Rikudou Legacy - Fratelli Non Di Sangue

di crazyfrog95
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - L'Ultimo Desiderio ***
Capitolo 2: *** Un'Infanzia Difficile ***
Capitolo 3: *** La Bambina dagli Occhi di Perla ***
Capitolo 4: *** Il Rotolo Proibito ***
Capitolo 5: *** Il Team 7 ***
Capitolo 6: *** La Prova dei Campanelli ***
Capitolo 7: *** L'Eremita Dei Rospi ***
Capitolo 8: *** Un Faro tra le Tenebre ***
Capitolo 9: *** Sbocciare ***
Capitolo 10: *** La Verità ***
Capitolo 11: *** Allenamenti ***
Capitolo 12: *** Viaggio Movimentato ***
Capitolo 13: *** Il Demone della Nebbia ***
Capitolo 14: *** Battaglia Sul Ponte ***
Capitolo 15: *** Risveglio ***
Capitolo 16: *** Ritorno e Novità ***
Capitolo 17: *** L'inizio Degli Esami ***
Capitolo 18: *** La Foresta della Morte ***
Capitolo 19: *** Con Le Spalle Al Muro ***
Capitolo 20: *** Sincronia Perfetta ***
Capitolo 21: *** Il Segreto dei Rotoli ***
Capitolo 22: *** I Primi Scontri ***
Capitolo 23: *** Sabbia Pericolosa ***
Capitolo 24: *** Furibondo! ***
Capitolo 25: *** Una Saggia Decisione ***
Capitolo 26: *** Al Cospetto del Demone ***
Capitolo 27: *** I Tre Sannin ***
Capitolo 28: *** L'Eredità dello Yondaime ***
Capitolo 29: *** Il Potere del Segno Maledetto ***
Capitolo 30: *** Punizione ***
Capitolo 31: *** La Prova del Padre ***
Capitolo 32: *** Attacco alla Foglia ***
Capitolo 33: *** Sannin e Hokage, Battaglia Titanica ***
Capitolo 34: *** Il Dovere di un Hokage ***
Capitolo 35: *** Il Marionettista ***
Capitolo 36: *** Superare l'Odio ***
Capitolo 37: *** Un Nuovo Inizio ***
Capitolo 38: *** Allenamento Speciale ***
Capitolo 39: *** Paradiso Tra i Fiori ***
Capitolo 40: *** Più Potere ***
Capitolo 41: *** Abbandono ***
Capitolo 42: *** L'Inseguimento ***
Capitolo 43: *** Il Debito di Gaara ***
Capitolo 44: *** La Valle dell'Epilogo ***
Capitolo 45: *** Scommessa sul Futuro ***
Capitolo 46: *** L'Ora Degli Addii ***



Capitolo 1
*** Prologo - L'Ultimo Desiderio ***


Prologo - L'Ultimo Desiderio


Il silenzio che avvolgeva la radura era opprimente. 
Fra i crateri che solcavano il terreno e il sangue che lo tingeva di rosso, il Terzo Hokage Hiruzen Sarutobi, con la sua squadra di ANBU, era alla ricerca di colui che aveva appena salvato il villaggio.
Mentre la polvere si diradava, Hiruzen intravide tre figure nel buio. Immediatamente scattò verso quella direzione. Dopo pochi metri, lo spettacolo che aveva davanti era un orrendo presagio per il futuro di Konoha: il Quarto Hokage, Minato Namikaze, giaceva a terra accanto a sua moglie, Kushina Uzumaki. Entrambi con un enorme squarcio nel petto. Entrambi prossimi alla morte.

«S-Sandaime...» Al suono di quella voce, Hiruzen si avvicinò fulmineo all'ormai morente Yondaime. 
«Minato, non parlare, cercheremo di salvarti, cercheremo di salvarvi entrambi!»
Il Quarto chiuse gli occhi, e con un mezzo sorriso e un filo di voce riprese: «È troppo tardi, Maestro Sarutobi, la mia ora è arrivata...»
Con le lacrime agli occhi, Hiruzen ascoltava le ultime parole di quello che era stato il suo successore, il migliore di tutti gli Hokage.
«Hiruzen... Il K-Kyuubi... N-Naruto...» Hiruzen voltò lo sguardo: a pochi metri da dove giaceva Kushina, c'era un altare rituale, e un bambino appena nato, con corti capelli biondi e tre baffetti disegnati su ogni guancia, sonnecchiava tra le candele. Guardandolo meglio, Hiruzen capì: sulla sua pancia, un Sigillo Ottagonale. Naruto era diventato il nuovo Jichuuriki del Kyuubi.

«Minato, perchè hai fatto una cosa del genere?!» Il vecchio Sandaime non capiva, perchè condannare ad una vita da esiliato il proprio figlio?
«Ascolta, Hiruzen...»  riprese Minato  «Ciò che è accaduto stanotte... non è stato un caso... Kushina è stata... attaccata... mentre... partoriva... V-Volevano... N-Naruto...» La sua voce era sempre più debole, le forze lo stavano abbandonando.

Il Terzo cominciava a capire: Minato aveva legato la volpe a suo figlio per proteggerlo, anche se questo suo gesto lo avrebbe condannato ad essere un emarginato a vita.
«Hiruzen... p-prendi...» Il Sandaime riportò lo sguardo su Minato, e vide che dal suo mantello da Hokage stava estraendo qualcosa. Lo prese, era un piccolo libricino, nero, rilegato in pelle.
«Queste sono... tutte le mie... tecniche, anche... il... Raijin Volante...»
Hiruzen sgranò gli occhi: quello era il diario del Quarto Hokage! Tutte le sue tecniche, compresa quella che lo aveva reso famoso come ninja più veloce del mondo, erano racchiuse in quel piccolo compendio!
«Quando sarà p-pronto... fai in modo c-che... N-Naruto... le... abbia... Io... c-credo... in lui...»

Con quest'ultimo desiderio, Minato Namikaze, Yondaime Hokage di Konoha, esalò il suo ultimo respiro.
Hiruzen chinò il capo, due lacrime solitarie rigarono le sue vecchie guance.
«Se questo è il tuo ultimo desiderio, Minato, giuro sul mio onore che lo rispetterò» disse sommessamente il Sandaime. «Proteggerò tuo figlio, e farò in modo che abbia la sua eredità.»

Il Sarutobi si rialzò, dirigendosi verso l'altare, ma appena mosse un passo si sentì afferrare una caviglia.
«S-Sandaime...»
Si voltò stupefatto: Kushina era ancora viva! Incredibile, non solo era sopravvissuta all'estrazione del demone, ma anche con quella ferita mortale aveva le forze per rivolgergli un'ultima supplica.
Il Terzo si chinò il più vicino possibile a lei, la sua voce era appena udibile: «Gli U-Uzumaki... discendono... dai... S-Senju...» Hiruzen sgranò gli occhi, se quello che stava sentendo era vero, allora la situazione si complicava ulteriormente... «L-Lui... in... futuro... potrebbe... risvegliare... il...» La voce stava per spegnersi, Hiruzen si avvicinò ancora di più «...Mokuton...».
E così, Kushina Uzumaki raggiunse l'amato marito.

Hiruzen si rialzò, stavolta profondamente turbato, mentre una terribile consapevolezza prendeva piede in lui. Nessuno avrebbe mai dovuto saperlo, o sarebbe scoppiata una nuova guerra. Fino a quando non sarebbe stato pronto, quel povero bambino non poteva sapere di chi era figlio.
Sarutobi raggiunse l'altare e prese in braccio il bambino.

«Naruto Uzumaki...» disse in un soffio, parlando tra sè.
Il bambino dormiva profondamente, ancora ignaro di ciò che la vita avrebbe riservato per lui. Così piccolo, così innocente, eppure un peso terribile gravava sulle sue spalle. E così, il Terzo Hokage prese una decisione che avrebbe cambiato per sempre la sua vita.
«Non permetterò che nessuno ti faccia del male. Da oggi, mi occuperò io di te»
Con il piccolo neonato in braccio, il Sandaime di diresse nuovamente verso il villaggio devastato, seguito dai suoi ANBU. 
Una nuova missione, forse la più difficile della sua lunga vita, lo attendeva.


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Capitolo 2
*** Un'Infanzia Difficile ***


Un'Infanzia Difficile


Il sole splendeva sul Villaggio della Foglia. Era una giornata tipicamente estiva, con una leggera brezza che spazzava via l'umidità, rendendo il caldo torrido molto più sopportabile. Quei raggi che baciavano le foglie dalle quali il villaggio prendeva nome, si riflettevano sulla chioma dorata di un bambino, che tornava a casa dopo la lezione all'Accademia Ninja. Naruto Uzumaki aveva ormai 6 anni. Era un ragazzino piuttosto introverso, era raro che i suoi occhi azzurro cielo incontrassero quelli di qualcun altro, poiché nessuno al villaggio voleva avere a che fare con lui. 

«Demone! Mostro! Assassino!» questi erano i modi con cui gli abitanti di Konoha usavano rivolgersi a lui, mai nessuno che gli rivolgesse un gesto o una parola amichevole. Il povero ragazzo era cresciuto con questa fama, e questa pesava su di lui. Nessuno tra i suoi compagni all'Accademia voleva mai giocare con lui, perché i loro genitori li avevano avvertiti di stargli lontano. Nessuno? No, in realtà c'erano due bambini che non lo disprezzavano. 
Uno di loro era Sasuke Uchiha. Aveva più volte sentito nominare il biondino dalla sua famiglia, e quando una volta aveva chiesto alla madre chi era, e perché era trattato così, la madre gli aveva risposto con un sorriso malinconico.
«Quel bambino è figlio di una mia carissima amica, è ingiusto che tutti lo trattino come un mostro, perchè non lo è affatto...».
Questo, e il fatto che suo fratello maggiore Itachi lo trattasse come un amico, per lui erano motivi più che sufficienti per non odiarlo. Tra loro c'era un rapporto amichevole, anche se non erano proprio amici per la pelle, ma si rispettavano a vicenda.
E poi, c'era una bambina che lo osservava da lontano, senza farsi notare. Hinata Hyuga, primogenita ed erede del clan più nobile della Foglia, era rimasta fin dal primo sguardo attratta dai quei capelli color del sole e quegli occhi blu come il mare. Anche lei, una volta, aveva chiesto a sua madre chi fosse quel bambino, ma la madre non aveva saputo, o voluto risponderle. Questo alimentava la sua curiosità e l'interesse verso quel misterioso ragazzino.

A scuola non era il migliore, ma non poteva di certo dirsi il peggiore. Era forte e agile, e aveva un'energia inesauribile, mai nessuno lo aveva visto a terre senza forze. Ma per quanto fosse pacifico, nessuno lo apprezzava, nessuno lo capiva.
In realtà, al villaggio, erano pochi a sapere davvero chi fosse quel bambino: i jonin superiori, quelli che erano stati compagni e amici dei suoi genitori, e l'Hokage. 
Già, l'Hokage... Quando, sei anni prima, era tornato al villaggio con i cadaveri del Quarto Hokage e di sua moglie, e con in braccio un bambino con dei baffi sulle guancie, tutti avevano gridato allo scandalo:
«Quel bambino è la Volpe a Nove Code! Perchè allevare un mostro?! Bisogna ucciderlo subito!»

Ma il Sandaime non aveva mai badato alle critiche. Aveva tenuto Naruto in casa con sè, sfidando le critiche di chiunque, e lo aveva allevato come un nipotino assieme a suo figlio Asuma, che per il biondino era ormai divenuto come uno zio. In casa dell'Hokage Naruto aveva conosciuto Konohamaru, nipote del Terzo, e aveva stretto con lui un rapporto bellissimo, lo considerava come un fratellino, e insieme a lui passava dei bellissimi momenti di gioco e delirio.

Già, perché, nonostante fuori casa nessuno lo avvicinasse, il suo atteggiamento cambiava completamente all'interno delle mura domestiche. Si trasformava in un ragazzino allegro e spensierato. Si era abituato a vedere il Sandaime come un nonno, ed era cresciuto senza sapere del demone che portava dentro di sè. 
Hiruzen ricordava benissimo quando, una volta, il piccolo Naruto era tornato a casa in lacrime, perché dei bambini più grandi lo avevano picchiato.

*Flashback*
«Sandaime... Perchè tutti mi trattano così? Cosa ho fatto di male? Tu lo sai?» Gli aveva chiesto piangendo. Hiruzen lo aveva abbracciato, ridendo sommessamente, come faceva ogni volta, per il modo in cui il piccolo lo chiamava. Aveva infatti sentito altri chiamarlo così, e aveva fuso quel titolo onorifico con un atteggiamento confidenziale, tipico di un bambino. Anche se gli anni erano passati, quell'abitudine gli era rimasta. «Vedi Naruto» gli aveva risposto triste l'Hokage «Tu sei speciale, gli abitanti del villaggio hanno paura di te, perchè non capiscono quanto tu lo sia. Sono stupidi. Non odiarli, perchè non è colpa loro, ma neanche colpa tua. Dai retta solo a chi ti tratta amichevolmente, un giorno riuscirai a farti amare da tutti. Adesso sei ancora troppo piccolo per sapere perchè, ma quando sarai più grande, ti prometto che ti racconterò tutto. Però tu devi promettermi che non ti metterai nei guai. Siamo d'accordo?».
Il piccolo lo aveva guardato dubbioso ma alla fine aveva annuito.
«Fidati di me» Aveva concluso con un gran sorriso, e il piccolo Naruto aveva risposto con un sorriso dolcissimo.
*fine flashback*



Sotto la supervisione del maestro Iruka Umino, uno dei pochi che non odiavano Naruto, in Accademia erano soliti allenarsi nel Taijutsu, affrontandosi a coppie. Tutti erano felici di avere l'occasione per suonarle a Naruto, ma non era facile sopraffare uno instancabile come lui. L'unico che riusciva a combattere con lui alla pari, era anche l'unico che non provava lo stesso piacere degli altri nel farlo.
Sasuke Uchiha non si divertiva a picchiare Naruto, perché non lo odiava come tutti, ma lo rispettava e lo considerava un ottimo avversario. Fu proprio durante uno di questi allenamenti, in un momento in cui si trovava in svantaggio, che risvegliò per la prima volta l'abilità innata del suo clan, lo Sharingan.
Da allora, suo padre, che aveva assistito allo scontro, iniziò ad allenarlo nell'uso dei suoi occhi, in modo che diventasse forte come suo fratello maggiore, che nel villaggio era considerato l'ANBU più potente, e ne era il capo.

Ma in quei giorni successe una cosa terribile.
Durante una notte, il clan di cui faceva parte il piccolo Sasuke venne completamente sterminato da suo fratello Itachi. Sasuke era l'unico sopravvissuto.
Questa tragedia lo aveva sconvolto. Per giorni si era chiuso in se stesso, allontanando chiunque cercasse di consolarlo, bambino o adulto che fosse. Naruto aveva saputo ciò che gli era successo. Faticava a crederci, aveva conosciuto Itachi, ed era suo amico, lo aveva sempre aiutato, non credeva che avrebbe mai potuto compiere un atto di tale malvagità...


*Flashback*
Tornava dall'accademia, dopo la lezione sugli shuriken, e aveva voglia di mangiare qualcosa, magari un po' di ramen...  Aveva già l'aquolina all'idea...Mentre tornava a casa, lungo la strada, un movimento vicino a un cespuglio attirò la sua attenzione. Si avvicinò, vedendo un gatto che si allontanava verso il boschetto lì vicino. Preso dalla curiosità di vedere dove andasse, lo inseguì, senza accorgersi di dove andava, e dopo alcuni minuti finì per perdersi. 
Vagando tra gli alberi, in cerca di qualcosa che potesse aiutarlo a orientarsi, a un certo punto sentì il terreno mancare sotto i suoi piedi, e cadde nel vuoto, restando aggrappato con le mani al terreno, penzolando nel vuoto. Inconsapevolmente si era avvicinato troppo ad un precipizio, il cui limite non si vedeva perchè coperto dalle foglie, e senza accorgersene, per seguire quel gatto aveva messo un piede in fallo, e sarebbe precipitato per metri, se avesse mollato la presa. Si teneva aggrappato con tutte le sue forze, ma dopo alcuni minuti di tentativi falliti di risalire, cominciò a stancarsi. Le sue dita stavano perdendo la presa, e lui non sapeva cosa fare. La paura lo aveva invaso, gli occhi cominciarono a lacrimare. 
A un certo punto, non ce la fece più. Le sue dita intorpidite mollarono la presa, e lui d'istinto chiuse gli occhi mentre precipitava. Ma mentre era in caduta libera, sentì un paio di braccia prenderlo al volo, e, aprendo gli occhi, vide un ragazzo moro, con profonde occhiaie, che saltava da un ramo all'altro, avvicinandosi al terreno sottostante e atterrando con delicatezza, poggiandolo a terra con cautela. Alzò gli occhi sul suo salvatore, e questo gli fece un sorriso. «Devi stare attento a dove vai, o rischi di farti male. Questa zona è pericolosa, ci sono molte buche in cui è facile cadere, perchè le foglie e i rami le nascondono. Per fortuna passavo da queste parti e ti ho visto in tempo.». 
Per lui era una cosa nuova: nessuno al di fuori di casa sua era mai stato gentile con lui. «Tu chi sei?» Gli chiese, incuriosito. 
Questo rispose sorridendo «Io sono Itachi Uchiha. Vieni con me, ti offro un gelato». 
*fine flashback*



Da quel giorno, Naruto adorava letteralmente Itachi. Lo aiutava quando gli altri bambini lo aggredivano, lo teneva fuori dai guai, giocava con lui quando ne aveva il tempo, e gli aveva fatto conoscere il suo fratellino, Sasuke, che aveva la sua stessa età.
Ora Sasuke era lì, in piedi in un angolo del giardino, senza che nessuno avesse il coraggio di avvicinarsi. Ma Naruto non poteva lasciarlo da solo, e così gli si avvicinò.


Sasuke sentì un rumore di passi vicino a lui, chi era che si stava avvicinando? Si voltò, e a poca distanza da lui c'era Naruto. Non voleva farsi vedere così, gli occhi arrossati dalle lacrime, voleva dimostrarsi forte, come il nome del suo clan. Non voleva la compassione di nessuno.
Ma gli occhi di Naruto non esprimevano compassione. Di scatto, senza che se ne rendesse neanche conto, Naruto lo aveva abbracciato. Sasuke rimase paralizzato. Il suo primo istinto fu di spingerlo via, ma non ci riuscì. Si sentiva stranamente meglio, quel gesto valeva più di mille parole: era come se Naruto stesse urlando "Non sei solo".
Senza volerlo neanche impedire, Sasuke si ritrovò a piangere sulla spalla di Naruto, senza più l'impulso di allontanarlo. Da quel giorno, tra loro nacque un legame unico. Non andavano d'accordo, si punzecchiavano continuamente, ma si volevano bene. Ognuno sapeva che poteva contare sull'altro. Era come se fossero fratelli, non legati dal sangue, ma da qualcosa di più forte.
E così gli anni passavano...

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Capitolo 3
*** La Bambina dagli Occhi di Perla ***


La Bambina dagli Occhi di Perla


Hinata alzò lo sguardo, pesanti nuvole grigio scuro coprivano il cielo, annunciando pioggia.
L'autunno volgeva al termine, di lì a poche settimane avrebbe compiuto sette anni. Era uscita a fare una passeggiata con Ko, il suo nuovo tutore. Da quando era nata sua sorella Hanabi, non era più uscita, perchè sua madre era morta durante il parto, e suo padre... non era certo disposto ad occuparsi di lei. Era di natura severa, e dalla morte dell'amata moglie era diventato ancora più intrattabile. 
Perciò aveva nominato un tutore per Hinata, Ko Hyuga, della casata cadetta, perchè si occupasse di lei e la proteggesse anche a costo della vita, come il ramo principale imponeva a quello cadetto. A Hinata dispiaceva come funzionavano i rapporti all'interno del suo clan, ma non poteva fare nulla, non aveva voce in capitolo...

Passeggiavano per il villaggio, quando incontrarono un amico di Ko, con il quale questo si mise a chiacchierare. Hinata stette ad ascoltare per un po', ma dopo qualche minuto cominciò ad annoiarsi.
«S-Scusami, Ko», si rivolse gentilmente al tutore «C-C'è una gelateria lì vicino, p-posso andare un momento a c-comprare q-qualcosa?».
Ko sorrise alla gentilezza di quella bambina, era cosa rara tra gli Hyuga.
«Certo, vada pure, solo non si allontani troppo.»
Hinata gli sorrise grata, e si avviò verso il chiosco. Prese un piccolo gelato alla fragola, pagò e si voltò per tornare indietro. Ma qualcosa, o meglio, qualcuno, glielo impediva.
Tre ragazzi più grandi di lei l'avevano circondata, intrappolandola contro il chiosco.
«Bel gelato...» fece il più grosso dei tre «Che gentile, mi ci voleva proprio» disse con un ghigno, strappandolo di mano alla povera bambina. 
Questa in un primo momento ne fu sorpresa, ma dopo qualche secondo, con le lacrime agli occhi, reagì: «R-Ridammelo! È m-mio!» 
I ragazzi non furono contenti di questa uscita. 
«Cosa hai detto?!», il più grande dei tre, quello col gelato in mano, la atterrò con uno spintone. 
«Mi sa che non hai capito, facciamo vedere a questa marmocchia che con noi non si scherza!» Detto ciò, gli altri due ragazzi presero Hinata e la trascinarono dietro il chiosco...


Naruto stava tornando a casa dopo aver mangiato da Ichiraku, soddisfatto dell'abbuffata. Il proprietario di quel locale, Teuchi, era particolarmente affezionato a quel ragazzino capace di mangiare Ramen come tre adulti, ed era, insieme a sua figlia Ayame, uno dei pochi che non lo odiavano nel villaggio. Mentre si dirigeva verso casa, notò una gelateria.
"Mmm... quasi quasi mi ci vorrebbe qualcosa di dolce..." Ma non fece in tempo a formulare quel pensiero che notò una scena che non gli piacque per nulla: Tre ragazzi, probabilmente più grandi di lui, stavano trascinando qualcuno dietro il chiosco, e quest'ultimo non sembrava essere d'accordo. Si avvicinò per vedere chi era, ed ebbe un'orrenda sensazione vedendo chi era la vittima. Era Hinata, quella bambina che veniva in accademia con lui. Qualche volta l'aveva notata a osservarlo di nascosto, ma non aveva mai capito perchè lo facesse.
"Hinata?! Cosa le stanno facendo?!"
Ogni dubbio sparì quando vide il primo di quei ragazzi dare un pugno in faccia alla povera bambina. La sua reazione fu immediata, scattò verso di loro, deciso a fermarli. Non sapeva di preciso cosa provava in quel momento, ma Hinata era una dei pochissimi bambini che non lo trattavano come un mostro, quindi era una sua amica, e se c'era qualcosa che il Terzo Hokage gli aveva insegnato, era di difendere gli amici ad ogni costo. Carico di rabbia, si avventò contro di loro...

Hinata si portò le mani davanti per proteggersi, il labbro già spaccato dal primo colpo. Non aveva fatto niente, perchè quei ragazzi la trattavano così male? Cosa volevano ancora? Vide il capo alzare di nuovo il pugno, e chiuse gli occhi...
Ma il dolore che si aspettava non arrivò mai. Riaprì gli occhi, e una scena che non avrebbe mai immaginato le si manifestò davanti. Davanti a lei, quel bambino biondo che lei guardava sempre da lontano si era messo in mezzo, e aveva atterrato il capo dei bulli con un calcio. Alla sorpresa iniziale, si aggiunse poi la paura: erano tre contro uno, Naruto non poteva farcela! Non voleva, non poteva permettere che quel bambino si facesse male per colpa sua. 
«E tu chi diavolo sei?!» Il capo si stava rialzando, lo sguardo minaccioso puntato sul biondo. «Non metterti in mezzo!»
Caricò Naruto insieme ai suoi compagni, ma in qualche modo il biondo riuscì a bloccarli, in una posa svantaggiosa per lui. Almeno non si potevano avvicinare. Voltò lo sguardo, Hinata era ancora lì!
«Cosa stai aspettando? Scappa!» le gridò.
Quell'avvertimento riuscì a scuoterla e, odiandosi per questo, si allontanò strisciando da quella rissa. Appena fu fuori portata, corse a chiamare Ko.
Naruto si tranquillizzò appena vide Hinata allontanarsi, ma ora il problema era: come affrontava quei tre bulli? Non fece in tempo a chiederselo che questi riuscirono a ribaltare la sua posizione di blocco e a sbilanciarlo. Finito a terra, Naruto fu colpito diverse volte da tutti e tre. 
«Hai imparato la lezione?!» Disse il capo rivoltandolo sulla schiena con un calcio in faccia, facendogli uscire del sangue dal naso. Naruto aprì a fatica gli occhi, non vedeva vie di fuga. Poi vide un ramo lì vicino, a poca distanza da lui. Fu l'istinto a guidarlo, quando afferrò il bastone e, ad occhi chiusi, si voltò per colpire il suo aggressore. 
Poi sentì delle urla confuse, il bastone era diventato molto più... pesante? Lo lasciò andare, senza osare ancora aprire gli occhi, pregando che la smettessero.
«Ehi, ma come diavolo ha fatto?!?»
«Aiuto! Non riesco a muovermi!»

Sentendo queste parole, Naruto trovò il coraggio di riaprire gli occhi, e ciò che vide lo lasciò incredulo: i tre bulli si trovavano imprigionari in un groviglio di rami, spessi più delle sue gambe, e non riuscivano a liberarsi. Sembrava che i rami fossero cresciuti intorno a loro...
Preso dal terrore per ciò che aveva davanti, strisciò lontano il più velocemente possibile.
Poi arrivò qualcuno atterrando sul cespuglio, e ruppe i rami liberando i tre ragazzi. Naruto lo guardò, era il vecchio Sandaime. Quando i tre bulli realizzarono chi avevano di fronte, scapparono a tutta velocità.


Hiruzen stava tornando da una riunione piuttosto movimentata, Danzo era capace di creare problemi anche sulle decisioni più semplici, non passava giorno senza pentirsi di averlo incluso nel consiglio. Passando davanti a Ichiraku, pensò a Naruto. "Qui non c'è, sarà già tornato a casa". Ma il suo pensiero svanì subito quando sentì una voce fin troppo familiare gridare di dolore. Senza pensarci scattò nella direzione dalla quale veniva la voce di Naruto.
Appena lo vide, accorse per aiutarlo, ma prima che riuscisse ad arrivare a meno di dieci metri di distanza da lì, Naruto aveva reagito: Aveva agitato ad occhi chiusi un ramoscello verso quei tre bulli, e questo era improvvisamente cresciuto contro di loro, intrappolandoli in un cespuglio dai rami grossi quanto quelli di una quercia. Il tutto era avvenuto nel giro di pochi secondi, Naruto si era appena reso conto di ciò che era successo, e vedendo quei ragazzi urlare si era spaventato, indietreggiando con gli occhi sbarrati. Allora Hiruzen intervenne.
Atterrò con violenza su quel cespuglio, distruggendolo e liberando i tre. Quando questi lo videro, nella sua espressione più furibonda possibile, non ci pensarono due volte a darsela a gambe. Poi il Sandaime si voltò verso Naruto, tremava e aveva gli occhi lucidi. Solo allora Sarutobi cominciò a capire quello che doveva essere successo. Alla fine, l'avvertimento che Kushina gli aveva dato in punto di morte si era rivelato fondato: Naruto aveva usato il Mokuton, l'Arte del Legno del Primo Hokage, quindi lui era un erede puro del clan dello Shodaime. Ma doveva averlo fatto inconsapervolmente, dato che ne era rimasto terrorizzato. D'altronde, aveva solo sette anni, non poteva capire quello che era successo. Hiruzen si avvicinò al piccolo, ancora sotto shock.
«Naruto?» Lo chiamò dolcemente.

Il piccolo biondo sembrò risvegliarsi al sentire quella voce. Lentamente alzò lo sguardo fino ad incontrare quello del vecchio Hokage.
«S-Sandaime...», poi si gettò tra le sue braccia, piangendo. «Sandaime, c-che cos'era q-quello?!» Hiruzen lo abbracciò, tentando di tranquillizzarlo. «Sshh, stai tranquillo, non è successo niente. Ora sei al sicuro.» Il piccolo sembrò rincuorato da quella frase, ma ancora non era sparita l'ansia dai suoi occhi. Si guardò introrno, cercando la bambina di poco prima. «Ma dov'è Hinata?» Chiese, nuovamente preoccupato.
Il Terzo alzò un sopracciglio, guardandosi intorno. A qualche metro di distanza, scorse una bambina dagli occhi chiarissimi accorrere verso di loro, accompagnata da un uomo con i suoi stessi occhi. Realizzò che doveva trattarsi di due Hyuga.

Si rivolse di nuovo a Naruto, sottovoce: «Tranquillo, va tutto bene, a casa faremo due chiacchiere». Naruto lo fissò: il tono era serio, ma non sembrava minaccioso. Intanto i due erano arrivati. 
«Sandaime!» L'adulto si inchinò leggermente, mentre la bambina lo guardò ansiosa. 
«S-Sandaime! C-Come sta N-Naruto?». Hiruzen si chinò verso di lei, notando che aveva un labbro spaccato. Cominciò ad intuire quello che poteva essere accaduto... «Piccola, come ti chiami?» «M-Mi chiamo Hi-Hinata Hyuga, Hokage-sama» Quindi era la figlia di Hiashi, il capoclan. «Hinata, puoi raccontarmi cosa è successo, per favore?» 
La bambina allora cominciò a raccontare. Quei bulli l'avevano aggredita, e Naruto l'aveva salvata. «Ero andata a c-chiamare Ko p-per a-aiutarlo, ma s-siete arrivato prima v-voi».

Sarutobi sentì un moto d'orgoglio per il piccolo Naruto. Aveva compiuto un gesto eroico, difendendo quella povera bambina da quei tre delinquenti. Il tutore prese la parola: «Mi scusi Sandaime, ma ora vorremmo congedarci, Hinata dovrebbe essere a casa tra pochi minuti, e suo padre potrebbe arrabbiarsi...» Non sembrava troppo entusiasta all'idea. D'altronde, conoscendo Hiashi Hyuga, Sarutobi non lo biasimava. «Andate pure. Vi consiglio di fare più attenzione la prossima volta, Hiashi Hyuga non la prenderebbe bene se sua figlia si facesse di nuovo del male».
«Hinata...» La voce di Naruto, debole ma chiara, attirò l'attenzione di tutti. Ko stava per intervenire, doveva tenere lontano Hinata dal ragazzo-volpe! Ma l'Hokage lo fermò con un gesto secco. Il suo sguardo lanciava un messaggio chiaro: "Non azzardarti a intervenire".
Hinata si avvicinò al biondo, lievemente in imbarazzo davanti a quegli occhi azzurri.
Naruto la fissò negli occhi. Erano bellissimi, un bianco perlato che non aveva mai visto, perfetto con quei capelli corvini e quel viso d'angelo.
«Stai bene? Sono arrivato in tempo?» Temeva che le avessero fatto del male, non sapeva perchè, ma si sentiva incredibilmente protettivo verso quella bambina, come fosse una fragile bambola di porcellana.
Lei arrossì all'istante, quegli occhi così profondi la incantavano, sarebbe potuta rimanere a fissarli per ore. «S-Si, n-non mi sono f-fatta quasi n-niente...» Era imbarazzatissima, non riusciva quasi a parlare.
Il biondo fece un gran sorriso «Per fortuna ti ho vista, altrimenti...» non finì la frase, non voleva pensare a cosa sarebbe potuto succedere.
Lei lo guardò imbarazzatissima: «O-Ok... A-Allora c-ciao... G-Grazie ancora...». Si voltò, non riusciva più a guardarlo così da vicino, riavviandosi verso casa con Ko. Fatto qualche altro passo, si voltò un'ultima volta a guardarlo, lui la stava ancora guardando, così lo salutò con un sorriso, prima di sparire dietro l'angolo della strada.


Tornarono a casa, e dopo cena Naruto di chiuse nella sua camera, non aveva detto una parola da quando erano rientrati. Dopo qualche minuto sentì bussare alla porta. Si alzò e andò ad aprire uno spiraglio: era il Sandaime.
«Naruto, per favore, posso entrare?» Naruto lo guardò incuriosito, e lo fece entrare. Si sedettero, il piccolo sul letto, il grande su una sedia. 
«Naruto, ascoltami». Naruto lo guardò dritto negli occhi, senza ancora parlare. «Quello che è successo oggi, non devi raccontarlo a nessuno, va bene?» 
Il biondino allora cominciò a preoccuparsi. 
«Che cos'era? È per quello che mi chiamano mostro?» due piccole lacrime si addensarono agli angoli dei suoi occhioni blu. Ma Hiruzen lo rassicurò subito. «No, Naruto. Non ti chiamano mostro per quello che hai fatto oggi, nessuno sa di questa tua abilità, e nessuno dovrà saperlo, hai capito?»
«Ma allora tu sai che cos'è?» Il biondino era rassicurato, ma allora perchè non doveva farlo sapere? Era una cosa brutta?
«Si, so cos'è. Quello che tu oggi hai usato si chiama Mokuton. È l'Arte del Legno, quella che possedeva il Primo Hokage». Naruto sgranò gli occhi, incredulo: aveva usato un potere del primo Hokage? Ma come era possibile? Lui era solo un apprendistra ninja, non sapeva usare nessuna tecnica!
«So cosa stai per chiedere» lo anticipò Hiruzen «Come hai fatto a usare un potere del genere? Te lo spiegherò, ma devi promettermi che non mi chiederai altro, perchè non posso dirti tutto, non finchè non sarai più grande. Va bene?» Il piccolo annuì.
«Vedi, tu possiedi l'Arte del Legno perchè sei un discendente di Hashirama Senju. Anche tua madre lo era, e da lei hai ereditato questa straordinaria abilità.»
«Ma allora lei conosceva i miei genitori!»
«Si, Naruto, ma ti ho già detto che non posso dirti tutto. Oggi l'hai usata senza volerlo, perchè eri in pericolo. È come se l'abilità stessa abbia voluto proteggerti».
Naruto si fermò a riflettere. Aveva appena scoperto di avere un'abilità innata, come il suo amico Sasuke,però non sapeva usarla.
«Ti devo chiedere di non farla più vedere a nessuno. È un'abilità molto potente, che tanti vorrebbero, e se la fai vedere potresti metterti in pericolo, hai capito?».
«Ma se non so usarla, come faccio a non usarla?»
«Non, preoccuparti» concluse il vecchio con un sorriso «cerca di non metterti nei guai, e non avrai problemi. E adesso, è ora di andare a letto.» Naruto si infilò nel letto. 
«Buonanotte Naruto». Disse il Sandaime andando via con un sorriso.
«Buonanotte, Sandaime». rispose in ritardo il bambino. Quella notte, prima di addormentarsi, il suo ultimo pensiero fu rivolto a quella bambina. Il suo viso d'angelo, i suoi occhi di perla, i suoi capelli corvini... era tutto rimasto impresso nella sua mente.
"Hinata..." E il piccolo scivolò nel modo dei sogni.

Quella sera, quando Ko e Hinata rientrarono, dovettero subire lo sguardo irato di Hiashi Hyuga.
«Ko...» iniziò con tono severo, rivolgendosi al povero tutore, che aveva assunto un colore simile a quello dei suoi occhi, dopo aver visto la ferita sul labbro di sua figlia « ...il tuo compito è proteggere Hinata. Vuoi spiegarmi come mai ha un labbro spaccato? Da chi non l'hai protetta?» 
Hinata era a disagio. Ko gli era simpatico, e non aveva nessuna colpa. Era accaduto tutto troppo in fretta perchè lui potesse accorgersene, ma se avesse raccontato la verità lui sarebbe stato punito, e lei avrebbe dovuto parlare al padre di Naruto... No, lui l'avrebbe tenuta lontano dal biondo, non poteva permetterlo... Così, presa da un moto di coraggio, decise di mentire, per la prima volta in vita sua.
«P-Padre, lui n-non ha colpa» Lo sguardo del capoclan si spostò su di lei. Quell'espressione severa la terrorizzava, ma si decise ad andare avanti: «E-ecco, m-mentre f-facevamo una passeggiata, s-sono scivolata su un s-sasso, e ho battuto la f-faccia per t-terra...» All'ultimo secondo non riuscì più a reggere lo sguardo del padre. Pregò che lo avesse inteso come un segno di imbarazzo.
«Non deve più accadere.» Hinata lo guardò nuovamente, non sembrava arrabbiato. Sembrava solo... deluso. «Uno Hyuga deve mantenere l'eleganza in ogni momento. Non fare più figure del genere, ne va del buon nome del clan.» Dopodichè si voltò e si ritirò nelle sue stanze.
Hinata incrociò lo sguardo di Ko. La guardava con espressione grata e stupefatta. «Hinata-sama, venite, vi porto a dormire.»
Una volta nella camera della bambina, Ko la ringraziò: «Hinata-sama, se non fosse stato per voi, io a quest'ora sarei nei guai, Vi ringrazio.» disse ad occhi bassi.
Hinata arrossì: «N-Non ti p-preoccupare Ko, non ti a-avrei messo nei g-guai».
Ko sorrise: «Siete stata coraggiosa quanto quel ragazzino a mettervi contro vostro padre. Voi un giorno diventerete un'ottima capoclan, ne sono sicuro.» E si ritirò dando alla piccola la buonanotte. 

Intanto, al piano di sotto, il capoclan beveva un tè verde con aria indispettita.
"Perchè mi hai mentito, Hinata? Per salvare Ko... o perchè c'è qualcosa che non vuoi dirmi?"
Poi, immerso nei suoi pensieri, finì il suo tè, e andò anche lui a dormire.




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Capitolo 4
*** Il Rotolo Proibito ***


Il Rotolo Proibito


La primavera era quasi giunta al termine. Presto sarebbe arrivata l'estate, e l'esame finale dell'Accademia si avvicinava. Naruto non vedeva l'ora di passarlo e iniziare la sua carriera da ninja. Oramai aveva compiuto 12 anni, era pronto per iniziare a inseguire il suo sogno, e diventare genin sarebbe stato solo il primo passo.
Ma quel giorno lo aspettava una brutta sorpresa...

«Che cooosa?!?!»
«Hai sentito benissimo, Naruto. L'esame finale di quest'anno verterà sulla tecnica della moltiplicazione. Ognuno di voi dovrà essere in grado di creare almeno tre copie di sè stesso.» L'espressione del maestro Iruka non lasciava spazio a fraintendimenti.
Naruto si lasciò cadere sulla sedia, sconfortato da quella prospettiva. Ma era possibile che fosse così sfortunato? Di tutte le tecniche che aveva appreso in quegli anni, la moltiplicazione era l'UNICA che non riusciva proprio ad imparare!

Questo pensiero lo tormentò per tutta la settimana precedente all'esame. Il Sandaime, notato il suo umore, aveva provato ad aiutarlo per risolvere il problema, ma lui non voleva saperne, voleva superare la prova con le sue sole forze. Hiruzen da un lato era felice che Naruto avesse così tanta voglia di imparare e dimostrare quello che valeva senza l'aiuto di nessuno. Ma era anche preoccupato, perchè sapeva quanto Naruto ci tenesse a quella prova, e gli sarebbe dispiaciuto molto vederlo fallire.

Naruto cercò con tutte le sue forze di imparare la tecnica richiesta. Per tutta la settimana prosciugò le sue forze nel tentativo, ma non riusciva a produrre più di un solo clone, e l'esame ne richiedeva tre...
La sera prima dell'esame, nel tentativo di schiarirsi la mente, fece una passeggiata per il villaggio, evitando di proposito le zone affollate, così che nessuno venisse a infastidirlo. Almeno per quella sera, voleva essere lasciato in pace.
Si fermò sul ramo di un albero, in un boschetto vicino alla magione dell'Hokage, mentre la sua mente vagava, soffermandosi sulla loro chiacchierata di due sere prima...

*Flashback*
Non ci riusciva ancora. Ci provava da giorni, eppure il primo clone era il suo miglior risultato. Il secondo non voleva proprio saperne di formarsi.
Dopo qualche minuto, sentì dei passi alle sue spalle.
«Non ci sei ancora riuscito, vero?»
Si voltò: il Sandaime era lì, aveva un'aria triste.
«Sei sicuro che non vuoi che ti dia una mano? Dopotutto, perdona la mia mancanza di modestia, ma sono l'Hokage. Se c'è qualcuno che può aiutarti, quello sono io.»
Gli aveva già fatto questa domanda, tre giorni prima, e Naruto rispose come l'ultima volta:
«No, Sandaime. Non lo faccio per presunzione, ma questa è una prova che devo superare da solo, o non riuscirò mai a raggiungerlo...» il suo sguardo e la sua mente erano rivolti verso il grande volto che sulla montagna degli Hokage occupava il posto accanto a quello attuale. Lo Yondaime era l'idolo di Naruto, e il suo più grande sogno era di raggiungere il suo livello, e ottenere la sua stessa carica. Hiruzen sorrise a quel pensiero, se solo Naruto avesse saputo quanto lui e lo Yondaime erano legati...
*fine flashback*


Un rumore lì vicino lo riscosse da quei pensieri. 
Si voltò in quella direzione, quel rumore veniva da una stanza della magione! Si avvicinò senza fare rumore, era qualcosa in cui era diventato davvero bravo: riusciva a sorprendere alle spalle persino il Terzo, a volte, mentre nessuno riusciva mai a sorprendere lui. Aveva un udito finissimo. Si avvicinò alla fonte del rumore, e vide una finestra aperta, con una luce fioca, probabilmente prodotta da una candela, proveniente dall'interno. Restò in attesa, il rumore che aveva sentito era inconfondibile: una serratura forzata. Se non ricordava male, il vecchio Sandaime gli aveva parlato di quella zona della magione, doveva essere la stanza dove erano custoditi i documenti segreti.
D'un tratto vide la luce della candela spegnersi, e qualcuno usci dalla finestra, appollaiandosi sul davanzale. Aveva il volto coperto da una bandana calata sulla bocca, e due grossi shuriken sulla schiena. Ma ciò che attirò di più la sua attenzione fu il grosso rotolo che l'uomo teneva sotto braccio: sul sigillo, la scritta "Shodaime" fece capire subito a Naruto cos'era.
"Quello è il rotolo proibito del Primo Hokage!"

Una volta, aveva sentito il Terzo parlare di un certo "rotolo proibito" con Asuma, e aveva origliato. Non sapeva cosa ci fosse scritto, ma sapeva che era importante. Doveva assolutamente fermare quel ladro!
Questo si mise a correre per la foresta, certo di non essere seguito. Ma Naruto non lo perdeva di vista un attimo, e nonostante quello fosse sicuramente più allenato di lui, riusciva a restargli a non più di 10 metri di distanza senza farsi scoprire. Il ladro si fermò un attimo per controllare che non ci fosse nessuno: l'occasione perfetta!
Naruto piombò sul ladro e lo colpì alla nuca con una tallonata, con precisione assoluta. Il ladro restò svenuto a terra, e Naruto potè recuperare il rotolo. Stava per andarsene, ma dopo pochi metri si fermò, realizzando cosa aveva tra le mani. Un rotolo pieno di tecniche segrete...

Il suo buon senso gli ordinava di riportarlo immediatamente indietro, ma la sua curiosità era enorme. E poi, quel rotolo era del Primo Hokage, e lui ne era un discendente, stando a quello che gli aveva raccontato il Sandaime, anche se nessuno lo sapeva. In quegli anni era stato molto attento a non mostrare mai a nessuno la sua abilità, che tra l'altro neanche sapeva controllare. Per questo motivo, sentiva di avere un certo diritto di leggere le tecniche del suo antenato, dopotutto gli spettavano.  Alla fine, decise che non avrebbe fatto male a dare solo una sbirciatina...


Hiruzen era furibondo. Com'era possibile che un ladro fosse riuscito a entrare nel suo palazzo e rubare uno dei tesori meglio custoditi? La spiegazione era una sola: un traditore.
«Trovatelo subito, e portatemelo qui!»
Al suo ordine, tutti i ninja disponibili partirono alla ricerca del ladro. Uno di questi, Iruka Umino, il maestro dell'Accademia, stava controllando proprio il bosco attraverso il quale il biondo aveva inseguito il ladro. D'un tratto, scorse proprio la figura di Naruto, accovacciato vicino a un albero.
"Naruto? Cosa ci fa qui? E perchè ha tra le mani il rotolo?!?"

Naruto aveva appena finito di leggere un po' del rotolo. Il sonno però stava avendo la meglio su di lui, quindi decise di smetterla e riportarlo indietro, e andare a dormire. Ma appena alzato, si trovò davanti il maestro Iruka, con espressione sbalordita e, soprattutto, furiosa.
Gli era sempre stato simpatico, perchè non lo considerava un mostro, ma lo trattava come tutti gli altri allievi. Spesso era stato criticato dai genitori degli altri bambini, perchè questi volevano che tenesse Naruto lontano dai loro figli, ma lui non aveva mai fatto una cosa del genere. Questo perchè lui e Naruto erano estremamente simili, e lui lo capiva alla perfezione. Entrambi erano orfani, i loro genitori erano periti durante l'attacco del Kyuubi, 12 anni prima. Naruto lo considerava come un fratello maggiore. Ma quello non era un buon momento per trovarselo davanti...

«Naruto! Sei stato tu! Come hai osato rubare il rotolo proibito?!»
«Si calmi maestro, ha frainteso tutto.»
E così gli spiegò di ciò che aveva visto quella sera, del ladro e di come lo aveva inseguito e stordito.
«Ma allora perchè stavi leggendo il rotolo? Avresti dovuto riportarlo subito!»
Qui l'espressione di Naruto si fece... imbarazzata?
«Beh, ecco... ero curioso... e ho... dato una sbirciatina...»
Iruka fu un attimo sorpreso, e poi si sciolse in una risata.
«D'accordo... vieni, riportiamolo indietro.» e si avviarono verso il palazzo.

Ma non fecero in tempo a fare due passi, che Naruto sentì un sibilo alle sue spalle, del quale Iruka non si accorse. Il biondo ebbe i riflessi pronti: afferrò un kunai e deviò l'enorme shuriken diretto contro di loro. Dalla vegetazione spuntò la figura del ladro. Iruka si girò e lo vide.
«Quello sarebbe il ladro?» Chiese Iruka, sorpreso tanto di non essersi accorto di quell'attacco quanto del fatto che invece era stato Naruto a salvarlo. 
«Si maestro, pensavo di averlo tramortito, ma a quanto pare non l'avevo colpito abbastanza forte.»
«Me la pagherete! Ho aspettato tutto questo tempo per avere quel rotolo, non me lo lascerò sfuggire così!»
Iruka riconobbe quella voce: «N-Non è possibile... Mizuki, sei tu?!»

Il ladro si tolse la maschera, rivelando un ghigno. Anche Naruto allora lo riconobbe: era il maestro Mizuki, un altro dei ninja che si occupavano dell'Accademia. Ma a quanto pare era un traditore! Questo lanciò due kunai contro i suoi due avversari. Naruto riuscì a deviarlo, ma Iruka, ancora scosso dall'identità del ladro, non ebbe i riflessi pronti, e il kunai lo colpì alla gamba facendogli perdere l'equilibrio.
«Presto, Naruto! Scappa, non fargli prendere il rotolo!»
Ma Naruto non aveva nessuna intenzione di muoversi. Nessuno poteva toccare i suoi amici, quel traditore l'avrebbe pagata.
«Stia tranquillo maestro, dopo ciò che vedrà ora, domani dovrà promuovermi per forza!»
E unì le mani, in una croce formata dalle dita indice e medio di ognuna.
«Kage Bunshin no Jutsu!»

Iruka non poteva credere ai suoi occhi: oltre un centinaio di cloni di Naruto erano apparsi, circondando il ladro.
"Quelle non sono semplici immagini di chakra, sono corpi reali! È una tecnica a livello di un jonin! Ma come ha fatto ad impararla? Aspetta... Ma certo, l'ha letta sul rotolo!"

Mizuki si guardò intorno terrorizzato, prima di venire letteralmente sommerso dai cloni del biondo, che in pochi secondi lo linciarono come se non ci fosse stato un domani. Dopo pochi minuti vennero raggiunti dai rinforzi, attirati dal baccano, ai quali Iruka spiegò tutta la situazione. Questi presero il rotolo e lo riportarono al palazzo, assieme ai due.


Passata una mezz'ora, Naruto e Iruka erano davanti casa del Sandaime, Iruka lo aveva riaccompagnato lì con l'aiuto di una stampella.
«Naruto, domani non c'è bisogno che ti presenti all'esame» 
Naruto si voltò verso di lui, ad occhi sgranati. Aveva deciso di escluderlo dall'esame per ciò che era successo quella sera? Per un momento, Naruto temette di si.
Ma Iruka sorrideva. Prese qualcosa dalla sua borsa e lo consegnò a Naruto: era un coprifronte con il simbolo di Konoha!
«Da stasera, sei ufficialmente un genin!»
Naruto era all'apice della felicità, aveva fatto il primo passo per realizzare il suo sogno. Quella sera, tenne sveglio il povero Sandaime fino a tarda notte per raccontargli tutto ciò che era successo, era troppo felice per andare a dormire come se niente fosse. Continuò per ore ad esultare, finchè, dopo diversi tentativi dell'Hokage di farlo calmare, il sonno ebbe la meglio su di lui.



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Capitolo 5
*** Il Team 7 ***


Il Team 7


Naruto quel giorno si svegliò presto, non voleva brutta figura arrivando tardi all'appuntamento in Accademia. Aveva saputo dal Terzo che tutti i suoi compagni avevano superato l'esame, quindi oggi c'era la riunione finale, in cui sarebbero stati consegnati i diplomi e si sarebbero formate le squadre di genin. Era un evento speciale: ogni volta che si creava una squadra, era come se si formasse una famiglia. Il maestro e gli allievi legavano molto tra loro, e raramente le squadre si scioglievano. Era anche il motivo per cui difficilmente un jonin allenava più di una squadra: un legame forte come quello con il primo team era quasi impossibile da creare una seconda volta. Velocemente si vestì e uscì, arrivando in accademia in pochi minuti.

La cerimonia di consegna dei diplomi fu rapida, e alcuni degli allievi promossi cominciarono ad andarsene, accompagnati dai loro supervisori jonin. Circa una mezz'ora dopo il termine della cerimonia, erano rimasti in 9 nella stanza. Si guardò intorno: c'erano Sasuke, Sakura Haruno, Ino Yamanaka, Shikamaru Nara, Choji Akimichi, Kiba Inuzuka, Shino Aburame... e Hinata.
Hinata... Ricordava benissimo quegli occhi perlacei, che ogni tanto sorprendeva a osservarlo di nascosto. Il ricordo di quel giorno di quasi 6 anni prima era ancora vivido nella sua mente. La prima volta che aveva usato la sua abilità segreta. Il giorno in cui l'aveva conosciuta. C'erano tanti motivi per cui quella giornata era rimasta impressa a fuoco nella sua memoria, ma il più forte era quello: il suo viso, i suoi capelli, i suoi occhi. Tutto di lei lo attraeva in un modo per lui incomprensibile. I loro sguardi si incrociarono, per quella che parve un'eternità...


"Oh, no, mi sta guardando... Che faccio? Non svenire, Hinata, non svenire..."
Sentiva di essere arrossita, ma non riusciva a distogliere lo sguardo da quegli occhi azzurro cielo. Da quando l'aveva salvata da quei bulli, ormai erano passai circa 6 anni, non era passato giorno senza che lei pensasse continuamente a lui. Ai suoi capelli biondo grano, ai suoi occhi profondi come il mare, al suo sorriso abbagliante. Passava tantissimo tempo a osservarlo di nascosto, senza mai avere il coraggio di avvicinarsi. Persino ora, che la stava solo guardando, il suo cuore era andato in fibrillazione, e sentiva il viso andare a fuoco.
Era sempre stata innamorata di Naruto Uzumaki, ma la sua dannata timidezza non le aveva mai permesso di avvicinarsi a lui e conoscerlo. E così si ritrovava a guardarlo da lontano, sperando ogni giorno che si accorgesse di lei. Ogni tanto lui l'aveva scoperta a osservarlo, in quei momenti lei arrossiva come un pomodoro. A volte, in quelle occasioni, le era sembrato che lui le rivolgesse un sorriso, ma era sicura di averlo solo immaginato. In fondo, perchè mai uno come lui avrebbe dovuto accorgersi di una ragazza insignificante come lei? Neanche suo padre la degnava mai di attenzione...

Quel lungo scambio di sguardi fu interrotto dal rumore della porta che si apriva di nuovo: entrarono due jonin, uno con la tipica divisa a giacca verde, l'altra vestita praticamente solo di bende. Naruto riconobbe uno di loro: era lo zio Asuma, il figlio del Sandaime. Non conosceva la donna che era entrata insime a lui, ma ogni tanto l'aveva vista insieme ad Asuma. Sospettava che ci fosse qualcosa tra loro, ipotesi avvalorata dagli sguardi che i due si scambiavano.

«Choji Akimichi,...» comiciò a chiamare Asuma, con una sigaretta tra le labbra «...Shikamaru Nara e Ino Yamanaka» i tre ragazzi chiamati si alzarono e lo raggiusero 
«Io sono Asuma Sarutobi, e da oggi sarò il vostro sensei. Da adesso, voi siete il team 10!»
Detto ciò, i quattro uscirono dalla stanza.
«Kiba Inuzuka, Shino Aburame e Hinata Hyuga, avvicinatevi» chiamò la donna, facendo alzare i tre. 
Sorrise: «Io sono Kurenai Yuhi, e sono la vostra sensei. Insieme, siamo il team 8.»
Hinata si voltò verso Naruto. Peccato, le sarebbe tanto piaciuto finire in squadra con lui...
I tre ragazzi cominciarono ad avviarsi, ma prima di uscire Kurenai si rivolse agli ultimi tre rimasti: «Sasuke Uchiha, Sakura Haruno e Naruto Uzumaki, voi siete il team 7. Il vostro sensei ha avuto un piccolo contrattempo, ma dovrebbe arrivare tra pochi minuti. Aspettatelo qui dentro.» Dettò ciò, seguì i suoi allievi.


Naruto e Sasuke si scambiarono uno sguardo, e un mezzo sorriso increspò le loro labbra. Dopotutto, erano contenti di essere in squadra insieme. Sasuke era uno dei pochissimi che trattava Naruto come un amico, e Naruto era l'unico che Sasuke rispettava tra quelli del loro anno. Lo stesso non potevano dire per Sakura...
La ragazza dai capelli rosa e gli occhi verde smeraldo era da sempre innamorata di Sasuke... come tutte le ragazze dell'Accademia. L'unica che non aveva mai provato interesse per Sasuke era Hinata, e col tempo tutti avevano capito il perchè. Sakura faceva parte di quel gruppo di oche che tormentavano Sasuke, credendo di attirare la sua attenzione, e finendo invece per infastidirlo. Naruto ricordava benissimo la prima volta che Sakura gli aveva parlato, la rabbia e il fastidio che aveva provato quella volta erano ancora vivi in lui...

*Flashback*
Erano passati pochi giorni dallo sterminio del clan Uchiha. Sasuke non voleva mai fare nulla, non parlava con nessuno. In quel periodo persino il suo rendimento all'Accademia era calato, ma i maestri lo capivano benissimo. Ci sarebbe voluto tempo per riprendersi da un trauma del genere. L'unico che riusciva a fare breccia nel guscio in cui Sasuke si era chiuso, era proprio Naruto. Con quel gesto fraterno, quell'abbraccio inaspettato che aveva fatto capire a Sasuke di non essere solo, si era guadagnato il disprezzo e l'invidia di tutte le ragazze dell'Accademia. Perchè lui riusciva ad avvicinarsi a Sasuke e loro no? A volte le sorprendeva a guardare verso di lui e poi confabulare tra loro. Andò avanti così per giorni, fino a quando una di loro non si avvicinò a lui. Era proprio Sakura, inconfondibile con la sua capigliatura rosa chiaro. Mentre le altre la osservavano da lontano, lei con aria scocciata si rivolgeva al biondo.
«Scusa... N-Naruto, giusto?» Naruto la osservò incuriosito. Neanche era sicura di come si chiamasse, perchè gli rivolgeva la parola? Nessuno lo faceva mai... Poi notò la sua aria scocciata: evidentemente avevano deciso in gruppo di mandare avanti lei, che non doveva essere molto d'accordo. Che mucchio di oche, false come monete di legno...
«Ecco, volevamo... ehm, volevo chiederti...» a Naruto non sfuggì la correzione, a ogni parola il suo fastidio aumentava 
«Beh, come fai ad essere amico di Sasuke? Noi ci proviamo da anni a piacergli, ma non sappiamo come dobbiamo fare...» Questo era troppo.
«Continuate così, e state certe che non ci riuscirete mai» rispose con tutto il disprezzo di cui un bambino di 6 anni era capace. Sakura lo guardò a bocca aperta, sorpresa da quell'atteggiamento così ostile.
«Per voi è solo il figo della scuola, non avete alcun rispetto per quello che prova. Così non fate altro che allontanarlo da voi. E sono contento di questo.» in queste ultime parole il disprezzo era al massimo «Sasuke sta molto meglio senza voi che gli ronzate intorno».
Sakura, profondamente offesa da ciò che Naruto gli aveva detto, tornò dalle altre arrabbiatissima. Fatto sta che da quel giorno nessun'altra di quelle oche avvicinò più Naruto. Meglio, pensava lui, così non lo avrebbero tormentato su Sasuke. Certe persone era meglio perderle che trovarle. 
*fine flashback*


Sicuramente anche lei ricordava quell'episodio, ed era evidente ciò che provava essendo finita in quella squadra. Tanta era la felicità per essere insieme a Sasuke, quanto il fastidio di trovarsi anche con Naruto. Anche Sasuke ricordava quel giorno, e aveva apprezzato enormemente il gesto dell'amico, anche se si era rivelato inutile: quelle oche avevano continuato a tampinarlo. E Naruto aveva avuto ragione su tutta la linea: più lo tormentavano, meno le voleva intorno. Averne una in squadra adesso sarebbe stato una seccatura non da poco. Sperava che almeno fosse capace di qualcosa...


Erano passate due ore, ma il loro maestro non si era ancora fatto vivo. Dove diavolo era finito?! Kurenai aveva detto pochi minuti! Al limite della sua sopportazione, Naruto ebbe un'idea per fargliela pagare: prese un cancellino dalla lavagna, uno particolarmente sporco di gesso, e lo incastrò sulla porta, così che il primo che l'avesse aperta si sarebbe trovato i capelli pieni di gesso.
«Così impara ad arrivare tardi...» disse fra sè.
Sasuke lo osservò, e un mezzo sorriso increspo la sua espressione apatica, nell'immaginare la scena. Sakura invece era scettica. "Che idea stupida, non funzionerà mai. Un jonin non si farebbe mai fregare così..."
Neanche il tempo di formulare quel pensiero che la porta si aprì, e un uomo sui trent'anni, con capelli argentei, il coprifronte abbassato sull'occhio sinistro e una maschera a coprire naso e bocca entrò. Il cancellino piombò sulla sua testa, liberando una nuvoletta di polvere bianca, con sommo stupore della rosa.
"Non ci credo... Ci è cascato davvero!"
Sasuke sorrideva divertito, mentre Naruto, sogghignando, disse: «Così impara ad arivare in ritardo!»
L'uomo li squadrò uno ad uno. «Vi conosco da neanche dieci secondi, ma già vi detesto.»
La sua sentenza lapidaria li lasciò di sasso. "Wow, che bell'inizio..." pensò Sasuke.
L'argenteo si voltò verso l'uscita. 
«Venite con me». Il suo tono non ammetteva repliche.
I tre non se lo fecero ripetere e lo seguirono.

Raggiunsero il tetto di un edificio poco lontano, e si sedettero, i tre affiancati e l'uomo davanti a loro.
«Bene, io sono il vostro maestro. Per prima cosa, vorrei che vi presentaste. Parlatemi un po' di voi: i vostri gusti, ciò che vi piace e che non sopportate, i vostri sogni e/o obiettivi.»
«Mi scusi maestro» a parlare era stata la rosa «Ma, visto che è il più grande di noi, non dovrebbe presentarsi lei per primo?»
«Tu dici? D'accordo.» Si alzò 
«Il mio nome è Kakashi Hatake. Non ho gusti in particolare. Mi va a genio chi si impegna senza perdersi in chiacchiere, e non sopporto i fannulloni. Non avrebbe senso parlarvi dei miei sogni, ma di obiettivo, in questo momento, ne ho uno solo, ed  è insegnare a voi ad essere dei buoni shinobi. E intendo portarlo a termine, con le buone o con le cattive.»
Detto ciò, di risedette. "È uno che va dritto al sodo" fu l'opinione simile che ebbero Naruto e Sasuke di lui. Era simpatico a entrambi. "Praticamente ci ha detto solo come si chiama..." pensò invece Sakura infastidita.
«Bene, ora tocca a voi» Guardò Naruto «Comincia tu, biondino.»

Naruto si alzò: «Il mio nome è Naruto Uzumaki. Tra le cose che mi piacciono c'è sicuramente il ramen.» Oh, si, di quello ne andava pazzo... «Mi piace la sincerità, non sopporto chi dice le bugie, e odio chi parla e giudica senza sapere.» Qui la frecciata rivolta a chi, nel villaggio, lo trattava come un mostro era più che evidente. Naruto osservò attentamente le reazioni del maestro. Non ne era sicuro, a causa di quella maschera, ma non sembrava avere un atteggiamento ostile verso di lui. 
«Ho diversi obiettivi» continuò «Voglio sapere tutto ciò che posso sui miei genitori, dato che non li ho mai conosciuti. Voglio imparare il più possibile, così da poter proteggere i miei amici. E il mio sogno, è di diventare Hokage, e raggiungere la fama e il livello dello Yondaime. Beh, credo sia tutto.» e si risedette.
Kakashi mantenne un'espressione neutra, mentre dentro di sè era soddisfatto di ciò che aveva appena sentito. Il maestro Minato ne sarebbe stato orgoglioso, sia come Hokage che come padre. 
«Va bene, tocca a te, ragazzina.»

Sakura si alzò: «Il mio nome è Sakura Haruno. Non ho particolari gusti in materia di cibo, mi piace mangiare un po' di tutto. Mi piace chi riesce a diventare il migliore in qualcosa, e non sopporto gli invidiosi.» Impossibile ignorare la frecciata rivolta a Naruto (il quale la ignorò bellamente) e l'adulazione rivolta a Sasuke (che alzò gli occhi al cielo, già stufo di quella rompiscatole). «Il mio sogno è... ecco... No, i miei obiettivi... beh...» Era arrossita, e alla fine si risedette senza aggiungere altro. No comment.

Kakashi fece un gesto d'assenso, e guardò l'Uchiha, che iniziò a parlare senza nemmeno alzarsi.
«Il mio nome è Sasuke Uchiha, e sono l'ultimo del mio clan.» 
A Kakashi non sfuggì questa affermazione, addirittura rinnegava il fratello come membro del suo clan... 
«Ci sono molte cose che odio, e non me ne piace nessuna in particolare. Diciamo che mi va a genio chi è in grado di capire senza bisogno di parlare.» fece una pausa «Ho un sogno, ma... beh, non lo definirei così, perchè so che lo realizzerò. Io farò rinascere il mio clan. E poi, c'è una persona che ho giurato...» Durante le ultime parole, lo Sharingan brillò nei suoi occhi «...di uccidere.».
Kakashi non battè ciglio. Al villaggio era risaputo dell'odio che il minore degli Uchiha provava verso suo fratello maggiore. Come biasimarlo, dopotutto... Nessuno supererebbe facilmente una simile esperienza...

«Bene, ora che ci siamo presentati, vi informo che voi non siete ancora dei genin.»
Un attimo di smarrimento, poi i tre cominciarono a protestare.
«Come sarebbe non siamo ancora genin? Abbiamo passato l'esame!» Naruto sembrava piuttosto contrariato.
«Quello che avete sostenuto era un esame che attestava che avevate imparato tutto ciò che c'era da imparare all'Accademia. Ma a decidere se diventerete o no dei genin sarà il vostro maestro. Nel vostro caso, io. È per questo che non tutte le squadre di allievi che escono dall'Accademia diventano ninja. La selezione è durissima. La media annua è di 4 squadre promosse su 12.»
Li guardò sbiancare, godendosi l'effetto che faceva quella prospettiva su di loro.
«Domani mattina si svolgerà la vostra prova.» Disse alzandosi e incamminandosi verso le scale «Fatevi trovare alle sette in punto al campo di allenamento n°7.» Si fermò. «Ah, vi dò un consiglio...» Disse rivolgendogli un ultimo sguardo «... non mangiate». Detto ciò, sparì in una nuvoletta di fumo. 


"L'incontro con il sensei non è stato molto entusiasmante. Anche se sembra forte, dovrebbe cercare di legare con noi, anzichè spaventarci..."
Questi erano i pensieri di Naruto mentre tornava a casa. Era abbastanza preoccupato, non voleva tornare in Accademia, non ora che ce l'aveva fatta ad uscirne. Ma un rumore alle sue spalle lo fece riscuotere dai suoi pensieri. Senza fermarsi, guardò dietro di sè con la coda dell'occhio. Poi ridacchiò tra sè. Tipico di Hinata, anche se non erano più in Accademia, continuava a osservarlo da lontano. In quel momento, senza pensarci, decise di parlarle. Non sapeva perchè, ma sentiva che era la cosa giusta da fare. Così, appena svoltò un angolo, creò velocemente un clone che andasse avanti al posto suo, mentre lui si nascose, e si avvicinò alle spalle di Hinata senza farsi sentire.
Erano arrivati vicino casa, e il clone si fermò lì davanti, Hinata lo osservava da dietro un albero, e Naruto era dietro di lei, a pochi centimetri di distanza. Poi, il clone ridacchiò tra se, e svanì in una nuvoletta di fumo. 
«C-Cosa? Era un clone?»  bisbigliò Hinata tra sè.
«Già, mi è riuscito piuttosto bene, vero?»
Hinata si girò lentamente al suono di quella voce, con il volto in fiamme. 
«N-Naruto...» Lo fissò negli occhi, mentre lui, a pochi centimetri da lei, si perdeva nei suoi occhi perlacei. Poi, di punto in bianco, Hinata svenne.
«E no, dai!» Naruto l'aveva presa al volo prima che si schiantasse al suolo. La prese in braccio, la portò all'ombra di un albero lì vicino e si sedette contro il tronco, con lei poggiata sulle sue gambe, aspettando che si svegliasse.

Dopo qualche minuto, le palpebre della mora tremolarono e si riaprirono. Lei si tirò su spaesata. 
«Finalmente! Mi hai fatto preoccupare, sai?» Lei sussultò, rendendosi conto di dove si trovava: all'ombra di un albero, seduta sulle gambe di Naruto! Fece per alzarsi, ma il biondo la trattenne, sorridendo.
«Resta pure comoda, non mi dai fastidio. E non c'è bisogno di essere così nervosa, non mordo mica, sai?»
Il suo sorriso a trentadue denti normalmente avrebbe fatto arrossire Hinata ancora di più, ma stranamente in quel momento ebbe l'effetto di tranquillizzarla. 
«A-Allora... p-possiamo rimanere q-qui a-ancora per un p-po'?»
Naruto la fissò, rendendosi conto, ora più che mai, di quanto fosse bella. 
«Possiamo stare così tutto il tempo che vuoi, mi fa piacere stare con te.»
Disse con un gran sorrisone. Hinata era al settimo cielo. Naruto aveva appena detto che gli faceva piacere passare del tempo con lei! Temette di stare sognado, ma con un pizzico si rese conto che non era così. Come faceva il villaggio ad odiarlo? Era così gentile...

«Piuttosto...» iniziò il biondo «...mi dici perchè mi stavi seguendo? Ho sempre notato che mi guardavi di continuo, anche all'Accademia...»
Naruto si era deciso a chiederglielo, ma aveva paura di aver sbagliato, perchè la ragazza abbassò lo sguardo, iniziando a giocherellare con una ciocca di capelli. 
«B-Beh, ecco... I-Io t-ti guardavo s-sempre, p-perchè ti a-ammiravo... n-nessuno era mai c-carino con te, m-ma tu n-non hai mai perso la tua g-gentilezza. E p-poi mi r-ricordo di quella v-volta che mi hai s-salvato... da quei b-bulli...»
Naruto la studiò con lo sguardo, inclinando leggermente la testa di lato. Poteva quasi sentire il calore del suo volto. 
«Sei una ragazza strana, lo sai?»
Hinata ebbe un reazione triste a quelle parole. Sperava tanto di essere riuscita a farsi notare da lui, ma a quanto pare la considerava strana, come tutti gli altri...
«Ma, a dir la verità, mi piacciono molto le persone come te» 
Disse con un sorriso a trentadue denti, capace di toglierle il fiato. Hinata sentiva che stava letteralmente per esplodere dalla felicità. 
Con un coraggio che nemmeno lei credeva di avere, rispose: «G-Grazie, a-anche tu mi s-sei sempre p-piaciuto...» Non ci credeva di averlo davvero detto. Non era una dichiarazione, ma c'era andata vicina. 
Naruto avrebbe tanto voluto restare un altrò po' con lei, ma si rese conto che si era fatto tardi. A malincuore, dovette alzarsi.
«Mi dispiace Hinata, mi piacerebbe stare ancora un po' qui con te, ma devo andare. Si sta facendo tardi, e credo che anche tu dovresti tornare a casa.»

A lei dipiacque doversi alzare, ma Naruto aveva ragione: se non fosse tornata rapidamente a casa, suo padre si sarebbe arrabbiato. Poi accadde qualcosa di imprevedibile, che la colse di sorpresa. Con una mossa che neanche lui credeva di poter compiere, Naruto le diede un bacio sulla guancia. Lei lo guardò sbalordita, non ci credeva. Naruto le aveva appena dato un bacio! Impietrita, si tocco quel punto, sentendolo prendere fuoco. 
«Ci vediamo presto, spero che la prossima volta potremo passare insieme un po' più tempo!» e rientrò in casa. 
Hinata aveva appena avuto la giornata più bella della sua vita. Si riavviò verso casa colma di felicità. Quella notte, lo sapeva, avrebbe rivissuto quei momenti, e non vedeva l'ora di addormentarsi per farlo.

Hiruzen aveva osservato dalla finestra la scena che si era svolta davanti casa, con un enorme sorriso sulle labbra. 
"Bravo Naruto, hai cominciato a capire quello che provi per quella ragazza. Spero proprio che riuscirete ad essere felici insieme. Intanto, potrei fare due chiacchiere con Hiashi Hyuga, così, giusto per darti una mano..."
I suoi pensieri furono interrotti dal suono della porta.
«Sandaime! Sono a casa! Dove sei? Ti devo raccontare un sacco di cose!»
Hiruzen sospirò. Anche quella sera il piccolo Naruto, che ormai tanto piccolo non era più, lo avrebbe tenuto sveglio fino a tardi...




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Capitolo 6
*** La Prova dei Campanelli ***


La Prova dei Campanelli


Naruto controllò un'ultima volta di aver preso tutto. Kunai, shuriken, carte bomba e fumogeni erano nella sua piccola borsa. Quella prova era troppo importante per fallirla, non voleva lasciare nulla al caso. Non fece colazione, come aveva consigliato Kakashi, e si avviò alla porta. Ma prima che potesse aprirla il Sandaime lo chiamò.
«Fa attenzione Naruto» Il biondo si voltò a guardarlo, attento. «La prova del maestro Kakashi non serve a valutare le vostre capacità, ma qualcosa di molto più importante. Se capirai di cosa si tratta, ce la farai.» concluse con un sorriso incoraggiante.
«Non preoccuparti, Sandaime. Ce la farò» disse il biondino, carico come non mai.

In pochi minuti arrivò in vista del campo n° 7, dove vide che Sasuke era già arrivato. In breve arrivò anche Sakura, che non lo degnò di un saluto. Quanto poteva essere insopportabile quella ragazza... Erano le sette meno cinque, erano in perfetto orario. Loro. Ma a quanto pare, il loro sensei aveva il vizio di non arrivare puntuale... Passarono oltre un'ora e mezza in attesa del maestro, che si presentò, come se niente fosse, oltre le 8 e mezza.
«È in ritado maestro!!» Sakura era arrabbiatissima. Naruto pensava che quella ragazza avesse seri problemi. Se bastava così poco per farla arrabbiare così, doveva essere una pazza isterica...
«Non perdiamo tempo, ragazzi...» Disse il maestro.
"Da che pulpito..." fu il pensiero comune.
Kakashi estrasse dalla tasca dei pantaloni due piccoli campanelli, e se li allacciò alla cintura.
«La prova è molto semplice: avete tempo fino a mezzogiorno per rubarmi questi campanelli. Se non ci sarete riusciti per quell'ora, avrete un'altra possibilità nel pomeriggio, ma uno di voi verrà legato, e salterà il pranzo.» ecco perchè non li aveva fatti mangiare, che sadico... 
«Chi non riesce ad avere nelle sue mani un campanello, torna in Accademia. MI sembra semplice, ci sono domande?» La maschera copriva il ghigno che si era formato sul suo volto. Era sempre un piacere vedere le facce degli apprendisti quando capivano cosa dovevano fare.
«M-Ma, mi scusi.» Iniziò Sakura, con un terribile sospetto. «Non dovrebbero esserci tre campanelli, uno per ciascuno?»
«No, la prova prevede questo.» fu la sua risposta secca.
«Il che vuol dire... che uno di noi tornerà comunque in Accademia?» Fu Naruto ad arrivarci per primo. 
«Esatto. Solo i migliori superano questa prova. Nel mondo degli shinobi non esiste pietà per i più deboli: o stai al passo, o cadi. Via!»


Un attimo di smarrimento, poi i tre si guardarono, e si mossero i tre direzioni diverse, andando a nascondersi nella boscaglia circostante. Tutti e tre aveva evitato di attaccarlo subito, preferendo studiare prima le sue mosse.
Sakura vide il nascondiglio di Sasuke, e gli si avvicinò senza farsi notare dal maestro.
«Ehi, Sasuke.» Lo chiamò a bassa voce «E se collaborassimo e prendessimo io e te i due campanelli? Naruto se la vedesse da solo.»
«E tu dovresti essere mia compagna di squadra? Incoraggiante direi... »
Sakura sbiancò. Non lo aveva visto, ma Naruto era dietro di lei. Come aveva fatto ad avvicinarsi così silenzionamente?! Che figura...
«Qualcuno di voi due conosce quell'uomo? Ho sentito parlare di lui, ma non so quali siano le sue capacità» Domandò Naruto agli altri due, sorvolando sulla figuraccia della rosa, che a quella domanda scosse la testa. 
«Io so qualcosa» Disse Sasuke, e gli altri si voltarono verso di lui, prestando la massima attenzione. «Se non ricordo male, quando mio fratello entrò nelle ANBU, fu lui ad addestrarlo. Non so di cosa è capace, ma se era un'addestratore delle forze speciali, sicuramente non è un avversario alla nostra portata...»
Naruto non poteva che essere d'accordo. C'era qualcosa che gli sfuggiva: perchè sottoporli ad una prova per loro impossibile? Cosa voleva dimostrare? Cosa voleva mettere alla prova? E poi, l'illuminazione.

«Sasuke ha ragione!» 
Gli altri due lo guardarono incuriositi, che avesse avuto un'idea?
«Ascoltate, è logico che non possiamo affrontarlo da soli. È questo che vuole da noi, vuole vederci collaborare!»
«Ma allora perchè ha solo due campanelli? Anche se collaborassimo, uno di noi verrebbe bocciato.» obiettò Sakura.
«Forse è solo quello che vuole farci credere» Rispose Sasuke, che aveva capito dove l'amico voleva andare a parare. «Un trucco per dividerci e metterci l'uno contro l'altro.» 
«E poi, non ha detto "chi non prende un campanello viene bocciato", ha detto "chi non riesce ad averlo tra le mani", quindi forse basta che uno di noi li prenda e poi li passi agli altri due! Così ognuno di noi avrà avuto un campanello tra le mani!» Spiegò Naruto.
«Ok, ammettiamo che questa ipotesi sia giusta» Cominciò Sakura. Si sentiva una stupida per non averci pensato, e si sentiva in colpa per quel tentativo così meschino di escludere Naruto. «Il problema principale però è lo stesso: come facciamo a prenderli?»
«Dobbiamo organizzarci bene in base alle nostre capacità» Cominciò Sasuke, e Naruto lo lasciò parlare. Era consapevole che nel creare strategie Sasuke era molto più bravo di lui, quindi decise di fidarsi. «Io so usare l'Arte del Fuoco, e Naruto i cloni. Tu cosa sei in grado di fare?» chiese rivolgendosi a Sakura.
«Beh, io non conosco tecniche di attacco, però so usare un paio di arti illusorie, e una tecnica accecante.»
«Una tecnica accecante?» Chiese Naruto, mentre un piano prendeva forma nella mente di Sasuke. 
«Si, posso usarla per abbagliarlo. Sarà come se guardasse dritto verso il sole.»
«Perfetto, ho un piano. Ascoltatemi...» E iniziò a spiegare il suo piano d'attacco. 

«Che ne dite?» chiese una volta finito di spiegare.
«Mi sembra ottimo, ma ho un piccolo suggerimento per migliorarlo.»
«Cioè?»
Naruto si schiarì la voce.
«Il piano è perfetto così com'è, ma tu e Sakura trasformatevi in me, così vi confonderete tra i miei cloni, e non capirà chi cercherà di fregarlo. Dopotutto, anche lui non conosce le nostre capacità.»
«È un'ottima idea. Perchè non ci ho pensato io?»
«Perchè più teste sono meglio di una» rispose Naruto con un ghigno. 
«Ok, facciamolo!»


Mancavano pochi minuti allo scadere del tempo, e nessuna offensiva seria era ancora stata tentata da quei tre. Ogni tanto, Kakashi aveva respinto l'attacco di alcuni cloni di Naruto, ma l'originale non era mai uscito allo scoperto.
"Interessante, ha mandato avanti i suoi cloni per capire come mi muovo. È furbo quel ragazzino..."
Sentì un movimento tra le piante lì vicino, e capì che quei tre stavano per muoversi. "È il momento, vediamo cosa sono in grado di fare..."
Ma ciò che vide lo colse comunque di sorpresa: un'infinità di cloni di Naruto lo accerchiò, spuntando da tutte le piante intorno a lui, e lo attaccarono tutti insieme.
"Ma quanti cloni riesce a creare? Deve avere una quantità di chakra spaventosa!"
Con un'acrobazia, riuscì a evadere da quell'accerchiamento, ma un Naruto più lontano degli altri lo attaccò ripetutamente da una certa distanza, in un modo che non si sarebbe mai aspettato: «Arte del fuoco: Tecnica della Palla di Fuoco Suprema!»
"Cosa? Ha solo dodici anni e già sa usare la manipolazione della natura?!"
Le palle di fuoco che lo bersagliavano lo obbligavano a fronteggiare la folla di cloni, senza che riuscisse ad allontanarsi. A un certo punto, alcuni cloni si aggrapparono alle sue braccia, rallentandolo. Un'ombra oscurò il suo campo visivo. Alzò gli occhi: un altrò Naruto gli stava piombando addosso, con una mano avanti e un pugno caricato all'indietro. I cloni appesi alle sue braccia lo rallentavano, ma tenne lo sguardo puntato sull'Uzumaki in caduta libera verso di lui, pronto a schivare il colpo. Poi, però, vide un ghigno formarsi su quel volto segnato da quegli strani baffetti sulle guancie.
«Tecnica del Lampo Accecante!» 
Lì, Kakashi capì: il pugno caricato era solo un diversivo, per sviare la sua attenzione dalla mano portata avanti e costringerlo a guardare per difendersi: volevano accecarlo! Quel Naruto però non aveva calcolato il giusto tempismo: era partito con la sua azione con troppo anticipo, e gli aveva dato il tempo di distogliere lo sguardo e liberarsi dalla presa degli altri cloni. Con un movimento rapidissimo, si liberò e atterrò tutti cloni rimasti, lanciando una corda con dei pesi alle estremità contro quello che era rimasto lontano ad attaccarlo col fuoco. Alla fine, i tre Naruto rimasti caddero a terra, due con un bernoccolo e uno legato come un salame. Quello legato si trasformò in Sasuke, uno degli altri due in Sakura.
«Mi dispiace, tempo scaduto.»


I tre si rialzarono, Sasuke liberandosi da quella corda. Kakashi li guardò ammirato: nessuno dei suoi precedenti allievi era mai riuscito a creare un piano del genere e a collaborare così alla perfezione. Se non fosse stato per quell'errore di tempistica da parte di Sakura, ce l'avrebbero fatta.
«Andate a sedervi lì» indicò dei pali di legno conficcati a pochi metri da lì.
I tre si sedettero, e Kakashi cominciò a parlare: «Sono abbastanza sorpreso, avete messo su un piano d'attacco eccellente. L'idea di confondermi facendo trasformare Sasuke e Sakura in Naruto per farli confondere con i cloni è stata geniale, mi avete colto di sorpresa. Ma purtoppo, non ce l'avete fatta. Riproverete nel pomeriggio. Ora potete mangiare.» Mentre parlava, tirò fuori dalla sua borsa due confezioni di cibo, e le diede a Naruto e Sasuke. Poi un suo clone spuntò dal nulla, e colse di sorpresa Sakura, afferrandola da dietro e legandola a uno dei pali.
«Sakura, è stato un tuo errore a far fallire il vostro piano, quindi sarai tu a non mangiare. E voi due...» Disse rivolgendosi agli altri due «Non osate darle qualcosa. Nel mondo degli shinobi, rispettare le regole è tutto. La vostra regola è questa. Se qualcuno di voi dà da mangiare a Sakura, verrete tutti bocciati immediatamente.» Detto ciò, sparì.

Naruto e Sasuke si sedettero e iniziarono a mangiare, in silenzio. Sasuke riusciva a sentire lo stomaco di Sakura chiedere pietà. Dopo qualche minuto, sia lui che Naruto avevano finito circa 2/3 del pasto. 
«Pss!» Naruto lo chiamò a bassa voce. Sasuke incrociò il suo sguardo. Naruto indicò prima i suoi occhi, poi l'ambiente circostante. Sasuke capì al volo: attivò lo Sharingan e controllò intorno a loro. Non percepiva nessun chakra nelle vicinanze.
«Via libera.»
Contemporaneamente, si alzarono e si avvicinarono a Sakura, e Naruto le offrì un boccone. 
«Ragazzi... ma.. che state facendo?! Se il maestro vi vede ci boccia tutti!»
«Se non collaboriamo non riusciremo mai a prendere quei campanelli. Abbiamo bisogno anche del tuo aiuto, e se sei senza forze non ce la faremo mai. A quel punto, non varrebbe la pena affrontare la prova con la certezza di fallire.» Gli occhi di Sakura si illuminarono di gratitudine mentre iniziava a mangiare, un po' da uno, un po' dall'altro.
«Naruto... grazie... E... scusami per quello che ho detto prima...» Si sentiva un verme. Lei aveva cercato di escluderlo, e lui stava rischiando tutto per aiutare la squadra. 
«Figurati» disse lui con un mezzo sorriso.

Ma, in quel momento, un boato li sorprese alle spalle, e il maestro Kakashi apparve in una nuvola di fumo, l'espressione più minacciosa che mai. 
«Vi avevo vietato di aiutarla. Avete infranto le regole.» Disse con voce glaciale, perciò ancora più spaventosa.
Naruto però non si lasciò intimorire: «Si, l'abbiamo fatto, e allora? Io non abbandono i miei compagni! Se per essere promosso devo tradire i miei amici, preferisco rimanrere genin a vita!»
Kakashi lo guardò incuriosito.
«Ah, dunque è così che la pensi...» e chiuse un attimò gli occhi. Restò così per quelle che parvero ore. Lentamente, la sua espressione si fece serena. «Siete promossi.»
Un'attimo di incredulità, poi...
«Eeehh?!?» dissero all'unanimità.
«Siete promossi.» ripetè Kakashi, riaprendo gli occhi, stavolta era evidente che stesse sorridendo. 
«È vero, nel mondo dei ninja, chi infange le regole è considerato feccia. Ma chi abbandona i propri compagni, è feccia della peggior specie. Non avete esitato a mettere a repentaglio la missione pur di aiutare un vostro compagno. Questo è il vero spirito di un ninja. Congratulazioni! Ci vediamo domani mattina alle 8:00, per il nostro primo allenamento.» E sparì in una nuvoletta di fumo.
I tre esultarono, mentre i due ragazzi liberavano Sakura, dopo averle fatto un piccolo scherzo: se ne stavano andando, lasciandola lì legata come un salame. Poi Sasuke aveva avuto un po' di pietà, ed erano tornati a slegarla.


Due figure avevano osservato la prova da lontano, nascosti nella fitta boscaglia.
«Non credevo che ci sarebbero arrivati subito. Tu e Orochimaru avete litigato per tutto il tempo della prova, e alla fine ci sei finito tu legato. Te lo ricordi, Jiraiya, vero?»
L'uomo chiamato Jiraiya, un ninja alto e robusto, con dei lunghi e irti capelli bianchi e un grosso rotolo a tracolla, rispose imbarazzato: «Maestro, non c'è bisogno di ricordarmi quella figuraccia, ci ha pensato Tsunade per anni...» Hiruzen ridacchiò al ricordo di quelle tre pesti. 
«Però devi ammettere che Naruto ha il talento e il cervello di suo padre, oltre al carattere di sua madre.»
«Già, è un piacere vedere come l'ha cresciuto, sensei. Crede che ormai sia pronto?»
Hiruzen si girò a guardare il biondino, che insieme ai due compagni stava lasciando il campo e si dirigeva verso il villaggio. Aveva dimostrato grande maturità, e aveva perdonato subito quella ragazza che lo aveva trattato così male.
«Si. È pronto. Stasera potrà sapere la verità. Vieni a casa mia verso le 20:00. Non sarà una passeggiata parlargli, è difficile prevedere come reagirà.»
«Se non le dispiace, vorrei farlo io. Dopotutto sono il suo padrino, è mio dovere.»
«D'accordo.» acconsentì Hiruzen. 
«A stasera» "Speriamo che vada tutto bene..."



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Capitolo 7
*** L'Eremita Dei Rospi ***


L'Eremita dei Rospi


La prova era stata dura, nonostante fosse durata poco. Quindi, per riprendersi, non c'era niente di meglio di una bella ciotola di ramen di Ichiraku. O magari due. Forse anche tre...
Dopo una gigantesca abbuffata, per la felicità del gestore del locale, Naruto si mise a raccontare a Teuchi ciò che era successo durante la prova. Quell'uomo era diventato un ottimo amico e confidente del biondo, oltre che la sua inesauribile fonte di ramen.

Era passata da un po' l'ora di pranzo, e Naruto, ormai sazio, cominciò a dirigersi verso casa. Voleva raccontare al vecchio Sandaime come era andata la prova, dato che era ancora in attesa di novità. Ma una volta entrato in casa, trovò il vecchio Hokage in compagnia di un altro uomo, che era sicuro di non aver mai visto.
«Ciao Naruto! Kakashi mi ha detto come è andata la prova, sono molto felice che tu l'abbia superata.»
«Grazie Sandaime, ma chi è questo signore?»
L'uomo si alzò. Era piuttosto alto, vestito di un kimono rosso sopra un abito di colore grigio-verde. I capelli bianchi erano irti e lunghi fino alla schiena, sulla quale portava un grosso rotolo a tracolla. Sulla fronte portava un coprifronte piuttosto elaborato, con due piccoli corni e il kanji "olio".
«Ciao Naruto. Il mio nome è Jiraiya, ma sono meglio conosciuto come L'Eremita dei Rospi.»
In effetti, aveva senso, pensò Naruto. Il suo aspetto buffo ricordava un po' quello di un rospo.
«Piacere di conoscerti»
Il Sandaime riprese la parola: «Siediti Naruto, io e Jiraya vorremmo parlarti di un paio di cose piuttosto importanti.»


Incuriosito, Naruto fece come gli era stato detto.
«Vedi, Naruto, lui è uno dei ninja più potenti del Villaggio della Foglia. Avrai sentito parlare dei famosi Sannin. Beh, loro tre erano i miei allievi, e lui è uno di loro. Di solito viaggia per i paesi ninja, in cerca di... ehm... "ispirazione per i suoi libri". È tornato ieri al villaggio, e aveva voglia di conoscerti.»
Solo in quel momento Naruto capì con chi aveva a che fare. I Sannin erano famosi per essere ninja estremamente potenti, anche più dell'Hokage. Se non ricordava male, la Triade Leggendaria di cui stavano parlando era nata durante l'ultima guerra, ed era composta dagli unici sopravvissuti alla battaglia contro Hanzo la Salamandra, il leader del Villaggio della Pioggia. Avere un ospite del genere in casa non era cosa da tutti i giorni.
«Ahah, la smetta maestro, così mi mette in imbarazzo!»
Naruto stava ad ascoltare: da un ninja di quel calibro, poteva solo imparare.
«Ascolta Naruto, Gli allenamenti con la tua squadra si svolgeranno di mattina. Quindi, quando non sarai impegnato in missioni, nel pomeriggio Jiraiya ti farà da maestro personale, se vorrai.»

Gli occhi di Naruto si spalancarono. Essere allenato da un ninja di quel calibro?! Era molto più di quanto avesse mai osato sperare!
«Fantastico! Con un maestro del genere, ti supererò in men che non si dica, Sandaime!»
Jiraiya rise di quell'entusiasmo. Sarebbe stato interessante allenare il figlio del suo miglior allievo. E, conoscendolo, sarebbe stato estremamente divertente...
«Questo è lo spirito giusto, ragazzo. Ma ti avverto: i miei allenamenti saranno massacranti. Se vuoi che ti renda più forte, lo farò. Ma non pensare che sarà facile, ci sarà da lavorare parecchio.»
Naruto ghignò «Non chiedo di meglio!».
«Bene, mi piace il tuo entusiasmo. Che ne dici se andiamo a fare un giro insieme, per conoscerci un po' meglio?»
«Ok, cinque minuti che mi cambio, e usciamo» E scattò verso la sua stanza.

«Fai attenzione a quello che dici, Jiraiya...» lo avvertì l'Hokage mentre aspettavano che l'Uzumaki finisse di prepararsi.
«Naruto è un bravo ragazzo, ma prende molto sul serio qualsiasi cosa riguardi i suoi cari. Se devi parlargli dei suoi genitori, fallo nel modo giusto. E questo... spetta a lui di diritto.» Con queste ultime parole, Hiruzen tirò fuori dalla veste il diario di Minato.
Jiraiya lo fissò sbalordito. Lo aveva cercato per anni, temendo che fosse andato perduto! «Dove diavolo l'ha trovato?!»
«Minato me lo affidò in punto di morte, insieme a Naruto»
«Eccomi!» Naruto era pronto.
«Bene, andiamo.» E uscirono.


Girovagarono un po' per il villaggio, curiosando tra le bancarelle. Jiraiya notava gli sguardi che la gente riservava a Naruto: lo facevano ribollire dentro. Che triste destino... Essere odiati per una colpa inesistente...
Il biondino, invece non aveva potuto fare a meno di notare come si comportava Jiraiya ogni volta che una bella donna si avvicinava a loro. Il suo atteggiamento diventava da vero pervertito, e qualcuna ne su abbastanza infastidita da dargli anche qualche schiaffo.
«Ahahah, ma non si vergogna? Credo proprio che da oggi la chiamerò Ero-Sennin!» 
Jiraya rimase di sasso. «Ma come ti permetti! Porta rispetto, ragazzino!» Ma Naruto non gli prestava attenzione. Tutta la sua serietà era andata a farsi benedire, e Naruto non perdeva occasione per prenderlo un po' in giro, cominciando anche a dargli del tu. Erano già entrati abbastanza in confidenza. 
Ogni tanto, invece di arrabbiarsi, Jiraiya la prendeva sul ridere. Anche Minato lo prendeva spesso in giro per il suo modo di fare da maniaco. Rivedere suo figlio negli stessi atteggiamenti lo faceva ripensare a lui, quindi non riusciva ad arrabbiarsi.
Il biondino girovagava tra le bancarelle, guardando distrattamente i passanti, finchè il suo sguardo cadde su qualcuno che conosceva molto bene. Con un gran sorriso, si avvicinò. 
«Ehilà, anche tu qui, Hinata?»

Sentendosi chiamare da quella voce così familiare, Hinata non pote fare a meno di girarsi, arrossendo violentemente. 
«C-Ciao Naruto! C-Che fai di b-bello?» Era abbastanza migliorata, dopo l'ultima volta. Sapere che al biondo faceva piacere stare in sua compagnia aveva fatto passare un po' del solito disagio, ma la sua timidezza ancora si faceva sentire.
«Oh, niente di particolare. Facevo una passeggiata, ti ho vista e mi sono avvicinato.» 
«E così tu saresti Naruto Uzumaki...»

Naruto si voltò verso chi aveva parlato. Si ricordava quel volto. Quel giorno, anni prima, quando aveva salvato Hinata da quei bulli, c'era anche lui.
«Piacere, io sono Ko Hyuga, e sono l'accompagnatore di Hinata.»
Anche Jiraya si avvicinò. «Ehi, ciao Ko, non ti avevo notato.»
«S-Sommo Jiraiya! Non vi avevo visto!» disse Ko con un leggero inchino.
«Ero in giro per il mercato con Naruto, e l'ho visto venire qui...»
Ko si mise a raccontare a Jiraiya della prima volta in cui Naruto e Hinata si erano incontrati, e di come anche lui avesse conosciuto in quell'occasione il biondo. L'opinione che aveva di lui Hinata era sufficiente per cancellare ogni forma di pregiudizio che poteva avere verso il biondo. Anche se custodiva il Kyuubi, Ko non aveva potuto fare a meno di notare quanto fosse educato e gentile, quindi aveva deciso di non odiarlo come tutti, ma di considerarlo un normale ragazzino.
Naruto e Hinata però non ascoltavano, erano impeganti in una conversazione abbastanza banale, ma il loro atteggiamento era più chiaro di mille parole: HInata era al limite umano dell'imbarazzo, e anche Naruto non era molto tranquillo, nonostante fosse indubbiamente felice di quell'incontro. A Jiraiya bastò poco per intuire il loro rapporto: la ragazzina era cotta del biondo, e anche quest'ultimo era attratto da lei, anche se probabilmente non se ne rendeva ancora conto. Secondo il racconto di Ko, Naruto aveva compiuto un gesto eroico verso quella ragazza dagli occhi perlati... 
Beh, dopotutto, come padrino, era suo compito aiutarlo in queste cose. Decise che in seguito gli avrebbe parlato anche di quell'aspetto.

Restarono a chiacchierare per circa una mezz'ora. Poi, Jiraiya intervenne: «Mi spiace interrompere la vostra conversazione, Naruto, ma si sta facendo tardi, dovremmo andare.»
Naruto non ne era molto felice, ma Jiraiya aveva ragione. Salutò Hinata, e si mise a seguire l'eremita.


Dopo un po', arrivarono in una radura nei pressi di uno dei campi di allenamento. C'erano diversi massi sparsi per la zona. 
«Ero-Sennin, perchè mi hai portato qui? Non c'è niente da vedere...»
«Perchè ci sono alcune cose molto importanti che devo dirti...» La sua espressione ora era diventata estremamente seria, sorvolando su quel soprannome fastidioso. 
«Siediti, dobbiamo parlare.» disse appollaiandosi su una delle rocce lì presenti. Naruto gli si sedette davanti, a terra, con le gambe incrociate.
«Quello che sto per raccontarti, riguarda i tuoi genitori.»
Naruto sgranò gli occhi, davvero quell'uomo poteva dirgli qualcosa?
«Cosa? Tu sai qualcosa sui miei genitori?»
«Si Naruto, io li conoscevo molto bene, so tutto di loro.»
Naruto pendeva dalle sue labbra: con poche parole aveva ottenuto la sua totale attenzione.
E così, Jiraiya iniziò a raccontare...




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Capitolo 8
*** Un Faro tra le Tenebre ***


Un Faro tra le Tenebre


Al termine della prova, Sasuke si diresse verso casa. Mangiò velocemente un boccone e uscì nuovamente, dirigendosi al suo luogo di allenamento personale.
Era un'ansa del piccolo fiume che attraversava il villaggio. Un luogo nascosto dalla fitta vegetazione, ricco di dislivelli e massi sparsi in giro. Gli alberi erano pieni di nodi, e le foglie cadevano di continuo. Tutti questi elementi potevano essere sfruttati come bersagli, fissi o mobili, per il lancio di shuriken e kunai. Le foglie che coprivano il terreno accidentato lo rendevano pericoloso, poiché nascondevano le varie buche e pietre appuntite. Era, in altre parole, un campo di allenamento perfetto per Sasuke, che usava combattere dalla media-lunga distanza. Lo aveva scoperto anni prima, e da allora veniva lì quasi ogni giorno.

Passò un paio d'ore ad allenarsi, stava migliorando nel lancio delle armi: riusciva a a fare centro in quasi tutti i bersagli senza bisogno di usare lo Sharingan. Quasi. C'era un ultimo bersaglio che non riusciva mai a colpire. Era un nodo presente su un tronco caduto a terra, la cui vista era coperta da un grosso masso. Dal punto in cui Sasuke lanciava, l'unico modo possibile per colpire quel bersaglio era lanciare un kunai, e poi lanciarne un altro per colpire il primo, mentre questo era ancora in volo, in modo da deviarne la traiettoria e indirizzarlo verso quel punto. Ricordava benissimo quando assisteva agli allenamenti di suo fratello, circa otto anni prima. Itachi non sbagliava mai un colpo. Itachi era infallibile. Neanche quel tiro impossibile era un problema per suo fratello. Aveva creato lui quel bersaglio così difficile da colpire, unica modifica a quel terreno che, originariamente, era già quasi perfetto. Per lui, effettuare un colpo del genere significava eguagliare il livello del fratello. Sapeva che non avrebbe mai potuto sfidarlo finché non ci fosse riuscito anche lui.
Dopo due ore di intenso allenamento si fermò su di un ramo a riprendere fiato. Era diventato semplice colpire tutti i bersagli, anche senza Sharingan. Ma neanche usando la sua arte oculare riusciva a colpire quel punto. Era frustrante.
Mentre beveva per recuperare le forze, la sua mente vagava in quel labirinto oscuro che erano i suoi ricordi di quella notte...


*Flashback*

Stava tornando di corsa dall'Accademia, dato che era in ritardo. Aveva vinto di nuovo contro Naruto, e con quello era in vantaggio di due vittorie su di lui. Era l'unico tra i suoi compagni capace di tenergli testa, e tutti assistevano sempre ai loro combattimenti. Ultimamente avevano iniziato a tenere un punteggio, che di solito tendeva alla parità. Quel giorno il biondo era piuttosto distratto, e così Sasuke aveva vinto, portandosi in vantaggio di due incontri. Da quando il padre lo allenava nell'uso dello Sharingan, i loro duelli erano diventati meno equilibrati, a suo favore. 

Era talmente immerso nei suoi pensieri, che non si accorse di essere arrivato al quartiere Uchiha. Ma c'era qualcosa di diverso nell'aria, qualcosa che gli faceva accapponare la pelle. Rallentò fino a fermarsi, e notò qualcosa di strano: non c'era nessuna luce accesa. Era ancora troppo presto perché fossero già andati tutti a dormire. E poi, non si sentiva alcun rumore. Era come se non ci fosse anima viva... Quel silenzio lo faceva sentire come se fosse osservato. Con la coda dell'occhio, scorse un movimento in alto, ai margini del suo campo visivo. Alzò gli occhi verso un palo della corrente. Strano, avrebbe giurato di vedere qualcuno in equilibrio sulla cima di quel palo. Improvvisamente, una strana paura lo prese. Ricominciò a correre, chiamando i parenti che sapeva che abitavano in quella zona. 
«Zio Setsuna! Zia Tekka! C'è qualcuno?» 

Niente, solo l'eco gli rispondeva. Andando avanti, qualcosa lo fece fermare: il chiosco dello zio Yashiro era rimasto con una finestra aperta. Impossibile, lo zio era fissato per la sicurezza, non avrebbe mai dimenticato di chiudere una finestra. Colto dalla curiosità si avvicinò, per vedere se fosse tutto a posto. Ma quando si affacciò alla finestra, ciò che vide lo terrorizzò. Una grande pozza di sangue si estendeva sul pavimento, così tanto che non credeva una persona ne potesse contenere quella quantità. All'interno della stanza, la fonte di tutto quel rosso, spettrale alla luce della luna: Il corpo dello zio era riverso sul pavimento, la gola squarciata. A poca distanza da lui, un'altro corpo, quello della zia Yakumi, squarciato in più punti. Preso dal terrore, cominciò ad entrare in tutte le case vicine. Lo spettacolo che gli si presentava davanti agli occhi era sempre lo stesso: Sangue che macchiava pavimenti e pareti, c'era più rosso che il colore originale dei muri, e cadaveri ovunque. I cadaveri del suo clan. Colto dalla paura più profonda, scattò verso casa sua. Non voleva pensare, non voleva credere che anche a suo fratello e ai suoi genitori fosse toccata la stessa sorte.
Quando arrivò davanti casa sua, vide la porta divelta, e scorse un'ombra muoversi nell'oscurità. Si preparò a combattere contro chiunque fosse, attivando lo Sharingan. Ma quando entrò nella sala di allenamento, il suo mondo andò in frantumi. Distesi sul pavimento, i corpi di sua madre MIkoto e di suo padre Fugaku erano completamente dissanguati. Sasuke si sentì mancare, non voleva credere a ciò che vedeva. Poi, un movimento nell'ombra attirò la sua attenzione. Da un angolo immerso nell'oscurità, Itachi Uchiha fece la sua comparsa. Era nella sua divisa da ANBU, con lo Sharingan attivo, l'espressione di ghiaccio. Troppo sollevato di vederlo ancora vivo, Sasuke non si accorse del suo atteggiamento ostile.
«I-Itachi... C-che cosa è successo? C-Chi è s-stato a...»

Non finì la frase, che uno shuriken gli passò sibilando di fianco, aprendogli uno squarcio sulla spalla. Era stato Itachi a lanciarlo.
«Itachi! Ma che fai?! Sei impazzito per...» Non riuscì a completare la frase, impietrito da quella verità.
«Sei... Sei stato tu...»
«Si, fratellino. E tu sarai il prossimo.»

Quella voce glaciale aveva ridestato Sasuke. Sapeva di non avere alcuna possibilità contro suo fratello, così fece ciò che il suo istinto gli urlava: fuggire. Corse fuori casa, corse come mai prima di allora. Ma era tutto inutile. Suo fratello era infinitamente più veloce di lui. A ogni angolo che svoltava, lui gli compariva davanti. Finché, esausto, si fermo al centro di una strada, con lui di fronte, urlando tutta la sua rabbia.

«Perché!? Perché l'hai fatto?! Perché hai sterminato la nostra famiglia?!»
«Per mettermi alla prova. Per capire fino a che punto può spingersi il mio potere.»
«Tu sei pazzo!»
Sasuke non ci vedeva più dalla rabbia. Sentì i suoi occhi che cambiavano. Dallo Sharingan, qualcos'altro era nato. Percepiva un potere traboccante fluire nei suoi occhi, ma quando vide quelli di suo fratello, si sentì come un topo in trappola: Lo Sharingan di Itachi era cambiato. Al posto delle tre tomoe nere su fondo rosso, ora nei suoi occhi c'era un motivo che ricordava uno shuriken a tre punte. Itachi aveva il Mangekyo Sharingan. Ricordava quando suo padre ne parlava, descrivendolo come qualcosa da cui qualunque avversario di un Uchiha poteva solo fuggire. Ma lui non ci riusciva, era paralizzato dalla paura. Itachi lo fissò negli occhi.
«Tsukuyomi»

Sasuke si sentì malissimo. Nella sua mente vedeva come in un film le immagini della sua famiglia e del suo intero clan che venivano massacrati da suo fratello. Suo fratello Itachi, colui che era stato il centro del suo mondo, ora lo aveva mandato in frantumi. Quanto tempo passò a vedere le atrocità commesse dal maggiore? A lui parvero ore, ma quando si riprese, era ancora lì, in piedi, con il carnefice della sua famiglia che lo guardava con disprezzo, come se fossero passati solo pochi secondi.
«Patetico. Non vale nemmeno la pena di ucciderti.»

Itachi si voltò, se ne stava andando, e lui non aveva potuto fare nulla per fermarlo. Furibondo, Sasuke lanciò la sua ultima sfida.
«Itachi!» questo si fermò e si voltò a guardarlo.
«Non ti perdonerò mai per quello che hai fatto stanotte! Un giorno mi vendicherò, e vendicherò il clan! Ti farò rimpiangere di avermi lasciato in vita!»
Itachi sogghignò a quelle parole.
«Fa pure. Odiami se è quello che vuoi. Coltiva la tua vendetta verso di me. Quando sarai pronto, quando avrai i miei stessi occhi, vieni a sfidarmi.»
Furono le ultime parole che sentì. Il dolore che da qualche minuto prima provava agli occhi divenne insopportabile, tanto che svenne lì, tra le rovine del clan più potente di Konoha.

*fine flashback*



Strinse la presa sulla bottiglia che aveva tra le mani. Non era ancora abbastanza forte. Itachi era sicuramente diventato più potente in quegli anni, e lui non era ancora in grado di sfidarlo. Nonostante avesse ottenuto quegli occhi tanto potenti, era sicuro di non essere ancora alla sua altezza...

*Flashback*

Quando si risvegliò, era in ospedale. I ricordi della sera precedente erano vividi nella sua mente. Si sentiva male. Si alzò per rinfrescarsi con dell'acqua, ma il suo riflesso lo lasciò di sasso. I suoi occhi, solitamente neri, adesso presentavano un motivo floreale. Una stella a sei punte, rossa, con centro nero e su fondo nero. A quel punto, si accorse che un flusso di chakra era diretto verso i suoi occhi. Lo diminuì fino ad arrestarlo, e i suoi occhi tornarono al normale motivo delle tre tomoe, prima di spegnersi del tutto. Allora capì. Ciò che aveva visto la notte prima, il dolore che aveva provato, gli avevano conferito un nuovo potere.
Aveva ottenuto il Mangekyo Sharingan.

*fine flashback*



«Non dovresti sforzarti così»
Quella voce lo fece tornare alla realtà. Guardo davanti a sè, il maestro Kakashi era in piedi di fronte a lui, sullo stesso ramo su cui era poggiato. Con un movimento fluido, Kakashi saltò, lanciando due kunai uno dopo l'altro. Il secondo colpì il primo, modificandone la traiettoria, e mandandolo a colpire con precisione assoluta il bersaglio dietro il masso. Sasuke restò di stucco. Kakashi aveva compiuto quell'azione così enormemente complicata con estrema facilità.
«Era questo che cercavi di fare, non è vero?»
«Mi spiava?» Sasuke non nascose il suo fastidio. Odiava quando si impicciavano nei suoi affari. 
«Ti tenevo d'occhio da un po'. Non ti fa bene immergerti nei tuoi ricordi. Purtroppo non hai un bel passato» aveva capito anche questo.
«Ascoltami Sasuke» cominciò, accovacciandosi davanti a lui, in modo da guardarlo negli occhi 
«So che vuoi ottenere vendetta per il tuo clan, ma fare da solo le cose non ti porterà a nulla. Lascia che ti aiuti.»
Sasuke non capiva «Aiutarmi? E come pensa di fare? Nessun Uchiha è rimasto al villaggio, nessuno può insegnarmi a migliorare con lo Sharingan.»
«È qui che ti sbagli» Kakashi si alzò lentamente il coprifronte, mostrando l'occhio sinistro chiuso, con una cicatrice verticale che lo solcava. Sommo stupore di Sasuke quando, aprendolo, rivelò uno Sharingan.

«Impossibile! Lei non è un Uchiha! Come fa ad avere lo Sharingan?»
Un velo di tristezza attraversò il volto dell'argenteo. «Un mio compagno di squadra era un Uchiha. Durante una missione, purtroppo, perse la vita. Prima di morire mi affidò il suo occhio.»
Sasuke allora capì. Kakashi era l'unico che potesse davvero aiutarlo a migliorare, ma per farlo doveva sapere quale fosse il suo vero potenziale.
«Maestro, è in grado di tenere un segreto?» 
Kakashi lo guardò interrogativo, ma rispose con fermezza «Puoi fidarti di me.»

Allora Sasuke mostrò i suoi veri occhi al maestro.
«È questo il mio vero potere. Come pensa di fare per aiutarmi?»
Kakashi era sorpreso, ma aveva la risposta pronta.
«Penso di essere in grado di farlo.» Chiuse l'occhio sinistro, e quando lo riaprì fu Sasuke a rimanere sbalordito. Anche Kakashi, in quell'unico Sharingan, possedeva il Mangekyo. Era simile a quello di Itachi, ma le punte di quella stella piegavano fino a toccare la base di quella accanto. Non c'era dubbio, era il maestro perfetto per lui. 
«Ascoltami Sasuke.» il moro gli diede la sua totale attenzione 
«Il Mangekyo peggiora la vista. Più lo usi, più i tuoi occhi si deteriorano. Se vuoi, io ti insegnerò a controllarlo. Ma devi promettermi...» e qui il suo sguardo si fece più intenso «...che non lo userai MAI, a meno che non ne vada della tua vita.» 
«Ma allora perché allenarlo se poi non posso usarlo?» il moro era piuttosto contrariato: perché tenere a freno un potere del genere? 
«Perché più lo usi, più il Mangekyo ti consuma. Questa è la mia condizione. Giurami di non usarlo mai, e io ti insegnerò a controllarlo.»
Sasuke sostenne il suo sguardo. Lui era uno di parola, se prometteva qualcosa la manteneva sempre, era una questione d'onore. E quella sembrava l'unica via possibile. 
«Accetto»

Kakashi si risollevò, rimettendosi il coprifronte sull'occhio. «Bene, allora siamo d'accordo. Ti allenerai la mattina insieme al resto della squadra, e il pomeriggio ti addestrerò personalmente.»
L'argenteo fece per andarsene, ma prima lo chiamò un'ultima volta: «Sasuke» lui lo ascoltava «Non farti consumare dall'odio. Se sprofondi nelle tenebre, non ne uscirai facilmente. Lascia che io ti guidi. Lasciami essere il tuo faro.» Detto questo, sparì.
Sasuke era soddisfatto. Presto avrebbe raggiunto il livello di suo fratello, e ottenuto giustizia per il suo clan. Però Kakashi aveva ragione. Non voleva diventare un mostro. Voleva giustizia, non distruzione.
"Lo farò. Mi aggrapperò alla luce, e non permetterò all'oscurità di consumarmi."
Si alzò, diretto a casa. Un buon sonno era ciò di cui aveva più bisogno in quel momento.


Il piccolo Uchiha non si era accorto di nulla, e a quanto pareva neanche il suo maestro.
"A quanto pare, il giovane Sasuke vuole più potere. Bene... Glielo offrirò, getterò l'esca, e quando abboccherà, lui diventerà mio..."
I suoi occhi da serpente fissavano famelici il moro che si avviava verso casa. Il ghigno che si allargava sul suo volto da rettile. Presto il suo sogno si sarebbe realizzato...




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Capitolo 9
*** Sbocciare ***


Sbocciare


Sakura era sdraiata sul suo letto, guardando il soffitto. A cena non aveva parlato molto, la mente era occupata dai pensieri di quanto accaduto quella mattina.
Avevano fallito la prova per colpa sua. Certo, alla fine erano stati promossi lo stesso, ma solo perché Naruto e Sasuke avevano capito in cosa consisteva davvero la prova. Lei no. Lei pensava davvero di poter fare tutto da sola, ma il confronto con gli altri due e con il maestro l'aveva fatta ricredere, e adesso era davvero depressa... Se fosse stata una vera missione, l'avrebbero fallita per colpa di un suo errore. Le lacrime, che era riuscita a domare solo pochi minuti prima, riaffiorarono prepotenti dai suoi occhi, non pensava di averne ancora da versare...

Aveva pensato di andare a parlarne con Ino, ma aveva scartato subito l'ipotesi, non voleva litigare. Lei e Ino erano sempre state amiche: era merito suo se era riuscita a superare la sua vecchia timidezza e far uscire il suo carattere. Conservava ancora il nastro rosso che lei le aveva regalato una volta, da bambine. Ma ultimamente il loro rapporto si era incrinato. Il motivo? Sasuke. Tutte le ragazze in Accademia (tranne Hinata, perché pareva fosse innamorata di quell'idiota di Naruto) erano pazze di lui, e così lei e Ino erano diventate rivali in amore, e quella situazione aveva distrutto il bel rapporto che avevano prima. Probabilmente, se le avesse raccontato com'era andata la prova, l'avrebbe presa in giro ancora di più. Non aveva voglia di gettare benzina sul fuoco...


Il rumore di qualcuno che bussava alla porta della camera la fece tornare alla realtà.
«Sakura? Sei sveglia? Posso entrare?»
La voce era di suo padre. Tipico di Kizashi Haruno, quando lei non parlava per tutta la sera voleva dire che c'era qualcosa che non andava, e lui cercava sempre di tirarla su. Lui adorava sua figlia, l'aveva viziata fin da piccola, e non sopportava di vederla triste.
«Si, vieni pure papà...»
La porta si aprì lentamente, e suo padre, con i capelli rosa che anche lei aveva ereditato, anche se quelli di lei erano di colore più acceso, entrò sedendosi sul letto.
«Piccola mia, cosa è successo? Il maestro Kakashi mi ha raccontato che la prova è andata bene, cos'è che ti rende triste?»
Era ovvio che il maestro avesse detto questo, perché dal suo punto di vista la prova era stata superata. Ma Sakura sapeva che non era vero. Lei aveva avuto un ruolo marginale. A dispetto di quello che le aveva detto Naruto mentre la aiutava a mangiare, avrebbero potuto farcela benissimo anche senza di lei. Si sentiva totalmente inutile.
«... Non è vero p-papà...» singhiozzò, le lacrime che ricominciavano a scorrere «...è-è stata c-colpa mia... Abbiamo f-fallito la p-prova, c-ci ha p-promosso solo perché a-abbiamo fatto l-lavoro di s-squadra...»
E così, tra i singhiozzi, la rosa raccontò al padre tutto. Dal piano che Sasuke aveva architettato, a come fosse fallito per colpa sua, a ciò che le aveva detto Naruto, anche se lei lo aveva trattato male. Era soprattutto questo a tormentarla: anche se lui era passato sopra all'episodio, lei non riusciva a perdonarsi di un'azione tanto meschina. Forse non era tagliata per fare il ninja...
Il padre l'ascoltò per tutto il tempo, comprensivo. Anche lui, nella sua vecchia squadra, era sempre stato l'elemento debole. Non a caso era conosciuto come "l'eterno genin", dato che era stato l'unico della sua annata a non superare per ben quattro volte l'esame chunin, cosa che aveva inesorabilmente stroncato la sua carriera. Ma forse sapeva come aiutare sua figlia.


«Ascoltami Sakura...» la ragazza, dopo essersi sfogata, aveva quasi smesso di piangere. Ancora singhiozzante, alzò gli occhi arrossati dal pianto su di lui 
«In ogni squadra esistono elementi più forti di altri, è normale, e tu sei stata sfortunata, perché sei capitata con due fenomeni...» Era vero. Era risaputo che l'ultimo Uchiha era un piccolo genio, e il ragazzo del Kyuubi era stato allevato dall'Hokage, quindi di certo non poteva essere l'ultimo arrivato... Ciononostante, il padre pensava di sapere come tirare su la figlia.
«Ma non essere la più forte non significa essere inutile! In una battaglia si può essere indispensabili anche senza combattere in prima linea. Pensa, ad esempio, cosa succederebbe se uno dei tuoi compagni rimanesse ferito in una missione? Se in squadra non ci fosse un ninja medico, difficilmente questo sopravviverebbe. O magari, in una lotta contro avversari più abili di voi nel Taijutsu e nei Ninjutsu, se un membro della squadra fosse abile nell'ingannare i sensi degli avversari, magari con un Genjutsu, anche in inferiorità numerica si avrebbero molte più possibilità di vittoria. Anche se il vostro piano fosse riuscito, senza la tua tecnica accecante dubito che Naruto e Sasuke sarebbero riusciti ad avvicinarsi ai campanelli...»
Sakura cominciò a capire dove il padre voleva andare a parare. Lei, anche se non era abile come i suoi compagni, poteva essere un'elemento valido quanto loro.

«Ma io non conosco nessun'altra tecnica utile, a parte un paio di Genjutsu di base. E quelli non servirebbero a molto contro avversari più forti di loro due...»
Ma Sakura, guardando il padre, si accorse che sorrideva. 
«Ed è normale. Sei appena uscita dall'Accademia, non puoi conoscere tecniche del genere. Ma che padre sarei se non ti aiutassi ora che ne hai bisogno?»
«Stai dicendo che tu conosci tecniche del genere?!» Ora un sorriso era spuntato sulle labbra della ragazza.
«Certo! Al villaggio non credo ci siano più ninja esperti di tecniche mediche, quindi quelle al momento non sono alla tua portata. Ma io sono abbastanza capace nelle Arti Illusorie. Non sarò esperto come la maestra Kurenai, ma ero in squadra con suo padre, che era un maestro nei Genjutsu, e ho avuto occasione di impararne anch'io molti. Inoltre, conosco diverse tecniche di diversivo, e anche alcune strategie di investigazione e spionaggio. Magari, visto che il maestro Kakashi vi allena di mattina, quando il pomeriggio non sarai impegnata in qualche missione, potrei insegnarti qualcosa...»
Sakura scattò verso il padre, abbracciandolo.
«Grazie papà! Farò tutto ciò che posso per migliorare, e diventerò anche più forte di te!»
Il padre sorrise. «Te lo auguro Sakura, io purtroppo non ho fatto molta strada, ma sono convinto che tu ce la farai. Ora però riposati, hai bisogno di forze per l'allenamento di domani, sia per quello di Kakashi che per il mio. E ti avviso che non sarà una passeggiata, dovrai impegnarti al massimo.»

Sakura era più risoluta che mai. Si voltò e si preparò a dormire, dando la buonanotte al padre. Lo sentì allontanarsi, ma la porta non si chiuse come si aspettava. Sentì invece dei passi avvicinarsi, più leggeri di quelli di suo padre.
«Sakura? Già dormi?»
Sua madre?
«No, mamma, dimmi pure» disse Sakura voltandosi, un po' incuriosita. Sua madre di solito la tormentava perchè dormisse tanto, perchè ora la teneva sveglia?
«Non preoccuparti, farò in fretta. Volevo solo darti un consiglio per aiutarti con Sasuke.» Disse la madre con un sorriso.
Sakura sgranò gli occhi, come faceva a saperlo?
«M-Ma t-tu c-come f-fai a s-sapere...?»
«Piccola mia...» ridacchiò la madre «...non è mai stato difficile capire cosa ti passa per la testa. Dimmi un po', cosa credi che lui pensi di te?»

Sakura tacque, abbassando lo sguardo e riflettendo sulla domanda. Non aveva mai pensato a questo. Era follemente innamorata di Sasuke, e l'idea che lui potesse rifiutarla non le era mai passata per la testa. Ma ora, pensandoci, una terribile sensazione la invase. Cosa pensava Sasuke di lei? I suoi atteggiamenti nei suoi confronti non erano incoraggianti. Sembrava che lui la considerasse... una seccatura... Ancora una volta si ritrovò a dare ragione a Naruto. Quando lui, quella prima volta che si erano parlati, tanti anni prima, le aveva detto che lei guardava Sasuke come se fosse un principe azzurro, senza considerare minimamente i suoi sentimenti, si era molto offesa. Ma ripensandoci ora, si rendeva conto che il biondo non aveva avuto tutti i torti.
"Sasuke sta molto meglio senza voi che gli ronzate intorno..."
Una piccola lacrima, l'ennesima, spuntò dai suoi occhi. Che stupida che era stata, aveva continuato a ragionare come una bambina per tutti quegli anni...


La madre si accorse di questo suo stato d'animo. Con la mano asciugò quella goccia d'acqua salata che solcava il viso della figlia.
«Non devi arrenderti, Sakura.» la guardava dritta negli occhi, con espressione seria.
«Non cercare di essere diversa solo perché credi che così piacerai a lui, cerca di farlo innamorare di ciò che sei davvero. Finora sei stata solo una gemma, per tanti anni, ma ora devi crescere.»

Si voltò veso il davanzale della finestra, sul quale faceva mostra di se una piccola pianta di ciliegio, in un vaso, cui accarezzò i boccioli. Erano pronti ad aprirsi in fiori rosa, dai quali era nato il nome di Sakura, appena la stagione lo avrebbe permesso. Si voltò nuovamente verso la figlia.
«Tu sei come questa pianta. Ora che non è ancora fiorita, non attira l'attenzione di nessuno. Ma quando i suoi fiori saranno aperti sarà una pianta magnifica. Ora è arrivata la tua stagione, Sakura. Fai sbocciare il fiore che sei, e raggiungerai i tuoi sogni...»
Detto ciò, si avviò verso la porta, lasciando la figlia a riflettere su quelle parole.

"Mamma, hai ragione. Crescerò, e mostrerò a Sasuke chi sono davvero. Ino non me lo porterà via!"
Con quest'ultima promessa a sè stessa, si adagiò tra le lenzuola. Domani sarebbe stata una giornata diversa, e lei avrebbe iniziato ad avvicinarsi al suo sogno...




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Capitolo 10
*** La Verità ***


La Verità


«Che cosa sai dei miei genitori? Davvero li conoscevi?»
Naruto non credeva a ciò che stava succedendo: aveva sempre desiderato sapere chi fossero i suoi genitori, e perché non erano più con lui. Guardava sempre gli altri bambini quando, alla fine delle lezioni, i loro genitori venivano a prenderli in Accademia, e tornavano a casa tutti insieme. Aveva sperato, per tanto tempo, che un giorno anche i suoi genitori sarebbero tornati per portarlo a casa con loro. Ma la speranza era andata sempre più spegnendosi con gli anni, e col tempo un terribile sospetto aveva messo radici nella sua coscienza.
Gli altri abitanti del villaggio lo chiamavano mostro, assassino, demone.
E se... lo fosse stato davvero? E se i suoi genitori lo avessero abbandonato... per paura? Paura di lui?
Era un pensiero che lo teneva sveglio la notte, non trovava pace dai suoi incubi, ne mai ne avrebbe avuta finché non avesse scoperto la verità. E quella ora gli sedeva davanti.

«Io so tutto di loro. Ma dobbiamo andare con ordine, quindi lasciami parlare e non interrompermi.» Jiraiya lo guardava serio, ma senza cattiveria, come se volesse solo aiutarlo. E Naruto volle pensare che era proprio così, volle fidarsi di quell'uomo tanto simpatico quanto potente.
Si zittì e si mise ad ascoltare. Dopotutto, quello che gli stava di fronte era non solo uno dei ninja più forti della Cinque Terre, ma era un ex allievo del vecchio Sandaime, che era sempre stato buono e affettuoso con lui. Non c'era ragione per cui avrebbe dovuto dubitare di Jiraiya.

«Innanzitutto, ti dirò il motivo per cui gli abitanti del villaggio ti hanno sempre considerato un mostro, perché è la base di tutta la storia.»
Naruto sospettava che l'odio dei suoi compaesani fosse collegato al mistero sui suoi genitori, e quindi non osò proferire parola. Voleva sapere tutto nei minimi dettagli.
«Vedi Naruto, dodici anni fa Konoha fu attaccata da un terribile demone: il Kyuubi, la Volpe a Nove Code.»


Il Kyuubi. Aveva tante volte sentito parlare di quel demone, e sapeva che il villaggio era stato attaccato da quell'essere in passato. Ma volle fare una domanda.
«Scusami se ti interrompo, Ero-Sennin...» Jiraiya fece una faccia infastidita, ma lo lasciò continuare.
«Ma volevo chiederti una cosa: ho sentito tanto parlare di questa Volpe, nei racconti, ma potresti spiegarmi di preciso chi o che cos'è? Nessuno voleva mai rispondermi quando lo chiedevo, neanche il Sandaime...» Infatti, era una delle domande a cui l'Hokage non aveva mai voluto rispondere.
«Allora...» rispose Jiraiya «Al mondo esistono nove demoni simili al Kyuubi. Si chiamano cercoteri, o Bijuu, e ognuno di loro è contraddistinto da un diverso numero di code. Il Kyuubi è il più potente e il più malvagio tra loro, e, come ti dicevo, 12 anni fa si scagliò contro il Villaggio della Foglia.»
Ora Naruto non interruppe più. Aveva intenzione di sapere tutto fino alla fine.

«Quando successe, nessuno riuscì a tenere testa al suo potere: con una zampata, era in grado di spazzare vie una montagna. Con un respiro poteva cancellare un'intera foresta. Nessuno riuscì ad opporsi a lui. Tranne uno. Colui che lo affrontò, salvando il villaggio, era il Quarto Hokage.»
Gli occhi di Naruto brillarono a quella frase. Era stato il suo idolo a salvare il villaggio! Ora capiva perché era considerato il miglior Hokage della storia.
«Ma per fermarlo, lo Yondaime fu costretto a sacrificare la sua vita, e nella stessa notte morì con lui anche sua moglie.» Gli occhi di Jiraiya si fecero tristi. Faceva male ricordare quella perdita dolorosissima...
«Quello che nessuno sa è che, in realtà, il Quarto non riuscì mai a sconfiggere il demone.»

Naruto rimase di stucco. Come? Il Quarto non lo aveva sconfitto? Allora come si era salvato il villaggio?
«Non essendo in grado di sopraffarlo, lo Yondaime fu costretto a fare l'unica cosa possibile: dovette sigillare il demone in qualcuno. E non poteva scegliere uno qualsiasi. No, per poter sopportare la presenza di un demone, specialmente uno così potente, bisogna possedere un chakra particolare, molto potente. E nel villaggio c'era una sola persona con un chakra del genere...» lo guardò, preparandosi alla sua reazione, qualunque fosse stata.
«...Tu.»


Per Naruto fu come ricevere una secchiata d'acqua gelida. Dentro di lui, era sigillato il demone più potente della terra. Non riusciva quasi a parlare, il mito del Quarto Hokage era appena crollato davanti ai suoi occhi. Perché quell'uomo lo aveva condannato ad essere solo a vita. Una sola parola riuscì a uscire dalla sua bocca.
«...P-perché?»
Jiraiya chiuse gli occhi, profondamente addolorato da ciò che stava dicendo, ma non poteva tenergli nascosta la verità, non più.
«Lo so che per te può sembrare assurdo, ma lo Yondaime aveva un motivo preciso, oltre a quello che ti ho già detto, per scegliere te. Lo sai perché?» Naruto lo guardò, prossimo alle lacrime.
«Perché ti voleva bene.»
Non capì. Gli voleva bene? E allora perché lo aveva condannato a quel destino infame?
«Devi sapere...» riprese Jiraiya «...che i demoni non sono solo una maledizione per chi li porta dentro di sè. I loro custodi possono trarre potere da loro, una volta imparato il modo, e ottenere capacità straordinarie. Il Quarto Hokage ti donò la Volpe perché era convinto che tu saresti stato in grado di domarla, e diventare un ninja tale... da poterlo raggiungere, un giorno.»
Naruto fu enormemente sorpreso da ciò che aveva sentito, ed ebbe l'impulso di tapparsi le orecchie e smettere di ascoltare, perchè tutto ciò che stava sentendo non aveva alcun senso. Cosa importava allo Yondaime di uno come lui? Perché era convinto che lui fosse capace di raggiungerlo? Come se avesse espresso i suoi pensieri ad alta voce, Jiraiya arrivò finalmente alla verità.
«Quella notte, La decisione che lo Yondaime fu costretto a prendere fu la più difficile della sua vita. L'unico in grado di contenere il Kyuubi, l'unico in cui poterlo sigillare... Era suo figlio.»

Naruto rimase un attimo sconcertato. No, aveva sicuramente capito male.
«Suo... f-figlio?»
«Si Naruto. Tu sei il figlio del Quarto Hokage.»
Nel silenzio che seguì, ogni dettaglio si rimise lentamente al suo posto. Il Quarto aveva sacrificato la sua vita per salvare il villaggio, e nello stesso momento aveva dotato suo figlio di un potere illimitato. E suo figlio era... lui?
«Quando il Sandaime giunse nel luogo dove il Quarto giaceva morente insieme a sua moglie...» riprese Jiraiya «...ti portò con sè, sperando che il villaggio ti considerasse un eroe, perché grazie a te tutti erano salvi. Ma purtroppo non andò così. Non odiare tuo padre per la vita a cui ti ha costretto, l'unica colpa è del popolo, che non ha mai saputo comprendere che tu e il Kyuubi siete due entità diverse, e che ha sempre avuto paura di te, perché credeva che tu fossi la Volpe sotto mentite spoglie.»
Passò qualche minuto, in silenzio. Naruto si stava lentamente riprendendo dallo shock, tentando di mettere ordine nella sua testa. Avave appena scoperto chi fosse suo padre. Lui era figlio del Quarto Hokage, un ninja divenuto leggendario, che era morto da eroe per difendere il suo paese, e che aveva creduto in suo figlio al punto di affidargli un potere così grande. Una lacrima sbucò dai suoi occhi, ma era una lacrima di felicità. Ora sapeva di non essere un mostro (anche se ne aveva uno dentro), ora sapeva che i suoi genitori lo avevano amato fino alla fine. Già, i suoi genitori...

«Come si chiamavano?»
Era la prima parola che veniva pronunciata da diversi minuti, e Jiraiya fu colto alla sprovvista, ma rispose sorridendo.
«Tuo padre, dovresti saperlo, dato che il suo nome è diventato leggendario, si chiamava Minato Namikaze. Era conosciuto come il Lampo Giallo della Foglia, ed era il Ninja più veloce del mondo. Nessuno poteva competere con lui. Aveva un carattere allegro e solare, e sorrideva sempre. Quando non lo faceva, era sul campo di battaglia, e i nemici fuggivano davanti a lui.»
«Parli come se lo conoscessi da una vita...» Naruto aveva ascoltato attentamente le gesta del suo idolo, lo Yondaime. Suo padre. Ma aveva anche notato che Jiraiya ne parlava come se fosse un amico di vecchia data.
«Beh, perché è così. Io sono stato il suo maestro. Lo conosco da quando era più giovane di te.»
Questo si che era inaspettato. Il maestro del più grande Hokage di sempre era davanti a lui... e si era offerto di allenarlo?!?
«D-Davvero?!»
Jiraiya sorrise compiaciuto. «Si. Lui è stato il mio miglior apprendista. Quando morì, fu un grandissimo colpo per me. Lo consideravo come un figlio.» abbassò gli occhi, pervaso dalla tristezza di cui erano pieni i suoi ricordi.
«Ma come faceva mio padre a sapere che io ero adatto a ospitare il Kyuubi? Ero un bambino, non potevo aver già usato il chakra! Come faceva a essere sicuro che io ne sarei stato in grado?»
«Per via di tua madre.» Il sorriso di Jiraiya tornò quando rispose.»
«Mia madre?!»

Naruto si era quasi dimenticato di chiedere qualcosa su di lei. Chi era? Perchè aveva convinto suo padre a renderlo un... come si diceva quando qualcuno conteneva un demone? Un contenitore?
«Tua madre...» iniziò Jiraiya, ma fu interrotto subito.
«Aspetta un attimo Ero-Sennin, mi è venuta in mente una cosa. Come si chiama qualcuno che contiene un demone? Ha un nome particolare?»
«Chi porta dentro di sè un cercoterio si definisce Forza Portante, o Jinchuuriki. Comunque, stavo dicendo...» riprese da dove si era interrotto. «Tua madre si chiamava Kushina Uzumaki. Era una bellissima donna, originaria del Villaggio del Vortice, di cui oggi non restano che delle rovine, poiché fu distrutto decenni fa. Era una jonin straordinariamente dotata, con i capelli rossi, gli occhi verde smeraldo e un carattere estremamente ribelle. E una sconfinata passione per il ramen, che, da quello che ho sentito, hai ereditato da lei insieme al tuo cognome.»
Naruto fu come ipnotizzato da quel ritratto che, nella sua mente, si definiva seguendo la descrizione dell'eremita. Ma un punto non era ancora chiaro.

«Ma come...»
«Calma ragazzo, ci sto arrivando...» lo anticipò Jiraiya, sapendo già cosa volesse chiedere.
«Perché tua madre dava la certezza a tuo padre che tu fossi un potenziale Jinchuuriki? La risposta è nel tuo cognome. Il clan degli Uzumaki, di cui ora restano pochissimi sopravvissuti, discendeva dal clan Senju, di cui faceva parte il Primo Hokage, ed era rinomato perché i suoi membri possedevano un chakra e una vitalità eccezionali. In pratica, gli Uzumaki erano Jinchuuriki nati. Fu questo a fare di te l'unica scelta possibile.»
Naruto ora era soddisfatto. Sapeva di chi era figlio. Sapeva perché gli abitanti del villaggio lo avevano sempre considerato un mostro, ed era contento perchè si era liberato del sospetto che avessero ragione. Aveva scoperto chi gli aveva donato, insieme alla vita, la sua straordinaria abilità innata. E riusciva a capire perché non gli fosse mai stato detto niente di tutto ciò. Da bambino non avrebbe mai capito, sarebbe andato fuori di testa. Ora era maturato, e aveva preso bene la verità.


«C'è un'ultima cosa che dovresti sapere...» Jiraiya riprese a parlare, stavolta con aria... imbarazzata?
«Cioè?»
«Beh, ecco... quando sei nato, i tuoi genitori mi hanno nominato tuo padrino. Sono stato io a darti il nome.»
Altra rivelazione. Quel simpatico e straordinariamente potente shinobi era un suo parente, anche se non consanguineo? Naruto si alzò e lo abbracciò.
«Allora, da adesso non sono più solo!» Era felicissimo, e anche Jiraiya era felice della sua reazione. 
«Mi dispiace non essermi fatto vivo per tutti questi anni, Naruto. Ma sapevo che vivevi con il maestro Sarutobi, di cui mi fido. Quindi potevo dedicarmi alle mie missioni senza dovermi preoccupare di tenerti al sicuro.
E mi dispiace che tu sia rimasto all'oscuro della verità per tutti questi anni. Potrai perdonarmi per questo?»

Naruto fece un sorriso a trentadue denti. «Io ti ho già perdonato, maestro Jiraiya.»
L'eremita era strafelice che il suo figlioccio non ce l'avesse con lui. Poi, sentirsi chiamare "maestro Jiraiya" gli aveva fatto ritornare in mente la prima volta che Minato lo aveva chiamato così, ed era un emozione indescrivibile. Era arrivato il momento che il figlioccio avesse ciò che gli spettava. 

«Ora che so di chi sono figlio, sono ancora più determinato a realizzare il mio sogno! Diventerò Hokage, e sarò il migliore di tutti quelli prima di me. Anche di mio padre!»
«Beh, allora credo di avere qualcosa che potrà esserti d'aiuto. Minato lo diede al Terzo Hokage quanto ti affidò a lui, dicendo di dartelo quando saresti stato pronto. E ora lo sei.»
Dicendo queste parole, Jiraya tirò fuori il diario dalla tasca interna del suo yukata.
«Questo, è il diario di Minato Namikaze. Il diario di tuo padre.» Disse porgendolo al suo legittimo proprietario, che finalmente entrava in possesso della sua eredità.
Naruto lo guardò, prendendo il piccolo libricino nero, come se avesse paura che sparisse da davanti ai suoi occhi. Aveva tra le mani il diario del Quarto Hokage.
Cosa poteva esserci scritto lì dentro? Tecniche? Studi? O magari episodi di vita tra lui e sua madre? Sentiva che avrebbe voluto aprirlo e leggerlo tutto d'un fiato, e stava per farlo, ma un pensiero lo folgorò. Era davvero pronto per conoscere i segreti di suo padre? Sarebbe stato in grado di farne tesoro? Non ne era sicuro. Anzi, ne dubitava. Non avrebbe rinunciato a ciò che suo padre gli aveva lasciato, ma non era il momento giusto per leggere quel testo. Lentamente, lo ripose nel suo zaino.

Jiraiya lo osservò sorpreso. Aveva in mano il diario del più grande eroe della foglia, e non aveva fretta di leggerlo? Ma cosa gli passava per la testa?
Naruto si accorse dell'espressione di Jiraiya, e si affrettò a spiegare. 
«Ti ringrazio, sensei. Ma in questo diario sono custoditi segreti che non sono ancora pronto a scoprire. Lo leggerò quando sarò pronto.»
Benchè stupito da quella decisione, Jiraiya rispettò la sua scelta.
«Va bene. Ora si sta facendo tardi, è ora di tornare a casa. Ma da domani, se vuoi, comincerò ad allenarti. Sei pronto?»
Naruto ghignò, e rispose più risoluto che mai. «Si! Diventerò più forte che mai, e raggiungerò mio padre!»


Hiruzen finì con calma il suo tè, mentre riordinava le idee dopo la giornata. Ora anche il consiglio, oltre che Danzo, ci si metteva per far espellere Naruto dal villaggio... Per quanto ancora avrebbe potuto tirare per le lunghe questa storia? Il suo ruolo di Hokage non era più molto stabile. Forse era arrivato il momento di nominare un nuovo capo per Konoha...

Fu riscosso da questi pensieri dal rumore della porta che si apriva. Naruto entrò a passi lenti. Non vide Jiraiya, doveva essere tornato a Villa Sannin, e aveva lasciato Naruto sulla soglia. Ma questo aveva una faccia pensierosa. Hiruzen cominciò a temere che la verità potesse averlo scosso più del previsto, dato che per tutta la cena non disse una parola. Alla fine, dopo aver sparecchiato, l'Hokage si decise a spezzare quel silenzio.
«Naruto...» Il biondo alzò lo sguardo. Solo allora Hiruzen si rese conto di quanto quel ragazzino fosse cresciuto. Non era più un bambino, la sua espressione mostrava una maturità straordinaria.
«Cosa pensi di ciò che ti ha detto Jiraya? Ne sei felice?»
Naruto non rispose subito, sembrava stesse cercando le parole giuste.
«Sono felice di essere figlio dei miei genitori. E non ho paura del demone che ho dentro.»
Lo disse con sicurezza assoluta, ma c'era qualcos'altro che sembrava voler dire.
«Ma..?»
«...»
Aveva parlato a voce talmente bassa che Hiruzen non aveva capito ciò che aveva detto.
«Naruto...?»
«PERCHÈ NON ME L'HAI MAI DETTO?!» Naruto scattò in piedi, alzando la voce.
Era la prima volta che urlava contro l'Hokage. Non aveva mai osato tanto, ma non riuscì a trattenersi. 
«Capisco che tu non volessi dirmi del Kyuubi, ma perché non mi hai mai detto dei miei genitori?!»

Hiruzen abbassò lo sguardo, e si sedette, di fronte a lui.
«Vedi, Naruto...» lo fissò negli occhi mentre parlava.
«C'era un'ottima ragione per cui non potevo dirti chi erano i tuoi genitori. E questa è strettamente collegata alla tua abilità innata.»
Naruto ci rifletté un attimo, e cominciò a ricollegare i pezzi. La sua abilità innata, il Mokuton. E ricordò quella conversazione, tanti anni prima, che ebbe col Sandaime quando tornarono a casa, quel giorno che lui usò il suo potere per salvare Hinata. Gli aveva detto di non farlo mai vedere a nessuno. 

«Penso... Penso di aver capito...»
Hiruzen lo guardò, addolorato da ciò che gli aveva fatto passare, ma non c'era stata altra possibilità. 
«Per tenere nascosta la tua abilità innata, non potevi sapere da chi l'hai ereditata. Tutti nel villaggio conoscevano Kushina, quindi la cosa sarebbe diventata di dominio pubblico. Non ho scuse per averti fatto soffrire così tanto, ma l'ho fatto solo per proteggerti...»
Naruto ritrovò il sorriso. Aveva ragione, non aveva il diritto di arrabbiarsi, l'aveva fatto per il suo bene. Vedendo che al biondo era tornato il sorriso, all'Hokage passò il senso di colpa.
«Beh, ora si è fatto tardi. Se domani vuoi essere in forma per tutti i tuoi allenamenti, vai subito a dormire»
«Ok, buonanotte!» Disse Naruto sgattaiolando di sopra. Il suo sonno fu pieno di immagini dei suoi genitori. Ma non erano più incubi: finalmente sapeva chi era, ed era felice.




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Capitolo 11
*** Allenamenti ***


Allenamenti


I mesi passarono in fretta dopo la nascita del team 7. Si avvicinava l'autunno, e tutti si davano da fare per diventare più forti.
Tutte le mattine, il maestro Kakashi faceva allenare insieme Naruto, Sakura e Sasuke, insegnando loro tattiche di attacco, difesa ed evasione che si adattassero alle loro abilità personali e ai loro allenamenti differenziati. 
Si, perchè nessuno di loro si era accontentato dei normali allenamenti a cui il loro sensei li sottoponeva, già di per sè abbastanza estenuanti, ma (unico caso tra tutte le squadre di genin) ognuno aveva fatto in modo di allenarsi ulteriormente, e Kakashi aveva strutturato un particolare programma di allenamento, per permettere loro di potenziarsi singolarmente, ma anche per renderli più forti come squadra. 
A volte, li affrontava personalmente in scontri tre contro uno, per vedere se erano capaci di unire i loro miglioramenti personali in un risultato più grande. Le prime volte li batteva senza difficoltà, ma dopo qualche settimana, oltre ad essere diventati singolarmente più forti, ognuno aveva imparato gli stili di lotta degli altri due, e riuscivano a coordinarsi alla perfezione, senza intralciarsi per errore l'un l'altro. Ad ogni passo avanti del singolo corrispondevano tre passi avanti della squadra. Ben presto, il maestro si ritrovò a dover fare sul serio quando li affrontava in gruppo, mettendo da parte il suo amato libro. 
Naruto lo aveva sorpreso più volte a leggere quel piccolo volume, ed era rimasto sconcertato quando aveva capito di cosa si trattava: un libro scritto da nientemeno che Jiraiya, che altro non era che... un romanzo erotico! Era parte della serie "Icha Icha Paradise", una raccolta di libri a sfondo sessuale, che il suo maestro (il secondo, quello che faceva il pervertito) aveva scritto nel corso degli anni. E Naruto non aveva avuto difficoltà a capire dove avesse preso l'ispirazione per scriverlo...


Durante uno dei loro allenamenti pomeridiani, era capitato che si avvicinassero a delle terme, e in un momento in cui Naruto era particolarmente impegnato Jiraiya ne aveva approfittato per mettersi a spiare il settore femminile. Purtroppo per lui era stato scoperto, e cacciato in malo modo dalla sicurezza (e dalle donne spiate). Nonostante lui lo trovasse fastidioso, Naruto era sempre più convinto che il soprannome "Ero-Sennin" fosse più che perfetto per il vecchio eremita.
Ma se era vero che spiare donne nude non lo rendeva un soggetto raccomandabile per un adolescente, era altrettanto vero, e forse anche di più, che fosse un maestro eccezionale. Grazie al suo addestramento, Naruto migliorava ogni giorno di più. Durante il primo dei loro allenamenti, Jiraya si era impegnato a fargli acquisire un perfetto controllo ed equilibrio del chakra, che in poche lezioni lo aveva portato ad imparare tecniche utilissime, come la camminata sulle pareti, e l'aumento della forza fisica tramite la concentrazione del chakra negli arti. Non era molto bravo in quest'ultima, ma Jiraya gli aveva detto di non preoccuparsi.

«È soltanto una soluzione provvisoria.» gli aveva spiegato vedendolo confuso 
«Ciò che voglio davvero insegnarti è lo stile di combattimento dei rospi, il Kawazu Kumite. È un'arte marziale incredibilmente potente, imprevedibile e capace di infrangere qualsiasi tipo di difesa. È qualcosa che di solito solo un eremita potrebbe imparare, ma tu sei ancora troppo giovane per apprendere l'arte eremitica, quindi per ora ti insegnerò solo i movimenti, e bilancerai la mancanza di forza con questo trucco. Quando sarai più grande potrai imparare lo stile completo.»
Naruto all'inizio aveva messo il broncio, ma, resosi conto di quanto fosse difficile imparare quello stile, aveva capito che non avrebbe potuto impararlo se avesse dovuto concentrarsi anche su altro. Una cosa per volta, si era detto. E, nel giro di poche settimane, aveva dato completamente ragione al vecchio Sannin: con quel poco che era riuscito a imparare di quello stile nel breve tempo in cui Jiraiya lo aveva allenato, negli allenamenti in gruppo riusciva quasi a tenere testa al maestro Kakashi, che poteva dirsi estremamente soddisfatto degli eccellenti risultati dei suoi allievi.

Se Naruto lo metteva in difficoltà sul combattimento ravvicinato, almeno quando non faceva sul serio, Sasuke invece lo costringeva a muoversi continuamente grazie alla sua Arte del Fuoco, che gli lasciava ben poca libertà d'azione.
Da quando, durante la prova dei campanelli, aveva visto che l'ultimo Uchiha era già in grado di manipolare un elemento nonostante la giovanissima età, aveva deciso di approfondire quella sua conoscenza, insegnandogli altre tecniche di quell'elemento, come la Pioggia di Fuoco e il Drago di Fuoco. Ma l'Arte del Fuoco non era il fulcro dei loro allenamenti pomeridiani.
Da quando avevano stretto quel patto, mesi prima, in quella radura dove Sasuke si allenava da solo, passava ogni pomeriggio ad addestrarlo nell'uso del Mangekyo Sharingan, nonostante si limitassero fortemente nell'utilizzo a livello pratico, preferendo un allenamento decisamente più teorico per evitare che l'uso prolungato portasse dei danni agli occhi.


*Flashback*

Il primo giorno di allenamento, Kakashi aveva portato Sasuke nelle segrete del vecchio quartiere Uchiha. A Sasuke faceva male tornare in quel luogo, dove il sangue della sua famiglia ancora macchiava le strade, ma era stato necessario: sotto il tempio degli Uchiha, era custodia la loro Stele, un monolito con tre testi incisi, leggibili solo da chi possedeva lo Sharingan la prima, e solo da chi possedeva il Mangekyo la seconda. La terza era rimasta illeggibile per entrambi, ma dalla lettura delle prime due avevano appreso moltissimo sui loro occhi. Il Mangekyo Sharingan permetteva di imparare fino 7 tecniche specifiche, ognuna con il nome di una divinità, e non più di tre per ogni possessore. 
Amaterasu, la fiamma nera inestinguibile, che brucia qualsiasi cosa, finchè l'utilizzatore non pone fine alla tecnica; Tsukuyomi, che Sasuke aveva sperimentato in prima persona durante quella tragica notte, che gettava l'avversario nei suoi incubi più orrendi, provocando enormi danni a livello celebrale; Kamui, una tecnica spazio temporale, capace di teletrasportare l'utilizzatore o gli oggetti circostanti in un altro luogo, o in una dimensione parallela a sè stante. Sembrava che l'utilizzo di quella tecnica richiedesse l'uso di un occhio diverso per avere l'effetto su di sè o sull'ambiente circostante; Koto Amatsukami, il controllo della mente, che permetteva all'utilizzatore di obbligare qualcuno a eseguire la propria volontà in modo incosciente; Izanagi e Izanami, due tecniche gemelle, capaci l'una di alterare la realtà, al prezzo della vista da un'occhio, l'altra nata per contrastare la gemella, che intrappola l'avversario in un'illusione infinita, allo stesso costo di Izanagi, E infine, Susano'o, quella che era considerata la vera arma segreta degli Uchiha: un enorme guerriero spirituale virtualmente invincibile, con vari livelli di potenza. Da quanto Sasuke aveva sentito nelle storie del suo clan, l'unico in grado di evocare il Susano'o nella sua forma finale era il capostipite del clan: Madara Uchiha, colui che sfidò Hashirama Senju per il ruolo di Primo Hokage.

*fine flashback*



La lettura della stele aveva permesso a Sasuke e Kakashi di capire quali fossero i loro poteri: Sasuke sapeva usare Amaterasu, e non aveva ancora scoperto altre capacità del suo Mangekyo, mentre Kakashi sapeva usare il Kamui, ma solo il suo effetto rivolto a oggetti esterni. Evidentemente, per avere la tecnica completa avrebbe dovuto avere anche l'altro occhio del suo vecchio amico, cosa ormai impossibile...
Ma leggendo la Stele avevano scoperto molto di più: l'uso esagerato del Mangekyo portava gli occhi a deteriorarsi progressivamente, fino alla totale cecità. Inoltre avevano scoperto perchè Sasuke lo aveva risvegliato.
Ciò che portava lo Sharingan ad evolversi nel Mangekyo era vedere la persona a cui si è più legati morire. La morte dei suoi genitori era stato un trauma sufficiente per risvegliare gli occhi di Sasuke, mentre il maestro non aveva parlato di quando aveva risvegliato la forma evoluta di quell'occhio. Conoscendo la sua origine, Sasuke aveva fatto due diverse ipotesi: o il donatore di quegli occhi aveva già risvegliato il Mangekyo prima di morire, quindi Kakashi lo aveva ricevuto direttamente, o era un ricordo troppo doloroso da voler raccontare. Sasuke riteneva più probabile la seconda possibilità. D'altra parte, chi vorrebbe condividere con altri una sofferenza tale?
Se Itachi era in grado di usare Tsukuyomi, Sasuke aveva bisogno di imparare a combattere i Genjutsu, perciò Kakashi lo allenò per settimane a usare lo Sharingan per spezzare tutte le sue illusioni più potenti. Non erano all'altezza dello Tsukuyomi, ma essere allenato a spezzare illusioni avrebbe potuto salvare la vita a Sasuke, nell'affrontare un avversario del livello di Itachi Uchiha.

Se Sasuke e Naruto stavano dando fondo alle loro energie per diventare abbastanza forti da realizzare gli scopi della loro vita, Sakura non era da meno. Durante gli allenamenti di squadra, anche se non attaccava direttamente il maestro Kakashi, provvedeva a creare elementi di disturbo per i suoi sensi, come fastidiosi echi, che rendevano difficile capire la direzione di provenienza degli attacchi, ingannevoli miraggi e illusioni di debole intensità, che comunque lo intralciavano. Tutte queste capacità provenivano dagli allenamenti di suo padre.

*Flashback*

Durante il loro primo allenamento, Kizashi Haruno aveva saggiato alcune delle capacità della figlia, che benchè avesse una quantità relativamente piccola di chakra, sapeva controllarlo molto meglio dei suoi due compagni. Che peccato che non ci fossero maestri nelle tecniche mediche al villaggio, un'abilità del genere era oro colato per un aspirante medico...

*fine flashback*


Sfruttando la capacità di Sakura nel controllare il chakra, Kizashi aveva insegnato alla figlia diverse tecniche illusorie e diversive, e la allenava nel muoversi in modo rapido e silenzioso. Le aveva insegnato anche una tecnica che permetteva di amplificare l'udito in una direzione, cosicché, combinata con una buona furtività, potesse portarle anche buone capacità di spionaggio.

Per mesi i tre continuarono ad affinare le loro abilità, interrompendosi di tanto in tanto per banali missioni di livello D, che consistevano il più delle volte nel ritrovare oggetti smarriti dagli abitanti, o recuperare qualche gatto finito su un albero. C'era un gatto che si perdeva sempre, e aveva preso Naruto in particolare antipatia, tanto che a ogni salvataggio del suddetto il povero biondino tornava a casa con la faccia piena di sfregi. Comunque, non uscivano mai dal villaggio.
Questa routine proseguì fino a quando Kakashi, ritenendoli ormai pronti, chiese all'Hokage di assegnare alla squadra 7 una vera missione.
Il giorno seguente, i quattro furono convocati nell'ufficio di Sarutobi...




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Capitolo 12
*** Viaggio Movimentato ***


Viaggio Movimentato



Erano appena entrati nell'ufficio dell'Hokage, e Naruto era impaziente di conoscere la missione che sarebbe stata loro affidata. Sperando che non si trattasse di recuperare ancora quel dannato gatto...
«Sandaime, quando ci darai una missione decente? Mi sono abbastanza stancato dei giochetti che facciamo di solito...»

L'Hokage lo guardò in modo neutro. Poi, con un po' di teatralità, rispose: «Beh, se proprio ci tieni, ecco qui.» disse porgendogli un fascicolo di fogli.
La risposta dell'Hokage lasciò Naruto di sasso. Lo prendeva in giro? Bastava così poco per avere una missione decente? Notando le espressioni scioccate dei tre ragazzi, Sarutobi ridacchiò, e aggiunse: «Il maestro Kakashi mi ha detto che la vostra squadra ha raggiunto un livello eccellente, quindi ormai siete pronti per iniziare le vere missioni. Questa è di livello C. Dovrete scortare il committente nel Paese delle Onde, per la realizzazione di un ponte, e proteggerlo durante tutta l'operazione.»
«Non mi sembra così difficile.» obiettò Naruto.
«Non lo è, in effetti, ma è la vostra prima missione, quindi vi serve solo per fare esperienza, non dovete correre rischi inutili. Se non sei soddisfatto, Naruto, puoi tornare a dare la caccia a quel gatto, se preferisci.» concluse stroncando sul nascere le proteste del biondo, che si zittì all'istante.
«Chi è il committente?» fu la domanda di Sasuke, che era impaziente quanto Naruto, ma meno impulsivo.
«Un progettista di nome Tazuna. Dovrebbe raggiungerci tra pochi minuti.»
«Sono qui, Hokage-sama.»

Neanche il tempo di finire di parlare, per l'Hokage, che il progettista fece il suo ingresso. Era un uomo intorno alla sessantina, piuttosto robusto, con un paio d'occhiali e una barba ispida, grigia come i capelli. Portava una cappello largo a punta, e una cordicella legata intorno alla fronte. Guardò i ragazzi uno ad uno, con aria insoddisfatta. «La mia vita vale così poco da affidarla a dei mocciosi?» fu il suo commento.
«Se non le andiamo bene, può anche andare da solo...» rispose Naruto a bassa voce, prima di essere zittito da un pugno di Sakura in testa. 
Kakashi cercò di rimediare alla figuraccia del biondo: «Lei ha richiesto una missione di livello C, cioè una con bassa probabilità di pericoli, adatta quindi a dei genin. Se ritiene di aver bisogno di maggior protezione, può richiedere una squadra più esperta, aumentando il livello della missione. Oppure può bastarle la mia garanzia?»
«Aspetti... Lei è il famoso Kakashi Hatake? Beh, se il capitano della squadra è un ninja del suo calibro, mi sento di gran lunga più tranquillo.»
«Bene, allora» intervenne l'Hokage «Potete partire immediatamente.»
E così fecero. Si ritrovarono dieci minuti dopo alle porte del villaggio, e si avviarono verso il Villaggio delle Onde, nel Paese dell'Acqua, la cui capitale era il Villaggio della Nebbia.


Erano necessari tre giorni di viaggio per arrivare a destinazione, e il primo passò senza eventi degni di nota, tolto qualche battibecco tra Naruto e Sakura. Fu durante il secondo giorno, quando ebbero varcato il confine tra le Nazioni del Fuoco e dell'Acqua, che iniziarono i problemi.
Stavano camminando lungo un sentiero in un bosco, quando passarono accanto a una grossa pozzanghera. Sia Naruto che Sasuke notarono che c'era qualcosa di strano: l'ambiente era umido, ma era piena estate, e non pioveva da giorni. Cosa ci faceva lì una pozzanghera di quelle dimensioni?
La risposta arrivò quando l'ebbero oltrepassata. Dall'acqua uscirono a grande velocità due ninja mascherati, con in mano una catena, che circondarono con questa la figura del maestro Kakashi, imprigionandolo. Un strattone, e il corpo del maestro scomparve, fatto a pezzi da quella catena, con una violenza inaudita.

«Maestro!!» Sakura urlò terrorizzata. Assistere alla morte del loro maestro in modo tanto repentino l'aveva sconvolta. 
«Ora tocca a te.» Uno dei due assassini era apparso davanti a lei, brandendo la catena. Ma non riuscì mai a portare a termine l'attacco, perchè un calcio rapidissimo di Sasuke lo spedì a diversi metri di distanza. Sakura si riprese, e osservò la situazione. Uno dei due avversari era tenuto a bada da Naruto, che riusciva a impedirgli a suon di Taijutsu di avvicinarsi, mentre l'altro si stava rialzando dopo il colpo subito da Sasuke. Non aveva il coraggio di guardare il corpo del maestro, ma si assicurò che il signor Tazuna fosse al sicuro.
«Proteggi lui!» le gridò secco Sasuke, mentre si avventava, lo Sharingan attivo, contro l'assassino.
Sakura allora pensò di usare uno dei suoi assi nella manica, e si affrettò a usare una delle tecniche insegnatele dal padre.

Intanto, Naruto e Sasuke avevano fatto fronte comune contro i due avversari, e collaborando riuscivano a respingerli, impedendo loro di avvicinarsi. 
«Bene, ho visto abbastanza.»
A sorpresa, fu la voce del maestro Kakashi a interrompere la lotta. Con una velocità spaventosa, tale da coglierli di sorpresa, avvolse i due nemici in una spessa corda, legandoli a terra.
Solo allora Sakura osò guardare ciò che credeva fosse il suo cadavere, scoprendo che si trattava solo di un manichino di legno, fatto a pezzi dall'attacco.
"Ha usato la tecnica della sostituzione? Wow, è stato velocissimo!"

Il maestro si voltò verso i tre allievi. «Complimenti ragazzi, avete reagito in modo eccezionale»
«Quindi lo ha fatto apposta a non intervenire!» Naruto era abbastanza irritato: li aveva messi in pericolo!
«Voleva vedere se avremmo reagito collaborando» disse secco Sasuke. Anche lui era piuttosto infastidito, ma aveva capito la mossa del maestro.
«Beh, almeno il signor Tazuna è salvo...» Naruto si voltò verso Sakura e il loro protetto, ma... Tazuna era scomparso!
«Ma... dov'è finito??»
Sakura ridacchiò. «È proprio qui.» e con un suo gesto delle mani il signor Tazuna riapparve.
«Ma come hai fatto?» Sasuke era curioso. Non sapeva si potesse usare un trucco del genere.
«È un Genjutsu che mi ha insegnato mio padre, si chiama "Tecnica del Camaleonte". Si può usare per rendere invisibile qualcuno, ma questo non deve usare in nessun modo il chakra, o la tecnica si scioglie. Per questo motivo, non si può usare su sè stessi. Di solito è utilizzata proprio in missioni di scorta, per proteggere i civili, visto che non usano le tecniche ninja.» spiegò la rosa, con una punta d'orgoglio.

Il maestro era pienamente soddisfatto. «Bene, vi siete saputi organizzare alla perfezione nonostante il pericolo vi abbia colti di sorpresa. Sakura con quell'illusione e Naruto e Sasuke nel contrattacco. Avete tenuto testa a due avversari molto forti. Ma ora, veniamo a noi.»
Disse con tono serio, squadrando Tazuna.
«Lei ci ha mentito. Questi due sono i Fratelli Diavolo, chunin assassini del Villaggio della Nebbia, specializzati negli agguati come questo. Essere bersaglio di ninja del genere fa salire la missione al livello B.»
Tazuna abbassò lo sguardo, colpevole. «Avete ragione, maestro Kakashi. Non avevo abbastanza soldi per potermi permettere una missione di livello più alto di C. Ma dovevo assolutamente tornare al mio villaggio. Vedete, il Villaggio delle Onde è dominato da anni da un criminale di nome Gatoo, che con i suoi sicari ha impoverito enormemente la popolazione. La costruzione del ponte di cui sono stato incaricato avrebbe dato al villaggio una via di comunicazione per poter commerciare con gli altri paesi, aggirando l'embargo navale di Gatoo. Per questo vuole eliminarmi, perchè non intralci i suoi affari. Mi dispiace di avervi fatto correre un rischio del genere...»

Kakashi guardò i suoi allievi. Come avrebbero reagito sapendo di trovarsi in una missione superiore alle loro possibilità?
«Per me va bene», «Anche per me»
La risposta di Sasuke venne subito dopo quella di Naruto. Sakura era rimasta spiazzata da quella presa di posizione. 
«Ma che state dicendo? Non possiamo proseguire una missione del genere!»
«Preferisci abbandonare quella gente al loro destino? Ma non ce l'hai un cuore? E poi ormai è tardi per tornare al Villaggio, e anche se lo facessimo il signor Tazuna non può comunque permettersi una missione di livello più alto. Solo noi possiamo aiutarlo.»
Con quel ragionamento, Naruto aveva zittito ogni protesta da parte di Sakura. Con uno sguardo risoluto al loro maestro, i tre comunicarono la loro decisione. Tazuna non sapeva come ringraziarli, senza di loro sarebbe stato tutto perduto.
E così il gruppo proseguì, fino a tarda sera, quando fu il momento di accamparsi.
Kakashi aveva lasciato un suo clone con i Fratelli Diavolo, perchè si occupasse di loro quando fossero stati abbastanza lontani. Non poteva lasciarli in vita, ma non voleva ucciderli davanti ai ragazzi. Erano ancora troppo giovani per spettacoli del genere, e preferiva risparmiarglieli, finchè era possibile.


Visti i pericoli del giorno, preferirono montare delle trappole sonore, costituite da fili a cui erano legati dei campanelli, per accorgersi di eventuali nemici nelle vicinanze. Kakashi avrebbe montato la guardia per primo, per permettere agli allievi di riposare. Ma prima che potessero prepararsi per la notte, calò improvvisamente la nebbia intorno a loro. I tre allievi si misero in guardia, Sasuke con lo Sharingan attivo, per proteggere il signor Tazuna. Stavolta anche Sakura si era accorta del pericolo nelle vicinanze. Kakashi aveva tutti i sensi all'erta. Se il suo presentimento era giusto, allora erano davvero in guai grossi, e non se la sarebbero cavata facilmente come con i Fratelli Diavolo...

D'un tratto, Kakashi e Naruto sentirono un sibilo. 
«Giù!» L'urlo di Naruto fece scattare Sasuke, che si lanciò a terra portando con sè Sakura, mentre il biondo atterrava Tazuna. Kakashi fu l'unico a non abbassarsi, quando una grossa spada volò roteando contro di loro. Il maestro la evitò con un volteggio, e questa, passando sulla testa dei ragazzi e del vecchio a terra, andò a conficcarsi di traverso in un grosso albero. La figura di un uomo, poco chiara per colpa della nebbia, si materializzò in bilico sulla lama...




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Capitolo 13
*** Il Demone della Nebbia ***


Il Demone della Nebbia



La nebbia copriva la figura di quell'uomo, rendendolo visibile ai ragazzi come fosse solo un'ombra. Ma a quanto pare, il maestro Kakashi aveva capito con chi avevano a che fare, e non doveva essere un avversario facile...
«Ma che sorpresa... Non pensavo che il mio bersaglio saresti stato tu...» Disse il misterioso avversario, con una voce che spaventò i tre allievi.

Kakashi ora non aveva più dubbi su chi fosse il loro nemico. Questo saltò giù dalla spada, atterrando e riprendendola in mano con un movimento fluido. La nebbia lo rendeva ancora irriconoscibile, ma avvicinandosi si presentò ai suoi avversari. Aveva dei capelli castani a spazzola, con un coprifronte del Villaggio della Nebbia storto su di essi. Il volto era ricoperto di bende, e indossava dei lunghi guanti che arrivavano a metà braccio, di colore tendente al grigio come i suoi pantaloni. Era a petto nudo, tranne che per la cintura che teneva attaccata alle spalle la sua enorme spada.
«Non immaginavo che avremmo incontrato un avversario come te...»
Kakashi parlò con voce neutra, ma nascondeva una profonda agitazione. In una situazione del genere, con i suoi tre allievi e il signor Tazuna da proteggere, non era sicuro di poter combattere al massimo delle sue forze, mentre il suo avversario poteva scatenarsi liberamente.

Sakura era abbastanza agitata, ma dopo l'esperienza di quella mattina aveva fiducia nei suoi compagni. 
«Ragazzi, affrontiamolo insieme al maestro! Se collaboriamo possiamo batterlo!»
Sasuke e Naruto la guardarono come se stesse delirando.
«Non sai quello che dici, Sakura...»
Sasuke le si era rivolto con tono sprezzante.
«Quello che abbiamo davanti è un avversario fuori dalla nostra portata. La cosa migliore che possiamo fare è proteggere il signor Tazuna come meglio possiamo.»
Stavolta a parlare era stato Naruto. Non possedeva lo Sharingan, ma anche lui aveva percepito l'enorme potere che quell'avversario emanava. L'unico di loro a poterlo affrontare era il maestro Kakashi, e loro non erano al suo livello. Se fossero intervenuti, gli sarebbero stati solo d'intralcio.


Kakashi si voltò leggermente, sentendo lo scambio di battute tra i suoi allievi.
«Quello che abbiamo davanti, ragazzi, è uno dei Sette Spadaccini della Nebbia. Il suo nome è Zabuza Momochi, conosciuto anche come il Demone della Nebbia.»
Sapeva bene che i suoi allievi non avrebbero resistito a lungo contro un avversario del genere, quindi doveva impedirgli di avvicinarsi.
«Mi fa piacere che ti ricordi ancora di me dopo tanto tempo, Kakashi Hatake dello Sharingan.»

Naruto pensava di aver capito male. "Dello Sharingan"? Cosa voleva dire? La risposta fu chiara quando il maestro sollevò il coprifronte, rivelando l'occhio che aveva costruito la sua reputazione.
«Il maestro Kakashi ha lo Sharingan? Ma non era un'abilità tipica del clan Uchiha?» Rivolse quest'ultima domanda a Sasuke, voltandosi leggermente verso di lui, senza perdere il contatto visivo con Zabuza.
«Si, ma quell'occhio non è del maestro Kakashi. Gli è stato donato da un suo compagno morto in missione anni fa, un Uchiha.»
«Quindi tu lo sapevi?» Fu l'ingenua domanda di Sakura.
«Si, ma non è il momento di parlarne.»

Aveva ragione, Zabuza aveva preso di nuovo la sua spada, e si avvicinava minaccioso al loro maestro. 
«I miei ordini sono di eliminare il signor Tazuna, non ho ragione di uccidere anche voi, quindi toglietevi dai piedi, se ci tenete alla vita.»
«Spiacente, ma il nostro compito è proteggerlo, e non falliremo la nostra missione.»
Zabuza squadrò il biondo che aveva osato rispondergli. Non poteva avere più di dodici anni, a guardarlo.
«Sembrate genin alle prime armi, probabilmente appena usciti dall'Accademia. Vi credete dei ninja solo perchè indossate dei coprifronte del vostro villaggio? Credete davvero di meritare tale titolo? No, non sarete mai dei veri ninja finchè non avrete assaporato il dolore del mondo. Non sarete mai dei veri ninja finchè non avrete guardato la morte in faccia e vi siate sopravvissuti. E non lo sarete mai, perchè la vostra vita finisce oggi.»
Zabuza fece un sigillo, e la nebbia si infittì ulteriormente.

«Ci sono otto punti vitali, nel corpo, che potrei colpire per uccidervi. Ho l'imbarazzo della scelta. Ditemi, come preferite morire?»
Le ultime parole provenivano da un punto dietro di loro, non molto distante. Voltandosi, videro quell'enorme spada avventarsi su di loro. Sasuke ebbe i riflessi pronti, e fu rapidissimo del colpire l'avversario con un kunai, dritto sulla fronte. Ebbe per un attimo l'illusione di aver vinto, prima che il corpo del nemico si dissolvesse in acqua.
"Un clone acquatico..."  
Voltandosi, vide il maestro fare dei sigilli, e una corrente d'aria discese su di loro, disperdendo la nebbia.
«Niente male, hai usato l'Arte del Vento per annullare il mio Velo di Nebbia.»
Il vero Zabuza si trovava di fronte a Kakashi, a poco più di due metri. E si lanciò contro di lui, brandendo la spada. Era un duello a cui nessuno di loro avrebbe potuto prendere parte. I due avversari erano troppo veloci per loro, persino lo Sharingan di Sasuke faceva fatica a seguirne i movimenti. A un certo punto si separarono, e iniziarono a compiere dei sigilli identici, in perfetta sincronia. Zabuza non credeva ai suoi occhi, Kakashi stava eseguendo la sua stessa tecnica alla sua stessa velocità! Poi ricordò il potere di quell'occhio: Kakashi era in grado di anticipare i suoi movimenti, e replicarli alla perfezione.

«Arte dell'Acqua: Tecnica del Drago Acquatico!» 
Identica fu la loro mossa, eseguita in modo speculare, come identico fu il risultato: i due draghi d'acqua creati si scontrarono, dissolvendosi e allagando la zona circostante, senza ferire i due contendenti. Gli effetti dell'attacco avevano però modificato il terreno di scontro, avvantaggiando lo spadaccino, che in mezzo a tutta quell'acqua poteva sfruttare le sue tecniche migliori.
«Arte dell'Acqua: Tecnica della prigione acquatica!» Furono tre suoi cloni, che avevano circondato Kakashi, a usare contemporaneamente la tecnica, e Kakashi non ebbe modo di evitarla. Si ritrovò intrappolato in un'enorme bolla d'acqua, che lo rendeva incapace di muoversi.
Fu allora che Naruto capì che doveva intervenire.


Con il suo sigillo preferito, si lanciò all'assalto di Zabuza con trenta cloni al suo seguito. Lo colse di sorpresa, sperando di fargli rilasciare la prigione acquatica, ma Zabuza riuscì a respingere i cloni con l'enorme arma. Mentre questi venivano sbalzati via, uno di loro lanciò qualcosa a Sasuke, urlando: «È il momento!»
Sasuke capì al volo: era una strategia che avevano testato una volta, allenandosi insieme. L'oggetto che gli aveva lanciato Naruto era uno shuriken enorme, ripiegato su sè stesso. Sasuke lo aprì, e lo lanciò contro lo spadaccino. Questo lo bloccò con una mano, ma si accorse troppo tardi che sotto lo shuriken ce n'era nascosto un altro.
"La Tecnica dello Shuriken Ombra! Quel ragazzo è più abile di quanto pensassi..."

Con quella tecnica, si poteva lanciare un secondo oggetto contro l'avversario, nascondendolo sotto l'ombra di uno precedente. Non potendolo bloccare, Zabuza fece un volteggio in aria, evitando la lama di pochi millimetri. Ma aveva fatto un errore, e se ne rese conto quando lo shuriken che lo aveva appena oltrepassato si trasformò nel biondino.
"Si è trasformato in uno shuriken e si è fatto lanciare dal compagno, nascondendosi sotto l'ombra del primo?! Non avrei mai pensato che fosse così imprevedibile!"
Naruto, ancora in volo, lanciò dei kunai contro Zabuza, ancora bloccato in volo da quella schivata. Non lo colpì, perchè lo spadaccino usò l'altra mano per difendersi con la spada, ma non era quello l'obiettivo del Jinchuuriki: per difendersi, aveva dovuto rilasciare la prigione acquatica, permettendo a Kakashi di liberarsi. Si lanciò contro il biondo, oltraggiato da quell'offensiva tanto astuta, ma l'argenteo, ora libero di muoversi, lo bloccò a terra, dando una veloce occhiata ai suoi allievi, per sincerarsi delle loro condizioni. Naruto e Sasuke stavano bene, mentre Sakura si era resa utile anch'essa, erigendo intorno al signor Tazuna una complessa rete di Genjutsu difensivi.

Tornò a concentrarsi sull'avversario, che già compiva i sigilli per attaccarlo. Usò nuovamente lo Sharingan per anticiparlo nella tecnica, ma stavolta fu più veloce. 
«Arte dell'Acqua: Tecnica dell'Esplosione Acquatica!»
L'onda d'urto che l'acqua provocò abbattendosi sullo spadaccino fu tremenda. Quando l'inondazione fu terminata, Zabuza si ritrovò schiacciato contro un albero: aveva accusato pesantemente quell'ultimo colpo. Tentò di rialzarsi a fatica, ma prima che potesse riuscirci arrivarono da lontano due senbon che lo colpirono al collo, abbattendolo all'istante.
Kakashi si voltò, sorpreso, verso la direzione da cui quei senbon erano arrivati, vedendo appollaiato su un albero un ragazzo (o ragazza? Non era facile capirlo, dato che aveva i capelli lunghi) con una maschera da ANBU della Nebbia. Capì chi fosse, doveva trattarsi di un oinin, un cacciatore di taglie. 

Questo scese dall'albero, avvicinandosi al mascherato, senza mostrare intenzioni ostili. Non poteva avere un età molto diversa da quella dei suoi ragazzi.
«La ringrazio per l'aiuto. Il mio nome è Haku, e sono un oinin della Nebbia. Inseguivo Zabuza da tempo, e ora mi ha dato l'occasione giusta per catturarlo.» disse con un leggero inchino. Poi si diresse verso il corpo dello spadaccino, per recuperarlo. 
«Non c'è di che» fu la risposta secca di Kakashi, vedendolo scomparire con la sua preda. Doveva aver usato un'evocazione inversa.


Una volta che il pericolo fu passato, i cinque proseguirono. Kakashi si complimentò con i suoi allievi per l'astuta strategia di attacco che Naruto e Sasuke avevano adottato. Neanche lui avrebbe mai pensato a una soluzione tanto originale, quei due ragazzi erano imprevedibili.
Arrivati a destinazione, Tazuna presentò alla compagnia la sua famiglia. Sua figlia Tsunami era una ragazza sui 25/30 anni, mora, con un'allegria contagiosa. Suo nipote Inari, invece, era un ragazzino che avrà avuto l'età di Konohamaru, secondo Naruto, ma il suo atteggiamento lo rese antipatico al biondo fin da subito: quel ragazzino era pessimista come nessuno che Naruto avesse mai conosciuto. Dopo aver cenato, Tsunami raccontò la storia di Inari: quello che lui considerava suo padre, di nome Kaiza, era morto nel tentativo di difendere il suo villaggio, e lui considerava la sua morte come un tradimento alla sua promessa di stargli sempre accanto. Naruto andò su tutte le furie quando Tsunami gli raccontò la storia del figlio. Anche lui aveva un passato tremendo, ma non si comportava così! Quel ragazzino era un egoista di prim'ordine. 

Durante la cena, Sasuke notò qualcosa di particolare, nella casa della signorina Tsunami. Un'enorme spada, di forma romboidale, grossa quanto uno scudo, era custodita in una teca. Sembrava possedere un'energia propria, era come se emanasse ricordi di una vita.
«Signorina Tsunami, che cos'è questa?» Sasuke si era rivolto alla padrona di casa, per sapere cosa fosse quell'oggetto che tanto attirava la sua attenzione.
«Ah, quella è la Taisouken Hiramekarei, detta anche Rombosogliola. Era la spada di quello che fu il più potente dei Sette Spadaccini della Nebbia, Mangetsu Hozuki. Dopo la sua morte, quello che allora era il Mizukage, se non ricordo male era il Terzo, la riportò al Villaggio delle Onde, di cui il suo proprietario era originario. Non ti sto a raccontare di come mio padre ne entrò in possesso, è una storia molto lunga. Ma nessuno tra quelli che ci hanno provato è mai riuscito a maneggiarla. È come se fosse viva, per poterla utilizzare lo spadaccino deve conquistarsi la sua lealtà, imponendo su di lei la propria volontà. Se la spada ti reputa abbastanza forte, si piega al tuo volere, altrimenti in battaglia costituirà un ulteriore nemico, perchè non farà altro che ostacolarti. Queste, almeno, sono le storie che circolano su questa spada. Non so quanto ci sia di vero in tutto ciò, ma l'unica cosa certa è che dopo Mangetsu Hozuki nessun'altro riuscì a maneggiarla.»
Sasuke aveva ascoltato rapito il racconto. 
E lui? Se lo avesse voluto, sarebbe stato in grado di farsi accettare da quella spada? No, sicuramente non al suo stato attuale. Per quanto orgoglioso, riconosceva che quella spada richiedeva un padrone di livello nettamente superiore a lui...


Dopo che tutti furono andati a dormire, Inari uscì per prendere una boccata d'aria. Quella sera, il vento era lieve, e non faceva troppo freddo, nonostante l'umidità tipica del Paese dell'Acqua. Quell'atmosfera riportava alla sua mente i ricordi di quegli ultimi giorni prima della morte di Kaiza...
«Non dovresti essere qui» La voce di Sasuke lo fece sobbalzare. Non si era accorto della sua presenza. 
Il moro era uscito perchè aveva difficoltà a dormire, e, avendolo visto lì da solo, aveva avvicinato il ragazzino. Tentando di scusarsi per la brutta reazione che aveva avuto Naruto poche ore prima, gli raccontò la storia del biondo, senza essere troppo indiscreto, per rispetto al suo amico. Inari, ascoltando la storia di quel ninja, sentì un grande senso di colpa nascere in lui. Dopotutto, lui aveva e aveva avuto chi lo amava, lo proteggeva, si prendeva cura di lui, e nonostante tutto si riteneva una vittima impotente di quel mondo crudele... Era giusto che si comportasse così, che non credesse più al bene, quando qualcuno che aveva passato una vita molto peggiore della sua non si era arreso, e continuava a inseguire i suoi sogni? Sasuke lo lasciò con quella domanda, e dopo pochi minuti anche Inari rientrò in casa, per andare a dormire.

Il giorno seguente Tazuna si recò, accompagnato dai quattro ninja, al ponte che i suoi operai dovevano costruire. Ma c'era qualcosa che non andava. Perchè nessuno dei suoi operai si trovava lì per iniziare i lavori? Che stava succedendo? Che Gatoo ne avesse combinata un'altra delle sue per ostacolarlo?
Un brivido di terrore risalì lungo la schiena dei cinque, quando intorno a loro scese la nebbia, in modo repentino e innaturale, e due figure cominciarono a definirsi, mentre si avvicinavano.
Kakashi e gli altri non volevano crederci, come era possibile? Lui era morto davanti ai loro occhi, come poteva essere ancora lì, davanti a loro, perfettamente in salute? Ma l'uomo che avevano davanti era inconfondibile: Zabuza Momochi era ancora vivo. In qualche modo era sopravvissuto all'attacco di quel giovane oinin. Pochi secondi dopo la sua apparizione, la persona che lo accompagnava divenne visibile anche ai presenti, che rimasero, se possibile ancora più sorpresi, una volta che lo ebbero riconosciuto. 
Haku.




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Capitolo 14
*** Battaglia Sul Ponte ***


Battaglia sul Ponte


I ragazzi non credevano ai loro occhi. Come faceva Zabuza ad essere ancora vivo? Quei senbon l'avevano preso in piena gola, e il maestro aveva verificato l'assenza di segni vitali! 
E soprattutto, cosa ci faceva Haku con lui?

«Occupati dei mocciosi, io penso a Kakashi, ho un conto in sospeso con lui...» La fredda voce di Zabuza li fece rabbrividire, mentre Haku si avvicinava a loro. Fu allora che l'argenteo mise al loro posto tutti i pezzi del puzzle.
«Ho capito... Haku è un suo alleato. Ci ha spiato durante tutto lo scontro, e lo ha colpito con quei senbon quando stavo per finirlo, per poterlo portare via e salvarlo. Dovevano essere intrisi di un sonnifero, abbastanza potente da simulare una morte apparente...»
Il Demone della Nebbia si avvicinò, mettendo mano all'enorme spada sulla sua schiena.
«Il mio allievo si occuperà dei tuoi ragazzi, così stavolta nessuno interferirà...»
Kakashi si rivolse al trio: «Sakura, tu proteggi Tazuna come l'ultima volta. Naruto, Sasuke, state attenti. Quel ragazzo non è molto più grande di voi, ma ha ciò che a voi manca: l'esperienza. Inoltre qualcosa mi dice che ha abilità speciali dalla sua parte. Dovete collaborare, o non avrete speranze.»
I ragazzi eseguirono. Mentre Haku si avvicinava, Sakura iniziò a disporre i Genjutsu protettivi intorno a Tazuna, e Sasuke affiancò Naruto, in formazione d'attacco. Non era più tempo di giocare, e non potevano preoccuparsi del maestro o di Sakura. Ora la loro priorità era sconfiggere il più velocemente possibile quell'oinin, per poi dare tutto l'aiuto possibile al loro sensei contro quello spadaccino. Con uno sguardo d'intesa, i due si lanciarono contro il loro avversario...

Kakashi sentiva rumori metallici provenire da qualche metro di distanza. La battaglia tra Haku e i suoi ragazzi doveva essere iniziata, ma non riusciva a seguirla a causa della Tecnica del Velo di Nebbia di Zabuza, che li aveva racchiusi in una coltre di fitta umidità, avvantaggiando notevolmente il suo evocatore e limitando di molto la vista del mascherato, nonostante lo Sharingan. Percepì un movimento alle sue spalle, e si voltò appena in tempo per bloccare con il kunai l'enorme lama che si avventava contro di lui. Il demone non si fermò, continuando a incalzarlo con i suoi fendenti, rapidissimi nonostante le dimensioni dell'arma. Kakashi avrebbe voluto contrattaccare, ma la nebbia gli impediva di avere una visione chiara dell'avversario, e solo grazie allo Sharingan riusciva ad accorgersi in tempo degli attacchi per non subirne i danni. Doveva ribaltare in fretta quella situazione, o alla lunga avrebbe ceduto. Sfruttando un altro attacco dell'avversario, bloccò la lama per un'istante, abbastanza per creare un clone, che si allontanò con un balzo.
«Credi che un clone possa aiutarti? Nessuno può sfuggirmi nel mio campo di battaglia...»
Ma l'intento di Kakashi non era puntare sulla superiorità numerica. Mentre, avvantaggiato dalla situazione, Zabuza attaccava il clone indisturbato, Kakashi prese una pergamena dalla sua borsa laterale, iniziando ad attivare vari sigilli scritti su di essa. Fece appena in tempo ad attivare l'ultimo, quando fu costretto ad evitare un enorme fendente che lo avrebbe tagliato in due se non si fosse mosso. Evidentemente il suo clone aveva ceduto. Tuttavia, non uscì incolume dall'attacco: la lama lo prese di striscio su una gamba, lasciando un profondo taglio all'altezza del polpaccio. Non faceva male, ma sanguinava, infastidendo il ninja copia. Ma non aveva importanza: grazie a quella ferita, aveva tutto ciò che gli serviva per attuare il suo piano...


La situazione non andava affatto bene. Sasuke e Naruto stavano attaccando Haku con tutte le loro forze, ma il mascherato era abbastanza agile da non farsi mai colpire. Volteggiando in aria per evitare i loro colpi, contrattaccava lanciando loro i suoi senbon, che colpivano maggiormente Naruto, dato che Sasuke era agevolato dallo Sharingan nello schivarli. Ma stava rallentando, la frequenza dei suoi attacchi era diminuita, e i suoi movimenti erano diventati meno precisi. 
«È inutile, sei troppo lento per cogliermi di sorpresa!»
Haku aveva finalmente commesso un errore: aveva tentato di colpire l'Uchiha alle spalle, ma questo se ne era accorto in tempo, spedendolo lontano a diversi metri con un calcio. Questo si rialzò, come se nulla fosse.
«Credi di essere superiore a me? Il tempo dei giochi è finito, è ora di fare sul serio...»
Così dicendo, compose dei sigilli, usando una sola mano.
«Arte del Ghiaccio: Cristallo Mortale!»
Con un movimento della mano, indirizzò una gran quantità di stalattiti ghiacciate, appena apparse dal nulla, verso i due avversari, che li evitarono per pura fortuna.
«Ma come ha fatto?» Esclamò sconcertato Naruto. Non aveva mai visto una cosa del genere.
«È la mia abilità innata. Posso abbassare la temperatura dell'acqua fino a congelarla nella forma che desidero. La nebbia creata dal maestro Zabuza mi fornisce l'acqua necessaria alle mie tecniche, mi è sufficiente condensare l'umidità presente nell'aria. Non avete scampo. Arrendetevi!»
Naruto cambiò espressione. Da stupito per l'abilità del suo avversario si fece serio, la sua faccia era una maschera di ghiaccio, mentre rispondeva con disprezzo l''oinin.
«Arrendermi? No, mai. Ho fatto una promessa a Inari, gli ho detto che il mondo sarebbe migliorato, che io l'avrei fatto migliorare, e non ho intenzione di tradirla. Io realizzerò il mio sogno. Diventerò Hokage, e sarò il migliore di tutti i precedenti. Non mi arrenderò davanti a te. Io non mi tiro mai indietro, e non mi rimangio mai la parola data. Questa... È la mia nindo!!»
Un mezzo sorriso apparve sulle labbra di Sasuke, a quelle parole, mentre ricordava quell'allenamento...


*Flashback*

L'allenamento con Kakashi-sensei era appena terminato. Stavano riprendendo fiato, quando il maestro rivolse loro quella fatidica domanda. «Ragazzi, vedo che state dando tutto ciò che potete per migliorare. Perciò voglio sapere: quale motivazione vi spinge? Cosa volete ottenere diventando più forti? Qual'è la vostra nindo?» Diede particolare enfasi all'ultima domanda, conscio dell'importanza che la nindo aveva nella formazione di un ninja, per farne capire l'importanza agli allievi.
Il primo a rispondere fu Sasuke: «Io ho un unico obiettivo, avere giustizia per il mio clan. Io seguirò la via della vendetta. Fino alla morte.» Non c'era la minima esitazione nella sua voce.
Sakura ci riflettè un attimo. «Beh... Mio padre non ha mai avuto una carriera brillante, quindi voglio riscattare il suo nome. Diventerò abbastanza forte da essere famosa, e porterò onore alla mia famiglia.» Concluse con un sorriso.
Infine, rispose Naruto: «Il mio sogno lo conoscete, diventare Hokage e superare tutti i precedenti. Ma non sarà passando sugli altri e sacrificando i miei amici che otterrò questo ruolo...» qui l'attenzione degli altri aumentò, attirata dal discorso dell'Uzumaki. «Io difenderò chi avrà bisogno di aiuto. Sarò onesto con tutti, e non tradirò mai le persone che riporranno in me la loro fiducia, anche a costo della mia vita. Non mi arrenderò mai, e non mi rimangerò le mie promesse, qualunque cosa accada. Sarà questa la mia strada. Questa è la mia nindo!» Aveva concluso con tono solenne, sorridendo come solo lui sapeva fare.

*fine flashback*



«Naruto ha ragione, noi non ci tireremo indietro. Ti sconfiggeremo, e porteremo a termine la nostra missione!» Sasuke affiancò l'amico, pronto a combattere, ora più che mai.
Haku li studiò, senza che la sua maschera lasciasse intravedere emozioni.
«Così, questa è la vostra decisione...»
Con un gesto della mano, davanti a lui comparve una lastra di ghiaccio, che rifletteva la sua immagine come uno specchio. Un istante dopo, la lastra si moltiplicò, e ne apparvero altre uguali alla prima, circondando i due ragazzi e rinchiudendoli in una cupola fatta di lastre di ghiaccio, lucenti come specchi. In ognuna comparve l'immagine di Haku.
«Arte del Ghiaccio: Tecnica degli Specchi di Ghiaccio. Prima mi hai criticato per la mia velocità...» disse rivolgendosi al moro «Ora ti mostrerò come posso muovermi davvero...» 
Le immagini cominciarono a muoversi tra gli specchi a una velocità impressionante, che nemmeno lo Sharingan di Sasuke riusciva a percepire. A un tratto, un senbon lo colpì alla gamba, costringendolo a terra. Naruto fu colpito due volte, a pochi secondi di distanza da lui. Le figure si fermarono.
«Ora basta giocare.» Gli Haku impugnarono ognuno tre senbon, e cominciarono a bersagliare i due e genin, che in pochi secondi erano stati ricoperti di aghi conficcati nella loro carne. Non sapevano come fare a uscire da quella situazione. Naruto provò a usare la moltiplicazione, per cercare di rompere gli specchi, ma i suoi cloni venivano colpiti e sparivano prima ancora di raggiungere gli specchi. Ciò, però, servì a far venire un'idea a Sasuke.

«Ascolta Naruto!» Il biondo si voltò, con una smorfia di dolore. «Quanti cloni riesci a creare?»
«In queste condizioni, non più di venti, credo...» Rispose il biondo a fatica. Erano più che sufficienti.
«Allora fallo, forse ho capito come liberarci!»
Naruto fece quello sforzo, fidandosi dell'amico, mentre Sasuke componeva quattro sigilli, pronto a colpire con la sua tecnica più potente. Serpente, drago, coniglio, tigre.
«Arte del Fuoco: Tecnica del Drago di Fuoco!»


Un'enorme fiammata a forma di drago uscì dalla sua bocca, andandosi ad abbattere contro gli specchi, sciogliendone alcuni. Naruto sentì il calore di quella tecnica sul volto, mentre i suoi ultimi cloni sparivano, colpiti dai senbon. Dopo qualche metro il drago virò, puntando altre lastre. Haku però non aveva intenzione di permetterglielo. Eliminati tutti i cloni, indirizzò una decina di senbon su Sasuke, ferendolo gravemente, e interrompendo la tecnica di fuoco.
«Peccato, era un buon piano. Però, non potevo lasciartelo fare.»
La frase di Haku fu come una sentenza di morte, mentre Sasuke si accasciava a terra. Aveva pensato di ricorrere al Mangekyo, ora che il pericolo era così grande, ma non aveva neanche fatto in tempo ad usarlo, Haku era stato troppo veloce. Che fine ridicola. Lui che voleva vendicare il suo clan, lui che voleva competere con Itachi Uchiha, il più forte di sempre tra gli ANBU della Foglia, sconfitto in modo tanto stupido...
Naruto accorse subito dall'amico, sorreggendolo, cercando di farlo respirare.
«N-Naruto... N-Non puoi farcela d-da solo... S-scappa...» Furono le ultime parole che riuscì a pronunciare, con un filo di voce, prima di perdere i sensi.
Naruto in quel momento smise di ragionare. Fu come se il tempo si fermasse, mentre vedeva il suo migliore amico, quasi un fratello per lui, morire davanti ai suoi occhi.
«È il destino di un ninja. Combatti finchè puoi, e cadi davanti a un avversario superiore a te.»

Fu questa frase di Haku la scintilla che incendiò la rabbia di Naruto, trasformando il suo dolore in un traboccante potere. Sentiva come un fuoco crescere dentro di lui, e una tremenda voglia di annientare quell'oinin, distruggerlo, cancellarlo dalla faccia della terra. Una voce risuonò nella sua testa, profonda e antica, come un eco in un enorme caverna.
«Fallo. Ha ucciso il tuo amico. Lasciati andare, abbandonati alla rabbia. Distruggi tutto!»
E lui lo fece, lasciò che quel fuoco dentro di lui cominciasse ad ardere, sentendolo scorrere nelle sue vene, come fosse lava incandescente. Un'ondata di chakra lo pervase, diversa dal suo solito. Quel chakra era rosso, carico di un odio incontenibile, un pozzo senza fondo d'ira e di potere. Senti esplodere quella folle energia, mandando in frantumi quella cupola di ghiaccio, e sbalzando lontano il suo avversario, mentre un manto di chakra rosso lo ricopriva. I senbon ancora conficcati nella sua carne furono sparati fuori, e tutte le sue ferite si rimarginarono all'istante.
Haku si rialzò a fatica dopo quel volo di diversi metri. Aveva una grossa crepa sulla maschera, che cadde a terra in frantumi alla sola presenza di quell'energia così possente, rivelando il volto di un giovane dai lineamenti delicati, quasi femminili. L'oinin fissò il suo avversario, con terrore. I capelli erano non erano più spettinati come prima, ora erano ispidi e ritti, e i suoi segni sulle guance si erano fatti più marcati, come i baffi di una volpe. Gli si erano anche allungate le unghie, trasformandosi in artigli. Ma fu quando incrociò lo sguardo del biondo che il terrore più puro lo colse. Non erano più azzurri, ora brillavano di una luce rosso sangue, diffondendo la sua fame di morte...


Sakura aveva seguito lo scontro grazie alla tecnica di amplificazione dell'udito. La nebbia le impediva di vedere, ma riusciva a capire in parte quello che accadeva. Aveva capito che i suoi amici erano in difficoltà, e un improvviso calo del chakra di Sasuke le aveva fatto venire in mente un orribile presentimento. Sasuke era in pericolo, lo sentiva ansimare, sentiva il suo dolore attraverso le onde del suo chakra, che si facevano sempre più flebili. Poi, d'un tratto, sentì un'enorme energia premere contro di lei. I suoi Genjutsu rischiarono di essere spezzati, tanto era potente quel'ondata di chakra. Così oscuro, così malvagio... Il suo era niente in confronto a quell'entità, che non riconosceva. Sembrava molto simile al chakra di Naruto, ma era così diverso... Ciò che più la preoccupava era il livello del chakra di Sasuke, ora estremamente basso. Una fiammella sul punto di estinguersi, al confronto con quell'incendio che percepiva lì vicino. Ma non poteva fare nulla per intervenire... Assicurandosi che le protezioni tenessero, pregava che i suoi amici e il maestro uscissero vivi da quella situazione infernale...

Kakashi stava per attuare la sua strategia, quando un'esplosione di chakra attirò la sua attenzione. Lo riconosceva come di Naruto, ma era diverso dal solito: più malvagio, più oscuro, più... rosso? 
"Il Kyuubi...Questo è il suo chakra!" fu il pensiero che attraversò la sua mente, ricordandogli quella terribile notte di dodici anni prima, la prima volta in cui aveva percepito quell'odio e quel potere insostenibili per chiunque. La notte in cui il maestro Minato aveva trovato la morte.
Anche Zabuza aveva percepito quell'esplosione di potere, ma si fidava del suo allievo, anche se neanche lui credeva che fosse possibile fronteggiare un potere tale.
Il ninja copia ebbe per un attimo la tentazione di correre dai suoi allievi, per controllare cosa fosse accaduto per far scatenare il Kyuubi, ma un nuovo attacco dello spadaccino lo costrinse a difendersi. Ora ne aveva abbastanza, era arrivato il momento di passare al contrattacco...



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Capitolo 15
*** Risveglio ***


Risveglio
 


Naruto sentiva un'energia incontenibile scorrere nel suo corpo. Puntò lo sguardo verso quell'oinin, pronto a scatenare la sua furia...
Haku non voleva tirarsi indietro, anche se il suo avversario era estremamente pericoloso. Con un sigillo, il ghiaccio cominciò ad avvolgere il suo corpo, creando un'armatura. Non sapeva per quanto avrebbe retto contro i colpi di quell'essere, ma non poteva correre rischi. Avrebbe dato fondo a tutte le sue risorse...

«Arte del Ghiaccio: Tecnica Estrema del Cristallo Mortale!» 
Era da molto tempo che non usava quell'attacco, la sua arma più potente. Dei cristalli di ghiaccio appuntiti cominciarono a crearsi dall'acqua intorno a lui. Questi però erano estremamente più grandi di quelli usati prima: ognuno misurava circa tre metri di lunghezza, un colpo avrebbe potuto trafiggere un elefante. Inoltre erano molti più di prima, dato che aveva usato quasi tutto il suo chakra era riuscito a crearne oltre venti. Quel ragazzo non avrebbe mai retto a un simile bombardamento. Con un gesto della sua mano, i cristalli si scagliarono contro il biondo.

Naruto guardò la scena senza provare la minima paura, con quell'energia si sentiva invincibile. Fu un'azione istintiva il modo in cui reagì a quell'attacco. Senza pensarci, seguendo solo quell'energia, che sembrava avere una volontà propria, spalancò la bocca verso il suo avversario, emettendo un ruggito spaventoso. L'onda d'urto fu immane, l'intero ponte in costruzione tremò, e i cristalli furono polverizzati da quel verso disumano. Haku fu sbalzato via, cercando di tenere gli occhi fissi sull'avversario, per prevedere la sua prossima mossa. Ma questo si mosse con una velocità tale che Haku non riteneva possibile per un essere umano. Apparve davanti a lui in un attimo, e con un pugno avvolto da quello strano chakra rosso lo colpì al petto. L'armatura di ghiaccio, che in passato aveva retto anche ai più potenti colpi della lama di Zabuza, finì sbriciolata sotto quella potenza, e Haku volò lontano, andando a schiantarsi contro un muro laterale del ponte. Aveva perso, non poteva nulla contro quel... mostro. Ecco cos'era.
«C-chi sei tu? Che razza di mostro sei?!»

Naruto si fermò a quelle parole. Mostro. Quante volte si era sentito chiamare così? Per quanto tempo gli abitanti del suo villaggio lo avevano trattato come tale? Mai quanto in quel momento si sentiva come se avessero ragione, che cosa stava facendo? Lentamente, l'energia rossa iniziò a ritirarsi, mentre i suoi tratti tornavano alla normalità. 
Aveva capito che cosa era successo. Per un attimo, il Kyuubi si era impossessato di lui. 

Haku non aveva più la forza di muovere un dito. Quel colpo gli aveva sbriciolato diverse costole. Ma ad un tratto sentì un pericolo vicino: uno strano rumore, come di uccelli che stridevano, arrivò alle sue orecchie, insieme ad un tremendo presentimento: il suo maestro era in pericolo! Con uno scatto, con le ultime forze rimaste, Haku oltrepassò il biondo, diretto verso Zabuza...


Kakashi era pronto a contrattaccare. Usò un'Arte Illusoria per far disperdere il rumore come eco, l'aveva copiata da Sakura durante gli allenamenti. Estrasse poi una pergamena dalla tasca, disegnandoci sopra alcuni caratteri. Quindi posò a terra quella pergamena, e fece cinque sigilli.
«Tecnica del Richiamo.» 
Cinque cani, di altezza e dimensioni diverse, apparvero davanti a lui. «Kakashi, cosa succede?» A parlare era stato il più piccolo di loro, un carlino con un coprifronte della foglia, come tutti gli altri.
«Ascoltami bene, Pakkun...» e spiegò rapidamente la sua strategia.
«Agli ordini.» I cinque cani si tuffarono sotto terra, scavando per raggiungere il loro obiettivo.

Zabuza non capiva cosa stava succedendo. Kakashi aveva usato un Genjutsu per ingannarlo, e non capiva da dove provenissero i rumori che sentiva. Poi, d'un tratto, un grande muro di roccia si innalzò alle sue spalle. Lui si voltò verso di esso, e fece un grosso errore. Dal terreno, cinque grossi cani spuntarono ringhiando, e lo azzannarono immobilizzandolo contro il muro.
Kakashi si rese conto che la sua strategia era andata a segno, quindi disperse la nebbia con una tecnica di vento. Quando la visibilità tornò ottimale, Zabuza incrociò il suo sguardo.
«Adesso ho capito... Prima ti sei lasciato colpire di proposito dalla mia spada. Hai usato questi cani per rintracciarmi grazie all'odore del tuo sangue rimasto sulla lama... Davvero geniale...»
«Esatto. E ora è il momento di finirla. Di solito combatto usando tecniche copiate con lo Sharingan, stavolta invece farò diversamente... Userò una delle mie tecniche personali...» Sulla sua mano destra iniziò ad accumularsi chakra, sotto forma di scariche elettriche.
«Questo è il Taglio del Fulmine, la mia tecnica personale. Arte del Fulmine: Raikiri!» 
E si avventò contro l'avversario immobilizzato...

Ma qualcuno era deciso a impedirgli di uccidere Zabuza. In una frazione di secondo, tanto rapida che Kakashi non potè fermarsi, data la velocità dell'attacco, una lastra di ghiaccio si formò tra lui e Zabuza, e da questa uscì Haku. L'attacco andò a segno, ma a subire il colpo fu Haku, che venne trafitto al cuore da quella lama di chakra che era il Taglio del Fulmine. Kakashi lo aveva creato perchè fosse una tecnica omicida, che non lasciasse scampo all'avversario. Grazie all'elemento fulmine, l'utilizzatore acquisiva durante l'attacco una velocità inumana, ma questo era un grave rischio, perchè rendeva impossibile fermarsi qualora ci fossero ostacoli per l'attacco. Solo Kakashi, che aveva lo Sharingan, era in grado di utilizzare questa mossa senza rischi, perchè i riflessi sovrumani che quell'occhio gli conferiva gli permettevano di prevedere e schivare eventuali ostacoli o contrattacchi.

La vista del suo allievo morente sembrò ridestare Zabuza, che con uno scatto si liberò e attaccò Kakashi con un fendente dell'enorme arma.
«Haku... non dovevi farlo...» Zabuza parlò sottovoce, ma i suoi sussurri erano perfettamente udibili da Kakashi.
«Tenevi molto a lui, nonostante tutto, vero? Mi dispiace, ma per lui non c'è più nulla da fare...»
Zabuza, accecato dalla rabbia, caricò l'argenteo, deciso a ucciderlo all'istante per quell'affronto. Ma quando la spada colpì l'avversario, questo svanì in una nuvoletta di fumo. 
"Sostituzione?!"
Il vero Kakashi comparve alle spalle del Demone della Nebbia, con un kunai in mano.
«Questo è un addio, Demone...» e senza che Zabuza potesse fare in tempo ad evitarlo, il kunai lo colpi dritto in mezzo alle spalle. Non lo uccise, ma il colpo aveva inflitto seri danni al suo sistema nervoso, facendogli perdere l'uso della braccia, che penzolavano inermi. Le sue mani persero la presa sulla spada, che cadde con un clangore metallico al suolo.
«Sembra che tu abbia vinto, alla fine...»


Mentre Zabuza accettava la sua sconfitta, la nebbia si diradò completamente.
In quel momento, Sakura potè vedere ciò che era successo, e vide con orrore Sasuke disteso a terra.
«Sasuke!!»
E si fiondò da lui. Era privo di sensi, ma i senbon non lo avevano colpito in punti vitali. A quanto pare, Haku non aveva voluto ucciderlo.

I ragazzi si erano tranquillizzati, ora che avevano visti sconfitti i loro nemici. Ma il maestro Kakashi, dopo essersi assicurato che i suoi allievi stessero bene, notò qualcos'altro, qualcosa che non era niente di buono.
Sul lato opposto del ponte rispetto a loro c'era una folla di persone, forse venti o poco più, capeggiata da un uomo basso e tarchiato, con capelli lunghi e occhiali da sole, che ghignava guardando la scena.
Zabuza notò l'uomo, e si rivolse a lui, ancora in precario equilibrio per le braccia inutilizzabili.
«Gatoo? Che cosa significa? Cosa ci fai qui?» Non sembrava felice di vederlo.

La squadra capì chi era quell'uomo: il criminale che teneva sotto scacco il Paese delle Onde, accompagnato da quelli che dovevano essere un'armata di mercenari. Questo parlò con voce sadica.
«Hai fallito la tua missione, Zabuza. D'altronde non mi sei mai piaciuto, e speravo tanto che fallissi. Per fortuna quei bastardi hanno fatto fuori quel mostro del tuo allievo. Ma anche se tu sei sopravvissuto, non mi servi più a nulla. Uccideteli tutti!» Disse rivolto ai suoi uomini.
Zabuza allora si tolse le bende che coprivano il suo volto, non senza fatica a causa dell'impossibilità di usare le mani, mostrando la bocca distorta in una smorfia di disprezzo, con piccoli denti appuntiti, che ricordavano quelli di un piranha.
«Sono sempre stato solo uno strumento per te, vero? Non mi importa niente di te, ma per colpa tua Haku è morto! Te la farò pagare, dovesse costarmi la vita!» mentre parlava, un'aura oscura cominciò a formarsi attorno a lui, formando una figura che ricordava un demone dietro le sue spalle. Kakashi aveva visto raramente quella tecnica: si chiamava Sakki, ed era la manifestazione della volontà omicida. Pochissimi erano in grado di utilizzarla. Ora più che mai capiva perchè lui era chiamato il Demone della Nebbia. Con voce bassa, quasi un sibilo, Zabuza si rivolse a Naruto. 
«Ragazzino, passami il tuo kunai.»

Naruto lo guardò incerto, poi si voltò verso il maestro Kakashi, che gli fece un cenno d'assenso. Allora prese il suo kunai e lo lanciò a Zabuza, che lo afferrò con i denti, e si lanciò in corsa contro quell'armata. Quegli uomini lo guardarono avvicinarsi terrorizzati, ma misero mano alle armi e lo fronteggiarono. In pochi secondi, Zabuza fece un massacro. 
Nonostante avesse le braccia fuori uso, e stesse combattendo con un sempice kunai in bocca, aveva già ferito a morte dieci di quegli uomini, spezzando la loro linea. Non era rimasto incolume: delle lance lo avevano trafitto sulla schiena, il sangue lo copriva, ma il dolore e le ferite non lo fermavano. La sua rabbia era incontenibile, diretta verso un solo uomo.


«GATOO!!!» Con un urlo disumano, Zabuza superò gli ultimi nemici e si avventò contro il boss criminale, trafiggendolo allo stomaco con quel misero coltello, squarciandolo fino alla gola. Senza fiato, Gatoo stramazzò a terra, mentre anche Zabuza, sfinito dalle ferite, si accasciò lì vicino. Gli altri uomini cercarono di attaccarlo, ma un nuovo ostacolo si oppose a loro: un'altra piccola folla armata aveva assistito alla scena. Erano gli abitanti del villaggio, che ora avevano avuto il coraggio di ribellarsi contro quei criminali. A capo di quella piccola armata, c'era Inari, ora deciso a vendicare Kaiza. A suon di forconi e legnate, gli abitanti dell'Onda cacciarono via i mercenari.

Kakashi si avvicinò al corpo di Zabuza, non gli restavano che pochi minuti di vita.
«K-Kakashi... t-ti prego... p-portami v-vicino al... c-corpo di H-Haku...» Era solo un sussurro, ma Kakashi capì, e lo adagiò accanto al suo allievo, liberandolo dalle armi ancora conficcate nel suo corpo.
«A-ascoltami, Kakashi... Ho d-diritto ad un... ultimo desiderio?» Kakashi gli fece segno di continuare.
«T-tu sei stato... il p-primo avversario c-capace d-di sconfiggermi... Io s-so che v-violeranno la mia... t-tomba, per a-avere la mia s-spada...» La voce era debole, ma chiara.
«N-Non sono riuscito a t-trovare un erede p-prima della mia m-morte... quindi... piuttosto che l-lasciarla... in mano... a q-qualche ladruncolo... io v-voglio a-affidare la mia s-spada... a.. te...» 

Kakashi lo guardò stupito: Uno Spadaccino della Nebbia donava la sua arma ad un nemico? Doveva essere davvero riuscito a fargli buona impressione... Si alzò, e raccolse la Kubikiri Hocho. Era un arma magnifica, nel momento in cui la prese sentì come se in quel metallo ci fosse una coscienza, una memoria, come se la spada fosse... viva?
«Poichè mi hai s-sconfitto...tu s-sei l'unico c-che p-possa farsi... accettare d-da quella spada... Preferisco che l'abbia tu, piuttosto che un misero ladro senza onore...» 
Kakashi prese la cintura di Zabuza, e si legò la spada sulle spalle.
«Ti ringrazio per questo dono. Renderò onore alla tua spada, te lo prometto.»
Zabuza accennò un sorriso, prima di chiudere gli occhi. Dopo pochi istanti, smise di respirare.


Kakashi raggiunse i suoi allievi, la missione era stata completata. Tazuna li ringraziò, e diede loro un annuncio: in onore di quella battaglia, quello sarebbe stato chiamato Ponte Naruto. Il biondino non potè che esserne felicissimo, e dopo qualche passo confidò al maestro: «Sa maestro, anche se erano nostri nemici... beh... mi erano simpatici!»
L'argenteo fu sorpreso, ma non potè che essere d'accordo: Zabuza era stato uno dei suoi più grandi avversari, e meritava tutto il suo rispetto.
«Anche a me.» rispose con un sorriso, mentre si avviavano verso casa di Inari.
Il giorno dopo, quando Sasuke si fu ripreso, i quattro ripartirono alla volta di Konoha.



 

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Capitolo 16
*** Ritorno e Novità ***


Ritorno e Novità



Era passato un giorno dalla battaglia con Zabuza e Haku, e il team 7 si era avviato da poche ore verso il Villaggio della Foglia. Tenevano i sensi all'erta, ma finora non avevano incontrato nessun pericolo. Dopo alcune ore di viaggio, Naruto e Kakashi in testa, Sakura e Sasuke dietro di loro a poca distanza, cominciarono a parlare. Naruto si avvicinò al maestro, voleva raccontargli quello che era successo sul ponte, e sapere se il maestro era d'accordo con la sua ipotesi.

«Maestro, posso chiederle una cosa?» Kakashi notò il tono serio che usò Naruto, abbastanza inusuale con lui, e capì che voleva parlargli di qualcosa di importante.
«Dimmi pure, Naruto, ti ascolto»
«Beh... Ecco, si tratta di quello che è successo mentre affrontavamo Haku...»

Kakashi comiciò a capire cosa volesse dirgli l'allievo, e lo lasciò parlare.
«Già, mi chiedevo anch'io cosa fosse successo. Ho percepito un'enorme energia provenire da te. Tu cosa credi che sia accaduto? Cosa hai provato?» l'argenteo voleva capire cosa avesse realizzato l'allievo.
«Beh, ecco... quando ho visto Sasuke a terra, credevo che fosse morto. In quel momento ho sentito un'enorme rabbia. Non pensavo più, volevo solo uccidere Haku. Ho sentito una specie di fuoco dentro di me, mi sentivo invincibile. E potrei giurare di aver sentito una voce...»
«Una voce?» Kakashi era sempre più convinto.
«Si... Mi diceva di cedere alla rabbia, di distruggere quell'avversario... Io... Io credo che fosse il Kyuubi...» 


Disse l'ultima frase con tono preoccupato, timoroso che il suo maestro lo iniziasse a trattare come tutti gli altri, come un mostro. Ma il Sandaime gli aveva detto che Kakashi conosceva il suo status di Jinchuuriki, ed era stato allievo di Minato, quindi poteva fidarsi di lui, non lo avrebbe allontanato. Inoltre gli aveva detto che lui sarebbe stato in grado di aiutarlo se la Volpe gli avesse dato problemi, e ora che aveva visto che il maestro aveva lo Sharingan capiva perchè. Era per questo che aveva deciso di confidarsi con lui, ma non era riuscito a scrollarsi di dosso tutte le sue paure...
«A quanto pare la tua rabbia, o la situazione di pericolo, o forse una combinazione di esse, ha fatto in modo che una parte del chakra del Kyuubi attraversasse il sigillo e fluisse attraverso di te... Dimmi, Naruto, eri consapevole di ciò che facevi?»
«Beh, non del tutto... Perlopiù ho agito d'istinto. Quando Haku mi ha attaccato con dei cristalli enormi ho disperso il suo attacco con un ruggito, ma lucidamente non lo avrei mai fatto. Poi lui mi ha chiamato mostro, e ho pensato che mi stavo comportando come tale. Allora mi sono calmato, e l'energia rossa è sparita.»
«Mmm... interessante... A quanto pare, insieme al chakra del Kyuubi, anche parte della sua coscienza è fluita in te. La sua mente è collegata al suo chakra. Ti ha guidato il suo istinto, e in parte sono state le tue emozioni ad agevolarlo...» 

Naruto cominciò a spaventarsi. La volpe aveva rischiato di liberarsi? Ma il maestro lo tranquillizzò subito.
«Non preoccuparti, Naruto. Non è ancora il momento che tu impari a controllare il chakra della volpe. E non ci riuscirai con la forza. Solo se il demone te lo consentirà potrai usare liberamente il suo potere, ma non provarci o rischierai di farti male. Se c'è qualcuno che può aiutarti in questo, sono l'Hokage e Jiraiya. Parlane con loro quando saremo tornati, sono sicuro che sapranno aiutarti.» Concluse l'argenteo con un sorriso rassicurante. Tranquillizzato, Naruto ritrovò la serenità, e proseguirono il viaggio.


Intanto, dietro di loro, Sasuke e Sakura discutevano di quanto era successo sul ponte...
«Sasuke, mi sono spaventata tantissimo quando ti ho visto a terra! Chissà se Haku non fosse andato a difendere Zabuza cosa ti avrebbe fatto...»
«Haku non mi avrebbe fatto niente. È stato Naruto a costringerlo a ritirarsi.» 
Sasuke era grato al suo amico per averlo salvato, anche se non poteva nascondere una punta di fastidio: dopotutto, aveva sconfitto un avversario che lo aveva quasi ucciso...
«Naruto?! E come ha fatto? Ho sentito quella strana energia rossa, ma non pensavo fosse stato lui! Insomma... è sempre stato un incapace!» 
In quel momento Sasuke arrivò davvero al limite: chi si credeva di essere quella ragazzina per sottovalutare così Naruto? Adesso ci avrebbe pensato lui a rimetterla al suo posto.
«Dimmi un po', che cosa sai tu di Naruto, eh?» 
Il tono aggressivo era evidente, e Sakura, sorpresa, fu costretta a pensarci bene prima di rispondere. In effetti era vero: cosa sapeva lei di Naruto? I suoi genitori non avevano mai detto nulla di male su di lui, ma le sue amiche all'Accademia lo evitavano sempre, parlando male di lui, e lei per riflesso aveva fatto lo stesso. Doveva ammettere che quel poco che sapeva di Naruto era totalmente nato da un comune pregiudizio, di cui peraltro non conosceva le motivazioni.

«Non molto, in effetti...»
Sasuke aveva sentito esattamente quello che voleva. 
«Allora fammi un favore: non parlare di lui come se lo conoscessi. Non hai idea di che persona è, non sai minimanete quello che ha passato, quanto tutti, te compresa, lo hanno fatto soffrire.»
Sakura allora si infervorò: «E tu allora che ne sai? Chi sei tu per dire di conoscerlo?»
Normalmente non avrebbe mai risposto così a Sasuke, per paura di offenderlo e allontanarlo definitivamente da lei, ma essere trattata da bambina era una cosa che non sopportava.
«Lui mi è stato accanto in un momento della mia vita in cui nessun altro c'era. Senza di lui, probabilmente sarei impazzito. Nessuno all'Accademia ha mai cercato di comprendermi, di essermi amico, eccetto lui. E lui è l'unico a meritare un po' del mio rispetto.» 
Sasuke aveva ragione su tutta la linea, anche Sakura dovette ammetterlo. Ma se Sasuke credeva che Sakura Haruno avrebbe rinunciato ad avere l'ultima parola, si sbagliava di grosso.
«...Hai ragione. Allora devo chiederti scusa.» 
Sasuke si voltò, sorpreso. Di tutte le reazioni possibili che Sakura potesse avere, non si aspettava certo un'ammissione di colpa. Forse una crisi di nervi, tipica di Ino, o un broncio lungo giorni, come Tenten. O magari un pianto isterico, tipico della ragazzina viziata che la riteneva. Quella dimostrazione di maturità lo colse alla sprovvista.
«Allora forse non sei poi così immatura come credevo. Ma non è con me che devi scusarti. Impara a non giudicare senza prima conoscere.»
Solo allora Sakura capì il senso della frase che Naruto aveva detto il giorno che si erano presentati al maestro Kakashi...
«Mi piace la sincerità, non sopporto chi dice le bugie, e odio chi parla e giudica senza sapere.» 

Quella frase non era rivolta solo a chi lo aveva trattato come un mostro, ma in parte anche a lei. Lui non aveva mai fatto nulla di male a lei o alle altre ragazze, ma loro lo giudicavano senza minimamente conoscerlo, tenendolo a distanza, come i loro genitori avevano raccomandato loro. In quel momento prese una decisione: da allora in poi sarebbe cambiata. Non avrebbe mai più dato credito in base all'apparenza o alle voci. Sarebbe maturata. Neanche Sasuke l'avrebbe tenuta in pugno solo con il suo fascino. 
Il viaggio proseguì per altri due giorni, senza pericoli, finchè non avvistarono le porte di Konoha.



«Avete incontrato un avversario del calibro di Zabuza Momochi?! Abbastanza insolito per una missione di livello C... Direi che siete stati molto sfortunati a imbattervi in un tale nemico, ed estremamente fortunati a uscirne vivi...» 
Di comune accordo, la squadra aveva deciso di non rivelare all'Hokage la decisione presa lungo la strada, con la scoperta del vero livello della missione. Quando finirono di fare rapporto, si riavviarono ognuno verso casa sua. Avevano due giorni di riposo.
Quando Naruto tornò a casa insieme a Hiruzen, gli raccontò ciò che era successo con il chakra rosso, che aveva raccontato anche a Kakashi. Il Terzo ne fu abbastanza impensierito, ma decise di non proccupare ulteriormente Naruto.
«Quello che è successo è piuttosto allarmante, ma non è il caso di preoccuparsene ora. Ne parlerò con Jiraiya, penserà lui a cosa fare.»

Dopo il ritorno passarono altri mesi, che il team impiegò allenandosi e portando a termine varie missioni di livello C e D. Niente di pericoloso come quella nel Villaggio dele Onde, non ebbero più tanta sfortuna. 
Ma erano in arrivo delle novità... 

Il giorno dopo che furono rientrati da una missione di basso livello, erano al campo 7 ad aspettare il maestro. Con la sua solita ora e mezza di ritardo (e conseguente sfuriata di Sakura), il maestro si scusò dicendo: «Mi dispiace per avervi fatto aspettare, ragazzi, ma avevo un ottimo motivo oggi per arrivare tardi...» 
Mentre parlava, tirò fuori dei fogli ripiegati dalla sua borsa, consegnadone uno a ognuno di loro.
«Cosa sono questi, maestro?» Fu la domanda di Naruto.
«I vostri moduli di iscrizione per i prossimi esami di selezione dei chunin.»


I tre sgranarono gli occhi. Esami chunin?? Erano diventati genin da poco più di un anno, davvero il maestro credeva che fossero pronti per essere promossi?
«Maestro... è sicuro che possiamo davvero? Di solito le squadre di genin aspettano almeno due o tre anni prima di tentare gli esami...» 
Sasuke ricordava alcuni amici di suo fratello che si qualificarono chunin molto più tardi di lui. Anche se Itachi era un genio, che si era già qualificato come jonin e capo della squadra ANBU alla sua età, era comunque troppo presto per tentare gli esami. O almeno così credeva. Kakashi era di un altro avviso.

«Oh, non voglio assolutamente obbligarvi ragazzi, siete liberi di tentarli subito o di aspettare l'anno prossimo, o il successivo, o quando vi sentirete pronti. Ma se permettete che vi offra la mia opinione, in qualità di vostro maestro, voi avete affrontato una missione che dei chunin difficilmente avrebbero completato senza perdite. Due avversari come Zabuza e Haku non capitano tutti i giorni, anche io avrei avuto difficoltà contro quell'oinin del ghiaccio, e perdonatemi la mancanza di modestia, ma sono considerato il jonin più potente della Foglia, dopo i Sannin e l'Hokage. 
Avete le capacità giuste, senza contare che quella era solo la vostra prima missione! Naturalmente siete liberi di scegliere, ma io, come vostro maestro, vi reputo pronti ad affrontare l'esame, e sono pronto a scommettere che lo supererete tutti e tre.»

I tre si guardarono, ammaliati dal discorso del ninja copia, che in quanto a capacità oratorie possedeva un'abilità degna di un Hokage. La decisione fu unanime.
«Facciamolo!» Il team 7 era più deciso che mai. Avrebbero affrontato l'esame, e lo avrebbero superato!




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Capitolo 17
*** L'inizio Degli Esami ***


L'Inizio degli Esami



La squadra 7 si preparò per giorni, nessuno di loro voleva fallire quegli esami. 
Era diventata una questione d'orgoglio e di sfida con sè stessi. Il maestro Kakashi temette di averli troppo caricati con il suo discorso, perchè si allenavano come non mai, sia con lui che con i loro maestri personali, arrivando a fine giornata con una stanchezza tale che a volte era costretto a riportarli a casa in braccio.

Arrivò il tanto atteso giorno della prima prova. I tre si diressero verso la classe dove si sarebbe dovuto tenere l'esame scritto, ma notarono che c'era una gran confusione lì davanti. Moltissimi genin, provenienti da tanti villaggi, con abiti e coprifronte di ogni tipo, si accalcavano verso l'entrata senza riuscire a entrare, dato che due chunin impedivano a chiunque di varcare la soglia. 


«Voi di qui non passate. Abbiamo deciso che quest'anno nessuno diventerà chunin, e quindi nessuno di voi sosterrà l'esame.»
Le proteste avevano raggiunto toni altissimi, ma i due non ne volevano sapere di spostarsi. Passando lì accanto, i tre fecero le loro osservazioni.
«Possibile che non l'abbiano ancora capito? Quella non è la sede della prova, li stanno solo prendendo in giro...» 
Naruto era sorpreso che tanti fossero caduti in una trappola così banale, se quelli erano gli avversari che doveva affrontare sarebbe stato un gioco da ragazzi quell'esame... 
«Beh, dovranno pure liberarsi degli idioti in qualche modo, no? Questo è il più sbrigativo.»
L'osservazione di Sasuke non faceva una piega. Così continuarono per il corridoio, verso la loro vera meta.
Prima che arrivassero alla classe che avevano capito essere quella giusta, una voce li fece fermare.
«Sasuke Uchiha!» 

I tre si voltarono: quello che aveva parlato era un ragazzo più grande di loro, forse di un anno. Era vestito in un modo talmente strano che faceva venire da ridere solo a guardarlo: una tuta verde attillata, con scaldamuscoli arancioni e una cintura rossa con il simbolo di Konoha. Aveva una capigliatura nera a caschetto e (cosa che stava facendo soffocare Naruto dalle risate) un paio di sopracciglia enormi. Gli occhi erano talmente sporgenti da sembrare perfettamente rotondi.
«Chi sei? Cosa vuoi da me?» 
Sasuke non aveva voglia di perdere tempo con quel tipo, quindi non si perse in chiacchiere.  Quello non fu da meno, e andò dritto al sodo. 
«Io sono Rock Lee, un aspirante chunin come voi, allievo del grande maestro Gai, e sono il genin più forte del Villaggio della Foglia! Ho sentito parlare della tua abilità, e voglio sfidarti in un duello!»


Sasuke lo guardò alzando un sopracciglio, davvero quel buffone voleva sfidarlo? Lo osservò più attentamente, soppesando la cosa. Notò, attraverso la tuta, la sua prestanza fisica. Aveva dei muscoli particolarmente sviluppati, e sotto gli scaldamuscoli intravedeva dei pesi: doveva essere uno specialista di arti marziali. 
"Non ho tutta questa voglia di combattere, ma un po' di riscaldamento non mi farà male" 
«Ok, ci sto» disse infine, attivando lo Sharingan. Rock Lee tremò di fronte a quegli occhi, ma non si tirò indietro. 

Entrambi assunsero una posa di guardia, prima di scagliarsi l'uno contro l'altro. Lee era veloce, ma Sasuke grazie allo Sharingan parava tutti i suoi colpi. Non riusciva però a contrattaccare, l'avversario si muoveva troppo rapidamente, e nonostante i suoi occhi vedessero in anticipo i suoi movimenti, il suo corpo non riusciva a stargli dietro. Non era allenato per quel tipo di lotta. 
A un certo punto, Lee lo colse di sorpresa, abbassandosi e colpendolo con un potente calcio montante che lo spedì a diversi metri di altezza. L'attacco non terminò lì: lo specialista del Taijutsu saltò, continuando a colpire Sasuke, facendolo sollevare ulteriormente con la sola forza dei calci. Naruto e Sakura non avevano mai visto una tale maestria nel combattimento corpo a corpo. L'avversario si portò dietro Sasuke con un volteggio, pronto a terminare la sua combo...

Ma qualcosa interruppe la sua azione: una tartaruga grande quanto un cavallo si materializzò tra loro, spingendo da parte Lee. Sasuke cadde a terra, rialzandosi a fatica. Non aveva mai subito una tale sequenza di colpi, quello era un osso duro. Si voltò nuovamente verso l'avversario, ma Rock Lee sembrava aver perso ogni interesse per il combattimento: era inginocchiato davanti alla tartaruga, supplicandola.
«Ti prego, non dirlo al maestro Gai! Non volevo farlo davvero!» 


A quelle parole, un ninja vestito come lui, ma con una giacca da jonin, apparve sul dorso della tartaruga. «Non prendermi in giro Lee, stavi per usare la tua tecnica segreta! Ti avevo proibito di farlo!» 
Solo allora il nuovo arrivato parve accorgersi dei tre, e scese dalla tartaruga, avvicinandosi a loro.
«Salve ragazzi, voi dovete essere gli allievi di Kakashi! Io sono Gai Maito, la magnifica bestia verde di Konoha!» disse assumendo una posa che i tre trovarono ridicola. 
Ognuno ebbe una reazione diversa: Sasuke pensava: "Ma chi diavolo è questo buffone?".
Naruto era in debito d'ossigeno per risate: il maestro di quel tipo sembrava la sua versione adulta, e aveva delle sopracciglia ancora più grandi delle sue!
Solo Sakura mantenne un certo contegno, e si rivolse al jonin:
«Lei conosce il maestro Kakashi?»

Questo fece un sorriso enorme, alzando un pollice verso di loro.
«Ovviamente! Io sono il suo più grande rivale! È da anni che ci sfidiamo praticamente in tutto! Se non sbaglio, eravamo rimasti 51 a 50 per me, ahahah...»
Sakura sollevò un sopracciglio, dubbiosa. "Possibile che questo fenomeno da baraccone sia allo stesso livello del maestro?" 

Ma la loro discussione venne interrotta dal sopraggiungere di tre ragazzi della loro età, che passarono tra loro senza dire una parola, diretti verso l'aula. Tutti e tre sfoggiavano un coprifronte con il simbolo del Villaggio della Sabbia. 
Erano due ragazzi e una ragazza. Quest'ultima era una bionda con i capelli raccolti in quattro codini, un enorme ventaglio chiuso sulla schiena e dei vestiti e un fisico decisamente provocanti. Uno dei due ragazzi era vestito completamente di nero, con un cappuccio. Aveva la faccia ricoperta da segni viola, e portava un grosso fagotto sulla schiena. L'ultimo di loro era un ragazzo dai capelli rossi, con un tatuaggio del kanji "Ai" (amore) rosso disegnato sulla fronte, sul sopracciglio sinistro. Pesanti occhiaie cerchiavano i suoi occhi verdi, e un'enorme giara era appesa di traverso sulla sua schiena. Se gli altri due non degnarono di uno sguardo i ragazzi nel corridoio, quello con i capelli rossi scoccò un'occhiata misteriosa verso Naruto, che istintivamente incrociò il suo sguardo. Nel momento in cui quegli occhi color acquamarina incontrarono i suoi azzurro cielo, il biondo sentì una strana sensazione: era come se una forza lo attraesse verso quel ragazzo, sentiva come di conoscerlo...


Dopo che i tre furono passati, il team 7 decise di imitarli, raggiungendo l'aula del test. Lì videro che c'erano oltre una trentina di persone. Evidentemente la trappola all'entrata serviva a eliminare solo quelli veramente idioti. Quando arrivarono, videro che anche i team 8 e 10 erano lì.  I loro maestri dovevano averli reputati all'altezza dell'esame, nonostante fossero genin da solo un anno, come Kakashi aveva fatto con loro. Naruto si sentì per un attimo più leggero quando incrociò lo sguardo di Hinata, che arrossì all'istante, ricordando il loro ultimo momento insieme. In effetti, era da parecchio che non si vedevano, e a Naruto questo dispiaceva. Ma gli allenamenti e le missioni avevano tenuto impegnati entrambi. 
Mentre la mente di Naruto era presa da Hinata, un ragazzo si avvicinò loro.

«Ma guarda un po' chi si vede, Sasuke Uchiha e Naruto Uzumaki. Ho sentito molto parlare di voi.»
I due si voltarono verso lo sconosciuto, un ninja occhialuto dai capelli grigi raccolti in una coda bassa, mentre Sakura ribolliva dentro per essere stata bellamente ignorata.
«E tu saresti?» Fu Naruto a domandarglielo. Quel ragazzo non sembrava molto affidabile, benchè portasse anche lui il coprifronte della Foglia.
«Il mio nome è Kabuto Yakushi, e sono un ninja spia. Sono abile nel raccogliere informazioni, e so tutto sul vostro conto. Anche della missione che avete affrontato nel Paese delle Onde.»
A quella rivelazione, ogni dubbio fu fugato: quel ninja sapeva bene come ottenere informazioni, dato che avevano fatto in modo di non spargere la voce di quella loro impresa. Naruto allora pensò di sfruttarlo per verificare un paio di cose...

«Beh, visto che sei così abile, perchè non ci dici chi tra quelli in questa stanza ha più probabilità di superare gli esami?»
Era curioso di scoprire chi tra gli avversari avrebbe potuto riservare qualche sorpresa. Sasuke capì il gioco di Naruto, ammirandone l'astuzia.
«Dunque, vediamo... Sicuramente voi due avete ottime possibilità. Poi ci sono Shikamaru Nara e Neji Hyuga...» 
Naruto si guardò intorno, individuando i due menzionati. Sapeva che Neji Hyuga era un genio al livello di Sasuke, quindi non fu così sorpreso di sentire il suo nome, ma Shikamaru? Non ricordava che avesse particolari talenti, e dire che lo conosceva dai tempi dell'Accademia...
«Comunque, il maggior pericolo proviene da quei tre...» continuò Kabuto, indicando il team della Sabbia.
«Sono i tre fratelli Sabaku, i figli dello Yondaime Kazekage. E in particolare, il più pericoloso è quel rosso. Non so molto su di lui. L'unica informazione certa che ho sul suo conto è che ha portato a termine da solo una missione di livello B, ed è rimasto illeso.»
Naruto e Sasuke a quel punto iniziarono a sudare freddo. Loro in una missione di quel livello avevano rischiato di morire, nonostante fossero con il maestro. Quel ragazzo ne aveva compiuta una da solo, rimanendo illeso? Era sicuramente un enorme pericolo...


La discussione fu interrotta dall'apertura delle porte. Tutti confluirono dentro, prendendo posto ognuno in un banco. Allora fece il suo ingresso l'esaminatore. Faceva impressione solo a guardarlo: enorme, con il volto coperto di cicatrici e una bandana nera sulla testa.
«Benvenuti. Il mio nome è Ibiki Morino, e sono a capo del centro interrogatori di Konoha. In questa prova sarò il vostro esaminatore. Non perdiamo tempo.» 
Mentre parlava, gli assistenti iniziarono a distribuire i fogli ai presenti.
«La vostra prova è semplice: avete un ora per rispondere a nove quesiti come meglio credete. Avete la possibilità di utilizzare le vostre abilità per cercare di scoprire se altri sanno qualcosa che voi non sapete. Ma vi avverto, se verrete scoperti a copiare per cinque volte, verrete esclusi dall'esame insieme a tutta la vostra squadra. A dieci minuti dalla fine vi verrà distribuita l'ultima domanda, con una regola addizionale che vi verrà comunicata al momento. Potete iniziare. Via!»

E il test ebbe così inizio. Dopo i primi minuti, alcuni venero eliminati, poichè sorpresi per cinque volte a copiare, mentre Naruto era nel panico: non era riuscito a rispondere che a un paio di domande, e non aveva idea di come fare a copiare senza farsi scoprire, non aveva abilità che lo aiutassero in quel campo! Aveva notato come Sasuke riusciva a seguire i movimenti degli altri grazie allo Sharingan, e quel rosso di Suna aveva creato un occhio di sabbia, che stava usando per guardare sui compiti degli altri senza neanche muoversi. Un movimento ai margini del suo campo visivo attirò la sua attenzione: Hinata gli stava facendo un segnale molto chiaro: "posso aiutarti se vuoi". 
Naruto per un attimo fu tentato di accettare, ma un campanello d'allarme dettato dal suo buonsenso lo fermò.
Così avrebbe messo a rischio non solo la sua squadra, ma anche Hinata. Non poteva farlo, si sarebbe sentito un verme. Fece segno di no, e allo sguardo incuriosito della ragazza le fece segno: "dopo parliamo".

La prova arrivò al momento decisivo: la consegna dell'ultima domanda, in cui Naruto sperava per risollevare le sorti di quella prova infelice. 
«Bene, ora vi verrà consegnato l'ultimo quesito. Ma per quest'ultima fase c'è una regola in più: potete scegliere di non rispondere all'ultima domanda, e così facendo perderete l'esame di quest'anno, ma avrete l'occasione di riprovarci nei prossimi anni. Se invece tenterete di rispondere e fallirete, verrete banditi a vita da questo esame, e la vostra carriera di ninja sarà finita prima ancora di cominciare. Ovviamente, ognuna di queste azioni condannerà allo stesso destino il resto della squadra.»
Quelle parole diffusero il panico nell'aula. Molti iniziarono ad alzarsi, ritirandosi dalla prova per paura di condannare non solo la loro carriera, ma anche quella dei loro compagni. Quando tutti i rinunciatari, a cui Naruto aveva pensato per un attimo di unirsi, se ne furono andati, l'esaminatore pronunciò il verdetto.
«Bene, siete tutti promossi.» 

La frase generò un'ondata di incredulità, prontamente dispersa dalla spiegazione: 
«Il senso di questa prova era farvi capire che potete passare quanto tempo volete a prepararvi per una missione, ma prima o poi dovrete affrontarla, anche se non vi sentite pronti. E lì sarà l'intera vostra squadra a pagare le conseguenze di un eventuale fallimento. In quel momento, sulle vostre spalle peserà la responsabilità non solo della missione, ma anche della salvezza o morte dei vostri compagni. Avete avuto il coraggio di mettere in gioco la vostra sicurezza, e questo è il coraggio richiesto in un chunin. Inoltre in questa prova sono state valutate le vostre capacità di raccogliere informazioni. Le domande erano volutamente di un livello troppo alto per voi, infatti c'erano due falsi esaminandi tra voi, che avrebbero saputo tutte le risposte, da cui copiare.» E i due citati si alzarono e lasciarono l'aula.


La spiegazione fu interrotta da una ninja dai capelli viola raccolti in una coda alta, che entrò con un balzo dalla finestra. Gli occhi di tutti i maschi della stanza furono subito puntati sulle sue curve, provocantemente enfatizzate dalla sua maglia a rete aderente e dai suoi shorts. Non si poteva mettere in dubbio che quella donna fosse tremendamente sexy.
«Sisi, ok, ce l'hanno fatta, siamo felici, congratulazioni, bla bla bla... Ora iniziamo a fare sul serio... Io sono Anko Mitarashi, qualcuno mi conosce con il soprannome di "Vipera Mortale", e sono la vostra esaminatrice per la seconda prova. Vi aspetto tra mezz'ora all'ingresso del campo di addestramento degli ANBU, quello che viene chiamato "Foresta della Morte". Chi arriva in ritardo viene bocciato subito. Muoversi!» e con questo saltò dalla finestra da cui era entrata, mentre tutti si dirigevano al luogo indicato.


Durante il tragitto, Naruto si avvicinò a Hinata.
«Ehi Hinata!»
«C-Ciao, Naruto...» era già arrossita.
«Ciao, senti, mi dispiace di non avere accettato il tuo aiuto durante la prova, ma non volevo rischiare di mettere in pericolo la prova di Sasuke e Sakura, e soprattutto non volevo che fossi tu a rischiare la promozione per aiutare me.» 
Hinata aveva il battito cardiaco al limite umanamente sopportabile. Lui si stava preoccupando per lei?
«B-beh, forse nella p-prossima prova p-potremo a-aiutarci...?» La frase fu talmente esitante da sembrare quasi una domanda.
«Ahahah, ma certo! Lo dirò anche agli altri, se ne avremo la possibilità le nostre squadre collaboreranno, così non correrai pericoli, se ci sarò io a proteggerti!»
Hinata ormai era a rischio di autocombustione. Naruto aveva appena detto che l'avrebbe protetta...
«Naruto! Muoviti!» 
La voce isterica di Sakura lo riportò con l'attenzione alla prova. Quella ragazza aveva davvero bisogno di un calmante...
«Si, arrivo! Ci vediamo dopo Hinata, spero che ci potremo aiutare nella foresta!» 
E Naruto si avvicinò ai suoi compagni, che se la ridevano sotto i baffi per quella scena zuccherosa.
Dopo pochi minuti arrivarono all'ingresso della foresta, un luogo che spaventava solo a guardarlo...




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Capitolo 18
*** La Foresta della Morte ***


La Foresta della Morte


I 78 partecipanti si avvicinarono agli ingressi della Foresta, pronti a tutto pur di superare quella che, si diceva, fosse la prova più impegnativa. Ad ogni squadra era stato dato un rotolo, della Terra o del Cielo, e l'obiettivo era raggiungere la torre al centro della foresta con entrambi i rotoli in proprio possesso, il che implicava che le squadre avrebbero dovuto sottrarlo ad altre squadre. Non si conosceva quali squadre avessero quale rotolo, l'esaminatrice aveva fatto attenzione a tenere nascosta questa preziosa informazione ai vari team, quindi si poteva anche affrontare e sconfiggere un'altra squadra senza ottenere alcun risultato. Alcuni però tendevano ad eliminare comunque più squadre possibili, indipendentemente da quale rotolo possedessero, per ridurre la concorrenza al minimo. Al team 7 era stato dato un rotolo della Terra. Avevano cinque giorni di tempo per farcela. 


Al segnale d'inizio i tre scattarono dentro, cercando di addentrarsi il più possibile nella boscaglia. Lì, avrebbero cercato di individuare altre squadre per poter sottrarre loro i rotoli, possibilmente di soppiatto. Non volevano uccidere inutilmente, quindi volevano evitare scontri per quanto possibile. 

Una volta che ebbero raggiunto un luogo sicuro, Naruto parlò agli altri due dell'accordo preso con Hinata, incontrando tanto il loro favore quanto la loro perplessità: 
«Allearci sarebbe una buona idea, ma dobbiamo avere lo stesso rotolo, altrimenti finiremmo per attaccarci a vicenda...» Sasuke meditò questa possibilità, mentre Sakura rifletteva.
«Non credo che riuscirei ad aggredire uno dei nostri compagni, non voglio arrivare a tanto.» Naruto di questo era più che convinto: non avrebbe mai messo l'esito dell'esame prima dei suoi amici.
«Va bene, ma se vogliamo seguire questo piano, prima dobbiamo trovarli...»
«Non è necessario, siamo già qui.» 
Il team 8 fece la sua comparsa dalla vegetazione lì vicino. A parlare era stato Kiba, che portava sulla testa il suo fido cagnolino Akamaru.
«Hinata ci ha parlato dell'accordo con Naruto. Anche noi abbiamo seguito il vostro stesso ragionamento. Grazie al fiuto di Akamaru vi abbiamo trovato in fretta, e il Byakugan di Hinata ci ha rivelato che voi avete il nostro stesso rotolo.» disse alzando un rotolo della Terra, identico al loro.
«Bene, questo sistema tutto» Naruto non poteva essere più felice, avrebbe affrontato la prova insieme alla sua piccola Hinata. 
La "sua piccola Hinata"?? Perchè gli era istintivo pensare a lei in quei termini? Improvvisamente, si ritrovò estremamente imbarazzato nel trovarsi vicino a lei, che era arrossita come al suo solito...


Il gruppo iniziò a muoversi, in cerca di altre squadre. Durante una pausa, Naruto e Hinata ebbero modo di parlare da soli.
«Hai visto? Alla fine è andata come volevamo!» Naruto aveva un sorriso a trentadue denti sul volto.
«G-Già, s-sono contenta d-di trovarmi con t-te in q-questa p-prova... Q-Questa foresta f-fa d-davvero p-paura...» Hinata non riusciva a spiccicare parola, tanto erano il timore per il luogo in cui si trovavano e l'imbarazzo per la vicinanza al suo Naruto...
«Non devi aver paura» il biondo guardò Hinata negli occhi, in quei bellissimi occhi color perla, di cui ancora si chiedeva come potesse esistere un colore del genere. Nella sua voce non poteva esserci più determinazione. 
«Finchè ci sarò, non permetterò che ti succeda niente, farò tutto ciò che posso per proteggerti.» Naruto aveva riflettuto, e stava cominciando a capire quello che sentiva, quello che provava nei confronti di Hinata...
La corvina si perse in quegli occhi azzurri, mentre le parole di Naruto facevano presa nella sua testa. Aveva detto che l'avrebbe protetta ad ogni costo... Ancora un po' e sarebbe svenuta lì...
«Ehi piccioncini, qui abbiamo da fare!» La voce di Kiba spezzò l'atmosfera che si era creata, e i due si avvicinarono a loro, rossi come peperoni per l'appellativo che Kiba gli aveva affibbiato. Tutti stavano ghingnando, il che contribuì ad aumentare l'imbarazzo. 

Ma avevano davvero altro da fare: il fiuto di Kiba e Akamaru aveva individuato una squadra. Gli altri si avvicinarono per osservare i loro bersagli: venivano dal Villaggio della Nebbia. Sedevano in cerchio all'ombra di un grande albero, senza prestare attenzione a ciò che accadeva intorno a loro. Pessimo errore, dovevano essere dei novellini, o forse pensavano che nessuna squadra avrebbe iniziato a dare la caccia alle altre già dal primo giorno.
«Hinata, puoi controllare?» Disse Shino. Prima che Naruto potesse chiedere di cosa stavano parlando, Hinata unì le mani in un sigillo a lui sconosciuto, e attorno ai suoi occhi le vene si ingrossarono. Il biondo allora intuì che quello doveva essere il Byakugan, l'abilità del clan Hyuga. Ne aveva sentito parlare, ma non ne conosceva le capacità. Avrebbe chiesto dopo a Hinata di cosa si trattava.
«Perfetto, hanno il rotolo del Cielo.» confermò la corvina.
«Bene! Allora, come li attacchiamo?» Kiba si sgranchì le nocche.
«Non sarà necessario fargli troppo male, basterà stordirli e rubargli il rotolo. Ognuno di loro per due di noi. Io e Naruto, Hinata e Shino, Kiba e Sakura, d'accordo?» Fu la proposta di Sasuke. Nessuno obiettò. Stavano per muoversi, quando Shino pose una domanda.
«Un momento. E se lo prendiamo, a chi di noi tocca il rotolo?»
Nel gruppo ci fu un attimo di silenzio, durante il quale tutti si guardarono imbarazzati, poi Naruto si decise a spezzare quella tensione:
«Prima voi: è grazie alle vostre abilità che lo abbiamo trovato, il prossimo toccherà a noi.» 
Si fidava di Hinata, non lo avrebbe piantato in asso. Sasuke lo guardò interrogativo, ma ebbe fiducia e non protestò. Dopotutto, loro tre erano in grado anche di procurarsi un rotolo anche da soli, se necessario.


L'azione fu rapida e senza errori: Naruto, Kiba e Shino piombarono dietro ognuno dei bersagli e li afferrarono da dietro, immobilizzandoli con una mano sulla bocca e una ad avvolgergli le braccia intorno al corpo, per tenerli fermi. Allora Sasuke, Sakura e Hinata atterrarono davanti a loro. I primi due usarono un Genjutsu (Sasuke lo aveva copiato da Sakura con lo Sharingan) per far perdere i sensi ai loro bersagli, mentre Hinata ottenne lo stesso risultato colpendo delicatamente il suo obiettivo su un punto del collo, con due dita. I tre caddero a terra svenuti, mentre gli assalitori recuperavano il loro rotolo. 

Il giorno dopo avvistarono un altro team, del Villaggio della Roccia, ripetendo la stessa operazione.  In quell'occasione uno degli avversari si liberò dal Genjutsu prima che riuscissero ad andarsene, ma Sasuke e Naruto gli fecero "amichevolmente" capire che era meglio restare a terra. Così tutti erano sistemati, e il gruppo di diresse verso la torre, avvistata da Hinata con il Byakugan. Probabilmente, senza la sua abilità innata avrebbero vagato alla cieca per quella grande foresta, dato che non c'erano punti di riferimento che li aiutassero. Avrebbero potuto girare in tondo per giorni prima di rendersene conto. Ma neanche la vista speciale della corvina fu in grado di accorgersi di tre ninja che li seguivano.

Quando si furono accampati, dopo che avevano percorso gran parte della strada che li separava dalla torre, che probabilmente avrebbero raggiunto l'indomani, per un momento abbassarono la guardia, e uno di quei ninja piombò tra loro, afferrando Hinata alle spalle e puntandole un kunai alla gola.
«Consegnatemi tutti i vostri rotoli, o lei muore!» 
Con voce bassa e minacciosa, prese in ostaggio la ragazza, mentre accanto a lui apparivano gli altri due membri della sua squadra. Avevano il coprifronte del Villaggio del Suono. Una era una ragazza dai capelli neri lunghi fino alle caviglie e legati con un fiocco viola, l'altro era un ragazzo con i capelli a spazzola e dei buchi sulle mani. Quello che aveva preso in ostaggio Hinata era un tipo completamente bendato, con solo un occhio visibile e un vestito con una pelliccia sulla schiena. 


Mentre gli altri quattro riflettevano su come uscire da quella situazione, Naruto ribolliva dalla rabbia. Sentì nuovamente quel chakra rosso, che ora sapeva appartenere al Kyuubi, farsi strada in lui. Ma stavolta era più cosciente, la situazione lo aveva scosso, ma si stava sforzando di restare calmo e non perdere la lucidità, se avesse fatto sciocchezze sarebbe successo qualcosa di brutto a Hinata, perciò stava facendo uno sforzo sovrumano per resistere a quell'istinto omicida che si era risvegliato in lui. Analizzò rapidamente la situazione: poteva colpire sulla spalla sinistra quel bastardo bendato, mentre Hinata era sul braccio destro. Si mise in posizione d'attacco.
«Leva... quelle... mani... di dosso... a HINATA!!!»
Con un urlo, si scagliò contro il nemico, troppo rapido perchè il nemico potesse muoversi. Il suo colpo fu potente e preciso, grazie al chakra del Kyuubi aveva acquisito una forza e una velocità spaventose. Con un solo movimento, colpì l'avversario e afferrò Hinata tra le sue braccia, arretrando immediatamente. La certezza di aver salvato Hinata lo fece calmare, e il chakra rosso si ritirò subito.
«Stai bene Hinata?» La corvina era ancora scossa, ma trovarsi al sicuro tra le braccia di Naruto la fece sentire bene, protetta, sarebbe rimasta volentieri così per ore. Ma la situazione non lo premetteva. 
«S-si, grazie Naruto» 
Si rialzò, assumendo la posizione di guardia. Ora che Naruto aveva salvato Hinata e non c'erano più rischi, il resto della squadra si lanciò all'attacco. Sasuke e Naruto si gettarono su quello bendato, ancora stordito per il colpo di prima, e lo colpirono con una combinazione di colpi di Taijutsu che avevano messo a punto negli ultimi giorni. Terminato l'attacco, che aveva lasciato a terra privo di sensi il ninja del suono, i due andarono ad aiutare il resto della squadra, che si stava occupando degli altri due. Ma mentre accorrevano in aiuto dei loro compagni, un nuovo avversario fece la sua comparsa, sbucando dai cespugli lì vicino.

Era talmente veloce che i tre non riuscirono a prevedere il suo attacco, non riuscirono neanche a vederlo in volto a causa dei suoi lunghi capelli neri in movimento. Il misterioso avversario colpì Sasuke allo stomaco, stordendolo, e lo afferrò per la vita, se lo caricò in spalla e fuggì attraverso il bosco, portandolo con sè.
«Sasuke!» Sakura stava per gettarsi al suo inseguimento, ma fu fermata da Naruto, che la trattenne per un braccio. Voltandosi, vide in Naruto un espressione di assoluta risolutezza.
«Resta qui, lo seguo io. Proteggerò Sasuke e lo riporterò indietro, ma tu promettimi che proteggerai Hinata.» 
Naruto aveva pronunciato queste parole a bassa voce, vicino all'orecchio di Sakura. Lei sapeva che Naruto era il più veloce di loro, era l'unico in grado di raggiungere quell'avversario. Ormai era evidente che provasse qualcosa per la mora, e se per salvare Sasuke quella era la sua unica richiesta, Sakura avrebbe dato tutta sè stessa per soddisfarla. Con gli occhi prossimi alle lacrime, fece uno sforzo di volontà e annuì, tornando ad affrontare i due avversari rimasti, mentre Naruto si lanciava all'inseguimento di quel ninja...




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Capitolo 19
*** Con Le Spalle Al Muro ***


Con le Spalle al Muro


 

Sasuke si trovava spaesato. Aveva appena atterrato insieme a Naruto quel ninja del suono, e stava andando ad aiutare Sakura e Shino contro quella ragazza. Poi quel tizio era spuntato dal nulla e lo aveva afferrato, portandolo con sè tra la vegetazione. Ora lui si trovava sulle spalle di quel ninja, che si muoveva a una velocità impressionante. Ma non aveva intenzione di farsi trattare come una bambola di pezza. Riordinate le idee, diffuse una scarica di chakra attraverso il corpo, che colpì l'avversario passando per i pori della sua pelle. Fu una mossa dispendiosa di energie, ma ottenne l'effetto desiderato: il rapitore mollò la presa, e fu sbalzato contro un albero. Sasuke si raddrizzò, pronto a combattere contro chiunque fosse quel tizio.

«Kukukuku... Ma bene, vedo che non sei così debole come all'inizio avevo pensato...»
Il rapitore si rialzò dal tronco su cui era caduto. Aveva un aspetto inquietante: lunghi capelli neri lisci, che gli arrivavano alla schiena, un coprifronte del Villaggio dell'Erba, e (cosa più inquietante di tutte) una lingua estremamente lunga e viscida, che in quel momento stava usando per recuperare un kunai caduto lì vicino. Sasuke non aveva mai visto nulla di più disgustoso.

«Chi diavolo sei, e cosa vuoi da me?»
Non capiva perchè, ma quel tizio lo intimoriva. Sentiva una grande energia provenire da lui, forse ancora più grande di quella che ricordava di Zabuza...
«Sasuke!» La voce di Naruto lo fece riscuotere dai suoi pensieri. Il biondo atterrò sul ramo accanto a lui, tenendo lo sguardo fisso sul nemico.
«Sei riuscito a liberarti, vedo.»

Sasuke si voltò verso di lui: «Sta attento, è più forte di quanto sembri. Anche collaborando, sarà difficile spuntarla...» Aveva un tono preoccupato.
«Già, lo sento anch'io. Spero di sbagliarmi, ma mi sembra anche più forte di Zabuza...»
Quindi le loro opinioni coincidevano. Brutto segno.


L'avversario li squadrò, soppesandoli come fossero articoli in un negozio. Fu con un ghigno che iniziò a parlare.
«Sasuke Uchiha, l'erede del clan maledetto, sterminato dal suo membro più potente... Sarà un vero piacere verificare di cosa sei capace... E la Forza Portante del Kyuubi... Non ho il minimo interesse per un incapace come te, ma se ti metterai in mezzo, non avrò alcuna pietà.»


Terminato il suo dicorso, il misterioso ninja dell'Erba si lanciò contro di loro ad una velocità impressionante. Grazie allo Sharingan, Sasuke riuscì a prevedere come muoversi per schivare, ma l'avversario si muoveva in modo estremamente irregolare. Sembrava di stare combattendo... contro un serpente. Sasuke non aveva un modo migliore per descrivere lo stile di lotta di quell'inquietante personaggio. Si muoveva in modo repentino, e faceva un grande uso di finte e spostamenti laterali. Inoltre aveva una flessibilità impressionante. Naruto, in qualche modo, riusciva a contrastare quei movimenti con il suo stile del rospo. In effetti, i due erano molto simili. Se il Kawazu Kumite ricordava i movimenti di un rospo, quello usato dal nemico doveva essere uno stile del serpente. Ma Sasuke non aveva idea di come contrattaccare, riusciva solo a difendersi, parando e schivando i colpi.

«Mi sono stancato di giocare»
Il ninja dell'Erba arretrò, e fece cinque sigilli: Cinghiale, cane, gallo, scimmia, pecora. Entrambi avevano già visto quella tecnica, e sapevano che non portava mai nulla di buono. Si prepararono al peggio.

«Tecnica del Richiamo!»
Un enorme serpente apparve sotto di lui, e si scagliò contro i due genin. Sasuke riuscì ad evitarlo, ma Naruto fu colpito in pieno, e volò dritto contro un tronco, ricadendo pesantemente a terra, prossimo a perdere i sensi per la violenza di quell'impatto. Sasuke era rimasto solo, e non sapeva come contrastare quell'essere... Il serpente alzò la testa, pronto a colpire di nuovo.

«Peccato. Evidentemente ti avevo sopravvalutato.»
Al suo comando, il serpente colpì. Ma l'attacco non arrivò mai a destinazione. Il serpente fu colpito sul muso con una potenza tale che le zanne saltarono, e questo svanì in una nuvola di fumo. Naruto ricomparve davanti a Sasuke, avvolto da un manto di chakra rosso.
«Non ti ha colpito, vero?»
Lo disse con apprensione, ma quella voce divenuta più profonda sembrava quasi schernirlo. I suoi occhi erano diversi, da azzurri erano diventati rossi, con delle pupille da felino. Facevano paura.

Naruto sentiva quell'energia scorrere implacabile dentro di lui. Deciso a polverizzare quell'essere, si avventò contro di lui, seguendo l'istinto della Volpe, con il braccio pronto a colpire come se fosse stato provvisto di artigli.
Ma l'avversario non si fece trovare impreparato, ne indietreggiò davanti a quella furia. Sulle sue dita della mano destra, portata indietro come a caricare un pugno, comparvero cinque sigilli brillanti di chakra, mentre si preparava ad intercettare il biondo. Schivò il suo colpo abbassandosi, e lo centrò sul ventre con quei simboli sulle dita.
«Tecnica di Confinamento: Sigillo Pentastico!»


Naruto sentì le forze abbandonarlo, mentre il chakra rosso si disperdeva. Con un calcio, l'avversario lo rispedì a terra, accanto a Sasuke.
«Non posso rischiare che tu utilizzi i poteri del tuo demone, quel sigillo bloccherà il suo chakra.»
La sentenza del nemico fu chiara come il sole. Non aveva alcuna intenzione di risparmiarli.
Naruto non riusciva neanche ad alzarsi, la vista era annebbiata, a malapena riusciva a vedere il nemico. Sasuke lo vide in quelle condizioni, sentendosi un verme. Lui aveva attaccato, aveva avuto il coraggio di lanciarsi contro quell'avversario insormontabile. Lui no. Lui era rimasto a guardare. In un moto di orgoglio, decise di passare al contrattacco: lanciò dei kunai contro l'avversario, che vennero schivati con facilità.

«Dovrai fare di meglio di così, piccolo Uchiha!»
Sasuke ghignò, non si era accorto della trappola. Con un movimento delle mani, tirò i fili invisibili che aveva attaccato ai kunai, avvolgendo l'avversario, che venne colto di sorpresa, e immobilizzandolo contro un tronco. Rapidamente, fece quattro sigilli.
«Arte del Fuoco: Tecnica del Drago di Fuoco!»


Guidata dai fili, la fiammata a forma di drago che aveva già usato una volta contro gli specchi di ghiaccio di Haku si avventò contro il prigioniero, ustionandolo fino alle ossa. Il nemico urlò di dolore, divincolandosi, cercando di liberarsi per sfuggire a quella trappola di fuoco, ma senza successo. Quando la tecnica fu cessata, il corpo del ninja cadde a terra, i fili che lo tenevano legato avevano ceduto al calore.

Sasuke cadde in ginocchio, aveva consumato gran parte del suo chakra con quell'attacco. Ma non era ancora finita...

«Sei davvero eccezionale, ragazzino...»
Parlando con una voce diversa da prima, più bassa, più simile a un sibilo, l'avversario si rialzò, sotto gli occhi allibiti dei due genin. Il suo volto, però, ora era diverso: Il lato destro della faccia era strappato, lasciando intravedere sotto l'epidermide un'altro volto, estremamente pallido, con un segno viola vicino l'occhio, che era simile a quello di un rettile.
Con un moto di terrore, Naruto finalmente realizzò chi era davvero il loro avversario...


*Flashback*

Naruto aveva appena terminato un allenamento con Jiraiya, e questo lo stava accompagnado a casa. Sulla strada, fece una domanda al maestro, curioso di sapere un po' di cose sul suo conto.

«Ero-Sennin, posso chiederti una cosa? Tu hai detto che sei stato allievo del Sandaime, ma le squadre sono formate sempre da tre elementi più un maestro. Allora chi erano i tuoi compagni di squadra?»

Jiraya sorrise, felice di rispondere a quel quesito.

«Sono gli altri due Ninja Leggendari. Insieme abbiamo guadagnato questo titolo combattendo contro Hanzo delle Salamandre, che all'epoca era il leader del Villaggio della Pioggia, durante la Seconda Grande Guerra. Uno di loro è il ninja medico più abile del mondo. Si chiama Tsunade Senju, ed è la nipote del Primo Hokage. Lei conosce l'arte eremitica delle lumache, ed è stata lei ad inventare la tecnica , che anche tu hai imparato, per rafforzare braccia e gambe concentrandovi il chakra. È anche una tua parente, Naruto, visto che anche tu discendi dai Senju».
Naruto fu meravigliato da quell'ultima informazione, gli sarebbe piaciuto conoscerla, dato che Jiraiya ne parlava con tono allegro. Ma l'espressione di quest'ultimo cambiò quando passò all'altro membro.

«L'altro mio compagno, un tempo, era il mio migliore amico. Ma poco prima che la Volpe attaccasse il Villaggio, lui tradì Konoha. Tuttora è un Nukenin di livello S. È un essere che spero vivamente tu non dovrai mai incontrare. È l'eremita dei serpenti, il suo nome è Orochimaru. Nessuno finora è mai riuscito a catturarlo, è potente quanto me.»

*fine flashback*



I serpenti, il modo di combattere tremendamente simile a una versione rettiliana del Kawazu Kumite, il cambiamento di pelle. Tutto confermava la sua terribile ipotesi: loro due stavano combattendo contro Orochimaru. E non avevano alcuna speranza di sopravvivere...

Naruto strinse rabbiosamente il pugno attorno a un ramo del tronco su cui si trovavano, disperato, senza uno straccio di idea su come uscire da quella situzione. Strinse talmente tanto la presa, che dal ramo che stringeva tra le mani si staccò una scheggia, che entrò dolorosamente nella sua mano. Quel lieve dolore parve ridestarlo.
Si guardò la mano, stupito, folgorato da un'idea tanto pazza e disperata quanto geniale: una scheggia di legno. Legno? Legno!
Si trovavano in una foresta! Una foresta che poteva essere la loro salvezza! Il suo corpo agì da solo, guidato solo dall'istinto di sopravvivenza: un enorme quantità di chakra, quanto pensava di non poterne contenere, iniziò ad accumularsi e a fluire dentro di lui...


Sasuke fissava incredulo l'avversario, ancora in piedi dopo un colpo così potente, e deciso a finirli. Si sentiva con le spalle al muro, non vedeva vie di uscita da quella situazione. A questo punto, restava un'ultima possibilità, la sua arma segreta: il Mangekyo Sharingan.
Aveva promesso a Kakashi di non usarlo mai, ma adesso ne andava della sua vita e di quella di Naruto. Si preparò a usare la sua ultima tecnica, pregando che almeno quella funzionasse.

Ma prima che potesse attivare i suoi speciali occhi, sentì un'enorme energia esplodere vicino a lui. Proveniva da Naruto. Non era lo stesso chakra rosso di prima: quel chakra era inconfondibilmente suo, ne riconosceva il timbro, ma non immaginava ne potesse avere una quantità così immensa. Qualcosa sulla mano di Naruto attirò la sua attenzione: sul dorso era apparso un simbolo, una specie di fiamma a quattro punte, che risplendeva di luce rossa.
Improvvisamente, un'onda di energia si diffuse per l'intera foresta, che iniziò a tremare...




 

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Capitolo 20
*** Sincronia Perfetta ***


Sincronia Perfetta


 

Orochimaru fissava quello spettacolo con gli occhi sbarrati. Impossibile! Aveva colpito in pieno quel ragazzino con il Sigillo Pentastico! Anche se il chakra che aveva sigillato era quello del Kyuubi, e non il suo, avrebbe comunque dovuto subire gli effetti del sigillo, ovvero non sarebbe neanche dovuto essere capace di muoversi!
Invece era lì, davanti a lui, mentre incredibilmente si rialzava. Fu la seconda volta in vita sua, dopo lo scontro con Hanzo, che Orochimaru ebbe paura per la sua vita: quell'esplosione di chakra lo terrorizzava, non aveva mai incontrato un avversario che ne avesse così tanto. L'intera foresta tremava, scossa da quel potere immenso...

 

Con un urlo tremendo, Naruto lasciò esplodere quel chakra.
Improvvisamente, i rami, gli alberi, i tronchi intorno a loro iniziarono a muoversi, attaccando Orochimaru. Questo reagì prontamente, sfuggendo con la velocità di una serpe alla presa dei rami. Naruto lo teneva costantemente sott'occhio. Non aveva mai provato a usare il Mokuton prima d'ora, perciò non aveva idea di come controllarlo, ciò che stava succedendo in quel momento era frutto del suo istinto. In qualche modo, però, riusciva a dirigere i rami dove voleva, anche senza riuscire a controllarli. Sentiva quasi come se la vegetazione fosse un'estensione della sua mente, come se i rami fossero degli ulteriori muscoli del suo corpo, anche se estremamente difficili da controllare.

Orochimaru si muoveva freneticamente, sembrava che l'intera foresta si fosse rivoltata contro di lui. Saltava, si abbassava, sfuggiva rapidamente alla presa della vegetazione, ma non riusciva a sfuggirle, e non riusciva a contrattaccare.

Anche i compagni dei due genin, che ancora combattevano contro quei due del Suono, si accorsero dell'enorme esplosione di energia, mentre gli alberi intorno a loro tremavano. Chi poteva essere a scatenare un potere simile?
 

Sasuke osservava allibito quello spettacolo. Quei rami seguivano e tentavano senza sosta di agguantare quell'essere, impedendogli di attaccare. Grazie allo Sharingan, si rese conto che quello che scorreva nei rami era chakra, e apparteneva a Naruto. Era lui a controllare quello straordinario fenomeno! Allora ebbe un'idea: se collaboravano, forse avevano una possibilità di vincere.

«Naruto!»
Al suo richiamo, il biondo si voltò verso di lui, con aria affaticata.
«Cerca di immobilizzarlo, io lo attaccherò con la mia tecnica segreta!»

Al cenno d'assenso del biondo, Sasuke attivò il Mangekyo Sharingan. I suoi occhi con il loro motivo a stella a sei punte, rossa su fondo nero, scrutavano l'avversario, in attesa del momento più opportuno per attaccarlo. Si spostò su un ramo sopraelevato, per avere la migliore visuale possibile, mentre si preparava a colpire.

"Devo stare attento, se esagero i miei occhi ne risentiranno. Basterà colpirlo per un attimo, e le fiamme lo consumeranno, senza che io sprechi troppo chakra. Diminuirò la portata dell'attacco restringendo il più possibile il campo di mira..."
Sasuke valutava attentamente la situazione, prendendo la mira. Attese il momento giusto, era tutta una questine di sincronia con i rami.

 

Naruto cercò di controllare i rami in modo da bloccare Orochimaru in una zona ristretta. Era estremamente difficile, ma se Sasuke aveva un modo per colpirlo, era la loro unica possibilità. In qualche modo, riuscì a circondare l'avversario con dei rami enormi, confinandolo in uno spazio non più esteso di un metro quadrato.

Man mano che combatteva, percepiva il suo chakra diminuire, passando attraverso il braccio destro, per quello strano tatuaggio rosso che gli era apparso sulla mano. Incuriosito, concentrò la sua attenzione su quel simbolo, scoprendo che questo lo aiutava ad avere più controllo sui rami. Gli rimaneva poco chakra, doveva concludere quell'azione il prima possibile.

 

Orochimaru si ritrovò ogni via di fuga sbarrata da quella massa lignea, e si fermò un momento, non sapendo dove andare. Era proprio l'occasione che Naruto aspettava: chiuse il pugno, e al suo comando i rami si strinsero improvvisamente attorno al corpo del nemico, bloccandolo in una morsa.
Sasuke in quel momento agì, la loro sincronia fu perfetta.

«Amaterasu!»
Con un rivolo di sangue che colava dal suo occhio sinistro, la fiamma eterna si accese sulla spalla di quel rettile, diffondendosi rapidamente sul resto del corpo.
Sasuke interruppe immediatamente il flusso di chakra, l'attacco era durato solo una frazione di secondo. Aveva consumato un'enorme quantità di energia, ma con sollievo notò che i suoi occhi non avevano subito danni, la sua vista non ne aveva risentito.

Naruto interruppe il flusso di chakra diretto nei rami, che rimasero nella posizione che avevano assunto, tornando ad essere inanimati. Si accasciò sulle ginocchia, senza più la forza di restare in piedi. Quell'attacco lo aveva stremato, era talmente esausto che sarebbe potuto crollare a dormire lì.

 

Le urla di dolore dell'avversario erano durate pochi secondi, prima che questo venisse carbonizzato. Le fiamme nere continuarono ad ardere, fino a quando di lui non rimase che un cumulo di cenere.
Sasuke, barcollando, si avvicinò a Naruto, aiutandolo ad alzarsi. 

«Però, bel colpo teme! Mi spieghi come hai fatto?»
Naruto era esausto, ma trovava ancora la forza di stuzzicare il compagno di squadra. Il quale non si trattenne dal rimbeccarlo.
«Anche quello spettacolino col legno non era niente male, dobe. Mi sa che dobbiamo farci una chiacchierata...»

 

Mentre parlava, non si accorse di un'ombra alle sue spalle. Naruto la vide, ma non fece in tempo ad avvertire l'amico, che quell'ombra si avventò su di lui.
Fu un attimo. Orochimaru affondò le zanne nel collo di Sasuke, lasciandogli due buchi sanguinanti. A pochi centimetri di distanza dal segno del morso apparvero tre segni neri, tre tomoe rotanti.

In un attimo, quel serpente che pareva immortale si allontanò, prima che i due potessero reagire. Mentre Sasuke cadeva a terra dolorante, Naruto notò che il corpo dell'avversario era ricoperto di una sostanza appiccicosa. 

"Deve aver cambiato pelle, o qualcosa del genere"

 

Sasuke si voltò verso l'assalitore, urlando con voce furibonda.
«Cosa mi hai fatto?! Come diavolo hai fatto a sfuggire alla mia tecnica?!»

Orochimaru ansimava, visibilmente debilitato. Era la prima volta che si trovava in quelle condizioni, nemmeno Hanzo era riuscito a ridurlo così male.
"C'è mancato poco, non riuscivo a liberarmi da quei rami, e quella fiamma nera stava per raggiungere l'interno del mio corpo. Se non avessi usato la muta, sarei morto davvero."

«Voi siete davvero due ninja eccezionali, nessuno mi aveva mai messo così in difficoltà prima d'ora, nemmeno tuo fratello Itachi, piccolo Uchiha. E tu, ragazzino, ammetto di averti sottovalutato...»
Sasuke, al sentir nominare Itachi, si intromise: «Tu conosci mio fratello? Cosa sai di lui?» Voleva saperne di più.

«Ho avuto occasione di combattere contro di lui, pochi anni fa. È il ninja più dotato che abbia mai conosciuto. Ma tu hai ottime possibilità di raggiungerlo. Il regalino che ti ho fatto di darà una piccola dimostrazione del potere che possiedo. Quando arriverà il momento e vorrai più potere, e saprai che alla Foglia non potrai mai ottenerlo, vieni a cercarmi. Io ti renderò abbastanza forte da affrontare Itachi, e ottenere la tua vendetta...»
E con questa promessa, il nukenin fece un sigillo con le mani, sparendo in una nuvoletta di fumo.

 

Sasuke era rimasto abbastanza scosso da quella rivelazione. Il collo gli bruciava, e faticava a reggersi in piedi, ma riuscì a raggiungere Naruto, aiutandolo a rialzarsi.
Barcollando, tenendosi l'uno sulla spalla dell'altro, arrancarono verso il luogo dove i loro compagni stavano combattendo.

«Allora, teme, cos'era quella cosa che hai usato prima? Sai che di me puoi fidati...»
Naruto aveva aggiunto quell'ultima frase, capendo che per l'amico non era facile parlare di quel potere, come non lo era per lui parlare del Mokuton.

«Si tratta del livello superiore dello Sharingan, il Mangekyo Sharingan. Non sto qui a raccontarti tutta la storia, ma sappi che non avrei dovuto usarlo. Non l'avrei fatto, se non ci fossimo trovati così in pericolo... E ti pregherei di non dire a nessuno ciò che hai visto.»

Naruto ascoltò ogni parola, capendo che quell'abilità portava con sè dei grossi rischi. Non avrebbe tradito la fiducia dell'amico raccontando in giro di quel potere. Ma la sua curiosità non era ancora stata soddisfatta...

«Che tecnica era? Quella fiamma nera.»
«Amaterasu. Un fuoco nero impossibile da spegnere, se non dall'utilizzatore. Brucia il bersaglio finchè non ne rimane che cenere. Funziona puntando lo sguardo sul bersaglio, perciò è praticamente impossibile da evitare, bisognerebbe essere più veloci dello sguardo dell'utilizzatore, e sfuggire alla vista dello Sharingan... beh, puoi immaginare la difficoltà della cosa. Quell'essere ha cambiato pelle, perciò il mio sguardo non l'ha raggiunto. Come tutte le tecniche del Mangekyo, se usata troppo porta a consumarsi gli occhi, a rovinare la vista. Per fortuna l'ho usata solo per un attimo, e non ho subito danni. Comunque ho sprecato moltissime energie. Ma adesso...»
Puntò lo sguardo sul compagno biondo.
«Sei tu a dovermi spiegare. Cos'era quella cosa con il legno? Chi era quel tizio? Sembrava che lo conoscessi...»

Naruto allora iniziò a parlare.
«Quello era Orochimaru, è un Ninja Leggendario come Jiraiya-sensei, ed è stato allievo del Sandaime. È un nukenin di livello S, che finora nessuno ha mai catturato. È potente quanto l'eremita dei rospi. Anche lui è un eremita, e controlla i serpenti, come avrai notato.»
«Adesso capisco perchè non siamo riusciti a contrastarlo... Ma cos'era quella cosa della foresta? Sai che, ovviamente, puoi fidarti di me...» 
Dopo che Naruto gli aveva assicurato la sua lealtà, Sasuke non se la sentiva di non fare lo stesso, e poi era divorato dalla curiosità per ciò che aveva visto.

Naruto allora iniziò a spiegare ciò che aveva fatto.
«Quello che hai visto era... il Mokuton, l'Arte del Legno del Primo Hokage.»

Sasuke sgranò gli occhi. l'abilità innata del Primo Hokage? Come faceva Naruto a utilizzarla?
«Gli Uzumaki sono discendenti del clan Senju. Tramite mia madre, io sono imparentato con il Primo Hokage, è per questo che possiedo quell'abilità, l'ho ereditata. Non so controllarla, però. Oggi è stata la prima volta che l'ho usata intenzionalmente, ed è già un miracolo che sia riuscito a direzionare i rami...»

«Ti era mai capitato di usarla prima d'ora?» 
Sasuke era tremendamente curioso. Ora che ci pensava, loro due erano discendenti dei due clan più potenti della storia.
«Una sola volta, quando avevo sette anni. Ma accadde per puro caso. Presto ora, dobbiamo aiutare gli altri.»
I due accelerarono il passo, cercando di fare il più in fretta possibile...

 

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Capitolo 21
*** Il Segreto dei Rotoli ***


Il Segreto dei Rotoli


 

I quattro rimasti a combattere contro i due del Suono tenevano duro, ma da quando il loro terzo avversario, quello steso da Naruto e Sasuke, si era ripreso, anche con un membro in più non riuscivano ad arginare la loro offensiva. Quella non era una squadra normale, erano stati addestrati in modo professionale, colpivano per uccidere.
Kiba e Shino tenevano a bada i loro avversari da soli, mentre Hinata e Sakura se la vedevano con quello bendato. Quella ragazza stava mettendo seriamente in difficoltà il ragazzo dei cani: usava dei campanelli per un Genjutsu sonoro stordente, e intanto lo colpiva con dei senbon. Era un modo di combattere che a Sakura ricordava quello di Haku. Shino invece se la vedeva con quell'altro ragazzo, che dai buchi sulle mani emetteva delle onde sonore concentrate miste a chakra. Già aveva mostrato la potenza di quei colpi: aveva abbattuto un albero secolare con quella capacità. Gli insetti di Shino tentavano di attaccarsi a lui, ma quello era uno specialista nel combattimento a distanza, e li teneva lontani. Non avrebbero resistito ancora per molto, e non sapevano che fine avessero fatto Naruto e Sasuke. Hinata era talmente preoccupata da non riuscire a concentrarsi sul combattimento, e venne colta di sorpresa dall'attacco avversario, finendo distesa a terra.

«Sei finita!» Urlò questo, lanciandosi su di lei.

Ma il suo attacco fu interrotto da qualcosa di verde apparso dal nulla in quel momento, che lo lanciò lontano. Davanti a Hinata atterrò Rock Lee. Lo conosceva di vista, perchè era compagno di squadra di suo cugino, quindi lo riconobbe subito.

«Ehi, tutto bene?» Hinata si rialzò.

«Si, grazie, siete arrivati giusto in tempo...»
Voltando lo sguardo verso i suoi compagni, notò che anche gli altri due membri del team Gai, di cui faceva parte Rock Lee, erano arrivati a dare supporto contro gli altri due del Suono.

Tenten, la genin più esperta d'armi di Konoha, affrontava quella ragazza insieme a Kiba, mentre suo cugino Neji affiancava Shino contro l'altro ragazzo. Le armi di Tenten riuscivano a tenere lontano da Kiba i senbon, mentre questo contrattaccava al Genjutsu, sfruttando l'olfatto anzichè l'udito. Neji invece era riuscito a colpire l'avversario in alcuni punti, bloccando il suo chakra, impedendogli di usare il suo colpo, e permettendo così agli insetti di Shino di attaccarsi a lui. Rock Lee, insieme alle capacità illusorie di Sakura, che impedirono all'avversario bendato di rendersi conto della provenienza dei colpi, lo colpì ripetutamente con la stessa combo che aveva usato su Sasuke. Insieme, misero al tappeto i tre avversari, costringendoli a fuggire. I quattro si avvicinarono alla squadra che li aveva aiutati.

«Grazie per averci salvato, quei tre ci stavano davvero mettendo...» cominciò Hinata, prima di essere brutalmente interrotta da suo cugino.
«Non l'abbiamo fatto per voi.» 

La voce di Neji era fredda crudele nel rivolgersi alla cugina. Lei ne percepiva l'odio nei suoi confronti, e sapeva che era ben giustificabile, anche se lei non ne aveva nessuna colpa. Ma quella voce così fredda bastò a zittirla.
Neji si avvicinò alla borsa del tizio bendato, lasciata indietro nella fuga, sfilandone qualcosa.

«Con il mio Byakugan mi sono accorto che questi hanno un rotolo della Terra. Dato che noi abbiamo il rotolo del Cielo, ora siamo pronti per la prossima prova.»
 

Con la coda dell'occhio, Hinata guardò in volto Tenten e Rock Lee: non sembravano d'accordo con ciò che Neji aveva appena detto, anzi, Tenten sembrava piuttosto arrabbiata, ma non ribatterono. Fecero per andarsene, ma la voce di Shino li fermò.

«Aspettate. Perchè non andiamo insieme alla torre? Ora tutte e tre le nostre squadre hanno guadagnato entrambi i rotoli, quindi non abbiamo motivo di combatterci. Avremmo minori possibilità di essere attaccati se siamo in nove.»

Neji ci riflettè un attimo, poi rispose.
«Mi sembra sensato. Ma sembra che al vostro gruppo manchino un paio di persone...»

Solo allora, i quattro si ricordarono degli altri due.
«Oh, no! Naruto e Sasuke stanno ancora combattendo contro quel tizio!» Sakura era preoccupatissima, se non erano ancora tornati, poteva essere accaduto loro di tutto...

«Presto, andiamo a cercarli, con il mio fiuto li troveremo in un attimo!» Kiba stava già partendo, quando una voce flebile lo fermò.
«Non serve... Siamo qui...»

Naruto e Sasuke emersero dalla vegetazione, reggendosi l'uno sulla spalla dell'altro. Barcollavano ed erano piuttosto malridotti, ma erano vivi. Sakura si diresse subito verso di loro, sostenendo Sasuke, che era quello ridotto peggio. Quel segno sul suo collo la allarmava molto, non aveva mai visto una cosa del genere, e il moro sembrava soffrirne.

Nello stesso momento, anche Hinata si era gettata tra le braccia del biondo.
«Naruto! Per fortuna stai bene!»
Non si era resa conto del suo gesto, e dopo un attimo cercò di staccarsi. Ma le braccia del biondo glielo impedirono. Neanche lui si rendeva conto della situazione, ma il suo istinto fu di tenere Hinata vicino a lui, essere sicuro che stesse bene...

Hinata per un attimo smise di pensare, godendosi quel momento, desiderando che non finisse mai...

Poi, nello stesso istante, si resero conto di dove si trovavano, con chi e in che posizione, e si allontanarono rapidamente, rossi in viso, senza osare guardarsi in faccia per l'imbarazzo. Hinata notò che Neji la guardava malissimo. Se gli sguardi potessero uccidere, era certa che sarebbe già stata bella che sepolta.

 

«Bene, se avete finito di fare i piccioncini...»
La voce maliziosa di Kiba li fece arrossire tutti e quattro, dato che anche Sakura e Sasuke erano in una situazione piuttosto equivoca.
«...che ne dite se ripartiamo?»
E così si misero in marcia.

Lungo la strada, i quattro dei team 7 e 8 raccontarono di come quelli del Suono li avessero messi in difficoltà, e di come il team Gai fosse intervenuto al momento giusto. Ora il loro gruppo era formato da tre squadre, tutte e tre in possesso dei loro rotoli. Non avevano motivo nè intenzione di assalire altre squadre, ma una formazione del genere li rendeva inattaccabili.

 

Anche Naruto raccontò cos'era successo e chi era quello strano nemico, evitando però di parlare delle abilità sfoderate da lui e Sasuke, cosa di cui quest'ultimo gli fu silenziosamente grato. Naruto liquidò la faccenda limitandosi a dire che erano riusciti a collaborare bene, e che, seppur in difficoltà, erano riusciti a obbilgare l'avversario alla ritirata. Cosa che non era molto distante dalla verità.

Dopo diverse ore di cammino, aiutati dall'olfatto di Kiba, dagli insetti di Shino e dagli occhi dei due Hyuga, che non si parlavano neanche per errore, i nove individuarono la torre. Entrarono, guardandosi intorno con fare circospetto. Erano in un'enorme stanza a due piani, con una gigantesca statua di due mani unite nel sigillo della pecora. Sopra di loro, una grande balconata circondava l'intera sala.
Non percepirono la presenza di altre persone, all'infuori dei tre seduti in un angolo. I tre genin della Sabbia dovevano essere arrivati lì già da molto tempo, dato che non mostravano alcun segno di fatica. Al loro ingresso, lo sguardo del rosso si spostò automaticamente su quello di Naruto, che incrociando quegli occhi ebbe di nuovo quella strana sensazione di familiarità, che non riusciva a spiegarsi...

 

«Ragazzi, cos'è quella?»
Si voltarono tutti. Tenten stava indicando una lastra di pietra scolpita sul muro, recante un testo in caratteri che nessuno di loro riusciva a leggere. Tranne uno.
«Se volete, posso provare a tradurre.»
Sakura si fece avanti, guardandoli uno per uno.

«Tu sei capace di leggere quella roba?» fece Sasuke dubbioso.
«Credo di si. Quelli sono caratteri mirrorati, cioè vanno letti secondo una particolare angolazione, e alcune parti di ogni carattere sono scritte in modo simmetrico. Mio padre ogni tanto me ne ha fatto vedere qualcuno. È un po' lungo come testo, ma ci posso provare...»

La rosa si sedette a terra, e inclinando alternativamente la testa da una parte e dall'altra, riuscì a decifrare il significato di quel testo.
«Credo si riferisca all'equilibrio tra corpo e mente. Dice che "con il Cielo, bisogna cercare la forza del corpo", "con la Terra, bisogna cercare la pace della mente", poi conclude dicendo qualcosa tipo "una volta che il Cielo e la Terra saranno in equilibrio, si avrà raggiunto la perfezione". Non ne sono sicura, dato che c'è una parola che non sono riuscita a tradurre, ma credo che questo sia un invito ad aprire i rotoli...»

Naruto e Sasuke si guardarono, poi presero i rotoli della loro squadra, e quando li aprirono un denso fumo bianco uscì dalla pergamena. Gettarono i rotoli a terra, temendo qualche tecnica di difesa, ma da essi apparve il maestro Iruka, congratulandosi con loro per la prova. Quella sui rotoli doveva essere una formula di richiamo.

Iruka, sorridendo, spiegò a Sakura che la parola che non riusciva a leggere significava "uomo".

«Il Cielo e la Terra, come avete intuito, rappresentano il corpo e la mente. Le regole della prova vietavano di aprire i rotoli, perchè senza una delle due, non si può provare a scoprire tutti i segreti dell'altra. Il corpo e la mente non possono essere sviluppati in modo squilibrato, solo con il giusto bilanciamento di essi si può diventare un ninja completo. Prendete ad esempio Rock Lee: lui è un esperto nelle arti marziali, ma non è in grado di usare i Ninjutsu, e se dovesse incontrare un ninja specializzato nel combattimento a distanza avrebbe non pochi problemi. Il discorso opposto vale per Sakura, che non ha grandi capacità fisiche. Ma uno come Sasuke, per esempio, che è in grado di combattere efficacemente in entrambi i modi, può affrontare avversari di tutti i tipi. I partecipanti che hanno aperto i rotoli prima del termine della prova sono stati tramortiti e squalificati.
Ecco un altro criterio di valutazione della prova: la capacità di obbedire a un ordine. Se un chunin disubbidisce a un comando del capitano della squadra, può mettere a repentaglio la missione, e anche la vita dei suoi compagni. Voi invece avete superato brillantemente la prova, bravi ragazzi!»

 

Attesero qualche altra ora, e altre squadre, tra cui il team 10 di Shikamaru, Ino e Choji, si presentrono nella sala. Allo scadere del tempo a disposizione, 21 genin erano pronti per la fase successiva. Ne erano partiti in 78...
Solo in quel momento Sakura si rese conto di quanto effettivamente fosse stata dura quella prova. Loro erano scampati ad assalti continui solo perchè erano in gruppo, altrimenti non avrebbero avuto un attimo di pace.

L'Hokage si fece avanti, di fronte a tutti i genin schierati, e iniziò il suo discorso...
 

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Capitolo 22
*** I Primi Scontri ***


I Primi Scontri


 

«Complimenti a tutti voi.»
L'Hokage guardò i 21 genin schierati davanti a lui, reduci dalla prima fase della seconda prova. Erano quasi tutti stanchi e malconci, e lui sapeva che solo la metà di loro sarebbe passata alla prova successiva...

«Avete avuto accesso alla seconda fase della prova. Prima di spiegarvi in cosa consiste, c'e per caso qualcuno che vuole ritirarsi?»
Una mano si alzò: «Mi scusi, Hokage-sama, io desidero rinunciare alla prova.» Gli sguardi di tutti conversero su di lui.

«Qual è il tuo nome?»
L'Hokage lo guardò interrogativo. Non ricordava che qualcuno avesse mai rinunciato alla prova arrivato a quella fase.
«Mi chiamo Kabuto Yakushi.» Il ragazzo occhialuto dai capelli grigi aveva un espressione enigmatica, che non lasciava trasparire nessuna emozione.

«D'accordo, puoi andare. Un maestro ti accompagnerà all'uscita.»
Lentamente, Kabuto si avviò verso la porta, con un jonin al suo fianco.

«C'è nessun altro? Faccio presente che ritirarsi in questo momento non condannerà il resto della squadra.»
Sakura era preoccupata. Si avvicinò a Sasuke, ma quando stava per aprire bocca, il moro l'anticipò. 

«Non pensarci nemmeno!»
Parlavano a bassa voce, ma Naruto, lì accanto, sentiva chiaramente.
«Ma Sasuke, non puoi combattere in quelle condizioni!»
La rosa era seriamente preoccupata, Sasuke stava sempre peggio a causa di quel marchio.
«Non sono affari tuoi!».

Quando nessun altro si fece avanti, un jonin si avvicinò ai 20 genin rimasti. Aveva una bandana, capelli castani e profonde occhiaie. Tossiva come un fumatore ed era pallidissimo, sembrava messo anche peggio di loro.
«Io sono Gekko Hayate, e sarò il vostro esaminatore in questa fase. Ciò che avverrà ora saranno degli scontri uno contro uno, decisi a sorte.» 
Un grande schermo visualizzava i nomi di tutti i presenti. Ad un certo punto, la grafica cambiò, e sullo schermo apparvero due nomi.
«Il primo scontro vedrò come avversari Yoroi Akado e Sasuke Uchiha, entrambi del Villaggio della Foglia.»

Sakura a quel punto raggiunse il suo picco di preoccupazione: Sasuke era messo male, non poteva sostenere quella prova, e il suo scontro era proprio il primo!
«I due contendenti si facciano avanti, gli altri possono seguire gli scontri dalla balconata, insieme ai loro maestri.»

 

Sasuke si avvicinò al centro dell'arena insieme al suo avversario, un ninja mascherato con lenti scure sugli occhi. Dall'alto della balconata, il maestro del team del Suono osservava i due contendenti.
Ma sotto l'aspetto di quel jonin, il vero maestro del team del Suono era Orochimaru, che non aspettava altro che vedere in azione Sasuke, impaziente di scoprire come avrebbe reagito al Segno Maledetto.

"Voglio proprio vedere come te la cavi, Sasuke. Yoroi è maestro di una tecnica che diventerà il tuo incubo..."
Solo lui, infatti, sapeva che il team formato da Kabuto, Yoroi e un terzo membro non apparteneva alla Foglia, ma era un gruppo di infiltrati provenienti dal Villaggio del Suono, che lui stesso aveva fondato, e di cui era il capo, l'Otokage.

 

Nel frattempo, il biondo e la rosa erano saliti sulla balconata, avvicinandosi al maestro Kakashi.
«Salve ragazzi, mi fa molto piacere vedervi tutti qui, avete fatto un ottimo lavoro durante la prova. Ho saputo che vi siete alleati al team 8 e a quello di Gai, mossa saggia direi.»
Ancora preoccupata, Sakura parlò al maestro del segno sul collo di Sasuke. Kakashi sembrava allarmato, e dedicò maggiore attenzione allo scontro. Aveva anche notato l'espressione di Naruto, sembrava volesse dire qualcosa. 
Capì che ciò di cui il biondo voleva parlare non doveva essere sentito da Sakura, allora gli si avvicinò, in modo che questo potesse parlare senza farsi udire dalla compagna di squadra.

«Cosa vuoi dirmi, Naruto?» Il biondo capì subito, e iniziò a parlare.
«Vede, maestro...»
E raccontò quello che era successo durante lo scontro con Orochimaru, senza tralasciare il suo episodio con il chakra di Kyuubi. Dato che Kakashi aveva lo Sharingan e allenava personalmente Sasuke, gli sembrò giusto anche rivelargli della mossa usata dal moro contro Orochimaru, ma non disse di aver usato il Mokuton. Si fidava del maestro, ma il Terzo aveva detto di non parlarne mai con nessuno. Non lo aveva detto neanche a Jiraiya, anche se era sicuro che il padrino già lo sapesse.

«E così ha dovuto usarlo... Non posso biasimarlo, rischiavate la vita...»
"Ma dovrò trovare un modo per aiutarlo con quel sigillo. Dovrò chiedere ad Anko..."

L'esaminatrice di quella prova appena conclusa era infatti stata apprendista di Orochimaru, prima che questo tradisse la Foglia, ed era stata la prima a sopravvivere al Segno Maledetto. Girava voce per il villaggio che lei fosse addirittura innamorata del Sannin traditore, il che avrebbe spiegato il perchè del suo sconforto quando il ninja serpente tradì il villaggio. Se Orochimaru era l'artefice di quel Segno, la faccenda era molto più seria del previsto...
 

Nel frattempo, lo scontro tra Sasuke e Yoroi non procedeva bene. Sasuke lo attaccava ripetutamente, ma il Segno Maledetto bruciava, facendogli talmente tanto male da ostacolarlo anche nell'uso dello Sharingan. Era anche impossibilitato ad usare le tecniche di fuoco, perchè il marchio bruciava quanto più cercava di usare il chakra, obbiligandolo quindi a combattere solo con il Taijutsu. Come se non bastasse, ad ogni colpo che l'avversario parava lui si indeboliva sempre di più. Non capiva cosa gli stesse succedendo, finchè la soluzione non gli arrivò spontanea.
«T-tu... stai... assorbendo il mio chakra!»

«Finalmente te ne sei accorto.»
Non si vedeva la sua faccia, coperta dalla maschera, ma il suo tono tradiva una certa soddisfazione mista a scherno.

Sasuke non sapeva che fare, ma ad un certo punto la sensazione che aveva del Segno Maledetto mutò: da doloroso e negativo, cominciò a percepire un certo potere fluire da quel marchio nel suo corpo. Ebbe un'illuminazione, e si lasciò avvolgere da quel potere. Il segno nero che aveva sul collo si propagò come una macchia fin sopra le sue spalle e parte della faccia, mentre un'aura nera carica d'odio lo circondava. La sua espressione era diventata più malvagia, più sadica. Sentiva un terribile istinto omicida pervaderlo, non desiderava altro che fare a pezzi quel nemico...

Vedendolo, Orochimaru e il resto del team 7 furono impressionati. Mentre il primo pensava di non aver mai visto qualcuno adattarsi così in fretta al suo marchio, gli altri erano preoccupati di ciò che stava succedendo al loro amico.
Sasuke si lanciò contro l'avversario, che era pronto a riceverlo. Ma all'ultimo momento fece un scivolata, colpendolo con un calcio montante, e spedendolo in aria. In quel momento, si accorse che il Segno aveva aumentato la sua forza e la sua velocità.

«Ma quella è la mia tecnica!» Rock Lee aveva riconosciuto i movimenti della mossa che aveva usato contro l'Uchiha prima della prova scritta: lo aveva copiato con lo Sharingan!
Ma il corpo del moro non poteva essere in grado di riprodurre quei movimenti alla perfezione, perchè non era allenato a sufficienza, quindi Sasuke modificò la mossa in corso d'opera, portandosi di fianco all'avversario e spedendolo giù con un volteggio.

«Colpo concatenato del Leone!»
La mossa terminò con una trallonata nel petto, che inchiodò l'avversario al suolo facendogli perdere i sensi.

«Il vincitore dello scontro è Sasuke Uchiha.»
L'esaminatore dichiarò concluso lo scontro, mentre sullo schermo apparivano i nomi dei due prossimi contendenti.

Sasuke si accasciò sulle ginocchia, esausto. L'aura nera che lo circondava svanì, e il segno si ritirò nella sua forma originale. Kakashi lo raggiunse subito.
«Sei stato bravissimo. Adesso però, dobbiamo fare in modo di sigillare quel marchio, o ti consumerà.» E il ninja copia portò via Sasuke sulle spalle, dato che non si reggeva in piedi.
 

Alcuni minuti dopo, si trovavano in una grande stanza buia. Kakashi disegnò dei segni intorno al marchio, e fece alcuni sigilli.

«Questo ti farà un po' male, ma durerà poco.»
Sasuke si preparò.
«Tecnica di confinamento: Sigillo della Meledizione!»

I segni disegnati dall'argenteo si animarono, vorticando intorno al marchio, mentre Sasuke fremeva dal dolore. Alla fine del processo, intorno al segno era apparso un anello di quegli stessi kanji disegnati da Kakashi. Il jonin si ritenne soddisfatto, aveva fatto un ottimo lavoro.

«Pensi davvero che quel ridicolo sigillo sarà sufficiente?»
Kakashi si voltò si scatto. Davanti a lui, il ninja traditore ex-allievo del Sandaime si faceva avanti. Orochimaru fissava Sasuke, ormai svenuto, con espressione famelica.

Kakashi preparò un Raikiri nella mano sinistra, dopo essersi alzato il coprifronte per rivelare lo Sharingan, mentre con la destra impugnava la Kubikiri Hocho. Persino l'arma che era appartenuta a Zabuza sembrava percepire la potenza dell'avversario, e ne sembrava intimorita, ma Kakashi non si sarebbe tirato indietro. Avrebbe impedito all'eremita dei serpenti di toccare Sasuke a qualsiasi costo. Ma questo non sembrava intenzionato ad attaccare.

«Puoi anche rilassarti, non ho intenzione di attaccarti. Non ho alcun bisogno di portare via Sasuke adesso. Il solo fatto che abbia già padroneggiato il Segno Maledetto dimostra che la sua sete di potere è abbastanza profonda da alimentarlo. Quel sigillo non reggerà mai. Prima o poi, lui verrà da me, perchè vorrà un potere che tu non potrai dargli, e sarà a me che verrà a chiederlo. E tu non potrai farci niente...»

E con quell'ultima frase, il nukenin sparì, lasciando un Kakashi profondamente spaventato. Cosa gli era saltato in mente? Affrontare da solo Orochimaru? Probabilmente solo l'Hokage sarebbe stato in grado di compiere un'impresa del genere, ma non certo lui...

Rimettendo l'enorme spada al suo posto, prese in braccio Sasuke e lo portò in ospedale.
 

Nel frattempo, gli scontri erano continuati. Shino aveva battuto Zaku, il ragazzo del suono con i buchi sulle mani, grazie ai suoi insetti che avevano tappato i suddetti buchi, facendo esplodere le braccia del genin del Suono.
Poi si erano affrontati Mitsumi Tsurugi, il terzo compagno della squadra composta da Kabuto e Yoroi, e Kankuro, il ragazzo vestito di nero del team della Sabbia, che aveva vinto grazie alle tecniche della sua marionetta.
In seguito si erano sfidate Sakura e Ino, le due amiche-nemiche, il cui scontro era stato dichiarato un pareggio, dato che avevano entrambe perso i sensi, dopo essersele date di santa ragione.
Temari, la ragazza della Sabbia, aveva affrontato Tenten, vincendo in volata grazie al suo ventaglio, che con le sue tecniche del vento aveva respito tutte le armi della genin del team Gai.
Lo scontro successivo aveva visto Kin, la ragazza del team del Suono che aveva attaccato le squadre 7 e 8 nella foresta, contro Shikamaru. Quest'ultimo aveva sfoderato la sua capacità più straordinaria: gli era bastata una sola tecnica, la Tecnica del Controllo dell'Ombra, tipica del suo clan, per mettere alle strette l'avversaria. A tutti era stato chiaro che la più grande abilità di Shikamaru non era la sua tecnica, ma la sua enorme intelligenza, che lo aveva portato ad ingannare magistralmente la sua avversaria. Il maestro Asuma non poteva essere più fiero di lui.

Finalmente era arrivata il turno di Naruto, che si trovò come avversario Kiba, con il suo fido cagnolino Akamaru. Lo scontro era iniziato male per il biondo, dato che il ninja addestratore sapeva sfruttare alla perfezione le tecniche combinate con il suo cane, ma alla fine il biondo era riuscito ad ingannare il suo fiuto, portandolo a colpire il suo stesso compagno animale. Rimasto solo, Kiba aveva subito una combo di Taijutsu creata da Naruto insieme a cinque cloni, che il biondo aveva creato ispirandosi a quella utilizzata da Sasuke. Quella mossa lo aveva mandato K.O., regalando la vittoria al biondo.
 

Era uscito dallo scontro pieno di graffi e ferite, e si stava avvicinando al suo team. Ma prima che raggiungesse la compagna di squadra, Hinata gli si avvicinò.

«N-Naruto, prova a u-usare questa...»
Gli stava porgendo un barattolino.

«Che cos'è?» chiese incuriosito il biondo.
«È un barattolo di crema curante.»
A rispondere era stata la maestra di Hinata, Kurenai.
«Ha la capacità di accelerare la guarigione delle ferite.»

La maestra era molto in confidenza con Hinata, e sapeva quello che la ragazza provava per Naruto, come sapeva benissimo che la sua timidezza la frenava in continuazione. Perciò aveva deciso di aiutarla.

«Davvero? Grazie mille Hinata!»
Il biondo, agendo d'istinto, ringraziò Hinata con un bacio sulla guancia, facendola arrossire pericolosamente.

Mentre il biondo usava la crema, rimanendo sorpreso del suo effetto così rapido, sullo schermo apparvero i nomi dei prossimi due sfidanti: Rock Lee contro Gaara...

 

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Capitolo 23
*** Sabbia Pericolosa ***


Sabbia Pericolosa

 

Lo schermo aveva appena visualizzato i nomi dei due prossimi sfidanti: Rock Lee avrebbe dovuto affrontare Gaara...

«Evvai! Non ce la facevo più ad aspettare! Finalmente posso combattere anch'io!»
L'esperto di Taijutsu sembrava eccitatissimo all'idea di affrontare quel ragazzo che tanto spaventava tutti. Girava la voce che, durante il tempo passato nella foresta, Gaara avesse ucciso un'intera squadra avversaria senza neanche prendere il loro rotolo. A osservarli bene, sembrava che anche i suoi fratelli avessero paura di lui...

Il rosso della Sabbia fece un sigillo con le mani, per sparire in una nuvola di sabbia e ricomparire al centro dell'arena. Rock Lee scavalcò la balconata, atterrando davanti al suo avversario. Naruto era particolarmente interessato al duello: forse vedere quel ragazzo combattere gli avrebbe permesso di capire meglio cosa lo attraeva così tanto di lui...
 

«Potete iniziare!»
Hayate si fece da parte, e lasciò che i due iniziassero a combattere. Lee si lanciò contrò l'avversario, che rimase immobile, con aria annoiata. Ma nonostante Gaara non avesse fatto nulla per schivarlo o per difendersi, l'attacco di Lee non andò mai a segno. Un muro di sabbia, uscita dalla giara che il rosso portava sulla schiena, si era materializzato davanti al genin della Foglia, bloccando il suo colpo. Lee girò intorno al muro cercando di colpire nuovamente Gaara, ma un nuovo muro di sabbia protesse quest'ultimo, che sembrava non avere il minimo interesse per il suo avversario.

«Non capisco, ha visto che gli attacchi fisici non hanno effetto, perchè non usa qualche tecnica a distanza?» Naruto rivolse la domanda a Gai, il maestro di Lee.
Questo fece una faccia strana, e rispose: «Perchè Rock Lee non sa usare il chakra. Il suo sogno è di diventare un grande ninja senza usare le arti magiche o illusorie, semplicemente perchè non è in grado di utilizzarne nessuna.»
Naruto allora capì la gravità della situazione: Lee non aveva nessun modo di penetrare la difesa del suo avversario. O almeno, questo era quello che tutti credevano. 

In quel momento apparve il maestro Kakashi, che aveva appena portato Sasuke in ospedale.
«Mi sono perso qualcosa?» 
Naruto lo aggiornò rapidamente su ciò che era accaduto durante gli scontri precedenti, e Kakashi si interessò a quello in corso, che ormai andava avanti di diversi minuti senza che le cose fossero cambiate. Lee colpiva, la sabbia difendeva Gaara, e tutto finiva con un nulla di fatto.

«A dir la verità, dubito che Lee sarà capace di superare un'abilità del genere...»
«Non sottovalutarlo, Kakashi.»
Gai intervenne in difesa dell'allievo.
«Lee non ha ancora iniziato a fare sul serio.»

Come in risposta a questa affermazione, lo sguardo di Lee incrociò quello del maestro, che gli fece un cenno d'assenso.
Allora il genin verde iniziò a trafficare con gli scaldamuscoli che aveva alle caviglie, estraendone dei pesi.

«Ahh, finalmente, non ce la facevo più...»
Lasciò andare i pesi, che schiantandosi a terra sollevarono un enorme polverone, facendo un chiasso infernale. Quando la nube si diradò, il pavimento recava diverse crepe sotto quei pesi, tra lo stupore generale.

«Finora si muoveva così rapidamente nonostante quei pesi alle gambe?!»
Tutti rimasero impressionati da quella dimostrazione, per la gioia di Gai.
«Ora che inizierà a fare sul serio, vedrete quali sono le sue reali capacità...»

 

Lee si mise nuovamente in posizione d'attacco, e si avventò contro l'avversario. Il suo movimento fu talmente rapido da lasciare tutti a bocca aperta. Nessuno, tranne Kakashi, grazie allo Sharingan, e Gai, perchè abituato, riusciva a seguire i movimenti di Lee. Perfino Gaara fu sorpreso da quel cambio di velocità.
Rock Lee attaccava Gaara da tutte le direzioni, il muro di sabbia faceva sempre più fatica ad arginare i suoi colpi.

Infine, dopo diversi tentativi, Lee riuscì a superare il muro di sabbia colpendo in faccia Gaara, che finì al tappeto. Un piccolo rivolo di sangue gli uscì dal labbro.

«Incredibile! Ha mandato al tappeto Gaara! Nessuno era mai riuscito a colpirlo!» I fratelli del rosso e il loro maestro erano senza parole. Ma soprattutto erano spaventati: sapevano bene qual era la reazione del fratello alla vista del proprio sangue. L'ultima volta, il Kazekage stesso aveva rischiato la vita...
 

Rock Lee era soddisfatto per essere riuscito a superar quella difesa apparentemente perfetta, ma qualcosa non andava. Gaara si rialzò, aveva delle crepe sul volto, e uno strato di esso stava letteralmente cadendo a pezzi. Solo allora tutti si resero conto che Gaara aveva un ulteriore strato di sabbia sulla pelle, come fosse un'armatura.

Ma se il suo volto sull'armatura era apatico e non tradiva alcuna emozione, quello che ora vi si intravedeva al di sotto era contratto in un'espressione di pura rabbia. I suoi occhi erano diversi dal colore che avevano prima: dal verde acquamarina, ora erano neri con l'iride gialla.

A quella vista, Naruto sentì dentro di sè una sensazione molto simile a quando il chakra del Kyuubi fluiva in lui. Un nuovo sospetto si insinuò nella sua mente: e se quel ragazzo fosse come lui? Se dentro di lui fosse rinchiuso uno dei nove demoni? Non fece intempo a formulare questo pensiero che lo strato di sabbia sul volto di Gaara si rigenerò, mostrando nuovamente quell'espressione apatica.

Finalmente, Gaara parlò:
«Sei stato bravo a colpirmi, nessuno c'era mai riuscito finora.»
La sua voce era calma, ma inquietante. Ogni parola sembrava una sentenza di morte, metteva i brividi.

«Adesso, conoscerai il vero terrore...»
Gaara alzò le braccia, e passò all'attacco. La sabbia iniziò a vorticare, inseguendo Rock Lee e tentando di colpirlo. Il rosso faceva assumere alla sua sabbia le forme più varie: da semplici tentacoli a shuriken e punte di sabbia, bersagliava il genin della Foglia con ogni sorta di colpo. La sua abilità nell'Arte della Sabbia era eccezionale, Lee era costretto a muoversi in continuazione, non poteva contrattaccare.

 

«Non può andare avanti così, dovrà usare la sua tecnica segreta.»
Gai era preoccupato, la tecnica di Lee richiedeva uno sforzo immane, ma era l'unica possibilità.

Lee aveva preso la stessa decisione. Si sciolse le bende che gli avvolgevano le mani, e si lanciò nuovamente all'attacco. La sua velocità era aumentata nuovamente, ora lo scudo di sabbia non riusciva più parare i suoi colpi. Replicando l'inizio della mossa usata contro Sasuke, apparve sotto Gaara colpendolo con un calcio montante, e continuando a colpirlo per farlo sollevare.
Arrivato a una certa altezza, con un volteggio, si portò dietro l'avversario, completando la mossa che contro Sasuke non aveva portato a termine, e lo avvolse con le bende che prima stringevano i suoi polsi. Iniziò a scendere in picchiata, vorticando con la testa rivolta verso il basso.

«Loto Frontale!»
All'ultimo momento, Lee si tolse dal vortice, lasciando che Gaara si schiantasse al suolo. L'onda d'urto fu terribile. Lee venne sbalzato via, mentre il corpo di Gaara aveva provocato delle crepe sul pavimento. Lee per un attimo credette di aver vinto, ma il corpo dell'avversario si sbriciolò, facendo capire che in realtà altro non era che un guscio vuoto.

 

«Ma cosa...?» Gai non capiva.

«È stato rapidissimo.» Spiegò Kakashi, che aveva seguito tutta l'azione con il suo Sharingan.
«Nel momento in cui ti sei distratto, Gaara si è sostituito a un guscio di sabbia, e non ha subito il colpo. Non ve ne siete accorti nè tu nè Lee.»

 

Il rosso riapparve alle spalle del lottatore verde, che aveva il fiatone per l'immenso sforzo appena compiuto. Gaara iniziò a colpirlo ripetutamente con la sua sabbia, senza che questo riuscisse ad evitarla: era troppo debole per muoversi.

«Gai, è finita, Lee non ce la fa più. Vai a sospendere l'incontro.» Kakashi parlava con tono neutro, ma traspariva la sua agitazione.
«È ancora presto per parlare, Kakashi. Lee ha ancora un asso nella manica.»

Contemporaneamente alle sue parole, Lee si rialzò, come se nulla fosse successo fino a quel momento.
«Ma come fa?! Fino a un attimo fa non riusciva neanche a muoversi!» Sakura e gli altri genin erano sempre più confusi e impressionati.

Kakashi allora finalmente capì: «Gai, tu sei pazzo! Gli hai insegnato l'apertura delle porte del chakra! Non so quanta fiducia tu riponga in quel ragazzo, ma c'è un limite a tutto!»
Gai allora ribattè, guardandolo con occhi di fuoco: «Non conosci la storia di quel ragazzo, non sai nulla, non hai il diritto di giudicare!» 
Kakashi rimase di sasso: Gai non si era mai rivolto a lui in modo tanto violento, doveva aver toccato un tasto sensibile...

Sakura era confusa. «Qualcuno mi spiega cos'è successo?»
Allora Kakashi iniziò a parlare, ascoltato da tutti i genin.

«Il sistema di circolazione del chakra del nostro corpo è dotato di otto limitatori, chiamati Porte del Chakra. La prima è quella dell'Apertura. Poi seguono quelle del Riposo, della Vita, della Ferita, della Chiusura, della Visione, dello Stupore, e della Morte. Aprendo queste porte, il chakra circola nel corpo senza alcuna limitazione, e si acquisiscono capacità fisiche tali da avere un potere superiore anche all'Hokage. Ma ad un prezzo altissimo: ad ogni porta aperta, la propria potenza aumenta di circa dieci volte, ma il corpo subisce altrettanti danni ad ogni apertura successiva. È per questo che è stata dichiarata una tecnica proibita...»

Allora intervenne Gai: «Il Loto Frontale richiede l'apertura della prima porta, che non ha grossi effetti collaterali. Lee ha ora aperto la seconda porta, che ha l'effetto di rigenerare tutte le ferite fisiche, ma consuma una quantità di chakra spaventosa. Lui è in grado di aprire le porte fino alla quinta.»
 

Ed era così che Lee aveva intenzione di attaccare. Un'aura di chakra lo avvolse, mentre apriva la terza porta, quella della Vita. Ma non era finita: per portare a termine il suo attacco finale, aveva bisogno anche del potere della quarta porta, quella della Ferita. All'apertura di questa, la sua pelle divenne rossa, mentre le pupille sparivano e le vene sul suo corpo si ingrossavano. Aveva tenuto in serbo questa tecnica per il giorno in cui avrebbe sfidato Neji, ma ora aveva di fronte un avversario ben superiore allo Hyuga, e aveva deciso di dare il tutto per tutto. I presenti lo sguardavano sconcertati, nessuno avrebbe mai immaginato che Rock Lee fosse capace di tanto.
Si lanciò contro l'avversario, a una velocità tale che lo scudo di sabbia non fece in tempo ad intervenire, e lo scagliò in aria. Lo seguì immediatamente, colpendolo con forze e velocità inumane. L'avversario volava per la stanza, incapace di reagire, mentre Lee rimbalzava sulle pareti e sul soffitto, continuando a seguirlo e colpirlo. Alla fine, Lee lo colpì indirizzandolo verso il basso, ma prima che Gaara colpisse terra lo tirò nuovamente su grazie alle bende del suo braccio, che gli aveva avvolto intorno alla vita. Pronto a colpire con tutta la sua potenza aprì la quinta porta, quella della Chiusura.

«LOTO POSTERIORE!!!»
Gaara colpì il terreno con tanta violenza da sprofondare di oltre un metro sotto il pavimento, mentre pezzi di cemento volavano ovunque. L'onda d'urto era stata spaventosa, e aveva fortemente danneggiato l'arena.
 

Lee rotolò lontano dal luogo dell'impatto, incapace di muovere un solo muscolo. Ma non era ancora finita...
Gaara era ancora cosciente, aveva attutito l'impatto trasformando in sabbia la sua giara, e ora guardava Lee con aria omicida. Il povero genin della Foglia, percependo su di sè l'ira di quel ragazzo, cercò di allontanarsi, strisciando, perchè non poteva fare altro.
La sabbia fu rapida ad attaccarsi a lui, circondando il braccio e la gamba sinistra.

«Funerale del Deserto!»
Gaara chiuse la mano a pugno, e Rock Lee urlò di dolore: la sabbia si era stretta intorno ai suoi arti, e la pressione era stata tale da sbriciolare le sue ossa. Tutti i presenti rabbrividirono nel sentire le ossa del povero genin verde andare in frantumi. Svenuto dal dolore, Lee stava per essere nuovamente aggredito da un'enorme ondata di sabbia scatenata dal rosso, che sicuramente lo avrebbe ucciso.

All'ultimo istante, qualcosa di verde si frappose tra l'onda e il genin, disperdendo la sabbia. Gai era intervenuto, e aveva salvato la vita del suo pupillo.
 

Gaara lo guardava con occhi sgranati, dalla rabbia e dallo stupore. Perchè lo aveva salvato? Perchè privarlo della sua vittima? Gli occhi di quel jonin lo guardavano con rabbia. Lui detestava quello sguardo, al Villaggio della Sabbia tutti lo avevano sempre trattato così, con quegli occhi che esprimevano solo odio, tenendolo lontano, chiamandolo mostro. E avevano avuto quello che si meritavano. Lui uccideva chiunque gli si opponesse. Come il mondo aveva riversato su di lui il suo odio, così lui avrebbe risposto nello stesso modo. Incapace di sopportare ulteriormente lo sguardo severo di quello shinobi, si rialzò, recuperò tutta la sua sabbia e si avviò verso le scale per la balconata.
 

«Sabaku no Gaara è il vincitore.»
Hayate mise la parola fine a quello che non era stato uno scontro, ma un massacro. Iniziato con gli effetti delle porte del chakra e finito con quella terribile mossa omicida, era stato un vero massacro per il povero Rock Lee, che ora era visitato da una squadra medica.

"Perdonami Lee, sarei dovuto intervenire prima..."
Gai non riusciva a perdonarsi. Aveva promesso a Lee che non sarebbe intervenuto, ma se non lo avesse fatto il suo allievo prediletto non sarebbe sopravvissuto. Meglio perdere l'esame un anno che la vita.

Un membro della squadra medica gli si avvicinò, la sua espressione era tutto un programma sulle condizioni del suo pupillo.
«Maestro Gai, ci sono pessime notizie. Le lesioni che Rock Lee ha subito al braccio e alla gamba sono tali da non consentire una guarigione completa. Mi dispiace, ma temo che non potrà più essere un ninja...»

Quella notizia fu troppo. Gai cadde in ginocchio, piangendo per la sorte del suo allievo. Lentamente, si diresse alla balconata, con il volto rigato dalle lacrime. Kakashi si avvicinò a lui insieme agli altri maestri, tentando di consolarlo.
 

Era arrivato il momento del prossimo scontro. Sullo schermo apparvero i nomi dei concorrenti rimasti, vorticando. Quando il sorteggio si fermò, tutti trattennero il fiato. I nomi dei due contendenti preannunciavano uno scontro che avrebbe tirato fuori lacrime e sangue dai due prescelti e dal pubblico: Neji Hyuga contro Hinata Hyuga...
 

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Capitolo 24
*** Furibondo! ***


Furibondo!

 

I nomi di Neji Hyuga e di Hinata Hyuga lampeggiavano sullo schermo: i due cugini avrebbero dovuto affrontarsi...

Neji si lasciò sfuggire un sorriso: sarebbe stato facile arrivare alla terza prova. Sua cugina era una perdente, e sempre lo sarebbe stata. Lentamente, con andatura sicura, tipica di chi si ritiene invincibile, scese le scale e si posizionò al centro dell'arena. Si fermò a guardare sua cugina, valutando anche la possibilità che non si presentasse.
 

Quando il suo nome era apparso sullo schermo accanto a quello di Neji, Hinata si era sentita morire. Suo cugino era il genio della casata cadetta, e sapeva padroneggiare tutte le tecniche Hyuga. Lei si allenava continuamente per impararle, ma finora le erano riuscite solo un paio di volte, durante gli allenamenti, non le aveva mai messe in pratica. Inoltre sapeva benissimo che suo cugino la odiava più di ogni altra cosa al mondo. Aveva paura che Neji cercasse davvero di ucciderla. Ma aveva un onore da difendere, non si sarebbe tirata indietro.

Lentamente, con lo sguardo basso come se si stesse avviando al patibolo, cosa che secondo lei non era così distante dalla realtà, si avviò verso le scale. Ma prima che arrivasse ad esse, qualcuno la trattenne per un braccio. Si voltò, trovandosi il viso di Naruto a poca distanza dal suo. Normalmente sarebbe arrossita vertiginosamente nel trovarsi a una tale distanza da lui, fissandolo negli occhi azzurri, ma il terrore che si era impadronito di lei aveva spento ogni altra emozione.

 

Naruto aveva studiato attentamente le reazioni di Hinata, e aveva capito benissimo cosa provava: quell'avversario la terrorizzava. Avvicinò la sua bocca all'orecchio della corvina. In quel momento, provò un impulso irrefrenabile di baciarla, di assaporare quelle labbra così rotonde, così perfette, ma si trattenne dal farlo. Primo, perchè egli stesso faticava a credere di aver prodotto quel pensiero, secondo, perchè aveva qualcosa di molto più importante da dirle.

«Non avere paura. Tu sei forte, puoi farcela. Io credo in te.» Le sussurrò all'orecchio. La ragazza ebbe un brivido a quelle parole. Naruto credeva in lei, la stava incoraggiando...
Si voltò lentamente verso di lui, e rispose con un sorriso. Con una nuova determinazione, si avviò verso il suo avversario.

 

Neji la guardò avvicinarsi, sorpreso che avesse davvero deciso di affrontarlo. Ma avrebbe evitato fino all'ultimo di violare le leggi della sua casata. Non avrebbe usato la forza finchè non fosse stato inevitabile. Perciò iniziò a provocarla, tentando di farla retrocedere.

«E così credi di potermi tenere testa? Non sei niente rispetto a me, nemmeno tuo padre ti considera una ninja. Ritirati adesso, e non ti farò del male. Se insisterai nell'affrontarmi, non avrò alcuna pietà.»
Sottolineò queste ultime parole attivando il Byakugan, e assumendo la posizione d'attacco.

 

Hinata sentì nuovamente tutta quella paura piombarle addosso. Forse Neji aveva ragione. In fondo, suo padre non l'aveva davvero mai considerata, trattandola come una fallita. Non aveva alcuna possibilità. L'idea di ritirarsi sfiorò nuovamente la sua mente, finchè una voce amica non la scacciò per la seconda volta.

«Non ascoltarlo, Hinata!» La voce di Naruto la fece riprendere. «Tu sei capace di batterlo, devi solo crederci!».
 

Hinata rialzò la testa. Aveva sempre nascosto a tutti la sua indole, sotto un guscio di timidezza che era diventato la sua prigione. Ma ora basta, era arrivato il momento di combattere!
«Non mi fai paura, Neji. Ora ti mostrerò di cosa è capace uno Hyuga della casata principale!» Nel pronunciare l'ultima frase, la sua mano si portò ad abbassare la cerniera della sua felpa, che lei gettò di lato, lontano da lei.
La maestra Kurenai fu enormemente scossa da quel gesto: quella felpa era sempre stata come un simbolo della timidezza della sua allieva: non se ne separava mai, quasi avesse paura di mostrarsi al mondo. Gettandola via, Hinata aveva spezzato il guscio nel quale si era rinchiusa da anni.

 

Naruto restò incantato da ciò che vide: sotto la felpa, Hinata indossava una maglietta a maniche corte estiva, che fasciava alla perfezione il suo corpo, mettendone in risalto le forme. Senti crescere un fuoco dentro di sè, simile a quando il chakra del Kyuubi fluiva dentro di lui. Ma stavolta la sensazione che percepiva era diversa: quel calore non bruciava, splendeva. Era come se si fosse immerso in una piscina d'acqua calda, come se l'avesse colpito una scarica elettrica. Il suo aspetto, i suoi movimenti, tutto di quella ragazza lo attirava. Fu in quel momento, che Naruto si rese conto di essersi innamorato di Hinata.

 

La corvina assunse la stessa posa d'attacco del cugino, che la guardava stupito, attivando anch'ella il Byakugan.
«Potete iniziare!» Hayate diede inizio al duello, e i due scattarono l'uno contro l'altro. Iniziarono a colpirsi, ma il loro stile di combattimento era estremamente diverso da quello che Naruto, Rock Lee, Sasuke o chiunque altro in quella stanza praticavano. Sembrava che stessero ballando. Ogni colpo era delicato, come fosse un passo di una danza mortale, di una grazia ultraterrena. Naruto era incuriosito da quello strano modo di combattere.

 

«Maestro, perchè combattono in quel modo?»
Il maestro Kakashi iniziò a spiegare al suo allievo ciò che vedeva, ascoltato anche dagli altri genin. 
«Vedi Naruto, quello è lo stile di combattimento tipico del clan Hyuga. È chiamato Juken, o Pugno Gentile, ed è completamente diverso dallo stile del Pugno di Ferro, l'Hooken, che utilizzano, per esempio, Gai e Rock Lee. Inoltre è strettamente collegato all'abilità innata del clan Hyuga, il Byakugan.»

A quel punto intervenne Gai, che essendo maestro di Neji ne sapeva di più.
«Il Pugno di Ferro è studiato per aumentare la potenza dei singoli colpi, ed è adatto per ogni tipo di avversario o ostacolo. Il Juken, invece, è molto più specifico, ed è mirato al sistema circolatorio del chakra dell'avversario. Il Byakugan conferisce al suo possessore l'abilità di vedere il chakra e di avere un vista a 360°, se sviluppato completamente. Dubito che uno di loro abbia il completo controllo sulla sua abilità, ma anche un campo visivo normale è sufficiente per quel tipo di lotta. I colpi non si basano sulla violenza dell'impatto, ma sulla precisione. Ad ogni colpo viene emessa una piccola quantità di chakra, che se indirizzata nel punto giusto porta a bloccare un punto di fuga del chakra. Bloccando alcuni punti chiave, è possibile fermare completamente la circolazione del chakra nel corpo, provocando danni gravissimi agli organi interni. È una tecnica possibile solo per gli utilizzatori del Byakugan, perchè la loro abilità gli consente di vedere con precisione assoluta i punti da colpire.»

 

Naruto, terminata la spiegazione, tornò a concentrarsi sullo scontro. Con enorme sorpresa di tutti, Hinata stava combattendo alla pari con Neji, che era il più sconcertato. Hinata si stava battendo come una furia! Lui stesso faceva fatica ad arginare i suoi colpi, e fu colpito in alcuni punti di fuga.
Ma dopo diversi minuti, Hinata cominciò a stancarsi: aveva consumato troppo chakra, e ne possedeva una quantità inferiore al cugino. Questo, vedendola vacillare, iniziò a contrattaccare, colpendola ripetutamente. Quando raggiunse un punto sulla gamba, Hinata crollò sul suo peso, e Neji ne approfittò per atterrarla con un calcio.

«Basta così, è finita! Ritirati adesso, e avrò pietà!»
Neji era sempre più furibondo, mentre le immagini della sua tragedia familiare scorrevano nella sua mente...

 

*Flashback*

Era appena tornato a casa, dopo il funerale di suo padre. Dei ninja del Villaggio della Nuvola avevano rapito sua cugina. Le voleva bene, non avrebbe mai voluto che le accedesse qualcosa. Suo zio Hiashi, il capoclan, aveva fermato e ucciso i rapitori. Ma il Villaggio della Nuvola aveva inviato un ultimatum alla Foglia. Non tolleravano l'uccisione dei loro uomini, e avrebbero dichiarato guerra a Konoha, a meno che non avessero ricevuto il cadavere di Hiashi Hyuga. E da lì era iniziato il disastro. Suo zio Hiashi e suo padre Hizashi erano gemelli, ma Hiashi era stato assegnato alla casata principale, poichè era venuto alla luce per primo. Per proteggere il capoclan, era stato necessario fornire un cadavere uguale al suo, in modo che la Nuvola non trasformasse quell'incidente diplomatico in una dichiarazione di guerra. E un solo uomo poteva sostituire Hiashi: il suo gemello Hizashi, suo padre. Era colpa di suo zio se suo padre era morto, lo aveva usato come scudo, per colpa di quella piccola inetta di Hinata! Per la sola colpa di essere nato nella casata cadetta, suo padre era stato sacrificato come una bestia da macello. Quella sera non dormì. Tra le lacrime, giurò che avrebbe avuto vendetta per suo padre. La casata principale gliela avrebbe pagata...

*fine flashback*

Ora Hinata era lì, alla sua mercè, mentre lottava per respirare. Con sua enorme sorpresa, la corvina si rialzò.
«Io... non mi arrenderò mai... Ho promesso che mi sarei battuta fino alla fine, e non mi rimangerò la parola data... Questa è... la mia nindo!!»
 

Naruto era senza parole, Hinata aveva preso la sua stessa nindo e l'aveva fatta sua! Un brivido lo attraversò mentre sentiva quella dichiarazione, insieme alla paura per le sorti della corvina...
 

Hinata si lanciò nuovamente all'attacco. Raccolse le sue ultime forze in quella sequenza, ma Neji la bloccò e la colpì ripetutamente, senza pietà. Hinata si ritrovò distesa a terra, senza la forza di rialzarsi, sputando sangue.

«Basta così, l'incontro è finito, Neji Hyuga è il vincitore.»
Hayate ritenne opportuno terminare lì l'incontro, per paura che la ragazza subisse danni seri. Dopo l'esito dell'ultimo duello, aveva deciso di non mettere più in così serio pericolo i ragazzi.

Ma Neji non sembrava contento. In quella ragazza stesa nella polvere, vedeva tutta la debolezza della casata che aveva mandato a morte suo padre. Accecato dalla rabbia, si lanciò contro la cugina, deciso a ucciderla...
In un istante, i maestri Gai, Kakashi, Kurenai, Asuma e il Terzo Hokage, che aveva seguito tutti gli incontri dal suo posto speciale al centro della balconata, apparvero davanti a lui. Il Sandaime parlò, con voce truce.
«Hai già vinto l'incontro. Se oserai attaccare uno dei tuoi compagni, verrai dichiarato traditore della Foglia.» 
 

Neji si calmò, anche se la visione di sua cugina stesa a terra lo faceva ribollire. Nella sua mente, l'immagine di suo padre morto lo attraversò, assieme ad una nuova vampata d'odio. I jonin si erano distratti, per parlare con Hayate, e Hinata era svenuta. L'occasione perfetta.
 

Naruto aveva seriamente temuto per la vita di Hinata quando aveva visto Neji scagliarsi contro di lei, ma l'intervento dei maestri l'aveva salvata. Guardando Neji, sentiva un rabbia bruciante pervaderlo. Il Sigillo Pentastico che Orochimaru gli aveva imposto sullo stomaco bruciava, ma in quel momento non sentiva dolore. Nonostante quell'ulteriore limitazione, sentiva chiaramente il chakra e la rabbia del Kyuubi scorrere in lui, anche se non si era formato nessuno manto di chakra rosso. Ma i suoi occhi erano cambiati, l'iride era diventata rossa, e l'odio della Volpe stavolta non aveva preso il sopravvento, ma era in sintonia con ciò che lui stesso provava.

Aveva voglia di fare a pezzi quel bastardo, fargliela pagare per ciò che aveva fatto e cercato di fare a Hinata. Il culmine della sua rabbia fu raggiunto quando vide Neji approfittare di una distrazione dei jonin e avventarsi nuovamente contro la corvina, stesa a terra priva di sensi. In quel momento, prevalse l'istinto. Scavalcò la balconata, e con una velocità e una potenza che solo il chakra della Volpe poteva dargli colpì con una forza sovrumana il volto di Neji, mandandolo a schiantarsi contro il suolo.
 

Lo Hyuga si rialzò, colto di sorpresa da quel colpo. Quando vide chi aveva fermato il suo ultimo attacco, la paura lo pervase. Naruto lo guardava con occhi di fuoco, non era più il ragazzino solare che tutti conoscevano. Nei suoi occhi, ora diventati rosso sangue, si leggeva solo una rabbia sconfinata. I jonin si accorsero di ciò che era successo, e realizzarono che Naruto aveva fermato appena in tempo un nuovo attacco di Neji. Ma nessuno di loro osò avvicinarsi, sentivano la furia di Naruto alla sua sola presenza.

Persino il Sandaime, che in quel momento assisteva per la prima volta al manifestarsi in Naruto del chakra del Kyuubi, era sconvolto dalla rabbia che percepiva nel ragazzo. L'aveva visto picchiato dai bulli, preso in giro e allontanato dagli abitanti del villaggio per il demone rinchiuso al suo interno, ma aveva sempre ritrovato il sorriso.
Mai prima di allora l'aveva visto così furibondo. Doveva essere molto più legato a Hinata di quanto lui avesse immaginato.

 

Ansimando per la rabbia, Naruto raccolse un po' del sangue che Hinata aveva sputato, e strinse il pugno verso Neji.
«Neji Hyuga...» la sua voce era un eco da una tomba, ad ogni parola, il suo odio penetrava nel cuore di tutti...
«Sul sangue che hai fatto versare a Hinata, io giuro che te la farò pagare. Rimpiangerai quello che hai fatto oggi!»

Neji tremò a sentire quella minaccia. Non si sapeva spiegare il perchè, Naruto era sempre stato un incapace, aveva battuto Kiba solo per quella che lui reputava fortuna, non c'era motivo per cui un'inetto del genere dovesse spaventarlo. Ma per qualche strana ragione, la furia che il biondo irradiava lo aveva terrorizzato.
 

Quel momento di tensione fu spezzato dai maestri, che trovarono il coraggio di mettersi in mezzo e calmare le acque. Dopo che Hinata fu portata via dalla squadra medica, Naruto si calmò, cedendo all'effetto soppressivo che il Sigillo Pentastico esercitava su di lui. Per precauzione, Kakashi lo tenne comunque lontano da Neji.

Gli ultimi due concorrenti, Choji Akimichi e Dosu Kinuta, il tizio bendato del Suono, si fecero avanti.


 

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Capitolo 25
*** Una Saggia Decisione ***


Una Saggia Decisione


 

Gli ultimi due concorrenti si fecero avanti. Choji Akimichi, il ragazzo più grasso di Konoha, che sfruttava le sue dimensioni corporee per le tecniche del suo clan, contro Dosu Kinuta, il tizio bendato del Suono, di cui nessuno conosceva le abilità, ma che nella foresta aveva dimostrato una notevole resistenza.

 

Quando l'esaminatore diede il via, Choji usò la tecnica segreta del suo clan:
«Tecnica dell'Espansione Corporea!» Il suo corpo si gonfiò, mentre la testa e gli arti si ritraevano, facendolo diventare di forma sferica.
«Terminerò l'incontro con un solo attacco!» 
 

Dosu lo guardò con gli occhi stretti. Se voleva che l'incontro finisse subito, lui l'avrebbe accontentato. Alzandosi la manica rivelò un bracciale d'acciaio pieno di buchi, grande fino al gomito, mentre si preparava per schivare l'attacco avversario.

«Proiettile Umano Travolgente!»
Choji iniziò a rotolare rapidamente, avventandosi sull'avversario. Questo lo schivò una, due, tre volte, lo stava guidando nella direzione che voleva. Schivando un ennesimo assalto del genin della Foglia, lo fece andare a sbattere contro il muro, dove rimase incastrato nel muro con la testa. Era l'occasione perfetta: sferrò un pugno all'avversario, facendo sprofondare la mano in quella massa adiposa, e si picchiettò leggermente sul bracciale. Un ronzio infernale invase la stanza, costringendo tutti a tapparsi le orecchie. Quando il ronzio fu cessato, Choji era steso a terra, incapace di rialzarsi.

 

«Ma cosa è successo? Non capisco...» Nonostante fosse stata Ino a fare la domanda, tutti erano perplessi. Fu Dosu stesso a dare spiegazioni.
«Il corpo umano è pieno d'acqua, e l'acqua può trasmettere le vibrazioni sonore. Il mio bracciale è fatto per amplificarle, e a contatto diretto con esso il corpo si trasforma in un enorme padiglione auricolare. Le vibrazioni erano talmente forti da lasciarlo stordito.» 
Dopo quella dimostrazione, Hayate lo dichiarò vincitore.
 

Tutti i vincitori degli scontri precedenti, ad eccezione di Sasuke, che si trovava in ospedale, furono convocati al centro dell'arena. Davanti a loro si presentò l'Hokage, che iniziò a parlare.

«Complimenti a tutti voi per aver superato la seconda prova. Lo schermo vi illustrerà in cosa consisterà la terza...»
Gli occhi di tutti conversero sul display, che in quel momento mostrò un diagramma ad albero con nove diramazioni finali.
«Un torneo!» Fu Kankuro a fare quell'esclamazione.

«Esatto. Vi affronterete in un torneo a tre turni, di cui uno scontro sarà un match a tre avversari. Ora avverrà il sorteggio...» Da una scatola vennero estratti nove numeri, ognuno corrispondente a uno di loro.
«Gli avversari che si affronteranno nel primo round sono Neji Hyuga e Naruto Uzumaki. A seguire ci sarà lo scontro tra Shikamaru Nara e Sabaku no Temari. Quindi si batteranno Shino Aburame e Sabaku no Kankuro, e l'ultimo scontro vedrà affrontarsi Dosu Kinuta, Sabaku no Gaara e Sasuke Uchiha. Sappiate che per essere nominati chunin non sarà necessario vincere, non ci sarà un solo promosso. Ovviamente, i due finalisti otterranno il grado superiore, ma nel corso del torneo verranno valutate tutte le vostre qualità, e, se ne sarete giudicati meritevoli, vi verrà data la promozione.»

 

Naruto guardò Neji in tralice: avrebbe avuto la sua soddisfazione già dal primo turno. Quel bastardo l'avrebbe pagata per ciò che aveva fatto a Hinata! Non avrebbe avuto nessuna pietà...
«Il torneo inizierà tra due settimane, e si svolgerà nella grande arena della Foglia. Avete tempo fino ad allora per prepararvi a dovere.» Con queste ultime parole, l'Hokage si congedò.


 

Dopo i sorteggi, Naruto si avviò verso casa. Prima, però, passò a trovare Sasuke in ospedale, comunicandogli le informazioni che lo riguardavano, e descrivendo nel modo più dettagliato possibile i duelli avvenuti.
Non avendo potuto assistere, dato che era stato portato via subito dopo il suo scontro, che era il primo, Sasuke non aveva idea di quali potessero essere le capacità degli avversari, e sarebbe stato svantaggiato al torneo. Perciò Naruto aveva pensato bene di descrivergli tutti i vincitori e i loro modi di combattere, per permettergli di farsi un'idea di ciò che lo aspettava. L'Uchiha lo ringraziò sorridendo, non sembrava preoccupato di doversela vedere con un avversario del calibro di Gaara. O era il suo orgoglio che non cedeva, o era completamente pazzo...
Il biondo restò a fargli compagnia per mezz'ora, finchè anche Sakura non arrivò nella stanza. A quel punto il biondo pensò bene (non senza una certa malizia) di lasciarli da soli, e si incamminò verso la casa dell'Hokage.


Arrivato lì, però, fu sorpreso dalla quantità di persone che lo aspettavano: il Sandaime era seduto a capotavola, con al suo fianco Kakashi e Jiraiya, e in piedi in un angolo c'era anche lo zio Asuma. Quando Naruto rientrò, i tre gli chiesero di raccontare nei minimi particolari ciò che era successo nella foresta.
Kakashi, infatti, avendo compreso la pericolosità del Segno Maledetto impresso su Sasuke, aveva avvertito l'Hokage delle difficoltà incontrate dai suoi allievi durante la prova nella foresta.

 

Naruto si sedette di fronte a loro, e iniziò a raccontare, cercando di essere più dettagliato possibile. Raccontò della prova nella foresta e di come si fossero alleati con il team 8 per raccogliere i rotoli. Parlò dell'attacco subito da parte del team del Suono, e di come quel misterioso avversario avesse portato via Sasuke, inseguito da lui stesso. Raccontò come si era svolto lo scontro, parlando di come il chakra di Kyuubi si fosse fuso con il suo, riferendosi anche a ciò che era accaduto nel Paese dell'Onda contro Haku. Ebbe qualche esitazione nel parlare di come avessero costretto a ritirarsi Orochimaru, dato che aveva promesso a Sasuke di non rivelare a nessuno della sua abilità, ma Kakashi lo rassicurò, dicendo che sia lui che l'Hokage ne erano a conoscenza, quindi ne poteva parlare liberamente. Alla fine, raccontò di come Orochimaru aveva imposto su di lui quel sigillo, e di come era riuscito, in qualche modo, a usare il Mokuton. Il Sandaime ne fu abbastanza impressionato, quel ragazzino era un degno erede del Primo Hokage, se già alla sua età era riuscito a usare coscientemente quel enorme potere.

Naruto terminò il suo resoconto con ciò che era successo alla squadra durante la loro assenza, raccontatogli da Sakura, dell'aiuto del team Gai e dell'arrivo alla torre. Quando ebbe terminato, passarono alcuni minuti in silenzio, mentre i quattro assimilavano tutte quelle informazioni.
 

Jiraiya era preoccupato dal fatto che Orochimaru fosse nei paraggi, ma era in un certo senso felice che avesse considerato il suo figlioccio non degno di nota. Per fortuna non sapeva dell'Arte del Legno, anche se ora che se l'era trovata di fronte doveva averlo capito... Non poteva lasciare che Naruto si trovasse indifeso contro un tale nemico. Era arrivato il momento di insegnare al suo allievo le tecniche di suo padre...

Kakashi non poteva biasimare Sasuke per aver ricorso al Mangekyo, era stato costretto dalle circostanze... Ma da quel momento non avrebbe più dovuto trovarsi in tali condizioni. Lo avrebbe addestrato nell'Arte del Fulmine, così che avesse a disposizione abbastanza armi da potersi difendere senza mettere a rischio i suoi occhi.

Hiruzen rifletteva a capo chino. Il ritorno di Orochimaru, il Mokuton, il Mangekyo Sharingan... Gli stava sfuggendo di mano la situazione, i due massimi poteri della Foglia erano stati messi in pericolo da un traditore che lui non era più in grado di fermare. Il suo ex-allievo era diventato troppo potente, e lui troppo vecchio. Questa consapevolezza, unita ai recenti problemi verificatisi con il consiglio, lo convinsero a prendere quella decisione che già una volta aveva preso, anche se in circostanze ben diverse, e che ora si accingeva nuovamente a compiere...

 

«Ciò che è successo mi ha convinto di una cosa che già da tempo sospettavo... Il villaggio non è più al sicuro nelle mie mani. Sono diventato troppo vecchio per poterlo proteggere al meglio. Quindi, è giunto il momento che io mi faccia da parte. È ora che venga nominato il Quinto Hokage.»

A quella parole, Jiraiya, Naruto e Kakashi strabuzzarono gli occhi, e perfino Asuma, che per tutto il tempo era rimasto in silenzio , si lasciò sfuggire un'esclamazione: «Cosa?! Stai dicendo sul serio?»

Il Sandaime rispose senza batter ciglio.
«Non potrei essere più serio. È da diverso tempo che questa idea mi passa per la testa, e ciò che è successo mi ha dato ragione. Jiraiya, sia tu che io sappiamo chi è il più adatto ad essere il mio successore...»

Jiraya parve illuminarsi a quelle parole: «Immagino tu voglia che io vada a cercarla.»
«Si, non c'è nessuno più adatto di lei.»

«Scusate, di chi stiamo parlando?» Naruto si intromise in quella conversazione. Era chiaro che il suo sogno di diventare Hokage avrebbe dovuto aspettare, visto che era ancora troppo giovane e troppo inesperto per poter ambire a quel titolo.

«Stiamo parlando della principessa delle lumache: Tsunade Senju, la nipote del Primo Hokage, il terzo dei Ninja Leggendari. Penso di sapere dove trovarla, partirò domani mattina per portarla qui. Non dovrei metterci più di dieci giorni.»

«Molto bene, allora buon viaggio.»

«Maestro, se permette, vorrei portare Naruto con me. Durante il viaggio vorrei insegnargli alcune cose che gli torneranno utili all'esame. Non ti dispiace, vero Kakashi?»
Rivolse la domanda prima al Sandaime e poi all'argenteo, conscio che portare via Naruto dal suo legittimo supervisore senza permesso sarebbe stato alquanto scortese.

«Certo, fa pure. Io in questo modo potrò dedicarmi a Sasuke. Anche lui avrà bisogno di qualche asso nella manica, per il torneo.»
«Bene allora.» Hiruzen fece una pausa, rivolgendosi poi al biondo, che sembrava entusiasta all'idea. «Naruto, va a riposarti e prepara i bagagli. Dovrete stare in giro per più di una settimana, quindi preparati a dovere.»
Il biondo si avviò verso la sua camera, ma prima che sparisse dietro l'angolo la voce di Jiraiya lo fermò:

«Ah, Naruto. Porta con te il diario. Credo sia arrivato il momento che inizi a imparare da ciò che ti ha lasciato tuo padre.»
Naruto si aprì in un sorriso raggiante, e scattò verso la sua stanza.


 

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Capitolo 26
*** Al Cospetto del Demone ***


Al Cospetto del Demone




Naruto chiuse la borsa, dopo averla riempita con tutto ciò che gli sarebbe tornato utile durante il viaggio (compresa qualche scatola di ramen...). Stava per mettersi a letto, quando un oggetto sulla scrivania attirò la sua attenzione: il diario di suo padre.

Lo prese lentamente, come fosse una reliquia. Non aveva mai avuto il coraggio di aprirlo, non credeva di essere pronto. Ma a quanto pare, Jiraiya lo riteneva tale. Si fece coraggio, e iniziò a leggere quelle pagine. Dopo le prime due, la sua curiosità era schizzata alle stelle, non riusciva più a staccarsi da quel libricino.

C'erano un'infinità di tecniche, la maggior parte delle quali a lui sconosciute, delle quali suo padre descriveva ogni caratteristica. Alcune doveva averle sviluppate personalmente, e si vedevano grandi tratti cancellati e riscritti, corredati da ampie correzioni e adattamenti. C'erano tecniche di ogni tipo, dall'arte elementale alle tecniche di sigillo, fino a quelle che il Quarto Hokage stesso aveva inventato. Continuò a leggerlo velocemente fino a tarda notte, senza la pazienza di soffermarsi su ogni tecnica, finchè il sonno non ebbe la meglio su di lui.


Jiraiya e Naruto schizzavano per la foresta, saltando di ramo in ramo. Erano partiti da circa due ore, e procedevano così spediti che la montagna degli Hokage non si vedeva già più. Dopo molto tempo passato in silenzio, Naruto iniziò a parlare.

«Ero-Sennin, ma perchè andiamo così veloci? Abbiamo fretta?»
Jiraiya si voltò leggermente per rispondergli.
«Per due motivi. Primo: si, abbiamo fretta. Tsunade viaggia continuamente, e non resta mai in uno stesso luogo per più di una settimana. Perciò dobbiamo trovarla il prima possibile, o saremo costretti a inseguirla, e perderemo altro tempo. Dubito che tu voglia perdere il tuo esame, no?
Secondo, viaggiando a questa velocità rafforzerai il tuo fisico e la tua resistenza. Sarà un buon riscaldamento per l'allenamento che ho in mente per te»

«Ok, ho capito. Perchè non mi parli un po' di Tsunade? Eri suo compagno di squadra, quindi dovresti conoscerla bene.»


Jiraiya si illuminò a quelle parole, un grosso sorriso comparve sulle sue labbra. A Naruto non sfuggì quel particolare: lui e Tsunade dovevano avere un rapporto particolare...

«Come già sai, lei è la nipote di Hashirama Senju, il Primo Hokage. In un certo senso, siete parenti, anche se non stretti, dato che anche tu discendi dal clan dello Shodaime. Ha la mia età, quindi ha quasi sessant'anni, ma sa mantenersi giovane e bellissima come una trentenne. È il più grande esperto di tecniche mediche delle Cinque Terre, ed è stata la fondatrice dell'Unità Medica di Konoha. Inoltre, come io lo sono per i rospi e Orochimaru per i serpenti, lei è l'eremita delle lumache, e questo le ha permesso di sviluppare tecniche curative che sfruttino l'energia naturale. Hai presente la tecnica che rafforza i tuoi arti se vi concentri il chakra? Quella che ti ho fatto imparare per aiutarti con il Kawazu Kumite? Beh, è stata lei a inventarla. Queste capacità, unite alla sua discendenza, ne fanno il miglior candidato possibile per il ruolo di Hokage.»


Naruto restò basito dalla descrizione della donna in questione. Doveva essere davvero una ninja formidabile...
Ma il biondo colse qualcos'altro nella descrizione di Jiraiya. Il suo padrino ne parlava con un tono particolare, come... come lui avrebbe parlato di Hinata. Quella similitudine fece capire a Naruto la verità: il suo padrino era innamorato di Tsunade. Non glielo fece notare, ma decise che li avrebbe tenuti entrambi d'occhio...

Il viaggio sarebbe durato circa due giorni, a quella velocità, quindi si accamparono per pranzare. Durante la pausa, Jiraiya si rivolse all'allievo.
«Naruto, ti dispiacerebbe darmi un attimo il diario di Minato? Vorrei controllare cosa potrei insegnarti per l'esame...»
Il biondo recuperò dalla borsa il libricino, e lo passò all'eremita. Questo iniziò a sfogliarlo, sembrava avere un'idea precisa di ciò che stava cercando.

«Dunque... Eccone uno... e l'altro... eccolo qui. Perfetto. Ho deciso quali tecniche ti insegnerò. Ecco la prima.»
Si alzò, si avvicinò ad un albero, e una piccola sfera di chakra vorticante si formò nella sua mano.

«Guarda bene, Naruto...» e colpì l'albero con quella tecnica. In pochi attimi, l'albero fu ridotto in briciole da quelle lame di chakra vorticanti. Naruto era senza parole.

«Wow! Fantastica! Che tecnica è?»
«Si chiama Rasengan, ed è stato tuo padre ad inventarla. Non è troppo difficile da imparare, entro domani dovresti riuscirci. Ma non avere fretta: prima di insegnartela, dobbiamo sistemare un paio di cosette. Togliti la maglia.»

Naruto fece come richiesto. Jiraiya aprì la mano, facendo apparire su ogni dito un simbolo luminoso.
«Tecnica di Confinamento: Liberazione Pentastica!»
E lo colpì come aveva fatto Orochimaru, sciogliendo il Sigillo Pentastico. Naruto si sentì subito meglio: quel sigillo non bloccava solo l'energia del Kyuubi, ma interferiva anche con la sua regolare circolazione del chakra. Aveva avuto vari problemi a usare le sue tecniche a causa di quell'impiccio, ma ora era tutto sparito.

«Bene, prima di tutto, dovrò insegnarti a controllare il chakra del Kyuubi. Prima, un po' di basi...» Indicò un piccolo ruscello lì vicino. «Vedi quell'acqua? Camminaci sopra.»
«E come dovrei fare?» Naruto non aveva idea di cosa fare, ma l'eremita lo illuminò.
«Hai presente quando ti ho insegnato la tecnica per l'arrampicata verticale? Dovrai fare nello stesso modo. Emettendo dai piedi una piccola quantità di chakra, essi galleggeranno. Una volta che ti sarai abituato, sarà come camminare sul normale terreno»
Naruto ci provò, e dopo un paio di tentativi riuscì a restare in equilibrio sullo specchio d'acqua.


«Bene, ora proviamo qualcosa di un po' più difficile...»
Prese la grossa pergamena che portava sulle spalle, e la aprì davanti al biondo.
«Guarda qui. Tecnica del Richiamo!»
Fece cinque sigilli, appoggiò la mano a terra, e un piccolo rospo apparve davanti a lui in uno sbuffo di fumo bianco.

«Questa è un tecnica che ti permette di evocare degli oggetti da un luogo predefinito, se ti appartengono, oppure degli animali. Ma per avere la fiducia di una data specie animale e poterne evocare gli esemplari, devi firmare un contratto con la loro specie. Questo è il contratto con i rospi. Se lo firmi, potrai evocarli in tuo aiuto.»

Convinto, Naruto firmò il rotolo col sangue, sentendo un brivido nel leggere la firma di suo padre prima della sua. Jiraya gli insegnò i sigilli: Cinghiale, cane, gallo, scimmia, pecora. Non ci riuscì subito, ma dopo alcuni tentativi da una nuvoletta di fumo spuntò un piccolo rospo.

«Maggiore è la quantità di chakra che immetti nella tecnica, più forte sarà l'animale evocato. Per evocare i signori dei rospi ti servirà moltissimo chakra. Continua a provare, quando avrai un buon controllo del chakra passeremo alla fase successiva.»


Naruto continuò per circa un'ora, finchè evocare rospi delle dimensioni all'incirca di un cane non gli risultò facile. Jiraya a quel punto si ritenne soddisfatto.

«Bene, direi che può bastare. Ora iniziamo a fare sul serio. Dovrai richiamare il chakra della Volpe a Nove Code.»
Naruto fu spiazzato da ciò che Jiraya aveva appena detto, solo in quel momento capì l'enormità di ciò che doveva fare.

«Ora ascoltami bene. Il Kyuubi dimora nella tua coscienza, rinchiuso in una gabbia. Dovrai percepire il suo chakra dentro di te, e cercare di attingervi. Se ci riuscirai, dovresti ritrovarti nel tuo subconscio, faccia a faccia con il demone. Non ti cederà il suo chakra così facilmente, dovrai fare in modo di convincerlo. È chiaro?»
Naruto annuì, preoccupato ma determinato.


Chiuse gli occhi per concentrarsi, esplorando la sua stessa essenza. Percepiva ogni filamento di energia che scorreva al suo interno, un armonia perfetta, la vita che scorreva nel suo corpo, quasi senza imperfezioni... Quasi.
D'un tratto, al centro del suo essere, percepì una presenza diversa dalla sua. Era piena di rabbia, traboccante d'odio, rossa come il fuoco. Capì che quella era la direzione giusta, e iniziò ad attingere chakra da quel punto. Sentì subito gli ormai familiari effetti che quel chakra aveva su di lui: rabbia, istinto omicida, senso di onnipotenza.
Ma stavolta non erano le sue emozioni a guidarlo, stavolta era lui ad avere il controllo, rimanendo lucido. Si immerse sempre più in quel flusso, finche non sentì più alcun rumore. Sorpreso, aprì gli occhi.


Il luogo in cui si trovava ora era diverso dalla radura in cui si era fermato con il suo maestro. Era da solo, in una grande galleria il cui pavimento era ricoperto d'acqua, che gli bagnava i sandali.
Era sicuro di non essere mai stato in un posto del genere, ma stranamente gli sembrava familiare. Senza restare a farsi domande, iniziò a muoversi. Il suo corpo agiva da solo, guidandolo verso ciò che stava cercando.

Dopo alcuni minuti, o forse solo pochi secondi, sbucò in un'enorme stanza, illuminata da una luce fioca. L'intera stanza era occupata da un'immensa gabbia dalle sbarre d'oro, sulla cui serratura era impresso il kanji "sigillo".
Dall'ombra che albergava dietro quelle sbarre, due occhi rossi si aprirono, brillando nell'oscurità. La gabbia sembrava non riuscire a contenere l'enorme mole del demone, che avanzò verso il suo ospite, mostrandosi alla luce. La figura maestosa ed elegante della Volpe a Nove Code si palesò agli occhi di Naruto, bella e terrificante. Il demone lo guardò con occhi di fuoco, per poi scoppiare in una risata agghiacciante. Poi parlò, con la sua voce antica e profonda, che rimbombava in quella angusta dimora.

«Alla fine, eccoti qui. Naruto Uzumaki, figlio dello Yondaime. Ancora dopo dodici anni maledico il nome di quel ninja per avermi intrappolato dentro di te, così debole, così incapace da non sapere nemmeno come sfruttare i miei poteri...»

Al suono di quella voce, Naruto tremò. Percepiva l'enorme potere del Kyuubi stando alla sua sola presenza. Poi, quando sentì insultare suo padre, ritrovò l'uso della parola.

«Fa silenzio! Non hai il diritto di dire una sola parola su mio padre! Lui ti ha impriginato dentro di me perchè sapeva che io sarei stato in grado di controllarti, e stai certo che ci riuscirò!»

La volpe lo guardò con un sopracciglio alzato, prima di scoppiare in una fragorosa risata.
«Ahahahahahahah! Questa è comica! Tu, un ragazzino incapace anche di mantenere il controllo di sè stesso mentre il mio chakra scorre in te, vorresti dominare il demone più potente della terra?»

Naruto ghignò, aveva la risposta pronta: «In questo momento il tuo chakra sta scorrendo nel mio corpo, ma come puoi vedere sono perfettamente padrone di me stesso.»

La volpe rimase sbigottita da quella constatazione. Cogliendo l'attimo di esitazione, Naruto rincarò la dose: «Io sono il tuo Jinchuuriki, spetta a me mantenere il controllo sul tuo chakra. Quindi me lo darai, che tu lo voglia o no.»


Il Kyuubi lo guardò stralunato. Incredibile, i più grandi shinobi della storia tremavano di fronte a lui, eppure quel ragazzino aveva il coraggio di rispondergli in quel modo. Non si poteva negare che avesse coraggio. In effetti, permettere al biondo di sfruttare una parte del suo chakra non sarebbe stata una cattiva idea: il continuo transito della sua energia attraverso il sigillo avrebbe finito per indebolirlo. Se ne era reso conto nelle rare occasioni in cui Naruto aveva perso il controllo di sè: la pressione esercitata su di lui dal Sigillo Ottagonale dello Yondaime era diminuita ogni volta, anche se in modo quasi impercettibile. Se quel ragazzino avesse iniziato ad attingere costantemente al suo chakra, il processo sarebbe stato molto più rapido, e lui sarebbe potuto arrivare al punto di rompere il sigillo, e tornare libero. Con un ghigno, si rivolse nuovamente al biondino.

«Bene...» iniziò dopo una breve pausa «Forse non hai tutti i torti. D'altronde, io abito nel tuo corpo, quindi potremmo considerarlo uno scambio equo: una parte del mio chakra, che ti sarà più che sufficiente per qualsiasi cosa tu voglia fare, in cambio della mia permanenza qui. Ora, prendi...»

Una specie di ombra di colore rosso fuoco iniziò a strisciare fuori dalla gabbia, avvicinandosi a Naruto, avvolgendolo come una coperta. Naruto assorbì quel chakra, senza subire stavolta gli effetti delle emozioni del Kyuubi. Aveva il pieno controllo di quell'energia.

«Grazie mille, volpe!»
Si voltò con un sorriso, pronto ad andarsene, ma un nuovo pensiero gli attraversò la mente. Si rivolse nuovamente al demone.

«Ah, Kyuubi, ho bisogno di chiederti un paio di cose.» La volpe sembrò infastidita, nonostante l'improvviso cambio di atteggiamento del ragazzo l'avesse sorpresa.

«Va bene, ma sbrigati e vattene prima possibile.» rispose il demone con aria scocciata.
«Perchè dodici anni fa hai attaccato il Villaggio della Foglia?»
Naruto glielo chiese senza giri di parole. Perchè era successo quel disastro? Per colpa di cosa suo padre e sua madre, e chissà quanti altri innocenti, avevano pagato con la vita?
Il Kyuubi si irritò molto a quella domanda, iniziando a ringhiare.

«Non sono affari tuoi, ragazzino. Ti basti sapere... che non fu una mia iniziativa.»
Naruto allora cominciò a capire. Se non era stata iniziativa della Volpe attaccare Konoha, qualcuno doveva averla costretta. E dalla sua reazione, non doveva esserne stata troppo contenta...

«Va bene. Ho un'ultima cosa da chiederti, poi ti lascio in pace.»
La volpe lo guardò in tralice, sperando che stavolta se ne andasse sul serio. Gli stava simpatico quel marmocchio, per quanto possibile, ma era troppo invadente per i suoi gusti...

«Kyuubi, qual è il tuo nome?»
Era una domanda che il biondo si faceva da diverso tempo. Un demone di quel calibro non poteva essere un semplice animale. A quella domanda, il Kyuubi assunse un'espressione sorpresa e... malinconica?

«Il mio nome... È da più di un secolo che nessuno lo pronuncia... L'ultimo a farlo è stato... L'Eremita delle Sei Vie...»
«Chi?» Naruto sentì nominare quel ninja per la prima volta in vita sua. Ma la volpe non volle dargli ulteriori spiegazioni.

«Vattene da qui. Subito!» Il tono secco del demone pose fine alla conversazione.
Naruto capì che il Kyuubi non voleva condividere con lui quell'informazione. Mentre la volpe si rintanava nell'oscurità della sua gabbia, Naruto si voltò, per andarsene.

«...Kurama...» A sentire nuovamente la voce del demone, il biondo lo guardò sorpreso.
«Cosa?»
«Kurama... Il mio nome è Kurama.»

Alla fine aveva voluto dirglielo. Non sapeva perchè, ma Kurama sentiva che quel ragazzino aveva qualcosa di speciale, qualcosa di diverso rispetto a tutti i suoi precedenti Jinchuuriki.

Il biondo si aprì in un sorriso, prima di voltarsi di nuovo.
«Allora arrivederci... Kurama.»


Naruto riaprì gli occhi. Sentiva chiaramente il chakra di Kurama scorrere in lui, ma non sentiva alcuna emzione negativa, nessuna voglia di distruggere tutto.
Jiraiya, guardandolo negli occhi divenuti rossi, capì che stava usando il chakra del Kyuubi, ma sembrava riuscire a controllarsi.

«Ce l'hai fatta?» Chiese, stando all'erta.
«Si, maestro. Ora sono pronto...»
Fece i cinque sigilli che aveva imparato, immettendo nella tecnica quanto più chakra possibile, attingendo a quello del suo demone.

«Tecnica del Richiamo!»

Un'enorme nuvola di fumo bianco lo avvolse, e si sentì sollevare. Quando il fumo si diradò, vide che non si trovava più a terra, ma ad almeno venti metri di altezza. Sotto di lui, aveva fatto la sua comparsa un gigantesco rospo, vestito di un kimono blu, con una katana al fianco e una pipa in bocca.

Jiraiya restò esterrefatto davanti a quella dimostrazione: Naruto aveva evocato il sovrano dei rospi, Gamabunta.


 

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Capitolo 27
*** I Tre Sannin ***


I Tre Sannin


 

L'enorme rospo si guardò intorno, cercando l'eremita. Poi, un movimento sulla sua testa attirò la sua attenzione. Alzando lo sguardo, distinse la figura di Naruto.

«Ehi, tu, ragazzino! Che ci fai sulla mia testa!? Dov'è Jiraiya? Non è stato lui a evocarmi?»

«No Gamabunta! Non sono stato io!»
Jiraiya lo chiamò dal basso, attirando così la sua attenzione. Gli occhi a pupilla rettangolare del rospo lo individuarono, e questo si rivolse a lui.

«Jiraiya! Cosa ci faccio qui? E se non sei stato tu a evocarmi, chi è stato?»
«Ehm, ehm...»
Naruto si schiarì la voce, e solo allora l'enorme rospo gli dedicò la sua attenzione.

«Chi sei tu, ragazzino?»
«Il mio nome è Naruto Uzumaki, figlio del Quarto Hokage di Konoha, Minato Namikaze, e sono stato io a evocarti!» La sua espressione compiaciuta, anche se affaticata, non lasciava spazio a dubbi.

«E così tu saresti il figlio di Minato...» Gamabunta ricordava benissimo quell'allievo di Jiraya, il più potente ninja che lo avesse mai controllato. Il rispetto che provava per lui aveva resistito anche dopo la sua morte, e ora suo figlio lo aveva evocato.


«Gamabunta, Naruto ha appena imparato la Tecnica del Richiamo. Cosa ne dici, dato che è stato in grado di evocare addirittura te, è degno di sottoscrivere il contratto dei rospi?»

Gamabunta ci pensò su, e alla fine rispose.
«No. Normalmente avrei considerato la mia evocazione come una prova più che sufficiente, ma qui ho di fronte il figlio di una vera leggenda. Lo metterò alla prova personalmente: se riuscirà a restare aggrappato a me per tre ore, non solo potrà evocare qualunque rospo, e ne avrà l'obbedienza assoluta, ma lo prenderò come mio compagno d'armi personale. Che ne dici ragazzino, accetti?»

Gamabunta lo guardò con aria di sfida. Non aveva mai proposto spontaneamente a nessuno di diventare suo compagno d'armi personale, Jiraiya e Minato avevano dovuto faticare non poco per avere questo onore, e l'espressione stampata sul volto di Jiraiya lasciava ben immaginare quanto fosse scioccato dalla proposta del sovrano dei rospi (e anche infastidito, dato che conquistare l'obbedienza di Gamabunta era stata una delle sue più grandi fatiche, e Naruto si vedeva offerta una simile occasione praticamente gratis).

Naruto non sembrava minimamente intenzionato a ritirarsi: con un ghigno, guardò dritto negli occhi il rospo gigante, e rispose: «Io sono Naruto Uzumaki, e non mi arrendo davanti a niente!»
E si aggrappò al mantello di Gamabunta, mentre questo partiva a tutta velocità.


Tre ore più tardi, Naruto era sfinito: Gamabunta aveva compiuto acrobazie incredibili per tentare di disarcionarlo, ma lui non aveva mollato, e alla fine Gamabunta si era dichiarato soddisfatto. Aveva impresso un nuovo kanji accanto alla sua firma sul contratto, identico a quelli che completavano i nomi di suo padre e dell'Ero-Sennin, prima di sparire in un'enorme nuvola di fumo. Quel simbolo lo contraddistingueva come alleato del sovrano dei rospi, e non poteva fare a meno di sentirsi estremamente fiero di quella conquista. Dopo aver firmato, continuò per qualche altra ora ad allenarsi nella tecnica del richiamo, e conobbe anche Gamakichi, il principe dei rospi figlio di Gamabunta, un piccolo rospetto arancione che parlava un po' troppo. Benchè irritante, Naruto fece rapidamente amicizia con lui, e i due si allenarono insieme finchè il biondo non cadde a terra stremato.


Dopo averlo lasciato riposare un po', Jiraiya ricominciò a farlo allenare. «Benissimo Naruto, ora che hai padroneggiato la Tecnica del Richiamo, sei pronto per imparare il Rasengan.»

Jiraiya gli spiegò il funzionamento della tecnica, attingendo direttamente dal diario e dalla sua conoscenza personale, e lo sottopose a prove di tre gradi di difficoltà.
La prima consisteva nel far esplodere un palloncino pieno d'acqua, facendola roteare al suo interno tramite il movimento del chakra. La seconda era lo stesso esercizio, ma con una palla di gomma, per dare potenza alla rotazione. La terza prova era la più difficile: lo stesso esercizio veniva eseguito in un palloncino comunemente gonfiato d'aria, ma questo non doveva esplodere. Questa prova serviva ad insegnare al biondo a mantenere la rotazione del chakra confinata in una zona ristretta. Naruto ebbe non poche difficoltà in questa terza parte.

Un grosso aiuto venne dal suo uso della Tecnica della Moltiplicazione: Jiraiya gli aveva spiegato che se, per esempio, 10 cloni eseguivano uno stesso esercizio, l'esperienza di ognuno si sommava a quella dell'originale, moltiplicando per 10 la velocità di apprendimento. Grazie all'enorme quantità di chakra che Naruto possedeva, poteva creare un'infinità di copie, e così il suo allenamento divenne vertiginosamente più veloce. Quando giunsero al villaggio in cui si trovava Tsunade, due giorni dopo, Naruto era riuscito a creare un Rasengan abbastanza completo, ma molto instabile e piuttosto deforme. Con un po' di giorni di pratica avrebbe imparato a dominarlo alla perfezione.

I due si misero a cercare la donna in questione. Jiraiya aveva raccontato a Naruto dei vizi per i quali era tristemente famosa la principessa delle lumache: l'alcol e il gioco d'azzardo. Perciò i due perlustrarono tutti i bar e i casinò del villaggio.


In uno di quei bar, una donna con due codini biondi e un enorme seno, accompagnata da una mora di aspetto più anonimo, finiva il suo sesto biccchiere di sakè.

«Shizune, va a preparare i bagagli, domani mattina ripartiamo»
La donna chiamata Shizune annuì frettolosamente: «Si signorina Tsunade» e si diresse verso le camere.
Tsunade si avviò verso l'uscita del bar, intenzionata a passare ancora qualche ora nella sala giochi lì accanto. Anche se non vinceva quasi mai, il gioco era una passione troppo grande per lei da reprimere, e aveva finito per indebitarsi con un sacco di persone. I suoi creditori, infatti, le davano continuamente la caccia, per cercare di recuperare i loro soldi. Era uno dei motivi che la spingevano a viaggiare ininterrottamente. Avvicinandosi all'uscita, però, andò a scontrarsi con quello che le parve un uragano biondo, che la fece cadere sul sedere. Anche il biondino si rialzò dolorante.

«Ahi, che botta... Mi scusi, vecchia signora, non l'avevo...» Naruto non fece in tempo a scusarsi, che la donna in questione lo sollevò, tenendolo per la collottola e guardandolo con occhi di fuoco.

«Come osi darmi della vecchia, maleducato! Ma dico, almeno ci vedi?» Urlò la donna, riferendosi chiaramente al suo aspetto da trentenne tremendamente sexy. Tsunade non se l'era presa per la caduta accidentale, ma nessuno poteva chiamarla vecchia, era una cosa che la faceva andare fuori di sè...

In quel momento, entrò anche Jiraiya, salvando il suo allievo da una morte prematura. Tsunade fu talmente contenta di rivedere il suo amico e compagno di squadra che lasciò andare subito Naruto, dimenticando la sua rabbia, e correndo ad abbracciare l'eremita. Questo non perse occasione per comportarsi nuovamente da pervertito, guadagnandosi un bel cazzotto della bionda, che lo mandò a piantarsi nel pavimento.


Quando il vecchio si riprese, i tre andarono a sedersi in un tavolo appartato, a riparo da orecchie indiscrete.
«Allora, Jiraiya, cosa ti porta qui, e chi è questo ragazzino?»
Naruto, sentendosi chiamato in causa, rispose con un sorriso.

«Piacere, vecchia Tsunade, (La donna lo guardò come volendolo polverizzare dopo quel nuovo appellativo, e anche Jiraiya diede uno scappellotto a Naruto per farlo smettere) il mio nome è Naruto Uzumaki, e sono il figlio di Minato Namikaze.»

Tsunade restò piuttosto sorpresa, ma in effetti la somiglianza con suo padre era innegabile. Il carattere, invece, era senza dubbio quello di Kushina...

«Siamo venuti a cercarti...» iniziò Jiraya «...perchè abbiamo un'importante comunicazione del maestro Sarutobi per te.»
«Ovvero?» Tsunade alzò un sopracciglio: cosa voleva dirle il loro vecchio maestro?
«Vuole che tu lo sostituisca. Ti sta offrendo di diventare il Quinto Hokage.»


La bionda restò esterrefatta da quella proposta. Il suo maestro le stava chiedendo di diventare il nuovo capo del Villaggio della Foglia! Ma nello stesso momento, notò un'aria piuttosto stizzita sul volto di Naruto.

«Ho bisogno di pensarci» disse dopo una pausa.
«Non so darti una risposta così su due piedi. Ma il tuo allievo non mi sembra così contento.» Aggiunse voltando lo sguardo verso il Jinchuuriki.

«Beh, in effetti non molto.» iniziò a rispondere il biondo
«Non fraintendermi, non ho assolutamente nulla contro di te, ma diventare Hokage è il mio sogno, ed è abbastanza fastidioso vedere qualcuno che lo diventa prima di me...»


Tsunade restò di sasso. Il suo stesso sogno... Il LORO stesso sogno. Quel ragazzino glieli ricordava tremendamente entrambi. Dan e Nawaki: il suo amato, morto anni prima, e il suo fratellino, anch'egli passato a miglior vita. Per cercare di fare ammenda per non essere stata capace di salvarli, aveva preso con sè la nipote di Dan, Shizune Kato, e ne aveva fatto la sua allieva, insegnandole le arti mediche. Ma Tsunade sapeva bene che Shizune soffriva molto a stare lontana dal Villaggio per così tanto tempo. Era ora di rientrare, era arrivato il momento di tornare a casa.

«E sinceramente...» continuò il biondo «... con i tuoi vizi non mi sembri la persona più adatta a ricoprire il ruolo del Sandaime...» Tsunade a quell'affermazione scattò in piedi.

«Ma come osi, chi credi di essere per giudicarmi? Ti ricordo che io sono una Sannin, come Jiraya, e che sono la nipote del Primo Hokage! Se credi di essere migliore di me, vieni fuori e affrontami.»

«E perchè dovrei farlo? So che mi batteresti senza difficoltà.» Naruto non era uno che si tirava indietro, ma contro un ninja del calibro di Tsunade sapeva di non avere alcuna possibilità.
Tsunade si aprì in un sorrisino malizioso: «Perchè altrimenti mi giocherò tutti i tuoi risparmi.» Disse sventolando davanti al biondo il suo salvadanaio a forma di rospo.

«Ma quando me l'hai rubato? Non me ne sono neanche accorto!»
Al che, Naruto si alzò e la seguì fuori, conscio di non avere molta scelta.
«Non preoccuparti. Se mi impressionerai, non solo ti restituirò i tuoi soldi, ma avrai un regalo speciale da parte mia...»
Jiraiya capì a cosa la donna si stava riferendo: la collana che indossava. Era stata creata dallo Shodaime con del chakra naturale cristallizzato, e aveva il potere di sopprimere il chakra demoniaco: a Naruto sarebbe stata estremamente utile per tenere sotto controllo il Kyuubi.


I tre uscirono dal locale, e si diressero fuori dal villaggio, fermandosi in una radura. Naruto si preparò ad attaccare Tsunade, ma prima che potesse farlo una voce gelida risuonò per la radura.
«Ma che piacevole sorpresa... Due piccioni con una fava.»
I tre sussultarono nel riconoscere il proprietario di quella voce...


Venne fuori dalla foresta lì vicino, con i suoi capelli neri lunghi e fluenti e la carnagione pallida, accompagnato da un ragazzo con i capelli grigi e un paio d'occhiali: Kabuto e Orochimaru.

I due Sannin mostrarono la loro espressione più furibonda nello squadrare il loro compagno traditore, mentre Naruto rabbrividiva al ricordo del loro ultimo incontro...

«Orochimaru! Cosa diavolo ci fai tu qui?» Tsunade si rivolse in modo irato all'ex-compagno.
«Eravamo venuti a cercare te, Tsunade...» La voce melliflua di Kabuto, che ora sfoggiava un coprifronte del Suono, rispose alla domanda.
«Il maestro Orochimaru vuole che tu venga con lui. Non ci aspettavamo di trovare qui anche il ragazzo della Volpe a Nove Code, ma è un'occasione in più per catturarlo.»
«Già, e poi non vedevo l'ora di regolare i conti con te, Jiraiya... Ne è passato di tempo da quella volta, vero?»
Orochimaru si rivolse al vecchio, che ricordava benissimo quando quella notte lo aveva inseguito, tentendo di riportarlo indietro. Dolorante e pieno di ferite: ecco come era tornato al villaggio. Quello era stato il suo più grande fallimento.

«Naruto...» chiamò il suo allievo con voce seria e determinata
«Tu stanne fuori. Solo io e Tsunade possiamo affrontare Orochimaru. Tu cerca di tenere impegnato il suo tirapiedi. Se intervenisse, potrebbe crearci problemi...» Con un cenno d'intesa rivolto a Tsunade, i due si scagliarono all'attacco dell'eremita dei serpenti, trascinandolo lontano, mentre Kabuto e Naruto si trovavano faccia a faccia.

«E così, sei una spia...»
L'espressione di Naruto era una maschera di ghiaccio. Non si era mai fidato di quel tipo, e aveva fatto bene. Si era rivelato un servitore di Orochimaru. Come probabilmente tutto il Villaggio del Suono.

«Non è il momento di parlare...» le mani del grigio di ricoprirono di uno strato di chakra biancastro. «Combatti!» e i due si lanciarono l'uno contro l'altro...


I tre Sannin erano finiti a circa un chilometro di distanza. Orochimaru si avventò con le sue zanne contro Jiraiya, mirando al collo, e questo eresse una barriera con i suoi capelli, divenuti ritti e appuntiti come la pelle di un riccio. Il Sannin dei serpenti fu costretto a retrocedere, mentre Tsunade lo caricava con una potente sequenza di colpi. Con la tecnica dell'Ombra della Serpe, con la quale evocava dei serpenti dalle sue braccia, Orochimaru riusciva a tenere i due a debita distanza. Dopo alcuni minuti, tutti e tre decisero contemporaneamente di portare lo scontro a un livello superiore. Insieme, evocarono le loro creature più potenti.

«Tecnica del Richiamo!»
All'unisono, utilizzarono la tecnica che Naruto aveva padroneggiato pochi giorni prima. Jiraiya si trovò sulla testa di Gamabunta, mentre Tsunade cavalcava Katsuyu, una lumaca gigante, con diversi poteri di divisione e guarigione. Orochimaru li fissava dall'alto dell'enorme Manda, il sovrano dei serpenti, un enorme rettile viola con quattro corna che incoronavano la sua testa. Orochimaru gli aveva promesso dei sacrifici per ogni battaglia in cui lo avrebbe affiancato, e offrirgli i suoi due ex-compagni come tributo gli sembrava un'idea niente male.


Jiraiya e Gamabunta attaccarono subito: Gamabunta bersagliò il serpente con un getto d'olio, mentre il bianco diede fuoco al liquido con una fiammata dalla sua bocca.

«Arte del Fuoco: Fiato Incendiario del Rospo!»
L'enorme vampata di fuoco investì in pieno Manda, che però sfuggì al colpo facendo una rapida muta, lasciando che solo la sua pelle bruciasse. Il vero serpente si lanciò contro Gamabunta, che tentò di usare la sua katana per bloccare il colpo. Manda lo disarmò, ma mentre stava per colpire nuovamente Tsunade sfruttò la sua enorme forza per afferrare la spada del rospo, e la usò per inchiodare il muso dell'enorme rettile al suolo. Privo di mobilità, il sovrano dei rospi non potè far nulla per evitare che il suo compagno d'armi venisse attaccato direttamente dai due Sannin.

Orochimaru si ritrovò ad affrontare i suoi vecchi compagni in un corpo a corpo. Anche se erano in due, con la sua velocità riusciva a tenere testa a entrambi. Arrivarono ad un punto in cui si fermarono, in cerchio, fissandosi in cagnesco...


Naruto e Kabuto combattevano con tutte le loro forze. La superiorità numerica su cui Naruto poteva contare grazie alla sua tecnica di moltiplicazione era costantemente respinta dalla Tecnica del Bisturi di Chakra di Kabuto, con la quale questo bersagliava i muscoli dell'avversario, tentando di immobilizzarlo. Naruto era già stato colpito una volta, sulla gamba sinistra, ma poi era riuscito a fare in modo che l'avversario si colpisse da solo a un braccio. Con sua grande sorpresa, però, il grigio era stato capace di curarsi, e riprese a combattere come se nulla fosse. Questo complicava le cose: se il suo avversario era un ninja medico, doveva finirlo subito, senza dargli il tempo di rigenerarsi.

«Arrenditi, ragazzino, non hai speranze. Ora morirai!» E Kabuto si avventò contro di lui.

Naruto creò velocemente una copia, bloccando l'avversario, mentre nella sua mano destra veniva concentrata una grande quantità di chakra, che prese a vorticare freneticamente: era arrivato il momento di testare la sua nuova tecnica.

«Io diventerò Hokage. Finchè non ci sarò riuscito non morirò, a qualunque costo!»
La sfera di chakra si formò completamente, era perfetta, e lui portò il braccio a colpire il torace dell'avversario.
«RASENGAN!!»

L'avversario fu spinto da una forza tremenda contro una roccia, vorticando nell'aria. Sul suo stomaco erano evidenti i segni causati dalla tecnica: una fitta rete di tagli spiraleggianti. Senza riuscire a rialzarsi, Kabuto voltò la testa verso il luogo dove anche il suo maestro era in netta difficoltà...


«Da oggi, non esiste più la Triade Leggendaria. Tu non sei più un nostro compagno, sei solo un traditore!!»
Guidata da una furia cieca, Tsunade si avventò contro l'eremita dei serpenti, cogliendolo di sorpresa. La sua sequenza di colpi fu devastante, e lo mandò a schiantarsi vicino alla roccia dove anche il suo allievo giaceva, sconfitto da Naruto.

«Ugh... Per questa volta... Siamo costretti a ritirarci...»
Kabuto capì il messaggio, e con le ultime forze utilizzò una Tecnica del Richiamo Inverso, trasportandosi via assieme al maestro.


I tre si riavvicinarono. Naruto era abbastanza malconcio, ma Tsunade lo rimise in sesto in pochi minuti.

«Sei stato davvero bravo, Naruto. Per sconfiggere Kabuto hai usato il Rasengan, e ti è riuscito alla perfezione.» disse con tono soddisfatto, mentre si slacciava la collana che portava al collo.
«Questa ora appartiene a te. Era del Primo Hokage, e ti sarà molto utile in futuro. Ora è meglio tornare in albergo. Sono certa che un giorno riuscirai a diventare Hokage. Ma, per ora, quel ruolo lo occuperò io.» Jiraiya sorrise: Tsunade aveva accettato.

Arrivati in albergo, i tre si stabilirono nella stanza di Tsunade, dove Naruto conobbe Shizune, e insieme fecero i bagagli, aggiornando la mora sugli ultimi eventi e decisioni. La mattina dopo, i quattro si misero in marcia verso il Villaggio della Foglia.


 

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Capitolo 28
*** L'Eredità dello Yondaime ***


L'Eredità dello Yondaime


 

Il gruppo era in viaggio da alcune ore, e arrivata l'ora di pranzo i quattro si fermarono a riposare. Tsunade osservava Naruto con espressione curiosa. Se quel ragazzo sapeva dei suoi genitori, forse era anche a conoscenza della loro parentela...
«Dimmi un po', Naruto, cosa sai esattamente di me?»

Il biondo la guardò leggermente confuso, non capendo a cosa si riferisse. Decise di stare al gioco...

«Beh, quello che sanno tutti: sei la nipote del Primo Hokage, la ninja medico migliore del mondo, eccetera eccetera... Cosa vuoi sapere di preciso?»

«Beh, nel caso tu non lo sapessi, io sono una tua parente.»
Tsunade lo disse con un sorriso. Era a conoscenza della vita che il biondo aveva sopportato in quegli anni: trattato come un figlio dall'Hokage, ma emarginato dal resto del villaggio... Avrebbe potuto evitarlo, ma aveva preferito viaggiare, e questa era una cosa che non era mai riuscita a perdonarsi...

«Ora che ci penso, è vero. Anche mia made era discendente dai Senju. Quindi tu dovresti essere... una specie di zia per me?»

«Beh, da quello che so, la sorella minore di mia nonna Mito era la nonna di tua madre, perciò lei era una mia cugina di secondo grado, quindi io dovrei essere una tua prozia di... qualche grado.»

«Allora lo vedi che faccio bene a chiamarti nonna?»
Il sorriso del biondo era arrivato a trentadue denti. Tsunade ribollì per l'ennesima volta, ma ormai non le importava più di tanto di come quel ragazzino la chiamava. Inoltre, c'era qualcosa di molto più importante che doveva dirgli...

«Io però non sono solo una tua parente lontana: come Minato scelse Jiraiya come tuo padrino, così Kushina mi nominò tua madrina.»

Questo si che sorprese il biondo, che si ritrovò a spalancare gli occhi. Avrebbe voluto rivolgere a Tsunade la stessa domanda che gli era passata per la testa quando Jiraiya gli aveva detto di essere il suo padrino: perchè l'aveva abbandonato per tutti quegli anni? Ma conoscendo la storia di Tsunade, non se la sentiva di fargliene una colpa. Invece, sorprendendo la bionda, la abbracciò.
«Che bello, sto scoprendo di avere una vera famiglia...»

Tsunade fu enormemente sorpresa e commossa da quella reazione, ricambiando l'abbraccio. Come si sentiva strana con Naruto, lo sentiva come il figlio che non aveva mai avuto...
D'altronde il suo padrino era Jiraiya, per il quale aveva sempre provato qualcosa...

Lei sapeva benissimo che il vecchio eremita era sempre stato innamorato di lei, ma ogni volta che lui ci provava con lei in modo idiota finiva per farla arrabbiare, e alla fine lei aveva scelto Dan.
Non si era pentita della sua scelta, aveva amato Dan fino alla sua morte, e anche dopo. Ma ciò che provava per Jiraiya non era mai svanito, e ora che era ricomparso le sue emozioni, ormai sopite da tempo, erano tornate a tormentarla...


Jiraiya guardava commosso quella scena, i suoi pensieri seguivano la stessa linea di quelli della bionda. Sentiva come una sorta di realizzazione nel vedere gli istinti materni della donna che amava che si risvegliavano con quella piccola peste del loro figlioccio...
Quel momento magico fu interrotto da Shizune.
«Scusatemi, ma quanto dista il villaggio da qui? Non ho molto ben presente la distanza da questo luogo...»

Fu Jiraiya a rispondere.
«Beh, abbastanza. Noi abbiamo impiegato due giorni a raggiungervi, ma abbiamo corso ininterrottamente, perchè non avevamo tempo per inseguirvi se vi foste spostati da dove vi trovavate. Non abbiamo tutta questa fretta di tornare, abbiamo dodici giorni di tempo prima che inizino gli esami di Naruto. Se continuiamo con questa andatura, dovremmo arrivare nel giro di una settimana. In realtà, vorrei impiegare questo tempo per insegnare una cosa a Naruto, e avrei bisogno anche del tuo aiuto, Tsunade.»

La bionda si alzò «Certo, di cosa si tratta?»
Jiraiya le porse il diario di Minato, che lei osservò con occhi sgranati. Davvero Jiraiya stava addestrando Naruto nelle tecniche di suo padre?!

«Avevo deciso di sfruttare il viaggio per insegnare a Naruto le due tecniche che resero famoso Minato. Una è il Rasengan, che ha imparato abbastanza in fretta. Ma per insegnargli l'altra, ho bisogno del tuo aiuto.»
«Ma certo, puoi contare su di me!» Tsunade aveva un'espressione risoluta, avendo capito dove Jiraiya voleva andare a parare...

«Di cosa state parlando? Mi spiegate qual'è quest'altra tecnica?»
Naruto si intromise nella conversazione. In effetti, l'Ero-Sennin aveva parlato di due tecniche, ma non aveva ancora detto nulla riguardo alla seconda.

«Stiamo parlando, Naruto, del Raijin Volante, detto anche Dislocazione Istantanea, o Hiraishin.»
Jiraiya aveva un'aria compiaciuta nel dirlo. Era da molto che aspettava di insegnare a Naruto l'asso nella manica di suo padre.
«E cosa sarebbe?» Il biondo alzò un sopracciglio: non ne aveva mai sentito parlare, anche se ricordava di averla letta quella notte in cui aveva dato un'occhiata al diario.

«È una tecnica spazio-temporale. Grazie ad essa, tuo padre divenne famoso come il ninja più veloce della storia, superando anche il Quarto Raikage, e guadagnandosi il soprannome di "Lampo Giallo di Konoha".
Grazie ad essa, è possibile teletrasportare se stessi oppure oggetti esterni in un punto determinato da un sigillo. Tuo padre era un maestro di questa tecnica, nonchè il suo inventore e l'unico in grado di utilizzarla. Solo la squadra Genma, che era il suo team di guardie personali, riuscì a utilizzare un'imitazione di questa tecnica, ma mai con la sua maestria.
Tuo padre era capace di moltiplicarsi durante lo spostamento, ad una velocità tale da infrangere le leggi del tempo e dello spazio. Durante la Terza Guerra, fu capace di eliminare oltre cinquanta nemici con un solo colpo, grazie al suo utilizzo. In quella battaglia, respinse da solo un esercito di oltre mille shinobi del Villaggio della Roccia, diventando l'eroe di quella guerra.»


Naruto ascoltava sempre più estasiato. Suo padre era stato davvero così potente? Aveva veramente inventato una tecnica del genere?
«Io finora non sono stato in grado di insegnartela, poichè richiede un controllo del chakra assolutamente perfetto, che io non possiedo. Ecco perchè ci serve Tsunade.»
Voltò il capo verso la bionda, dandole la parola.

«In quanto ninja medico, il controllo assoluto sul chakra è una mia competenza di base. Ti allenerò nel controllare la tua energia alla perfezione, così potrai imparare ciò che rese famoso tuo padre. Questa, Naruto è la tua eredità. L'eredità dello Yondaime.»


I giorni seguenti furono massacranti per Naruto. L'allenamento a cui Tsunade lo sottopose per acquisire il totale controllo su ogni briciola della sua energia fu davvero massacrante, ma ebbe l'effetto di migliorare tutte le sue capacità: dal Rasengan al Kawazu Kumite, fino alle tecniche di arrampicata verticale e camminata sull'acqua. Nulla era più così difficile.

Dopo due giorni il suo controllo fu assoluto, e poterono iniziare ad insegnargli la tecnica vera e propria.
Jiraiya aveva ritrovato, anni prima, molti dei kunai speciali che usava Minato. Erano personalizzati da lui stesso, in modo da avere molta più precisione di un normale kunai, ed erano più grandi e pesanti, così che fossero adatti a respingere ogni tipo di arma e fossero più veloci nel muoversi dopo essere stati lanciati. Nel diario erano segnate anche le modifiche tecniche che venivano apportate ai kunai, con estrema precisione, e Naruto poteva seguire quelle istruzioni se avesse voluto crearne di nuovi.

Dal diario apprese la formula del sigillo che Minato apponeva sui kunai, con il quale faceva sparire e riapparire il bersaglio della tecnica. I due Sannin raccontarono al biondo che Minato aveva impresso quel sigillo un po' ovunque nel villaggio, così poteva muoversi rapidamente da un posto all'altro.


La prima fase nel suo allenamento consistette nel fargli teletrasportare oggetti piccoli e di medie dimensioni. Apprendere come imprimere il sigillo era stato facile, ma trasportare gli oggetti era un compito molto più arduo, e spesso i bersagli venivano trasportati solo in parte, spezzandosi durante il tragitto.
Era per questo che ancora non aveva provato a teletrasportare se stesso: se avesse sbagliato, si sarebbe fatto davvero molto male...

Impiegò circa tre giorni prima di acquisire un controllo e una precisione tale da poter provare a teletrasportare se stesso. La prima volta che ci riuscì, si sentì invincibile: con quella nuova arma, nessuno sarebbe mai riuscito ad anticiparlo. Era un po' lento nell'utilizzo, ma con l'allenamento avrebbe imparato a usare quella tecnica, che non richiedeva sigilli, molto più rapidamente.


In alcune note del diario, sul quale era stato riportato meticolosamente ogni passaggio del processo, compresa la creazione della tecnica, c'erano anche delle note personali di Minato. In esse, erano state aggiunte tecniche di supporto al Raijin.

In particolare, due di esse furono molto utili a Naruto: la prima permetteva di percepire e localizzare i sigilli di Dislocazione nelle vicinanze, la seconda invece permetteva di richiamare a sè i kunai speciali sparsi in giro, evitando così di sprecarli.


I giorni passarono, e Naruto migliorò sempre di più nell'utilizzo del Raijin Volante. Quando giunsero alle porte della Foglia, otto giorni dopo la partenza, era perfettamente padrone delle due tecniche di suo padre. All'esame, avrebbe conciato Neji per le feste...

Si fermarono a mangiare un boccone, poi Tsunade accompagnò Shizune verso l'appartamento di quest'ultima, in disuso da anni, per aiutarla a risistemarlo e renderlo nuovamente abitabile.


Naruto e Jiraiya decisero di allenarsi ancora un po'. Jiraya aveva notato un impegno diverso in Naruto, sembrava che ci tenesse particolarmente a quell'esame... Quando si allenava, lo vedeva concentrato in una smorfia che lui poteva solo definire rabbiosa. Decise perciò di indagare.

«Toglimi una curiosità, Naruto: chi sarà il tuo avversario nel primo turno? Sembra che tu non voglia perdere a nessun costo. O forse non vedi l'ora di mettergli le mani addosso... Hai qualche facenda personale in sospeso?»

Naruto si fermò, e riprese fiato per rispondere alla domanda. In fondo, Jiraiya era la persona di cui ormai si fidava di più, quindi si sentiva libero di confidarsi con lui.

«Il mio avversario sarà Neji Hyuga...»
Una nuova ondata d'ira attraversò il suo volto al pronunciare il nome del suo avversario.
«Vincerò a qualunque costo contro di lui, gli farò rimpiangere quello che ha fatto...»

«E cosa ha fatto di così grave?»
«Ha quasi ucciso Hinata.»
Naruto aveva deciso di dire al vecchio eremita tutto, senza più remore. D'altra parte, si sarebbe sentito troppo strano nel parlare di ragazze con il Sandaime, con Jiraiya si sentiva più a suo agio.

«Ahh, ho capito... Finalmente ti sei reso conto di quella ragazza!»
Jiraiya sorrideva compiaciuto al suo figlioccio, che ora aveva assunto una faccia sorpresa.

«E tu che ne sai?» Era arrossito, altro punto a favore della sua tesi.
«Ahahah, ragazzino, ti si legge in faccia quanto tu tenga a quella ragazza, e te ne sei reso conto solo ora. E da quello che ho potuto vedere, anche quella Hyuga ha un debole per te...»

Naruto ora lo guardava speranzoso.
«Davvero credi che Hinata provi qualcosa per me?»
Parlò a bassa voce, come un bambino bisognoso di rassicurazioni, e il vecchio eremita si accovacciò davanti a lui.

«Naruto, cosa provi davvero per quella ragazza?»
Il biondo fece un sospiro, e raccontò al suo padrino tutto ciò che era accaduto alla seconda prova. Del duello tra i cugini, di ciò che aveva provato quando si era reso conto di essersi innamorato di Hinata, della rabbia straordinaria che lo aveva colto nel vedere Neji tentare di ucciderla.

«Allora ti conviene continuare ad allenarti, così farai bella figura davanti a lei! Chissà, una ragazza così carina potrebbe farti bene...»
Jiraiya aveva assunto la sua tipica espressione da pervertito, e lì Naruto colse la palla al balzo per invertire il discorso.

«La smetti di comportarti così?! Non lo capisci che è per questo che Tsunade ti respinge?!»
Per la prima volta nella sua vita, Naruto colse sul volto del padrino un'espressione totalmente sconvolta e imbarazzata.

«M-ma, cosa ne...?»
L'eremita dei rospi era rimasto talmente sorpreso dalla frase del suo allievo da non riuscire a dire una frase di senso compiuto.

«Andiamo, maestro, non prendermi in giro! Forse non sono stato in grado di rendermi conto dei miei sentimenti per Hinata, ma non ci vuole un genio a capire che tu sei perso dietro Tsunade! E quello che fa rabbia è che tu non ti sei accorto che lei ti ricambia!»

Adesso Jiraya lo guardò con espressione... sconsolata?
«Non è così... Se avesse ricambiato ciò che io provo per lei, non mi avrebbe respinto per tutti questi anni...»
«Ma allora sei veramente stupido, maestro!»
Ora Naruto si stava scaldando.
«È successo un'altra volta dieci giorni fa, quando l'abbiamo trovata. Non ti sei neanche reso conto di quanto fosse felice di rivederti, ma hai rovinato tutto comportandoti da maniaco! Non capisci che quando fai così la disgusti? Se per una volta ti comportassi da persona matura, cadrebbe ai tuoi piedi come un castello di carte!»


Jiraya rimase a bocca aperta. Fu talmente stupefatto dall'analisi del figlioccio, da non riuscire ad arrabbiarsi perchè gli aveva dato dello stupido. Se lo meritava.
Non aveva mai valutato la situazione sotto quel punto di vista, ma ripensandoci, tutte le volte in cui era stato respinto da Tsunade si era ripetuta la stessa scena: un momento intimo, una frase dolce, poi lui faceva una battuta idiota, per smorzare la tensione, Tsunade si offendeva e lo picchiava. Solo ora aveva realizzato che con quel comportamento la metteva a disagio, la faceva sentire presa in giro. Quanto era stato stupido...

«... Per ora non parliamone più. Ora ricomincia ad allenarti, hai un torneo da vincere e una ragazza da conquistare, e perdere tempo non ti aiuterà.»
Naruto capì di aver fatto centro, e ricominciò ad allenarsi, con un ghigno sulle labbra che non sfuggì al suo maestro.


Arrivata la sera, Jiraiya e Tsunade si ritrovarono davanti all'entrata della magione dell'Hokage. Naruto era andato a casa, aveva tre giorni di riposo, e Shizune era ancora nell'appartamento, stava finendo si sistemare le ultime cose.
I due entrarono, diretti all'ufficio del loro vecchio maestro.


Hiruzen si stava un attimo riposando, con gli occhi chiusi e la schiena distesa sullo schienale della sua poltrona, dopo aver firmato gli ultimi documenti. Qualcuno bussò alla porta, interrompendo la sua quiete.

«Avanti.» Disse con voce stanca. La porta si aprì, e la chioma bianca di Jiraiya fece capolino da dietro di essa.
«Disturbo?» Il suo vecchio allievo sorrideva, come se tramasse uno scherzo.
«Entra pure, Jiraiya. Come è andata la missione?»
«Eheheh... c'è qualcuno che vorrebbe vederla, maestro...»
E aprì completamente la porta, lasciando che Tsunade si mostrasse all'Hokage.
«Ciao maestro, quanto tempo!» disse con un sorriso smagliante.

Hiruzen scattò in piedi.
«Tsunade! Mia cara, come stai? Sono passati più di dieci anni dall'ultima volta che ti ho vista, ma sei bellissima come sempre!»
Il vecchio Sandaime si avvicinò per abbracciare la sua vecchia allieva.

«Ahahah, lei mi lusinga troppo, maestro...»
La bionda assunse un atteggiamento modesto, ma era chiaro come il sole quanto quei complimenti la riempissero d'orgoglio. Jiraiya, cogliendo l'occasione, rincarò la dose.

«Non sta scherzando: sono davvero passati tanti anni, ma il tempo su di te non ha avuto alcun effetto!»
Tsunade fu leggermente sorpresa nel sentire anche Jiraiya riempirla di complimenti, facendola anche leggermente arrossire.
All'eremita non sfuggì questo particolare, anche se non lo diede a vedere.
"Naruto, a volte sei davvero un genio..."


Passarono alcuni minuti a raccontare a Hiruzen come fosse andata la missione, e del loro incontro con Orochimaru. Questo fece rafforzare ancora di più la convinzione del Sandaime di aver preso la decisione giusta.

«Tornando a noi...» Tsunade guardò seria l'Hokage «Jiraiya mi ha riferito la sua proposta, maestro.»
Hiruzen ascoltò, pronto a cogliere qualunque segnale. «Ebbene?»
La bionda si aprì in un sorriso: «Sono fiera di accettare l'incarico. Onorerò il titolo di Quinto Hokage, e proteggerò il villaggio anche con la mia stessa vita!»

Hiruzen allora si aprì in un sorriso compiaciuto.
«Benissimo, sono felice che tu abbia accettato. Se per te va bene, vorrei annunciare il cambio della guardia al villaggio durante il discorso inaugurale della terza prova degli esami chunin, fra tre giorni. Hai un posto dove stare?»
«Credo di si... Villa Sannin è ancora in piedi?»


Villa Sannin...
Quando, tanto tempo prima, i tre allievi del Sandaime avevano combattuto durante la Seconda Guerra, non veniva nominato un Sannin dall'epoca di Ginkaku e Kinkaku, i due spendori della Nuvola.
Dopo la battaglia con Hanzo delle Salamandre, i tre furono insigniti del rango di Sannin, divenendo la Triade Leggendaria.
Il villaggio era andato in tumulto, e per giorni la popolazione aveva insistito perchè i tre ricevessero un onore speciale per quel merito. Questa grande richiesta aveva dato origine a Villa Sannin, un grande palazzo su tre piani, riservato solamente a loro tre. Ogni piano era un grande appartamento, uno per Tsunade, uno per Jiraiya e uno per Orochimaru.


«Certo, dato che si trova alla periferia del villaggio non ha subito danni durante l'attacco del Kyuubi. Anche Jiraiya alloggia lì, se vuoi vi accompagno...»
«No, non è necessario, può portarmici Jiraiya.» Tsunade si voltò verso il suo amico, facendogli l'occhiolino.
«A presto, maestro» e i due si avviarono verso l'uscita.


Rimasto solo, il Sandaime ripensò a quante gliene avessero fatte passare quei due da giovani... Era certo che prima o poi si sarebbero messi insieme, ma a quanto pare qualcosa non aveva funzionato...

Il rumore di un nuovo ospite che bussava, alcuni minuti più tardi, lo riscosse dai suoi pensieri. Quando la porta si aprì, sulla soglia apparve la figura di Hiashi Hyuga, fiero e composto nel suo ruolo di capoclan.

«Hokage-sama. Le ho portato le ricerche che mi aveva chiesto.» Disse il capoclan consegnado all'Hokage un plico di documenti.
«Ah, grazie mille, Hiashi. Spero non sia stato un problema.»
«Niente di difficile, queste sono bazzeccole per noi Hyuga...»
Il capoclan si voltò, pronto ad andarsene, ma la voce del Sandaime lo trattene.
«Aspetta un momento, Hiashi, vorrei parlarti.»
Il severo capoclan si sedette elegantemente, con espressione neutra, come suo solito.

«Innanzi tutto, devo complimentarmi con te per la spendida prestazione che tua figlia e tuo nipote hanno mostrato alla seconda prova degli esami chunin.»
Hiashi si irrigidì a quelle parole.
«Non c'è da complimentarsi, mia figlia ha perso. Contro un membro della casata cadetta.»
La sua voce gelida assomigliava ad una sentenza di morte, la sconfitta di Hinata era un disonore per il suo clan.
Hiruzen se ne accorse, e ricordandosi di ciò che aveva deciso tempo prima, iniziò a difendere la causa della ragazzina dagli occhi di perla, a cui Naruto teneva tanto.

«Non credo che dovresti essere così duro con lei. Non voglio impicciarmi nei vostri affari di famiglia, ma sono anch'io un padre, quindi forse la mia opinione può essere d'aiuto.
Io credo che Hinata si senta schiacciata da un fardello che non è ancora pronta a sostenere, tutta la pressione che tu e il clan esercitate su di lei la fa soffrire, e la limita.
Durante la prova si è battuta in modo davvero eroico, senza mai vacillare davanti ad un avversario nettamente più forte di lei. Ha rischiato davvero di morire, se Naruto non fosse intervenuto sarebbe finita molto peggio...»
Hiruzen gettò l'esca, in attesa che Hiashi abboccasse...

«Cosa? Che è successo a mia figlia?»
Hiashi, come previsto, si interessò subito.
«Non lo sai? Dopo aver sconfitto Hinata, ed essere già stato dichiarato vincitore, Neji ha tentato deliberatamente di uccidere tua figlia. Credo lo consideri una vendetta per ciò che accadde a suo padre anni fa...»

A quelle parole, Hiashi fu attraversato dal rimorso per ciò che, anni prima, non aveva potuto evitare, e che era costato la morte di suo fratello...
«Se Naruto non fosse intervenuto a difenderla, dubito che tua figlia sarebbe ancora in vita... Dimmi un po', Hiashi, cosa pensi di quel ragazzo? Lo consideri un mostro come gran parte del villaggio, o sei capace di considerarlo oltre il semplice pregiudizio?»


Hiashi fu colto alla sprovvista dalla domanda, e impiegò un certo tempo prima di rispondere, scegliendo con cura le parole.
«Non lo considero un mostro. So di chi è figlio, anche se non so nulla delle sue capacità, e so la sua storia. Ma perchè questo interessamento?»

Hiruzen ridacchiò: «Perchè ha giurato vendetta contro Neji sul sangue di Hinata, e alla terza prova il primo scontro vedrà come avversari proprio lui e Neji. Pare che lui e tua figlia siano molto legati...»

Hiashi soppesò quell'informazione, mentre tutti i tasselli iniziavano a mettersi al posto giusto...
C'era qualcosa che Hinata gli aveva da sempre tenuto nascosto, e che non era mai riuscito a scoprire. Ma grazie al Byakugan aveva capito chiaramente le emozioni di sua figlia, e ora l'ultimo dettaglio, che fino a quel momento gli era sfuggito, si manifestava a lui: sua figlia provava qualcosa per il Jinchuuriki...

Ecco cos'era successo anni prima, quando era tornata a casa ferita al labbro. Non aveva mentito solo per proteggere Ko, voleva tenergli nascosto ciò che provava per quel ragazzino...
Perchè lo aveva fatto? Aveva forse paura della sua possibile reazione?


Dopo qualche istante di silenzio, si decise a parlare.
«Seguirò con molto interesse il duello tra mio nipote e quel ragazzo. Voglio valutare le sue capacità, ora che ha destato la mia curiosità...»
Avrebbe tenuto d'occhio sia sua figlia che l'Uzumaki, e avrebbe valutato se intervenire o meno...

«Bene, allora ci vediamo agli esami, tra tre giorni.»
«Buona giornata, Hokage-sama.» E il capoclan si avviò verso l'uscita, perso nei suoi pensieri...


 

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Capitolo 29
*** Il Potere del Segno Maledetto ***


Il Potere del Segno Maledetto


 

Le lancette dell'orologio ticchettavano pigre, mentre Sasuke era disteso sul letto, dopo essere uscito dalla doccia, a riposarsi dagli estenuanti allenamenti a cui Kakashi lo stava sottoponendo in quei giorni.

Dopo che si era ripreso dal sigillo del Segno Maledetto, era rimasto due giorni in ospedale prima di essere dimesso. Quando si era presentato all'allenamento con la squadra aveva notato l'assenza di Naruto, e Kakashi gli aveva spiegato che era in missione ad allenarsi con Jiraiya. Dal canto suo, dopo gli allenamenti con Sakura (che riusciva a sopportare sempre di più, anzi, a volte gli faceva piacere essere in sua compagnia), il maestro lo portava sulle rocce del canyon vicino alle mura del villaggio, per allenarlo nell'uso del suo elemento. La prima volta era stato alquanto complicato...


*Flashback*

Camminavano da ore, quando finalmente giunsero alla vetta di quel canyon. Sasuke si sedette a riposare un attimo, mentre Kakashi controllava i bersagli che, a quanto pare, era solito usare lui stesso. Erano disegnati direttamente sulle rocce, e presto Sasuke avrebbe capito il perchè.
Quando fu certo che i bersagli fossero pronti, Kakashi lo chiamò.

«Bene, Sasuke. Dato che non puoi affrontare l'esame impreparato, e non puoi usare il Mangekyo, ho deciso di insegnarti l'Arte Elementale.
È un concetto a livello di un jonin, anche se tu stranamente sei già capace di usare l'Arte del Fuoco, ma ho il sospetto che il fuoco non sia l'elemento più affine a te...»

Mentre parlava, tirò fuori dalla borsa un plico di foglietti di carta. Ne porse uno all'Uchiha.
«Prendilo e fa passare un po' del tuo chakra all'interno. Se sei un elemento fuoco, dovrebbe infiammarsi.»

Sasuke eseguì, e il foglietto ebbe una strana reazione: anzichè bruciare, come si aspettava, si accartocciò.
«Proprio come immaginavo.» Kakashi non sembrava stupito.
«Sei un elemento fulmine, proprio come me.»

*fine flashback*


Da quel giorno, Kakashi lo aveva allenato nelle tecniche di tipo fulmine, insegnandogli anche la tecnica che aveva usato contro Zabuza, il Mille Falchi.

Gli aveva spiegato che era una tecnica molto pericolosa, sia per il bersaglio che per l'utilizzatore. Sulla mano veniva concentrata una grande quantità di chakra di tipo fulmine, e si colpiva il nemico con una forte scarica elettrica.
Lui aveva adattato quella tecnica di base, trasformandola nel Taglio del Fulmine, o Raikiri. Nella sua versione, Kakashi aveva fatto in modo che l'elettricità si convertisse in una lama estremamente affilata. Insegnò a Sasuke solo la versione base della tecnica, in modo che lui potesse adattarla come meglio credeva. Ma i rischi della tecnica erano collegati ai diretti vantaggi dell'elemento a cui apparteneva.


L'Arte Elementale dava caratteristiche differenti al suo utilizzatore, o all'oggetto nel quale veniva infusa, a seconda dell'elemento. L'Arte del Fulmine, in particolare, aveva la caratteristica di rendere il corpo dell'utilizzatore estremamente veloce, perciò Sasuke e Kakashi correvano un enorme rischio nell'attaccare con il Mille Falchi, perchè era un colpo diretto, e non avevano il tempo di reagire se l'avversario contrattaccava.
Kakashi aveva più di una volta rischiato la vita, da giovane, per colpa di questo punto debole. Ma loro avevano un'abilità che gli permetteva di aggirare questo ostacolo: lo Sharingan.
Grazie ai riflessi sovrumani che quegli occhi conferivano loro, erano in grado di prevedere le mosse nemiche, così da adattarsi di conseguenza.

Sasuke si allenò per dieci giorni, riuscendo infine a dominare alla perfezione la nuova tecnica. Non aveva avuto ancora tempo per crearne varianti, ma non era urgente farlo, ne avrebbe avuto tutto il tempo in seguito. Le roccie sbriciolate dalle sue scariche testimoniavano quanto quell'attacco fosse potente già nella sua forma più elementare...


Stava calando la sera, e Sasuke iniziò a preparare la cena.
Si sentiva solo. A differenza del solito, in quel momento avrebbe gradito molto la compagnia di qualcuno, ma dato che era la sera prima degli esami, tutti sembravano volerlo lasciare in pace...

Non fece in tempo a formulare questo pensiero, che il rumore del campanello lo fece trasalire. Chiedendosi chi fosse, andò ad aprire, trovandosi davanti la figura di una ragazza dai capelli rosa: Sakura.


Si sentiva piuttosto imbarazzata...
Forse Sasuke voleva stare da solo a riposarsi quella sera, dato che era la vigilia della prova, ma lei era comunque andata da lui. E ora era lì, davanti a lui, senza sapere cosa dire.

«C-ciao, Sasuke. Mi chiedevo se... forse... volevi uscire un po' con me... Ci siamo visti molto poco dopo la seconda prova...»
Si aspettava che la cacciasse subito, come di solito tendeva ad evitarla, invece restò sorpresa.
«Ma certo, dammi un paio di minuti e arrivo. Anzi, perchè non ti fermi a mangiare qui?» E si spostò per lasciarla entrare.

Sakura quasi non ci credeva, ma entrò rapidamente. Non era mai entrata a casa di Sasuke, e la trovò piuttosto spoglia. Era proprio come lui: fredda e poco accogliente, ma elegante e sobria.

Sasuke non sapeva perchè si stava comportando così. Lei di solito era irritante, noiosa e insopportabile, ma quella sera aveva davvero bisogno di compagnia. Eppure gli pareva così strano: in quel momento Sakura sembrava... diversa...


Mangiarono in tranquillità, chiacchierando di Kakashi e di Naruto, prendendo in giro il biondo e raccontando dei loro vari allenamenti. Sakura stava imparando davvero molto dal padre, ma temeva di star annoiando Sasuke con i suoi discorsi. Il moro invece stava ad ascoltare, addirittura interessato. C'era qualcosa di strano quella sera, un'inconsapevole felicità lo aveva preso da quando Sakura era entrata, e lo aveva messo di buonumore.

Finirono di cenare, e anzichè uscire, come Sakura aveva proposto inizialmente, rimasero fino a tarda serata a chiacchierare. Quando furono passate le dieci e mezza, Sakura si rese conto dell'orario.

«Oh mio Dio, è già così tardi?! Sasuke, mi dispiace, ma io devo proprio andare, o mio padre si arrabbierà. E poi tu domani hai l'esame, quindi immagino debba riposare...»

Si avviarono alla porta.
«Non preoccuparti. Anzi, devo ringraziarti: mi hai tenuto di buon umore in un momento in cui mi sentivo particolarmente solo. Grazie della bella serata, ci vediamo domani all'arena.»

Mentre Sakura usciva, per un momento i loro sguardi si incrociarono. Fu un momento strano, intimo. Sakura sentiva che sarebbe potuta rimanere lì a fissarlo per il resto della sua vita. Ora più che mai si rendeva conto che il suo amore per Sasuke non era una semplice cotta da ragazzina, come per tutte le sue compagne dell'Accademia. Era andato sempre più crescendo nel corso del tempo, fino a diventare un amore vero e proprio, che le logorava l'anima e la teneva sveglia la notte.

Dal canto suo, Sasuke era tesissimo. Non aveva mai provato quella sensazione: guardando Sakura negli occhi, perdendosi in quel verde smeraldo, voleva che lei restasse con lui. Seguì con lo sguardo il profilo di quel viso, soffermandosi sulle labbra: rosa, invitanti, come un fiore di ciliegio. Come lei.

Passarono alcuni secondi, poi entrambi si riscossero.
«O-Ok, allora b-buonanotte...»
Sakura si voltò frettolosamente, e sparì per le scale. Aveva il cuore a mille, le emozioni che le impedivano di ragionare, mentre si dirigeva verso casa.

«Buonanotte...» Sasuke rimase qualche secondo imbambolato. Sentiva una profonda tristezza nel vederla andare via. Una parte di lui avrebbe voluto che lei rimanesse lì tutta la notte.
Chiuse la porta e si diresse in camera, stendendosi sul letto. Quel pensiero non l'aveva abbandonato, l'immagine di Sakura, a pochi centimetri da lui, era rimasta impressa sui suoi occhi neri come la pece, a tormentare la sua mente.

"Perchè mi sento così? Non l'ho mai sopportata, eppure volevo che rimanesse, avrei voluto che fosse qui accanto a me... Vorrei che fosse qui ora... Possibile che...?"

No, non poteva essere davvero accaduto. Possibile che anche lui si stesse innamorando di Sakura? No, impossibile. Lui aveva un solo obiettivo: la vendetta. La sua strada era tracciata nell'odio, non c'era posto per altri sentimenti.
Eppure, aveva provato qualcosa di inedito. Forse, quella ragazza dai capelli rosa iniziava a contare davvero qualcosa per lui...


Fu colto dal sonno mentre questi pensieri vorticavano furiosi nella sua testa, arrivando a tormentarlo anche nei sogni. Vedeva Sakura ovunque, il suo volto appariva in ogni scena che si alternava nella sua mente. Poi, un rumore attirò la sua attenzione...

Si svegliò di soprassalto, in ascolto. Pochi secondi, e lo udì nuovamente. Non se l'era immaginato: aveva sentito chiaramente un rumore di passi, sull'albero vicino la sua finestra.
Si alzò, una piccola parte del suo cervello si accorse che indossava ancora i vestiti della sera prima. Doveva essersi addormentato senza accorgersene. Prese alcune armi, e uscì dalla porta principale, lo Sharingan attivo, deciso a eliminare qualunque possibile minaccia.


Fece qualche passo, addentrandosi tra gli alberi, finchè un sibilo lo fece allarmare. Si scansò per evitare il kunai diretto verso di lui. Aveva captato vari movimenti sulla chioma dell'albero lì vicino, c'era più di una persona.

«Venite fuori, lo so che siete lì.»
Parlò con voce calma, ma minacciosa. Quattro figure apparvero davanti a lui, emergendo dal loro nascondiglio. Uno era un ragazzo con i capelli neri legati dietro la testa, un'altro era un grassone con i capelli rossicci. Un altro ancora aveva i capelli grigi, e (cosa alquanto inquietante) si intravedeva una seconda testa dietro la sua. L'ultima era una ragazza con i capelli rossi. Tutti e quattro portavano gli stessi vestiti: uno yukata grigio, tenuto da una corda viola con un fiocco dietro la schiena, e recavano il coprifronte del Villaggio del Suono.


«E così tu saresti Sasuke Uchiha... Non sembri poi così potente, non capisco perchè Orochimaru-sama ti voglia così tanto...»
Quello con i capelli grigi lo guardava sprezzante, come se fosse stato l'ultimo dei perdenti.

Al nome di Orochimaru Sasuke trasalì. Ma certo, dovevano essere i suoi tirapiedi.
«Se cercate guai, sappiate che li avete trovati. Non sono davvero in vena di avere idioti tra i piedi.»
Il grigio scoppiò in una risata.

«Ahahah... Ci sarà da divertirsi con te... Noi siamo Sakon, Kidomaru, Jirobo e Tayuya, il Quatretto del Suono.»
Disse indicando prima sè stesso, poi quello con i capelli neri, poi il grassone e infine la ragazza.
«Forza, fatti sotto, ho voglia di suonare la scala musicale sulle tue costole fino a romperle...»
Raccolta la sfida, Sasuke si gettò all'attacco.


Il combattimento fu breve. Sasuke sfoderò le sue tecniche di fuoco, evitando di ricorrere al Mille Falchi. Ma solo per i primi minuti riuscì a tenere a bada gli avversari, erano quattro contro uno, e si vedeva che non si stavano impegnando al massimo. Si ritrovò accasciato contro un albero, mentre i quattro lo circondavano.

Una scarica di adrenalina lo invase, mentre un sensazione di onnipotenza lo pervadeva, assieme al dolore proveniente dalla sua spalla. Con la fatica, il sigillo che teneva sotto controllo il Segno Maledetto stava perdendo efficacia, e questo si stava diffondendo sul corpo del moro.
Memore di quanto era successo l'ultima volta, Sasuke decise, per una volta, di affidarsi a quel potere, lasciando che quell'aura nera di odio lo circondasse. Si lanciò nuovamente all'attacco, e stavolta riusciva a tenere testa a tutti e quattro. Ma le cose cambiarono in pochi secondi...


I quattro si ricoprirono di un'aura identica alla sua, mentre delle macchie nere scorrevano sul loro corpo esattamente come accadeva a lui. Fu talmente sorpreso da ciò che non si accorse di un attacco combinato dei quattro, che lo mandò nuovamente al tappeto.

«Credi di essere speciale perchè porti il Segno Maledetto? Tutti noi ne siamo in possesso, e siamo capaci di usarlo, a differenza tua...»

Sasuke li gurdava con odio, senza riuscire ad alzarsi. Quei quattro avevano un chakra pazzesco, lo avvertiva chiaramente, sembravano invincibili.
Per un attimo, un pensiero lo attraversò. E se anche lui avesse cominciato, invece che tenerlo bloccato, a sfruttare il Segno Maledetto? Ma chi avrebbe mai potuto insegnargli a usarlo? Solo il suo creatore, Orochimaru...

Come se gli avesse letto nel pensiero, Sakon parlò:
«Orochimaru-sama ti ha fatto dono di un grande potere. Se vuoi imparare ad usarlo, vieni con noi, e diventa suo allievo. Così facendo, otterrai il potere di cui hai bisogno per avere la tua vendetta...»

Quelle parole fecero presa sull'Uchiha, che era sempre più tentato di accettare. Ma la sua coscienza si fece sentire. Anche al villaggio aveva l'occasione di diventare più forte: Kakashi lo stava addestrando personalmente, e lui era uno dei ninja più potenti della Foglia, potente quasi quanto i Sannin.
E poi... c'era Sakura. Nonostante non avesse ben capito cosa provava per lei, era sicuro di non volerla perdere. No, non avrebbe seguito quei quattro...

«Ora sicuramente starai pensando che non verrai mai con noi, ma ti assicuro che cambierai idea. Torneremo tra una settimana, dopo l'esame, e allora dovrai darci una risposta.
Riflettici bene. Scegli la via di Orochimaru, e otterrai un potere senza paragoni...»
Con queste parole, i quattro si volatilizzarono.

Sasuke si rialzò lentamente. Dolorante, ma senza ferite apparenti, a parte qualche livido. Barcollando, si diresse nuovamente dentro casa. Erano quasi le 3 di notte, aveva solo poche ore di tempo per dormire, e voleva essere in forma per il giorno successivo.


Quando Sasuke si svegliò, erano le sette. L'esame sarebbe iniziato tra due ore. Si sentiva abbastanza in forma, nonostante l'episodio della notte precedente, riguardo il quale decise che non ne avrebbe fatto parola con nessuno, nemmeno col maestro Kakashi.

Si alzò e si vestì, facendo anche una buona colazione, in modo da avere abbastanza energie da combattere al meglio.
Mezz'ora prima dell'orario d'inizio, Kakashi passò a prenderlo. Era una novità assoluta che il maestro fosse puntuale, ma evidentemente la preoccupazione per i suoi allievi non gli aveva permesso di riposare bene. Insieme si avviarono verso l'arena, e quando vi giunsero Kakashi si diresse verso le tribune, mentre il moro andò nella stanza riservata agli altri concorrenti.


L'arena era enorme, abbastanza da contenere tutti gli abitanti del villaggio e tutte le delegazioni degli altri paesi. Il campo di battaglia era abbastanza grande da permettere a tutti di scatenare le loro migliori tecniche senza rischi per gli spettatori. Sasuke si affacciò verso il patio dove si trovava l'Hokage, affiancato dagli altri concorrenti. La terza prova era iniziata...


 

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Capitolo 30
*** Punizione ***


Punizione


 

Hiruzen si affacciò al balcone. Quella mattina il cielo era libero da ogni nuvola, il sole illuminava l'intero villaggio con i suoi raggi dorati, e lui era pronto a fare il suo annuncio, sperando che il popolo lo appoggiasse.
Tsunade, dietro di lui, era rimasta nell'ombra, guardandolo silenziosamente e augurandogli buona fortuna. Fece scorrere lo sguardo sull'intera arena, piena di tutti gli abitanti del villaggio, con a guardia tutti i ninja possibili escluse le sentinelle delle mura, in modo da scongiurare qualsiasi pericolo.
Prese fiato, e iniziò a parlare.

«Popolo di Konoha, oggi si svolgerà la terza e ultima prova dell'esame di selezione dei chunin di quest'anno. Vi presento i finalisti: Naruto Uzumaki, Neji Hyuga, Sabaku no Temari, Shikamaru Nara, Shino Aburame, Sabaku no Kankuro, Sabaku no Gaara e Sasuke Uchiha.»

Man mano che li nominava, gli otto partecipati si mostrarono al pubblico, per poi tornare al loro posto. Neji e Naruto erano già pronti, si sarebbero affrontati per primi.
Naruto aveva dovuto promettere a Jiraiya che non avrebbe nè usato il chakra di Kurama, nè tentato di usare il Mokuton, ma nella sua borsa aveva pronti alcuni kunai di Dislocazione.
Aveva promesso a Hinata, anche se indirettamente, che avrebbe sconfitto Neji, e non avrebbe esitato a ricorrere alle tecniche di suo padre, se necessario.
Il villaggio avrebbe ricordato perchè il Quarto era il più potente tra gli Hokage...


«Ma prima di iniziare, ho da fare un importante annuncio.»
L'intero stadio, che fino a quel momento aveva applaudito, da Neji in poi, tutti i concorrenti (escluso Naruto, che era stato ignorato dalla maggior parte, ovvero coloro che lo consideravano un mostro), si zittì, ascoltando l'Hokage.

«Come tutti sapete, io ormai ho superato gli ottant'anni di età. Per due volte ho occupato la carica di Hokage, e la seconda volta non avrei mai voluto farlo. Se potessi riportare indietro il Quarto Hokage, lo avrei già fatto da tempo. Ma ho messo da parte i miei desideri personali, e fatto ciò che la situazione richiedeva da me.
Ora però, non è più tempo per me di sedere su questo trono, la mia età non mi consente di difendere il villaggio come vorrei. Ed è per questo, che oggi annuncio la nomina del Quinto Hokage!»


Il popolo rimase atttonito per qualche secondo, incredulo alla notizia, per poi iniziare a urlare, ansioso di conoscere l'identità del suo prossimo capo. Ad un gesto del Sandaime, il silenzio calò nuovamente.

«Per giorni sono stato a discutere con il consiglio su chi dovesse prendere il mio posto, e alla fine abbiamo raggiunto un accordo.»
Oh, si... il consiglio non aveva perso occasione per screditarlo, in particolare Danzo, del quale tutti sapevano il desiderio di avere quella carica...
Alla fine, era riuscito a convincerli.

«Vi presento il nuovo leader del Villaggio della Foglia: nipote del Primo Hokage Hashirama Senju, miglior ninja medico delle Cinque Terre e membro della Triade Leggendaria, la principessa delle lumache: Tsunade Senju!»


Al suo richiamo, Tsunade si mostrò al pubblico, che esplose in un'ovazione. Mentre la donna si affacciava al balcone, Hiruzen si tolse il cappello da Hokage, pronto a consegnarlo alla sua nuova proprietaria.

«Popolo di Konoha, è per me un immenso onore assumere il ruolo appartenuto prima al più grande ninja di tutti i tempi, mio nonno Hashirama, e poi al mio maestro Hiruzen Sarutobi. Oggi, davanti a voi, giuro di difendere il Villaggio della Foglia con la mia stessa vita, e di fare quanto più possibile per mantenere la pace, finchè ne avrò la forza. Siete con me?»

Al grido d'assenso del popolo, Hiruzen depose il copricapo sulla testa della nuova Hokage, e andò a prendere posto in tribuna. Non più nel padiglione riservato all'Hokage, ma nella zona dei maestri, vicino a Kakashi e Jiraiya. Tsunade si sedette accanto al Quarto Kazekage, che si complimentò con lei per la sua nomina.

Gli incontri potevano iniziare. L'arbitro di quella prova era Genma Shiranui.
La notte prima, infatti, quello che era stato l'esaminatore della seconda prova, Gekko Hayate, era stato ritrovato morto, ucciso da una lama estremamente affilata. Le indagini sul suo omicidio non avevano ancora dato alcun esito, ed era stato nominato un sostituto.

Ma Hayate non era l'unico assente: anche tra i partecipanti c'era qualcuno che non si era presentato. Dosu Kinuta, il ninja bendato del Villaggio del Suono, era sparito due notti prima. Non era stata trovata alcuna traccia di lui, tranne il suo bracciale d'acciaio, avvolto in un grumo di sabbia insanguinata...

«I primi due contendenti si avvicinino.» Disse Genma, con aria annoiata.
Al suo richiamo, Neji e Naruto si avvicinarono e si misero l'uno di fronte all'altro, al centro dell'arena. Prima di iniziare, Neji si rivolse a Naruto.

«Lo sai, non pensavo che ti saresti davvero presentato. Sappiamo entrambi che hai battuto Kiba per pura fortuna, non hai alcuna speranza contro di me.
Non è necessario che tu ti umili pur di rispettare la promessa fatta a quell'inetta di mia cugina, perchè non hai nessuna chance di battermi. È scritto nel destino che oggi ti sconfiggerò, arrenditi subito, o non avrò alcuna pietà.»
E attivò il Byakugan, come a sottolineare le ultime parole.

Dalle tribune, Hiashi Hyuga ascoltava e osservava attentamente lo scorrere degli eventi. Neji non era affatto pentito di ciò che aveva fatto a Hinata, e aveva una padronanza perfetta della sua abilità oculare.
Mentre da un lato era orgoglioso che un membro del suo clan dimostrasse una tale padronanza della sua abilità innata in così giovane età, dall'altro era profondamente irritato che denigrasse sua figlia, la legittima erede del clan. E ancora di più, lo faceva infuriare il fatto che avesse ragione. Neji aveva sconfitto Hinata, e su questo non poteva obiettare.

Dal canto suo, Hinata osservava la scena con attenzione, temendo per Naruto. Suo padre, con la coda dell'occhio, la osservava attentamente, cercando di coglierne le emozioni. Sul suo volto scorgeva distintamente la preoccupazione per quel ragazzo, il che contribuiva a rafforzare la sua teoria. Attese la risposta del biondo, che non tardò ad arrivare.


«Non mi fai nessuna paura, Neji. Ho giurato a Hinata che te l'avrei fatta pagare per quello che le hai fatto, e non mi rimangio mai la parola data.
Tu credi nel destino. Beh, io sono fermamente convinto che ti sbagli: ognuno decide il suo destino, con le sue scelte.»

Neji si alterò a quelle parole.
«Cosa credi di saperne tu?! Il destino si decide con le proprie scelte?! Allora perchè a me è toccata una sorte così infame, eh? Tu non hai possibilità contro di me, rassegnati!»

Naruto lo guardò dritto negli occhi, con una determinazione indissolubile.
«Bene, se è questo quello che credi, allora dimostramelo.
Sconfiggimi, se così è scritto nel tuo destino. Ma sappi che il tuo destino non è il mio. Io ti sconfiggerò, fosse l'ultima cosa che faccio. E ora, combatti!»

Al segnale di Genma, i due si scagliarono l'uno contro l'altro. La Tecnica Superiore della Moltiplicazione di Naruto era così perfetta che neanche il Byakugan riusciva a distinguere i cloni dall'originale, ma Neji, con la sua vista a 360°, riusciva fronteggiare contemporaneamente tutti i 20 Naruto che si trovava intorno. Questi, capendo che il loro avversario non si sarebbe fatto sopraffare così facilmente, decisero di colpirlo tutti insieme, contemporaneamente. Ma con una mossa che Naruto non potè prevedere, Neji iniziò a ruotare su sè stesso.


«Juken: Rotazione Suprema!»
Una potente scarica d'energia respinse tutti i Naruto, i cui cloni sparirono, lasciando a terra l'originale.
«Ma come hai fatto?»
Naruto era piuttosto curioso: non aveva mai visto quella tecnica.

Neji lo guardò sprezzante.
«Questa è la Rotazione Suprema del clan Hyuga, una delle tecniche supreme del Juken. Emettendo la stessa quantità di energia da tutti i miei punti di fuga, ruotando posso creare una barriera di chakra, capace di respingere qualsiasi attacco. Non riuscirai mai a colpirmi.»

E così quella era una barriera di energia. Interessante, ma Naruto sapeva già come contrattaccare.
«Carina la tua tecnica. Ma dimmi...» un piccolo sorriso apparve sulle sue labbra «... sei capace di ruotare all'infinito?»
«Cosa?»

Unendo le mani nel suo sigillo preferito, Naruto creò un'altro gruppo di cloni. Neji era sorpreso: quanto chakra possedeva da riuscire a creare tutte quelle copie?!

I 40 Naruto appena creati iniziarono ad attaccare Neji contemporaneamente, a gruppi di tre alla volta. In questo modo, lo costringevano a ricorrere alla Rotazione, e ogni volta che un trio di cloni veniva sconfitto, altri tre prendevano il loro posto. Neji non potè resistere a lungo, e dopo alcuni secondi la sua rotazione cessò, lasciandolo esposto ai colpi del biondo.

Dopo essere finito per la prima volta al tappeto, si rialzò dolorante. Non sembrava intenzionato a cedere, seppur estremamente sorpreso: Naruto si stava rivelando un avversario difficile.


«Non credere che io non abbia più mosse nel mio repertorio. Ho ancora un asso nella manica...»
E assunse una posa con le braccia opposte, una davanti e una dietro. Si lanciò contro il suo avversario.

«Juken: Tecnica delle Sessantaquattro Chiusure!»
Attaccò i cloni rimasti, con una velocità sempre crescente. Quando tutti i cloni furono spariti, diresse l'ultimo colpo della sequenza verso l'originale, mirando al petto. Naruto ebbe i riflessi pronti, e si spostò in modo da far colpire la spalla anzichè il petto. Ma il colpo ebbe comunque i suoi effetti: lo mandò al tappeto, e quando si rialzò notò che non riusciva a muovere il braccio destro. Questa non ci voleva...


Sugli spalti, Hiashi Hyuga osservava lo scontro estasiato. Aveva assistito a due fenomenti a cui non avrebbe mai potuto credere: non solo un membro della casata cadetta era riuscito ad imparare due tecniche finora appannaggio esclusivo del ramo principale, la Rotazione Suprema e le Sessantaquattro Chiusure, ma aveva visto qualcuno, anche questo un fatto senza precedenti, riuscire a infrangere la difesa perfetta della Rotazione Suprema!
Spostò lo sguardo su Hinata, che osservava terrorizzata il duello, con le mani davanti alla bocca. L'ultimo colpo inferto a Naruto da Neji le aveva fatto temere per il ragazzo. Al padre non servivano altre prove.

«Hinata, vedi di calmarti. E sentiti pure libera di fare il tifo per Naruto, tanto so bene quello che provi per lui.»
Hinata si voltò lentamente verso il padre, con espressione esterrefatta.
«P-Padre... m-ma voi... c-come avete fatto a...?»
Non riusciva a capire: era sempre stata così attenta a non lasciar trapelare nulla su ciò che provava per Naruto...

«Ho i miei modi per raccogliere informazioni, Hinata. Sappi che non ho nulla contro quel ragazzo, ma se vincerà, dopo andremo a fare due chiacchiere con lui...»
Lo disse in un tono strano: Hinata non riuscì a capire se fosse ostilità riguardo a Naruto o semplice curiosità. Sollevata che suo padre non si fosse arrabbiato con lei, tornò a concentrarsi sul duello...


Naruto era in una brutta situazione.
"Dannazione, non riesco a muovere il braccio..."

Neji lo guardava con fare sprezzante.
«Sei stato fortunato: se ti avessi colpito con tutti i colpi, probabilmente saresti morto. Ho distribuito i colpi su tutti i cloni, e ho chiuso un punto di fuga chiave del tuo braccio. Senza di esso, non puoi proseguire.»

Neji aveva ragione, in quelle condizioni, non era in grado di combattere al meglio. Avrebbe tradito la promessa fatta a Hinata...

"Ti arrendi di già?"

Quella voce lo riscosse. Chiudendo gli occhi, si ritrovò di fronte alla grande gabbia di Kurama.

«Sai bene che puoi fare meglio di così. Lascia fare a me.»
Kurama lo guardava con occhi rossi d'odio. Ma Naruto non poteva lasciarlo fare.
«Non posso, Kurama: ho promesso all'Ero-Sennin che non avrei fatto ricorso al tuo potere, e non violerò la mia promessa.»

Kurama non tardò a rispondere.
«Non è necessario che tu usi il mio potere, puoi farcela benissimo da solo. È sufficiente che fai scorrere un po' della mia energia nel tuo braccio: il mio chakra rosso ha proprietà curative su di te, poichè sei il mio Jinchuuriki, e ripristinerà la circolazione del tuo normale chakra. Ci vorrà circa un minuto, quindi cerca di prendere tempo...»


Riaprendo gli occhi si ritrovò nella realtà, non era passata che una frazione di secondo. Kurama non mentiva: mentre il suo chakra rosso scorreva nel suo braccio Naruto riacquistava la sensibilità, e il dolore diminuiva. Decise perciò di dare retta alla volpe.

«Spiegami una cosa, Neji: perchè odi Hinata così tanto? Cosa ti ha fatto di male?»
Neji lo osservò incuriosito: perchè gli interessava tanto? Beh, presto avrebbe perso, quindi tanto valeva dirglielo. E così iniziò a raccontare...


Dagli spalti, Hiashi ascoltava attentamente il racconto di Neji.
"Il Sandaime aveva ragione, Neji ce l'ha ancora con me per quella storia. È arrivato il momento che gli racconti la verità..."


Terminato il suo racconto, Neji si preparò ad attaccare nuovamente.
«Ora basta parlare, è tempo di farla finita.»

Naruto lo guardò con un ghigno: il piano della volpe aveva funzionato. Il suo braccio era di nuovo in perfetta forma.
«Sono d'accordo: ora inizierò a fare sul serio!»
Sotto lo sguardo stupito di Neji, ricominciò a muovere il braccio.

"Ma com'è possibile!? Glielo avevo immobilizzato!"
Neji era stupefatto da quell'evento.
Anche Hiashi era enormemente sorpreso da quegli sviluppi. Forse, Naruto aveva ereditato il talento di suo padre, e la sua mossa gliene diede conferma.


Naruto estrasse dalla borsa alcuni kunai, e li lanciò contro Neji.
Questo, d'istinto, usò i suoi per deviarli, ma fece un grosso errore: quelli non erano normali kunai, ma kunai da Dislocazione, che andarono a piantarsi nel terreno circostante. Ora che tutto era pronto, Naruto si lanciò nuovamente all'attacco.
Neji lo intercettò, ma nel momento in cui stava per colpirlo, Naruto sparì. Il pubbilco trattenne il respiro, neanche col Byakugan Neji aveva visto il suo spostamento.

"Ma dove diavolo...?!"
Non fece in tempo a pensarlo, che un forte pugno lo colpì da destra, mandandolo al tappeto. Rialzandosi, Neji vide Naruto in piedi, con espressione spietata.
"Come diavolo ha fatto? Nessuno ha mai eluso la vista del Byakugan!"
Naruto si preparò a colpirlo nuovamente.
«Raijin Volante!»

Da quel momento, Naruto colpì Neji innumerevoli volte, teletrasportandosi ripetutamente intorno a lui con velocità estrema. Il pubblico era incredulo: quella che vedevano era la tecnica del Quarto Hokage!
Un nuovo Lampo Giallo aveva fatto la sua comparsa nel Villaggio della Foglia.
Guardando il suo allievo, Kakashi non potè che rimanere a bocca aperta. Probabilmente, era diventato potente quanto lui. Il maestro Minato sarebbe stato fiero di suo figlio...

Hiashi era rimasto a bocca aperta, come anche sua figlia. Naruto non aveva ereditato solo il talento da suo padre, era diventato potente tanto quanto lo era lui alla stessa età!


Neji era alla completa mercè dell'avversario. Dopo una sequenza di colpi estremamente violenta, terminata con un potente colpo allo stomaco che lo aveva lasciato stordito, si ritrovò fermo davanti al suo avversario, incapace di muoversi, mentre sulla mano di quest'ultimo una sfera di chakra ruotava a velocità estremamente elevata.

«È finita, Neji. È stato un bell'incontro.»
Con un ultimo attacco, il duello terminò.
«Rasengan!»

La sfera di chakra colpì lo Hyuga, mandandolo a schiantarsi, vorticando, sulla parete opposta dello stadio.
A quel punto, Genma pose fine al duello.
«L'incontro è finito: Naruto Uzumaki è il vincitore!»

Un attimo di silenzio, poi lo stadio esplose.
Anche coloro che lo avevano sempre ritenuto un mostro o un incapace, ora non potevano fare a meno che applaudirlo, molti avevano iniziato a cambiare opinione su di lui. Aveva dimostrato di essere un ninja dal talento eccezionale, e aveva rispettato la parola data a Hinata.
Fu lei che cercò con lo sguardo dopo l'annuncio. La trovò seduta accanto al padre, con un grande sorriso stampato in faccia. Sarebbe andato da lei subito, ma ora aveva un'ultima cosa da fare...


Neji si rialzò a fatica. Aveva perso, Naruto aveva avuto ragione.
Ma se quell'idiota poteva decidere il suo destino, allora perchè lui no? Una mano lo aiutò a rialzarsi. Naruto?

«P-Perchè lo fai? Io non ho fatto altro che insultarti finora...»
Naruto rispose serio: «Perchè, a differenza tua, io non ti considero affatto un incapace. Tu sei un genio, il genio del tuo clan, ma non devi ancorarti al passato. Tutti soffrono, e ora che so la tua storia ti garantisco che ho sofferto molto più di te. Ma devi trovare la forza di andare avanti. Prendi in mano la tua sorte, e decidi il tuo destino.»

Neji fu talmente sorpreso da quelle parole, che si ritrovò a darsi dello stupido. Naruto aveva ragione, su tutto. Mentre la squadra medica lo portava in infermeria, decise che appena fosse stato in grado di camminare sarebbe andato subito a scusarsi con Hinata. Si era comportato in modo davvero meschino con lei...

Naruto si diresse verso gli spalti, ansioso di sapere cosa pensavano di lui i suoi compagni, i suoi maestri, e soprattutto Hinata.


 

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Capitolo 31
*** La Prova del Padre ***


La Prova del Padre


 

Stanco per il duello appena concluso, Naruto si trascinava su per le scale, diretto alla tribuna nella quale i suoi amici lo aspettavano.
Quando arrivò, fu accolto da un applauso. Nessuno di loro si aspettava che sarebbe riuscito a sconfiggere Neji, e ancor meno che sapesse usare tecniche del genere. Fu il maestro Kakashi il primo a complimentarsi con lui. Jiraiya gli aveva da tempo detto di aver rivelato a Naruto la verità sui suoi genitori.

«Sei stato davvero eccezionale, Naruto. Sono certo che tuo padre sarebbe fiero di te. Oserei dire che hai già raggiunto il suo stesso livello, a parità di età.» Kakashi non volle dirgli che sospettava che lo avesse superato, per non fargli montare la testa, ma non gli negò i suoi migliori complimenti.

Poi fu il turno di Jiraiya.
«Sei stato in gamba, ragazzo mio. Hai saputo combinare alla perfezione le due tecniche di tuo padre. Ricordo che lui ci mise anni per imparare a combinarle al meglio, dopo averle inventate e perfezionate. Immagino che sia stato il tuo uso della Tecnica Superiore della Moltiplicazione a farti migliorare così in fretta.»

L'ultimo fu il Sandaime.
«Non so cosa dire, Naruto. Hai raggiunto un livello che non mi sarei mai aspettato da te in così giovane età. Forse il tuo sogno di diventare Hokage non è poi così impossibile da realizzare...»

Hiruzen si interruppe, poichè il biondo venne circondato dai suoi amici, che lo sommersero di domande e di congratulazioni. In lontananza, intravide due figure che si avvicinavano. Una di esse era la piccola Hinata Hyuga, venuta sicuramente a congratularsi con Naruto. L'altra, invece, era suo padre Hiashi, ed era quello che lo preoccupava di più. Cosa aveva in mente?


Naruto era circondato da tutti gli altri genin che non dovevano sostenere la prova. Sasuke era stato il primo ad avvicinarsi.
«Complimenti, dobe, non mi aspettavo fossi diventato così forte. Ma adesso vedrai quanto sono migliorato io. Ti aspetterò in finale.»
«Contaci, teme, non vedo l'ora di sfidarti come si deve!»
Rispose il biondo con un sorriso raggiante.

«N-Naruto...»
Il biondo, al suono di quella voce, si voltò. Uno strano silenzio calò su di loro, mentre si ritrovava a fissare la sua piccola Hinata.
Erano così vicini... Riusciva a sentire il suo respiro sulla sua pelle.
Senza farsi notare, gli altri si allontanarono lentamente, lasciando i due da soli.

«E-ecco... I-io t-ti volevo f-fare i c-complimenti... p-per aver battuto mio c-cugino...»
La povera Hinata era diventata di cinquanta diverse sfumature di rosso. Trovarsi a quella distanza così ravvicinata con il suo Naruto le faceva provare emozioni contrastanti: da un lato la sua timidezza le faceva desiderare di sparire sottoterra, dall'altro il suo amore per il biondo le faceva sperare di avere abbastanza coraggio per dichiararsi.

«G-grazie Hinata... T-te l'a-avevo promesso... no?»
Ora era Naruto a balbettare. Guardandola in quegli occhi perlacei, vide tutto ciò che desiderava. Il vento trasportava verso di lui il suo dolce profumo, un'aromaterapia che gli sconvolgeva i sensi, azzerando ogni razionalità.
In quel momento Naruto agì d'istinto, dando sfogo alle sue emozioni: posò una mano sulla guancia della corvina, attirandola a sè, e unì in un bacio le loro labbra. Durò pochi secondi. Dopo essersi reso conto di ciò che stava facendo, si staccò subito. Hinata lo guardava ad occhi sgranati e a bocca aperta.

«Ehm... S-scusami Hi-Hinata... N-non so cosa...»
Ma non fece in tempo a terminare la frase. In uno slancio di coraggio, libera da tutta la sua timidezza e dalle sue paure, fu Hinata a prenderlo per le guance e a baciarlo nuovamente. Inizialmente sorpreso, Naruto rispose al bacio, che divenne via via più appassionato. Si sentiva leggero come una piuma, ora che Hinata gli aveva rivelato i suoi sentimenti, che lui ricambiava in pieno.


Hinata quasi non capì quello che stava succedendo. Un attimo prima aveva fatto i complimenti a Naruto per il suo incontro con Neji, e l'attimo dopo lui l'aveva baciata. Quella mossa repentina l'aveva colta così alla sprovvista da farle smettere di pensare. Perchè Naruto l'aveva fatto? Forse... anche lui provava qualcosa per lei?
Un attimo dopo il biondo si staccò. Mentre cercava di giustificarsi, Hinata non ebbe più dubbi. Con un coraggio che non pensava di avere, animata solo dai suoi sentimenti, si gettò lei stessa sulle labbra del biondo, unendo le loro bocche in un bacio appassionato.


Sembrava fossero passate ore, ma quando i due si staccarono, entrambi rossi in viso, un leggero applauso li circondò. Si guardarono attorno, stupiti.

«Finalmente ce l'avete fatta! Era ora che vi accorgeste di quello che provavate l'uno per l'altra!»
Era stata Sakura a parlare, con espressione felice rivolta ai due.
Naruto, accortosi che quei commenti stavano mettendo in imbarazzo la ragazza, prese per mano Hinata e la portò a sedere in un posto lontano dagli occhi indiscreti dei loro amici, e lì ricominciarono a baciarsi, nessuno dei due era intenzionato a porre fine a quel momento magico.

Intanto, Hiashi osservava la scena nascosto nell'ombra. Hinata doveva essersi dimenticata che lui era lì, e che aveva assistito alla scena. Meglio così, voleva dire che avrebbe valutato la situazione senza interferire direttamente. Per il momento, li lasciò a godersi il loro momento.


Nel frattempo, la prova era passata allo scontro successivo.
La figlia maggiore del Kazekage, Temari della Sabbia, affrontava Shikamaru Nara. Le tecniche di vento generate dalla bionda dai quattro codini col suo ventaglio stavano mettendo in seria difficoltà il genin di Konoha, la cui Tecnica del Controllo dell'Ombra non riusciva a raggiungere l'avversaria.
Ad un certo punto, Shikamaru si sedette unendo le mani in una posa nella quale ogni dito toccava il corrispondente dell'altra mano. Temari si mise in guardia, aspettandosi di tutto.

«Ma che sigillo è quello? Non l'ho mai visto.»
Kurenai era incuriosita dalla posizione assunta da Shikamaru. Non conosceva alcuna tecnica che si utilizzasse in quel modo. Fu Asuma, il maestro di Shikamaru, a chiarire la situazione.

«Quello non è un sigillo. È solo una posa che Shikamaru assume per concentrarsi. Vedi, la vera forza di Shikamaru non è nelle sue tecniche, ma nella sua intelligenza. Dato che il suo comportamento era strano fin dai tempi dell'Accademia, gli abbiamo fatto fare dei test, ed è risultato che quando è concentrato ha un quoziente intellettivo superiore ai 200.»

«Cosa?! Ma è assurdo, un essere umano medio ha un Q.I. che si aggira sui 90, quindi lui è praticamente un genio!»
«Esatto, è una caratteristica tipica del clan Nara. Di solito resta così per qualche minuto, prima di arrivare alla soluzione. Solitamente, questo accade quando si trova particolarmente in difficoltà durante le nostre partite a shogi. Ogni volta che si concentra in quel modo, quando muove vince sempre. Stai a vedere, ha appena finito.»

Era vero: Shikamaru aveva appena riaperto gli occhi, pronto a colpire con la sua tecnica, e a vincere l'incontro...


Hinata e Naruto osservavano il duello, mano nella mano, con la testa della corvina appoggiata sulla spalla del biondo. Il primo a parlare fu Naruto.
«Sai, Hinata, è da un po' che aspettavo che succedesse... quello che è successo.
Mi sono reso conto di essermi innamorato di te solo recentemente, ma credo di aver sempre provato verso di te qualcosa di più che semplice amicizia...»

Hinata ascoltava estasiata, si sentiva in paradiso. Il suo Naruto le aveva appena detto di essere innamorato di lei!
«Io invece sono sempre stata innamorata di te, fin da quel giorno in cui mi salvasti da quei ragazzi, tanti anni fa. Ti guardavo sempre di nascosto, all'Accademia, allontanato da tutti. Avrei tanto voluto starti accanto, aiutarti, ma a causa della mia timidezza non sono mai riuscita a farmi avanti. Temevo sempre che tu mi rifiutassi, e che così avrei rovinato anche la nostra amicizia...»

A quelle parole, Naruto la guardò dolcemente.
«Non avrei mai potuto rifiutarti. Sei la ragazza più bella e dolce che abbia mai conosciuto, hai popolato i miei sogni per anni. Anche adesso, faccio fatica a credere che... stiamo davvero... insieme... Ma ora che ti ho trovata, non voglio più lasciarti. Ti starò sempre accanto, non ti lascerò più.»

Hinata ebbe un sussulto a quella dichiarazione. Il sogno della sua vita si era avverato, era la ragazza di Naruto! Con una dolcezza ultraterrena, baciò nuovamente il biondo, come a suggellare quella promessa.


Mentre seguivano l'incontro Hinata si ricordò di un fattore importantissimo, a cui, finora, era riuscita in qualche modo a non pensare: suo padre!
Era lì, a pochi metri da loro, e aveva assistito a tutta la scena!
Dopotutto erano venuti lì per parlare con Naruto, non poteva essersene dimenticato. L'unica soluzione logica che le venne in mente era che non aveva voluto interferire. Prese coraggio, e si rivolse nuovamente al biondo.

«N-Naruto...»
Strano, fino a quel momento aveva addirittura smesso di balbettare, come se la presenza del biondo le avesse infuso la sicurezza che le serviva. Ma ora che doveva affrontare un argomento così delicato, l'ansia l'assalì di nuovo.
«Ecco, ci s-sarebbe mio padre... Che v-vorrebbe p-parlarti...»

Naruto sbiancò a quelle parole, ma seguì lo stesso ragionamento della sua, adesso, ragazza: se suo padre era lì e finora non era intervenuto, non poteva essere contrario alla loro "storia". Forse. Ciononostante, espresse comunque i suoi dubbi.
«Pensi che si metterà tra noi?»
Hinata assunse un tono preoccupato.
«Spero di no, non l'ho visto troppo contrariato quando ha capito ciò che provo per te. Credo voglia parlarti... per conoscerti, più che altro...»
«Allora non mi sembra educato farlo aspettare.»


Raccogliendo il suo coraggio, il biondo prese per mano la Hyuga e si alzò. Voltandosi, cercò con lo sguardo il padre della corvina, individuandolo appoggiato a una colonna, nell'ombra.
Questo gli fece cenno di avvicinarsi, e i due si incamminarono verso di lui. In pochi secondi, lo raggiunsero.

«Hyuga-sama...»
Naruto si rivolse a lui con un leggero inchino, mascherando il suo nervosismo e rivolgendosi al padre della ragazza con il massimo rispetto.
«...sua figlia mi ha detto che vorrebbe parlarmi.»


Hiashi lo squadrò con attenzione. Non si poteva certo dire che fosse un codardo, e non gli aveva mancato di rispetto in alcun modo.

«È così, Uzumaki. Seguimi, per favore. Da solo.»
Con l'ultimo monito fermò la figlia, facendole capire che voleva parlare con Naruto senza nessun altro in mezzo, neanche lei.
I due si diressero verso uno spiazzo delle tribune lasciato libero. Qui, Hiashi si rivolse al biondo, senza perdersi in chiacchiere.
«Uzumaki, che intenzioni hai con mia figlia? Io so bene quello che lei prova per te, ma voglio conoscere i tuoi pensieri. Non ti conviene mentirmi...»
E sottolineò quella minaccia attivando il Byakugan.
«Voglio che mi racconti tutto, da quando hai conosciuto mia figlia ad oggi.»


Naruto fece un sospiro, per schiarirsi le idee, e iniziò il suo racconto. Da lontano, Hiruzen lo guardava preoccupato.

«Ho conosciuto sua figlia all'Accademia, ma il giorno in cui mi avvicinai a lei per la prima volta fu... circa sei anni fa. La vidi mentre un gruppo di bulli la aggredivano, e intervenni per salvarla.»
Hiashi ascoltava con attenzione. Ecco, dunque, cosa era accaduto davvero quel giorno. Pensò che avrebbe dovuto punire Ko per la sua negligenza, ma tutto sommato, visto che non era accaduto nulla di male e che da quel giorno non si erano più verificati eventi del genere, poteva anche lasciar correre.
Naruto proseguì.

«Da quel giorno ho costruito con Hinata un'amicizia solida, anche se fino ad oggi non mi sono mai reso conto di quanto lo fosse.
Lei mi ha detto di essere sempre stata innamorata di me. Io mi sono reso contro di amarla solo recentemente, quando l'ho vista combattere durante la seconda prova, contro Neji, ma credo di aver sempre provato, anche se inconsciamente, qualcosa di più di una semplice amicizia.
Forse lei mi vede come gran parte del villaggio: come un mostro, un reietto.
Ma il fatto che mi abbia voluto parlare, anzichè allontanarmi a prescindere, mi fa supporre che non sia così. Ho ragione?»


Hiashi si voltò lentamente verso di lui, studiandolo con i suoi occhi dello stesso colore di quelli di sua figlia. In quello sguardo, però, non c'era la dolcezza che caratterizzava sua figlia, solo freddezza.
Pensò che per essere così giovane, Naruto dimostrava una maturità e un'intelligenza spiccate. Probabilmente, la sua infanzia così tormentata lo aveva segnato nel profondo, rendendolo precocemente maturo. Anche l'educazione del Sandaime doveva aver fatto la sua parte.

«Io non ti considero un mostro, Naruto.»
Al Jinchuuriki non sfuggì il passaggio dal cognome al nome, forse questo indicava una maggior considerazione del capoclan Hyuga nei suoi confronti.

«Conosco la tua storia, conosco la tua condizione di forza portante, e conoscevo i tuoi genitori. Colgo anche l'occasione per farti i complimenti per lo scontro sostenuto contro mio nipote Neji. Hai sfoderato tecniche che non vedevo in azione da quando tuo padre, il Quarto Hokage, passò a miglior vita, e le hai dominate con una maestria che solo il loro inventore possedeva.
Ho visto le tue qualità di ninja, ho conosciuto la tua personalità e i tuoi pensieri, e so quello che tu e mia figlia provate l'uno per l'altra. Ma io sono comunque il capo di un clan nobile come quello Hyuga, e tu sei un pretendente a mia figlia, la legittima erede. Perciò, intendo trattarti come tale.»
Il capoclan lo fissò con aria solenne.
A quelle parole, Naruto cominciò a capire dove Hiashi voleva andare a parare.

«Avrai il mio permesso per una storia con mia figlia, solo se mi sconfigerai in un duello: se la ami, devi conquistarla. Se mi sconfiggerai, non mi opporrò alla vostra relazione.
Aspetterò una settimana, per darti modo di riprenderti dagli esami di oggi, poi voglio affrontarti. Accetti le mie condizioni? Mia figlia, per te, vale così tanto da metterti contro di me?»
Calcò molto sulle ultime parole, in modo che il biondo capisse bene con chi aveva a che fare.


Naruto aspettò qualche secondo prima di rispondere, cercando le parole giuste.
«Ora che so ciò che c'è tra me e Hinata, non l'abbandonerò. Sfiderò chiunque tenti di dividerci.»
Puntò il suo sguardo in quello del capoclan, trasmettendogli tutta la sua risolutezza.
«Se per l'amore di Hinata devo sconfiggerla, sono pronto ad affrontarla anche subito.»

Hiashi si aprì in un leggero sorriso a quell'affermazione. Quel ragazzo era davvero speciale. Certo, aveva fegato a sfidarlo così apertamente. Ma l'avrebbe valutato al momento giusto.

«Ammiro la tua determinazione, ma dovrai aspettare. In questo momento, gli esami sono la cosa più importante per te. Quando non avrai altre incombenze, potrai sfidarmi per mia figlia.
Ora và da lei. Ti concedo ancora mezz'ora, per spiegarle tutto. Poi, voglio che la fai tornare da me subito.»

Naruto annuì, conscio che Hiashi aveva ragione, e che non sarebbe stata una buona idea sfidare la sua pazienza...


Tornò dalla sua bella, e le raccontò tutto. Lei non nascose la sua preoccupazione.
«Ti rendi conto di cosa hai accettato, vero Naruto? Mio padre è sempre stato molto protettivo nei miei confronti, perchè sono l'erede del clan, e non esiterà a farti del male se davvero lo sfiderai...»

Naruto la rassicurò, più convinto che mai.
«Se questo è ciò che mi aspetta, lo affronterò con piacere. Smuoverò anche le montagne, se questo mi permetterà di restarti accanto.»
Hinata fu commossa dalla dimostrazione d'amore del biondo, e dopo averlo salutato con un bacio tornò da suo padre, come promesso. Sarebbe stata una settimana difficile, ma avrebbe aspettato, confidando nel suo Naruto.


Nel frattempo, gli scontri erano proseguiti.
Grazie ad uno stratagemma davvero geniale, Shikamaru aveva soggiogato Temari con la sua ombra. Ma all'ultimo momento, quando aveva la vittoria in pugno, si era clamorosamente ritirato.
Le sue motivazioni furono che non aveva voglia di continuare a combattere, e ciò non gli risparmiò una lavata di testa da parte di Asuma.

Lo scontro successivo avrebbe dovuto vedere affrontarsi Kankuro della Sabbia e Shino Aburame, ma il marionettista si era ritirato, regalando la vittoria al maestro di insetti, che non l'aveva presa troppo bene. Erano arrivati così all'ultimo duello del primo turno.

«Gli ultimi concorrenti, Sasuke Uchiha e Sabaku no Gaara, si presentino in campo!» Alla chiamata di Genma, i due avversari scesero nell'arena, pronti a sfidarsi...


 

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Capitolo 32
*** Attacco alla Foglia ***


Attacco alla Foglia


 

Sasuke si avviò per le scale, pronto per affrontare Gaara.
Naruto, Sakura e Kakashi gli augurarono buona fortuna, mentre lui pensava a come affrontare il ninja di Suna, che era già arrivato nell'arena usando la sua tecnica di trasporto con la sabbia.

Naruto gli aveva raccontato dello scontro tra il rosso e Rock Lee senza risparmiare alcun particolare, e da ciò Sasuke aveva compreso che aveva di fronte il più pericoloso tra i partecipanti. Non aveva paura, ma non poteva dire di non essere preoccupato. I suoi pensieri si interruppero quando giunse al centro dello stadio, a pochi metri dall'avversario.
Gaara, a quel punto, prese la parola.

«E così tu sei Sasuke Uchiha. Ho sentito parlare di te. Dicono che sei un genio, e discendi dal clan più potente delle Cinque Terre. Sarà divertente battermi con te. Anche se, in realtà, non sei l'avversario che speravo...»

Sasuke rimase sorpreso da quelle ultime parole.
«E dimmi, chi sarebbe l'avversario che speravi di affrontare?»
C'era forse qualcuno reputato più potente di lui?

Lo sguardo di Gaara deviò verso le tribune, fermandosi sulla figura di Naruto. Anche il biondo seguiva la scena con attenzione, deciso a verificare se la sua teoria era giusta. Sasuke era incredulo.
«Cosa? Naruto? Credi davvero che sia più forte di me?!»

Gaara riportò lo sguardo su di lui.
«Non ho detto questo, il vostro livello è circa lo stesso, ma lui ha qualcosa che mi attira. È da quando l'ho visto la prima volta che voglio scontrarmi con lui, e ho intenzione di affrontarlo in finale. Spazzerò via chiunque si metta in mezzo, come ho fatto con quell'insetto del Suono, e come ora farò con te!»

Sasuke ebbe un brivido. Gaara aveva appena ammesso l'omicidio di Dosu, e sembrava intenzionato a uccidere anche lui. Nei suoi occhi color acquamarina leggeva solo odio e sete di sangue.
«Potete iniziare!»
Genma si fece da parte, lasciando che i due si scagliassero l'uno contro l'altro.


Fu Gaara ad aprire le danze. Alzando le braccia, un'enorme quantità di sabbia uscì dalla sua giara, scagliandosi contro Sasuke. Doveva avere proprio voglia di arrivare ad affrontare Naruto il prima possibile, se aveva già iniziato a fare sul serio.
Sasuke evitò facilmente i colpi di sabbia grazie allo Sharingan, e contrattaccò con alcuni shuriken. Questi, però furono totalmente inutili, la sabbia li respinse come foglie al vento, e Gaara contrattaccò con alcuni sigilli.

«Arte della Sabbia: Shuriken di Sabbia!»
La sua sabbia prese forma in un mare di shuriken, che si scagliarono contro l'Uchiha. Erano troppi per poterli schivare, perciò il moro usò un trucco che aveva copiato da Kakashi.

«Tecnica del Nascondiglio di Terra!»
Il suo corpo sprofondò sotto il terreno, evitando l'attacco avversario. Ricordava bene quella tecnica, Kakashi l'aveva usata contro di lui durante la prova dei campanelli per immobilizzarlo, e ora lui l'aveva usata su se stesso per schivare il colpo.

Quando l'attacco fu cessato, il moro emerse dal nascondiglio e si preparò a contrattaccare. Si lanciò contro l'avversario, e lo scudo di sabbia fece appena in tempo a fermare l'attacco, data la sua rapidità. Sasuke insistette, la sua velocità era addirittura superiore a quella di Rock Lee.
Riuscì a colpire più di una volta Gaara, ma questo lo respinse con un ondata di sabbia. A qualche metro di distanza, l'Uchiha si fermò a riflettere.

"Vediamo... Le armi sono inutili contro la sua difesa. Posso colpirlo fisicamente, come ho fatto finora, ma la fatica che impiego per superare lo scudo di sabbia mi fa perdere più energie di quanti danni infliggo a lui, e alla lunga cederei, perciò non mi conviene. Potrei provare con un Arte Illusoria, e se non funziona non mi resta che sfruttare l'Arte Elementale."

Escludeva a priori l'uso del Mangekyo, perchè sarebbe stato fatale per chiunque, e perchè non aveva intenzione di rovinarsi gli occhi solo per un esame. E poi, la promessa di non usarlo mai fatta al maestro Kakashi era ancora valida.


Mentre Sasuke rifletteva, Rock Lee e Gai osservavano lo scontro dagli spalti, accanto al ninja-copia.
Rock Lee si teneva in piedi con una stampella. Anche se i medici avevano detto che con i danni che Gaara gli aveva inflitto non sarebbe mai più potuto essere un ninja, quando Tsunade era arrivata al villaggio lo aveva visitato personalmente, dietro esplicita richiesta di Naruto.
Con le sue grandi abilità Tsunade era riuscita a minimizzare i danni, e così Rock Lee sarebbe potuto tornare a combattere, una volta che la sua ferita fosse guarita completamente. Gai aveva fatto i salti di gioia dopo l'esito di quell'intervento, ringraziando Tsunade fino allo sfinimento.

Ora il sopracciglione si trovava, insieme al suo maestro, ad ammirare le capacità di Sasuke. Aveva acquisito una velocità addirittura superiore alla sua, ma non aveva la sua stessa forza fisica, dunque i suoi attacchi diretti non erano efficaci quanto i suoi.


Sul campo di battaglia, Sasuke aveva appena deciso come muoversi. Si lanciò contro Gaara, che si preparò a riceverlo. Ma all'ultimo momento, il moro si fermò di colpo. Gaara, che si aspettava un altro attacco, fu sorpreso da quel movimento, e lo fissò dritto negli occhi.
Grosso errore: Sasuke usò lo Sharingan per gettarlo in un Genjutsu.
Gaara si ritrovò in mezzo al suo villaggio, devastato, mentre un enorme Sasuke lo radeva al suolo con le sue stesse mani.
«Capisco, un Genjutsu. Bel tentativo, ma con me non funziona!»

La visione andò in frantumi come uno specchio, lasciando Sasuke esausto e sorpreso.
«Ma come hai fatto? Non c'era nessuno che potesse destabilizzare il suo chakra per liberarti!»

Gaara ghignò.
«È qui che ti sbagli. Dentro di me, ho un compagno di squadra abbastanza potente da radere al suolo l'intero villaggio!»
La sua espressione era più malvagia che mai, le profonde occhiaie che circondavano i suoi occhi gli davano un'aria spettrale.


All'udire quelle parole, Naruto ebbe conferma della sua teoria. Ma per esserne certo, aveva bisogno di chiedere a qualcuno più esperto di lui.
Chiuse gli occhi, immergendosi nelle sua coscienza. La gabbia di Kurama scintillava davanti a lui, il demone lo guardava con occhi di fuoco.

«Hai sentito anche tu, Kurama?»
«Si»
«Cosa ne pensi?»
Naruto voleva sapere tutto.

Kurama chiuse un attimo gli occhi, per poi rispondere.
«Quel ragazzo manifesta tutti i segni dello status di Jinchuuriki: follia, rabbia, istinto omicida. Il suo demone lo ha liberato dall'illusione del tuo amico con una facilità disarmante. Il suo potere di controllare la sabbia appartiene ad un solo essere: Shukaku, l'Ichibi, il Tasso Monocoda. Quel ragazzo è la sua forza portante.
Non mi sorprende che abbia quelle tendenze omicide: Shukaku ha il vizio di impossessarsi dei suoi Jinchuuriki durante il sonno, perciò quel ragazzo non può mai dormire, per impedire che il Tasso prenda il sopravvento, e questo gli ha causato instabilità mentale. Se non fosse solo un misero umano, probabilmente mi dispiacerebbe per lui.»

Naruto annuì, anche se infastidito dal tono usato dal demone, ma non ribattè, e tornò alla realtà. La situazione era più complicata del previsto.
«Maestro Kakashi, deve far sospendere l'incontro! Sasuke non può affrontare un avversario del genere!»

Il ninja-copia, incuriosito, si avvicinò a lui, in modo che Naruto potesse parlare senza essere udito da altri.
«Cosa sai che io non so, Naruto?»
«Ho parlato con il Kyuubi, e anche lui è d'accordo con ciò che penso: Gaara è la forza portante del Monocoda. Non so se è in grado di controllarlo, ma se perde il controllo saranno guai! Deve salvare Sasuke!»

Naruto aveva evitato di proposito di usare il nome di Kurama, poichè aveva deciso che se il demone aveva fatto storie per dire a lui il suo nome, non sarebbe stato giusto rivelarlo a chiunque.
Lui era il Jinchuuriki, solo lui aveva avuto il privilegio di sapere quel nome, e lo avrebbe rivelato ad altri solo se Kurama l'avesse voluto.

Kakashi tornò a fissare l'allievo che combatteva. Non poteva interferire, glielo aveva promesso.
«Non posso farlo, Naruto. Sasuke deve combattere finchè può. Se intervenissi, non me lo perdonerebbe mai. Ma se dovesse trovarsi in pericolo non esiterò a salvarlo, di questo puoi stare sicuro.»
Kakashi aveva usato un tono che spense ogni replica da parte di Naruto, che rimase così a osservare il duello.


Sasuke, nel frattempo, aveva cercato in ogni modo di colpire Gaara.
Dato che armi e Taijutsu erano inutili, aveva dato fondo alle sue tecniche di fuoco, cercando di sfondare la difesa dell'avversario.
L'offensiva si era però rivelata inutile, poichè l'avversario aveva fatto ricorso alla sua tecnica di protezione assoluta: chiuso in un guscio di sabbia dal quale uscivano degli spuntoni ogni volta che qualcuno si avvicinava. La consistenza della sabbia che formava il guscio era stata modificata fino a renderlo duro come la pietra, e il rosso vedeva ciò che succedeva all'esterno grazie alla sua Tecnica dell'Occhio di Sabbia. Aveva creato una difesa pressochè impenetrabile.

A Sasuke non restava che tirare fuori il suo asso nella manica. Corse sulla parete dello stadio, rimanendovi attaccato con i piedi grazie alla tecnica di arrampicata verticale, e iniziò a concentrare chakra alterato nel tipo fulmine nella sua mano sinistra, sulla quale apparve un flusso di energia elettrica.


«Kakashi, tu sei pazzo! Gli hai insegnato il Mille Falchi!? Ma come ti è venuto in mente? È una tecnica estremamente pericolosa anche per l'utilizzatore!»
Gai era fuori di sè, ma Kakashi rispose con calma olimpica.
«Ha parlato quello che ha insegnato al suo allievo l'apertura dei cancelli del chakra. Almeno il Mille Falchi non è una tecnica proibita...
E poi Sasuke è perfettamente in grado di usarlo senza rischi, forse anche meglio di me.»

Era vero, Kakashi non correva rischi grazie al suo Sharingan nell'occhio sinistro, e Sasuke aveva uno Sharingan non solo completo, ma anche superiore al suo. Dopo la frecciata sull'apertura dei cancelli, Gai non potè replicare.


Il moro si scagliò contro il guscio di sabbia, con la mano pervasa dai fulmini. Dallo scudo uscirono degli spuntoni per fermarlo, ma grazie allo Sharingan lui riuscì a piegarsi in modo da non farsi colpire, e mandò a segno il suo colpo.

«Arte del Fulmine: Mille Falchi!!»
La mano del moro perforò il guscio, arrivando a colpire l'avversario.
Gaara provò, per la prima volta nella sua vita, paura. Toccandosi la ferita e vedendo la sua mano sporca di sangue, perse la testa. Il guscio di sabbia andò in frantumi, ma ciò che ne emerse non era più Gaara.
La sabbia aveva formato un braccio demoniaco e una coda, e i suoi occhi erano ora gialli su fondo nero. La sua espressione era di pura follia omicida.


«Kankuro, è il momento!»
Temari chiamò il fratello, ed entrambi si gettarono nel campo di battaglia, affiancando il fratello. Nello stesso momento, tutto lo stadio di mosse.
I ninja della Sabbia e del Suono lanciarono un Genjutsu che fece addormentare tutti nello stadio, tranne i ninja, che respinsero la tecnica. Allora gli shinobi del Suono e della Sabbia si lanciarono all'attacco di quelli della Foglia, che reagirono prontamente.

Il Kazekage afferrò Tsunade da dietro, puntandole un kunai alla gola e portandola sul tetto dell'edificio. Jiraiya, vedendo la scena, si fiondò ad aiutarla.
Fece giusto in tempo a raggiungerla, perchè quattro ninja del Suono circondarono il tetto, e lo rinchiusero in una barriera quadrangolare. Ora nessuno poteva entrare o uscire.


I tre fratelli Sabaku si diressero verso le uscite dell'arena. Loro fratello Gaara non poteva scatenarsi all'interno del villaggio, o avrebbe ucciso indiscriminatamente sia i ninja del Suono e della Sabbia che quelli della Foglia. Deciso a non lasciarli scappare, Sasuke si lanciò al loro inseguimento.
Kakashi, con la coda dell'occhio, vide Sasuke inseguire i tre fratelli.
«Sakura, Naruto! Andate con Sasuke, non può affrontare quei tre da solo!»

Naruto lanciò uno sguardo a Hinata, preoccupato. Suo padre aveva appena atterrato da solo una trentina di nemici, senza apparente difficoltà, e dietro di lui cinque membri della casata cadetta proteggevano Hinata e sua sorella Hanabi. Decisamente, non aveva motivo di preoccuparsi per lei.
Perciò lui e Sakura si fiondarono da Sasuke, raggiungendolo in pochi secondi, e inseguirono il trio fuori dal villaggio, nella foresta...


«Perchè lo sta facendo? Il Suono e la Sabbia si sono alleate contro Konoha? Avete intenzione di causare una nuova guerra?»
Tsunade interrogava il Kazekage senza la minima traccia di paura. Poteva combattere contro chiunque, e al suo fianco c'era Jiraiya.
Ma il Kazekage rise, una risata fredda e agghicciante, densa di una follia malcelata.

«Eheheheheh... È da molto tempo che aspetto l'occasione giusta per distruggere questo villaggio, che non ha fatto altro che tradirmi ed esiliarmi. I ninja della Sabbia sono agli ordini di queli del Suono, che rispondono solo a me. Non hai ancora capito chi sono, Tsunade?»

La sua voce cambiò, da calda e rassicurante divenne fredda e bassa, come un sibilo. Tsunade allora capì con chi aveva a che fare...
«Ma certo... Non potevi che essere tu... Dimmi, che fine ha fatto il vero Kazekage, Orochimaru?»


Orochimaru ridacchiò, e lasciò andare Tsunade, che si portò al fianco di Jiraiya, mentre il Sannin delle serpi si strappava la faccia del Kazekage, mostrando il suo vero volto. Liberandosi anche dei vestiti cerimoniali da Kazekage, iniziò a schernire i suoi due vecchi compagni di squadra.

«Non ricordo di preciso dove ho lasciato il suo cadavere, credo in una fossa dalle parti del confine tra il Paese del Fuoco e quello del Vento.
E così sei diventata Hokage, Tsunade. Sai, prima che diventassi un traditore, quando il maestro Sarutobi si ritirò alla fine della Terza Guerra, il ruolo di Quarto Hokage fu offerto a me. Ma non avevo alcuna speranza di vincere contro la forza e la popolarità di Minato.
Ma adesso non ha più importanza. Il ragazzo della sabbia, Gaara, custodisce in sè il Demone Tasso Monocoda. Quando si scatenerà, nessuno di voi potrà fermarlo. Domani, il Villaggio della Foglia sarà solo un ricordo...»

Tsunade e Jiraiya lo ascoltavano terrorizzati. Loro erano bloccati lì con lui, e Gaara era libero di agire indisturbato! Tsunade rischiava di passare alla storia come l'Hokage che lasciò che il villaggio venisse distrutto nel giorno stesso della sua nomina...


Da lontano, mentre annientava con facilità i nemici che lo assalivano, Hiruzen vide la scena che si stava svolgendo sul tetto. E così, Orochimaru alla fine era tornato. Ma lui era il suo maestro, ed era suo compito occuparsene. Lasciando la situazione in mano a Kakashi, si lanciò in soccorso dei suoi allievi.

«Bene, Kakashi... Sfida a chi ne fa fuori di più?»
Gai era esaltato dalla situazione, schiena contro schiena con il suo rivale di sempre. Il ninja-copia, con un ghigno, estrasse la Kubikiri Hocho, e si alzò il coprifronte per mostrare lo Sharingan.
«Sai che hai già perso in partenza, vero?»

E con quest'ultimo scambio di battute, i due si divisero per fare piazza pulita di nemici.


 

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Capitolo 33
*** Sannin e Hokage, Battaglia Titanica ***


Sannin e Hokage, Battaglia Titanica


 

Jiraiya e Tsunade si misero in posizione di combattimento, pronti a fronteggiare l'eremita delle serpi. Quest'ultimo li guardava sprezzante.
«Credete davvero che sia giunto qui senza assi nella manica? Sai, Tsunade, se tu fossi venuta con me, avresti potuto riabbracciare Dan...»

Tsunade sgranò gli occhi. Cosa? No, no era possibile...
«Cosa diavolo stai dicendo? Dan è morto!»
Il ricordo della morte del suo amato era sempre doloroso, ma non si sarebbe mai fatta ingannare da un trucco simile. Ma Orochimaru sorrideva sadico.
«È proprio per questo che solo io posso riportarlo in vita. Hai capito finalmente? Si, ora finalmente la conosco... la tecnica proibita del Secondo Hokage!»

La rivelazione di Orochimaru fece allarmare ancora di più i due Sannin.
Se davvero il loro nemico conosceva quella tecnica, erano in guai seri...
Deciso a fermarlo prima che potesse fare qualsiasi cosa, Jiraiya preparò i suoi capelli per usare la tecnica che li sparava come chiodi.
Ma Orochimaru fu più veloce: mentre i capelli dell'eremita dei rospi si irrigidivano, lui compose sei sigilli. Topo, bue, scimmia, tigre, drago, cinghiale. Appoggiò una mano a terra, come per una Tecnica del Richiamo.
«Edo Tensei!»
«Tecnica della Tempesta di Aghi!»

I proiettili partirono dalla chioma di Jiraiya, ma non raggiunsero mai l'avversario. Dal terreno, in seguito alla sua tecnica, una bara spuntò dal terreno, fermando i colpi. A questa se ne aggiunse un'altra, di fianco, mentre una terza bara spuntava lì accanto.
Ma quest'ultima uscì dal terreno solo per metà, per poi ritornare sottoterra e sparire.

«Mmm... A quanto pare il terzo non è andato a buon fine. Immagino sia colpa del Sigillo... Ma non ha importanza, i miei due alleati sono più che sufficienti contro di voi... Guardateli bene, li riconoscete?»


Alle sue parole le bare si aprirono, e due figure uscirono da esse. Sembravano umani, ma la loro pelle era ricoperta da crepe ovunque.
Il primo vestiva un'armatura da samurai rossa su un completo blu scuro, con capelli castani lisci lunghi fino alla schiena.
Il secondo somigliava incredibilmente al primo, ma vestiva un'armatura celeste sullo stesso vestito blu, e aveva i capelli grigio chiaro e gli occhi rossi.
Mentre il primo indossava un coprifronte della Foglia, il secondo aveva sulla faccia una maschera che copriva i suoi zigomi e la sua fronte, lasciando scoperto il volto, con il simbolo di Konoha stampato sulla fronte.
Tsunade ebbe un sussulto nel riconoscere nel primo di loro... suo nonno.
Davanti a loro, si ergevano i primi due Hokage: i due fratelli Hashirama e Tobirama Senju.

I due si guardarono, con espressione dapprima confusa, poi incuriosita.
«Fratello, questa non è la tua tecnica? Chi ci ha riportato indietro? E voi chi siete?»
Hashirama si rivolse prima al fratello, poi ai due che aveva di fronte.

«Nonno... sono io... Tsunade...»
La bionda guardava suo nonno come ipnotizzata, incredula nel rivederlo nuovamente in vita.

«Tsunade? Sei davvero tu? Sei cresciuta molto, nipotina mia!»
Se fosse stato libero di agire, probabilmente Hashirama si sarebbe diretto all'istante ad abbracciare la nipote, ma nella nuca sua e del fratello venne piantato da Orochimaru un kunai, a cui era legato un talismano di sigillo. Questo sprofondò nella pelle dei due, come se lo avessero assorbito.

«Sarebbe tremendamente rischioso non avere il controllo su di loro, perciò questi sigilli sono stati creati per azzerare la loro volontà. D'ora in poi, ubbidiranno solo a me...»

Orochimaru esibiva un ghigno di vittoria stampato in volto: con i primi due Hokage dalla sua parte, avrebbe annientato loro due e tutto il villaggio in pochi minuti. Gli sarebbe piaciuto avere anche il Quarto Hokage dalla sua parte, ma a quanto pare la tecnica che aveva usato in punto di morte per sigillare il Kyuubi aveva interferito con l'Edo Tensei.
Dal canto loro, nel momento in cui l'eremita delle serpi piantò loro il kunai dietro la testa, i due Hokage redivivi persero ogni espressione facciale, e i loro occhi si spensero, divenendo completamente neri. Entrambi assunsero la posa di combattimento, pronti ad eseguire gli ordini del loro padrone.


Tsunade e Jiraiya non avevano idea di cosa fare. Già Orochimaru da solo era un avversario formidabile anche per loro due insieme, ma ora che si trovavano ad affrontare i primi due Hokage sapevano di non avere speranze.
Hashirama Senju, da solo, sarebbe stato capace di annientarli entrambi, dato che era conosciuto come il ninja più potente di tutti i tempi, dopo che aveva sconfitto il leggendario Madara Uchiha.
Ma i due non si persero d'animo. Decisi a difendere il villaggio anche a costo della vita, si lanciarono all'attacco.

Hashirama unì le mani, e dal terreno spuntarono enormi tronchi e rami, che si scagliarono contro i due Sannin. La sua Arte del Legno non aveva nulla a che vedere con quella di Naruto, poichè lui ne era la fonte originale, e la sapeva utilizzare ad un livello infinitamente superiore.
La sua abilità innata del Mokuton aveva reso famoso il nome del clan Senju al pari di quello Uchiha, e Jiraiya e Tsunade si rendevano perfettamente conto del motivo di ciò.

I due Sannin però non si lasciarono catturare: mentre Tsunade spezzava a suon di pugni i rami più vicini, e li lanciava contro Orochimaru per impedirgli di avvicinarsi, Jiraiya aveva raccolto un'enorme quantità di chakra di tipo fuoco. Tsunade si spostò al momento perfetto.


«Arte del Fuoco: Grande Esplosione!»
Un enorme getto di fiamme fuoriuscì dalla bocca dell'eremita dai capelli bianchi, abbattendosi sulla foresta appena nata e dandole fuoco in un attimo, avvolgendo tra le fiamme anche i tre avversari.
Incredibile come, nonostante fossero passati molti anni da quando erano compagni, Jiraiya e Tsunade riuscivano ancora a collaborare alla perfezione.

Ma il loro momento di vantaggio cessò subito. Un'enorme muro d'acqua sorse all'interno delle fiamme, spegnendole come un fiammifero.
Al centro di questo muro il Secondo Hokage aveva le mani unite, e si preparava ad attaccare.

"Incredibile! È stato capace di usare la Tecnica del Muro d'Acqua senza nessuna fonte d'acqua nelle vicinanze, ma solo condensando tra loro le molecole di idrogeno e ossigeno presenti nell'aria!"
Sia Tsunade che Jiraya rimasero sconvolti dalla dimostrazione di maestria nell'Arte dell Acqua del Secondo Hokage, che ai suoi tempi era divenuto celebre per aver sconfitto i migliori maestri dell'Acqua del Villaggio della Nebbia con le loro stesse armi.

«Arte dell'Acqua: Esplosione Acquatica!»
Un'enorme ondata travolse i due Sannin, che lottavano per tenersi in piedi. Divincolatisi dalla morsa dell'acqua, tornarono all'attacco...


Più andavano avanti nello scontro, più si rendevano conto che non avevano alcuna speranza.
Orochimaru sembrava non voler intervenire, limitandosi a guardare compiaciuto la disfatta dei suoi ex compagni. Dopo tanti attacchi da parte di entrambi gli schieramenti, i due Sannin si trovarono allo stremo delle forze, mentre i due Edo Tensei non sembravano accusare minimamente la fatica. C'era qualcosa che non andava...
Anche per ninja di quel calibro, usare tecniche così potenti per così tante volte non poteva essere una cosa da nulla, avrebbero dovuto subirne gli effetti collaterali, o quantomeno stancarsi. Fu Orochimaru a fugare i dubbi dei due:

«Se sperate di farli stancare e poi prenderli per sfinimento, vi conviene cambiare tattica: coloro che vengono richiamati con l'Edo Tensei hanno a loro disposizione una fonte di chakra illimitata.»


Con quelle parole, aveva appena emesso la sua sentenza di morte. Con un movimento tanto rapido che i due non riuscirono a difendersi, dei grossi rami spuntarono dal terreno e li avvolsero, sollevandoli da terra. Erano spessi come tronchi d'albero, e nemmeno con la sua forza sovrumana Tsunade riusciva a liberarsi. Quei rami li stritolavano, mentre ogni loro speranza svaniva. Tsunade si faceva sempre più debole, la sua vista cominciava ad annebbiarsi, mentre i suoi pensieri la tormentavano...

"Che ironia... Sono diventata Hokage, ho realizzato il tuo sogno, Dan, solo per morire il giorno stesso della mia nomina, e condannare il villaggio...
Almeno, ora ti raggiungerò... Mi dispiace solo... di non aver mai detto a Jiraiya ciò che provo per lui... Chissà tu cosa avresti pensato..."

Mentre Tsunade si abbandonava alle braccia della morte, un rumore forte la ridestò. Si ritrovò a terra libera dai rami, che giacevano a pezzi intorno a lei. Disorientata, mentre si rialzava e tornava vigile notò una figura familiare davanti ai suoi occhi. Anche Jiraiya si era ripreso, e riconobbe davanti a sè il maestro Sarutobi. Doveva essere stato lui a liberarli dai rami. Ma...

«Maestro! Come ha fatto a penetrare nella barriera?»
Hiruzen si voltò leggermente verso di lui, mentre anche Orochimaru, con aria sorpresa, ascoltava interessato.
«Avevo con me dei talismani che permettono a chi li indossa di passare attraverso questo tipo di barriere. Sono molto rari e costosi, erano uno dei miei tesori, ma usarne uno è stato necessario. E ora, prendete!»

Hiruzen lanciò ai due un talismano ciascuno, con scritto il kanji "Passaggio".
«Indossateli, e uscite dalla barriera. Io sono l'unico a poter affrontare questi avversari, voi andate ad aiutare il resto del villaggio!»

Tsunade era scandalizzata.
«Maestro, non può dire sul serio! Sa meglio di noi chi sono gli avversari, non può affrontarli da solo!»
Fece per raggiungere il Sandaime, ma Jiraiya la trattenne, con espressione seria. Aveva capito cosa aveva in mente il loro maestro. Questo rivolse loro il suo ultimo ordine, come maestro e come Hokage.

«So come fermarli, ma non posso farlo con voi vicino. E poi, la mia vita è giunta alla fine, preferisco morire salvando il mio villaggio che osservandone la distruzione. E ora andate, svelti!
Però fatemi una promessa: se io non dovessi tornare, occupatevi di Naruto, dategli la famiglia che non ha mai potuto avere. Lo affido a voi, siete i suoi padrini dopotutto, è vostro compito. E ora, fuori di qui!»

Tsunade non voleva abbandonare il maestro, ma Jiraiya fu svelto: la prese di forza, applicando su di lei e su sè stesso i talismani, e prima che lei potesse reagire la portò insieme a sè al di fuori della barriera.

Una volta fuori la lasciò andare, e lei si avvicinò nuovamente alla battiera, tantando di rientrare.
Picchiava inutilmente contro la parete di energia, ma non poteva più passarvi: i talismani erano svaniti in fumo dopo aver assolto la loro funzione. Ora, il loro maestro era da solo.


Ci volle qualche minuto prima che Tsunade si riprendesse, non voleva accettare di non poter intervenire per aiutare il suo maestro. Lui c'era sempre stato quando loro tre avevano avuto bisogno di aiuto, e ora che era lui ad essere in difficoltà non poteva fare nulla per aiutarlo...
Ma lei era l'Hokage, non poteva cedere alla frustrazione e alla disperazione, il popolo aveva bisogno del suo intervento.


Alla fine, lentamente, si rialzò. I segni delle lacrime erano più che evidenti sui suoi occhi, ma la sua espressione era di fredda risolutezza.
Eseguendo l'ultimo ordine del Terzo Hokage, i due si fiondarono per le strade del villaggio, aiutando a combattere o curando i feriti dove ce n'era bisogno.

Hiruzen scrutava i suoi tre avversari con aria minacciosa, la sua ultima battaglia stava per avere inizio...


 

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Capitolo 34
*** Il Dovere di un Hokage ***


Il Dovere di un Hokage


 

Il Terzo Hokage teneva gli occhi fissi sui suoi tre avversari, senza mostrare alcuna paura. Incrociò lo sguardo di tutti e tre: i due privi di espressione di Hashirama e Tobirama, quello sadico e divertito di Orochimaru.

Orochimaru, il migliore dei suoi allievi... Ricordava benissimo quando lo aveva portato con sè al cimitero di Konoha, il giorno in cui l'aveva conosciuto...


*Flashback*

Hiruzen camminava svelto, tra le lapidi, mentre un dodicenne Orochimaru, alle sue spalle, arrancava a fatica.

«Maestro, ma perchè mi ha portato qui?»
Non sapeva spiegarselo. Perchè fargli vedere delle vecchie tombe? Cosa poteva guadagnarci?

«Qui, Orochimaru, riposano i più grandi eroi della Foglia, coloro che noi ricordiamo per la loro forza e il loro valore. Qui, in particolare...»
Si erano fermati, davanti alla grande tomba al centro del cimitero, un enorme monumento con scolpita una fiamma rossa.
«...riposano i due più grandi ninja della Foglia. I primi due Hokage, Hashirama e Tobirama Senju.»

Orochimaru osservava e ascoltava. In effetti valeva la pena di fare quella scarpinata per ammirare i monumenti eretti a ricordo di quei due ninja così potenti, ma non riusciva comunque a trovare utilità in quella visita, nè riusciva a comprendere ciò che Sarutobi voleva comunicargli.
Perchè sacrificarsi per il villaggio? Quelli che non sono in grado di difendersi da soli non meritano di sopravvivere. E poi quei due, se erano così forti, perchè hanno lasciato che la morte li fermasse? Lui non avrebbe seguito la loro sorte...
No, da quel momento decise che avrebbe trovato il modo di vincere anche la morte. La domanda del maestro lo ridestò da quei pensieri.

«Dimmi, Orochimaru, qual è il tuo desiderio? Cosa ti spinge a combattere?»
Il ragazzino dalla pelle chiara e i capelli neri non esitò a rispondere.
«Cosa voglio? Voglio diventare il migliore.
Lei è famoso per essere il miglior conoscitore di tecniche nel villaggio, beh, io voglio superare anche lei, maestro!»

Sarutobi lo guardò con un misto di orgoglio e sospetto.
«Va bene essere ambiziosi, Orochimaru, ed è destino che gli allievi superino i maestri, prima o poi, ma non diventare avido: troppa bramosia di potere porta all'oscurità. Non dimenticare mai i valori che gli Hokage del passato ci hanno lasciato.»

Ancora quella storia dei valori. Difendere i propri amici, la propria partia, sacrificarsi per le persone care... Tutto ciò non aveva senso per Orochimaru.
Loro erano ninja, vivevano nell'ombra, uccidevano per ordine di altri. Il loro destino era di imporsi sugli altri, non aveva senso seguire certe idee...


Mentre rifletteva, il suo sguardo cadde su un piccolo oggetto a terra. Incuriosito, lo raccolse e lo esaminò. Sembrava una pelle di serpente, bianca, traslucida. Era ancora umida, quindi non doveva essere lì da molto. Sarutobi lo notò.

«Sei fortunato, Orochimaru: quella è la pelle di un serpente bianco. È molto raro avvistare questi animali in queste zone, si dice che trovare una loro pelle sia un presagio per un futuro di potere...»

Orochimaru non poteva essere più d'accordo. Come i serpenti, che guarivano dalle ferite cambiando pelle, così lui avrebbe lasciato indietro tutte le sue debolezze. Sarebbe diventato proprio come un serpente bianco.
E se una sola vita non gli fosse bastata per imparare tutte le tecniche del mondo, allora avrebbe trovato il modo di vincere anche la morte...


*fine flashback*


Che ironia, quel giorno così lontano non era mai sembrato presente come in quel momento. Orochimaru aveva preso alla lettera ciò che Hiruzen aveva detto.
Gli esperimenti che aveva condotto su di sè negli anni, uniti alla sua arte eremitica dei serpenti, lo avevano reso simile anche nel corpo a quell'animale a lui così caro.

Ma adesso non era più tempo di elogiare il suo allievo per averlo superato. Perchè si, Orochimaru ormai era più potente di lui. Ma non poteva cedere, doveva difendere il villaggio ad ogni costo.
Era quello il dovere di un Hokage, e l'avrebbe onorato fino alla morte.

Lo scontro iniziò, Hiruzen fece dei sigilli: Pecora, cavallo, serpente, drago, topo, toro, tigre.
«Arte del Fuoco: Fiato Ardente del Drago!»

Un'enorme vampata di fuoco avvolse i suoi tre avversari.
Il calore era così forte che la fiamma, dapprima rossa, iniziò ad assumere un colore prima biancastro e poi tendente al blu. Ma per quanto potente, non bastava a fermare l'abilità di Tobirama.
Come già fatto prima contro i due Sannin, Il Nidaime si difese con il Muro d'Acqua, per poi contrattaccare con l'Esplosione Acquatica.
Hiruzen, vedendo l'enorme ondata pronta a travolgerlo, ricorse all'Arte della Terra.

«Arte della Terra: Grande Muro di Roccia!»
Un'enorme parete di roccia si erse dal terreno, bloccando la grande massa d'acqua. Hiruzen atterrò sopra il lago che si era formato, e un nuovo avversario si diresse al suo assalto.
Hashirama sfruttava la tecnica della camminata sull'acqua ad un livello superiore: emettendo il chakra in direzione opposta, scivolava sull'acqua come su una tavola da surf, muovendosi a grande velocità. Raggiunto il Sandaime, ingaggiò con lui un violento corpo a corpo, raggiunto dopo pochi secondi dal fratello.

Hiruzen faticava a tenere loro testa, dopotutto la suà età lo metteva in condizioni difficili, ma i due avversari non avevano coscienza e non erano al massimo dei loro poteri, dunque riuscì a distanziarli con un potente calcio e con una presa. Hashirama, atterrando in piedi, era già pronto a contrattaccare, e questa volta faceva sul serio. Non si era accorto però che Hiruzen era riuscito a piazzare delle carte-bomba sulla sua gamba e sul braccio del fratello.


«Arte del Legno: Crescita Rigogliosa!»
Lo Shodaime scagliò tutta la potenza della sua abilità innata contro il Sandaime, che saltava da un ramo all'altro evitando di farsi catturare.
Avvistato il Nidaime, che si stava avventando su di lui dall'alto, agì. Con un sigillo fece esplodere le due carte-bomba, interrompendo l'attacco di Hashirama e atterrando Tobirama. Non aveva molto tempo, fece cinque sigilli.

«Tecnica del Richiamo!»
Con una nuvola di fumo, una grossa scimmia apparve dinanzi a lui. Il re delle scimmie, Enma, aveva risposto al suo richiamo.
«Sarutobi, cosa succede?» Chiese lo scimmione con aria irritata.
«Enma, ti prego, devi aiutarmi. Il villaggio è sotto attacco di Orochimaru, e io sto affrontando lui e i primi due Hokage!»

Enma si guardò intorno, capendo al volo la situazione. Orochimaru osservava la scena compiaciuto, mentre i due zombie si rialzavano. La ferita inferta loro dalle carte-bomba si era già rigenerata, su qualcuno rianimato dall'Edo Tensei non aveva senso infliggere ferite fisiche.
«Hai un piano, Sarutobi?»
«Si, ho bisogno del Bastone Adamantino.»

All'udire quelle parole Orochimaru rabbrividì, correndo ai ripari. Dalla sua bocca emerse un serpente, dalla cui bocca uscì a sua volta una spada: la leggendaria Kusanagi, la Spada del Serpente.
Nel frattempo, Enma si era trasformato in un grosso bastone nero con le estremità gialle. Il Bastone Adamantino: un'arma indistruttibile, capace di cambiare lunghezza e spessore. Era un'arma che nei decenni passati aveva seminato il terrore nei campi di battaglia in cui Hiruzen era sceso.
Con quello strumento in mano, Hiruzen si avventò contro la serpe bianca. Le due armi cozzarono l'una contro l'altra. Nonostante la durezza del bastone la spada faceva comunque male, ed Enma si lasciava sfuggire un gemito ogni tanto.

Il duello durò pochi secondi, tempo per i due Edo-Hokage di intervenire. Era proprio quello che Hiruzen aspettava: con un volteggio, il bastone si allungò improvvisamente, e ruotando su sè stesso il Sandaime lo usò per spazzarli via e atterrarli tutti e tre. La Kusanagi cadde a terra, a pochi metri dal suo proprietario.

Ora doveva agire, e in fretta anche. Con lo stesso sigillo che Naruto usava sempre, creò due cloni. Poi, contemporaneamente, i tre si misero ad eseguire una lunga sequenza di sigilli. Fino a quel momento, l'unico che aveva osato portare a termine quella tecnica era stato Minato, quel tragico giorno di tredici anni prima.
Non avrebbe mai pensato che sarebbe arrivato al punto di usare quella tecnica contro quelli che erano stati i suoi maestri, ma loro due sarebbero stati d'accordo, se questo serviva a proteggere la Foglia.


Al termine della sequenza, la figura spettrale di uno Shinigami apparve alle spalle dell'originale. Aveva una collana di perle rosse avvolta intorno al braccio, e una spada corta tra i lunghi denti. Dei segni neri, simili al Segno Maledetto di Sasuke, scorrevano lungo la sua mano, e quando questa ne fu ricoperta il mietitore la conficcò nella schiena di Hiruzen. Questo provò una fitta di dolore, sentendo la sua anima percossa da quel potere. Ma ormai aveva iniziato, non poteva tirarsi indietro.

I suoi cloni si lanciarono sui due Hokage, afferrandoli per le spalle. Nel momento in cui li immobilizzarono, la mano dello Shinigami uscì dal ventre dei cloni, entrando in quello delle due vittime. Uscendo, ogni mano portò con sè qualcosa che sembrava chakra, che aveva la stessa forma del suo proprietario.

Una tecnica proibita come il Sigillo del Diavolo, che il Quarto Hokage aveva usato per sigillare il Kyuubi, richiedeva di sacrificare la propria vita. L'anima della vittima veniva sigillata insieme a quella dell'utilizzatore. Per questo Orochimaru non aveva potuto resuscitare Minato, perchè la sua anima era sigillata, e non poteva essere richiamata.

La mano rientrò nel ventre dei due cloni, trascinando con sè le anime dei due Hokage, mentre su di loro apparve un sigillo ottagonale. Mentre i due Hokage resuscitati svanivano, Hashirama guardò il Sandaime con sguardo compassionevole.

«Hiruzen... Mi dispiace...»
E i due zombie si dissolsero in polvere. Dai mucchi che formarono, si intravedevano due ninja. Hiruzen li riconobbe: erano Zaku e Kin, i due genin del suono che avevano partecipato alle selezioni assieme a Dosu, inconfondibilmente morti. Orochimaru li aveva usati come sacrifici per l'Edo Tensei.

«Come osi giocare con la vita dei tuoi subordinati! Non hai il minimo rispetto per la vita umana!»
Hiruzen adesso era furibondo. Nella figura del suo allievo più potente, oltre a vedere il potere che avrebbe riempito d'orgoglio ogni maestro, vedeva la sua più grande sconfitta. Non era stato capace di insegnargli i valori del villaggio, che erano più importanti di qualunque tecnica.
Le sue mancanze come apprendista rappresentavano il suo fallimento come maestro.


Orochimaru, d'altro canto, aveva la tentazione di scoppiargli a ridere in faccia per quella frase. Si trattenne dal farlo solo perchè allarmato dalla fine fatta dai due Hokage. Non aveva mai visto quella tecnica, ma se era stata in grado di fermare addirittura due Edo Tensei, era estremamente pericolosa. Non era più sicuro di avere tutto sotto controllo, e questo lo faceva andare fuori di testa. Lui era un maniaco del controllo, e il suo maestro a quanto pare aveva ancora abbastanza assi nella manica per metterlo in difficoltà.

«Non mi importa nulla di loro. Per me non sono altro che pedine, sacrificabili se il mio obiettivo lo richiede. E il mio obiettivo è distruggere il Villaggio della Foglia! Tu non riuscirai a fermarmi, maestro, la partita si chiude qui!»

Orochimaru, più furioso e agguerrito che mai, si avventò contro il suo maestro. Questo lo aspettava, pronto a colpirlo una volta per tutte. Schivò il suo colpo, mentre il bastone agì di sua volontà: si interpose tra i due, colpendo Orochimaru in viso e disorientandolo, permettendo così a Hiruzen di afferrarlo e attuare il sigillo. La mano dello Shinigami entrò in Orochimaru, e iniziò ad estrarne l'anima. Ma l'eremita delle serpi non aveva alcuna intenzione di cedere così facilmente. Con un serpente uscito dalla sua bocca afferrò la Kusanagi, rimasta abbandonata a terra lì vicino, e trafisse il maestro al petto. Rimasero così in una posizione di stallo: Orochimaru non riusciva a muoversi per il dolore, e Hiruzen era indebolito dalla spada e dalla tecnica stessa che stava usando. Il Sigillo del Diavolo lo stava consumando, era sul punto di cedere...

«Arrenditi, maestro! Non riuscirai mai a sconfiggermi!»
Hiruzen incrociò i suoi occhi, con lo sguardo annebbiato dalla fatica e dal dolore. Aveva ragione, non aveva più forze, non sarebbe riuscito a sigillarlo totalmente. Ma era riuscito ad estrarre una parte della sua anima, e se questo bastava per difendere il villaggio, così sia. Con le ultime forze, rispose.

«Sei tu... che... non ce la puoi fare!»
A quella frase, lo Shinigami agì: estrasse la spada dai denti e tagliò l'anima di Orochimaru, sigillandone una parte dentro Hiruzen.

«Sigillo del Diavolo!!»
Con quell'ultima tecnica, Hiruzen si accasciò a terra, prossimo alla morte. Le braccia di Orochimaru si annerirono, come fossero di un cadavere. Hiruzen aveva sigillato la parte della sua anima che controllava le sue braccia. Significava che non aveva più la facoltà di usare le sue tecniche! Il Sandaime lo aveva privato di tutti i suoi poteri!

«NO!! Maledetto! Ridammi le mie braccia!»
Ma Hiruzen non poteva aiutarlo. Nessuno poteva, ormai.
Mentre Il Terzo Hokage scivolava tra le braccia della morte, al limite della barriera arrivò Kabuto. Orochimaru lo vide, e si avvicinò con espressione sofferente.

«Kabuto... presto, andiamocene...»
Orochimaru era più sofferente e dolorante che mai, tanto da far spaventare il suo allievo, che solo in quel momento notò l'aspetto delle sue braccia.

«Maestro! Cosa è successo alle sue...?»
«Non è il momento! Presto, dobbiamo ritirarci!»
Kabuto era sgomento, non aveva mai visto il suo maestro ridotto così male.
Senza farselo ripetere due volte i ninja del Suono annullarono la barriera, e i due sparirono con un richiamo inverso.


Hiruzen era avvolto in un dolce torpore, come se stesse per addormentarsi. Mentre la morte lo accoglieva tra le sue braccia, la sua mente vagò nei ricordi...

Il giorno in cui fu nominato Hokage... il giorno in cui conobbe i suoi tre allievi, che sarebbero poi diventati eroi del Villaggio... il giorno in cui ebbe suo figlio, Asuma ... Il giorno della morte di Minato, quando accettò di occuparsi di Naruto...

Già, Naruto...
Quel ragazzino aveva portato una ventata d'allegria nella sua vita ormai stagnante... E ora come avrebbe fatto senza di lui? Chi mai avrebbe protetto quel ragazzino così solo, così odiato dal Villaggio?

Solo?
No, non era solo. Le immagini di Jiraiya, Tsunade, Kakashi, Sakura, Sasuke e Hinata si alternarono davanti ai suoi occhi. No, loro non lo avrebbero abbandonato.
Naruto avrebbe seguito le orme di suo padre, era il suo destino.
Con questa nuova consapevolezza, un ultimo sorriso prese forma sulle sue labbra. Ce l'aveva fatta, aveva difeso il villaggio, aveva compiuto il suo dovere di Hokage. Ora, la sua vita poteva davvero concludersi, con una morte da vero ninja.
Chiuse gli occhi, ascoltando gli ultimi battiti del suo cuore...


Naruto, Sasuke e Sakura inseguivano i fratelli della Sabbia. Erano stati veloci, avevano raggiunto Sasuke in pochi minuti, ma i fratelli erano già arrivati fuori dal villaggio, e ora li inseguivano nella foresta circostante.
Erano sempre più vicini, mancavano meno di dieci metri, il momento di combattere stava per arrivare...



 

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Capitolo 35
*** Il Marionettista ***


Il Marionettista


 

Temari si voltò verso gli inseguitori, erano arrivati troppo vicini, e Gaara era ancora troppo instabile. Da ciò che aveva sentito Orochimaru era stato bloccato, e l'attacco stava fallendo, quindi suo fratello non poteva più scatenare Shukaku. Non doveva perdere il controllo, o sarebbero stati guai per tutti...


Il team 7 li aveva raggiunti, e i tre erano pronti ad attaccare.
«Vi abbiamo presi!»
Naruto lanciò un kunai contro la bionda, ma qualcuno si intromise. Kankuro aveva fermato l'arma con la propria, e ora stava in piedi di fronte alla squadra.
«Temari, tu vai avanti con Gaara, io li trattengo».
La bionda non se lo fece ripetere due volte, e portò via suo fratello da lì. Sasuke cercò di inseguirlo, ma Kankuro non sembrava intenzionato a lasciarlo andare.

«Dove credi di andare? Da qui non passerete!»
Liberò la sua marionetta, che si avventò su Sasuke pronta a colpirlo. Ma un kunai colpì il burattino, facendolo indietreggiare.
I quattro si voltarono nella direzione da cui l'arma proveniva: su un ramo lì vicino, c'era Shino Aburame.

«Shino! Che ci fai qui? Come sei riuscito a trovarci?»
Sasuke non credeva che qualcuno fosse così abile a cercare altri nella foresta così rapidamente, solo Neji o Hinata, con il loro Byakugan, sarebbero stati in grado di farlo.
Per tutta risposta, Shino indicò la maglia di Sasuke, sulla quale un piccolo insetto zampettava su e giù.
«Quell'insetto è una femmina. Te l'ho messo addosso quando sei passato per inseguire questi tre. Grazie all'olfatto dei miei insetti maschi sono stato capace di seguire la sua scia e raggiungervi.»

Dicendo questo, atterrò tra i tre e il ninja della Sabbia.
«Tu saresti dovuto essere il mio avversario, al torneo. Mi ha lasciato piuttosto amareggiato la tua ritirata, ma immagino che tu dovessi conservare le forze per questa invasione. Ora però avrò l'occasione di affrontarti. Voi tre andate avanti, di lui mi occupo io.»
I tre non si persero in chiacchiere, e ringraziarono Shino scattando avanti, prima che il genin di Suna potesse agire per fermarli. Erano rimasti solo loro due.


Kankuro lo guardava con aria spavalda, non doveva essere poi così forte.
Era sicuro di vincere in un batter d'occhio. Tirò nuovamente fuori la sua marionetta, mentre dalle maniche di Shino si alzava in volo una nube di insetti.
Senza perdere tempo, la marionetta si avventò su Shino estraendo dal polso una lama. Shino la evitò, e notò che sulla lama scorreva un liquido violaceo, che corrodeva il legno su cui si era abbattuta.
"Veleno... Dovrò fare attenzione a non farmi colpire..."

Shino si avventò contro Kankuro, e fece per colpirlo con un pugno, ma il marionettista lo schivò, portando nuovamente all'attacco la sua marionetta e costringendo Shino a una precipitosa ritirata. Dopo un attimo di pausa, Kankuro parlò.

«Credi di poter evitare i miei colpi all'infinito? Ogni singolo pezzo della mia marionetta è un'arma letale!»
E con queste parole il polso dell'essere controllato da Kankuro si svitò, e dal buco lasciato venne sparato un colpo come di cannone.
Shino lo schivò, ma all'impatto una nuvola di fumo viola si diffuse nell'aria. Shino si allontanò il più rapidamente possibile, ma doveva aver inalato parte di quel veleno gassoso, poichè sentiva il suo corpo indebolirsi.
Kankuro lo sorprese alle spalle e lo colpì con una lama, ma il corpo del genin di Konoha si disgregò in una nuvola di insetti.
«Cosa? Una copia di insetti?»

Già, il vero Shino era apparso alle sue spalle, e aveva colpito la marionetta con un calcio, facendola sbattere a terra. Questa però non si era minimamente rovinata, e il suo padrone la scagliò nuovamente all'attacco dell'Aburame.

A metà strada, però, la bambola si immobilizzò. Kankuro non riusciva più a muoverla e, mentre si chiedeva perchè, un grosso gruppo di insetti uscì dalle giunture dell'essere di metallo. Ora era tutto chiaro: Shino li aveva lasciati sul burattino con quel calcio, e gli insetti avevano immobilizzato le articolazioni della marionetta!
Ma Kankuro non avrebbe mai ceduto. Prima di scagliare il suo ulteriore attacco, si accose di una grande quantità di insetti che correvano lungo i fili di chakra che usava per muovere la sua arma. Senza alternative, dovette tagliare i fili, lasciando cadere a peso morto la sua compagna di battaglia. Shino aveva la vista annebbiata, il veleno stava facendo effetto, ma non poteva cedere proprio in quel momento.

Kankuro allora attaccò di sorpresa: a un suo comando, la testa della marionetta si staccò dal resto del corpo e si scagliò contro l'Aburame, estrendo una grossa punta avvelenata dalla bocca. Shino la guardava avvicinarsi, conscio di non riuscire ad evitarla. Ma proprio quando l'arma stava per colpire la sua corsa si fermò, e questa precipitò a terra senza controllo.

«Cosa?! Come hai...»
In quel momento, Kankuro si rese conto di non avere più controllo sul suo chakra. Guardandosi intorno, si ritrovò ricoperto di insetti.

Shino si avvicinò, vincitore.
«Con quel pugno di prima non volevo colpirti, ti ho semplicemente lanciato sul coprifronte un insetto femmina. È tutto lo scontro che i miei insetti non fanno altro che avvicinarsi, seguendo la sua scia, e tu sei stato troppo concentrato su di me per accorgertene.»
Ormai impossibilitato a muoversi, Kankuro precipitò a terra, sconfitto.

Ma la vittoria per Shino non era assoluta. Anch'egli, infatti, si accasciò a terra, gli effetti del veleno erano ormai divenuti insostenibili per lui.
Mentre sveniva, pensò al team 7, forse erano riusciti a raggiungere Gaara...


Temari saltava da un ramo all'altro, guidando Gaara. Kankuro aveva detto che li avrebbe trattenuti, ma quei tre dovevano essere riusciti a eluderlo, perchè non li avevano mollati un attimo, e ora li avevano raggiunti.
Senza più vie di fuga, Temari estrasse il ventaglio, preparandosi a combattere.
Anche Gaara si era in parte ripreso, anche se restava trasformato, e colpì con un'ondata di sabbia. Sasuke e Naruto la evitarono, ma Sakura fu colpita in pieno finendo immobilizzata contro un albero, priva di sensi.

«Sakura!»
Sasuke era preoccupato per lei, ma dopo essersi accertato che fosse ancora viva non potè far altro, perchè Temari lo prese di mira con le sue tecniche di vento.
Naruto nel frattempo si era scagliato contro Gaara, che lo aveva accolto con gioia, pregustando lo scontro che tanto aveva atteso.


Sasuke affrontava Temari come meglio poteva, ma anche con il vantaggio dell'elemento a suo favore, la bionda rispondeva efficacemente alle sue tecniche di fuoco, e lui era già debilitato dallo scontro sostenuto prima con Gaara. Non ebbe altra scelta che usare nuovamente il Mille Falchi.

Si avventò su di lei con la mano pervasa dal chakra, deciso a terminare lì lo scontro.
La bionda lo parò con il ventaglio, ma fu sbalzata all'indietro dalla violenza dell'impatto, e finì contro un albero. Entrambi caddero in ginocchio, allo stremo delle forze, mentre Naruto e Gaara si battevano come demoni.

Naruto sentiva una strana eccitazione nell'affrontarlo, forse dettata dall'istinto della Volpe che fluiva attraverso di lui. Anche se non stava usando il suo chakra, la presenza del Demone Tasso doveva averlo in parte risvegliato.


Gaara si muoveva come un colosso, distruggendo tutto ciò che toccava. La sua espressione era completamente folle, il suo istinto omicida era ai massimi livelli. Naruto non aveva modo di avvicinarsi per attaccarlo direttamente, perciò decise di usare quanti più cloni possibile. Usò la sua tecnica come mai prima d'ora, generando oltre duemila cloni. Essi si avventarono contro Gaara, stupefatto di trovarsi di fronte un vero e proprio esercito, al punto da non riuscire a contrattaccare.

"Chi sei tu, Naruto Uzumaki? Come fai a non temermi?"
Questo era il pensiero che martellava la coscienza del rosso, mentre i cloni lo colpivano come se non ci fosse stato un domani. Quando la situazione raggiunse il momento più critico per il rosso, il suo istinto ebbe la meglio sulla ragione. Un'enorme esplosione di sabbia scagliò tutti lontano, distruggendo tutti i cloni del biondo e abbattendo numerosi alberi.


Temari alzò lo sguardo, e il terrore più puro si impadronì di lei: Gaara aveva perso totalmente il controllo. Davanti a loro, enorme come una montagna, si ergeva Shukaku, il Demone Tasso Monocoda.
Seguendo l'istinto di sopravvivenza, Temari non ci pensò due volte e scappò il più velocemente possibile da quell'inferno.

Sakura era libera dalla prigone di sabbia che l'aveva tenuta immobilizzata fino a quel momento, ma era ancora priva di sensi, e rischiava di venire colpita da quel mostro se fosse rimasta lì.
Sasuke guardava atterrito il demone che aveva davanti. E così era quello il famoso compagno di squadra che aveva aiutato Gaara contro la sua illusione. In quel momento, ebbe paura come non ne provava da oltre sei anni, da quando aveva assistito al massacro della sua famiglia. Quel mostro avrebbe potuto radere al suolo il villaggio in pochi secondi.
Lui non aveva più le forze per combattere, nemmeno usando il Mangekyo Sharingan. La sua attenzione fu richiamata da Naruto.


Il biondo aveva appena avuto tutte le conferme di cui aveva bisogno, e in lui si era fatta strada la consapevolezza di essere l'unico in grado di fermarlo.
Come Gaara, anche lui custodiva un demone, ed era arrivato il momento di sfruttarne il potere. Ma lui aveva anche un'altra arma dalla sua parte, qualcosa che aveva ereditato da sua madre, e ora era intenzionato a scatenare tutta la potenza della sua abilità segreta...

«Sasuke!»
Al suo richiamo, il moro si voltò. La sua espressione esausta e terrorizzata lasciava intendere che non era minimamente nelle condizioni di combattere. «Prendi Sakura e andatevene il più velocemente possibile. Io resto qui a fermarlo.»

«Naruto, ma sei impazzito!? Come puoi anche solo pensare di batterti con un essere del genere!?»
Sasuke non aveva idea di cosa avesse in mente il biondo. Che avesse deciso di sacrificarsi per far scappare lui e Sakura? No, non glielo avrebbe mai permesso.
Ma la risposta che ricevette dal biondo lo sorprese come non mai.

«Fà come ti dico! Sai benissimo che io sono l'unico in grado di fermarlo, e sai anche perchè!»
Con i suoi occhi azzurri Naruto lo fissò intensamente, sollevando la mano destra stretta a pugno, e mostrandogli il marchio sul dorso.
In quel momento Sasuke ricordò ciò che era successo, giorni prima, nella Foresta della Morte. Quel potere così grande, tale da mettere in fuga anche Orochimaru.
Aveva ragione, era l'unica cosa che potesse salvarli in quel momento. Prese in braccio Sakura, e si avviò verso il villaggio.

«Cerca di non morire, Naruto. Ricordati che dobbiamo ancora sfidarci in un incontro come si deve, e morire qui non ti varrà come scusa!»
E con queste parole Sasuke si mise a saltare da un ramo all'altro, fuggendo dall'inferno che stava per scatenarsi. Nella sua mente pregava che l'amico sapesse quello che stava facendo.

Naruto puntò lo sguardo sul demone che aveva di fronte, senza la minima traccia di paura. Aveva intenzione di dare fondo a tutte le sue energie.
«Ora ti mostrerò la mia vera forza!»



Shino si sentiva stranamente disorientato, come se si stesse svegliando da un lungo sonno. Tentò di alzarsi, ma una mano lo tenne sdraiato.
«Non muoverti, Shino. Gli insetti che ti ho immesso tra pochi minuti finiranno di eliminare il veleno.»
A quella voce, Shino si tranquillizzò.
«Grazie, papà»

Mentre chiudeva nuovamente gli occhi, un enorme boato scosse la foresta, facendo tremare gli alberi. Proveniva dalla direzione in cui si erano avviati quei tre. Qualcosa di grosso stava accadendo laggiù...


 

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Capitolo 36
*** Superare l'Odio ***


Superare l'Odio


 

L'atmosfera che si era creata tra il biondo e l'enorme tasso era la classica calma prima della tempesta. Se Naruto fissava Gaara/Shukaku senza la minima traccia di paura, questo lo osservava dall'alto in basso, divertito dall'idea che un essere insignificante come lui potesse anche solo pensare di affrontarlo.

Un folata di vento spezzò la calma, e il tasso fece la prima mossa. Con una zampata mirò a schiacciare Naruto, che non si fece trovare impreparato.
Durante il precedente scontro aveva disseminato ovunque una ventina di kunai di Dislocazione, che erano stati trasportati nei dintorni dal vento e dalla violenza dell'esplosione di prima.

Grazie a questi, aveva a disposizione un raggio d'azione impressionante per la sua Dislocazione Istantanea, e schivò il colpo senza la minima difficoltà. Il tasso lo individuò subito, e continuò a bersagliarlo con zampate e proiettili di sabbia.
Il Raijin Volante consentiva a Naruto di muoversi per enormi distanze a velocità impressionante, ma di quel passo avrebbe finito il chakra senza ottenere il minimo risultato. Doveva contrattaccare.

"Da solo non gli farei nulla, nemmeno con il Rasengan. Ho bisogno di aiuto."
Saltò sulla cima di un albero, all'altezza degli occhi di Gaara. Raccolse un po' di sangue sul pollice, e fece cinque sigilli.
«Ehi, bestione! Perchè non te la prendi con uno della tua taglia! Tecnica del Richiamo!»
Con un enorme nuvola di fumo, il re dei rospi Gamabunta fece la sua apparizione.
«Naruto! Che cosa succ... CHE DIAVOLO CI FA QUI IL DEMONE DELLA SABBIA?!»

L'irascibile sovrano degli anfibi stava per rimproverare Naruto per averlo disturbato mentre giocava a Shogi con Gamaken, il suo generale, ma la vista del loro avversario lo lasciò talmente di stucco che si dimenticò quello che stava per dire. E Naruto ne approfittò.
«Boss, tu sei l'unico che può aiutarmi. Il villaggio è stato attaccato dall'Ichibi! Siamo riusciti a portarlo fuori, ma da solo non posso affrontarlo! Per favore, aiutami a difendere i miei amici!»

Gamabunta fece un ghigno.
«Normalmente non avrei combattuto al tuo fianco prima di aver brindato alla nostra alleanza, ma dato che sei minorenne e non puoi bere, e che questa è una situazione di emergenza, direi che posso fare un'eccezione.»
Ed estrasse la sua enorme katana.


Gaara/Shukaku lo osservava compiaciuto. Dalla sua testa emerse il vero Gaara, nella sua forma umana, che li guardò con un ghigno.
«Ahahahahahahaha!! Sapevo che tu non mi avresti deluso, Naruto Uzumaki! Tutti gli avversari che ho incontrato finora non erano che insetti, indegni di combattere con me. Ora invece è diverso...
Sento il sangue che mi scorre nelle vene, sento il pericolo, sento la tua forza... Mi sento vivo! E questo è il mio ringraziamento...»

Unì le mani in un sigillo: «Tecnica del Falso Dormiente!»
Naruto si mise in guardia, ma non arrivò nessun attacco. Al contrario, Gaara crollò privo di sensi.
«Oh, no, questa non ci voleva...» Gamabunta sembrava preoccupato.
«Ma cosa gli è successo?» Naruto era confuso.
«Si è addormentato. Sai cosa succede se il Jinchuuriki di Shukaku si addormenta? Se non lo sai, preparati, perchè sta per succedere un gran casino...»
Naruto allora si ricordò di ciò che gli aveva detto Kurama, e capì. Da quel momento non avrebbero più combattuto contro Gaara, ma contro Shukaku in persona.

Il tasso emise un enorme ruggito, e parlò. La sua voce era diversa da prima, più stridula, più divertita.
«FINALMENTE LIBERO, BABY!!» Poi posò lo sguardo sui suoi due avversari. «E così siete voi che avete spinto Gaara a liberarmi! Dovrei ringraziarvi, ma penso proprio che vi ucciderò!!»
E si battè una mano sulla pancia, pronto a colpire. Gamabunta contemporaneamente fece dei sigilli.
«Arte dell'Acqua: Sfere d'Acqua Solida!»
«Arte del Vento: Proiettili d'Aria Congelante!»

Il rospo sputò acqua, mentre il tasso attaccò con il vento. L'impatto delle due tecniche fu talmente forte da scatenare un onda d'urto che fu percepita anche da Sasuke, lontano ormai diversi chilometri, e provocò una piccola pioggia.

Gamabunta non perse tempo. Afferrò la sua katana, e si lanciò contro l'avversario attraverso la nube d'acqua creata. Lo colpì alla spalla, staccandogli un braccio, ma la sua spada finì piantata per terra.
Il tasso non sembrava minimamente indebolito, anzi, contrattaccò subito con altri due proiettili d'aria. Il rospo fece appena in tempo a rispondere con due sfere d'acqua, ma stavolta non ebbe fortuna.

«Attento, boss, ce n'è un'altro!»
Naruto cercò di avvertirlo, ma non fece in tempo. Un terzo proiettile d'aria, non visto da Gamabunta, colpì in pieno volto il sovrano dei rospi lasciandolo a terra, disorientato.
«BOOM, HEADSHOT BITCH!!»
Il tasso esultava per aver colpito l'avversario, che faceva fatica a rialzarsi.

«Nnggh... Quello si che ha fatto male... Siamo nei guai, ragazzino. Io sono quasi a secco di chakra, e un altro colpo del genere potrebbe esssere fatale per me...»
«Cosa possiamo fare? Ci dev'essere un modo per fermarlo!»
Naruto non voleva, non poteva arrendersi. Doveva difendere il villaggio ad ogni costo.

«A questo punto, abbiamo una sola possibilità: interrompere la sua tecnica. Devi svegliare il ragazzo, così il demone tornerà imprigionato. Ma io non ho nè zanne nè artigli per immobilizzarlo...»
Ammettere il punto debole dei rospi non era facile per il loro re, ma se volevano collaborare doveva fare in modo che Naruto trovasse una soluzione. Soluzione che non tardò ad arrivare.

«Forse io so come fare! Cerca di avvicinarti, poi io lo immobilizzerò. A quel punto colpiscilo per fargli abbassare la testa, e io colpirò Gaara!»
Gamabunta lo guardò dubbioso, ma fidarsi era la loro unica speranza.
«Avanti allora!»
Il rospo si lanciò alla carica, mentre il biondo si concentrava.


Ricordava ogni dettaglio di quel giorno nella foresta, in cui la sua abilità innata era venuta in suo soccorso contro Orochimaru.
Come aveva animato la vegetazione intorno a lui e a Sasuke contro il loro assalitore, come percepiva la natura che lo circondava, come era riuscito a controllarla.

Chiuse gli occhi, concentrandosi e percependo l'intera foresta intorno a sè. Sentiva ogni foglia, ogni ramo, ogni insignificante arbusto che lo circondava, e sentiva che poteva muoverli come voleva. Nella sua mano destra il chakra fluiva attraverso il tatuaggio, che ora brillava di un'intensa luce rossa. Aprì gli occhi, era pronto a colpire.

Con un ringhio, portò le braccia in avanti, quasi a dare il segnale d'attacco ad un esercito. La foresta tremò, e migliaia di tronchi iniziarono a crescere, assalendo un incredulo Shukaku. Questo si dimenava per evitare i rami, ma era troppo grosso per non toccarli.
Anche se Naruto ancora non lo sapeva, l'abilità innata del Primo Hokage aveva una particolare capacità: assorbire e sopprimere il chakra dei demoni. Perciò Shukaku non potè difendersi, ad ogni contatto i rami assorbivano parte del suo chakra, diventando sempre più grossi e forti, fino a quando non ne fu talmente ricoperto da non riuscire più a muoversi.
«Aaaaarrrrgggghhhhhh! Maledetto!!»

Gamabunta intanto lo aveva raggiunto, mettendo da parte lo stupore per ciò che il suo alleato aveva appena compiuto, e preparò un ultimo colpo.
«Arte dell'Acqua: Sfera d'Acqua Solida!»
Un grosso proiettile d'acqua lo colpì, senza che il demone potesse difendersi, e gli fece abbassare la testa.

«Ora, Naruto!»
Il biondo colse al volo l'occasione e saltò, afferrando un kunai di Dislocazione dalla tasca. Non avrebbe mai potuto coprire quella distanza con un solo salto, ma si trovava in posizione sopraelevata rispetto a Gaara, perciò lanciò il kunai verso il rosso. L'arma si piantò nella sabbia davanti a lui, e Naruto attivò il Raijin Volante, apparendo a meno di un metro da Gaara.
Riprese il kunai lanciato prima con la mano sinistra, e con la destra abbattè un pugno devastante sullo zigomo dell'avversario. Shukaku urlò.

«NOOO!! PROPRIO ORA CHE ERO RIUSCITO A LIBERARMI!!!»
Gli occhi del demone si spensero, mentre le palpebre di Gaara tremolarono e si riapriono.
Naruto era ancora sulla testa dell'enorme tasso di sabbia, ora controllato da Gaara, che lo fissava con espressione stupefatta. Nessuno era mai riuscito a metterlo così in difficoltà. Il suo volto si deformò in una smorfia rabbiosa.

«Credi davvero di potermi sconfiggere? Non sottovalutarmi!»
Una grossa quantità di sabbia si staccò dal corpo del tasso, andando a ricoprire il biondo e bloccandone i movimenti.
Naruto si sentiva frustrato. Era senza forze, ma non poteva cedere proprio ora che era a un passo dalla vittoria! Chiuse gli occhi, rivolgendosi alla Volpe.
«Per favore, solo un po'... Non me ne serve molto, dammi un po' di chakra!»

E il Kyuubi lo accontentò. Sentì una potente scarica di energia pervaderlo, bruciando con tale intensità da avvolgerlo in un'aura rossa. Non sentiva l'istinto di Kurama prendere il sopravvento, evidentemente era diventato abbastanza bravo a controllarne il chakra da non subire effetti collaterali. Almeno non con quella quantità così ridotta.
L'aura d'energia che lo avvolgeva era così forte che fece non solo disperdere la sabbia che lo bloccava, ma anche aprire la chiusura della sua felpa e volare via il coprifronte.

Carico di quella nuova forza, si lanciò nuovamente all'attacco.
A pochi centimetri dalla sua faccia, Gaara riuscì a fermare i suoi pugni con la sabbia. Ma Naruto non cedette, e lo colpì con una poderosa testata, tanto forte da far sanguinare la fronte di entrambi.
Gaara accusò tremendamente il colpo, e si accasciò sulla testa del tasso., disorientato da quell'impatto ed esausto per la lotta.
L'enorme animale di sabbia iniziò a sgretolarsi, Gaara non aveva più le forze per controllare la sua sabbia.

«Complimenti ragazzo. Hai sconfitto un nemico eccezionale. Ora, se non ti dispiace, vado anch'io a riposarmi.»
E con queste parole, Gamabunta svanì in una nuvola di fumo.


Lentamente, scivolando insieme alla sabbia,i due si ritrovarono a terra.
Gaara osservava Naruto avvicinarsi a lui, strisciando, senza più neanche le forze per alzarsi. Neanche lui riusciva a muoversi, ma non poteva fare a meno di chiedergli spiegazioni. Quel pensiero lo tormentava da quando era iniziata la battaglia.

«Perchè lo fai? Cosa ti spinge a combattere? Tu sei un Jichuuriki come me, ho visto il tuo chakra demoniaco. E allora perchè ti ostini a difendere i tuoi compagni, che ti hanno sempre trattato così male? Perchè non pensi solo a te stesso? Perchè non provi odio?»

Naruto si fermò a pochi centimetri dal volto del rosso. Era stanco morto, ma aveva ancora la forza per parlare.
«Perchè sono loro che mi hanno salvato da me stesso. Dalla mia solitudine.
È vero, io sono un Jichuuriki come te, dentro di me è sigillato il Kyuubi, la Volpe a Nove Code. Io non sono diverso da te, anche io una volta provavo odio verso chi mi trattava male, volevo che pagassero per ciò che mi facevano.
Ma non c'era solo chi mi odiava. Sono stato abbastanza fortunato da trovare qualcuno che mi volesse bene.»

Nella sua mente si alternavano le immagini del Sandaime, di Sasuke, di Sakura, di Kakashi, di Jiraiya, di Tsunade, di Hinata.
Tutti loro lo avevano salvato dal diventare un mostro assetato di sangue.

«Perchè tu hai avuto questa fortuna e io no? Perchè tu hai avuto degli amici, e io sono sempre stato solo?»
Gaara non provava più rabbia. Quello che ora lo aveva invaso era la tristezza, e il senso di solitudine. Senza che potesse fare nulla per evitarlo, grosse lacrime iniziarono a scendere dai suoi occhi.

Grazie alla difesa della sabbia non aveva quasi mai provato dolore fisico, ma il vero dolore, quello interiore, lo aveva accompagnato per tutta la sua vita. E ora non poteva più ignorarlo, lo colpiva come delle onde su una scogliera in un mare in tempesta. Per anni era annegato nel suo mare di odio, e da tempo aveva toccato il fondo. Ma in quel momento una luce lo raggiunse, un salvagente per impedirgli di sprofondare per sempre.
Una semplice frase, detta in quel momento da Naruto, lo scosse come un terremoto.
«Allora inizia adesso, non è mai troppo tardi. Noi siamo stati avversari, ma ora possiamo essere amici.»


Gaara lo guardò come se stesse delirando. E forse era vero, nessuno sano di mente avrebbe mai voluto stringere amicizia con un demone che fino a pochi secondi prima aveva fatto del suo meglio per ucciderlo. Contro ogni logica, Naruto aveva capito esattamente ciò di cui Gaara aveva bisogno. Amicizia. Amore.

«Finora hai vissuto nell'odio e nell'oscurità, è ora di cambiare. Devi superare il tuo odio, perché è quello che ti ha condannato alla solitudine. Ciò di cui hai bisogno ce l'hai scritto in faccia.»
Disse quelle parole alludendo al kanji stampato sulla fronte del rosso.

«Amore? È questo che ti rende così forte?»
E un mondo si aprì agli occhi di Gaara. Tutti i comportamenti di coloro che lo circondavano, tutti i valori che venivano insegnati dai maestri del suo villaggio, per lui privi di significato, ora acquisivano un senso.
«Ti ringrazio, non lo dimenticherò.»

In quel momento furono raggiunti da Temari e Kankuro, che si era ripreso dallo scontro con Shino. I due aiutarono il fratello a rimettersi in piedi, allontanandosi da Naruto. Il biondo, nel frattempo, venne raggiunto da qualcuno che lo conosceva fin troppo bene. Lo prese in braccio, dirigendosi verso il villaggio.

«E così ce l'hai fatta. Non mi sarei mai aspettato che potessi essere tanto forte, Naruto.»
Il biondo, ormai quasi privo di sensi, riconobbe quella voce.
«Maestro Kakashi...»
Chiuse gli occhi, cedendo al suo meritato riposo.


A poca distanza, Temari e Kankuro portavano Gaara al sicuro. L'assalto al villaggio era fallito, e ora si stavano dirigendo verso le altre squadre, per tornare a Suna.

«Temari, Kankuro...»
Gaara li chiamò con voce flebile, ma fu udito perfettamente.
In quei pochi minuti che avevano impiegato a raggiungere l'accampamento, il senso di colpa per tutto ciò che aveva fatto passare ai suoi fratelli e a loro padre in quegli anni lo aveva assalito. Finalmente capiva il motivo per cui il padre aveva cercato così tante volte di farlo uccidere, e non poteva biasimarlo. Doveva difendere le persone che credevano in lui.

Forse, con il tempo, avrebbe saputo farsi perdonare, ma adesso doveva assolutamente dire loro una cosa importante.
«Mi dispiace... per tutto quello che vi ho fatto passare in questi anni. Vi prometto... che cercherò di farmi perdonare... Vi voglio bene.»

Temari e Kankuro si guardarono increduli. Cosa aveva detto Naruto a loro fratello per farlo rinsavire in quel modo? Se davvero Gaara avesse iniziato a vivere diversamente, l'intero Villaggio della Sabbia, e loro due per primi, sarebbero stati eternamente grati a quel biondino. Con questo pensiero, i tre si avviarono verso casa.


 

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Capitolo 37
*** Un Nuovo Inizio ***


Un Nuovo Inizio


 

Naruto era fermo nella luce rossastra del tramonto.
Ormai tutti erano andato via, ma lui rimaneva lì, inginocchiato a fissare quella tomba di marmo bianco, quasi come se il suo occupante potesse risvegliarsi e raggiungerlo da un momento all'altro.

Non riusciva ad alzarsi, benchè sapesse che restare lì non avrebbe riportato indietro il Sandaime, nemmeno Sasuke era riuscito a scuoterlo da quello stato di trance.
Il moro infatti ricordava benissimo quando, anni prima, era lui a trovarsi in quelle condizioni, dopo lo sterminio del suo clan a opera di Itachi. Nessuno riusciva a farlo uscire dal suo guscio, tranne Naruto. Era così che erano diventati amici, e pensava che lui fosse il solo a poterlo risvegliare dal quella fase di lutto.
Ma dovette rinunciare, Naruto non ne voleva sapere. Non voleva accanto nessuno, nemmeno Hinata riusciva ad avvicinarsi a lui.


Era da circa mezz'ora che nessuno si avvicinava, chi per rispetto del suo dolore, chi per altri motivi, e lui non si era mosso. Andarsene per lui avrebbe significato accettare la morte del Terzo Hokage, il primo che gli aveva voluto bene, colui che era stato più vicino ad un nonno per lui.
Nella sua mente, i ricordi dei bei momenti che aveva passato con lui si rincorrevano senza sosta...


*Flashback*

Aveva appena compiuto due anni, e stava spegnendo le candeline.
Hiruzen gli sorrideva, tenendolo in braccio per permettergli di arrivare alla torta, che lui spense con un sorriso. Erano presenti Kurenai, Asuma, Kakashi, Gai e l'altro figlio del Sandaime, con sua moglie e il neonato Konohamaru.

L'unico che non si fidava di Naruto era Asuma.
Non accettava il fatto che quel mostro che due anni prima aveva devastato il villaggio fosse rinchiuso in un bambino così piccolo e dolce, e se ne teneva alla larga.

Quando la festa stava per giungere al termine, Asuma si mise in un angolo per fumarsi una sigaretta. Ma cercando nelle tasche trovò solo l'accendino.
Stava per innervosirsi, quando si sentì tirare la gamba del pantalone. Guardò in basso, e vide il piccolo Naruto vicino al suo piede, che lo guardava con occhi dolci. In mano al piccoletto c'era il suo pacchetto di sigarette, mentre il piccolo glielo porgeva. Evidentemente gli era caduto, e il bambino glielo stava restituendo.

Chinandosi per prenderlo, Asuma ebbe uno strano impulso: prese in braccio il piccolo, e gli fece un sorriso. Nei suoi occhi, le cui palpebre si facevano pesanti per il sonno, non scorgeva nemmeno l'ombra di quel terribile demone che aveva dentro. Da quel momento, Asuma non ebbe più paura di lui. In un angolo, Hiruzen osservava la scena ridacchiando.

*fine flashback*


Era troppo piccolo per ricordarlo, il Terzo Hokage gli aveva raccontato quell'episodio anni dopo, quando si era lamentato con lui del vizio di fumare dello "zio Asuma". Poi, c'era quella volta che aveva iniziato a frequentare l'Accademia...


*Flashback*

Al suo ingresso, i bambini furono presi dai genitori e allontanati il più possibile. Non riusciva a capire cosa succedeva: aveva solo cinque anni, come poteva far loro paura?

«Sandaime, perchè scappano? Sono brutto?»
La domanda era legittima, e Hiruzen la temeva, perchè non poteva rispondervi, ma fu posta in modo talmente infantile che non potè far altro che scoppiare a ridere.
«Ahahahahahah... Ma no, non pensarci, Naruto. Forse hanno capito che sei uno forte, e hanno paura di te! Stai tranquillo, se farai il bravo ti farai degli amici.»
Naruto sorrise, e andò trotterellando dietro il vecchio, diretti verso il banco di iscrizione.

Lungo la strada, alcuni bambini i cui genitori non erano presenti lo osservavano incuriositi, e lui sorrideva a tutti.
La sua attenzione fu attirata da una bambina più piccola, nascosta in un angolino. Aveva i capelli scuri, e gli occhi di uno strano bianco perlato.
Lo guardava con aria timida, e lui le rivolse un sorriso a trentadue denti, che la fece arrossire come un piccolo peperone.

*fine flashback*


Un piccolo sorriso gli sfuggì a quel ricordo. Perfino dalla prima volta che si erano visti aveva iniziato a provare qualcosa per Hinata, e se ne era reso conto solo così tardi...
Se solo ne avesse parlato col Sandaime, forse lui avrebbe saputo spiegargli prima ciò che provava. Quante occasioni sprecate, quante cose che avrebbe voluto dirgli, e ora non era più possibile...


*Flashback*

Era appena tornato a casa dopo aver salvato il maestro Iruka da Mizuki, e restituito il rotolo proibito. Si era messo a parlare senza sosta, sentiva quasi le orecchie del povero Hiruzen chiedere pietà, data l'ora tarda, ma non riusciva a trattenersi: l'esame superato in anticipo in una tecnica sulla quale, peraltro, era in enorme difficoltà, era un evento troppo felice per lasciarlo dormire.
Il Terzo Hokage lo ascoltò finchè il sonno non iniziò a farlo cedere. Quando vide in lui le prime avvisaglie della stanchezza, Hiruzen colse al volo l'occasione.

«Basta così, Naruto. È tardi, e anche se domani non devi più fare l'esame devi comunque alzarti presto, perchè c'è la cerimonia di consegna dei diplomi.»
Naruto lo ascoltò, e si diresse verso la sua camera. Ma prima di sparire dietro l'angolo, volle fare un'ultima domanda al vecchio Hokage.
«Sandaime, credi che riuscirò a raggiungerlo? Riuscirò a diventare forte come il Quarto Hokage?»

Hiruzen si aprì in un sorriso.
«Si Naruto. Non solo so che lo raggiungerai, ma sono sicuro che saprai anche superarlo.»
Non era mai stato più sincero di così in vita sua. In Naruto vedeva la forza e il talento di Minato uniti alla discendenza e al carattere di Kushina. Se avesse perseverato sulla sua strada, nessuno avrebbe mai potuto fermarlo.
Il biondino sorrise, contento di quelle parole, e andò a dormire.

*fine flashback*


Quanti ricordi che si accalcavano nella sua memoria...
Avrebbe potuto passare lì l'intera notte, e avere ancora altro da ricordare. E senza che potesse fermarle, le lacrime iniziarono di nuovo a scendere sulle sue guance. La verità era una sola, e non poteva cambiarla. Il Sandaime se n'era andato, e non sarebbe tornato.
Nel silenzio della sera, quando ormai erano passate molte ore dalla fine del funerale, una voce lo chiamò, talmente inaspettata da farlo voltare di scatto.
«Adesso basta, ragazzo. Rialzati subito.»

Naruto era incredulo. Davanti a lui era in piedi nientemeno che Hiashi Hyuga. La solita aria elegante che lo contraddistingueva era presente, ma stavolta non aveva espressione apatica come al solito, ora esprimeva rabbia e disappunto.
«Tutto il villaggio piange la tua perdita, ma come credi che si sentirebbe il Terzo a vederti così? Non ha sacrificato la sua vita per farti un torto, ma per salvare tutti noi. Con il tuo comportamento, tu getti fango sulla sua memoria.»

Parlò senza alzare la voce, ma il tono chiaro e glaciale con cui pronunciò quelle parole fu talmente tagliente che Naruto smise all'istante di piangere.
Hiashi aveva ragione, il Sandaime non gli aveva insegnato a piangere, ma a combattere. Si rialzò, asciugandosi le ultime lacrime.
«Perdonatemi, Hyuga-sama. Avete ragione, piangendo non lo riporterò indietro. Vi chiedo scusa per avervi fatto assistere a questa scena.»
Si inchinò leggermente, mentre smetteva di singhiozzare.

Lo Hyuga piegò la bocca in un mezzo sorriso, reazione alquanto inaspettata per l'Uzumaki.
«Era esattamente ciò che volevo sentirti dire. Comunque, sono venuto a cercarti per comunicarti una mia decisione. Riguarda la prova a cui avevo intenzione di sottoporti.»
Con quella frase, attirò la totale attenzione del biondo.
«Quando ha intenzione di mettermi alla prova? Avrò bisogno di un po' di preavviso, per prepararmi.»

Ma Hiashi chiuse un attimo gli occhi, stranamente la sua espressione si fece più... divertita?
«Incredibile... Hai sostenuto oggi stesso una battaglia titanica, e nonostante tutto non ti tiri indietro di fronte a un'altra sfida... Questo mi lascia comprendere quanto tieni a mia figlia.»


Riaprì gli occhi, tornando alla sua espressione neutra, che stavolta però tendeva ad una più compiaciuta.
«Ho riflettuto molto, e ho deciso che la prova non è più necessaria.»
Quella frase lasciò di stucco Naruto, che spalancò gli occhi.
«D-Davvero?»

«Si. Per prenderti in considerazione come pretendente per mia figlia...» iniziò a spiegare «...dovevo valutare diversi aspetti: la tua discendenza, il tuo carattere e moralità, i tuoi sentimenti per lei e i suoi per te... E infine avrei dovuto valutare le tue capacità in combattimento.
Affrontarti direttamente era il modo più semplice, ma oggi hai compiuto un'impresa che finirà sui libri di storia. Sei solo un genin, ma hai affrontato e sconfitto da solo un cercoterio, il Tasso Monocoda, e sei vivo per raccontarlo. Un'impresa che io stesso dubito sarei stato in grado di compiere. Inoltre hai padroneggiato alla perfezione le tecniche che resero famoso il Quarto Hokage in tutto il mondo. Non ho più nulla da obiettare, la tua storia con mia figlia ha la mia benedizione.»

Il capoclan si voltò, dirigendosi verso l'uscita del cimitero.
Naruto stava quasi per mettersi a urlare dalla felicità, ma Hiashi si voltò a guardarlo un'ultima volta.
«Sappi però, che se la farai soffrire...»
E attivò il Byakugan, per sottolineare la minaccia
«...te ne farò pentire amaramente...».
L'espressione di pura crudeltà stampata sul volto del capoclan Hyuga lo attraversò da parte a parte.
Naruto normalmente avrebbe rabbrividito, invece in quel momento sorrise, e rispose.
«Non succederà, tengo troppo a Hinata per farle del male.»

Hiashi disattivò la sua abilità innata, e si incamminò verso casa. Sua figlia avrebbe fatto i salti di gioia a quella notizia.
Mentre lo seguiva con lo sguardo, Naruto vide Jiraiya e Tsunade, fermi al cancello del cimitero, che gli fecero segno di avvicinarsi.
Lui si girò un'ultima volta verso la tomba del Terzo Hokage.
"Non ti deluderò, Sandaime. Diventerò Hokage, e renderò onore alla tua memoria."


Si avvicinò ai due Sannin, deciso a lasciarsi alle spalle il dolore. Jiraiya prese la parola.
«Naruto, prima di combattere contro Orochimaru, il Terzo Hokage ci ha chiesto di occuparci di te. Come se ce ne fosse stato bisogno, noi ti vogliamo bene, l'avremmo fatto comunque. Perciò, perchè non vieni a stare con noi? Possiamo vivere insieme... come una famiglia.»

Famiglia.
Quella parola fece venire un brivido a Naruto. Per quanti anni aveva desiderato averne una? L'unica famiglia che aveva avuto fino a quel momento erano stati il Sandaime come nonno e Asuma come zio.
Ma con loro era diverso. Loro due erano il suo padrino e la sua madrina, e ormai per lui erano come una madre e un padre (anche se Tsunade la chiamava nonna, per abitudine).

«Ma certo! Dov'è che andiamo a vivere?»
L'entusiasmo e la felicità erano difficilmente contenuti nella voce. A quel punto intervenne Tsunade.
«Hai mai sentito parlare della Villa Sannin?»
Al cenno negativo del biondo, Tsunade spiegò al biondo di cosa si trattava, aggiungendo che lei e Jiraiya vivevano lì da quando erano tornati al villaggio.

«Io e Jiraiya siamo già sistemati, e c'è un piano completamente libero, che prima era di Orochimaru. Puoi usarlo tutto per te, e puoi arredarlo e decorarlo come più ti piace, dato che immagino già che faccia farai quando vedrai lo stile di arredamento di Orochimaru... Allora, andiamo?»

E con un sorriso, i tre si avviarono verso la casa dove avrebbero vissuto come una famiglia, la famiglia che Naruto non aveva mai avuto, e che ora lo accoglieva a braccia aperte.


 


 

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Capitolo 38
*** Allenamento Speciale ***


Allenamento Speciale


 

Naruto si svegliò di buon'ora.
Erano passati due giorni dal funerale del Sandaime, e Tsunade e Jiraiya lo avevano lasciato riposare senza disturbarlo.
Primo, per dargli modo di riprendersi dalla morte del Sandaime e dalla battaglia sostenuta contro Gaara. Secondo, per permettergli di sistemare il vecchio appartamento di Orochimaru.


Quando era arrivato, Naruto era rimasto sconcertato da ciò che aveva trovato: i piani erano ugualmente grandi, circa 350 metri quadri l'uno, quindi era un'abitazione di lusso. Ma nel piano di Orochimaru non si poteva camminare per l'ingombro: era pieno di scaffali pieni di ogni genere di cosa, dalle più tecnologiche, come strani macchinari contenenti esperimenti mai portati a termine (Tsunade ne aveva presi la maggior parte, per vedere se potevano essere utili in ospedale, e avrebbe finito di portare via gli altri entro un paio di giorni), a quelle più ripugnanti, come animali morti e organi sezionati.

Naruto passò tutta la mattina del primo giorno a pulire e liberare spazio, e verso ora di pranzo la casa aveva decisamente cambiato faccia. Era ancora un po' lugubre, ma ci sarebbe stato tempo per sistemarla, l'importante era che aveva riacquistato luminosità e spazio, adesso si che era una casa di lusso.


Dopo pranzo passò a trovare Hinata, e le raccontò della notizia datagli da suo padre la sera prima. La corvina, come previsto, fece i salti di gioia, e i due andarono a farsi una passeggiata per il villaggio.
Naruto ne approfittò per ripassare a casa del Sandaime e prendere le sue cose, che inviò con un Raijin alla nuova casa.

Infatti la prima cosa che aveva fatto era stata posizionare sigilli di Dislocazione sia in casa che in qualsiasi altro posto importante del villaggio, in modo da potersi muovere rapidamente ovunque.
Usando una delle tecniche lette sul diario di suo padre, Naruto aveva individuato alcuni sigilli di quel tipo rimasti dal tempo di suo padre, ancora attivi dopo tutto quel tempo. Molti erano andati distrutti durante l'attacco del Kyuubi e in seguito al recente assalto di Orochimaru, ma alcuni, come quello nell'ufficio dell'Hokage, erano rimasti intatti, e funzionavano perfettamente.

Hinata, vedendo quanto lavoro avesse da fare, decise di accompagnarlo a casa, e lo aiutò ad arredarla in modo estremamente bello e raffinato.
Un tocco femminile era proprio ciò che ci voleva: quando ebbero finito la casa era completamente diversa, uno spettacolo al confronto con ciò che si era presentato al biondo al suo arrivo. I due passarono l'intera serata insieme, a guardare la TV e a baciarsi, finchè Hinata non dovette tornare a casa.
Naruto non aveva resistito un minuto di più, ed era crollato a dormire, esausto dal lavoro svolto in casa.


Ora Naruto era nella cucina, per fare colazione. Jiraiya era partito presto per sistemare alcuni affari, e Tsunade era in ufficio. Dopotutto, avevano un villaggio da ricostruire. Sul tavolo, Naruto trovò un biglietto.

"Vieni in ufficio alle 11, devi raccontarci alcune cose. -Tsunade."

E così il biondo fece colazione e si vestì rapidamente.
Quando fu pronto e arrivò l'ora, eseguì un Raijin Volante, ritrovandosi nell'ufficio dell'Hokage. C'erano Jiraiya e Kakashi, oltre a Tsunade.

«Eccomi, nonna, volevi parlarmi?»
L'espressione spensierata di Naruto svanì come fumo davanti all'espressione di fuoco di Tsunade. Questa parlò lentamente, ma ogni parola fece rabbrividire il biondo.
«Naruto. Esci, bussa, e poi rientra.»

Il biondo fu talmente spaventato dal tono usato dalla Sannin che non osò obiettare. Uscì, bussò e quando l'Hokage gli diede il permesso entrò nuovamente.
«Non farlo più, Naruto. Questo è l'ufficio dell'Hokage, è una questione di rispetto. Forse un giorno lo diventerai, ma fino ad allora ti comporterai come un normale cittadino.»
«D'accordo, scusa nonna Tsunade».

La bionda sorvolò per l'ennesima volta su quell'odioso soprannome, e i quattro si sedettero.
«Allora, Naruto. Raccontaci dello scontro con Gaara. Abbiamo bisogno di sapere tutto ciò che è successo da quando tu e Sakura avete inseguito Sasuke, fino a quando Kakashi ti ha ritrovato nella foresta.»

Naruto prese fiato, e iniziò a raccontare.
L'espressione dei tre variò da ammirata quando arrivò alla parte in cui affrontava da solo Shukaku («Sei stato un incosciente! Hai idea del pericolo in cui ti sei messo?!» lo rimproverò Tsunade) a compiaciuta quando parlò dell'evocazione di Gamabunta («Bravo figliolo, hai messo in pratica ciò che ti ho insegnato!» sorrise Jiraiya), fino a diventare di totale stupore quando arrivò alla parte in cui usava il Mokuton.
Alla fine del racconto, il silenzio calò nella stanza, mentre tutti assimilavano le informazioni appena ricevute.


«Non si può andare avanti così, Naruto»
Tsunade spezzò il silenzio che si era creato da qualche minuto.
«Avresti dovuto tenere segreta la tua capacità di usare il Mokuton, ora la voce si diffonderà rapidamente...»

Allora intervenne Kakashi.
«Se mi posso permettere, Naruto ha dovuto tenere segreta la sua abilità innata per tutto questo tempo solo perchè era un ragazzino incapace di difendersi. Ora sappiamo che non è più così: è cresciuto ed è diventato un ninja di primo livello, lo dimostrano le tecniche che ha imparato e l'avversario che ha sconfitto.
Il mio parere, è che sia arrivato il momento che lui impari a controllare le sue capacità.»
«Sono d'accordo, il tempo di nascondersi è finito.»
Jiraiya sostenne Kakashi, con espressione seria.
«Avete ragione, non possiamo più permetterci di tenere nascosta una simile abilità.»

Tsunade si raddrizzò, prendendo la sua decisione. Prese un uccello da una gabbia lì vicino, e gli legò un piccolo foglio, su cui aveva scritto qualcosa, alla zampa. Quindi lo lasciò volare fuori dalla finestra.
«Ho mandato un messaggio a quello che dovrà farti da maestro, Naruto. Dovrebbe essere qui tra pochi minuti.»
«Come? Non saranno il maestro Kakashi o l'Ero-Sennin a insegnarmi?»

Naruto ora era sorpreso, e Tsunade diede subito spiegazioni.
«No, ho bisogno di loro due per una missione importante. Ieri sera, un messaggio proveniente dal Villaggio della Sabbia mi ha informata che è stato ritrovato il cadavere del Quarto Kazekage, assassinato da Orochimaru.
Il villaggio vuole discutere una pace, e scusarsi per il casino dell'altro giorno, hanno affermato che è stato Orochimaru a muovere i fili di tutto.
Saranno Jiraiya e Kakashi a recarsi all'incontro. Jiraiya perchè è il ninja più forte del villaggio, e Kakashi perchè è uno dei migliori oratori delle Cinque Terre, e sono necessarie le sue capacità diplomatiche. Tutto chiaro?»

«Si, nessun problema.» disse Jiraiya, per poi rivolgersi a Kakashi.
«Partiamo tra due ore, non fare tardi, o non ti scrivo più i libri Icha Icha.»
Kakashi sbiancò sul posto, quella si che era una minaccia efficace contro di lui.


Entrambi uscirono dall'ufficio, e dopo circa un minuto qualcun altro bussò.
«Avanti.»
Al cenno di Tsunade, la porta si aprì. Entrò un ragazzo che doveva essere poco più giovane di Kakashi, vestito con la classica divisa da jonin, ma con una maschera simile a quella del Secondo Hokage, che lasciava scoperto il volto. Aveva i capelli e gli occhi castani, e un'espressione di educata apatia.
«Mi ha fatto chiamare, Hokage-sama?»
«Si, Tenzo, siediti pure.»
Il nuovo arrivato prese posto, e Tsunade fece le dovute presentazioni.

«Naruto, lui è Tenzo delle ANBU, conosciuto anche come capitano Yamato, puoi chiamarlo come preferisci. Tenzo, lui invece è...»
«Naruto Uzumaki...»

Yamato mostrò un particolare interesse per il biondo.
«Ho sentito parlare di te, e ho avuto modo di osservarti durante il torneo. È incredibile la maestria con cui hai padroneggiato le tecniche del Quarto Hokage. Dimmi un po', come hai fatto ad impararle?»
«Beh, le ho lette sul diario che mi ha lasciato, con l'aiuto di Jiraiya e di nonna Tsunade.»

Il biondo si grattò la testa, imbarazzato, mentre Tsunade ribolliva ancora per quell'appellativo. Yamato rimase sorpreso non tanto dal modo in cui aveva chiamato l'Hokage, ma per un altro dettaglio:
«Ma come hai fatto a venire in possesso del diario dello Yondaime? Jiraiya-sama lo ha cercato per anni!»
Tsunade a quel punto intervenne.
«Non ha importanza come ne è venuto in possesso, fatto sta che Naruto avrebbe dovuto ricevere quel diario in ogni caso, perchè lui ne è il legittimo erede. Tenzo, Naruto è figlio del Quarto Hokage.»


A quella rivelazione, della quale solo in pochi al villaggio erano al corrente, lui escluso, un'espressione di comprensione di dipinse sul volto di Yamato.
«Ah, allora è così... Comunque... Potrei sapere il motivo della mia convocazione?»
Tsunade allora iniziò a parlare.
«Abbiamo bisogno delle tue particolari abilità, Tenzo. Naruto è un Uzumaki, e come tale discende dai Senju. Il fatto è che Naruto ha ereditato l'Arte del Legno del Primo Hokage.»
«COSA?!»

La faccia di Yamato adesso era sconvolta. Per decenni nel villaggio erano stati condotti i peggiori esperimenti, ad opera di Orochimaru e del capo della Radice, Danzo, per ricreare un potere così ambito.
Solo l'intervento del Sandaime aveva fermato quello scempio, che aveva provocato innumerevoli vittime. E ora un discendente puro dello Shodaime si faceva avanti!


«È questo il motivo per cui ti trovi qui. Per anni l'abilità di Naruto è stata tenuta segreta, ma adesso abbiamo deciso che è arrivato il momento che impari a controllarla. Capisci il tuo compito?»

Allora Yamato comprese: avrebbe dovuto fargli da maestro.
«D'accordo, Hokage-sama. Se non le dispiace, iniziamo subito.»
«Certo, andate pure. Buona fortuna Naruto.»
Tsunade li congedò, iniziando a occuparsi dei documenti che l'attendevano.
«Vieni con me, Naruto»
Yamato si avviò fuori dalla porta, e Naruto lo seguì.


Lo condusse al di fuori del villaggio, nel campo di allenamento 0, quello riservato agli ANBU.
«Allora, ascoltami bene. La signorina Tsunade mi ha scelto per farti da maestro, e lo ha fatto per un motivo ben preciso: osserva...»
Unì le mani: «Arte del Legno: Casa a Quattro Piani!»

Con enorme stupore del biondo, dei tronchi di legno spuntarono dal suolo, andando a costruire una casa nel prato. Incuriosito, Naruto vi entrò.
Era completamente vuota, come appena costruita, fatta interamente di legno. Ora non aveva più dubbi: non era stata una Tecnica del Richiamo, il capitano Yamato aveva davvero usato l'Arte del Legno!
Uscì nuovamente, e si rivolse all'ANBU.
«Ma come ha fatto? Anche lei è un discendente del Primo Hokage?»
Yamato scoppiò a ridere, per poi tornare subito serio.

«No, Naruto. Vedi, devi sapere che in passato sono stati compiuti diversi esperimenti, allo scopo di ricreare l'Arte del Legno di Hashirama Senju.
In alcuni soggetti venivano impiantate le sue cellule, ma nessuno riusciva ad adattarsi, e col tempo le cavie morirono tutte a seguito degli effetti collaterali, senza risultati.
Il Terzo Hokage, quando le vittime raggiunsero un numero troppo elevato, sospese gli esperimenti, ma questi furono continuati in segreto, da Orochimaru. È questo il motivo per cui venne bandito dal villaggio e dichiarato traditore, quando venne scoperto. Anche Danzo della Radice fu messo sotto accusa, come ideatore del piano, ma nessuno riuscì mai ad incastrarlo.
E qui si arriva a me: io sono l'unico di quelle cavie che fu in grado di adattarsi a quelle cellule e sopravvivere. Con il tempo sviluppai l'Arte del Legno, anche se molto più debole dell'originale, e me ne servii per alcuni compiti che gli ANBU mi assegnarono, e che solo io potevo compiere.
Ora, Tsunade mi ha affidato il compito di insegnarti a usare la tua abilità, e sono l'unico che può farlo, viste le mie capacità.
Forza, non perdiamo tempo. Cerca di riprodurre i miei movimenti. Tu hai un tatuaggio che riproduce il Kanji del Legno da qualche parte, vero?»

«Si, qui sulla mano»
Naruto mostrò al capitano il simbolo sul dorso della mano destra.
«Bene, come puoi vedere ne ho uno uguale anch'io.»
Yamato scostò il colletto della divisa, rivelando lo stesso marchio dietro la spalla sinistra.
«Il controllo sul legno si concentra nel tatuaggio: convogliando lì il chakra, è molto più semplice muovere il legno come desideri...»


E così, i due iniziarono ad allenarsi. Grazie alla Tecnica Superiore della Moltiplicazione Naruto imparava molto in fretta, e fu in grado di riprodurre rapidamente tutte le tecniche che Yamato gli mostrò. Con quella nuova capacità, nessuno lo avrebbe mai fermato. Il suo sogno di diventare Hokage diventava sempre più possibile da realizzare...


 

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Capitolo 39
*** Paradiso Tra i Fiori ***


Paradiso Tra i Fiori


 

Naruto era sdraiato sull'erba fresca, godendosi quella brezza estiva tanto piacevole. Era talmente esausto da non riuscire ad alzarsi, ma si riteneva più che soddisfatto.

Lui e Yamato avevano passato l'intera giornata ad allenarsi, e con sommo stupore (e anche un po' d'invidia) di Yamato, Naruto aveva imparato tutte le tecniche dell'Arte del Legno, e le utilizzava senza neanche aver bisogno di usare i sigilli.
Inoltre le sue tecniche erano di gran lunga più potenti di quelle del maestro. Nessuno dei due aveva ben compreso il motivo di questo divario, ma Yamato aveva avanzato qualche ipotesi.

«Il fatto che tu sia in grado di usare il Mokuton in modo più efficace rispetto a me non mi stupisce, dopotutto sei un discendente diretto, mentre la mia è un'abilità trapiantata, perciò è normale che tu sia ad un livello superiore al mio.
Ciò che invece mi lascia davvero sorpreso è che tu non abbia bisogno di sigilli per controllare il movimento dei rami. Evidentemente hai una naturale predisposizione a imprimere la tua volontà e la tua mente sul controllo del legno, e l'allenamento per migliorare il controllo del chakra a cui ti ha sottoposto la signorina Tsunade qualche tempo fa sicuramente ha dato il suo contributo.»


E così, nel giro di un pomeriggio, Naruto si era ritrovato ad avere il controllo sull'abilità innata più ricercata delle Cinque Terre. Non aveva ancora acquisito una precisione assoluta, ma con un po' di anni di pratica non avrebbe avuto problemi.

Un fattore nuovo da analizzare, per lui, era quella sua stanchezza così estrema, che non aveva mai provato dopo un allenamento.
Lui sapeva bene il motivo della sua grande resistenza: oltre ad essere un Uzumaki, dotato perciò di una quantità spaventosa di chakra già per natura, era il Jinchuuriki del Kyuubi, il che gli dava accesso, anche se involontariamente, ad una fonte di energia illimitata.
Ma in quell'allenamento quest'ultimo particolare non era stato utile, bensì di intralcio. Resosi conto di quanto fosse dispendiosa di energie l'Arte del Legno, aveva provato a utilizzare il chakra del Kyuubi per usare le nuove capacità, ma le cose non erano andate come si aspettava...


*Flashback*

Era da ore che si allenava, e l'uso di quell'abilità lo stava spossando. Yamato faceva più fatica di lui, vero, ma Naruto per velocizzare l'allenamento stava usando contemporaneamente dieci cloni, il che velocizzava di dieci volte la sua velocità di apprendimento, ma anche il suo dispendio di energie. D'un tratto, al biondo venne un'idea.

«Ehi, capitano Yamato, e se provassi a usare il chakra del Kyuubi?»
Nel frattempo chiuse gli occhi, e iniziò ad attingere chakra dal suo ospite interiore.
«No, Naruto, fermo!»

Yamato non fece in tempo ad avvertirlo.
Nel momento in cui l'energia di Kurama entrò in contatto con il tatuaggio, Naruto la sentì... sparire, completamente.
Ritrovandosi improvvisamente a corto di energie, fu sul punto di perdere i sensi, e ci mise diversi minuti prima di riprendersi dallo shock di quell'esperienza.

Quando si fu ripreso, chiese confusamente: «Ma... c-che d-diavolo...»
«Ho cercato di avvisarti, ma tu fai sempre di testa tua!»
Yamato lo aiutò a rialzarsi, per poi dargli spiegazioni.

«Vedi, Naruto, l'abilità innata di Hashirama Senju aveva una proprietà che la rendeva estremamente potente, tale da essere al livello dello Sharingan degli Uchiha. Studiando gli effetti che il Mokuton aveva con l'energia naturale, lo Shodaime scoprì che il contatto con il suo legno aveva l'effetto di sopprimere e assorbire il chakra dei cercoteri.
Fu grazie a questa particolarità che riuscì a sconfiggere Madara Uchiha nella Valle dell'Epilogo. Per questo non puoi usare il chakra del Kyuubi, perchè è incompatibile con questa tecnica.»

Quella era una rivelazione per Naruto: aveva appena trovato un modo per mantenere Kurama sotto controllo.
Anche il demone, nella sua gabbia, sentì il discorso del capitano. Quell'inconveniente era un grosso ostacolo per i suoi piani: ora che Naruto sapeva come sopprimerlo, il suo processo di deterioramento del sigillo avrebbe richiesto molto più tempo del previsto...

*fine flashback*


E così, Naruto aveva dovuto rinunciare a ricorrere al chakra di Kurama. Nonostante tutto, aveva abbastanza energie da continuare ad allenarsi con molteplici copie, finchè, privo di forze, era crollato a terra senza più la forza di alzarsi.

«Direi che può bastare, si è fatto davvero tardi...»
Yamato aveva ragione: erano quasi le sette e mezza, il sole stava tramontando. Senza rendersene conto, avevano passato circa otto ore ad allenarsi. Ma Yamato non poteva dirsi più soddisfatto.

«Sono veramente colpito, Naruto. Per ricompensarti delle tue fatiche, stasera ti offrirò la cena. Passo a cambiarmi, così intanto tu ti riprendi, e poi se passi per le otto e mezza davanti a Ichiraku ti regalo una bella ciotola di ramen.»
A quella notizia, il biondo non potè che esultare.
«D'accordo, capitano, ci vediamo dopo!»
E l'ANBU lo lasciò solo.


Non aveva voglia di alzarsi subito, voleva godersi l'atmosfera che c'era in quel momento. Il cielo aveva assunto diverse sfumature che andavano dall'arancione al viola, e la brezza che accarezzava il suo volto era rilassante come poche cose. Chiuse gli occhi, godendosi quell'aria così leggera...

Quella stessa brezza che lo coccolava, a un certo punto, portò al suo naso un dolce profumo. Sembrava un misto di viole, lillà e... forse menta? Ma per Naruto, quell'odore era inconfondibile. Un sorriso increspò le sue labbra, e ridacchiò.
«Ormai puoi smettere di guardarmi da lontano. Non c'è bisogno che ti nascondi, Hinata.»


Timida e impacciata, la corvina uscì dal folto degli alberi.
«Come hai fatto a scoprirmi?»

Naruto riaprì gli occhi, osservandola con occhi dolci.
Incredibile, nonostante ormai si fosse abituato alla sua presenza, la sua bellezza non cessava ancora di stupirlo. Le fece cenno di sdraiarsi accanto a lui, e la corvina lo assecondò. Il biondo si avvicinò a lei, unendo le loro labbra in un bacio dolce e leggero. Quando si staccarono per riprendere fiato, il biondo inspirò il profumo dei suoi capelli.

«Puoi nasconderti nel modo più perfetto, ma il tuo profumo è inconfondibile... Non sai quanto mi fai stare bene, Hinata... E più tempo passo con te, meno riesco a credere di essere stato così cieco per tutti questi anni...»


La corvina lo ascoltava, le sembrava di trovarsi in un sogno. Dopo tanti anni passati ad inseguirlo, a guardarlo da lontano, a sognare di poter stare un giorno con lui, ora le sembrava impossibile che il suo sogno si fosse avverato. Ma quel sogno era lì, concreto, lo sentiva tra le sue braccia mentre la prendeva per baciarla nuovamente.
Si tirarono su a sedere, senza interrompere quel momento magico, quella danza delle loro labbra che si inseguivano senza fine.

Non seppe dire per quanto tempo rimasero così, forse un minuto, forse un'ora, forse un secolo, ma voleva che quel momento non finisse mai.


Ad un certo punto il biondo si fermò, guardandola negli occhi con un intensità tale da farla avvampare furiosamente. Aveva appena avuto un'idea, e voleva vedere se la sua nuova abilità gli consentiva di fare quel regalo alla sua amata.

«Hinata, a te piaccioni i fiori, vero? Ti ho vista molte volte al negozio degli Yamanaka»
La corvina fu incuriosita da quella domanda, non capiva dove il suo ragazzo volesse andare a parare.
«Si, di solito faccio essiccare i fiori più belli che trovo e li raccolgo in un album, perchè?»
Naruto sorrise, uno di quei sorrisi a trentadue denti che tanto piacevano a Hinata, capace di farle girare la testa.
«Perchè voglio provare una cosa...»

Chiuse gli occhi, per concentrarsi. Ciò che aveva in mente era di gran lunga più complicato di quello che aveva fatto fino a quel momento.
Pensò a tutte le varietà di fiori che gli venivano in mente, di ogni possibile forma e colore, e si concentrò su tutto il prato che li circondava. Era pronto, aprì gli occhi e unì le mani, rilasciando lentamente il suo chakra. Il marchio sul dorso della sua mano iniziò a brillare intensamente.

Con sommo stupore di Hinata, l'intero campo in cui si trovarono iniziò a brillare, come se fosse avvolto nel chakra, e iniziarono a spuntare fiori ovunque.
La tecnica di Naruto funzionava, e questo se ne accorse, incrementando la potenza. Dopo circa un minuto interruppe il flusso di energia, ammirando il risultato dei suoi sforzi. Il prato su cui avevano passato quei momenti magici ora era completamente ricoperto di fiori alti circa mezzo metro, di ogni possibile forma e colore. Un angolo di paradiso che lui aveva creato con il suo Mokuton.

Era rimasto a secco di chakra, ma l'avrebbe rifatto altre cento volte, pur di bearsi nuovamente dell'espressione che aveva Hinata in quel momento: la felicità e la meraviglia fatta persona, una bellezza tale che Naruto faticava a credere potesse esistere qulcuno del genere.


Dopo uno shock iniziale la corvina si riprese, gettandosi tra le braccia di Naruto e baciandolo di nuovo. Grosse lacrime scendevano sulle sue guance, ma erano lacrime di gioia.
«Grazie, Naruto... Questo... Questo è il più bel ragalo che tu potessi farmi...»
Naruto ricambiò il bacio, sussurrandogli all'orecchio.
«Per te questo ed altro, principessa mia...»

E rimasero così per altri lunghi minuti, in quel paradiso fatto di fiori, fino a quando non arrivò per entrambi il momento di andare via. Naruto doveva andare all'appuntamento con Yamato, e Hinata aveva il coprifuoco da rispettare.
E così Naruto la accompagnò a casa. A modo suo ovviamente.
La prese in braccio, e con un Raijin Volate si ritrovarono di fronte a Villa Hyuga.

«Buonanotte, principessa mia...» E Naruto le diede un bacio a fior di labbra, prima di sparire in un lampo giallo.
«Buonanotte, Naruto...»

Ancora frastornata, Hinata rientrò in casa.
Aveva preso una decisione. Ora che il suo sogno si era realizzato, ora che aveva la prova che ciò che voleva era possibile, aveva un nuovo obiettivo da raggiungere.


Si avviò a grandi passi verso il salotto, dove sapeva che avrebbe trovato suo padre a bere il tè. Entrando si inchinò leggermente, salutandolo.
«Padre, mi dispiace disturbarvi, ma vorrei parlarvi un momento, se volete.»

Hiashi la osservò con uno sguado dapprima curioso, poi interessato.
«Ma certo, siediti pure, figlia mia.»
Hinata prese posto di fronte al capoclan, tenendo gli occhi fissi nei suoi, senza più la minima traccia della sua vecchia timidezza. Anche suo padre notò questo particolare, e la corvina iniziò a parlare.
«Padre, so che siete rimasto molto deluso dalla mia sconfitta contro Neji, alla seconda prova degli esami chunin.»
Qui lo sguardo di Hiashi si indurì.
«Si, è la verità. Non credo di aver mai ricevuto una delusione più grande in vita mia.»

Lo disse senza mezzi termini, ma ciò non bastò a fermare Hinata.
«Avete ragione, e se proprio volete saperlo, anche se non l'ho dato a vedere anch'io sono rimasta estremamente amareggiata da quanto accaduto.
È per questo che sono qui: per fare in modo che non accada mai più, per dimostrarvi che io posso essere degna di rivestire il ruolo di capoclan.
Vi chiedo di allenarmi, padre. Insegnatemi le tecniche segrete del nostro clan, fatemi essere l'erede che avete sempre voluto.»


Poche persone nel villaggio erano mai riuscite a stupire Hiashi Hyuga come aveva fatto Hinata in quel momento. Era ciò che aveva sempre voluto da sua figlia: che mostrasse il suo carattere, liberandosi da quella timidezza che l'aveva tormentata, come uno spettro, per tutta la sua vita.
Se sua figlia voleva essere una Hyuga degna di tale nome, lui l'avrebbe aiutata, come capoclan e come padre. Stavolta, fu con un sorriso che si rivolse a lei.

«Era da molto tempo che aspettavo che tu mi dicessi questo, avevo seriamente iniziato a prendere in considerazione l'idea di dover nominare capoclan Hanabi o Neji...
Ma se tu sei intenzionata a dimostrarti degna del titolo che per diritto ti spetterà alla mia morte, io farò quanto in mio potere per aiutarti a diventarlo. Inizieremo domani ad allenarci. Ma sappi che non avrò alcuna pietà negli allenamenti. Ora va a dormire, avrai bisogno di forze per ciò che ti attende.»

Con un sorriso, Hinata si alzò.
«Grazie, padre.»
E si diresse verso la sua camera. Ma prima che sparisse dietro l'angolo, la voce di suo padre la richiamò.

«Hinata.»
Lei si voltò nuovamente a guardarlo: il suo volto, per la prima volta da quanto Hinata ricordasse, era piegato in un grande sorriso.
«Sono molto fiero di te. Non deludermi.»
Hinata sorrise nuovamente.
«Non lo farò, padre, statene certo.»
E si avviò verso la sua camera.


Hiashi, rimasto solo, rifletteva.
"Sei cambiata molto, Hinata. Sei rimasta quel fiore puro che eri dalla nascita, eppure ora hai iniziato a maturare e tirare fuori il tuo carattere. Credo proprio che l'influenza che quell'Uzumaki ha su di te ti abbia fatto bene..."
E con questi pensieri, Hiashi finì il suo tè e andò anch'egli a riposare.


 

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Capitolo 40
*** Più Potere ***


Più Potere


 

Sasuke camminava per il villaggio, immerso nei suoi pensieri. Erano passati tre giorni dall'attacco da parte della Sabbia, e non aveva fatto altro che pensare alla stessa cosa: quanto fosse ancora troppo debole.

Durante l'esame, aveva visto Naruto fare sfoggio di tecniche straordinarie, ma pensava che i suoi poteri fossero allo stesso livello. Solo dopo lo scontro con Gaara aveva davvero realizzato quanto il suo compagno fosse diventato più potente di lui.
È vero, lui aveva il Mangekyo Sharingan dalla sua parte, e usandolo poteva fronteggiare qualsiasi nemico, ma il prezzo da pagare era talmente alto che il gioco non valeva la candela. Naruto, invece, poteva contare su poteri pari ai suoi, ma che non davano effetti collaterali.

C'erano le tecniche che aveva usato durante l'esame, che da quanto aveva capito erano le stesse del Quarto Hokage, c'era l'Arte del Legno, anche se non sapeva controllarla, per quanto lui ne sapesse. Poi c'era quel rospo enorme che aveva usato per affrontare Gaara, che sicuramente aveva evocato lui. E infine c'era quel misterioso potere che aveva usato varie volte in sua presenza: quello strano chakra rosso.
Contro Haku, contro Orochimaru, contro Gaara, lo aveva visto sfruttare quell'energia varie volte, e aveva cominciato a capire di cosa si trattava. Anzi, era stato il biondo stesso a raccontare a lui, a Sakura e a Hinata il motivo per cui al villaggio era sempre emarginato...


*Flashback*

Sia lui che Sasuke erano in ospedale, si erano svegliati a pochi minuti di distanza l'uno dall'altro, prima Sasuke, ed entrambi stavano bene, anche se erano esausti dalla battaglia sostenuta contro Gaara. Sasuke aveva raccontato a Sakura ciò che era successo dopo che lei aveva perso i sensi, e così lei aveva posto a Naruto, dopo che si era svegliato, la fatidica domanda.
«Naruto, ma perchè eri così sicuro di essere l'unico a poter fermare Gaara? E poi perchè lui voleva affrontare solo te?»

Naruto abbassò gli occhi, era arrivato il momento della verità. Anche Hinata era lì, e ascoltò con attenzione.

«Perchè ciò che abbiamo dentro è molto simile. Avete presente il Kyuubi, il demone che ha attaccato il villaggio tredici anni fa? Ne avrete sicuramente sentito parlare nei racconti.»
Si, tutti e tre sapevano di cosa si trattava, quindi il biondo proseguì.

«C'è un motivo se tutti al villaggio mi hanno sempre considerato un mostro: quando lo affrontò per proteggere il villaggio, sacrificando la sua vita, il Quarto Hokage lo sigillò dentro di me. Io sono la sua Forza Portante.
Dentro Gaara è sigillato un'altro demone, fratello del Kyuubi: l'Ichibi, il Tasso Monocoda. È per questo che solo io potevo fermarlo, perchè abbiamo gli stessi poteri.»


Finito il suo racconto, ebbe paura che i suoi amici e la sua ragazza lo abbandonassero, ma questi si dimostrarono molto comprensivi. Certo, la rivelazione li aveva scossi, ma loro conoscevano il loro amico, e lui non era la Volpe reincarnata, come molti al villaggio credevano.
Solo allora la rosa capì quanta sofferenza poteva aver provato da quando era nato, emarginato da tutti per una colpa non sua, e ancora una volta si sentì un verme per come si era comportata lei stessa.
Nonostante tutto, mentre Hinata lo abbracciava, per fargli capire che lei gli era vicina a prescindere da ciò che gli altri credevano, Sakura fece un'altra domanda:

«Una cosa però non ho capito: perchè lo Yondaime usò proprio te come contenitore? Come faceva a sapere che tu potevi contenerlo?»

Naruto esitò un attimo prima di rispondere, ma alla fine sapeva che si sarebbe venuto a sapere, e dato che Sasuke ne era già al corrente potevano saperlo anche Sakura e Hinata.
«Perchè lui era mio padre. Gli Uzumaki, come mia madre, erano un clan famoso per lo straordinario chakra che i suoi membri possedevano. Si potrebbe dire che erano fatti apposta per contenere demoni.
Lo Yondaime volle affidarmi la Volpe a Nove Code perchè sapeva che io avrei potuto contenerla, e perchè io imparassi a controllarne i poteri e diventassi un grande ninja. E un giorno ci riuscirò, raggiungerò il suo livello e lo supererò.»

*fine flashback*


Lui e Sakura erano rimasti piuttosto stupiti da quella rivelazione, ma in fondo, ora che ci pensava, era normale che Naruto avesse imparato le tecniche di suo padre. Sasuke giunse a casa, e per un po' i suoi pensieri lo lasciarono in pace.


Dopo pranzo, decise di andarsi ad allenare ancora un po'. Doveva trovare una nuova fonte di potere, o non sarebbe mai riuscito ad avere la sua vendetta su Itachi. Ma mentre si dirigeva verso la sua radura, una voce lo fermò.

«Sasuke!»
Il moro si voltò, e davanti a lui c'era Sakura, che si avvicinò svelta. Era vestita in modo diverso dalla sua solita tuta da combattimento: indossava una maglietta rossa leggera, e una gonna verde chiaro. I capelli, lunghi fino alle spalle, erano raccolti in una coda con un nastro rosso, ai piedi portava degli stivaletti neri.


Nel vederla, Sasuke provò di nuovo quella strana sensazione dell'ultima volta, ma cercò di mantenere il controllo.
«Ciao Sakura, che fai in giro?»
«Stavo tornando a casa dopo un po' di compere» disse mostrando alcune buste che teneva in mano.
«E tu? Stavi andando ad allenarti ancora?»
«Già, non sono molto soddisfatto del livello a cui sono arrivato, voglio salire ancora.»
«Non avere tutta questa fretta, diventerai più forte, col tempo. Perchè invece non mi accompagni a fare un giro?»

Abbandonare gli allenamenti per fare una passeggiata con lei? Mai! Assolutamente no! Sasuke Uchiha non avrebbe mai fatto una cosa del genere!
«Ok, andiamo.»


E così, senza neanche sapere come e soprattutto PERCHÈ aveva accettato, Sasuke si ritrovò ad accompagnare Sakura in giro per il villaggio, per negozi e bancarelle varie.
Dal canto suo, l'enorme sorpresa iniziale aveva fatto posto ad un'immensa felicità, per Sakura. Finalmente era uscita con il ragazzo di cui era innamorata da una vita!
Spesso le era capitato di riflettere se fosse davvero innamorata di Sasuke o se gli facesse la corte solo perchè tutte le ragazze dell'Accademia lo facevano. Ma non aveva mai avuto nessun dubbio, lo amava davvero, avrebbe fatto di tutto per lui. E poi era una soddisfazione impagabile osservare le facce di tutte le ragazze che incontravano, che cercavano di incenerirla con lo sguardo, e della quale lei non la smetteva di ridere.


Inizialmente, Sasuke pensava che si sarebbe annoiato, ma alla fine si stava divertendo con Sakura. Quella strana sensazione continuava a tormentarlo: provava l'impulso irrefrenabile di portare Sakura in un luogo riservato e rimanere solo con lei per tutta la serata, ma la confusione che aveva in testa lo spaventava come poche altre cose. Voleva seguire il suo istinto, ma aveva paura di ciò che avrebbe potuto provocare...

Si fece sera, e i due finirono per cenare in un chiosco dove vendevano dango, e Sasuke si sedette con Sakura su una panchina a gustarsi quella cena così deliziosa.Quando ebbero finito, lo sguardo di Sasuke cadde sulla ragazza di fianco a lui.
Stava cercando qualcosa nella borsa, quindi non si accorse della situazione. Lui invece si. Si rese conto di quanto erano vicini, pochi centimetri li separavano, e il suo sguardo scorse dalle sue gambe al suo corpo, fino a soffermarsi sul suo viso, contratto in una buffa smorfia di concentrazione per ciò che stava cercando. In quel momento, un brivido lo percorse, mentre sentiva come un fuoco crescere dentro di sè.

«Sakura...»
Lei, al richiamo di quella voce bassa e profonda, si voltò, trovandosi con il suo volto ad un soffio, ed entrambi trattenero il fiato.
Fu un attimo interminabile, gli occhi neri come la pece di lui fissi in quelli verde smeraldo di lei. Poi, Sasuke decise di seguire il suo istinto.
Si avvicinò, e posò un bacio sulle labbra alla rosa, che chiuse gli occhi, godendosi quel momento paradisiaco. Si staccarono dopo qualche secondo, guardandosi con una nuova intensità, e ripresero a baciarsi, stavolta in modo più passionale.
Per Sakura, era un sogno che si realizzava. Di nascosto, si diede un pizzico per svegliarsi, ma non era un sogno: Sasuke la stava baciando davvero!


Sasuke ora non aveva più dubbi. Si era innamorato di quella ragazza, e ci aveva messo così tanto a capirlo. Prese un appunto mentale: non avrebbe mai più dato dell'idiota a Naruto, almeno non sotto quel punto di vista.

Più andavano avanti, più entravano in sintonia, e il loro bacio diventava sempre più appassionato, una danza tra le loro lingue che non volevano più separarsi. Alla fine, fu la mancanza d'aria a costringerli a staccarsi. I due, abbastanza imbarazzati, raggiunsero casa del moro mano nella mano.


«Buonanotte, Sasuke...»
La rosa era estremamente imbarazzata, con ancora con in mente l'ultima scena che si era svolta in quel modo. Anche Sasuke aveva un senso di déja vù, ma stavolta non avrebbe fatto finire la loro buonanotte in un nulla di fatto.
Prima che Sakura reagisse, la prese per un braccio e la attirò a sè, baciandola intensamente. Quando si staccarono, Sasuke le sussurrò in un orecchio.

«Buonanotte...»
E indietreggiò lentamente, sorridendole, rientrando in casa e chiudendo lentamente la porta.
Sakura rimase lì, imbambolata, per qualche secondo. Poi, con aria sognante, si avviò verso casa.


Sasuke si svegliò di soprassalto. L'aveva sentito chiaramente: il rumore di qualcuno nel suo giardino. Si vestì in fretta, e uscì a controllare.
Gli intrusi non si fecero nemmeno cercare, questa volta. Con aria solenne, il Quartetto del Suono uscì allo scoperto, circondandolo.
Sasuke non era minimamente spaventato, quei quattro non avevano speranze contro di lui, ora che aveva imparato a controllare alla perfezione l'Arte del Fulmine. Perciò lasciò che dicessero ciò per cui erano venuti. Sakon prese la parola.

«Hai avuto il tuo tempo, Sasuke Uchiha, ed è tempo che tu ci dia una risposta. Durante l'assalto al villaggio hai avuto la prova che il tuo compagno è diventato più potente di te. Restando qui non riuscirai ad avere la tua vendetta, e questo lo sai benissimo. Cosa hai deciso? Resti a marcire in questo villaggio di idioti, o vieni con noi e accetti di diventare allievo di Orochimaru?»


Sasuke in quel momento riflettè attentamente. Quei quattro avevano ragione, Naruto aveva annientato addirittura un cercoterio, e pensare che meno di un anno prima era considerato un incapace!
Lui invece, che era sempre stato il più forte, ora vedeva con chiarezza quanto poco era progredito. Di quel passo non avrebbe mai raggiunto il livello di Itachi, che senza dubbio in quegli anni aveva accresciuto ulteriormente il suo potere. E così, prese la sua decisione.

«Aspettatemi domani notte alle due fuori dall'ingresso del villaggio. Dite ad Orochimaru... che accetto.»
Dopotutto, l'unica vera fonte di potere a cui aveva avuto accesso, fino ad allora, era stato il Segno Maledetto, e anche mentre questo era sigillato ne poteva percepire la potenza. Se quello era il potere che avrebbe ricevuto andando con Orochimaru, allora era convinto della sua scelta.
Ma voleva avere un'ultima occasione di allenarsi insieme alla sua squadra. C'erano troppe cose lasciate in sospeso.

«Allora è deciso. Ti aspettiamo domani.» E i quattro sparirono tra gli alberi.
"Sakura, Naruto, maestro Kakashi... Spero che mi perdonerete per questo..."

E con queste parole in mente rientrò in casa. Quella notte non riuscì a dormire, tormentato dai dubbi per ciò che stava per fare, e dal rimorso di tradire i suoi amici.
Quando il sole si alzò, non aveva chiuso occhio. Presa la tuta da combattimento, si diresse verso il campo n°7...


 

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Capitolo 41
*** Abbandono ***


Abbandono


 

Il giorno dopo, Sasuke si presentò puntuale all'allenamento con la squadra.
I suoi due compagni e il maestro notarono subito che c'era qualcosa che non andava: Sasuke era molto più freddo e distaccato del solito.
In un primo momento, Kakashi pensò che fosse l'effetto del Segno Maledetto, ma questo era ancora stabilmente sigillato, perciò non riusciva proprio a capire cosa fosse successo al suo allievo.


Sasuke non aveva rivolto minimamente la parola a Sakura, e anche negli scambi di colpi con Naruto si era dimostrato molto più violento e spietato del solito.
Alla fine, Kakashi decise di terminare l'allenamento in anticipo, perchè in quelle condizioni non ne avrebbero tratto alcun beneficio. Quando il maestro si fu allontanato, Naruto si scagliò contro Sasuke.

«Mi vuoi dire che cazzo ti succede?! Non ti sei mai comportato così, cosa diavolo ti prende?!»
Sasuke non rispose, ma guardò Naruto con uno sguardo che il biondo non aveva mai visto: furibondo, freddo, come se volesse ucciderlo all'istante. Lo Sharingan attivato gli dava un'aria ancora più minacciosa.

Sakura era talmente tesa da non avere il coraggio di dire una sola parola. Se Sasuke si trovava in quello stato, ormai lo sapeva per esperienza, l'unico in grado di farlo ragionare era Naruto. Ma ciò che il moro disse in quel momento sconvolse tutti e due.

«Naruto, combatti contro di me. Adesso.»
«Ma che stai dicendo? Perchè dovrei farlo?»
Naruto era sorpreso, mai Sasuke era stato tanto ansioso di confrontarsi con lui. A cosa era dovuto quell'atteggiamento?
«Fallo e basta! Durante l'esame ci dovevamo affrontare in finale, ma poi è saltato tutto. Bene, ora voglio la sfida che mi spetta. Mostrami la potenza che hai sfoderato contro Gaara. Scopriamo una volta per tutte chi di noi due è il più forte!»

Naruto era esterrefatto da quella presa di posizione, ma non si tirò indietro.
Se c'era una cosa che aveva imparato, negli anni, era che combattere contro qualcuno era molto più efficace del parlare, se si voleva capire cosa passava per la testa di quest'ultimo. Che Sasuke si sentisse minacciato dai suoi miglioramenti?

«Ra-ragazzi, p-per favore, c-cercate di calmarvi...»
Sakura tentò di frapporsi tra i due, ma questi la ignorarono completamente. Naruto indagava l'espressione di Sasuke, cercando i motivi di quel suo strano atteggiamento. Alla fine, capì che l'unico modo possibile era assecondarlo.
«Se è questo che vuoi...»
E il biondo si mise in posizione di guardia, mentre Sasuke, con un ghigno, lo imitava.


Sakura si allontanò di corsa, conscia di non essere in grado di fermarli, e andò subito in cerca del maestro Kakashi.
Nel frattempo, il duello iniziò.

Naruto si scagliò all'attacco caricando il moro con un calcio laterale, che questo parò senza problemi. L'Uzumaki approfittò così del momento di immobilità per estrarre dei kunai di Dislocazione, che piantò tutto intorno a loro.
Il giorno prima era tornato sul luogo dello scontro con Shukaku e aveva recuperato tutti i kunai speciali utilizzati, grazie alla tecnica di appello letta sul diario.

Sasuke sapeva già quello che stava per accadere: con un lampo giallo Naruto sparì, e iniziò ad attaccarlo da tutte le direzioni.
Ma Sasuke non era Neji: grazie al suo Sharingan riusciva a parare tutti i colpi, e ogni tanto riusciva anche a contrattaccare, costringendo il biondo alla ritirata. Conscio che stava sprecando chakra inutilmente, Naruto cambiò tattica.
«Kage Bunshin no Jutsu!»

Dieci cloni apparvero, e iniziarono ad attaccare Sasuke da tutti i lati. L'Uchiha sapeva che avrebbe dovuto eliminarli subito, o lo avrebbero sopraffatto, quindi saltò e li attaccò dall'alto.
«Arte del Fuoco: Tecnica della Palla di Fuoco Suprema!»
Con un soffio rovente incenerì tutti i cloni, ma il vero Naruto ne approfittò per lanciare un kunai attraverso le fiamme. L'avversario lo parò, ma il quel momento lui apparve davanti a lui con un Raijin Volante, e portandosi alle sue spalle con un volteggio lo colpì pesantemente con un calcio rotante, mandandolo a schiantarsi a terra.

Sasuke si rialzò dolorante. Aveva accusato il colpo, ma era ancora in grado di continuare. Accecato dalla rabbia, iniziò a concentrare il chakra nella mano sinistra, e un fascio di fulmini la avvolse.
«Basta giocare, facciamola finita!»
Naruto allora capì che Sasuke stava facendo sul serio, e ricorse alla sua tecnica per contrastarlo. Nella sua mano destra il chakra iniziò a roteare, dando forma al suo terribile attacco. Con uno sguardo carico di rabbia i due si lanciarono l'uno contro l'altro.
«Rasengan!»
«Mille Falchi!»
Le due tecniche stavano per scontrarsi, mancavano pochi centimetri...


Ad un tratto una mano apparve sul polso di entrambi, e i due vennero scagliati contro due rocce lì vicino. La voce del maestro Kakashi, fredda e minacciosa, lasciava intendere la sua rabbia.
«Spiegatemi immediatamente cosa stavate facendo. E non azzardatevi a dirmi che vi stavate solo allenando, perchè non me la bevo.»
Al suo fianco, Sakura ansimava con le mani sulle ginocchia. Aveva corso come non mai per cercare il maestro, e questo era intervenuto giusto in tempo.

Sasuke si rialzò, dolorante, e osservò la roccia sulla quale era finito: un grosso buco era apparso nel punto in cui il suo Mille Falchi era andato a colpire.
La soddisfazione per quel risultato era evidente, ma mentre si rialzava, il suo sguardo cadde sulla roccia sulla quale si era abbattuto il suo avversario, e sgranò gli occhi.
Il masso su cui era finito Naruto non c'era più, sostituito da un mucchio di sassolini sparsi per il prato. La sua tecnica era stata talmente potente da sbriciolare quell'ostacolo.
Carico di rabbia e frustrazione, Sasuke se ne andò senza dire una parola ai suoi compagni o al maestro.

Naruto lo osservò andarsene, spiazzato da quel comportamento. Solo in quel momento di era reso conto di quanto avrebbero potuto farsi del male a vicenda, l'intervento di Kakashi era stato provvidenziale.
"Sasuke, cosa ti è successo?"


Era quasi arrivata l'ora. Era l'una e mezza, e Sasuke aveva raccolto in uno zaino tutte le cose che sarebbero potute tornargli utili.
Prima di uscire diede un'ultima occhiata a casa sua, quell'appartamento che occupava dalla notte dello sterminio. Non era riuscito a tornare a vivere alla villa del suo clan, avrebbe visto i fantasmi dei suoi genitori ovunque, se l'avesse fatto.

Quella casa era di un suo zio che abitava nel quartiere centrale, che non la usava, e dopo quella notte l'Hokage gli aveva concesso di abitarci, mentre l'intero quartiere Uchiha era stato sigillato per impedire a chiunque di accedervi. Solo con il maestro Kakashi vi aveva fatto ritorno, circa un anno prima, quando avevano letto la stele nel tempio del suo clan.

Uscito di casa, pose un sigillo di confinamento dello Sharingan sul cancello d'ingresso, così che nessuno potesse entrare. Quando sarebbe tornato, voleva che tutto fosse al suo posto.
Perchè si, sarebbe tornato. Una volta compiuta la sua vendetta contro Itachi sarebbe tornato al villaggio, e avrebbe ricostruito il suo clan. Non aveva alcuna intenzione di abbandonare per sempre la sua casa.


Era ormai giunto alla strada che conduceva all'ingresso del villaggio, le mura di cinta erano così vicine che la loro ombra incuteva timore in lui. Nessun suono, il silenzio assoluto regnava in quella notte, nemmeno un alito di vento muoveva l'aria. Se non fosse stato per una mosca che in quel momento gli volò davanti agli occhi, avrebbe potuto dire che il tempo si era fermato.
Con passo deciso, si avviò verso il cancello.

«Sasuke»

Al suono di quella voce, chiaro nel silenzio come una lastra di ghiaccio che si spezza durante il disgelo, Sasuke si fermò di colpo.
No, lei era l'ultima persona che voleva incontrare quella notte. Già era indeciso di suo, avrebbe rischiato di fargli cambiare idea.

«Non dovresti essere in giro a quest'ora di notte, Sakura.»
Cercò di guadagnare tempo, mentre pensava a un modo per uscire da quella situazione.
«Neanche tu dovresti.»
La voce della rosa era calma, ma dentro di lei era terrorizzata. Lo raggiunse e lo abbracciò da dietro con delicatezza, quasi con timore.
«Torna indietro, Sasuke, da quella parte si va fuori dal villaggio.»
Sakura sapeva di aver detto un'ovvietà, ma in quel momento la paura che l'aveva presa l'aveva portata a parlare come si farebbe a un pazzo per calmarlo.

«Lo so. È li che sto andando.»
Sasuke non si voltò, restò immobile, fissando davanti a sè. Sapeva che se l'avesse guardata, se le avesse aperto un'altra volta il suo cuore, non avrebbe più avuto la forza di fare ciò che doveva. Sakura lo strinse più forte.
«Perchè... Che cosa c'è che non va? Perchè vuoi andartene?»
Con quel sussurro, lo stava supplicando di tornare indietro, insieme a lei.

Sasuke non rispose. La verità era che non voleva andarsene, ma non poteva rinunciare alla sua vendetta. C'erano un milione di ragioni valide per restare, ma compiere quel passo era necessario.
«Lasciami, Sakura. Non voglio farti male.»


Sakura lo sciolse l'abbraccio e indietreggiò, impietrita da quel comportamento. Grosse lacrime le solcarono il volto, mentre il respiro le si era fermato. Fece un passo indietro.
«Ti prego... non andartene... io... ho bisogno di te... Non abbandonarmi... Così mi spezzi il cuore...»
Ora aveva iniziato a piangere. Doveva fare tutto il possibile, non poteva lasciare che Sasuke se ne andasse.

«Devo farlo. È l'unico modo. Restando qui non riuscirò mai ad acquisire il potere che mi serve. Solo Orochimaru può darmi ciò che cerco...»
Sasuke mascherò il dolore che stava provando dietro quella voce così fredda, così priva di emozioni.
Da quando aveva assistito al massacro della sua famiglia non aveva più versato una lacrima. Aveva chiuso il suo cuore a tutte le emozioni, solo l'odio era ciò che lo guidava.
Ma quella ragazza era riuscita a penetrare attraverso quel guscio fatto di disprezzo e cinismo, e a fargli riscoprire quell'emozione da tempo dimenticata. Sakura era riuscita a fargli provare di nuovo amore.
Sentirla piangere per colpa sua era una tortura, ogni lacrima che le faceva versare era come una pugnalata al cuore, per lui. Ma non aveva altra scelta.


«Ti prego... non farlo... Non andartene!»
Sakura si fiondò addosso a Sasuke, senza un'idea precisa di ciò che faceva, solo intenzionata a fermarlo. Il nome di Orochimaru era bastato a farle capire la strada che il suo amato stava per prendere, sarebbe diventato un traditore.
Non poteva lasciarlo andare, doveva fermarlo a tutti i costi.

Ma Sasuke agì più rapidamente di lei. Si voltò di scatto e la prese al volo, stringendola tra le braccia. Alla fine aveva ceduto, aveva voluto sentirla un'ultima volta vicina a lui, prima di sparire per chissà quanto tempo.
«Non ti abbandonerò, Sakura. Te lo prometto. Quando la mia vendetta sarà compiuta, tornerò. Te lo giuro sull'onore del mio clan. Te lo giuro sui miei stessi occhi. Tornerò al villaggio. Tornerò da te.»


Sakura non smetteva di piangere, con la testa appoggiata alla spalla del ragazzo.
«Perchè...? Perchè lo fai...?»
«Perchè ti amo, Sakura.»

Sakura riaprì gli occhi, folgorata da quelle parole.
Sasuke non aveva mai mostrato sentimenti per nessuno, ma ora aveva tolto la sua maschera di orgoglio, e aveva pronunciato quelle tre parole: "ti amo, Sakura"

«Tu sei stata l'unica capace di risvegliare il mio cuore da quell'oscurità che lo avvolgeva da anni, è solo grazie a te e a quell'idiota di Naruto se non sono diventato un mostro. Ma non posso rinunciare a ciò che devo fare.
Perciò... ti chiedo di aspettarmi. Ti prometto che tornerò. Fosse l'ultima cosa che faccio, tornerò.»

Sakura continuava a piangere, e così Sasuke le prese dolcemente il mento con una mano, e le diede un bacio da toglierle il fiato.
Incapace di resistere a quel gesto, Sakura ricambiò, con tutta la passione di cui era capace. Non aveva smesso di singhiozzare, grosse lacrime salate si univano a quel bacio dal sapore così amaro.


Dopo lunghi istanti, Sasuke si staccò, guardandola fisso negli occhi.
«Perdonami, Sakura.»
E attivò lo Sharingan, gettando la ragazza in un Genjutsu.
La rosa cadde addormentata, e Sasuke la prese tra le sue braccia. Poi la adagiò sulla panchina lì vicino, coprendola con la sua felpa blu con lo stemma Uchiha sulla schiena. Era rimasto vestito solamente con la sua tenuta nera a lacci.

Sakura avrebbe dormito per circa quattro ore, tempo sufficiente perchè non avvertisse nessuno della sua fuga.
Odiandosi per quello che stava facendo, Sasuke si voltò per l'ultima volta e uscì dal cancello senza guardarsi indietro.

Al di fuori delle mura, i quattro lo aspettavano come da accordi.
«Sei un po' in ritardo.» fece notare Jirobo, che Sasuke ignorò bellamente.
«Andiamo.» disse l'Uchiha, e i cinque si avviarono verso il covo di Orochimaru.


«...Sasuke...»
Sakura si svegliò, trovandosi su una panchina.
Fece mente locale, e dopo qualche secondo capì perchè si trovava lì, ricordando la sera precedente. Tra le mani, si accorse di stringere una maglia blu, con uno stemma degli Uchiha stampato sul retro. La maglia di Sasuke.
E lì Sakura scoppiò nuovamente a piangere. Aveva fallito, non era riuscita a impedire che Sasuke se ne andasse.

D'un tratto le venne un'idea: guardò l'orologio, erano le sei di mattina. Sasuke era partito da meno di quattro ore, il che vuol dire che erano ancora in tempo per recuperarlo!
Disperata come mai in vita sua, scattò alla massima velocità verso il palazzo dell'Hokage.



 

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Capitolo 42
*** L'Inseguimento ***


L'Inseguimento



 

Tsunade era nel suo ufficio, seduta sulla sua poltrona, a compilare i primi documenti della giornata. Kakashi e Jiraiya le avevano spedito il rapporto sulla loro missione diplomatica, che aveva avuto pieno successo.
Il Villaggio della Sabbia aveva accettato di allearsi con Konoha, e aveva formato un governo provvisorio in attesa della nomina del Quinto Kazekage. In cambio dell'appoggio militare e diplomatico, la Foglia aveva annullato i debiti di ricostruzione dei danni causati dall'assalto, e Orochimaru era stato dichiarato ricercato di livello S anche nel Paese del Vento.


Aveva appena finito di leggere il rapporto, quando la porta si spalancò di colpo. Appoggiata allo stipite, Sakura Haruno riprendeva fiato, ansimando.
«Presto... Ho-Hokage-sama... S-Sasuke...»

A quel punto, Tsunade si alzò, e la raggiunse.
«Calmati, ragazzina. Tu sei Sakura Haruno, del team 7, giusto? Riprendi fiato e spiegami cosa cerchi così di fretta.»
Sakura la guardò, e le disse tutto.
«Non c'è tempo di spiegare! Stanotte Sasuke Uchiha è fuggito dal villaggio, insieme a Orochimaru!»

Quella frase fece letteralmente rizzare i capelli in testa a Tsunade, che reagì immediatamente.
«Shizune! Convoca subito tutti i membri dei team 7, 8 e 10, con la massima urgenza!»
La mora eseguì immediatamente. Purtoppo il momento era critico: tutti i chunin e i jonin disponibili erano fuori dal villaggio, impegnati in missione. L'unico chunin rimasto era Shikamaru Nara, che aveva ottenuto la promozione in seguito alla genialità dimostrata all'esame, durante lo scontro con Temari, ed era l'unico dei partecipanti a quell'edizione ad aver guadagnato l'aumento di grado.

Sakura raccontò a Tsunade ogni dettaglio della notte precedente, e dopo pochi minuti furono raggiunte dai ragazzi convocati. Tsunade spiegò loro brevemente la situazione, e la loro reazione fu di totale sbigottimento.
Quello che la prese peggio fu Naruto, gli sembrava impossibile che il suo amico fosse così tanto assetato di vendetta da seguire Orochimaru...


Nella riunione che seguì, Tsunade formò una squadra di recupero che facesse capo a Shikamaru, composta da lui, Naruto, Neji, Kiba, Shino e Choji.
Mezz'ora dopo, la squadra, che aveva appena deciso la formazione da assumere, era al cancello pronta a partire. Ma prima che varcassero la soglia del villaggio una voce li chiamò.

«Naruto!»
Sakura li aveva raggiunti, e si avvicinò al biondo, in lacrime. Cadde a terra in ginocchio, rivolgendo la sua preghiera al compagno di squadra.
«Naruto... ti prego... Riportalo indietro... Riportami Sasuke...»
Non smetteva di singhiozzare, la disperazione per non essere riuscito a fermarlo era ben visibile nelle sue lacrime.
Naruto la guardò e le si avvicinò, posandole una mano sulla guancia.
«Lo farò, Sakura. Ti prometto che farò tutto ciò che posso per riportarlo indietro.»

Sakura lo guardò negli occhi, difficilmente avrebbe potuto trovare un'espressione più sincera e determinata. In quel momento, buttò fuori tutta la sofferenza e i sensi di colpa che aveva accumulato in quell'anno in cui era stata sua compagna di squadra.
«Naruto... Mi... mi dispiace... Per tutti questi anni, non ho fatto altro che denigrarti e considerarti un fallito, quando l'unica che meritava di essere considerata un verme ero io... Solo in questo ultimo periodo, combattendo al tuo fianco e conoscendo la tua storia, grazie a Sasuke, ho potuto conoscere davvero chi sei. Ti prego... perdonami per tutto... tutto quello che ti ho fatto passare... Io...»

Naruto la interruppe.
«Io ti ho già perdonato, Sakura. Non hai nulla di cui scusarti.»
Poi si voltò verso gli altri. «Andiamo!»
E così, i sei partirono. Sakura rimase qualche minuto al cancello guardandoli allontanarsi.
"Naruto, ti prego, sta attento..."


Ad alcuni chilometri dal villaggio della Foglia, il Quartetto del Suono si era fermato in una radura.
Avevano percorso diversi chilometri, e concordarono sul fare una pausa. A quel punto, Sakon prese la parola.
«Sasuke, prima che raggiungiamo il covo di Orochimaru, abbiamo l'ordine di farti raggiungere il secondo livello del Segno Maledetto.»
«Secondo livello?» Sasuke era piuttosto incuriosito.
«Mostraglielo.»

Sakon si rivolse a Kidomaru, il cui Segno Maledetto iniziò a diffondersi, ricoprendolo completamente. Il suo corpo allora iniziò a mutare: gli spuntarono altre quattro braccia, e sotto la sua bocca apparve una ghiandola. Sasuke percepiva chiaramente l'enorme potenza che ora Kidomaru sprigionava in quella nuova forma.
«Anche io sono in grado di trasformarmi?» Chiese trepidante all'idea.
«Tutti coloro che posseggono il Segno possono farlo, dopo aver superato il rituale. Tayuya...»

La ragazza citata prese un rotolo, ed evocò un barile abbastanza grande che Sasuke avrebbe potuto entrarci dentro.
«Per sviluppare il secondo livello, dovrai bere questa pozione» riprese Sakon, porgendogli una fiala colma di liquido scuro.
«Ti introdurrà in uno stato di morte apparente, e il Marchio si evolverà. Durante il processo rimarrai sigillato in quel contenitore. Potrebbe farti male, ma non ci sono rischi. L'unico pericolo del Segno Maledetto è legato alla sua difficoltà di adattamento, e tu sei sopravvissuto, quindi hai già superato la fase critica, non hai motivo di preoccuparti.»

Convinto da quelle parole, Sasuke prese la pozione e la ingurgitò senza perdere tempo, svenendo all'istante.
«Presto, muoviamoci.»
I quattro presero Sasuke, che già stava venendo ricoperto dal Segno, e lo rinchiusero nella cassa, chiudendone l'apertura con un sigillo quadrangolare.
E così attesero, erano necessarie alcune ore prima che il processo fosse completo.


A pochi chilometri di distanza, i sei della Foglia avevano individuato la loro traccia grazie all'olfatto di Kiba, e li avrebbero raggiunti nel giro di una mezz'ora.
Ad un tratto, un'informazione li allarmò.
«Credo che si siano fermati, forse si sono accorti di noi!»
Shikamaru soppesò quella possibilità, e decise che li avrebbero accerchiati, usando la vista di Neji per prevenire le trappole.


Il loro avvicinamento però non passò inosservato: grazie alle trappole terrestri che Jirobo aveva piazzato, i seguaci di Orochimaru si erano accorti di essere seguiti.
Allora ripresero la corsa: Sakon trasportava il contenitore con dentro Sasuke sulle spalle, mentre Jirobo era rimasto indietro per fermare gli inseguitori. Quando il gruppo lo incontrò, lui li imprigionò tutti in una gabbia di roccia.
Grazie al Raijin Volante Naruto ne uscì e liberò tutti dall'esterno, e Choji si fece avanti.

«Voi proseguite, me la vedo io contro questo energumeno.»
Dopo alcune proteste Shikamaru decise di fidarsi, e aiutati dalla Tecnica dell'Espansione del Corpo del loro compagno, riuscirono a superare il nemico.
«Cosa credi di fare, ciccione? Non penserai davvero di potermi sconfiggere!»
Aveva detto la cosa sbagliata. Di tutti gli insulti possibili, quello era l'unico che Choji non sopportava,
«IO. NON. SONO. UN. CICCIONE!!!»
Furibondo per l'oltraggio subito, Choji si lanciò all'attacco sfoderando le tecniche più potenti del suo clan, mentre l'avversario ricorreva al Segno Maledetto al secondo livello...



A diverse miglia di distanza, nelle profondità del covo di Orochimaru, l'eremita dei serpenti soffriva le pene dell'inferno, assistito dal suo apprendista.
«Non può continuare così, Orochimaru-sama. Mi dispiace, ma non sono in grado di curare le sue braccia. Penso che l'unica soluzione sia quella di reincarnarsi adesso.»
«Maledizione... Speravo di poter avere subito il corpo di Sasuke, ma a quanto pare mi toccherà aspettare...»

Orochimaru, infatti, aveva un motivo ben preciso per volere Sasuke dalla sua parte: la tecnica che lo rendeva immortale consisteva nel trasferire la sua anima da un corpo all'altro, reincarnandosi in esso. Tramite questa tecnica, l'eremita acquisiva tutte le abilità innate e di combattimento del nuovo ospite, ma la tecnica poteva essere compiuta solo una volta ogni tre anni, e dopo quell'arco di tempo il nuovo corpo rigettava la sua anima.
Aveva puntato Sasuke per la sua abilità innata, lo Sharingan. Lo voleva a tutti i costi, con quello sarebbe diventato il ninja più potente della storia.

Già una volta aveva tentato di impossessarsi dello Sharingan, quando faceva parte dell'Akatsuki, dopo che ne era entrato a far parte anche Itachi Uchiha dopo aver massacrato la sua famiglia. Ma le cose non erano andate come da lui previsto...


*Flashback*

Lui e Itachi stavano svolgendo una missione insieme, dovevano recuperare delle informazioni segrete presso un tempio.
Erano arrivati al luogo dove si trovava il loro obiettivo, ed erano da soli, non c'era nessuno nelle vicinanze, l'occasione perfetta per agire. Orochimaru attaccò il moro alle spalle, con l'intento di reincarnarsi in lui.

Ma l'Uchiha era ancora più potente di quanto le voci su di lui raccontassero.
Era infatti stato capace di reagire in un attimo, e aveva bloccato il suo tentativo di rubargli il corpo intrappolandolo in un Genjutsu.
Impotente contro quel potere, Orochimaru si ritrovò immobilizzato con degli enormi chiodi mentali.

«Nessuna delle tue tecniche funzionerà mai davanti a questi occhi, Orochimaru.»
Queste le parole che Itachi aveva pronunciato, e che Orochimaru avrebbe portato nella sua memoria per il resto della vita.
Parole che, suo malgrado, erano la pura verità: non avrebbe mai potuto superare un potere del genere.

*fine flashback


Da quel giorno aveva lasciato l'Akatsuki, costretto alla fuga per il suo tradimento, ed era diventato nemico dell'organizzazione, anche se non ne conosceva i piani.
Si diresse nei sotterranei, per prelevare uno dei suoi prigionieri. Reincarnandosi in Sasuke avrebbe potuto avere lo Sharingan subito, ma forse era precoce prendere il suo corpo quando era ancora così giovane.
In tre anni, il tempo minimo tra una reincarnazione e l'altra, avrebbe potuto allenarlo e fargli raggiungere la sua massima potenza, per poi sfruttare al meglio le sue capacità. Così prese un altro prigioniero, e si reincarnò in lui.

Quando si fu ripreso dal rituale, Kabuto lo aggiornò.
«Maestro, ho ricevuto un rapporto dal Quartetto del Suono: Sasuke ha accettato di seguirli, ma pare che a Konoha non siano intenzionati a lasciarlo andare. Una squadra di recupero li sta inseguendo, e li stanno mettendo in grossa difficoltà.»
«Mmm... Forse è meglio mandare loro dei rinforzi... Chiama Kimimaro...»
Kabuto ghignò, e andò a chiamare l'ospite richiesto, che arrivò in pochi minuti.
«Volevate vedermi, Orochimaru-sama?»

Kimimaro Kaguya era l'ultimo discendente del glorioso clan Kaguya, del Paese dell'Acqua. Il clan in questione aveva l'innata capacità di mutare di forma e dimensioni le proprie ossa, usandole come armi, ma tutti i suoi membri soffrivano tutti di gravi malattie di cuore. Anche Kimimaro aveva problemi del genere, e la sua vita era allo scadere del suo tempo.

Orochimaru se ne era dispiaciuto molto. Inizialmente, aveva in programma di reincarnarsi in Kimimaro, ma una volta saputo della sua malattia aveva dovuto rinunciare al progetto. Kimimaro stesso era rimasto deluso di non poter donare il suo corpo all'uomo che più rispettava al mondo, l'unico che avesse dato un senso alla sua vita, perciò non gli dispiaceva servirlo un'ultima volta.

«Kimimaro, il Quartetto del Suono sta portando qui il mio prossimo ospite, Sasuke Uchiha, ma sono stati attaccati da una squadra di soccorso. Voglio che tu li raggiungi, e ti assicuri che il loro carico arrivi a destinazione. Uccidi chiunque si metta contro di te.»
Recepito l'ordine Kimimaro partì, pronto a combattere nella sua ultima missione.



«Cosa!? Ha mandato i ragazzi in una missione così difficile da soli!? Ma perchè lo ha fatto?!»
Kakashi era sconvolto. Appena rientrato al villaggio aveva saputo del tradimento del suo allievo e della squadra di soccorso inviata al suo recupero. Ma l'Hokage non era intenzionata a farsi mettere i piedi in testa.

«Si, Kakashi, non avevo altra scelta, tutte le squadre erano impegnate. Ma ora che sei tornato, puoi rimediare personalmente alle mancanze del tuo allievo. Nel frattempo ho già spedito un messaggio a Suna, con la richiesta che ci inviino una squadra di supporto. Se vogliono dimostrare la loro lealtà al nostro accordo, ora è il momento buono per farlo.»
Senza attendere neanche un minuto, Kakashi si fiondò fuori. Quindi evocò Pakkun e gli altri suoi cani ninja, e guidato dal loro olfatto seguì la squadra.


Nel frattempo, il Quartetto del Suono aveva ricevuto diversi assalti.
Tayuya e Kidomaru si erano fermati per rallentare gli inseguitori, e la squadra si era divisa per permettere agli altri di proseguire. Shikamaru si era fermato ad affrontare Tayuya, che combatteva usando le melodie distruttive del suo flauto, e Neji e Shino affrontavano Kidomaru, che sfruttava le sue nuove braccia e la sua ghiandola per tessere delle ragnatele. Shino aveva preso particolarmente sul piano personale quella caratteristica...
«Questo tizio combatte usando i ragni. Io odio i ragni, ora gli mostrerò chi comanda in natura...»
Queste erano state le parole che aveva usato per spiegare al resto della squadra la sua scelta.


Erano rimasti Kiba e Naruto, e a loro si era aggiunto Rock Lee, che aveva saputo della loro missione ed era partito pochi minuti dopo di loro. Grazie alla sua velocità e al ritardo dovuto ai nemici che si erano fermati a combattere, era riuscito a raggiungerli in fretta.
Raggiunsero Sakon, che portava sulle spalle il contenitore con Sasuke all'interno, e lo obbligarono a combattere. Questo attivò il secondo livello del Segno Maledetto, e attaccò insieme al suo alter-ego Ukon.
I tre riuscirono a fargli mollare la presa sul contenitore, ma un nuovo avversario lo prese al loro posto: il nuovo ninja aveva i capelli bianchi legati in una coda bassa, e indossava un haori legato con una corda viola. Sul suo volto c'erano dei segni rossi, e il suo arrivo aveva enormemente spaventato Sakon.

«K-K-Kimimaro! C-Cosa ci fai qui?!»
Kimimaro lo guardò truce.
«Sono stato mandato a rimediare alla vostra incapacità. Ora vedi di farli fuori, o lo farò io con te.»
E si avviò di corsa nel fitto degli alberi, inseguito da Naruto e Rock Lee, mentre Kiba e Akamaru tenevano a bada l'ultimo membro del Quartetto.

Naruto e Lee raggiunsero Kimimaro in una radura, e lo costrinsero a fermarsi. Si prepararono ad affrontarlo, e questo non mostrò la minima paura nei loro contronti.
In quel momento, quando stavano per iniziare a combattere, il contenitore si aprì, e un denso fumo nero uscì da esso...



 

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Capitolo 43
*** Il Debito di Gaara ***


Il Debito di Gaara


 

Naruto e Rock Lee fissavano con stupore lo spettacolo che si parava davanti ai loro occhi.
Il contenitore che Kimimaro portava sulle spalle si era aperto, e ne era uscito fuori, avvolto in una nebbia di denso fumo nero, un Sasuke completamente trasformato: i capelli erano grigi, e la pelle era scura. Era voltato di spalle, e i due ninja di Konoha non lo videro in volto.
Pochi istanti dopo, lentamente ritornò al suo aspetto originario. Kimimaro lo guardò interessato.

«E così tu saresti Sasuke Uchiha. Io sono Kimimaro, il capo del Quartetto del Suono, Orochimaru mi ha mandato ad aiutarvi. Io mi occuperò di questi due, tu prosegui verso il covo.»


Sasuke si voltò leggermente, giusto a dare un'occhiata al luogo in cui si trovavano, e incrociò per un attimo lo sguardo di Naruto. Poi, senza dire una parola, corse verso la direzione in cui si dirigeva prima il grigio.

«Sasuke!!»
Naruto cercò di inseguirlo, ma Kimimaro non aveva alcuna intenzione di lasciarlo passare. Con una mossa fulminea, lo bersagliò con dei proiettili d'ossa usciti dalle sue dita.
Pensava di colpirlo, ma Rock Lee fu più veloce: si frappose tra Naruto e il colpo, e mandò in frantumi le falangi che Kimimaro aveva sparato con un colpo dei suoi tonfas.

«Naruto, va avanti, ferma Sasuke. Ci penso io a lui.»
Rock Lee fissava il suo avversario con espressione minacciosa. Non avrebbe mai permesso che quel tizio li ostacolasse nella loro missione.

«Sei sicuro?»
Naruto esitò. Quell'avversario era di gran lunga più potente degli altri quattro, lo percepiva chiaramente, e non voleva abbandonare da solo Lee, ma doveva inseguire Sasuke.
«Vai!»
Lee attaccò frontalmente Kimimaro in modo da lasciare aperta una via per Naruto, che non esitò più, e si lanciò all'inseguimento dell'Uchiha.


Kimimaro respinse il colpo, e si voltò un attimo nella direzione in cui era fuggito Naruto, ma ormai era tardi per fermarlo. Beh, se Orochimaru voleva così tanto il corpo dell'Uchiha, questo doveva essere abbastanza abile da cavarsela da solo.
Il potere che aveva percepito quando era uscito dal contenitore era pari al suo, quindi non avrebbe dovuto incontrare difficoltà.

Ma un'altra cosa preoccupava il Kaguya. La sua malattia avanzava sempre di più, sentiva chiaramente che il suo tempo era agli sgoccioli. Ancora poche ore, e la sua vita sarebbe finita.
Ma avrebbe impiegato fino all'ultimo respiro nel suo corpo per servire Orochimaru, e morire in combattimento era di gran lunga preferibile ad una lenta agonia. Senza alcuna remora, si lanciò all'attacco del ninja verde ricoprendo il suo braccio di uno strato d'ossa.


«Danza del Larice!»
Con un movimento vorticante, il Kaguya attaccò Lee con una serie di colpi imprevedibile, poichè non utilizzava solo gli arti per colpire, ma faceva in modo che spuntoni d'osso di varia lunghezza uscissero repentinamente da ogni parte del suo corpo, rendendo impossibile per Lee contrattaccare.

L'esperto di Taijutsu, d'altra parte, era abbastanza allenato da poter parare e schivare quasi tutti i colpi, ma la difficoltà nel contrattaccare lo rendeva incapace di combattere al meglio.
Inoltre, affinchè la sua ferita alla gamba guarisse completamente, sia Tsunade che il maestro Gai gli avevano proibito nel modo più assoluto di ricorrere all'apertura delle porte del chakra. Perciò si trovava in una posizione di stallo, che tendeva a sbilanciarsi dalla sua parte.
Ad un certo punto, un'idea lo folgorò.

«Ehi, aspetta! Aspetta un attimo!»
Stupito, il Kaguya si fermò, mentre il suo avversario, con un braccio alzato, richiamava la sua attenzione. Cosa aveva in mente?
Lee, frugò nella sua tasca, estraendone una fiala.
«Scusa per l'interruzione, ma devo prendere la mia medicina. Sai, ho subito una ferita poco tempo fa, e sono ancora convalescente...»
Prima che Kimimaro replicasse, mandò giù d'un fiato il contenuto della fiala, ma le cose non andarono come lui si aspettava.

Anzichè prendere la medicina rigenerativa per le ossa che Tsunade gli aveva prescritto, aveva sbagliato fiala, e aveva preso una bottiglia di sakè.
Rock Lee aveva una capacità di tollerare l'alcol rasente lo zero, perciò gli effetti si videro subito: la faccia si fece paonazza e iniziò a barcollare, mentre l'avversario non credeva ai suoi occhi.
"Ma... Si è ubriacato?!"
Era proprio così, e nonostante fosse ubriaco fradicio Lee si era messo comunque in posizione di combattimento, continuando a barcollare.
«E, adeeeesscio... possciamo... coontinuareee...»

La voce impastata dall'alcol fu la goccia che fece trabboccare il vaso. In preda alla rabbia per quell'avversario che si stava evidentemente prendendo gioco di lui, Kimimaro attaccò con tutte le sue forze, deciso a eliminare quel buffone una volta per tutte.
Ma ciò che accadde lo lasciò senza parole. Grazie all'alcol che circolava nel suo corpo, Rock Lee aveva iniziato a muoversi in un modo del tutto imprevedibile, e lui non riusciva più a colpirlo. Addirittura, il ninja verde era riuscito a colpirlo diverse volte, senza lasciar intendere di avere idea di ciò che faceva.
Kimimaro si fermò un attimo a riflettere.


"Questa non me l'aspettavo... Non riesco più a colpirlo, e se continuiamo così il mio tempo scadrà... Devo fare in modo di farlo rinsavire..."
Con un'idea in mente si scagliò contro Lee, caricando un colpo dal basso. Ma all'ultimo momento cambiò tattica, ed estrasse dal braccio sinistro un osso estremamente affilato, che usò come spada ferendo lievemente Lee al volto.

Quest'ultimo si era spostato giusto in tempo, ma il lieve taglio gli aveva fatto perdere una piccola quantità di sangue. Di conseguenza la pressione nelle sue vene era diminuita, e ciò aveva inibito gli effetti dell'alcol.
Tornato in sè ed esausto per la lotta, Lee cadde in ginocchio iniziando a sentire gli effetti negativi dell'alcol, che lo facevano sentire intorpidito e gli facevano perdere sensibilità, mentre Kimimaro si preperava a dargli il colpo di grazia. Ma mentre stava per colpirlo, la sua lama venne bloccata da quella che sembrava... sabbia?



Shikamaru si trovava in difficoltà contro quella ragazza dai capelli rossi.
Era riuscito a immobilizzarla un paio di volte, ma fischiando ad un'intensità inumana grazie al potere del suo Segno Maledetto, che intensificava i poteri del suo flauto, era sempre riuscita a liberarsi.
Non riusciva a muoversi, aveva consumato troppo chakra, mentre la ragazza si avventò su di lui pronta a finirlo. Ma mentre era ancora in volo, una forte ventata la colpì in pieno, mandandola a sbattere contro un albero dietro di lei.
Ancora disorientato Shikamaru si voltò, e ciò che vide lo lasciò senza parole.
Vestiti provocanti, quattro codini biondi, un enorme ventaglio. La ragazza si avvicinava a lui con passo deciso.
«E tu mi avresti sconfitto agli esami? Ma per favore...»
Temari? Cosa diavolo ci faceva lì?


Kiba non ce la faceva più. Il Segno Maledetto aveva dotato entrambi i suoi avversari, Sakon e il suo alter-ego Ukon, di una forza e una velocità sovrumane, e neanche collaborando con Akamaru riusciva a tenere testa ai due.
Era in ginocchio, stremato, tenendo in braccio il povero cagnolino privo di sensi. Sakon e Ukon stavano per dare loro il colpo finale, con una tecnica del Segno Maledetto. L'attacco partì, e Kiba chiuse gli occhi aspettando la sua fine, senza più la forza di reagire.
Ma il colpo non arrivò mai a destinazione. Sentì un rumore come di una lama davanti a sè, e Sakon che urlava: «E tu chi diavolo sei?!»
Aprì gli occhi, davanti a sè c'era una marionetta, controllata da qualcuno alla sua destra. Lo ricononobbe subito: Kankuro?


Kimimaro si voltò nella direzione da cui proveniva la sabbia. A pochi metri di distanza stava in piedi un ragazzo dai capelli rossi, con gli occhi cerchiati da profonde occhiaie e una giara dietro la schiena, da cui la sabbia fuoriusciva.
«E tu chi saresti?»
Il rosso lo guardò con tono apatico, e rispose.
«Io sono Sabaku no Gaara, chunin del Villaggio della Sabbia, alleato di Konoha.»


Rock Lee ebbe un brivido nel vedere Gaara, ricordando il loro recente incontro. Ma quando capì che in quel momento era suo alleato si rialzò, e si mise al suo fianco.
«Gaara, cosa ci fai qui?»
Il rosso rispose senza voltarsi.
«Poche ore fa, Konoha e Suna hanno firmato un trattato di pace e di alleanza, e per farci perdonare del nostro assalto al villaggio di pochi giorni fa abbiamo assicurato il nostro appoggio militare. Una richiesta di aiuto ci è giunta dalla vostra Hokage poco dopo, e così io e i miei fratelli siamo accorsi a darvi una mano.»

Gaara fece una pausa, poi si voltò a guardarlo negli occhi.
«Rock Lee, io ho molto da farmi perdonare, soprattutto nei tuoi confronti. Naruto mi ha fatto capire il significato dell'amicizia, e per questo gli sarò debitore a vita. Inoltre, poche settimane fa ti ho fatto un torto gravissimo, e voglio farmi perdonare in ogni modo, se mai ci riuscirò. Tu non sei in condizione di combattere, lascia che me ne occupi io.»
E fece un passo avanti, facendo uscire la sabbia dalla sua giara.

Lee aveva ascoltato Gaara fino in fondo, sorpreso ma felice di quel cambiamento. Però, volle dirgli un'ultima cosa.
«Gaara, io ti ho già perdonato. Non hai niente di cui scusarti con me, non preoccuparti. Ma su una cosa hai ragione: non sono in grado di continuare. Perciò... buona fortuna.»
E si allontanò leggermente, in modo da non intralciare il rosso nella battaglia che stava per scatenarsi.


Kimimaro osservò il nuovo avversario con attenzione.
«E così tu saresti il famoso Gaara del Deserto. Ho sentito molto parlare di te.»
Il rosso lo guardava con circospezione, pronto a qualunque offensiva che avesse programmato.
Kimimaro non si fece attendere, e bersagliò Gaara con altri proiettili dalle sue falangi, prontamente parati dal suo impenetrabile muro di sabbia. Questo reagì scaraventando un'enorme dose di sabbia contro il Kaguya, che si mosse freneticamente per schivare i continui tentativi di afferrarlo, e nel frattempo continuava ad attaccare a distanza, senza però che alcun colpo andasse a segno: lo scudo di Gaara proteggeva anche Rock Lee.

A un tratto lo scontro raggiunse una svolta: Gaara era riuscito ad afferrare l'avversario, e lo aveva rinchiuso in un guscio di sabbia.
«Sei abile, ma non abbastanza. Funerale del Deserto.»
La sabbia che circondava il grigio si strinse improvvisamente, lasciando pensare che questo fosse rimasto stritolato. Ma non era così.
Con stupore dei due, Kimimaro uscì a forza dal guscio, visibilmente ferito, ma circondato da segni neri: aveva attivato il Segno Maledetto al primo livello.
«Sei forte, Gaara del Deserto, ma senza la tua sabbia non sei nulla!»
E ricominciò a colpirlo, stavolta con proiettili ben più grossi, ricavati non più dalle sue falangi ma direttamente dalle ossa delle braccia.

Ma il rosso non si fece trovare impreparato: allargò le braccia, concentrando il suo potere. Davanti a lui sorse un mastodontico muro di sabbia, spuntato direttamente dal suolo. Solo allora sia Rock Lee che Kimimaro notarono un particolare fino ad allora sfuggitogli: mentre il grosso della sabbia di Gaara aveva attaccato il grigio, una piccola parte si era insinuata in un piccolo canale sotterraneo.

"Adesso ho capito, ha usato parte della sua sabbia per sbriciolare e ridurre in altra sabbia lo strato roccioso presente nel sottosuolo! Così si è creato una fonte di sabbia illimitata!"
«Ti ho sottovalutato, a quanto pare...»
Kimimaro osservò, stavolta preoccupato, l'enorme muro davanti a lui. Gaara lo guardava con espressione apatica.
«Abilità molto interessante la tua, ma ora vedrai la mia vera forza. Arte della Sabbia: Tsunami di Sabbia!»

Portò le braccia davanti a sè, scatenando tutta la potenza del suo attacco.
Con un rombo assordante, l'immenso muro di sabbia si abbattè come un onda sul Kaguya, travolgendolo e trascinandolo via senza che questo potesse difendersi in alcun modo. L'attacco fu di tale portata da cambiare la geografia del territorio, ricoprendo l'intera radura in cui si trovavano di una distesa di sabbia, mentre Gaara si preparava a portare a termine l'offensiva.
«Grande Funerale del Deserto!»
Con un tremito, l'intera distesa di sabbia converse con tutto il suo peso in un solo punto, dove era sepolto Kimimaro, generando una pressione spaventosamente superiore al normale Funerale del Deserto. Soddisfatto, Gaara si rialzò fissando quel punto, convinto che fosse finalmente finita.


Lo stupore dei due fu enorme quando dal mucchio di sabbia si sollevò nuovamente l'avversario. Aveva cambiato completamente aspetto, l'attivazione del secondo livello del Segno Maledetto lo aveva dotato di una aspetto simile a quello di un dinosauro, con una coda da rettile e diversi spuntoni ossei che fuoriuscivano dal suo corpo. Anche gli occhi erano cambiati, ora gialli su fondo nero.
Facendosi largo a forza nella sabbia, si avvicinò a grandi passi al suo avversario, la cui espressione apatica si era finalmente incrinata, sostituita dalla sincera preoccupazione data la potenza dell'avversario.

Gaara prese a bersagliarlo con grossi dardi di sabbia, che tuttavia non fermarono la sua avanzata. Sferrando un potente pugno con un braccio ricoperto da una clava d'osso, Kimimaro abbattè un colpo di una violenza inaudita su Gaara, mandando in frantumi il suo muro di sabbia e scaraventandolo a diversi metri di distanza.

«A quanto pare la tua difesa non è poi così impenetrabile...»
Ma si fermò nel pronunciare quella frase, tossendo sangue. A quanto pare, la sua malattia stava compiendo il suo corso ancora più rapidamente, ora che il suo chakra era così basso e che aveva risvegliato a quel livello il Segno Maledetto.
Il suo sguardo però rimase fisso su Gaara, che si stava rialzando senza dare segni di aver accusato il colpo. Con somma sorpresa del grigio, questo notò che il volto di Gaara si era... incrinato, e sotto di esso si vedeva un altro strato di pelle. Allora, capì.

«A quanto pare hai un'ulteriore difesa, un'armatura di sabbia. Altrimenti il mio colpo avrebbe dovuto ucciderti...»
Gaara non lo degnò di una risposta, e allungò una mano verso di lui.
Il Kaguya fu nuovamente sorpreso dalle abilità dell'avversario, mentre i suoi piedi sprofondavano nel suolo.
"Ha fatto in modo di creare un strato di sabbia al di sotto del terreno, e ora lo sta usando come sabbie mobili!"

«Sei stato eccezionale a liberarti dal mio attacco più potente, ma ora non avrai scampo. Ti farò sprofondare fino a duecento metri di profondità, dove la pressione del terreno sarà tale da impedire ogni tuo movimento.»
Con espressione terrorizzata, Kimimaro affondò sempre più nel terreno, finchè dalla superficie nessuno lo vide più. Mentre sprofondava nel sottosuolo, con il Segno Maledetto che si ritirava, il suo pensiero corse alla sua vita agli ordini di Orochimaru...

*Flashback*

Lo aveva trovato in una foresta, solo, intento a studiare un fiore, e lo aveva preso con sè dando un senso alla sua vita.
Il suo stesso clan lo temeva, lo teneva rinchiuso in una cella speciale, e lo liberava solamente per utilizzarlo in battaglia, come un'arma.
Ma dal giorno in cui il suo clan era stato sterminato, lui, l'unico sopravvisuto, aveva vagato per il Paese dell'Acqua, cercando di dare un senso alla sua vita, finchè non aveva incontrato l'eremita dei serpenti.
Ai suoi ordini lo aveva aiutato nelle missioni più ardue, e Orochimaru gli aveva dato la gioia più grande quando aveva deciso che sarebbe stato il suo corpo a diventare parte di lui nella reincarnazione. E poi, tutto era andato storto...
La sua malattia, tipica di tutti i membri del suo clan, lo aveva profondamente debilitato, e neanche le conoscenze mediche congiunte di Kabuto e Orochimaru avevano potuto guarirlo. Con sommo rammarico di entrambi, Kimimaro aveva dovuto rinunciare a donare il suo corpo al suo maestro.

*fine flashback*

Ora si trovava lì, alla mercè di quel ragazzo della sabbia.
Avrebbe ceduto? No, assolutamente no!
Avrebbe combattuto fino allo stremo dellle forze, e sarebbe morto rendendo il suo maestro orgoglioso di lui!
Concentrando tutti i suoi poteri, fino all'ultima goccia del suo chakra, rilasciò la sua tecnica più potente.
«DANZA DELLA FELCE!!!»


Fu un attimo, dalla distesa di sabbia spuntarono enormi spuntoni d'osso, finchè un'intera foresta fatta interamente di ossa era cresciuta, sostituendosi all'ambiente originario. Uno spettacolo bellissimo e terrificante.
I due ninja scrutavano quell'affascinante panorama dall'alto, sospesi su due nuvolette di sabbia.
«Grazie mille, Gaara.»
Rock Lee si rivolse al suo alleato. Aveva avuto i riflessi pronti, e nonostante fosse sconcertato dalla mossa del Kaguya, era riuscito a sollevarli entrambi con la sua sabbia, in modo da portarli fuori dal raggio d'azione della tecnica avversaria.
«Non è finita. È ancora in piedi.»
Ciò detto, tornarono a terra, mentre Kimimaro emergeva in un piccolo spiazzo lasciato libero dalle ossa, alle estremità del quale i due avversari erano pronti per l'ultimo atto di quella battaglia.

«Io non cederò! Ti mostrerò il mio potere fino alla fine!!»
Kimimaro aveva assunto nuovamente la forma del secondo livello del Segno Maledetto, e il suo braccio era ricoperto di nuovo di quello strato d'ossa che già una volta aveva perforato lo scudo di Gaara.
Questo però stavolta non aveva intenzione di cedere, e per una volta fece ricorso anche al chakra del suo demone.
«Difesa Assoluta della Sabbia: Scudo di Shukaku!»
Davanti a lui sorse un'enorme statua di un tasso, realizzata con la sabbia, che si frappose tra lui e il suo avversario. Questo partì all'attacco, colpendo lo scudo con tutta la potenza di cui era capace. Ma stavolta lo scudo non cedette.

Kimimaro rimase bloccato in una presa di forza, tentando con tutte le sue energie di perforare quella difesa straordinaria, finchè le forze non gli vennero meno.
Con un rantolo e un ultimo colpo di tosse insanguinato stramazzò al suolo, sconfitto dalla fatica e dalla malattia.
"Sembra che alla fine abbia vinto tu, Sabaku no Gaara..."
E così, Kimimaro Kaguya esalò il suo ultimo respiro.



Naruto correva a perdifiato, attraverso il fitto fogliame della foresta in cui inseguiva Sasuke. Ancora non voleva crederci che stava inseguendo il suo migliore amico per impedirgli di diventare un traditore, da lui non se lo sarebbe mai aspettato..

Ad un tratto emerse dalla coltre di alberi, sbucando su un dirupo sotto il quale scorreva un ponte.
Nonostante la situazione di emergenza, rimase comunque impressionato dallo spettacolo di fronte a lui: i due lati del dirupo erano scolpiti in due enormi statue, ancora più grandi dei volti degli Hokage al villaggio.
Fu proprio grazie ai volti di pietra di Konoha che riconobbe il personaggio raffigurato dalla roccia sulla quale si trovava: Hashirama Senju, il Primo Hokage, che fissava un avversario, il personaggio scolpito sulla roccia di fronte, separata da lui dal fiume e dalla cascata che partiva dalla loro altezza, gettandosi nel vuoto per oltre cinquanta metri.

Sulla testa di quest'ultimo, Sasuke Uchiha lo fissava con espressione apatica. La parte sinistra del suo volto era ricoperta dai segni neri del Segno Maledetto, e l'occhio toccato da quel marchio era diventato giallo su fondo nero. Passarono lunghi attimi a fissarsi, mentre un leggero vento si alzava tra loro...



 

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Capitolo 44
*** La Valle dell'Epilogo ***


La Valle dell'Epilogo


 

«Che diavolo stai facendo, Sasuke!?»
Naruto spezzò la calma che si era creata tra loro con quella rabbiosa domanda. Non voleva accettarlo, non poteva neanche concepire l'idea che il suo migliore amico, quello che per lui era un fratello, avesse deciso di tradire il villaggio. Sasuke non rispose, restò alcuni secondi ad occhi socchiusi, come se stesse meditando.
«Perchè mi hai seguito, Naruto? Cosa ti cambia che io ci sia o no? Che cosa ti spinge a volermi al villaggio con voi?»
Naruto lo ascoltò sconcertato. Ma stava scherzando o cosa?

«Mi stai prendendo in giro?! Sasuke, tu per me sei come un fratello, io scalerei le montagne pur di farti tornare a casa, e non ho intenzione di lasciarti andare! Ho promesso a Sakura che avrei fatto tutto ciò che era in mio potere per riportarti al villaggio, e ho intenzione di farlo, anche a costo di romperti tutte le ossa!»


Sasuke aveva ascoltato tutto con attenzione, voleva sentirlo un'ultima volta, sentirsi dire da qualcuno di essere importante, prima di rinunciare a tutto.
«Mi dispiace, Naruto, ma è questo ciò che devo fare. Se voglio ottenere la mia vendetta, Orochimaru è l'unico che può aiutarmi. E poi...»
Non riuscì a terminare la frase, un poderoso pugno di Naruto lo interruppe avventandosi sulla sua guancia, e lo spedì a schiantarsi contro una roccia lì vicino. Non se lo aspettava, ma non provò quasi dolore. L'evoluzione del Segno Maledetto lo aveva reso più forte e più resistente.
Naruto non si fermò, e con espressione iraconda continuò a colpirlo, ma Sasuke non indietreggiava. Si limitava a parare i colpi, senza nemmeno sforzarsi di schivare. A un certo punto, bloccò l'ennesimo pugno del biondo senza apparente sforzo, e lo afferrò per la gola.

«Incredibile... È questo allora il vero potere del Segno Maledetto...»
I segni neri che coprivano metà del suo volto sembravano fremere, alimentati dal suo istinto per la lotta. Con un movimento repentino scagliò Naruto sull'altra parete di roccia, dove questo rimase aggrappato con la tecnica di arrampicata verticale.

Naruto non si aspettava una simile potenza, il Segno Maledetto lo aveva reso molto più forte di prima. Allora era questo che cercava, e Orochimaru lo aveva attirato con un assaggio di quel potere.
Ma non sarebbe bastato a fermarlo. Lo avrebbe riportato a casa a qualunque costo! Il momento di quiete fu interrotto dal contrattacco dell'Uchiha.
«Arte del Fuoco: Tecnica della Palla di Fuoco Suprema!»

L'ondata di fuoco scatenata era molto più grande dell'ultima volta, e Naruto la schivò veramente per un soffio. Sasuke lo guardava con aria soddisfatta, mentre risaliva la roccia e tornava di fronte a lui.
«Straordinario... non ho neanche bisogno di attivare lo Sharingan...»
Parlava a bassa voce, come se non fosse rivolto a Naruto ma a sè stesso. Poi, d'un tratto, rialzò lo sguardo sul biondo.

«È una strana coincidenza che dobbiamo affrontarci proprio in questo luogo. Sai, Naruto, questa gola è chiamata Valle dell'Epilogo, poichè è qui che Hashirama Senju, il Primo Hokage, sconfisse Madara Uchiha.
Quando vinse e ottenne il titolo di Hokage, fece erigere queste due statue per commemorare la potenza del suo avversario e quello scontro leggendario.
E ora ci troviamo esattamente nella stessa situazione: due eredi dei clan Senju e Uchiha che si affrontano nello stesso luogo...»


In effetti, pensò Naruto, lui si trovava proprio sulla testa dello Shodaime, mentre la roccia su cui era in piedi Sasuke doveva essere quella che raffigurava Madara Uchiha. Persino nel suo aspetto come statua, quel guerriero leggendario emanava una grande aura di potere.
Ma non sarebbe andata come pensava lui. Non si sarebbe lasciato intimorire dal suo avversario.

«Io non ho intenzione di tirarmi indietro, perciò preparati a tornare a casa con me!!»
E si lanciò nuovamente contro Sasuke, che era pronto ad intercettarlo.
Schivò il pugno grazie allo Sharingan, che aveva attivato in quel momento, e colpì il biondo con un calcio, parato da quest'ultimo. Naruto si aspettava un attacco frontale, ma Sasuke lo fregò: finse un attacco da destra, e invece lo colpì a mano aperta sullo stomaco.
In quel momento, Naruto sentì le forze calare improvvisamente. Si guardò lo stomaco, dove era apparso un sigillo a forma di Sharingan.

«Mi dispiace, Naruto. Tu sei come un fratello per me, e non voglio farti del male, ma non ti permetterò di intralciarmi. Questo sigillo bloccherà il tuo flusso di chakra, e non te ne libererai facilmente: solo uno Sharingan può annullare quel sigillo. Ci penserà il maestro Kakashi, quando ti ritroveranno...»


E il moro si voltò, avviandosi verso la sua meta, lasciando l'Uzumaki a terra mentre perdeva i sensi.
Tutta quella fatica, il sacrificio dei suoi compagni di squadra, la promessa fatta a Sakura... Tutto inutile, perso in modo tanto stupido... Non meritava di diventare Hokage, se non era capace di tener fede a una promessa...
Tutto iniziava a farsi più buio, mentre le forze gli venivano meno...

"Patetico..."

Quella voce così antica e potente ebbe l'effetto di risvegliarlo. Riaprendo gli occhi si ritrovò davanti alla gabbia di Kurama, che lo fissava con un misto di disprezzo e trepidazione.
«Non sei capace nemmeno di tenere testa al tuo amico... E tu dovresti essere il mio Jinchuuriki? Mostrami un po' di grinta, se vuoi che io inizi a rispettarti!»
Naruto lo guardò con espressione disperata.
«Cosa posso fare, Kurama? Non ho più nessun potere, non so come fermarlo!»
Kurama gli rispose, palesemente irritato.
«Non immagini nemmeno quale fortuna tu abbia che io sia sigillato dentro te. Sai bene qual è l'unico modo...»
Lunghe spire di chakra rosso iniziarono a fluire attraverso le sbarre della gabbia, dirette verso Naruto. In quel momento, l'Uzumaki capì.
Il sigillo di Sasuke aveva bloccato il suo chakra, non quello del suo demone. Non voleva ricorrere al chakra di Kurama, ma non aveva altra scelta. Perciò si lasciò avvolgere da quell'energia rossa traboccante di potere.


Riaprì gli occhi e si rialzò.
«Dove credi di andare?!»
Stupefatto, l'Uchiha si voltò nuovamente verso il biondo.
Non poteva crederci: aveva sigillato il suo chakra, non doveva essere nemmeno in grado di muoversi! E invece era lì, in piedi davanti a lui, circondato da un'aura di energia rossa che aveva assunto la forma di due orecchie da felino vicino alla sua testa, e una lunga coda di chakra rosso dietro la schiena. I suoi occhi erano diventati rosso sangue, i segni sulle guance più marcati, i canini acuminati e le unghie più lunghe. Il suo stesso atteggiamento, con quella postura piegata in avanti, ricordava quello di una belva.

Senza che il moro potessa fare nulla per evitarlo, Naruto si lanciò ad una velocità impressionante contro di lui, e lo scaraventò giù dalla roccia mandandolo dritto in acqua. Sasuke emerse tenendosi a galla con la tecnica di camminata sull'acqua, e Naruto lo raggiunse a pochi metri di distanza. Quello si che aveva fatto male, anche con la resistenza che il Segno Maledetto gli aveva conferito, aveva accusato pesantemente il colpo.
Si fissavano senza dire una parola, con espressione truce, pronti ad attaccare. A Sasuke sfuggì una piccola risata.

«Sei davvero formidabile, Naruto. Essere tuo compagno di squadra mi ha fatto capire quanto un rivale può essere utile per comprendere e superare i propri limiti. Dopotutto, è inutile negarlo, entrambi abbiamo sempre voluto affrontarci al massimo della nostre possibilità, e ora non ci sono nè Kakashi nè Sakura a fermarci. Ma non ti permetterò di intralciarmi, oggi io supererò questo limite. È vero, tu sei speciale, ma io...»

Mentre parlava, il Segno Maledetto lo ricoprì completamente, e il suo aspetto iniziò a mutare. La pelle si fece scura, i capelli grigi e lunghi, e due enormi mani demoniache spuntarono dalla sua schiena, facendogli da ali, che l'Uchiha utilizzò per fluttuare a mezz'aria. Gli occhi ora erano su fondo nero, ma lo Sharingan era ancora ben visibile, unica cosa rimasta inalterata del suo aspetto.
«...sono più speciale di te.»

Come se qualcuno avesse dato il via, i due si scagliarono l'uno contro l'altro con tutta la loro ferocia. Come attratte da quella concentrazione di potere, grosse nuvole nere si addensavano nel cielo, prima sereno, e annunciavano un'acquazzone imminente.
Nella tempesta incombente, i due iniziarono ad affrontarsi.



"Devo sbrigarmi, sta per scoppiare un temporale, e allora perderò le loro tracce!"
Kakashi correva a perdifiato per le foresta, diretto verso il luogo dove i suoi due allievi stavano combattendo.
Era partito dal villaggio circa un giorno prima, accompagnato da un'equipe medica che si era fermata lungo la strada per curare i ragazzi coinvolti negli scontri con i membri del Quartetto del Suono.

Avevano tutti sconfitto i loro avversari, ma avevano subito ferite di diversa natura.
Quelli messi peggio erano Choji e Neji, gli unici che avevano affrontato i loro avversari senza il supporto di uno dei ninja della Sabbia. Il loro intervento era stato vitale, avevano aiutato Shikamaru, Kiba e Rock Lee giusto in tempo per evitare che perdessero la vita.
Ciò che aveva salvato Neji dalla morte era stato il supporto di Shino, che però non gli aveva impedito di riportare una ferita piuttosto grave, mentre Choji, che aveva sconfitto Jirobo da solo, era quasi collassato a causa dell'enorme dispendio di energie che le tecniche segrete del suo clan richiedevano.

Ora, guidato dall'olfatto di Pakkun, si stava dirigendo verso il luogo in cui Naruto stava cercando di riportare inidetro Sasuke. Aveva una bruttissima sensazione, e accelerò il passo...


I due genin della Foglia si accasciarono contro le pareti rocciose che avevano scavato con l'ultimo loro impatto.
Tanto Sasuke quanto Naruto erano esausti: mentre il primo stava per finire il chakra per colpa dell'enorme dispendio di energie dovuto al Segno Maledetto al secondo livello, il secondo stava subendo gli effetti collaterali che il chakra del Kyuubi aveva su di lui, perdendo sensibilità a un braccio e soffrendo per le bruciature causate da una Tecnica del Drago di Fuoco che lo aveva colpito poco prima.

Nello stesso momento, i due avversari decisero di chiudere l'incontro con un'ultima, decisiva mossa.
Sasuke caricò un Mille Falchi nella mano sinistra, che grazie al potere del Segno Maledetto era diventato nero, e crepitava di potere molto di più del solito. Analogamente, Naruto preparò un Rasengan nella mano destra, che sfruttando il chakra del Kyuubi aveva assunto un colore rosso vermiglio.

Un tuono squarciò il cielo, e i due si avventarono l'uno contro l'altro.
«NARUTO!!!»
«SASUKE!!!»
Le due tecniche si scontrarono con una potenza devastante, che fece tremare il terreno circostante. Per qualche istante i due rimasero bloccati in una presa di forza, poi la traiettoria delle loro tecniche cambiò, portando in vantaggio Sasuke.
Il Rasengan di Naruto lo colpì sul coprifronte, aprendo un lungo squarcio sul simbolo di Konoha, mentre il Mille Falchi del moro colpì il biondo al fianco, mozzandogli il respiro.


I due ricaddero a terra, su un isolotto al centro del fiume. Naruto giaceva sulla schiena, prossimo a rimanere privo di sensi, mentre Sasuke lo osservava da vicino, pieno di rimorso per ciò che era stato costretto a fare. Il coprifronte cadde dalla sua testa, posandosi sul petto dell'Uzumaki.

«Mi dispiace, Naruto, non c'era altro modo. L'ho promesso a Sakura, e lo prometto anche a te: tornerò. Quando la mia vendetta sarà compiuta tornerò al villaggio, e resterò con voi.»
Naruto lo guardò con la vista annebbiata, poi svenne.
Sasuke si rialzò, barcollante, e si incamminò nuovamente verso la direzione nella quale Kimimaro lo aveva indirizzato. Le parole che gli aveva rivolto Itachi l'ultima volta che l'aveva visto risuonavano nella sua mente:

«Quando sarai pronto, quando avrai i miei stessi occhi, vieni a sfidarmi.»

"Vedrai, Itachi... Quando ti troverò, rimpiangerai di avermi lasciato in vita quella notte..."
E sparì, incamminandosi nel folto degli alberi.


Kakashi sbucò nella Valle, scorgendo la figura dell'Uzumaki sdraiato a terra, privo di sensi.
«Naruto!»
Lo raggiunse subito, constatando che era ancora vivo. Il maltempo aveva però cancellato ogni traccia, ora era impossibile raggiungere Sasuke.
"Maledizione, sono arrivato troppo tardi..."
Perciò Kakashi si diresse nuovamente verso il villaggio, amareggiato da quell'esito, portando l'allievo biondo in spalla.
La sua mente era immersa nel rimorso, lui era stato il maestro di Sasuke, e non era riuscito a impedire che la sua sete di vendetta lo spingesse a tradire il villaggio.

«M-maestro Kakashi...»
La voce flebile di Naruto lo riportò alla realtà.
«Non parlare, Naruto, sei ferito, cerca di risparmiare le forze.»
Era tutta colpa sua. I suoi allievi si erano affrontati con tutta la loro forza, e lui non era stato capace di impedirlo. Come era accaduto con il Sandaime e Orochimaru, lui aveva fallito come maestro.
«Mi... dispiace...»
Naruto cadde nuovamente nell'oblio, mentre l'argenteo viaggiava a tutta velocità verso Konoha.



Nell'oscurità della Valle dell'Epilogo, due occhi rossi avevano osservato con attenzione tutto il combattimento.
"Sei diventato forte, fratellino. Presto arriverà il momento di sfidarci..."

Itachi si riavviò verso il luogo da cui era venuto, immerso nei suoi pensieri.
Le nuove abilità di Sasuke lo incuriosivano, ma il Segno Maledetto di Orochimaru complicava i suoi piani.
Se quella serpe aveva messo gli occhi su Sasuke, sicuramente lo aveva fatto per la stessa ragione per la quale lo aveva fatto con lui anni prima, ovvero rubargli il corpo.

Confidando che Sasuke sarebbe riuscito a opporsi alla volontà di quella serpe, Itachi si diresse verso il nascondiglio dove il suo compagno di squadra lo attendeva.



 

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Capitolo 45
*** Scommessa sul Futuro ***


Scommessa sul Futuro


 

Naruto aprì lentamente gli occhi, accecato dalla luce della stanza in cui si trovava. Dopo qualche secondo, riconobbe il soffitto di una delle stanze dell'ospedale di Konoha.
«Finalmente ti sei svegliato, Naruto.»

Il biondo si voltò nella direzione da cui proveniva la voce.
Accanto al suo letto erano sedute Hinata, che aveva parlato, e Sakura, con lo sguardo basso ed evidenti segni di lacrime.
Naruto si mise a fatica a sedere, con la testa che gli girava.
«No, fermo, resta a letto.»
Hinata gli si avvicinò e lo fermò quando cercò di alzarsi.
«La signorina Tsunade ha detto che hai bisogno di riposare, e che se avessi cercato di alzarti avremmo dovuto tenerti qui, anche con le cattive.»

Per un attimo, il biondo si figurò la scena in cui quell'angelo della sua ragazza cercava di tenerlo lì con le cattive, ma poi si ricordò che era presente anche Sakura, sicuramente più adatta per quel tipo di evenienza.
Vinto dalla stanchezza, ricadde pesantemente tra le lenzuola. Fece un sorriso a Hinata, per poi rivolgere un'espressione piena di rimorso verso la compagna di squadra.

«Sakura... Mi dispiace... Ho fatto tutto ciò che potevo, ma... Ho fallito... non sono riuscito a tenere fede alla mia promessa...»
«Smettila.» Lo interruppe Sakura.
Non piangeva, ormai doveva aver esaurito tutte le sue lacrime, ma la sua espressione di profonda tristezza non tradiva alcun risentimento verso di lui.
«Il maestro Kakashi ti ha riportato qui in condizioni disperate, sei rimasto addormentato per due giorni. Per fortuna il maestro si è accorto del sigillo Sharingan che avevi addosso e l'ha rimosso: interferiva con la tua normale circolazione del chakra, e rallentava a tua guarigione...»


Fece una pausa, per poi abbassare lo sguardo e continuare.
«Naruto, io... io ti devo delle scuse. Ti ho caricato ingiustamente di un fardello che non dovevi portare, facendoti promettere che avresti riportato indietro Sasuke...»
Naruto volle interromperla, perchè era palese che stesse per scoppiare nuovamente a piangere.
«Non perdere la speranza. Prima di andarsene, mentre stavo perdendo i sensi, Sasuke mi ha promesso che sarebbe tornato. Quando avrà portato a termine la sua vendetta tornerà, per restare con noi.»

Sakura si asciugò la lacrima che stava scendendo da uno dei suoi occhi verde smeraldo, facendo faticosamente un mezzo sorriso.
«Si, lo ha promesso anche a me. A questo punto, non resta che fidarsi di lui...»
Poi la rosa si rese conto della situazione in cui si trovavano, e realizzò di stare svolgendo il ruolo di terzo incomodo.
«Ora, scusatemi, ma ho bisogno di stare un po' da sola...»
E con quella scusa si congedò, lasciando i due da soli.


Hinata si avvicinò al biondo posandogli un dolce bacio sulle labbra, che il biondo ricambiò con trasporto.
«Come stanno gli altri? Qualcuno è rimasto ferito?»
Hinata fece al biondo il resoconto di ciò che era accaduto agli altri. Choji aveva consumato quasi tutto il suo chakra nell'utilizzo delle tecniche segrete del suo clan, ed era quello ridotto peggio, lo avevano veramente ripreso per i capelli.
Tutti gli altri se l'erano cavata abbastanza bene, la collaborazione tra Neji e Shino, che aveva combattuto con una grinta insolita, aveva permesso ai due di schiacciare Kidomaru senza troppe difficoltà, anche se suo cugino aveva riportato una ferita che inizialmente era sembrata grave, ma che Tsunade aveva sistemato in un batter d'occhio, e il supporto ricevuto dai fratelli della Sabbia, che erano ripartiti il giorno prima mentre Naruto dormiva, aveva salvato quelli più in difficoltà.
L'unico rimpianto era che non erano riusciti a riportare indietro Sasuke.
Esausto e sconfortato dal suo fallimento, Naruto solo restò nella camera d'ospedale con la sua fidanzata, che lo consolava per l'esito della sua impresa.



«Uff... ecco, questo è l'ultimo.»
Tsunade sistemò nel cassetto della sua scrivania l'ultimo documento di quella che era stata una giornata infernale. Non solo aveva dovuto ascoltare tutti i rapporti da vari interlocutori e punti di vista sulla missione fallita, ma aveva dovuto provvedere personalmente alla cura dei feriti, dato che, a quanto pare, a Konoha non era rimasto nessun esperto nelle arti mediche.
Avrebbe dovuto rimediare anche a questo, appena possibile.
«Beh, direi che possiamo tornare a casa, ora che hai finito. Mi dispiace non poterti aiutare in altri modi, se avessi saputo della missione sarei andato anch'io con i ragazzi.»
Tsunade lo guardò di traverso.
«Non crucciarti inutilmente, Jiraiya. È andata così, non possiamo farci più nulla.»

L'eremita dei rospi restò per un attimo a meditare, nel silenzio più assoluto. Era calata la notte, e quasi tutti al villaggio erano andati a dormire. Guardò l'orologio, era passata mezzanotte, eppure nessuno dei due aveva potuto riposare prima d'ora. E sapeva benissimo che la sua giornata non era ancora finita.
Lo attendeva un compito estremamente delicato: dire a Tsunade la decisione che aveva preso su Naruto, e le informazioni di cui era venuto a conoscenza.


Non aveva potuto comunicarle le sue scoperte fino a quel momento, perchè era un argomento della massima segretezza, ma ora che erano da soli doveva assolutamente farlo.
«Ascoltami, Tsunade, sono venuto a conoscenza di alcune informazioni piuttosto allarmanti.»
«Di che si tratta?» Tsunade alzò un sopracciglio, con aria stanca.
«Di Orochimaru.»
Al nome del traditore, l'attenzione di Tsunade fu tutta per l'eremita, che iniziò a parlare.
«Da quanto ho scoperto, negli anni successivi alla sua fuga da Konoha, Orochimaru ha fatto parte di un'organizzazione chiamata Akatsuki. Sai qualcosa a riguardo?»
Tsunade strinse lo sguardo.
«Non molto, so solo che si tratta di un gruppo di mercenari.»
La Sannin aveva sentito nominare quel gruppo durante i suoi viaggi, ma non sapeva più delle voci che correvano per le locande.
«Non sono solo mercenari. Pare che si tratti di un élite formata da nukenin di livello S provenienti da tutti i Paesi Ninja. L'unico villaggio dal quale abbiamo la certezza che non ne proviene nessuno è il Villaggio della Nuvola, poichè non ci sono più ricercati di quel livello a piede libero di quel Paese.»


Ora Tsunade era preoccupata. Se davvero esisteva un gruppo del genere, costituiva un enorme pericolo per la stabilità dei cinque Grandi Paesi.
«Da fonti certe, sono venuto a sapere che anche Itachi Uchiha ne fa parte.» continuò Jiraiya.
All'udire il nome del leggendario sterminatore del suo clan, a Tsunade si rizzarono i capelli in testa. La sua fama era tale da aver raggiunto quella che un tempo aveva Madara Uchiha, era temuto in tutte le Cinque Terre...
Avere contro un nemico del genere era pericolosissimo, e il peggio doveva ancora arrivare.

«Secondo i miei informatori, che sono abbastanza affidabili, Orochimaru ha abbandonato l'organizzazione diversi mesi fa, per motivi che non conosco. Da quanto ho sentito, oltre a svolgere missioni a pagamento, l'obiettivo di questa squadra è di catturare i cercoteri.»
«Perciò...»
Tsunade allora capì la grande preoccupazione dell'amico.
«Si. Prenderanno di mira anche Naruto, prima o poi.»
Quelle parole caddero tra loro pesanti come macigni. Seguirono attimi di silenzio, nei quali Tsunade riflettè su come agire.


«Cosa intendi fare?» chiese infine all'eremita, che si raddrizzò.
«Ho intenzione di portare Naruto con me, in un viaggio che servirà a farlo diventare abbastanza forte da potersi difendere. Gli insegnerò tutto ciò che posso, e poi lo riporterò qui.»
Un attimo di riflessione, poi la Senju annuì e continuò.
«Dove vuoi portarlo, e quanto credi che starete via?»
«Non so di preciso, penso che prima di tutto lo porterò a visitare le rovine del Villaggio del Vortice. Potrebbero esserci ancora dei segreti nascosti in quel luogo, e chi meglio di un Uzumaki può riportarli alla luce?
Quando sarà pronto, poi, lo porterò sul Monte Myoboku, e gli insegnerò l'Arte Eremitica. Nel frattempo lo porterò a visitare tutti i Paesi Ninja in cui passeremo, in modo da fargli conoscere quanto più possibile, e farlo diventare un ninja completo. Dopotutto, se vuole diventare Hokage deve sapere come funziona il mondo, e non lo imparerebbe mai studiandolo sui libri.
Credo che staremo via all'incirca tre anni.»
«Cosa?! Tre anni?!»

Tsunade a quel punto scattò in piedi. Aveva intenzione di lasciarla da sola per tutto quel tempo, e portarsi via Naruto chissà dove?
«Calmati, Tsunade...»
Anche Jiraiya si alzò, mettendole le mani sulle spalle. Tsunade si calmò un attimo, poi si divincolò dalla presa e si diresse verso la finestra, appoggiandosi con la fronte sul vetro.
Jiraiya la seguì, e le appoggiò nuovamente una mano sulla spalla, avvicinandosi al suo orecchio.
«Ascoltami, Tsunade. Lo so che è una soluzione drastica, ma lo faccio per proteggere Naruto e tutto il villaggio. Non sappiamo quando l'Akatsuki inizierà a muoversi, e il primo posto dove verranno a cercarlo sarà qui. Portandolo via farò in modo che non sappiano dove trovarlo, e nel frattempo potrò raccogliere informazioni su di loro. Tsunade?...»


L'eremita la chiamò di nuovo, ma lei non si voltò. Solo dopo qualche secondo, Jiraiya vide delle lacrime scendere sul suo bellissimo viso da trentenne.
«Perchè...? Era da così tanto che non ci vedevamo, avevamo appena formato una famiglia con Naruto... E ora sparirai insieme a lui, e mi lascerai sola per altri tre anni...»
Tsunade aveva cercato di trattenere i singhiozzi, per quanto possibile, ma il groppo alla gola che l'aveva presa non voleva saperne di andarsene. Non le era mai capitato di sentirsi così debole, ma non riusciva in alcun modo a ricacciare indietro le lacrime.

Allora Jiraiya decise di muoversi. Per una volta nella sua vita mise da parte il suo lato burlone, rinunciando a cercare di risollevarle l'umore con una battuta. Si avvicinò a lei, e le sussurrò vicino all'orecchio.
«Tsunade, non sai che dolore sia per me abbandonarti di nuovo. Per tutti questi anni non ho fatto altro che pensare a te, non sai quanto mi sei mancata, non puoi neanche immaginarlo. Vorrei restare qui con te ogni giorno della mia vita, svegliarmi con te accanto, vederti accanto a me ogni giorno e ogni notte, e perchè no, invecchiare con te, anche se tu fai di tutto per evitarlo...
Ti amo, Tsunade, questa è l'unica cosa che il tempo non ha mai cambiato. Come ti amavo quando eravamo solo dei ragazzini, così ti amo oggi.»

Tsunade lo ascoltò con le lacrime agli occhi, senza guardarlo, mentre un brivido correva lungo la sua schiena. Alla fine si voltò, trovandosi con il viso a un soffio dal suo.
«Jiraiya...»
Fu un attimo. Senza sapere come e perchè, i due si ritrovarono a baciarsi con passione, mentre le braccia di Jiraiya scorrevano sul corpo di Tsunade, provocandole gemiti di piacere.
«Per quanto tempo ti ho aspettato... Per quanto ho desiderato che tu mi dicessi questo...»
Tsunade parlava con voce affannata, nei pochi attimi in cui si separavano per riprendere fiato.
«Diciamo che... Un biondino di nostra conoscenza mi ha fatto una bella lavata di capo...»
Tsunade ridacchiò, immaginando la scena.
«Ma davvero... Perchè non mi racconti come è andata?»
JIraiya la guardò negli occhi con un lampo di malizia.
«Magari pù tardi...»
E i due si avviarono verso Vila Sannin, dimentichi di tutto, consapevoli solo di ciò che provavano l'uno per l'altra.



Quando Naruto si svegliò erano le dieci. Non c'era nessuno, Hinata era tornata a casa la sera prima. Quando andò in cucina per fare colazione, notò che sotto la porta c'era un biglietto.

"Vieni nell'ufficio di Tsunade appena ti svegli. -Jiraiya"

E così il biondo fece colazione, si vestì e raggiunse in fretta l'uffico dell'Hokage, trovandovi all'interno lei e Jiraiya.
«Mi avete chiamato?»
I due avevano un'espressione funerea, che non prometteva nulla di buono.
«Siediti, Naruto.»
Tsunade lo fece accomodare, e i due iniziarono a spiegargli le varie decisioni prese.

Naruto non la prese bene. L'idea di abbandonare il villaggio un po' di tempo era sopportabile, ma non aveva nessuna intenzione di lasciare Hinata.
Alla fine dovette cedere, vinto dalle ragioni di Jiraiya e Tsunade.
«Allora... Voglio almeno andare a salutarla e a spiegarle tutto.»
Jiraiya lo guardò comprensivo, anche lui stava rinunciando a qualcosa di estremamente prezioso, e lo capiva appieno.
«Vai pure, partiamo domani mattina.»

Il biondo si alzò e spalancò la porta con rabbia, trovandosi di fronte Sakura con il pugno alzato, che stava per bussare.
«Ciao, Sakura...»
La salutò distrattamente con tono irato, per proseguire nella sua direzione.
Sakura non osò far altro che salutarlo. Involontariamente aveva sentito l'ultima parte della conversazione avvenuta tra i due Sannin e l'Uzumaki, e capiva benissimo come si sentiva.
Anche Jiraiya uscì dall'ufficio, dirigendosi a preparare i bagagli, e così lei entrò.
«Signorina Tsunade, posso parlarvi un minuto, per favore?»
«Ma certo, Sakura. Accomodati.»
La rosa si sedette di fronte a lei, cercando le parole giuste per chiederle ciò che aveva in mente.
«Ecco, vede... vorrei chiederle il suo aiuto.»
E Sakura iniziò a raccontare della sua situazione.

Durante la notte aveva riflettuto, e aveva compreso di essere la più debole tra i suoi compagni. Se fosse stata abbastanza forte, avrebbe potuto prendere parte alla missione di recupero di Sasuke, e forse le cose sarebbero andate diversamente.
Ricordò anche una cosa che le aveva detto suo padre un anno prima, quando aveva deciso di allenarla: "Cosa succederebbe se uno dei tuoi compagni rimanesse ferito in una missione? Se in squadra non ci fosse un ninja medico, difficilmente questo sopravviverebbe. Al villaggio non credo ci siano più ninja esperti di tecniche mediche, quindi quelle al momento non sono alla tua portata" . Era a questo che la rosa voleva arrivare.


«Dopo aver visto ciò che gli altri sono in grado di fare, anche io voglio fare di tutto per migliorare.»
Guardò l'Hokage con tutta la determinazione di cui era capace.
«Quinto Hokage, vi prego, prendetemi come allieva! Sono disposta a tutto pur di diventare abbastanza forte da difenderele persone che amo, anche agli allenamenti peggiori!»

Tsunade la guardò attentamente, ammirata da quella richiesta.
In fin dei conti, le capacità di quella ragazza ne facevano un'ottima candidata per l'apprendimento delle tecniche mediche. Guardandola, Tsunade rivedeva in parte sè stessa da giovane. Così prese la sua decisione.
«Se è questo che vuoi, Sakura, da ora io sarò il tuo maestro. Ti insegnerò le Arti Mediche, e ti renderò il miglior ninja guaritore che Konoha abbia visto negli ultimi anni. Inizieremo da domani, preparati, perchè i miei allenamenti saranno massacranti.»

Sakura era fuori di sè dalla felicità, l'Hokage l'aveva assecondata!
«Grazie, Hokage-sama, non vi deluderò, lo prometto!»
«Lo spero per te. Visto che Naruto sta partendo e Sasuke è "momentaneamente assente" (Tsunade aveva infatti deciso, di comune accordo con Jiraiya, Kakashi e Naruto, di non dichiarare Sasuke un nukenin), la squadra 7 verrà provvisoriamente sciolta. Adesso vai, ho delle faccende da sbrigare. Ci vediamo domani mattina alle 11, al campo di allenamento 0.»

Sakura allora uscì, mentre Tsunade si distendeva e riprendeva fiato. Un nuovo rumore di qualcuno che bussava la riscosse.
«Si, avanti...»
La porta di aprì, e fece il suo ingresso il ninja-copia.
«Oh, Kakashi. Buongiorno, cosa ti serve?»
L'argenteo non si perse in chiacchiere.
«Buongiorno anche a lei. Ho saputo della decisione di Jiraiya di portare via Naruto, e da quanto ho capito il team 7 è stato provvisoriamente sciolto. Perciò, vorrei chiederle il permesso per fare una cosa.»
«Parla pure, ti ascolto.»

E così Kakashi espose la sua decisione. Tsunade si mostrò titubante, all'inizio, ma poi decise che andava bene così.
«E sia, hai il mio permesso.»
«Grazie, Hokage-sama.» e il jonin si congedò.
Tsunade si voltò verso la finestra, beandosi della visione del suo villaggio. Qualcosa le diceva che da lì in poi sarebbero iniziati anni difficili per lei...


Hinata ascoltava impietrita le parole di Naruto. Egli stesso faticava a parlare, date le lacrime che solcavano il suo volto, ma doveva spiegare la situazione alla ragazza. Terminato il suo resoconto, i due si lasciarono cadere sulla panchina più vicina. Hinata, con le lacrime agli occhi, teneva il capo appoggiato sulla spalla di Naruto, anch'egli preso dalla tristezza. Nessuno dei due riusciva a dire qualcosa, restarono in silenzio per quelle che parvero ore, beandosi solo della compagnia dell'altro.
Alla fine la corvina parlò, dopo aver preso un respiro profondo.

«Se questa è la decisione dell'Hokage, devi rispettarla. Vai, diventa più forte, impara tutto ciò che riesci, diventa il ninja più forte del mondo, se è quello che vuoi. Ma fammi una promessa: torna da me. Quando avrai finito, quando non avrai più nulla da imparare, torna da me, non abbandonarmi...»
Le lacrime le impedirono di parlare, e lei affondò nuovamente il viso nella maglia del biondo.
Questo la prese tra le braccia, cullandola dolcemente, e le parlò in un sussurro.
«Non ti abbandonarò mai, Hinata. Ho sfidato anche tuo padre per poterti amare alla luce del sole, non permetterò a nessuno di separarci. Tornerò da te, e non ti lascerò mai più. Ti amo, Hinata, non posso fare a meno di te. Perciò... ti chiedo di aspettarmi. Lo farai? Riuscirai a farti forza finchè non tornerò?»
Hinata sollevò lo sguardo, incatenando i suoi occhi perlacei a quelli azzurri dell'amato.
«Ti ho aspettato per anni, Naruto, e ti aspetterò per sempre, se necessario. Anch'io ti amo, ti ho sempre amato. Perciò torna, ti prego, torna da me appena possibile.»

Con uno sforzo eroico, Naruto sollevò un angolo della bocca in un mezzo sorriso, per poi baciare quell'angelo del paradiso che stringeva tra le braccia, con tutta la passione di cui era capace.
Era straordinario quanto fosse buona quella ragazza, neanche sapere la verità sul demone che custodiva dentro di lui e sulle sue origini l'aveva allontanata. Ancora una volta, si riteneva fortunato ad avere al suo fianco una ragazza simile.


Passarono l'intera giornata insieme, beandosi di quelle poche ore che ancora potevano passare in compagnia l'uno dell'altra, prima di separarsi per tre lunghi anni. Naruto la riportò a casa al calar del sole, e la salutò con un ultimo, lungo bacio. Poi si teletrasportò nella sua camera, preparando i bagagli.
Aggiunse allo zaino un oggetto che si era procurato quel pomeriggio stesso: una foto di lui e Hinata abbracciati, che si erano scattati in un parco quel giorno. Sorrise guardandola, forse quei tre anni non sarebbero stati poi così lunghi.
Vinto dalla fatica e dalla tristezza, scivolò nel sonno.


 


 

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Capitolo 46
*** L'Ora Degli Addii ***


L'Ora degli Addii


 

Jiraiya aprì lentamente gli occhi, ancora avvolto in quel dolce torpore del sonno. Voltò lentamente la testa, incrociando il volto di Tsunade a un soffio da suo. Si erano addormentati così, nudi sotto le coperte, l'uno tra le braccia dell'altro, e vedendola ancora nel mondo dei sogni la mente di Jiraiya viaggiò alla notte precedente...


*Flashback*

Entrarono frettolosamente, e iniziarono a baciarsi senza neanche attendere che la porta del piano di Jiraiya si chiudesse. L'eremita la circondò con le braccia, spingendola verso la sua camera, mentre lei si arrampicava sulle sue spalle, senza interrompere il gioco tra le loro lingue.
Arrivati vicino a letto Jiraiya l'adagiò sulle lenzuola, piombandole accanto, mentre si liberava della scarpe e della maglia. Tsunade prese l'iniziativa, e ribaltò la loro posizione portandosi sopra di lui, le cui mani percorrevano impazienti il suo corpo, facendo scendere il vestito, fermandosi su quegli enormi seni che avevano sempre acceso la sua fantasia.
Da quel momento, Tsunade aveva smesso di pensare. Abbandonati insieme ai vestiti ogni logica e ogni rimpianto si era concessa a Jiraiya senza alcuna remora, senza più alcun timore, e lui l'aveva amata con tutto sè stesso fino a tarda notte, quando erano crollati per la stanchezza, stanchi ed ebbri di piacere e d'amore.

*fine flashback*


Dopo tanti anni passati ad amarla, dopo quella notte d'amore che finalmente avevano vissuto, ora l'eremita si sentiva schiacciato dalla prospettiva di doversi separare da lei per altri tre anni. Lentamente, senza fare rumore, si diresse verso il bordo del letto in cerca dei vestiti. Neanche un secondo, che si sentì tirare un braccio.
«Vai già via?»
Il tono basso con cui Tsunade aveva parlato non era nè sensuale nè arrabbiato, solo colmo di una profonda tristezza. L'eremita allora si avvicinò nuovamente a lei, abbracciandola e cullandola, mentre le donava un altro bacio.

«Si. Devo farlo.»
Jiraiya parlò senza esitazioni, conscio di non poter agire diversamente. Una lacrima solitaria scese dagli occhi della bionda, ma fu l'ultima che versò.
«Allora vai. Fai ciò che devi. Io ti aspetterò, per decenni se necessario.»
Un sorriso malinconico curvò le labbra di Jiraiya.
«Tornerò prima che tu te ne accorga. Ti amo, Tsunade.»
E con queste ultime parole, si alzò e recuperò i vestiti, dirigendosi verso il cancello del villaggio, lasciando l'Hokage sola tra le lenzuola.
«Ti amo anch'io, Jiraiya...» disse in un sussurro, prima di sprofondare nuovamente nel mondo dei sogni.


Naruto fissava l'orizzonte dalla montagna degli Hokage, appollaiato sulla testa di suo padre, beandosi del panorama del suo villaggio avvolto nella luce dell'alba. Voleva imprimere quell'immagine nella sua memoria, perchè per tre anni sarebbe stato lontano dalla sua meravigliosa casa.
Ma non era il villaggio la cosa che voleva ricordare meglio di tutto. Un volto, il viso di una ragazza dagli occhi perlacei, era l'immagine che avrebbe fatto di tutto per non dimenticare.
Come se il suo pensiero avesse preso forma sentì dei passi leggeri dietro di lui, e non ebbe bisogno di voltarsi per riconoscere a chi appartenevano, mentre questo si avvicinava.

«Sapevo che ti avrei trovato qui...»
Hinata si sedette accanto a lui, poggiando la testa sulla sua spalla. Restarono così, accoccolati l'uno sull'altra, per quelle che sembrarono ore, senza dire una parola. Quel momento era perfetto, i due avrebbero voluto che durasse per l'eternità.
Ma la realtà tornò prepotente a bussare alla loro porta. L'ora della partenza era arrivata, e Naruto non poteva rimandare.

«È ora.»
Disse il biondo, infrangendo quella bolla di dolce oblio che circondava i due. Si alzò prendendo la mano della corvina, stringendola in un ultimo abbraccio.
«Vai, Naruto, fai ciò che devi. Io ti amo, ricordatelo. Torna presto da me.»
Il biondo si immerse in quegli occhi così simili a due bellissime perle, tanto splendidi quanto potenti, e fece la sua promessa.
«Ti amo anch'io, Hinata. Imparerò tutto ciò che posso il prima possibile, e quando tornerò non ti lascerò più. Te lo prometto.»
E la baciò nella luce dell'alba, mentre una leggera brezza li accarezzava.

Si staccarono, e il biondo fece un passo indietro, senza interrompere il contatto tra i loro occhi.
«Ciao, Hinata...»
E si lasciò cadere all'indietro, precipitando per qualche istante e poi sparendo a mezz'aria in un lampo giallo.
«Ciao, Naruto...»
Non era un addio, perciò entrambi avevano evitato di pronunciare quella parola. Si sarebbero rivisti, e sarebbero stati felici. Senza versare più una lacrima Hinata si voltò, incamminandosi verso casa.

Naruto apparve davanti al cancello del villaggio, dove Jiraiya lo aspettava con gli zaini di entrambi.
«Sei pronto?»
Il biondo lo guardò risoluto, e annuì. «Andiamo.»
E i due si incamminarono, diretti verso il luogo in cui risiedevano le origini dell'Uzumaki: il Villaggio del Vortice...


Hinata era seduta sulla riva del ruscello che attraversava il campo di allenamento 7, con i piedi nudi immersi nell'acqua.
Aveva preso la sua decisione, si sarebbe allenata per diventare forte come Naruto, e sarebbe stata al suo fianco per tutta la vita.
Un rumore dietro di lei attirò la sua attenzione, facendola sussultare. Si voltò, e dal folto degli alberi uscì lentamente il maestro Kakashi. Le era sempre stato simpatico, anche se quella maschera la metteva un po' in soggezione.
«Ti ho spaventata, Hinata? Scusami, non volevo.»
Hinata si rialzò, e si inchinò leggermente.
«No, no, assolutamente, Kakashi-sensei. Mi cercava, per caso?»
Kakashi la guardò con intensità.
«In effetti, si. Ho una proposta da farti.»

Notato che aveva catturato l'attenzione della corvina, il ninja-copia proseguì.
«Vedi, essendo il maestro di Naruto e Sasuke, in parte sono responsabile della rottura della squadra 7. È stata anche colpa mia se Naruto ha corso quegli enormi pericoli pur di riportare indietro Sasuke.
Voglio rimediare, per quanto possibile, e dato che il team 7 è stato provvisoriamente sciolto, ho tutto il tempo necessario per dedicarmi a ciò che ho in mente, sempre se tu sei d'accordo...»
L'espressione interrogativa di Hinata lo indusse a proseguire.
«Hinata, durante il tuo scontro con Neji ho notato che tu hai delle enormi potenzialità inespresse.
Kurenai è un'ottima maestra, su questo non c'è dubbio, ma il tuo stile di lotta è basato sul Taijutsu, e lei non è una grande esperta di questa specialità, quindi non può aiutarti a migliorare più di tanto.
Perciò... che ne dici di diventare mia allieva? Posso fare in modo di renderti forte come Naruto e Sasuke, se lo desideri.»

Hinata non credeva alle proprie orecchie, un ninja del livello di Kakashi Hatake si stava offrendo di insegnarle? Suo padre avrebbe fatto i salti di gioia all'idea.
«Sarebbe un grande onore, maestro Kakashi! Certo che sono d'accordo, e farò tutto ciò che posso per renderla orgoglioso di me!»
Un leggero sorriso increspò le labbra coperte dalla maschera dell'argenteo.
«Perfetto, mi piace il tuo entusiasmo. Se per te va bene, vorrei iniziare domani. Ti conviene andare a casa a riposarti, e faresti meglio a parlarne con tuo padre, così potrà regolarsi con l'insegnamento delle tecniche del Juken senza andare in conflitto con ciò che ho in mente di insegnarti. A domani, allora.»
Così il ninja-copia si voltò e si incamminò tra gli alberi, sparendo dopo qualche secondo nella boscaglia.


Hinata fece come Kakashi aveva suggerito, e quella sera durante la cena ne parlò con suo padre. Questo, come previsto, si dimostrò più che entusiasta della novità.
«Ti è stata data un'occasione irripetibile, Hinata. Kakashi Hatake è un ninja di prim'ordine, famoso anche al di fuori del Paese del Fuoco per le sue capacità. Diventare sua allieva ti renderà una kunoichi davvero temibile, dato che lui è più forte anche di me, e probabilmente di chiunque altro nel villaggio, al di fuori dell'Hokage e del Sannin Jiraiya.
Dovreste organizzarvi in modo da non far accavallare gli allenamenti con lui a quelli con la maestra Kurenai, non sarebbe giusto se Kakashi si sovrapponesse a quella che, dopotutto, è la tua sensei ufficiale.
Inoltre, c'è anche qualcosa che vorrei insegnarti personalmente. Vieni con me.»

Il capoclan si alzò, seguito dalla figlia, e si incamminò verso l'ala nord della villa.
Hinata si avventurava in quella parte della casa molto raramente, poichè era una zona nella quale non vi era nulla di importante. C'erano solo alcuni piccoli cortili interni, che non richiedevano la cura dei giardinieri più di una volta al mese.
Più volte, infatti, Hinata si era chiesta il perchè suo padre lasciasse che quella zona della casa rimanesse così poco curata, anzichè trasformare quei semplici pezzi di terra in dei giardini coi fiocchi.
Come se le avesse letto nel pensiero, Hiashi iniziò a parlare.

«Vedi, Hinata, in questa zona della tenuta è nascosto qualcosa di molto importante, forse il più grande tesoro degli Hyuga. È per questo che questa parte della casa è così poco curata e c'è così poca sorveglianza, per evitare qualsiasi sospetto che qui si nasconda qualcosa di così prezioso. Il miglior luogo per nascondere un tesoro è sotto gli occhi di tutti, e qui nessuno sospetterebbe mai che ci sia nascosto qualcosa di importante.»
Mentre parlava, Hiashi si fermò in uno dei cortili, perfettamente identico a tutti gli altri, e chiuse la porta alle sue spalle.
«Attiva il Byakugan, Hinata.»

La ragazza fece come richiesto, e notò qualcosa di strano: su di una parete, vicino a un angolo, era scritto sul muro uno strano kanji, che non aveva mai visto. Fece una prova: disattivò il Byakugan, e il segno scomparve. Quindi poteva essere visto solamente da un membro del clan.
Riattivò la sua abilità innata, e il segno si manifestò nuovamente a lei. Anche con il Byakugan attivo era così piccolo da passare inosservato, se non si sapeva dove guardare, renderlo invisibile significava farlo diventare veramente impossibile da trovare. Perchè? Cosa nascondeva di così importante?

Hiashi si avvicinò, con il Byakugan attivo, e Hinata si fece da parte. Il capoclan colpì il kanji con un Juken, e questo si illuminò di una luce fioca. In quel momento al centro del cortile si aprì una botola, sotto la quale si intravedeva una scalinata. Hiashi cominciò a scenderla, e Hinata lo seguì.
Dopo alcuni gradini giunsero ad una stanza buia, che il capoclan illuminò con una torcia presa da un supporto sulla parete di pietra.
Davanti a loro, si ergeva una lastra di pietra con incise delle scritture. Sembrava antica, e sulla cima di questa Hinata poteva scorgere chiaramente il simbolo del clan Hyuga.

«È abbastanza risaputa l'esistenza della Stele degli Uchiha, sepolta nel loro tempio. Ben pochi, invece, sanno dell'esistenza di questa: la Stele degli Hyuga, sulla quale sono riportati i più antichi segreti del nostro clan e della nostra abilità innata.»
Hiashi si fermò, guardando negli occhi la figlia.
«Capisci perchè ti ho portata qui, Hinata? Solo il capoclan ha diritto a leggere i segreti scritti su questa lastra di pietra. Mettendoti a conoscenza di questo segreto, ti sto praticamente dichiarando l'erede del ruolo di capoclan, sto mettendo nelle tue mani il futuro della nostra famiglia. Non deludermi, Hinata, questa è la mia più grande prova di fiducia.»


Hinata chiuse gli occhi, sotto il peso di quelle parole, mentre il suo cuore accelerava.
Suo padre l'aveva considerata una fallita per tutta la vita, e lei non aveva mai fatto nulla per dimostrargli il contrario. Solo negli ultimi tempi, quando aveva cominciato a provare il desiderio di diventare più forte, suo padre aveva iniziato ad apprezzarla, e ora le stava praticamente affidando il futuro del clan.
Non lo avrebbe deluso, avrebbe dato tutta sè stessa per diventare forte quanto lui, e lo avrebbe anche superato. Sarebbe stata la migliore capoclan che gli Hyuga avessero mai avuto. Riaprì gli occhi, con una nuova risolutezza.

«Non vi deluderò, padre. Terrò alto l'onore degli Hyuga, e vi renderò orgoglioso di me!»
Era una promessa, nessuno l'avrebbe più fermata, e quando sarebbe tornato, lei sarebbe stata capace di stare al fianco di Naruto senza sentirsi inferiore.
"Naruto, quando tornerai, sarai fiero di ciò che sarò diventata..."
I due uscirono dalla cripta, dirigendosi verso le camere. Davanti a Hinata si stendeva un futuro roseo come non mai.


 

Fine Prima Parte


 


 

Spazio autore:
Siamo così giunti alla fine di questa storia, iniziata nel fatidico giorno in cui feci l'orale del mio esame di maturità: 25 giugno 2014, il giorno dopo il mio diciannovesimo compleanno.
Tornato a casa dopo l'interrogazione non potei aspettare per pubblicare il prologo di questa storia, che avevo preparato per tutto il mese precedente, nonostante lo studio mi avesse già preso così tanto tempo.
Ma non mi sarei mai aspettato di ricevere un'accoglienza così calorosa, un esordio del genere era inimmaginabile per me, perciò grazie mille a tutti!

I miei migliori ringraziamenti sono rivolti a:
(scusate se non vi cito tutti, ma siete davvero tantissimi!)

-i 52 che hanno inserito la storia tra le preferite;
-i 14 che l'hanno messa tra le seguite;
-i 95 che l'hanno segnata tra le ricordate.

Ma ovviamente ringrazio anche tutti i lettori silenziosi, che pur non avendo lasciato traccia del loro passaggio hanno apprezzato il mio impegno, e spero che mi seguano per il resto della mia avventura.

Una speciale dedica è d'obbligo per Xandalphon, il primo che mi ha dato l'idea di iniziare a scrivere. All'inizio ero dubbioso su quanto effettivamente fossi capace di inventare una storia, ma il suo incoraggiamento mi ha portato a fare una prova, e da essa è nata questa storia. Posso attribuire a lui il merito per questa mia primissima fanfiction, diciamo che lo considero il “padrino” di questa storia, e non posso che ringraziarlo di cuore per questo mio esordio, accolto con così tanto entusiasmo.

Grazie a tutti voi per il vostro sostegno, spero che il resto di questa saga vi piaccia quanto questa prima storia, e anche di più. Seguitemi nel secondo capitolo della saga di “Rikudou Legacy”: Un Lungo Viaggio!

Un saluto, crazyfrog95

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