Light Green

di Steve the miner
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Vuoto ***
Capitolo 2: *** Cubo ***



Capitolo 1
*** Vuoto ***


“Cosa!? Squirtle si sta evolvendo!”
Alex prese a canticchiare lo stesso motivetto a 8 bit che accompagnava sempre l’evoluzione di un Pokémon, seduto sul tappeto in camera sua. Gli piaceva quella canzoncina, perché era il suo compenso dopo aver allenato per ore uno dei componenti della sua squadra.
La sua squadra. A suo parere, era la più potente che esistesse. Ma in realtà aveva da poco iniziato il gioco, ed aveva appena sconfitto due capipalestra.
Ma non importava. Ora Squirtle si stava evolvendo. Era un momento di gloria e suspance. Quale potente creatura sarebbe diventato?
In realtà già lo sapeva, dato che un suo compagno di classe possedeva già il terzo stadio. Ma era il suo Squirtle, ed era agitato.
“Complimenti! Il tuo Squirtle si è evoluto in un Wartortle!”
-Evviva!- esultò il bambino agitando i piccoli pugni in aria. Si alzò in piedi e corse fuori dalla piccola stanza, si precipitò a rotta di collo giù dalle scale e si fiondò in salotto. I suoi genitori, seduti comodamente sulle poltrone ed intenti a leggere due voluminosi libri, si voltarono all’improvviso.
-Alexander, cosa è successo? Cos’è questo chiasso?- chiese leggermente scocciato il padre, fissandolo da sopra i suoi sottili occhiali da lettura.
-Suvvia, Jason, non fare così!- cercò di mediare la madre voltandosi verso il marito –Il nostro piccolo Alexander non ha fatto niente di male, dopotutto.-
-Mamma, ascolta! Squirtle si è evoluto!-
La donna si voltò nuovamente verso il figlio –Davvero? Oh, e chi è questo… Spirtel? E’ un tuo compagno di classe? Lo conosco?-
Alex rimase zitto per qualche secondo, mentre la madre lo fissava: doveva decidere se essere divertito o indignato dall’ignoranza di quella persona che lo aveva fatto nascere.
Decise infine che una reazione divertita sarebbe stata la più indicata.
-No, mamma!- prese a ridere – Non si chiama Spirtel, ma Squirtle! E non è un bambino, è un Pokémon! Un piccolo mostricciattolo che combatte. Io sono il suo allenatore, e si è evoluto! Ora è potentissimo!- e, per esprimere il concetto di “potentissimo” allargò le braccia come ad abbracciare il grande potere del suo nuovo Wartortle.
La giovane donna scoppiò in una dolce risata –Hai sentito, Jason? Il nostro piccolo Alexander è un allenatore di mostricciattoli. Un allenatore! Farà strada, il nostro bambino.-
Il padre, intanto, aveva ripreso a leggere –Certo, Jasmine, hai ragione. E’ proprio un allevatore.- disse scuotendo con sufficienza la mano che non reggeva il pesante libro di botanica che lo stava impegnando –Però sappi che non voglio cani in casa. Sono allergico!-
Alex, da bravo bambino qual era, aveva perso la pazienza. I suoi genitori erano degli stupidi, tanto che non capivano una cosa semplice come i Pokémon.
Stava per rinfacciarglielo, quando all’improvviso le vetrate del salotto esplosero in mille pezzi, facendo volare schegge di vetro per tutta la stanza.
I genitori di Alex non fecero in tempo ad accorgersi di quello che stava succedendo che due pallottole si fecero strada nei loro crani con una precisione inumana. Senza più vita, si accasciarono sulle poltrone, le bocche spalancate in una smorfia e gli occhi sgranati.
Il bambino, spaventato a morte, corse fuori dalla stanza. Si lanciò verso i gradini, inciampando più volte e urlando.
Intanto una decina di uomini armati fino ai denti fecero irruzione dalle finestre rotte, mentre altri cinque entrarono dalla porta, sfondandola a calci. Indossavano una specie di uniforme militare di colore nero, con un casco dello stesso colore e dalla visiera violacea.
Alex, nel frattempo, aveva raggiunto la sua cameretta, e si era nascosto sotto al letto. Tremava dalla paura, e sperava che i suoi genitori lo venissero a salvare.
Perché loro non erano morti. Facevano finta, come gli eroi dei cartoni animati che guardava. Facevano finta di essere morti e poi attaccavano i cattivi alle spalle, e li battevano.
Il bene vinceva sempre, lo dicevano i cartoni.
Ma aveva paura. Sentiva il rumore di passi pesanti fuori dalla porta. Ordini impartiti sottovoce. Era sicuro di aver udito un –Non uccidetelo, lei lo vuole vivo!-
-Mamma, papà…- sussurrò piangendo, nel panico.
La porta si aprì violentemente, e due degli uomini entrarono nella stanza.
Non lo avevano visto. Era nascosto, non lo avrebbero mai trovato.
Perché erano cattivi, e i cattivi sono stupidi. Lo dicevano i cartoni.
Ma evidentemente quei cattivi non erano stupidi.
Infatti sollevarono subito un lembo delle coperte e lo afferrarono per un braccio.
Alex prese a scalciare, a dimenarsi, urlando e piangendo –Lasciatemi, brutti cattivi! Lasciatemi!-
All’improvviso, da sotto la camicetta del bambino, si diffuse un bagliore verde. E tutto scomparve: gli uomini in uniforme, il letto, i suoi giochi, la cameretta, la casa e persino parte del giardino. Al loro posto, il nulla.
Poco prima di svenire, Alex vide un immenso cratere al posto della sua casa. Al posto dei suoi genitori.
E due braccia che lo raccoglievano delicatamente.

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Capitolo 2
*** Cubo ***


-Ancora una volta, signor Hill. Lo smaterializzi ancora una volta.-
Alex odiava tutto di quell’uomo. La sua faccia altezzosa, i suoi ridicoli baffetti arricciati, il suo camice lindo, lo stupido “Dr.” sul suo tesserino identificativo. Se Beatrice non gli avesse vietato di uccidere altri scienziati dopo l’incidente della scorsa settimana, gli avrebbe fatto sparire il cervello. O quello che era rimasto.
Invece, alzò scocciato la mano destra e la puntò verso il cubetto bianco che era stato appoggiato su un tavolino davanti a lui.
Il solito bagliore verde che scaturì dal suo petto precedette di qualche millisecondo un lieve sbuffo. E il cubo era sparito. Come al solito.
-Va bene così, dottor Lewis?- disse con strafottenza voltandosi. Era ovvio che andasse bene. Dopotutto aveva smaterializzato il cubo senza intaccare minimamente il tavolo sottostante.
L’uomo confermò i suoi pensieri, ripetendo parola per parola.
– Perfettamente, signor Hill. Ha smaterializzato il cubo senza intaccare minimamente il tavolo sottostante. Esattamente il risultato che ci aspettavamo, da un prodigio come lei.-
Ad Alex venne in mente una parola per descrivere quell’uomo.
–Leccaculo…- sussurrò.
-Mi scusi.- disse lo scienziato –Cosa ha detto?-
Il ragazzo lo guardò dritto negli occhi, sogghignando. Stava per fargli scomparire la testa, come meritava, quando vide una persona che lo fissava dalla galleria soprelevata.
E il suo cuore quasi si fermò.
Una donna stupenda, dai capelli corvini lunghi fino al prosperoso seno, il volto angelico ed allo stesso tempo sensuale, lo stava osservando attraverso il vetro, sorridente.
Alex si voltò a guardarla, totalmente dimentico dello scienziato, e le sorrise a sua volta.
La donna si voltò e se ne andò, rompendo la magia di quel momento. Ma Alex era felice. Beatrice aveva assistito al suo allenamento, e probabilmente era soddisfatta di lui.
-Stupenda come sempre, il nostro capo. Non sai cosa darei per passare una sola notte con lei…-
Il ragazzo si voltò di scatto, e vide lo scienziato di prima parlare di Beatrice con un assistente. La sua Beatrice!
Si avvicinò all’uomo, che si voltò sorpreso  -Signor Hill! Cosa ci fa ancora qui? Gli esperimenti sono già finiti, è liberissimo di ritornare alle sue stanze…-
Non fece in tempo a finire il discorso che il ragazzo lo afferrò per la gola e lo sollevò in aria.
- La prego… Si fermi…- gorgogliò lo scienziato, il volto paonazzo.
Qualche istante dopo, i vestiti da laboratorio caddero a terra vuoti, assieme al tesserino identificativo.
 


-Ma ti sei mangiato il cervello!? Hai idea di quanto fosse importante il dottor Lewis per le nostre ricerche!? Hai idea che, per colpa del tuo impeto di rabbia, l’intero progetto potrebbe subire un gigantesco ritardo, se non addirittura FERMARSI!?-
Marcò molto l’ultima parola, come per sottolineare la gravità della cosa.
-Alexander, io non ho più intenzione di tollerare queste tue bravate da perfetto idiota! Stai danneggiando l’intera struttura, e mettendo in pericolo il progetto!-
Beatrice si stava sbracciando, le vene del collo decisamente gonfie, camminando rabbiosamente avanti ed indietro per il suo ufficio.
Alex, intanto, era seduto su una sedia, al centro della stanza, le braccia appoggiate sulle ginocchia e la testa china.
Si sentiva tremendamente in colpa. Non per aver ucciso lo scienziato. Quello non lo toccava minimamente.
Si sentiva un inetto, una persona inutile, perché aveva rallentato il progetto che tanto stava a cuore alla sua amata Beatrice.
Ma quell’idiota se lo meritava, dopotutto.
-Aveva detto che gli sarebbe piaciuto andare a letto con te! Non potevo perdonarlo!-
La giovane donna lo fissò, ancora imbestialita. Ma in un attimo, dove prima vi era un’espressione furiosa, sbocciò un bellissimo sorriso.
-Alex, mio caro Alex- disse dolcemente –dovresti ormai saperlo che la stragrande maggioranza degli uomini in questa struttura ha pensieri poco puri nei miei confronti. E’ normale. E’ la natura corrotta dell’umanità.-
Dicendo questo, si voltò verso l’ampia vetrata che illuminava l’intera stanza. –E’ per questo che dobbiamo portare a termine il progetto. Per eliminare per sempre l’impurità dall’animo umano. Per rendere il mondo un luogo perfetto.-
Allargò le braccia e si voltò nuovamente verso Alex.
-Mi capisci, vero?-
Certo che la capiva. Era lo scopo della sua vita rendere realtà l’utopia della persona che amava. E il suo potere era l’unico modo per farlo.
Il potere di annichilire. Un potere che, distruggendo, avrebbe portato l’umanità alla perfezione.
Alex annuì –Certo che ti capisco. E sarò dalla tua parte, ti aiuterò in ogni modo. Dovrai solo permettermi di farlo.-
Beatrice si avvicinò lentamente al ragazzo, ancora seduto sulla sedia, e si chinò sul suo volto. Dolcemente, gli sussurrò nell’orecchio –Grazie, amore mio.-
E lo baciò sulle labbra.

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