Fairy Disney!

di jaki star
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Uno sguardo d'amore -Gale- ***
Capitolo 2: *** Baciala -Gerza- ***
Capitolo 3: *** Ce la posso fare -Gray Fullbuster- ***
Capitolo 4: *** Sei dentro me -Ur ed Ultear- ***
Capitolo 5: *** E' un briccone -Leo ed Aries- ***
Capitolo 6: *** Riflesso -Lucy Heartfilia- ***
Capitolo 7: *** Farò di te un uomo -Elfman Strauss- ***
Capitolo 8: *** Ti vada o no -Elfever- ***
Capitolo 9: *** Parte del tuo mondo -Lluvia Loxar- ***
Capitolo 10: *** Via di qua -Gerard Fernandes- ***
Capitolo 11: *** Lui vive in te - Silver e Gray Fullbuster ***
Capitolo 12: *** Storie -Gale- ***



Capitolo 1
*** Uno sguardo d'amore -Gale- ***


Gale ~ Uno sguardo d'amore







 
 
 
Qualcosa in lui, si trasformò: era sgarbato, un po’ volgare, ora no!
E’ timido, piacevole… Non mi ero accorta che ora è incantevole
 



Levy sgranò gli occhi, osservando Gajeel che armeggiava con la scala della biblioteca: stava tentando di riparare il legno rotto con delle fascette metalliche, fissando così i punti instabili della costruzione.
Con sguardo soddisfatto, Redfox si alzò, spazzolandosi la polvere dai vestiti.

“Può andare bene, così? Appena Laki tornerà dalla missione, potrà costruirne una nuova: non vorrei che questa si rompesse di nuovo, mettendoti in pericolo” grugnì, per poi arrossire vistosamente: tenne gli occhi fissi sul pavimento, cercando disperatamente un oggetto in grado di salvarlo da quella situazione imbarazzante.

Avrebbe dovuto imparare a tenere a freno la lingua, con quel gamberetto tutto pepe.

“Oh… Grazie. Ma sono sicura che reggerà” fece Levy, grattandosi una guancia.

Gajeel si chinò, prendendo in mano un libro mal messo: rovistò nella cassetta degli attrezzi, per poi ritirare la mano con un ululato di dolore.
Dal palmo della mano stillavano gocce di sangue, mentre nella cassetta riluceva maligno un taglierino sguainato.

“Se becco quell’idiota che lascia i coltelli a spasso...” sibilò il Dragon Slayer di metallo, rimirandosi la mano graffiata.
“Dai qui, ci penso io” fece premurosa la ragazza, prendendo garza e disinfettante: in poco tempo medicò il ragazzo, mentre questi la guardava con un misto di stupore ed imbarazzo.
“Grazie” borbottò, fissando poi con sguardo omicida la cassetta degli attrezzi.
“Perché non mi dai una mano a restaurare questi libri? Ti insegno volentieri” lo invitò la blu, arrossendo un poco: Gajeel rimase stupito, ma poi annuì, tentando di essere garbato.
“Mi farebbe molto piacere” rispose, accomodandosi accanto a lei.
 

Lo sguardo suo, su me posò
Sfiorò la zampa ma paura non provò: son certo che, mi sono illuso…
Lei non mi aveva mai guardato con quel viso…



Redfox osservava le mani esperte di Levy armeggiare con colla, forbici, carta e spago: ci sapeva veramente fare.
Ogniqualvolta i suoi occhi si posavano su di lui, non poteva non perdersi ad ammirare quello sguardo: era diverso da quello delle altre ragazze.
Levy aveva il potere di renderlo tranquillo, al sicuro: sapeva dalla sua espressione dolce che non lo vedeva come una bestia.

Come un mostro.

Quindi rilassò finalmente ogni muscolo, mettendosi ad aiutare di buona lena la nakama.
 


Tu non sei l’ideale, non ti avrei sognato accanto a me…
Ma ora sei reale: hai qualcosa che non ho mai visto prima in te…




Levy aveva sempre sognato un fidanzato perfetto: un ragazzo bello, premuroso, dolce, coraggioso ed allegro.
Ma, mentre si abbandonava docilmente alle labbra di Gajeel, pensò che tutte quelle fantasie, quelle idee, non avevano messo in conto una cosa importante: non avevano calcolato la presenza di un ragazzo come Redfox.
Il ragazzo non seppe come si ritrovò in quella situazione: azzittì semplicemente il cervello, godendosi quegli attimi di pura gioia con la ragazza che sì, forse amava.
 
 
Nel frattempo, un paio di teste facevano capolino dal giardino dietro la finestra della biblioteca.



“Ma guarda un po,’che dir non so di tutto ciò”  
fece allibito Natsu, inclinando il capo.

“Neanch’io però è proprio vero che l’amore tutto può” commentò Gray, increspando le sopracciglia.

Lucy fece segno ad Erza, che passava di lì, di venire subito verso di lei.

“Aspetta un poco e vedrai ti colpirà quello che accade è una grande novità” avvisò, prima che la scarlatta si volgesse verso la finestra.
“Io so che quello che accade è una grande novità” annuì Scarlett, per poi abbandonarsi ad un sorriso.
“Quello che accade è una grande novità” confermò Happy, mettendo fine alla discussione: forse era meglio levare le tende.



Se Gajeel li avesse visti, non sarebbe stato docile come pareva in quel momento.
 





Angolo dell'autrice: 

Buonasera!
Picchiatemi pure, se volete: il delirio estivo mi ha portato ad optare per questa strana raccolta.
Ammetto che questo primo capitolo non sia affatto un granché, d'altronde non sono molto brava a descrivere la Gale, ma spero comunque di aver soddisfatto qualche lettore :)
Lasciate una piccola recensione, mi rendereste felice! :)
A domani o dopo con un nuovo capitolo.
Viva le canzoni Disney e viva Fairy Tail!


Alla prossima,

Jaki Star

Ps: per chi non lo sapesse, la canzone appartiene al cartone animato "La Bella e la Bestia", l'immagine ad inizio capitolo non potevo non metterla... Mi piaceva troppo xD

 
 
 

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Capitolo 2
*** Baciala -Gerza- ***


Gerza ~ Baciala









 
“Avanti datevi una mossa!”.

Delle sagome si muovevano nell’oscurità del parco, strisciando fra i cespugli e nascondendosi nella semioscurità.  

“Mi hai pestato un piede, cretino!”
“Non è vero, è il tuo piede che si è infilato sotto il mio!”
“Che cazzo dici fiammifero deficiente?!”
“Come hai osato, ghiacciolo bastardo?!”
“PIANTATELA TUTTI E DUE!”
 

Gerard si girò, attratto da uno scintillio elettrico alle sue spalle: Erza seguì il suo sguardo perplesso, non trovando nulla di strano.


“C’è qualcosa che ti preoccupa?” chiese al compagno, mentre lui tornava a posare i suoi occhi su di lei.
“No, nulla… Mi era solo parso di vedere il bagliore di un fulmine” disse, facendo spallucce.
“È un po’ freddino ma non dovrebbe piovere, è sereno” constatò la rossa, tornando a camminare.

Il blu arrossì, recependo l’informazione: aveva freddo…

“Avanti, cervello: muovi quel dannato braccio!” si comandò, pensando l’ordine molto intensamente.

In pochi secondi il braccio muscolo del ragazzo stringeva a sé la figura di Erza, il cui viso aveva assunto la medesima tonalità dei suoi capelli.
Si guardarono dolcemente un secondo, per poi riprendere abbracciati il cammino.
 

Nel frattempo, nel boschetto che costeggiava il sentiero…
 


“Se rischierete di far saltare ancora il piano in questo modo… Vi ammazzo” sibilò Laxus, stringendo la presa sulle mascelle di Gray e Natsu, inchiodati con la schiena ad un albero.
“Ricevuto?” chiese, ringhiando: i due ragazzi annuirono, leggermente impauriti.
“Ha iniziato lui, però…” mugugnò Fullbuster, spostando lo sguardo sul terreno.

Lo sguardo assassino di Mira, nella sua forma di Satan Soul, lo fece azzittire completamente.

“Avanti, o non arriveremo in tempo!” fece Lucy, esortando i compagni.
“Questo piano deve riuscire alla perfezione” fece Ultear, correndo nel buio del bosco, seguita da Lluvia e Meredy.
“Lluvia vuole una cosa simile con Gray Sama, ricordatelo” disse la maga dell’acqua, rivolta all’amica dalla testa rosa.
 

Intanto, nei pressi di un canneto…



“È un bel posto, non trovi?” chiese Erza, abbandonando la stretta calda dell’ex ricercato per correre sin all’estremità del pontile: lasciò che la brezza serale le accarezzasse il viso, mentre la pallida luce della luna illuminava la sua figura.

Gerard rimase imbambolato ad osservarla, senza sapere cosa fare: già non sapeva cosa fare… Se poi si perdeva ad osservare la bellezza di Titania era a cavallo!
Prendendo coraggio si avvicinò, sedendosi accanto a lei: lasciarono penzolare le gambe sopra lo specchio d’acqua, le mani separate da pochi centimetri.

Il blu mosse la sua mano, intento a poggiarla su quella della scarlatta: ancora poco e si sarebbero sfiorate…

Pochi millimetri ormai…

Erza avvertì il polpastrello del ragazzo sulla sua pelle bianca…



Improvvisamente, una sequenza di strilli simili al canto di un animale, li fecero sobbalzare, allontanando quel contatto: Gerard si girò, visibilmente infuriato, cercando con lo sguardo quella dannata creatura guastafeste.
Dalle fronde di un albero vide qualcosa che si muoveva, starnazzando: pareva un uccello piuttosto stonato.
Fernandes rimase stranito tanto quanto Erza, che aveva seguito la scena con occhi fiammeggianti di rabbia: aveva solo da starnazzare in quel dannatissimo istante, quel pennuta idiota?!

“Qualcuno dovrebbe cercare di mettere fine alle sofferenze di quella povera bestia” fece il blu, con un sorriso sardonico.

Poco dopo qualcosa fece tacere lo strano animale, mentre una miriade di piume bianche si spandeva nell’aria.
I due maghi si guardarono, più stupiti che mai: dopo un attimo di incertezza, decisero di non farci caso e di tornare ad osservare il lago.
 



“Povera me, sono circondata da dilettanti!” sibilò furiosa Ultear, mettendosi in coda dopo Mira, Gray e Gajeel: aveva una voglia matta di mettere anche lei le mani su quell’idiota di Natsu Dragneel, ma in quel momento se ne stava occupando Laxus.

Pazienza, avrebbe aspettato.
Dopo che la sessione di botte furono finite, deciso di appendere il dragon slayer stonato e svenuto alla cima di un albero: almeno non avrebbe più avuto modo di rovinare l’atmosfera.

“Se devi fare una cosa, è sempre meglio pensarci da sola” sbuffò, picchiettando su un sasso con un bastoncino “Allora: atmosfera. Percussioni: vai così Wakaba. Archi: perfetto. Piatti: bene. Parole: che il coro di Fairy Tail abbia inizio!”.
 

 
Lei ti è accanto, se ne sta seduta lì: non sa cosa dire ma i suoi occhi ti parlano…
E tu lo sai che vorresti darle un bacio… E allora baciala!

 

Gerard ascoltava a malapena quello che la rossa gli stava raccontando: continuava a tenere gli occhi fissi sulle sue labbra, ansioso di poterle assaggiare. Si schiaffeggiò mentalmente, sforzandosi di sorridere: non voleva di certo che la rossa percepisse in alcun modo le sue fantasie.

“Hai sentito qualcosa?” chiese il ragazzo, tendendo l’orecchio.
“Io? Nulla, sarà il vento: la leggenda dice che in questo lago si nascondano delle fate canterine, ma suppongo che siano le correnti che soffiano fra le fronde ed il canneto. In effetti, si dice che producano una bella melodia” fece Erza, con un sorriso sulle labbra: Gerard ricambiò, accostandosi maggiormente a lei.
Le loro spalle aderivano, mentre i loro cuori battevano all’unisono.
 

Lei ti piace, tanto tanto da morir!
Forse tu le piaci ma lei non sa come dirlo…
Ma non servono le parole sai? Allora baciala!
 


Gerard si sentiva il viso in fiamme. Deglutì nervoso, sollevando la mano tremante: ma poggiò su quella di Erza, per poi stringerla delicatamente.
Le regalò un sorriso nervoso, al quale lei rispose con la medesima espressione.
Il ragazzo le accarezzò il viso, scostandole una ciocca di capelli dagli occhi: la ragazza poggiò il capo sulla sua spalla, chiudendo le palpebre.


Sciala la la la la la
Il ragazzo è troppo timido: coraggio baciala!
Sciala la la la la la
Non lo fa ma che peccato, se insiste lui la perderà…


 
“Avanti Gerard, svegliati! È tardi, se non ti dai una mossa questa volta la perderai sul serio! Ma pensi di poter aspettare in eterno?! Idiota!” inveì mentalmente Ultear, muovendo stizzita la bacchetta: i coristi di Fairy Tail iniziavano ad essere stanchi, cantavano da un pezzo.
“Dannazione anche a loro!” pensò, sbuffando fumo dalle narici come un drago.
All’improvviso allungò il collo, senza smettere di dirigere coro ed orchestra: stava accadendo qualcosa!

“Avanti, riprendete con più vigore, sfaticati!” sibilò, agitando le braccia.

 
E' il momento: guarda che laguna blu!
Ora devi muoverti e questo è il momento tuo!
Non ti parlerà finché tu non la abbraccerai e bacerai...



Gerard aiutò la ragazza ad alzarsi, osservando il lago con un sorriso.

“Guarda, Erza: ci sono dei sassi molto grandi perfetti per starci sopra, circondati dall’acqua. Perché non ci andiamo?” propose, prendendola per mano.
Alla ragazza s’illuminarono gli occhi: annuì, sorridendo.
Allora Fernandes la prese in braccio, per poi saltare: con pochi balzi arrivarono a quattro metri dal pontile.
Solo loro circondati dall’acqua e da quella strana musica…


Ora vai!
C’è l'atmosfera giusta forza,  baciala!
Stringila, non puoi nascondere che l'ami, baciala!



La luna splendeva sulle loro figure, rendendole quasi evanescenti: Gerard strinse a sé Erza, la quale si cullò di quel meraviglioso istante.
I loro petti aderirono, come una cosa sola.
Il blu abbassò il capo per guardarla in viso, sorridendole: la rossa alzò il viso, fissandolo teneramente.
Le loro gote dipinte di blu, le stelle riflesse nei loro occhi: Fernandes giurò di vedere il firmamento intero, in quel mare nocciola.
Scarlet, dal canto suo, credeva di ammirare i giardini dell’Eden, in quelle iridi verdi.

“E’ tutto perfetto” pensarono i giovani, all’unisono.


Non parlare ascolta la canzone che dice: “Baciala!”
Questa musica ti aiuterà
coraggio abbracciala e dopo baciala...



“Erza… Io non ho una fidanzata, ti ho mentito: se vuoi picchiarmi, fallo pure” disse Gerard, abbassando lo sguardo ma intensificando la presa sulla ragazza: non voleva lasciarla andare… non un’altra volta.

Si sorprese quando avvertì una sonora risata: Erza lo guardò dolcemente negli occhi, accarezzandogli leggermente il petto con le dita.

“Sei sempre stato un pessimo bugiardo, Gerard: mi sono accorta subito dell’inganno. Tu vuoi evitare con tutto te stesso questo pensiero, ma la verità è questa: la tua anima cammina nella luce, tu sei un paladino del bene. Non sei malvagio” disse, alzandosi leggermente sulla punta dei piedi.

Fernandes non sapeva cosa rispondere: stette in silenzio, mentre una mano risaliva il corpo della ragazza per poi posarsi sulla sua guancia.
Le sorrise imbarazzato, mentre le gli regalava uno sguardo indulgente: era disposta a passare sopra a quell’episodio che aveva chiarito i loro sentimenti.
I loro visi si avvicinarono lentamente, le loro labbra si dischiusero, pronte a congiungersi.


Baciala, baciala, baciala!


Mancavano pochi millimetri ormai, questione di una manciata di secondi.
Ultear e tutta Fairy Tail, sia cantanti che musicisti, allungarono il collo: dai, ormai ce l’avevano fatta!

“Avanti baciala!” sibilò la maga dell’Arc of time, continuando imperterrita a dirigere il tutto nonostante i suoi occhi erano posati sui giovani innamorati.
“Baciala, cazzo! sbottarono Laxus e Gray, prima di prendere fiato per l’ultima frase della canzone.
 

Coraggio, baciala!
 

Gerard avvertì le sue labbra sfiorare quelle di Erza: finalmente stavano per congiungersi…
Prima che si ritrovasse sbalzato in aria, con Erza che, stupita, cadeva poco sotto di lui.
Sentì qualcosa di duro cozzare contro la sua testa ed urlò la prima frase che gli venne in mente.

“AIUTO!”.


Cadde di faccia nel lago, sprofondando completamente, Erza incredula ancora sotto di lui.
 
Il silenzio calò sull’intera laguna, mentre un venticello inquietante iniziava a soffiare.


“CHE BOTTA RAGAZZI!” esordì Natsu, disteso sul sasso dove poco prima Erza e Gerard stavano per baciarsi.
“Quel dannato albero aveva iniziato ad oscillare con questo vento, le fasce mi tenevano fermo e avevo il mal di mare! Per fortuna il grande Salamander è riuscito a liberarsi dalle fauci del nemico! AHAHAHAHAHAHAHAH” rise l’idiota dalla testa rosa, con le mani sui fianchi e la postura orgogliosa.
 

I due giovani riemersero dal lago, sputacchiando acqua e prendendo grandi boccate d’aria.
 

Improvvisamente, il dragon slayer si rese conto di ciò che aveva appena combinato.
Con terrore si guardò intorno: dal canneto era sbucata tutta la gilda, vestita di tutto punto.
Chi con il testo della canzone fra le dita, chi con gli strumenti in mano, si era soffermato incredulo sulla figura del rosato: non riuscivano a capacitarsi che tutto fosse andato a rotoli.
 

“Natsu?!” strepitò Erza, riscuotendosi dalla sorpresa “Che diavolo ci fai qui?! Ma soprattutto: CHE DIAVOLO HAI COMBINATO, PEZZO D’IDIOTA?!” strillò, mentre il suo viso iniziava ad accendersi di furia.
 

Gerard teneva li viso rivolto verso il basso, la faccia scura.
“Tu…” sibilò, mentre la scintilla nei suoi occhi tradiva una profonda rabbia assassina.


Ma la questione più preoccupante era un’altra: un’aura nera, maligna, aveva circondato la figlia di Ur.
“Ho sudato sette camice… Mi sono prodigata affinché tutto risultasse perfetto… E tu, dannata scimmia sottosviluppata priva di alcuna dote canora, hai rovinato tutto…” sibilò, alzando gli occhi: essi tradivano una voglia omicida.

Laxus, Gray, Lluvia, Mira ed il resto della gilda venne circondato dalla stessa atmosfera cupa ed assassina.
 

“Vera magia del corpo celeste…”

“Armatura Nakagami…”

“Ice make…”

“Water nebula…”

“Karyu no…”

“Satan Soul…”
 


“Oh oh” fece preoccupato Natsu, conscio di quello che stava per accadergli.
 



“AIUTO LO DEVO DIRE IO!” urlò, prima che un boato risuonasse nell'aria.







Angolo dell'autrice:

Ehilà!
Eccomi tornata con un nuovo capitolo di Fairy's Disney!
Oggi è il turno della mia amata Gerza, sotto le note di "Baciala" della Sirenetta: quanto li amo i nostri due piccioncini? *-*
Peccato che ho dovuto far finire in questa maniera il loro meraviglioso incontro... Purtroppo lo esigeva la canzone! :(
Spero che questo capitolo possa essere stato di vostro gradimento, anche se è un po' lungo.


Passiamo ai ringraziamenti! 

Ringrazio: 
Kyokushu
bea_kron
LadyAstral 
Luxus99chan
aira707

Per le recensioni ed i complimenti: spero di avervi accontentato con questo capitolo e di non aver deluso le vostre aspettative :)
Ringrazio inoltre i lettori silenziosi, chi ha messo la storia tra le preferite, le seguite e/o le ricordate :)

A presto! (Spero)


Jaki Star
 


Ps: preciso che non ho in mente un numero preciso di capitoli, e che per quanto mi riguarda questa storia può continuare fino all'infinito!
      Per tanto, è possibile che le coppie già trattate vengano riprese in capitoli futuri: fatemi sapere se eventualmente questa idea vi entusiasmi o no! 
      Baci e abbracci :)

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Capitolo 3
*** Ce la posso fare -Gray Fullbuster- ***


Gray Fullbuster ~ Ce la posso fare 








 

Il ragazzino si strinse le ginocchia al petto, sbuffando una nuvola di fiato ghiacciato: la temperatura era calata vertiginosamente e lui, nonostante fosse abituato al freddo più intenso, si ritrovò a tremare.

Aveva perso tutto.

Di nuovo.

Era solo.


Si calò il cappuccio sul viso, cercando un po’ di calore: le fiamme davanti alla sua figura danzavano imperterrite, senza riuscire però ad intiepidirlo.
Il bambino, stizzito, digrignò i denti: cosa cavolo aveva acceso a fare quella brace, se non scaldava un accidente?!
Si era rifugiato fra le macerie di una casa, cercando di sfuggire alla bufera di neve: chiuse le palpebre, tentando di riposarsi.

Pessima mossa.

Scattò in piedi, ansimando: era visibilmente turbato.
Non poteva concedersi il lusso di dormire: le immagini di poche ore prima lo tormentavano, lacerandogli l’anima.
Si prese i capelli fra le dita, tirandoli leggermente: il viso chino, avvolto dalle ombre.
Poggiò la schiena contro il muro alle sue spalle, per poi scivolare lentamente a terra: flebili singhiozzi uscirono dalle sue labbra, mentre silenziose lacrime scivolavano sulla sua pelle fredda.
Cercò di pensare a qualcosa di positivo: il pane appena sfornato la mattina, le risate, le coperte calde ed il caminetto acceso nelle notte di bufera…
Un singhiozzo più forte degli altri risuonò nell’aria: quei pensieri avevano solo peggiorato la situazione.
Gli avevano solo ricordato la vita felice che conduceva solo poco tempo prima, facendogli presente che gli era stata tolta.

Di nuovo.

Gray si raggomitolò su sé stesso, buttando un ciocco di legno nel fuocherello.
Si cullò nel tepore del fuoco: le forze lo stavano abbandonando ed aveva poco tempo per riposare… Ammesso che ci riuscisse.
Scivolò nell’incoscienza del sonno, con l’immagine di Ur nella mente.
 
Il cielo era di una bella tonalità di arancio: la tempesta era finalmente cessata, così come il vento pungente della sera prima.
Il ragazzo inspirò l’aria frizzante, ammirando l’alba: scrutò l’orizzonte, calcolando quale fosse il percorso migliore per giungere il più presto possibile ad ovest.
Il cammino che la sua maestra gli aveva indicato portava ad occidente: bene, una meta ce l’aveva.
Strinse le bretelle dello zaino, dipingendo sul suo viso l’espressione decisa che lo caratterizzava: i solchi delle lacrime non se n’erano andati, erano ancora lì, sulla sua pelle.

E bruciavano.

Strinse i denti, trovando finalmente quella forza che tanto sentiva sua.
La sera prima la diga dei suoi sentimenti era crollata sotto il peso di tutta quella brutta storia, ma al posto di macerie e distruzione, nella sua anima v’era qualcosa di diverso: un torrente furioso scorreva dentro di lui, alimentando sempre più la sua infinita determinazione.
Saltò, scivolando giù per la collina innevata: era ora di prendere posto in quel mondo.
 

Ho sognato che, non so dove, c’è una nuova terra e sta aspettando me…
Là la gente mia, quando passerò, mi saluterà dicendo: “Questa è casa tua!”
 

Gray si lasciò alle spalle il paesino: nonostante fosse in un bosco, i rumori della cittadina gli risuonavano ancora nelle orecchie. Scrutò il cielo: doveva essere quasi mezzogiorno.
Con uno scatto si inerpicò su una piccola salita, trovandosi ai piedi di un cipresso: lo studiò un poco, addentando un panino imbottito.
Balzò agilmente, afferrando un ramo con una mano, facendo poi leva per tirarsi su: bevve dalla borraccia, osservando il panorama.
Una ventata d’aria calda gli fece togliere la giacca: aveva abbandonato le terre del nord da un pezzo, ma non credeva di essersi spinto così tanto in là… Il mare scintillava, scosso dalle onde.
Aguzzò la vista, scorgendo in lontananza una città.

“Una giornata di cammino… Posso ancora farcela, arriverò oggi stesso!” fece deciso, saltando giù dall’albero: con foga percorse le discesa, per poi correre nel bosco.
“Troverò un posto…” si disse, aumentando la velocità.

Lasciò che il vento cullasse la sua voce, trasportandola come un inno di battaglia.

 
È una meta che, ce la posso fare, io raggiungerò: io ce la farò!
Ed ogni ostacolo che supererò sarà come un colpo d’ali e là io volerò


 
Si piegò sulle ginocchia, esausto: l’unica cosa che poteva udire era il suo ansimare affannoso. Buttò il capo all’indietro, spalancando sempre più la bocca ad ogni respiro: aria, aveva bisogno di aria.
Aveva corso per miglia e miglia, assaporando la sensazione di potenza che gli scorreva infinita nella vene: non si era mai fermato, ansioso di raggiungere la sua meta.
Non gli interessava se ci sarebbe arrivato più morto che vivo, a Magnolia: doveva raggiungere quella dannata città dell’ovest, dove si diceva si trovassero i maghi più forti della regione.
Inspirò profondamente, cercando di darsi un tono: non poteva presentarsi come un vagabondo comune.
A grandi passi varcò le porte della città, dirigendosi verso un immenso edificio: la gilda di Fairy Tail lo stava aspettando.
 



“Ur, dici? La famosa alchimista del ghiaccio, delle terre del nord? Bene, moccioso: se la tua maestra ha utilizzato quella magia, è veramente impossibile scioglierla. Mi spiace, ma per lei non c’è speranza: è morta”.

Gray abbassò gli occhi, incassando il colpo: sapeva che non c’era una minima speranza di salvare Ur, tuttavia…

“Ascolta, ragazzo”.

La voce del master gli fece alzare lo sguardo, sorpreso: il vecchietto lo squadrava dall’alto in basso, come ad esaminarlo.

“Quella donna non vorrebbe vedere l’allievo per cui ha dato la vita abbattersi in questo modo. Sei un bambino solo, senza nessuno: un povero orfanello. Come intendi proseguire?”
“Me la caverò: posso farcela” sibilò il piccoletto, stringendo i pugni.
“Mmh…” ragionò il vecchio, osservando i suoi occhi “La tua determinazione mi piace molto, sai? Nelle tue iridi blu brucia un fuoco inestinguibile, che pochi possiedono. Scommetto che potrai fare carriera, se ti comporti nella giusta maniera”.

Il ragazzino osservò in silenzio il master della gilda, invitandolo a continuare: cosa stava cercando di dirgli?

“Sembri ben messo, in buona salute: un po’ di riposo e scommetto che potresti stupirmi. Certo che te la caverai… Ma hai bisogno d’aiuto: e Fairy Tail non abbandona mai chi ha bisogno d’aiuto. Che ne pensi? Questo posto diventerà la tua casa, noi, i tuoi compagni, diventeremo la tua famiglia, se accetterai la mia richiesta: vedo un enorme potenziale in te… E raramente mi sbaglio. Ti sottoporrò ad un addestramento: quando sarai diventato abbastanza grande e forte, potrai prendere un lavoro” propose Makarov.

Gray si guardò intorno, accorgendosi del silenzio che si era creato: lo fissavano tutti.
C’erano uomini, ragazzi e bambini della sua età…
 

La giacca e la maglietta caddero a terra, mostrando un petto magro ma allenato.
 
“Lo voglio qui” disse, indicandosi il pettorale destro “Voglio il marchio di Fairy Tail in questo punto. E lo voglio blu”.
 
 
 
E ORA TOCCA A ME: CE LA DEVO FARE!
NON MI IMPORTA SE E’ IMPOSSIBILE MA IO SCOPRIRO’ LA MIA VERITA’!
FINALMENTE IO SAPRO’ VOLARE E VOLERO’!

 
 
“Gray la forma! Cura le posizioni, rotea il busto per schivare e tieni alta la guardia: il miglior attacco in alcuni casi è la miglior difesa, ricordatelo!”

Il ragazzino si beccò un pugno in pieno viso, cadendo a terra fra la polvere: Laxus, il nipote del master, lo guardava dall’alto in basso.
Era molto più grande di lui, il suo fisico ormai era quello di un giovane adolescente.
Gray invece era ancora un bambino.

“Merda” sibilò il piccoletto, sputando un grumo di sangue di lato.
“Ti stai già arrendendo?” lo incitò il biondo, atono.

Non fece in tempo a reagire: poco dopo una scarica di dolore gli attraversò la pancia.
Arretrò, mentre nei suoi occhi azzurri brillava una scintilla di ammirazione.

“Però… Tosto questo” fece, ficcandosi le mani in tasca: il nanerottolo gli aveva assestato proprio un bel gancio nello stomaco.
“Io ce la posso fare… IO CE LA FARO’ A DIVENTARE IL PIU’ FORTE, MI AVETE SENTITO?!” urlò, determinato: doveva farcela.

A tutti i costi.
 

“Però: interessante il ragazzino” commentò Gildartz, affiancandosi con un sorriso a Makarov: il vecchio sospirò, tornando a fumare la pipa.
“Ha del potenziale, ma è ancora troppo giovane” disse, osservando il ragazzino cadere al tappeto: subito dopo si rialzò, tornando alla carica.

“Laxus, vai pure a farti un giro: qui ci penso io, adesso”.

Il master impallidì “Gildartz! Che diamine ti viene in mente?!” sbraitò, osservando il rosso tutto sorridente.
“Ma dai! Lascia che tuo nipote si prenda mezza giornata libera: dovrà poi portare quella demonietta dai capelli bianchi al cinema, prima o poi! Le fidanzatine sono così esigenti!” esordì, facendo arrossire il biondo.
“Smettila, Gildartz… Non è la mia fidanzatina” sussurrò arrossendo, mentre l’altro gli spettinava i capelli.
“Avanti, va’” lo incitò, per poi rivolgersi al piccoletto di fronte a lui.
“Ce la farai?” gli chiese, con un sorriso.
“Non c’è nemmeno da chiedermelo” rispose l’interpellato, caricando il colpo.
 
 

“Ohi Gray! Agitato? La tua prima missione!”
“Yo! Sei pronto? La prima volta non si scorda mai!”
“Ehilà mago! Oggi è il grande giorno!”
“Salve mister Fullbuster! Spacca mi raccomando”

 

Il giovane ricambiò i saluti, sedendosi al bancone del bar.

“Buongiorno! Vuoi qualcosa per colazione?” fece gentile Mira, pulendo un bicchiere.
Gray le sorrise, osservando il foglio che teneva fra le dita “Cappuccino freddo e brioches, grazie”.

“Mi hanno detto che è un’impresa piuttosto ardua” disse la giovane, porgendogli la colazione ed una sacca piuttosto grande.
“Avrai bisogno di essere in forze: offre la casa” sorrise, facendogli l'occhiolino.

“Grazie, Mira” ringraziò, buttandosi la sacca sulle spalle: si voltò, trovandosi di fronte tutta la gilda.

“Sei diventato grande, ragazzo: la missione che stai per affrontare e la prima degna di essere chiama tale. Non si tratta più di fare il lavapiatti od il fattorino: questa volta la posta in gioco è alta, potrai rischiare la tua stessa vita, scontrandoti con una banda di assassini. Sarai solo, senza compagni di viaggio e…”

“Piantiamola con queste stronzate, nonnetto” fece il ragazzo, oltrepassandolo.

Poi si girò, con un sorriso strafottente.

“Ce la farò” disse, determinato, con il solito ghigno: Makarov osservò la sua schiena varcare le porte della gilda, fra gli applausi e le urla di tutti.
Il terzo master dovette fare uno sforzo per trattenere le lacrime: il suo piccoletto era cresciuto, il suo figlioletto alchimista...


“Torna a casa, mi raccomando!” augurò Mira, sorridendo.
“Certo che deve tornare: mi devi ancora offrire da bere, Fullbuster!” urlò Cana, sollevando il boccale di birra.
“Ghiacciolo di merda, non fallire!” sbraitò Natsu, sputando una fiammata verso l’alto.
"Vedi di fare il culo a quei mercenari, oppure non farti più vedere a Fairy Tail" mugugnò Laxus, con le cuffie nelle orecchie ed una bibita in mano.
“Sei diventato un uomo, Gray. Sapevo che ce l’avresti fatta” pensò Gildartz, con un sorriso benevolo.

Gray alzò il braccio in segno di saluto, continuando imperterrito a camminare: certo che sarebbe tornato a casa.

Dalla sua gente.

Dalla sua famiglia.


A Fairy Tail.


 




 
Angolo dell'autrice:

Buonasera gente!
Mi scuso pe ril ritardo, ma sono di fretta e piena di impegni!
Spero che questo capitolo non sia proprio così disgustoso e non vi abbia deluso: se così fosse, sentitevi pure liberi di venirmi a cercare.
Con una mazza da baseball ed un catenaccio.
Piuttosto inquietante come cosa, però se si avverasse sarebbe senza dubbio da me meritata T.T
Ma quanto è bello il nostro Gray? *-*
Da bambino in lacrime ha scalato le vette della dura realtà, ed ora è un giovane alchimista pronto a sfidare qualsiasi tempesta!
E ce la farà sempre e comnque!
Un giovane Hercules pieno di forza e speranze, con una famiglia da non deludere od abbandonare :')
Siete anche voi ansiosi di scoprire cosa succederà nel prossimo volume del manga?
Avanti, Gray vs Silver: voleranno botte da orbi, ragazzi miei!
Spero solo che Mashima non abbia intenzione di uccidere il nostro bel mago del ghiaccio...
Aiuto, ho bisogno seriamente che qualcuno mi dia una mano a sciogliere la tensione T.T
Allooora: dopo questo sproloqui senza senso... Passiamo ai ringraziamenti!

Un bacio speciale a chi ha recensito lo scorso capitolo (vi amo):
bea_kron
LadyAstral
Kyokushu 
Salamandergirl

Un ringraziamento anche a chi ha messo la storia fra le preferite/seguite e a tutti i lettori silenziosi: siete davvero tanti, avete lasciato una montagna di visite!
Se, quando avrete voglia, lascerete anche voi una piccola recensione, sarei molto felice :)
Detto questo, buona serata e viva l'estate!
Un abbraccio a tutti,

Jaki Star

 

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Capitolo 4
*** Sei dentro me -Ur ed Ultear- ***


Ur ed Ultear ~ Sei dentro me






 


Pianto.
Una sequenza di strilli e singhiozzi.
La quiete della notte venne interrotta bruscamente, destando gli abitanti della casa.
La donna si abbandonò ad un sospiro: era la quarta volta che veniva svegliata da quei rumori.
Si alzò faticosamente dal letto, giungendo barcollante alla grande culla lì vicino. Scostò una tendina, osservando con stanchezza il volto paffuto della neonata: era rosso per lo sforzo e scosso dai singulti.
Con tenerezza la sollevò, prendendola fra le braccia: iniziò a cullarla, cercando di tranquillizzarla.

 
Io sono qui
Dai non piangere
Stringiti a me
Più che puoi


 
“Ehi, non piangere gioia mia: io sono qui” sussurrò dolcemente, portandosela al petto: lentamente le accarezzò i radi capelli neri, mentre il respiro della piccola creatura andava rallentando.

Tuttavia, il pianto non era ancora terminato.
Ur si sdraiò nel letto, con la figlia stretta fra le braccia: nulla avrebbe potuto portarle via il suo tesoro più grande. Ultear era il regalo più grande che avesse mai potuto ricevere dalla vita: senza di lei, sarebbe stata privata di una parte della propria anima.
Mentre intonava una dolce melodia, avvertì i singhiozzi diminuire.
 

Io ti proteggerò non temere
Non piangere sono qua

 
La neonata soffermò i grandi occhi sulla figura della madre, come a chiederle come avesse fatto ad alleviare il suo pianto.
Ur rise, sollevandola in aria: la piccola fece una smorfia divertita, agitando in aria il piccolo pugno.
La maga del ghiaccio la tirò verso sé, scoccandole un bacio sulla fronte: la piccola si mise il pugnetto paffuto in bocca, inclinando il capo.
Quando se la strinse al petto, si giurò che non avrebbe mai permesso che qualcuno toccasse sua figlia.

“Non piangere, piccola mia: nessuno ti sfiorerà mai, nemmeno con un dito”.
 

Ci sono io
Ed ora in poi
Fra le mie braccia al caldo dormirai
Il nostro nodo non si scioglie
Nessuno mai
Lo farà

 

Con uno sbadiglio, la donna osservò la piccola che finalmente si era addormentata sul suo petto.

“Sei tutto quello che mi rimane, piccola mia… Tutto quello che ho: ti cullerò nelle notti di tempesta, ti sarò accanto quando la febbre attanaglierà il tuo fragile corpo, corpo che, ne sono sicura, diverrà quello di una donna forte e pronta ad affrontare qualsiasi avversità. Ma per quanto tu possa crescere, per quanto tu un giorno possa essere distante da me… Il nodo che ti unirà alla tua mamma non potrà essere sciolto da nessuno” disse, con voce incrinata: sorrise, quando avvertì calde lacrime bagnarle il viso.
 

Perché tu sarai
Nel mio cuore sei
Da adesso in poi
Per sempre ci sarai
 


Ur rilassò i muscoli, stringendo ancora a sé la figlia: chiuse gli occhi, cercando di addormentarsi. Il respiro della piccola l’aiutò ad abbandonarsi fra le braccia di Morfeo.
 





“MORTA?! COSA SIGNIFICA CHE E’ MORTA?! NO, NON E’ POSSIBILE! RIDATEMI MIA FIGLIA! RIDATEMI ULTEAR!”.
 
 


“Quando nacque quella bambina ho sentito una luce nel mio cuore ed ho sognato per lei un futuro pieno di speranza. Ero così felice allora: a quel corpicino così piccolo il futuro offriva tante possibilità.
Era il potere della vita, non riuscivo a frenare le mie lacrime… Quella bambina era la prova che avevo vissuto le mie lacrime: Ultear, sarebbe stato il suo nome. La lacrima di Ur.”

La donna osservò i suoi due allievi: Lyon aveva in viso un’espressione estasiata, mentre Gray fissava la parete, con un broncio.

Ur sorrise “Forse è meglio che andiate nelle vostre stanze a prepararvi” disse, alzandosi da tavola.

I due le ubbidirono.

Più o meno.



Pianto.
Una sequenza di strilli e singhiozzi.
No, c’era qualcosa di diverso, in quel pianto: era silenzioso, composto solamente da singulti disperati e pieni di dolore.
Gray restò in silenzio ad osservare la maestra: era stretta ad un vestitino e pareva aver tagliato i ponti con la realtà.
Le sopracciglia del ragazzino s’incresparono: probabilmente era persa in un vecchio ricordo della figlia.
Si stava cullando nella sofferenza, cercando di estraniarsi da quel passato orribile, da quelle scene così strazianti.
Fullbuster strinse le labbra: non spettava a lui interrompere il suo sfogo, giudicare il suo animo: l’avrebbe lasciata fare, finché ne avesse avuto il bisogno.

Con espressione dura s’avviò verso la propria camera: era convinto che un giorno quel dolore sarebbe passato.
 



Pianto.
Anche quella volta, era un pianto diverso: Gray chiuse gli occhi, lasciandosi cullare dalla dolcezza dell’oceano.
Ur era accanto a lui, Ur era con lui.
Lasciò che le sue iridi blu esplorassero il fondale, in cerca di qualcosa su cui porre l'attenzione.

E fu li che la sentì: udì una dolce canzone, trasportata dallo sciabordio delle correnti.
Una melodia delicata, che cullava i sensi.

La vide: vide la sagoma della donna che aveva amato come una madre.
La osservò avvicinarsi a sua figlia ed avvolgerla in un abbraccio: sembrava una dolce ninfa dell'acuqa.

 

Sei dentro me e chi mi dice no…
Non sa che ci sarai…
Sempre…

 

“Mamma…” pensò Ultear, piangendo: le sue lacrime si mischiarono a quelle dell’oceano, mentre la verità la colpiva in pieno petto, come l'abbraccio di quell'acqua così pura che altri non era se non Ur, sua madre.

Era di nuovo al suo fianco...
L'amava...
E lei era stata così stupida...

 

Sempre…

 





Angolo della ritardataria autrice:

Buongiorno a tutti!
Sì, anche se non sembra, sono ancora viva: mi scuso per l'immane ritardo T.T
Potete tirarmi tutte le pietre di questo mondo, se volete: la verità, è che il capitolo che avevo intenzione di pubblicare non era affatto questo!
Le cose sono andate più o meno così: mentre scrivevo il vero capitolo quattro, questo asrebbe dovuto essere il cinque, sono stata colta da un improvviso attacco di sfiducia ed autocritica.
Mi sono accorta che ciò che avevo scritto non mi piaceva per nulla e dato che il personaggio era uno di più importanti, nonché preferiti...
Bé, non potevo certo sminuirlo con un capitolo schifoso (non che le altre cose che scrivo siano molto meglio)
quindi ho dovuto ripiegare su qualcosa d'altro, ed è uscito questo.

Ronnie stregatto, mi scuso per averti fatto arrovellare il cervello per nulla!

Spero di essere riuscita a farmi perdonare da voi cari lettori e recensori con questo capitolo: Ul ed Ultear, uno dei rapporti più tristi della storia.
Madre e figlia separate da un destino crudele, che poi saprà rimediare portando la piccola Milkovich (o come caspita si scrive) alla consapevolezza dell'amore incondizionato provato dalla madre nei suoi confronti.
Così il fato cerca di porre fine alla sofferenza delle due donne, facendole unire in un caldo abbraccio, sotto la melodia delle ninna nanna cantata anni addietro da Ur alla figlia.

Passiamo ai ringraziamenti:
Ronnie stregatto e bea_kron, è ufficiale: vi adoro!

Grazie per il supporto e per aver recensito, è stato importante :)
Grazie anche a tutti i lettori silenziosi e a chi ha messo la storia fra le seguite/preferite!
Sperando di aggiornare presto, vi saluto!


Alla prossima,

Jaki Star

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Capitolo 5
*** E' un briccone -Leo ed Aries- ***


Leo, spirito stellare del leone  ~ E' un briccone 










 
Il sole era alto nel cielo: i suoi raggi bruciavano la pelle dei turisti decisi a passare una giornata al mare.

“E’ quando il sole splende così, che Regulus è al massimo della potenza!”.

Dal bar della spiaggia, Lucy si girò, per poi sospirare: non c’era stato verso di tenere chiuso in gabbia lo spirito del leone.
Dopotutto, si parlava di spiaggia.
E in spiaggia c’erano un sacco di ragazze.
In bikini.

“Ma quanto è malato quello? Pensa solo alle donne!” fece un Gray piuttosto fiacco, succhiando avidamente la sua granita dalla cannuccia.
“Playboy di nome e di fatto: forse la sua gilda ideale sarebbe stata Blue Pegasus” mugugnò Gajeel, masticando il cucchiaio metallico con il quale avrebbe dovuto gustarsi il gelato.

Nonostante i quaranta gradi, Gerard ed Erza rabbrividirono al ricordo di Ichiya, da loro soprannominato “Il maniaco dell’acqua park”.

Pochi metri più in là, Loki teneva fra le sue braccia due ragazze, completamente perse nell’ascoltare le sue chiacchiere.

“Non cambierà mai” sospirò Lucy, con le braccia sul bancone.
“Concordo con lei, principessa” fece una voce alle spalle della bionda, facendo saltare in aria lei ed i suoi quattro compagni.

“Virgo! Mi hai fatto prendere un colpo!” strillò Lucy, mentre i suoi nakama si portavano una mano al petto: quella ragazza aveva la capacità di comparire all’improvviso, causando una serie di infarti accidentali.
“Mi punirà per aver spaventato lei ed i suoi amici, principessa?”  chiese lo spirito stellare, mostrandole il sedere ed una frusta.
“MA PER CHI MI HAI PRESO?!” strepitò la bionda, indietreggiando leggermente inquietata.

“Comunque sia, la condotta morale di mio fratello è piuttosto discutibile” affermò sempre impassibile Virgo, mentre le spuntavano un paio di corna dal capo...

“Un momento: corna?!” pensarono all’unisono i maghi di Fairy Tail, con gli occhi sbarrati.

“Scusate…” fece una voce timida, mentre una ragazza compariva da dietro le spalle di Virgo.
“Aries!” esclamò Lucy “Anche tu qui?”.

La giovani annuì debolmente, per poi posare lo sguardo sullo spirito del leone, ancora intento ad abbindolare le due ragazze di poco prima.
I suoi occhi si fecero vacui, riempiendosi di un’emozione densa e potente: dolore.

“Io…” mormorò, mentre i maghi la guardavano: storsero tutti la bocca, dispiaciuti per lei.

Ormai, conoscevano i sentimenti dello spirito: non era semplice amicizia, a legarla a Leo.
E anche il leoncino stellare provava quel sentimento, ma non se ne rendeva conto.

“Leo...” sussurrò Aries, prima di fare una cosa che nessuno s’aspettava.
La sua voce, dolce e delicata, risuonò nell’aria, in netto contrasto con l’atmosfera chiassosa e festante della spiaggia.
 
“E' un briccone, giramondo, spezza un cuore ogni dì”


La figura dell’”amico” abbracciato alle due ragazze si impresse nelle iridi di Aries.
E anche nel suo cuore.
 

“E’ spaccone, vagabondo ma… Io spero che rimanga così”

Leo non era mai stato rappresentante di umiltà: soprattutto da ragazzino, si divertiva a fare il gradasso ai nemici, specie quelli più forti.
Era conscio che sarebbe stato destinato a diventare il più forte fra gli spiriti stellari, quindi perché non pavoneggiarsi davanti a personaggi perfino più superbi per lui?
Lo faceva per dimostrare la sua forza.
E la sua profonda determinazione.
Un’altra sua caratteristica, era un’elevata iperattività: sempre in movimento, sempre in qualsiasi posto tranne la sua dimora.
Perfino il re degli spiriti stellari non sapeva più che pesci pigliare: il suo pupillo era spinto da un innato spirito combattivo e senso di giustizia.
Certo, poteva fare lo spaccone, risultare arrogante e scapestrato.
Ma nessuno poteva permettersi di toccare i suoi amici, maltrattare lei.
Per questo, quando Aries lo medicava dopo una zuffa, la ragazza nel profondo rideva.
Se fosse cambiato, chi l’avrebbe difesa così a spada tratta?
E poi… A dirla tutta, avrebbe perso il suo bel fascino.
 
 
“E’ un briccone, è un randagio, è malvagio, è un tesoro”

 
Leo ne aveva combinate tante.
Quella volta che, da ragazzino, aveva manomesso la sveglia del Re, per poter saltare le lezioni ed uscire con qualche pollastrella di sua conoscenza.
Quella volta che una mandria di ragazze inferocite gli aveva assediato la casa, in cerca di spiegazioni sul perché non si fosse presentato per tre volte di fila ad un loro appuntamento.

E poi quella volta.

Quando, con un gesto secco, aveva bloccato la frusta di Karen.
L’aveva stretta talmente forte che le nocche gli erano sbiancate: Aries non avrebbe mai dimenticato l’espressione furiosa nei suoi occhi verdi.
Aveva rotto il contratto.
Aveva rischiato la propria vita, aveva provato un dolore indicibile, vivendo nel mondo degli umani.
Aveva pianto, preda del male che gli attanagliava il cuore.
Aveva sofferto.
Aveva tradito la sua padrona, infangato il suo nome di spirito stellare.
Tutto per salvarla.
Tutto per strappare lei, Aries, dalle grinfie di quella dannata maga.
Le aveva totalmente rapito il cuore.
 

“E’ un birbone ma l'adoro,
anche se lui mi ha spezzato il cuore”


 
E glielo aveva spezzato.
Oh, sì: nonostante non riuscisse mai ad arrabbiarsi, con lui, la sua anima soffriva.
Quante volte l’aveva visto ridere con altre ragazze?
Troppe.
Quante volte aveva sorriso, scorgendo il suo volto, dimenticandosi del dolore quando lui era con lei?
Troppe.
Quante volte avrebbe voluto toccare le sue labbra?
Ancora troppe.
Ma lei gli voleva bene.
Lei lo amava.
Anche se le aveva spezzato il cuore.

 
“Non si può mai dire quel che farà però sarà qualche guaio,
E’ un fannullone lo si sa ma vorrei averne un paio,
E’ un briccone, vagabondo e peggiore di lui non c'è,
Ma io darei mezzo mondo per poter vagabondare con lui, per poter vagabondare con lui”


 
Aries guardò con sguardo addolorato Leo: il suo cuore tremò.
Non sarebbe mai potuta sopravvivere, senza di lui.
Nonostante tutto, lo amava.
Lo amava profondamente.
Avrebbe potuto dare tutta sé stessa per quel ragazzo, per poter stare con lui, per essere la sola ad occupare il suo cure.
 

“... Per vagabondare con lui”
 

La voce dello spirito stellare si spense, lieve come una leggera folata di vento.
I maghi erano stupiti ed ammirati: quella ragazza aveva cantato i suoi sentimenti senza nessuna vergogna, solamente dolore.
Perfino la maschera d’impassibilità di Virgo s’incrinò, facendo intravedere uno sprazzo di dispiacere e dolcezza.

 
Ma quando Aries sollevò lo gli occhi, una luce di inconsapevole speranza s’accese dentro di sé: il uso sguardo incrociò un paio di iridi verdi, dilatate dalla sorpresa più pura.

Leo la guardava.

Era in piedi, a bocca aperta, senza fiato: non si sarebbe mai aspettato di sentire quella voce, la sua voce, cantare l’amore della ragazza.
Sentiva caldo, ma non era il caldo estivo, che tutti soffrivano: era un calore più incandescente del sole, che gli bruciava nel petto, all’altezza del cuore.
L’ardere di quella fiamma si propagò nel suo corpo, risalendo il collo e posandosi sulle gote.
Loki, o meglio, Leo, stava arrossendo come un ragazzino alla prima cotta.
Ma poco gli importava, in quel momento.
Dio, quanto era stato idiota: quante volte aveva ignorato il forte batticuore al sol sentir nominare la sua amica?
Quante volte l’aveva fatta soffrire, comportandosi da idiota?
Troppe, sicuramente più di quelle in cui l’aveva protetta.
Doveva compiere una scelta: essere Loki od essere Leo?

“Basta pensare” sussurrò, alzandosi: le due ragazze lo guardarono stranite, protestando.
 


“A-Aries… Io…” balbettò, portandosi davanti a lei: mentre guardava la ragazza negli occhi, sentiva le ginocchia cedere.
“Cavolo, sono stato uno stupido” disse, abbassando lo sguardo.
Lei gli sorrise “Non importa...”
“Mi sono reso conto solo ora, di ciò che ho fatto: d’ora in poi non sarò più Loki. Sarò solo Leo. Il tuo Leo” sussurrò, con un sorrisetto timido: nelle sue iridi verdi balenò il luccichio vivace che sempre lo aveva caratterizzato.
“Che tu sia Loki o che tu sia Leo… Rimarrai sempre un briccone” commentò Aries, arrossendo vistosamente: le sue labbra, però, erano piegate all’insù.
“Già… Uno spaccone, scapestrato… Ma tuo”.

Aries scoprì i denti in un sorriso, con le mani strette in quelle del leone.
Leo inclinò il capo, per poi stringerla a sé in un tenero abbraccio.
Lacrime silenziose iniziarono a scorrere sulla pelle nivea dello spirito dell’ariete: il compagno gliele asciugò prontamente, passando con dolcezza il pollice sul suo viso.
 


“Ma quella roba sono lacrime o è cotone?” chiese Gray, assottigliando lo sguardo
“Me lo chiedevo pure io, sai? A me sembra cotone” confermò Gajeel, annuendo.
“VOLETE PIANTARLA?! ROVINATE L’ATMOSFERA ROMANTICA!” sibilò furiosa Lucy, tirando un pugno sulle teste vuote dei due maghi.

Erza guardava la scena con il rossore sulle gote e due lacrime di commozione agli occhi: era una donna, ed infondo aveva sempre amato le cose sdolcinate.

Tutto ciò che a lei era sempre stato negato.

Due braccia muscolose l’avvolsero: Gerard posò il mento sulla spalla della scarlatta, inspirando il suo profumo.
Posò delicatamente le labbra sulla sua guancia, rendendola incandescente.
Erza iniziò a fumare, piena d’imbarazzo: incontrò lo sguardo dolce di Fernandes e non poté fare a meno di sorridere.


 
“Aries… Ti amo” disse lo spirito, per poi ridere amaramente “So che può sembrare una fandonia m-”
“Questo viene dal cuore, Leo. Anche io” lo bloccò la ragazza, per poi sporgersi.
 
Il ragazzo non poté fare a meno di abbassare il capo, lasciandosi andare all’immensa dolcezza della compagna.
 
 Quando le labbra dei due si staccarono, un applauso partì dal bancone del bar: Fairy Tail e la congrega degli spiriti stellari si esibirono in tripudio di grida congratulazioni, imbarazzando non poco i due.
 
 

“QUI SI FA FESTA!!!” gridò Cana, subito dopo supportata dal padre “AVANTI CON LA BIRRA RAGAZZI: TUTTI IN ACQUA!”.
 
“We are!” gridò Scorpio, sollevando fra le braccia un’Acquarius sognante: corse verso il mare, seguito ben presto da tutti gli altri.


“Andiamo ragazzi!” urlò Lucy, trascinata da un energico Natsu.
 

“Lluvia ama l’acqua” rise la maga, stringendo la mano del mago di ghiaccio.
“Anche io” rispose ridendo quello, per poi caricarsela in braccio.
“Quindi Gray-Sama ama Lluvia!”
“Che senso ha questo discorso?!” strepitò l’alchimista, prima di avvertire le labbra della ragazza miste ad acqua salata sulle proprie.
 

“Ehi, sappi che sono costretto!” sbottò Gajeel, correndo con Levy sulle spalle verso la riva.
“Nessuno ti ha chiesto di farlo!” strepitò il gamberetto, tirandogli una ciocca di capelli.


“Gerard!”
“Vediamo se sai nuotare, Titania!” scherzò il blu, immergendosi nell’acqua fino alla cinta.

Poi la guardò negli occhi, con un sorriso furbo.
“Sai trattenere il respiro?” chiese, innocente.
“Sì, perché?” domandò a sua volta, assottigliando gli occhi.
“Per questo” disse, prima di premere le labbra su quelle della maga e trascinarla sott’acqua.
 
 



“Gli abbiamo dato un nuovo motivo per festeggiare” scherzò Leo, stringendo Aries fra le braccia.
“Già” confermò lei, lasciandosi cullare.
 

Poco dopo emise un gridolino strozzato, trovandosi sollevata da terra.
 

“Mettimi giù! Non vorrai…?”
“Sono anche io un membro di Fairy Tail, ricordi? Mi è sempre piaciuto festeggiare, sia da Loki, che da Leo!”
“Leo!”
“Sono un briccone, lo sai?” rise, prima di lanciarsi verso il mare.
 
 
Non si era mai sentito così bene in vita sua: infondo, anche uno come lui, poteva meritarsi un po’ di felicità.



 


 


Angolo della ritardataria autrice:

Buon pomeriggio!
Sono in ritardo, lo so.
Ed in più ho pubblicato una schifezza.
Perdonatemi T.T
Ed eccoci qui con una bella LeoxAries!
Personalmente adoro questi due personaggi: insieme secondo me fanno scintille!
Un Leo con la testa a posto non sarebbe male e l'unica in grado di farlo credo che sarebbe solo Aries!
Chiedo scusa se mi sono fatta prendere un po' la mano in questo capitolo: ho messo alcuni accenni alle altre coppie di FT, introducendolo come finale e non incentrando tutto sulla canzone...
Spero possa piacervi comunque: quanto vorrei trovarmi anche io a fare un bel bagno in compagnia, magari anche con un bel fidanzato stile Gerard ma, ahimé, credo che dovrò accontantarmi di guardare Fairy Tail in streaming con la pioggia in sottofodo!
Mannaggia a questo tempaccio estivo T.T
Riusciranno quei pochi raggi di sole a conquistare il dominio del cielo, portando finalmente il CALDO ESTIVO?
RIuscirò a farmi un bagno prima di settembre?
Riuscirò a non sclerare, chiusa in casa?
Riuscirò a scrivere qualcosa di decente prima o poi?
Dai che domani esce il nuovo numero di Fairy Tail: io sono in ansia, voi?
Gray vs Deliora parte due, speriamo che l'alchimista la sputni!
Spero di non essere la sola ad aspettare un bel happy ending, torturandosi nel dubbio... Mashima ha scritto su twitter che sta scrivendo un episodio molto romantico...
Sarà la volta buona?!
Ok, adesso la smetto di torturarvi con le mie schiocchezze!

Un ringraziamento speciale a:
Ronnie Stregatto
salamandergirl
Taine
bea-kron
Kyokushu
Per le recensioni! 
Vi amo, lo giuro: il vostro supporto è il meglio che potessi chiedere!
Grazie infinite, spero di non avervi deluso: questo capitolo è dedicato interamente a VOI!

Un grazia anche ai lettori silenziosi (cribbio siete una marea!) e a chi ha messo la storia fra le seguiete e/o preferite!

Baci e abbracci dalle piovose montagne del nord Italia!

Alla prossima,


Jaki Star


 
 

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Capitolo 6
*** Riflesso -Lucy Heartfilia- ***


Lucy Heartfilia ~ Riflesso







 
“SEI UNA DISGRAZIA!”.

Le parole dell’insegnate la colpirono come uno schiaffo.
Lucy indietreggiò, trovandosi con le spalle contro il muro: gli occhi di suo padre, colmi di gelo, le trafiggevano l’anima.
Era quella, la cosa che più le faceva male: le parole di una sconosciuta isterica non erano nulla, confronto alla profonda delusione negli occhi di Jude Heartfilia.
La bionda avvertì gli occhi in fiamme: le lacrime premevano per uscire, prepotenti, ma lei le avrebbe trattenute.

Non avrebbe mai dato loro la soddisfazione di vederla crollare.

Si morse il labbro inferiore, mentre la servitù era accorsa per capire l’origine di quelle urla furiose.

“In tutta la mia carriera non ho mai conosciuto nessuno di così incompetente!” strillò, mentre il mascara sciolto colava sulle sue guance.

Se non si fosse trovata in quella situazione, la maga degli spiriti stellari si sarebbe messa a ridere: la donna di fronte a lei aveva il grazioso aspetto di un mimo che aveva appena ricevuto una secchiata d’acqua in faccia.

In effetti, era più o meno quello che era successo.

La ragazza stava imparando a camminare “come una vera nobildonna”, con l’aiuto di un paio di tomi sulla testa: non era mica colpa sua se, inciampando, un libro aveva colpito una candela, che a sua volta, cadendo dalla mensola, aveva appiccato fuoco ai capelli della sua “insegnante”.
E non era colpa sua se aveva lanciato il contenuto della teiera in faccia all’adorabile donna, salvandole l’acconciatura (o quello che ne rimaneva) e scatenando ancor di più le sue ire.


“IO HO CHIUSO CON TE! POTRAI SEMBRARE UNA SPOSA, UNA NOBILDONNA, MA NON PORTERAI MAI ONORE ALLA TUA FAMIGLIA!” detto questo, la donna se ne andò.


Lucy si sentiva come se qualcuno le avesse trafitto il cuore con una lama di ghiaccio.
Jude la osservava ancora in silenzio, con gli occhi colmi di gelo: la ragazza non poteva sopportare ancora quella vista, era troppo per lei.
Con un macigno sul petto e le lacrime sulle guance voltò le spalle al padre e si mise a correre.
Nessuno degli inservienti provò a fermarla: avevano capito che la loro piccola principessa voleva restare sola.
 



Con i polmoni brucianti arrivò di fronte ad una tomba: cadde sulle ginocchia, senza smettere di prendere grandi boccate d’aria.
Quando finalmente il respiro tornò regolare, puntò gli occhi sull’epitaffio: Layla Heartfilia.

“Te ne sei andata troppo presto…” sussurrò, con la frangia che le copriva gli occhi.

Tremava, le ginocchia affondavano nella terra umida: aveva finito di piovere da poco, ed i pochi raggi di sole non erano riusciti ad asciugare il terreno.
Dopo qualche minuto abbassò lo sguardo, dandosi mentalmente della stupida: aveva fatto la figura della bambina immatura.

Di nuovo.

Con il respiro spezzato per la corsa ed il pianto, abbassò lo sguardo, vedendosi riflessa in una pozzanghera.

 
Guardami, non potrei sembrare una sposa mai o una buona figlia…
Ma lo so, questo ruolo non mi va

 

Tirò su con il naso, sfregandosi gli occhi arrossati per il pianto: aveva fallito miseramente, ormai anche l’ultima speranza di poter diventare una nobile per bene era sfumata.
Ma, infondo, a lei che importava?
Non aveva mai voluto veramente quel ruolo: lei sognava di vivere mille e più avventure, girare il mondo, imbattersi in creature mitologiche ed inestimabili tesori… Ma i suoi sogni venivano puntualmente infranti: ogni mattina, al suo risveglio, si ricordava degli obblighi che l’attendevano. Lei era l’erede di una nobile casata, una ragazza di buona famiglia, destinata a spiccare all’interno dell’alta società: solamente quando metteva mano alla penna, rifugiandosi nel mare d’inchiostro dei suoi racconti, poteva permettersi di immaginare di vivere una vita diversa.

Una vita che avrebbe voluto, con tutta sé stessa.

Prese un respiro profondo, tentando di placare il suo animo scosso.         

 
Sono qui, ma se io facessi ciò che vorrei, i miei cari perderei…



Si alzò in piedi, spazzolandosi la gonna e le ginocchia: sospirò, constatando che per ripulirsi completamente avrebbe avuto bisogno di un bagno.
“Mamma, vorrei che tu fossi qui: eri l’incarnazione della nobildonna, la madre che qualunque figlia avesse mai sognato: da quando non ci sei più, è tutto più triste e vuoto. Papà mi guarda come se fossi solo un impiastro, una delusione… E scommetto di aver deluso anche te”.


“Lucy-Sama!”.

 
La ragazza si voltò in direzione della voce: gli inservienti la guardavano da lontano, preoccupati e tristi.
Sospirò: come poteva fare ciò che voleva, senza perdere la sua famiglia?


Dimmi, dimmi che è l’ombra che riflette me
Non è come la vorrei perché non so chi sono e chi sarò,

 

“Sto bene!” gridò, agitando una mano: non si era accorta, però, della lacrima che le stava scivolando sulla guancia.

“Lucy-Sama…” iniziò con voce tremula la sua governante, prendendole le mani fra le sue: la ragazza rimase sorpresa da quel contatto.

La portò lontano con la mente.


Si ricordò di quando era bambina: in una notte di pioggia, dopo la morte della madre, piangeva spaventata.

Allora la sua balia venne da lei per consolarla: la piccola si mise seduta, in lacrime, senza nessuna voglia di tornare a dormire.

Aveva paura di rivivere nei suoi incubi, ogni santa volta, il giorno del funerale di sua madre.

“Non devi aver paura” le disse la governante, prendendole le mani: la piccola avvertiva il calore dei suoi palmi ruvidi, segnati dagli anni di lavoro.

“Voglio la mamma” mormorò la bimba, tirando su con il naso: la donna sospirò, tremante.

Tutti avevano sofferto molto per la perdita di Layla: Lucy, con quel viso così innocente e gentile, pareva la sua copia.
Gli inservienti di casa Heartfilia non potevano far altro che ammirare la bambina: era un raggio di sole nella loro vita, la speranza di un futuro radioso.
Era il regalo che sua madre aveva loro lasciato ed avevano intenzione di far sì che vivesse una vita piena e gioiosa.


“Piccola mia, la mamma non può venire, capisci? Lei ora è in un altro posto, ma ti veglia ogni minuto della tua esistenza: è lassù per proteggerti. La pioggia ed i tuoni sono le sue lacrime e le sue grida: ti vede triste, sofferente e allora soffre anche lei”

“Cosa posso fare per non farla piangere, tata?” chiese innocentemente la bambina, improvvisamente calma e curiosa.

La vecchia sorrise, stringendo ancora di più le mani di Lucy, come aveva fatto per una vita con Layla.

“Sii sempre te stessa, principessa: devi essere forte, lottare per ciò in cui credi… E realizzare i tuoi sogni” disse la governante, rimboccandole le coperte “Ora dormi… Lucy-Sama”.
 


“Lucy-Sama, noi vogliamo che siate sempre felice: prenda la decisione che le pare più giusta. Noi saremo sempre al vostro fianco: la vostra famiglia sarà sempre nel vostro cuore”.

La bionda fissò la vecchia governante, sveglia dal ricordo di cui era stata prigioniera poco prima.

“Realizzare i tuoi sogni…” sussurrò, assente: si vide ancora riflessa nell’acqua.

Strinse le labbra, mentre una goccia s’infrangeva sulla pozzanghera.
Adesso aveva capito.
 

Lo so io, e solo io
E il riflesso che vedrò mi assomiglierà


La risata dell’erede degli Heartfilia sorprese tutti gli inservienti: Lucy si esibì in un sorriso, mente lacrime di gioia piovevano dai suoi occhi.

“Grazie a tutti voi!” urlò, prima di correre come un fulmine verso casa.
 




“E con questo ho finito” decretò la bionda, chiudendo lo zaino: prese un respiro profondo, afferrando le chiavi dello zodiaco.

Guardò la foto di lei e sua madre che teneva fra le dita: alzò gli occhi sullo specchio, vedendosi riflessa.
Alzò una mano, facendola aderire al vetro freddo.


“Layla, in molti mi hanno detto che sono la tua copia: in effetti, è vero. Ma lo sono solo d’aspetto esteriore: spero tu mi possa perdonare per aver infangato il nome della nostra famiglia con i miei comportamenti… Ma io non sono come te: per anni ho sopportato di vivere come desideravano gli altri. Ora tocca a me, prendere in mano le redini del mio destino: questo è il mio riflesso, questa sono io” disse, chiudendo la porta della propria camera.


 
Quando i domestici e Jude s’accorsero della sua fuga, lei era ormai lontana.
 
Lucy Heartfilia era cresciuta: era giunta l’ora di affacciarsi alla vita.
 


Quando il mio riflesso avrò, sarà uguale a me...
 
 
 
 


Angolo dell'autrice: 

Ehilà!
Ecco qui una OS meno allegra del solito: oggi è il turno della maga degli spiriti stellari, Lucy Heartfilia!
Confesso che non è per nulla una dei miei personaggi preferiti, però devo ringraziare Fra_tonny99 per la gentile ispirazione!
Mi scuso se questo capitolo sia un'eventuale schifezza: siete liberi di battermi il cinque, in faccia, con una sedia.
Spero di non aver deluso le vostre aspettative.

E ora passiamo ai ringraziamenti!
Un grazie ed un abbraccio per le recensioni a:
Fra_tonny99
Ronnie Stregatto
bea_kron
Kyokushu
Taine
TonyCocchi

Ringrazio e saluto tutti i lettori silenziosi e chi ha messo la storia fra le seguite/preferite!

Spero di pubblicare presto un nuovo capitolo! :)

Alla prossima,

Jaki Star





 
 

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Capitolo 7
*** Farò di te un uomo -Elfman Strauss- ***


Elfman Strauss ~ Farò di te un uomo









 
Un raggio di sole gli colpì gli occhi: sfregandosi il viso, il ragazzino si svegliò completamente, sbadigliando.
Pigramente constatò l’ora: era solamente l’alba…
Chissà, magari poteva rifugiarsi ancora nel suo nido e…


“SVEGLIA! È ORA DI SPUTARE SANGUE!” la voce di Laxus pose fine ai suoi buoni propositi.

“Avanti, sbrigati: tua sorella è già in campo” fece il biondo, guardando il ragazzino dai capelli bianchi: Elfman abbassò gli occhi, finendo di infilarsi i calzoni…

… Per poi essere scaraventato cinque metri più in là.

“Natsu, bastardo! Oggi le prendi!” scattò un ragazzino in mutande, alzandosi con un balzo energico: Elfman rimase con la faccia schiacciata a terra, sotto il peso di Gray Fullbuster.

Senza dire nulla, il bambino si massaggiò la guancia dolorante, con una lacrima all’angolo dell’occhio: Laxus sbuffò, scuotendo la testa, per poi osservare il ragazzino avviarsi fuori dai dormitori.
Così debole non sarebbe sopravvissuto più di tanto, si ritrovò a pensare, per poi seguirlo.
 



“Figlioli!” tuonò la voce del master: tutti si misero in riga, smettendo immediatamente di fare baccano.
 
Elfman si concentrò sulla punta delle sue scarpe per smettere di tremare: aveva paura di ciò che il destino gli riservava.
Avvertiva freddo… Bè, quello forse perché al suo fianco, un imbronciato Gray emanava potere gelido da tutti i pori.
Il bianco avrebbe pagato per essere forte ed inflessibile come lui.
 

“Vi riunirete veloci ed in silenzio ogni mattina: chi si comporterà diversamente, ne risponderà a me” disse, passeggiando davanti alla schiera di maghi.
“Uh, tosto il nonnetto” mormorò l’alchimista del ghiaccio, attento a non farsi sentire.
 

“QUANDO INIZIAMO VECCHIO?! SEI ANCORA CAPACE DI MUOVERE LE TUE OSSA DECREPITE?! IO VOGLIO COMBATTERE!” sbraitò un poco accorto Natsu, sputando fuoco dalla bocca.

Un pugno dalle dimensioni colossali gli si abbatté sulla testa, schiacciandolo a terra.
 

Se cercate un fatto, io ve lo darò!
Gli Unni han vita corta chi vivrà vedrà!



“Ora che ho dimostrato quanto mi dobbiate portare rispetto…” disse Makarov, avvicinandosi a Laxus e prendendo dalle sue mani dei bastoni “Si comincia! Laxus mi aiuterà, quindi ubbiditegli” esclamò, lanciando le armi: i ragazzi cercarono di afferrarli al volo.

Gray fece roteare il legno fra le dita, mentre Mira ed Erza agguantarono il loro con un gesto secco: per Elfman non fu la stessa cosa.
Il bastone lo colpì in testa, facendolo cadere con il sedere per terra.

“Ne abbiamo di strada da fare…” mormorò il master, dando il via ai combattimenti.
 

E anche se voi siete deboli, lavoreremo ancor di più… Si vedrà l'uomo che non sei tu!
 

“Ti ammazzo, lurida bambina in armatura!”
“Abbassa la cresta, dark assatanata!”
 
Elfman guardava stranito sua sorella ed Erza: come potevano essere così violente?
Una bastonata lo raggiunse alla tempia: cadde rovinosamente a terra, portandosi le mani alla parte lesa: davanti a lui, con gli occhi chiari e severi, stava Laxus.

“Elfman, dov’è la grinta? La voglia di combattere? Guardati: ti sciogli in lacrime per la minima cosa, ti lasci mettere i piedi in testa da chiunque! Come può permetterti un comportamento simile? Non hai rispetto per te stesso! Prendi in mano quel cazzo di bastone e cerca di piantarmelo in mezzo agli occhi, sono stato chiaro?!” lo aggredì il biondo mettendosi in posizione: i minuti che seguirono furono un vero e proprio inferno, per il ragazzo dai capelli bianchi.
 
Cadde nuovamente faccia a terra, assaporando il gusto amaro della polvere: alzò gli occhi velati di lacrime, mentre il nipote del master sospirava, sconsolato.
Con stizza lanciò a terra il bastone, dandogli le spalle “Non sarai mai un vero uomo”.

Elfman spinse la fronte contro il terreno secco: perché non era capace di fare nulla?
Aprì gli occhi di scatto, avvertendo un tocco gentile sulla spalla: Makarov lo guardava dall’alto in basso, con un’espressione di dispiacere.

“Alzati, figliolo: siamo solo all’inizio”.
 


La foresta è calma, ma nasconde in sé mille e più minacce: vi trasformerò fino a far di voi degli uomini sempre pronti a tutto e poi degli eroi, come me, anche voi!
 
 
I polmoni di Elfman bruciavano.
Attraverso la coltre di sudore che sostava davanti ai suoi occhi, poteva vedere i suoi compagni sfrecciare come fulmini: osservò Gray scavalcare con un balzo il muro da tre metri, mentre Natsu era impegnato in un testa a testa con Jet.
Avvertiva le gambe tremare per lo sforzo: si fermò, cercando di riprendere fiato.
Un potente schiaffo sulla testa lo fece cadere faccia avanti nel pantano: alzò lo sguardo, per incontrare l’espressione rabbiosa di Laxus.
Con un cenno del mento gli indicò il muro da scavalcare: il bianco strinse i denti, cercando di fare leva sulle braccia per sollevarsi.
Non riusciva nemmeno a scalare il primo metro.
Laxus sbuffò, oltrepassando con un sol balzo l’ostacolo: riservò un’ultima occhiataccia ad Elfman che, miracolosamente giunto in cima, cadde di schiena dalla sommità del muro.

“Non riuscirai mai a imparare qualcosa di buono: nelle condizioni in cui ti trovi, perfino tua sorella Lisanna ti stenderebbe al tappeto”.

Osservò la schiena di Laxus allontanarsi, mentre Makarov, dall’alto di un ramo, lo osservava scuotendo la testa.
 
 
Lisanna era aggrappata alla roccia con tutte le sue forze: le lacrime scendevano copiose sul suo viso, mentre l’altezza a cui si trovava alimentava le sue paure.
Elfman, pochi metri sopra di lei, non osava muoversi: avrebbe voluto muoversi, balzare agilmente per poi prenderla fra le braccia, salvandola dalla caduta imminente.
Quello che fece, invece, fu di stare fermo a piangere, chiamando il nome della sorella ad alta voce.

“Dannazione Elfman!” urlò la voce acuta di Gray, il quale cercava con gli occhi un sentiero che lo potesse condurre all’albina “Fa qualcosa! Sali di un metro e spostati verso sinistra: sei praticamente di fianco a lei!”.

Ma Elfman stava fermo: piangeva, in preda ad una crisi di paura e… Vigliaccheria.

“Non fare la femminuccia!” lo incalzò Natsu “Vai a prenderla!”.

 
Il bambino dai capelli bianchi stava fermo lì, sulla parete di roccia.
Una forte raffica di vento colpì in pieno i maghi: la presa di Lisanna venne meno.
Un urlo di disperazione lasciò la gola di Elfman, sbilanciandolo.
Ci fu un grande bagliore, tanto che fece chiudere gli occhi al ragazzino: Laxus, contornato di energia gialla, stava correndo verticalmente sulla parete, con Lisanna fra le braccia.

Un respiro di sollievo abbandonò le sue labbra… Prima che l’appiglio a cui era aggrappato si sgretolasse sotto il suo peso.

Non aveva nemmeno la forza di gridare.
Con un tonfo sordo atterrò su una superficie ruvida e calda.
Aprì gli occhi, trovandosi su… Una mano enorme?

Master Makarov aveva raccolto lui, Laxus e Lisanna, trasportandoli in salvo.

Elfman tenne gli occhi bassi, sentendosi lo sguardo rovente di Laxus addosso.

“Altro che eroe… Donnicciola senza onore” lo apostrofò, dandogli un leggero spintone.
“NON C’E’ NIENTE DA GUARDARE: SI RICOMINCIA!” urlò, per poi dirigersi vero il fitto del bosco.

“Alzati, Elfman” disse solamente Makarov, esortando il “figlio” a mettersi in cammino.


 
“Davvero non ne posso più” sbottò Gray, sollevando sulle esili spalle un carico da sei tonnellate: correva sotto il sole estivo lungo un sentiero, seguito dallo sguardo attento del master, con le ossa e la pelle scottata che gridavano pietà.
“Qui ci lascerò le penne!” esclamò Natsu, osservando la carrucola (un mezzo di trasporto!) che doveva usare per attraversare uno strapiombo.
“Oh ma che schifo la ginnastica…” piagnucolò Levy, reggendosi la mano ferita: rompere i blocchi di granito non era proprio il suo sport…


“Così li distruggerà!” commentò Macao, mentre Wakaba gli dava ragione.


“Spero che non se ne accorga…” disse Elfman, controllando che Laxus non lo osservasse: non riusciva a sollevare quel dannato zaino pieno di sassi!


“Di nuotare non sarò capace mai…” tremò Droy, in piedi su un palo in mezzo al fiume impetuoso.


E sarai veloce com'è veloce il vento,


Elfman cercò disperatamente di mantenere il passo di Gray, che ogni tanto si buttava un’occhiata alle spalle per assicurarsi che lo seguisse: gli faceva un po’ pena, così impacciato…
Si schiaffò una mano in faccia subito dopo: il bianco era caduto faccia a terra proprio davanti a Laxus e Makarov.

 
Un uomo vero senza timori,


“Vedi? Basta solo che mi segui!” esclamò eccitato Natsu, correndo su un ponte malandato: le ginocchia di Elfman tremavano dal terrore.
Nemmeno un’occhiataccia di Laxus riuscì a strapparlo al tronco d’albero a cui si era attaccato.

 
Potente come un vulcano attivo,


“Forza Elf, puoi farcela” cercò di incitarlo Erza.
Elfman cadde di sedere, con i due dischi di bronzo, che dovevano fungere da pesi, penzolanti dai suoi polsi: davanti a lui, un palo di legno alto dieci metri dalla superficie completamente liscia.
 

Quell'uomo sarai che adesso non sei tu!

 

Laxus sospirò pesantemente, scuotendo la testa: possibile che quel ragazzino avesse paura della sua stessa ombra?!

“Avanti, vieni giù donnicciola” esalò il biondo, mentre il bianco scendeva tremante all’alberello su cui si era arrampicato.
“Era un dannatissimo demone-cinghiale! Te lo giuro, Laxus!”
“Oh, per Mavis” si schiaffò la mano in faccia il Dragon Slayer, esasperato.
 
 
Manca poco tempo: gli Unni ormai son qui!
Sopravvivrete? Spero ma non so…



I ragazzini di Phantom Lord avevano praticamente dichiarato guerra ai maghetti di Fairy Tail: Makarov osservò i suoi ragazzi.
Laxus, Erza e Mirajane erano una roccaforte: Gray e Natsu erano davvero migliorati, Mystgun non finiva mai di stupire.
Ma poi c’era anche il lato negativo della squadra: Lisanna era piccola, altri feriti e/o piuttosto incapaci ed Eflman… Bé, sapeva a malapena impugnare una spada dal verso giusto.

Ce l’avrebbero fatta?

“Laxus, ti affido il test finale: non credo che ce la faranno a sopravvivere…” sospirò il master, osservando Elfman cercare di scalare nuovamente il palo da dieci metri: il bianco cadde ancora a terra.

Mira cercò di avvicinarglisi, con un’ombra di dispiacere sul volto: il mago dei fulmini le sbarrò la strada.

“Torna al tuo posto: sono io l’allenatore, qui”.

Mira gli ringhiò contro, per poi voltarsi verso il fratello: sperava solo che Laxus non ci andasse pesante.
 

Io combatterò ma senza voi: quindi va’, non servi più…
L'uomo che cerco io, non sei tu…



“Elfman”.
La voce di Laxus lo fece rabbrividire: erano solo loro davanti a quel dannato palo, con le stelle come spettatori.
Quasi con gentilezza gli levo lo zaino pieno di pietre dalle spalle: gli occhi neri del bambino incontrarono quelli azzurri del ragazzo.

“Non sei riuscito ad ottenere una sola sufficienza, lo sai? Non ho più tempo da perdere con te”.

Il nipote di Makarov se ne andò.
Elfman restò fermo ed immobile al centro della piazza per gli allenamenti: restava con lo sguardo fisso sul terreno, completamente vuoto.
Poi, qualcosa scattò in lui.
Fissò lo sguardo sul palo: in cima splendeva una freccia di ghiaccio.
Gray l’aveva lanciata su là quella stessa mattina.

“Puoi farcela, ragazzo”.

La voce del Master accese la scintilla.

 
E sarai veloce com'è veloce il vento,

 

Si sistemò i pesi sui polsi.
 

Un uomo vero senza timori,
 

Si diede una bella spinta.
 

Potente come un vulcano attivo,


Digrignò i denti, utilizzando la forza delle braccia per sollevarsi ancora più in alto.
 

Quell'uomo sarai che adesso non sei tu!
 

La freccia si conficcò ai piedi di Laxus: il biondo alzò lo sguardo stupito, mentre Mira, al suo fianco, sorrideva.
Le urla selvagge di Natsu, Gray e gli altri raggiunsero il ragazzino dai capelli bianchi: a petto nudo, vestito solo con dei pantaloni, se ne stava appollaiato in cima al palo.

“Te l’avevo detto, che quel ragazzo aveva la mia stoffa” sogghignò Mira, accarezzando il petto del ragazzo: ci godeva a prenderlo in giro e farlo sentire in imbarazzo.
“Ritira le unghie, demonietta” fece il mago, rabbrividendo però al contatto.
“Bene, ricordati che stasera mi devi la cenetta romantica, biondino: hai perso la scommessa!”
“Quale scommessa? Mira!”
“Ciao ciao Laxus!”.
 
Elfman rise, osservando la scena: ora la musica cambiava.
 

E sarai veloce com'è veloce il vento,


Elfman s’abbassò di colpo, roteando velocemente sui talloni: sferrò un montante che colpì la guancia di Laxus, che vacillò fino a cadere.
Un ghigno si dipinse sul viso del biondo “Così si fa, scemotto!”.
 

Un uomo vero senza timori,
 

“TI ARRENDI DI GIA’, GRAY?!”

“NON PENSO PROPRIO ELF!”.

Elfman sorrise al compagno, afferrando un altro appiglio: il forte vento premeva per trascinarlo giù, ma lui non mollava.
Un’onda raggiunse i due, frustandogli la schiena: con un ghigno, il ragazzone dai capelli bianchi si diede una grande spinta.
Come se niente fosse, si mise a correre verticalmente sulla roccia.
Sfidava la forza di gravità, incurante del pericolo.
Alle sue spalle, il mago del ghiaccio rise, ricordandosi del ragazzino impacciato che non riusciva a salire le scale senza tremare per le vertigini.


Potente come un vulcano attivo,


Elfman ruggì, mostrando i muscoli possenti: la corazza del Take Over Bestiale ricopriva il suo fisico massiccio, conferendogli un aspetto minaccioso.
Con gli occhi neri iniettati di determinazione osservò l’avversario, pronto a farlo a fette.

“TI DISTRUGGERO’!” urlò, lanciandosi alla carica, imitato dall’avversario.

L’impatto fu violentissimo.
Il bianco cadde in ginocchio, sotto gli occhi sbalorditi di tutti: il sangue colava dalle numerose ferite.
Laxus, dagli spalti, strinse le labbra.

“Forza, ragazzino” pensò, mentre Mira, con le lacrime agli occhi, gli si stringeva contro.
 


“Tu lo sai… Sei un vero uomo!” esalò il nemico, prima di cadere a terra privo di sensi.
 
“BACCHUS E’ A TERRA! IL VINCITORE E’ ELFMAN STRAUSS DI FAIRY TAIL!”
 

La gilda ed il resto dello stadio esplosero in grida di acclamazione.
Il ragazzo puntò lo sguardo verso Makarov e Laxus: il vecchietto piangeva emozionato, mentre il biondo gli fece un cenno d’assenso col capo.
 

Quell'uomo sarai che adesso non sei tu!
 


“ELFMAN, VITTORIA FANTASTICA CONTRO UN UOMO COSI’ POTENTE!”
 
Il bianco alzò gli occhi al cielo: gli vennero in mente i ricordi di quando era ragazzino.
Sorrise: ora era cambiato.
 
“ORA SONO UN VERO UOMO!”.


 



 



Angolo dell'autrice:

Ehilà!

Mi scuso per il ritardo immane: tecnicamente avrei dovuto pubblicare un paio di giorni fa, ma ho dovuto improvvisare una corsa contro il tempo per scrivere una OS di compleanno ad una mia amica...
Spero che mi perdonerete in ogni caso.
Ed eccoci qui: dai, questa canzone non può non abbinarsi ad Elfman!
Cioè... Si parla di VERI UOMINI! xD
Da piccolo mi pare che Elfman fosse un bambinone timido ed impacciato: quindi, perché non scrivere della sua metamorfosi in uomo?
Mi sono accorta solo ora di avere usato due canzoni di fila di Mulan: prometto che il prossimo capitolo sarà di genere completamente diverso e la canzone apparterrà ad un altro cartone.
Dovrei riuscire a pubblicare un pochino più velocemente: ho in mente già molte idee, devo solo metterle su "carta".
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e che non abbia deluso le vostre aspettative!

Passiamo ai ringraziamenti!
Ringrazio chi ha recensito lo scorso capitolo: 
bea_kron
Ronnie Stregatto
Fra_tonny99
YellowKlimt91

Un caloroso abbraccio a voi!

Ringrazio Bloody Mary In Wonderland per essere qui di fianco a me a scassare le balle visionare ciò che sto scrivendo e per aver scoperto che attraversando una nuvola in cielo ci si bagna (Aiutatemi gente?)

Ringrazio inoltre chi ha messo la storia fra le preferite/seguite/ricordate e per ultimi, ma non meno importanti, ringrazio tutti i lettori silenziosi!
Siete una marea ragazzi e questo mi fa piacere :)


Alla prossima,

Jaki Star

 
 

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Capitolo 8
*** Ti vada o no -Elfever- ***


Elfever ~ Ti vada o no


 
Capitolo dedicato a Fra_tonny99




Era notte fonda, ormai.
L’intera Magnolia dormiva, avvolta dalla quiete. Su Fairy Hills regnava il silenzio: le ragazze della gilda più casinista di Fiore erano immerse nel mondo dei sogni… O forse no.
 
Una sagoma passeggiava nervosa in uno strambo giardinetto, continuando a borbottare nervosamente.
“E ora come mi devo comportare, eh?! Spiegamelo, SPIEGAMELO!” strepitava la figura, rivolgendosi ad un’orchidea.
“PERCHE’ DIAVOLO NON RISPONDI ALLA REGINA DELLE FATE?!” sbraitò, per poi lasciarsi cadere esausta sul bordo di una fontana.
“Perché stai parlando con un fiore, tesoro” commentò la statua vicino ad Evergreen.
“Figuriamoci, ora sento perfino le mie statue parlare” commentò la ragazza, osservando il suo giardino, traboccante di sculture in pietra e piante di ogni genere.
“Ti ricordo che stavi questionando con un’orchidea, tesoro” ribatté la statua, con cipiglio fra lo scettico ed il sarcastico.

Se solo Ever si fosse accorta di un ciuffo di capelli rossi che sbucava dal sasso…

“Perché non ci racconti cosa ti turba, cara?” fece con voce melliflua un’altra statua, bassa e minuta.

Ever sospirò, voltandosi verso il gruppetto di monumenti animati.

“Eppure mi ricordate così tanto le mie compagne di gilda… Erza, Levy, Lucy, Cana e Lluvia… Nah, impossibile: non vi ho fatte così brutte” sentenziò, dirigendosi di nuovo verso la fontana.

Se solo si fosse girata, avrebbe visto una statua con un ciuffo rosso sul punto di lanciarle in testa una riproduzione del David di Michelangelo, prontamente trattenuta -a fatica- dalle compagne.

Ever si specchiò nell’acqua “Ma chi voglio prendere in giro…? Chi vorrebbe una come me? Di sicuro non il megafusto di casa Strauss… Bah, quell’idiota: mi ha anche regalato un mazzo di fiori…”

“E allora che cazzo asp-” l’affermazione della statua con il ciuffo scarlatto fu troncata dalla statua bassa, che le tappò la bocca.

“Dovresti dirglielo, cara” fece la piccola scultura, docilmente.
“Fosse così facile, statua-Levy… Statua-Erza, sei spaventosa tanto quanto la vera Titania”
“Forse perch-” stavolta fu la statua dai capelli ricci a tapparle la bocca.

“Mamma mia, quanta rivalità…” commentò la statua con i codini, mentre un’altra statua sussurrava “Rivale in amore…”.
“Grazie statua-Cana, hai ragione statua-Lucy: statua-Erza è così manesca…”

Gli occhi di “Statua-Erza” lampeggiavano di furia, mentre statua-Lluvia cercava –invano- di calmarla.

“Avanti Ever, forse se facessi il primo passo Elfman si deciderebbe a fare la proposta” suggerì statua-Levy.
“No! E se lo scoprissero gli altri? Cosa direbbero nel vederci insieme? La cosa deve restare segreta! Ah, scommetto che voi siete un’opera di Bixlow: figurati se le statue parlano!” esclamò la donna, ancora più depressa/arrabbiata di prima.
“Tanto ormai è piuttosto evidente che vi piacciate… Cara, ti ricordo che stavi questionando con una dannata orchidea!” sbottò statua-Erza, sollevando gli occhi al cielo in una muta richiesta di aiuto.
Evergreen la ignorò bellamente, rigirandosi fra le dita una delle rose che le aveva regalato Elfman: con espressione ebete la osservò in tutta la sua bellezza.
“Oh, ma che cosa mi prende? Direi che una deve imparare…” mormorò poi, buttando il fiore nella fontana.
 

“Ok ragazze, preparatevi!” sussurrò Lucy, mettendosi in posizione con –per i gusti di Erza- fin troppo entusiasmo.
“Perché a me…?” si chiese la rossa, aggiustandosi la toga greca.
“Perché ti abbiamo promesso un’uscita speciale con Gerard?” provò a suggerirle Levy.
“Spero che l’incantesimo di Makao funzioni, altrimenti faremo una gran brutta figura…” commentò Cana, prendendo un ultimo sorso di sakè.
“Lluvia è così imbarazzata…” mormorò l’ameonna, torturandosi lo scomodo abito.
“Avanti ragazze!” esordì Lucy “E un, due, e un, due, tre: coro gospel pronto all’azione!” esclamò eccitata, beccandosi un’occhiata di supplica da parte di Erza.
 

“Se esiste un premio per gli ingenui,
io l'ho già vinto da tempo.
Ma nessun uomo vale tanto,
di delusioni ne ho avute troppe”
 


“Oh, dannazione” mormorò Evergreen, alzandosi ed osservando una statua “Quel megafusto riesce a rendermi maledettamente insicura. E io lo odio: è così, come con tutti gli altri! Gli dai un dito e… Bum! Ti spezzano il cuore. Dannati maschi” tirò un pugno alla testa del monumento, distruggendolo.
“Questo è per avermi dato buca il ventisette aprile x785, John” decretò, per poi aggirarsi come un’anima in pena nel giardino.
“Questa qui si fa la statua di ogni ex, per poi farla a pezzi durante gl’impeti di frustrazione?” sussurrò leggermente stranita Erza, mentre una Levy piuttosto inquietata annuiva.

Al contrario delle previsioni generali, secondo le quali Ever avrebbe distrutto un altro gesso, la ragazza si accasciò a terra, sospirando.
“Che stupida che sono… Perché non provarci con lui? Oggi pomeriggio è stato così dolce…” mormorò, con gli occhi trasognanti.
 

“Ciao Ever”.

Evergreen sobbalzò nel sentire quella voce profonda alle sue spalle: si girò, incontrando la figura imponente dell’innocuo –almeno per lei- Elfman Strauss.

“Ciao. Bé, che ci fai qui?” fece lapidaria: non voleva comportarsi in quel modo con lui, ma era l’unica maniera che avrebbe impedito alle sue ginocchia di sciogliersi per l’emozione.
“Ehm… Io passavo da queste parti e… Uhm… Pensavo che fosse da vero uomo venirti a trovare!” tuonò, seppur con le gote dipinte d’imbarazzo, il ragazzone.

Evergreen rimase spiazzata per un millesimo di secondo: quell’adorabile montagna di muscoli si era premurata di venire ad adorarla?
La maga sorrise internamente, trattenendosi dall’arrossire… Prima di calare inesorabilmente il ventaglio sulla testa del povero Strauss.

“La vuoi piantare con queste baggianate sugli uomini?!” strepitò, aggiustandosi gli occhiali.
“Uh… Questo non era da uomini…” mugugnò Elfman, reggendosi la testa con le mani.
“Che cosa hai detto?” lo squadrò Evergreen
“Nulla!” rispose prontamente lui, riacquistando una posizione eretta.

Evitando di ascoltare la solita predica della maga, il mago del Take Over posò gli occhi sui pesanti vasi di cui la sua nakama era circondata. Essi contenevano piante più o meno grandi, ed avevano l’aria di essere davvero pesanti.

“…Adesso devo tornare al lavoro, altrimenti non riuscirò mai a portarli in giardino” concluse Evergreen: probabilmente quella fu l’unica frase udita dal giovane e possente mago. Realizzando la grande opportunità che gli si parava davanti, Elfman scattò verso i vasi, sollevandone quattro senza alcuna difficoltà: provò a sorridere, sperando di non risultare ridicolo.

“Ecco… Sono pesanti, li trasporterò io fino al tuo giardino, Ever: perché sono…” l’occhiataccia di lei gli fece trattenere la lingua “… Ehm… Ti voglio aiutare” blaterò poi, con il battito cardiaco accelerato.

Evergreen rimase di sasso per la seconda volta in quei pochi minuti: Elfman Strauss… Stava facendo qualcosa di carino per lei?
Se internamente gioiva, con il cuore che batteva talmente veloce da farle male, esternamente esibiva la sua solita espressione corrucciata.

“Gr… Grazie megafust- Elfman, sei molto… Carin- gentile….” Mormorò, distogliendo lo sguardo.
 
Dopo nemmeno dieci minuti, il ragazzo aveva finito di trasportare i pesanti contenitori nel giardinetto di Evergreen. La ragazza, non sapendo in che modo rivolgersi a lui, venne colta da un’improvvisa illuminazione: si diresse correndo in gilda, per poi tornare con una bottiglietta d’acqua fresca.
Impacciata gliela porse, evitando il suo sguardo: quando le loro mani si sfiorarono, un brivido le percorse la schiena.
Elfman bevve avidamente, finendo l’intera bottiglia in un paio di sorsi.
Il ragazzone puntò gli occhi scuri in quelli di Evergreen.

“Per la verità…” mormorò, arrossendo.

Elfman Strauss che arrossiva e parlava in tono sommesso?!
Evergreen se lo sarebbe segnato.

“Per la verità io… Sono venuto a trovarti per… Portarti queste” con uno scatto repentino, il giovane porse alla maga un mazzo di rose rosse.

Ever si portò i fiori al viso, annusando il loro intenso e favoloso profumo: Elfman si grattò la testa, per poi schiarirsi la voce.

“Bene io… Io vado!” e corse via, portando inconsapevolmente con sé il cuore della maga di Fairy Tail.

 
“No, sul serio: ma hai visto la sua faccia?” chiese Scarlett a Cana, la quale le rifilò un’occhiata furba “Tu non hai un’espressione troppo diversa, quando interagisci con il master di Crime Sorciere…”.
Prima che il battibecco potesse sconfinare in una violenta rissa, Levy chiamò le due: era ora di entrare in scena.
Corsero davanti alla nakama, posizionandosi dalla più alta alla più basse, con le somme proteste della scripter.

“Ancheggiate!” strillò eccitata Lucy iniziando a muoversi: Erza si ripromise di vendicarsi.

Non era il gesto in sé, che la infastidiva, ma il farlo per Evergreen.
Con somma intonazione iniziarono a cantare.
 

“Cosa credi amica, non si può far finta quando
tutto parla chiaro ma noi ti leggiamo dentro
e anche se lo neghi, sai si vede bene quanto immenso sia”


 
All’unisono, i corpi delle cinque si tesero verso Evergreen: portavano dei sorrisi sulle labbra…
Anche se quello di Erza era falso all’inverosimile.
“Vedi di fartela andare bene…” sussurrò tra i denti.
 
Evergreen spostò lo sguardo assente sulle sue statue: sospirò per l’ennesima volta, per poi alzarsi di scatto ed alzare combattuta le braccia al cielo.
 
“Non so perché non lo ammetterò mai!” sentenziò quindi l’occhialuta, incrociando le braccia sotto il seno prosperoso.
 
“Ti vada o no, l'ami e dillo, oh oh” cantarono in coro le ragazze, ancheggiando e sollevando Levy in aria: Lucy diede una gomitata ad Erza, la quale aveva pronunciato con troppa enfasi la frase, rischiando di stonare.

Più che una solidale canzone inneggiante all’amore, il testo cantato dalla scarlatta pareva una minaccia intrisa di velato senso omicida.
Evergreen si girò a guardare ancora una volta le sue sculture, con un lampo di luce nuova negli occhi…
 
“Ma è certo che l'amo e non lo saprà” concluse, per poi tirare distrattamente un calcio alla statua di un altro suo ex.
 
“Che caz-” la bocca di Erza fu tappata nuovamente da Cana.
“Fallo per Elfman… Per la torta di fragole e per Gerard” la supplicò Levy, facendole gli occhi dolci.
Titania sospirò affranta, seguendo Evergreen nel suo peregrinaggio senza senso.
 
La maga era arrivata infatti in una parte appartata del giardino: aprì un cancelletto, trovandosi in un vero e proprio… Cimitero di statue.
 
Levy rabbrividì.
“Questi sono… I suoi ex?” chiese, con l’inquietudine nella voce.

“So bene come andrà a finire, ed i pensieri miei vanno.
Io sento dentro "puoi fidarti", mentre la testa mia "non lo fare"”
questa volta, un dettaglio fece ammutolire perfino il sarcasmo di Erza.

Evergreen pareva un’altra persona: fragile, indifesa. Una lacrima le scivolò sulla guancia, scioccando completamente le nakama.
“Ohi ohi, è davvero complicato. Come posso fidarmi di Elfman? Avete idea voi di quante volte mi hanno trattata alla sua stessa stregua, per poi abbandonarmi? Guardatevi intorno” fece, rivolta al coretto gospel “Perché mi dovrei fidare di Elfman Strauss?”
“Perché lo ami”.
 
Lluvia, Lucy, Cana e Levy si voltarono verso Erza, stupefatte: la rossa aveva le lacrime agli angoli degli occhi.
“Perché lui ti ama, te lo dimostra: lui è Elfman… Non i ragazzi del tuo passato” mormorò con la voce spezzata, trattenendo un singhiozzo.
 
“Statua Erza…” sussurrò, per poi scuotere la testa, arrossendo “Io… Io non lo amo!”.
Le “muse” del coretto gospel si esibirono in un face palm generale.
 
Lucy scosse Erza, trascinandola in un balletto che sapeva tanto di ridicolo, e ricominciarono a cantare.
 
“Quanto sei curiosa”
 
“O stupida” esalò Erza, tornata sarcastica come prima.
Le altre rinunciarono a lanciarle l’ennesima occhiataccia: Cana rise, sinceramente divertita.
 
“Tu nascondi l'evidenza!
Noi ti conosciamo, non t'arrabbieresti tanto senza una ragione,
se non fossi tanto presa da, da, dall'eroe!”

 
Con gli occhi a cuore Lucy si avvicinò ad Ever, tentando di convincerla.
“Puoi farcela, devi solo fargli intendere qualcosa ed il gioco sarà fatto” la incoraggiò, dandole una lieve gomitata.
“Bel tentativo statua-Lucy ma… Non lo farò: è un problema!” strepitò, mettendosi le mani nei capelli.
 
“Non so perché, ma è più forte di me!”
 

“Ammettilo, che felice sarai” mormorarono le “statue”: Erza iniziava a fumare dalle orecchie.
Brutto segno.

“Scusatemi, ma non glielo dirò!” fece questa volta più decisa Evergreen: tuttavia, mentre dava le spalle alle ragazze, si accoccolò con un sorriso ebete alla statua di…
 
“… Elfman?” fece stranita Lluvia, occupata ad ancheggiare: avvertiva una strana aurea maligna al suo fianco…
 
“Che storie fai? Tanto glielo dirai!”
Erza trattenne un urlo di frustrazione: si tolse la toga, indossando la sua comoda armatura.
“Al diavolo: adesso faccio a modo mio!” correndo furiosa si diresse fuori dal giardino.
 
Evergreen, troppo provata dal suo stato emotivo e dalla serata, ignorò completamente il fatto che una statua stesse scappando da sotto il suo naso. Bé, erano successe talmente tante cose assurde, in quella serata, che ormai poche cose l’avrebbero potuta sorprendere.
Ripensò nuovamente all’espressione che aveva assunto Elfman quel pomeriggio, quando le aveva donato quel mazzo di rose. Un vento leggerò le posò il petalo sul palmo aperto della mano: si soffermò rapita ad osservarlo, mentre l’aroma del fiore le riempiva le narici.
Quanta volta, quando aprì bocca, fu più insicura.
 
“Non lo farò, io, piuttosto, lo so…”
 

“Tanto lo sa già” provarono di nuovo le statue, con una luce speranzosa nello sguardo.
La maga esitò, carezzando il petalo: chissà se la pelle di Elfman, nonostante tutto, fosse delicata e morbida come una rosa…
 
“Lasciatemi, tanto no…” mormorò, assente
Le statue sospirarono, mentre l’idea del fallimento iniziava a farsi strada fra le loro menti: possibile che tutto il tempo speso per mettere in piedi tutta quella farsi, dal fingersi statue al formare un coretto gospel, fosse stato vano?
“Ti vada o no, l'ami e glielo dirai” replicarono decise: dopotutto erano maghe di Fairy Tail, la determinazione impediva loro di arrendersi in qualsiasi situazione.
 
Ever si risvegliò come da un trance: chiuse la mano a pugno, stringendo il petalo. Tornò alla fontana, sdraiandosi sul bordo: appoggiò la testa sulla pietra, portando il viso vicino al mazzo di rose.
 
“Non cederò, ma io l'amo e lo so…” sorrise ebete, stringendosi le ginocchia al petto: si sentiva così stupida, arrossiva come una ragazzina alla sua prima cotta… Ma si sentiva così bene…
 
“E… Evergreen…”.
La ragazza spalancò gli occhi: di nuovo trasalì, avvertendo quella voce calda e profonda alle sue spalle -la secondda volta nel corso della giornata-.

Lentamente si girò, mentre le “statue” vennero trascinate da una figura misteriosa dietro ad una siepe.

“Avete visto? Adesso non ci saranno più scuse. Ho portato qui Elfman, che ha assistito a questo stupido teatrino, capendo i sentimenti di Ever. E ora: baciatevi!” fece poi Erza, mimando il gesto di prendere in mano i due –come delle bamboline- ed avvicinarli inesorabilmente.
 
“E-Erza… T-Tu sei diabolica…” balbettò Levy, mentre avvertiva l’incantesimo di Makao scivolare via dalla sua pelle.
“Giusto in tempo!” esclamò Lluvia, osservando le compagne.
“Ehi, guardate!” Cana indicò la coppietta: si erano avvicinati.



“Ehm… Senti Ever… Io non sono bravo con le parole e… Uhm… Questo non è molto da uomo e-”
“Zitto e baciami, megafusto” tagliò corto la ragazza, avvicinando a sé Elfman, tirandolo per il colletto: il ragazzo esitò un secondo, per poi stringere fra le braccia possenti la sua fata.

Evergreen si morse il labbro inferiore, appoggiando la fronte contro quella dello Strauss.

“Fanculo all’indecisione!” pensò “E anche a te, Karl” impercettibilmente osservò una statua mezza disintegrata, per poi tornare a concentrarsi sul suo mago.

La ragazza inclinò la testa, mettendo le braccia dietro quel collo muscoloso: Elfman le circondò la vita con le braccia, per poi unire le loro labbra.
Finalmente, entrambi conoscevano la verità dei loro cuori: nessuna incertezza avrebbe potuto separarli ancora.
Che gli andasse o no, erano fatti l’uno per l’altra.
E a loro andava bene così.


 
Intanto, dietro un cespuglio…

“Lo sapevo che ce l’avremmo fatta!” Lucy accettò il fazzoletto che Lluvia le porse: erano tutte e cinque in lacrime, commosse per i due innamorati nakama.
“Oh, finalmente è finita!” Cana si portò una bottiglia alla bocca, tracannandola in un unico sorso.
“L’amore ha trionfato…” arrossì Levy.
 
“Bene, ma adesso…” tutte si girarono verso Erza “… Dov’è la mia torta?”





Angolo della ritardataria:

Buona sera a tutti.
Mi scuso profondamente, soprattutto con Fra_tonny99 -spero di aver rimediato almeno in parte al mio ritardo dedicandoti il capitolo- per essere sparita per così tanto tempo.
Non è stata propriamente mia intenzione: questo capitolo è stato un parto.
A dirla tutta, l'ide adi base c'era, ma non riuscivo ad esprimerla: non riuscivo a tirare fuori qualcosa di decente, finché non ho scritto questo.
Quindi mi scuso se non è una OS song-fic perfettamente equilibrata, ma spero comunque che vi possa piacere.
Naturalmente, accetterò le vostre critiche.
Ma ora, non è solo questo il motivo del ritardo: a parte un po' la mancanza di voglia -dannata sia la mia indole pigra-  e di tempo in generale, purtroppo l'estate -se così si può definire- sta volgendo al termine. 
Con questo, voglio dirvi chiaramente che la vostra cara autrice non ha ancora aperto un libro e scritto mezza pagina di compiti, e che quindi d'ora in poi sarà obbligata a sbattere la faccia contro un dannato e qualsivoglia testo scolastico.
Inoltre, mio fratello purtroppo ha subito un  chiamiamolo "piccolo incidente stradale", che l'ha spedito in pronto soccorso con quattro punti in testa e diversi tagli -di lieve/media entità, grazie al cielo- su tutto il corpo, motivo per cui, me tapina, dovrò stargli accanto nella sua convalescenza.
Ammettiamolo: per quanto lo ritenga una stupida creatura  che va a cacciarsi nei guai, non posso lasciarlo solo nel suo brodo, credete?
Non sono così senza cuore.
Cosa voglio dirvi con tutto questo?
Mi assenterò per un bel po', ragazzi. Anche se a nessuno importa, la fic verrà SOSPESA fino a TEMPO INDETERMINATO, per i motivi sopra citati.
Tranquilli, non voglio abbandonare questa raccolta: ormai "ci sono dentro fino al collo"  ed è uno dei lavori che amo di più, quindi NON L'ABBANDONERO'. Purtroppo non so quando riuscirò a pubblicare: le idee ci sono e me le sono appuntate, aspettatevi un ritorno con un tocco -spero, ance minimo- di stile.
Se non volete perdervi i prossimi aggiornamenti a lungo termine vi consiglio -sempre che vi importi qualcosa di ciò che sto scrivendo- di mettere la storia nelle "seguite", così da poterci dare un occhio ogni tanto.
Se poi qualcuno di voi ha anche qualche idea FATTIBILE che vorrebbe leggere in questa raccolta, me la comunichi pure: cercherò di accontentare -prima o poi, in un modo o nell'altro- le vostre esigenze.

Detto questo, ringrazio di cuore e un abbraccio virtuale chi ha recensito lo scorso capitolo, ovvero:

bea_kron
Fra_tonny99
Ell3
Yvichan

Inoltre ringrazio chi ha messo la fic nelle seguite/preferite/ricordate e tutti i lettori silenziosi che spendono qulache minuto per seguirmi e leggere le mie storie.
Bé, che altro dire: questo è senza dubbio l'angolino più lungo che io abbia mai fatto, ed anche fin troppo serioso per me ma... Insomma, chi non è serio -specie se si tratta di un povero studente- quando ormai manca poco all'inizio della scuola?
Un caloroso saluto dalle montagne a tutti voi, augurandovi un buon proseguimento ed un -si spera prossimo- arrivederci!

Con sommo affetto,

Jaki Star

 
 
 
 
 
 

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Capitolo 9
*** Parte del tuo mondo -Lluvia Loxar- ***


Lluvia Loxar ~ Parte del tuo mondo


 
Lluvia si lasciò cadere pesantemente a terra: appoggiò stancamente la schiena al tronco dell’albero dietro di lei, mentre le ferite che le dilaniavano il corpo urlavano pietà.
Con un sospiro, osservò le macerie della sua –ormai ex- gilda. Poco prima che potesse cadere nella tristezza, un fascio di luce le colpì gli occhi: sorrise nonostante il dolore.
Lasciò che i raggi del sole le accarezzassero la pelle, scaldandole il corpo latteo, asciugandole i vestiti dall’acqua e dal sangue.
Socchiuse le palpebre, lasciando in questo modo che le iridi color mare si beassero di una vista, per lei, così incredibile e stupenda: il cielo era terso, dimentico del temporale di poco tempo.
Era la prima volta che il suo sguardo incontrava una distesa azzurra senza nuvole o senza pioggia: e tutto questo solamente grazie a lui.

Già, lui… Il suo vero ed unico sole.

Si sporse dal suo nascondiglio, incontrando la figura dell’oggetto dei suoi desideri: le sue labbra s’incurvarono all’insù, mentre nei suoi occhi si faceva largo una dolce luce.
 

Come vorrei stare qui con te…


Gray Fullbuster rideva, nonostante dovesse appoggiarsi ad un compagno per riuscire a stare in piedi: il suo corpo statuario era stato abbondantemente fasciato, sottolineando il fatto che fosse ferito gravemente.
Il sorriso di Lluvia si spense per un secondo, ricordando il sangue che usciva dalle piaghe dell’alchimista durante il loro scontro.
Quando vide la schiena del ragazzo allontanarsi, tornò ad appoggiarsi contro il tronco dell’albero.
Successivamente si morse la lingua, cercando di trattenere le lacrime: perché Gray-Sama doveva andarsene via da lei?

“Ohi, Lluvia: ce ne andiamo da qui sì o no?” fece la voce ruvida di Gajeel, mentre le tendeva la grossa mano per aiutarla ad alzarsi.

La maga dell’acqua strinse i denti, accettando l’aiuto e mettendosi in piedi: volse un ultimo sguardo alle macerie della sua –ormai- ex gilda.

“E’ ora di abbandonare il nido, Gajeel-kun: andiamocene” disse, incamminandosi nella stessa direzione presa dai membri di Fairy Tail.
“Certo che sei strana” commentò Redfox, scrutando divertito la luce determinata negli occhi della compagna.
“Lluvia ti troverà, Gray-Sama: finalmente potremo stare insieme” pensò, mentre un sorriso le increspava le labbra.

 
Cosa darei per restarti accanto?
Vorrei che tu potessi sorridermi



Lluvia si accucciò dietro ad un cespuglio: accertatasi che nessuno popolasse quell’angolo di spiaggia dimenticato da Dio uscì allo scoperto, dirigendosi verso il mare.
Lasciò che le onde le lambissero le caviglie, facendole il solletico: rise felice, sembrava una bambina.
Si addentrò maggiormente nell’acqua, bagnandosi tutto il corpo. Nel suo elemento naturale si sentiva rinascere completamente: le ferite si risanavano e l’umore tornava sereno.
Improvvisamente si nascose dietro ad uno scoglio, per poi assottigliare gli occhi: osservò la figura di un ragazzo avvicinarsi alla battigia.
Il suo cuore tremò, mentre un sussurro flebile abbandonava le sue labbra.

“Gray-Sama…” emozionata s’immerse ancora di più nell’acqua del mare, lasciando visibili solamente gli occhi e parte del capo.

“Finalmente un po’ di pace!” esordì il ragazzo, levandosi la maglietta e restando in costume: Lluvia osservò i suoi muscoli tonici, per poi sentirsi evaporare letteralmente.

Gray si inoltrò nell’acqua fino ai fianchi: ignorando il lieve fastidio che gli provocavano le ferite a contatto con l’acqua salata, s’immersa senza esitazioni.
Riemerse quasi subito, scrollandosi i capelli fradici: puntando lo sguardo verso l’orizzonte sorrise, mettendo in mostra i denti candidi come la neve.
Lluvia osservò rapita la figura dell’alchimista: la luce aranciata del tramonto colpiva il suo fisico perfetto, imperlato da una miriade gocce d’acqua, avvolgendolo così di una magica luce dorata.

“Cavolo, non pensavo che l’acqua a quest’ora fosse così bella: dopo una giornata di lavoro per ricostruire la gilda ci voleva proprio!” esclamò soddisfatto il mago, iniziando a nuotare.

Il sorriso della maga si spense, colpevole di aver contribuito a distruggere la casa dell’amato.
Le bastò dare un’occhiata al magnifico tramonto, per risollevarsi: era la prima volta che ne vedeva uno così bello.
Si sciolse completamente, mischiandosi al mare: affiancò Gray, accarezzando di tanto in tanto quel corpo così forte.
Il mago del ghiaccio aveva un’espressione serena: si lasciava cullare dalle carezze di Lluvia, pensando che fossero solo le onde e le correnti marine.
Loxar, dal canto suo, cercava di non farsi scoprire e di non perdere il controllo: voleva godersi al massimo quei momenti con il suo amore, conscia che non sarebbero stati eterni.

Prima o poi si sarebbe separata da lui.

Avvolse le braccia invisibili attorno alle spalle del ragazzo, facendo aderire i loro petti: posò delicatamente la testa nell’incavo del collo del mago, beandosi di quel contatto innocente che le era stato proibito.
Gray socchiuse gli occhi, pronto a darsi una spinta per tornare in superficie: la maga, quando avvertì i muscoli del mago flettersi, si allontanò.
Con tristezza riemerse, capendo che ormai quel meraviglioso momento era giunto al termine: Fullbuster mosse le braccia per tenersi a galla, mentre lentamente indietreggiava verso riva.
Lluvia lo seguì, per poi scontrarsi contro il suo petto: si era fermato. Lo sguardo indecifrabile si era perso ad osservare l’orizzonte: solamente il suo capo, dalle labbra in su, sbucava dall’acqua.
Lluvia, a pochi centimetri dal moro, perse completamente il controllo: mentre il sole morente si rispecchiava nelle iridi blu del giovane, la maga si avvicinò lentamente.
Con delicatezza poggiò le labbra invisibili, composte d’acqua, su quelle di Gray: fece strisciare dolcemente le mani sul petto di lui, per poi accarezzargli le guance.
Il mago, da parte sua, pensava che fossero solamente le onde di quel magnifico mare: come avrebbe mai potuto immaginare di star baciando Lluvia Loxar?
Senza volerlo dischiuse le labbra, chiudendo gli occhi: restò così per un momento che gli parve infinito, finché non avvertì l’acqua ritirarsi improvvisamente. Allora si riscosse, scuotendo la testa: si alzò, accarezzando la superficie del mare e sorridendo verso il tramonto.

“Cavolo, si è fatto tardi: devo tornare dagli altri, altrimenti non troverò più niente per cena!” si passò una mano fra i capelli, per poi dirigersi verso la spiaggia correndo, incurante degli occhi tristi di Lluvia puntati sulla sua schiena.
 
Lluvia osservava le stelle, spiluccando il pesce che Gajeel-kun aveva pescato per lei: il Dragon Slayer la guardava dubbioso, mentre rosicchiava un bastoncino di ferro trovato chissà dove.
 
“Forse è meglio se ci riposiamo: dobbiamo prendere una decisione importante entro domani” sentenziò Redfox, spegnendo il fuoco e sdraiandosi sull’erba morbida del bosco.
 
“Buonanotte Gajeel-kun” esalò la ragazza, chiudendo gli occhi.
Ce l’avrebbe fatta, a prendere la sua decisione?
 

Mi porterai dove vorrai
E del tuo mondo parte farò



“Non è un posto bellissimo, Lluvia?” domandò con voce vellutata Gray: la maga lo guardava completamente in estasi, la pelle candida rossa dall’emozione. Fullbuster la guardò intensamente, prendendole la mano e baciandogliela: la maga rimase immobile, osservando il suo bellissimo principe contornato da brillantini argentei e lucine colorate.
 

Accanto a te sempre così solo con te
 

“Mai quanto te, Gray-Sama” mormorò, avvicinandosi a lui e mettendogli le mani sul petto.

Lui la avvolse in uno stretto abbraccio, sfiorandole il marchio di Fairy Tail che aveva sulla coscia.

“Mia dolce Lluvia, devo chiederti una cosa molto importante: vuoi passare con me tutto il resto della nostra vita, sposarmi, avere dei meravigliosi figli ed amarmi anche oltre la morte?” le chiese, con gli occhi che luccicavano.
“Ma certo, certo Gray-Sama!” rispose la ragazza, impazzendo di gioia…


“Ohi ma ti vuoi svegliare, dannazione?!” la voce rude di Gajeel la riscosse completamente: Lluvia alzò il busto di scatto, urlando.
Redfox la guardò stranito: come mai le sue guance si stavano liquefacendo?
La ragazza, una volta conscia della verità, si lasciò cadere a terra: iniziò a frignare, sotto gli occhi turbati del dragon slayer di ferro.

“Era solo uno stupido sogno! Gray-Sama…” piagnucolò, sconsolata.

Gajeel scosse la testa, rassegnato: la sua amica non sarebbe mai cambiata.

 
Quando accadrà?
No non lo so
Ma del tuo mondo parte farò



“Ah e così sei entrata davvero nella gilda?” Gray si scompigliò la testa, esibendo un sorrisone compiaciuto: Lluvia lo osservò imbarazzata, sfiorandosi la coscia marchiata.

Il calore sincero negli occhi del mago le fece battere forte il cuore: veramente ora apparteneva a quella famiglia?

“Ehi Lluvia! Ora sei una nostra nakama: divertiti e festeggia anche tu! Viva la nostra famiglia!” esclamò Natsu, porgendole un bicchiere pieno di una bibita.

Gray le si affiancò con la medesima bevanda in mano: le sorrise, mostrandole con orgoglio il marchio di Fairy Tail.
“Tutto d’un fiato!” stabilì, accostandosi il boccale alle labbra: e Lluvia bevve con lui, accantonando i timori del passato in un angolo remoto del cuore.

 
Guarda e vedrai…
Che il sogno mio…



“Gray-Sama… Lluvia ha una brutta sensazione…” la ragazza si strinse angosciata al mago: un drammatico presentimento la attanagliava da tempo, seguendola come un’ombra.

Improvvisamente, la pelle fredda di Gray sfiorò la sua: delicatamente posò la mano su quella di Lluvia, per poi stringerla forte.

“Ci sono io con te” disse serio l’alchimista: la maga dell’acqua cercò una traccia di falsità nella sua voce, ma non la trovò.
“Fairy Tail se la caverà come sempre” disse poi, senza staccare la mano da quella della giovane.
Lluvia annuì, per stringersi ancora di più a lui: Gray non la scostò.

 
Si avvererà…

 
“Gray-Sama… Gray!” urlò la ragazza, arrancando faticosamente verso il mago: non le importava se l’avesse scansata, prendendola a male parole.

Voleva avvertire la sua pelle sotto le dita, udire il battito del suo cuore contro il suo viso.
Tossì una quantità ingente di sangue, avvertendo le ginocchia cedere: con le lacrime agli occhi si lasciò andare, pronta a ricevere il colpo dovuto allo scontro con il duro terreno.
Cosa che non avvenne.
Lluvia alzò lo sguardo, incontrando le iridi di Gray: si staccò leggermente, scorrendo le mani sulle braccia muscolose di lui.
Improvvisamente, i suoi polpastrelli avvertirono delle irregolarità sulla pelle del ragazzo: la maga accarezzò il tatuaggio del giovane, avvertendo freddo e caldo contemporaneamente.
Una forza magica incredibile.
Una luce azzurrina illuminò il tribale: Lluvia sentì che le particelle infettate dal demone Keith lasciavano il suo corpo.

“Sono con te” disse semplicemente Gray, stringendola a sé.

Niente brillantini, niente stelline e luci colorate, niente frasi sdolcinate da fiabe.
Ma Lluvia non poté negare che il bacio che le diede Gray, fosse più bello di quanto avesse mai immaginato.




Angolo dell'autrice: 

Mi scuso per aver pubblicato solo ora, ma un simpatico fulmine (grazie Laxus) mi ha ucciso il modem, lasciandomi senza internet.
RIngrazio chi ha recensito gli scorsi capitolo, chi ha messo la storia fra preferiti/seguite/ricordate e chi legge silenziosamente.
Spero di poter aggiornare presto: le idee sono pronte, mancano gli ultimi ritocchi! :)

Ora scappo al lavoro: grazie per seguire con tanta passione la mia storia!

Alla prossima,

Jaki Star

Ps: rileggendo il regolameto di Efp, mi è balzata all'occhio una clausola che preferisce limitare l'inserimento di immagini nelle fic, perché possono appesantire il server. 
Quindi da ora in poi, quando riterrò necessario inserire un'immagine, metterò solamente il link. 
Tanti saluti e baci!

 

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Capitolo 10
*** Via di qua -Gerard Fernandes- ***


Gerard Fernandes ~ Via di qua


 
Il sapore ferroso del sangue gli invase la bocca: a fatica il bambino digrignò i denti, alzandosi lentamente sui gomiti.
Lo schiocco secco della frusta giunse violentemente al suo orecchio, mentre un dolore intenso gli pungeva la schiena.

“E questo è solo l’inizio, piccolo bastardo: vedremo se saprai tenere a freno la lingua, d’ora in poi!” la guardia, dopo aver assestato un ultimo calcio al bambino, se ne andò soddisfatta e ghignante.

Gerard si concesse qualche minuto per prendere fiato: con immensa fatica si alzò, barcollando verso l’angolo più buio della cella.
L’aria viziata della prigione era insopportabile ed il ragazzino aveva bisogno disperatamente del vento notturno sulla pelle.

Del vento notturno che soffiava fuori da quella stramaledetta torre.

Nonostante la tenera età, Gerard Fernandes era sempre stato un bambino sveglio: era curioso ed intelligente, il classico piccoletto energico e voglioso di esplorare tutto ciò che lo circondava. Per questo, essere rinchiuso in gabbia era stata la sciagura più grande che potesse essergli capitata nella sua corta vita. Gerard alzò gli occhi pesti e vuoti al soffitto: difatti, dietro una sporgenza di roccia nera, filtrava un timido raggio di luna. Con un immenso sforzo il ragazzino si issò su una sporgenza rocciosa, accostandosi a quella fonte di luce: un piccolo corridoio si stagliava dinnanzi a lui. Senza il minimo timore, Gerard gattonò fino alla fine di quel tunnel: davanti a lui si apriva un terrazzino di pietra, cinque metri per tre, direttamente a contatto con il mondo esterno. Il bambino si trascinò per qualche metro, per poi sdraiarsi stremato: la spossatezza di tutte quelle ore di lavoro gli crollò addosso come un macigno, opprimendo il suo corpo stanco e lacerato. Le iridi verdi del ragazzino incontrarono la luna: brillante e silenziosa, era l’unica testimone del suo dolore.
Da ormai troppo tempo si chiedeva il perché di quella tortura giornaliera: le botte delle guardie, gli spazi stretti della torre, le celle affollate di vecchi e bambini, denutriti e deboli.

“Quanto mi manca la libertà” sussurrò, strofinandosi il braccio sul viso incrostato di sangue e sporcizia: i raggi lunari, argentei fili di ragno, illuminavano il tribale scarlatto che gli decorava il volto.

Solo, in queste mura imprigionato vivo io
E per ore io sto qui a guardarli…


Gerard si trascinò sul bordo del terrazzino, cercando di spingere lo sguardo più lontano che potesse.
I suoi occhi colsero un fermento in un certo punto dell’isola: delle persone, riunite in un grande gruppo, ridevano e ballavano accanto al fuoco.

“Cosa staranno mai facendo?” si chiese, troppo stanco per mettersi seduto: il suo udito sviluppato avvertì delle vibrazioni nell’aria.
“Musica. Un banchetto notturno, una festa” le parole gli uscirono inconsapevolmente dalle labbra, monocordi.
“Sembrano divertirsi” constatò, mentre, dopo aver raggruppato quante più energie possibili, si alzava in piedi: completamente scalzo si mosse sullo spiazzo in roccia, non badando alle piccole pietre che gli graffiavano la pelle.

E’ tutta la vita che li osservo da quassù,
Per sentirmi un po' vicino a loro…


“Vorrei davvero sapere se è così esaltante come dicono, partecipare a quelle feste: certamente, meglio che stare qui” con un pezzo di pietra picchiettò sul pavimento di roccia, fino a riuscire a tracciare una linea bianca “Sarebbe davvero bello poter essere di nuovo felici e liberi: è da talmente tanto tempo che sono qui, che ho dimenticato perfino cosa voglia dire provare delle sensazioni simili”.

Sdraiandosi a pancia in giù, continuò a tracciare delle linee sul pavimento: dopo mezz’ora buona di lavoro, Gerard poté ammirare il frutto del suo operato.

“Bè, almeno così mi sentirò meno solo” commentò, osservando le figure sul pavimento.

Potrei disegnar le loro facce,
Ma per loro non esisterò mai…


Aveva disegnato la piazza di un villaggio, con tanta gente felice che passeggiava allegramente sotto il sole mattutino.
Osservando bene, Gerard poté quasi illudersi di avvertire la melodia delle risate della gente, il profumo del pane appena sfornato, le grida del mercato e la voce dei paesani. Per un istante, Gerard poté illudersi di essere tornato a casa.
Ma la verità, era che si trovare solo in quell'inferno.


“Vediamo se dopo questa bella dose di legnate avrai ancora voglia di provare a fuggire, cane bastardo” la guardia scaraventò a terra il ragazzino, solo malvagità nelle parole appena pronunciate.

Gerard non si mosse: restò silenzioso, con la lunga frangia a coprirgli gli occhi. Di fronte al suo silenzio, la guardia si limitò a sbattere la porta e ad andarsene. Probabilmente lo credeva morto. E, in effetti, c’era andato vicino.
Respirando lentamente, provò a muovere le dita: almeno quelle non erano rotte. Con lentezza si portò le mani al viso: avvertiva il sangue colare dalle narici, dalle labbra, da qualsiasi parte del suo corpo gonfio e livido di botte.
Era passato un mese, eppure a lui sembrava d’esser lì da un’eternità. Si trascinò fino all’angolo della cella, dove lo aspettava una piccola ciotola: dopo aver sputato un paio di volte contro la parete, bevve avidamente l’acqua che aveva a disposizione. Dato che aveva mangiato poco prima di essere trovato e pestato, l’acqua si mescolò al cibo assunto in precedenza, donandogli abbastanza energia da permettergli di alzarsi in ginocchio: reggendosi sulle gambe malferme ed appoggiandosi alla parete, si issò fino alla sporgenza nascosta nel muro, per poi strisciare pietosamente fino al suo “rifugio segreto”.

Io mi chiedo sempre che emozione mai sarà
Stare un giorno là con loro…


Un’altra linea bianca si aggiunse a quelle già presenti sul pavimento: giorno dopo giorno, Gerard Fernandes stava arricchendo il suo murales. Sempre più persone si affollavano nella piazza, sempre più uccelli volavano nel cielo aperto, sempre più palpitazioni raggiungevano il suo cuore voglioso di libertà.

“Bè, che dire: sono un vero artista…” una smorfia simile ad un sorriso gli solcò il volto “… Però tutta questa roba è confinata nella mia testa”.

Sollevandosi sui talloni, il ragazzino portò l’attenzione nello spiazzo vicino alla torre: i padroni della Torre del Paradiso avevano costruito una cittadella ai piedi della costruzione, dove le famiglie delle guardie e le guardie stesse potevano vivere in serenità.

“Non capisco perché loro  e noi no. Perché non possiamo vivere come loro, con loro? Siamo così diversi?” alzandosi in piedi, Gerard passeggiò sull’orlo del terrazzino: guardava il villaggio, guardava le luci che a poco a poco si spegnevano. “Probabilmente stanno andando a dormire. È tardi. I bambini saranno dalle loro mamme e… E dai loro papà e…” il blu s’interruppe bruscamente quando avvertì qualcosa di bagnato sul viso: portò le dita sul tatuaggio, avvertendo quella specie di acqua che lo inumidiva.

Stava piangendo.
Gerard Fernandes, dopo tanto tempo, stava piangendo.
E sbattendo i pugni sulla pietra lasciò che quel pianto trovasse sfogo, mentre il suo animo si sgonfiava dal peso che ogni giorno lo opprimeva.

“Anche io voglio essere libero di tornare a casa!”

Là fuori, che darei non so!
Solo un giorno fuori: so che basterà per ricordare…


Correndo come una gazzella, si lasciava alle spalle la torre: senza distrarsi continuò a correre, nelle vene l’adrenalina della fuga.
Finalmente era fuori da quella dannata prigione.
Finalmente sarebbe tornato a casa.
Mamma e papà lo avrebbero stretto fra le braccia, come i bambini del villaggio: finalmente, sarebbe stato uno di loro.

Fuori, dove tutti vivono…
Che darei, che farei per un giorno via di qua!


Dopo uno schiocco di ossa poco rassicurante, finalmente giunse il silenzio: la guardia urlò qualcosa che Gerard non sentì. Non aveva abbastanza forze per muoversi, per davvero questa volta.
Nemmeno quando il suo aguzzino sparì, ebbe abbastanza energia per aprire gli occhi: lasciò che la pioggia che entrava dalla finestra gli scivolasse addosso, lenendo le sue ferite.

“Io volevo solo… Andarmene di qui. Mi sono fatto spezzare le ossa per nulla. Io volevo essere… Libero”.

Mentre crollava nel buio dell’incoscienza, non si accorse che qualcuno lo stava ascoltando.

Là fuori, in mezzo a tutta quella gente che non sa che fortuna è essere normali
Liberi di andare in ogni luogo giù in città
Senza più bisogno di fuggire


I prigionieri delle altre celle osservarono con stupore Gerard Fernandes che, accompagnato in silenzio dalle guardie, rientrava nella propria prigione: per una volta da quando era lì, non aveva tentato di fuggire.
A tutti pareva strano non udire gli strilli delle guardie od i lamenti del ragazzino per le botte subite: che il piccoletto si fosse arreso all’evidenza?
Un quesito che lasciava l’amaro in bocca.
Gerard si isolò nel suo angolo preferito, con un pezzo di pane secco e la sua ciotola d’acqua: con sguardo nervoso scandagliò i volti degli altri prigionieri.

“Bè, che avete da guardare? Lasciatemi stare!” dopo aver grugnito questo, il giovincello diede la schiena ai presenti, rosicchiando la sua cena.

I carcerati, consci del suo stato d’animo e solidali verso il ragazzino che aveva alimentato la loro speranza per innumerevoli giorni, ubbidirono: Gerard Fernandes aveva bisogno di stare con sé stesso, di realizzare che, probabilmente, cercare di evadere per conquistare la libertà era solo una fiamma destinata ad esinguersi.
Tuttavia, qualcuno non era dello stesso avviso.

Potessi lo farei
Se fossi libero


Sazio e dissetato, il ragazzino tracciava sul muro linee invisibili con le dita, immaginando di poter continuare anche lì il suo tanto adorato murales: tuttavia, la briosità che solitamente lo animava mentre disegnava, aveva lasciato spazio ad una nervosa rassegnazione.
Un sospiro abbandonò le sue labbra.

“Chi voglio prendere in giro? Sicuramente il mio desiderio non bastava. E tutt’ora non basta. Non ha senso fuggire se ogni volta finisco di nuovo qui” affermò quasi stizzosamente, lanciando una piccola pietra nell’altro lato della cella.
Si strinse nei vestiti sudici: iniziava a fare sempre più freddo, la notte.

“E vorresti rinunciare così, ragazzino?”.

All’udire quella voce estranea, Gerard sobbalzò: qualcosa si mosse nel buio della cella.
Possibile che non si fosse mai accorto di non essere solo? Possibile che la cella… Fosse in realtà più grande e profonda di quello che pensava?
Gerard si alzò in piedi, tenendo saldamente una pietra in mano.

“Chi sei?” chiese, avvicinandosi cautamente: uno scintillio bonario illuminò gli occhi del suo coinquilino.

“Tranquillo, ora ti raggiungo”.

In meno di cinque secondi, il ragazzino si trovò di fronte un anziano: era abbastanza alto e scheletrico, con lunga barba e capelli bianchi.

“Ciao, Gerard Fernandes: io sono nonno Rob” si presentò il vecchio, rivolgendogli un sorriso quasi sdentato.

Gerard alzò perplesso un sopracciglio: da quanto tempo era che un simile personaggio viveva con lui?

“Oh. Piacere” rispose, ancora sorpreso: con stanchezza si lasciò cadere al suolo, stufo di tutte quelle novità.
“Mi chiedevo come mai un ragazzino così caparbio potesse già aver rinunciato al suo sogno di libertà” domandò retoricamente il vecchio, avvicinandoglisi: Gerard lo guardò appena, per poi tirare a sé le ginocchia in un abbraccio che ricercava più calore che affetto.
“Ho fallito troppe volte. Non ne vale più la pena” rispose, tenendo lo sguardo basso.
“Vale così poco per te il tuo sogno?” chiese gentilmente il vecchio, evitando accuratamente di guardarlo: quella frase colpì il bambino come una pugnalata in petto.
“Certo che non vale poco!” scattò, alzandosi in piedi “Ma è inutile tentare di evadere: non riusciremo mai” mormorò, dando la schiena a Rob.

Dopo un momento di interminabile silenzio, il vecchio prese di nuovo la parola.

“E dimmi, giovanotto: cosa faresti se fossi fuori di qua?”.

Per la seconda volta nel giro di pochi minuti, Gerard sgranò gli occhi.

Là fuori, allegro me ne andrei

“Bè, mi pare qualcosa di ovvio!” esclamò il ragazzino, acquistando improvvisamente energia “Andrei a casa! Andrei dai miei genitori e tornerei al mio villaggio: mi divertirei ad esplorare tutto il bosco, farei tante passeggiate e… E andrei dal panettiere! Si, a fare la spesa e compare i dolci”.

Rob sorrise, quasi stupendosi dell’euforia del giovane: un tenero calore gli infiammava le guance pallide, gli occhi brillanti mentre narrava tutte quelle fantasie.

“Guarda, nonno Rob: guarda cosa voglio fare!” ed agilmente Gerard si arrampicò sulla roccia, entrando nel tunnel segreto.

Rob lo seguì sorridente, lieto di essere riuscito a conquistare l’attenzione del piccoletto.

Senza muri: fuori, come ogni uomo fa!
E poi salire fuori!


Il blu respirò a pieni polmoni l’aria della notte, lasciando che il vento freddo gli muovesse i capelli sporchi.

“Vedi nonno Rob? È questo quello che voglio! Voglio essere libero, voglio potermi muovere in un mosto molto più vasto della nostra cella e…” all’improvviso gli occhi verdi del ragazzino persero vivacità, così come il suo tono di voce “… E poter essere come loro”.

Lentamente si abbassò, indicando la sua opera d’arte: a causa della pioggia, i disegni del ragazzino si erano in parte sbavati, rovinando il murales che gli era costato così tanta fatica.

“Mi basterebbe… Mi basterebbe anche un solo singolo giorno. Ma io voglio uscire… Uscire di qua. E tornare libero per almeno un paio d’ore” mormorò mogio, la fiamma che poco prima lo aveva animato ormai spenta.
“Oh, piccolo Gerard” sospiro il vecchio Rob, sedendosi accanto a lui “Credi che il tuo destino, come il tuo disegno, sia ormai rovinato, giusto?”.

Gerard annuì a malavoglia: quel vecchio lo stava deprimendo più di quanto già non fosse.

“Ma ti sbagli, Gerard. Il tuo disegno è un po’ rovinato, ma non è interamente distrutto: questo vuol dire che lo puoi "ristrutturare" e farlo diventare più bello di prima. Ci vuole solo… Perseveranza” asserì il vecchio.
“Perseveranza…” il bambino assaporò ogni lettera di quella parola, cercando di assimilarne il vero significato.
“Ragazzino, le speranze ed i desideri vanno coltivati giorno per giorno, nonostante tutti i fallimenti: se rinunci così a quello che vuoi, non sarai mai libero. Quindi: la desideri sul serio questa libertà?” chiese per l’ultima volta il vecchio, osservando il ragazzino.

Solo un giorno in questa vita mia perché, io vivrei
Nulla più chiederei, tanto ormai io saprei cosa c’è fuori di qua!


“Ce la farò”.

La risposta arrivò diretta, chiara e concisa.
Gerard si alzò in piedi, un sorriso luminoso sulle labbra “Mi pare ovvio di non voler trascorrere tutta la mia esistenza in questa schifosa torre”.

Ridendo passeggiò sul bordo del terrazzino, per poi spiccare un balzo ed aggrapparsi agli speroni di roccia che costellavano la parete di quella prigione: sfidando ogni legge si arrampicò, per raggiungere un punto più alto del suo rifugio segreto.

“Dannate guardie e dannata torre: arriverà il giorno in cui me ne andrò via di qua! Mi avete sentito?!” e la risata liberatoria che seguì il grido dei suoi desideri, convinse finalmente l’animo del ragazzo a combattere di nuovo per la tanto agognata libertà.
 
E quando, il giorno dopo, gli occhi di Gerard Fernandes incontrarono per la prima volta quelli di Erza Scarlett, Rob ebbe la certezza assoluta che il ragazzino avrebbe portato fino in fondo il suo ambizioso progetto.
 




Gerard aprì piano gli occhi, mentre un raggio di sola gli scaldava il viso: con estrema lentezza si stiracchiò, sentendo il bisogno di sciogliere i possenti muscoli. Alzandosi dal morbido letto su cui aveva dormito, si diresse in bagno per darsi una sistemata: dopo nemmeno cinque minuti era già pronto e, dopo essersi infilato dei comodi stivali, uscì all’aria aperta, pronto a ricevere il buongiorno da Magnolia.
Il chiasso che già in quelle ore mattutine animava la città non gli diede affatto fastidio: con lentezza camminò per la strada principale, per poi lasciarsi trasportare nella gremita piazza del mercato. Urla di bambini e mercanti affollavano l’aria, mentre la musica di qualche musicista di strada allietava le orecchie sempre attente dei passanti: Gerard sorrise, ammirando quanta pace potesse esserci in un luogo così pieno di gente. Come tutte le mattine, l’aitante giovane si diresse dal fornaio: mentre il profumo del pane appena sfornato gli raggiungeva le narici, acquistò tutto ciò che gli serviva. Salutando cortesemente lasciò il locale, per riprendere la sua placida passeggiata. I passanti non troppo impegnati lo salutavano con gioia: ben tutti sapevano che, sulla sua spalla destra, brillava lo scarlatto tatuaggio della gilda più casinista di Fiore.
Allontanatosi dalla foga del borgo, Gerard si incamminò per una strana silenziosa, giungendo in una distesa d’erba fresca: il cancello in ferro battuto si aprì con un lieve scricchiolio, mentre le lapidi e le croci parvero dargli il benvenuto. Senza alcun timore o simile sentimento, Gerard si diresse spedito verso una tomba ben conosciuta: quando fu nei pressi della meta, non si stupì per niente della bellissima giovane che fissava il marmo bianco decorato dallo stemma di Fairy Tail. Con un sorriso, Gerard si accostò alla donna, circondandone la vita: ella si girò, per niente stupita, lasciando che i lunghi capelli scarlatti le ricadessero morbidi sulle spalle.

“Sapevo saresti arrivato: scusami se non ti ho svegliato ma sei tornato tardi dalla missione, ieri sera” disse la giovane, sorridendo.
“Non ti preoccupare, hai fatto bene: è stata un lavoro più impegnativo del previsto e mi sono preso un po’ troppa libertà nell’ammirare le bellezze di quella fantastica città” rispose il ragazzo, scrollando le spalle.
“E’ strano vedere con quanta scioltezza parli di libertà, ora” ridacchiò Erza, tirando una debole gomitata al fidanzato.

Gerard ammiccò, accarezzando lievemente la tomba “Dopotutto è merito del vecchio Rob se non ho mollato e, probabilmente, se sono qui” sorrise, concedendosi qualche minuto di silenzio.

“Credo che sia felice del fatto che siamo finalmente via da quella prigione” commentò Erza, prendendo per mano il mago.
“Credo sia felice che, indipendentemente da tutto siamo liberi. E felici” asserì Gerard, ricambiando la stretta della ragazza.


E mano nella mano si incamminarono, verso un futuro di cui, finalmente, erano gli unici ed assoluti padroni.





Angolo dell'autrice:

Buongiorno a tutti. Dopo un numero incalcolabile e, soprattutto, imperdonabile di giorni ho finalmente aggiornato.
Confesso che quando ho deciso di sospendere la raccolta, non sapevo che ciò che mi aspettava mi avrebbe strappato per così tanto tempo dalla stesura di questa storia: è stata davvero dura non poter più scrivere per impegni scolastici e non, ma mi sono anche resa conto che la mia ispirazione, dopo qualche tempo, mi aveva completamente abbandonata. Ammetto che ho avuto molta difficoltà ad ingranare di nuovo la marcia: non avevo idee, ma qualcosa dentro di me mi diceva che dovevo assolutamente partorire qualcosa di decente.
Sempre che il termine "decenza" possa essere associato a questo capitolo.
La canzone, tratta da "Il gobbo di Notredame", mi è sembrata più che adatta ad un piccolo Gerard Fernandes, imprigionato nella Torre del Paradiso e privato della tanto desiderata libertà, tuttavia so benissimo quanto mare ci sia fra "il dire" ed "il fare".
Quindi, mi scuso se questo racconto vi abbia fatto venire la congiuntivite. 
Mi scuso anche per aver inserito un mica tanto lieve accenno di Gerza ma, andiamo: è impossibile non mettere quella coppia da tutte le parti.
Almeno per me.

Ora passiamo alle scuse vere e proprie, prima di annoiarvi troppo con questo angolino, che tanto "ino" non è.

Mi scuso con tutti i lettori, i recensori, TUTTI per questo enorme ritardo.
Mi scuso se ritarderò ancora, mi scuso se non riuscirò ad aggiornare in tempo, mi scuso se vi lascerò ancora in sospeso per tanto tempo.
Mi scuso soprattutto con la fedelissima Fra_tonny99, che non ha mai mancato di supportare me e questa storia, che mi ha sempre aspettata e che spero possa continuare ad essere felice leggendo la raccolta.

Sperando di aver riparato un minimo al mio errore, vi saluto, augurandovi buona lettura e soprattutto facendovi TANTI AUGURI DI BUONE FESTE!
Non festeggiate troppo, mi raccomando.

Un abbraccio forte, 

Jaki Star

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Capitolo 11
*** Lui vive in te - Silver e Gray Fullbuster ***


Silver e Gray Fullbuster ~ Lui vive in te








 
“Papà… Quante sono le stelle?”.

Silver alzò leggermente il capo, sorridendo: osservò divertito l’espressione concentrata di suo figlio, che con gli occhi cercava di contare i corpi celesti. Si concesse una breve risata, per poi volgere le iridi blu, identiche a quelle del bambino, al firmamento.

“Vedi, Gray, le stelle sono infinite: ogni giorno ne muoiono molte ed altrettante ne nascono. Non si può definire un numero…”
“Oh… Sul serio? Sai sempre tutto papà, sei un genio”.

Silver carezzò dolcemente i capelli del figlio, osservando la sua espressione composta: Gray non era un fanciullo che esternava i suoi sentimenti, si limitava a poche parole cariche di significato come quelle che gli aveva appena rivolto. E a lui andava bene, perché in Gray rivedeva sé stesso da giovane.

“Grazie, ragazzino” rispose semplicemente, tornando a guardare il cielo: erano fatti così. Dopotutto, si parlava di padre e figlio: nessuno dei due era incline alle sdolcinatezze.

Ma di sicuro, erano entrambi bene inclini all’infastidirsi a vicenda: fu Silver ad iniziare la zuffa, punzecchiando il bimbo nel costato. Gray reagì prontamente, sfoderando quel temperamento ribelle che, in genere, veniva mitigato dalla presenza del padre o della madre. Poco dopo si ritrovarono a fare la lotta sul prato, al cospetto della Luna e delle stelle. Era chiaramente uno scontro impari: il piccolo Fullbuster si ritrovò stretto fra le braccia del padre, che gli sfregava energicamente un pugno sulla testa. Si divincolò, per poi accoccolarglisi accanto.

“Papà… Noi due siamo amici, vero?”
“Certo”
“E staremo sempre insieme vero? Infiniti, come le stelle?”.

L’espressione di Silver si corrucciò: inspirò profondamente, mentre il vento della sera gli scompigliava i capelli, identici a quelli del figlio.

“Gray, lascia che ti dica una cosa che mio padre disse a me: guarda le stelle. Ognuna di loro ha un suo percorso: nasce e muore dopo aver vissuto la sua vita. Come noi umani, del resto. Ma quello che voglio farti capire è che lassù, fra quelle stelle, ci sono i nostri antenati che ci guardano e proteggono: perciò, quando ti senti solo, ricordati che saranno sempre lì per guidarti. E quando il mio percorso si sarà concluso, ci sarò anche io”.

L’uomo osservò il bambino, che non aveva battuto ciglio: vide il suo petto alzarsi per poi abbassarsi in un lungo sospiro.

“Ho capito…” decretò infine il ragazzino, alzandosi sui gomiti e puntando i suoi bellissimi occhi al cielo.
“Gray, prendi questo” disse, sfilando dalla giacca un sacchetto “Ricordati che io ci sarò sempre, figlio mio”.

Il piccolo aprì ansioso il pacchetto ed il suo viso fu illuminato da un’espressione di pura meraviglia: alzò la mano, dalla quale pendeva una lunga catenella d’argento.

“E’ bellissima papà…” sussurrò, osservando la collana in tutte le sue sfaccettature: era semplice ma fantastica, proprio come i suoi genitori. Una piccola spada con una bella pietra azzurra al centro dell’impugnatura.
“Grazie! Sarà il nostro simbolo!” disse, balzando in piedi e mettendosi il gioiello al collo: Silver guardò il figlio con fierezza.
“Esattamente, Gray: sarà il nostro simbolo…” acconsentì, stringendolo fra le braccia forti: si era fatto molto tardi.
“Ti voglio bene papà” sussurrò il piccolo, sbadigliando: chiuse gli occhi, addormentandosi sul petto del genitore.
“Anch’io, figlio mio…” rispose Silver, incamminandosi verso casa.
 
Ogni storia ha un inizio e una fine. Per questo ragazzino tutto è cominciato quando Deliora lo privò di ogni cosa…
Della sua casa…
Dei suoi amici…
Di sua madre…
Anche di suo padre… Perse ogni cosa.
Un disastro che risiede nel cuore delle fiamme, dove le preghiere non riescono ad arrivare…
La storia di questo giovane ragazzo cominciò quel giorno.
 
Sai
Che una guida tu avrai
Nella vita

 

Nero.
Da ormai alcuni minuti -troppi per lui- il suo mondo si era ridotto a quel colore profondo e tenebroso. Con immensa fatica provò a sollevare le palpebre, le orecchie fischianti per le assordanti esplosioni che avevano udito poco prima.
Le sue mani strisciarono sul pavimento lurido, scivolando su qualcosa di bagnato e terribilmente maleodorante. Tra gemiti pietosi Gray Fullbuster riuscì ad aprire gli occhi: nel buio riuscì a distinguere qualche sagoma, restando tuttavia immerso in un mare di oscurità che lo spaesava.
Avvertendo un fischio più forte del dovuto si tappò convulsamente le orecchie, mentre ciò che sembrava una palla di fuoco colpì le macerie del muro accanto a lui, infiammando alcune assi di legno e provocando un’intensa esplosione luminosa.
Il piccolo Fullbuster spalancò di nuovo i grandi occhi blu, sicuro di poter vedere qualcosa all’infuori di quel maledetto colore.
Tuttavia, vide ancora nero.
Il suo cuore perse più di un battito, mentre le palpebre restavano sbarrate dal terrore.  Il suo respiro accelerò, mentre un calore maligno gli affiorò al viso accompagnato da un orribile consapevolezza.

Nero, il colore della notte.

Nero, il colore della disperazione.

Nero, il colore dei capelli di suo padre.

Suo padre, disteso davanti a lui con gli occhi sbarrati: il suo corpo rigido non dava più segni di vita, mentre sulla fronte pallida, solitamente perfetta e distesa, svettava uno spesso squarcio che lasciava poco all’immaginazione.
La bocca del ragazzino si spalancò in un urlo di pura agonia, mentre cercava di alzarsi: la sua mano scivolò ancora sulla misteriosa sostanza maleodorante di poco prima, facendolo cadere e rotolare in quella pozza di ignoto liquido.
Il ragazzino serrò gli occhi dal dolore, per poi riaprirli: questa volta le sue iridi profonde incontrarono un altro colore.

Rosso.

Il colore del sangue che sgorgava dal capo di suo padre, dalle sue labbra aperte in una muta richiesta d’aiuto. Gray si alzò sulle ginocchia, incapace di fare qualsiasi cosa: le lacrime sgorgarono senza trovare nessuna opposizione.
Il dolore colpì il suo cuore con stilettate precise e letali.

“Papà…” sussurrò, tenendo lo sguardo fisso sul cadavere davanti a sé: si portò una mano alla collana che poche ore prima gli aveva regalato, osservando poi gli orecchini del genitore, identici al pendente che portava al collo.

Il suo viso immobile pareva esortarlo a scappare, a trovare una via di fuga…
… A vivere.
E Gray si alzò, sentendo il corpo pervaso da una strana energia: le sue gambe si mossero, mentre l’eco di parole lontane gli giungeva all’orecchio.

“E quando il mio percorso si sarà concluso, ci sarò anche io…”

Il piccolo Gray Fullbuster si lanciò a tutta velocità verso il barlume di una speranza eterea, con le parole di uno spirito in sottofondo: quando due braccia di donna lo sollevarono da terra, capì che aveva seguito giustamente i consigli di quelle strane voci che affollavano la sua mente, nonostante il terrore che lo aveva assalito. Mentre chiudeva gli occhi, finalmente salvo, non poté far altro che sprofondare in un sonno costellato dal ricordo di suo padre.

Se
Un ostacolo c'è
Lui sarà lì con te


“Davvero pensavi che io… Non me ne fossi reso conto?”.

Sangue che cadeva dalle sue ferite, sangue che bagnava il terreno: lo sguardo spento di Gray sostava sulla figura accasciata al suolo, la quale stava in un religioso silenzio. La calma si era improvvisamente propagata nell’aria, portando con sé una disperata angoscia: l’odore acre del combattimento si era completamente dissipato, lasciando spazio ad un vento freddo che pareva spirare dal più polare dei ghiacci.
L’uomo tenne gli occhi fissi verso il cielo: il grigiastro degli attimi precedenti aveva lasciato posto ad un tramonto tinto di scarlatto, proprio come il sangue che scorreva a fiotti dalla voragine aperta nel suo stomaco. Era pronto ad affrontare le parole che gli avrebbero spezzato il cuore: cuore che, da diciassette anni a quella parte, aveva smesso definitivamente di battere.

“Che cazzo pensavi di fare?! Tu non sei Deliora!” urlò furioso Gray, per poi abbassare lo sguardo come se un incommensurabile dolore gli attanagliasse la gola: parlare gli costava una fatica immensa.
“Tu sei mio padre, vero?” disse piano, cauto: gli occhi blu cercarono quelli dell’uomo, desiderosi di trovare una risposta di cui, ne era certo, era a conoscenza.

Risposta che non tardò ad arrivare.
 
Con te
“La falsa storia si conclude, e la reale ha inizio”
“SILVER?! IL PADRE DI GRAY-SAMA?! MA E’…
“Il mio piano era quello di indebolire gli altri demoni… Per infine distruggere Tartaros” Silver Fullbuster prese un gran respiro “Ma poi mi resi conto che…”

Si interruppe bruscamente.
Le sue parole si trasformarono in sussurri spezzati e singhiozzi repressi: l’emozione che aveva provato nel ricordare l’episodio in cui aveva rivisto suo figlio, la sua unica ragione di vita, al Torneo dei Grandi Giochi di Magia gli impediva di proseguire nel discorso.
Prese un bel respiro, trovando la forza per finire la sua confessione: doveva farlo, per Gray.

“Mi sono reso conto… Che le mie mani erano troppo sporche. Non avevo alcun diritto di vendicare te e tua madre Mika… Per questo… Lascio tutto nelle tue mani” disse infine, mentre calde e amare lacrime gli scorrevano sulle guance: abbassò lo sguardo, ben consapevole delle parole che il figlio stava per rivolgergli.
Dopotutto il suo carattere non era cambiato di molto: era ancora il suo piccolo testardo ed indomabile.

“CHE EGOISTA!” sbraitò il giovane “TU NON MI LASCERAI NIENT-”.

Fu allora che ammutolì, realizzando: lo aveva fatto di proposito.
Suo padre si era finto Deliora per permettergli di superare la paura che non gli permetteva di essere felice.
Lo aveva colpito e si era fatto colpire solo per far si che il suo animo potesse finalmente trovare pace: l’aveva trattato male per il suo bene.
L’aveva affiancato per permettergli di superare il suo ostacolo più grande.
Gli era stato accanto anche durante quegli attimi di puro strazio, in cui, sicuramente, il genitore aveva sofferto molto più di lui.

“Hai ragione su tutto, Gray: sono un assassino ed ho messo in pericolo te e la tua gilda. Uccidimi: fammi andare con Mika…” supplicò il genitore: Gray alzò la spada di ghiaccio, pronto a diventare l’unico e definitivo boia di Silver Zero Assoluto.

Stava per prendersi la vita di colui che aveva contribuito a metterlo al mondo.
Di colui che aveva giurato di vendicare.

“HAI RAGIONE!” sbraitò, guardandolo con una rabbia disperata “HAI RAGIONE, MA IO… IO NON POSSO UCCIDERTI!”.

Le sue urla furiose di trasformarono in lacrime scroscianti, e le sue lacrime scroscianti si trasformarono in un pianto disperato e senza fine: Gray Fullbuster cadde in ginocchio, la gola bruciante per gli strilli e gli occhi inondati di uno sfogo che aspettava di uscire da diciassette anni.

“Merda… MERDA!” imprecò, trovando la forza di picchiare i pugni a terra.

Silver lo guardò compassionevolmente, trattenendo il pianto: lentamente si alzò, barcollando per qualche metro. Non appena arrivò di fronte al figlio in lacrime si inginocchiò: le sue forti braccia circondarono quel corpo martoriato e tremante, avvolgendolo in un caldo abbraccio che nessuno dei due avrebbe mai più pensato di assaporare.
E così tornarono con la memoria ai giorni in cui vivevano felici sotto lo stesso tetto, ai giorni in cui erano una cosa sola, ai giorni in cui il piccolo Gray, sotto l’ala protettiva del padre, prendeva le decisioni che lo avrebbero formato in futuro.

“Non mi resta ancora molto tempo…” si decise ad interrompere il silenzio Silver.
“Papà…”
“Fammi restare così… Ancora per un po’. Sei diventato un bravo ragazzo, Gray: sei il nostro orgoglio e la nostra gioia” .

Lui vive in te
Lui vive in me
E’ nella mente
Sulla terra e in ciel
“Che problema hai? Cancella il legame fra padre e figlio dalla faccia della terra, stupida umana!”
“I sentimenti di Gray-Sama… I sentimenti di suo padre…
DI SICURO RAGGIUNGERANNO GLI UNI GLI ALTRI!
IN QUALSIASI POSTO ESSI SARANNO, SEPARATI O MENO…
SARANNO SEMPRE UNITI!”
 
 




“L’ho ucciso… Perdonami Gray-Sama, perdonami…”
“Juvia, ti ringrazio”
“Silver?!”
“Grazie a te, cara, la mia anima può riposare in pace.
Hai ucciso
Keith, liberandomi dal suo controllo”
“Juvia è…”
“Non dire nulla: perdonami… Grazie e prenditi cura di Gray”
“… Sì…”

Gray avvertì il tepore del corpo del padre abbandonarlo: la figura di Silver si polverizzò piano piano, rimasugli di lucente polvere stellare pronti a ricongiungersi al cospetto del creatore.

“Papà… Puoi riposare, adesso” sussurrò, alzando lo sguardo: proiettata nel cielo vide la sagoma di quell’uomo meraviglioso che aveva dedicato i suoi ultimi attimi di vita ad abbattere tutti gli ostacoli dettati dalle sue paure.
“Affido il resto nelle tue mani” questa volta la voce di Silver Fullbuster era calda e sicura, un sorriso coraggioso sulle labbra fini.
 
“Il motivo per cui ho espressamente richiesto la magia di Devil Slayer del ghiaccio…
E’ che E.N.D. è un demone di fuoco.
Questo potere…
Da padre a figlio…”

Gray Fullbuster aprì lentamente gli occhi di ghiaccio,  tendendo il braccio tatuato: il tribale risplendeva orgoglioso nella luce del tramonto, bruciava insieme alla determinazione che ora animava il giovane di Fairy Tail.
Silver era scomparso, finalmente capace di raggiungere la pace eterna al fianco di Mika, la moglie amata.
Dopo così tanti anni, l’anima e la magia del padre erano state tramandate al figlio: il mago prese un profondo respiro, avvertendo la grave consapevolezza di dover vivere a tutti i costi.
Vivere e combattere per chi aveva dato la vita per un suo sorriso.

“In quanto Devil Slayer del Ghiaccio… Sarò io a distruggere E.N.D.. E tu mi guarderai dallo specchio della mia anima, padre ”.

Lui vive in te

“Gray?!”.

Il mago del ghiaccio atterrò con violenza davanti a Gajeel, per poi puntare gli occhi ardenti sulla figura di Tempesta: il demone lo guardò impassibile, apparentemente ignaro del suo segreto.

“E così questo sarebbe il tizio che ha conciato Laxus e gli altri per le feste… O meglio: sono state le particelle della barriera magica del suo corpo ad annientarli. Molto bene: con il suo sangue possiamo creare un antidoto per salvarli dal veleno: fammi un favore e portalo alla vecchia Porlyusica”.
“Che ne dici se prima lo uccidi, eh, cazzone?!” sbottò Gajeel, la solita aggressività  per mascherare il suo sgomento: il comportamento di Gray lo lasciava leggermente sorpreso.
Non era la prima volta che il sarcasmo strafottente del ragazzo venisse a galla nei momenti più critici, ma la sicurezza con cui il mago aveva parlato lo spiazzò: pareva che avesse già la vittoria in pugno.

“Detto fatto. Un ghiacciolo di demone in arrivo”.

E Gray partì all’attacco: il dragon slayer spalancò gli occhi nel vedere il corpo del nakama danzare fra i tornado creati da Tempesta, evitandoli agilmente.
Colonne di ghiaccio si ersero dal terreno lordo di sangue, ghiacciando qualsiasi cosa incontrassero sulla loro via: i vortici dell’Etherious si cristallizzarono, causando lo sgomento degli spettatori.

“Cos-?!” Tempesta si trovò spiazzato e barcollò.
“IMPOSSIBILE!” sbraitò Gajeel: lo sguardo di Gray stava bruciando, se possibile, ancora più intensamente.

Il tatuaggio situato sul suo braccio splendeva di una luce innaturale, lasciando percepire agli sfidanti un’energia magica fuori dal comune.
Gray Fullbuster sembrava un’altra persona.

“Con la tua forza, padre…” pronunciò, continuando la sua corsa “E la tua anima… Lui vive in me”.

Con un colpo seccò roteò su sé stesso, portandosi le mani al fianco: una luce accecante gli investì gli avambracci, lasciando emergere del ghiaccio dal nulla.

“LONG SWORD OF THE ICE DEMON ZERO!”.

Gajeel non riusciva a credere ai suoi occhi: una lunga spada ghiacciata comparve nelle mani di Gray, per poi squarciare in un baleno il petto di Tempesta.
Gray tenne gli occhi fissi sul demone, l’energia della magia esorcista che gli scorreva nelle vene: Tempesta venne sbalzato all’indietro, mentre speroni di ghiaccio gli sbucavano dalla ferita e dal corpo, congelandolo in una trappola mortale…
La bara cristallina che avrebbe contenuto il suo cadavere per l’eternità.
“Che cazzo hai combinato…?” sussurrò allibito Gajeel, tenendo gli occhi  scarlatti fissi sul compagno: Fullbuster si girò verso di lui, con lo stesso sguardo determinato di poco prima.
“Io distruggerò Tartaros”.
 
Nel tuo riflesso
Lui vive in te


Natsu cadde pesantemente sul terreno pietroso, avvertendo un dolore lancinante al fianco: Marde Guille troneggiava imperioso su di lui, osservandolo con quel sorrisetto demoniaco che lo caratterizzava.

“CHE COS’E’ QUESTA ROBA?!” sbraitò il figlio di Igneel, scansando un rovo dal diametro di cinque metri: era a corto di energie, non sarebbe riuscito ad evitare il colpo successivo.

Un’immensa pianta spinata si levò sopra di lui, proiettando un’ombra minacciosa su tutto il campo di battaglia: uno spettacolo spaventoso che aveva avuto il potere di far ammutolire il dragon slayer.

“E’ LA PRIGIONE FIORITA CHE SBOCCIA NEGLI INFERI!”.

Il grido di Marde Guille accompagnò la discesa del fiore: Natsu non riuscì a reagire in tempo.
 


Il tempo parve fermarsi: Sting e Rogue ammutolirono, mentre Natsu, inginocchiato a terra, si trovò una pianta ghiacciata a pochi metri dal viso.
Il Re dell’Ade fissò sgomento la propria creatura, incapace di capire cosa stesse succedendo.
 
“Ghiaccio…?” sussurrò Dragneel, per poi avvertire il caldo di una morbida sciarpa sulle spalle “Ma che…?”
“L’ho raccolta. Se per te è così importante non perderla di nuovo: è un regalo di tuo padre”
“Gray!”.

Il mago si parò davanti al compagno, le iridi tempestose fisse sul master di Tartaros.

“Questo potere magico…” Marde Guille fissò intensamente il ragazzo “CHI DIAVOLO SEI TU?!”.
 
Un’stante dopo indietreggiò, il braccio completamente ghiacciato: Gray strinse il pugno destro, mostrando l’enorme tatuaggio che splendeva sulla pelle coperta di tagli.

“Il figlio di… Non è possibile… ” Marde Guille impallidì, osservando la figura eterea al fianco di Gray Fullbuster: lo spirito di Silver lo fissava con il medesimo sguardo del figlio, deciso ad annientarlo.
Due voci parvero parlare all'unisono.

“Sono un Devil Slayer. E sono venuto a sconfiggerti”.


Lui vive in te...





 










 
Angolo dell'autrice: 

Salve a tutti e buona Festa della Liberazione. 
Torno dopo tanto, ma davvero tanto tempo, lo so. 
Cerco di scusarmi, anche se ogni parola che sto scrivendo suona falsa alle mie orecchie: sono fatta così, e mi sento terribilmente in colpa. 
Ho sempre odiato i ritardi delle pubblicazioni e tutt'ora li odio: quindi, di conseguenza, in questo momento mi sto odiando. 
Mi dispiace davvero tanto e mi scuso con tutte le persone che per giorni e settimane hanno aspettato un mio capitolo: iniziai questa fic a fine estate scorsa, dicendomi che avrei potuto farcela, che avrei continuato a scrivere anche con l'inizio della scuola. E così è stato, i primi tempi: i capitoli crescevano e voi, recensori e lettori, mi allietavate con le vostre recensioni. 
Ero davvero felice e non avrei potuto desiderare qualcosa di più bello.
Tuttavia, per motivi che elencai in un angolo come questo, interruppi la stesura di questa raccolta. 
Mi odiai tanto quanto mi odio ora. 
Tornando al presente, i motivi della mia assenza sono come al solito molteplici, anche se, per una volta, ho una motivazione fra le tante che differisce.
Da dove cominciare?
Innanzitutto, mi rivolgo a tutti i liceali che stanno leggendo: IL TRIENNIO DEL LICEO E' UN INFERNO.
Non mi sarei mai aspettata di trovarmi in un nido di serpi di tali dimensioni, capitanato da docenti assomiglianti ad Acnologia e Jiemma, l'ex Master di Sabertooth.
Dovessi trovare tutte le somglianze fra professori ed operatori scolastici starei qui a scrivere un anno intero. 
E non è un eufemismo, sul serio. 
Per prima cosa, diciamo che faccio a pugni con la matematica e la fisica, o meglio, con la professoressa di matematica e fisica: e pensare che frequento l'umanistico, non dovrei avere problemi se non fosse per il fatto che la professoressa ci tratta come studenti di scientifico e pretenda che noi sappiamo regole di cui nemmeno lei è a conoscenza. 
Fatto sta che le ore che potrei impiegare nella scrittura le impiego in un'estenuante lotta contro il debito estivo.
Ho in programma di farvi divertire con Fic estive e non ho intenzione di passare le Sante Vacanze china sui libri. 
Ho davvero pochissimo tempo libero e solitamente lo uso per uscire di casa ed evitare di essere reclusa come una condannata all'ergastolo. 
Come seconda cosa, devo confessare la mancanza di ispirazione: lo spirito della scrittura mi aveva abbandonato... 
... E devo confessare di aver "sacrificato", per così dire, un sacco di tempo per l'elaborazione di una Long su Ib, meraviglioso gioco Rpg che vi consiglio caldamente di giocare o perlomeno di vederne il gameplay: ce ne sono un sacco, sia in italiano che in inglese e, fidatevi, Ib non vi deluderà. 
La Long è in stallo ma a buon punto, anche se credo proprio che verrà pubblicata in estate.
Terza cosa, ero terribilmente arrabbiata con Hiro Mashima: volevo a tutti i costi aggiornare con una OS su Gray e Silver -pace all'anima sua- e per questo ho atteso la fine di Tartaros Arc...
Fine che ci ha messo un sacco ad arrivare. In realtà non sono arrabbiata propriamente per questo -Tartaros Arc è stato uno dei più entusiasmanti archi narrativi del manga, non vedo l'ora di vederlo in formato anime- quanto più per lo scherzo di cattivo gusto giocato da TROLLSHIMA, come ho imparato a chiamarlo: con la storia di Gray Fullbuster improvvisamente malvagio, mi ha fatto incazzare come una bestia, oltre a farmi perdere trent'anni di vita!
Avrei voluto uccidere il nostro caro mangaka... Ma poi ha fatto tornare tutto alla normalità, grazie a Mavis. 
Tuttavia, leggendo di Gray versione fanatico mi riusciva difficile scrivere di lui: e sottolineo che è il mio personaggio maschile preferito, oltre a Gerard!
Quindi potete immaginare l'amarezza che ho provato. 
In sintesi, questi sono stati i motivi della mia lunga assenza: tuttavia, tengo a precisare che non sentirete parlare di me per un po', credo. 
Ormai manca poco alla fine della scuola, ed ho l'intenzione di togliermi le chiappe dalla brace, per così dire. 
Tuttavia non dovete temere perché ho in serbo una Gajeevy o Gale, come volete chiamarla, sotto le note di una delle più belle canzoni de "La Bella e la Bestia", -evidenziate la riga se volete leggere lo spoiler- che ho composto per metà mentre attendevo la fine di Tartaros Arc: quindi fan della Gajeevy o Gale -evidenziate pure questa riga se volete leggere lo spoiler- aspettatevi una bella dose di ship gratuito!
Amo anche io quella coppia -quale coppia non amo, a parte quelle improponibili e che non rispondono alle normali canon?- e spero come voi in una sua evoluzione positiva all'interno del manga. 
Bè, ora che ho finito di giustificarmi -quanto mi faccio schifo- che posso dirvi?
Adoro "Lui vive in te" e personalmente penso che "il Re Leone 2: il regno di Simba" sia uno dei pochi sequel che meritano davvero tanto, quasi quanto il primo film.
La saga del Re Leone è sempre stata una delle mie preferite e ci tenevo molto a scrivere una Ost con questa canzone. 
In realtà non avevo idea di come concludere il capitolo: non riuscivo a trovare il finale giusto. 
Ne avevo scritti due o tre, che dovevano risolversi con un po' di sana Gruvia, tuttavia non trovavo troppe attinenze con la canzone e soprattutto mi sembrava di rovinare qualcosa che sembra quasi bello. 
Confesso che oltre a "Lui vive in te", la colonna sonora di questa canzone è stata "See you again" di WIz Khalifa e Charlie Puth. 
Quanti pianti per la colonna sonora di Fast and Furious 7: adoravo Paul Walker, e realizzare che è morto in un modo così crudele e per mano più o meno inconsapevole di un suo amico... Mi fa piangere il cuore. 
Potrei stare qua altre ore a parlare con voi, ma credo di avervi rotto abbastanza le scatole: è giunta l'ora di tirare le file di questo angolino, che tanto ino non è.
Insomma... Mi scuso ancora con tutti voi e spero abbiate voglia di leggere questa Os, di recensirla, di farmi sapere cosa ne pensate e di insultarmi come se on ci fosse un domani. 
Che altro dire: un gran saluto a tutti voi e tanti baci, specialmente a lucidalabbra100100 che ha recensito lo scorso capitolo. 
Non so quando pubblicherò di nuovo, ma fino ad allora... Vi auguro il meglio e di trovare sempre qualcosa in queste Fic che vi tocchi e vi faccia emozionare, stare bene. 

Alla prossima, 

Jaki Star
 
 
 




 
 




 
 
 

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Capitolo 12
*** Storie -Gale- ***




 


Gale ~ Storie






 
Gajeel.

Gajeel Redfox.

Quel nome continuava a rimbombarle in testa: qualsiasi cosa facesse, qualsiasi cosa tentasse di fare, un rossore crescente le dipingeva il viso.
Non era passato molto dalla loro avventura nel mondo degli spiriti stellari, ma anche se fossero passati mesi, Levy McGarden sarebbe stata ugualmente imbarazzata a morte: con la testa fra le nuvole passeggiava per le vie di Magnolia, incurante del freddo che provocava le lamentele dei suoi concittadini. La minuta ragazza si lasciò sfuggire un sospiro, alzando gli occhi scuri al cielo: dalla fatidica ed invadente ultima domanda del quiz contro Caprico, la sua vita tranquilla non era più stata la stessa. Ovviamente molti suoi nakama erano venuti a sapere del suo piccolo segreto e le sue amiche non avevano fatto altro che amplificare sempre di più la cosa, cercando ogni possibile ed improbabile traccia di gossip. A parte la discrezione di Wendy, Lluvia ed Erza, le altre ragazze si divertivano a trovare mille e più modi per avvicinarla al suo amato, creando il più delle volte situazioni imbarazzanti e fastidiose, specie per il misterioso principe azzurro.

“Ma come ho fatto a cacciarmi in una situazione simile?” mormorò, stringendosi nel cappottino grigio chiaro: persa completamente nei suoi pensieri, non si accorse della persona che le stava venendo incontro, immersa come lei in strane fantasie. Lo scontro fu inevitabile: la piccola Levy cadde a terra, atterrando non molto gentilmente sul sedere. Un soffocato gemito di dolore lasciò le sue labbra, mentre strizzava le palpebre.

“Ci mancava solo questa…” mormorò, cercando di riprendersi dalla sua ennesima figuraccia.
“Oh, scusami Levy! Ero distratta!” una ragazza avvolta in una lunga giacca marrone sorrise rassicurante, tendendole la mano: Levy spalancò gli occhi, riconoscendo la voce di una delle sue migliori amiche.
“Erza!” esclamò, accettando l’aiuto “Scusami tu, avevo la testa altrove: come mai sei qui?”.

La domanda così spontanea della piccoletta ebbe il potere di rendere la pelle della grande Titania in tinta con i suoi capelli scarlatti: la scripter inclinò il capo, incuriosita dalla reazione dell’amica.

“Bè, ecco io…” farfugliò la rossa, cercando una via di fuga da quello scomodo quesito “… Dobbiamo parlare, Levy”.




 
“Ah, e così… Stai cercando un regalo di Natale” Levy sorrise maliziosa, scrutando una Erza stranamente silenziosa: quest’ultima annuì, con le gote imporporate.
“Vedi Levy, questo… E’ un regalo speciale: non sono abituata a farne, per questo mi trovo un po’ spiazzata…” sulle labbra della rossa comparve un sorriso impacciato, fin troppo tenero per una come lei.

Ma dopotutto, pensò la McGarden, Erza era una donna… Ed un certo uomo di nome Gerard Fernandes le aveva indiscutibilmente rapito il cuore.

“E tu? Come mai quell’aria persa?”.

Oh.

Levy arrossì a dismisura, chiudendosi improvvisamente a riccio: sprofondò il viso arrossato nella morbida sciarpa azzurra, cercando disperatamente di sparire dalla vista della compagna.

“Levy, non è un male o un motivo di vergogna: quello che provi nei confronti di Gajeel non ha nulla di sbagliato, sai?” il tono di voce di Titania si era fatto incredibilmente dolce, riuscendo a guadagnarsi l’attenzione della piccola maga.
“Erza… Tu dici che può esserci qualche speranza? Ma io… Proprio io, innamorata di uno stupido orso rozzo ed ignorante? E poi, che gli interessa di una tavola da surf in miniatura?” Levy sprofondò di nuovo nel tessuto lanoso della sciarpa, continuando a camminare come un automa sui marciapiedi lievemente innevati: Natale era più vicino di quanto si potesse immaginare e la coltre bianca che ricopriva Magnolia ne era una valida testimonianza.

Erza si concesse qualche minuto di silenzio, ammirando una vetrina riccamente decorata: i suoi occhi castani erano fissi su qualcosa di indeterminato, come  a cercare una soluzione ai problemi della compagna.

“Non possiamo scegliere di chi innamorarci, però possiamo decidere cosa fare per conquistarli” la rossa guardò l’amica, sorridendo “So che per la situazione amorosa in cui mi trovo non sono un buon esempio, ma… Perché non gli fai un regalo?”.

Levy si bloccò, fissando sconvolta la nakama: che?!

“Un… Un regalo?” ripeté timidamente, indecisa sull’utilità di quell’ipotesi: sul serio un regalo sarebbe potuto servire ad avvicinarli?
“Sì, un regalo: siamo a Natale, no?” lo sguardo di Erza perse tutto il romanticismo di poco prima, acquistando una luce decisa “Ti aiuterò io! Non sarei la grande Titania se non riuscissi ad aiutare una cara amica!”.

E, prima che potesse ribadire, la povera Levy venne trascinata in una caccia al tesoro più difficile di quello che pensasse.
 

Devo superare la sua diffidenza, ci sarà il modo di entrare in confidenza
Stargli un po' vicino parlargli a tu per tu, l'amicizia è importante se la vivi un po' di più
 


“Niente?”
“Niente di niente”.

Levy scosse il capo scoraggiata, sedendosi su una panchina: Erza la guardò dispiaciuta e pensierosa, pensando ad una maniera per aiutarla. Si guardò in giro, cercando di adocchiare qualche negozio che non avessero già esaminato da cima a fondo: nemmeno lei aveva trovato qualcosa per Gerard ed era davvero a corto di idee, tuttavia questo passava in secondo piano ogni volta che incontrava il viso affranto della Scripter.
La rossa si portò una mano al mento, fissando la nakama: dopo poco un sorriso enigmatico le affiorò alle labbra piene e ben delineate.

“Perché non ne parliamo davanti ad una bella tazza di cioccolata? Magari ci dà qualche spunto!”.

Levy sollevò gli occhi sulla figura dell’amica, interrogativa: il luccichio inquietante delle iridi di Titania la convinse a seguirla senza porle troppe domande.
 


“Oh, è davvero squisita!”.

La piccola McGarden non riuscì a trattenere un sorrisetto rassegnato: nonostante l’ora della merenda fosse passata già da un po’, la grande Erza Scarlett non poteva rinunciare alla sua fetta di torta pomeridiana e così, con il pretesto di riposarsi dopo l’estenuante ricerca, l’aveva trascinata in quella pasticceria calda e straripante di dolci.
Levy sorseggiò appena la cioccolata, aspettando che la compagna finisse di gustarsi la prelibatezza di panna e fragole: sapeva che, fino a quando non avesse finito con calma di mangiare, non le avrebbe dato retta. Con un sospiro abbassò gli occhi, osservando con scarso interesse la panna che galleggiava sulla sua bevanda: dubitava fortemente che, alla fine di quella giornata, sarebbe riuscita a trovare qualcosa di interessante.
Forse doveva solo arrendersi all’evidenza: quello scimmione non l’avrebbe mai notata né considerata più di un’amica e le conveniva cambiare orizzonte per non finire intrappolata nella temibile Friendzone.

“Pensavo a qualcosa che potresti costruirgli tu”.

La voce di Erza arrivò tanto inaspettata quanto folgorante: Levy alzò gli occhi sulla compagna, che si stava pulendo le labbra con un tovagliolo.

“Come hai detto, scusa?” domandò incredula la piccola Scripter, inclinando appena la testa: Titania sorrise, spostandosi appena il ciuffo scarlatto dalla fronte.
“Sai, ho pensato a varie alternative: l’idea di regalargli una chitarra era carina, ma fuori discussione. Gajeel non ha la minima idea di come si suoni uno strumento, nonostante sia convinto del contrario: penso che non sia una buona idea incoraggiarlo, dato che potrebbe rompere la cristalleria e scatenare una rissa epocale, come è già successo più volte in passato. Quindi, a causa di questa sua… Dote non ben sviluppata, ho eliminato anche l’idea di confezionargli uno di quegli abiti ridicoli che è solito indossare quando si presenta sul palco” spiegò la giovane, leggermente nauseata nel ricordare le terribili performance di Gajeel.
Levy si dovette tappare la bocca per non scoppiare a ridere: effettivamente, la vista del dragon slayer di ferro vestito come un componente dei Blue Brothers era tutt’altro che mozzafiato.

“Per questo sono giunta ad una ragionevole conclusione”.

L’attenzione della piccola maga si calamitò sulla compagna: nonostante il pomeriggio sprecato in inutili ricerche, sperava intensamente che l’amica potesse darle la soluzione a tutti i suoi problemi.
Si ripromise che, non appena si fosse organizzata, le avrebbe reso il favore aiutandola con Gerard.

“Secondo me, per ora dobbiamo distoglierci dai suoi gusti, dei quali peraltro non sappiamo molto, e focalizzarci su qualcosa che puoi realizzare con le tue forze, qualcosa che piace anche a te e che potreste, in un certo senso, condividere: ad esempio…”
“… Un racconto”.

Erza si abbandonò ad un sorriso, compiaciuta dal fatto che la Scripter avesse centrato l’obiettivo.

“Dato che ti occupi così bene della biblioteca della Gilda… Ho pensato che forse saresti in grado di realizzare un libro: è possibile una cosa simile?” domandò la rossa, appoggiando il mento sulle mani congiunte. Levy la guardò negli occhi, ritrovando la determinazione che aveva smarrito nelle ore precedenti.
“Dammi un po’ di tempo e sarà senza dubbio realizzabil-”
“Ehi, avete sentito l’ultima?”.

Le due ragazze si girarono verso un gruppo di uomini che parlavano in modo concitato al bancone della pasticceria: un ragazzo gesticolava, le spalle del giubbotto coperte di un sottile strato di neve.

“Un team di Fairy Tail è appena tornato in Gilda: pare che Acciaio Nero sia stato ferito in missione!”.
 
Titania non fece tempo a sgranare gli occhi, che Levy si era già catapultata fuori dal negozio.
 
 
 
“Per la centesima volta, vecchio: è solo un fottuto graffio!”.

La voce ruvida di Gajeel rimbombò nella stanza dell’infermeria: i suoi occhi rossi si fissarono in quelli di Makarov, il quale continuava a guardarlo con un cipiglio severo e preoccupato.

“Mi auguro che sia così: in ogni caso, ti proibisco di andare in missione fino a nuovo ordine, sono stato chiaro? Guarisci e riposati, solo così tornerai in servizio il prima possibile”.

Con lo sbuffo del dragon slayer in sottofondo, il Master di Fairy Tail lasciò la stanza, seguito da Erza e Levy: una volta in corridoio, le due ragazze sospirarono all’unisono, scambiandosi un’occhiata eloquente.

“Anche questa volta è andato tutto bene” commentò la blu “Ma quello stupido di Gajeel se la cava sempre, in fin dei conti: credo che, se in una remota altra vita, fossimo fidanzati, mi farebbe morire a furia di infarti”
“Vedila in un altro modo” cercò di mediare la rossa “In questo modo potrai passare più tempo con lui… Potresti leggergli il libro che stai preparando” un sorriso luciferino le si dipinse sulle labbra, mentre gli occhi luccicavano di malizia: Levy deglutì rumorosamente, allontanandosi di un passo dall’amica.
“Ecco… E’ davvero tardi, credo che andrò a casa a finire tu-sai-cosa: a presto e grazie!” esclamò balbettando concitata, per poi schizzare via: Titania si concesse una breve risata.

“Andrà tutto bene, ne sono sicura” si disse, incamminandosi verso Fairy Hills: d’un tratto si bloccò, tremando impercettibilmente.
 
“E io ora come lo risolvo il mio problema natalizio?!”.
 

Gli leggerò delle favole meravigliose, dove anche l'impossibile diventa la realtà
 

“Ahi!”.

Levy si portò il dito alle labbra, trattenendo qualche maledizione: con rassegnazione posò ago e filo, constatando quanto le sue abilità da sarta fossero scarse. Non riusciva nemmeno a prendere in mano gli strumenti del mestiere che si feriva come una stupida! Forse, quella di costruire un libro non era stata un’idea così geniale, tuttavia il tempo scarseggiava e non aveva altre opzioni.
Con un sospiro rassegnato si mise ad osservare il materiale che si era procurata, quasi come se potesse dargli l’ispirazione e la capacità necessaria di finire il lavoro che si era imposta di fare.

“Direi che… Forse è meglio se inizio con il preoccuparmi del contenuto, eh? Oh Levy, sei così fusa che ti metti pure a fare cose al contrario!” si sgridò ad alta voce, inforcando gli occhiali: con fare deciso si mise alla tastiera del computer, cercando nella sua mente qualcosa di avvincente e magnifico che avrebbe catalizzato perfino l’attenzione di un buzzurro come Gajeel.
“… Uhm… Forse è meglio che mi faccio aiutare da internet, eh? Altrimenti prima che scrivo un libro intero quello scimmione fa in tempo a guarire trenta volte… Spero solo che non si addormenti quando glielo leggerò”.
 
E così si mise a scrivere e rielaborare, incurante del sole che tramontava e della luna che sorgeva.
 

 Sotto la luna noi troveremo l'ispirazione, la fantasia ci aiuterà.
 

“Sono esausta…” mormorò Levy, il mento appoggiato al tavolo che era divenuto il suo piano di lavoro: con gli occhi socchiusi ed arrossati dalla fatica, fissava un punto imprecisato davanti a sé, le braccia abbandonate lungo i fianchi.

Ad un tratto, la leggera risata di Erza le arrivò alle orecchie, spezzando il silenzio che da un po’ si era creato nella cucina: la rossa appoggiò con delicatezza un libro sul tavolino da caffè ai suoi piedi, per poi sorridere dolcemente in direzione della Scripter.

“Sei stata davvero brava ad inventarti tutta questa roba: devo dire che hai camuffato molto bene le trame originali” ridacchiò, spostandosi una ciocca di capelli scarlatti dietro l’orecchio: Levy parve rinsavire, in parte sollevata.
“Lo pensi sul serio?” domandò, gli occhioni illuminati da una luce di speranza: Titania fece un cenno d’assenso, accarezzando la copertina in pelle del libro.
“Allora lo incarto e glielo porto: almeno entro stasera saprò se tutta questa follia sarà utile o meno” sospirò la blu, ancora incerta: Scarlett si alzò dalla poltrona in cui si era sistemata, afferrando la propria giacca.
“Bè, mal che vada lo regalo a Gerard: non verrà sprecato, tranquilla” disse la rossa, cercando di confortare l’amica.
“Senza dubbio sarà così, non ti preoccupare” mormorò McGarden, salutando con un cenno la compagna.

Dopo qualche minuto finì di incartare la sua opera letteraria: con occhio critico la osservò, cercando qualche imperfezione nell’imballaggio, per poi annuire soddisfatta.

“Così dovrebbe andare…” mormorò Levy, osservando lo spicchio di luna che faceva capolino fra le nubi, fuori dalla finestra “… Spero solo che sia stata una buona idea mischiare Shakespeare con Stephen King”.

 
Solo sulle ali della tua immaginazione puoi scoprire i mille volti di ogni illusione
Annienteremo i draghi e le altre avversità, e un dolce sorriso le sue labbra sfiorerà
Storie su storie nel mondo della fantasia, dove anche l'impossibile diventa la realtà
Ed io lo condurrò sulle vie dalla magia e troverà la verità


 
“Avanti”.

Il grugnito di Gajeel la fece sospirare, seccata: i suoi modi sgarbati la infastidivano assai, tuttavia non poteva farci nulla, faceva parte del suo modo di fare e non sarebbe stata in grado di cambiarlo.

“Sono venuta a farti da balia, stupido Gajeel” gli disse, portandosi davanti alla sua imponente figura: il corvino la squadrò con scarso entusiasmo, gli occhi rossi terribilmente annoiati.
“Se in realtà sei qui anche tu per farmi la predica non sei la benvenuta, gamberetto
“Smettila di chiamarmi così, baka!” lo rimbeccò, arrossendo di rabbia: erano passati solo cinque minuti, tuttavia aveva già voglia di defenestrarlo.
“Ghihi” si limitò a sghignazzare lui, stendendo il braccio abbondantemente fasciato: Levy assottigliò appena gli occhi, ricordandosi dei grossi tagli che si nascondevano sotto quegli strati di garza e cotone.
“Come va la ferita?” chiese, con un velo di preoccupazione: gli occhi scarlatti di Kurogane si posarono nuovamente su di lei, ardenti.
“E’ solo un graffietto, come ho ripetuto un centinaio di volte ad un centinaio di persone. Mi dà solo noia: non riesco a fare quasi nulla e la debolezza mi dà un po’ di vertigini, quindi devo starmene qui. Spero tu abbia portato un modo per distrarmi, perché altrimenti potrei impazzire” mugugnò, realmente stufo: la piccoletta estrasse il tanto famigerato pacco dalla borsa a tracolla che si era portata dietro.

Improvvisamente, era diventato più pesante di quanto dovesse essere.

“Dato che è quasi natale, ho pensato di portarti un regalo. L’unico impiccio è che dovresti aprirlo la mattina del venticinq-” Levy non fece tempo a terminare la frase che si era preparata che la mano del drago, svelta, artigliò la scatola e gliela sottrasse da sotto il naso.

McGarden pestò un piede a terra, infastidita: quel buzzurro riusciva a rovinare tutti i suoi piani! Era stata ore sotto la doccia a pensare al discorso da fargli e tutto il suo arrovellarsi era stato mandato all’aria dai suoi modi scortesi.
“Va’ al diavolo” sibilò mentalmente, ignorando il ghigno del nakama.

“Chissenefrega di aspettare il venticinque: morirò prima se non mi trovo una distrazione” disse, stracciando senza troppi complimenti la carta da regalo: il suo entusiasmo parve smorzarsi lievemente, per poi trasformarsi in sorpresa.
“Un… Libro?” domandò, girandosi il tomo fra le mani.
“Già” replicò secca Levy, non sapendo cosa dire: si fissava le punte dei piedi, con la strana sensazione che il regalo non fosse ben gradito. Non si era accorta che Gajeel soppesasse con interesse il presente, squadrandolo con aria critica ed intrigata.
 
“A me fa male un po’ la testa, se fisso le pagine peggiorerà. Perché non me lo leggi?”.

La proposta arrivò precisa ed inaspettata.
La blu alzò gli occhi, incredula: il figlio di Metallikana le fece spazio sul divano.
E, dopo quell’invito così esplicito, non poté fare a meno di accettare.
 


 
“E così, dopo aver sconfitto il temibile pagliaccio assassino Pennywise, Romeo si incamminò verso la lugubre tana del drago cattiv-”

“Ehi!” saltò su Gajeel, mostrando i denti “Perché cavolo Romeo dovrebbe uccidere il drago?! E perché il drago è cattivo?! Mi prendi in giro, gamberetto?!” sbraitò, iniziando a ringhiare inferocito.

Levy chiuse seccata il libro, rivolgendo al compagno un’occhiata assassina.

“E’ la centesima volta che interrompi la mia magnifica narrazione, stupido Gajeel! Se non lo sai, il drago è sempre il cattivo nelle favole!” strillò, i nervi a fior di pelle: Kurogane le rivolse uno sguardo di sufficienza.
“A me questa non sembra una favola. In quali favole che siano degne di tale nome c’è un pagliaccio assassino divoratore incallito di bambini, razzista ed omofobo?!”
“Perché, il fatto che invece ci sia una strega che spaccia mele avvelenate alle belle ragazze perché teme di perdere il titolo di “Bomba sexy del reame” ti sembra più sensata?!”
“Certo che sì!”
“Non hai gusto estetico!”
“Tu ne hai fin troppo!”.

La piccola McGarden dovette fare appello a tutta la sua forza di volontà per non stringere le esili manine attorno al collo del dragon slayer: fece un paio di respiri profondi e contò fino a dieci, ignorando le critiche del compagno in sottofondo.

“Allora facciamo così: plot twist, il drago non è cattivo ma diventa il compagno d’avventura di Romeo, il quale lo aiuterà a ritrovare Giulietta, ok?” propose, trovando in parte la calma perduta.
Gajeel la osservò con sospetto.

“Niente più draghicidio?”
“Niente più draghicidio”
“Ci sto”.
 

Storie di eroi che non han paura del domani, e con loro lui ritroverà la forza di lottare
Quando si troverà questa forza tra le mani, un nuovo mondo scoprirà..
... Vorrà restare…


 
“E così, dopo aver ucciso il folle Jack nell’Albergo Overlook, Romeo Montfox e Giulietta McLeti salirono sul dorso di Phanter, il drago nero che aveva affiancato l’eroe nella dura impresa di salvataggio: inutile dire che sarebbero convolati a nozze la sera stessa. Fine”.
 
Levy fece un respiro profondo, chiudendo il libro che con tanta fatica aveva realizzato: sentiva lo sguardo di Gajeel su di sé, e temeva realmente che i suoi sforzi si sarebbero presto rivelati inutili. La verità, era che quel romanzo non l’aveva composto solo per passare del tempo con lui o per guadagnarsi un po’ di simpatia e considerazione da parte sua: lo aveva realizzato anche per risollevargli il morale e per fargli recuperare la fiducia che sembrava aver in parte perso dopo il fallimenti della sua ultima missione.
Esitante sollevò appena gli occhi sulle fiamme crepitanti nel camino, in attesa di un suo commento.

“Non male” proferì Gajeel dopo qualche minuto di assordante silenzio.
“… Oh” fece la piccoletta, sorpresa “Lo pensi davvero?” chiese, trattenendo uno sbadiglio: le palpebre le si erano fatte insopportabilmente pesanti, e non riusciva più a tenerle del tutto sollevate.
Le ore di lavoro e di insonnia si facevano sentire prepotentemente.

“Sai, gamberetto… E’ stato gentile da parte tua” mugugnò vago, in cerca delle parole adatte: si grattò la testa con vago imbarazzo, decisamente in difficoltà.
“Mh…” rispose Levy.
“Insomma: hai una grande pazienza…”
“Mh…”
“E un grande cuore, ma non fisicamente eh, perché non ci starebbe nel tuo corpicino…”
“Mh…”
“E la storia che mi hai scritto è stata davvero bella, mi è piaciuta… Non sono mai stato un grande lettore, ma questo mondo della fantasia che tanto piace a te inizia a garbarmi…”
“Mh…”
“E… E quindi io mi scuso e… E ti ringrazio perché... Sei speciale per me, gamberetto”.

Gajeel si mise una mano sul viso, attendendo la risposta della ragazza.
Dopo qualche attimo di silenzio si costrinse a togliere l’arto: un peso opprimeva la sua spalla.

“Ma guarda un po’ te… Si è addormentata. Probabilmente non ha sentito nulla di ciò che le ho detto” constatò Kurogane, osservando di sottecchi la Scripter: con un sospiro esasperato si mise comodo, conscio che con un solo braccio non sarebbe riuscito a trasportare la minuta McGarden senza che si svegliasse. Dopo qualche attimo di assestamento sbadigliò, trovando una posizione abbastanza confortevole: chiuse gli occhi, rilassandosi nel sentire il lieve respiro di Levy sul collo.
Complice l’antibiotico che doveva assumere, si addormentò in poco tempo: tuttavia, il sorriso che aveva sulle labbra non era sicuramente dovuto ai famaci.
 
 

 
 
Erza si sfregò le mani, per poi soffiarci sopra: con un colpo d’anca aprì la porta del suo appartamento, per poi sgusciarvici dentro veloce come un lampo.

“Mamma mia, che freddo” commentò, rabbrividendo: spinse l’interruttore della luce con il gomito, dato che aveva le mani completamente congelate, e poi si diresse quasi correndo verso il calorifero.

L’improvviso caldo della ghisa la fece inizialmente sobbalzare, ma poi si abbandonò ad un sospiro. Ad un tratto, i suoi occhi da cerbiatta intercettarono qualcosa di anomalo sul tavolino che aveva al centro del soggiorno: incuriosita si avvicinò, constatando che l’oggetto sospetto fosse un pacco regalo. Esitante lo rimirò qualche minuto, per poi scartarlo: un libro fece capolino dalla carta scarlatta, la copertina scintillante nuova di zecca.

“Manuale del corteggiamento: come fidanzarsi in poche mosse –guida per negati-”

Titania avvampò furiosamente: strinse il volume fra le mani, i denti digrignati.

“LEVY, CHE SCHERZO E’ QUESTO?!” sbraitò, mentre una vocina interiore le suggeriva che quel tomo sarebbe servito sia a lei che al suo spasimante.
“Oh?” dopo qualche momento di sclero, la rossa notò un bigliettino: faceva capolino fra le pagine del libro, timido ed anonimo.
Erza sbatté le palpebre, afferrando il quadratino di carta: incredula lo lesse, mentre una parte di lei –la meno arrabbiata- ringraziava già la sua amica.
 
Carissima Erza: so che il libro potrebbe sembrare equivoco, ma penso che possa sinceramente aiutare sia te che Gerard. Non venire ad uccidermi, che se mi andrà bene –incrociamo le dita- in questo momento sarò occupata a leggere. Parlando del tuo amico speciale, date le temperature ed il fatto che alloggi in mezzo alla natura, gli regalerei…”.
 
 



Melody si lasciò cadere stancamente sul pavimento legnoso della cascina: i suoi occhi saettarono per lo spazio stretto ma confortevole, scaldato dalle fiamme del camino. Faceva davvero freddo e doveva ammettere di essere stata fortunata a trovare quel posticino abbandonato e sperduto che, con le dovute modifiche, si era trasformato in un bello chalet.

“Bentornata” disse distrattamente Gerard, osservando con vago interesse una cartina: sedeva a gambe incrociate su un divano improvvisato, costituito da cuscini e coperte.

Melody fissò il compagno per qualche minuto, interdetta: all’improvviso, un ghigno si allungò sulle sue labbra.

“Ne, Gerard” iniziò, con tono malizioso “Chi ti ha regalato quel bel maglione rosso scarlatto?”.

 






Angolo dell'autrice


Buonasera a tutti. 
Ringrazio con sommo piacere Lucidalabbra100100, che non manca mai di seguire e recensire i miei aggiornamenti imprevedibili: la tua fedeltà mi incoraggia, davvero.
Ho la sensazione che questo capitolo non sia una vera e propria song fic, tuttavia spero che possa piacere comunque.

Alla prossima,

Jaki Star
 

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