The noise of the wind

di LadyBlackRose
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cap. 1 ***
Capitolo 2: *** Cap. 2 ***
Capitolo 3: *** Cap. 3 ***
Capitolo 4: *** Cap. 4 ***



Capitolo 1
*** Cap. 1 ***


"CAPITOLO 1"


-Quindi fra quanto potrai averlo?- 
A parlare era una giovane ragazza, il suo tono di voce era basso, talmente basso che si trovava protratta in avanti verso il suo interlocutore, sembrava dovesse nascondere qualcosa, visto anche il modo in cui s’ osservava attorno. Occhiate fugaci a destra ed a sinistra, a volte spostava la testa verso l’ alto. Si trovava in uno strano ambiente, pareva un negozio, uno di quei negozi di cento e passa anni fa, madidi di polvere, ma dall’ odore di casa. Vintage, diremo ora. Alti scaffali che vanno fino a toccare il soffitto carichi di cianfrusaglie per alcuni, tesori per altri. Vi erano oggetti che cent’ anni fa venivano definiti “d’ antiquariato”,  ora, per il popolo ricco e potente, vengono detti “roba da buttare, inutile”. Orologi, tazze in porcellana, strane sedie comodissime, morbide, sgabelli di legno con intarsi, e addirittura quelle che potevano essere definite delle radiosveglie. Le pareti di quell’ improbabile negozio erano in legno scuro, legno, strano materiale, accogliente e familiare, ormai non più visto, sostituito da quel freddo e privo di emozioni, acciaio, o ferro; tutto ormai era diventato grigio, come il cielo.
-Lo sai.. è illegale, sarà dura-
 Sta volta, era l’ interlocutore a parlare, il suo tono di voce era ancora più basso della ragazza-spia protratta verso di lui. L’ omino era basso e tarchiato, con pochi capelli in testa, ed una barbetta incolta. Aveva una voce roca.
-Ti stai forse tirando indietro? Dopo tutto quello che io ho fatto per te?-
La ragazza, capelli rossi e minuta, pareva adirata dopo aver’ sentito parlare il proprietario.
-Ho sempre saldato..-
Fece una pausa, addossate agli scaffali, erano presenti addirittura vecchie scale a pioli, ormai quasi introvabili, solo per collezionisti.
-.. i miei debiti.-  Terminò, lanciando un occhiata fugace e quasi velenosa all’ uomo.
-Certo, lo so, non lo metto in dubbio ma..-
Ella lo interruppe.
-Ma cosa? Mi sembra tu abbia ricevuto sempre i tuoi soldi, anche più del dovuto..-
-Elizabeth, non ti stò dicendo che non lo avrai, io rischio la morte per te, ti stò solo dicendo che..-
Un rumore lo interruppe, come una campanella, Elizabeth s’ alzò subito ritta dalla posizione semichina che aveva preso nel corso della conversazione e sentenziò:
-Quindi, potrebbe ripetermi il prezzo di questa fantastica lampada?-
L’ omino tarchiato alzò la copertura alla loro precedente conversazione, come abbiamo scoperto essere una lampada e l’ avvicinò ad una lente, che pareva quella per leggere i carati dell’ oro.
-Ha una buonissima rifinitura, ed è totalmente in legno, puro legno..-  La ragazza continuando la sua recita sobbalzò:
-Vero legno? Credo di non averlo mai preso in mano, sa, è per mia nonna, lei ci tiene molto, amava le cose in legno, quindi mi ha lasciato dei soldi per comprargli una lampada; quella che aveva s’è rotta, non me la faceva mai toccare.-
Il rumore si ripetè, la campanella risuonò: Qualcuno era uscito dal negozio.
Elizabeth parve tanto allarmata quanto il proprietario, che s’ affrettò ad emanare:
-Non possiamo più trovarci qui, vattene subito, ti farò sapere.-
-Quando?-
-So dove trovarti, stà attenta.-
Sgranò gli occhi:
-Devo sapere quando.-
-Và, e prendi questa, in caso tornassero.-
Fu tutto di fretta, pochi istanti immersi in una vasca gelida di emozioni. La rossa prese la lampada portagli dall’ uomo e se ne andò, facendo risuonare un'altra volta la campanella.


AngolinoDell'Autore *-*
Ciao a tutti, e grazie per aver' letto questa storia, spero tantissimo vi sia piaciuta, volevo giusto ricordare, che è un primo capitolo, giusto per' incuriosire (ove spero esserci riuscita), nei prossimi, sicuramente vi sarà più azione, ed anche più contenuti. :) 
Ringrazio nuovamente tutti per la lettura, e per qualsiasi critica o consigio non esitate a lasciare un commento, ne sarei veramente felicissima *-*

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Capitolo 2
*** Cap. 2 ***


"Capitolo 2"


Uscendo dal, possiamo definire, negozio d’ antiquariato, Elizabeth si guardò attorno: Alti palazzi metallici con poche o alcuna finestra, privi di emozioni , il cielo grigio, nessun’ albero.
Da quando era iniziato tutto, cominciò a morire tutto, gli alberi ora mai non esistevano più, l’ ossigeno veniva prodotto artificialmente, il poco legno rimasto si trovava unicamente nelle case ricche, fra persone più che benestanti. Un pezzo grande quanto una mano, poteva venire a costare come mezzo lingotto d’ oro, una lampada come quella presente nella borsetta della ragazza, come due.
Si sistemò la giacca, chiudendola per bene stringendo entrambi i lembi della cintura nera in cuoio. Trasse un profondo respiro: Si sentiva solo odore di smog, abbassò lo sguardo. Cosa doveva fare ora? Mise le mani in tasca, e s’ avviò per la via di casa, a piedi.. abitudine ormai persa dalle persone, che preferivano viaggiare attraverso le classiche automobili, oppure i trayn, in sostituzione alle metropolitane: strutture simili a piccoli treni, attaccati a dei fili metallici molto spessi, sorvolando tutta la città, con fermate regolari direttamente sui tetti degli edifici più importanti. Usati proprio al posto delle metropolitane, davano.. una vista migliore ai turisti, dicevano, come per insinuare il stupendo panorama presente: Palazzi grigi, metallici per chilometri e chilometri, il cielo oscurato, totalmente grigio, per non dir’ quasi nero e maggiori incidenti data la pericolosità del mezzo. Ma la velocità del Tryan spingeva la gente a salirci, perché? Perché tutto ormai era frenetico, senza un attimo di pausa, la gente era relegata ai propri doveri, doveri che non lasciavano il temo per una pausa, per pensare, per respirare.. non lasciavano nemmeno il tempo per camminare dieci minuti in una giornata.
Spostò rapidamente lo sguardo mentre smuoveva i primi passi, le parse di vedere qualcosa, o meglio qualcuno di già conosciuto.. una donna. Cappuccio sulla testa e vestito nero ricoprivano il corpo della medesima, quella donna appena entrata ed uscita dal vecchio negozio. Elizabeth socchiuse gli occhi umettandosi appena le labbra. Guardandola, a primo impatto, le sembrò stesse parlando con qualcuno tramite un auricolare più o meno celato dal cappuccio nero.  Non capiva. Si drizzò sulle spalle ed iniziò a camminare veloce: meglio lasciare il luogo i prima possibile.
Nella sua mente vagarono mille pensieri: Chi era? Perché quella donna era li? Chi l’ ha mandata? Come ha fatto a sapere del mio incontro con Edmund? Perché se n’è andata subito e non ha cercato di fermarmi? Domande, domande e domande, senza una risposta, senza un minimo indizio.
Sospirò scostando un pelo i suoi lunghi capelli rossi, mossi e ribelli, con qualche ciuffo fuori posto. Magra, forse troppo, i suoi piedi, all’ interno degli scarponcini marrone scuro, si muovevano rapidi per il marciapiedi, senza badare a tutto ciò che le accadeva attorno, non sentiva alcun’ rumore: sia per l’ abitudine, sia per i pensieri vorticanti nella sua testa.
-Alt!- Elizabeth scosse la testa e si fermò: quel rumore, o meglio definibile, urlo, sovrastava tutto, voce possente e virile, ma al contempo intimorente ed autoritaria. Alzò di scatto la testa, che fino ad un secondo fa guardava il marciapiedi.
Si trovava davanti ad una figura in divisa, coi capelli neri e corti, dal fisico possente, che ricopriva mezza della sua visuale.
-Documenti prego- La ragazza rimase un attimo perplessa, e sbigottita: l’ ironia della sorte. In cerca di un oggetto illegale, in un negozio d’ antiquariato, una donna sospetta entra, esce, telefona, confabula, un poliziotto la ferma. Scosse quasi impercettibilmente la testa.
-S-sì- Aprì la borsa e molto delicatamente cercò il portafoglio, dal quale estrasse la tessera blu metallica, blu, il quale colore segnalava la classe sociale alla quale appartenevi. In questo caso, segnalava un reddito annuo medio-basso.
Il poliziotto prese bruscamente la tessera dalla mano di Elizabeth e la passò su di uno scanner.
-Elizabeth Smith eh? -
La ragazza lo osservava intimorita, di li a qualche tempo le cosiddette forze dell’ ordine, avevano acquisito tutti i poteri, potevano fare ciò che volevano, ed erano intoccabili, tenuti su di un piedistallo, nessuno poteva torcergli un capello, o sarebbe morto.
-Sissignore- Lo stava guardando in faccia, faceva fatica a sostenere quel duro sguardo gelido. La piccola donna restò in ascolto mentre il moro la squadrava: La osservava dall’ alto al basso con aria di superiorità, e potenza. Elizabeth non ce la fece più, spostò lo sguardo verso sinistra, puntando al marciapiede. L’ uomo sorrise, come soddisfatto della sua “conquista”.
-Svuota la borsa.- Elizabeth trattenne il respiro. Una lampada del valore di milioni di dollari, che non sarebbe riuscita a pagare nemmeno in vent’ anni della sua vita. Attimi che parvero eterni, davanti a lei era comparso una specie di tavolino trasparente, appena “materializzato” dallo scanner del poliziotto.
Non sapeva che fare, doveva obbedire.
Poggiò la borsa in silenzio sul tavolino e ne estrasse il contenuto, iniziando dalle cose di poco valore, come il deodorante, ed il portafogli. Sperava in un “Ok, basta”, ma niente, toccava alla lampada, la strinse con la mano e deglutendo la poggiò sul tavolo.
Gli occhi dell’ uomo divennero due fessure. Rapidamente, prima che nessuno potesse accorgersi di nulla, in un istante velocissimo, prese per il bavero Elizabeth e l’ avvicinò, facendola sbattere contro il tavolino, fino a giungere a pochi centimetri dal suo viso.
-Dove hai rubato questo?- 
Indicava la lampada.
-Io non l’ ho rubato- Si prese coraggio.
-La tua carta mi fa intuire altro.-
Le mancava il fiato, la mano dell’ uomo spingeva anche sul suo collo, non poteva deglutire. La mano destra s’ avvicinò alla presa, tentando invano di liberarla. L’ uomo sì infuriò..
-Non mi toccare!-  Urlò, strattonò la ragazza che cadde all’ indietro nel marciapiede. In quel poco tempo, lui prese la pistola dalla cintura, e senza pochi ripensamenti la punto verso Elizabeth, che istintivamente arretrò di qualche centimetro strisciando, dandosi la spinta con i piedi, l’ uomo sparò. 

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Capitolo 3
*** Cap. 3 ***


 

"Capitolo 3"



-No, no.. no!-  Elizabeth aveva chiuso gli occhi al rumore dello sparo: Le sembrò di rivivere tutta la sua vita in un istante. Era con sua sorella piccola, Emily, stava piangendo, Elizabeth l’ abbracciava forte, mentre con una mano le accarezzava il capo biondo. -Ci sono qui io, loro saranno sempre con noi.- le aveva detto, mentre una lacrima solcava lenta il suo viso.  Poi aveva stretto la mano della sorella, e avvicinandola al suo petto aveva aggiunto –Qui dentro.- Ella sembrò accennare un sorriso fra i singhiozzi.
La scena cambiò, si trovava a scuola, durante l’ intervallo. Alcuni compagni di classe la stavano prendendo in giro, lei si voltò verso di loro, lanciandogli un’ occhiata fulminea accennò qualche passo in quella direzione, ma subito si fermò, le vennero a mente le parole della madre, dicevano di lasciar’ perdere i bulletti, far’ finta che non esistessero, perché le persone a sostenerla erano molte, e tutte le volevano bene. Quindi lasciò perdere, anche se loro continuavano a deriderla.
“Forse è meglio se me ne vado da qui”, riuscì a pensare rapida, mentre la sua mente le giocava quello strano scherzo.
Ora piangeva anche lei, in silenzio, mentre Emily dormiva, s’ avvicinava al bagno e vomitava mentre nella testa aveva quel ricordo vivido; quel ricordo gelido e violento, che la faceva star’ male, un male inimmaginabile, che nessuno, se non lei, poteva provare. I suoi genitori erano morti, e lei aveva visto come.
“Potrei riincontrarli”
Stava correndo incontro ad un ragazzo, o un uomo, non lo distingueva, gridava, voleva ucciderlo, si risvegliò.
-Alzati!- Quella voce rude e secca del poliziotto aveva gettato addosso ad Elizabeth un secchio d’ acqua gelida, era viva, non era morta, non era ferita, ma probabilmente voleva esserlo.
-Io..- Biascicò senza ottenere alcun’ risultato, peggiorando, forse, le cose.
-Tu?- La prese per il braccio e la fece alzare senza alcuna grazia. Dalla cintura, trasse le manette, e legò con esse, le mani di Elizabeth davanti.
-Tu vieni con me, ecco cosa.- Terminò secco.
La giovane donna fece rapidamente il punto della situazione “non ho fatto nulla”, pensò fra se e se.. “non può arrestarmi”. I suoi occhi si spostarono rapidi dalle manette all’ armadio che si trovava di fronte. Peggio di così non poteva andare.
-Dove?- Un impulso la portò a scandire la parola, subito se ne pentì. Un rumore secco ruppe il silenzio intorno a loro, Elizabeth era piegata in due, dal dolore forse, quasi sicuramente, del pugno appena ricevuto, dallo spavento anche. Una lacrima involontaria le solcò rapida il viso, per scivolare poi lungo il collo. Attorno ad i due non vi era nessuno, mai in quella città regnava tale silenzio, da sembrare un altro paese. Si sentiva solamente il rumore del Tryan che di tanto in tanto passava sopra le loro teste.
-Il tempo per le domande è finito, ho più dei motivi necessari per arrestarti.-
Respirava veloce,  Elizabeth, affannosamente, come appena terminata una corsa, sbattè gli occhi verdi più e più volte, ma la sua visuale non cambiava, vedeva il mondo a pallini blu. Bel mondo, più colorato, un po’ più allegro, riordinò le idee e si decise che forse, sarebbe stato più bello vederlo sempre così. –Arrestarmi?- Pareva più che scossa, ma sorrideva, come se, a trovarsi in quella situazione, non era lei, ma una persona odiata.
-Sì- Secco. –Elizabeth Smith, sei in arresto per furto di legno pregiato.-
-Furto di..-  Il poliziotto la interruppe.
-Non fare la finta tonta! – Aveva uno sguardo talmente gelato, che feriva al primo contatto con qualsiasi altro.
-Edmund Rogher, proprietario del negozio Elevi’s Wood, ha telefonato in centrale, lasciando il tuo identikit, comunicandoci, che era appena stato derubato di una ricchissima lampada in legno.-
Aggrottò la fronte, tutto le fu chiaro in un istante, come se avesse indossato degli strani occhiali, per vedere i disegni scritti con un inchiostro invisibile davanti a lei.
Edmund Rogher, proprietario di un vecchio negozio d’ antiquariato, l’ aveva imbrogliata. “Non posso farmi arrestare..” La sua vista non era ancora lucida, ma i pallini pian piano si diradavano cambiando lentamente i colori. “Quel bastardo…”
Non ragionava più, aveva solo in mente di correre, correre veloce per la strada che stava percorrendo, ma a ritroso, aprire quella porta, far risuonare quello strano campanellino, prendere le pile e pile di scaffali e farle precipitare gettandosi sopra di peso. Poi agguantare una mazza, distruggere tutto ciò che poteva, rompere le finestre, dar fuoco al negozio, con quel pregiatissimo legno puro, il quale avrebbe preso sicuramente fuoco, al contrario del metallo attorno, e avrebbe bruciato in pochi secondi. Poi voleva andare a casa di quel vecchio schifoso con la stessa mazza con la quale aveva appena distrutto il negozio. Mostrargli le foto, farlo soffrire. Più lo immaginava sofferente, implorante, più in corpo le saliva una strana adrenalina, come quando, da piccola, stava inseguendo l’ assalitore dei suoi genitori, colui che aveva ucciso a sangue freddo sua madre, ma a quel tempo era troppo lenta, troppo piccola.
-Lasciami stare!- Gridò, Sputò addosso all’ uomo in divisa, ed un suo ginocchio colpì lo stomaco di lui, che si piegò  –Bastarda!- Fece per prendere la pistola, ma la donna fu più rapida di lui, da dentro il giubbotto estrasse una piccolissima , che portava sempre dietro per sicurezza, da quel vecchio episodio, vecchio episodio che l’ aveva distrutta, distrutta in mille pezzi per sempre, distrutta in maniera tale, che nemmeno una colla super potente poteva riunire insieme.
Successe tutto rapidamente.
-Toglimi le manette- Ordinò. L’ uomo non si mosse.
-SUBITO!- Questa volta urlò, avvicinandosi con la pistola puntata alla tempia.
-Ti stai cacciando in un grosso guaio.- Stava sorridendo mentre lentamente traeva le chiavi per le manette.
-Il guaio è mio. – Fece un lungo respiro trattenendo il fiato mentre le manette scivolavano a terra, -Non tuo.-
Fece dei passi a ritroso, tenendo la pistola il più lontano possibile dal suo corpo. Il freddo metallo di essa le dava la nausea, ma doveva essere forte. Giunse ad una curva, si girò, iniziò a correre il più veloce possibile, sentì degli spari. Il suo inseguitore s’ era già messo all’ opera, girò di nuovo, ancora, corse, corse fino a non sentire le gambe, corse fino a non cadere, stremata , a terra.


*Amato angolino dell' autore*

Saaalve a tutti, chiedo umilmente scusa a tutti i lettori per questa luuuuuuuunga attesa, ma avevo molto, molto, molto da fare. Giuro, il prossimo capitolo arriverà prima *W* 
Grazie mille per la lettura, e mi raccomando, recensite ( anche in negativo, se la storia vi fa schifo D: ) xD 

Tanto Love, BlackRose.

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Capitolo 4
*** Cap. 4 ***


 

Capitolo 4


Raccolse le forze, mentre il respiro affannoso pian piano rallentava, fino a diventare normale, attorno a lei, il mondo aveva ricominciato a prendere vita, la gente si muoveva, e non badava Elizabeth seduta a terra, appoggiata su di una colonna fredda in metallo. Probabilmente era una colonna adibita ai pezzi di ricambio per i sostegni dei Treyn; in quella città nulla esisteva per un caso, nulla poteva essere definito “bello”, o “superfluo”. L' arte ormai non c' era più, o quasi. si viveva in un ambiente monotono, del quale però a nessuno importava. Nessuna delle milioni di persone stipate in quelle brutte case, con delle minuscole finestrelle in alto, con le sbarre alle finestre. A nessuno importava. Tutti erano troppo presi dalla loro frenetica vita, dal loro lavoro, dai loro figli; era importante trovare una buona scuola per loro, scuola che portava ad un buon lavoro, lavoro che portava ad avere sempre meno tempo per se stessi, e quindi ti rendeva una persona efficace, utile a quella città dove nulla era dato al caso, dove nulla non esisteva per niente, ma tutto doveva servire per qualcosa. Chissà quanto tempo aveva corso, si era liberata di quel mastino del poliziotto? Le gambe non la reggevano in piedi. Fece due tentativi prima di riuscire a rizzarsi dritta su se stessa. Deglutì.
-Edmund.. Rogher...- un grugnito biascicato uscì dalla sua bocca mentre pian piano fece il giro della città, stando attenta ad evitare le strade più trafficate, e dunque le principali. L' odio la spingeva a muoversi, il rancore che portava dentro dopo quella scoperta, che inizialmente la lasciò perplessa, e poi le fu chiara. Un amico.. quello che fin' ora Elizabeth definiva “amico”, l' aveva tradita per una manciata di denari in tasca. La sua testa lavorava, e quindi pensava, la dolce e piccola rossa solitamente ragionava, su ogni azione, su ogni piccolo particolare.. c' era sicuramente qualcos' altro dietro, ma ora nella sua testolina regnava il caos, e solo una parola vi era impressa: “UCCIDO”. Era come una filastrocca senza rime che continuava a ripetersi per far muovere le gambe: “Lo uccido.. lo uccido”. Lo immaginava ancora, seduto, al “sicuro”, nel suo piccolo antro marrone, lo vedeva gustarsi i suoi soldi.. ridere, immaginla in prigione, o forse anche morta.. ecco cosa voleva, ed ecco che la dolce fanciulla lo ricambiava con la stessa moneta.
Fece risuonare il campanellino entrando. Si prese qualche secondo, per godersi la sua faccia: un misto fra stupore e disgusto; sembrava molto più brutto.. anzi, ancora più brutto, di quel che già non era. Sudava, aveva la fronte madida, malgrado il freddo inverno; li dentro c' era caldo.. molto, caldo. I suoi capelli unti e mal tagliati ricadevano sul viso coprendo parzialmente gli occhi. Sembrava quasi tremasse, sembrava quasi avesse intuito le intenzioni d' Elizabeth.
Improvvisamente, un azione non programmata sorprese la ragazza: l' uomo scoppiò a ridere. Rise così tanto che credette di essere ancora immersa in un sogno.
-Che fai li sulla soglia? Vieni! Avvicinati!- La incitava.
“C'è qualcosa che non va”.. ragionò.
-Sei ancora li? Su amica mia.. mica ti farai pregare.-
Strizzò gli occhi e rispose secca -A che gioco stai giocando Rogher?-

Lui sorrise. Quel cambiamento d' umore repentino la intimorì un po' . Se quando morirono i suoi genitori era troppo piccola, ora era cresciuta; ma restava comunque una ragazza. Una giovane ed esile ragazza quasi disarmata.
-Sai, molte volte.. la vendetta.. - Si guardò attorno mentre alzava il suo pesante fondoschiena e s' incamminava verso Elizabeth -.. è svantaggiosa.-
Ella vedendolo venirle in contro non esitò, e trasse la pistola, tendola in fronte a se, le braccia tese, talmente tese che sembravano quasi staccarsi dal corpo, non volevano rimanere su quel suo corpo impaurito ma rabbioso allo stesso tempo.
-Non ti avvicinare o sparo.-
-Spara! Avanti fallo!-Rise ancora-Prova a pensare con la tua misera testolina!- Si picchiettà un dito sulla tempia.
-Non esisti solo tu al mondo!- Non capiva, era ancora troppo sconvolta, era ancora troppo furiosa, nella sua testa ronzava ancora quella non-filastrocca finchè Rogher non disse una parola, o meglio... un nome.
-Emily!-

La pistola scivolò dalle sue mani, come si fossero trasformate in olio scivoloso, il quale non riusciva a toccare nulla senza farlo cadere, iniziò a tremare e dei conati di vomito le salirono al petto. Involontariamente stava scuotendo la testa, come per dire “no”. NO. Probabilmente erano già a casa sua.. probabilmente la stavano prendendo in quel momento, in quel momento sprecato, in quella inutile chiacchiera con quell' inutile venditore traditore. E dato che quella era la giornata giusta, ricominciò a correre, facendo risuonare per la quinta volta il campanello.. quel maledetto campanellino dal suono delicato ma fastidioso. Le lacrime le irrigavano le guancie, correva come non aveva mai corso prima, ne andava della vita di sua sorella, del bene di sua sorella.. probabilmente l' avrebbero torturata.. rubare del legno pregiato poteva condurre anche alla morte; e chiunque provasse a scappare, sapeva che avrebbero trovato primo famigliare, il quale avrebbe subito ciò che al ladro toccasse. Ladro.. ladra.. una delle poche cose che la ragazza ancora non era, lavorava, e si guadagnava i suoi soldi.
-Emily!- Gridò -Emily!- Ripetè. Era quasi giunta a casa; non ce la faceva più, non riusciva più a respirare, la gola le andava a fuoco. Le era rimasto solamente Emily, sua sorella, l' ultimo dei suoi famigliari rimasti, la persona più importante della sua vita stessa.
Il vento le soffiava fra i capelli spostandoli in tutte le direzioni, davanti agli occhi, nei quali si bloccavano per via delle lacrime, sulle spalle e davanti alle orecchie. Di fronte a casa sua vi erano varie pattuglie della polizia, se polizia si può chiamare.. si dovrebbe dire più sovrani, in quella città dove il tempo proseguiva, ma tutto retrocedeva. Ed una voce di bambina che piangeva le fece rizzare le orecchie: Lei, Emily.
Era troppo tardi.. non era arrivata in tempo.. non sapeva cosa fare, ma doveva fare qualcosa, doveva reagire, non poteva lasciare sua sorella nelle mani di quei miserabili. Vide anche lui.. la montagna.. quel mastino che ricopriva la sua intera visuale, si stava avvicinando alla bambina, era sempre più vicino.. il cuore di Elizabeth batteva veloce, sempre più veloce, il suo petto stava per scoppiare..
-Fermi!- Gridò, gettandosi al centro della scena, in ginocchio
-Lasciatela stare vi prego-
Piangeva.
-Sono qui, è me che cercate.- Per una volta, anche se tremava come una foglia, e aveva veramente paura, temeva veramente la morte, si sentì potente, era finalmente riuscita a salvare una persona a lei importante, ed ora non le importava più di se stessa.. dentro di se sorrideva, mentre guardava la sorella e le sussurrava -Non ti preoccupare, va tutto bene.. ci sono qui io.- Poi buio, qualcuno la colpì alla testa, e vide tutto nero.


 

AngolinoDellAutore *^*

Come sempre, ringrazio tutti.. ringrazio soprattutto voi, che recensite e leggete sempre e seguite la mia storia! Spero stia diventando migliore e v' intrighi sempre di più! A breve il prossimo capitolo :)
E mi raccomando... se leggete.. per favore.. recensitela D: Anche se non vi piace.. D: 
Pensate.. avete fatto tutto lo sforzo di leggere un' intera storia, siete arrivati fin' in fondo.. c'è quel bel spazio li in basso fatto apposta! Non ci si mette molto.. su :D
Poi ovviamente, fate come volete ahaha *lei ci prova*
Ringrazio nuovamente tutti per la lettura e... a presto ;)

BlackRose.

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