L’Ultima Creazione di Rozen

di ShadowFeanor
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I) Unica soluzione, l’Ultima Creazione ***
Capitolo 2: *** II) Al di sopra del limite umano ***
Capitolo 3: *** III) Bahamut ***
Capitolo 4: *** IV) Spazzatura ***
Capitolo 5: *** V) Ricordi ***
Capitolo 6: *** VI) Demone contro Drago ***
Capitolo 7: *** VII) Tralci, cesoie, rovi, piume e spade ***
Capitolo 8: *** VIII) Il Cuore Oscuro ***
Capitolo 9: *** IX) Il Dragone Leggendario ***
Capitolo 10: *** X) Il Drago Oscuro e la Fenice di Luce ***
Capitolo 11: *** XI) L’Oscuro Cavaliere del Drago ***
Capitolo 12: *** XII) Perfezione? No, umanità ***
Capitolo 13: *** XIII) L’Ultima Missione ***



Capitolo 1
*** I) Unica soluzione, l’Ultima Creazione ***


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L’Ultima Creazione di Rozen

 

Questa è la mia prima fic su Rozen Maiden, perciò non aspettatevi un’opera d’arte. Sinceramente non ho mai letto il manga, ma ho trovato per caso gli episodi dell’anime in uno dei tanti forum che permettono a tutti di vedere episodi di vari anime. Ho deciso quindi di riprendere la storia dalla fine dell’ultimo episodio e creare un finale tutto mio. Ora però diamo inizio alla storia.

 

I)              Unica soluzione, l’Ultima Creazione

 

Jun stava tornando a casa, quando un acquazzone improvviso lo aveva colto di sorpresa.

 

La giornata era stata per tutto il tempo soleggiata, nessuno si sarebbe aspettato che da un momento all’altro sarebbe iniziato a diluviare.

 

Le vacanze estive stavano terminando e lui si recava ogni giorno a scuola per recuperare ciò che aveva saltato durante le sue assenze. Per sua fortuna c’era Tomoe ad aiutarlo o sarebbe stata un’impresa a dir poco disperata.

 

Quando arrivò in casa era totalmente fradicio, ma almeno era all’asciutto.

 

Jun: Ragazze, sono a casa!

 

Nori: Bentornato Ju… Ma che ti è successo? Ti hanno buttato in una fontana?

 

Jun: … Non ti sei accorta che stà piovendo?

 

Nori: Oh, è vero. Ora sali a cambiarti, la cena sarà pronta tra poco.

 

Jun: Non c’era bisogno che me lo dicessi tu…

 

Suiseiseki: Credevo che un tardo come te non ci arrivasse a capirlo desu.

 

Dalle scale fecero capolino Shinku e Suiseiseki, che guardava l’umano con uno sguardo dispettoso.

 

Jun: Chi sarebbe il tardo bambola perversa?!

 

Suiseiseki: Vuoi sfidarmi desu?

 

Jun salì le scale, ma si limitò ad andare in camera sua per cambiarsi.

 

Dopo aver messo addosso dei vestiti asciutti si sedette vicino al computer, in attesa che sua sorella lo chiamasse per cenare.

 

Rimase abbastanza sorpreso quando vide che era già acceso.

 

Iniziò a pensarci su, e si ricordò che era più o meno da una settimana che succedeva.

 

Solitamente Nori non usava il computer, e Shinku lo aveva usato una sola volta per comprare un fumetto di Kunkun.

 

Vista la precedente esperienza avuta con la bambola aprì la cronologia di quel giorno, ma non vide nessuno dei siti sui quali era solito fare i suoi acquisti.

 

Tutti i siti visitati trattavano videogiochi, occulto, miti, leggende e creature mistiche.

 

Google aveva un’unica parola di ricerca…

 

Bahamut

 

Bahamut

 

Bahamut

 

Bahamut

 

Sempre e solo Bahamut.

 

Controllò anche la cronologia dei giorni precedenti, ma oltre ai suoi siti di shopping online c’era sempre e solo quel nome.

 

Bahamut.

 

Jun: Chi di quelle tre potrebbe volere così tante informazioni su questo essere? Forse Shinku, lei legge sempre, è probabile che su uno dei libri che abbiamo nel ripostiglio abbia trovato questo nome ed abbia cercato di avere più informazioni a riguardo…

 

Poteva essere la soluzione adatta, ma rimaneva un interrogativo: perché una tale insistenza nel cercare per giorni interi?  

 

Per lo meno non avrebbe dovuto pagare niente che fosse stato acquistato da Shinku, a meno che non si trattasse di una Action Figure di Bahamut proveniente da un negozio online della Square Enix.

 

Poco dopo Nori lo chiamò per la cena, il che lo convinse a lasciar perdere l’investigazione del perché era stato cercato con tanta insistenza Bahamut.

 

Arrivato in cucina non osò volgere lo sguardo verso la televisione, perché sapeva che avrebbe visto loro.

 

Hina Ichigo.

 

Souseiseki.

 

Era da un mese che erano in quello stato ormai, ma ogni volta si sentiva male.

 

All’inizio detestava i piagnistei di Hina Ichigo, ma poi, a lungo andare, aveva iniziato ad abituarcisi, ed ora che si era spenta la casa gli sembrava quasi vuota.

 

Per quanto riguardava la quarta Rozen non sapeva bene che rapporto avesse avuto con lei, ciò che sapeva di lei era che fosse molto saggia e che si preoccupasse più per il prossimo che per se stessa. Era anche grazie a lei che era venuto a conoscenza del passato di Shinku e del perché Suigintou la odiava tanto.

 

Dopo cena salì immediatamente di sopra, sempre evitando di guardare le due bambole, ormai senza vita.

 

Non andò in camera sua però, ma nello sgabuzzino.

 

Toccò la superficie liscia e fredda dello specchio che aveva davanti, sperando che lo catturasse come era successo molte altre volte.

 

Sentì dei passi alle sue spalle, e quando si voltò vide che la quinta Rozen lo osservava.

 

Questa chiuse la porta dello stanzino, isolandoli dal resto della casa.

 

Shinku: Ti fa male, vero?

 

Jun: Di che parli?

 

Shinku: Non guardi mai Hina Ichigo e Souseiseki. Non riesci a sopportare che loro siano…

 

Jun: … è solo che… ormai siete diventate parte della mia famiglia e… vedere loro in questo stato… è come vedere mia sorella in coma. La cosa più dura da sopportare è che non posso far niente per aiutarle!

 

Shinku: Se ci fosse una soluzione ci proveresti?

 

Jun: Lo sappiamo entrambi che non c’è.

 

Shinku: Ma se ci fosse…

 

Jun: è inutile, non c…

 

Shinku: DEVE ESSERCI UNA SOLUZIONE!!!

 

Jun guardò Shinku, per quanto il buio nella stanza glie lo permettesse.

 

La bambola che gli era davanti sembrava così diversa dalla Shinku che aveva sempre conosciuto.

 

Shinku era sempre stata fredda, difficilmente si faceva accecare dalle emozioni, ed ancor più difficilmente perdeva le staffe ed alzava la voce.

 

Quella era la prima volta che Jun sentiva la sua bambola gridare a quel modo.

 

Shinku: Forse non te ne sei mai accorto, ma Suiseiseki non fa altro che piangere… durante tutta la giornata fa finta di niente, ti prende in giro, si finge allegra, ma durante la notte non fa altro che piangere… le manca la sorella, le manca Hina Ichigo. In questi ultimi giorni sono rimasta sveglia e l’ho sentita. Chiede disperatamente alla sorella di tornare e promette alla piccola Hina che non le ruberà più le fragole per farle dei dispetti…anche Kanaria non è più quella di prima. Mitsu le chiede spesso di convincerci ad andare a casa sua per poterci fare altre foto, ma non può farlo. Anche Mitsu di certo non sarebbe indifferente alla scomparsa di Hina e Souseiseki…

 

Dal viso di Shinku iniziarono a scorrere alcune lacrime. Anche lei, in fondo, stava nascondendo la realtà di quello che provava nel suo silenzio e nella sua freddezza.

 

Jun: Ma noi… che possiamo fare?

 

Shinku: Una soluzione c’è, ma è difficile attuarla.

 

Jun: Sul serio? Perché non me lo hai detto subito?

 

Shinku: Perché me ne sono ricordata solo ultimamente. Era un ricordo molto vecchio e probabilmente solo il nostro attuale stato mi ha permesso di ricordarlo. Oltretutto è un’impresa a dir poco impossibile…

 

Jun: Non importa ora. Che dobbiamo fare?

 

Shinku: Dobbiamo trovare l’ultima creazione di nostro padre.

 

Jun: L’ultima? Intendi la settima Rozen, quella per cui si è spacciata Barasuishou?

 

Shinku scosse leggermente il capo. Non era di lei che c’era bisogno.

 

Shinku: No, non è stata lei l’ultima creazione di nostro padre.

 

Jun: Allora di che si tratta?

 

Shinku: Hai mai sentito parlare di una creatura chiamata Bahamut?

 

Jun: Si, ma ne… Quindi è per questo che cercavi informazioni su Bahamut!

 

Shinku: Come fai a saperlo?

 

Jun: Non basta chiudere le finestre per cancellare le proprie ricerche sul computer, c’è anche un archivio che registra tutto quello che guardi.

 

Shinku: Capisco… comunque, che sai su questa creatura?

 

Jun: Poco e niente. So che è una creatura mitologica usata molto spesso in alcuni videogiochi, tutto qui.

 

Shinku: Allora ti spiegherò io cosa è Bahamut. A quanto pare in Arabia si pensava che Bahamut fosse un pesce mistico che sulla schiena trasporta Kujata, un enorme toro. Non si sa molto sulle sue origini, ma si sanno molte altre cose sul suo conto. Secondo altre fonti questo essere era un tutt’uno col demone Behemoth, ma Bahamut è considerata essere una divinità dai poteri positivi e quindi venne considerato il patrono dei Draghi. Non poteva essere quindi identificato con Behemoth, che è una creatura malvagia e peccatrice. Inoltre sembra essere collegato a Leviathan, un serpente marino, ed entrambi possono essere minacciati solo da Dio. Secondo altre leggende sarebbe il figlio di Io, creatore di ogni cosa, e fratello di Tiamat, che è una dragonessa della distruzione. Viene menzionato anche nei testi sacri di molte religioni e nell’Apocalisse descritta da Erodoto. Secondo alcuni altri studi recenti sarebbe semplicemente un ippopotamo o un dinosauro misterioso.

 

Jun: Ma allora cos’è, un pesce, un dinosauro, un ippopotamo o un drago?

 

Shinku: Ora è identificato con i draghi, ed in quanto tale ha potenza e sapienza superiore a quella di qualsiasi altra creatura e nonostante sembri minaccioso è di buon cuore ed è solito proteggere chi è in difficoltà. Difficilmente scende in battaglia, a meno che la situazione non sia critica o la sua curiosità lo spinga a battersi. Sarebbe entrato in contatto con tutti i popoli del mondo trasformandosi in un umano, in quanto la sua curiosità potremmo dire sia la sua unica debolezza. Il suo corpo è ricoperte da scaglie dure più del platino e solo l’arma più potente al mondo impregnata di potere magico potrebbe scalfirlo. Come umano sa maneggiare ogni tipo di arma, ma quando si presenta nella sua vera forma non può semplicemente sputare fuoco come un drago qualsiasi, ma può anche soffiare ondate d’aria gelanti, nubi di vapore e scaraventare via i nemici con una potente onda d’urto. Non a caso in molti videogiochi correnti è una delle creature più frequenti e potenti.

 

Jun: Tutto questo è interessante, ma… che c’entra con voi Rozen?

 

Shinku: Come tu sai noi tutte abbiamo uno spirito custode. Meimei, Pizzicato, Suidream, Renpika, Holie, Berrybell, ognuno con dei propri poteri.

 

Jun: Quindi Rozen avrebbe creato uno spirito dandogli il nome di Bahamut?

 

Shinku: Non proprio, in pratica nostro padre è riuscito a trovare una squama di questa creatura e grazie a quella a creare uno spirito con gli stessi poteri di Bahamut. Naturalmente questo spirito è nato da una scaglia, perciò non è altro che una microscopica entità della potenza di Bahamut. Questo spirito inoltre avrebbe avuto il compito di concludere il Gioco di Alice.

 

Jun: Concludere il Gioco? Ma non si dovrebbe concludere con…

 

Shinku: Il Gioco inizia quando tutte e sette le Rozen sono sveglie, ma per permettere la nascita di Alice Bahamut deve dare il suo consenso o Alice non nascerà.

 

Jun: Non capisco, se il suo scopo è dar vita ad Alice come può…

 

Shinku: Bahamut è un essere giusto ed intelligente, non sarà difficile per lui capire che ciò che deve fare è diverso dallo scopo per cui è stato creato.

 

Jun: Quindi Bahamut dovrebbe comprendere i vostri sentimenti e fermare il Gioco, giusto?

 

Shinku: Lui è l’unico che può fermare il Gioco, in un modo o nell’altro.

 

Jun: Allora ciò che dobbiamo fare è trovare una bambola che…

 

Shinku: Bahamut non è una bambola. Tanto per cominciare è un essere maschile…

 

Jun: Un soldatino? Un pupazzo?

 

Shinku: No. Il suo potere è troppo elevato perché questi contenitori sopportino la sua presenza.

 

Jun: Allora cos’è?

 

Shinku: Vedi, quando nostro padre riuscì a crearlo sapeva già che una di noi non sarebbe mai riuscito a sopportare quello spirito, perciò provò a creare un contenitore di metallo come corpo, ma l’effetto fu devastante. Nonostante l’abilità di nostro padre il corpo scelto non era abbastanza resistente per un tale potere ed il contenitore implose, più o meno come è accaduto a Barasuishou quando ha assorbito le nostre Rose Mistyche. Cercò anche di creare un contenitore con la forma di un drago, ma lo stesso non funzionò. La forma poteva essere adatta, ma lo spirito non lo riconosceva come proprio corpo.

 

Jun: Allora come ha fatto a sigillarlo?

 

Shinku: Ci volle molte tempo prima che nostro padre venisse a capo della cosa. Bahamut, al contrario degli altri spiriti, è nato dall’essenza di un essere vivente, mentre noi siamo nate da un’entità artificiale. In pratica solo un corpo di un vivente può contenere Bahamut. Il problema ora era: quale corpo? Come ti ho già detto Bahamut è entrato in contatto con tutti i popoli del mondo, e questa fu la scintilla che illuminò la mente di nostro padre, perciò…

 

Jun: Non dirmi che…

 

Shinku: Si, Bahamut può essere contenuto esclusivamente nel corpo di un umano, così come per entrare in contatto con i popoli del mondo si tramutava in umano, visto che i draghi sono impossibili da trovare. Gli unici draghi esistenti tuttora sono draghi del calibro di Bahamut ed inferiori, i quali vivono nel mondo spirituale, un mondo che non può essere raggiunto nemmeno con gli N-Field. Nostro padre non poteva però unirsi a quella incredibile massa di puro potere, perciò gli procurò un ulteriore potere: scegliere lui stesso chi poteva usufruire dei suoi poteri.

 

Jun: Quindi Bahamut potrebbe essere alla ricerca di un corpo?

 

Shinku: No. Bahamut è già in qualcuno ora. Ogni volta che l’esistenza terrena del corpo prescelto finisce Bahamut entra subito in un corpo nato nell’istante della sua morte, in modo che possa adattarsi subito al suo potere. Bahamut quindi è un’anima che continua a reincarnarsi sempre, indipendentemente da tutto. L’unico problema ora è trovarlo.

 

Jun: Al mondo ci sono miliardi di persone, non ci basterebbe tutta l’eternità per trovarlo! È davvero un’impresa disperata…

 

Shinku: Però c’è. Mi basta questo per avere la speranza di trovarlo, prima o poi.

 

Jun: Sarà difficile riconoscerlo…

 

Shinku: Quasi dimenticavo. Bahamut naturalmente è un essere superiore alla natura umana. Chi cerchiamo deve essere potente, di buon cuore, saggio e sicuramente è maschio.

 

Jun: Quindi un essere di Luce a giudicare dalle sue caratteristiche…

 

Shinku: Invece è il contrario. È un essere che appartiene alle Tenebre.

 

Jun: Una creatura così perfetta?

 

Shinku: Bahamut è diverso da noi Rozen Maiden. Noi siamo nate per essere Alice, per essere perfette, senza un briciolo di impurità. Una tale purezza deve essere bilanciata in qualche modo, perciò Bahamut è nato dalle Tenebre.

 

Jun: E Suigintou allora perché è così?

 

Shinku: Lei non è nata oscura, lo è diventata. Inoltre la sua Oscurità non danneggia Alice, in quanto anche quel briciolo di Oscurità è compreso nella sua perfezione. Allo stesso modo anche Bahamut ha in sé della Luce, la quale lo guida nella sua vita. In pratica non aspettarti che chi contiene Bahamut abbia le peculiarità di un principe azzurro. Non è biondo, non ha occhi azzurri, non ha la pelle candida, non ha un fisico snello, non è particolarmente aggraziato nel movimento, non veste in modo elegante, anche se può avere un proprio stile, non cavalca cavalli bianchi. Insomma, è l’esatto contrario, ma è nettamente superiore a qualsiasi principe per nobiltà d’animo e valore.

 

La bambola se ne andò in camera. Nonostante tutto non aveva ancora perso i suoi rigorosi orari, almeno questo non era stato cambiato da ciò che era successo.

 

Sempre se, come faceva Suiseiseki, anche lei non liberasse tutto ciò che pativa di notte, nell’oscurità del suo scrigno, dove nessuno poteva vederla.

 

Anche Jun decise di andare a dormire.

 

Dovevano trovare Bahamut, ma l’impresa non era di sicuro facile da compiere.

 

Bahamut era come una divinità minore, ma diversamente dall’essere di Luce descritto nei testi sacri e nelle leggende lui cercava un essere appartenente all’Oscurità.

 

In più era sotto forma umana in quel momento, e non c’era niente che potesse aiutarlo a distinguerlo da un comune umano.

 

Chissà, magari era addirittura un suo compagno di classe…

 

Queste domande accompagnarono Jun in un sonno profondo, ma anche lì fu tormentato da quella creatura.

 

Bahamut

 

Bahamut

 

Bahamut

 

Era diventato la fissazione di Shinku, ed ora, anche la sua.

 

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Capitolo 2
*** II) Al di sopra del limite umano ***


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II)              Al di sopra del limite umano

 

Tomoe: Jun, oggi sei strano. È successo qualcosa?

 

Jun: Eh? Scusa, ero soprappensiero…

 

Tomoe: Oggi non sei riuscito a concentrarti per niente. Cosa ti preoccupa?

 

Jun: Non è una vera e propria preoccupazione, è che…

 

Tomoe: Che?

 

Jun: Shinku forse ha trovato un modo di far risvegliare Hina Ichigo e Souseiseki.

 

Tomoe: Cosa!? C’è un modo per farle tornare come prima?

 

Jun: Si, ma non sappiamo come fare…

 

Tomoe: Racconta, forse posso fare qualcosa per aiutarti.

 

Jun iniziò a raccontare all’amica tutto quello che Shinku gli aveva detto riguardo a Bahamut, lasciandola perplessa.

 

Tomoe: Se le cose stanno così questo Bahamut deve essere qualcosa di straordinario… come potremmo fare a scoprire chi è?

 

Jun: Non lo so. In questo momento potrebbe trovarsi chissà dove, e di sicuro una persona del genere non credo metta in mostra facilmente le sue capacità.

 

Tomoe: Infatti da quanto hai detto Bahamut si getta nella mischia solo per necessità o curiosità…

 

Jun: O per proteggere chi è in difficoltà…

 

I due iniziarono a cercare il modo di riconoscere il loro obiettivo, senza però venirne a capo.

 

Jun si accorse che stavano per incrociare la strada con una sua vecchia conoscenza.

 

Tetsuya Kuro, uno che fin da quando era uno studente delle superiori era solito prendersela con chi gli sembrava indifeso solo perché aveva praticato judo per tre anni e successivamente aveva pensato solo a gonfiarsi i muscoli. Talvolta se l’era presa anche con lui, e di certo non gli era andata bene.

 

Di sicuro un tipo del genere non sarebbe mai stato Bahamut. Troppo rozzo per esserlo.

 

Purtroppo era troppo tardi per cambiare direzione, perciò entrambi ostentarono indifferenza e continuarono a camminare.

 

L’energumeno però voleva attaccar briga, per questo, una volta di fianco alla ragazza, le strattonò il braccio e la trascinò a se.

 

Tetsuya: Tu vieni con me, voglio divertirmi un po’.

 

Tomoe: Hey, ma che vuoi? Lasciami!

 

Tetsuya: Non fare storie e vieni con me!

 

Jun cercò di aiutare l’amica, ma Tetsuya lo colpì allo stomaco con un pugno, per poi spingerlo vicino ad un tronco d’albero con un calcio.

 

Per quanto fosse potente come Medium come persona non aveva una gran forza, ma non poteva lasciare Tomoe nelle grinfie di quel tipo.

 

Si rialzò dolorante, anche se lo sguardo preoccupato di Tomoe diceva “Lascia perdere, non correre troppi rischi”.

 

La ragazza cercò di afferrare il suo shinai, ma Tetsuya se ne accorse e la anticipò, lanciando l’oggetto lontano da loro. Strinse ancor più forte il braccio di Tomoe, che si lasciò sfuggire un gemito.

 

Improvvisamente qualcosa di bianco andò a schiacciarsi sulla faccia dell’energumeno, facendogli perdere la presa sulla ragazza, che corse subito dall’amico.

 

?: Mio Dio quanto sei fastidioso. Possibile che non si possa nemmeno riposare in pace?

 

Jun alzò lo sguardo e vide un ragazzo che se ne stava rilassato su un ramo.

 

In mano aveva una scatola con dentro degli onigiri, ed era probabile che fosse uno di quelli ad essersi schiantato contro Tetsuya.

 

Tetsuya: E tu che diavolo vuoi?! Impicciati dei fatti tuoi!

 

Il ragazzo saltò giù dal ramo e porse la scatola ai due assaliti.

 

?: Servitevi pure, tanto questo tipo mi ha fatto passare l’appetito.

 

Tetsuya: Ma guarda un po’ questo. Vorresti metterti contro di me?

 

?: Sai, non dovresti prendertela con quelli più piccoli di te. Solo i codardi agiscono così.

 

Tetsuya: OSERESTI DIRE CHE IO SONO UN CODARDO!?!

 

?: Se ti dà fastidio saperlo vuol dire che lo sei in fondo.

 

Jun osservò la persona che aveva davanti. Era totalmente diversa dal tipo col quale si stava per confrontare.

 

Aveva dei lunghi capelli scuri, molto tendenti al nero, ed indossava un giubbotto di pelle nera lungo fino alle caviglie nonostante fossero ancora in estate. Visto che si trovava di spalle il ragazzo non poté notare altro.

 

Lo sconosciuto avanzò di qualche passo, come se avesse accettato una sfida.

 

Mise la punta del piede destro in avanti, per poi portarla rapidamente dietro al sinistro, disegnando nel terriccio circostante, accumulatosi a causa dei lavori in un cantiere poco distante, un semicerchio. Per il resto rimase immobile. Sembrava di assistere ad un duello tra cavalieri dai suoi movimenti

 

Tetsuya: Se vuoi battermi devi fare di più che muoverti come un cartone animato!

 

L’energumeno inizio a correre, ma arrivato vicino al ragazzo qualcosa lo spinse alla sinistra dell’aggredito.

 

?: Meglio muoversi come un cartone che fare affidamento su muscoli falsi.

 

Quelle parole sembravano senza senso, visto che chi le aveva proferite non si era nemmeno mosso.

 

Solo guardando a terra Jun si accorse che era stato il ragazzo che li aveva soccorsi a colpirlo.

 

Aveva ruotato sul piede destro, colpendo l’avversario col tallone sinistro.

 

Chiunque fosse era non solo forte, ma anche incredibilmente veloce.

 

Tanto veloce che l’occhio umano non riusciva a seguirlo.

 

Il ragazzo si voltò verso di loro e, dopo essersi avvicinato, disse.

 

?: Tutto ok?

 

Tomoe: Si. Grazie mille per l’aiuto.

 

?: Fammi vedere il braccio.

 

La ragazza allungò l’arto e lo sconosciuto sollevò delicatamente la manica, fino a mostrare un grosso livido.

 

?: Ti pareva. Quell’impiastro non sa proprio come ci si comporta con le donne. Mettici sopra questa pomata, lo farà sgonfiare prima.

 

Tomoe: Beh… grazie, molto gentile da parte tua.

 

Trovandoselo finalmente davanti Jun ebbe la possibilità di osservarlo meglio. Aveva una carnagione olivastra, un fisico che accennava appena una muscolatura ben distribuita su tutto il corpo, mentre gli occhi, o meglio, l’occhio, visto che quello sinistro era coperto da una folta tenda di capelli, color antracite rifletteva il tramonto come uno specchio. Indossava una maglia nera, un paio di jeans e degli anfibi. Al collo aveva un pendente che raffigurava un dragone.

 

Il giapponese che parlava era ad un buon livello, ma si vedeva che non era la sua lingua madre. Doveva essere per forza uno straniero, anche se per parlare quella lingua come la parlava lui ci sarebbero voluti molti anni per chiunque, anche per un genio.

 

Nel frattempo Tetsuya si era rialzato. Non sopportando di essere stato lui ad essere colpito afferrò lo shinai che giaceva a terra e cercò di colpire alle spalle colui che lo aveva umiliato.

 

?: Non so dirvi quanto detesto i vigliacchi buoni a nulla come questo tipo…

 

Il ragazzo ruotò nuovamente su se stesso e colpì allo stomaco l’aggressore prima ancora che potesse abbassare l’arma.

 

La cosa che però colpì Tetsuya non era un pugno.

 

Era l’impugnatura un pugnale, il quale aveva la forma di un dragone.

 

?: Sei fortunato che io non voglia uccidere, altrimenti saresti finito male. Un codardo non è degno di bagnare Leviathan col suo sangue. Ora vattene.

 

Tetsuya fuggì, dolorante, mentre il ragazzo rinfoderava il pugnale al suo fianco, per poi porgere la spada di bambù alla ragazza.

 

Jun faticò a ritornare alla realtà, almeno non dopo quello che gli era sembrato di vedere.

 

Nel momento in cui aveva attaccato l’occhio visibile del ragazzo era cambiato, diventando rosso e con la pupilla come quella di un serpente.

 

Ma non era l’unica cosa strana.

 

Prima aveva colpito l’avversario con il piede sinistro, mentre in quel momento aveva impugnato la sua arma con la mano destra.

 

La sua coordinazione era eccellente, a tal punto che non poteva capire se quel ragazzo fosse mancino o ambidestro.

 

Qualunque fosse la risposta rimaneva il fatto che quella persona era una vera macchina da combattimento.

 

Qualcuno che era al di sopra del limite umano.

 

Con un movimento del braccio lo sconosciuto abbassò leggermente la manica del giubbotto, in modo da poter controllare l’orologio.

 

?: Cavolo, si è fatto tardi! Mi devo muovere. Scusate ma ora devo andare, è stato un piacere conoscervi.

 

Detto questo raccolse uno zaino nascosto su uno dei primi rami dell’albero e si incamminò. In quel preciso istante Jun afferrò il braccio di Tomoe e disse.

 

Jun: Seguiamolo.

 

Tomoe: Che?

 

Jun: Sarò paranoico, ma credo che sia lui la persona che cerchiamo.

 

Tomoe: Però lasciami, lì è dove quel tipo mi ha… cosa?!

 

Tomoe esaminò minuziosamente il proprio braccio, senza trovare la minima traccia del livido.

 

Tomoe: Ma come…

 

Jun: Quel ragazzo deve essere per forza Bahamut. Rifletti: è forte, è di sicuro di buon cuore perché ci ha aiutati quando eravamo in difficoltà, ha curato il tuo braccio, parla bene giapponese ma di sicuro è straniero, più che un principe azzurro sembra un cavaliere nero, ha un medaglione a forma di drago, il pugnale che aveva lo ha chiamato Leviathan e se non ho le allucinazioni prima di colpire Tetsuya il suo occhio è diventato rosso e con la pupilla che sembrava quella di un serpente…

 

Tomoe: … I quali avrebbero la stessa pupilla dei draghi! Una bella coincidenza…

 

I due iniziarono a seguirlo di nascosto, facendo finta che dovessero per forza andare per di là per tornare a casa. Ad un certo punto il loro obiettivo girò l’angolo, ma quando anche loro lo seguirono di lui non c’era più traccia.

 

Jun: Ma… dov’è finito? È stato troppo veloce!

 

Tomoe: Forse abita da queste parti…

 

?: Per caso mi state pedinando?

 

Entrambi si spaventarono e si voltarono di scatto, vedendo che il ragazzo era nascosto dietro una pila di scatole.

 

Tomoe: M-ma no! Noi… noi volevamo solo sapere almeno come ti chiami!

 

?: Non credo sia un argomento interessante…

 

Jun: Uffaaaaaa! Ora basta girarci attorno! Sei o non sei Bahamut?

 

L’espressione del ragazzo non cambiò, ma il suo sguardo sembrava più pungente.

 

Era di sicuro più bravo di Shinku a nascondere le sue emozioni, ma era anche capace di usarle per intimidire chi gli stava di fronte.

 

?: Bahamut? Il drago mitologico?

 

Jun: Voglio solo sapere se sei tu o no, nient’altro.

 

?: E cosa ti farebbe pensare che sono io?

 

Jun: Tu non sei un normale umano. Nessuno potrebbe sferrare un calcio con la stessa velocità con cui lo hai fatto tu, nemmeno dopo un allenamento a dir poco estremo. Tu sei al di sopra del limite umano, e solo chi ha Bahamut sigillato in se può essere così potente e parlare così bene una lingua straniera.

 

Il ragazzo si allontanò un po’ dai due, per poi fermarsi a pochi metri di distanza. Senza voltarsi verso i suoi interlocutori disse.

 

?: Ora ho altro da fare, c’è una persona che mi aspetta. Se volete continuare il discorso vi aspetto domani sotto l’albero a quest’ora.

 

Ricominciò a camminare, quando Tomoe lo chiamò di nuovo.

 

Tomoe: Aspetta! Come ti chiami?

 

Senza fermarsi il ragazzo rispose loro.

 

?: Mi chiamo Giuseppe, se sapere il mio nome può farti piacere.

 

Dopo queste parole Jun e Tomoe si diressero subito a casa del ragazzo per avvertire gli altri della scoperta, mentre Giuseppe raggiunse una casa poco distante.

 

Giuseppe: Claudia, sono tornato!

 

Una ragazzina bionda scese rapidamente le scale e gli si buttò addosso, felice come una bambina che ritrova il suo pupazzo preferito.

 

Claudia: Era ora che tornassi fratellone! Non puoi immaginare quante cose belle ho trovato!

 

Giuseppe: Posso immaginare… così come posso immaginare la tua reazione quando scoprirai che ho preso…

 

Claudia: Evviva! Lo sai che vado pazza per i dango!

 

Giuseppe: Vedi di non ingozzarti troppo. A proposito di dango, dov’è finito il gatto?

 

Claudia: Intendi Dango? È di sopra che schiaccia un pisolino. Ora glie ne porto uno…

 

Giuseppe: Che ti ho detto riguardo ai dolciumi per gli animali?

 

Claudia: … Che a gatti, cani, criceti e simili cibi dolci fanno male…

 

Giuseppe: Infatti, ricordati anche i criceti della tua amica, che a forza di dargli la cioccolata li ha fatti morire in due mesi.

 

Claudia: Ora però vieni a vedere che ho preso! C’è una sorpresina anche per te.

 

Giuseppe: Come sempre dopotutto…

 

La ragazzina lo portò in una stanza dove erano ammassati alcuni souvenir, alcuni anche piuttosto ingombranti.

 

Claudia: Allora… questo vaso è per mamma, questo palmare è per papà, questi poster per Isa e…

 

Giuseppe: Meglio lasciar perdere o finiamo domattina…

 

Claudia: Almeno vedi che ti ho preso!

 

Giuseppe: E va bene. Che hai preso stavolta?

 

Claudia: Questi due! Belli vero?

 

La ragazza porse al fratellone due statuine.

 

Un dragone ed un serpente marino.

 

Giuseppe: Dove li ha presi?

 

Claudia: In una fumetteria. Ce ne erano anche altri che raffiguravano le Evocazioni di Final Fantasy, ma ho preferito questi. Dopotutto Bahamut è come se fosse il tuo alter ego.

 

Giuseppe: E l’altro che c’entra?

 

Claudia: Beh, Leviathan e Bahamut sono una bella accoppiata, non credi? E poi mi sembrano molto adatti a te.

 

Giuseppe sorrise leggermente, così da non far capire alla ragazzina che stava pensando.

 

Lei non sapeva quanto quelle due statuine avessero davvero molto da condividere con lui…

 

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Capitolo 3
*** III) Bahamut ***


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III)              Bahamut

 

Jun e Tomoe si recarono di nuovo all’albero dove avevano incontrato Giuseppe il giorno prima, ma lui non c’era ancora. Non era nemmeno appollaiato su uno dei rami.

 

Aspettarono mezz’ora, ma del ragazzo non c’era traccia.

 

Jun: Dove sarà? Non è che ci ha imbrogliati?

 

Tomoe: Potrebbe essere. In fondo è normale, non vuole si sappia in giro che cos’è…

 

I due stavano perdendo la speranza di poter chiarire le cose, quando Giuseppe arrivò dalla parte opposta della strada.

 

Giuseppe: Scusate il ritardo, ma oggi avevo la finale di un torneo di scherma e le premiazioni sono durate più del previsto. Sapete, avevo messo da un po’ gli occhi su questa riproduzione della Kusanagi no Tsurugi.

 

Il ragazzo estrasse dal fodero una katana di fattura a dir poco perfetta, la cui lama sembrava risplendere di luce propria

 

Jun: L’importante è che alla fine sei arrivato. Ora possiamo finalmente continuare il discorso di ieri.

 

Giuseppe: Non ancora.

 

Jun: Come sarebbe a dire non ancora?

 

Giuseppe: Prima c’è qualcuno che deve uscire dal proprio nascondiglio.

 

Il ragazzo alzò lo sguardo verso il ramo dove era seduto il giorno prima, ma dove in quel momento era seduta Shinku.

 

La bambola saltò giù dall’albero, fermandosi a mezz’aria per guardare negli occhi quello che, secondo Jun e Tomoe, era il portatore di Bahamut.

 

Shinku: Sei cambiato molto dall’ultima volta che ti ho visto… fratellino.

 

Giuseppe: Tu invece non sei cambiata per niente, vero Shinku? Lieto di rivederti.

 

Tomoe: Quindi è davvero lui Bahamut?

 

Giuseppe: Ora capisco come avete fatto a capire chi ero. Tu sei il Medium di Shinku, ma anche lei ha qualche collegamento con le Rozen, giusto?

 

Shinku: Ci serve il tuo aiuto, è importante.

 

Giuseppe: Fammi indovinare, il Gioco di Alice, vero? Per caso hai radunato tutte le Rose Mistyche?

 

Shinku: No. Però è per questo che abbiamo bisogno di te.

 

Giuseppe: Faresti meglio a spiegarti, se non capisco quello che devo fare non posso aiutarti.

 

Shinku: Un mese fa c’è stata una battaglia che ci ha costrette a riprendere il Gioco di Alice contro la nostra volontà. Purtroppo in questa battaglia c’è stata un’impostora che ha finto di essere la settima sorella e che è riuscita a rubare le nostre Rose Mystiche. Ora lei è stata distrutta dal potere delle Rose e nostro padre ci ha riportate in vita. Purtroppo però questo valeva per chi è stata sconfitta dalla falsa settima. Due di noi quindi non sono potute tornare indietro, perché sono state battute da me e Suigintou. Ci serve il tuo aiuto per recuperare le loro Rose Mystiche e riportarle in vita.

 

Giuseppe rimase pensieroso per un po’, poi prese di tasca un cellulare e compose un numero.

 

Giuseppe: Pronto Claudia? Senti, ho una cosa da fare e probabilmente non tornerò a casa stasera, e se torno sarà di certo a notte fonda, quindi ordina qualcosa da farti portare a casa per cena. I numeri dei ristoranti dove puoi parlare in inglese sono di fianco al telefono… no, non è così… è inutile, tanto non ci sarà nessuno scoop sulla mia vita privata…senti, ora devo andare. Ci  vediamo domani.

 

Nessuno oltre Shinku riuscì a capire la conversazione, tenuta nella lingua madre del ragazzo.

 

Giuseppe: Scusate, ma credo sia meglio andare in un altro posto per parlare di questo. Non si sa mai chi potrebbe ascoltare.

 

Jun: Allora… andiamo a casa mia, è lì che si trovano le due bambole di cui ti ha parlato Shinku.

 

Il gruppo iniziò ad incamminarsi verso casa di Jun, quando questi chiese, dopo alcuni minuti di imbarazzante silenzio.

 

Jun: Che lingua era quella?

 

Giuseppe: Italiano. In questa vita sono nato in Italia. È davvero un bel posto dove vivere e nonostante la grammatica sia un po’ complessa è una delle lingue con cui mi trovo più a mio agio a parlare.

 

Tomoe: Quindi sai anche altre lingue.

 

Shinku: Bahamut si è reincarnato di sicuro molte volte in questi secoli, probabilmente avrà girato mezzo mondo.

 

Giuseppe: Più o meno. Comunque non chiamarmi Bahamut, preferisco che mi chiami col nome che ho ora.

 

Jun: Deve essere difficile ricordare qual è il proprio nome dopo che se ne hanno avuti tanti…

 

Giuseppe: Non proprio, finora sono stato sempre di nazioni differenti, perciò ogni nome aveva un suono diverso.

 

Tomoe: Finora quante volte sei rinato?

 

Giuseppe: Finora sono state cinque. La prima volta ero un tedesco, la seconda volta un americano, la terza volta un brasiliano, la quarta volta un giapponese ed ora un italiano. Nelle vite precedenti mi sono chiamato Michael, Jason, Leon, Ryu ed adesso Giuseppe.

 

Jun: Avrai una bella discendenza…

 

Giuseppe: In realtà ho avuto una vita normale solo durante la mia prima vita, per il resto… lasciamo perdere. Però posso dire di poter andare fiero dei miei nipoti, Michael è diventato un grande pilota, ma anche Ralph non è rimasto con le mani in mano…

 

Jun: T-tuo nipote è Michael Shumacher?

 

Giuseppe: Si, però non posso andare di certo in giro a raccontarlo. Immagino di dover stare attento soprattutto qui. Nella mia vita precedente non mi è andata tanto bene…

 

Tomoe: Durante la tua vita in Giappone ti sei trovato nel bel mezzo della seconda guerra mondiale, vero?

 

Giuseppe: Se si fosse trattato solo della guerra non sarebbe stato un problema… il fatto è che abitavo proprio dove cadde la bomba a Nagasaki… ero di pattuglia con altri soldati quando accadde. Grazie alla forza di Bahamut sopravvissi, ma vista la straordinarietà della cosa gli scienziati cercarono inutilmente di scoprire come fosse stato possibile tutto ciò. Ogni giorno facevano test su prelievi, campioni di tessuti e via dicendo. Se non fossi scappato prima o poi avrebbero cercato di sezionarmi sicuramente, ed allora di sicuro Bahamut si sarebbe risvegliato e sarebbe stato un problema non solo per me…

 

Il ragazzo rimase taciturno fino alla fine del tragitto. Probabilmente non era abituato a parlare di se e Shinku pensò che aveva già detto troppo rivelando alcuni particolari sulle sue vite passate.

 

Entrati in casa videro Nori, Suiseiseki e Kanaria affaccendarsi al divano, dove giaceva un ragazzo svenuto.

 

Jun: Che… che è successo?

 

Suiseiseki: Mentre tornavo da casa dei nonni ho urtato qualcosa all’ingresso e quando ho aperto lo scrigno c’era questo ragazzo a terra desu.

 

Nori: Mi chiedo che sia venuto a fare qui Yamamoto. Casa sua non è da queste parti…

 

Kanaria: Forse voleva intrufolarsi in casa kashira!

 

Jun: … Ancora non lo avete capito…

 

Suiseiseki: Cosa desu?

 

Jun: Niente, lasciamo perdere.

 

Nori: Jun, chi è il tuo amico?

 

Jun: Lui? Beh, ecco…

 

Shinku: Lui è Bahamut.

 

Kanaria e Suiseiseki rimasero zitte a guardare il ragazzo alle spalle di Jun e Tomoe, il quale posò lo sguardo sul divano dove c’erano Hina Ichigo e Souseiseki.

 

Giuseppe: Sono loro, vero?

 

Shinku: Si. Spero tu possa fare qualcosa…

 

Il ragazzo si mise davanti alle due bambole e le osservò per un po’ senza fare altro, accarezzando delicatamente il viso di quelle che erano le sue sorelle.

 

Jun fece segno a tutti di uscire, lasciando nella stanza solo Giuseppe, le due bambole inanimate, Shinku e Suiseiseki, le quali non volevano saperne di muoversi.

 

Giuseppe: Hai detto che sono state rubate loro le Rose Mystiche, giusto?

 

Shinku: Si.

 

Giuseppe: Allora perché non sento la Rosa di Hina dentro di te?

 

Shinku: Perché anche io, per un po’, ho perso la mia, così come tutte quante. Noi che siamo state sconfitte da Barasuishou abbiamo ricevuto una seconda possibilità, ma loro due…

 

Giuseppe: Privare della vita qualcuno è qualcosa di terribile, dovresti saperlo. Chiunque lo faccia poi dovrà vivere con questo rimorso per sempre.

 

Suiseiseki: Ti supplico, ci deve essere qualcosa che puoi fare desu! Sei Bahamut, la creazione più grandiosa di nostro padre, desu!

 

Giuseppe: Io non sono Bahamut. Io… sono solo l’ombra di quello che è.

 

Suiseiseki: Vuol dire che…

 

Giuseppe: Forse mi sopravvalutate. Io sono nato con lo scopo di rendere concreta Alice, non sono un Maestro come nostro padre. Se avessimo le loro Rose Mystiche potrei anche tentare qualcosa ma… non posso assicurarti niente.

 

Suiseiseki abbassò la testa, singhiozzando silenziosamente.

 

La loro unica speranza sembrava essere vana.

 

Shinku: Quindi… non c’è proprio niente da fare…

 

Giuseppe: Se solo sapessimo dove sono le loro Rose potrei azzardare un recupero e tentare di riportarle in vita, ma in queste condizioni…

 

Shinku: Laplace… deve avere lui le loro Rose Mystiche…

 

Giuseppe: Il demone Laplace? Sapete dove si trova?

 

Shinku: Prima gestiva un negozio assieme all’allievo di nostro padre, Enju, ma poi… è scomparso. Immagino sia da qualche parte nell’N-Field…

 

Suiseiseki: Ma l’N-Field è… sconfinato desu. Anche se… anche se dovessimo cercarlo tutti insieme… trovarlo sarebbe impossibile perché… perché quello stupido coniglio scappa sempre desu!

 

La terza Rozen scoppiò in un pianto senza freni, mentre Shinku cercava di farla calmare.

 

Improvvisamente Suiseiseki balzò sul divano e disse.

 

Suiseiseki: Se ti serve una Rosa Mystica prendi la mia desu! Se Souseiseki non può svegliarsi nemmeno io voglio esserlo desu! Ho sempre trattato male la tarda Ichigo, darle la mia Rosa è il minimo che possa fare per farmi perdonare desu!

 

Giuseppe: Non posso.

 

Suiseiseki: Perchè desu?

 

Giuseppe: La tua Rosa verrebbe accettata nel corpo di Hina qualora lei fosse ancora viva. La tua Rosa può rendere vivo solo il tuo corpo, nessun altro.

 

Suiseiseki si lasciò cadere pesantemente sul divano, raggomitolandosi e ricominciando a piangere.

 

Possibile che nemmeno Bahamut, l’Ultima Creazione di Rozen, fosse capace di fare qualcosa per le due bambole?

 

Shinku uscì dalla stanza, probabilmente per avvertire gli altri di ciò che era successo.

 

Giuseppe dal canto suo cercò di consolare l’altra, finché questa non si addormentò tra le sue braccia, sfinita.

 

Forse loro non lo capivano, ma per lui questa era una vera e propria sconfitta.

 

Lui, che era nato da una creatura seconda solo a Dio non aveva alcun potere in quel contesto.

 

Un’amara verità che non poteva essere cambiata.

 

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Capitolo 4
*** IV) Spazzatura ***


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IV)              Spazzatura

 

Quella notte si preannunciava tempestosa.

 

Non solo per il cielo, coperto da pesanti nuvoloni, ma anche per gli animi di chi, in quel momento, si trovava in casa Sakurada.

 

Nori, da brava padrona di casa, aveva invitato tutti a rimanere per cena e per la notte.

 

Yamamoto, che nel frattempo si era ripreso, preferì tornare a casa propria, troppo teso per rimanere una notte a casa della ragazza di cui era invaghito.

 

Fu un bene, visto che, con lui in giro, le bambole avrebbero avuto meno libertà di movimento, in quanto non sapeva della loro esistenza.

 

Per Tomoe non ci furono problemi. Jun telefonò ai suoi genitori e li avvertì che sarebbe rimasta da loro.

 

Kanaria rimase volentieri per la cena, ma chiarì subito che doveva tornare da Mitsu una volta terminato il pasto.

 

Giuseppe decise di rimanere, ma non volle cenare.

 

Si limitò a portare Suiseiseki in camera di Jun ed ad adagiarla nel suo scrigno, mentre lui si sedette a terra, ai piedi del letto di Jun.

 

Aveva bisogno di riflettere, e tale cosa gli riusciva meglio quando era da solo, preferibilmente al buio.

 

Mentre pensava diede una rapida occhiata alla stanza di Jun, la quale, si sa, era piena di oggetti maledetti e poster di piloti.

 

Gli fece piacere vedere suo nipote tra gli idoli del ragazzo.

 

Ma la cosa che più lo colpì fu una foto appesa alla parete.

 

Ritraeva Jun, Nori, Tomoe e le cinque bambole che frequentavano la casa.

 

Vedendo quella Giuseppe pensò che Jun aveva da spartire con le Rozen molto più di quanto ne avesse lui.

 

Ad un certo punto la porta si aprì e da quella fece capolino Shinku.

 

Shinku: Non vieni a mangiare?

 

Giuseppe: Non ho fame. E non chiedermi qual è il mio piatto preferito che non ho voglia nemmeno di quello.

 

Shinku sospirò e guardò fisso il ragazzo che le stava davanti.

 

Shinku: Non ti dai pace, non è così?

 

Giuseppe: So come si sente Suiseiseki. Anch’io ho perso i miei fratelli e le mie sorelle, i miei genitori, mia moglie, i miei figli … tutti morti…

 

Shinku: Hai avuto una sola moglie?

 

Giuseppe: Solo durante la mia prima vita. Le altre volte ho evitato di legarmi a qualcuno.

 

Shinku: Quindi… vuoi solo evitare di soffrire ulteriormente.

 

Giuseppe: Ogni vita che vivo non è altro che un passaggio. Alla fine l’intera esistenza diventa monotona per chi rinasce sempre e può ricordare tutto. Niente ha più valore…

 

Shinku: Niente?

 

Giuseppe: La tua immortalità è diversa dalla mia. Tu per un certo periodo di tempo sei sveglia, vedi il posto dove ti trovi, conosci nuova gente e ti addormenti di nuovo. Difficilmente i tuoi legami con i Medium ti coinvolgono ed anche se li ricordi non ti mancano. Perché tu senta la loro mancanza il vostro doveva essere un legame unico. Per un umano la faccenda è diversa. Gli umani sono costretti per natura a formare legami con gli altri. Che siano di sangue, di amicizia o d’odio non importa, alla fine vengono coinvolti anima e corpo in tutto ciò. E quando un legame si spezza… ne soffrono, proprio come stà soffrendo Suiseiseki.

 

Shinku: Ora capisco cosa intendi dire. Perdere le persone più care che si hanno è sempre qualcosa di atroce…

 

Giuseppe: Questa volta sono stato fortunato. Sono figlio unico ed i miei genitori sono morti quando avevo più o meno quattro anni…

 

Shinku: Cosa? E tu ti ritieni fortunato per questo?

 

Giuseppe: Non ho potuto conoscerli a fondo, quindi non posso soffrire particolarmente per la loro mancanza. Inoltre sono riuscito in un qualche modo a non finire in orfanotrofio, visto che non avevo altri parenti.

 

Shinku: Ma… se i tuoi genitori sono morti così presto… come hai fatto finora a sopravvivere?

 

Giuseppe: Riesco a ricordare tutto delle mie vite precedenti. I miei primi tre genitori mi hanno insegnato a fare un po’ di tutto, così ho imparato ad arrangiarmi. Ho sempre fatto dei lavoretti per mantenermi. Dipingo case, restauro mobili, intaglio il legno, riparo tubi, mi faccio assumere alla giornata quando posso e così via. Faccio tutti questi lavori manuali che nessuno vuole più fare e che mi permettono di guadagnarmi da vivere. Visto che poi non ho nessuno a carico le finanze non sono un problema, dato che ogni volta guadagno molto più di quello che potrei spendere. Ormai dovrei avere un bel gruzzolo conservato…

 

Shinku: Non capisco perché fai così. Una vita vissuta così,  in questo modo, dedita solo a continuare ad andare avanti,  non è inutile?

 

Giuseppe: Credo sia il mio stato ad impormelo. L’immortalità è probabilmente la cosa più inutile che possa chiedere un umano. A che serve vivere in eterno se poi si perde tutto ciò a cui si tiene?

 

Shinku: Tu… invidi gli altri umani?

 

Giuseppe: Le persone normali saranno pure deboli, ma loro possono morire. Questa consapevolezza rende ogni momento prezioso. Un istante irripetibile che va vissuto nella sua completezza. Un immortale come me può vivere svariate volte la stessa esperienza. Anche la morte stessa è qualcosa di insignificante. Tutti quanti, una volta morti, raggiungono qualcosa di superiore, un aldilà che io non posso nemmeno immaginare…

 

Shinku: Vorresti morire quindi?

 

Giuseppe: Gli umani sono fatti così. Apprezzano qualcosa solo quando la si perde. Chiunque vorrebbe essere immortale per non perdere ciò che lo ha coinvolto in questo mondo, ma un immortale può desiderare la morte perché ha già perso ogni stimolo a vivere. Io non sono la più grandiosa creazione di nostro padre, io… sono solo il suo più grande errore.

 

Shinku: Non puoi…

 

Giuseppe: Invece la penso così. Gli umani sono nati mortali, che senso ha un umano che non può morire? La vita è una cosa bellissima, ma solo quando si sa che potrebbe tutto finire. Si assapora ogni respiro, ci si prepara ogni giorno a vivere nuove esperienze, tutto diventa unico. Un immortale non può fare lo stesso…

 

Shinku: Mi dispiace, ma non riesco a capire fino in fondo cosa provi…

 

Giuseppe: Non mi aspettavo che capissi. Ora vai, credo che Nori ti stia aspettando per la cena.

 

Shinku: Questo è un modo gentile per chiedermi di lasciarti solo?

 

Giuseppe: Più o meno…

 

La bambola uscì dalla camera, mentre Giuseppe chiuse gli occhi, alzando il viso verso il soffitto.

 

Non aveva mai parlato di ciò che sentiva con qualcuno, quella era la prima volta per lui che succedeva.

 

Solitamente era uno di quei tipi che indossano migliaia di maschere, una di quelle persone enigmatiche che non possono essere analizzate con i comuni parametri.

 

Ad un tratto qualcosa solleticò il naso del ragazzo, costringendolo ad aprire gli occhi.

 

Una piuma nera.

 

Giuseppe sorrise leggermente e disse.

 

Giuseppe: Come mai da queste parti… Suigintou? Per caso cerchi Shinku?

 

La bambola alata si posò con leggiadria sulla finestra, scrutando con i suoi occhi rossi l’umano.

 

Suigintou: Figurati, non ho tempo da perdere con lei.

 

Giuseppe girò la testa verso la bambola, la quale, per tutta risposta, girò il viso di lato.

 

La luce dei lampioni che la illuminavano da dietro la facevano sembrare davvero un angelo delle tenebre.

 

Giuseppe: Sei proprio come ti ricordo. Hai sempre il tuo fascino misterioso…

 

La bambola cercò di rimanere indifferente, ma non riuscì a non arrossire.

 

La cosa che interessava di più però a Giuseppe era ciò che Suigintou cercava di nascondere dietro la schiena.

 

Teneva dolcemente fra le mani un giglio bianco. Probabilmente stava andando da Megu all’ospedale.

 

Giuseppe: Stai andando a trovare qualcuno?

 

Suigintou non era mai stata così imbarazzata, perciò per sviare la conversazione disse con voce dura.

 

Suigintou: Passavo per caso. Piuttosto, chi sei tu? E perché sai il mio nome?

 

Giuseppe: Beh, è il minimo che possa fare ricordare il nome di mia sorella maggiore. Sbaglio o sarebbe irrispettoso?

 

Al sentire la parola “sorella” l’alata degnò l’umano di uno sguardo.

 

La cosa le sembrò una presa in giro. E la cosa non le andava giù di certo.

 

Suigintou: Come sarebbe a dire sorella?! Noi Rozen Maiden non abbiamo legami con gli umani! Gli unici umani che possono avere legami con noi sono i nostri Medium e nostro padre!

 

Giuseppe: Mamma mia che caratterino! Non ricordavo fossi così suscettibile…

 

Suigintou: In che senso ricordavi? Non ti ho mai visto prima!

 

Giuseppe: Può darsi che non ti abbia visto in questa vita, ma tu hai visto i vari fallimenti di nostro padre mentre cercava di mettermi al mondo…

 

La bambola spalancò gli occhi.

 

Anche lei, come tutte le altre, aveva dimenticato, fino a quel momento, l’esistenza dell’ottava ed ultima creazione.

 

Suigintou: Tu… Tu sei…

 

Giuseppe: Noto con piacere che finalmente ti ricordi di me.

 

Suigintou: Ma… che significa tutto questo? Tu non dovresti apparire solo quando sarebbe dovuta nascere Alice?

 

Giuseppe: Forse mi sarei dovuto mostrare solo in quel momento, ma io esisto sempre, proprio come voi. L’unica differenza è che io passo da un corpo all’altro…

 

Suigintou: Se sei qui vuol dire che una di noi deve diventare Alice. È l’unica spiegazione.

 

Giuseppe: No, mi trovo qui per caso, proprio come te.

 

Suigintou: Allora faresti meglio a non andartene, perché presto mi dovrai nominare Alice.

 

Giuseppe: Lo so.

 

Suigintou lo guardò, senza capire se volesse prenderla in giro o stesse facendo sul serio.

 

Giuseppe: Prima o poi tutte voi diventerete Alice. L’importante è che non seguiate quello stupido gioco. Probabilmente nostro padre ha avuto un momento di follia per pensare a qualcosa di così sadico come una lotta tra sorelle…

 

Suigintou: Come osi dire queste cose di nostro padre?!

 

Giuseppe: Perché, ti pare una cosa giusta che delle sorelle si uccidano a vicenda?

 

La bambola rimase zitta. Da quando aveva combattuto con Barasuishou era diventata insicura riguardo i metodi che era solita adottare.

 

Giuseppe: Va bene, nostro padre ha tentato di creare qualcosa di perfetto, ma sinceramente non so quanto valga questa perfezione! Vale la pena che sette sorelle muoiano per dar vita ad una sola creatura? E poi la perfezione è solo qualcosa di relativo. Per me tu, Shinku, le persone che conosco, che ho conosciuto, siete tutti perfetti così come siete! Se tutto il mondo fosse perfetto sarebbe una noia mortale, per questo esistono le imperfezioni. Rendono ogni essere unico e speciale.

 

Suigintou: Essere imperfetti però…

 

Giuseppe: Pensi ancora di essere spazzatura perché il tuo progetto non è mai stato completato, è così?

 

Suigintou: … Tu che penseresti di me? Sono sempre stata qualcosa di difettoso, qualcosa che nessuno voleva! Sono sempre stata considerata spazzatura!

 

Giuseppe: Hai poca autostima. Tu non sei spazzatura. Spazzatura è solo uno scarto, nient’altro. Il fatto che tu possa essere qui dovrebbe dimostrarti che non sei tu quella che dovrebbe definirsi uno scarto.

 

Suigintou: E chi sarebbe allora?

 

Giuseppe: Io.

 

Suigintou sbuffò. Pensò che, probabilmente, ciò che il suo fratellino stesse dicendo non erano altro che parole mosse dalla pietà.

 

Suigintou: Impossibile. Una creatura come Bahamut non può essere spazzatura.

 

Giuseppe: Ancora non ricordi bene come sono nato, vero?

 

Suigintou: Non che la cosa mi importi…

 

Giuseppe: Comunque sappi che io sono nato dagli scarti di tutte voi.

 

Suigintou: Come sarebbe a dire dai nostri scarti?

 

Giuseppe: È così. Nostro padre è stato estremamente bravo a manipolare Luce ed Oscurità. Per voi Rozen Maiden riuscì ad isolare al momento della vostra creazione l’Oscurità che è presente in ogni creatura. Io sono nato da quell’Oscurità che è stata scartata per rendervi perfette. Già questo dovrebbe rendermi più spazzatura di chiunque altro. Successivamente mi è stata donata un po’ di Luce, Luce che era avanzata dalla vostra creazione, quindi ancora scarti. Infine per il primo tentativo fatto da nostro padre per darmi un corpo usò alcuni componenti corporei che riteneva inadatti a voi e che furono assorbiti dal mio spirito.

 

Suigintou: Non è possibile, il tuo primo corpo era di metallo!

 

Giuseppe: Il metallo serviva solo come corazza restrittiva, sarebbe rimasta giusto il tempo per permettere al mio vero corpo di adattarsi al mio potere. Ciò che era contenuto in quel contenitore di metallo erano sei pezzi inadatti a delle bambole che dovevano essere perfette. Ad esempio il viso che ho ora doveva essere il tuo…

 

Suigintou: E perché sarebbe uno scarto?

 

Giuseppe: Per via di questo…

 

Il ragazzo sollevò il ciuffo di capelli che gli copriva l’occhio, il quale nascondeva una cicatrice, la quale partiva dalla parte destra della fronte, per poi scendere in diagonale tra zigomo e naso sinistri, evitando di poco l’occhio.

 

Giuseppe: Questo sfregio è la causa di una crepa che si venne a creare mentre nostro padre terminava di lavorare il tuo viso. Il calore doveva aver indebolito una bolla d’aria della porcellana, che poi, raffreddata, si è incrinata. Fin da quando sono nato me la ritrovo in ogni vita, c’è sempre un incidente in cui mi capiti di riceverla.

 

Suigintou: Quindi… quello sarebbe dovuto essere il mio viso?

 

Giuseppe: Tu non sei uno scarto. Se nostro padre non ti ha dato un torso è per via che non è riuscito a crearne uno davvero adatto a te.

 

La bambola si lasciò librare al fianco del ragazzo, per poi sedersi dove era andata a posarsi.

 

Suigintou: Quindi… è colpa nostra se tu sei come sei ora. Allora… ci odierai di sicuro…

 

Giuseppe: Non ne ho motivo.

 

Suigintou lo guardò ancora.

 

Giuseppe: Un fiore può fiorire dal sale, può anche sfaldare l’asfalto per raggiungere la luce del sole, se vuole. Può farlo per sentirsi superiore, per disperazione, oppure semplicemente perché ha voglia di nascere. Più o meno è come mi sento io. Anche se sono nato da scarti non me ne pento. Dopotutto te l’ho detto, sono queste imperfezioni a renderci unici.

 

Suigintou non rispose.

 

Il fatto che lei, che era sempre stata considerata spazzatura, avesse in qualche modo reso spazzatura qualcuno che non le aveva mai fatto niente di male la faceva sentire in colpa.

 

Giuseppe comprese lo stato d’animo della sorella e la poggiò sofficemente sulle sue gambe, accarezzandole i capelli.

 

Giuseppe: Non è colpa tua quello che mi è successo. Ed anche se lo fosse… ti dovrei ringraziare. Questa cicatrice mi ricorda come sono nato ed è un profondo legame che mi collega a te, Suigintou.

 

Suigintou: Io…

 

Giuseppe: Ora però smettila di sentirti in colpa. Non potrai mai diventare Alice se continui ad accusarti di colpe non tue.

 

L’angelo nero non rispose. Per tutta risposta l’umano iniziò a carezzarle le ali, come se volesse pettinarle.

 

Giuseppe: Sai cosa potrebbe renderti realmente imperfetta? Queste ali. Si vede che non le curi molto. Le piume sono tutte arruffate, è un peccato lasciarle così. Sono sicuro che se iniziassi a curare di più il tuo aspetto le altre inizierebbero a guardarti sotto una luce diversa…

 

Suigintou: Si è fatto tardi… devo andare ora…

 

Giuseppe: Vai a trovare qualcuno?

 

Suigintou: Si, la mia Medium. Lei… è malata da quando era piccola. I medici continuano a dire che potrebbe andarsene da un momento all’altro…

 

Giuseppe: I medici sono umani, sbagliano anche loro. Il fatto che lei sia riuscita a sopravvivere finora potrebbe significare che non morirà tanto facilmente. Gli umani sono fatti così, non si sa mai che potrebbe succedere quando hai a che fare con loro.

 

Suigintou si librò verso la finestra, e prima di volar via disse.

 

Suigintou: In ogni caso… se potessi guardare nel tuo mondo interiore vedrei chiaramente che non sei tu quello che è spazzatura…

 

Giuseppe: Se vuoi posso farti vedere com’è la mia natura…

 

Suigintou: Davvero puoi mostrare il tuo essere interiore agli altri?

 

Giuseppe: Si, ma… non è un bello spettacolo.

 

La prima bambola si fermò, aspettando che il suo fratellino facesse qualcosa.

 

Questi le posò l’indice sulla fronte, mettendola in contatto con il suo cuore.

 

Ciò che vide spinse Suigintou ad indietreggiare, a rischio di cadere dalla finestra.

 

Giuseppe la trattenne per un braccio, impedendole di precipitare.

 

Giuseppe: Sbaglio o avevo ragione?

 

Suigintou: Perché… perché era tutto nero? Era… era talmente opprimente! Mi sembrava di soffocare…

 

Giuseppe: Perché è la mia natura. Io appartengo all’Oscurità, non sono altro.

 

La bambola posò una mano sul petto del ragazzo, cercando di sentire il suo battito.

 

Stranamente non avvertì alcuna vibrazione che la informasse che in quel corpo c’era un cuore che pulsava…

 

Suigintou: Sapevo che Bahamut avesse una corazza impenetrabile, ma credevo che almeno si potesse sentire il suo cuore battere sotto di essa…

 

Giuseppe: Ormai sono secoli che non sento più il mio cuore. Da quando ho capito di essere immortale.

 

Suigintou: Scusa per aver risvegliato tutto questo…

 

Giuseppe: Veramente non avrei dovuto fartene peso… tieni questo, per farmi perdonare.

 

Il ragazzo unì le mani, e quando le riaprì aveva sul palmo di una mano una piccola sfera lucente.

 

Suigintou: Che cos’è?

 

Giuseppe: Qualcosa per la tua Medium. Ho cercato di attingere energia dalla poca luce che possiedo per crearla. Spero la faccia sentire meglio. Non dimenticare il tuo giglio.

 

Suigintou si accorse che le era caduto di mano il fiore, probabilmente a causa dello shock che aveva provato nel ritrovarsi immersa nelle Tenebre più totali.

 

Dopo aver preso la sfera la Rozen fece un modesto cenno di saluto e volò via verso l’ospedale.

 

Ad attenderla c’era Megu, in quel momento assopita.

 

Posò il giglio in un vaso messo sul comodino, per poi avvicinarsi alla ragazza.

 

Decise di dare fiducia al ragazzo e posò la sfera sull’anello, il quale la assorbì.

 

In quello stesso istante Megu si svegliò.

 

Megu: Buonasera Suigintou. Che hai fatto alle ali?

 

La prima bambola si guardò le ali, trovandole molto diverse da prima.

 

Non erano più informi ed arruffate

 

Sembravano delle ali d’aquila.

 

Doveva avergliele messe in ordine Giuseppe mentre le accarezzava.

 

Suigintou: Lascia perdere. Come stai oggi?

 

Megu: Prima avevo qualche linea di febbre ma ora… non so, mi sembra passato tutto. Non mi sono mai sentita così… c’entra qualcosa la luce che irradia l’anello?

 

Suigintou: Credo… credo proprio di si…

 

Suigintou si voltò verso la finestra.

 

Ora non aveva più dubbi.

 

Quel ragazzo era davvero Bahamut, e quella ne era la prova.

 

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Capitolo 5
*** V) Ricordi ***


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V)              Ricordi

 

Jun e Shinku salirono in camera per la notte, trovando Giuseppe che metteva in ordine l’interno degli scrigni delle sorelle. In quel momento aveva finito di riordinare quello di Shinku, la quale, stranamente, non si sentì offesa che fosse stato toccato qualcosa che le apparteneva.

 

In quel momento sembrava un fratello maggiore che si prendeva cura delle sorelline.

 

Jun: Abbiamo deciso come sistemarci per stanotte. Se vuoi puoi dormire qui assieme alle bambole maledette…

 

Giuseppe: Non ti preoccupare, il divano va più che bene.

 

Jun: Sei sicuro?

 

Giuseppe: Certo. E poi non voglio disturbare.

 

Senza aspettare che Jun rispondesse Giuseppe si diresse verso le scale, per poi fermarsi poco prima di iniziare a scendere.

 

Giuseppe: Dimmi, cosa è cambiato in te da quando loro sono entrate nella tua vita?

 

Jun: Cosa è cambiato?

 

Giuseppe: Se non fosse cambiato niente non mi avresti cercato…

 

Jun: Beh, come dire…

 

Shinku: Per caso ti vergogni di rivelare la verità davanti a me?

 

Shinku sapeva perfettamente come agire con il suo Medium. Per quanto fosse svogliato aveva pur sempre il suo orgoglio, e di sicuro non gli piaceva essere preso in giro da una bambola.

 

Jun: Ovvio che no! Le tue sorelline sono come un tifone, sono entrate nella mia vita sfondando la porta. Beh, a dire il vero Suiseiseki ha letteralmente sfondato la finestra e continua tuttora a sfondarla. All’inizio non le sopportavo, ma… ormai non riesco più ad immaginare la mia vita senza di loro. Da quando le ho conosciute sono cambiato, ma di sicuro in meglio.

 

Giuseppe: Merito dell’effetto benefico della loro Luce. Stare a contatto con loro ti ha reso più forte ed hai lentamente imparato ad apprezzarle per quello che sono. Buonanotte.

 

Il ragazzo scese, mentre Jun si distese sul suo letto.

 

Dopo un paio di minuti si rese conto di non aver dato al suo ospite neanche un paio di coperte e si affrettò a prenderne un paio dall’armadio, ma Shinku lo fermò strattonandolo per la maglia.

 

Jun: Ma che fai?

 

Shinku: Secondo te davvero andrà a dormire?

 

La bambola salì fino alla finestra e, affacciatasi, mostrò che Giuseppe non era affatto sul divano.

 

Era in giardino che osservava le nuvole, le quali stavano rovesciando una pioggia fittissima.

 

Jun: Ma che fa?

 

Shinku: Non lo so. È probabile che faccia così quando c’è qualcosa che non va.

 

Jun: Però se continua a stare sotto la pioggia si prenderà un accidenti! Vado a portargli un ombrello.

 

Shinku: Fermati.

 

Jun: Ma si può sapere che…

 

Shinku: Il fatto di non poter aiutare Souseiseki ed Hina Ichigo deve avergli abbattuto il morale. Noi tutti confidavamo in lui e probabilmente si sente responsabile di non essere stato all’altezza delle nostre aspettative. L’unica cosa che possiamo fare è andare a dormire e sperare che trovi da se le risposte che cerca. In fondo ha qualche secolo di vita, non c’è da preoccuparsi per lui.

 

Jun si lasciò convincere e si mise a letto, mentre Shinku si coricò nel suo scrigno.

 

Stranamente lo trovò più comodo del solito. Probabilmente era tutto merito del suo fratellino. Si addormentò subito, iniziando a sognare un ricordo che aveva rimosso da tempo immemore.

 

Quando si svegliò per prima cosa salì sulla finestra, calpestando Jun nel processo, ma quando si affacciò notò che Giuseppe non c’era più, così come aveva smesso di piovere.

 

Al suo posto, appeso ad uno dei rami dell’albero piantato nel giardino, un foglio.

 

Anche Suiseiseki si alzò e, quando scesero giù, trovarono Nori, Tomoe e Kanaria in cucina che preparavano la colazione.

 

Nori: Buongiorno. Jun, per caso Giuseppe è in camera tua? Ieri non è sceso nemmeno a cenare…

 

Jun: Ieri ha detto che avrebbe dormito sul divano, ma poi è stato per non so quanto tempo fuori sotto la pioggia. Non so il motivo per cui l’abbia fatto, ma di sicuro ha qualche rotella che non va…

 

La porta si aprì, ed il Medium vide la quinta Rozen uscire, seguita dalla giardiniera.

 

Jun, seguito da Kanaria, seguì le due bambole, le quali stavano leggendo il biglietto lasciato dal ragazzo.

 

Jun: Hey, che vi prende?

 

Suiseiseki: Leggi qui desu…

 

Jun prese di mano alla giardiniera il biglietto, rimanendo incredulo davanti a ciò che aveva appena letto.

 

“Non posso fare niente di ciò che mi chiedete, non sono onnipotente. Ed anche se potessi non sono affari miei. Arrangiatevi.”

 

Jun: Che… che significa?

 

Shinku: Credo sia un modo per dirci che dobbiamo rassegnarci all’evidenza…

 

Kanaria: Ma che maleducato kashira! Almeno poteva tentare di fare qualcosa, in fondo è o non è Bahamut kashira?

 

Suiseiseki: Chiudi il becco desu! Non hai il diritto di insultarlo desu!

 

Kanaria: Ma lui è l’unico che può aiutarci kashira!

 

Shinku: Suiseiseki ha ragione. Noi… noi non possiamo fare niente, perciò abbiamo cercato speranza nei poteri di qualcun altro, ma non abbiamo pensato che nemmeno lui avesse i poteri necessari… siamo state solo delle stupide…

 

Jun: Non giustifica ciò che ha scritto nel biglietto.

 

Shinku: Non sappiamo cosa provi dentro di se. È possibile che ciò che ha vissuto lo abbia reso cinico. Non abbiamo il diritto di giudicarlo.

 

Suiseiseki: Probabilmente è lui quello che ha più bisogno d’aiuto desu…

 

Shinku ricominciò a pensare al suo sogno.

 

Grazie a quello aveva capito meglio come era nato il suo fratellino, ma nello stesso tempo non aveva compreso niente che potesse aiutarla a comprenderlo…

 

Ricordava che, quel giorno d’estate, era seduta sul tavolo da lavoro di Rozen assieme a Suigintou, mentre il costruttore di bambole stava lavorando al suo ultimo progetto: Bahamut.

 

Le altre Rozen, al contrario della prima e della quinta, erano occupate nelle loro solite attività, ma erano lo stesso molto ansiose di vedere ultimato il loro fratellino.

 

Le bambole osservavano stupite lo spirito nero che volteggiava davanti a loro, in attesa di avere un corpo proprio.

 

Shinku: Padre, hai detto che questo nuovo fratellino è stato creato da Bahamut, ma cosa è Bahamut?

 

Rozen: Bahamut è un drago dai poteri inimmaginabili, e visto che è così potente è l’unico che possa farvi diventare Alice. Infatti, diversamente da voi, non gli servirà la Rosa Mystica per muoversi, ma il potere di questo spirito, la sua anima, dalla quale ricaverà energia, proprio come un essere vivente qualsiaso.

 

L’uomo porse alla quinta bambola un libricino rilegato in pelle rossa.

 

Rozen: In questo libro c’è tutto quello che si sa su di lui, di sicuro saprà spiegarvi tutto meglio di quanto possa fare io.

 

Suigintou: E per quanto riguarda la settima? Non avresti dovuto finire prima lei?

 

Rozen: Lei è quasi ultimata, perciò mi stò concentrando sul vostro fratellino. Temo che la sua realizzazione non sarà molto semplice. Più o meno come per il tuo torso.

 

Suigintou: In effetti… perché non sono ancora completa io?

 

Rozen: Perdonami se non ti ho ancora costruito un torso, ma tu sei l’unica Rozen Maiden ad avere le ali, perciò il tuo corpo deve essere più leggero possibile per non affaticarti o addirittura impedirti di volare.

 

Shinku: Bahamut deve avere per forza un corpo di metallo?

 

Rozen: Il suo corpo non è fatto di metallo. Questo metallo servirà a trattenere il potere dello spirito il tempo necessario che i vostri pezzi riescano ad abituarcisi.

 

Suigintou: I nostri?

 

Rozen: Sapete, tutti gli umani sbagliano, è la loro natura, perciò mentre creavo le prime sei bambole della vostra collezione ho creato per caso dei pezzi che non si addicevano a delle bambole eleganti e femminili come voi, erano troppo grandi e mascolini, perciò li stò riutilizzando per lui. In lui c’è un pezzo di tutte voi. Ora vieni qui Bahamut, il tuo corpo è pronto.

 

Lo spirito volò in un’apertura sulla schiena del contenitore, ma appena pochi secondi dopo la bambola di metallo iniziò ad accartocciarsi su se stessa, fino a che non si ridusse alla grandezza di una biglia e si aprì a metà, lasciando libero lo spirito.

 

Suigintou: Che significa?

 

Rozen: Sembra che il corpo che gli ho preparato non fosse adatto a lui… comunque c’è una buona notizia.

 

Shinku: Sarebbe?

 

Rozen: I vostri pezzi non ci sono più, quindi Bahamut deve averli assorbiti. Direi che vi ha accettate come sue sorelle.

 

Alcuni giorni dopo Rozen riprovò a costruire un corpo per lo spirito, stavolta dandogli la forma di un dragone metallico, e quella volta sarebbe stato il suo vero corpo, senza pezzi scartati o creati apposta per lui. Al suo fianco sempre presenti Shinku e Suigintou.

 

Shinku: Un drago?

 

Rozen: Bahamut è un drago, e visto che questo spirito è stato ricavato da una sua scaglia è più facile che accetti il corpo di un drago come contenitore.

 

Suigintou: E se distrugge anche questo?

 

Rozen: Dovremo trovare un altro modo per fargli avere un corpo…

 

Lo spirito entrò nel nuovo contenitore, ma non implose. Dopo un paio di minuti però lo spirito uscì da quello.

 

Shinku: E adesso?

 

Rozen: Non riconosce nemmeno questo come suo corpo. Devo ammettere che non avevo pensato ad una cosa simile.

 

Suigintou: Certo che questo spirito è proprio viziato…

 

Passarono alcuni mesi dopo quel fallimento. La settima Rozen era stata completata nel frattempo, ma non si era mai fatta vedere dalle sorelle e nemmeno il padre sapeva dove andava a nascondersi ogni giorno.

 

In un pomeriggio d’autunno ci fu l’illuminazione.

 

Shinku stava leggendo il libro che suo padre le aveva dato, quando ad un certo punto chiese.

 

Shinku: Padre, ma la nostra Rosa Mystica cos’è? Come è stata realizzata?

 

Rozen: La Rosa Mystica? È un’entità artificiale. L’ho creata unendo alcune varietà di pietre preziose intrise di poteri magici e poi l’ho divisa in sette parti, una per ognuna di voi.

 

Shinku: E Bahamut? Lui è nato da una scaglia…

 

Rozen: La scaglia, anche se staccata dall’intero corpo, conservava sempre alte proprietà magiche, però è stato più facile crearne uno spirito in quanto…

 

Rozen si fermò.

 

Finalmente aveva capito come fare a dare un corpo alla sua ultima creazione.

 

Rozen: Ma certo! Come ho fatto a non pensarci prima?

 

Shinku: Pensare a cosa?

 

Rozen: Voi siete nate da un’entità artificiale, perciò le vostre Rose riconoscono come proprio corpo un’altra entità artificiale! Bahamut invece è nato da una creatura vivente, perciò può essere ospitato solo in un corpo vivo! Ha assorbito i vostri componenti per via della sua natura curiosa e per creare un legame con voi, ma per il resto riconosce come suo corpo solo un corpo vivo, fatto di carne e sangue!

 

Shinku: Quindi dovresti rinchiuderlo in un drago?

 

Rozen: Mi pare difficile. I draghi che esistevano sulla terra si sono estinti all’incirca durante il medioevo, gli unici rimasti devono essere per forza draghi trascendentali, tra i quali Bahamut stesso.

 

Shinku: Allora come fari a dargli un corpo?

 

Rozen: Bahamut in passato si è trasformato anche in umano, perciò credo che potrà riconoscere un corpo umano come il suo…

 

Shinku: Un… umano? Ma… così alla fine non morirà?

 

Rozen: Per questo gli conferirò un ulteriore potere. Ogni qualvolta l’umano che lo ospita morirà lui si trasferirà istantaneamente in un altro corpo nato nel momento stesso della sua morte. In questo modo sarà sempre qui sulla terra e potrà incontrarvi prima o poi.

 

Il giorno dopo lo spirito vagante sparì dalla tenuta di Rozen e nessuna delle bambole ebbe più sue notizie.

 

Almeno fino a pochi giorni prima.

 

Sapeva che Bahamut sarebbe stato diverso da tutte loro, ma mai si sarebbe aspettata qualcosa del genere.

 

Nel frattempo Giuseppe si era allontanato di un centinaio di metri dall’abitazione.

 

Si infilò in un vicolo e, afferrato il pugnale, avvolse la lama di energia oscura, per poi scagliarla a terra, creando una fiamma nera.

 

Quello era il suo modo per aprire un N-Field, senza alcun bisogno di usare specchi.

 

Entrò nel passaggio, pronto a cercare qualcosa.

 

O meglio, qualcuno.

 

Laplace.

 

Trovato lui avrebbe trovato le Rose Mystiche di Hina Ichigo e Souseiseki. Le avrebbe recuperate, ridate alle legittime proprietarie e se ne sarebbe andato senza che nessuno se ne sarebbe accorto.

 

Un’ombra, che agiva senza lasciare traccia della sua esistenza.

 

In effetti lui si sentiva in tutto e per tutto un’ombra.

 

Non era altro che l’ombra del vero Bahamut, inoltre apparteneva alle Tenebre.

 

Ma era anche uno scarto dell’Oscurità.

 

Un’ombra non è altro che un ibrido, uno scarto di luce che piomba nelle Tenebre e crea un’Oscurità impura.

 

Né totalmente Luce, né totalmente Oscurità.

 

Semplicemente qualcosa che non sarebbe dovuto esistere, ma che esisteva lo stesso.

 

Più o meno quello che pensava di se stesso.

 

Lui era nato dall’essenza di un drago, era stato concepito artificialmente e viveva in un corpo umano.

 

Non sarebbe mai dovuto esistere, eppure c’era. E continuava ad esserci, secoli e secoli dopo la sua nascita.

 

Avrebbe continuato la sua immortalità nell’ombra, ma prima di tagliare i ponti con le sue sorelle doveva fare qualcosa per loro.

 

Lui non ci avrebbe guadagnato niente, ma voleva che almeno loro avessero la possibilità di essere felici, le une insieme alle altre.

 

Il resto non importava.

 

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Capitolo 6
*** VI) Demone contro Drago ***


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VI)              Demone contro Drago

 

Entrato nella fiamma Giuseppe si concentrò per percepire l’energia emanata dalle due Rose Mystiche.

 

Non gli ci volle molto per trovarle.

 

Come pensava vicino alle Rose c’era una terza energia, probabilmente quella di Laplace.

 

Ma c’era qualcosa che non aveva previsto.

 

Una quarta presenza, ma molto diversa da quella del coniglio.

 

Era incredibilmente simile a quella emanata dalle Rose Mystiche delle sorelle.

 

In ogni caso non poteva tirarsi indietro. Ogni volta che iniziava qualcosa doveva portarla a termine, che fosse un lavoro, un corso scolastico o semplicemente una partita a scacchi.

 

Trovò facilmente la porta dietro alla quale si nascondeva Laplace ed entrò.

 

Si trovava in un mondo notturno, ricco di vegetazione, ma era più che evidente che era stato abbandonato.

 

Le siepi, gli alberi ed i fiori erano quasi del tutto avvizziti, lo stesso valeva per alcune piantine di fragole sparse tutt’intorno, mentre vari giocattoli e disegni giacevano impolverati ed accartocciati.

 

Quel mondo doveva essere il risultato dell’unione dei mondi interiori di Souseiseki ed Hina Ichigo, e lo stato d’abbandono del luogo mostrava chiaramente il loro stato attuale.

 

Iniziò a camminare per il luogo, fino a che non si trovò davanti ad un crepaccio profondo una decina di metri.

 

Sotto di lui c’era il Giudice del Gioco, seduto davanti ad un fuoco, in compagnia di qualcuno che vestiva con un abito rosa pallido.

 

Nel frattempo, a casa di Jun…

 

Nori: Quindi non c’è proprio speranza di riportare tra noi Hina e Souseiseki?

 

Shinku: A quanto pare no. Senza Rose Mystiche nemmeno nostro padre potrebbe fare qualcosa per loro.

 

Suiseiseki: Se solo quello stupido coniglio non fosse così evanescente potremmo prenderci le Rose Mystiche desu!

 

Jun: C’è solo il problema che lui si manifesta solo nell’N-Field da quando il negozio di Enju è chiuso.

 

Kanaria: E che l’N-Field è centinaia di volte più grande della terra kashira…

 

Suiseiseki: Ora basta desu! Non possiamo rimanere con le mani in mano desu! Dobbiamo subi…

 

La giardiniera ammutolì, mentre lei e le sorelle iniziarono a guardarsi intorno.

 

Tomoe: Che succede?

 

Shinku: Un N-Field…

 

Kanaria: Hanno aperto un N-Field kashira!

 

Jun: Suigintou?

 

Shinku: No, Suigintou apre gli N-Field come li apriamo noi. Questo è… diverso.

 

Suiseiseki: Sembra un passaggio creato dall’Oscurità desu…

 

Nori: Oscurità?

 

Jun: Sbaglio o hai detto che Giuseppe, o meglio, Bahamut è nato dall’Oscurità?

 

Shinku: Si, è così.

 

Jun: Può darsi che usi proprio l’Oscurità per aprire gli N-Field. In fondo lui è Oscuro, avrà imparato a manipolare le Tenebre!

 

Kanaria: Sarebbe andato nell’N-Field quindi kashira? Ma… perché kashira?

 

Tomoe. Forse il biglietto era falso…

 

I presenti nella sala guardarono la ragazza, come se dalle sue parole dovesse provenire la salvezza del mondo.

 

Tomoe: Insomma, noi sappiamo che è un tipo solitario, ma che nonostante ciò si adopera per aiutare gli altri, giusto?

 

Nori: Si, ma che c’entra?

 

Tomoe: Mi sembra probabile che il biglietto che ci ha lasciati fosse tutta una finta. È possibile che abbia voluto andare a cercare le Rose Mystiche senza nessuno tra i piedi che potesse intralciarlo, o forse perché non voleva che qualcun altro potesse correre un rischio che poteva evitare…

 

Suiseiseki: Deve essere per forza così desu! Jun, prendi la tarda e Souseiseki, lo raggiungiamo nell’N-Field desu!

 

Jun: Ma… se davvero vuole che noi ne stiamo fuori…

 

Shinku: Non possiamo rimanerne fuori. Giuseppe ora stà cercando di ridarci le nostre sorelle, il minimo che possiamo fare è raggiungerlo per aiutarlo!

 

Jun afferrò Souseiseki, ma fu anticipato da Tomoe nel prendere Hina.

 

Tomoe: Vengo con voi.

 

Jun: Cosa?

 

Tomoe: Non sono una Medium, ma so combattere e tu lo sai. Se sarà necessario scenderò in campo.

 

Nori: Vengo…

 

Jun: Nori, tu hai la semifinale del torneo di lacrosse e la tua squadra non potrà vincere senza di te.

 

Nori: Ma io…

 

Jun: Già siamo in troppi per i miei gusti. Non ti preoccupare, torneremo sani e salvi.

 

Nori: Va bene…

 

Jun: Ah, ricordati che oggi avremo altre due persone a tavola.

 

Con questa affermazione ottimistica Jun convinse la sorella che non c’era di che preoccuparsi.

 

Il gruppo salì al piano di sopra, attivando un N-Field nello specchio ed entrandoci.

 

Nel frattempo Giuseppe aveva osservato attentamente la ragazza al fianco del coniglio, riuscendo a comprenderne finalmente l’identità.

 

Non c’erano più dubbi.

 

La quarta presenza apparteneva alla settima Rozen, Kirakishou.

 

Lei era l’unica ad avere una rosa bianca al posto dell’occhio destro.

 

Solo una cosa non era chiara: che ci faceva in compagnia del demone?

 

Nonostante questo interrogativo Giuseppe saltò giù, atterrando nell’ombra di alcuni alberi, così da poter ascoltare meglio cosa si dicevano.

 

Kirakishou: Questo posto è orribile. Perché sei voluto venire qui?

 

Laplace: Anche se la vita non c’è più il proprio passaggio non smette di esistere.

 

Kirakishou: Dovresti smetterla di parlare per enigmi, comprenderti diventa ogni volta un’impresa.

 

Laplace: Le Rose Mystiche delle tue sorelline avevano bisogno di tornare a casa loro, ma come vedi… sono cambiate un paio di cose. Un peccato se si pensa che questi mondi avrebbero potuto prosperare ancora…

 

Giuseppe uscì dal suo nascondiglio, mostrandosi ai due.

 

Giuseppe: Non credi allora sia meglio rimettere ogni cosa al proprio posto?

 

Laplace osservò il ragazzo, senza capire chi fosse.

 

Laplace: Il loro tempo però è scaduto, ergo non c’è più niente da fare ormai.

 

Giuseppe: Per chi ha la possibilità di vivere in eterno il tempo non scade mai.

 

Laplace: Ottima arguzia giovanotto. Potrei sapere il tuo nome di grazia?

 

Giuseppe: Non ha importanza. Sono venuto solo per un motivo. Datemi ciò che cerco e vi lascerò perdere.

 

Kirakishou: E cosa staresti cercando?

 

Giuseppe: Le due Rose Mystiche delle proprietarie dei mondi che hanno creato questo.

 

Laplace: Interessante che tu conosca ciò. Sei per caso un allievo di Rozen che non ho conosciuto? O magari hai un legame di cui Enju non mi abbia parlato?

 

Giuseppe: Ho già detto che non ha importanza. Allora, che rispondi?

 

Kirakishou: Lui è il Giudice del Gioco, è l’unico che possa rivendicare il diritto di alcune delle Rozen Maiden a tornare a combattere.

 

Giuseppe: Lui sarà pure il Giudice, ma chi decide chi possa diventare Alice non è lui.

 

Quell’affermazione tradì il ragazzo, che fu riconosciuto dalla bambola.

 

Kirakishou: Ora capisco perché sai tutte queste cose…

 

Laplace: Sai chi è questo ragazzo Kira?

 

Kirakishou: Il mio fratellino, quello che diede tanti grattacapi a nostro padre per metterlo al mondo. Non pensavo ti avrei mai incontrato…

 

Laplace: Non sapevo della sua esistenza… come mai lui è umano?

 

Giuseppe: Perché io non sono come loro. Sono sempre appartenuto al mondo dei vivi.

 

Laplace: Noto che anche a te piace parlare per enigmi…

 

Giuseppe: Poche storie, non ho tempo da perdere. Che decidi?

 

Laplace: Desolato ma loro rimangono con me. Perché non provi ad estorcermele?

 

Giuseppe: Per caso è una sfida?

 

Laplace: Sai, potrebbe essere divertente un confronto tra me ed una creatura di Rozen.

 

Kirakishou: Decisamente qualcosa fuori dal comune. Sarà interessante sapere chi è il migliore… il Demone o il Drago?

 

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Capitolo 7
*** VII) Tralci, cesoie, rovi, piume e spade ***


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VII)              Tralci, cesoie, rovi, piume e spade

 

Laplace: Un drago dici?

 

Kirakishou: Nostro padre era appassionato di misticismo ed occulto, e Bahamut era una delle creature che lo attiravano di più. Per questo si è impegnato tanto per creare qualcosa che avesse i suoi stessi poteri.

 

Laplace: Hai ragione, è tutto molto interessante.

 

Giuseppe: Allora, che vuoi fare?

 

Laplace: Aspetto che le nostre ospiti arrivino.

 

Dette queste parole Giuseppe ebbe solo il tempo di alzare lo sguardo per prendere al volo Shinku, Suiseiseki e Kanaria, mentre Jun e Tomoe atterrarono sorreggendosi l’un l’altra.

 

Laplace approfittò del momento di distrazione per materializzare uno stocco e tentare un affondo, ma il ragazzo contrattaccò calciando una pietra, la quale costrinse il Giudice a lasciarsi scappare l’attimo.

 

Laplace: Niente male davvero…

 

Giuseppe posò a terra le bambole, pronto ad iniziare il combattimento.

 

Suiseiseki: Atterraggio perfetto desu!

 

Giuseppe: Si può sapere che ci fate qui?

 

Shinku: Quelle che vuoi riportare in vita sono anche le nostre sorelle, non solo le tue! Non puoi pretendere che rimaniamo ferme ad aspettare che tu faccia tutta la fatica!

 

Giuseppe: Voi non potete far niente! So che il Giudice del Gioco può fermarvi quando vuole, sareste dei bersagli troppo facili! Ora rimanete lì e lasciatemi fare.

 

Il ragazzo allungò il braccio destro di lato.

 

Giuseppe: Bahamut!

 

All’istante uno spadone si materializzò in mano al moro.

 

L’elsa della lama raffigurava un dragone verde, al cui centro troneggiava una sfera rossa dalle venature nere. La lama tinta di due colori, verso l’esterno nera, mentre la parte interna era rossa.

 

Kirakishou: Cosa diavolo…

 

Giuseppe: Si dice che Bahamut abbia pianto una sola volta in tutta l’eternità, quando si innamorò di una donna umana. L’avrebbe voluta rendere immortale e portarla con se nel suo regno, ma quando cercò di chiederla in sposa il luogo dove viveva fu attaccato e lei uccisa mentre il drago aiutava a difendere le mura. Quando vide il corpo senza vita della sua amata si scatenò e distrusse con una sola fiammata invasori e buona parte delle mura. Dopo questa prodezza pianse lacrime amare accanto alla donna, lacrime che caddero proprio su questa spada, l’unica arma capace di uccidere Bahamut con un solo colpo. Questa è l’eredità lasciatami da Bahamut, e la userò per perseguire il mio scopo!

 

Laplace: Davvero una bella storia…

 

Giuseppe: Fatti avanti, sempre se hai ancora intenzione di combattere.

 

Il coniglio provò un secondo affondo, ma arrivato vicino all’avversario si spostò rapidamente di lato per colpire. Giuseppe usò la sua arma come appoggio e la frappose fra se e la lama dell’avversario, che si frantumò.

 

Laplace: Notevole… immagino debba impegnarmi di più.

 

Giuseppe: Anche se sono solo una scaglia non sono da sottovalutare, dovresti saperlo.

 

Laplace: Se davvero non devo sottovalutarti… userò queste.

 

Il demone mise in bella vista le Rose Mystiche sottratte alle due bambole, ma prima che qualcuno potesse azzardarsi ad afferrarle le ingoiò.

 

Dai polsi iniziarono a crescergli alcuni tralci, alle cui estremità pendevano una cesoia per mano.

 

Laplace: Anche tu faresti bene a non dare per scontato niente.

 

Laplace attaccò ancora, costringendo Giuseppe a schivare i suoi colpi.

 

Doveva analizzare bene la situazione.

 

Il Giudice usava due cesoie, quindi doveva avere gli occhi ben aperti e tenersi pronto per evitare di esporsi agli attacchi. Inoltre i tralci che reggevano le cesoie erano lunghi almeno mezzo metro, aumentando notevolmente il raggio d’azione dei fendenti, i quali poi, vista la flessibilità delle piante, diventavano difficili da prevedere.

 

Infatti, mentre parava un assalto diretto di una delle due armi, l’altra si aprì, tentando di troncargli un braccio. Riuscì ad evitare la mutilazione dando un calcio al coniglio, ma la lama delle cesoie aveva strappato il guanto sinistro, ferendogli lievemente la mano.

 

Giuseppe: Dovevo immaginare una cosa simile… se è uno scontro a doppia lama che vuoi allora l’avrai.

 

Il ragazzo afferrò il pugnale con la sinistra, pronto ad un nuovo assalto.

 

Qualcosa però si intromise fra i due contendenti.

 

Dei rovi iniziarono ad allungarsi verso il ragazzo per intrappolarlo in una gabbia di spine.

 

Kirakishou: Ti ho preso! Vediamo come te la cavi ora.

 

La bambola non fece in tempo a finire la frase che delle piume nere caddero dal cielo, facendo a pezzi i rovi.

 

Giuseppe: Che ci fai anche tu qui?

 

La prima Rozen librò al fianco del fratellino.

 

Suigintou: Quindi eravate voi che stavate mettendo a soqquadro l’N-Field.

 

Giuseppe: Rimani indietro anche tu, qui me la vedo io.

 

Suigintou: Pensi davvero che una come me prenda ordini da qualcuno? Combatto anch’io. E poi due contro uno non è leale, no?

 

Laplace: Non ti immischiare o sarò costretto a fermarti io.

 

Suigintou: Non puoi fermarmi durante il Gioco, commetteresti uno sbaglio indegno per un Giudice…

 

Laplace: Non mi sembra che il Gioco sia in atto.

 

Suigintou: Se combatto contro la settima per reclamare la sua Rosa Mistica il Gioco è considerato aperto, e non puoi fermarmi o Kirakishou perderà a tavolino per via di un intervento esterno non concesso.

 

Laplace: Sei davvero scaltra.

 

Suigintou fece apparire la sua spada.

 

Giuseppe: Come mai vuoi aiutarmi?

 

Suigintou: Ho un paio di cose da chiarire a tuo riguardo… soprattutto riguardo il regalino che hai fatto a Megu.

 

Giuseppe: Dopo questo combattimento immagino dovrò rispondere a qualche domanda…

 

Suigintou: Contaci, perché non ti lascerò scappare prima di aver avuto delle risposte. Tu pensa al coniglio, io me la vedo con mia sorella.

 

Giuseppe: Allora diamoci dentro!

 

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Capitolo 8
*** VIII) Il Cuore Oscuro ***


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VIII)              Il Cuore Oscuro

 

Giuseppe assalì subito il coniglio, mentre Suigintou teneva a freno Kirakishou, che nonostante fosse attaccata dalla Rozen mirava ad aiutare il Giudice.

 

Le altre bambole osservavano in disparte la scena.

 

Il ragazzo non usava le sue armi allo stesso modo, cosa che invece Laplace faceva.

 

Infatti usava il pugnale esclusivamente per bloccare l’assalto di una delle cesoie, mentre con lo spadone sferrava dei fendenti estremamente violenti, probabilmente con lo scopo di spezzare almeno una delle armi del nemico, che, però, rimanevano intatte.

 

Alla fine non si poteva dire che le Rozen combattessero tra loro, in quanto tentavano di supportare il proprio alleato, chi attaccando l’avversario, chi intercettando l’attacco diretto al compagno.

 

Dopo un paio di minuti di lotta Laplace finse di attaccare il suo avversario, ma all’ultimo istante si spostò di lato, dirigendosi verso Suigintou, la quale, dovendo proteggersi dall’attacco del coniglio, era alla mercè della settima bambola, che

ne approfittò per scagliare alla sorella i suoi rovi.

 

Giuseppe si gettò addosso al Giudice, liberando la bambola dall’assalto, ma fu colpito alla spalla al posto della sorella.

 

Kirakishou: Miravo a togliere di mezzo Suigintou, ma visto che ti sei lasciato colpire assorbirò la tua energia.

 

I rovi iniziarono ad emanare luce, ma il ragazzo afferrò il rampicante e disse.

 

Giuseppe: Sicura di poterlo fare?

 

La pianta iniziò ad oscurarsi, fino a che non raggiunse la bambola, la quale dovette troncare il rovo, per poi cadere sulle ginocchia e coprirsi la bocca con le mani, tormentata da un senso di nausea che la soffocava.

 

Laplace: Kira, come stai? Che ti succede?

 

Giusepe: L’energia oscura che ha assorbito è un veleno a dir poco distruttivo per una creatura di Luce come lei. La mia Luce è un’entità infima, e cercando di prelevare le mie energie si è soltanto fatta del male da sola.

 

Laplace: Quindi è così che stanno le cose… desolato ma qui urge una ritirata.

 

Il coniglio aprì un varco nel terreno per fuggire.

 

Da quanto detto dalle bambole Laplace era qualcosa di evanescente, e lasciarlo andare sarebbe significato perderne le tracce per chissà quanto tempo.

 

Senza pensarci due volte i loro avversari si lanciarono all’inseguimento, seguiti dagli spettatori del duello.

 

Quando però giunsero a destinazione non videro più nulla.

 

Ciò che li avvolgeva era una cupa oscurità.

 

Solo la luce degli Spiriti Artificiali illuminava quel posto.

 

Jun; Dove siamo finiti?

 

Shinku: Potrebbe essere una trappola di Laplace…

 

Suigintou: Questa Oscurità… no, non è una trappola. Questo è…

 

Giuseppe: Lo hai riconosciuto, vero?

 

Suigintou: Questo… questo è il tuo cuore, non è vero?

 

Jun: Il suo cuore? Questo vuol dire che siamo…

 

Suiseiseki: Siamo nel suo mondo desu.

 

Shinku: Questo posto è straripante di Oscurità. Non ci sono dubbi, è il suo cuore.

 

Improvvisamente iniziarono ad echeggiare nell’aria parole incomprensibili. Molte lingue diverse si mischiavano tra loro, e l’unico che riusciva a comprenderle era il proprietario di quel mondo.

 

Jun ricordò quella volta in cui Suigintou lo segregò nel suo mondo, con lo scopo di distruggerlo psicologicamente.

 

La stessa cosa stava accadendo in quel momento.

 

Giuseppe chiuse gli occhi, inspirò profondamente e, riaprendo di scatto gli occhi, gridò.

 

Giuseppe: SILENZIO!

 

Le voci si acquietarono ed il ragazzo pose la spada davanti a Suigintou, bloccando un colpo da parte delle cesoie usate da Laplace.

 

Giuseppe: Che illuso, pensavi davvero che le voci del mio passato mi avrebbero fatto a pezzi?

 

Laplace: Il piano B non ha funzionato… in ogni caso non ha senso scappare, continueremo qui lo scontro.

 

Il coniglio esce allo scoperto assieme alla bambola.

 

Laplace: Questo mondo ti appartiene, è vero, ma ricorda che ad ucciderti non possono essere solo le ombre del tuo passato, ma anche ciò che sei.

 

Giuseppe: Suigintou…

 

Suigintou: Che c’è?

 

Giuseppe: Adesso è meglio se stai indietro…

 

Suigintou: Ti ho già detto che…

 

Giuseppe: Ora è diverso. Laplace non è stupido, sa che in questo mondo potrei essere avvantaggiato, ma sa anche che ogni vantaggio del nemico può essere ribaltato. L’Oscurità che ci avvolge fa parte della mia essenza, ma non posso controllarla. Se mi distraggo potrebbe prendere il sopravvento sulla mia volontà, ed allora sarebbe pericoloso per tutti…

 

Suigintou: Una ragione in più per…

 

Giuseppe: Non è il momento di discutere. Se vogliamo farcela devo tentare una mossa azzardata, è l’unica possibilità.

 

Suigintou: Quanto è azzardata?

 

Giuseppe: Molto. La prima ed unica volta che la usai mi trovavo in alto mare durante la seconda guerra mondiale e provocai un’onda anomala di dimensioni colossali. In compenso affondai l’intera flotta nemica, anche se distrussi anche molte nostre portaerei.

 

Suigintou: Allora è davvero azzardata… io comunque non mi muovo da qui.

 

Giuseppe: Allora lo farò io.

 

Il ragazzo afferrò la bambola e la lanciò verso Shinku, che la afferrò al volo.

 

Fatto ciò giunse le mani, richiamando una barriera oscura attorno al gruppo.

 

Si voltò verso il Giudice e la settima Rozen, e con uno sguardo infiammato disse.

 

Giuseppe: Volevate vedere chi fosse il più forte tra il Drago ed il Demone? Adesso vedrete la crudeltà della bestia che è assopita in me!

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Capitolo 9
*** IX) Il Dragone Leggendario ***


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IX)              Il Dragone Leggendario

 

Laplace: Una bestia dici? Dunque saresti capace di liberare qualcosa di disumano dal tuo essere?

 

Giuseppe: Disumano è poco. Siete ancora in tempo per arrendervi, sappiate che una volta che la creatura si sarà scatenata non potrò più fermarla.

 

Giuseppe rinfoderò il pugnale e fece sparire la spada, mentre l’Oscurità del suo mondo iniziava ad avvolgerlo.

 

Laplace: La faccenda si stà facendo sempre più interessante… non immaginavo che Rozen avesse la facoltà di creare qualcosa di così… stupefacente.

 

Kirakishou: Non è il momento di elogiare l’abilità del padre, dobbiamo fermarlo subito o rischiamo di non sopravvivere!

 

Laplace: Tuo fratello è tanto potente da poterci distruggere?

 

Kirakishou: Non solo. Se non stà attento potrebbe distruggere anche se stesso.

 

L’Oscurità, nel frattempo, aveva avvolto del tutto il ragazzo, e continuava ad ammassarsi su di lui in proporzioni gigantesche. La bambola lo avvolse con i suoi rovi, mentre il Giudice affondò entrambe le cesoie nelle tenebre.

 

Sia rovi che cesoie passarono senza problemi, dissipando l’alone oscuro che avvolgeva il loro avversario.

 

Laplace: Ma… qui non c’è nulla!

 

Kirakishou: Com’è possibile? Era lì un istante fa!

 

Laplace: Le mie lame hanno trapassato questo velo di tenebra come se tagliassero il vento, se ci fosse stato qualcosa l’avrei sentito. Deve essere diventato un tutt’uno con l’Oscurità.

 

Suiseiseki: Io non ci capisco più niente desu…

 

Shinku: Nemmeno io. Quello che stà accadendo qui è al di fuori del comune.

 

Suigintou: Che gli salta in mente?! Hey tu, fammi uscire subito di qui.

 

Jun: Calmati pennuta, tanto da qui non può uscire nessuno.

 

Suigintou: A chi hai dato della pennuta quattrocchi?!

 

Tomoe: Basta, calmatevi! Finché Giuseppe non lascia dissolvere la barriera non possiamo far nient’altro che aspettare, perciò cerchiamo di non scaldarci.

 

Shinku: Cosa ti ha detto prima di lanciarti qui?

 

Suigintou: Ha detto che avrebbe fatto una mossa molto azzardata. Da come la descrive è qualcosa di estremamente rischioso, soprattutto per chi gli si trova intorno.

 

Kanaria: Allora anche noi siamo nei guai kashira!

 

Jun: Non essere stupida. Se ha creato questa barriera è di sicuro per proteggerci.

 

Suigintou: Io so cavarmela benissimo da sola, non ammetto di essere lasciata in disparte!

 

La bambola colpì lo scudo con la spada, senza però riuscire a scalfirlo.

 

Shinku: Temo sia inutile. È lui a controllarla, e finché non lo desidera non potremo andarcene.

 

Nel frattempo Laplace e Kirakishou stavano cercando di colpire il loro avversario, senza però avere successo.

 

I loro colpi andavano a vuoto, ovunque tentassero di colpire.

 

Improvvisamente l’oscurità iniziò ad addensarsi in un solo punto, fino a che non furono travolti da una potente onda d’urto, che dipanò le tenebre e li scaraventò via.

 

Però di Giuseppe non c’era più traccia.

 

Al suo posto c’era un enorme dragone grigio.

 

Si era tramutato in Bahamut, il leggendario Signore dei Draghi.

 

La creatura mastodontica iniziò a lanciare fiammate e soffi gelidi a destra e a manca, senza controllo.

 

Laplace e Kirakishou non sapevano in che modo reagire, trovandosi obbligati a dover evitare ogni attacco per non essere spazzati via dal potere distruttivo del dragone.

 

Lo scudo faceva il suo dovere e proteggeva senza problemi le bambole ed i due umani, che rimanevano allibiti a guardare la scena.

 

Tomoe: Bahamut… è davvero fenomenale. Non pensavo esistesse qualcosa di così potente.

 

Jun: Riesce a scatenare questa potenza solo perché è in Berserk. Normalmente non potrebbe.

 

Kanaria: Cos’è Berserk kashira?

 

Jun: Una persona normalmente può usare il 20, massimo il 25% della propria forza fisica. Il cervello blocca il corpo attraverso il dolore, evitando che questa soglia venga superata. Gli umani non possono forzare oltre il proprio fisico o rischiano di autodistruggersi. Ci sono casi in cui però il cervello non risponde più delle azioni del corpo, e questo viene chiamato Berserk. Il corpo non recepisce più il dolore e può spingersi a fare cose inimmaginabili, anche se questo significa danneggiare se stessi in modo molto grave. Inoltre, visto che non può ragionare, rischia anche di ferire chi non c’entra niente con il suo combattimento…

 

Shinku: È questo il motivo per cui ci ha isolati dal resto del suo mondo, perché non potendosi controllare avrebbe potuto anche ucciderci… questo spiega perché non ci volesse tra i piedi.

 

Suigintou: E poi, contando che un drago è meno limitato di quanto sia un umano può anche sperare di non riportare lesioni al suo corpo…

 

Kanaria: Allora è potentissimo kashira!

 

Suiseiseki: Potente si, ma pericolosissimo, soprattutto per se stesso desu.

 

Kanaria: Per se stesso Kashira?

 

Suiseiseki: Ti ricordo che questo è il suo mondo interiore, e dovunque ci sia un mondo interiore c’è un albero che gli dà vita desu. qualora colpisca e distrugga quell’albero sarà la fine non solo per lui, ma anche per tutti coloro che si trovano all’interno di questo mondo desu.

 

Jun: Quindi rischiamo di morire?!

 

Shinku: Non può essere stato così sconsiderato. Deve avere qualcosa in mente.

 

La battaglia continuava senza sosta.

 

Il coniglio e la bambola non potevano far altro oltre quello che già stavano facendo. Il drago non permetteva loro di avvicinarsi per tentare almeno di ferirlo, e per ferire una creatura di quel calibro ci sarebbe voluta un’arma portentosa.

 

Probabilmente anche le cesoie da giardiniere non avrebbero fatto altro che infliggergli un graffio del tutto irrilevante.

 

Fiamme e ghiaccio continuavano a solcare l’Oscurità, quando Suiseiseki fu come presa dal panico.

 

Suiseiseki: C’è mancato poco desu! Qualche metro più in basso e sarebbe stata la fine desu!

 

Jun: Che ti prende?

 

Suiseiseki: L’albero desu! Ho visto il suo albero desu! È stato illuminato da una palla di fuoco vagante desu!

 

Tomoe: Ne sei sicura?

 

Suiseiseki: Assolutamente desu! Era molto simile a quello del tardo, ma sembra che sia accartocciato su se stesso desu!

 

Suigintou: Deve essere così per via di quello che sente…

 

Jun: Che hai detto?

 

Suigintou: Niente, lascia perdere. Quell’albero influisce su tutto il suo essere, giusto?

 

Suiseiseki: Esattamente desu.

 

Suigintou: Se lo annaffiassi con il tuo annaffiatoio quindi ci sarebbe la possibilità che Giuseppe riprenda il controllo di se?

 

Suiseiseki: In teoria si, ma non possiamo uscire desu.

 

Suigintou: Un modo deve esserci!

 

La prima Rozen iniziò a camminare in circolo, fino a che non le venne un’idea.

 

Suigintou: Mi dispiace ammetterlo, ma mi serve il vostro aiuto…

 

Shinku: Che vorresti fare?

 

Suigintou: Dobbiamo attaccare tutte e quattro la barriera in un solo punto, in modo da indebolirla e creare un varco per uscire.

 

Kanaria: Funzionerà kashira?

 

Suiseiseki: Deve funzionare, o potremmo non andarcene più da qui desu.

 

Le quattro bambole si volsero nella direzione dove la giardiniera aveva visto la pianta e congiunsero i loro attacchi in un punto in alto della barriera, in modo da non rischiare di danneggiare l’albero.

 

La barriera però era più resistente di quanto si aspettassero, e solo dopo dei minuti iniziarono ad aprire un piccolo varco.

 

Fecero appello a tutte le loro energie e Jun contribuì rafforzando i poteri di Shinku e Suiseiseki, fino a che non crearono un varco abbastanza grande.

 

Suigintou afferrò per mano Suiseiseki e spiccò il volo, uscendo pochi istanti prima che il danno alla barriera si riparasse da sola.

 

La bambola alata posò a terra la giardiniera, mentre lei si diresse verso il drago.

 

Suigintou: Muoviti, cerca l’albero! Io cercherò di non farlo avvicinare!

 

 La bambola cercò di fare come le era stato detto, ma trovare l’albero era incredibilmente difficile.

 

L’Oscurità avvolgeva ogni cosa e la luce dello spirito artificiale non riusciva ad illuminare oltre un paio di metri.

 

Suigintou nel frattempo cercava di distrarre Giuseppe e riportarlo alla ragione.

 

Ogni suo sforzo però fu vano.

 

Le sue parole non riuscivano a far breccia nella furia della creatura.

 

Il drago afferrò la bambola con una zampa ed iniziò a stritolarla.

 

La Rozen cercò di liberarsi, ma la stretta era troppo forte.

 

Shinku: Se continua così la distruggerà! Bisogna fare qualcosa!

 

Jun: Suiseiseki, muoviti a trovare quella pianta!

 

Suiseiseki: Non è facile desu! Qui è tutto buio desu!

 

Jun si concentrò, trasferendo una buona quantità d’energia a Suidream, che emanò una luce molto potente, la quale permise alla bambola di scorgere l’albero di Giuseppe.

 

Appena si avvicinò alla pianta Suiseiseki si accorse che il drago aveva spalancato le fauci, pronto a divorare la bambola alata, svenuta per la stretta così forte da toglierle il fiato.

 

Annaffiò subito l’albero, il quale iniziò ad aprirsi.

 

Dai rami che si disgiungevano iniziarono a farsi strada dei raggi di luce.

 

Quando i rami tornarono nella loro posizione originale liberarono una piccola luce, più piccola anche degli spiriti artificiali.

 

Improvvisamente la luce emanò un bagliore accecante, mostrando un mondo verdeggiante e rigoglioso.

 

C’era una cascata dalla quale nasceva un arcobaleno, che si estendeva per tutto il cielo.

 

Loro si trovavano in una prateria circondata da colline, colline che sembravano essere piene di vita.

 

Quello che era il suo vero mondo, nascosto dalle Tenebre di più vite vissute senza un bagliore di vera felicità e la consapevolezza di essere diverso, ma in modo differente.

 

La consapevolezza di un’immortalità che non avrebbe mai portato a nulla di lieto.

 

Il drago si fermò all’istante.

 

I suoi occhi, da spenti ed inespressivi, tornarono lucenti specchi di un’anima.

 

Il suo corpo ricominciò a trasformarsi in Oscurità, la quale si allontanò lentamente da dove si trovava.

 

Forse il piano aveva funzionato…

 

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Capitolo 10
*** X) Il Drago Oscuro e la Fenice di Luce ***


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X)              Il Drago Oscuro e la Fenice di Luce

 

Non aveva più il controllo di se.

 

Aveva liberato la bestia che albergava in lui per non avere alcun freno e combattere al meglio.

 

Aveva anche preso tutte le precauzioni per non ferire le sue sorelle ed i due umani che erano assieme a loro.

 

Edo ora era lì, immobile, perso nella sua stessa Oscurità, mentre ciò che teneva celato dentro di se agiva come meglio voleva, senza che qualcuno lo potesse fermare.

 

Ogni tanto sembrava che qualcosa volesse giungere alle sue orecchie, ma qualsiasi parola veniva soffocata dalle Tenebre.

 

Si sentiva intorpidito, come se quello stato lo avesse condotto in un dormiveglia profondo, dal quale non riusciva a svegliarsi.

 

Improvvisamente una luce balenò in quella marea nera, accecandolo.

 

Da dove poteva provenire tutta quella luce?

 

?: Mi hai deluso ragazzo mio, non pensavo che ti saresti lasciato catturare dall’Oscurità pur di raggiungere il tuo scopo.

 

Giuseppe: Chi… chi sei? Di chi è questa voce?

 

?: Io sono ciò da cui sei nato, la creatura dalla quale hai ereditato i tuoi poteri.

 

Giuseppe: Bahamut? Il Signore dei Draghi?

 

Bahamut: Esatto. L’Oscurità aveva preso pieno controllo sul tuo essere, rendendoti sordo ad ogni mio richiamo.

 

Il ragazzo non riusciva a vedere la creatura. Probabilmente quella che sentiva era solo la sua voce, trasportata fino alla sua mente per telepatia.

 

Ma la voce era più che sufficiente per comprendere la maestosità del dragone.

 

Si trattava di un essere di livello superiore a qualsiasi creatura, questo era certo.

 

Giuseppe: Come mai sei qui?

 

Bahamut: L’Oscurità. Non deve essere lei a soggiogarti. Devi essere tu a manipolarla. Se le Tenebre ti inghiottissero del tutto non saresti più quello che sei.

 

Giuseppe: Però io appartengo alle Tenebre, sono una creatura Oscura, prima o poi accadrà e…

 

Bahamut: Non puoi permetterlo. Non lasciare che Tenebras ti abbindoli offrendoti il suo potere. Anche se sei un’Ombra ricorda che in un’ombra c’è sempre Luce, non solo Tenebre.

 

Giuseppe: Io però… non sono come te. Non c’è abbastanza Luce in me…

 

Bahamut: A chi credi appartenga questa Luce?

 

Giuseppe: Come?

 

Bahamut: La tua terza sorella ha liberato la Luce che cercavi di mantenere pura nelle Tenebre. È grazie a questa Luce se sono riuscito finalmente a mettermi in contatto con te.

 

Giuseppe non sapeva cosa dire.

 

Possibile che quel piccolo scarto di Luce che cercava di proteggere potesse illuminare quella densa Oscurità?

 

Bahamut: Ora stà a te scegliere cosa fare. Decidi se seguire le Tenebre e servire Tenebras o combattere per la Luce ed essere l’Ombra che annuncia l’arrivo del giorno.

 

Giuseppe: Una decisione da seguire in eterno…

 

Bahamut: Non è detto. Tu ti senti imperfetto perché sei immortale, ma sappi che puoi diventare un umano in tutto e per tutto, pur mantenendo i tuoi poteri.

 

Giuseppe: Cosa? Come posso fare per diventare umano?

 

Bahamut: Lo saprai al momento opportuno. Dopo questa battaglia saprai quale strada dovrai percorrere. Non sarà semplice, ma puoi farcela. Ricorda soprattutto questo: Bahamut e Leviathan sono una grande squadra, ma Bahamut e la Fenice sono praticamente imbattibili insieme.

 

Improvvisamente le Tenebre iniziarono a propagarsi di nuovo attorno al ragazzo, senza però oscurare del tutto la Luce.

 

?: Non dargli ascolto figlio mio, la Luce non ti renderà felice, né il diventare umano.

 

Giuseppe: Questa voce… Tu… tu sei… Tenebras?

 

Tenebras: Si, figlio mio. Ascoltami, segui tuo padre. Se lo farai avrai il pieno controllo sull’Oscurità ed avrai ogni libertà che vorrai. Niente e nessuno potrà ostacolarti.

 

Giuseppe non sapeva cosa fare, né a chi dare ascolto.

 

Tenebras non era un’entità preesistente, era semplicemente l’incarnazione dell’Oscurità. Della sua Oscurità, quella dalla quale fu creato.

 

Bahamut invece era ciò dal quale aveva ereditato tutto. Curiosità, potenza, senso di giustizia e via dicendo. L’unica differenza con Tenebras era che Bahamut non era mai entrato in contatto con lui prima, né pretendeva di essere suo padre, cosa che invece Tenebras sottolineava ad ogni occasione chiamandolo figlio.

 

Giuseppe: Cosa…  cosa devo fare?

 

Bahamut: Stà a te decidere. La vera libertà è poter scegliere tra Luce e Tenebre, così come si ha il vero potere solo quando si può decidere se fare del bene o del male.

 

Quelle parole furono quelle che finalmente convinsero il ragazzo a scegliere.

 

Era libero di seguire ciò che voleva, senza dover tener conto di nessuno.

 

Giuseppe: … Ho deciso.

 

Il ragazzo chiuse gli occhi, lasciando che le Tenebre penetrassero nel suo corpo.

 

Quando li riaprì aveva tra le braccia Suigintou. Al suo fianco Suiseiseki, visibilmente preoccupata per la bambola alata.

 

Giuseppe la porse delicatamente alla giardiniera, quindi fece riapparire Bahamut Tear.

 

Giuseppe: Come stà?

 

Suiseiseki: Per fortuna è solo svenuta desu. Sai che stavi per mangiartela desu?

 

Giuseppe: Grazie per avermi fermato. Ma voi non dovevate rimanere nella barriera?

 

Suiseiseki: Ma rischiavi di colpire il tuo albero desu!

 

Giuseppe: Non aveva importanza. Quella barriera funge anche da N-Field. Se mi fosse successo qualcosa sareste tornati tutti a casa vostra.

 

Suigintou si risvegliò in quel momento, guardandosi attorno sorrise soddisfatta.

 

Suigintou: Ce… ce l’abbiamo fatta allora…

 

Giuseppe: Scusami per quello che ho fatto sorellina. Ora però raggiungete gli altri. È giunta l’ora di finire questa battaglia. Ma prima…

 

Tenebras: Allora, cosa hai scelto?

 

Giuseppe: Ti interessa così tanto saperlo?

 

Il ragazzo si alzò, rimanendo però di spalle alla creatura incappucciata che gli era dietro, mentre la bambola indietreggiò, spaventata da quell’apparizione improvvisa.

 

Tenebras: Ovviamente. Una creatura del tuo calibro non è adatta alle fila della Luce. Le Tenebre ti si addicono di più.

 

Giuseppe: Allora perché non ne discuti con il mio fratellino?

 

Tenebras: Come?

 

Giuseppe: Fenice!

 

Giuseppe fece apparire una seconda spada.

 

Questa aveva un’elsa raffigurante una fenice rossa al cui centro era incastonata una sfera rossa dalle venature bianche, mentre la lama, molto più sottile dell’altra, era ancora una volta tinta di due colori, la parte esterna bianca, mentre l’interna rossa.

 

Tenebras: Cosa significa?

 

Lo spadaccino si voltò di scatto, piantando la spada nel corpo dell’entità.

 

Giuseppe: Io sono una creatura Oscura, ma ho rinnegato ciò che le Tenebre nascondono sotto il loro manto nero. Mi dispiace per te, ma io sono nato da Bahamut, ed anche se sono la sua antitesi condivido la sua stessa opinione e saggezza. Non ho alcun bisogno di te, né del tuo potere. Puoi sparire per quanto mi riguarda.

 

Giuseppe colpì Tenebras con lo spadone, dissolvendolo.

 

Finalmente si era liberato del tormento che lo attanagliava da sempre.

 

Suiseiseki: C- cos’era quello desu?

 

Giuseppe: Io sono nato da un’Oscurità pura, alla quale solo successivamente è stata data un po’ di Luce. Da quell’Oscurità è nato Tenebras, che rappresenta ciò che ho rinnegato delle Tenebre e tutto ciò che ha comportato la mia immortalità. Lui… era il mio eterno tormento.

 

Laplace uscì allo scoperto assieme a Kirakishou, applaudendo il gesto dello spadaccino.

 

Laplace: I miei complimenti, non è da tutti liberarsi dei propri demoni con tanta abilità. Ora, se permetti, riprenderei il combattimento da dove eravamo rimasti…

 

Giuseppe: Come desideri. Suiseiseki, porta Suigintou nella barriera, e non ammetto discussioni.

 

Le due bambole raggiunsero la barriera, che le lasciò entrare senza problemi.

 

Il ragazzo intanto si rivolse alla sua seconda spada e disse.

 

Giuseppe: Allora, sei pronto fratellino? Dimostriamo che la Fenice e Bahamut non possono essere sconfitti quando sono assieme.

 

Laplace: Allora, intendi richiamare di nuovo la bestia che è dentro di te?

 

Lo spadaccino scosse il capo, sorridendo ironicamente.

 

Liberare un dragone non era l’unico modo che aveva per diventare più forte.

 

Giuseppe: No, intendo perfezionarla e controllarla. Il dragone da solo non è completo, perciò sarà la fenice a dargli ciò che gli manca ed a portarlo sulla retta via.

 

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Capitolo 11
*** XI) L’Oscuro Cavaliere del Drago ***


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XI)              L’Oscuro Cavaliere del Drago

 

Giuseppe guardò Laplace beffardo, sicuro che non avesse capito a cosa alludeva.

 

Si tolse il giubbotto, che cadde pesantemente a terra.

 

Per fare ciò che voleva fare aveva bisogno di non avere impedimenti.

 

Soprattutto perché era la prima volta che usava seriamente quella cosa, la sua arma segreta più distruttiva, ancor più devastante del dragone impazzito.

 

Giuseppe: Ali di Tenebra!

 

Alle spalle del ragazzo si addensò una massa oscura, la quale prese una vaga forma di due ali, che coprirono per intero lo spadaccino.

 

Improvvisamente l’oscurità schizzò via, come scacciata da una potente onda d’urto.

 

Giuseppe era avvolto in due ali di drago, ricoperte di piume nere.

 

Le ali si dischiusero, mostrando di nuovo il ragazzo, il cui aspetto era nettamente differente.

 

La sua pelle aveva un colore grigio molto intenso, dalle tempie gli partivano delle lunghe appendici ossee simili a corna che si stendevano all’indietro, come quelle che Bahamut aveva sopra gli occhi, occhi di un rosso talmente acceso che sembravano fiamme e contrastavano con la carnagione.

 

Jun: Si è trasformato ancora?

 

Shinku: Ha preso delle sembianze simili al dragone di prima, ma non lo ha liberato del tutto. Deve essere riuscito in qualche modo a contenere la trasformazione, rendendola parziale.

 

Kanaria: Che significa kashira?

 

Tomoe: Stà usando lo stesso potere di prima, solo che ora lo tiene sotto controllo diventando una via di mezzo tra un umano ed un drago.

 

Laplace: Interessante, davvero molto interessante. Cosa saresti ora?

 

Giuseppe: Ora sono solo la via di mezzo tra le due creature che dovrei essere.

 

Kirakishou: Bahamut era considerato il Lucente Cavaliere del Drago quando era in forma umana, ma tu sei diverso da lui. Tu sei l’Oscuro Cavaliere del Drago, l’altra faccia di una sola medaglia.

 

Giuseppe: Fatevi avanti, io sono pronto.

 

Giuseppe chiuse gli occhi, stendendo le braccia ai lati, le lame parallele alle braccia.

 

Il demone e la settima Rozen attaccarono, sicuri che la trasformazione non avesse cambiato molto il loro avversario.

 

Laplace tentò un doppio fendente laterale, mentre Kirakishou si spostò alle sue spalle per colpirlo con i suoi rovi.

 

Dovettero ricredersi.

 

Lo spadaccino si limitò a ruotare rapidamente i polsi, tranciando i rovi e respingendo le cesoie, le quali si incrinarono.

 

Laplace: Direi che abbiamo sbagliato la valutazione. Se è stato capace di danneggiare queste cesoie magiche senza distruggere le sue armi può contare su armi a dir poco eccezionali e forza praticamente illimitata…

 

Giuseppe: Preparatevi, perchè ho intenzione di finire qui la nostra battaglia.

 

Il Cavaliere giunse le mani, iniziando a concentrarsi.

 

Giuseppe: Isolamento Dimensionale!

 

Il Giudice e la bambola, sentite quelle parole, temettero che l’avversario volesse isolarli in una dimensione da lui creata e cercarono di aprire un varco, senza però avere successo.

 

Kirakishou: Cosa significa?

 

Giuseppe: Mi dispiace per voi, ma finché non lo decido io voi due rimarrete qui. Ho isolato questo mondo da tutto il resto dell’universo, così non potrete scappare.

 

Laplace: Cosa?!

 

Giuseppe: Questo era solo un preparativo, il pezzo forte arriva ora.

 

Bahamut Tear scomparve, lasciando il posto ad un alone tetro attorno alla mano destra dello spadaccino.

 

Giuseppe: Se ora io muoio tutto ciò che è presente in questo mondo scomparirà con me, ed è quello che ho intenzione di fare!

 

Tomoe: Che gli prende ora? È impazzito per caso?

 

Kanaria: Aiuto! Vuole uccidere anche noi kashira!

 

Shinku: No, non può essere così irresponsabile. Deve esserci qualcosa sotto…

 

Suiseiseki: Temo voglia davvero uccidersi desu…

 

Jun: Quindi vuole portarci con lui all’altro mondo?!

 

Suiseiseki: No desu! Questa barriera è anche un N-Field che ci porterà a casa in caso lui muoia desu!

 

Jun: Ma a che gli servirà morire? È del tutto insensato!

 

Suigintou: Lui può ritornare in vita, e questo lo sa benissimo. Intanto facendo così eliminerà per sempre Laplace e Kirakishou.

 

Tomoe: Ma le Rose Mystiche non rischiano di andare perdute?

 

Suiseiseki: No desu. Questo mondo si distrugge e si ricrea ad ogni ciclo vitale e quando si ricrea ritorna qui qualsiasi cosa ci sia stata un tempo desu.

 

Shinku: In pratica mentre noi lasceremo questo mondo tramite questo N-Field lui eliminerà Laplace e Kirakishou, e quando rinascerà potrà tornare da noi con ciò che cercavamo, perché le Rose Mystiche di Souseiseki ed Hina Ichigo saranno al sicuro nel suo mondo.

 

Laplace: Intendi davvero suicidarti pur di eliminarci? Sei impazzito?!

 

Giuseppe: Per una volta la mia immortalità mi servirà a qualcosa. Le mie sorelle riavranno indietro due persone speciali, e senza un Giudice il gioco non potrà continuare!

 

Il coniglio e la bambola non potevano fare più niente.

 

Non sarebbe servito a nulla tentare di fermarlo.

 

Potevano solo attendere.

 

Giuseppe sorrise.

 

Il piano aveva funzionato.

 

Si lanciò contro Laplace, affondandogli la mano nel petto, senza però ferirlo.

 

L’Oscurità che gli avvolgeva la mano non era altro che un’energia distorta che gli permetteva di penetrare la carne senza ferire.

 

Giuseppe: Ora rimanete fermi o ti strappo il cuore.

 

Laplace sentì una pressione attorno al cuore.

 

Quel ragazzo non scherzava quando diceva di potergli strappare la vita.

 

Ad un tratto la stretta si affievolì, e Giuseppe saltò indietro, sfruttando la potenza delle sue ali.

 

Giuseppe: Bene, è andato tutto come previsto.

 

Il Cavaliere lanciò qualcosa verso la barriera, la quale non oppose resistenza e lasciò che gli oggetti colpissero in pieno Hina e Souseiseki.

 

Le due bambole iniziarono ad emanare una debole luce, quindi si sollevarono in aria.

 

Quando la luce si spense tornarono tra le braccia dei due umani, mentre loro due riaprirono gli occhi.

 

Le Rose Mystiche.

 

Giuseppe aveva messo praticamente con le spalle al muro l’avversario, al quale ora non rimanevano più poteri.

 

Le due Rozen si guardarono attorno, ed appena ebbero visto le facce conosciute Hina si aggrappò al collo di Tomoe.

 

Hina: Tomoe! Che bello rivederti! Mi sei mancata tanto na no!

 

Souseiseki: Ma cosa…

 

Shinku: Non preoccuparti, è tutto a posto ora.

 

Il Giudice guardò cosa accadeva all’interno della barriera, incredulo.

 

Laplace: Mi… mi hai imbrogliato! Sei ricorso ad uno sporco trucchetto pur di battermi? Fingere il suicidio e bloccare ogni via di fuga…

 

Giuseppe: Io avevo solo intenzione di riprendermi quelle Rose Mystiche, combattere contro di te è stata un’azione che non ho potuto evitare. E poi chi ti dice che stessi fingendo?

 

Laplace: Come?

 

Giuseppe: Ora come ora solo Bahamut Tear può uccidermi, ed oltre lei solo lo stesso potere che ho usato per prenderti le Rose Mystiche può distruggermi colpendomi dall’interno. Ora che ho fatto quello che dovevo fare potrei facilmente porre fine a tutto in questo modo.

 

Laplace: Cosa vorresti fare, metterti contro la volontà di tuo padre?

 

Giuseppe: No, semplicemente contro il Gioco, e finché tu ci sarai il gioco continuerà, ma senza te…

 

Kirakishou usò la maggior parte delle sue energie per creare un enorme ammasso di rovi attorno alla barriera, la quale collassò sotto la stretta.

 

Le spine però non arrivarono a colpire chi era al suo interno, perché Giuseppe con un rapido movimento arrivò all’ammasso di rovi e lo tranciò in decine di pezzi.

 

Kirakishou: Mettersi contro il Gioco vuol dire mettersi contro nostro padre. Non vuoi che il suo desiderio si realizzi? Non vuoi vederlo felice?

 

Giuseppe: Una persona non può essere felice a costo di sacrificare altre persone. Se per renderlo felice dovete distruggervi la sua è una felicità falsa e sadica.

 

Kirakishou: Non importa! Io diventerò Alice e sarò colei che renderà nostro padre felice, anche se questo vuol dire affrontarti!

 

Giuseppe: Ci tieni così tanto a diventare Alice?

 

Kirakishou: Questo è lo scopo per cui sono nata.

 

Giuseppe fece sparire l’altra arma e si diresse lentamente verso la sorella.

 

Arrivato davanti a lei si inginocchiò e, mettendole una mano in testa e tenendole con l’altra la mano in cui aveva l’anello di rose, disse.

 

Giuseppe: E sia allora, te lo concedo. Ma non solo a te, ma a tutte quante voi. Diventate tutte quante Alice se volete, ma senza farvi del male a vicenda. La perfezione non nasce dall’assassinio.

 

Kirakishou sorrise.

 

La bambola iniziò ad irradiare una Luce candida, la quale la avvolse del tutto.

 

La Luce che irradiava però non era fastidiosa, di quelle che accecavano.

 

Era una Luce delicata, fatta proprio per essere vista in tutto il suo splendore.

 

Nel guardarla Giuseppe pensò che quelle Luce era l’esatto contrario di come era lui.

 

Lui non solo era pieno di Oscurità, ma la sua era anche un’Oscurità soffocante, la quale impediva qualsiasi cosa.

 

Laplace: Bene, direi che il disegno di Rozen è completo, finalmente.

 

Giuseppe: Che intendi dire?

 

Laplace: Che le sue sette creature sono finalmente perfette.

 

Sentendo quelle parole il ragazzo si voltò.

 

Jun e Tomoe stavano cercando di svegliare le sei Rozen, misteriosamente a terra, prive di sensi.

 

Le loro Rose Mystiche si disgiunsero dai loro corpi, andandosi a fondere con gli spiriti artificiali ed irradiando una Luce simile a quella di Kirakishou.

 

Giuseppe: Ma cosa?!

 

Laplace: Il Gioco ormai è concluso, e come aveva previsto Rozen sei stato tu a portarlo a termine.

 

Improvvisamente l’intero mondo interiore del ragazzo fu pervaso di Luce, catapultando tutti nel candore più assoluto.

 

Qualcosa di unico era appena accaduto, ma non sapevano ancora cosa…

 

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Capitolo 12
*** XII) Perfezione? No, umanità ***


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XII)      Perfezione? No, umanità

 

Jun: Cosa stà succedendo? Non ci capisco più niente.

 

Laplace: Non c’è nulla da capire. Quello che doveva essere si è compiuto. Alice è nata, come voleva Rozen.

 

Tomoe: Come è possibile? Loro non hanno combattuto!

 

Giuseppe: Però… io ho dato loro la possibilità di diventare Alice… ho detto loro che qualora avessero voluto lo sarebbero diventate.

 

Jun: Ma… cosa ne sarà ora di loro?

 

?: Non temere, non accadrà nulla di male.

 

Giuseppe: Questa voce… Sei tu…

 

?: Lo sapevo che mi avresti riconosciuto, anche se quando ti vidi l’ultima volta eri ancora un’anima senza corpo.

 

Laplace: Alla fine tutto si è risolto grazie a Bahamut, ho perso la scommessa.

 

Jun: Con chi state parlando?

 

Giuseppe: Con l’uomo che mi ha fatto esistere, il mio primo padre… Rozen.

 

Jun: I-il costruttore di bambole?

 

Rozen: Si, sono io. E ti ringrazio per tutto quello che hai fatto per le mie prime sei creazioni. Stando a contatto con te hanno imparato cose che secoli fa non hanno avuto modo di conoscere. Sono queste esperienze a rendere ogni vita unica, e tu hai reso la loro importante.

 

La Luce si affievolì, mostrando l’uomo che Jun vide mesi prima, dopo il combattimento contro Barasuishou.

 

Nonostante fossero passati secoli dalla sua nascita l’artigiano era sempre giovanissimo, probabilmente grazie alle sue ricerche alchemiche.

 

All’uomo si avvicinò subito Kirakishou.

 

Non era più una bambola, ma una bellissima donna.

 

I suoi capelli erano di un biondo tenue, mentre la rosa che aveva dell’occhio destro si era spostata sui capelli ed indossava un sontuoso abito nuziale.

 

Rozen: Ecco, alla fine Alice è nata, e senza inutili lotte. E con lei sono nate altre sei persone pronte a vivere a pieno la loro vita.

 

Tomoe: Cosa significa questo?

 

Rozen: Voi non lo sapete, ma Kira in realtà è sempre stata Alice. Quando nacque non feci errori nel costruirle un corpo, cosa che feci invece con le altre bambole. Lei nacque già perfetta. Questa perfezione però non poteva essere ancora resa totale, in quanto Bahamut non era ancora in grado di usare i propri poteri. Kira divenne perciò solo uno spirito e visse fin dall’inizio nell’N-Field. Nonostante Alice fosse praticamente già nata mi dispiaceva che le altre mie bambole non potessero diventare perfette, perciò chiesi aiuto a Laplace, assieme al quale conducevo i miei esperimenti alchemici. L’unico errore è stato lasciargli campo libero riguardo il metodo da usare.

 

Laplace: Mi dispiace che non la pensiamo allo stesso modo, ma se una cosa la si desidera bisogna combattere e guadagnarsela per averla, per questo ho inventato il Gioco come tutti lo conoscono.

 

Rozen: Ora però non pensiamo più a questo. Le sei Fanciulle stanno per mostrarsi a noi in tutto il loro splendore.

 

La Luce che era scaturita dalle Rose Mystiche e dagli spiriti artificiali si attenuò.

 

Al posto dei frammenti di cristallo apparvero sei umane, quattro ragazze e due bambine.

 

Rozen: In realtà nessuna di loro è stata creata per essere perfetta. La perfezione è cosa relativa. La perfezione non è umana, ma l’umanità è una cosa perfetta in se.

 

Le sei ex bambole si guardarono, stupite di quel cambiamento così improvviso.

 

Suigintou, Suiseiseki e Souseiseki sembravano delle liceali, in quanto il loro corpo era già più maturo rispetto a quello delle loro sorelle. Shinku appariva come una ragazzina più o meno dell’età di Tomoe, mentre Hina e Kanaria erano in tutto e per tutto delle bambine delle elementari.

 

Suigintou  indossava degli stivali neri con tacco, guanti a mezze dita bianchi, un fermaglio nero con una rosa viola a sinistra, una gonna nera lunga fino al ginocchio dal lato destro che andava scalando più in basso verso sinistra, una cintura con una fibbia a forma d’ali, una camicetta bianca a mezze maniche che le lasciava scoperto l’ombelico, la quale aveva sopra una maglia nera scollata con una manica lunga a sinistra, mentre a destra era assente.

 

Suiseiseki indossava delle scarpette nere con tacco, la sua solita bandana, un lungo vestito verde a mezze maniche con merletti ai bordi della gonna e delle maniche, sotto al quale indossava una maglietta bianca, mentre il busto era coperto da un corpetto nero allacciato sul davanti.

 

Souseiseki indossava un paio di scarpe da ginnastica nere, guanti blu di jeans, un basco alla francese, un jeans a vita bassa, una maglietta bianca a mezze maniche annodata a destra che lasciava scoperto l’ombelico ed un gilet di jeans.

 

Shinku indossava delle ballerine rosse con delle calze a strisce rosse e bianche, un guanto bianco lungo al braccio destro, un cono di stoffa rosso che le copriva il sinistro, i capelli raccolti come sempre in due codini con nastri verdi ed un abito tradizionale giapponese stretto in vita da una cintura di stoffa.

 

Hina indossava un paio di scarpette rosse e calzette con le fragole, il suo immancabile fiocco rosa, una gonna rosa corta con merletti ai bordi, una maglietta bianca smanicata ed una camicetta rosa con merletti alle maniche.

 

Kanaria infine indossava un paio di stivali di gomma giallo canarino, il suo fermaglio a forma di cuore, una maglietta a maniche corte gialla ed una salopette arancione.

 

Shinku: Ma cosa…

 

Rozen: Alla fine avete raggiunto anche voi il vostro traguardo, mie care. Non la perfezione, ma l’umanità, ciò a cui siete state a contatto finora ora è totalmente parte di voi. Siate felici con le persone che amate.

 

Le Rozen alzarono lo sguardo verso l’uomo, riconoscendolo.

 

Suigintou: Padre…

 

Souseiseki: Sei… sei davvero tu?

 

Rozen: Si, sono io. Perdonatemi per avervi ingannate per tutto questo tempo, ma era necessario affinché ognuna di voi diventasse ciò che desiderava. Nel profondo voi non avete mai desiderato la perfezione. Voi volevate essere umane, e ciò che è successo ne è la prova. Vi auguro ogni bene possibile.

 

Suiseiseki: Aspetta, cosa significa tutto questo desu? Perché parli come se non sarai più con noi desu?

 

Rozen: Voi siete nate per essere libere e seguire i vostri cuori. Tornerò a trovarvi, ma non interferirò con le vostre vite. Io resterò qui con la mia Alice, e quando sarà il momento torneremo tutti assieme.

 

L’artigiano alzò una mano, creando un varco di Luce dietro di loro.

 

Rozen: Ora per noi è giunto il momento dei saluti. Arrivederci, figlie mie. Il passaggio vi porterà a quella che per voi è la vostra casa.

 

Le ragazze e Jun furono avvolte dalla Luce e sparirono assieme ad i loro precedenti corpi, mentre Giuseppe rimase dov’era.

 

Giuseppe: Il mondo è cambiato in questi secoli, non basta essere fatti di carne e sangue per essere considerati persone ormai…

 

Rozen: Ho previsto anche questo. Nei loro scrigni troveranno i documenti di cui hanno bisogno per essere accettate nella nuova società. In ogni caso devo farti i miei complimenti figliolo, hai dimostrato a tutti quanto vali.

 

Giuseppe: Grazie, ma… posso chiederti una cosa?

 

Rozen: Certamente.

 

Giuseppe: Ora che ho adempiuto al mio compito… diventerò anch’io un umano comune come loro?

 

Laplace: Faresti prima a chiedere se puoi morire definitivamente come qualsiasi umano.

 

Rozen: Mi dispiace, ma non puoi. Il potere di Bahamut è superiore al mio, e nonostante sia riuscito a creare qualcosa di concreto da una sua scaglia non ho alcun potere su di te. Al contrario di te invece le mie precedenti creazioni sono diventate umane in tutto e per tutto, pur conservando i loro poteri.

 

Giuseppe: Capisco…

 

Rozen: Tu sei molto più potente di me. Probabilmente la risposta non è in me, ma in te.

 

Improvvisamente nella mente del ragazzo ebbe un’illuminazione e tra i suoi pensieri si fece strada una frase.

 

Lo saprai al momento opportuno. Dopo questa battaglia saprai quale strada dovrai percorrere. Non sarà semplice, ma puoi farcela.

 

Bahamut.

 

Ora sapeva cosa fare.

 

Giuseppe: Grazie. Spero di rivederti, prima o poi.

 

Il ragazzo allungò il braccio sinistro, creando una fiamma nera, il suo passaggio personale per il mondo reale.

 

Rozen: Non usi il passaggio che ho creato io?

 

Giuseppe: Sono pur sempre una creatura Oscura, passare per varchi di Luce non mi si addice.

 

Il ragazzo scomparve nelle Tenebre, lasciando il padre in compagnia della sua Alice e del Demone.

 

Nel frattempo Jun, Tomoe e le ex bambole erano tornate a casa del ragazzo.

 

Davanti allo specchio Nori era in fibrillazione, preoccupatissima per loro.

 

Nori: Jun! Finalmente siete tornati! Cosa è successo? Ce l’avete fatta?

 

Shinku: Non preoccuparti Nori, è tutto a posto ora.

 

La ragazza guardò la bionda, senza capire chi fosse.

 

Nori: Chi è questa ragazza, una vostra amica?

 

Jun: Nori, lei è Shinku. Sono diventate umane.

 

Tomoe: Un momento, dove sono Kanaria e Suigintou? E Giuseppe?

 

Shinku: Per loro questa non è la loro casa. Probabilmente Kanaria è a casa sua, Suigintou all’ospedale assieme a Megu, mentre Giuseppe… non so dove possa essere.

 

Improvvisamente la porta si spalancò.

 

Suiseiseki era appena uscita di corsa, senza dare spiegazioni.

 

Shinku le corse dietro, tentando di raggiungerla.

 

Anche Nori tentò di seguire la giardiniera, ma Souseiseki la fermò, mettendole una mano sulla spalla.

 

Souseiseki: Lasciale andare.

 

Nori: Ma…

 

Souseiseki: Non c’è motivo di preoccuparsi. Credo che Suiseiseki abbia qualcosa di importante da fare, così come Shinku. Torneranno presto, e visto che ormai è ora di pranzo… facciamo trovare loro un bel piatto caldo.

 

La ragazza non sembrò molto convinta, ma rimase lo stesso in casa e si adoperò ai fornelli.

 

Intanto Suiseiseki continuava a correre, fino a che Shinku non la obbligò a fermarsi, prendendola per un braccio.

 

Shinku: Che ti è preso? Perché sei scappata così, senza dire niente.

 

Suiseiseki: Lasciami, devo trovarlo desu!

 

Shinku: Trovare cosa?

 

Suiseiseki: Devo assolutamente parlare con Giuseppe desu!

 

La dama delle rose lasciò il braccio della giardiniera con un sorriso.

 

Aveva capito il perché di quella fuga improvvisa.

 

Shinku: Vengo con te allora.

 

Suigintou: Shinku!

 

Le due ragazze furono raggiunte dalla prima Rozen.

 

Sembrava molto affaticata, probabilmente a causa del volo.

 

Shinku: Cosa succede?

 

Suigintou: Giuseppe non è con voi?

 

Suiseiseki: Lo stiamo cercando desu. Perché lo cerchi anche tu desu?

 

Suigintou: Devo dirgli una cosa… Megu… Megu è…  

 

Shinku: No, non sarà…

 

Suigintou: Non pensare subito in tragico! Megu è guarita! Quando sono arrivata all’ospedale l’avevano dimessa da un paio d’ore!

 

Shinku e Suiseiseki si guardarono in volto.

 

Non c’era bisogno di altre parole.

 

Anche lì c’era la mano del loro fratellino.

 

Decisero di cercarlo assieme, anche se Shinku aveva già qualche idea di dove cercarlo.

 

Nel frattempo Giuseppe era tornato nel mondo reale, più precisamente nello stesso vicoletto dove si era nascosto per entrare nell’N-Field.

 

Chiuse gli occhi e tornò normale, per poi cadere in ginocchio.

 

Era davvero arrivato al limite.

 

Fino a quel momento non aveva mai sfruttato la trasformazione parziale in un frangente del genere. Le uniche volte in cui l’aveva usata era per imparare a controllarla, cosa che però non provava spesso perché temeva di non riuscire a controllare il dragone.

 

Dopo un paio di minuti si rialzò ed uscì dal vicolo, ansimante, ma almeno il suo corpo riusciva ancora a sorreggerlo.

 

Shinku: Eccolo! Finalmente ti abbiamo trovato!

 

Il ragazzo si voltò verso le sorelle, senza capire che ci facessero lì.

 

Giuseppe: E voi che diavolo…

 

Suigintou: Mi avevi promesso delle spiegazioni, non pensare che ti lascerò scappare così.

 

Giuseppe non disse niente.

 

Alzò la mano sinistra, fece apparire tre ombrelli e li lanciò alle ragazze.

 

Senza che avessero il tempo di chiedere spiegazioni iniziò a piovere.

 

Shinku: Ma cosa sei, un veggente?

 

Giuseppe: No, vado a sensazioni.

 

Suigintou: Ma… dov’è il tuo ombrello? Ti verrà un colpo sotto questa piaggia!

 

Giuseppe: Non preoccuparti, stare sotto la pioggia è una cosa normale per me, più di quanto sia camminare sotto il sole. Comunque, cosa volete? Ho fatto quello che dovevo fare, quindi non avete più motivo di cercarmi.

 

Suiseiseki: Ce l’abbiamo eccome desu!

 

La terza Rozen iniziò a singhiozzare, mentre delle lacrime già le rigavano il viso.

 

Suiseiseki: Tu… tu mi hai ridato mia sorella desu! Ci hai aiutate senza chiedere niente in cambio, ma non puoi sparire come se niente fosse accaduto desu! Io… io non posso fare chissà cosa, ma vorrei restituirti il favore o non mi sentirò in pace con me stessa desu!

 

Suigintou: E non solo lei! Non so come, ma sono certa che sei stato tu a guarire Megu! Tu non sei uno scarto, come dici di essere, ma sei l’unica creatura capace di fare davvero del bene in questo mondo!

 

Giuseppe: Grazie per l’interessamento, ma non potete far niente. L’unica cosa di cui ho bisogno non è una cosa che potete darmi voi, ma solo una creatura…

 

Shinku: La stessa creatura dalla quale sei stato generato…

 

Giuseppe cercò di andarsene, ma Suigintou gli si parò davanti, bloccandogli la strada.

 

Suigintou: Aspetta, ho un’ultima cosa da chiederti.

 

Giuseppe: Cosa?

 

Suigintou: Perché hai chiamato fratellino quella spada, Fenice? È qualcos’altro che non sappiamo di te?

 

Giuseppe: Faresti meglio a dire qualcosa che non dovreste sapere…

 

Shinku: Riguarda una delle tue vite, vero?

 

Giuseppe: No, riguarda questa vita…

 

Suiseiseki: Cosa è successo desu?

 

Giuseppe: Sarei dovuto essere come te.

 

Shinku: Come?

 

Suigintou: Allora Fenice è…

 

Giuseppe: In questa vita avrei dovuto avere un gemello. Io sarei stato la parte Oscura, mentre lui la Luce. Purtroppo però non è mai nato, la Luce che ho non è abbastanza per creare vita, ma solo per stabilizzare le mie Tenebre. Morì prima del parto, ma la sua anima rimase con me.

 

In mano del ragazzo apparve la spada della Fenice.

 

Giuseppe: Mi sentivo terribilmente in colpa. Per via mia lui non era potuto nascere. Quando poi però rimasi da solo richiamai per caso questa spada. Allora capii che, visto che Bahamut non poteva dividersi in due, la parte che era stata costretta a soccombere sarebbe tornata in vita, così come una Fenice brucia e rinasce dalle proprie ceneri. In questa spada è sigillata l’anima di mio fratello, e finché io sarò qui lui mi accompagnerà nel mio viaggio.

 

Suigintou: La Fenice… forse è diventato Fenice grazie al tuo potere di rinascere, proprio come l’uccello sacro…

 

Giuseppe: Comunque sia dovrei dirvi anch’io una cosa. Nostro padre vi ha lasciato un regalo nei vostri scrigni, qualcosa che attesti che siete davvero umane ora.

 

Il ragazzo riprese a camminare, ma poco dopo si fermò.

 

Giuseppe: Ah, comunque… io domani mattina parto. Torno in Italia. Visto che non potete occupare casa di Jun o qualsiasi altra… potete andare a vivere a casa mia. Per le bollette non preoccupatevi, la casa è intestata a me, quindi pagherò tutto io. Non sono ricchissimo, ma visto che non ho nessuno a carico credo di potermelo permettere. L’unica cosa di cui dovreste preoccuparvi è di riempire la dispensa, per il resto c’è già tutto, letti, divani, televisori e tutto quello che vi serve.

 

Shinku: Perché vuoi fare tutto questo?

 

Giuseppe: Deve esserci per forza un motivo?

 

Megu: Sai, a questo mondo ormai nessuno fa nulla per nulla, è una cosa unica ormai trovare qualcuno che aiuti disinteressatamente gli altri.

 

Suigintou: Megu! Cosa ci fai qui?

 

Megu: Volevo fare una passeggiata. Tu però cosa hai fatto? Sei cambiata non poco…

 

Suigintou: Sono successe un paio di cose, poi ti racconterò…

 

 

Megu sorrise e spostò lo sguardo su Giuseppe.

 

Megu: Tu chi sei?

 

Giuseppe: Beh, come dire… sono il fratellino di Suigintou e delle altre Rozen Maiden.

 

Megu: Davvero? Pensavo fossi il suo ragazzo…

 

Suigintou: M-Megu! Ma come ti saltano in mente certe cose?!

 

Megu: Dai, scherzavo. Per caso sei tu quello che ha dato a Suigintou quella piccola Luce che mi ha guarita?

 

Giuseppe: Mi fa piacere sapere che ti è stata utile.

 

Megu: Ti ringrazio per avermi guarita. C’è il tuo zampino anche in quello che è successo alle tue sorelle?

 

Suiseiseki: Sveglia la ragazza desu…

 

Megu: Vorrei chiederti… ma tu cosa sei? Sei un angelo come tua sorella?

 

Giuseppe: Un angelo dici?

 

Megu: Si, un angelo nero, come Suigintou.

 

Giuseppe: Mi dispiace deluderti, ma non è così. Io sono proprio ciò che più si allontana dall’essere un angelo. Mi dispiace, ma è giunto il tempo dei saluti. Tornerò a trovarvi, prima o poi, ma per ora… questo è il nostro addio.

 

Giuseppe sparì lentamente dalla vista delle quattro ragazze, mentre Megu ridacchiò.

 

Megu: Sai Suigintou, tuo fratello è davvero un tipo simpatico.

 

Suigintou: Simpatico? Io direi che è un ragazzo un po’ particolare…

 

Shinku: Mi sembra normale che lo sia. Dopo ciò che ha vissuto non può essere una persona normale.

 

Suigintou decise di accompagnare Megu a casa sua, mentre Shinku e Suiseiseki tornarono a casa di Jun, dove tutti le stavano aspettando.

 

La storia stava avendo un lieto fine, almeno per loro.

 

Ma non potevano lasciare le cose a metà.

 

Avevano ancora una cosa da fare, l’indomani…

 

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Capitolo 13
*** XIII) L’Ultima Missione ***


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XIII)             L’Ultima Missione

 

Claudia: Uffa, ma quando arriva? Tra poco partiamo e nessuno è ancora venuto a salutarti! I miei amici sono venuti, perché…

 

Giuseppe: Claudia, te l’ho già detto, nessuno verrà a salutarmi. Non ho amici da queste parti, al contrario di te che da quando siamo arrivati hai conosciuto almeno una ventina di persone.

 

Claudia: Ma qualcuno ci sarà! E poi sono certa che sei stato in dolce compagnia la notte che non sei tornato a casa…

 

Giuseppe: Acqua, acqua. Se non sono tornato è semplicemente perché avevo da fare.

 

Claudia: E cosa? Siamo in vacanza, non hai la scusa di dover lavorare! Dì la verità, hai trovato una bella ragazza durante questi giorni e sei rimasto tutta la notte con lei senza dire niente alla tua sorellina. Perché non lo vuoi ammettere?!

 

Giuseppe: Perché stai toppando clamorosamente. Certo che sei ossessiva!

 

Claudia: Dai fratellone, lo sai che a me puoi dire tutto!

 

Giuseppe: Invece non ti posso dire un bel niente.

 

Claudia: Ecco, ricominci a fare l’enigmatico. Forza, esternati un po' con la tua sorellina! Fammi sapere cosa ti tieni dentro!

 

Giuseppe: Non puoi capire ciò che tengo dentro, e non voglio fartene peso.

 

Claudia: Uffa! Sempre queste battute da superuomo invincibile! Sii più umano!

 

Giuseppe: Non sai quanto mi piacerebbe poterlo essere…

 

 Claudia: Allora perché non lo fai?

 

Giuseppe: Perché semplicemente non sono del tutto umano.

 

Claudia: Si, si, come no. Almeno dimmi con chi hai passato la serata due giorni fa!

 

Giuseppe: Fammi pensare… sono stato in un mondo parallelo a combattere con un coniglio antropomorfo ed una bambola fantasma per riportare in vita due bambole morte assieme ad un ragazzino delle medie, una sua amica e quattro bambole magiche. Poi è arrivato un mago che ha trasformato tutte le bambole in ragazze vere e siamo tornati a casa. Dimentico qualcosa? Ah, si, ho guarito da una malattia incurabile al cuore una ragazza che secondo i medici sarebbe dovuta morire già da molto tempo.

 

Claudia: Per caso è la trama di una nuova storia?

 

Giuseppe: No, è quello che ho fatto prima di tornare a casa.

 

Claudia: Si, come no. Ora scommetto che queste bamboline voleranno qui per ringraziarti di quanto hai fatto…

 

Giuseppe: Non ci contare, preferisco dimentichino che io esisto.

 

Improvvisamente, al brusio dei passanti, si aggiunsero alcune voci molto note a Giuseppe.

 

Di sicuro avevano scelto il momento peggiore per arrivare, almeno per come la vedeva lui.

 

Jun: Ve l’ho detto, l’unico volo mattutino per l’Italia parte tra venti minuti, siamo in perfetto orario, a meno che gli orari che ho trovato non siano vecchi.

 

Suigintou: Prega perché siano quelli giusti o ammazzo te e quelli che mettono gli orari dei voli su internet!

 

Hina: Jun! L’ho trovato!

 

Hina corse verso Giuseppe, saltandogli in braccio.

 

Hina: Ecco dov’eri na no!

 

Giuseppe: … E voi che ci fate qui?

 

Souseiseki: Non potevamo lasciarti partire senza nemmeno salutarti. Non dopo tutto quello che hai fatto per noi…

 

Giuseppe: Io non ho fatto proprio nulla…

 

Qualcuno afferrò per una manica il ragazzo.

 

Claudia stava alternando lo sguardo tra lui e le quattro Rozen più grandi, come se cercasse di carpire qualcosa dai loro visi.

 

I suoi occhi luccicavano come gemme al sole.

 

Giuseppe: Quello sguardo non mi piace…

 

Claudia: Fratelloneeeeee…

 

Giuseppe: Ecco, ci risiamo…

 

Shinku: Ma tu non eri figlio unico?

 

Giuseppe: Non è mia sorella di sangue…

 

Claudia: Sono la sua sorellina perché lui mi fa da fratellone anche se abitiamo a chilometri di distanza, mi dà consigli quando mi servono, mi consola quando ne ho bisogno… insomma, più che l’amico fa il fratellone.

 

Tomoe: Aiuti gli altri per deformazione professionale, vero?

 

Giuseppe: Preferirei sorvolare…

 

Claudia: Invece non si sorvola niente! Avanti, chi è tra loro? Questa bella albina? Oppure la bionda coi codini? O una delle gemelle? Chièchièchièchiè???

 

Giuseppe: Ancora con questa storia? Ti ho già detto che…

 

Claudia: Hai detto che non conoscevi nessuno, ma allora come me le spieghi queste belle ragazze il giorno della partenza? Hai fatto il galante con loro per tutto il tempo per cui siamo stati qui, vero? Vero?!

 

Giuseppe: Che te lo dico a fare? Tanto già lo so che non cambi idea, anche se ti dico che ti sbagli…

 

Claudia: Forza, ditemelo! Chi di voi è quella che ha rubato il cuore del fratellone? Eh?

 

Le ragazze si sentirono a disagio davanti a così tanta esuberanza, se poi si contava che dalla loro risposta dipendevano anche quelle che si potevano definire speranze della ragazzina era logico che nessuna di loro avesse intenzione di aprire bocca.

 

Ci pensarono Jun, Nori e Tomoe a tirarle fuori d’impiccio.

 

Jun: Se vuoi ti dico io qualcosa di interessante su cosa ha fatto tuo fratello mentre era con noi…

 

Claudia: Davvero?

 

Nori: Certamente! Però dobbiamo lasciarlo un attimo da solo con loro. Sai devono parlare di qualcosa di molto importante…

 

Claudia: Se è davvero così importante voglio sentire!

 

Giuseppe: Claudia, se fai la brava poi ti racconto chi sono queste ragazze, ok?

 

Claudia si lasciò convincere, mentre Giuseppe rimase da solo con le sorelle.

 

Giuseppe: Scusate, ma lei è fatta così. Non so perché ma ambisce a quelli che lei chiama scoop sulla mia vita sentimentale. Come mai siete qui?

 

Shinku: Mi pare ovvio. Tu hai fatto molto per noi, ed anche se non potremo mai ripagarti vogliamo lo stesso fare qualcosa.

 

Kanaria: Ti abbiamo portato dei regali, almeno così ti ricorderai di noi.

 

La seconda Rozen porse al ragazzo un cd.

 

Kanaria: Qui ci sono tutte le mie serenate al violino. Mitsu le ha registrate ed ho pensato che ti sarebbe piaciuto ascoltarle.

 

Giuseppe: Non dovete sentirvi obbligate a farlo…

 

Hina: Non siamo obbligate, lo vogliamo fare e basta na no!

 

La bambina gli diede un foglio.

 

Hina: Guarda! Qui c’è Shinku, qui c’è Hina, qui c’è Kana, Suiseiseki e Souseiseki, Suigintou, questo è Jun, questa è Tomoe, questa è Nori, Mitsu, i nonni, Megu, e questo sei tu!

 

Hina guardò Giuseppe teneramente, ed il ragazzo non potè fare a meno di sorridere al ritratto dell’innocenza dell’infanzia.

 

Giuseppe: Grazie. Quando sarò a casa lo appenderò in camera mia.

 

Souseiseki: Questi invece sono da parte nostra.

 

Le due gemelle consegnarono al fratello una un sacchetto, l’altra una boccetta contenente del liquido.

 

Souseiseki: Qui dentro ci sono dei semi che potrai curare senza molti problemi.

 

Suiseiseki: E quest’acqua è stata presa da Sui Dream, perciò li farà crescere belli forti desu.

 

Giuseppe: Che semi sono?

 

Souseiseki: Tulipani rossi. Nel linguaggio dei fiori sono la dichiarazione d’amore.

 

Suiseiseki: E visto che non hai la ragazza potresti usare proprio questi fiori per conquistarne una desu.

 

Giuseppe: Immagino che Claudia sarà del vostro stesso parere…

 

Shinku: Questo invece potrebbe non servirti, ma voglio dartelo lo stesso.

 

La quinta Rozen pose tra le mani del ragazzo un libro.

 

Shinku: Me lo diede nostro padre quando fece il primo fiasco nel crearti. È un libro su Bahamut. Probabilmente non ti servirà, ma mi sembra giusto che sia tu ad averlo. È anche per ringraziarti di qualcos’altro…

 

Giuseppe: Ti sei accorta che ho riparato la spilla, vero?

 

Shinku: L’ho visto mentre cercavo i documenti nel mio scrigno. Non so come ringraziarti.

 

Giuseppe: Non ce n’è bisogno.

 

Le cinque ex bambole guardarono Suigintou, la quale non accennava a muoversi.

 

Dovette darle una gomitata Suiseiseki per farla smuovere.

 

Suigintou: Ho capito, glie li do!

 

L’albina girò la testa di lato e mise tra le mani di Giuseppe un fagotto.

 

Giuseppe: Che cos’è?

 

Suigintou: Ecco… io non ho abilità particolari nel fare qualcosa al di fuori di quelle combattive, perciò… ti ho preparato dei biscotti da mangiare durante il viaggio. Ti avverto, è la prima volta che cucino, quindi se fanno schifo non te la prendere, non l’ho fatto di proposito.

 

Giuseppe: Non preoccuparti, è il pensiero che conta, no?

 

Suigintou: Si, ma un paio di biscotti non sono abbastanza per…

 

L’altoparlante riempì l’aeroporto con il suo suono, annunciando un volo in partenza.

 

Giuseppe: Mi dispiace, ma a quanto pare per me è ora di andare. È stato bello incontrarvi.

 

Suiseiseki: Cosa farai ora desu?

 

Giuseppe: Credo che… farò un viaggetto per trovare il vero me stesso. E non in senso figurato.

 

Shinku: Ce la farai, ne sono certa. Ricorda, tu sei Bahamut, l’unica ed ineguagliabile Rosa Nera della nostra famiglia. Se c’è qualcuno che può raggiungere un obiettivo impossibile quello sei tu. Credi in te.

 

Giuseppe: Io sarò pure la Rosa Nera, ma se non fosse stato per voi probabilmente per me non sarebbe cambiato niente. Grazie di tutto.

 

Giuseppe prese i bagagli, mentre Claudia, tornata da loro assieme agli altri, andò a salutare le sei ex bambole.

 

Jun: Quindi… adesso partirai, vero?

 

Giuseppe: Questa è solo una tappa. Il viaggio vero inizierà una volta tornato a casa.

 

Tomoe: Mancherai molto alle tue sorelle. Sei stato con noi poco tempo, ma credo sia stato abbastanza per tutte loro.

 

Giuseppe: Non preoccuparti, prima o poi tornerò. Ho solo un’ultima faccenda da sbrigare. L’ultima missione da immortale.

 

Nori: Buona fortuna allora. Spero di rivederti presto. Però la prossima volta che rimani a cena mi piacerebbe che tu stessi con noi.

 

Le due ragazze andarono a dare un ultimo saluto a Claudia, mentre Jun rimase con Giuseppe.

 

Jun: Sai, un po' ti invidio. Nonostante tutte le vite passate su questo pianeta sei sempre disposto ad aiutare gli altri, non ti tiri mai indietro, sei fortissimo…

 

Giuseppe: La forza però non vale niente senza volontà. Chiunque può avere potenza fisica, ma solo chi ha un animo degno può usarla al meglio.

 

Jun: Fatto stà che io a tuo confronto sono nulla… non sono capace di far nulla.

 

Giuseppe: Perché ne sei convinto. Convinciti del contrario e nulla sarà irraggiungibile.

 

Jun: Facile a dirsi. Tu puoi convincerti perché ne hai le capacitò, mentre io…

 

Giuseppe: Cerchi forza per caso?

 

Jun: Beh, non proprio, anche se un po' di forza dà coraggio.

 

Giuseppe: Se è questo che ti serve…

 

Giuseppe diede a Jun una katana.

 

Jun: Ma questa…

 

Giuseppe: Si, è la katana che ho vinto qualche giorno fa. In realtà mi sono iscritto al torneo dopo averti conosciuto, a casa mia ho la Kusanagi originale. Non lo sai, ma il tuo anello mi ha trasmesso subito il tuo legame con Shinku e Suiseiseki, facendomi comprendere quello che provi.

 

Jun: Ma… che dovrei farci con questa?

 

Giuseppe: Potrai richiamarla a te come faccio io con le mie spade. Ho impiantato nella lama un po' dei miei poteri, perciò in caso di necessità potrai usarla subito e sarà più potente di una normale katana.

 

Jun: Perché lo stai facendo?

 

Giuseppe: Perché ne hai bisogno. Così come le mie sorelline hanno bisogno di te. Io per un po' non ci sarò e non potrò raggiungervi. Proteggile tu al posto mio. E non dire che non puoi, perché puoi farcela. Dentro di te c’è una grande forza, solo che sei tu che non riesci a sfruttarla. Quando tornerò voglio vederti cambiato, ed in meglio.

 

I due ragazzi si salutarono e Giuseppe, assieme a Claudia, salì sull’aereo che lo avrebbe riportato in Italia.

 

Ma quella, come aveva detto, era solo una tappa.

 

Avrebbe detto a Claudia che quelle ragazze erano delle sue lontane parenti, cosa non del tutto falsa, e poi sarebbe partito.

 

Aveva solo un modo per diventare umano in tutto e per tutto.

 

Doveva trovare Bahamut, solo lui poteva renderlo umano per davvero.

 

Era una cosa difficile da attuare, ma poteva farcela.

 

Perché c’era chi credeva in lui, e sarebbe tornato vittorioso proprio per queste persone.

 

E sarebbe tornato come uno di loro.

 

Il ragazzo guardò fuori dal finestrino, scorgendo le sorelle che lo salutavano ancora una volta.

 

Quando non furono più in vista si accorse che Claudia dormiva.

 

Aprì il fagotto di Suigintou, addentando un biscotto mentre guardava il disegno di Hina.

 

Erano un po' bruciacchiati, ma nonostante ciò avevano un buon sapore.

 

Il sapore di qualcosa fatta col cuore.

 

Fine

 

Ok, ora sarà meglio fare delle precisazioni su quanto ho scritto in questa fan fiction…

 

Bahamut, Leviathan e Fenice: Come avrete capito non li ho inventati io, ma sono realmente creature bibliche. Anche le tecniche di Bahamut non le ho inventate, né la storia della sua esistenza. Unico fatto inventato è riguardo la spada, ma dovevo trovare un motivo per cui si chiamasse Bahamut Tear.

 

Claudia: Alias Koyochan, la nostra commentatrice assieme a _Khozen, le quali ringrazio per la pazienza di aver letto questa storia. Comunque sia Claudia è, come nella fic, un’amica che tratto più o meno come una sorellina. Inutile quindi dire a chi sia ispirato il personaggio di Giuseppe…

 

L’anima nella spada Fenice: Questa è una cosa molto personale, perciò non ne parlerò qui. E probabilmente ne è un bene per tutti.

 

Detto questo vi ringrazio ancora una volta per aver letto questa fan fiction. Spero di scriverne presto un’altra di eguale successo. Alla prossima fan fiction!

 

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