Il diario di una semidea, Aurora Chord

di _justjuls_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1: la figlia di papà parla in rima baciata ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2:A quanto pare mia mamma non è catwoman ***
Capitolo 3: *** capitolo 3:prendo un treno per la Grande Mela ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 : Prendo il taxi della morte ***
Capitolo 5: *** capitolo 5: Al Campo Mezzosangue ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6: Vengo Riconosciuta ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7: Un Regalo Inaspettato ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8: Il Ragazzo con i capelli in Fiamme ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9: Venerdì. ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10: Caccia alla Bandiera ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1: la figlia di papà parla in rima baciata ***


LA FIGLIA DI PAPA' PARLA IN RIMA BACIATA


Quel mattino di giugno fu come tutti gli altri, alle 7 in punto “it’s time” degli Imagine Dragons cominciò a rimbombare nella mia stanza, e dopo aver assaporato la mia canzone preferita  tra le coperte, mi alzai dal letto.
Nella mia testa ripetevo ininterrottamente che era l’ultimo giorno di scuola, e che sarebbe andato tutto bene.
Prima di prendere il pulmino, salutai mia madre assicurandole che, anche per quella giornata, mi sarei impegnata al massimo.
Una volta salita sul pullman mi gettai sui primi due posti liberi che vidi e mi misi le cuffie che riproducevano a massimo volume tutte le canzoni dei miei cinque artisti preferiti. Probabilmente ero seguita dal gruppetto di fighette senza-cervello di Cassie Foster perché d’un tratto si sentirono una serie di mormorii, e come da copione proprio in quel momento Cassie mi passò vicino lanciandomi una delle sue occhiate da strega dell’est. Quel giorno la figlia di papà indossava la sua minigonna di Gucci e con un paio di tacchi alti quindici centimetri, che se fosse per me sarebbero stati vietati per pericolo pubblico. Guardai fuori dal finestrino ed ebbi giusto il tempo di accorgermi che eravamo quasi a metà percorso, che il pullman si fermò e pochi secondi dopo ritrovai la mia amica Rose sul sedile di fianco.
 
« Imagine Dragons, Thirty Seconds to Mars, Green Day, Paramore, o Ed Sheeran? » Mi domandò indicando l’Ipod.
« Al momento Green Day» Risposi felice di averla al mio fianco. Rose è una ragazza ‘strana’, almeno questo è il titolo che conferiscono a noi, ragazzi non esattamente popolari e beh, strani. Inoltre il suo colorito è di sfumatura tendente al verde, il che la rende bersaglio di scherni da parte di alcuni nostri compagni, ma io non ci faccio molto caso. E’ la mia migliore amica, come potrebbe il colorito della sua pelle avere qualche importanza?
«Hai notato che le senza-cervello sono vestite con i colori in tinta con Cassie? Mi fanno proprio pena sai, sembrano delle zombie assetate di scarpe.» mi fece notare indicandole con un cenno della testa. In effetti, aveva ragione: Cassie indossava la minigonna e i tacchi di un colore fucsia acceso e il top verde fluorescente, mentre le senza-cervello avevano la minigonna e i trampoli verdi e il top fucsia, a guardarle mi sembrava di vedere il mio vecchio libro di storia tutto evidenziato.
In quel momento il pullman si fermò. E nel giro di cinque minuti la campanella suonò ricordando che le vacanze estive non erano ancora iniziate.
Le ore passarono, così le lezioni e stavo quasi assaporando l’aria delle vacanze: Niente più scuola, niente più Cassie, niente più stress: Solo amici e divertimento. Alla conclusione dell’anno mancava solo un’ora, e come al solito sarei riuscita a rovinare tutto.
 
Al suonare della campanella, il signor Harris entrò in classe puntuale come un orologio svizzero. Nonostante il caldo infernale, portava il suo solito maglioncino grigio sbiadito sopra la sua camicia a righe bianche e nere, che non avevano mai donato affatto alla sua figura snella e slanciata.
«Buongiorno, ragazzi! Dai, quest’ora e poi sarete liberi per tre mesi, potete resistere!» esordì con tono amichevole, ma subito dopo la porta della classe si spalancò ed entrò Cassie con due delle sue seguaci.
«Ci scusi, eravamo in bagno» si giustificò Cassie sogghignando.
« Ok, ora sedetevi» rispose il professore in tono pacato.
Il professor Harris ci fece tirar fuori il libro di letteratura e chiese a Rose il riepilogo della lezione precedente:
«Rose, potresti ripeterci cosa abbiamo fatto la scorsa lezione?».
Rose andò in panico e il suo volto diventò più verde del solito.
«Stai tranquilla, non ti metterò il voto, non sono così crudele.» disse il prof sorridendo per metterla a suo agio, ma questo non sembrò calmarla più di tanto. Borbottò qualcosa e scappò fuori dalla classe.
«Ma l’avete vista? Ora sarà in bagno a vomitare, l’ho sempre detto che è una sfigata!» urlò Cassie ridendo , e a quel punto senza nemmeno rendermi conto mi alzai dal banco e le sfrecciai contro.
« Stai attenta a quello che dici zoccola!» urlai. A quel punto lei mi spinse e senza nemmeno guardarmi si mise a ridacchiare .
« Per non parlare della sua amichetta, Aurora, guardatela povera non sa nemmeno parlare la sua stessa lingua. Cos’era quello, arabo?» e le senza-cervello scoppiarono in una sonora risata.
Prima che potessi comprendere le sue parole, Rose rientrò e vedendomi stesa a terra m’aiutò a rialzarmi .
«Cos’è successo?» mi domandò ancora un po’ convalescente.
«Ti hanno preso in giro» risposi ghignando i denti. In quel momento mi risedetti al mio posto, arrabbiata più che mai, e dentro di me pregai perchè le succedesse qualcosa di male. So che non si dovrebbe fare, ma che vi posso dire? La detesto. Anzi, non è vero che la detesto, non riesco proprio a guardarla e sotto un certo punto di vista provo anche molta pena per lei. Il signor Harris che aveva assistito al litigio senza proferire parola si rivolse a Cassie «Credo che dovresti chiedere scusa ad entrambe».
La figlia-di-papà sospirò.
« Caro professore, mi ha dato furore! Dopo la scena spettacolare, mi sono messa a sghignazzare, la sua amica poi mi ha aggredita ed io allarmata le ho dato una gomitata». A quel punto tutti si misero a ridere, così Cassie si guardò attorno imbarazzata. Ogni volta che provava a parlare dalla bocca le uscivano rime sul limite del ridicolo. E quando corse in bagno e le senza-cervello andarono in panico. L’unica che non rideva era Rose che guardandomi mi disse con tono serissimo che era il momento di andare, allora la seguii.

 





--  SPAZIO AUTRICE --
Buon Salve popolo di EFP! Spero che vi sia piaciuto questo primo capitolo!
Spero che continuiate a leggere, e se mi lasciaste una recensione ve ne sarei molto grata :))
Juls

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Capitolo 2
*** Capitolo 2:A quanto pare mia mamma non è catwoman ***


A QUANTO PARE MIA MAMMA NON E' CATWOMAN


«Dove stiamo andando?» le domandai, ma non mi dava retta e continuava a borbottare istericamente. Stanca la strattonai e finalmente, dopo aver alzato il tono di voce, mi calcolò.
«HEY ROSE ! Vuoi dirmi dove stiamo andando?» Urlai con un tono di disperazione.
«Aspetta un attimo, andiamo negli spogliatoi che chiamo con l’Iphone per sapere cosa devo fare in questi casi» disse in tono allarmato.
«Stai scherzando, vero? Hai un Iphone e non me l’hai detto? Com’è? Bianco, nero,4,4s o 5? Oh, adesso voglio proprio vederlo.» Domandai agitata come una bambina dell’asilo.
«No, dai. Non ora, ne parliamo dopo. Comunque non è quel tipo di Iphone che credi tu.» Disse scocciata.
«Oh, capisco. Hai un’iphone 3 ,non importa, non è bellissimo ma dopotutto è sempre un iphone.»
Sbuffò e continuò la sua camminata nervosa fino allo spogliatoio e una volta arrivata, mi chiuse fuori.

«Ehi, Rose! Aprimi!» bussai ripetutamente senza ottenere alcuna risposta.
Poggiai l’orecchio sulla porta e sentii Rose che parlava con qualcuno. La mia curiosità ebbe il sopravvento, sfondai la porta, ma non vidi ciò che mi aspettavo.
Rose stava parlando con una specie di uommocon il culo di cavallo ed era come se fosse davanti a lei, immerso nel vapore formato da una doccia da cui scendeva acqua calda. Quando Rose mi vide, mosse immediatamente le mani nel vapore e L’uomo-cavallo sparì. Avevo gli occhi serrati, non sapevo bene cosa avevo appena visto, probabilmente solo un’allucinazione, -forse quando Cassie mi ha spinto ho picchiato la testa e sono entrata in una specie di trans, per questo negli ultimi venti minuti sono successe cose strane.- pensai.
«Rose, dimmi che era solo un app del tuo iphone» dissi con voce tremante.
«Ehm, devo dirti una cosa importante Rory, beh, non so esattamente come spiegartelo ma tu non sei una persona normale …»
«Grazie, per avermi ricordato che sono strana! Ci mancavi solo tu a ricordarmi che sono una sfigata!» Il mio tono era irritante, ma lei sembrava non farci caso e procedette pacatamente.
«Voglio dire che tu sei una mezzosangue, Aurora. Figlia di umano e di un Dio greco.»
«Certo, come no, ora mi prendi anche in giro, grazie mille. E adesso mi dirai che mia mamma è Catwoman, ma non me l’aveva mai detto per non mettermi in pericolo. Ce l’hai una torcia con gatto? Sai, così, solo per chiamare mamma e confessarle che ho scoperto il suo segreto.» Rose mi guardò fissa negli occhi.
«Rory, dico sul serio. Sei una mezzosangue. Se non ci credi ora andiamo a chiederlo a tua madre.»
A quel punto non ebbi altra scelta che andare a casa a discutere con mia madre di questa pazzia, magari insieme avremmo potuto scegliere un buon ospedale psichiatrico per Rose.
Arrivate a casa, mia madre ci aprì la porta e nel vedere il volto preoccupato di Rose le chiese «E’ il momento?»«si» .
 
«OK, adesso mi spiegate cosa cavolo è successo? Perché mi hai portato via proprio quando Cassie ha cominciato a parlare in rima baciata? Era uno spasso! Ed è il momento per cosa?»
mia madre aveva l’aria un po’ confusa, «Come? Cassie è stata umiliata? Povera, dolce ragazzina, è sempre stata così gentile! Mi ha aiutato pure a …»
«La smettete, per favore? Signora Chord, è il momento che le racconti tutta la verità, perché a me non vuole credere.» Strillò Rose isterica. 
«Okay. Rory siediti sul divano, ti devo parlare.» mi fece segno mia madre .
Non so quanto tempo sia durata la discussione, a occhio e croce un’ora circa, ma mi è sembrata un’eternità. Ora, ricapitoliamo: Da ciò che mi raccontò mia madre, Rose mi aveva detto la verità , sono figlia di un dio greco ,di uno di quelli che vive sull’Olimpo. Ho dei “poteri” che si stanno rafforzando nel tempo e mia mamma non è Catwoman. Ah, dimenticavo: mia madre non sa chi sia il dio in questione. Basta, il mito di una vita è crollato. Ero convinta che mio padre fosse un marine morto in Afghanistan, ma ora so che è immortale, magnifico no?

«Ok, e ora io dovrei fare le valigie per andare in questo posto dove c’è gente uguale a me?» chiesi con un’espressione ancora incredula.
«Esatto, ed io verrò con te» rispose Rose in tono convinto.
«Ma scusa, molliamo tutto? E la mamma?»Ribattei.
«Non ti preoccupare, io starò bene» rispose lei con gentilezza.
«Mamma…»
«E' tutto Okay tesoro, avrai sempre Rose al tuo fianco. Lei ti ha protetto fino ad oggi e continuerà a farlo, dico bene?» Chiese a Rose in tono conciliante.
«Certo Signora Chord.» Confermò Rose.
«Okay, allora partiamo. Prima però, fammi preparare la mia roba.»
Stanca, confusa e un po’ malinconica mi diressi in camera mia, e preparai uno zaino con il necessario che mi sarebbe servito per il viaggio. Mi abbondonai sul letto per una decina di minuti. Avevo troppe cose a cui pensare, troppe informazioni da assimilare, ma il tempo e le circostanze non me lo permettevano. Così mi feci forte e andai incontro alle due persone al mondo alle quali avevo sempre voluto più bene al mondo, ma che mi avevo mentito per tutta la vita.

 

--SPAZIO AUTRICE--
Grazie per aver letto anche questo capitolo.
Spero che vi sia piaciuto, vi sarei molto grata se mi lasciaste una recensione :)
Julie Mellark

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Capitolo 3
*** capitolo 3:prendo un treno per la Grande Mela ***


PRENDO UN TRENO PER LA GRANDE MELA

Così quando ebbi lo zaino in spalla, mia madre accompagnò me e Rose alla stazione ferroviaria dove ci aspettava un treno diretto a New York . Dopo aver salutato mia madre come si deve io e Rose salimmo sul treno e prendemmo posto. 
—Quanto ci vuole ad arrivare a New York da Baltimora?
—Circa tre ore e mezzo. —
Sono sicura che si accorse che ero un po’ a disagio a parlare con lei dopo tutto quello che mi aveva svelato. Dopotutto era la mia migliore amica fin da quando avevamo cinque anni: io le ho sempre raccontato tutto e lei, beh, a quanto pare non l’ha fatto, almeno non del tutto.
— Ascolta Rory scusa se non ti ho rivelato la tua vera natura, ma giuro che l’ho fatto per il tuo bene. Tua madre ed io in tutti questi anni abbiamo solo pensato a proteggerti, e poi voi mezzosangue quando scoprite la vostra vera identità emanate un odore più forte.
Ero confusa, nostalgica e triste. La mia vita era stata tutta fondata su una bugia, ma volevo chiarire con Rose, nonostante tutto. Tu sei la mia migliore amica, ed ho sofferto anche io per tutta questa faccenda. Ti voglio molto bene, Rory.

— Vuoi dire che puzziamo? — Chiesi in tono amichevole.
— No, intendo che i mostri fiutano di più chi siete realmente e i vostri poteri, e ne vengono attratti. Rispose ridacchiando.

— Bene, mi fa piacere sapere che creature mostruose sono attratte da me, non esistono tante ragazze al mondo che possono dire che i golem, posto il caso che esistano, flirtino con loro. 

 E fu in quel momento che chiarimmo, l’abbracciai. Noi non siamo quel tipo di amiche che non fanno altro che abbracciarsi, parlare di ragazzi e starnazzare. Siamo quel tipo di ragazze che leggono tutto il giorno, ascoltano musica e che sclerano tutto il giorno di attori e di personaggi inesistenti che adorano e di cui si sono prese una cotta . E quando ci abbracciamo lo facciamo perchè c'è un motivo in particolare e quando diciamo di volerci bene lo stesso. Questo fu speciale ed in quel momento ricordai la nostra amicizia, più salda che mai e fui felice sapendo che lei mi accompagnava in questa assurda avventura.
—Dunque, dimmi: Cosa è successo prima nello spogliatoio? Chi era l’uomo-cavallo? Come ha fatto poi a sparire? E a proposito mi fai vedere il tuo Iphone?
E a quel punto scoppiò in una sonora risata — Allora prima di tutto devo premetterti che la “i” sta per Iride, la dea dell’arcobaleno fa anche da messaggera degli dei e talvolta. E se sai come chiederglielo, anche ai mezzosangue e ai suoi accompagnatori. Poi l’uomo-cavallo è il centauro Chirone, il direttore del campo.
—Rose, ma sei io sono una mezzosangue, tu cosa s…
Ma non ebbi il tempo di finire la domanda. Il treno d’impatto si fermò. Il nostro vagone era ormai semivuoto, e rimanemmo solo noi due, altre cinque o sei persone e un inquietante controllore del treno, che non faceva altro che fissarci da sopra il giornale.
Passò poco più di un’ora quando rimanemmo sole con il controllore e cominciai a preoccuparmi. Era passato molto tempo, ma non avevo più proferito parola, i miei pensieri e le domande si erano dispersi altrove. Ero troppo occupata a pensare che quell’uomo non avesse ancora distolto lo sguardo da noi, per riflettere su altro.

—Rose, quel tipo è davvero, ma davvero inquietante. Non credo di riuscire ancora a reggere i suoi sguardi. E’ da più di un’ora che ci fissa, forse pensa che non abbiamo pagato il biglietto. — dissi infine.
—Se la pensasse così probabilmente sarebbe già venuto a controllare. Strano. E, tra parentesi, è più che inquietante.
 In quel momento il bigliettaio si alzò. Era altissimo, più di due metri, e grosso. L’uniforme da lavoro gli stava piccola, probabilmente non ne facevano della sua misura. Si diresse verso il bagno, quando successe.
Sentii la voce di mia madre. Mi chiamava, urlava il mio nome terrorizzata e non potei fare altro che rincorrere quella voce, anche se Rose un po’ confusa, cercò di impedirmelo. Il treno era completamente vuoto e mancava poco all’arrivo, dovevo trovare mia madre. L’avevo vista andarsene, come faceva ad essere sul treno? E perché urlava in quel modo agghiacciante?
Corsi avanti e indietro per il treno, che era sorprendentemente vuoto, quando mi scontrai con il bigliettaio. Mi ci volle un po’ di tempo, ma mi resi conto che in un qualche modo era lui a parlare con la voce di mia madre. Ma a me sembrava così reale.
—Uhm, una mezzosangue e una ninfa, finalmente! Era da tempo che desideravo una cena a base di polpette e insalata! — disse con voce profonda.
Mi voltai e vidi il volto verdastro di Rose, in preda al panico. Guardai meglio il controllore in volto e mi accorsi che aveva un occhio solo e in quel momento l'ansia minacciava di salire.  Feci un respiro profondo e cominciai a ragionare.
Presi la mano di Rose e corsi a più non posso sapendo che lei era dietro di me. Una volta seminato il mostro, lasciai la mia amica in un vagone ordinandole di non muoversi e, sapendo che la bestia mi avrebbe fiutato presto, scappai.
Mi scontrai di nuovo con il monocoluto.
— Dov’è la tua amichetta? E’ un sacco di tempo che non mangio una ninfa, e quasi non ricordo nemmeno che sapore abbia.— Disse leccandosi i baffi.
— Credo che sia meglio far qualcosa per la tua gola infiammata! —
E in quel momento presi l’estintore che mi stava accanto, gli spruzzai la schiuma nell’occhio e nell'enorme bocca. Quando tornò a reagire gli lanciai l'estintore in testa, e immagino facesse male perché dopo aver gemito perse i sensi ed io così colsi l’occasione per scappare. Passai a prendere Rose e mi accorsi che ormai eravamo arrivate a destinazione. Il treno si fermò e noi saltammo giù senza pensarci due volte.
Uscimmo dalla stazione e cominciammo a correre fino a raggiungere la metro. Salimmo e arrivammo nel centro della città tra la folla newyorkese. Continuammo a correre, senza un motivo preciso, ma ci faceva sentire in un certo senso più al sicuro e più lontane dal pericolo. Ci fermammo esauste cercando un posto dove fermarci a riprendere fiato.
— Beh, sono piuttosto certa che l’abbiamo seminato.
 Rose sorrise. — Allora siamo in due.
—Era un ciclope vero?
—si.

Dopo esserci riposate per qualche minuto su una panchina, decidemmo di metterci qualcosa nello stomaco.
Ci dirigemmo verso il McDonald’s più vicino e con i pochi soldi che ci erano rimasti da parte dopo il treno e la metro, ci comprammo due Happy Meal. Una volta sedute al tavolo con un bel panino in mano, Rose ruppe il silenzio.
—Prima che tu me lo chieda, voglio dirti che io sono una ninfa. Tu mezzosangue, io ninfa. E le ninfe non sono fatine delle piante. Trilli non esiste.
— Tu sei la mia cosa?
— Custode. Di solito sono i satiri ad occuparsi di questo compito, ma ultimamente sono tutti in missione e allora io ed altre ninfe ci siamo aggiunte alla ricerca di semidei.
Feci cenno di aver capito e continuai a bere la mia coca cola.
— Allora Rose, prossima destinazione?
— Campo mezzosangue, ovviamente.

 

--SPAZIO AUTRICE--
Grazie, grazie, grazie ancora a tutti per aver letto.
Recensitemi se vi va, ne sarei molto contente :)

Juls

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 : Prendo il taxi della morte ***


PRENDO IL TAXI DELLA MORTE


— E dove è questo famosissimo campo per ragazzi speciali? — Ero ancora molto confusa, ma ci ero abituata ormai: La mia vita lo era. —Vicino a Long Island.
Eravamo ormai nel centro di Manhattan, con pochi soldi e sentivo che sarebbe passato poco tempo prima che un altro mostro si sarebbe presentato sul nostro cammino. Come diavolo pensava di arrivarci?
— Prenderemo il taxi. —
La guardai con uno sguardo torvo sopra la coca cola. — Beh, non sono di queste parti, ma sono abbastanza sicura che nessun taxi Newyorkese porti fino a Long Island. Comunque, se anche fosse, non abbiamo abbastanza soldi per un viaggio così lungo.
— Non ti preoccupare, ci penso io.
Bevve l’ultimo sorso della sua coca cola e uscimmo di corsa dal McDonald’s.
Le strade erano affollate di gente che sembrava non notare il fastidioso rumore dei clacson in centro. Rose svoltò in un vicolo stretto e deserto. La persi di vista per qualche secondo, ma subito dopo vidi la sua mano afferrare il mio polso e trascinarmi nel vicolo.
— Cosa ci facciamo qui?
Non mi rispose. La vidi aprire la sua borsa e tirar fuori un piccolo oggetto dorato luccicante, una moneta diversa dalle altre. La sentii borbottare — Per fortuna che l’ho tenuta per tutti questi anni. — In quel momento la lanciò la moneta in aria e quella precipitò verso terra, ma  invece di atterrare sul pavimento,  si aprì un varco nel terreno che la risucchiò.
Immediatamente apparì davanti a noi qualcosa che sembrava un normalissimo taxi Newyorkese. Le portiere posteriori si spalancarono senza che nessuno le spingesse e una rauca voce femminile ci invitò ad entrare.
Anche se non molto convinta entrai nel taxi seguendo Rose, che invece sorrideva compiaciuta.
Il taxi all’interno era abbastanza ampio, ai posti anteriori erano sedute tre anziane con capelli sottili e molto radi.
— Dove vi porto? — chiese quella alla guida. Non riuscivo a guardarla in viso, che teneva sempre rivolto verso la strada, ma quello che riuscivo a vedere erano delle guance molto rugose, scavate dal tempo.
— Al campo mezzosangue per favore . — rispose Rose tranquilla.
 Il taxi partì, uscimmo dal vicolo e il veicolo andò contro mano senza che nessun autista o passante lo notasse. Rischiammo di rimanere stecchite più di un paio di volte, e ogni volta trattenevo il fiato e ricominciavo a respirare regolarmente per mantenere il controllo. Rose sembrava divertita invece, e devo ammetterlo: Anche io lo ero.
Improvvisamente il taxi frenò. La vecchietta seduta al centro aveva premuto il freno con il suo piede, facendo infuriare quella alla guida. — Enio, dammi l’occhio, è il mio turno!
— Panfredo, sto guidando io, per forza devo tenerlo io l’occhio! — Okay, allora Deino dammi il dente, è il mio turno!
— Panfredo sei insopportabile! No, non te lo do il dente!
— BASTA! Smettetela di litigare e portateci dove vogliamo andare!
Le tre vecchiette si girarono e mi guardarono con uno sguardo di rimprovero. O almeno, così avrebbero fatto se avessero avuto gli occhi. Solo Enio, quella al volante ne possedeva uno e doveva pure contenderselo con le atre due.  Il taxi riprese la a sua corsa, più veloce che mai, ovviamente sbandando ovunque.
— Una giovane semidea, eh? —Deino si girò.
— Sì. L’ho scoperto solo qualche ora fa, non credo di essermi ancora ripresa del tutto dalla notizia. Ma me la caverò, sono forte. — Risposi a Deino.
— Capisco la sensazione.  Una volta Atena fece crescere dei serpenti al posto dei capelli a nostra sorella.                                                                                                                                                      
— Ma voi siete… —cominciai la frase, ma Rose mi interruppe.
— Sarà stato difficile, immagino.
— Lo è stato per noi, figurati per lei!— Rispose Enio.
Finalmente l’auto frenò ed io e Rose saltammo già. Rose ebbe giusto il tempo di ringraziare le vecchiette per la corsa che loro sparirono come per magia.
  —Chi erano quelle nonnette?
 —Le Forcidi o Sorelle Grigie. Sorelle delle Gorgoni, Deino parlava di Medusa…Comunque il campo è là, in cima alla collina. — Spiegò Rose indicando una bassa collina lì vicino.
— Andiamo allora! Che stiamo aspettando?



                                                                               

 

 

--SPAZIO AUTRICE--
Salve, sono tornata!!
Come vi è sembrato questo nuovo capitolo? su su!!! recensite ;)

Julie Mellark
 

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Capitolo 5
*** capitolo 5: Al Campo Mezzosangue ***


AL CAMPO MEZZOSANGUE

Raggiunsi l’entrata del campo correndo lasciandomi alle spalle Rose, che mi raggiunse poco dopo con fiatone. Mi trovai davanti ad un possente arco di legno, dove erano incise delle parole in greco antico che il mio cervello tradusse automaticamente come Campo Mezzosangue. Mentre lo attraversai mi guardai attorno stupita, e mi sentii come Alice nel Paese delle Meraviglie. Alla mia sinistra vidi estesi campi di fragole, alla mia destra invece vidi un grosso edificio di marmo bianco di Carrara che ricordava un tempio dell’antica Grecia, che Rose chiamò Casa Grande, poco più avanti c’erano campi da pallavolo dove ragazzi e ragazzi-capra giocavano e un laghetto limpido dove altri ragazzi facevano canoa. Accanto al lago si trovavano tredici capanne, Rose mi disse che erano una per ogni dio dell’Olimpo e ce n’erano nuove in costruzione, per permettere anche ai mezzosangue figli di dei minori di stare al campo.
Dopo il tour, ci vennero incontro un uomo che dalla vita in giù era mezzo stallone bianco, lo riconobbi subito: Era l’uomo-cavallo che avevo visto nello spogliatoio. Com’è che si chiamava? Caronte? Ah no! Si chiamava Chirone ed era il direttore del campo.
Aveva una folta barba bruna e nonostante sembrava essere su di età, lo trovai in forma e con un sorriso raggiante.
Con lui c’era un signore di mezza età con indosso una camicia hawaiana leopardata e dei pantaloncini beige. Si muoveva goffamente con la schiena ricurva e barcollando come se fosse sbronzo. Camminava con una lattina di Diet Coke in mano ,  che ogni due passi si rovesciava. Quando ebbe finito di bere lanciò la lattina vuota a terra, schioccò le dita dicendo "Vino" ma gli apparse una nuova Diet Coke che apri sbuffando come un bambino. Dopo di che, mi vide.
— Oh, una nuova — Disse in tono quasi schifato — Chirone pensaci tu, io me ne vado… Ricordati la partita di pinnacola, tra dieci minuti, dato che non mi è permesso organizzare feste da paura. — e con un movimento della mano si allontanò.
—Non te la prendere, il signor D. non è di buon umore da secoli ormai, non è colpa tua —disse Chirone. —Allora benvenuta Rory! Com’è andato il viaggio? — Mi chiese Chirone. Rimasi un po’ sorpresa che sapesse il mio nome, visto che facevano fatica a ricordarselo pure i miei insegnanti.
— Bene, a parte uno scontro ravvicinato con un ciclope, ma ce la siamo cavata.
— E’ stato un mito! — intervenne Rose.
— Molto bene, ormai è quasi ora di cena puoi lasciare la tua roba nella cabina undici finchè non verrai riconosciuta dal tuo genitore divino. — E sfoggiando un sorriso rassicurante, si allontanò al galoppo.
Gli ingranaggi del mio cervello si misero in moto, riuscivo quasi a sentirli. Chi era quell’uomo? Chirone ha detto secoli dunque doveva essere è immortale, la Diet Coke che appare schioccando le dita, le feste…
—La D sta per Dionisio vero?
—Perspicace Rory, sì, il signor D. è Dionisio.
—E perché si trova al campo? Non dovrebbe stare sull’Olimpo?
—Teoricamente sì, ma vedi, il Signor D. è stato messo in punizione da suo padre Zeus per aver corteggiato una ninfa o che so io. Adesso però dobbiamo andare, la cabina di Ermes di aspetta.
Camminammo, quando Rose mi indicò una capanna dove un caduceo si intrecciava sullo stipite.
— Buona fortuna, Rory. Sono sicura che ti troverai bene, sono molto simpatici.
Insicura aprii leggermente la porta, quando un ragazzo atletico sui sedici anni con i capelli mori e gli occhi azzurri saltò fuori.
—Ciao! Avevi paura di entrare? Non ti mangiamo mica! Io sono Brad, il capo cabina, e tu? — disse in tono amichevole. — Rory.— risposi imbarazzata.  — Benvenuta nella cabina di Ermes, messaggero degli dèi, dio dei viandanti e dei… beh, ladri! Fin quando il tuo genitore divino ti riconoscerà starai con noi, non è fantastico? — Disse in tono molto allegro, che mi fece sorridere.
Aprì la porta e mi condusse dentro: La cabina era piuttosto grande e c’erano molti letti, la maggior parte dei quali disabitati. Appena misi piede dentro, una decina di ragazzi e ragazze mi vennero incontro e si presentarono, indossavano tutti una maglia arancione come quella di Brad e dei pantaloncini. La loro allegria mi contagiò e risi.
— Puoi metterti dove vuoi, prendi il letto che preferisci. —Disse Brad con un grande sorriso. Buttai il mio zaino sul letto libero vicino alla finestra che si affacciava sul laghetto. —Starò qui. — Risposi ricambiando il sorriso. — Come mai così tanti letti vuoti? — Domandai. Brad sembrò farsi un po’ triste. — Perché prima della che ci fosse lo scontro finale con Crono, noi ospitavamo tutti i semidei indeterminati, e con il nuovo accordo tutti i mezzosangue devono essere riconosciuti, così la nostra cabina si è svuotata — Rispose amareggiato. — Adesso non abbiamo più nessuno da derubare — aggiunse un ragazzo di nome Eric, e Brad tornò del suo solito umore.  Non gli domandai nulla sullo Scontro finale con Crono perché temevo che tornasse triste, ed era l’ultima cosa che volevo.
Subito dopo si sentì un suono rimbombare per il campo.
— Bene, è ora di cena ragazzi! Rory, mi faresti il piacere di seguirmi? — Mi chiese facendo volteggiare la mano come un regale.
— Certamente — Risposi ridendo. Raggiungemmo la mensa, dove c’erano tanti tavoli quante le capanne. Mi sedetti al tavolo riservato a Ermes, tra Brad e una ragazza di nome Keira.
— Devi tenerne un po’ da parte per il tuo genitore divino —mi sussurrò Brad all’orecchio facendomi venire il solletico. — Dopo lo bruciamo, per ringraziarli, più o meno come una preghiera. —aggiunse.  Non mi fu difficile, dato che non avevo molta fame. E quando fu il momento bruciai anch’io il cibo pensando Ti prego, ti prego, riconoscimi.
Quella sera feci il mio primo falò eravamo tutti seduti a terra intorno al fuoco in un’atmosfera che  mi faceva pensare a casa. I figli di Apollo cantarono tutta sera e mi ricordarono il mio amore per la musica, gli altri della cabina di Ermes misero in scena delle scenette che fecero crepare tutti dalle risate, i figli di Ares non facevano altro che spintonarsi tra di loro continuamente, i figli di Afrodite si pettinavano e ogni due per tre chiedevano al loro vicino se i capelli erano apposto. Di Poseidone c’erano un paio di ragazzi, le cabine di Zeus ed Era erano vuote, della cabina di Dioniso c’erano tre ragazzi che facevano baldoria, il ragazzo di Ade stava in un angolo scuro senza parlare con nessuno, mentre i figli di Demetra, Efesto ed Atena erano piuttosto allegri  —Fortunatamente stasera i figli di Atena sono di buon umore — mi disse Brad — Ieri erano a pezzi perché il loro personaggio preferito di un libro era morto. La solita depressione post-libro —aggiunse.
—Li capisco, — dissi. — pure a me succede spesso, quando ho finito Mockinjay per me è stato un vero trauma —aggiunsi sconsolata. Lui si mise a ridere. — Tu non leggi, Brad? — domandai. —A dire il vero non molto, quando ho del tempo libero preferisco fare scherzi.
La serata continuò tra canti e balli in cui ero veramente negata, finchè non fu ora di andare a letto. Solamente dopo essere entrata nella cabina mi resi conto di quanto fossi stanca, mi buttai sul letto e mi addormentai . 






*Spazio Autrice*
Recensite, recensite, recensite ! Vi è piaciuto questo nuovo capitolo? Spero vivamente di sì! grazie per averlo letto,

Julie_Mellark 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6: Vengo Riconosciuta ***


VENGO RICONOSCIUTA 

La mattina seguente la luce filtrata dalla finestra mi svegliò. Mi misi seduta lentamente sul letto cercando di non fare rumore. Mi guardai attorno e notai di essere l’unica sveglia nella cabina. Osservai l’alba dalla finestra che mi stava accanto, ed era stupenda: Nel cielo si mischiavano rosso fuoco, arancione e giallo tenue, in un’atmosfera dorata. Quello spettacolo mi ricordò mia madre che ogni volta che ne aveva l’occasione mi accompagnava a vedere l’alba al porto di Baltimora, e mi raccontava del giorno della mia nascita. Anche se eravamo a kilometri e kilometri di distanza riuscivo quasi a sentire la sua voce, la stessa che mi raccontava la medesima storia da anni.
 
Il giorno della tua nascita l’alba era ancora più bella di questa, di così ne avevo viste solamente due volte in tutta la mia vita. La prima volta fu quando conobbi tuo padre: Il cielo sembrava prendere fuoco e mi comunicava serenità. Lo incontrai una mattina d’estate, quando ebbi voglia di fare due passi. Camminavo con le cuffie nelle orecchie e il Walkman in una mano, quando distrattamente mi scontrai con lui che aveva appena parcheggiato la sua ferrari rosso fuoco. Aveva dei bellissimi capelli ricci e degli occhi dorati, e mi offrì la colazione. Parlammo tutta la mattina e ci conoscemmo meglio. Da quel giorno in poi ci incontrammo tutte le mattine fino al giorno della tua nascita, eravamo innamorati. Quando uscimmo dall’ospedale tuo padre venne a trovarci a casa, dove insieme decidemmo di chiamarti Aurora in onore di quelle bellissime aurore viste insieme . Stette con noi ma dopo pochi mesi partì per l’Afghanistan, dove morì pochi anni dopo.
 
L’unica variante che avrei aggiunto alla storia e che mio padre non era veramente un marine, e non era morto, anzi, era immortale.
Quella mattina il Sole era una palla infuocata che si rifletteva sul laghetto del Campo dove una canoa era già al largo. Su di essa un uomo biondo e bello sui trent’anni, mi stava fissando. Non appena incrociai il suo sguardo sfoggiò un sorriso ed ebbi appena il tempo di sbattere gli occhi che lui era sparito.
Chi era? Cosa voleva da me? Aveva un’aria vagamente familiare, ma non riuscii a mettere a fuoco il suo ruolo nella mia vita.
Distolsi gli occhi dalla finestra, dove il panorama era cambiato ed il Sole era già alto. Brad era sveglio e mi stava guardando dal letto opposto al mio. —Sveglia anche tu? —sussurrò piano. —Si, da un poco più di un ora ormai, — risposi — Che ore sono? — Chiesi.  Con la furbizia stampata in volto tirò fuori il mio Ipod da sotto il mio cuscino e schiacciò il tasto home. — Sette e mezzo. — Rispose ridendo. Presi subito il mio zaino e cominciai a rovistare nelle tasche in cerca di qualcosa che invece era nelle mani del mio amico. — E tu come hai fatto a prenderlo? — chiesi scioccata. — Te l’ho detto, mio padre è il dio dei ladri — Rispose Brad. — Comunque ci chiameranno a momenti, è meglio prepararsi. — Mi lanciò l'Ipod e una maglietta arancione come quella dei ragazzi del campo che presi al volo e riposi con cura nello zainetto. — Non vorrai farti trovare con il pigiamino con stampate delle mucche volanti. — Aggiunse.
Presi lo zainetto, mi alzai cercando di fare meno rumore possibile ed andai in bagno per cambiarmi.
Mi lavai il volto, mi pettinai e raccolsi i miei capelli castano chiaro in una coda.
Quando aprii la porta e mi trovai Brad davanti e sobbalzai facendo un passo indietro. Con un sorriso imbarazzato mi fece cenno al bagno con la testa. — Dovrei cambiarmi anch’io. —Disse.
—Ma certo, fai pure —Dissi. — io ho finito. — aggiunsi.
 Cinque minuti, dopo tutta la cabina era sveglia e suonò il corno. Gli ultimi ritardatari si infilarono i vestiti più velocemente possibile, e tutti insieme seguimmo Brad in mensa per la colazione.
Ci sedemmo al tavolo, e delle ninfe ci servirono la colazione. Nella mia mente ci fu come un flash. Dov’era Rose? Era da quando ero entrata nella cabina undici che non la vedevo più. Mi versai il latte nella tazza e ci buttai dentro dei cheerios che cominciai a mangiare con uno sguardo assente, ed ero talmente presa dalle mie domande da non notare che tutti mi stavano fissando. Sulla mia testa era comparso un simbolo dorato, era un arpa: Ero appena stata riconosciuta.
Tutti i ragazzi del campo applaudirono, specialmente dal tavolo di Apollo si sentirono esulti e mani battute sul tavolo.
Chirone mi si avvicinò, mentre il Signor D. se ne stava al suo tavolo, svaccato bevendo diet coke e borbottando tra sé.
— Bene Rory, anzi, molto bene, ora puoi trasferirti definitivamente nella cabina sette. — Disse
sorridendo. E dopo la colazione Brad mi accompagnò nella cabina undici a prendere la mia roba e mi restituì l’Ipod che mi aveva ri-rubato. Lo presi e mi misi a ridere.
Ci incamminammo verso la cabina sette e Brad si fece triste. —Così un’altra se ne va… — Esordì. Io abbassai lo sguardo e sorrisi, non riuscivo a trattenere le risate.  — Saremo solo a trenta metri di distanza, non è la fine del mondo! — dissi. Sul volto di Brad si abbozzò un sorriso. —Si, ma è il principio che conta, ogni nuovo arrivato se ne va sempre via, e ogni volta ci rimango male. — disse. — Ti annoierai senza di noi, vero? —Aggiunse. — Un sacco… morirò di noia — risposi ridendo. Lui ricambiò il sorriso e ormai eravamo arrivati all’entrata della mia nuova cabina. —Ciao, ci vediamo dopo durante l'attività. — Disse Brad, e alzando la mano in segno di saluto se ne andò. Un ragazzo atletico con i capelli biondi e gli occhi dorati mi aspettava davanti alla soglia . —Benvenuta tra i figli di Apollo, Rory! — Esordì il ragazzo. — Io sono tuo fratello Ray, il capo cabina. — Aggiunse sorridendo. Io ricambiai ed entrai nella mia nuova casa.
La facciata della cabina era strutturalmente uguale a quella della undici: Una scalinata che conduceva all’entrata della casa e  due colonne opposte che sostenevano il portico e un timpano. Le decorazioni però erano differenti: Sinuose righe musicali uscivano da un’arpa situata sopra l’uscio della porta, e si intrecciavano sulle colonne ramate che staccavano dall’insieme dorato della cabina.  Sul timpano era scolpito un Sole e sopra di esso si trovavano due archi da caccia opposti muniti di freccia. L’interno era ancora più incredibile: Il colore non era così forte, al momento era azzurro come il cielo senza nuvole.  —Cambia in base alle fasi del giorno, — Disse Ray, come se mi leggesse nel pensiero. —Di giorno è azzurro come il cielo estivo, di notte è blu come un cielo stellato, mentre all’alba e al tramonto prende il colore del cielo, ovviamente senza la stessa luce, altrimenti ci sveglieremmo sempre all’aurora.— E detto questo mi sorrise. Come accadde nella casa dei figli di Ermes, anche qui tutti si presentarono, ma stavolta ricordai tutti i nomi dato che erano meno ed era sicuro che fossero i miei fratellastri e le mie sorellastre. Parevano molto simpatici; loro erano in cinque e con me facevamo sei figli di Apollo; Io, Ray, Sky (Skyler), Zane, Will e Jess.
—Ah, già dimenticavo… Scegli il letto che preferisci.— Mi invitò Ray. Ed io scelsi il letto accanto alla finestra, nella speranza di potermi gustare l’alba per tutta l’estate per sentirmi più vicina a mia madre.
Avevo appena messo piede nella mia nuova casa.
 


*SPAZIO AUTRICE*
Come sempre spero che questo capitolo vi sia piaciuto, e vi invito caldamente a RECENSIRE! Adoro le recensioni :3 detto questo, alla prossima ! ;)
con affetto,

               Juliet_Mellark

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Capitolo 7
*** Capitolo 7: Un Regalo Inaspettato ***


UN REGALO INASPETTATO

Presto cominciarono le attività ed io e i miei fratelli andammo a tirare con l’arco. Sky mi insegnò a maneggiarne uno e come se lo facessi da una vita, centrai più volte il bersaglio. Tenere l’arco in mano e sulle spalle era un gesto che mi risultava piuttosto familiare, nonostante non l’avessi mai fatto; probabilmente era nei miei geni. Nonostante tutto, mi sentivo un po’ a disagio con la mia nuova famiglia, forse perché non sono mai stata molto brava a relazionarmi con gli altri e quella situazione era piuttosto imbarazzante. Will se ne accorse e mentre stavo per scoccare una freccia si avvicinò. —Tutto bene Rory? — Mi domandò con comprensione. Io annuii poco convinta, fingendo che andasse tutto bene, ma lui non ci cascò. —Mi dispiace che tu ti senta a disagio, ma devi sapere che è capitato a quasi tutti qui. E’ un periodo di disorientamento nella tua vita, scoprì chi sei, chi sono i tuoi genitori e ti devi allontanare da tua madre per venire al campo,  che è un posto fantastico, — Fece un sospiro e riprese a parlare. — Ma hai comunque quella sensazione di aver lasciato la luce accesa, o meglio, una porta aperta. — Io ero ancora in posizione, pronta a lasciare la presa sulla freccia. Will riprese a parlare. —Ti ritrovi in mezzo a gente nuova, simile a te, e a convivere con fratelli e sorelle di cui non sapevi l’esistenza, non è una cosa facile, ma questo posto è davvero magnifico e tra qualche giorno saremo la tua vera e propria famiglia.— Will aveva descritto alla perfezione quello che sentivo, quel nodo nello stomaco che si contorceva quando pensavo a mia madre, e al disagio che provavo in quella situazione. Finalmente scoccai la freccia che centrò in pieno il bersaglio. Buttai l’arco a terra e saltai al collo di mio fratello, lui fu colto di sorpresa, ma poi ricambiò l’abbraccio; così gli sussurrai grazie. — E di che? — Rispose ridendo. Era bello avere un fratello al proprio fianco; quello che mi aveva detto mi fece sentire subito meglio.
 
L’attività seguente era l’allenamento con la spada. Ci incamminammo verso l’arena seguendo Ray, e quando fummo arrivati la trovammo occupata da Chirone e da alcuni ragazzi del campo. Chirone ci guardò con aria compiaciuta e io mi ritrovai sul volto un sorriso piuttosto imbarazzato.
Chirone esordì. — Ho chiesto ai migliori spadaccini del campo di dare lezioni private ad ogni cabina oggi, in modo che se ci sarà in una spiacevole situazione come quella di un paio di anni fa, — Aggiunse sospirando. — saremo meglio preparati durante uno scontro spada contro spada. — I miei fratelli si scambiarono degli sguardi malinconici e infine annuirono assieme.
—Ah, quasi dimenticavo, —Aggiunse il centauro. —Ray, verresti un attimo? Devo parlarti. — Ray si voltò e rispose. — Certo, arrivo subito. — E rincorse Chirone che si era già incamminato.
—Allora, come va nella tua nuova cabina? — Chiese una voce allegra e familiare alle mie spalle. Mi voltai e incontrai gli occhi azzurri di Brad. Mi misi a ridere. Non so perché, ma Brad mi faceva ridere ogni volta, anche quando non diceva nulla. — Tutto okay — Risposi sorridendo. Lui prese una spada col fodero, me la lanciò ed Io la presi al volo. —Sei pronta per l’allenamento ? — Mi domandò. —Certo. — Mi passò anche uno scudo e mentre lui ruotò il quadrante del suo orologio dorato, che improvvisamente si tramutò in uno scudo ed io rimasi sbalordita. Lo scudo era molto simile all’orologio: Due ali argentee opposte tra loro spuntavano fuori dal cerchio , due serpenti dorati si intrecciavano sul perimetro, il tutto su uno sfondo bronzeo. Era veramente uno scudo spettacolare.
—   Sorpresa, eh ? — Mi chiese  facendo ruotare la spada nella sua mano destra. Mi resi conto di avere le palpebre sbarrate così le sbattei più volte per riprendermi da quel fantastico shock. — E’ il regalo di mio padre che più preferisco. Sai, ogni anno da quando ho scoperto le mie origini, il giorno del mio compleanno mio padre mi spedisce un regalo. Questo è l’unico che lui mi abbia mai dato di persona. E’ stato fantastico vederlo per la prima volta.
 Per un secondo fissò lo scudo con un pensoso con un sorriso malinconico in viso, ma poi distolse lo sguardo e tornò del suo solito umore allegro.
—   Non sapevo fossi un bravo spadaccino. — Cambiai argomento io.  — Mi ha insegnato mio fratello parecchi anni fa, lui era il migliore, sotto tutti i punti di vista. — Visto che anche quell’argomento sembrava tirarlo giù di morale nuovamente non mi soffermai su suo fratello.  Mi guardai intorno e notai che tutti stavano già combattendo così sfoderai la spada e cautamente la feci ruotare, sperando di non mozzarmi una mano.
—   Allora, hai intenzione di insegnarmi qualcosa? — Gli domandai ridendo. — Ti avverto che potrei benissimo essere un fiasco totale.
—Beh, potresti. — Rispose sorridendo.
Mi insegnò ad affondare e a schivare, devo dire che me la cavavo meglio di come mi aspettassi e Brad non ne sembrava troppo stupito.
Quando finimmo l’allenamento erano più o meno le undici e mezzo, e per darci una lavata prima di pranzo i miei fratelli, le mie sorelle ed io ci incamminammo verso la cabina.
Passeggiavo sola, quando Brad mi raggiunse con uno scatto.  — Ma tu non stai mai con quelli della tua cabina? — Gli domandai sorridendo. — Eloquentemente posto.  — Rispose con un insolito linguaggio arguto. — Sai che te la cavi piuttosto bene come spadaccina? — Aggiunse. — Con un pochino più di pratica potresti diventare una tra i migliori. — I suoi occhi mi stavano studiando il viso, e quando mi voltai il suo sguardo si incrociò con il mio, e mi venì da ridere.
—Grazie mille Brad. Ma ora non esagerare però. —  Eravamo ormai arrivati alla mia cabina; molti dei miei fratelli e delle mie sorelle erano già entrati . —Allora ci vediamo dopo a pr… — Ma non ebbi tempo per finire la frase, perché Sky all’interno della cabina stava urlando a squarciagola il mio nome con una nota di entusiasmo.
Corsi all’interno della cabina non sapendo cosa aspettarmi, seguita da Brad.  Trovai tutti radunati intorno al mio letto che fissavano un pacco regalo  sulle lenzuola. Il pacco era dorato e la luce che filtrava su dalla finestra si fissava su di essa. Non era molto grande, era una di quelle scatoline lunghe, strette e basse. Mi feci spazio per passare e senza esitare mi sedetti sul letto accanto al pacco e cominciai a scartarlo. All’interno c’era un braccialetto dorato a forma di arco. Lo tirai fuori cautamente e dal pacchetto uscì una piccola pergamena di canapa arrotolata e chiusa da un nastrino dorato.
Mi alzai dal letto e  mi diressi fuori, verso scale davanti all’entrata della cabina, aprendo lentamente la pergamena con un misto di curiosità e stupore. Mi sedetti sul primo gradino e cominciai a leggere la lettera. Non ho mai ricevuto una lettera e un pacco, pensaichissà chi me la manda.
 
Aurora Chord
c/o Collina Mezzosangue
Farm Road 3141
Long Island, New York 11954
 
La calligrafia era antiquata, piena di arricciamenti e scritta con un inchiostro nero su una superficie che pareva dorata. Non avevo mai visto tanto oro in vita mia: La cabina, il pacchetto, il nastro, il braccialetto ed ora anche la pergamena !
 
Cara Rory,
Sfortunatamente non ho il tempo per allietarti con uno dei miei fantastici haiku.
Ho sentito dire che sei una grande arcera, quindi ho deciso di donarti l’Arco di Epiro. Ora è solo un braccialetto, ma sfilandolo diventerà un meraviglioso arco.
       Fanne buon uso.
             
          Tuo padre.
 
—L’Arco di Epiro… — Sussurrai sovra pensiero. — Alla faccia del regalino ! — Disse una voce alle mie spalle. Era Ray. — Così Papà ti ha regalato l’Arco di Epiro, eh? sai di cosa si tratta Rory? — Mi chiese con sguardo esaltato, sedendosi accanto a me. Io scossi la testa.
—   Vedi, l’Arco di Epiro è un arma mitologica. Non si tratta di un'arco qualunque, esso è in grado di sprigionare un'energia straordinaria. E’ composto di bronzo celeste e molto leggero. E’ in grado di generare luminose frecce illimitate, e non manca mai il bersaglio. Rory, hai al polso uno degli archi più potenti mai stati creati.
Ero piuttosto sbigottita, ero lì solamente da due giorni, ed avevo già ricevuto un regalo, e a quanto pareva, non comprato da una bancarella dell’usato.
In quel momento arrivò anche Brad, con un’aura allegra. — Ecco la cocca di papà!!! — Urlò quando mi vide. Il mio volto diventò fucsia per l’imbarazzo. — Ma smettila! — Urlai.  Lui si mise a ridere e si sedette vicino a me.
—   Dai, che dobbiamo andare a pranzo.
  E seguiti da tutti i miei fratelli e dalle mie sorelle ci dirigemmo verso la mensa.
 
 



*SPAZIO AUTRICE*
Dopo due settimane, sono finalmente tornata con un nuovo capitolo !
Spero col cuore che vi sia piaciuto, e vi prego, RECENSITE :)

Vi ringrazio per aver letto, 

Julie

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Capitolo 8
*** Capitolo 8: Il Ragazzo con i capelli in Fiamme ***


IL RAGAZZO CON I CAPELLI IN FIAMME

Quando arrivammo in mensa Brad si sedette al tavolo di Ermes. Un chiacchiericcio girava tra i ragazzi, mi sentivo gli sguardi di tutti addosso, e a quanto pareva la voce sul regalo di mio padre aveva già fatto il giro del campo.
Mi sedetti intimidita al tavolo della mia cabina, e mi accorsi che anche i miei fratelli mi stavano guardando male. Pranzai nel più assoluto imbarazzo senza parlare con nessuno. Quando fu il momento di donare il cibo al proprio genitore divino, tutti i semidei del campo si alzarono e cominciarono ad applaudire e a urlare in un boato assordante.
Tutti mi stavano guardando sorridendo, rimasi stupita e scoppiai a ridere riparandomi le orecchie dal baccando.
Chirone si avvicinò allo schienale della mia sedia e mi mise le mani sulle spalle. — Benvenuta al campo Rory! — annunciò allegramente  scuotendomi . —Devi sapere che questa è come una specie di tradizione per noi, tutte le volte che qualcuno riceve il suo primo regalo si fa questa specie di scherzo, un po’ di cattivo gusto per me, ma fa sempre ridere ed e sono le poche volte in cui vedo il signor D di buon umore qui al campo. — Aggiunse.— Sei anche piuttosto fortunata, prima che arrivasse Valerie lo facevano durare due giorni interi, ma da quando la poverina crollò in lacrime ridussero la durata per evitare che altre cabine si allagassero. — Cercai di non mostrare il mio sorriso di finto divertimento, quando lo facevo mi sentivo in colpa perché lo trovo piuttosto irritante e arrogante. — Penso te l’abbiano già detto, ma l’arco di Epiro è uno dei migliori regali che tuo padre potesse mai farti, è il sogno di ogni arciere. — Quando mi voltai vidi i volti di miei compagni : Erano veramente felici per me, ed è una delle sensazioni più belle che si possano provare, sapere che esiste qualcuno che ci tiene a te.

Quel pomeriggio dopo pranzo, io e i miei fratelli siamo andati dai figli di Efesto per imparare a costruire una spada, scudi, lance, insomma armi, ma anche lavorazioni manuali da applicarci per decorarli. Era fantastico! Mi sono divertita un sacco, mi sentivo un po’ bambina, come quando all’asilo o alle scuole elementari ti portavano a fare quell’attività che sull’orario veniva indicata come “laboratorio”, che spacciavano come una materia, ma per i bambini in realtà era come una specie di vacanza.
Io mi sedetti alla postazione delle decorazioni, era una cosa che attirava troppo, tanto a imparare a fondere le armi avrei potuto impararlo anche il pomeriggio seguente. Un figlio di Efesto di nome Hank ci spiegò che tutto quello che c’era da fare era riempire le “formine” con il bronzo celeste liquido, e poi nel giro di un ora si sarebbero raffreddate se avessimo eseguito bene la procedura, perché il bronzo celeste oltre ad essere il metallo più resistente e forte mai creato, ha molte altre proprietà e questa era una di esse . In un angolo vicino alla fornace ci stava un ragazzo, stava applicando le nostre decorazioni su un bello scudo platino, quando le prendeva in mano il bronzo si riscaldava, e quando le appoggiava sulla superficie, gli bastava fare una leggera pressione con la mano per far aderire al meglio le nostre opere sullo scudo. Non riuscivo a capire come riuscisse a scaldare il metallo in quel modo, ormai erano cinque minuti che lo stavo fissando costantemente, non me ne accorsi finché lui non incrociò il mio sguardo, e quel punto voltai velocemente la testa, pregando gli dei che non mi avesse notato, nonostante ero pienamente consapevole del contrario.  Aveva i capelli rosso fuoco e due occhi di un color rame, non avevo mai visto due occhi così erano straordinariamente unici. Cercando di essere il più disinvolta possibile e provando di non pensare alla figuraccia di prima, mi avvicinai un po’ a lui per vedere meglio.
Come ci riesce? Pensai. Dovevo averla pensata ad alta voce, perché lui rispose al mio dilemma.
—Mia madre è la dea del fuoco. Estia. — Ci riflettei un attimo, l’ultima cosa che volevo era fare un’altra figura di merda con questo individuo.
—Ma…. Estia non è una dea vergine? —chiesi con voce titubante.
Lui annuì. —Sì, lo è. Ma lo è anche Atena. Ti sei mai chiesta come può avere così tanti figli?
— Non ne ho mai avuto bisogno, visto che me l’hanno raccontato appena sono arrivata al campo. Nascono dalla testa di loro madre, esattamente come lei è nata da Zeus, ma senza che  Efesto le spacchi il capo con l’ascia. — Dalla sua bocca uscì una debole risata, poi smise un secondo di lavorare e mi guardò timidamente con i suoi due occhi magnetici. — Dunque, hai risolto il dilemma? —Chiese con una nota di entusiasmo, come quando i genitori fanno domande idiote ai loro figli neonati. Riuscivo a sentire i meccanismi del mio cervello in movimento, ma non giungeva risposta, allora scossi la testa scocciata. Odiavo non avere risposte.
—Noi nasciamo dall’amore ricambiato tra mia madre e un umano. Tutte le volte che lei si innamora si accende un focolare, e dalle ceneri prodotte da quel fuoco, nasciamo noi. O meglio io. Sono il suo primo e unico figlio fino a ora.
Ho trovato questa storia veramente affascinante, mi ricorda molto la nascita di una fenice, che è sempre stato di gran lunga il mio animale fantastico preferito. 
 —Tu invece sei figlia della dea della saggezza? —aggiunse. —Non fai altro che ragionare.
Fui piuttosto sorpresa della sua supposizione, ma la presi come complimento dato che adoro Atena, e che mi piace quando le persone apprezzano la mia intelligenza.
—No, figlia di Apollo. — Risposi allegramente, accompagnandolo con due dita alzate in stile “Peace and Love”.
—Beh, ti ci vedevo bene tra i cervelloni. — ridemmo, mentre lui applicava un’ultima decorazione sullo scudo, che ormai era perfetto. Ray arrivò per trascinarci alla stazione di tiro con l’arco. Mentre camminavamo davanti a noi si stanziava il tramonto che si riverberava sul lago in una moltitudine di luccichii e colori caldi. D’un tratto sentii una voce provenire dalle fucine. 
—Hey, non mi hai ancora detto come ti chiami ! — esclamò il figlio di Estia.
 Mi voltai e camminando all’indietro per qualche secondo. —Aurora, Aurora Chord. Tu? — Risposi urlando, mentre le fucine si allontanavano sempre più da me.
—Red, Red Adams. — Rispose. —Beh, allora ci vediamo a cena Red!— urlai più forte che potevo scuotendo la mano in alto come gesto di saluto. Ora le fucine erano scomparse, mi voltai dirigendomi verso la postazione di tiro con l’arco, ricordando ragazzo con i capelli di fuoco.


SPAZIO AUTRICE
Finalmente ho aggiornato! Sono molto soddisfatta di questo capitolo, e spero che sia piaciuto anche a voi !! Mi piacerebbe molto una vostra opinione, quindi se riuscite recensitemi :')

Julie

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Capitolo 9
*** Capitolo 9: Venerdì. ***


VENERDI'
 
Quella sera dopo cena ci dirigemmo al falò, mi sedetti intorno al fuoco tra Brad e Sky. Salutai Red che era intento ad alimentare il falò con della legna.
— Hai conosciuto, Addie? — mi chiese Brad. —Intendi Red? Si, oggi alla postazione dei figli di Efesto. Stava dando una mano. — Lui tirò fuori una caramella dalla tasca, se la mise in bocca e guardò altrove. Sky mi tirò una gomitata allo sterno e mi sussurrò —Dobbiamo iniziare a cantare— e così la serata iniziò. Prima che la canzone potesse finire, il Signor D. e Chirone ci interruppero.  — Sorpresa, sorpresa! — Esclamò il Signor D. con scarso entusiasmo — Vi ricordate che giorno è oggi? — Una voce dalla parte opposta del falò urlò — Venerdì! — Ci furono dei bisbigli indecifrabili, Brad si voltò entusiasta e con ancora la caramella in bocca mi disse goffamente — E’ venerdì! —Chirone fece una debole risata esordì a gran voce — Alaska ha detto giusto, ragazzi. Oggi è venerdì. So che dopo lo spiacevole ricorso del mese scorso, l’avevamo momentaneamente sospeso, ma credo che sia arrivato il momento di ricominciare. Dunque squadra rossa e squadra blu!
Mi guardai intorno perplessa e vidi tutti i semidei correre verso le rispettive cabine. Tutti erano così euforici ed io non ci stavo capendo una mazza. Red si stava dirigendo verso la sua cabina e mi passò accanto — Allora non vai a prendere il tuo elmo, cervellona? —
— Sono figlia di Apollo non di Atena, mi sembrava di aver chiarito la faccenda. E non ho la più pallida idea di cosa sia Caccia alla bandiera.
— Non sarai figlia di Atena, ma per me rimani una che pensa troppo. Beh, Caccia alla Bandiera è un gioco. Ci si divide in due squadre una rossa e una blu, che normalmente sono già prestabilite, in poche parole sono sempre le stesse. Ognuna di queste squadre possiede una bandiera e deve nasconderla. Ogni squadra deve trovare e rubare la bandiera avversaria. Ovviamente la bandiera deve essere nascosta ma contemporaneamente visibile.
— Uhm, una specie di Bandierina Genovese? — Chiesi dubbiosa.
— Una che? — Mi guardò torvo.
— Lascia perdere, un gioco che facevo a scout quando ero piccola.  Perché l’avevano sospeso?
— Beh, diciamo… Effetti collaterali. Si gioca con le spade e l’anno passato un idiota di nome Walter aveva indossato male l’armatura. Inoltre lui era molto imbranato nei combattimenti così PUFF gli hanno tagliato una mano.
Lo guardai sbalordita — Mi sembra un motivo più che valido per sospendere un gioco.
— Si ma non è stato niente di serio. Dopo una settimana di cure la sua mano aveva già ripreso a funzionare normalmente. Poi i figli di Apollo gli riattaccarono la mano sedutastante, solo gli ci volle un po’ per ricominciare a muoversi. Un po’ di ambrosia e passa tutto — mi diede timidamente una pacca sulla spalla. — e comunque son successe cose ben peggiori! — disse allontanandosi.

Mi sedetti intorno alle braci di un fuoco che si stava consumando piano piano aspettando che gli altri tornassero in modo che si decidesse cosa fare di me, mentre pensavo a cosa potesse accadere di tanto terribile in un “campo estivo” da poter far apparire una mano mozzata cosa da nulla.
Quando tutti arrivarono erano armati di spada, con il rispettivo elmo rosso o blu, e un’armatura ben allacciata.
Mio fratello Ray mi si avvicinò —  Rory, tu sarai nella squadra blu, con noi.  Apollo, Poseidone, Ade, Ares, Demetra, Ecate, Ipno, Nemesi e Iride.  La squadra rossa sarà invece composta dalle cabine di Ermes, Zeus, Efesto, Afrodite, Atena, Dioniso ed Estia. Tutti pronti?
 
Andai di corsa a mettermi un’armatura e l’elmo blu, e assistetti a una brutta discussione  tra un semidio e una donna, che immaginai fosse sua madre. Non mi fermai abbastanza per capire chi fosse.  Non capii nemmeno se fosse maschio o femmina, a dirla tutta. Stavo correndo a tutta velocità e riuscivo solo a sentire la donna che sgridava al ragazzo o alla ragazza in questione, ma il modo in cui lo faceva, con un modo di fare materno, mi faceva pensare che dietro quelle parole di una donna infuriata ci fosse una donna che chiedeva disperatamente che suo figlio la capisse.
Sotto un certo punto di vista mi mancavano le litigate con mia madre, che erano parte della mia vecchia routine giornaliera. Smettila di pensarci. Amavo il campo, ma mi mancava la mia vecchia vita. Come poteva mancarmi una vita così? Una vita vissuta nell’ombra, da esclusa, non avevo amici a parte Rose. Essere ‘la strana’ non era mai stato facile, ma mi aveva reso più forte. Non ti manca davvero, tu ami il campo e queste persone. Ti manca solo la stabilità che quella vita ti portava. Era vero. Prima sapevo sempre esattamente cosa mi sarebbe successo, le persone che avrei incontrato, come avrei passato la giornata, come un copione prestabilito che difficilmente variava. Ora ero libera, e in realtà, amavo esserlo.
Quando tornai il gioco cominciò. Corremmo attraverso i boschi alla ricerca del luogo più adeguato dove mettere la nostra bandiera. Improvvisamente scoppiò una discussione tra i figli di Ares per scegliere il luogo più adatto dove piantare la bandiera. Da una parte volevano piantarla infondo Culla di Era, una piccola rientranza nel terreno, sostenendo che la squadra avversaria non ci avrebbe visto se fossimo stati infondo. Dall’altra parte erano intenzionati a posizionarla lungo il fiume, in modo che i figli di Poseidone fossero più avvantaggiati.
Nessun altro proferiva parola, nessuno voleva schierarsi per non finire con il fare a pugni con un figlio del dio della guerra, il che era vivamente sconsigliato da ognuno che avesse vissuto quell'esperienza sulla sua pelle. Ma stare zitti e immobili la trovavo una reazione molto idiota, dunque intervenni.
— Non possiamo fare diversamente, ragazzi? Secondo me l’idea della Culla non è molto funzionale. Non appena ci vedessero potrebbero attaccarci dall’alto il che ci metterebbe in serio svantaggio. Dall’altra parte però metterci lungo il fiume sarebbe svantaggioso, il fiume è il primo posto dove verrebbero a controllare. Io propongo di posizionarci lungo la costa in modo che i figli di Poseidone siano ugualmente nel pieno delle loro forze, e inoltre prima di raggiungerci dovrebbero attraversare tutto il bosco e avremmo un vantaggio anche sul tempo.


Tutti tacquero. Mi aspettavo commenti a bassa voce del tipo “ma senti questa, è qui da meno di una settimana e già crede di essere chissà chi”. Niente del genere, o meglio, niente di niente. Stavano solo tutti imbambolati a guardarmi con un’espressione tra lo sbalordito e l’incerto.
Quei dieci secondi mi sembrarono un’eternità, ma finalmente qualcuno emerse dal gruppo. Era Ray.
— Avete sentito mia sorella? Mi sembra che sia stata piuttosto convincente. Ora muovete le chiappe e andate a piantare quella bandiera.


SPAZIO AUTRICE
Spero con tutto il cuore che questo capitolo vi sia piaciuto.
Non sono sicura di voler continuare questa ff, quindi, vi prego, recensitemi
anche solo per farmi un'idea di quante sono le persone a cui interessi.

Grazie per aver letto,
Juls

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Capitolo 10
*** Capitolo 10: Caccia alla Bandiera ***


CACCIA ALLA BANDIERA.
 
Ciò che accadde dopo fu tutt’altro che caotico. La squadra sembrò accettare di comune accordo la mia idea senza protestare.
Arrivammo ben presto sulla costa e avemmo il tempo di piantare la nostra bandiera e organizzarci per la difesa e l’attacco.
Rimanemmo felicemente sorpresi trovando una quercia molto alta al confine tra il bosco e la spiaggia, che ci avrebbe facilmente permesso di scoprire la posizione dei nostri avversari e avvistarne l’avvicinamento.
E come già sospettavamo – o meglio, gli altri membri della mia squadra sospettavano – si erano posti sul Pugno di Zeus, ben visibili.
Ray ed io assumemmo il comando dato che nessun’altro era disposto a farlo.
— Bene ragazzi, ci organizzeremo così: I figli di Poseidone stanno in difesa, a proteggere la bandiera. Sarete più potenti stando nell’acqua e questo ci da un gran vantaggio.
Meglio che in difesa non ci stiano troppe persone, per evitare di attirare l’attenzione, ma neanche troppo poche, altrimenti risulterebbe loro fin troppo facile acchiappare la bandiera.
Metà della cabina di Apollo e metà della cabina di Demetra, i figli di Ade e Nemesi, resteranno in difesa.
Io e Ray con il resto dei volontari della cabina di Apollo saremo in attacco, con i figli di Iride, Demetra, Ares, Ecate e Ipno. Butch, ho un favore da chiedervi. Dovreste sfruttare la vostra velocità correndo da un albero all’altro. Credi di potercela fare?
Maggie, tu gli altri figli di Demetra sareste in grado di rendere il loro lavoro più facile aprendo una specie di sentiero sugli alberi?

Il piano fu organizzato nei minimi particolari e ogni pezzo quadrava. Nessuno si lagnò del ruolo che gli venne assegnato, la cosa mi sorprese non poco dato che sono sempre stata a contatto con gente a cui non andava bene mai nulla. Forse tutti i mortali erano propensi a rompere le scatole, mentre i semidei non lo erano, o – cosa nettamente più probabile, e non solo perché avevo conosciuto semidei rompiballe – il piano aveva soddisfatto tutti e ognuno si sentiva utile. Mi piaceva pensarla così e andai orgogliosa del mio piano.
Sentimmo il corno risuonare attraverso il fitto bosco e partimmo a correre lasciando la postazione sulla spiaggia. Correndo attraverso il fiume, sulla spiaggia e infine prima di inoltrarmi nel bosco, mi voltai a vedere se tutto era come avevo programmato. Figli di Poseidone con i piedi immersi fino alle caviglie nel mare, i figli di Demetra rimasti che facevano da vedetta sulla quercia e che posizionavano le radici degli alberi a loro piacimento mediamente all’altezza di un ginocchio, in modo che fosse - per i nostri avversari – più difficile correre.
E i figli di Ade e Nemesi, più vendicativi che mai, erano pronti a regolare i conti degli scherzi fatti dai figli di Ermes – e in questa particolare occasione – con tutta la loro squadra.

Correvo al fianco di mio fratello ed ero felice. Mi sentivo parte di questa famiglia. Partecipe.

Butch era davanti a noi, con tutta la sua combriccola, che sfrecciava sugli alberi alla velocità della luce, mentre Margaret e gli altri figli di Demetra erano intenti a facilitargli la cosa. A facilitarci la strada. Noi stavamo esattamente dietro di loro. A chiudere la fila.
Sotto di noi, sulla terra ferma, i figli di Ares e altri miei fratelli si facevano strada con foga, pronti ad abbattere ogni ostacolo che intralciasse il loro cammino.
Corremmo senza sosta fino al Pugno di Zeus --- una piccola parentesi. Io ODIO correre. Sono una schiappa, e quindi dovete immaginarvi quanto fossi stanca una volta raggiunto il Pugno di Zeus, ma vi svelo un segreto: l’adrenalina è qualcosa di magnifi
co; ci permette di fare cose che non avremmo mai pensato di fare, nonostante dopo ci lasci un senso di stanchezza lancinante. Questo per dirvi che anche noi semidei siamo umani. Semidivini, certo, ma anche vulnerabili. Io per esempio, faccio schifo a correre. Non siamo tutti dei gran palestrati come Ercole, o per rendere l’esempio più moderno, The Rock. Non si sa mai a quale pubblico sia rivolto questo racconto, quindi meglio attualizzare. Ora però sto divagando, torniamo alla narrazione. Stavo dicendo --- 
Corremmo senza sosta fino al Pugno di Zeus e una volta raggiunto, la difesa avversaria fu attaccata frontalmente dai figli di Ares. Mentre erano occupati, i figli di Demetra ci fecero un passaggio con delle piante rampicanti che passava sopra il pugno e collegava i due lati opposti della strada. Corsi avanti, come secondo il piano, pronta a sorprender la difesa con un attacco alle spalle, quando Butch mi fermò. Gli altri erano già passati ed ci avevano già coperto le spalle.  — Vuoi avere l’onore? — Mi domandò accennando alla bandiera totalmente scoperta da ogni difesa. — Butch, io non so, dobbiamo attenerci al piano vai t-- — Non riuscii a finire la frase perché Butch mi spinse giù. Mi sentivo molto Tarzan. Mi ero sentita in un misto tra Tarzan e Naruto per tutto il viaggio sugli alberi, ma questo era molto meglio, mi sembrava di volare. Saltai e Butch fu esattamente accanto a me. Prendemmo insieme la bandiera e sfrecciammo. [1]
Raggiungemmo velocemente il fiume e lo varcammo con altrettanta facilità. Il corno suonò.

Avevamo vinto.

[Nota 1.Per vincere questo gioco è necessario riportare la Bandiera sulla sponda del fiume corrispondente alla posizione della propria bandiera. Fummo particolarmente fortunati, dato che il Pugno di Zeus è relativamente vicino al corso d’acqua.]


SPAZIO AUTRICE
Come sempre, spero che vi sia piaciuto questo capitolo.
Per me è importante ricevere recensioni, quindi spero che vi vada di lasciarmene una. VI PREGO RECENSITE.

Grazie per aver letto,
Juls

PS: So di fare schifo a modificare le immagini :))

 



 

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