poi girarsi e guardarmi. Lo guardo anch'io, lo sfido a non distogliere gli occhi dai miei, ma ad un tratto vedo solo i suoi capelli e non mi sento nemmeno un po’ felice per aver vinto la nostra prima gara di sguardi.
– Ok, andiamo avanti. Questa invece serve per uccidere i demoni – aggiunge Louis indicando una spada, sembra una spada come tutte le altre ma l'impugnatura è di un rosso scuro e sopra c'è un segno strano, non l’ho mai visto prima d'ora, come non sapevo l’esistenza di altri demoni. – Qualcuno sa dirmi cosa significa questo segno? – chiede Louis, indicando proprio quel segno. Alzano tutti la mano ma il preside sceglie un ragazzo di nome – Diego? – chiede Louis.
– È il nostro segno, significa "cacciatore fino alla morte" – risponde il ragazzo.
Inquietante.
– E quest'altro? – chiede Louis, gira la spada e fa vedere un altro segno.
– Demoni – risponde il ragazzo.
Dopo un’ora di spiegazioni non ce la faccio più; mi sento stanca e soprattutto mi gira la testa. Ad un certo punto mi gira così tanto che non riesco a reggermi in piedi, perciò mi appoggio ad un muro. Sento le lame fredde dietro di me, ma non m'importa, sto troppo male.
– Tutto bene? – chiede una ragazza, il problema è che ne vedo tre uguali. – Signore. – Le ragazze uguali si girano. – La Whitesun è pallidi...
Non finisce la frase che cado a terra, o meglio sto cadendo a terra quando delle braccia fortissime mi sorreggono, e il proprietario di quelle braccia ha degli occhi celesti, quei occhi che amo.
Fantastico, prima figuraccia: fatta.
 
Apro gli occhi e li chiudo subito, voglio andare a casa e mangiare tutta la nutella possibile. Cerco di non pensare al fatto di essere svenuta davanti a tutto l’Istituto, dove, a quanto pare, d’ora in poi vivrò. Non posso crederci. Non sono mai svenuta, proprio oggi doveva accadere?
– Ti ho vista – canticchia una voce, apro gli occhi e vedo Louis Dempson. Sbuffo. – Non ti muovere. Avrei dovuto pensarci, dovevi essere davvero stanca – dice lui alzandosi dalla sedia.
– Voglio andare a casa – borbotto sedendomi.
– Non puoi – risponde lui con quello sguardo che non accetta un “no” come risposta.
Lo guardo. So che se lancio la bomba del funerale mi dirà sicuramente di si. Perciò glie lo devo dire. Mio padre ha bisogno di un funerale. – Devo preparare un funerale – ringhio io, e diventa pallido. Proprio così.
– Per chi? – chiede lui, incredulo.
Perché l'amica di Derek non gli ha detto quello che mi è successo? Non mi va di raccontare tutta la mia storia. E poi dov'è finita? –  Per mio padre – rispondo io dopo un po'.
Rimane in silenzio per un po’, continuando a guardarmi, un po’ come faceva prima la maga quando ero entrata in casa sua. – Ok, allora facciamo così: andrai, ma ti dovrai portare una pistola e un Cacciatore.
Sbuffo. – Non ne ho bisogno – ribatto. Mi alzo, mi gira la testa ma faccio finta di niente. Non mi farò accompagnare da nessuno, non sono una bambina. Devo stare da sola per un po’, questa cosa devo farla da sola, è di mio padre che stiamo parlando.
– Si, invece – risponde Louis. – Sei ancora stanca, calcolando che sei morta e poi resuscitata è una cosa abbastanza plausibile, non credi?
Qualcuno bussa alla porta e, senza chiedere il permesso, la apre. – Si è svegliata, non è vero? – Vedo quei suoi capelli castani cadere perfettamente sulle tempie mentre fa capolino dalla porta.
– Si – risponde Louis girandosi verso di lui. – Allora andrai te con lei.
– Cosa? Dove? – chiede lui entrando e guardandolo, arrabbiato. Anch'io lo sarei se fossi in lui. Veramente lo sono anche nel mio corpo, perché già voglio fare questa cosa da sola, figuriamoci con un ragazzo strafottente come lui.
– Deve andare a casa sua fino a sta sera – risponde Louis, più serio che mai.
Jeremy alza il sopracciglio destro e poi scoppia a ridere. – Perché dovrei andarci io? Non è abbastanza coraggiosa? – Gli lancio un’occhiataccia ma lui fa finta di niente e guarda Louis Dempson.
– È stanca, a malapena si regge in piedi – mi anticipa Louis, un po’ irritato.
–  E allora? – chiede Jeremy ridendo. – Lasciala qua!
Questo è troppo. La rabbia bolle nel mio sangue fino a farmi scoppiare. – Ok – sbotto indicandolo, –  io mi rifiuto di andare a casa mia con un cretino del genere!
– Disse quella che aveva paura di aprire una porta – ribatte lui fulminandomi con lo sguardo.
Faccio per dire qualcosa, quando Louis mi anticipa un’altra volta. – Ok, basta così! – esclama lui. Lo guardo, sperando in un suo “cambio di programma”.  – Questo è un ordine, Jeremy, e Cassie... non hai altra scelta. – Lo fulmino con lo sguardo ma anche a lui non sembra fare molto, anzi continua a guardarmi come se niente fosse, e questo mi da ancora più fastidio.
– Ma perché io? – chiede Jeremy, arrabbiato. Sfoggio uno dei miei sorrisi migliori, mi piace vederlo così. Almeno non sarò l’unica a soffrire oggi, e questo mi fa sentire meglio, soprattutto perché quello che soffrirà sarà un ragazzo vanitoso e presuntuoso.
– Perché te sei uno dei cacciatori più bravi e fate una bella coppia insieme, visto che sono praticamente sicuro del fatto che siete destinati – risponde subito Louis con un tono irritato.
– Vado a prepararmi – borbotta dopo un po’ Jeremy. – Non fare tardi, ci vediamo giù nel salone tra cinque minuti – ringhia guardandomi, detto questo se ne va sbattendo la porta.
Mi giro verso Louis. – Mi devo cambiare – annuncio io, arrabbiata.
– So che sei arrabbiata ma lo sto facendo per te. Non hai la minima idea di quello che potete fare insieme – ribatte Louis, accenno un sorriso. Sembra eccitato all’idea di vederci insieme, combattere insieme, e questo mi mette ancora più ansia.
– Perché? Perché siamo destinati? – chiedo io, pronta a ridere.
– Non ci credi? – chiede. – Lo vedrai – dice. Quando se ne va mi tolgo il pigiama e mi metto i soli jeans scuri che ho e una maglietta a casaccio con le mie solite scarpe. Chiamo l'ascensore per andare nel salone. Appena le porte si aprono Jeremy si gira e mi guarda, ha una pistola in mano.
– Tieni – borbotta dandomi la pistola. – La sai usare una pistola, vero? – Alzo gli occhi al cielo e annuisco senza aggiungere nient’altro. – Ok, allora andiamo. – Inizia a fare i suoi passi da gigante e usciamo. Non mi era mai venuto in mente di guardare fuori la finestra per vedere dov’era situato l’Istituto e me ne sono subito pentita: di sicuro avrebbe attutito il colpo… perché siamo in mezzo al nulla.
– E noi come ci andiamo a casa mia? – chiedo guardandolo, un po' confusa.
– Con i cavalli – risponde. – Con una macchina, che credi?! – ribatte, avanza fino a quando non vedo una macchina. È enorme e nera. Tipico dei Cacciatori di demoni. Tutto troppo ovvio, veramente.
Una volta arrivati davanti casa mia scendiamo, mi fermo là davanti non riuscendo a fare un passo in più. La sto guardando da lontano e già mi sto sentendo male. Qua è morto mio padre.
– Allora? Vogliamo andare oppure vogliamo rimanere qua a guardare il panorama? Perché se è così io me ne vado e ti lascio qua da sola – si intromette Jeremy. Gli lancio un’occhiataccia e lui mi sorride, sfidandomi. Lo odio, è ufficiale.
– Ma perché devi essere così antipatico?! – chiedo io avanzando. Guardo le strisce rosse davanti la porta principale, i poliziotti sono stati qua dentro. – No, fermo – aggiungo io, mettendo il braccio davanti. Va sbattere contro di esso e un’altra scossa percorre tutto il mio corpo. Mi giro per guardarlo sbalordita e lui fa la stessa cosa.
– Che c'è? - chiede lui dopo un po'. Non si sta riferendo alla scossa ma al perché mi sono fermata. Ma la risposta mi sembra così ovvia, è proprio davanti a lui. Quelle strisce rosse di certo non vorranno dire “prego, entra! Questa casa è aperta a tutti!”.
– È inutile entrare – rispondo. Mi giro ed entro in macchina, vedo lui sbuffare e seguirmi, ma faccio finta di niente. Mi sento abbastanza in colpa, dovevo fare una sola cosa e ora sono in ritardo anche per quella. Mio padre sarà in ambulatorio adesso, lo staranno facendo a pezzi per capire cosa l’ha ucciso.
– Ma spiegami il perché siamo qua – borbotta lui accendendo la macchina. – Se non vuoi entrare per colpa di quelle strisce rosse non ti devi preoccupare. Possiamo benissimo toglierle e rimettere una volta che abbiamo finito di fare qualsiasi cosa tu debba fare in questa insulsa casa.
– Questa era casa mia, cretino – ringhio io. Come risposta fa spallucce, mi giro verso il finestrino per non perdere il controllo e ucciderlo di botte. Faccio un sospiro e dico: —Vai alla stazione di polizia – con una voce così autoritaria che mi viene voglia di darmi il cinque da sola.
– Perché? – chiede, sfidandomi. Vuole una risposta, ma io sono più testarda di lui. O forse no.
– Perché è la che devo andare, devo chiedere di mio padre – rispondo con le lacrime agli occhi. Continuo a guardare fisso fuori dal mio finestrino per non far vedere le lacrime che minacciano di uscire. Non posso assolutamente farmi vedere in questo stato da lui, si metterebbe a ridere o peggio.
– E perché dovrebbe stare là? – chiede Jeremy, continuando a non capire. – Per caso ci lavora?
Povero ragazzo ingenuo. – Lui non sta là – rispondo. – Ormai starà all'obitorio.
Per la prima volta rimane in silenzio e fa come gli chiedo senza aggiungere altro. So che mi dovrei sentire bene, perché l’ho fatto azzittire, ma il fatto di aver detto ad alta voce che mio padre è morto non fa altro che confermare il tutto. Questo non è un sogno, mio padre è morto sul serio e non tornerà mai più.
Il viaggio è stato molto imbarazzante e silenzioso. Quando vedo la stazione di polizia mormoro: — Eccoci qua. – Slaccio la cintura di sicurezza e scendo. – Te rimani qua, ok? – gli chiedo tenendo lo sportello aperto solo per parlargli. Annuisce senza dire niente, così chiudo lo sportello ed entro.
Tutti mi guardano, non capita tutti i giorni di vedere una ragazzina entrare in una stazione di polizia, credo. C’è solo un unico uomo che non mi guarda ed è proprio l’uomo che cerco. È  un amico di mio padre che sa tutta la verità su mia madre, su mio padre, sui vampiri. – Jack – lo chiamo io.
Lui alza lo sguardo e fa un sospiro abbracciandomi. – Ma dov'eri finita? Ti stavamo cercando dappertutto – mi rimprovera lui, si distacca da me e mi squadra dalla testa ai piedi per vedere sto bene. – Che è successo?
– Avrei dovuto chiamarti, lo so, ma ho scordato il cellulare a casa. – Annuisce, ansioso di sapere tutto e di dire tutto. – So che papà è morto – aggiungo.
La sua espressione si fa ancora più addolorata. – Mi dispiace così tanto – mormora lui abbracciandomi un’altra volta. Mio padre e lui andavano molto d'accordo prima che mio padre si desse all’alcol. Lui provava a farlo smettere, provava a dirgli che mia madre di certo non avrebbe voluto questo, ma non è servito a niente. Ad un certo punto si sono semplicemente persi di vista.
– Mi è morto tra le braccia – mi lascio sfuggire, cercando di non piangere.
– È in un posto migliore adesso – mormora baciandomi i capelli. Annuisco, anche se non so se crederci o no. – Il funerale lo posso organizzare io – aggiunge dopo un po’. Annuisco un'altra volta. So che sto per piangere quindi non mi conviene parlare o la mia voce non sembrerà la mia. – Quando lo posso fare?
– Dopo domani va bene – mormoro io.
– Dove andrai adesso? – chiede, si da una botta sulla fronte e fa per prendere il telefono per fare una chiamata. So benissimo chi vuole chiamare. – Devo chiamare i tuoi nonni.
– No, fermo – lo precedo prendendo il telefono. – Ho già trovato un posto – rispondo. – Emh... è una lunga storia, ma io devo rimanere là.
Aggrotta la fronte e così gli si formano delle piccole rughe. – Perché? – chiede, contrariato. Non posso fare a meno di pensare a quanto io e papà lo prendevamo in giro perché con quei baffi neri sembra uno sceriffo. Per non parlare dei suoi capelli e di come si veste. Gli voglio così bene...
– Perché ci sono vari vampiri che mi vogliono uccidere – rispondo io.
– Perché dovrebbero? – chiede lui, disperato.
Faccio un sospiro e mi metto indietro i capelli. – Sono una Whitesun, in pratica... - mi ferma.
– So cosa significa – mormora, sbalordito. – È per questo che hanno ucciso tua madre, volevano te. – Si tocca quei suoi baffi che in questo momento non fanno più tanto ridere. Annuisco e lui fa un altro fa un sospiro. – Dove starai?
– In un istituto che ha l'incarico di proteggermi – rispondo subito. Mi avvicino a lui per non farmi sentire dagli altri. – Quello che sapevamo noi non è niente in confronto alla realtà.
– Che vorresti dire? - chiede, un po' impaurito.
– Ci sono lupi mannari, cacciatori e streghe - dico io guardandolo mentre lui è pallidissimo. Ad un certo punto ho paura che svenga proprio davanti a me, nella stazione di polizia. – Ma non sono tutti cattivi, un vampiro mi ha aiutata, è grazie a lui se ora sono là.
– Cosa? – chiede lui. – Ti ha aiutata?
Annuisco prendendogli le mani per farlo tranquillizzare un po’. – Io ora devo andare, non mi cercare, ok? – Lui annuisce, anche se non sembra molto contento di quello che gli sto dicendo. Come posso dargli torto dopotutto? In teoria sta andando contro la legge, dovrebbe chiamare i miei nonni e farmi venire a prendere. Anche se prima credo che dovrei andare in una casa famiglia. Rabbrividisco solo all’idea. – Hai un cellulare da darmi?
– No, vattelo a comprare. –  Mi da dei soldi. – Chiamami ogni tanto, ok?
Annuisco. – Ciao e grazie – lo saluto abbracciandolo. Cerco di non piangere, ma è veramente difficile.
Mi stringe a lui e poi mi da un bacio sui capelli. – Ciao, tesoro – mormora lui lasciandomi andare. Mi guarda preoccupato ma faccio finta di niente e me ne vado.
 
Una volta arrivati all'istituto, dopo aver comprato il cellulare, andiamo da Louis Dempson. Entriamo in una stanza, una volta entrata mi rendo conto che è un ufficio. È molto elegante, tutta la parete destra è occupata da una libreria piena di libri di stregoneria e altro, al centro c’è un scrivania molto vecchia con la tre sedie (una da un lato e due dall’altro), una finestra è proprio dietro alla sedia, ma non è tanto grande se calcoliamo il fatto che invece l’ufficio lo è.
– Signore – lo chiama Jeremy fermandosi accanto a me, proprio davanti alle due sedie. Lo guardo mentre lui sembra intento a guardare Louis, che appena ci vede chiude una telefonata.
– Ah, ci avete messo pochissimo! – esclama Louis. – Trovato qualche vampiro o demone? – Jeremy scuote la testa e così Louis sorride. – Benissimo. Allora, com'è andata?
– Il funerale si farà dopo domani – rispondo io, fredda.
– Mi dispiace molto, Cassie – mormora Louis.
Annuisco e cerco di non scoppiare a piangere. – È in un posto migliore adesso – ripeto io, come se lo stessi facendo più per crederci che per altro. Sento i passi sempre più lontani di Jeremy e poi sbatte la porta, andandosene. Aggrotto la fronte cercando di capire il perché se ne sia andato in questo modo.
– Lui non crede – risponde Louis. Annuisco, vorrei andare da lui e chiedergli il perché, perché non crede a niente. – Vai – m'incita Louis, dopo avermi letto nel pensiero.
Accenno un sorriso, giusto per sembrare più cortese di quanto sono in verità. – Grazie, a domani – lo saluto io, per poi andarmene e percorrere tutto il corridoio a passo veloce. – Ehi! – lo chiamo quando riesco a vedere i suoi capelli, lui si gira, infuriato. – Grazie per avermi accompagnata.
– Mi hanno obbligato – risponde lui freddamente, e inizia a camminare un'altra volta.
– Perché... – chiedo io, cercando di tenere il suo passo. – Perché sei così scontroso? – Mi pento subito di aver detto una cosa del genere. Di solito non sono così, di solito penso a quello che devo e non devo dire, ma questo suo comportamento mi spinge a dire le prime cose che mi vengono in mente solo per il gusto di dire qualcosa, il ché è un vero sbaglio.
– Sono fatto così, e sinceramente non mi stai tanto simpatica – risponde Jeremy continuando ad andare avanti, facendomi capire benissimo che non vuole continuare a parlarmi.
Mi fermo, esausta. – Nemmeno mi conosci – esclamo io alzando le mani al cielo. La risposta che mi ha dato poco fa mi fa veramente imbestialire. Non può dire una cosa del genere, dopotutto non sono stata io ad essermi comportata male con lui. Cosa si aspettava? Che non gli avrei risposto a tono? Non mi faccio mettere i piedi in testa da nessuno, io.
Con questa mia esclamazione riesco a farlo fermare, ma non pensavo di aver catturato la sua attenzione così tanto da vederlo tornare indietro. – Conosco quelle come te. Siccome siete speciali allora vi sentite forti e potenti, ma alla fine non lo siete. E soprattutto te che sei una ragazzina. Quanti anni hai? Eh? Quattordici? – sbotta guardandomi dalla testa ai piedi con disprezzo.
– Quindici – ringhio, arrabbiata. Odio quando mi dicono che sembro più piccola, so di essere bassa, so di avere una faccia da ragazzina, non c’è bisogno di ricordarmelo in questo modo. Mi sta ferendo e di certo io non mi faccio ferire da un ragazzo come lui.
– Ecco, appunto. Sei una ragazzina e non tanto per l'età quanto per il tuo comportamento – ringhia lui avvicinandosi a me solo per farmi arrabbiare ancora di più.
– Non sai niente di me – sbotto io, spingendolo con tutta la mia forza.
– E te non sai niente di me – risponde lui, avvicinandosi un’altra volta a me solo per farmi arrabbiare ancora di più.
– Sai che ti dico? – chiedo io, spingendolo più lontano da me. – Volevo conoscerti, ma alla fine sei solo uno stronzo presuntuoso e questo mi basta - fidati, mi basta - per mandarti a fanculo e a dirti che hai un comportamento schifoso. – Gli do un’ultima spinta e me ne vado.
– È stato un piacere conoscerti – urla lui ridendo e quindi prendendomi in giro.
– Anche per me – ringhio andandomene in camera mia. Entro e chiudo la porta a chiave, la guardo e le sferro un cazzotto, troppo arrabbiata per fare altro. Faccio per prendere il cestino e lanciarlo da qualche parte quando sento il mio nuovo cellulare vibrare, segno che mi è arrivato un nuovo messaggio. Il messaggio dice:
"Puoi uscire dall'Istituto? Sono qua sotto."
Aggrotto la fronte, non ho la più pallida idea chi sia questa persona e di come faccia a sapere che io sono in un Istituto. Così rispondo, scrivendo:
"Ma chi sei?”
In poco tempo mi arriva un altro messaggio:
"Il vampiro che ti ha salvato la vita.”
Sorrido ed esco dalla camera. Passo davanti alla camera con su scritto “Jeremy Ruterful” e rabbrividisco. Vorrei tanto sfondare la sua, di porta. Una volta uscita vedo un ragazzo aspettare fuori, con le mani dentro le tasche dei jeans: Derek.
– Ehi – mi saluta lui, venendomi incontro. Non so se avere paura o no. Ancora non mi fido molto dei vampiri. E, anche se mi ha salvato la vita, continuo ad essere un po' scettica a riguardo. È nella mia natura, sono stata cresciuta in questo modo. Non è colpa mia.
– Che ci fai qua? - chiedo io.
– Bé, volevo sapere come stavi e poi ti volevo dire che Iris sta bene e che è molto dispiaciuta per quello che è successo. Voleva venire a trovarti, ma ho pensato che forse avevi paura di lei.
Solo ora mi ricordo che Iris è ancora da lui, che mi ha uccisa e che se non fossi stata una Whitesun a quest’ora il funerale l’avrebbero dovuto organizzare sia per mio padre che per me. – E come fai a sapere che non ho paura anche di te? – chiedo io. Fa una smorfia addolorata e quasi mi fa ridere. È un bel ragazzo, infondo.
– Scherzi? Ti ho salvato la vita! Che senso avrebbe ammazzarti? – chiede lui.
Rido e abbasso lo sguardo, un po' timida. – Grazie – rispondo guardandolo, mi sorride. Sono sincera, gli sono grata per quello che ha fatto e che sta facendo. Non so come farò a sdebitarmi con lui, veramente. Iris sta bene solo grazie a lui e infondo io sarei morta ieri se lui non mi avesse salvata urlando semplicemente “no”.
– Allora? Com'è andato il tuo primo giorno di scuola? – chiede lui, cambiando discorso per alleggerire la situazione che di certo non è molto a nostro favore.
Rido. – Ho appena litigato con un tipo – rispondo ripensando a tutto quello che è successo oggi. È stata una giornata abbastanza movimentata, non me la scorderò molto facilmente, ma credo sia meglio così. Non posso dimenticare niente, ora come ora, e non voglio.
– Ah, bene! E chi è? – chiede ridendo.
Non voglio dirgli che dovrebbe essere la mia anima gemella. Non so perché, ma non mi va di dirglielo. – Uno troppo presuntuoso per presentarsi – rispondo io, pensierosa. Perché in verità non si è nemmeno presentato, il nome me l’ha detto Louis Dempson.
– Ah, ecco – esclama ridendo. – Dolcissimo ragazzo, immagino!
– Senti, è tardi ed io devo andare a dormire, anche perché sinceramente non so nemmeno se posso uscire di notte – borbotto io guardando l’Istituto dietro di me. – Questo posto è una prigione.
Ride. – Va bene, allora ci sentiamo. Ti faccio sapere appena ho notizie di Iris, se ci sta qualche progresso o no. Cose così, insomma.
– Si, si – rispondo io, non sapendo cos'altro dirgli. Continuo a non sentirmi molto a mio agio con un vampiro amichevole davanti a me. È strano, sono sempre stata pronta ad ucciderli, ma mi farebbe stare male se lui venisse ucciso.
– Va bene, allora ciao – dice per poi andare verso la macchina. - Ah, e ti saluta Caroline, la maga!
– Salutala – esclamo io. Lo saluto un'ultima volta mentre se ne va in macchina e poi entro dentro l'Istituto, un po' infreddolita. Salgo su e attraverso il corridoio cercando di non fare troppo rumore, per fortuna il legno del pavimento non è per niente rovinato o vecchio, quindi è abbastanza facile non fare rumore.
– Sai, in verità non si potrebbe uscire dall'istituto. - Mi giro di scatto e vedo Jeremy appoggiato allo stipite della sua porta.
Mi ha spaventata, ma non voglio farlo vedere così alzo un po’ la testa e il busto. – Ma gli affari tuoi? - chiedo, irritata. Non so che altro dire, nemmeno a lui. Pensavo che ormai stesse dormendo, di certo non pensavo che mi avrebbe spiata dalla finestra!
Ride. – Carino il tuo amichetto, comunque – mi sfida ancora una volta lui.
– Ripeto, ma gli affari tuoi? Non ti stavo antipatica? – chiedo, sputando acido.
– È il tuo ragazzo? Coppia fantastica! Il vampiro e la Whitesun: perché l'amore è più forte – Ride passandosi una mano sui capelli. – Dovrebbero farci un film.
– Molto divertente – ringhio guardandolo negli occhi, infastidita.
– Lo so – esclama ridendo. – La prossima volta fallo entrare nella tua camera – aggiunge, afferrando il pomello della porta. – È divertente farlo con un vampiro, io l'ho fatto con una vampira. – Si ferma per vedere la mia reazione, ma rimango impassibile, mentre dentro di me mi ordino di non essere gelosa di un ragazzo del genere, invano. – Figuriamoci qua dentro poi, quando è vietato far entrare sconosciuti. – Ride ancora una volta. – Dovrei provarci – afferma, pensieroso. Rido nervosa andandomene. Non voglio rimanere qua un secondo di più mentre questo stupido mi prende in giro. – Buonanotte, Whitesun, e sogna il tuo bel vampiro! – mi saluta lui prima di chiudere la porta.
Chiudo la porta dietro di me e sono tentata di dargli un altro cazzotto. Quel ragazzo mi manda veramente il sangue al cervello, è impossibile! Ma devo stare calma. È solo un presuntuoso che vuole rovinarmi la serata, e di certo io non glie lo voglio permettere. Devo respirare e dormire. Dormire. E dormire. Perché sono stanca, non sono arrabbiata, sono così stanca che mi si stanno chiudendo gli occhi.
Dormi, Cassie. Dormi e sogna di ammazzare quel cretino.


Angolo Autrice:
Ed ecco il secondo capitolo! Non so bene cosa pensare, ancora non ho capito se mi piace o no, quindi vi chiedo anche oggi di recensire e farmi quindi sapere che ne pensate. Accetto anche i commenti negativi, mi serviranno sicuramente per scrivere meglio.
Riguardo a questi due primi capitoli vi posso assicurare che la storia è appena iniziata, queste esperienze sono solo le prime e più andrete avanti e più incontrerete altri personaggi; oggi è stata la giornata di Ivy e Jeremy, che avranno un ruolo fondamentale fino alla fine della storia.
Domani posterò il terzo capitolo, che s'intitolerà "credere".

 

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Capitolo 3
*** Credere ***






Capitolo 3
Credere
 
 
– Sono pregati tutti i cacciatori di svegliarsi. Vi aspettiamo tutti nella sala per fare colazione.
Guardo l’ora: le sei? Ma stiamo scherzando? È troppo presto. Nemmeno quando devo andare a scuola mi alzo così presto, e già mi alzavo presto prima!
Mi alzo e mi faccio una doccia, ma quando vado davanti l’armadio mi ricordo una cosa, forse non tanto importante, a meno che tu non voglia andare in giro nudo, visto che io non ho più vestiti. – Fantastico – borbotto. Cosa mi metto io adesso?! Sbuffo e mi rimetto i jeans di ieri, ma la maglietta non me la posso rimettere. Sento bussare così mi rimetto la maglietta del pigiama ed apro.
– Buongiorno – mi saluta la ragazza di ieri che frugava sempre nei miei pensieri.
– Buongiorno – dico io, seria.
– Che succede? Perché ci metti così tanto? – chiede. – E soprattutto perché quel muso lungo? Potresti… smetterla di guardarmi come se mi volessi ammazzare? Veramente, non è tanto imbarazzante quanto inquietante! Fai paura, sul serio. Ma non c’è bisogno di fare il boss qua dentro, sai? Giuro che nessuno ti vuole morta, per ora.
Rimango in silenzio per un po’ di tempo mentre cerco di rispondere a tutte quelle domande e affermazioni. – Non ho vestiti – rispondo io, esasperata. Forse dovrei semplicemente lasciare le domande che non mi servono a niente fuori, se più in là vorrà delle risposte allora… bé, ne potremo parlare.
– Stai scherzando?! – esclama. Scuoto la testa. – Aspetta qua, ti porto qualcosa io – dice, e se ne va. Ok, potrà pure frugare nella mia mente, ma in questo momento... mi sta salvando la vita.
Dopo pochissimo tempo ribussano alla porta ed io apro sapendo chi è. – Ecco qua! – Mi fa vedere un maglione largo bianco, perfetto per febbraio, ma sbaglio o stiamo in un Istituto per Cacciatori? Che diavolo ci faccio con una cosa così scomoda, perché è scomoda se calcoliamo il fatto che dovrò uccidere… Lasciamo stare, forse è meglio.
– Grazie – dico io prendendolo.
Ivy mi sorride e poi incrocia le braccia, facendomi capire che qualcosa non le va bene. – Di niente, però dopo andiamo a comprarti dei vestiti perché non puoi campare con i miei.
– Va bene – affermo ridendo. Alla fine fa ridere, soprattutto la parola “campare” messo insieme al fatto che sembra una di quelle ragazze perfettine che non fanno altro che pettinarsi i capelli.
– Dai, vestiti, ti aspetto giù e dico al preside quello che è successo – borbotta dandomi una botta sulla spalla. Cerco di non guardarla male, a volte la gente non capisce che non sono alta e quindi forte come loro, e una spinta che per loro potrebbe essere giocosa per me è un po’ come cercare di non andare a sbattere su uno spigolo dietro di me.
– Ok, grazie, a dopo. – Chiudo la porta, mi vesto e rimango struccata. Non ho nemmeno i trucchi. Non che io mi trucchi più di tanto, anzi.
Scendo ed è pieno di ragazzi, un'altra volta. Faccio un sospiro guardandomi intorno, tutta questa gente mi mette in soggezione e m’innervosisce. Non va bene, prendo da mangiare e me ne vado. – Ehi, qua! – una voce stridula attira la mia attenzione e capisco subito che è di Ivy, alzata vicino un tavolo dove ci sono due ragazzi: uno ricciolino e… Jeremy Ruterful.
Vado davanti a lei e forzo un sorriso. – Emh... io preferisco mangiare da sola – bofonchio io.
Il suo sorriso scompare facendomi sentire un po' in colpa. – Ah ok, allora ci vediamo in giro.
Annuisco e vado a sedermi da sola. Bellissimo! Da sola, con il silenzio accanto a me, nessuno che mi parla. Perfetto quando si è appena svegliati, perfetto per chi è asociale come me, perfetto per chi quando sta mangiando vuole solo mangiare e non essere fissata.
– Buongiorno – sento la voce fastidiosa di Jeremy così alzo gli occhi al cielo e faccio finta di niente. O almeno fino a quando non si avvicina ancora di più, allora metto una mano sulla sedia accanto a me.
– È occupato – borbotto, continuando a mangiare.
– Da chi? – chiede ridendo.
Gli lancio un’occhiataccia. – Lasciami stare, Jeremy – lo avverto guardandolo, infastidita.
Mi guarda serio, pensieroso. – Non sono mai stato snobbato da nessuna ragazza, ma va bene – riflette lui.
La rabbia prende il sopravvento e mi ritrovo a storcere la forchetta che ho in mano. – Bé, esiste sempre una prima volta e sinceramente non mi stai nemmeno simpatico, anzi – borbotto ripetendo le stesse parole che mi ha detto lui ieri sera.
Sorride. – Bene, è bello non avere un'altra ragazza che ti sbava dietro – ribatte lui.
Aggrotto la fronte. Non può fare sul serio, non può essere così deficiente! Poi mi chiedono perché odio i ragazzi troppo belli... ecco perché! Come si può dire una cosa del genere? – Ma quanto puoi essere presuntuoso? – sbotto. – No, non mi piaci, odio tutto di te.
– Strano, perché dicono che siamo destinati a stare insieme – mi prende in giro lui.
– Già bé, io non credo “nell'essere destinati” – g li rispondo sputando praticamente acido, si siede vicino a me, sbuffo. Non ce la posso fare, già voglio andarmene da quest'Istituto.
– Non capisco, credi in Dio ma non credi nell'essere destinati – ribatte, lo guardo e capisco che è serio, e sembra veramente interessato.
– Ma perché dobbiamo parlare? – chiedo, già stufa della situazione. Voglio fare colazione, ho fame.
– No, veramente. È una mia curiosità – dice, ancora più serio.
Mi tocco la fronte, tutto d’un tratto imbarazzata. – Come fai a non credere a Dio? Come fai a vivere pensando che non sai chi ci ha creato? Come fai a vivere pensando alle persone che ormai non ci sono più sono semplicemente... scomparse? – chiedo io guardando il mio cibo, alzo lo sguardo solo per vedere la sua reazione.
– Bel discorso – riflette lui. – Già, toccante, però vedi... come fai a credere in qualcosa che non hai mai visto? – chiede guardandomi pensieroso. Alza le sopracciglia, aspettando una mia risposta.
– La stessa cosa vale per il fatto "destinati a stare insieme". Tu non credi in Dio ma credi in questa cosa, eppure non la vedi – ribatto.
Sorride in un modo un po' strano, ma non perché ha un brutto sorriso, è più perché sta sorridendo in un modo che non riesco ad interpretare. – Chi ti ha detto che ci credo? – chiede, sfidandomi.
– Lo vedo – rispondo, decisa. Sorride ancora di più provocandomi una scossa che percorre tutta la mia schiena fino ad arrivare alle mani e ai piedi. Si alza e così lo guardo. – Non hai risposto alle mie domande.
Mi guarda dritto negli occhi, sembra infastidito. – Bene. Senti – inizia sedendosi, –  credo in Dio ma non mi piace e sai perché? Perché può aver pure creato il bene ma ha creato pure il male; ha creato gente pronta ad uccidere anche se ha una famiglia – risponde lui. Sembra quasi che gli esca il fumo dalle orecchie per quanto è arrabbiato.
– Così è questo quello che ti è successo – mormoro. – È per questo che sei così… arrabbiato con tutti.
– Non sono affari tuoi – dice alzandosi. Lo guardo incuriosita, è un mistero di ragazzo.
– Quindi te credi nell'essere destinati? – chiedo,
Mi guarda arrabbiato e quasi mi fa paura. – E tu? – chiede.
– Ti ho appena detto di no – gli rispondo, ride e si siede un'altra volta
– No, vedi il problema è che non è vero. Tu ci credi ed è per questo che stai cercando di conoscermi – ribatte lui avvicinandosi di più a me, sicuramente solo per darmi più fastidio.
Rido nervosa allontanandomi da lui. – Sei tu che ti sei seduto qua e hai iniziato a farmi delle domande. Ti devo ricordare quello che è successo ieri sera, per caso? Ti ho detto che non voglio conoscerti, ricordi? – sbotto.
Sta zitto per un po’, pensieroso. – Non so se crederci o no. – Mi guarda con gli occhi a fessura e poi se ne va. L’unica cosa a cui penso è: bel saluto, complimenti! Per fortuna che sono io quella inquietante.
Quindi è questo quello che gli è successo. I suoi genitori saranno morti a causa di un vampiro o altre creature di cui io non so l'esistenza. In parte lo capisco, ma lui li avrà persi un po' di tempo fa, perché di solito all'inizio si sta male, depressi... poi inizia la rabbia. È esattamente quello che ho provato io dopo la morte di mia madre e ora tocca a mio padre. Avrò la mia vendetta, devo averla, perché è l'unica cosa che mi rimane.
– Non è vero – s'intromette Louis, si siede vicino a me. Ma non si può fare una colazione in santa pace?! – Scusami, so che vuoi rimanere da sola ma non ho potuto fare a meno di sentire quello che pensavi. Non è l'unica cosa che ti rimane. Te molto probabilmente non riesci a capacitarti di quanto tu sia importante per tutta l'umanità.
Rido. – Quindi lei mi sta dicendo che dovrei uccidere tutti i vampiri? – chiedo io.
– E i lupi mannari che sono stati morsi, si, è esattamente quello che ti sto dicendo.
– La mia migliore amica è diventata da poco una vampira e non è stata una sua scelta, il ragazzo che mi ha salvata è un vampiro, quindi non lo farò – rispondo io, continuando a scuotere la testa. Mi da fastidio la gente che continua a cercare di convincermi su una cosa. La risposta è no, devono mettersi l’anima in pace. A quanto pare il destino ha scelto la persona sbagliata questa volta.
– Si, due su quanti? – chiede lui.
Lo guardo arrabbiata. Non m'interessa, non ucciderò i miei amici. Non lo farò. Si deve mettere l'anima in pace. – Non lo farò e se lei continuerà ad insistere me ne andrò da qua – ringhio io, alza le mani come in segno di arresa e mi sento un po' meglio.
– Lo capirai tra un po' – ribatte, convinto di quello che sta dicendo.
– Forse – rispondo sputando acido.
– Comunque non è l'unico motivo, hai appena trovato la persona a cui sei destinata... ti rendi conto quanto puoi essere fortunata? – chiede lui, incredulo.
– Io con quello? – chiedo ridendo. – No, mi dispiace ma questa volta il destino ha fatto un casino.
– Credimi, non è così male una volta che lo conosci, devi solo conoscerlo. È la fase più difficile se vuoi avvicinarti a lui e secondo me si sta comportando in questo modo solo perché non sa come comportarsi con te.
Lo guardo ed è più forte di me... mi scappa un piccolo sorriso. – Vedremo – borbotto continuando a sorridere, Louis sorride a sua volta e poi se ne va.
– Ehi! – urla Ivy. Dio santo, ma non si può fare una colazione in santa pace qua?! Sento lei ridere. – Ti ci abituerai, comunque, andiamo? Dobbiamo chiedere al signor Dempson se possiamo uscire per comprarti dei vestiti... e, senza offesa, ma dei trucchi anche non ti farebbero male. – Faccio un finto sorriso. Come se non sapessi di essere un cesso senza un po' di trucco. – Non sei un cesso, semplicemente sembra che non t’interessa di niente e di nessuno mentre qua tutti abbiamo già capito che te e Jeremy siete destinati.
Sbuffo, esasperata. – Anche te credi in queste cose? – chiedo.
– Certo, perché non dovrei? E poi vi siete visti? Quando vi guardate escono praticamente le scintille! – squittisce lei. Incredibile, è più felice di me riguardo quest'argomento.
– Davvero? – chiedo, sorpresa. Sapere che la gente ci guarda quando parliamo mi mette l’ansia, perché significa che qualcosa l’incuriosisce. Per non parlare della storia delle scintille, non ho la più pallida idea di come interpretare tutta questa faccenda.
– Si, ti giuro – esclama lei. – Sei stata pure fortunata! Sei destinata ad uno dei ragazzi più belli dell’Istituto, lo sai, vero? Voglio dire, l’hai visto per caso?
– Si, bé, sarà pure “uno dei ragazzi più belli dell’istituto” come dici tu, ma mi sta antipatico – borbotto io.
– Fa parte del suo fascino - dice lei sorridendo. – Dai, andiamo – m'incita alzandosi.
– Emh... ma io non ho soldi – annuncio, imbarazzata.
– Ah, ce li procuriamo, tranquilla.
Aggrotto la fronte sentendo qualcosa vibrare così, dopo aver capito che si tratta del mio cellulare, lo prendo in mano: privato. Forse è Derek. Rispondo. – Pronto? – chiedo.
– Ciao. – Non è Derek, ne l'amico di mamma e papà.
– Chi parla? – chiedo io aggrottando la fronte.
L’uomo ride facendomi venire la pelle d’oca. – Hai ammazzato un mio amico, ti stava venendo a prendere – risponde il signore con noncuranza.
Il mio cuore inizia a battere veloce. – Cosa? - chiedo io, vedo Ivy guardarmi preoccupata, ma non lo è quanto lo sono io. L’unico uomo che ho ucciso è stato quello che ha cercato di dissanguarmi a casa di Derek, e questo non mi fa sentire meglio.
– A casa di Derek e i suoi amichetti tanto carini e dolci – risponde il signore.
Sento la gola secca e così anche le mie labbra. Deglutisco, ma ho come un nodo nella gola. – Cosa vuoi da me? – chiedo io guardando per terra. Devo concentrarmi e non entrare nel panico. Non posso entrare nel panico. Non ora.
– Te – ringhia l'uomo. Il mio cuore inizia ad accelerare un po' di più. Me?
– O cosa? – chiedo, sfidandolo.
Ride. – Bé... i tuoi amichetti faranno una fine molto brutta. – sento il cuore pulsarmi così forte e veloce che rimbomba nelle mie orecchie. – Tra cui la tua cara Iris. -  A quel punto non vedo più niente oltre la strada che devo fare per andare in camera mia e preparami per uccidere quel tipo, una volta trovato. – Già... e ti chiederai pure chi è stato a uccidere i tuoi genitori. Io so chi è stato, vieni qua e te lo dirò.
Sento la voce di Ivy dirmi qualcosa ma è come se fosse lontana tre chilometri da me e tutto è una macchia di un colore roseo, come la maggior parte del colore della pelle dei cacciatori che stanno in quest’Istituto; e nero, come la maggior parte dei vestiti dei cacciatori.
– Come faccio a sapere che ce li hai davvero te? – chiedo io, concentrata per non perdere il controllo. Sto entrando nel panico, lo so, e non lo posso permettere. Non è solo di un vampiro che stiamo parlando, ma di Iris, Caroline, Alaric e Derek, quindi devo rimanere lucida per salvarli. Non posso sbagliare questa volta.
– Te li passo, tesoro – ribatte lui.
Non si sente niente per un po’ di tempo poi però sento una voce, sembra estremamente stanca. – Cassie – mi chiama Derek.
Mi rendo conto di non star praticamente respirando. – Come cazzo avete fatto a farvi prendere? – sbotto io.
– Ci ha sparato, io sono morto ma sai com'è... sono un vampiro. Lo stesso ha fatto a Iris e ad Alaric, invece Caroline sta male, le ha fatto fermare i poteri e suda freddo da un'eternità .
Non sento più niente per un po’. – Come puoi capire, ce li ho davvero qua – dice l'uomo.
– Dimmi dove e ti raggiungo appena possibile – gli rispondo freddamente.
Ride. – Bene, guarda stiamo a casa loro – m'informa.
Annuisco sentendo l'adrenalina correre nelle mie vene. Guardo prima il percorso che devo fare e poi l'ascensore. Posso farcela. – Va bene, arrivo. – Attacco e, dopo aver scansato qualcuno, molto probabilmente Ivy, vado verso l'ascensore, ma qualcuno mi ferma prima che possa varcare la porta del soggiorno.
– Che succede? – L’unica cosa che riesco a individuare sono i suoi occhi e le sue mani che tengono le mie braccia. Non me le stringe tanto, non mi sta facendo male ma la sua presa in qualche modo è così salda che non mi permette di muovermi.
– Lasciami! – gli ordino continuando a vedere solo il sentiero.
– Chi era al telefono? – chiede.
– Ho detto lasciami! – Lo strattono così tanto che lui fa un passo indietro e inciampa su una sedia, me ne vado nonostante senta tutti gli sguardi fissi su di me. Entro nell'ascensore e salgo. Armi, armi, armi, armi, armi per ammazzare quello stronzo. Riesco a pensare solo a questo. Una volta entrata nella sala armi prendo delle armi tra cui la spada per i lupi mannari e una pistola per i vampiri e lupi mannari. Mi giro e vedo una sagoma, chiudo gli occhi e li apro per vedere bene di chi si tratta.
– Cosa stai facendo? – chiede Louis Dempson, serio e arrabbiato. Ma non ho tempo per queste cose adesso.
– Devo andare – dico io avanzando, ma mi ferma.
– Non puoi andare da nessuna parte senza il mio consenso – m'informa mettendo le sue possenti mani sulle mie spalle per far sì che io non riesca a muovermi. – Quindi ora dimmi: cosa sta succedendo?
– Qualcuno ha preso la mia migliore amica e i ragazzi che mi hanno salvato la vita, devo andare a riprenderli – rispondo senza nemmeno prendere fiato.
– Come fai a saperlo? – chiede freddamente.
– Mi ha chiamato un uomo e mi ha passato il ragazzo che mi ha salvato la vita.
– Non puoi andare – aggiunge lui, serio e deciso.
Non m’importa, lui non può impormi niente, non è nessuno. Non è mio padre. – Si, invece – sbotto ancora più decisa di lui. Questa battaglia l'ho sempre vinta io, caro.
– Non sai ancora combattere – ribatte lui, alzando le mani al cielo.
– Certo che so combattere! Ho fatto cinque anni di allenamento continuo, tutti i giorni dopo scuola – gli rispondo con un pizzico di orgoglio. Ero la più brava del mio corso, nessuno poteva battermi, altri pochi mesi e raggiungevo il mio maestro. Più volte lui mi aveva detto di aiutarlo con le persone che invece erano incapaci.
– Ma non stavi in un Istituto fatto apposta – risponde lui, esasperato.
–  Ma sono brava abbastanza da poter uccidere un solo demone – aggiungo io. Sento qualcuno correre e venire verso di noi. Jeremy Ruterful ci guarda senza dire niente.
– No, ci andranno Jeremy ed Isaac allora – ribatte Louis.
Jeremy lo guarda con le sopracciglia aggrottate e poi guarda me, è arrabbiato ma non m'interessa.  – Dove? – chiede, guardando me invece di Louis.
– A salvare la sua migliore amica e i suoi amici – risponde Louis, freddo. Questo mi fa capire che è un ordine, e Jeremy mi odierà ancora di più dopo questa. Non m'interessa, credo...
– Il vampiro? – chiede Jeremy continuando a guardarmi, o a fulminarmi.
– Si, c'è anche lui – rispondo io continuando a guardare Louis. Sinceramente non ho tempo per i drammi d'amore adesso. – E comunque no, io vado.
– Non puoi – s’intromette Jeremy.
Lo guardo esasperata, mi ci manca solo lui adesso! – Si che posso! – sbotto guardando la sua divisa da cacciatore. – Louis, non l'hai detto te che io e Jeremy insieme possiamo fare cose incredibili?
Louis continua a non dire nulla, nel suo viso c'è solo rabbia verso se stesso e quasi mi sento in colpa per averlo incastrato con le sue stesse parole. – E va bene – urla lui, arrabbiato.
Sorrido e guardo Jeremy, che digrigna i denti. – Te ci stai?
– No – risponde lui, deciso, lo guardo seria. Cosa? Non può rovinare tutto! Non quando ci sono di mezzo i miei amici! Brutto pezzo di...
–  Cosa? – tuono io, arrabbiata.
– Non mi farò uccidere per dei vampiri – risponde Jeremy, anche lui è arrabbiato ma non m'importa. Non può fare questi capricci, non adesso!
– Jeremy... – lo richiama Louis.
– No, Louis. È inutile – ringhia Jeremy mentre io continuo a guardarlo arrabbiata. Non ci posso credere. E lui dovrebbe essere il Cacciatore più bravo dell'Istituto? Un vero Cacciatore sarebbe già partito. Lui invece che fa? Dice di no. Oh, ma per piacere. Non è così bravo come dicono tutti.
– Bene. Andrò da sola – ringhio io, convinta, andandomene.
– No, Cassie, non ti muovere – mi ordina Louis cercando di prendermi, ma diciamoci la verità: lui ha una certa età; io ho solo quindici anni, in più sono arrabbiata e con l'adrenalina a mille. Scendo le scale invece di usare l'ascensore, che mi avrebbe solo fatta rallentare.
Una mano prende il mio polso facendomi girare e andare a sbattere contro di lui. È Jeremy. Sento i nostri respiri andare allo stesso tempo e continuo a fissare le sue bellissime mani che tengono le mie, anzi ormai sono intrecciate, le sue dita stringono mie e le mie stringono le sue. Scuoto la testa pensando a Iris e agli altri.  – Lasciami! – gli ordino, più decisa che mai.
– Verrò con te – mormora guardandomi negli occhi.
Cerco di trattenere un sorriso. Ho vinto. – Bene – dico io. Esco dall'istituto ed entro nella macchina. Poco dopo Jeremy fa lo stesso.
– Dove vado? – chiede, serio, nel posto del guidatore.
 
Siamo arrivati davanti la casa di Derek, il mio cuore continua a pulsarmi addirittura nelle orecchie ed io non so proprio come fare a rallentarlo. Cerco di dirmi che adesso andrà tutto bene ma niente. È sconcertante come cosa.
– Ok, se non la smetti ti ammazzo – ringhia Jeremy riuscendo a svegliarmi dai pensieri orribili che si stanno creando nella mia mente.
Lo guardo, confusa. – Di fare cosa? – chiedo io, con la fronte aggrottata.
– Di far battere il tuo cuore così – risponde lui puntandomi il dito contro, più che arrabbiato sembra esasperato. Si scompiglia i capelli e guarda gli appartamenti, uno di quelli è di Derek.
Mi schiarisco la voce non capendo. È impazzito, per caso? Deve essere così perché nessuno può sentire il mio cuore, eccetto me. – Come, scusa?
– Si sente da un chilometro di distanza – risponde.
Rimaniamo in silenzio per un po’, cerco di capire come tutto questo possa essere possibile e decido che forse è meglio se ci provo anch’io. Mi concentro e così sento anche il suo cuore che, al contrario del mio, batte tranquillamente. Ah, questa poi...
– Ok, questa cosa è inquietante – borbotto io continuando ad avanzare.
– Già – conferma lui raggiungendomi. Entriamo nella casa spaccando la porta, o meglio lui si è completamente sfondato la spalla sbattendola sulla porta, e abbattendola in un solo colpo.
– Complimenti – dico io, divertita.
– Si... dillo alla mia spalla – risponde lui con una smorfia di dolore. Cerco di non ridere ma la sua espressione fa veramente ridere, non credo gli faccia veramente così male, molto probabilmente sta solo scherzando.
– Potevate bussare -  esclama qualcuno, mi giro seccata sapendo di trovarlo dietro di me. Quando vedo che effettivamente avevo ragione non sussulto nemmeno, l’uomo davanti a me sembra un cinquantenne normalissimo, ma so che non è così normale in verità. – Ciao, tesoro. Pensavo venissi da sola.
– Non mi fido di te – rispondo io guardandolo. – Allora? Dove sono?
L’uomo ride – Proprio dietro di te – mi risponde l'uomo sulla quarantina pelato con gli occhi scuri.
Non ti girare sento una voce nella mia mente, la voce di Jeremy.
Lo guardo, è girato e sta guardando dietro di me. – Cosa? – chiedo, incredula.
–  Non ti girare – ripete ad alta voce. – Li controllo io.
Scuoto la testa, mi ripeto che non è possibile, ma non so più a cosa credere adesso che sta succedendo l’impossibile da giorni. Mi senti? chiedo io pensando a lui.
Jeremy gira la testa verso di me con la bocca spalancata. Oh mio Dio pensa Jeremy nella mia mente. – Si – risponde ad alta voce. – Si, ti sento – mormora guardandomi, sbalordito tanto quanto me.
– Bravo, ragazzo – dice l'uomo riportandoci alla realtà. – Sei più intelligente di quanto pensassi, ma vedete... loro non escono di qua fino a quando non ti affiderai a me.
– In che senso? – chiedo, confusa. In verità so benissimo cosa vuole dire, ma lo voglio sentire con le mie orecchie, voglio averne la conferma. Tutti mi vogliono morta ormai, perché sono una Whitesun, perché sono una minaccia per tutti loro.
– Nel senso che dovrai rimanere qua con me se vorrai liberare i tuoi amichetti – risponde l'uomo.
Jeremy si gira impugnando già la spada. I suoi occhi lampeggiano di rabbia e le nocche sono bianche per quanto sta stringendo la spada. Credo di riuscire a sentire la sua rabbia, credo di riuscire a percepire le sue emozioni, e tra le varie emozioni che sta provando c’è la paura. La paura di perdermi, forse? Non è possibile. Lui mi odia, io lo odio. – Lei rimane con me – ringhia Jeremy continuando a tenere il suo sguardo puntato sull'uomo.
L'uomo ride e subito dopo vedo un lupo enorme al posto suo, indietreggio insieme a Jeremy. Tranquilla, ce la faccio pensa Jeremy.
Prendo la spada anch'io e la punto vero il lupo enorme. Non ho la più pallida idea di come si usi una spada, la pistola è la mia arma. Non pensarci nemmeno, non ti lascio qua. Loro rimangono là, saranno al sicuro penso io, decisa.
Ok... te vai a sinistra pensa Jeremy. E così faccio. Lui va a destra, il lupo si gira verso di me per cercare di mordermi, indietreggio subito e cerco di usare la spada, ma il lupo mi azzanna la mano. Sento i suoi denti dentro la mia pelle e così è più forte di me... urlo. Cerco di rimanere lucida prendendo la pistola con l'altra mano. Sparo e così il lupo indietreggia ululando. Jeremy si piazza sopra la bestia e conficcata la nella sua schiena. Lo guardo mentre stringo la mano, grondante del mio stesso sangue e pulsante.
Libera i vampiri, ci aiuteranno mi dice nella mente. Annuisco, vado da loro e slaccio le corde con il coltellino che mi sono portata. I vampiri sono accanto al lupo mannaro in un secondo.
– No, fermi! - urlo io, mi avvicino mentre tutti lo tengono fermo. – Chi ha ucciso i miei genitori? – chiedo io guardando gli occhi enormi del lupo.
– Non lo so – mi risponde il lupo enorme con una voce da far venire i brividi. – Era solo un pretesto per portarti qua.
Sento la mia rabbia impossessarsi di me, così tanto che prendo la spada a terra e la infilzo dritta nel petto del lupo. Lo sento un'altra volta ululare, i vampiri gli staccano le zampe e Jeremy infila un'altra volta la spada nel petto dell'animale, ma sta volta dritta al cuore. Il lupo cade a terra diventando uomo un'altra volta. È immobile e... e morto.
– È morto – conferma Jeremy.
Sento il suo cuore battere velocissimo, così faccio una mezza risata e cerco di non pensare ai miei genitori e al loro assassino, non so perché ma penso che si tratti della stessa ed identica persona. – A chi è che batte veloce il cuore sta volta? – chiedo io con il fiatone.
– Anche il tuo non scherza – dice lui ridendo. Il suo sorriso svanisce guardando dietro di me. Girati sento lui, mi giro e sento una lama trafiggere la mia pancia, mi piego sentendo l’aria uscire dai miei polmoni.
– Cassie! – urla Derek. I due vampiri sono accanto a me dopo pochi secondi, ma un uomo mi ha già fatta girare e puntato il coltello, che prima stava nella mia pancia, in gola.
No pensa Jeremy. Riesco a sentire il suo cuore battere ancora più veloce e il panico prendere il sopravvento. I suoi occhi sono spalancati e due pozze blu.
– Allontanatevi o l'ammazzo – ordina l'uomo dietro di me. I vampiri annuiscono e si allontanano alzando le mani, in segno di resa. Non so se sentirmi meglio o peggio, so soltanto che mi devo sdraiare, stare dritta e in piedi mi costa molta fatica, ma soprattutto molto dolore.
– Lasciala – ringhia Jeremy guardandomi mentre io cerco il mio pugnale. – Subito.
– Non la puoi uccidere – gli ricorda Derek con un sorriso di trionfo. – Quindi perché non la lasci? Morirai comunque, lo sai e lo sappiamo anche noi. Ti strapperò gli occhi e te li farò mangiare se non la lasci in questo preciso momento. Vorrei ricordarti che sono un vampiro, di certo non sono un tipo schizzinoso.
Se mi uccide stai tranquillo, non pensarci e uccidilo. Tanto non muoio veramente. Vedo Jeremy annuire, più concentrato che mai. Deglutisce, la sua paura aumenta ogni secondo di più. O forse è la mia, non riesco più a capire la differenza.
– Perché? Perché è una Whitesun? Credi che io e il lupo non lo sapessimo? Perché l'abbiamo fatta venire qua secondo voi? Per vendetta? – Ride. – No... le ho fatto un incantesimo per ucciderla.
– Ma certo, un mago – mormora Jeremy, incredulo.
– Esatto – conferma il mago ridendo.
Sta bleffando penso guardando Jeremy. Quest'ultimo continua a scuotere la testa facendomi venire sempre di più le lacrime agli occhi, non posso morire adesso, devo vendicare la vendetta di mia madre e di mio padre. Questo non è il momento di morire.
Non è detto, può esistere un incantesimo del genere pensa Jeremy. Il mio cuore inizia a battere ancora più velocemente. Non posso morire, non oggi, non adesso.
– Che c’entri tu con lei? – chiede Jeremy.
– Sono innamorato di una vampira – risponde il mago. Guardo a terra e vedo il mio coltellino. Mi maledico da sola, non posso credere di aver lasciato a terra anche quel coltello. Decido comunque di rischiare e dare una gomitata all'uomo, che indietreggia un po' facendomi un graffio sul collo. Jeremy urla di stare ferma ma ormai sono riuscita a prendere il coltello. Qualcuno mi prende per la maglietta e mi fa girare. – Non così in fretta – ringhia il mago. – Non ti farò uscire di qua così facilmente.
Sorrido sapendo di avere il coltello nella mano destra. – E chi ha mai pensato di andarsene – rispondo. Il mago mi guarda stranito, così ne approfitto e conficco il coltello nel collo dell'uomo. Lui indietreggiare e si toglie il coltello facendo uscire il sangue più velocemente. Mi giro dall’altra parte sentendo i coniati di vomito e mi siedo per terra, premendo le mie mani sulla pancia, dove esce sangue.
– Ahi – esclama Jeremy andando verso di lui. – Così è peggio. – Vedo tutto il sangue uscire dal collo dell'uomo. Jeremy impugna bene la sua spada e taglia il collo dell'uomo. Indietreggio mettendomi la mano non ferita sul taglio del collo, che non è così profondo da farmi morire ma abbastanza per far uscire un bel po' di sangue, perché ovviamente la ferita sulla pancia non bastava. Derek e Alaric vanno a liberare Iris e la maga.
Guardo Jeremy, che ormai ha messo la sua spada nel fodero. – Fa’ vedere – dice avvicinandosi a me per guardare le varie ferite. – Dobbiamo andare all'istituto, subito.
 
Una volta arrivati all'istituto mi medicano tutte le ferite, per fortuna nessuna di quelle ferite sembravano così gravi da essere operate, pochi punti e un bel po’ di magia. Appena finiscono il tutto arriva Ivy e mi abbraccia. – Ehi, stai bene? Mi hai fatto preoccupare, eri bianca cadaverica al cellulare e poi te ne sei andata.
Mi distacco da lei senza sembrare troppo brutale. – Lo so, scusami - dico io guardandola. E mi dispiace veramente, alla fine è dolce oltre che simpatica. Però mi manca Iris, oggi non l'ho nemmeno guardata in faccia. So che infondo non è stata colpa sua, dopotutto non sono morta veramente,  ma… è più forte di me.
– Comunque ti ho comprato io qualcosa, pure per sta sera – risponde lei cambiando argomento.
Aggrotto la fronte. Che mi sono persa? Tutto, veramente. Ti sei persa sedici anni di vero addestramento mi dice la mia voce interiore. Sa essere abbastanza stronza a volte. – Sta sera? – chiedo.
– Si, oggi sono passati cent'anni da quando è nato quest'istituto – risponde. – Non lo sapevi?
– No – borbotto. – Comunque non credo che verrò.
– Perché no? – chiede lei, arrabbiata. Incrocia le braccia e mi guarda con quei suoi occhioni verdi, quegli occhi mi ricordano una persona, ma ora come ora non mi viene in mente nessun volto a cui associarli.
– Non mi piacciono i balli – rispondo io. Una volta mi piacevano... poi ho scoperto la verità sul mondo e la mia serenità se n'è andata, insieme alla mia fase adolescenziale.
– Ma è praticamente obbligatorio – dice lei tristemente. – Mio padre ci tiene molto.
– Tuo padre? – chiedo io, capendo ancora di meno. Mi fa male la testa per quante cose non so.
– Louis Dempson – risponde lei, come se fosse tutto troppo scontato.
Ecco da chi ha ripreso quegli occhi. – Tuo padre è Louis Dempson? – chiedo.
Annuisce. – Secondo te perché sono riuscita a procurarmi così tanti soldi per dei vestiti? – chiede ridendo. Dal male in peggio proprio. Ora dovrò ridare i soldi non a lei, ma a Louis Dempson, il preside dell’Istituto dove d’ora in poi vivrò.
– Ah, ecco – dico io ridendo nervosa. – Eh, ma io non riuscirò mai a ridarti indietro i soldi.
– Basta che rimani qua – risponde Louis spuntando dal nulla.
– Ah – mormoro guardandolo. – Va bene. – Non va affatto bene, ma di certo non posso dirglielo. Odio essere in debito con le persone e di certo lo sarò ancora, anche dopo aver vissuto cent’anni della mia vita dentro quest’Istituto.
– Tranquilla – continua lei mettendomi una mano sulla spalla. – I soldi vengono da uno stregone... li fanno e poi ce li danno.
– Forte – esclamo io. Ed è forte per davvero. Non avrò mai più problemi con i soldi! Bene.
 
Ormai sono in camera mia da un bel po' e sono sdraiata sul letto, guardando il tetto della camera, fino a quando non sento qualcuno bussare. – Avanti – borbotto io sedendomi sul letto. Aprono la porta e il mio cuore si ferma un secondo in più del dovuto. – Jeremy – lo chiamo guardandolo. – Che succede? – chiedo alzandomi dal letto per andare davanti la porta aperta, questo ragazzo mi fa venire troppe farfalle nello stomaco. Ogni santa volta che lo guardo è sempre la stessa storia. Non riesco a stare nemmeno ferma.
– Volevo vedere se stavi bene – mormora lui guardandomi dalla testa ai piedi. – Posso?
– Se proprio devi – dico facendomi da parte per farlo entrare. Di certo non sono molto presentabile adesso, con il pigiama addosso e tutto il resto, ma di certo non posso dirgli di no, ho provato a fargli capire che non è proprio il momento ideale ma a quanto pare non gli interessa molto sapere cosa voglio e cosa non voglio.
– Volevo parlare di quello che è successo sta mattina –  annuncia lui. Annuisco andando verso il mio letto. Incrocio le gambe in attesa che lui continui, ma non lo fa. Sembra imbarazzato.
– Ok, dimmi. Ti ascolto – rispondo io, si siede accanto a me facendomi rabbrividire, ma non sembra accorgersene e questo mi fa sentire molto meglio. DI certo non posso fargli vedere che il mio corpo a quanto pare si sente attratto da lui. Sarebbe come dargli il coltello dalla parte del manico, in attesa che lo infilzi per prendere il mio cuore e farlo a pezzettini.
– Sei stata molto imprudente – mi rimprovera.
Alzo gli occhi al cielo e mi alzo dal letto, pronta a buttarlo fuori dalla stanza. – Se sei venuto a farmi la predica puoi pure andartene. Mi è bastata quella di Louis – borbotto.
– No, non sono qua per farti la predica – risponde lui guardandomi negli occhi e procurandomi un altro brivido. Ancora una volta faccio finta di niente e mi siedo di nuovo. – Quello che siamo stati capaci di fare insieme... – abbassa lo sguardo, - è una cosa stupefacente.
Mi chiedo se stia cercando di mettermi in imbarazzo di proposito, ma per la prima volta capisco che non ha la minima intenzione d’infastidirmi. – Già – dico io annuendo, non sapendo che altro dire. Cosa si dice in questi casi? “Oh, già! Forse ci dovremmo sposare”. No, grazie.
– Sta mattina mi hai chiesto se credevo veramente alla faccenda "destinati". – Annuisco. – Dopo sta mattina, si.
Sento il cuore meno pesante. Accenno un sorriso, ma sono ancora più imbarazzata e questo non è un buon segno. M’interessa quello che pensa di me e non va bene. – Dopo sta mattina capisco il perché non credi in Dio, o comunque al fatto che non ti piace – sussurro guardandolo, seria. – Quell'uomo mi ha manipolata, mi ha detto che sapeva chi aveva ucciso i miei genitori. Dio non avrebbe dovuto creare delle persone così sleali e cattive. Avevi ragione.
– Mi dispiace molto per tuo padre... e tua madre – mormora, chiaramente imbarazzato.
Annuisco. Anche i suoi genitori sono morti, quindi gli devo dire che anch'io sono dispiaciuta. – La cosa è reciproca – dico, imbarazzata tanto quanto lui.
– Già – risponde freddamente, fa per andarsene quando si gira. – Sei stata brava sta mattina, non ti credevo capace di tutto questo.
Sorrido soddisfatta. Non è mai da snobbare un complimento da Jeremy Ruterful. – Tu mi sottovaluti, Cacciatore – gli faccio notare guardandolo male, ma in realtà scherzo.
Ride. – Già... forse un pochino. – Rido e per la prima volta mi guarda diversamente. Veramente lo sta facendo da quando è entrato in questa camera. Non so il perché, e non so nemmeno come interpretarlo. Che novità, eh?
– Tanto – aggiungo, apre la porta continuando a sorridere. – Grazie – mi lascio sfuggire io, si gira per guardarmi con la fronte aggrottata. – Grazie per essere venuto con me sta mattina.
– Dovere – risponde sorridendo. Almeno questa volta non ha detto che l’hanno obbligato a farlo, facciamo progressi. – Vieni sta sera al ballo?
– Ho altra scelta? – chiedo sorridendo.
Ride abbassando lo sguardo. – Non credo, è molto importante per Louis.
– Ho sentito – rispondo, continuando a sorridergli. Per la prima volta dopo tanto tempo sorridere mi viene naturale e non so se esserne felice o no, dopotutto il motivo è Jeremy Ruterful, uno stronzo patentato.
– Allora se è ci vediamo là – dice, un po' riluttante. Annuisco non riuscendo a parlare per l'eccitazione. – Ok, a dopo allora. – Lo saluto con la mano e così se ne va chiudendo la porta. Mi sdraio sul mio letto.
È fantastico. Forse per la prima volta mi è piaciuto pure il suo comportamento... No, senza forse. Ma a me di solito mi danno fastidio i ragazzi troppo belli e lui è troppo bello per starmi simpatico. No, forse simpatico è una parolona ma...  quello che siamo riusciti a fare oggi, tra parlare nella mente, sentire il nostro cuore battere e il fatto che eravamo completamente coordinati… È tutto così strano. Come posso credere ad una cosa del genere? Come posso credere al fatto che esiste un'anima gemella? Che Dio ci ha creati per stare insieme ad un'altra persona? Era tutto così diverso due giorni fa, forse migliore. Mio padre sarà stato pure un alcolista e uno stronzo a volte ma infondo gli volevo e lui non è stato sempre così. Quando mia madre era ancora viva era sempre sorridente, i suoi occhi brillavano alla vista della mamma. Erano fantastici insieme, anche dopo anni e anni di matrimonio, si amavano ogni giorno di più. Chissà, magari erano destinati, loro due.
Non so veramente a che cosa credere e a cosa non credere. In questo mondo, nel vero mondo, ci sono lupi mannari, demoni, vampiri, cacciatori e Dio solo sa cos'altro. Per ora non voglio sapere nient'altro.

Angolo Autrice:
Buonasera. Mi scuso per ieri, purtroppo non sono riuscita a pubblicare il terzo capitolo, ma adesso eccolo qua!
In questo capitolo abbiamo la prima "avventura" delle due anime gemelle e credo che per la prima volta Jeremy non si sia comportato da completo idiota, anzi. Che questo sia il vero carattere di Jeremy Ruterful? Lo vedremo nei prossimi capitoli.
Come sempre vi chiedo di recensire per farmi sapere cosa ne pensate sia della storia che dei vari personaggi. Ripeto per la terza volta che le recensioni possono essere anche negative ovviamente, di certo non me la prendo, anzi mi serviranno a migliorare sempre di più.
Mi scuso anche per eventuali errori, ho cercato di correggerlo e spero di averlo fatto per bene e di non aver tralasciato niente.



 

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Capitolo 4
*** Il Ballo ***






4 Capitolo
Il ballo
  
Mi siedo di scatto sul letto, mi guardo intorno e quando vedo l’orario quasi mi viene un colpo. Non ci posso credere, mi sono addormentata!
– Si? – chiedo.
Ivy apre la porta e quando mi vede ancora a letto con il mio pigiama addosso esclama: – Lo sapevo! – è bellissima. Ha un vesto nero pieno di brillantini e pompato dalla vita in giù, ma soprattutto lungo, così lungo che cade perfettamente a terra. E quei suoi capelli biondo rame sono tirati su tranne alcune ciocche perfettamente ondulate. Non come i miei capelli, che ogni tre per due non hanno una forma bene precisa, sono sempre indecisi se essere ricci o lisci.
– Già sei pronta? – chiedo cercando di tenere la situazione sotto controllo.
– Già? – chiede lei. – Manca un’ora.
Spalanco gli occhi ma è sola finzione. – Ah– dico io sdraiandomi un'altra volta. – Si vede che Louis farà a meno della mia presenza.
– Alzati – mi ordina lei prendendomi il braccio e facendomi alzare con la forza. Vedendola non penseresti mai che una ragazza come lei potrebbe obbligarti a fare qualcosa. – Ora te vai a farti la doccia, dopo io ti asciugo i capelli come voglio e, dopo averti truccata, ti metterai il vestito che ti ho comprato con le scarpe abbinate e scenderai con me – aggiunge spingendomi verso il bagno.
– Ma ho sonno – bofonchio io, cercando di fermarla.
– Non hai tempo per pensare al sonno – squittisce spingendomi in bagno e chiudendo la porta, sbuffo e mi guardo allo specchio per vedere se mi devo fare veramente una doccia. Si, devo.
Una volta pronta mi guardo allo specchio. È da un bel po' che non mi vedevo così. I miei capelli sono ondulati ma comunque lunghissimi e di un biondo ne troppo chiaro ne troppo scuro che alle lunghezze si fa sempre più chiaro, i miei occhi quasi neri sono messi in risalto dal trucco che mi ha fatto Ivy e il vestito è fantastico, di un rosa che da l'idea di vecchio e abbastanza stretto fino all'inizio della coscia dove inizia a cadere perfettamente fino a terra per non essere troppo rigido e riuscire a muovere le gambe senza alcun problema. Le scarpe invece sono dei tacchi abbastanza alti - perfetti per una ragazza bassa come me – neri, semplici.
– Andiamo che stiamo con quindici minuti di ritardo – dice lei prendendomi per mano. – Mio padre inizierà il suo discorso tra un po'. – A passo veloce scendiamo fino ad andare nel salone. Una volta scese stanno tutti ballando e così si aggiunge anche Ivy, lasciandomi, grazie a Dio, da sola. Mi siedo stanca morta, sono così stanca che potrei mettermi a dormire pure qua, su una sedia con la musica a palla.
Un ragazzo dai capelli ricci mi saluta mettendosi proprio davanti a me. - Ciao – lo saluto io.
– Te devi essere Cassie, la Whitesun – dice lui.
Annuisco. Odio essere chiamata così, ma decido di non dirlo. – Si, sono io, perché? – chiedo.
– Sono un amico di Jeremy – Annuisco. – Non... non che mi abbia parlato di te.
– Non ci avevo nemmeno pensato – lo rassicuro. Oh, si invece...
– Ah - dice lui, ancora più  imbarazzato. – Comunque mi sa che sta al bar.
Guardo il bar e vedo che effettivamente sta là, sta parlando con il barista ma non sembrano molto in confidenza. Guardo il ragazzo davanti a me. – Ok. – Faccio un finto sorriso, imbarazzata. – Grazie per l'informazione.
– Già – mormora lui, ancora più imbarazzato di prima. – Posso chiederti una cosa?
– Dimmi – rispondo io guardandolo.
– Che effetto fa avere davanti la tua anima gemella? – chiede. Sorrido, ho capito che tipo di ragazzo è, uno di quelli dolci e timidi, il ché è strano calcolando il fatto che è un amico di Jeremy Ruterful, uno dei ragazzi meno timidi di questo pianeta.
– Come ti chiami? – chiedo io.
– Isaac – risponde. Ok, ritiro tutto, da quello che mi ha detto Louis è uno dei cacciatori più bravi dell'Istituto, forse è per questo che lui e Jeremy sono così amici. Ricordo inoltre di averlo visto questa mattina vicino a Ivy e Jeremy, mentre facevano colazione.
– Vedi, Isacc –inizio io mentre lui si siede vicino a me per sentire meglio, – non lo so. Io ancora non sono sicura di crederci, ma alla fine credo ti dia una spinta in più per continuare a combattere, sai… per il fatto che sai di essere più potente degli altri. – Annuisce. – Ma se è vero che io e Jeremy siamo destinati, credo sia un casino perché... siamo uguali ma allo stesso tempo diversi. – Lo guardo mentre lui continua a guardarmi incuriosito, molto probabilmente dirà tutto a Jeremy, forse è pure per questo che si è messo a fare conversazione con me e questo non mi piace per niente. – Quando l'ho visto la prima volta – rido ricordandomi come mi sono sentita, – è stato come... Non ho mai sentito una scossa così forte. Ed è strano tutt'ora, ma questo non so se vederla come una cotta, anche se sarebbe un po' strano visto che ci odiamo a vicenda, o vederlo come il destino che mi dice che devo stare con lui. – Annuisce, ancora più interessato. – Quello che siamo riusciti a fare sta mattina è una cosa... Non mi era mai successa e non succede quando si ha una cotta. – Guardo avanti a me, tra tutta quella gente intravedo i suoi capelli, abbasso un po' lo sguardo per vedere che indossa una giacca nera, così come i pantaloni. – Quello che è successo oggi è una cosa troppo strana. Quando Louis mi aveva detto avremmo potuto fare cose formidabili insieme non avrei mai immaginato tutto questo.
– Io andrei da lui – m'interrompe Isaac guardandomi.
Sposto lo sguardo da Jeremy e guardo lui. –  No – rispondo io sorridendo, più fredda che mai. – Per oggi può bastare.
Sorride a sua volta, ma sembra molto più sincero di me. – Sei dolce alla fine. Sei asociale ma alla fine sei dolce.
Non lo trovo un complimento ma non posso fare a meno di dire – Grazie.
– Credo che non faresti altro che bene a uno come Jeremy – aggiunge, facendomi sorridere ancora di più.
Rimango in silenzio capendo quello che vuole dire, questo ragazzo pensa veramente che io possa fare del bene al suo amico. – Grazie – ripeto; questa volta sono io quella imbarazzata. – E te invece? Chi ti piace? – Devo distogliere l’attenzione da me e non c’è modo migliore di chiedere se c’è qualche ragazza nella sua vita, soprattutto perché lui sa troppe cose di me e quindi sa di essere in “debito” con me.
– Perché dovrei dirlo a te?
Domanda scontata. – Perché io ho risposto alla tua domanda – rispondo, convinta.
– Va bene... la tua nuova amica, Ivy – borbotta.
Cerco di non spalancare gli occhi ma è più forte di me. – Cosa? - chiedo per non scoppiare a ridere.
– Emh... abbiamo una relazione segreta. Suo padre è abbastanza protettivo nei suoi confronti. Mi piace veramente, ma vedi... c'è sempre qualcosa nella mia testa che mi dice di allontanarmi da lei. – Rimane in silenzio per un po’ di tempo, guardandola mentre balla insieme a un’altra ragazza. – Tu non puoi immaginare cosa significhi guardare la ragazza che ami e pensare che lei non è destinata a te, come te non sei destinato a lei. – Lo guardo negli occhi e intravedo la tristezza sia nel suo viso che nelle sue parole. – Non puoi capire quanto siete fortunati te e Jeremy.
– Mi dispiace – dico io  cercando di fargli capire che sono veramente dispiaciuta per lui. Fa un finto sorriso ma sul suo viso c'è ancora qualcosa di amaro e triste. – Ma alla fine te la ami, non è detto che si debba stare per forza con la persona a cui si è destinati. Chi ti dice che non si può vivere con la persona che ami per tutta la vita anche se non siete destinati l'uno all'altro? Dopotutto le anime gemelle esistono ma... possono pure essere morte, di altre epoche, magari è esistita mille anni prima di te. – Ride facendomi sentire meglio. – Quello che voglio dire è che posso capire che tu sia angosciato per questa storia ma... non lo devi essere per forza, perché magari la tua anima gemella è già morta e te continueresti a cercare invano, mi capisci? – Annuisce. – Quindi perché non puoi goderti questi momenti con lei? Poi se andrà male te ci avrai provato e chi ti dice che dopo di lei non troverai la tua anima gemella? O magari t'innamorerai di un'altra ragazza. – Rido, imbarazzata. – Sto parlando troppo.
– No, è un bel discorso – esclama lui posando una mano sul mio braccio. – Grazie – dice lui alzandosi, mi sorride e punta davanti a lui.
– Ehi – sento la sua voce così alzo lo sguardo sorridendo. È qui, è proprio qui. Davanti a me.
– Ehi – lo saluto io guardandolo negli occhi. Sorride riuscendo a sciogliermi del tutto. È assurdo come possa essere cambiato il nostro comportamento nei nostri confronti in così poco tempo, com’è assurdo quello che sento ogni volta che lo vedo.
– Io vado – dice Isaac. – Grazie per il consiglio. – Lo saluto con la mano e così lui se ne va dando una spallata giocosa a Jeremy, entrambi si mettono a ridere.
– Quale consiglio? – c hiede lui quando Isaac se n’è andato. Mi alzo, vorrei essere alta quanto lui almeno con i tacchi, ma niente, non ci arrivo nemmeno per sogno.
– Ah, niente... Ragazze – rispondo io liquidando il discorso con un gesto di mano.
Ride e avanza verso il bar. – Vuoi dire Ivy? – Annuisco ridendo. – Quel ragazzo si fa troppi problemi, glie l'ho detto, ma non mi vuole ascoltare. Continua a farsi problemi non godendosi così Ivy fino alla fine. – Rido, un po' imbarazzata. Non so se ci fosse un doppio senso in questa frase ma sembrava proprio di si. – Non è... – Si ferma, per poi abbassare lo sguardo e ridere. – Ok, si, forse intendevo pure quello.
Continuo a ridere, più per imbarazzo che per altro. – Da quant'è che siete amici? Te e Isaac, intendo – chiedo.
– Da quando siamo piccoli. I suoi genitori lo hanno abbandonato qua quando era molto piccolo. – Annuisco dispiaciuta. Vorrei iniziare il discorso dei suoi genitori ma sta sorridendo e non voglio togliergli quel sorriso stupefacente. – Che c'è tra te e il bel vampiro? – chiede tutto d'un tratto Jeremy.
Alzo le sopracciglia, non mi aspettavo una domanda del genere. Non so proprio cosa rispondergli, perché in verità non lo so nemmeno io. – Perché me lo chiedi? – chiedo, imbarazzata, sedendomi vicino a lui mentre chiede da bere. Qualcosa dentro di me lo prega in silenzio, chiedendogli di dirmi che è geloso, che prova qualcosa per me.
– Ho visto il terrore nei suoi occhi quando quell'uomo ti ha presa mettendoti il coltello alla gola.
– Ah, si? – chiedo io guardando il tavolo. Niente da fare, continua ad essere freddo riguardo i suoi sentimenti. D'altronde però lo sono anch'io, quindi...
– Si – risponde.
Dal tavolo passo il mio sguardo ai suoi occhi, con un po' di timore. – Mi ha salvato la vita – aggiungo io guardando il bicchiere che Jeremy ha ordinato per me.
– Quando? – chiede.
– Il giorno prima che arrivassi qua. – Annuisce incitandomi ad andare avanti. – Dove mi allenavo per uccidere i vampiri... quel giorno siamo stati attaccati da loro, o meglio sono. Io sono arrivata in ritardo e quando sono entrata era pieno di corpi a terra e dopo un po' alcuni si sono svegliati vampiri e lui mi ha salvata.
– Quindi direi che da oggi non gli sei più debitrice – ribatte.
Scuoto la testa, pensierosa. – Lui stava là per colpa mia – mormoro io. Bevo un sorso della bevanda e faccio una smorfia: è un sacco forte.
– Quindi è solo il ragazzo a cui devi un favore? – chiede. Mi giro per guardarlo. Sta cercando di capire che cosa c'è tra me e Derek, questo significa che gli interesso. Non sorridere, Cassie, non rovinare tutto. Se sorridi magari lui ritira tutto.
– Io non mi fido dei vampiri – borbotto.
Annuisce e continua beve la sua bevanda. – Ma la tua migliore amica è una di loro – aggiunge.
Annuisco, per poi fare un altro sorso dalla mia bevanda. Non mi va molto di parlare di lei adesso. Siamo io e lui. Ma se voglio iniziare ad uscire con lui allora devo conoscerlo, e lui deve conoscere me. – Non era così – inizio trattenendo il respiro. – O si trasformava o la uccidevo, e io – mi fermo per un po' cercando le parole giuste, – non ci sono riuscita. – Annuisce, sembra molto preso dalla mia storia, così decido di continuare. – È stata lei ad uccidermi.
Sento il suo sguardo fisso su di me, e un po' m'intimorisce. – Quando? - chiede.
– Quando mi hanno portato qua ero morta – rispondo. – Ero stata attaccata da un vampiro a casa di Derek e prima che lo uccidessi mi aveva pugnalata allo stomaco... Iris non ce l'ha fatta.
– Da quant'è che non ci parli? – chiede. Questo interrogatorio non mi piace, ma almeno sto parlando con lui senza litigare. Per ora almeno. Ma tra un po’ sarò io a fare le domande, forse non sta sera, ho capito che tipo è e questo significa che devo aspettare per avere le mie risposte. Lui si deve prima fidare al cento per cento di me, poi inizierà a rispondere.
– Da quando mi ha uccisa – rispondo tra un sorso e l'altro. – Possiamo cambiare discorso?
– Certo – risponde lui guardandomi, mi giro per guardandolo anch'io e per un minuto circa rimaniamo in silenzio. Io cerco di uscire dai suoi occhi ma non ci riesco.
– Ciao a tutti. – Abbasso lo sguardo e così Jeremy si alza e va davanti il palco, dove sta Louis. – Come tutti sapete è da cent'anni che esiste questo posto e per me è un onore esserne il preside, se vogliamo chiamarmi così. – C'è un secondo di silenzio così mi alzo anch'io per vedere meglio. – Voglio far presente che tutti voi siete degli abilissimi cacciatori e siete sempre disposti a salvare vite, sacrificando le vostre ogni giorno. – Sorride. – È molto bello vedere quanto tutto questo sia importante per voi. Tutti dicono che siete nati per servire, ma tutti noi sappiamo che alla fine non è così, perché c'è gente che si rifiuta di combattere e di entrare negli Istituti. E voi... Vedo che ogni giorno v'importa sempre di più e ciò mi rende orgoglioso di ognuno di voi. Mi fa capire che ogni mio sforzo per conoscervi meglio e farvi capire quanto tutto questo sia importante, quanto ognuno di voi sia importante, sia servito veramente a qualcosa. – C’è l'orgoglio di cui tanto parla in questo discorso in ogni ragazzo che guarda. – Ho finito. Godetevi la serata, ma non ubriacatevi. – Sento tutti applaudire, così lo faccio anch'io. Qualcuno fischia facendomi ridere e guardo Jeremy che sta cinque file prima di me. Prendo la mia borsa sentendo il cellulare vibrare.
"Sono fuori con Iris.”
È Derek. Do un’ultima occhiata a Jeremy, che ora sta parlando con Louis e stringe la sua mano. Alzo un po' il vestito ed esco. Si muore di freddo ma faccio finta di niente.
– Wow! – esclama Derek guardandomi. – Sei bellissima.
Sorrido, imbarazzata e rossa come un pomodoro. – Grazie – dico andando verso di lui.
– Ciao – mi saluta Iris.
Mi giro per guardarla e un brivido passa per tutto il mio corpo. – Ciao – mormoro sorridendo. – Come stai?
– Si va avanti... te? – Annuisco come per dire "bene". – Senti, mi dispiace molto per quello che è successo...
La interrompo prima che sia troppo tardi, anche lei ha il vizio d’iniziare a parlare a vanvera quando è imbarazzata o si sente in colpa. – Tranquilla – la tranquillizzo. – Va tutto bene. – Mi abbraccia di scatto ed io non posso fare a meno di ridere, imbarazzata.
– Mi dispiace così tanto – mormora lei, le accarezzo i capelli castani. Quando eravamo piccole lo facevo e lei si tranquillizzava.
– Ssh – dico io continuando ad accarezzare i suoi capelli morbidi.
Dopo un po’ si distacca da me, fortunatamente. – Derek mi sta insegnando a controllarmi, prima non riuscivo nemmeno a guardarti in faccia senza pensare al tuo sangue, adesso invece sono riuscita ad abbracciarti senza pensare a niente.
Sorrido freddamente, pensando che adesso sicuramente starà pensando al mio sangue, che lei ha assaggiato poco tempo fa. – Grazie – sussurro io guardando Derek, che mi sorride a sua volta. – Non ti ringrazierò mai abbastanza per tutto quello che hai fatto e che stai facendo.
Si avvicina a me. – È un piacere per me. – Lo guardo negli occhi sorridendo, non posso credere di provare qualcosa per un vampiro. – Tieni – aggiunge togliendosi il cappotto, me lo mette sulle mie spalle e così gli sorrido ancora di più; un altro po’ e sono sicura di rompermi la mascella. – Si muore di freddo.
– Grazie, ma tu come fai? – chiedo, troppo imbarazzata e sopraffatta dall’emozioni che sto provando per pensare ad una risposta abbastanza intelligente.
– Sono morto, ricordi? – scherza lui, annuisco ridendo anche se non sono così felice nel sentire una cosa del genere. È un vampiro. Ed io mi sto fidando di lui, come andrà a finire?
– Giusto – mormoro guardando per terra.
– Caroline vorrebbe venirti a trovare – ripete Derek.
A quanto pare Caroline continua a fargli pressione perché è la seconda volta da quando ci siamo visti l’ultima volta che me lo dice. Mi fa venire il mal di testa quella ragazza, ma di certo non posso dirle di non venire. – Falla venire, mi fa piacere, tanto mi sa che lei può entrare perché è stata invitata. – Poco fa sono venuta a conoscenza del fatto che chi non è stato invitato o chi non è un famigliare di un Cacciatore o un Cacciatore non può entrare nell’Istituto. Se lo fa… viene bruciato vivo dall’Istituto stesso.
– Ok, glie lo dirò – risponde lui. È tutto abbastanza imbarazzante.
– Ok – esclamo io, ancora un po' imbarazzata.
– Forse è meglio se rientri... sennò qua succede un casino – borbotta Iris. Rido guardandola: non è cambiata. È cambiata ma in qualche modo non lo è. Lei ha sempre usato fin troppe volte la parola “casino”, ci va e ci andava matta. Quando eravamo piccole lo diceva ogni volta che poteva, quando i suoi genitori non c’erano, perché dicevano che era una sottospecie di parolaccia.
– Già. Tieni – ribatto io togliendomi la giacca da sopra le spalle.
– No, tienila – mi ordina Derek. Lo guardo un po' riluttante, non mi va tanto di tenere una giacca di un morto, sinceramente. Però non posso dirglielo, ci rimarrebbe male. Però è un morto, è abbastanza inquietante tenere la sua giacca.
– Ok – borbotto io guardandolo. – Grazie.
– Ringrazi troppe volte – mi rimprovera lui facendomi ridere. – Ci vediamo.
– Ciao! - mi saluta Iris abbracciandomi, la stringo a me un'ultima volta.
– Ciao – dico sorridendo.
Una volta entrata incrocio lo sguardo incuriosito di Jeremy, fa per venire da me quando una ragazza dai capelli neri si mette davanti a lui e inizia a muoversi proprio davanti a lui. Scuoto la testa ridendo, avanzo fino ad arrivare all'ascensore. Non mi va di stare qua, ho sonno.
– Cassie – mi giro di scatto e vedo Louis.
Rimango in silenzio per un po’, capendo di essere appena stata scoperta. – Salve. Bel discorso, complimenti – dico io, cercando di far finta di niente e cambiare discorso. – Deve essere veramente molto orgoglioso di questi ragazzi e deve volergli molto bene. Non deve essere un compito molto semplice, il suo. Spero di…
– Non fare finta di niente, Cassie. – Lo guardo seria, a quanto pare non sono riuscita nel mio intento. – Quello che hai fatto non si può fare, ti ho già detto che non puoi uscire senza il mio permesso. L'hai già fatto in passato? – Abbasso lo sguardo. – Come temevo... Non farlo mai più, Cassie. Lo dico per te. Se un mago fa un incantesimo su un qualcuno, che ti vuole morta, trasformandolo in uno dei tuoi amici e te esci, sei morta prima di accorgerti che non è veramente il tuo amico.
Annuisco, anche se non mi va molto di farlo. Annuire vuole dire “va bene”, ma qua non va bene per niente. – Finirà mai? – chiedo guardandolo dritto negli occhi. – Perché io sono già stanca.
 Il suo volto ora è pieno di tristezza. Mi fa quasi sentire in colpa. – Temo di no, Cassie. – Annuisco cercando di trattenere le lacrime. – Il giacchetto – aggiunge indicandolo. – Devo controllarlo un attimo – Glie lo porgo e lui lo prende subito, senza nemmeno esitare un secondo. Lo esamina per un po' di tempo e poi me lo da. – Ok... ora puoi andare. Non prendere più niente da qualcuno che non conosco, Cassie. Ora vai.
– Grazie – borbotto io, entro nell'ascensore per andarmene in camera mia. Mi tolgo i tacchi e mi sdraio sul letto, stanca morta, già dopo poche ore. Queste poche ore sono il tempo in cui sono rimasta in quel salone per onorare questo posto che a malapena conosco e che a volte odio.
Mi alzo e vado alla finestra, è tutto buio fuori e fa quasi paura; niente è illuminato perché niente è dove si trova questo posto. Lontano da tutto il resto del mondo. Mi sento quasi in una prigione dove siamo in troppi per entrare in un unica cella. Inizio a non respirare, così apro la finestra cercando di respirare. Ma niente, non ci riesco.
Qualcuno bussa alla porta. – Un attimo – balbetto io, cercando di respirare ancora una volta. Boccate veloci dopo boccate, ma l’aria sembra non voler entrare veramente.
– Cassie, va tutto bene? – chiede Jeremy. Mi ci mancava solo lui...
– Si, si – rispondo io dalla finestra. Non ho intenzione di aprire, ho paura che lui potrebbe peggiorare solo le cose. Per ora direi che mi basta stare così.
– Non sembra, il tuo cuore batte velocissimo. Apri – ribatte lui, dal tono della sua voce posso quasi pensare che si preoccupato per me.
– No, sto bene – replico, continuando a stare davanti la finestra. Sento la porta aprirsi così mi giro, arrabbiata. – Ho detto che sto bene!
– Non sembra – dice lui guardandomi dalla testa ai piedi. Cerco di trattenere la lacrime. – Non riesci a respirare?
– Sto bene – ripeto, per poi entrare in bagno e aprire l'acqua. – Sto bene, mi è già capitato in passato – mormoro, faticando. – Devi aiutarmi – lo imploro, cercando di togliermi il vestito.
– Ehi – dice andando a chiudere l'acqua. Viene davanti a me e mi prende il viso con tutte e due le sue mani. – Per quanto sia tentato di lasciarti togliere il vestito devi smetterla. Tranquilla, credo sia un attacco di panico. Solo... vieni – mi tranquillizza, prendendomi la mano, va vicino la finestra. – Ora fai dei respiri profondi. Falli insieme a me. Quando ispiro io, ispiri te. Quando espiro io, espiri te. Intesi? –  Annuisco. Mi prende le mani e le posa sul suo petto. Ispira e trattiene il respiro fino a quando io non faccio la stessa identica cosa, a quel punto espira. Sento il suo petto gonfiarsi e sgonfiarsi, lo seguo.
 – Ancora – ordina, continuo a farli fino a sentirmi meglio, ma adesso mi gira la testa. – Tranquilla – ripete prendendomi in braccio e mettendomi sul letto. Sento il vestito pesare, ma adesso non tocca più per terra. – Va tutto bene – mormora sdraiandosi accanto a me, lo guardo dritto negli occhi. Mi mette una ciocca di capelli dietro l'orecchio e poi sorride. – Va meglio? – Annuisco ricambiando il sorriso. – Cos'era successo? – chiede mentre va su e giù con la sua mano sul mio braccio facendomi rabbrividire ogni secondo di più. – A cosa stavi pensando?
– A questo posto – rispondo guardandolo. – E a quanto sia cambiato tutto – aggiungo cercando di non piangere. – Ho solo quindici anni – mormoro, con le lacrime agli occhi. Tentativo fallito.
– Lo so – mormora lui accarezzandomi la guancia. Aggrotta la fronte e indica qualcosa ai piedi del letto.  – Dove l'hai presa quella giacca?
– Me l'ha data Derek – rispondo subito, senza pensare. E me ne pento subito.
– Quando? – chiede, cupo. È già arrabbiato. È geloso?
– Poco fa – rispondo, un po' intimorita dal suo sguardo da duro. Sbatte le palpebre più volte e poi si alza. Vedo tutti i muscoli della schiena contratti. – Che succede? – chiedo. Anche se so benissimo la risposta.
– Devo andare – risponde, va verso la porta.
Mi alzo con gli occhi puntati su di lui. –  Dove? - chiedo. Non voglio che se ne vada, ma di certo non lo pregherò di rimanere.
– Da una ragazza – risponde seccamente.
Socchiudo la bocca che pochi secondi fa era spalancata e poi rido, imbarazzata. Va dritto al punto, il ragazzo. Non si fa problemi. – Emh... – Mi siedo. – Ok, divertiti.
– Grazie, lo farò. Spero di vederti giù tra un po' – ribatte.
Aggrotto la fronte. Ma cosa sta dicendo? No, non lo speri! Speri che io rimanga qua e che non incontri Derek! – Non so se scendo – rispondo, annuisce e poi se ne va, sbattendo la porta.
Annuisco, ormai sola. Mi è sempre piaciuto stare sola, ma non avevo mai provato a stare con un ragazzo che mi piaceva davvero, e lo preferisco. Preferisco stare con lui che stare da sola, il ché è molto strano.
Deficiente. Deficiente. Deficiente. Deficiente. Questa è l'unica parola che ronza nella mia mente. Stava andando benissimo e poi te gli dici che la giacca te l'ha prestata Derek-il-vampiro poco fa?! Avrà pensato che mi ha baciato magari! Stupida. Stupida. Stupida, ragazzina.
 
Angolo Autrice:
Ciao a tutti :) questo è il quarto capitolo. Oggi è la giornata di Isaac, ragazzo di Ivy e migliore amico di Jeremy. Vogliamo parlare di quest'ultimo? Le prime coccole, la prima scenata di gelosia. Voi che ne pensate? Cassie dovrebbe smettere veramente di vedere Derek Il Vampiro, sia per la sua incolumità che per riuscire ad avvicinarsi ancora di più a Jeremy, o secondo voi dovrebbe fare un passo in avanti e dire a Derek che prova qualcosa per lui?
Fatemi sapere cosa pensate di questo capitolo, domani cercherò di pubblicare il quinto.
Mi scuso per eventuali errori, sono accettate anche le critiche.

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Capitolo 5
*** La gelosia ***






Capitolo 5
La gelosia
 
La voce di Louis mi fa svegliare, dicendomi di scendere per fare colazione. Sbuffo e chiudo un’altra volta gli occhi, giusto pochi secondi, quanto basta per ricordarmi tutto quello che è successo e quello che molto probabilmente succederà oggi. Fatto questo mi alzo dal letto e vado in bagno, mi tolgo il vestito di ieri con cui mi sono addormentata e mi preparo per un nuovo giorno.
Mi guardo intorno vedendo tutti i Cacciatori ancora assonnati, mentre cercano di andare in salone senza barcollare più di tanto, a quanto pare la festa è finita molto tardi. Mi fermo vedendo la porta di Jeremy Ruterful aprirsi, sono pronta a vedere il suo viso arrabbiato, ma il viso che esce da quella camera è tutto tranne che arrabbiato. Quel viso non è di Jeremy,  ma di una ragazza. Mi fermo di scatto per guardarla, è bellissima. Ha dei capelli neri quasi più lunghi dei miei, alta quasi quanto lui – e lui è veramente alto – e magra quanto me. Ha addosso la camicia di Jeremy che indossava ieri sera, il reggiseno bianco si può vedere anche da lontano, per non parlare dei pantaloncini corti. Rabbrividisco solo vedendoli, è inverno e fa veramente freddo, mi chiedo come faccia lei ad andare in giro con quelli, ma immagino che qualcuno la tenga molto al caldo.
Gli da udn bacio a stampo e se ne va senza accorgersi di me, che la sto fissando da quando è uscita da quella maledettissima camera. Più che triste sono arrabbiata, con me e con quello schifoso donnaiolo. A quel punto decido di guardalo. Con solo i pantaloni addosso se il torso nudo capisco che a quanto pare anche lui non si fa problemi, a quanto pare nemmeno lui ha freddo. Inizio a pensare che forse quella con i problemi sono io. Si accorge di me ed inizia a fissarmi anche lui, forse per provocarmi e sfidarmi. C’è orgoglio nel suo sguardo. Scuoto la testa e decido di andarmene per prendere l’ascensore e lasciarmelo alle spalle. Può fare quello che vuole, di certo non sarò io a dirgli cosa non deve fare, e di certo non sarò io a fargli una scenata.
Una volta preso da mangiare riesco a vedere la ragazza dai capelli neri ridere con delle ragazze, che sembrano pendere dalle sue labbra. Lo stomaco inizia a contorcersi, così decido di andarmene prima di vomitare quello che ancora non ho mangiato, ma che dovrò per forza mangiare in camera. Prendo l’ascensore, ma quando arriva c’è Jeremy dentro. Esce e si gira per guardarmi mentre ormai sono entrata dentro di esso. Faccio un sospiro ricordando il bacio a stampo con la ragazza. Ora mi sento in frantumi, ma gli sorrido proprio mentre le porte si stanno chiudendo, lasciandolo imbambolato e soprattutto confuso.
Non ha proprio capito niente di me. La mia vita va avanti, proprio come la sua. Di certo non inizierò a frignare, o peggio cadergli ai piedi.
Entro in camera ed inizio a mangiare, ma – novità! – m’interrompono la colazione poco dopo, quando qualcuno bussa alla mia porta. – Si? – borbotto posando la tazza strapiena ancora di caffè. Louis apre la porta, dandomi la conferma di non essere veramente dell’umore per chiacchierare.
– Che ci fai qua? Perché non mangi con noi di là? – chiede.
Faccio spallucce. – Sto meglio da sola, non voglio mangiare con nessuno – rispondo io mangiando.
– Jeremy mi ha raccontato quello che è successo ieri sera. – Alzo lo sguardo, più arrabbiata che mai. È proprio vero: qua la privacy non sanno nemmeno cosa significa. – Sull’attacco di panico – finisce Louis. Annuisco sentendomi meglio, ma rimane il fatto che quello che mi è successo rimane una cosa privata. E lui, per quanto possa essere il grande preside di questo grande Istituto, non lo conosco poi così bene. – È per questo che oggi non ti allenerai, ma dovrai praticamente rinchiuderti nella biblioteca dell’Istituto per studiare. Devi prendere il Libro delle Ombre e leggerlo tutto. – Fa una pausa, giusto per vedere la mia reazione, che è assolutamente perfetta visto che sono felice di non dovermi allenare ma di stare seduta a leggere un bel libro di favole. – Inoltre Jeremy mi ha raccontato quello che siete riusciti a fare. – Fa spallucce e questo gesto mi fa ridere, ma mi trattengo. – L’ho praticamente costretto veramente, ma non fa niente. Sai che non devi essere imbarazzata per questo, Cassie? Ti rendi conto cosa potete fare insieme?
Annuisco per la millesima volta. – Posso… continuare la mia colazione adesso? – chiedo facendolo ridere.
– Si, ma domani mattina ti vorrei vedere nella sala pranzo. – Si, contaci. – Dimentichi che posso sentirti, Cassie. Veramente, se li conosci bene non sono poi così male. E Jeremy… quel ragazzo è un ragazzo molto, ma molto, chiuso. Ci mette un po’ per aprirsi.
Sembra più un uovo che una persona. – Non m’interessa – rispondo io seccamente. Non voglio parlare di lui. Né ora, né mai.
– Ok, che ha combinato? – chiede. Oh, niente, è solo andato a letto con un’altra. – Davvero? – esclama lui spalancando gli occhi. Faccio una smorfia, nervosa e arrabbiata. Ficcati in testa che ti legge nella mente, Cassie! – Tranquilla, ci farai l’abitudine. Comunque, questo è Jeremy, non vuole avvicinarsi a nessuno perché l’ultima volta che l’ha fatto li hanno uccisi.
– Vuole dirmi che non si è mai avvicinato a nessun altro dopo i genitori? – chiedo, incredula.
Scuote la testa, è triste e lo sarei anch’io. Credo che per lui Jeremy sia come un figlio. – Cioè… l’unico con cui parla è Isaac. L’hai conosciuto?
Annuisco cercando di non pensare a niente mentre il cuore inizia a battermi forte. – Si, ieri sera è stato molto dolce. Mi ha chiesto come si sentiva ad aver trovato l’anima gemella.
Louis fa un sorriso dolce, ma nei suoi occhi c’è qualcosa che mi fa capire che Isaac non gli piace per qualche ragione. – Già, è molto dolce, ma è anche un abilissimo Cacciatore, proprio come Jeremy. – Guarda la porta, pensieroso. – Quel ragazzo ha una cotta per mia figlia, si vede lontano un chilometro – borbotta tra sé e sé.
Spalanco gli occhi, ancora più nervosa. – Davvero?
– Cosa? – chiede ritornando nel mondo dei vivi. – Ah, si. Si, è vero. Ti lascio fare colazione in pace. – Si alza ma si ferma dopo poco. – Ah, e Cassie. Non invitare il vampiro qua, non te lo consiglio.
M’imbarazza parlare di Derek, ma non mi piace che lui mi dica chi invitare e chi no. Lo so che è il predise dell’Istituto e che quindi sarebbe come essere ospite a casa sua, però non è colpa mia se devo stare qua per forza. Non capisco perché ci devo rimettere sempre io.
– Loro non possono entrare, c’è un incantesimo attorno a quest’Istituto.
– Lo so, ma come faccio a vederli? Derek e Iris, intendo – chiedo io. Cerco di non fargli capire che sono arrabbiata, ma non sono mai stata molto brava a nascondere le mie emozioni.
– Dovrà uscire un Cacciatore insieme a te – risponde Louis.
Sbuffo. Mi aiuteranno di sicuro, ne sono sicura. – Non verrà mai nessuno! Ma perché non posso uscire tranquillamente? Tanto non mi possono uccidere – sbotto io alzando il tono della voce ad ogni frase.
– Questo non si sa, credo esista un incantesimo. Molto probabilmente quello che ha usato quel mago con te quando siete andati a prendere i tuoi amici è solo uno dei tanti. Per fortuna si è sciolto quando il proprietario dell’incantesimo è morto. – Rimane a guardarmi per un po’. – Lo so, Cassie. È difficile.
– Perché a me? – chiedo io, più per rabbia che per altro.
– Non lo so, Cassie. Ti lascio un po’ da sola – mormora lui per poi andarsene.
Abbasso lo sguardo verso i l vassoio dove c’è ancora tutta la mia colazione. L’appoggio sul letto e mi metto davanti la finestra.
Lo so, Cassie. È difficile. Già, lo è.
Qualcuno bussa un’altra volta alla porta, vado davanti la porta e l’apro con tutta la forza che ho, piena di rabbia. – Posso stare un minuto - uno schifo di minuto - da sola? – urlo. Mi accorgo solo adesso che si tratta di Jeremy, sbuffo. – Fantastico! – esclamo appoggiandomi alla cornice della porta. – Che c’è? Cosa vuoi?
– Niente, mi è sembrato di sentire il tuo cuore battere veloce, quindi mi sono allarmato, ma vedo che è tutto apposto – risponde lui.
Alzo il sopracciglio destro e lo guardo con superiorità. – Si, va tutto alla grande, grazie. – Chiudo la porta, o almeno ci provo visto che mette un piedi in mezzo ad essa per non farla chiudere. Alzo gli occhi al cielo e cerco di non iniziare a dire tutte le parolacce che mi vengono in mente.
– Che succede? – chiede lui guardandomi a sua volta con superiorità, come se lui fosse più grande e avesse quindi pure più esperienza. Lui, superiore? Ma per piacere!
– Quello che mi succede non sono affari tuoi – ringhio io.
È impressionante come la rabbia possa sfigurare il suo viso. Fa una smorfia, sfigurandolo ancora di più. – Che c’è, sei gelosa? – chiede, provocandomi.
Rido per non ucciderlo. – Di te? – chiedo ridendo. – No – rispondo decisa.
– E allora perché ti stai comportando così? – chiede lui, alzando un po’ le sopracciglia.
– Ma perché non te ne vai? – sbotto io, ancora più arrabbiata. Oggi non voglio giocare ai suoi giochetti, anzi non ci voglio giocare mai più. Perché non lo capisce? Non. Voglio. Giocare.
– Prima dimmi perché ti stai comportando così – ribatte lui avvicinandosi a me, per provocarmi ancora di più.
– È la mia camera questa – ringhio io, poggiando la mano sul suo petto per farlo indietreggiare. – Decido io chi entra e tu non sei il benvenuto qua.
Mi guarda con aria di sfida, ma non gli do spago. – Allora? Non cambiare discorso – continua. – Perché stai facendo così?
–  Forse perché continui a starmi antipatico – rispondo io, alzando il sopracciglio solo perché ho capito che gli da fastidio.
–  Ieri sera non sembrava così – mi prende in giro lui.
Rido, ma in verità sto cercando di perdere un po’ di tempo per decidere che cosa dire. – Ieri sera ho avuto un momento di debolezza – rispondo io incrociando le braccia. Ok, bene, devo continuare così. Non posso dargliela vinta, lui non aspetta nient’altro.
Mi guarda arrabbiato. – Debolezza, eh? Quindi basta? Continuiamo a litigare perché continuiamo a dirci che ci stiamo antipatici?
–  No, non litigheremo, perché tutti e due non ci guarderemo nemmeno in faccia – rispondo io. So di star oltrepassando la linea ma è più forte di me. Oggi non è giornata e non voglio avere niente a che fare con lui. Non oggi almeno.
– Perché non ammetti di essere gelosa e basta? – sbotta lui alzando le mani al cielo.
– Perché dovrei dire di provare una emozione che non provo? – chiedo io ridendo, e mentendo. – Perché tutti dicono che siamo destinati? Bé, scusami ma io non sono la tipa che si fa influenzare così facilmente.
– Quindi adesso non ci credi più? – chiede lui. – Fantastico! Sai una cosa? Sei una ragazzina – ringhia lui. Annuisco facendomi capire che non m’importa quando è l’esatto contrario, se c’è di mezzo lui. – Una ragazzina lunatica che non sa cosa prova.
Annuisco ancora, so che gli da fastidio, da fastidio a tutti. – Disse quello che prima stava accarezzando una ragazza e due minuti dopo stava a letto con un’altra – bofonchio io,  ma me ne pento subito, così gli faccio capire che m’interessa.
– Ecco, vedi? Sei gelosa! – esclama lui sorridendomi, anche se credo che mi stia solo punzecchiando.
– Fai come vuoi, a me non importa quello che pensi te – rispondo io, cercando di richiudere la porta, ma continua a mettere il piede in mezzo.  – Oh, santo Dio! – urlo, mentre la rabbia continua a invadere il mio corpo. – Sai una cosa? – chiedo avvicinandomi a lui, ancora più arrabbiata. – Rimani qua come un cretino, continua a non farmi chiudere la porta, tanto io adesso devo andare a lezione e te non potrai darmi fastidio anche là. – Mi fermo vedendo il suo sguardo fisso sulle mie labbra, rimango senza fiato per pochi secondi, poi sbuffo e me ne vado. È una causa persa. Siamo una causa persa.
– Chi ti dice che non posso darti fastidio anche là? – chiede lui, ormai accanto a me mentre io sto avanzando per entrare dentro l’ascensore.
– Perché devo andare in biblioteca per colpa tua e là non si può parlare – rispondo io.
Ride. – Non è una vera biblioteca, non ci va nessuno. A malapena ci va la signora della biblioteca!
Mi fermo e gli punto il dito contro. – Prova a darmi fastidio e giuro che vado da Louis Dempson per lamentarmi del tuo comportamento incivile e immaturo – ringhio io. Non si può proprio avere un attimo di pace? Non ce la faccio più, mi sta venendo anche mal di testa.
– Vai – m’incita ridendo. – Non lo sai? Louis è un fan della nostra relazione. È un po’ come Jassie Forever.
– Non c’è nessuna relazione, Jeremy – lo rimprovero io, ricominciando ad avanzare. – Perché io non ti sopporto.
– Sai perché me ne sono andato ieri sera? – chiede, tutto d’un tratto arrabbiato. Preme il pulsante per fermare l’ascensore e un brivido mi attraversa tutto il corpo. Lo voglio baciare.
– No e non m’interessa – rispondo io. Faccio per premere il pulsante per far ripartire l’ascensore, visto che sto entrando nel panico . Ho bisogno di aria e non mi sta arrivando. Non riesco a farla entrare nei miei polmoni, devo assolutamente uscire da qua, ma ovviamente Jeremy mi da uno schiaffo sulla mano e mette la sua sopra il pulsante.
– Perché te avevi una giacca di un altro ragazzo mentre stavi flirtando con me – sibilla lui avvicinandosi pericolosamente a me.
– È una cosa stupida – sussurro cercando di togliere la sua mano dal pulsante.
Mi prende la mano e mi fa indietreggiare fino allo specchio. Tiene ferme tute e due le mie braccia per non farmi muovere, l’unica cosa che sento è il mio respiro affaticato e il mio cuore impazzito. – Sai benissimo quanto me che c’è qualcosa tra noi due, ma sei troppo impegnata a cercare di capire cosa provi per il Bel Vampiro – ringhia lui. Tutto d’un tratto riesco a respirare.
– Quello che c’è tra me e il Bel Vampiro non sono affari tuoi – esclamo avvicinandomi ancora di più a lui, più per rabbia che per altro. – Come quello che c’è tra te e la ragazza con i capelli neri non sono affari miei.
Ride un’altra volta, molto probabilmente perché sa che mi da fastidio. – Come vuoi – dice lasciandomi andare. – Ma non mi chiedere aiuto la prossima volta.
Rido, stando al suo gioco. – Tranquillo, lo chiederò a Derek – rispondo io.
Riesco a vedere i suoi occhi lampeggiare a causa della rabbia che sta provando, fa un’altra smorfia. – Ok – ribatte facendo ripartire l’ascensore. – Spero che tu ti diverta con lui tanto quanto io mi divertirò con Allison – sibilla appena le porte si aprono. Se ne va senza aggiungere altro.
– Ciao! – mi saluta Isaac, proprio nel momento ideale visto che non so dove si trovi la biblioteca.
– Ehi – lo saluto. – Senti, sai dove si trova la biblioteca?
– Certo, sta là – risponde Isaac indicando il corridoio alla mia sinistra. – L’ultima porta, cioè la seconda, a sinistra.
Annuisco. – Grazie – ribatto andandomene.
Ma Isaac ovviamente è qua per una ragione e di certo non vuole mollare, quindi mi raggiunge. – Cos’è successo tra te e Jeremy? – chiede.  I suoi passi non sono come quelli di Jeremy, sono una via di mezzo tra i miei e quelli di Jeremy. Sicuramente più gestibili.
– È un cretino. – Mi giro verso di lui dopo aver capito di averlo detto ad alta voce – Senza offesa, eh – aggiungo quindi. Sono sicura che lo dirà a Jeremy, spero che non venga da me per iniziare una nuova lite.
– So che ha fatto ieri sera, ma non te la devi prendere – risponde Isaac continuando ad andare avanti insieme a me.
– Non m’interessa, Isaac. L’ultima cosa di cui ho bisogno adesso è una relazione – dico io girando a sinistra e trovando la biblioteca. – Ora scusami, ma devo mettermi a studaire.
– Va bene, allora ci vediamo in giro – borbotta lui. So che vuole parlarmi di Jeremy, ma proprio non mi va.
– Ah! Il signor Dempson sa che hai una cotta per Ivy – esclamo ricordandomelo. Lui si gira verso di me e sbianca. – Ha detto che si vede da molto lontano. – Annuisce, ancora più pallido e mi chiedo se stia per svenire. Non voglio far svenire nessuno, anzi non voglio vedere nessuno svenire. – Stai bene? – chiedo, ma annuisce per la centesima volta. – Comunque ha detto che sei molto dolce e un abilissimo cacciatore, quindi io non mi preoccuperei più di tanto.
Per fortuna riesco a farlo sorridere. Riprende pure un po’ di colore. – Ok, grazie per avermelo detto – risponde lui. Gli faccio un cenno e così se ne va ed io mi metto a cercare questo Libro delle Ombre.
Dopo un po’ lo trovo, ma appena lo vedo mi viene un colpo. Io dovrei leggere tutto questo? Quante pagine sono?! Seimila?! Il libro sembra abbastanza vecchio - così come tutta la libreria, che è piena di libri su libri che arrivano fino al soffitto. Lo apro ed inizio a leggere cercando di non pensare a quante pagine mi mancano per finirlo.
 
È praticamente buio ormai e ho quasi finito di leggere. È i molto interessante quindi è stato abbastanza facile continuare la lettura anche se ero stanca. Parlava di demoni tra cui vampiri e lupi mannari; delle Whitesun. C’è una sotria molto brutta che parlava di questa Whitesun, che era destinata a un vampiro. All’inizio la relazione andava molto bene – dopotutto erano destinati quindi doveva andare bene. La Whitesun si fidava ciecamente del vampiro, ma quest’ultimo continuava a non fidarsi di lei e aveva cpaura di lei, solo che non lo faceva vedere. Dopo più o meno un anno lui fece un incantesimo che le annullà lo scudo da Whitesun e la uccise.
Deglutisco pensando a Derek, abbasso lo sguardo dopo aver finito del tutto il libro e lo chiudo. Metto i gomiti sul banco mentre con le mani reggo la fronte. Non mi dovrei fidare dei vampiri, non posso fidarmi. Sono inaffidabili. Sbatto una sul banco per poi alzarmi, arrabbiata. Esco dalla biblioteca dopo aver messo apposto il libro e salgo per vedere i Cacciatori si stanno ancora allenando, ma non c’è più nessuno. Guardo l’ora e capisco il perché non c’è nessuno: staranno cenando, ma io non ho fame. Una volta entrata nella stanza mi sdraio sul letto e mi addormento subito.
Mi sveglio sentendo lo stomaco brontolare, così decido di uscire dalla camera. Delle risate che provengono dalla camera di Jeremy attirano subito la mia attenzione, rabbrividisco lasciandomi la stanza alle spalle e chiamo l’ascensore.
Ma è stato uno sbaglio, perché le risate cessano e la porta si apre. Rimango dove sono senza nemmeno girare per vedere di chi si tratta, non ho intenzione di subirmi altre lamentele da parte di Jeremy o peggio, da parte di Biancaneve.  – Che ci fai ancora in piedi? – Mi giro sentendo una voce femminile e vedo la cara Biancaneve.
– Ho fame – rispondo seccamente. Annuisce continuando a guardarmi senza dire niente. Sa chi sono e che conosco Jeremy. Si vede e mi odia, ma non m’interessa nemmeno questo. Forse ad alcune persone il suo sguardo minaccioso e freddo come il colore dei suoi occhi chiarissimi può far paura, ma di certo io non ho paura delle persone. Le persone possono essere distrutte, sia fisicamente che mentalmente, sono dei mostri che ho paura e di certo lei non è uno di quelli.
– Allora? Chi è? – chiede Jeremy uscendo dalla camera. Il suo sorriso scompare alla mia vista, anch’io lo guardo seriamente, cercando di nascondere tutta la rabbia che sto provando nei suoi confronti e quelli della bella Biancaneve. – Entra, io ti raggiungo tra un po’ – le sussurra. Lei annuisce ed entra nella stanza dopo avergli dato un bacio a stampo, sicuramente per cercare di farmi capire che è “suo”.
Ora che la porta è chiusa alle spalle di Jeremy, che come al solito sta scalzo con solo i pantaloni di una tuta, il mio cuore inizia a battere a mille. È perfetto. – Che stai facendo? – chiede lui, ormai davanti a me e con le braccia incrociate.
– Dovresti entrare in camera o ti prenderai un malanno – borbotto io guardandolo ancora una volta con il sopracciglio destro alzato. Non riesco a muovere nessun altro muscolo.
– Non cambiare discorso – mi rimprovera lui guardandomi seriamente. – Dove stai andando?
– Non credo siano affari tuoi – ribatto, già sulla difensiva.
– Non puoi uscire dall’Istituto, lo sai – dice lui.
Faccio finta di niente e mi giro per entrare nell’ascensore. – Lo so – rispondo, ma lui mi prende il braccio e mi gira con la forza, ma senza farmi male. Il suo tocco è ancora una volta delicato ma forte allo stesso momento e non riesco veramente a capire come faccia a fare una cosa del genere.
– Non farlo – mormora guardandomi dritta negli occhi e facendomi mozzare il fiato. Quasi gli svengo addosso, ma mi riprendo subito per fortuna. Non posso fare la scena della stupida ragazzina che non riesce a resistergli, o a resistere ai propri ormoni impazziti.
– Non sto uscendo fuori – ringhio togliendogli la mano dal mio braccio con una scrollata.
Mi guarda con la fronte aggrottata, confuso. – E che fai, allora? – chiede.
– Ho fame – borbotto io facendo spallucce. Tanto vale dire la verità ormai, sennò sarebbe capace di non farmi scendere veramente e la mia fame aumenta di secondo in secondo. Non sono mai stata così affamata.
Sorride e quasi mi sciolgo. Ha un sorriso stupendo. – Non hai cenato? – chiede continuando a fare quel sorriso.
Mi sento piccola e insignificante adesso, soprattutto perché non riesco a parlare. Scuoto la testa senza aggiungere altro per un bel po’ di tempo. – Sono stata tutto il giorno a studiare – rispondo io con una voce rauca. Almeno sono riuscita a parlare.
Annuisce e si gira per pochi secondi. – Se mi aspetti qua – ribatte guardandomi. – mi metto qualcosa sopra e ti preparo qualcosa io – propone lui.
Sorrido sentendo questa proposta. Sarebbe carino: lui che mi prepara qualcosa ed io che lo guardo con attenzione, nella speranza d’imparare qualcosa visto che sono negata in cucina. Come una coppia d’innamorati insomma, cosa che non va per niente bene. Perché è impossibile, lui va a letto con Biancaneve. – No, grazie – rispondo io, più freddamente possibile. – La ragazza ti sta aspettando – aggiungo indicando la porta. Mi guarda per un po’ e poi se ne va scrollando le spalle.
Una volta entrata in cucina prendo una pentola e ci metto la prima cosa che mi sembra commestibile. Sto cucinando quando sento un rumore, così mi giro di scatto. – Chi è? – chiedo.
Esce una ragazza con i capelli corti e castani, gli occhi di un marrone chiaro e molto più alta di me. – Ho sentito un rumore così sono scesa – si giustifica lei, ma è strana, non mi convince. – Cosa stai facendo?
Secondo te uno cosa può fare in cucina? – Sto cucinando – rispondo io, un po’ allarmata. – Ho fame – aggiungo. Quando si avvicina io indietreggio. C’è qualcosa che non va, lo sento.
– Che c’è? – chiede lei. – Ho fame anch’io – dice ridendo freddamente.
La guardo dalla testa ai piedi e vedo che ha la mano dietro la schiena. – Ah si? – chiedo io, per fortuna dietro di me c’è un coltello che avevo preso per tagliare qualsiasi cosa stessi per mangiare. Dopo averlo preso continuo a parlare. – Perché allora non mi fai vedere che hai in quella mano che stai tenendo dietro la schiena? Cos’è, un giocattolo? – chiedo.
Scoppia a ridere e mi fa vedere un coltello strano, che non ho visto nemmeno nella sala delle armi. Inizia a venire più vicina, dandomi il tempo per impugnare meglio il coltello. – Ehi! – urlo io cercando di farmi sentire da qualcuno per chiedere aiuto. Non sono brava con i coltelli, la mia arma è la pistola.
Il coltello si fa sempre più vicino così mi scanso e riesco ad evitarlo. Cerco di prenderla con il mio coltello, ma lei si scansa all’ultimo facendomi quasi perdere l’equilibrio. Ci provo altre volte, ma è troppo veloce.
Jeremy penso sperando che mi ascolti. E cerca un’altra volta a prendermi ma io riesco a scansarmi anche questa volta e all’ultimo secondo le vado più vicina e la colpisco prima che lei possa alzare un’altra volta il coltello. La sento urlare così forte che indietreggio per non diventare sorda. Il coltello è rimasto nella sua pancia.
Si estrae il coltello con un atro urlo. – Questo non l’avresti dovuto fare – sibilla lei avanzando verso di me dopo aver buttato a terra il mio coltello. Cerca di prendermi ma io mi scanso, ci prova di nuovo e riesce a prendermi, procurandomi un taglio sul braccio.
Vedo il sangue scendere mentre mi tengo stretta al mobile della cucina. Jeremy, ti prego vieni. Ti prego, vieni, penso io mentre continuo ad indietreggiare. Decido di scappare e prendere un’altra volta il mio coltello, ma per farlo le devo passare accanto. Poco dopo infatti il suo coltello è dentro il mio fianco. Trattengo il respiro. Oh… Oh, mio Dio. Prendo il coltello della ragazza e lo tolgo dal mio fianco urlando più forte possibile.
Stringo il coltello nella mia mano sentendo dei passi provenire da sopra nonostante non mi giri la testa e non ci veda molto bene. La ragazza indietreggio non sapendo più cosa fare visto che ho tutti e due i coltelli e quando arriva al muro e rimane ferma riesco a far entrare tutto il coltello nella sua pancia un’altra volta. Chiudo gli occhi per non vedere la scena del coltello che le entra dentro e tutto il resto. Quando mi giro riesco a vedere una sola persona: Louis.
– Cassie – mormora lui guardandomi con un’espressione che non riesco a vedere molto bene, ma ovviamente non può essere felice.
– Mi ha attaccata – mi giustifico io cercando di respirare normalmente. Tra tutti gli sguardi incontro quelli di Jeremy e di Biancaneve.
Vedo tutto molto sfogato, l’unica cosa che riesco a vedere sono le armi che tengono in mano tutti i Cacciatori che sono scesi per aiutarmi. Qualcuno si avvicina a me e mi accarezza il viso. – Fermo – gli ordina Louis allontanandolo. – Dobbiamo portarla subito in infermeria.
– Cosa? Perché? – chiede Jeremy e credo sia lui ad accarezzarmi perché la voce sembra molto vicina.
– Guarda il coltello che ha in mano – risponde Louis.
Una sagoma – sicuramente quella di Jeremy – si abbassa per guardare il coltello. – Non l’ho mai visto prima d’ora – ribatte Jeremy guardando Louis.
– È quello per uccidere le Whitesuns – gli dice Louis.
Sento gli occhi sempre più pesante e le gambe tremarmi, sto per cadere a terra quando quella sagoma mi prende in braccio.
Jeremy. 


Angolo Autrice:
Ecco a voi il quinto capitolo. Spero vi sia piaciuto. C'è poco da dire, spero che voi recensiate questo capitolo per farmi sapere che cosa ne pensare ma ormai non ci credo molto ahahah
Domani pubblicherò il sesto capitolo.
Un bacio e grazie a tutti quelli che seguono questa storia.

 

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Capitolo 6
*** Il funerale ***






Capitolo 6
Il funerale
Quando riprendo conoscenza apro gli occhi e sbatto più volte le palpebre per cercare di vedere meno sfogato. Davanti a me però riesco a vedere una donna con un camice celeste, mi sorride. – Buongiorno – mi saluta lei. – Come ti senti?
– Acqua – gracchio io, la donna annuisce e mi porge un bicchiere d’acqua, che bevo in pochi secondi. Faccio per mettermi seduta quando sento una fitta al fianco e tutto d’un tratto mi ricordo quello che è successo.
– Lo so, lo so – ribatte l’infermiera. – Era una brutta ferita, ma siamo riusciti a pulirla.
Rimango in silenzio ricordando anche che oggi ci deve essere il funerale per mio padre, mi giro verso l’infermiera e la guardo male. – Che ore sono?
– Sono le sei del mattino – risponde lei, un po’ perplessa. Mi alzo di corsa dal letto nonostante il fianco mi faccia male. – Non puoi muoverti – mi ammonisce l’infermiera fermandomi.
– Si, ci riesco – ribatto io allontanandola.
Proprio quando sono davanti la porta per andarmene lei mi ferma. – Non puoi, ti si apriranno i punti in questo modo! – È arrabbiata, ma poco m’interessa.
– Devo prepararmi – ringhio scansandola un’altra volta.
– Voi Cacciatori siete così ostinati --  borbotta l’infermiera andando davanti la porta per non farmela aprire. C’è un momento in cui non succede niente, ci guardiamo male e basta. Vorrei prenderla e spostarla, buttarla a terra se proprio devo ma sono sicura di non avere l’energia necessaria per fare tutto questo.
– Che succede? – chiede Louis Dempson, spuntando come sempre dal nulla. Mi guardo in giro per vedere se c’è un’altra porta. Ci deve essere di sicuro, Louis prima non c’era, ne sono sicura. A volte può essere veramente inquietante questo uomo.
– La ragazza deve riposare, ma non vuole – risponde subito l’infermiera. La guardo malissimo ma lei sembra quasi non accorgersene, o forse semplicemente non le interessa. Sicuramente a me interessa, visto che è di mio padre che stiamo parlando.
– Devo prepararmi, alle otto inizia il funerale ed io devo stare là un po’ prima – ribatto io. Louis mi guarda con un po’ di tristezza, mi da fastidio ma devo ammettere che ora come ora mi serve dire la verità e soprattutto mi serve un mezzo per arrivare al fine, che sarebbe andare al funerale di mio padre. Il mezzo quindi sarà usare questa cosa per far sentire triste Louis.
– Cassie, non puoi muoverti – dice Louis dopo un po’.
Lo guardo incredula. L’unica cosa a cui adesso riesco a pensare è che non può non mandarmi al funerale di mio padre. Fanculo le regole, fanculo lui, fanculo l’Istituto. Io devo andare. – Come, scusa? Non posso andare al funerale di mio padre?! – tuono io. – Non me frega un cazzo delle vostre regole, io vado e se provate a fermarmi giuro che ve ne pentirete!
Qualcuno bussa alla porta, poco dopoIvy è sulla soglia della porta, rigida come non mai. – Che succede qua? Perché Cassie la Whitesun continua ad urlare come una pazza?
– Perché? – chiedo io urlando. – Perché loro dicono che io non posso andare al funerale di mio padre. Ma state bene? È di mio padre che stiamo parlando, voi non potete segregarmi dentro l’Istituto. – Sto letteralmente dando di matto, ma ho le mie buone ragioni per farlo.
– Perché non può? – chiede Ivy guardando al padre. – Posso accompagnarla io. Dai, papà, non puoi dirle di non andare al funerale di suo padre.
– Finalmente qualcuno che ragiona in questa gabbia di matti! – esclamo io.
– No – risponde Louis Dempson, più deciso che mai. – Quello che è successo ieri sera è la prova che si stanno avvicinando sempre di più. La ragazza, tanto per spiegarti, era sotto incantesimo.
Fanculo, non m’interessa. – Io vado. Quello che è successo ieri sera è la prova che non sono al sicuro da nessuna parte – ribatto io. Nel viso di Louis intravedo un po’ di tristezza e il mio cuore inizia a sciogliersi… ma poi ricordo il fine e mi rendo conto che questo è il mezzo: fargli tenerezza.
– Deve venire Jeremy allora – dice Louis dopo un po’.
Lo guardo per poi alzare le mani al cielo ma mi fermo subito sentendo la ferita tirarmi. – Non fare questi gesti bruschi – mi ammonisce l’infermiera mettendo una mano sul mio fianco. Le vorrei solo chiedere “perché tu sei ancora qua?” ma ovviamente non posso.
– Non lo farà mai – rispondo io guardando Louis. – Non mi aiuterà mai.
– Ma che dici? – esclama Ivy. – Ieri è stato lui ad aiutarti. Si, h urlato in corridoio che qualcosa non andava e poi è sceso correndo per le scale con solo i pantaloni addosso, e quando sei svenuta ti ha preso in braccio e ti ha portata in infermeria correndo come un matto.
Abbasso lo sguardo sentendomi un po’ in colpa, sono stata così stronza con lui, forse così stronza che non meritavo tutto quello che ha fatto per me fino ad adesso.
– Ti devi sdraiare – s’intromette ancora una volta l’infermiera.
Le do ascolto e mi rimetto a letto. Devo pensare al funerale adesso. – Potete chiamarmi Jeremy, per favore? – chiedo. Ivy annuisce e se ne va, così il mio sguardo passa a Louis, che continua a sorridere.
– Non lo fa vedere ma ci tiene molto a te – dice Louis. Poco dopo Jeremy apre la porta senza bussare o chiedere il permesso, come sempre d’altronde. – Vi lascio parlare da soli – mormora Louis andandosene.
– Ciao – mi saluta lui prendendo una sedia e mettendosi vicino a me con le mani pericolosamente vicine alle mie sul letto.
– Ciao – dico io sorridendogli. – Grazie per quello che hai fatto. – È veramente difficile per me ringraziare le persone, perché significa che ho un debito verso di loro.
–  Di niente – risponde lui, sorridendomi a sua volta. – Mi dispiace solo non essere venuto prima, ma mi stavo immaginando tutt’altra cosa. Pensavo che mi stessi chiamando solo perché avevi cambiato idea ed io non te la volevo dare vinte. Viva il mio ego! – esclama facendomi ridere, ma faccio una smorfia sentendo una fitta al fianco e così smetto. – Ssh, non ridere – borbotta lui, ridendo.
– È colpa mia comunque – dico io. A quanto pare oggi è la giornata Ammettiamo Per Sentirci Più Leggeri.  – Dovevo dirtelo, ma ero troppo concentrata a mettere KO la ragazza.
Ride. – Hai fatto un bel lavoro direi – esclama continuando a ridere.
– Avrei un altro favore da chiederti – borbotto quindi io. Quando sospira lanciandomi occhiatacce inizio il discorso. – Oggi ci sarà il funerale di mio padre e a quanto pare Louis Dempson non mi vuole mandare… a meno che tu non venga con me. A quanto pare è veramente un nostro grande fan, forse dovremmo fargli una maglietta o qualcosa del genere.
–  L’ho sempre detto io! – esclama lui ridendo, sicuramente per far passare un po’ di tempo. A quanto pare ci deve pensare. – E va bene – sospira dopo un po’. – Ti ci porto. Ma non fare come le ragazzine: sappi che ti ci porto solo perché stiamo parlando di una figlia che non può andare al funerale di suo padre. Sai benissimo che non ti meriti tutto questo da parte mia, ma ci sarà sicuramente un modo per sdebitarti. Non so ancora di cosa si tratta, ma qualcosa troveremo.
Faccio una smorfia, disgustata. – Spero per te che non sia niente di troppo improponibile.
– Ti ho detto ancora non so di cosa si tratta. Più in là vedremo. – Si ferma a guardarmi. – Non mi fido di te, Cassie. Sei lunatica e i tuoi sentimenti verso quel vampiro mi portano a non fidarmi di te. Io non mi fido dei vampiri.
Alzo il viso, un po’ arrabbiata, per non sentirmi meno in gamba di lui. – Capisco – borbotto. – Va bene, grazie.
Così Ivy mi aiuta a prepararmi facendomi mettere a forza un vestito nero e truccandomi. Quando scendiamo giù mi obbliga anche ad appoggiarmi a lei, cosa che non succederà quando staremo al funerale. Loro ancora non lo sanno, ma io si e forse questo è l’importante.
Una volta scesi Jeremy si gira per guardarci. È vestito tutto di nero, con la camicia nera, dei jeans neri e delle scarpe eleganti. È bellissimo come sempre. Posa le mani su quelle di Ivy e sorride guardandola. – Faccio io, Ivy. Tranquilla – mormora. Intravedo uno sguardo intenso tra lei e lui così, in preda ad un attacco di gelosia, tossisco.
– Siamo in ritardo – borbotto usando una voce abbastanza distaccata. Ivy arrossisce un po’ e se ne va lasciandoci da soli.
– Ti presento la tua nuova migliore amica, si chiama Sedia a Rotelle – esclama Jeremy prendendo una di quelle cose che stava nascondendo fino a poco fa. Faccio per dire qualcosa quando lui mi ferma. – Ho parlato con Louis. O ti siedi su questa cosa, oppure non ci possiamo andare.
– Non fai sul serio – ringhio io. – Sul serio? Sto bene! Non è il mio funerale!
– Sta zitta e siediti – borbotta lui obbligandomi a sedermi sulla sedia a rotelle. Sbuffo e usciamo per andare verso la macchina. – Il tuo odio verso i miei confronti in questo momento mi lusinga.
– Vaffanculo.
– Appunto. È così bello sentirsi amati da te, Cassie Moonic.
– Quando vuoi.
 
Dopo un bellissimo viaggio in silenzio dall’Istituto ad una chiesetta dove abbiamo fatto anche il funerale di mia madre, Jeremy spegne la macchina e scende. Io rimango seduta in silenzio, pensando a come cercare di convincere Jeremy a non farmi mettere su quella sedia a rotelle. Non voglio attirare l’attenzione, già sono la figlia del defunto, non voglio anche essere la figlia del defunto sulla sedia a rotelle. Mi ricorderanno per sempre così, e non voglio.
–  Devo pure aprirti la porta? – chiede, arrabbiato, aprendo lo sportello della macchina.
–  Come un vero gentleman – scherzo io, ma quando vedo che sta per andare a prendere la sedia a rotelle lo fermo prendendogli il braccio. Mi lancia un’occhiataccia ma faccio finta di niente ed inizio il discorso che mi sono preparata nella testa durante il viaggio. – Per favore, non farmi sedere su quella cosa.
–  Cassie, devo farlo – ringhia lui. – Non iniziare a creare problemi…
–  No, non devi – ribatto io. – Non voglio stare su una sedia a rotelle durante il funerale di mio padre. Posso farcela. Ti dico cosa non posso fare: stare al funerale su una sedia a rotelle, come se fossi una specie di vittima. – Il discorso che mi ero preparata era molto più lungo, ma mi devo sbrigare.
Sbuffa scuotendo la testa. – Va bene, ma solo se ti reggi a me.
– Va benissimo! – esclamo, felice.
Mi prende in braccio e con gentilezza mi posa a terra tenendomi per le spalle. – Ce la fai? – chiede guardandomi con quei suoi occhioni celesti. Annuisco guardando a terra, sento il suo alito sbattere sulle mie guance e questo mi fa capire quanto siamo vicini. – Ok, però continua a reggerti a me – aggiunge. Annuisco poggiandomi a lui, sento il suo braccio stringermi  a lui e quel gesto mi fa sorridere.
– Eccoti! Stavo per chiamarti – esclama Jack venendo da me. Dopo essersi accorto di Jeremy inizia a guardarlo con diffidenza. È sempre stato molto protettivo nei miei confronti. – E tu sei…?
– Lui è Jeremy – lo presento io. – È grazie a lui se sono qua.
Lo sguardo di Jack s’illumina e accenna un sorriso. – Jack, piacere – dice porgendo la mano a Jeremy.
–  Jeremy – dice il ragazzo stringendo con forza la mano di Jack, molto probabilmente per fargli capire che non intende farsi trattare come un fenomeno da baraccone.
–  Entriamo, su – esclama Jack avanzando.
Quando entriamo tutti gli sguardi delle persone sedute si posano su di noi e questo non fa altro che peggiorare la situazione. Per fortuna sono riuscita a convincere Jeremy a non farmi stare su una sedia a rotelle. – Smettila e calmati – ringhia Jeremy a bassa voce.
– Cosa? – chiedo guardandolo. Ogni tanto non riesco proprio a capirlo. No ok, non riesco mai a capirlo. Credo faccia parte del suo fascino però, come ha detto Ivy.
– Il tuo cuore mi sta facendo venire il mal di testa.
– Appena tutta questa gente di volterà e smetterà di guardarmi starò meglio – borbotto a bassa voce guardando a terra. In verità penso che finirà solo quando questa giornata sarà finita.
Ci avviciniamo alla bara di mio padre, sento il cuore in gola e le lacrime si fanno troppo forte e pesanti da trattenere. Una mano stringe la mia e mi accorgo subito che è quella di Jeremy. – Sta tranquilla – mormora al mio orecchio. – Ti lascio un po’ sola. Appena hai finito lanciami un’occhiata e vengo da te.
– Grazie – dico con una voce strozzata. Mi siedo vicino la bara e mio padre e l’accarezzo. – Ehi, papà. Spero che tu e la mamma siate felici adesso. Mi mancate tutti e due, sto cercando di fare del mio meglio per non deludervi. Spero solo di star facendo la cosa giusta. Vi voglio bene.  – Guardo tutti i fiori che stanno accanto alla bara, prendo un petalo e lo accarezzo. – Mi dispiace non averti portato i fiori, spero che la tua noncuranza verso di essi sia ancora valida. – Accenno un sorriso anche se ormai sto piangendo. – Sai com’è. La mamma era così fissata con i fiori che ce li ha fatti odiare ad un certo punto. O almeno io li odiavo, tu eri felice se lei lo era. Ciao, papà. Salutami la mamma.
Guardo Jeremy e mi accorgo che lui già mi stava guardando; forse mi stava proprio fissando. Si alza di scatto e viene verso di me, mi aiuta ad alzarmi e ci sediamo sulle panchine. Cerco di non piangere davanti a lui, ma una volta iniziato è difficile smettere. – Se vuoi puoi piangere. Ai funerali si piange sempre.
Gli stringo la mani. – Sei un angelo – mormoro io guardando dritto negli occhi.
Eppure si irrigidisce sempre di più, così tanto che mi fa irrigidire anche a me. – Non farlo – mi ammonisce.
– Cosa? – chiedo aggrottando la fronte.
– Non parlarmi così. Siamo a malapena amici, niente di più – borbotta lui.
– Jack? – chiedo io. Si gira verso di me. – Questa è… la chiesa dove si sono sposati, vero? Ricordo di aver visto una foto vecchia di loro due fuori.
– Come la mamma, tuo padre voleva che facci il suo funerale qua – risponde Jack annuendo. – Volevano che l’inizio della loro storia e la fine della loro vita fosse racchiusa nella stessa chiesa.
Tutto d’un tratto mi rendo conto di non potercela fare. Mio padre è morto e così anche mia madre. Sono sola, sono morti tutti ed è solo colpa mia e del mio stupido potere. Mi alzo prima d’iniziare a piangere come una ragazzina, cosa che sono in effetti, ma di certo non voglio farlo capire a tutte le persone che sono qua.
– Cosa stai facendo? – chiede Jeremy guardandomi arrabbiato e tenendo le sue mani sui miei fianchi per non farmi andare via e per non farmi affaticare troppo.
– Non… -- ringhio per poi togliergli le mani dal mio corpo. – Ce la faccio da sola.
– Avevi promesso – mormora lui guardandomi avvilito e arrabbiato allo stesso momento.
– Lo so, mi dispiace – dico io per poi andare a passo veloce anche se i punti continuano a tirare. Apro le porte della chiesa e un vento gelido inizia a pungermi la faccia, così inspiro ed espiro. Un po’ d’aria… grazie a Dio. Mi siedo sulla panchina senza zoppicare o altro e guardo il meraviglioso panorama davanti a me. Il mio petto si alza e abbassa molto velocemente e in meno di cinque secondi il mio viso è bagnato dalle mie stesse lacrime. Ridicolo. Questo era il posto dove i miei genitori si sono sposati e adesso è anche quello dove hanno fatto il loro funerale. Forse hanno appena rovinato tutto, forse no.
– Sapevo sarebbe successo – esclama Jeremy.
– Lasciami sola – singhiozzo io. – Voglio rimanere sola.
– Cassie – mi chiama lui sedendosi vicino a me, mi giro dalla parte apposta per non farmi vedere mentre piango come una bambina. – Non ti devi nascondere, è normale la tua reazione – sussurra prendendomi le mani e facendomi girare.
– Andiamo all’Istituto – dico continuando a singhiozzare.
– Cosa? – chiede, incredulo.
– Voglio andarmene da qua – rispondo io.
– Tu vuoi scappare dalla realtà, Cassie – ribatte lui.
– E allora? Che c’è di male? Puoi biasimarmi, Jeremy? Mi madre è morta, mio padre è morto e tutti e due a causa mia, e oro, come se non bastasse, ogni santo giorno lo devo passare dentro un Istituto dove tanto vengo ferita lo stesso, perché secondo loro io sono veramente in grado di uccidere tutti i lupi mannari e vampiri, quando non è così!
– So cosa stai provando – risponde prendendo di nuovo le mie mani. – Ma scappare non renderà le cose più facili, anzi – aggiunge cercando i miei occhi.
– Non posso – mormora guardando a terra. – Non posso vivere nella paura e nell’angoscia, Jeremy!
Fa un sospiro. – Vieni qua – sussurra abbracciandomi. Lo stringo a me piangendo ancora di più. Oara mi sento ancora più ridicola e indovina perché? Perché lo sono.
 
Dopo essere rientrati e aver visto la bara di mio padre andare sotto terra, accanto a quella di mia madre, siamo costretti a tornare all’Istituto. Stiamo per entrare quando sento una voce chiamarmi, è Derek.
– Ehi – lo saluto io mentre mi ricordo si essere sulla sedia a rotelle, questo mi fa arrossire un po’. Odio sembrare la malata del momento, quando in verità sono loro che esagerano.
– Mi dispiace così tanto – mormora abbracciandomi.
Sono stanca di tutti questi abbracci. Sono stata un’ora ad abbracciare tutte quelle persone che a malapena conoscevo e che mi dicevano “condoglianze” in continuazione, una dopo l’altra. Sembravano non finire più. – Già – borbotto stringendolo a me, eppure non posso fare a meno di sentire il cuore di Jeremy andare più veloce.
Derek si distacca da me e mi guarda con uno sguardo dolcissimo. – Guarda chi ti è venuto a trovare – aggiunge facendosi da parte.
Caroline scende dalla macchina e viene verso di me. – Ciao, bella – mi saluta abbracciandomi. – Ho saputo quello che è successo ieri sera.
– Ah si? – chiedo, infastidita.
– Se vuoi posso farti un incantesimo di guarigione – ribatte lei avvicinandosi a me, ma Jeremy mette subito un braccio davanti a me e così Caroline è obbligata a tirarsi indietro. Guardo Jeremy perplessa. Cosa c’è ora? Un incantesimo di guarigione non mi farebbe altro che bene.
– No – ringhia Jeremy.
– Scusami, tu chi sei? – chiede Caroline facendo una smorfia disgustata. – Ah! – esclama lei sorridendo come non mai. Indica prima me e poi lui. – La stronzetta ha trova il suo sole – dice lei per poi scoppiare a ridere, soddisfatta. – I miei sensi non mentono mai.
– Cosa? – chiede Derek, confuso.
– Ha trovato il ragazzo con cui è destinata – risponde Caroline. Alzo lo sguardo con cautela per vedere la reazione di Derek: mi sta guardando scioccato. – Chissà perché non l’ho visto subito. I vostri occhi brillano così tanto da poter veramente creare un uovo sole – aggiunge lei, ma io continuo a guardare Derek, preoccupata.
– Ok, noi dobbiamo rientrare – borbotta Jeremy. – Cassie – mi chiama, infastidito. Lo guardo non capendo cosa voglia da me, in questo momento voglio solo rimanere qua e chiedere scusa a Derek. – Dobbiamo rientrare – ripete.
– Giusto, va bene. Ci vediamo, ok ragazzi? – chiedo guardando prima Caroline, che continua a sorridere e poi Derek, che tutto d’un tratto sembra arrabbiato.
– Certo – esclama Caroline abbracciandomi.
– Già – borbotta invece Derek. Accenno un sorriso, ma lui si gira e se ne va. Caroline fa una smorfia e gli corre dietro, da brava amica.
Quando rientriamo nell’istituto ci fermiamo sentendo una voce femminile chiamare – Jeremy. – Ovviamente è Biancaneve.
– Ciao – dice lui. Mi guarda come per dire “puoi andare da sola?”.
Faccio un finto sorriso. – Io vado in camera mia. – Entro dentro l’ascensore senza guardarlo un secondo di più e pensando a come farmi scusare da Derek, ma dopotutto cos’ho da scusarmi? Non è certo colpa mia se Jeremy è la mia anima gemella e per la cronaca io provo qualcosa anche per lui. Quindi per cosa mi dovrei scusare se non ho voce in capitolo?
 
Sono passate ore da quando ho visto Derek e il suo sguardo continua a perseguitarmi. Per fortuna qualcuno bussa alla mia porta, portandomi finalmente alla realtà. – Avanti – dico io continuando a stare davanti la finestra. È Louis Dempson.
– Ciao – esclama lui. Sorrido, ma mi metto subito a guardare un'altra volta la finestra. Non c'è molto da vedere purtroppo, ci sono tanti alberi con una sola strada. – Jeremy mi ha raccontato dell’incontro ravvicinato con i tuoi amici e – si ferma un attimo per guardarmi dritto negli occhi, -- mi ha detto che posso fidarmi del vampiro.  – Abbasso lo sguardo ricordando la tristezza che stavo provando fino a poco fa per colpa di Derek. – Quindi d’ora in poi potrai stare con lui, ma solo qua davanti,  per il momento. Non me ne far pentire, Cassie.
Mi alzo di scatto dalla sedia sorridendo come una cretina. – Non lo farò.
– Ok – borbotta lui.
Quando se ne va chiudendo la porta chiudo gli occhi e ringrazio Jeremy sperando che questo pensiero gli arrivi e subito dopo chiamo Derek per dirgli la grande notizia.
– Cassie, dimmi – borbotta, poco entusiasta di sentirmi a quanto pare.
– Il preside dell’Istituto mi ha dato l’autorizzazione a  vederti tutte le volte che vogliamo – annuncio io, troppo felice per non alzare almeno di un po’ il mio tono di voce. A quanto pare mi sono veramente affezionata a questo vampiro e tutt’ora una parte di me cerca di essere diffidente nei suoi confronti, ma lui lo rende molto difficile.
– Davvero? – chiede lui. – È una bella notizia, ma credo che dovresti stare con Jeremy il più tempo possibile, invece che perdere tempo con un vampiro che di sicuro non è la tua anima gemella.
Faccio una smorfia. – Jeremy ed io non stiamo insieme. Lui è già impegnato e abbiamo deciso di rimanere solo amici – rispondo io, anche se nella mia testa sto pensando che in verità lui ha deciso tutto da solo, fatto tutto da solo senza chiedere nemmeno il permesso.
–  Ah – dice lui. – Va bene, allora… arrivo.
–  Si, va bene – esclamo io guardando fuori dalla finestra. C’è qualcosa che non va, tutto d’un tratto non è lui quello che voglio, ma Jeremy e questo non va affatto bene.
–  A tra poco allora – mi saluta lui prima di attaccare.
Poco dopo la sua macchina è davanti l’’Istituto, così mi metto una tuta ed esco dalla camera per andare giù, quando vedo Jeremy e Biancaneve baciarsi tanto amorevolmente. Abbasso lo sguardo prima di scoppiare a ridere o vomitare. Se vi vede Louis Dempson vi ammazza  penso io sperando che il messaggio arrivi a Jeremy.
– Che succede? – chiede Biancaneve con il fiatone.
Sento lo sguardo di Jeremy puntato su di me ma continuo ad andare verso l’ascensore senza fermarmi o girarmi verso di lui. Sono più forte di qualsiasi sentimento che provo verso di lui. – Niente, ma è meglio se entriamo – risponde lui aprendo la porta. Biancaneve ride facendomi sentire il cuore più pesante. Se non fossi ferita l’avrei uccisa io, altro che Louis. La porta della stanza di Jeremy si chiude e proprio in quel momento l’ascensore arriva. Bel tempismo, complimenti!
– Ciao – mi saluta Derek per la seconda volta in un solo giorno.
– Ehi – dico io. Cerco di sorridere e non pensare a Jeremy, dopotutto Derek è un bel ragazzo ed è dolce, cosa che Jeremy non è. Devo quindi pensare a Derek e non a Jeremy. Facile, no?
Ci mettiamo seduti per terra ed iniziamo a parlare, scherzare. Ad un certo punto Derek interrompe la conversazione e mormora:  – Sono felice che tu ti fida di me.
Gli sorrido dolcemente. – È così facile per me fidarmi di te – rispondo. La sua mano accarezza il mio viso facendomi sorridere ancora di più. Ci guardiamo per un po’ negli occhi, troppo timidi per fare un passo in avanti ma troppo in là per fermarci e così dopo un po’ il suo viso si avvicina al mio e le sue labbra sono l’unico contatto che sento veramente.
Si distacca da me dopo un po’ per vedere la mia reazione e questa volta sono io a baciarlo. Il nostro bacio è delicato e dolce, non come quello tra Jeremy e Biancaneve.   

Angolo Autrice:
Ecco il sesto capitolo con tre giorni di ritardo. Mi dispiace, ma devo dire che questo capitolo è stato veramente un parto, soprattutto quando ho deciso di riscriverlo visto che la versione precedente non mi convinceva molto.
Domani cercherò quindi di pubblicare il settimo capitolo e l'ottavo, per recuperare il tempo perso.
Come sempre vi chiedo di recensire per farmi sapere cosa pensate del capitolo e dei personaggi e ringrazio che segue questa storia.
Mi scuso inoltre per eventuali errori.
Un bacio.

 

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Capitolo 7
*** Tradita ***




Notizia: prima d'iniziare questo capitolo vi volevo solo dire che tra un pò cambierò il "logo" della storia. Nonostante mi piaccia quest'immagine devo ammettere che per ora non posso continuare a tenerla perché due dei personaggi "arriveranno" molto più in là. Voi che dite? Lo cambio o non lo cambio?
(Da sinistra: Isaac, Ivy, ancora sconosciuto, Cassie, ancora sconosciuto, Jeremy e Biancaneve)
Detto questo vi lascio al capitolo. 



Capitolo 7
Cosa farei per lui
 
– Buongiorno, giovani Cacciatori! Alzatevi, la colazione vi sta aspettando.
Sorrido aprendo gli occhi, mi stiracchio un po’ e mi alzo. È passato un mese da quando mio padre è morto e devo dire che la presenza di Derek non fa altro che aiutarmi a non pensare sempre e solo a lui. A quanto pare stiamo insieme e per la prima volta dopo tanto tempo credo di avere un qualcosa per cui andare avanti. Con Jeremy invece va ogni volta peggio. Non parliamo quasi più, forse perché per ognuno di noi è difficile vedersi con un’altra persona. O almeno… questa è la mia scusa. Fa male ma sto bene con Derek, mi fa sentire desiderata, cosa che Jeremy non fa ovviamente.
Guardo il cellulare e mi accorgo di avere un messaggio da Derek:
“Ho una sorpresa per te, ci vediamo oggi pomeriggio a casa mia.”
Sorrido ancora una volta e mi decido ad alzarmi un volta per tutte dal letto. Mi preparo e scendo per fare colazione.
– Ehi! – esclama Ivy.
Sorrido guardandola dalla testa ai piedi, come sempre è bellissima ma anche oggi ha quella scintilla negli occhi che mi fa capire che è ancora arrabbiata. – Buongiorno. Allora? Hai chiarito con Isaac?
Scuote la testa. – È un cretino – borbotta mettendo il broncio. – Continua a vivere la sua vita e indovina? Ho intenzione di fare la stessa, identica cosa che fa lui. Poi diciamocelo, non è nemmeno così carino! Mentre io ho già in mente un ragazzo con cui potrei stare, mi fa la corte da un bel po’ di tempo ormai.
Rido guardando il povero Isaac, sicuramente se non chiariranno al più presto Ivy glie le farà vedere di tutti i colori, sa essere molto stronza quando si parla di vendetta contro il suo caro Isaac. Ed eccolo là, vicino al suo amico Jeremy. Stanno parlando, o almeno Isaac sta parlando mentre Jeremy sembra in un altro mondo. Ovviamente è fantastico, come sempre d’altronde. Alza lo sguardo e inciampa praticamente nei miei occhi, un brivido percorre tutta la schiena e per non fare la figura della scema alzo la mano per salutarlo abbozzando un sorriso. Lui fa un finto sorriso e poi guarda Isaac, cercando di seguirlo il più possibile.
– Ok, basta. Io vado da lui – ringhia Ivy, prende la mia colazione, la mette su un banco a casaccio e mi trascina verso Isaac… ma soprattutto verso Jeremy. – Dobbiamo parlare – annuncia lei sedendosi vicino ad Isaac. Decido di rimanere in piedi aspettando l’occasione giusta per parlare e quindi andarmene.
 – Sono tutto orecchie – ringhia Isaac, arrabbiato tanto quanto lei.
Capisco che non ci sarà un momento giusto per annunciare il fatto che me ne voglio andare, così lo faccio subito. – Ok, io me ne vado.
– No, tu ora ti siedi vicino a Jeremy e ci ascolti – mi ferma lei fulminandomi.
Aggrotto la fronte non capendo il mio collegamento con la loro relazione. – Questi problemi sono vostri, non nostri… Mi dispiace, ma li dovete risolvere da soli – dico io.
– Perché siete così stupidi? – esclama Isaac, ancora più arrabbiato.
– Come, scusa? – chiede Jeremy, svegliandosi.
– Siete destinati. Vi guardate ogni singolo secondo eppure te, Jeremy, stai con una ragazza che non è lei e te, Cassie, stai con un vampiro! – tuona Isaac. – Quindi adesso io mi chiedo: quanto potete essere stupidi?
Abbasso lo sguardo e così Jeremy prende parola. – Questi non sono affari tuoi, Isaac! E ora sistemate le vostre faccende amorose perché mi sono rotto le palle di farti da psicologo. – Si alza, arrabbiato. – Andiamo – borbotta guardandomi, annuisco ammaliata dai suoi occhi. Dopo esserci messi da parte per guardare Ivy ed Isaac, Jeremy inizia a parlare. – Allora, come va? – chiede, più freddo che mai.
– Tutto bene, grazie – rispondo io. Lo guardo mentre continua a guardare davanti a sé. Continua ad essere il mio angelo preferito. Bleah! Fermi tutti. E questa da dove mi è uscita? Devo cancellare definitivamente quel commento sdolcinato. Che schifo, mi viene da vomitare. – Tu? Come stai? – chiedo guardando un’altra volta avanti capendo che lui non ha intenzione di fare altro.
– Bene – risponde lui freddo come prima.
Abbasso lo sguardo, imbarazzata. – Oggi ti devi allenare? – Purtroppo averlo accanto è come una calamita, non posso fare a meno di guardarlo.
– No – risponde lui continuando ad evitare il mio sguardo. – Devo uscire dall’Istituto per un po’. Non ce la faccio più a stare qua dentro, ad un certo punto mi sento come soffocare.
– Ah, capito – rispondo semplicemente io. Aggrotto la fronte ripensando alla mia risposta e questa volta credo veramente di star per vomitare. Scuoto la testa ed è già tanto che non stia andando davanti un muro per avere una lunga conversazione a base di testate. Quando i due piccioncini si abbracciano esclamo un – Finalmente – e me ne vado prendendo la colazione per mangiarla ancora una volta in camera mia.
Finita la colazione apro la porta e sussulto vedendo a pochi centimetri da me Isaac. Abbassa la mano con cui molto probabilmente stava per bussare e mi sorride. – Emh… che ne dici se ci alleniamo un po’?
Lo guardo in silenzio per un po’, poi mi decido ad annuire. – Va bene. Andiamo.
Prendo la spada che è riposta nella sala dove i Cacciatori si possono allenare, piena di specchi. Mi guardo intorno. – Wow, sembra quasi che invece di stare in una sala di danza – borbotto ridendo. – Strano se calcoliamo il fatto che ci stiamo per puntare le spade addosso, non credi?
– Pronta a morire? – chiede puntandomi la spada contro sorridendo e cambiando completamente discorso.
Rido. – Ti piacerebbe, Isaac – rispondo io impugnando bene la spada. – Ti avverto, non sono abituata a perdere e qualcosa mi dice che non succederà nemmeno oggi.
Scoppia a ridere. – Bé, preparati mentalmente a perdere oggi, mia cara. Io e Jeremy siamo i migliori Cacciatori di tutto l’Istituto e te sei nuova. Ma non ti abbattere, puoi sempre migliorare. – Fa un affondo ed io mi allontano subito e attacco prima di lui. Le due spade si toccano, entrambi facciamo forza per avvicinarci di più e quando capisco di non farcela mi allontano e lui perde un po’ l’equilibrio, dandomi la possibilità di colpirlo. – Ci stiamo solo riscaldando. Non montarti troppo la testa.
Rido. – O forse sei te che non riesci a capire che io sono più brava di te?
– Comunque… mi volevo – borbotta ricominciando a combattere, – scusare per questa mattina. Ero arrabbiato e me la sono presa con te e Jeremy. – Mi prende la coscia e sorride. – Morta.
– Se continui a parlare è normale che perdo – esclamo io impugnando bene la spada.
Isaac ride. – Tutte scuse – esclama lui per poi ricominciare a darmi dei colpetti solo per farmi innervosire ancora di più. – Lo so che quello che c’è tra te e Jeremy è complicato, ma…
Gli faccio lo sgambetto e cade a terra con un tonfo, non perdo tempo e gli punto la spada al collo. – Morto – dico io cercando di non ritornare alla conversazione. Non mi va di parlare con lui della possibile relazione con il suo migliore amico, è imbarazzante.
 Ride, si alza e alza la spada facendomi capire che non è ancora finita qua. – Quello che sto cercando di dirti è che tutti sappiamo che vi state solo prendendo in giro da soli perché – si ferma mentre schiva un mio colpo. – Non so perché – ammette lui con il fiatone.
– Lasciamo stare Jeremy, Isaac – borbotto io cercando di colpirlo, ma lui fa uno strano movimento con la spada ed essa cade a terra.
Sorride. – Come vuoi tu. Comunque sei morta un’altra volta.
 
Dopo ore ancora ci stiamo allenando, è abbastanza divertente perché ogni tanto parliamo, facciamo battutacce e nonostante lui continui ad “uccidermi” io non mi fermo e cerco di rimediare. Per fortuna non sono così male, riesco ad ucciderlo anch’io ogni tanto.
La porta si spalanca e così io ed Isaac ci giriamo di scatto, ancora con le spade vicine. – Mi dovete aiutare – esclama Biancaneve. Sento subito la rabbia cercare di vincere e possedere il mio corpo, ma faccio un respiro profondo e mi limito a guardarla.
– Che succede? – chiede Isaac abbassando la spada.
– Qualcuno ha preso Jeremy – risponde subito la ragazza, in preda al panico.
Sento l’aria mancarmi e il mio corpo si fa più pesante. La spada cade a terra mentre tutti il mondo inizia a girare. – Cosa? – chiedo io prendendo la spada da terra e mettendola nel suo fodero. – Com’è successo? Com’è potuto succedere?
– Stavamo passeggiando, poi un ragazzo si è fermato per salutarlo e Jeremy ha fatto lo stesso ma sembrava molto arrabbiato, poi qualcuno è arrivato da dietro e mi ha preso. Hanno fatto lo stesso con Jeremy, però se ne sono andati prendendo solo lui. Io non so come sia potuto succedere, stavamo cercando di divertirci come…
– Ok, stai zitta. Mi devi dire com’erano fatti queste due persone. Erano vampiri? Cos’erano? – chiedo fermandola. La mia mente continua a cercare di ricordare un qualcosa per cercare di capire chi ha rapito Jeremy, ma nessuno sembra all’altezza di fare una cosa del genere.
– Vampiri, assolutamente – risponde lei, preoccupata. – Uno l’avevo già visto da qualche parte…
– Pensaci bene. Dove l’hai visto? – chiedo avvicinandomi a lei. – Mi guarda, un po’ fuori di sé, cercando un appoggio, visto le gambe continuano a cederle, ma io non posso di certo aiutarla, visto che tremo come forse non ho mai fatto. – Chiudi gli occhi e pensaci.
E così fa. – Uno l’ho visto un paio di volte davanti l’Istituto, era… – Spalanca gli occhi portandosi le mani alla bocca. – Oddio! – esclama. – È il tuo amico vampiro!
Barcollo con il fiato sospeso. Cosa? Chi? Come? – Derek? – chiedo con le lacrime agli occhi. Quando annuisce sento le gambe cedermi, ma riesco subito a mettermi in sesto. – No – mormoro allontanandomi da lei. – No, non è possibile. – Guardo Isaac per avere una conferma, ma anche lui sembra essere sotto shock. – Derek è il mio fidanzato. Non mi farebbe mai una cosa del genere. Perché dovrebbe farlo? Voglio dire, mi vuole bene. Non… Cosa significa? Non è possibile. Ti stai sbagliando. Insomma, come faccio a crederti?! Non ti conosco nemmeno! Non so nemmeno il tuo nome! E il fatto che tu mi abbia spiata dalla finestra non aiuta.
–  Perché diavolo dovrei mentirti, eh? – tuona lei. – Non si tratta di te, Cassie Whitesun. È di Jeremy che stiamo parlando e non me ne fotte niente se tu provi qualcosa per quel vampiro, devi assolutamente aiutarlo. Non devi farlo per me, ma per lui e so che ci tieni.
Faccio per dire qualcosa quando il cellulare inizia a vibrare, corro all’angolo e lo prendo da terra. Rispondo senza nemmeno vedere di chi si tratta. – Sei pronta per la sorpresina? – cheide Derek. Riesco quasi a vedere il suo sorriso malefico, cosa che non ho mai visto… fino ad adesso.
– Brutto… Dov’è Jeremy? – tuono io.
– Ma come?! Già te l’ha detto la ragazza? – chiede, deluso. – Peccato… ti volevo fare una sorpresa con i fiocchi per il nostro mesiversario.
Sento ancora una volta la rabbia cercare di vincere ma anche questa volta riesco a non dargliela vinta, soprattutto perché stiamo parlando di un vampiro. – Dove sei? – chiedo quindi.
– A casa mia, con Jeremy ovviamente – risponde lui quasi scherzando. – Perché non ci raggiungi?
–  Certo che vi raggiungo, figlio di puttana – ringhio io per poi attaccare. Guardo prima la ragazza e poi Isaac cercando di fare mente locale su dove si trova la casa di Derek, su com’è fatto Derek, su chi è e su tutte le cose che so su di lui. – Io devo andare – annuncio scansando la ragazza. – Tu vai a dire a Louis Dempson quello che è successo e digli che sono dovuta andare di corsa.
– Non pensarci nemmeno, io vengo con te – esclama Isaac stringendomi il braccio per fermarmi.
–  Va bene – rispondo io, intanto la ragazza annuisce e corre da Louis.
Dopo aver preso la macchina ed essere andati proprio davanti casa di Derek entro subito nel corridoio che porta alla casa di Derek. – Cassie? – mi chiama Isaac, così mi giro e lo vedo fuori l’entrata. – Perché non posso entrare? – chiede. Aggrotto la fronte non capendo quello che vuole dire e così decide di farmi capire quello che sta succedendo facendo un passo più avanti, ma è come se ci fosse un muro che non lo avvicinare di più all’appartamento.
Mi metto indietro i capelli, esasperata. – Ci deve essere un incantesimo che non permette a nessun altro oltre che a me di avvicinarti al suo appartamento. – rispondo io. – Vado da sola – aggiungo senza preoccuparmi più di tanto. Isaac annuisce, arrabbiato.
Busso alla porta che si apre subito. – Ciao, amore mio – mi saluta Derek.
Mi viene da vomitare al solo pensiero di aver baciato quest’essere. – Dov’è – chiedo io entrando, mi guardo intorno ma non vedo nessuno.
Derek invece ride. – Oh, che dolce! – esclama lui. Il suo sorriso scompare quando lo sbatto al muro dopo aver preso la spada ed avergliela messa ad un millimetro di distanza dal collo.
– Dimmi dov’è perché sennò ti giuro che ti stacco questa schifosa testa da vampiro che ti ritrovi e ti mando una volta per tutte all’inferno, succhiasangue di merda – ringhio a pochi centimetri di distanza dalla sua schifosa faccia.
Ride un’altra volta. – Cosa non faresti per il tuo amato – esclama lui. Avvicino la spada ancora di più al suo collo e lo ferisco un po’ facendogli uscire del sangue.
Sono dietro di te, Cassie sento la voce di Jeremy nella mia testa e mi sento meglio.
Dove? chiedo io continuando a guardare Derek, attenta ad ogni sua singola mossa. – Se fai un singolo passo muori, sappilo – ringhio io. – E mi piacerebbe molto ucciderti, quindi ti consiglio di  non fare niente di stupido o la tua testa finisce per terra.
In cucina mi risponde Jeremy. Lascio Derek e corro da Jeremy in cucina. Mi fermo di scatto vedendolo con lo sguardo a terra, gli occhi cerchiati di nero e le labbra prive del suo colore naturale. Corro da lui e cerco di slacciargli le corde. Sembra addormentato ma mi guarda quindi non lo è veramente. Non capisco, cosa gli hanno fatto?
Qualcuno per mi prende da dietro strozzandomi per farmi indietreggiare da Jeremy. – Non così in fretta – mi sussurra Derek all’orecchio facendomi rivoltare lo stomaco.
– Cosa vuoi? – chiedo io, arrabbiata.
– Un po’ del tuo sangue, se vuoi liberare il tuo amore – risponde Derek.
Mi giro per guardarlo dritto negli occhi. – Facile – esclamo io. – Dammi il coltello – gli ordino. Cerco di sentire il cuore di Jeremy per capire cosa gli sta succedendo e quando riesco a sentirlo sembra battere normalmente, il ché significa che non è in pericolo di vita. Forse allora l’hanno sedato per farlo stare tranquillo. Si, deve essere così, non c’è altra spiegazione.
Derek ride riportandomi bruscamente alla realtà. – Josh – urla. Mi giro e intravedo qualcuno uscire da una camera, un qualcuno che non ho mai visto. – Libera il nostro amico, ma tienilo stretto. – Mi giro un’altra volta verso Derek che ha il coltello in mano. – Tieni, tesoro.
Prendo il coltello e mi giro verso Jeremy, non si muove e continua a guardare a terra. – Cosa gli avete fatto? – chiedo con il cuore a pezzi. Per fortuna sono troppo arrabbiata per piangere, sennò in questo momento sarei una fontana. L’hanno rapito per colpa mia, lo stavano per uccidere per colpa mia. Tutti quelli che mi stanno vicino finiscono per morire o per essere in pericolo di vita.
– Diciamo che gli abbiamo dato un po’ di tranquillanti – risponde l’uomo che lo tiene stretto e che mi sembri si chiami Josh. Jeremy alza lo sguardo per guardarmi negli occhi. Trattengo il respiro vedendo il suo viso pieno di tristezza.
– Scusami, ti prego – mormoro io continuandolo a guadare negli occhi. – Sarà finita in pochissimo tempo. Te lo giuro. Starai fuori tra pochissimo.
Tutti e due si mettono a ridere. – Forse per lui si – ribatte Derek. Lo guardo con la fronte aggrottata, confusa. – Se vuoi liberarlo del tutto tu devi rimanere qua con noi – risponde Derek facendomi spalancare gli occhi. Jeremy abbassa un’altra volta lo sguardo scuotendo la testa.
– Non vi basta il mio sangue? – chiedo con  la poca voce che mi è rimasta. Quindi mi voglio uccidere, anche loro. È buffo come il mio ragazzo mi voglia morta. Tutti mi avevano avvertita ed io non li ho voluti ascoltare. Addirittura il Libro delle Ombre mi aveva avvertita, ma io non ho voluto credere nemmeno a lui. Quel vampiro amava la Whitesun, erano destinati, eppure il suo istinto è stato più forte del suo amore verso di lei. Come ho fatto a pensare che, un vampiro che non è nemmeno la mia anima gemella, potesse amarmi nonostante tutto?
– No, veramente non ci facciamo niente – risponde Derek sorridendomi e facendo spallucce.
Guardo Jeremy. Devo farlo. Devo rimanere qua per salvare lui. Devo farlo. Niente dubbi. Lui è qua per colpa mia, di certo non posso lasciarlo qua a morire. – Non pensarci nemmeno – gracchia Jeremy fulminandomi con lo sguardo.
– Sta zitto – ringhia Josh prendendo un coltellino, lo avvicina alla sua gola.
Trattengo il fiato. – No! – urlo io andando da loro, ma Derek mi frema tirandomi per le braccia. – Lascialo stare! – continuo. – Toccalo e ti giuro che la tua vita sarà così lunga, dolosa  e lenta che ti suiciderai da solo!
Entrambi i nostri nemici si mettono a ridere, un’altra volta. – Fai quai paura, amore mio – scherza Derek. Gli do uno strattone cercando di scappare per andare ad aiutare Jeremy e così l’uomo fa un graffio sulla maglietta di Jeremy. Del sangue esce dalla ferita mandandomi in confusione e poi nel panico tolale.
– No, no, no, no! – urlo io.
– Sto continuando – canticchia l’uomo. Guardo Jeremy che sta con gli occhi chiusi mentre si lascia scappare delle smorfie a causa del dolore che sta provando. L0uomo continua a fargli tagli su tutto il petto…
– Ok, ok! – urlo io continuando a strattonare per andare da Jeremy.
– Non ho sentito – ribatte l’uomo procurando a Jeremy un altro taglio. L’ultimo taglio, mi sono detta per cercare di mantenere la calma.
– Ci sto! – urlo, in preda al panico. – Rimango qua con voi, lo giuro – esclamo piangendo. – Solo… lasciatelo stare – balbetto buttandomi a terra, esasperata. L’uomo lascia andare Jeremy e così corro da lui e mi butto letteralmente tra le sue braccia.
Trattiene il respiro stringendomi a me più del dovuto. – Ti odio – mi sussurra stringendomi ancora di più. Sento le sue labbra baciare la mia tempia e mi sento tutto d’un tratto in paradiso, ma purtroppo la realtà mi riporta subito con i piedi per terra.
– Lo so, scusami – mormoro con il fiatone.
– Non è per il fatto che sono qua – risponde lui ridendo. Mi prende il viso con tutte e due le mani e mi guarda dritto negli occhi. – Non saresti dovuta venire – continua accarezzandomi il viso.
Scuoto la testa. – Stai delirando – borbotto toccandogli per la prima volta il viso. Guardo ogni centimetro del suo viso, della sua pelle; gli accarezzo la mascella, passo le dita sulla barba che sta iniziando a crescere. Non mi fermo un attimo, ho paura che questa sia la prima e l’ultima volta che l’accarezzo in questo modo e quindi non voglio fermarmi.
Rabbrividisce e posa le sue mani sulle mie. – No, sei tu la pazza qua – ribatte facendomi sorridere.
Purtroppo però dura poco, perché qualcuno mi prende il braccio per farmi alzare e sono costretta ad alzarmi e lasciarlo andare, ma Jeremy si alza e avanza verso di me. – No, no – lo ammonisce l’uomo mettendosi davanti a lui. – La ragazza ha fatto una scelta.
Lo guardo e gli sorrido per cercare di farlo tranquillizzare. – Tranquillo – mormoro.
– No, non sto tranquillo – ringhia Jeremy dando una spinta all’uomo che a sua volta lo spinge. L’unica differenza è che la forza dell’uomo manda Jeremy dall’altra parte della parete.
– Ehi! Lasciatelo stare! – urlo io andando avanti nonostante Derek continui a tenermi per le braccia. – Abbiamo fatto un patto – gli ricordo io. L’uomo a quel punto alza le mani e poco dopo prende Jeremy e lo porta fuori. Mentre sta per andarsene ci guardiamo, lui continua a lanciarmi occhiatacce. Bel modo per ringraziarmi di averti salvato la vita.
Una volta buttato fuori Jeremy dalla porta d’ingresso e averla chiusa davanti a lui ritorna verso di me. Lo fulmino con lo sguardo. – Allora? – chiedo io. – Cosa volete fare adesso?
Derek ride. – Ucciderti – risponde.
Ovvio. Lo guardo dritto negli occhi per sfidarlo fino all’ultimo momento. Ma che novità, qualcuno mi vuole uccidere! – Come? Non potete – rispondo io quasi con un sorriso stampato sulle labbra.
– Ah no? – chiede l’uomo impugnando un pugnale. Lo stesso pugnale che aveva la ragazza che mi aveva attaccata all’Istituto un mese prima. – Già, a quanto pare quel piccolo incantesimo non ha fatto altro che mandare in infermeria quella povera ragazza.
Abbasso lo sguardo mordicchiandomi il labbro inferiore. Jeremy, mi dispiace così tanto.  Scusati con Louis da parte mia… Avevate ragione, non dovevo fidarmi di Derek… così come non mi dovevo fidare di nessuno.
Che stai dicendo? Sento la sua voce nella mia testa, è tesa.
Hanno il pugnale, Jeremy gli rispondo. Derek fa per ferirmi quando mi scanso così velocemente da farlo quasi cadere a causa del suo scarso equilibro. Josh fa per prendermi da dietro quando gli do una testata, sento il suo naso rompersi e così mi lascia subito andare. – Oh, e dai! Non potevate pensare veramente che mi sarei lasciata andare come una povera piccola bambina indifesa – esclamo prima di dare una gomitata a Josh per farlo cadere a terra. Con un pugno riesco a fargli perdere i sensi una volta per tutte, ma dare tutta questa importanza ad una sola persona è stato un errore colossale. Derek ne approfitta, mi gira e infilza il coltello proprio vicino al cuore. Trattengo il fiato con gli occhi spalancati mentre lui si gode la scena.
Tieni duro, stanno arrivando i rinforzi pensa Jeremy. Intanto però Derek mi fa cadere a terra con ancora il pugnale dentro di me. Non riesco proprio a respirare. Cassie? Cassie, che sta succedendo? Continuo a sentire la sua voce nella mia testa e non so se me la sto immaginando o mi sta veramente parlando nella mente.
– Sai – inizia Derek sedendosi vicino a me, – è stato facile farti pensare che provassi qualcosa per te. – Ride. – Fin troppo, dire. – Lo guardo, non riesco a parlare, solo ad emettere versi insignificanti. Il dolore è immenso, una cosa che non si può descrivere. – Oh, tranquilla. È normale – m’informa accarezzandomi i capelli. – Il dolore, immagino. Anche perché stai perdendo molto sangue. – Mi toglie il pugnale facendomi sobbalzare per il dolore, fa un sospiro. – Ecco qua… Così dovrebbe andare molto più veloce. – Sento il sangue uscire dal mio corpo ancora più veloce di prima, bagnarmi tutta la maglietta e cadere a terra. Vedo tutto sfogato e ho così freddo che inizio a tremare. – Stai diventando pallidina, amore.
–  Vaffanculo – gracchio io con fatica.
Ride. – La tua ultima parola. Carina – esclama.
Chiudo gli occhi, stanca, ma poi sento un rumore assordante e mi rendo conto che hanno sfondando la porta. Tutti iniziano ad urlare mentre i miei polmoni sembrano stiano per scoppiare, torturati e stanchi. Le urla cessano e così apro gli occhi, ma continuo a vedere troppo appannato per vedere veramente qualcosa. Le mie labbra sono asciutte ed addormentate. Credo ci sia un sacco di gente, ma non riesco a riconoscerne nemmeno una.
–  Cassie – urla qualcuno, dalla voce sembra Louis anche se mi sembra anche a rallentatore. Quel qualcuno non bene identificato mi prende in braccio facendomi ancora più male, faccio uno strano verso e guardo a terra: è pieno di sangue ed è tutto mio. Per la seconda volta mi rendo conto di quanto sangue ci sia in un solo corpo umano.
–  Spostatevi – ringhia una ragazza. – Mettila a terra – ordina con ancora più convinzione. – Vi ho fatto entrare qua dentro, adesso me la fate guarire prima che sia troppo tardi – continua lei. Mi mettono a terra ma ormai non sento praticamente più niente, gli occhi ormai si chiudono da soli e sento a tratti quello che dice la ragazza. Sono troppo stanca per ascoltare e troppo debole per capire.
Da una parte sono felice, felice che tutto questo stia per finire. Sono felice perché questa non era la vita che avevo sempre voluto. La vita che misarebbe piaciuto avere era piena di bambini accanto all’uomo che amavo più della mia stessa vita; senza oscurità intorno, senza tutta questa paura.
Un mondo tranquillo, senza pericoli. Ma il mondo, la realtà, è tutt’altra cosa… è piena di pericoli. Pericoli che devi affrontare ogni giorno. È piena di dolore, ma a volte… A volte anche di felicità. Io ero felice con Jeremy, ero felice con Iris, e forse… mi facevano ridere anche Caroline, Isaac ed Ivy. All’inizio di tuto questo avevo detto che Twilight era una cavolata, ma alla fine… non lo è anche tutto questo? In una cosa Bella aveva ragione: “la morte è serena – facile. La vita è più difficile”. Forse non aveva tutti torti, forse quel libro non è veramente così stupido. Forse la verità è più stupida. Tutte queste leggende che alla fine si scoprono vere. In Twilight ci sono solo lupi mannari e vampiri, ma qua, nella vita reale, esistono molte più cose come i Cacciatori e le Whitesun.
Una cosa è più stupida di tutto il resto: il fatto che le persone sono destinate a solo una persona. E questa persona può essere nata pure mille anni prima di te. Questo… Questo trovo più stupido di tutti i libri più stupidi al mondo. Più stupido di tutto. 

Angolo Autrice:
Questo è il settimo capitolo. Oggi cercherò di pubblicare anche l'ottavo ma non prometto niente.

Come sempre vi chiedo di recensire per farmi sapere cosa pensate del capitolo e dei personaggi (in particolare Derek) e ringrazio chi segue questa storia.
Mi scuso inoltre per eventuali errori.
Un bacio. 
 

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Capitolo 8
*** "Fare a botte" ***






Capitolo 8
"Fare a botte"
 
Delle immagini di Derek che ride mentre parla con me anche se ho il viso traumatizzato e pallido per l’assenza di sangue nel mio corpo; Jeremy che mi accarezza, sento le sue mani fredda ma sudate, il suo petto alzarsi e abbassarsi velocemente. Delle gocce di sudore rigano il suo bellissimo viso, gli occhi sono più scuri del solito e ha delle borse sotto di essi. Come se non bastasse ha anche dei tagli sul petto con la maglietta nera strappata nelle parti dov’è ferito, esse sanguinano… non tanto, ma sanguinano. Sento il mio respiro farsi sempre più pesante, sto implorando all’uomo di smetterla di torturarlo in quel modo, di lasciarlo andare. Faccio dei piccoli saliti aggiunti a qualche passo in avanti nonostante le mie braccia facciano male per tutta la forza che sta usando Derek per tenermi ferma.
Mi sveglio di soprassalto, cercando di respirare il più possibile. Quando sento l’aria entrare nei miei polmoni mi sento molto meglio, chiudo gli occhi cercando di godermi questo momento, ma li riapro ricordandomi tutto quello che è successo. Sono sul mio letto, dentro la mia camera da letto, nell’Istituto.
-- Calma, calma – dice una ragazza mettendomi giù, quando mi rendo conto che si tratta di Caroline mi metto subito a sedere, in guardia.
– Che è successo? – chiedo, ansiosa. – Dov’è Jeremy?
Caroline mi sorride cercando di mettermi un’altra volta sdraiata, cosa che, per la cronaca, non riesce a fare. – Tranquilla. Sei quasi morta ma adesso stai bene, e Jeremy sta in camera sua. – Fa veramente ridere. Sono quasi morta, ma è tutto normale, devo stare tranquilla. Dopotutto sono quasi morta, cosa c’è di così assurdo?
– Come ho fatto? --- chiedo. – Pensavo che il coltello…
– Infatti ti stava uccidendo, ma ho fatto un incantesimo di guarigione – risponde lei interrompendomi. Fa spallucce come se niente fosse e si siede un’altra volta accanto a me, capendo che non riuscirà mai e poi mai a mettermi sdraiata.
– Dov’è Louis? – chiedo io ringhiando. – Perché mi dovrei fidare di te? Eri amica di quello stronzo di Derek dopotutto. Come hai fatto ad entrare? Giuro che se non te ne vai ti uccido con le mie mani…
– Cassie, ti giuro sulla mia magia che non sapevo niente del suo piano, come non conoscevo nemmeno quell’uomo che stava in casa mia .
– Come faccio a sapere che non stai mentendo proprio come ha fatto il tuo caro amico? – chiedo io guardandola con gli occhi ridotti a fessura per farle paura e per capire se sta mentendo o meno. Di solito riesco a capire quando la gente sta mentendo, ma in questa nuova vita tutti sembrano degli attori.
Aprono la porta e Louis entra dentro la mia camera come se niente fosse. Tranquillo, con il suo passo elegante. – Perché l’abbiamo portata dagli Anziani – risponde Louis alla mia domanda, serio. – Bentornata tra noi, Cassie.
– Chi sono gli Anziani? – chiedo io tralasciando la parte dei saluti.
– Gli uomini che leggono nella mente capendo se stai mentendo o no. Sono gli uomini che fanno la legge – risponde Caroline a bassa voce, troppo in imbarazzo per guardare Louis.
– Voglio vedere Jeremy – cambio discorso io, più decisa che mai.
– Cassie, c’è una cosa che devi sapere prima – m’interrompe Louis. È paura quella che leggo nel suo sguardo? – Quando… Quando siamo entrati per salvarti e abbiamo ucciso i due uomini abbiamo anche controllato se ci fosse qualcun altro nella casa.
– Iris – mormoro io senza pensarci due volte. Caroline abbassa lo sguardo e da là capisco tutto. – Che? – chiedo io, incredula. – No, questo è uno scherzo. Dai, fate sul serio? È una vampira. Derek non aveva nessun motivo per ucciderla.
– Non è morta, Cassie – risponde Louis. – Abbiamo trovato un biglietto – annuncia Louis porgendomi un foglio piegato.
Lo guardo per un po’ e poi lo prendo senza ringraziarlo. Faccio per aprirlo ma mi fermo, ho paura di leggerlo. – Dov’è? Sta bene? – chiedo guardando Louis. Quest’ultimo indica il foglietto, triste, così faccio un sospiro profondo e mi costringo ad aprirlo.
“ Ciao, migliore amica… me ne sono andata.
Non siamo mai state più le stesse dopo tutto questo casino, io avevo paura di te perché odiavi i vampiri e alla fine vedevo come guardavi Derek: avevi paura anche di lui, ma cercavi di non farlo vedere. Ma io ti conosco da quando siamo piccole, capisco quando menti, capisco ogni tuo singolo movimento. Odio me stessa per essere quella che sono, ma la vita da vampiro alla fine non è così brutta, ci si diverte e posso decidere se fare del male alle persone o agli animali.
Io ho scelto gli animali ma non li uccido, prendo quelli più grandi così hanno più sangue in circolo e non li ammazzo. So che questo non ha molto senso ma voglio dirti che sto bene nonostante un mese fa mi allenassi per uccidere quelli come me. Ho incontrato un ragazzo, vampiro anche lui, e credo di essermene innamorata. Quando sono arrivata a casa di Derek sta mattina mi ha minacciata dicendomi che me ne dovevo andare, sennò avrebbe ucciso sia me che il ragazzo che amo... Scusami se me ne sono andata così, come se tu non fossi mai stata la persona fantastica che sei stata, ma non avevo altra scelta.
Spero te riesca a sopravvivere. Ti voglio bene.
                                                                                                                                                                                                            Iris”
Alzo lo sguardo dopo aver letto tutta la lettera. – Se n’è andata – mormoro io guardando Louis ma senza vederlo veramente. – Se n’è semplicemente… andata – ripeto guardando la lettera. Scuoto la testa per poi inumidirmi le labbra; non so veramente cosa dire. La mia migliore amica mi ha lasciata da sola, per uno stupido vampiro. Io, che ho rischiato tutto per salvarle la vita. Io, che l’ho perdonata dopo che aveva bevuto tutto il mio sangue. Io, la sua migliore amica con la quale ha passato tutta la sua adolescenza. Mi ha lasciata sola.
– Se vuoi ti lasciamo da sola – dice Louis. Annuisco continuando a guardare la lettera. – Ok – mormora uscendo dalla camera insieme a Caroline. – Tutto questo è così frustrante per lei. Vorrei poter fare qualcosa per lei, per alleviare tutto il dolore che il suo potere le ha procurato… ma non posso. Nessuno può. – mormora Louis a Caroline. – Mi dispiace così tanto.
Cerco di non ascoltarli, così guardo la mia camera. Non l’avevo mai nontata veramente. Non m’interessava veramente, forse perché volevo tornare a casa mia, ma adesso che ci penso… perché dovrei andare a casa mia? Mi ricorderebbe solo papà. La mamma no… perché dopo la sua morte ci siamo trasferiti.
Rido nervosa. Sola. Sono sola. Sospiro riguardando la mia camera. Da un senso di lusso vecchio stile, quello stile che a me piace molto. A mamma sarebbe piaciuta tanto quanto me, forse pure di più.
 
Sono passate ore ed io ancora non sono uscita dalla camera, Jeremy ancora non è venuto da me per salutarmi. Nessuno è venuto. Nessuno.
Decido di alzarmi e andare ad allenarmi un po’ per cercare di togliere tutta questa frustrazione. Mi alzo, vado in bagno e raccolgo tutti i miei capelli in una cosa, mi metto una tuta larga ed  esco dalla camera con un asciugamano sulle spalle.
Non c’è nessuno, molto probabilmente si stanno tutti allenando oppure sono fuori a combattere dei veri demoni. Passo senza fermarmi davanti la porta di Jeremy e vado subito nella sala armi. Guardo la prossima arma con cui vorrò allenarmi e vado nella sala dove c’è un manichino con una faccia spaventosa. Ma alla fine è solo un manichino. Chiudo gli occhi mettendomi davanti a lui, immaginandomi Derek davanti, e inizio a colpirlo anche se lui continua a pararmi tutto. – Sai fare molto più di questo – gracchia il manichino. Rido nervosa, per poi ficcargli la spada nella gamba e subito dopo dritta al cuore. – Hai vinto! – annuncia il manichino gracchiante.
Butto a terra la spada. – Giusto qua posso vincere – borbotto sedendomi per terra, in un angolo. Metto le gambe vicino al petto e racchiudo il tutto con le braccia. Delle immagini di Derek ch sorride mentre si avvicina a me per baciarmi iniziano ad assillarmi; è come guardare un film… dell’orrore. Scuoto la testa e mi alzo, riprendo la spada e ricomincio a colpire il manichino sempre più forte.
Dopo due ore di sfogo esco dalla stanza tutta sudata, calcolando che non ho pranzato ho fame ma mancano ancora due ore alle 20:00 così, prendendo l’asciugamano, inizio ad asciugarmi la faccia e il collo quando altre immagini passano davanti ai miei occhi, ma questa volta è Jeremy. La faccia stanca di Jeremy, tutta sudata ma fredda; scuoto la testa per l’ennesima volta per scacciare quelle immagini. Metto apposto la spada e decido di andare in camera mia.
Sto attraversando il corridoio quando vedo Jeremy uscire dalla stanza, abbasso lo sguardo e continuo per la mia strada senza fermarmi o guardarlo. Quando entro in camera mia butto l’asciugamano sul letto e vado in bagno per farmi una doccia rilassante. Dopo essermi asciugata i capelli mi vesto mettendomi dei jeans e una maglietta sopra, qualsiasi cosa possa stare bene con dei jeans scuri, il resto non m’importa.
Dopo essermi truccata è quasi ora di cena così scendo le scale. L’ascensore sarà pieno di gente e non mi va d’incontrare nessuno sinceramente. Novità, eh?
La maggior parte dei tavoli sono già occupati, ce n’è uno in un angolo così mi butto praticamente sopra di esso per renderlo mio. Guardo male tutta la gente che passa accanto ad esso, in cerca di un tavolo e così se ne vanno.
– Ehi. – Mi giro e vedo Ivy, pallida e preoccupata. A volte mi scordo quanto possa essere emotiva questa ragazza, devo cercare di ricordarmelo ogni volta o prima o poi scoppierà a piangere proprio davanti a me, il ché renderà le cose molto, ma molto imbarazzanti.
– Ciao – borbotto io per poi distogliere lo sguardo dai suoi occhi pieni di compassione. Forse sono una ragazza cattiva, ma in questo momento, con lei che mi guarda in questo modo, mi sento praticamente giustificata. Senza praticamente.
– Come stai? – chiede. Quando non le rispondo, perché la risposta è piuttosto ovvia si accarezza i capelli, nervosa. – Che stupida domanda – aggiunge quindi. Rido nervosa continuando a guardare tutto tranne che lei. – Posso mettermi qua, vicino a te?
La guardo male per un po’, ma dopo due minuti capisco che ha intenzione di accettare un no, così sono costretta a dire: – Va bene.
Sorride, sollevata. – Vado a prendere da mangiare – annuncia lei. Annuisco e mi appoggio bene sullo schienale della sedia una volta che se n’è andata; metto le mani sul tavolo ed inizio a guardarle. Mi fanno ribrezzo, il solo pensiero che ho accarezzato uno schifoso vampiro con queste mani mi viene voglia di… tagliarle. Abbasso lo sguardo per l’ennesima volta.
–  Eccomi – esclama Ivy, un po’ intimorita, sedendosi vicino a me. – Allora – inizia lei non sapendo cosa dire, –  questa è la tua cena – finisce puntando il dito sul vassoio che mi ha appena portato.
Annuisco. – Grazie – dico prendendo il vassoio e mettendolo davanti a me.
– Mi hai fatto prendere uno spavento, sai? Quando sei andata da… Derek senza dire niente a nessuno oltre che a Isaac e a quella ragazza – mormora lei con gli occhi un po’ lucidi. Oh, no! Ecco le lacrime.
– Non avevo tempo per avvisare tutti – borbotto io prendendo la forchetta. – Non piangere, per piacere. Mi metteresti solo più in imbarazzo. Sto bene, Jeremy sta bene. Stiamo tutti bene.
– Si, scusami. Comunque mi dispiace – dice lei.
Annuisco un’altra volta. – Lo so – rispondo, fredda.
– Per qualsiasi cosa io ci sono, lo sai no? – chiede lei. Questa votla sono io a guardarla con le lacrime agli occhi, annuisco sorridendole. Mette una mano sopra la mia, faccio un altro finto sorriso cercando di trattenere le lacrime e così fa anche lei.
La cena è stata abbastanza imbarazzante, ma avevo fame e Ivy è dolce, troppo dolce per poterla trattare male. Metto da parte il vassoio e sento una voce maschile, mai sentita. – Come ci si sente a morire con un coltello vicino al cuore? – Mi giro per guardarlo. Ha dei capelli corti castani scuri e cos anche i suoi occhi; è molto alto e muscoloso, ma non mi fa per niente paura. Abbasso lo sguardo cercando di trattenere la rabbia, mentre delle immagine di me che faccio fatica a respirare vagano davanti ai miei occhi come una presa per il culo.
–  Non so spiegarlo – rispondo alzandomi. – Però se vuoi posso fartelo provare – ringhio avvicinandomi a lui, che però non fa niente. – Non sarà un problema per me, fidati. Anzi, forse – il ragazzo inciampa su una sedia iniziando ad indietreggiare, – proverò pure un po’ di piacere – finisco la frase avvicinandomi a lui, che adesso si è alzato purtroppo.  Speravo si fosse rotto qualcosa. – Non so. È da provare – aggiungo guardandolo. – Vuoi provare?
– Tu sei matta – ringhia lui.
Sorrido. – Mai quanto te, stupido ragazzino di merda – ribatto io guardandolo ancora più arrabbiata. – Prova a farmi un’altra domanda del genere e giuro su Dio che dopo cinque secondi saprai benissimo cosa si prova ad avere un coltello ficcato vicino al cuore che non ti fa nemmeno respirare. Cazzone che non sei altro.
Si avvicina pericolosamente a me. – Sei più bassa di mia sorella di nove anni, non mi fai paura, ragazzina – ringhia lui.
Rido. – Credimi, non mi fai paura nemmeno così – lo sfido io.
– Cassie – mi chiama Ivy con la voce tremolante.
– Vuoi vedere come ti farò paura tra pochi secondi – continua il ragazzo avvicinandosi ancora di più, solo per cercare di farmi più paura. Ovviamente non ci sta riuscendo.
– Perché non fai meno il grosso e non vai da mammina? Sai, mi ha chiamato poco fa e mi ha detto che ti sta aspettando in camera tua. Ha detto che è tardi e che devi andare a letto. – Tutti scoppiano a ridere per quello che ha appena detto Jeremy, dopo essersi messo tra me e il ragazzo.
– Fai il simpaticone adesso, Jeremy? – chiede il ragazzo. – Strano, pensavo fossi il tenebroso ragazzo a cui gli sono morti i genitori. – Vedo ogni suo muscolo della schiena contratto, così poso una mano su di essa per poi andare accanto a lui.
– Vai da mammina, tesoro, che sennò si arrabbia – lo prendo in giro io.
Mi lancia un’occhiataccia e poi sorride. – Perché non vieni anche tu? Così almeno vedi come si comporta una madre, sai… visto che la tua è morta un anno fa.
Sento il mio cuore rompersi. Ok, me lo dovevo aspettare. Jeremy scoppia a ridere e, dopo avermi scansata, gli tira un pugno sullo zigomo destra. – Jeremy! – urlo io un secondo dopo che il ragazzo gli ha tirato un cazzotto che fa indietreggiare Jeremy. Mi metto davanti a lui visto che continua ad indietreggiare e tiro un cazzotto alla pancia del ragazzo.
Quest’ultimo ride dopo aver fatto una smorfia di dolore. – Meni come una ragazza. Oh, aspetta… ma lo sei! – scherza lui, cerca di scansarmi ma non ci riesce.
– Anche tu se è per questo, ma tu sei un maschio. – Lo guardo pensando a quello che sto per dire, e così faccio una smorfia. – Sei gay per caso?
La sua faccia diventa tutta rossa. – Che cazzo hai detto? – tuona lui, arrabbiato, avvicinandosi a me.
Rimango immobile cercando di non far tremare la mia voce. – Allora è vero! Sta tranquillo, non c’è niente di brutto nell’essere gay. Cavolo, siamo nel ventunesimo secolo, non capisco perché ti scaldi tanto! – Il ragazzo alza il pugno ed io sono pronta a parlarlo quando lo fa qualcun altro al posto mio, Jeremy.
– Prova a toccarla con un dito e ti giuro che non sarà lei ad ammazzarti, ma io – ringhia Jeremy.
– Ragazzi! – tuona Louis Dempson. Io e Jeremy ci giriamo per guardarlo, ma poi qualcuno mi spinge facendomi cadere a terra. Non riesco a respirare, c’è un’altra persona sopra di me. Apro gli occhi e vedo il ragazzo, sta alzando un’altra volta il pugno, ma Jeremy gli tira un calcio così forte da farlo rotolare accanto a me.
Va sopra il ragazzo. – Che cosa ti avevo detto? – urla tirandogli dei pugni a raffica. Qualcuno prende Jeremy e Louis Dempson prende il ragazzo a terra.
Ivy mi aiuta ad alzarmi anche se non ne ho bisogno. Sto bene. – Stai bene? – chiede lei. Annuisco, ho il fiatone e so di essere rossa come un pomodoro solo per aver fatto a botte fino ad adesso. Quel ragazzo pesava.
– Vi siete impazziti? – urla Louis, arrabbiato nero. – Tutti nel mio ufficio. Ora!
Guardo Jeremy sentendomi in colpa. – No, Jeremy non c’entra niente! – esclamo io, arrabbiata, andando da loro.
– Si, invece. Come fai a dire una cosa del genere, Cassie? – ribatte Louis guardandomi malissimo. – Poco fa stava tirando cazzotti su cazzotti a lui! – esclama puntando il dito contro il ragazzo.
– No, stava solo cercando di proteggermi da questo rincoglionito – ringhio io. – Cosa che non serviva, per la cronaca. So benissimo proteggermi da sola.
– Come mi hai chiamato? – chiede lui girandosi verso di me. I muscoli di Jeremy si contraggono un’altra volta, pronti a dare un altro pugno.
Mi giro verso di lui cercando di fulminarlo. – Riesci a menare solo una ragazza. Sei un fottuto rincoglionito, per non dire altro! – urlo io, arrabbiata.
– Ho detto basta! – tuona Louis. – Basta! – ripete. – Tutti nel mio ufficio e se al mio ritorno non vi trovo là dentro verrete cacciati da quest’Istituto! – Detto questo se ne va in cucina sbattendo la porta e facendoci sussultare tutti.
Guardo Jeremy. – Andiamo va’ – borbotta lui. Dopo essere entrati dentro l’ascensore ci raggiunge pure il ragazzo, che si mette vicino a me. O almeno fino a quando Jeremy non si mette al mio posto. Mi giro per guardarlo male, dovrei forse ricordargli un’altra volta che non ho bisogno di essere protetta in questo modo? Eppure è una statua. Il che ci sta, tutte le statue di solito sono bellissime e lui lo è. Un volta tolto lo sguardo dal suo viso mi giro verso la porta. Sento una mano calda prendere la mia, così abbasso lo sguardo e vedo la sua mano intrecciata alla mia; sorrido mentre il mio cuore inizia ad andare più veloce.
Dentro l’ufficio di Louis ci sono solo due sedie; il ragazzo si siede subito su una di esse, così guardo Jeremy. La sua mano ormai è vicina il suo fianco senza la mia, mi sorride e fa segno di mettermi a sedere sulla sedia. Ricambio il sorriso sedendomi, poco dopo le sue mani sono sulle mie spalle e per la seconda volta da quando lo conosco vorrei prenderlo e baciarlo, ma rimango in silenzio e soprattutto ferma.
– Tranquillo, non le faccio niente – ringhia il ragazzo indicando con il mento le mani di Jeremy sulle mie spalle, chiaro segno di protezione nei miei confronti che di certo non mi fa sentire come una principessa. Cioè, mi fa sentire come una principessa, ma io non sono e non voglio esserlo! Scuoto un po’ le spalle per cercare di fargli capire che la deve smettere, ma lui fa finta di niente.
– Non si sa mai – risponde Jeremy continuando a stringere le mie spalle.
Il ragazzo si mette a ridere. – Allora è vero. Le anime gemelle esistono e voi due vi siete trovati – esclama lui guardandoci male. Abbasso lo sguardo e Jeremy toglie le mani dalle mie spalle; tutti e due diventiamo tutto d’un tratto distaccati e freddi.
Dopo vari urli da parte di Louis che sinceramente nemmeno sto a sentire, ci dice che possiamo andare, così ci alziamo e andiamo verso la porta, finalmente liberi. – Cassie – mi chiama però Louis, mi giro. – Non te – ribatte Louis. Lo guardo senza dire niente. Questa volta mi sa che l’ho combinata grossa allora.
– Perché lei non se ne può andare? – chiede Jermey mentre il ragazzo se n’è già andato da un pezzo, cosa che mi fa sentire molto meglio ovviamente.
– Perché stanno succedendo troppe cose da quando è arrivata e inoltre dobbiamo vedere se le è successo qualcosa. L’incantesimo di guarigione non finisce quando uno si sveglia. Quando si sveglia significa che si è in grado di svegliarsi, non che si è del tutto guariti. – Si ferma guardandomi, un po’ impaurito. – Forse David buttandoti a terra in quel modo ti ha fatto qualcosa, anche se non senti niente. Ti fa male la testa? – Faccio di no con la testa. – Stai mentendo. Perché stai mentendo?! – chiede lui, arrabbiato. – Non ne fai un dramma se mi dici la verità!
– Sto bene – ribatto, stufa.
– No, non stai bene se hai mal di testa. – Rido nervosa mettendomi indietro i capelli. – Perché ridi adesso?!
– Oh, tranquillo. Lei ride quando è nervosa – risponde Jeremy al posto mio. – Comunque ce la posso portare io in infermeria.
Alzo gli occhi al cielo mentre Louis annuisce. – Cassie – mi chiama ancora una volta mentre me ne sto per andare. – Non deve succedere mai più – ripete.
Annuisco per poi uscire finalmente dal suo ufficio insieme a Jeremy, ma è freddissimo e cammina come una statua. E ho detto tutto. Una volta entrati nell’ascensore decido di prendere coraggio e parlargli. – Che è successo? Perché adesso fai così? – chiedo guardandolo, ma lui non mi risponde. – Rispondimi!
– Bene – ringhia lui fermando l’ascensore e girandosi verso di me. – Credo tu sia veramente stupida! E questo lo pensavo già da tempo, ma quando sei venuta a salvarmi da Derek… Là ho capito che eri veramente stupida. E sta mattina? Mi hai dato l’ennesima conferma! Come ti viene in mente d’istigare quel cretino? Hai visto quant’è grosso?!
– Ma che sei stupido? – urlo, arrabbiata. – Sono venuta per salvarti! Ti avrebbero ucciso se…
– E infatti hanno ucciso te! – tuona lui interrompendomi.
Mi metto indietro i capelli, ancora più nervosa. – Non mi hanno uccisa – replico. – Cos’è che non va in te?! Cos’è che non capisci? L’ho fatto per salvare te! – Mi guarda malissimo. – Si, esatto! L’ho fatto per te, perché quando tu stai male qualcosa dentro di me scatta ed inizio a diventare super protettiva nei tuoi confronti! Si, l’ho fatto per te e lo avrei fatto altre mille volse se non di più, perché quando vedevo che ti facevano del male volevo semplicemente morire – dichiaro. – Quindi chiamami stupida – ringhio facendo ripartire l’ascensore, – ma almeno ti ho salvato la vita e qua l’unico stupido che ancora non capisce che farei di tutto per te sei tu – finisco girandomi verso le porte dell’ascensore.
– Non ho bisogno di te – ringhia lui, ancora più arrabbiato.
Rido abbassando lo sguardo. – Come vuoi – ribatto per poi uscire dall’ascensore, ma mi fermo e mi giro verso di lui, visto che ancora non ha capito che non lo voglio più accanto a me. Io gli ho appena fatto una dichiarazione - la dichiarazione più imbarazzante della mia vita - e lui mi dice semplicemente che non ha bisogno di me. – Vattene.
– Perché? – chiede lui, più per sfidarmi che per altro.
– Perché so dov’è l’infermeria. – Mi fermo guardandolo. – E non ho bisogno di te – aggiungo scandendo ogni singola parola. Mi guarda per un po’ e infine se ne va. Sospiro sentendomi meglio e peggio allo stesso momento e vado a farmi controllare in infermeria.
– Cassie – mi saluta un’infermeria. – Che succede?
Sbuffo sedendomi sul lettino. – Ho fatto a botte con un ragazzo e ora Louis vuole vedere se è tutto apposto – rispondo io, poco entusiasta.
L’infermiera ride. – Con un ragazzo? – chiede lei, incredula. Annuisco normalmente facendola ridere ancora di più. – Oh, Cassie. Che ragazzaccia che sei! A volte mi fai paura, sul serio.
 
Dopo che mi hanno fatto vari controlli esco dall’infermeria, ormai quella era la mia camera da letto. Sto andando nella mia vera camera da letto quando vengo fermata da un’Ivy versione tornado. Quasi mi fa prendere un colpo quando esce dalla sua camera e si ferma di scatto davanti a me. – Ho deciso che domani sera si farà una festa – annuncia lei, entusiasta come una bambina.
Alzo il sopracciglio, infastidita. So cosa significa tutto questo. – Ok, divertitevi – rispondo io, cerco di andare in camera ma lei mi ferma un’altra volta.
– No, non hai capito – ribatte mettendosi di nuovo davanti a me. – Tu vieni, ti ho pure comprato il vestito – annuncia alzando un vestito nero.
Nemmeno lo guardo. – Bellissimo, te lo potresti mettere tu.
Fa una smorfia. – No, a me sta piccolo! – borbotta.
Sbuffo alzando gli occhi al cielo. Sto iniziando a capire che ad Ivy non si può dire di no, cercherà di farti venire minimo quattro infarti e diecimila mal di testa fino a quando tu non ce la farai più e sarai costretta a dirle di si. Quindi ho due opzioni: dirle di si e farla finita con questa storia, oppure dirle di no e aspettare che la mia vita diventi un incubo - come se non lo fosse già abbastanza - per poi morire. – A che ora? – chiedo.
Fa un sorriso smagliante battendo le mani ricordandomi un’altra volta una bambina. – Alle nove – risponde porgendomi il vestito. Sbuffo un’ultima volta ed entro in camera mentre lei continua a ridere, soddisfatta.
Butto sul letto il vestito giusto in tempo, perché qualcuno bussa alla porta. – Ivy, ti ho già detto che vengo, ora sono stanca e voglio andare a dormire – inizio io aprendo la porta, ma mi fermo una volta capito che non si tratta di Ivy.
– Disturbo? – chiede Isaac. Mi faccio da parte per farlo entrare. – Grazie – dice entrando nella mia stanza.
– Che succede? – chiedo io, lasciando da parte la frase “certo che mi stai disturbando, stavo per andare a dormire”.
– Jeremy mi ha spiegato quello che è successo – inizia lui dandomi l’occasione di sbuffare un’altra volta. Ho sonno. Non voglio parlare di Jeremy, voglio dormire.
– Isaac, non t’immischiare, per favore – borbotto io sedendomi sul letto.
– Mi dispiace ma è più forte di me – ribatte lui. – Come ti ho già detto lui cerca di allontanare la gente. È orgoglioso e si sente in colpa perché tu stavi per morire mentre lui aveva solo qualche graffio… Quando l’hanno cacciato di casa io l’ho sentito urlare da sotto e continuava a dirmi che doveva entrare perché non era giusto e che non potevi morire, sennò lui non se lo sarebbe mai perdonato. – Si ferma per prendere fiato, ma anche per pensare immagino. – Mi ha detto di chiamare i rinforzi mentre lui continuava a cercare di parlare con te nella mente… Non l’ho capito bene, continuava a dire di non parlargli perché stava cercando di parlarti - il ché è strano e vagamente impossibile - ma che tu non rispondevi. Poi mi ha detto che stavi morendo e ha iniziato ad andare addosso al muro invisibile che si era creato davanti a lui. Poco dopo è svenuto. – Alzo lo sguardo, incuriosita e preoccupata allo stesso tempo. – I dottori hanno detto che ha sbattuto troppe volte la testa e così ha avuto una piccola commozione celebrale – risponde Isaac alla mia domanda silenziosa. – Dopo quello che gli è successo, Cassie… è normale che lui faccia così.
– È successa la stessa cosa a me, Isaac – ribatto io. Abbassa lo sguardo. – Ora, scusami, ma sono veramente stanca.
Annuisce e, a testa bassa, esce dalla mia camera.

Angolo Autrice:
E anche oggi sono riuscita a pubblicare un capitolo. Forse è tardi, forse no. Anche questo capitolo è stato un parto, sto iniziando a riscriverli tutti visto che nessuno mi sembra decente e devo dire che nemmeno adesso sono molto contenta del lavoro che ho fatto. Spero che sia solo a causa della mia bassa autostima.
Anche oggi vi chiedo di recensire per farmi sapere cosa pensate di questo capitolo, mi scuso per eventuali errori e ringrazio tutti quelli che seguono questa storia.
Un bacio.

 

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Capitolo 9
*** Orgoglio ***






Capitolo 9
Orgoglio
 
Mi sveglio prima del previsto con un solo pensiero in testa: musica. Mi faccio una doccia e mi asciugo i capelli continuando a canticchiare canzoni che non sento da troppo tempo. Mi vesto canticchiando, mi trucco canticchiando. La musica oggi sembra essere la protagonista della giornata e non mi dispiace affatto. Però la mia voce non mi basta, devo sentire la vera musica. Non sono mai stata molto intonata.
Una volta pronta decido di uscire  per andare da Louis Dempson senza nemmeno fare colazione. – Avanti – esclama lui dopo che io ho bussato più volte per farmi sentire. Mi sorride togliendo lo sguardo da un libro che sta leggendo.—Oh, buongiorno Cassie.
Sorrido sedendomi davanti a lui. – Buongiorno. – Rimaniamo un po’ in silenzio mentre io cerco il modo di dirglielo.
— E così – inizia lui sfogliando le pagine del libro senza nemmeno leggere, — oggi vuoi uscire, eh? – chiede.
Cerco di non alzare gli occhi al cielo, proprio non riesco a ricordarmi che lui riesce a leggermi nella mente senza nemmeno chiedermelo o chiedermi semplicemente di cosa ho bisogno. – Già – rispondo quindi. – Credo di essere pronta ormai a uscire da sola.
Annuisce continuando a guardare il libro; lo chiude e guarda la copertina passandoci sopra le lunghe dita curate. – Ti capisco – ribatte mettendo da parte il libro e congiungendo le mani, poggiate sulla scrivania. – Voglio darti un’opportunità, Cassie, perché so che piano, piano stai impazzendo. So quanto sia difficile per te, dopotutto prima che tutto questo iniziasse tu eri la ragazza più brava del tuo corso. – Annuisco, già nervosa. – E non avevi paura di niente, giusto? Ora invece hai paura di ogni singolo movimento.
Faccio spallucce guardando le mie mani. – Voglio solo uscire da qua – dico con un tono aspro.
— C’è una biblioteca molto bella – annuncia lui, — dove ti puoi comprare anche un Ipod o come si chiamano quegli affari con cui ascoltate la musica. La tecnologia avanza mentre noi rimaniamo indietro. Dobbiamo stare attenti o essa prima o poi sarà così all’avanguardia che noi non riusciremo nemmeno più a controllarla. – Tutto d’un tratto sembra perso nel suo mondo, ma poi scuote la testa e mi sorride. – Ovviamente è una biblioteca molto protetta.
— Perfetto – esclamo io guardandolo.
— Bene – mormora lui alzandosi dalla sedia. – Questo – inizia scrivendo qualcosa su un biglietto, – è l’indirizzo. – Mi porge il biglietto ed io lo prendo subito senza nemmeno esitare. – Non mi far pentire di questa scelta, Cassie.
Faccio di no con la testa. – Non lo farà. – Anche se mi ricordo che l’ultima volta che ho detto così non è finita molto bene. – Arrivederci – lo saluto io per poi andarmene. Sorrido mettendo il biglietto nella tasca, entro nella camera solo per prendere il cellulare, lo controllo per pochi secondi e vedo che c’è una chiamata persa. Ah… Jack. Lo richiamo.
– Cassie? – chiede lui, preoccupato.
– Ehi! – esclamo io.
– Stai bene? – chiede, sempre preoccupato.
– Si, tranquillo – rispondo io. Spero che ogni volta non sia così, perché mi fa sentire in colpa sapere che pensa così tanto a me e soprattutto si preoccupa sempre così tanto. Ho paura che non si riprenderà mai dopo quello che è successo a mio padre. Forse non dovevo dirgli quello che gli ho detto, forse ci saranno delle conseguenze e sarà lui a pagarle. Molto probabilmente le sta già pagando, preoccupandosi così tanto.
– Non ti fai sentire da giorni – sospira lui. – Lo so che non sono tuo padre ma sono l’unico che ti è rimasto. – Il mio cuore fa un balzo sentendo quella frase così vera e maledettamente priva di tatto. Le lacrime iniziano a litigare con i miei occhi per uscire mentre cerco di reprimerle con tutta me stessa. – Scusami, non dovevo… non dovevo dirtelo così.
– Tranquillo – ribatto io tirando su con il naso. – Dopotutto è la verità – aggiungo guardandomi i piedi. – Scusami ma devo andare a fare colazione.
Fa un sospiro. – Va bene. Ci sentiamo, ok? – chiede, riesco a sentire la tristezza pura nel suo tono.
– Si, va bene. Ciao – rispondo io per poi attaccare.  Mi guardo intorno, mi gira la testa e forse è per lo sforzo che sto facendo nel trattenermi dallo scoppiare a piangere. M no, sto respirando molto velocemente e profondamente. Faccio un finto sorriso; è ancora troppo presto per farne uno vero.
La voce di Louis Dempson mi fa capire che è ora di andarmene. – Sveglia, miei giovani Cacciatori! La colazione vi aspetta. – Rimango ferma, in preda al panico, capendo che alla fine non è poi così presto visto che ora inizieranno ad uscire tutti i ragazzi. Ma a che ora si svegliano?! Dopo un po’ sento tutte le porte aprirsi e dei corpi, che più che ragazzi sembrano degli zombi, camminano verso l’ascensore per scendere a fare colazione. Tra loro vedo Jeremy; lo guardo e vedo la sua mano intrecciata ad un’altra, così alzo lo sguardo per vedere a chi appartiene, ma non è così difficile da capire. Lui si accorge di me e mi guarda con la testa intensità con cui lo sto guardando io. Delle scosse attraversano tutto il mio corpo e il cuore inizia a battermi forte.
Quando Biancaneve urla: – Basta! – mi rendo conto di quello che sta succedendo veramente. La ragazza è diventata tutta rossa e sta guardando malissimo Jeremy. – Io non ce la faccio più – continua. Non so bene se andarmene o no e dopo poco tempo sto facendo le scale per andarmene. Faccio colazione e poi me ne vado, non posso rimanere qua.
 
Entro nella famosa biblioteca con accanto Ivy e rimango a bocca aperta. È enorme e… bellissima. – Wow – esclamo io guardandomi in giro. È di tre piani, deve essere abbastanza vecchia ma è comunque tenuta molto bene. È pieno di scaffali attaccati alla parete con i libri; l’unica differenza è quella che sono tutti libri di magia, demoni e Cacciatori. In mezzo alla stanza enorme ci sono scrivanie dopo scrivanie  con delle lampadine e dei computer sopra.  E questo è solo il piano terra.
– Già – dice Ivy sorridendo. – La prima volta che vidi questa biblioteca avevo dieci anni e stavo con mio padre. Rimasi ore a correre per i vari piani; a quell’età non facevo altro che studiare invece di combattere, quindi di certo non mi misi a leggere.
– È fantastico – continuo io salendo le scale. Il primo piano invece è pieno di scaffali e vecchie televisioni. Su ogni scaffale si trovano tutti i film possibili ed immaginabili. Ma più vado avanti e più capisco che a quanto pare il piano non è finito: ci sono delle porte nere ed enormi con dei nomi strani su di esse.
– Non puoi aprire – si affretta a dire Ivy prendendomi il braccio per fermarmi.
Mi giro per guardarla. – E perché?
– Perché è una sala. Un po’ come il cinema per voi.
– Oddio. Potrei quasi abituarmi – esclamo io ridendo e facendo ridere anche lei.
Saliamo all’ultimo enorme piano. È pieno di muri neri con attaccati ad essi mp3 e varie cose elettroniche per sentire la musica con le varie cuffie integrate.
Il mio piano, penso ridendo.
Ivy ride insieme a me, ma per una ragione diversa. – Addirittura? – esclama dopo avermi letto nel pensiero.
Per la prima volta non mi da più di tanto fastidio. – Fatti gli affari tuoi! – esclamo ridendo e dandole una spinta. Vado a prendere un CD e lo inserisco. Mi metto le cuffie e chiudo gli occhi sorridendo, gustandomi ogni nota, ogni voce. Musica. Tutti i miei muscoli si rilassano.
 
Dopo ore siamo ancora dentro la biblioteca ma ce ne stiamo per andare, io mi sto comprando un Ipod mentre Ivy delle cuffiette celesti dicendo che di questo colore le mancano. Qualcuno inizia a fischiare e a chiamarci così mi giro, pronta a lanciargli uno di quei miei sguardi con le scintille, ma mi fermo subito vedendo dei bellissimi ragazzi sorriderci; come se non bastasse sento anche una musica tanto inquietante quanto invitante. Non voglio andare da loro, ma è più forte di me. Qualcuno però mi ferma, facendomi innervosire. – Non fare un passo in più – ringhia Ivy. – Credimi, sono capaci di portarti a casa loro.
– Chi sono? – chiedo guarndandoli, affascinata dalla loro bellezza e dalle loro voci.
– Sirene – risponde lei acidamente. – Si, esistono pure i maschi e non vivono solo nel mare. Purtroppo.
– Oh, mio Dio – mormoro guardandoli. Uno di loro mi sorride ed è più forte di me: ricambio il sorriso. Due di loro si avvicinano a noi, mi giro per guarda Ivy, in preda al panico. – Due stanno venendo qua.
– Lo so, lo vedo – risponde lei, nervosa tanto quanto me. – Ok, fai finta di stare calma, ok? Possiamo farcela. Non pensare a loro e vedrai che…
– Ciao – esclama uno di loro. Mi giro e mi rendo conto che è quello che mi stava sorridendo. Quasi gli cado addosso vedendo una tale bellezza a una distanza così ravvicinata; poco dopo sento ancora una volta una canzone che non sembra provenire da nessuna cassa del piano ma semplicemente dalla mia testa. Se questo è uno dei poteri delle sirene posso capire il perché tutti non riescono a stargli lontano: ti mandano così in confusione che per un po’ non riesci nemmeno a ricordare il tuo nome.
– Ciao – borbotta Ivy. – Mi dispiace, ma io sono fidanzata e lei…
Ma il ragazzo la interrompe. – Piacere, Liam. – Mi porge una mano facendo un mezzo sorrido. Lo guardo negli occhi con la bocca spalancata; ha degli occhi dorati… ma sono veramente dorati. Non ho mai visto un colore così acceso negli occhi di una persona. Il problema è che questo ragazzo davanti a me non è una vera persona. Abbasso lo sguardo e mi accorgo che la sua mano è pronta ad afferrare la mia. Non so nemmeno da quanto tempo stiamo così, mi sembra passato poco tempo ma un’eternità allo stesso momento. – Non ti mangio, tranquilla – aggiunge sorridendo ancora di più. Ha un sorriso al di fuori dell’immaginazione.
– Lo so – ribatto io ridendo, imbarazzata. Sono tutta calda… Fantastico! Viva il mio carattere! Stringo la sua mano e quasi mi sento cadere. – Cassie, piacere.
Mi sorride ancora di più. Faccio un passo verso di lui cercando di non cadere un’altra volta; è ridicolo. – Che bel nome – commenta Liam, la sirena.
– Mi dispiace ma lei è destinata già ad un ragazzo e purtroppo per te lo consoce – ringhia Ivy mettendomi un braccio sulle spalle e facendomi allontanare da lui.
– Dici? – chiede Liam continuandomi a guardare in quel modo. – Strano, perché pensavo fosse destinata a me – aggiunge facendomi ridere.
– Liam, dobbiamo andare – dice l’altro ragazzo. – Anche lui ha gli occhi dorati come Liam, ma ha i capelli biondi mentre quelli di Liam sono neri.
– Peccato – borbotta Liam guardandomi dalla testa ai piedi. – Ci vediamo. Stesso posto. – Annuisco e lui alza le mani incrociando le dita. – Incrociamo le dita, eh. – Rido ancora una volta abbassando lo sguardo. – Ciao Cassie – mi saluta guardandomi con quel suo sguardo fantastico.
– Ciao – bofonchio io guardandolo mentre se ne va.
Ivy mi trascina via e mangiamo, ma sembra sempre più agitata e così dopo aver finito di mangiare ce ne andiamo all’Istituto.
– Devi stare attenta con Liam – borbotta Ivy guidando. – Le sirene sono veramente pericolose. Dicono che possono pure far dimenticare alle persone di essere destinate pur di baciarle. Ti rendi conto? Tutto questo perché vogliono baciarci! Sono esseri egoisti e spregevoli che hanno un solo scopo nella vita: baciare.
– Tutto è pericoloso – borbotto io guardando avanti a me; sono come ammaliata, penso solo agli occhi di Liam e a come brillavano.
– No, vedi? Sei sotto l’incantesimo di quel Liam adesso. Svegliati! – esclama lei per poi scioccare le dita.
Sussulto non sentendomi più stordita, ammaliata. – Dio, ma come fanno? – chiedo alzando il tono della voce. Di certo non voglio perdere il controllo del mio stesso corpo.
– È il loro scopo. Spero solo che non ti perseguiti adesso solo per baciarti… Sono vermente ostinati! E le ragazze sono anche peggio! Una volta è successo ad un mio amico e lui l’ha dovuta baciare! Fortuna che è riuscito a focalizzare il motivo per cui lo stesse facendo.
– Tutto questo è pazzesco! – esclamo io continuando a guardarmi in giro, sinceramente non so se sono ancora tornata in me, riesco ancora a sentire la stessa canzone inquietante. In più mi gira la testa, sono ancora confusa ma non come prima, forse se faccio passare un po’ di tempo passa.
Ivy parcheggia la macchina ed entriamo nell’Istituto dove troviamo Jeremy e Isaac parlare, seduti al tavolo. È sabato, quindi ognuno può fare quello che vuole. È un po’ come la scuola, quindi la stessa cosa vale per la domenica. Però noi abitiamo nella nostra scuola.
– Ehi – li saluta Ivy con il fiatone. Si siede vicino ad Isaac mentre io rimango in piedi a guardare un punto senza vederlo veramente. – Non potete capire che ci è successo!
Jeremy mi guarda subito, preoccupato, e Isaac fa la stessa cosa guardando però Ivy. – Cos’è successo? State bene? – chiede accarezzandole le braccia.
– Ci siamo imbattute con delle sirene… maschi – risponde Ivy guardando Issac.
Gli occhi di Isaac si riducono in fessure. – Li odio. Quei deificanti devono sempre rovinare tutto – borbotta mettendo il muso come un bambino.
Ivy sorride. Quanto le può piacere vedere Isaac in preda alla gelosia per lei?! – Tranquillo, amore. Io sono riuscita a rimanere concentrata – esclama lei abbracciandolo, ma guarda Jeremy con uno sguardo preoccupato.
– Perché “io sono risucita”? – chiede Jeremy guardandola.
– Vieni, Cassie. Siediti qua – dice Isaac facendomi posto vicino a Jeremy. Mi siedo imbarazzata e lo guardo per un po’, ma al posto di Jeremy c’è Liam con i suoi occhi dorati. Sorrido e gli accarezzo la guancia, ma lui si irrigidisce e mi toglie subito la mano facendomi capire che si tratta di Jeremy. Lo guardo confusa.
– Mi sa che volevano Cassie – risponde Ivy guardandomi, mentre io decido di guardare il tavolo, più imbarazzata che mai. – Soprattutto uno di loro. Ha detto che la vuole rivedere, quindi non credo sia finita qua.
– Questo significa che non l’ha ancora baciata – ribatte Isaac, ancora più preoccupato.
– No, sono riuscita a mandarli via ma lei è rimasta imbambolata per tutto il tempo. – Le lancio un’occhiataccia e lei fa spallucce. – È vero, Cassie. Purtroppo non sono riuscita a farla rimanere concentrata. Mi dispiace.
– Ma gli hai detto che è già destinata ad un altro ragazzo? – chiede Isaac. Sorrido ricordando quello che mi ha detto Liam. – Perché sorridi? – chiede poi. – Perché sorride? – chiede guardando Ivy. – Ragazzi, è inquietante. Non ho mai visto nessuno così imbambolato.
– Sorrido perché mi ha detto che pensava fosse destinato a me – rispondo io accennando una risata.
– Ragazzi – mormora Isaac. – È veramente inquietante.
– Io me ne vado – dice Jeremy alzandosi dalla sedia.
– Cosa? Dove? Perché? – chiede Isaac, in preda al panico. – Non puoi lasciarci in questo modo. Non quando ci sta Cassie in questo stato. Aiutaci! Forse sei l’unico che può svegliarla.
– Vado da Allison perché sinceramente questi sono discorsi inutili. Ormai l’ha catturata, appena si saranno baciati sarà come nuova – risponde Jeremy indicandomi. Alzo lo sguardo per lanciargli un’occhiataccia. – Sta in un altro mondo e ormai ce la siamo giocata – aggiunge per poi andarsene arrabbiato.
Sbatto più volte le palpebre sentendo la testa meno leggera. Aspetta… cosa?
– Ok, mi sa che adesso è tornata veramente tra noi – borbotta Isaac. – Cassie, ci sei? E cosa più importante, sei tra noi Cacciatori che abbiamo la capacità di pensare?
– Si, ci sono – rispondo io guardandola.
– Fantastico. Non è più imbambolata – esclama Isaac per poi mettere un braccio sulle spalle di Ivy. Sono veramente perfetti insieme, per l’ennesima volta mi chiedo come possa essere possibile. – Forse è meglio se vai da Jeremy. Secondo me c’è rimasto male. – Mi alzo, arrabbiata. – O… forse è meglio se non ci vai – aggiunge lui guardandomi.
– Ehi! – urlo io, arrabbiata.
Jeremy si gira alzando gli occhi al cielo e facendomi arrabbiare ancora di più. – Mi dispiace ma sono in ritardo, Cassie. Parliamo un’altra volta, ok? – chiede con un tono superiore.
Accelero il passo e prendo il suo braccio per cercare di farlo girare con tutta la mia forza, ma si gira da sola sfuggendo alla mia presa. – Non te ne vai così, hai capito? – chiedo, infuriata. – Non sono una delle tue bambole con cui puoi giocare quando ti pare. Sono una persona che devi rispettare tanto quanto io rispetto te, è chiaro?
– Perché? Perché sei ammaliata dalla tua bella sirena dagli occhi dorati? – chiede lui, arrabbiato. – Ho da fare e, al contrario di te, io vado subito al dunque con le persone.
La rabbia bolle dentro le mie vene, così tanto che alzo la mano pronta a dargli uno schiaffo, ma lui riesce a prendermela subito e la stringe facendomi quasi male. I suoi occhi sono come schegge in questo momento e il mio cuore sembra quasi ferito. – Vai – ringhio. – Vai a letto con la tua bella Biancaneve – finisco mentre la rabbia esce da ogni singolo poro. – Tranquillo, se proprio me lo chiedi allora anch’io andrò al dunque con Liam. – Lo spingo e così toglie la presa dal mio polso. Me ne vado con passo veloce e deciso. Non sono mai stata così arrabbiata con lui… forse.
 
Dopo un’ora ancora sento la rabbia bollire dentro di me. Conosco un solo modo per reprimerla: combattere. Così, dopo aver preso una spada ed essere andata nella sala con il solito manichino, inizio ad allenarmi.
Peccato che dopo poco più di venti minuti qualcuno bussa alla mia porta. – Cassie… c’è Liam fuori dall’Istituto, chiede di te – annuncia Ivy, preoccupata. – Mio padre ha detto che se vuoi puoi uscire, ma mi ha detto di dirti di stare attenta e di rimanere concentrata. – Annuisco prendendo l’asciugamano, esco dalla sala e Ivy mi raggiunge. – Cassie – inizia. – Per favore, per l’amor di Dio, non adnare da lui! Lo so che lo stai facendo per ripicca perché Jeremy sta con la ragazza, ma pensa a quello che po’ succedere.
– Che può succedere? – chiedo alzando le mani al cielo. – Che ci baciamo? Perché da quello che ho capito è questo il loro scopo. Bé, che avvenga allora! – esclamo io. Do l’asciugamano a Ivy che ormai è rimasta scioccata e avanzo verso la porta dell’Istituto.
– Cassie – mi chiama Isaac, ma io faccio finta di niente. – Che succede? Dove va? – chiede a qualcuno, Ivy immagino.
– È furiosa. Sta andando da Liam – risponde Ivy.
Quando esco riesco subito a riconoscere Liam davanti alle scale mentre mi sorride come prima. Rimango per un po’ a guardarlo, ma rimanendo sempre concentrata.
– Che ci fai qua? – chiedo io continuando a rimanere concentrata, ma è più forte di me e la musica che inizia nella mia testa non fa altro che peggiorare tutto. Alla fine non credo che qualcuno riesca veramente a rimanere del tutto concentrato quando ti trovi una sirena davanti. È bellissimo.
– Avevo paura di non rivederti – risponde lui. – Vieni. – Mi avvicino a lui. – Sai com’è, l’Istituto protetto. Non che ti voglia far del male – aggiunge guardando i miei occhi scuri. Mi accarezza lo zigomo destro facendomi rabbrividire. – Come potrei fare male ad una bella creatura come te?
– Lo so – rispondo io perdendo la testa un’altra volta. – Che… che non mi vuole fare del male, intendo.
Ride continuando ad accarezzarmi. – Che fai sta sera? – chiede andando subito al dunque.
– Ho da fare – rispondo io continuando a guardarlo dritto negli occhi. Fa quasi male guardarli, ma è come vedere un qualcosa che è troppo bello per non fare male; purtroppo però vuoi continuare a guardarlo.
– Peccato… Ti volevo portare a cena fuori – risponde lui facendomi ridere dall’imbarazzo. – Ma – continua accarezzandomi un’altra volta il viso, – a quanto pare non si fa niente.
– Già – borbotto io guardandolo, ammaliata. – Mi dispiace.
Mi sorride dolcemente facendomi fare un passo in avanti. – Non fa niente – ribatte continuando ad accarezzarmi. Sbatto più volte le palpebre per cercare di ritornare in me, e ci riesco, ma lui si avvicina a me per baciarmi.
– No – dico io mettendo una mano sul suo petto. Rimango ferma continuando a toccarglielo senza il minimo pudore: ha dei muscoli pazzeschi. – Sono destinata ad un ragazzo.
– Lo so – risponde lui guardandomi con un mezzo sorriso. – Ma a quanto pare lui non tiene a te quanto tu tieni a lui… sennò non saresti qua, giusto? – Lo guardo, un po’ ferita. – Alla fine è solo un bacio – dice accarezzandomi la guancia. – Non ti tratterò male come fa lui. Nessuno dovrebbe trattarti così male; lo vedo da come mi guardi in questo preciso momento che quel ragazzo non ti merita. Tu meriti un qualcuno che ti tratti bene, come ogni donna deve essere trattata. Si avvicina un’altra volta a me e la mia mano sul suo petto se ne va ed io, convinta ma anche impaurita, elimino la distanza baciandolo. Sento dell’aspro in quel bacio, ma c’è anche qualcosa di dolce. È un bacio strano, forse perché sto baciando una sirena. Sento un’altra volta la canzoncina, quella che ho sentito nella biblioteca. Faccio una mezza risata posando le mani sul suo collo e stringendolo a me, anche lui si mette a ridere ma si ferma subito e mi bacia un’altra volta. La sua mano dietro la mia schiena fa in modo da farmi avvicinare ancora di più mentre io apro le labbra per baciarlo ancora una volta.
– Cassie – ci interrompe Ivy uscendo dall’Istituto. Mi distacco di poco da lui continuandolo però a stringerlo a me. – Io mi vado a preparare. Forse dovresti fare la stessa cosa anche tu. Sta sera c’è il ballo, ricordi? – chiede guardandomi un po’ incerta.
Annuisco. – Ti raggiungo tra un po’ – rispondo guardandola. Annuisce, un po’ rossa in faccia ed entra dentro l’Istituto scuotendo la testa. A quanto pare ha visto che stavamo baciando, mi da fastidio sapere che qualcuno ci ha visti, ma alla fine non m’interessa più di tanto. Voglio rifarlo.
Liam ride facendo sussultare il suo corpo, attaccato al mio. – Qualcosa mi dice che non sto tanto simpatico alla tua amica – commenta accarezzandomi distrattamente la schiena.
– È solo che crede a questa storia dell’essere destinati – borbotto io guardando ogni centimetro del suo viso perfetto. Gli traccio il confine delle labbra e poco dopo gli angoli s’incurvano verso l’alto facendomi capire che sta cercando di non sorridere, inutilmente.
– Perché, tu non ci credi? – chiede lui.
–  Si, ma è comunque una cosa stupida… Non credo cambi veramente qualcosa – dico io avvicinando il mio viso al suo, pronta a baciarlo un’altra volta.
– Perché ora hai incontrato me? – chiede lui.
Rido dandogli una spinta. – TI piacerebbe!
– Già – conferma lui posando la sua fronte sulla mia. Chiude gli occhi e mi bacia a stampo mentre le sue mani accarezzano le mie braccia facendomi venire la pelle d’oca.
Poso le labbra sulle sue ma non lo bacio. – Lo so quello che fate voi sirene – dico. – So che è l’ultima volta che ci vediamo e sai una cosa? Mi sta bene.
Si distacca da me e mi guarda negli occhi. –  Potremmo andare avanti, se vuoi.
– No, meglio di no – rispondo io.
 – Vedo che riesci a dirmi di no – esclama lui sorridendo. – Mi piace. Mi piacciono le sfide e tu sei una di queste. Non ho mai incontrato una ragazza che mi attira come mi attiri tu, Cacciatrice.
Sorrido, imbarazzata. – Già, riesco a dirti di no. Scommetto tu non sia abituato a questo.
Scuote la testa ridendo. – Che ne dici del bacio dell’addio? – chiede lui avvicinandosi a me. Rido facendo la stessa cosa e poso le mie labbra sulle sue, scompiglio un po’ i suoi capelli e gli permetto di far diventare un’altra volta il bacio più reale. Ancora una volta dentro la mia bocca esplode uno strano sapore aspro misto a qualcosa di dolce. Continuo a chiedermi di cosa si tratta ma dopo poco tempo smetto di pensare e lo bacio senza pensare ad altro che alle sue labbra soffici. Mi stringo a lui facendo in modo che i nostri corpi si adattino. Dopo un tempo indeterminato mi distacco da lui, gli metto indietro una ciocca di capelli, gli do un ultimo bacio a stampo e rientro dentro.
Isaac è il primo a venire da me. – Ti prego, dimmi che non vi siete baciati.
Penso ai baci che ci siamo dati e a quanto mi è piaciuto per una volta. – Ci siamo baciati – rispondo io andando avanti come se niente fosse. In questo momento sono felice, quindi di certo non mi fermerò a litigare con lui perché il suo migliore amico è la mia anima gemella.
Sbuffa. – Sei tra noi? – chiede entrando nell’ascensore insieme a me.
– Certo che ci sono – rispondo io. – Ho fatto come mi avete detto voi e mi sono concentrata. Alla fine non sono poi così cattive queste sirene. E per la cronaca baciano da Dio – scherzo io ridendo. Esco dall’ascensore e mi dirigo verso la mia stanza.
– Cassie – mi ferma Isaac mettendosi davanti a me. – so ce quello che sta succedendo è strano, ma voglio che tu sappia che hai fatto male.
Incrocio le braccia lanciandogli occhiatacce. – Perché? Perché ho baciato una sirena? O perché ho baciato un ragazzo che non era Jeremy, il tuo migliore amico? – Abbassa lo sguardo. – Perché lui può ed io no? Guardiamo in faccia la realtà, Isaac! Lui sta con Biancaneve ed io sarò sempre quella che tiene d’occhio.
– Non sei solo questo e lo sai. Lui è geloso di te, Cassie; sapere che hai baciato un altro di tua spontanea volontà lo ucciderà.
– Isaac, siamo nel ventunesimo secolo e di certo io non sono una di quelle ragazze che aspettano che un ragazzo strano si faccia avanti. Vado avanti sempre e comunque. Di certo non starò qua a vedere lui che si sbaciucchia una ragazza con le lacrime agli occhi. Non sono quel tipo di ragazza, assolutamente no.
– Quale tipo di ragazza? Quel tipo di ragazza che capisce di provare realmente qualcosa per un ragazzo? – chiede lui, innervosito.
– Non farlo, Isaac. Non te lo consiglio – ringhio io prima di entrare dentro la camera per farmi una doccia e quindi prepararmi per la serata.
Mi asciugo i capelli e mi faccio la piastra rendendo i miei capelli più lisci degli spaghetti. Mi guardo un’ultima volta allo specchio: i capelli mi arrivano ormai a metà pancia e le punte sono molto più bianche della base, che è ancora bionda scura; il vestito nero abbastanza corto davanti ma lungo dietro senza bretelle e i tacchi neri semplici.
Ivy bussa alla porta e quando entra mi chiede: – Tu trucco e scendiamo?
Dopo dieci minuti sono pronta. – Ecco fatto – esclama lei guardandomi. – Sei bellissima.
La guardo: ha un vestito viola molto corto, un trucco viola fantastico che mette in risalto i suoi occhi verdi e i suoi capelli color rame questa volta sono ondulati. – Anche tu – ribatto sorridendole. – E mi dispiace per come mi sono comportata prima.
– E così vi siete baciati – borbotta lei aggiustandomi un’ultima volta i capelli. Annuisco. – Ma ti vedo abbastanza lucida, o mi sbaglio?
– Non ti sbagli. Sono rimasta abbastanza concentrata, semplicemente lo volevo baciare anch’io. So che molto probabilmente era tutta scena e le cose che mi ha detto le ha dette ad altre mille ragazze ma sembra un ragazzo dolce. L’ho fatto per ripicca. Lo so che è una scusa, so che non è giusto e che dovrei stare con Jeremy, ma lui è così… strano. Un secondo prima è dolce e quello dopo è freddo. Anch’io sono così, credo sia per questo che non riusciamo ad andare d’accordo.  Non starò qua a guardarlo stare con altre ragazze, anch’io mi merito un ragazzo che mi accetti per quello che sono.
– Non hai mai pensato che forse Biancaneve non è poi così brava? Io conosco Jeremy perché è il migliore amico del mio ragazzo. Isaac parla di lui e mi ha detto che quei due non fanno altro che andare a letto insieme. Infondo la loro non è una vera relazione.
– Non ce la faccio più! – urla qualcuno da fuori. Sia io che Ivy aggrottiamo la fronte e apriamo la porta. Biancaneve e Jeremy sono davanti la stanza di quest’ultimo e sembrano entrambi arrabbiati. – Sono stufa di vedere i tuoi occhi brillare per la Whitesun! Vieni da me solo per farle un dispetto quando litighi con lei perché sei geloso per ogni singola cosa!
– Allison, smettila – ringhia lui guardandola malissimo, sembra arrabbiato e imbarazzato allo stesso momento.
– Perché? Sto dicendo la verità, no? – chiede lei, esausta. – Mi sono vestita in questo modo per te, ma tanto è inutile perché so che stasera l’unica che guarderai con gli occhi incantati sarà la Whitesun! Non puoi capire quanto mi faccia male tutto questo – dice infine per poi andarsene.
– Allison, non fare così – borbotta lui prendendole il braccio, ma quest’ultima si gira verso di lui e gli lancia un’occhiataccia, quindi Jeremy le lascia il braccio e se ne va, lasciandolo solo e imbarazzato.
– Ma guarda un po’… Sei fortunato, Jeremy Ruterful! Due ragazze! – esclama il ragazzo con cui abbiamo litigato ieri.
– Già, mica siamo tutti brutti come te, amico – risponde Jeremy. Il ragazzo esce dalla sua stanza una volta per tutte e va davanti a Jeremy, pronto a menarlo, così mi metto in mezzo.
– Ehi, non iniziamo, ok? – chiedo io guardando prima uno e poi l’altro e tenendoli lontani. Il ragazzo sbuffa e se ne va così io, evitando lo guardo di Jeremy, me ne vado in camera mia. – Tu vai, io ti raggiungo tra un po’ – dico ad Ivy che annuisce e se ne va.
Mi siedo mettendomi un’altra volta i tacchi. Mi guardo allo specchio rendendomi conto di essere una persona orribile. Ho la possibilità di stare con la mia anima gemella e che faccio? Bacio una sirena. Ma perché lui continua a respingermi? Non ti tratterò male come fa lui mi ha detto quella sirena, ed è bastato questo a farmi cadere ai suoi piedi. Lui non mi tratta male, o forse si, ma non è questo il punto. Lui ha paura di avvicinarsi a me, ma in qualche modo non ha paura di avvicinarsi a Biancaneve… Perché?
Decido di avviarmi scendendo per le scale; la musica si sente da qua e non voglio sapere quanto sarà alta una volta arrivata là, nel soggiorno. Come immaginavo infatti la musica è veramente alta una volta arrivata, quasi insopportabile. Tutti stanno ballando, o meglio tutti tranne un ragazzo al bar. Vado anch’io là sapendo già il nome del ragazzo. Ordino qualcosa da bere e mi metto accanto a lui.
– Mi dispiace per la scenata di Allison – inizia lui guardando il bicchiere mentre lo fa girare in continuazione. A quanto pare è veramente dispiaciuto.
– Oh, non è colpa tua – rispondo guardando il mio bicchiere.
Sento il suo sguardo su di me e arrossisco per la prima volta. – Stai benissimo con questo vestito – dice continuando a guardarmi con un sorriso dolce.
Lo guardo lasciando che il mio corpo inizi a sussultare insieme al mio cuore. – Anche tu – rispondo mentre il mio cuore va velocissimo; ma ho ancora un peso allo stomaco: è il senso di colpa per aver baciato quella sirena. E adesso lui è qua davanti a me e mi sta facendo un complimento.
– Gira voce che ti sei baciata con quella sirena oggi pomeriggio – se ne esce lui.
Bevo un sorso dal mio bicchiere cercando di perdere tempo. – Ah si? – chiedo, imbarazzata, pensando a cosa dire una volta che lui mi avrebbe chiesto quella domanda.
– Già – risponde lui guardandomi, incuriosito. Prendo coraggio e lo guardo anch’io; mi sta guardando dritto negli occhi. Mi chiedo come faccia a farmi venire la pelle d’oca senza nemmeno toccarmi. – So che è vero – aggiunge dopo un po’. Annuisco cercando di non fargli vedere quanto sono dispiaciuta. – Me lo sono meritato. Dopotutto continuo ad allontanarti da me, ma voglio chiederti una cosa: eri in te quando vi siete baciati o no?
Rimango in silenzio guardandolo. Ho due possibilità: 1) dire di no e mentirgli sapendo che lui in questo modo non ce l’avrà con me per e che forse - e dico forse - in questo modo sarà lui ad avvicinarsi a me; 2) dire di si e quindi dire la verità anche se sarà furioso e molto probabilmente se ne andrà per poi non parlarmi per minimo un mese. – Ero in me – decido di dirgli. Voglio fargli capire che non può comportarsi così, che anch’io prima o poi posso andare avanti e stare con qualcuno che non è lui.
Abbassa lo sguardo continuando a far girare il bicchiere. – Quindi l’hai fatto perché ti anadava, non perché sei stata praticamente costretta. – Lo guardo senza dire niente, la risposta è ovvia. – E allora perché sei qua? – chiede cercando i miei occhi.
– Perché voglio stare qua – rispondo io. Continua a non capire quanto sia importante per me. Mi alzo dallo sgabello, pronta ad andarmene, ma qualcuno mi prende il braccio. Mi giro e guardo Jeremy senza dire niente.
– So di non essere il ragazzo perfetto; so che sto continuando a scappare ma tu sai cosa provo per te – annuncia guardandomi dritta negli occhi con voce ferma e decisa.
Lo guardo, incredula; lo sta dicendo veramente, sta ammettendo di provare qualcosa per me. – Provamelo. Dimostramelo – dico io guardandolo.
La sua mano lascia il mio braccio e tutto d’un tratto mi guarda male. – Tu hai baciato la sirena.
Odio questo gioco. – E tu sei andato a letto con Biancaneve – esclamo io, arrabbiata.
– È complicato – risponde lui abbassando lo sguardo.
Alzo gli occhi al cielo. – Anche la mia storia è complicata – ringhio io. Deglutisco cercando i suoi occhi; cerco di calmarmi e gli alzo il viso con una mano. – So il perché fai così, Jeremy, ma tu ti puoi fidare di me. – Scuote la testa più volta chiudendo gli occhi. – E – continuo alzandogli il viso un’altra volta per far sì che mi guardi negli occhi, – io non morirò.
Mi guarda dritto negli occhi allontanando il suo viso dalla mia mano. – Se c’è qualcuno che morirà qua sei tu.
Rimango a bocca aperta. Me lo sono appena immaginato, vero? No, non può avermi detto questo. Non può.
– Scusami, ho sbagliato – aggiunge lui cercando di accarezzarmi il braccio, ma io mi allontano continuando a guardarlo stupefatta.
Non può avermi detto una cosa del genere.

Angolo Autrice:
E dopo una settimana sono tornata. Scusatemi ma sono stata male e a malapena accendevo il computer. Domani posterò il prossimo capitolo e cercherò di farlo ogni giorno.
Riguardo il capitolo che dire... Jeremy alla fine non è poi così bravo con le ragazze, soprattutto non con Cassie. Che ne pensate della sirena Liam? E di Isaac che s'impiccia sempre degli affari di Jeremy e Cassie? Vi chiedo di recensire dicendomi cosa ne pensate del capitolo.
Mi scuso per eventuali errori e ringrazio tutti quelli che seguono questa storia.
Un bacio.


 

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Capitolo 10
*** Le Sirene ***






Capitolo 10
Le Sirene
 
Sorrido. – No, no. – Mi accorgo troppo tardi di non tenere più il suo viso con le mani; mi allontano ancora di più. – Tranquillo, io… – Non riesco a parlare, non riesco a crederci. Davvero mi ha appena detto “se c’è qualcuno che morirà qua sei te”? No, non è possibile. – Si, emh… io devo andare.  – Mi allontano sempre di più e gli lancio un’occhiata torva quando cerca di prendere la mia mano; apre la bocca, pronto a parlare, ma la richiude subito e così riesco ad andarmene. Alzo un po’ il vestito, più per paura di cadere che per necessità, e salgo le scale invece di prendere l’ascensore. Entro in camera mia chiudendo subito la porta, mi ci appoggio e sospiro.
Qualcuno però bussa subito alla mia porta senza lasciarmi nemmeno un minuto di paura dalla vita reale, così sbuffando  la apro. Dentro di me so di aver sperato fino all’ultimo che fosse stato Jeremy a bussare, pronto a scusarsi un’altra volta per poi abbracciarmi. Stringermi così forte da non farmi respirare e mormore che provava esattamente quello che provavo io, ma che non sapeva come fare. Invece davanti a me trovo solo un’Ivy molto arrabbiata.
– Ora tu scendi con me e ti diverti. Una sera, non chiedo tanto. Non puoi stare sempre qua dentro, hai bisogno di sfogarti in qualche altro modo. – Alza il dito quando faccio per dire che in verità io già ho un mio modo per sfogarmi. – Non iniziare. Non puoi sfogarti solo usando una pistola e uccidendo demoni. Dio, è inquietante!
Chiudo la bocca e la riapro più volte, pensando a cosa dire. – Morirò, non è vero?
Mi guarda con gli occhi spalancati. – C-cosa?
– Morirò, è questo quello che mi aspetta! Tutti mi vogliono morta e qualcuno riuscirà ad uccidermi! Non posso sopravvivere a lungo quando così tante persone mi vogliono morta! Ah, no, aspetta… Indovina? Non sono nemmeno persone! Delle persone morte mi vogliono morta!
– No, ma… Cosa? Tu non morirai, Cassie – dice lei con una voce decisa guardandomi dritta negli occhi.
– Si, morirò. Morirò e Jeremy starà male, e tu starai male e… e Jack! Oh, mio Dio, Jack! Si sentirà in colpa mentre la colpa è solo mia. Ma no, ovviamente non è nemmeno mia! Non so di chi sia la colpa perché se ci pensi non sarà nemmeno colpa mia. Forse la colpa sarà di quelli che mi uccideranno e di questo maledetto destino che ha reso la mia vita un inferno.
– No, ok, stai dando di matto, Cassie. Calmati! – sbotta Ivy mettendomi le mani sulle spalle pensando che in qualche modo possa aiutarmi, cosa non vera.
– Succederà e Jeremy starà male e Jack si sentirà in colpa! – urlo io con le lacrime agli occhi, mi metto indietro i capelli. Mi rendo conto di quello che sto dicendo: mi sto preoccupando di più per Jeremy che per gli altri. È la seconda volta che ripeto che lo farò stare male dopo la mia morte, lo nomino per primo…. Mi sento ancora più ridicola adesso. – Perché tutto questo è iniziato quando sono arrivata qua? – chiedo io, pensierosa. Scuoto la testa. – No, no, io me ne devo andare da qua. – La scanso e senza nemmeno prendere un giacchetto scendo le scale praticamente correndo.
Appena esco dall’Istituto l’aria mi sfiora la pelle, non fa molto freddo ma abbastanza da farmi venire la pelle d’oca. Chiudo gli occhi e lascio andare l’aria che mi ero trattenuta dentro da quando sono uscita dalla camera. È come… una liberazione uscire ormai, invece mesi fa odiavo uscire, odiavo prendere freddo. Odiavo praticamente tutto quello che non fosse casa mia. Casa mia. Apro gli occhi cercando di tranquillizzarmi, come tutto quello che era davanti a me d’altronde. Sorrido avanzando verso la strada dove sono parcheggiate tutte le macchine: sono in mezzo al nulla. Inizio a ridere, nervosa, guardandomi intorno: non c’è nessuno. Nessuno che mi voglia uccidere. Nessuno. Nessuno. Nessuno.
– Cassie? – mi chiama Ivy preoccupata mentre si abbraccia da sola, tremando un po’. – Vieni dentro, fa freddo. Ti prenderai un malanno!
– Perché? – chiedo ridendo. – Si sta così bene qua! – Mi giro per guardare la foresta. In molti dicono che non ci si può entrare, perché è là dove si nascondo i demoni visto che è sempre buio là dentro. Molti demoni non possono stare alla luce del giorno.
– Mi stai spaventando – piagnucola lei passandosi le mani sulle braccia scoperte.
– Perché? – ripeto. – Insomma, ma non vedi tutto quello che c’è qua fuori? Perché dovremmo stare là dentro, rinchiuse dentro un Istituto a ballare con questi stupidi vestiti eleganti quando possiamo benissimo andarcene e respirare quest’aria!
– Cassie – borbotta lei, ancora più preoccupata. – Entra dentro.
– No – dico io, alzo un po’ il vestito e vado verso la prima macchina parcheggiata che vedo. Sono tutte in fila, così apro quella più vicino a me, la prima della fila. – Possiamo andare dappertutto! – esclamo io girandomi per guardarla, ma sembra sempre più arrabbiata. – Dobbiamo solo prendere questa macchina e andarcene! – Si mette una mano sulla fronte e si gira un po’ verso l’Istituto, sperando che qualcuno esca ad aiutarla, ma nessuno lo fa. Smetto di sorridere e la guardo, capendo che la sto mettendo veramente in difficoltà. – Entra dentro e divertiti – aggiungo quindi. – Io farò lo stesso, sta tranquilla. – Scuote la testa e alza le mani come in segno di resa entrando di corsa nell’Istituto.
Mi giro per guardare la macchina. Quindici anni, non posso ancora guidare. Ma chi le fa le regole? E soprattutto chi le segue? Entro dentro la macchina. Deve essere bellissimo guidare senza una meta… o almeno fino a quando non ti perdi ed inizi ad entrare nel panico. O forse ti sentiresti semplicemente libero di andare dappertutto, senza entrare nel panico, perché dopotutto non hai una meta.
– Cosa stai facendo?
Sobbalzo sentendo la sua voce dopo in tutto questo silenzio. – Dio – esclamo mettendomi una mano sul petto. – Mi hai fatto prendere un colpo.
Mi fa segno di scendere. – Scendi, su – borbotta aprendo lo sportello della macchina visto che io non do segno di avere intenzione di scendere da essa.
– Perché? – chiedo io guardandolo dritto negli occhi, giusto per sfidarlo un po’.
– Perché si congela qua fuori! – sbotta lui spalancando gli occhi per l’incredulità. – Dove credi di andare con questa macchina. Hai quindici anni, non puoi guidare e non puoi fare come ti pare. Scendi e rientra dentro, si muore di freddo.
Scoppio a ridere. – Non è vero, non fa freddo. – Lo guardo e gli sorrido. – Facciamoci un giro – aggiungo dopo un po’. Scuote la testa per poi girarsi verso l’Istituto, così gli prendo la mano e la stringo un po’ per riavere la sua attenzione. – Godiamoci la vita, Jeremy.
Mi guarda, serio. – Hai paura e ti capisco, ma questo non è assolutamente il modo…
– Di fare cosa? – lo interrompo io. – Di vivere? E qual è il modo di vivere, Jeremy? – Sbuffa guardandomi con uno sguardo sofferente, facendomi quindi capire che è indeciso sul da farsi. – Andiamo a vederci un film. Andiamo a fare la spesa! – Rido, nervosa. – Andiamo a casa mia, andiamo a cenare fuori!
– Ok, smettila – risponde lui, ancora più serio.
Lo guardo negli occhi. – Io me ne voglio andare da qua, Jeremy. Questo posto mi sta facendo impazzire. Ho bisogno di fare qualcosa per conto mio. Qualcosa che mi fa capire che la mia vita è ancora mia e non di persone che mi dicono di non poter uscire o di persone morte che m’intimano a non uscire. Me ne voglio andare da qua, Jeremy.
– Non puoi – ringhia lui.
Alzo le sopracciglia. – Ah no? – chiedo io.
– Non fare quella faccia, Cassie. Non puoi – borbotta lui alzando gli occhi al cielo. – E non fare quella faccia ora! Non puoi… Oh, mi stai veramente facendo gli occhioni? – Si mette a ridere mettendosi indietro i capelli. – Dio, tu mi farai venire d’infarto uno di questi giorni – mormora lui, sovrappensiero.
Sorrido, pensando a quello che ha appena mormorato. Scendo dalla macchina e mi metto davanti a lui. – Divertiamoci, Jeremy – dico prendendo le sue mani. – Comportiamoci come tutti gli adolescenti. Non pensiamo per una sera al fatto che ci aspettano demoni e altri demoni da uccidere. – Mi guarda con così tanta intensità che l’adrenalina galoppa dentro di me. – Pensiamo solo a noi per una volta.
– Non posso – dice, chiudendo gli occhi, sembra veramente combattuto e triste. – Se ti succede qualcosa… Se…
– Non mi succederà niente – lo interrompo io avvicinandomi a lui cautamente, gli sorrido, prendo coraggio e mi appoggio completamente su di lui, alzo la testa per guardarlo dal basso e lui la abbassa per guardarmi dall’alto. Riesco a sentire il suo cuore andare veloce tanto quanto il mio, delle scosse di adrenalina percorrono tutto il mio corpo facendomi sentire euforica e confusa allo stesso tempo. – Quando sono con te mi sento al sicuro.
Il suo sguardo si addolcisce. – Mi dispiace averti detto quella cosa – mormora lui mettendo le sue mani dietro la mia schiena per farmi avvicinare ancora di più a lui, se solo fosse possibile. – Ho solo tanta, forse troppa, paura di perderti. – Annuisco. – Sei… la prima persona che m’interessa veramente da fin troppo tempo. – Fa un sospiro mettendomi indietro una ciocca di capelli. – Dove vuoi andare? Questa è la tua serata.
Sorrido e faccio un enorme sforzo nel cercare di non abbracciarlo. – Al cinema – mormoro io.
Annuisce e fa per entrare nella macchina, al posto del guidatore, facendomi capire  che non mi farà mai guidare. Non sta sera almeno. Si ferma e guarda Ivy, che a quanto pare ci stava guardando sin dall’inizio. – È al sicuro. Dì a Louis che sta con me. – Ivy annuisce e rientra dentro l’Istituto. Mi guarda e mi fa segno di salire.
Una volta arrivati alla biblioteca dove siamo state sta mattina io e Ivy scendiamo dalla macchina. Guardo Jeremy uscire dalla macchina e così faccio lo stesso, gli sorrido quando mi rendo conto che mi sta guardando. – Che ci andiamo a vedere? – chiede quindi, accennando un piccolo sorriso.
– Decidi te – rispondo io chiudendo lo sportello. Guardo avanti a me e vedo che davanti all’entrata così mi fermo di scatto. Di certo non potevo immaginare che sarebbe stato qua anche di sera… cosa fa, ci vive?! Quando i nostri sguardi s’incrociano il mio cuore inizia ad andare veloce, più per paura di vederlo quando sto qua con Jeremy che per altro.
Si avvicina a noi con il suo solito passo da grande uomo e mi sorride. – Cassie – mi chiama, ormai davanti a me.
Deglutisco. Ok, questa non era affatto la situazione che mi aspettavo di trovare una volta arrivata qua. – Ehi – bofonchio, cercando di fare finta di niente, però Jeremy continua a guardare prima me e poi Liam e questo non fa altro che farmi innervosire ancora di più. Voglio solo entrare dentro la biblioteca e vedere un film.
– Che ci fai qua? – chiede avvicinandosi a me di proposito dopo aver lanciato un’occhiataccia a Jeremy, facendolo innervosire e quindi irrigidire ancora di più.
– Sto… emh, sto andando a vedermi un film – rispondo io cercando di concentrarmi il più possibile per non cadere ai suoi piedi, ma è sempre più difficile e ho paura che sia a causa del nostro bacio.
Liam si avvicina ancora di più e così Jeremy lo ferma dicendo: –  Con me. – Si avvicina ancora di più a me e posa un braccio sulle mie spalle, mentre io non riesco più a distaccare i miei occhi da Liam.
– Ah – borbotta Liam, ma senza allontanarsi. – Tu sei destinato a lei.
– Cassie, entriamo? – chiede Jeremy senza rispondere a Liam.
Guardo Liam che continua a sorridermi. – Emh… – Liam si mette a ridere vedendomi così in difficoltà a causa sua. – Si, andiamo – borbotto guardando finalmente Jeremy.
Entriamo e faccio finta di non accorgermi dell’occhiata torva che Jeremy lancia a Jeremy prima d’entrare. Una volta dentro e ben lontani da loro mi prende per le spalle e mi guarda negli occhi scuotendomi un po’. – Ehi, ci sei? – chiede.
– Voglio andare da Liam – rispondo senza nemmeno pensarci. Mi fermo a pensare. Non è vero, non voglio andare da Liam, voglio rimanere qua con Jeremy…. E allora perché ho detto così? Cosa sta succedendo?
– Cosa? – chiede, sembra molto deluso. – Sei in te?
Annuisco. – Sono in me, voglio solo andare da Liam. – Inizio ad entrare nel panico, ma non lo do a vedere. Questa non sono io, è qualcun’altra. Qualcuno sta prendendo le decisioni al posto mio e questo di certo non mi va a genio!
Si allontana abbassando lentamente le mani. – Ok, allora… ti aspetto qua. – Non posso fare altro che pensare: non lasciarmi andare, prendi le mie mani… Prendi le mie mani e non lasciarmi andare da loro, ti prego. E così gli prendo le mani di scatto, facendolo sussultare. Aggrotta le sopracciglia, confuso. – Cosa…?
Le mie mani però lanciano le sue con un altro scatto, mi giro e vado verso l’uscita, dritta da Liam. Cerco più volte di fermarmi con tutta la mia forza di volontà, ma non ci riesco. Dopo essere uscita vedo Liam girarsi e sorridermi. Sta con i suoi amici, ma ci sono anche delle ragazze e la prima cosa che mi viene in mente è che se provano solo a toccare Jeremy le ammazzo con le mie stesse mani.
– Eccoti! – esclama lui. – Ti stavo chiamando da un po’. Vieni con noi?
Mi stava chiamando da un po’…? E questo cosa significa? Quindi era lui la persona che mi controllava. Oh, ma certo! – No! – urlo io indietreggiando un po’.
Tutti aggrottano la fronte, preoccupati e confusi, Liam compreso. – Vuoi dire si, vero? – chiede ridendo, sembra imbarazzato ora.
La porta dietro di me si spalanca e Jeremy esce dalla biblioteca guardandomi freddamente. – Cassie, che succede?
– Ma guarda un po’ chi c’è! Un ragazzo! – esclama una sirena femmina.
Appena fa per avanzare verso di lui mi metto in mezzo, guardandola malissimo. – Toccalo e sei morta – ringhio io, pronta a scoppiare.
La sirena femmina però si mette a ridere. – Oh, cara! Credimi, se cercherai d’intralciare il mio cammino posso giurare che sarai tu quella a morire. – Smette addirittura di sorridere e mi guarda in un modo che mi da i brividi.
Poi però sento un dolore fortissimo alla testa, così forte che cado a terra. – Cassie! – esclama Jeremy mettendosi in ginocchio accanto a me. Mi guarda, preoccupato, e mi prende il viso cercando di capirci qualcosa.
– Oh, ti preoccupi per lei e non per me? – chiede la sirena mettendosi una mano sul cuore, facendo finta di essere addolorata.
– Smettetela, siamo qua per vedere un film. Cosa volete da noi? Siamo destinati, lasciateci stare, tanto è inutile – ringhia Jeremy guardandoli malissimo.
La sirena femmina si mette accanto a Jeremy e si avvicina a lui e gli accarezza la guancia. – Facciamo un gioco, eh? Io adesso proverò a baciarti e se tu riuscirai a non baciarmi… – Si mette a ridere. – Bé, a quel punto Liam proverà a baciare la tua ragazza e se lei riuscirà a non baciarlo potrete andarvene.
– Perché dovremmo giocare con voi? – ringhia Jeremy.
–Perché siete praticamente obbligati. Dovresti sapere, Cacciatore, che alle sirene è meglio non dire di no. Non lo sapevi? Sai perché? – risponde la sirena che continua ad accarezzarlo.
Ho paura, non tanto di baciare Liam quanto di vedere Jeremy baciare la ragazza-sirena. – No, per favore – bofonchio io cercando di rialzarmi.
– Ssh – mormora Liam mettendosi accanto a me, dall’altra parte, lontano il più possibile da Jeremy, ritrovandomi così in mezzo a due ragazzi. – Tranquilla, va tutto bene – continua accarezzandomi i capelli.
– No, non va bene – ribatto io, arrabbiata.
– Rimani a terra. Se ti alzi sverrai all’istante – dice Liam tenendomi a terra. C’è un po’ di compassione nei suoi occhi ed è per questo che una volta tanto lo ascolto e rimango ferma.
Mi giro per guardare Jeremy mentre si avvicina alla ragazza, guardandola con quello sguardo sexy che solo a lui può riuscire così bene. Stringo la mano di Liam dopo aver sentito una stretta allo stomaco. – Non dire niente. Diana può essere veramente cattiva con le persone che s’intromettono. Se vuoi continua a stringere la mia mano, ma non dire niente sennò non finirà mai – mi sussurra all’orecchio Liam.
Continua a guardare loro due mentre Liam mi dice tutte queste cose. Jeremy continua ad avvicinarsi a lei guardandole le labbra. Non ce la faccio più e chiudo gli occhi girando la testa verso sinistra, e quindi verso Liam.
Sento la ragazza ridere. – Fantastico – esclama facendomi strizzare ancora di più gli occhi. Sta parlando del bacio? È stato “fantastico”? Sto per vomitare. – Così il tuo aamore per lei è così forte da riuscire a non baciarmi – continua lei. Apro di scatto gli occhi e guardo prima la ragazza e poi Jeremy, che abbassa lo sguardo verso di me accennando un sorriso malizioso. – È fantastico – ripete lei, anche se dal tono di voce non sembra così bello.
– Ho già avuto a che fare con voi – risponde Jeremy guardandola sorridendo. – So come rimanere concentrato.
 La ragazza ride un’altra volta. – E lei, ci riesce? – chiede guardandomi, sorride soddisfatta. – Non mi sembrava fino a poco fa.
Guardo impaurita Jeremy e poco dopo la sua voce è dentro la mia testa. Sta tranquilla, pensa solo a me. Con me ha funzionato.
Rimango in silenzio per un po’, trattenendo un sorriso dopo aver capito che lui ha pensato a me ed è per questo che è riuscito a non baciare la sirena. Però ho comunque paura, quindi mi giro verso Liam. – Per favore, non farlo.
– Mi dispiace, ma devo – risponde Liam facendo ridere un’altra volta la ragazza. Deve essere proprio divertente per lei torturare in questo modo le persone. Vorrei tanto ridere anch’io… dopo averle strappato tutti i denti. Uno ad uno.
– In che senso “devi”? – chiedo praticamente ringhiando.
– È lei che comanda il gruppo – mormora lui facendo spallucce.
Lo guardo scioccata. Che cosa stupida! Eppure a quanto pare non lo è per Liam, visto che sta iniziando ad accarezzarmi il viso, la sua mano è morbida ed invitante… ma mai come quella di Jeremy. Alza pure l’altra così da tenermi il viso con tutte e due le mani; lo guardo negli occhi, impaurita. Inizia la canzoncina dentro la mia testa, quella che ogni volta mi confonde fino a farmi perdere la testa. Si avvicina a me ed io faccio la stessa cosa: mi avvicino lentamente a lui. Chiudo gli occhi sapendo cosa sto facendo. Chiudendoli inizio a pensare agli occhi di Jeremy, a questa serata, al suo questa è la tua serata, alle sue mani appoggiate sulla mi schiena per farmi avvicinare ancora di più a lui.
Trattengo il respiro sentendo quello di Liam battermi sulla pelle. – No – mormoro allontanandomi da lui. Gli occhi di Liam si spalancano, sembra arrabbiato, invece la ragazza di mette a ridere… ancora una volta.
– Non ci posso credere! – esclama leei tra una risata e l’altra. Guardo Jeremy e mi accorgo che continua a fissare Liam, non sembra molto felice, anzi. – E così anche lei è riuscita a respingere un di noi. – Mi guarda e così faccio la stessa cosa, accettando la sfida. – E tutto questo perché siete destinati. – Sorride in un modo che non mi piace.
– Non ci posso credere – mormora una sirena.
– Non è possibile – mormora un’altra.
Guardo ancora una volta Jeremy e metto la mia mano sulla sua, che è poggiata sull’asfalto. Così alza lo sguardo e i nostri occhi s’incrociano, procurandomi una scossa. – Quindi possiamo andare, giusto? – chiede Jeremy guardando la sirena. Quest’ultima gli sorride dolcemente e lo accarezza un’altra volta. Vorrei alzarmi e prendere per i capelli come una ragazza che non sa menare.
– Purtroppo si, potete andarvene – borbotta lei continuando ad accarezzarlo e a fargli gli occhi dolci. Si alza da terra e così anche Liam. – Buon film – saluta lei continuando a sorridere a Jeremy.
– Ciao Cassie – mi saluta Liam. Lo guardo, arrabbiata, senza dirgli niente. Tutti entrano nella biblioteca dove dovevamo entrare anche noi.
– Stai bene? – chiede lui alzandosi da terra.
– Si – borbotto continuando a guardare la sirena andarsene. Vorrei correre da lei ed ucciderla. Il modo in cui lo guardava… mi manda in bestia. Odio sapere che lui potrebbe benissimo prendere e andarsene con una ragazza molto più bella e più simpatica di me.
– Vieni – dice lui porgendomi le mani. Lo guardo per un po’ e poi metto le mie mani sulle sue e così mi aiuta ad alzarmi. Una volta alzata faccio per cadere ma riesco a non cadere. – Oh! – esclama lui reggendomi. O almeno credo. – Ce la fai a reggerti da sola? – chiede. Quindi si, è decisamente lui a reggermi.
– Si – rispondo guardandolo attentamente, è così vicino che mi fa male. Le sue mani mi lasciano andare e scivolano via dai miei fianchi. Rimango in piedi, un po’ protesa verso di lui, come ammaliata dal suo corpo. Lui invece sembra allarmato, pronto a prendermi un’altra volta.
– Sei stata brava – se ne esce lui. – Con la sirena, dico.
– Oh, anche tu – bofonchio io, mentre la rabbia sembra far passare quella specie di stupidità.
– Non credevo ci saresti riuscita.
Rido. – Questo perché continui a sottovalutarmi – rispondo io.
Ride abbassando lo sguardo. – Si, è vero. Colpa mia – dice alzando lentamente lo sguardo. Fa un sospiro e mi accarezza la guancia facendomi sorridere ancora di più. – Non so cos’avrei fatto se avessi baciato quella sirena davanti a me.
Trattengo una risata nervosa. Non so esattamente cosa dirgli, voglio dire… questo è il suo modo di dire che anche per lui sono importante? Che è geloso tanto quanto lo sono io? Lo guardo dritto negli occhi, sembra così innocente quando mi guarda… e forse non lo è. O forse si, alla fine è un ragazzo, un umano, in grado di provare sentimenti che gli fanno paura.
– Vogliamo entrare? – chiedo quindi. Annuisce e così entriamo, saliamo le scale e vado dritta a vedere i film che ci sono. Mi giro verso di lui, che è esattamente dietro di me, alza le sopracciglia come per chiedere “cosa c’è?”. – Azione? – chiedo. Non mi va di vedere qualcosa di romantico, so come va a finire e non lo voglio baciare oggi, non dopo quello che è successo. Rido nervosa e mi giro verso gli scaffali dove ci sono tutti i film per non guardarlo ancora di più.  Ho sempre paura di baciare qualcuno se quel qualcuno m’interessa veramente.
– Si, va bene – risponde lui, tranquillo.
Annuisco continuando a guardare tutti i film. Sospiro e mi giro, imbarazzata. – Emh… – Rido di nuovo. – Non sono molto brava nel trovare film decenti.
Mi sorride. – Spostati, faccio io – dice in modo gentile. Mi faccio da parte mettendomi dietro di lui, mi guardo intorno pur di non guardare lui. Tutto d’un tratto sono nervosa. Questo mi sembra un appuntamento e me ne rendo conto solo adesso.
– Che ne dici di questo? – chiede girandosi di scatto.
Sussulto vedendolo così vicino, così tanto da farmi trattenere il respiro. Gli guardo le labbra, la tentazione di baciarlo è forte, veramente forte. Credo di non aver mai avuto così tanta voglia di baciare qualcuno come questa volta. Cerco i suoi occhi ma mi rendo conto che anche i suoi puntano le mie labbra. Deglutisco e il suo sguardo si posa sul mio collo. M’immagino le sua labbra mentre baciano lentamente il mio collo e così prendo di scatto il film. – Va benissimo – esclamo prima di girarmi per cerca di non pensare a lui, ai suoi occhi, alle sue labbra… – Dove possiamo andare?
– Emh – borbotta lui schiarendosi la voce. – La porta numero dieci. – Annuisco andando avanti fino a trovare la porta con il numero dieci attaccato. Mi giro per guardarlo, preoccupata. – Puoi entrare, non ci sarà nessuno. – Così apro e mi rendo conto che questa è una vera e propria sala, identica a quella dei cinema. – Questa è per il nostro Istituto – annuncia lui mentre io continuo a guardarmi in giro. – E oggi stanno tutti alla festa, quindi è tutta per noi – aggiunge salendo i gradini, per poi sedersi all’ultima filma al centro.
Sorrido guardandolo. È bellissimo, ogni cosa è bella se è lui. Addirittura i pochi brufoli che ha sono belli, addirittura alcune cicatrici sono belle su di lui, tutto… è bello su di lui. Ha questo potere di trasformare anche le cose brutte in cose belle. Non capisco, i ragazzi belli mi hanno sempre fatta sentire strana, come se non fossi mai abbastanza per loro, quindi mi stavano antipatici. Perché Dio, o chiunque abbia creato le anime gemelle, mi hanno fatto questo? Non capisco proprio il perché… Perché a me uno così bello? Ci sono così tante ragazze a cui piace il ragazzo perfetto. Perché non l’hanno affidato a loro?
– Mi stai fissando – dice lui, sorride maliziosamente. – A cosa stavi pensando?
– A niente – borbotto salendo i gradini per poi mettermi seduta vicino a lui.
– Scordi che a volte ti posso leggere nella mente – ribatte lui. Mi giro, allarmata, lui invece si mette a ridere. – Ma questa volta non ci sono riuscito, purtroppo. – Faccio un sospiro di sollievo e mi siedo in modo più femminile. – Così però mi fai incuriosire! – esclama facendomi ridere. – Chi è che mette il film?
Abbasso lo sguardo sulla mia mano che tiene la copertina del film. Scoppio a ridere dall’imbarazzo.
– Dammi, faccio io – dice prendendo il film e scomparire dietro di me.
Non mi giro, non posso dargli l’ennesima soddisfazione. Lo scherzo diventa un’immagine così mi muovo un po’ sulla sedia, imbarazzata.
Jeremy si siede vicino a me, ma faccio finta di niente e continuo a guardare lo scherzo. – Popcorno? – chiede lui avvicinando i popcorn a me. Lo sta facendo apposta, sa che sto facendo di tutto per non guardarlo e lui sta cercando una scusa per farmi fare il contrario.
– Si, grazie – rispondo io prendendone un po’.
 
Dopo un paio d’ora il film finisce. Mi alzo dalla poltrona e lui mi segue dopo poco, mi guardo intorno per poi stiracchiarmi un po’, assonnata. Mi giro rendendomi conto di essermi appena stiracchiata davanti a Jeremy, guardo la sua reazione: ha un sopracciglio inarcato.
– Cosa? – chiedo.
– Ti sei appena stiracchiata davanti a me.
– E quindi? – chiedo io accennando una risata.
– Non è molto affascinante da vedere.
Lo guardo per un po’ e poi scoppio a ridere. – E chi vuole essere affascinante? – chiedo iniziando a scendere le scale per uscire dalla sala.
Ride e mi raggiunge subito. – Tu – risponde.
Mi giro verso di lui, incredula. – Io? – chiedo, annuisce. – No, ti sbagli – affermo ridendo. Usciamo dalla sala e mi fermo non vedendo persone in giro. Faccio una smorfia. – È inquietante – borbotto per poi guardarlo. – Non credi?
Smette di guardare davanti a lui e inizia a guardarmi, divertito. – Perché? – chiede continuando ad avanzare.
– Non c’è nessuno. È brutto.
Ride. – È  mezzanotte passata. E poi sei una cacciatrice e hai paura di questo?
Lo fulmino con lo sguardo. – Ho detto di avere paura, ho detto che è inquietante.
  – E vuol dire che hai paura.
Sbuffo, mentre lui si sta divertendo un mondo. – Non ho paura.
– Noo – risponde lui ridendo ancora di più.
Arrivati all’Istituto, entriamo. Tutti stanno ancora festeggiando. Cosa, ancora non si sa. Ci sono ragazzi che ridono, che scherzano, la musica a palla e altri ragazzi che stanno al bar. – Come fanno a bare? Voglio dire, non sono tutti maggiorenni – chiedo io avvicinandomi all’orecchio di Jeremy per farmi sentire.
Si abbassa un po’ per ascoltarmi e poi fa la stessa cosa che ho fatto io. – Abbiamo fatto un patto con il barista. Sta con una Cacciatrice e lui è solo un barista, quindi non potrebbero stare insieme.
Lo guardo incredula. Ridicolo, ridicolo, ridicolo, ridicolo. – Che cosa stupida! Non siamo degli esseri superiori!
– No, non lo siamo ma la nostra vita è pericolosa e può mettere in pericolo anche l’umano che sta con il Cacciatore, quindi è vietato. Comunque, Louis non ne sa niente di questa cosa, siamo stati noi a ricattare il barista.
– Stronzi.
– Ehi, ti abbiamo fatto un favore! – esclama lui, indignato.
Faccio una smorfia, disgustata. – Io non ho bisogno di bere.
– Cos’hai fatto prima, alla festa? E anche a quella precedente?
Socchiudo gli occhi. – Un solo bicchiere.
– Se non fosse stato per noi non avresti bevuto nemmeno quel bicchiere – ribatte lui, sorridendo falsamente.
Scuoto la testa. – Sei odioso – dico per poi andare verso Ivy, che sta ballando con Isaac, ma qualcuno mi ferma prendendomi il braccio. Mi giro, arrabbiata, ma vedo Jeremy e tutta la rabbia si consuma fino a diventare qualcos’altro. Cerca di dirmi qualcosa. – Non ti sento! – urlo io indicando le mie orecchie.
Si avvicina a me, sento l’odore dei suoi capelli e mi stanno pizzicando il naso, ma non m’importa, perché è così vicino da poterlo baciare. – Lasciali stare – mi dice.
Sbuffo, infastidita e stanca, vado a sedermi sulla prima sedia che vedo ma Jeremy mi si mette davanti e mi porge una mano. Aggrotto la fronte sperando di aver capito male. Alza gli occhi al cielo. – Balliamo? – chiede, ma io scuoto la testa. Sbuffa. – Perché no? – urla così forte che riesco a sentirlo anche da una certa distanza.
– Non mi piace ballare – urlo io.
– Va bene, allora vado a chiederlo a qualche altra ragazza – annuncia lui, istigandomi.
Alzo le sopracciglia, ancora più infastidita. – Prego – esclamo guardandolo.
Mi sorride solo per farmi innervosire ancora di più e poi va da una ragazza, anche lei sta seduta ma al contrario di me accetta subito il ballo e afferra la mano di Jeremy con molto piacere. Vanno sulla pista e lui avvicina lei con un colpo secco, lei rimane senza fiato per un po’ e poi ride. Jeremy posa le sue mani sulla schiena della ragazza e quest’ultima gli bacia il collo mettendogli le mani nei capelli.
– Vuoi ballare? – chiede un ragazzo dai capelli rossi.
Rimango a guardarlo per un po’, pensando che i ragazzi dai capelli rossi hanno sempre avuto un certo potere su di me. In più, quando vedo Jeremy avvicinare le sue labbra all’orecchio di le per mormorale qualcosa di sicuramente sexy non ce la faccio più e scoppio. – Si – rispondo quindi. Prendo la sua mano e mi lascio condurre fino alla pista. Si gira e mi mette le mani dietro alla schiena, così io metto le mie dietro il suo collo.
Le ulrime canzoni sono veramente lente e ormai anche questa è quasi finita, tutti intorno a noi si stanno baciando ma io continuo a guardarmi intorno per guardare Jeremy. Aggrotto la fronte quando mi accorgo che la ragazza che sta baciando non è quella di prima ma Biancaneve… o dovrei chiamarla Allison? Sento la rabbia bollire dentro di me, quindi mi distacco dal ragazzo. – Vado a prendermi qualcosa da bere.
Annuisce – Vengo con te. – Mi prende per mano e mi porta fino al bar.
Dopo aver ordinato qualcosa da bere mi fermo a guardare il barista mentre prepara il mio drink. Ha i capelli sparati in alto neri come il carbone e gli occhi scuri. Non si vede bene il colore a causa delle luci che illuminano il bar, ma di sicuro è molto alto. Chissà chi è la ragazza che sta con lui.
– Comunque io sono Scott – annuncia il ragazzo, presentandosi.
Lo guardo e mi rendo conto che anche lui ha gli occhi scuri. – Cassie – mi presento stringendo la mano di Scott. La stretta non sembra nemmeno quella di un Cacciatore.
– Tu sei la Whitesun, giusto?
– Già – borbotto prendendo il bicchiere e bere un po’ del contenuto. Strizzo gli occhi cercando di non sputare tutto. – Ma che è?!
– Oh, è troppo forte, per caso? – chiede lui, scoppia a ridere. – Sei così rossa che si nota anche con tutto questo buio. Vuoi veramente sapere cosa ti ho ordinato? È un miscuglio tra…
– No, no – lo fermo io. – Non dirlo, ti prego. Mi sono fermata a miscuglio. – Guardo il contenuto dentro il bicchiere e faccio una smorfia disgustata. – Da quant’è che vivi nell’Istituto comunque? – chiedo per cercare di fare conversazione, ma anche per non fargli capire che non mi piace affatto il drink e che quindi a mano a mano lo allontano da me.
– Da… tre anni, più o meno – risponde lui prima di bere il suo drink.
Mi giro per guardare la pista, o meglio, per guardare Jeremy. Il mio cuore si ferma un paio di secondi in più vedendo Jeremy e Biancaneve baciarsi ancora una volta, con più passione però; la mano di lui si abbassa fino alla fine della schiena e… Mi giro di scatto verso il barista che sta per prendere il mio drink, quindi lo fermo e mi bevo il contenuto tutto d’un sorso.
– Wow! – esclama Scott. – Non era un po’ troppo forte per te? Sbaglio o prima quasi sputavi tutto quello che avevi bevuto?
– Non fa niente – ringhio mettendo tutte e due le mani sul banco. Sbuffo. – Che ore sono?
– L’una.
– Io me ne vado allora – annuncio alzandomi dallo sgabello.
Si alza anche lui e mi ferma subito, alzo il sopracciglio, infastidita. – Dove vai? – chiede, barcollando un po’ per rimanere in piedi.
– Emh… secondo te? A dormire.
– Prima che ne dici di andare in cucina a mangiare qualcosa?
Lo guardo in silenzio pensando che in effetti non ho nemmeno cenato. – Ci sto.
 
Dopo aver mangiato un’intera scatola di gelato insieme a Scott e parlando del più e del meno mi rendo conte che non è molto sobrio, anzi. Continua a ridere come un matto alle sue stesse battute scadenti. Quando si avvicina accarezzandomi il viso guardo il suo sorriso e lo fermo sentendo l’odore insistente dell’alcol. – Sei ubriaco.
– Forse – risponde lui avvicinandosi ancora un po’.
Poso due dita sulle sue labbra per fermarlo e così lui apre gli occhi. – Ti accompagno di sopra, ok? – Senza nemmeno aspettare una sua risposta mi alzo e lo prendo per mano. Andiamo verso l’ascensore e quando capisco che dovremo aspettare un po’ mi giro a guardare Jeremy, che sta ancora con Biancaneve, eppure mi sta guardando da un po’ di tempo.
Arrivato l’ascensore trascino Scott dentro per farlo entrare e lui sbuffa, abbracciandomi. – Uff, ma io voglio rimanere. Non sono così ubriaco, in fin dei conti. – In effetti non lo è, ma lo è abbastanza per fare casini.
– Lo sto facendo per te – borbotto io continuando a tenerlo sottobraccio per farlo rimanere più dritto possibile. Una volta usciti dall’ascensore mi fermo e lo guardo dritto negli occhi, cosa molto difficile visto che sembra stare in un mondo tutto suo. – Qual è la tua stanza?
Ride. – Sinceramente? Non mi ricordo.
Lo guardo incredula. – Non fai sul serio. Come fai a non ricordarti la tua camera? Dai, non mi prendere in giro, sono stanca e voglio andare a dormire. Ti sto facendo un favore, quindi dimmi semplicemente il numero della tua stanza così la facciamo finita.
– Ti giuro, ho un vuoto! – esclama lui. – Forse hai ragione, non sono poi così sobrio.
Mi metto una mano sulla fronte, cercando di mantenere la calma. – E va bene! Allora andiamo da me. Ma se provi a baciarmi o a fare altro dormi in corridoio, è chiaro?
– Sissignora! – risponde lui prima di scoppiare a ridere. – Grazie – aggiunge quando si sdraia sul mio letto. – Non ti credevo così gentile. Perché sei così gentile con me?
Sbuffo. – Oh, non so. Forse sono i tuoi capelli – scherzo io togliendogli le scarpe con un espressione schifata. – Hai intenzione di toglierti questi vestiti? Puzzano di alcol.
Ma sta già dormendo profondamente. Alzo gli occhi al cielo e vado in bagno per prepararmi per la notte. Dopo aver finito mi metto vicino a lui ma senza avvicinarmi troppo, l’odore dell’alcol mi fa venire la nausea ma di certo non posso dormire sulla poltrona. Mi fermo pensando al fatto che sto per dormire con un ragazzo che conosco da sole poche ore.
Solo io posso essere così stupida.

Angolo Autrice:
Fine della serata, ecco a voi il 10° capitolo! A quanto pare anche Jeremy Ruterful può essere dolce... peccato che non duri più di tre ore. Purtroppo anche Cassie non è poi così simpatica con lui, entrambi devono ancora imparare molte cose sull'amore e si vede.
Se riesco a riscrivere il capitolo successivo ve lo posto oggi, perché da lunedì non potrò più postare capitoli per non so quanto tempo. Parto e non so quando tornerò, minimo starò fuori due settimane, massimo un mese; quindi cercherò di postare più capitoli possibili in questi giorni.
Spero vi sia piaciuto anche questo capitolo; mi scuso per eventuali errori; vi chiedo di recensire per farmi sapere che ne pensate dei personaggi (oggi è la giornata dei due piccioncini ma anche di Scott, nuovo personaggio che d'ora in poi sarà presente nella storia) e del capitolo in generale. Ringrazio come sempre chi segue questa storia.
Un bacio.

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Capitolo 11
*** Gli Anziani ***





Capitolo 11
Gli Anziani
 
Apro gli occhi e sento la mia guancia appiccicata a qualcosa di caldo e un po’ sudaticcio. Aggrotto la fronte e cerco la forza per ricordare tutto quello che è successo. – Oh… no – borbotto ricordandomi il tutto. Mi accorgo che il bio braccio destro è attorno a Scott e così lo tolgo di scatto. – Oh, no! – esclamo io alzandomi dal letto. – Ehi, sveglia!
– Cas… Oddio, che mal di testa! – bofonchia toccandosi la testa. – Oh, santo Dio, aiutami te. – Apre un occhio e mi guarda. – Oh, Cassie.
– Si, sono qua – borbotto io mettendomi bene il pigiama.
– Che figura di merda – bofonchia lui mettendosi di spalle. Prende il mio cuscino e se lo mette sopra la testa, come se si volesse sotterrare. Glie lo devo dire io che è un po’ troppo grande per diventare invisibile coprendosi con solo un cuscino?
– Tranquillo, non fa niente – dico io ridendo. – Facciamo così: ti porto la colazione qua e una pillola per il mal di testa. Ma dopo sarai in debito con me, tipo moolto in debito con me.
– Tutto quello che vuoi, se proprio devo ti lavo pure i piedi, basta che mi porti quella dannatissima pillola. La mia testa si sta spaccando in tanti piccoli pezzettini. Oh, Dio, che male! – si lamenta  Scott.
– Bene! – esclamo io prima di andarmi a vestire in bagno.
Mi metto dei jeans a casaccio e un maglione, mi lavo i denti ed esco dalla camera senza dire niente a Scott, che non capisco se sta dormendo o sta cercando di dormire. Faccio colazione e preparo un vassoio per il povero Scott, che starà entrando molto lentamente in coma. Così s’impara a bere così tanto, perché sicuramente quello che abbiamo bevuto insieme non era il primo drink che beveva.
– Che fine hai fatto ieri sera?
Faccio un balzo e quasi faccio uscire il caffè dalla tazza. Metto tutto apposoto e asciugo quel poco che è uscito dalla tazza, poi mi giro. – Dio! – esclamo guardando Ivy. – Che colpo. Comunque sono andata a dormire. Ero stanca morta.
– Con quel ragazzo? – chiede Ivy facendomi sbiancare. – Isaac ti ha vista salire con un ragazzo – aggiunge, come per giustificarsi. In effetti deve, perché queste sue continue uscite stanno iniziando a darmi fastidio. È come se avesse diritto di spiarmi, cosa che non ha.
– Scusa ma devo proprio andare adesso – borbotto andando per la mia strada. Ivy questa volta per fortuna capisce che si deve fare da parte e non m’intralcia, lasciandomi andare.
Per fortuna Isaac non è ancora venuto a parlarmi, cosa che credo farà tra poco. Gli do un’ora. Mi giro per guardare Jeremy, visto che sta parlando con Isaac – appunto. Entro in camera più silenziosamente possibile, così da non farmi vedere dai due ragazzi.
– Oddio, non so come ringraziarti – esclama Scott sedendosi sul letto.
Rido. – Non devi ringraziarmi, dopotutto sei in debito con me – scherzo io.
Fa una risatina. – E… la pillola? – chiede guardandomdi un po’ perplesso.
– Ah, giusto – borbotto dandomi una pacca sulla fronte. – Vado a prenderla in infermeria e torno.
Entro in infermeria e la mia infermiera preferita mi saluta. – Cassie, è successo qualcosa? – Come sempre si preoccupa troppo per me. È una donna dolce, dice di non poter avere figli ed è un vero peccato, visto che con i ragazzi e i bambini è fantastica.
– Sto bene, tranquilla. Mi serve solo una pillola per… –  Mi fermo sentendo i passi di qualcuno dietro di me. Mi giro e faccio un passo indietro: Isaac e Jeremy mi stanno guardando, entrambi con la fronte aggrottata. Ed ecco che inizia.
– Una pillola per cosa? – chiede l’infermiera.
Jeremy spalanca gli occhi facendomi diventare rossa come un pomodoro. Fantastico, ora pensa che io sia incinta o cosa?—Per il mal di testa – rispondo io guardandola.
Quest’ultima socchiude gli occhi, non tanto convinta della mia risposta. – Sei sicura? Se c’è qualcos’altro a me puoi dirlo…
– Certo, sono sicurissima – la interrompo io, prima che sia troppo tardi.
– Va bene – dice lei andando verso l’armadietto, rovista un po’ dentro e poi prende una pillola e me la porge. La prendo subito. – Se ti serve qualcos’altro basta che me lo dici – mormora lei cercando di non farsi sentire da Jeremy e Isaac, inutilmente visto che mi stanno praticamente attaccati al didietro. Annuisco, imbarazzata. – Qualsiasi cosa – ripete lei.
Rido. – Va bene, grazie ancora. – Mi giro e senza guardare nemmeno di striscio uno dei due ragazzi me ne vado praticamente correndo.
– Cassie – mi chiama Jeremy.
Alzo gli occhi al cielo ma continuo a camminare velocemente senza fermarmi. – Scusami, ma ho da fare – dico io. Ma ovviamente a lui non va bene, perché mi prende il braccio e mi fa girare. Lo guardo allarmata e imbarazzata.
– Che succede? – chiede lui con le sopracciglia aggrottate.
– Emh… che deve succedere? – chiedo io, ancora più imbarazzata. Dio, vuole veramente sapere se sono incinta? Come può credere una cosa del genere? A quanto pare non ha capito molto di me, tanto quanto io non ho capito niente di lui. O forse semplicemente entrambi non sappiamo come comportarci.
– Sai benissimo di cosa sto parlando. Non fare la finta tonta, perché non lo sei e odio quando fingi in questo modo. Dimmi cosa sta succedendo.
–Oh, quindi mi stai dicendo che non sono stupida! – esclamo io per cercare di cambiare discorso. – Bene, allora hai cambiato idea. Mi fa veramente piacere sapere che non sei così ottuso da pensare che una persona ti sta antipatica senza nemmeno averla conosciuta. Spero tu abbia imparato la lezione.
– Smettila – ribatte lui, serio.
– Senti, devo andare, sul serio – borbotto io guardandolo forse per la prima volta questa mattina negli occhi. Quando non sento più la mano di Jeremy stringermi il braccio mi sento meglio.
– Devi andare dal tipo? – chiede lui, scuro in viso.
Lo guardo male. – Prima di tutto il tipo ha un nome, e poi non sono affari tuoi dove devo andare, o con chi, o da chi. Ti è chiara la cosa?
– Cristallina – ringhia lui prendendomi in giro.
– Bene – ribatto io per poi andarmene senza guardarlo più. Non può fare così, non può baciare Biancaneve e poi fare la scenata di gelosia. Cosa sono io, un giocattolo? So che ieri sera abbiamo sbagliato entrambi, ma al contrario di lui io non sto facendo nessuna scenata.
Dopo aver portato la pillola per il mal di testa a Scott me ne vado dalla camera per lasciarlo un po’ da solo, penso che tra un po’ se ne andrà dalla mia camera, o almeno lo spero. Inizio a vagare per l’istituto, pensando a cosa fare, ma proprio non lo so e sto iniziando ad annoiarmi.
– Possiamo parlare? – chiede Ivy facendomi segno di sedermi su uno dei mille divani nel soggiorno dell’Istituto.
– Di cosa dobbiamo parlare? – chiedo io facendo come dice lei. Sembra abbastanza preoccupata e forse è meglio non farla stare sulle spine come sto facendo un po’ con tutti. La verità è che mi sembra uno di quei piccoli paesini dove tu non puoi fare una cosa che la vengono a sapere tutti. E questo lo odio.
– Del ragazzo – risponde lei sedendosi verso di me.
– Ok, allora chiedimi quello che vuoi – borbotto io incrociando le gambe e girandomi verso di lei per guardarla negli occhi.
– Avete dormito insieme? – chiede.
Rispondo senza nemmeno pensare. – Si.
– Cassie! – abbaia lei facendomi sussultare e ovviamente facendo girare tutti i ragazzi che stanno nel salone e nella sala da pranzo che stanno ancora facendo colazione.
– Cosa? – chiedo io, arrabbiata. – Potresti non urlare? Hai fatto prendere un colpo a tutti e poi si sa che la gente è molto curiosa quando non si parla di affari loro. In questo modo gli dai una ragione per ascoltare le nostre conversazioni. – Guardo male tutte le persone che ancora ci guardano, confuse e incuriosite.
– Sei andata a letto con quel tipo. Come dovrei reagire secondo te? – chiede a bassa voce Ivy, infastidita.
– Wo! – esclamo io facendo una smorfia disgustata. – Cosa? Andata a letto… Ehi, non sono andata a letto con nessuno io!
– Tu… sei strana. Veramente strana – borbotta lei alzando l’indice.
Faccio spallucce. – Lo so, questa frase l’avrò sentita almeno mille volte. Che dire, la normalità è sopravvalutata.
– Ti rendi conto che ti poteva stuprare? – chiede lei, alzando un po’ il tono di voce.
Spalanco gli occhi. –  Ivy, ma ti sei impazzita?! A malapena ha cercato di baciarmi, tra un po’ non si reggeva nemmeno in piedi. Non aveva proprio la forza per fare una cosa del genere e poi è un bravo ragazzo nonostante tutto.
–Oh, intendi a parte il fatto che era ubriaco fradicio e ha fatto in modo di dormire nella tua camera? Si, un bravissimo ragazzo! – esclama lei, arrabbiata. – Comunque, Jeremy pensa che tu possa essere incinta di quel tipo.
Scoppio a ridere. – Che cosa? – chiedo continuando a ridere. – Oh, allora è veramente così stupido!
– Già – borbotta lei. – Tra un po’ gli prendeva un colpo quando ti ha visto in infermeria. O almeno questo è quello che mi  ha detto Isaac, che a quanto pare stava con lui. Che ti ridi?! Gli stava veramente per prendere un colpo! Isaac non scherza su queste cose.
– Oddio, t’immagini? “Whitesun di quindici anni (tra un mese sedici) incinta e il padre non è l’anima gemella che si ritrova davanti ogni giorno, ma un ragazzo qualunque” – dico io continuando a ridere facendo la voce di un giornalista che dice  una notizia importantissima.
– Non c’è niente da ridere!
Smetto finalmente di ridere. – Oddio, non ce la faccio più – bofonchio con il fiatone per aver riso così tanto. – Ok, ci sono.
– Devi parlare con Jeremy. – Questa notizia non fa altro che farmi ridere ancora una volta e ancora di più. Forse c’era qualcosa nel caffè, non lo so, però non riesco a smetterla di ridere. Oh, ci sono. A quanto pare sono nervosa. – Ma che ti prende oggi?
– Io vado in camera mia – annuncio andandomene. – Ci sentiamo dopo – aggiungo tra una risata e l’altra. – Io… incinta.
– Comunque appena hai finito vai da mio padre. Ti vuole parlare! – mi urla dietro Ivy. Alzo il pollice andando verso l’ascensore.
Sto andando in camera mia quando Biancaneve esce dalla camera di Jeremy e scoppio un’altra volta a ridere. Quest’ultima mi guarda male per un bel po’. – Qual è il tuo problema, ragazzina?
– Oh, tesoro, sta tranquilla. Di certo non sei così importante da farmi ridere – esclamo io tra una risata e l’altra. – È solo che… –  Scoppio a ridere un’altra volta. – Niente. Ci vediamo in giro. – Sto per aprire la porta quando essa si apre da sola e mi ritrovo a pochi centimetri da Scott. Quando sento la voce di Biancaneve mentre bisbiglia qualcosa sogghignando mi giro verso di lei e le urlo: –  Fatti gli affari tuoi. Posso darti un consiglio? La tua pelle. Fa paura, veramente. Dovresti farti una lampada.
– Le tue critiche mi entrano da un orecchio e mi escono dall’altro, cara – ribatte Biancaneve.
Alzo le mani in segno di resa. – Peggio per te. Significa che rimarrai bianca cadaverica a vita. Quando ti uccideranno con una pistola per i vampiri non iniziare a frignare. Io te l’avevo detto. – E così lei mi lancia un’ultima occhiata torva e poi se ne va. Mi giro verso Scott e lo spingo dentro. – Se stai cercando di andartene fermati, ti devo parlare di una cosa.
– Che succede? – chiede lui, preoccupato.
– Alcune persone credono che io sia incinta e che tu sia il padre del bambino di… nemmeno un giorno – rispondo io trattenendomi dal ridere per l’ennesima volta. Faccio per uscire dalla camera, visto che sono salita solo per avvertirlo, ma lui mi ferma.
– No, no, no, aspetta – urla lui facendomi girare. – Sei incinta? Ma ieri non abbiamo fatto niente… o sbaglio?
Faccio una smorfia disgustata. – Oh, santo Dio! Certo che no! Non sono nemmeno incinta – esclamo io, schifata. – Ti pare che vado a letto con uno che è ubriaco?! Ma come diavolo pensate voi ragazzi? Solo perché tu lo sappia, io sono una ragazza molto orgogliosa. Di certo non mi accontento di un ragazzo ubriaco che non si regge nemmeno in piedi. – Apro la porta e me ne vado, arrabbiata.
– Cassie! – mi chiama lui, esasperato. – Dai, non fare così! – borbotta senza convincermi. – Guarda che io non me ne vado fino a quando non mi dici di non avercela con me! Mi metto proprio qua davanti…
– Ok, noi due dobbiamo parlare – ringhia Jeremy stringendo le mie spalle, – perché io sto dando di matto e indovina? Non mi piace dare di matto, quindi dimmi cosa sta succedendo e facciamola finita una volta per tutte.
Sbuffo, più esasperata che mai. – Non è il momento, Jeremy – dico, arrabbiata. – Devo andare da Louis. Mi vuole parlare e di certo non lo posso far aspettare. Un’altra volta, ok?
– No, non è ok. Tu ora ti fermi e fai capire qualcosa – ringhia lui.
Alzo gli occhi al cielo. – Oddio! – esclamo girandomi verso di lui. – Quello che faccio non sono affari tuoi, Jeremy. E sai perché? Perché tu continui ad incasinarti con Biancaneve e questo significa che non c’è niente tra me e te, perché di certo io non faccio parte di quel gruppo di ragazze che farebbero di tutto pur di stare con te.
Ride. – Incasinarmi? – ripete, prendendomi in giro.
– Oh, fai come ti pare! – esclamo io andandomene.
Busso alla porta dell’ufficio di Louis Dempson e la sua voce mi urla di entrare, così apro la porta. L’uomo sta proprio davanti a me, in mezzo alla stanza, seduto sulla sua sedia e chino sul libro posato sulla sua scrivania. – Cassie, eccoti qua! – esclama lui chiudendo il libro e mettendolo da parte. – Prego, siediti. Ti ho fatta chiamare perché…
– Non sono incinta – mi sbrigo a dire. – Se è per questo mi hai chiamata te lo dico subito: non sono incinta.
–Perché… – Si ferma per schiarirsi la voce. – Non… Veramente non ti ho chiamata per questo, Cassie. Mi devo preoccupare? Cos’è successo? Pensavo di non dovermi preoccupare di te in quel senso.
– Oh – mormoro io, imbarazzata. – Oh, no, no. Ok, no. Mio errore. Emh… Allora perché mi hai chiamata?
Si schiarisce un’altra volta la voce, imbarazzato forse quanto me. – Gli Anziani ti hanno convocato.
Aggrotto la fronte, ho letto qualcosa sugli Anziani e l’unica cosa che ho capito è che decidono loro cosa fare di noi, le leggi le hanno inventate loro e sembrano immuni a qualsiasi sentimento. Amore compreso. – Perché? – chiedo quindi.
– Per conoscerti. Come sicuramente avrai capito non si vedono molte Whitesun in giro – risponde Louis. – Puoi stare tranquilla, vogliono solo vederti e farti qualche domanda sulla tua vita. Io non mi preoccuperei se fossi in te.
– Si, lo so – ribatto.
– Dovrai partire dopo pranzo. Credo debba venire anche Jeremy, a quanto pare vogliono vedere le anime gemelle insieme. L’ho chiamato da un po’, sinceramente non so tra quanto… – Qualcuno bussa alla porta e così mi metto una mano sulla fronte, troppo stupita per fare altro. – Avanti – esclama Louis.
La porta si apre e così mi giro e vedo Jeremy. – Che… succede? – chiede Jeremy fermandosi all’entrata dopo avermi vista. – È per il fatto che è incinta? – chiede indicandomi con l’indice. – No, perché io non c’entro niente. Non sono così stupido da non usare protezioni per…
–  Cosa? – chiede Louis, un’altra volta imbarazzato. – Comunque no… non è per questo. Gli Anziani vi hanno convocato. Entrambi. Vi vogliono vedere.
Anche Jeremy sembra abbastanza contrario a quest’idea. – Perché?
– Vogliono conoscere Cassie e vedervi insieme – risponde Louis pazientemente. – Ovviamente siete obbligati ad andare. Non si può dire di no ad un invito degli Anziani.
– Ok, come vuoi – borbotta Jeremy. Iniziano a parlare di quando dovremo andare e di cosa dovremo dire una volta là, mi dicono più volte che non devo mentire perché così facendo l’innervosirei e basta, cosa che a quanto pare non mi conviene fare. – Va bene. Possiamo andare? – chiede alla fine.
– Si, potete andare – risponde Louis aprendo un’altra volta il libro che stava leggendo prima.
Mi alzo e me ne vado per prima, troppo arrabbiata per salutare Louis. – Cassie – mi chiama ancora una volta Jeremy. La rabbia bolle dentro le mie vene e così quando fa per prendermi la mano per girarmi lo faccio di mia spontanea volontà e gli tiro uno schiaffo. Rimane a bocca aperta per qualche secondo, che io assaporo come non mai. – Ma che sei matta? – chiede, esterrefatto.
– Come ti viene in mente di dire a Louis che sono incinta? – chiedo, alzando il tono di voce.
– Pensavo veramente fosse per quello! – esclama Jeremy, anche lui è arrabbiato ma di certo non può esserlo più di me. Dopotutto sono io quella che ha fatto la figuraccia a causa sua.
– Cosa vuoi da me, Jeremy? – chiedo quindi.
– Perché adesso fai così? – sbotta lui. – Ieri sera non mi sembravi molto contraria all’idea di uscire con me. Anzi, mi hai invitato te ad uscire!
– Perché tu ti fai i film mentali e perché dopo aver baciato Biancaneve continui a venire da me, come se io fossi aperta a qualsiasi relazione. Bé, notizia del momento, carino: non sono aperta a nessuna relazione con te!
– Perché? Perché così puoi stare con quello? – chiede Jeremy.
– Quello ha un nome, e comunque no – rispondo io, arrabbiata.
– E allora perché?
– Perché in fin dei conti quello lunatico sei tu, non io.
– Ma se sei tu quella che ieri sera sorrideva e tutto, poi mi ha detto che non le piace ballare per poi andare a ballare con un altro! – esclama lui. Ok, è vero. Non si sa chi è più lunatico tra me e lui… Facciamo una bella coppia di lunatici. – Quindi si, forse io avrò pure baciato Allison, ma tu sei andata a letto con quello! – urla lui.
– Non urlare – ringhio, arrabbiata. – E comunque mi vuoi dire che non sei andato a letto con Biancaneve, ieri sera? – Rimane in silenzio guardando per terra e il mio cuore diventa pesante, le labbra secche…. Il bello è che io non ho fatto niente di niente con Scott. – Appunto, quindi lasciami stare, Jeremy.
 
Dopo un’ora di macchina arriviamo. Il viaggio è stato abbastanza imbarazzante, siamo entrambi arrabbiati quindi non osiamo dire una parola e il massimo che facciamo è lanciarci delle occhiate torve ogni tanto. Questo è tutto.
Usciamo dalla macchina e così Jeremy inizia a parlare. – Non rispondere male, ok? Loro ti daranno fastidio apposta per vedere quanto li rispetti. Più sei stronza con gli altri e più loro ti daranno fastidio. Fanno loro la legge quindi ti possono anche mettere in prigione o uccidere se lo vogliono. Di solito non lo fanno se tu hai rispettato la legge, ma devi stare comunque attenta. – Stiamo avanzando verso questo palazzo enorme ed estremamente vecchio. – Loro hanno una spada a vicenda, ma tutte le spade sono collegate quindi ogni volta che uccidono qualcuno, i poteri di quest’uomo vanno a loro ed è per questo che hanno tutti i poteri possibili ed immaginabili. – Aspetta che io annuisca prima di bussare, per essere sicuro che io abbia capito e che sia pronta.
La porta si apre ma non c’è nessuno ad accoglierci ne ad aprirla. – Jer…
– Silenzio – ringhia lui per poi entrare; lo seguo, un po’ impaurita. – Se proprio devi prendi la mia mano – mormora accennando un sorriso malizioso.
Gli lancio un’occhiataccia ma lui sembra non notarlo visto che continua a guardarsi intorno. – Preferisco morire di paura – borbotto io guardandomi in giro tanto quanto lui.
Cerca di non ridere. – È una brutta morte, non credi?
– Lo so – ringhio .
– Venite – ci ordina qualcuno. Sobbalzo e mi metto dietro a Jeremy senza pensarci due volte. Un uomo viene verso di noi, sembra più un maggiordomo. – Salve, io sono un amico degli Anziani. Venite quindi, vi porto da loro. Vi stanno aspettando.
Jeremy annuisce e così l’uomo inizia ad avanzare. Jeremy fa una mezza risata e si abbassa verso di me. – Per fortuna che preferivi morire di paura – mi sussurra all’orecchio.
– Non ti ho preso per mano! – esclamo io, però sono imbarazzata. In effetti potevo evitare di fare la cacasotto, ma quest’uomo è sbucato dal nulla e la sua voce è abbastanza inquietante.
– No infatti, stai dietro di me, il ché è peggio – mi prende in giro lui.
Mi metto accanto a Jeremy facendo finta di non sentirlo ridere. Guardo l’enorme porta davanti a noi, grossa quasi due volte come una porta d’ingresso normale. – Ma tu ci sei mai venuto qua? – mormoro guardando Jeremy.
– Quando mi hanno proclamato Cacciatore.
– Quindi io non sono ancora una Cacciatrice – borbotto, non molto felice della nuova scoperta che ho fatto.
 – No, non ancora – risponde lui a bassa voce. Il maggiordomo apre la porta e una folata di vento attraversa il mio corpo. È così potente da farmi quasi cadere all’indietro, ma una mano mi afferra e mi tiene dritta. – Sei proprio una piuma, ragazzina – mormora Jeremy posando quasi le sue labbra sul mio orecchio. Lo sta facendo apposta, lo so, ma quel ragazzino proprio non mi va giù, è da quando ci siamo incontrati che mi chiama così. Il gioco è bello quando dura poco e questo gioco sta durando fin troppo. Scuoto il braccio fino a quando lui non toglie la mano.
– Sei proprio…
Mi mette un dito davanti alla bocca. – Non si possono dire brutte parole qua. È vietato.
Faccio per dirle lo stesso quando il maggiordomo c’interrompe facendomi sussultare un’altra volta. – Allora? Volete entrare o avete intenzione di continuare a flirtare? – chiede.
Entro con Jeremy al mio fianco, perfettamente coordinata a lui. Quattro uomini sono seduti su delle sedie che sembrano più dei trovi. Jeremy avanza e quando è a pochi metri da loro inizia a parlare. – Buonasera – li saluta accennando un sorriso. Si gira verso di me e mi fa segno di andare da lui e così a passo lento faccio come mi dice.
– Jeremy Ruterful, ci ricordiamo di te. Come stai andando? – chiede uno dei quattro uomini seduti, precisamente l’uomo seduto sulla terza sedia.
Jeremy prende la mia mano e così io glie la stringo senza nemmeno pensarci. Al diavolo l’orgoglio, questi quattro uomini fanno paura più dell’uomo di prima. – Tutto bene. Continuo a servire – risponde Jeremy guardando l’uomo senza abbassare un attimo lo sguardo.
– Bene – esclama l’uomo sorridendo. I suoi denti sono troppo bianchi per essere veri. – Sapevo che non ci avresti delusi.
– È  così – conferma il secondo uomo. Mi fermo a guardarli: hanno tutti dei mantelli neri come il carbone e dei cappucci, non riesco a vedere niente di loro, sono completamente nascosti da quei mantelli. – Quindi questa è la Whitesun.
– Buonasera – dico io cercando di non far tremare la mia voce. La verità è che sto morendo di paura e questo non è affatto da me.
Ma non è solo questo, giusto Jeremy? – chiede il Quarto.
– Esattamente – risponde Jeremy con un tono freddo. Si vede che non gli piace parlare di noi due.
– Ma c’è qualcosa che non va in voi – continua l’Anziano.
– Gelosia, paura – aggiunge il Terzo. – Si, le percepisco. – Stringo ancora di più la mano di Jeremy. – Cassie, non avere paura, non ti faremo del male. – Trattengo il respiro vedendo il Primo alzarsi. Faccio per indietreggiare quando Jeremy mi ferma, permettendo all’uomo di venire davanti a me. Si abbassa il cappuccio, mostrandosi. Ha dei lineamenti molto marcati, dei capelli neri e gli occhi bianchi. Mio dio, sono veramente bianchi? Si mette davanti a me e inizia a guardarmi. Non so se guardarlo dritto negli occhi o guardare a terra.
– Puoi guardare a terra, non è un problema – mi risponde l’uomo. Deglutisco e guardo per terra. – Non ti hanno parlato molto di noi, vero? Eppure Jeremy prima ti ha detto che abbiamo molti poteri, tra cui leggere nel pensiero. – Annuisco guardandolo negli occhi, mi fa venire i brividi… i suoi occhi mi fanno venire i brividi. – Sei molto coraggiosa, Cassie. Sei andata a salvare i tuoi amici vampiri senza pensarci e poco dopo anche a salvare il tuo amato, la tua anima gemella, da uno dei tuoi amici che alla fine non si è rivelato tale. – Annuisco e lo sguardo dell’Anziano passa da me a Jeremy. – Tutti e due avete un senso di protezione nei confronti dell’latro che quasi mi sciocca. – Torna a guardare me. – Faresti di tutto per Jeremy, non è verso Cassie? Eri pronta a morire pur di salvarlo. – Guarda di nuovo Jeremy. – E tu… sei quasi entrato in coma per lei, per salvarla da quel… Derek.
– È ammirevole. Il vostro amore è forte… Non ho mai visto un amore del genere – conferma il Terzo.
– Eppure tra voi due ci sono troppi scontri – ribatte il Secondo scendendo dal suo trono per venire da noi, guardo l’altro uomo che ha parlato fino ad ora, mi sorride e torna a sedersi. L’altro uomo si oglie il cappuccio rivelando i suoi lineamenti marcati, forse più dell’altro, con dei capelli castani e gli stessi occhi bianchi del compagno. Prende la mia mano che è ancora intrecciata a quella di Jeremy e trattengo il respiro, l’Anziano è freddissimo, quasi come il ghiaccio. Guardo Jeremy che ha lo sguardo fisso su di lui, come se non sentisse il freddo entrare nelle vene fino ad arrivare a consumare le ossa. – Tu, Jeremy… stai con un’altra ragazza, molto bella. Ma non è Cassie, giusto? – annuncia l’Anziano riuscendo a far abbassare lo sguardo a Jeremy. – Eppure tu continuo a stare con lei sapendo che sia te che Cassie provate un sentimento molto forte. – Si ferma facendo una smorfia. – Ieri sera siete andati al cinema! – esclama sorridendo. – Stava andando tutto molto bene fino a quando non siete tornati all’Istituto. – Inizio ad innervosirmi, perché sta facendo così? – Lei ha rifiutato di ballare con te e così sei andato a ballare con un’altra ragazza, ma dopo Allison vi ha interrotti e ha mandato via la ragazza. – Fa una faccia incredula. – Vi siete baciati e così Cassie è andata a bere qualcosa di molto forte e… Oh, riesco a sentire il suo dolore nel vedervi baciare. – Trattengo il respiro cercando di rimanere calma. – Così anche tu, Cassie, hai incontrato un ragazzo. Scott, giusto? La maggior parte dell’Istituto pensa che tu sia incinta di lui quando nessuno sa che tu l’hai solo aiutato visto che era ubriaco. Non c’è stato niente tra voi, ma ti piace stuzzicare Jeremy, soprattutto dopo quello che ti ha fatto ieri sera.
Sfilo la mano dalla stretta dell’Anziano e faccio un passo indietro con le lacrime agli occhi. Mi sta facendo rivivere ogni singolo secondo, riesco a vedere tutte le immagini, sia mie che di Jeremy. Vedo Jeremy in camera con Allison e lei lo sta spogliando… Scuoto la testa, mi sta letteralmente scoppiando.
– Cassie? – mi chiama Jeremy guardandomi, preoccupato.
– È normale. È più debole di te, Jeremy – dice l’Anziano guardandomi. – Fai dei respiri profondi, cara, e vedrai che andrà tutto bene. – Annuisco e faccio come dice lui. – Bene… Comunque Jeremy, devi capirla. Non è solo più debole di te ma ha anche tutte quelle immagini brutte di te ed Allison da mandare giù.
–  Vuole dire che non sono finite? – chiedo io.
L’anziano scuote la testa. – Ora vieni qua, Whitesun – mi ordina guardandomi negli occhi. Incontro lo sguardo di Jeremy, sembra preoccupato ma annuisce e mi fa segno di venire. L’uomo prende un’altra volta la mia mano e la fa intrecciare di nuovo a quella di Jeremy. Quindi… mentre Cassie si stava preparando per andare a dormire, vicino a Scott che stava già dormendo, tu, Jeremy, ti stavi… divertendo. – Riesco a vedere tutto. Tutto quello che non voglio vedere. Sento il mio viso bagnato dalle mie stesse lacrime, ma non mi posso muovere per asciugarle. – Poi la mattina Cassie si è trovata in una posizione molto dolce con Scott. – Questa volta è Jeremy a trattenere il respiro. – E Jeremy ovviamente ha dormito con Biancaneve .— Allison è appoggiata sul petto di Jeremy, riesco a sentire la pelle di Allison sulla pelle di Jeremy. – Continua respirare, Cassie, stai diventando molto pallida. Non vorrai mica perdere i sensi, vero? Comunque, poi c’è stata – ride, – la scena dell’infermeria. – Ride ancora una volta. – Jeremy, la tua faccia quando pensavi che Cassie dovesse prendere la pillola del giorno dopo è fantastica e, Cassie, il tuo imbarazzo riesce quasi a farmi imbarazzare. – Fa una smorfia dispiaciuta. – Il tuo cuore si spezza quando Cassie, oltre a darti una presunta conferma di aver passato una dolce notte con Scott, ti dice che quello che fa lei non sono affati che ti riguardano.  Siete tutti e due arrabbiati, sia con voi stessi che l’uno con l’altro, ma più di tutto siete molto tristi.
Continuo a guardare per terra quando Jeremy cerca i miei occhi. Non sento più il freddo dell’uomo, la mano quindi mi cade vicino al fianco e faccio per cadere quando qualcuno mi prende al volo. Apro gli occhi e incontro, come sempre, quelli preoccupati di Jeremy. – Tutto bene? – chiede continuando a tenermi mentre io mi rimetto in piedi, gli faccio togliere con la forza le mani dai miei fianchi.
–  Si – rispondo freddamente. Abbassa lo sguardo, colpevole.
 – Non so se ti perdonerà facilmente, Jeremy – borbotta il terzo uomo. – Sei un abilissimo Cacciatore, ma in amore non sei affatto bravo e questo mi dispiace un sacco. Avete entrambi il cuore di ghiaccio, per fortuna si può sempre sciogliere, sta a voi decidere come.
– Ok, Jeremy, ora puoi aspettare di fuori – dice il secondo uomo.
– E Cassie? – chiede Jeremy mentre il mio cuore inizia a battere veloce.
– Dobbiamo parlarle, ma tu non puoi rimanere. Mi dispiace.
– Perché no? – chiede Jeremy guardo male l’Anziano. – Dopotutto siamo destinati, no?
– Jeremy, non farmi costringere a mandarti fuori con le cattive – s’intromette il terzo Anziano. – Non mi far rimangiare le parole, so che lei è importante per te ma non le faremo del male.
Guardo Jeremy, impaurita. Ti prego, non andare, penso.
La sua espressione si fa più dolce. – Per favore, fatemi rimanere qua. Mi metterò da una parte, ma, vi prego, non fatemi andare via – li prega Jeremy.
– Mi dispiace, mio caro Cacciatore – risponde il quarto uomo, – ma dobbiamo rimanere per forza da soli con Cassie Moonic.
Guardo ancora una volta Jeremy ma quando fa per dire qualcosa lo fermo. – Vai – gli ordino con una voce tremolante. – Tranquillo, hai sentito, no? Non mi faranno del male – continuo guardandolo.
Annuisce, si gira ma continua a guardarmi. – Sto qua, dietro questa porta – annuncia lui. Annuisco e così se ne va.
– Siediti pure. – Mi giro sentendo il rumore di una sedia che viene trascinata dietro di me, peccato che nessuno la stia trascinando. Trattengo il respiro e all’inizio sono tentata d’indietreggiare, ma alla fine mi metto seduta senza dire niente. – Allora… e così tu sei la Whitesun. Tu e Jeremy siete motlo carini insieme ma tu sai che lo scopo della tua vita non è quello di salvare lui, ma di salvare tutti noi dai vampiri e dai lupi mannari – conclude il Terzo.
– Non farò mai una cosa del genere – rispondo io.
Tutti si abbassano i capucci. – Oh si che lo farai – ribatte il Secondo. – Sennò la tua vita sarà piena di dolore.
– Sei nata per uno scopo ben preciso, Cassie – dice invece il Terzo.
– Non farci arrabbiare – continua il Secondo guardandomi in un modo che mi fa venire i brividi, sembra concentrato completamente su di me. Il mio cuore inizia a battere velocemente, il mio respiro accellera… Sto per avere un infarto?
– Smettila! – ordina il Quarto guardando il Secondo. – Scusalo – borbotta guardandomi. – Non gli piacciono le Whitesun.
– Già, forse perché non sanno fare il loro lavoro – ringhia il Secondo.
– Forse perché il lavoro che ci fate fare è orribile – ribatto io. Sobbalzo ritrovandomi il Secondo Anziano davanti a me dopo un secondo.
– Eppure Jeremy ti ha detto di non risponderci male – dice prendendo il mio viso con forza. Il freddo penetra nel mio cervello e le unghie mi rigano il viso. Apro gli occhi e il secondo dopo sono a terra, dopo aver sbattuto contro un muro. – Oh, il tuo amato sta cercando di entrare – comunica mentre io mi metto seduta.
– Non essere così scortese – lo ammonisce il Quarto. Il Secondo mi sorride e va a sedersi vicino i suoi compagni senza aggiungere altro.
– Stavamo dicendo? – chiede il Terzo. – Sei nata per questo, Cassie, e ora che Iris ti ha lasciata e hai capito che la maggior parte di loro sono cattivi, è ora di capire che devi trovare quella spada e ucciderli tutti. -- Lo guardo. ? Loro ti daranno fastidio apposta per vedere quanto li rispetti. Più sei stronza con gli altri e più loro ti daranno fastidio. Fanno loro la legge quindi ti possono anche mettere in prigione o uccidere se lo vogliono aveva detto Jeremy, e aveva ragione. – Ci penserai? – Annuisco e l’uomo mi sorride. – Puoi andare allora. Il tuo amato ti sta aspettando e si è tranquillizzato.
– È stato un piacere conoscerti, Whitesun – mente il Secondo.
– Arrivederci – mormoro io.
Faccio per andarci quando il Terzo mi ferma, il mio cuore fa un balzo, me ne voglio andare da qua. – Oh no, aspetta – esclama. – Mi savo quasi per dimenticare di proclamarti Cacciatrice.
– Ma… così presto? – chiede il Secondo.
– È pronta, lo sento. Ha già uccido demoni e s’è cavata molto bene – risponde il Terzo continuandomi a guardare con un sorriso fiero.
– Va bene, allora… Jeremy Ruterful, entra – borbotta il Secondo Anziano.
Sento i passi di Jeremy e quando mi giro lo vedo, fa un sospiro guardandomi e poi si mette vicino a me. – Ditemi – dice lui.
–  Devi fare da testimone – risponde il Terzo.
Jeremy spalanca gli occhi. – La nominate già Cacciatrice? – chiede.
Tutti annuiscono ma solo il Terzo si alza, prende la sua spada e quando la alza indietreggio. – Tranquilla – mi dice venendo più vicino a me. – Serve a farti Cacciatrice.
Guardo Jeremy. – Inginocchiati – mormora lui. Faccio come mi dice e il Terzo Anziano è davanti a me con la spada affiancata al suo bacino. La alza e la posa sulla mia spalla destra. – Io, Elija Terzo, ti proclamo Cacciatrice. – Sposta la spada dritta al cuore. – D’ora in avanti dovrai proteggere il mondo dal male e fare qualsiasi cosa pur di far tornare la pace in questo mondo pieno di demoni pronti ad uccidere chiunque per puro divertimento. – Si ferma per farmi uno strano segno sulla pelle. Faccio una smorfia, sentendo la spada ferire la mia pelle e bruciarla ma non mi muovo. – Puoi alzarti. – Mi alzo sentendo una strana energia dentro di me. – Ora puoi andare, Cacciatrice.
– Arrivederci – li saluta Jeremy, più serio che mai.
– Arrivederci – dico io continuando a sentire delle scariche di adrenalina.
Una volta entrati dentro la macchina, Jeremy fa un sospiro. – Ho sentito un botto prima, quando si rimasta sola con loro. È successo qualcosa?
– Niente di cui preoccuparti – rispondo io freddamente guardando tutto tranne che lui.
– So che sei arrabbiata con me, ma ieri sera pensavo veramente tu fossi andata a letto con quel ragazzo, Scott.
–Accendi l'auto, Jeremy. Voglio tornare all’Istituto.

Angolo Autrice:
Ci sono riuscita! Questo è il secondo capitolo in un solo giorno. Per oggi è tutto, domani cercherò di pubblicarne altri due ma non sono sicura di farcela.
Mi scuso per eventuali errori, vi chiedo per favore di recensire facendomi sapere cosa pensate di questo capitolo e ringrazio quelli che seguono questa storia.
Un bacio e a domani.

 

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Capitolo 12
*** Mangiatori di Cacciatori ***






Capitolo 12
Mangiatori di Cacciatori
 
Delle risate mi fanno cadere dalle nuvole. – Andiamo, andiamo – esclama quel qualcuno. Mi siedo e dopo aver sentito uno strano rumore apro la porta.
Alzo gli occhi al cielo sentendo la musica provenire dal salone. – Oh, mio Dio. Un’altra festa. Sul serio?! – borbotto mettendo una mano sulla fronte. – Un’altra festa – ripeto chiudendo la porta, pronta a rimettermi a letto. Di certo non inizierò a prepararmi per festeggiare un’altra cosa anonima. Forse il compleanno del cane che ancora non esiste. Potrei festeggiare il fatto che io e Jeremy andiamo dal male in peggio, anche se di certo per me non è proprio una fantastica notizia. Quel ragazzo m’interessa più di quanto io riesca ad ammettere, e lo odio per questo.
Qualcuno bussa alla mia porta e quando vado ad aprire mi ritrovo – Scott?
– Che ci fai ancora così? – chiede indicando il mio pigiama con una smorfia disgustata, che all’inizio mi fa mettere il broncio: il mio pigiama è dolcissimo con le paperelle e tutto il resto.
– È stata una lunga giornata, Scott – borbotto io. – Non mi va di andare all’ennesima festa.
–  Dai, su! – esclama lui. – Che succede?
Rimango in silenzio per un po’, decidendo su cosa dire. – Non mi sento bene – dico semplicemente, mentendo.
– Oddio! Ti hanno proclamata Cacciatrice? – esclama lui. – Così presto? Di solito devi stare qua almeno due anni.
– Io combattevo i demoni pure prima di venire qua.
– Allora sarà per questo – risponde lui. – Dai, allora vieni? – chiede, scuoto subito la testa. – Fatti una doccia e vestiti. Ti aspetto giù e se non vieni tu ti ci porto io e farò vedere a tutti con quali indumenti osi ancora dormire. – Fa per andarsene quando si ferma. – Come amici.
Sbuffo andando a farmi una doccia, mi asciugo i capelli per poi farmi la piastra. Mi trucco e mi metto il primo vestito nero che vedo: abbastanza corto e scollato dietro con i tacchi color carne. Si vede che i vestiti non li ho comprati io ma Ivy.
Esco dalla camera e scendo le scale solo per sbrigarmi visto che voglio andare a mangiare. Come sempre non ho cenato e ora sto morendo di fame. Non faccio in tempo ad andare in salone che sto già in cucina, pronta a mangiarmi anche gli scaffali.
Però sento i passi di qualcuno e quando mi giro vedo Allison. – Cosa c’è, Allison?
–  Tu mi stai sul cazzo – annuncia lei, a quanto pare non molto sobria. – Arrivi e ti prendi Jeremy, e dopo più o meno due mesi ti fanno già Cacciatrice – continua tenendo in mano un bicchiere che tra un po’ cadrà a terra. – Tu sei troppo piccola per lui. Scommetto che sei pure vergine. – Ride. – Io invece non lo sono e si vede!
Mi trattengo dallo scoppiare a ridere. Oh si, si vede, sta tranquilla. – Ok, ti chiamo Jeremy, eh – dico io andando verso la porta, però Allison mi prende il braccio e lo stringe obbligandomi a girare.
– È  tutta colpa tua – ringhia spingendo, mi fa quasi cadere. – Stupida ragazzina, non dovresti metterti i tacchi se non li sai nemmeno usare.
Esco fuori dalla cucina per cercare Jeremy, poco dopo lo vedo, seduto su una sedia guardando tutti i ragazzi ballare, fa per dire qualcosa ad Ivy quando urlo: –  Jeremy!
Quest’ultimo mi guarda dalla testa ai piedi e si alza dalla sedia. – Sei… Che succede? – chiede.
–  Allison ha bevuto un po’ più del dovuto e sembra incazzata con me. Portala via, per piacere. – Mi fermo a pensare l’ultima volta che ci siamo parlati. Eravamo appena entrati nell’Istituto e lui mi ha fermato dicendo di aspettare, che mi doveva spiegare tutto; gli ho detto di smetterla, che avevo sonno e quando lui mi ha chiesto di ascoltarlo un secondo io gli ho risposto di no e me ne sono andata.
– Brutta ragazzina – ringhia Allison venendo verso di me, vedendola arrivare correndo mi scanso all’ultimo e così va a sbattere contro un tavolo. Devo veramente cercare con tutta me stessa di non scoppiarle a ridere in faccia, cosa che in questo momento, con lei spappolata sul tavolo, sembra impossibile.
– Allison – la rimprovera lui, stufo, l’aiuta ad alzarla. – Cosa stai facendo, Allison? Perché hai bevuto così tanto. Ti accompagno in camera, forza.
– Che ci facevi con lei, eh? Cos’è che non capisci del fatto che è stupida. – Aggrotto la fronte per poi scoppiare a ridere. – Che ti ridi?! – urla lei. Lascia andare Jeremy, prende la rincorsa e si butta per prendermi ma anche questa volta mi scanso e così lei cade a terra. È troppo facile così! Scoppio a ridere un’altra volta.
– Cassie – borbotta lui, arrabbiato.
– Cosa? – chiedo guardandolo. – Che faccio? Mi faccio prendere così mi mena? No, grazie.
– Oh, ma dai! Non ha nemmeno la forza di reggersi in piedi, figuriamoci per menare un’altra ragazza che oltretutto è anche sobria.
– A quanto pare si, invece – ringhio io. – Prendila e portala in camera. Sta facendo un casino assurdo e soprattutto si sta rendendo molto ridicola. – Gli lancio un’ultima occhiata e poi me ne vado di nuovo in cucina. La musica ricomincia e così tutti iniziano a ballare mentre io me ne sto qua in cucina. Mi faccio un panino e mi siedo, pronta a finirlo in pochi secondi.
Poco dopo aver finito di mangiare qualcuno apre la porta, quando mi rendo conto che si tratta di Jeremy butto la carta nel cestino. – La cucina è occupata – dico dopo aver sbuffato.
– Direi che è abbastanza grossa per ospitare due persone – ribatte lui.
– Fidati, non lo è – rispsondo io, arrabbiata. – Te ne devi andare. Perché non vai a vedere come sta Allison? L’ultima volta che l’ho vista era spiaccicata per terra, e poco prima aveva fatto la stessa cosa con il tavolo. – Sogghigno.
– Perché non mi hai detto che non eri andata a letto con Scott? – chiede lui, cambiando completamente discorso.
– Perché avrei dovuto? Perché devo sempre essere io quella che non fa niente? Quella che rimane ferma a guardare? Prima o poi farò qualcosa, Jeremy, e quel qualcosa sarà così grande da fare in modo di minimizzare tutte le cose che stai facendo, che hai fatto e che farai.
– Tu non fai niente? Hai baciato prima Derek e poi la sirena!
– E bé? Tu sei andato a letto con Allison più o meno tremila volte allora – urlo io, arrabbiata. Rimane in silenzio. – Quindi perché non mi fai un favore e te ne vai?
– Perché non sono qui per farti favori. – Gli lancio un’occhiataccia. – Noi ci possiamo divertire insieme, come ieri sera alla libreria! Ci siamo divertiti. Siamo stati insieme. È stato bello e tutto sembrava perfetto.
– Forse non voglio stare con te – rispondo io guardandolo. Appoggio i gomiti sul tavolo da lavoro che ci separa. Mi guarda scioccato. – Forse non voglio stare con te, forse sono l’unica ragazza che non vuole stare con te.
– Non è possibile – ribatte lui.
– Perché? Perché siamo destinati? Io me ne infischio, fidati – esclamo io.
– Ok, allora guardarmi negli occhi e dimmi che non provi la stessa cosa che io provo per te – dice avvicinandosi a me, sfidandomi come sempre.
Rimango a guardarlo dritto negli occhi, pronta a dirgli che non provo niente per lui ma senza dirlo veramente. Fisso i suoi occhi celesti e mi chiedo come possano, degli occhi, essere così belli. Così blu e celesti. Così perfetti. – Ho detto che non voglio stare con te, non che non provo qualcosa per te – rispondo io.
– Non ha senso – esclama lui alzando le mani al cielo.
– Oh si, invece – dico io mettendomi dritta per poi uscire dalla cucina.
– Non è colpa mia se ti hanno fatto vedere le scene di me ed Allison – dice Jeremy, non sapendo cos’altro dire. Mi fermo di scatto sbarrando gli occhi, quando mi giro per guardarlo sembra allarmato ma allo stesso tempo convinto. È una roccia, rimane fermo, in silenzio, sapendo di aver detto una cosa che di certo non l’avrebbe aiutato. Così faccio per andarmene ma ovviamente a lui ancora non va bene, perché mi prende un’altra volta il braccio e fa per girarmi ma io lo anticipo.
– Jeremy, stai esagerando. Lasciami subito – ringhio io.
– Mi dispiace davvero, Cassie. Io…
– Cassie – c’interrompe Scott. Lancia un’occhiataccia dietro di me e continuando a guardare Jeremy chiede: – Va tutto bene?
– Si, tranquillo. Andiamo? – rispondo. Scott annuisce, mi prende la mano e mi trascina fuori. Non dico niente, sono contenta di andarmene e non mi volto indietro nemmeno una volta. Jeremy sta esagerando, ha fatto quello che ha fatto e ora ne paga le conseguenze. Non ho bisogno di lui, non ho proprio bisogno di un ragazzo ora come ora. Devo solo pensare a me stessa.
Dopo ore non ce la faccio più, la serata continua a passare molto lentamente e più andiamo avanti più diventa noiosa. Ma a quanto pare non per gli altri, tutti continuano a ballare, urlare, scherzare, ridere. Per esempio Isaac sta baciando… Aspetta, quella non è Ivy! Mi alzo di scatto dalla sedia e così Scott smette di parlarmi.
– Cassie, che succede? – chiede Scott alzandosi.
– Quello – dico puntando Isaac – è Isaac.
–Ok – risponde lui, non capendo quale sia il problema. – E quindi?
– E quella non è affatto Ivy – finisco io guardando Isaac più arrabbiata che mai. L’ultima volta che ho controllato stavano insieme, si baciavano e abbracciavano come due amanti modello. E adesso? Lui sta baciando un’altra ragazza. Se si fossero lasciati Ivy me l’avrebbe detto.
– Immagino che Ivy sia la ragazza di Isaac – borbotta Scott, cupo.
Annuisco continuando a guardare Isaac mentre bacia una ragazza che non ho mai visto. – Scusami… Scusami, devo andare – bofonchio io prima di andare in mezzo alla pista. Spingo tutta la gente facendo finta di niente ma di Ivy non c’è traccia ed è molto strano visto che la festa l’ha organizzata lei, come sempre d’altronde, però non l’ho mai vista allontanarsi da una delle sue feste. Continuo a girarmi intorno fino a quando non vedo Liam, la sirena.
Aggrotto la fronte e mi avvicino a lui. Nessuno fa caso ai suoi occhi… perché? – Cosa…?
– Ciao – mi saluta lui sorridendomi.
– Ma non capisco…. Voi sirene non potete entrare qua. Come hai fatto ad entrare? Te ne devi andare, Liam. Cosa… Cosa ci fai qua?
– A quanto pare si – risponde lui ridendo. – Sai, ti sta molto bene questo vestito. Dovresti metterti più spesso i vestiti.
La musica si ferma e così mi giro, allarmata. – Dov’è Jeremy? Cosa sta succedendo? – chiedo guardando Liam. – Dimmelo, sirena. Dimmi cosa diavolo sta succedendo. Voi non potete entrare, ci sono le protezioni. Come avete fatto a sorpassarle?
– Tranquilla, va tutto bene – mi dice lui prendendomi il viso, lo guardo dritto negli occhi pronta a sentire la sua canzone inquietante, ma più passa il tempo e più capisco che non inizierà. Trattengo il respiro capendo che non è realmente lui.
– No – mormoro io indietreggiando. Alcune persone iniziano ad urlare, mi guardo intorno e… siamo immersi dai mostri. Mi metto una mano davanti la bocca per non urlare e qualcuno si mette a ridere dietro di me. Mi giro e sussulto vedendo un mostro enorme, indietreggio, impaurita, e poi è più forte di me: urlo. Inizia a venire verso di me ed io non so cosa fare se non scappare, indietreggiare, sperando di non inciampare. Non ho nessuna spada, nessuna pistola, non ho nessun’arma.
– Cassie! – urla Scott, corre verso di me con gli occhi spalancati e la spada nel suo fodero.
– No, Scott! – urlo io guardandolo, distraendomi il mostro ne approfitta e mi prende per la gola. Non sento più il pavimento sotto i miei piedi, l’aria non riesce ad entrare per arrivare fino ai polmoni… Apro gli occhi e mi accorgo di essere realmente per aria, con il mostro che mi tiene solo per la gola non facendomi respirare. Provo a muovermi, a tirare pugni e calci ma sono troppo lontana dalla sua faccia.
Scott indietreggia un po’ con gli occhi sbararti e poi scappa. Rimango a bocca aperta e il mostro si mette a ridere ancora una volta. – Questi maschi… sempre così cacasotto. – Lo guardo dritto negli occhi completamente neri, sono orribili. È almeno di tre metri e di occhi ne ha tre, ha delle braccia finissime e le mani enormi con degli artigli non troppo lunghi per fortuna. Eppure io continuo a non respirare e non ce la faccio più a sopportare questa sofferenza: mi sembra di sentire i miei polmoni scoppiare. Poi il mostro urla e dopo poco tempo lascia la presa e mi trovo a cadere da tre metri di distanza dal pavimento, eppure in qualche modo riesco a mettermi in piedi nonostante l’altezza, prendo una spada che è a terra. – Prendila – urla qualcuno proprio mentre sto facendo quello che mi sta dicendo lui. Guardo il mostro, che è ancora vivo ma non riesce ad alzarsi.
Cassie sento la voce di Jeremy nella mia mente e il mio cuore si ferma per prendere la rincorsa , trattengo il respiro cercando di capire cosa c’è che non va in lui, perché sento che qualcosa non va bene. Mi metto sopra il mostro, punto la spada e la infilzo nel cervello del demone. Faccio un sospiro per cercare di non vomitare e faccio per andare a cercare Jeremy quando un altro mostro mi prende per le gambe facendomi ribaltare. – Bambina, ti hanno appena fatta Cacciatrice, non mi puoi uccidere – ringhia facendomi mettere a testa in giù, mi mette davanti la sua faccia e apre la bocca. Quando mi rendo conto che mi vuole mangiare viva urlo più che posso. – Jeremy! – urlo io un’altra volta, cercando in qualche modo di farmi ascoltare da lui. Impugno bene la spada  e faccio in modo che s’infilzi dentro la bocca, chiudo gli occhi sentendo il sangue bagnarmi il viso e il braccio. Cado su di lui dopo che ha lasciato la presa, cerco di prendere la spada che esce dalla sua bocca ma il demone si muove un po’ facendomi cadere. La caviglia inizia a farmi male e ad essere come più pesante. Dopo essermi tolta i tacchi corro più veloce che posso e salto sulla sua faccia per prendere la spada una volta per tutte. Dopo averla presa rimango sbalordita da quello che ho appena fatto e rimango ferma a guardare i suoi occhi socchiusi mentre il sangue continua ad uscirgli dalla bocca. Quando inizia a muoversi di nuovo, ululando per il dolore, gli do il colpo di grazia alzando la spada il più possibile, per poi infilzarla nel petto, il più vicino possibile al suo cuore.
Alzo lo sguardo vedendo un’altra spada e mi trovo accanto Isaac, determinato e concentrato, mentre guarda il mostro diventare grigio, poi dice una frase che non riesco a capire e il mostro scompare. Cerco di chiedergli come ha fatto ma lui non mi sente e se ne va correndo per uccidere altri mostri visto che ne siamo pieni.
– Jeremy – mormoro io ricordandomi la sua voce. Inizio a correre schivando mostri e persone in cerca della mia anima gemella, la caviglia mi fa ancora male ma è niente in confronto alla paura di perderlo. – Jeremy! – urlo io. Un mostro sta per cadere e così mi sposto il più veloce possibile e vedendolo a terra ne approfitto, salgo su di esso e, dopo aver impugnato bene la spada, gliela punto dritta al cuore. Cerco di capire quello che devo dire quando ogni demone muore… e mi ricordo così dico esattamente le stesse parole che ha detto poco prima Isaac e il mostro scompare, tornando all’Inferno.
– Grazie – dice qualcuno prima di correre via.
Faccio lo stesso, continuando ad urlare il nome di Jeremy, poi però inciampo accidentalmente su qualcosa… o qualcuno. Apro gli occhi e incontro quelli aperti di una ragazza morta, i suoi occhi sono come velati. Mi alzo di scatto indietreggiando con una mano davanti la bocca e le lacrime che minacciano di uscire.
– Cassie – urla qualcuno, mi guardo intorno e vedo Scott, ma più di tutto vedo un mostro venire verso di me ed è questo il motivo per cui Scott mi ha chiamata: mi voleva avvisare. Trattengo il fiato e all’inizio indietreggio, visto che non sono ancora abituata a vedere bestioni enormi corrermi incontro e non di certo per darmi baci ma per mangiarmi. Prendo anch’io la rincorsa e scivolo tra le sue gambe e con due movimenti veloci cerco di tagliargliele, riuscendo a tagliargliene solo una. Esso però cade comunque a terra, Scott ne approfitta, sale su di lui e gli taglia il collo. Rimango a bocca aperta fino a quando il mostro non scompare.
– Scott – lo chiamo io scuotendogli le spalle per fare in modo che mi ascolti. – Hai visto il ragazzo che stava con me prima? – Quando scuote la testa capisco che non l’ha visto così lo lascio e corro via, ancora in cerca di Jeremy.
– Cassie! – tuona Louis, mi giro per guardarlo. – Fai il tuo lavoro! – Spalanco gli occhi vedendo il mostro con cui sta combattendo Louis cadere a terra e diventare grigio dopo una sola mossa da parte del preside. A quanto pare c’è un motivo se è quello che è.
– Dov’è Jeremy? – chiedo io.
– Non lo so, ma non puoi pensare a lui adesso – risponde Louis prima di andarsene.
Mi guardo intorno, ci sono ancora tanti mostri, una ventina se non di più ma io sono stanca e voglio solo trovare Jeremy. Cerco di concentrarmi per sentire il cuore di Jeremy e quando ci riesco capisco che c’è veramente un qualcosa che non va visto che i suoi battiti sono irregolari, dopo poco tempo vedo tutto sfogato e solo un posto non lo è: dove si trova Jeremy.
– Jeremy! – urlo io andando da lui il più veloce possibile senza pensare a quello che sono stata capace di fare per trovarlo. Mi siedo di corsa. – Jeremy.
– Cassie – mormora li. Devono avergli morso, non ha un bell’aspetto e non è affatto un morso di un vampiro. Ha una sostanza nera che sembra stia cercando di entrare nella ferita e il suo respiro è veramente troppo irregolare.
– Dimmi cosa devo fare – dico piangendo. – Ti prego, dimmi solo cosa devo fare ed io la farò. – Gli accarezzo i capelli. – Per favore.
– Devi combattere – mormora lui socchiudendo gli occhi.
– No, no. Ehi! Io non ti lascio qua, è chiaro? – ringhio io. Sento i passi di qualcuno di veramente grosso sempre più vicini a noi così giro la testa: un mostro ci sta puntando, così mi alzo e corro da lui sentendo Jeremy urlare il mio nome, preoccupato. Prendo la spada con tutte e due le mani e faccio un balzo lasciando la spada infilzata nella gamba del demone, così esso cade a terra, in ginocchio, permettendomi di prendere la spada. Gli giro intorno mentre lui cerca di prendermi e quando sono dietro di lui salto un’altra volta e tiro la spada per infilzarla nella schiena. Cade subito a terra ululando, salgo su di lui e miro verso il cuore. Diventa grigio solo dopo l’aiuto di un’altra persona: Louis.
– Porta Jeremy in ascensore. Se ne occuperanno le infermiere, stanno aspettando di sopra tutti i feriti. Vai! – mi ordina lui.
Annuisco e corro un’altra volta verso Jeremy. – Ehi, Jeremy – dico sedendomi vicino a lui, è ancora più pallido. – Ti devo portare in ascensore. – Scuote la testa lamentandosi. – Lo so, scusami. – Lo prendo per le braccia e passo le mani sotto le sue ascelle per prenderlo meglio, più andaimo avanti e più Jeremy lascia una scia di sangue. È veramente faticoso trascinarlo, sono troppo piccola per riusciare a trascinarlo senza problemi, infatti poco dopo cado a terra, sfatta e faccio una smorfia: la caviglia.
– Lasciami qua – dice Jeremy. Lo guardo male e poi mi alzo un’altra volta prendendolo. – Stai facendo una cazzata, Cassie. – Tossisce.
– Stai zitto, cretino – tuono io, piangendo. Dopo un’eternità riusciamo ad entrare nell’ascensore, ci sono altre persone sdraiate, tra cui delle persone morte. – Ehi – mormoro prendendo il suo viso. – Non puoi morire, hai capito? – chiedo guardandolo dritto negli occhi, fa un sorriso forzato. – Se muori ti uccido, hai capito? So che non ha senso, ma l’avrà se morirai, ok? – Ride per poi tossire. – Non ridere, stupido. Dico davvero – continuo accarezzandogli il viso. – Io… Tu non puoi morire.
– Stai piangendo – mormora lui chiudendo gli occhi. – Stai piangendo per me.
– No, no, ehi! – esclamo io dandogli uno schiaffo. – Non osare chiudere gli occhi. – Sorride un’altra volta. – E non sorridere! Qua non c’è niente da sorridere.
Ma lui sorride ancora di più. – Sorrido per non ridere – mormora per poi tossire. Toglie la mano da davanti la bocca e riesco a capire che è imbrattata di sangue. – Oh… che carino! – esclama.
A me invece mi viene da vomitare, ma per fortuna le porte dell’ascensore si aprono e delle infermiere vengono da noi. – Ha sputato sangue – le informo io mentre lo portano fuori. – Lo dovete salvare, ok? Avete capito?
– Si, abbiamo capito, ma ora devi andare ad aiutare gli altri – risponde un’infermiera portandolo via correndo.
Annuisco a me stessa e scendo le scale per continuare a combattere. Un’altra volta. Ci sono ancora molti demoni, troppi. Uno di questi sta per mangiare un bambino, corro impugnando bene la spada e con tutta la forza che ho taglio le sue gambe. Il bambino fa per cadere a terra e così calcolo più o meno dove dovrebbe cadere e mi metto là. Lo prendo al volo e gli sussurro: – Scappa. – Il bambino annuisce e corre verso l’ascensore, riesco a vedere che ha una ferita, ma per fortuna non è niente di ché.
Quando mi ricordo che non ho ancora ucciso il demone è troppo tardi, mi stringe la pancia, i suoi artigli mi fanno male e così urlo. Cerco la spada ma mi è caduta a terra quando il mostro mi ha presa. Mi avvicina alla sua bocca mentre io continuo a cercare una via d’uscita. Cerco di graffiarlo con le mie unghie ma a malapena fa qualche smorfia e ormai riesco a vedergli le tonsille. Il mio cuore batte forte ma per fortuna dopo un po’ non sento più gli artigli nella mia pancia. Chiudo gli occhi pensando di stare per entrare nella sua bocca ma cado sul pavimento facendomi male.
– Cassie, alzati! – mi urla Louis, incontro subito i suoi occhi verdi e preoccupati. – Ce la faci a combattere? Vuoi che ti porto all’ascensore? – Scuoto la testa e mi alzo sentendo l’adrenalina entrare di nuovo in circolo. Mi aiuta ad alzarmi e corre via per uccidere altri demoni con pochi movimenti della mano. Quest’uomo adesso mi fa paura.
Corro verso un bambino che sta piangendo guardando un demone correre verso di lui, pronto a mangiarlo vivo. Prendo la spada al volo e sposto il bambino bruscamente e così il mostro prende me invece che lui. Aspetto cercando di non pensare alle parti del corpo che mi fanno male e quando sono abbastanza vicina alla sua faccia punto la spada verso il suo occhio e la infilzo. Esso ulula buttandomi a terra, spada mi raggiunge dopo pochissimo e così corro a prenderla mentre il mostro continua tenersi l’occhio. Gli esce del sangue nero, dandomi la conferma – che non mi serve – che è un demone. Gli taglio le gambe per farlo cadere a terra e dopo poco diventa grigio. Ripeto le parole in latino e tutto d’un tratto sono sul pavimento.
Ormai non c’è più quasi nessun mostro ma una ragazza è in difficoltà, corro da lei e l’aiuto tagliando del tutto la testa del demone. – Grazie – bofonchia lei, sotto shock. Annuisco dandole una pacca affettuosa sulla spalla e poi corro via.
Louis sta combattendo con un demone dagli occhi rossi, il ché significa che è il capo di tutti questi mostri che abbiamo ucciso. Tutti vanno ad aiutarlo ma io deciso di aiutare i bambini a salire nel piano successi e aiuto quelli che sono feriti o che stanno per essere mangiati. Intanto il mostro-capo cade a terra e tutti gli salgono sopra, pronti a farlo a pezzi. Ho letto una volta su un libro che il capo dev’essere fatto a pezzi e bruciato. Però intento un mostro va verso il suo capo, pronto a salvarlo, perciò corro verso di lui e salto lanciando la spada che s’infilza nella pancia del demone facendolo urlare. Si toglie la spada e me la lancia, spalanco gli occhi e cerco di schivarla ma prende il mio braccio. Un urlo incontrollabile esce dalla mia bocca e poco dopo sento il sangue nella mia bocca mentre cerco di togliere la spada che mi attraversa il braccio.
Un ragazzo si mette davanti a me con lo sguardo un po’ impaurito. – Ti sto per togliere la spada – annuncia lui.
Scuoto la testa facendogli capire che non voglio, che ho paura, ma lui lo fa lo stesso ed io urlo ancora per il dolore. Si strappa la stoffa della camicia e me la mette attorno. – Grazie – bofonchio io prima che lui se ne vada ad uccidere il capo.
– Ivy? – chiedo guardando Louis, che ha il fiatone, è ricoperto di sangue che fa contrasto con la sua faccia bianca come un lenzuolo.
– Sta in infermeria – risponde lui.
Rimango in silenzio per un po’ guardandolo negli occhi. – Io…
– Hai fatto un bel lavoro, Cassie – cerca di tranquillizzarmi Louis. – Hai dato tutta te stessa, hai aiutato alcuni bambini… Puoi andare.
Salgo le scale il più veloce possibile e una volta arrivata in infermeria mi fermo a guardare tutte le persone che sono sdraiate e che si lamentano sui letti affiancati. Le infermiere si muovono velocemente andando prima da un paziente e poi dall’altro. Qualcuno urla che un paziente è pronto per essere operato, i chirurghi corrono da una parte all’altra… Ma Jeremy non c’è.
– No, no, no, no. Dov’è Jeremy? – chiedo scoppiando a piangere.
La mia infermiera preferita si ferma. – Stai calma, Cassie, ok? – dice lei.
– No, non sto calma! Dov’è Jeremy? – chiedo io. Sento il mio cuore rotto, come se mi fosse passato sopra un tram, come quando sono morte delle persone a me care.
– Calma – ripete lei.
– Cassie – mi chiama un uomo, un chirurgo. – Lo stanno operando – mi risponde posandomi una mano sulla spalla per tranquillizzarmi.
– Lo stanno… Si riprenderà?
– Questo ancora non si sa, mi dispiace – risponde lui.
Non riesco a respirare. – Non si sa? – chiedo io, annuisce. – Lui… non può morire. Non può morire. Noi siamo destinati – rispondo piangendo. – Ci siamo trovati! Lui non può morire! – Tutta la stanchezza prende il sopravvento, l’adrenalina ormai è volata via ed io cado a terra.
– Stai tranquilla, andrà tutto bene – dice l’infermiera accarezzandomi. – Jeremy è un ragazzo molto forte. Vedrai che si riprenderà al cento per cento.
– Com’è potuto succedere? – chiedo io. – Dovevamo essere al sicuro qua!
– Non lo so, tesoro – mormora lei sedendosi vicino a me con la mano sulla mia spalla. – Non lo so.
– Ivy. Dov’è Ivy? – chiedo io ricordandomi tutto d’un tratto che anche la mia amica è stata ferita. Non so nemmeno come sia potuto accadere, lei è stata la prima ad essere scomparsa.
Mi dicono la stanza dov’è stata ricoverata e così busso alla sua porta, dopo aver sentito la sua voce che mi diceva di entrare apro la porta e la prima persona che vedo è Isaac che dorme su una sedia vicino al letto dove lei è sdraiata con le lacrime agli occhi. – Ivy – mormoro io andando ad abbracciarla.
Fa una mezza risata. – Mi hanno detto che hai fatto proprio un bel lavoro!
Mi distacco da lei. – All’inizio ti stavo cercando. Dove... Che fine avevi fatto?
– Mi hanno presa per prima. Mi hanno teso una trappola, pensavo fossero delle sirene quindi stavo cercando di farle andare lei – mi risponde Ivy.
– Ma adesso stai bene, giusto? – chiedo.
Annuisce. – Devi andare a farti una doccia e a cambiarti i vestiti… Ti si vede tutto.
Mi guardo, sono piena di sangue nero e il vestito ormai sembra solo un top e una gonna. – Dio… ma devo rimanere qua per Jeremy, non posso perdere tutto questo tempo per farmi una doccia e cambiarmi. Voglio essere qua ad aspettarlo.
– Ti chiamo appena esce dalla sala operatoria.
Scuoto la testa. – Non posso. – Rimango in silenzio ricordandomi il bacio tra Isaac e quella sirena.
– Lo so, tranquilla – dice lei. Perché non mi ricordo mai che anche lei riesce a leggere nella mente?! – Era una sirena. Mi sa che hanno fatto un patto con i mangiatori di Cacciatori.
– Ma perché? – chiedo io.
Fa spallucce. – Non siamo mai stati simpatici alle sirene, forse è per questo… O forse c’è qualcosa di più grosso in ballo. Non lo so.
– Qualcosa di più grosso? Per esempio? – chiedo io, ma non ricevo nessuna risposta, solo un’alzata di spalle. – Va bene, io vado. Cerco di fare il più presto possibile.  – Mi guardo il braccio che ormai non mi fa più male visto che è completamente guarito. Dopotutto mi ha ferito un demone.
Faccio per andarmene dall’infermeria quando cambio idea: non posso lasciarlo qua, devo rimanere. E così faccio. Dopo quatro ore ancora non è uscito nessuno per farmi sapere qualcosa, io sto seeduta su una sedia ma non ce la faccio più, sono stanca.
– Tesoro – mormora un’infermiera. – Abbiamo appena finito l’operazione e adesso lo stiamo per portare in camera, ma te non puoi entrare così – dice indicandomi.
Mi guardo e mi ricordo il vestito, il sangue e tutto il resto. – Oh, giusto. Ok, allora vado a farmi una doccia e torno.
Lei annuisce e se ne va, così mi alzo e vado in camera per togliermi il vestito e farmi una doccia.

Angolo Autrice:
Oggi non sono riuscita a pubblicare due capitoli, mi dispiace ma sto già preparando la valigia. Spero di riuscire a farlo domani.
Cosa pensate di questo capitolo? E di Cassie che cerca di salvare Jeremy e alla fine ci riesce? Anche oggi vi chiedo di recensire, mi scuso per eventuali errori e ringrazio tutti quelli che seguono la storia.
Un bacio.

 

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Capitolo 13
*** La città distrutta ***






Capitolo 13
La città distrutta
 
Dopo essermi fatta la doccia non mi asciugo nemmeno i capelli e me li lego per poi mettermi una tuta a andare nel piano di sopra dov’è ricoverato Jeremy. Appena entro in infermeria tutti si girano ed iniziano a guardarmi, non so veramente il perché, ma tutti mi stanno guardando ed io odio essere fissata.
Una volta arrivata nella camera di Jeremy lo guardo, non si è ancora svegliato e questo mi fa paura. – È andato tutto bene – annuncia un dottore. – Si dovrebbe svegliare a momenti. – In questo momento di stanchezza sorrido e lo abbraccio, lui all’inizio sembra un po’ perplesso, poi però ride e mi stringe un po’ a lui dandomi delle pacche sulla schiena. – Dicono tutti che hai fatto un bel lavoro.
– Non lo so – rispondo io guardando Jeremy. – Volevo soltanto che finisse per andare da lui.
– Vi lascio un po’ soli – mormora lui, per poi andarsene. Lo guardo mentre se ne va e poi quando scompare dietro un corridoio entro definitivamente dentro la camera di Jeremy, prendo una sedia, la metto vicino al suo letto e poi mi ci siedo.
 
Sento qualcuno muoversi perciò apro gli occhi e mi rendo conto di essermi addormentata con la testa sul lato del letto. Mi siedo bene sbadigliando, quando vedo gli occhi di Jeremy, sorrido. Lo voglio abbracciare con tutta la mia forza (ed è poca) ma non posso, sono completamente immobile.
– Ma guarda un po’ chi è stata tutta la notte qua – dice lui sorridendo.
– Non me ne far pentire – rispondo io guardandolo con le lacrime agli occhi, un po’ perché ho appena finito di sbadigliare e un po’ perché sono felice che stia bene. È qua e sta bene. – Sei vivo grazie a me.
Fa una risata molto debole. – Sai quante volte sono stato io a salvare la tua, di vita – scherza lui.
Gli lancio un’occhiataccia solo per scherzare. – Ingrato che non sei altro.
– Disse quella che non mi ha mai ringraziato – mi risponde lui trattenendosi dal ridere. È tutto rosso e ha un sorriso che cerca di trattenere, inutilmente visto che sta già cercando di non ridere.
– Non ti ammazzo giusto perché...
– Perché ti piaccio? – chiede lui scherzando.
Faccio di no con la testa e mi alzo ridendo. – Dopo questa me ne vado – annuncio io per poi andarmene. Sento qualcuno prendermi la mano, mi giro e vedo lui tenermela. Lentamente intreccio la mia mano nella sua per poi girarmi del tutto verso di lui. – Mi hai fatto prendere un colpo ieri sera, lo sai? – chiedo guardando le nostre mani intrecciate.
– Lo so, ma tu me l'hai già fatto prendere tre volte – ribatte lui facendomi ridere. Ogni tanto alza lo sguardo per guardarmi in faccia ma anche lui sembra preso nel guardare le nostre mani, così strette una nell’altra che mi fa quasi sudare.
– Grazie – mormora.
Alzo lo sguardo incrociando i suoi occhi e una scossa percorre tutto il mio corpo. Qualcuno però bussa alla porta così lascio la sua mano e mi giro verso di essa. – Disturbo? – chiede Allison.
Mi giro per guardare Jeremy, un po’ infastidita. – No, no, me ne stavo giusto andando – rispondo io. La guardo ricordandomi la sera precedente, ma lei annuisce semplicemente e così esco dalla camera per poi chiudere la porta. Sbuffo.
Sto andando da Ivy quando sento la voce di Louis. – Salve cacciatori, dopo quello che è successo ieri sera gli Anziani mi hanno chiamato e hanno deciso di venire a farci visita all'Istituto. – Trattengo il fiato. Oddio, perché? Mi fanno così paura... – Verranno tra un ora, quindi preparatevi.
– Ehi – dico io aprendo la porta.
– Ssh – esclama Isaac, guardo Ivy che sta dormendo così dopo guardo male Isaac. – Lo so – borbotta lui guardandomi, si alza e mi fa segno di uscire dalla camera insieme a lui continuando a rimanere in silenzio per non svegliare Ivy. – So che mi hai visto baciare un'altra ragazza. – Incrocio le braccia aspettando una risposta molto convincente. – Non è stata colpa mia, ancora non le so controllare, ok? – sbotta alzando il tono di voce, ma io non demordo e continuo a guardarlo arrabbiata. – Poi smettila di guardarmi così! Voglio dire, ti sei baciata con due ragazzi e sei andata a letto con uno che nemmeno conoscevi…
Lo fermo tirandogli uno schiaffo veramente forte, abbassa lo sguardo capendo di aver esagerato mentre io cerco di ucciderlo solo con il mio sguardo senza aggiungere nient’altro, me ne vado senza dire niente.
 
Dopo un’ora sono costretta ad alzarmi dal letto per andare in salone e accogliere quegli stronzi degli Anziani. Scendo ancora più arrabbiata di prima e rimango indietro, dove nessuno può vedermi ma io posso vedere tutti. Ci sono tutti, anche le persone che dovrebbero rimanere in camera per riposare e riprendersi, come per esempio Jeremy, che sta sulla sedia a rotelle accanto ad Isaac.
La porta si apre anche se nessuno sembra averla aperta, tranne forse una folata di vento ghiacciato che solo gli Anziani riescono a creare. Faccio un passo indietro, perdendo per pochi secondi l’equilibri ma qualcuno riesce a prendermi. – Ehi – esclama Scott.
– Scott – mormoro guardandolo negli occhi. Le sue mani scivolano via dai miei fianchi e si mette accanto a me senza aggiungere niente. – Non ti ho ancora ringraziato per quello che hai fatto per me ieri sera.
– Tranquilla – risponde lui guardando gli Anziani, da come li guarda mi fa capire che anche a lui non gli stanno molti simpatici, sembra essere spaventato e arrabbiato allo stesso momento, e non può capire quanto lo capisco. Mi fanno venire letteralmente i brividi.
– Salve, giovani Cacciatori – dicono gli Anziani all’unisono con praticamente lo stesso timbro di voci. Tutti sono inquietanti a modo loro, quello che mi spaventa di meno è il Terzo Anziani, perché è l’unico che sembra avere un minimo di cervello.
– Salve – dicono tutti i Cacciatori. Mi guardo intorno, a quanto pare io e Scott non siamo gli unici ad avere paura di loro, anzi non c’è nessun ragazzo che non li sta guardando come se fossero il loro peggiore incubo.
– Cassie – mi chiama il Secondo Anziano, e tutti i ragazzi guardano prima il Secondo e poi me, rimangono così per un bel po’, aspettando la mia risposta.
– Salve – borbotto io continuando a trattenere il fiato. Una risata che proviene da sotto il cappuccio del Secondo mi fa abbassare lo sguardo per cercare di mantenere la calma e di non iniziare a parlare, come al mio solito.
– Vieni qua – mi ordina il Secondo. Lancio un’occhiata preoccupata a Scott, che però mi sorride e annuisce, incitandomi ad andare. Tutta la gente si fa da parte per lasciarmi andare dagli Anziani, riesco a sentire il loro sguardo anche se i loro occhi sono nascosti dai cappucci, alcuni ragazzi parlano a bassa voce, nervosi. La sua mano gelata prende il mio braccio facendomi andare ancora più vicino a lui, tutti iniziano a parlare ancora di più, intimoriti, mentre io cerco di allontanarmi il più possibile con il busto senza farglielo notare. – Ah – borbotta il Secondo chiudendo gli occhi dopo essersi tolto il cappuccio. – Sei stata molto coraggiosa. Certo, non all’inizio, ma ti sei comportata come una vera Cacciatrice. Hai salvato il tuo amore. – Apre gli occhi bianchi solo per guardarmi. – Nonostante lui avesse scelto di proteggere Allison, e non te. – Cerco di non far vedere quanto questa frase mi abbia ferito, ma ad un certo punto non ce la faccio più e mi giro per guardare Jeremy, che abbassa lo sguardo con le guance rosse. Le mani dell’Anziano mi prendono il viso per fare in modo che lo guardi dritto negli occhi. Faccio come mi chiede anche se le lacrime iniziano velare i miei occhi. Il Secondo ride lasciandomi andare il viso, così indietreggio. – Se vuoi puoi tornare in camera, Whitesun, ma non abbiamo ancora finito con te. – Non me lo faccio ripetere due volte, spingo ogni ragazzo che oppone un po’ di resistenza per andare in camera mia. – L’amore… – borbotta il Secondo mentre io me ne sto andando, giusto per infastidirmi ancora di più.
Non faccio in tempo ad entrare in camera che scoppia a piangere sedendomi sul letto.
L’ho salvato, ho salvato lui mentre lui stava pensando a salvare Allison! Come può essere vero?! Si possono amare due persone contemporaneamente? Ma tutto questo non ha senso. Scuoto la testa continuando a piangere. Perché ha pensato a lei e non a me? Cosa sta succedendo? Perché diavolo m’importa così tanto di quello che ha fatto quel cretino? Amore indistruttibile, amore destinato… tutte cazzate!
Qualcuno bussa alla mia porta e così, dopo essermi asciugata le lacrime, la apro pensando che si tratti del Secondo Anziano. Ma no… è Jeremy. – Vattene – ringhio, più arrabbiata che mai, guardandolo dritto negli occhi per fargli capire che faccio sul serio, che ora come ora potrei benissimo buttarlo giù dalla sedia a rotelle e continuare a fare a botte con lui a terra. Non m’interessa.
– Fammi spiegare – borbotta lui.
Chiudo la porta a chiave e prendo l’Ipod. Metto il volume al massimo per non sentire quella voce insistente e maledettamente sexy di quel coglione che risponde al nome di Jeremy Ruterful che continua a pregarmi di aprire questa maledetta porta. Ovvio dire che non lo farò mai, sta perdendo tempo prezioso, potrebbe benissimo andare dalla sua amata, ma ovviamente no! Deve continuare a bussare alla mia porta. Ogni scusa è buona per farmi innervosire sempre di più, insomma. Quando capirà che con me i suoi trucchetti non funzionano? Di certo non sarò una di quelle ragazze ossessionate dall’idea di portarselo a letto o cose del genere. Di certo non accetto il fatto di essere una delle sue ragazza. Una delle sue. No, se lo può scordare.
Dopo più o meno trenta canzoni incazzate per non sentire la voce di Jeremy e per non piangere sento la voce del Secondo Anziano nella ia mente che mi ordina di aprire la porta, così mi alzo ed apro la porta. Appena lo faccio il gelo penetra nella mia pelle fino ad arrivare all’osso, rabbrividisco. – Prego – borbotto facendomi da parte per farlo entrare.
– Grazie – esclama lui entrando, un’altra folata di vento entra dentro di me e questa volta sono costretta a chiudere gli occhi per non urlare. Si gira e mi guarda. – Allora, stai ancora tanto male? – chiede. Rimango in silenzio continuando a guardarlo negli occhi. – Giusto – dice ridendo. – Lo sai che si può fare un incantesimo per cambiare il fatto che tu sia destinata a lui. – Ride. – Non vorresti farlo?
Fa per andarsene, apre la porta… – No, aspetta! – esclamo io quando romai è già fuori. Accosto la mia porta e mi guardo intorno sperando di non vedere Jeremy. Ovviamente però è davanti la camera di Isaac, entrambi ci stanno guardando. – Come si fa? – sussurro guardando l’Anziano. – TI prego, dimmelo.
Il Secondo sorride mostrando tutti i suoi denti bianchi come la neve. – È un incantesimo molto forte, servono tutti gli Anziani e dieci maghi per farlo. Loro sapranno di cosa stai parlando, sapranno cosa fare. Ovviamente solo i maghi che hanno più potere e più esperienza sanno di cosa stiamo parlando. C’è solo un piccolo problema: chiunque chieda di fare quest’incantesimo potrebbe morire durante il rituale. – Sorride guardandomi. – Quindi se vuoi farlo prima ti consigliere di compiere il tuo lavoro. – Si avvicina a me facendomi mancare l’aria, che ormai si è congelata. – Sennò renderò la tua vita dopo la morte un inferno e, credimi… sarà una vita infinita.
Lo guardo, intimorita. Sto letteralmente morendo di paura. Si allontana da me di scatto facendomi fare un balzo, ma lui ride e se ne va.
–  Che succede? – chiede Jeremy all’Anziano, che si è fermato solo per lui. Quest’ultimo prende la sua mano e Jeremy diventa pallido come un lenzuolo. L’Anziano lascia la sua mano e se ne va. Jeremy rimane fermo per un po’, continuando a guardare le sue mani, poi si risveglia e si gira verso di me. – Stai scherzando, vero? – chiede avanzando verso di me.
– Vattene – ringhio entrando nella camera, ma ha la bellissima idea di mettere un piede in mezzo alla porta in modo da non farmela chiudere. Sono costretta a chiudere gli occhi e mordermi la lingua per non iniziare a urlargli contro, prendere un’arma e ucciderlo.
– Io non me ne vado fino a quanto tu non cambi idea – ribatte lui, arrabbiato.
Rido. – Auguri, allora.
– Tu sei matta – tuona entrando in camera mia senza farsi troppi problemi. – Non puoi farlo.
– Perché no? – chiedo, sfidandolo. – Pensaci, sarebbe tutto molto più semplicemente!
– Molto semplice? Ma che ti sei bevuta, Cassie? – urla lui. – Io non voglio che tu lo faccia. No, tu non lo farai. Non ti permetterò di fare una cosa del genere, stupida ragazzina!
– Bé, mi dispiace dirtelo ma non sei il padre di questa stupida ragazzina, quindi non hai nessun diritto di dirmi quello che devo e non devo fare – ringhio io guardandolo negli occhi, mentre i suoi vanno a fuoco per la rabbia. Questa cosa mi fa stare meglio. – Ora vai via.
– No – ribatte avanzando ancora una volta verso di me. – Io non me ne vado finché tu non cambi idea, è così difficile da capire? Bé, è ora di capirlo, principessa, perché io non me ne andrò. Questa cosa non riguarda solo te, ma anche me. Io sono la tua anima gemella, questa decisione non aspetta solo a te, sai?
Scoppio a ridere. – Io non ho intenzione di cambiare idea. Puoi essere chi vuoi, ma la decisione è già stata presa. Non m’interessa quello che pensi tu, non hai nessun diritto, non ce l’hai mai avuto e non ce l’avrai mai. Mettitelo in testa.
– E tu mettiti in testa che fino a quando tu non cambierai idea io non me ne andrò. Come la vedi quest’altra decisione? Indovina? È già stata presa anche questa.
Rido, nervosa, mettendomi indietro i capelli; faccio per dire qualcosa quando qualcuno bussa alla porta e la apre senza aspettare risposta. – Cassie… – Ivy si ferma guardando Jeremy. – Oh, ma… già sei in piedi senza sedia a rotelle? – chiede, confusa. Solo ora mi rendo conto che è veramente in piedi. – Mio padre ha detto che ti vuole parlare… Ci vuol parlare.
Aggrotto la fronte, preoccupata, e Jeremy si avvicina a me con la stessa espressione. – Forse avete una missione. Si, dev’essere così.
– Già – borbotto io guardando Ivy cercando un indizio da parte sua, ma a quanto pare nemmeno lei sa niente.
Supero Jeremy senza dire niente e anche lui sembra essersi arreso all’idea, finalmente. Ivy cerca di capire cos’è successo ma di certo non le vado a dire che ho intenzione di fare un incantesimo per quale potrei pure morire. È ovvio che anche lei inizierebbe a dare di matto, ad urlare e tutte quelle cose che Ivy fa quando non le sta bene qualcosa. Una volta scese, dopo numerose volte che Ivy cercava di fermarmi per parlarmi, mi fermo vedendo molti, troppi cacciatori per una sola missione. – Wow! – esclamo.
– Una sola missione? – chiede Ivy con gli occhi spalancati. – O questo qualcuno è enorme e impossibile da uccidere, oppure stiamo parlando di un esercito di demoni.
– Adesso che siamo tutti posso parlarvi – esclama Louis Dempson che è al centro del salone, in mezzo a tutti i ragazzi che lo guardano attentamente facendo un cerchio di persone. Ci avviciniamo ed io lancio un’occhiata preoccupata ad Ivy, che fa la stessa cosa. – In questo momento una popolazione è stata attaccata da dei Mangiatori di Cacciatori, ma anche dai loro compagni, i Mangiatori di Umani. Dovete andare là e dare una mano per più giorni. Ora andate a prendere le vostre armi e uscire dall’Istituto; un autobus sarà là, pronto a portarvi.
Tutti iniziano a muoversi ma io fermo subito Ivy. – Aspetta… le vostre armi? Voi avete delle vostre armi? Non le prendiamo semplicemente dalla sala armi?
– Emh… no – bofonchia Ivy, confusa. – Perché tu ancora non hai la tua spada? – chiede, scuoto la testa. – Strano – borbotta, subito dopo ferma il padre e gli dice che io non ho ancora trovato la mia spada, come se potessi trovarla sotto il mio letto o dentro il cassetto dell’armadio.
– Lo so – risponde Louis. – Per le Whitesun è più difficile. Cassie, prendi un’arma dalla sala delle armi e vai.
Ovvio che è più difficile, una cosa che non mi complica la vita? Annuisco e vado in camera mia, mi preparo mettendomi la divisa, prendo una spada che non è troppo lunga per me né troppo pesante e infine scendo per uscire dall’Istituto quando mi fermo sentendo due voci: quella di Louis e quella di Jeremy.
– Tu non puoi obbligarmi a rimanere dentro quest’Istituto. Non puoi obbligarmi a non venire là con voi! – tuona Jeremy, sembra furioso.
– Non urlare con me, Jeremy Ruterful – gli ordina Louis, e Jeremy fa come dice lui e rimane in silenzio, il ché è molto strano: Jeremy che fa come gli dice. – Non puoi andare, lo sai il perché. Stavi per morire, appena ti sarai ripreso del tutto potrai andare anche tu.
– Cassie non riuscirà a combattere bene – ringhia Jeremy, irritato. Faccio una smorfia disgustata. Io posso combattere bene anche senza Jeremy, l’ho sempre fatto, cos’è cambiato adesso? Mi sta solo usando come scusa per poter venire con noi, cosa che non succederà visto che lo sguardo di Louis non è mai stato così determinato.
– Si, ci riuscirà, anzi… sarà più forte – risponde Louis. – Perché non sarà preoccupata per te. – Jeremy continua a guardarlo dritto negli occhi, come per sfidarlo e Louis fa un sospiro profondo per mantenere la calma. – Ieri sera, Jeremy, era impazzita. Continuava ad urlare il tuo nome e a correre da una parte all’altra solo per trovarti. Ogni tanto uccideva qualche demone, tanto per salvarsi e per salvare le persone che erano in difficoltà, ma correva in quel modo solo per raggiungere te, per salvare te.
Faccio un’altra smorfia, pronta a vomitare. – Io sono pronta – borbotto avanzandomi per farmi notare. So che se il discorso va avanti potrei benissimo vomitare anche il mio cuore, tanto per toglierlo di mezzo e non essere così debole come lo sono stata ieri sera.
Jeremy e Louis infatti si girano e rimangono in silenzio guardandomi. – C’è una macchina fuori che vi aspetta, ne mancano ancora un bel po’ quindi fai con calma – risponde Louis, un po’ imbarazzato, sa che li stavo ascoltando, ma stranamente questo non mi mette in imbarazzo… dopotutto stavano parlando di me!
– Louis, ti prego, fammi andare – mormora Jeremy, questa volta sembra più preoccupato che determinato ad andare per scopi personali.
– Non posso. Non so se lo fai per Allison o per Cassie… ma non posso mandarti, mi dispiace – risponde Louis, che non sembra affatto dispiaciuto però, io invece me ne vado, ancora più arrabbiata. Odio i triangoli amorosi, e di certo non sarò una di quelle ragazze! Oh no, se lo può scordare!
Una volta entrata nel pullman (perché è un pullman e non una macchina) mi siedo vicino ad Ivy. – È la tua prima vera battaglia – annuncia lei. – Agitata?
Rido ed annuisco. – Direi di si. Si, sono molto agitata.
 
Dopo ore di tragitto arriviamo. – Oh, mio Dio – mormoro guardando la città in fiamme, passo ad Ivy che ha le lacrime agli occhi. La gente corre, in preda al panico; le mamme con i bambini in braccio che piangono, uomini che corrono e chiamano nomi, donne che corrono con le mani nei capelli, bambini che chiamano la loro mamma non sapendo che altro fare… È orribile.
Dopo essere scesi dal pullman tutti iniziano a correre impugnando le spade che un attimo prima erano nei loro foderi. Più mi avvicino e più riesco a distinguere tutti i demoni che ci sono, perché sono veramente tanti. Tutti iniziano a combattere ma io non sono preparata, mi dico “uno alla volta, come sempre” e così inizio ad attaccare questi enormi bestioni. La gente continua a correre da una parte all’altra ma io devo riuscire a concentrarmi anche se in questo momento sembra impossibile.
Un Mangiatore di Cacciatori si avvicina a me con grandi falcate e così inizio a correre, tagli una gamba tanto per avere l’occasione di tagliargli anche l’altra e farlo quindi cadere a terra con un tonfo. Gli salto sopra ed infilo la spada nella schiena, dritta al cuore; il suo collo inizia a diventare grigio così ripeto la solita frase - "Orci remisit mali" tradotto in italiano "il male sarà rimandato agli inferi" - e poco dopo sono a terra, senza più demone sotto.
Qualcuno mi stringe i fianchi, abbasso lo sguardo e vedo una bambina che continua a piangere e a stringermi sempre di più con lo sguardo perso nella battaglia. La prendo in braccio e corro più veloce che posso verso le infermiere mentre la bambina continua a piangere. Mi abbasso e faccio per lasciarla andare quando lei non fa la stessa cosa. – Ehi, piccola – dico guardando i suoi occhi blu. – Tu rimani qua, io appena sarà finito tutto questo giuro che verrò da te e staremo insieme. Ma adesso mi devi lasciare andare, ti dovrai occupare di tutte le infermiere e loro faranno la stessa cosa con te, capito? – La bambina annuisce asciugandosi le lacrime, le accarezzo i capelli e poi corro via.
Continuo a correre e a tagliare gambe ai mostri enormi, per poi ucciderli e mandarli da dove sono venuti, ma ad un certo punto vedo Ivy in difficoltà così mi sbrigo a fare scomparire uno di loro e corro da lei, o meglio dal mostro. Dopo essere andaa sotto le gambe del demone glie le tagli una ad una, esso urlando lascia cadere Ivy, cerca di prendere me ma io mi scanso e gli infilzo la spada nella mano facendolo urlare ancora di più. Faccio un ultimo salto per procurargli un’altra ferita e si decide a cadere a terra. Dopo pochi secondi non c’è più. Guardo Ivy che si sta alzando un po’ traballante. – Stai bene? – le chiedo aiutandola ad alzarsi, lei annuisce e così andiamo ad uccidere alcuni demoni insieme prima di dividerci un’altra volta. Devo ammettere che ucciderli insieme è più bello.
Dopo aver ucciso quello che mi sembra l’ennesimo demone sento le gambe tremarmi, stremate, quando sento una voce. Quella voce. La sua voce. – Cassie! – mi chiama Jeremy.
Aggrotto la fronte. – Jeremy? – urlo io andando da lui, ma una spada esce fuori dalla sua pancia, la sua faccia diventa pallida, dalla bocca inizia ad uscire del sangue e i suoi occhi sono spalancati e puntati su di me, increduli. Cade a terra e così corro da lui, anche se a malapena riesco a respirare. – Jeremy – urlo prendendogli la testa, che però svanisce diventando fumo. Aggrotto la fronte, confusa. – Jeremy? – continuo.
Qualcuno inizia a ridere, un mostro enorme che mi fa rimanere senza fiato ancora una volta. Esso ne approfitta e mi prende. – Davvero? Questa è la tua paura più grande? – Quest’altro ha gli occhi rossi come il sangue e se quelli degli altri fanno paura questi ti fanno venire un infarto. Quindi questo è il capo di uno dei gruppi dei Mangiatori di Cacciatori. – Piccola Whitesun, sei fregata. – Apre la bocca e così inizio ad urlare, ma mi fermo dopo essermi accorta di avere ancora la spada in pugno. Aspetto che il demone mi faccia avvicinare ancora di più fino a quando non riesco a infilzare la spada in un occhio, togliendoglielo del tutto.
Mi fa cadere a terra con un urlo ma io riesco a cadere fortunatamente in piedi grazie ai poteri che tutti i Cacciatori hanno, gli taglio una sola gamba ma per fortuna cade subito a terra. Il problema è che tutti i demoni stanno venendo verso di me, verso al loro capo per salvarlo.
Mi giro in preda al panico ma capisco che è troppo tardi quando qualcuno mi morde. Urlo a causa del dolore inspiegabile che sto sentendo, sostituita poi da una certa pressione… Cado a terra, esausta e dolorante.
 
Apro gli occhi e sento subito tutti urlare, ci metto pochissimo a ricordarmi cos’è successo così mi siedo, ancora un po’ stordita. Ma ormai non ho più nessun segno di morso quindi mi alzo e prendo la mia spada, ricomincio a combattere contro questi mostri, che sembrano non finire più.
Ormai è sera e se prima ero stanca adesso sono veramente morta, ma ho ancora l’adrenalina ed è solo grazie a questa se continuo a combattere come se niente fosse, a parte qualche volta che inizio a barcollare o a zoppicare. Alcune persone si sono fermate dal combattere per piangere sui corpi ormai senza vita di altra gente, e là penso a Jeremy, a come mi sono sentita quando l’ho visto a terra per la seconda volta in soli due giorno. E ringrazio Louis per non averlo fatto venire.
Tutto d’un tratto mi sveglio ma quando succede non vedo più nessun demone da combattere. Ora ci siamo solo io e le persone che piangono e urlano per il dolore.
– Dov’è la bambina che vi ho portato? – chiedo alla prima infermiera che vedo.
– Secondo te io mi ricordo della bambina che mi hai portato? – chiede, isterica. La guardo male per un po’ e così lei sbuffa. – Tutte le bambine sono in quella capanna – risponde indicandomi una capanna alla nostra destra.
Non la ringrazio nemmeno ed entro nella capanna. Ci sono molte bambine, alcune stanno piangendo tra le braccia di donne, ma solo una riesce a catturare la mia attenzione. – Tesoro – la chiamo io, si girano gran parte delle bambine, ma solo lei si alza e mi abbraccia. La stringo a me. – Te l’avevo detto che sarei venuta – aggiungo facendola ridere. Esco con lei in braccio e chiamo un’infermiera. – Questa bambina… Che le è successo? Dove sono i suoi genitori?
– Emh… – inizia l’infermiera guardando una cartella che ha in meno. – Eccola – esclama indicando una foto attaccata su un foglio della cartellina. Si è decisamente lei: capelli castani, occhi blu e un viso d’angelo. – È una futura Cacciatrice, come la maggior parte di questi bambini. Ma è… orfana.
Rimango in silenzio per un po’ guardandola negli occhi. – Me la prendo io per un po’ – annuncio, l’infermiera mi sorride e annuisce, così dopo aver firmato un documento che diceva che avevo preso la bambina per un po’ torniamo nella capanna dove iniziamo a giocare con i pochi giocattoli che hanno portato.
– Oh, mio Dio! – urla Ivy facendomi sussultare. – Sei – inizia piangendo, – sei veramente te? – chiede facendo dei passi in avanti e altri indietro, sotto shock.
Aggrotto la fronte. – Certo che sono io. Chi altro sennò? – chiedo io, non capendo.
Scoppia ancora di più a piangere e mi salta praticamente addosso stringendomi più del solito. – Ho visto il tuo corpo a terra. Eri bianca e fredda… Pensavo fossi morta.
– Non posso morire, ricordi?
– Ma tu eri veramente morta! Pensavo che non potessi morire solo se ci fossero dei vampiri o lupi mannari di mezzo, e invece… sei qui con me. – Si mette una mano davanti la bocca spalancando gli occhi. – Oddio. Jeremy.
– Cosa c’entra adesso Jeremy?
– Io… Si, insomma… pensavo tu fossi veramente morta così… ecco…
– Cosa? – chiedo, ansiosa.
– Pensavo che Jeremy dovesse saperlo, così l’ho chiamato e glie l’ho detto. Lui continuava a dirmire che non era possibile, perché non potevi morire se non per morte naturale, ma io ho continuato a dirgli di averti vista morta e immobile per ore… così lui è rimasto in silenzio per tipo un quarto d’ora e poi ha attaccato senza dirmi niente.
Chiudo gli occhi cercando di mantenere la calma, perché ora come ora potrei benissimo prendere un libro e darglielo in testa. – Va bene. Va bene. Ivy, dammi il cellulare. Tu rimani qua con lei, ok? – Guardo la bambina senza nemmeno aspettare la risposta di Ivy. – Tesoro, torno subito, va bene? – La bambina annuisce e così esco fuori.
– Cassie? – mi chiama Isaac. – Sei… sei viva? Ma tutti dicevano..
– Lo so, ma sono viva – lo fermo. – E non riesco a chiamare Jeremy, quindi appena lo vedi digli che sono viva e vegeta, ok?
– Tu… tu sei viva e lui non lo sa – esclama con gli occhi spalancati, si mette le mani nei capelli, esasperato. Alzo il sopracciglio incitandolo a continuare. – Ma non capisci? Lui… quando l’ha saputo è andato su tutte le furie. Tutti dicono che stia venendo qua per parlare con Louis e Jeremy quando è arrabbiato non riesce a parlare! Gli metterà sicuramente le mani addosso…
Aggrotto la fronte. – Perché dovrebbe farlo?
– Perché gli piaci! Gli piaci fin troppo! – urla lui, arrabbiato. – Perché non lo capisci? Perché non capisci che lui farebbe tutto per te? Quindi dimmi, come ti sentiresti se la persona a cui vuoi più bene di quanto tu ne voglia a te stesso morisse? Quella persona che è riuscita a farti provare dei veri sentimenti e non solo sesso? Perché è quello che mi ha detto di te, Cassie. Mi ha detto questo, mi ha detto che non ha mai provato un sentimento simile per un’altra ragazza, mi ha detto che sei la persona che è riuscita a fargli provare qualcosa, mi ha detto che se fossi morta… lui non ce l’avrebbe fatta. Sta cambiando in meglio grazie a te, Cassie.
– Ok! – sbotto io urlando. – Quindi cosa faccio ora?
– Tieni – risponde dandomi il suo cellulare – Chiamalo con il mio cellulare, magari risponde, e se non lo fa stai tranquilla perché tanto verrà qua. Vorrà vedere il tuo corpo e poi… deciderà cosa fare. Cassie, potrebbe anche farsi togliere il marchio da Cacciatore se vuole radere al suolo la sua vita.
Cerco di chiamarlo ma non risponde. Trattengo il respiro quando riesco a vedere solo una macchina mentre tutto il resto sembra sfogato e senza senso. Dentro quella macchina c’è un ragazzo con dei capelli castani chiari. Dentro quella macchina c’è Jeremy Ruterful.
Scende dalla macchina e corre da Louis, che sta aiutando gli Anziani e altri Cacciatori adulti a mettere i morti uno accanto all’altro per farli identificare dai vari parenti. Ogni tanto si guarda intorno e poi scuote la testa strappandosi praticamente i capelli, mi sta di spalle e ogni tanto lo chiamo ma non posso urlare, dopotutto ci sono dei morti. Corro più veloce che posso nonostante i miei muscoli continuino a protestare, lo chiamo e si gira fermandosi solo quando io non riesco praticamente più a sentire le mie gambe, così gli vado addosso. Mi prende di scatto i fianchi e fa qualche passo indietro senza però dare altri segni di debolezza. Mi distacca da lui e mi guarda dritta negli occhi, i suoi sembrano velati di lacrime.
– Cassie? – gracchia stringendo un po’ più del dovuto i miei fianchi.
– Sono io, si – rispondo con il fiatone. Poso la mia testa sul suo petto, esausta ed ansimante. Riesco a sentire il suo cuore battere all’impazzata e per qualche strano motivo anche le sue emozioni: felicità, incredulità…
– Ma tu…
– No, non sono morta – lo fermo distaccandomi da lui, non più ansimante. Mi sorride e prende il mio viso con tutte e due le sue mani. Fa per avvicinarsi a me guardando le mie labbra… sono così tentata di baciarlo che quasi mi dimentico quello che ha fatto per Allison. Quindi mi allontano togliendo le sue mani. – Io devo andare, tu dovresti tornare all’Istituto, dopotutto c’è un motivo se Louis ti ha detto di rimanere là.
Torno dalla bambina senza guardarmi indietro, ma mi ferma subito prendendomi la mano e costringendomi a girare verso di lui. – Per piacere, Cassie… possiamo parlare? – Faccio per dire di no quando mi ferma. – Cassie, per favore.
– Va bene, dimmi. Ti ascolto – borbotto incrociando le braccia.
– Ok, ho salvato Allison, ho pensato a lei prima di pensare a te, ma solo perché lei era ubriaca fradicia. – Cerca i miei occhi nonostante io stia guardando proprio da tutt’altra parte di proposito. – Poi dopo che sono riuscito a metterla in salvo un demone mi ha morso e a quel punto ho pensato a te. – Sbuffo per fargli capire che non mi basta, che di certo non l’ho perdonato. – Ho pensato al tuo sorriso, ai tuoi occhi, e a come…
– No, senti non me la bevo, ok?! – esclamo io fermandolo, prima che vada troppo in là. Avanzo per entrare nella capanna e stare insieme alla bambina.
– Io ti amo.
Mi fermo di scatto insieme al cuore. Rimango ferma per un tempo indeterminato mentre quelle tre parole mi continuano a danzare davanti agli occhi; mi gira la testa e riesco quasi a sentire l’eco della frase che ha appena detto. Non può averlo detto. Non può. Cosa… Mi ama?
Mi giro per cercare di capire se l’ha detto veramente. – Si, hai sentito bene – conferma lui con le mani chiuse a pugni lungo i suoi fianchi. Sembra molto nervoso, forse… forse non l’aveva mai detto. I suoi occhi blu sono spalancati e mi guardano attentamente.
– Cosa? – mormoro io. Fa per dirlo un’altra volta. – No, no, no, no. Aspetta, no. – Prendo un respiro profondo. – Tu… Cosa?
Apre la bocca, pronto a ripeterlo, ma poi cambia idea e la richiude. – Niente, lascia perdere. Mi… mi sono lasciato trasportare. Dimentica quello che ti ho detto. Ci si vede in giro. – Si gira e se ne va da Isaac, che lo sta aspettando vicino la macchina.
 
È tardissimo e la bambina ormai si è addormentata in braccio a me, la prendo bene e la metto in un lettino dentro l’enorme capanna. Una volta uscita sussulto vedendo un Cacciatore sulla quarantina immobile davanti accanto all’entrata. – Che… Come mai sta qua?
– Devo proteggere i bambini, sono di guardia – risponde l’uomo, serio.
Vado nella mia tenda dove tutti i letti sono occupati, ma mi fermo guardando Jeremy dormire. Sorrido ormai davanti il suo letto. È bellissimo. Sembra un vero e proprio angelo. Ha i soliti capelli che vanno dappertutto tranne dove dovrebbero andare e quel viso che forse per la prima volta vedo veramente rilassato.
È perfetto, ed è la mia anima gemella. E anch’io lo amo.
– Che stai facendo ancora in piedi? – chiede Louis facendomi sussultare.
– Emh… sono appena arrivata. Una bambina non riusciva ad addormentarsi così sono rimasta con lei —rispondo, in imbarazzo per essere appena stata trovata a quest’ora davanti ad un letto già occupato mentre fissavo attentamente un ragazzo.
– Devi andare a dormire presto quando si tratta di queste battaglie, Cassie. Calcolando anche il fatto che sei morta potresti svenire durante la battaglia di domani – mi ammonisce, ansioso.
– Domani? – gli faccio eco io, incredula. – Ma.. non capisco. Oggi li abbiamo…
– Lo so, ma non è finita, molto probabilmente ne arriveranno altri – risponde Louis interrompendomi. – Ora vai a dormire. – Faccio per andarmene quando mi ferma. – Cassie – mi chiama, così mi giro per guardarlo negli occhi. – Cerca di non respingerlo – mormora guardando Jeremy, che sta ancora dormendo.
Sospiro. – Non mi fido di lui.
–È un bravo ragazzo, Cassie, e ti ama. Esattamente come lo ami tu.
– Buonanotte – mormoro prima di andare nell’ultimo letto disponibile: quello infondo alla capanna. 

Angolo Autrice:
Sono tornata! Questo è il tredicesimo capitolo, spero vi piaccia e mi scuso per eventuali errori.
Vi chiedo di recensire e quindi di farmi sapere cosa ne pensate del capitolo in generale, di Jeremy e del suo primo "ti amo" poi rimangiato, di Cassie ecc.
Lunedì parto un'altra volta ma sto fuori solo una settimana quindi cercherò di pubblicare almeno un capitolo al giorno fino a domenica. Oltretutto ho pensato di fare un'altra immagine modificata con solo dei personaggi o una coppia in particolare. Qualche idea? Ovviamente le prime persone che mi vengono in mente sono Jeremy e Cassie, ma anche una foto della madre, il padre e Cassie insieme... Non so. Fatemi sapere.
Un bacio e ringrazio come sempre chi segue la mia storia.


 

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Capitolo 14
*** Troppo giovane ***






Capitolo 14
Troppo giovane
 
– Cassie! – urla qualcuno. Apro gli occhi, o almeno ci provo visto che essi sembrano non volerlo fare. Cerco di dirgli che non riesco ad aprire gli occhi ma la bocca non si apre, cerco di muovere almeno le dita delle mie mani ma nemmeno loro sembrano volersi muovere. – Cassie, svegliati! – urla Jeremy. – Cassie, per favore! – continua. Qualcuno mi prende in braccio, quel qualcuno sembra avere il fiatone e mi rendo conto che fuori stanno urlando. Cerco di svegliarmi ancora una volta ma non ci riesco nemmeno questa volta.
– Jeremy! – tuona Louis. – Cosa sta succedendo? Non puoi rimanere qua, tra un po’ andrà tutto in fiamme! Vai via! Andate via da qua!
– Non si sveglia – risponde Jeremy con una voce tremolante, segno che sta per piangere. – Non si sveglia. Ho provato a svegliarla ma non da segni di… Cosa diavolo sta succedendo?
– È… è morta ieri, molto probabilmente si sta riprendendo – risponde Louis. – Lasciala là.
Il mio cuore si ferma. Cosa? Lasciala là? Valgo così poco per quest’uomo? Tutti questi giorni, settimane dentro un Istituto perché potevano uccidermi e ora dice semplicemente “lasciala là”? Oh, fantastico!
– Cosa? – chiede Jeremy, incredulo. – Sei impazzito? Non possiamo lasciarla qua, morirà di sicuro! Ti sei impazzito tutto d’un botto? Abbiamo bisogno di lei, non possiamo lasciarla qua. No, io non la lascio qua. È di Cassie che stiamo parlando. Non la lascio qua. Scordatelo.
–  Devi! – tuona Louis, arrabbiato.
Una mano di Jeremy mi stringe ancora di più le cosce mentre l’altra sulla schiena fino alla spalla mi spinge più verso il suo corpo, facendomi capire che non ha intenzione di lasciarmi andare. – No. Non posso – ringhia Jeremy.
–  Jeremy, lasciala! Ora! – urla ancora una volta Louis. – Non ti devi preoccupare per lei, sul serio. Lo sai che ci tengo a Cassie e non la lascerei mai morire in questo modo. È per questo che ti sto dicendo di andartene, ci penseranno…
– Riesce a pensare! Riesco a sentire i suoi pensieri, le sue emozioni – esclama Jeremy. – Ha paura. Sta morendo di paura. No, non la posso lasciare qua! Riesce a sentirci. Ne sono sicuro.
– E cos’hai intenzione di fare, eh Jeremy? Andrai in giro a combattere con lei in braccio? Bel modo per farla morire una volta per tutte – l’aizza Louis.
– Tu non capisci! – urla Jeremy, frustrato. – Non posso lasciarla qua. Non combatterei nemmeno bene pensando che lei è qua, immobile e in pericolo.
– Jeremy Ruterful è un ordine – tuona Louis. – Ci saranno le infermiere qua a proteggerla.
Le sue braccia mi posano sul letto, le sue dita mi tolgono qualche ciocca dai capelli e mi accarezzano la guancia, le sue labbra si posano sulla mia fronte ed io dopo tutto questo sono costretta a rimanere ferma, con la pelle d’oca e le scariche di adrenalina che però a quanto pare non servono a molto visto che continuo a rimanere immobile con gli occhi chiusi. – Stai tranquilla, ok? Io starò qua fuori, ti controllerò e se vedrò qualcosa verrò a prenderti. Non m’importa niente, possono morire tutti per quanto mi riguarda… Tu sei più importante. – Le sue dita sfiorano a malapena il mio viso e se non fosse per il fatto che non posso muovermi a quest’ora sarei rabbrividita.
Nessuno mi fa provare o mi ha mai fatto provare le sensazioni che provo sentendo le sue dita sfiorarmi a malapena il corpo, o anche solo guardarmi nel modo in cui mi guarda lui. Mai nessuno. Nessuno.
Dopo un bel po’ ancora non riesco a svegliarmi, il ché è orribile perché purtroppo riesco a sentire tutte le urla dei miei compagni di battaglia, dei mostri che vengono feriti, dei bambini e dei genitori che non riescono a trovarli e vorrei tantissimo aiutarli ma non posso. Tutto questo mi fa infuriare, se riuscissi a fare qualcosa la prima cosa che farei sarebbe quella di spaccare qualcosa o la testa di uno di quei maledettissimi demoni.
Il letto inizia a tremare sempre di più, le urla si fanno più distinte e vicine per qualche strano motivo e infine sento il vento sbattere contro il mio corpo facendomi capire che la capanna non esiste più. Ovviamente deve esserci sempre qualcosa, la situazione si deve sempre trasformare da “schifo” a “catastrofe”.
– No! – urla qualcuno, mi sembra Jeremy, il ché spiegherebbe il motivo per cui io sono riuscita a sentire la sua voce nonostante sembri molto lontano.
Qualcuno graffia la mia pancia prendendomi in braccio del tutto di verso da come mi ha presa prima Jeremy, visto che credo che sia solo una mano. Il mio cuore inizia a battere ancora più veloce, cerco di aprire gli occhi giusto per capire se la situazione è così critica come mi sembra da occhi chiusi. Riesco a sentire l’alito del demone. Riesco ad aprire gli occhi e la prima cosa che vedo è un’invitante bocca che mi vuole mangiare, urlo guardandomi in giro, ma non riesco a vedere Jeremy.
Il demone mi lascia cadere ma non per terra, la sua bocca spalancata diventa sempre più vicina facendomi urlare ancora di più… poi il mostro cade a terra e così io gli cado sopra. Cerco di alzarmi ma sono ancora molto stanca quindi dopo pochi secondi cado un’altra volta. Una mano entra nella mia visuale, cerco di prenderla ma il demone mi riprende subito stringendomi ancora di più, stritolandomi. Quando sono più in alto riesco a vedere Jeremy, che poco prima mi stava tendendo una mano per alzarmi.  Non riesco a respirare, la presa è troppo stretta; inizio a dare calci al demone senza nemmeno fargli male. Poi urla un’altra volta, mi stringe ancora di più ferendomi e il prato inizia a diventare sempre più vicino… Lascia la presa ed io ne approfitto per proteggermi dalla caduta.
Atterro a terra con un tonfo senza essere riuscita ad attenuare un minimo la caduta. Il corpo inizia a pulsare per il dolore che sto provando, tossisco alcune volte senza nemmeno respirare regolarmente. Da una parte però sto meglio, visto che le unghie del demone non sono più conficcate nella mia pancia. Non posso rimanere sdraiata qua, mi alzo in fretta e quando mi giro incontro subito gli occhi di Jeremy… e la sua spada.
Il demone scompare una volta per tutte. Tossisco e faccio per allontanare la mano quando la vedo rossa, piena del mio sangue. – Oh… Jeremy! – urlo in preda al panico. Inizio a pensare. Sangue. Ho sputato sangue. Cosa significa? Sangue nei polmoni? Può essere. Emorragia? Non lo so, non credo. Non ci capisco niente! Non sono un fottuto dottore!
– Che succede? – chiede Jeremy, alzo la mano e il suo viso diventa lentamente sempre più bianco. – Da dove… – Alza lo sguardo sul mio viso e spalanca la bocca.
– Cosa? – chiedo io. – Cosa c’è che non va?
– Ti… sta uscendo il sangue dal naso – mormora lui togliendomi il sangue e facendomi vedere. – Cosa… diavolo sta succedendo? Sangue dal naso potrebbe essere… sangue nel cervello, no? Come cazzo fai ad essere ancora viva o sveglia allora?
– Non… non lo so.
Mi mette i capelli dietro le orecchie e spalanca gli occhi. – Cazzo – urla lui prima di prendermi per mano e iniziare a correre più veloce di prima. – Ce la fai? Ti prendo in braccio? – chiede continuando a correre. Mi fermo sentendo il mio cuore andare più piano del solito, il battito sembra ancora irregolare e…. – Cosa c’è? Perché ti sei fermata?
Alzo lo sguardo su di noi ma la vista è come annebbiata. Sbatto gli occhi più volte ma non sembra cambiare niente. – Vai – mormoro capendo di stare veramente male.
– Cosa? – chiede lui, sotto shock.
– Vai a combattere.
– E te?
– Jeremy, io non riesco a….
Cado a terra senza più forze e sentendo dolore su tutto il corpo.
 
Non faccio in tempo ad aprire gli occhi che mi ricordo tutto quello che è successo. Mi siedo di scatto nonostante continui a vedere tutto sfogato. – Dove sono? – chiedo con poca voce.
– Tranquilla – mormora Jeremy, mette una mano sopra la mia. Sorrido, è qui, vicino a me e mi sta tenendo la mano. E mi sta sorridendo veramente. – Sei in infermeria e la battaglia è finita, non dovrebbero più arrivare altri demoni.
– Cos’è successo? – chiedo.
– Sei svenuta – risponde lui. – Emh… hanno detto che quando hai aperto gli occhi non eri completamente guarita e la tua saluta è peggiorata molto quando il demone ti ha presa. Come ti senti? – Sembra realmente preoccupato per me. Mi ha detto più cose in questi ultimi giorni che da quando ci siamo incontrati. Non cose tipo “ehi, ciao” ma tipo “ti amo” o che sono importante, o che tutti gli altri non hanno importanza se ci sono io di mezzo. E tutto questo mi fa sentire molto meglio.
– Sono stanca – dico io. – Non riesco a tenere gli occhi aperti – finisco ridendo per l’imbarazzo.
– Credo sia normale – bofonchia Jeremy stringendomi un po’ di più la mano, come se avesse paura di qualcosa. Forse ha paura che io possa morire sul serio, dopotutto non sarei la prima Whitesun che muore prima dei vent’anni.
– Da quant’è che sto così?
– Da… due giorni – risponde lui e quando vede la mia espressione la sua mascella s’irrigidisce ancora di più. – Cosa c’è? È passato troppo o troppo poco tempo?
– Troppo tempo, direi – mormoro io. – Di solito non ci metto così tanto. Voglio dire, di solito ci metto più o meno un giorno, magari non sono ancora in forma ma il secondo giorno sto bene. Questo è il secondo giorno e mi sento uno straccio.
– Infatti c’è qualcosa che non va – s’intromette Louis, che riesco a riconoscere solo dalla voce visto che la mia vista ora come ora non è una delle migliori. – Gli Anziani ti vogliono vedere immediatamente. Hanno detto che è molto urgente, quindi devi andare adesso.
– Aspetta, cosa significa che c’è qualcosa che non va? – chiede Jeremy alzandosi per andare da Louis. – Cosa c’è che non va? Voglio dire… Non è successo niente di diverso dalle ultime volte che…
– Non lo so, Jeremy. Mi hanno solo detto che non è normale che lei stia ancora così e che la dobbiamo portare immediatamente da loro. Hanno molti poteri, vedrai che riusciranno a capire cos’ha che non va. Ne sono sicuro. Ora… andiamo – ribatte Louis.
– L’accompagno io, tranquillo – risponde Jeremy con il viso pallido, come se stesse per vomitare.
– Non avevo dubbi. – Louis mi guarda con un’espressione strana, fa un cenno di saluto e se ne va con le mani nelle tasche. Sembra molto preoccupato e questo mi fa pensare che non ci abbia detto qualcosa. Se prima non avevo l’ansia adesso ce l’ho di sicuro.
– Non c’è bisogno che mi accompagni – ribatto io guardandolo.
– Si, invece – dice Jeremy, nervoso. – Puoi non pensare al fatto che sono andato a letto con Allison per un solo minuto? O chiedo troppo? -- borbotta.
Scuoto la testa, in verità non ci stavo nemmeno pensando, è che non voglio sembrare una ragazza debole, non credo di aver bisogno di qualcuno che mi accompagni dagli Anziani. Ma ora che me l’ha ricordato allora è sicuro che non voglio che mi accompagni. La cosa più brutta è che io li ho visti a letto, ho visto i ricordi di Jeremy… Ho visto e sentito tutto. – Si, chiedi troppo – ringhio io. Tossisco un’altra volta e sento il sapore metallico del sangue dentro la bocca. Faccio una smorfia e guardo Jeremy, che è diventato pallido. – Cosa?
– Emh… – inizia lui, prende un fazzoletto, ancora più pallido di prima e si avvicina a me. È più forte di me e allontano il mio viso dalla sua mano. – Sei così arrabbiata con me da allontanarti? – chiede, stupefatto. – Cassie…
– Ho visto te e Allison a letto. Secondo te come mi dovrei sentire?! – tuono io con una voce rauca. Rimane in silenzio per un po’ con le guance rosse per l’imbarazzo e per la prima volta penso a come si possa sentire lui. Dopotutto li ho visti in un momento… intimo. Poco m’interessa però, visto che quella che non doveva vedere sono io e che il solo pensiero che loro due… Mi siedo sul letto nonostante mi sta scoppiando la testa. – Jeremy? – mormoro io. – Jer… il secchio… – Ma è troppo tardi. Il mio corpo sussulta e poco dopo sono costretta a rigettare tutto quello che avevo dentro lo stomaco.
– Cassie! – dice Jeremy, preoccupato, mettendomi indietro i capelli. – Va tutto bene. Va tutto bene – mormora, più per convincere sé stesso che me. – Risolveremo anche questa cosa, Cassie. Te lo prometto. Andrà tutto bene. Dai, andiamo…
– Faccio da sola. Non sto così male, molto probabilmente non avevo digerito. Sto guarendo, come sempre, solo più lentamente. – Mi alzo e riesco a rimanere in piedi da sola. – Vedi? – chiedo io sorridendogli, soddisfatta, prima di perdere l’equilibrio. Faccio per cadere a terra quando Jeremy mi prende, stringendomi a lui. Siamo vicinissimo, forse ad un centimetro di distanza e sento il suo cuore andare velocissimo, forse per la vicinanza o forse per lo spavento.
– Vedi? – ripete lui prendendomi n braccio. Sbuffo. – Sei proprio una ragazzina testarda.
– E tu sei proprio uno stronzo puttaniere – ringhio io mettendo il braccio dietro il suo collo per essere più comoda.
Ride. – Tieni, ragazzina – ribatte porgendomi il fazzoletto.
– A che mi serve il fazzoletto? – chiedo guardandolo mentre avanza senza fare alcuno sforzo, che peso poso si sa ma non fino a questo punto. Sembra proprio non fare il minimo sforzo, come se fossi veramente una piuma di un qualche uccello.
– Hai le labbra e metà guancia destra sporche di sangue – risponde lui freddamente.
Il mio cuore fa un balzo e mi nascondo dietro il fazzoletto, imbarazzata. – Ah – borbotto io. – Dirmelo prima no? – chiedo evitando il suo sguardo. So di essere rossa come un pomodoro ora come ora, non che faccia differenza visto che il mio nuovo fondotinta tende leggermente al rosso.
– Non mi hai fatto parlare fino ad adesso, né toccarti. A cosa serviva secondo te il fazzoletto prima? – risponde lui uscendo dalla tenda.
Sento il freddo sbattere sulla mia pelle facendomi rabbrividire, così metto il mio viso appena sotto il mento di Jeremy per proteggerlo dall’aria. Trattiene il respiro stringendomi un po’ di più a lui, il suo cuore inizia a battere più veloce mentre io non posso fare altro che perdermi nella perfezione di questo momento e nel suo buonissimo profumo. Poi però mi mette a terra. – Cosa fai? – chiedo io cercando di reggermi in piedi nonostante la stanchezza e le vertigini. Si toglie il giacchetto e me lo mette sulle spalle.
– Sei freddissima – annuncia lui riprendendomi in braccio.
Sento le sue mani sulle mie cosce. È l’unica parte calda del mio corpo. Mi metto meglio il giacchetto per poi mettere ancora una vola il mio viso sull’incavo del suo collo. – Grazie – mormoro cercando i suoi occhi. Abbassa subito lo sguardo e l’incontro, quel celeste con le sfumature blu; si ferma. Mi guardo intorno, confusa. – Perché ti sei fermato?
– E se ti volessi baciare? – chiede lui tutto d’un tratto.
Deglutisco. – Interessante – esclamo io mentre sto per entrare nel panico. – Gli Anziani ci stanno aspettando però, io ho tutta la bocca sporca del mio sangue e ho vomitato da poco. Fai un po’ te.
Ride. – La ragazzina ha paura di baciarmi – mi prende in giro lui ricominciando a camminare.
Mi sta dando della codarda, ma adesso che so che non mi bacerà sto molto meglio, quindi forse infondo lo sono veramente. – Perché dovrei avere paura di baciarti? Mica sei un angelo – borbotto io guardando davanti a noi.
– Ah no? – chiede lui ridendo.
Faccio una mezza risata. – Sei ridicolo – esclamo, però poi appoggio la testa sul suo petto e il suo mento si appoggia sulla mia testa facendomi sorridere come una cretina. Odio tutto questo, odio le sensazioni che provo quando sono con lui perché so che non potrò mai e poi mai controllarle. E non potrò mai controllare i miei sentimenti.
– Possiamo? – chiede Jeremy svegliandomi. Siamo in una tenda dove ci sono solo delle sedie e un tavolo. Su di esse sono seduti gli Anziani, che smettono di parlare sentendo la voce di Jeremy. Stringo la maglietta di Jeremy, gli Anziani continuano a farmi paura, soprattutto il Secondo che sembra odiarmi più degli altri.
– Certo, venite – risponde il Terzo e così Jeremy si avvicina un po’ di più a loro. – Non riesci nemmeno a stare in piedi, Cassie?
Come ho già detto, odio essere la debole di turno. – No, mi dispiace – borbotto, infastidita più per il mio corpo che per la domanda che mi hanno appena fatto.
– Ci ha provato ma è caduta – aggiunge Jeremy facendomi sentire ancora più stupida. Mi guarda, preoccupato, facendomi capire che riesce a sentire la rabbia che sto provando; abbassa lo sguardo con le guance un po’ rosse.
– Mi dispiace, Cassie, ma ti devi mettere in piedi adesso – dice il Primo Anziano. Annuisco facendo segno a Jeremy di mettermi giù, cosa che fa senza aggiungere niente. – Puoi tenerla se vuoi – continua il Primo abbassandosi il cappuccio una volta arrivato davanti a noi. Intanto le mani di Jeremy sfiorano i miei fianchi, pronto a prendermi in qualsiasi momento. Il Primo chiude gli occhi posando le sue mani sul mio viso, fa subito una smorfia. – Strano – mormora strizzando gli occhi che poi apre di scatto. – Hai delle emorragie interne, tra cui una celebrale. È veramente… un caso urgente.
– Ma sto guardando, no? – chiedo, ansiosa.
– No, non stai guarendo affatto – risponde il Primo facendomi quasi venire un attacco di panico.
– Cosa? – chiede Jeremy. – Ma… non è possibile.
– Oh, si invece – ribatte il Secondo sorridendo. – Cassie ha solo quindici anni, il suo potere non è così potente da proteggerla ogni giorno. È morta troppe volte in un lasso di tempo troppo corto.
– Ok, quindi adesso che si fa? – chiede Jeremy con voce tremante.
– Deve essere operata, ma è veramente in gravi condizioni. Non so se ce la farà – risponde il Primo continuando a guardarmi più preoccupato di prima. Appoggio la testa sul petto di Jeremy, impaurita, e lui mi abbraccia stringendomi più forte possibile. Il Primo quindi se ne va a testa bassa rimettendosi il cappuccio e il Secondo prende il suo posto.
Mi sorride venendomi incontro, chiude gli occhi una volta aver toccato il mio stomaco. – Ai – esclama lui aprendo gli occhi con una smorfia disgustata. – È disgustoso per quant’è grave – aggiunge sorridendomi. – Direi che è meglio se andate in infermeria e la fate operare subito.
– Con il vostro permesso – mormora Jeremy, gli Anziani annuiscono e così Jeremy mi prende in braccio e si precipita fuori con il cuore che batte così forte che sembra pronto ad uscire dal suo petto. Continua ad essere pallido e sto iniziando a preoccuparmi, perché sembra anche molto, forse troppo caldo.
– Jeremy, calmati – mormoro io. – Hai la febbre per caso?
– No, non dirmi di stare calmo – ringhia lui. – Come fai tu ad essere calma dopo tutto quello che ti hanno detto? Vuoi morire per caso? Bé, scordatelo.
– Stai facendo tutto da solo, Jeremy – borbotto io. – Non voglio morire ma non mi sento male. So che ce la farò, ce l’ho sempre fatta, perché non ce la dovrei fare anche oggi?
– Ah, non lo so, forse perché il tuo potere non sta facendo quello per cui è stato creato? – chiede Jeremy, arrabbiato e preoccupato. – Smettila di parlare così, Cassie. Sembra che niente possa distruggerti ma non è così.
– Jeremy, mi stia facendo male – borbotto cercando di tranquillizzarlo un po’.
– In che senso? – chiede lui aggrottando la fronte.
– Nel vero senso della parola. Mi stai sballottolando da una parte all’altra. Posso veramente camminare da sola adesso, magari posso appoggiarmi a te, ma mi sento molto meglio. Sul serio…
– Scordatelo – ringhia lui. – Non riesci a tenerti in piedi.
– Jeremy…
– Smettila di parlare! – tuona lui. – Siamo quasi arrivati. Andrà tutto bene, tu starai meglio, io starò meglio. Devi solo… Dobbiamo solo… tenere duro, ok? Vedrai che…

Angolo Autrice:
Molto probabilmente questo è l'ultimo o il penultimo capitolo che pubblico prima di partire, purtroppo non riesco più a pubblicarne uno al giorno quindi credo che d'ora in poi ne pubblicherò sempre uno ogni tre o quattro giorni.
Cos'è successo a Cassie? Perché Jeremy sembra avere la febbre? A quanto pare aveva ragione Louis e doveva semplicemente starsene all'Istituto. Comunque, questo è il quattordicesimo capitolo e finisce in un modo abbastanza strano, devo dire che non è uno dei miei preferiti.
Vi chiedo di recensire e ve lo chiederò sempre, perché per me è veramente importante sapere la vostra opinione e mi dispiace davvero tanto non saperla ogni volta... ma continuerò a pubblicare capitoli sperando in un cambiamento. Nonostante questo però so che alcune persone seguono questa storia e ne sono felice.
Mi scuso per eventuali errori.
Un bacio.

Immagine fatta da poco con un nuovo Jeremy per il tredicesimo capitolo:

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Capitolo 15
*** Una scelta difficile ***






Capitolo 15
Una scelta difficile

– Cassie, su! – urla qualcuno, un uomo che non conosco, ma la sua voce non mi è nuova, l’ho già sentita da qualche parte. Una scossa fortissima percorre tutto il mio corpo ed io dovrei sentirla, ma per qualche strano motivo non è così, in qualche modo so che una scossa ha smosso il mio corpo, ma non ho sentito niente. Ne sento altre successivamente, sempre più potenti, ma sono solo stanca e voglio solo rilassarmi. Non mi devono disturbare, non in questo modo. Voglio rilassarmi, cosa che non mi permettono di fare.
Apro gli occhi ma è tutto nero accanto  a me, c’è solo una piccola luce che sembra essere sempre più vicina a me, ma più si avvicina e più mi rendo conto che non si tratta di una luce, ma di una donna dai capelli biondi e degli occhi bellissimi di un marrone quasi nocciola, quegli occhi che io ho sempre amato. – Mamma? – chiedo guardandola, incredula. Il mio cuore trema, forse per le continue scosse, forse perché dopo tanto tempo riesco a vederla.
Sorride. – Ciao, amore – mi saluta lei. La sua voce rimbomba fino a diventare un sussurro. Mi guardo intorno per capire dove mi trovo ma continua ad essere tutto nero, guardo i miei piedi per capire dove sto camminando ma anche il pavimento sembra essere nero. Sono senza scarpe e… Mi tocco il vestito bianco che ho addosso. – Non ti preoccupare. Hai addosso questo perché è quello che vuoi. Sin da piccolina amavi gli abitini bianchi.
È vero, ne avevo almeno dieci. – Sono morta? – chiedo, guardandola negli occhi. Mi è mancata così  tanto, ormai quel peso che portavo sul cuore era diventata una cosa così normale per me che adesso con lei davanti e senza peso mi sembra quasi di essere diversa, più leggera, strana.
– Non ancora – risponde mio padre al posto di mia madre. Non l’avevo visto, in effetti credo veramente che sia appena spuntato dal nulla. Non riesco a capire… questo è il posto dove si va una volta morti? Ma io non sono morta, non ancora, quindi cosa ci faccio qua?
– Papà – mormoro con le lacrime agli occhi. È così bello vederlo in questo stato, così felice, con quella luce negli occhi che aveva sempre e solo quando aveva accanto a sé la mamma. Tutta la rabbia che ho provato fino ad adesso svanisce. So che non aveva il diritto di rovinarmi questi ultimi anni ubriacandosi e non facendo il padre, ma doveva veramente essere troppo dura per lui vivere senza di lei. Dopotutto è sempre stata la mamma quella più forte, tra lui e lei.
– Amore mio, non puoi morire adesso. Sei ancora troppo giovane – dice mia madre con le lacrime agli occhi stringendo un po’ mio padre, come se avesse paura di qualcosa. – Hai ancora tanto da fare, così tante esperienze che ancora devi fare.
– In più hai uno scopo, e sai che questa è la cosa giusta da fare – aggiunge mio padre, serio ma allo stesso tempo dolce.
– Ma è una cosa brutta – ringhio io, infastidita.
– Sono il male, tesoro. Non potrai fare altro che bene – mormora mia madre accennando un sorriso cortese per non farmi preoccupare visto che ha le lacrime agli occhi.
– Inoltre non puoi lasciare solo Jeremy – borbotta mio padre sorridendo un po’, come per dirmi “cercherò di farmelo piacere, ma in verità già mi piace e ti sto solo prendendo in giro”. Tipica faccia di mio padre, che faceva quando era felice e la mamma era ancora con lui.
– È così carino con te – continua mia madre. – Ti ama così tanto. Neanche Austin ti guardava nel modo in cui ti guarda Jeremy. Ti stupirà, te lo posso garantire.
– Non mi sono mai piaciuti i ragazzi che hai portato a casa e il fatto che questo ragazzo sia un donnaiolo mi ha fatto un po’ dubitare, ma lui… lui è quello giusto – dice mio padre sorridendomi e facendomi quasi piangere.
– Ci devo credere? Al fatto che siamo destinati.
– Non possiamo dirti a cosa credere – mormora mia madre, dispiaciuta. Molto probabilmente è una nuova regola perché lei prima viveva per dirmi cosa fare o cosa no, a cosa credere e a cosa no. – Ma credo tu sappia già a cosa credere, amore.
– Il tempo sta scadendo – mormora mio padre all’orecchio di mia madre, tutto d’un tratto agitato.
Aggrotto la fronte. – Quale tempo?
– Devi decidere cosa fare – risponde mia madre, ansiosa. – Rimanere qua con noi o tornare là.
Trattengo il respiro spalancando gli occhi. Non possono chiedermi se rimanere o no, non dovrebbe essere una mia scelta. Come posso scegliere tra i miei genitori e la mia vita? Come posso scegliere tra i miei genitori e Jeremy, e Ivy, e Isaac, e Scott… Come possono chiedermi di scegliere? Non posso, è una scelta troppo difficile.
– Sappi che ti capiamo e ti appoggiamo se decidi di tornare là – aggiunge mio padre con uno sguardo penetrante e continuando ad annuire. È sincero, quando lo è tende a muovere troppo la testa. Il mio papà…
– Ma voi mi mancate così tanto – dico io con le lacrime agli occhi. – Ogni volta che rimango in camera mia da sola penso a quando stavamo tutti insieme e guardavamo i film. Tutti i film, tutti i generi, tutti e tre insieme, tutti i week-end. – Sorridono facendomi uscire lacrime dopo lacrime. – Mi manca tutto questo, mi manca stare insieme a voi… Ho solo quindici anni! Ancora non sono pronta a dirvi addio. – Mi fermo per un po’ di secondi abbassando lo sguardo. – Ma Jeremy…. Io lo amo.
Mia madre che ormai è diventata una pozzanghera di lacrime fa per avvicinarsi a me quando mio padre la ferma. Lo guardo male per un po’ e lui capisce subito. – Scusami, tesoro – dice lui guardandomi negli occhi. – Ma se uno di noi ti tocca tu morirai.
E allora fatelo, penso, abbracciatemi. Ma dalla bocca mi esce tutt’altra cosa. – Fatemi tornare da Jeremy – mormoro abbassando lo sguardo. Quando lo rialzo per vedere la reazione dei miei genitori il mio cuore perde un battito: stanno sorridendo tutti e due. Sembra quindi che io abbia fatto la scelta giusta secondo loro. Ma… secondo me?
– Hai fatto la scelta giusta – conferma mia madre, anche mio padre sta annuendo dandogli ragione, eppure io non sono poi così felice. Una parte di me vorrebbe tantissimo rimanere là, ma un’altra vuole veramente tornare da Jeremy e baciarlo, abbracciarlo, ringraziarlo per essermi stato accanto, perdonarlo per aver scelto Allison visto che in fin dei conti era per una buona causa… non ce l’avrebbe mai fatta senza di lui.
Tutto d’un tratto però vedo tutto sfogato ed entro nel panico. – Mamma? Papà? – chiedo non vedendoli più. So che entrambi pensano che andrà tutto bene, per qualche motivo li sento ma non li sento. Non riesco a muovermi, non so se è a causa della paura o semplicemente perché non posso. Cosa dovrei fare? Dove dovrei andare? Li sento più lontani, e questo non va per niente bene.
 
Sento il mio cuore, sta ricominciando a battere; solo adesso mi rendo conto che prima non lo stava facendo. Apro gli occhi e sbatto più volte le palpebre per vedere meno sfogato, qualcuno, forse un dottore, mi sta guardando, preoccupato. – Mi senti? – chiede lui. – Cassie, mi senti? – ripete. – Chiudi due volte gli occhi per si. – E così sbatto le palpebre due volte. Cerco di parlare ma non ci riesco. Voglio sapere dove sta Jeremy, se ha ancora la febbre… Qualcuno sta piangendo, ma non può essere lui. Lui non piange mai. – Ok, sta bene – annuncia il dottore per poi andarsene, distrutto. Delle infermiere si mettono davanti la mia visuale e mi danno un bicchiere d’acqua.
– Va tutto bene, tesoro – mormora una. – Ti abbiamo operata e adesso stai benone. C’è un ragazzo qua fuori che chiede di te. Lo faccio entrare? – Sorrido annuendo. A quanto pare Jeremy sta bene. Devo parlargli, devo dirgli che l’ho perdonato, che sono stata una stupida…
Ma quando la porta si apre e vedo Isaac tutti i miei pensieri si bloccano. – Lo so – inizia lui venendo verso di me. – Non sono affatto la persona che speravi di vedere.
– Jeremy? – chiedo, confusa.
– Cassie… – borbotta lui grattandosi il collo. – Jeremy se n’è andato.
Rimango in silenzio per un po’ con le lacrime agli occhi. – Andato? – chiedo io, annuisce. – Che… che cazzo significa “andato”? Andato-morto o andato-scappato? Che cazzo sta succedendo? Non è possibile. No, non è possibile. Io… – Io sono tornata per lui vorrei dire, ma sembrerei una cretina e basta.
– Ti ha lasciata qua e poi se n’è andato. Non ho la più pallida idea di dove si trovi, credo si sia preso una vacanza… Cassie – aggiunge prendendomi la mano. Alzo lo sguardo su di lui e per la prima volta in vita mia il mio cuore si spezza vedendo quei suoi occhioni tristi. – Cassie, dovrà tornare prima o poi. – Sbatto più volte le palpebre cercando di svegliarmi da quest’incubo, ma non succede niente: continuo a stare qua, su questo maledetto letto con solo Isaac davanti a me. – Di solito le vacanze durano una, massimo due settimane. – Annuisco cercando di non scoppiare a piangere davanti a lui. Non riesco a respirare, non bene almeno. – Mi dispiace così tanto, Cassie. Mi dispiace… Si dev’essere spaventato. Può anche essere il miglior Cacciatore ma in amore fa veramente schifo. – Sospira. – Mi dispiace così tanto.
Annuisco un’altra volta guardando a terra mentre ormai le lacrime iniziano ad uscire così velocemente che a malapena me ne rendo conto. – Posso rimanere da sola?
– Certo – risponde Isaac abbassando lo sguardo prima di andarsene ingobbito e triste.
 
Mi metto la prima maglietta bianca che trovo dentro l’armadio a maniche corte, faccio una smorfia guardandomi allo specchio: la scollatura a V è veramente troppo scollata e più che bianco è trasparente. Ma non ho tempo per cambiarmi quindi esco dalla stanza e chiudo la porta. – Allora! – inizia Ivy facendomi sussultare appena sento la sua voce squillante.
– Dio… Ivy – mormoro posando una mano sul mio cuore che batte all’impazzata. – Tu mi farai prendere un infarto prima o poi con queste tue svegliate mattutine. Buongiorno anche a te, comunque.
– La tua festa è organizzata per sta sera – annuncia lei continuando il discorso che doveva ancora iniziare con un  enorme sorriso. Ancora non riesco a capire come fa ad essere così sveglia a quest’ora del mattino.
Mi fermo di scatto. – Ma ti avevo detto che non la volevo fare! – esclamo, contrariata.
– Mettiamola così: non me ne frega niente di quello che vuoi o non vuoi fare – ribatte lei continuando a sorridermi innocentemente, come se fosse una frase normalissima e forse anche dolcissima.
– Ah! Bé, bastava dirlo – dico io ridendo.
– Senti dopo dobbiamo assolutamente uscire – annuncia, sembra nervosa. – Non puoi rimanere qua, oggi non c’è nessuno da salvare, siamo ufficialmente in vacanza! – Appena sento quella parola il mio cuore fa un balzo e il mio sorriso diventa del tutto finto. Ivy fa un sospiro. –Sono passate più di due settimane da quando se n’è andato, Cassie. So che è stato stronzo e tutto, ma non puoi pensare solo al tuo lavoro da Cacciatrice, hai anche una vita sociale.
– Poi vedremo, Ivy, e comunque ti ho già detto che sto bene – ribatto io. – Jeremy può fare quello che vuole. Per quanto mi riguarda può anche non tornare.
– Si, farò finta di crederti, e comunque oggi usciamo, punto – borbotta lei. – Devo uscire da qua e soprattutto devo riuscire a non pensare a quella testa di cazzo di Isaac. Per la cronaca, abbiamo litigato.
– Tu e Isaac avete litigato – dico guardandola, poco convinta.
– Già – borbotta lei guardando a terra, il ché significa che mi sta tenendo nascosto qualcosa. – Andiamo giù a fare colazione, poi usciamo. Non te lo sto chiedendo. Oggi, dopo aver fatto colazione, usciremo e andremo a divertirci.
Arriviamo giù, Ivy continua a dirmi che Isaac e lei hanno litigato, che lui è stupido, ma ancora non mi dice il motivo per cui hanno litigato. Il modo in cui guarda tutto tranne che i miei occhi mi fa capire che o mi sta mentendo o mi sta tenendo nascosto qualcosa, ma faccio finta di niente.
– Ciao, amore – la saluta Isaac venendo da voi per poi baciare a stampo Ivy. Aggrotto la fronte, non avevano litigato questi due? Ok, qua c’è qualcosa che non quadra. O lei è l’unica a conoscenza di questa litigata oppure si sta inventando tutto, perché Isaac non è il tipo che si scorda così facilmente delle litigate.
– Ah, adesso fai finta di niente! – esclama Ivy guardandolo male. Incrocia le braccia e rimane in silenzio, aspettando una risposta da Isaac, che però sembra veramente confuso.
– Finta di niente? – gli fa eco Isaac.
– Esattamente – continua lei, però non sembra affatto arrabbiata.
– Non… Non sto capendo – ribatte lui accennando una risata nervosa. – Mi sono perso qualcosa? – Mi lancia un’occhiata per cercare di capire che intende dire Ivy, ma io alzo le spalle facendogli capire che so meno di lui.
Ivy sbuffa alzando gli occhi al cielo. – Ci vuoi lasciare un attimo soli, Cassie?
– Oh, certo – esclamo io, contenta. Stavo contando i secondi che passavano, aspettavo solo questo momento, quindi prendo un vassoio e mi metto a mangiare. Intanto Ivy inizia a gesticolare come una matta con una mezza faccia arrabbiata. Non so, c’è qualcosa che non va. Sembra che stia fingendo di essere arrabbiata con lui per un motivo che non conosco.
Quando finisco di fare colazione Isaac, che sembra essere  veramente arrabbiato, prende e se ne va spingendo qualcuno per farlo passare. Fa per entrare dentro l’ascensore quando mi guarda, io ho ancora la fronte aggrottata e lui si accorge di me e mi sorride, alza la mano per salutarmi e poi se ne va. Scuoto la testa, ancora più confusa. – Ma cosa…?
– Andiamo? – chiede Ivy, che è tornata alla riscossa.
– Si – rispondo pensando ancora alla faccia che aveva Isaac prima che mi sorridesse. Era infastidito e arrabbiato, ma prima che parlasse con Ivy era felice, quasi eccitato. – Prendo prima il giacchetto però.
– No! – urla lei fermandomi. Guarda il cellulare, rossa in viso e poi mi sorride. – Ok, andiamo. – La faccenda si fa sempre più strana mentre Ivy continua a trascinarmi per andare di sopra, tutto d’un tratto ha fretta! – Oggi sei più lenta del solito – mi riprende lei.
– E tu più strana – ribatto io una volta arrivate al nostro piano. Non c’è nessuno a parte Isaac, che sta parlando con un ragazzo. Ivy si ferma di scatto stringendomi ancora di più la mano. – Cazzo! – esclama lei.
– Oh, mio Dio – mormoro rendendomi conto che il ragazzo con cui sta parlando Isaac è Jeremy.
– Ok, direi di lasciar stare la tua giacca – propone lei trascinandomi indietro.
Ma lascio la sua mano. – Non mi prenderò un malanno perché ci sta quel cretino – ringhio io per poi girarmi verso di loro. Prendo coraggio e avanzo senza guardare Jeremy nemmeno per un secondo. Però sento il suo sguardo fisso su di me e questo non aiuta; il mio cuore va sempre più veloce, sembra quasi voler uscire dal petto. Entro in camera, prendo una giacca e me la metto. Sono arrabbiata, forse addirittura incazzata, sento tutto il calore del mio corpo liberarsi nella stanza per quanto sono incazzata. Faccio un respiro profondo e spalcanco la porta, mi rendo conto della scenata che sto facendo così cerco di chiuderla nel modo più delicato possibile, inutilmente visto che la porta sbatte in un moto che è tutt’altro che delicato.
– Ti avevo detto di farlo entrare in camera il più presto possibile, razza d’imbecille! – tuona Ivy. – E comunque te lo scordi, carino.
– Che sta succedendo? – chiedo io andando da Ivy senza degnare di uno sguardo Jeremy, che invece sembra fissarmi apposta. Per me è morto nel momento in cui se l’è andata a gambe, quello è un fantasma ed io non riesco a vedere i fantasmi. Jeremy Ruterful è morto e non c’è in questo corridoio.
 
– Ma che bella visita, Cassie Moonic – esclama il Secondo Anziano abbassandosi il cappuccio, viene da me e mi prende il braccio senza fare giri di parole e mi porta in un’altra stanza, lontana dagli altri Anziani.
– Mi sta facendo male – ringhio io, quando poi non sento più il ghiaccio dentro le mie ossa mi massaggio il braccio guardando male l’Anziano.
– Sei così fragile, Whitesun – ribatte il Secondo sorridendomi. – Allora, dimmi. – Si siede su una sedia, pronto ad ascoltarmi. Sembra molto interessato e per una volta ne sono felice.
– Ho una proposta da farle – annuncio io.
– Continua – dice, ancora più interessato. I suoi occhi bianchi ormai non mi fanno più nessun effetto, non mi fanno più paura, né i suoi occhi, né lui, né gli Anziani in generale.
– lei mi aiuterà a trovare il coltello ed io ucciderò un vampiro e un lupo mannaro se lei riuscirà a procurarmi i maghi disposti a fare quell’incantesimo per slegare il legame che ho con Jeremy. Ovviamente mi deve dare pure la vostra disponibilità – continuo io freddamente.
Ride. – Ho sentito quello che ha fatto. Mi dispiace – ribatte lui. Annuisco giusto per cortesia, anche se so che il suo dispiacere non è affatto reale, anzi ci gode a vedermi in questo stato. Per qualche strano motivo mi odia e ama vedermi con il cuore a pezzi a causa della mia anima gemella.
– Bene – dice alzandosi di scatto, faccio un passo indietro per essergli abbastanza lontana. – Accetto la tua proposta – risponde quindi mettendosi davanti a me per stringermi la mano. Glie la stringo volentieri, perché anche se il freddo inizia ad entrare dentro di me il calore della vittoria, della felicità sono più potenti.
– Bene – dico sorridendo.
È fatta.
 
– Hai capito? – chiede Ivy riportandomi nel mondo reale.
– Cosa? – chiedo io, confusa.
– Isaac vuole venire con noi e in più vuole portare Jeremy. Ovviamente io gli ho detto di no, perché noi non vogliamo né uno, né l’altro – ringhia Ivy guardando male il ragazzo. A quanto pare adesso hanno litigato veramente o è in atto una lite silenziosa, fatta di sguardi assassini e tutto il resto.
– No, tranquille, io non posso venire. Devo fare delle cose importanti – ribatte Jeremy continuando a fissarmi. Ah, ecco. Sarebbe stata una bella scenetta sennò. Con quale coraggio sarebbe venuto? Con quale faccia? A volte mi stupisco ancora, ma perché ancora non ho capito che si tratta di Jeremy Ruterful.
– Bene – esclamo subito io. – Allora il problema è risolto. Andiamo, Ivy? – finisco io, più fredda che mai. Sento il cuore di Jeremy, percepisco le sue emozioni e i suoi sentimenti; ho sentito il dolore fisico che ha provato quando ho detto che il “problema era risolto”. Ma non importa, devo essere più forte di così, dopotutto lui se n’è andato. Adesso è tornato, è vero, ma non importa nemmeno questo. Ormai è troppo tardi.
Andiamo alla libreria per vederci un film che non è per niente bello, ma mi rifiuto di tornare all’Istituto. Non ce la faccio a vedere Jeremy, perché so che prima o poi dovrò guardarlo in faccia e quando succederà tutta la mia fermezza scomparirà, portata via dal vento come cenere.
Sto per uscire dalla sala, ormai troppo annoiata per continuare a vedere questo film quando sento delle urla provenire da fuori. La prima cosa che faccio è guardare Ivy, che però sta guardando fuori. Ci alziamo subito e la seguo fuori dalla sala dove la maggior parte delle persone presenti nella libreria continuano a correre da una parte all’altra.
Tra tutta quella gente c’è una persona a terra, un ragazzo. – Oh, mio Dio! – urlo io, scioccata. – Liam! – Corro da lui, ma è immerso in una pozza di sangue quindi mi fermo di scatto mettendomi una mano davanti alla bocca per cercare di non vomitare.
– Cassie, dobbiamo aiutare le persone – urla Ivy scuotendomi. – Cassie, è morto, è troppo tardi. Dobbiamo andare!
– È morto – le faccio eco io guardando il corpo di Liam. – Oh, mio Dio! – Sto piangendo.
– Cassie, cazzo, smettila! – tuona lei. – Dobbiamo vedere chi ha fatto questo.
Ha ragione. Mi guardo intorno, cerco di visualizzare tutte le persone, ogni singolo dettaglio che possa aiutarmi a capire chi ha ucciso l’unica sirena che è stata in grado di baciarmi. Ad un certo punto riesco a vedere una ragazza, il capo di Liam. Non m’importa se è stata lei o no, la devo prendere e uccidere. Corro verso di lei facendo finta di non sentire Ivy mentre mi chiama per qualche ragione. Una volta presa la spada, che ormai ho sempre con come tutti i Cacciatori, la sbatto al muro mettendole la spada vicino alla gola. Lei spalanca gli occhi respirando velocemente, posso solo immaginare quanto stia battendo veloce il suo cuore. Adesso non ride più, la stronza.
– Lasciami andare o ti ammazzo con le mie stesse mani – urla lei.
Rido. – Credimi – ringhio, – provaci e ti giuro che sarai morta prima di rendertene conto.
– Ok, va bene. Cosa vuoi da me? – chiede.
– Che hai fatto a Liam? – chiedo praticamente ringhiando. Rimane in silenzio e così perdo la pazienza e avvicino ancora di più la spada al suo collo, ma lei ride.
– Non puoi ammazzarmi, Cacciatrice – dice con un sorriso stampato su quel viso che odio così tanto. – Questo è l’incantesimo di Liam – aggiunge ridendo. – Sapevo che era riuscito a catturarti. Puoi anche avergli resistito, ma si resiste fino ad un certo punto a Liam.
– Vuoi vedere come ti ammazzo? – tuono avvicinando ancora di più la spada.
– Perché? Perché stavo per baciare il tuo amato o perché Liam è appena morto? – chiede lei facendomi arrabbiare ancora di più. Sento un peso allo stomaco, un qualcosa che lo stritola… La sirena urla, le esce il sangue da una ferita abbastanza profonda sul collo.
– Cassie! – mi chiama Ivy, ma io continuo a tenere lo sguardo fisso sulla sirena, che continua ad urlare. – Cassie, chi è questa?
– Il capo di Liam – ringhio io continuando a guardarla negli occhi. Finalmente ha smesso di urlare e si è calmata, non mi guarda più come se mi stesse sfidando. Ha capito che faccio sul serio.
– Ok… ora allontanati da lei, Cassie, eh? – chiede Ivy avvicinandosi a me. – Dobbiamo portarla dagli Anziani. A loro serve viva, lo sai. Poi ci penseranno loro. – Rimaniamo tutte e tre ferme per un bel po’, io sono troppo arrabbiata con la stronza per muovermi e lasciarla vivere, la stronza è troppo spaventata per muoversi e Ivy ha troppa paura che io uccida la stronza per muoversi. Poi faccio uno scatto indietro, tanto per spaventare la sirena che infatti sussulta. Prendo le sue braccia con meno delicatezza possibile e le vado dietro puntandole la spada contro la schiena.
– Avanza, sirena – ringhio sputando quasi veleno, lei capisce che non è il caso d’infastidirmi ancora di più ed inizia a camminare.
– Mi fai male, Cacciatrice – si lamenta lei, eppure io rido continuando a farla avanzare con la spada puntata su di lei, la punta che quasi straccia il vestito.
– Bene – ribatto sorridendo.
Dentro la macchina sono io a stare accanto alla sirena, che non muove nemmeno un muscolo facendomi sorridere, soddisfatta. Ci presentiamo alla guardia che controlla l’edificio e quest’ultima ci fa entrare subito, ma ci ferma chiedendoci: – Perché avete portato con voi un demone?
La sirena si mette a ridere, come sempre d’altronde. – Io un demone? Bello mio, sono una creatura fantastica.
Alzo gli occhi al cielo. – Sto per vomitare… Nella libreria c’è stato un attacco e una sirena è morta. Lei è il suo capo. – Dopo aver ascoltando il piccolo riassunto la guardia si fa un’altra volta da parte e ci fa passare.
– Perché fa così freddo? – chiede la sirena indietreggiando quando la porta si spalanca davanti a noi, la fermo con una mano.
– Perché sono fantasmi – rispondo io, giusto per farla morire d’infarto. La verità è che non sono né fantasmi né umani.
– Cassie Moonic e… Ivy Dempson – esclama il Terzo. – Ormai è diventato un vizio venirci a fare visita, nostra cara Cassie. Devo pensare per caso che sei infatuata da uno di noi?
– Assolutamente no – rispondo tranquillamente io. – Sono qua… Siamo qua perché abbiamo appena assistito ad un omicidio di una sirena e questa sirena qui presente era il suo capo.
– Non ho mai capito voi sirene – borbotta il Quarto Anziano alzandosi e togliendosi il cappuccio. – Un capo per ogni gruppo, il più spietato. – Jasmine, giusto? – chiede poi facendomi trattenere il respiro alla sirena, che è spaventata a morte. – Permettimi di prendere la tua mano – aggiunge poi porgendogli la mano. La sirena alza la mano per poi metterla sopra quella dell’Anziano. Quest’ultimo chiude gli occhi bianchi e fa un respiro; quando li riapre spalancandoli si gira verso gli altri Anziani. La sirena inizia a tremare così tanto che mi viene quasi da proteggerla dal freddo, ma l’Anziano si gira con la spada in mano e le taglia la testa. Indietreggio piena del sangue della sirena in faccia e sulla maglietta, insieme ad Ivy. – Perché l’avete fatto? – chiedo, scioccata, guardando la testa della sirena ormai staccata dal proprio corpo.
– Dobbiamo fare una riunione con tutti voi Cacciatori domani – annuncia il Prmo Anziano. – Per ora potete andare – aggiunge poi, la porta si spalanca e così io ed Ivy ce ne andiamo quasi correndo.
 
Appena arriviamo all’Istituto Louis ci accoglie con una faccia preoccupata e Isaac proprio dietro di lui. – Che è successo? – chiede Louis. – Ho sentito gli Anziani ma non mi hanno spiegato bene.
– Alla libreria c’è stato un omicidio – risponde Ivy facendo fare al mio cuore un balzo. Lo so che non gli stava molto simpatico ma potrebbe almeno non essere così fredda. Dopotutto è morto qualcuno, qualcuno che conoscevo, qualcuno con cui ho avuto una… mezza relazione.
– Come? – chiede Isaac, spaventato.
– Hai sentito benissimo – borbotto guardando male Ivy, che però nemmeno se ne accorge visto che è intenta a conversare con il padre.
– Cosa ci facevate con gli Anziani? – chiede Louis.
– Abbiamo portato il capo di Liam da loro – rispondo freddamente per cercare di non far vedere quanto in verità questa cosa mi abbia scioccata. La morte di Liam, la morte di Jasmine…
– E ora dov’è? – chiede Louis.
– È morta – dico io con la stessa voce. Tutti mi guardano come se fossi una specie di alieno, sicuramente perché pensano che non me ne importi niente. – Scusate, devo andare – li avverto prima di andare in camera mia.
Quando però entro in camera pronta a farmi una grande dormita non faccio in tempo a posare la spada che mi rendo conto di Jeremy. – Che ci fai in camera mia? – chiedo, infuriata. Ovviamente deve sempre fare qualcosa, non può starsene per i fatti suoi, no certo che no! Lui è nato per rompere le palle a me e ora crede di avere pure il diritto di entrare in questo modo in camera mia.
– Ah, ma allora esisto! – esclama lui guardando un foglio. Il mio foglio. Quel foglio. – Pensavo fossi diventato un fantasma, sai? – chiede guardandomi negli occhi. – Lo credevo veramente. Ad un certo punto ho dovuto addirittura fare la prova della porta. Hai presente? I fantasmi dovrebbero attraversare le cose e indovina? Io ci sono proprio andato contro.
– Non fai per niente ridere. Che cosa ci fai in camera mia? – ripeto distrattamente guardando ogni tanto il foglio che continua a tenere in mano. Lo sta piegando tutto, lo tiene stretto come se volesse romperlo da un momento all’altro e ho paura di questo. Mi serve quella lettera, mi serve per quando sono senza speranza. Mi è servita nei momenti in cui scoppiavo a piangere perché lui mi aveva abbandonata, mentre io ero tornata per lui.
– Sapevo che mi stavi nascondendo qualcosa – annuncia lui. – Così ho frugato un po’ in camera tua e ho trovato questa. – Alza la lettera del Secondo Anziano con su scritto che aveva trovato i dieci maghi e che tutti gli Anziani avevano accettato, e che quindi ora stava cercando il pugnale per uccidere il vampiro e il lupo mannaro.
– Non puoi entrare così in camera mia – ribatto io cercando di cambiare discorso. La verità è che senza di quello io sono fregata, mi serve e lui non c’entra niente con questa storia. Mi deve assolutamente lasciar fare, o questa volta va a finire veramente male. Cerco di guardarlo negli occhi ma fa male e in più continua a tenere quel maledetto foglio alzato, lo vorrei solo prendere, piegarlo e metterlo dov’era prima.
– Non me ne frega niente – sbotta lui, arrabbiato.
– No – ringhio io. – No, ti dico io quello che non ti dovrebbe fregare – continuo avanzando verso di lui. Lo vedo irrigidirsi visibilmente. – Di me! Quindi ora sparisci e se dici a qualcuno quello che ho intenzione di fare giuro su Dio che ti ammazzo.
– Non puoi veramente farlo – mormora lui, vedo le sue labbra muoversi e ne rimango catturata. Sono così belle, sono così arrabbiata con lui ma l’attrazione che provo… lo vorrei prendere, stringere forte quel suo viso e ucciderlo di baci. – Non puoi allearti con uno degli Anziani. Soprattutto se questo è il Secondo. Non puoi veramente pensare che io ti lasci fare una cosa del genere, Cassie.
– Quello che faccio non sono affari tuoi, quindi ora o te ne vai oppure chiamo Louis. A te la scelta, Jeremy. – Appena pronuncio il suo nome anche lui abbassa lo sguardo sulle mie labbra e deglutisce, si bagna un po’ le labbra con la sua lingua ed io devo veramente - veramente - fare uno sforzo disumano per non posare le mie labbra sulle sue. Non so perché ma più andiamo avanti e più sono attratta da lui, ma oggi sto veramente esagerando e uso come scusa il fatto che non lo vedo da due settimane.
– Per dirgli cosa? – chiede avvicinandosi ancora di più. Se alzassi la mia mano potrei toccare il suo petto, o il suo viso, o tracciare il confine di quelle bellissime labbra. – Che sono entrato e ho trovato questa? – chiede con una voce diversa, più profonda. Alza la lettera e così cerco di prenderla ma lui la alza ancora di più, dove io non posso arrivare. Stronzo.
– Dammela – ringhio. Non ho mai voluto essere più alta come adesso.
– No – risponde lui seccamente, sembra che si stia divertendo però.
– Ho detto: dammi la lettera – sbotto sputando acido.
Lui butta a terra la lettera e faccio per raccoglierla quando lui mi prende il braccio e in qualche modo mi ritrovo girata con il braccio dietro la schiena come se mi volesse mandare in galera o cose del genere. Riesco a sentire il suo respiro battere sul mio orecchio, il suo corpo attaccato al mio. – Tu domani dirai al Secondo che non vuoi più fare quell’incantesimo o giuro su Dio che non ti lascio andare, Cassie – mi mormora all’orecchio.
Sento le ginocchia tremarmi per la vicinanza. Credo sia la prima volta che siamo così  vicini. Sto facendo troppi sforzi uno dopo l’altro, adesso per esempio devo riuscire a non appoggiarmi completamente a lui. Ma è più forte di me, giro la testa per guardarlo. Trattiene il respiro guardandomi da così vicino e abbassa ancora una volta lo sguardo verso le mie labbra, la mano che stringe il braccio allenta la presa per scendere fino alla mia mano e intreccia le sue dita con le mie mentre l’altra si posa sul mia fianco per farmi avvicinare ancora di più a lui. Un altro sforzo che devo fare è quello di rispondere a tono. – Mai – mormoro, ma solo perché la risposta mi galleggia nel cervello da quando ha detto quella frase. Ora come ora non mi ricordo nemmeno di cosa stavamo parlando.
– Bene, allora puoi dire addio alla tua lettera – dice allontanandosi di scatto da me. Sbatte più volte gli occhi e si allontana ancora un po’. Una parte di me lo sta ringraziando mentre l’altra vorrebbe prenderlo a calci.
– Va bene, tanto non mi serve a niente – mento io. – So già cosa devo fare, l’ho già letta.
Mi guarda per un po’ non sapendo cosa dire ma sembra arrabbiato un’altra volta. – bene, allora andrò da Louis.
Rido. – Credi veramente che me ne freghi qualcosa? – chiedo mentendo. – Loui non si metterà mai contro gli Anziani. – Socchiude cercando di guardarmi male mentre io riesco solo a pensare che sto riuscendo a vincere con il suo stesso gioco. – Quello che faccio non sono più affari tuoi da molto tempo, Jeremy. – Vado verso la porta. – E ora se non ti dispiace devo prepararmi per la mia festa di compleanno dove tu non sei invitato. – Apro la porta e gli sorrido falsamente.
– Stai facendo una stronzata, Cassie – ringhia lui venendo verso di me.
Gli faccio segno di uscire. – Vattene – borbotto. – Per me sei morto due settimane fa. Non ha più importanza quello che dici.
Il suo sguardo si fa ancora più duro ma sembra più triste che altro, purtroppo è molto bravo a nascondere le sue emozioni, per fortuna sono avvantaggiata e riesco benissimo a sentire che è triste. Se ne va a passo veloce sbattendo la porta.

Angolo Autrice:
Sono tornata! Scusatemi, scusatemi, scusatemi, ma più andiamo avanti e più ci metto a pubblicare un capitolo. Solo al pensiero che devo riscriverli tutti mi viene la nausea: odio riscrivere e correggere. Spero di essere più veloce d'ora in poi, ci proverò e ce la metterò tutta.
Solite cose: mi scuso per eventuali errori, vi chiedo - anzi, vi prego - di recensire il capitolo per farmi sapere cosa ne pensate e ringrazio chi segue questa storia.
Un bacio.

 

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Capitolo 16
*** La festa di compleanno ***




 
Capitolo 16
La festa di compleanno

Dopo poco più di un’ora qualcuno bussa alla mia porta, così apro subito sapendo che è Ivy con il vestito che mi metterò sta sera per la mia festa di compleanno. Entra più felice con mai, sfoggiando un sorriso che mi fa quasi pensare si tratti della sua festa di compleanno. Posa con un certo orgoglio sul mio letto un vestito di un celeste molto chiaro e con la gonna a campana.
Lo guardo per un po’, stupefatta dalla bellezza e dall’eleganza di questo vestito. – Ma… non è un po’ troppo elegante? – chiedo continuando a guardarlo. Almeno non sembra come quello di Cenerentola…
– Mi dispiace informarti del fatto che qua le feste, soprattutto quelle di compleanno, si vestono tutti così. Sono tutti molto eleganti quando si tratta di “feste”. Dopotutto non siamo come gli umani, che si mettono una canottiera con una gonna un po’ troppo corta, qua le cose si fanno per bene. Con stile.
– Ah, mi scusi, signorina – scherzo io. – Noi semplici umani, che viviamo la nostra vita inutile, non abbiamo nemmeno un minimo di stile.
– Esattamente – risponde lei sorridendomi, ma sta scherzando anche lei. O almeno credo. – Allora? – chiede poi. – Che te ne pare? – Gli occhi le scintillano per quanto è eccitata all’idea di questa festa. Non credo di aver mai conosciuto una persona a cui piacciono questi balli più di lei.
– È molto bello – esclamo guardandola negli occhi, in verità lo adoro ma che senso ha vestirti in questo modo se il ragazzo che amo e che mi ha praticamente lasciata morire da sola non c’era a vedermi? Potevo continuare a dire che era uno stronzo, che non mi meritava, ma Dio solo sa quanto mi fa sentire bene quando mi guarda in quel modo: come se fossi la creatura più bella di tutto il mondo. A volte è imbarazzante, anzi sempre, ma è comunque bello.
– Oh, smettila di deprimerti – borbotta lei sbuffando. – Voglio dire, hai visto quanti Cacciatori abbiamo nell’Istituto? – chiede. – In più sono tutti belli. Dai, per quanto possa volere bene a Jeremy devo ammettere che non riesce a non cagarsi in mano, e mi dispiace per lui, veramente…. Ma non può continuare a fare così. Quando lo faceva per non stare male potevo capirlo, quando lo faceva a persone che non tenevano molto a lui anche, perfino quando lo faceva a ragazze che ci tenevano veramente a lui. Ma non con te. Tu lo ami, e lui ti ha fatto male. Questa non glie la posso perdonare, deve capire che scappando non risolve niente e adesso l’ha capito benissimo, visto che è tornato ed è evidente che cercherà di rimettere apposto le cose con te. Ti guardava… Non avevo mai visto Jeremy guardare una ragazza nel modo in cui guarda te. Hai ragione: è come se per lui fossi la creatura più bella di tutto il mondo. Lo stai trasformando, l’hai trasformato dal primo momento in cui lui ti ha vista e lui ne è così consapevole che ha paura di te.
Rimango in silenzio guardandola. Se mi sta dicendo tutte queste cose è perché o le ha sentite da Isaac o le ha sentite da Jeremy, o meglio dal suo cervello. E anche se mi fa sentire meglio sapere che quello che prova per me è molto forte, mi fa veramente male sapere anche che ha paura di me. – Vado a farmi una doccia. Ci vediamo questa sera – annuncio. Ivy annuisce e se ne va.
Dopo essermi preparata vado davanti allo specchio, come sempre. I miei occhi sembrano più grandi e luminosi grazie al trucco, i capelli ondulati e il vestito… credo sia il primo vestito che mi piace sul serio. Sul petto è stretto da un corpetto, poi c’è la gonna che si gonfia sempre di più fino ad arrivare a terra. Alzo il vestito per non inciamparci sopra e s’intravedono le punte dei miei tacchi neri mentre esco dalla mia camera.
La musica si sente da qua sopra, sorrido sentendo l’ansia salire sempre di più, facendomi venire le farfalle allo stomaco. Ma smetto di sorridere vedendo Jeremy davanti all’ascensore. Sbuffo capendo che devo scendere le scale, che sono proprio accanto all’ascensore, e spero con tutta me stessa che non si accorga di me… – Perché scendi le scale? – chiede subito. Quando mi giro per fargli capire che non sono una ragazza qualunque, che può rimorchiare subito, ma sono io, lui trattiene il respiro. – Cassie – mormora guardandomi dalla testa ai piedi con quello sguardo. – Scusami, non pensavo fossi te. Non sembravi… tu.
Alzo gli occhi al cielo. – E perché mai? – Fa per dire qualcosa. – No, stai zitto. Solo… ora sai perché scendo le scale e non prendo l’ascensore.
– No, aspetta, Cassie! – esclama lei, in preda al panico. – Non era… Cercavo di… farti un maledettissimo complimento, ma a quanto pare non è riuscito. Scusami, è solo che tu… mi mandi in tilt ed io non riesco più a pensare lucidamente. – Rimane in silenzio guardandomi, forse sa che è riuscito a farmi smettere di respirare, forse no. Sapere che non sono l’unica a diventare mezza stupida quando c’è lui di mezzo mi fa sentire più… al sicuro? Meno stupida? Ma poco importa, perché adesso riesco solo a pensare al fatto che sta scendendo e che lo rivedrò, e che lui mi riguarderà esattamente come sta facendo ora.  Si fa da parte guardando a terra. – Vai. Prendi tu l’ascensore, io scendo le scale. – Annuisce vedendo la mia espressione diffidente e così entro abbassando lo sguardo quando gli passo accanto, visto che continua a tenere le porte dell’ascensore ferme. Fa per togliere la mani quando inizia a parlare un’altra volta. – Cassie, io non so… da dove iniziare. – Chiude gli occhi facendo un sospiro profondo. – Mi dispiace di averti lasciata là, da sola. Pensavo di averti persa, mi… sei morta tra le braccia. Tu devi capire il dolore che ho provato. Non ho mai provato dolore più forte. È stato come se la mia anima si fosse staccata per un paio di secondi dal mio corpo. Tu devi capirmi.
Annuisco. – Capisco – dico io, e i suoi occhi pieni d’emozioni dentro incontrano i miei. – Capisco quanto sei codardo – continuo. Tutto d’un tratto il suo viso diventa bianco come un foglio di carta e i suoi occhi, che prima sembravano brillare di felicità, ora sono spenti. – Perché è quello che sei, Jeremy: un codardo. – Rimane come una statua, fermo, guardandomi dritto negli occhi, ed io quasi riesco a tenere il mio sguardo su di lui, anche se sembra quasi pronto a cadere a terra. – Ora togli questa mano – mormoro io prendendo di scatto la sua mano e togliendola dalla presa della porta dell’ascensore. Sono con le lacrime agli occhi: fa così male vederlo in questo modo. – Togli questo piede – ringhio pestando il suo piede che ferma anche esso la porta dell’ascensore. E lui non sussulta nemmeno, semplicemente fa dei passi indietro, ma io non riesco a lasciare la sua mano. Incontro i suoi occhi, anche lui sembra sul punto di piangere, così non ce la faccio più e lascio la sua mano proprio mentre le porte si stanno chiudendo. Mi allontano da lui e mi appoggio allo specchio dietro di me per cercare di tranquillizzarmi, di far tornare il mio respiro regolare.
Mi asciugo le lacrime prima che le porte dell’ascensore di aprano e quando esco tutti iniziano ad urlare, così rido, più imbarazzata che mai. Scott viene da me per abbracciarmi, facendomi ridere ancora di più, poco dopo viene anche Ivy e fa la stessa cosa.
La musica ricomincia e tutti iniziano a ballare. È più forte di me e scoppio a ridere guardando tutti i minimi movimenti della gente che pensa di star ballando. Ivy mi prende per mano e urla: – Andiamo a bere! – Mi trascina al bar e avverte il barista che è il mio compleanno, quindi di fare qualcosa di molto forte. Il barista le da ascolto e mi porge un bicchiere pieno di un liquido di un colore strano.
– Bevi! Bevi! Bevi! – urlano tutti sbattendo le mani sul bancone. Rido e mi prendo coraggio per berlo tutto d’un sorso. Si mettono ad urlare ancora di più ed Ivy mi abbraccia accennando qualche salto, poi cambia idea un’altra volta e mi porta in pista. Tutti iniziano a muoversi mentre io sento il calore uscire dal mio corpo, l’acido del drink dentro il mio stomaco e gli occhi insistenti di Jeremy che mi guardano, pronti a guardare i miei, ma decido di non farlo così lui entra dentro l’ascensore e scompare.
Ceniamo, mi fanno sedere a capotavola con Ivy e Isaac alla mia destra e Scott alla mia sinistra. La cena è buonissima, ma non faccio altro che pensare a Jeremy. Cosa sta facendo? Ha mangiato? A quest’ora sarebbe alla mia sinistra, dopo o al posto di Scott? Quando tutti abbiamo finito di cenare ci alziamo e torniamo alla festa, in salone, dove la musica rimbomba facendomi quasi venire mal di testa. Tutti iniziano a ballare mentre io mi prendo un altro drink cercando di pensare solo ad esso e non a Jeremy, che sembra un pensiero fisso.
– Ehi – mi saluta un ragazzo dai capelli molto corti e castani, con gli occhi quasi neri.
– Ciao – dico io guardandolo con diffidenza.
– Allora – inizia lui facendo segno al barista di fargli la stessa cosa che sto bevendo anch’io, – così tu sei la festeggiata. – Annuisco finendo il mio drink. – Io sono Harry – si presenta porgendomi la mano, che stringo subito.
– Mi chiamo Cassie – dico io mentre lui continua a sorridermi.
Rimaniamo un po’ seduti, parliamo un bel po’ ed è veramente simpatico. Poi si alza e mi porge la mano. – Ti va di ballare? – chiede lui quando inizia il lento.
– Si – rispondo io prendendo la sua mano. Sorride e andiamo in mezzo alla pista, le sue mani mi accarezzano i capelli, così io metto le mie mani attorno al suo collo avvicinandomi a lui. Tutti accanto a noi si stanno baciando e so che questo ragazzo non sta aspettando altro. Alzo lentamente lo sguardo su di lui e così lui abbassa il suo per poi sorridermi, ricambio subito il sorriso perché non posso farlo a meno visto che ha un sorriso troppo bello per non essere contagioso. Però il mio unico pensiero è: non è il sorriso di Jeremy. Quindi abbasso lo sguardo ancora una volta, ma la mano di prende il mio viso per alzarlo e così lo guardo negli occhi. Mi mette una ciocca di capelli dietro l’orecchio e si avvicina a me. Posa una sua mano sulla mia schiena e avvicina il suo viso al mio. È il mio compleanno, dovrei essere felice e dovrei stare con chi amo, non con uno qualsiasi.
Quindi mi allontano da lui. – Scusami, ma devo proprio andare – gli dico. Accenno un sorriso, alzo l’orlo del vestito e corro verso l’ascensore, pronta ad andare da Jeremy.
– Cassie, c’è una cosa che devi sapere – urla Ivy correndo verso di me. – C’è un motivo se Jeremy se n’è andato e mio padre me l’ha appena detto. – Rimane in silenzio guardandomi, così la incito ad andare avanti. – Era stato morso da un demone, come tu ben sai. Ma… c’è di più. C’è un motivo se mio padre non voleva che venisse con noi nella città.
– Qual è? – chiedo io.
– Perché doveva assolutamente andare in Canada – risponde lei. – Per guarire.
Aggrotto la fronte. – Cosa? Cosa significa questo, scusa?
– Il demone che l’ha attaccato quella sera non era un Mangiatore di Cacciatori, ma un Angiusmortem. Significa “serpente mortale”. Dopo un po’ di giorni se questo demone ti ha morso il veleno inizia ad ucciderti dentro e quanto tu sei morta Jeremy ti ha portato in infermeria ma dopo poco tempo è svenuto e così l’hanno portato di corsa via, fino in Canada.
– Ma… perché cazzo non me l’avete detto prima? – sbotto io, arrabbiata. Tutti i pezzi del puzzle sembrano essere finalmente al loro posto, ma ne manca solo uno: perché cazzo non mi ha detto niente? Perché mi ha mentita?
– Io non lo sapevo! – urla lei. – Lo sapevano solo Jeremy e mio padre. Anche Isaac è rimasto scandalizzato quando l’ha saputo, ma lui preferisce non parlarci, ormai sa com’è fatto e sa quand’è meglio lasciare perdere… o semplicemente sa il motivo per cui l’ha fatto. Fatto stare che tu devi andare da lui e chiarire l’intera faccenda. Devi.
Chiamo l’ascensore, più arrabbiata di prima. Quando arriva entro senza dire una parola ad Ivy, che mi guarda con quei suoi occhioni verdi, cercando di scusarsi in silenzio per qualcosa che non ha fatto. Arrivo al nostro piano e con l’orlo del vestito nelle mani corro più veloce che posso nonostante abbia i tacchi. Busso la porta e penso che se entro due secondi non apre questa maledetta porta l’aprirò da sola. Quasi come se mi avesse sentita apre la porta e il fiatone che avevo pochi secondi fa si ferma di scatto. Smetto letteralmente di respirare.
Jeremy Ruterful mette per la milionesima volta in vista i suoi pettorali niente male, con solo addosso i pantaloni del pigiama. Per l’ennesima volta mi chiedo come faccia a stare in questo modo quando in verità non fa così caldo, anzi. – Che ci fai qua? – chiede lui con la fronte aggrottata.
Entro dentro la sua camera senza il suo permesso, troppo arrabbiata per pensare lucidamente. – Sei un fottuto stronzo! – urlo io chiudendo la porta alle mie spalle continuando a guardarlo dritto negli occhi, sperando di fargli capire quanto lo sto odiando in questo preciso momento.
Accenna un sorriso falso. – Ma questo già si sapeva, tesoro – risponde lui incrociando le braccia e appoggiando la sua spalla sulla parete accanto a lui. Mi sta prendendo in giro, sul serio?
– Perché cazzo non mi hai detto quello che ti è successo veramente? – urlo io, più arrabbiata che mai. Odio essere innamorata di un tale cretino, odio il fatto che non riesca a prendere sul serio quello che deve. Invece no, lui è serio quando non deve e non lo è quando deve.
Sembra scioccato, con la bocca spalancata e tutto il resto. – Come hai fatto a saperlo? – mormora. Mi guarda ma in qualche modo non mi guarda, sembra veramente sotto shock. – Non dovevi…
– Perché non me l’hai detto? – urlo spingendolo. – Pensavo mi avessi lasciata sola – continuo io spingendolo ma senza farlo indietreggiare di un millimetro. – Pensavo non mi volessi più! Ero sveglia ed eri preoccupato per me, poi mi sono svegliata e tu non c’eri più! – Ormai sto piangendo. – Perché mi hai fatto questo? – urlo io iniziando a picchiarlo. – Pensavo tu mi amassi, ma a quanto pare mentivi perché sennò non mi avresti lasciata sola. Io non ti avrei mai lasciato solo. Continui a dire che ti mando in tilt, che mi ami, eppure non lo dimostri affatto. Quindi ora dimmi perché cazzo mi hai fatto questo? Cosa ti ho fatto di male?
Ad un certo punto alza gli occhi al cielo e con un ringhio prende i miei polsi facendomi avvicinare ancora di più a lui. Riesco a vedere i suoi occhi, le sue pupille sono dilatate. – Perché volevo andarmene – ringhia lui avvicinandosi ancora di più a me. – Volevo smetterla di provare questo… questo amore per te! Mi sei morta tra le braccia, porca puttana! – urla lui guardandomi negli occhi mentre io continuo a piangere. Le sue mani stanno tremando. – Stavo parlando con te, ti stavo dicendo che sarebbe andato tutto bene e poi ho sentito tutto il tuo peso. E… quando ho abbassato lo sguardo tu avevi la testa sulla mia spalla, non era normale il modo in cui stava messa. Gli occhi erano chiusi e la tua bocca era socchiusa… – Mi lascia i polsi e si allontana di poco da me, tenendo le mani chiuse a pugni. – Poi sono stato male, ma non volevo tornare perché sapevo che sarebbe successo un’altra volta, che ti avrei vista morire altre mille volte. Ma non sono riuscito a starti lontano, così appena sono guarito sono tornato.
– Perché non mi hai detto che te ne dovevi andare dato che stavi male? Perché non mi hai detto semplicemente che dovevi andartene? – chiedo, ormai tranquilla ma con ancora le lacrime agli occhi.
– Perché non ti volevo lasciare fino a quando non fossi uscita dalla sala operatoria, ma purtroppo mi sono sentito male anch’io e così mi hanno portato via. Perché non ti ho detto la verità? Perché volevo che tu mi odiassi. Sarebbe tutto molto più facile se almeno uno dei due odiasse l’altro. Sarebbe tutto molto più facile se solo tu mi odiassi.
Deglutisco, per qualche motivo la sua voce non mi è mai sembrata così profonda e maledettamente sexy. – Io ti odio – mormoro con quel poco di voce che mi è rimasta. La verità è che ho la gola secca.
Si avvicina a me per eliminare tutta la distanza, ma non mi tocca, mi guarda semplicemente negli occhi con quello sguardo che ha fatto quando oggi pomeriggio mi ha guardata mentre mi teneva stretta, pregandomi di lasciar stare il Secondo Anziano. – Ah, si? E allora perché sei qua? – chiede quindi con quegli occhi che ormai lanciano scintille celesti. Deglutisce avvicinandosi ancora di più, abbasso lo sguardo verso il mio vestito, riesco a vedere le mie scarpe che toccano i suoi piedi nudi. Alzo ancora una volta lo sguardo con diffidenza, sapendo che potrei benissimo toccarlo senza nessuno sforzo. – L’odio è più forte dell’amore.
Rimango in silenzio, guardando il suo viso perfetto: le sue labbra carnose, il suo naso, i suoi occhi che sembrano essersi dilatati ancora di più. – Dici? – riesco solo a dire.
Annuisce. – Assolutamente si – mormora abbassando lo sguardo sulle mie labbra.
– A quanto pare ti sbagli – ribatto io cercando di eliminare più volte il nodo che mi ritrovo nella gola.
Le sue mani iniziano a percorrere lentamente le mie braccia fino ad arrivare alle spalle, è un movimento molto lento e così delicato che a malapena riesco a sentirlo; mi fa rabbrividire. – Cassie – mormora lui con una voce rauca e guardandomi negli occhi e facendomi rimanere ancora una volta senza fiato. – Io… – Si ferma guardando la sua mano che continua a percorrere il mio corpo, passando dalla spalla al collo. Si ferma ancora una volta guardandomi dritto negli occhi, accenna un sorriso e so che è perché sto tramando come una foglia.
Poi si allontana ed io sono costretta a fare un passo verso di lui, troppo occupata a non cadere a terra per pensare al fatto che il mio corpo sta cercando di attaccarsi a quello di lui. Non riesco a capirlo, sembrava mi stesse per baciare, e invece… A quanto pare devo essere io a fare il primo passo, o almeno farglielo credere. Quindi questa volta sono io ad avvicinarmi a lui, che mi guarda dall’alto con la fronte corrucciata. Poso tutte e due le mie mani sui suoi polsi e lui risponde subito irrigidendosi; salgo lentamente, proprio come ha fatto lui con me, ma invece di passare al collo allontano di pochi centimetri le mie mani dal suo corpo e lo guardo dritto negli occhi, che sembrano scurirsi sempre di più. Poi poso un’altra volta le mani dov’erano prima ma scendo sulle sue clavicole. Le mie dita lo sfiorano a malapena mentre scendo sempre di più, arrivando ai pettorali. A quel punto poso completamente le mie mani là e mi fermo a sentire il suo cuore mentre batte veloce e il suo petto che si abbassa e si alza velocemente. Faccio per scendere, sentendo la tartaruga bella in vista, ma faccio a malapena in tempo a posare le mani là che lui mi afferra di scatto i polsi. Sussulto non immaginandomi una reazione del genere. Mi stringe di scatto posando le sue mani sui miei fianchi, il suo petto tocca il mio, entrambi abbiamo il respiro accelerato e quando sembra che non succeda nient’altro e quindi faccio per andarmene lui mi stringe ancora di più con una mano sulla mia schiena mentre l’altra raggiunge il mio collo e fa avvicinare il mio viso al suo…
Poi le nostre labbra si toccano e a quel punto le mie gambe non ce la fanno più e faccio per cedere a terra ma lui mi stringe anche con l’altro braccio a lui tenendomi in piedi. Da qualche parte riesco a trovare la forza di alzare entrambe le mie mani; una la metto sul suo collo, cercando un qualche appoggio, mentre l’altra accarezza i suoi capelli. Mi distacco leggermente da lui, pronta a baciarlo un’altra volta e così faccio: le mie labbra si posano sulle sue. Non mi sono mai sentita in questo modo quando baciavo qualcuno, nemmeno il mio primo ragazzo che amavo. Mi mordicchia il labbro inferiore facendomi così aprire la bocca in modo che il nostro bacio diventi reale e più passionale. Lo stringo ancora di più a me sentendo ogni singola cosa; gli stringo un po’ i capelli, troppo agitata per fare altro.
Quando è troppo e sento quasi il mio cuore scoppiare dalla felicità tolgo entrambe le mie mani dal suo corpo per calmarmi un po’, ma il mio corpo non sembra rispondere a quello che gli dice la mente e così passo le mie mani lungo tutta la sua schiena. Tocco ogni singolo spazio di quella schiena muscolosa, fino a quando non arrivo all’orlo dei suoi pantaloni. E sono tentata di andare anche oltre, perché semplicemente mi sta facendo perdere la testa, quando mi prende di scatto le mani e si distacca da me. Me le bacia con tutti e due gli occhi chiusi e quando li apre incontrano subito i miei.
– Credo sia ora di andare – mormoro io allontanandomi il più possibile da lui. – Già, emh… ti aspetto di sotto. Puoi metterti tutto quello che vuoi. – Mi aggiusto un po’ i capelli e senza aspettare la risposta di Jeremy alzo l’orlo del vestito e me ne vado a passo veloce.
Scendo e aspetto che lui faccia la stessa cosa, ma più aspetto e più inizio a pensare che lui non scenderà. Quando manca pochissimo a mezzanotte capisco che lui non scenderà per poi urlare a mezzanotte il mio nome. Rido e qualcuno passa a tutti un bicchiere di champagne che poi alziamo in alto prima di berlo. La musica continua ad andare avanti, mentre io continuo a guardarmi intorno.
L’aria esce dai miei polmoni vedendo Jeremy. Sorrido posando su un tavolino il bicchiere, alzo il vestito e faccio qualche passo ma Allison si mette accanto a lui dandogli lo champagne, quindi mi fermo di scatto guardandoli. Rimango così per un po’, Ivy cerca di farmi ballare ma quando capisce del perché continui a muovermi poco la smette e guarda la scenetta insieme a me. Però ad un certo punto mentre sono tutti e due seduti lei mette la sua mano sulla gamba sinistra di Jeremy salendo sempre di più e a quel punto è troppo per me: sbarro gli occhi e faccio per andarmene, ma qualcuno mi sta porgendo la mano.
– Balliamo? – chiede un ragazzo biondo con gli occhi celesti.
Non guardo Jeremy e Allison. – Arrivo tra un po’. Che ne dici della prossima canzone? – Il ragazzo aggrotta la fronte, confuso. – Ci vediamo dopo, in mezzo alla pista. Mi raccomando, riservami il ballo. – Lui accenna un sorriso e annuisce prima di andarsene. Ne approfitto e vado al bar prendendomi un altro drink.
– Non starai esagerando? – chiede Allison, che continua a far scendere e salire la sua mano sulla gamba di Jeremy, silenzioso.
Le lancio un’occhiataccia e poi passo al suo ragazzo, che poco prima mi ha baciata. – Disse quella che la sera dell’ultimo ballo era ubriaca fradicia dopo un’ora – ringhio io continuando a guardarla come se fosse poco più di uno schifoso mostro, e continuo nonostante lei mi stia guardando male. – Grazie – bofonchio prendendo il drink. Lo alzo in direzione dei due piccioncini e me ne vado, facendo finta di non sentire Jeremy mentre mi chiama.
La canzone successiva inizia e così bevo il drink tutto d’un sorso prima di posarlo sul tavolo del bar e correre in mezzo alla pista alzando il vestito che impiccia sempre di più. Arrivata in mezzo alla pista il ragazzo dai capelli biondi si avvicina a me, gli sorrido avanzando verso di lui.
La canzone è lenta e le sue mani giocano con i miei capelli mentre le mie sono intrecciate dietro il suo collo. Dopo pochissimo tempo lo sto baciando ed è ridicolo quanto questo bacio non conti niente in confronto al bacio di Jeremy.
Ma Jeremy ora è con Allison.
 
Angolo Autrice:
Ormai credo sia inutile scrivere un angolo autrice, quindi questa sarà l'ultima volta che lo scriverò. D'ora in avanti pubblicherò semplicemente il capitolo, senza aggiungere altro.
Vi chiedo per l'ultima volta di recensire per farmi sapere cosa ne pensate, perché per me il vostro parere è VERAMENTE importante. Vi chiedo di recensire sempre, ogni singolo capitolo. Ringrazio chi segue questa storia e mi scuso per eventuali errori.
Un bacio.

 

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Capitolo 17
*** Un incubo ***








Capitolo 17
Un incubo
 
Più mi sveglio e più sento la testa scoppiare. Cerco di ricordarmi come ho fatto ad arrivare a letto o perché ho questo mal di testa che sembra starmi per spaccare in due. Mi giro con ancora gli occhi chiusi ma sono costretta ad aprirli quando vado a sbattere contro qualcuno. Davanti a me c’è il ragazzo di ieri sera, quello con i capelli biondi che mi aveva chiesto di ballare. Mi alzo di scatto dal letto e faccio per cadere ma per qualche motivo riesco a rimanere in piedi nonostante la stanza stia girando, abbasso lo sguardo e mi ritrovo in biancheria intima. – Che… Oh, mio Dio – mormoro mettendomi una mano davanti alla bocca per non far uscire nient’altro. Mi metto il vestito che è su una poltrona ed esco dalla camera che di certo non è la mia.
Mi guardo intorno, la gente continua a fissarmi e questo mi fa pensare che tutti sanno quello che mi è successo tranne la sottoscritta, alzo il vestito e corro in camera mia per mettermi dei jeans e una maglietta. Una volta resa presentabile vado a bussare alla porta di Ivy, ma quando si apre mi trovo davanti solo – Isaac? – chiedo, scioccata.
– Che ci fai qua, Cassie? – mi chiede  assonnato grattandosi la testa con gli occhi ancora socchiusi.
– No, fermo, qua dovrei essere io a fare domande – rispondo io. – Tu che ci fai qua?
Sorride timidamente. – Credo sia abbastanza evidente – bofonchia con le guance rosse per l’imbarazzo.
Alzo gli occhi al cielo per non fare una smorfia disgustata. In effetti la domanda era abbastanza stupida, questa storia mi sta facendo andare fuori di testa. – Dov’è Ivy?
Aggrotta la fronte, confuso, anche se adesso sta iniziando a svegliarsi. – Sta dormendo.
– Oh, bene! – esclamo io. – Ora svegliala – borbotto incrociando le braccia.
– Ma perché? Che succede? Va tutto bene? – inizia Isaac versione investigatore. Ora che ci penso mi piace di più quando è ancora mezzo addormentato.
– No, non va bene! – sbotto io, rido. – Dio… Ok, lascia stare – ringhio guardandolo male. Gli chiedo di fare una cosa e ovviamente decide di fare tutto il contrario. Diamo fastidio a Cassie Moonic! Devo avere un qualcosa di veramente stuzzicante visto che a quanto pare tutte le persone cercano di darmi fastidio.
Faccio per andarmene quando Isaac mi chiama. – Cassie! Che sta succedendo? – mi chiede uscendo dalla camera, preoccupato.
– Ho detto lascia stare! – esclamo io per poi andarmene.  Rimango in silenzio e ferma per un po’ di tempo, pesando sul da farsi, poi busso alla porta di Scott.
Apre e sbatte più volte gli occhi. – Cassie – borbotta Scott, assonnato. – Che succede? Come mai sei già in piedi? Bella festa quella di ieri comunque… Che succede? Perché sei così agitata?
– Cos’è successo ieri sera? – chiedo.
Questa domanda lo fa svegliare del tutto e apre completamente gli occhi che poco prima teneva socchiusi. – Che… significa? Cosa dev’essere successo ieri sera?
Alzo gli occhi al cielo. – Non lo so, è per questo che te lo sto chiedendo. Io so solo che mi sono trovata in camera di un ragazzo di cui non so nemmeno il nome in biancheria intima.
– Tipo… un biondino? – chiede quindi Scott. Annuisco. – Oh, si, ti ho vista ieri sera mentre prendevate l’ascensore insieme ma non pensavo che… Avete fatto qualcosa?
– Continuo a non saperlo, Scott! – esclamo io mettendomi indietro i capelli. – Ma ero in biancheria intima e lui… Non ci ho fatto molto caso sinceramente, ma di certo non aveva la maglietta. – Mi fermo a pensare al casino che ho combinato. – Cazzo! E Jeremy? Dov’era?
– Se chiedendomi di Jeremy intendi dire se ti ha vista, non lo so, ma poco dopo è salito anche lui con una ragazza tutta gambe e occhioni chiari.
– Allison, ovviamente – borbotto io. – Ok, perfetto. Grazie. Torna a dormire. – Gli do una spinta amichevole e poi me ne vado senza nemmeno guardarlo un secondo in più. È già stata abbastanza imbarazzante la conversazione, quindi devo prendere le distanze il più possibile, anche se lui non mi sembrava molto imbarazzato.
Rimango seduta per terra lungo il corridoio per un bel po’, pensando a come prendere questa faccenda e cercando di ricordarmi quello che è successo ma niente sembra aiutarmi, la sera precedente sembra un buco nero. Sento una porta aprirsi e così alzo lo sguardo verso quella porta; ovviamente non è una porta normale ma quella di Jeremy. Allison esce dalla sua camera e subito dopo anche Jeremy fa capolino, con i pantaloni del pigiama di ieri sera, anche se sono molto più bassi adesso e mi fanno veramente pensare che molto probabilmente non ha i boxer sotto. Parlano a bassa voce come se si stessero dicendo un segreto che non deve sapere nessuno, poi lei annuisce e lo bacia con passione facendomi venire un dolore al petto. Quando se ne va Jeremy si guarda intorno e si ferma fulminandomi con lo sguardo, sembra veramente incazzato e questo mi da la conferma che sa cos’ho fatto ieri sera… o sta mattina. Ad un certo punto sento così tanto dolore che sono costretta ad abbassare lo sguardo come un cagnolino che sa di aver fatto qualcosa che non va.
– Ehi! – esclama il ragazzo con cui credo di aver fatto qualcosa, così mi alzo di scatto. – Che ci fai qua? Mi sono svegliato e tu non c’eri.
Mi giro per vedere un’ultima volta Jeremy e il mio cuore fa un balzo vedendo quel suo viso perfetto diventare rosso per la rabbia. Molto probabilmente ci starà ascoltando e avrà quindi capito che abbiamo dormito insieme. – Si lo so, scusami, è che non mi ricordo… ecco… Non mi ricordo cos’è successo ieri sera – rispondo io guardando il ragazzo.
Sbatte più volte le palpebre, scioccato. – Non… non ti ricordi niente di niente? – chiede quindi lui balbettando un po’. Non sono l’unica ad essere imbarazzata quindi, bene.
– Direi di no – rispondo freddamente. – Avevo bevuto un po’. È successo… qualcosa? – chiedo cercando di fargli capire che per “qualcosa” intendo “sesso”. Dentro di me continuo a pregare per una risposta negativa, anche se è praticamente impossibile.
– Emh… – inizia lui guardandomi ancora più imbarazzato. – Veramente si – risponde facendomi venire un colpo. È più forte di me: mi metto una mano davanti la bocca, troppo scioccata per fare o dire qualcosa. Aggrotta la fronte e mi toglie la mano stringendola un po’. – Perché fai così?
– Che cazzo di domanda è?! Io nemmeno ti conosco! Ecco perché faccio così. Non capisco come fai ad essere così tranquillo – sbotto io prima di andarmene in infermeria dove chiedo una pillola per il giorno dopo, lasciando stare il fatto che prima di me ci sono Jeremy e Allison che avranno appena chiesto la stessa identica cosa. Faccio finta di non conoscere nessuno dei due come fa una bambina di cinque anni quando ce l’ha con qualcuno, nonostante Jeremy continui a lanciarmi occhiatacce da quando sono entrata.
Subito dopo torno in camera per prepararmi visto che Jack mi ha appena mandato un messaggio con su scritto che ha delle cose per me e quindi di passare al distretto per ricevere il mio regalo di compleanno. Quando però esco dall’Istituto Ivy mi chiama, urla il mio nome più volte fino a quando non mi fermo.
– Dove vai? – chiede Ivy.
– Devo uscire per un po’, in più mi ha mandata un messaggio l’amico di mio padre chiedendomi di vederci, quindi vado da lui e poi torno, perché? – rispondo io, agitata e ancora un po’ scossa.
– Isaac mi ha svegliata un po’ di tempo fa dicendomi che mi hai cercata e che sembravi strana. Che succede? Perché sei così agitata? – ribatte lei con la fronte aggrottata per la preoccupazione, esattamente come fa il padre.
Rimango in silenzio pensando a come si possa dare una notizia del genere e quando arrivo alla conclusione che semplicemente non si può dire in modo carino dico: – Sono andata a letto con uno.
Diventa subito bianca come un foglio di carta e dopo un po’ di secondi tossisce cercando di riprendersi. – Dio… Ma come hai fatto?
Volevo dirle: “Oh, come sempre. Sono andata in camera di questo e poi mi sono sdraiata sul suo letto, a quanto pare ha fatto lo stesso anche lui e poi abbiamo messo in atto una scenetta per farci capire come funziona la riproduzione sessuale” ma sono riuscita a non dirlo, visto che una battuta sarebbe stata molto inappropriata. – Ero ubriaca, credo.
Rimane in silenzio ancora una volta, mordicchiandosi il labbro inferiore, sicuramente troppo impegnata a pensare cosa dirmi. – Ma era la tua prima volta?
Spalanco gli occhi. –  Dio, no! Che schifo. No, sono stata con un ragazzo per un bel po’ di tempo, un po’ di tempo fa. – Quando la mia vita era ancora la mia e il mondo non era ancora diventato un posto ridicolo. Quando stavo con Austin ma non avevamo fatto sesso. Quindi si: ero vergine fino a ieri sera.
Mi abbraccia dicendomi che devo stare tranquilla, che purtroppo a volte succede e che devo scordarmi tutto e andare avanti senza rovinarmi la vita per questa cosa. E così dopo questa lezione di vita le dico che devo comunque andarmene e mi lascia stare. Prendo la metro e arrivo al distretto, dove mi sta aspettando Jack, che vedendomi si alza subito dalla sedia per abbracciarmi, e quasi mi sento meglio sentendo vicino una persona che mi ha vista crescere.
– Oh, la mia sedicenne! Ne è passato di tempo, eh? Mi sembra ieri quando tuo padre mi chiamò dicendomi “è una femminuccia”. Erano così felici di averti, piccola – dice lui continuando a stringermi tra le sue braccia. – So che non è un vero e proprio regalo, ma – si distacca e prende uno scatolone che sta sotto la sua scrivania per darmelo, – questo è tutto quello che ho potuto recuperare dalla tua vecchia casa. Ci sono alcune foto, giochi che usavi quand’eri piccoli, il tuo cellulare, il tuo computer e un po’ di vestiti, almeno quelli che ti vedevo mettere più spesso.
Sospiro, sentendomi meglio. – Grazie mille – mormoro abbracciandolo di nuovo. – Davvero, è il regalo più bello che potessi farmi. – E dico sul serio. È così bello avere delle cose che mi ricordano che prima di tutto questo avevo una casa e una famiglia che mi voleva bene.
– Di niente, tesoro. Ora vai, chissà cosa dovrai fare il giorno del tuo compleanno – risponde lui dandomi un bacio sui capelli. Gli sorrido, anche se in verità sto pensando che credo di aver già fatto abbastanza danni.
Arrivo all’Istituto con lo scatolone più grande di me tra le braccia e prendo l’ascensore. Jeremy e Isaac stanno parlando davanti la porta della camera di quest’ultimo e mentre lui mi sorride chiedendomi se voglio una mano Jeremy sembra pronto ad uccidermi da un momento all’altro con i suoi sguardi assassini. Abbasso lo sguardo solo perché mi sento in colpa per quello che ho fatto, sia per lui che per me stessa. Entro in camera e mi metto la mia maglietta preferita, subito dopo Ivy fa capolino.
– Vieni… Aspetta, quella maglietta non te l’ho comprata io! – esclama lei sbattendo più volte le palpebre per riuscire a vedere bene immagino. – Cos’è quello scatolone?
– Delle cose che stavano a casa mia, tra cui questa maglietta – rispondo io sorridendole. – Che succede? Cosa volevi dirmi?
– Che dici, vieni in camera mia così vediamo queste cose insieme? Pensavo d’invitarti in camera mia per chiacchierare un po’ ma adesso che ho visto quello scatolone devo vedere com’eri quand’eri piccola. Che ne dici, vieni? – dice Ivy sorridendomi, ricambio il sorriso e prendo lo scatolone con dentro tutte le mie vecchie cose.
Continuiamo per un bel po’ a guardare ogni singola foto, guardando ogni singolo particolare. Molte sono dei miei genitori da giovani vestiti eleganti, vestiti per andare a ballare, alcune quando stanno ai matrimoni dei loro amici. Poi iniziano quelle dove loro mi tengono in braccio, mi baciano mentre io continuo a crescere sempre di più, fino a quando non possono più prendermi in braccio.
Ivy alza una foto dove ci siamo io e Austin, il mio primo ed unico ragazzo, mentre ci baciamo. – Ah, quindi questo è il ragazzo con cui sei stata? – chiede.
Annuisco. – È stato l’unico ragazzo che ho avuto – annuncio ridendo. – Siamo stati insieme un anno e qualche mese. – Guardo la foto, nostalgica. – Ci amavamo tanto. Poi mi ha lasciata perché ero entrata in depressione per mia madre. – Ivy fa una smorfia contrariata. – Mi è stato comunque accanto, ma non eravamo più una coppia da molto tempo. A volte l’amore non basta.
– Non l’ho mai capita questa frase – borbotta Ivy. – Secondo me l’amore basta sempre. Comunque era carino! – cambia discorso sorridendomi, rido sapendo che si sta trattenendo: non mi piace. – Un po’… dark, ma carino. Un po’ molto dark. Si metteva lo smalto nero per caso?
Scoppio a ridere e lei mi raggiunge subito dopo, fino a quando Isaac apre la porta con Jeremy dietro che continua a sbuffare. – Ciao amore… Oh, pensavo fossi sola – inizia lui entrando, Jeremy lo segue. – Che cosa state facendo? – chiede poi sedendosi sul letto, proprio davanti a me, mentre Jeremy lo segue iniziando a guardarmi male… di nuovo.
– Stiamo guardando le vecchie foto di Cassie – risponde Ivy facendo vedere prima a Isaac e poi a Jermey la foto di me e Austin. – Questo è l’ex di Cassie. Non è carino?
Isaac prende la foto e scoppia a ridere. – La peggio mafia proprio! – esclama lui continuando a ridere, ridiamo tutti, perché so che le intenzioni di Isaac non sono cattive. Isaac fa vedere la foto a Jeremy, che fa solo un cenno e poi ricomincia a guardarmi male. – Cassie, ti prego, non dirmi che hai perso la verginità con questo. Ti prego!
 Gli tiro il cuscino continuando a ridere. – Ehi! – esclamo. – Era dolcissimo con me! È il ragazzo più simpatico che io abbia mai conosciuto. Non ho mai guardato solo la bellezza in un ragazzo.
– E si vede – borbotta Jeremy a bassa voce.
Lo guardo male anch’io questa volta, perché so che il suo commento invece è cattivo. Continuo a volere molto bene ad Austin, quindi mi da fastidio che un ragazzo che nemmeno lo conosce lo giudichi in questo modo. – Guarda che non è che tu sei tutta questa bellezza – annuncio io.
Ride. – Ti piacerebbe tesoro.
Faccio per ribattere quando sento la voce di Louis Dempson che ci chiede di uscire dall’istituto per andare al Palazzo Antico (il palazzo dove abitano gli Anziani). Guardo per un po’ Jeremy, pensando al da farsi, perché sono stanca di questi nostri continui litigi. Dobbiamo trovare un compromesso, quindi o amici o fidanzati. Il problema è trovare il coraggio di dirglielo.
– Cassie? – mi chiama il ragazzo di ieri sera. – Posso parlarti un attimo?
Guardo Jeremy con la coda degli occhi mentre diventa sempre più rosso e stringe le mani chiuse a pugni così tanto da far diventare le sue nocche bianche. – Va bene – rispondo io alzandomi. – Emh.. ci vediamo dagli Anziani – annuncio guardando Ivy, che annuisce facendo un sorriso dolcissimo. Sento Isaac mormorare ad Ivy che “quello là” non gli convince, mentre lei gli risponde che sembra molto dolce.
In effetti non è per niente male con i suoi capelli biondi un po’ ricci che gli cadono sulla fronte, gli occhi celesti e il naso un po’ troppo grosso per lui. La grandezza delle labbra è identica a quella di Jeremy, ma la forma è completamente diversa. – Allora… ti va se ne parliamo durante il viaggio? – chiede lui.
Annuisco guardando i suoi occhi, ma poco dopo smetto perché mi rendo conto che li sto mettendo in paragone con quelli di Jeremy, il ché è praticamente impossibile. – Certo, va bene – rispondo dopo essermi svegliata. La verità è che devo assolutamente parlare con Jeremy, ma di certo non posso nemmeno provare a stare con questo ragazzo, visto che ci sono andata a letto. Non ho la più pallida idea di cosa fare.
Entriamo nel pulmino che ci deve portare dagli Anziani, mi metto seduta vicino al ragazzo di cui non ricordo il nome… sempre che me l’abbia detto, ieri sera. Tutto questo è così imbarazzante… Mi sembra di essere tornata indietro, pronta ad andare in gita con la mia classe, se non fosse per il fatto che ho cambiato completamente scuola. E che accanto a me non c’è Iris o Austin, ma un ragazzo di cui non so nemmeno il nome.
Isaac, Ivy e Jeremy ci raggiungono e si siedono subito dopo di noi. Jeremy, che sembra più pallido del solito mentre mi guarda e si mette a ridere quando sono costretta ad abbassare lo sguardo, si siede proprio dietro di me, dove c’è Allison. Chiudo gli occhi sperando che si tratti solo di uno stupido incubo, ma quando li riapro sono ancora su questo stesso maledettissimo pulmino.
– Non… – Il ragazzo si ferma ridendo. – Non mi ricordo il tuo nome – dice infine con le guance rosse.
– Cassie – gli rispondo io sorridendogli. – E se è per questo non mi ricordo nemmeno io il tuo, di nome. – Tanto vale dirglielo, tanto mi sembra ovvio che anche per lui è imbarazzante e questo mi fa pensare che forse è la prima volta che gli capita una cosa del genere, esattamente come me.
– Cody – risponde lui. – Quindi… che cosa vogliamo fare.
Rimango in silenzio guardandolo. Cody sembra un nome dolce, da bambino e quindi dolce. Cosa vogliamo fare? Non ne ho la più pallida idea. Una parte di me non vede l’ora che tutto questo finisca, che lui mi dica “guarda, mi dispiace, ma non mi piaci. Sei stata solo l’avventura di una notte”, ma l’altra parte mi dice di non fare la puttana, e di provarci immediatamente e soprattutto sul serio. – Non lo so – rispondo quindi, imbarazzata. – Tu cosa… si, insomma… Cosa vuoi fare?
– Secondo me ci dovremmo provare. Comunque se ieri sera è successo quello che è successo c’è un motivo. – Si, c’è un motivo ed è lo stesso per il quale io non mi ricordo niente. Si chiamano drink alcolici. –Ma so che sei destinata ad un altro ragazzo, ma io ti ho sempre vista solo con Scott, e sembrate solo amici.
Si, sono destinata ad un altro ragazzo e indovina? Sta proprio dietro di noi e spero vivamente che non stia ascoltando la nostra conversazione. – Già – rispondo ridendo, più nervosa che mai. Cody ha appena toccato un nervo. – Forse perché io e il ragazzo con cui dovrei stare non andiamo per niente d’accordo.
Cody abbassa lo sguardo ridendo. – Lo so che è brutto da dire, ma… ne sono felice.
Sento il viso diventare bollente, il ché significa che sto diventando un pomodoro. Poi Jeremy scoppia a ridere facendomi irrigidire. – Perché ridi? – chiede Allison, infastidita. A quanto pare non stavano parlando e Jeremy, tanto per darmi fastidio, stava ascoltando la nostra conversazione.
– No, niente – risponde lui continuando a ridere. – Io vado un attimo in bagno.
Ed io, presa da un attacco d’ira, mi alzo dal sedile e guardo Cody. – Vado un attimo in bagno – lo avverto, annuisce e così vado dritta verso il bagno. Aspetto che Jeremy apra la porta e quando succede lo spingo subito dentro entrando insieme a lui.
Ride ancora una volta, sa benissimo che mi da fastidio. – Se vuoi fare qualcosa con me prima dovresti chiedere il mio consenso, non credi? – chiede alzando le mani in segno di resa.
– Senti – ringhio io mettendo una mano sul suo petto, rimango in silenzio sentendo il suo cuore battere all’impazzata e cerco di trattenere un sorriso: è perché ci sono io? – Per favore, Jeremy, per favore… fatti i cazzi tuoi.
– Come, scusa? – chiede ridendo.
Rido anch’io, troppo nervosa per fare altro. – Non si può proprio avere una conversazione matura con te – borbotto mettendomi indietro i capelli. Mi giro per aprire la porta ma lui posa le sue mani sui miei fianchi e mi costringe a girarmi. La vicinanza mi fa trattenere il respiro.
– Sentimi bene – ringhia lui stringendomi i fianchi, i nostri corpi sono completamente attaccati, le sue pupille dilatate. – Se c’è qualcuno qua che non è maturo sei tu, ragazzina – continua lui, tutto d’un tratto arrabbiato. Mi distacco da lui e mi appoggio alla porta con il cuore a mille. – Oh, e dai! Lo sai benissimo che quel Cody è un cretino – esclama lui alzando le mani al cielo, ride. – “Lo so che è brutto da dire, ma ne sono felice”? E dai, su! – dice imitando la voce di Cody. Sta ridendo ma sto iniziando a pensare che sia solo un camuffamento per non farmi capire che in verità ci sta male.
– Smettila – mormoro, più seria che mai. – Ormai è così. Devo… Sto insieme a lui ed è un tipo dolce, timido… Tu sei un tipo presuntuoso e freddo. – Apro la porta quando capisco che non posso farcela a vederlo sbiancare in questo modo, faccio per aprire la porta ma mi fermo per guardarlo: è bellissimo, ma purtroppo non è il momento adatto per notarlo. – Fatti gli affari tuoi, Jeremy. Esattamente come io mi faccio i miei.
– Così tu prima mi baci e poi il giorno dopo ti metti con un altro? – chiede lui, serio.
Rido. – Pensavo che fossi uno di quei ragazzi che ci provano con una e il giorno dopo fanno finta di non conoscerla. Da quand’è che t’interessa? È a causa del tuo orgoglio? – sbotto io.
– No! Sai da quand’è che m’interessa? Da quando ci sei tu in mezzo! – esclama lui avvicinandosi ancora una volta a me.
– Io stavo venendo da te, ieri sera, al bar – annuncio io facendolo sbiancare ancora di più, ma mi chiedo se sia la luce del bagno a rendere la sua pelle così chiara. – Poi ho visto Allison. Ho visto la sua mano sulla tua gamba… Devo andare avanti? – Si allontana da me con lo sguardo a terra. – Veramente mi vuoi fare la predica, Jeremy? Veramente? – chiedo io, lui sembra esser una statua adesso. – Bene. Vedo che hai capito – borbotto prima di uscire dal bagno.
– Eccoti! – esclama Cody quando mi siedo vicino a lui. – Stavo iniziando a preoccuparmi – scherza.
– Si, scusami – borbotto, poco interessata. Lo sto facendo solo per non sembrare quello che, forse, sto diventando. Ci sto provando solo perché non voglio essere quella che va a letto con gli sconosciuti per niente. Cerco di provare qualcosa di più oltre al disagio, ma niente.
– Perché ci hai messo così tanto? – chiede Allison, arrabbiata, e il mio cuore manca un battito.
–C’era fila – borbotta sedendosi, anche lui sembra poco interessato a farsi credere.
– Si, certo, ed io sono Cenerentola – risponde Allison, più arrabbiata di prima.
– Comunque io direi di provarci – annuncio alzando lo sguardo verso Cody, per vedere la sua reazione. Dobbiamo solo vedere come va, sono sicura che se qualcosa non andrà bene o mi lascerà lui o sarà il contrario. Di certo non sarò una di quelle ragazze che stanno con un ragazzo anche se non le piace. Ci proverò, forse m’innamorerò di lui.
– Va bene – risponde lui sorridendo. Mi prende per mano intrecciando le nostre dita, dovrei sorridere ma ogni parte del mio corpo mi dice di lasciarlo e andare da Jeremy, e molto probabilmente tra un po’ succederà, ma non prima di averci provato con Cody. Faccio un finto sorriso appoggiandomi alla sua spalla per dormire un po’. La frase “hai fatto una cavolata” continua a ripetermi la mia testa, è un chiodo fisso dentro la mia testa che continua a farmi fastidio.
 
Dopo un’ora mi arrendo al fatto che non riesco a dormire, ma non mi muovo perché sennò sveglio Cody, che è appoggiato a me… In verità sto aspettando solo un discorso tra Allison e Jeremy, che dopo un’eternità arriva. – Sei arrabbiata con me? – chiede Jeremy con una voce dolce.
Allison fa un sospiro, sembra esausta. – Si, certo che lo sono – risponde lei. – Io non ce la faccio più, Jeremy. – Si ferma per alcuni secondi come per scegliere le parole giuste. – Voglio dire… Si vede lontano un chilometro che ami lei ed io non ci posso fare niente, ma tu si.
– Cosa dovrei fare secondo te? – ringhia lui, irritato.
– Lasciarmi e… provare a stare con lei, ma sul serio. Non come facciamo noi due, che ci vediamo solo per fare sesso. – Ride. – Dio, non ci posso credere! Ti sto dicendo di “lasciarmi” per provarci con un’altra! – Si ferma ancora una volta e questa volta ride in modo diverso, è una risata amara. – Perché ti amo. – Il mio cuore fa un balzo. Aspetta, cosa? Allison prova sentimenti? – Ed io voglio solo il meglio per te, Jeremy. E… se sei veramente innamorato di quella tipa allora dovresti lasciarmi. Perché non puoi stare con me e guardare lei in quel modo, non l’accetto, Jeremy. Io valgo più di questo, tu dovresti guardare me in quel modo, non un’altra ragazza, anche se alla fine non stiamo insieme, ma dopotutto… abbiamo una specie di relazione, no? Solo che è un po’ diversa dalle altre.
Jeremy sospira. – Provo qualcosa per te, Allison. Tu… mi piaci molto. – Si ferma. – Quello che provo per Cassie purtroppo non posso eliminarlo e basta. – So che il nostro rapporto non è affatto normale, anzi è piuttosto stressante, ma se anche lui la pensa  così allora perché diavolo non vuole che faccio quell’incantesimo?
– Tu la ami, vero? – chiede Allison.
Dovrei semplicemente dormire. Dormi, Cassie… Dormi, cazzo!
– Credo che la risposta sia abbastanza ovvia – borbotta Jeremy, un po’ incerto, e quant’è strano sentirlo così! Jeremy Ruterful non è mai stato incerto. – Ma, ripeto, provo qualcosa per te, e non è una cosa da niente.
Il pullman si ferma e Louis Dempson ci avverte dicendoci che siamo arrivati, gli sportelli si aprono e noi scendiamo. Le guardie ci danno il permesso per entrare nel palazzo e il freddo entra nelle mie ossa, ma più di tutto sento la paura di tutti i Cacciatori.
 

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Capitolo 18
*** La spada e la lingua ***






Capitolo 18
La spada e la lingua
 
Mi ritrovo in prima fila: alla mia destra ho Cody, Ivy ed Isaac, mentre alla mia sinistra ci sono Jeremy ed Allison. Più volte faccio per prendere la mano di Jeremy, ma quando mi rendo conto di quello che sto per fare sussulto e torno al mio posto. Ad un certo punto sono costretta a mettere le mani dietro la schiena. Trattengo una risata nervosa sentendo lo sguardo sia di Jeremy che di Cody addosso, entrambi capiscono che c’è qualcosa che non va, ma credo che solo Jeremy capisca il perché.
Cody mi chiede se va tutto bene più volte ed io ogni volta annuisco sapendo che la risposta è “no” ma senza avere il coraggio di dirglielo. Gli Anziani sono davanti a noi e aspettano che tutti ci mettiamo in ordine, una volta seduti si abbassano i cappucci, mostrandosi. Gli occhi bianchi rimane la parte che mi fa più paura del loro corpo, ma niente in loro è normale: sembrano magrissimi, sembra che ci siano solo ossa sotto quei mantelli e niente di più. La cosa più inquietante è che non toccano per terra, sembrano e forse sono fantasmi.
-- Salve, Cacciatori – dice il Secondo per poi guardarmi. Abbasso lo sguardo per pochi secondi, troppo intimidita per fare altro, e poi quando lo guardo per urlare insieme al resto dei ragazzi un “salve” sembra sorridermi a malapena, ma non è un vero sorriso. Mi rendo conto che prima ero solita a guardarmi itnorno, a guardare come fossero i palazzi, le pareti e addirittura i bagni. Ma adesso è cambiato tutto, forse ormai sono una cosa quasi scontata per me o forse non ci faccio nemmeno più caso perché l’importante è rimanere concentrata su un solo soggetto o più soggetti; dei soggetti che si muovono, che possono essere gli Anziani, come i Cacciatori, come i demoni. – Alcuni di voi sanno benissimo perché vi trovate tutti qua, altri no. – Lancia un’occhiata a me e a Ivy. – Ma ve lo spiegherò comunque: più o meno due settimane fa siete stati attaccati da dei demoni come i Mangiatori di Cacciatori e le Sirene. – Si ferma guardando ogni faccia che ha davanti. – Tutti voi sapete qual è il dovere di noi Anziani e stiamo cercando sia il capo di questa battaglia che c’è stata due settimane fa, sia di capire il motivo di questa loro azione.
– Stavamo seguendo delle piste, molte piste, ma ieri due abili Cacciatrici, che in questo momento sono presenti, ci hanno portato il capo di un gruppo di Sirene che erano presenti quella sera. – Anche il Terzo si ferma per guardare prima Ivy e poi me, il ché rende ancora tutto più imbarazzante. – Una delle Sirene è stata uccisa e ora sappiamo il perché: si è opposto. All’ultimo, è vero, ma si è opposto a questa battaglia e per questo è stato ucciso. Il suo corpo è stato bruciato. Tornando al vecchio discorso, non sappiamo ancora molto bene il perché abbiano fatto una cosa del genere, ma sembra che ci sia qualcuno di veramente potente; c’è di mezzo la magia oscura e questo ci fa pensare che qualcuno stia cercando di ribellarsi ai Cacciatori. – Tutti iniziano a parlare sottovoce, quasi presi dal panico, e devo dire che devo fare un enorme sforzo per non urlare e scappare via.
– Mantenete la calma, Cacciatori. Non è niente d’importante,. Abbiamo cercato informazioni e abbiamo alcuni nomi di Sirene e Maghi – annuncia il Primo. – Sono felice di comunicarvi che molti demoni sono stati uccisi da voi quella sera come i Mangiatori di Cacciatori e Anguismortem.
Guardo Jeremy, che fa lo stesso ma con più calma. Aggrotta la fronte non capendo il perché io mi sia girata in questo modo verso di lui e forse non lo so nemmeno io, so solo che quando ho sentito “Anguismortem” ho sentito il panico diffondersi nel mio corpo.  Guardo Cody dopo essermi ricordata di lui e sembra arrabbiato. Non ho la più pallida idea di cosa stia succedendo ma è tutto troppo stressante, credo sia meglio lasciarlo perdere e provare a parlare con Jeremy.
– Quindi – continua il Primo Anziano attirando l’attenzione di tutti, compresa la mia e quella di Cody. – Adesso daremo degli indirizzi a tutti voi. Sarete divisi in gruppi da sei, ognuno di voi dovrà stare in coppia. – Tutti gli Anziani prendono dei biglietti e si alzano per venire davanti a noi. – Vi conosciamo tutti e abbiamo deciso personalmente i gruppi.
Dopo aver sentito nomi su altri nomi del tutto sconosciuti aggiunti a nomi che conosco a malapena e rimaniamo in pochi mentre ci sono ancora Ivy, Isaac, Jeremy e Cody riesco a sentire il mio stomaco agitato come tutto dentro di me. – Il prossimo gruppo sarà composto da Ivy Dempson, Isaac Laric, Jeremy Ruterful, Cassie Moonic, Cody Unil e Nathaniel Kreet. Le vere coppie sono: Ivy Dempson e Isaac Laric. – Guardo Ivy un po’ preoccupata e lei fa la stessa cosa. – Cody Unil e Nathaniel Kreet. – Guardo Cody, che ormai è rosso in viso. – E infine le due anime gemelle: Cassie Moonic e Jeremy Ruterful.
Cody spalanca gli occhi. – Anime gemelle? – chiede a bassa voce guardandomi. – È lui?
 Ecco fatto, grazie mille! Faccio per dire qualcosa quando il Secondo mi ferma. – Mi dispiace, giovane Cody Unil, ma essendo essi destinati hanno una coordinazione e agilità che possono avere solo loro due insieme.
– Credimi, te la lascerei se potessi – borbotta Jeremy con disprezzo, carino e molto dolce come sempre d’altronde. Eppure ogni parte del mio cuore si spezza facendomi un male cane.
– Ma non puoi – risponde il Secondo Anziano che sembra divertito. – Ora lasciateci soli con la Whietsun.
– Whitesun? – gli fa eco Cody, scioccato. – È lei?
– Esattamente – risponde il Primo. Guardo Cody che scuote la testa per poi andarsene, arrabbiato; faccio per dire qualcosa e andare da lui quando sento la voce del Primo. – Non ti muovere, Whitesun. Voi Cacciatori potete andare. – Sento molti passi sempre più ontani da me, ma accanto a me c’è ancora Jeremy. – Puoi andare anche tu, Jeremy Ruterful.
Il mio cuore inizia a battere ancora più veloce e forte, così tanto che riesco a sentirlo rimbombare nelle orecchie. Deve andarsene, non può rimanere qua, vorrà sicuramente dire qualcosa riguardante l’incantesimo che lui non riesce ad accettare. Vattene penso cercando di parlare con lui nella mente.
– Vorrei rimanere – annuncia Jeremy, convinto, senza farsi troppi problemi. – Voglio aiutarvi a trovare il pugnale. In due siamo più forti, l’avete appena detto. Non credo vi faccia male una mano in più.
Mi giro di scatto verso Jeremy. Cosa?! – Vattene – rispondo io, più decisa che mai, ma lui fa finta di niente. Gli Anziani si guardano negli occhi come se stessero parlando. Ma loro si stanno parlando penso dopo. Intanto lo prendo per un braccio stringendolo il più possibile per cercare di fargli almeno un po’ male. Si gira per guardarmi. – Ho detto: vattene.
– Perché? – ringhia lui.
Rimango in silenzio mentre penso che è perché non voglio che si faccia male, perché tutti sanno che c’è qualcosa tra noi due e che se verrà con me morirà di sicuro. Perché ho paura di non riuscire a resistere sapendo che lui sarà sempre con me; perché mentre io starò con gli Anziani o magari con il pugnale il mano voglio che lui stia all’Istituto, voglio che lui stia al sicuro; perché voglio che il pugnale e il vampiro o il pupo mannaro siano l’unica mia preoccupazione in quel momento.
– Cassie ha ragione – risponde il Terzo Anziano. – Mi dispiace, Jeremy, ma per questo tu sia un abile Cacciatore, a noi serve la concentrazione della Whitesun e se ha la sua anima gemella nei dintorni penserà solo a salvare quest’ultima. – Riesco a sentire la rabbia di Jeremy salire sempre di più mentre la mia si abbassa velocemente. – Però se vuoi puoi rimanere qua. Mi stai simpatico, Cacciatore.
Tutti i suoi muscoli della schiena si rilassano, ma i miei invece si contraggono. Perché? Cosa c’entra lui?! – Grazie – risponde lui per poi guardarmi. Mi sta sfidando per caso?!
– Allora – inizia il primo, – stiamo indagando sul pugnale. Ci sono vari posti, varie leggende e stiamo mandando ogni Cacciatore più fedele a cercarlo. Ogni volta che muore una Whitesun il pugnale cambia postazione. Ti volevamo solo aggiornare, appena il pugnale sarà nostro tu dovrai uccidere un vampiro con…
– So la procedura – lo fermo io.
Il Primo Anziano mi sorride. – Bene, Whitesun. – Si gira verso il Secondo Anziano. – Questa sembra più intelligente dell’ultima. – Il Secondo Anziano spalanca gli occhi e si alza dalla sedia.
Jeremy mi prende il braccio per farmi indietreggiare, ha lo sguardo fisso sugli Anziani. – Dobbiamo andarcene. Dobbiamo andarcene subito.
– Perché? – chiedo io, non capendo.
– Perché il Primo ha appena fatto incazzare a bestia il Secondo – mormora continuando a guardarli in un modo che mi mette i brividi. Poi sento un rumore provenire da davanti a me e così mi giro di scatto ma quando vedo una sedia venirmi praticamente addosso indietreggio. Jeremy si mette davanti a me e mi fa cadere a terra facendomi  rimanere senza fiato e veramente incazzata. Quando sento il suo braccio sopra la pancia faccio per alzarmi ma la sua mano mi spinge ancora una volta a terra.
– Questa ragazzina non è niente in confronto a Katherine! – tuona il Secondo.
Abbraccio Jeremy che è sdraiato praticamente sopra di me strizzando gli occhi dalla paura, sentendo rumori su rumori, le finestre rompersi una dopo l’altra. – Jeremy – urlo io mentre lui mi stringe proteggendo la mia testa con le sue braccia.
– Stai zitta! – mi ordina il Secondo continuando ad urlare. Stringo ancora di più il mio petto al suo, veramente impaurita. Ho sempre avuto paura del Secondo, e sapere che anche lui può dare di matto in questo modo mi terrorizza, soprattutto perché potrebbe uccidermi in un secondo con tutti quei poteri che ha.
– Basta così! – urla il Terzo alzandosi e d’un tratto il rumore cessa e i due Anziani rimangono fermi come delle statue. – Non so cosa gli sia preso. Vi prometto che saranno puniti per questo
– Con il vostro permesso, avremmo un pullman che ci aspetta – borbotta Jeremy che mi tiene un braccio attorno alla vita, è ancora molto nervoso perché è rigido come un tronco e il braccio mi fa capire che ancora non si fida di loro, mentre io vorrei solo chiedergli come possono punirli.
– Andate, e grazie per la vostra pazienza – risponde il Quattro che sembra arrabbiato e stanco nello stesso momento, e lo posso capire benissimo. Ma come fa un fantasma ad essere stanco? – Buona battaglia – aggiunge dopo poco.
– Grazie – ribatte Jeremy annuendo, mi lascia andare e s’incammina verso la porta.
– Grazie – mormoro io per poi imitare Jeremy e andarmene. Le falcate di quest’ultimo sono meno grosse del solito, come se mi stesse aspettando e se non fosse per il fatto che sono ancora abbastanza preoccupata per quello che è successo poco fa dentro quella stanza sorriderei. Le porte si aprono e Jeremy si gira per guardarmi, faccio lo stesso. – Grazie – mormoro una volta usciti dal palazzo, annuisce senza aggiungere niente.
– Ehi – esclama Allison, così mi fermo di scatto. Mi lancia un’occhiataccia e poi ricomincia a parlare. – Come mai ci avete messo così tanto?
Avanzo senza risponderle e salgo sul pullman, pronta a sedermi vicino a Cody per chiarire la situazione e scusarmi (anche se non so bene per cosa) ma mi fermo vedendolo vicino a Nathaniel. Faccio per dire qualcosa quando lui mi ferma. – Mi stai rovinando la visuale.
– Non ti permetto di parlarmi in questo modo, stronzo – ringhio io. Questo è troppo! Di certo non mi farò trattare in questo modo da un ragazzo che a malapena conosco solo perché ci sono andata a letto. È successo quello che è successo, ma tutti mi conoscono come la Whitesun, non come Cassie, quindi pensavo lo sapesse.
– Non mi hai detto niente – mormora Cody. – Come hai potuto?
Nonostante ora sembri più dispiaciuto che arrabbiato non mi faccio affatto addolcire. – Due mesi fa c’è stata la presentazione – gli rispondo guardandolo male. – Pensavo lo sapessi.
– Bé, non lo sapevo – borbotta lui abbassando lo sguardo. – Mi dispiace, Cassie, ma non voglio stare con una Whitesun. Potevo accettare il fatto che tu avessi un’anima gemella, ma questo? Non ce la faccio, è troppo pericoloso.
Rimango in silenzio a guardarlo, mentre lui sembra fare tutto tranne che quello. Non so cosa sto provando, credo sia un misto tra gioia, tristezza e rabbia. Eppure non riesco a muovermi, so che c’è qualcuno dietro di me ma poco m’importa, tantomeno il fatto che tutti i Cacciatori stiano guardando me. – Come vuoi – rispondo dopo un po’.
Louis ci dice di sederci con il nostro compagno o compagna di battaglia, mi giro per guardarlo ma mi rendo conto che quel qualcuno dietro di me è Jeremy. Ha la fronte aggrottata e ogni tanto lancia occhiatacce a Cody. Non so bene cosa fare, cioè so che dovrei muovermi ma non ci riesco. – Dai, andiamo – mormora lui appoggiando una mano sulla mia schiena, provocandomi dei brividi.  Mi spinge in avanti continuando a tenere la mano sulla ia schiena solo per questo, si avvicina al mio orecchio facendomi tremare ancora di più. – Sei un po’ pallida. Ti senti bene?
Annuisco mentre riesco quasi a sentire la sua voce nella mia testa che mi prega di non svenire. Si siede vicino al finestrino ed io accanto a lui, cercando di non toccare nessuna parte del suo corpo. Il mio sguardo è basso verso il sedile davanti a me mentre Jeremy continua a guardare fuori dal ginestrino. Sono scomoda, il sedile è abbastanza piccolo, così mi metto un po’ più composta ma la mia gamba tocca per sbaglio quella di Jeremy e sento l’adrenalina correre per tutto il mio corpo. – Scusami – dico subito.
– Tranquilla – borbotta continuando a guardare fuori come se niente fosse, come se io non stessi andando a fuoco solo per un semplice tocco ginocchia-ginocchia. Inizio a guardare i suoi capelli, che in fin dei conti non sono poi così scuri: è una via di mezzo tra il castano scuro e il castano e stanno benissimo con i suoi occhi. Il suo naso più normale del mondo eppure così carino. Le sue labbra… non so nemmeno descriverle, non posso guardarle. Abbasso lo sguardo verso il suo braccio, non troppo muscoloso, più o meno come tutti gli altri Cacciatori, forse poco più muscoloso. Il suo petto si alza e abbassa molto velocemente… il ché è normale, visto che lo sto osservando da un po’. – Mi stai fissando – aggiunge subito.
Appunto. – Si, scusami – sussurro io, imbarazzata, abbassando lo sguardo. Questa volta però è lui a fissarmi, mi giro, un po’ insicura, e incrocio il suo sguardo. Sospiro pensando a come possa esistere un ragazzo così perfetto.
– Non ti devi scusare – ribatte lui guardandomi dritta negli occhi. – Mi – si ferma sorridendo, sembra un po’ imbarazzato anche lui. – Mi piace quando mi guardi. E poi significa che provi ancora qualcosa per me.
Sento le guance diventare bollenti. – Mi sembra abbastanza ovvio che provi qualcosa per te – mormoro io abbassando lo sguardo con un mezzo sorriso. La conversazione si fa sempre più imbarazzante, ma mi piace. Anche a me piace guardarlo.
– Mi dispiace per quello che è successo con quel ragazzo – dice lui cambiando completamente discorso e deludendomi quindi un po’.
Faccio spallucce. – Alla fine va bene così – dico io guardando a terra. – Volevo solo… – Scuoto la testa. – No, lascia stare. – Ma lui rimane in silenzio, incitandomi, quasi obbligandomi con lo sguardo ad andare avanti; sospiro. – Sono andata a letto con lui Jeremy – annuncio io, e ogni muscolo del suo corpo s’immobilizza. – Non posso essere come… – mi fermo di scatto.
– Allison? Volevi dire Allison? – chiede lui.
Per una volta mi fa paura. – N-no – balbetto quindi. Mi sta fulminando con lo sguardo, è rosso in faccia e tutti i suoi muscoli sono tesi, come se stesse per picchiarmi. Cosa che non farebbe mai, ne sono sicura.
– Non la conosci nemmeno – ringhia ancora più arrabbiato digrignando i denti. – Non puoi criticarla in questo modo, non la conosci come la conosco io. Molto probabilmente sei solo gelosa
– Come, scusa? – chiedo ridendo. – Si, tu la conosci molto bene immagino – sbotto arrabbiata. – Si, sotto le coperte. – Mi fulmina ancora una volta ma continuo. – Non sono gelosa, semplicemente so riconoscere una ragazza che va a letto con un ragazzo solo per divertimento. E lei è una di quelle, io non vorrei mai stare con una ragazza che va a letto con altri ragazzi oltre che con me. Trovo il mostro modo di stare insieme privo di rispetto e molto disgustoso.
– Scusami, sbaglio o ieri sera mi hai baciato? – chiede lui accennando una risata.
– Mi hai baciata tu! – esclamo io. Ebbene si! Non ho la più pallida idea di cosa rispondergli e si vede.
Scoppia a ridere. – Tralasciando il fatto che ti sei avvicinata tu, non mi sembravi affatto dispiaciuta.
Arrossisco ancora di più e questo mi fa incazzare, perché nessuno a parte lui riesce a farmi arrossire in questo modo per uno schifo di battuta! – Dopo però non è successo nient’altro, giusto? – Sbianca in un secondo. – Invece con Cody si. Io mi farei delle domande – mormoro già più calma. La verità è che c’è poco da chiedersi, la risposta è “drink alcolici” e quando ho baciato Jeremy ero in me, sobria, mentre quando è successo quello che è successo con Cody non lo ero.
– Dici tanto che non vuoi essere come Allison… ma tu non hai semplicemente il coraggio di fare quello che fa lei. Ti baci tutti i ragazzi e poi vai a letto con quello meno consigliato. Forse Allison non è l’unica poco di buono qua – ringhia digrignando ancora una volta i denti.
Mi si forma un groppo in gola, la rabbia sale sempre di più insieme alle lacrime ma mentre quest’ultime rimangono intrappolate la rabbia  si libera nel momento in cui gli tiro uno degli schiaffi più forti di tutta la mia vita. La sua guancia destra ora è l’unica parte colorata del suo viso, ma continua a guardarmi negli occhi ed li sento dentro di me, come se stessero letteralmente dentro di me, come se stessero guardando la situazione da dentro il mio corpo e la mia anima. C’è un po’ di tristezza nei suoi occhi, ma nei miei c’è solo rabbia. – Prova a rivolgermi un’altra volta la parola e giuro che…
– Dobbiamo combattere insieme, mi sembra un po’ improbabilmente non parlare per tutta la battaglia, non credi? – chiede lui fermandomi.
Il pullman si ferma e fa scendere il nostro gruppo dicendoci che è la nostra destinazione. Sono la prima ad alzarmi e uscire da esso, faccio un vero sforzo mentre cerco di non corre. – Potevi ndare più veloce visto che c’eri – scherza Jeremy.
Sbuffo girandomi verso di lui ma Cody riesce a catturare la mia attenzione per primo; sta ridendo con Nathaniel, ragazzo che non ho mai visto in questi due mesi. Amo quei secondi in cui le persone si guardano, anche per soli due secondi, perché è come se andasse tutto a rallentatore, come se il tempo di fosse fermato solo per loro, come se il tempo si fosse fermato per fargli guadagnare il tempo che non avevano, come se gli stesse facendo un favore. Questo è quello che è successo tra me e Cody in questi due secondi, poi abbassa lo sguardo e tutta la magia scompare. Sento lo sguardo di Jeremy addosso ma poco m’importa.
– Dai, ragazzi, andiamo – c’incita Ivy impugnando la sua spada. Prendo la spada continuando a fare finta di non notare lo sguardo insistente di Jeremy, che sembra volermi dire qualcosa, raggiungo Ivy ma qualcuno mi mette una mano sulla spalla e quando mi giro vedo che si tratta di Cody.
– Andiamo prima noi, voi chiedete la fila – dice Cody, così annuisco cercando di guardarlo negli occhi e quando lo faccio la sua mano inizia ad accarezzarmi il viso, poi si avvicina e mi da un bacio sulla fronte. Chiudo gli occhi quando non sento più le sue labbra sulla mia fronte,  ma c’è qualcosa di brutto in questo bacio: per qualche motivo mi sento in colpa.
Nathaniel va dopo Cody e così mi giro per guardare Jeremy che sembra essersi finalmente calmato. – Andiamo? – chiedo. Annuisco lentamente, è ancora un po’ pallido e vorrei chiedergli se sta bene ma alla fine mi ricordo quello che mi ha detto dentro il pullman sul fatto che sono una puttana e così sussulto sentendo un brivido passare per tutta la mia schiena. Questo sì che fa male, la gente ha ragione quando dice che la lingua può ferire come una spada.
– Vai prima tu, io chiudo la fila – ribatte Jeremy interrompendo i miei pensieri. Annuisco ancora una volta e m’incammino impugnando bene la spada.
Vedo una casa in un vialetto e, ovviamente, è questa la casa dove noi dobbiamo entrare. Essa sembra abbandonata agli occhi degli umani che non sanno la verità. Il giardino è un prato immenso con l’erba altissima, la casa ha quel celestino sbiadito che ha bisogno di una pitturata e la porta è praticamente sfondata. Un brivido percorre tutto il mio corpo; è inquietante e si, fa paura. Non sappiamo a cosa stiamo andando incontro ed io ho una brutta sensazione. Una volta entrati nel giardino sento il cancelletto chiudersi scricchiolando un po’, mi giro per vedere come sta Jeremy: il vento gli scompiglia i capelli ma senza farlo deconcentrare un secondo, è serio e concentrato. Isaac apre la porta-quasi-sfondata lentamente e tutti noi entriamo cercando di non fare rumore.
Poi però qualcuno ride e il mio sguardo passa subito a sinistra, dove ci sono tre uomini e tre donne, quello che ride è un uomo ed è sicuramente il capo. – Allora è vero. Tutti dicevano che ci avreste preso per portarci dagli Anziani – esclama lui.
Indietreggio per essere allo stesso livello di Jeremy. In qualche modo mi sento più protetta. Sono più protetta. Sento la musica iniziare dentro la mia mente ma ormai non mi fa nessun effetto, mi guardo quindi intorno per vedere se uno dei miei compagni invece riesce a fermarsi. Il primo che controllo è Jeremy, che si gira per guardarmi appena lo guardo, annuisce facendomi capire che sta bene mentre io inizio a pensare che forse ormai la mia sirena è lui. Mi giro verso Cody e Nathaniel e sussulto. – No, Cody! – esclamo io avanzando verso di lui, qualcuno mi prende cercando di fermarmi ma lo strattono così tanto che dopo un po’ è costretto a lasciarmi andare, impugno la spada e avanzo verso i miei compagni .
– Cassie! – urla Jeremy. C’è qualcosa che non va, lo sento, me lo sta dicendo Jeremy. Mi giro e vedo un serpente enorme, trattengo il respiro e indietreggio, scioccata. Non ha gli occhi e ogni secondo tira fuori la lingua lunga e nera come tutto il resto del suo corpo; è anche molto veloce. Esso mi salta addosso così urlo e inciampo cadendo a terra. La spada cade a terra lontana da me e il demone sta per atterrare su di me quando la sua testa si stacca completamente dal corpo, alzo lo sguardo e incontro gli occhi di Jeremy, ma continuo a non respirare. Mi tende la mano e così io, dopo aver preso la spada, l’afferro. Rabbrividisco sentendo la sua mano dietro la mia schiena. – Stai bene? – chiede.
– Credevate veramente che stessimo senza protezioni? E credete veramente che quello sia l’unico mostro in questa casa? – chiede la sirena continuando a ridere.
Guardo Cody e Nathaniel, stanno in ginocchio guardando le sirene femmine come se fossero delle dee. Dobbiamo salvarli penso io cercando di parlare con Jeremy.
E come? Chiede Jeremy.
Non lo so, ma dobbiamo aiutarli, così li uccidono! Penso guardandoli. Le due femmine alzano le spade così, dopo aver urlato un – No! – inizio a correre verso di loro per salvarli. Il cuore va all’impazzata e gli occhi mi pizzicano mentre cerco di non piangere. So che non conosco nessuno dei due, ma non possono morire. Cody non può assolutamente morire.
– Cassie, no! – urla Jeremy, ma ormai sono andata davanti a loro, così come Ivy. Dopo aver alzato la mia spada vedo quelle delle sirene entrare nei petti dei due ragazzi. Rimango senza fiato per un po’, sotto shock, e poi taglio il braccio della Sirena senza pensarci nemmeno due secondi, Ivy fa la stessa cosa. Quando la sirena cade a terra mi giro sentendo qualcuno dietro di me e vedo una sirena maschio con la spada in mano, avanza e prova con un affondo, però riesco a scansarmi, a quel punto cerco di tagliare anche a lui il braccio ma riesce a spostarsi.
– Tesoro, nessuno mi può fermare – sogghigna la Sirena.
– Ah no? – chiede Jeremy ormai dietro la Sirena. Quest’ultima si gira così ne approfitto, alzo la spada e gli taglio il braccio. Entrambe le braccia della sirena cadono a terra nello stesso momento. Guardo Jeremy ma un serpente, che sembra della stessa razza di quello di prima, attira la mia attenzione: è dietro Jeremy.
– Jeremy, attento! – urlo io, si gira e dopo un secondo sono accanto a lui. Il demone attacca Jeremy, ma impugno la spada con tutte e due le mani e gli taglio metà corpo. Mi meraviglio di come mi venga naturale uccidere i demoni, come se usassi la spada da anni. Jeremy senza pensarci più di tanto corre via, pronto ad uccidere un altro demone come se niente fosse.
Tutte le sirene sono legate in modo che non si possano muovere ma quando la casa inizia a tremare tutte loro iniziano a ridere. Alzo lo sguardo sapendo di chi si tratti: mangiatori di Cacciatori. Corro verso di loro per tagliargli le gambe, Jeremy sale sul demone che ho fatto appena cadere a terra e punta la spada dritta al cuore del demone, che scompare subito. Quando alza la spada verso di me, che sono di nuovo incantata da tale bellezza, spalanco gli occhi.
Abbassati mi dice lui e così faccio. Sento la sua scarpa sopra la mia schiena ma non fa per niente male, anzi è come una piuma. Mi giro alzandomi non sentendo più il piede di Jeremy su di me e così vedo Jeremy tagliere in due un Mangiatori di Cacciatori. Esso cade a terra, questa volta sono io a salire sopra per ucciderlo. Mi giro per vedere dove si trovi Jeremy e sono felice di accorgermi che è accanto a me. – Brava – esclama lui ridendo con il fiatone. Aggrotta la fronte, prendo la sua mano sapendo che è quello che vuole che faccia e così mi fa girare così forte da non farmi più toccare per terra; sto andando incontrato ad una Sirena e così gli tiro un calcio. La sirena cade a terra e sbatte la testa contro il muro, Jeremy mi lascia la mano ed iniziamo a correre insieme, impugno la spada e taglio il braccio dinistro della Sirena mentre Jeremy fa lo stesso con l’altro braccio.
– Cosa sono? – chiedo guardando dei serpenti diversi dagli altri.
– Anguismortem – risponde Jeremy. Mi giro di scatto verso di lui sbarrando gli occhi prorpio mentre qualcosa fa per attaccarmi, cerco di vedere di chi si tratta ma indietreggio subito vedendo che si tratta uno di quei maledetti serpenti che ti uccidono da dentro con il loro schifoso veleno. Indietreggio non perché ho paura, ma perché so è troppo tardi per attaccare. Il serpente urla cadendo a terra. – Concentrati! – mi rimprovera Jeremy facendomi capire che è stato lui ad ucciderlo. Annuisco cercando di respirare, mi giro e vedo due sirene tenersi per mano mentre avanzano verso di noi.
Jeremy mi guarda per pochi secondi ed io capisco cosa vuole fare. Non me lo dice nemmeno, lo so e basta. Loro iniziano a correre contro di noi  e così noi facciamo lo stesso. Mi metto accanto a lei, fa un affondo con un coltellino ma mi scanso e ne approfitto tagliandole la mano con cui impugna il coltellino. Inizia ad urlare e così il ragazzo dietro di lei si gira, Jermey alza la spada e taglia l’intero braccio del ragazzo. Faccio per sorridere quando cado a terra, la ragazza mi urla qualcosa contro ma io sono trppo occupata a cercare la spada, dopo aver visto che è lontana da me cerco di alzarmi ma non ci riesco… non riesco nemmeno a respirare, perché lei è sopra di me. Quando però vedo qualcosa luccicare, un coltello, mi alzo di scatto usando tutta la mia forza e così la Sirena cade a terra. Le punto la spada al collo mentre Jeremy lega l’altra sirena. – Muovi un solo muscolo e ti uccido – urlo io, arrabbiata. Sento che ho il labbro spaccato e in bocca ho il sapore del sangue, faccio una smorfia.
– Prendi! – esclama Jeremy lanciandomi delle manette che riesco a prendere al volo. La lego vicino al suo amato continuando a guardarla malissimo e poi mi tolgo il sangue che continua ad uscire dal mio labbro inferiore.
Mi guardo intorno e non vedo più nessun demone libero, ci siamo solo noi. Cody si alza con la mano insanguinata davanti la pancia e appena lo vedo corro da lui. – Stai bene? Cioè è ovvio che non stai bene ma… vuoi una mano? – chiedo io in preda al panico. Faccio per avvicinarmi a lui ma mi spinge facendomi quasi cadere. – Ma che ti prende? – urlo io cercando di avvicinarmi, ma quando prende la spada con la mano sinistra indietreggio, spaventata e confusa. – Cody? – lo chiamo guardandolo, ma avanza con ancora la mano bene impugnata, decido di fare lo stesso con la mia, e lo faccio giusto in tempo per parare ogni suo affondo.
Quando penso di non farcela più la sua spada vola via per poi cadere a terra, Jeremy mi spinge per farmi allontanare da Cody  e lo prende scuotendolo. – Svegliati! – urla iniziando a tirargli schiaffi. Dopo un po’ Jeremy si distacca da Cody e viene accanto a me mentre Cody continua a sbattere le palpebre, confuso.
– Cassie… scusami – mormora Cody.
Annuisco. – Non fa niente.

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Capitolo 19
*** Novità ***







Capitolo 19
Novità
 
Dopo essere tornati all’Istituto e aver chiamato gli Anziani per far prendere le Sirene siamo andati in infermeria dove ci hanno medicato le ferite superficiali… a parte Cody e Nathaniel che stavano veramente male, ad un certo punto li abbiamo dovuti trascinare, non riuscivano più a rimanere lucidi e soprattutto in piedi.
Continuo a guardare le vecchie foto e tra queste ce n’è una che cattura la mia attenzione più di tutte: mia madre con ancora i capelli castani lunghi, gli occhi scuri che sembrano brillare e il suo fantastico sorriso, con accanto mio padre con ancora i capelli biondi e ricci, gli occhi chiari come l’acqua. Entrambi stanno in costume sulla spiaggia e si stanno abbracciando. Sorrido con le lacrime agli occhi: erano fantastici insieme, il loro amore era veramente sconfinato e per la prima volta mi chiedo se anche io e Jeremy più in là saremo così felici, spensierati e innamorati insieme. Felici. Felici della nostra vita. Felici di stare insieme.
Lancio un’occhiata alla porta della mia camera dal letto, rimango a fissarla pensando a Katherine e mi viene in mente di chiederlo a Jeremy, visto che è stato lui a dirmi che il Secondo si era arrabbiato proprio per questa donna. Ma non è l’unica cosa che gli vorrei chiedere: vorrei chiedergli se sa cosa sta succedendo tra me e lui, o come abbiamo fatto poche ore fa a fare tutte quelle cose insieme solo per combattere.  Scuoto la testa sapendo che non posso andare in camera sua adesso, è proprio impossibile… Poi però cambio idea e mi alzo prima che cambi idea.
Una volta che sono davanti la sua porta e busso entro nel panico. Insomma… con quale scusa entro dentro la sua camera? È ovvio che non sono qua solo per chiedergli di Katherine e lui lo capirà subito e, sentendosi amato e bellissimo, farà il grande iniziando a darmi fastidio. Per non parlare del fatto che forse là dentro c’è Allison… No, basta. È tutto. Mi giro e vado via praticamente correndo quando sento la voce di Jeremy.
– Cassie? – mi chiama lui. Mi fermo d scatto chiudendo gli occhi, penso a quello che potrei dirgli ma purtroppo (o per fortuna?) non è stupido quindi non posso semplicemente fare finta di niente e andarmene. Sa che sono stata io a bussare alla sua porta. Sbatto più volte le palpebre mentre mi ripeto la parola “stupida” in continuazione. – Hai bussato tu? – chiede passandosi una mano sui capelli che sembrano bagnati.
– Emh… – inizio io cercando una scusa. – Si, ma pensavo non ci fossi quindi me ne stavo andando.
– Si, scusami, è che stavo facendo una doccia – risponde lui, così lo guardo dalla testa ai piedi e mi accorgo che per la prima volta porta una maglietta bianca che sembra anch’essa un po’ bagnata e dei jeans, ma continua ad essere scalzo.  Non dovrei essere io quella a scusarsi? Dopotutto sono stata io a disturbarlo. – Vieni, entra – aggiunge un po’ perplesso. Faccio per dire di no, che non c’è bisogno, che ho cambiato idea, quando lo guardo dritto negli occhi e capisco di non farcela, in qualche modo sembra giù di morale e di certo non lo voglio lasciare solo. Entro con lo stomaco in mano e il cuore che vuole stare nell’altra, di mano, mentre Jeremy chiude la porta. – Che succede? Come mai sei venuta qua?
Il mio cuore inizia ad andare ancora più veloce e per qualche motivo vorrei solo scoppiare a piangere e abbracciarlo. – Ti… ti volevo chiedere una cosa – mormoro guardando a terra. – Chi è Katherine?
Il suo sguardo è fisso su di me, e mi piace, amo i suoi occhi su di me. Amo lui e basta. – C’è una storia – inizia sedendosi sul letto – non se sia vera ma dopo la reazione del Secondo Anziano sembra proprio di si. – Si ferma guardandomi ancora una volta. – Mille anni fa c’era un’altra Whitesun e verso l’età di vent’anni ha conosciuto gli Anziani, tra cui il Secondo. Prima che tu me lo chieda, si, già era un Anziano e lui è anche uno dei più giovani. Il più vecchio là dentro è il Terzo, poi c’è il quarto. Comunque… appena è ntrata nel palazzo si è subito scoperto che erano destinati.
La storia si faceva interessante. – Oh – esclamo sedendomi vicino a lui, ma quando sento che sta trattenendo il respiro quasi scappo via. Cosa gli ho fatto adesso?!
– E dopo pochissimo tempo i due si sono fidanzati, anche se in teoria gli Anziani non possono avere relazioni. Per loro il destino è molto importante, quindi la storia era completamente diversa, le regole completamente frantumate. – Fa un sospiro profondo guardando le sue mani. – Quindi li hanno lasciati stare, ma la Whitesun doveva comunque uccidere i lupi mannari e i vampiri, anche se lei non voleva. – Altro sospiro, sembra molto stressato in questo momento e mi fa sentire in colpa, perché per qualche motivo so di essere io la fonte di stress. – Vedi, non tutti i Whitesun hanno l’abilità di Cacciatori: alcuni non ce l’hanno affatto, altri ce l’hanno un po’ di meno e altri ancora invece sono molto bravi. – Mi guarda per un paio di secondi come per farmi sapere che lui crede in me e nelle mie abilità. – E lei non era per niente brava… così dopo cinque anni di continui attacchi… l’hanno uccisa. Dicono che il Secondo Anziano sia impazzito, che da dolce sia diventato cattivo e senza ritegno. Dicono che sia per lei che adesso è così. – Abbassiamo entrambi gli sguardi, troppo immersi nei nostri pensieri per parlare o muoverci. – Cassie, ti rendi conto?
Alzo lo sguardo e lui fa la stessa cosa, mi accorgo che è la prima volta da quando sono entrata in questa camera che lui mi guarda e mi guarda davvero negli occhi. – Cosa? – chiedo perdendomi silenziosamente nei suoi occhi.
– Ti rendi conto che ci potrebbe succedere anche a noi? Capisci il perché non voglio che ti faccia male? Se è vero… ed io sono già pazzo, allora cosa succederà quando tu morirai? Io non voglio che tu ti faccia male, ormai sei dentro la mia vita e non voglio che te ne vada. Per nulla al mondo ti lascerò fare qualcosa di pericoloso, Cassie.
Cerco con tutta me stessa di dirgli che lo amo anch’io, che voglio che stiamo insieme, ma quando mi accarezza la guancia sono costretta a chiudere gli occhi sentendo una scossa percorrere tutto il corpo. Sento il suo respiro battere sulle mie labbra, che si schiudono come a farlo apposta, ma quando sento il minimo contatto con le sue labbra mi alzo di scatto ricordandomi quello che mi ha detto dentro il pullman.
– Scusami – borbotta lui guardandomi, mi metto indietro i capelli guardandolo imbarazzata ma soprattutto arrabbiata. – No – aggiunge poi ridendo. – No, aspetta, cosa? No, non mi scuso e sai perché? Perché non mi dispiace affatto! Mi sono rotto le palle, Cassie. Mi sono rotto le palle di scusarmi, di essere obbligato a non guardarti come vorrei io, ad essere costretto a non toccarti, a non baciarti, a non tenerti per mano. Quindi, fanculo, non mi dispiace affatto.  Io ti amo e tu ami me, fine della storia.
– Sono venuta qua per chiederti solo chi fosse Katherine – mormoro con una voce un po’ tremolante, perché so benissimo che come scusa fa veramente schifo.
– Oh, ma per piacere! Non sono stupido, Cassie! Potevi benissimo andare da Louis, o da Ivy, perfino da Isaac! Eppure sei venuta qua, da me, secondo te perché?
– Non è vero! – esclamo, ma poi mi chiedo “cosa non è vero?”               quindi riformulo la risposta. – Non sapevo a chi altro chiederlo, tu stavi con me quando è successo tutto quel casino, quindi sono venuta da te.
– Balle – ringhia lui avvicinandosi a me. – Tu volevi stare con me. E tu mi ami. E tu non vuoi affatto stare con Cody. Tu vuoi stare con me e Dio solo sa quante volte ho sentito ripeterlo nella tua mente. E Dio solo sa quante volte io ho accettato in silenzio la tua proposta. E tu, adesso, in questo preciso momento, mi vuoi baciare… tanto quanto lo voglio fare io.
Rimango in silenzio questa volta, perché… era tutto vero. Rimango in silenzio e ferma, aspettando che sia lui a fare il primo, il secondo e anche il terzo passo. E anche quando posa le sue labbra sulle mie rimango ferma, senza nemmeno rispondere al bacio, nemmeno quando posa le sue mani sui miei fianchi e una scossa mi trapassa il cuore facendogli fare una capriola. Poi sento le sue labbra allontanarsi un po’ e capisco che sta per distaccarsi da me così lo stringo a me con tutta la forza che ho e lo bacio con tutta me stessa. Mi prende il viso con tutte e due le mani facendomi avvicinare a lui ancora di più e quando sento addirittura le nostre ginocchia toccarsi faccio per distaccarmi perché sembra che stia per avere un infarto e quasi cado a terra mentre il mondo scompare alle nostre spalle. Posa le mani dietro l’incavo delle mie ginocchia e fa in modo che stringa le mie gambe attorno la sua vita e si siede sul letto. Rimangiamo fermi a guardarci negli occhi per un po’, aspettando che uno dei due faccia l’altro passo, ma nessuno dei due lo fa ed io mi sento in qualche modo meglio. Gli accarezzo dolcemente i capelli e chiude gli occhi ispirando ed espirando lentamente, la mia mano accarezza la sua fronte, la sua tempia che sembra stia per scoppiare, lo zigomo alto, la guancia ed infine traccio il confine delle sue labbra.
E so che già lo sa, ma non glie l’ho mai detto. – Ti amo anch’io – mormoro quindi. Apre di scatto gli occhi e sorride come non ha mai fatto. Mi abbraccia stringendomi a lui con così tanta forza che all’inizio non riesco proprio più a respirare. Si distacca da me dopo tanto tempo e mi bacia con più trasporto di prima facendomi tremare.
Poi però qualcuno bussa alla porta.
– Jeremy, sono Allison. Posso entrare?
Mi alzo subito e mi allontano da lui, troppo scioccata per fare altro. – Cosa facciamo adesso? – Con gli occhi spalancati m’indica il bagno. Alzo gli occhi al cielo, un po’ arrabbiata.
– Per favore, Cassie – mormora lui prendendomi le mani. – È solo per non farla arrabbiare ancora di più. Voglio dirle di andare via, ma in modo civile. Per favore. – Così annuisco e mi chiudo dentro il bagno per poi sedermi sul water con una faccia annoiata – Arrivo! – esclama lui. La porta si apre. – Scusami, stavo in bagno. Non sento nessuna risposta ma solo la porta chiudersi e poi uno schiocco, come se qualcuno si sia appena distaccato da una persona che stava baciando. E il mio stomaco si stringe ancora di più. – No, Allison – mormora lui a bassa voce.
– Perché no? – chiede lei.
– Perché ho da fare. Tra un po’ arriva Cassie e… le voglio dire di provare a stare con me. Voglio fare le cose sul serio con lei. Solo con lei – risponde Jeremy, non l’ho mai sentito così serio.
– Ok, ma sai benissimo che lei non è come me. Diciamo che dovrai aspettare un altro po’ per… Invece con me il sesso è sempre stato…
Sono così arrabbiata che potrei benissimo aprire la porta e baciarlo davanti a lei, ma so che devo comportarti bene, perché questa storia deve finire una volta per tutte, quindi lascio fare a Jeremy. – Smettila! – esclama lui, arrabbiato. – Non esiste solo il sesso, ok? Posso aspettare e di certo non tradirò Cassie con te, Allison.
– Ah, no? – chiede lei ridendo. – Tu, Jeremy RUterful, sei disposto ad aspettare? – Scoppia a ridere. – Non ci crederò mai, Jeremy, e nemmeno tu.
– Senti, ci vediamo sta sera a cena, ok? – chiede lui.
– No, non è ok. E vaffanculo! – tuona lei prima di andarsene sbattendo la porta.
Jeremy sbuffa e sussurra qualcosa, sembra frustrato, poi viene verso il bagno e apre la porta senza nemmeno bussare. Mi alzo subito e lo guardo, in silenzio. – Bé – inizia lui accennando un sorriso imbarazzato. – Direi che è stato abbastanza intenso, no?
Accenno un sorriso anche se in verità vorrei correre da lei e strapparle tutti i capelli, menare come una ragazza insomma. Faccio un sospiro ed esco dal bagno senza guardarlo negli occhi. Non ce l’ho affatto con lui, ma ha ragione: è stato intenso e stressante, quindi per ora direi di andarmene.
– Cassie – mi chiama lui, sembra preoccupato. – Quello che ho detto a lei è vero. Voglio fare sul serio con te e questo significa che non ti tradirò con nessun’altra.
Gli sorrido ancora una volta e mi avvicino a lui per accarezzarlo. – Lo so e ti credo. Ci proveremo, Jeremy, e spero con tutta me stessa che funzioni, ma adesso devo tornare in camera mia. Sono stanca, ho bisogno di dormire un po’. Ci vediamo sta sera, ok?
– Va bene – mormora lui sorridendomi.
Quando entro in camera e rimango in silenzio guardando le foto ancora tutte sul mio letto penso che in questo momento vorrei andare dai miei genitori e annunciare il fatto che mi sono messa con un ragazzo, il ragazzo che amo e che è la mia anima gemella. Ma… loro non sono più qua, con me, e questo mi rattrista molto nonostante tutto quello che è successo poco fa.
Per fortuna Louis bussa alla porta. – Louis – esclamo io. – Che succede?
– Ti hanno convocato gli Anziani. Devi andare subito, molto probabilmente hanno trovato il pugnale. – Il mio cuore fa un balzo: ci siamo. – Ti aspetto giù, ti devo accompagnare io. – Accenna un sorriso e chiude la porta andandosene.
Arriviamo dagli Anziani in silenzio, quando ero scesa un’ora fa ero convinta di trovare solo Louis, quando in verità accanto a lui c’era anche Jeremy. Quando ho chiesto spiegazioni Jeremy ha fatto spallucce mentre Louis diceva che avevano convocato anche lui. – Buonasera, Cacciatori – ci saluta il Terzo Anziano. – Vi abbiamo chiamati qua per annunciarvi che abbiamo trovato il pugnale, ma c’è un problema. Come probabilmente avrete già letto, una leggenda narra che solo la Whitesun e il suo più grande amico o amore possono entrare.
– Non capisco perché dovrebbe venire qualcun altro con me – borbotto aspramente.
– Perché ci saranno var ostacoli – risponde il Terzo.
– In parole povere la grotta farà di tutto pur di ucciderti – aggiunge il Secondo accennando un sorriso freddo.
– Avevo già pensanto a questo problema e ho già informato Jeremy Ruterful – annuncia Lousi.
Lo guardo scioccata. Cosa ha fatto? Osa? Quando? Dove? Perché?! – No, Jeremy no – rispondo io in preda al panico. – Posso portare Ivy, o Isaac… Cody ! Posso portare Cody. – Faccio finta di non accorgermi delle occhiatacce che continua a mandarmi Jeremy.
– Per quanto ci piaccia il giovane Cody non siamo sicuri che la grotta lo farà entrare – risponde il Quarto Anziano. – E lo stesso vale per i tuoi amici. Dev’essere il tuo più grande amico.
– E il tuo più grande amico è un vampiro – dice il Secondo. Divertente, veramente divertene. – Oh, che sbadato! – esclama lui, divertito come sempre. – Ti ha abbandonata! – Sorrido e così abbasso lo sguardo solo per non dargli soddisfazioni e scoppiare.
– Smettila – ringhia il Quarto. – Non farti punire un’altra volta. – Eppure non ha nessun secondo che fa pensare ad una punizione passata. Niente di niente.
– Quindi quando dobbiamo partire? – chiede Jeremy?
– Il volo è previsto per le 12:00 di domani. Siete pronti ad andare in Scozia? – risponde il Terzo Anziano accennando un sorriso che, invece di quello del Secondo, è molto dolce.
Rimango in silenzio. Cosa? Scozia. Jeremy. Ma soprattutto in una frotta che mi vuole morta. Certo, sono prontissima! Non riesco nemmeno ad immaginarla questa grotta che mi vuole uccidere. Per quanto ne so la chiamano grotta e magari non è nemmeno una grotta… di certo non sarei molto scioccata. – Ho altra scelta? – chiedo guardando il Secondo Anziano che mi guarda in un modo che non mi piace. So che muore dalla voglia di farmi un funerale con i fiocchi.
– No – risponde il Secondo sorridendomi ancora di più. – Potete andare adesso. Cassie, ti consiglierei di dormire molto perché sarà una lunga camminata e battaglia… contro te stessa.
Ovvio, non basta, deve continuare a torturarmi. Per quanto gli riguarda potrei benissimo farmi la pipì addosso, a lui non importerebbe, anzi.
– Arrivederci – dice Louis per poi guardarmi, visto che continuo a fissare il Secondo Anziano in attesa di una maledetta risposta alla mia domanda silenziosa: Cosa vuole dire con “contro te stessa”?
Eppure il Secondo risponde solo con un: – Puoi andare, Cassie Moonic. – Sembra godere alla vista della mia paura. Sono così arrabbiata che non ringrazio, non saluto, me ne vado e basta.

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Capitolo 20
*** Obbligati ad amare ***







Capitolo 20
Obbligati ad amare
 
Il giorno dopo mi sveglio ancora più agitata e assonnata del solito. All’inizio non riesco a ricordarmi bene il perché, dopotutto mi sembra un giorno come gli altri, ma poi mi ricordo che non lo è, visto che devo partire e cercare di non morire per prendere uno stupido pugnale. Mangio in silenzio accanto ad Ivy, di Isaac e Jeremy non c’è traccia ma decido di non dare a vedere che questa cosa m’infastidisce un po’. Non so bene il perché, molto probabilmente non c’è nemmeno un motivo, forse sono solo molto stressata e agitata. La giornata non migliora affatto quando sento la voce di Louis dirmi che c’è un pacco per me e che devo quindi andarlo a prendere.
Mentre mi alzo l’adrenalina sembra fare la stessa cosa: c’è qualcosa che non va, nessuno sa che vivo qua. Esco dall’Istituto dopo aver lanciato un’occhiata a Jeremy che sta parlando a bassa voce con Allison; non sono gelosa, so che ieri sera era serio quando diceva che voleva avere una relazione seria con me, ma la cosa non mi fa impazzire lo stesso. Ora c’è un ragazzo con in mano un pacco. – Cassie Moonic? – chiede, e così annuisco. – Questo è per lei – aggiunge poi porgendomi il pacco, ma quando lo prenso il ragazzo sembra quasi correre via e questo non fa altro che agitarmi ancora di più. Il pacco pesa molto e sopra di esso c’è un biglietto.
“ Ho sentito che cercherai il pugnale, cara Cassie. Questo è il mio regalo per augurarti un buon compleanno e buona fortuna: ti servirà.”
All’inizio penso che sia uno scherzo di cattivo gusto del Secondo Anziano, ma ho quasi paura ad aprirlo e il nodo che ho alla gola non fa altro che ingrandirsi. Prendo un respiro profondo e tolgo il coperchio. Una faccia. Quella di Iris. Uno strano urlo esce dalla mia bocca e il pacco con dentro la testa d’Iris cade a terra e così indietreggio per poi inciampare sui gradini dell’Istituto. Cerco di respirare ma non ci riesco e poco dopo mi rendo conto di star piangendo ed urlando il nome della mia migliore amica… morta.
Qualcuno mi prende il braccio e mi fa alzare senza nemmeno pensare che potrebbe farmi male. È Jeremy. – Che succede? – chiede guardandomi con gli occhi spalancati e quasi riesco a sentire il suo cuore, anzi riesco a sentire il suo cuore mentre va all’impazzata. Indico il pacco e cado ancora una volt a terra, ma Jeremy riesce a prendermi prima che sbatta contro i gradini.
– Oh, mio Dio! – esclama Ivy coprendosi il viso con le mani. Se possibile piango ancora di più ed allontano Jeremy, mi giro per rigettare tutto quello che ho nello stomaco e infine cado a terra, distrutta. Guardo il viso di Iris, gli occhi sono lontani mentre mi guardano ma non mi vedono, la sua bocca spalancata… Jremy mi prende ancora una volta e mi porta dentro nonostante io continui a singhiozzare come una bambina.
– Che succede? – chiede Louis venendo verso di noi con passo deciso e affrettato. – Ho sentito urlare…
– Vai a vedere fuori con i tuoi occhi – borbotta Jeremy continuando a stringermi a lui e reggendomi. Louis mi guarda per alcuni secondi e poi esce fuori, ancora più preoccupato. Continuo a non respirare, i miei polmoni stanno soffrendo ma non m’importa perché voglio solo togliere quell’impaggine della testa d’Iris da alla mia mente e lo posso fare solo soffrendo. – Ehi – mormora Jeremy prendendo il mio viso, ormai siamo in camera mia e tutti e due siamo seduti sul mio letto. – Respira, Cassie – aggiunge guardandomi dritto negli occhi, scuoto la testa e scoppio a piangere un’altra volta. – Guardami. Guardami, cazzo. – Alzo lo sguardo verso di lui. – Respira insieme a me. Devi respirare insieme a me.  – Lo seguo mentre inspira ed espira ma continuo a piangere e quando ricomincio a singhiozzare mi abbraccia. – Andrà tutto bene.
– Non è vero – dico io piangendo. – Andrà sempre peggio.
Qualcuno bussa alla porta e l’apre senza nemmeno aspettare altro tempo. È Cody e sembra molto preoccupato. – Cassie, ho sentito quello che è successo – esclama lui, lancia un’occhiataccia a Jeremy e poi passa di nuovo a me. – Mi dispiace così tanto – mormora lui avanzando verso di me.
– Vi lascio un po’ soli – borbotta Jeremy alzandosi dal letto, non sembra molto convinto di quello che dice ma se ne va comunque, ma solo dopo aver guardato male Cody.  Questo mi fa capire che mi vuole dare la possibilità di parlare con Cody riguardo la nostra relazione.
Una volta chiusa la porta guardo Cody con le lacrime che continuano ad uscire senza il mio permesso. Poi viene verso di me e mi abbraccia più forte possibile… ed io faccio la stessa cosa. – Ci sono io qua – mormora lui, anche se credo che anche lui sappia quanto questo sia inutile. – Mi dispiace così tanto – continua mentre io piango, si distacca da me e mi toglie una ciocca di capelli da davanti il mio viso. – E mi dispiace averti trattata così male. È solo che… non sapevo che tu fossi una Whitesun e sapere che quel Jeremy è la tua anima gemella… Mi ha spiazzato molto, per non parlare di cosa potete veramente fare quando siete insieme tu e lui. – Abbassa lo sguardo. – Credo tu sappia che quello che è successo tra noi è solo uno sbaglio.
– Cody – lo fermo io allontanandomi da lui. – Tu mi stai a cuore, Cody, ma ho appena riccevuto la testa della mia migliore amica come regalo di compleanno. – Mi fermo per un po’ cercando di controllare la mia rabbia, ma proprio non ci riesco. – Non me ne frega un cazzo di noi! – sbotto quindi piangendo. Lui si alza e se ne va sbattendo la porta, ma non m’importa nemmeno questa volta, anzi.
Prendo il cuscino e lo stringo a me continuando a piangere. Sento le urla da fuori e i vari Cacciatori che scrutano la situazione mentre io sono qua, a piangere come una deficiente. Vndicati, usa il pugnale. Mi alzo per guardare fuori dalla finestra: si vede benissimo il panorama ma soprattutto si vedono tutti i Cacciatori fuori, intorno a qualcosa, o qualcuno, o un pezzo di qualcuno.
 
All’ora di pranzo scendo per partire e cercare quel pugnale, come se aver appena visto la testa di Iris oggi non sia abbastanza. Sono arrabbiata ora, ho smesso di piangere da pochi minuti e ho fatto in modo di controllare le lacrime e di lasciar perdere la rabbia: che faccia quello che vuole. Le armi continuano a sbattermi sulle cosce o le anche in base alla loro grandezza con dei vestiti più pesanti del solito che Louis aveva lasciato davanti alla porta proprio per me. Jeremy si gira verso di me e fa un sospiro guardandomi. – Non credo tu sia pronta per questo – è la prima cosa che mi dice.
 – Perché? Perché è morta Iris? – chiedo, arrabbiata. – Io credo che mi abbiano appena dato un’altra ragione per ucciderli. Ucciderli tutti. Dal primo all’ultimo.
– No, sei troppo arrabbiata per mantenere il controllo. – Si ferma guardandomi con le sopracciglia aggrottate. – Sei troppo arrabbiata per pensare a cosa stai per fare, a cosa è meglio fare e cosa no. Se non hai la testa non hai niente, Cassie.
– Ok, perfetto. Ora possiamo andare? – chiedo io. Non voglio continuare a perdere tempo, la devono pagare tutti e voglio andarmene. Voglio andarmene da questo Istituto, da questa città. Vorrei andarmene e scomparire in verità, perché sono così stanca di combattere una battaglia che sembra già persa in partenza.
Jeremy scuote la testa più volte mettendosi indietro i capelli. – Come vuoi, ok, andiamo.
Sto per uscire quando sento la voce di Cody. – Cassie – mi chiama e così mi giro, si ferma proprio davanti a me e mi prende il viso con tutte e due le mani. Faccio per allontanarmi, visto che sto con Jeremy, ma lui non me lo lascia fare. – So che molto probabilmente starai con Jeremy ma… io ti aspetto qua, ok?
Faccio un finto sorriso. – Io e Jeremy…
– Ok, ma mi ricordo quello che mi hai detto: tu e lui non andate d’accordo e noi due abbiamo già passato una notte insieme…
– O-oh! – esclamo io in imbarazzo allontanandomi un po’ da lui. – Ci vediamo.
– Si. Mi raccomando, Cassie: torna – mormora lui continuando a guardarmi in un modo che mi mette ancora di più in imbarazzo. Gli sorrido un’ultima vola e poi corro praticamente via… e non perché sono commossa e cerco di non farmi vedere purtroppo.
Entro in macchina dopo aver capito che Jeremy è già là dentro, rimane in silenzio e mette in modo senza nemmeno guardarmi. Faccio per parlare quando mi anticipa. – Immagino che tu non gli abbia parlato nel modo in cui intendevo io.
Alzo gli occhi al cielo. – Jeremy, quello che ho detto a lui lo dico anche a te: la mia migliore amica è morta e come regalo mi hanno dato la sua testa, quindi scusami se non m’interessa più di tanto ora come ora mettere apposto le cose con Cody.
Rimane in silenzio fino alla fine delle viaggio in macchina senza farmi capire niente dal suo linguaggio corporeo. Niente di niente. Quindi decido di parlare. – Dove stiamo andando di preciso? Perché non mi sembra affatto la strada per andare all’aeroporto questa. – Cerco i suoi occhi ma rimangono a fissare la strada, e perché non vuole guardarmi non per altri motivi.
– Oh si, dai, andiamo all’aeroporto dove tutti possono vedere come siamo armati e pronti ad andare a prendere un pugnale che ucciderà dei succhia-sangue e degli uomini che si trasformano in lupi! La gente non sarà in preda al  panico e noi non verremo sicuramente arrestati! – esclama lui acidamente.
– Quanto sei simpatico – borbotto incrociando le braccia. Sbuffo. – Pensavo che potessimo fare un patto con…
– No, non possiamo. Non possiamo andare su un aereo normale con delle armi – mi ferma lui freddamente. Lo guardo ma lui fa finta di niente per la milionesima volta. – Siamo arrivati – dice frenando di scatto. Se non avessi la cintura a quest’ora sarei già fuori dalla macchina senza il bisogno di aprire alcuno sportello.
– Fai proprio schifo a guidare – ringhio uscendo dalla macchina seguendolo.
– Disse quella che non ha nemmeno la patente – ribatte lui guardando un piccolo aereo davanti a noi. Entriamo dentro di esso dove c’è solo un assistente di volo e i due piloti. Jeremy si siede subito dopo essersi presentato su una poltrona. Ci sono solo due posti a sedere: quello dov’è seduto Jeremy e una poltrona alla stessa altezza di quella di Jeremy ma divisa dal corridoio. Forse sono dispiaciuta dal capire che non staremo vicini, forse no. – Morirai di freddo, lo sai, si? – chiede poi
Distolgo lo sguardo dal finestrino per guardarlo. – Perché? – chiedo aggrottando la fronte.
– Perché sei la ragazza più freddolosa che io conosca e perché là farà un freddo cane – risponde e sembra godere all’immagine di me morta di freddo.
– Louis mi ha dato questo e altre copie identiche – rispondo un po’ confusa. La verità è che non sono stupida: so dove sto andando e mi sono portata felpe e giacche… ma le ho lasciate dentro la valigia e non me ne sono portata nemmeno una.
– Si chiamano divise – risponde lui con superiorità.
Alzo gli occhi al cielo e il solo pensiero che dovrò sopportarlo per molto altro tempo mi viene da vomitare. Il Jeremy di ieri potevo sopportarlo, ma non quello arrabbiato. – Smettila di fare così! Cos’ho fatto di così tanto fastidioso?! Insomma, non ho mica baciato Cody o cose del genere!
– L’hai fatto per ripicca o cosa? – sbotta lui. – Ci aspetta un lungo viaggio e Dio solo sa cosa! Per una volta sii sincera Cassie. Dobbiamo essere legati una volta scesi da quest’aero perché tu non sei ancora molto brava con la spada ed io non voglio che ti succeda qualcosa, quindi direi di aggiustare tutto adesso prima che sia troppo tardi.
– Moriremo secondo te? – chiedo cercando di cambiare argomento. E ci riesco.
– Ho letto qualcosa su questo ieri sera. L’energia negativa della grotta si concentrerà sulla Whitesun, è per questo che serve un compagno fidato: perché qualcuno la deve proteggere, perché quel qualcuno deve essere disposto a fare di tutto per proteggerla, anche morire se necessario.
Alzo lo sguardo di scatto per guardarlo negli occhi. – È per questo… – mi fermo singhiozzando. – Tu prova a morire per me e ti giuro che…
– Sai che è una cosa impossibile. Se starà per succedere qualcosa ti progetterò, Cassie. È inevitabile ed è per questo che mi hanno chiesto di venire. Sanno benissimo che farei qualsiasi cosa per salvarti.
– Sarà inutile – ringhio io cercando di non piangere. – Sarà inutile essere morto per me. – Rimane in silenzio guardandomi negli occhi e facendomi quindi capire che non è d’accordo con me. – Che vita è se non ho nessuno accanto? Tutti muoiono se hanno qualche legame con me!
– Non è colpa tua, Cassie – mormora lui mentre la sua espressione si fa subito più dolce. – È colpa dei vampiri e dei lupi mannari.
– Se riuscirò ad entrare senza di te rimani là fuori, ok? – Fa per dire di no quando lo fermo. – Jeremy, non potrò andare avanti una volta che ti avranno ferito o peggio! Sii ragionevole una volta tanto! – Perché non riesce a capire?! Non posso permettere che succeda una cosa del genere, lo amo troppo per perderlo. So che se perderò anche lui impazzirò.
– Non potrai comunque andare avanti: morirai subito – ringhia lui.
– Non è detto – ringhio io.
– Non è neanche detto che io muoia – esclama subito, sono sicura che non aspettava altro che questa risposta. Alza e abbassa le sopracciglia velocemente e questo mi fa ridere, per il nervoso o no. – Si, lo so: sono tanto testardo quanto lo sei te. Ma so che mi ami comunque. Quindi… hai cambiato discorso prima, non pensare che non ci abbia fatto caso.
Alzo gli occhi al cielo, un po’ divertita. – Forse perché è meglio così.
– È meglio o è conveniente? – chiede lui accennando un sorriso furbo, rido ancora una volta guardandolo e adesso so che sto ridendo perché sono nervosa ma anche perché mi fa veramente ridere quando fa così. – Dai su! – esclama incrociando le braccia. Quando capisce che non inizierò il discorso sbuffa. – Ok, inizio io. Prima mi hai chiesto perché ce l’avessi con te. – Aspetta che io annuisca prima di continuare. – Non ce l’ho con te, cioè si ma… è perché sono fottutamente geloso. Il problema è che… – Si ferma per ridere, sembra nervoso. – Cazzo, Cassie! Sei la prima ragazza che abbia mai amato! Sei arrivata e mi hai completamente cambiato. Prima ero lo stronzo che si portava a letto qualsiasi ragazza, vampira, lupa mannara o sirena e il giorno dopo ero il deficiente che non riusciva nemmeno a guardare una ragazza all’infuori di te. – Abbasso lo sguardo sentendo le mie guance andare a fuoco. – La prima volta che ti ho vista… – Accenna un sorriso e sembra quasi che mi stia nascondendo qualcosa. – Eri perfetta. Quei tuoi capelli lunghissimi, quelle tue guance rosse, quei tuoi vestiti rovinati, quei tuoi occhi scuri. – Mi sorride ancora di più. – Ved,i molti dicono che non ci sopportiamo, altri dicono che siamo destinati solo ad essere compagni di battaglia, altri ancora dicono che ci odiamo, ma io credo non esista amore più grande del nostro. È solo che ci stiamo complicando la vita perché abbiamo paura credo, o perché comunque non siamo gli unici a cui pensare e abbiamo molti problemi. So di aver paura, perché non ho mai provato qualcosa di così grande per nessuna ragazza ed io… ed io ti amo, Cassie. – Chiudo gli occhi prendendo un respiro profondo, poi rido, troppo nervosa per fare altro. – E amo tutto di te! Amo le tue risate nervose, il tuo modo di sorridere, il modo in cui mi fai sentire, il modo in cui mi baci, il modo in cui mi accarezzi, le scosse che mi provochi appena c’è un contatto tra me e te, l’adrenalina che sento quando ti stringo a me… Pensavo fossi una ragazzina. Una ragazzina che stranamente mi attraeva e tutto di te mi ricorda una ragazzina, eppure… sei più bella delle ragazze con cui sono andato a letto. Sei più bella, più intelligente, più testarda di tutte loro messe insieme.
Deglutisco, ora tocca a me, le mani iniziano a sudarmi e sono quasi costretta a ridere ancora una volta ma riesco a trattenermi. – Prima di scendere giù la maga mi aveva detto che c’era la mia anima gemella nell’Istituto, ma io non ci credevo, voglio dire… per me esistevano solo i vampiri e poi boom! Ecco che esistono i cacciatori, i demoni, le anime gemelle e tanto altro ancora! – Ride e quasi sento il mio cuore sciogliersi. – Non m’importava più di tanto, volevo solo ammazzare i vampiri. Era quello il mio scopo, lo è sempre stato. Ma poi… ho visto i tuoi occhi e ho sentito quella strana sensazione al cuore. Eri il ragazzo più bello… Tutto in te mi sembrava bellissimo, troppo bello per essere vero. – Ride ma mi accorgo solo adesso che è rosso come un pomodoro. Per la prima volta Jeremy Ruterful ha le guance rosse. – Quei tuoi occhi… non avevo mai visto occhi così belli. Ripeto, non avevo mai visto una persona così perfetta. Ma non mi sono mai piaciuti quelli belli, perché pensavo veramente fossero stupidi e superficiali. – Mi fermo a guardarlo e quasi mi scordo il motivo per cui sto parlando. – Avevo ragione, tu sei… il ragazzo che è andato a letto con tutte, tu sei uno di quei ragazzi pieni di sé, uno di quei ragazzi che odio tanto, ma allo stesso momento non faccio altro che pensare a quanto io sia attratta da te e a quanto io ti possa amare. – Rimango in silenzio per un po’, cercando di fargli capire cosa provo. – A volta però penso che tutto questo sia ridicolo. Voglio dire, incontri una persona e poi esiste solo lei. È come essere obbligati ad amare una persona.
Lo suo sguardo è fisso su di me e i suoi occhi erano luminosi… fino a quando non ho sparato questa cazzata. – Quindi tu ti senti obbligata ad amarmi.
Era meglio se mi stavo zitta. – Non…
– Oh no, va bene. Ho capito tutto! – esclama lui, arrabbiato. – Sai una cosa? Non capisco proprio il motivo per cui io dovrei stare insieme a te. – Aggrotto la fronte cercando di non pensare al significato di quello che ha appena detto. – Sarai pure la più bella ai miei occhi, ma la verità è che sei una ragazzina che ancora non sa quello che prova ed io non voglio stare con una ragazzina. Quindi cresci e poi se ne riparlerà. Ridicola e piccola. Perché diavolo dovrei continuare a provarci?! – ringhia lui.
Rimango in silenzio, mi gira la testa ma non so se è per l’aereo o per quello che mi ha appena detto Jeremy. Non sento più niente sotto i miei piedi, cioè lo sento ma dopo un po’ scompare e poi riappare magicamente! Jeremy si alza e va in bagno sbattendo la porta, così io ne approfitto per cercare di tranquillizzarmi, di non far uscire le lacrime che minacciano di uscire, ma poco dopo la porta del bagno si apre e così mi giro verso il finestrino per non fargli vedere che in verità sto piangendo. So che stiamo ancora insieme, so che mi ama ancora… ma Dio quanto mi ha fatto male. Quando sbuffa sono costretta a chiudere gli occhi sperando che non ricominci a parlare in quel modo. E per fortuna non fa niente, non si muove, non parla, rimane fermo ed in silenzio tanto quanto me.
– Vuoi qualcosa che ti aiuti a dormire, tesoro? – chiede l’assistente di volo accennandomi un sorriso gentile e professionale.
– Si, grazie – mormoro io per poi prendere il bicchiere che mi stava porgendo. Non ho mai visto una bevanda così blu, è strana eppure c’è qualcosa di tranquillo in essa. Sento Jeremy cercare di dire qualcosa ma si ferma a metà frase e ricomincia a guardare fuori dal finestrino dopo aver sospirato. Bevo la bevanda tutto d’un sorso e poi poso il bicchiere sul tavolino davanti a me.
Solo mentre sto dormendo mi rendo con che quello che Jeremy stava cercando di dirmi era che la bevanda era così strana perché era una pozione.   
 

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Capitolo 21
*** Paura ***






Capitolo 21
Paura
 
La stessa donna che mi ha dato quella bevanda mi sveglia dicendomi che stiamo per atterrare. Sbatto più volte le palpebre per cercare di vedere meno sfogato, la gola è secca e così anche le labbra, che mi bagno con la lingua. Mi gira la testa e mi sembra di avere un mitra dentro il cervello, mi siedo bene visto che sto per cadere a terra e quando mi ricordo bene tutto quello che è successo mi giro verso la poltrona di Jeremy. Sussulto accorgendomi che mi sta guardando in modo strano. – Oh, sei viva allora. Pensavo fossi morta – borbotta guardandomi più serio che mai.
– Dio, mi fa male la testa – mormoro io tenendomi la testa tra le mani, perché mi fa veramente male, non sto facendo la vittima. Faccio un respiro profondo e mi metto indietro i capelli. – Non capisco… Dio…
– È la bevanda – risponde Jeremy fermandomi. Aggrotto la fronte togliendo le mie mani dai capelli dopo aver capito che è inutile cercare di lisciarli. Ride. – La bevanda che ti hanno dato prima serve a dormire, ma ad alcune persone può fare male. A quanto pare non tolleri alcune erbe che ci sono dentro. Sono in molti veramente, ecco perché Louis cerca di darci altri tipi di pozioni per dormire meglio.
– Ma… perché cazzo non me l’hai detto? – sbotto io, scocciata.
– Modera i termini, sei una ragazza! – esclama lui, solo per infastidirmi ancora di più. Faccio per mandarlo a fanculo quando mi ferma. – Magari volevo che dormissi tutto il viaggio. Mi rilassa molto non sentire la tua voce. – Le mie labbra diventano una linea sottilissima, per un paio di secondi lo guardo malissimo, poi però mi giro verso il finestrino. Sta esagerando, sta proprio esagerando.  Non ha il diritto di trattarmi in questo modo ed io di certo non devo fargli capire che mi sta facendo male. Quando atterriamo Jeremy è il primo ad alzarsi, ma io proprio non ci riesco: siamo arrivati e questo significa che sta per succedere quello per cui sono nata, ma ho veramente paura. – Hai intenzione di rimanere su quest’aereo? – chiede Jeremy acidamente riportandomi sulla terra. Sussulto e divento subito rossa in faccia, mi alzo e rimaniamo per un po’ a guardarci, cerco di fargli capire quanto cazzo lo sto odiando in questo momento, poi quando capisco che non sarà lui ad abbassare lo sguardo gli do una spallata e me ne vado.
Dopo essere usciti dall’aereo entriamo dentro una macchina, alla guida c’è un uomo ma non sembra un vero e proprio uomo visto che ha delle mani bianchissime con le unghie lunghe e sporche; stringo la mia maglietta sentendo un brivido passare per tutto il mio corpo: fa freddissimo.
– Te l’avevo detto che saresti morta di freddo – annuncia Jeremy quasi sorridendo.
Faccio finta di niente e prendo il mio zaino per prendere la felpa. – Jeremy – inizio io sospirando, – te lo dirò una volta e basta: se non la smetti di darmi fastidio in questo modo non solo ti lascerò ma farò anche in modo che tu domani mattina non venga con me dentro quella fottutissima grotta. – Mi giro verso di lui per vedere la sua reazione: mi sta guardando male con la mascella pronunciata. – Sono stata abbastanza chiara? – chiedo quindi.
– Cristallina – risponde Jeremy continuando a tenere lo sguardo fisso su di me.
– Bene, ne sono felice – ringhio io accettando in silenzio la sfida degli sguardi assassini. Poco dopo però la macchina si ferma e siamo costretti a smetterla, quindi usciamo dalla macchina e se ne va subito sgommando. Faccio a malapena in tempo ad indietreggiare, troppo spaventata per tirare lo zaino e cercare quindi di danneggiare quella maledettissima macchina.
– Schiavi ingrati – ringhia Jeremy. Lo guardo scioccata, come per chiedergli chi sono. – Dio, a volte mi chiedo veramente con quali criteri ti hanno proclamata Cacciatrice. – Alzo gli occhi al cielo. – Dai, entriamo.
Sbuffo raggiungendolo. L’idea di stare in una casa con solo Jeremy ora come ora non mi fa impazzire di gioia, anzi. Sono sicura che questa nostra discussione sia solo perché entrambi siamo molti nervosi all’idea di entrare in quella maledettissima grotta, ma resta il fatto che oggi ha continuamente cercato di ferirmi. – Aspetta, Jeremy – ringhio io, si gira verso di me con le chiavi in mano. – Non… non me la sento di entrare in questa casa, sinceramente.
Aggrotta la fronte e ride, ma si vede che è comunque nervoso. – Mica dobbiamo fare sesso, Cassie! – esclama. – Dobbiamo solo stare qua dentro fino a domani mattina, quando inizieremo a cercare questa grotta. Rilassati, ok? – Lo seguo dentro casa e chiude la porto dopo che sono entrata. La casa è piccola ma molto carina: all’entrata c’è un piccolo divano con una televisione, puoi già vedere da qua che poco più avanti c’è la cucina mentre a destra c’è una camera da letto. Una sola camera da letto.
Entro là dentro e vedo un letto matrimoniale con dei petali rossi su di esso. – Oh, ovviamente! – esclamo io, esasperata. – Che razza di scherzo è?! – tuono io. Jeremy mi guarda male dal salone e poi mi raggiunge, ma si ferma di scatto una volta accanto a me e digrigna i denti ringhiando come un animale. Mi fa quasi ridere.
– Molto divertenti – ringhia lui aprendo a malapena la bocca. – Io dormo sul divano – annuncia svelto per poi andarsene.
Sbuffo e mi metto a togliere tutti i petali rossi di una povera rosa. – Perché a me? – borbotto a bassa voce tra me e me. – Con tutte le ragazze che ci stanno…
– Molto carina – esclama Jeremy venendo nella mia nuova camera. – Sai, molte ragazze sarebbero onorate di stare qua con me.
Alzo gli occhi al cielo mentre si chiude dentro il bagno. – Se vuoi te le chiamo! – urlo io buttando tutti i petali dentro il cestino, in cucina.
– Oh, non ce n’è bisogno. Ma ti ringrazio, cara – risponde uscendo dal bagno, adesso indossa dei jeans scuri e una maglietta nera a maniche corte. Tanto per ricordarmi che fa freddo…
– Dove vai? – chiedo, credo di non essere mai stata così tanto gelosa in vita mia. E così attratta da un ragazzo. Ogni secondo che passa vorrei sempre di più prenderlo e baciarlo come non ho mai fatto in tutta la mia vita.
– Esco – risponde lui mettendosi un giaccone. – Ho una serata libera, di certo non la spreco così. Se vuoi vieni, ma non ti obbliga nessuno.
Mi sta sfidando, ma l’unica cosa a cui riesco a pensare è: Oh, aspetta… Cosa? Dove? Quando? Come? – E dove vorresti andare?
– In un pub penso – risponde. – Dai – inizia prendendo la mia valigia, – tieni. – Mi tira un qualcosa che mi ricorda vagamente un vestito di Ivy. Faccio per dire qualcosa quando mi ferma. – Lo so, non l’hai messo tu. Ho chiesto ad Ivy un aiutino e a quanto pare ha fatto molto di più visto… che ti ha messo pure un bel cappotto! Ti avverto: se ti metti una cosa che non ti mette in evidenza il corpo che hai rimani qua.
Guardo quello che ho in mano e mi rendo conto che è un pantalone a vita alta con una maglietta corta elegante. Aggrotto la fronte e guardo Jeremy. – Sono una Cacciatrice, posso benissimo farcela a rimanere qua per una sera – dico freddamente.
– Non esserne convinta, ragazzina – risponde lui. Sa benissimo che mi da fastidio quando mi chiama “ragazzina”, sa benissimo che facendo così accetterei qualsiasi sfida.
Trattengo il respiro sentendo un qualcosa che ricorda vagamente la rabbia stringermi lo stomaco… – E va bene! – sbotto io entrando in bagno per cambiarmi. I pantaloni sono veramente alti ma non abbastanza visto che s’intravede un po’ di pelle. Questa maledetta maglietta è veramente corta, però questi pantaloni mi fanno veramente un bel sedere… Giusto per dire, eh. – La maglietta è troppo corta – borbotto uscendo dal bagno. – Guarda cosa succede se alzo le mani – ringhio alzando le mani, sono consapevole del fatto che facendo così la maglietta si alzerà ancora di più scoprendo ancora più pelle.
La sua mascella diventa più pronunciata e i suoi occhi ridotti a fessure. – Stai molto bene invece – mormora alzandosi dal letto, inizia a girarmi intorno non facendomi sentire a mio agio. Un conto è quando mi guarda con occhi adoranti e un conto è quando mi guarda come se fossi cibo da mangiare. Sento il suo sguardo fisso sul mio corpo e così è più forte di me e rabbrividisco. Sento il suo respiro battere sui miei capelli e riesco solo a pensare a cosa potrebbe succedere se solo mi girassi. – Hai delle scarpe da mettere? Tacchi, possibilmente.
Non ce la faccio più e sono costretta a girarmi verso di lui. È così vicino a me che potrei baciarlo in meno di due secondi. Oddio, quei occhi. Oddio, quelle labbra. Oddio, Jeremy. Questo ragazzo finirà per uccidermi, ne sono sicura. – Delle ballerine, credo – sussurrio io. Prima che sia troppo tardi mi allontano e prendo le ballerine dalla mia valigia, me le metto senza alzare lo sguardo, ma quando sento le sue mani toccarmi i capelli trattengo il respiro. Sono troppo spaventata da me stessa e da lui per accorgermi che già si è allontanato e che voleva solo sciogliermi i capelli.
– Stai meglio con i capelli sciolti – annuncia lui con un tono di voce abbastanza basso.
Rimango in silenzio per un po’ sentendo sia il mio cuore che il suo andare più veloce del normale. Penso a come continua a guardarmi, a come tiene le sue mani chiuse a pugni, a come ogni tanto abbassa lo sguardo sulle mie labbra. – Vado a ripassare il trucco – mormoro prima di scappare dentro il bagno. Cerco di respirare normalmente, di calmarmi un po’ e poi mi trucco.
Appena esco dal bagno Jeremy si alza dal letto, ha i capelli molto più disordinati come se se li fosse spettinati con le sue stesse mani. – Io – mi fermo rossa in viso cercando di non pensare a lui. – Io… ecco… credo proprio che berrò qualcosa e poi me ne tornerò a casa. – Meglio starti lontano per un po’, volevo dirgli. Non è colpa tua, né mia immagino.
– Come vuoi – mormora lui, si alza. – Andiamo ora. – Mi aiuta a mettermi il cappotto e senza nemmeno ringraziarlo corro praticamente fuori dalla casa, cercando di allontanarmi il più possibile da lui.
Dopo il quarto pub che vediamo però non ce la faccio più, continua a dire di no ed io sto morendo di freddo. – Si può sapere cos’ha questo che non va? – chiedo, esasperata. – Sembra carino dentro e soprattutto c’è una stufa! Una bellissima stufa che sta aspettando solo che io entri dentro quel pub per avere un qualcuno davanti a lei.
– Ci sta… ci sta troppa gente – bofonchia lui guardando dentro, mi giro e mi accorgo che in verità non ci sta così tanta gente, solo un gruppo di ragazzi e altri due di ragazze. Aggrotto la fronte guardandolo. – Ci… ti stanno fissando tutti – mormora dopo guardando sempre dentro il locale. Mi giro ancora una volta e vedo che solo il gruppo di ragazzi mi sta guardando, nessun altro.
– Non mi stanno fissando tutti, Jeremy – borbotto io. – Dai, entriamo. Sto morendo di freddo, vedrai che ci saranno un sacco di ragazze pronte a saltarti addosso – dico cercando di farlo ridere, e ci riesco. Sospiro e lo ringrazio quando mi tiene aperta la porta per farmi entrare. Ma mi sento benissimo solo quando sento il caldo di questo pub, sorrido.
– Ciao – dice uno dei ragazzi, non sembra molto sobrio e la mia prima reazione è quella di avvicinarmi a Jeremy come se non fossi capace di difendermi. Mi maledico da sola quando sento una mano di Jeremy stringermi il fianco facendomi avvampare ancora di più.
– Lei è con me – ringhia quest’ultimo stringendomi ancora di più a lui. Riesco quasi a sentire i suoi polpastrelli toccare la mia pelle, se non fosse per il fatto che in realtà ho dei pantaloni che ci separano. Solo lo sguardo assassino che lancia al ragazzo riesce a farmi tornare sulla terra.
Il ragazzo ride e si alza. – Ah, si? Peccato – bofonchia guardandomi, per poi farmi l’occhiolino.
Tutto il corpo di Jeremy s’irrigidisce ancora di più, la sua mano non mi ha mai tenuto così stretta, tutto questo ovviamente prima che lui mi lasci per fare un passo verso il ragazzo. So che sta per fare un qualcosa di brutto, lo capisco dalla postura del suo corpo e so riconoscere ormai quando finge di scattare e quando invece è pronto a farlo. – Jeremy, lascai stare – borbotto io guardando male il ragazzo e prendendo l’orlo del cappotto di Jeremy, tirandolo verso di me. – Dai, sediamoci – lo incito prendendolo per mano, mi lancia un’occhiata furiosa e così accenno un sorriso, per poi mettergli una mano dietro il collo per fare in modo che mi guardi. – Andiamo, ok? – chiedo guardandolo dritto negli occhi. Per fortuna annuisce e mettendo un braccio sulle mie spalle ci andiamo a sedere sugli sgabelli davanti al banco lasciando alle altre persone che stanno arrivando i tavoli e le sedie.
Appena ci sediamo Jeremy con ancora uno schifo di umore ordina qualcosa, ma io non lo ascolto e mi guardo in giro. – Ma lei non è maggiorenne – dice la barista bionda platino, sui vent’anni e con degli occhi chiarissimi. Lo guarda come se fosse la perfezione in persona e forse è così ma come lui è geloso lo sono anch’io e sono quasi tentata di posare una mano sulla sua coscia, o sulla sua mano, ma la cosa che mi fa essere diversa da lui è che non ho tutta questa sicurezza e, anche se so che non ci siamo lasciati, non ho il coraggio di tracciare il territorio come ha fatto lui poco fa.
– Io prendo solo una Coca-Cola, grazie – borbotto guardandola male, non mi guarda nemmeno per più di pochi secondi che sorride a Jeremy e se ne va. Jeremy la guarda per un po’ cercando di smettere di sorridere e questo non fa altro che darmi ancora più fastidio. Rido nervosa. – La stai fissando.
– Lo so – mormora lui continuando a fissarla. – Lo sto facendo apposta. Ti da fastidio, per caso? – chiede infine guardandomi. Mi sta mettendo alla prova! Non ci posso credere. Dopo tutto quello che è successo oggi mi deve proprio dare fastidio fino alla fine.
Vorrei dirgli che si, mi da fastidio, perché mi hai fatto mettere questi pantaloni che mi danno fastidio, con questa maglietta che non copre niente e quindi adesso il minimo che potresti fare è guardare me! – No, fai pure, dopotutto sei venuto qua per questo, no? – rispondo, anche se sembra più in ringhio che altro. – Anzi, se vuoi cene sono altre un po’ più piccole là – aggiungo indicando un tavolo dietro di noi. Si gira verso le ragazze con meno entusiasmo, le stronzette gli sorridono e così Jeremy, da bravo ragazzo, ricambia. Alzo gli occhi al cielo ridendo. – Dov’è la mia Coca-Cola? – ringhio. Decido di togliermi il cappotto e qualcuno inizia a fischiare, mi giro e vedo gli stessi ragazzi di prima continuare a guardarmi. Arrossendo mi giro verso Jeremy che ha smesso di fare il provola per guardare male quei ragazzi. – Hai intenzione di guardarli fino alla fine della serata? – chiedo io abbozzando un sorriso.
Posa lo sguardo su di me e mi sorride. – no, certo che no – risponde lui prima di aver ringraziato la ragazza che ci ha appena portato da bere. Inizia a bere e così faccio lo stesso, guardandomi maliziosamente mi chiede se voglio assaggiare e così mi avvicino a lui e bevo un sorso, che quasi mi va di traverso per quant’è forte.
– Dio! – esclamo io distaccandomi completamente da lui che inizia a ridere. – Cretino! – esclamo ridendo. – Non voglio finire come l’ultima volta. – Mi strozzo ancora una volta mentre la risata di Jeremy scompare. Abbasso lo sguardo ricordandomi di essere andata a letto con Cody. La mia prima volta sprecata in questo modo. E pensare che con Austin ci ero andata così vicino… poi però gli avevo detto di no e lui aveva capito. Eppure Jeremy, Isaac e Ivy erano convinti che il mio primo era stato lui, non Cody, non una persona che nemmeno conoscevo. – Frase stupida – mormoro dopo un po’.
Mi preoccupo vedendo Jeremy che continua a guardare a terra senza dire niente o degnare di uno sguardo me o le altre ragazze. Mi sento male sapendo che è colpa mia e della mia schifosa bocca che ogni tanto non riesce proprio a chiudersi. – Comunque – inizia Jeremy prendendo il suo drink e finirlo, – mi dispiace per come mi sono comportato prima. Ero arrabbiato, geloso… Scusami. È che…
Lo fermo, non voglio affrontare un’altra volta quest’argomento. Una volta al giorno può bastare. – Non fa niente. È acqua passata. Lascia stare – dico quindi, finisco in fretta la Coca-Cola solo per avere una scusa per andarmene. – Io me ne vado – annuncio prendendo il cappotto. – Ti aspetto a casa. Fai con calma. – Mi alzo e vado verso la porta, ma quando sento i ragazzi fischiarmi ancora una volta è troppo. – Basta! – sbotto, arrabbiata. – Sono fidanzata, porca di quella puttana!
Tutti scoppiano a ridere ed io arrossisco ancora di più, tutti ci stanno guardando. – Sei sicura? Allora perché sei vestita così? – chiede uno.
Un altro si alza e mi stringe a lui con forza. – Te lo dico io perché: sono io il suo ragazzo – risponde l’altro avvicinandomi ancora di più.
Metto le mani davanti al suo petto per allontanarlo. – Lasciami – ringhio, arrabbiata, cercando d’indietreggiare. – Dico sul serio, se vuoi ritrovarti con un occhio in meno basta che me lo dici, caro. – Faccio per dargli uno schiaffo quando non sento più le sue braccia stringermi, chiudo gli occhi sentendo dei vetri rompersi, qualcuno poi mi prende il braccio e mi obbliga ad indietreggiare così apro gli occhi e mi accorgo che si tratta di Jeremy. Ovvio. Prende il ragazzo da terra per la maglietta e lo alza, con l’altra mano inizia a dargli dei pugni e quando il ragazzo cade a terra arriva la barista che ci ordina di uscire fuori dal suo locale.
Sono la prima ad andarmene, facendo finta di non sentire Jeremy che continua a chiamarmi, ma quando mi gira di scatto non posso fare nient’altro che guardarlo negli occhi. – Dove vai? – chiede lui con gli occhi spalancati.
– Lasciami stare! – tuono io così arrabbiata che riesco a spingerlo così forte da fargli fare due passi indietro. – Vai da quelle galline e lasciami stare! – continuo indicando le ragazze che ci stanno guardando dalla vetrata da dentro il pub.
– Ma cos’hai? – chiede lui.
– Cos’ho? – urlo, arrabbiata. – Cos’ho?! Ho paura! Ho paura di morire domani e poi ci sei tu! Tu che mi dovresti fare bene quando in realtà continui a trattarmi come se fossi una delle tue puttane! Vuoi sapere una cosa, Jeremy? Non lo sono. Te lo puoi scordare. E ho quelle schifose immagini di te che stai a letto con la tua puttana preferita: Allison. E… e continuo a vedere lei che ti fa indietreggiare per poi buttarti sul letto. E poi ci sono io! Io, che continuo a pentirmi di quello che è successo con Cody, e sai perché? Perché io avevo detto di no ad Austin. – Faccio un sospiro cercando di tranquillizzarmi mentre ormai Jeremy sembra che stia per svenire. – Mentre tu continui a fare lo stronzo fino a quando non decidi di far finta di niente e proteggermi come se io fossi una ragazzina indifesa. Quindi lasciami stare, per favore. Lasciami solo stare.  – Indietreggio e quando rimane fermo ed in silenzio mi giro e me ne vado.
Arrivo a casa e lascio la porta aperta sapendo che Jeremy è dietro di me, tutto il tragitto dal pub ce lo siamo fatti a piedi in silenzio, lui stava molto più dietro di me lasciandomi lo spazio che mi serviva. Sento la porta chiudersi dietro di me ma faccio finta di niente e avanzo verso la camera per andare in bagno e mettermi il pigiama. Una volta uscita Jeremy è seduto sul letto dove in teoria dovrei dormire e guarda a terra. Sbuffo mettendo il vestito dentro la valigia senza degnarlo nemmeno di uno sguardo.
– Mi dispiace – inizia lui. Alzo lo sguardo verso di lui, inizia a ridere giocando con le sue stesse mani. – Non so nemmeno io perché ho voluto farti vestire in quel modo. Forse… forse perché dentro di me so che non ce la faccio ad avere questa relazione. Forse perché volevo farti conoscere qualche ragazzo così magari sarei riuscito a conoscere qualche ragazza. – Abbassa lo sguardo mentre io ormai sono in piedi davanti a lui. – Perché volevo provare a baciare un’altra ragazza che non fosse Allison o te. Volevo provare a sentire almeno la metà di quello che provavo prima di baciare te e realizzare quanto possa volerti con me e baciare solo te, perché giuro che quando ho baciato Allison non ho sentito niente. Non sento più niente. Non riesco proprio a… – Ride. – Non riesco a sentire quello che sentivo prima. Non riesco ad andare a letto con una ragazza qualsiasi, perché semplicemente non ne sento più la necessità e questo mi fa incazzare. – Alza lo sguardo per vedere la mia reazione e quindi socchiudo la bocca che poco prima era spalancata. Quando incontro i suoi occhi e mi sembra di riuscire a sentire tutta la tristezza che sta provando abbasso lo sguardo. – A volte penso: ma lasciala stare Cassie. Falle fare quell’incantesimo anche se morirà. Ma dopo cinque secondi penso a quanto stia impazzendo e a quanto starei male senza di te. – Mi siedo accanto a lui. – E quando ti tratto male… ti giuro che sento il mio stomaco stringersi fino a quando sto per vomitare. E mi dispiace. Mi dispiace così tanto…
Deglutisco alzando una mano per accarezzarlo, chiude gli occhi sentendo la mia mano sulla sua guancia. Passo le dita dalla sua guancia alle labbra tracciandone il confino. Un brivido passa per tutto il mio corpo ricordandomi che ho davanti l’amore della mia vita. – Apri gli occhi – sussurro, e così fa. Gli sorrido accarezzando un’altra volta la sua guancia. – I tuoi occhi sono stati la prima cosa che ho visto di te. Quando sono quasi morta tra le tue braccia ho visto i miei genitori. Mi hanno detto che dovevo scegliere se stare là con loro e quindi morire, o tornare qua… da te. – Sorrido ancora di più. – Indovina cosa o chi ho scelto.
Mi prende il viso con tutte e due le mani e mi bacia con un tale trasporto che rabbrividisco ancora di più. Mi avvicino di più a lui e tocco il suo petto per arrivare al collo. Sussulta e si allontana da me per accennare una risata che poco dopo mi contagia. È inutile dire qualcosa. Prende i miei fianchi per farmi avvicinare ancora di più a lui. Sento l’adrenalina e il mio cuore andare sempre più veloci. Mi distacco da lui per riprendere fiato e così sorridere, si avvicina ancora una volta a me e mi da un bacio a stampo, e un altro e un altro fino a quando non inizia a scendere. Traccia il confine di tutta la mia mascella mentre io cerco di rimanere ferma, mi sdraio e così lui viene sopra di me. Stringo così tanto le sue spalle che ho quasi paura di rompere con le mie unghie la maglietta mentre scende sempre di più. Mormoro il suo nome e questo non fa altro che peggiorare la situazione, mi stringe di più i fianchi baciandomi il collo e schiacciandomi per pochi secondi con il suo peso. Poso entrambe le mie mani sul suo petto, tralasciando il fatto che stia tremando come una foglia, per sentire il suo cuore andare più veloce che mai. Quando è troppo prendo il suo viso e lo bacio con più passione di prima, tocco ogni parte della sua schiena muscolosa, le sue braccia e afferro le sue mani e allaccio le mie gambe attorno al suo corpo per farlo avvicinare ancora di più.
Entrambi abbiamo il respiro affannato ma lui è il primo a fermarsi e a smettere di baciarmi. – Basta – mormora lui posando la sua fronte sulla mia, accenna una risata. – Non… non riesco a… – Ride ancora una volta e così ne approfitto per baciarlo ancora una volta. Gli mordicchio il labbro inferiore ma sento lo stomaco stringersi quando lo sento gemere. Per qualche strana ragione ho paura, nonostante io non sia più vergine e abbia già fatto queste cose con Austin. – Cassie – mormora lui allontanandosi da me, si siede. – Non voglio che accada nient’altro. Non qua.
Lo guardo imbarazzata. – Lo so, non intendevo…
– Lo so, ok, lo capisco, ma… – Ride e solo adesso mi rendo conto che è perché è imbarazzato. – Io non ce la faccio più.
– Non ce la… Oh – borbotto io, un po’ dispiaciuta. Ok, molto dispiaciuta. Cerco di capire il motivo per cui non ce la fa più e dopo due minuti di stupidità capisco e arrossisco. – Oh, ok.
Accenna un sorriso. – Dobbiamo riposare, ci aspetta una giornata faticosa – dice. Mi bacia a stampo più volte fino a quando con un sospiro mi bacia un’altra volta. Mi prende e mi fa mettere a cavalcioni su di lui ed io lo lascio fare, perché adesso di certo non mi va di dormire. Sento le sue mani andare sotto la mia maglietta e percorrere tutta la spina dorsale, così rabbrividisco e inarco la schiena, lui s’irrigidisce e mi stringe ancora di più a lui, ma quando iniziamo a muoverci ancora di più si ferma di scatto. – No, ok, è decisamente ora di andare. – Ride spostandomi. – Buonanotte. – Mi da un bacio sul naso e se ne va praticamente correndo.
Giusto, il divano.
Dopo mezz’ora che mi giro e mi rigiro dentro il letto capisco che non mi addormenterò molto facilmente. Oltre ad avere freddo non faccio altro che pensare a quello che potrebbe succedere domani e una volta tornati all’Istituto e Jeremy… Jeremy. Jeremy sta sera. Mi alzo di scatto, nervosa, e vado in cucina a piedi scalzi. Rabbrividisco, se in camera fa freddo in cucina si congela. Prendo un bicchiere, apro il rubinetto e mi verso un po’ d’acqua. Ne bevo un sorso e mi giro per guardare Jeremy: il suo vis è completamente rilassato, la coperta lo copre fino a collo e un suo braccio spunta fuori. Sorrido guardandolo, poso il bicchiere e mi avvicino. M’inginocchio. – Jeremy – mormoro prendendo la sua mano. – Jeremy.
Apre di scatto gli occhi facendomi quasi spaventare. – Cassie – esclama lui sedendosi. – Che succede?
– Scusami – inizio guardandolo imbarazzata. –  È che… non riesco a dormire e ho freddo. – Apre bene gli occhi e mi guarda. – Quindi… mi chiedevo… –  Mi fermo ancora più imbarazzata. – Dove fossero le coperte di riserva. – Non ho il coraggio di chiedergli se vuole venire a dormire con me. Per niente.
– Non ce ne sono, credo – risponde lui assonnato. Abbasso lo sguardo. – Tieni – aggiunge lui dandomi la sua pcoprta.
La prendo e lo guardo negli occhi. – Vieni con me? – chiedo senza nemmeno respirare, e lui s’irrigidisce visibilmente facendomi entrare nel panico. – Emh… sennò muori di freddo qua – aggiungo aggrottando la fronte, ma continua a guardarmi senza muovere un solo muscolo. – Vabbé, tieni. Non fa poi così freddo – sbotto lanciandogli praticamente la coperta, ma mi prende per mano e mi fa girare andandogli addosso. Trattengo il respiro vedendo le sue labbra così vicine… un’altra volta. Mi chiedo se lo stia facendo apposta.
– Vengo con te – sussurra sorridendomi. – È solo che non me l’aspettavo.
Cerco di non sorridere ma è più forte di me. – Va bene, allora andiamo – mormoro prima di andare verso la camera. Mi metto sotto le coperte e alzo lo sguardo verso Jeremy che sta ancora in piedi. – Nond evi farlo se non vuoi.
–  No, è che… –  Si mette sotto le coperte anche lui. – È la prima volta che dormo insieme ad una ragazza senza farci assolutamente niente. – Mi accarezza. – Attenzione: mi ci potrei quasi abituare.
Sorrido ancora di più e mi avvicino a lui, trattiene il respiro ma faccio finta di niente e mi fermo ad un centimetro di distanza da lui. Poso una mano sul suo collo, sorride. – Buonanotte, Jeremy – sussurro guardandolo dritto negli occhi.
– Buonanotte, Cassie – mormora lui.
Sorrido e abbasso lo sguardo. Sono imbarazzata. Tutto il mio corpo chiede di avvicinarmi a lui e stringerlo ma purtroppo mi vergogno. Insomma, adesso stiamo ufficialmente insieme? Niente più Cody, niente più Allison. Cosa succederà una volta arrivati all’Istituto? Lui si comporterà come se niente fosse oppure sarò io a farlo? Voglio stare con lui ma ormai l’Anziano ha convocato le maghe e il fatto che io abbia perso la verginità con… uno sconosciuto non fa altro che farmi sentire più incolpa.
Sussulto sentendo il suo braccio circondarmi, la sua mano sulla mia schiena per farmi avvicinare a lui. Sorrido sentendo l’ennesimo brivido passare lungo la schiena, metto un braccio attorno a lui, esattamente come ha appena fatto, e lo abbraccio appoggiando la testa alla fine del suo cuscino. Sento il profumo della sua maglietta e il mio respiro freddo sbattere su di essa. Siamo comunque imbarazzati ma almeno non abbiamo freddo e comunque stiamo facendo progressi. Fa un sospiro e riesce a far rilassare tutti i suoi muscoli. Quando alzo lo sguardo mi accorgo che si è già addormentato. Sorrido e avvicino ancora di più il mio viso fino ad appoggiare la fronte sulla sua maglietta.
– Buonanotte, Jeremy. Ti amo – sussurro prima di chiudere gli occhi e addormentarmi.
  
 

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Capitolo 22
*** Il giorno è arrivato ***







Capitolo 22
Il giorno è arrivato
 
Mi sveglio sentendo più freddo di prima, mi rendo subito conto quindi che Jeremy non è più accanto a me, mi siedo guardandomi intorno e la prima cosa che penso è che gli hanno fatto del male. – Jer… – deglutisco. – Jeremy? – lo chiamo, ma non sento nessuna risposta, così mi alzo dal letto correndo per andare in salone. Un ragazzo dai capelli castani sta ai fornelli, quando gira la testa per guardarmi e mi sorride non sento più il pavimento sotto di me.
– Ah, buongiorno! – esclama lui spegnendo i fornelli, prende la padella e viene verso di me per darmi un bacio a stampo, si distacca da me per guardarmi negli occhi e dopo quella che sembra un’eternità va verso il tavolo dove mette la nostra colazione nei piatti. – Siediti pure – esclama mettendo la padella nel lavandino. Mi siedo e lo guardo prendere delle tazze, le posizione davanti  ai nostri corrispettivi piatti e infine si siede davanti a me. –Hai avuto freddo sta notte? – chiede, scuoto la testa. – Bene – mormora sorridendomi per poi prendere un pezzo di bacon e mangiarselo.
Appena abbiamo finito di fare colazione puliamo i piatti e le posate, vorrei rimanere ancora un po’ in questa casa ma so che non è possibile. Appena avremo finito di fare quello per cui siamo venuti qua ci verranno a prendere, senza nemmeno lasciarci un’ora di più qua. E questa cosa mi rattrista molto, visto che in fin dei conti non è stato affatto male vivere con lui per poco più di un giorno. E vorrei chiedergli cosa succederà se torneremo in quell’Istituto, con Cody e Allison, ma mi vergogno di fargli vedere che sono così attaccata a lui.
– Cassie – mi chiama lui proprio mentre sto mettendo apposto le posate. Sussulto sentendo le sue mani fredde posarsi sui miei fianchi, il suo respiro batte sul mio orecchio facendomi rabbrividire. – Smettila – mi sussurra all’orecchio. – I tuoi pensieri mi stanno facendo venire mal di testa. Quello che provo per te non cambierà  una volta tornati all’Istituto, Allison e Cody dovranno farsene una ragione. Non m’interessa, possono pensare quello che gli pare. – Mi fa girare con delicatezza e così alzo lo sguardo su di lui, sui suoi occhi, accenno un sorriso sentendo le mie guance andare a fuoco. Mi prende il viso con tutte e due le mani e si avvicina per darmi un casto bacio sulle labbra. – Stiamo insieme, ok? Questo non cambierà fino a quando non decideremo il contrario. Sta a noi adesso, nessun’altro.
Vorrei dirgli che ho paura e sto per farlo quando esce tutt’altra cosa. – Ti amo – mormoro con una voce strozzata, forse perché ho paura, forse perché questa vicinanza con lui mi sta uccidendo.
Sorride ancora di più e mi bacia. Tutto il mio corpo inizia a tremare, le scosse sembrano non cessare e così mi aggrappo a lui. Le mie mani stringono le sue spalle cercando un appiglio per rimanere in piedi; le sue labbra si distaccano per pochi secondi da me per prendere fiato e così ne approfitta per farmi avvicinare del tutto al banco della cucina. Trattengo il respiro sentendo tutto il corpo sul mio e lo bacio senza pensarci altri secondi. Non riesco a pensare lucidamente, non riesco a respirare, non riesco più a controllare il mio corpo. Infatti sembra fare proprio quello che io gli ordino di non fare, in pochi minuti mi ritrovo completamente persa, toccando ogni singolo centimetro di pelle di Jeremy che riesco a toccare. Inizia ad indietreggiare fino ad arrivare al divano e a quel punto cade sopra di esso trascinandomi. Inizio a tremare nel vero senso della parola rendendomi conto che sono a cavalcioni su di lui. Lo guardo con gli occhi spalancati, eppure mi abbasso per baciarlo proprio mentre lui si alza e le nostre labbra sbattono così violentemente che per i primi dieci secondi mi fanno male. Posa le sue mani alla fine della mia schiena e mi fa avvicinare ancora di più a lui, mi fermo sentendo un gemito uscire dalla mia di bocca. Rimango scioccata per un po’ da quello strano rumore, Jeremy invece mi stringe ancora di più a lui iniziando a baciarmi il mento, il collo… Afferro i suoi capelli cercando di far rallentare il mio respiro. Cerco di alzarmi, capendo che stiamo andando un po’ troppo affondo, ma l’adrenalina è troppa e crollo praticamente sopra di lui peggiorando la situazione. Entrambi ci fermiamo trattenendo il respiro, le mie mani stringono i suoi capelli, troppo sconvolta per fare altro, le sue stringono i miei fianchi in un modo che non ha mai fatto. Ci guardiamo negli occhi con i respiri affannati, il suo sguardo è così strano che il mio cuore manca un battito chiedendomi se gli ho fatto male. Poi però mi stringe i fianchi e fa in modo che i nostri corpi trovino la combinazione perfetta. Trattengo il respiro guardandolo negli occhi, poi però non ce la faccio più e poso il viso sulla sua spalla. Con un braccio mi stringe a lui mentre una mano mi toglie i capelli ed inizia a baciarmi il collo scendendo sempre più giù…
Poi suona la sveglia che ci avverte che dobbiamo andare e in qualche modo ci svegliamo. Sussulto alzando di scatto il viso e lo guardo con gli occhi spalancati. – Jer – mormoro posando le mie mani sulle sue spalle.
Sbatte più volte le palpebre e le sue guance iniziano a diventare rosee. – Scusami – mormora con una voce rauca. – Non… – Mi toglie e si alza dal divano, mi da le spalle e sembra non volermi più guardare in faccia. Fa una strana risata e poi se ne va in bagno prendendo i vestiti e lasciandomi completamente sola e stordita.
 
Dopo mezz’ora siamo pronti entrambi, ma nessuno dei due si è più guardato negli occhi o parlato dopo tutto quello che è successo prima. Ieri sera mi aveva detto che non voleva che accadesse nient’altro, e non  è successo nient’altro. Non abbiamo fatto sesso, ma… Dio, se mi viene in mente tutto quello che è successo mi viene la pelle d’ora e inizio ad arrossire. Nessuno mi aveva fatto sentire così bene, nemmeno Austin. E non so perché entrambi siamo così imbarazzati, forse è perché sappiamo entrambi che se non ci fosse stata nessuna sveglia a quest’ora saremmo stati sdraiati sul letto, completamente nudi. Forse lui è così in imbarazzo perché aveva detto che non voleva che accadesse nient’altro in quella casa ma alla fine qualcosa era veramente successa. Ci siamo andati così vicini… forse questo l’ha infastidito. Anch’io ho sempre voluto andare piano nelle relazioni, ma lui mi rendeva le cose veramente difficili. Cosa si aspettava, dopotutto? Mi aveva baciata in un modo che non potevo assolutamente fare altro che andare avanti e sentirmi completamente sua.
Chiudo lo sportello in malo modo, tutto d’un tratto arrabbiata con lui. Sospira e mette in moto la macchina, prendo coraggio e parlo. – Potresti anche smetterla di fare quella faccia – ringhio quindi.
Le sue mani tengono così stretto il manubrio che le nocche sono bianche. – Quale faccia? – chiede lui, facendo il finto tonto. E lo odio, lo odio quando fa così.
– Sai che ti dico? – sbotto io. – Non m’interessa. Fai la faccia che ti pare. Non m’interessa. Dopotutto non è successo niente di ché.
Se prima era rigido adesso è una vera e propria statua, la sua mascella è così rigida che rabbrividisco, lo sguardo incollato alla strada. – Non fare così, Cassie – borbotta lui. – Ti prego, non ne ho proprio voglia.
E nonostante le sue parole mi sembrino vere, sembra veramente stanco, ma il mio orgoglio sta facendo a pugni con la mia insicurezza e sono così maledettamente male che devo dire qualcosa, perché sembra veramente che per lui non sia successo niente di ché, anzi sembra che non sia stato abbastanza, che io non sia stata in grado di fare quello che le sue ex puttane sono riuscite a fare. Sembra che io non sia stata abbastanza brava. E questo mi fa sentire male. – Oh, no, va bene. Nemmeno io voglio parlare di quello che è successo prima. Dopotutto non è stato niente di così spettacolare, anzi. Va tutto bene, Jeremy. Non m’interessa quello che è successo prima, non è niente degno di nota, quindi smettila di fare quella faccia.
S’irrigidisce ancora di più, ho paura che si rompa. – Peccato, sai? Perché per me invece ogni singola cosa è stata degna di nota. Rifarei tutto fino all’infinito, con te e nessun’altra, ma che ci vuoi fare se a te non è piaciuto? – Mi guarda per pochi secondi e poi continua a guardare la strada mentre io inizio a diventare rossa. – Ripeto, peccato. Veramente peccato. Perché la prossima volta volevo provare un qualcosa di nuovo, visto che oggi non siamo riusciti ad andare avanti. Però è strano, sai? Pensavo il contrario quando tremavi e gemevi. In teoria non dovrebbero essere dei bei segnali, quelli? Bah, forse mi sto sbagliando. Per non parlare di cosa hai fatto alla fine.
Ok, me lo merito, dopotutto non è stupido e conosce molto bene il corpo femminile immagino. E tutto torna, ma… – Che cosa ho fatto alla fine, scusa? – chiedo, confusa.
Mi guarda con un sorrisino malizioso. – A parte il fatto che non ti reggevi in piedi? A parte il fatto che ti sei seduta su di me e hai trattenuto il respiro per qualche motivo “a me sconosciuto”? A parte il fatto che quando ho cambiato posizione mi sei crollata addosso?
Abbasso lo sguardo, rossa in viso. – Perché devi dire queste cose?
– Perché sono convinto che tu ti sia divertita tanto quanto me, se non di più. Ma non dirò questo, perché mentirei se ti dicessi che avevo già provato quello che ho provato con te quando mi hai fatto capire che mi volevi tanto quanto ti volevo io. Ed è inutile cercare di negarlo: non sono mai stato più attratto fisicamente e mentalmente da una ragazza. E sono attratto da te fisicamente, Cassie. – Mi guarda per pochi secondi, serio. – E quello che abbiamo fatto prima è stata una conferma. E tu mi hai dato la conferma di provare esattamente l’attrazione che provo io per te, inutile negarlo visto la reazione del tuo corpo di poco fa.
Arrossisco ancora di più. – E allora perché fai quella faccia? – chiedo, infastidita.
– Perché ero serio ieri sera quando ti ho detto che non volevo che accadesse nient’altro. E oggi è successo qualcos’altro. Non abbiamo fatto sesso, è vero, però è successa una cosa altrettanto importante e volevo che succedesse in camera mia, così da avere il ricordo ogni singola volta che ci entravo.
Gli sorrido e poso una mia mano su quella sua sopra la marcia. – Allora faremo in modo di avere altri bei ricordi pure nelle nostre rispettive camere – mormoro, rossa in viso. Lo vedo cercare di non sorridere mentre cerca di concentrarsi solo sulla strada, ed è più forte di me e lo bacio sulla guancia. – Sono stata benissimo prima su quel divano, giusto perché tu lo sappia – gli mormoro all’orecchio prima di sedermi un’altra volta sul sedile.
Scuote la testa ridendo. – Tu non hai idea di quello che mi fai.
Sorrido ancora di più fino a quando non arriviamo a destinazione e torno alla realtà come se mi avessero appena buttato un secchio d’acqua fredda in faccia. Scendiamo dalla macchina e Jeremy indica un posto indefinito in una foresta indefinita. – Proviamo ad andare là – annuncia andando verso quella parte, lo seguo senza entusiasmo con il cuore in gola. – Vedo qualcosa – aggiunge dopo minimo mezz’ora di cammino, e dopo poco tempo mi ritrovo davanti una vera e propria grotta. Jeremy si gira verso di me. – Sei pronta?
– No – mormoro io con le lacrime agli occhi, inizio a tremare come una bambina. – Ho tanta paura, Jeremy – continuo guardandolo negli occhi. Fa un sospiro e mi abbraccia così forte da togliermi il respiro, e ne sono felice.
– Ci sono io qua – sussurra lui baciandomi i capelli.
Scuoto la testa. – Non voglio che ti succeda qualcosa. – Si distacca da me dicendomi che non gli succederà niente, che non succederà niente a nessuno dei due ma scuoto la testa quasi piangendo, perché so benissimo che sta mentendo per farmi tranquillizzare. Ma è inutile pensare a queste cose, ormai siamo qua e dobbiamo entrare. Faccio un respiro profondo ed entro nella grotta. Il mio cuore batte fortissimo e velocissimo e le mie gambe sembrano gelatina.
– Cassie? – mi chiama Jeremy con voce tremante, mi giro e mi accorgo che è ancora fuori. – Non riesco ad entrare.
– Cosa? Non è possibile! – sbotto io, faccio per uscire anch’io ma vado a sbattere davanti a un muro di vetro invisibile. Inizio ad entrare nel panico. Perché non posso uscire?! – Jeremy? – lo chiamo in preda al panico posando le mani sul muro invisibile. – Jeremy?!
– Calma – esclama lui, ma sta tremando. – Prova a dire… prova a dire le cose che hai letto sul libro, ok? – propone. Quando rimango in silenzio sospira. – Prova a dire “mi fido di te, ti accetto”.
Annuisco e prendo un altro respiro profondo. – Mi fido di te… – Lo guardo negli occhi fermandomi. Cosa sto facendo? Lo faccio entrare per poi…? Lo uccideranno e questo non lo posso sopportare. Devo cavarmela da sola, so benissimo che lui mi proteggerà anche a costo di perdere la vita ma non sa che farei la stessa, identica cosa per lui.
–“Ti accetto”, Cassie. Devi dire “ti accetto” – continua la mia frase annuendo, sa che ci sto ripensando. Mi giro verso la grotta per cercare di capire quant’è profonda. – Cassie? – mi chiama con voce tremante. Mi giro verso di lui. Deve capirmi, lo sto facendo per lui. – Devi dire “ti accetto” – aggiunge annuendo con gli occhi spalancati. Ma lo guardo senza aggiungere nient’altro. Non posso farlo. – Cassie! – urla avanzando verso la caverna, ma va a sbattere contro il vetro trasparente. – Cassie, per l’amor del Cielo, fammi entrare!
– Forse… forse è meglio così – balbetto io con le lacrime agli occhi. – Tu non capisci. Io non posso fare in modo che questa cosa uccida entrambi. Non posso permetterti di entrare e sacrificare la tua vita per una cosa che in realtà non voglio fare.
– Non scherzare, Cassie! – tuona, incazzato nero. – Cassie, dillo! – mi ordina alzando ancora di più la voce. Sto zitta. – Cassie, cazzo, dillo! – urla con tutta la sua forza.
– Non posso – esclamo piangendo. – Se ti succede qualcosa…
– No, no, no, no, stai delirando! Cassie, tu devi farmi entrare! Devi farmi venire con te! – dice quasi sotto shock. – Devi solo dire “ti accetto”. Cassie, se mi lasci qua non ce la farai. Ti prego.
Nonostante il mio cuore si spezzi nel momento in cui mi rendo conto che ha le lacrime agli occhi non posso accettare. – Non posso – ripeto quindi.
Fa un respiro profondo e chiude gli occhi, le lacrime cadono ma le asciuga subito, come per non farmi vedere che sta realmente piangendo. – Ti prego – mormora. Scuoto la testa. – Cassie, fammi essere là con te, ti prego. Io ti amo, Cassie… Fammi stare solo là con te, non cercherò di proteggerti – mormora lui con una voce tremolante.
Lo guardo negli occhi. – Lo prometti? – chiedo, scettica.
– Lo prometto – risponde lui.
Faccio un respiro profondo. – Io… io ti accetto – dico quindi.
Jeremy fa un passo in avanti e riesce finalmente ad entrare. Fa un sospiro e mi guarda malissimo. – Ti sei impazzita, per caso?! – tuona facendomi sussultare. – Dio! – esclama prima di andare avanti senza nemmeno guardarmi.
Lo raggiungo ed iniziamo a camminare, la grotta sembra infinita e mi sembra di camminare da ore ma so che in verità è la grotta che mi sta togliendo le forze e che stiamo camminando da si e no mezz’oretta, ma almeno oltre a qualche giramento di testa non succede niente…. O almeno fino a quando non sento la voce di Iris. – Cassie!
Alzo lo sguardo e la vedo, bellissima come sempre. Rimango senza fiato per un po’ e mi fermo di scatto, troppo scioccata per fare altro. – Iri? – chiedo andando avanti fino a toccarla. – Che… ma tu sei morta. – Alzo una mano per accarezzarle il viso e quando sento la sua pelle fredda sotto la mia mano il mio cuore si ferma per pochi secondi. – Oh, Iris….
– Quindi ucciderai tutti i vampiri? – chiede, ed io annuisco. – Sei davvero così egoista? – chiede, tutto d’un tratto arrabbiata.
Il mio sorriso scompare e abbasso la mano che poco prima stava accarezzando i suoi capelli. – Ma… ma uno di loro ti ha uccisa – mormoro io, non capendo.
Ride. – E chi ti dice che non sia stato un lupo mannaro? – tuona lei spingendomi con tale potenza che cado a terra.
La guardo con gli occhi spalancati. – Ma hanno ucciso i miei genitori! – tuono io alzandomi e andandole di nuovo vicino. – Loro ti hanno trasformata. Tu una volta li uccidevi quelli come loro, quindi perché adesso la pensi così? Sai benissimo che non sono delle brave persone, persino tu non lo sei. Non siete normali. Vi cibate di sangue, come può essere normale questo? Cosa c’è di così bello in voi per cui io non vi dovrei uccidere uno ad uno?!
– Perché io ero come loro! Io ero una di loro! Io ero la tua migliore amica prima che arrivasse Ivy. Che razza di amica sei?! Fai schifo, sei… – Scompare.
– Cassie! – Jeremy è davanti a me e mi sta scuotendo le spalle. – Stai bene? – chiede con gli occhi spalancati. – Stavi… stavi parlando…
– Stavo parlando con Iris. Dov’è? Dov’è andata? – chiedo io. – No, no, tu non capisci! Lei era qua e mi ha detto che faccio schifo, che non sono una brava amica… – Mi guardo intorno. – Dov’è andata? Come può essere scomparsa in questo modo?
– Dev’essere la grotta. Era solo un allucinazione, Cassie. Sta tranquilla, sono sicuro che la vera Iris sa il motivo per cui stai facendo tutto questo e lo accetta. Vieni, andiamo.
– No, no, era lei! – esclamo io. – Forse il suo fantasma, ma era lei, ne sono sicura.
– No, Cassie, se fosse stato un fantasma l’avrei vista anche io, ma non è successo. – Mi prende da mano e mi accarezza il viso con l’altra. – È la grotta, guarda solo me e non ascoltare nessuno. Ce la puoi fare, Cassie. Niente è reale, ricordatelo.
Continuiamo a camminare per ancora tanto tempo, Jeremy continua a parlarmi per cercare di farmi rimanere lucida ma è impossibile dopo aver sentito la tua migliore amica morta dirti che sei egoista e che fai schifo, visto che lei una volta era un vampiro. Eppure da quello che mi ricordo non ne è mai stata felice, tranne per quella lettera, ma come faccio a sapere che è stata scritta da lei di propria volontà? Magari Derek l’ha obbligata a scriverla, forse ormai si era affezionato almeno un po’ e quindi l’ha lasciata scappare ma non prima di scrivermi una lettera d’addio per farmi capire che poteva vivere senza di me e che i vampiri potevano essere buoni. Quando proprio non ce la faccio più a camminare chiedo a Jeremy: – Jeremy, da quant’è che stiamo… – Ma mi fermo non sentendo più la sua mano, mi giro e non lo trovo. Il mio cuore inizia a battere velocissimo e quando lo sento urlare sussulto. – Jeremy! – urlo girandomi ancora una volta, vado praticamente a sbattere contro Jeremy e quasi lo abbraccio. – Che succede? Perché ti sei messo ad urlare? – chiedo con il cuore che continua a battere veloce per lo spavento, nonostante lui ormai sia qua davanti a me. Ma poi fa qualcosa di strano: si mette a ridere e mostra i due canini da vampiro. Indietreggio, scioccata. – Cosa? No, non  è possibile – mormoro io per poi inciampare e cadere a terra. – No, è un’allucinazione. È solo un’allucinazione.
– Ah, si? – chiede lui avvicinandosi a me, si accovaccia e mi accarezza, quando sento le sue dita sfiorare la mia pelle strizzo gli occhi ma quando li riapro non sento più la sua mano. – E allora perché riesco a toccarti? – chiede sorridendomi, posa una mano sotto il mio mento per fare in modo che lo guardi negli occhi. – Il tuo ragazzo ora è un vampiro. Mi bacerai come hai fatto prima oppure adesso mi ucciderai?
– Non è possibile. Qua i vampiri non possono entrare… Chi ti ha trasformato? – chiedo, scioccata.
– Anch’io lo credevo, ma a quanto pare possono – mormora lui con le lacrime agli occhi. – Guarda cos’è successo. Tutto questo perché sono venuto qua per aiutarti. – Scuote la testa. – Guardo cosa mi hai fatto diventare! È tutta colpa tua! – inizia ad urlare.
– Scusami – mormoro piangendo. – Scusami, non ti dovevo far entrare, scusami.  – Il peso che sto provando ora è ancora più schiacciante di quello che ho provato quando Iris è morta, di quando è stata trasformata, di quando ho visto la sua testa senza vita. – Mi dispiace così tanto…
– Allora? – chiede lui continuando a piangere. – Sapendo tutto quello che hai fatto, che mi hai fatto… sei disposta ad uccidermi per uccidere tutti i vampiri?
Aggrotto la fronte e faccio per avvicinarmi a lui ma si allontana. – Cosa? No, no, Jeremy, tu non morirai. Io non ti ucciderò, non lo farò, lo giuro.
– Se uccidi un vampiro con quel coltello morirò anch’io. Quindi, dimmi, sei pronta ad uccidermi, a vedermi morire? – chiede avvicinandosi a me.
– No, no, faremo un incantesimo o qualcosa! C’inventeremo qualcosa! Tu non morirai, Jeremy – esclamo io. Mi sento strana, come se stessi per svenire. Il mondo gira come una trottola, non riesco a parlare bene ma balbetto un po’, come se fossi a scoppio ritardato, la palpebre fanno per chiudersi più volte e non sento più il mio viso, come se non circolasse bene il sangue.
– Eh – borbotta Jeremy accennando un sorriso. – Risposta sbagliata. – Altre persone ripetono la stessa cosa facendomi venire il mal di testa, mi prendo la testa tra le mani ed inizio ad urlare di smetterla, di lasciarmi stare. Alzo lo sguardo verso Jeremy perché qualcosa luccica accanto a lui: una spada, la sua spada. Spalanco gli occhi e faccio per indietreggiare, ma è troppo tardi e la sua spada mi trafigge il cuore. Trattengo il fiato fino a quando non estrae la spada, indietreggio e cado a terra dopo poco tempo.
 – Cassie – mormora qualcuno.
Apro gli occhi e incontro gli occhi disperati di Jeremy. Lo spingo via e indietreggio, spaventata. – Stammi lontano! – urlo. Abbasso lo sguardo verso la ferita… ma non c’è più. Aggrotto la fronte con le lacrime agli occhi e alzo lo sguardo verso Jeremy, che mi guarda con gli occhi spalancati e bianco in faccia. – Tu… sei un vampiro.
– No, non lo sono – esclama lui più spaventato di prima, fa per avvicinarsi ma si ferma vedendomi indietreggiare.
– Non ti avvicinare! – urlo piangendo. – Mi hai uccisa – continuo mettendo una mano davanti la bocca per cercare di non fargli sentire che sto singhiozzando come una bambina. Il solo pensiero che la mia anima gemella, il ragazzo che amo mi ha uccisa mi fa sentire uno schiocco al cuore. – Io non ti ucciderei mai. Ma tu l’hai fatto: tu mi hai uccisa. Hai riso. Stavi ridendo!
– Cassie, era un’allucinazione. Non ti ucciderei mai e non sono affatto un vampiro. – Scuoto la testa. – Vieni, senti il mio cuore. Senti il mio cuore, Cassie: sta battendo – dice lui mettendosi una mano sul petto.
Lo guardo cercando di non piangere. – Come faccio a sapere che non mi ucciderai un’altra volta? – chiedo, scettica. Tutto questo non ha senso, come faccio ad essere ancora viva? Dopotutto mi ha trapassato con la spada e ora non ho più niente. Forse è la grotta, forse mi ha guarita, ma Jeremy… Jeremy mi ha uccisa poco fa, come faccio a fidarmi di lui?
Prende la sua spada e la butta a terra molto lontano da lui, fa la stessa cosa con tutte le altre armi che ha e poi alza le mani. – Non ho più armi, sai quante ne possiamo portare e prova a contarle: ce le ho tutte, le ho portate tutte.
Fiducia: ecco cos’ho, ecco cosa mi serve per sopravvivere a tutto questo. Mi Alzo e vado davanti a lui guardandolo più volte come se fosse un qualcosa di pericoloso, perquisendolo con lo sguardo, gli metto le mani dietro la schiena e lui mi fa fare. Sono così vicina a lui e mi sta guardando dall’alto, il suo respiro batte sui miei capelli mentre poso l’altra mano sul suo petto. E riesco a sentire il suo cuore, il suo petto caldo e sudato. Lo abbraccio subito stringendolo il più possibile  a me. – Pensavo fossi morto – dico piangendo. Alzo lo sguardo e gli accarezzo i capelli, rimane fermo come per paura di spaventarmi. – Oh, Jeremy! – esclamo stringendolo ancora una volta, e questa volta mi abbraccia anche lui dopo aver fatto un sospiro ed essersi rilassato un po’ di più, ma è ancora spaventato e rigido.
– Va tutto bene – mi mormora accarezzandomi delicatamente la schiena e posando le sue labbra sulla mia fronte. – Sono qua e va tutto bene.
– Non è pronta.
Sussulto sentendo delle voce, guardo Jeremy iniziando a tremare. – Hai sentito? – sussurro, annuisce guardandosi intorno. – Chi è? – urlo girandomi ma prendendo la mano di Jeremy per sentirmi in qualche modo più protetta. Una donna compare davanti a me e faccio un passo indietro andando a sbattere contro la spalla di Jeremy.
– Salve, Whitesun – mi saluta, guarda Jeremy. – Cacciatore – saluta Jeremy facendo un cenno molto elegante. Jeremy fa la stessa cosa ma io rimango ferma e in silenzio. – Vedo che hai portato la tua anima gemella, Whitesun. Sei veramente così egoista da far rischiare la vita alla tua anima gemella? – chiede.
Trattengo il respiro. Ha ragione. Sono egoista.
– L’ho obbligata io a farmi venire – ringhia Jeremy intromettendosi stringendomi di più la mano come a ricordarmi che non sono poi così egoista, che lui mi ha veramente praticamente obbligata addirittura a farlo entrare nella grotta.
La donna gli sorride, c’è qualcosa di non umano in lei, ma di una cosa sono sicura: viene da un’altra epoca. – Nessuno obbliga la Whitesun a far entrare qualcuno nella grotta. – Si ferma guardandomi. – Se la Whitesun non ti vuole non puoi entrare, ma sei entrato. – Jeremy mi stringe ancora di più la mano mentre io riesco a malapena a respirare. – Ma questa non è la vostra ora, o meglio non è la tua ora, Whitesun – continua lei.
– Che significa? – chiedo io aggrottando la fronte. La mia ora per morire? È sicuro che morirò quindi, ma in qualche modo mi sta dicendo che non posso morire adesso, non ora, magari più in là.
– Se non sei pronta a sacrificare la vita della persona di cui ti fidi allora non sei pronta – risponde lei con un accento strano, sembra inglese.
– Lei mi sta dicendo che se non sono pronta a sacrificare la vita del ragazzo che amo, non sono pronta? – chiedo, scandalizzata. Annuisce lentamente, come se fosse la persona più calma di questo pianeta. – Allora non sarò mai pronta – ringhio stringendo le mani di Jeremy che ora sono sui miei fianchi.
– E allora non puoi stare qua – risponde lei freddamente.
Rido, nervosa. Dio, sembra che le sto facendo un favore! – E allora riportate indietro tutte le persone che sono morte a causa mia – ringhio io facendo per avvicinarmi a lei, ma Jeremy mi stringe i fianchi non facendomi muovere.
La donna mi guarda in modo gelido. – Non dovresti essere così maleducata nei miei confronti, Whitesun – risponde nello stesso modo in cui mi guarda: freddamente.
– Se non sono pronta, se non sono in grado di farlo, allora ridatemi indietro tutti i miei cari che sono morti a causa di questo potere. Avete dato il potere a me, ma avete sbagliato. A quanto pare avete sbagliato. Ora ridatemi tutte le persone che ho perso per colpa vostra.
– Cassie, basta – mormora Jeremy.
– No, Jeremy! – esclamo continuando a guardare la donna, furiosa. – Date questo potere ad un’altra persona. – Mi fermo sfidandola. – Se non sono adatta,a llora lasciatemi vivere una vita umana o da Cacciatrice. – La donna tutto d’un tratto non sembra affatto infastidita, anzi sembra quasi divertita. Non sento più le mani di Jeremy sui miei fianchi e sento subito un lamento, la voce di Jeremy. Mi giro di scatto e trovo Jeremy a terra. – Jeremy! – urlo buttandomi letteralmente a terra vicino a lui. Non riesce a respirare? Guardo la donna, che ha una mano tesa verso di noi, verso Jeremy. – Lascialo stare! – le urlo.
– Dovevi essere più gentile con me, Witesun – risponde lei continuando a fare del male a Jeremy, che sta iniziando a chiudere gli occhi.
– No, no, ti prego – esclamo io alzandomi, vado davanti a lei con il cuore che sembra spezzarsi in due da un momento all’altro. – Ti  prego, ti prego, lasciarlo stare! Farò tutto quello che vuoi, ma, ti prego, lascialo andare! Lascialo stare! – urlo con le lacrime agli occhi.
Il suo sguardo freddo passa da Jeremy a me e lo sento tossire ma continuo a guardare lei.  – Dovrai continuare da sola. – Trattengo il respiro. – Non puoi portare la tua anima gemella qua: è troppo pericoloso, metteresti in pericolo la tua vita per lui. Mi sorprende che gli Anziani lo abbiano permesso. – Jeremy tossisce un’altra volta e sono costretta a chiudere gli occhi sentendo un dolore fisco. – Vedi? Vedere lui soffrire ti uccide. Faresti qualsiasi cosa per lui. – Si ferma a guardare Jeremy. – Addirittura morire per lui, per salvarlo.
Mi giro per guardarlo, è ancora rosso, vado da lui e mi abbasso per accarezzarlo. – Vai – sussurro guardandolo negli occhi e sorridendo il più possibile.
– Vieni con me – ribatte lui cercando di non tossire un’altra volta. – Ti prego, Cassie, vieni via con me.
Scuoto la testa. – Se torno senza il coltello gli Anziani mi uccidono – rispondo.
La donna ride. – E credimi… il Secondo Anziano non ci penserà due volte.
La guardo. C’è qualcosa in lei che mi sembra familiare; la sua voce quando ha detto “il Secondo Anziano”, i suoi occhi quando ha pronunciato quel nome. È un fantasma anche lei… e se… – Tu sei l’altra Whitesun – mormoro io.
La donna che ormai posso chiamare Katherine, s’irrigidisce. – Devi continuare. Non sei qua per parlare con me. Il ragazzo se ne deve andare e tu devi continuare, mi dispiace.
– Io non la lascerò qua – ringhia Jeremy alzandosi un po’ traballante. Mi alzo anch’io per cercare di reggerlo.
– Non puoi assolutamente creare problemi, Cacciatore – ringhia Katherine, infastidita.
– Non può continuare da sola – tuona Jeremy guardando un’altra volta Katherine, questa volta però non c’è rispetto. – Non ce la può fare. Nessuno è mai entrato qua dentro da troppo tempo! Non la lascerò qua. Voi non potete lasciarla continuare da sola.
– Non c’è regolamento, noi diamo la possibilità di far partecipare pure un amico fidato della Whitesun, ma non può esserci l’anima gemella. – Si ferma guardandoci. – Siamo noi a decidere veramente chi far entrare e chi no, e lei… lei non può continuare con te e non si fida di nessun altro, quindi nessun’altra persona può entrare. È semplice, Cacciatore, se non te ne vai ti uccideremo noi Whitesun. – Si ferma ancora una volta, come il mio cuore. – Noi che proteggiamo questo posto.
– Ah si? Ma per favore! Non potete uccidermi per così poco. – La guarda sfidandola. – Dai, io sono ancora qua e sono ancora vivo.
– No, Jeremy, smettila – ringhio io andando davanti a lui e prendendo con la forza il suo viso per fare in modo che si tolga quell’espressione dal viso. – Esci e rimani là fuori.
Aggrotta la fronte. – Non starò fermo immobile a sentire le tue urla, Cassie! – esclama, arrabbiato.
– Non urlerò – mormoro io pensando a quanto sia strana questa promessa. Scuote la testa guardando ancora una volta la donna. – Mi serve qualcuno che stia là fuori, Jeremy – continuo, abbassa lo sguardo su di me, perplesso. – Una volta che uscirò sarò stremata.
Katherine ride e questa volta mi viene una voglia di girarmi e ucciderla, ma lascio stare, dopotutto stiamo parlando di un fantasma e quindi è già morta. – Eccome se lo sarai – sogghigna lei.
Jeremy la fulmina ancora una volta ma ricomincio a parlare. – Mi serve qualcuno che sia pronto a prendere il coltello e a portarmi a casa – aggiungo cercando di convincerlo. Scuote la testa allontanandosi da me, si mette indietro i capelli con gli occhi chiusi: sta decidendo.
– Il tempo passa – dice Katherine con tono autoritario.
– Vattene – ribatto a Jeremy spingendolo via. – Ora. – Mi guarda sbalordito e mi fa male il cuore, ma devo veramente mandarlo via o lei gli farà del male. – Vai! – urlo spingendolo ancora di più.
Mi ferma e si toglie il giacchetto, me lo porge. – Tienilo, io ne ho un altro dentro la macchina – mormora. Annuisco. – E prendi anche questo – aggiunge dandomi anche lo zaino. – C’è tutto quello che ti serve, fidati.
– Non avrà nemmeno il tempo di aprirlo, Cacciatore; le sarà soltanto di peso – s’intromette Katherine,
Jeremy la guarda rosso in viso per la rabbia. – Ehi! – esclama prendendo il mio viso. – Io sto qua fuori. – Annuisco cercando di non tremare. – Ti prego, ti prego, cerca di non farti ammazzare. – Accenno una risata e annuisco. – Non tremare, ti prego. – Mi abbraccia di scatto stringendomi così tanto che per un po’ non riesco a respirare. Guardo la mia mano: sta tremando veramente ed io non me ne sono nemmeno accorta, pensavo di essere riuscita a non farlo e invece..
– Su, basta – borbotta Katherine, e un secondo dopo Jeremy non c’è più. Mi giro verso la donna, spaventata. – Tranquilla, non gli ho fatto niente. L’ho solo mandato fuori dalla grotta; l’ho addirittura appoggiato a terra. – Aggrotto la fronte vedendola sparire lentamente. – Buona fortuna.
Mi giro verso l’uscita della grotta per cercare di vedere Jeremy, ma avevamo già fatto un sacco di strada e quindi a malapena riesco a vedere la luce del sole. Faccio un sospiro sentendomi più sola che mai, ma devo mettermi in marcia e… Qualcuno sta ringhiando. Un lupo mannaro è dietro di me, mi giro di scatto e trattengo il respiro vedendo la bestia venirmi subito addosso. Riesco a malapena a prendere la spada che il lupo mi fa cadere a terra. La spada vola via e penso subito di prendere il coltello ma prima di tutto devo riuscire ad allontanarlo un po’; stringo il suo pelo cercando di fargli male, graffio lo strato di pelle sotto il suo pelo ma niente. Decido di fare una mossa azzardata: stringo un orecchio dell’animale mentre con l’altra mano gli graffio l’occhio. L’animale indietreggia di poco, giusto per farmi prendere il coltello, poi fa per attaccare un’altra volta ma riesco ad infilzare il coltello nel fianco della bestia. Essa si allontana e così riesco a prendere la spada. Mi giro verso il lupo ma cado subito a terra e lui mi morde la mano dove impugno la spada, mi mordo le labbra cercando di non urlare e poi con la mano ferita graffio la ferita al fianco del lupo che indietreggia ululando, corro verso la spada, la prendo e quando inizia a correre un po’ più lentamente corro anch’io verso di lui e gli taglio la testa. Sento un lamento e poi la testa dell’animale è a terra. Schifata mi metto la mano ferita davanti la bocca e mi giro sentendo la voce in lontananza di Jeremy chiamarmi, sembra disperato ma non riesco proprio a parlare, sia perché sono scioccata sia per il fatto che sono già stanchissima e mi gira la testa. Peggiora sempre di più, cado a terra dopo aver fatto solo tre passi. Sento il freddo della grotta entrare nei miei vestiti e infreddolire la mia pelle madida di sudore. Tossisco per poi chiudere gli occhi, stanca.
– Cassie – mi chiama la voce di Jeremy. Apro di scatto gli occhi perché mi rendo conto che la voce è molto più vicina, il mio cuore inizia a battere velocissimo quando lo vedo davanti a me. – Alzati, Cassie.
– Non ce la faccio – mormoro con le lacrime agli occhi. – Ho freddo e sono stanca. – Jeremy accenna un sorriso dolce e mi tende la mano, ma c’è qualcosa di irreale in lui, sembra più luminoso in qualche modo.
– Vieni – mi sussurra continuando a fare quel suo sorriso adorabile. Lo guardo negli occhi e sussulto vedendoli così luminosi da diventare più chiari. – Su, ti aiuto io.  – Lo guardo, scettica, ma quando non ritrae la mano dopo minuti decido di afferrarla e lui mi alza lentamente… ma dopo poco scompare.
– No, no, no! – urlo io cadendo a terra. Sbatto il coccige sul pavimento della grotta e un lamento strano esce dalla mia bocca. La testa continua a girare e i miei occhi cercano continuamente di chiudersi. Poi però sento la voce di Jeremy nella mia testa, lo sento chiamarmi. – Jeremy – mormoro con gli occhi ancora chiusi.
Santo Cielo, Cassie. Come stai? Ti ho sentita urlare pensa Jeremy. Rimango in silenzio, incapace addirittura di pensare se non al fatto che molto probabilmente ho la febbre. Cassie, rispondimi, ti prego.
Tossisco un’altra volta per poi rabbrividire. Si ho sicuramente la febbre. Apro gli occhi e mi ritrovo davanti Katherine, sussulto. – Devi continuare – mi ordina lei con voce autoritaria. La guardo per pochi secondi e poi scuoto la testa chiudendo gli occhi. – Cassandra Moonic – ringhia, apro gli occhi un’altra volta ma vedo tutto sfogato e so che non è perché è un maledettissimo fantasma. – Devi alzarti e continuare.
– Fa freddo – mormoro io. Sto tremando veramente o è solo un’altra schifosa allucinazione? – Sono stanca – continui per poi chiudere gli occhi che non riescono a stare aperti per più di cinque secondi.
– È la grotta – risponde lei. Annuisco, ma non m’importa. – Cassie, devi trovare la forza di alzarti – aggiunge e questa volta la sua voce sembra più dolce e forse disperata. Ma se vuole veramente che io prenda questo maledetto pugnale perché farmi soffrire così tanto? Perché non darmelo subito?
– Ho sonno…
– Se ti addormenti ti sveglierai tra due giorni con mostri e mostri davanti a te – esclama lei alzando un po’ il tono di voce, confermandomi che quindi è veramente disperata. Dopotutto non credo sia una cosa da tutti i giorni che una Whitesun riesca a sopravvivere e ad entrare nella grotta per prendere il pugnale. Lei lo sa molto bene.
– Perché mi fate questo? – chiedo con la voce tremolante, pronta a scoppiare a piangere da un momento all’altro.
– Non siamo noi, è l’incantesimo che hanno fatto a questa grotta – risponde lei con voce dolce. La guardo negli occhi e sembra veramente dispiaciuta per me. – Cassie, pensa a Jeremy là fuori. Non lo senti come ti chiama? Come si sentirà quando saranno passati due giorni e tu continuerai a non rispondergli, a non uscire da questa grotta?
– Come se t’importasse qualcosa di noi – ringhio io per poi tossire per la milionesima volta.
– E invece m’interessa! So come ti senti! So cosa provi nei suoi confronti ed è per questo che ti sto consigliando di alzarti. – Tutto d’un tratto la sua dolcezza si è trasformata in malinconia e disperata. – Devi alzarti perché sennò lui starà malissimo ed  impazzirà. – I fantasmi possono piangere? Oppure quelle lacrime che vedo me le sto immaginano? – Devi stare attenta, Cassie, perché qua non sono solo allucinazioni. Le persone che vedi, a parte Jeremy, sono reali in quel momento e possono ucciderti. – Scompare un’altra volta ed io vorrei fare la stessa cosa: scomparire a mio piacimento.
Mi alzo reggendomi al muro della grotta. Sto bene penso io, sento il cuore di Jeremy continuare a battere velocissimo e in qualche modo riesco a vederlo fuori, seduto, poi d’un tratto sente la mia voce e si alza di scatto; sospira e sorride chiudendo gli occhi. Ma come faccio a vederlo?
Qualcuno ride davanti a me. Apro gli occhi e incontro quelli di…
Derek.

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Capitolo 23
*** Ricordi ***




 
Capitolo 23
Ricordi
 
Trattengo il respiro vedendolo davanti a me, indietreggio fino a quando le gambe non cedono e cado a terra. – È da un po’ che aspetto questo momento – sogghigna Derek avvicinandosi a me, indietreggio. – Vederti qua, soffrire, mi fa sentire molto meglio.
 – Perché ce l’hai con me? – chiedo già con le lacrime agli occhi. Sono stremata, non ce la faccio proprio ad affrontare anche lui, continuo a tremare e ad avere la febbre.
– Perché sei una Whitesun – risponde lui continuando ad avanzare. – Siamo destinati ad odiarci. – Sorride mostrando i due canini. Urlo cercando aiuto, non ce la posso fare, devo uscire subito da qua, Jeremy aveva ragione: non ce la posso fare da sola. In pochissimi secondi sta succhiando via il mio sangue da collo come una sanguisuga, vedo sempre più sfogato ma allo stesso tempo riesco a vedere una strana luce ai bordi, cerco di prendere la spada ma sono troppo debole. Faccio per stringere la terra sotto le mie mani ma qualcosa di affilato mi graffia la mano, soffoco un urlo quando mi rendo conto che è la spada che mi è caduta. La prendo per poi infilzarla in qualsiasi parte del corpo di Derek. Un urlo esce dalla sua bocca dopo essersi distaccato da me, ora lo vedo: la spada è nella sua schiena e lui non riesce a togliersela. Rimango un momento a terra chiedendomi come abbia fatto ad infilzarla nella sua schiena, dopo vari tentativi riesco ad alzarmi e lo guardo mentre cerca di prendere la spada, invano.
Abbasso lo sguardo verso la mia cintura e sussulto vedendo la mia vera spada, questo significa… Di chi diavolo era quella spada?! Ma non ho tempo di pensare, afferro la mia vera spada, prendo la rincorsa e la spada entra nel petto di Derek. Entrambi spalanchiamo gli occhi, i respiri affannati, poi un sorriso invade la mia bocca. – Ci sei riuscita – mormora e, dopo aver tolto la spada dal suo petto cade a terra. Il secondo prima è a terra senza vita (anche se neanche prima era veramente vivo) e il secondo dopo non c’è più.
– Cassie! – urla Jeremy, la grotta echeggia la sua voce facendomi sorridere.
– Sto bene – esclamo io toccandomi la ferita del collo. Guardo lo zaino a terra, lo prendo e mi fascio la mano, ma sento il sangue continuare ad uscire dal mio collo. – No, non è vero – mormoro sentendo il sangue uscire dal mio corpo. Prendo un asciugamano dentro lo zaino e lo metto sopra la ferita spingendo un po’ per fermare il più possibile il sangue. Strizzo gli occhi ma non ho tempo per pensare al dolore: devo andare avanti.
Sto sudando freddo ormai, mi sento la febbre ma non c’è nessun altro oltre a me, o almeno così mi sembra. Sento qualcosa muoversi sotto i miei piedi e così cado a terra sbattendo forte la testa. Sbatto più volte le palpebre cercando di vedere bene, soprattutto perché davanti a me c’è qualcuno. Dopo un po’ riesco a vedere di chi si tratta. – Jeremy – dico a bassa voce accennando un sorriso. Magari l’hanno fatto entrare, hanno capito che non ce la posso fare da sola e… l’hanno fatto entrare.
– Ti devi alzare, Cassie – dice lui inginocchiandosi davanti a me, mi accarezza la guancia e sento un brivido passarmi per tutto il corpo. – Io ti sto aspettando. Stai tranquilla, andrà tutto bene. – Gli sorrido. – Ma ti devi alzare e devi continuare.
– Sono stanca – rispondo sentendo le sue mani calde sul mio viso freddo. – Voglio solamente tornare all’Istituto e dormire accanto a te.
Sorride così tanto che mi fa sentire meglio, mi bacia la fronte e così mi sento come autorizzata a chiudere gli occhi. – No, Cassie. – mi tira uno schiaffo. – Devi rimanere sveglia.
– Aspettami, ok? – mormoro io prima di chiedere definitivamente gli occhi.
 
– Cassie, svegliati – urla mia madre dal corridoio, mi metto il cuscino sopra la testa per non ascoltarla. Odio quando fa così, è sabato per l’amor del Cielo! Fammi dormire oggi che posso! Cerco di dirlo ma mi esce solo un lamento indistinto. – Su, Cassie! – esclama lei ormai in camera mia, inizia a scuotermi e questo non fa altro che intestardirmi di più.
– Ho sonno! – bofonchio io ancora sotto il cuscino, anche se so che ormai non riuscirò più a dormire, ma non voglio dargliela vinta e lei lo sa… dopotutto è mia madre.
– Peccato… perché sotto c’è Austin e chiede di te – borbotta lei facendo finta di essere delusa, ma so che in verità sta facendo un sorriso malizioso.
Mi alzo di scatto. Ok, forse per questa volta posso dargliela vinta. Oh, eccome se posso. – Per caso hai detto “Austin”? – chiedo guardandola con tutti i capelli arruffati.
Ride. – Mi sembra proprio di si – risponde continuando a ridere. – Ma non si sa mai, magari mi sto sbagliando. Forse è un fustaccio che vuole conoscerti, uno che… Bah, potrebbe quasi chiamarsi… che ne dici di Justin, o Nathaniel, o Jeremy? Ecco, magari questo ragazzo ti ha vista a scuola e ti vuole conoscere. – Fa spallucce. – Che dici, chi sceglieresti? Jeremy o Austin?
Rido alzandomi dal letto. – Austin – rispondo scuotendo la testa. – Sei pessima, mamma. Non c’è nessun Justin, o Nathaniel,o  Jeremy a scuola mia, e poi lo sai che odio i ragazzi come questo Justin-Nathaniel-Jeremy che nemmeno esiste. Mi piace Austin, è il mio tipo. – Prendo dei vestiti a casaccio e inizio a vestirmi.
Mia madre si alza dal letto e mi toglie i capelli da davanti gli occhi guardandomi dallo specchio che sta proprio davanti a noi. – Non si sa mai cosa prevede il futuro per noi, piccola mia. Domani potresti svegliarti e il mondo che conosci potrebbe non essere più lo stesso.
Rido. – Così mi spaventi, mamma.
Anche lei inizia a ridere. – Quello che voglio cercare di dirti è che purtroppo le cose non vanno sempre come vogliamo noi. Alla tua età è normale lasciarsi con un ragazzo, non ti sto portando sfortuna, è solo che voglio che tu sia preparata. Hai quindici anni, è normale essere lasciati e lasciarsi, ok?
– Si, mamma, ma ci siamo messi insieme da poco! – esclamo ridendo. – Dai tempo al tempo. So che io e Austin non staremo insieme per sempre, non sono quel tipo di ragazza, ma addirittura questo ragazzo?! Non succederà mai!
– Mai dire mai – mormora lei ridendo. Mi da un bacio sulla guancia e scende. – Gli dico che sei quasi pronta.
– Grazie! – esclamo io guardandomi allo specchio. Mi tolgo una ciocca di capelli dal viso soprapensiero, poi scuoto la testa ridendo e mi annoto il fatto di ricordare a mamma di smetterla di farmi questi discorsi, perché mi mettono l’ansia per niente.
Corro giù e riesco subito a vedere Austin: capelli neri come il carbone, occhi marroni scuri, maglietta nera, jeans neri, e addirittura i calzini neri! Trattengo una risata rendendomi conto che papà ha proprio ragione: è dark fino al midollo, e mi piace proprio per questo. – Ciao – mi saluta sorridendomi.
Faccio gli ultimi gradini sorridendogli mentre il mio cuore va all’impazzata. – Ciao, Austin – lo saluto facendomi un sorriso malizioso.
Ride diventando tutto rosso, le spalle ricurve. – Credo che ormai potresti chiamarmi “amore” o cose del genere, sai… quelle parole sdolcinate che usano i comuni, stupidi mortali – annuncia mettendomi le braccia attorno ai fianchi. È sempre così: Austin vuole sempre essere differente dagli altri ragazzi, e mi piace pure per questo.
Rido. – Pensavo non ti piacessero le parole che usano i comuni mortali – scherzo stringendolo a me.
– Lo so, ma per te potrei quasi fare un’eccezione – ribatte lui accennando un sorriso con gli occhi più luminosi del solito.
Sorrido ancora di più. – Attenzione, potrei quasi abituarmi ad un Austin che fa “eccezioni”.
– Cassie – mi chiama mio padre, ci distacchiamo di scatto, imbarazzati. Ha quei suoi capelli corti ma ormai grigi chiari e quegli occhi celesti che mettono in risalto i suoi capelli facendoli sembrare ancora più bianchi. Per l’ennesima volta mi chiedo perché non ho preso quei occhi stupendi, poi mi ricordo quelli marroni di mamma. – Se proprio dovete flirtare andate in camera tua, lasciando sempre la porta aperta però. – Ride per poi guardare Austin, che ormai è tutto rosso. – Ciao, ragazzo dark. – Odio quando mio padre prende in giro Austin, ma è più forte di lui, è il suo carattere e lo devo accettare una volta per tutte. Per fortuna dopo una grossa litigata gli ho fatto capire che tutto aveva dei limiti e ora si limita a chiamarlo “ragazzo dark”. – Ovviamente scherzo, Austin – aggiunge sorridendogli.
– Salve, signor Moonic – lo saluta lui stringendogli la mano. – Posso portare fuori sua figlia per una passeggiata?
Rido. – Ti conosce da anni ormai. Ok, ci siamo messi insieme da poco, ma credo sia quasi ridicolo che tu gli dia ancora del lei – dico stringendo la mano ad Austin. – Giusto, papà? – chiedo guardando mio padre con fare minaccioso.
Mi sorride. – Hai ragione. Puoi chiamarmi “papà” se vuoi, Austin – scherza ancora una volta papà.
Ridiamo tutti. – Ok, grazie – risponde Austin non sapendo cos’altro dire, gli stringo ancora un po’ la mano non sapendo cos’altro fare per dargli un po’ di forza, mio padre la maggior parte delle volte mette a disagio le persone come Austin, è il ragazzo più timido che io conosca.
– Comunque si, potete andare ma entro le undici di sera la signorina deve stare a casa, come sempre – ribatte mio padre.
Austin annuisce. – Certamente – risponde per poi aprirmi la porta. – Arrivederci.
Alzo gli occhi al cielo sentendolo dargli ancora una volta del lei. – Ciao, papà – dico prima di uscire da casa senza sentire la risposta di mio padre che sicuramente è molto imbarazzante, come per esempio “non fate niente di sporco”. Rido per poi girarmi verso Austin, che ormai ha chiuso la porta.
– Allora… – esclama, imbarazzato. – È andata bene, no?
Rido e lo abbraccio. – Andiamo? – chiedo guardandolo.
Si allontana da me per guardarmi negli occhi. – Sicura di volerlo fare? È un passo importante… –  Annuisco fermandolo, una risatina isterica gli fa capire che sono un po’ agitata e così sorridendo mi accarezza la guancia destra. – Va bene, allora andiamo – mormora prendendomi la mano. Andiamo verso la sua macchina, ormai ha diciassette anni e i suoi genitori gli hanno comprato una macchina usata per il suo compleanno, è ancora intatta e pulitissima e rigorosamente nera.
Una volta arrivati a casa sua butta le chiavi sul tavolino. – Sei sicuro che non ci sia nessuno? – mormoro, scettica e nervosa.
– Certo – risponde lui stringendomi la mano e fermandomi. – Sono partiti, tornano dopodomani. – Rido e lo bacio, ancora più nervosa. – Sei sicura? – chiede ancora una volta distaccandosi da me, è in ansia quanto me.
– Ti ho detto di si – rispondo io. – E  tu? – Annuisce arrossendo un po’. Metto i suoi capelli un po’ troppo lunghi dietro il suo orecchio e chiude gli occhi stringendomi ancora di più. Rido per poi baciarlo un’altra volta,sento lui stringere i miei fianchi e poi alzarmi da terra. Metto le mie gambe attorno alla sua vita e rido imbarazzata sentendo il freddo del tavolino sotto di me, dove lui mi ha appena appoggiata. Prende le mie mani e le stringe con le sue mentre mi bacia il collo; chiudo gli occhi sentendo il mio cuore iniziare a battere veloce. Prende il mio viso con entrambe le mani e mi bacia con un tale trasporto che mi sento sciogliere sotto le sue mani. Mi prende un’altra volta in braccio e mi mette sul suo letto matrimoniale, la luce è spenta e le serrane sono ancora abbassate. Sorrido vedendolo mettersi sopra di me. – Non… non andiamo fino in fondo, ok? Vorrei aspettare i miei sedici anni per quello.
– Certo, tranquilla – mormora lui accarezzandomi. – Faremo solo quello che ti sentirai di fare.
Sorrido e lo bacio ringraziandolo per la pazienza.
 
Apro gli occhi ancora più stanca di prima, ho i brividi; tossisco un’altra volta per poi toccarmi la ferita al collo e sento del sangue seccato, segno che il mio potere di Whitesun sta facendo il suo dovere. Eppure so di aver perso molto, forse troppo sangue. Urlo più forte che posso piangendo. – Fatemi uscire da qua! Per favore! – urlo. Indietreggio dopo essermi alzata ma vado subito a sbattere contro il muro. Un gemito di sofferenza esce dalla mia bocca e cado ancora una volta a terra. – Basta… vi prego. Basta – mormoro piangendo.
Non voglio ricordare.
 
Sto rientrando a casa con Austin, ormai è quasi un anno che stiamo insieme. Entriamo e aggrotto la fronte vedendo che hanno abbassato tutte le persiane e spento le luci. In salone c’è solo mio padre seduto sulla poltrona in un modo strano. – Ciao, papà – lo saluto un po’ indecisa.
C’è silenzio per un po’, poi per fortuna inizia a parlare. – Ho cercato di chiamarti – mormora lui dopo un po’.
Prendo il cellulare dalla mia tasca lasciando la mano di Austin e noto che ci sono tre chiamate perse da mio padre. – Scusami, non me ne sono accorto. – Lo guardo attentamente: è strano. – Dov’è mamma? – chiedo io.
Sta zitto per un po’ e poi scoppia a piangere nascondendo il viso nelle mani. – Oh, mio Dio – mormora Austin spalancando la bocca, mi prende di scatto la mano facendomi sussultare. – Cassie…
Rido, nervosa. – Dov’è la mamma, papà? – urlo io, in preda al panico, ma lui continua a piangere, distrutto. Scoppio a piangere anch’io per poi cadere a terra, completamente distrutta. Il mio cuore non mi ha mai fatto così male. – Dimmi che è all’ospedale. Dimmi che la stanno operando. Dimmi che si riprenderà. – Ma mio padre scuote la testa facendomi capire che purtroppo non c’è nessuna possibilità che lei si riprendi. – No. Com’è success? – urlo mettendomi le mani davanti alla faccia, volendo solo staccarla dal mio viso. Austin intanto cerca di sussurrarmi parole carine, mi abbraccia.
– Dei vampiri. Volevano te – risponde mio padre continuando a piangere disperatamente.
Sono a conoscenza dei vampiri, ho appena iniziato ad esercitarmi e solo l’idea che uno di loro… Un urlo esce dalla mia bocca, urlo un qualcosa d’insensato per poi rimanere senza fiato. Il dolore che sto provando è veramente troppo forte, troppo per essere descritto da semplici parole.
– Mi dispiace così tanto – mormora Austin stringendomi a lui.
– No! – urlo io spingendolo con tale forza che cade a terra. – Non è morta – mormoro alzandomi per poi mettermi una mano sulla fronte: è caldissima. – Non può essere morta! – esclamo io cadendo ancora una volta a terra piangendo più di prima. Mi tengo la pancia, c’è qualcosa che continua a farmi male ed è nei dintorni della pancia. – Non è possibile – continuo a ripetere come una matta. Austin mi abbraccia un’altra volta e questa volta lo stringo il più possibile a me fino a quando non riesco più a respirare.
Non è morta veramente, no. Adesso io mi alzo e la trovo in camera sua e vedendomi si girerà e mi sorriderà, mi dirà qualcosa che mi farà ridere come “allora, com’è andata con Austin? Hai qualcosa da raccontarmi?” ed io mi siederò accanto a lei e le racconterò tutto quello che abbiamo fatto oggi, come tutte le volte.
Non è morta.
 
Non riesco più a respirare così apro gli occhi di scatto. C’è un essere orribile davanti a me, pronto a saltarmi addosso, sembra un cane ma è molto più grande e non è nemmeno un lupo mannaro. Urlo alzandomi quando la bestia fa per venirmi addosso, prendo la spada e la metto davanti a me con la punta della spada dritta verso il demone. Sento l’enorme cane guiare, indietreggia scuotendo la testa, la ferita però scompare in pochi secondi e così il demone prende la rincorsa e riesce a buttarmi a terra. La testa inizia a girarmi ma riesco ad impugnare bene la spada, gli do una ginocchiata da qualche parte giusto per infilzare la spada nel suo petto, puntando al cuore. Esso cade sopra di me facendomi tossire e poi scompare. Mi alzo cercando di rimanere in piedi, mi appoggio al muro per reggermi fino a quando non vedo una luce in fondo alla grotta. Strizzo gli occhi per vedere meglio di cosa si tratta: c’è un pugnale e una spada. Spalanco gli occhi e cerco di correre verso di essi ma qualcosa mi fa inciampare e cadere. Mi guardo intorno e… vedo uno scheletro sotto di me. Urlo dalla paura, uso tutta la mia forza per urlare, come se tutto il dolore e il freddo non contassero più nulla. Indietreggio trascinandomi, mi metto la mano fasciata davanti la bocca. Avevo promesso a Jeremy di non urlare, ma come faccio?!
Sento un ronzio, giro su me stessa e vedo uno sciame di api venire verso di me. – Oddio. No. No. No – esclamo io alzandomi, inizio a correre via, verso l’uscita. Poi qualcosa mi punge e sento un dolore assurdo, e poi qualcos’altro mi punge ancora una volta, e ancora, e ancora, e ancora. Urlo da dolore ed inciampo ancora una volta. Cerco di scacciarle ma niente. – Aiuto! – urlo io sentendo ogni puntura, ogi ago infilarsi nella mia pelle e non uscire più.
Poi dopo… silenzio assoluto. Una farfalla sopra di me vola serena mentre io sento ogni parte del mio corpo dolorante.
L’unica cosa a cui riesco a pensare è: ho sempre avuto la fobia delle api.
 
– Mi dispiace – continua Austin mentre io cerco di non piangere. – Ma da quando tua madre… non c’è più io non riesco più a… – si ferma con lo sguardo a terra e le guance rosse per l’imbarazzo.
– A? – chiedo io guardandolo con tutto l’odio che sto provando per lui. – A fare cosa? – tuono dandogli una spinta che però non fa nient’altro che fargli dire la verità crudele e piatta che stavo aspettando.
– A toccarti! – risponde lui come se lo stesse sputando, lo guardo scioccata. – So che quello che ti è successo è una cosa  orribile, ma non esci più di casa, Cassie.
Lo guardo con ancora più odio, vorrei tanto ucciderlo ma l’amore che provo ancora per lui non me lo permette. – Cosa faresti tu, eh? – chiedo urlando. Non m’interessa se mio padre di sotto ci sta sentendo, questo ragazzo mi sta uccidendo per la seconda volta e questo non posso permetterlo, tutti devono sapere che cosa sta succedendo, perché non ce la faccio ad affrontare pure questo.
– Ormai ci vediamo solo agli allenamenti ed io non so più che cosa fare. Non riusciamo ad avere una conversazione senza che tu mi aggredisca!
Scuoto la testa guardando per terra. – Allora vattene! – urlo io spingendolo.
– Cassie…
– Vattene! – tuono spingendolo un’altra volta. – Fai schifo! Vattene! Sei una merda che cammina! Non meriti nemmeno di vivere, tu. – Scoppio a piangere ancora una volta. – Fai schifo. Fai schifo. Tu… fai schifo.
– Io ti amo, Cassie – esclama lui, il mento che inizia a tremargli per lo sforzo che sta facendo per non scoppiare a piangere tanto quanto me.
Mi alzo dal letto e vado vicino la mia finestra, guardo fuori per cercare di tranquillizzarmi, perché ora come ora potrei pure torturarlo. Poi però anche lui si alza dal letto, non mi giro verso il mio letto, sento semplicemente le molle del letto, i suoi passi… mi abbraccia da dietro. – Non toccarmi! – ringhio, furiosa, mi giro per guardarlo. – Mi stai lasciando, Austin. – Tu non puoi toccarmi, vorrei dirgli ma non ce la faccio perché so che non è così.
– Non voglio lasciarti – mormora lui accarezzandomi il braccio, chiudo gli occhi lasciando cadere le lacrime che fino ad adesso stavo cercando di trattenere. – Sei veramente importante per me, ma non credo tu sia pronta per avere una relazione in questo momento. Non voglio lasciarti, Cassie, ma devo.
– Non devi – esclamo io scuotendo la testa. – Non… Io ho bisogno di te! Non puoi lasciarmi pure tu – sbotto guardandolo negli occhi con le lacrime che sembrano non volersi fermare più.
Questo sembra far crollare tutto il controllo di Austin e così inizia a piangere anche lui. – Non ti lascerò mai, Cassie – mormora stringendomi un po’ di più il braccio in un modo confortante.
Un briciolo di speranza si accende e gli salto praticamente addosso. Le nostre labbra si scontrano, denti contro denti, sussulta facendomi capire che non se lo aspettava minimamente, ma non m’interessa. Non ho ancora sedici anni ma non m’interessa: devo averlo, in qualche modo spero che così facendo lui non possa più lasciarmi per ancora un po’ di tempo.
– No, Cassie… – mormora lui quando sente le mie mani slacciargli il bottone dei jeans. – Cassie – mormora lui chiudendo gli occhi. – Non… Cassie, smettila! – esclama lui allontanandosi da me in modo brusco.
Tutto il mio viso diventa rosso. – Cosa?
– Ti sto lasciando, Cassie. Non puoi credere veramente che io lasci che questo succeda proprio adesso che non stiamo più insieme – esclama lui e per la prima volta dopo la morte di mia madre sembra veramente arrabbiato. – Cosa credi? Che dopo aver fatto sesso con me cambi qualcosa? Non cambierà un bel niente, Cassie, e mi dispiace dirtelo ma questa è la realtà! Ti sto lasciando, Cassie, perché non puoi fare in modo che una cosa normale accada come tale?
– Tu non puoi lasciarmi – sussurro io iniziando a piangere. – Ti sto concedendo me stessa, cos’altro posso darti? – urlo.
– La tua amicizia! – urla lui. – Ormai non c’è più niente che possa farmi cambiare idea, e di certo non sono uno di quei ragazzi che cambia idea solo perché la ragazza glie la vuole dare. Pensavo mi reputassi un ragazzo migliore, Cassie.
Fa per andarsene e quindi prendo la sua mano. – No, no, no, ti prego, non te ne andare – lo supplico. – Va bene, va bene. Ok, lo accetto. Austin, per favore, non te ne andare. – Lo abbraccio e dopo un po’ anche lui mi stringe a lui. – Io ti amo, Austin – sussurro continuando a tenere la mia testa sul suo petto, il suo cuore va veloce ma faccio finta di non accorgermene. – Mi dispiace, è solo che non voglio…
– Lo so, va bene – risponde baciandomi i capelli.
 
– Austin – mormoro piangendo, solo adesso capisco che ho bisogno di vederlo e non perché mi piace ma perché gli voglio bene e credo veramente che pensi che io sia morta insieme a tutti gli altri durante l’addestramento.
– Austin? – chiede Jeremy, apro di scatto gli occhi e me lo ritrovo davanti, mi guarda con la fronte aggrottata e le lacrime agli occhi. Si alza visto che fino a poco fa stava in ginocchio davanti a me.
– Jeremy? – lo chiamo, non capendo. Alzo una mano per toccarlo, ma indietreggia. Aggrotto la fronte e lo guardo dritto negli occhi, sembra arrabbiato.
– Austin? – chiede un’altra volta, ancora più arrabbiato.
Non riesco a capire… cosa c’entra adesso Austin? Come ha fatto ad entrare? Perché non si fa toccare? Come faccio a sapere se sta succedendo sul serio? – Cosa? – chiedo quindi.
 
– Mamma – la chiamo raggiungendola in salone, mi ha chiamato poco fa ma stavo in bagno a farmi la doccia e quindi non sono potuta scendere prima. Dalla voce sembrava abbastanza arrabbiata e la cosa m’innervosisce un po’. – Che succede? Perché mi hai chiamata?
– Ho trovato queste – annuncia mia madre alzando delle mutande. Ma non sono delle mutande qualsiasi, sono dei boxer neri. Sono le mutane di Austin. Sento il calore scomparire sul mio viso mentre cerco di capire come diavolo ha fatto Austin a scordarsi qua un indumento così importante. – Quindi ti ho chiamato, visto che molto probabilmente Austin le rivuole indietro.
Rimango in silenzio per un po’, pensando sul da farsi, ma cosa si deve dire quando tua madre trova le mutande del tuo ragazzo non si sa dove. – Ah – esclamo quindi, il mio cuore che sembra voler uscire dal mio petto e andarsi a nascondere dove mia madre non riuscirebbe a vederlo.
– Mi devi dire qualcosa, signorina? – chiede per poi buttare a terra le mutande con un’espressione vagamente disgustata.
– Emh… – inizio io, rido nervosa mettendomi indietro i capelli. – Credo che ormai non ci sia più niente da dire, non credi? – provo a buttarla là accennando un sorriso innocente.
– Non fare così, Cassandra Violet Moonic – ringhia mia madre incrociando le braccia. Ok, è una cosa seria se mi chiama addirittura con il mio nome completo.
 – Va bene – borbotto sedendomi sul divano, proprio accanto a lei. – Dai, chiedimi quello che vuoi.
Si gira verso di me, seria. – Da quant’è che non sei più vergine? – chiede lei, senza ritegno.
– Mamma! – esclamo io tutto d’un tratto rossa dalla vergogna. Una cosa era chiedere un qualcosa senza essere troppo… espliciti e un’altra era dirla senza filtri. E mia madre non usava quasi mai filtri, diceva le cose come stavano e chiedeva quello che voleva senza giri di parole.
– Che c’è?! Mi hai detto tu che potevo chiedere quello che volevo! – esclama lei accennando un sorriso furbo, sta per ridere ma vorrebbe rimanere seria. Peccato che mia madre raramente riesce a rimanere seria, o almeno peccato per lei.
– Ma non dicevo sul serio! – dico io, imbarazzata, iniziando a ridere.
– Bé, sono tua madre ed io sto dicendo sul serio – ribatte lei scuotendo la testa e tornando seria. – Raccontami: da quant’è che non sei più vergine? E perché non me l’hai detto?!
– Mamma… sono ancora vergine – borbotto io con il viso in fiamme, alza le sopracciglia facendomi capire che non ci crede nemmeno per un secondo e poi indica con il mento le mutande di Austin. – Ti sto dicendo la verità! Non abbiamo… fatto sesso.
– Preliminari quindi – dice lei facendo un sospiro. – Oh, bene! Ti voglio bene, amore, ma perdere la verginità a quindici anni non è molto carino secondo me. So che ormai i ragazzi di oggi fanno le cose prima del dovuto ma tu non sei gli altri ragazzi, giusto? – Annuisco. – Mi stai dicendo la verità, piccola? Perché se non lo stai facendo ti devo portare dal ginecologo e…
– Mamma, no, non sono incinta… – Scuoto la testa ancora più rossa. – Volevo dire che ti sto dicendo la verità, sono ancora vergine. – Nascondo il viso rosso dai capelli il più possibile anche se so che questo non fa altro che far insospettire mia madre, ma sto dicendo la verità e ormai non avrebbe senso mentire.
– Va bene – mormora lei. – Prendi le mutande e chiama  il tuo amato. Sei stata fortunata che non le ha trovate tuo padre.
– Ma… dov’erano? – chiedo, curiosa.
– Sotto il cuscino del divano.
– Ah.
 
Apro gli occhi un’altra volta, le mie labbra screpolate e la gola in fiamme non fanno altro che ricordarmi che questa grotta mi sta torturando. Da quant’è che sto qua? Da quant’è che mi stanno torturando con questi maledetti ricordi?! Un lamento esce dalla mia bocca mentre cerco di alzarmi.
– Cassie – mi chiama Jeremy.
Alzo lo sguardo, Jeremy è davanti a me e mi sta guardando con la fronte aggrottata. – Jeremy – mormoro sorridendogli. – Sei qui.
– Si, sono qui – risponde lui, ma è freddo, si gira e avanza verso la grotta; lo seguo reggendomi sulla parete della grotta. – Su, dobbiamo andare avanti – aggiunge girando un po’ la testa per guardarmi. – Attenta – mi avverte prima di scomparire.
Vorrei scoppiare a piangere perché pensavo fosse veramente lui questa volta. Sussulto. Davanti a me c’è un mostro enorme, sembra un Mangiatore di Cacciatori ma non lo è. Gli occhi non sono neri né rossi. Cerca di tirarmi un calcio la riesco a buttarmi a terra e il piede mi liscia di pochi millimetri. Prendo la spada da dentro il fodero ed inizio a correre dietro il mostro. Riesco a malapena a tagliargli mezza gamba, poi però fa per cadere e così riesco a tagliargliela del tutto; a quel punto fa un passo in avanti, uno indietro e infine cade a terra. Salgo su di esso per poi puntare  la spada dritta al suo cuore, mentre esso continua ad urlare dal dolore. Un colpo di spada ed è già morto. Vado verso la luce praticamente correndo, nonostante senta freddo e dolore.
La luce diventa sempre più potente e così mi copro gli occhi, ma un vento fortissimo mi fa cadere a terra facendomi uscire un gemito di dolore. Apro gli occhi lentamente ma mi pento subito quando vedo un mostro orribile davanti a me. Ha la coda e praticamente metà corpo come quello di uno scorpione ma ha quattro facce, è senza bocca ed ha solo un occhio nero a testa. Trattengo il respiro, urlo quando vedo la coda venire verso di me con una brutalità che quando batte a terra mi fa cadere, rotolo verso destra per cercare di scappare, ma sta venendo verso di me, il pungiglione della coda è così vicino che una parte di me sa che è troppo tardi. Rotolo verso sinistra ma sento subito il pungiglione enorme conficcato nella mia gamba, urlo più forte che posso, dovrei prendere la spada ma fa troppo, troppo male.
Appena la vista sembra migliorare un po’ prendo la spada e in qualche modo riesco a tagliargli la coda, forse perché non si è mosso e quindi il pungiglione insieme alla coda era ancora dentro la mia gamba. Esso inizia ad urlare ed è il momento perfetto, lo so, ma non ce la faccio. Riesco a sentire la mia gamba pulsare per il dolore e così abbasso lo sguardo verso di essa. Spalanco gli occhi vedendo che è diventata molto, troppo gonfia. Urlo un’altra volta con le lacrime agli occhi. Non riesco a muoverla e questo non fa altro che mandarmi ancora di più nel panico più totale.
Poi arriva quel momento in cui non senti più niente, nessun rumore, tu stai urlando ma in realtà non si sente niente e non sento nemmeno più la mia gamba. Mi alzo e mi appoggio ancora una volta al muro della caverna, il demone viene verso di me, è molto veloce ma ogni tanto si ferma per cercare di fermare il flutto di sangue che esce dal moncherino dov’era la sua coda. Prendo il pugnale e lo lancio, per fortuna le lezioni all’Istituto sono servite a qualcosa perché prende in pieno la sua testa. Urla di nuovo, ormai è vicino e posso ucciderlo, lo so. Prendo la spada, lascio la parete e faccio un passo in avanti, alzo la spada tenendola con tutte e due le mani e decapito ogni testa del demone. Le teste rotolano via e il corpo cade a terra.
Guardo davanti a me: il coltello e la spada sono ancora là. Cerco di correre verso di essi ma è difficile visto che una gamba sembra completamente fuori uso. Inciampo per la milionesima volta e mando a fanculo tutti, troppo arrabbiata per non farlo.
– Cassie. – Alzo lo sguardo, è Katherine; smetto di piangere ma continuo a stringere la mia gamba che sta ricominciando a pulsare. – Jeremy sta cercando di entrare da tempo ormai. Manca poco, ce la puoi fare. – Si ferma quando inizio ad urlare sentendo una fitta alla gamba. Mi sdraio sbattendo le mani contro il pavimento freddo della grotta per cercare di pensare ad un altro tipo di dolore. – Lo so, lo so – mormora lei venendomi vicino. – Devi tarti un taglio lungo la gamba, Cassie. – La guardo come se fosse matta, e forse lo è. Dopotutto la sua anima gemella è il Secondo Anziano. – Lo so, ma dopo andrà meglio. Te la devi fasciare e potrai benissimo camminare, il gonfiore migliorerà. Ce la puoi fare, Cassie. Una volta che avrai preso il pugnale e la spada potremo far entrare Jeremy. – E scompare, come sempre.
Cerco lo zaino ma non lo vedo… poi mi ricordo di averlo ancora dietro la schiena, così lo prendo e lo apro prendendo un pugnale e un fazzoletto. Mi metto il fazzoletto in bocca e prendo il pugnale, sperando con tutta me stessa che sia già abbastanza disinfettato. Le lacrime escono dai miei occhi senza che io me ne accorga, metto il pugnale sopra la gamba e strappo i pantaloni con esso. Sento il freddo del pugnale sopra la mia pelle nuda.
Fallo, Cassie. Fallo. Se lo fai potrai tornare all’Istituto. Ce la puoi fare…
Stringo l’impugnatura del pugnale e affondo il coltello nella mia gamba. Lancio un urlo che grazie al fazzoletto non fa tanto rumore, strizzo gli occhi continuando a tagliare fino ad arrivare all’inizio della coscia. Il taglio è esteso dal polpaccio alla coscia. Il dolore è troppo, mi sdraio a terra e perdo i sensi per un po’.
Appena mi sveglio il dolore è ancora là, così pungente che sbatto a terra le mani per cercare di distrarmi. Ma non funziona. Mi siedo un’altra volta, per poi togliermi il fazzoletto dalla bocca e prendere il disinfettante, lo verso a caso su ogni parte della gamba e questa volta l’urlo è forte e non sembra nemmeno la mia voce per quanto sto urlando. Sento il sapore del metallo in bocca: è sangue. Mi sdraio per tranquillizzarmi un po’ ma come posso tranquillizzarmi? Così mi siedo per l’ennesima volta e fascio la gamba con tutto quello che trovo nello zaino.
Mi reggo al muro fino ad arrivare all’altare, dove sembrano esserci due tavoli fatti di roccia, sopra di essi è stesa della seta blu con sopra un coltello e una spada. Rimango a bocca aperta vedendoli. Luccicano o è solo la mia immaginazione?
Mi avvicino sempre di più e prendo prima il coltello e la luce diventa sempre più forte. Chiudo gli occhi e subito dopo una scossa invade tutto il mio corpo facendo cedere le mie gambe. Apro gli occhi e riesco a prendere anche la spada senza il bisogno di alzarmi, ma un’altra scossa percorre il mio corpo e questa volta mi fa cadere a terra.
Mi alzo un po’ traballante capendo che questa d’ora in poi sarà la mia spada. La testa gira come una trottola ma questa volta è perché queste scosse non fanno altro che darmi energia. Troppa energia. Cado a terra respirando faticosamente.
– Cassie! – urla Jeremy, ma non vedo nessuno. – Cassie! – urla un’altra volta e ora forse riesco a vedere qualcuno, ma è molto lontano e non so nemmeno se si tratta di una delle mie mille allucinazioni. Una volta che avrai preso il pugnale e la spada potremo far entrare Jeremy aveva detto Katherine, quindi forse è vero, forse è lui. Sorrido e cerco di rialzarmi ma cado un’altra volta, il sangue esce dalla ferita della gamba ed inizio a vedere sempre più sfogato. – Cassie! – urla Jeremy ormai accanto a me, riesco a vedere i suoi occhi celesti nonostante sia tutto sfogato e scuro.
Sorrido. – Ce l’ho fatta – mormoro cercando di respirare anche se è sempre più difficile. Jeremy guarda tutto tranne i miei occhi, sembra scioccato; prende la mia spada e se la mette nella cintura dove tiene le altre spade.
– Dai – mormora prendendomi in braccio. – Torniamo a casa, ok? – Si alza e quasi non sento più il mio corpo, mi sento leggera. – Cassie, per piacere, rimani con me, ok? – Rimango in silenzio, un sorriso vagamente triste è l’unica cosa che riesco a fare, a percepire. – No, no, Cassie – esclama lui prendendo il mio viso e costringendomi a guardarlo. – Devi rimanere qua con me, ok?
– Sei bellissimo – gli sussurro, e la sua espressione si addolcisce. – Sei così bello…
– No – ribatte lui con voce tremante. – Ti prego, Cassie – inizia ad urlare ma in qualche modo si fa sempre più lontano. – Cassie, non mi lasciare. Per favore. – Ma ormai la voce si sente a malapena.
– Salutami il Secondo Anziano – mormora Katherine. – E digli che non ce l’ho con lui e che continuo ad amarlo. Per favore, è importante.
 
Tutto d’un tratto sono sommersa dalla luce e mi sento ancora più leggera, pulita e… bianca. È tutto bianco. Indosso un abito bianco così lungo che tocca per terra, alzo l’abito e rido vedendo i miei piedi scalzi. Giro su me stessa senza fermarmi un attimo, tutto d’un tratto sono felice e non c’è nessun altro pensiero se non quello che mi ricorda quanto sono felice. Vado a sbattere contro qualcuno così apro gli occhi e incontro quelli di Jeremy, mi sorride.
– Jeremy! – esclamo io, e il suo nome echeggia. – Jeremy, mi hai vista?
– Sei bellissima – mi sussurra stringendo i miei polsi che aveva  afferrato quando ero andata a sbattere contro di lui, sembra stia per scoppiare a piangere dalla felicità. – Io ti amo.
Sorrido e abbasso lo sguardo, anche lui è vestito di bianco ma ha una camicia e dei pantaloni. – Ti amo anch’io – ribatto intrecciando le mie dita con le sue. – Niente ci separerà adesso. – Mi sorride, stringe le mie mani e si avvicina a me, le nostre labbra si sfiorano per qualche istante e la testa inizia a girare. Il soffice tocco delle sue labbra sulle mie… Sembra tutto così perfetto, tutto così tranquillo.
Poi si distacca da me e mi accarezza. – Ti aspetto giù – mormora prima di correre via.
Aggrotto la fronte. – No! – urlo. – Jeremy! – urlo con le lacrime agli occhi.
– Ti aspetto giù – ripete la sua voce, ma ormai è scomparso nella luce bianca ed io ho paura.

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Capitolo 24
*** Austin ***



Ebbene si, ho cambiato il "logo". (Da sinistra: Isaac, Ivy, Austin, Cassie, ancora sconosciuto, Jeremy e Allison)



Capitolo 24
Austin
 
Sento una voce chiamarmi, ma questa volta non si tratta di Jeremy né di Louis. Non conosco nessuno con questa voce, così apro gli occhi. È tutto bianco, un uomo è davanti a me vestito completamente di bianco con una strana luce attorno. – Ecco qua – mormora lui sorridendomi.
Continuo a vedere quella luce attorno all’uomo. – Sono in paradiso o cosa? – chiedo io, confusa.
Ride. – No, tesoro. Sei all’ospedale dell’Istituto – risponde lui abbozzando un sorriso. – Hai perso molto sangue ma per fortuna Jeremy è riuscito a portarti fuori dalla grotta in tempo.
Un brivido percorre tutto il mio corpo ricordandomi quello che è successo. – E Jeremy? Dov’è? – chiedo.
– Credo sia giù con la sua ragazza – risponde lui, un po’ scettico.
– Cosa? – chiedo io sputando acido.
– Non ne sono sicuro, ma l’ultima volta che l’ho visto stava qua con te e poi è entrata una ragazza con i capelli neri, il viso molto pallido… e l’ha abbracciato da dietro. Sembravano conoscersi molto bene, sembravano… intimi. Poi non so. Comunque sono scesi in salone.
– Capisco – ringhio io, non voglio nemmeno pensare al fatto che quando si sono abbracciati io fossi proprio davanti a loro, addormentata. Questo mi fa così arrabbiare…. – E il pugnale? La spada? – chiedo dopo essermi ripresa, ma si sente che sono arrabbiata.
– Sono al sicuro dagli Anziani – risponde lui.
Annuisco, sono arrivata fino a qua, non è proprio il momento di pensare all’amore o a Jeremy. – Posso alzarmi?
– Si, certo – risponde lui. – Una maga ti ha fatto un incantesimo di guarigione, quindi ora sei come nuova!
In effetti non sento nessun tipo di dolore per fortuna. Mi siedo ma mi fermo guardando una lunga cicatrice che parte dalla coscia fino ad arrivare al polpaccio: una prova che tutto quello che è successo in questi giorni non è stato un incubo; mi tocco leggermente il collo ma non sento niente. – La cicatrice se ne andrà con il tempo – aggiunge il dottore, si avvicina a me e posa una mano sulla mia spalla. – Tutto bene, tesoro? – chiede, preoccupato.
– Si, ma mi vorrei cambiare – mormoro prima di asciugarmi le guance appena bagnate da alcune lacrime. Se avessi saputo che sarebbe successo tutto questo dentro quella maledetta grotta non ci sarei mai andata. Mai. Mi chiedo se tutti questi ricordi se ne andranno mai, compresi quelli che mi hanno fatto ricordare con la forza quand’ero là dentro. Ma devo cercare di non pensare alla morte dei miei genitori, sennò non riuscirò mai ad andare avanti. Mi alzo dopo che il dottore se n’è andato e mi vesto, i capelli sono stranamente puliti e ricci come non mai. Una volta pronta scendo, non so nemmeno quanti giorni siano passati ma qualcosa dentro di me mi dice che ne sono passati più di tre. Il rumore dell’ascensore che si apre mi riporta alla realtà facendomi capire che sono arrivata.
– Cassie! – urla qualcuno, o meglio Ivy. Pochissimo tempo dopo si fionda tra le mie braccia e mi alza da terra stringendomi il più possibile. – Quanto mi sei mancata! – esclama lei.
Rido, e si, mi è mancata anche lei. – Anche tu mi sei mancata – ribatto quindi distaccandomi da lei.
– Cassie – esclama Isaac dietro di me posandomi le mani sulle spalle e baciandomi la guancia destra. – Ci sei mancata – mi sussurra a bassa voce.
Gli sorrido, avevamo litigato, ma mi è mancato anche lui infondo. – Anche voi – rispondo guardandolo.
Poi sento la voce di Cody. – Cassie? – Isaac si fa da parte alzando gli occhi al cielo e il viso di Cody compare come dal nulla, ed è pallidissimo. – Sei viva?
Aggrotto la fronte, è strana come domanda, e non sembra affatto felice di vedermi… viva. – A quanto pare si, sono viva – rispondo facendo una risata nervosa. – Che succede? Va tutto bene? – chiedo vedendolo ancora più pallido.
– Pesavo… – ma si ferma. – Pensavo che… Dobbiamo parlare.
– Emh… certo – balbetto io, nervosa. Cosa c’è che non va? Dopotutto quando me ne sono andata l’avevo avvertito e lui aveva capito che io e Jeremy saremmo stati insieme una volta tornati da quel viaggio, eppure adesso non sembrava quindi forse mi voleva parlare comunque della nostra ipotetica relazione. Cavolo, devo prepararmi il discorso perfetto allora.
– Cassie – mormora una voce che conosco molto bene, mi giro di scatto e incontro lo sguardo di Jeremy, a metri di distanza d me, seduto su una sedia con accanto Allison che lo guarda per pochi secondi e poi abbassa lo sguardo sul libro che sta leggendo… peccato che lo stia leggendo al contrario. Il dottore mi aveva detto che li aveva visti insieme ma vedendoli così, mi viene quasi da scoppiare a piangere, sembrano molto più legati di prima. E se lei gli avesse chiesto di fidanzarsi con lui?
– Stai bene? – chiede Ivy mettendosi davanti a me e togliendomi l’orribile visuale di Jeremy e Allison insieme, per fortuna. Posa una mano sulla mia spalla e accenna un sorriso. – Tutto bene?
– Si – rispondo guardandola negli occhi. – Allison e Jeremy stanno insieme o cosa?
– Non lo so, sinceramente. Isaac non mi vuole dire niente – borbotta lanciando un’occhiata al suo ragazzo, che sta andando da Jeremy visto che si sta alzando. – Comunque non li ho ancora visti entrare nelle loro rispettive camere insieme, quindi non credo, visto che quei due non facevano altro che fare sesso dalla mattina alla sera. – Faccio una smorfia disgustata ricordandomi tutto quello che avevamo fatto noi due insieme. – Perché, Cassie? È successo qualcosa quand’eravate in Scozia? – chiede tenendomi ferma, visto che se fosse per me inizierei a dare pugni alla gente senza nessun motivo. – Cassie?
Sento la rabbia bollire nelle mie vene, Jeremy si sta avvicinando a me nonostante Isaac continui a chiamarlo da dietro, accanto ad Allison. – Scusami un attimo – ringhio io guardando Jeremy, Ivy mi lascia andare guardando la scena, scettica e preoccupata, mentre io a passo deciso vado verso Jeremy. Siamo uno di fronte all’altro ormai, prende fiato per dire qualcosa ma lo fermo tirandogli uno schiaffo che fa diventare tutta la sua guancia rossa. Sono piena d’energia, quindi deve aver fatto molto, ma molto male, mentre io sento poco e niente visto che la rabbia non ha fatto altro che aumentare la mia adrenalina.
Mi giro e faccio per andare di sopra, per affrontare Cody e usare il sesso come fa Jeremy, quando quest’ultimo mi ferma prendendomi il polso. – Cassie, no, aspetta – esclama, mi giro di scatto fermandomi e mi giro, andando a sbattere contro di lui. Rimaniamo fermi per pochi secondi così, guardandomi negli occhi, pronti a baciarci, ma lo allontano. – Fammi spiegare.
– Assolutamente no – ringhio io, furiosa. – Non ti faccio spiegare un bel niente, Jeremy! – Rido per poi mettermi indietro i capelli. – Ed io che come un’idiota pensavo veramente che tu potessi essere fedele o avere una relazione normale. Ma no, tu non potrai mai avere una sola relazione, giusto? – Fa per parlare ma lo fermo subito. – Se non ti dispiace c’è Cody che mi aspetta di sopra, pronto ad avere una normale relazione a due, non a cento.
La sua espressione cambia subito, come avevo calcolato. – Vai pure allora – risponde freddamente. Annuisco e faccio come mi ha detto lui. Speravo veramente ci fosse qualcosa di più, speravo veramente che una volta tornati all’istituto sarebbe cambiato tutto, ma stiamo parlando di Jeremy, e Jeremy non cambia.
Faccio un respiro profondo davanti alla porta di Cody, cerco di pensare ad un discorso anche se sinceramente ora come ora non so nemmeno più a cosa voglio andare a parare, visto che non sto più insieme a Jeremy. Busso, capendo che succederà quello che succederà, senza il bisogno di organizzare tutto. Mi apre subito e si fa da parte, sembra ancora più nervoso di prima ma faccio finta di niente ed entro nella camera. – Dimmi tutto – dico io sedendomi sul suo letto.
Si mette davanti a me. – Ecco… – inizia balbettando. – Il fatto è che ti ho mentito. Eri una bella ragazza e… e.. ti ho mentito! Eri ubriaca e il giorno dopo non ti ricordavi più niente… così ho pensato di…
– Cody, cosa stai dicendo? – chiedo, nervosa.
– Ti sto dicendo che ti ho mentito: non abbiamo fatto sesso – risponde lui senza nemmeno respirare. – Mi dispiace, veramente – inizia venendo sicuramente la mia espressione stupefatta. – Il fatto era che mi piacevi veramente, volevo provare a stare con te ma quando mi hanno detto che eri una Whitesun ho pensato di dirti tutta la verità, ma ormai l’errore era fatto e non riuscivo a dirtela!
Rimango in silenzio per un po’ guardando a terra, per qualche strano motivo ho le lacrime agli occhi. Faccio mente locale… Sono ancora vergine, non ho perso la verginità senza nemmeno ricordarmelo, la mia prima volta non è stata con un ragazzo che nemmeno conoscevo… Sono ancora vergine. Ecco perché sto piangendo! Mi asciugo subito le lacrime e mi alzo, lo guardo dritto negli occhi ma non riesco a pensare lucidamente. – Va bene – rispondo, anche se sono arrabbiata. – Va bene – ripeto mettendomi i capelli indietro, rido nervosa. – Va bene… – Mi fiondo verso la porta prima di fare un qualcosa di veramente brutto, come menarlo.
– No, Cassie, aspetta – esclama lui, ma apro la porta ed esco praticamente correndo. – Cassie! – mi chiama Cody, quando vedo Jeremy nel corridoio mi asciugo subito le lacrime che stanno scendendo, ma Cody mi prende di scatto il polso e mi fa girare. – Fammi parlare, ti prego.
– Non m’importa! – tuono io togliendo la sua mano dal mio polso. – Non m’importa.
Per favore.
Fa per prendermi un’altra volta ma mi allontano. – Non mi toccare. Non mi devi toccare – ringhio io sentendo che sto perdendo il controllo. Mi giro e me ne vado continuando a sentire lo sguardo di Jeremy addosso mentre attraverso tutto il corridoio con le lacrime agli occhi. Quando Cody fa per fermarmi ancora una volta è troppo, mi giro e gli tiro un cazzotto sul naso. Indietreggia di poco mentre il sangue inizia ad uscire da esso. Tutti quelli che stanno nel corridoio si affrettano a venire da noi, per vedere come sta Cody, quindi ne approfitto e me ne vado correndo per le scale.
Entro in camera mia con il fiatone, il groppo in gola ma senza piangere. No, mi rifiuto di piangere per una cosa del genere, so che non è solo per questo che vorrei piangere ma per la situazione in generale, ma se mi metto a piangere adesso sarà come se stessi piangendo perché Cody mi ha presa in giro dall’inizio, quando potevo benissimo non lasciare che il senso di colpa mi dicesse cosa fare. No, non devo piangere, e non lo farò. In cambio tiro un pugno al muro e mi faccio veramente molto male.
– Merda! – tuono io proprio quando la porta di camera mia si apre, mi giro e vedo Jeremy. – Che cosa vuoi adesso? – continuo ad urlare. – Lasciami in pace! Non è molto carino da parte tua seguirmi dappertutto. Chissà quanto tempo avresti dovuto aspettare se io e Cody fossimo andati a letto, poco fa!
– Molto probabilmente cinque minuti, massimo sei – risponde lui seccamente.
Rido. – Lasciami stare, Jeremy – dico dandogli la spalle, sto per esplodere, lo sento.
– Cos’è successo? – chiede lui. – Che ti ha detto Cody per farti arrabbiare così tanto? – Non gli rispondo. – Cassie, io ti posso aiutare, mi devi solo dire cos’è successo. Non so perché tu continua a credere in qualcosa che molto probabilmente non esiste, ma io e Allison…
Mi giro di scatto verso di lui e me lo ritrovo a pochi centimetri di distanza. – Vuoi veramente sapere cosa mi ha detto? – mormoro io avvicinandomi a lui pericolosamente, capisce subito le mie intenzioni e indietreggia ma annuisce. – Bé, non hai nessun diritto di saperlo. – Diventa una maschera, senza sentimenti. – Che senso ha saperlo? – chiedo io avvicinandomi ancora di più, chiudo gli occhi sentendo le mie labbra toccare le sue. – Mi… – Pensavo di riuscire a fargli del male, ma mi sto facendo male da sola in questo modo. È più forte di me: lo bacio. Un piccolo ed insulso contatto, labbra contro labbra, poi mi distacco.
– Dimmi cos’è successo – mi sussurra tenendo le labbra sulle mie, esattamente come volevo fare io. – Dimmi cosa ti ha fatto.
Un singhiozzo esce dalla mia bocca e quando capisco che sto veramente per esplodere lo bacio, questa volta sul serio. E quando pochi secondi dopo socchiude le labbra sento il mio corpo sciogliersi sotto il suo tocco. – Mi ha mentito – mormoro io allontanandomi da lui, indietreggio fino ad arrivare al muro.
Rimane dov’è, sbattendo più volte le palpebre, confuso. – Che? – Scuote la testa. – Volevo dire: che significa?
– Questo è tutto quello che devi sapere – rispondo io e la sua mascella diventa più pronunciata. – Ti conviene andare da Allison, perché ti puoi scordare che succeda qualcos’altro qua, con me.
– Tu ancora non hai capito che…
– Vattene o chiamo Louis e, fidati, non ti conviene – ringhio io.
– Non so cosa sta succedendo, ma o Cody, o quella grotta, o tutti e due ti hanno dato alla testa, Cassie – dice Jeremy andandosene, si ferma prima di aprire la porta. – Quello che sta succedendo è colpa tua, se solo mi facessi spiegare…
– Non m’interessa! – tuono io. – Quante volte te lo devo dire?! – Il secondo dopo non c’è più nessuno oltre a me.
 
Dopo essere andata da Louis e aver sentito tutto quello che aveva da dirmi sul fatto di essere stata brava e coraggiosa, gli chiedo se posso andare a visitare una persona a me cara e lui mi dice di sì, quindi faccio una grande fatica per non mettermi a correre e uscire dall’Istituto. Sto per entrare in camera Ivy mi chiama. – Dove vai così di fretta? – mi chiede mentre entra in camera mia insieme ad Isaac, Jeremy ed Allison. Non posso credere di star facendo entrare anche lei nella mia camera, ma non ho intenzione di farmi rovinare il momento da quei due.
– Vado da Austin – rispondo io accennando una risata. – È da quando mi sono svegliata che penso al fatto che quei ricordi non sono solo ricordi, secondo me la mia mente mi voleva dire che in realtà mi manca Austin, quindi credo sia arrivato il momento di andarlo a trovare. Molto probabilmente Jack non gli avrà nemmeno detto che sono viva, quindi starà in lutto da mesi ormai! – Prendo il giacchetto di pelle che mi ha regalato proprio Austin e mi guardo allo specchio. – Sincera, è troppo? – chiedo guardando Ivy, cerco veramente di non guardare Jeremy ma non ci riesco, è più forte di me e in questo momento mi sta guardando quasi con odio.
– No, affatto, ti sta molto bene, ma… chi è Austin? – chiede Ivy, perplessa.
– Non sarà mica il dark, vero? – chiede Isaac, gli sorrido. – Oddio, no – esclama lui mettendosi una mano davanti la faccia.
– Non criticarlo! – dico io puntandogli il dito contro. – Nemmeno lo conosci! È un bravissimo ragazzo, eravamo molto legati, poi… – "Mi ha lasciata e abbiamo iniziato ad allontanarci sempre di più, ma per colpa mia" vorrei dire, ma non lo faccio. – Io vado – aggiungo senza nemmeno guardare Jeremy, mi basta vederlo con la coda dell’occhio e quello che vedo, cioè una faccia tutta rossa per la rabbia, mi basta e mi avanza pure.
Guido fino alla casa di Austin, ma non scendo subito, mi fermo prima a guardarla. È sempre la stessa: il giardino curato, la casa di un colore strano tra il rosa e l’arancione, con il tetto rosso scuro. Apro lo sportello della macchina ed esco, citofono e qualcuno urla: – Austin, vai tu? – Ed io già so che è la madre e non riesco fare a mento di sorridere. Per fortuna non hanno cambiato casa.
La porta si apre e mi ritrovo davanti un ragazzo completamente diverso da quello che avevo lasciato mesi fa, ha i capelli corti neri, i suoi occhi sono ancora scuri e perennemente spaesati, la maglietta nera ora è più attillata e mette in evidenza i pochi muscoli che ha. Devo ammetterlo: è migliorato molto di aspetto. – Cassie? – chiede lui, incredulo.
 Sorrido pensando a cosa dire, insomma cosa si dice in questi casi? “ Oh ciao! Ti ricordi di me? Si, lo so, sono sparita… ma adesso sono qua. Sei felice di vedermi? Ah, dimenticavo! Non sono morta!” – Ciao, Austin – mormoro semplicemente, sospirando. Mi abbraccia facendo un giro su sé stesso, rido, sono felice di avere di nuovo il mio migliore amico e si, anche il mio ex ragazzo.
– Sei… – Si distacca da me e mi accarezza il viso. – Sei viva – mormora, annuisco mentre il mio viso va a fuoco per l’imbarazzo. – Ho sentito del centro di addestramento, pensavo ti avessero uccisa! – esclama prima di abbracciarmi un’altra volta, ed io non posso far altro che stringerlo a me e ridere ancora una volta.  – Mamma, corri! – urla Austin ridendo.
Sento i passi della madre che si avvicina. – Che succede? – chiede lei con uno straccio tra le mani, che cade quando mi vede. – Cassie? – chiede con la bocca aperta, annuisco ridendo. – Oh, grazie a Dio sei viva! – esclama abbracciandomi. – Oh, ma quanto sei diventata bella – mormora con le lacrime agli occhi toccandomi i capelli. – Pensavamo tutti che fossi morta! Come sei diventata bella, piccola mia! È diventata bella, vero, Austin? – cheide lei continuando a guardarmi con le lacrime agli occhi, sto diventando sempre più calda per l’imbarazzo, ma la mamma di Austin è sempre stata così: mi ha sempre guardata come se fossi chissà che bella ragazza, fa parte del suo carattere, vede solo le cose bella della persona e le accentua molto di più.
– È sempre stata bella – risponde Austin guardandomi con lo stesso sguardo della madre, la somiglianza è sorprendente ora come ora; sorrido ancora di più sentendo le mie guance andare a fuoco.
– Dai, entra! – esclama la madre facendosi da parte, ma Austin la ferma e così lo sguardo con un groppo in gola. Che succede? È arrabbiato con me per non essermi fatta viva prima?
– No, mamma – ribatte Austin guardandola. – È meglio se usciamo. – Mi guarda cercando la mia conferma. – Giusto, Cassie?
– Per me va bene – rispondo io facendo spallucce e mi accorgo che il mio buon umore è magicamente tornato, grazie ad Austin. Lo ringrazio in silenzio, anche se molto probabilmente non sa nemmeno il motivo, ma per fortuna non se ne accorge.
– Va bene – borbotta la mamma tirando lo straccio al figlio. – Allora sarà per la prossima volta. – Mi abbraccia un’altra volta e mi rendo conto che mi sono mancati i suoi abbracci calorosi. – Ogni tanto vieni a trovarci che ci fa piacere!
– Va bene – rispondo io distaccandomi da lei. – Ciao.
– Ciao, tesoro – mormora lei sorridendomi, per poi chiudere la porta.
  Rimaniamo in silenzio per un po’ a camminare, ogni tanto lo guardo, giusto per avere una conferma che il ragazzo che ho accanto sia veramente il mio Austin, e il mio cuore ogni volta si riscalda quando mi rendo conto che è veramente lui e non sto affatto sognando. – Ti sei alzato – inizio, in imbarazzo, per iniziare un maledetto discorso. Non è mai stato così strano parlare con lui come adesso e questo mi rattrista perché con lui sono sempre riuscita a parlare come se stessi parlando con me stessa.
– Bé, sono un po’ cambiato – risponde lui guardando avanti e mettendo le mani dentro le tasche dei jeans neri. – Da quant’è che non ci vediamo? – chiede poi.
– Quattro mesi più o meno – rispondo io, sono sorpresa perché non ci ho nemmeno dovuto pensare. Mi rendo conto che in realtà mi è mancato veramente molto, e che quei quattro mesi li avevo calcolati da un bel po’ di tempo senza nemmeno rendermene conto.
I suoi occhi s’illuminano, segno che è sorpreso. – Wow! Così tanti?! – chiede e così annuisco. – Già, bé… ho voluto cambiare un po’ di cose del mio aspetto. Credo arrivi per tutti quel momento in cui dici “aspetta, devo cambiare tanto quanto sono cambiato mentalmente”. – Fa spallucce accennando un sorriso timido. – Quindi ho messo da parte il mio stile dark.
Scoppio a ridere. – Ti vesti sempre di nero però! – esclamo io indicando i suoi vestiti. E mi sento meglio, perché per fortuna ci siamo sbloccati e ora sembra di essere tornati indietro a quando ancora non stavamo insieme, o a quando mia madre non era ancora… morta.
– Si, ma non ci posso fare  niente! – esclama lui. – Il nero è fantastico. – Continuo a ridere fino a quando non mi dice: – Invece sai chi trovo veramente cambiata? Te. – Lo guardo in silenzio, cercando di rendermi conto se sono veramente cambiata o no. – Hai fatto qualcosa ai capelli? – chiede poi, mentre io capisco di essere semplicemente cresciuta dentro di me, non fuori. Ma non posso dirgli tutta la verità, impazzirebbe tanto quanto me e non voglio fargli questo. – Ce li hai sempre avuti molto lui ma adesso sono veramente… – Si ferma per fare un fischio e mi strappa un’altra risata. – Ti stanno molto bene – aggiunge seriamente.
Lo guardo, imbarazzata. Non mi fa sentire a mio agio sapere che la gente mi sta guardando, anche se si tratta solo di Austin. Lui lo sa, quindi a quanto pare per lui è molto importante quello che mi sta dicendo, il ché significa che c’è un altro significato sotto questa frase e forse è che mi trova semplicemente bene, non più depressa per la morte di mia madre… e di mio padre adesso. Quindi per finire direi che la traduzione è “ti trovo molto bene dall’ultima volta che ti ho vista, senza calcolare il fatto che sembri stare bene anche se tuo padre è morto da poco tempo”. – Grazie – rispondo io.
– E ti sei alzata un po’ – aggiunge mettendomi una mano sulla testa, ma lo sta facendo solo per alleggerire il discorso visto che ha capito che so il vero significato della sua frase.
– Poco – mormoro guardando i miei piedi, ancora più imbarazzata. Oggi dovrebbe essere la giornata dell’imbarazzo, sul serio!
– Ti trucchi un po’ di più… ma non è nemmeno questo! C’è un qualcosa di diverso in te ma non riesco proprio a capire cosa, e questo mi fa innervosire – sbotta lui alzando le mani al cielo.
Gli sorrido. – Un po’ di mistero non ha mai fatto male a nessuno – rispondo, sa benissimo che quando non rispondo alle sue domande silenziose è perché non voglio farlo e non perché non lo capisco. E anche questa volta lo capisce e annuisce senza aggiungere altro. Faccio per dire che mi dispiace quando il cellulare inizia a squillare dentro il mio giacchetto, sbuffo e lo prendo. – Scusami – mormoro prima di rispondere.
– Cassie! – esclama Ivy. – Senti lo so che non ti va e lo so che tu ed Austin non state insieme. Indovina? So anche che tu e Jeremy avete litigato di brutto, ma Isaac mi sta tartassando e sai benissimo com’è fatto. Vuole che facciamo un’uscita a sei sta sera. Di sicuro è solo una scusa per conoscere Austin, perché tutti sappiamo che a volte, anzi la maggior parte delle volte Isaac si vuole mettere in mezzo alle presunte relazione dei sui amici, e sono sicura che se non fosse per il fatto che siamo in sei e non in quattro la faccenda ti andrebbe pure bene.
Alzo gli occhi al cielo, so già chi sono le altre due persone ma tanto vale chiedere per un’eventuale conferma. – Perché in sei? – chiedo guardando un Austin perplesso.
– Perché quel cretino di Isaac ha anche invitato Jeremy ed Allison. Sicuramente perché vuole che Jeremy conosca Austin e per qualche motivo allora ha invitato pure Miss Puttanella, molto probabilmente per non fare sentire in imbarazzo Jeremy… come se questo potesse bastare – borbotta Ivy.
Allontano un po’ il cellulare e guardo Austin. – Ti andrebbe di uscire con i miei amici e me sta sera? Andiamo a cena fuori – chiedo guardandolo con occhi supplicanti, perché in realtà voglio che tutti vedano Austin e che capiscano una volta per tutte che è una delle persone più dolci e buone di questo mondo. Lui annuisce anche se non sembra molto convinto, so che è ancora asociale come me ma sta facendo un sacrificio. – Va bene, allora ci vediamo alle otto al ristorante “Artu”?
– Si, va bene – risponde lei per poi attaccare senza nemmeno salutare, si vede che anche a lei questa serata non le va a genio. Per la prima volta la vittima è stata Ivy e non Isaac.
Appena metto il cellulare nel giacchetto Austin scoppia a ridere. – Ti ricordi al ristorante?! Che figuraccia! – esclama lui, rido per poi annuire. Mio padre e le sue scenate di gelosia con il povero Austin…

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Capitolo 25
*** Anime gemelle ***







Capitolo 25
Anime gemelle
 
È sera ormai, io ed Austin siamo stati tutto il girono fuori, tra un centro commerciale, il pranzo al cinese ed il parco mi sembra quasi che non sia cambiato niente e  di averlo visto tutti i giorni da quando me ne sono andata, ma sappiamo entrambi che purtroppo non è stato così.  Mi dispiace ammetterlo, ma purtroppo da quando è successa quella cosa a mio padre non avevo mai pensato sul serio ad Austin, non fino ad oggi. Comunque adesso stiamo qua ed Austin sembra aver capito… anche se infondo non sa praticamente niente.
Ci sediamo ad un tavolo da sei, tutti gli altri ancora non sono arrivati e questo non fa altro che agitarmi ancora di più. Non riesco proprio a capire il motivo di questa uscita a sei, potevo capire Ivy ed Isaac, ma Jeremy e Allison?!
– Come mai sei così agitata? – chiede Austin portandomi subito alla realtà.
Lo guardo. – Cosa? – chiedo. – Non è vero, non lo sono – rispondo io aggrottando la fronte.
– Cassie Moonic, ti conosco da sette anni, e tu sei agitata – ribatte lui sorridendomi, compiaciuto. Ed è vero! È imbarazzante quanto ogni volta riesca a capire cosa provo solo osservandomi, ma dopotutto è una delle mille cose che amo di lui. Nessun segreto, tanto è inutile.
Sbuffo. – È che… sta per venire questo ragazzo con la sua ragazza ma io… provo qualcosa per lui e mi ha detto che la stessa cosa vale per lui, ma per qualche motivo sta ancora insieme alla sua ragazza. – Scuoto la testa sentendomi ridicola, stare così per un ragazzo fidanzato o comunque per un ragazzo mi disgusta. Dov’è la vecchia me? Non ero così, non mi facevo affatto influenzare dal fatto di essere innamorata prima, quindi cos’è cambiato? Tutto in realtà, ma questo non significa che io debba cambiare.
– Ti ha detto che ti ama? – chiede, annuisco. – Non credi che se ti amasse veramente l’avrebbe già lasciata quella ragazza? – Sento il mondo crollarmi addosso e lui lo sa benissimo, mi mette una mano sopra la mia. – Mi dispiace dirtelo in modo così schietto, ma devi sapere quella che secondo me è la verità.
Faccio per dire che non fa niente e che ha ragione quando sento la voce squillante di Ivy esclamare: –  Eccovi! – così alzo lo sguardo verso l’entrata e guardo Ivy con accanto Isaac e poi Jeremy ed Allison, entrambi però non sembrano molto felici di vederci e devo dire che la cosa vale anche per me. – Ciao! – saluta Ivy. – Piacere, Ivy. – Austin si alza per stringere la mano di Ivy e di tutti gli altri. Dopo tutte le presentazioni ci sediamo: Isaac a capotavola, Ivy tra lui e me, Austin accanto a  me e davanti a noi ci sono Jeremy ed Allison.
– Allora, che prendiamo? – chiede Isaac prendendo il menù. – Amore, tu vuoi la pizza, giusto? – chiede guardando Ivy, che annuisce subito. – Margherita? – Ivy annuisce ancora una volta con occhi sognanti ricordandomi che anche il mio stomaco esiste, e sta borbottando per la fame.
Austin scoppia a ridere e così mi giro verso di lui, divertita. Appena capisco il perché rido anch’io ma cerco di trattenermi tanto quanto Austin. – Anch’io prendo la margherita – dice Austin, poi mi guarda, rosso in viso per lo sforzo dal trattenersi dal ridere. – Ce la dividiamo come sempre? Qua le fanno enormi.
– Cosa c’è da ridere? – chiede Jeremy, che sembra molto infastidito con la sua espressione distaccata e più fredda che mai.
– Una volta, quando stavamo ancora insieme, siamo andati a mangiare una pizza con i suoi genitori. Al padre non sono mai stato molto simpatico…
– Oh, non è vero! – esclamo io dandogli un pugno sul braccio.
– Si, invece – risponde lui ridendo. – Cercava di fare il carino ma continuava a fulminarmi con gli occhi. Comunque, io e Cassie c’eravamo messi insieme da poco e il padre ancora non si fidava di me, nonostante mi conoscesse da anni, e così quando ci portarono le pizze suo padre, che aveva una pizza margherita, mi disse “bando alle ciance, se fai soffrire mia figlia tornerò in questo ristorante solo per prendere la stessa, identica pizza che adesso ho tra le mani per tirartela in faccia. E sarà solo l’inizio”.
Scoppio a ridere mettendomi le mani davanti al viso, imbarazzata e divertita allo stesso momento. – Austin rimase in silenzio, era completamente bianco, non me l’ero aspettato nemmeno io quindi figuriamoci lui! – Scuoto la testa ridendo. – Così dissi a mio padre di smetterla e lui disse semplicemente “che c’è? Deve sapere chi ha davanti” – aggiungo io. Austin, Ivy e Isaac stanno ridendo, i soli a sembrare ad un funerale sono Jeremy ed Allison, che continua a lanciare occhiatacce a Jeremy.
Austin prende la mia mano che sta sul tavolo per poi stringerla forte, so benissimo che fa quel gesto solo quando si sente in imbarazzo così lo guardo e gli sorrido. A quel punto Jeremy si alza dalla sedia. – Scusatemi, devo andare un attimo in bagno. – Faccio per dire qualcosa, visto che sembra ancora più infastidito, ma mi fulmina con lo sguardo e così lascio stare. Poco dopo si alza anche Allison per raggiungere Jeremy e lo stomaco sembra rivoltarsi.
– Spero per te che non sia il ricciolino, perché quello è cotto della sua ragazza. Spero che tu prova qualcosa per quello che è appena andato in bagno, perché o ha problemi a controllare la sua rabbia anche quando non sta succedendo niente oppure è geloso. Io proporrei la seconda. – Il mio cuore fa un balzo e non posso fare a meno di sorridere.
– Dovevate amarvi molto voi, eh? – chiede Ivy con gli occhi che lanciano scintille. È questo che mi piace di Ivy: è sempre ottimista e romantica, così romantica che sembra quasi una bambina.
– Eravamo innamorati – risponde Austin, sorrido abbassando lo sguardo, imbarazzata. – Molto innamorati – mormora dopo poco tempo guardandomi con la coda dell’occhio. Allison si siede, più arrabbiata di prima, facendo innervosire ancora di più Austin. – Tutto bene? – chiede.
– Si – risponde lei sputando acido e sto per risponderle male ma arriva anche Jeremy e in più Austin capisce tutto e mi stringe la coscia facendomi sussultare. Jeremy abbassa lo sguardo su di me e poi ancora più giù, spalanco gli occhi rendendomi conto a quello che sta pensando e così tolgo la mano di Austin e la stringo per poco e poi la lascio. Intanto Jeremy fa una smorfia disgustata e guarda dall’altra parte, facendomi sentire ancora più in imbarazzo.
Poco dopo arrivano tutte le pizze ed iniziamo a mangiare, Ivy ed Isaac iniziano a parlare del più e del meno, di come si sono incontrati. – Stavo in salone in cerca di un libro decente, poi entrò Isaac e la prima cosa che vidi furono i suoi ricci. – Scoppiammo tutti a ridere. – Amavo quei ricci, amo questi ricci! – esclama lei ridendo. – E… non so, immagino sia stato amore a prima vista, o almeno per me. – Si gira verso il suo ragazzo e gli sorride, così lui scuote la testa sorridendo e la bacia, entrambi riescono a contenersi però… Grazie a Dio.
Rimango per un po’ a pensare che quell’espressione ha fatto Isaac prima di baciarla assomigli tanto a quella che ha fatto Jeremy quand’eravamo in macchina, prima di dire: “tu non hai idea di quello che mi fai”. Arrossisco un po’ e alzo lo sguardo verso Jeremy, che già mi sta guardando. Entrambi sussultiamo e abbassiamo lo sguardo quando Austin chiede ad Ivy: – Scusami, ma che ci faceva nel tuo salone? Voglio dire, la gente non entra nei saloni altrui come se niente fosse, o sbaglio?
Sento il sangue gelarsi nelle mie neve e tutti al tavolo sbiancano tanto quanto me. – No, no, infatti ero il figlio degli amici del padre, che ci aveva invitato a pranzo – risponde subito Isaac, anche se abbassa lo sguardo continuamente.
Austin non sembra molto convinto ma fa finta di niente e tutti ricominciamo a mangiare, anche se l’atmosfera si è molto raffreddata. Stranamente è Allison a parlare per prima. – Come mai non parlate più delle vostre avventure amorose? – chiede guardando prima me e poi Austin.
Cerco di ucciderla con lo sguardo, ma purtroppo non ci riesco. – Non ci piace molto parlare mentre mangiamo – rispondo io continuando a fulminarla con gli occhi. È più forte di me: la odio.
– Wow! – esclama lei ridendo. – Avete molte cose in comune. – Che gioco sta giocando? Non riesco a capirla, maledizione!
Austin però fa una mezza risata. – Si, è vero – risponde lui guardandola. – Quando stavamo insieme tutti dicevano che, secondo loro, eravamo anime gemelle.
Ed ecco il finimondo. Ivy si strozza con un pezzo di pizza, Jeremy sembra diventare più bianco ogni secondo di più, Allison è rossa in viso… Chiudo gli occhi, mortificata. – Guarda su, amore – borbotta Isaac dando dei colpetti sulla schiena di Ivy, entrambi sono rossi in viso, la differenza è che lei si sta ancora strozzando con il pezzo di pizza.
– Ho… ho detto qualcosa che non va? – chiede Austin, immobile e nervoso. Odia fare qualcosa di strano, qualcosa che non va, anche se sa di essere strano.
Faccio per parlare ma Allison mi precede. – Oh, non la sai? – chiede Allison, furiosa. – I due piccioncini qua, Cassie e Jeremy, sono veramente anime gemelle. – Chiudo un’altra volta gli occhi e mi giro verso Isaac tenendo la testa tra le mani. Non l’ha fatto veramente, non può averlo detto. L’ammazzerei. Se non fosse un crimine l’avrei già ammazzata.
Austin ride, confuso. – Cosa? – chiede lui cercando il mio sguardo. Anche se sono ancora girata verso Isaac, chiedendogli aiuto in silenzio, so benissimo che Austin sta cercando i miei occhi.
– Non lo sapevi? – chiede Allison continuando a sputare acido.
– Allison, basta – mormora Isaac, arrabbiato. Sento lo sguardo di Jeremy addosso, in realtà sento praticamente lo sguardo di tutti addosso! So che Jeremy è infuriato tanto quanto me, ma per qualche motivo non sta cercando di fermare la sua ragazza. Forse lui sperava che questo accadesse.
– Cosa c’è? Perché non hai detto la verità, Cassie? – chiede Allison, apro gli occhi solo per guardarla male. – Per caso volevo provare ad andare a letto pure con lui, tanto per vedere se riuscivi ad innamorarti di qualcun altro, magari non impegnato?
Rimango senza parole, senza fiato. Non lo sta facendo veramente, non sta rovinando tutta la giornata. Questo è un incubo. Non sta succedendo davvero.
– Allison! – ringhia Jeremy, rosso in faccia; sta cercando di non urlare. – Non provare a rivolgerti a lei in questo modo!
– Cassie, che sta succedendo? – mi chiede Austin guardandomi con quei suoi occhioni neri.
Rimango in silenzio per un po’ con il respiro affannato e il cuore a mille. – Austin, è… è una lunga storia – balbetto io cercando di mantenere la calma e di non iniziare ad urlare contro a tutti, Ivy compresa. Perché io non volevo fare quest’uscita, ma lei ha continuato a tartassarmi, come fa sempre, insieme al suo ragazzo. E adesso sono in difficoltà, Austin continua a guardarmi più confuso che mai, mentre m’implora silenziosamente di dirgli la verità.
– Oh guarda, in realtà non è poi così lunga… – continua Allison, ma Jeremy alza le mani per poi sbatterle sul tavolo facendo un rumore assurdo, tutti sobbalziamo e la gente che sta cenando si gira verso di noi.
– Ti accompagno a casa, Allison – ringhia Jeremy a denti stretti, ora è veramente furioso.
Allison gli fa un finto sorriso. – Grazie, ma ci vado da sola – risponde lei, per poi alzarsi ed andarsene.
Mi metto un’altra volta le mani davanti al viso, distrutta. – Cassie? – mi chiama Austin, ma adesso si sta arrabbiando e lui può essere crudele con le sue domandine quand’è veramente arrabbiato. Faccio un respiro profondo per non urlargli contro.
– Credo… vi serva un po’ di tempo – dice Ivy alzandosi dalla sedia, tutti la seguono per lasciarci un po’ di tempo a disposizione, ma come faccio a dirgli in un ristorante tutta la verità?!
Ma come faccio a non dirgliela? Quindi quando per l’ultima volta mi chiede cosa diavolo sta succedendo gli racconto tutto, dalla prima cosa all’ultima, senza tralasciare niente. Ha il diritto di sapere ogni singolo dettaglio di questo casino; dalla “morte” di Iris e l’incontro di Derek agli orribili esseri che ho dovuto affrontare nella caverna. E ora è tutto bianco. – Ho bisogno di un po’ d’aria – mormora alzandosi, faccio per seguirlo ma si ferma. – Da solo – aggiunge, lo guardo dispiaciuta. – Scusami ma non ti voglio accanto adesso. Prende ed esce dal ristorante, e io mi sento più pesante del solito.
– Qualcosa mi dice che non è andata molto bene – borbotta Isaac tornando insieme agli altri, sembrano tutti dispiaciuti ma ormai è troppo tardi per esserlo.
Guardo il mio piatto mentre sento la rabbia crescere dentro di me, guardo tutti e non ne salvo nessuno: cerco di fulminarli con lo sguardo ma purtroppo nessuno sembra morire. Non dovevamo fare quest’uscita, l’avevo detto ma loro no, dovevano farla per forza. – Grazie – esclamo io guardando Jeremy, che abbassa lo sguardo. – Grazie davvero! – Sposto in malo modo la sedia facendo un po’ di rumore e me ne vado dando una spallata a Ivy visto che non sembra volersi spostare.
Appena esco dal ristorante per andare da Austin mi dice: – Cassie, devo stare un attimo da solo – senza nemmeno girarsi verso di me, sa già che sono io.
E per quanto possa capirlo non riesco proprio a dargli ascolto, non posso lasciarlo solo. – Ti capisco – ribatto io andando vicino a lui. – Ma devi sapere che l’ho fatto per proteggerti. Ho sempre pensato che fosse meglio così…
– Lo so ma come fai a proteggermi in questo modo? – chiede guardandomi ma senza girarsi del tutto verso di me, il mio stomaco si stringe a causa del senso di colpa. – Non ce l’ho con te, ok? È che… non riuscivo a capire cosa ci fosse di diversi in te, ma adesso ho capito: sei cresciuta tantissimo e il tuo coraggio, il tuo essere sempre così… Questo sta facendo di te una bellissima ragazza. – Sento le lacrime arrivare. – Vieni qua – mormora abbracciandomi. – Ti voglio bene, Cassie. So che non mi sono comportato molto bene, che non mi sono fatto sentire in questi ultimi mesi, ma…
Lo fermo mettendo una mano davanti la sua bocca. – Non ce n’è bisogno, Austin. So il perché. Eri distaccato per quello che avevo cercato di fare quando mi hai lasciato.
– Sei stata la cosa più vera, il sentimento più vero che mi sia mai capitato e quello che è successo quella mattina… – La porta dietro di noi si apre e quando mi giro vedo Jeremy, che ci guarda come se stesse cercando di capire se è tutto ok. – Tu eri già distrutta per la perdita di tua  madre ed io non ho fatto altro che peggiorare le cose.
– Non è stata solo colpa tua, Austin; ho cercato di comprarti facendo sesso con te, è normale che questo ci abbia fatti allontanare più del dovuto. Mi dispiace, è solo che… non stavo bene. Avevo bisogno di aiuto ma non sapevo quale tipo di aiuto.
– Lo so, ma ero soprattutto arrabbiato con me! – esclama lui, aggrotto la fronte, confusa. – Io ti amavo e per quanto sapessi che fosse sbagliato… una parte di me voleva solo mandare a fanculo tutto e stare con te. Ero ancora innamorato di te e ti stavo lasciando! E… e ti ho fatto ancora più male, ma…
– No, smettila – mormoro io abbracciandolo. – Sapevo che mi amavi ancora, era per questo che ho agito in quel modo: non riuscivo a capire, ma poi ho capito ed è questo l’importante.
– Ti voglio così bene, Cassie – mormora lui stringendomi a lui e nascondendo il viso nei miei capelli.
Lo accarezzo chiudendo gli occhi, per la prima volta dopo tanto tempo in pace con me stessa e con il mondo. Tra le sue braccia riesco a respirare come se fosse tutto normale, come se la vita fosse ancora la mia e non si fosse sgretolata tanto tempo fa. – Anch’io ti voglio bene, Austin. Tantissimo.
– Dai, entriamo, i tuoi amici ci stanno guardando – esclama lui accennando una risata, purtroppo però riesco a capire benissimo quando sta fingendo di stare bene e adesso è uno di quei momenti. So che è normale, qualsiasi persona sarebbe scioccata dopo una notizia-bomba come quella che gli ho dato, ma vorrei solo che mi guardasse e mi dicesse che deve andare a casa.
Jeremy è insieme agli altri e nemmeno ci guarda quando entriamo, cosa che invece fanno tutti gli altri. Stranamente la serata procede abbastanza bene, Austin sembra essersi ripreso e continua a parlare delle nostre “avventure” visto che Ivy continua a chiederne altre; ogni volta mi viene da ridere, perché purtroppo è impossibile dire di no ad Ivy, soprattutto quando entra in fissa con qualcosa. In questo caso sembra essere entrata in fissa con la relazione tra me e Austin.
– E così – continua Austin, – sua madre mi guarda e mi dice “so quello che avete fatto” ed io ero tipo”cosa?!”. – Tutti scoppiamo a ridere, l’unico che non si sembra divertire è Jeremy ma faccio finta di non notarlo. – Così la madre, dopo un lungo momento di silenzio, mi dice “ho visto le foto, Austin”.
Rido mettendomi le mani davanti al viso. – Vi giuro che in quel momento pensavo che Austin sarebbe svenuto davanti a mia madre! – esclamo io e così tutti si mettono a ridere un’altra volta.
– Si, è vero! Mi girava la testa e non sapevo come spiegare alla madre della mia ragazza che avevamo saltato scuola più volte per andare a sporcarci di fango con quelle strane moto! Insomma, pensavvo non me l’avessero più fatta vedere e invece ad un certo punto si è messa a ridere.
– Mia madre era così – spiego ad Isaac e Ivy, visto che sembrano entrambi confusi dalla reazione di mia madre. – Prima faceva la parte della madre arrabbiata, solo per farti cagare un po’ in mano, e poi iniziava a scherzarci su.
Ivy sorride con gli occhi sognanti. – Che bello – mormora, e mi rendo conto che anche a lei deve mancare molto la madre, o forse la figura materna in generale, visto che sua madre morì quando lei aveva solo cinque anni. Parla di lei molto raramente ed io cerco sempre di non obbligarla a farlo, perché so benissimo come possano fare male i ricordi.
– Devo proprio andare! – esclama Austin guardando l’orologio al polso che ha da così tanto tempo che mi sembra essere nato con quel coso al polso. – Se voglio rimanere vivo. Mia madre sarà incazzata nera, non le ho più fatto sapere niente! – esclama lui ed io mi rendo conto che ha ragione: non le abbiamo più fatto sapere niente. Mi da un bacio sulla guancia e saluta tutti gli altri con la mano. – Questi sono i soldi… – mormora lui posando sul tavolo dei soldi. – Ciao, è stato un piacere cenare con voi – dice lui andandosene. Si gira per guardarmi e mi fa segno di chiamarlo così annuisco, ma poco dopo va a sbattere contro un uomo che esclama un: – E sta attento! – Faccio una smorfia per poi scoppiare a ridere, così Isaac e Ivy si girano verso Austin, che è intento a scusarsi con l’uomo ma quest’ultimo non sembra dargli molto tempo visto che prende e se ne va. Austin mi guarda un’altra volta e fa spallucce, mi sorride e se ne va una volta del tutte.
– Che cretino – scherza Ivy guardandomi. – Comunque è migliorato molto.
– Ehi! – esclama Isaac stringendola a sé e così Ivy si mette a ridere. Quanto le piace farlo morire di gelosia?!
– Tranquillo amore – lo tranquillizza lei dandogli un bacio a stampo. – Tu sei il più bello di tutti. – Isaac sembra essersi calmato e così la bacia. Un’immagine mi passa davanti: io e Jeremy sul letto mentre ci baciamo. Mi giro per guardarlo ed incontro subito il suo sguardo, sento una scossa percorrere tutto il mio corpo. Da quant’è che mi sta guardando?
– Vabbé – esclama Isaac. – Andiamo? – Mette un po’ di soldi sul tavolo e Jeremy fa lo stesso.
– Si – risponde Ivy alzandosi, faccio lo stesso anche se con meno entusiasmo.
 
Una volta tornati all’istituto salgo su dopo aver salutato Isaac e Ivy, di Jeremy non c’è neanche più l’ombra o il suo profumo. Quando entro in camera e faccio per buttare il mio giacchetto sul letto faccio un balzo: Jeremy. Cerco di mantenere il controllo anche se con lui è praticamente impossibile. Ci riesco, riesco a non urlargli contro come una matta. – Che ci fai in camera mia? – chiedo freddamente chiudendo la porta dietro di me.
– Scusami – dice lui continuando a guardare per terra. –È che – alza lo sguardo e per la prima volta in tutta la serata sembra veramente triste, – mi volevo scusare per come si è comportata Allison prima.
Sbuffo buttando sul letto il giacchetto. – È stata veramente stupida – ringhio per poi allacciarmi i capelli e mettermi davanti a lui con le braccia incrociate. – Ora puoi andare.
– Mi dispiace che tu ti sia svegliata senza che io fossi lì, accanto a te. Ti eri appena svegliata e mi hai visto con lei, ma…
– Lascia stare, Jeremy. Non ho voglia di parlarne, in realtà non ho proprio voglia di parlare, quindi figuriamoci con te. Sei pregato quindi di andartene – lo fermo io, troppo stanca per  iniziare un argomento come questo.
– No, tu continui a non farmi spiegare! – esclama lui, arrabbiato. – Io e lei non siamo mai stati insieme! Mai! E lei sa benissimo che tra noi due è finita, visto che le avevo già spiegato la situazione prima di partire, ma siamo comunque legati in qualche modo e quindi quella mattina stavamo facendo colazione insieme. Tutto qua. – Guardo il bagno, arrabbiata, senza aggiungere niente. – Sta sera ho pensato a quanto quel Austin sia stato fortunato. Si, insomma… ha incontrato la te spensierata, i tuoi genitori… Io avrei voluto conoscere i tuoi genitori e avrei voluto che tu conoscessi i miei, ma lui ha incontrato i tuoi genitori, lui è stato con la te spensierata. – Scuote la testa ridendo. – Hai scelto lui. E avrei voluto essere io quel ragazzo, quello con cui sei stata per più di un anno, quello che scherzava con i tuoi genitori. – Sbuffa. – È stata una serata orribile. C’eravate tu e lui, ridevate e continuavate a raccontare tutti i vostri momenti ed io non facevo altro che chiedermi se ti avrei mai avuto anch’io come la mia fidanzata. Mi sono chiesto ripetutamente cos’avesse lui in più di me. Mi hanno sempre detto che sono un bel ragazzo, perfetto, ma sta sera vi ho visti insieme e ho pensato “ne siamo sicuri?”. – Abbasso lo sguardo per non fargli vedere che mi sto commuovendo. – Poi quando siete usciti volevo vedere se era tutto ok, visto che era colpa mia se Austin era sotto shock, ma quando sono uscito voi stavate semplicemente parlando. – Si ferma per un po’. – Non ho ben capito di cosa, se di sesso o altro e non lo voglio nemmeno sapere!
Mi si stringe il cuore a vederlo così, e so che in realtà vuole sapere la verità. – Stavamo parlando di come ci siamo allontanati da quando mi ha lasciata – rispondo quindi io. – Soprattutto perché io ho provato a comprarlo con il sesso, senza riuscirci però. – Scuoto le spalle. – Non riuscivo a pensare lucidamente in quel periodo, non m’importava poi così tanto la mia verginità dal momento che avevo problemi molto più gravi.
Mi guarda per un po’ a bocca aperta, sicuramente pensando al fatto che in realtà io sono ancora vergine. Scuote la testa, rosso in viso. – Devi sapere che io e Allison non ci siamo più sfiorati da quando le ho fatto capire che non volevo nessun’altra relazione al di fuori di quella che avevo con te. – Si alza e va verso la porta. – Quindi… cos’è successo con Cody?
Alzo gli occhi al cielo. – Quello stronzo mi ha mentito. Sapeva benissimo che io non mi ricordavo niente di quella sera e così mi ha mentito dicendomi che eravamo andati a letto insieme solo perché secondo lui sono una bella ragazza.
Scuote la testa ridendo, ma si vede che è arrabbiato. – Coglione. – Mi guarda per un po’. – Mi dispiace però se ci stai male.
Faccio spallucce. – Sto meglio. E comunque questo mi fa sentire meno in colpa, visto come si era comportato prima di partire… pensavo quasi che l’avessi tradito. – Mi fermo a guardarlo pensando a quella sera. – Con te. – Scuoto la testa. – Anche se in realtà non stavamo insieme, lui lo sapeva benissimo, ma mi dispiaceva comunque per lui.
– Non devi, è un coglione. Mentire per averti accanto è da stupidi, soprattutto se si tratta di mentire su sesso, visto che sei… vergine – ribatte lui arrossendo un po’, lo trovo adorabile quando s’imbarazza. – Buonanotte, Cassie.
Abbasso lo sguardo ricordandomi quella sera, quando abbiamo dormito insieme. Quel suo “buonanotte, Cassie” era molto meglio di questo. – Quindi? – chiedo io, e così si gira chiudendo la porta. Vuole andarsene, si vede, ma devo sapere. – Mi dici tutte queste cose carini e dolcissime e poi te ne vai così? – Aggrotta la fronte, confuso. – Dici che vorresti essere il mio ragazzo ma poi non ci provi nemmeno!
– Perché non ha senso! – esclama lui alzando le braccia al cielo. – Perché dovresti stare con uno come me quando hai un tipo come Austin?! Bello, dolce e simpatico. Non ci provo nemmeno, perché mi ami ma ha veramente importanza quando hai accanto uno come quello?!
Mi guarda tristemente. Jeremy senza autostima è come un bambino senza la mamma. Non può essere vero, e fa così male vederlo così. – Forse perché sei la mia anima gemella e ti amo veramente. Non amo Austin, amo te.
C’è un momento di silenzio, nessuno dei due si muove ed io m’innervosisco ogni secondo di più, continuo a pensare che ho parlato senza pensare e questo non va bene, calcolando il fatto che gli ho detto che lo amo. I miei pensieri si cancellano del tutto quando strizza gli occhi per qualche strano motivo e poi viene verso di me a passo deciso. Prende il mio viso con tutte e due le mani e mi bacia con trasporto, facendomi sentire tutto quello che sta provando, facendomi capire quanto sia amareggiato per la storia di Austin. Rabbrividisco sentendo ogni cosa, ogni emozione di lui.
Poi però mi ricordo che lui sta con Allison e lo allontano. – No, aspetta – borbotto io. – Tu e Allison. Mi devi spiegare cos’è successo perché non mi sembravate solo amici.
– Non ci siamo più toccati da quando io e te abbiamo deciso di provarci, nemmeno quando hai deciso che io e lei stavamo insieme solo perché stavamo nello stesso tavolo. Lei ha detto che prova qualcosa per me, non posso semplicemente cacciarla, Cassie, anche lei ha un cuore.
– E tu, provi qualcosa per lei? – chiedo io sapendo già la risposta. In teoria non dovrei saperla, ma l’ho sentito nel pullman quando le ha detto che prova qualcosa per lei, e che non era niente da sottovalutare. Infatti rimane in silenzio per un po’ e quando fa per parlare lo fermo. – So già la risposta, è inutile che inizi a dire che è complicato. – Rimango a pensare un po’ sul da farsi. – Non so cosa dire, non so cosa fare. – Sbuffo mettendomi indietro i capelli. – Ho bisogno di un po’ di tempo per pensarci, Jeremy.
Aggrotta la fronte. – Ma… ma hai appena detto che mi ami, mi hai appena baciato…
– Lo so, lo so – esclamo io. – Ma l’ho fatto senza pensarci.
– E non potremmo semplicemente non pensare alle altre persone?
Scuoto la testa. – No, mi dispiace. Non è così che funziona. Allison esiste, dobbiamo pensare anche a lei e tu provi qualcosa per lei. Io sono sicura che… Non ho mai provato niente di eccessivo per due persone nello stesso momento! – sbotto io. – E tu ora vieni qua e dici di amare me e di provare un qualcosa per quella che non è da sottovalutare. È ovvio che questa cosa non mi vada bene, Jeremy!
– Come puoi pretendere il contrario?! – esclama lui. – Dio, Cassie! È da un anno che andiamo a letto insieme, come puoi pensare che io non provi già più niente per lei?!
Scuoto la testa. – Ci devo pensare, perché se fosse per me ora come ora senza pensarci ti direi di andartene e tornare quando i tuoi sentimenti saranno solo per me.
– Quindi io ora cosa dovrei fare? – chiede.
– Non lo so, quello che ti dice il cuore? – chiedo io con ironia, questa battuta sembra farlo arrabbiare ancora di più, sbuffo. – Non lo so, Jeremy.
– Quindi devo aspettare il tuo responso – ringhia.
– Non sei obbligato a fare niente – ribatto io sulla difensiva, scuote le spalle e se ne va senza dire niente, eppure non sembra arrabbiato ma scoraggiato. Non faccio in tempo a sbuffare che il cellulare inizia a squillare, il numero è sconosciuto. – Pronto? – chiedo guardando la porta ormai chiusa.
– Ciao – dice una voce strana che mi procura una strana fitta allo stomaco.
– Chi parla? – chiedo aggrottando la voce mentre il panico sembra farsi strada nella mia testa e nel mio corpo. Odio ammetterlo ma il mio primo impulso è quello di correre da Jeremy come una di quelle ragazze cretine e cacasotto che non riescono a difendersi da sole, ma io posso benissimo difendermi senza l’aiuto di un maschio.
– Ti è piaciuto il regalo di compleanno?
Il mio cellulare cade a terra e quasi penso che si sia rotto, ma non m’importa, ormai ho completamente perso la testa. Indietreggio fino a sbattere contro il muro e qualcuno inizia a ridere, mi metto una mano davanti la bocca, più scioccata che mai, e strizzo gli occhi per non far uscire le lacrime… o magari farle uscire, in realtà non lo so nemmeno io. Non riesco a respirare. – Fai con calma, ti aspetto – aggiunge la strana voce.
Faccio un respiro profondo e prendo un’altra volta il cellulare. – Chi sei? – chiedo con voce determinata, ora sono arrabbiata o almeno è quello che gli voglio far credere, non so nemmeno io cosa sto provando e ora come ora non lo voglio sapere.
– Un amico dei tuoi genitori – risponde l’uomo e il mio cuore fa un balzo. Ora mi gira la testa.
– Che vuoi dire? – chiedo io con voce tremante.
– Che ho ucciso io tua madre – risponde lui come se niente fosse.
Trattengo il respiro. – Cosa vuoi da me?! – urlo io per poi sedermi a terra con la testa che sembra stia per scoppiare.
Si mette a ridere come un matto. – Voglio che tu venga da me, voglio che mi porti il pugnale.
– Perché dovrei venire? Mi ucciderai di sicuro – rispondo io sputando acido.
– Vedi, il problema è che non ti farei mai del male. – Ride ancora una volta. – Mi ricordi troppo tua madre, ma dimmi, chi sarà il prossimo?
Attacco subito, sono troppo scioccata addirittura per capire se sto piangendo o meno, esco fuori dalla camera girovagando per  i corridoi in uno stato confusionale per un po’ di tempo, continuo a guardarmi intorno senza veramente vedere le cose intorno a me fino a quando un ragazzo, Harry non esclama: – Ma chi è che passeggia per i corridoi a quest’ora?! – Poi mi vede e ride. – Ah, Cassie Moonic! Come stai? L’ultima volta che ti ho vista sei scappata dalle mie braccia come Cenerentola. – Aggrotta la fronte. – Non mi sembri molto in forma. Non sarà mica per causa mia, vero? Se vuoi ci possiamo vedere uno di questi giorni, potrei benissimo far in modo che spunti un sorriso spontaneo. – Accenna un sorriso avvicinandosi a me in un modo che non mi piace.
– No, grazie. – Faccio per andarmene quando lui mi prende per il polso e lo stringe. – Lasciami andare subito – ringhio. – Ho da fare, non devi starmi tra i piedi.
Fa per dire qualcosa ma Isaac spunta dal nulla. – Che sta succedendo qua? – chiede incrociando le braccia e guardando male Isaac. – Cassie? – mi chiede quando Harry lascia andare il mio polso. Abbassa lo sguardo verso la spada che senza nemmeno accorgermene ho preso dalla sala armi. Ma cosa sta succedendo?! – Cassie, dove stai andando?
– Da Austin – rispondo io guardando Harry che sta tornando nella sua stanza, ogni tanto si gira e mi lancia occhiate come per avvisarmi che non è finita qua e che prima o poi andremo a letto insieme. Scuoto la testa ed esco dall’Istituto facendo finta di non notare i passi di Isaac.
– Da Austin? Ma è tardissimo! – esclama lui affiancandosi a me. – Che sta succedendo, Cassie? – chiede, ancora più preoccupato.
– Lo devo proteggere – rispondo entrando dentro la macchina.
– Da chi? – chiede lui aggrottando la fronte.
– Non lo so. – Accendo la macchina e parto, lasciando alle spalle l’Istituto.

Angolo Autrice:
Buonasera, vi sto scrivendo solo per scusarmi, purtroppo non sono riuscita a scrivere per un bel po' di tempo a causa della scuola. Cercherò di essere più puntuale possibile e spero di riuscire a pubblicare un capitolo entro venerdì e poi un altro domenica per recuperare.
Mi scuso per eventuali errori.

 

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Capitolo 26
*** L'incantesimo ***







Capitolo 26
L'incantesimo

– Cassie? – Apro di scatto gli occhi e incontro subito quelli di Austin, preoccupati. Sono seduta in un modo anomalo dentro la macchina, i capelli tutti spettinati a causa della nottata che ho passato, continuando a girarmi da una parte all’altra del sedile, svegliandomi ogni ora per controllare se fosse tutto ok. – Cassie, che succede?
Esco dalla macchina e lo controllo dalla testa ai piedi. – Stai bene? Qualcuno ti ha dato fastidio per caso? Devi raccontarmi ogni minima cosa che ti è successa da quando te ne sei andato da quel ristorante, ieri sera.
– Cassie, sto bene, non mi è successo niente di anormale da quando me ne sono andato da quel ristorante! – esclama lui accarezzandomi le braccia per rassicurarmi. – Che è successo? Da quant’è  che stai qua fuori?
– Mi ha chiamato un uomo e mi ha detto che avrebbe ucciso un’altra persona che conoscevo. – Austin diventa bianco in viso. – Per “un’altra” intendo dire che ha ucciso mia madre e l’unica persona che mi è venuta in mente sei tu, quindi sono dovuta… venire qua.
– Non tremare – mormora lui abbracciandomi. – Dai, entriamo dentro casa che qua si gela. I miei sono già andati a lavoro, quindi non ti devi preoccupare. – Si ferma, pensieroso. – Strano che non ti hanno vista, in effetti.
Entriamo dentro casa e ci sediamo sul divano, soprannominato “il divano delle pomiciate”. Trattengo una risata e Austin se n’accorge subito, si mette a ridere e poco dopo accenno una risata anch’io. – Poi com’è andata con Jeremy? – chiede, cercando di non farmi pensare ad altro, ma è impossibile quando l’uomo che ha ucciso tua madre minaccia di uccidere anche un’altra persona a cui tu sei affezionata.
– A quanto pare non stavano insieme quando siamo tornati dalla Scozia, come non sono fidanzati nemmeno adesso. Il problema è che lui prova qualcosa per lei, dice che è normale visto che c’è andato a letto per un anno intero, ma tu sai cosa penso….
– “Se ami due persone nello stesso momento scegli la seconda, perché se amassi veramente la prima non ti saresti mai innamorato anche della seconda”. Lo so, lo so, sei sempre stata fissata con questa frase, ma lui ama solo te o sbaglio, Cassie? – Rimango in silenzio. – Si può sapere quindi cos’è che t’infastidisce tanto? Sicuramente lui è solo attratto fisicamente da quella ragazza, sennò non avrebbero avuto un rapporto basato sul sesso per un anno, non credi?
– Forse hai ragione – mormoro io scuotendo la testa. – Molto probabilmente è solo una scusa. In verità credo di odiare il fatto di essere innamorata di un ragazzo che ha usato per anni il sesso e le ragazze, che per me sono sempre state due cose troppo importanti. – Mi metto indietro i capelli, arrabbiata. – E so che sta cambiando, me l’ha detto lui e me l’ha provato, ma ogni volta che lo vedo ho paura che in realtà non riesca ad avere una relazione vera, e tutto questo per quello che è stato e ha fatto per anni.
– Non ti fidi di lui. Perché? Dopotutto hai appena detto che ti ha dato prova del fatto che voglia avere una relazione solo ed esclusivamente con te. Quindi non ti fidi semplicemente di lui. Non ti fidi perché hai sempre odiato e pensato male di ragazzi come lui. – Si ferma a pensare per un po’. – O forse è solo un gioco per lui e sta aspettando solo il momento per portarti a letto, poi si stuferà di te e ti lascerà da sola. Così almeno sono fatti i ragazzi che tanto odi. Credi che lui sia uno di questi infondo? – Rimango in silenzio per un po’, spaventata. – Credi veramente a questo fatto delle anime gemelle, Cassie? Perché a me sembra veramente stupido. Le anime gemelle non esistono!
– Tu non hai visto niente, Austin…
– Cosa? – chiede lui, un po’ arrabbiato. – Cosa  non ho visto?
– Quello che possiamo fare insieme – rispondo io, m’incita a continuare. – Quando siamo in pericolo possiamo sentire il nostro cuore, possiamo parlare nel pensiero, possiamo combattere insieme senza esserci mai allenati e ieri sera sono riuscita a sentire ogni sua emozione. – Scuoto la testa. – Non le stavo provando io, era lui. È così incredibile che lo fa sembrare inquietante. Quando ci tocchiamo, anche solo per sbaglio, sento queste strane scosse… – Mi fermo visto che continua a guardarmi scettico. – Ti fidi di me? – chiedo, e annuisce subito. – E allora credimi quando ti dico che non è tutto nella mia mente.
Qualcuno bussa alla porta così forte che sussultiamo entrambi, spalanco gli occhi e il secondo dopo sono in piedi con la spada nelle mani. – Wow! – esclama Austin indietreggiando. – Ma se è qualcuno che non vuole farmi male…
– Resta là! – gli ordino per poi avanzare con cautela.
– Non credo che chi mi voglia morto bussi alla porta – borbotta Austin dietro di me.
– Tieni – ribatto passandogli l pistola, che sono sicura sappia usare visto che ci siamo allenati insieme per anni e anche se io ero la più brava del mio corso, anche Austin non scherzava, anzi ogni tanto riusciva anche a battermi e ogni volta mi faceva arrabbiare, ma che ci potevo fare? Quando una persona è brava, è brava.
Mi avvicino alla porta e l’apro di scatto, faccio per alzare la spada quando sussulto vedendo Jeremy. – Jeremy? – chiedo, scioccata.
Mi spinge dentro casa ed entra subito senza chiedere nemmeno il permesso, chiude la porta e si gira verso di me, infuriato. – Ti sei impazzita, per caso?! – esclama lui. – Uscire dall’Istituto in questo modo e non rientrare per la colazione – ringhia, alza lo sguardo verso Austin e gli lancia un’occhiataccia. – Louis è su tutte le furie.
Austin ci chiede spiegazioni, visto che non conosce nessuno di nome Louis ma Jeremy continua a guardarmi male facendo finta di non aver sentito nessuna domanda, così mi giro e faccio per dirgli chi è quando Austin m’interrompe. – Cassie? – chiede lui, sembra allarmato.
– Cosa? – chiedo io aggrottando la fronte.
– Ti esce il sangue dal naso – risponde Austin avvicinandosi un po’ a me, ancora più allarmato, perché sa benissimo che non ho mai sofferto di epitassi, non mi è mai successo di perdere sangue dal naso senza una giusta causa come una botta, un cazzotto… e lui lo sa benissimo.
Jeremy mi prende e mi gira con forza mettendomi le mani attorno alle spalle. – Dobbiamo tornare subito all’Istituto – mormora lui guardandomi attentamente.
Rido, nervosa. – Mi esce solo un po’ di sangue dal naso – esclamo io andando in bagno,  mi guardo allo specchio e noto che sta uscendo veramente molto sangue. Prendo un po’ di carte e premo sul naso, intanto Austin va a prendere un po’ di ghiaccio e quando torna me lo mette sulla fronte. Appena il sangue finisce di uscire mi giro per guardare Jeremy visto che non l’ho più visto né sentito da quando sono in bagno ed è perché sta ancora all’entrata e ci sta guardando in modo strano.
Mi alzo ma le mie gambe cedono e faccio per cadere a terra. – Woh! – esclama Austin prendendomi in tempo. – Che succede?
– Cassie? – mi chiama Jeremy prendendomi il viso con forza per guardarmi dritta negli occhi. – C’è qualcosa che non va – mormora facendomi aprire con forza gli occhi.
– Jeremy – borbotto io mettendo le mani sul suo petto per farlo allontanare da me. – Jeremy, ma che stai facendo?! Mi stai facendo male! – esclamo io, arrabbiata. – Jeremy!
– Cassie, sta ferma e zitta – ringhia Jeremy afferrandomi i polsi e stringendomi più del dovuto. Aggrotto la fronte guardando le sue mani, se non fosse per il fatto che parla esattamente come parla lui di solito inizierei a pensare sul serio che sia qualcun altro. – Tienila ferma, Austin – ringhia ad Austin e quest’ultimo fa esattamente come gli dice: mi prende le mani e me le mette dietro la schiena.
– Austin, ma che cazzo fai?! – tuono io. – Jeremy si è impazzito, lasciami andare. Subito! – Ma Austin fa finta di niente. – Austin, lasciami andare! Ti castro. Prega per le tue palle, Austin, perché appena mi lascerai andare non ci saranno più.
– Oh, sta zitta, Cassie – borbotta Austin.
Faccio per ribattere quando Jeremy mi precede lasciando andare il mio viso, finalmente. – Austin, distaccati immediatamente da lei – dice allontanandosi un po’ da me.
– Perché? – chiede Austin, confuso tanto quanto me.
– Fallo e vai in salone. Subito – ringhia Jeremy, sta usando quel tipo di tono che non accetta altre domande: o lo fai oppure te lo farà fare lui con le cattive. E Jeremy deve fare veramente paura quando è arrabbiato e non ha paura di fare del male. Quindi Austin si allontana da me con occhi che mi stanno implorando di scusarlo e se ne va, ma non sono affatto arrabbiata con lui, quindi non si deve scusare per questo. Forse si dovrebbe scusare per il fatto di aver dato ascolto a Jeremy invece che a me, quando mi ha messo le mani dietro la schiena.
– Jeremy… – inizio io, perché quei suoi occhi tutto d’un tratto freddi mi mettono veramente paura. Non perché ho paura mi faccia de male, ma perché non mi ha mai guardato con un tale distacco.
– Chi sei? – mi ferma lui con le mani strette in pugni, il ché significa che sta cercando di mantenere la calma ma che quasi sicuramente tra un po’ scoppierà.
Aggrotto la fronte, ancora più confusa. – Che significa “chi sei”? – chiedo. – Sono Cassie. Cassie Moonic. Ti sei impazzito, per caso? Perché mi stai spaventando. E smettila di guardarmi in quel modo…
– Chi sei? – urla Jeremy facendomi sussultare per lo spavento, ma sembra non importargli.
– Sono Cassie! – urlo io a mia volta. – Sono Cassie, Dio santo, chi dovrei essere? Sono cambiata? Non mi sembra! Sono Cassie. Cassie Moonic. Non so se ti ricordi… A quanto pare no.
– Dobbiamo assolutamente tornare all’Istituto – ripete Jeremy distaccandosi da me
– Ma non ci può più entrare – dico io, o meglio qualcuno lo dice al posto mio. Aggrotto la fronte cercando di capire. – Cosa? – chiedo quindi. Quella era la mia voce, credo di aver aperto la bocca per parlare, ma non era quello che volevo dire. Guardo Jeremy, che sembra schifato. – Jeremy, che sta succedendo? – chiedo io con voce tremante.
– Dimmi chi sei oppure giuro su Dio che ti uccido – dice lui digrignando i denti.
Spalanco gli occhi, spaventata. – No, no, Jeremy, sono io. Lo giuro, non ci sto capendo niente ma giuro che sono io. Jer… – Mi fermo per poi ridere. – Non uccideresti mai la tua anima gemella – aggiungo, ma non voglio nemmeno dire questo. Qualcuno deve avere il controllo del mio corpo, perché non volevo nemmeno ridere. – Jeremy, aiutami. Che cosa sta succedendo? – chiedo con voce tremante, faccio per avvicinarmi a lui ma un ago entra dentro il mio braccio e rilascia una sostanza che brucia nelle mie vene. – Jeremy? – chiedo cadendo tra le sue braccia, stanca. Cosa diavolo sta facendo?!
– Lo so, scusami – mormora lui prima che chiuda gli occhi.
 
Sento il rumore di una macchina, vado a sbattere contro qualcosa di morbido dopo aver preso una buca e così apro gli occhi, a quanto pare sono andata a sbattere contro il sedile. Mi lamento girandomi, Jeremy è al volante. – Jer – mormoro io con la poca voce che mi rimane, ma lui sembra far finta di niente. Qualcuno tiene i miei polsi legati, abbasso lo sguardo e mi accorgo che è una corda. – Jeremy! – esclamo alzando la voce, in preda al panico.
– Lo so, Cassie – borbotta lui, sembra arrabbiato.
Cerco di togliermi la corda ma non ci riesco. – Slegami, Jeremy! – tuono io. Non riesco a capire, cosa c’è che non va? Perché mi tiene legata? Cos’ho fatto di male?! Non riesco proprio a capire, prima mi infila un ago nel braccio per farmi addormentare e ora questo.
– Mi dispiace ma non posso – risponde lui con noncuranza, cerco un’altra volta di slegarmi fino a quando non sento essa stringermi ancora di più, urlo. – Se continui così si stringerà sempre di più. È una corda di Cacciatore.
Alzo lo sguardo verso di lui, arrabbiata. – Dov’è Austin?
– A casa. Tranquilla, non gli ho fatto niente – risponde sempre con lo stesso tono, che odio, sembra quasi che non gli interessi niente. – Siamo arrivati – aggiunge fermando la macchina, esce e faccio per seguirlo ma mi rendo conto di non riuscire a muovermi. Faccio per chiamarlo ma apre subito lo sportello della macchina e mi prende in braccio.
– Perché mi fai questo? – chiedo io guardandolo con le lacrime agli occhi.
Aggrotta la fronte per un po’ di tempo, come per concentrarsi a fare qualcosa. – Credimi, non ti voglio fare del male – mi sussurra stringendomi un po’ di più a lui ma senza guardarmi in faccia. E di solito chi non guarda la gente in faccia è perché non sta dicendo la verità. Non mi sento al sicuro, nemmeno tra le sue braccia, perché è di lui che non mi sto fidando ora come ora. – No, smettila di pensare così – esclama lui, sembra disperato adesso. – È successo qualcosa, credo ti abbiano fatto un incantesimo. Lo sto facendo per te.
– In che senso? Come fai a saperlo? – chiedo io continuando a guardarlo, sperando che prima o poi mi guardi negli occhi.
– La perdita di sangue dal naso, quello che hai detto… Poi c’è stata l’ennesima conferma: il cambiamento del colore degli occhi. – Faccio per chiedergli spiegazione ma mi precede ancora una volta. – La perdita di sangue è dovuta al fatto che il tuo corpo sta combattendo qualcosa dentro di me, mentre quello che hai detto credo sia stata la strega. All’inizio pensavo ti controllasse ma adesso non ne sono più tanto sicuro. – Si ferma di scatto e quasi perde l’equilibrio, mi stringe ancora di più a sé. – Appunto – sbuffa.
– Cosa? – chiedo guardandolo intontita. – Perché ci siamo fermati?
– Non puoi entrare – risponde lui per poi mettermi a terra, appoggiata alla parete dell’Istituto. – Ti hanno fatto un incantesimo e se quest’incantesimo non è stato fatto dai nostri maghi o almeno all’interno dell’Istituto non puoi entrare.
– Non puoi lasciarmi qua! – esclamo io, preoccupata. Apro la bocca per aggiungere altre cose, come per esempio il fatto che non riesco a muovermi e che quindi qualcuno potrebbe benissimo uccidermi in un secondo senza fare il minimo sforzo, ma rimango in silenzio quando finalmente mi guarda negli occhi e capisco che non ha intenzione di lasciarmi qua, ma non ha nessun’altra scelta. Capisco che anche lui è dentro fino al collo, che è in difficoltà.
– Arrivo subito – dice prima di entrare e correre da Louis.
Mi guardo in giro ma non c’è nessuno. Austin. Chi avrebbe badato ad Austin? Si, è bravo con la pistola ma non ce n’ha una a casa e sono sicura che Jeremy abbia preso quella che gli avevo dato. Abbiamo fatto anche molte lotte corpo a corpo ma poco conta quando c’è di mezzo un vampiro. Cerco di muovermi ma non ci riesco e questo mi fa veramente imbestialire. Sento una voce nella mia testa, ma non è quella di Jeremy, essa ride e mi dice: non ti faranno mai entrare, in più ti sta venendo la febbre. Tra più o meno due giorni morirai. Il mio cuore fa un balzo. – Ma io non posso morire – mormoro a bassa voce.
Secondo te perché ti è uscito il sangue dal naso? All’inizio era perché il tuo corpo stava combattendo me e il virus, ma secondo te sono così stupido da non neutralizzarti lo scudo naturale? Il tuo corpo ha resistito per un po’ e quando non ce l’ha fatta più ti sei sentita male risponde l’uomo nella mia testa.
Trattengo il resto guardandomi intorno un’altra volta. – Fatti vedere – mormoro, ma non sento nessuna risposta nella mia testa. – Fatti vedere! – tuono, ma nessuno mi risponde e il fatto che la senta più leggera da quando tutta questa faccenda è iniziata mi fa capire che non sto parlando con nessuno se non con me stessa.
– Cassie – mi chiama Louis con una strana espressione in volto. – Perché urli?
Rimango in silenzio per un po’, sicuramente penserà che sto diventando pazza, ma non è così! – Sto per morire – rispondo in prenda al panico.
– No, tesoro – ribatte Louis abbassandosi un po’ per essere più o meno alla mia altezza. – Vedrai che riusciremo a risolvere anche questa faccenda. Ne sono sicuro.
– Quanto ci metteremo? – chiedo, il numero due continua a tartassarmi nella mia testa, come se non fosse una situazione già abbastanza stressante. Mi chiedo se non sia il mago che continua a ripetermi che mi mancano due giorni, un po’ come un promemoria, e il mio cuore fa un balzo.
– Non lo so, Cassie… Dipende tutto dai nostri maghi. Se ci riescono credo che domani sarà tutto finito, ma se non ce la fanno… a quel punto dovremo contattare gli Anziani, ma ci vorrà un giorno in più forse. Non lo so, dipende tutto da quello che saranno in grado di fare i nostri maghi.
Scuoto la testa. – No, no!  Tra tre giorni sarò già morta – ringhio io. Louis aggrotta la fronte e si gira verso Jeremy per cercare una risposta, ma anche quest’ultimo sembra confuso e scioccato tanto quanto Louis. – Una voce. – Faccio per indicare la mia testa ma mi ricordo di essere ancora legata e la corda si stringe ancora di più. Strizzo gli occhi e per un po’ vedo tutto rosso. – Mi ha detto che mi sta venendo la febbre e che tra due giorni morirò a causa di un virus. Mi ha tolto lo scudo da Whitesun.
Louis spalanca gli occhi e si alza, ha una postura veramente molto rigida adesso e guarda Jeremy, ancora più bianco in viso. – Jeremy, vai dai maghi e digli che devono assolutamente venire qua – sussurra Louis all’orecchio di Jeremy, quest’ultimo però ha lo sguardo fisso su di me ma sembra spento, non muove un solo muscolo. – Jeremy! – esclama Louis scuotendolo un po’. – Corri – ringhia facendo svegliare una volta per tutte Jeremy che corre dentro l’Istituto. – Andrà tutto bene, Cassie. Mi domando chi sia stato, sicuramente un vampiro o un lupo mannaro insieme ad un mago, ma perché fare tutto questo…
Mi fermo pensando alla voce al telefono di ieri sera. È la stessa, identica voce! Perché non ci ho pensato prima?! – Io lo so – esclamo, Louis alza lo sguardo su di me, interessato. – Ieri sera mi ha chiamato un uomo che diceva di aver ucciso sia Iris che mia madre. Era la stessa voce.
Louis cerca di non far vedere il disgusto che sta provando in questo momento ma il suo viso è comunque contratto per il disgusto. – Sei sicura? – chiede lui, annuisco.
La porta si apre e pochi secondi dopo Louis si è già allontanato e degli uomini si sono messi attorno a me come per farmi da scudo. – Possiamo slegarla? – chiede uno.
Louis scuote la testa e questo mi fa arrabbiare. – No, non sappiamo in cosa consiste l’incantesimo che le hanno fatto – risponde Louis. – Mi dispiace, Cassie, ma non posso proprio permettere che ti sleghino. Non sappiamo di cosa è capace questo mago.
– Come fate a sapere che si tratta di un incantesimo?
– Emh… non lo so, è stato Jeremy a dirmi che si trattava di un incantesimo. Mi è uscito il sangue dal naso, ho perso l’equilibrio subito dopo e poi ho detto delle cose che non volevo dire – rispondo io, un po’ in imbarazzo visto che non so molto dell’argomento, ho letto poco e niente sugli incantesimi.
Fanno chiamare subito Jeremy che arriva correndo chiedendo spiegazioni. – Come fai a sapere che si tratta di un incantesimo? – chiede lo stesso uomo di prima rispondendo alla domanda di Jeremy con un’altra domanda, cosa che lo fa sempre infuriare ma non adesso.
– Gli è uscito il sangue dal naso, non sto parlando di goccioline, era veramente tento e poi quando si è alzata è crollata a terra. – Si ferma guardandomi. – Ma Austin l’ha presa – aggiunge a bassa voce. – Comunque, poi le ho guardato gli occhi e ho visto che cambiavano colore fino a quando non sono diventati tutti neri per più o meno sei secondi, massimo otto. – Si ferma per guardarmi, dev’essere stato orribile per lui guardare i miei occhi in quei pochi secondi. – Ho studiato abbastanza per sapere queste cose, era un incantesimo e ha avuto tutti i sintomi possibili.
I maghi si guardano tutti negli occhi e poi uno sospira e chiede: – Siamo pronti?
– No, no – li ferma Jeremy mettendosi in mezzo. – Non potete farlo qua, l’ammazzerete! – Sembra furioso e allo stesso tempo scioccato dalla stupidità dei maghi, li guarda nel modo in cui guarda le persone che non sanno niente in confronto a quello che sa lui.
– Mi dispiace, ma la ragazza non può entrare nell’Istituto e non può essere slegata – risponde una maga, un po’ infastidita. Jeremy e lei si guardano male per un bel po’ fino a quando lei non abbassa lo sguardo su di me.
– Perché, cosa sta per succedere? – chiedo io ancora più preoccupata, cerco lo sguardo di ogni mago per una spiegazione ma tutti ora sembrano non interessati a me, così alzo lo sguardo verso Jeremy, che scansa la maga e si mette al suo posto.
– Solo… stringi la mia mano – momora lui prendendomi la mano. – E questo – aggiunge prendendo un qualcosa di stoffa. – Apri la bocca – dice, all’inizio scuoto la testa ma poi l’apro e mi faccio mettere in bocca quella specie di fazzoletto. – Ci sono io qua, va bene?
– Cosa sta succedendo… – Sono costretta a fermarmi sentendo un dolore insopportabile, se solo prendesse una parte del mio corpo ce la farei, ma il dolore è dappertutto. Curvo la schiena e lascio subito la mano di Jeremy, tutto d’un tratto riesco a muovermi ed inizio a farlo veramente tanto. Non posso stare ferma, fa veramente troppo male, cerco di urlare di smetterla ma non escono parole, solo urla. Chiudo gli occhi sentendo la corda stringersi sempre di più, il sangue sembra correre nelle mie vene come non mai, sento il cuore dappertutto, mi sta scoppiando la testa…
Jeremy mi blocca le mani sopra la testa. – Fermatevi! – urla Jeremy. – Basta! No, no! – urla sempre più lontano da me. Sento vari rumori strani, so che sono provocati dall’incantesimo ma quando mi sembra di sentire un unghia a contatto con la lavagna urlo ancora di più. Poi tutto sembra diventare calmo e perdo i sensi per pochi secondi.
– Non possiamo fare niente – annuncia uno mentre io inizio a tossire. – No, ferma – aggiunge vedendomi alzare. – Io non mi alzerei subito se fossi in te.
– Non potete fare niente? – chiede Louis.
– Chiunque abbia fatto quest’incantesimo ha usato un potere oscuro, mi dispiace – borbotta lo stesso uomo di prima, e sembra veramente dispiaciuto. – Purtroppo non si tratta nemmeno di un mago della luna, ma di un mago del sole che si sta convertendo, quindi è troppo forte per noi.
– Jeremy.. – inizio io cercando la sua mano.
– Sono qua – mormora stringendomi la mano. – Quindi? Che si fa? Non possiamo mica lasciarla qua. Sta morendo! – continua lui, adesso riesco a vedere meglio e sta guardando male tutti i maghi, abbassa lo sguardo verso di me e mi accarezza la guancia per pochi secondi.
– Ho detto che noi non possiamo fare niente – ripete l’uomo, infastidito. – Credimi, se potessi fare qualcosa la farei ma non posso. Solo un mago del sole convertito alla luna può togliere quest’incantesimi e non sarà per niente facile nemmeno per lui.
Tutti i maghi si alzano e se ne vanno ma sembrano molto stanchi. – Almeno facciamola entrare nell’Istituto. Per l’amor di Dio è di Cassie che stiamo parlando, non di una ragazza qualunque, ma di una Cacciatrice, di una Whitesun!
– Non possiamo, Jeremy – risponde Louis, distrutto. – Non c’è solo lei, ci sono molti altri ragazzi là dentro e non possiamo metterli in pericolo per una sola persona. – Scuote la testa, stanco anche lui. – Devi portarla da qualche parte.
– E dove? – ringhia Jeremy. – L’ultima volta che ho controllato i suoi genitori erano morti e la sua unica casa era diventata l’Istituto, che gli aveva promesso che l’avrebbe sempre protetta. A quanto pare però stavate mentendo, visto che la state cacciando dall’Istituto.
– Dai nonni, o dal suo amico Austin, visto che da quello che so è a conoscenza di tutto – risponde Louis, abbassa lo sguardo verso di me. – Ma se rimarrà qua morirà di sicuro, ma di freddo. Accompagnala da Austin, io adesso vado dagli Anziani per chiedergli un mago della luna. – Fa un sospiro. – Spero che me lo trovino, non sono molto comprensivi.
– Fammi venire con te, ti posso aiutare, Louis! – esclama Jeremy mentre mi prende in braccio. – Non ho mai chiesto niente a loro, magari a me danno ascolto. Dopo tutto quello che è successo me lo devono!
– No, Jeremy – risponde Louis. – Credimi, è meglio se stai insieme a lei.
Una volta entrati in macchina Jeremy sospira. – Io… non so dove portarti, Cassie.
– Portami da Austin – rispondo, annuisce e si gira verso di me, prende un coltello e mi taglia la corda. Mi accarezzo i polsi che sono tutti rossi a causa del sangue che è uscito quando la corda continuava a stringersi. – Non sai che cosa mi hanno fatto, Jeremy, potrei essere posseduta da quel matto – esclamo io, perché per quanto possa odiare quella corda almeno sono sicura che Jeremy è al sicuro se io sono legata. Non ho veramente idea di quello che potrebbe succedere.
Ma Jeremy si gira e accende la macchina. – Non m’importa niente – ribatte Jeremy freddamente. – Se proprio devi morire non lo farai con le mani legate come un prigioniero. Sei una Cacciatrice. Una Cacciatrice brava e una Whitesun che è riuscita a prendere il pugnale e la spada, e in pochi c’erano riusciti. Quindi no, non ti legherò come un prigioniero.
 
Appena arriviamo a casa di Austin ci fa entrare in casa senza nemmeno chiedere spiegazioni, Jeremy mi ordina di sdraiarmi sul letto ed io lo faccio senza ribattere, perché so che è stanco e che lo sta facendo per me; molto probabilmente a momenti la febbre dovrebbe iniziare a salire. A questo punto Austin inizia con le domande. – Cosa ci fate qua? Cos’è successo quindi? Cosa vi hanno detto?
Jeremy rimane in silenzio ma anzi si allontana e si siede sulla sedia sospirando, così gli rispondo io. – A quanto pare qualcuno mi ha fatto un incantesimo per farmi morire, ma non prima di avermi tolto lo scudo da Whitesun. I maghi dell’Istituto non possono fare niente perché è magia oscura, quindi Louis è andato a chiedere agli Anziani dei maghi oscuri. – In realtà dev’essere un mago del sole convertito ma se gli dicessi questo lui mi chiederebbe il senso e adesso proprio non ce la faccio a spiegargli tutto.
– Chi sono gli Anziani? – chiede Austin.
Faccio per rispondergli, perché non posso fare come Jeremy che continua a fare finta di non averlo sentito, ma quest’ultimo mi ferma. – Fa silenzio, Cassie! – esclama. – Questo ragazzo già sa abbastanza, non deve sapere anche degli Anziani. Loro non voglio essere conosciuti, quindi sta zitta.
Austin lo guarda male per un po’. – Questo ragazzo la sta ospitando in casa e, per quanto mi faccia piacere averla qua, ha tutto il diritto di sapere le cose. È di Cassie che stiamo parlando, non una ragazzetta qualunque. In realtà avrei più diritto io di sapere come sta che tu, visto che la conosco da anni mentre tu da pochi mesi, quindi perché non continui con la tua falsa da cattivo ragazzo e rimani in silenzio come ogni volta che ci sono io in una stanza?
Jeremy si alza dalla sedia e si avvicina ad Austin, cupo in viso. – Chiudi il becco, ti conviene.
– Sei a casa mia e non mi ordini un bel niente. Questo ti è chiaro? Potrei benissimo cacciarti di casa e secondo te chi sceglierà Cassie? Di andare da qualche parte al freddo insieme a te o di rimanere insieme a me qua al caldo?
– Quanti anni avete, due? – ringhio io. – Smettetela subito. Jeremy, Austin ha ragione: non gli puoi ordinare niente, sei sotto il tetto di casa sua. Austin, se Jeremy ha detto che gli Anziani non si vogliono far conoscere allora forse ha ragione, magari più in là ti spiegherò chi sono. – Ma Jeremy continua a rimanere in piedi davanti ad Austin, continuandolo a guardare male. – Jeremy, smettila.  – Per pochi secondi sembra non aver sentito niente ma poco dopo si risiede ringhiando.
– Tra un po’ dovrebbero tornare i miei genitori – mormora Austin accarezzandomi il braccio. Mi mette una mano sulla fronte e annuncia: – Credo le sia già venuta la febbre. Vado a prendere il termometro. – Se ne va sotto lo sguardo di Jeremy. Sta pensando a qualcosa, e quel qualcosa non mi piace.
– Potevi anche evitare di dire quelle cose – ringhio io mettendomi sotto le coperte.
– Non puoi dirgli qualsiasi cosa di noi, Cassie – ribatte lui, arrabbiato. – Cosa credi che succederebbe se tutti noi andassimo a dire ai nostri amichetti la verità? La catastrofe, ecco cosa succederebbe. Quindi smettila, perché se gli Anziani venissero a sapere che hai parlato di loro non sarebbero molto clementi né con te, né con il tuo amichetto.
Incrocio le braccia, arrabbiata. – Ha un nome e comunque puoi andare se vuoi.
– Vuoi che me ne vada? – chiede lui uccidendomi con lo sguardo. – Se vuoi ti lascio sola con lui, non c’è problema. Forse voglio lasciarti sola con lui perché che lo vuoi… – Si ferma di scatto e si gira tirandosi un po’ i capelli. – Non ci riesco, mi dispiace.
– A fare cosa? – chiedo io, confusa.
– A stare qua – risponde scuotendo la testa e guardandomi. – Vedere come lui ti accudisce, mentre io sono qua a non fare niente, quando potrei andare dagli Anziani e convincerli una volta per tutte.
– Vai allora – ribatto io, stanca. – Qualcosa mi dice che nessuno dei due sarà di buona compagnia, Jeremy. – Rido, nervosa. – Quindi se non vuoi stare qua, vai.
– Eccomi – borbotta Austin con il termometro in mano, si ferma guardandoci. – Ho interrotto qualcosa per caso?
– Assolutamente no – risponde Jeremy continuando a guardarmi, so che sta cercando di capire se gli ho detto la verità, ma è così: se non vuole stare qua allora non ce lo voglio. Ho bisogno di un po’ di pace e so che con lui che attacca ogni cinque secondi Austin non ce l’avrò mai. In più se crede di essere inutile solo perché sta qua con me allora è meglio che vada a fare qualcosa, perché so cosa si prova quando ci si sente inutili.
– Te ne vai? – chiede Austin guardando Jeremy, che sta prendendo la cintura con il fodero della sua spada e le altri armi sulla scrivania di Austin.
– Si – risponde lui per poi andarsene a grandi falcate fuori da casa di Austin per aiutarmi in un modo più concreto. E lo accetto, lo capisco, so che lo sta facendo per me e questo mi fa sentire meglio. So benissimo che non succederà niente, ho rischiato di morire così tante volte che ormai la morte mi sembra irreale.

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Capitolo 27
*** Andrew ***







Capitolo 27
 Andrew
 
– Cassie! – urla Austin così forte che apro gli occhi di scatto, è con le lacrime agli occhi. – Oh, mio Dio – mormora lui abbracciandomi. – Santo Dio, pensavo stessi per morire. Non credo di aver mai sentito qualcuno scottare così tanto.
– Da quant’è che sto dormendo? – chiedo io.
– Da un bel po’, per fortuna mia madre ancora non è tornata a casa, mi ha mandato un messaggio con su scritto che rientrava a casa in ritardo… In questi ultimi mesi sta facendo molto lavoro extra – borbotta Austin, poco convinto.
– Lo dici come se fossi sicuro che in realtà vada a fare altro – ribatto io, con il cuore in gola. Conosco questa famiglia da molto tempo, il padre non si fa vedere quasi mai a causa del lavoro che lo porta all’estero ventotto giorni su trenta, ma la madre è sempre stata innamorata di lui, lo si capisce da come parla di lui e da come lo difende quando ogni tanto il figlio dice un qualcosa di troppo. Austin ci sta male per la faccenda del padre, perché è comunque un padre assente e lui un adolescente, e ora sapere che forse la madre sta tradendo il marito con un altro… mi viene semplicemente da piangere.
– Non ne sono sicuro, ma ho paura che sia così – continua Austin. – E non la posso nemmeno sgridare per questo, dopotutto suo marito è sempre fuori a fare Dio solo sa cosa.
– Austin, conosco tuo padre e so che lui non tradirebbe mai tua madre. L’ama più di sé stesso e lo sai anche tu, ma ce l’hai con lui per altre ragioni.
– Basta, cambiamo discorso. – Austin si alza dal letto, infastidito. – Jeremy dovrebbe arrivare a momenti. Mi ha chiamato, non chiedermi come ha fatto ad avere il mio numero perché non lo so… e sinceramente non lo voglio nemmeno sapere. – Rabbrividisce. – Quel ragazzo ha un po’ di problemi. Comunque mi ha chiesto come stavi, poi mi ha detto che è riuscito a convincere Louis a portarlo con lui dal mago. – Ride. – Esistono veramente? – Annuisco ridendo. – Mi ha detto che sarebbe arrivato in serata e, visto che sono le 19:23 direi proprio che stia arrivando. Qualcuno citofona alla porta. – Parli del diavolo… – borbotta Austin prima di alzarsi e andare ad aprire la porta, poco dopo entrano in camera Jeremy e un uomo con dei capelli castani che arrivano fino alle spalle.
– Come ti senti? – chiede Jeremy guardandomi ma rimanendo distanze.
– Male – risponde l’uomo al posto mio avvicinandosi a me. – Dovevate chiamarmi prima. – Posa una mano sulla fronte e fa una smorfia disgustata. – Quanto tempo è passato? Un giorno?
– No, poche ore – risponde Jeremy avvicinandosi, sembra molto nervoso e il fatto che si sia avvicinato solo dopo l’uomo significa che è nervoso a causa sua, che non si fida affatto di lui. – Smettila – ringhia Jeremy prendendogli di scatto la mano quando quella dell’altro mi stava togliendo le ciocche dei capelli da davanti gli occhi. – Sei qua per guarirla, non per pettinarle i capelli.
L’uomo mi guarda e sorride facendo finta di non aver sentito Jeremy e riesce a far allentare la presa di Jeremy senza problemi, quest’ultimo fa una smorfia disgustata e subito dopo guarda male il mago. – Io sono Andrew – si presente il mago porgendomi la mano, che la stringo senza pensarci due volte. – Un po’ sudaticcia ma va bene – borbotta.
– Sai com’è… non mi sento molto bene – bofonchio io.
– Non te lo ripeterò un’altra volta: smettila – ringhia intanto Jeremy.
Andrew alza le mani in segno di resa. – Come vuoi – borbotta Andrew. – Voi piccioncini siete così schifosamente super-protettivi. Mi fate quasi venire da vomitare – mormora a bassa voce accarezzandomi distrattamente il viso. Sfortunatamente per lui Jeremy oggi è più stronzo del solito e così lo prende di scatto e lo sbatte al muro.
– Che diavolo stai facendo?! Non stiamo scherzando qua – ringhia Jeremy a denti stretti.
Austin intanto si mette in mezzo mentre io non ho nemmeno la capacità di parlare, un po’ perché questa febbre mi sta veramente indebolendo e un po’ perché non posso credere che stia succedendo tutto questo macello. – Che ne dite di pensare a Cassie invece di stare qua a rompervi il naso? – chiede Austin serio e arrabbiato con Jeremy, che però non si accorge o fa finta di non accorgersi del cambiamento del tono di Austin.
– Prova a scherzare con lei e ti giuro che preferirai tornare dove stavi prima, strega – ringhia Jeremy, gli da un’ultima spinta che fa sbattere un’altra volta al muro Andrew e poi viene verso di me, e solo adesso che mi sta guardando mi accorgo che ha le borse sotto gli occhi e quest’ultimi sono rossi e circondati da uno strano colorito, più scuro.
– Tranquillo, Jeremy – mormoro io. – Non ha fatto niente di ché.
– Chiudi quella bocca – ringhia Jeremy.
– Ehi! – esclama Austin avanzando verso Jeremy, ma si ferma quando Andrew lo allontana facendogli capire che è una situazione in cui c’entriamo solo io e Jeremy.
– Chiudila tu – ringhio io.  – E non provare mai più a ordinarmi qualcosa, Jeremy, perché giuro su Dio che sennò ti taglierò le palle, giusto per farti rendere conto che chi non le ha non prende ordini da chi ce l’ha. – Rimaniamo tutti in silenzio, ogni tanto si sente una risata in sottofondo da parte di Andrew ma nonostante questo Jeremy continua a tenere lo sguardo incollato su di me. Sembra pronto ad uccidermi, con lo sguardo o con la spada, credo che per lui abbia poco importanza. Non abbasso nemmeno per un secondo lo sguardo, perché sono seria: non prendo ordini da lui, né ora né mai. Può anche essere la mia anima gemella, ma che mi ordini di chiudere la bocca? Assolutamente no. – Sei stanco, perché non vai a riposare?
– Ho un’idea migliore – dice Jeremy. – Me ne vado. – Prende le sue cose e fa veramente per andarsene. – Chiamatemi solo quando tutto questo sarà finito, o non fatelo, non m’interessa. Buonanotte.
– Jeremy – borbotto io proprio mentre Andrew esclama: – Non ci pensare nemmeno, giovanotto! Sei nervoso, posso capirlo, ma lasciarla da sola? Non è così che fa un gentiluomo.
– Bé, non è una novità, io non sono un gentiluomo – ringhia Jeremy. – Non sei qua per dirmi di rimanere, sei qua per guarire Cassie, quindi fallo e vattene. Ho bisogno di riposare, se non l’avete notato. Non me ne frega un cazzo delle vostre critiche, non me ne frega un cazzo di quello che dice Cassie e indovinate? Non me ne frega un cazzo di rimanere qua.
– Ed eccolo che ricomincia… – borbotta Austin. – Bene! Allora vattene! Se ancora non l’hai capito non abbiamo più bisogno di te – esclama poi guardando Jeremy negli occhi. – Quando capirai che Cassie non ha affatto bisogno di un bambino che cerca di far pensare alla gente che odia tutti, ma di un ragazzo vero?
– E quello dovresti essere tu, vero? – chiede Jeremy.
– Lo sono stato, si – risponde Austin. – E tu? – chiede continuando a guardarlo. – Sei stato tutto il giorno a cercare di convincere questi Anziani, e ora ci vieni a dire che non te ne frega un cazzo? Un po’ incoerente da parte tua, non credi?
– Basta così – ringhio io. – Jeremy, non starò qua ad ascoltare un’altra tua lamentela, se vuoi andartene vai. Non penserò al motivo.
– Sta mentendo – canticchia Andrew. – Traduco, è gergo femminile, ormai lo conosco benissimo: “se te ne vai tra noi è finita. Decidi tu.” Tutto chiaro ora?
Mi guarda per pochi secondi, le sue labbra diventano una linea quasi invisibile. – Inizia l’incantesimo. Voglio che sia una cosa rapida, strega. Sbrigati. – Si siede e ci guarda.
– Bene, iniziamo – annuncia Andrew. – Oh, e giusto per farvelo sapere: non sono uno schiavo, Cassie, sono molto peggio. Ho fatto delle cose molto brutte e per questo sono un prigioniero.
– Credimi, se continuerai così ci rimarrai a vita – borbotta Jeremy, Austin invece sembra stia per svenire da un momento all’altro, dopotutto ho appena portato un prigioniero in casa sua.
– Sdraiati, mia cara – mi ordina Andrew.
– Sono già sdraiata – borbotto io.
Andrew fa spallucce. – Abitudine… Ti farà un po’ male. Molto male in realtà.
Annuisco, solo l’idea di provare quello che ho provato prima, fuori dall’Istituto, mi fa venire i coniati di vomito. – Prendi la mia mano – mormora Austin venendo accanto a me. Gli sorrido e lui ricambia stringendomi un po’ di più la mano. Lancio un ultimo sguardo verso Jeremy, ma sta guardando fuori dalla finestra e non sembra intenzionato a guardare.
Un dolore straziante per tutto il corpo mi fa chiudere gli occhi ed inarcare la schiena. – Mettetele un fazzoletto in bocca o si taglierà la lingua – aggiunge Andrew, Jeremy prende un fazzoletto bianco e me lo mette in bocca. Lo guardo per pochi secondi con le lacrime agli occhi, poi il dolore inizia ad essere insopportabile e chiudo gli occhi stringendo il più possibile la mano di Austin. – Apri gli occhi, Cassie – mi ordina Andrew, che ora ha una voce molto autoritaria e seria. Sento gli occhi bruciarmi così tanto che lancio un urlo. Piango ancora di più, non riesco a respirare. So che sto per perdere una volta per tutte i sensi quando il dolore sembra attenuarsi e così anche le voci. Purtroppo però mi sveglio dopo pochi minuti, Andrew è più lontano da me ed annuncia: – Sono riuscito a toglierle il virus. – Tutto d’un tratto sembra molto stanco, si siede a terra. – Devo riprendermi un po’. L’incantesimo era veramente… veramente forte.
– Aveva… gli occhi tutti neri – balbetta Austin indietreggiando, quando apro gli occhi nonostante veda un po’ appannato riesco a vedere la smorfia schifata che ha mentre mi guarda.
– È normale – risponde Jeremy ma sembra poco interessato. – Quello era l’incantesimo. – Quando però si gira verso Austin aggrotta la fronte, preoccupato tanto quanto me, che se avessi la forza mi alzerei e lo abbraccerei, perché sembra veramente molto scioccato ed Andrew non si sciocca così facilmente. – Tutto bene? Non mi vorrai dire che stai per svenire, vero? – Quando Austin non gli risponde si avvicina a lui e gli mette le mani sulle spalle. – Austin, guardami. Era l’incantesimo, Cassie ora sta bene, ma non abbiamo ancora finito. La prossima volta girati, va bene? Non rimarrai così scioccato almeno.
– Ma… ma poi sono diventati sempre più chiari. Ad un certo punto ce l’aveva bianchi! – esclama Austin guardandomi per pochi secondi.
– Smettetela di parlare. La mia testa sta scoppiando – esclama Andrew. – Devo riposare o la vostra ragazza rimarrà senza protezione.
– Si, aveva gli occhi chiari perché Andrew aveva appena eliminato quell’incantesimo, che per Cassie era oscuro, quindi i suoi occhi da neri sono diventati bianchi. È tutta una questione di male e bene; abbiamo eliminato il male che stava dentro il corpo di Cassie – risponde Jeremy continuando a tenere le mani sulle spalle di Austin e usando quel tono di voce che usa quando capisce che deve tranquillizzare una persona, perché sennò potrebbe impazzire.
– Ma come fate a saperlo? – chiede Austin. – Come potete fidarvi di un prigioniero?!
Andrew sbuffa. – Perché gli Anziani mi hanno detto che se fossi riuscito a togliere tutti gli incantesimi che le avevano fatto lo non mi avrebbero ucciso.
– Cassie? – mi chiama Austin, lentamente mi stavo addormentando senza nemmeno accorgermene. – È bianchissima – mormora a Jeremy.
– Ci credo! – esclama Andrew. – Secondo te era tutta scena quella di prima? Non puoi capire quanto faccia male togliere un incantesimo della luna, soprattutto ad un Cacciatore.—Sbuffa alzandosi, posa le sue mani sulle mie tempie. – Dai, sbrighiamoci prima che quel figlio di puttana ti rimetta quel virus. Ti avverto: questo farà ancora più male e sarà molto più lungo.
– Prendila per mano – ordina Jeremy guardando Austin.
– Non so se ce la faccio – mormora Austin avvicinandosi cautamente a me, mi prende la mano e così il mago mi mette un’altra volta le mani sulle tempie per poi dire qualcosa in una lingua che non conosco. Il dolore inizia dalla testa e passa per tutto il corpo, strizzo gli occhi e stringo la mano di Austin mentre il dolore diventa sempre più forte ed insopportabile. – Svieni, ti prego, svieni – mormora Austin chiudendo gli occhi.
Inizio ad urlare sentendo gli occhi bruciare più di prima e la mia testa scoppiare. Austin si allontana da me, mi giro verso di lui con il respiro affrettato e lo vedo in un angolo con le lacrime agli occhi, li chiude subito dopo e si mette le mani davanti alla faccia scuotendo la testa. Qualcun altro mi prende la mano, incontro gli occhi di Jeremy e in quel momento il dolore mi sembra di meno. Lo guardo con gli occhi appannati per tutte le lacrime che continuano ad uscire come una fontana, poi il dolore diventa improvvisamente più forte. Riesco a percepire il calore che esce dal mio corpo per il dolore, sto sudando. Guardo gli occhi celesti-blu di Jeremy mentre tutto intorno a me diventa più scuro, fino a diventare tutto nero.
 
Mi sveglio sentendo qualcuno che mi chiama, quando apro gli occhi incontro subito lo sguardo preoccupato di Jeremy. – Ehi – mormora lui sorridendomi. – Come ti senti?
– Ha fatto? – chiedo io con una voce che non sembra la mia, non sto bene ma è normale. Mi sembra di avere un mitra nella testa, ancora riesco a sentire i battiti del cuore su tutto il corpo e i muscoli sono tutti indolenziti.
– No – risponde Andrew.
Guardo Andrew amareggiata e un po’ arrabbiata. – Come no – borbotto io sedendomi anche se mi gira la testa. – Dov’è Austin? – chiedo non vedendolo.
– È in bagno – rispnde Jeremy. – Non si è sentito bene, in realtà stava per svenire, così gli ho detto di sedersi e quando l’ha fatto ha vomitato. – Fa spallucce. – A quanto pare vederti in quello stato gli ha fatto veramente uno strano effetto. Comunque ha tolto solo una parte dell’incantesimo.
– Non te la prendere, tesoro, ma quello stregone della luna è veramente forte ed io non pratico la magia oscura da anni, anzi non pratico la magia in generale – ribatte Andrew.
– Va bene, quindi adesso che si fa? – chiedo.
– Aspettiamo fino a domani – risponde Andrew, guardo Jeremy un po’ scettica ma quest’ultimo annuisce e così devo accettare il fatto che domani dovrò fare un altro maledetto incantesimo. – E finirò il mio incantesimo, finalmente.
Annuisco, decisa, perché devo esserlo non perché voglio. Odio questa situazione, la mia vita non è mai stata complicata come in quest’ultimi mesi e la odio, voglio solo un po’ di pace anche solo per un mese... giusto per riprendermi un po’. Ma purtroppo non succederà mai, una volta entrata a far parte di questa vita non si torna indietro. – Ma adesso come faccio? Voglio dire, non posso entrare lo stesso nell’Istituto, giusto?
Jeremy scuote la testa confermando quello che ho appena detto. – Starai qua – risponde. – Ed io starò qua fuori.
– Perché? Stare fuori tutta la notte?! Sei matto! Morirai di freddo, tutto questo non ha senso…
– Molto probabilmente il mago che ti ha fatto quest’incantesimo ti vorrà prendere per ucciderti, visto che non è riuscito a farlo con l’incantesimo – risponde Jeremy fermandomi.
– Non ce n’è bisogno – dico seria. – Posso benissimo cavarmela da sola.
Andrew ride facendomi innervosire, ma faccio finta di niente. – Prova ad alzarti.
Faccio per alzarmi quando Jeremy mi ferma posando una mano sulla spalla. – Ti sta prendendo per il culo – borbotta lui guardando male Andrew. – Non ti conviene alzarti, a meno ché non vuoi svenire.
Lancio un’occhiataccia ad Andrew e così fa spallucce. – Ma insomma, dov’è andato a finire l’umorismo?! – esclama sorridendo. – Quanti anni avete? Lui diciotto e tu diciassette? Dovreste essere spensierati e felici!
Lo guardo per un po’ di tempo senza dire niente perché alla fine ha ragione, dovremmo essere felici e spensierati, come tutti gli altri adolescenti, ma noi non siamo dei semplici adolescenti… noi siamo dei Cacciatori. E come se non bastasse sono anche una Whitesun e – colpo di scena – noi due siamo anime gemelle!
– Come si fa ad essere felici e spensierati sapendo tutta la verità? – chiede Jeremy. – Come si fa ad essere spensierati in un mondo del genere?
Andrew sbuffa. – Oddio, che tristezza che siete. Io alla vostra età facevo i peggio incantesimi e andavo a letto con vampire con un corpo da paura, con le più belle sirene di tutta la città, mi ubriacavo e nonostante tutto sapevo la verità.
– Si e guarda come sei finito – esclama Jeremy indicandolo. Trattengo una risata ma appena Andrew fa finta di ridere scoppio, Jeremy si gira verso di me e si trattiene ma, al contrario di me, ci riesce e sorride soltanto.
– Ho bisogno di dormire, Cacciatori. Ditemi dove devo dormire oppure…
La porta del bagno si apre ed esce un Austin bianco come un cadavere con ancora i coniati di vomito. – Austin? – lo chiamo io, un po’ preoccupata. Jeremy si fa da parte e fa passare Austin che sembra reggersi in piedi per miracolo, anche Jeremy aggrotta la fronte, preoccupato, e lo guarda attentamente, facendomi capire che se si sentirà male non ci penserà due volte a soccorrerlo. – Stai bene?
– E tu? – chiede Austin, annuisco e così mi sorride prendendomi la mano. – Io posso andare avanti – risponde quindi facendomi sorridere. – Mi dispiace per prima, Cassie, è solo che vederti in quello stato…
– Tranquillo, non fa niente, può succedere – ribatto io fermandolo e stringendogli un po’ di più la mano.
– Non vi consiglio di fare cose sconce sta notte, sapete com’è… lei si potrebbe addormentare proprio nel momento fatale – s’intromette Andrew, aggrotto la fronte e faccio per dire qualcosa ma Andrew mi precede, come sempre. – In più c’è la sua anima gemella qua fuori. – Scuote la testa. – Non ve lo consiglio affatto.
– Fai schifo – borbotto continuando a guardarlo male.
Sbuffa, annoiato. – Voi ragazzi d’oggi siete veramente una palla – mormora il mago facendo ridere Austin.
– Ma come… pensavo che i ragazzi d’oggi fossero bravi solo a divertirsi e a combinare casini – dice Jeremy.
– È vero! – esclamo io indicando Jeremy. – Dicono tutti così ormai.
– Bé, allora non si ricordano quello ceh facevano loro alla nostra età – risponde Andrew scuotendo la testa. – Mi chiedo come però, visto che molte cose non si possono veramente dimenticare. – Ride. – Vabbé – esclama alzandosi. – Miei cari fiorellini di Cacciatori, io devo riposarmi quindi, se non mi dite dove devo dormire,  dormirò qua con voi, in questo letto.
Guardo Austin scioccata e poi scoppiamo entrambi a ridere. – Si, si, contaci! – esclama Austin.
Il mio sguardo passa da Austin a Jeremy, che sta guardando fuori dalla finestra, più pensieroso che mai. Provo a leggergli nella mente ma dopo vari tentativi sbuffo e lascio stare, troppo stanca per starci troppo a pensare. Non riesco a capirlo, pensavo stesse bene adesso e invece adesso ha quella faccia… Faccio per dirgli qualcosa ma cambio subito idea. A volte è meglio lasciarlo stare.

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Capitolo 28
*** Rapita ***






Capitolo 28
Rapita
 
Mi sveglio a causa del sole, i suoi raggi entrano dalla finestra che è spalancata, spiegandomi il perché durante tutta la notte mi sono dovuta appiccicare ad Austin a causa del freddo. Infatti accanto a me trovo una schiena, quella di Austin, e il mio braccio continua a stringerlo; sembriamo una coppietta innamorata e per questo tolgo subito il braccio, rimarrei pure in questo stato se non fosse per il fatto che là fuori ci sta Jeremy e che potrebbe vederci da un momento all’altro. A terra c’è ancora Andrew che, nonostante la posizione e la scomodità del parquet continua a russare imperterrito; di Jeremy non c’è traccia e questo mi fa pensare che molto probabilmente è rimasto fuori tutta la notte. Scendo dal letto e guardo fuori dalla finestra, la scavalco e quando i miei piedi toccano l’erba bagnata rabbrividisco, ricordandomi che sto ancora in pantaloncini da basket di Austin e con una canottiera. A quanto pare sta notte devo aver dato il peggio di me visto che mi hanno addirittura cambiato i vestiti e sicuramente avrò sudato come mai prima d’ora, o non si spiegherebbe la canottiera.
– Cassie. – Mi giro di scatto, un po’ spaventata e trovo Jeremy che sembra ancora più distrutto, gli occhi sembrano quasi infossati, non sono mai stati così rossi e spenti da quando ci conosciamo e ormai sono mesi che ci conosciamo. Sembra veramente sciupato, mi chiedo da quant’è che non mangia e una parte di me non vuole sapere la risposta, ma l’altra assolutamente si. – Che ci fai qua?
– Buongiorno – lo saluto io non rispondendo alla sua domanda. – Da quant’è che non mangi e non dormi?
– Ripeto, che ci fai qua? – ribatte lui senza un minimo accenno di sorriso, è così serio e inquietante che quasi mi fa paura. Abbassa lo sguardo per squadrarmi dalla testa ai piedi e la sua mascella s’irrigidisce ancora di più. – Devi rientrare, se non ti vuoi prendere l’influenza.
– Pensavo che saresti venuto a dormire prima o poi, e quando non ti ho visto ho pensato di venire qua…
– Sto bene – sbotta ancora più agitato. – Ora entra dentro, per piacere.
Aggrotto la fronte, preoccupata. – Non sembra – rispondo io avvicinandomi a lui, lo scruto in viso e per la prima volta in tutta la mia vita Jeremy abbassa lo sguardo con le guance un po’ rosse. Cerco di non sorridere ma è impossibile, Jeremy con le guance rosse è ancora più dolce della cioccolata. – Dovresti entrare e dormire un po’, non hai una bella cera. Da quant’è che non dormi?
– Non ho sonno – risponde lui guardandomi dritto negli occhi, con quello sguardo che non accetta repliche. – Entra dentro – ripete più freddo che mai. Si gira e mi accorgo della sua postura: le spalle incurvate, le gambe un po’ tremanti, anzi tutto il suo corpo sembra tremare un po’.
– Ehi – mormoro io, ora preoccupata, lo giro stringendo il suo braccio. – Cos’hai? Stai tremando… – abbasso lo sguardo verso il suo corpo e poi alzo una mano per sentirgli la fronte, ma non c’arrivo e così mi devo accontentare della guancia. – Stai congelando.
– Smettila – ringhia lui allontanandomi in un modo che definirei quasi brusco. – Quante volte te lo devo ripetere prima che perdi una volta per tutte la pazienza? Entra. Dentro.
– Si può sapere cos’hai? Perché ti giuro che non me ne vado fino a quando non sputi il rospo, Jeremy Ruterful – sbotto io incrociando le braccia, solo ora inizio a sentire il freddo.
– Lascia stare, Cassie – esclama, arrabbiato. – Sto bene, quante volte te lo devo dire? – Rimango in silenzio continuando a guardarlo male, perché non ci credo nemmeno morta e perché dovrà ripetermelo fino a quando non starà veramente bene, solo allora smetterò di tartassarlo. Sbuffa mettendosi le mani nei capelli, si gira. – Non lo vuoi sapere veramente…
– Questo lascialo decidere a me – ringhio io, si gira per guardarmi e rimane in silenzio fino a quando non sbotto un’altra volta. – Sto aspettando!
– E va bene! – esclama lui. – Ti ricordi quando abbiamo dormito insieme? – Come scordarlo. L’immagine di noi due è ancora vivida nei miei ricordi, come se fosse successo ieri. Senza accorgermene m’irrigidisco, perché non mi aspettavo una domanda del genere, ma Jeremy se n’accorge subito e le sue guance si fanno ancora più rosse. – Quando mi sono svegliato – inizia con un accenno di sorriso, – io stavo a pancia in su e tu stavi con la testa appoggiata sulla mia spalla, mi abbracciavi come un koala e per la prima volta… – Si ferma e scuote la testa. – E sta mattina sono entrato per vedere se stavi meglio, visto che per tutta la notte non hai fatto altro che lamentarti, e ti ho vista abbracciata a lui. – Ride. – Sono semplicemente geloso e so che ti da fastidio, ma se fosse stato per me ti avrei presa e stretta a me dopo aver tagliato le mani a quello. Ma tu no. – Si ferma a guardarmi con diffidenza e quasi odio. – No, tu mi devi uccidere fino alla fine, giusto? – chiede ridendo e uccidendo me. – Perché, dai, tanto stiamo parlando del cattivo Jeremy Ruterful, quello che si porta a letto tutte le ragazze! Perché, in fin dei conti, Jeremy Ruterful è un ragazzo che sta per i fatti suoi, a cui non interessa niente di nessuno, che non prova niente.
– Jeremy…
– No, lo capisco – esclama lui ridendo. – Dopotutto anche tu fai parte del resto della gente, e tutti parlano di me come se fossi una specie di alieno, solo perché ho deciso di stare alla larga da loro. E fino a là mi andava bene, sai? Mi andava bene, perché chi se ne frega di quei cretini! Ma adesso ci sei di mezzo tu. – Ride. – Ci sei sempre di mezzo tu ora! E non mi sta più bene.
Rimango in silenzio per un po’, con le mani cerco di farmi calore almeno sulle braccia mentre penso a tutto quello che mi ha appena detto. Mi ha appena spezzato il cuore. Non credo capisca fino in fondo quanto potere abbia su di me, tutto questo perché molto probabilmente non ne ha mai avuto così tanto e non è nemmeno a conoscenza di averlo. – Sono stata stupida – mormoro avvicinandomi a lui. – Mi dispiace. È solo che… tutta questa storia mi sta dando al cervello e non so cosa fare. Una parte di me ha solo bisogno di un po’ di tempo per cercare di capire come va la vita, per cercare di capire bene quando il mondo mi è sfuggito dalle mie mani come l’acqua. – Scuoto la testa. – Ancora non posso credere a tutto quello che vedo. Tutti i giorni mi sveglio e mi chiedo dove mi trovo, sicura di stare a casa mia con almeno mio padre. Ma poi mi ricordo tutto e… e la forza che ci vuole ogni santo giorno per farmi alzare è veramente… Almeno tu devi capirmi, Jeremy. Ci conto. – Ormai sono con le lacrime agli occhi e per questo non lo guardo nemmeno negli occhi. – Perché so che tu hai sofferto tanto quanto me. E si, ti ho detto che non voglio avere una relazione con te perché so che provi qualcosa per Biancaneve e questo mi fa sentire terribilmente insicura, ma la verità è che… penso ancora che prima o poi mi sveglierò nel mio letto e tutto questo sarà stato solo un incubo. E l’ho capito solo ieri sera! – Rido. – E mi dispiace. Mi dispiace non averlo capito prima, mi dispiace averti fatto così male… Mi dispiace.
Mi prende la mano con tutte e due le sue mani e mi guarda dritto negli occhi. – Se credi di non farcela va bene: aspetterò. Ti aspetterò. È inutile dirti il contrario, perché la verità è che se fosse per me ti aspetterei per tutta la vita, e anche dopo la morte. Potrei benissimo essere uno di quei fantasmi che rompono le palle alla gente, giusto per avere un qualcosa da fare mentre ti aspetto.
Lo abbraccio di scatto e per pochi secondi sembra non gradire la situazione, poi fa una mezza risata, mi allontana di poco per aprire il cappotto e pochi secondi dopo siamo entrambi dentro di esso. Rido stringendolo di più e sentendo il calore sia del cappotto che di lui. – Non mi devi aspettare – mormoro io. – Non ce n’è bisogno.
Jeremy fa per dire qualcosa quando sentiamo la voce di Andrew. – Ah, ecco! Sono uscito perché ho sentito delle stupide vocine, poi vi ho visti e ho capito tutto – borbotta facendo uno di quei suoi sorrisini maliziosi. – Invece di farmi vomitare perché non entrate? Dobbiamo continuare l’incantesimo  o non finiremo più.
Entriamo e mi siedo sul letto dove Austin ancora dorme, devo complimentarmi con lui visto che non credo di aver mai conosciuto una persona con un sonno così pesante. – Dovremmo svegliarlo – borbotta Jeremy. – Ci serve il letto.
– Ok, svegliamolo allora – esclama Andrew.
Mi fermo di scatto. – Zitti tutti! – esclamo sentendo la sveglia della madre di Austin. Abbasso lo sguardo verso l’orologio che sta sul comodino di Austin: le sei e mezza. – La madre di Austin si è appena svegliata. Oggi è lunedì. – Guardo Jeremy che annuisce, incitandomi ad andare avanti visto che non capisce. – Questo significa che la madre adesso verrà a svegliare Austin.
Jeremy sbianca. – Stai scherzando, vero? – chiede e così scuoto la testa. Qualcuno, o meglio la madre di Austin, bussa alla porta, mi giro verso Jeremy, in preda al panico, e lui mi prende il scatto il braccio e corre in bagno. Chiude la porta senza fare il minimo rumore e si gira verso di me, quasi riesco a sentire il suo cuore andare a mille.
– Dov’è Andrew? – sussurro io a bassa voce.
– Qua – risponde una voce che proviene dalla vasca, ci avviciniamo e lo troviamo dentro di essa. – Appena ho sentito la sveglia sono scappato. Quel ragazzino ha proprio la faccia di uno di quegli adolescenti che si fanno svegliare dalla propria madre. – Trattengo una risata ma mi fermo subito sentendo le mani di Jeremy posarsi sui miei fianchi; appoggia il suo mento sulla mia testa dopo avermi dato un bacio sui capelli e questa volta sorriso senza negarmi niente. – Bleah! Fate schifo – borbotta Andrew scuotendo la testa e facendomi ridere, senza farmi notare metto le mani sopra quelle di Jeremy. Se ne accorge subito e mi stringe un po’ di più a lui.
– Mamma?! – urla Austin, sicuramente troppo spaventato per fare altro. – Che ci fai qua?
– Come tutte le mattine ti vengo a svegliare – risponde sua madre a tono. – Non usare quel tono con me, signorino. Sono tua madre e pretendo rispetto! Ho sentito delle voci sta notte, quindi o sono matta oppure c’è qualcun altro in questa camera.
– Sei matta – ribatte il figlio con voce tremante. – Non c’è nessuno qua. Purtroppo nemmeno una ragazza.
Trattengo il respiro per pochi secondi e poi corro verso la finestra per aprirla. – Che fai? – chiede Jeremy a bassa voce. Gli faccio segno di stare zitto e di uscire. – Perché? – chiede lui continuando a tenere il tono di voce più basso possibile.
– Conosco quella donna come le tasche dei miei jeans. Sta per vedere se state in bagno – rispondo io e a malapena sento la mia voce uscire, ma Andrew non se lo fa ripetere due volte perché è il primo ad uscire correndo e quasi cadendo a terra, Jeremy lo segue subito dopo con la solita grazia che a volte mi da fastidio e infine esco anch’io per poi accostare la finestra. Accenno un sorriso quando sento le mani di Jeremy posarsi sui miei fianchi per aiutarmi a scendere. – Ok – mormoro una volta a terra, sono vicinissima a Jeremy ma faccio finta di non accorgermene per concentrarmi. – Là! – esclamo puntando il giardino dei vicini pieno di fiori e soprattutto nascosto da un muretto. Mi ricordo che Austin ed io andavamo là quando non avevamo niente da fare e una vecchietta veniva sempre a lamentarsi con la madre di Austin per questo, ma stava antipatica pure alla madre quindi continuava a non dirci niente. Andrew si butta nei fiori come un angelo che ha calcolato male le distanze e poco dopo sentiamo un botto, ma siamo costretti a fare lo stesso quando sentiamo la finestra aprirsi di botto.
– Mamma, ma sei matta?! – tuona Austin chiudendo la finestra, inizia a litigare con lei dicendole che ormai è un ragazzo e che ha bisogno della sua privacy per non parlare del fatto che deve riuscire a credergli, perché ogni madre doveva credere al proprio figliolo.
Intanto abbasso lo sguardo su Jeremy che sta per scoppiare a ridere e così mi sbrigo a mettergli una mano davanti la bocca; è tutto rosso per lo sforzo che sta facendo, so che tra un po’ si metterà a ridere come un matto ma non è proprio il momento ideale. Sento il suo respiro battere sulla mia mano mentre cerca di ridere facendo un rumore minimo. Poco dopo la la porta principale si apre e Jeremy si ferma spalancando gli occhi. Le urla di Austin si sentono fino a qua mentre continua a ripetere alla madre che è completamente fuori di testa, che non c’è nessuno in casa e che ora lo sta spaventando veramente, i passi della madre però si fanno sempre più vicini. Strizzo gli occhi e rimaniamo tutti fermi aspettando l’inevitabile e cioè l’ira della madre di Austin, ma i passi si fanno un’altra volta lontani e così tolgo la mano da davanti alla bocca di Jeremy e mi sdraio a pancia in su con il cuore che continua a martellarmi nel petto, ancora troppo spaventata e scioccata per fare altro che rimanere in silenzio.
– Scusatemi – dice Jeremy, divertito, e ricomincia a ridere. Chiudo gli occhi e poi scoppio a  ridere anch’io, nervosa e divertita.
– Voi siete tutti matti! – esclama Andrew. – Stava per scoprirci! – Faccio finta di niente, più che altro perché non riesco a smettere di ridere e quindi non riesco nemmeno a respirare. Poso la testa sul petto di Jeremy continuando a ridere e sentendo la sua. – Malati – borbotta il mago tra un sospiro e l’altro.
– Ehi, entrate! – mormora Austin, così mi alzo di scatto e lo guardo: è affacciato alla finestra del bagno e mi sta guardando dritta negli occhi con un sorriso che riconosco subito, sapeva che eravamo là perché ci andavamo anche noi un paio di anni fa.  – Su, sbrigatevi! Prima che quella pazza di mia madre faccia un’altra perquisizione!
– Io direi di andare da qualche altra parte – borbotta Andrew con il fiatone.
– E dove? – chiede Jeremy.
– Questa – risponde alzando l’indice, – è una bella domanda.
– Austin, io vado, tu non fare tardi! – urla la madre di Austin e tutti c’irrigidiamo sentendo quella voce, figlio compreso. Tutti guardano la porta, aspettando che la madre entri, ma io e Austin sappiamo che quando saluta in questo modo significa che non ha altro tempo da sprecare e che è in ritardo.
– No, mamma, tranquilla! – risponde Austin e così poco dopo la porta principale si chiude e tutti sospiriamo, contenti. – Perché non mi avete svegliato prima? Cazzo, mi è  preso un colpo!
– I piccioncini sono stati i primi a svegliarsi quindi dai la colpa a loro, erano troppo occupati per fare la pace e abbracciarsi – esclama Andrew. – E poi che ne so io che tua madre ancora ti viene a dare il bacetto del buongiorno?!
– Si dice “bacio della buonanotte”, idiota – borbotta Jeremy.
– È uguale – sbotta Andrew.
– Non importa. Rifacciamo l’incantesimo o no? – interviene Austin visto che io sto cercando di non ridere al “bacio del buongiorno” per farlo.
– Vuoi dire che io faccio l’incantesimo e voi stata qua a guadare. Mi sdraio un’altra volta senza bisogno di altre parole inutili: è ora d’iniziare e farà un male cane. Andrew posa le sue mani sulle mie tempie. – Pronta? – chiede e così annuisco. Una mano afferra la mia, non è quella di Austin, la sua è più massiccia e goffa; quella di Jeremy invece è quella di un uomo ma le dita non sono grosse come quelle di Austin, in più nella mano destra Jeremy ha una cicatrice proprio al centro della mano e in questa mano che mi sta tenendo stretta c’è.
Per l’ennesima volta sento il dolore iniziare dalla testa per poi invadere tutto il mio corpo; stringo la mano di Jeremy sentendo il dolore sempre più forte. – Sbrigati a farla svenire! – tuona Jeremy continuando a guardarmi fisso negli occhi, ma mi è sempre più difficile rimanere ferma e continuare a guardarlo negli occhi.
– Come se potessi controllarlo – ringhia Andrew. Un urlo esce dalla mia bocca sentendo la testa troppo, troppo pesante, sfilo la mia mano da quella di Jeremy per portarmele entrambe alla testa, cerco di far smettere Andrew stringendogli le sue, di mani. – Prendile le mani! – urla Andrew e dopo pochissimo tempo Jeremy prende i miei polsi.
– Cassie – mormora Jeremy alzandosi per far sì che lo guardi, quando in realtà i miei occhi continuano a scattare da una parte all’altra senza la mia autorizzazione e il mio corpo continua ad inarcarsi a causa del dolore. – Cassie, guardami! – esclama Jeremy e lo guardo negli occhi anche se ormai non riesco a vedere bene tra le lacrime e gli occhi che mi bruciano come se ci fosse il fuoco dentro. Vedo le labbra di Jeremy muoversi e nessun suono mentre tutto diventa più scuro.
 
Appena torno nel mondo reale il dolore si fa risentire. – Ehi – mormora qualcuno, nella mia testa c’è l’eco della sua voce e solo dopo un po’ capisco che si tratta di Jeremy, apro lentamente gli occhi e la prima cosa che vedo è il sorriso tirato di Jeremy. – Ce l’abbiamo fatta, Cassie – continua stringendomi un po’ la mano. – Niente più magia nera. – Mi sforzo per fare un sorriso ma chiudo subito gli occhi e mi addormento.
Quando mi sveglio penso che siano passati pochi minuti ma quando vado a sbattere contro qualcosa di morbido capisco che non è così. Capisco di essere sdraiata sul sedile della macchina, mi lamento sentendo ancora l’eco di ogni minimo rumore e un mal di testa veramente esagerato. – Non ti alzare – esclama Andrew e sento l’eco nella mia testa così strizzo gli occhi. – Lo so, tra un po’ ti passerà.
– Dove stiamo andando? – bofonchio io e sono sicura che Andrew non ha capito, infatti poco dopo chiede a Jeremy cos’ho detto.
– Dagli Anziani – risponde Jeremy. – Anzi – sento la macchina fermarsi, – siamo arrivati. Tu rimani qua, mi hai capito? – chiede girandosi verso di me. Apro un occhio e incrocio subito il suo sguardo preoccupato, annuisco. – Promettimelo, Cassie. – Non ce la faccio a parlare quindi annuisco e gli stringo un dito della mano. In realtà volevo stringergli la mano ma a quanto pare sono riuscita a stringere solo un dito. Sorride e mi bacia la mano. – Arrivo tra poco, ok? – chiede prima di andarsene senza bisogno che io annuisca.
Non faccio in tempo a chiudere gli occhi, o almeno così mi sembra, che lo sportello della macchina si apre e si chiude, quando aro gli occhi vedo Jeremy. – Già fatto? – mormoro.
– Si – risponde lui freddamente, accende il motore facendo finta di non accorgersi che qualcosa mi sembra strano. La prima cosa che penso è che hanno ucciso Andrew davanti ai suoi occhi, la seconda è che non è veramente lui.
Jeremy?, chiedo.
Dimmi, risponde subito Jeremy nella mia mente e questo mi sembra ancora più strano, perché se fosse lui si sarebbe girato. C’è veramente qualcosa che non va, ma non so se è perché è scioccato per qualcosa o perché non è lui e basta.
Dove sei?, chiedo io, perplessa.
Come dove sono… Sono qua, con Andrew. Stanno decidendo cosa fare con lui, risponde ancora più perplesso Jeremy e il mio cuore fa un balzo.
Mi siedo subito senza calcolare i giramenti di testa. – Chi sei? – chiedo guardandolo dallo specchietto, si mette a ridere ma quello non è il sorriso di Jeremy… e quelli non sono più i suoi capelli, e quelli non sono più i suoi occhi. Lentamente Jeremy si trasforma in un uomo sulla trentina.
– Vedo che ci hai messo pochissimo a capire – ribatte l’uomo guardando avanti a sé mentre omria la macchina avanza. Faccio per aprire la porta ma è bloccata e non riesco a sbloccarla. – È inutile – cantilena lui, felice.
Jeremy, aiutami! Jeremy, mi stanno portando via! Aiutami!, cerco di parlargli nella mante ma più lontano mi faccio e più so che è difficile. Cerco di spaccare il vetro dello sportello ma niente, non ci riesco. Sbatto più volte le mani sul finestrino, disperata e tremante, urlando per farmi sentire da qualcuno.
– È tutto inutile – continua l’uomo. – Vedi, mi dispiace. Amavo tua madre e tu le assomigli un sacco. Certo, i capelli li hai persi da tuo padre, ma gli occhi sono uguali a quelli di tua madre.
Lo guardo scioccata, mi giro verso l’entrata del palazzo con le lacrime agli occhi. Jeremy esce dal palazzo correndo così veloce che ho paura si cappotti da un momento all’altro, ma non succede. Riesco a sentirlo anche da questa distanza mentre urla il mio nome così tante volte che ad un certo punto non si capisce più che sta dicendo. Credo sia a causa del nostro potere che io riesca a sentirlo, perché non avrebbe senso sennò. Cerco di rimanere calma, perché so che mi sta guardando, so che tutti mi stanno guardando e non posso fargli capire che ho veramente paura di quest’uomo, che sembra conoscere i miei genitori. Molta altra gente esce dal palazzo subito dopo di lui e mi guardano con la bocca spalancata. Non mi do per vinta e, dopo aver fatto un respiro profondo per cercare di smettere di tremare, cerco di aprire un’altra volta lo sportello della macchina.
– Ti ho già detto che è inutile. È bloccato da un incantesimo, così come i finestrini, è per questo che non riesci a romperli. È una cosa troppo forte, vero? – esclama l’uomo e vederlo così eccitato mi fa ancora più paura.
– Cosa vuoi da me? – chiedo io, esasperata e con voce tremolante. Odio fargli capire che me la sto facendo sotto ma non posso farci niente: sto morendo di paura e non c’è nessun modo per nasconderlo. – Sei un mago, quindi non c’entri niente con me! Cosa vuoi?!
– Ti facevo più furba, Whitesun – sospira lui, più tranquillo di prima. – Non sono un mago, sono un vampiro. – Sorride. – Ti spiegherò tutta la storia una volta arrivati a casa. – Aggrotto la fronte cercando di mantenere il controllo, ma è veramente difficile quando un pazzo maniaco parla così tranquillamente della propria casa e sul fatto che dobbiamo parlare. Mi giro un’altra volta ma non vedo più nesso, perché nessuno mi sta seguendo. Nessuno sta cercando di salvarmi. Nemmeno Jeremy. Sento il petto farmi male, non perché Jeremy non mi sta aiutando, so che qualcosa sta cercando di fare e so che riuscirà ad aiutarmi anche se non è qua fuori; quel dolore al petto è a causa di quest’uomo. Il solo pensiero che abbia a che fare con la morte di mia madre e mio padre… Sussulto e poco dopo vomito tutto quello che ho nel mio stomaco, o che avevo fino a pochi secondi fa.
– Toccherà a te pulirla dopo, cara Cassie – aggiunge subito, come per dire che non vado da nessuna parte, che d’ora in poi vivrò insieme a lui, e quasi vomito un’altra volta, ma ho solo un sussulto perché ormai non ho più niente dentro lo stomaco.
Dopo un’ora di macchina sento essa fermarsi, l’uomo si gira di scatto facendomi sussultare e mi sorride. – Siamo arrivati! – esclama lui, più eccitato che mai. Lo guardo schifata e così alza gli occhi al cielo. – Ok, adesso puoi uscire.
Appena metto piede fuori dalla macchina cerco di scappare ma faccio pochi passi visto che mi ritrovo l’uomo davanti a me e sono costretta a fermarmi bruscamente. Trattengo il respiro vedendo il suo viso diventare sempre più mostruoso, urlo sentendo il mio sangue uscire ed entrare nella bocca del vampiro. Fa malissimo, chiudo gli occhi e faccio per cadere a terra, senza forze, ma il vampiro mi tiene in piedi per togliermi il sangue restante.
 
Sento la testa girarmi appena apro gli occhi, sbatto più volte le palpebre per cercare di mettere a fuoco e sussulto appena vedo l’uomo. Speravo veramente fosse tutto un incubo. – Speravo veramente che avessi ancora il tuo scudo – mormora fissandomi, così alzo lo sguardo, ha gli occhi neri come i suoi capelli. – Dopotutto ti dovevo ancora raccontare la mia storia. – Si siede davanti a me mentre faccio una fatica enorme a tenere gli occhi aperti. Sono successe troppe cose oggi. Troppe. – Mi chiamo Jason, conobbi tua madre all’età di vent’anni. – Ride. – O meglio quando aveva vent’anni io ne avevo trentuno, come adesso dopotutto. – Fa un sospiro. – Ero già un vampiro quando la incontrai, ma non glie lo dissi, sapevo che l’avrei solo spaventata e per cosa? Niente. A quell’età tua madre aveva ancora i capelli lunghi e castani, non aveva ancora nessun capelli bianco e quegli occhi. – Ride. – Le stavano d’incanto. – Gli occhi le stavano d’incanto? Ci credo, erano i suoi! Lo guardo schifata. – La vidi in un bar, entrò con delle sue amiche e mi rapì all’istante. L’amai subito. – Mi viene da vomitare veramente, sento tutto il mio stomaco stringersi fino a quando non ho un conato, ma non succede niente. – Così mi avvicinai a lei ed iniziammo a parlare. Era molto timida e rideva sempre. – Mi accarezza facendomi piangere ancora di più. – Un po’ come te. Ma tua madre non rideva perché era imbarazzata, rideva e basta.
Cerco di allontanarmi da lui. – Non mi toccare! – tuono, ma senza guardarlo negli occhi.
Ride. – Comunque – continua rimettendo le mani sulle sue gambe, – iniziammo a vederci come amici, visto che continuava a dirmi che era fidanzata con un ragazzo e che lo amava alla follia… Se ancora non l’hai capito si trattava di tuo padre. Poi una volta si tagliò una gamba ed io non resistetti. – Rimane in silenzio per un po’, con lo sguardo lontano e la paura prende il sopravvento: di solito i pazzi fanno così prima di dare di matto. – La morsi e fu fantastico.
Aggrotto la fronte concentrandomi, non voglio vomitare un’altra volta. – Basta – mormoro io con la poca voce che mi rimane. – Ti prego, basta. – Ricomincio a piangere, è più forte di me. Questo è stato il mio incubo e il mio sogno nel cassetto da quando mia madre è morta: incontrare chi l’aveva uccisa. Volevo ucciderlo con tutta me stessa e la cosa non è cambiata affatto, ma di certo non mi sarei mai aspettata una scena del genere. È difficile non perdere la testa ora come ora.
– Ssh – dice mettendomi un dito davanti le labbra, strizzo gli occhi. – Per fortuna riuscì a non ucciderla, ma era spaventata a morte. – Ride. – A morte, capisci? – Scuoto la testa piangendo, è completamente matto. – Scappò appena ebbe la possibilità di farlo ed io no riuscii a rincorrerla, il ché è divertente perché sicuramente l’avrei presa se solo… – Faccio per vomitare ma lui prende il mio viso e lo alza per guardarmi negli occhi. – Va tutto bene, tesoro. – Abbasso lo sguardo,s tanca. – Poco dopo riuscii a trovarla ma lei stava con tuo padre e cercarono di uccidermi con le loro stupide armi. – I suoi occhi diventano tutto d’un tratto neri e così cerco di urlare ma esso rimane incastrato nella gola. – Tranquilla – esclama lui mentre i suoi occhi diventano sempre più umani. – È la rabbia – ribatte sorridendomi. – Dopo quell’episodio non mi feci più vivo. Loro ovviamente non riuscirono ad ammazzarmi ma non volevo rischiare… Si trattava della ragazza che amavo ma tutto ha un prezzo ed io non sono e non ero disposto a sacrificare la mia vita per dire ad un umano che l’amo e che non gli farei mai del male.
– Ma l’hai fatto – lo interrompo io guardandolo dritto negli occhi con disgusto. – Le hai fatto male.
Fa un finto sorriso. – Fu uno sbaglio – risponde freddamente.
– Uno sbaglio che avresti sicuramente rifatto – ribatto io. – Amavi mia madre ma l’hai detto pure tu… il suo sangue era fantastico. – I suoi occhi diventano un’altra volta neri, trattengo il respiro fino a quando non diventano un’altra volta normali.
– Comunque… dopo dieci anni sentii che tua madre aveva partorito una bambina. Avevo un piano. – Si ferma per un po’. – Ucciderti subito per far soffrire tua madre. – Ride. – Così quella stronza avrebbe sofferto un po’, un bel po’. – Cerco di alzarmi per ucciderlo di botte ma non ci riesco. Ride. – Tranquilla. Come ho già detto, amavo tua madre… ma l’odio che provavo per lei e tuo padre era più forte. Puoi immaginare l’odio che provo verso di te. Appena ti vidi, fuori dalla finestra di casa vostra, capii cosa fossi: una Whitesun. – Scoppia a ridere. – Non potevi darmi un motivo migliore per ucciderti. L’ennesimo motivo! Ma poi pensai che fosse meglio aspettare, vedere come i tuoi genitori ti volevano sempre più bene per poi strapparti dalle loro mani ed ucciderti. Aspettai quindici anni. Quindici stupidi anni, ma alla fine cosa sono quindici anni quando hai l’eternità davanti? – Si ferma per guardarmi e sorride ancora di più. – Passarono ormai un po’ di mesi dal tuo compleanno. Quattro? Oh, no! – esclama alzando l’indice. – Sette! Tu ormai stavi da un po’ con quel ragazzo. Pensai di uccidere anche lui ma alla fine mi stava simpatico. – Ride. – L’essere diversi mi ha sempre affascinato. Volevo prima fare una sorpresa a tua madre, poi il giorno dopo ti avrei uccisa. La sorpresi quando stava rientrando a casa. Mi ricordo ancora il suo sgaurdo impaurito quando mi vide, cercò di entrare in casa ma fui più veloce. – Si ferma ancora una volta e il suo sguardo si fa ancora una volta lontano. – Volevo solo farle un po’ di paura, ma poi mi accorsi che mi stava per uccidere così pensai di ucciderla prima io. – Scuote la testa. – Continuo ad amarla, sai? Ma lei non ha mai meritato il mio amore. Non lo meritava per niente.
Scuoto la testa piangendo. – Lasciami andare. Per favore. – Lo guardo negli occhi. – Lasciami andare…
– Non posso – m’interrompe subito lui. – Vedi… tu sei una Whitesun e hai il coltello. – Si alza dalla sedia e chiudo gli occhi per non guardarlo. So benissimo che sta per uccidermi, mi chiedo solo come. Cerco d’immaginarmi Jeremy e stranamente riesco a vederlo: sta all’Istituto e guarda lo schermo di un computer, cerco di fare lo stesso  e capisco che sta cercando di rintracciarmi.
Apro gli occhi di scatto sentendo un dolore incontrollabile alla schiena, cerco di urlare ma non ci riesco perché non respiro. Scoppio a piangere un’altra volta, ormai in preda al panico e al dolore. Jeremy si alza di scatto dalla sedia e dice qualcosa, ma non riesco a capire cosa.
– Lo so, mi dispiace – borbotta l’uomo dietro di me. Non provo nemmeno a guardarlo, l’unica cosa a cui penso è respirare. Devo riuscire a respirare. – Ma ti devo uccidere. – Sento un altro sparo e questa volta riesco ad urlare, così forte che rimango subito senza voce. Strizzo gli occhi sentendo la pallottola entrare nella spalla.
– Cassie! – La voce di Jeremy è l’unica cosa che mi fa rimanere abbastanza lucida, abbastanza da tenere gli occhi aperti ma non così tanto da riuscire a capire quello che continua a blaterare il vampiro. Mi gira la testa e mi fischiano le orecchie, so di star perdendo molto sangue perché sento la maglietta calda e appiccicosa e non solo di sudore.
– Non sono mai stato bravo con le pistole – borbotta il vampiro.
Vorrei dirgli dammela a me, ti faccio vedere io come si usa; ma non posso. Cerco di fare un respiro profondo ma i polmoni hanno un qualcosa che non va, o semplicemente mi fa troppo male il corpo per riuscire ad ispirare così tanto. – Non servirà a niente – bofonchio io a bassa voce. – Ho ancora il mio scudo.
– Ne sei sicura? – chiede un altro uomo, non è Jason. Alzo lo sguardo e incontro quello di un uomo nero. Ciao, Whitesun.
Aggrotto la fronte, confusa. – Chi sei?
– Il mago – risponde subito l’uomo con la stesa tranquillità del compagno. Apro lentamente la bocca per cercare di parlare ma il mago si avvicina a me e mi tocca il naso, fa vedere l’indice dove c’è il mio sangue. – Ti sta uscendo il sangue dal naso, il ché significa che il mio incantesimo ha appena funzionato. Questa volta sono passato subito alla rimozione dello scudo da Whitesun, senza altri impicci.
Ha delle bruciature in faccia ed è completamente pelato, una parte di me vorrebbe chiedergli cosa gli è successo ma in realtà non m’interessa tanto. Devo continuare a fissarlo, so benissimo che gli da fastidio. A chiunque con delle bruciature del genere darebbe fastidio e la mia maleducazione ha fatto capolino da un po’ di tempo ormai.  – Perché lo fai? – chiedo con la poca aria che riesco a respirare.
Ride. – Perché sono un mago della luna! – esclama, si avvicina a me piegando le gambe per guardarmi dritto negli occhi. – A noi maghi della luna ci piace provocare dolore. – Mi sorride un’ultima volta e poi si alza e inizia a camminare. – Ho incontrato molte Whitesun e nessuna sembrava essere in grado di fare il proprio lavoro. Troppo stupida, troppo competitiva, troppo fifona, troppo fifona, toppo fifona. Ve la fate addosso, sempre. – Sbuffa e prende la pistola dalla mano del compagno.
Faccio un altro respiro profondo sapendo quello che sta per succedere. Penso a Jeremy e poi lo sparo è l’unica cosa a cui penso. Pochi secondi dopo la pallottola mi entra nel petto e il dolore è così lacerante che non riesco nemmeno ad urlare ormai. Il mago invece sembra felice ed orgoglioso di sé stesso.
Jason mette una mano sulla mia spalla e inizia ad accarezzarmi, chiudo gli occhi solo perché ho capito che quando uno dei due è in pericolo la connessione tra me e Jeremy è più forte e basta chiudere gli occhi e pensare all’altro. Sta in macchina, le sue mani tremano e il suo cuore va molto più veloce del mio, gli occhi sono sbarrati e continua a ripetere cose senza senso; accanto a lui c’è qualcuno ma non riesco a vedere chi.
– Addio, Cassie – dice il vampiro. – Salutami tua madre.
Riesco a respirare un po’ d’aria e buttarla fuori, ma poi non sento più niente, nessun rumore, niente aria. Tutte le parti del mio corpo si rilassano…
Sento che sto per cadere, sto andando velocemente da qualche parte nel buio, non c’è più niente attorno a me. Poi tutto d’un tratto mi ritrovo nella sala degli Anziani e sto per cadere di faccia sul pavimento, ma il Terzo Anziano mi ferma con uno dei suoi mille poteri. Quando apro un’altra volta gli occhi tutti e tre gli anziani mi stanno guarendo le due ferite, ma non c’è traccia del Secondo.
Appena riescono a guarirmi completamente inizio a tossire e poso la fronte sul pavimento gelido continuando a piangere come una bambina piccola. Delle mani iniziano a massaggiarmi la schiena come un segno di consolazione. – Cassie… ora stai bene – mormora Jeremy, ma so che non è vero, perché quei due sono ancora vivi e i miei genitori no. Scuoto le spalle e così Jeremy si allontana, nonostante il mio viso sia nascosto dai capelli madidi ti sangue e sudore mi metto le mani davanti per non farmi vedere e per attutire il rumore de miei singhiozzi che nella sala rimbombano, ricordandomi che sono davanti a tre Anziani e al mio ragazzo, il quale sta soffrendo per me.
– Cassie Moonic – mi chiama il Terzo Anziano quando sto iniziando a tranquillizzarmi. Non mi alzo ma lo guardo rimanendo a terra. – Puoi alzarti se vuoi. Ci dispiace molto per quello che ti è accaduto, ma ora devi smettere di piangere e comportarti come un’adulta, che purtroppo ancora non sei.
Ecco quello che mi chiedono: comportarmi come un’adulta, quando ancora non posso esserlo, e tutto questo perché? Stanno facendo tutto questo solo perché sono una delle maledettissime Whitesun, solo per questo. E odio ammetterlo, ma il vampiro, Jason, ha ragione: abbiamo paura quando non ne abbiamo il diritto, perché si, tutti tentano di ucciderci ma noi possiamo non morire. Quante volte sono morta senza morire veramente? Quante volte sono rimasta nel vuoto, aspettando il verdetto? Quante volte mi hanno riportato in vita? Eppure ci possono uccidere con la stessa facilità; basta solo toglierci lo scudo.
– Dov’è il Secondo Anziano? – mormoro io rimanendo sdraiata.
– Non potevamo semplicemente portarti qua, il Secondo Anziano è andato al tuo posto, dovrebbe tornare a momenti – risponde il Primo Anziano. – Lo sai che ti ha appena salvato la vita, vero?
Abbasso lo sguardo verso il pavimento, niente di tutto questo ha senso. Niente. E lo devo accettare, perché in questo mondo niente ha mai senso.
– Cassie – mormora Jeremy facendomi alzare con la forza, mi toglie una ciocca di capelli dal viso. – Stai bene adesso, ok? Devi pensare così, perché sennò non starai mai veramente bene. – Mi accarezza il viso con delicatezza. – Sta a te ora decidere. Avrai vendetta, questo è sicuro. Quindi ora ti resta solo andare avanti. – Il mio mento trema come non mai mentre cerco di non piangere, lo abbraccio stringendo con la mano la sua maglietta per cercare un diversivo, un qualsiasi cosa che non mi faccia pensare al dolore interno che sto provando adesso. Mi stringe a lui nonostante la sporcizia e la puzza, e glie ne sono grata.
Una luce azzurra si posiziona in mezzo alla stanza iniziando a fare sempre più luce, fino a quando non prende la sembianza di una persona: me stessa. Rimango senza fiato per un po’ vedendomi da questa prospettiva; con il trucco calato nero sotto gli occhi, il viso bagnato dalle lacrime e dal sudore, i capelli che sembrano più rossi che biondi ormai, la maglietta strappata nelle parti dove mi hanno ferito e rossa per colpa del sangue, i jeans neri sembrano un colore ancora più scuro se possibile. Sono veramente orribile con tutto quel sangue, quel sudore, quell’appiccicume addosso. Per fortuna dura poco perché si trasforma subito nel Secondo Anziano, impeccabile come sempre.
– Molto meglio – esclama il Secondo sorridendo al suo corpo. – Mi è mancato avere il mio corpo per questi pochi minuti.  – Mi guarda e fa una smorfia. – Sei messa proprio male, eh, Whitesun? Pensavo che stessi meglio guardandoti da una prospettiva diversa. – Faccio per dire qualcosa quando mi ferma. – Lo so, non mi ringraziare.
– Prima che ve ne andiate dovete darci la vostra parola che quello che è successo oggi rimarrà tra queste mura. Non dovrete dire a nessuno quello che abbiamo fatto per salvare la Whitesun. Non è una cosa che facciamo spesso, perché se facessimo questo ogni volta che una persona è in pericolo di vita allora saremmo veramente a corto di poteri. È successo una volta e non succederà mai più – ci ferma il Quarto Anziano. – Non si ripeterà una seconda volta.
– Certo, va bene – risponde Jeremy prendendomi per mano. – Non lo diremo a nessuno, ve lo promettiamo.
– Cassie? – mi chiama il Quarto.
– Non lo dirò a nessuno, ve lo prometto – ripeto io.
– Bene. Ora potete andare – ribatte il Primo Anziano.
Jeremy mi trascina praticamente fuori ma non posso andarmene così, quindi lascio la sua mano e mi giro verso gli Anziani. Ho così tante domande… – No, aspettate! – esclamo io, mi guardano. – E il vampiro? E il mago?
– Sono tutti e due morti.
Rimango senza fiato un’altra volta.  

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Capitolo 29
*** I poteri dei Cacciatori ***







Capitolo 29
I poteri dei Cacciatori
 
Rimango a letto per un altro po’ di tempo anche se sono passati ormai cinque minuti da quando Louis ha chiesto a tutti i Cacciatori di scendere a fare colazione. Sono stanca e sconcertata, come negli ultimi giorni dopotutto. Da quando è successa quella cosa con quel vampiro non riesco a fare a meno di pensare a lui e ai miei genitori. Ma adesso sono tutti morti. È incredibile come tutta questa storia sia finita in così poco tempo. Sognavo di uccidere chi aveva ucciso mia madre dallo stesso giorno dell’accaduto, le avevo promesso che sarei stata io ad ucciderlo, per più di un anno avevo pensato al modo e al momento perfetto, per poi finire in questo modo.
La porta si apre. – Cassie? Sei pronta…? – Si ferma e mi guarda. – Che ci fai ancora a letto? – chiede venendo verso di me, mi scosta le coperte. – Dai, alzati – borbotta mentre io continuo a lamentarmi. – Bel pigiama – esclama. – Dai, alzati. – Alza gli occhi al cielo. – E va bene – borbotta prendendomi a sacco di patate.
– No, no! Jeremy, mettimi giù! – esclamo io. – Jeremy…– Scoppio a ridere quando mi mette giù, in bagno. – Ok, mi preparo, ma tu devi uscire. – Fa per dire qualcosa. – Non ci pensare nemmeno – lo fermo. – Non rimarrai in questo bagno mentre mi preparo, Jeremy Ruterful.
Fa spallucce. – C’ho provato. – Scuoto la testa e mi giro verso lo specchio. – Ehi – mormora prendendomi il viso tra le sue mani. – Quello che è successo un po’ di giorni fa non è colpa tua. Non potevi vincere, avevi due pallottole conficcate nel corpo. Non potevi fare nient’altro. – Mi mette dietro l’orecchio una ciocca di capelli. – Sono morti, Cassie. Tua madre è stata vendicata. Non da te, ma è stata vendicata e questo è l’importante. – Mi da una pacca sul sedere e gli lancio un’occhiataccia. – E ora preparati. Ti aspetto di sotto insieme a Isaac e Ivy.
– Ti sono cresciuti i capelli comunque! Tanto. Dovresti tagliarteli – gli urlo dietro tanto per prenderlo in giro.
– Tanto ti piaccio ugualmente – urla lui prima di andarsene una volta per tutte.
Mi giro verso lo specchio, mi guardo per un po’ allo specchio e poi scoppio a ridere, tutto d’un tratto felice. Jeremy mi rende felice, soprattutto quand’è così dolce e di buon umore. Pensavo veramente che non sarebbe cambiato niente, che avrebbe continuato a fare lo stronzo, ma da quando è successa quella cosa è sempre accanto a me, mi tira su il morale, l’altro ieri si è addirittura messo a letto con me e mi ha letto ad alta voce un libro che stava leggendo. E sapeva benissimo che non lo stavo ascoltando, ma non gli interessava poi così tanto, perché voleva semplicemente stare insieme a me e farmi capire che non ero sola.
Quando scendo per fare colazione mi siedo vicino a lui. – Ti ho preso la colazione. Sai come siamo fatti, mangiamo tutto e subito, quindi appena non vi ho visti arrivare vi ho preso la colazione – annuncia Ivy con un sorriso dolce. – Vi siete dati da fare o cosa?
– Ivy! – esclamo io, rossa in viso. Non posso credere che abbia appena detto una cosa del genere. E secondo me dice pure sul serio, dopotutto non le ho mai detto che a quanto pare io e Cody non siamo mai andati a letto insieme. Lo sa solo Jeremy e da una parte mi piace, è il nostro piccolo segreto, anche se in realtà non mi vergogno affatto di essere vergine, anzi.
Jeremy fa una mezza risata. – Ed è pure brava, la ragazza qua presente! – esclama mettendomi un braccio sulle spalle, alzo gli occhi al cielo facendolo ridere. – Sei rossa come un pomodoro – mi mormora all’orecchio.
Rido e lo scanso. – Chissà perché! – esclamo io. – Comunque, Ivy, avevo solo qualche problemino a svegliarmi. Non è successo niente di niente. Jeremy sta solo scherzando.
Ivy fa spallucce. – Ok, ok, se volete tenere per voi queste cose posso accettarlo. – Alza la forchetta verso di me. – Ma questa me la scrivo, Cassie. – Alzo le mani al cielo ridendo.
 
È ormai da un po’ di tempo che sto in biblioteca per leggere il libro delle Whitesun, che ha un nome così strano che non riesco nemmeno a pronunciare. Deve essere stato tradotto perché il nome non è inglese, ma sono sicura che la maggior parte di questi libri siano stati tradotti.
– Cassie – mi chiama Ivy facendomi sussultare. – Scusami, ma mio padre dice che devi andare in salone. C’è una persona che chiede di te. Non l’ho vista ma il salone è chiuso e di solito quando fanno così è perché si tratta di un parente.
– Un parente? – chiedo io. – Com’è possibile? – Ivy fa spallucce e se ne va lasciandomi da sola con i miei pensieri. Mi alzo e vado verso il salone, ma c’è un qualcosa che non va perché sento Jeremy e il suo cuore, il ché significa che sta là dentro. Apro la porta del salone che, stranamente, è chiusa…
Il mio cuore si ferma nel momento esatto in cui vedo Jeremy e una ragazza baciarsi. Trattengo il respiro sentendo il cuore un po’ più pensate, se possibile. La ragazza si distacca da Jeremy e sussulta esclamando un: – Oh! – Si alza dalla sedia e viene verso di me. – Ciao, cugina – esclama riuscendo a farmi distogliere lo sguardo da Jeremy, che continua a guardare la sedia e a sorridere come un cretino.
– Scusami? – chiedo io, arrabbiata. – Che ci facevi con lui? E perché sta così? – Vorrei tanto prendere una spada e tagliarle la gola, ma purtroppo non posso farlo. Immagino la scena nella mia testa almeno dieci volte prima di sentirla parlare ancora una volta.
– Oh! – esclama ancora una volta, sorride e si gira verso di lui. – Passatempo – continua con un gesto di mano, facendomi capire che non gli interessa niente di lui.
Aggrotto la fronte e mi avvicino a lei. – Sei una sirena – ringhio io guardandola dritta negli occhi. Odio, odio, odio le sirene. Mi ricordo Liam, mi ricordo il suo capo, come l’hanno uccisa… Ricordo le sirene, e non sono affatto dolci. Sono delle stronze. Tutte. Liam compreso.
– Si, bé… mi stavo annoiando – dice lei continuando la discussione di prima. Ancora non ha capito che non le conviene, oltre che stronza è anche stupida. – Prima avevo visto un altro ragazzo, il suo amico, pensavo di prendere l’amico ma poi ho visto lui sbucare dal nulla. – Ride. – È veramente un bel ragazzo. Perfetto, direi. E sentire una cosa del genere da una sirena non è una cosa da niente. – Sono così arrabbiata che so di poterla uccidere da un momento all’altro. – In più sta per compiere diciotto anni, quindi è pure più debole. Ma devo dire che alla fine non è stato affatto facile. Deve aver incontrato l’anima gemella, perché è stato veramente difficile entrare nel suo cervellino. Ma non potevo lasciarlo e basta, quando mi metto in testa una cosa è impossibile togliermela – dice gesticolando in un modo che, per quanto mi dia fastidio ammetterlo, è maledettamente sexy.
Chiudo le mani a pugni cercando di mantenere il controllo. – Ce l’hai davanti – ringhio io, più arrabbiata che mai. Rimaniamo per un po’ a fissarci, poi scoppia a ridere come una matta. Sto in silenzio e la guardo. Sta veramente mettendo a dura prova la mia pazienza.
– Scusami – esclama ridendo, alzo gli occhi al cielo. – Ma è stata veramente una coincidenza assurda! – Batte due volte le mani e Jeremy alza lo sguardo. – Vieni qua – gli ordina e lui arriva subito, come un cagnolino. Gli ci manca solo la coda. Mi viene quasi da vomitare… – Vai, lasciaci parlare da sole. – Jeremy se ne va e chiude la porta dietro di lui, a quel punto la sirena batte un’altra volta le mani e so che Jeremy è tornato in sé.
Cassie?, mi chiama, ma non rispondo. Non è il momento. Devo prima spaccarle il naso.
Le sorrido. – Ora vattene. – Mi giro e faccio per andarmene.
– Ehi! – esclama la sirena. – No, e dai! Non volevo offenderti… Guarda che non me ne vado fino a quando non mi farai un favore!
Mi fermo di scatto, più arrabbiata di prima. Questa sirena mi sta facendo veramente incazzare di brutto. – Scusami?! – esclamo. – Hai baciato il mio ragazzo e io adesso dovrei pure farti un favore? – Scoppio a ridere. – Sei fuori di testa. Vattene dall’Istituto. Voi sirene non dovreste nemmeno entrare qua dentro. E se non te ne vai entro cinque secondi sarò io a cacciarti da qua, a forza di calci nel culo!
Fa un smorfia disgustata. – Non sei molto dolce – borbotta. – E comunque sono tua cugina. Non puoi non aiutarmi. Le cugine si aiutano a vicenda.
– Allora tu aiutami a non ucciderti – ringhio io. – Non ti ho mai vista in vita mia e i miei genitori non avevano fratelli o sorelle! Quindi esci da questo Istituto prima che mi venga in mente un metodo peggiore per cacciarti fuori da qua!
– No, vedi, è qua che ti sbagli! Tuo padre aveva una sorella, ma non te l’ha mai detto, questo perché mia madre, cioè tua zia, si è sposata con una sirena. – Ride. – Stranamente una sirena si è innamorato di mia madre – mormora. – Comunque tuo padre, esattamente come te e tua madre, odiava le sirene e quindi l’ha come ripudiato. Non è stato molto carino da parte di tuo padre. – Faccio per ucciderla quando fa un passo indietro ed alza le mani in segno di resa. – Con calma. Il fatto ancora più eclatante è che tua madre era una Cacciatrice e che tu sei una Whitesun. – Ridacchia. – Comunque, mi devi aiutare. C’è questo gruppo di sirene che mi vogliono con loro, ma non voglio essere la loro schiavetta! Io voglio prendere le mie decisioni, non voglio essere la loro schiava!
In questo caso non posso che darle ragione, deve essere veramente un inferno essere comandati a bacchetta da delle persone solo perché sono più spietate di te. Tutto questo non ha mai avuto senso e mai l’avrà, ma dopotutto stiamo parlando delle sirene e in loro non c’è niente di sensato. Perché, con quale criterio decidono di nominare il capo di un gruppo in questo modo? Non ha proprio senso. Questo è troppo addirittura per loro. – Va bene, come vuoi, ma io continuo a non conoscerti – esclamo. – Non so nemmeno se sei veramente mia cugina!
Ride. – Sono qua dentro, non ti basta? – chiede alzando le braccia, esasperata.
In effetti ha ragione anche questa volta. In un libro ho letto, un po’ di tempo fa, che anche chi è imparentato con un Cacciatore può entrare nell’Istituto. – Ci devo pensare – borbotto freddamente. – Ti farò sapere.
All'inizio sembra scioccata, ma in realtà non m’interessa molto come la pensa. – Se mi uccidono – dice prima andarsene, – mi avrai sulla coscienza. – Alzo le sopracciglia per farle capire che non m’interessa e che sta ingrandendo la situazione e così se ne va.
Torno di sopra lasciando stare il libro, busso alla porta di Jeremy e apro. C’è uno strano odore, ma non riesco a capire di cosa. – Cassie – esclama alzandosi dal letto. – Sai che quello che è successo non è colpa mia, vero? Non avevo alcuna intenzione, ma mi ha preso impreparato e così è riuscita…
– Cos’è questa storia dei diciotto anni? – chiedo io lasciando stare l’argomento del bacio. So cosa significa essere sotto il completo controllo di una sirena, perché la prima volta che ne ho incontrata una sono rimasta incantata dalla sua bellezza per più di due ore. Il fatto è che l’ultima volta che una sirena ci aveva provato con lui non era riuscita a concludere niente. E allora perché oggi mia cugina c’è riuscita?
– Ecco… – Si mette una mano tra i capelli e se li spettina. Sono molto in disordine, se li deve tagliare un po’ ma non è il momento esatto per pensare ai capelli di Jeremy! – Louis ti avrà detto che noi Cacciatori abbiamo dei poteri.
Annuisco. – Si. Hillary e Louis possono leggere nel pensiero. – Ma in realtà, ora che ci penso, non ho mai sentito parlare di altri poteri. Isaac che potere ha? E Scott? Non c’ho mai pensato e se voglio cercare di capire qualcosa di più so che devo chiedere anche a loro, perché a quanto pare Jeremy sembra in difficoltà e qualcosa mi dice che non mi dirà tutto.
– Già – risponde lui, sembra come impaurito. – Ognuno di noi prende il potere del padre, ma se il padre è un semplice umano allora prenderà il potere della madre.
Cerco di pensare. Chi è che aveva un potere? Mia madre o mio padre? Mio padre aveva un fratello – o era una sorella? – che si è sposato/a con una sirena, ma mia cugina mi ha detto che sua madre è umana, quindi la Cacciatrice della famiglia deve essere mia madre. Dovrei parlare con i nonni. – Ok, e il tuo qual è? – chiedo io, cercando di andare al dunque.
– Appunto – borbotta lui abbassando lo sguardo. – I nostri poteri… appaiono a diciotto anni.
Continua a girarci intorno e mi sta facendo innervosire. – E il tuo qual è? – ripeto.
– Il fuoco – sputa lui. Rimango in silenzio per un po’, troppo scioccata per fare qualcos'altro. – Posso… dare fuoco ad una persona, basta solo volerlo. -- Deglutisco e l’unica cosa a cui riesco a pensare è: ah! Bene! Vuoi dare fuoco ad una persona. Ok. Bene. – Il problema è che una settimana prima dei tuoi diciotto anni inizi ad essere meno potente, perché il tuo potere si sta… preparando, diciamo. Ma sono già riuscito ad accendere una fiamma di fuoco. E a volte non me ne accorgo nemmeno! È…  è per questo che i Cacciatori devono stare nell’Istituto fino ai ventuno anni. – Si ferma per un po’. – Perché dai diciotto anni in su ci devono insegnare a controllare il nostro potere.
– Ma… ma Ivy ha solo sedici anni e ha già il suo potere – esclamo io, solo per cercare una scusa. La verità è che il potere che ha lui mi spaventa, soprattutto perché a quanto pare non riesce a controllarlo e non ci riuscirà ancora per un bel po’ di tempo, per un bel po’ d’anni!
– Questo è perché i poteri più deboli possono arrivare prima. Di solito succede tra i quattordici anni ai sedici – risponde lui.
– Ma ne sei sicuro? – chiedo. È una domanda stupida, è vero, ma quando ti rendi conto di avere un ragazzo che potrebbe abbrustolire tutto quello che ha intorno ti fai queste domande. Te le devi fare. Come per esempio: perché cazzo non me l’ha detto quando ci siamo incontrati? Ok, non poteva dirmi “ciao, piacere, mi chiamo Jeremy e potrei incenerirti nel vero senso della parola da un momento all’altro” ma poteva dirmelo prima di dichiararsi, per esempio.
– Se sono sicuro di essere il figlio di mio padre? Direi proprio di si – ribatte lui seccamente. È un po’ irritato e molto probabilmente ha tutte le ragioni per esserlo, visto che sembro una di quelle ragazze stupide che quando tu le fai un discorso serio loro si mettono a ridere. – Hai paura? – chiede tutto d’un tratto.
Aggrotto la fronte. – Di cosa? – chiedo, perché se la domanda è se ho paura che lui si faccia del male, la risposta è sì. Non so come funzionino questi poteri, ma potrebbe essere lui quello ridotto in cenere dal suo stesso potere. Rabbrividisco al solo pensiero.
– Di me – risponde lui con una voce ferma, sta usando la tattica del non-provo-niente ma so che quando fa così in realtà è perché sta provando troppe emozioni.
Lo guardo scioccata. – Di te? – chiedo per poi sorridere e accarezzarlo. – Tu non mi faresti mai del male, Jeremy.
– Lo so – mormora. – Ma non riesco a controllarlo. Non voglio immaginare cos’accadrà a diciotto anni! Devo cercare di mantenere il controllo e devo rimanere perennemente concentrato, ma non ci riesco se ci sei tu. – Abbasso la mano guardandolo. Non mi vorrà mica lasciare! Faccio un passo indietro ma mi ferma subito. – No, non ti sto lasciando. Non ci penso nemmeno – esclama prendendomi il viso con tutte e due le mani. – Ti sto solo avvisando, perché se questa storia diventerà pericolosa allora dovremo cercare di non andare oltre alle coccole e ai baci.
Rido, imbarazzata. – Per me va bene – rispondo facendo spallucce. Di certo non sono io quella che è abituata ad andare a letto con qualcuna almeno una volta al giorno.
– Bene – mormora avvicinandosi a me. – Almeno ad uno dei due gli sta bene. – Mi stringe un po’ a lui e passa tutte e due le sue mani sulle mie braccia facendomi venire la pelle d’oca, poi si ferma sui fianchi e mi stringe ancora di più a lui. Avvicina il suo viso al mio e quando penso, e spero, che mi stia per baciare, posa la fronte sulla mia. – Hai da fare? Perché sennò potremmo…
– No, cioè si, ho da fare – balbetto io. Odio nascondergli le cose, ma devo prima vedere se quello che voglio fare è possibile, e poi Jeremy odia i vampiri e i lupi mannari. – Devo andare in biblioteca. Ci sentiamo più tardi, va bene?
– Che devi fare? Louis ti ha dato qualche altro libro da leggere? Perché potrei aiutarti, li so praticamente tutti a memoria. – Lo guardo per un po’, cercando un modo per dirgli la verità, ma so che non la prenderà bene ed è già abbastanza nervoso per il potere. Non è il momento adatto. – Cassie? – mi chiama, perplesso. – Cosa mi stai nascondendo?
M’innervosisco subito, e tutto questo solo perché odio quando mi rivolge la parola in questo modo, come se ancora non si fidasse di me, e quando mi guarda in questo modo, con distacco. – Ci vediamo dopo in camera mia così ti racconto? – chiedo io.
– Perché non me lo dici adesso e basta? – chiede, ancora più innervosito.
Cerco delle frasi giuste ma non mi viene in mente niente, quindi dico tutto quello che mi viene in mente. – Perché ho da fare, Jeremy – sbuffo. Rimane in silenzio guardandomi con gli occhi socchiusi, so benissimo che fa così quando cerca di leggermi nella mente. – Tanto non ci riesci – aggiungo con un sorrisino compiaciuto.
– Questo lo dici tu – borbotta lui continuando a rimanere concentrato. Alzo gli occhi al cielo, stufa, e me ne vado, o almeno vi provo visto che Jeremy mi prende il braccio e mi fa girare di scatto. Trattengo il respiro sentendo subito le sue labbra sulle mie, quel contatto mi fa subito sentire meglio e così lo bacio, lo stringo a me e cerco di fargli capire quanto lo amo tramite questo contatto. Per la milionesima volta mi odio per essere così bassa, mi metto in punta di piedi assaporando ancora di più il bacio e allacciando le mani dietro il suo collo. Mi serve il suo sostegno, visto che ogni volta che ci baciamo le scosse sono così forti che riesco a malapena a reggermi. Poi però si distacca da me come se si fosse ricordato qualcosa, qualcosa di orribile sul mio conto. – Tu sei matta! – ringhia lui, arrabbiato. Aggrotto la fronte, non capendo. Faccio per chiedergli spiegazioni quando mi ferma. – Se gli Anziani scoprono quello che stai facendo ti ammazzano!
Faccio dei passi indietro, scioccata, con tanto di bocca spalancata. – Ci sei riuscito – mormoro, ma non è tanto questo, quanto il fatto che ha fatto tutto questo solo per avere un contatto con me! – Lo sai che mi dà fastidio – aggiungo, tutto d’un tratto fredda nei suoi confronti.
– Non mi hai dato altra scelta – risponde lui con la stessa freddezza che sto usando io.
Rido, nervosa, mettendomi i capelli indietro. Cerco di mantenere la calma ma proprio non ci riesco. – Mi hai baciata per non farmi concentrare e soprattutto per aver un contatto con me, così da facilitare il tuo schifoso potere! – Annuisco più volte con le labbra diventate ormai una linea finissima. Mi sento così umiliata, sono stata così stupida da credere che volesse semplicemente baciarmi!
– Se può aiutarti non mi è dispiaciuto per niente – continua lui, con lo stesso tono se non più freddo.
– Non ti è dis…– Scoppio a ridere. – Io me ne vado – esclamo indietreggiando e alzando le mani a mo’ di resa. Mi giro del tutto e me ne vado, più arrabbiata di prima. Non gli è dispiaciuto? Fantastico! Dispiaciuto. Ma per piacere! Se non gli piace poi così tanto baciarmi non capisco che ci fa ancora con me. Scuoto la testa sbattendo la porta di camera sua. Sono veramente arrabbiata, con me stessa e con lui. Non posso crederci. Non gli è dispiaciuto!
Torno in biblioteca e cerco con tutto il cuore e soprattutto la testa di concentrarmi un’altra volta. Nel libro c’è scritto come arrivare alla grotta, i pericoli che devi affrontare, che a Jeremy non è dispiaciuto affatto… No, aspetta. Vado avanti un po’ di pagine per cercare gli incantesimi che si possono fare. C’è di tutto. Nella grotta lo scudo delle Whitesun non funziona e nel libro c’è un incantesimo per riacquistarlo una volta entrati là dentro. Alcuni incantesimi sono falsi, la grotta è più forte di qualsiasi incantesimo aveva detto il Terzo Anziano quando avevo deciso di dirgli che volevo prendere il pugnale.
Vado avanti un altro po’ fino a quando non arrivo alla parte dove si devono uccidere i vampiri e i lupi mannari. A quanto pare il rituale lo deve fare per forza la Whitesun, se qualcun altro provasse a uccidere quel vampiro con quel pugnale morirebbe e lo stesso succederebbe con il lupo mannaro. Vado avanti dopo aver letto che devo semplicemente uccidere il vampiro o il lupo mannaro infilzando la lama dritta al cuore e che ho solo due tentativi, poi il pugnale si polverizza e così anche la Whitesun. Fantastico.
Alzo lo sguardo solo per guardare l’ora, ma è ora di pranzo quindi chiudo il libro e faccio alla signora della biblioteca che torno tra un po’, annuisce e si rimette subito a leggere il libro, così me ne vado. Quando arrivo alla sala pranzo mi siedo vicino a loro dopo aver preso da mangiare, sbuffo capendo che Jeremy non c’è. – Ciao, ragazzi – borbotto sedendomi al loro tavolo.
– Ciao – esclama Ivy sorridendomi.
– Sapete dov’è Jeremy? – chiedo io, ma tutti e tre sappiamo che la domanda è rivolta solo a Isaac, che sa sempre tutto quando si parla di Jeremy. Non voglio essere una di quelle fidanzate appiccicose ma dopo quello che è successo sta mattina non so proprio che fare.
– È in camera sua, non aveva fame e aveva sonno. Mi ha detto di non disturbarlo, quindi…
Alzo le mani. – Non mi è nemmeno passato per la mente – borbotto prendendo la forchetta. Mastico il boccone con fatica. Non vuole essere disturbato, traduzione “non vuole vedermi”. E pensare che quella che dovrebbe essere arrabbiata sono io, dopotutto è stato lui a forzare la situazione, e soprattutto è stato lui a dirmi che “non gli era dispiaciuto affatto” ma tutto questo solo “se poteva aiutarmi”. Scuoto la testa e vorrei quasi andare in camera sua, disturbarlo, e tirargli un cazzotto in bocca.
– È successo qualcosa? – chiede Ivy guardandomi speranzosa, sa che è successo qualcosa e mi sta praticamente chiedendo in ginocchio di dirle cosa.
La uccido con lo sguardo. – No – ringhio continuando a mangiare in silenzio.
Dopo aver finito di mangiare vado in camera mia per cercare di tranquillizzarmi un po’, devo parlare con Jeremy ma ho la vaga sensazione che potrei quasi staccargli le palle, quindi forse non è proprio il caso di vederlo. Chiudo gli occhi ormai sdraiata sul letto. Faccio dei respiri profondi, cercando di mantenere la calma, senza risultati. Continuo a pensare a tutto quello che è successo, a quello che mi ha fatto sta mattina. Non può capire quanto mi ha fatta soffrire e non lo capirà mai. Anch’io so di avere un certo potere su di lui, ma non per questo lo uso per scopi personali! Facile per lui, prendermi e baciarmi, sapendo che non riuscirei mai a dirgli di no. Vorrei vedere se la situazione si ribaltasse cosa succederebbe. Anch’io ho un potere su di lui ed è fisico e mentale. Potrei prenderlo e baciarlo per scopi miei, giusto per farmi alzare l’autostima un po’, giusto per capire che nemmeno lui riesce a dirmi di no; ma decido di non farlo, perché so che non è giusto nei suoi confronti.
Vieni da me sento che mi dice Jeremy, e di certo non posso rifiutare. Al massimo perderà le palle.
Busso alla porta di Jeremy e apro senza aspettare un secondo di più. Jermey è in piedi e mi sta aspettando, sembra meno arrabbiato. Aggrotto la fronte capendo che l’odore che ho sentito prima era di bruciato e ci sta ancora. – Dovresti aprire un po’ le finestre – dico freddamente.
– Tanto tra un’ora la puzza tornerà, quindi – borbotta, anche lui freddo. Fa un paio di passi e si mette davanti a me. – Per favore, non fare quell’incantesimo.
– Non è giusto – esclamo guardandolo, esasperata. – Perché dovrebbero morire anche i vampiri e i lupi mannari che continuano a provare qualcosa?
– Non sono affari tuoi questi! – urla Jeremy. – Devi fare il tuo lavoro e basta! Cosa c’è di difficile? Perché devi sempre complicare tutto?! Dio! Sei esasperante, te ne rendi conto, vero? Sempre a pensare a qualcosa per complicare un po’ di più le cose.
– Non sto complicando un bel niente, Jeremy! – tuono. – Sto cercando di salvare delle vite innocenti! Non voglio che muoiano anche quelli che provano qualcosa, perché dovrebbero?
Vite innocenti? – urla lui. – Come fai a dire che sono innocenti? I vampiri uccidono le persone per sopravvivere, non hanno un’anima, mentre i lupi mannari mangiano le persone durante la luna piena!
– Non tutti – ringhio io abbassando la voce. – E vedi di non urlare! Non con me. Non pensarci proprio, carino.
– Non tutti? – continua ad urlare lui. – Cassie, non esistono vampiri e lupi mannari buoni! Non è tanto difficile da capire.
– Non urlare! – urlo. – E non puoi saperlo! Tu pensi che i vampiri siano tutti cattivi solo perché sono stati loro ad uccidere i tuoi genitori… – Mi fermo di scatto capendo quello che ho appena detto, senza nemmeno pensarci, ma soprattutto senza un pizzico di tatto.
Vedo una scia di fuoco venire verso di me, indietreggio, ma mi rendo conto che ormai la scia è diventata un cerchio ed io ci sto dentro. – Jeremy? – chiedo, spaventata, guardandomi intorno. La fiamma si stringe toccandomi quasi il polpaccio. – Jeremy! – urlo io, lo guardo, più spaventata che mai. C’è qualcosa in lui, è concentrato verso le fiamme e non dice niente. Non sembra Jeremy. Il cerchio di fuoco si stringe ancora di più, urlo. – Jeremy! – Ma lui continua a non muoversi, così cerco di scavalcarla ma essa si alza nel momento esatto in cui provo a saltare. Indietreggio e una piccola fiamma riesce a bruciarmi il polpaccio. Urlo a causa del dolore e chiudo gli occhi.
La porta si apre e spunta Scott. – Jeremy! – urla appena capisce cosa sta succedendo. Va davanti a Jeremy e lo scuote un po’. – Jeremy, che cazzo stai facendo? – urla. – Jeremy! Così la bruci viva! – Le fiamme si abbassano fino a quando non si spengono del tutto. Mi rendo solo adesso che prima non stavo respirando. Guardo Scott, che ormai è girato verso di me, e sto per scoppiare a piangere quando mi abbraccia. Lo stringo a me.
– Cassie – mormora Jeremy, pallido in viso. – Mi… – Si ferma e mi guarda mentre continuo a guardare a terra, perché ora ho paura di lui e del suo potere. – Mi dispiace così tanto.
– Andiamo – ringhia Scott prendendomi il braccio e trascinandomi fuori. Guardo il polpaccio: i jeans si sono rotti ma la scottatura già non c’è più. – Stai bene? – chiede Scott prendendo il mio viso. – Stai…
– Si, sto bene. A parte il fatto che il mio ragazzo mi stava per uccidere, ovviamente – bofonchio. – Non… non era lui, Scott. Non erano i suoi occhi, quelli. – Lo guardi dritto negli occhi. – Il ragazzo che amo mi stava per bruciare viva. Ma… c’era qualcosa di sbagliato in lui. – Mi siedo per terra con il cuore a mille, mi appoggio alla parete.
– Che sta succedendo qua? – chiede Ivy attraversando il corridoio di fretta per venire da me. – Perché hai i jeans rotti?
– Jeremy – ringhia Scott continuando a tenermi stretta a lui.
– Jeremy cosa? – chiede Isaac, freddo e arrabbiato.
– Quando sono entrato la stava praticamente bruciando viva – risponde Scott guardandolo dritto negli occhi. Mi bacia la fronte e mi culla un po’, come un padre con la sua bambina, e a quel pensiero mi vengono le lacrime agli occhi.
– Non è possibile – mormora Isaac, scioccato. – Non farebbe mai una cosa del genere, soprattutto a Cassie. Ti sei sicuramente sbagliato. Stiamo parlando di Jeremy!
– Sta per compiere diciotto anni, vero? – chiede Scott e quando nessuno risponde aggiunge: – Allora è possibile.
– Io vado da lui – ringhia Isaac aprendo la porta della camera di Jeremy. E poco dopo esce urlando: – Chiamate Louis!
– Perché? – chiede Ivy, preoccupata tanto quanto me.
– Perché è svenuto, ma… non capisco… ha il battito debole! – balbetta Isaac. Trattengo il respiro continuando a guardare Isaac, scioccata. – Correte! – tuona ancora una volta. Mi alzo di scatto e inizio a correre per andare a chiamare Louis.
Entro nell’ufficio di Louis senza bussare. – Che succede?! – urla Louis, arrabbiato. – Non si bussa…? Che succede?
– Jeremy è svenuto, e… non… non lo so – balbetto io. Louis si alza di scatto e inizia a correre da Jeremy.
 
Busso alla porta della casa di Austin. Dopo essere stata ore davanti alla camera di Jeremy, aspettando che si svegliasse, Louis mi ha detto che era meglio se andavo a risposarmi, ma non ce la facevo ad entrare di nuovo in camera mia e sdraiarmi, così ho deciso di andare a casa di Austin. Ho aperto la porta abbastanza per guardarlo dormire, sono stata un po’ là a guardarlo e poi me ne sono andata.
– Chi è? – chiede la madre di Austin.
– Cassie Moonic – rispondo io ad alta voce.
La porta si apre e la madre di Austin mi sorride. – Ciao, tesoro. Stai bene? – chiede, annuisco. – Non sembra – mormora prendendomi la mano, mi fa entrare dentro casa. – Sei pallida… Austin, corri! – urla al figlio. – Allora, che succede?
– Ma niente, veramente. È solo che… ho il ciclo, quindi…
– Ah, capisco – dice lei sorridendomi, ma entrambe sappiamo che non se l’è bevuta. Il bello di questa donna è che non ti fa tante pressioni, quando capisce che non vuoi parlare delle tue cose semplicemente si fa gli affari suoi, e tutti sappiamo quanto sia difficile per lei.
– Cassie – esclama Austin guardandomi, preoccupato. – Vieni.
Seguo Austin in camera sua e appena chiude la porta inizio a raccontargli quello che è successo. Dopo avergli spiegato tutto sembra quasi scioccato. – Non ci posso credere – mormora mettendosi una mano sulla fronte. – Non voglio nemmeno immaginare quello che ti sarebbe successo se non fosse entrato quel ragazzo! – È pallido quanto me ora. – Rimani qua.
– Cosa? – chiedo, scioccata, perché so che la sua non è una richiesta che vale una sera, ma tutta la vita.
– Rimani qua, da noi – esclama lui prendendomi la mani e stringendole un po’, entusiasta.
– Sai che non è possibile – mormoro scuotendo la testa.
– Si, invece! – dice lui, pieno di speranza. – Cassie, ti ricordi com’era la tua vita prima di tutto questo? Prima d’incontrare Derek? Prima d’innamorarti di Jeremy? Prima di…
– Certo che me lo ricordo, Austin – borbotto interrompendolo. – Ma non credo che potrò mai tornare alla mia vecchia vita… Devo fare questa cosa, poi forse riuscirò a convincerli a farmi rimanere qua. – Austin mi sorride e faccio un finto sorriso anch’io. Lo posso fare veramente? Posso veramente tornare alla mia vecchia vita? È possibile? – Devo parlare con gli Anziani, ma non posso far eun altro patto con loro. – Scuoto la testa. – Ne ho già fatto uno, quando ho accettato di uccidere un vampiro e un lupo mannaro…
– Si, me l’hai detto – mi dice subito Austin.
Annuisco. – Quindi… devo semplicemente dirglielo. Mi devo togliere il marchio – mormoro, soprappensiero.
Austin annuisce. – Ti rendi conto? – mormora sorridendo ancora di più. Lo guardo sentendo l’adrenalina nel mio corpo per quanto sono felice. – Ritornerai alla tua vecchia vita!
Rido, felice. – Si. Si, forse ci riuscirò.
– Dai, dormi un po’ – dice baciandomi la fronte. – Gioco un po’ alla play e poi ti raggiungo.
Annuisco, mi sdraio e dopo pochissimo tempo mi addormento.
 

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Capitolo 30
*** La vecchia vita ***







Capitolo 30
La vecchia vita
 
Jeremy si sveglia di soprassalto, si guarda intorno e delle braccia forti lo rimettono giù, ringhia. – Lasciatemi! – esclama. – Lasciatemi! – La camera inizia a puzzare di fumo e pochi secondi dopo le fiamme fanno capolino.
– Jeremy, sono Louis! Smettila. Spegni tutto! – gli ordina Louis continuando a tenerlo sdraiato. – Smettila di combattere, sappiamo entrambi che non riuscirai mai ad alzarti fino a quando non sono io a volerlo. Smettila. – Le fiamme si spengono dopo un po’, alcune prima di altre, e Jeremy inizia subito a sudare freddo per lo sforzo. – Bravo, così… calmati.
– Cos’è… Dov’è Cassie? Le ho fatto del male? – chiede Jeremy.
– Non le hai fatto del male – risponde subito Louis. – Grazie ai suoi poteri le scottature sono subito guarite, ma non erano così gravi, le avevi ferito il polpaccio. Non ti ricordi?
– Si, qualcosa mi ricordo, ma poi Scott è arrivato e l’ha portata via, quindi non sono riuscito a vedere se stava bene – borbotta Jeremy e si sente di nuovo la puzza di fumo. – Chiamatemela, per favore. Devo assolutamente parlare con lei, mi devo scusare, non ero in me…
– Jeremy, mi dispiace – mormora Louis guardandolo dritto negli occhi. – Ma non è tornata all’Istituto ieri sera, mi aveva detto che molto probabilmente non sarebbe tornata per  la notte e così è successo.
La bocca di Jeremy si spalanca. – Dov’è andata? Che significa? – mormora, come scioccato.
–È andata da Austin, so solo questo. Mi dispiace – risponde Louis guardandolo con quei suoi occhioni verdi, cercando di leggergli nel pensiero.
Jeremy chiude gli occhi e la sua mascella s’irrigidisce, per un attimo le fiamme riprendono il sopravvento sulla camera ma dopo pochi secondi si spengono. – Ok. È tanto spaventata? Da me, intendo.
– Abbastanza – sussurra Louis con gli occhi di un cane bastonato.
Jeremy annuisce un’altra volta e chiude gli occhi, fa dei respiri profondi e poco dopo si mette le mani davanti alla faccia. Rimane così per un determinato arco di tempo e poi passa le sue mani nei capelli. – È tutta colpa mia.
 
Apro gli occhi trattenendo il respiro e una mano mi toglie i capelli da davanti gli occhi. – Ehi – mormora Austin, appena svegliato. Mi accorgo di essere appoggiata a lui e il senso di colpa fa capolino. – Che succede? – chiede Austin.
– Jeremy si è svegliato – annuncio io.
– Puoi… puoi percepirlo o cosa? – chiede Austin sbattendo più volte le palpebre.
– L’ho visto – rispondo io. – Credo che il nostro potere stia diventando più forte. Anche quando stavo nella grotta e quando… quel vampiro mi aveva presa sono riuscita a vederlo, per poco però. – Scuoto la testa, confusa. – Forse è solo la mia immaginazione.
– Perché non lo chiedi a Louis? – chiede lui stringendomi la mano.
– Non sono sicura che lui sappia qualcosa, non veramente almeno. Tutti noi sappiamo solo le cose più ovvie e basilari, perché dopotutto è veramente difficile che le anime gemelle si trovino. – Faccio un finto sorriso guardando le mie gambe. – Come con la storia della grotta. Alla fine nessuno sapeva veramente dirmi cosa sarebbe successo.
– Ami veramente così tanto Jeremy da volere tornare da lui, anche dopo quello che ti ha fatto? – chiede dopo un po’ Austin.
Inizio a giocare con la coperta, nervosa. Mi manca, è strano non trovarselo davanti ogni ora, e poi sento quello che sta provando, tutta l’ansia, la preoccupazione e il senso di colpa, e mi fa stare male. – Credo di si – sussurro guardando il mio piede che continua a muoversi. – Insomma, domani è il suo compleanno. – Scuoto la testa. – Il suo potere è molto forte e quello che gli ho detto io l’ha fatto arrabbiare molto. Non era lui. Credo che quel tipo di potere possa prendere il sopravvento sulla persona, è per questo che molti lo reputano così pericoloso. Ma non so niente di questo potere, ho paura che prima o poi possa prendere veramente il possesso su di lui e non lasciarlo più. Devo parlarne con qualcuno che ne sa di più. – Guardo fuori dalla finestra e aggrotto la fronte, è notte fonda. – Ma che ore sono? – chiedo.
– Le quattro – risponde Austin prendendo il suo cellulare. – Meglio tornare a dormire. Domani dobbiamo svegliarci presto. – Annuisco per poi appoggiarmi un’altra volta sul suo petto. Una parte di me sa che è meglio non farlo, perché Jeremy ci rimarrebbe malissimo, ma stare tra le braccia di Austin ormai è una cosa che mi fa stare bene, ed entrambi abbiamo chiarito che non proviamo altro che amore quasi fraterno, quindi non c’è niente di sbagliato… no? – Ci pensi mai a noi? – chiede tutto d’un tratto Austin.
– Certo che ci penso – mormoro io, imbarazzata. – Siamo stati insieme per tanto tempo. Sei stato il mio primo ragazzo. – Rido. – E praticamente l’ultimo.
Ride. – Era bello – mormora lui accarezzandomi i capelli. – Stare con te, dico. – Lo guardo imbarazzata. – Era tutto così naturale.
Con quella frase e quello sguardo mi fa capire che non mi devo preoccupare, così sorridendo mi metto a pancia in giù per guardarlo meglio. – È vero, era tutto tranquillo, non era pericoloso. Era naturale, goffo e dolce allo stesso tempo.
Annuisce sorridendo. – Dai – esclama sospirando. – Dormiamo.
 
– Ragazzi! – urla la madre di Austin. – Su, svegliatevi! – esclama aprendo la porta. – Avete scuola.
Apro gli occhi sentendo quella parola e Austin si stiracchia e sbadiglia. – Possiamo rimanere a casa oggi, mamma? – chiede lui.
– Non ci pensare nemmeno Austin! – esclama la madre togliendoci le coperte. Rido alzandomi. – Ecco, brava, Cassie. Ci pensi tu a questo scansafatiche? – chiede.
Annuisco mettendo indietro i capelli. – Dai, Austin – borbotto prendendo la sua mano, lo tiro lentamente verso il letto e quando sta per cadere si alza di scatto, arrabbiato.
– E va bene! – esclama, incazzato nero. – Ho capito. Ho capito! – esclama andando verso il bagno, ancora più nervoso.
Rido. – Sei ancora intrattabile appena svegliato – esclamo ridendo. – Ti dispiace se ti chiamo un’altra volta “uomo con il ciclo”?
– Certe cose non cambiano mai, mia cara Cassie – urla Austin dal bagno facendomi ridere ancora di più.
Dopo esserci preparati usciamo di casa e io entro dentro la mai macchina, faccio un sospiro e l’accendo. – Quindi – inizia Austin appoggiando i gomiti sul finestrino abbassato della macchina, – adesso vai dagli Anziani? – chiede, annuisco senza aggiungere altro. – Mi fai sapere? – chiede e io annuisco un’altra volta e così ride. – Ti hanno tagliato la lingua, per caso?
Rido. – Vai a scuola – borbotto guardando avanti.
Fa una smorfia. – Tra un po’ ci tornerai anche tu, quindi evita di sfottere – esclama lui facendomi ridere ancora di più. Ci salutiamo e parto senza pensarci due volte.
Ormai so a memoria la strada per andare al Palazzo Antico. Parcheggio la macchina e le due guardie mi fanno entrare dentro il palazzo senza aggiungere niente, il ché significa che loro sanno che sono qua e molto probabilmente anche perché.
– Cassie Moonic – esclama una voce quando non sono ancora del tutto davanti a loro, purtroppo ancora non riesco a riconoscere le loro voci. – Che ci fai qua? – chiede infine il Terzo.
– Volevo parlare con voi – rispondo io guardandoli, faccio per parlare quando mi fermano.
Tutti fanno un sospiro e chiudono gli occhi, solo il Secondo di mette a ridere. – Vuoi veramente toglierti il marchio da Cacciatrice e tornare alla tua vecchia vita una volta che avrai ucciso il vampiro e il lupo mannaro? – chiede, così annuisco. – Che spreco – borbotta scuotendo la testa dopo essersi abbassato il cappuccio.
– Ma non solo – aggiunge il Terzo guardandomi e il mio cuore inizia a battere veloce. – Vuoi fare un incantesimo per salvare i vampiri e i lupi mannari che ancora provano qualcosa e che soprattutto non uccidono le persone innocenti.
– Cosa?! – esclama i Secondo. – Questa è una sciocchezza!
– Non del tutto – dice il Quarto alzandosi per venire davanti a me. – Sei una brava ragazza, Cassie Moonic – mormora guardandomi dritto negli occhi, sorride.
– Grazie – mormoro ricambiando il sorriso, con la voce un po’ smorzata.
– Una brava ragazza? – gli fa eco il Secondo ridendo. – Non fa altro che complicarci le cose! – esclama. Abbasso lo sguardo ricordandomi quello che è successo dopo che Jeremy ha pronunciato le stesse, identiche parole. – Sappi che ti costerà l’incantesimo delle anime gemelle.
Guardo il Secondo, scioccata. – Cosa?! – esclamo quindi. – Ma non è giusto! – tuono.
– Non usare quel tono con me, ragazzina! – urla il Secondo alzandosi dal trono con gli occhi puntati su di me e il volto rovinato da una smorfia.
Stringo le mani in pugni per non scoppiare. – Sto facendo una buona azione – ribatto freddamente, – perché ci dovrei rimettere?
– Tutti gli eroi ci rimettono – risponde il Secondo facendomi un sorriso compiaciuto. – A proposito, come sta il giovane Jeremy? – chiede. Rimango in silenzio, arrabbiata. Ride. – Quel potere lo ucciderà – aggiunge ridendo. – Proprio come suo nonno.
– Basta così! – esclama il Quarto guardandolo, sembra arrabbiato. – Parli sempre troppo – ringhia, poi si gira verso di me. – Mi dispiace, Cassie, ma devi fare una decisione. Non possiamo usare così tanta magia per una sola persona. Non è giusto nei confronti dell’altre persone.
– Va bene – ringhio, arrabbiata, mi metto i capelli indietro. – Scelgo di salvare la vita ai vampiri e ai lupi mannari.
– Te ne pentirai – ringhia il Secondo, ma sorride. – Quando Jeremy impazzirà, rimpiangerai questo momento. – Trattengo il respiro. – Perché impazzirà. Non è in grado di fermare quel potere. È un potere troppo potente e oscuro.
– Basta! – urlo io  con le lacrime agli occhi. –Jeremy è forte e coraggioso. Riuscirà a non impazzire e non impazzirà se mi perderà come lei fece con…  – Mi fermo di scatto e inizio a tremare vedendo la faccia del Secondo. Tutti si alzano come per proteggermi. Sono morta, e per la seconda volta nella mia vita me la sono cercata.
– Cassie – mormora il Primo, – scappa.
Non me lo faccio ripetere due volte. Faccio per andare fuori dalla stanza ma qualcosa mi scaraventa a terra, cado a terra sbattendo la testa contro una colonna del palazzo.
– Basta! – esclama uno degli Anziani.
Mi alzo per ricominciare a correre ma mi fermo di scatto vedendo il Secondo Anziano davanti a me. Lo guardo, continuo a tremare e a blaterare qualsiasi parola mi venga in mente. – Mi dispiace – mormoro io, in preda al panico. – Non volev… Non volevo dirlo, è… – Mi mette una mano al collo e mi alza lentamente da terra non facendomi respirare. Lo guardo negli occhi, da qualche parte, cercando un qualcosa in quei occhi bianchi che non sia rabbia. Poso le mani su quella dell’Anziano per cercare di respirare, di fargli mollare la presa, ma la sua mano è come il marmo.
– Smettila! – urla un Anziano. Non capisco perché non lo sbattono da qualche parte lontano da me. – Dobbiamo fermarlo!
– No – risponde un altro. – Deve capire fino a quanto si può parlare con gli Anziani. Non siamo suoi amici. – Le voci iniziano a farsi sempre meno chiare, fino a quando non riesco più a capire niente.
– Come ci si sente? – chiede il Secondo. – Come ci si sente, in pericolo senza la tua anima gemella, eh? – Si avvicina a me, lasciandomi respirare per pochi secondi, solo perché vuole che riesca a sentirlo. – Perché è questo a cui penso io, ragazzina. Penso a quando la vidi per l’ultima volta senza nemmeno sapere che non l’avrei mai più rivista, e penso a quando stava con quel vampiro, mentre egli la stava uccidendo. Penso a quello che avrebbe potuto pensare mentre quel vampiro la stava uccidendo. – Mi lascia cadere a terra, tossisco. Mi fa male la caviglia, si è storta mentre cadevo a terra. – Pensaci, Whitesun. Pensa alla tua vita senza il tuo amore, perché tra un po’ morirà e non sarà io a ucciderlo, anche se la cosa mi alletta molto. – Mi tira un calcio così forte da farmi andare a sbattere contro le scale, cerco di alzarmi ma mi butta subito a terra, poi mi prende il giacchetto di pelle e i miei piedi non toccano più a terra. – Perché succederà. Morirà. L’ho visto con suo nonno e lo vedrò con lui.
Lo guardo e così mi fa cadere un’altra volta a terra. Va verso gli Anziani che continuano a rimanere seduti su quei troni, immobili. – Penso che dovrebbe sapere una cosa – mormoro guardando con gli occhi che, scommetto, mi scintillano a causa della rabbia che sto provando. – Nella caverna l’ho vista.
Il Secondo è da me dopo un secondo e mi fa alzare un’altra volta da terra stringendomi ancora di più il collo. – Non hai il diritto di scherzare su queste cose, Whitesun.
Cerco di togliere le sue mani dalla mia gola. – Non sto scherzando, può vederlo, se vuole – mormoro io con la poca voce che esce. Mi fa cadere a terra e mi prende la mano con forza, entrambi chiudiamo gli occhi e vediamo Katherine mentre mi parla e mi dice di salutarlo e che non ce l’ha con lui, anzi. Sento il freddo arrivare fino alla testa ma dopo poco tempo la mano dell’anziano lascia la mia.
– Ti – Si ferma, la sua voce trema. – Ti toglierò io il marchio e lo farò con piacere. Sei un pericolo per tutti i Cacciatori. E riguardo l’incantesimo dei lupi mannari e dei vampiri lo faremo, ma non si svolgerà più il rituale per staccare la tua anima da quella di Jeremy. Voglio che tu soffra! Ora vattene, prima che ti uccida con le mie stesse mani.
 
Appena arrivo all’Istituto non riesco a fare a meno di zoppicare e fare smorfie a causa del dolore che sto provando: mi fa male tutto il corpo. Louis e Isaac mi fermano per capire qualcosa della faccenda, ma sono così stanca che non riesco a parlare più di tanto e loro capiscono e mi lasciano andare ma non senza facendomi promettere che gli dirò tutto appena possibile. Sono sicura che Isaac andrà subito da Jeremy, ma spero non si faccia vedere per un po’, perché non potrei sopportare anche il suo dolore e non posso dirgli la verità, quindi mi devo inventare una storia.
Appena ho finito di farmi la doccia qualcuno bussa alla mia porta. – Un attimo – urlo prendendo l’asciugamano emettendomelo sui capelli. Apro la porta e il mio cuore fa un balzo: Jeremy, dovevo immaginarmelo.
– Ciao – dice lui, freddo, così tanto che rabbrividisco.
– Ciao – mormoro, cercando di non fargli capire quello che sto provando. Faccio un sospiro e mi faccio da parte per farlo entrare. – Entra.
– No, grazie – risponde lui e così lo guardo perplessa. – Sono venuto per vedere se stavi bene.
– Sto bene – rispondo subito guardandolo negli occhi e perdendomi per un po’ di tempo in essi. – Non è successo niente. Potresti dirlo anche agli altri, per favore?
– Quei lividi non mi sembrano “niente” – ringhia Jeremy. – Chi è stato? – chiede prendendo di nuovo il possesso del suo corpo e atteggiamento. – Cassie…
– Nessuno – esclamo io, tanto fredda quanto lui. Mi lancia un’occhiataccia. – Cosa? Mi vuoi baciare un’altra volta per vedere di chi si tratta? – Rimane in silenzio ma senza smettere di guardarmi, sembra sia arrabbiato che dispiaciuto. – Mi devo preparare – mormoro chiudendo la porta.
– È stato Austin? – sputa Jeremy con una smorfia disgustata.
Spalanco la porta con gli occhi sbarrati. – Assolutamente no! Non farebbe mai una cosa del genere!
Lentamente la sua faccia diventa rossa dalla rabbia. – Quindi? – chiede facendo varie smorfie. – Qualche ragazzo ti ha…
– Wo! – esclamo indietreggiando, rido. – No – rispondo sentendo il calore uscire dalla mia pelle a causa dell’imbarazzo. – Assolutamente no. Nessuno mi ha… No.
– E allora chi è stato?! – esclama, frustrato.
– Sono stanca. Non è stato nessuno, Jeremy. Basta – ribatto, più fredda possibile, cercando di congedarlo.
Ride. – Cassie, sei piena di lividi. Quello che più mi spaventa è quello sulla fronte, che di certo non ti puoi essere fatta da sola!
– Jeremy, lascia stare – dico io, stufa.
– Sono il tuo ragazzo – se ne esce e il mio cuore si ferma un secondo in più del dovuto, rimango a bocca aperta. – Ho il diritto di sapere quello che è successo.
– Jeremy, una volta che avrò ucciso un vampiro e un lupo mannaro con quel maledetto pugnale mi farò togliere il marchio da Cacciatrice e tornerò alla mia vita normale – dico alla svelta.
Jeremy sbianca. – Non dici sul serio – mormora guardandomi con gli occhi spalancati. Abbasso lo sguardo mentre  il suo si fa spaventato. – Tu… mi stai lasciando.
– Io ti amo, e lo sai – sussurro per poi scuotere la testa. – Ma non posso vivere in questo mondo. – Lo guardo con le lacrime agli occhi. – Non sono abbastanza forte.
– Si, lo sei! – esclama stringendomi le spalle. – Ti prego, non mi lasciare.
Lo guardo piangendo come una bambina di cinque anni. Non può fare così, non può complicare ancora di più le cose! Il mio cuore non può reggere anche le sue, di lacrime. – Non posso. Non ce la faccio a vivere così, Jeremy!
– Ma io ho bisogno di te – mormora lui facendo fare le capriole al mio cuore.
Lo accarezzo continuando a piangere, ma sta fermo, in silenzio, guardandomi con quel distacco che ti fa tremare il cuore. L’unica cosa a cui penso è che mi ama, che io amo lui, che è stato mio tanto quanto io sono stata sua senza il bisogno di portarmelo a letto. E lui lo sa. – Potremmo vederci comunque – sussurro io, ma so che è impossibile.
– Non in quel modo – risponde togliendo la mia mano dal suo viso perfetto. – No. Io sarei sempre impegnato in questo mondo, ad uccidere demoni, e tu saresti sempre là, ad aspettarmi. – Scuote la testa. – Non posso stare con una persona che non vuole saperne del mondo in cui vivo.
– Ma non è già così? – esclamo io. – Non so niente di te, non mi parli mai di te e della tua storia! Chi è tuo nonno?
Spalanca gli occhi e si allontana ancora di più da me. – Sei stata dagli Anziani – mormora. – Sono stati loro?!
Sobbalzo. Ma perché non penso più prima di parlare?! – Lascia stare, non fa niente – rispondo ancora una volta, sbuffo. – Senti, mi preparo e poi ne riparliamo, ok?
Scuote la testa e mi fa indietreggiare per entrare, chiude la porta. – No – risponde freddamente. – Ne parliamo adesso. Che ti hanno detto di mio nonno?
– Solo che è morto a causa del suo potere – mormoro io, impaurita, e mi chiedo da quanto tempo ho paura di lui.
– E perché ti hanno fatto questo? – chiede toccandomi per pochi secondi il viso. Rimango in silenzio. – Cassie! Perché diavolo ti hanno fatto questo? – chiede, arrabbiato. – Cassie, per piacere…
– Ho fatto una cazzata, ok? – sbotto urlando.
– Cosa? – chiede lui avvicinandosi a me con una voce completamente diversa, più calda. Abbasso lo sguardo verso le sue labbra e faccio per avvicinarmi a lui, come ipnotizzata, ma mi fa alzare il viso e mi sorride. – Concentrati, Cassie. Cos’hai fatto?
– Non te lo dico – ringhio allontanandomi da lui.
– Perché no? – chiede, sbuffa, esasperato.
– Perché no – borbotto andando verso l’armadio. – Ora puoi lasciarmi preparare? – Non mi dice niente così prendo i vestiti e vado in bagno.
Una volta vestita esco dal bagno pettinandomi i capelli, mi fermo vedendo Jeremy sdraiato sul mio letto, aggrotto la fronte. – Jeremy? – lo chiamo, ma non mi risponde, così trattengo l respiro e faccio cadere la spazzola. – Jeremy! – urlo io andando sul letto, ma non mi risponde nemmeno questa volta. Lo scuoto un po’. – Jeremy! – tuono con le lacrime agli occhi e a quel punto apre gli occhi. – Oh… oh mio Dio – mormoro abbracciandolo.
– Mi… Scusami, mi sono addormentato – balbetta lui, sperduto.
Faccio un sospiro. – Non ti svegliavi più – mormoro stringendolo ancora di più a me nonostante lui continui a non ricambiare l’abbraccio.
– Mi dispiace – dice lui continuando a essere freddo, mi distacco da lui. – È normale, il mio potere sta consumando la maggior parte delle mie energie. – Mi fissa per un po’ di tempo. – Quindi, cos’è successo al Palazzo Antico?
Scuoto la testa sedendomi sul letto, proprio davanti a lui. Incrocio le gambe e lui abbassa lo sguardo verso di esse. – Il Secondo Anziano mi ha stuzzicata e non sono riuscita a controllarmi – rispondo, solo perché vederlo guardarmi nel modo in cui sta facendo adesso m’innervosisce.
– Ok e cosa ti ha detto? – chiede alzando lo sguardo, arrossisce un po’ quando capisce che sono in imbarazzo per quello che ha appena fatto. Non è il fatto di guardare le mie gambe ma il come guardava tutto il mio corpo fino alle gambe.
– Una cavolata – borbotto posando le mani sulle gambe, nervosa.
– Se fosse stata una cavolata non avresti reagito – ribatte freddamente.
Non posso dirgli che mi aveva detto che il suo potere lo avrebbe ucciso o comunque fatto impazzire. Lo avrebbe solo scoraggiato e, di conseguenza, sarebbe successo veramente. Rabbrividisco. – Mi ha detto che non posso più fare l’incantesimo che avrebbe staccato la mia anima dalla tua – rispondo quindi, mentendo.
Mi guarda arrabbiato e perplesso. – Quindi volevi farlo comunque – mormora guardandomi scioccato. Ride. – Allora che senso ha? Perché stiamo insieme? – chiede, si alza, arrabbiato. – Tu non hai idea di quanto sia difficile per me rifiutare i continui inviti delle ragazze che prima di te mi portavo a letto di continuo! – urla lui. – Hai idea di quanta frustrazione ho nel mio corpo da quando ci siamo messi insieme? Perché sì, è bellissimo perché io ti amo, ma stiamo comunque parlando di me, Cassie! E non sono cambiato. Forse un po’, ma ti devo per caso ricordare come vivevo prima del tuo arrivo?
– Se sei così frustrato a causa del sesso puoi anche andartene a fanculo – sbotto io. – Se è così frustrante per te potevi anche dirmi che non te la sentivi di stare solo ed esclusivamente con me. Mi sarei arrabbiata, è vero, ma l’avrei comunque accettato.
Ride. – Non capisci proprio, vero? – chiede. – Preferisco essere frustrato e aspettarti che andare a letto con tutte le ragazze. È difficile, perché il mio corpo chiede altro; ma non posso farlo, non posso fare sesso con tutte le ragazze che voglio, non da quando ho in testa solo te. – Rimango in silenzio a guardarlo. – A volte penso che forse quest’amore che proviamo non sia uguale.
Il mio cuore fa un balzo. Non l’ha detto veramente, non lo può pensare! Non può pensare che io lo ami di meno! – Forse è meglio se te ne vai – mormoro.
Mi guarda senza trapelare nessun sentimento. Si è calmato, ma io mi sono appena arrabbiata. – Vuoi dire che non è così? – chiede e cos’è esasperazione nel suo tono di voce, ma in questo momento nemmeno questo riesce a toccarmi.
– Te ne devi andare, Jeremy! – tuono io, sdegnata.  Mi guarda con gli occhi spalancati e se ne va, senza sbattere la porta. Mi metto i capelli indietro, mi alzo dal letto e do un calcio al cestino che sta vicino alla scrivania. Esso cade a terra facendo uscire tutto il contenuto per terra. Sbuffo e mi sdraio sul letto addormentandomi subito.
 
Apro gli occhi sentendo il mio letto vibrare, aggrotto la fronte fino a quando non capisco che si tratta del mio cellulare. Guardo il display e vedo che è il numero di Austin. – Allora? Che ti hanno fatto? – chiede subito, ansioso.
– Ah – borbotto sedendomi sul letto. – È vero. – Mi metto una mano sulla fronte, per qualche strano motivo mi fa male la testa. – Hanno detto che va bene, appena riuscirò ad uccidere un vampiro e un lupo mannaro mi toglieranno il marchio.
– Non ci posso credere! Ti rendi conto?! – esclama Austin, entusiasta.
Scuoto la testa ricordandomi Jeremy. – No. Credo… credo che Jeremy mi abbia appena scaricata – mormoro io mettendomi una mano davanti la faccia per cercare di non scoppiare un’altra volta a piangere. Tutto questo è così stressante. Tutta la mia vita è stressante! È per questo che non posso continuare così, devo avere un po’ di tranquillità e non posso averla in questo mondo.
– Perché? – chiede Austin.
– Gli ho detto che volevo tornare alla mia vita normale e si è arrabbiato, ma più di tutto si è arrabbiato quando gli ho detto che… – Mi fermo capendo quello che sto per dire. Non posso dirgli che gli Anziani mi avevano fatto quello che avevano fatto e la vera ragione. – Che volevo ancora fare l’incantesimo per slegarci.  – Guardo le mie mani mentre giocano nervosamente con la coperta del letto.
– Bé… non gli puoi dare torto, Cassie – mormora lui.
Ha ragione, non posso dargli torto… se solo questa fosse la  vera ragione! Guardo l’orologio. – Cazzo, manca un quarto d’ora a mezzanotte – borbotto io. – Tra un po’ è il suo compleanno.
Ride. – Come regalo di compleanno gli regalerai te con un bel completino sexy?
– Austin! – esclamo io, imbarazzata. – Smettila – borbotto trattenendo una risata nervosa. – Vado – aggiungo prima di attaccare e buttare il cellulare sul letto. Vado in bagno per controllare il mio stato. I miei capelli sembrano meno gonfi e meno ricci del solito, mi metto solo il rimmel e poi me ne vado praticamente correndo.
Faccio un sospiro davanti la porta di camera sua, ho in mano una bottiglia di champagne rubato dalla cucina e nell’altra due flute. Faccio un altro respiro profondo e poi busso alla porta cercando di non far cadere niente a terra.
– Sentite, voglio dormire… – borbotta lui aprendo la porta, ma si ferma guardandomi, perplesso. – Cassie – aggiunge guardandomi e cambiando letteralmente espressione. Potrei starlo a guardare per ore senza stancarmi.
– Pensavo – mi fermo, sono troppo agitata addirittura per parlare. – Si, insomma… – Mi fermo un’altra volta e questa volta aggrotta la fronte, mettendomi ancora di più in imbarazzo. Faccio un respiro profondo. Ok, riproviamo. – Nel mondo degli umani avere diciotto anni vuol dire essere liberi. – Lo guardo per poi fare un sorriso innocente. – Che ne dici di provare a entrare nel mondo in cui ho vissuto fino a poco tempo fa solo per una sera?
– Non credo sia una buona idea – risponde freddamente e il mio sorriso scompare. Quanto posso essere stupida? Ci siamo praticamente lasciati, ci credo che non vuole! Deglutisco senza dire niente. – Cassie, ci siamo appena lasciati! Mi hai detto che volevi fare un incantesimo, che poteva farti morire, per slegare il nostro legame! Mi hai cacciato dalla tua camera… – Si ferma guardandomi. – E ora di presenti qua, in questo modo. Non ha senso!
Abbasso lo sguardo. – Lo so – mormoro guardando i suoi piedi nudi, poi faccio un sospiro. – Va bene. Allora io me ne vado. – Accenno un sorriso tirato e senza calcolare il suo sguardo triste mi giro e me ne vado. Poi però una mano stringe forte il mio braccio e due secondi dopo mi fa girare. È Jeremy. Il mio cuore si blocca e, imbarazzato, inizia ad accelerare per l’entusiasmo.
– E va bene – dice guardandomi. Sorrido. – Entra – aggiunge facendosi da parte. Sorrido ancora di più ed entro, chiude la porta e così mi guardo intorno. La stanza è molto più pulita adesso e finalmente si può respirare aria pura. – Ho avuto un po’ di tempo per pulirla – annuncia dietro di me.
Rabbrividisco sentendo la sua mano sfiorare per sbaglio la mia, o almeno questo è quello che mi vuole fare credere. Mi giro per guardarlo e siamo vicinissimi. – Lo vedo – dico sorridendo. Fa un mezzo sorriso. – È molto meglio adesso – continuo non sapendo cos’altro dire. Annuisce e sembra imbarazzato tanto quanto me, il ché è molto strano. Giro la testa verso il suo letto e guardo l’orologio. Manca solo un minuto. Sorrido guardandolo. – Vieni – esclamo aprendo la finestra, appoggio i due flute e la bottiglia di champagne.
– Non voglio nemmeno immaginarmi come hai fatto a prendere quella bottiglia – bofonchia lui con un sorriso malizioso, ricambio lo stesso sorriso e così ride.
Mi sporgo un po’ a destra per riuscire a vedere l’orologio, mancano meno di venti secondi, così prendo la bottiglia di champagne e la porgo a Jeremy, che la prende subito. Prendo i flute e inizio il contro alla rovescia. – Tre… due… uno… – Il tappo della bottiglia esce andando a sbattere contro la televisione di Jeremy. Entrambi scoppiamo a ridere guardando il tappo, ormai a terra. Versa lo champagne dentro i bicchieri e la posa sul ciglio della finestra. Una volta che ha preso anche lui il bicchiere gli dico: – Auguri, Jeremy. Sei finalmente maggiorenne!
Sorride ancora di più e l’unica cosa a cui riesco a pensare è che quel sorriso dovrebbe essere illegale. Lui è illegale. – Chin chin – dice sbattendo delicatamente il suo bicchiere con il mio. Inizio a bere nello stesso momento in cui inizia a bere lui e poi posiamo i flute vicino la bottiglia di champagne e l’imbarazzo s’impossessa un’altra volta di me.
– Jeremy, mi dispiace..
Mi mette un diso davanti la bocca e così mi fermo subito. – Zitta – mormora lui. – Non fa niente. – Si avvicina a me e quindi inizio a sentire quel groppo in gola che non sembra svanire nel nulla. Mette le sue mani dietro la mia schiena per farmi avvicinare a lui e trattengo il respiro. Riesco a sentire il calore che sprigiona il suo corpo per entrare nei miei vestiti, riesco a sentire addirittura ogni muscolo, ogni ossa, ogni singola cosa di lui.
Gli accarezzo il viso. – Sappi solo che l’ho fatto perché ti amo – mormoro abbassando lo sguardo verso le sue labbra. Non mi riferisco al fatto dell’incantesimo ma lui questo non lo deve sapere e non saprà mai.
– Lo so – mormora. – So che nella tua testa l’hai fatto per me. – Annuisco posando la mia fronte sulla sua, rimaniamo così per un po’ di tempo, troppo confusi per fare altro, poi le sue labbra toccano le mie e il mio corpo inizia ad andare ancora più a fuoco. Si gira lentamente per appoggiarsi al ciglio della finestra e lo seguo lasciando che sia lui a reggermi. Lo stringo a me cercando un modo per unirci così tanto da diventare una sola persona, lo stringo così tanto che non c’è più una sua parte del corpo che stia toccando la mia. Poco dopo però si distacca da me per riprendere fiato. – Allora… io non posso andare più avanti di così.
– Lo so – rispondo io prima di baciarlo un’altra volta. C’è un attimo di esitazione, poi però socchiude le labbra accettando il bacio. Rimango senza fiato per un po’, così tanto che per pochi secondi sono costretta a distaccarmi da lui, poi quando lo bacia ancora una volta, lo faccio con ancora più passione. Le sue mani si spostano dai miei fianchi fino ad alzare di poco la mia maglietta così da riuscire a toccare la mia schiena nuda. Rabbrividisco e rido contro la sua bocca, lo sento sorride, ma poco dopo apre un po’ le labbra per baciarmi. Mi lascio trasportare dall’emozioni che sto provando e lascio che sia il mio corpo a governare, non la mia mente; stringo un po’ troppo i suoi capelli e inizio a mordicchiare il suo labbro inferiore.
A quel punto inizia ad innervosirsi. Mi stringe ancora di più a lui e mi fa capire che vuole che io mi sieda sopra di lui, ma siamo su una finestra quindi non lo ascolto. Geme facendo rivoltare il mio stomaco e tremare il cuore. – Non…! – esclama allontanandomi di scatto. Rimango a bocca aperta, un po’ spaventata e confusa. – Devo… devo mantenere il controllo – mormora mettendo le mani davanti il suo viso.
Annuisco avvicinandomi a lui. – Tranquillo – sussurro accarezzandogli i capelli. – Va bene – continuo prendendo le sue mani e stringendole con le mie, appoggio la mia fronte sulla sua e chiudo gli occhi. – Non sono venuta qua per fare sesso con te.
Mi mette un’altra volta le mani dietro la schiena, ormai coperta, e mi fa avvicinare ancora un po’ a lui; ride. – Non so come tu faccia ad accettarlo – scherza. Si morde il labbro inferiore, soprappensiero, e così abbasso subito le sguardo sulle sue labbra e appena se ne accorge mi sorride. – Cosa c’è? Vorresti farlo tu? – chiede, scoppio a ridere e mi raggiunge subito dopo. Ma si ferma subito, affrettandosi a baciarmi, e anche la mia risata si ferma all’istante. Lo stringo ancora una volta a me e questa volta sono io a passare le mie mani sulla sua schiena nuda; ogni singolo muscolo s’irrigidisce sotto il mio tocco. Le sue mani mi stringono ancora di più a lui, se solo possibile, e capisco che mi vuole tanto quanto lo voglio io. Voglio solo far combaciare i nostri corpi in modo perfetto, ma non so come fare e questo mi fa innervosire ancora di più. Appoggio tutto il mio corpo sul suo.
– No – bofonchia e così smetto di baciarlo. – Se fai così non mi aiuti a non andare avanti, anzi.
Alzo le sopracciglia, confusa, poi capisco. – Ah! – esclamo distaccandomi completamente da lui, terribilmente imbarazzata. – Pensavo… – Faccio tre passi indietro. – Pensavo che… Non so… – balbetto io mettendomi i capelli indietro.
Ride. – Questo – inizia prendendo la mia mano e facendomi appoggiare un’altra volta a lui, – non significa che non voglia che tu lo faccia. – Sono ancora rossa per l’imbarazzo quando mi alza il viso con una mano. – È il mio compleanno. Il regalo più bello sarebbe stare con te tutta la notte e svegliarmi con te accanto. Come in Scozia, è stata la notte più bella della mia vita. – Abbasso lo sguardo sorridendo come una cogliona, non riesco nemmeno a capire tutte l’emozioni che sto provando in questo momento. – E per quanto tutto dentro di me mi stia dicendo di fare l’amore con te, un’altra parte di me ha paura. Non siamo ancora pronti. Questa volta voglio fare le cose per bene e soprattutto con calma.
Annuisco, imbarazzata. – Si, sono d’accordo con te. – Ed è vero. Io non mi sento affatto pronta, ci conosciamo da mesi, ma è ancora troppo presto. So che mi ama tanto quanto me, ma a questo punto è solo un fatto psicologo, credo, e non sono pronta. E a quanto pare nemmeno lui lo è, quindi non c’è problema… più o meno.
Continua a sorridermi e avvicina il suo viso al mio, le sue labbra toccano per pochi secondi le mie e poi si distaccano. Aggrotta la fronte, facendomi capire che è preoccupato. – Sono stato cattivo prima. Non dovevo incolparti per una cosa del genere. Ero solo molto arrabbiato, e ormai sai che quando sono arrabbiato dico cose senza senso. – Rido. – Non voglio che tu ti senta in colpa, o peggio obbligata a fare sesso con me. So che sei troppo intelligente per pensare una cosa del genere, ma so che alla fine sei molto insicura; e quindi se l’idea di non star facendo abbastanza per la nostra relazione ti è passata per la testa per almeno cinque secondi, permettimi di dissuaderti da quest’idea. – Mi lascia un piccolo bacio sulle labbra. – Permettimi di dirti che quando sono arrabbiato dico cose che tu non devi nemmeno ascoltare. – Dalle labbra passa sulla mia guancia, baciandomela. – Permettimi di convincerti di quanto tu possa essere bella. – Dalla guancia passa alla mascella mentre il mio respiro inizia a farsi sempre più pesante. Afferro le sue spalle, cerco di sedermi su di lui ma subito capisco quello che sto facendo e mi fermo. Si ferma e sento i suoi denti, segno che sta sorridendo. – Permettimi di farti sapere che quello che provo per te è così forte da essere al di sopra dell’amore. – A quel punto inizia a baciarmi il collo facendomi perdere completamente il controllo sul mio stesso corpo.
Faccio in modo che si siedi del tutto sul ciglio della finestra e gli faccio appoggiare la schiena sul vetro di essa. Il modo in cui mi guarda non fa altro che farmi sentire ancora più euforica. Mi siedo a cavalcioni su di lui, si avvicina a me ed inizia a baciare ancora una volta il collo. Stringo le sue spalle chiudendo gli occhi, quando proprio non ce la faccio più afferro il suo viso e lo bacio come non ho mai fatto. La delicatezza sembra essere veramente andata via, lasciando spazio solo alla passione.
Inizio a sentire odore di bruciato e mi fermo all’istante, posa il suo viso sull’incavo del mio collo ed inizia a respirare profondamente, anche se continua ad essere pesante tanto quanto il mio. So che si è calmato solo perché fa in modo che il mio corpo attecchisca completamente al suo stringendomi contro il suo. Ci guardiamo negli occhi per un tempo indefinito, poi non ce la faccio più ed inizio a baciarlo ovunque, esattamente come lui ha fatto con me. Poso le mie mani sotto la sua maglietta e poco dopo cade a terra.  Lo guardo dritto negli occhi mentre tocco ogni centimetro, ogni millimetro del suo petto e della sua schiena, e sono sicura che il suo sguardo è identico al mio. Lo bacio ancora, e ancora, e ancora, fino a quando entrambi non ce la facciamo più.
Quando penso che tutte le mie energie se ne stiano andando mi prende in braccio e si alza, allaccio le mie gambe attorno ai suoi fianchi ed inizio a baciare la sua mascella. Mi fermo solo quando mi fa sdraiare sul suo letto e mi si mette sopra. Ci guardiamo mentre lui si mette in mezzo alle mie gambe, anche quando si posa lentamente sul mio corpo tenendo tutto il suo peso sul suo braccio. Chiudo gli occhi e inarco la schiena sentendo le sue mani alzare la mia maglietta per toccare tanto quanto ho toccato prima io. Allaccio le mie gambe intorno alla sua vita e lo avvicino ancora di più a me, rimane senza fiato per un po’, guardandomi dritto negli occhi.
– In questo modo sei tu che non mi aiuti a non andare avanti – mormoro io e la mia voce risulta così rauca da farmi arrossire.
– Hai appena ucciso tutta la mia volontà – mi sussurra lui all’orecchio stringendomi la coscia sinistra. Rido, più perché sono nervosa che per altro, e questo sembra non farlo fermare più. Mi toglie di scatto la maglietta, rimango in silenzio e a bocca aperta guardandolo mentre si abbassa e ricomincia la tortura dei baci ma senza fermarsi.
– Jeremy – mormoro io sentendo che stiamo andando troppo avanti, ma sembra non sentirmi, continua a baciare e stuzzicare la mia povera pelle che ormai non ce la fa più.  – Jeremy – bofonchio, e lui invece di rispondere mi lascia senza fiato per pochi secondi lasciando che tutto il suo peso mi schiacci. Da una parte però capisco che è quello, che stiamo andando vicino alla posizione che stavo cercando da un po’ di tempo ormai, e così capisco che in realtà facendo così non sto facendo altro che peggiorare la situazione. Il problema è che una parte di me non si vuole fermare. – Jeremy! – esclamo distaccandolo, una fiamma si alza proprio al centro della camera e sussulto.
– Scusami – mormora lui spegnendola. – Non… – Posa il suo viso sull’incavo del mio collo ed inizia a respirare profondamente. – Non riesco più a pensare. Non… – Ride e mi rendo conto che c’è troppa puzza di bruciato.
– Basta – annuncio allora togliendolo. Mi alzo dal letto e mi allontano da lui, visto che lo vedo sempre più in difficoltà. – Jeremy?
– Non riesco… – non fa in tempo a finire la frase che una fiamma enorme inizia a correre per tutta la stanza. – Cassie! – esclama poi guardandomi con gli occhi spalancati mentre io cerco di appiattirmi il più possibile sulla parere. Per fortuna dopo poco tempo la fiamma si spegne. – Scusami. Scusami. È che è stato così difficile trattenermi fino ad adesso…
– Non fa niente – sussurro vedendo l’incantesimo che proteggere l’Istituto fare quello che deve fare, lentamente le cose che sono bruciate tornano normali. Alzo lo sguardo su di lui e sembra stanco morto, accenno un sorriso e mi avvicino a lui, mi guarda e all’inizio sembra non volermi accanto a lui poi però quando gli do un bacio sulla guancia e mi metto sotto le coperte fa la stessa cosa e mi stringe a lui. Poso una gamba sulle sue e mi accoccolo. – Buonanotte.
– Buonanotte, Cassie – dice lui dandomi un bacio sui capelli.
– Ti amo – aggiungo dopo un po’.
– Ti amo anch’io – ribatte lui e dal tono di voce capisco che sta cercando di trattenere un sorriso.

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Capitolo 31
*** Cugina ***







Capitolo 31
Cugina 

Mi sveglio sentendolo respirare profondamente, quando apro gli occhi trovo un Jeremy rilassato e dolcissimo con ancora gli occhi chiusi, i capelli scompigliati, il viso rilassato e le labbra socchiuse. Entrambi abbiamo un braccio sul corpo dell’altro. Sorrido, ma per pochi secondi, visto che dopo poco il suo viso diventa strano, preoccupato. Inizia a mormorare qualcosa e a muoversi, quindi capisco che sta facendo un incubo. – Jeremy – mormoro, cercando di svegliarlo. Quando mi giro però mi accorgo che la camera sta andando a fuoco. Rimango in silenzio, guardando le fiamme mentre infestano velocemente tutta la camera. – Jeremy, svegliati – dico alzando la voce, iniziando a sentire la paura imprigionarmi. Trattengo il respiro vedendo una fiamma salire verso il letto. – Oh… oh, mio Dio. Jeremy! – esclamo, ma sembra così preso dal sogno che non riesco a svegliarlo. – Cazzo, Jeremy! – tuono vedendo la coperta andare a fuoco, mi appiattisco alla testata del letto. – Jeremy! – urlo ancora di più vedendo il fuoco correre sul corpo di Jeremy, ma non sembra nemmeno farci caso. Il fuoco non gli fa niente.
Un urlo esce dalla mia bocca, così forte da farlo svegliare, quando il calore insistente che mi brucia il piede mi fa così male da iniziare a piangere. Urlo ancora e ancora nonostante Jeremy si sia svegliato e stia cercando di placare le fiamme, perché ormai il fuoco mi ha preso tutta la gamba. Inizio a muovermi e Jeremy sembra sotto shock.
Quando le fiamme scompaiono dalla mia vista e dalla mia gamba continuo ad urlare, il dolore che sto provando è troppo, veramente troppo. – Cassie – mormora Jeremy prendendomi il viso. – Cassie, perdonami, ti prego. – Si alza e fa per toccare la mia gamba, piena di vesciche e scottature di terzo grado, ma si ferma e si gira verso la porta. Non ho più voce ormai ma continuo a emettere suoni vagamente paragonabili a un urlo. – Oh… cazzo! – tuona scompigliandosi i capelli, corre in corridoio ed inizia ad urlare: – Aiuto! Chiamate Louis, correte!
Quando torna dentro e mi guarda non riesco a fare altrettanto, continuo a tremare per il dolore e il freddo che sto provando. – Fa male – mormoro continuando a piangere.
Jeremy rimane in silenzio stringendomi la mano e mormorando qualcosa d’incomprensibile, sta blaterando, è sicuramente sotto shock. Quando Louis entra nella stanza, bianco in faccia, Jeremy inizia a urlare per spiegargli tutto quello che è successo, continua a indicarmi e le fiamme iniziano a tornare, prima sul tappeto, poi sul letto…
– No, no, no, no, no – bofonchio cercando di allontanarmi, nonostante il dolore insopportabile alla gamba. – Jer… Jeremy! No, no, no.
Louis alza lo sguardo su di me e spalanca gli occhi. – Jeremy, le fiamme. Jeremy, concentrati. Jeremy, le fiamme! – inizia ad urlare, ma Jeremy sembra non ascoltarlo, continua a balbettare. A un certo punto sento il rumore di uno schiaffo e le fiamme si alzano ancora di più prima di scomparire. Jeremy ha la guancia rossa e il viso girato verso sinistra.
Abbasso lo sguardo verso la mia gamba, orribile e bruciata, e piango ancora di più. Louis si avvicina a me e guarda la gamba, dovrebbe star guarendo, mi fa meno male di prima ma il dolore è ancora insopportabile. Prende una boccetta di un qualcosa dentro l’armadio di Jeremy.
– E quella cos’è? – chiede Jeremy.
– Una soluzione – risponde Louis iniziando a spalarmi il contenuto della boccetta. – Dovrebbe aiutarla con la guarigione. È fortunata a essere una Whitesun, se fosse stata una Cacciatrice normale a quest’ora la sua gamba…
– Zitto – esclama Jeremy anche se la sua voce è ancora bassa. – Ti prego, sta zitto. – Rimane in silenzio guardandomi calmare, quando alzo lo sguardo verso di lui però lo abbassa e fa finta di niente. So che sta soffrendo vedendo la sua mascella fin troppo contratta.
Poi Isaac apre di scatto la porta. – Buon compleanno! – urla ma il suo entusiasmo si ferma dopo aver visto prima me e poi Louis.
– Già – borbotta Jeremy. – Buon compleanno a me.
 
Jeremy parcheggia la macchina davanti al Palazzo Antico, sta mattina sono andata in biblioteca per leggere qualcosa di più su questo palazzo e gli Anziani, e ho scoperto che a quanto pare il palazzo non sta a Boston, viaggia tra una città e l’altra e quando loro ti chiamano o tu desideri vederli ecco che appare il palazzo. È come se fosse in una dimensione diversa fino a quando non lo decide lui – e quindi gli Anziani – o te.
Rimaniamo entrambi in silenzio per un po’, troppo provati per quello che è successo sta mattina per dire qualcosa. Guarita la gamba siamo scesi per fare colazione, addirittura Isaac è stato in silenzio per tutta l’ora, poi quando Louis mi ha detto che gli Anziani mi volevano vedere Jeremy si è alzato insieme a me, facendomi capire con un’occhiataccia che non dovevo obbiettare.
– Almeno aspettami qua, ok? – chiedo io guardandolo.
– Perché vuoi che non venga insieme a te? – sbotta lui. – Cosa sta succedendo? Cosa mi stai nascondendo?
Scuoto la testa. – Ma niente, è solo che… è il tuo compleanno, dovresti divertirti, e invece vieni qua solo perché hai paura che mi facciano del male! È il tuo compleanno, fai diciotto anni, e stai qua.
– Io mi diverto così – esclama lui, ride vedendo la mia faccia perplessa. – È da quando ho tredici anni che faccio questa vita. Per me la vita normale è questa, non divertirmi in qualche pub o discoteca per celebrare il mio diciottesimo compleanno, soprattutto perché per noi Cacciatori è come una maledizione. Soprattutto quando si tratta del mio potere, che oggi ti ha bruciato una gamba.
– Non è colpa tua, Jeremy…
– Si, invece! – esclama lui. – Non dovevamo fare quelle cose, ieri sera! Non avevo il controllo, non veramente, e già ieri sera stavo per perderlo e poi sta mattina… ha dato… ho dato il meglio di me, proprio – continua, e lentamente la sua voce diventa un borbottio.
– Per caso mi vuoi veramente dare fuoco quando sto a letto con te? – chiedo guardandolo.
– Certo che no! – esclama lui facendo una smorfia disgustata.
– E allora non è colpa tua – ribatto io. – Aspettami qua. – Esco dalla macchina ma poi sento un altro sportello della macchina chiuderli, alzo lo sguardo e vedo Jeremy fuori dalla macchina, alza e abbassa le sopracciglia facendomi capire che non gli farò cambiare idea. – Come non detto – sbuffo incamminandomi verso il palazzo.
– Cassie Monnic e… oh! Jeremy Ruterful – esclama il Primo Anziano. – Ci siete mancati.
Rimaniamo tutti e due in silenzio, guardo il Secondo Anziano, che continua a guardarmi con disprezzo e questa volta anch’io decido di guardarlo come merita d’essere guardo. O almeno fino a quando, in meno di due secondi, è davanti a Jeremy; non si muove di un millimetro ma ha spesso di respirare. – No – esclamo a voce alta toccando il braccio del Secondo Anziano. – Per favore – mormoro con le lacrime agli occhi. Sento una scossa percorrermi il corpo, non è come quelle che mi procura Jeremy, è molto più forte. Barcollo un po’ e indietreggio.
– Cassie? – mi chiama Jeremy, preoccupato, girandosi verso di me e lasciando il Secondo da una parte. Mi regge. – Stai bene?
Non faccio in tempo a rispondere che il Secondo Anziano mi precede. – Non puoi toccare un Anziano senza il suo permesso. Dovresti saperlo, ragazzina. – Mi gira ancora un po’ la testa e l’Anziano ne approfitta e prende la mano di Jeremy, girandolo come se niente fosse. – Come pensavo – aggiunge aprendo di scatto gli occhi. – Gli hai mentito.
Jeremy toglie la sua mano da quella del Secondo senza il suo permesso. – In che senso? – chiede fulminandolo con gli occhi.
– No, per favore – ribatto guardando il Secondo. – Per favore – ripeto quando lo vedo sorridere, compiaciuto. – Non farlo. Glie lo chiedo in ginocchio!
– Stai zitta, Cassie! – tuona Jeremy e per pochi secondi le fiamme divampano nello spazio che ci divide, sussulto e indietreggio. All’inizio sembra dispiaciuto e imbarazzato, ma poi guarda il Secondo con decisione. – In che senso? – ripete.
– Il motivo per cui ieri ha ricevuto la punizione – risponde il Secondo. Avanzo un’altra volta per stringere il braccio dell’Anziano, sento ancora una volta la scossa percorrere tutto il corpo, ma questa volta non mi distacco dal braccio. Il Secondo ride quando io, ormai stanca e priva d’energie, cado a terra sbattendo le ginocchia contro il pavimento freddo del palazzo.
Jeremy mi guarda preoccupato, ma quando alzo lo sguardo è lui a dare la mano all’Anziano, per poi chiudere gli occhi. – No – mormoro, lancio un’occhiata agli altri Anziani, che però non sembrano affatto interessati a me o a quello che voglio. Ogni cosa dentro di me mi dice di urlargli contro, di urlare contro tutto quello che provo nei loro confronti: odio.
Qualcuno indietreggia riportandomi al presente, sposto il mio sguardo dagli Anziani a Jeremy, che continua a guardare il Secondo senza dire niente. – Sapevi che avrebbe reagito – risponde poi, più freddo che mai.
Il Secondo invece di prenderla sfodera uno dei suoi meravigliosi e inquietanti sorrisi compiaciuti. – La ragazza deve capire fino a quanto può spingersi oltre, con noi – ribatte quindi, continuando a sorridere. Jeremy mi guarda per pochi secondi e l’unica emozione che intravedo è la delusione.
– Basta così! – esclama il Terzo Anziano alzandosi. – Cassie, ti abbiamo chiamata per una buona ragione e non è di certo questa.  Stiamo cercando qualcuno in grado di fare l’incantesimo al pugnale, ma non riusciamo a trovarlo. Per questo ci vorrà più tempo del previsto, molto di più.
– Più o meno quanto? – chiedo io alzandomi.
– Non lo sappiamo con certezza – risponde il Secondo con ancora il suo sorriso. – Rimarrai una Cacciatrice per ancora un po’ di tempo. – Sorride ancora di più. – Chissà… magari fino all’età di cinquant’anni. Sempre che non ti avranno già uccisa dei vampiri o lupi mannari. – Ride. – E a quel punto sì che sarò contento: uccisa da chi stava cercando di proteggere.
Rimango in silenzio per un po’, il tempo sembra scorrere davanti a me mentre cerco di mantenere la calma. – Ti piace farmi soffrire, vero? – ringhio con le mani strette in pugni. – Farmi paura, farmi…
Jeremy mi ferma tappandomi la bocca con la sua mano. – Per l’amore di Dio, Cassie, tieni quella bocca chiusa! – ringhia a bassa voce vicino il mio orecchio. È dietro di me, ma l’unica parte che sento in contatto con la sua pelle è la bocca. È così arrabbiato con me che cerca con tutto sé stesso di mantenere le distanze!
– Vedo che ancora non hai imparato la lezione. Sei fortunata ad avere lui – annuncia il Secondo Anziano indicando Jeremy. – Sennò a quest’ora saresti morta, su questo pavimento, freddo tanto quanto te.  – Faccio un passo indietro, un po’ spaventata dallo sguardo di fuoco dell’Anziano, e vado addosso a Jeremy che si allontana subito, facendomi stare ancora più male.
– Potete andare – continua il Quarto facendoci segno di andarcene.
Non ce lo facciamo ripetere due volte, Jeremy inizia a camminare veloce e con le sue falcate enormi, facendomi capire che vuole essere lasciato in pace. Appena entro in macchina accende la macchina.
– Jeremy…
– Non dire niente – mi ferma lui, più freddo che mai. – Stai zitta. Per piacere – continua iniziando a guidare senza distogliere lo sguardo dalla strada.
Rimango in silenzio per un po’ di tempo, pensando a cosa fare, ma non ce la faccio a stare zitta per tutto il viaggio, devo dirgli tutto quello che penso. – Per piacere, fammi spiegare…
– Non riesci a capire, eh?! – tuona lui, va fuori strada e così trattengo il respiro per la paura. Fa fermare di scatto la macchina facendola sgommare e poi esce dalla macchina, mentre io rimango impietrita pensando al fatto che se non mi fossi messa la cintura di sicurezza ora molto probabilmente sarei fuori dalla macchina senza nemmeno volerlo.
Apro lo sportello, più arrabbiata che mai, e lo guardo. – M sei impazzito per caso? – tuono. – Potevamo fare un incidente! Potevamo prendere in pieno un albero!
– Non è vero, sapevo quello che stavo facendo. Volevo fermarmi e scendere dalla macchina, e così è successo. Io sono intero, tu sei intera. – Si gira per guardarmi. – L’ho fatto perché sapevo che sarei riuscito a fermare la macchina senza fare un incidente.
– Perché ci siamo fermati? – chiedo io e così ricomincia ad andare avanti, verso il bosco. – Non dovremmo girovagare in un posto del genere! – urlo vedendolo dentro il bosco. Sbuffo ed entro dentro il bosco insieme a lui, c’è solo una strada ed è quella che stavamo percorrendo con la macchina poco fa. Jeremy continua a stare zitto, così lo guardo ma è sempre più lontano. – Jeremy! – tuono. – Per piacere! – Sbuffo mettendomi indietro i capelli, guardo prima la macchina e poi Jeremy. Devo decidere: andare con lui o rimanere qua e aspettarlo. Faccio per andare da lui quando sento la sua voce, forte e chiara.
– Lasciami in pace. Torno tra un po’, devo sfogarmi. Non è la prima volta che entro in questo bosco – esclama continuando ad avanzare. Lo guardo male e proprio in quel momento si ferma e si gira. – Entra dentro la macchina e chiuditi dentro – mi ordina, ma io incrocio le braccia e rimango ferma. – Fai come ti pare! – esclama lasciandomi da sola.
Non entro dentro la macchina ma mi metto là accanto, mordicchiandomi il labbro inferiore, troppo nervosa per fare altro. So che sono passati solo pochi minuti ma a me sembrano ore e non ce la faccio più ad aspettare. Ho freddo e questo posto non mi piace per niente. Qualcosa si muove e così prendo subito la spada, pensando ai vecchi tempi con le mie bellissime pistole. Quando mi giro sussulto vedendo un bambino. Aggrotto la fronte.
– Aiutami – gracchia lui, abbasso lo sguardo verso il suo collo e noto che gli esce molto sangue. È stato morso. Metto la spada dentro il fodero e corro da lui, lo prendo in braccio giusto in tempo, visto che stava per cadere a terra. Guardo la ferita: vampiri. Mi guardo intorno, ma non trovo nessuno. Metto il bambino dentro la macchina, nei sedili posteriori e, anche se il pensiero di farlo per la prima volta ad un bambino mi fa tremare, mi tolgo la giacca e poi la maglietta, con essa cerco di pulire la ferita e il bambino inizia ad urlare.
– Sssh – mormoro chiudendo lo sportello della macchina. – Fa silenzio. Tra un po’ andrà meglio, ok? – cerco di tranquillizzarlo, anche se già il fatto di essere in reggiseno non aiuta.
– I miei genitori – dice lui piangendo. – Li ha uccisi. – Mi fermo guardandolo con le lacrime agli occhi. – Mi hanno sempre detto che i mostri non esistono… ma quello lo è!
Trattengo in respiro capendo che è veramente un umano. Mi devo sbrigare, il veleno di quei maledetti agisce in fretta su di loro. – Andrà tutto bene, ok? – mormoro accarezzandogli i capelli biondi e ricci. – Ora vado a prendere dentro il bagagliaio una cosa. Ti brucerà un po’ ma ti farà bene. Capito? – continuo e il bambino annuisce continuando a piangere. Mi guardo intorno continuando a tremare, ma di Jeremy non c’è nemmeno l’ombra. Cerco di chiamarlo, dicendogli che è importante, mente apro il cofano della macchina.
Urlo sentendo un dolore acuto al collo, prendo di scatto la spada e mi giro. Una vampira mi guarda scioccata. – Sei una Cacciatrice – sussurra indietreggiando.
– Non sai che è proibito mordere gli umani? – chiedo praticamente ringhiando. – E bé, anche noi.  È una foresta – continuo impugnando bene la spada. – È pieno di animali, pure belli grossi, ma tu hai ucciso due genitori lasciando un bambino ferito e orfano. – Faccio per alzare la spada quando la vampira mi prende di scatto il braccio e sento la spalla farmi malissimo. Un urlo rimane incastrano nella gola e cado a terra. Pochi secondi dopo non c’è più.  Cerco di correre tenendo con la mano sinistra la spada mentre sento continue scosse di dolore percorrere tutto il braccio dentro. Faccio per entrare dentro il bosco quando vado a sbattere contro Jeremy. A quel punto urlo. – Oh, santo Dio – tuono tenendomi il braccio e lasciando quindi cadere la spada a terra.
– Cassie, ma… – inizia Jeremy, ma si ferma e mi guarda. – Perché diavolo sei nuda?! – Guarda il braccio destro. – Cos’è successo? Ti hanno morsa?!
Faccio per rispondere quando il bambino ricomincia a urlare, corro a prendere l’acqua benedetta e una specie di siringa. – Si sta trasformando – ringhio aprendo lo sportello della macchina. Jeremy trattiene il respiro vedendo il bambino. Prendo l’acqua benedetta con la mano sinistra e la verso sul collo, poi prendo la siringa enorme e, tremando, inizio a tenerla con la mano destra per bagnarla con l’acqua santa e poi la riempio con essa. Aggrotto la fronte concentrandomi, quand'ero piccola riuscivo a scrivere abbastanza bene anche con la mano sinistra, quindi dovrei riuscire anche a “disinfettare” una ferita con questo coso, no?
Jeremy si mette dall'altra parte mettendogli la mia maglietta dentro la bocca per non fargli mordere la lingua e per tenerlo fermo. – Ce la fai? Posso farlo io se vuoi – mormora guardandomi, preoccupato. Rimane in silenzio mentre il bambino inizia a urlare ancora di più, ma in poco tempo riesco a iniettare bene tutta l’acqua santa con quella specie di siringa dall'ago enorme. Mi alzo e guardo il bambino, ormai svenuto. – Che ci faceva qua?
– Stava con i suoi genitori, ma sono morti – mormoro iniziando a tremare.
Jeremy si avvicina a me e guarda la mia spalla. – Sai che cosa devo fare, vero? – chiede guardandomi dritto negli occhi.
– Cosa? – mormoro, abbasso lo sguardo verso la mia spalla. – Non vorrai… No. – Lo vedo avvicinarsi a me e così indietreggio. – No, Jeremy, no. Per favore, no. No, no, no. Jeremy… – Urlo quando, dopo avermi preso la mano e aver disteso il braccio, mi rimette a posto la spalla, che fa uno strano rumore. Cado a terra in ginocchio con le lacrime agli occhi e la testa che continua a girarmi, respiro pesantemente.
– Tieni – borbotta alzandomi e mettendomi il suo cappotto.
– Non vedevi l’ora, eh? – mormoro guardandolo, aggrotta le sopracciglia. – Bel modo per vendicarti.
Rimane in silenzio a guardarmi per un po’ con la mascella contratta e poi entra dentro la macchina e così lo raggiungo. Per un po’ di tempo rimaniamo fermi così, si gira verso il bambino che ancora non si è svegliato e poi verso di me, ma faccio finta di guardare avanti a me stringendo il cappotto. Mi prende di scatto il viso con la mano e fa in modo che lo guardi. – Non provare mai più a dire una cosa del genere. Non osare mai più, mi hai capito? Non osare pensare che, anche se in questo preciso momento credo di odiarti, sarei capace di provare soddisfazione o addirittura eccitazione sentendoti urlare per un dolore che ti ho procurato. – Rimane in silenzio guardandomi. – Sono stato chiaro? – ripete, e questa volta sono costretta ad annuire. – Bene – ringhia prima di partire.
 
Entriamo dentro l’Istituto un po’ spaventati, sapendo che gli umani non sono ammessi. Louis si avvicina a noi con le braccia spalancate. – Finalmente! – esclama ma si ferma guardando il bambino. – Vi prego, ditemi che quello non è umano.
– Lo è – risponde subito Jeremy e gli occhi di Louis iniziano a scurirsi sempre di più. – L’hanno morso! I suoi genitori sono morti! Non potevamo lasciarlo là – esclama Jeremy. – Dopotutto non è detto che sia un umano, magari è un Cacciatore. – Louis scuote la testa, nervoso. – O potrebbe comunque diventarlo! Dopotutto non è la prima volta che un umano diventa un Cacciatore.
– È piccolo e spaventato – ringhia Louis. – Non riuscirà nemmeno a stare in camera da solo. Avrà continuamente gli incubi.
– Può stare in camera mia – esclamo io, speranzosa, e Louis mi guarda scioccato. – Posso aiutarlo a farsi la doccia, ad addormentarsi… Ce la posso fare!!
– Hai solo sedici anni, Cassie – mormora Louis guardandomi come se stessi dicendo una cazzata dopo l’altra.
– Io l’aiuterò – aggiunge Jeremy stringendo il bambino in modo molto protettivo. Li guardo e faccio un’enorme fatica a non sorridere come una cretina. Si sta affezionando al bambino? È difficile non farlo, sembra così dolce.
Louis ci guarda e poi sbuffa. – E va bene! Ma ogni tanto verrò a vedere come sta e se scopro che non siete in grado di accudirlo, lo consegnerò agli Anziani. Correte in camera, prima che cambi idea. – Ci fa segno di sparire dalla sua vista e così facciamo.
Il breve viaggio dal salone alla mia camera è molto imbarazzante, rimaniamo tutti e due in silenzio, ma non m’importa granché: il bambino ha bisogno di noi, in realtà di tutti noi. Jeremy lo posa delicatamente sul letto. – Si dovrebbe svegliare a momenti – mormora Jeremy guardandolo con la fronte aggrottata.
Annuisco. – Per caso hai dei vestiti che possono andargli bene? – chiedo, mi guarda. – Si, insomma… dei vestiti che usavi prima, che possono andargli abbastanza bene.
Abbassa lo sguardo, pensando, e mi fermo ammirando tutta quella bellezza in un solo ragazzo. Ancora non mi ci sono abituata, credo. – Si, in effetti dovrei avere qualcosa – borbotta, quando alza lo sguardo e nota il mio sguardo sussulto. Rimane in silenzio per un po’, fulminandomi con lo sguardo. – Dovresti cambiarti anche tu. – Va verso la porta. – Non ti sei chiusa il cappotto – aggiunge dopo, abbasso lo sguardo verso di esso e mi accorgo che s’intravede il reggiseno, così chiudo il cappotto, rossa in viso. Quando alzo lo sguardo verso Jeremy non c’è più.
Dopo essermi messa una maglietta a maniche lunghe sento il bambino, mi giro verso di lui e sussulta. – Dove sono? – chiede, stordito.
– Sei a casa nostra – rispondo sedendomi vicino a lui, ma mantenendo una certa distanza per non spaventarlo. – Adesso sei al sicuro. Qua non ti farà male nessuno, puoi stare tranquillo. So che vuoi andare a casa, ma per adesso è meglio se rimani qua. Se vuoi puoi rimanere con me in questa camera o in camera del mio amico che ci ha aiutati prima, sennò possiamo lasciarti una camera tutta tua. – Annuisce con le lacrime agli occhi. – Che ne dici se ci andiamo a fare un bagno caldo per toglierci questa sporcizia di dosso? – chiedo. Annuisce. – Andiamo allora – mormoro prendendolo per mano.
Dopo aver fatto il bagno al bambino, che non ha più di sette anni, gli asciugo i capelli. Sussulto accorgendomi che Jeremy ci sta guardando, appoggiato alla cornice dalla porta del bagno, in silenzio. È ancora arrabbiato con me ma c’è qualcosa nel suo sguardo che mi fa sorridere. Rimane in silenzio a guardarmi e quasi riesco a sentire i suoi pensieri, mentre io vorrei solo andare là e baciarlo.
– Trovato qualcosa? – chiedo continuando a sorridergli.
– Si – risponde lui guardando il bambino. – Vieni con me? – chiede guardandolo dall’alto. Il bambino annuisce e lo segue fino al mio letto, dove ci sono molti vestiti. – Se li vuoi, sono tutti tuoi. Ti staranno un po’ grandi, ma il più presto possibile te ne compreremo altri, della tua taglia. Questi sono solo provvisori.
Questa volta sono io ad appoggiarmi alla cornice della porta e a guardarli mentre scelgono i vestiti, penso a cose stupide, come a una famiglia insieme a lui, a dei piccoli bambini con i suoi occhi e i miei capelli, o con i suoi capelli e i suoi occhi. Sorrido come una cretina e abbasso lo sguardo rendendomi conto che è il primo ragazzo con cui sono così sicura di poter passare il resto della mia vita e di mettere su famiglia.
Quando alza lo sguardo su di me sembra capire tutto e il suo sguardo si fa ancora più duro. – Scusatemi un attimo – borbotta uscendo dalla camera. Inizio ad arrossire violentemente capendo che l’ho infastidito ancora di più, ma soprattutto perché mi rendo conto che forse lui non vuole le stesse cose che voglio io.
– Ho fatto qualcosa che non va? – chiede il bambino guardandomi. – Se n’è andato arrabbiato, è perché ho fatto qualcosa che non dovevo? – chiede rispondendo alla mia domanda silenziosa.
– Oh, no – rispondo subito sedendomi, gli faccio segno di sedersi vicino a me e lo fa. – No, è arrabbiato con me, non con te.
– Non dovrei essere qua – mormora con le lacrime agli occhi. – Io non vi conosco nemmeno!
– Lo so, ma come ti ho già detto, non ti faremo mai del male. Sei al sicuro qua. – Gli sorrido. – So cosa stai passando. Anche i miei genitori sono morti, e quest’Istituto mi ha salvata. È per questo che sono sicura di quello che dico: perché ci sono passata anch’io.
– Davvero? Sono morti? – chiede piangendo. Annuisco. – Come i miei? – Annuisco un’altra volta con un nodo alla gola. – Da quanto?
Rimango in silenzio guardando i suoi occhi color nocciola. So che se rispondo nessuno riuscirà a fermarmi dal piangere insieme a lui. – Da un po’ – mormoro, già con le lacrime agli occhi. Deglutisco cercando di togliere il nodo alla gola, ma sembra proprio non volersene andare.
– E come stai adesso?
Abbasso lo sguardo sentendo il dolore farsi vivo un’altra volta. – Miglioro di giorno in giorno – rispondo facendo un finto sorriso. Mi abbraccia scoppiando a piangere, lo stringo a me mordicchiandomi il labbro inferiore per non scoppiare a piangere come lui. – Andrà tutto bene – gli sussurro con voce tremolante.
  La porta si apre lentamente e così mi giro verso Jeremy asciugandomi velocemente le lacrime. Il bambino smette di scatto di piangere e Jeremy ci guarda, preoccupato. – State bene? Cos’è successo?
Faccio un finto sorriso. – Niente – rispondo guardando il bambino e asciugandogli le lacrime. – Vero, piccolo? – Il bambino annuisce senza aggiungere altro.
Decidiamo di andare al piano superiore, dove si trovano tutti i bambini, per fargli fare conoscenza e cercare di farlo distrarre un po’. Rimaniamo in una sala a guardarlo con gli altri bambini, intenti a giocare con lui.
Guardo Jeremy e fa finta di non notarmi, ma so che in realtà è molto cosciente del mio sguardo indagatore. – Sei ancora arrabbiato con me? – chiedo. Annuisce facendomi sbuffare. – L’ho fatto per te, Jeremy. Non volevo che pensassi di non potercela fare.
– Quando capirai che non ho bisogno di essere protetto? – sbotta, arrabbiato. Rimango in silenzio guardando i suoi occhi scintillanti per la rabbia. Scuote la testa e sbuffa. – Odio il fatto che non riesca più ad avare una conversazione con te, senza pensare a… – Si ferma e abbassa lo sguardo. – Quello che è successo ieri notte è stato un errore.
Il mio cuore si ferma. Non credo di essermi mai sentita in questo modo.
– Insomma, siamo stati imprudenti. Tu mi hai mentito tanto quanto io ti ho mentito. Non sai il perché non ti voglia vedere una volta tolto il marchio. O meglio non sai il vero motivo. – Mi guarda come per avvertirmi di prepararmi. – Cassie, quando ti toglieranno il marchio, ti toglieranno anche i ricordi di noi, Cacciatori e demoni.
Lo guardo sbalordita, senza dire niente. Una vita senza ricordarmi di lui, una vita senza vedere o ricordare i suoi occhi… e tutto questo per vivere una vita più normale possibile. Ne vale veramente la pena? Per la prima volta la risposta è: no.
Tossisce, sembra essersi strozzato con la sua stessa saliva. Lo guardo male, perché so che mi sta nascondendo qualcosa. Si è appena accorto di qualcosa e non mi vuole dire cosa, ma lentamente la sua pelle inizia a farsi rossa dall’imbarazzo, e questo mi da ancora più fastidio.
– Cassie – mi chiama Louis. – Ci sono visite per te.
Mi alzo. – Ci penti tu? – chiedo guardando Jeremy, che annuisce con una strana faccia, ma non ho tempo di pensare pure a lui adesso. Lo lascio fare e me ne vado, un po’ arrabbiata e un po’ triste. Quando, dopo essere scesa, vedo mia cugina, sbuffo. – Oddio. Che vuoi?
– Bel modo di salutare tua cugina! – esclama, e io sono già stufa della sua presenza. – Senti, sto morendo di paura, ok? Per favore, mi devi aiutare! – Rimango in silenzio per un po’, pensando. – Per favore! Sei mia cugina!
– Hai parlato con gli Anziani? – chiedo io, risponde scuotendo la testa. – Vai da loro. Adesso chiedo a Louis di chiamarli per avvertirli, ma non ti assicuro niente. – La guardo per pochi secondi con disprezzo. – Le leggi delle sirene sono queste, non credo ci possano fare qualcosa ma sono un po’ contrari, quindi magari riescono a fare qualcosa.
– Non ci sono regole per noi sirene. Se una sirena non vuole un gruppo può non averlo, questi invece continuano a persuadermi, a volte anche minacciandomi, di entrare nel loro gruppo, e io continuo a dirgli di no ma loro non mi vogliono ascoltare! – esclama mia cugina.
– Ok, allora vai – borbotto e faccio per andarmene quando la sento urlare.
– Ma non ci so arrivare! – urla. Sbuffo e mi giro verso di lei. – Senti, lo so che non ti piaccio, ok? Ma non so a chi altro chiedere! Mia madre e mio padre stanno divorziando, quindi sono troppo impegnati a discutere per aiutarmi, non ho amiche perché a un certo punto sono tutte andate via con i loro gruppi e non ho fratelli o sorelle!
Adesso forse riesco a vedere la rabbia e la tristezza che sta provando. Sbuffo, infastidita, e prendo le chiavi della macchina che stanno proprio davanti l’entrata dell’Istituto. – Dai, andiamo – bofonchio, stanca. Prima di uscire lancio un’occhiata intorno a me e incontro gli occhi di Louis, mi annuisce sorridendomi e così ricambio.
Durante tutto il tragitto dall’Istituto al Palazzo Antico per fortuna rimane in silenzio, forse agitata o forse perché ha capito che non le conviene parlare. Spengo la macchina, ormai davanti al palazzo. – Allora, quell’uomo ti chiederà chi sei, tu dovrai dire il tuo nome e cognome. Qualsiasi cosa dirai a lui lo sentiranno anche gli Anziani; sono collegati, in qualche modo, poi se saranno disponibili ti faranno entrare – annuncio puntando il dito verso la solita guardia che sta davanti al palazzo. Annuisce ma non esce dalla macchina. – Vai – dico cercando di farle capire che si deve anche muovere.
– Tu non vieni? – chiede.
Scuoto la testa. – Meglio di no, non sto molto simpatica agli Anziani – borbotto guardando il palazzo e così annuisce e se ne va. Rimango a rimuginare su lei e Jeremy per mezz’ora, poi capisco che qualcosa non va e, dopo aver detto alla guardia che sono la cugina, mi fanno entrare.
La prima voce che sento è quella del Secondo Anziano. – Whitesun, da quanto tempo! – Rimango in silenzio andando vicino a mia cugina. – E così siete cugine? – chiede guardandoci, lei annuisce, spaventata. – E tu già la proteggi in questo modo? – mi chiede guardandomi dritta negli occhi, ma rimango in silenzio. – Rispondimi, Whitesun.
Lo guardo con disprezzo. – È mia cugina – rispondo freddamente. – Non voglio perdere un altro parente. – Il Secondo ride capendo che non è la verità, e sento la rabbia prendere il possesso del mio corpo, così faccio un respiro profondo per mantenere il controllo. – Sentite, mi ha chiesto aiuto e io come Cacciatrice glie l’ho dato.
– Brava – dice il Primo Anziano. – Volevamo sentire esattamente questo. – Sbuffa. – Mi dispiace che tra un po’ tornerai una semplice umana. – A questa novità mia cugina sussulta facendomi irrigidire ancora di più.
– Io invece non vedo l’ora – esclama il Secondo, sfidandomi.
Rimango in silenzio per un po’, guardandolo e basta. – Quindi che intendete fare? – chiedo. – Sono entrata solo perché non riuscivo a capire perché ci mettesse tanto ad uscire.
– Visto che sei qua, diamo a te l’incarico di andare dal gruppo di queste sirene per cercare di fargli capire che nessuno è obbligato a entrarci. Se sarà necessario potrai ucciderle – annuncia il Terzo. Annuisco cercando di non far notare la mia stanchezza. – Subito.
– Va bene – rispondo. – Arrivederci, allora.
Prima di andare da quelle sirene decido di fare un salto all’Istituto per vedere come sta il bambino, sono un po’  preoccupata visto che in realtà dovevo occuparmene io. Incontro Scott nel salone e così, dopo avergli chiesto di Jeremy e il bambino, gli chiedo di tenere a bada mia cugina.
– Aspetta, cosa?! – borbotta Scott guardando nervoso la sirena. – Come si chiama? Non sopporto le sirene. Non riesco mai ad avere il pieno controllo di me stesso con loro.
– Sinceramente, non lo so – borbotto a bassa voce guardandola. Trattengo una risata, trovo ridicolo il fatto di chiamare una sirena cugina senza nemmeno sapere il suo nome. È veramente difficile non ridere dopo aver visto le occhiatacce che continua a lanciarci.
– Mi chiamo Lucy, e sono proprio qua, davanti a te, Cacciatore – esclama lei, arrabbiata. – Non mordo, tranquillo. Bé, se non lo vuoi, ovviamente.
Scott la guarda divertito mentre io inizio a innervosirmi. – Non fare casini e prova a baciare qualcuno qua dentro e giuro che ti troverai a combattere da sola quelle sirene. – Sbuffa ma annuisce e così me ne vado, ma non prima di aver tirato un cazzotto alla spalla di Scott, che sembra già stracotto di lei.
Busso alla porta di Jeremy ma non risponde nessuno così apro. Il bambino dorme sotto le coperte con accanto Jeremy che sta dormendo come il bambino. Sorrido guardandoli e tolgo il libro che sta sulle gambe di Jeremy.
Si lamenta un po’. – Cassie – mormora aprendo gli occhi. – Ma dov’eri finita? Ti ho cercata dappertutto.
– Lo so, scusami. Sono dovuta andare dagli Anziani insieme a mia cugina, che a quanto pare non riesce a fare niente da sola. – Abbassa lo sguardo e arrossisce un’altra volta. – Che c’è? – chiedo quindi. C’è qualcosa che mi sta tenendo nascosto e riguarda mia cugina.
– Lo sapevo. Era lei – borbotta. Lo guardo male e così sbuffa. – Quand’è arrivata l’ho percepita. Quando baci una sirena si crea una specie di legame, quindi appena ha messo piede nella stessa struttura dove mi trovavo, l’ho sentita.  – Rimango in silenzio, troppo arrabbiata per fare altro. – È per questo che eri così arrabbiata con il capo di Liam, quando l’ha ucciso.
Aggrotto la fronte, confusa. – Aspetta, tu come fai…
– Me l’ha detto Isaac – risponde subito fermandomi. – Quindi adesso perché sta ancora qua?
– Gli Anziani mi hanno detto che devo andare a risolvere la faccenda con il gruppo di sirene che la vogliono – borbotto, infastidita. Sono gelosa. Adesso hanno questo legame e forse è per questo che Jeremy mi ha detto che per lui è stato un errore quello che abbiamo fatto ieri sera. Anche se credo sia entrata quando si è praticamente strozzato con la sua stessa saliva.
– E ci devi andare da sola? – chiede lui continuando a guardarmi perplesso.
Anche se dovrebbe farmi sentire meglio, la sua preoccupazione nei miei confronti non fa altro che farmi arrabbiare ancora di più. – Non credo sia una cosa pericolosa. Devo solo avvertirli e, se necessario, ucciderli. – Rido, nervosa. – Sono sirene. Ce le posso fare.
– Non c’è da scherzare – borbotta, ancora più serio. – Le sirene hanno sempre dei demoni ai loro piedi.
– Tranquillo, sicuramente non dovrò fare niente di ché. Non sono così stupidi da mettersi contro una Cacciatrice in missione. Sanno benissimo che quello che stanno facendo non va bene. Capiranno subito e ce ne andremo – ribatto io accennando un sorriso tirato.
Avanzo verso la porta. – Cassie – mi chiama lui. Mi giro per guardarlo, deglutisce. – Non farti ammazzare, ok?
 
– È qua – mi avvisa Lucy indicando una casa, parcheggio davanti ad essa. Questa casa non è come l’ultima che avevo visto abitata da delle sirene. Questa è proprio accanto ad altre case normali, non sembra per niente disabitata, anzi è di un colore rosso scuro e ci sono delle lucette attorno alla porta. Busso con Lucy dietro di me, tremante.
Qualcuno apre la porta, un ragazzo, e trattengo il respiro guardandolo negli occhi. – Oh, ciao – esclama sorridendomi. – Cosa posso fare per te? – chiede lanciando un’occhiata per pochi secondi dietro di me. – Lucy – la saluta sorridendole.
– Possiamo entrare? – chiedo io cercando di guardandolo negli occhi continuando a rimanere concentrata. È un bel ragazzo, ma devo riuscire a non pensarci se voglio andarmene da qua e soprattutto se non voglio fare la stessa fine di Jeremy.
– Ma certo, tesoro – risponde facendomi uno dei suoi sorrisi maliziosi.
Alzo gli occhi al cielo ed entro con Caroline attaccata alla mia schiena. Mi guardo intorno, non c’è nessun demone in vista. Di solito i demoni sono negli scantinati o cose del genere. Ci sono delle sirene sedute sul divano che guardano la televisione sorseggiando delle lattine di birra. Si girano di scatto e mi guardano. – Ciao – mi salutano in coro, sono due femmine e tre maschi. E chissà perché mi sembrano tutte coppie, manca solo un maschio che molto probabilmente è quello che dovrebbe stare con Lucy.
– Ciao – dico io, seria, guardando i  loro occhi dorati. Mi giro guardando il ragazzo che continua a fissarmi da quando sono entrata sorridendomi. – Quindi… sei tu il capo?
Annuisce. – Joshua – si presenta porgendomi la mano, che guardo riluttante. – Non mordo. – Sorride un’altra volta.
– Cassie – borbotto stringendogli la mano. Quando mi sorride ancora di più inizio a sentire la maledetta canzone delle sirene, i miei pensieri si fanno più sfogati per pochi secondi, poi riesco a riprendere il controllo del mio corpo e della mia mente.
– Vuoi qualcosa da bere, Cacciatrice? – chiede dopo aver capito che la tecnica normale con me non funziona. Mi sta sfidando, lo so.
– No – dico con lo stesso tono freddo. – Sono qua per un motivo ben preciso, non per divertirmi o per cadere ai tuoi piedi. – È assurdo come la mia voce cambi quando faccio queste tipo di missioni, diventa autoritaria e il timbro sembra completamente diverso.
Il capo alza le mani in segno di resa ridendo. – Volevo solo essere gentile – esclama, sulla difensiva. – Va bene, se non accetti nient’altro allora sono pronto ad ascoltarti: cosa c’è che non va?
Prendo il polso di Lucy e la metto accanto a me. – Sai chi è lei, no? – chiedo guardandolo male. Annuisce fulminando Lucy con gli occhi. – Bene – esclamo freddamente, prendo il viso della sirena e lo costringo a guardarmi negli occhi. – Ha espresso più volte che non vuole entrare nel tuo gruppo, quindi tu ora la lasci stare. – Mi sorride e così gli tolgo le mani da sotto il mento. – Se scopro che le avete fatto qualcosa, se mi dicono che hanno trovato il suo cadavere, se mi dicono che un demone l’ha attaccata – mi giro anche verso le altre sirene, che mi stanno guardando un po’ increduli, – vi uccido. – E i loro visi diventano più bianchi.
Il mio sguardo passa verso il capo, che però continua a sorridere. – Lo puoi fare? – chiede.
Rido avvicinandomi a lui. – Si – rispondo guardandolo dritto negli occhi. – Ho l’autorizzazione degli Anziani, se è quello che mi stai chiedendo.
Fa una mezza risata distaccandosi da me. Lo sto innervosendo. – Bene – ringhia guardandomi, i suoi occhi bruciano dalla rabbia. – Puoi stare tranquilla, non le torceremo nemmeno un capello, né le parleremo mai più.
– Bene – gli faccio eco io, ancora più fredda. – Lucy – mi guarda spaventata, – andiamo. – Annuisce e apre la porta con ancora le mani tremanti.
– Cacciatrice – mi chiama il capo, così mi giro per guardarlo. – Ho detto che non le torceremo un capello, ma non ho detto niente su di te. – Sorride malizioso continuando a guardarmi male.
Rimango in silenzio per un po’, mentre la rabbia e anche un po’ di paura prendono la meglio su di me. Lucy mi chiama mentre avanzo verso il capo, cercando di farmi capire che vuole che ce n’andiamo, ma non posso permetterlo. – Mi stai minacciando, per caso? – chiedo io mentre l’adrenalina inizia a correre dentro le mie vene. Sorride ancora di più facendomi capire che sì, mi sta minacciando. – Non puoi uccidermi – aggiungo.
– Lo vedremo – ringhia continuando a sfidarmi, ma non ha capito il vero motivo per cui non può uccidermi. Non sa che sono una Whitesun, lui non lo può capire come i vampiri e i lupi mannari.
– Cassie – urla Lucy, alzo lo sguardo e vedo dei demoni venire verso di me. Prendo di scatto la spada facendo alzare tutte le sirene che avanzano verso di me insieme ai demoni. Un demone si scaglia contro di me e così io, per proteggermi, alzo la spada ed esso urla con la spada dentro di lui. Tolgo la spada dal corpo del demone, a questo punto le sirene iniziano ad indietreggiare insieme ai demoni.
– Cosa fate? – urla il capo. – Uccidetela! – Prendo tempo per vedere i demoni, che assomigliano vagamente a dei cani assassini con tre occhi, senza orecchie e narici; sul petto hanno delle specie di branchie, come i pesci. Essi iniziano a correre verso di me sulle loro quattro zampe, che non assomigliano per niente a quelle dei cani visto che alla fine hanno degli zoccoli.
Indietreggio sapendo di non farcela, ma alzo comunque la spada cercando di proteggermi. Due di loro prendono lo slancio per saltarmi addosso e così riesco a tagliare la testa ad un solo demone. Cado a terra con il demone sopra e la sua bava verde cala dagli occhi. So che quella bava è veleno che brucia la pelle dei Cacciatori. Impugno bene la spada per ferire gravemente il demone e avere tempo e spazio per ucciderlo una volta per tutte. Esso urla e scompare davanti ai miei occhi.
Mi alzo subito per controllare Lucy: sta ancora sulla soglia della porta con le lacrime che le rigano il viso e trema. – Attenta! – urla lei, ma non faccio in tempo a girarmi che sono già a terra. Questa volta sono tre demoni e mi stanno sopra fino a non farmi respirare. Prendo il coltellino nella mia cintura e il demone a destra scompare dopo varie pugnalate. La bava verde di uno dei demoni cade sul mio collo facendomi gridare: scotta veramente tanto. Presa da un attacco d’ira prendo la spada che sta a terra e la infilzo nella testa a tutti e due i demoni, che scompaiono subito.
Mi alzo ancora una volta ma non c’è più nessuna sirena, aggrotto la fronte. – Di qua – annuncia il capo.
Mi giro e mi fermo di scatto: il capo sta tenendo ferma Lucy. – Lasciala immediatamente – ringhio avanzando.
Indietreggia mettendole una pistola alla tempia, Lucy sussulta iniziando a piangere ancora di più. Dice cose a bassa voce, sta pregando? – Fai un passo in più e lei muore – mi avverte il capo.
Mi fermo subito. – Cosa vuoi? – ringhio.
– Che ci lasci stare – risponde lui con voce tremante. – Insomma, quanti anni hai? Diciassette? Come fai ad essere così veloce e brava? Non ho mai visto nessun Cacciatore della tua età fare cose del genere. – Rimango in silenzio senza nemmeno sorridere, guardo Lucy e basta. – Non è normale. Tu non sei normale.
– Ok, quindi? – chiedo mettendo la spada nel suo fodero. – Io ti lascio stare ma tu lasci lei. – La guardo negli occhi per cercare d’infonderle un po’ di sicurezza, potrebbe benissimo fare qualcosa. Di solito una gomitata o una testata funzionano. Ma ovviamente rimane ferma singhiozzando e pregando.
– Vai fuori – ringhia il capo.
Annuisco e tenendo le mani bene in vista guardo le altre sirene, che stanno accanto alla porta, poco distanti dal capo e da Lucy, a pochi passi fuori dalla porta di casa. Una volta fuori dalla casa mi metto dietro di lui, si gira verso di me e butta a terra Lucy. Le prendo la mano e con tutta l’energia che mi rimane la metto dietro di me. Il capo fa per rientrare in casa così, con la mano libera, prendo la spada e la conficco con forza e rabbia nel petto del capo. Una sirena inizia ad urlare vedendo la spada uscire addirittura dal suo petto.
Mi avvicino all'orecchio del capo, riesce a malapena a respirare. – Non dovevi farlo – ringhio. Tolgo la spada dal suo petto e così egli cade a terra, morto. Alzo lo sguardo verso le altre sirene. – Quindi – sospiro, – il prossimo? – chiedo guardandoli. Indietreggiano facendomi sorridere, soddisfatta.
– Ti prego, lasciaci stare – dice un ragazzo.
– Promettete di non dare più fastidio alle sirene che non vogliono entrare nel vostro gruppo e di non provare mai più ad uccidere un Cacciatore? – chiedo.
Annuiscono tutti. – Lo promettiamo – rispondono in coro, e l’unica cosa a cui riesco a pensare è: stupide sirene.
– Spero che siate più intelligenti di questo qua – ringhio indicando il corpo del capo. Mi giro verso Lucy che è ancora a terra e piange più di prima. – Su, alzati – borbotto aiutandola ad alzarsi. – Andiamocene. – Mi giro per guardarli un’ultima volta, non muovono un solo muscolo.
 
Sinceramente non so nemmeno io perché quando entro dentro l’Istituto Lucy è ancora dietro di me, appiccicata come una cozza. Tutti ci guardano e non so se è perché sono io ad essere messa male o perché sto con una sirena. Sono nervosa e stanca quindi ogni persona che mi guarda più di cinque secondi viene incenerita dal mio sguardo e capisce che si deve semplicemente fare gli affari suoi.
– Cassie – urla Louis venendo verso di lui. – Che è successo?
– Le sirene non sono state molto ragionevoli e amichevoli come speravo – rispondo io sbuffando, continuo a reggere Lucy e anche se pesa poco sta iniziando a stufarmi. In realtà mi ha stufato da un bel po’ di tempo, ma adesso sta passando veramente il limite. E poi vengono a dirmi che sono acida, non è mica colpa mia se la gente si appiccica in questo modo!
– E lei? Cos’ha? – chiede Louis passando lo sguardo da me a Lucy, bianca cadaverica.
– Oh, lei sta meglio di me – rispondo guardandola. – È solo sotto shock. Comunque noi andiamo in camera a riposarci un po’. Anche se forse è meglio se vai a casa, no, Lucy? – chiedo, ma rimane in silenzio a guardare un punto indistinto nel salone. – Già – borbotto portandomela appresso anche questa volta.
La lascio sul letto e me ne vado da Jeremy, le risate del bambino si sentono da fuori la porta. Busso. – Avanti – urla Jeremy, dalla voce sembra felice. Apro la porta lentamente, entrambi si girano e il sorriso di Jeremy scompare. A quanto pare è felice di vedermi. – Cassie – inizia lui alzandosi da terra per poi venire da me. – Che è successo? Stai bene?
– Si, si – rispondo sorridendogli. Guardo il bambino che non mi degna nemmeno di uno sguardo. – Come va qua?
– Bene – risponde Jeremy guardando il bambino. – Mi ha detto il suo nome – mormora avvicinandosi un po’ a me. Lo guardo scioccata. – Christian. È un bel nome, non credi?
– Si – mormoro guardando ancora una volta il bambino, che è troppo impegnato a giocare con delle macchinette per ascoltarci. – Senti, so che oggi ci sei stato sempre e solo tu con lui, ma ho bisogno di farmi una doccia. È un problema per te?
Scuote la testa e va dal bambino per scompigliargli i capelli e poi si siede vicino a lui. – Vai, non c’è problema.
– Bene – esclamo aprendo la porta. – Allora vado a farmi la doccia e…
– C’è Lucy? – chiede Jeremy fermandomi.
Mi fermo di scatto e lo guardo dritto negli occhi. Uno strano dolore invade il mio corpo quando vedo i suoi occhi pieni di speranza. – L… Lucy? – chiedo io con un nodo nella gola. Annuisce. – Si – rispondo, aggrottando la fronte. – Si, se vuoi puoi venire con me, così la vedi.
Scuote la testa. – No, voglio solo sapere se sta bene – risponde tranquillamente, non pensa nemmeno al fatto che potrebbe darmi almeno fastidio, calcolando il fatto che lei è mia cugina e lui la mia anima gemella. O che potrebbe addirittura ferirmi, calcolando il fatto che lui è il ragazzo che amo e lei è mia cugina.
– Sta… benone – rispondo annuendo. – Benone – ripeto guardando il vuoto. Me ne vado prima che possa aggiungere qualcos’altro, il cuore continua a battere troppo velocemente e le lacrime sembrano voler uscire senza il mio permesso. So che mi ama, ma sono così gelosa e insicura; dopotutto stiamo parlando di una sirena e di mia cugina!
Entro in camera arrabbiata, poi la vedo con addosso il mio accappatoio e questo non fa altro che farmi imbestialire ancora di più. Trattengo il respiro notando per la prima volta quanto sia perfetta: è abbastanza scura di carnagione, i capelli sono di un castano scuro e quegli occhi dorati che sono tanto belli quanto brutti. – Forse è meglio se vai – annuncio io, fredda.
Alza lo sguardo. – Cosa? – chiede lei, scioccata. – Perché?
Dio, ma che razza di domanda è?! Ti sto praticamente cacciando fuori e tu mi chiedi “perché?”. Dovresti capire al volo e andartene, non rimanere e infastidirmi ancora di più! Prendo un respiro profondo. – Ho da fare, non esisti solo tu – ringhio.
Aggrotta la fronte. – Posso sapere che ho fatto?
– Sei una fifona – sbotto io. – E invadi i miei spazi. Solo il mio ex ha usato il mio accappatoio e tutto questo dopo mesi di relazione. E scommetto che quelli – continuo indicando dei miei vestiti sul mio letto che prima non c’erano, – avevi intenzione di metterli. Compresa la biancheria intima.
Mi guarda imbarazzata. – Bé… si – ammette dopo un po’.
Annuisco ridendo, più nervosa di prima. – Te ne devi andare – ripeto scuotendo la testa più volte. – Sul serio – aggiungo quando mi guarda con quei suoi occhioni solo per farmi pena. Annuisce prendendosi i suoi vestiti - che alla fine non sono nemmeno sporchi, visto che in realtà non ha fatto niente - e si chiude in bagno. Mi metto indietro i capelli e do un calcio al cestino.
Qualcuno bussa alla porta. – Cassie – urla Christian, mi giro e poco dopo lo sto già abbracciando. Questo mi fa capire che prima non aveva veramente fatto caso a me. – Jeremy mi ha detto che sei andata a fare l’eroina.
Guardo Jeremy, che sta dietro Christian, e cerco di sorridere. – In un certo senso, si – rispondo continuando a lanciare occhiate a Jeremy, sembra felice e di certo non grazie a me.
– Voglio essere come voi quando sarò grande – annuncia il bambino.
Il mio sorriso svanisce. Deglutisco. – Non… – Mi fermo capendo di non riuscire ad andare avanti, mi alzo e guardo Jeremy, in preda al panico. Quest’ultimo capendo il perché scuote la testa, facendomi capire che non posso fare niente a riguardo, che se gli Anziani non lo uccideranno dovrà per forza essere un Cacciatore.
La porta del bagno si apre e Jeremy alza lo sguardo su Lucy. Trattengo il respiro quando le sorride in modo caloroso. – Ah, ecco perché – mormora Lucy sorridendogli. – Ciao – lo saluta facendogli gli occhi dolci.
– Ciao – la saluta Jeremy.
Abbasso lo sguardo e così Christian mi prende per mano. – Io vado a farmi la doccia. Sento ancora quell'odore schifoso dei demoni – mormoro guardando il bambino, visto che sembra l’unico interessato alla mia presenza. – Ci state voi con lui? – chiedo guardandoli. Si girano verso di me e mi annuiscono. – Torno subito, tesoro – gli sussurro accarezzandogli i capelli ricci.
Una volta finito di farmi la doccia guardo l’accappatoio attaccato con una smorfia disgustata. L’immagine di lei che lo indossa mi passa davanti gli occhi e rabbrividisco. Dopo essermi messa un asciugamano abbastanza lungo da coprirmi almeno fino a metà coscia, apro la porta.
Lucy, Jeremy e Christian stanno sul mio letto, intenti a giocare a Uno. Jeremy alza lo sguardo su di me per pochi secondi e poi lo riabbassa guardando le carte, ma dopo aver capito che si tratta di me lo alza un’altra volta e inizia a squadrarmi molto lentamente dalla testa ai piedi. Lucy ride. – È la prima volta che la vedi quasi nuda? – chiede, vincendo una delle mie migliori occhiatacce. – Forse è meglio che vada.
– No – esclamo fermandola. – Stavo pensando di portare un po’ Christian al parco… con Austin – annuncio guardando Jeremy, perché dopotutto Christian è anche sotto la sua, di protezione.
– È tardi – risponde subito lui. – È già buio. Non credo sia una buona idea. In più credo che sta sera facciano una faste per il mio compleanno. Mi piacerebbe che tu venissi.
Lo guardo in silenzio per un bel po’ di tempo. – Non lo so.
– Ovviamente sei invitata anche tu – aggiunge Jeremy guardando Lucy.
– Davvero? – esclama lei sorridendogli, entusiasta.
Stringo le mani in pugni mentre esse cercano la faccia di Lucy. – Non credo di poter venire, veramente – aggiungo quindi io. Non ho intenzione di stare un minuto in più insieme a questi due. Mi fanno vomitare, e dico sul serio. Preferisco vagare tutta la notte come una vagabonda. Jeremy mi guarda facendomi capire che aspetta una scusa. – Avevo promesso ad Austin che ci saremmo visti – aggiungo. – Ha litigato con sua madre e, visto che la madre sta sera deve uscire, devo andare a cenare da lui.
Lucy ride. – Cenare e basta? Non c’è niente sotto? – indaga. La guardo male per l’ennesima volta.
– Calcolando il fatto che è il suo ex non ci sarebbe da meravigliarsi – commenta Jeremy, infastidito. Mi guarda male per un po’ di tempo, ma poco m’importa, non è colpa mia se non capisce che mi sta facendo perdere la pazienza con questa faccenda del “legame con la sirena”.
– Quello che ha usato il tuo accappatoio? – chiede subito Caroline.
Spalanco gli occhi, scioccata. Non l’ha detto veramente.
– Cos’è questa storia? – chiede Jeremy guardando Lucy e poi me. – Austin ha usato il tuo accappatoio?
– Emh… non credo tu lo debba sapere – borbotta Lucy, rossa dall’imbarazzo.
– Grazie – ringhio guardandola. – Credo tu abbia detto abbastanza. – Sono così arrabbiata che potrei strappare i capelli a lei e spaccare i denti a lui. Non so con quale coraggio riesco a non fare niente a tutti e due. Li odio. E lei è veramente stupida.
– Cassie – mi rimprovera Jeremy con la sua voce autoritaria, arrabbiato.
Lo guardo in silenzio. La rabbia, la gelosia e altre emozioni che non riesco nemmeno a decifrare iniziano a crescere ancora di più dentro di me. Apro l’armadio, prendo un vestito bianco e nero, delle calze color carne e degli stivaletti. Mi chiudo in bagno sbattendo la porta, perché ora sono veramente arrabbiata. Quando apro la porta, dopo minimo dieci minuti, sono ancora più arrabbiata. – Se riesco a tornare all’Istituto sta sera ti faccio i miei auguri e poi me ne vado a dormire, ma sinceramente credo proprio di non farcela.
– Capisco – ringhia Jeremy. – Sarai molto stanca dopo un’intera serata con Austin. – Gli sorrido innocentemente facendolo arrabbiare ancora di più. – Forse è meglio se rimani là, da lui. Non vorrei disturbarti.
– Vedremo – cantileno io prendendo il cellulare sul comodino vicino a Jeremy. Trattiene il respiro, per l’improvvisa vicinanza o per il profumo che metto raramente, solo nelle occasioni importanti. – Se non ci vediamo: auguri. – Rimane in silenzio guardandomi malissimo.
– Stai molto bene – esclama Christian sorridendomi.
– Grazie, tesoro. Vai a dormire dopo cena, ok? – mormoro io dandogli un bacio sui capelli. Guardo prima Lucy e poi Jeremy. – Allora ci vediamo sta sera o domani mattina. Ciao.

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Capitolo 32
*** Diciott'anni di fuoco ***







Capitolo 32
Diciott'anni di fuoco
 
– Sai cosa penso? – chiede Austin, seduto davanti a me sul letto con le gambe divaricate mentre io sono in mezzo ad esse con le gambe incrociate. – Credo che ti stia facendo troppi problemi. Dopotutto sei la sua anima gemella, non voleva che venissi qua da me perché per qualche ragione pensa ancora che io provi qualcosa per te. È evidente che non gli sei affatto neutra.
– Tu non hai visto come la guardava – borbotto mettendo il muso. – Forse dovrei semplicemente lasciarlo perdere. A quanto pare non potrò mai più vederlo, né ricordarlo… Forse lo sta facendo per ripicca, mi sta facendo capire che sta cercando di andare avanti.
– Ma che in realtà non ci riesce e continua a tornare da te – finisce Austin guardandomi.
Sbuffo. – E potrebbe andarmi quasi bene, se non fosse per il fatto che ci sta provando con mia cugina! – esclamo io. – E alla fine nemmeno la conosco, quindi mi sembra ridicolo addirittura chiamarla “cugina”! – Sbuffo. – Perché a me una cugina-sirena?
– Perché non sei mai stata molto fortunata – borbotta Austin, stufo.
Lo guardo male. – Non mi devi un favore. Se vuoi me ne vado, di certo non rimango qua se non lo vuoi. Pensavo fossimo amici e, di solito, gli amici ascoltano e consigliano quando l’altro è in difficoltà.
– Cassie – sbuffa. – So che sei arrabbiata, ma non puoi venire qua e sfogarti con me, ok? Non ti ho fatto un bel niente, io. Credo soltanto che tu stia esagerando, dopotutto se ti ha detto che non potrete più vedervi è meglio se lo lasci stare. Cugina o no, sta cercando di farsi un’altra vita, si sta preparando a quella che sarà la sua vita senza di te. Come puoi dargli torto?
– Quindi lo lascio stare e basta? – chiedo.
– Dipende – risponde lui facendo spallucce. – Se lo ami così tanto da volere solo e soltanto il suo bene, allora si; se invece non lo ami fino a quel punto, continua a provarci. – Gli lancio un’altra occhiataccia, non so bene nemmeno io perché, so solo che come consiglio mi sembra tanto freddo e da stronzo.
Ripenso a noi, al motivo per cui mi aveva lasciato e al come. – Tu mi amavi abbastanza da lasciarmi andare – mormoro guardandolo negli occhi.
Rimane in silenzio per un po’, di sicuro non si aspettava una domanda del genere. – Questa non è una novità. Quando ti lasciai ti amavo ancora e lo sapevano addirittura le rocce. – Sembra un po’ nervoso, ma decido di lasciarlo stare.
Sbuffo. – Sono troppo egoista da volere solo e soltanto il suo bene – borbotto guardando le mie mani. – Non riesco a lasciarlo andare. Soprattutto sapendo che anche lui prova qualcosa per me.
– La decisione spetta a te – ribatte lui facendo spallucce. – Però dovresti andare al suo compleanno. Non è carino da parte tua non presentarti nemmeno, dopotutto sei la sua anima gemella. E lui ci tiene a te, per quanto mi faccia fatica ammetterlo.
– Andare al suo compleanno e guardarlo mentre ci prova con una sirena? – chiedo io con disprezzo, sbuffo. – Però hai ragione: non posso non andarci. – Mi metto indietro i capelli, spazientita. – Ok, voglio che tu sappia una cosa, Austin. – Mi guarda, aspettando. – Se dovrò veramente scegliere tra la mia vecchia vita e lui, sceglierò lui – ammetto con un nodo alla gola.
Mi guarda scioccato e arrabbiato per molto tempo.
 
Ormai sono in camera mia, non mi sono fatta vedere in giro, appena sono entrata nell’Istituto sono corsa all’ascensore e a parte le persone che stavano vicino all’ingresso non mi ha vista nessuno. Guardo Christian dormire sul mio letto, con la bocca spalancata e le gambe divaricate. Gli scrivo un messaggio con scritto che se si sveglia può scendere e venire da me, così sarei salita con lui e l’avrei fatto riaddormentare.
Bussano alla porta e l’apro senza pensarci due volte. So già chi è. – Ho trovato solo questo – annuncia Ivy a bassa voce facendomi vedere un vestito rosso con una scollatura troppo calcata sulla schiena. È abbastanza stretto sia sul busto che sulle gambe.
– Rosso? – chiedo io, scettica. Il rosso non è proprio il mio colore preferito. Diciamo anche che quasi lo odio; odio il significato del colore, odio il modo in cui mi sembra stonare sul mio viso… odio tutto del rosso, a meno che non sia qualcun altro a indossare un vestito di questo colore.
– Stai zitta e mettitelo – mi ordina lei entrando in camera mia. – È stata una fortuna trovarlo, è di tipo due anni fa. – Si ferma a guardarlo. – Direi che sono cresciuta molto bene in questi due anni, calcolando il fatto che ora sono molto più alta.
Rido. – Già, non posso dire lo stesso di me stessa, purtroppo – borbotto facendola ridere. Entro in bagno e me lo metto senza dire altro. Ivy mi raggiunge e mi trucca con un ombretto nero, mi piastra i capelli e mi rendo conto che con altri cinque centimetri sarebbero arrivati ai fianchi. – Devo tagliarmi i capelli – borbotto tra me e me.
Ivy fa un sospiro. – Grazie a Dio! Sei riuscita a capirlo! – esclama lei alzando le mani al cielo. Le lancio un’occhiataccia. – Hai dei bei capelli, ma sono troppo lunghi! Direi di tagliarli poco dopo il seno. – Faccio una smorfia ma poco dopo annuisco, perché ha ragione. – Dai, andiamo – aggiunge prendendomi per mano. – Isaac ci sta aspettando.
Usciamo e incontriamo subito Isaac, che saluta Ivy baciandola proprio davanti a me. Entriamo nell’ascensore e non vedo l’ora di escendere per smettere di essere il terzo incomodo. Appena le porte dell’ascensore si aprono faccio un sospiro ed esco per prima. Mi guardo intorno per cercare Jeremy, stranamente non sta al bar.
 – È al centro della pista – mi urla Isaac all’orecchio per farsi sentire a causa della musica.
Annuisco. – Lucy? – chiedo guardandolo dritto negli occhi, che divento un po’ più spenti. – Va bene – mormoro guardando la folla. – Dopotutto è così che deve andare – borbotto andandomi a sedere. Poco dopo individuo Jeremy, e quindi anche Lucy, che ha un tubino nero e dorato. Lui ha le mani sui fianchi di lei e lei sulle guance di lui. Sento la rabbia incombere su di me, così vado al bar e prendo qualcosa da bere, giusto per avere un qualcosa da fare e non andare da loro e ucciderli.
Un paio di bicchieri dopo la musica si ferma e Isaac inizia con un discorso per i diciotto anni di Jeremy, facendo finta di non sapere che odia queste cose con tutto il suo cuore. Non riesco a vedere Lucy, così mi metto in prima fila, in modo da farmi vedere da Jeremy. I nostri occhi s’incontrano poco dopo, accenna un sorriso e abbassa lo sguardo scuotendo la testa; questo suo comportamento non fa altro che farmi stare bene e sorridere.
– Quindi auguri, Jeremy Ruterful! – finisce Isaac e purtroppo è l’unica frase che ascolto veramente. Tutti iniziano ad urlare e ad applaudire mentre Jeremy abbraccia Isaac e ringrazia tutti senza però aggiungere altro, mi guarda attentamente e faccio finta di niente continuando ad applaudire.
– Ehi – mi saluta lui avanzando verso di me. – Alla fine sei venuta.
Faccio spallucce. – Posso pure avercela con te, ma per me i diciotto anni sono molto importanti. Non potevo non venire. – Mi metto indietro i capelli e gli sorrido. – Quindi auguri – aggiungo prima di andarmene via. Faccio un respiro profondo e guardo il bar, sempre più vicino.
Poi mi prende il braccio e mi fa girare. – Vieni, usciamo – mormora prima di prendermi per mano e portarmi fuori.
Lancio un’occhiata dietro di noi, in cerca di Lucy, che però non trovo nemmeno questa volta. Lascio la sua mano per abbracciarmi da sola, visto che con solo questo vestito addosso si muore di freddo, soprattutto fuori. Lo guardo mentre di gira verso di me e incrocia le braccia.
– Allora, perché saresti arrabbiata con me? – chiede guardandomi con le sopracciglia alzate, aspettando una mia risposta.
– Oh, non lo so – esclamo io. – Direi d’iniziare dal fatto che, a quanto pare, ieri sera per te è stato un errore. Per finire con il fatto che ci stai provando con mia cugina. – Mi rendo conto di quello che ho appena detto e scuoto la testa, non sono qua per questo. – No, lascia stare. Non sono affari miei quello che fai o quello che pensi. Lascia stare, fai finta di niente.
– No, non faccio finta di niente – ringhia lui. – Perché dovrei?
– Perché non ha importanza! – esclamo io. – Fai quello che ti pare, Jeremy. Non vuoi stare con me? Va bene. Non vuoi vedermi quando tornerò alla mia vita? Va bene. Vuoi stare con mia cugina? Va bene! – Prendo un respiro profondo, sto alzando il tono di voce. – Ecco perché. Puoi fare quello che vuoi, di certo non sarò io a dirti cosa puoi fare e cosa non.
– Oh, certo e quindi la colpa ora è la mia, vero? – tuona. – Ti vorrei ricordare che sono io quello che sta per essere lasciato, e di certo non te l’ho chiesto io! – Si ferma guardandomi. – Mi stai per lasciare, Cassie. E tutti sappiamo come andrà a finire. Tu ricomincerai a vivere, magari con Austin al tuo fianco o con qualche altro ragazzo, ed io? Che farò io, Cassie? Cosa farò quando scoprirò che la sirena non è stata abbastanza e verrò davanti casa tua e ti vedrò uscire con un altro ragazzo? – Una fiamma s’innalza quando Jeremy da un cazzotto ad un albero, ma essa si spegne subito. – Sei una Cacciatrice! Cos’è che non capisci?! A volte anch’io vorrei non esserlo, ma lo sono, e solo Dio sa quanto mi sentirei vuoto se mi togliessero il marchio. – Alza le sopracciglia. – Ah, e cosa farai quando a diciotto anni ti comparirà il potere, eh? Perché sappiamo entrambi che succederà, sei una Cacciatrice nata.
Ricomincio a respirare, anche se velocemente. – Non puoi capire – mormoro io. – E non ti ho mai dato la colpa! – esclamo.
– Cosa? – chiede lui, arrabbiato. – Com’è la vita là fuori? So com’è. La vedo la gente là fuori! Credi che io non abbia mai voluto essere umano? Credi che non sia mai uscito da quest’Istituto solo per vedere quanto fossero felici là? O fortunati? Credi veramente che non mi sia mai messo ad osservarli? Credi che non mi sia mai messo a osservare i ragazzi della mia età mentre si divertivano, spensierati e ubriachi? Credi che non mi sia mai messo a osservare i ragazzi, o una ragazza in particolare, mentre si stava svolgendo una festa di compleanno di qualcuno? E tutti erano ubriachi fradici, tutti tranne quella ragazza che stava per i fatti suoi, che a quanto pare non voleva essere là. – Si ferma per riprendere fiato e guardandomi con la fronte aggrottata. – Ed era triste, per qualche strana ragione. E volevo chiederle un sacco di cose, come perché non fosse elegante come le altre ragazze, che erano in gonna o in abito, mentre lei indossava dei semplici jeans e una maglietta nera.
Rimango in silenzio e faccio alcuni passi indietro, scioccata.
– C’era qualcosa in lei che mi attirava, eppure era una ragazzina, per niente aggraziata. Per qualche strana ragione ero curioso, volevo conoscerla. Io, Jeremy Ruterful, volevo avvicinarmi a lei e presentarmi. – Ride. – Leggeva un libro mentre gli altri continuavano a ridere e scherzare. Leggeva, capisci? Non mi ero mai sentito così scoraggiato e frustrato a causa di una ragazza. Ero arrabbiato, perché avrei potuto avere tutte le ragazze del mondo, tranne lei.
Adesso sto tremando. Non ha senso, come fa a sapere di quella sera? Addirittura io non mi ricordavo com’ero vestita! – Me la ricordo quella serata – mormoro mettendomi un’altra volta la mano davanti alla bocca, scioccata. – Avevo litigato con mio padre – aggiungo per cercare di rispondere a quella sua vecchia domanda. – Aveva iniziato a bere da poco, ma non potevo accettarlo. All’inizio non riusciva a contenersi, così mi aveva dato uno schiaffo e mi aveva detto di andarmene. Il compleanno… era di un ragazzo che si allenava con me. – Rimango in silenzio continuando a scuotere la testa. – Quindi tu mi avevi già vista. Ma mi avevi detto che…
– Lo so, ho mentito – borbotta lui, freddo. – Ora capisci perché credo di amarti più di quanto tu possa amare me? Ti ho amata dal primo momento che ti ho vista. Non ti ho più scordata, ormai il tuo viso era incastonato nella mia mente.
Mi siedo sulla panchina e mi copro il viso con le mani cercando di pensare lucidamente. Cerco di concentrarmi. Non faccio altro che ripetermi: concentrati! Ma più vado avanti e più non riesco a farlo. La verità è che ho già preso una decisione dal momento in cui mi ha detto che mi sarei scordata di lui. – Ok – mormoro, più per me stessa che per lui. – Rimango – annuncio togliendo le mani dalla faccia e mettendole sulle mie gambe. Il mio cuore fa un balzo sentendomi dire quella parola. Una parte di me vorrebbe semplicemente correre via e fare finta che non sia mai successo niente di tragico; ma la partenza è già impossibile, dal momento in cui sono orfana.
Rimane in silenzio a guardarmi, immobile. Lentamente porta le braccia lungo i suoi fianchi e chiude le mani in pugni. – Non te ne vai? – mormora lui. – Rimani qua, per me? Lo faresti veramente? – chiede, scioccato. A quanto pare sottovaluta veramente il mio sentimento per lui, ma non glie ne faccio una colpa.
– Per te lo farei – rispondo. – Ed è quello che farò. – Faccio un sorriso forzato e mi alzo dalla panchina. – Dovremmo rientrare – mormoro guardandolo.
– Già, dovremmo – borbotta lui, però si avvicina a me e mi accarezza il viso. – Non sei costretta a farlo. Voglio che tu sia felice e, anche se penso che questa sia la tua vita, non voglio che ti senta costretta a stare qua.
– Ti amo, è una ragione troppo importante per decidere di non restare – mormoro posando la mia mano sopra la sua. Mi avvicino a lui e lo bacio per pochi secondi, sorrido vedendo ancora con gli occhi chiusi e gli accarezzo la guancia destra. Ma lui mi prende e mi bacia, questa volta però per molto più tempo. Scompiglio un po’ i suoi capelli e mi stringe a lui. Per tutto questo tempo non riesco a pensare ad altro al fatto che ho fatto la giusta decisione.
– Adesso possiamo entrare – mormora lui facendomi ridere.
Non facciamo in tempo a varcare la porta principale che la musica e soprattutto mia cugina c’inondano. Si ferma a pochi centimetri di distanza da Jeremy e il suo sorriso vacilla vedendoci insieme. – Ehi, Cassie. Non ti avevo vista prima.
– Ci ho fatto caso – borbotto guardandola male e stranamente non ci fa caso più di tanto, inizio a pensare a un’altra tattica per metterle paura o almeno imbarazzarla, ma per ora non mi viene niente. Sembra così presa a fulminare Jeremy che non si accorge delle mie, di occhiatacce.
– Jeremy, possiamo parlare un attimo? – chiede lei, e questa sua domanda fa subito capire che non parleranno, si urleranno a vicenda, e una parte di me ne è felice, o almeno fino a quando non toglie il buon umore a Jeremy.
– Arrivo subito – mormora Jeremy guardandomi, alzo gli occhi al cielo ma poco dopo annuisco.
Me ne vado, ogni tanto mi fermo a guardarli ma non riesco proprio a capire niente, non sembrano arrabbiati o altro. Mi siedo su una sedia cercando di capire cosa stanno dicendo, ma è difficile quando la gente ti si mette davanti, come per darti fastidio. Quando una persona mi si mette proprio davanti, togliendomi la visuale di tutto, faccio per urlargli contro, ma quando alzo lo sguardo mi rendo conto che si tratta di Harry. Mi tende una mano sorridendomi. – No – rispondo semplicemente alzandomi, lo scanso e me ne vado, ma mi prende il braccio e mi fa girare verso di lui.
– Un solo ballo – esclama lui prendendomi la mano per poi iniziare a ballare. Gli lancio un’occhiataccia quando sento la sua mano posarsi sulla fine della mia schiena. – Lo sai che la maggior parte delle ragazze in quest’Istituto sarebbero onorate di ballare con me?
Scoppio a ridere, perché può anche essere un bel ragazzo, ma il suo modo d’ingigantire la cosa mi fa veramente ridere. – Vedo! – esclamo poi. – Hai proprio la fila dietro di me!
Ride. – Fidati – dice lui facendomi girare su me stessa. – Non lo dico così per dire – mi sussurra all’orecchio, così faccio per spingerlo lontano ma mi fa fare un mezzo giro. Ora è dietro di me e mi stringe sempre di più a lui. Metto le mie mani sopra le sue e le stritolo vedendo Jeremy e Lucy baciarsi. – Hai visto che dolci? – mi chiede Harry per poi ridere.
Per un po’ di tempo rimango ferma in quella posizione, stringendo il più possibile le mani di Harry, che sono quasi sicura al cento per cento di star facendo male, poi però lo spingo e mi dirigo verso Lucy e Jeremy. – Jeremy! – tuono io, ma la musica è troppo forte. – Jeremy! – ripeto, sempre più vicina. Non riesco a capire, perché non mi sente? I nostri poteri dovrebbero fare in modo che riesca a sentirmi. Poso una mano sulla sua spalla, si distacca subito da Lucy e si gira verso di me. Indietreggio, spaventata, guardando i suoi occhi che per pochi secondi splendono dorati e poi tornano di nuovo celesti. – Che gli hai fatto? – tuono guardando Lucy, pronta a ucciderla.
– Mi dispiace – risponde lei. – Ma lo amo! Ho fatto in modo che possa dimenticarsi di te. È per il suo bene, dopotutto te ne stai andando.
Trattengo il respiro per un po’, troppo scioccata per fare altro. – No, non me ne vado! – tuono avvicinandomi a lei. – Jeremy? – lo chiamo andando verso di lui, prendo il suo viso con tutte e due le mie mani. – Jeremy, per favore! – urlo scuotendolo. – Jeremy, Jeremy. Ehi! Ascoltami, non puoi lasciarmi così! – Qualcuno mi prende da dietro e mi trascina fuori. Scalcio fino a quando non mi lascia, mi giro, pronta a dare un cazzotto a qualcuno, ma mi rendo conto che si tratta di – Isaac – mormoro guardandolo. – Isaac, non si sveglia! – Mi guardo intorno. – Che stiamo facendo qua?! Dobbiamo entrare. Lo dobbiamo svegliare!
– Non possiamo deciderlo noi – esclama Ivy, sbucando dal nulla, esattamente come a volte fa il padre. – Ti ricordi quando ti dissi che le sirene possono far sì che un’anima gemella si dimentichi dell’altra? – chiede. Annuisco. – Potrebbe avergli fatto questo. Ora ci devi dire… i suoi occhi sono cambiati dopo che si è distaccato da lei?
Annuisco un’altra volta e Isaac inizia a imprecare come un matto, Ivy invece si mette una mano davanti alla faccia. – No – mormoro. – No, non l’ha fatto veramente – continuo facendo un paio di passi indietro, ancora più scioccata.
Isaac da un calcio alla panchina. – Perché l’hai lasciato andare con lei? – tuona venendo verso di me, così arrabbiato da farmi paura. – Perché?! – ripete.
– Isaac! – urla Ivy prendendo il suo viso. – Non poteva prevederlo. Non prendertela con lei! So che è il tuo migliore amico, ma è la sua anima gemella. Tranquillo, si risolverà anche questa cosa.
Ma non per me. Corro dentro l’Istituto nonostante le urla di Ivy. Una volta dentro mi guardo intorno per trovare Lucy. Avanzo verso di lei, così arrabbiata da non riuscire nemmeno a pensare, Jeremy non ci sta ma lei sta ballando e non fa caso a me. O almeno fino a quando non la prendo per il collo. A quel punto spalanca gli occhi mentre io stringo sempre di più, sempre di più… Cerca di togliere le mie mani dal suo collo, ma la mia presa è d’acciaio. Inizia a diventare rossa, i suoi occhi iniziano a prendere un colorito strano… Poi mi ritrovo a terra. Qualcuno mi ha spinta. Jeremy.
– Non te lo consiglio – annuncia Jeremy fulminandomi con lo sguardo.
Mi alzo e con le spalle dritte mi metto esattamente davanti a lui. Grazie ai tacchi riesco a guardarlo dritto negli occhi senza il bisogno di dover inclinare la testa, non più di tanto almeno. – Non me lo consigli? – ringhio io, e mi accorgo che la musica si è spenta. – Cosa sta succedendo, Jeremy? Non provi più niente? Davvero?!
– M dispiace, no – mormora lui abbassando lo sguardo, e sembra veramente dispiaciuto per me.
Il mio cuore fa un balzo, le lacrime iniziano a scendere lungo il mio viso e mi sento come se mi avessero appena massacrata di botte. Poi arriva la rabbia. – Tu – ringhio io guardando Lucy, che vedendomi in questo stato inizia a indietreggiare. – Razza di… – A passo veloce la raggiungo, nonostante sia vicinissima, e le tiro un cazzotto. Cade subito a terra, con la mano sullo zigomo, e anche se so benissimo che questo fatto di alzare le mani su qualcuno non mi fa fare una bella figura, non riesco a rimanere ferma; faccio per alzarla,  pronta a tirarle un altro cazzotto, quando Jeremy mi strattona con così tanta violenza che quasi cado a terra. Corro da lui e alzo la mano, pronta a tirargli come minimo uno schiaffo, ma riesce subito a prendere la mia mano e l’abbassa facendomi tremare tutto il braccio. Lo guardo con le lacrime agli occhi mentre sento le fitte partire dal braccio. A quel punto mi lascia e faccio un passo indietro, ricominciando a respirare.
– Ragazzi! – urla qualcuno. – Calmi. Jeremy Ruterful, non dovresti trattare così una ragazza.
– Cassie? – mi chiama Christian. Jeremy sentendo quella voce si gira di scatto, con gli occhi spalancati e pieni di paura e rancore. Corro verso di lui. – Che succede? – chiede Christian, non capendo. – Perché volevi fare male a Jeremy?
Jeremy viene verso di noi. – Non…! – esclamo io mettendomi tra il bambino e Jeremy. – Non provare a toccarlo, mostro – aggiungo io, fredda. I suoi occhi si spalancano ancora di più dopo aver sentito quella parola e fa un passo indietro, bianco in faccia, come se gli avessi appena tirato un cazzotto. E da una parte mi sento meglio, ma dall’altra mi sento morire.
– Jeremy – lo chiama Lucy, che si è appena alzata. Jeremy si gira verso di lei. – Forse è meglio se me ne vado.
Jeremy fa per dire qualcosa ma Isaac lo precede. – No, niente “forse”. È meglio se vai. Faresti un favore a tutti noi – ringhia Isaac guardandola male. – Non hai fatto nient’altro che procurare guai. – Lucy lo guarda ferita, ma Isaac tiene il suo sguardo distaccato e terribilmente arrabbiato su di lei senza cambiare di una virgola. Lucy se ne va senza aspettare Jeremy. – Stai bene, Cassie? – mormora Isaac avvicinandosi a me e accarezzando la spalla. Annuisco continuando a stringere Christian dietro di me. – Andate di sopra. Qua ci penso io.
Accenno un sorriso, prendo Christian per mano e lo trascino via.
– Perché stai piangendo? – chiede Christian mentre lo metto sotto le coperte.
Solo ora mi accorgo che sto veramente piangendo, e nemmeno in silenzio! – Non sto piangendo – rispondo io tra un singhiozzo e l’altro. – Vuoi che ti legga una favola, o un qualcosa?
– No, no – mormora il bambino guardandomi preoccupato.
Annuisco accarezzandogli distrattamente i capelli. – Allora vado a prepararmi per la notte. Arrivo subito. – Annuisce e così gli lascio un bacio sulla fronte e mi chiudo in bagno. Mi guardo allo specchio per tanto tempo, ho tutto il trucco colato e gli occhi gonfi. Da quand’è che mi sono messa a piangere? Non me ne sono nemmeno accorta, com’è possibile?
Qualcuno bussa alla porta subito dopo che mi sono struccata, corro verso la porta sperando sia Jeremy, ma è solo Isaac. – Mi volevo scusare con te, è che… conosco Jeremy da quando sono piccolo e sapere che ormai è praticamente comandato da una sirena… – Rabbrividisce. – Comunque, mi hanno detto che ti ha spinto più volte e una volta sei caduta addirittura a terra. Stai bene?
Lo guardo ricominciando a piangere. – Un attimo prima ci stavamo baciando e l’attimo dopo stava baciando Lucy – mormoro asciugandomi rabbiosamente le lacrime. – Secondo te come dovrei stare?!
Scuote la testa con una faccia sofferente e poco dopo mi ritrovo ad abbracciarlo. – Vedrai che si risolverà tutto – sussurra lui stringendomi e facendomi piangere ancora di più, perché  ho veramente una brutta sensazione.
– Gli avevo appena detto che rimanevo. Rimanevo per lui – singhiozzo cercando di buttare fuori tutto quello che ho dentro, cuore compreso.
– Andrà tutto bene – ripete Isaac prendendo il mio viso tra le mani. – Il vostro amore è più forte, lui è più forte di tutto questo – esclama e mi sembra così sicuro che annuisco e per pochi secondi gli credo. – Ora vado a vedere come sta Ivy e poi vado da Jeremy – mi avvisa. Chiudo gli occhi sentendo le lacrime uscire senza più controllo. – Cassie, ce la puoi fare. Quanto te ne sei andata era distrutto. Ora non so se è per te o per Lucy, ma era veramente distrutto. – Mi bacia la fronte. – Ora vado, domani ti faccio sapere se ci sono novità. Buonanotte.
– Notte – mormoro chiudendo la porta. 

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Capitolo 33
*** Perdere i ricordi ***







Capitolo 33
Perdere i ricordi
 
Purtroppo appena mi sveglio mi raggiunge anche il mal di testa, insieme a tutti i ricordi; l’ultima cosa che mi ricordo è che mi sono addormentata piangendo. Cos’altro? Il pensiero di correre da Austin e non tornare mai più in questo maledetto posto. Dopotutto… si dice lontano dagli occhi, lontano dal cuore, no?
Qualcuno mi mette un braccio sopra la pancia, giro la testa per vedere la piccola testa di riccioli di Christian, steso su trequarti del letto. Mi alzo dopo aver sentito la voce di Louis che ci ordina di scendere per fare colazione, sveglio Christian e gli metto i vestiti sul letto dicendogli che per qualsiasi cosa sono in bagno. Però mi chiudo a chiave in bagno e rimango a fissare l’immagine allo specchio. Quella ragazza con gli occhi infossati e rossi non posso essere io, non ho mai avuto delle occhiaie così. Faccio veramente paura. Mi lavo velocemente il viso e i denti, mi vesto e scendo insieme a Christian per fare colazione, ma non prima di aver aiutato Christian a mettersi la maglietta nel verso giusto.
– Cassie! – urla Ivy facendo girare tutte le persone verso di lei, ma sembra ignara di tutto e ci fa segno di andare da lei, accennando un sorriso fin troppo falso sia a me che a Christian. Più mi avvicino e più mi rendo conto che, a quanto pare, anche lei non è riuscita a dormire. Le sue occhiaie parlano chiaro tanto quanto le mie.
Faccio sedere composto Christian e vado a prendere due vassoi con le nostre rispettive colazioni prima di sedermi e guardare un’altra volta la faccia stremata di Ivy. – Dov’è Isaac? – chiedo. – Non sei riuscita a dormire? Sei ridotta malissimo, per caso hai l’influenza? – chiedo poi, perché oltre ad avere le occhiaie ha anche uno strano colorito.
– Isaac sta da Jeremy – risponde Ivy guardandomi attentamente, come pronta a cercare di evitare altre lacrime. – Ieri sera l’ha dovuto aiutare a tranquillizzarsi. A quanto pare ha praticamente mandato a fuoco l’intera camera. – Scuote la testa spostando un po’ di uva dalla parte opposta del piatto. – Fortuna che gli incantesimi dell’Istituto sono favolosi.
Ora deve avere paura. Credo di stare per avere un attacco di panico, non riesco a respirare e il mio cuore batte all’impazzata. – Come… Sta bene? – chiedo poi.
– Si, tranquilla – mormora lei stringendomi la mano. Fa un sospiro. – E tu? Come stai? Io posso pure avere delle occhiaie da paura ed essere un po’ pallida, ma tu oggi fai veramente paura. Hai mal di testa? Di solito succede dopo aver pianto così tanto.
Scuoto la testa abbassando lo sguardo verso la mia tazza di cereali. – Sto bene. Sono solo molto stanca, e sì, ho mal di testa. – Alzo lo sguardo e sorrido. – Ma sto bene. Ritornerà, ne sono sicura. – L’unica domanda è: quando? Tra dieci minuti? Tra una settimana? Tra un anno? Tra dieci anni?
– Si, lo farà – mormora lei sorridendomi come se fossi una psicopatica.
Poco dopo arriva Louis e mi posa una mano sulla spalla, anche lui non sembra aver dormito molto. È incredibile come Jeremy sia riuscito a infilarsi così velocemente e soprattutto in silenzio nei nostri cuori. – So quello che è successo con Jeremy. Posso solo immaginare come possa sentirti – dice Louis stringendomi un po’ la spalla, come per darmi un po’ della sua forza. – Ma non sono qua per ricordarti quello che in realtà non ha mai lasciato la tua mente. Sono qua perché gli Anziani vogliono assolutamente vedere il bambino.
Guardo Christian e gli metto indietro i capelli con un nodo in gola. – Ti prego, dimmi che non lo vogliono fare diventare un Cacciatore – mormoro guardando Louis con le lacrime agli occhi. – Dovrebbe avere lo stesso diritto di tutti gli umani.
– Non lo so, ma spero di no, piccola mia – risponde Louis guardando per pochi secondi il bambino. – Dovete andare subito. Vi stanno aspettando.
Prendo un respiro profondo e così Christian mi guarda, aspettando che gli annunci qualcosa. – Dobbiamo andare a visitare dei signori, Christian. Hai finito la colazione? – chiedo, e così annuisce. – Bene. Allora andiamo. – Lo prendo per mano e mi giro verso Louis, che sta guardando sua figlia, più preoccupato che mai. – Ci vediamo dopo – mormoro, ma Louis nemmeno mi sente.
– Possiamo andare?
Mi fermo di scatto e stringo un po’ troppo la mano di Christian. Rimango ferma e in silenzio per un po’ di tempo, cercando di mantenere la calma e di non scoppiare… a piangere o per urlargli contro e cercare di rompergli tutti i denti. Quando mi giro il mio cuore si ferma, Jeremy sta davanti al portone dell’Istituto, che ci aspetta.
– Jeremy! – esclama Christian correndo da lui per abbracciarlo mentre io cerco di tenerlo fermo. Jeremy gli sorride e lo stringe a lui, poi lo prende in braccio e mi guarda. I suoi occhi non sono gli stessi, non è lui. Mi sento come se mancasse una parte fondamentale di me, come una gamba.
– Andiamo? – chiede Jeremy mentre continuo a fissarlo con la bocca spalancata.
– Non devi venire. Non ce n’è bisogno – ribatto io, infastidita e fredda come il ghiaccio.
– Mi hanno chiamato anche a me. Dopotutto l’abbiamo trovato insieme – risponde lui facendo spallucce, un po’ imbarazzato. Non è rosso in viso, ma l’espressione che fa ogni volta che mi guarda è così imbarazzante che riesce a imbarazzarmi ancora di più.
Rido. – Ma per piacere! – esclamo io, pronta a urlare le cose più cattive di questo mondo, ma riesco a contenermi. – Non voglio che tu venga con noi.
– E ne sono perfettamente a conoscenza, Cassie – risponde lui con quella sua espressione da cane bastonato, che rende i suoi occhi ancora più grandi e belli. Mannaggia a lui. – Ma hanno chiamato anche me e, anche se noi due non andiamo d’accordo, io e Christian ci conosciamo tanto quanto tu conosci lui.
Faccio una smorfia schifata, perché purtroppo è vero. – Andiamo – ringhio dandogli una spallata e uscendo dall’Istituto.
 
– Ok, siamo arrivati – annuncia Jeremy facendo fermare la macchina.
Faccio un sospiro, non riesco né a muovermi, né a parlare. Scendo dalla macchina e prendo per mano Christian, Jeremy mi guarda per un po’ e poi si avvicina a Christian. Trattengo il respiro e così, capendo che non voglio che si avvicini a me, si allontana.
– Perché ce l’hai con Jeremy? – chiede Christian guardandomi dal basso e aspettando una risposta che non arriverà mai.
La porta si spalanca da sola e così Christian indietreggia. – Ehi – mormoro abbassandomi per guardarlo negli occhi. – Andrà tutto bene – cerco di assicurarlo, ma continua a scuotere la testa indietreggiando.
– Christian – lo chiama Jeremy, alzo lo sguardo su di lui e mi viene un colpo. – Vieni qua. Ci penso io a te – gli dice. Christian va da lui e così lo prende in braccio. I nostri occhi s’incontrano e il mio cuore, che è già stremato, si ferma ancora una volta. Non ce la faccio più. Rimaniamo in silenzio a guardarci per un po’. Non riesco a perdermi dentro di essi, non sono più solo celesti, adesso hanno delle sfumature dorate.
– Cassie Moonic e Jeremy Ruterful – esclama il Terzo Anziano. – Chissà perché non siamo nemmeno un po’ scioccati di vedervi qua, con questo… umano. – L’Anziano lancia un’occhiataccia al bambino facendomi sentire quasi male, Jeremy lo stringe a lui, come per proteggerlo.
Il Secondo ride. – Ma guarda un po’! – s’intromette guardandoci. – Il nostro Jeremy è stato preso da una sirena, eh? – Mi guarda per avere una conferma e così abbasso lo sguardo. – Come ci si sente, Cassie? Come ci si sente a non essere più ricambiata? Come ci si sente ad amare una persona a tal punto di rinunciare alla tua vecchia vita, mentre l’altra sarebbe pronta a ucciderti pur di salvare la sua sirena? – Rimango in silenzio con gli occhi chiusi, cercando di non piangere. – Sto aspettando una tua risposta, Whitesun.
Lo guardo negli occhi, sfidandolo. Credo che non finiremo mai di darci fastidio a vicenda. – Vuole sapere come ci si sente? Ci si sente male! Ci si sente persi. Prima lo guardavo negli occhi e, nonostante il mio corpo sentisse delle strane scosse, mi sentivo a casa. Guardarlo negli occhi mi faceva sentire a casa. Ma lei questo lo sa, perché l’ha provato anche lei. Adesso invece… – Guardo Jeremy. – Guardo i suoi occhi e mi chiedo se sia ancora lui. Se non ci sia qualcun altro… dentro questo corpo.
Jeremy sembra trattenere il respiro. – Eppure – inizia il quarto, – mi sembra che Cassie riesca ancora a ferirti, vero, Jeremy?
Jeremy fissa il Quarto cercando di formulare una frase, bianco in faccia. – Io amo Lucy. Cassie è stata importante, ma ormai non ha più nessun potere su di me – risponde, cauto. A quanto pare però gli dispiace farmi soffrire, anche se continua a farlo.
Il Secondo ride un’altra volta, mentre sento  tutto il mondo girare troppo veloce. – Cassie, mia Whitesun, sei un po’ pallida – mi avverte lui. Faccio un passo indietro vedendo il Secondo davanti a me. – Non vorrai mica svenire qua, in questo momento – esclama prendendomi la mano. Trattengo il respiro sentendo il freddo entrare addirittura nelle mie vene. Poco dopo sono a terra e il Secondo scoppia a ridere. – Siediti – mi ordina facendo spostare una sedia con un suo potere fino a quando non arriva dietro di me. Mi alzo e mi siedo sopra di essa. – Sei molto attaccata a questo bambino – dice guardandomi dritto negli occhi.
– No – mormoro io, Jeremy mi guarda per pochi secondi e poi fa un passo indietro, come se avesse capito che non voglio che gli Anziani si avvicinino al bambino.
– Che fai, Cacciatore? – chiede il Secondo fulminandolo. Prende in braccio Christian, mi alzo di scatto e vado da loro ma l’Anziano alza una mano verso di me e l’aria esce dai miei polmoni. Stringo il mio collo, boccheggio in cerca di aria, poi cado a terra continuando a muovermi. Christian inizia a piangere.
– Cassie – esclama Jeremy venendo verso di me. – Cassie respira! – continua prendendo la mia mano.
– Falla respirare – ordina un Anziano al Secondo, e pochi secondi dopo inizio a respirare di nuovo. Tossisco più volte e Jeremy mi abbraccia. L’Anziano che prima ha ordinato al Secondo di farmi respirare chiede ai suoi compagni: – Ma è possibile che il loro amore sia così forte da superare anche il potere di una sirena?
– Non lo so – mormora.
– Il bambino diventerà un Cacciatore – annuncia il Secondo facendo perdere un battito al mio cuore.
– No! – urlo io alzandomi. Prendo Christian che continua a piangere. – No, non lo farete! Lui non diventerà un Cacciatore. È un umano! Gli umani devono vivere una vita normale, non sono in grado di…
– Lascia decidere a noi Anziani di cosa sono e non sono in grado di fare gli umani, Cassie Moonic! – tuona il Secondo Anziano facendo sussultare addirittura Jeremy.
Scuoto la testa, non possono fare una cosa del genere, ci dovrebbe essere una maledettissima legge che impedisce agli umani di diventare dei Cacciatori! – No! – urlo quindi. – Non diventerà uno di noi.
Il Secondo scoppia a ridere. – Tu non sei come loro. Tu non sei una Cacciatrice. Tu sei la nostra disgrazia! – esclama lui guardandomi così male che non riesco a ribattere. E anche per quello che mi ha appena detto ovviamente; mi fa male sapere che, nonostante stia cercando di fare del mio meglio, continui a fare del mio peggio, fino ad arrivare a essere una disgrazia.
– Credo stia esagerando – s’intromette Jeremy mettendo un braccio attorno a me e subito dopo il Terzo gli da ragione dicendo: – Ha ragione. Basta, ci stai veramente stancando.
Il Secondo guarda gli Anziani, scioccato. – Questa ragazza… non sta facendo altro che complicarci la vita! – ribadisce indicandomi. Christian mi stringe a lui, come per proteggermi.
– Questa ragazza – tuona il Terzo alzandosi dal trono – sta cercando di salvare vite innocenti! – Guarda il Secondo in un modo che mi fa venire i brividi, poi fa un sospiro e mi guarda. – Eppure questo bambino deve diventare un Cacciatore. L’ho visto anch’io.
– Vi prego – sussurro. – Non fatelo diventare un Cacciatore. Dopo tutto quello che gli è successo…
– Tutto quello che gli è successo gli darà la forza per uccidere tutti i demoni – m’interrompe il Primo facendomi arrabbiare ancora di più. Perché non capiscono?! Siamo tanti, noi Cacciatori, perché prendere addirittura un umano?! È così piccolo e spaventato… Non può essere un Cacciatore. Sarà la sua condanna a morte.
– È un umano! – ringhio io, arrabbiata. – Lasciatelo andare – aggiungo stringendolo a me fino a quando non sono sicura che è qua, accanto a me, e sta bene. Eppure sono scoraggiata, perché infondo so che non c’è più niente da fare: hanno preso la loro decisione e di certo non la cambieranno a causa mia. Cosa significa “l’ho visto”? A quanto pare l’hanno visto diventare un Cacciatore, e forse il futuro non si può cambiare.
– Mi dispiace, Cassie Moonic, ma ormai è deciso. Vivrà nel vostro Istituto e diventerà un Cacciatore, proprio come voi – ribatte il Terzo Anziano. Stringo ancora più forte Christian mentre cerco di non scoppiare a piangere.
– Non c’è nessun modo per farvi cambiare idea? – chiede Jeremy, disperato tanto quanto me. – Per favore, è solo un bambino. Un bambino umano.
– Mi dispiace, Cacciatori – dice il Quarto. – Ma la decisione ormai è presa.
– Siete fortunati che non vi puniamo per aver portato un umano nell’Istituto e avergli fatto vedere il vero mondo – aggiunge il Primo facendomi perdere del tutto la pazienza.
Scoppio a ridere. – Avergli fatto vedere?! Ha visto un vampiro uccidere i propri genitori! Credo che la verità l’abbia scoperta da solo, signore – esclamo io, indignata. Il Primo socchiude gli occhi guardandomi, sta cercando di farmi paura, ma ora come ora non ho paura nemmeno di morire.
– Non ti fare altri nemici. Direi che ti basta il Secondo – mi sussurra Jeremy all’orecchio, e purtroppo la mia reazione è quella di sempre: rabbrividisco. Jeremy si scusa e così ce ne andiamo a passo veloce, trascinando via Christian, che sembra sotto shock. – Dio, Cassie! – esclama Jeremy una volta dentro la macchina. – Potevi anche evitare di metterci contro pure il Primo Anziano! Faranno di tutto pur di ucciderti. Non ti bastava il Secondo, non è vero?!
– Il Secondo mi odia perché ho uno schifo di contatto con la sua amata, non è colpa mia! – urlo io. – E il Primo è stupido! Come gli viene in mente di dire una cosa del genere? Se avessimo lasciato là Christian, a quest’ora sarebbe morto! Non è questo il nostro compito? Salvare gli umani dai demoni?
– Si, bé, la prossima volta cerca di mantenere il controllo. Loro non si fanno mettere i piedi in testa da una come te, Cassie. Mi sembra strano che non l’abbia già capito dopo tutto quello che ti ha fatto il Secondo – borbotta Jeremy guardando la strada davanti a sé con la mascella contratta.
Mi giro verso di lui, scioccata. Non so come funzioni questa storia con la sirena, ma credevo si fosse semplicemente dimenticato di me, o comunque di quello che abbiamo passato insieme. – Ma allora ti ricordi tutto – mormoro guardandolo.
– Certo che mi ricordo – esclama lui, ancora arrabbiato. – mi ricordo tutto, ho semplicemente smesso di provare qualsiasi sentimento per te.
Guardo davanti a me sentendo il mio cuore spezzarsi. A quanto pare non gli dispiace poi così tanto farmi del male. Mi abbasso un po’, cercando di sparire una volta per tutte, ma non ci riesco. Purtroppo sono incastrata in questa macchina con lui.
– E comunque smettila d’irritarmi. Non posso controllarmi più di tanto… a meno che non vuoi che esploda un incendio dentro la macchina, stai zitta – aggiunge dopo un po’ Jeremy, ancora più arrabbiato di prima. Sento lo sguardo indagatore di Christian dietro ma facciamo entrambi finta di niente.
Trattengo il respiro sentendo il suo tono di voce. Lo guardo arrabbiata. – Ma chi sei tu? – chiedo io con le lacrime agli occhi. Distoglie lo sguardo dalla strada e mi guarda, i suoi occhi hanno ancora quelle sfumature dorante che non c’entrano niente con i suoi occhi celesti e qualcosa mi dice che quello che sta facendo è la risposta che cerco: è un’altra persona, non è più il mio Jeremy.
 
Entro nell’Istituto più arrabbiata di prima, semplicemente perché più vado avanti e più mi rendo conto che non c’è niente da fare con lui. Credo di averlo perso per sempre e questo non fa altro che farmi stare male e quindi farmi incazzare ancora di più. Continua a chiamarmi, dandomi ancora più fastidio. – Cassie, non fare così – dice proprio mentre io gli urlo contro: – Ero disposta a combattere per te, Jeremy! Ma non ti riconosco più. Questi occhi non sono quelli di Jeremy! Tu non sei Jeremy! Jeremy non mi avrebbe mai fatto quello che tu mi hai fatto ieri sera! Jeremy non mi guarderebbe mai come mi stai guardando tu adesso! – E per fortuna rimane in silenzio, quindi me ne vado lasciando Christian con lui, che tanto sembra volergli così bene.
Una volta entrata in camera mi butto sul letto. Non posso pensare a Jeremy adesso, devo pensare a Christian e decidere se accettare il fatto che diventerà un Cacciatore o no. Non può diventarlo, almeno lui deve riuscire ad avere una vita normale, il più normale possibile. Mi alzo dal letto cercando di pensare a qualcosa per poterlo far andare via. Faccio avanti e indietro per la camera, pensando. Potrei portarlo da Jack, dopotutto ha sempre voluto un bambino. Sennò potrei lasciarlo in un orfanotrofio… ma sarebbe una cosa orribile. Pensa, Cassie. Pensa. Potrei scoprire dove sono i suoi nonni e lasciarlo là!
Vado subito da Louis per dirgli che devo andare da Jack. – Ho saputo quello che sta succedendo e mi dispiace, ma sai che se vai contro le decisioni degli Anziani potrebbero toglierti il marchio, o peggio ucciderti? – chiede Louis.
Annuisco cercando di non pensare, anche se sto sudando freddo. – Certo che lo so. Devo solo andare a salutare Jack, è da troppo tempo che non lo vedo, sarà preoccupato per me.
Louis mi guarda per un po’ di tempo, sicuramente per cercare di percepire le mie intenzioni, ma sono così arrabbiata con Jeremy che mi dedico solo a lui, facendolo apposta naturalmente. Sbuffa. – Va bene, puoi andare – risponde poi Louis.
Esco salutandolo e ringraziandolo, prendo subito la macchina e corro da Jack, con il cuore a mille e l’ansia alle stelle. Appena arrivo alla stazione di polizia vado dritta all’ufficio di Jack, lo saluto e lui mi abbraccia, stringendomi più del dovuto. – Che ci fai qua? – chiede.
– Per chiederti una cosa. Avete trovato dei corpi di una donna e di un uomo nel bosco? – gli chiedo, andando dritta al dunque. È inutile perdere tempo, mi devo sbrigare.
Jack aggrotta la fronte. – In realtà sì, erano sposati e si chiamavano Liam e Jamie Smith. Stiamo ancora cercando il figlio, ma molto probabilmente sarà già morto… Mi dispiace molto, ma non ci sono tracce. Non capisco perché la gente continui a entrare dentro quel maledettissimo bosco.
– Per caso hanno dei genitori ancora vivi? – chiedo con il cuore che va a mille. Ci siamo. Se la risposta è “si” allora sarà fatta, dovrò solo… scampare dagli Anziani per sempre, ma va bene così. Non posso lasciare che gli facciano questo, non a Christian. Anche a costo di diventare un’umana come lui e lasciare una volta per tutte Jeremy.
– Sì, da parte del padre, ma non capisco cosa possa c’entrare questa storia con te – borbotta lui, preoccupato. – Cosa sta succedendo, Cassie? Cos’hai combinato questa volta? Conoscevi i genitori o il bambino, per caso? Perché se è così potresti aiutarci dicendo tutto quello che sai su di loro.
– E se ti dicessi che ho il bambino? – chiedo io sorridendogli.
Ma lui non sembra per niente contento di questo, tant’è vero che spalanca gli occhi. – C… cosa?! Cassie, è un bambino ricercato! – esclama lui, scioccato. – Che hai fatto? Non vorrai… Che hai fatto?! Oh, Cassie, io non ti posso proteggere anche dalla legge. Se riusciranno ad arrivare a te non potrò fare niente!
–  Ehi, ehi, calma! L’ho solo aiutato. Il vampiro che ha ucciso i suoi genitori voleva uccidere anche lui, ma per fortuna è riuscito a uscire dal bosco fino ad arrivare alla mia macchina. L’ho aiutato, adesso sta nel posto dove sto io, ma non può rimanere là, devo portarlo dai nonni. Dove abitano? – dico io tutto d’un fiato, troppo agitata per riuscire a respirare regolarmente.
– No, no, non puoi. Non puoi presentarti là e dargli semplicemente il bambino. Ti metterebbero in galera! Fidati di me, portarlo da me e lo porterò dai suoi nonni senza fargli domande. Lo porterò io stesso, Cassie, hai la mia parola – ribatte però Jack.
– Va bene – rispondo io aprendo la porta. – Te lo porto subito allora. A tra poco. – Non sento nemmeno la sua risposta, perché sfreccio fuori dalla stazione di polizia ed entro dentro la macchina. Faccio alcuni respiri profondi, sento come se stessi entrando nel panico ma non succede niente. Accendo la macchina e parto, più veloce possibile.
Appena entro nell’Istituto corro in camera di Jeremy, dove sono sicura che ci stia il piccolino. Scott mi chiama, preoccupato, ma gli dico che adesso ho da fare e gli racconterò tutto una volta tornata, ma una parte di me sa che questa cosa sarà molto difficile e che molto probabilmente non accadrà. Devo solo avere abbastanza tempo per prendere Christian e portarlo dai nonni, a quel punto gli Anziani possono pure prendermi. Devo solo riuscire a portare Christian. Solo quello, non chiedo altro.
Busso alla porta di Jeremy e apro senza nemmeno aspettare una risposta da parte di qualcuno. – Ehi! – urla Lucy e il mio cuore fa un balzo. La stronza ancora entra dentro quest’Istituto. – Cassie, che ci fai qua? – chiede, tutto d’un tratto tranquilla. La stronza, oltre a rompere le palle, cerca pure di fare finta di niente.
– Sono qua per prendere Christian – rispondo io con il fiatone guardandomi in giro, mi fermo a guardare Jeremy, che sembra scioccato di vedermi in camera sua. – Dov’è? – chiedo guardando male anche Jeremy.
– Sta in bagno. Va tutto bene? Mi sembri molto nervosa. Cos’è successo? – risponde Jeremy, dandomi ancora più fastidio.
Vorrei semplicemente rispondergli di farsi gli affari suoi, di andare in quel bel posticino che a lui sono sicura piacerebbe molto, ma lascio stare. – Va tutto bene, è solo che mi sono ricordata adesso che avevo promesso ad Austin che saremmo andati da lui, quindi siamo terribilmente in ritardo. – Avanzo verso la porta del bagno e busso. – Christian, sono Cassie. Senti, io e te dobbiamo uscire, quindi sbrigati.
La porta del bagno si apre subito. – Dove dobbiamo andare? – chiede lui, spaventato. – Non di nuovo da quei fantasmi, vero? Perché se andiamo là io non vengo. Sono brutti e fanno veramente paura. Sono cattivi.
– No, tranquillo – rispondo io prendendolo per mano. – Andiamo da un mio caro amico. – Li guardo per pochi secondi e poi apro la porta e prima di chiuderla li saluto con il tono più freddo possibile.
Trascino Christian fuori dall’Istituto praticamente correndo, perché se Louis scopre che sono tornata e poi sono di nuovo uscita potrebbe uccidermi una volta per tutte, o peggio capire quello che sto facendo. Apro lo sportello della macchina e ci metto dentro Christian, gli allaccio la cintura e poi lo richiudo, per poi andare dalla parte del guidatore e accendere la macchina. – Perché sei così agitata? – chiede Christian, ancora più preoccupato.
– Sentimi bene, piccolo mio. Io adesso ti porto da un mio carissimo amico e lui ti porterà dai tuoi nonni. Ma tu mi devi promettere una cosa: non potrai mai dire a nessuno che chi ha ucciso i tuoi genitori era un mostro, dovrai dire che era un animale e che non l’hai visto molto bene. Ok? Me lo prometti?
– Si, si, te lo prometto. Ma davvero stiamo andando dai miei nonni? – chiede Christian con le lacrime agli occhi e il mento tremolante.
– Si, andrai a vivere da loro, piccolo – mormoro io sorridendogli.
Scoppia a piangere e mi abbraccia. – Grazie, grazie – continua a ripetere piangendo.
– Di niente, tesoro – dico io con le lacrime agli occhi continuando ad accarezzargli i morbidi capelli biondi.
Stiamo attraversando la foresta per uscire una volta per tutte dall’Istituto, cerco di andare piano ma è più forte di me. Quello che sto facendo mi danneggerà di sicuro, ho paura, ma questo bambino deve assolutamente vivere una vita normale. Deve…
Freno subito la macchina vedendo una macchina fermarsi proprio davanti a me. Il cuore inizia a battere ancora più veloce di prima mentre un uomo esce dalla macchina. – Christian, mettiti giù – mormoro io e così fa. Quell'uomo però non è né un umano, né un vampiro, né un Cacciatore, è uno schiavo degli Anziani.
– Scendi – dice puntandomi una pistola sulla tempia.
Lo guardo sorridendogli. – Non sai che non muoio veramente se mi spari? – chiedo io, sfidandolo. – Cioè non credo, in realtà non so cosa sei, ma non credo tu sia un umano e tutti i demoni o mostri che cercano di uccidermi alla fine non ci riescono. Quindi perché non abbassi quella pistola, tanto non serve a niente.
– Non ti voglio uccidere, voglio solo avere il tempo per prendere te e il poppante e portarti dagli Anziani – ribatte lo schiavo guardandomi male.
Faccio un respiro profondo per cercare di mantenere il controllo e pensare alla prossima azione. Posso solo provare a fare una cosa. Prendo di scatto la mia spada e la punto alla gola dello schiavo. Gli sorrido un’altra volta, nervosa. – Che ne dici se mi lasci andare, eh? – chiedo guardandolo dritto negli occhi mentre sussulta.
Si mette a ridere, mi prende per la maglietta e il secondo dopo sono a terra, fuori dalla macchina. – Non scherzare con me, Whitesun – ringhia, arrabbiato.
Mi alzo di scatto impugnando bene la spada. – Non scherzare nemmeno te – borbotto andando verso di lui per iniziare a combattere. Però sento subito il rumore dello sparo, faccio un passo indietro sentendo qualcosa entrare dentro la mia spalla. Trattengo il respiro cercando di non pensare al dolore; guardo la spada, ormai a terra, e poi lo schiavo.
– E ora? Vieni con me o no? – chiede lui facendomi un sorriso.
Prendo la spada con la mano sinistra e gli faccio un piccolo taglio al braccio, ma non ci pensa due volte a sparare un’altra volta. Questa volta più vicino al cuore. Lo guardo con le lacrime agli occhi, guardo dentro la macchina e vedo Christian piangere.
– Mi dispiace – mormoro io prima di cadere a terra.
 
Apro gli occhi lentamente. Un bambino sta piangendo e un ragazzo sta urlando. Sbatto più volte gli occhi vedendo sfogato, il Secondo Anziano mi sorride e così mi siedo velocemente. Sono seduta per terra, il bambino che sta piangendo è Christian, mentre il ragazzo che sta urlando è… Jeremy?! La guardia lo sta trattenendo ed è con le lacrime agli occhi. Christian invece è tenuto da una guardia molto meno robusta ma, al contrario di Jeremy, non sta cercando di venire da me, piange e basta.
– Sei così prevedibile, Whitesun – dice il Secondo attirando la mia attenzione. – Sei pronta a morire realmente?
Spalanco gli occhi e il mio cuore inizia a battere più veloce. – Per favore! – urla Jeremy. – Non fatelo, vi prego! Per favore! – Lo guardo, scioccata, perché adesso sta piangendo. – Ti prego, vi prego, non la uccidete!
– Quanto ci dispiace – esclama il Primo alzandosi dal trono. – A quanto pare il vostro amore è veramente più forte di una sirena. Peccato che sia un po’ troppo tardi. Jeremy poteva vivere una vita felice insieme alla sua sirena, anche dopo la tua morte, adesso cosa farà?
Guardo un’altra volta Jeremy. È di nuovo lui. – Per piacere – mormora piangendo. – Non fatele del male – continua buttandosi a terra con la testa abbassata. – Vi prego. – Lo guardo con le lacrime agli occhi, non ha più quelle sfumature e il suo sguardo è quello di prima.
Un Anziano prende il mio viso con la sua mano gelida, rabbrividisco. – Sarà un piacere per me ucciderti – annuncia il Secondo Anziano sorridendo.
– Non dovevi farlo – aggiunge il Terzo alzandosi dal trono. – Se stata troppo ingenua. Dimentichi che riusciamo a leggerti nel pensiero, e fin dall’inizio il tuo scopo era quello di far scappare il bambino. Noi, al contrario di Louis Dempson, possiamo capire tutte le intenzioni e i pensieri delle persone, anche se essi sono nascosti.
Il Secondo si allontana da me, lo guardo mentre prende la spada che sta accanto ai troni. Sorride, soddisfatto. – Sei pronta? – mi chiede tra le urla di Jeremy.
– Volevo solo salvare il bambino – mormoro abbassando lo sguardo, sto piangendo anch’io. Il Secondo mi punta la spada al collo, trattengo il respiro. – Almeno non fatelo davanti a loro – aggiungo dopo un po' guardando tutti gli Anziani. – Sarebbe una cattiveria pura, mentre voi siete la legge.
– La ragazza ha ragione – dice il Quarto. – Non possiamo ucciderla davanti a loro.
– Per favore – continua Jeremy. – Uccidete me. Se proprio dovete uccidere qualcuno, uccidete me! – urla poi, facendomi prendere un colpo. Mi giro di scatto verso di lui e urlo il suo nome, facendogli capire che adesso sta esagerando. Ci guardiamo per pochi secondi, all’inizio ci fulminiamo ma poi ci accorgiamo entrambi delle nostre lacrime e non possiamo fare altro che cambiare completamente espressione.
– Questi amore così tristi… Vogliamo uccidere lui? – dice il Secondo guardandomi.
– Provate a toccarlo e io… – inizio, ma sento la punta della spada entrare di poco dentro il mio collo così mi fermo e strizzo gli occhi. Una piccola goccia di sangue corre lungo il mio collo facendomi morire di paura. Adesso è ora di entrare nel panico.
– E tu cosa? – chiede il Secondo, ancora più arrabbiato. – Ci uccidi? – Ride. – Non hai ancora capito niente, Whitesun. – Toglie la spada e così ricomincio a respirare, anche se velocemente. Va verso Jeremy, che sembra non aver paura. Invece la mia, di paura, trabocca. Inizio a correre verso l’Anziano e afferro il suo braccio, non lo lascio nonostante senta ogni parte del mio corpo stremato a causa delle sue scosse. Si gira verso di me puntandomi la spada, Jeremy urla qualcosa facendo ridere il Secondo. – Tu non c’entri niente, Cacciatore. È lei che non ha rispettato le nostre decisioni. – La spada pizzica ancora una volta il mio collo. – È  lei quella che deve morire.
– Ma deve ancora uccidere un vampiro e un lupo mannaro! – urla Jeremy. – Non vorrete mica portare gli umani all'estinzione solo perché non vi ha ascoltato una volta!
– La deve pagare – ringhia il Secondo guardandomi negli occhi mentre io cerco di non tremare. – La legge è uguale per tutti. – Alza la spada con tutte e due le mani e il mio cuore esce fuori dalla bocca. So che sto per svenire.
– No! – urla Jeremy cercando di liberarsi dalla guardia. Chiudo gli occhi. – Toglietele il marchio! Toglietele il marchio! Dopotutto non ha fatto niente di grave. Non avete ucciso il mago Andrew, nonostante tutto il male che ha procurato!
– Fermo! – urla il Terzo facendomi aprire gli occhi, il Secondo Anziano è rosso dalla rabbia. Davvero un fantasma può diventare tutto rosso? Non capisco che cosa sta succedendo. Perché ci mettono così tanto? Perché mi vogliono far soffrire così tanto? Se proprio mi vogliono uccidere perché non lo fanno e basta. – Il ragazzo ha ragione. Togliamole il marchio e facciamola finita con questa storia.
– Cosa? – tuona il Secondo. – Non vorrete mica dare ascolto a un ragazzo di diciott'anni!
– Basta con questa polemica – esclama il Quarto. – Jeremy Ruterful ha ragione, non possiamo ucciderla per così poco. – Si ferma a guardarmi. – Ma deve essere punita comunque… quindi togliamole il marchio, cosicché non possa mia più tornare qua e ricordarsi quello che ha fatto.
Il mio cuore, molto lentamente, torna al suo posto. Scuoto la testa. – Lasciate il bambino – mormoro io continuando a piangere. – Per piacere, sono quasi morta per prendere quel pugnale e tutto questo per voi. Me lo dovete!
– Noi non ti dobbiamo proprio niente! – tuona il Secondo, ancora più arrabbiato. – Quello che hai fatto l’hai fatto per te stessa. Perché avevamo un patto.
– Sa bene che non riuscirei mai ad allontanarmi da Jeremy – rispondo io guardandolo dritto negli occhi. Per la prima volta rimane in silenzio. – Siamo anime gemelle. Non potrei mai allontanarmi da lui o decidere di slegarmi da lui. Lo amo troppo e lei lo sa, perché l’ha passato anche lei e sa che questo tipo di amore non accetta nient’altro se non quello che vuole.
Alza la spada un’altra volta, puntandomela. – Attenta a come parli – mi avverte lui fulminandomi con gli occhi. Mi dispiace per lui, non posso nemmeno immaginare quanto possa soffrire. Da una parte riesco addirittura a provare pena per lui, che ha perso la sua anima gemella e per questo è praticamente impazzito. Mi dispiace per lui, perché ormai non gli si può nemmeno più parlare dell’amore, che si arrabbia, e tutto questo perché continua a soffrire.
– Cos'ho detto? – chiedo io. – Ho detto la verità. Lei ha amato una donna con tutta l’anima. Che c’è di male in questo? Che c’è di male nel dirlo? Lei si è mai reso conto di quanto il vostro potere sia forte? Di quanto il vostro amore sia stato forte? – Abbassa la spada e riesco a prendere ancora più coraggio. – Non c’è niente di male nel ricordare – aggiungo guardandolo, convinta. – I ricordi sono l’unica cosa che ci rimane quando la gente se ne va. Quindi ne faccia uso, lei che può; e se proprio vuole farmi soffrire, mi levi i ricordi, così da lasciarmi solo un terribile vuoto. – Rimane in silenzio a guardarmi e qualcosa nel suo sguardo cambia, sembra odiarmi di meno.
– Allora è deciso – annuncia il Quarto alzandosi dal trono. – Siediti – ordina al Secondo.
– Fategli dare un ultimo abbraccio e bacio – mormora il Secondo facendo un segno con la mano di lasciar andare Jeremy. Nel suo sguardo non c’è più rabbia, ma compassione. La guardi lascia Jeremy e così inizia a correre verso di me. Una volta arrivati uno davanti all’altro, senza fermarmi, mi butto tra le sue braccia. Mi stringe a lui, riesco a sentire il suo cuore battere veloce tanto quanto il mio. Allo stesso tempo. Mi fa distaccare un po’ da lui, quel tanto per prendermi il viso con tutte e due le mani accarezzandomi la guancia con il pollice.
– Sappi che ti amo e che ti ho amato più di me stessa. Ti amo e me lo ricorderò anche dopo che mi avranno tolto il marchio, magari non subito, ma me lo ricorderò. Te lo prometto – gli sussurro io tra un singhiozzo e l’altro.
Annuisce con le lacrime agli occhi. – Ti amo – mormora lui. – Nessuna sirena me lo farà dimenticare. Ti amo e ti amerò fino alla fine. – Si avvicina a me e mi bacia. Le scosse percorrono tutto il mio corpo, mentre esso sembra volere qualcosa di più. Lo stringo a me fino a quando non riesco più a respirare, ma poco dopo si distacca da me. Gli accarezzo i capelli, lo bacio più volte a stampo e poi lo abbraccio un’ultima volta. – Nessuno ci dividerà – mi sussurra. – Nessuno ce la farà. – Annuisco per poi baciarlo un’altra volta.
– Ok, basta così – annuncia un Anziano prendendo il mio braccio. Rabbrividisco sentendo il freddo entrare nelle mie ossa, saluto Christian con la mano mentre lui continua a piangere. Mi fanno mettere in ginocchio. – Cassie Moonic, d’ora in poi sei bandita dal mondo reale. La tua spada non sarà più la tua spada, il tuo Istituto non sarà più la tua casa, i tuoi amici non saranno più i tuoi compagni di guerra, né amici. – Alza la mano e la posa sul mio marchio e poi l’allontana lentamente. Mi manca il respiro ogni secondi di più. Spalanco gli occhi vedendo il mio marchio davanti agli occhi. Esso esplode e dentro di me esplode qualcos’altro, lasciandomi un vuoto. – Non ti ricorderai niente, penserai che per tutto questo tempo sei stata dai tuoi nonni, che vivono qua, in città. Non ti ricorderai di Jeremy, di Ivy, di Isaac, di Scott, di Cody… Di nessuno che ha a che fare con il mondo soprannaturale. Penserai che i tuoi genitori siano morti per cause naturali: tua madre per un incidente stradale e tuo padre per un attacco di cuore. I tuoi amici a cui hai detto la verità non si ricorderanno niente. – Tutto esce dalla mia mente. Tutti i ricordi, tutti i nomi, tutti i volti. – Ora puoi dormire, Whitesun.
Cado a terra chiudendo gli occhi.
– Cassie! – urla Jer… qualcuno.

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Capitolo 34
*** Il pezzo mancante ***







Capitolo 34
Il pezzo mancante
 
– Cassie! – urla qualcuno.
Mi siedo di scatto, mi guardo in giro con il respiro irregolare e affrettato, ma sono nella mia nuova camera, da sola e nessuno sta urlando il mio nome. Mi metto indietro i capelli, preoccupata, e mi guardo un’altra volta intorno. Mi sento perennemente osservata, anche se in realtà so che non c’è nessuno. Mi alzo da letto e mi metto davanti allo specchio, che una volta stava a casa dei miei genitori e dove mi guardavo mentre mia madre mi stringeva da dietro. Come quando mi dava consigli su Austin, dicendomi che non voleva vedermi soffrire e che, anche se la nostra relazione stava andando benissimo, era molto raro che una relazione come la nostra durasse fino alla fine. Alzo i capelli e mi accorgo di essere ancora una volta sudata, così mi faccio una doccia e una volta vestita scendo giù.
– Buongiorno, tesoro – mi saluta mia nonna mettendo le ultime cose in tavola per fare colazione tutti insieme.
Le sorrido e mi siedo vicino al nonno. – Buongiorno – mormoro prendendomi qualcosa da mangiare. Dopo aver preso una fetta biscottata però mi rendo conto che un tempo non era così che facevo colazione. Ora mi ritrovo a bere del succo e a mangiare fette biscottate. Mi guardo intorno ma non c’è nessuna tazza, niente latte, niente confezione di cereali. Così mi ritrovo a mangiare una colazione che in realtà nemmeno mi piace.
– Ho sentito che ti sei fatta la doccia un’altra volta – annuncia dopo un po’ la nonna, ansiosa come sempre nonostante continui a cercare di nasconderlo. – Hai avuto un’altra volta quegli incubi? – chiede dopo un attimo di pausa, come per lasciare spazio anche alla suspense.
Annuisco tra un sorso e l’altro del succo. Ringrazio Dio quando lo finisco una volta per tutte. – Come tutte le notti, d’altronde – borbotto guardando le fette biscottate che mi aspettano. Faccio una smorfia disgustata e spero che mia nonna l’associ al fatto dei sogni. – Che poi non sono nemmeno incubi! Non tanto almeno… C’è sempre questo ragazzo, che non ho mai visto in tutta la mia vita, che continua a chiamarmi e a pregare qualcuno, e quando mi giro dall’altra parte qualcuno mi attacca. Qualcuno con dei denti affilati. – Come un vampiro, ma questo me lo tengo per me. Sbuffo. – Ovviamente il sogno è molto più lungo, ma questa è la parte più inquietante e che proprio non riesco a capire.
Mio nonno continua a leggere il giornale, facendo finta di niente, mentre mia nonna mi guarda annuendo, ancora più preoccupata. – E invece per quanto riguarda le vertigini? Ti senti ancora così spaesata?
Mi mordicchio il labbro, pensierosa. – A volte. Ma sto migliorando – aggiungo subito vedendo la faccia ancora più preoccupata di mia nonna. – Bene! – esclamo appena ho finito le fette biscottate. – Vado da Austin.
– Va bene, tesoro, ma mi raccomando: fa’ attenzione e cerca di non perderti, ok? Per qualsiasi cosa hai il cellulare, chiamaci e noi ti veniamo a prendere – borbotta la nonna, non troppo entusiasta del fatto che esca fuori di casa.
– Certo – mormoro prendendo le chiavi della macchina. – Ciao! – li saluto io prima di uscire definitivamente di casa. Entro dentro la macchina e sbuffo guardando la casa da fuori. Mi sento così fuoriposto da volere scappare e non tornare mai più. I nonni sono fantastici, ma non ci parlavamo molto quando i miei genitori erano vivi, visto che avevano litigato con mia madre. Quando le chiedevo il motivo, mi diceva che le avevano mentito sin dall’inizio, cambiandole la vita per sempre. Ovviamente non cercava nemmeno di farmi capire quella frase.
Fermo la macchina così bruscamente che quasi sbando, mi guardo intorno, confusa, e mi rendo conto di essermi persa. Un’altra volta. Scendo dalla macchina, incuriosita, trovando un bosco davanti a me. Ho come l’impressione di essere già stata qua, ma un’altra parte di me è sicura che questa parte di Boston nemmeno esista!
Sussulto sentendo qualcuno suonare il clacson di una macchina. – Ehi! – tuona un ragazzo che, arrabbiato, esce dalla macchina. – Che ti viene in mente?! – continua a urlare senza però guardarmi. – Ho da fare! Spostati! – Alza lo sguardo verso di me capendo che non sono nella macchina e cambia completamente espressione. Sembra quasi… scioccato. È un ragazzo dai capelli rossi e mi sembra di averlo già visto. – Cas…
– Scusami – esclamo io avvicinandomi a lui e stritolando la sciarpa. – Credo di essermi persa. Non ho la più pallida idea di dove mi sia cacciata – aggiungo accennando una risata nervosa. Entro dentro la macchina e mi accosto per farlo passare.
– Devi fare inversione e poi andare avanti fino a quando non ved una curva a destra. Giri là e poi vai tutto avanti fino a quando non ti ritrovi praticamente in città. Qua siamo un po’ in… periferia, diciamo – dice il ragazzo poggiando le sue mani sul mio finestrino abbassato. È molto muscoloso per essere un ragazzo e ha dei tagli sul braccio destro. Aggrotto la fronte e faccio per sporgermi quando si allontana subito e mi guarda male.
Arrossisco subito, imbarazzata. – Bé… grazie – bofonchio prima di accendere un’altra volta la macchina. – Non so veramente che mi sia preso. Un momento prima ero in città e quello dopo ero qua. Non… non avevo mai visto questo posto – aggiungo, ancora più imbarazzata, tra una risata e l’altra.
Invece di mandarmi a quel paese e andarsene mi sorride. –Eh, lo so. Può succedere – mi risponde continuando a guardarmi in modo strano. Rimaniamo per pochi secondi a fissarci, non so perché lui mi stia guardando così, ma il mio motivo è che sto cercando di ricordarmi dove e quando l’ho visto, perché sono sicura di averlo già visto da qualche parte.
– Sei un modello o cosa? – chiedo, tutto d’un tratto. Appena mi rendo conto di quello che ho appena detto arrossisco ancora di più. – Si, perché… mi sembra di averti già visto. E non… non è da tutti avere quei capelli rossi, quindi non posso semplicemente essermi sbagliata con qualcun altro.
Si allontana da me. – Il mondo è piccolo, infondo. Mi avrai visto in giro – borbotta, tutto d’un tratto infastidito. Forse è scappato da un reparto psichiatrico, mi sembra così lunatico… – Devo andare. Ciao – aggiunge prima di andarsene definitivamente. Entra dentro la macchina e parte, sorpassandomi.
 
– Ti sei persa? – chiede Austin prima di scoppiare a ridere. Gli do un cazzotto sul braccio. – Ahi! – esclama mettendosi una mano sul braccio. – Ma da quand’è che sei così forte?!
Faccio spallucce. – Femminuccia – borbotto sdraiandomi sul suo letto. – Non so cosa mi stia succedendo, Austin. Non mi riconosco più. Ci sono troppe cose che non tornano, troppe cose che… non mi ricordo. Sono confusa ventiquattr’ore su ventiquattro.
– Credo sia normale – mormora Austin sdraiandosi accanto a me e accarezzandomi distrattamente i capelli, pensieroso. – Fai ancora quegli incubi?
Annuisco. – Stesso ragazzo, stessa voce, stesso vampiro, stesso pugnale e stessa spada – borbotto rigirandomi l’anello al dito. – Non è normale, Austin. Sono già passati tre mesi – mormoro, preoccupata. – E non è solo per questo. È come se negli ultimi mesi mi sia persa qualcosa per strada. – Scuoto la testa. – C’è veramente qualcosa che non va.
– Secondo me è perché non baci un ragazzo da quando hai baciato me – annuncia Austin per cercare di farmi stare meglio.
Scoppio a ridere. – Tu stai male! – esclamo tirandogli il cuscino.
– Oh, e dai! – borbotta lui sedendosi e prendendo il cuscino. – Voglio dire… quel bel ragazzo che sogni. Sempre lo stesso ragazzo con gli occhi celesti e i capelli scuri. Non ti viene mai l’istinto di baciarlo, in questi sogni?
È molto più complicato in realtà. Nel sogno so che tra noi c’è qualcosa, so che siamo andati ben oltre i baci, ma in esso a malapena ci guardiamo, perché lui sembra così distrutto da non riuscire nemmeno a guardarmi negli occhi, e questo mi fa pensare che stia male per colpa mia. – Ma non esiste nemmeno! Perché dovrei avere l’impulso di baciarlo?! – esclamo invece, mentendo, perché in realtà ogni volta che ripenso a quel ragazzo mi viene la pelle d’oca. Ancora non ho capito se è un buon segno o no.
 – Però mentre lo stai sognando ci pensi – ribatte Austin, e a questo punto è inutile negarlo, perché mi conosce troppo bene. Sa già la verità. Rido, imbarazzata. – Appunto! Secondo me è perché devi baciare qualcuno, qualcuno che t’interessa veramente e per cui provi vera attrazione fisica. Anche solo fisica, credo.
– Ma per piacere! Non ho bisogno di baciare nessuno, io! – dico, indignata. – Se vuoi baciarmi non c’è bisogno di inventarsi certe scuse, caro Austin. Basta che me lo dici.
Austin scoppia a ridere e mi tira il cuscino. – Che fai, mi tenti?! – scherza. – E comunque se qua c’è qualcuno che vuole baciare il suo ex fidanzato sei tu. Dai, si vede che provi ancora qualcosa per me!
– Non ci pensare proprio, Austin – borbotto prima di scoppiare a ridere.
– Stasera esco con dei miei amici, andiamo prima a cena fuori e poi andiamo in un pub a sbronzarci un po’. Dovresti venire – annuncia dopo un po’ Austin, e questa volta è serio. Lo guardo per un po’ e poi scuoto la testa più volte. – Cassie, devi uscire. Non puoi startene sempre a casa a fantasticare sul bel moro dagli occhi azzurri!
– Io non fantastico sul bel moro con… – inizio io, poi però sbuffo e rido, un’altra volta. – Sei terribile! – esclamo ridendo. – Lo sai che mi vergogno a stare con gente che non conosco – aggiungo guardandomi intorno. Sento una scossa percorrere tutto il mio corpo. Mi alzo e vado in bagno, apro la finestra e faccio un balzo vedendomi insieme al ragazzo che sogno. Siamo a terra e stiamo ridendo.
– Cassie – mi chiama Austin mettendomi una mano sulla spalla, sobbalzo e mi giro verso di lui, per poi rigirarmi verso la finestra, ma ormai non c’è più nessuno là fuori.
– Sto impazzendo veramente – borbotto mettendomi le mani davanti la faccia. Non riesco proprio a capire cosa mi sta succedendo. – E va bene! – esclamo poi, esasperata. – Dove andiamo sta sera?
Sorride. – Ti ricordi quel ristorante dove siamo andati un bel po’ di tempo fa, per la festa di… si, insomma… hai capito – risponde e più va avanti e più abbassa il tono di voce. Annuisco abbassando lo sguardo, triste. – Aveva solo diciassette anni – mormora.
Gli metto una mano sulla spalla. – Mi dispiace, so quant’eravate amici… Mi dispiace – dico, incerta.
Mi abbraccia senza dire niente e così lo stringo a me. Rimaniamo così per un po’, troppo confusi e tristi per parlare o scherzare. E tutti erano ubriachi fradici, tutti tranne quella ragazza che stava per i fatti suoi, che a quanto pare non voleva essere là sento una voce dentro la mia testa. Mi distacco da Austin. – Stai bene? – chiedo io accarezzandogli la guancia.
Annuisce. – Si – risponde prima di tornare in camera sua. – Vieni? – chiede facendomi sobbalzare un’altra volta, mentre cerco di guardare fuori dalla finestra, in cerca del ragazzo moro. – Oggi sei più strana del solito – borbotta trascinandomi in camera sua.
– Già – è l’unica cosa che riesco a dire.
 
Mi fermo davanti al ristorante, pensierosa e indecisa sul da farsi, mentre cerco di coprirmi il più possibile con il cappotto. Mi guardo intorno e mi fermo a guardare un ragazzo alto entrare in un vicolo cieco che non porta da nessuna parte e non uscirne più. Non ho nessuna voglia d’incontrare gli amici di Austin, ma in questo momento potrei fare di tutto pur di togliermi dalla testa quella voce e quel viso. Così faccio un respiro profondo ed entro dentro il ristorante, Austin mi chiama e così vado subito al suo tavolo.
– Allora, ragazzi, lei è Cassie – inizia Austin e due ragazzi di nome Nate e Dan mi stringono la mano, il primo sembra felice, il secondo un po’ di tempo. – Ok! – esclama Austin, eccitato per qualcosa. – E Abby? – chiede poi, facendomi capire che è eccitato per qualcuno.
– Non è potuta venire – borbotta il ragazzo di nome Dan. – Mamma l’ha messa in punizione.
Austin diventa meno entusiasta della serata e capisco quindi che c’è un qualcosa che non mi ha detto. Prova qualcosa per questa Abby e stranamente non me ne ha mai parlato. Appena Dan e Nate si mettono a parlare di qualcosa do una gomitata ad Austin. – Ahi! – borbotta. – Cosa c’è?
– Chi è Abby? – chiedo io, infastidita.
– È… una ragazza – borbotta lui facendo una smorfia, come se gli facesse male parlare di lei. C’è veramente qualcosa che non va. Austin mi ha sempre detto tutto e adesso arriva questa Abby e lui inizia a tenermi nascosta questa relazione e in più quando infine gli chiedo informazioni sembra contrario.
Faccio una faccia scioccata. – Ma non mi dire! Pensavo che fosse un maschio! – esclamo quindi, ancora più infastidita. – Perché non mi hai mai detto che stai uscendo con una ragazza, o che ci stai addirittura insieme? Da quanto vi conoscete?
– E dai, Cassie – esclama lui, irritato, mettendosi di spalle verso di e lasciandomi quindi completamente sola.
Mi faccio più piccola sentendoli parlare della nostra relazione e di come siamo riusciti ad andare avanti nonostante tutto quello che abbiamo passato insieme. – Quindi ora cosa siete? – chiede Dan, che da quello che ho capito è imparentato con Abby.
Rido. – Cosa dovremmo essere? – chiedo io. – Amici.
– Bé, degli amici speciali – risponde Nate.
Scuoto la testa ridendo. – Non esistono veramente.
– Oh sì, che esistono. Abby e Austin lo sono – esclama Nate facendomi quasi cadere dalla sedia. Guardo sbalordita prima Nate e poi Austin, che è diventato tutto rosso. La prima cosa a cui penso è che sono andati a letto insieme, e la seconda è che Austin ha deciso di non dirmi una cosa così importante. – Forse… non lo dovevo dire – mormora Nate a bassa voce. – No, no, non lo dovevo dire.
– Cosa te lo fa capire? – chiede Austin, arrabbiato, ma non è lui che deve essere arrabbiato. Io ho il diritto di essere arrabbiata, solo io.
– Io vado a prendere un d’aria – borbotto alzandomi dalla sedia. Accenno un sorriso a Nate, che mi sembra l’unico imbarazzato dalla situazione. – Torno subito – aggiungo prima di andarmene. Chiudo la porta dietro di me e sospiro. Non riesco a capire… Da quando ci siamo allontanati? Voglio dire, abbiamo passati molti momenti negativi insieme, soprattutto dopo che mi aveva lasciata, ma pensavo veramente che ci fossimo lasciati tutto alle spalle. Forse crede veramente che io provi ancora qualcosa per lui, o forse non mi reputa più la sua migliore amica.
Sento un rumore così mi giro di scatto, ma non c’è nessuno. Avanzo nonostante il mio cuore stia battendo all’impazzata. C’è un piccolo vicolo e credo che il rumore provenga da là. Mi fermo senza entrarci e cerco di distinguere qualcosa, ma è troppo buio. – C’è qualcuno? – chiedo a voce alta, ma non ricevo nessuna risposta. Sbuffo. – Sto impazzendo veramente – borbotto girandomi verso il ristorante, ma sento di nuovo un rumore e così mi giro un’altra volta. – Non sono sorda! Fatti vedere! – urlo io, arrabbiata e spaventata allo stesso momento. Anche questa volta però ricevo solo silenzio. Sbuffo e così, senza voltarmi un’altra volta, torno dentro.
– Cassie – mi chiama Austin sussurrando, in modo da far capire ai suoi amici che non vuole che sentano. – Mi dispiace, ok?
Scuoto la testa, nervosa. – Allora – inizio, cercando di cambiare discorso. – Sembrate molto amici di Austin, stranamente non mi ha mai parlato di voi. Da quanto tempo vi conoscete?
– Io e Dan da quando siamo piccoli, mentre io e Austin da tre anni – risponde subito Nate sorridendomi in modo amichevole. Dan e Nate sembrano molto diversi, il primo sembra quasi scontroso mentre Nate è sempre pronto a sorridere e a fare battute. – Quando stavate insieme ci aveva parlato di te, ma non pensavo fossi… tu.
Rido. – In che senso?
– È strano vedervi insieme dopo tutto quello che avete passato. Io non ci riuscirei mai, non so se è perché, delle poche ragazze con cui sono stato, non sopporto nessuna o perché sono semplicemente incapace di non essere così ottuso.
– Credo sia la seconda opzione, Dan – mormora Nate, ma non abbastanza da non farsi sentire anche da me, proprio mentre Dan esclama: – Molto divertente, Nate! – come se già si aspettasse una risposta del genere. – Eppure siete migliori amici, no? – chiede dopo aver ucciso Nate a colpi di occhiatacce.
– Ah, non lo so! – esclamo io alzando le mani, in segno di resa. Guardo male Austin e poco dopo fa lo stesso anche lui. – Chiedetelo a lui – aggiungo dopo un po’, iniziando con lui la battaglia delle occhiatacce. Purtroppo per lui la perde sempre, l’unico che è riuscito a battermi è stato… nessuno. Sbianco. Perché pensavo che qualcuno fosse riuscito a battermi?
– Certo che sei la mia migliore amica, Cassie – borbotta Austin dopo aver perso un’altra volta la battaglia. Austin sa essere molto, ma molto intimidatorio quando vuole, ma a quanto pare oggi non ci riesce.
– Fantastico! – esclama Nate alzandosi e facendomi prendere un colpo. – Non so voi, ma io vado a fumarmi una sigaretta. – Mi guarda e il mio cuore fa un balzo. – Cassie, accompagnami – aggiunge poi prima di avanzare senza nemmeno aspettarmi. Non ascolta nemmeno una mia ipotetica risposta, non gli interessa: la sua non era una domanda, ma un affermazione. Quando esco lui mi dice: – Scusami, ma quei due devono assolutamente parlare un po’.
Aggrotto la fronte, confusa, perché nessuno sembrava avercela con nessuno. Dan mi sembrava scorbutico di suo, ma a quanto pare non è così. Austin però non ha niente contro Dan, quindi quello arrabbiato deve essere lui. – Perché? – chiedo.
– Abby è la sorella di Dan e può essere veramente troppo protettivo nei suoi confronti. Sono amici da molto tempo, si fida di Austin, ma rimane la sua sorellina – risponde lui accendendosi una sigaretta. – Comunque non ci devi rimanere male se non ti dice chi gli piace. Non l’ha detto nemmeno a me, sai com’è… ha questo vizio di tenersi le cose dentro.
– Lo so, ma prima mi diceva tutto, anche chi gli piaceva – borbotto io. – Intendo prima…
– Che vi metteste insieme – continua lui tra un tiro e l’altro. Annuisco. – Bé, è normale essere un po’ in soggezione, non credi? – mi chiede, ma non mi da nemmeno il tempo di rispondere che aggiunge: – Per caso vuoi una sigaretta?
All’inizio rimango in silenzio, sdegnata dalla sua domanda, poi però più va avanti il tempo e più mi decido di prenderne una. – Si, perché no? – rispondo quindi. Poco dopo mi ritrovo a guardarlo dritto negli occhi mentre mi accende la sigaretta che reggo tra le labbra. – Grazie – mormoro prima di fare il primo tiro di sigaretta dopo così tanto tempo che mi sembra sia passata una vita.
– Di niente – ribatte lui guardando avanti, sulla strada. – Quindi… ti stai sentendo con qualcuno, per caso? – chiede dopo un momento d’imbarazzo, si gira verso di me e mi fa un sorriso che, nonostante la domanda imbarazzante, mi riscalda.
– Non… – inizio io, rossa in viso. – No – rispondo poi balbettando un po’. Faccio dei lunghi tiri, più agitata che mai. Di certo non sono venuta qua per provarci con lui. Non sono pronta, so che è passato tanto tempo da quando io e Austin ci siamo lasciati, sono sicura di non provare niente per lui, ma non posso stare con nessuno adesso. Mi giro verso la strada con le sopracciglia alzate, ogni parte del mio corpo è contratta mentre l’imbarazzo si fa sentire un’altra volta. – Mm… E tu? – chiedo poi guardandolo.
– No – risponde lui senza però guardarmi e questo mi fa sentire meglio, perché forse me l’ha chiesto solo per curiosità e non perché, per qualche strana ragione, gli interesso. Butta la sigaretta a terra poco prima di me e mi sorride. – Che dici, rientriamo? – chiede e mi accorgo che ha un bel sorriso. Annuisco sorridendogli e così rientriamo.
– Allora – esclama Nate sedendosi vicino a Dan, – avete parlato?
Dan annuisce senza guardarlo negli occhi, ma non fa come Austin, che sembra molto interessato al suo piatto di pasta; Dan mi fissa, come per chiedermi qualcosa. Abbasso lo sguardo, rossa in viso. Sono completamente diversi, lui e Nate. Dan ha i capelli scuri con gli occhi tra un verde e un nocciola, mentre Nate ha i capelli biondi e gli occhi scuri. Tutto d’un tratto mi ritrovo a pensare al ragazzo con quei capelli rossi. È stato strano parlare con lui, faceva delle strane espressioni e sono ancora sicura di averlo già visto da qualche parte.
 
Usciamo dal pub dopo troppi drink e shot, tutti non facciamo altro che ridere e più la serata va avanti e più mi rendo conto del fatto che mi sto divertendo sempre di più.
– Ragazzi, ragazzi! – esclama Nate e così ci giriamo tutti verso di loro. – Guardate cosa ho preso – aggiunge facendoci vedere una birra. Scoppiamo tutti a ridere e ne prendiamo un sorso a testa. – Questa va a Cassie – dice dopo un po’ Nate, lasciandomi la birra, che è quasi finita.
– Oh, grazie – esclamo io abbracciandolo. Austin e Dan vanno un po’ più lontani a parlare, visto che adesso Dan sembra sempre più propenso a parlare dei suoi problemi con Austin e noi e Nate rimaniamo a fissarci per un po’, troppo ubriachi per non scoppiare a ridere dopo cinque secondi.
– Sei così buffa! – dice lui continuando a ridere.
– E perché mai? – chiedo io prendendo un sorso di birra.
– Non lo so, ma lo sei – risponde lui stringendomi a lui. – Se non fossi l’ex ragazza di Austin a questo punto ti starei baciando già da un po’ – borbotta abbassando lo sguardo verso le mie labbra.
Rimango in silenzio per un po’ con la birra in una mano e l’altra sul suo collo. Abbasso lo sguardo verso le sue labbra e deglutisco. – Se sono qua significa che ad Austin non fa molta differenza, non credi?
Sorride e abbassa la mano fino ad arrivare alla fine della schiena, mi stringe ancora di più a lui. – Non tentarmi – bofonchia. – Sono troppo ubriaco per riuscire a trattenermi e tu non mi aiuti facendo così.
Il mio cuore fa un balzo e mi allontano da lui praticamente sussultando. Questa frase non mi è nuova, perché? Accenno un sorriso imbarazzato e mi metto indietro i capelli. – Hai ragione. Colpa mia – dico dopo un po’, visto che sembra un po’ preoccupato per la mia reazione. – Dovrei proprio andare a casa. I miei nonni si staranno preoccupando. – Mi fermo a guardarlo. – Potresti avvertire tu gli altri?
– Forse dovrei accompagnarti a casa – ribatte lui, preoccupato. – Nel tuo stato non dovresti girovagare da sola.
Rido. – Perché tu stai messo molto meglio di me, giusto? – chiedo io facendolo ridere. – Sta tranquillo. Abito qua vicino. – Gli do un bacio sulla guancia e me ne vado.
Quando mi sembra di star camminando/barcollando da troppo tempo mi giro indietro, per cercare di capire da quanto tempo sto camminando, ma niente sembra essermi d’aiuto, soprattutto se calcoliamo il fatto che questa non è la strada giusta per andare a casa dei miei nonni. Sbuffo e mi guardo in giro. – Fantastico – borbotto continuando a guardare indietro. – E ora cosa faccio? – Mi fermo e mi giro completamente. Strizzo gli occhi cercando di capire la via, ma non c’è nessun cartello. Mi giro e faccio un passo in avanti quando vado a sbattere contro qualcuno. – Wo! – esclamo iniziando ad indietreggiare, perdo l’equilibrio e cado a terra battendo forte il sedere. – Ahi! – borbotto massaggiandomelo.
– Allora è vero: sei tu la Whitesun – dice l’uomo che mi sta davanti.
Aggrotto la fronte e alzo lo sguardo. Trattengo il respiro e inizio a indietreggiare nonostante stia ancora per terra. Non riesco nemmeno a parlare. Gli spuntano due canini e inizia a ridere, poi mi salta addosso e l’urlo che cercava di uscire da un po’ finalmente riesce ad uscire. Chiudo gli occhi cercando di urlare il più possibile, gli metto le mani davanti al suo viso, ma poco dopo si accascia su di me. Smetto immediatamente di urlare e lo guardo. Sembra… morto.
Qualcuno toglie il corpo da sopra di me. – Stai bene? – chiede una voce che mi sembra fin troppo familiare. Il mio cuore fa un balzo quando sento il suo sguardo cercare il mio. – Stai bene? – ripete non sentendo nessuna risposta.
Mi aiuta ad alzarmi e a quel punto alzo anche lo sguardo su di lui. Se prima ero senza ossigeno adesso sono completamente morta. È il ragazzo che continuo a sognare! Lo continuo a fissare senza dire una parola, con la bocca spalancata.
Ride. – Diciamo che non sono abituato a questa reazione da parte tua, ma non fa niente – mormora mettendomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio, mentre io non riesco più a distogliere lo sguardo da lui. Alzo una mano e passo tutte le mie dita sulle sue labbra, chiude gli occhi e io inarco la schiena, sentendo una scossa percorrere tutto il mio corpo. Mi prende la mano e apre gli occhi. – Cassie, rispondimi. Stai bene?
Deglutisco. – Come fai a sapere il mio nome? – bofonchio, perché sono troppo scioccata e ubriaca per cercare di non fargli vedere che ho bevuto veramente troppo. – Sei… Come fai a essere vero? Ti sogno tutte le notti. Come fai a essere vero?
Sorride e mi accarezza la guancia. – E se fossero ricordi le cose che sogni? – propone lui avvicinandosi a me. – Non ti ricordi proprio niente, vero? Cosa sogni? Raccontami tutto quello che sogni. Ti prego, ho bisogno di sapere.
– Non… – Mi fermo sentendo tutto quello che ho bevuto salirmi. – Oh… no – borbotto distaccandomi da lui, mi allontano subito e poi sussulto.
– Oh, merda – borbotta il ragazzo venendo subito da me. Mi scosta i capelli dal viso e mi accarezza la schiena. – Sei da uccidere, Cassie.
Quando ho finito di rigettare anche l’anima mi alzo e lo guardo, imbarazzata. – Oh, bé – esclamo ridendo, – stiamo andando un po’ veloci, non credi? Già mi reggi i capelli e mi aiuti a vomitare. – Rido posando una mano sullo stomaco. – Oh, domani me ne pentirò molto, non è vero?
– Veramente, veramente molto – risponde lui alzando gli occhi al cielo. – Come ti è venuto in mente di bere così tanto?
– Mmm – bofonchio avvicinandomi a lui, mi stringe i fianchi in modo da non farmi più barcollare e così inarco un’altra volta la schiena, sentendo quella scossa. – Volevo cercare di divertirmi un po’. Austin dice che dovrei baciare un ragazzo e stavo a poco così da baciare quel Nate, però poi ha detto un qualcosa… In più è amico di Austin e non è molto carino da parte mia limonare con i suoi amici, non credi? Comunque, tutto questo è iniziato quando Austin mi ha detto che dovevo smetterla di…
– Stai blaterando, lo sai? – chiede il ragazzo, un po’ infastidito.
– Oh, scusa – bofonchio. Mi guardo in giro e vedo una macchina nera che prima non c’era. – Se quella macchina è tua, non è che potresti portarmi a casa? Credo proprio di essermi persa. Per di più… – Guardo il corpo dell’uomo. – Ma è morto?
– No, in realtà era già morto – borbotto il ragazzo guardando quell’essere. – Comunque credo proprio che tu ti sia persa, calcolando il fatto che hai perso la strada opposta a quella che dovevi prendere.
Lo guardo per un po’, scioccata. – E tu come fai a sapere dove abito? – chiedo e, nonostante la poca luce, riesco a vedere che è arrossito. – Sei uno stalker o cosa? – chiedo poi allontanandomi un po’ da lui.
– No. No! – esclama lui, indignato. – Sono… un amico dei tuoi nonni. Mi hanno chiesto di tenerti d’occhio.
Aggrotto la fronte. – Non ci credo – borbotto. – Devo mettermi a urlare, vero? – chiedo guardandolo, un po’ spaventata. – I miei nonni saranno pure paranoici, ma non chiederebbero mai al ragazzo che sogno tutte le notti di seguirmi.
Ride. – Potresti smetterla di chiamarmi “il ragazzo che sogno tutti i giorni”? – chiede. – Perché, seriamente, a questo punto dovrei essere io quello spaventato. Dopotutto, mi sogni tutte le notti. Non dovrebbe essere un po’ inquietante come cosa?
– O romantica – aggiungo io, pensando. – No, non è romantica. Hai ragione: è inquietante. – Lo guardo in silenzio, pensando al da farsi. Sbuffo. – Senti, sono veramente troppo ubriaca per pensare. Mi accompagni a casa o no?
Fa una smorfia. – Non dovresti chiedere a uno sconosciuto di darti un passaggio. Mai, sono stato chiaro? – afferma prendendo il mio viso. – Nessuno. Non hai idea della gente matta che gira. Non chiedere mai a nessuno un passaggio. Chiama i tuoi amici, i tuoi nonni… ma non chiedere a nessuno un passaggio.
– Bé, questa volta mi è andata bene – esclamo allontanandomi un po’ da lui, ridacchiando. – Dopotutto sei bello. Cosa potrebbe succedere? Cerchi di fare sesso con me? Oh, sta tranquillo: non opporrò resistenza, se è quello che stai pensando. – Mi fermo rendendomi conto di quello che ho appena detto e così lo guardo. Ha lo sguardo serio, ma sta cercando di non sorridere. – Ok, sono veramente troppo ubriaca!
– Già, lo sei – conferma lui ridendo. – Non osare dire questa cosa a nessun altro ragazzo, ok? – chiede prendendo un’altra volta il mio viso. – Noi ragazzi tendiamo a non pensare quando una ragazza ci dice che possiamo benissimo fare di lei quello che vogliamo.
– Oh, ma non lo direi a nessun altro, fidati – bofonchio io abbassando lo sguardo verso le sue labbra. – Che fai, me lo dai o no il passaggio?
Ride e mi prende per mano, rimango a fissare le nostre dita intrecciate mentre avanziamo verso la sua macchina. Apre lo sportello della macchina e così entro dentro, poco dopo si mette al sedile del guidatore e parte.
– Oh! – esclamo io prendendo il bicchiere di birra che, a quanto pare, stava bevendo prima di venire da me. – Bene, ho lasciato la mia birra là, per terra, a quanto pare – aggiungo prima di prendere un sorso.
– Smettila – ringhia prendendo il bicchiere e posandolo su un posto della macchina fatto apposta per posare i bicchieri. – Hai bevuto abbastanza. In più non dovresti bere prima drink e poi birra, dovresti saperlo.
Sogghigno. – Certo che lo so, è per questo che lo faccio – ribatto prima di ricevere un’occhiataccia dal ragazzo.
A quel punto il tragitto diventa una noia, entrambi rimaniamo in silenzio a guardare la strada, sembra un po’ infastidito dopo quello che gli ho detto, ma non capisco il perché e in realtà non dovrebbe nemmeno interessarmi. È una faccenda veramente strana, questo ragazzo sembra veramente uno stalker e dovrei seriamente andare a denunciarlo; sa veramente troppe cose su di me. Eppure qualcosa mi dice che anch’io so tanto su di lui, perché abbiamo un passato, e per qualche strana ragione mi fido di lui.
– Bé, grazie – dico una volta davanti casa mia. – Senti, lo so che dovrei essertene grata, ma a quanto pare sto ricominciando a pensare lucidamente e non so… chi sei. In realtà non ti conosco e a quanto pare tu mi stai veramente seguendo sin dall’inizio. – Scuoto la testa. – Ho delle immagini di te e me, come quella dove siamo nel giardino di Austin, ma pensavo veramente che fosse tutta colpa dei sogni e stessi perdendo la testa.
– Non stai perdendo la testa – mormora tenendo così stretto il volante che le sue nocche diventano bianche. – Ma puoi stare tranquilla: non mi farò più vedere.
– Il problema è questo! – sbotto io. – Perché diavolo ti sogno? Perché cazzo non faccio altro che pensare a te? Perché fino ad oggi pensavo che tu non esistessi? Cosa mi sta succedendo?! – Più vado avanti e più le lacrime scorrono veloci sul mio fiso. – Io non riesco a capire. Sono sempre così distratta e non… non riesco a capire niente. Ogni volta che mi giro sono sicura di trovarmi nel posto giusto, ma dopo un po’ mi rendo conto di essermi sbagliata. E non è per colpa dell’alcol, mi sta veramente succedendo qualcosa. So che tu sai cosa mi sta succedendo.
– Dovresti veramente entrare – continua a parlare a bassa voce, come se non riuscisse ad alzare la voce.
– Chi sei? – chiedo guardandolo, ma rimane in silenzio a guardare la strada. – Guardami! – tuono, ma anche questa volta non mi guarda. – Perché ho l’impressione di conoscerti? Perché provo qualcosa per te? Perché?! Chi sei?! – Ma rimane in silenzio anche questa volta e anzi, questa volta si gira anche dall’altra parte. – Va bene – sussurro cercando di trattenere i singhiozzi. – A quanto pare rimarrò per il resto della mia vita con la costante paura di star dimenticando tutto quello che in realtà è il vero mondo. – Scuoto la testa e apro lo sportello della macchina. – Grazie per il passaggio, chiunque tu sia.
Esco dalla macchina e barcollo un po’, stringo la maniglia e faccio un respiro profondo. Non so perché ma il dolore che sto provando adesso è come quello che ho provato quando mi sono svegliata e mi sono resa conto che anche mio padre era morto. Stringo la maniglia per un po’ e sento di nuovo tutto tornarmi su, ma riesco a deglutire e faccio alcuni passi in avanti. Cerco le chiavi di casa dentro la mia borsa e dopo quella che mi sembra un’eternità le trovo. Cerco d’infilarle dentro, ma non ci riesco. Poso la mia testa sul cancello, così freddo da riuscire a non pensare a nient’altro se non al freddo.
– Cassie – mormora il ragazzo dopo essere uscito dalla macchina. Si ferma posandomi una mano sulla spalla. – Mi dispiace. – Stringe un po’ di più la spalla, visto che non mi muovo. – Cassie, per piacere, non fare così. È già difficile per me stare qua, accanto a te… Non farmi soffrire ancora di più, ti prego. – Mi prende e mi gira, alza il mio viso con la mano e poi mi accarezza. – Vorrei essere te, lo sai? Sono sicuro che farebbe tutto meno male, se non avessi questi continui ricordi di me e te. – Mi bacia la fronte. – E vorrei tanto non cancellarti anche questi, di ricordi – mormora posando la sua fronte sulla mia. – Vorrei tanto ritornare a vederti tutti i giorni. Mi manchi come l’aria, Cassie.
Rimango in silenzio a guardarlo e per la prima volta il dolore che sto provando io mi sembra molto di meno del suo. So che c’è veramente qualcosa che lui sa ma che io non ricordo. In questo momento so solo che quel qualcosa che mi mancava era lui. Adesso mi sento me stessa. Non era una cosa che mi mancava, era lui.
Trattengo il respiro sentendo tutto d’un tratto le sue labbra posarsi sulle mie. Afferro le sue spalle e lo stringo a me. – Jeremy – mormoro io e il mio cuore fa un balzo. Anche il ragazzo sussulta e per un istante sembra volermi parlare ma poi lascia stare e mi stringe a lui. Indietreggiamo fino a quando non sento la parete del muro freddo e rabbrividisco, lascio cadere la borsa a terra e accarezzo i suoi capelli con entrambe le mani. Slaccia il mio cappotto e alza un po’ la mia maglietta in modo da toccarmi. Sussulto e inizio a mordicchiargli il labbro inferiore. Mi stringe ancora di più a lui e rimango senza fiato un’altra volta. – Entra – gli dico continuando a tenere le mie labbra sopra le sue.
Sussulta e si allontana da me. – No! – esclama. – No – ripete. Si guarda intorno e poi si mette indietro i capelli, ora sembra preoccupato. – Mi dispiace così tanto, Cassie.
– Per cosa? – chiedo io ridendo. – È stato tutto perfetto! E… so come ti chiami. Per cosa ti scusi?
– Per questo – risponde lui prima di alzare la mano e soffiare una polverina proprio davanti a me. Tossisco, sentendo essa entrare nelle mie narici e per un momento il panico sembra prendere il meglio di me.
Poi chiudo gli occhi.
Quando li apro non riesco a capire il perché li stessi tenendo chiusi, o del perché la mia borsa è a terra. Mi giro verso il cancello di casa dei miei nonni e sbuffo. Tremando mi chiudo il cappotto, uccidendomi con il pensiero per essermelo slacciato, per qualche strano motivo a me sconosciuto. Prendo un’altra volta le chiavi e cerco di aprire il cancello. Riesco ad aprirlo solo dopo dieci tentativi, ma almeno ci riesco.
Salgo le scale cercando di non fare rumore nonostante il mondo continui a girare troppo velocemente, mi butto sul letto senza nemmeno cambiarmi e osservo il soffitto. Strizzo gli occhi cercando di non piangere. È tutto così strano e vuoto. Mio padre è morto e così anche mia madre, mi mancano e non so se è per loro che sto così, che sento questo immenso vuoto dentro di me. C’è veramente qualcosa che non va ma non riesco a capire che cosa. C’è qualcosa… che non mi ricordo, qualcosa che ho perso in questi ultimi mesi.
E, manco a farlo apposta, scoppio a piangere. 

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Capitolo 35
*** L'incantesimo ***







Capitolo 35
L'incantesimo
 
Non mi sono fatta sentire da Austin per giorni, quasi una settimana, mentre più il tempo passava e più mi sembrava d’impazzire. Tutte le notti facevo questi sogni strani, erano tutti uguali, raramente cambiavano, ma ogni volta che mi svegliavo mi sentivo come se un treno mi avesse appena investita. Come ogni mattina quindi decido di farmi una doccia, troppo sudata e puzzolente per non farla, e scendo a fare colazione. Una volta scesa giù però mi rendo conto che non c’è la televisione accesa che di solito il nonno guarda tutto il giorno e non c’è profumo di caffè. In cucina infatti non c’è nessuno, solo un bigliettino da parte dei miei nonni che mi dicono che sono andati a fare la spesa.
Faccio colazione in silenzio, cercando di ricordarmi ogni singolo pezzo del sogno che ho fatto sta notte, ma come sempre mi ricordo solo alcune cose. Mi rendo conto che nel sogno sono finalmente riuscita a parlare con il ragazzo e a baciarlo. Quando mi stufo di pensare vado davanti la televisione tanto amata da mio nonno e cerco di capirne il motivo, ma mentre continuo a cambiare canale, cercando di trovare un programma o un film decente, non riesco proprio a capire come faccia a stare tutto il giorno davanti a questa cosa. Forse dovrei regalargli sky.
Qualcuno bussa alla porta e così senza nemmeno chiedere chi è  apro la porta e mi ritrovo davanti un Austin abbastanza arrabbiato. – Ma buongiorno, cara Cassie! – esclama entrando in casa senza nemmeno chiedermi il permesso. – Oh, ma quindi va tutto bene! Nessuno ti ha ferita gravemente, o drogata tutti i gironi, o violentata! E io che pensavo stessi troppo male o fossi troppo occupata a baciarti qualcuno che hai incontrato quella sera, quando te ne sei andata da sola e senza salutarmi.
– Già, tu non ci crederai mai, ma il ragazzo se n’è appena andato – esclamo io buttandomi sul divano. – Abbiamo fatto del gran bel sesso e non riusciamo più a staccarci per più di un’ora, quindi molto probabilmente tra un po’ tornerà qua e ricominceremo daccapo.
– Ah-ah, molto spiritosa! – ringhia Austin sedendosi accanto a me. – Allora, perché non mi hai almeno chiamato?
– Non mi andava di chiamarti e basta, Austin – borbotto io guardandolo male. – Pensavo avessi troppo da fare, come per esempio farti la cara, innominata Abby.
Fa una smorfia disgustata. – Non mi “faccio” Abby.
– Ah no? – chiedo io. – Ma per piacere, Austin! Ti conosco, devo forse ricordarti che siamo stati insieme per un bel po’ di tempo, e che so quando menti e dici alla gente che non hai fatto niente con una ragazza, quando in realtà non è vero?
Sbuffa. – Ok, forse… abbiamo fatto qualcosa. – Mi guarda per un po’ e alza le mani al cielo. – E va bene! L’abbiamo fatto! Ma non è come credi tu, so cosa stai pensando e ti posso assicurare che non è affatto così! – Faccio per chiedergli allora com’è che è andata, ma non me ne da nemmeno la possibilità. – Abbiamo fatto sesso, ma da poco tempo. Ci siamo conosciuti a una festa di Dan e lei per qualche motivo era rimasta a casa. Abbiamo iniziato a scherzare e a fine serata ci siamo baciati.
– Ma che incontro romantico – borbotto io. – In una casa piena di ubriaconi, tra cui te molto probabilmente.
– Non ero ubriaco – esclama lui, ma quando si rende conto che non ci sono cascata per niente sbuffa un’altra volta. – Forse… diciamo che non ero fresco come una rosa.
Rido scuotendo la testa. – Voi ragazzi d’oggi – scherzo guardandolo. – Fumate, bevete, come se tutto questo potesse migliorare le cose, quando in realtà non fate altro che peggiorarle.
– Sbaglio o hai bevuto anche tu quella sera? – sghignazza lui. – E comunque quando sei ubriaco le cose migliorano, il problema sorge il giorno dopo, e tutti quelli dopo ancora. – Rimane per un po’ a pensare. – Oggi sei più pessimista del solito.
– Non cambiare discorso – lo interrompo io. – Raccontami di più.
Fa un sospiro. – C’è poco da raccontare, purtroppo. Credo di essermi preso una bella cotta per lei, il fratello lo sa benissimo ma per qualche strano motivo non gli vado bene. Come se non bastasse lei dice che prova qualcosa per me ma che non vuole avere una relazione! – ringhia lui tutto d’un fiato. Lo guardo per un po’, scioccata, perché capisco il motivo di tutto questo suo comportamento. È così frustrato e triste! Non riesce a capirla, o meglio la capisce ma sta facendo finta di niente.
– Austin – bofonchio abbassando lo sguardo. Prendo un respiro profondo e mi giro verso di lui. – Quelle come lei le devi lasciare stare. Mi dispiace dirtelo così, ma devi sapere la verità. Quelle come lei non c’entrano niente con te. Vuoi una relazione seria e duratura, mentre quelle come lei vogliono solo… sesso. – Rimango in silenzio per un bel po’, in uno stato di trans, mentre mi rendo conto di aver conosciuto un ragazzo come lei… ma non mi ricordo il suo nome, né la sua faccia, né niente. L’unica cosa che mi ricordo è la sofferenza e l’amore per lui. Ma tutti i ragazzi che ho incontrato con questo carattere non mi sono mai piaciuti e anzi li ho sempre odiati. Mi devo essere sbagliata, quindi.
– Come se già non lo sapessi – borbotta lui, triste. – Non sono stupido, Cassie. So com’è fatta. Ma so anche che posso farcela, posso provare a mettermi insieme a lei e farle capire che questa è la cosa giusta…
– Non te lo permetterà – lo interrompo io. – Fidati, ho già conosciuto ragazze e ragazzi del genere, e anche tu, Austin. – Guardo la televisione, per qualche strano motivo so che non è vero: tutte le persone sono capaci di amare, e tutti sanno che se ami una persona non riesci a lasciarla andare; non accetterai mai che quella persona si veda con altre persone.
Sbuffa e si mette le mani nei capelli, nervoso, mentre io rimango a fissare la televisione, stranita.
 
Trascorriamo tutta la mattinata sul divano a parlare di cose stupide, così tanto che dopo un po’ ci fermiamo per fissare un punto indefinito e pensare ai nostri guai. Io ovviamente mi soffermo solo e soltanto ai sogni che sto facendo in quest’ultimo mese. Poi, dopo non so quanto tempo, ci giriamo e ricominciamo a parlare. Ci alziamo solo quando mia nonna mi avverte che devo andare dallo psicologo, in realtà però non è altro che un vecchio amico di mio padre che ha studiato psicologia. Uno psicologo amico del mio defunto padre quindi, fantastico.
Ci salutiamo con un goffo abbraccio e poi mi siedo subito sulla sedia, pronta a iniziare la tortura. – Continuo a fare quei strani sogni, non so più come fare – annuncio io, quando mi fa segno di andare avanti gli racconto tutti i sogni. – In un sogno c’è questo vampiro maschio che sembra conoscermi, per fortuna riesco a ucciderlo con una spada. Poi mi trovo in un palazzo e c’è questo ragazzo che mi sembra di conoscere e sembra disperato ma non so perché, continua a pregare di lasciarmi stare e poi urla il mio nome. Nell’altro sogno invece lo sto baciando, è parecchio confuso come sogno e mi ricordo pochissime cose. L’unica cosa di cui sono sicura è che è lo stesso ragazzo. Insomma… cosa significa? Perché faccio questi sogni?
– Tutto questo non ti dice niente? – chiede lo psicologo-amico di nome Ben, mettendomi ancora più ansia e facendomi capire ancora di meno. – Non ti ricorda niente?
Aggrotto la fronte. – Cosa mi dovrebbe far ricordare? – chiedo io. – Certo che non mi ricorda niente, è solo un sogno. Non è reale, ci deve essere… Sei tu lo psicologo! Per favore, dimmi semplicemente il significato di questi maledetti sogni. Mi sembra di star impazzendo!
– Pensaci bene, Cassie. Sei sicura al cento per cento che questi sogni non ti ricordino proprio niente? – chiede appoggiandosi allo schienale della sedia, sembra già esausto. Abbasso lo sguardo per concentrarmi, cerco di ricordare qualcosa ma non mi viene in mente proprio niente. – Voglio dire, quel ragazzo… l’hai già visto da qualche parte, non è così?
– No – rispondo subito, convinta. – No, non esiste veramente. Ti ho detto: lo sogno e basta, è questo il problema!
Sorride. – Lo ami, non è così? – chiede facendomi entrare nel panico. Amarlo? Si può amare una persona che non esiste veramente? Non riesco a capirlo, oggi è più strano del solito. – Lo vedi così perfetto che secondo te non può nemmeno esistere – aggiunge, facendomi impazzire ancora di più.
– Ma… lui esiste solo nei miei sogni – ribatto, confusa. – Cosa…? No, non esiste veramente. Esiste solo nella mia mente.
– No, Cassie – risponde lui facendo un lungo sospiro che mi fa innervosire ancora di più. Vorrei dirgli: bé, se sai la risposta perché non me la dici e basta?! Ma rimango in silenzio e lo guardo male mentre si alza dalla sedia per prendere un libro. – Non è questa la risposta giusta – aggiunge prendendo un libro, per poi posarlo davanti ai miei occhi. – Cosa c’è scritto?
Guardo prima la copertina e poi lui, secondo me mi sta prendendo in giro. – Cos’è? Un gioco? Non ci sta scritto niente – ringhio io, spazientita. – E da quando c’è una risposta giusta e una sbagliata? È un test o cosa? Vuoi cercare di capire se sono veramente pazza?
Scuote la testa accennando una risata. – Guarda bene, Cassie – dice puntando il libro. Guardo un’altra volta il libro e poi lui, ancora più arrabbiata. – Toccalo. Leggi quello che c’è scritto con le mani.
Faccio una smorfia, forse quello pazzo è lui e dovrei semplicemente scappare da qua, lontano da lui. Alzo gli occhi al cielo quando capisco che sta facendo sul serio e poso le mani sul libro. Ci passo sopra più volte le mani, riesco a sentire un rilievo. C’è una scritta. – Magia… del sole? – borbotto io, alzo lo sguardo su Ben, che annuisce sorridendomi. – Magia? – chiedo, scettica. – Dai, sul serio? Sono qua per fare dei corsi di magia o per cercare di non impazzire?
– Cassie – inizia sedendosi, – io non sono uno psicologo qualunque. Sono un mago, il mio incarico è quello di farti ricordare e capire le cose che sogni. Non sei una ragazza qualunque, tu sei un Whitesun.
Mi alzo di scatto dalla sedia facendola cadere a terra. Questo è pazzo veramente! – Sei matto – esclamo quindi puntandogli il dito. – Quello che avrebbe bisogno di uno psichiatra sei tu!
– Cassie, ti hanno eliminato qualcosa – mormora venendo vero di me con le mani alzate in segno di resa, peccato che continui ad avvicinarsi a me e a blaterare cose senza senso come magia, Whitesun, mago, eliminato qualcosa.
– Non ti avvicinare! – tuono continuando a indietreggiare. Corro verso la porta e la apro ma pochi secondi dopo si chiude da sola. Guardo Ben scioccata, con la bocca aperta e le lacrime agli occhi. – Ma come hai fatto? – chiedo io, e adesso sono terrorizzata.
– Voglio solo farti ricordare, Cassie – continua lui con le mani alzate, ma almeno si è fermato. – Non ti ricordi come combattevi? Come combattevi contro i vampiri? Come…
– Io non combatto contro nessuno! – ringhio senza riuscire a respirare. – E i vampiri non esistono, così come non esiste la magia, così come non esiste nessun tizia chiamata Whitesun e così come tu, Ben, hai bisogno d’aiuto!
– E allora come ho fatto a chiudere la porta senza nemmeno toccarla? – chiede lui facendomi un mezzo sorriso che mi ghiaccia il sangue nelle vene. – Voglio solo farti ricordare. Niente di più, niente di meno. Quello che ti hanno fatto non è giusto, non possono lasciarti così impreparata.
– Ma chi?! Tu sei matto – ripeto. Apro di scatto la porta e inizio a correre nonostante le urla di Ben, che sicuramente mi starà seguendo, ma non oso nemmeno girarmi per guardare o molto probabilmente mi farei la pipì addosso. Esco dall’edificio facendo finta di non notare che la gente continua a guardarmi. Cerco di non cadere a terra, attraverso la strada facendo finta di non vedere le macchine, sperando che nessuna di esse m’investa, anche se ora come ora preferirei morire che farmi prendere da quello psicopatico che mi ha vista crescere! Ma che razza di amici avevano i miei genitori?!
Mi fermo di scatto vedendo un furgone venire verso la mia direzione, anche lui ha gli occhi spalancati e inizia a suonare il clacson e nello stesso momento cerca di frenare il più possibile. Trattengo il respiro sentendolo suonare il clacson, m’immobilizzo a causa della paura ma qualcuno mi prende il braccio e mi trascina fuori dalla strada.
– Apri gli occhi! – esclama Ben, così apro di scatto gli occhi e lo spingo. Ricomincio a indietreggiare. – Vedi? Non ti sei mai chiesta da dove proviene tutta questa forza? – chiede avanzando un’altra volta verso di me.
– Non mi devi toccare! Non ti devi avvicinare! – urlo io, spaventata. La gente ci guarda, si ferma per qualche secondo ma non mi aiuta.
– Questa non sei tu, Cassie – continua Ben continuando ad avanzare verso di me, mentre io continuo a indietreggiare. – La vera te non faceva altro che combattere! A questo punto sarei già morto! – Riesce a prendermi, afferra le mie spalle e inizia a scuotermi. – Ricorda! – urla facendomi sussultare. Inizia a recitare un qualcosa, non sta parlando inglese, o italiano, o spagnolo… è una lingua strana, che non ho mai sentito. Sbatto più volte le palpebre, confusa, perché c’è veramente qualcosa che… riesco a ricordare. – Ricordi qualcosa, Cassie?
– Jeremy – mormoro e cado a terra, mentre il mondo giro intorno a me, troppo velocemente. Non riesco a capirci più niente, è tutto ancora più confuso ma più passano i secondi e più sembro ricordare cose su cose.
– Adesso non è qu – risponde lui facendomi alzare con la forza. – Cassie, in realtà non ti è concesso vederlo – aggiunge, facendomi venire le lacrime agli occhi. – Devi fare finta di non ricordare, perché se gli Anziani scoprono la verità ti faranno dimenticare tutto un’altra volta, o peggio.
– Ma… –  mi fermo pensando a cosa sto provando. Tutto d’un tratto mi manca. Quel ragazzo nel sogno, che a quanto pare esiste veramente e si chiama Jeremy, mi manca da morire e in realtà mi è mancato sin dall’inizio. Come mi manca essere una Cacciatrice. – Mi manca – mormoro.
–  Lo so, lo so che ti manca.
 
Ormai sono a casa, in camera mia ed è tardo pomeriggio. Non ho ancora pranzato e sinceramente non ho ancora fame, sono troppo scioccata e nervosa per tutto quello che mi è successo oggi. Solo adesso riesco a ricordarmi quello che mi ha detto Jeremy quasi una settimana. Riesco a ricordarmi il bacio, il modo in cui gli ho urlato contro quando stavo per uscire dalla macchina, il modo in cui scherzavo con lui e quel suo mi manchi come l’aria.
Scoppio a piangere. Non so cosa sta succedendo, non riesco a capire il perché mi hanno allontanato da lui, perché sono costretta a stargli lontana. Eppure ogni tanto si fa vivo, mi salva, mi bacia e poi mi fa scordare tutto un’altra volta. Perché farmi scordare tutto un’altra volta? Potremmo benissimo vederci di nascosto, far credere agli Anziani che non mi ricordo niente quando in realtà stiamo insieme. Tiro la prima cosa che vedo, infuriata con lui e con gli Anziani.
– Tesoro – mormora la nonna aprendo la porta della mia nuova camera. Mi guarda scioccata. – Che succede? – chiede vedendomi piangere, si siede sul mio letto e posa la mano sulla mia coscia.
– Non riesco a capire… Mi manca – singhiozzo io prendendomi la testa tra le mani. Se prima mi sembrava di star impazzendo adesso ho perso completamente il senno: ne sono sicura.
– Papà? – chiede lei, confusa.
– Sapevi tutto di Ben, vero? – chiedo io guardandola male, anche se è difficile visto che sto continuando a piangere e a singhiozzare come una bambina piccola. Abbassa lo sguardo dandomi la conferma che sì, sapeva tutto. – Perché l’avete fatto? Sapevate che io e lui non ci saremmo mai più potuti vedere!
– Mi sembrava una cosa troppo crudele, piccola. Era troppo crudele il non farti ricordare niente – mormora lei prendendomi la mano e stringendola più del dovuto. – Quel vuoto che sentivi dentro era per colpa della tua indole da Cacciatrice e per colpa di Jeremy. Il tuo corpo e la tua mente stavano facendo di tutto per ricordarlo – aggiunge con le lacrime agli occhi. – Lo so che fa male, ma non puoi tornare là. Non ancora almeno.
– Come fai a sapere tutte queste cose? – chiedo io guardandola forse per la prima volta da quando è entrata negli occhi. – Ancora non mi ricordo tutto, ho ancora… ho ancora dei buchi. So che non posso più andare da una parte, ma non so dove!
– Ed è così che deve essere, purtroppo – risponde mia nonna accarezzandomi la guancia. – Volevamo solo farti ricordare che prima avevi una vita del tutto diversa, ma che devi comunque stare attenta, visto quello che sei. Non devi tornare là.
Non riesco a respirare, se continuo così mi verrà un attacco di panico. – Devo andare a farmi una passeggiata – esclamo scendendo dal letto, in ansia. Se rimango qua dentro so che impazzirò, devo cercare di respirare tanto ossigeno.
– Da sola? Ma è tardi! – si lamenta mia nonna.
– Sto qua vicino, tranquilla – borbotto sorridendole. – Poi magari chiamo Austin – aggiungo, mentendole, perché so quanto le piace Austin e in questo modo mi farà sicuramente uscire. Non chiamerò Austin, devo stare da sola, cercare di capire cosa fare e non fare. Esco di casa senza aggiungere altro e rabbrividisco subito sentendo il vento freddo e rigido sbattere sulla mia pelle.
Dopo essermi fatta vari isolati a piedi mi accorgo che tutti i negozi sono chiusi. Ma che ore si sono fatte? In giro ci sono poche persone e questo è ancora più strano. La testa inizia a girarmi un’altra volta quando mi ricordo quello che abbiamo fatto io e Jeremy al suo compleanno. Mi appoggio al muro chiudendo gli occhi e prendendo una boccata d’aria.
– Ehi! – urla un ragazzo, ma faccio finta di niente e continuo ad avanzare, questa volta nel verso opposto, per tornare a casa e fare in modo che quel tipo non si avvicini a me. Poi però mi viene in mente che a quel punto saprebbe dove abito, il ché è peggio. Non so cosa fare, lo sento dietro di me e il panico prende la meglio su di me.
– Vieni – urla qualcuno da lontano al ragazzo che mi sta seguendo, mentre prego Dio che si stufi e vada dal suo amico.
– C’è una ragazza qua! – urla il ragazzo trattenendo una risata e non fermandosi ma continuando a seguirmi. Il cuore inizia a battermi veloce dentro il petto, così tanto che credo di stare per avere un infarto. Non so cosa fare, per ora mi limito ad avanzare verso casa; anche se ora che ci penso è peggio, calcolando il fatto che al centro ci sarebbe più gente che nelle strade. Rabbrividisco, impaurita.
Riesce a prendermi e a farmi girare con la forza. – No – ringhio allontanandomi da lui. – Vattene, lasciami stare – aggiungo, ma con la coda dell’occhio riesco a vedere tutti i suoi amici venire verso di noi. Mi salgono le lacrime agli occhi.
– Non hai una bella cera, piccola – ribatte il ragazzo davanti a me ridendo, non è sobrio. – Vuoi che ti riportiamo a casa?
– No – rispondo subito e mi giro per andarmene ma mi prende subito e mi fa sbattere contro di lui. Mi sta veramente spaventando. – Lasciami stare! – dico con voce tremante mentre gli do dei pugni sul petto, che non sembrano fargli granché.
– Dai, su! – esclama lui sorridendo e da così vicino riesco quasi a capire cosa si è bevuto. Cerco di allontanarmi ancora di più. – Vieni con noi – ringhia posandomi una mano sul sedere. Lo spingo con più decisione e questa volta perde l’equilibrio e cade a terra.
– Calmati, tesoro – dice un altro ragazzo mettendosi dietro di me.
Sussulto e inizio a tremare, avanzo di pochi passi per non sentirlo così vicino e mi giro verso di lui. – Perché non mi lasciate andare allora? – ringhio io.
– Perché vogliamo che tu venga con noi – risponde lui sorridendomi, mi stringe il braccio facendomi quasi male.
Mi guardo intorno e il mio cuore fa un balzo: i ragazzi ormai sono almeno sei. – No – mormoro io con voce tremante spingendo il ragazzo con l’altra mano, ma non riesco a muoverlo se non di pochi millimetri, poi mi stringe ancora di più a lui. – Lasciami andare! – urlo quasi piangendo. Tutti gli altri ragazzi si avvicinano a me con dei sorrisi maliziosi che mi fanno venire i brividi. – Non vi avvicinate! – urlo un’altra volta. Il ragazzo però mi fa girare in modo da dargli le spalle e farmi capire che ho altri tre ragazzi davanti a me. Riesco a sentire i muscoli del ragazzo dietro di me contrarsi per non farmi scappare. Mi prende per i fianchi e mi alza di poco, così prendo coraggio e inizio a tirare calci davanti a me per non far avvicinare gli altri, che continuano a ridere. – Non provate ad avvicinarvi! – tuono io cercando di non piangere, inutilmente.
Qualcuno mi tocca il didietro, sussulto e mi giro, sto per tirargli uno schiaffo ma il ragazzo a quanto pare ha dei buoni riflessi anche quando non è sobrio. Mi sorride facendomi venire la pelle d’oca. – Non dovresti essere così cattiva con noi, dopotutto stiamo semplicemente cercando di farti divertire un po’. Ti abbiamo addirittura detto che ti accompagniamo a casa! – esclama con una voce rauca, ogni tanto strascica le parole, segno che l’alcol sta facendo ancora più effetto. Chiudo gli occhi sentendo il respiro di qualcun altro dietro di me e trattengo il respiro lasciando che le lacrime scendano.
– Io vi consiglio di andarvene.
Il mio cuore fa un balzo sentendo la voce di Jeremy. Il ragazzo davanti a me mi lasscia e si gira verso di lui. Sussulta vedendo che Jeremy ha una pistola puntata su di lui. – Wo! – esclama il ragazzo indietreggiando. Faccio per scappare ma il ragazzo mi stringe a lui. – No, ferma qua! – sogghigna posando ogni singola parte del suo corpo sul mio. Trattengo il respiro senza dire niente, guardo Jeremy con le lacrime agli occhi e cerco di non tremare ma è veramente difficile.
Jeremy mi guarda, arrabbiato, poi sbuffa e alza una mano con una fiamma di fuoco. – Ora… che volete fare? – chiede sorridendo a ogni ragazzo. Alcuni di loro scappano via urlando e blaterando cose senza senso, ma quello dietro di me non sembra volersene andare, continua a tenermi così stretta a lui che quasi non riesco a respirare.
Su, è solo uno. Fa qualcosa!, esclama Jeremy dentro la mia testa facendomi sussultare.
Il ragazzo ride. – Che sei, un supereroe?
– No, in realtà sono solo il suo ragazzo – ringhia Jeremy avvicinandosi a noi con ancora la pistola in mano, l’alza un’altra volta e fa per dire qualcosa quando il ragazzo lo anticipa.
– Eh-eh! – esclama il ragazzo facendomi indietreggiare insieme a lui, cerco di piantare i piedi a terra ma è più forte di quanto pensassi. – Il suo ragazzo, eh? – chiede ridendo. – Ha un bel culo, non trovi anche tu? Bello sodo. Io l’ho sentito.
Jeremy fa una risata nervosa. – Questo non dovevi dirlo – ringhia Jeremy con gli occhi che scintillano per la rabbia. Prendo coraggio prima che sia troppo tardi e do una testata al ragazzo prendendo in pieno il naso. Mi lascia subito e così barcollo insieme a lui, solo dalla parte opposta. Mi fa male la testa adesso, ma poco importa, almeno me lo sono tolta di dosso. Jeremy lo prende e lo sbatte al muro. – Prova a toccarla un’altra volta e ti giuro che non rivedi più la luce del sole! – tuona, lo alza un po’ di più e gli tira un pugno. Fa per tirargliene un altro quando lo fermo afferrandogli il braccio e allontanandolo dal ragazzo, che cade a terra guardandoci male. Jeremy mi prende la mano e inizia a correre, trascinandomi con lui.
– Fermati! – esclamo quando entriamo in un vicolo cieco. Fa come gli dico e si gira verso di me, sembra fresco come una rosa mentre io ho come minimo il fiatone. – Perché stiamo correndo? Non ci farà niente, hai visto com’era spaventato?
– Non è di questo che mi preoccupo – risponde lui ridendo. È una risata rauca, mi fa venire i brividi.  – Stavamo correndo perché se stavo un altro po’ là, davo fuoco a quel ragazzo e raggiungevo quegli altri per fargli fare la stessa fine del loro amichetto – ringhia. Guarda dietro di me per un po’ e quando abbassa lo sguardo su di me cambia completamente espressione. – Stai tremando – mormora togliendosi la giacca e mettendomela sulle spalle.
– Non ho freddo – rispondo subito io ma senza muovere un muscolo. Sento il profumo che emana la giacca, il suo profumo… e mi piace da morire. Mi è mancato un sacco, come posso vivere senza di lui? Come ho potuto scordarmi di lui?!
Mi guarda e la sua espressione si fa un’altra volta dura. – Hai paura di me? – chiede.
– No – rispondo subito, pensando a quello che mi ha detto mia nonna prima sugli Anziani, sul fatto che devo fare finta di non ricordarmi niente, nemmeno di Jeremy.
– Mi dispiace non essere arrivato prima – mormora Jeremy abbassando lo sguardo, sembra sentirsi in colpa e questo mi fa stare ancora più male. Non posso non dirgli la verità!
– Non ti devi sentire in colpa – dico posando una mano sul suo cuore. – Non mi aspettavo di vederti, non mi aspettavo niente in effetti. Pensavo semplicemente che sarei riuscita a scappare da loro, in un modo o nell’altro, anche se erano sempre di più..
– Zitta – ringhia lui allontanandosi da me, posa la faccia sul muro freddo ricordandomi che è esattamente quello che ho fatto io quand’ero un po’ brilla e stavo con lui. Faccio per avvicinarmi a lui, perché mi fa veramente male vederlo così a causa mia, ma mi ferma. – Cassie, no. Fermati. Fermati. Lasciami un po’ di spazio, per piacere.
Non ce la faccio a fare finta di niente, quindi non gli chiedo come fa a sapere il mio nome. – Va bene, sono lontana. Solo… dimmi cosa ti sta succedendo.
– Il mio potere – ringhia lui posando solo la guancia sul muro, mi guarda per un po’ e poi chiude gli occhi con la fronte aggrottata. – Vorrei semplicemente andare là e bruciarli tutti. So che non è giusto, che non c’è morte più brutta di morire bruciati vivi, ma lo voglio fare veramente tanto. – Il suo tono mi piace sempre di meno, non sembra lui. Faccio per parlare ma mi ferma, un’altra volta. – E siccome non posso andare, sono ancora più arrabbiato e non ce la faccio più a trattenere questo maledetto potere! – Si gira verso di me con un espressione completamente diversa, mi fa ancora più paura. – E ci sei tu davanti.
– Mmm… – borbotto massacrandomi il labbro inferiore, forse è meglio scappare, non mi sembra molto in vena di parlare. – Forse dovresti fare dei respiri profondi – bofonchio indietreggiando un po’. – Magari mentre io me ne sto andando… – Mi giro completamente e inizio a correre, terrorizzata. Quel tipo… cioè Jeremy… mi vuole bruciare viva!
Mi fermo di scatto vedendomelo davanti, trattengo il respiro cercando di non urlare. È un vampiro o cosa? – Non avere paura di me – sussurra lui avvicinandosi a me, faccio un passo indietro, ancora spaventata. – Scusami, ti prego, è il potere. Mi sta consumando. Ma non ti farei mai del male.
– Non mi sembravi molto contento di vedermi, cinque secondi fa – borbotto io. – E di solito quando uno ti dice che ti vuole bruciare viva non è un buon segno. Quindi scusami se in questo momento vorrei tanto darmela a gambe.
Ride. – Hai ragione. Hai ragione – risponde continuando a ridere, alza una mano e inizia ad accarezzarmi il viso. – Per ora sei l’unica ragione per cui questo potere non è riuscito a consumarmi del tutto – mormora guardando la sua mano accarezzare la mia guancia. – Mi chiedo per quanto tempo potrò durare, in questo stato.
Aggrotto la fronte e mi avvicino a lui, non più spaventata. – Che ti sta succedendo? Tu sei più forte di tutto questo – dico a bassa voce tracciando tutta la sua mascella contratta. È nervoso e preoccupato, ha la fronte aggrottata e sta pensando a qualcosa. – A cosa stai pensando?
– Al fatto che.. – inizia, ma si ferma e mi rendo conto che si sta mettendo una mano nella tasca, apre la mano, ormai davanti a me e fa per soffiare quando io, furiosa, do una botta alla mano facendo volare la polverina. – Cas... perché l’hai fatto?! – urla, arrabbiato.
– Non urlare con me, Jeremy Ruterful – tuono io puntandogli il dito contro. – Non userai un’altra volta quella maledetta polverina per farmi dimenticare tutto. Scordatelo!
Sbianca e fa un passo indietro, scioccato. – Come… Ti ricordi di me?
– Solo alcune cose, altre non riesco proprio a capirle: sono troppo confuse e sbiadite – ringhio incrociando le braccia. – Allora? Perché ogni volta che c’incontriamo devi rovinare tutto e farmi scordare tutto? Perché non vederci e stare insieme? Mi sembra ovvio che tu mi segua tutti i giorni, e anche se è un po’ inquietante, allora tanto vale che mi segui accanto a me, no?
– Cosa?! No, no, no, ti devi dimenticare tutto, Cassie! Se gli Anziani vengono a sapere una cosa del genere potrebbero anche ucciderti! L’ultima volta sono riuscito a convincerli per un cazzo di miracolo! No, ci ammazzerebbero a tutti e due. Ti devi dimenticare tutto. Ma… come hai fatto?!
– Da quand’è che hai paura? – chiedo io.
– Io ho sempre avuto paura! Loro hanno tutti i poteri, Cassie, non noi. Non possiamo fare cose così stupide, non quando ci sono loro in mezzo. È già tanto riuscire a parlarti ogni tanto. I Cacciatori non possono stare con gli umani, questo dovresti ricordartelo.
– Bé, non è una cosa che mi riguarda, visto che in fin dei conti sono anch’io una Cacciatrice! – esclamo io, sto iniziando a perdere la pazienza.
– No, non lo sei più. Ormai sei solo un’umana – ringhia lui e sembra quasi che me ne faccia una colpa.
Faccio un passo indietro, arrabbiata e delusa. – Solo un’umana, eh? – ripeto io ridendo. – Sai una cosa, Jeremy? Dovresti veramente andartene e non tornare. Non ho bisogno di protezione e a quanto pare per te io sono solo una semplice umana, quindi perché perdere tempo?
– Tu non avresti bisogno di protezione? – chiede lui ridendo. – Ah, no? Strano perché l’ultima volta che ho controllato c’erano dei tipi che stavano cercando di portarti da qualche parte per fare chissà che cosa. Ma no, secondo te loro volevano solo giocare a carte con te, vero? – Fa un passo verso di me. – Sei così ingenua da pensare che quei tipi ti avrebbero lasciata andare? Magari solo dopo averti usata come un giocattolo sessuale e magari menata. Sì, forse a quel punto forse ti avrebbero lasciata cadere a terra e se ne sarebbero andati. E credi veramente che a quel punto avresti avuto le forze di scappare?
Mi allontano da lui rabbrividendo. – Non essere così melodrammatico. Me la sarei cavata, so combattere.
Scoppia a ridere. – Ma se a malapena sei riuscita ad allontanare uno di quei tipi! – esclama lui.
Ora sono veramente arrabbiata. Alzo una mano e gli tiro un pugno, fa un passo indietro, sorpreso. – Tanto per rinfrescarti la memoria – ringhio io. – Sembra che ti diverta molto a prendermi in giro, anche quando ci sono di mezzo ragazzi che…
– Sto solo cercando di farti aprire gli occhi – mi ferma lui. – Non mi fa sentire meglio il fatto che quei tipi… – Si mette i capelli indietro e lancia un urlo. – Sto solo cercando di farti capire che se fossi arrivato solo cinque minuti più tardi a quest’ora non… – Si mette una mano sulla fronte e chiude gli occhi. – Cassie, corri.
Faccio per chiedergli perché ma mi fermo quando inizia a lanciare palle di fuoco sul muro, facendolo diventare sempre più nero. Scappo, corro più veloce possibile senza guardare indietro, nonostante una voce continui a ripetermi di non lasciarlo là, da solo. Sto seriamente pensando di tornare indietro quando vado a sbattere contro qualcuno.
– Cassie? – mi chiama Dan, alzo lo sguardo, scioccata. – Cassie, stai bene? Che succede? – mi chiede e quando non gli risponde fa per ripeterlo ma lo abbraccio e così si ferma. All’inizio sembra rimanere scioccato, ma dopo un po’ sento le sue braccia stringermi a lui. – Sta tranquilla, andrà tutto bene – aggiunge, ma non è più la sua voce, il corpo… sta cambiando. Mi allontano subito e lo guardo, scioccata. – È da un po’ che non ci vediamo, Cassie Moonic – continua l’uomo dagli occhi bianchi, cado a terra piangendo. – Che dici di venire con me a palazzo? Non ti preoccupare, Jeremy Ruterful ci raggiungerà tra poco.
 
Mi guardo intorno, sono in uno strano palazzo, in una strana stanza con degli uomini ancora più strani dagli occhi completamente bianchi. La porta dietro di me si apre.
– No! – urla Jeremy cercando di liberarsi dalla presa di due enormi uomini.
Faccio per andare da lui quando uno dei quattro uomini mi ordina di rimanere ferma, cerco di fare un passo verso Jeremy ma è come se fossi incollata al pavimento. – Non abbiamo ancora finito. Non siamo ancora al completo – continua uno degli uomini, facendomi venire la pelle d’oca.
La porta si apre un’altra volta e sussulto vedendo Ben, il mio psicologo e amico di famiglia. Mi metto una mano davanti alla bocca con le lacrime agli occhi. Ci hanno scoperti. – No, vi prego – continua a ripetere lui con gli occhi spaventati dalla paura. Viene trascinato verso gli uomini dagli occhi bianchi. – No! – tuona e le finestre del palazzo si rompono, facendo un rumore assordante, cerco di muovermi ma non ci riesco così chiudo gli occhi.
– Cassie – urla Jeremy attirando la mia attenzione, ora il palazzo è in fiamme e non riesco a capire se è opera di Jeremy o di Ben, che continua a urlare cose senza senso. – Cassie, scappa! – urla Jeremy, cerco un’altra volta di muovermi ma a quanto pare il potere di quegli uomini è veramente forte, perché nonostante stia succedendo il finimondo ancora non riesco a muovermi. Jeremy urla, frustrato, e così le fiamme si alzano ancora di più. Inizio a tossire. – Lasciatela andare! – tuona, e pochi secondi dopo cado a terra, ma mi alzo subito e corro da Jeremy. – Lasciatemi – ringhia lui guardando prima l’uomo che gli sta a destra e poi quello che sta a sinistra mentre una fiamma si accende su una gamba di ognuno dei due.
Rimango senza fiato, come può fare una cosa del genere?! – Jeremy, lasciali! – urlo correndo verso di loro, mentre il rumore delle urla di persone su persone mi fanno impazzire ancora di più. Tutti gli Anziani ora sono a terra, indietreggio vedendo il sangue uscire dai loro occhi. Ben continua a tenere le mani alzate e ad urlare.
Jeremy mi prende di scatto e fa per trascinarmi fuori dal palazzo quando mi fermo e lo spingo. – Non ti avvinare! – tuono io con le lacrime agli occhi. Spalanca gli occhi, scioccato e sembra quasi soffrire. – Tu… hai appena dato fuoco al palazzo e a quei uomini!
– Tu non capisci, devi scappare! – urla lui cercando di trascinarmi ancora una volta fuori. – Smettila, Cassie! Tanto sai benissimo che in un modo o nell’altro riuscirò a farti uscire da qui, quindi perché perdere tempo?!
– Lasciami andare! – continuo a ripetere io, mi abbasso e gli mordo la mano. Si allontana subito, scioccato da quello che ho appena fatto, e così ne approfitto per tornare nella stanza. – Ben! Cosa stai facendo?! – urlo io e tutte le fiamme scompaiono e i vetri, che prima vagavano in aria, cadono a terra.
– Perché l’hai fatto? – urla Ben avvicinandosi a me, arrabbiato. – Jeremy è uno di loro, non capisci?! Qualsiasi cosa Jeremy sappia la sanno anche loro! – esclama mettendole mani sulle spalle per non farmi muovere, visto che adesso mi sta facendo veramente paura. Non sembra più il caro, vecchio Ben, a cui mio padre voleva tanto bene.
– Come facevo a mentire a Jeremy? – chiedo io. – Non ci riesco. Ti giuro che c’ho provato, ma non ci… Non ci sono riuscita. Ha cercato di fermi dimenticare tutto un’altra volta e questo non potevo permetterlo.
– E loro lo sanno, è per questo che lasciavano andare Jermey da te. Perché così potevano controllarti indirettamente – ringhia Ben, facendomi sentire veramente in colpa. È tutta colpa mia, se non gli avessi detto tutta la verità a quest’ora saremmo tutti a casa, tranquilli.
– Ben, per me non c’è niente da fare: dovrò per forza affrontarli, ma tu adesso devi andartene. Devi scappare e non farti più vedere, perché appena si alzeranno ti uccideranno e…
Ben apre di scatto la bocca e sento come un qualcosa che ha appena strappato pelle, muscoli e tutto quello che può essere strappato dentro il corpo di un uomo. – Hai ragione, lo ammazzeremo di sicuro – conferma il Terzo Anziano.
Indietreggio, sbalordita, mentre il corpo di Ben cade a terra. Faccio uno strano verso cercando di respirare, scoppio a piangere cadendo a terra. – Ben! – urlo con tutta la mia forza. Guardo il Terzo Anziano continuando a piangere e urlare dal dolore.  Stringo Ben a me iniziando a dondolare, come per farlo addormentare. – Ben, Ben, Ben, rimani con me. Ben! – bofonchio guardandolo mentre diventa sempre più bianco. – Ben! No, ti prego, no…
– Oh, mio Dio – mormora Jeremy, che a quanto pare è entrato nella stanza un’altra volta. Si siede vicino a me. – Cassie, vieni con me – mormora prendendo le mie mani, ma lo spingo via e abbraccio un’altra volta Ben, incurante del fatto che mi sto sporcando di sangue. Ho come un buco al cuore, un’altra volta. Per la quarta volta.
 Intanto il Terzo Anziano si gira verso gli altri Anziani, che sono ancora a terra, e inizia a dire qualcosa in greco.
– Cassie, mi dispiace. Cerca… Cassie, è morto – sussurra Jeremy cercando di farmi staccare da lui. – Non puoi fare più niente, piccola.
– Quindi… cosa ne facciamo di te? – chiede il Primo venendo verso di me. Jeremy si alza e mi trascina dietro di lui, il Primo ride. – Che vuoi fare, Cacciatore? Mi dai fuoco?
– Avvicinatevi un altro po’ a lei e sì, vi darò fuoco e credetemi… vi ucciderà una volta per tutte – ringhia Jeremy con quella voce che mi mette i brividi. Rimango in silenzio a guardare gli Anziani da dietro la spalla di Jeremy, e non so se avere più paura di loro o di lui.

Angolo Autrice:
Voglio solo scusarmi con voi per avere fatto passare così tanto tempo, ma ho avuto alcuni problemi e quindi non sono riuscita a scrivere. Ancora non so se riuscirò a pubblicare un capitolo a settimana come prima, spero di riuscirci ma purtroppo non posso promettervi niente. Vi posso promettere però che cercherò di essere il più veloce possibile e che prima o poi ricomincerò a pubblicare un capitolo a settimana.
Come sempre spero che vi sia piaciuto anche questo capitolo e mi scuso per eventuali errori.
Un commento è sempre ben accetto ahah.
Un bacio.

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Capitolo 36
*** La discoteca dei vampiri ***







Capitolo 36
La discoteca dei vampiri
 
Mi sveglio sentendo la voce di mia nonna chiamarmi, ci metto un po’ ad aprire completamente gli occhi e a rendermi conto di stare a casa, e non più al Palazzo Antico. La nonna mi sta accarezzando i capelli, seduta vicino a me, sul mio letto. Mi sorride e mi chiede come sto, mi da il buon giorno, ma non mi dice niente di quello che voglio sapere io… o almeno senza che io glie lo chieda. – Cos’è successo? – chiedo quindi sedendomi.
L’espressione di mia nonna si fa un po’ più preoccupata, facendomi preoccupare ancora di più. – Ti ha riportato Jeremy a casa – risponde lei. – Gli Anziani ti hanno fatta svenire per un bel po’ di tempo. A quanto pare volevano assolutamente parlare con Jeremy. Tu non eri… prevista.
Prevista. Io non ero prevista. – Dove sta adesso? Sta bene? – chiedo io pensando a Jeremy e lasciando stare l’argomento del “prevista”.
Annuisce accennandomi un sorriso, ma c’è qualcosa che non mi vuole dire. – È dovuto tornare all’Istituto, ma sta bene, gli Anziani non gli hanno fatto niente. – Prendo un respiro profondo, la guardo, aspettando che mi dica anche l’altra cosa. – Gli Anziani devono ancora decidere cosa fare con te, con noi.
– Noi? – chiedo io, in preda al panico. – Voi… voi non c’entrate niente! – Mi alzo subito dal letto. – Devo andare da loro. – Mi nonna fa per fermarmi ma la fermo subito. – No, tu non capisci! – urlo piangendo. – Loro non possono farvi niente! Non possono! Voi siete tutto ciò che ho, tutto ciò che mi rimane! – Mi fa sedere, entrambe siamo con le lacrime agli occhi. Mi prende la mano e la stringe un po’ più del dovuto, ma non mi fa male. – Non mi rimane nessun altro.
– Tesoro, a noi non possono fare niente – mormora lei, trattenendo le lacrime. Dopotutto… quella che è morta è mia madre, la loro figliola. – Noi eravamo Cacciatori – annuncia.
– Già. – Mi giro di scatto sentendo la voce di mio nonno. – Tanto tempo fa – ripete lui accennando un sorriso, si siede sul letto accanto a mia nonna. – Poi è nata tua madre. Abbiamo continuato a combattere pure dopo la sua nascita, ma quando hai una figlia le regole cambiano. Una volta avuto tuo figlio non puoi più combattere tutti i giorni, hai dei doveri. Inoltre puoi decidere sin da subito se far diventare tuo figlio Cacciatore o no. Tua madre era una bambina testarda, poteva benissimo essere una Cacciatrice, ma noi le volevamo dare una vita normale.
– Dicevamo a tua madre che andavamo a lavorare, ma in realtà andavamo a combattere. Ogni volta che uscivamo da quella porta, non era sicuro che rientrassimo. A quarant’anni puoi decidere se tornare umano o continuare a combattere per altri anni, noi abbiamo scelto di tornare umani e di vivere una vita normale… per quanto poteva esserlo – aggiunge mia nonna.
– Ma mamma…
– Tua madre non sapeva niente di questa cosa. Le avevamo tolto i poteri a diciott’anni, ma ad un certo punto ha incontrato tuo padre e lui sapeva dei vampiri. La natura di tua madre era quella di disprezzare i demoni… era più forte di lei, più forte di tutti noi. Lei non sapeva cosa fossi, pensava esistessero solo i vampiri, cercavamo di tenerla più lontano possibile e così anche tuo padre, ma a quanto pare… è stato inutile – continua mio nonno. Il suo labbro inferiore inizia a tremare e così nonna gli mette una mano sulla spalla.
– Quindi io sono una vera Cacciatrice – mormoro.
– L’hai capito solo adesso? – chiede nonno sorridendomi, sembra quasi orgoglioso di me. – Ti ho vista mentre ti allenavi. Sei fatta per uccidere i demoni. Sei meglio di tutti noi messi insieme.
– Non so se prenderla bene – borbotto io, indecisa. Una parte di me non vedeva l’ora di tornare a questa vita, con i demoni da combattere e la verità in bella vista, ma l’altra parte di me voleva rimanere all’oscuro di tutto, rimanere nell’ignoranza. Perché, si sa, l’ignoranza almeno è una cosa sicura.
– Devi, tesoro – dice mia nonna. – Ti servirà. È stata una fortuna, quella di essere Cacciatrice. Hai un’arma in più per sopravvivere. Le Whitesun di solito non sono affatto delle Cacciatrici, anzi. Raramente nascono da una famiglia di Cacciatori, e per questo di solito vengono uccise prima della maggior età.
Rabbrividisco. – Devo assolutamente andare da Jeremy – annuncio alzandomi.
– Non puoi – ribatte mio nonno fermandomi. – Sei stata bandita – continua lui, guardandomi con uno sguardo che sembra quasi volersi scusare. Qualcuno bussa alla porta, guardo i miei nonni, perplessa e anche un po’ intimorita. – Vado io – dice nonno dopo un po’.
Guardo la nonna, ancora più nervosa. – Tranquilla, tesoro – mormora lei sorridendomi, ma anche lei è nervosa e anche se sta cercando di non farmelo capire, è più forte di lei.
– Parli del diavolo… – mormora mio nonno entrando in camera mia.
Il mio cuore fa un balzo vedendo Jeremy. Cerco di non sorridergli ma è più forte di me, lui però sembra fare a malapena caso a me. – Salve – ci saluta freddamente. – Cassie – mi chiama guardandomi. La prima cosa che penso è che non è lui. – Gli Anziani vogliono parlarti.
– Possiamo venire anche noi? – chiede mia nonna.
– Mi dispiace, no – risponde subito Jeremy guardandola.
 
Esco dalla macchina e il vento freddo mi sbatte contro, facendomi rabbrividire. Mi guardo intorno, cerco di ricordarmi qualcosa, ma lentamente tutto mi ritorna in mente senza il minimo sforzo. È grazie agli Anziani o grazie a Ben? Oh, Ben…
– Andiamo – mi ordina Jeremy facendomi sussultare. Già sta avanzando verso il palazzo, non mi aspetta, né fa finta che gli interessi qualcosa di me. Aspetta, ma a lui ieri sera gli interessava di me!
– Cos’hai? – gli chiedo quindi correndogli praticamente dietro, e odio correre dietro alle persone. Vorrei urlargli “fermati! Ti sto parlando, Jeremy Ruterful, quindi ora tu ti fermi, mi guardi negli occhi e mi parli!” ma non posso farlo, non è il momento adatto e non mi va di litigare un’altra volta con lui.
– Niente – risponde lui continuando a guardare avanti, senza nemmeno girarsi un secondo verso di me per accertarsi che me la sia bevuta, cosa che, per la cronaca, non ho fatto.
– No, non è vero – borbotto io con un po’ di fiatone.
Ride. – Possibile che tu non riesca nemmeno a tenere il mio passo? – chiede lui, prendendomi in giro. Scuote la testa continuando a ridere per un po’, facendo finta di non vedere le frecciatine che gli lancio io.
– Sai, forse se tu… – inizio, ma sono costretta a smettere di scatto perché inciampo sui miei stessi piedi e faccio per cadere, ma per fortuna mi prende il braccio e mi rimette in piedi.
– Ma ci vedi?! – chiede, arrabbiato. Aggrotto la fronte e gli faccio togliere la mano dal mio braccio. Per un po’ rimaniamo in silenzio, adesso sembra un po’ in imbarazzo, sicuramente perché gli ho fatto togliere la mano dal braccio, non pensava che molto probabilmente il suo tocco mi avrebbe dato fastidio, ma ora come ora non voglio che mi tocchi. Non se continua a trattarmi come una poppante. – Andiamo – mormora sbuffando, ricomincia a camminare spedito verso il palazzo.
– Cassie Moonic! – urla il Secondo Anziano. – Come stai? – chiede, ma rimango in silenzio. – Ti ricordi di me, non è vero?
Purtroppo… – Si – borbotto io.
– Bene! – esclama il Secondo appoggiando la schiena sullo schienale del trono, sorride, sembra molto contento di vedermi, ovviamente solo perché vuole uccidermi. – Stupefacente… Quello stregone è riuscito a farti ricordare proprio tutto – continua, poi si rivolge al Terzo. – È morto, giusto?
– Sì, è morto – risponde il Terzo, ma almeno non sembra esserne felice come il Secondo, anzi sembra veramente dispiaciuto, nonostante il suo tono sia freddo e professionale.
– Bene – dice il Secondo sorridendomi, in quel modo che mi fa mandare in fumo il cervello.
Faccio per parlare, per dirgli che razza di persona schifosa è, per dirgli che solo perché ha perso la sua cazzo di anima gemella non gli da il diritto di essere così cogliono, per dirgli che… – Non farlo – mi sussurra Jeremy all'orecchio, un brivido percorre tutta la schiena.
Una volta capito che non riceverà nessuna reazione al suo commento, il Secondo si rimette a sedere composto e mi sorride. Il Quarto prende parola. – Quindi… Jeremy, vedo che il tuo potere si sta già impadronendo di te. Provi ancora qualcosa? Per esempio, per Cassie. – Il Quarto m’indica con un gesto elegante della mano e così capisco che il motivo di tutto questo, del suo essere diventato così strano, è il suo potere.
– Non credo siano affari suoi, in realtà – risponde Jeremy con quel suo tono di voce gelido che ogni volta mi mette i brividi. Vorrei tanto avere la capacità di nascondere l’emozioni come lui… ma se non provasse veramente emozioni?
– Jeremy – sussurro io guardandolo. Rimango in silenzio come tutti gli altri, aspettando l’inevitabile e lo sa anche Jeremy: lo sa che sarà punito per questo, in un modo o nell’altro. Guardo gli Anziani e non importa quello che dicono, non importa se lui non prova più niente per niente, sono pronta a battermi per lui. Anche se è una causa persa.
– Comunque – dice il Quarto, ma si vede che sta facendo un grande sforzo per non ucciderlo, – abbiamo una missione per te, Cassie Moonic – annuncia quindi, poi guarda Jeremy. – Era anche per te, ma sarà la tua punizione per avermi mancato di rispetto.
Jeremy non fa niente, in realtà non sembra interessargli molto né la missione, né la punizione. – E quale sarebbe questa missione? – chiede lui, con un tono quasi annoiato.
– Non sono affari tuoi, ormai – risponde il Quarto con un gesto di mano altrettanto elegante, come per dirgli di andarsene. – Puoi anche andare per quanto mi riguarda.
– Io non me ne vado – ribatte Jeremy e questa volta sembra arrabbiato. – Non potete lasciare una missione a un solo Cacciatore.
Il Quarto ride. – E chi ti dice che sarà solo lei? Avevamo scelto te, in quanto sua anima gemella e suo amato, ma, visto che non te lo meriti, lo faremo fare a qualcun altro. Magari Cody, oppure Harry – risponde un’altra volta il Quarto, e adesso sembra lui ad essere annoiato. – Sicuramente a Cassie non dispiacerà, non è vero, cara?
Se non mi dispiace? Veramente sì! – Esatto – dico io, ma non è quello che voglio! Non mi è nemmeno passata per l’anticamera del cervello, quella risposta, e allora come ha fatto ad uscire dalla mia bocca?! Il panico prende la meglio su di me e mi giro verso Jeremy, pronta ad urlare “AIUTO”.
– Esattamente. Chi preferisci, quindi? – chiede il Quarto, sorridendomi. È lui! È lui! Aiuto! Mi sta facendo dire quello che vuole lui!
– Veramente… – inizio, ma mi fermo di scatto, o meglio mi fanno fermare di scatto. – Per me è uguale. Vanno bene entrambi. – Guardo Jeremy e sì, ora è  il momento di entrare veramente nel panico.
Jeremy ha lo sguardo fisso su di me, sembra arrabbiato e secondo me più in là me la farà pagare. – Non dici sul serio – mormora Jeremy, in realtà è più un ringhio che un mormorio. Faccio per dire che mi dispiace, che mi stanno controllando, quando Jeremy chiude gli occhi e fa per cadere a terra. Lo prendo al volo ma cado a terra insieme a lui. È troppo pesante per me.
– Cosa gli avete fatto? – mormoro io, troppo spaventata per alzare il tono di voce.
– Oh, tranquilla – esclama il Secondo. – Sta dormendo, come abbiamo fatto con te ieri.
– Ora – inizia il Terzo alzandosi, – dobbiamo parlare con te. – Sento qualcuno, come una mano invisibile, farmi alzare. – Hai visto cosa gli sta succedendo? – chiede e così annuisco. – Devi riuscire a farlo rimanere sé stesso. Ho visto suo padre, suo nonno, il suo bisonno, il suo bi-bisnonno impazzire a causa di questo potere. Non riuscirà più a toccarti senza mandare a fuoco qualcosa o qualcuno. Non riuscirà a non dare fuoco a quella persona con cui stai, anche solo un tuo amico, potrebbe pure provare ad ucciderti. Il suo potere è oscuro, uno dei poteri più oscuri di tutto il mondo. Devi riuscire a fargli provare qualcosa, qualsiasi cosa, anche rabbia… gelosia. E devi farlo sempre. Potrebbe spegnere le sue emozioni in un secondo per quanto lo riguarda, e credimi… manca poco.
Bene. Ora sono veramente spaventata. – Dovrei fargli provare rabbia o addirittura gelosia? Così magari mi brucia viva e brucia vivo anche il tipo con cui sto cercando di farlo ingelosire?
A quanto pare questo faceva ridere il Secondo. – Secondo te perché lo facevamo venire da te nonostante la legge di non stare insieme ad un’umana? – chiede.  – Il modo in cui ti protegge ci fa capire che c’è ancora qualcosa in lui. Il modo in cui ti guarda, o meglio ti guardava. Ormai non c’è più nemmeno quello. – Il mio cuore fa un balzo. – Stiamo cercando di proteggerlo, Cassie. Ma tu ci devi aiutare.
Annuisco. – Farò di tutto. Tutto il necessario – rispondo subito , senza nemmeno pensarci.
Il Secondo annuisce. – Lo sappiamo – ribatte sorridendomi, per la prima volta sembra non farlo per farmi innervosire. – La missione sarà sta sera. Una fonte ci ha appena comunicato che dei vampiri andranno in un locale e uccideranno tutti. Voi lo dovete impedire.
Ok, fantastico, ma qualcosa non mi torna. – Ma io non sono stata bandita? – chiedo.
– Non possiamo bandirti in questo momento. Non possiamo lasciare Jeremy Ruterful in questo modo, le conseguenze sarebbero troppo catastrofiche – dice il Terzo. – Sei una brava ragazza, Cassie Moonic. Sappiamo che stai facendo tutto ciò per il bene degli altri e lo rispettiamo.
– Quindi… devo tornare all’Istituto? – chiedo e il mio cuore inizia a battere velocemente. Dio, quanto mi è mancata questa vita! Fanculo la vita normale, questa è tutta un’altra cosa! A parte le perdite, a parte i miei nonni, a parte Austin, a parte la scuola… niente è paragonabile a tutto questo. Niente mi fa sentire più viva, niente mi fa sentire più a mio agio con me stessa.
– Sì, con effetto immediato – risponde il Terzo accennandomi un sorriso. – Cassie, ascoltami bene – mormora alzandosi e venendo davanti a me. Si porta una mano sul cuore. – Sono addolorato per la tua ennesima perdita. Mi dispiace averti afflitto anche questo male. In realtà non spero che tu mi capisca, l’unica cosa che comprendo è il tuo odio verso di noi, verso di me. Ma purtroppo era una cosa che ho dovuto fare, dal momento in cui ha cercato di ucciderci. Jeremy ha cercato solo di farti scappare, quel mago invece no.
Abbasso lo sguardo, perché non posso dire che mi va bene, non posso accettare le sue scuse. Non posso, sarebbe come dirgli che mi sta bene se ha ucciso Ben. Così se ne va e si risiede su quella specie di trono, non sembra dispiaciuto, se l’aspettava.
Il Terzo fa una strana mossa con la mano verso Jeremy e lui inizia a lamentarsi. Faccio per andare da lui, ma mi ricordo che in realtà non mi conviene. – Cos’è successo? – chiede alzandosi. Mi guarda per un po’, confuso, e poi passa agli Anziani.
– Jeremy Ruterful, ti permetto di andare con Cassie in missione, ma Harry Ninet dovrà venire con voi – annuncia il Terzo, facendomi capire che la vittima sarà Harry. Per quanto possa essere stato stupido con me, non posso cercare di non sentirmi in colpa.
– Perché proprio Harry Ninet? – chiede Jeremy, il modo in cui pronuncia il suo nome mi fa quasi ridere. È proprio disgustato dall’idea di avere una missione insieme a lui, ma in realtà Harry fa ridere. È solo che sono entrambi dei puttanieri, quindi immagino che si facciano concorrenza.
– Perché è un bravo Cacciatore, inoltre Cassie ha chiesto di lui – risponde il Secondo.
Bene, già iniziamo? Fantastico. Sento lo sguardo di Jeremy su di me, so benissimo che sta cercando di uccidermi con lo sguardo e spero proprio che non lo faccia con il suo potere. È arrabbiato, molto arrabbiato. Mi giro verso di lui e accenno un sorriso facendo spallucce. A quanto pare era meglio fare finta di niente, perché mi fulmina ancora di più.
 
Entriamo nell’Istituto e mi fermo di scatto per cercare d’immortalare il momento. Mi è mancato questo posto. Mi è mancata la mia camera. Mi sono mancati tutti i Cacciatori, anche se non ne conosco quasi nessuno.
– Cassie? – Alzo lo sguardo e vedo una ragazza dai capelli ramati. Rimango in silenzio guardandola, con le lacrime agli occhi e quando mi richiama e si appiccica a me come un coala sono quasi sicura di star per cadere, ma per fortuna si allontana subito da me e mi prende il braccio in modo da non farmi cadere. – Ok, scusa. Mi sono fatta prendere dal momento. – Mi guarda per un po’ e poi mi abbraccia un’altra volta. – Dio, quanto mi sei mancata!
– Io me ne vado di sopra – borbotta Jeremy, che sembra poco interessato a quello che dice Ivy.
– Jeremy! – urla Ivy. – Non puoi lasciarla così!
Jeremy ride. – Oh sì, che posso. E poi ha te – risponde e fa per salire un’altra volta le scale quando si ferma e si gira verso di noi. – Oh! E anche Harry, ovviamente – aggiunge facendomi un sorriso malizioso, anche se i suoi occhi continuano a fulminarmi.
– Bé… è cambiato, vero? – chiede lei sbuffando. – Sai, ogni giorno ti controllava. Si alzava di prima mattina e se ne andava dall’Istituto per vedere se stavi bene. Ritornava verso le undici di sera, se non più tardi, e papà ogni volta gli faceva il culo. – Ride e guarda le scale. So benissimo che infondo vuole bene a Jeremy, pure molto. È questo che fa Jeremy: s’insinua nella tua vita lentamente e poi da un giorno all’altro ti ritrovi a volergli troppo bene, o nel mio caso ad amarlo più del previsto.
– Christian? – chiedo io. – È ancora qua? Come sta?
– Si, sta ancora qua. L’abbiamo dovuto spostare nelle camere dei bambini quando te ne sei andata. Sai, il potere di Jeremy era praticamente incontrollabile e non ci fidavamo a lasciarlo solo con lui.
Andiamo da lui e la prima cosa che faccio è abbracciarlo, anche se lui sembra sottoshock. – Jeremy mi aveva detto che non saresti più tornata! – esclama lui piangendo e stringendomi ancora di più.
– Io che non torno? – chiedo asciugandogli le lacrime. – Ricordati e visto che ci sei ricordaglielo anche a lui: io ritornerò sempre.
 
– Dovrebbe essere questo il posto – dice Harry sorridendomi e facendomi l’occhiolino. – Sei pronta, bellissima? Ricordati che mi devi un ballo.
– Ma non mi dire – borbotta Jeremy guardando fuori dal finestrino, riferendosi al fatto che questo dovrebbe essere il posto giusto. – Non l’avevo capito – aggiunge guardando lo specchietto retrovisore per guardarmi, abbasso subito lo sguardo, imbarazzata. Questo vestito è veramente troppo corto, se solo allargassi un po’ le gambe entrambi riuscirebbero a vedere le mie mutande che, al contrario di tutte le ragazze, non sono affatto in pizzo o perizoma. Preferisco tre volte essere comoda. E a quel punto tutto il mistero andrebbe in fumo. Il mistero delle mutande di Cassie. So benissimo che Harry vorrebbe che divaricassi un po’ le gambe, perché ogni tanto abbassa lo sguardo, ma se lo può scordare.
– Dai, andiamo! – esclama Harry, che non sta più nella pelle. – Da quant’è che non ballo? Troppo tempo! Da quant’è che non bevo? Altrettanto troppo tempo. E tu, mia cara ragazza, dovrai stare con me tutta la serata. Non ti sbarazzerai di me tanto facilmente, sta sera.
Mi sembra tanto una minaccia.
 – Devo parcheggiare prima! – gli urla dietro Jeremy, visto che Harry è già uscito dalla macchina. – Coglione – mormora e così scoppio a ridere. Mi lancia un’occhiata e vedendomi in quel modo accenna un sorriso, non troppo però.
Ci mettiamo in fila per entrare e non posso fare a meno di sbuffare. – La gente si mette in fila per entrare in una discoteca. È ridicolo! – esclamo.
– C’è gente che la fila per i concerti e gente che fa la fila per le discoteche – ribatte Jeremy. – Anche per la posta, sai? – chiede ironicamente.
Gli lancio un’occhiataccia. – Ma non mi dire! – esclamo e così lui ride, facendomi arrabbiare ancora di più.
– Interessante. Quindi? – s’intromette Harry mettendomi un braccio sulle spalle. – Dopo aver ucciso chi dobbiamo uccidere – mi sussurra all’orecchio, cercando di farmi venire almeno la metà dei brividi che mi procura Jeremy quando fa la stessa cosa, senza però riuscirci, – possiamo rimanere qua e ballare? Ti potresti veramente divertire, con me.
Jeremy continua a guardare davanti a sé, per niente interessato a noi. – Non lo so – bofonchio io, in imbarazzo. – Credo di sì, ma non mi piacciono le discoteche, quindi nemmeno ballare. Mi dispiace, credo che dovrai tentarmi con qualcos’altro.
Harry mi fa un sorriso malizioso. – Oh, piccola, un modo lo troverò per tentarti. Non dirmi certe cose, per piacere, perché potrei benissimo prenderti e portarti in camera mia. Là sì, che potrei tentarti e riuscirei molte e molte volte a farlo.
Abbasso lo sguardo, rossa in viso. – C’è qualcosa che ti piace, per caso? – chiede poi Jeremy, facendo finta di non aver sentito il commento di Harry.
– E a te? – chiedo facendo una smorfia disgustata. – Oh no, aspetta, lo so! Darmi fastidio – ringhio io.
– Non solo questo, anche se devo ammettere che mi appaga molto – dice lui guardandomi. – Ma sai, c’è anche un’altra cosa che mi piace molto fare. – Guarda Harry. – Spero tanto che tu non capisca di cosa io stia parlando con questo qua.
Faccio un’altra smorfia disgustata. Molto probabilmente la gente ci stava guardando e stava pensando a quanto potessi essere puttana, stando tra quei due e accettando tutto quello che mi dicevano senza dire una parola in più.
Ride. – E tu che ne sai? Non sei mai stato a letto con me – esclama lui accennandogli un sorriso. – Non che ci tenga ad averti nel mio letto.
Jeremy scuote la testa e fa per parlare quando io li avverto che stiamo per entrare. Il buttafuori ci chiede quanti siamo, noi gli rispondiamo che siamo in tre e Jeremy paga. Entriamo dentro e ci dividiamo subito senza bisogno che qualcuno dica altro. Vado subito in pista per accertarmi che non abbiano già trasformato qualcuno. Una ragazza ha gli occhi chiusi mentre un ragazzo sembra baciarle il collo. Corro là spingendo la gente, che mi urla contro, e do dei colpetti alle spalle del ragazzo, che si distacca con tutto il sangue che gli cola dalla bocca. Faccio finta di essere scandalizzata, così lui si avvicina a me e a quel punto riesco a pugnalarlo. Scompare subito. La ragazza continua a guardare avanti, lo stronzo l’ha ipnotizzata. La prendo per mano e così cade a terra, ma riesco a prenderla prima che sbatti la testa e le asciugo il sangue sul collo. Prendo la siringa e l’infilzo subito, senza pensarci due volte. La ragazza urla, ma per fortuna non si sente un granché per colpa della musica alta.
Si alza di scatto e mi guarda con gli occhi spalancati. – Che succede?
– Oh niente, sei svenuta. Credo tu abbia bevuto un po’ troppo – rispondo io mentre lei si mette una mano davanti la bocca, scioccata. – Credo sia meglio che tu vada a casa.
– Grazie – dice lei, imbarazzata, prima di andarsene.
Un ragazzo mi gira di scatto e mi stringe il polso facendomi veramente male. Me lo sta per spaccare. – Chi sei tu per rovinare il nostro piano?! – tuona e lo pugnalo il secondo dopo. Con loro o sei veloce o sei morta. Scompare subito, ma non il dolore che provo al polso.
Dopo un po’ non sembrano esserci più vampiri, tutti ci ritroviamo al centro della pista e Harry mi prende subito per mano. – Sono finiti, credo.
Aggrotto la fronte, perché non ci ritroviamo affatto tutti. Manca Jeremy. – Dov’è Jeremy?
– Oh, là! – esclama lui puntando qualcuno dietro di me. Jeremy sta ballando con due ragazze, una davanti e una dietro. Tutte e due si strusciano su di lui e non sembra affatto dispiaciuto di questo. Faccio una smorfia disgustata. – A quanto pare si è dato subito da fare, il ragazzo – aggiunge Harry ridendo.
– Ma perché fate così schifo? – tuono io a Harry, che sussulta.
– Ehi, come vedi io sono ancora qua. E ci sto provando solo con te – dice lui accennandomi un sorriso malizioso. – Dai, balla con me – mormora lui stringendomi la mano.
Guardo Jeremy che, quasi sentendomi, si gira verso di noi. – Va bene – rispondo io ricordandomi tutto quello che hanno detto gli Anziani. Harry mi prende per mano e mi fa avanzare verso la pista. Posa le mani sui miei fianchi e così io poso le mie sulle sue spalle accennando un sorriso. Sento lo sguardo di Jeremy su di noi.  Harry mi passa in rassegna con le sue mani e quando arriva a metà schiena lo fermo. – Se mi tocchi il culo ti castro – ringhio io, ma si mette a ridere facendomi capire che non era sua intenzione. Posa le sue mani alla fine della mia schiena e mi stringe a lui, per fare in modo che io mi strusci su di lui come quelle due stanno facendo con Jeremy. Se lo può scordare. Inizio a fare finta di ballare, muovendo soltanto i piedi.
Quando la canzone finisce e sfuma verso l’inizio di un’altra faccio per distaccarmi da lui, perché è veramente imbarazzante come riesca a fare finta di ballare mentre si struscia su di me, ma mi ferma. – Un altro ballo! – esclama lui afferrandomi i fianchi.
– No – rispondo distaccandomi un’altra volta da lui. – Mi dispiace – aggiungo scuotendo la testa. Tanto non lo sto facendo ingelosire, è inutile, e mi rifiuto di farmi usare in questo modo. – Non mi piaci – dico guardandolo per un po’. Jeremy sta venendo verso di noi, lo guardo felice, visto che Harry continua a parlarmi, dicendomi che è solo un ballo. Faccio per dirgli di raggiungerci, di sbrigarsi, ma Harry mi prende di scatto il viso e mi bacia. Spalanco gli occhi, scioccata da quel suo gesto, e sto per tirargli un calcio nelle palle, quando vedo la smorfia che fa Jeremy. Sta provando qualcosa! Mi lascio andare, poso le mani sulle sue spalle e chiudo gli occhi, mentre le sue labbra divorano le mie.
Si distacca da me e mi accarezza lo zigomo. – Non è stato male, no?
Gli lancio un’occhiataccia. Per quanto possa essere bravo a baciare, non è stato altro che insignificante. – Non dovevi farlo – borbotto.
– Non sembravi affatto dispiaciuta, anzi – risponde lui con quel suo sorriso malizioso.
Mi allontano da lui prima che sia troppo tardi. – Smettila – dico girandomi. Jeremy sta ballando con due nuove ragazze, ma quella davanti a lui la sta baciando avidamente. Trattengo il respiro e il mio cuore sembra più pesante.
– Non vi metterete mai insieme – s’intromette Harry posando le labbra sul mio orecchio destro. Rimango in silenzio guardando Jeremy mentre continua a baciare la ragazza con passione. Abbassa le mani e le tocca il sedere. Rabbrividisco alzando le mani e uscendo dalla discoteca dall’uscita per i fumatori. Non posso stare qua dentro, non posso guardarlo mentre si comporta in questo modo!
Dopo essere uscita mi siedo su una panchina e, nonostante il cattivo odore del fumo, faccio un respiro profondo per cercare di calmarmi. Non capisco proprio come sia potuto accadere, ieri aveva intenzione di bruciare vivi tutti per me e oggi sta là e fa finta di non vedermi mentre uno ci prova con me e lui si bacia con altre ragazze e le palpeggia.
– Ciao. – Apro di scatto gli occhi sentendo una voce maschile. – Scusami, è che dentro ti ho vista abbastanza spaesata, così ho pensato di venire qua e presentarmi.
Rimango in silenzio per un po’ di tempo, pensando al da farsi. Gli sorrido. – Già – esclamo io. – Oppure sei venuto qua perché sei un vampiro – aggiungo sorridendogli ancora di più. Non sono stupida, so benissimo che è uno di loro, sennò non avrei mai detto una cosa del genere.
Ride. – Non mi piace quando voi Cacciatori rovinate i miei piani – annuncia avvicinandosi impercettibilmente a me.
– E dimmi – inizio prendendo il coltello senza farmi vedere, – cosa vorresti farmi?
– Questo – risponde pronto a mordemi. Alzo il coltello e riesco a prendere in pieno il cuore. Mi fissa negli occhi per alcuni secondi prima di scomparire. Faccio un sospiro e guardo avanti a me, nessuno ha visto niente, forse perché non posso vedere i vampiri, non quando cercano di ucciderci.
– Brutta puttana! – tuona una ragazza prendendomi per il collo e alzandomi da terra. Cerco di liberarmi dalla presa, ma è veramente forte. – Era il mio ragazzo, quello – ringhia lei mentre io non riesco più a respirare. Poi cade a terra e scompare. Harry mi prende prima che possa cadere a terra, la gente ora ci sta guardando e sicuramente starà pensando che la ragazza se n’è andata, non che è morta.
– Vieni – mormora Harry aiutandomi ad assestarmi. – Stai bene? – chiede guardandomi dritto negli occhi prendendo il mio viso. Annuisco e così mi sorride. – Mi devi un ballo.
Alzo gli occhi al cielo, disperata. – Perché non balli con quelle ragazze là dentro? – propongo. – Guarda Jeremy, è riuscito a baciarsene più di una e anche a palpeggiarle! Con un po’ di fortuna ne trovi anche una pronta a fare sesso con te.
– Non ballo con quelle là dentro perché loro non sono te – risponde lui sorridendomi un’altra volta maliziosamente. So che la maggior parte delle volte scherza, ormai sa benissimo che non provo niente per lui e che su di me non ha lo stesso potere che ha con tutte le altre ragazze.
Eppure devo mettere in chiaro una cosa. – Non verrò mai a letto con te, Harry – dico quindi.
– Lo vedremo – sogghigna lui porgendomi la mano.
– No! – esclamo ridendo dando uno schiaffo alla sua mano. – Niente “vedremo”! Non succederà, punto. Mi sono stufata dei tuoi stupidi tentativi, solo perché hai bisogno di avere anche l’ultima ragazza ai tuoi piedi! – Gli sorrido e poso una mano sul suo collo. – Mi stai simpatico, Harry. Veramente. Ma non riuscirai mai a portarmi a letto.
Harry ride e mi prende un’altra volta, stringendomi a lui. – Ragazzi – c’interrompe Jeremy freddamente. Sussulto e mi allontano subito da Harry, rossa in viso. – I vampiri non sono finiti. Dobbiamo andare a cercarne altri.
Harry ride. – Ma non mi dire. Uno stava per un uccidere Cassie! – esclama Harry guardando male Jeremy. – Quindi sì, ci abbiamo fatto caso.
Jeremy mi guarda per un po’ di tempo, a me sembrano ore ma sono sicura che in realtà passano solo pochi secondi. – Ah,ok – dice prima di andarsene.
Ora è troppo. Ah ok?! – Sai che ti dico, Harry? – chiedo io, arrabbiata, attirando l’attenzione di Jeremy. Prendo il viso di Harry e lo bacio avidamente. Harry risponde subito, senza farselo chiedere due volte. E questa volta riesco a sentire l’emozioni che sta provando Jeremy, di certo prova qualcosa e non è felicità. Mi distacco da Harry con il fiatone, complimentandomi con me stessa per essere entrata così bene nella parte. Sembrava quasi che ci stessimo divorando perché ci amavamo. Quando mi giro verso Jeremy però mi accorgo che lui non c’è più.
– Ah ecco! – esclama Harry ridendo. – Ecco cosa sono. Mi stai usando! – continua lui, ma non sembra affatto dispiaciuto. – Che ne dici di farlo ingelosire ancora di più? Prendiamoci una stanza – propone Harry sorridendomi maliziosamente.
Fa per avvicinarsi un’altra volta a me ma l’allontano subito. – No – rispondo io. – Ti ho già detto che non verrò mai a letto con te – borbotto facendolo ridere. – Ora entriamo.
Una volta entrati i pochi vampiri che c’erano sembrano essere scappati, così Jeremy ritorna in pista dopo che una ragazza lo prende per mano. Non mi guarda nemmeno, non prova nemmeno un po’ di senso di colpa, anzi ride mentre le guarda il culo. E lei ci sta pure! Alzo gli occhi al cielo, infastidita, Harry mi da un bacio prima di correre in pista e ballare insieme ad una ragazza.
– Se cambi idea, sono tuo – mi urla prima di andarsene. Scuoto la testa e gli indico la ragazza che lo sta guardando in cagnesco. So benissimo che quando si gira verso di lei decide di sfoggiare quel suo sorriso malizioso, perché subito dopo lei gli cade praticamente tra le braccia.
Rimango in silenzio a guardare Jeremy mentre bacia una ragazza. Forse dovrei semplicemente andare da lui e cercare di scollarlo. Magari mentre cerco di ballare con lui gli do una ginocchiata in basso. Tanto per ricordargli che può provare qualcosa, come per esempio il dolore fisico. Ovviamente la ginocchiata sarebbe una cosa per niente premeditata. Per sbaglio avrei alzato un po’ troppo il ginocchio. Per sbaglio.
Quando qualcuno mi da una pacca sul sedere mi giro, avvelenata, ma faccio un passo indietro vedendo Austin. – Austin? – urlo, mi sorride. – E tu che ci fai qua?!
– Mi diverto – risponde lui ridendo. Una ragazza si mette accanto a lui. Ha gli stessi occhi color nocciola di Dan e i capelli biondi con vestito più o meno corto come il mio nero e le calze rotte. – Cassie, lei è Abby. Abby, lei è Cassie – ci presenta Austin con un sorrisone.
Le stringo la mano. – Piacere.
– Piacere – ribatte anche lei guardandomi dritta negli occhi e stringendomi troppo la mano. Ma non do a vedere che mi fa male, anzi. – Sei la sua ex, giusto? – chiede subito, innervosendomi, ma annuisco. – Mi ha parlato di te. Sei anche la sua migliore amica, giusto? – Cos’è, un interrogatorio? Annuisco anche sta volta ma con meno entusiasmo. – Bene – borbotta.
– Là c’è Dan, se vuoi – esclama Austin indicando il bar. Ci pensa un attimo e aggrotta la fronte. – Aspetta… ma tu con chi sei venuta?
– Oh – mormoro io, entrando nel panico. Lui non sa niente. Non si ricorda la verità. Ho un tuffo al cuore rendendomi conto che non saprà mai più la verità. – Emh… con dei miei amici.
– Da quando hai amici? – scherza lui. Alzo gli occhi al cielo, ride e mi da un bacio sulla guancia. – Io e Abby andiamo a ballare. – Se ne va solo dopo avermi vista annuire.
Lancio un’occhiata a Jeremy e mi accorgo che sta guardando Austin mentre balla con Abby. La ragazza si ferma a guardarlo e aggrotta la fronte, magari starà pensando che è gay. Scoppio a ridere e vado verso il barista. Quando mi siedo guardo Harry, che sta baciando la ragazza e lei sembra stare per svenire, e poi di nuovo a Jeremy, che però questa volta sta guardando me. Un brivido percorre tutta la mia spina dorsale, ricordandomi che lui potrà anche non provare più niente, ma io si.
– Ciao – esclamo io sorridendo a Dan, che sussulta e si gira verso di me.
Cerca di non strozzarsi con il drink ma è praticamente impossibile. Rido. – Cassie! – esclama lui dopo aver deglutito il resto del drink che aveva dentro la bocca. – Che ci fai qua?
– Sto con dei miei amici – rispondo subito io. Ormai sono preparata alle loro domande.
– E loro dove sono? – chiede lui. Mi giro e li indico uno ad uno, quando mi giro verso Dan li sta guardando con la fronte aggrottata, molto probabilmente perché stanno entrambi baciando due ragazze a caso. – Bé, begli stronzi! – esclama lui facendomi ridere. – Insomma, perché ti hanno invitato se poi devi rimanere da sola?
Inclino un po’ la testa e gli frego un sorso del suo drink. – Stai parlando pure di qualcun altro, per caso? – chiedo sorridendogli, gli restituisco il drink e lo guardo attentamente.
Sbuffa. – Non mi va giù! – esclama posando il bicchiere dopo aver preso un sorso. – Voglio bene ad Austin, non mi fraintendere, ma lei è la mia sorellina e… sono molto protettivo nei suoi confronti. Ma alla fine se c’è qualcuno che la può migliorare è lui. – Si gira verso la pista e guarda Austin mentre stringe Abby, che sembra quasi imbarazzata da quel suo gesto. Non ha capito proprio niente di Austin, quella Abby. Sono così diversi, lei e Dan, che quasi mi rifiuto di chiamarli “fratelli”.
– Si, è vero. È un bravo ragazzo, Dan – ribatto io posando la mia mano su quella di lui. – Vedrai che andrà tutto bene. Lui vuole solo il meglio per tua sorella e sta cercando di esserlo. Abbi un po’ di fede. Mi ha parlato di tua sorella e gli sta molto a cuore.
Annuisce buttando giù un altro sorso del drink. – Lo so – borbotta, annuisce un’altra volta. – Sì, andrà tutto bene. Vado a ballare un po’, vuoi venire?
Alzo le mani in segno di resa. – Odio ballare, mi dispiace – rispondo io sorridendogli.
Ride. – Sei proprio strana – dice lui sorridendomi. Capisco nel modo in cui mi guarda che non è affatto un difetto per lui, anzi. Sento una strana vibrazione nel petto, segno che sto iniziando a volergli bene, e mi sta guardando così attentamente che sono costretta ad abbassare lo sguardo, accenno un sorriso imbarazzato. – Bé, se ti annoi o vuoi ballare senza che qualcuno ci provi con te, io sono a tua disposizione – mi fa sapere lui continuando a sorridermi.
– Grazie – mormoro e sono sicura che nemmeno mi sente, ma non ha importanza perché mi sta guardando e so che lo sa. Mi sorride un’ultima volta e poi se ne va in pista. Mi giro verso Jeremy, finalmente non sta più baciando la ragazza, ma ci sta comunque ballando… se così si può dire, visto che lei si sta strusciando su di lui, che continua a guardarla come se volesse fare sesso con lei là, davanti a tutti. Molto probabilmente perché è così. La ragazza si distacca da lui e gli tende la mano sorridendogli, lui le prende la mano e avanzano verso il bagno. Mi alzo di scatto dallo sgabello trattenendo il respiro. Non può farlo. Non può entrare dentro quel bagno. Non può! Si gira verso di me prima di entrare nel bagno dei maschi. Lo guardo con le lacrime agli occhi pregandolo di non entrare mentalmente. E lui lo sa – lo sa! – ma fa finta di niente ed entra, preceduto dalla ragazza.
Chiudo gli occhi, distrutta.
Dopo un paio di drink di troppo mi alzo dallo sgabello, sorrido al barista e vado nel bagno delle femmine barcollando un po’. Non so quanto tempo sia passato, so solo che non ho più controllato Jeremy, solo Harry. Non so se sta ancora dentro quello schifosissimo bagno con quella ragazza e non voglio saperlo. Stranamente nel bagno non c’è nessuno. – C’è qualcuno? – chiedo io cercando di non cadere mentre controllo tutte la cabine. Nessuno. Rido. – Bene – esclamo prima di andare a lavarmi le mani. Sbuffo sentendo la porta aprirsi. – Senti… – Ma mi fermo di scatto non riuscendo più a respirare. Apro gli occhi non sentendo più i miei piedi toccare per terra. Davanti a me c’è un uomo. Un vampiro.
Cerco di liberarmi, ma è troppo forte e io non sono nemmeno così sobria. Mi alza il vestito con l’altra mano e il mio cuore si ferma. Non vorrà… Inizio a lamentarmi piangendo. – No, per favore – mormoro io piangendo. – Per favore…
– Sta zitta! – tuona lui facendomi vedere i canini. Cerco di urlare ma non ci riesco. Mi prende l’arma che ho sotto l’abito e la fa cadere a terra. Anche se sono spacciata senza armi, una parte di me è contenta che stesse cercando solo l’arma. Mi toglie tutte le armi, buttandole a terra. Muovo le gambe cercando di tirargli calci e ci riesco, ma lui non si muove, anzi ride. – Pensi di farmi qualcosa? – chiede avvicinandosi a me. Cerco di togliergli le mani dal mio collo. – E così tu sei la Whitesun – mormora guardandomi mentre cerco di non piangere.  Fa un sospiro. – Non assomigli per niente all’ultima – mormora mentre io continuo a tirare il più possibile le sue dita, anche se sembrano di marmo, per cercare di respirare almeno un altro po’. – Tranquilla, non ti voglio uccidere, anche se mi devi rispondere. – Rimane in silenzio e mi fa prendere un po’ d’aria. – Tu conosci Jeremy Ruterful? – chiede e il mio cuore fa un balzo. – Quello era un sì? – chiede lui ridendo. Sento la rabbia salire, il solo pensiero che questo vampiro possa toccare Jeremy… Gli sputo in faccia. Mi guarda schifato e si toglie il mio sputo dalla sua faccia con l’altra mano. – Questo non lo dovevi fare – ringhia lui prima di aprire la bocca.
– Ehi! – tuona Jeremy, dietro il vampiro. Mi fa cadere a terra, l’aria entra dentro i miei polmoni e tossisco tenendo una mano sul mio collo. Riesco ancora a sentire la sua presa d’acciaio. Alzo lo sguardo su Jeremy, che sembra diventato bianco cadaverico.
Il vampiro ride. – Ti ricordi di me, non è vero? – chiede.
Jeremy indietreggia fino alla porta. – No – mormora, ancora più bianco in faccia. – No, non è possibile.
 Il vampiro mi prende, ma cerco subito di liberarmi dalla sua presa, inutilmente. – Ecco come stanno le cose – inizia stringendomi, ride. – Quando sono venuto qua mi sono portato un’arma, forse la tua amichetta la riconosce. – Prende un coltello, ma non è un coltello qualunque: è il coltello per le Whitesun. Jeremy si avvicina a noi senza pensarci. – Fermo! – esclama il vampiro portando il coltello vicino il mio collo. Spalanco gli occhi guardando Jeremy. – Ecco come stanno le cose. Ho tre possibilità: ucciderla e farti soffrire fino allo sfinimento; ucciderla senza ucciderla veramente, portarla con me e torturarla tutti i giorni; oppure uccidere te.
Jeremy non ci pensa più di cinque secondi. – Ok, facile! Uccidi me – ringhia Jeremy e sembra veramente arrabbiato.
– No! – urlo io muovendomi contro il vampiro. Un ringhio esce dalla mia bocca, la rabbia trabocca e urlo ancora di più. – Prova a toccarlo e io… – Mi fermo sentendo il coltello farmi un graffio, strizzo gli occhi e mi mordo il labbro per non urlare.
– Non toccarla! – tuona Jeremy facendo alcuni passi verso di noi.
Il vampiro ride. – Avrei dovuto ucciderti da piccolo – ringhia il vampiro, sembra veramente troppo arrabbiato. Sussulto rendendomi conto che questo vampiro è lo stesso che ha ucciso i suoi genitori, quand’era piccolo. – Avrei dovuto ucciderti quando ho ucciso i tuoi genitori, ma mi dispiaceva uccidere un bambino – continua il vampiro, mentre a me inizia a girare la testa. – Ora invece sei un uomo. Un uomo con il potere più brutto e oscuro che ci sia sulla faccia della terra. – Cerco di muovermi un’altra volta, di combattere, ma l’unica cosa che riesco a fare è farlo ridere. – È fantastica – esclama facendo un piccolo segno con il coltello ma senza ferirmi. Mi rendo conto di star tremando. – Sta ancora cercando di liberarsi di me. Vuoi dirglielo tu che non ci riuscirà?
– Lasciala stare, per favore – mormora avvicinandosi a noi con le mani in alto. – Sono io quello con i poteri, lei ha ancora sedici anni… Per piacere, ti supplico, lasciala andare.
Guardo le mie armi a terra. Sbaglio o quello è il coltello delle Whitesun?! Trattengo il respiro. Jeremy, penso subito. Mi guarda negli occhi. Jeremy, passami il mio pugnale. Se riusciamo a distrarlo forse riesco ad ucciderlo. Ma lui scuote la testa.
– Non so veramente cosa fare – borbotta il vampiro giocando con il coltello sul mio collo. – Tu che dici, Whitesun?
– Vattene a fanculo – ringhio io, furiosa. – Non ti sputo un’altra volta in faccia solo perché non posso.
Il vampiro ride. – Che carina – esclama guardando prima Jeremy e poi me. – Che carina – ripete a bassa voce. Il coltello mi ferisce il braccio e così urlo. Mi fa cadere a terra e Jeremy mi prende subito e mi trascina via. – Sapete com’è fatto questo coltello? – chiede giocando con la punta del coltello sulla punta del suo dito. – Ha un veleno che riesce a far uccidere la Whitesun – ci spiega. Jeremy cerca di allontanarmi ancora di più dal vampiro, accanto a me ci sono le armi ora e così, senza farmi vedere, prendo il mio pugnale e lo nascondo sotto la gonna. – Fermati! – gli ordina a Jeremy prendendomi un’altra volta.
– Lasciala stare! – tuona Jeremy, furioso, venendo verso di noi. Il bagno inizia ad andare a fuoco.
– Vedi? Sei troppo pericoloso! – urla il vampiro.
Tossisco cercando aria pura. – Se mi devi uccidere, fallo – ringhio io con una voce strozzata.
– Stai zitta! – tuona Jeremy, ancora più arrabbiato, facendo alzare ancora di più le fiamme. – Come vuoi – mi risponde all’unisono di Jeremy il vampiro. Alza il pugnale. – No! – urla Jeremy dando fuoco anche al pugnale che, dopo pochissimo cade a terra.
Cerco di girarmi verso il vampiro ma proprio non ci riesco. – Guardami in faccia, stronzo! – urlo io. Mi gira e mi fa un sorriso che mi fa accapponare la pelle. Jeremy però da fuoco anche il vampiro, che inizia a urlare e a dibattersi. Mi allontano subito da lui per non scottarmi. – Basta, Jeremy! – gli ordino una volta preso il pugnale da sotto la gonna. Il fuoco cessa e così corro dal vampiro per colpirlo al cuore. Sono certa di esserci riuscita, ma non vedo nessun reazione in lui.
Ride mentre tutte le sue bruciature stanno guarendo. – Hai mancato il cuore, tesoro – mormora e il secondo dopo sento un dolore lacerante alla schiena e il vampiro non è più davanti a me.
– No! – urla Jeremy, gli esce un gemito soffocato e mi rendo conto che ha ferito anche lui. Il vampiro ride, ma poco dopo ricomincia ad urlare.
Mi giro cercando di provare a prendere un’altra volta il cuore del vampiro con il mio coltello, mi rendo conto che se non lo uccido quest’ultima volta sarò io a morire. Ma cado a terra prima di provarci. Mi metto le mani al collo sentendo la gola andare in fiamme.
Riesco a sentire ancora le urla del vampiro, ma non riesco né ad alzarmi, né a vedere. Sento un brivido passarmi per tutto il corpo che ricorda vagamente l’adrenalina, ma non ce la posso fare. C’è troppo dolore. Non riesco ad alzarmi e il vampiro ormai non urla più. Qualcuno mi cade accanto, qualcuno… morto. O quasi. Provo ad aprire gli occhi. È lui, è il vampiro. Il mio pugnale sembra quasi illuminarsi quando l’afferro; lo posiziono sul cuore e lo spingo dentro. Non sono sicura di aver preso il cuore finché non vedo il vampiro andare in fiamme per l’ennesima e l’ultima volta fino a diventare cenere.
Non sento più niente, il mio corpo non sente più dolore. Jeremy è a terra, sanguinante, forse sta perdendo più sangue di me… non lo capisco.
– Cassie, sei… – Harry si ferma subito. – Cosa…? Cazzo! – urla venendo subito verso di me. – Cassie! Cassie! – urla entrando nella mia visuale sfogata. Mi scuote. – Cassie, mi senti? Jeremy! – urla andando verso di lui.
– Jeremy… Guarda Jeremy – mormoro io. Non posso muovermi, quindi deve farlo lui. – Dove l’ha preso? Dove l’ha ferito? – Spero con tutta me stessa che riesca a sentirmi.
– Non… Oddio – mormora Harry, in preda al panico. – Poco sopra il cuore. Devo assolutamente chiamare l’Istituto. Ci servono più maghi possibili. – Prende il cellulare e chiama. – Sì, sì, sono Harry Ninet. No, no, ascoltatemi! Ci servono più maghi possibili! Sono stati attaccati i miei due compagni, entrambi perdono troppo sangue! Sì, la Whitesun sta sanguinando… No! No! Non lo so se è stata pugnalata con il suo pugnale, non stavo qua con loro!
– Sì, mi hanno pugnalata con quello – sussurro io mentre le labbra diventano strane.
– Sì, sì! Si, l’hanno pugnalata. Sì, correte! Cazzo! Jeremy è svenuto. Non so da quanto, so solo che non mi risponde…
 
– Sono stato cattivo prima. Non dovevo incolparti per una cosa del genere. Ero solo molto arrabbiato, e ormai sai che quando sono arrabbiato dico cose senza senso. – Rido. – Non voglio che tu ti senta in colpa, o peggio obbligata a fare sesso con me. So che sei troppo intelligente per pensare una cosa del genere, ma so che alla fine sei molto insicura; e quindi se l’idea di non star facendo abbastanza per la nostra relazione ti è passata per la testa per almeno cinque secondi, permettimi di dissuaderti da quest’idea. – Mi lascia un piccolo bacio sulle labbra. – Permettimi di dirti che quando sono arrabbiato dico cose che tu non devi nemmeno ascoltare. – Dalle labbra passa sulla mia guancia, baciandomela. – Permettimi di convincerti di quanto tu possa essere bella. – Dalla guancia passa alla mascella mentre il mio respiro inizia a farsi sempre più pesante. Afferro le sue spalle, cerco di sedermi su di lui ma subito capisco quello che sto facendo e mi fermo. Si ferma e sento i suoi denti, segno che sta sorridendo. – Permettimi di farti sapere che quello che provo per te è così forte da essere al di sopra dell’amore. – A quel punto inizia a baciarmi il collo facendomi perdere completamente il controllo sul mio stesso corpo.
 
Mi aggrappo a quel ricordo. Il sentimento che prova nei miei confronti è così forte da essere al di sopra dell’amore.

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Capitolo 37
*** Diverso ***







Capitolo 37
Diverso
 
Quando apro gli occhi ci metto alcuni secondi per cercare di capire dove mi trovo, sono a casa dei miei nonni, ma c’è ancora qualcosa che non mi ricordo… E poi tutto mi torna in mente, tutto troppo velocemente e semplicemente troppo. – Nonni – mormoro io, ma non sento nessuna risposta, quindi mi siedo nonostante mi giri la testa. – C’è qualcuno? – chiedo io.
Sento dei passi provenire dalla cucina e subito dopo una testa sbuca dalla porta semiaperta: Ivy. – Oh… porca puttana – sussurra lei. Aggrotto la fronte, confusa, mentre lei apre del tutto la porta. – Sta… sta succedendo davvero?
Non riesco a capire quello che sta dicendo e quindi quello che sta succedendo. Perché sembra così scioccata di vedermi viva? Non riesco a capire e sto iniziando a spaventarmi. – Cosa, esattamente? – chiedo io. Si avvicina a me lentamente e mi accorgo solo adesso che mi sta vicino che sta tremando. – Mi stai spaventando – l’avverto io e sento il panico farsi strada nel mio corpo. Potrei iniziare a correre da un momento all’altro.
Si mette una mano davanti alla bocca, spaventandomi ancora di più. – Cassie, sono passati due mesi! – esclama lei sedendosi sul mio letto con le lacrime agli occhi. – I dottori dicevano che molto probabilmente non ti saresti più svegliata. Eri tipo in coma ma non… non lo eri veramente, calcolando il fatto che c’entrava la magia. – Scuote la testa, incredula. – Ma ti sei svegliata! Devo… devo chiamare l’Istituto – dice prima di correre via. Dopo pochi minuti ritorna e sembra stare per avere un infarto. – Stanno arrivando. Mio padre e i dottori dell’Istituto.
Rimango in silenzio per un po’. – Sono veramente passati due mesi? – chiedo io e la voce non sembra la mia per quanto sono scioccata.
Mi prende la mano e cerca di accennare un sorriso per tranquillizzarmi, ma non ci riesce. – Si – mormora. – Cassie, devi sapere una cosa. Jeremy… è andato completamente fuori di testa – annuncia lei. Il mio cuore sembra più pensate, faccio un sospiro e abbasso lo sguardo perché sento le lacrime. – Non ascolta più mio padre, pretende di andarsene senza dire niente a nessuno, non frequenta più le lezioni perché dice che non ne ha bisogno, ritorna a casa la mattina ogni giorno praticamente ubriaco.
– Ora dov’è? – chiedo io.
– Non lo so. In realtà non lo sa nessuno – risponde lei, sospira. – Abbiamo provato a seguirlo. Ti giuro, ci abbiamo provato. Ma ogni volta che ci proviamo lui cerca di darci fuoco!
Chiudo gli occhi per alcuni secondi cercando di mantenere la calma, ma sembra abbastanza impossibile ora come ora. Gli Anziani mi avevano avvertita ed ecco che tutto diventa reale: Jeremy è diventato veramente matto.
Solo quando qualcuno bussa alla porta d’ingresso entrambe torniamo nel mondo reale. Ivy sussulta e corre ad aprire la porta. Poco dopo entra Louis insieme a dei signori, sicuramente i dottori. – Cassie – esclama Louis entrando nella mia stanza. – È bello vederti sveglia.
Accenno un sorriso, ma è solo per cortesia. – Tu per caso sai dov’è Jeremy? – gli chiedo.
Louis smette subito di sorridere e i suoi occhi si velano di lacrime. – Vedi, Cassie… Jeremy era diventato troppo pericolo e… mi dispiace molto dirtelo così ma.. Gli Anziani l’hanno ucciso – mormora lui.
Spalanco gli occhi e l’ossigeno mi rimane incastrato nei polmoni, il cuore sembra essersi spappolato e lo stomaco mi fa così male che sembra si stia contorcendo. In pochi secondi mi ritrovo a piangere in preda ad un attacco di panico. – Non è possibile – sussurro tenendomi la pancia con una mano, come per paura che si sfasci. Alzo lo sguardo verso Louis, che sembra stare sul punto di piangere e le sue mani continuano a tremare. – No! – sbotto io spingendolo, perché doveva proteggerlo. Non lo voglio vedere. Se ne deve  andare.
– Cassie? – mi chiama Louis, e tutto d’un tratto le mani di Louis sono sulle mie spalle. Lo scaccio e il suo sguardo si fa ancora più preoccupato. – Cassie, che succede? Perché ti sei messa a piangere?
– Perché? – urlo io continuando a piangere. Fa per avvicinarsi un’altra a me ma lo scaccio ancora. – Jeremy è morto! Jer…
Louis guarda Ivy, che sta accanto alla porta, immobile e bianca in faccia. – Cassie, Jeremy non è morto – ribatte Louis con quel tono che ti fa capire che stai andando fuori di testa e per questo il suo tono è calmo, perché se entra nel panico pure lui a quel punto lo potrei uccidere.
– Cosa? – chiedo io a bassa voce. – No… Ma me l’hai appena detto – aggiungo asciugandomi le lacrime. – Non è possibile. Me l’hai appena detto.
Louis aggrotta la fronte. – Io ti ho appena detto che non so dove si sia cacciato, non che è morto – risponde Louis.
Trattengo il respiro. Sto impazzendo veramente. – Cosa… cosa sta succedendo? – chiedo io con il mento tremante e le lacrime agli occhi. – Dove sono? Perché… Dove sono i miei nonni e perché mi trovo nella loro casa e non nella mia? – chiedo. Ora sto entrando nel panico più assoluto. – Dov’è Jeremy? Dove sono i miei genitori? – urlo continuando a piangere. Sento un ago infilarsi nel mio collo, mi lamento sentendo il dolore e il liquido lasciato dall’ago. Chiudo gli occhi sapendo che loro vogliono che io dorma.
 
Ci metto un po’ a ricordarmi che, prima di svegliarmi una seconda volta, ero già stata svegliata una prima volta e che era stata la voce di Harry a svegliarmi. Da quello che gli ha detto Louis ho dei problemi. Che tipo di problemi? Sempre secondo Louis ho ancora un po’ di veleno vicino al cervello e questo mi causa delle crisi e delle allucinazioni. Non si sa quando il veleno s’assorbirà del tutto, fino a quel punto potrei benissimo non ricordarmi nemmeno il mio nome ed entrare nel panico e ferirmi senza volerlo.
Dopo essermi fatta una doccia ed essermi preparata scendo. Ho anche delle nuove regole: non uscire dall’Istituto e niente allenamenti. C’è una domanda però: cosa faccio?
Una volta scesa in salone mi guardo in giro, non c’è nessuno. La porta d’ingresso si apre di scatto, faccio un balzo e guardo verso la direzione di essa. Il mio cuore fa un balzo appena vedo Jeremy con lo sguardo a terra mentre entra. Sembra essere in un altro mondo, ha i capelli molto più corti, le occhiaie molto marcate e dei vestiti neri che sembrano fin troppo stropicciati e usati. Socchiudo la bocca dopo essermi accorta di averla spalancata e proprio in quel momento alza lo sguardo, si ferma di scatto guardandomi.
– Che ci fai tu qua? – chiede e il suo tono è così freddo che non sembra nemmeno la sua voce. Non m’immaginavo una reazione del genere. Va bene, non prova niente, ma fino a questo punto? È così cambiato, anche solo nel suo modo di parlare o di muoversi.
Chiudo le mie mani in pugni cercando di reprimere tutta la rabbia che provo nei suoi confronti. E il bello è che non so nemmeno perché ce l’abbia tanto con lui. So solo che sono arrabbiata con lui, sono furiosa. Forse sono arrabbiata perché non è riuscito ad essere più forte del suo stesso potere, forse perché non sembra affatto contento di vedermi… Non lo so, ma sono veramente troppo arrabbiata. – Non credo siano affari tuoi – rispondo io quindi, sputando acido. Però non doveva uscire in questo modo, stavo cercando di fare l’indifferente.
Ride avvicinandosi a me, mi guarda in un modo così diverso che mi vengono i brividi. Mi sta guardando come guarda ogni ragazza che si vuole solo portare a letto. È così strano guardarlo dritto negli occhi sapendo che quello sguardo sexy che sta facendo è rivolto veramente a me. – Sei nel mio Istituto, ragazzina – dice lui a denti stretti.
Scoppio a ridere e mi metto indietro i capelli. – Il tuo Istituto? – gli faccio eco continuando a ridere. – Te lo sei comprato per caso? – chiedo e sono così concentrata a fare finta di non sentire il mio cuore che batte velocissimo che non riesco a pensare a nient’altro.
– Non ce n’è bisogno – risponde lui accennando un sorrisino malizioso.
– Ma per favore – esclamo io ridendo. – Sei ridicolo! Dovresti essere tu ad andartene visto tutto quello che stai combinando.
Ride. – Mi fa piacere sapere che avete già parlato di me. Sei proprio cotta di me, eh? – mi prende in giro lui sorridendo ancora di più. Forse pensa che sorridendomi in quel modo possa far in modo che io gli cadi ai piedi, e forse è vero, ma non ci riuscirà mai.
Rido mettendomi indietro i capelli, più nervosa di prima. – Preferirei morire che stare con uno del genere! – esclamo io, arrabbiata. E questa volta è vero: odio quando si comporta così, non mi metterei mai insieme a un ragazzo del genere.
Ride di gusto, così tanto che si piega in due. – Non sembrava così quando siamo stati insieme in Scozia – afferma lui e le mie labbra diventano delle fessure. – Quando mi stringevi la vita con le tue gambe per farmi avvicinare… – Gli tiro uno schiaffo senza pensarci due volte. Sento il calore del suo viso sulla mia mano, che adesso brucia. Mi guarda, furioso.
– Me ne pento – ringhio io avvicinandomi a lui, ancora più arrabbiata. – Non puoi capire quanto me ne pento. Solo il pensiero di esserti stata così vicino mi fa venire il voltastomaco. Mi fai schifo. Fai schifo. Sei stato un errore. Sei un errore. – Lo spingo anche se la testa inizia a girarmi.
Ride. – Ti faccio schifo? – chiede avvicinandosi a me. Sbatto più volte le palpebre sentendomi stordita, e non è per colpa sua. – Che ne dici allora di cambiare idea? – propone mettendo le mani sui miei fianchi. – Vieni su con me e vedi come ti faccio cambiare idea.
Prendo le sue mani e glie le tolgo dal mio corpo. – Non ti avvicinare a me, mostro – ringhio io andandomene prima di sentirmi male davanti a lui. Entro dentro l’ascensore praticamente correndo. L’ascensore si ferma e quando si apre vedo Liam. Urlo vedendolo, ma lui mi mette una mano davanti la bocca e mi trascina dentro. Le porte dell’ascensore si chiudono e così lo allontano da me. – Come fai ad essere qua? – chiedo. – Tu sei morto!
Ride. – Come faccio ad essere morto se sono qua, davanti a me? – chiede lui.
Metto una mano sul suo petto, riesco a sentire il suo calore. È veramente vivo? Oddio. Odio ammetterlo, ma un po’ mi è mancato. – Sei… vivo – balbetto io guardando i suoi occhi dorati e per la prima volta sono contenta di sentire quella canzoncina.
Sorride. – Sono qua, tesoro, e sono qua per te – mormora lui mettendomi le mani suoi fianchi e mi fa avvicinare a lui. Gli sorrido e l’accarezzo con le lacrime agli occhi. – Ora che quella stronza è morta possiamo stare insieme. Per sempre. – Il mio cuore fa un balzo.
– Perché ti sei messa ad urlare? – chiede Jeremy e mi rendo conto solo adesso che l’ascensore si è fermato per farlo entrare… e Liam non c’è più.
– Non è possibile – mormoro io guardandomi in giro. – Non… Dov’è Liam? – chiedo io, incredula. Jeremy si gira di scatto, ora sembra arrabbiato ma non m’importa. Devo trovarlo.
– Liam? – chiede Jeremy abbozzando un sorriso.
Annuisco continuando a guardarmi intorno. – Era qua – sussurro io.
Jeremy scoppia a ridere. – Ok, stai messa male – esclama continuando a ridere. Preme il pulsante per il piano dove si trova la sua camera e poi continua. – Quella testa di pesce è morta tanto tempo fa.
– No, era qua! – ribatto io. – Era qua, ne sono sicura!
– Tu sei fuori di testa – continua lui ridendo. L’ascensore si ferma e così Jeremy esce. – Hai intenzione di rimanere là fino alla morte? Oppure fino a quando non tornerà Liam, che equivale a stare qua fino alla morte. – Sorride alla sua “battuta”.
– Vattene – ringhio io, arrabbiata, ma decido di uscire dall’ascensore per andare a cercare Liam. Deve stare qua, da qualche parte, non può essersene semplicemente andato! Qualcuno mi prende il polso per bloccarmi, quando mi giro noto che si tratta di Jeremy.
– Liam è morto – dice seriamente.
– Jeremy – lo chiama Louis. Jeremy alza lo sguardo verso di lui e sorride falsamente. – Lascia Cassie.
Mi lascia andare. – È fuori di testa – esclama lui accennando una risata. – Dice di aver visto Liam.
Louis mi guarda preoccupato, ma io continuo a rivedere l’immagine di me e Liam insieme, dentro l’ascensore, e tutto d’un tratto mi manca davvero tanto. – Cassie – mi chiama Louis avvicinandosi. – Liam è morto. Non ti ricordi? – mi chiede. Rimango in silenzio per un po’ ricordandomi il centro commerciale. – Vai a dormire. Devi dormire.
–  No, Liam…
–  Cassie, è stata una delle tue allucinazioni. Devi andare a dormire – mi ferma subito Louis.
–  Allucinazioni? È diventata matta davvero? – chiede Jeremy ridendo.
–  Non scherzare, Jeremy – lo minaccia Louis. – È viva per miracolo.
–  Per miracolo o perché semplicemente non si decide a morire? – chiede Jeremy, arrabbiato. Oddio, no. La testa inizia a girarmi ancora di più dopo quest’affermazione e ho paura che questa volta c’entri anche lui, se non solo lui.
–  Jeremy! – urla Louis. – Smettila. Ora!
Jeremy ride. – Non mi fai paura – ringhia lui avvicinandosi a Louis, accende una fiamma sulla mano destra e accenna un sorriso soddisfatto. A quanto pare ha fatto molti progressi con il suo potere. No, non è vero, dopotutto non prova più niente.
–  Nemmeno a me fai paura, ragazzino – ribatte Louis, ma il suo tono è calmo e assolutamente professione. Mi ricordo che lui non è un adulto normale, lui è il preside di quest’Istituto enorme.
–  Dovresti – mormora Jeremy con uno sguardo assassino.
Lo spingo e così la fiamma si spegne. – Dovresti essergli grato! Sei solo un ingrato. Fai schifo! Sei un mostro, proprio come dicevano gli Anziani e quel vampiro – sbotto io. Jeremy sbianca facendomi sentire ancora peggio. Il mondo inizia a girarmi intorno, gli occhi celesti di Jeremy, la sua pelle ormai bianca come i fogli di carta, le sue labbra, il suo naso… tutto inizia a girare.
–  Cassie – mormora Louis mettendo una mano sulla mia spalla, mentre io ormai sto già chiudendo gli occhi. Qualcuno mi afferma prima che io cada a terra. Qualcuno con degli occhi celesti e delle sfumature blu.
 
Mi accorgo di tre cose consecutivamente: la prima è l’odore della camera, che non è il mio ma quello di Jeremy, la seconda cosa è che nella stanza ci sta la musica e la terza è che questa non è la mia stanza, ma quella di Jeremy. Il mio stomaco diventa così piccolo che mi sembra di star per svenire un’altra volta.
– Oh, ce l’hai fatta a svegliarti! – esclama Jeremy uscendo dal bagno.
Mi siedo subito, allarmata. – Che ci faccio qua? – chiedo, mi alzo dal letto e mi metto indietro i capelli. – Che è successo? Come ho fatto ad arrivare qua? – Non posso credere di essere qua dentro con lui. Ora come ora lo potrei anche uccidere, a quel punto potrei anche strappargli i denti. Oppure dovrei farlo prima di ucciderlo?
– Ti c’ho portato io – risponde lui sorseggiando un po’ d’acqua. – Ho detto a Louis che ti avrei portato in camera tua, ma poi ho cambiato idea e ti ho portata qua. – Si siede sul letto e mi guarda dal basso mentre io cerco di ucciderlo con lo sguardo. – Louis mi ha detto che hai – aggiunge ridendo. – Veleno al cervello, eh? Ti sta bene.
– Vai all’inferno – ringhio io e quasi mi sembra di sputare acido. Vorrei veramente ucciderlo, eppure una parte di me è felice di tutto questo, perché c’è un motivo se continua ad insultarmi ed è perché prova qualcosa, anche se è rabbia. Per ora mi sta quasi bene, perché significa che può veramente migliorare.
– Già ci sono, tesoro – ribatte lui, trattengo in respiro. Cosa intende con “già ci sono”? Io rendo la sua vita un inferno? Rabbia. Sta provando così tanta rabbia che forse non mi sta più bene. Decido di andarmene prima che sia troppo tardi, prima di dirgli tutto quello che penso su di lui e scoppiare a piangere, ma mi prende e il momento dopo mi ritrovo a baciarlo.
Non lo lascio fare per niente, dopo nemmeno cinque secondi mi distacco da lui e mi pulisco le labbra con il braccio, schifata. – Che schifo! – tuono io, furiosa. – Non provarci mai più!
Ride. – Continua a mentire a te stessa. Si vede lontano un chilometro che mi ami – dice con quel suo tono da strafottente e quella sua faccia da coglione.
– Io non ti amo – ringhio io. – Non amo te – aggiungo, perché è vero: non amo questo Jeremy e voglio che lo sappia, eppure sembra essere diventato ancora più stupido, perché mi guarda incuriosito, quindi non ha capito quello che voglio dire.
– Ah no? E chi è che ami, sentiamo – chiede e il suo tono mi sa tanto di gelosia, quindi sto al gioco. Mi stringe a lui e devo reprimere un conato di vomito. Anche se devo dire che sentirlo così vicino sembra essere di gradimento al mio cuore, che batte all’impazzata.
– Non sono affari tuoi! – sbotto io e spero di essere abbastanza credibile, ma da quello che vedo sembro esserlo abbastanza da farlo… ingelosire? Non lo so, però è più cupo ora, anche se ha ancora quel suo sorrisino da stronzo.
– Sono la tua anima gemella – esclama lui facendomi morire del tutto. – Ho il diritto di saperlo. È quel ragazzo con cui ti sei messa a parlare in discoteca quella sera? Ti ho vista mentre parlavi con lui – ribatte e il mio cuore fa un balzo. Dan? Mi ha notata? L’ha notato? Quindi c’ero riuscita a fargli provare qualcosa? Mi confonde. L’ha sempre fatto e sempre lo farà, e lui ne è fin troppo consapevole. – È lui?
–  Non sono affari tuoi – ribatto il  concetto io allontanandomi da lui una volta per tutte.
– È lui! – esclama  avvicinandosi un’altra volta. Ride. –  Bé, è carino. Certo, io sono molto più bello, ma questo già si sapeva. E poi sei stata con Austin, questo significa che saresti capace di metterti anche con quel Nathaniel. – Sussulto. – Sì, vi ho visti, quand’eravate entrambi ubriachi e cercavate di staccarvi.
– E allora? – chiedo io facendo spallucce, ma so di essere sbiancata. – Posso uscire con chi voglio. Non sono affari tuoi, quante volte te lo devo ripetere? – Ride e si va a mettere una giacca. – Dove vai? – chiedo senza pensarci e me ne pento subito.
–  Esco – mi risponde voltandosi verso di me, mi sorride. – Vuoi venire con me?
–  Non posso uscire – rispondo subito, fredda.
–  Louis non lo verrà a sapere – continua lui, sapendo che in realtà lo seguirei ovunque. Per fortuna riesco a scuotere la testa e, anche se una parte di me spera che continui a chiedermelo, l’altra vorrebbe solo scappare. – Così mi puoi tenere d’occhio.
Punto debole. – Perché dovrei tenerti d’occhio? – chiedo, facendo la finta tonta.
– Perché dicono che sono cattivo – risponde lui accennando un sorriso malizioso. Le mie gambe sembrano diventare gelatina. Può pure essere stronzo, ma per un po’ quel sorriso mi ricorda quello che è veramente. Ogni tanto li faceva anche il vero lui, quei sorrisi.
Scrollo le spalle. – A me non importa, puoi essere quello che vuoi – rispondo dopo un po’, perché ci devo mettere un po’ per riuscire a sbloccarmi. Sento un peso al cuore e molto probabilmente se non smetterà di sorridermi in quel modo lo dovrò obbligare a farlo… dandogli un pugno e spaccandogli i denti.
Ride avvicinandosi veramente troppo. – Stai mentendo – mi sussurra guardandomi dritta negli occhi e per la prima volta dopo tanto tempo mi sento risucchiata dentro di essi. Questo mi da speranza, perché so benissimo che se riesce a farmi provare quello che sto provando adesso è perché in questo momento anche lui sta provando qualcosa. Si distacca da me e avanza verso la porta.
– Aspetta! – esclamo io e anche se per i primi secondi me ne pento non ha importanza. Si gira verso di me mentre lotto contro me stessa per prendere una decisione. – Va bene. Vengo.
– Bene – mormora lui sorridendo, soddisfatto. Va verso l’armadio e l’apre; aggrotto la fronte. – Ho tenuto questo vestito – dice porgendomi uno straccetto nero. Lo guardo negli occhi senza dire niente e soprattutto senza prendere quel coso. – Non so di chi sia, ma l’ho lavato – aggiunge scrollando le spalle. – Credo ti stia. – Guardo il vestito schifata. È troppo corto! E quello che vedo è pizzo? – Se non ti metti questo non esci – continua lui e sembra serio.
Afferro il vestito e gli lancio un’occhiataccia prima di andare in bagno per cambiarmi. Appena ho finito di mettermi quel coso esco, ancora più schifata perché c’è veramente troppo pizzo e troppa poca stoffa! – Non si può fare. È cortissimo – ringhio io mentre lui è davanti a me che guarda delle scarpe che sembrano vagamente le mie. È andato a prendere le mie scarpe?!
Mi guarda e s’inumidisce le labbra. – Ti sta bene – esclama lui. – Sembri un puttana. – Alzo le sopracciglia, scandalizzata. Dovrebbe essere un complimento? No, perché non riesco a coglierlo allora. – È a questo che servono i vestiti – continua poi come per spiegarmi un qualcosa che non capisco. In realtà è lui che ha una visione molto distorta dei vestiti. Rido scuotendo la testa. – Tieni – dice porgendomi dei tacchi alti. I miei tacchi. – L’ho presi dal tuo armadio, spero non ti dispiaccia – mi spiega. Prendo le scarpe, infastidita. – Oh, e anche i trucchi!
Mi porge anche i trucchi e così prendo anche quelli, ma adesso più che infastidita sono arrabbiata. – Qualcos’altro?!
– Volevo guardare la tua biancheria intima, ma ho fatto il bravo ragazzo – risponde lui dandomi dei colpetti al mento, come per tirarmi su il morale.
Gli tolgo subito la mano da sotto il mio mento e gli do uno schiaffo. – Visto che stavi là potevi prendermi le calze – borbotto mettendomi i tacchi.
Scoppia a ridere. – Siamo a fine giugno – dice. – Non essere ridicola.
 
 Entriamo in una discoteca, ma non è una discoteca normale, non ci sono persone normali: è pieno di vampiri, lupi mannari, sirene, altri mostri e molti Cacciatori. Qualcuno fischia accanto a me così mi giro d’istinto. Delle sirene si mettono a ridere mentre mi guardano e così divento rossa fino ai pied. – È arrivata la ragazza che stavo aspettando da diciannove anni – se ne esce uno di loro.
Guardo Jeremy in cerca di qualche risposta acida, ma lui gli sorride. – È tutta vostra se la volete – esclama lui continuando a sorridergli.
Il mio cuore fa un balzo. Non ci posso credere. Non riesco nemmeno a fulminarlo con lo sguardo per quanto sono scioccata e delusa. – Jeremy – lo chiamo ed è più un avvertimento. Non so che altro dire e non riesco nemmeno a non far vedere quanto mi abbia fatto male un affermazione del genere nei miei confronti.
– Che c’è? Credevi veramente che sarei stato con te tutta la sera? – chiede, ride e se ne va.
Abbasso lo sguardo, voglio solo andarmene e mangiare tanta nutella, ma purtroppo sono bloccata in questo posto con quello stronzo. Una sirena si alza per venirmi incontro ma lo fermo subito. – Avvicinati un altro po’ e giuro che ti castro – ringhio io.
Ride alzando le mani, come in segno di resa. – Sei una di quelle che vuole comandare? – chiede.
Rido e lo ammazzo con lo sguardo allo stesso momento. – Sono una di quelle che se ti avvicini un altro po’ ti ammazzano – rispondo seccamente. Ride e si rimette a sedere, facendomi capire che non ha voglia di perdere tempo con me. Buon idea, bravo. Me ne vado al centro della pista per cercare lo stronzo e dargli tanti di quei cazzotti…
Qualcuno mi gira di scatto, non ho nemmeno il tempo di difendermi che mi ritrovo davanti a un vampiro. – Balla con me – mi dice e in qualche modo riesce a ipnotizzarmi. I vampiri non potrebbero avere questo potere, non sui Cacciatori, eppure lui c’è riuscito. Gli metto le mani attorno al collo e inizio a ballare a tempo di musica. Mi fa avvicinare a lui ancora di più e in quel momento sento lo sguardo di Jeremy addosso e so benissimo che non è solo una sensazione. Poi alzo lo sguardo e lo vedo là, davanti a me mentre balla con una ragazza-sirena. Mi guarda serio, accenno un sorriso ma subito dopo faccio un balzo sentendo i canini del vampiro trapassare la mia pelle. Mi allontano subito da lui e lo spingo con il cuore a mille. – Non pensare al dolore – aggiunge lui avvicinandosi al mio orecchio. E ci riprova. Questa volta sento solo un pizzico, ma questo non significa che mi piaccia sentire un qualcuno che succhia il mio sangue. Lo allontano per fargli capire che non mi sta bene e accentuo la cosa con un’occhiataccia. – Va bene, ho capito – risponde lui sorridendomi. Mi accarezza la guancia e si avvicina a me, pronto a baciarmi.
No. Apro di scatto sentendo la voce di Jeremy nella mi testa. Il vampiro si distacca del tutto da me e mi guarda cercando di capire il mio problema. – Perché sei qua? – chiedo. – Quelli come te dovrebbero essere morti.
– Morto? E perché? Io provo qualcosa – risponde subito facendo il finto offeso.
– Davvero? Non sembra.
– Come vedi non ti ho uccisa. Non ti ha dato così fastidio o sbaglio? – mi chiede e rimango in silenzio, anche se un po’ mi ha dato fastidio. Mi mette indietro una ciocca di capelli e mi guarda negli occhi. – Se vuoi non lo faccio, ma non sei la prima che mordo e tutte le altre mi hanno detto di aver quasi provato piacere.
Faccio per dire qualcosa ma scuoto la testa, per qualche strano motivo non riesco a dirgli di no. Accenna un sorriso e inizia a baciarmi il mento fino ad arrivare al collo. Alzo lo sguardo verso Jeremy e lo vedo divorare la bocca della ragazza. Chiudo gli occhi pensando al fatto che non è lui, che il mio Jeremy è morto due mesi fa. Stringo le sue spalle sentendo un’altra volta i canini entrare nel mio collo e uscire dopo pochissimo tempo. Il vampiro alza lo sguardo verso di me e mi accarezza la guancia un’altra volta, entrambi abbassiamo lo sguardo sulle labbra altrui e pochi secondi dopo mi avvicino per baciarlo. Posa le sue mani sui miei fianchi e mi fa avvicinare ancora di più a lui, se solo possibile. Il mio cuore fa un balzo quando sento che stiamo andando un po’ troppo oltre, quando il bacio si fa troppo passionale.
– Basta così. – Mi allontano di scatto sentendo la voce di Jeremy. Il vampiro mi lascia subito e quasi mi sento meglio, con davanti Jeremy che non mi vuole saltare addosso.
– Che problemi hai? – tuona il vampiro, furioso.
 – Siete in un luogo pubblico e stavate per scopare su una pista. Ecco qual è il mio problema – ringhia Jeremy guardando prima il vampiro e poi me, che abbasso subito lo sguardo con le guance rosse.
– Perché ti da tanto fastidio? – chiede il vampiro.
– Perché è la mia ragazza – risponde subito Jeremy digrignando i denti.
Woh! Aspetta, cosa? Spalanco gli occhi sentendo quella frase. – Come, scusa? – chiedo io guardandolo solo e soltanto Jeremy. Ora come ora quell’altro se ne può andare, non m’interessa.
Mi guarda senza dire niente facendomi capire che mi devo stare zitta se voglio rimanere viva; rabbrividisco. – Evapora prima che ti uccisa, Succhiasangue – ringhia Jeremy fulminandolo con lo sguardo. Il vampiro mi guarda male e se ne va.
– Che problemi hai? – tuono io, arrabbiata. Il vampiro è sparito e anche se stavo iniziando a spaventarmi non pensavo che Jeremy facesse la mossa da stronzo prepotente! Non volevo che lo facesse! Non ho bisogno di protezione, quando lo capirà?
– Che problemi hai tu?! – urla Jeremy prendendomi il braccio. – Cos’era quello? Non ti posso lasciare un secondo che tu già stai per andare a letto con un Succhiasangue?!
– Non volevo farci sesso – borbotto abbassando lo sguardo. – E comunque quello che faccio non ti riguarda! – urlo ricordandomi che devo tenergli testa. Mi faccio lasciare il braccio con una scrollata. – E poi non è quello che fai tu ogni volta? Ah no, è vero: tu vai direttamente in bagno.
Mi guarda senza dire niente e mi sembra quasi di vedere un po’ di pentimento in quello sguardo. Qualcuno si mette dietro di me ed inizia a ballare in un modo un po’ troppo imbarazzante. Guardo Jeremy imbarazzata. – Ehi! – tuona Jeremy dopo aver alzato gli occhi al cielo. Ce l’ha con la persona dietro di me. – È occupata! Con me! – Appena la persona dietro di me se ne va mi prende il braccio e mi trascina fuori dal locale.
– Che problema hai? – urlo io facendomi lasciare un’altra volta il braccio. – Mi hai lasciata sola con tre sirene e adesso urli ad ogni ragazzo che mi si avvicina? – continuo ad urlare. Non so nemmeno io perché ce l’ho così tanto con lui, forse perché è incoerente da far impazzire chiunque, forse perché entrambi sappiamo benissimo che lo sta facendo perché è geloso anche se non lo vuole ammettere; non lo so.
– Sto cercando di proteggerti! – risponde lui urlando. – Non puoi andare a letto con un vampiro! Tu non puoi capire quanto possano essere schizzati quelli a  letto.
Rido mettendomi indietro i capelli, perché è una scusa schifosa e lo sa anche lui. – Mi hai detto che non volevi stare con me, quindi ora mi lasci stare – ribatto io rientrando nel locale.
– Vuoi fare la puttana? – urla lui. Mi giro, furiosa, e lui capisce subito che se aggiunge qualche altra stronzata gli faccio un occhio nero. – Perché è quello che stai facendo.
Devo contare fino a dieci per non andare là e fargli almeno l’occhio nero. – Più o meno quelle che ti porti a letto tu, giusto? – gli chiedo e questa volta rimane in silenzio, così me ne ritorno dentro una volta per tutte, anche se ormai mi è passata la voglia.
Dopo essere entrata Jeremy mi prende il polso e sembra arrabbiato. – Se proprio devi, stai con me – aggiunge digrignando i denti, il ché significa che sta cercando di mantenere il controllo.
Rido togliendogli la mano dal mio polso e tirandogli il mignolo all’esterno per fargli almeno un po’ male. – Oh, adesso vuoi fare il babysitter! Perché invece non ammetti di essere semplicemente geloso?
Scoppia a ridere. – Io geloso? – chiede. – E perché dovrei?
– E allora perché non mi lasci stare? – chiedo io e per alcuni secondi ci fulminiamo con lo sguardo e questa volta vinco io.
– Va bene – risponde freddamente. – Allora vai. Su! – esclama indicandomi la pista. – Vai a letto con qualche vampiro schizzato. Sta tranquilla che non mi faccio problemi.
Chiudo le mani a pugni sentendo la rabbia salire, che bolle dentro di me. Sto andando in pista quando un ragazzo si mette proprio davanti a me. – Vuoi ballare? – mi chiede e capisco subito che è un Cacciatore.
Sorrido guardandolo negli occhi e annuisco prendendo la sua mano. Sento la musica rimbombare nelle mie orecchie, gli sorrido quando gli metto le mani attorno al collo e inizio a ballare insieme a lui. Davanti ho ancora Jeremy, che adesso balla con un’altra ragazza. È assurdo come non si faccia scrupoli a toccare la ragazza in un luogo pubblico. Alzo gli occhi al cielo. Rabbrividisco sentendo le labbra del ragazzo posarsi sul mio collo; chiudo gli occhi e cerco di non pensare a Jeremy. Stranamente ci riesco. Mi mette le mani dietro la schiena per farmi avvicinare ancora di più a lui.
Stai facendo esattamente quello che avresti fatto con me. Apro di scatto gli occhi sentendo la voce di Jeremy. Mi sta fissando e sembra serio questa volta. Non eri venuta per tenermi d’occhio?, mi chiede poi continuando a tenere stretta la ragazza.
No, ti sbagli. Ma i miei pensieri vengono interrotti dalla voce del ragazzo. – C’è qualcosa che non va? – chiede distaccandosi un po’ da, giusto per riuscire a guardarmi negli occhi. – Ti sei irrigidita tutto d’un tratto – risponde lui alla mia domanda silenziosa.
– Scusami – gli dico, mi avvicino a lui e poso un’altra volta le mani attorno al suo collo, le sue invece sono sulla mia schiena. Appoggio la testa sulla sua spalla sentendo una canzone lenta, il ché è strano visto che sono abituata alle discoteche normali, dove vanno solo gli umani. Purtroppo è più forte di me e lancio un’occhiata a Jeremy e sussulto accorgendomi che lui non ha mai smesso di fissarmi dopo avermi parlato nella mente.
Dì la verità: non riesci a stare un secondo senza guardarmi, continua Jeremy capendo che sto iniziando a rilassarmi un po’ troppo. Ovviamente mi deve dare fastidio. Alzo gli occhi al cielo e mi distacco un’altra volta dal ragazzo, arrabbiata.
– Che c’è? – chiede.
– Usciamo da qua – rispondo io. Devo mettere un po’ di spazio tra me e Jeremy, cosicché non mi possa più parlare nella mente. In più gli Anziani mi avevano detto che dovevo fargli provare qualsiasi sentimento, persino gelosia o rabbia, e sembra che ci stia cascando. Devo andare fino in fondo. Il ragazzo accenna un sorriso, mi prende per mano e usciamo dal locale. Giro la testa prima di uscire per vedere Jeremy, che ormai ha messo da parte la ragazza e mi sta fulminando con lo sguardo. Corro fuori insieme al ragazzo.
– Perché stai correndo? – chiede il ragazzo ridendo. Andiamo dietro il locale, continuiamo a ridere fino a quando non mi fa fermare e girare verso di lui. Mette le mani sui miei fianchi facendomi indietreggiare.
Sento il muro freddo del locale sulla mia schiena, chiudo gli occhi sentendo un’altra volta le sue labbra sul mio collo. Sussulto sentendo le sue unghie passare sulle mie cosce fino ad arrivare all’orlo del mio vestito. Prendo il suo viso e lo bacio; gli accarezzo i capelli cercando un conforto, un qualcosa che mi faccia rabbrividire come mi fa rabbrividire Jeremy. Ma in realtà ho solo paura che pensi che io voglia fare sesso con lui qua, adesso. – Fermati – mormoro, lo faccio allontanare mettendogli una mano sul petto.
– Che succede? – chiede lui con il fiatone.
Sento la testa iniziare a girarmi in modo esagerato. – No, ti prego – dico a bassa voce posando la testa sulla sua spalla.
– Che succede? – chiede lui accennando una risata. Mi accarezza i capelli non sapendo cosa fare, sembra un po’ in imbarazzo dalla situazione. – Che c’è? – ripete.
– Forse è meglio se rientri – gli rispondo io, perché non voglio che mi veda svenire, o avere una crisi o avere un’allucinazione. Preferisco rimanere da sola, tanto cosa potrebbe mai accadermi? No, in realtà non è molto consigliato, ma come posso fidarmi davvero di questo tipo? Ok, lo stavo baciando fino a pochi secondi fa, ma una cosa è baciarlo e un’altra è affidargli la mia vita. E poi da quando bacio gli sconosciuti?!
– Va… va bene – mormora lui, incredulo. Se ne va, ogni tanto si gira per guardarmi, come a controllare che stia bene, ma alla fine rientra nel locale.
Poco dopo sento la voce di Jeremy. – Cassie! – urla, ma rimango qua perché so che se faccio un passo svengo e non è proprio una buona idea. – Cassie! – urla ancora ed è sempre più vicino. – Ca… – si ferma, ormai accanto a me. – Che succede? Perché stai qua?
– Vattene – è l’unica cosa che mi viene in mente, spero che capisca che se ne deve andare una volta per tutte e che mi deve lasciare in pace. Non capisco perché ami tanto darmi fastidio. Dovrei proprio iniziare a non dargli soddisfazioni.
– Che è successo? Ti ha fatto o detto qualcosa? – chiede lui come se niente fosse, alimentando la mia voglia di tirargli un calcio dove ai maschi fa più male.
– Ho detto vattene – ringhio io, ma il mio tono non sembra essere molto spaventoso, anzi sembro esattamente quello che sono: una ragazza che sta per sentirsi male. L’ultima cosa che voglio però è dargli un’ultima soddisfazione facendogli vedere quanto sto male.
– Cos’è successo? – ripete lui e adesso sembra arrabbiato. – Ha fatto qualcosa?
– No, non ha fatto niente – rispondo io e spero che adesso se ne vada, dopotutto gli ho risposto. – Per favore, vattene – aggiungo quando vedo che non ha intenzione di muoversi.
– Perché? – chiede. – Cos’è successo? Non sei… Sì, insomma…
– Jeremy! – urlo io, imbarazzata.
– Cosa ho detto? – chiede lui ridendo. Lo guardo e pochi secondi dopo scoppio a ridere. – Dai! – continua avvicinandosi a me. – Che è successo? Ha fatto sesso con te e se n’è andato?
– Jeremy, smettila! – esclamo io, ancora più imbarazzata.
– Sto cercando di capire! Perché ad un certo sono torna… – Si ferma di scatto.
– Tornato? – chiedo. Tornato dal bagno, ovviamente. Tornato dopo aver fatto sesso con una ragazza che a malapena conosce. Annuisco ridendo. – Ok – mormoro ridendo, più per me stessa che per lui, perché devo cercare di rimanere lucida e non iniziare ad urlargli contro. Questa volta potrei benissimo strappargli le palle. Mi alzo e faccio per cadere a terra, ma ovviamente riesce a prendermi. Come sempre. Questa volta avrei preferito cadere a terra però.
– Oh! – esclama lui togliendomi i capelli da davanti il viso facendo mancare al mio cuore un battito. – Stai bene? – chiede e sembra veramente preoccupato, il ché toglie un altro battito ancora. – Che succede? Non ti senti bene? – chiede. Lo guardo dritto negli occhi senza dire niente, gli accarezzo la guancia destra, ma sono costretta a smettere quando lo sento irrigidirsi sotto il mio tocco.
Mi distacco da lui, imbarazzata e rossa in faccia. – Sto bene – rispondo freddamente mettendo bene il vestito. Jeremy abbassa lo sguardo verso le mie cosce, un po’ troppo in bella vista ora come ora, e questo mi fa imbarazzare ancora di più. – Io me ne vado – annuncio andandomene.
– Cosa? Come fai? – chiede.
Mi giro per guardarlo e per cercare di pensare a qualcosa, perché in realtà ho solo pensato alla frase “io me ne vado” e non all’azione specifica. – Prendo un taxi e vado a dormire dai miei nonni – rispondo io e so che è una cosa praticamente impossibile, ma ci provo lo stesso.
Ride. – Non dici sul serio – ribatte lui, ma io continuo a guardarlo seriamente e questo sembra mandarlo quasi nel panico. Quasi. – Ti ammazzeranno! Ci ammazzeranno!
– Scusatemi. – Mi giro sentendo la voce del vampiro e sussulto quando lo vedo proprio dietro di noi. – Possiamo parlare? – chiede ed è rivolto solo a me, Jeremy nemmeno lo guarda. Trattengo il respiro non sapendo cosa fare. È un vampiro! Se è ancora vivo significa che è veramente dalla parte giusta, ma rimane comunque un vampiro e non i Cacciatori a malapena possono avere relazioni. È come chiedere a un gatto di mettersi con un topo, o no? – So che non state insieme – aggiunge freddamente, il ché significa che è arrabbiato.
Guardo Jeremy e gli faccio segno di entrare, fa una faccia sbalordita e lo indica come per chiedermi “questo?! Sul serio?!” e così annuisco e gli faccio di nuovo segno di entrare dentro la discoteca. Così magari può andare dalla sua amichetta. Alza le mani al cielo e se ne va sbuffando. Mi appoggio al muro visto che mi gira ancora la testa. – Dimmi – dico quindi.
– Ci stavamo divertendo, non credi? – chiede lui e sembra arrabbiato e deluso, ma non ho paura di lui, anche se non ho portato un’arma con me.
– Sì, ma è una storia molto complicata – borbotto io.
– Perché? – chiede avvicinandosi pericolosamente a me. – Non deve esserlo per forza – mormora mettendomi le mani sui fianchi.
Faccio un sospiro. – Non così – dico a bassa voce togliendogli le mani dai miei fianchi e allontanandolo. – Non sono così. Io non faccio sesso con gli sconosciuti. Me ne stavo andando, in realtà. Questa discoteca è strana.
– Posso non essere uno sconosciuto! – esclama lui e il mio respiro si mozza. Cosa? No, non sta dicendo sul serio. Non è affatto consigliato avere una relazione con un vampiro ed io ne so qualcosa. – Potremmo… uscire insieme. – Annuisce, come per auto-convincersi. – Sì.
– Non… Mi dispiace – mormoro io guardandolo dritto negli occhi. – Non… non me la sento. Sono una Cacciatrice. Non posso uscire con voi vampiri, anche se provate qualcosa.
– Bé, potevi pensarci prima – esclama lui e mi sento in colpa. – Mi sembra un po’ troppo tardi, no?
Abbasso lo sguardo e faccio per ribattere quando sento la voce di Jeremy. – Cassie! – urla. – Cassie, dobbiamo andarcene! – esclama lui facendomi segno di correre da lui.
– Perché? – chiedo.
Alza gli occhi al cielo. – Perché sì! – mi risponde, ansioso. – Sbrigati! – urla incitandomi ad andare.
Guardo il vampiro e solo con lo sguardo cerco di fargli capire che sono veramente dispiaciuta. – Scusami – mormoro, gli lascio un bacio sulla guancia e me ne vado senza girarmi una volta. Ad essere sincera non vedevo l’ora di andarmene.
 
Entriamo all’Istituto correndo come matti, facendo pochissimo rumore. Durante il viaggio di ritorno Jeremy mi ha detto che Louis si è accorto che non sto in camera mia. Come fa a saperlo? Questa è una bella domanda. Quando ho cercato di sapere qualcosa mi ha semplicemente risposto che ha i suoi informatori. Secondo me, li ha ricattati con qualcosa.
– Corri! – mormora facendomi entrare in camera sua.
Mi giro verso di lui per fulminarlo ma mi accorgo che si sta togliendo la maglietta. – Ma cosa fai?!  -- esclamo io, quasi in preda al panico. Perché a dire la verità i suoi muscoli mandano veramente al panico. Ogni volta che lo guardo senza maglietta mi viene da nascondermi sotto il letto e rimanerci.
– Gli dobbiamo far credere che hai dormito con me – borbotta lui. Scuoto la testa energicamente. – Senti, non ho intenzione di essere punito per colpa tua – ringhia lui. Alzo gli occhi al cielo. – Mettiti questa – borbotta lanciandomi una sua maglietta lunga. La prendo al volo e faccio per andare in bagno. – Sbrigati! Non abbiamo tempo. Mettitela sopra. Oppure spogliati qua, tanto ho visto più o meno tutto.
Lo guardo imbarazzata e poi faccio una smorfia disgustata. – Viva il romanticismo – brontolo io mettendomi la maglietta sopra il vestito.
– Non parlarmi di romanticismo, stavi per fare sesso con un vampiro – ribatto lui mentre io mi sto togliendo in qualche modo il vestito da sotto la maglietta.
– Potresti non guardarmi? – sbotto io cercando di coprirmi un po’ di più ma senza riuscirci.
– Oh, per favore! – esclama lui girandosi. Riesco così a togliermi il vestito e mettermi bene la maglietta. Sento dei passi, Jeremy si gira e, dopo aver messo il vestito sotto il letto, si butta letteralmente sul letto. – Sbrigati! – ripete per la milionesima volta in una sera. Corro sul letto e mi metto sotto le coperte insieme a lui. Mi mette un braccio sulle spalle e non posso fare a meno di guardarlo male. – Deve sembrare reale – si giustifica buffando. Alzo gli occhi al cielo e appoggio la testa sul suo petto. È più rigido di me, e ce ne vuole.
Qualcuno bussa alla porta e così chiudo gli occhi di scatto. – Mmh… chi è? – chiede Jeremy fingendosi stanco, anche se in realtà è così sveglio da sembrare una pietra per quant’è rigido.
Aprono la porta. – Jeremy, per fortuna che sei qua. Hai visto… – Louis si ferma. – Ti stavo per chiedere se avessi visto Cassie, ma credo di sapere già la risposta.
Faccio per ridere così appoggio la mano sul petto e nascondo ancora di più il mio viso, incrocio la mia gamba con la sua e ovviamente s’irrigidisce ancora di più.  – Emh… sì – risponde, ride. – Non abbiamo fatto niente, eh.
– Quindi conto su di te per… Sì, insomma… controllarla? Gli Anziani dicono che potrebbe peggiorare prima di migliorare – continua Louis, e il mio sorriso scompare, fortunatamente sono nascosta dalle coperte.
– Non lo so… io non… – Jeremy si ferma, in imbarazzo, poi prende un respiro profondo. – Io non provo più niente per lei, quindi non capisco perché dovrei starle così vicino.
– Per favore, Jeremy – lo supplica Louis. – Lei si fida di te. – Sento la mia rabbia e vorrei solo alzarmi e fare del male fisico a tutti e due. Soprattutto a Jeremy. Come può dire una cosa del genere? Come può dirlo dopo tutto quello che è successo sta notte?! Jeremy rimane in silenzio. – Sono sicuro che farai la scelta giusta, Jeremy. Buonanotte – aggiunge Louis sospirando. Se ne va chiudendo la porta.
Faccio per parlare quando Jeremy mi mette la mano davanti la bocca. – Ok – mormora dopo un po’ allontanando la sua mano. Scoppio a ridere, un po’ dal nervoso e un po’ dal sollievo. Appoggio il viso sul suo petto continuando a ridere, sembra ridere anche lui a questa situazione. Sento la mia gamba toccare per sbaglio la sua e così faccio un balzo sentendo una scossa. Da quando mi ero svegliata non mi era più successo, forse a causa dell’apatia di Jeremy. Mi guarda negli occhi, serio, e dopo un po’ abbasso lo sguardo, imbarazzata. Prende un respiro profondo e così mi decido ad alzare lo sguardo. Accade tutto molto velocemente. Lo vedo avvicinarsi a me e dopo pochissimo tempo mi ritrovo a baciarlo. Mi mette le mani sui fianchi dopo avermi tolto le coperte di dosso. Si mette sopra di me cercando di farmi sdraiare. Toglie una mano dal mio fianco e inizia ad accarezzarmi la coscia; distacco le mie labbra dalle sue sentendo una scossa ancora più forte. Trattengo il respiro sentendo le sue labbra posizionarsi sul mio collo. Prendo il suo viso con tutte e due e lo bacio con più passione possibile.
Mi è mancato.
Gli metto le gambe attorno alla vita e lo sento rabbrividire. Inarco la schiena sentendo le sue mani passare lungo la mia schiena. Ma mi fermo ricordandomi quel suo “Io non provo più niente per lei, quindi non capisco perché dovrei starle così vicino”. Gli tolgo le mani da sotto la maglietta e poi slaccio le gambe dalla sua vita.
Mi guarda perplesso. – Che succede? – chiede togliendosi da sopra di me.
– Non voglio farlo, qualsiasi cosa stiamo facendo. Non con te – mormoro io sedendomi e cercando di coprirmi un po’ di più con la coperta. Sembra arrabbiato adesso. – Non mi piaci. Non mi piace quello che sei diventato. Non mi piaci più, Jeremy. – Mi faccio più piccola sotto il suo sguardo arrabbiato. Entrambi sappiamo che è la verità.
Rimane in silenzio per un po’, come per riordinare i pensieri. – Sai che non è vero – ribatte. – Tu provi qualcosa per me come io provo qualcosa per te.
Scuoto la testa ridendo. – Non è vero – borbotto io guardandolo dritto negli occhi. – Tu non provi più niente da un pezzo. Stai solo usando questa scusa per portarmi a letto. – Mi guarda continuando a stare zitto, così ne approfitto e mi alzo dal letto, rossa in viso. – Io me ne vado a dormire. In camera mia.
Continua a stare zitto per molto, troppo tempo, ma quando apro la porta inizia a parlare. – Secondo te perché mi sono preoccupato per te tutta la sera? – chiede. La sua voce sembra quasi pungere il mio cuore per quant’è arrabbiato.
Chiudo gli occhi sapendo che non mi può vedere, visto che gli do ancora di schiena. – Non lo so – rispondo io girandomi e aprendo gli occhi. – Ma lo vedo. Tu non provi più niente per nessuno. Vuoi solo divertirti.
Ride. – Divertirmi? Quello l’ho già fatto e anche tu! – esclama lui in modo così naturale che mi fa venire la pelle d’oca. Trattengo il respiro, mi fa ancora un brutto effetto sapere che ha fatto sesso con una o due ragazze questa sera, proprio davanti a me. – Non fare quella ferita, non farlo. Sai benissimo che sono andato con una ragazza – continua e si avvicina a me. – Come so che tu sei andata con quella sirena – aggiunge e il mio cuore fa un balzo. Vorrei urlargli che non è vero ma quando fa una risata malefica la voce non mi esce più. – Insomma, fai tanto la santerellina, poi però… – Le mie labbra diventano una fessura. – Prima il vampiro e poi con quel Cacciatore. – Ride. – Con il Cacciatore sei pure uscire per andare fino in fondo e se non ti avessi chiamato saresti andata pure con il vampiro. – Sono consapevole del fatto di star piangendo in silenzio. Fin troppo consapevole. Scuoto la testa, ma non so nemmeno io perché, cosa gli vorrei dire con questo gesto. – Cosa c’è? Ti vergogni di te stessa? Sei pentita?
– Basta! – urlo io guardandolo negli occhi nonostante le lacrime. Quello che volevo era stare con lui, ma mi ha lasciata là come una cretina! Gli Anziani mi avevano detto che dovevo fargli provare qualcosa, gelosia o rabbia, ed è quello che ho fatto! C’ho provato e sembrava esser andato tutto bene, ma continua a essere così… così mostruoso. Indietreggio sapendo di star per scoppiare letteralmente a piangere.
– Continua. Devi dirmi qualcosa. Dilla! – esclama lui avvicinandosi un’altra volta a me. Vado a sbattere contro la porta. – Su, dillo – mormora lui ma la sua voce s’incrina e quando lo guardo negli occhi mi sembra quasi di vederli velati. Appoggia il suo corpo sul mio, lo spingo, apro la porta e corro fuori.

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Capitolo 38
*** Allucinazioni ***







Capitolo 38
Allucinazioni
 
- Cassie – mi chiama qualcuno a bassa voce. – Amore mio – mi sussurra all’orecchio. Mi giro dall’altra parte lamentandomi, sto cercando di fargli capire che voglio dormire e che non voglio essere disturbata. – Qua è il tuo amore Derek che parla.
Mi alzo di scatto dal letto e in pochi secondi sono dall’altra parte della stanza, più lontano possibile da lui. – No! – esclamo io, in preda al panico. – No, no, no, questa è un’allucinazione. Solo un’allucinazione – mormoro io e per la prima volta mi sembro veramente matta. Questo mi manda ancora più nel panico.
 – Allucinazione? – mi fa eco Derek, in pochi secondi è davanti a me. Trattengo il respiro e socchiudo gli occhi. – Non sarei in grado di fare questo se fosse un’allucinazione e nemmeno questo. – Apre la bocca e mi mostra i due canini, mi accarezza la guancia e si avvicina al mio collo, pronto a mordermi.
Urlo più forte che posso per farmi sentire da qualcuno e in effetti la porta della mia camera si apre subito. Derek scompare, le gambe cedono e mi siedo a terra piangendo. – Che succede? – chiede Ivy guardandosi intorno. – Cassie – mi chiama toccandomi la spalla.
Sussulto e mi allontano da lei, perché in questo momento non ce la faccio a farmi toccare da nessuno in generale. – Era qua – mormoro. – Dere era qua.
– Derek? – ripete lei, scettica e preoccupata. – Cassie… Derek è morto.
Scuoto la testa energicamente. – Non è morto – urlo. – Non muore mai – mormoro continuando a piangere, mi metto indietro i capelli e mi guardo intorno. Com’è possibile? Ritorna sempre da me. Non mi lascerà mai stare.
– Ma che diavolo succede qua? – chiede Jeremy entrando nella mia camera, sembra quasi arrabbiato.
– Eh infatti, che succede? – chiede il vampiro che ho conosciuto ieri sera. Lo guardo scioccata e scoppio a piangere. Ivy si siede vicino a me e mi abbraccia mentre il vampiro si avvicina a noi. – Che cosa non è possibile? Che tu abbia baciato un vampiro? O che l’abbia usato?
– Lasciami stare – mormoro io mettendomi le mani sulla fronte. – Mi avevi quasi ipnotizzata, non potevo fare altro. Non riuscivo a dirti di no e tu lo sapevi!
– Ma che stai dicendo? – chiede Ivy, ancora più preoccupata, all’unisono con il vampiro che dice: – Ipnotizzata? – ripete. – È questo che racconti ai tuoi amici per sentirti meglio? Per non sentirti in colpa.
– Vattene! – tuono spingendolo, perché è veramente troppo vicino a me. – No, non sta succedendo davvero – mormoro riprendendomi il viso tra le mani per cercare di tornare alla realtà. Non può essere vero, stiamo dentro l’Istituto. Non può. Deve scomparire.
– Quello che abbiamo fatto ieri sera ti è piaciuto – ringhia lui. – Tu mi hai solo usato! – cambia idea poi quando mi vede scuotere la testa.
– Non ti ho usato. Non ti ho usato. Non ti ho usato. Non ti ho usato – ripeto io fino allo svenimento. – Lasciami andare, per favore – mormoro ricominciando a piangere e spostandolo delicatamente. – Mi dispiace. Lasciami andare.
– Cassie – esclama Jeremy, ormai davanti a me. – Smettila di frignare e ritorna nel mondo dei vivi, sono stato chiaro? – mi ordina e sento che tutto si sta aggiustando. Mi guardo intorno e il vampiro non c’è più, delle lacrime di gioia escono e rigano il mio viso. – Ecco, così – mormora lui accarezzandomi per pochi secondi il viso.
– Dove sono? – chiedo io, perché non so dove sono, non so perché fuori dalla finestra non ci sono altre case ma solo alberi e… da quando Jeremy si è taglia i capelli? – Perché ti sei tagliato i capelli? – chiedo accerezzandoli. Non sta male, ma lo preferisco quando sono un po’ più lunghi.
Jeremy sbuffa e mi toglie con forza le mani dai suoi capelli. – Perfetto – borbotta prima di andarsene.
– Ehi, ehi, no! – esclama Ivy, nel panico. – Jeremy! Non la puoi lasciare così! Ha bisogno di te! – Si mette le mani nei capelli capendo che non tornerà e poi abbassa lo sguardo su di me, ancora in preda al panico. – Cassie, papà sta arrivando, ok? – chiede abbassandosi. Annuisco. – Tu stai tranquilla.
 
Ormai mi sono calmata e mi ricordo tutto. I dottori mi hanno detto che d’ora in poi potrei averne tanti, di questi attacchi. Ma tanto loro sono sempre qua ed è grazie a loro se mi sono ricordata tutto, quindi ogni volta che succederà, loro saranno qua, pronti ad aiutarmi.
Sono seduta con i piedi poggiati sulla poltrona del salone mentre leggo un libro per rilassarmi un po’, cosa che in quest’ultimo periodo sembra impossibile.
– Che leggi? – mi chiede Isaac, che è sbucato dal nulla. È da tanto che non si fa vedere e non è solo per colpa della mia testa, è veramente molto impegnato in quest’ultimo periodo e non so perché, visto che il suo compagno di battaglia non vuole saperne di fare qualcosa di utile nella sua vita.
Alzo lo sguardo su di lui e sorrido. – Isaac, è da un sacco che non ci vediamo – esclamo io abbassando il libro.
– Sì, ho avuto molto da fare – borbotta guardandomi. – Come stai? Mi hanno detto che hai ancora del veleno nel corpo. Fa male? – chiede e così gli spiego tutto quello che è successo e quello che mi hanno detto i dottori. – Brutto – commenta Isaac facendo una smorfia solo per farmi ridere. – Mi dispiace, Cassie – mormora mettendomi una mano sul ginocchio. Accenno un sorriso e poso la mano sulla sua.
– Ciao, amico – s’intromette Jeremy freddamente.
Isaac s’irrigidisce subito e toglie la mano, lo guarda e sembra odiarlo. – Ma guarda un po’ chi si rivede… Allora ci vivi ancora qua – borbotta Isaac ancora più freddamente del migliore amico.
Jeremy ride. – Già, bé… neanche tu sei stato molto qua dentro ultimamente – ribatte fulminandolo con gli occhi. – Comunque, che fate? Non mi starai mica fregando la ragazza, vero?!
Scuoto la testa e ricomincio a leggere. – La tua ragazza? Ma per piacere! – esclama intanto Isaac alzandosi dalla poltrona accanto alla mia. – Hai finito di essere il suo ragazzo molto tempo fa. Per esempio, quando l’hai lasciata con il veleno dentro quel bagno, insieme a quel matto che in realtà voleva solo te.
Jeremy s’irrigidisce ancora di più. – Non credo siano affari tuoi – ringhia Jeremy.
– Ok, basta così – esclamo io abbassando il libro. – Sto cercando di leggere! Isaac, lascialo stare, non abbassarti al suo livello. – Lancio un’occhiataccia a Jeremy e mi ricordo tutto quello che mi ha detto la sera precedente. – Non ne vale la pena.
– Hai ragione – dice Isaac continuando a tenere d’occhio Jeremy, che accenna un sorriso e sembra proprio rivolto a me.
– Anche a te? Ieri sera però non sembravi così dispiaciuta di avermi sopra – aggiunge Jeremy guardandomi dritta negli occhi, mi sorride maliziosamente e ci gode quando io spalanco gli occhi.
– Mi sei saltato addosso! – esclamo io.
– Le tue guance dicono altro, ragazzina – continua lui, lo guardo male. – In più non ti sei nemmeno lamentata.
– Ah no, infatti ti ho semplicemente fatto da parte – esclamo io e mi sento meglio anche quando mi guarda e mi sorride come per dirmi “credici se ti fa sentire meglio”. – Sei ridicolo – borbotto io. – Se ancora non l’hai capito mi fai schifo. – Scuoto la testa.
– Certo, amore, ti faccio schifo – borbotta lui prima di posare lo sguardo su Isaac. – Riguardo a te… tieni gli occhi aperti.
Mi alzo di scatto. – Vattene – ringhio, furiosa, ormai davanti a lui. – Prova a toccarlo e ti giuro che quello dovrà tenere gli occhi veramente aperti sarai tu.
Jeremy ride. – Mi sa che la vinco io questa battaglia, amore – risponde Jeremy facendomi avvicinare a lui. Lo allontano così brutalmente che fa due passi indietro, un po’ sbalordito dalla mia forza. Rimaniamo un po’ a guardarci dritti negli occhi e sento quasi di odiarlo e lo odio. Odio tutto quello che è diventato e odio tutto quello che non è più, perché non fa altro che ricordami che quello che è adesso non è lui. E lo odio.
Isaac mi mette un braccio sulle spalle. – Andiamocene da qua. Come hai detto tu, non ne vale la pena. Lui non vale niente – mi sussurra Isaac guardando male Jeremy. Mi fa girare e iniziamo ad andare verso l’ascensore. Sento che anche lui è arrabbiato e non gli posso dare torto, dopotutto  era il suo migliore amico. L’ha perso e ci soffre anche lui, forse più di me.
– Dovreste mettervi insieme! – esclama Jeremy.
Faccio per andare un’altra volta da lui. M’immagino la scena: vado da lui, gli abbasso i pantaloni e gli strappo le palle con le mie stesse mani.  Ma Isaac mi ferma. – Io lo uccido – ringhio a bassa voce.
– No, non lo farai – mormora lui. – Leggi – aggiunge facendomi quasi ridere. Quasi. Ancora ho in testa l’immagine dalla sua faccia, senza più le palle.
Stiamo per entrare nell’ascensore, quando vedo Liam davanti a noi; mi fermo di scatto. – Liam – mormoro e lo vedo sorridere. Mi sorride. Mi sta sorridendo e mi è mancato quel sorriso, com’è possibile?
– Chi? – chiede Isaac.
– C’è Liam – rispondo io sorridendo prima a Isaac e poi a Liam. – C’è Liam.
– Anch’io se è per questo! – esclama il vampiro dietro di me. Faccio un balzo e mentre il vampiro ride Isaac mi chiede se va tutto bene, ma io continuo a dirgli di andarsene, quindi in realtà non lo sto ascoltando veramente e non ho intenzione di rispondergli.
– E a me? – chiede Derek.
Trattengo il fiato ritrovandomelo davanti. Indietreggio per poi cadere a terra e battere la testa. – Cassie! – urla Isaac.
Apro gli occhi e vedo Derek davanti a me, a una distanza così ravvicinata che mi metto ad urlare con le mani davanti gli occhi per non guardarlo e il cuore che mi batte a mille. – Ti prego – urlo io, in preda al panico. – Non mi fare male!
Derek ride. – E se ti volessi baciare? – chiede. – Sai, mi mancano i tuoi baci. – Si avvicina a me e per poco rimango ferma, spaventata e piagnucolante sul pavimento, poi però mi rendo conto che questa non sono io, e così lo spingo. Mi cade accanto, mi alzo e inizio a correre verso l’uscita. Mi giro per vedere se mi sta raggiungendo ma vado a sbattere contro qualcuno con così tanta forza che faccio per cadere a terra.
Ma quel qualcuno mi afferra le braccia e mi rimette in piedi. – Basta! – tuona e mi rendo conto che si tratta di Jeremy solo dalla voce, perché la mia vista è così offuscata dalle lacrime e dal panico che non riesco a vedere praticamente niente.
Lo guardo per un po’, sbalordita, e poi lo abbraccio. – S-sta-stav-a là – balbetto tremando. – Stava là. Stava di nuovo là ed era di nuovo vivo.
– Cassie – mi chiama Liam.
Mi giro e incontro i suoi occhi. Tutto ora sembra di nuovo bello. – Dov’è Derek? Perché sei sparito prima?! Mi hai lasciata così… senza nemmeno avvertirmi di lui!
– Cassie, puoi stare tranquilla, se n’è andato – mi risponde lui sorridendomi. – Vieni qua – mormora aprendo le braccia, pronto ad abbracciarmi.
Sorrido e faccio per andare da lui, quando qualcucno mi prende il braccio e mi fa girare bruscamente. – Cassie, smettila – ringhia Jeremy, e sembra arrabbiato.
Mi giro verso Liam, ma non c’è più. – No – dico a bassa voce – No! L’hai mandato via – continuo, ma questa volta guardo Jeremy e lo vorrei uccidere. – L’hai mandato via! – urlo spingendolo. – L’hai mandato via! No! Perché ha così paura di te?!
Mi ferma tenendomi i polsi. – Chi? – urla, tanto quanto me.
– Liam! – gli rispondo io urlando e continuando a colpirlo al petto. Poi qualcuno mi mette le mani al collo, ma non è Jeremy, è qualcuno che mi sta dietro. Spalanco gli occhi cercando di respirare e lasciando andare Jeremy. Mi giro di scatto e sussulto, perché anche Jason è qua, insieme ai suoi occhi da matto. Trattengo il respiro e indietreggio piangendo. – No – dico io a bassa voce. Vado a sbattere contro qualcuno e mi sento in trappola, ma è troppo tardi quando alza la pistola e spara. Urlo coprendomi il viso e abbassandomi. Mi siedo per terra con ancora le mani davanti gli occhi.
– Cassie, cazzo! – tuona Jeremy alzandomi bruscamente e girandomi verso di lui.
Ma lo spinto e mi giro un’altra volta verso Jason, che non c’è più. Mi tasto il corpo per vedere se ho qualche ferita, ma non mi hanno mai sparato, non veramente. Alzo lo sguardo e incontro quello di Isaac, che sembra veramente troppo pallido. – Isaac? – chiedo guardandolo con le lacrime agli occhi. – È… è da un po’ che non ci vediamo.
Isaac aggrotta la fronte. – Ma cosa…? – Si avvicina a me ma Jeremy lo ferma.
– L’ha fatto anche sta mattina – borbotta fissandomi. – Che palle – ringhia lui andandosene. – Portala da Louis, lui saprà cosa fare – aggiunge prima di scomparire una volta per tutte.
 
Sto per raggiungere l’ascensore per andare giù e mangiare qualcosa, visto che non ho ancora cenato e credo sia passata la mezzanotte. Qualcuno ride dentro la camera di Jeremy e di certo non è lui, ma non voglio sapere niente. Meno so e meglio sto. La porta però si apre. – Chi è che…?  -- Ma Jeremy si ferma vedendomi. – Ah… sei tu – borbotta appoggiandosi alla cornice della porta, come sempre d’altronde. Sembra stia sempre davanti la porta per sentire ogni singolo rumore e lamentarsene, lo stronzo. Comunque, forse crede di essere ancora più bello appoggiato allo stipite della porta, con  pantaloni che gli cadono perfettamente sui fianchi, senza maglietta, con le braccia incrociate, gli occhi fulminanti e tutto il peso scaricato su quella povera porta. E ha ragione: è ancora più bello così. – Dove vai? – mi chiede interrompendo i miei pensieri.
– Non credo siano affari tuoi – ringhio io chiamando per l’ennesima volta l’ascensore.
Jeremy alza le mani facendo una smorfia incredula. – Come vuoi! – esclama ridendo. Sta per chiudere la porta quando si ferma. – Comunque… sexy il tuo abbigliamento.
Mi guardo e mi accorgo di essere solo in canottiera e biancheria intima. Lo guardo, imbarazzata, e così lui, sapendo di aver vinto la battaglia dell’imbarazzo, rientra dentro e chiude la porta. Scendo ancora rossa per l’imbarazzo sperando di non incontrare nessuno. Vado dritta, dritta dove voglio andare senza guardarmi intorno, quando sento una voce chiamarmi e quando mi giro capisco che si tratta di Harry. Di Harry, che sta sopra una ragazza e per fortuna sono ancora tutti e due vestiti, ma qualcosa mi dice che ci manca veramente poco per quello. Alzo le sopracciglia e spalanco gli occhi. – Oh! – esclamo e mi giro subito. – Oh, mio Dio – esclamo, più imbarazzata di prima. – Io… io vado in cucina e spero di non trovarvi al mio ritorno – aggiungo, prima di correre in cucina.  Chiudo la porta e faccio un sospiro. Mai più uscite di questo genere, penso.
Dopo aver mangiato decido di tornare in camera. È passata più di mezz’ora e quei due per fortuna se ne sono andati. Sto entrando in camera quando un’altra persona decide di disturbarmi, quando sto ancora così svestita. – Cassie – mi chiama Cody. Mi giro di scatto per poi vederlo appoggiato alla cornice della sua porta. Anche lui. A quanto pare va di moda. Alzo una mano per salutarlo e poi faccio per entrare dentro, imbarazzata, ma niente. – Come stai? Mi hanno detto che non stai molto bene. È vero? – Si avvicina a me.
Mi irrigidisco visibilmente vedendolo a così pochi metri di distanza. – Emh… già. Ho delle allucinazioni, quindi forse è meglio che vada a dormire – borbotto cercando una scusa per andarmene.
– No, aspetta – esclama mettendosi tra me e la porta. M’irrigidisco ancora di più. – Vorrei parlarti – mormora guardandomi dritta negli occhi, e vedo una strana luce dentro di essi. – Di noi.
Faccio un sospiro. – Cody, non voglio…
Mi mette un dito davanti la bocca avvicinandosi ancora di più. – Dovremmo riprovarci – sussurra.
– Perché? – ringhio io, arrabbiata. – Non provo più niente per te.
Sento una porta aprirsi e quando mi giro vedo mia cugina uscire dalla stanza di Jeremy. Ecco di chi era quella maledetta risata. Spalanco gli occhi. No, lei no. – Oh, mio Dio – esclama lei vedendoci, posa una mano sul suo petto facendoci capire che si è spaventata. – Ciao, Cassie – mi saluta, poi guarda Cody e aggrotta la fronte, come per cercare di concentrarsi e ricordarsi chi è, inutilmente ovviamente.
Jeremy esce dalla stanza e guarda prima me con un ghigno e poi Cody, e il suo sorrisino malizioso scompare. Poi si mette a ridere. – Bene, bene! – esclama appoggiandosi un’altra volta a quella maledetta cornice della porta. – Ecco la coppietta dell’anno! – Ride un’altra volta. – Ma non ti stanchi mai, Cody? – gli chiede con un pizzico d’acidità.
Questa volta è Cody a irrigidirsi. – Non credo siano affari tuoi – sputa quindi. – Io almeno riesco a stare con una persona per più di cinque minuti!
Sorrido, soddisfatta da questa frase fantastico, mentre ovviamente il sorriso di Jeremy scompare. – Questa mi è piaciuta – mormoro a bassa voce, ma non abbastanza da non farmi sentire da Mister Mi Piacciono Gli Stipiti Delle Porte.
– Simpatico! E, per la cronaca, con questa ragazza – ringhia Jeremy – ci sono stato più di te e ci starei ancora, se solo non le facessi così schifo.  – Il suo tono sembra scherzoso e serio allo stesso tempo.
Il mio cuore fa un balzo e questa volta è il mio sorriso a scomparire. – Wow! – esclama Cody alzando le mani. – Allora sì! – Scuote la testa. – Perché non entrate dentro e ci lasciate parlare in santa pace?
– Perché non entrate voi? – chiede Jeremy, e sembra compiaciuto all’idea di me e Cody nella stessa camera. Che tipo contorto.
– Andiamo, Cassie – ringhia Cody aprendo la porta.
Guardo male Jeremy. C’è qualcosa di diverso in Cody che non mi piace. Ma Jeremy ovviamente fa finta di niente, mi sorride e così entro. – Mi devi un favore, amico! – esclama Jeremy.
Alzo gli occhi al cielo. – Allora – borbotto sedendomi sul letto e coprendomi con le coperte. – Dimmi.
Ride, sembra nervoso. – Posso? – chiede puntando il letto. Rimango a guardarlo per un po’, cerco di fargli capire senza parlargli che ho bisogno di un bel po’ di spazio e poi annuisco, ancora non del tutto convinta. – Ecco… non voglio proprio parlare di noi.
Aggrotto la fronte. – Va bene – rispondo, sollevata. – E allora di cosa vuoi parlare?
Si rimette a ridere, matte una mano nella sua tasca e quando riesco a rivederla tiene qualcosa che luccica. Spalanco gli occhi rendendomi conto che si tratta di un coltello. In meno di tre secondi sono già fuori dal letto e sto andando verso la porta, visto che qua dentro non ho nessun’arma. Apro la porta ma una mano la chiude subito. Mi gira di scatto spingendomi verso la porta per non farmi scappare. Cerco di urlare, ma mi mette subito la mano davanti la bocca, facendomi respirare a malapena. Lo guardo negli occhi e mi accorgo che è arrabbiato. Ma per cosa? Cosa gli ho fatto? – Ti starai chiedendo il perché – dice lui a bassa voce. – La mia migliore amica – aggiunge subito alzando la mano con il coltello, che trema visibilmente. – Era una vampira. Doveva ancora capire come accendere i sentimenti, ma tu… non glie l’hai permesso. – Cerco di farlo allontanare ma mi sbatte subito di nuovo. Urlo sentendo la maniglia della porta entrare praticamente dentro la mia schiena. – Tu – ringhia passando il coltello lungo il mio collo – hai ucciso un vampiro con quel tuo maledetto coltello – finisce stringendo i denti. – E ora… devi pagare. Ho sentito che hai ancora il veleno del coltello di Whitesun nel corpo e ho letto da qualche parte che una Whitesun può morire dissanguata quando il veleno è ancora in circolo.  Basta solo procurarti una ferita abbastanza profonda – mormora graffiandomi il collo. Urlo ancora di più, ma purtroppo è tutto insonorizzato dalla sua mano, che trema sempre di più. – Quella ragazza si meritava di vivere. Lo meritava davvero. Tu… tu non lo meriti più.
La lama del coltello mi fa un taglio enorme sul collo. Cado a terra sentendo ogni singola cosa, soprattutto il sangue fuoriuscire dal mio collo così velocemente che mi fa ancora più paura. Cerco di respirare, ma non riesco nemmeno a ispirare.
Si mette accanto a me. – Non devono sapere che sei morta – mormora. – Sennò ci rimetto io. – Mi prende in braccio e mi sento sempre più leggera.
Qualcuno bussa alla porta. – Cassie, sono tua cugina – dice Lucy. Faccio per dire qualcosa quando mi rendo conto di non riuscire nemmeno più a parlare. – Dai, per favore, apri – continua lei.
Chiudo gli occhi sentendo le palpebre sempre più pesanti. – Cazzo! – esclama Cody a bassa voce, e i miei occhi si aprono di nuovo. Mi lascia sul letto e scappa dalla finestra. Le palpebre si chiudono un’altra volta e questa volta le lascio fare.
 
Mi alzo di scatto prendendo una boccata d’aria. Mi guardo intorno e scoppio a piangere vedendo tutto il mio sangue sul letto e per terra. Mi metto una mano davanti, non mi capacito di quello che mi è appena successo. O meglio, che mi è successo la sera prima, visto che adesso è mattina. Corro verso la porta in cerca d’aiuto.
– Ma che…? – urla Cody.
Mi giro di scatto e apro la porta iniziando a correre più veloce che posso, mentre lui continua a chiamarmi. – Aiuto! – urlo io, sperando che non siano già tutti usciti. Cerco di chiamare l’ascensore con l’intento di chiudermi dentro di esso, ma non arriva, così decido di salire le scale per andare nell’ufficio di Louis. Manca poco ormai all’ufficio, ma Cody riesce a prendermi.
È in preda al panico, continua a ripetere: – Cosa faccio ora? – puntandomi il coltello al collo un’altra volta.
– Niente – gli risponde Louis, appena fuori il suo ufficio.
Cody sussulta e piange. – Cazzo – dice a bassa voce – Lei ha ucciso la mia migliore amica! – tuona.
Chiudo gli occhi cercando di non piangere. – Non l’ha fatto apposta, Cody – esclama Louis. Cody scoppia a piangere, le sue braccia si abbassano e così mi giro verso di lui proprio mentre sta cadendo a terra. Mi metto una mano davanti la bocca pensando a tutto il male che ho procurato. – Spostati – mormora Louis mettendomi da parte. Si abbassa e allontana il coltello di Cody, mentre io continuo a singhiozzare.
Mi rendo conto di star correndo solo dopo essermi trovata davanti la porta di Jeremy, che apro di scatto. Jeremy si alza dal letto, ancora assonnato. – Oddio… Cassie, cosa vuoi? – chiede ancora in pigiama.
Vado da lui piangendo. – Fai schifo! – tuono spingendolo.
Ride. – Me l’hai già detto, tipo tremila volte – ribatte lui sorridendomi, lo spingo così forte che a malapena riesce a reggersi in piedi e così la sua espressione da stronzo scompare.
– Tu lo sapevi! – tuono io. – Sapevi che ero morta! – Lo spingo un’altra volta così da farlo indietreggiare ancora di più. – Non sei venuto. Sei rimasto qua, mentre io morivo dissanguata. Sei rimasto qua, mentre io mi svegliavo nella pozza del mio stesso sangue. Sei rimasto qua, mentre io cercavo di scappare da Cody. – Lo spingo un’altra volta nonostante ormai si trovi attaccato al muro.
– Lo capisci che non ti voglio salvare? – urla lui stringendomi i polsi. – Perché dovrei?!
– Perché sei la mia anima gemella! – tuono io  cercando di liberarmi dalla sua presa.
– Lo ero! – esclama lui con ancora il tono alto e avvicina il suo viso al mio senza nemmeno accorgersene. – Non lo sono più! Non provo più niente per te. Cos’è che non capisci?!
Sento il mio mondo cadere. – Mi manchi come l’aria – mormoro io per ricordargli quello che mi ha detto un po’ di tempo fa.
Serra le labbra facendole diventare una linea finissima. – Non farlo – ringhia lasciando andare i miei polsi. – Non succederà niente.
– Ah no? – chiedo io prendendo il suo viso. – So che puoi provare qualcosa! – esclamo io con le lacrime agli occhi. – Io ti amo, Jeremy.
Rimane in silenzio e serio per un po’ di tempo, poi fa un sorriso inquietante. – Lo sapevo – dice togliendomi le mani dal suo viso. – Sapevo che mi amavi, avevo solo bisogno di sentirlo. – Aggrotto la fronte sperando di aver capito male. – Te l’ho detto: io non provo niente per te. Sei solo una ragazza che mi voglio fare.
Deglutisco sentendo quelle parole. – So che questo non sei tu – mormoro e lui ala le sopracciglia ridendo come risposta. – Non farlo, Jeremy.
– Perché non capisci una volta per tutte che non m’interessi più? Perché non te lo ficchi in testa?! – Si allontana un po’. – Io ti guardo… e provo solo rabbia – aggiunge avanzando, mentre io adesso inizio ad indietreggiare. – Ti vedo e vedo quello schifo di vampiro, e sai una cosa? Quando ti ho vista a terra… Quando ti ho vista là, ho pregato Dio che fossi morta. – Un piccolo singhiozzo esce dalla mia bocca. – Perché non eri altro che un pensiero fisso nella mia mente e ogni parte del mio corpo voleva che scomparissi. – Sento la porta dietro di me, così mi fermo. – E quando ti ho vista là, per terra, ho sperato veramente che tu fossi morta.
Una lacrima riga il mio viso bollente. Gli do una spinta e così lui indietreggia ridendo. – Non vali niente! – sputo io. – Sei solo un ragazzino che vuole andare a letto con qualcuno. E sai cosa penso? Penso che tu sia disturbato. – Ride a quest’affermazione, ma non m’interessa. – Esattamente! Lo sei. Avevano ragione gli altri. Sei diventato pazzo. Ed è tutta colpa del tuo potere e tua, perché sei troppo debole pure per il tuo stesso potere.
Smette di ridere e così me ne vado, sapendo che ora sono riuscita a ferirlo almeno un po’.

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Capitolo 39
*** A fuoco ***







Capitolo 39
A fuoco

– Sveglia! – urla Ivy. Mi alzo di scatto e sono pronta a prenderla a cazzotti, ma mi rendo conto che è solo Ivy e quasi mi sono abituata alle sue alzate mattutine, quindi la guardo solo male. – Senti – inizia lei come se niente fosse, - mio padre ha detto che abbiamo una missione. In teoria dovevi farla con Jeremy, ma ovviamente non vuole. In più sta sera devi uscire con i tuoi amici, quindi ti devi preparare e, calcolando il fatto che sono le undici di mattina, siamo in ritardo.
A quanto pare mi ha organizzato tutta la giornata, fantastico. Sbuffo e mi alzo dal letto, poi scendiamo giù per fare colazione.
– Ehi! – ci saluta Harry con la mano.
Gli sorrido e lo saluto con la mano, mi ricordo che ancora non l’ho ringraziato per avermi salvato la vita e lo sto per fare ma rivolgo un’altra volta lo sguardo davanti a me e vedo Jeremy, quindi tutte le mie buone intenzioni se ne vanno e Harry scompare. La mia anima gemella a quanto pare ha una nuova conquista, che novità! – Mi dispiace – s’intromette Ivy, ormai accanto a me.
– Non esserlo – borbotto io e gli passiamo accanto senza che lui si accorga di me. Meglio, così almeno non fa le sue solite battutine.
Facciamo colazione molto lentamente, o almeno io provo a farlo e Ivy continua a ripetermi di sbrigarmi perché sennò non riusciamo a fare in tempo per l’uscita di sta sera. Quindi continuo a mangiare in macchina anche quando siamo arrivate davanti la casa delle sirene dove dobbiamo fare un’ispezione, fino a quando Ivy mi toglie il cibo dalle mani, lo butta a terra e mi trascina fuori dalla macchina borbottando qualcosa.
– Aprite! – urla Ivy bussano alla porta, sembra quasi volerla spaccare ed è assurdo come diventi una persona completamente diversa quando va a lavoro. Anche se alla fine tutti noi cambiamo, tranne Jeremy, che è stronzo anche quando non lavora.
La porta si apre subito facendoci vedere un uomo sui trentacinque anni. – Cacciatori – borbotta, irritato. – Cosa posso fare per voi? – chiede mettendo un finto sorriso, poi si fa da parte. – Vi prego, entrate. – Io e Ivy ci guardiamo per un po’ e poi entriamo. Chiude la porta sorridendo. – Quindi, cos’è successo?
– Abbiamo degli ordini – risponde Ivy freddamente guardando il capo-sirena, mentre do un’occhiata alla casa molto rapidamente per cercare di non infastidire nessuno. È così che abbiamo programmato la missione: lei parla con il capo e io controllo.
– Io vado a vedere in giro – mormoro a Ivy, che annuisce, così guardo il capo che è obbligato a darmi il consenso di fare il giro delle camere fino a quando non sono sicura al cento per cento che sono puliti. Impugno la spada e maledico Louis mentalmente, perché mi ha obbligata a usare solo ed esclusivamente la spada. La spada è il simbolo dei Cacciatori, mi ha detto anche sta mattina come tutte le volte che ho una missione, se non la sai usare come se fosse un’estensione del tuo braccio allora non potrai mai e poi mai usare le altre armi.
Mi dirigo in cucina e mi guardo attorno. Aggrotto la fronte e il mio cuore salta un battito quando vedo alcune macchie rosse. Mi avvicino ancora di più per accertarmi che si tratti di sangue: l’odore è quello del sangue e la consistenza anche, ma deve essere di alcuni giorni fa. Mi schiarisco la voce e urlo: – C’è del sangue qua!
La casa è molto silenziosa, quindi appena sento un urlo sussulto e corro in salone, perché sono sicura che si tratti di Ivy. Mi fermo di scatto per non andare addosso a una donna dai capelli scuri che m’intima: – Io non mi muoverei se fossi in te. – Si mette esattamente davanti a me e sorride, mettendo in bella mostra i suoi canini da vampira.
– Ah, ecco – borbotto io impugnando bene la spada. – Allora avevamo ragione. – Non faccio in tempo ad alzare la spada che la vampira non è più davanti a me, bensì dietro.
– Ti posso rompere il collo in meno di tre secondi – ringhia lei a bassa voce. Forse pensa di farmi paura, spera che io mi metta a tremare e pregarla di non uccidermi. Ma non mi conosce e non sa niente di me. Può sperare quanto vuole, non avrà mai niente da me se non una morte lenta e dolorosa.
Scoppio a ridere. – Non sai con chi stai parlando, succhia-sangue.
Questa volta è lei a ridere, ma è così falsa che diventa ancora più ridicola. – E chi saresti? – mi chiede. – La Whitesun? – butta là scoppiando a ridere. A questo punto scoppio a ridere insieme a lei e così smette subito, s’irrigidisce. – Non ci credo – ringhia lei. Sorrido e alzo le sopracciglia, vorrei poter vedere la sua espressione in questo momento e vorrei che lei vedesse la mia. Ma non si può, perché in meno tempo possibile mi giro e la sua testa è a terra, staccata dal suo collo. Molto meglio a terra, comunque.
Il senso di benessere se ne va subito quando mi accorgo che Ivy è a terra, ricoperta di sangue. Il mio cuore fa un balzo e sembra essere rotto mentre il mio corpo è già partito verso tutti quei mostri che stanno sopra di lei. Con la spada lascio dei piccoli tagli su ogni mostro sopra di lei, essi urlano e si girano verso di me. Gli sorrido per cercare di farmi forza. Li devo uccidere, poi potrò andare da lei. Ma in pochi secondi sono a terra e non riesco a respirare, alzo la spada ma riesco solo a fare un piccolo taglio sul fianco del mostro di destra, che urla indietreggiando. In questo modo riesco ad uccidere quello che sta subito dopo di lui e a ferire gli altri, che indietreggiano.
Così riesco finalmente ad alzarmi, tutti i demoni continuano a indietreggiare con una sola sirena accanto: il capo. – Attaccate! – urla lui. Corro verso di lui ma i mostri iniziano a mordermi le gambe e così, lasciando uscire un urlo dalla mia bocca, infilzo la spada nella prima testa del mostro che vedo. Sono così arrabbiata che riesco a uccidere anche gli altri e quando mi manca solo il capo gli lancio un’occhiataccia. – Toccami e avrai vampiri su vampiri pronti a darti la caccia – mi avvisa lui.
Mi avvicino senza pensarci. – Dovresti sapere che odio i vampiri – ringhio io e lo spingo così forte che va addosso al muro. – Ma soprattutto, dovresti sapere che odio anche voi sirene. – Inizia a urlare qualche nome e così lo ferisco infilzando il coltellino che ho nella cintura nel suo addome. Egli cade a terra e sussulta per il dolore, così ne approfitto e gli tiro un calcio per poi prendere la spada e ucciderlo del tutto.
Mi giro verso Ivy, che respira a malapena. Corro verso di lei con il cuore all’impazzata, non riesco a capire! Perché non è riuscita a difendersi?! Mi accorgo di star piangendo quando sono seduta vicino a lei. Ha dei morsi di vampiro. Cerco di prenderla in braccio ma sono troppo piccola e lei è troppo grande, quindi la trascino fuori praticamente correndo, pensando che se ce l’ho fatta con Jeremy ce la posso fare anche con lei. La faccio sdraiare nei sedili posteriori della macchina e parto a razzo. Vado così veloce che in dieci minuti siamo davanti l’Istituto.
– Aiuto! – urlo io mettendole un braccio sulle mie spalle e trascinandola un’altra volta verso l’Istituto. – Aiuto! Vi prego! – Louis e dei dottori corrono verso di noi. – Ci hanno attaccate – annuncio subito dando Ivy ai dottori. – L’hanno morsa. Le ho iniettato un po’ di acqua santa non sapendo…. Non so perché glie l’ho messa, dopotutto noi non possiamo diventare vampiri, ma non sapevo…
– Va bene così – mi ferma Louis con le lacrime agli occhi. – Va bene così – ripete a bassa voce prima di correre dentro l’Istituto per stare insieme a sua figlia.
Non posso entrare là dentro, mi sento troppo in colpa per tutto quello che è successo. È colpa mia, non la dovevo lasciare sola. Non pensavo… Pensavo potesse cavarsela da sola. Ed è così, lo so! Devono averla presa alla sprovvista o qualcosa… Già posso sentire le urla di Isaac mentre chiama il suo nome. Mi metto le mani davanti alla faccia pregando Dio di non farla morire, non posso farcela senza di lei.
– Cassie – mi chiama una voce che ora come ora non posso proprio ascoltare. Jeremy esce dall’Istituto con un sorriso stampato in faccia. – Che è successo?
Non gli rispondo e mi alzo per entrare dentro l’Istituto, perché preferisco stare là dentro che qua fuori con questo mostro. Una volta entrata dentro l’Istituto non posso non andare nell’area dell’Istituto riservata all’ospedale. – Come sta? – chiedo vedendo Isaac fuori dalla sala d’operazione.
– Com’è successo? – urla lui piangendo. – Come hai fatto? Dovevate stare insieme! – urla.
Indietreggio perché so quanto il dolore possa farci fare cose che non vogliamo realmente fare, e so anche che questo ragazzo può essere veramente letale come Cacciatore, quindi figuriamoci come semplice umano. – Mi dispiace. Ero andata a controllare e…
– Ecco! – tuona lui prendendomi le braccia e stringendole più del dovuto. – Non dovevi farlo! Perché siete così stupide?! Non dovevate! – Mi spinge ma per fortuna riesco a rimanere in piedi, mentre lui cade a terra piangendo. Faccio un passo verso di lui, perché il mio primo istinto è quello di consolarlo e scusarmi, ma decido di lasciarlo stare e andarmene.
Entro dentro la macchina più arrabbiata di prima e l’accendo anche se so che quello che sto per fare è una missione suicida. Parto e mi fermo solo una volta arrivata nella casa di quelle maledette sirene. Apro la porta senza chiedere il permesso. – Fatevi vedere! – tuono io, senza ricevere alcuna risposta. – Vampiri schifosi, fatevi vedere! – Avverto un movimento d’aria e così mi giro di scatto, ma non c’è nessuno. – Siete tutti uguali. Tutti con gli stessi giochi schifosi.
– Vuoi morire, per caso? – chiede qualcuno, ormai davanti a me.
Non sussulto, non gli darò mai questa soddisfazione. – Perché fate quello che fate? Dovreste essere morti da un po’ ormai – ringhio io.
Ride avvicinandosi a me, tocco la mia spada cercando una qualche rassicurazione da parte di essa. – C’è qualcuno – dice il vampiro avvicinandosi ancora di più – che è molto arrabbiato con te e… sai com’è, io non avevo una famiglia e lui è venuto da me e mi ha detto quello che potevo fare. Quello che potevamo fare insieme se solo avessi deciso di non provare più niente. – Sorride. – Vuoi sapere cos’è questa cosa che dobbiamo fare? Ucciderti.
Sentendo quella risposta tolgo la mia spada dal suo fodero, ma un secondo dopo sono già a terra senza spada. Tossisco sentendo ogni singola ossa rotta. – Ciao, Whitesun – mi dice un altro. Mi alzo ma il secondo dopo il vampiro mi tira un calcio così forte da mandarmi a sbattere contro la parete, molto lontana dal punto in cui stavo. Tossisco un’altra volta, incapace di respirare regolarmente. Mi guardo intorno per cercare di capire quanto la situazione sia grave: un vampiro ha preso la mia spada, così afferro il mio coltello, ma poco dopo qualcuno me l’ha già preso. Mi alzo un’altra volta, ma ormai non c’è più nessuno.
– Ti piacerebbe – esclama qualcuno dietro di me. Mi da un calcio così forte da farmi letteralmente volare fino ad andare a sbattere contro la parete opposta. Una volta a terra urlo, sia dal dolore che a causa del vampiro che sta proprio sopra di me che sta alzando la mia stessa spada, pronto a uccidermi. Poco dopo però lo sento urlare e quando metto a fuoco mi rendo conto che sta andando a fuoco. E i suoi amici lo raggiungono poco dopo.
Alzo lo sguardo dopo aver visto la fiamma scomparire. Ora tutti i vampiri corrono per la casa mentre vanno a fuoco e c’è una persona davanti alla porta d’ingresso. Un ragazzo: Jeremy. Solo quando i vampiri scompaiono del tutto Jeremy inizia a parlare. – Non pensavo fossi così stupida – esclama avvicinandosi a me. – Venire qua da sola…– Ride. – Sei una ragazzina impulsiva. Una ragazzina stupida e impulsiva.
Sento la rabbia bollire dentro di me. – Che ci fai qua? – chiedo, perché mi da così fastidio! Se proprio avevo bisogno di essere salvata, non poteva farlo qualcun altro?!
– Louis quando non ti ha vista ha capito subito e mi ha mandato qua con la forza – risponde lui e non ne sembra molto contento, chissà perché. Annuisco passandogli accanto per uscire dalla casa. Non c’è più niente da salvare, ormai. – Un “grazie” non farebbe male, lo sai? – mi chiede ironicamente, ormai accanto a me.
– Ah, giusto – esclamo io aprendo lo sportello della macchina. Entro. – Allora quando arriverò all’Istituto andrò a ringraziare Louis. Ma grazie per avermelo ricordato. – Fa un sorriso forzato e così anch’io. Accendo la macchina e parto senza pensare nemmeno al fatto che era un po’ troppo vicino alla macchina e che avrei potuto fargli male.
 
Ormai sono ore che sto accanto a Isaac e Louis, mentre aspettiamo che Ivy si svegli, ed è un’agonia.  Ha perso molto sangue ha detto il dottore, ci metterà un bel po’ a svegliarsi. Ogni secondo mi sembra un’ora e non ce la faccio più ad aspettare. Devo vederla respirare un’altra volta. – Forse dovresti andare a farti una doccia – mormora Louis, così a bassa voce che quasi non lo sento. – Non puoi presentarti così quando si sveglierà.
Lo guardo, confusa. – Perché no?
– Perché sei ricoperta del suo stesso sangue – risponde Isaac freddamente continuando a guardare davanti a lui. È ancora arrabbiato con me, mi da la colpa, e questo non fa altro che farmi stare più male. Non capisce. Non mi sono mai dovuta preoccupare per gli altri, ho sempre saputo che loro se la sarebbero cavata sicuramente meglio di me, soprattutto Jeremy. Ma Ivy non è Jeremy.
Mi alzo, pronta per andarmene, quando mi ricordo di una cosa. – Ah, Louis, Jeremy mi ha raccontato quello che hai fatto per fare in modo di salvarmi la vita. Grazie. Anche se sinceramente non so come tu sia riuscito a farlo venire da me contro la sua volontà.
Louis alza lo sguardo su di me e il mio cuore fa un balzo: è assurdo come sembri più vecchio in questo momento. – Cassie, io non ho detto niente a nessuno – mormora lui. A quel punto collega il tutto e si alza dalla sedia. – Salvarti la vita? Che hai combinato questa volta?
Aggrotto la fronte. – No. No… – mormoro io, non capendo. – Tutto questo non ha senso.
Louis si mette le mani davanti il viso e lo sfrega. – Non posso pensare a questo adesso. Non ho la forza di parlare, figuriamoci di sgridarti. – Si siede. – Vai a cambiarti, per favore.
Faccio alcuni passi indietro continuando a guardare Louis in cerca di una risposta, ma lui in realtà non sa nemmeno la domanda. Quindi guardo Isaac, che però sembra non aver ascoltato una parola della nostra conversazione. Mi vengono le lacrime agli occhi sentendo la speranza riaccendersi dentro di me, perché questo significa che Jeremy è venuto di sua spontanea volontà.
 
Sto leggendo su una poltrona, nel salone dell’Istituto, per cercare di tranquillizzarmi un po’, anche se sembra abbastanza impossibile. Christian continua a saltare sulla poltrona accanto alla mia e a parlarmi, e questo non fa altro che distrarmi dalla mia lettura, ma non so ancora se sia una cosa negativa o meno. Non posso pensare a Ivy, non posso pensare a Jeremy, ma posso pensare a Christian e al mio libro.
– Cassie, guarda! C’è Jeremy! – esclama Christian andando incontro a Jeremy, che lo abbraccia. A quel punto Christian lo prende per mano e lo trascina verso di me. – Allora? Che facciamo?
– Che significa? – chiedo io chiudendo definitivamente il libro. – Piccolo, che significa?
– Non sono piccolo – mi rimprovera Christian distaccandosi da Jeremy e facendo il finto offeso.
Gli accarezzo la guancia sorridendo. È così carino! Da grande farà morire le ragazze d’infarto, ma per ora… – Per me sarai sempre il mio piccolino – ribatto io sorridendogli, mentre lui invece mi fa la linguaccia. Scoppio a ridere, ma dura poco, perché sento Jeremy ridere tanto quanto me e un brivido passa per tutto il corpo. Alzo lo sguardo su di lui mentre continua a ridere.
– Usciamo, Grande Uomo – risponde poi Jeremy.
– No. Jeremy, io non so se…
– Non me ne frega niente – risponde Jeremy fermandomi. Mi sorride come un innocente.
– Il bambino è anche sotto la mia protezione. Non puoi fare come ti pare! – dico io, irritata. Alza le sopracciglia come per dire “ah, davvero?” – Portalo fuori d qua e lo dirò a Louis, Jeremy. Non hai il diritto di fare tutto questo.
Jeremy ride. – Come se avessi paura di Louis – risponde.
Mi alzo, ancora più arrabbiata. – Perché cazzo t’interessa Christian? – urlo io e a questo punto tutti iniziano a fissarci, ma per la prima volta non m’interessa, perché l’incolumità di Christian è molto più importante della mia timidezza. – Sei ridicolo! Non provi più niente, eppure porti lui fuori! Ormai dovresti sapere che non hai più nessun diritto su di lui, perché sei così insignificante per quest’Istituto che non hai più la sua tutela. E sai quando te l’hanno tolta? Quando non ha più potuto dormire insieme a te, perché non riuscivi nemmeno a controllare il tuo stesso potere.
– Attenta – ringhia Jeremy avvicinandosi a me, come per spaventarmi, ma stranamente non lo sono affatto.
– Jeremy – lo chiama una ragazza. Lui alza gli occhi al cielo e si gira verso di lei, la guarda e sta cercando di farle capire che non gli interessa. – Dobbiamo parlare – ringhia lei, perché a quanto pare è stupida, ma fino a un certo punto.
– Dovreste smetterla di litigare – borbotta Christian quando la ragazza prende Jeremy e lo trascina via. – Non sono piccolo e stupido. Non capisco perché tu ce l’abbia tanto con lui, ma ci rimane male ogni volta che lo tratti male. – Mi guarda e per pochi secondi mi sembra di vederlo più grande, perché questa conversazione non è da lui ed è così strano vederlo arrabbiato. – Io vado da Jeremy.
– No, Christian… – esclamo io alzandomi dalla poltrona, cerco di prendere il suo braccio ma è più veloce di me e se ne va. Jeremy si gira verso di noi, così mi risiedo guardando negli occhi. Capisce che lo sto avvisando e mi annuisce, facendomi capire che ci pensa lui e fa segno a Christian di raggiungerlo.
Poi però un rumore assordante mi spaventa così tanto che mi butto a terra e mi copro le orecchie con le mani.  Quando riprendo il controllo del mio stesso corpo, apro gli occhi e riesco a sentire la gente urlare. Christian è ancora a terra, Jeremy è ancora lontano da lui e sta coprendo la ragazza e non il bambino. Uno strano rumore di un animale rimbomba nella stanza. Alzo lo sguardo e mi ritrovo a fissare un voltatile enorme sopra di noi, ma soprattutto sopra Christian, visto che sta puntando proprio lui.
Corro da lui senza pensarci due volte. – Cassie, no! – tuona Jeremy, ma ormai sono sopra Christian, lo avvolgo come uno scudo. Poco dopo gli artigli del volatile mi penetrano nella pelle e cerco di non urlare per non far spaventare Christian, ma il dolore è troppo forte.
Ricomincio a respirare solo quando non sento più gli artigli del mostro dentro di me. Il mio corpo si rilassa, nonostante i pianti di Christian. Sono troppo scioccata e malconcia per girarmi per vedere cosa sta accadendo nell’Istituto. Strizzo gli occhi sentendo di nuovo quella sensazione orribile della mia carne che viene tirata all’infuori a causa degli artigli. Tutto d’un tratto però non mi sento più a terra.
Urlo vedendo tutto dall’alto e sentendo delle parti della mia schiena strapparsi. Guardo Jeremy, che fa altrettanto, così bianco che sembra star per svenire; infatti poco dopo si aggrappa a qualcosa dietro di lui. A quel punto il mostro mi lascia cadere a terra da una distanza spaventosa. Una volta a terra il mio urlo cessa così in fretta che tutti trattengono il respiro. Riesco a sentirli, o meglio riesco a sentire che nessuno sta respirando. Ogni singola persona è in silenzio e sta trattenendo il respiro. Ma sto così male che non posso nemmeno urlare per il dolore. Sto male. Mi sembra tutto schiacciato dentro di me e non riesco a respirare.
Mi girano per fare in modo che stia a pancia in su, ma non riesco a respirare nemmeno così. – Cassie – mi chiama Jeremy mettendosi accanto a me. – Cassie – ripete più forte prendendomi il viso. Mi lamento e inizio a toccarmi il torace e la pancia per fargli capire che non riesco a fare nient’altro oltre che a questo. – Ok, ok. Ho capito. Ho capito – ripete lui più volte. Mi guarda negli occhi e poi lo abbassa. – Ti uscirà più sangue. Io non so… Non so cosa fare.
Il volatile urla e poi c’è uno schianto, che mi fa pensare che il mostro sia caduto a terra. Jeremy continua a guardarmi le ferite scuotendo la testa. Poi mi viene in mente Christian. – Chris… – bofonchio io.
– Sta bene. Sta bene – risponde Jeremy con il petto che gli si alza e si abbassa velocemente. – Grazie a te, sta bene.
– Ragazzi! – urla qualcuno, Jeremy posa lo sguardo da un’altra parte, molto probabilmente al ragazzo che ha appena parlato. – È per tutti noi – urla. – C’è scritto “Voi uccidete noi e noi vi faremo la guerra”.
Aggrotto la fronte sperando di aver capito male, ma quando qualcuno urla: – Siamo tutti fottuti! – mi accorgo che purtroppo ho sentito fin troppo bene.
– Ragazzi! – urla Jeremy. – Non entrate nel panico. Siamo Cacciatori, siamo guerrieri. Chiunque voglia mettersi contro di noi, si mette anche contro gli Anziani. Non ci dobbiamo preoccupare. Ora ci dobbiamo preoccupare delle persone ferite e di quel volatile.
– Cassie! – urla Scott, che in pochi secondi è accanto a me. – Perché non l’hai ancora portata in infermeria? – tuona guardando Jeremy. – Coglione che non sei altro – ringhia prendendomi in braccio. – Fai tanto il leader della situazione quando non salvi nemmeno la tua anima gemella.
– Stai attento, Scott! – ringhia Jeremy prima di lasciarlo per farci andare in infermeria.
– Muori, coglione – risponde Scott prima di andarsene.
 
Entro in camera arrabbiata, perché mi hanno un’altra volta proibito di fare qualsiasi cosa e io odio stare qua dentro a non fare niente. Se iniziassi a non fare niente, i ricordi e i pensieri inizierebbero a torturarmi, cominciando da mia madre e finendo con Jeremy. Il problema è che tra queste due persone ci sono veramente troppe altre persone in mezzo, che sono morte.
Prendo dei jeans corti e una canottiera e li butto sul letto, mi slego i capelli e inizio a torturameli per cercare di calmarmi almeno un po’. Mi tolgo la mia maglietta e prendo la canottiera quando qualcuno parla. – Non dovresti farlo davanti a me.
Mi giro di scatto, spaventata, e il mio cuore fa un balzo. – Che ci fai in camera mia?! – tuono, arrabbiata.
– Volevo prenderti un po’ in giro – risponde lui facendomi un sorriso malizioso. – Ma vedo che hai da fare – aggiunge indicandomi con il mento. – Rimango in silenzio e mi metto il giacchetto che era di mio padre. – Bel giacchetto – esclama lui. – Forse è un po’ troppo grande. – Rimane in silenzio per un po’, veramente troppo poco per i miei gusti. – A chi è che vuoi far sapere che hai un presunto ragazzo?
– Non sono affari tuoi – ringhio io andando in bagno per truccarmi. – Dopotutto non sei più la mia anima gemella, no? Allora perché non te ne vai da qualche parte? Possibilmente da qualche parte che sia il più lontano possibile da me.
– Perché? Ti do fastidio? – chiede lui, ma mi sta solo prendendo in giro. Forse è l’unica cosa che non è cambiata in lui: gli piace ancora darmi fastidio.
– Veramente sì. E poi non sei quello che esce tutte le sere per fare sesso con una ragazza diversa? – rispondo, spero che questo lo faccia allontanare, perché è veramente difficile parlare con lui ormai.
– Vero – dice ridendo. – Ma oggi non mi va molto di uscire… Non so come tu faccia ad uscire dopo tutto quello che è successo.
Mi giro verso di lui, arrabbiata, perché oltre a darmi fastidio mi vuole pure far sentire in colpa. – Non è successo niente oggi – ribatto freddamente. Vuole farmi stare male, ma non ci riuscirà. Non adesso.
– Ah no? – chiede ironicamente. – La tua amichetta è quasi morta, i tuoi amici ce l’hanno a morte con te, la tua anima gemella non ti ama e stavi per essere uccisa da un uccello volatile. Questo ti sembra niente?
Gli lancio un’occhiataccia. – Quello che mi succede non sono affari tuoi – ringhio io spostandolo per tornare in camera mia e mettermi degli orecchini che mi aveva comprato mia madre per il mio quindicesimo compleanno. Vado dritta verso la porta, tocco la maniglia e sento essa bruciare, così indietreggio subito. – Sei stato tu, vero? – chiedo io. Fa spallucce. – Perché? Cosa vuoi da me? – urlo, arrabbiata.
– Voglio che mi guardi in faccia – risponde lui. – Sto cercando di essere carino con te.
Scoppio a ridere. – Carino? – tuono. – E come? Ricordandomi tutte le cose brutte che sono successe per farmi sentire in colpa?
– Sto cercando di capire quanto stai soffrendo! – urla lui avvicinandosi a me.
– Lasciami stare, Jeremy! – sbotto. – Lasciami andare. Mi hai fatto capire come stanno le cose, ora perché devi cercare di farmi cambiare idea un’altra volta?! Cosa c’è che non va in te? – Rimane in silenzio a guardarmi. – Lasciami stare – mormoro prima di toccare un’altra volta la maniglia, che questa volta è fredda, e andarmene.
 
Entro nel ristorante ancora un po’ scossa per quello che è successo con Jeremy. Prima o poi dovrò mettere le cose in chiaro con lui una volta per tutte. Deve capire che non voglio più parlargli, che non ha il diritto di fare le sue solite battutine, che non posso reggere ancora per molto questa situazione. Vorrei sperare in un suo ritorno e me lo sta quasi facendo credere, ma ho paura che si tratti di un altro dei suoi giochetti e non posso permettermi di soffrire ancora di più a causa sua.
– Cassie, qua! – urla Austin alzandosi dalla sedia e un braccio per farsi notare. Ci salutiamo tutti, Abby non si sforza nemmeno di sorridermi, ma Dan invece lo fa ed è così caloroso che tutta la rabbia quasi se ne va. Sono contenta che sia qua con noi. Mi siedo accanto ad Austin, che sta davanti ad Abby. Più la guardo e meno mi convince.
– Quindi – inizia Abby spezzando il silenzio tra noi che si è creato da quando ci hanno portato da mangiare, – avete intenzione di controllarci tutta la serata?
Mi schiarisco la voce, già irritata da questa sua mania di protagonismo. – Scusami? – chiedo. – Sono qua per stare con Austin, non per controllarvi. Quello che fate non sono affari miei, soprattutto quello che fai tu.
– Ah no? – chiede Abby. – Perché sembrerebbe di sì.
Le lancio un’occhiata e non sono l’unica. – Abby – l’ammonisce Dan, già stufo della situazione.
– Che vorresti dire? – chiedo io continuando a rimanere calma, anche se la ragazza qui presente mi rende il tutto veramente difficile. Mi chiedo cosa ci trovi Austin in lei, forse il suo comportamento da ragazza persa… Ad Austin è sempre piaciuto aiutare il prossimo, ma mi chiedo se questa volta ne valga la pena o no.
– Ragazze… – inizia Austin.
– Che si vede lontano un chilometro che sei ancora interessata ad Austin – sputa Abby, rossa dalla rabbia. A quanto pare non riesce a controllarsi tanto quanto me. Forse non dovrei farlo nemmeno io allora.
– Come, scusa? – chiedo io spalancando gli occhi. – Io ed Austin siamo solo amici, non sono affatto interessata a lui in quel senso.
– Ah no? – esclama lei alzando la voce. – Ma per piacere, non sono cieca – esclama lei nello stesso momento in cui io le dico: – Datti una calmata. Stiamo in un ristorante e indovina? Non siamo animali. – Rimaniamo per pochi secondi a guardarci negli occhi. – Non sono stupida, Cassie. Vedo come lo guardi e lo fai proprio davanti a me, come se mi stessi prendendo per il culo.
Faccio una mezza risata. – Ti prego, smettila di dire ogni singola cosa che ti passa per la mente e inizia a pensare. Pensare sul serio, non come stai facendo adesso.
– Mi stai dando della stupida? – ringhia lei alzandosi dalla sedia. La seguo e così ride. – Che vuoi fare? Menarmi? Ma per piacere!
Faccio per ribattere quando Austin ci ferma. – Ok, basta così! – esclama. – La volete finire?
– Non posso credere che tu mi abbia veramente invitato a cena per stare con questa – ringhio io guardandolo male. Appena si gira verso di me cerco di ricordargli tutto quello che gli ho detto su di lei, perché ora so che avevo ragione pure prima di conoscerla.
– Questa ha un nome! – urla lei alzandosi un’altra volta dalla sedia e i secondi dopo sono i peggiori, perché non ci vedo più dalla rabbia e potrei quasi saltare sul tavolo e menarla. Ma come ho detto prima, non siamo animali, e anche questa volta riesco a resistere.
– Mettiamola così: non m’interessa – ringhio io abbassando la voce e guardandola in cagnesco.
– Ok, ok – esclama Dan alzandosi. – Perché non ci calmiamo? Non c’è bisogno di fare una scenata del genere. Abby, la stai attaccando per nulla. Sei solo paranoica. Se solo…
– Cassie, ciao! – esclama Jeremy posando le sue mani sul nostro tavolo. Sussulto e mi giro verso di lui, che mi sorride maliziosamente. Rimango in silenzio con la bocca spalancata. Mi ci manca solo lui, se inizia con le sue battutine è finita. Sto cercando di salvarti il culo, quindi rispondimi e dimmi di sedermi con voi mi dice lui nella mente.
– Ciao – dico io. – Jeremy – aggiungo. Lui alza un sopracciglio, come per incitarmi ad andare avanti, e così lo faccio. – Perché… perché non ti siedi con noi?
Jeremy sfoggia un sorriso mozzafiato, facendomi capire che è felicissimo di questa mia proposta, o almeno sta fingendo di esserlo. Non capisco perché però. – Con piacere! – esclama sedendosi vicino a me. Guarda Austin, poi Dan e infine Abby. – Piacere, Jeremy – dice porgendo la mano a tutti e tre. – Cassie mi ha parlato molto di tutti e tre.
Tutti si guardano tra di loro, confusi. – Come vi conoscete? – chiede Austin, mentre Abby continua a tenere il muso, anche se sembra essersi calmata e anzi sembra quasi pentita di aver pensato che potesse piacermi Austin, quando conosco un ragazzo come Jeremy.
– Oh – esclama Jeremy sorridendo ancora di più. – Mi ricorda qualcosa questa scena, ma l’ultima volta che ho controllato i ruoli erano inversi – mi sussurra all’orecchio Jeremy. – Come ci siamo conosciuti? Oh, facile! Durante una festa. Lei stava con dei suoi amici e io l’ho puntata sin da fuori il locale. – Il mio cuore fa un balzo e così lo guardo, mentre lui continua a sorridere ad Abby. – Ma quello è stato solo l’inizio. Giusto, Cassie? – mi chiede guardandomi.
Rimango in silenzio a guardarlo dritto negli occhi, perché semplicemente mi sta uccidendo.
 
– Hai visto la faccia di Abby? – chiedo io ridendo, una volta che siamo dentro la macchina da un bel po’ di tempo.
– Io voglio solo vedere la faccia di Louis una volta detto che abbiamo lasciato la macchina dell’Istituto là, davanti a quel ristorante – risponde lui. Rido girandomi verso di lui per guardarlo meglio. – Comunque sì, la faccia di Abby era fantastica. – Rido un’altra volta, prima di guardare fuori dal finestrino.
Mi slaccio la cintura di sicurezza spalancando gli occhi. – Jeremy?! – lo chiamo, spaventata, sporgendomi ancora di più verso il finestrino. L’Istituto è in fiamme.
– Lo so, lo vedo – risponde lui freddamente.
Scendiamo subito dalla macchina, fuori dall’Istituto c’è un sacco di gente e questa è una buona cosa. Questo è quello che mi ripeto per non entrare nel panico, fino a quando non mi ricordo di qualcuno. – Christian! – esclamo, e lo vorrei urlare ma sono così nel panico che a malapena mi esce un sussurro. Inizio a cercarlo con lo sguardo, ma quando non lo trovo prendo di scatto la mano di Jeremy, ancora più spaventata. – Dov’è Jeremy? – gli chiedo con le lacrime agli occhi.
– Lo sto cercando anch’io – risponde lui con lo stesso tono freddo.
Gli lascio la mano e inizio a correre verso un gruppo di bambini. Li giro uno ad uno, fino all’ultimo, poi entro ancora di più nel panico e vado da Louis, che mi dice che stanno cercando altra gente dentro. Questo significa che lui ancora non è fuori. Che sta ancora là dentro. Isaac sta accanto a Louis e tiene Ivy in braccio. Entrambi sono sotto shock tanto quanto me. – No… non è possibile – mormoro io girandomi verso l’Istituto. Mi ritrovo davanti ad esso senza nemmeno averci pensato, cosa che faccio subito dopo.
Qualcuno mi prende il polso per fermarmi e mi fa male. Quando mi giro, in preda ai singhiozzi, mi rendo conto che si tratta di Jeremy. – Dove vai? Non puoi entrare – dice con lo stesso schifoso tono.
– Lasciami! – urlo io cercando di liberarmi dalla sua presa. – Christian è là dentro!
– Lo so – esclama lui continuando a non mollare la presa. – Ma se entri non uscirai nemmeno tu.
Scuoto la testa girandomi un’altra volta verso l’Istituto. Lui non capisce, non può capirmi, dopotutto non prova niente! Non posso lasciarlo là dentro, devo andarlo a cercare anche se può sembrare una missione suicida. Devo provarci, sennò vivrò per sempre con il rimorso di non averlo fatto. Avrò il sangue di Christian sulle mie mani e non posso permetterlo. – Non possiamo lasciarlo così! – tuono io guardando Jeremy negli occhi.
– Cassie, smettila! – urla lui e per la prima volta sembra arrabbiato e preoccupato. – Non possiamo fare niente!
Lo strattono per cercare ancora una volta di liberarmi. – Lasciami andare! – tuono io continuando a strattonarlo.
– Non se ne parla nemmeno – risponde lui ritornando al suo tono freddo. Così inizio a colpirlo sul petto, ma mi prende anche l’altro polso, fermandomi del tutto. Mi strattona e mi tira verso di lui per farmi ragionare. – Smettila! Non puoi entrare. Fine del discorso.
– Perché lo stai facendo? – chiedo io piangendo. – A te non interessa niente. Allora perché lo stai facendo?
Si allontana da me e mi lascia le braccia. – Smettila di fare la ragazzina e agisci come una donna per una volta – ribatte lui.
Il mio cuore si spezza ancora di più sentendo quell’affermazione. – Allora lasciami entrare – mormoro io.
– No – risponde lui incrociando le braccia al petto.
– Spostatevi! – urla qualcuno da dentro.
Jeremy mi prede per le spalle e in pochissimo tempo sto già ad un metro di distanza. Mi giro subito per guardare il pompiere che sta uscendo con in braccio una donna, poi ne escono altri e uno di loro ha in braccio un bambino. – Christian! – urlo io riconoscendo il bambino che non si muove tra le braccia del pompiere con gli artigli. Cerco di andare verso di lui ma Jeremy mi afferra. – Chris… – la mia voce si ferma e inizio a singhiozzare. Cado a terra sentendo tutto il peso di una vita persa, una vita che contava su di me. – Non ti dovevo lasciare – dico a terra con le mani davanti il viso. – Non lo dovevo lasciare.
– Alzati – ordina Jeremy come un comandante ordina al suo soldato di allenarsi. Mi fa alzare con la forza, ci guardiamo negli occhi e poi è troppo: lo abbraccio. Così, senza preavviso. So che non avrei dovuto farlo, so benissimo quello che prova per me: niente. Completamente vuoto, ecco quello che è. Ma in questo momento devo provare ad abbracciare qualcuno. Devo riuscire a dimezzare il mio dolore abbracciando una persona, come succedeva quando io e Austin litigavamo e abbracciavo mia madre. Ma vorrei tanto stare male solo per una litigata.
Come previsto infatti Jeremy non ricambia l’abbraccio. Ci sono solo io che ho le braccia attorno al suo collo, in punta di piedi. In realtà non sto abbracciando nessuno, o meglio non sto abbracciando il mio Jeremy. Questo non è Jeremy, questo è un’altra anima intrappolata nel corpo di Jeremy.
Rimaniamo in silenzio e lontani per tutta l’ora,  mentre aspettiamo anche se non sappiamo bene cosa. Louis continua a ripeterci che ci dovremo trasferire in un altro Istituto per un po’ e che gli Anziani ci avrebbero aiutato a farlo. Quindi andiamo da loro.
– Salve, Cacciatori – dicono tutti gli Anziani facendomi rabbrividire. – Vi manderemo in un Istituto in Canada, precisamente a Toronto. – Tutti iniziano a bisbigliare. – Silenzio, Cacciatori! – esclama l’Anziano, irritato. E così il silenzio invade un’altra volta il palazzo.
Tutti gli Anziani si alzano e chiudono gli occhi; iniziano a recitare delle frasi in greco. Jeremy mi prende per mano e non faccio in tempo a chiedergli spiegazioni che il secondo dopo mi sento catapultata prima in avanti e poi indietro; e così fino a quando non mi sembra d’impazzire. Jeremy mi stringe la mano, la stringo sentendo una pressione alla testa e dei ragazzi urlare più forte di qualsiasi altra cosa mai sentita. Sto voltando. Sto volando nel vero senso della parola, solo che non lo controllo io. Non so dove sto andando. È come stare in un vortice, ti risucchia e non sai più cosa fare, perché in verità non puoi fare niente. Poi tutto d’un tratto cado a terra, su qualcosa di veramente freddo, e subito dopo qualcun altro cade a pochi centimetri da me. Le urla cessano e iniziano i lamenti.
– Dove siamo? – chiedo a Jeremy guardandomi intorno.
– Benvenuti! – esclama una donna con le braccia aperte, come pronta ad abbracciarci tutti. La donna sta sulla quarantina, ha dei capelli biondi che le arrivano fin sopra le spalle, degli occhi verdi e grandi con un filo di trucco. Indossa un completo a righe, con dei tacchi abbastanza alti e neri che la fanno ancora più alta di quello che già è. – Benvenuti nell’Istituto di Toronto. Seguitemi, prego. – Si gira e inizia a farci vedere le camere, che sono identiche a quelle del nostro Istituto. – Quindi… io mi chiamo Josephine Blake, ma voi Cacciatori potete chiamarmi Josephine e basta. – Fa un sorriso forzato. – Questo piano e quello successivo è dedicato a voi. Per fortuna, quest’Istituto è abbastanza grande per ospitare sia voi Cacciatori di Boston, sia quelli di Toronto. – Indica le stanze. – Prego, due persone a camera. Preferibilmente due maschi o due femmine – aggiunge e il suo tono mi fa capire che non è solo preferibile, è obbligatorio.
Mi guardo in giro per cercare Ivy, ma sta già entrando in una camera con Isaac. A quanto pare lei non ha appreso il concetto. – Dai, vieni – borbotta Jeremy trascinandomi dentro una camera. Mi fermo e lo guardo, scettica. – Vuoi rimanere sola? – chiede riuscendo a convincermi ad entrare. – Io prendo il letto a destra – dice poi sdraiandosi su di esso. Lo guardo senza dire niente, perché ho così tanti pensieri che non riesco a dirne nemmeno uno. – Cosa c’è?
Distolgo subito lo sguardo. – Niente – rispondo sedendomi sul mio letto. Mi guardo le mani senza dire altro. Non so dove voglio stare, ma non qua, non insieme a lui. Voglio ritornare nel mio Istituto. Voglio ritornare a Boston. Per qualche strano motivo ho paura.
– Non sembra “niente” questo – ribatte lui cercando di parlare con me, ma faccio finta di non averlo sentito. – Allora? – chiede quindi, irritato.
– Lascia stare, Jeremy! – esclamo io, più irritata di lui. Mi infilo sotto le coperte nonostante sia ancora vestita e aspetto tutto il tempo che ci vuole per calmarmi e far passare questa rabbia improvvisa. – Secondo te chi è stato a dare fuoco all’Istituto? – cambio discorso.
– Non fare come i bambini. Che ne so io?! – risponde lui infilandosi sotto le coperte come me.
– Ho detto “secondo te” – ribatto io, irritata.
– Saranno stati quelli che hanno portato il volatile dentro il nostro Istituto – risponde quindi, ed è strano che si sia arreso così facilmente. Forse è semplicemente stanco.
– È mai successo? Qualcuno vi ha mai detto che vi vuole uccidere? – chiedo io.
Ride. – Ci succede tutti i giorni, Cassie.
Alzo gli occhi al cielo. – Intendo a tutto l’Istituto, cretino – ringhio.
Rimane in silenzio per un po’ e per un momento mi sembra d’intravedere paura nei suoi occhi. – No – risponde freddamente. – No, non è mai successo. – Mi alzo dal letto. – Dove vai? – chiede lui, allarmato.
– Devo vedere se Christian sta bene – rispondo io andando verso la porta della nostra camera.
– Non puoi girovagare per l’Istituto in questo modo. Non alle due di notte – mi ferma lui. – Lo so che sei preoccupata per Christian - lo sono anch’io -, ma non possiamo fare niente per lui – continua sedendosi sul letto. – Vieni, su! – esclama andando più a sinistra.
Aggrotto la fronte, titubante. – Perché?
– Così ti calmi. Anche se molto probabilmente ti servirà più un tranquillante per cavalli – borbotta lui alzando gli occhi al cielo. Sembra serio e soprattutto… sembra Jeremy, il ché è strano e spaventoso. Non mi devo fidare di lui, vero? Forse è solo un altro di quei suoi maledetti trucchetti.
– Chi ti dice che mi fido abbastanza per dormire con te? – chiedo, perplessa. Intanto cerco di capirlo, d’interpretare ogni sua singola mossa, ma era impossibile prima quando era ancora lui, figuriamoci adesso. Potrei leggergli nella mente, dopotutto oggi lui è riuscito a parlare con me.
Ride. – Perché l’hai già fatto – risponde, come se fosse una risposta ovvia. Sembra quasi imbarazzato, anche se non è rosso, il suo comportamento è strano.
Scuoto la testa energicamente. – No, quello non eri tu – rispondo subito io freddamente.
Riesco a vedere tutti i suoi muscoli indurirsi a causa della mia affermazione. – Come vuoi – dice sdraiandosi un’altra volta.
Rimango a guardarlo per un po’ e poi mi giro verso la porta. Non so cosa fare. Insomma, lui è sempre riuscito a tranquillizzarmi quando voleva. Ma posso stare con lui? Voglio dire, in qualche modo non sto tradendo il vero Jeremy? O forse è ancora lui, forse c’è ancora qualcosa del vero Jeremy dentro di lui. Forse lo posso salvare. Dopotutto perché mi vorrebbe far tranquillizzare? E perché prima mi ha fermata? Perché mi ha tenuta per mano mentre affrontavamo quel vortice? Tutto questo non ha senso. Non ha senso, perché continau a essere troppo freddo, troppo “non lui” per essere lui. Faccio un sospiro e vado verso di lui, che alza lo sguardo su di me. – Non vuoi niente in cambio? – chiedo. – Insomma… dov’è il trucco?
– Sei paranoica – borbotta chiudendo gli occhi.
– No, ti conosco – ringhio io.
Ride sedendosi. – Ne sei sicura? – chiede. – Perché a me non sembra affatto. Tu non mi conosci. Tu non mi capisci. Tu non sai niente di me. Niente. E sai da cosa lo capisco? Dal fatto che ancora non hai capito che sto iniziando a provare di nuovo a provare qualcosa per te. Dopo un po’ di tempo, dopo mesi, riesco a provare qualcosa oltre alla rabbia, e quella che c’è riuscita sei tu.
Le mie mani sono chiude a pugno e le mie labbra diventano delle fessure. – Non è possibile. L’avrei capito – mormoro io, balbettando un po’.
– No, a quanto pare no – ringhia lui trafiggendomi con i suoi occhi. – Quindi no, non c’è nessun trucco e sì, voglio qualcosa in cambio: voglio che tu ti fida di me, perché ne ho bisogno. Io ho bisogno di te
– Perché l’hai fatto? – chiedo, cercando di non scoppiare a piangere. – Perché non me l’hai fatto capire prima? Pensavo di averti perso per sempre. Se solo avessi saputo che potevi provare qualcosa avrei combattuto per te!
– Combatto? Non è una guerra, Cassie! – esclama. – Non mi merito niente. Non più. Non dopo tutto quello che ho fatto. Non dopo tutto quello che ti ho fatto.
Mi siedo vicino a lui e anche se s’irrigidisce visibilmente gli accarezzo il viso. Un brivido attraversa tutto il mio corpo. – Non m’importa. Io ti amo… Jeremy – mormoro io con le lacrime agli occhi. – E giuro che non ti lascerò più andare.
Scuote la testa e mi toglie la mano dal suo viso. – No, tu non capisci. Non puoi giurarlo. Può succedere qualsiasi cosa ora come ora. – Aggrotto la fronte, confusa, e così lui risponde alla mia domanda silenziosa. – Cosa vuoi che faccia, Cassie? – chiede alzando le braccia al cielo. – Sto aspettando una risposta – aggiunge dopo un po’, visto che non rispondo.
– Cosa vuoi che ti dica? – sbotto alzandomi dal letto. – Se non vuoi che stia con te allora non lo farò! – Mi sdraio sul mio letto e gli do le spalle in modo da non fargli vedere quanto ci sia rimasta male.
– Tu non capisci… – inizia lui.
– Come sempre – rispondo io, arrabbiata.
– Sei una ragazzina – ringhia, infastidito.
– Come sempre – ripeto.
– Dio, mi fai andare fuori di testa! – sbotta lui, ancora più arrabbiato. – Non ti sopporto!
– Come sempre – borbotto io, ma il sonno sta prendendo il sopravvento sul mio corpo.
– Smettila! – tuona lui. Un’enorme fiamma si innalza nella stanza, così mi alzo subito dal letto per scappare, ma essa si spegne subito. Mi accorgo solo adesso che ho il respiro accelerato, così come il cuore, mentre lo guardo con gli occhi spalancati. – Scusami – mormora.
– Cos’è che non capisco? – chiedo quindi, sto cercando di non farlo infuriare ancora di più. Dopotutto deve essere ancora molto difficile per lui mantenere il controllo sul suo potere. E per farlo devo arrivare all’argomento che vuole trattare.
– Cassie, molto probabilmente scoppierà una guerra. Il nostro Istituto è appena andato! Pensi che questo passerà inosservato? Pensi che il volatile passerà inosservato? Sta accadendo qualcosa… E quel qualcosa non vuole per niente passare inosservato. Sta andando dritto dritto dove vuole arrivare: a una guerra.
– No, non è possibile. Perché si dovrebbe arrivare a una guerra? – chiedo io, così impaurita da tremare. Spero che la stanza sia buia il più possibile, perché sarebbe veramente imbarazzante farmi vedere tremante e con gli occhi da cerbiatto da lui.
– Perché i demoni non vogliono essere comandati, soprattutto non dagli Anziani – risponde lui. Abbasso lo sguardo, in pensiero. – Io sono stanco morto – aggiunge sdraiandosi un’altra volta. – Buona notte, Cassie.
– Notte – mormoro, ancora soprappensiero. 

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Capitolo 40
*** Cole ***







Capitolo 40
Cole 

Dopo varie ore mi alzo dal letto, arrabbiata, capendo che non riuscirò a dormire questa sera. Mi siedo sul ciglio della finestra chiusa e guardo fuori, soprappensiero. Siamo nel bel mezzo di una foresta, praticamente come nel nostro vecchio Istituto. Non riesco a dormire per troppi motivi, come per esempio quello che voglio tornare a Boston, o quello che devo assolutamente andare da Christian, o quello che devo cercare di capire Jeremy…
Aggrotto la fronte vedendo qualcosa di nero venire verso l’Istituto. Mi avvicino il più possibile alla finestra per cercare di capire cosa sia: uccelli? Mi alzo dal ciglio della finestra quando capisco che stanno veramente puntando l’Istituto. – Jeremy – lo chiamo ad alta voce.
– Cosa c’è? – chiede lui, ma in realtà sta ancora dormendo e questo mi manda ancora di più nel panico.
– Jeremy! – ripeto con un tono di voce più alto. Gli uccelli sbattono contro il muro invisibile dell’incantesimo, che protegge l’Istituto. Continuano così per un po’ e alcuni cadono a terra, morti, ma dopo riescono ad abbatterlo, così urlo il nome di Jeremy, ormai accanto al suo letto.
– Cosa…? – Ma non finisce la frase, perché il vetro della finestra si rompono. Lo butto a terra e subito dopo mi metto accanto a lui, proteggendomi la testa mentre gli uccelli ormai invadono la stanza. Qualcuno ci urla a tutti di rimanere a terra e di non muoverci. Cerco di non urlare, ma questi maledetti uccelli continuano a procurarmi graffi dappertutto. Jeremy invece urla come non mai, c’è calore attorno a me, quindi sicuramente starà urlando per provocare ancora più fiamme. Più fuoco per uccidere questi uccelli.
Qualcosa cade sopra di me scottandomi e subito dopo anche altre cose, tutte sono ancora in fiamme. Appena mi rendo conto di tutto inizio a urlare così forte che dopo poco tempo non riesco più a parlare, né urlare. Dopo un tempo indeterminato, Jeremy si alza e poi, prendendomi praticamente in braccio, mi alza. Mi guardo intorno, sicuramente sotto shock, e non vedo altro che cenere o uccelli corrosi dalle fiamme.
– Stai bene? – chiede Jeremy con il fiatone.
– Perché… – Sono costretta a fermarmi per non scoppiare a piangere. Sto tremando nonostante tutto il calore che emana la stanza. – Perché non ti sei svegliato? – sbotto quindi.
– Stavo dormendo, ecco perché! – esclama lui, ma senza alzare il tono di voce, come invece ho fatto io.
Qualcuno apre di scatto la porta, sussulto. – Tutti fuori dall’Istituto! – urla Josephine, ma tutti e due rimaniamo fermi, a guardarla, con gli occhi spalancati. – Ora! – tuona facendoci svegliare. Usciamo di corsa dalla stanza e attraversiamo il corridoio con i piedi scalzi. Io sono costretta a stare in punta di piedi per schivare ogni singolo uccello per non scottarmi o semplicemente perché non voglio toccarli, Jeremy invece è così abile che in qualche modo non li tocca ma va molto più veloce di me.
Una volta usciti il freddo mi ricorda che non stiamo più a Boston, ma a Toronto. Ho sempre odiato il freddo di Boston, e ora mi ritrovo in Canada. Mi guardo intorno, ma essendo bassa non riesco a vedere quasi nessuno. – Vedi qualcuno dei nostri? – chiedo quindi.
Jeremy continua a guardarsi intorno con gli occhi ridotti a fessura, poi annuisce. – Sì, vedo Allison, Isaac, Harry, Cody… – Si ferma e socchiude ancora di più gli occhi. – E basta.
Corro da Isaac e lascio Jeremy senza dirgli niente. – Isaac! – urlo io. Isaac si gira verso di me con gli occhi lucidi e spalancati, abbassa prima lo sguardo verso di me e poi verso Jeremy. – Dov’è Ivy?
– Sta… con Louis – risponde lui seriamente. Faccio per chiedergli di portarmi da loro, quando mi ferma. – Perché stai con Jeremy?
Mi giro per guardare Jeremy, che ci sta controllando da dove stavamo prima, e poi mi giro verso Isaac. – È una lunga storia, Isaac. Appena si sistemerà questo casino ti racconterò tutto.
– Ok. Ragazzi! – urla Louis, molto lontano da noi. – Gli Anziani stanno arrivando. Noi ora dobbiamo entrare, ma nessuno si azzardi a entrare nelle camere! Dobbiamo stare tutti nel salone dell’Istituto.
Entro senza aspettare nessuno, ma sento lo sguardo di Jeremy incollato su di me e con il suo anche quello di Isaac. I divani sono tutti occupati, faccio un sospiro cercando di non crollare, di non mollare tutto e andarmene da qua. Forse è meglio lasciar stare tutto, forse era meglio se mi fossi limitata a farmi soffiare quella polverina in faccia per dimenticare tutto, un’altra volta. Però quel vuoto che avevo dentro mi stava facendo impazzire. Adesso invece cosa sento? Paura? Sì, credo di sì. È vero? Sta per arrivare una guerra? E se sì, cosa succederà dopo di essa? Chi sopravvivrà? Chi perderò? No, tutto questo sarebbe troppo anche per un adulto. Forse la risposta è scappare. Scappare dai Cacciatori, scappare da tutti e rifarsi una vita. Una vita normale, una vita senza complicazioni soprannaturali.
Ma no, non voglio essere così. La paura non prenderà la meglio su di me. Sono un Cacciatrice e devo fare il mio lavoro. Ora che so la verità, posso solo andare avanti ed essere quello che sono.
– Non dovresti essere qua.
Sussulto sentendo una voce mai sentita. Mi ritrovo nella sala pranzo, alzo lo sguardo e vedo un ragazzo dai capelli neri e gli occhi di un verde tendente al nocciola. – Se è per questo nemmeno tu – rispondo quindi, fredda come non mai.
– Io abito qua da anni. Posso farlo – ribatte lui accennandomi un sorriso. Sta cercando di marcare il territorio come un cane, per caso?
– Ah, ecco! – esclamo ridendo. – Mi ricordi qualcuno…
Non faccio in tempo a girarmi per andarmene e tornare in salone, che me lo ritrovo davanti. – Chi? – mi chiede, divertito, facendo un mezzo sorriso.
– Nessuno – rispondo freddamente. C’è qualcosa in questo ragazzo che mi ricorda veramente Jeremy, ma non riesco a capire cosa e so che molto probabilmente sono ancora sotto shock, ma non mi fido di lui, anzi mi fa paura.
– Tranquilla, mica mordo – ribatte lui ridendo. Il suo sorriso, forse…
– Un ragazzo – mormoro, incerta. Con la coda dell’occhio cerco un qualche oggetto che posso usare per ferirlo, in caso di pericolo. Ma ci sono solo sedie e tavoli.
– Un ragazzo, eh? – chiede lui incrociando le braccia al petto, continua a guardarmi con quel mezzo sorrisetto. – E questo ragazzo ti piace?
Aggrotto la fronte e faccio un passo indietro, pronta a scappare. – Non capisco perché dovrei dirlo proprio a te – esclamo, irritata.
Ride per un po’ facendomi venire la pelle d’oca, ma non riesco a capire se è a causa di una cosa piacevole o meno. – Come ti chiami? – mi chiede avvicinandosi ancora di più a me.
Rimango a guardarlo per un po’ dritto negli occhi. – Jennifer – borbotto guardandolo dritto negli occhi per non fargli capire che sto mentendo.
Mi sorride. – Bel nome – esclamo.
Alzo le sopracciglia e faccio alcuni passi indietro. – Forse hai ragione: non dovrei essere qua – aggiungo, prima di prendere e andarmene dandogli le spalle. Sento i suoi occhi perforarmi, ma cerco di non pensarci e raggiungo gli altri in salone. Per fortuna non mi dice nient’altro e quando sono finalmente in salone mi sento un po’ meglio.
– Dov’eri? – chiede Jeremy venendo verso di me. Non gli rispondo e mi guardo attorno per cercare altri di noi. – Louis ha detto che…
– Lo so quello che ha detto Louis – ringhio guardandolo dritto negli occhi per fargli capire che si deve semplicemente stare zitto.
– C’è qualcosa che non va? – mi chiede. Quel ragazzo… Cos’hanno di uguale loro due? Sento una scossa provenire da un’altra mano, non quella di Jeremy, così mi giro verso quel qualcuno e incontro gli occhi spalancati del ragazzo di prima. Anche lui mi guarda allarmato e poi, senza dire niente, si allontana da me senza girarsi. – Che succede? – chiede Jeremy, perplesso.
– Quella scossa… – mormoro io guardando a terra, soprappensiero. Cerco di collegare quel ragazzo a qualcosa. Cerco di capirci qualcosa, ma più vado avanti e meno capisco.
– Cassie, mi stai spaventando – mi avvisa Jeremy, irritato.
Lo guardo dritto negli occhi, pensando. Eppure sono così diversi: Jeremy ha gli occhi celesti e i capelli castani; quel ragazzo invece ha gli occhi verdi e i capelli neri. Cosa c’entra con lui? Niente. Forse un po’ il sorriso… forse. Scuoto la testa capendo di starmi facendo troppi problemi. Jeremy è figlio unico! – Non è niente – rispondo quindi.
– Non sembra – ribatte Jeremy prendendomi il polso. Riesco a sentire la sua  pelle scottare. Rimaniamo un po’ così, a guardarci negli occhi e tutto d’un tratto mi rendo conto che il mio Jeremy è tornato. Ancora non ci avevo pensato, non bene. Non dopo tutto quello che era successo, tra Ivy e il volatile e gli uccelli. Insomma, come faccio a sapere la verità? Lo dovrei capire, ma adesso non è il momento giusta. Prima mi devo concentrare sul perché siamo tutti qua, in questo Istituto.
Tutte le voci si placano, una luce inizia a tremare proprio in mezzo al salone, alcuni ragazzi si allontanano da essa, che diventa sempre più luminosa, fino a quando si trasforma negli Anziani. – Louis Dempson e Josephine Falles… seguiteci – ordina il Quarto Anziano andando in sala pranzo. Entrambi annuiscono e li seguono, pronti a iniziare una riunione.
Dopo varie ore gli Anziani, Josephine e Louis escono dalla sala pranzo con delle borse sotto gli occhi, che ricordano vagamente delle ombre. – Allora – inizia il Terzo Anziano, – potete andare nei vostri dormitori. Ora sono apposto.
Guardo Jeremy, perplessa. – Su, ragazzi. Andate – ci sprona Josephine, con un tono che non promette niente di buono. È stanca, lo sono tutti quanti. Le diamo ascolto e iniziamo a salire con l’ascensore formando una fila.
– Aspettate – esclama il ragazzo che ho incontrato nella sala pranzo, mettendo un piede in mezzo alle porte dell’ascensore per non farlo chiudere. – ci sono anch’io – aggiunge con il suo solito mezzo sorriso stampato sulla faccia. I miei muscoli si contraggono quando lo vedo, prendo la mano di Jeremy. – Ci conosciamo? – chiede il ragazzo a Jeremy.
– No – risponde freddamente Jeremy, stringendo la mia mano.
– Che strano. Mi sembra di averti già visto da qualche parte – dice il ragazzo, per poi passare a guardare me. Mi guarda senza dire niente, così stringo ancora di più la mano di Jeremy, spaventata.
– Bé, ti sbagli – ribatte Jeremy, irritato. – Noi veniamo da Boston.
Il ragazzo annuisce continuano a guardarmi. Abbasso lo sguardo, ormai incapace di guardare un secondi in più quei suoi occhi. L’ascensore si ferma e le porte si aprono. – Ciao, Jennifer – mi saluta andandosene. La sua postura mi fa capire che non si vergogna di quello che è, anche quando trattengo il respiro.
– Jennifer? – chiede Jeremy guardandomi. Gli lascio la mano ed esco dall’ascensore senza aggiungere niente. Entro dentro la nostra camera e mi accorgo che le finestre sono più rotte, ma anzi sono state sostituite con altre finestre più resistenti. Jeremy mi segue e chiude la porta. – Che significa? Lo conosci quello?
– Non proprio – rispondo io, cercando di non ricominciare a pensare a tutti i dubbi che ho riguardo a loro due.
– Puoi spiegarti meglio? – chiede, ma io sbuffo e mi metto sotto le coperte facendo finta di niente. Ora sto iniziando ad avere sonno, così sonno che sento le mie palpebre già pesanti. – Mi hai sentito?
– Sì, ma non mi va di parlarne – borbotto da sotto le coperte. – Sono stanca. Voglio dormire.
– Bé, non è ora di dormire. Quel tipo è inquietante… E poi perché ti ha chiamata “Jennifer”?
– Perché io gli ho detto di chiamarmi Jennifer – rispondo io, stanca. Sbuffa, ma spero che sia l’unica cosa che intende fare, ma quando mi ritrovo senza coperte mi ricordo che Jeremy non me la darebbe mai vinta in questo modo. – Cosa?! – esclamo io.
– Mi puoi spiegare che sta succedendo? Stavi con lui in sala pranzo? Che è successo? Sei strana da quando sei ritornata da quella stanza.
Rimango in silenzio rimettendomi sdraiata, ma poco dopo il materasso diventa bollente, così spalanco gli occhi e lo vedo andare praticamente a fuoco. Mi alzo di scatto da esso. – Tu sei matto! – tuono io, arrabbiata.
– È un discorso importante! Non fare finta di non sentire! – esclama lui.
– Non c’è niente da spiegare! Sono andata là, lui mi ha detto che non potevo starci e così gli ho detto che non ci poteva stare nemmeno lui. Basta! – urlo, furiosa. – Ora mi fai dormire? – chiedo. Annuisce e così guardo il mio letto: non c’è più traccia di fumo, né niente. – Grazie – ringhio mettendomi giù, dopo aver preso le coperte dalle sue mano con poca delicatezza.
 
Faccio finta di non sentire la voce di Louis mentre bussa alla nostra porta, dicendoci che ci dobbiamo svegliare; ma quando apre la porta ed entra in camera è impossibile fingere. Mi siedo, pronta a vedere un Jeremy tutto assonnato, ma quando apro gli occhi non vedo nessuno, nemmeno Louis. – Jeremy? – lo chiamo, aggrottando la fronte. Mi alzo e vado in bagno per controllare, ma non è nemmeno dentro il bagno. Apro la porta e scendo insieme a tutti i ragazzi, guardando in mezzo a loro per trovare Jeremy, ma non è nemmeno là.
– Cerchi qualcuno?
Mi giro di scatto sentendo quella voce. Rimango in silenzio guardandolo negli occhi. Come può essere vero? Come può essere così… bello? Scuoto la testa, sto impazzendo. Questo ragazzo è pazzo, non dovrei avere niente a che fare con lui. – Veramente sì, quindi se non ti dispiace… – rispondo andandomene.
– Se cerchi il ragazzo di ieri sera, l’ho visto giù con una ragazza – aggiunge, riuscendo ad attirare la mia attenzione. Infatti mi fermo di scatto e mi giro verso di lui, che sorride. – Se vuoi ti ci posso portare – continua. Trattengo il respiro. Sì, il sorriso è uguale a quello di Jeremy. Avanza e così lo seguo. Scendiamo le scale dopo aver capito che l’ascensore non arriverà molto presto. – Quindi… quello è il tuo ragazzo?
– Non credo siano affari tuoi – rispondo io freddamente.
– Quindi non lo è – sogghigna lui. Lo guardo, un po’ arrabbiata e un po’ impressionata dalla sua bellezza. – E comunque, non li ho visti fare niente di ché… Non vorrei rovinare il vostro rapporto per niente – ribatte, ma quando strizzo gli occhi, poco convinta, aggiunge: – è vero! Non capisco. Perché ti sto così antipatico? Dopotutto nemmeno mi conosci.
Abbasso lo sguardo, imbarazzata, perché è vero, lui non conosce me e io non conosco lui. Insomma, che ha fatto alla fine? Niente. Ha semplicemente cercato di conoscermi, di essere carino, cosa che gli riesce benissimo per la cronaca. – Ok, mi chiamo Cassie – sbotto io, sentendomi in colpa.
Si gira verso di me. – Pensavo ti chiamassi Jennifer – borbotta lui, un po’ perplesso.
Faccio un sospiro. – Ho mentito.
– Ah – esclama lui guardando avanti. Sembra esserci rimasto male e questo mi fa sentire ancora più in colpa. – E perché? – chiede guardandomi.
– Non sapevo se fidarmi o no – ammetto guardandolo negli occhi. Solo adesso mi viene da pensare che non si può non fidarsi di questi occhi verdi. – Ma adesso che lo so… ti dico la verità.
Accenna un sorriso, che illumina anche gli occhi. – Ecco qua – esclama indicando la porta posizionata su uno dei muri della sala pranzo. – Li ho visti entrare qua dentro – continua, fa spallucce. – Non so. Mi dispiace.
Sorrido capendo che, in realtà, lui è l’esatto opposto di Jeremy. – Non fa niente. Grazie – rispondo io, per poi salutarlo con la mano. Faccio un respiro profondo e apro la porta. Ovviamente trovo Jeremy e una ragazza. Lui sta fermo, immobile, mentre lei continua a stuzzicarlo, toccandolo un po’ troppo. L’unica cosa che fa lui è sorridere, cosa che smette di fare quando capisce di essere stato beccato. Mi guarda scioccato, mentre io sono costretta a chiudere le mani in pugni per non andare là e ucciderlo. Sospiro sentendo il cuore contorcersi in un modo maledettamente doloroso. Chiudo la porta e mi giro, pronta a correre in camera  per non vomitare là, davanti a tutti.
Entro in camera con il fiatone, chiudo in fretta la porta dietro di me e corro verso il bagno. Sento il mio stomaco contorcersi e subito dopo tutti i miei muscoli si rilassano. Non c’è niente da rimettere. Mi siedo a terra e poso la testa sul muro freddo.
– Cassie – mi chiama Jeremy, ormai dentro la camera.
Sbuffo e mi sdraio per terra. – Sto bene – esclamo dopo un po’. Sento la porta aprirsi, così corro a chiuderla. Riuscirebbe benissimo ad aprirla anche con tutto il mio peso, ma per qualche motivo lascia stare.
– Cassie… non so cosa dire – mormora lui appoggiandosi alla porta.
Rimango in silenzio guardandomi allo specchio con la schiena appoggiata alla porta. – Non devi dirmi niente. Devi solo andartene – ribatto io. Non l’avrei più permesso: non avrei permesso più a nessuno di entrarmi nel cuore in questo modo. Mai più.
– Per piacere, fammi entrare – mormora lui, ma non gli rispondo, perché non so veramente cosa dirgli. Cosa mi vuole dire? Cosa potrebbe dirmi? Quello che ha fatto non ha senso. Perché dirmi tutte quelle cose carine se poi il giorno dopo lo ritrovo con un ghigno divertito mentre una ragazza ci prova in maniera scandalosa con lui? Quindi non gli rispondo.
– Cassie – mi chiama il ragazzo. – Va tutto bene? – chiede, un po’ incerto.
– Come…? – inizia Jeremy, ma si ferma quando apro la porta del bagno per andare ad aprire al ragazzo. Jeremy continua a guardarmi con la bocca spalancata. – Quando avete parlato? E come fa a sapere il tuo vero nome?
Non gli rispondo e mi limito solo ad aprire la porta e il ragazzo, di cui non so nemmeno il nome, alza lo sguardo su di me e sorride. – Scusami, non volevo disturbare, ma ti ho visto scappare su ed eri così bianca in faccia che mi sono preoccupato – dice guardando distrattamente Jeremy.
– Sto bene, ma grazie… per esserti preoccupato – ribatto io, un po’ in imbarazzo. Non riesco a capire molto, in questo momento, con lo sguardo di Jeremy incollato su di noi e il ragazzo che continua a sorridermi in modo dolce.
– Va bene – risponde lui lanciando un’ultima occhiata a Jeremy. Non sembra stargli molto simpativo, anzi forse non si fida e basta. – Allora io… me ne vado? – chiede guardandomi. Annuisco cercando di accennare un sorriso e così se ne va, un po’ riluttante.
Una volta chiusa la porta mi giro e deglutisco. Jeremy è ancora là, con gli occhi incollati su di me e non sembra molto contento. È veramente lui? E allora perché si comporta così? Non ha nessun diritto di guardarmi in quel modo, come se lo avessi appena tradito. – Cassie – inizia lui avvicinandosi a me, ma faccio un passo indietro, perché l’ultima cosa che voglio adesso è averlo vicino. – Mi dispiace – mormora guardandomi dritta negli occhi.
Scuoto la testa guardandolo, nonostante le lacrime agli occhi. – Non devi, non ti devi scusare. Dopotutto non stiamo insieme – borbotto io facendo spallucce e mettendo in mostra un bel sorriso falso.
– Lo so – risponde annuendo. – Lo so, ma è solo perché sta succedendo tutto questo… e io… – Si ferma alzando gli occhi al cielo. – Non so come spiegartelo. Ho sbaglio, poco fa, ma in realtà… io non volevo farlo. So che è una scusa stupida e quasi mi prenderei a pugni in faccia per questo, ma a volte torno a essere il ragazzo a cui non gli interessa niente. Il mio potere ha ancora una grande influenza su di me e a volte non provo più niente, di nuovo.
– Va bene – rispondo annuendo, anche se non è vero. Non sono più sicura che di voler continuare questa conversazione, né una presunta relazione con lui, quindi mi giro e me ne vado.
– Cassie – mi ferma lui prima che me ne vada. – Quel ragazzo… è pericoloso – aggiunge.
Scuoto la testa ridendo, incredula. – Ma con quale coraggio mi vieni a dire una cosa del genere? – gli chiedo prima di andarmene una volta per tutte.
 
Dopo circa un’ora decido di andare a mangiare anche se non ho molta fame, ma quando incontro Ivy anche quella poca fame che ho scompare del tutto. Sta parlando con Isaac e altri ragazzi e ogni tanto si mette a ridere. – Ivy! – urlo, non doveva uscire così forte, ma sono così felice che non m’interessa. Si gira verso di me e mi sorride dolcemente, così lascio il piatto da qualche parte e corro verso di lei, per poi buttarmi addosso a lei e allacciando le gambe alla sua vita. Scoppia a ridere stringendomi a lei e mi sento meglio. Molto meglio.
– Cassie Moonic – mi chiama Josephine, così sono costretta a distaccarmi da Ivy. – Ivy Dempson, ti dispiace? Dovrei parlare Cassie in privato – aggiunge guardando Ivy con uno sguardo serio ma rispettoso allo stesso tempo. Ivy annuisce e se ne va sorridendomi un po’ di meno. Sicuramente avrà già capito quello che mi vuole dire e a quanto pare non sembra una cosa molto incoraggiante. Mi giro verso Josephine, ancora più in ansia, pronta ad ascoltarla. – Ho notato un certo interesse in te da parte di Cole – inizia lei, ma quando mi vede confusa aggiunge: –  Sto parlando del ragazzo con gli occhi verdi. Cassie, devi stargli lontano.
Rido, ancora più nervosa. – E perché?
– Hai notato che non ha amici? – chiede lei abbassando il tono di voce. – C’è un motivo. È un manipolatore, Cassie. Ti farà credere di essere il ragazzo più buono del mondo, ma in realtà è l’oscurità in persona.
Rido ancora una volta. – Non… – inizio io, ma capisco che forse non è proprio una buona idea quella di chiedere informazioni su di lui dal momento che sembra essere in soggezione. – Va bene – rispondo quindi.
Mi mette una mano sulla spalla. – Non farlo, Cassie. È veramente pericoloso. Se non fosse una regola aiutare tutti i Cacciatori del mondo e portarli negli Istituti, l’avrei già cacciato da qua. Ma purtroppo non posso.
Sento la paura crescere sempre di più dentro di me. – Ma… come fa a saperlo?
– È arrivato qua quand’era molto piccolo, Cassie. Non aveva nemmeno un anno, l’avevano dato a un signore, un mago, e gli avevano detto di ucciderlo – risponde lei. – Ma il mago ci ha raccontato di non avercela fatta, soprattutto perché poteva essere una risorsa molto importante e non poteva uccidere un bambino, nonostante fosse un mago della luna.
Ormai sono con gli occhi spalancati da un po’ e il mio cuore va un po’ troppo veloce. – Ok. Va bene, cercherò di lasciarlo stare – rispondo, più intimorita che mai.
– Lo spero per te, Cassie – mormora lei prima di andarsene.
La guardo mentre se ne va, ma poi incontro lo sguardo del ragazzo, Cole, e sussulto. Da quanto tempo mi sta guardando? Sembra arrabbiato. Deglutisco guardandolo negli occhi. Ora forse riesco a vederla, l’oscurità; dritta nei suoi occhi.
 
Ormai è tardo pomeriggio e fino ad adesso sono riuscita a non parlare né con Cole, né con Jeremy, e ora che ci penso nemmeno con tutte le altre persone. Sembra che tutti ce l’abbiamo con me per qualche motivo, sembra che nessuno voglia parlarmi e tutte le altre persone che non conosco mi guardano come se stia per morire.
– Louis! – lo chiamo io appena lo vedo dopo un’intera giornata. Si ferma di scatto e mi aspetta mentre cerco di raggiungerlo. – Senti, ci sono novità su Christian?
– Ah, sì! Sta molto meglio, ma deve stare ancora a letto. Non ha grosse scottature, né molto gravi, saranno al massimo di secondo grado. È nella camera 116 se vuoi andare da lui.
Gli sorrido. – Grazie – mormoro prima di andare da Chris.
Rimango un po’ con Christian, scherzo un po’ con lui per farlo riprendere, a volte rimane in silenzio a guardare la parete dietro di me e pochi secondi scoppia a piangere, e sono costretta a sdraiarmi sul suo letto per consolarlo mentre lui inizia a singhiozzare in un modo così esagerato che quasi mi fa male. Mi dispiace vederlo in questo modo, so che deve essere stato un vero incubo per lui ritrovarsi dentro l’Istituto in fiamme, anch’io sarei molto scioccata, ma vedere il mio ometto in questo stato mi fa sentire ancora più in colpa.
Proprio quando si sembra essere calmato una volta per tutte, qualcuno bussa alla sua porta. – Chi è? – chiedo io.
La porta si apre e comprare Jeremy. – Ciao, Grande Uomo! – esclama lui sorridendogli. Chris si allontana un po’ da me per abbracciarlo e appena si distacca da Jeremy, quest’ultimo gli scompiglia un po’ i capelli, facendolo ridere. – Come stai?
– Bene – mente lui. – Le scottature stanno già molto meglio, in più mi hanno dato questa crema che devo mettere tutti i giorni.
Guardo la crema che sta sul comodino e mi rendo conto che è già quasi finita. – Vado a prendergliene altra – mormoro quindi guardando Jeremy, che annuisce guardando negli occhi e facendomi così venire le farfalle nello stomaco. Faccio un respiro profondo e me ne vado senza guardarlo più.
Dopo aver preso la crema in infermeria, inizio a sentire delle urla provenire dal salone. Mi guardo intorno, confusa: molte persone corrono da una parte all’altra, in preda al panico. Poi anche le persone del mio piano iniziano a correre, più spaventate che mai.
 – Che sta succedendo? – chiedo io prendendo una ragazza per le spalle, ma lei mi spinge a terra e solo là, per terra vicino le scale, riesco a vedere il mostro che si aggira nel salone. Trattengo il respiro guardandolo, non può essere vero… Non può.
Qualcuno mi prende il polso e in meno di due minuti mi ritrovo fuori dall’Istituto. Chiunque mi abbia preso non è una femmina e sono troppo preoccupare a guardare la creatura che continua a uccidere dei poveri ragazzi innocenti per guardare una sola caratteristica del ragazzo.
Mi ritrovo nel bosco e solo adesso mi rendo conto che il ragazzo è Cole. Cerco di farmi lasciare il polso, urlando di lasciarmi andare, ma sembra proprio non sentirmi. Ad un certo punto, quando ormai non riesco più nemmeno a vedere l’Istituto, mi lascia.
– Dobbiamo andarcene, Cassie – grida lui. – Ti devi fidare di me. Ne arriveranno altri! Prima il vostro Istituto, poi gli uccelli e ora questo mostro. Non finirà! Dobbiamo assolutamente andarcene.
Mi prende un’altra volta il polso e lo stringe un po’ più del dovuto, spaventandomi ancora di più. – Lasciami andare! Io ho Christian. Devo proteggerlo… e poi ci sono Jeremy, Ivy e Isaac! Devo andare da loro! – urlo io girandomi, ma non riesco più a vedere l’Istituto, vedo solo alberi. – Devo tornare indietro!
– Non possiamo! – tuona lui.
Lo guardo negli occhi fino a quando non lascia la presa, pensando che mi sia calmata, ma solo a quel punto inizio a correre più veloce che posso. Cerco di percepire il cuore di Jeremy, ma non ci riesco e non so il perché. Non può essere morto, credo che l’avrei sentito in qualche modo. Continuo a correre, ma proprio quando sto pensando di farcela, riesce a prendermi per i fianchi. Cerco di urlare, ma mi mette una mano davanti la bocca facendomi respirare a malapena.
– Non capisci che lo sto facendo per te? – urla lui. – Senti! – mi ordina girandomi verso di lui e prendendomi un’altra volta i polsi. – Senti le urla! Credi che loro stiano meglio di noi? No! Dobbiamo rimanere qua. Tra un po’ ci raggiungeranno tutti, vedrai. Non potranno fare nient’altro che questo.
– Rimanere qua?! – urlo io. – Ma come facciamo a rimanere in un bosco? Moriremo di sicuro! Non possiamo rimanere qua tutta la notte, Cole.
– Sì che possiamo! Io ho due spade – risponde lui porgendomene una. – Tu sei una brava Cacciatrice, lo dicono tutti. – Rimane in silenzio per un po’ a guardarmi negli occhi. – Lo sto facendo per te, Cassie. Nessun’altro. Per te. – Abbasso lo sguardo verso la spada e dopo un po’ la prendo. Fa un sospiro, sollevato. – Bene, ora… andiamo.
Appena si gira per inoltrarsi ancora di più nel bosco inizio a scappare un’altra volta, urlando come una matta. Spero che qualcuno mi senti, che mi aiuti. Urlo il nome di Jeremy, sperando che in qualche modo riesca a sentirmi. Adesso riesco a sentire il suo cuore, che si è fermato proprio nel momento in cui ho urlato il suo nome. – Jer… – continuo, ma sono costretta a fermarmi e trattenere il respiro, quando sento la lama fredda sfiorarmi il collo.
– Vuoi far spaventare gli animali? Così moriremo di fame – mormora lui sfiorando il mio orecchio destro con le sue labbra.
Rabbrividisco e chiudo gli occhi, spaventata. – Perché non mi lasci stare? – ringhio io con voce tremante.
Mi fa girare di scatto un’altra volta. – Perché dovrei? Siamo amici, giusto? – chiede, ed è questo il momento in cui mi rendo conto di quanto sia veramente matto. Josephine non scherzava, non scherzava per niente. – Cassie, per piacere. Ti devi fidare di me, nonostante tutto quello che ti ha detto Josephine. Ti posso proteggere, capito? – chiede e così annuisco. – Credimi – sussurra accarezzandomi. – Non ti farò del male. So che Josephine ti ha detto questo, ma non è vero; non è mia intenzione farti del male.
Non sembra arrabbiato, o almeno non con me. Perché dovrei avere paura di lui? Perché mi ha appena puntato una spada alla gola. Sì, ma lo sta facendo per me, lo sta facendo per farmi rimanere in vita. Ma a chi penserà a Christian? Jeremy. E chi penserà a Jeremy? È abbastanza grande per cavarsela da sola. Insomma, cosa sto cercando di fare? Scappare da chi? D qualcuno che mi vuole solo aiutare, ma di cui ho paura solo perché qualcuno mi ha detto che è pericoloso? Pure Jeremy lo è. Come può non esserlo? È oscuro, ma nessuno mi ha mai detto di stargli lontana, anzi.
Faccio un sospiro. – Va bene – rispondo, ma non sembra credermi. – Non scapperò… non di nuovo.
Sorride. – Bene – esclama prendendomi per mano, inizia ad avanzare e lo raggiungo anche se ogni tanto guardo indietro, perché una parte di me vorrebbe tornare indietro, da Jeremy, ma l’altra vuolee rimanere qua, con Cole. Non riesco a capire, sono così confusa… – Ferma! – mi ordina lui a bassa voce.
Sussulto e cerco di capire il motivo per cui ci siamo fermati. Davanti a noi c’è uno scoiattolo. – Non lo vorrai… – Ma non faccio in tempo a finire la frase che lo scoiattolo è già a terra, morto. Rimango a bocca aperta, un po’ perché era solo uno scoiattolo e un po’ perché l’ha ucciso con un coltello da non so quanti metri di distanza.
Lo prende e me lo fa vedere con un sorriso compiaciuto. – Ti presento la nostra cena – annuncia lui con ancora quel sorrisino stampato in faccia, mentre io riesco solo a pensare che quel povero animale aveva ancora un’intera vita davanti.
– Io non mangio – borbotto. – Non quello.
– Sei vegetariana, per caso? – chiede lui, serio.
Rimango in silenzio per un po’ con ancora lo stomaco sottosopra. – Forse – rispondo, incerta. – Dopo questo di sicuro! – sbotto poi alzando le mani al cielo.
Ride avvicinandosi a me con ancora lo scoiattolo in mano. – Dovremo sopravvivere in qualche modo, non credi? – chiede lui, ormai a pochi centimetri da me. Sto zitta guardandolo, ride. – Va bene, ti prenderò un po’ di erbe e ti farò… una specie d’insalata, credo – aggiunge poi iniziando ad avanzare.
– Come fai a sapere cosa non è e cosa è velenoso? – chiedo io cercando di tenere il passo.
– Diciamo che non mi piace stare nell’Istituto, così quando sono arrabbiato vengo qua e ci rimango per giorni – risponde lui facendo spallucce, come se fosse tutto normalissimo.
– Sei serio? – chiedo io, scettica, ma lui annuisce ridendo. – Ma perché proprio nei boschi? Voglio dire, ci sono così tanti posti dove andare.
– Solo qua mi sento bene – borbotta lui prendendo un po’ di legna da terra mentre continuiamo la conversazione. – Non c’è nessun umano. Nessuno che mi voglia dare fastidio. A volte incontro della creature strane, ma la maggior parte di loro mi guardano e scappano.
Aggrotto la fronte, ancora più confusa. – Scappano?
– Esatto, scappano – ripete lui continuando a ridere. Sbatto più volte le palpebre, incredula. – Ok – esclama sedendosi a terra. – Io direi di fare un bel fuoco qua – aggiunge posando la legna proprio davanti a noi. Le fiamme si innalzano senza bisogno di qualsiasi cosa per accendersi.
– Woah! – esclamo io andando indietro. – Ma… ma come hai fatto?
– Ho l’accendino? – risponde lui alzando l’arnese.
Aggrotto la fronte. – Ma… tu non l’hai acceso con l’accendino – ribatto io, impaurita. Non sono matta, non ha acceso il fuoco con quel maledetto accendino. E so che la maggior parte dei malati mentali dicono “non sono matto” ma io non lo sono! Forse sono solo stanca.
Ride. – E con cosa sennò? – chiede. – Con la mente? – chiede ridendo. – Sfortunatamente i miei poteri sono altri – borbotta guardando davanti a sé. E questo mi fa sentire molto meglio, perché almeno una cosa è sicura: lui e Jeremy non sono fratelli.
– E quali sono? – chiedo io sedendomi vicino a lui.
– In realtà non lo so, ma di certo non è quello del fuoco – risponde lui guardandomi con la coda dell’occhio. – Lo so, ho diciott’anni e non ho ancora uno schifoso potere. So che è strano… ma è così.
– Bé – borbotto io portandomi le gambe vicino al petto e posandoci sopra le braccia. – Guarda il lato positivo, più il potere arriva in ritardo e più è forte, no?
Mi sorride. – Sì, è vero – ribatte lui. – Hai freddo? – mi chiede.
Faccio un sospiro, combattuta. – Un po’ – rispondo. Mi mette un braccio sulle spalle e mi fa avvicinare a lui. È così caldo che sembra avere la febbre. – Stai bene? Sei troppo caldo… Hai la febbre?
– No, no – risponde lui ridendo. A quanto pare gli faccio veramente molto ridere. – Non so perché ma è da quando sono piccolo che emano così tanto calore – continua guardandomi negli occhi. – Non so perché – ripete, come per essere sicuro che io abbia capito. – Pensi che io sia strano, vero? – mi chiede sorridendo ancora di più.
Rido. – A me piacciono le cose strane – me ne esco io, cercando una scusa per non farlo stare male. La verità è che, come tutti gli esseri umani, ho un po’ paura delle cose strane. Accenna un sorriso e poi inizia a scuocere il povero scoiattolo.
Dopo aver mangiato spegne il suo e inizia ad arrampicarsi su un tronco di un albero. – Cosa… Cosa stai facendo? – chiedo io, perplessa.
– Dove hai intenzione di dormire? Per terra, dove tutti gli animali possono attaccarti? – chiede lui con la fronte aggrottata, come se fosse una cosa troppo scontata da doverla dire.
– Veramente sì – replico io. – Ho paura dell’altezza. Io dormo qua, tu se vuoi puoi arrampicarti e dormire sugli alberi. Non ho paura.
Mi guarda per un po’ e poi scende. – Va bene – mormora lui tra un sospiro e l’altro. – Allora dormiamo per terra. – Si avvicina e accende un’altra volta il fuoco con l’accendino (questa volta l’ho visto) e si siede scaldandosi un po’ le mani. – Vieni.
Mi fermo a guardarlo, confusa. Venire? Dove? Da lui? No. Voglio dire, è molto premuroso e dolce con me, ma io ho Jeremy e so che c’è per forza qualcosa tra me e Cole, sta succedendo qualcosa di veramente strano, ma Jeremy… è sempre stato lui. – Io… – borbotto io sedendomi più lontana da lui. – Mi sdraio qua.
Mi guarda perplesso per un po’, come per cercare il motivo sulla mia fronte, poi annuisce e ride. – Ah, capito! – esclama ridendo. – Jeremy, giusto?
– Come fai a sapere il suo nome? – chiedo sussultando.
– In molti parlano di voi – risponde lui facendo spallucce. – La Whitesun e la sua anima gemella… In molti dicono che non state bene insieme, che litigate spesso. Come mai?
– Ah, non lo chiedere a me! – esclamo io ridendo.
– Stai mentendo – ribatte lui freddamente. – Lo sento, stai mentendo. Sai benissimo il motivo per cui non state bene insieme.
Deglutisco, un po’ spaventata. – Non voglio parlare di questo – dico sdraiandomi. – Buonanotte – aggiungo, fredda quanto lui. Il mio tono è così freddo che sono quasi sicura al cento per cento che tra un po’ spunterà Jeremy solo per complimentarsi con me. Ma purtroppo non succede. Cole si sdraia e mi guarda con insistenza, ma per fortuna non mi dice niente.
 
 Angolo Autrice:
Lo so che è da un po' che non scrivo qua, ma oggi ne sento la necessità quindi...
Allora! Che ne pensate di Cole? Sono sicura che lo troverete tutti inquietante, ma forse esiste un "inquietante in modo positivo"? Non lo so, ma d'ora in poi sarà un personaggio molto presente nella storia e devo dire che sono molto felice di condividerlo finalmente con voi! E così anche l'ultimo personaggio che trovate nel logo della storia è stato rivelato!
Fatemi sapere cosa ne pensate, questo personaggio è veramente importante quindi vorrei davvero tanto sapere i vostri pareri.
Mi scuso per eventuali errori, ma ogni volta sono costretta a riscrivere il capitolo e quando vado a rileggerlo può succedere che non noti alcuni errori.
Un bacio e vi ringrazio per aver letto anche questo capitolo. 

 

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Capitolo 41
*** Solo l'inizio ***







Capitolo 41
Solo l'inizio
 
Sento la voce di Jeremy, mi sta chiamando, ma ho paura che sia solo un sogno. Apro gli occhi lentamente e mi ritrovo a terra, in un bosco. Purtroppo quindi non era solo un incubo… Ma Jermey mi sta veramente chiamando. – Jeremy – mormoro, mi alzo di scatto e cerco d’individuare la provenienza della sua voce. – Jeremy! – urlo io iniziando a correre.
Vado a sbattere contro qualcuno, così, già sapendo di chi si tratta, metto le mani dietro il suo collo e l’abbraccio con tutte le forze che ho. Le sue mani si posano dietro la mia schiena e mi stringe a lui. In questo momento non m’interessa la nostra ultima lite, ho solo bisogno di questo, di averlo accanto, in un momento così orribile. Mi distacca da lui e mi prende per i polsi con gli occhi spalancati, mi guarda dalla testa ai piedi. – Stai bene? – chiede lui, così annuisco guardandolo dritto negli occhi. – Perché non sei tornata? Ti abbiamo cercata tutta la notte.
Faccio per rispondere quando Cole lo fa al posto mio. – Perché era con me – dice Cole. Jeremy posa il suo sguardo omicida su di lui, mi fa togliere le mani da dietro il suo collo e in meno di cinque secondi è già davanti a Cole. Gli tira un cazzotto.
– Jeremy! – lo chiamo io andando da lui, lo trascino via da Cole, che invece di essere arrabbiato ride. Aggrotto la fronte, confusa, e spaventata perché quando fa così c’è veramente un qualcosa che mi urla di scappare da lui, che non è normale.
– Sei geloso? Sta tranquillo, non succederà niente se lei non lo vorrà – ribatte Cole. Jeremy mi sposta con la forza e va di nuovo davanti a Cole, con l’intendo di tirargli un altro cazzotto. Lo prende per la maglietta e Cole gli sorride ancora di più. – Cosa c’è? Hai paura che scelga me invece che te? Pesavo che fossi il ragazzo più bello dell’Istituto e che nessuna riesca a non sceglierti.
– Jeremy, basta! – esclama Isaac dopo un po’. Sussulto e lo guardo, è vivo anche lui e sembra stare abbastanza bene. – Basta! – ripete distaccando Jeremy da Cole, mentre io continuo a non capirci niente, sono così confusa…
Mi giro e sussulto un’altra volta vedendo Ivy, in piedi e con Christian in braccio. – Chris! – lo chiamo io avvicinandomi a lui, ma Ivy indietreggia. Il mio cuore fa un balzo, la guardo negli occhi e sono quasi d’intravedere rabbia e ostilità. – Cosa stai facendo? – chiedo, già arrabbiata.
– Cosa sto facendo? L’hai lasciato da solo e se scappata con questo ragazzo! Nemmeno lo conosci! Cosa sta succedendo, Cassie? – sbotta Ivy alzando un po’ troppo la voce, sembra sotto shock e mi guarda come se fossi un mostro.
– Sapevo che ve la sareste cavata – borbotto io alternando lo sguardo tra lei e Christian. – Ora fammi vedere come sta – ringhio io cercando di prenderlo, ma lei indietreggia un’altra volta e sento la rabbia bollire dentro le mie vene, tutti i miei muscoli s’irrigidiscono e devo fare un profondo respiro per non iniziare a urlare.
– No, non mi fido più di te – risponde lei freddamente.
La guardo per un po’ senza dire niente, cerco di mantenere la calma, ma non ci riesco. – Dammi il bambino! – urlo quindi andando verso di lei. Qualcuno mi prnede le braccia e me le mette dietro la mia schiena contro la mia volontà. – Lasciatemi!
– Guardala, Isaac! – urla Ivy indicandomi, facendomi capire che quindi chi mi sta tenendo in questo modo è proprio Isaac. – Non è la Cassie che conosciamo!
– Ma che stai dicendo? Sono solo spaventata a morte come tutti voi! – esclamo io, incredula della loro reazione nei miei confronti. Non sono mica come Jeremy, che posso spegnere le mie emozioni. – Lasciami andare, Isaac. Christian ha bisogno delle sue medicine.
– lasciatela – borbotta Jeremy. – È solo stanca, quindi isterica – aggiunge freddamente. Isaac mi lascia e così mi prendo del tempo per guardare Jeremy. Sembra veramente arrabbiato, ma non dovrei essere io quella arrabbiata? Dopotutto ho visto lui che stava fermo mentre una ragazza si strusciava su di lui.
Prendo la medicina dalla tasca de miei jeans e la faccio vedere a Ivy, che cerca di prenderla, ma l’allontano subito da lei e faccio un sorriso compiaciuto. – Faccio io – annuncio quindi, mentre lei mi guarda male facendomi sentire ancora meglio.
– Ma smettetela! – esclama Jeremy prendendo la medicina al volo dalle mie mani, mi giro verso di lui, arrabbiata. – Due ragazzi di due anni che cercano di accudirne uno di sette – borbotta quindi aprendo la scatoletta e mettendo il contenuto sulle scottature di Christian.
– Che ne facciamo di lui? – chiede Isaac prendendo il braccio di Cole e storcendoglielo in modo così brutale che quasi sento il dolore al posto sue.
Mi giro con il cuore che va a mille. – Lascialo stare – esclamo io andando da Issac, così arrabbiata che sono pronta a menarlo. Cerco di togliere di mezzo Isaac, ma fa una mossa strana e in pochi secondi mi ritrovo per terra, senz’aria nei polmoni.
– Se solo ti fossi esercitata di più, Cassie, adesso sapresti fare quello che per noi è come mangiare – ringhia Isaac guardandomi dall’alto con uno sguardo disgustato, mentre io rimango a terra per cercare di riprendere fiato.
– Ragazzi, stiamo dando di matto! – sbotta Jeremy. – Lui è un Cacciatore come noi e, per quanto lo stia odiando in questo momento, non possiamo né ucciderlo né lasciarlo qua. Non ha fatto niente e non stiamo in un film dove ci dobbiamo uccidere a vicenda. Dobbiamo aiutarci l’uno con l’altro, se vogliamo uscire vivi da qua!
– Dov’è Louis? – chiedo senza pensare.
– Non lo sappiamo, non è rimasto nessuno all’Istituto – borbotta Isaac. Non posso fare a meno di guardare Ivy, che ha lo sguardo a terra e sta cercando di non far vedere che sta per scoppiare a piangere. – Non sappiamo che fine abbiano fatto e ce ne stavamo per andare tutti insieme, ma Jeremy ti ha voluta cercare a tutti i costi e ora siamo qua con questo! – ringhia Isaac puntando Cole, che non sembra affatto dispiaciuto.
– Non ha fatto niente! – esclamo io, arrabbiata. – Mi ha aiutata!
– Le ha fatto il lavaggio del cervello! – urla Isaac, infuriato.
– Basta! – tuona Jeremy. – Qualsiasi cosa sia successa… non importa. Dobbiamo andarcene da qua prima che arrivino altri mostri come quello di ieri sera. – Sembra essere molto spaventato anche se cerca di non darlo a vedere, eppure le sue mani stanno tremando.
Ivy così borbotta di andare e tutti iniziamo a seguirla, in silenzio. Poi si gira verso di me, mi lancia un’ultima occhiata di fuoco e prende sottobraccio Isaac. Jeremy, dopo avermi guardata, raggiunge loro due, ancora più arrabbiato. E io mi sento uno schifo.
– Grazie… per avermi protetto – bofonchia Cole iniziando a camminare accanto a me.
– Non te lo meriti – borbotto io guardando le loro schiene. – Nemmeno ti conoscono!
Ride. – È quello che ho detto a te all’inizio – aggiunge sorridendomi. Mi giro per guardarlo e mi sorride ancora di più. Rimango in silenzio a guardarlo… perché qua c’è veramente qualcosa che non quadra.
 
 Camminiamo da ore, anche se a me sembrano giorni, sono completamente disidratata e fa quasi freddo. Deve essere mezzogiorno e ancora non siamo riusciti a uscire dal bosco. Sembra veramente impossibile ormai. Isaac si butta a terra, esasperato. – Io non so più cosa fare – borbotta mettendosi le mani davanti la faccia. – Sono ore che camminiamo!
– Io ho sete – dice Christian. Lo guardo e annuisco facendogli capire che lo stesso vale per me e lui mi fa il muso mentre tiene ancora per mano Jeremy.
– Dai, muoviamoci – mormoro io.
– Senti, noi è da ieri sera che camminiamo – mi attacca subito Ivy. – Non come te, che ti sei fatta il tuo riposino, nonostante ci fosse gente che stava morendo proprio in quel momento.
Non ce la faccio più, sono ore che continua a mandarmi queste frecciatine e ne ho veramente abbastanza. – Si può sapere che problemi hai? – chiedo quindi, alzando il tono di voce.
– No, che problemi hai te?! – urla lei guardandomi schifata.
– Ragazza! – ci chiama Cole. – Smettetela. – La mano di Cole afferra la mia, così alzo lo sguardo verso Jeremy sentendo una scossa attraversare tutta la mia schiena. Jeremy guarda le nostre mani e fa una smorfia disgustata, sembra che stia veramente per vomitare. Cole mi fa indietreggiare e io glie lo permetto. Continuo a sentire lo sguardo di Jeremy su di me e quando ricambio lo sguardo capisco di stare malissimo per lui. Vorrei andare là da lui e abbracciarlo, ma per qualche motivo non lo faccio e rimango vicino a Cole, con la mano intrecciata ancora nella sua. – Dai, dobbiamo andare prima che faccia notte – aggiunge Cole.
Isaac ride. – È mezzogiorno, non può fare notte.
– Siamo in un bosco – ribatte Cole, irritato. – Io ti consiglierei di alzare quel culo moscio che ti ritrovi e d’iniziare a camminare prima che faccia veramente notte.
Isaac si alza, di nuovo in forza, e si avvicina a Cole in un modo che non mi piace affatto. – Ehi! – esclamo io mettendomi in mezzo. È orribile sentirsi così divisa a metà, ma non posso fare a meno di proteggerlo.
Isaac mi guarda schifato. – Lo proteggi? Veramente?! – urla lui. – Proteggi questo tipo di cui non sai niente? Lo prendi per mano, nonostante ci sia Jeremy qua davanti… Perché fai così? Nemmeno lo conosci!
Rimango zitta per un bel po’, tutti mi stanno guardando e aspettano una risposta, che non so se dare o no. Non so nemmeno come spiegare tutto questo, perché non so nemmeno io cosa stia succedendo. – C’è qualcosa che non va – mormoro io abbassando lo sguardo.
–  Cosa c’è? – chiede Isaac, così arrabbiato che il suo tono non è mai stato così autoritario.
– Sento che quello che provo per Cole si avvicina molto a quello che provo per Jeremy – rispondo io, sempre a bassa voce. Non ho intenzione di guardare nessuno, l’ultima persona che voglio vedere è Jeremy. Non volevo dirlo, ma so che è necessario. Ma fa così male ammetterlo.
Ivy ride, confusa. – In che senso?
Faccio un sospiro, infastidita. Cosa c’entrano loro con questa storia? In realtà ne dovrei parlare solo con Jeremy, Isaac e Ivy non c’entrano niente. – Nel senso che… che ricevo le scosse – rispondo. Non ce la faccio più e alzo lo sguardo verso Jeremy, che sembra scioccato e questo mi fa stare ancora più male. – Nel senso che mi sembra di conoscerlo da sempre, non ho paura di lui e mi fido.
– Non è possibile – esclama Isaac, forse più scioccato di Jeremy. – No, Jeremy è la tua anima gemella! – esclama lui. Abbasso un’altra volta lo sguardo, perché la faccia di Jeremy mi sta semplicemente uccidendo da dentro. – Dobbiamo parlare con Louis. Questo… Non è possibile!
– Isaac, smettila – lo interrompe Jeremy a bassa voce ma con determinazione. Continua a guardarmi, ma non ce la faccio ad alzare lo sguardo, non posso guardarlo negli occhi… non più.
Trasaliamo tutti sentendo qualcosa urlare. Questa volta sono la prima a posare lo sguardo su Jeremy, impaurita, mentre prende in braccio Christian, che ha gli occhi spalancati e continua a guardarsi intorno. – Correte! – urla Jremy. Non se lo fanno ripetere due volte e iniziano a correre più veloce che posso, ma io… io sono terrorizzata e non riesco a muovermi. Cole è costretto a prendermi e trascinarmi via. Mi giro anche se continuo a correre e quel mostro alle nostre calcagna è così spaventoso che mi si mozza il fiato. È uguale a quello di ieri sera e questo mi spaventa ancora di più.
– Cassie, corri! – urla Cole, che continua a trascinarmi, ma veramente non ci riesco. Sono completamente terrorizzata da questo mostro. Non sono abituata a combattere cose come questo, solo… vampiri e sirene. Già i lupi sono stati una scoperta... una cosa del genere non me la sarei mai aspettata.
– Prendila! – urla Jeremy, e la sua voce sembra così lontana. – Cassie! – mi chiama, mentre il mostro si mette davanti a me. Non gli arrivo nemmeno al ginocchio. Si abbassa e così riesco a vedere i suoi occhi senza pupille, sono completamente rossi. Apre la bocca e così chiuso gli occhi, sapendo che sta per sputare fuoco come ieri sera.
Qualcuno mi prende il polso e mi trascina con così tanta brutalità che mi ritrovo a correre come non ho mai fatto in tutta la mia vita. Qualcuno urla dietro di me, ma non riesco a distinguere le parole, sicuramente a causa dello shock.
– Qua dentro! – urla Ivy  puntando una specie di grotta. Corriamo là e c’infiliamo dentro. Sussultiamo tutti vedendo l’occhio del mostro guardarci. Mi stringo a quella persona davanti a me, che ora come ora non riesco a distinguere.
– Sta per sputare fuoco! – urla Jeremy. Quel qualcuno mi prende e mi fa mettere in un piccolo spazio della caverna, questo spazio è molto lungo ma è fin trppo stretto. C’entro a malapena io, che sono davvero piccola. Mi ritrovo davanti a Ivy, Isaac e infine Cole.
– Jer…– La voce s’incrina a causa della paura. – Jeremy! – urlo io, in preda al panico. Inizio a muovermi per cercarlo, perché non è possibile… non può non esserci! – Jeremy!
– Sono qua – esclama lui dietro di me. Cerco di girarmi ma non ci riesco, questo maledetto posto è strettissimo. – Tranquilla – mormora mettendomi una mano sulla spalla. – Sono qua. Sono qua.
Chiudo gli occhi cercando di tranquillizzarmi, ma mi sembra veramente impossibile. Lo voglio sentire veramente, lo voglio abbracciare, ma cerco di accontentarmi e gli poso una mano sulla sua. – Non… non riesco a respirare – mormoro. – Soffro un po’ di claustrofobia e… e non riesco a respirare.
– Ma è lunghissimo! – esclama Isaac, irritato.
– Ma è stretto! – ringhio io, anche se vorrei tanto urlargli contro. – Devo uscire – mormoro scuotendo la testa più volte. Non riesco veramente a respirare, l’aria è troppo poca, non riesco nemmeno a pensare!
– Non puoi uscire, Cassie – borbotta Jeremy.
– Devo uscire! – esclamo io, con la testa che inizia a girarmi. – Oddio – mormoro io chiudendo un’altra volta gli occhi, già pronta a svenire. Ma poi sento un ticchettio, un qualcosa di veramente strano visto che siamo  in una grotta sperduta e dimenticata da Dio. Giro la testa più che posso e cerco di guardare dietro Jeremy, ma non riesco a guardare lui quindi figuriamoci dopo di lui. – Lo sentite? – chiedo.
– Cosa? – chiede Ivy, acida.
– Questo ticchettio – rispondo io, pensierosa.
Jeremy si gira un po’ e trattiene il respiro. – Correte! – urla. Iniziamo tutti a correre, ma dopo poco tempo mi ritrovo a terra, con sopra Jeremy. Non sento più niente, solo le mie orecchie fischiare. Non riesco a muovermi per la paura. Non riesco a capire veramente più niente. Cos’è successo? Perché stiamo per terra? Alzo lentamente la testa e vedo il panico attorno a me. Il tunnel non è più un tunnel, ormai siamo completamente scoperti. Eppure non sento niente, non sento nemmeno l’aria che mi congela il viso. Niente. Jeremy si mette davanti a me e dice qualcosa, ma non sento nemmeno la sua voce. Continua a parlare, ma non riesco nemmeno a dirgli che non sento, che non so cosa sia successo. Mi guardo attorno e capisco: una bomba.
Jeremy mi prende e mi alza. Mi stringe le spalle parlando ma continuo a non sentire niente. Davanti alla mia visuale sbuca anche Cole, che inizia a parlare insieme a Jeremy, ma non sento nemmeno lui. Jeremy mi scuote, ma Isaac lo fa girare e gli dice qualcosa. Cole mi prende per mano e tutti iniziamo a correre, anche se non so il motivo.
Mi ritrovo un’altra volta a terra, ma questa volta qualcuno mi ci ha buttato. Mi guardo intorno continuando a non capire niente. Ci sono delle frecce conficcata in un tronco. Qualcuno mi alza un’altra volta e ricominciamo a correre, anche se io sono praticamente costretta a farlo grazie a qualcuno che sta dietro di me, che continua a spingermi, e da Cole davanti, che mi trascina tenendomi per mano.
Ci fermiamo tutti di scatto vedendo il mostro di prima davanti a noi. I miei muscoli iniziano a irrigidirsi mentre lo guardo. Ha questo potere: riesce a immobilizzare le persone. Cole mi chiude gli occhi e subito dopo mi ritrovo a correre un’altra volta. Cadiamo tutti a terra, uno sopra l’altro, e non riesco più a respirare. Capisco che la maggior parte di loro riescono a sentire visto che parlano l’uno con l’altro, ma allora perché io non sento niente? Guardo Jeremy, in prenda al panico, ma lui è troppo impegnato a correre per guardarmi. Perché oh, stiamo correndo. Non sento alcun dolore, niente, e credo sia grazie all’adrenalina.
Qualcuno attira la mia attenzione cadendo: Isaac. Tutti vanno verso di lui e lo fanno alzare, ma io riesco solo a guardarlo. Cerco di capire che ha, ma poi intravedo una freccia e capisco che l’hanno preso in pieno. Alzo lo sguardo, ma in cielo non c’è nessuno. Mi giro per guardare se c’è qualcuno sugli alberi o a terra, e scorgo degli uomini. Ma non sono uomini. Cosa sono? Vampiri? Sirene? Qualcuno mi prende un’altra la mano e inizia a correre, così sono costretta a seguirlo. Non riesco nemmeno a vedere bene, vedo tutto sfogato ma non riesco a capire il motivo.
Inciampo su una radice di un albero prendendo in pieno un’altra radice in faccia. Un gemito di dolore esce dalla mia bocca senza il permesso. Adesso mi gira anche la testa, ovviamente a quanto pare non bastava non sentire e non vedere bene. Alzo lo sguardo, confusa, e Ivy inizia ad urlarmi qualcosa gesticolando, ma non riesco a capirci proprio più niente. Mi alzo e ricomincio a correre, so che dietro di me c’è qualcuno ma non voglio sapere niente. Svoltiamo da tutt’altra parte per andare da qualche parte, ma non so dove. So solo che a un certo punto mi ritrovo davanti l’Istituto, o meglio quello che ne rimane. Tutti si girano per vedere cosa stia succedendo dietro di noi, ma io no, tanto non ci capirei niente lo stesso.
Jeremy si mette davanti a me riuscendo ad attirare la mia attenzione, continua a parlarmi ma io scuoto la testa, cercando di fargli capire che non riesco a sentire. Mi guarda scioccato e poi dice qualcosa a qualcuno che sta dietro di me.
Entriamo tutti dentro e riusciamo a trovare alcune persone che riescano a medicare Isaac. Tutti si siedono, ma decido di andare a controllare meglio interno dell’Istituto, ma purtroppo non c’è più niente “d’interno”.
Non so bene quanto tempo sia passato da quando me ne sono andata, più di un’ora di sicuro. Continuo a non sentire granché, ma un po’ sono migliorata. Adesso riesco a sentire alcuni uccelli che cantano, ignari di quello che sta succedendo qua, a terra. Le mie mani mi preoccupano, continuano a tremare, anche se le chiudo a pugno.
– Cassie – sussurra Jeremy. Alzo lo sguardo su di lui. – Che stai facendo? – chiede. Sembra ci stia mettendo molto sforzo a parlare, quindi molto probabilmente sta usando un tono di voce abbastanza alto. Quindi non sto così bene nemmeno con l’udito. Fantastico.
Faccio per parlare, ma qualcosa dentro di me mi ferma. Jeremy s’inginocchia proprio davanti a me e così riesco a guardarlo senza alzare il viso. – Devi parlarmi, Cassie. Ci devi riuscire.
È veramente tornato, adesso riesco a vederlo. Abbasso lo sguardo ricordando gli occhi di Cole nei suoi e scuoto la testa. Chiudo gli occhi ma sono costretta a riaprirli subito perché appena li chiudo vedo il mostro di prima. – Che è successo? – chiedo io con le lacrime agli occhi.
Il suo sguardo si fa più dolce. – Siamo stati attaccati, un’altra volta. Solo che adesso non sappiamo che fine abbiano fatto tutti – mi risponde. Mi guardo in giro, qua ci sono molte persone, quindi di cosa parla? – Ci sono perché neanche loro sanno dove sono andati gli altri – risponde lui e così lo guardo perplessa. – Riesco ancora a leggerti nel pensiero, Cassie.
Annuisco, ricordandomi che adesso quindi abbiamo di nuovo i nostri poteri. – E quindi adesso cosa facciamo? – chiedo io. So di star parlando, ma riesco a sentirmi a malapena.
Fa un sospiro e si siede accanto a me. – Sinceramente non lo so – risponde lui dopo un po’. – Non ti ho mai vista così – aggiunge dopo un po’ di silenzio. Mi giro per guardarlo, confusa. – Così sperduta, così spaventata. È normale, anch’io lo sono, ma prima eri pietrificata.
Abbasso lo sguardo sentendomi in colpa. – Non ho fatto altro che starvi tra i piedi. Mi dispiace – mormoro.
– Non sei stata tra i piedi – ribatte Jeremy prendendomi le mani e stringendomele. – Io non so cosa farei se tu non fossi qua, accanto a me. È grazie a te se sono tornato me stesso.
Accenno un sorriso, quando in realtà l’unica cosa che vorrei fare è abbracciarlo e piangere. – Tu ci senti bene? – chiedo io cercando di cambiare discorso, non perché non provi niente per lui, ma perché mi sembra scorretto da parte mie, visto tutto quello che sta accadendo tra me e Cole.
– Abbastanza – sospira Jeremy, capendo le mie intenzioni. – Tu no a quanto pare. Sta tranquilla, tra un po’ dovresti già sentire meglio.
Annuisco guardando davanti a me. Il pavimento è pieno di polvere e parti del tetto ormai cadute. Non ho mai visto una cosa del genere. Mai.
– Ragazzi, Isaac si è svegliato – annuncia Cole.
– Bene! – esclama Jeremy alzandosi. – Cassie… vieni con me? – mi chiede, un po’ incerto, lanciando alcune occhiate di fuoco a Cole, che fa finta di niente.
Annuisco guardandolo, ma Cole mi ferma. – No, Cassie. Io e te dovremmo parlare – dice Cole prendendomi per mano.
Lo guardo e poi passo a Jeremy, che inizia a guardare a terra con la mascella contratta. – Devo andare a vedere Isaac, Cole. È mio amico – mormoro io guardando Cole negli occhi. Riesco a scorgere la rabbia che diventa fuoco dentro di lui. Mi lascia la mano mentre la sua diventa sempre più calda. Le mette tutte e due dietro la schiena e si gira, per poi andarsene da qualche parte.
Arriviamo nella sala improvvisata, dove Isaac sta riposando su un tavolo un po’ sporco. Un mago ci dice che gli ha fatto un incantesimo di guarigione e che tra poco dovrebbe stare meglio, visto che per fortuna la freccia non ha preso gli organi interni. Jeremy mi prende la mano e la stringe; in questo preciso momento il mio cuore sembra tremare. Appoggio anche l’altra mano sul suo braccio sapendo quello che sta provando.
– Andrà tutto bene – mormoro io guardando Jeremy, che fissa Isaac con le lacrime agli occhi. Annuisce facendo diventare le labbra delle fessure.
– Andrà tutto bene? – ripete Ivy piangendo, dall’altro lato del tavolo, mentre tiene stretta una mano di Isaac. – Come fai a dire una cosa del genere? Eh certo, perché tu stai ancora bene, sei riposata e tutto. Perché hai Jeremy, che è pronto a dare la sua vita per proteggerti, e magari anche quell’altro lo farebbe.
– Smettila, Ivy. Non è colpa sua – ringhia Jeremy guardandola male.
– Ah no? – chiede lei piangendo. – E di chi è? Tua? Perché sei stato tu che hai voluto cercarla a tutti i costi, ma non l’avresti fatto se lei non ti avesse chiesto aiuto con quei schifosi poteri che vi ritrovate!
– lo sai che l’avrei cercata comunque – dice Jeremy guardandola, senza alzare il tono di voce, cosa che lei invece sta facendo. – Siete stati voi che avete deciso di seguirmi.
– Perché Isaac è il tuo migliore amico! – urla lei, continuando a piangere disperatamente. – Appena ti ha visto, ha capito che eri tu e non ti voleva lasciare! – È veramente una tortura sentirla piangere in questo modo, vorrei andare da lei e stringerla forte, ma so che è arrabbiata con me quindi sono costretta a limitarmi a stringere di più la mano di Jeremy.
Cado… ma non a terra. Sento una corrente trascinarmi da qualche parte nel buio. Ivy urla qualcosa, ma sono troppo confusa per urlare o per risponderle. Di nuovo, la paura prende la meglio su di me. Chiudo gli occhi sentendo la testa girare come non mai e fare male, mentre con la mano continuo a cercare quella di Jeremy. Apro gli occhi avendo un’illuminazione: gli Anziani ci stanno portando da qualche parte, molto probabilmente da loro.
Sento un tonfo e subito dopo sono a terra, tutta dolorante. Apro gli occhi, c’è un sacco di gente a terra, ma accanto a me c’è un peso veramente pesante. È il corpo di Josephine. È morta. Mi alzo di scatto e inizio a indietreggiare, ma vado a sbattere contro qualcuno, che mi prende per le braccia. – Tranquilla – mormora lui e i miei muscoli si rilassano sentendo quella voce e quelle mani. Mi giro per guardarlo, per un breve periodo ci guardiamo senza dire niente, poi lo abbraccio con le lacrime agli occhi. Dopo un po’ ricambia l’abbraccio stringendomi a lui il più possibile, così nascondo la mia faccia piena di lacrime posando la fronte sul suo petto. – Va tutto bene – aggiunge tristemente accarezzandomi la schiena. – Andrà tutto bene.
– Cacciatori – ci chiamano gli Anziani all’unisono facendoci sussultare. Come previsto, siamo nel Palazzo Antico. – Ci dispiace davvero molto farvi stare qua con persone che ormai… non sono più nel nostro mondo, ma non potevamo lasciarli a marcire da qualche parte senza una degna sepoltura – inizia il Secondo Anziano, che subito dopo fa una strana mossa con la mano per rimuovere i corpi senza vita da questa sala.
– Quindi – continua il Terzo, – ci dispiace anche per tutto quello che sta succedendo… – Il Terzo Anziano continua a parlare ma io decido di cercare i miei amici e Cole. Riesco a intravedere Cole, che guarda gli Anziani, immobile e serio.
Quando mi arrendo mi avvicino all’orecchio di Jeremy. – Jeremy, non trovo Isaac e Ivy – sussurro.
–  Tranquilla, saranno qua in giro – mormora lui continuando a guardare gli Anziani.
–  Ora, voi cacciatori dell’Istituto di Boston potete tornare nel vostro Istituto, mentre voi, Cacciatori dell’Istituto di Toronto, dovrete stare per un po’ nell’Istituto di New York – annuncia il Terzo. Tutti iniziano a parlare. – Silenzio! Purtroppo questo è quello che dovete fare – esclama lui, irritato. Gli Anziani si alzano e iniziano a recitare un qualcosa in greco. Alcune persone iniziano a scomparire, diventando sempre più sfumati.
Il mio sguardo si ferma su Cole, che mi sta guardando. Diventa prima un po’ sfocato, poi sempre più trasparente, così faccio per andare da lui ma Jeremy mi afferra la mano. Guardo Cole con le lacrime agli occhi, pensando al fatto che dovevamo chiarire.–  Mi dispiace – sussurro io guardandolo, annuisce e il secondo dopo non c’è più. Rimango senza fiato capendo che molto probabilmente non lo rivedrò mai più. Forse è meglio così, dopotutto Jeremy è la mia anima gemella, non lui. Ma ne sono sicura? In fin dei conti le scosse le ricevo anche da Cole. Sì, però Jeremy riesce a leggermi nel pensiero. Sì, è lui, deve esserlo! Ma allora perché sento che quello che provo per lui ricorda molto quello che provo per Jeremy? Non è la prima volta che provo qualcosa per qualcun altro oltre a Jeremy, ma il problema è che erano semplici e insulse cotte quelle, anzi quasi niente, ma Cole… Non so, continuo a essere dell’idea che c’è veramente qualcosa che non torna. Mi giro verso Jeremy, arrabbiata. – Perché mi hai fermata?
–  Perché non potevi muoverti. Non potevi andare da lui mentre ormai gli Anziani li stavano trasferendo a New York. Non si può fare, è contro le regole. Se volevi stare con lui allora dovevi andare prima di abbracciarmi – ringhia Jeremy, mi lascia la mano e si gira verso gli Anziani, arrabbiato.
Non sento più il pavimento sotto i piedi, così mi giro verso Jeremy, ma non vedo più nessuno. Chiudo gli occhi sentendo ancora le urla di alcune persone e subito dopo un po’ di pressione alla testa. Mi copro il viso sapendo che prima o poi cadrò sul pavimento del mio istituto. E infatti dopo poco tempo cado a terra e tutte le urla cessano. Mi alzo subito, anche se mi gira un po’ la testa, perché non voglio farmi trovare debole e indifesa in questo modo. Qualsiasi cosa succeda io dovrò sempre essere in piedi adesso, pronta a correre un’altra volta.
Sussulto perché accanto a me non c’è più Jeremy, bensì – Scott! – Lo abbraccio subito e nascondo la mia faccia nell’incavo del suo collo. Mi sento in colpa, non ho pensato molto a lui nell’ultimo giorno, avrei tanto voluto aiutarlo, averlo accanto a me.
Scott mi stringe a lui, un po’ scioccato. – Pensavo fossi morta – mormora lui. – Non ti ho vista da nessuna parte – esclama distaccandosi da me. – Che fine avevi fatto?
– Sono andata nei boschi – gli rispondo sorridendogli.
– Anch’io! – ribatte lui. – Con molti altri ragazzi che nemmeno conoscevo. – Mi guarda dalla testa ai piedi. – Dio, sono felice di vederti viva – esclama abbracciandomi un’altra volta.
Accenno una risata. – Anch’io, Scott.
– Ragazzi! – urla Louis. – Volevo dirvi che mi dispiace molto per quello che è successo. Ognuno di noi ne ha passate tante in questi ultimi giorni e mi dispiace ancora di più per i… per i ragazzi che non ce l’hanno fatta e che ringrazierò fino alla fine per avermi dato quella fiducia che forse… a questo punto, non mi meritavo più di tanto. – Cerca di non piangere, ma ha così tante lacrime agli occhi che molto probabilmente non vede più. – Le camere sono le stesse. Tutto l’interno dell’Istituto è uguale a quello vecchio, solo più nuovo. – Si ferma a guardare Ivy per un po’. – Ora vi pregherei di andarvi a fare una doccia. Per chi vuole, la cena sarà pronta per le otto, come sempre, ma se molti di voi non verranno lo capirò. A dopo – annuncia per poi andarsene. È distrutto e sporco, come tutti noi.
 
Dopo essermi fatta una doccia nella mia vecchia stanza mi rendo conto che sono le otto e un quarto, ma sinceramente non ho molta fame, così decido di lasciar stare. Apro l’armadio sapendo di trovare tutti i miei vestiti e infatti è così. Gli Anziani riescono a fare anche questo a quanto pare.
Esco dalla camera dopo essermi messa un pigiama a casaccio e vado a bussare alla porta di Ivy, ma non mi apre nessuno. Abbasso lo sguardo sapendo che è là dentro. – Ivy, seri là dentro? – chiedo io ad alta volta. – Per favore, apri… Ti devo parlare. – Ma nemmeno in questo modo mi apre, così sono costretta ad andarmene, ma non ce la faccio a tornare in camera e poi c’è un piccolo che devo almeno salutare.
Busso alla porta di Christian e apro senza aspettare risposta, ma il mio cuore fa un balzo quando lo vedo piangere. – Oh, piccolo mio – esclamo io correndo da lui, lo abbraccio e lo stringo più possibile a me, mentre continua a singhiozzare. – Da quant’è che piangi? – chiedo io asciugandogli il viso.
– Da quando sono qua – risponde lui continuando a piangere. – Ho tanta paura, Cassie.
Lo abbraccio un’altra volta. – Non ti lascio più – dico io a bassa voce contro il suo orecchio. È una promessa e spero di riuscire a mantenerla, anche se ormai sono così scettica che non so nemmeno se domani saremo tutti qua, vivi.
– Mi accompagni a dormire da Ivy? – chiede lui e per quanto mi possa sentire tradita non posso fare a meno di annuire. Lo prendo per mano e andiamo giù. Per fortuna la trovo davanti la porta di Isaac, mentre parlano a bassa voce, ma si fermano quando Christian corre da loro.
– Vuole dormire da Ivy – annuncio io guardandola, però lei fa di tutto per non guardare me, così sorride a Chris e lo accarezza. Vorrei parlare con lei, chiarirci, ma so che non è il momento adatto e non posso mettere da parte la serenità di Christian per la mia.
– Per noi va bene – ribatte Isaac, facendomi capire che sta sera dormiranno tutti e tre insieme, come una famigliola felice. Lui invece mi guarda, ma preferirei il contrario, visto che il suo odio verso di me è palese.
– Fategli un bagno, ok? – chiedo io guardando Isaac, che annuisce. – Va bene, allora buonanotte, piccolo mio – mormoro io dandogli un bacio sulla guancia. Me ne vado, ma non torno in camera nemmeno questa volta, perché adesso so dove andare per cercare di trovare le risposte alle mie domande.
Busso alla porta dell’ufficio di Louis e, dopo avermi dato il permesso, entro. – Ciao, Cassie – mormora lui, si nuovo pulito e con il suo completo beige. – Non riesci a dormire? – chiede e così scuoto la testa. – Cosa c’è che non va? Oltre a tutto quello che è successo, ovviamente.
Mi fa segno di sedermi e così obbedisco. – Ecco… Nell’Istituto a Toronto ho incontrato un ragazzo – inizio io, annuisce incitandomi ad andare avanti. – C’è qualche probabilità che Jeremy non sia la mia anima gemella? O che, in qualche modo, io ne abbia due?
Mi guarda per un po’ bel senza dire una parola. – No, non può essere, si ha solo un’anima gemella. Sta a te capire quale sia – risponde lui, soprappensiero. – Parlami di questo ragazzo.
– Ecco… è un po’ strano perché appena l’ho incontrato mi ha subito ricordato Jeremy. Poi ad un certo punto non mi conviceva e così me ne sono andata, ma c’è stato un momento in cui le nostre mani si sono toccate e in quel momento ho sentito una scossa molto forte, come quando tocco Jeremy. In più mi sono fidata di lui e sono scappata con lui quand’è successo quello che è successo. – Mi fermo per vedere la sua reazione, che non è molto positiva. – Lo so, è strano, ma lo è anche per me!
– Cassie, non è possibile – ribatte lui scuotendo la testa. – Come si chiama questo ragazzo?
– Cole – rispondo subito io.
– Cole Cole? – mi fa eco lui con gli occhi spalancati. Aggrotto la fronte, non riuscendo a capirlo. – Cassie, hai fatto amicizia con Cole? – Sembra quasi arrabbiato.
– Emh… sì – ammetto io, perplessa.
Si alza dalla sedia. – Hai idea di quanto sia strano quel ragazzo? – chiede, serio, e, sì è arrabbiato.
Rido, imbarazzata. – Non più di Jeremy, immagino – borbotto io, ma solo perché non so come controbattere. Il mio cuore fa un balzo e mi sento subito in colpa, perché so che in questo modo sto paragonando Jeremy a Cole, o peggio lo sto prendendo in giro.
– Jeremy ha dei problemi che sono legati alla morte dei suoi genitori, ma Cole… Cole è oscuro – dice Louis, ma si ferma e spalanca gli occhi. Si siede un’altra volta e si tocca la barba, soprappensiero. – Non è possibile – sussurra.
– Cosa? – chiedo io, perplessa.
Si alza dalla sedia e va a prendere un libro, che apre senza darmi nemmeno il tempo di leggere il titolo sulla copertina. – Hai detto che appena l’hai visto ti ha ricordato Jeremy? – chiede, annuisco. – E quando guardi Jeremy adesso che succede, esattamente?
– A volte vedo Cole, ma continuo a non capire – borbotto io mentre lo guardo sfogliare il libro come un matto. Mi sta quasi spaventando, anzi senza quasi.
– Questo… – Ride, nervoso. – Tutto questo è veramente strano – continua lui, si mette al computer e inizia a digitare qualcosa. – Cole… il cognome non è presente. Ha diciott’anni, ma non si sa quand’è il suo compleanno. Il suo potere non è ancora sviluppato, cosa molto improbabilmente. È arrivato all’Istituto molto piccolo, accompagnato da un mago della luna, che continua a ripetere che la madre gli aveva ordinato di ucciderlo, dal momento che era oscuro, ma lui non ce l’ha fatta e così l’ha dato all’Istituto, dicendo di tenerlo segreto, perché se la madre l’avesse scoperto avrebbe detto tutta la verità agli Anziani ed essi l’avrebbero ucciso. Non si sa quale sia questa verità, perché purtroppo non sono riusciti a scoprire il nome della madre o del padre. – Si mette una mano davanti la bocca, massaggiandosi la poca barba che ha. – Dio, non è possibile – mormora riprendendo a leggere il libro.
– Cosa sta succedendo? – chiedo io alzando il tono della voce, perché adesso sono veramente terrorizzata.
– Cassie – dice prendendomi le mani. – Le leggende dicono che i gemelli abbiamo un pezzo di anima uguale. Questo pezzo non determina mai il loro carattere, ma una piccola parte di loro è uguale. Questo succede in tutti i gemelli, ma negli eterozigoti quel pezzo è più grande per qualche ragione. In più, se il potere di questi due gemelli è oscuro, allora il potere deciderà di prendere possesso di uno dei due gemelli, redendolo più oscuro lui e più puro l’altro. – Fa un respiro profondo. – Cole ha la stessa età di Jeremy, non sono uguali esteticamente, ma tu hai detto che vedi i loro occhi in entrambi. La madre di Cole ha detto di ucciderlo, perché era oscuro e Jeremy ha un potere oscuro. – Scuote la testa, sembra che stia per avere un infarto. – Cassie… io spero che non sia vero, ma se lo è… Jeremy ha un gemello diverso e questo non va per niente bene.
Non ribatto, lo guardo e cerco di pensare bene a ogni singola parola che ha detto. Ma tutto questo continua a non avere senso. – Non… non è possibile. Jeremy è figlio unico.
– Non è detto che sia vero – ribatte Louis continuando a stringere le mie mani. – Domani vado all’ospedale dov’è nato Jeremy e guardo la sua casella. Se vuoi, puoi venire con me.
Annuisco. – Perché… Perché non va per niente  bene?
– Cassie, per Jeremy sei fin troppo importante ora che è tornato – risponde lui a bassa voce. – Sai cosa significherebbe per lui combattere contro suo fratello per averti?
Scuoto la testa energicamente e ritraggo le mie mani, scioccata. – No. No, io non lo permetterei.
– Non è questione di permettere o no, Cassie – ribadisce lui. –Non sarai tu a decidere. Mi dispiace dirtelo così, ma non ho altra scelta. Ora, mi dispiace cacciarti, ma ho molte cose da fare in proposito.
Mi alzo dalla sedia e mi fermo alla porta ricordandomi una cosa. – Non ne sono sicura… ma quando eravamo nel bosco ha acceso un fuoco. Lui mi ha detto che l’aveva acceso con il suo accendino, che dpo mi ha fatto vedere, ma io prima non l’avevo visto.
Annuisce guardandomi. – Grazie per l’informazione.
Entro nella mia camera una volta per tutte, ma ho più paura di prima. Mi siedo sul ciglio della finestre e continuo a fissare fuori in cerca di un qualcosa di sospettoso. Sono fratelli. Jeremy ha un fratello. Ringrazio Dio per non avere baciato Cole. Cosa succederà adesso? Non devo dire niente a Jeremy, ma riesce a leggermi nel pensiero e io cosa farò dopo? Gli  ha tirato un cazzotto, sta mattina. Sono solo una ragazza, nessuno dovrebbe stare male per me, nessuno dovrebbe combattere per me. Infatti non succederà, nessuno combatterà per me. Nessuno.
Guardo il mio letto, perché forse dovrei veramente andare a dormire, dopotutto è tardi e molto probabilmente domani succederà qualcos’altro.  Non posso essere stanca quando succederà.
Faccio un balzo sentendo qualcosa sbattere sulla mia finestra, scendo subito da essa vedendo del sangue. Indietreggio nonostante non ci sia nessuno alla finestra. La paura prende ancora una volta la meglio su di me e così inizio a correre fuori dalla mia camera. Busso alla porta di Jeremy, che apre solo dopo un po’ di colpi.
– Chi è che…? – inizia, ma si ferma quando si rende conto che si tratta di me. – Cassie, che succede?
Indico la mia porta, spaventata. – Stavo vicino la finestra e ho distolto lo sguardo solo per pochi secondi e poi ho sentito un rumore e… – Mi fermo per prendere fiato, mentre Jeremy mi guarda come una matta. – E così  ho guardato la finestra e c’era del sangue.
– Cassie… sta tranquilla – mormora lui mettendosi una mano tra i capelli, stanco. – Molto probabilmente è stato solo uno scherzo – aggiunge dopo aver sbadigliato.
– No – sussurro io scuotendo la testa, con le lacrime agli occhi. – No, non dire così. Non è uno scherzo e lo sai anche tu – continuo io e mi rendo conto solo adesso di star tremando. Mi guarda con la fronte aggrottata. – Per favore… non trattarmi come una matta. Lo so che sei arrabbiato con me, ma non è colpa mia! – esclamo io, esasperata. Abbassa lo sguardo. – Non sono io a decidere cosa provare e… – Mi fermo per l’ennesima volta, ma questa volta non ho intenzione di andare avanti, perché non dovrei essere qua. Dovrei stare lontana anche da lui, non solo Cole. Faccio un passo indietro. – Scusami, non ti dovevo disturbare. Vado.
– No, aspetta, Cassie – mi ferma Jeremy prendendomi il polso per non farmi andare via. – Cosa sta succedendo? Non è solo il fatto della finestra… c’è qualcos’altro.
– Non posso dirti cosa – mormoro io guardando a terra.
– Perché no? – chiede.
– Perché non posso – rispondo guardandolo, alzo le mani al cielo e poi mi metto indietro i capelli, esasperata. Vorrei veramente tanto dirgli tutto, abbracciarlo e dirgli che lo amo, ma non posso. – Lascia stare. Me ne vado. Non so nemmeno perché sono venuta qua – borbotto andandomene.
– Io sì, invece – esclama Jeremy, mi fermo sentendo la sua voce ma non mi giro. – Tu sei venuta qua perché ti fidi di me – inizia venendo verso di me, sento i suoi passi sempre più vicini. – Scommetto che non hai nemmeno pensato di venire qua, ti ci sei ritrovata e basta.
Chiudo gli occhi sentendo il suo respiro battere sui miei capelli. – Credo sia normale.
– Ti farebbe sentire più al sicuro dormire con me? – chiede quindi.
 Deglutisco. – No – rispondo, incerta.
Fa una mezza risata. – Ne sei sicura?
Faccio un respiro profondo e mi giro verso di lui. Sento il cuore battere all’impazzata vedendolo così vicino. – Mi prometti che non cercherai di scoprire cosa c’è che non va e che non ci sarà niente domani?
– Te lo prometto, anche se non capisco il perché – borbotta lui, ma siccome lo sto guardando ancora incerta aggiunge: – Te lo prometto. Ora andiamo a dormire che ho sonno? – chiede, annuisco e così mi mette una mano dietro la schiena per incitarmi a entrare in camera sua. Una volta chiusa la porta mi metto sotto le coperte e lui mi raggiunge poco dopo.
Ci guardiamo per un po’, in silenzio, mentre io cerco di attirare l’attenzione sui miei occhi e non sulle mie labbra. – Non farlo – lo avverto io.
– Cosa? – chiede lui.
– Nonf are come fai ogni volta che mi stai per baciare – ribatto io alzando gli occhi al cielo, scherzando. Però veramente: se mi bacia sarà la fine di entrambi.
Alza lo sguardo, divertito. – Faccio qualcosa prima di baciarti? – chiede. Annuisco e così ride facendomi voler avvicinare le sue labbra alle mie.
Deglutisco rendendomi conto di stargli fissando le labbra, con un vero sforzo passo ai suoi occhi. – Secondo te è finita? Non ci daranno più fastidio?
Riesco a sentire ogni singola cosa che gli passa per la testa. Non sa se dirmi la verità, e cioè che secondo lui hanno appena iniziato, oppure una bugia e che quindi andrà tutto bene. – Credo che sia finita – decide infine guardandomi negli occhi.
– Stai mentendo – ringhio io. – Non sono una ragazzina. Posso sopportare la verità.
– Sei sicura? – chiede lui. Mi siedo, arrabbiata, mentre lui continua a guardarmi senza aggiungere altro. Mi alzo dal letto e mi rimetto sul ciglio della finestra, preoccupata. – Non ti arrabbiare, dico quello che penso e penso che tu non riesca a sopportare la verità. Guardati! Stai sul ciglio di una finestra e sicuramente lo stai facendo da quando sei tornata nell’Istituto.
– E quindi? – sbotto io guardandolo. – Credo sia più normale questo che stare qua e dormire tranquillamente, come se niente fosse.
– Non dico questo – dice alzando dal letto per venire da me. – Dico solo che se fai questa domanda è perché vuoi essere rassicurata. Alla fine sai già la risposta, Cassie. – Ormai è davanti a me, alza una mano per accarezzarmi ma lo fermo girando il viso. – Perché adesso fai così? – sbotta lui, distolgo lo sguardo e mi giro per guardare fuori dalla finestra. – So di meritarmelo – mormora sedendosi vicino a me. – E mi dispiace davvero tanto per come ti ho trattata in quest’ultimo periodo. Per come… ti ho lasciata insieme a quelle sirene, fregandomene; per come sono andato con altre ragazze, nonostante tu fossi con me. – Sento lo sguardo su di me ma continuo a guardare fuori. – Per come ti ho detto quelle cose sul fatto che eri uscita per fare quello che hai fatto con quella sirena. Non te lo meritavi. So che non mi merito di essere perdonato, ma voglio che tu sappia che ci sarò. – Questa volta lo guardo negli occhi. – Ci sarò per proteggerti o per qualsiasi altra cosa. E ci sarò anche dopo essermi meritato il tuo perdono.
– Mi hai promesso che non ci sarebbe stato niente tra noi da domani – borbotto.
– Quindi non vuoi che ci riproviamo? Ma mi avevi detto che ci volevi provare. Cos’è cambia… – Si ferma di scatto e spalanca gli occhi. – Cole, ecco cos’è cambiato – mormora con un tono di voce così triste che sono costretta ad abbassare lo sguardo. – Quindi hai scelto lui?
– Non ho scelto nessuno – rispondo freddamente. – Ho scelto di rimanere da sola.
– Perché? – chiede lui alzandosi. Rimango in silenzio a guardare fuori dalla finestra, anche se non lo sto facendo veramente. – Cassie! Perché?!
– Mi hai promesso che…
– Non me ne frega niente di quello che ti ho promesso! – sbotta lui, infuriato. Si avvicina a me, ma faccio finta di niente e continuo a guardare fuori, anche se il mio cuore inizia a battere un po’ troppo velocemente.  Poi riesce a girarmi e fa in modo di essere esattamente davanti a me. Trattengo il respiro vedendolo così vicino. – Perché?
– Non posso dirtelo – rispondo io a bassa voce guardando quei suoi fantastici occhi.
Si avvicina ancora di più separando le mie gambe per mettersi ancora più vicino a me. Il mio corpo si contrae sentendolo ancora più vicino. – Perché no? – chiede lui con un tono di voce fin troppo rauco.
Abbasso lo sguardo sulle sue labbra, che si aprono un po’. Questa distanza sta facendo veramente male. – Non ci riuscirai – mormoro io stando al suo gioco, mi avvicino ancora di più e tocco a malapena le sue labbra con le mie. Una scossa percorre tutto il mio corpo, mentre il suo s’irrigidisce.
Posa le sue mani sulle mie cosce. – Forse – sussurra guardandomi negli occhi.
Sorrido e gli accarezzo la guancia con il pollice, chiude gli occhi indurendo la mascella. – Non farmelo fare, Jeremy – dico a bassa voce allontanandomi lentamente da lui. – Non farmi andare via – aggiungo. Lo scanso, scendo dal ciglio della finestra e vado verso la porta cercando di calmarmi, perché in questo momento potrei benissimo essere in grado di correre da lui e baciarlo.
– Non te ne andare – ribatte subito Jeremy. – Scusami, te l’avevo promesso – aggiunge, così mi giro verso di lui, indecisa. – Giuro che non ci proverò più.
Giro la testa verso la porta, se me ne vado allora sicuramente non riuscirò a dormire, ma sarò anche sicura che non succederà nient’altro sta sera. Se non me ne vado invece c’è una grossa probabilità che succederà qualcosa, ma almeno riuscirò a dormire. Faccio un sospiro e mi rimetto sotto le coperte. Jeremy si mette accanto a me e chiude gli occhi, rilassandosi. – Dio, ti odio! – esclamo io chiudendo gli occhi, imbarazzata.
– Lo so – dice Jeremy a bassa voce, però si capisce che non sta veramente ascoltando, inoltre ha gli occhi chiusi e pochi secondi dopo lo ritrovo del tutto addormentato. Gli accarezzo i capelli che stanno iniziano a crescere un’altra volta, finalmente. Mi avvicino un po’ a lui cercando di sentire ancora più protetta e lui, captando questa mia necessità, mi mette un braccio attorno al fianco facendomi avvicinare ancora di più a lui. Trattengo il respiro vedendo la sua bocca a un centimetro di distanza.  Apre lentamente gli occhi, ancora assonnato. – Perché mi stai fissando?
Sbatto più volte le palpebre per riprendermi, ma tutto il mio corpo è attaccato al suo e quindi è veramente difficile pensare. – È colpa tua – esclamo io, imbarazzata. Ride dandomi il colpo di grazia, mi avvicino senza pensarci e, appoggiando una mano sul suo petto, lo bacio. S’irrigidisce sentendo le mie labbra sulle sue, ma dopo pochissimo le apre, ricambiando il bacio. Mette la mano sul mio fianco stringendolo con i polpastrelli, cerca di avvicinarmi ancora di più a lui, ma ormai non c’è più spazio, così si limita a stringermi ancora di più.
Si distacca da me ansimando. – Perché l’hai fatto?
–  Te l’ho detto, è colpa tua – bofonchio io con il fiatone. Continuo ad abbassare lo sguardo sulle sue labbra, ricordandomi il suo sapore, la morbidezza di esse, l’effetto che mi fa, i brividi e le scosse.
Ride scuotendo la testa. – Addirittura? – chiede continuando a ridere. – Devo avere proprio un grande potere su di te. – Sorride maliziosamente. – Quindi, fammi capire… –  inizia, scherzando. –  Quindi se facessi una cosa tipo questa – mi chiede mettendosi sopra di me – tu che faresti? Sverresti?
Rido anche se in realtà sto trattenendo il respiro. – No. E, dimmi, se io facessi una cosa tipo questa – inizio io mettendogli le gambe attorno alla vita – tu che faresti? Sverresti?
E questa volta è lui a trattenere il respiro, poi ride. – Stronza – borbotta scherzando. Rido, un po’ imbarazzata e un po’ compiaciuta. – Comunque, vuoi sapere che farei? – chiede e così annuisco ridendo, ma la mia risata cessa quando posa le sue labbra sulle mie.
Mi era mancato veramente troppo, così tanto che mi accorsi di aver aspettato questo momento per troppo tempo. Sì, ci eravamo già baciati quando lui ancora non provava niente, ma era una cosa completamente diversa da questa.  Prendo un respiro profondo, perché già sto iniziando ad andare in iperventilazione, e decido di sfidarlo ancora di più mettendogli le mani sotto la maglietta. Tutti i suoi muscoli sembrano come fremere e flettersi sotto le pie piccole dita, fa un verso strano e stringe la mia coscia muovendosi un po’. Sussulto e apro di scatto gli occhi, inizio subito a diventare rossa dall’imbarazzo. Lo sento fare una mezza risata, perché il ragazzo sa benissimo come vincere,  ma non posso fare a meno di sorridere, imbarazzata.
Poco dopo decido d’invertire la situazione e mi metto sopra di lui dopo averlo fatto sdraiare di schiena. Rimane in silenzio a guardarmi, mentre io sono a cavalcioni su di lui e penso a quello che stiamo facendo. Mi abbasso lentamente e gli lascio un leggero bacio sulle labbra, per poi scendere sempre di più e lasciando dei piccoli baci lungo il suo collo, fino ad arrivare al bordo della maglietta.
Mi accorgo solo adesso che sta imprecando stringendo le mani sui miei fianchi. Sorrido, soddisfatta, mentre sembra respirare fin troppo velocemente. – Ti odio – dice lui con una voce rauca. Rido e mi avvicino un’altra volta a lui, pronta a baciargli il collo. – Ok, ok! – esclama prendendomi il viso tra le mani. – Hai vinto – annuncia.
Sorrido, ancora più soddisfatta, anche se una parte di me non voleva che finisse. Una parte che si vergogna molto di ammettere le proprie debolezze. Mi sdraio vicino a lui con il respiro ancora affannato.
Si mette subito sopra di me. – Scherzo, non hai vinto per niente – aggiunge e faccio per dire qualcosa (la prima, patetica cosa che mi viene in mente) ma le sue labbra mi fermano, un’altra volta. Inizia a scendere anche lui, lasciando baci che sembrano infiammare la mia pelle fino ad arrivare a far tremare le ossa. Si ferma alla maglietta, ma poi alza lo sguardo su di me con un sorriso malizioso e poi mi tocca la pancia in un gesto così leggero che sembra quasi non essere successo. Ma è successo e il mio corpo ne è fin troppo consapevole. Continuo a fissarlo con il respiro pesante mentre cerco di non dargliela vinta, anche quando mi toglie del tutto la maglietta e continua con i baci fino alla pancia. Credo che la mia morte sia vicina, e non mi è mai sembrata così bella. Quando poi mi ricomincia a baciare in un modo non del tutto legale (ne sono sicura, perché potrebbe benissimo far venire un infarto a qualcuno, tipo a me) e posa una mano sui miei pantaloncini del pigiama, allora il mondo sembra girare intorno a noi, intorno a lui. Ride e allontana la mano, lasciandomi un vuoto dentro lo stomaco. – Quindi, chi è che ha vinto? – mi sussurra all’orecchio facendomi rabbrividire. – Riuscivo a sentire il tuo cuore – continua posando una mano sulla pancia e continuando il gioco. – E ogni singola risposta del tuo corpo.
Chiudo gli occhi sapendo che ha vinto. – Hai molta più esperienza di me, però – borbotto io con la voce smorzata.
– Anche questo è vero – dice ridendo, il suo sguardo mi fa capire che è fin troppo soddisfatto della sua “opera”. – Quindi? Ti arrendi? – mi chiede sorridendomi maliziosamente. – Ti avverto: se non ti arrendi non mi fermo più.
Il mio cuore fa un balzo e arrossisco. – Non ti fermi più, eh? – ripeto io.
Ride scuotendo la testa. – Mi dispiace, davvero, ma è colpa tua – esclama alzando le mani, per farmi capire che è innocente.
Rido e mi sdraio completamente sopra di lui. – Però, vedi, a me non piacere perdere – affermo, pensierosa. Ride e poco dopo lo seguo, divertita da questo gioco. – Il problema è che non possiamo. Dobbiamo riposarci.
– Per me va bene – esclama lui. – Tanto ho vinto io! – Mi accarezza la schiena facendomi venire i brividi. – Però vorrei farti notare che sei ancora sopra di me e senza maglietta. Ok, sei un’adolescente, ma lo sono anch’io!
– No, tu sei maggiorenne! – ribatto io ridendo.
– Ma pur sempre un adolescente – dice lui ridendo tanto quanto me.
– Non è vero, quando sei maggiorenne non sei più adolescente – controbatto io, non del tutto sicura di quello che sto dicendo.
Ride scuotendo la testa. – Questo fallo decidere a me – mormora avvicinando il suo viso al mio per baciarmi. Ricambio il bacio mettendomi seduta, ovviamente mi segue riuscendo a non distaccare le mie labbra dalle sue. Metto le gambe attorno a lui facendolo rabbrividire, perciò rido e decido di togliergli la maglietta.
Ci guardiamo in silenzio per un po’, sfiorandoci il petto o la schiena a vicenda, poi mi abbasso al collo e inizio a baciarlo. Mi stringe a lui e adesso quella che sente il suo cuore andare velocissimo sono io. Appoggio una mano sugli addominali e inizio a scendere, fino ad arrivare all’elastico dei suoi pantaloni e poi risalgo su e arrossisco ancora di più quando lo sento fare un rumore che proviene dalla sua gola. Mi avvicino a lui per stargli ancora più vicino e sussulta sotto di me mentre una scossa mi trapassa il cuore. Mormora qualcosa d’incomprensibile facendomi ridere. Faccio salire la mano fino alla sua mascella e gli prendo il viso con tutte e due le mani solo per farlo avvicinare ancora di più a me e baciarlo.
– Mmh.. – bofonchia Jeremy allontanando il viso. – Cassie, basta – mormora con il respiro affannato. – Ti prego, basta.
Sento il mio cuore contorcersi. – Cosa? – mormoro spalancando gli occhi. – Perché?
– Non posso – sussurra scuotendo la testa. – Devo andare in bagno – aggiunge spostandomi. Lo guardo, confusa e imbarazzata. – Non mi guardare così, Cassie – esclama alzandosi dal letto. – Non sono un santo. Anch’io ho un limite.
Aggrotto la fronte e deglutisco. – Chi ti ha detto che ti avrei fermato? – mormoro, rossa in viso. Non posso credere di averlo appena detto, eppure lo penso veramente: sono pronta, ci conosciamo da mesi e da mesi sono convinta di amarlo, quindi perché non farlo?
Rimane in silenzio, fermo e un po’ tremante, accanto al letto. – Ne sei sicura? – sussurra, quasi spaventato. Annuisco. – Non sei obbligata, Cassie. Veramente. Io posso veramente fermarmi qua. Devo solo fare una capatina al bagno…
– Non devi – lo fermo io mettendomi a gambe incrociate. – Insomma… non devi, se non vuoi. Se invece preferisci fare così allora…
Ride e si siede al bordo del letto. – Come potrei preferire quello? – chiede lui guardandomi con occhi adoranti, sento il mio petto scoppiare. – Come potrei preferire quello a fare l’amore con te? – sussurra stringendomi la mano. – Ma ne devi essere veramente sicura, Cassie.
– Lo sono – rispondo io. – Sono sicura.
– Ok – sussurra lui venendo verso di me, mi sdraio e così lui viene sopra di me. – Devi dirmi ogni singola cosa, ok? – mi chiede. – Se ti fa troppo male mi devi avvertire, cercherò di fare il più piano possibile, ma so quanto faccia male a voi all’inizio…
– Jeremy, sta zitto, mi stai facendo venire l’ansia! – sbotto io, in realtà ero già in ansia prima, ma lui sta veramente complicando le cose. Insomma, so che farà male, non sono mica così ignorante a riguardo!
Ride. – Va bene, hai ragione, scusa – bofonchia ridendo, intanto mi fa divaricare un po’ le gambe e si mette in mezzo. – Mmh… ok, devo chiederti se hai mai fatto almeno un qualcosa – mi chiede, guardandomi dritta negli occhi. Faccio per rispondergli, già irritata, ma mi ferma. – No, no, sta zitta – brontola lui chiudendo gli occhi. – Non lo voglio sapere. Austin… No, non lo voglio sapere.
– Jeremy, mi stai facendo cambiare idea – ringhio io. – Se ti da così tanto fastidio allora forse dovremmo veramente lasciar perdere! – esclamo io.
– Non… non mi da fastidio! – ribatte lui aggrottando la fronte. – Sono umano anch’io, ok? Mi concedi un po’ d’ansia, per favore? – chiede. Fa un sospiro e si avvicina a me per baciarmi, mi afferra una coscia e se l’avvicina al fianco, per poi muoversi. Trattengo il respiro e afferro le sue spalle guardandolo dritto negli occhi, spero che capisca che me la sto facendo sotto. Posa la fronte sulla mia continuando a muoversi un po’, chiude gli occhi sentendo le mie mani iniziare a scendere sulla sua schiena; mi avvicino a lui e lo bacio per cercare di non pensare a niente. Lentamente scende verso i pantaloncini del mio pigiama, mi guarda per una conferma, che riceve, e a quel punto me li toglie. Abbassa lo sguardo verso il reggiseno e così lo slaccio, con le mani che mi tremano. Poco dopo il resto degli indumenti è a terra e io mi aggrappo a lui, imbarazzata.
Chiudo gli occhi baciandolo, mentre mi rendo conto che domani tutto sarà diverso e sarò costretta a lasciarmi questa sera alle spalle, perché avevo deciso di non stare con nessuno dei due. Eppure, in quel preciso momento, con quella precisa decisione, la mia scelta era più che ovvia.

Angolo Autrice:
Ok, che imbarazzo! E anche questo capitolo è andato, molto lungo - forse un pò troppo. Imbarazzata fino al midollo, vi chiedo di recensire per farmi sapere cosa pensate di questo capitolo e vi avverto che in realtà mancano pochi capitoli alla fine! Ovviamente la cosa non può essere più imbarazzante di così... a meno che non ci siano errori nel testo (cosa sicura).
Grazie per aver continuato a leggere questa storia.
Al prossimo capitolo. Un bacio.

 

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Capitolo 42
*** I giorni passano ***








Capitolo 42
I giorni passano 

Passano pochi secondi prima che la realtà mi schiacci con il suo peso,  impossibile da reggere. La testa è appoggiata sul petto di Jeremy e le nostre gambe sono incrociate tra di loro. Chiudo gli occhi sentendo il mio cuore così pesante da farmi venire voglia di piangere. Per non quanto voglia rimanere qua, tra le sue braccia, sono costretta ad andarmene. Mi rivesto, girandomi ogni tanto verso Jeremy per paura di svegliarlo, ma ogni volta che mi giro sembra avere il sonno sempre più pesante. Una parte di me vorrebbe svegliarlo, in modo tale da costringermi a restare, ma so benissimo che è impossibile. Me ne vado chiudendo il più delicatamente possibile la porta.
Entro in camera mia, ogni tanto le lacrime fanno capolino, ma poco dopo riesco sempre a ricacciarle indietro. Non posso piangere, non ho tempo per piangermi addosso e non ho tempo per l’amore. Prima di uscire mi faccio una doccia veloce e mi cambio i vestiti.
Quando arrivo in sala pranzo per fare colazione, prendo da mangiare e vado da Ivy, Isaac, Christian e Jeremy. Non vorrei stare con quest’ultimo, perché ora come ora potrei veramente abbracciarlo e piangere come una bambina piccola, ma c’è Ivy in quel tavolo e devo cercare di rimediare.  – Posso sedermi qua? – chiedo guardando prima Ivy e poi Isaac.
Quest’ultimo mi sorride. – Vieni, siediti – mi risponde continuando a sorridere, e proprio quando il peso allo stomaco sembra farsi meno pesante, Ivy inizia a guardarmi male.
– Ivy? – la chiamo.
– Fai come ti pare – risponde lei freddamente.
Trattengo il respiro e guardo Jeremy, indecisa sul da farsi. – Su, vieni – mormora lui facendosi da parte per lasciarmi un posto sulla panca. Però decido di non sedermi accanto a Jeremy, bensì accanto a Isaac. Jeremy mi guarda confuso e un po’ offeso, ma faccio finta di niente e inizio a mangiare.
– Cassie – mi chiama Louis facendomi sussultare. Mi giro verso di lui con uno sguardo colpevole, ma fa finta di niente. – Io sto andando, ma non sei costretta a venire con me.
Mi alzo subito. – No, no. Vengo – rispondo io, convinta. Devo sapere la verità e devo essere là quando la diranno a Louis.
– Dove? – chiede Isaac.
– È una cosa per Cassie – risponde subito Louis quando mi vede in preda al panico. Ho gli occhi spalancati e il mio cuore va a mille. Sembra voler uscire dal mio petto a forza.
–  Quella cosa che ti osti a non dirmi, Cassie? – chiede Jeremy facendomi sussultare un’altra volta. Annuisco e saluto i ragazzi con la mano, guardo Louis per fargli capire che ci dobbiamo sbrigare e quasi corro fuori dall’Istituto. Odio tenere segreta una cosa così importante, ma non posso fare altrimenti.
Entriamo dentro l’ospedale, io sono proprio dietro Louis, che sembra sapere a memoria la piantina di questo maledetto ospedale. Prendiamo l’ascensore e andiamo al terzo piano, per tutto il tempo che impieghiamo dentro l’ascensore cerco di non entrare nel panico. Odio gli ascensori, non riesco mai a respirare una volta dentro di essi. Ci fermiamo davanti il banco d’informazioni e Louis inizia a parlare con l’infermiera dicendo cose strane, come per esempio – Sì, li ho avvertiti.
– Cerchiamo Annabelle Ruterful – annuncia Louis. Non sembra per niente nervoso, ma molto probabilmente è bravo a  recitare, perché quelle occhiaie mi fanno capire altro e cioè che non ha dormito moto ieri sera.
L’infermiera schiaccia velocemente i tasti della tastiera del computer. – Eccola qua. Annabelle Ruterful, a trent’anni ha partorito… – Si ferma e si avvicina allo scherzo, strizzando un po’ gli occhi. – Oh – mormora, triste.
– Cosa c’è? – chiede Louis e adesso sembra veramente impaziente e nervoso. Il mio stomaco invece si contrae in un modo assurdo. So che è successo. So che è vero.
– Ha partorito due gemelli eterozigoti – continua lei e la mia testa inizia a girare. – Ma uno dei due gemelli è morto dopo un mese. Le cause della morte del bambino non si sanno purtroppo, e questo è molto strano. Ma la bella notizia è che il secondo gemello è vivo e ormai è maggiorenne. – Si ferma e mi guarda. – Stai bene? – mi chiede e la sua voce sembra un eco molto lontano.
– Cassie, vuoi aspettare fuori? – chiede Louis posandomi una mano sulla schiena, è molto preoccupato e sicuramente spera che me ne vada fuori, ma sono qua e non ho intenzione di andarmene; quindi scuoto la testa. – Va bene. Come si chiamava il gemello che è morto? C’è scritto?
– Sì, c’è scritto – risponde subito l’infermiera continuando a guardare lo schermo. – Si chiamava Cole Nick Ruterful – aggiunge dopo un po’.
Chiudo gli occhi sentendo il mondo girare troppo velocemente.
– Va bene, grazie – mormora Louis. Si gira verso di me e sussulta. – Cassie?
– Io… Io non mi sento bene – sussurro con ancora gli occhi chiusi. Ho i brividi ma sento troppo caldo, la testa continua a girarmi come una trottola e il mio cuore sembra battere veramente troppo velocemente. L’infermiera se ne va e torna poco dopo porgendomi un bicchiere d’acqua, che bevo un po’ alla volta.
– Cassie, devi rimanere lucida – dice Louis guardandomi dritta negli occhi.
– E come faccio Dovrò lasciar perdere tutti e due. Non potrò nemmeno più guardarli, Louis! – sbotto io e la mia voce s’inclina un po’. – Ti prego, Louis, ti prego… mi devi trasferire in qualche altro Istituto.
– In un altro Istituto? – chiede Louis, scioccato.
 
Entro nell’Istituto praticamente correndo, non voglio incontrare nessuno, voglio solo andare in camera mia e non uscirci fino a quando non sarà per non tornare più. Sento Jeremy, mi sta chiamando, ma non posso nemmeno guardarlo. Non posso. Non posso guardarlo sapendo che ha un fratello, che prova qualcosa per me, anzi che è costretto a provare qualcosa per me. Sento Louis che lo chiama e lo avverte che devono parlare.
Inizio a respirare una volta entrata in camera mia. Mi sdraio sul letto e iniziano a venirmi in mente tutti i momenti che ho passato con Jeremy, fino a quello di ieri sera. Ho fatto una cazzata, non dovevo entrare in quella stanza, ieri sera. Non dovevo farlo, non dovevo permetterlo. Solo io sapevo la verità e ho lasciato che andassimo oltre il limite.
Dopo un po’ qualcuno bussa alla porta e apre senza aspettare un secondo di più. Sono sicura di vedere Jeremy, furioso, ma entra Ivy con le lacrime agli occhi. – Ti prego, dimmi che non è vero – esclama lei. – Dimmi che Cole non è il fratello di Jeremy – aggiunge e sono costretta ad abbassare lo sguardo. – No, non è possibile – mormora lei facendo un passo indietro, bianca in faccia. Si siede accanto a me e cerca di non piangere. – Quindi che fai adesso?
La guardo, ormai piangendo. – Louis mi ha detto che loro si metteranno a combattere per me… Io questo non posso permetterlo. Ho deciso di lasciarli tutti e due e di trasferirmi in un altro Istituto, lontano da Boston e da Toronto.
– Stai scherzando, vero? – chiede Ivy, scioccata. – Cassie, non te ne puoi andare! Sei la mia migliore amica!
Non ce la faccio più e afferro la sua mano, stringendola più del dovuto. – Anche tu lo sei – mormoro guardandola negli occhi. – Lo sei… ma non posso far accadere tutto questo.
– Non puoi lasciarmi qua – sussurra lei lasciando le lacrime uscire.
L’abbraccio e la stringo il più possibile. – Sta tranquilla, ok? Troveremo un modo per vederci – ribatto io, ma sappiamo tutte e due che sarà impossibile. – Dobbiamo far passare questa guerra. Dobbiamo solo far passare questa guerra.
–  Jeremy! – urla Louis. – Jeremy, ne dobbiamo parlare! – continua Louis, ma subito dopo si sente una porta sbattere.
– Credo abbia bisogno di te adesso – dice Ivy.
La guardo per avere un’altra conferma e quando me la da, mi alzo ed esco dalla mia stanza per raggiungere quella di Jeremy. – Louis – inizio, ormai sono accanto a lui, che guarda la porta senza dire niente. – Faccio io – finisco, lui annuisce e se ne va con la testa bassa.
Apro lentamente la porta, sussulto quando mi accorgo che la camera è in fiamme. Corro dentro e, dopo essermi tolta il giacchetto, cerco di spegnere le fiamme con esso. – Jeremy! Jeremy, spegni tutto! – urlo io. Una fiamma si accende proprio accanto i miei jeans e così urlo ancora di più, sentendo il calore troppo vicino. – Jeremy, smettila subito! – tuono io, un po’ intimorita, perché quella fiamma sembra sempre più vicina. A questo punto però le fiamme spariscono e io prendo tutto il coraggio che mi rimane per avvicinarmi a lui, che mi da le spalle e continua a respirare affannosamente. Gli tocco la spalla, ma lui si gira di scatto facendomi sussultare.
– È questo quello che non mi potevi dire, ieri sera? – tuona. Abbasso lo sguardo e annuisco. – Perché non me l’hai detto? Dopo tutto quello che abbiamo fatto ieri sera! È per questo che non mi volevi toccare, vero? Perché sennò dopo avresti avuto a che fare con mio fratello. Perché sennò dopo avresti dovuto scegliere tra i due fratelli! – urla così forte che mi viene il mal di testa. Indietreggio vedendolo avvicinarsi a me, troppo arrabbiamo per avere buone intenzioni. – Adesso mi è tutto chiaro. Tutto quello che mi dicevi ieri sera, del fatto che non potevi stare con me… Perché sei venuta da me? Sapevi cosa sarebbe potuto succedere! Io volevo finirla e tu mi hai detto di continuare! Con quale coraggio?!
–  No, non lo sapevo. Non ne ero sicura. Volevo solo…
–  Cosa? – tuona lui avvicinandosi. – Andare a letto con qualcuno? Dio, mi fai schifo! Ti rendi conto di quello che hai combinato?
Un nodo inizia a formarsi nella gola. – Sapevo che poteva essere uno sbaglio, ma ho pensato che magari sarebbe stata l’ultima volta…
–  E non me l’hai detto! Stavi là, mi baciavi, mi stuzzicavi, facevi sesso con me e magari stavi pure pensando a mio fratello – tuona, ancora più forte. Arrivo alla parete e lui mi si avvicina così tanto che sento tutto il suo corpo premere sul mio. – Mi fai schifo! Come hai potuto farmi una cosa del genere?
– Mi dispiace – sussurro io singhiozzando. – Mi dispiace davvero tanto, ma non volevo… non volevo pensarci. Non poteva essere vero. Tu eri figlio unico e Cole…
– Cosa provi per Cole? – chiede lui alzandomi il viso a forza. – Cos’hai fatto con lui? – chiede e sembra essersi calmato, ma in realtà sta tremando dalla rabbia. – Cos’hai fatto con mio fratello?! – tuona facendomi sussultare ancora.
– Niente – sussurro io abbassando un’altra volta il viso. – Non è successo niente tra noi. Sei sempre stato solo tu…
– Non mi mentire! – ringhia lui con le lacrime agli occhi. La stanza è di nuovo tutta in fiamme.
– Non ti sto mentendo – esclamo io. – Entra nella mia mente. Vai! Non ti sto mentendo! – aggiungo posando le mani sulle sue spalle.
Rimane in silenzio per un po’, concentrato e perso nella mia mente, poi si distacca da me e il suo sguardo si fa ancora più duro. – Tu sapevi tutto sin dall’inizio – mormora, rosso dalla rabbia. – Sin dal primo momento che hai visto Cole!
– No, non lo sapevo! Mi è passato per la mente, ma lui non aveva ancora i poteri e non c’era niente che potesse veramente collegarvi – ribatto io. Mi fa male tutto, mi sembra mi sia passato sopra un camion e subito dopo un treno e non so perché.
– Vattene. Non ti voglio più vedere – ringhia lui girandosi. Faccio per controbattere, perché non posso lasciarlo così. No, lui mi deve capire. – Vattene! – ricomincia ad urlare e si gira verso di me con gli occhi che sembrano essere fatti di fiamme.
Sussulto e vado verso la porta, capendo che non solo lui mi deve capire, io devo fare la stessa, identica cosa. Lo devo capire e ora lo capisco. Capisco il perché non mi voglia più vedere e purtroppo ha ragione. – Jeremy – inizio io, ogni tanto mi devo fermare per non singhiozzare. – Jeremy, io… io me ne sto andando da quest’Istituto. Quindi, ti prego, di non far finire tutto in questo modo.
Quando alzo lo sguardo mi viene un colpo. Delle lacrime rigano il suo viso, gli occhi sono completamente spalancati e sembra non respirare più. – Te ne vai? – chiede lui, ritornando al tono di voce normale.
– Sì – rispondo io annuendo. – Devo farlo. Giuro che vorrei tanto rimanere e sistemare ogni singola cosa, ma non posso e…
– Dove? – chiede lui freddamente. Ha anche smesso di piangere, la sua faccia ora è una maschera d’indifferenza e devo fare uno sforzo enorme per non fargli capire che questo mi ferisce ancora di più.
– Non lo so – rispondo abbassando lo sguardo, perché non posso guardarlo mentre continua a guardarmi con quello sguardo indifferente. – Louis ancora me lo deve dire – aggiungo a bassa voce. Faccio un respiro profondo e lo guardo, ora però mi da di nuovo le spalle e non ha intenzione di girarsi. Così sono costretta ad andarmene e me ne vado.
Scappo dalla mia anima gemella.
 
È ormai da tanto tempo che sto qua, sotto le coperte del mio letto, a maledire il giorno in cui ho conosciuto Jeremy e Cole. Più che altro Cole, Jeremy in realtà è la persona a cui tengo di più in questo momento e solo il pensiero di non poterlo più toccare, di non poterci più parlare, di non poter più vedere i suoi occhi… mi fa diventare matta dal dolore.
Chiudo gli occhi per la millesima volta, cercando di cacciare un’altra volta questi pensieri, più o meno dopo pranzo ho deciso di abbassare le serrande della mia camera, perché sapevo benissimo che non mi sarei mai messa a letto, perché sarei stata troppo impegnata a controllare qualsiasi cosa. Ma ancora non è successo niente e questo mi fa sentire un po’ meglio. Forse adesso riesco a vedere un pizzico di positività: me ne andrò tra poco e questa presunta guerra non è nemmeno iniziata che già è finita.
Tutto però vibra sotto di me e così mi alzo subito. Poco dopo alcune parti del soffitto cadono nella mia camera. Indietreggio il più veloce che posso per cercare di non farmi prendere, ma mi ritrovo a terra poco dopo. Urlo più che posso, per fortuna però quella parte del soffitto che è caduta mi ha preso solo una gamba. Fa veramente molto male, ma almeno è solo una gamba. Devo pensare questo. Non posso pensare negativo. Non me lo posso permettere.
Rimango minuti che mi sembrano ore a cercare di togliermi questo pezzo di soffitto di dosso, ma è troppo pesante anche se non lo voglio ammettere.
– Cassie! – urla Isaac. – Oh, mio Dio! – urla poi vedendomi tra le macerie. – Cassie, mi senti? – mi chiede venendomi incontro.
– Isaac – urlo alzando le braccia. – Sì, ti sento, ma… Isaac, aiutami, per favore. Non riesco a togliermi questo pezzo e… – Tutto trema un’altra volta, ci fermiamo entrambi  con gli occhi spalancati e ci guardiamo. Quando l’edificio smette di tremare allora Isaac corre verso di me e cerca di togliermi di dosso quel pezzo enorme, ma non ci riesce nemmeno lui. Mi guarda con gli occhi spalancati e capisco che non può fare niente. Scuoto la testa guardando prima lui e poi la gamba. – No, no, no… non è possibile.
– Isaac, Isaac! – urla Jeremy. – Isaac, si tratta di Ivy! – Entra in camera mia con la fronte aggrottata e spalanca gli occhi vedendomi. – Cosa…? Cassie…
– Cosa? Ivy?! L’hai trovata? – urla Isaac, andando da Jeremy. – Dov’è?! Dimmi dov’è! In camera sua? Sta in camera sua, vero? Dimmi dove cazzo si trova la mia ragazza!
– Aspetta! – tuona Jeremy afferrandolo per le spalle. – Dobbiamo aiutare prima Cassie – aggiunge indicandomi. – Ci serviranno due mani in più. – Si avvicina a guarda il masso che mi schiaccia la gamba. – Sai se per caso è ferita? – chiede Jeremy indicando la gamba. Scuoto la testa con le lacrime agli occhi. – Sarà sicuramente fratturata. Ok,  adesso… Isaac, vieni. Al mio tre, alziamo tutto, ok? – chiede guardando Isaac, che annuisce con gli occhi quasi fuori dalle orbite. – Ok. Uno… due… tre! – urla e alzano un po’ il masso, ma poco dopo gli sfugge e mi cade sulla gamba. Urlo più forte che posso sentendo le scosse di dolore trafiggermi tutto il corpo. – Scusa. Scusa – mormora Jeremy mettendosi indietro i capelli. – Cassie, appena lo alziamo un po’, tu devi toglierla subito, anche se fa male, ok? – chiede e annuisco. Così ci riproviamo e appena ho pochi centimetri in più mi trascino via la gamba e così i ragazzi lasciano subito il pezzo di soffitto.
Inizio a tremare vedendo tutto il sangue che sporca i miei jeans. Come aveva previsto Jeremy, è sicuramente fratturata, ma non capisco dove. Per me è solo un dolore atroce che parte dal piede fino alla fine della coscia. Alzo lo sguardo su Jeremy, che sta cercando d’individuare la ferita; poco dopo alza lo sguardo sul mio viso e fa una smorfia addolorata vedendomi in questo stato. – Vieni qua – mormora lui prendendomi in braccio. – Devi aiutarci il più possibile con Ivy, ok? – chiede e annuisco, perché di certo non la lascio qua.
Le sue urla si sentono pure fuori dalla sua stanza e la cosa mi strazia così tanto che devo strizzare gli occhi per cercare di rimanere lucida. La mia gamba è messa veramente male, ma quando mi accorgo che un pezzo del soffitto è caduto su tutto il corpo di Ivy, non mi lamento più. Sento il peso delle sue urla e la prima cosa che penso è che quella là sotto è la mia migliore amica. Jeremy va a chiamare altre persone e ci mettiamo tutti a cercare di togliere quell’ ammasso di cemento da lei. Dopo vari tentativi ci riusciamo e così Isaac la prende subito e usciamo fuori. Io sono praticamente appiccicata come un koala a Jeremy, che mi trascina quando anche l’altra gamba mi cede.
Mi accorgo solo una volta fuori che sto piangendo come una bambina. Per fortuna Chris è accanto a Louis, che piange tanto quanto me, ma non si è fatto niente. Il padre va subito da Ivy, che a quanto pare sta messa veramente male. Poco dopo però è di nuovo in piedi, grazie ai cinque maghi che la circondano. Solo a questo punto due di loro vengono da me, sembrano esausti e anche la loro magia non fa miracoli come sempre, perché anche dopo avermi curato la gamba la sento ancora un po’ scricchiolante e ogni movimento mi fa venire le lacrime agli occhi. Ma posso farcela anche così, ci sono persone che hanno bisogno di tutta la loro magia e di certo io non sono tra di loro.
Sussulto insieme a Jeremy quando un rumore assordante fa tremare addirittura la terra. Mi metto le mani sulle orecchie per proteggerle e quando alzo lo sguardo l’intero Istituto è a terra. Completamente a terra. Rimango a bocca aperta, perché tutto l’Istituto non può essere ridotto in questo modo. Non può.
Qualcuno mi fa indietreggiare e lo lascio fare. Il mio cuore sembra fermarsi dopo aver visto quell’orribile creatura che sembra infiltrarsi sempre di più nel nostro Istituto. – Non lo guardare! – urla Jeremy e così abbasso lo sguardo e inizio a correre verso il bosco, come tutti gli altri.
Continuo a correre nonostante la gamba mi faccia sempre più male, continua a fare strani rumori e le scosse di dolore sono veramente insopportabili. Essa mi cede facendomi cadere completamente a terra. Non mi aspettavo una cosa del genere e così cado come un sacco di patate. Jeremy mi urla qualcosa, aiutandomi ad alzarmi, ma subito dopo la gamba cede un’altra volta. Alzo lo sguardo verso di lui, in preda al panico, e lo vedo sbiancare. – Giù! – urla mettendosi sopra di me e facendomi sbattere il naso contro una radice di un albero. Apro gli occhi sentendo la testa scoppiare, ma Jeremy mi alza come se niente fosse, mi prende per mano e iniziamo a correre.
Ma dura veramente poco. Questa volta però mi cedono entrambe le gambe e scivolo via, visto che accanto a noi c’è una discesa veramente ripida. Sento Jeremy urlarmi qualcosa, mentre cerco di fermarmi, ma vado a sbattere contro un albero. Ivy urla il mio nome mentre tutto intorno a me inizia a diventare sfogato…
 nero.
 
– Cassie, è ora – annuncia Louis.
Annuisco e mi metto seduto sul letto. Mi guardo intorno per cercare Jeremy, ma non c’è in camera. – Dov’è Jeremy? – chiedo.
– Non è voluto venire – risponde abbassando lo sguardo, dispiaciuto. Annuisco guardandomi le scarpe. Ovvio che non è voluto venire, dopotutto me ne sto andando e  quello che è successo due giorni fa non ha importanza, mi stava solo aiutando. Ovvio, avrei dovuto aspettarmelo.  – Il Secondo Anziano è qua. Lo faccio entrare, ok? – chiede e quando annuisco apre la porta.
Un vento freddo arrivo fino a me e poco dopo spunta anche l’Anziano. – Ciao, Cassie – mi saluta e per la prima volta non sembra affatto divertito. È serio.
– Salve – mormoro io.
– Cassie – inizia Louis prima di andarsene, – appena arriverai in quell’Istituto dovrai solo pensare che sei là per una ragione – mi dice. Annuisco tristemente, la ragione è quella di stare lontana da Jeremy, così da non farlo litigare con il fratello gemello a causa mia. È cambiato tutto. Una settimana fa combattevo per riaverlo e ora combatto per non avvicinarmi a lui.
– Mi fa piacere rivederti, Cassie. Soprattutto con le gambe funzionanti… e così come la testa – inizia il Secondo. Alzo le sopracciglia, se questo doveva essere un complimento o qualcosa del genere… non è riuscito molto bene. – Sei pronta? – chiede e annuisco subito. – Bene. Voglio solo che tu sappia che stai facendo la cosa giusta. Non posso fare altro.
Annuisco un’altra volta, anche se questa volta non capisco bene il significato. Mi sembra un po’ troppo addirittura per il Secondo, dopotutto perché sembra essere così attaccato a questa causa? Abbassa il cappuccio e inizia a parlare in un’altra lingua. Chiudo gli occhi pensando a Jeremy, che non si è nemmeno presentato dopo avermi aiutato, quell’ultimo giorno quando l’Istituto è andato in pezzi. Trattengo il fiato non sentendo più il pavimento sotto di me. Se solo ci fosse Jeremy, qua a sostenermi… adesso non starei volando nel vero senso della parola.
Riesco a cadere in piedi, ma poco dopo cado a terra.
– Che piacere! Benvenuta – esclama una donna. Indossa un completo grigio, ha i capelli molto scuri che le cadono sulle spalle formando dei boccoli e un bel fisico per avere la sua età. La guardo dritta negli occhi e quasi rabbrividisco: quei occhi sono enormemente belli e verdi.
Mi giro per vedere il panorama e cercare d’indovinare dove mi trovo e il mio cuore fa un balzo. Non può essere vero.
– Benvenuta nell’Istituto di Toronto! – esclama e rimango a bocca aperta sentendo quella frase.
– Ci deve essere un errore… Io non posso essere veramente qua – balbetto io alzandomi. Mi guardo intorno, perché questo non può essere l’Istituto di Toronto. No, si deve essere sbagliata. Deve essere sicuramente uno schifoso scherzo del Secondo.
– Oh, certo, tesoro! – ribatte la donna con un bel sorrisone. – Gli Anziani e Louis Dempson mi avevano avvertita che saresti venuta proprio qua, quindi non c’è stato nessuno sbaglio. Mi aveva detto che venivi qua solo per Cole.
– No! – esclamo ridendo. – Io me ne sono andata dal mio Istituto proprio per evitare questo! – sbotto, irritata. – Non posso stare qua! Non con Cole!
– Sta tranquilla, va bene? – dice lei avvicinandosi a me, ma io, in preda al panico, la spingo via e lei fa un paio di passi indietro, allarmata. Non sembra molto contenta.
– Devo parlare con Louis – mormoro andando verso la sua scrivania per prendere il telefono, ma una scossa m’impedisce di muovermi e sento tutto il mio corpo tremare.
– Mi dispiace trattarti in questo modo – dice la donna girandomi intorno. – Ma non avresti dovuto spingermi in quel modo. Mettiamola così, Cassie: io sono la presidentessa di quest’Istituto e non importa da quanto tempo; non mi faccio trattare in questo modo da dei Cacciatori appena nati. Tu sei qua per Cole e lo sai. Il resto lascialo fare a noi – finisce e con un cenno della mano la scossa scompare e cado a terra, con ancora il corpo tremante. Si ferma proprio davanti a me. – E comunque… io mi chiamo Delilah – aggiunge prima di andarsene una volta per tutte.
Quando sono sicura di essermi  ripresa del tutto mi alzo da terra e corro verso il telefono, ma mi fermo ancora prima di toccarlo. Non ho intenzione di toccarlo, non dopo la scossa che mi sono presa. Esco dall’ufficio della presidentessa per andare a cercare il mio cellulare, ma mi fermo di scatto andando quasi addosso a Cole. Il cuore mi sale in gola formando un nodo.
– Cassie? – mi chiama lui, scioccato. Si avvicina pian piano a me e io indietreggio, così si ferma per non spaventarmi, ma sembra confuso. – Che succede? Perché sei qua? – chiede,  perplesso.
Oh, questa sì, che è una bella domanda, Cole. – Mi hanno trasferita qua – rispondo io dopo un po’.
– Chi? – chiede lui, sembra quasi arrabbiato.
Appena arriverai in quell’Istituto dovrai solo pensare che sei là per una ragione mi ha detto Louis, ma quale ragione? Quale?! – Io ho chiesto di farmi trasferire – mormoro guardandolo negli occhi per non fargli capire che sto mentendo.
Si avvicina ancora un po’ e questa volta non indietreggio. – E perché? – chiede, ormai a pochi centimetri di distanza da me.
– Per stare lontana da Jeremy – rispondo subito io, accostandomi ancora di più alla parete. Lui sorride e questo mi fa capire che se l’aspettava. – Tu sapevi tutto, non è vero?
– Lo immaginavo – risponde lui facendo spallucce. – Il fatto che anche lui avesse il mio stesso potere ne è stata la prova – aggiunge sorridendomi ancora di più. Abbassa lo sguardo verso le mie labbra e poi di nuovo sui miei occhi, continua a sorridermi dolcemente e il mio cuore sembra un po’ meno pesante.
– Perché non l’hai detto a nessuno? Perché dici a tutti che non hai ancora i tuoi poteri? – chiedo io e sono pure un po’ arrabbiata. Perché sarebbe stato tutto meno complicato se lui avesse vuotato il sacco fin dall’inizio. Io non sarei mai andata a letto con Jeremy e lui avrebbe saputo la verità sin dall’inizio. E invece no, Cole ha voluto tenerlo segreto.
Ride, divertito. – Perché dovrei dirlo a qualcuno? Perché dovrei dire a tutti i miei poteri, quando posso non farlo? – chiede lui e il suo tono mi fa capire che la cosa gli sembra abbastanza ovvia.
– Perché vivi in un Istituto dove possono aiutarti a controllarlo. Io ho avuto a che fare con questo tipo di potere, Cole, e non è una bella cosa – rispondo io, infastidita, e mi avvicino un po’ a lui per farlo ragionare.
– Perché tu conosci Jeremy! Quel ragazzo non riuscirebbe nemmeno a gestire il potere più stupido di questo mondo! – esclama lui ridendo. Mi ritrovo  a spingerlo, fino a farlo arrivare alla parete e bloccarlo mettendo il braccio sotto il suo collo. Ma lui invece di esserne infastidito, ride. – Piccola, non fare così – mi avverte lui con un sorriso. La rabbia ruggisce dentro di me e gli sto per tirare uno schiaffo, quando mi ritrovo appiccicata alla parere e questa volta è lui a tenermi in pugno. – Sai benissimo con chi hai a che fare, tesoro. Se non l’avessi ancora capito, il gemello cattivo qua sono io e se sei scappata da Jeremy per stare qua con me, dovresti smetterla di proteggerlo – aggiunge mantenendo il sorriso sulle sue labbra. Faccio per spingerlo quando lui mi precede e mi sbatte un’altra volta al muro. Un lamento esce dalla mia bocca e così ride. – Non fare la difficile, dopotutto siamo destinati a stare insieme, no? O almeno se non ci fosse in mzzo quella palla al piede di mio fratello. – Mi accarezza. – Non essere arrabbiata, ok? Sai, c’è questa luce nei tuoi occhi neri, quando ti arrabbi, che li fa diventare ancora più belli.
– Lasciami andare, Cole – ringhio io con le lacrime agli occhi. – Lasciami andare. Ho sbagliato. Non dovevo venire qua. Non sei come mi aspettavo. Sceglierò sempre tuo fratello e mi dispiace dirtelo così, ma è la verità.
Il suo sorriso si fa sempre più spietato, in questo momento mi fa più paura che mai. – Chi sceglierai quando lo ucciderò, quando lo vedrai annegare nella sua stessa pozza di sangue? Me? O continuerai a pensare a lui e ai vostri momenti insieme? – chiede e ride avvicinandosi ancora di più a me. – Credimi, io posso darti di meglio – aggiunge in un sussurro. Si allontana da me e così io ricomincio a respirare. Mi fa alzare lo sguardo su di lui mettendo una mano sul mio mento e mi accarezza guardando i miei occhi pieni di lacrime. – Tranquilla… magari quel mostro lo ucciderà prima di me – aggiunge continuando ad accarezzarmi.
Un singhiozzo esce dalla mia bocca e chiudo gli occhi girando il viso a destra. Me lo lascia subito e si allontana un po’ da me, mi guarda un’ultima volta e poi se ne va con le spalle un po’ ricurve. Mi siedo a terra e inizio a singhiozzare come non mai.

Angolo Autrice:
Ciao a tutti! Non mi sono scordata di voi, tranquilli! So che in questi giorni non ho fatto altro che aggiornare l'altra storia e lasciar perdere questa, ma ovviamente ho trovato il tempo anche per lei.
Bé, spero vi sia piaciuto questo capitolo e la fine è molto, molto vicina. Fatemi sapere cosa pensate di Cassie, di Cole e di tutti gli altri personaggi, il povero Jeremy compreso.
Ora... so che forse alcuni di voi staranno pensando: come fa Cassie ad essere così stupida in questi ultimi capitoli?! E tutto questo perché comunque, a quanto pare, non riesce a mettere un piede dopo l'altro senza cadere o sembra essere sempre sotto shock. Bé, ragazzi, la risposta è semplice: lei è stata addestrata da degli umani normali per uccidere i vampiri, non è mai stata veramente addestrata per le vere catastrofi, come quelle che stanno accadendo in questi giorni. Quindi non è abituata a scappare da mostri così enormi e questo la spaventa come non mai.
Detto questo, vi chiedo di lasciare una recensione per farmi sapere cosa ne pensate di questo capitolo e per darmi alcuni consigli. Mi scuro per eventuali errori (Dio, questa frase ormai è onnipresente).
Un bacio e al prossimo capitolo.

 

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Capitolo 43
*** Un ospite desiderato ma indesiderato ***




 
Capitolo 43
Un ospite desiderato, ma indesiderato 

Mi lascio cadere sul divano con il libro in mano. Mi guardo intorno, non c’è nessuno in salone, staranno tutti fuori a combattere. Sbuffo ricordandomi le parole di Delilah: non puoi combattere senza un compagno di guerra. Devi farti degli amici e no, Cole non combatte. Si rifiuta per qualche strano motivo. Io lo caccerei dall’Istituto se potessi, visto che chi viene qua di solito viene addestrato per combattere demoni, ma purtroppo non posso, quindi fatti degli amici e potrai andare a combattere.
Ma io non sono mai stata brava a farmi degli amici e qua le persone sono diverse da Boston. Mi mancano tutti, addirittura Harry, ma la persona che mi manca di più è Jeremy. Adesso capisco cosa intendeva dire lui quando mi ha detto che gli mancavo come l’aria. Mi manca veramente tanto, ma cerco di non farlo vedere, perché se Cole lo scopre non so cosa potrebbe accadere. Continuo a pensare che Louis sia uno stupido e che, se questa storia della ragione per cui sono venuta qua è vera, mi avrebbe dovuto dire di cosa si trattava.
Quindi, oltre a stare qua  leggere libri su libri, non faccio nient’altro. Forse ogni tanto cerco di parlare con Cole. Non dico di non provare niente per lui, le scosse le provo ancora ma.. quello che provavo per Jeremy era tutta un’altra cosa.
Scuoto la testa ricordandomi alcuni momenti di me e Jeremy, quelli felici. Ricordare non fa altro che peggiorare tutto, ma alla fine cos’è che va bene in quest’ultimo mese? Mi sento sola e questo è strano, perché di solito mi piace stare sola. Mi manca tutto del vecchio Istituto. Chi avrebbe mai pensato che sarebbe stato così difficile trasferirsi in un altro Istituto? Scuoto un’altra volta la testa e riesco finalmente a smettere di ricordare, cerco d’iniziare a leggere questo nuovo libro, ma oggi non riesco proprio a leggere. Vado avanti di qualche pagine e cerco di leggere da quel punto per cercare di far aumentare la curiosità, ma lo chiudo, arrabbiata, capendo che questa sarà un’altra lunga giornata.
Guardo l’orologio in alto, proprio davanti a me: sono solo le tre del pomeriggio. Sbuffo incrociando le gambe. Forse potrei iniziare ad esercitarmi, dopotutto ieri sono stata tutto il giorno a farlo e nessuno me l’ha impedito, nemmeno Cole. Ma questo è successo anche l’altro ieri, anche l’altro l’altro ieri e anche una settimana fa.
Mi metto le mani davanti alla faccia, mi sembra di star impazzendo. Tra un po’ dovrebbe scendere Cole, ha detto che oggi vorrebbe fare qualcosa con me. Abbasso lo sguardo verso il libro ricordandomi tutto quello che è successo prima che mi trasferissero qua. Lo sguardo preoccupato di Jeremy mentre cado in quella discesa, le urla di Ivy.. Non so bene cosa sia successo dopo quel giorno, ho avuto una piccola commozione celebrale e per questo non mi ricordo molto dei giorni successivi a quello. So solo che mi sono ritrovata su un letto, in Alaska. Tutti mi dicevano che durante la catastrofe erano subentrati gli Anziani proprio durante l’attacco e avevano ucciso tutti i mostri, compresi i lupi mannari e i vampiri. Alcuni mi avevano detto che gli Anziani erano arrabbiati con me, perché avevo salvato dei vampiri, facendogli fare quell’incantesimo, altri invece non mi avevano calcolata fino a quando non mi avevano dovuto visitare per controllare le mie condizioni e se l’incantesimo quindi, questa volta, avesse dato i propri frutti.
Dopo quel giorno Jeremy non mi aveva più rivolto la parola, sicuramente ce l’aveva ancora con me per avergli fatto quello che ho fatto: fare sesso con lui senza dirgli che aveva un gemello e che egli provava qualcosa per me, anche se era praticamente obbligato. Quando l’avevo incontrato per i corridoi non mi aveva guardata nemmeno, addirittura a volta aveva cambiato strada; quando mi ero seduta nel nostro solito tavolo lui se n’era andato senza dire una parola.. Avevo provato a parlarci, ma lui se n’era andato comunque. – Possiamo parlare? – gli avevo chiesto io. Lui non mi aveva nemmeno guardato negli occhi e se n’era andato.
Poso lo sguardo sul dito dove c’è un anello. L’anello che una settimana fa Cole mi ha regalato. Mi aveva detto una cosa un sacco carina e dolce mentre me lo faceva vedere e io non sapevo se essere felice o ancora più triste. Questa storia dei gemelli che hanno un pezzo d’anima uguale è un casino, perché ti fa sentire in colpa ventiquattro ore su ventiquattro, ma ti fa stare bene anche con il gemello sbagliato, ti fa provare cose che non dovresti provare per il fratello sbagliato.
Sento il portone aprirsi, faccio un sospiro sapendo già che si tratta di Delilah. Di solito non esce, ma oggi ha detto che doveva fare una cosa importante. Continua a non starmi molto simpatica, odio il suo potere e continua a non essere molto cortese, con nessuno veramente. Ma credo sia per il fatto che è la nuova presidentessa e quindi credo che si voglia far rispettare…
Il mio cuore fa un balzo quando alzo lo sguardo e vedo Jeremy, proprio davanti al portone. Continua a guardarsi intono, fino a quando non posa lo sguardo su di me.  Mi alzo subito lasciando cadere il libro a terra. Non può essere vero, non sta succedendo davvero. Mi giro verso l’ascensore sperando che Cole non arrivi proprio adesso.
– Cassie? – mi chiama lui, perplesso.
Mi avvicino a lui con un passo veloce e deciso. – Che ci fai qua? – chiedo io a bassa voce, in preda al panico.
– Potrei chiederti la stessa cosa – borbotta lui, ancora più perplesso.
Mi giro verso l’ascensore, ma non c’è traccia di Cole, così mi giro un’altra volta verso Jeremy. – Te ne devi andare. Ora! – esclamo io cercando di farlo girare per farlo uscire dall’Istituto.
– E perché? – chiede lui. Si gira di scatto verso di me facendomi andare addosso a lui. Trattengo il respiro sentendo una scossa fortissima passarmi per tutto il corpo. Lo guardo negli occhi senza pensare a niente per un po’, poi si schiarisce la voce e fa un passo indietro. Mi accorgo solo ora che mi ha lasciato le mani, che prima tenevo strette tra le mie. – Cosa ci fai qua? – chiede, serio. – Quindi ti sei trasferita qua? Ma il tuo scopo non era quello di stare lontani ad entrambi? Bel modo… andando da mio fratello.
Rimango in silenzio per un po’, devo veramente cercare di non scoppiare a piangere e abbracciarlo. Non so cosa fare, devo assolutamente sapere cosa vuole che faccia Louis e lui è la mia unica occasione. – Jeremy, devi farmi un favore…
– Pure?! – esclama lui ironicamente. È arrabbiato e ha tutto il diritto di esserlo, ma non sa come sono andate veramente le cose e in effetti non lo so nemmeno io.
– No, no, ascoltami – mormoro io avvicinandomi a lui per prendere il viso con tutte e due le mie mani per avere il controllo su di lui. Mi è mancato, ma non ho intenzione di sprecare questi pochi minuti che abbiamo. – Devi dire a Louis che…
– Piccola, con chi stai parlando? – chiede Cole facendomi sobbalzare. Faccio vari passi indietro fino a quando non sento il braccio di Cole posarsi sui miei fianchi. Abbasso lo sguardo. – Jeremy Ruterful! – esclama Cole sorridendo. – Che ci fai qua?
– Sono.. – inizia Jeremy, ma si ferma guardandomi, mentre io continuo a tenere lo sguardo a terra per non fargli capire niente. – Sono venuto qua per te, volevo parlarti di Cassie, ma ora che sono qua capisco tutto.
Il mio cuore sembra ancora più pesante adesso, vorrei urlargli che non so nemmeno io che cosa ci faccio qua, ma rimango in silenzio. Cole ride e mi lascia un bacio sulla tempia, strizzo gli occhi sentendo un brivido passarmi per tutto il corpo. – Già. Pensa un po’, la presidentessa mi ha detto che è stata lei a chiedere di venire qua, da me – risponde Cole. Sorride guardandomi di profilo, mentre continuo a stare zitta con lo sguardo a terra. Toglie il braccio dai miei fianchi e mi prende la mano sinistra stringendola e facendola alzare. – Non è bello? – chiede Cole facendogli vedere l’anello, mentre il mio stomaco si contorce sempre di più sentendo il dolore che sta provando Jeremy.
– Bellissimo – dice Jeremy a bassa voce. – Glie l’hai regalato per qualche occasione speciale, immagino.
– Per il nostro mesiversario – risponde lui sorridendogli.
– M-mesiversario? – ripete Jeremy, ancora più dispiaciuto. – È già da un mese che state insieme? – chiede.
Cole fa una mezza risata mentre il mio incubo diventa realtà. – Già – risponde Cole stringendomi a lui. Alzo un po’ lo sguardo, ma sono costretta ad abbassarlo subito vedendo la sofferenza negli occhi di Jeremy. È impossibile non farci caso e Cole sembra nutrirsi di questa sua sofferenza. – Comunque, Cassie mi ha detto che sai del fatto che siamo fratelli.
– Sì – risponde Jeremy freddamente. – Sì, me l’ha detto Louis. È per questo che sono venuto qua. Pensavo che forse era meglio cercare di smetterla di evitare questa notizia e parlare con te. – Sembra abbastanza imbarazzato.
– Fammi capire – inizio io. – Louis ti ha dato il permesso di venire qua? – chiedo io guardandolo con un sopracciglio alzato, perché non ci credo nemmeno morta.
– No, Louis non sa niente di questo. Gli ho detto che avevo bisogno di un paio di giorni di vacanza – risponde lui freddamente. È veramente arrabbiato con me. Ormai lo conosco come pochi, e so benissimo che più la sua voce è fredda e più è arrabbiato. Più fa finta che la cosa non gli interessi e più gli interessa.
– Non saresti dovuto venire qua – borbotto io con lo stesso tono che ha appena usato lui. Per qualche ragione sono arrabbiata, ma ho anche paura per lui.
Cole mi stringe ancora di più. – Piccola! Non essere scortese con mio fratello! – esclama stringendomi ancora di più a lui. Deglutisco sentendo il vomito salirmi in gola. Con quale coraggio dice quella parola?! Lo vuole uccidere e lo chiama fratello. Ormai il mio sguardo è di nuovo a terra.
– Non fa niente – ribatte Jeremy continuandomi a guardare con la fronte aggrottata.
– Quindi… piccola, ti dispiace se usciamo un’altra volta? – chiede Cole girandomi verso di lui.
Gli sorrido e gli accarezzo i capelli dolcemente. – No, non se mi portate con voi – rispondo io sorridendogli.
Cole ricambia il sorriso stringendomi un po’ i fianchi. – Mi dispiace ma è una cosa tra fratelli – dice lui.
– Ma io voglio venire con voi!
– Ti ho detto che non puoi venire, Cassie. Non fare la ragazzina – ringhia lui e così tolgo le mani dai suoi capelli e subito dopo le sue dai miei fianchi. Sbuffa. – E va bene, continua a comportarti come una bambina.. Spero che quando torneremo ti sarai lasciato tutto alle spalle – borbotta lui e cerca di baciarmi, ma mi scanso. Fa un sospiro e se ne va. Guardo Jeremy prima che raggiunga Cole, cerco di avvertirlo di stare attento, ma poi mi ricordo che se c’è Cole vicino la connessione con Jeremy è molto meno forte, quasi inesistente.
Appena escono dalla porta li raggiungo quasi correndo, ormai sto dietro di loro, quando una fiamma si crea proprio davanti a me per farmi indietreggiare. Sussulto. – Cole! – urlo io, impaurita.
Tra il fumo lo vedo andare avanti, solo Jeremy si gira e spalanca gli occhi. – Ehi! Vacci piano! – esclama mettendogli una mano sulla spalla.
– Tranquillo, non è masochista. Non si farà del male ed io so controllare molto bene il fuoco. Non voglio che si faccia male tanto quanto te, fratello – dice Cole e lo fa con un tono così indifferente che quasi mi fa credere che in realtà lui non prova rabbia.
Sento la rabbia farmi contorcere lo stomaco. – Sta sera non provare a venire a dormire in camera nostra! – urlo io e Cole ride senza dire niente, così sbatto il piede a terra, ancora più arrabbiata. Entro dentro l’Istituto con la rabbia che bolle dentro di me e perciò vado ad allenarmi.
 
Dopo varie ore di allenamento entro dentro la mia camera e faccio una doccia, mentre il terrore che ritorni solo Cole m’invade. Dopo essermi asciugata i capelli esco dal bagno. – Oddio! – esclamo io mettendomi una mano sul cuore vedendo Cole.
Ride guardandomi. – Ciao piccola – esclama lui.
Alzo gli occhi al cielo andando verso l’armadio. – Pensavo che mi avessi sentita quando ti ho detto che non dovevi entrare in questa camera – borbotto io prendendo dei vestiti puliti.
Le sue mani si posizionano sui miei fianchi. – Non pensavo fossi seria – mi sussurra lui all’orecchio.
Chiudo gli occhi cercando di non dargliela vinta, mentre mi traccia dei baci lungo il collo. – Smettila – borbotto, un po’ incerta. Si mette a ridere. – Jeremy se n’è andato? – chiedo io tutto d’un fiato.
Si ferma di scatto e si distacca da me. Mi giro verso di lui, un po’ timorosa. – Perché me lo chiedi?
– Perché lo voglio sapere – rispondo io freddamente.
– E perché lo vuoi sapere? – chiede lui, irritato. Rimango in silenzio. – No, non se n’è andato. Delilah gli ha dato il permesso di dormire qua – sbuffa lui quando capisce che non gli risponderò mai.
Annuisco, pensierosa. Devo cercare di capire più cose possibili e lui lo sa. Non so come prenderlo, perché a volte sembra che ogni cosa gli scivoli addosso, mentre altre volte no. – Bene, allora… di cosa avete parlato? – chiedo io, perché ci devo almeno provare.
Ride, mi lascia un bacio sulla fronte e si siede sul letto, lasciandomi veramente confusa. – Non credo siano affari tuoi – risponde lui guardandomi divertito.
Prendo i miei vestiti e me ne vado in bagno, arrabbiata. Mi vesto e mi trucco e solo a quel punto esco dal bagno. Per fortuna Cole non c’è più. Mi siedo sul letto cercando di mantenere il controllo, quindi di non scappare da Jeremy e urlargli di andarsene, perché non è al sicuro qua. Poco dopo scendo per andare a cenare e mi metto subito seduta dove non c’è nessuno, ma subito dopo si aggiungono Cole e Jeremy, che arrivano ridendo. – Cosa c’è di così divertente? – chiedo io, cercando di non sembrare troppo arrabbiata con tutti e due.
– Oh niente, cose da ragazzi – risponde Cole.
Alzo le sopracciglia guardandolo, ancora più infastidita. Sta cercando d’istigarmi, così da avere la conferma che in realtà non gli serve: la presenza di Jeremy m’inquieta. – Cioè? – chiedo quindi.
– Niente, niente – risponde Jeremy, facendo comunella con il fratello che lo vuole morto. Complimenti, Jeremy, davvero!, vorrei urlargli, ma non posso.
– Oh, va bene! – esclamo io guardando male entrambi. – Allora sentite le cose da ragazze. Quel ragazzo – inizio io indicando un ragazzo vicino al nostro tavolo – con i capelli biondi è molto bello, deve avere degli occhi stupendi. E quello accanto? Fantastico! Chissà, magari è bravo pure a qualche altra cosa, oltre che a combattere demoni. – Oh, e quello…
Cole mi mette una mano davanti la bocca fermandomi. – Ok, ok, abbiamo capito. Bellissimi discorsi, ma ora smettila prima che dia fuoco a tutti i ragazzi che sono presenti in questa stanza – dice lui ridendo. Jeremy lo imita poco dopo.
– Continuo, se non mi dite di cosa stavate parlando – li minaccio io togliendo la mano di Cole da davanti la bocca.
– Ma niente, stavamo parlando di ragazze – ribatte Cole guardando Jeremy, che sembra un po’ imbarazzato. Lo incito ad andare avanti. – Di ragazze con cui Jeremy ha avuto a che fare in questi ultimi due mesi – finisce quindi Cole sorridendo al fratello.
Non dico una parola per un bel po’. Guardo Jeremy, che non sembra più imbarazzato, ma mi guarda dritto negli occhi con un certo orgoglio. Sono gelosa, sono arrabbiata e il modo in cui mi guarda mi fa capire che mi sta sfidando. A cosa, però, non l’ho ancora capito. – Belle conversazioni – esclamo io. – Ma dopotutto non c’è da meravigliarsi, giusto, Jeremy?
– Qulaucno oggi è di cattivo umore – dice Cole, irritato.
– Già, bé… rimani tu qua, tutto il giorno, perché il tuo ragazzo non vuole combattere – sbotto io alzandomi dalla sedia. – Se volete scusarmi.. – ringhio, per poi andarmene.
Vado fuori per cercare di sbollire un po’, ma mi sembra impossibile. Sono arrabbiata, frustrata, gelosa e chi più ne ha più ne metta. Non ce la faccio più a stare qua, da sola, senza un’amica… senza Ivy. In questo momento saprebbe cosa dirmi, lei lo sa sempre.
– Non dovresti essere qua a quest’ora – s’intromette Delilah freddamente, ma faccio finta di niente e continuo a guardare davanti a me. – C’è qualcosa che non va? – chiede poi, ma io continuo a stare zitta. – Cassie, so che le cose non vanno per il meglio, ma devi parlarmi.
– Voglio parlare con Louis Dempson. Da là le cose possono pure migliorare – ringhio io continuando a non guardarla. Non la sopporto, pensa davvero di poter venire qua e parlarmi tranquillamente? Certo che no!
– Cosa gli devi chiedere?
– Un motivo! – urlo io. – Voglio sapere il motivo per cui mi hanno trasferita qua! – urlo ancora alzando le braccia al cielo. Dovrei sentirmi meglio, ma non è così, anzi forse mi sento pure peggio.
– Se non te l’ha detto prima, non vedo perché dovrebbe dirtelo proprio adesso – ribatte lui tranquillamente. Si affianca e me e inizia a guardare il bosco davanti a noi, proprio come sto facendo anch’io.
– Perché deve esserci uno scopo in tutto questo ed io non riesco a capirlo, quindi, se questo scopo è importante, me lo deve dire – ringhio io con le lacrime agli occhi.
– È importante – risponde lei freddamente.
Mi giro verso di lei, incredula. È così convinta di quello che ha appena detto che mi fa capire che in realtà lei sa già tutto, ma che non mi vuole dire niente… o forse non può. – Lei sa di cosa si tratta! – esclamo io, esterrefatta.
– No, non proprio. So solo che devi stare in quest’Istituto e che Louis non ti risponderà mai – risponde Delilah con nonchalance. Dopotutto non è lei quella che sta impazzendo.
– Bene – ringhio io. – Allora fate andare via Jeremy.
– Ho già avvisato il signor Dempson dell’accaduto. Domani, all’ora di pranzo, starà già nel proprio istituto – ribatte lei continuando a non guardarmi, esattamente come sto facendo anch’io.
Ritorno in camera mia solo dopo aver parlato un altro po’ con Delilah, ho cercato di farmi dire di più, ma non ci sono riuscita e così adesso sto peggio di prima, perché ho ricevuto la conferma che Louis non vuole rispondermi. E non mi risponderà mai. Sbuffo vedendo Cole sul suo letto. – Che cosa ci fai qua? Ancora non hai capito che voglio dormire da sola? – chiedo io.
Si alza per venire davanti a me. – L’ho ucciso – annuncia lui tranquillamente.
Aggrotto la fronte. – C-cosa? – chiedo io, mentre il mio cuore inizia ad andare più veloce di qualsiasi altra cosa al mondo. Il mondo inizia a girare e inizio a sudare, non mi sento più le labbra.
– Jeremy, mio fratello… l’ho ucciso – ripete lui.
Rido, nervosa. – No, no. Non è vero. Stai scherzando – dico io con le lacrime agli occhi. Sto pensando a tutto e allo stesso momento non sto pensando a niente.
– Vai a vedere. È nella stanza accanto.
Lo guardo negli occhi per pochi secondi e poi corro verso la porta, ma mi trovo davanti Cole in un secondo. Lo guardo, spaventata. – Fammi andare a vedere! – urlo io cercando di fargli togliere la presa dai miei polsi. E così succede, solo che mette una mano davanti alla mia bocca e mi ritrovo appioppata alla porta.
– Sapevo che era per lui che eri arrabbiata… Lo sapevo – ringhia lui, arrabbiato. – Cosa pensi, che io sia stupido? So quello che provi per lui, come so che, quando è arrivato qua, sei corsa da lui – inizia e cerco di parlare ma continua a tenermi la mano davanti la bocca. – Non sai con chi hai a che fare, piccola. Ancora non l’hai capito. – Lo spingo, ma lui riesce subito a prendermi un’altra volta. Un ulro esce dalla mia bocca quando sento la maniglia della porta spingere forte contro la mia schiena.
Qualcuno bussa alla porta e Cole spalanca gli occhi. – Cole, sono Jeremy. Va tutto bene? – chiede Jeremy.
Le lacrime iniziano ad uscire sentendo la sua voce. È vivo. È vivo. Grazie a Dio è vivo. Cole fa un respiro profondo per cercare di mantenere la calma. Apre la porta mentre io rimango dietro di essa per non farmi vedere in questo stato da Jeremy. – Fratello, certo che va tutto bene. Piccoli litigi tra amanti – risponde poi con il fiatone.
– Sicuro? Non sembrava un “piccolo litigio” quello – ribatte Jeremy. Rimane in silenzio per un po’, come per pensare. – Posso entrare? – chiede poi, e sono sicura che stia cercando di vedermi, ma io sono dietro la porta a piangere.
– Scusami, fratello, ma questi sono affari miei e della mia ragazza – dice Cole, arrabbiato. Sto per perdere il controllo e ho paura.
– Devo solo vedere se Cassie sta bene – ribatte Jeremy tenendogli testa.
– Questo compito spetta a me. Si da al caso che sia io, il suo ragazzo – ringhia Cole.
– Fammi vedere Cassie, Cole – ringhia Jeremy e fa un passo avanti, sicuramente verso Cole. Vuole fargli capire che non ha paura di lui? Che potrebbe veramente fargli male, se solo lo volesse? Che non gli interessa se sto con lui, deve capire che sta succedendo?
Prendo coraggio, mi asciugo in fretta le lacrime ed esco fuori. Jeremy s’irrigidisce vedendomi, ma faccio finta di niente e inizio a parlare. – Sto bene. Sto solo… litigando con Cole – mormoro io guardandolo negli occhi.
Jeremy deglutisce e m’ispeziona dalla testa ai piedi, facendomi arrossire. – Non è meglio se per oggi state un po’ separati? Tanto per calmarvi un po’ – propone poi, capendo che la situazione non è poi così stupida. Forse sta iniziando a capire che il fratello non è poi così carino come fa credere a tutti.
– No, dobbiamo chiarire a basta – sbotta Cole chiudendo la porta. A questo punto si gira verso di me, nero dalla rabbia. – Potrei farlo adesso, sai? Potrei ucciderlo adesso – ringhia a bassa voce. Rimango in silenzio a guardarlo dritto negli occhi. – Devi solo dirmi che provi qualcosa per lui, qualcosa di più grande di quello che provi per me. – Sto zitta continuando a cercare di non piangere. – Dimmelo! – urla.
Chiudo gli occhi e per pochi secondi faccio finta che tutto questo sia solo uno stupido, orribile incubo, che tra un po’ mi sveglierò e sarà tutto come prima e Cole sarà di nuovo dolce.  – Basta! Vai fuori! – urlo io continuando a tenere gli occhi chiusi.
Mi prende i polsi un’altra volta e a quel punto sono costretta ad aprirli. – Se esco fuori, non rivedrai mai più Jeremy e non sarà perché è dovuto partire – sussurra Cole, più arrabbiato di prima.
Inizio a piangere. – Sai benissimo quello che provo per te, Cole. Quello che provo per Jeremy non ha alcun motivo di conversazione se ci sei tu – dico seriamente. Rimane in silenzio guardandomi, mentre io m’immagino di avere Jeremy davanti, al posto di Cole. Si avvicina e mi bacia.
 
Ormai è da un’ora e mezza che Cole sta dormendo ed io stavo aspettando solo questo. Scivolo giù dal letto senza fare il minimo rumore, ma solo dopo aver cercando di parlare con Jeremy nella mente. Lascio stare tutto com’è, rimango in pigiama e senza scarpe, per poi uscire fuori dalla camera. Cole mi ha fatto capire che Jeremy sta nella camera accanto alla nostra e magari almeno questo è vero. In effetti avrebbe pure senso, visto che io e Cole siamo gli unici a stare in questo piano di dormitori, dato che nel piano inferiore non c’erano camere da due.
Apro pian piano la porta e vedo Jeremy sdraiato con le coperte messe da una parte e delle gocce di sudore sulla sua fronte e sul collo, che sono accentuate dalla luce della luna. Alzo gli occhi al cielo ricordandomi che lui non abbassa mai le tapparelle. Tutt’ora mi chiedo come faccia, io non riuscirei mai a dormire sapendo che posso vedere tutta la notte quello che succede là fuori.
Scaccio i pensieri avanzando verso di lui. Quando vedo un bellissimo ragazzo per strada mi sento quasi a disagio, poi quando si avvicina però diventa sempre più normale e questo mi è sempre piaciuto – la normalità in un ragazzo mi è sempre piaciuta – ma lui è sempre così, non cambia nonostante le distanze, rimane sempre perfetto.
Penso a come svegliarlo senza farlo urlare o comunque fargli emettere un solo rumore, visto che Cole ha il sonno abbastanza leggero. Già è tanto che non si sia svegliato quando sono uscita. Mi fermo sentendo la paura prendere il sopravvento su di me, così gli metto una mano davanti la bocca, in prenda al panico, e lui si sveglia subito facendomi praticamente cadere a terra cond elle mosse strane che ancora non ho imparato.
– Che… – inizia lui ma lo fermo subito mettendogli un dito davanti la bocca.
Mi avvicino al suo orecchio. – Andiamo dove lui non ci può sentire – gli sussurro io facendolo rabbrividire. Accenno un sorriso, perché quella era la prova che prova ancora qualcosa per me. Annuisce e così, senza fare il minimo rumore, usciamo dalla sua camera ed entriamo nella decima dopo la sua. Ovviamente è esagerato, ma io sono diventata paranoica da quando sono qua.
Mi giro sentendo la porta chiudere e lo vedo là, con solo dei bermuda. Mi trattengo per l’ennesima volta dall’abbracciarlo, mentre lui inizia a fulminarmi con gli occhi. – Cosa c’è? Perché mi hai fatto venire fino a qua? – chiede freddamente.
– Perché devo chiederti ancora quel favore – mormoro io avvicinandomi a lui, mentre ad ogni mio passo lui s’irrigidisce di più. Mi fermo ormai a pochi centimetri di distanza da lui. – Devi dire a Louis di rispondere alle mie telefonate. È importante. Molto importante.
– Cosa c’è di così importante? – chiede lui incrociando le braccia.
– Lui lo sa – rispondo io con il suo stesso tono.
– Bé, io no. Cosa c’è di così importante? – ripete lui, irritato.
– Non lo so nemmeno io! È per questo che ci devo parlare, ma non mi risponde! – sbotto io con le lacrime agli occhi. – Io non riesco a capire più niente! Mi sembra di star impazzendo e voglio tornare a casa! Non ce la faccio più. Non faccio niente, studio e basta e quando non studio mi alleno, perché non mi fanno uscire! Mi sembra di stare in una prigione e non riesco a capire cos’ho fatto di male per meritarmi una cosa del genere. – Prendo un respiro profondo. – E vorrei tanto saperlo, ma Louis non mi risponde e non riesco a capire il perché.
Jeremy sta zitto per un po’ di tempo guardandomi con la fronte aggrottata. – Va bene, glie lo dirò – annuncia poi, sempre con lo stesso tono di voce neutro.
Faccio un sospiro e mi sento un po’ più libera. – Grazie – mormoro io abbassando lo sguardo. – Devo dirti un’altra cosa. Stai lontano da Cole, non ti fidare di lui, ok?
Aggrotta un’altra volta la fronte. – È mio fratello. Di chi mi dovrei fidare se non di lui? – chiede.
–  Jeremy, non essere stupido, sai che è lui il gemello oscuro – ringhio io. Non può fare così. Non può preferire mentire a sé stesso in questo modo piuttosto di lasciarsi alle spalle Cole. Non può coprirsi gli occhi in questo modo, non se lo può permettere, non con Cole come fratello.
–  C’è qualcos’altro che mi vuoi dire o posso andare? – sbuffa lui.
Non dico niente e rimango a guardarlo. Lo potrei abbracciare adesso, in questo preciso momento e forse mi sentirei anche meglio. Faccio un sospiro ricordando a me stessa che avevo giurato che non l’avrei mai più rifatto: non l’avrei mai più toccato per puro egoismo. – Stanno bene gli altri? Ivy, Isaac, Scott… stanno bene? – chiedo poi.
–  Sì, sì, a Ivy le manchi molto, ormai eravate molto attaccate e sareste potute diventare compagne di guerra se non ci fossi stato io… quindi puoi immaginare come si senta. Isaac cerca di farla felice, come sempre. Non lo vuole far vedere, ma gli manchi anche a lui. Scott non lo vedo più molto, ma le poche volte che lo vedo sta con una ragazza… Sembra felice.
Annuisco e mi sento ancora un po’ più leggera. Stanno bene. Nonostante tutto stanno bene. – E.. vi hanno attaccato un’altra volta? – chiedo, solo per cercare di continuare a conversare con lui. Mi è mancata la sua voce. Fredda o meno.
–  No, fortunatamente no.
–  Magari è finita veramente.
– O magari si stanno preparando per il vero attacco – bofonchia lui. Rabbrividiamo entrambi al solo pensiero. – Va bene. Ora abbiamo finito? – chiede poi scrollando le spalle. Non vede l’ora di andarsene e non può capire quanto questo mi possa fare male.
– Sì – sussurro io abbassando lo sguardo. – Sì, puoi andare.
Ride, ma non c’è niente di felice o spensierato in questo risata. – Ma grazie! – esclama lui prima di andarsene. 

Angolo Autrice:
Lo so, lo so, non è il miglior capitolo della storia, anzi fa abbastanza schifo, ma dovevo pubblicarlo perché dovevo descrivere un po' la nuova vita di Cassie.
Mi scuso per eventuali errori, ma questo capitolo è stato veramente un parto e non sono stata proprio in grado di scrivere in questi giorni. Mi dispiace se non sono riuscita a pubblicarlo prima. 
Ho notato che anche le visite sono diminuite drasticamente e non so veramente cosa fare... se avete qualche consiglio o se volete criticare qualcosa solo per farmi capire cosa vi ha spinto a non leggere più questa storia vi prego di farmelo sapere con un messaggio o con una recensione.
Ringrazio invece con tutto il cuore le persone che hanno continuato a seguire questa storia.
Un bacio e al prossimo capitolo.

 

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Capitolo 44
*** Traditore ***







Capitolo 44
Traditore
 
Dopo alcuni discorsi inutili e stupidi, come per esempio quello in cui Cole dice a Jeremy che vorrebbe visitare l’Istituto di Boston, Cole se ne va salutandomi a malapena, mentre Jeremy rimane in silenzio in salone, aspettando l’ora di andarsene. Si sono salutati come fratelli, abbracciandosi e augurandosi il meglio e a me stava venendo la nausea.
- Ragazzi, abbiamo un problema – annuncia Delilah entrando in salone con il viso pallido. – Dov’è Cole? – chiede, ma poi scuote la testa. – Non ha importanza. Significa che andremo solo noi tre.
– Dove? – chiedo io aggrottando la fronte.
– C’è un demone nel bosco e credo si stia avvicinando. Tutti i Cacciatori adolescenti sono impegnati in altre faccende e quelli adulti hanno altre cose da fare, molto più importanti di queste; quindi ce ne dobbiamo occupare noi. Ovviamente non vi posso lasciar andare da soli, perché non riesco a capire di che demoni si tratta, quindi vengo anch’io.
– Ma non ce n’è bisogno – ribatto io.
– Questo fallo decidere a me, Cassie – dice lei guardandomi male. – Hai bisogno di Jeremy, esattamente come voi due avete bisogno di me. Dobbiamo essere preparati a tutto e soprattutto tu, Cassie, non lo sei. Jeremy potrà anche aver terminato i corsi per diventare un Cacciatore adulto, ma non ha ancora finito quelli per il suo potere e infondo anche lui sa che non potete farcela da soli, giusto, Jeremy? – Quest’ultimo rimane in silenzio, all’inizio la guarda come per dire “ma per piacere! Non diciamo scemenze, donna!” ma alla fine annuisce sbuffando.
Ci andiamo tutti a preparare e poi usciamo. Andiamo a piedi, entriamo dentro il bosco, più andiamo avanti e più mi sembra una presa in giro. Il bosco è più tranquillo del solito, nemmeno gli uccelli sembrano più voler passare del tempo qua dentro e non posso dargli torto. È freddo, buio e appiccicoso, e lo odio. Camminiamo veramente per molto tempo, fino a quando non sento più le gambe e mi sembra quasi di non star camminando davvero.
– Ma qua non c’è ness… – La voce di Jeremy si spezza e così sono costretta a guardarmi dietro per vedere cosa stia succedendo. Vedo un muro che prima non c’era e dei rami tenere fermi Jeremy e Delilah, mentre sono troppo scioccati addirittura per urlare. Faccio per andare da loro quando sento la terra sotto di me muoversi un po’, cerco di rimanere in piedi mentre guardo sotto di me.
Mi dimentico di respirare quando qualcuno esce da sotto la terra. Pian piano sale sempre di più fino a diventare alto quanto un Jeremy in piedi, ma non è un maschio, è una femmina, con un vestito bianco sporco di terra, dei capelli scuri come la terra e lunghi fino ai suoi fianchi e la faccia sporca con degli occhi grigi che riescono ad intrappolare i tuoi con un solo sguardo.
Cerco di muovermi una volta capito di chi si tratta. L’ho studiata un bel po’ di tempo fa, è un demone abbastanza potente.. diciamo pure molto potente, in grado di uccidere addirittura me con solo le sue unghie che assomigliano a degli artigli. Il suo scopo è quello di prendere la bellezza delle persone uccidendole, il ché potrebbe farmi sentire meglio, visto che non ho niente di bello da darle. C’è solo un problema: se lei è qua ed è riuscita a prenderci in questo modo, significa che siamo entrati nel suo territori, quindi lei potrebbe ucciderci solo per questo, anzi ci ucciderà solo per questo.
– Ma guarda un po’ chi è entrato nel mio territorio! – esclama lei, eppure ha una voce bassa, mentre mi guarda negli occhi, incuriosita.
– Non la toccare! – urla Jeremy e urlando altre cose senza senso del tipo: – Se la tocchi ti uccido – visto che è legato e lei libera di farmi quello che vuole. E dopo avermi uccisa passerà sicuramente a lui, rubandogli tutta la bellezza che ha. Forse ci ha presi proprio per lui.
– E non siete dei ragazzi qualunque – mormora lei guardando prima Jeremy e poi me, un po’ ingobbita. Ci sta studiando e mi sorride alzando i suoi artigli verso di me. Alzo un po’ la testa sentendo essi sfiorare appena il mio collo. – Ma delle anime gemelle.. Che bello. Non mi succedeva da anni, secoli addirittura. – Ride guardando Jeremy, che adesso non può nemmeno più parlare, visto che ha un ramo in bocca. – Che spreco! – aggiunge lei guardandomi negli occhi per poi girarmi intorno. Ormai non posso muovermi nemmeno io: ho i piedi legati a terra dalle radici degli alberi. – Lui è così bello – mi sussurra all’orecchio riuscendo a farmi chiudere gli occhi per lo spavento. – Potrei anche dire che arriva alla perfezione, ma tu… cosa sei tu in confronto a lui? – chiede. Ride continuando a girarmi intorno mentre io guardo Jeremy. – Niente.. In lui prenderei tutto: dai suoi capelli perfetti ai suoi piedi, che saranno altrettanto perfetti. Ma di te... cosa me ne dovrei fare? Sei bassa, pallida, forse le mani... ma no, le tue unghie sono rosicchiate. I tuoi occhi sono scuri, quasi neri, e a me piacciono quelli chiari. Hai un bel fisico, ma rimani bassa. Forse i tuoi capelli... sì, questi sì. Biondi, ma non troppo chiari, ben curati e lunghi quasi quanto i miei. – Me li sposta con un gesto di mano facendomeli cadere un po’ sul viso e un po’ sulla spalla. – Ma continui ad essere niente. Niente in confronto a lui – dice al mio orecchio ma abbastanza alto da farlo sentire a Delilah e Jeremy. – Eppure potrei anche non ucciderlo, bensì portarlo con me, come mio sposo – annuncia andando verso di lui.
Faccio per correre verso di lei quando le radici mi stringono i polpacci, ricordandomi che non mi posso muovere. Il mio respiro accelera, i miei occhi non sanno se posarsi su Jeremy, che guarda il demone con durezza, o sul demone, che guarda Jeremy come un dolcetto.
– È così bello che quasi mi dispiacerebbe ucciderlo. Quindi... sì, sarebbe una bell’idea. Non sarebbe nemmeno la prima volta che lo faccio. Spero solo che duri più degli altri – dice lei dopo avergli preso il viso con una mano. Le sue unghie sembrano conficcarsi dentro la pelle di Jeremy, ma ancora non esce il sangue.
Cerco di liberarmi dalla presa, ma solo adesso mi rendo conto che anche le mie braccia sono legate ad un albero, poco distante da me. – No! – urlo io quando vedo la terra che inizia ad inghiottirlo. Decido di andare avanti nonostante mi tiri tutto. – No, ti prego, no! – urlo io, ancora più forte. – Lascialo! Per favore, non farlo! Non fargli del male! – urlo ancora più forte fino a quando la voce non mi finisce. Sento il cuore di Jeremy andare all’impazzata, mentre io continuo a far stringere le radici fino a rompere il pantalone e farmi uscire il sangue.
– Stai zitta! – urla la donna venendo verso di me. Fa un gesto con le mani e mi ritrovo con un ramo in mezzo alla bocca come quello di Jeremy e Delilah, manco fossi un cavallo. Prende il mio viso di scatto, furiosa. – Tu.. hai un bel caratterino, eh? Hanno fatto bene a farti Whitesun. Eppure non è questo che piace a me. Io-devo-avere-la-pace. Silenzio. Sai cosa significa? Non rispondermi, non m’interessa, e sai perché? Perché stai per morire – ringhia lei stringendo il mio viso tra le sue unghie lunghe e sporche. Mi chiedo se riescano ad uccidere qualsiasi cosa solo perché sono così sporche che potrebbero procurare tutte le infezioni del mondo.
Chiudo gli occhi sentendo tutto il sangue sbattere contro la mia pelle, ma li riapro subito non capendo di chi sia, questo sangue, perché il mio non è. Vedo il corpo dell donna cadere subito a terra, senza testa e il mio respiro si spezza. Alzo lo sguardo, un po’ scioccata, e incontro il viso di Cole. Lo guardo negli occhi e, dopo aver capito che le radici non mi tengono più, lo abbraccio. Mi stringe a lui riuscendo a togliermi quasi tutta la paura di dosso. – Grazie – mormoro io dopo un po’. Poso la mia testa sul suo petto, che si alza e si abbassa molto velocemente.
– Di niente, piccola. Di niente – risponde lui accarezzandomi i capelli.
Una stretta allo stomaco mi fa allontanare da Cole per controllare lo stato di Delilah e soprattutto di Jeremy. Sono tutti e due in piedi e ci guardano, nessuno dei due sembra particolarmente felice di vedere Cole, ma allo stesso tempo la loro gratitudine si può leggere da ogni tratto d’espressione.
– Posso sapere cosa vi è saltato in mente? – chiede Cole, arrabbiato.
– Non dobbiamo dare spiegazioni, non a te – ringhia Delilah. – Eppure ti devo ringraziare, ma la conversazione finisce qua. Andiamo – continua lei iniziando ad avanzare verso l’Istituto.
Guardo Jeremy, che è ancora bianco in faccia. – Stai bene? Ti ha graffiato? – chiedo ispezionandolo con lo sguardo.
– No, non mi ha graffiato. Sto bene – risponde per poi iniziare a camminare anche lui.
Cole mi mette un braccio sulle spalla e avanza subito dopo di Jeremy. – Fammi vedere – mormora Cole, ormai dentro l’Istituto, prendendomi delicatamente i polsi.
– Tranquillo, sto bene. Staranno già guarendo – mormoro io.
– Cole, dimmi che ci hai pensato tu a bruciarla – se ne esce Delilah, stanca. Quando scopriamo che Cole non l’ha accesa come una torcia umana iniziamo a dare di testa, io compresa, fino a quando Cole non si offre di andare da solo per chiudere questa faccenda una volta per tutte. Jeremy si offre di accompagnarlo, ma Cole rifiuta dicendo che può benissimo farlo da solo. E a questo punto se ne va velocemente.
 
Dopo essermi fatta una doccia veloce decido di andare a vedere come mai Cole ci mette così tanto, per fortuna non incontro né Jeremy né Delilah. Mi inoltro nel bosco un’altra volta, un po’ più spaventata dell’ultima volta, e anche questa volta cammino così tanto che iniziano a farmi male le gambe. Dopo un po’ però sento la sua voce, il mio cuore fa un balzo sentendo la voce della donna, del demone che voleva Jeremy come suo sposo. Mi nascondo subito dietro un cespuglio dopo averli visti parlare.
– …e comunque non lo sapevo – dice il demone finendo la frase che non ho sentito.
– Non m’importa niente, tu non dovresti essere qua. Dovresti essere insieme agli altri a Boston, o dovunque siano in questo momento – risponde Cole, sembra arrabbiato e spazientito. – Grazie a te stavo per essere scoperto.
– Non avresti dovuto decapitarmi, caro. Non m’interessa se stavo per uccidere la tua ragazza o il tuo gemello, io sono una signora. Una signora molto più vecchia di te e mi devi portare rispetto – ribatte il demone. Non mi piace affatto il modo in cui parlano, sembrano come vecchi amici che stanno parlando del più e del meno, fino a quando uno per sbaglio non fa arrabbiare l’altro.
Cole si avvicina a lei in modo minaccioso. – Oppure? – la sfida guardandola dritta negli occhi. – Sarai pure una signora, ma io sono nella tua tana eppure guarda – dice muovendo le dita, dopo pochissimo tempo delle piccole fiamme si accendono sopra di esse. – Il tuo potere non funziona su di me, e perché, secondo te? Non ti mettere contro di me. Non te lo consiglio.
La donna ride. – Hanno ragione gli altri su di te: sei proprio un leader. Spero solo della parte dei cattivi…
– Che intendi dire? – chiede Cole, irritato.
– La ragazza – risponde lei facendo un cenno dalla mia parte. Il mio cuore fa un balzo e per un secondo penso di scappare via, perché il demone mi ha scovata, ma poi mi rendo conto che sta indicando l’Istituto, non me. – È buona. Non rimarrà mai con te dopo che avrà scoperto che ci sei tu dietro tutto questo.
– Non m’importa. Non è lei che voglio – ringhia Cole immobile e per qualche secondo mi sento come umiliata e triste.
–  Ah no? – chiede lei sorridendogli. – Quindi tu sei più forte anche del destino?
–  Lei è destinata a mio fratello, non diciamo sciocchezze! – esclama lui iniziando a camminare tranquillamente, esplorando tutto quello che lo circonda. Mi nascondo ancora di più, spaventata. – Sto con lei solo per far abbassare la guardia a mio fratello e lo sai. È troppo forte e lo sarà anche lei se non ci sbrighiamo.
–  Ha solo sedici anni – risponde il demone ridendo fiaccamente. – Di certo non aspetteremo due anni per fare quello che dobbiamo fare.
–  Ok, ma sappiamo tutti che le Whitesun sono più forti, che possono avere il loro potere anche se ancora non hanno raggiunto la maggiore età – ribatte Cole guardandola, con le mani congiunte dietro la schiena. Mi sta dando la schiena e posso vedere benissimo che si stanno torturando a vicenda, facendomi quindi capire che è nervoso o/e arrabbiato. – Basta solo che loro lo sappiano e che lo chiedano, mentre è quasi sciuro al cento per cento che stiano per morire. Sai che tutti stanno dalla sua parte, là sopra – ringhia alzando lo sguardo sul cielo. – Ed è anche per questo che oggi non l’avresti dovuto prendere. Se il suo potere si attiva adesso.. se lo scopro.. inizia a scappare, è chiaro?
– Chiarissimo, ma ora credo che tu debba andare, se non vuoi che la tua ragazza di scopra – risponde la donna lanciandogli una leggera occhiataccia. Ha paura di lui, ma è un demone potente e molto antico, che non vuole di certo essere governato da un ragazzino. – Non è stupida, avrà capito che c’è qualcosa che non va se non ritorni subito. Dopotutto quanto ci vuole a dare fuoco a una signora? – chiede.
Cole si gira e fa per andarsene, ma prende subito la sua spada e la decapita un’altra volta. Senza pensarci un secondo di più le da fuoco. Sussulto e faccio un passo indietro tappandomi da sola la bocca. – Non mi sei mai stata molto simpatica – ringhia lui al cadavere in fiamme. – Prendere la bellezza altrui… che cosa stupida – aggiunge prima di andarsene.
Mi nascondo meglio sentendo i suoi passi vicino. Continuo a non respirare fino a quando non ce la faccio più e i suoi passi sono abbastanza lontani. Solo dopo essermi persa mi rendo conto di star vagando per il bosco, piangendo come una fontana con il cuore che sembra veramente spezzato.
Cado a terra risentendo tutto quello che ha detto Cole prima che uccidesse quel demone. Sta dalla loro parte? È il loro leader? È lui quello che ha organizzato tutto questo? Queste sono le domande che m’interessano. Sento un dolore fortissimo al cuore e così urlo continuando a piangere. Mi guardo in giro per vedere se c’è qualcun altro oltre a me, ma la verità è che nessuno s’infiltra nei boschi. O almeno non le persone buone, quelle cattive invece…
Mi rendo conto un po’ troppo tardi che sono passate molte ore da quando sono qua dentro, ma solo adesso riesco a vedere tutta la situazione completa e oggettivamente. Mi alzo, ma cado subito dopo essere inciampata su una radice. Scoppio a piangere un’altra volta sentendo la voce di Cole, la voce del traditore. Chi poteva essere? Solo lui, solo il gemello oscuro della mia anima gemella.
– Cassie! – urla qualcuno.
Alzo lo sguardo e vedo qualcuno davanti a me, ma è tutto molto sfogato. – Chi sei? –chiedo io, continuando a piangere.
– Che domanda è? – chiede, perplesso.
Strizzo gli occhi e capisco di chi si tratta: Cole. Mi alzo di scatto da terra e faccio alcuni passi indietro, spaventata. – Cole – dico io indietreggiando, mentre lui cerca di avvicinarsi a me. – Non ti avvicinare!
– Cosa stai dicendo? Cos’è successo? – chiese Cole ridendo, frustrato.
– Ti ho visto con il demone – ringhio io continuando ad indietreggiare. Mi fermo solo quando smette di avvicinarsi a me.
Fa un sospiro guardandomi. – Mi hai visto con un demone? – chiede lui guardandomi con la fronte aggrottata. So a che gioco sta giocando e non ho intenzione di cascarci.
– Non fingere! – urlo quindi. – Sono sicura di quello che dico. Eri tu! L’hai bruciata e hai iniziato a parlare da solo…
Ride, mentre io penso che  nella mia mente questa frase sembrava molto meno ridicola. – Piccola, cosa stai dicendo? Ho semplicemente bruciato il demone – ribatte lui cercando di avvicinarsi a me.
– Smettila! – urlo io piangendo. – So quello che sto dicendo. Io c’ero.
– No, non lo sai – risponde lui ridendo. – Piccola, io ho bruciato il demone e me ne sono andato. Non ho fatto niente di più e niente di meno. Non ho parlato da solo, non ho parlato con lei come dici tu.
Rimango in silenzio per un po’. Smetto di piangere. – Io non ho mai detto che hai parlato con lei – mormoro quindi guardandolo negli occhi. Sento l’adrenalina correre nelle mie vene. Non posso credere che sia stato così facile fregarlo.
Sta zitto per un po’ e poi scoppia a ridere grattandosi la testa, nervoso. – E va bene! Hai vinto tu! – esclama lui alzando le mani al cielo. – Quindi… ora puoi decidere tra due opzioni: sta dalla mia parte e quindi cocn me; o cercare di tornare dargli altri e morire. Cosa decidi?
Lo guardo senza dire una parola, lo sguardo dritto negli occhi e rimango ferma. Mi guardo per un po’ intorno, sperando di vedere Delilah o Jeremy sbucare dal nulla per non farmi scegliere, per salvarmi. Odio essere salvata, ma in questo momento ne ho veramente bisogno, perché non sceglierò mai il male. Così mi giro e corro più veloce che posso, urlando il nome di Jeremy, sperando che sia qua vicino. – Jer… – Mi fermo sentendo le mani di Cole su di me, una sulla mascella e l’altra sul collo. Solo in questo momento sento Jeremy urlare il mio nome.
– Scelta sbagliata, piccola – ringhia Jeremy stringendo la sua presa.
Ad un certo punto tutto si ferma: il mio respiro, il mio cuore, la paura, la rabbia, il tremolio… Tutto. Il mio ragazzo mi ha appena uccisa.
 
Apro gli occhi lentamente, stranamente sono stanca. Alzo il viso dopo essermi ricorda tutto quello che è successo e vedo Cole seduto su una sedia a dondolo con il cellulare in mano e lo sguardo fuori dalla finestra. Cerco di scappare ma mi rendo conto di essere legata alla sedia sulla quale sono seduta e, solo dopo aver fatto abbastanza rumore, Cole si gira.
– Ah, sei vita. Una parte di me aveva veramente paura che non ti saresti più svegliata. Ci hai messo così tanto tempo – esclama lui scrivendo al cellulare.
– Come hai potuto? – chiedo io con le lacrime agli occhi. Il peso al cuore riaffiora, forse più pesante e doloroso di prima.
– A fare cosa? Ucciderti o tutto il resto? – chiede lui, poco interessato, continuando a scrivere a qualcuno con quel maledetto cellulare.
– Tutto il resto! – sbotto io. – Non me ne frega niente se mi hai uccisa! – ringhio io. – Stai uccidendo tuo fratello – mormoro guardandolo.
– È questo che t’interessa? Solo mio fratello? Non che moriranno tutti gli altri? – chiede lui posando finalmente lo sguardo su di me e lasciando stare per un po’ il cellulare.
– Certo che m’interessano! – esclamo io. So a che gioco sta giocando, mi ripeto. Sta cercando di farmi sentire in colpa, ma non glie lo devo permettere. – Ma sto cercando di farti capire cosa stai facendo e so che odi la gente, quindi immagino che…
– Cosa? Che se mi avessi ricordato che sto per ucciderlo mio fratello avrei capito? – m’interrompe lui sorridendomi. – Ancora non hai capito che non gli voglio bene? Lo odio.
– Cole, per favore, cerca di pensare a quello che accadrà. I demoni prenderanno il sopravvento su tutto, uccideranno degli innocenti, gli umani! – continuo io con una voce tremolante.
Ride tranquillamente, come se non gli avessi detto niente di ché. – Ma non mi dire! Non l’avevo calcolato, sai? – esclama lui guardandomi. – Perché credi che io stia facendo tutto questo? Secondo te qual è il mio scopo? – chiede, ma rimango zitta. – Immaginati me a capo di tutti i demoni. Il loro leader. Faranno di tutto per me ed io avrò la vita che ho sempre voluto. Senza regole… o almeno per me. Io al capo del mondo. Il Re del mondo.
– Tu sei matto – mormoro io a bassa voce. Ho paura, perché è veramente pazzo e non so come farlo ragionare, perché semplicemente non si può far ragionare un matto.
Ride di nuovo. – Forse, ma mi sembra stia funzionando, quindi non m’importa. Posso essere pazzo quanto ti pare, ma intanto sono io quello felice. Sono io quello che vivrà una vita fantastica. Solo io.
Scuoto la testa con le lacrime agli occhi. – Lasciami andare – sussurro guardandolo con occhi imploranti. Dopo avermi guardata per alcuni secondi torna a scrivere qualcosa al cellulare, facendomi perdere una volta per tutte la pazienza. – Lasciami andare! – urlo agitandomi e quasi cado con la sedia a terra.
– Smettila, non lo farò mai. Stai tranquilla, la guerra sta per iniziare e tra un po’ sarà già tutto finito – risponde lui tranquillamente senza alzare lo sguardo dal cellulare. Ha addirittura un sorrisino da matto.
– E di me? Che ne farai di me quando sarà tutto finito? – chiedo io.
Posa il cellulare sul tavolino accanto a lui e mi guarda negli occhi sospirando e dondolandosi con la sedia. – Questo dipende da te. Puoi rimanere con me e governare il mondo, oppure morire come tutti gli altri – risponde lui sorridendomi dolcemente. So che in realtà mi vuole bene, lo so, lo vedo da come mi guarda, ma rimanere un matto.
Sbatto le palpebre più volte cercando di capire se si tratta di un sogno o no. Ma no, è la realtà. Adesso capito quando dicono “sto vivendo un incubo”. Questo lo è veramente. Mi rendo conto solo adesso di avergli detto: – Non me lo stai chiedendo veramente. – Ma la sua risposta è silenziosa, continua a guardarmi sorridendo, dandomi la conferma che sì, me lo sta chiedendo veramente. Scuoto la testa ripetutamente. – Uccidimi – aggiungo quindi.
Alza le braccia al cielo. – Come vuoi, ma non adesso. Ho intenzione di ucciderti solo dopo che avrai visto tutto quello che tra un po’ farà parte di te: la distruzione – continua a torturami Cole. Chiudo gli occhi cercando di non iniziare ad urlare. – E tra la distruzione ci sarà Jeremy Ruterful.
Spalanco gli occhi sentendo questa frase. Non riesco più a parlare, non riesco più a respirare. Solo l’idea di Jeremy avvolto nelle macerie senza nemmeno un funerale o una bara mi fa venire voglia di morire insieme a lui in quel disastro. Proprio accanto a lui, cosicché abbia qualcuno vicino mentre succede tutto, qualcuno che gli ha voluto bene, accanto a lui, morto come lui.
Cole fa un cenno a qualcuno dietro di me. – Ora – ordina.
Cerco di girarmi ma non ci riesco, i passi di qualcuno entrano dentro la mia testa facendomi rabbrividire della paura. Chiunque sia è scalzo e chi può stare scalzo in una casa di legno in un bosco, se non un demone? È un demone che non ho mai visto, sembra umano, ma i miei sensi mi dicono che non lo è. Non è né uno stregone, né niente di tutto quello che ho studiato fin’ora. M’immagino quanto sia forte se ancora non l’ho studiato. Alza la mano e mi fa vedere una siringa. Guardo Cole, spaventata.
– Ti aiuterà a dormire per un bel po’. Più o meno fino alla fine della guerra – risponde Cole alla  mia domanda silenziosa.
Scuoto la testa continuando ad urlare più volte di lasciarmi stare, fino a quando non sento l’ago entrarmi nel collo. Un lamento di dolore esce dalla mia bocca e a malapena ci faccio caso. Il sonno m’invade sempre di più annebbiando la mente e gli occhi. Li chiudo, ma cerco di combatterlo aprendoli di nuovo.
–  Su, dormi, piccola. Ti farà bene – mormora lui accarezzandomi i capelli, mentre tutto diventa ancora più sfogato fino a diventare nero.
 
Mi sveglio di soprassalto sentendo delle urla e subito dopo esplosioni su esplosioni. Mi guardo intorno, cerco di muovere almeno un po’ le braccia, ma sono legati ai braccioli della sedia. Nella stanza non c’è nessuno, sono sola.
– Ma buongiorno! – mi saluta Cole facendomi sussultare. Mi guardo intorno ancora una volta, ma non vedo nessuno. – Proprio qua, dietro di te – aggiunge poi. Ride mentre io sono così stanca che non riesco nemmeno ad arrabbiarmi.
– Da quant’è che sto così? – chiedo io a bassa voce e mi concedo il privilegio di chiudere gli occhi. Non m’interessa più niente, so che mi ucciderà, sta solo cercando di farmi impazzire quanto lui e sicuramente ci riuscirà. Devo accettare tutto questo e basta.
– Un paio di giorni, credo che il demone abbia un po’ esagerato – risponde ridendo. – Ma non fa niente. Più dormi meglio è. La gente è molto più carina quando dorme, perché non ti può rompere le palle e per me è molto importante.. Soprattutto perché ogni singola cosa che fate mi da fastidio – aggiunge continuando a sorridere mentre mi accarezza il viso.
– Sai, lo pensavo anch’io... prima di vedere te – mormoro io, giusto per dargli fastidio.
Ride dandomi le spalle. – Pensavo che mi amassi, Cassie – dice lui sedendosi sulla sedia a dondolo davanti a me e iniziando a dondolarsi.
– È quello che pensavo anch’io di te, ma sono stato stupida; dopotutto sei un mostro e basta. C’è un motivo se tua madre...
–  Vuoi morire, per caso? – chiede lui a pochi centimetri dal mio viso urlando, furioso. – Non ci riuscirai. Non mi farai fare quello che non voglio fare. Voglio che tu veda ogni singola distruzione, che tu soffra fino a morire – ringhia a bassa voce e mi ricorda vagamente un cane con la rabbia.
– Lo vedremo – borbotto io guardandolo negli occhi, cerco di avvicinarmi a lui con fare minaccioso, ma la sedia e le cinghie non me lo permettono.
–  Lo vedremo? Tu non riuscirai a vedere niente – risponde lui a bassa voce. Rimango in silenzio a guardarlo negli occhi fino a quando non si risiede sulla sedia a dondolo. Fa un cenno a qualcuno dietro di me e così inizio ad agitarmi. Non possono addormentarmi di nuovo!
Un mago si mette davanti a me facendomi vedere un coltello. Aggrotto la fronte e cerco di riconoscere il sigillo che c’è su di esso, ma non lo riconosco. – Cos’è? – chiedo io.
Il demone fa un taglio abbastanza profondo sul mio braccio, cerco di non urlare mentre vedo il mio sangue entrare dentro il coltello, poi passa a Cole facendo la stessa cosa e infine recita delle frasi in latino. Sento uno strano collegamento con Cole. Guardo quest’ultimo, impaurita, mentre prende lo stesso coltello e si fa un taglio sulla mano. Sento un dolore sulla mano destra, la guardo e vedo del sangue uscire da una ferita che prima non avevo. Trattengo il respiro capendo quello che ha appena fatto e alzo lo sguardo su Cole con le lacrime agli occhi.
– Ora, piccola, se qualcuno uccide me, uccide anche te – annuncia lui ricominciando a dondolarsi sulla sedia. – Pensa a come si sentirà il tuo amore se mi ucciderà – aggiunse poi asciugandosi il sangue dalla sua mano con un tovagliolo di senta.
– Non lo farà, non verrà mai qua – ribatto io freddamente.
– Ah no? Veramente credi che non verrà a cercarti? Credi che quando, un po’ di giorni fa, ti ha trovata morta tra le mie braccia, non abbia cercato di prenderti? Di combattere per te?
Trattengo il respiro. – Stai mentendo, non l’ha fatto veramente. Non mi ha trovata morta.
– Mentendo? – chiede ridendo. – E perché dovrei? Forse avrebbe pure vinto, se non si fosse intromesso il mio mago preferito – aggiunge poi guardando la sua mano. – Ho fatto proprio un bel taglio profondo, eh? – chiede, per poi fare una mezza risata. Lo guardo senza dire niente. – Molto probabilmente sta qua vicino. Dicono che le anime gemelle riescano sempre a trovarsi, quando sono in pericolo.
– Balle! Non fai altro che mentire – ringhio io dopo un po’.
Ride scuotendo la testa e continuando ad asciugarsi il sangue che gli esce dalla mano destra - che ci esce. Ma rimane in silenzio per molto tempo, fino a quando non decide di andarsene in una camera dietro di me, che sospetto sia la sua camera da letto.
Non so quanto tempo sia passato, ma so che le urla e le esplosioni continuano, imperterrite. Alcune persone cercano di entrare nel cottage, ma appena ci provano si riducono in polvere proprio davanti a me. Vedo i loro occhi spaventati prima di ridursi in cenere ed è una cosa orribile. Mi sento così piccola e insignificante di fronte a tutto quello che sta succedendo… È veramente orribile non poter fare niente.
 Poco dopo sento la porta d’ingresso aprirsi e chiudersi. Alzo subito lo sguardo, guardinga, e trattengo il respiro vedendo Jeremy davanti a me. Cerco di non scoppiare a piangere e di non urlare di andarsene, ma sono veramente sull’orlo di una crisi isterica. – Sssh – mormora lui subito venendo da me. Cerca di rompere ogni corda che mi tiene ferma su questa sedia, ma non fa altro che peggiorare la situazione e a farle strngere ancora di più, facendomi uscire un po’ di sangue. Strizzo gli occhi cercando di non urlare per il dolore, ma sicuramente lo starà sentendo anche Cole. – Ok, ok. Sono corde da Cacciatori. Va bene, Cassie, guardami – mormora lui prendendomi il viso con tutte e due le mani. – Dov’è Cole?
– Di là, ma devo dirti una cosa importante… – Mi fermo vedendo subito Jeremy alzarsi e andare dietro di me. – No, no. Jeremy, non farlo! – esclamo io cercando di non urlare.
– Fratello! – dice Cole, non è molto lontano da me. – Ma che bella sorpresa! Ti stavamo proprio aspettando.
Capisco subito che si stanno menando e non solo dai rumori che emettono i loro cazzotti, ma anche dai lividi che si staranno sicuramente formando su di me, mentre urlo a Jeremy di smetterla. Mi muovo un po’ e così cado con la sedia per vedere cosa sta succedendo. Jeremy sta sopra Cole, mentre metà casa va a fuoco. Vedo una fiamma avvicinarsi a me, fino a farmi prendere fuoco i jenas. Cole urla insieme a me, sentendo il mio stesso dolore e riesco a vedere la perplessità sul volto di Jeremy, che però ne approfitta e alza un pugnale.
–  Jeremy, no! – urlo io, in preda al panico. Ma Jeremy fa finta di niente e infilza il coltello vicino al cuore di Cole, e quindi anche il mio. Il mio respiro si fa più pesante sentendo quella pugnalata. Cerco di toccare la ferita, ma mi ricordo di essere legata.
Mi ritrovo davanti Jeremy, con la faccia bianca. Taglia le corde con il coltello e mi fa sdraiare a terra. – Com’è successo? – chiede lui. Cerco di parlare, ma le parole mi si fermano in gola. Tutto dentro di me va in fiamme. – Andrà tutto bene. Sei una Whitesun – aggiunge lui accarezzandomi. Scuoto la testa e cerco di alzare il braccio dove il mago mi ha ferita. Il suo viso da bianco diventa rosso. Un secondo è con me e il secondo dopo è da Cole.
Sento bagnato sotto di me, rabbrividisco capendo che si tratta del mio stesso sangue. Alzo una mano e la vedo rossa, macchiata del mio stesso, appiccicoso sangue. Un lamento esce dalla mia gola e subito dopo anche da quella di Cole.
–  Non ti consiglio di darmi fastidio, gemello buono di Cole – ringhia il mago.
–  Ed io non ti consiglio di mettermi alla prova, stregone – ribatte Jeremy. Il mago ridere e il dolore dopo un po’ diventa sempre più sopportabile, fino a quando svengo.  

Angolo Autrice:
Buonsare e buona cena! Sono riuscita a pubblicare il capitolo. Ce l'ho fatta! Scusatemi se vi ho fatto aspettare tanto, ma riscrivere un capitolo è veramente noioso ahahah.
Bé, non per mettervi l'ansia, ma adesso manca solo l'epilogo.
In realtà la storia non è finita qua, sono arrivata al trentesimo capitolo del seguito di questa storia, ma sinceramente non so se lo pubblicherò, perché non è andata molto bene... le recensioni sono poche (ne approfitto per ringraziare elenamassara che ha sempre trovato un po' di tempo per recensire questa storia) e ormai anche le visite.
Per ora pensiamo solo all'epilogo, che spero di riuscire a pubblicare entro una settimana.
Mi scuso per eventuali errori, spero non ce ne siano troppi, e vi chiedo di recensire... come sempre.
Un bacio e al prossimo capitolo. 


 

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Capitolo 45
*** Epilogo ***







Epilogo

 
Mi sveglio per l’ennesima volta nel letto di una nuova camera, non quella dell’ultima volta né quella della penultima volta che mi sono svegliata. Le camere degli Istituti sono tutte molto familiari, per non dire identiche, quindi non ho proprio idea di dove mi possa trovare.
– Buongiorno, signorina Moonic – mi saluta un’infermiera, sbucata dal nulla. Mi sorride dolcemente, eppure ha uno sguardo freddo e professionale. – Come si sente?
– Dove sono? – chiedo io ignorando completamente la sua domanda. So di sembrare un po’ scorbutica, forse addirittura maleducata, ma quando ti succedono tutte cose negative nelle ultime ventiquattro ore non pensi ad essere gentile e dolce con tutti, soprattutto se non hai la minima idea di dove ti trovi.
–  Nel nuovo Istituto di Boston – risponde l’infermiera tranquillamente.
– Nuovo? Dov’è quello vecchio? – chiedo io, in preda al panico.
–  Stai tranquilla, ok? Stanno tutti bene, i suoi amici stanno bene ed è tutto finito ora – ribatte lei facendomi sdraiare con la forza, visto che a quanto pare mi sono seduta di scatto. Tutto questo grazie al panico.
– Cosa sta succedendo qua? – chiede Louis entrando nella camera, arrabbiato. Trattengo il respiro guardandolo negli occhi. Non può essere lui. Non può essere qua e star facendo finta che sia tutto normale. Non può parlare in questo modo. – Cassie, buongiorno.
– Buon… Buongiorno?! Cos’è, una presa per il culo?! – tuono io fulminandolo con gli occhi. Sono così arrabbiata che potrei saltargli addosso e iniziare a menarlo. – Un mese! Sono stata un mese a chiamarti e tu non mi hai risposto una singola volta! Quindi questa deve essere una per il culo. Per forza.
– No, non lo è, Cassie – risponde Louis con un tono così freddo da farmi venire la pelle d’oca. A quanto pare allora Jeremy ha imparato da qualcuno a fare quel suo odioso tono: da Louis.
Rido, nervosa. – Non lo è? Oh, sì che lo è! Mi avete mandata in quell’Istituto, quando era ovvio che non ci volessi andare, e in più nemmeno rispondevi alle mie chiamate – e sono state tante! Questa è una presa per il culo! – urlo.
– Signorina, si deve calmare adesso – s’intromette l’infermiera rimettendomi giù con la forza, ma la spingo e mi alzo dal letto nonostante i punti messi da poco.
– Tu… non ti meriti quello che hai. Non ti meriti di essere quello che sei. Un vero preside si preoccupa dei propri studenti e tu non l’hai fatto. Tu mi hai lasciata da sola, in quell’Istituto, mentre io non riuscivo a capire niente – ringhio io fino a quando non mi s’incrina la voce.
– Basta così, Cassie Moonic – dice il Secondo Anziano, che spunta da dietro Louis. – Il signor Dempson è stato costretto a farlo. L’abbiamo obbligato noi. TU dovevi andare là e la ragione era Cole. Tutti noi Anziani, dopo aver scoperto chi fosse veramente, ci siamo preoccupati e ti abbiamo usata per arrivare a lui. I tuoi occhi erano praticamente i nostrti, ci hai permesso di vedere dove andasse tutte le notti mentre dormivi, ci hai permesso di stare a tre passi davanti a lui, pronti a qualsiasi attacco – aggiunge poi guardandomi negli occhi. Per modo di dire, visto che sono tutti bianchi.
– Non me lo potevate semplicemente dire? – chiedo io, arrabbiata.
– No. Cole, essendo il gemello della tua anima gemella, l’avrebbe capito. Avrebbe capito che c’era qualcosa che gli nascondevi, che non ti fidavi di lui – risponde subito il Secondo Anziano, serio. Era da un po’ di tempo ormai che non usava più il suo potere da Anziano per darmi fastidio o farmi soffrire.
Rido, nervosa, mettendomi di nuovo a sedere. – Dove sono gli altri? Ci sono stati dei morti?
– Fortunatamente pochi. La maggior parte erano Cacciatori adulti. Isaac è dovuto andare in Canada a causa di un Anguismortem, ma anche lui starà bene. Ivy è stata ferita da un altro demone, ma è stata guarita dai nostri amati stregoni. Gli altri hanno dei piccoli graffi, niente di cui preoccuparsi – risponde il Secondo Anziano.
– E Jeremy? Dov’è? Sta bene? – chiedo poi, visto che il Secondo non l’ha menzionato. In teoria non è una buona cosa quando fanno finta di scordarsi di una persona.
– È andato da Isaac, dovrebbero essere qui a momenti – risponde Louis. Lo guardo con disprezzo, ma lui rimane fermo e insensibile a tutta la rabbia e il disprezzo che sto provando nei suoi confronti.
– E ora che sei fuori pericolo.. – Il Secondo fa un segno con la mano e la mia ferita scompare. – Prendilo come un ringraziamento per averci aiutato, anche senza volere – finisce poi. Mi sorride e va verso la porta della mia nuova camera. – Ah, Cassie! – esclama. Si gira verso di me e mi sorride. – Ti saluta Katherine.
Gli sorrido e annuisco. Sono felice che si siano potuti vedere un’altra volta dopo tutto questo tempo.
– Vado anch’io. Ti aspetto di sotto all’ora di pranzo – aggiunge poi Louis. – Mi dispiace, Cassie. Spero che un giorno riuscirai a perdonarmi e a riacquistare fiducia in me – mormora prima di uscire e lasciarmi da sola, visto che poco prima se n’è andata anche l’infermiera bisbigliando qualcosa. Sembrava arrabbiata, ma prima non m’importava più di tanto, visto che ero sicuramente più arrabbiata di lei.
Sbuffo rimettendomi a letto. Cerco di pensare positivo, anche se sembra abbastanza inutile. Come si fa a pensare positivo quando Cole è vivo – forse ancora per poco – e a piede libero? Non si può. Non potrò mai pensare positivo. Penserò positivo quando sarà morto.
Rimango a pensare e a rimuginare tutte le nuove informazioni fino all’ora di pranzo. Mi siedo in uno dei pochi tavoli completamente liberi che sono rimasti e, ovviamente, appena lo faccio mi raggiungono altre persone, ma sono persone che mi sono mancate. – Allora… bentornata – mi saluta Ivy sedendosi proprio davanti a me.
Le sorrido dolcemente. – Mi sei mancata anche tu – dico guardandola negli occhi. Alza gli occhi al cielo mentre la sua maschera di cattiva ragazza se ne va e a questo punto accenna un sorriso e mi fa la linguaccia. Non posso fare a meno di ridere.
– Quindi? Che ci racconti? – chiede Harry mettendosi accanto a Ivy. – Ci sono più ragazze nell’Istituto a Toronto? Quante sono quelle belle? Secondo te dovrei andare là e conoscerle? Anche perché ormai qua vedo sempre le stesse facce e tutte quelle bellissime ormai non mi vogliono nemmeno più guardare in faccia.
Scoppio a ridere, o almeno fino a quando non arriva Isaac, che esclama: – Ehi, tu! Stai lontano dalla mia ragazza! – Da dei colpetti alla spalla di Harry, che si alza e si mette nella sedia successiva per fare sedere Isaac proprio in mezzo a loro due.
– Amore! – dice Ivy abbracciando Isaac. – Mi sei mancato così tanto – aggiunge poi tra un singhiozzo e l’altro.
– Anche te, amore mio – mormora Isaac stringendola a lui, ma non con un tono così basso da non farlo sentire a me e Harry, che alziamo gli occhi al cielo e sbuffiamo, scherzando.
– Da quanto tempo, Cassie! – mi saluta Scott sedendosi vicino a Ivy. Una ragazza dai capelli neri e ricci, gli occhi scuri e la carnagione abbastanza scura si siede proprio accanto a lui. Sembra la sua ombra e ogni volta che lo guarda fa un sorrisino compiaciuto e dolce allo stesso momento.
– Scott! – lo chiamo io alzandomi dalla sedia per andarlo ad abbracciare. Scott ricambia l’abbraccio stringendomi un po’ troppo, ma non gli dico niente.
– Ciao, io e te non ci siamo mai presentate – s’intromette la ragazza accanto a Scott con un sorriso caldo e uno sguardo dolce. – Io sono Eireen – si presenta poi porgendomi la mano, che stringo subito.
– Tu devi essere la ragazza di Scott. Piacere, Cassie – mi presento io sorridendole.
Vieni, fatti abbracciare – esclama Isaac aprendo le braccia e venendo verso di me, pronto ad abbracciarmi.
Rido e lo abbraccio senza pensarci. Ci facciamo per un po’ di tempo i dispetti e poi ci distacchiamo ridendo. – Dov’è Jeremy? – chiedo una volta seduti e pronti per mangiare. Ma c’è un posto accanto a me ed è libero: è quello che spetta a Jeremy.
– Jeremy sta… nella stanza di Allison – risponde Isaac, un po’ indeciso e in imbarazzo. – Sai, è stata ferita gravemente, ma lui dovrebbe scendere a momenti, visto che mi ha detto di aspettarlo per mangiare – aggiunse subito, sicuramente dopo aver visto la mia espressione delusa.
Annuisco guardando il cibo che sta nel mio piatto. Forse lo dovrei aspettare anch’io, forse lo dovremmo aspettare tutti. Come ogni volta che mi ferisco, non si è più fatto vivo da quando mi ha salvata. O almeno così mi hanno detto. Dicono che abbia obbligato il mago della luna a guarirmi, però quest’ultimo poi si è rifiutato di spezzare il legame tra me e Cole, allora Jeremy l’ha bruciato vivo. Poi sono intervenuti gli Anziani, ma ormai Cole era scappato dopo aver ferito gravemente Jeremy. Il resto non me lo dicono, per esempio non mi hanno detto cos’è successo durante la guerra. Pensano che io sia troppo debole e piccola per saperlo e, per la prima volta da quando sono qua, forse gli do ragione. A volte forse è semplicemente meglio non sapere.
Alzo lo sguardo perché so che sta arrivando. Il mio corpo lo percepisce. E infatti sta venendo verso il nostro tavolo e il mio cuore si ferma uno o due secondi in più del dovuto. – Eccomi! – esclama lui mettendo le mani sulle spalle di Ivy per poi darle un bacio sulla guancia. La gelosia cresce dentro di me. Da quand’è che sono diventati così amici? Ah, è vero. Sono stata via un mese…
– Ehi, rimane la mia ragazza! – ribatte Isaac scherzando. Jeremy alza le mani ridendo e si siede proprio accanto a me.
Il mio corpo s’irrigidisce sentendolo accanto a me e così abbasso lo sguardo sul cibo per cercare di pensare a qualcos’altro. Un’immagine di Cole che mi sorride mi attraversa l’anima facendomi sussultre. – Scusatemi un attimo – dico io alzandomi. Sorrido a Ivy facendole capire che è tutto apposto e poi me ne vado. Esco per poco dall’Istituto. Le lacrime iniziano ad uscire, abbasso lo sguardo verso l’anello ricordandomi tutte le parole dolcissime che mi aveva detto quando me l’aveva dato. Prendo l’anello e lo tiro il più lontano possibile. Sembra stupido, ma alla fine ero affezionata a quel mostro. Ero legata a lui, in qualche modo. Faccio un respiro profondo capendo che è solo la frustrazione che mi fa provare queste cose.
– Mi dispiace.
Faccio un balzo sentendo la voce di Scott. Mi giro dopo essermi asciugata le lacrime e gli sorrido dolcemente. – Per cosa? – gli chiedo.
– Per Cole – risponde lui, per poi fare spallucce. – Insomma, in qualche modo ci tenevi a lui – aggiunge poi venendo verso di me.
– Non è morto, Scott – mormoro io guardandolo negli occhi
– Forse è per questo che mi dispiace – scherza lui accennando un sorriso. Mi prende per mano e poi mi da una spallata. – Sei mia amica, Cassie, a me puoi parlare – mormora poi continuando a sorridermi.
Faccio un sospiro. – Non è morto, è ancora vivo – inizio quindi guardandolo. Annuisce facendomi capire che devo andare avanti. – È.. vivo. Ed io sono qua. E c’è Jeremy, ma lui è ancora vivo e ho paura.
– Non devi aver paura, Cassie – risponde lui stringendomi un po’ di più la mano. – Quello che lui provava per te forse era l’unica cosa vera e rassicurante.
– Forse è proprio questo che mi fa più paura – ribatto io guardando davanti a me. – Se questo è vero, allora non credo sia finita qua. Non è finita comunque, lui vuole ancora vincere. Quando mi ha presa e mi ha chiesto se volessi stare accanto a lui se lui avesse vinto… Forse non era una domanda. Forse adesso è diventata un’affermazione.
Mi abbraccia. – Non ti sfiorerà più. Mai più – dice lui stringendomi un po’ troppo.  – Dobbiamo entrare adesso – mormora poi guardandomi negli occhi. Quando annuisce ci distacchiamo del tutto e andiamo verso l’ingresso dell’Istituto.
– Comunque carina la tua ragazza!
– Ah, sta zitta! – scherza Scott.
– No, veramente!.
– Mi piace davvero, Cassie – dice, tutto d’un tratto serio.
Annuisco sorridendo. – Bene, sembra molto dolce.
– Lo è, Cassie. Lo è veramente – mormora annuendo più volte, prima di aprire la porta principale dell’Istituto, lasciando tutto il pericolo alle nostre spalle.
  Raggiungiamo il tavolo e così tutti smettono di parlare facendomi imbarazzare ancora di più. Ivy mi sorride facendomi capire che sta per dirmi qualcosa e io devo prepararmi a tutto, ora come ora. – Cassie, sei pronta per sta sera? – chiede, eccitata.
Aggrotto la fronte non capendo. – Pronta per cosa? – chiedo e quasi ho paura di farlo.
– Oh, come?! Non lo sai?! – esclama Harry ridendo.
– Stupido! – aggiunge Eireen lanciandogli una patatina fritta. Harry ride squadrandola, poi fa spallucce e si mangia la patatina. – Scusalo. Comunque c’è un ballo per festeggiare la nostra vittoria.
Deglutisco pensando al motivo della festa. Per me non c’è niente da festeggiare. Non abbiamo ancora vinto, o almeno secondo Cole, e se secondo lui non abbiamo vinto... questo significa che farà di tutto per farcelo capire e per fare in modo di ricominciare daccapo. – Non credo di poter venire – rispondo io freddamente guardando il mio piatto con dentro ancora tutto il cibo, ormai freddo.
– Dai, non puoi non venire! A mio padre… – Ivy si ferma e deglutisce, ricordandosi che ormai io e Louis non andiamo più d’accordo. Ed è colpa sua. – A me dispiacerebbe molto se tu non venissi.
– Dopo vediamo – aggiungo guardandola. Annuisce sorridendomi, perché infondo sa che quando dico così lo faccio e così inizio a mangiare.
 
Busso alla porta di Austin e rimango ad aspettare fuori per un po’ di tempo, fino a quando, come sempre, mi apre la madre. – Oh, ciao tesoro! – esclama lei abbracciandomi. – È da un po’ che non ti vedo in giro. Tutto bene? I tuoi nonni mi hanno detto che sei andata un po’ via dopo quello che è successo al povero Ben. Stai meglio?
Sentire quel nome è come un colpo al cuore. Un taglio avrebbe fatto meno male. Sono così stanca di affrontare tutte queste perdite.  – Sì, meglio – mento quindi accennando un sorriso. Non è solo Ben il motivo per il quale sto così male. Ovviamente anche la sua morta mi fa stare male, ma sono tutte le altre cose che sono successe a causa mia. Tutte le altre morti a causa mia mi pesano e lo faranno sempre.
– Dai, entra. Austin dovrebbe tornare a momenti. È andato a trovare la ragazza, a quanto pare hanno litigato anche oggi. Veramente, non so cosa ci trovi di tanto bello in lei, dopotutto sono così diversi che non possono stare insieme per più di un’ora senza litigare. È estenuante!
– Eh lo so, questi amori sono i peggiori perché non riesci a staccarti da loro – borbotto io abbassando lo sguardo. Conosco molto bene quel tipo di amore e ancora non riesco a staccarmi da Jeremy. Rimango a parlare per un po’ con la madre del più e del meno, delle loro novità… fino a quando lei non è costretta ad uscire e così rimango in silenzio e ferma ad aspettare Austin, che torna dopo mezz’ora.
– Mamma, sono a casa… –  Si ferma guardandomi e non chiude nemmeno la porta. – Cassie – mormora e il suo tono sembra quasi ferito.
Gli sorrido mentre sento il solito peso allo stomaco farsi meno accentuato. – Ciao Austin – lo saluto io. Si avvicina a me e mi abbraccia, gli do dei colpetti alla schiena cercando di tranquillizzarlo. – Emh… Austin, non riesco a respirare.
Si allontana da me. – Sai quante volte ho provato a chiamarti? – chiede lui e adesso sembra arrabbiato. – Mi hai fatto preoccupare! Tanto! Non rispondevi alle mie chiamate, i tuoi nonni non mi volevano dire dove fossi andata e quel Jeremy è scomparso così com’è apparso!
– È una lunga storia, Austin – mormoro io abbassando lo sguardo, colpevole. Non è che non volessi parlare con lui, è che da quando ero andata a Toronto il mio cellulare aveva fatto una brutta fine e non potevo comprarmene uno là. – Non la vuoi sapere veramente…
Mi prende di scatto il polso. – Cassie, sei stupida o cosa?! La voglio sapere questa storia, perché sei la mia migliore amica! Sei stata molto importante per me, ma adesso sono stanco dei tuoi schifosi giochetti.
Aggrotto la fronte e poi faccio una mezza risata. – Che vuoi dire? – chiedo io, ma quando rimane in silenzio già inizio a vedere sfogato per colpa delle lacrime. Mi avvicino a lui ma nell’esatto momento in cui faccio un passo verso di lui, ne fa uno indietro. – Che vuoi dire, Austin?
–  Che devi adnartene da casa mia, Cassie – risponde lui. Ed è furioso. – Non puoi fare così. Non è la prima volta che scompari nel nulla e io mi sono rotto le palle di essere la tua ruota di scorta. Gli amici non scompaiono nel nulla per mesi, per poi ripiombare nella loro vita dal nulla. Non è questa l’amicizia.
Scuoto la te. – No, Austin, tu non sei la ruota di scorta di nessuno! – esclamo io avvicinandomi a lui, ma mi fermo prima che lui riesca veramente a fulminarmi con lo sguardo. – Ti prego, Austin, non farlo – mormoro io con le lacrime agli occhi.
Sta zitto per un po’ di tempo con lo sguardo a terra. – Io non so più che fare con te, Cassie – dice lui. Lo guardo senza dire niente, visto che potrei scoppiare a piangere da un momento all’altro. – Vai, per favore – aggiunge aprendo la porta.
Esco praticamente correndo, prima che scoppi a piangere proprio davanti a lui.
 
Sospiro mettendomi i tacchi color carne e guardando i boccoli perfetti di Ivy e il suo vestito verde scuro, altrettanto perfetto su di lei. Metto apposto il mio vestito blu scuro con uno strato velato di brillantini piccolissimi ma che riempiono praticamente tutto il vestito. Il modello è come quello di Ivy: stretto in vita e pompato dalla vita in giù fino a cadere a terra.
–  Va bene, andiamo – esclama lei aprendo la porta della mia camera, ma si ferma subito e per poco non le vado addosso. – Oh, quasi dimenticavo! – esclama correndo verso la mia scrivania. Prende una specie di mollettone e con esso mi fa un’acconciatura un po’ strana ma elegante. – Ogni ragazza questa sera deve avere una molletta o un mollettone di questo tipo – aggiunge mettendomi la frangia laterale un po’ indietro arricciandola un po’ con le sue dita. – Ecco fatto. Ti fa più  grande, lo sai? – chiede e così alzo gli occhi al cielo.
La porta di Jeremy si apre subito dopo la nostra e Ivy mi afferra il polso per fermarmi. – Ehi – ci saluta Isaac uscendo e trascinando praticamente Jeremy di fuori. Entrambi vengono verso di noi, ma solo Isaac afferra Ivy e la bacia come non ha mai fatto davanti a noi.
Mi allontano da loro, imbarazzata, e guardo Jeremy mentre fa la stessa cosa. Ma lui, al contrario di me, non arrossisce come un cretino. – Ragazzi – li chiama Jeremy, stufo.
Si distaccano ed entrambi sono un po’ più rossi di prima. – Scusateci, ma mi è mancata molto in questi ultimi giorni – dice Isaac sorridendoci e stringendola a lui con un braccio sulle spalle. Lei posa la sua testa sulla spalla di lui e chiude gli occhi, felice.
Sorrido guardandoli, perché semplicemente trasmettono felicità e serenità. – Tranquilli – mormoro quindi, continuando a sorridere.
– Bé, la prossima volta contenetevi – ringhia Jeremy, avendo la reazione completamente diversa dalla mia. Lo guardo un po’ scioccata e così se ne va giù, più arrabbiato di prima.
Isaac fa un sospiro. – Non voleva venire – annuncia guardandomi.
Dopo esser scesa giù insieme a Isaac e Ivy vado verso la finestra del salone dividendomi dalla coppietta felice per cercare di sentirmi più protetta, anche se molto probabilmente non è vero. È cambiato tutto; non sembra ma lo è. Guardo fuori rabbrividendo. Non ho intenzione di uscire, non più. Prima almeno avevo una scusa per uscire ed era Austin, ma adesso perché dovrei rischiare la mia vita? Austin dopotutto non è più una scusa.
Qualcuno mi mette una mano sulla spalla sinistra facendomi sobbalzare. Mi ritrovo in piedi girata in pochi secondi. – Harry – mormoro mettendomi una mano sul cuore per cercare di farlo rallentare, inutilmente.
– Scusami, non ti volevo spaventare – dice lui seriamente. – Stai bene? – chiede, ma prima che possa rispondere aggiunge: –  Non mentire, non stai bene. Sta tranquilla, non ci voglio provare. Mi sono arreso tanto tempo fa.
– Bene! – esclamo sorridendo un po’. Ride e mi porge la mano per chiedermi di ballare con lui ed io, alzando gli occhi al cielo, afferro la sua mano accettando un ballo del tutto tranquillo con il mio amico. Si reputa un grande amico, simpatico anche quando non cerca di portarti a letto.
Dopo aver finito di ballare con Harry vado un’altra volta vicino la finestra. Devo assolutamente parlare con Jeremy. Non ci siamo più parlati da quand’è tornato e non capisco il motivo. Cioè… certo che lo capisco, dopotutto sono stata con suo fratello, quindi perché dovrebbe parlarmi? Però devo cercare di parlargli per sistemare almeno un po’ le cose. Mi guardo in giro per cercarlo, ma non c’è. Molto probabilmente se n’è già andato. Dopotutto non voleva venire.
Solo dopo un bel po’ mi convinco ad andare in camera sua per parlarci. Chaimo l’ascensore e, dopo un po’, arriva. Dopo essere arrivata al piano vado dritta alla sua porta, busso e apro subito. Non c’è nessuno. Faccio un sospiro chiudendo la porta dopo essere entrata dentro la stanza.
La parola del giorno sembra “aspettare”.
Dopo un tempo indeterminato la porta si apre e Jeremy sussulta vedendomi in camera sua. – Oddio… Cassie – mormora lui chiudendo la porta dietro di lui. Lo guardo mentre lui fa di tutto per non farlo. – Che ci fai qua? – chiede lui posando il suo cellulare sul suo comodino.
Prendo coraggio e inizio a ripetere ad alta voce tutto quello che ho pensato fino ad adesso. – Non ci siamo parlati per un bel po’ di tempo e così ho pensato di prendere l’iniziativa e venire qua da te… per chiarire le cose.
– Cassie…
– No, ti prego – esclamo io fermandolo prima che inizi a dire cose inutili come “devi andartene, ho da fare”. Mi alzo dal letto per andare davanti a lui e guardarlo dritto negli occhi. – Cos’è successo?
– Niente – risponde lui abbassando lo sguardo sui suoi piedi.
– E allora perché non riesci nemmeno più a guardarmi? – chiedo io con una voce strozzata.
Alza lo sguardo su di me procurandomi delle scosse. – Cassie, per favore, vattene – sussurra lui e il mio cuore fa un balzo sentendo per la seconda volta quella frase in un giorno.
–  Perché? Cosa ho fatto? – chiedo io, esasperata. Non posso credere che mi stia cacciando anche lui. Tutta la mia vita sta diventando uno schifoso scherzo del destino e questa volta non è nemmeno colpa mia. Non è colpa mia se la mia vita si è incasinata in questo modo, non era stata mia la scelta di trasferirmi a Toronto, eppure tutti sembravano dare la colpa a me.
–  Cos’hai fatto?! – esclama Jeremy alzando il tono di voce. – Sei la ragazza di mio fratello! – urla lui per poi mettersi indietro i capelli, arrabbiato. – Dio santo, Cassie! Ma non lo capisci proprio? Io non voglio stare con la ragazza di mio fratello, non voglio nemmeno guardarla nel modo in cui ti sto guardando! Dovresti essere off-limits per me!
–  È una storia complicata – borbotto io abbassando lo sguardo a terra, perché in realtà mi sento in colpa. Avevo una scelta: lasciar perdere Cole o starci insieme, e io ho scelto quest’ultima, quindi ho una colpa e non è nemmeno da sottovalutare.
– No, alla fine non lo è: sei la ragazza di mio fratello – ribatte lui freddamente. – Ecco tutto.
Scuoto la testa. – Lo sai che è più complicato di questo. Non sono mai stata veramente la ragazza di tuo fratello – dico io non sapendo che altro dire. Il fatto è che se lui non accetta una cosa del genere allora non possiamo andare da nessuna parte, e ha ragione a non accettarla.
Ride. – Ma ti senti? “Non sono mai stata la ragazza di tuo fratello” – imita la mia voce facendomi arrossire. – Non mentire, Cassie. Sei stata la sua ragazza e quello schifoso anello ne è la conferma! Sei stata la sua ragazza e io sono suo fratello!
– Non essere così stupido, Jeremy, perché non lo sei! – sbotto io. – Sai benissimo che quello era tuo fratello solo per dire. Ogni volta mi minacciava di ucciderti! Questo sembra un comportamento da fratello? Perché a me non sembra proprio.
– Già e guarda com’è finita! – esclama lui. – Che lo stavo per uccidere io. Lo stavo per uccidere per una ragazza – aggiunge freddamente.
Questa frase mi ferisce più del dovuto. Per lui sono solo una ragazza, non la ragazza, non la ragazza di cui è innamorato. Sono solo una ragazza. – Va bene – mormoro io. Se vuole avere ragione allora glie la do, dopotutto chi sono io in confronto a suo fratello? Ok, stiamo parlando di Cole, ma per Jeremy rimane suo fratello e non posso dargli torto. Come faccio ad essere così egoista? Io ero la sua ragazza, obbligata o no. Dopotutto ok, mi avevano detto che dovevo stare insieme a Cole, ma lui mi piaceva. – Hai ragione… Hai veramente ragione. Scusami – borbotto io. Mi giro e me ne vado in camera mia senza girarmi nemmeno una volta. L’ho già strapazzato abbastanza, non se lo merita.
Dopo essere entrata in camera mia mi butto sul letto facendo finta di essere stanca morta. Mi metto le mani davanti al viso, più frustrata che mai. Che mi è rimasto? Chi mi è rimasto? Austin non mi vuole più, per Jeremy sono offlimits. Sono stata con suo fratello e ha tutto il diritto di essere arrabbiato con me. Mi alzo per guardarmi allo specchio. Cosa sono diventata? Quanti ragazzi ho baciato? Ho baciato Derek, Liam, Jeremy, Cody e Cole. Tutto questo perché? Perché non volevo ammettere che ci fosse un’anima gemella. Alla fine io e Jeremy non siamo poi così diversi, anzi… Poi ci sono stati i due ragazzi nella discoteca dove mi aveva portata Jeremy. Solo dopo che Cole mi aveva detto che c’era una discoteca identica là, a Toronto, mi aveva spiegato che nell’aria c’è qualche sostanza chimica che “eccita” le persone là dentro, mi sono sentita meno in colpa. Ma li ho baciati comunque, il ché significa che ho baciato sette ragazzi, aggiungendo Austin fanno otto.
Mi ricordo prima della morte di mio padre. Ero così diversa! Avevo baciato solo Austin e lui era stato il mio primo vero ragazzo. Solo lui, nessun altro. Cosa sono diventata?
Sento qualcosa vibrare e così sobbalzo. Solo dopo essermi resa conto di avere ancora un cellulare smetto di tremare. – Pronto? – chiedo io con una voce tremolante.
– Ciao, piccola mia – dice mia nonna. Mi siedo a terra aspettando che continui la conversazione. – Tutto bene? Volevo solo sapere se stavi bene, dopo tutto quello che è successo…
– Sto bene – mento guardando il muro davanti a me.
– No, non è vero – mormora mia nonna e la sua voce s’incrina un po’. Lei lo sa, sa cos’è successo e sa che non è la fine. – Senti, io e tuo nonno stiamo pensando di venirti a trovare. Per te va bene?
– Oh – dico io. – Va bene.
Fa un sospiro. – Mi dispiace, Cassie. Per tutto quello che ti è successo, per tutte le persone che hai perso. Mi dispiace non averti protetta dalla realtà, ma la verità è che è impossibile. Ci abbiamo già provato e non è servito a niente. Soprattutto per una vita come la tua. Sei una Whitesun e lo sarai per sempre. Anche dopo aver compiuto il tuo dovere ci sarà sempre qualcuno che vorrà vendicarsi.
Faccio un sospiro cercando di farle capire che non mi sta aiutando affatto. – Senti, nonna, io adesso devo proprio andare. C’è una festa e non posso assentarmi per molto. Ci vediamo presto, va bene? Se non ce la fate a venire qua posso comunque venire io – la fermo io cercando di non essere troppo cattiva o sgarbata.
– Va bene, tesoro, ci farebbe molto piacere averti un paio di giorni a casa – risponde lei e so che sta cercando di sorridere  e non piangere. – A presto allora – aggiunge prima di attaccare.
Sono così arrabbiata con il mondo che prendo il cellulare e lo tiro, esso va a sbattere dall’altra parte della camera e si rompe del tutto sbattendo prima sulla parete e poi a terra. Chiudo gli occhi, perché mi sento solo peggio dopo questa cavolata e non riesco a far altro che prenderlo e cercare di digitare il numero di Austin. Tutto lo schermo è rotto, ma funziona ancora, peccato che scatti subito la segreteria telefonica. Faccio un respiro profondo e devo fare uno sforzo enorme per non romperlo una volta per tutte. Rimango ferma per un po’, calmandomi minuto dopo minuto, fino a quando tutta l’adrenalina non se ne va e mi ritrovo sdraiata sul letto.
 
Apro di scatto gli occhi sentendo un rumore strano. Mi guardo intorno, sperando di ritrovarmi davanti Jeremy, ma non c’è nessuno in camera e non mi stanno nemmeno bussando alla porta. Qualcosa sul mio comodino però attira la mia attenzione. Il mio cuore fa un balzo vedendo l’anello che mi aveva regalato Cole, che solo sta mattina ho tirato da qualche parte, fuori dall’Istituto, sopra il mio comodino. Lo prendo con le mani tremati e mi accorgo che c’è un biglietto accanto ad esso.
“ Mi è dispiaciuto vederti tirarlo.
                                                                                                                                                                Tuo, Cole.”
Le lacrime iniziano a pungere i miei occhi, pregando di uscire, e così anche il panico. Mi alzo di scatto dal letto facendo cadere il biglietto e l’anello che poco prima stava nelle mie mani tremanti. Mi guardo in giro per controllare un’altra volta, ma non c’è nessuno nemmeno questa volta. – Sta calma, va tutto bene – mormoro tra me e me, continuando a tremare. Indietreggio per poi cadere a terra, in preda al panico. – C’è qualcuno? Cole? – chiedo io aprendo la porta del bagno. Non c’è nessuno. Così corro fuori dalla mia camera senza nemmeno pensarci due volte per andare a dire a Louis il tutto, ma a metà corridoio cado per colpa dell’altezza dei tacchi.
– Ma insomma! Chi è il tirannosauro che cammina in questo modo?! – tuona Jeremy, ma la sua espressione da cattivo ragazzo scompare vedendomi. – Cassie? Che hai? – chiede poi. – Cassie, stai tremando – aggiunge venendo verso di me.
Mi alzo e indietreggio fino a quando non si ferma, confuso. – Non ti avvicinare! – esclamo, ma in realtà la mia voce è bassa e non sembra la mia. Mi guarda con gli occhi da cane bastonato, ma non posso farlo avvicinare. Cole è stato qua e magari ci sta ancora guardando e ho paura che se la possa prendere con lui. Suo fratello mi spaventa davvero tanto. – È stato qui – aggiungo poi a bassissima voce, come per paura di non farmi sentire da Cole.
Aggrotta la fronte, preoccupato. – Che stai dicendo? Lui non può entrare! – ribatte Jeremy, immobile.
– È tuo fratello, può entrare! E comunque ha trovato un modo per entrare – borbotto io continuando a guardarmi intorno.  Sono quasi sicura di poterlo vedere dietro di noi mentre si prende gioco di noi e delle nostre paure. Questo è Cole: si prende beffa delle paure degli altri e ne ricava quasi felicità.
– Come fai a saperlo? – chiede Jeremy rimanendo serio e immobile.
– perché mi ha lasciato l’anello che a pranzo avevo buttato non so devo, nell’erba, fuori dall’istituto, e mi ha lasciato un biglietto – rispondo io e Jeremy mi da la prova di essere umano: diventa pallido. Mi scansa ed entra in camera mia a passo veloce e deciso, per poi prendere il biglietto, che diventa un cartoccio dentro la sua mano. Lo butta a terra e si gira verso di me, infuriato. – Lo dobbiamo dire a Louis – aggiungo io guardandolo negli occhi, ma scuote la testa. – Deve stare nel suo ufficio.
Faccio per andare via ma mi ferma afferrandomi il braccio e una scossa sembra quasi trapassarmi il cuore. – Perché dovremmo fidarci di lui? Dopotutto ti ha obbligata ad andare a Toronto e ti ha lasciata là fino a quando ormai tu e Cole sembravate quasi sposati – ringhia lui. Aggrotto la fronte, confusa, perché lui non dovrebbe sapere tutto questo. – Sono andato da Louis e lui mi ha spiegato tutto – si giustifica lui vedendo la mia espressione confusa.
– Oh – mormoro io abbassando lo sguardo. Non parlo per un po’ di tempo, per pensare al da farsi, ma è fin troppo ovvio. – Non fa niente, Jeremy. Glie lo dobbiamo dire, così farà potenziare le protezioni – aggiungo poi e lui annuisce, così accenno un sorriso e vado, nonostante riesca a capire che questa cosa non gli faccia molto piacere.
Vado da Louis e gli spiego freddamente tutto quello che è successo. Sembra veramente molto dispiaciuto e cerca di farmelo capire in tutti i modi, ma sono ancora troppo arrabbiata con lui e mi rimarrà molto difficile perdonarlo. Sono stata un mese a Toronto, confusa e sì, spaventata, non sapendo cosa fare. Sono stata un mese da sola senza uno scopo e questo mi faceva impazzire.
Quando mi promette che parlerà con gli Anziani per far potenziare le protezioni me ne vado, senza ringraziarlo. Torno in stanza convinta di essere sola, ma Jeremy è ancora qua. – Pensavo te ne fossi andato – mormoro io mentre lui continua a guardare fuori dalla finestra.
– Bé, pensavi male – risponde Jeremy freddamente.
– Ok – ribatto io, perché non sono nella posizione di fare problemi solo per questa risposta secca. – Quindi posso sapere perché sei ancora qua? – azzardo io con un tono un po’ indeciso, ma sono veramente confusa e devo cercare di capire almeno lui.
– No, non puoi – risponde semplicemente lui, ancora più freddamente. Alzo le sopracciglia rimanendoci male e mi siedo sul letto, stanca, ma non da segni di volersene andare e rimane a fissare qualcosa oltre la mia finestra. – È ancora là fuori, da qualche parte, e ci sta guardando – sussurra lui dopo un po’.
Guardo la sua schiena contratta e mi viene quasi da correre da lui e abbracciarlo da dietro. Devo fare uno sforzo veramente immane per non farlo e rimanere seduta, ferma, con le mani sulle mie gambe. – Già – confermo, non sapendo cos’altro dire.
Fa un respiro profondo e abbassa le tapparelle. Rimaniamo con solo la luce della lampada accanto al mio letto accesa. Si gira verso di me e il mio cuore inizia ad andare all’impazzata, perché adesso ha uno sguardo più deciso e quasi mi spaventa. – Sono stato uno stupido a pensare di avere un qualche legame fraterno con lui – inizia lui guardandomi negli occhi. Ha una strana luce negli occhi e mi piace. – Non devo niente a mio fratello, anzi è lui quello in torto. Tu sei mia, non sua, e lo sei sempre stata – continua e gli sorrido maliziosamente, dandogli assolutamente ragione. – E so che provi qualcosa per lui e ho sempre dato la colpa a te, ma non è così… Non puoi deciderlo tu e so che quando dovrai scegliere tra me e lui, sceglierai me. – Fa un sospiro e si tira le punte dei capelli, frustrato. – A quest’ora sarebbe morto se solo non ti avesse legato a lui e sarei stato io a ucciderlo. L’avrei visto morire. Perché lui non è mio fratello, non veramente. Il mio vero fratello è morta appena è nato.
–  Mi dispiace così tanto, Jeremy – esclamo io alzandomi da letto per andare da lui, prendo le sue mani e le stringo forte per cercare di fargli capire quanto tutto questo mi stia distruggendo. – Mi dispiace che sia tutto così strano e anormale. Mi dispiace essere stata un mese con tuo fratello – dico cercando di non far tremare la mia voce, ma è quasi impossibile. – Mi dispiace provare quello che provo. Mi dispiace davvero, così tanto che…
Mi ferma baciandomi. Le sue labbra si scontrano con le mie e quasi mi fa male, ma quando sento una scossa percorrere tutto il mio corpo non sembra più tanto male. Apro le labbra portando il bacio a qualcosa di più profondo, mentre tocco i suoi soffici capelli scuri. Mi stringe a lui continuando a baciarmi in un modo che forse non aveva mai fato.
Si distacca da me dopo così tanto tempo e così poco tempo all’unisono. Mi sposta i capelli dietro l’orecchio e mi sorride dolcemente guardandomi negli occhi. Le mie gambe sembrano fatte di gelatina quando mi guarda in questo modo, come se fossi tutto il suo mondo. – Mi sei mancata, sai? – sussurra.
Lo abbraccio, lo stringo il più possibile a me, fino a quando siamo così attaccati che non riesco a capire quando respira lui e quando respiro io. Non mi sono mai sentita così, non quando si trattava di altri ragazzi. Con lui mi sento forte ma allo stesso tempo vulnerabile, come se sapesse tutto di me, come se riuscisse a capire qualcisiasi cosa che faccio ed il motivo. E questo mi sa sentire forte, perché ci rende più vicini, ma vulnerabile perché sono completamente scoperta con lui. Mi piace, mi piace provare tutto questo. Mi piace il modo in cui mi abbraccia, il modo in cui mi bacia, il modo in cui mi guarda e mi parla.
Lo stringo ancora di più riuscendo a sentire il suo cuore andare veloce quanto il mio, e il mio cuore va veramente, ma veramente veloce.  La mia attenzione passa su tutto il resto del suo corpo: riesco perfino a sentire i bottini che sbattono sul mio vestito e sotto ancora i suoi addominali; il bottone dei suoi pantaloni eleganti neri e i muscoli delle sue gambe. Siamo una sola persona in questo momento.
Appena mi accorgo che è passato fin troppo tempo mi obbligo ad allontanarmi da lui e appena lo faccio i nostri occhi s’incontrano, rabbrividisco a questo contatto così lontano eppure così vicino. Mi sorride accarezzandomi il viso in un modo che solo lui può fare: amando tutto quello che sta accarezzando, amando me nonostante tutto.. amandomi davvero. Il mio stomaco si contorce facendomi provare quella sensazione non provavo da tanto tempo, da quando non stavamo più insieme non nel vero senso della parola, ma da quando io e lui ci vedevamo tutti i giorni per i corridoi, o nella sala pranzo, o nella sala di addestramento, o addirittura nei combattimenti.
Lotto veramente contro il mio corpo mentre esso mi chiede, anzi mi prega di abbracciarlo un’altra volta e di non lasciarlo mai più, incredulo di averlo davanti di nuovo. Sorrido e guardo i suoi occhi celesti che, nonostante il buio nella stanza, si possono vedere molto bene.
– Oh e per la cronaca – aggiunge lui facendo un sorriso malizioso. – Questo vestito ti fa ancora più bella. Sono così ammaliato che mi fa diventare geloso e sai che quando divento geloso sono irresistibile. A parte questo, sono veramente tentato di togliertelo, fare l’amore con te e poi buttarlo da qualche parte nel mio armadio, in modo che nessun altro possa vederti con questo addosso oltre a me.
Scoppio a ridere e gli do un casto bacio, prima di abbracciarlo un’altra volta. Sento di nuovo il mio cuore gonfio di amore, felicità e tenerezza. Mi è mancato davvero tanto. – Ti amo – gli sussurro all’orecchio prima di nascondere il mio viso nell’incavo del suo collo.
– Io non ti amo – risponde Jeremy accarezzandomi la schiena con tutte e due le sue mani, facendomi rabbrividire più volte. Mi bacia la testa e mi fa distaccare un po’ di lui. Mi guarda dritto negli occhi e accenna un sorriso ancora più dolce. – No, non ti amo, perché quello che provo è così forte da essere al di sopra dell’amore.
Sorrido, rossa in viso, e mi avvicino a lui per baciarlo un’altra volta. Perché quello che proviamo l’uno per l’altra è qualcosa di veramente grosso e importante, così tanto da essere al di sopra dell’amore.

Angolo Autrice:
E siamo giunti alla fine. Spero di non aver rovinato il finale... ma non poteva finire tutto bene. Austin non c'è più, Jeremy è tornato da lei, Louis è dispiaciuto ma ancora non è stato perdonato e gli amici di Cassie sono ancora loro: la sua nuova famiglia.
Spero che questa storia non sia stata del tutto inutile, spero che sia piaciuta ad almeno alcuni di voi e spero che sia servita ad avere quella pausa da questa vita che a volte sembra veramente troppo complicata e stressante. A me ha aiutato molto ed è molto importante per me, perché è stata la mia prima storia, quindi rimarrà sempre nel mio cuore. Mi ha accompagnata in questi anni, che sono stati veramente difficili, e mi ha aiutata a prendere una pausa dalla realtà.
Non ha avuto molto successo, ma non fa niente, perché rimarrà sempre la mia "bambina". Vorrei comunque ringraziare tutte le persone che l'hanno seguita, in particolare chi ha recensito e quindi elenamassara, whiteshadow94, iris_2410, Magicwolf02, Ariannadel e aduial. Ovviamente la storia non è finita qua, ma non so se pubblicherò il seguito. Manderò un messaggio a tutti quelli che mi chiederanno di farlo se deciderò di pubblicarla.
Detto questo, vi ringrazio un'ultima volta e vi mando un bacio grande. 

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