Like a brother.

di TeenAngelita_92
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** She is my sister. ***
Capitolo 2: *** I can do it. ***
Capitolo 3: *** I'm looking for my sister. ***
Capitolo 4: *** She wants to help me. ***
Capitolo 5: *** I need a hug, your hug. ***
Capitolo 6: *** It's just a mistake. ***
Capitolo 7: *** The desire of you. ***
Capitolo 8: *** I want to be happy, with you. ***
Capitolo 9: *** The truth. ***
Capitolo 10: *** Believe me. ***
Capitolo 11: *** Don't run away. ***
Capitolo 12: *** Gravity. ***
Capitolo 13: *** Come with me to the sea. ***
Capitolo 14: *** Like a dream. ***
Capitolo 15: *** I believe you. ***
Capitolo 16: *** I'm still in love. ***
Capitolo 17: *** I won't give up on us. ***
Capitolo 18: *** I won't let you. ***
Capitolo 19: *** Who you are. ***
Capitolo 21: *** My choices. ***
Capitolo 22: *** Run. ***
Capitolo 23: *** Memories. ***
Capitolo 24: *** Our first time. ***
Capitolo 24: *** What's going on? ***
Capitolo 25: *** Where are you? ***
Capitolo 26: *** I will try to fix you. ***
Capitolo 27: *** When i'm alone with you. ***



Capitolo 1
*** She is my sister. ***


Like a brother.
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Video trailer: http://www.youtube.com/watch?v=UPIgmbQMHuk

Prologo:
"Cercala, trovala e dille che tu sei suo fratello, falle leggere queste mie parole. Ragazzo mio non aver paura della verità, entrambi avete bisogno di sapere come sono andate davvero le cose ed in questa lettera ho cercato di spiegartelo nel miglior modo possibile. Spero tu possa perdonarmi per tutto questo tempo di sole bugie. Con affetto, il tuo papà."
Queste furono le sue ultime parole prima di morire, parole di ultime righe appartenenti ad una lunga lettera, parole scritte a penna su un foglio di carta piegato e ripiegato milioni di volte, ingiallito e leggermente strappato dal tempo. Andrew aveva riletto le parole di suo padre tante volte, eppure non riusciva a capire. Perchè mentire? Perchè tenere tutto nascosto? Perchè tutto questo tempo? Aveva 19 anni, era abbastanza adulto da capire certe cose. Cosa ci avrebbe guadagnato? O meglio ancora, per quale motivo?
Se anche provava a trovare una risposta a queste sue tante domande, capiva che ormai era tardi. Suo padre gli aveva lasciato solo una semplice, lunga e stupida lettera per spiegargli tutto. Non bastava, non bastavano 300 semplici parole, non bastava un foglio, non bastava un po' di inchiostro di una penna per dirgli che lui aveva una sorella, si, una sorella e la cosa che rendeva tutto ancora più incredibile era il suo nome, era chi era... era Demi Lovato.



 
1.
"Buongiorno, cosa posso portarle?" chiese gentile la cameriera dell'ennesimo bar in cui entrava. Ormai passava la maggior parte delle giornate li dentro, in ogni bar che gli passava davanti. Erano almeno sette mesi che si trovava in viaggio, gironzolava per l'America senza avere una meta precisa, anzi forse si, doveva trovare sua sorella, doveva incontrarla, come diceva la lettera di suo padre. Già, la lettera di suo padre. Quel pezzetto di carta che si portava sempre dietro con tanta cura ed attenzione. Gli mancava tanto, gli mancavano le loro lunghe risate, le partite a football e quei momenti in cui un consiglio dalla propria figura paterna fa sempre bene. 
"Ragazzo?" la cameriera cercò di riattirare la sua attenzione muovendogli una mano davanti agli occhi, ci era riuscita.
"Si, mi scusi." le disse strofinandosi gli occhi "Può portarmi un caffè per favore?"
"Certo"
Quando la ragazza si allontanò, i suoi pensieri non ci misero molto a tornare. Aveva cosi tanti dubbi ed insicurezze e nessuno che potesse aiutarlo. "Voglio incontrare mia sorella" si disse tra se e se "Ma ho dimenticato che lei è Demi Lovato. Cosa conto di fare? Addormentare i suoi bodyguard e irrompere nel suo camerino gridando -IO SONO TUO FRATELLO- ?" Il suo ragionamento era giusto, dopotutto gli era stato detto che sua sorella era Demi Lovato ed era cosi incredibile che neanche lui riusciva a crederci, come poteva essere possibile? Aveva visto quella meravigliosa ragazza tante volte alla tv, l'aveva sentita cantare eppure non si sarebbe mai potuto immaginare una cosa del genere. E suo padre? Suo padre che vedeva la tv insieme a lui? Iniziò a pensare, quello doveva essere uno dei tanti momenti in cui gli mentiva, sicuramente. Si sentiva impotente, non avrebbe mai potuto incontrarla, figuriamoci dirle che lui era suo fratello. Con quale coraggio? E soprattutto, ci avrebbe creduto? Senza accorgersene stava iniziando a pensare come un fan, uno di quelli desiderosi di incontrare il proprio idolo, di abbracciarlo e di poterlo sentire per la prima volta vicino più che mai. 
"Ecco a lei il suo caffè" la cameriera era tornata interrompendo ancora una volta i suoi lunghi pensieri.
"La ringrazio" le rispose sforzando un piccolo sorriso.
"Di niente"
Si allontanò di nuovo, e stavolta Andrew era sicuro che non sarebbe tornata a meno che lui non desiderasse altro. Bevve il suo caffè, lasciò il denaro sul tavolo accanto alla tazza e uscì.
Non ebbe il tempo di coprirsi che un grande soffio di vento lo fece rabbrividire, scompigliandogli completamente la folta chioma bionda. Inserì una mano nella tasca destra del cappotto in cerca dei guanti ma sotto il suo tocco arrivò qualcos'altro. Afferrò l'oggetto e tirandolo fuori si rese conto che erano due foto. La prima raffigurava lui e suo padre: 
era una giornata d'estate di qualche anno prima della sua morte, erano andati a pescare insieme, Andrew desiderava tanto imparare a farlo. Si ricordò che era stato uno dei momenti più belli passati con lui, per tutto il giorno non fecero altro che schizzarsi e di pesci non ne acchiapparono neanche uno.
"Mi manchi pa'." sussurrò sottovoce sorridendo, quasi come se suo padre potesse sentirlo. Gli mancava davvero tanto. Rimise a posto la prima foto, ora toccava alla seconda. Alla sola vista del soggetto che essa presentava, il cuore iniziò a battergli. Era Demi, si era lei. Portava sempre con se quella foto ed ogni volta che si fermava a guardarla, il cuore iniziava a battergli. Era una reazione a cui non sapeva dare una spiegazione. Non sapeva dare una spiegazione neanche al fatto che portava quella foto con se. Il giorno in cui il padre gli aveva dato la notizia, per lui tutto era cambiato. Aveva un nuovo obiettivo, un nuovo compito, un nuovo sogno, un nuovo desiderio da raggiungere. Aveva bisogno di incontrarla, di conoscerla, aveva bisogno di lei e non perchè era scritto su quella lettera. Aveva bisogno di incontrare l'unica persona che ora aveva al mondo, l'unica che in qualche modo poteva appartenergli, l'unica che avrebbe potuto aiutarlo. 
Una lacrima cadde su quella semplice foto pensando a tutto ciò che stava succedendo. Gli succedeva troppo spesso ultimamente, si sentiva abbastanza solo ed erano mesi che la cercava, che cercava un modo per incontrarla.
"Basta" si disse tirando un sospiro. Si asciugò in fretta l'unica lacrima scesa sul suo viso e rimise a posto la foto. 
Prese, come sempre, il suo i-pod ed un paio di cuffie. Si aggiustò lo zaino sulla spalla ed iniziò a camminare per le lunghe vie che gli si incrociavano davanti.
Lightweight - Demi Lovato
I'm a lightweight 
Better be careful what you say 
With every word I'm blown away 
You're in control of my heart 
I'm a lightweight 
Easy to fall, easy to break 
With every move my whole world shakes 
Keep me from falling apart 

Ad ogni passo, una lacrima minacciava di uscire, aveva fatto un errore: quando era triste sapeva perfettamente che ascoltare musica non avrebbe fatto altro che peggiorare le cose, qualunque canzone avesse ascoltato, avrebbe sicuramente iniziato a piangere. Era una cosa che gli succedeva da quando aveva 8 anni. Quando era giù di morale evitava sempre di ascoltare musica, ma quel giorno, triste o no, ne aveva bisogno, se anche avrebbe iniziato a piangere come un bambino, doveva pensare, aveva bisogno di riflettere e solo la musica gli dava questa possibilità. 
"Demi Lovato più sexy che mai nel suo ultimo video musicale - Neon Lights-"
Mentre passava davanti ad un giornalaio, una rivista catturò completamente la sua attenzione. Era Demi. C'erano alcune foto del suo ultimo video "Neon Lights" che la ritraevano in acqua.
Andrew aveva visto quel video molte volte. Lo trovava davvero meraviglioso, sensuale ma non troppo. Demi aveva saputo essere sexy senza esagerare come forse altri avrebbero fatto o pensato e questa era una cosa di lei che a lui piaceva. Entrò nel piccolo negozietto, voleva comprare il giornale per avere qualche altra informazione. 
Entrò ma dietro la cassa non c'era nessuno, si sentivano solo delle voci in sottofondo provenire da lontano, forse da un ripostiglio o altro. 
"John è malato? Maledizione, come è possibile? Ieri ci eravamo messi d'accordo per l'intervista!"
Dopo qualche minuto d'attesa, sentì la voce quasi squillante di un uomo, sembrava arrabbiato e forse stava parlando al cellulare.
"Ho capito ma questa è un'occasione che non ci capiterà mai più nella vita! Ti rendi conto cosa significa intervistare Demi Lovato in persona?"
Il solo sentire di quel nome lo fece drizzare, dovevano intervistarla davvero?
"D'accordo, d'accordo. Proverò a trovare qualcun'altro al suo posto, almeno spero! Ciao!"
Un attimo dopo che l'uomo ebbe chiuso la telefonata, Andrew lo vide sbucare da una piccola tenda nera.
"Salve, mi scusi tanto per l'attesa. Cosa desidera?"
Il ragazzo era entrato con l'intenzione di comprare un semplice giornale, ma la telefonata che pochi istanti prima aveva udito, lo aveva portato a tutt'altro. All'improvviso una splendida idea gli venne in mente.
"Tutto bene?" chiese l'uomo non avendo avuto nessuna risposta.
"Si si." disse tossendo "Mi scusi, so che sono un maleducato di prima categoria in questo preciso istante, ma non ho potuto fare a meno di ascoltare la sua telefonata."
"Non si preoccupi, dopotutto stavo urlando, era inevitabile non sentire"
"So che non sono affari miei ma lei davvero deve intervistare Demi Lovato?"
"Dovevo ragazzo, dovevo. La persona a cui avevo dato quest'incarico si è ammalata e tutti gli sforzi che ho fatto fino ad ora sono andati letteralmente a farsi benedire." gli rispose l'uomo con una punta di amarezza.
"No, perchè mai deve rinunciare ad una cosa cosi importante?"
"Non ho nessuno a cui poter affidare questo lavoro, e soprattutto lui era il migliore nel campo."
Andrew ricordò di aver partecipato al giornalino della scuola per qualche anno, gli era stato affidato il ruolo di direttore e beh riuscì perfettamente nell'attività. I suoi sforzi e soprattutto tutti gli insegnamenti della sua professoressa, sarebbero pure serviti a qualcosa.
"Guardi, non sono un giornalista, ho poca esperienza ma credo di avere tutte le basi per poter fare un'intervista come si deve."



Spazio Autrice:
Se state leggendo questo "Spazio autrice" siete arrivati alla fine del capitolo! Quindi significa che lo avete letto tutto! No ok, la smetto. Grazie infinite per essere arrivati fino a qui. Questa è la mia 2° FF su Demi (l'altra è "Now i am a warrior thank to you" nel caso qualcuno avesse voglia di leggerla) Insomma, questa idea mi è venuta così, all'improvviso, ed ho iniziato a fantasticarci su, lo so, sogno troppo ahaha. Fremevo dalla voglia di farla leggere a qualcuno per avere dei pareri, dei consigli e forse anche delle critiche (siate buoni, per favore *faccina dolce*) No vabbè, sto scherzando. Spero tanto che vi incuriosisca e che l'inizio vi piaccia perchè personalmente l'idea di continuare mi farebbe strafelice. Fatemi sapere, davvero, per me è molto importante. 
Baci.
TeenAngelita_92

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Capitolo 2
*** I can do it. ***


Like a brother.
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2.
"Ragazzo, dici sul serio?" l'espressione sul volto dell'uomo era indecifrabile.
"Si, ho lavorato al giornalino della scuola per qualche anno ed in più ci insegnavano come fare una buona intervista. Posso fare una prova per farle vedere ciò che so fare. Per me sarebbe molto importante."
"Oh, sarebbe grandioso! Mi salveresti la vita nel vero senso della parola!"
"Quando posso iniziare la prova?"
"Per me anche da subito. Ti do un argomento e tu mi fai un breve testo da mettere sul giornale."
"Benissimo! Allora mi metto al lavoro."
Andrew aveva pensato ad ogni più piccolo particolare, sentiva che quella era l'occasione che da tempo stava aspettando. L'avrebbe intervistata, l'avrebbe vista, avrebbe potuto conoscerla e... tutto gli sembrava cosi incredibile. Per un momento la speranza di riuscire nel suo intento lo aveva rimesso al mondo, finalmente un po' di felicità si faceva spazio tra quel vuoto freddo che aveva dentro di se.
Come stabilito, l'uomo gli diede una macchina da scrivere, una scrivania, una bottiglia d'acqua ed un argomento di cui parlare. 
"C'e qualcosa in particolare di cui ti piacerebbe parlare o faccio io?" gli chiese gentilmente l'uomo.
"Se per lei va bene, vorrei stupirla."
"Una sorta di sorpresa?"
"Si"
"Bene, sono nelle tue mani, dimostrami che meriti il posto che vuoi e sarà tuo. A dopo" gli disse infine allontanandosi. 
Pensò che un possibile argomento di cui parlare era il rapporto tra fratelli e sorelle. Dopotutto doveva essere un argomento, non una news o una fatto accaduto, era un po' come quando era a scuola. Bevve un sorso d'acqua e dalla sua tasca prese la foto su cui prima una lacrima gli era caduta, la foto di sua sorella. La poggiò sulla bottiglietta d'acqua e guardandola iniziò a scrivere.


- Quanto può essere importante il rapporto tra fratelli e sorelle? Quanto a volte può sembrarci semplice e senza molto valore? Quanti di noi non hanno mai desiderato di strangolare per scherzo la propria sorella o il proprio fratello? Già, e magari perchè ci facevano arrabbiare, perchè ci prendevano i giocattoli o ancora perchè ci facevano sgridare dalla mamma? Sono cose sempre accadute queste. Eppure ci accorgiamo di volergli bene solo quando ci litighiamo e sentiamo di non poter smettere di parlargli, di riderci insieme, quando sentiamo che sono parte di noi e che senza di loro non sarebbe lo stesso. Solo allora ci accorgiamo del loro vero valore, ma prima? 
Ci sono persone che avrebbero tanto voluto avere un fratello o una sorella, avere una persona in più di cui fidarsi, una spalla forte dove appoggiarsi nei momenti difficili, ma non solo. Avrebbero tanto voluto avere qualcuno con cui litigare per i giocattoli rotti da piccoli, qualcuno che li facesse impazzire, ma per vari motivi ciò non è stato possibile. Non sottovalutate la loro importanza o il loro valore, perchè credetemi, quando loro non ci saranno più, quando ormai non litigherete più per i giocattoli, quando non riderete più come un tempo, tutto questo vi mancherà, tanti ricordi vi passeranno per la testa e l'unica cosa che desidererete sarà ritornare bambini, poter avere la possibilità di dire "Ti voglio bene" prima che tutto finisca. Godetevi ogni attimo con i vostri fratelli o le vostre sorelle, anzi, con tutti i vostri cari. Siate liberi di dire "Ti voglio tanto bene" prima che sia troppo tardi, non ve ne pentirete. .. - 


Dopo quasi un'ora aveva finito. Se anche l'articolo era abbastanza piccolo, serviva solo per mostrare le sue capacità, per avere una conferma che lui sarebbe potuto essere il giornalista che avrebbe intervistato Demi Lovato. 
"Finito?" chiese l'uomo entrando.
"Fatto." rispose il ragazzo affrettandosi a rimettere a posto la foto.
"Uhm, vediamo"
Afferrò il foglietto dalla macchina da scrivere ed iniziò a leggerlo. "Rapporto tra fratelli e sorelle, interessante" disse leggendo il titolo. 
"E' stato un argomento che tempo fa io e la mia classe abbiamo trattato nel giornalino scolastico, ho pensato che forse sarebbe stato interessante, se anche piccolo. Non avevo molto tempo questa volta."
Andrew cercava di decifrare la sua espressione, i suoi pensieri, ma niente, lui era impassibile. Inutile dire che la speranza che il ragazzo ci aveva messo, tutto ad un tratto era sparita, forse non sarebbe stato all'altezza di quel compito, dopotutto non era un giornalista, aveva solo guidato per qualche anno il giornalino scolastico della scuola. 
L'uomo finì di leggere, posò il foglio sul tavolo poco distante da lui e lo guardò.
"Ragazzo, per essere un principiante sei abbastanza bravo! Mi è piaciuto molto il discorso sul passato e sulle cose importanti di questo rapporto. Le basi le hai ma per un intervista vera e propria sai anche tu che bisogna essere veloci nello scrivere, veloci nel captare ogni parola del soggetto e soprattutto bravi a fare le domande giuste al momento giusto senza sembrare invadente." 
Quelle sue parole l'avevano quasi abbattuto, lui sapeva cosa significava "fare un'intervista" ma forse non era all'altezza di farne una. 
"Ed io penso che tu possa farcela!"
Oh dai. Per un momento si era arreso ma quando si sentì dire: "tu puoi farcela" il cuore riprese a battergli.
"Lo pensa davvero?" chiese incredulo lui.
"Certo, forse non sarà la migliore intervista mai fatta ma intanto non avremo buttato al vento un'occasione come questa."
"Dio, grazie davvero."
"Dimmi una cosa, se tu non hai studiato per diventare giornalista, perchè ti interessa tanto questo lavoro?"
Bella domanda, pensò tra se e se. Era vero, lui non aveva studiato per diventare giornalista, quella era un'attività in più che faceva. Ma lui doveva incontrare sua sorella, doveva trovare un modo e quella era l'unica scelta che aveva. 
"Perchè... beh sto cercando di guadagnarmi qualcosa con dei piccoli lavoretti, mi servono soldi quindi di qualunque cosa si tratti, cerco sempre di impegnarmi." gli rispose, fu l'unica cosa che gli venne in mente.
"Sei cosi giovane, non hai fratelli o sorelle? Ed i tuoi genitori?"
Ecco la raffica di domande, dopotutto se l'aspettava, era ovvio.
"I miei genitori sono morti e... non ho ne fratelli ne sorelle" stranamente sentiva dentro di se che quella era davvero una bugia. 
"Quindi sei qui da solo?"
"Si."
"E dove vivi?"
"Sono in viaggio, passo da albergo in albergo, tutto quì"
"Vai alla ricerca di avventure quindi?"
"Si, una specie."
L'uomo lo guardò sorridendo. "Bene ehm..." gli disse facendogli intendere che voleva sapere il suo nome.
"Andrew" rispose il ragazzo.
"Bene Andrew" gli strinse la mano "Io sono Mattew e da oggi sono il tuo datore di lavoro. L'intervista è fissata per martedì"
Maledizione, aveva solo 2 giorni per organizzarsi, pensò tra se e se. 
"Abbiamo ancora 2 giorni, cercheremo di migliorare le tue capacità, ti darò indicazioni e consigli e sono sicuro che apprenderai subito tutto, sembri un tipo sveglio."
"La ringrazio."
"No, non darmi del lei, dammi del tu."
"D'accordo ehm... Mattew"
"Oh ecco, cosi va meglio. Beh sarai stanco, ti consiglio di andare a riposarti, domani sarà una giornata lunga e mi raccomando, ti aspetto qui per le 7 in punto."
"Sarò puntuale, non si preoccupi"
"Bene allora a domani." lo salutò l'uomo stringendogli la mano.
"A domani."
Quella sera non tornò in albergo, era sicuro che non sarebbe riuscito a dormire. Era troppo felice ed eccitato, finalmente poteva incontrare la persona che da tempo cercava, come sarebbe riuscito a chiudere gli occhi senza iniziare ad immaginarsi l'incontro con lei? 
Si fermò su una panchina di un parco poco lontano dal negozietto da cui era uscito pochi istanti prima. Era sera e notò che di gente ce ne era poca. Si fermò a guardare la luna e la sua luce che rifletteva nel cielo scuro. Sembrava davvero tutto un sogno, sembrava come in un film, dopotutto li tutto finisce bene e per qualche strano motivo, anche lui aveva iniziato a sperare, si sentiva completo, si sentiva per la prima volta carico, forte. 
In case - Demi Lovato
In case you don't find what you're looking for 
In case you're missing what you had before 
In case you change your mind, I'll be waiting here 
In case... 
You just want to come home 

 
Restò tutta la notte lì, senza accorgersene si era addormentato su quella panchina del parco che la sera prima gli aveva permesso di pensare, di riordinare un po' le idee. Quando svegliandosi si accorse che erano già le 6:10, pensò che aveva solo il tempo di tornare in albergo per cambiarsi e non poteva permettersi di arrivare in ritardo, almeno non il primo giorno. L'impatto del primo giorno di lavoro è sempre un po' spiazzante, insomma, si tratta di un nuovo lavoro, nuove conoscenze, nuovo tutto, ma Andrew non avrebbe mai minimamente immaginato che sarebbe stato cosi duro. Appena arrivato, iniziò subito e senza un attimo di respiro continuò per tutto il giorno. Era un continuo scambiarsi di fotocopie e vecchie interviste fatte a personaggi famosi del tempo ma soprattutto moderni.
"Leggi queste, ti saranno da esempio, una specie di schema da seguire, almeno sarai più sicuro una volta li" continuava a ripetergli Mattew, e cosi fece. Continuò a leggere interviste su interviste per tutto il giorno ed inoltre provò a farne una. 
"Avanti, vediamo che progressi hai fatto. Prova ad intervistarmi" gli disse lui.
Inutile dire che a fine giornata era stanco, quasi distrutto ma sentiva che ne era valsa davvero la pena, sentiva che tutti i suoi sforzi alla fine avrebbero avuto una ricompensa ben più grande e non si trattava del suo stipendio. 
"Ragazzo, fatti dire che oggi ha fatto tanto, ti sei impegnato davvero ed inizio a pensare che la cosa ti piaccia. Non hai mai pensato di diventare giornalista?"
"Beh fino ad ora non è mai stato uno dei miei obiettivi, o almeno non si è mai avvicinato a ciò che desidero fare nella vita, ma non si può mai sapere, posso sempre cambiare idea." gli rispose il ragazzo sorridendo. 
"Cosi mi piaci, penso proprio che presto cambierai idea!" rise l'uomo a sua volta.
Quei due giorni pieni di impegno, fatica e dedizione sembravano essere volati, si il tempo era davvero voltato per Andrew. Il giorno seguente era stato ancora più duro di quello prima, ma lui cercava sempre di non pensarci. 
"Dai, anche per oggi può bastare" gli disse Mattew portandogli una tazza di caffè, si era fatta ormai sera. "Anche oggi ti sei impegnato e sei stato grande, credimi"
"La ringra... cioè ti ringrazio." gli rispose sorridendo.
"Posso farti una domanda?"
"Certamente"
"Davvero sei qui solo in cerca di avventure? Voglio dire sembri un tipo ragionevole, responsabile e con i piedi per terra, perchè spostarsi in una città senza un lavoro e senza neanche un posto fisso dove vivere?"
Quella domanda risuonò nella mente di Andrew ripetute volte, quasi infinite. Si, sapeva la risposta, poteva dirgli che stava cercando sua sorella e niente sarebbe sembrato strano, ma non riusciva a mentire a se stesso, non riusciva a non pensare "Cavolo mia sorella... mia sorella è Demi Lovato!"
"Beh... sono in cerca di una persona, tutto quì." il suo tono di voce indusse l'uomo ad interrompere la solita raffica di domande che avrebbe voluto tanto fargli.
"Scusa se sono stato indiscreto ma mi sembrava cosi strano, non volevo..."
"No, non preoccuparti, è normale essere curiosi, a volte me lo chiedo anche io perchè sono qui."
"Beh comunque ancora complimenti, hai fatto un buon lavoro e sono certo che domani andrai alla grande!" disse lui per sviare la situazione di imbarazzo che si era creata. 
"Wow, è già domani? Cavolo è passato cosi velocemente il tempo"
"Già. Ah un altra cosa, tu non sei un fan di Demi, vero?"
"Beh mi piace la sua musica ma non sono un fan vero e proprio, perchè?"
"Perchè non vorrei che dalla felicità o dall'agitazione andasse tutto a monte."
"Ah..."
Quella semplice frase bastò per distruggere completamente quello stato di calma interiore che fino ad allora Andrew aveva cercato di mantenere. Sarebbe stato comunque agitato, il corpo avrebbe comunque iniziato a tremare e non perchè lui fosse un suo fan. Avrebbe forse iniziato a balbettare ma perchè una volta li, sicuramente tutti i ricordi gli sarebbero venuti in mente: la lettera di suo padre, la foto in tasca, quei sette mesi passati a cercarla, tutto. 
Quel "tutto" che il più delle volte comprende una marea di cose, quel "tutto" di cui Andrew aveva paura. Bastò poco per far si che l'ansia e l'agitazione venissero a fargli compagnia proprio quella sera, mentre il tempo scorreva e l'indomani di avvicinava. 

Spazio Autrice:
Salveee (?) Scusate se ci ho messo tanto a pubblicare il secondo capitolo ma ho avuto un po' di problemi. Sono felice che il primo sia arrivato almeno a 2 recensioni, spero con tutto il cuore che anche questo vi piaccia e che arrivi ad almeno 2 o 3 recensioni (Il bello sta per arrivare, sento che il prossimo capitolo sarà il mio preferito, me lo sento) Beh come avete potuto capire, Andrew la incontrerà e? E lo scoprirete. Ah ne approfitto per augurarvi buone, anzi buonissime feste. Buona lettura.
Baci.
TeenAngelita_92 

 


 

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Capitolo 3
*** I'm looking for my sister. ***


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3.
Tornò all'albergo. Faceva abbastanza freddo, il vento era forte e l'aria sapeva tanto di pioggia. Notò che c'erano davvero poche macchine che di tanto in tanto passavano facendolo sobbalzare, pensò che magari fossero padri di famiglia che ritornavano tardi da lavoro. 
Arrivò, lanciò da qualche parte il piccolo zainetto che portava sempre con se e dal piccolo comodino accanto al letto, prese la foto di Demi. La strinse tra le mani e si sedette al bordo del letto.
"Ti vedrò" si disse sottovoce, ancora non poteva crederci "Manca cosi poco e potrò vederti, come faccio a dormire?"
Sentiva che doveva dirlo a qualcuno, doveva liberare la sua felicità e allo stesso tempo agitazione, doveva riorganizzare le troppe emozioni che gli stavano rimbombando dentro.
"Ah Dio, è solo domani capisci? Come farò a guardarti negli occhi senza pensare e aver voglia di dirti tutto? Come farò a rimanere in piedi davanti a te e..." si fermò strofinandosi il viso "Come faccio?"
Gli risultava davvero difficile calmarsi, ma soprattutto dormire, sapeva che doveva farlo perchè già la notte prima non ci era riuscito, non poteva arrivare li e magari rischiare di essere stanco e rovinare tutto. Provò a bere un bicchiere d'acqua, tirò fuori dalla tasca il suo i-pod ed un paio di cuffie. Bastò un semplice "Play" e tutti i sogni, come le scene migliori di un film di cui lui si sentiva protagonista, iniziarono a passargli davanti agli occhi. Era strano ma ogni canzone che ascoltava, aveva comunque un nesso con tutto ciò.
Until you're mine - Demi Lovato
Until you're mine 
I have to find 
a way to fill this hole inside 
I've got to fight 
without you here by my side 
until you're mine 
not gonna be 
even close to complete 
I won't rest until 
you're mine, mine 
Si svegliò la mattina dopo, erano le 7:00 e l'intervista era prevista per le 8:00. Aveva solo un ora per mettersi seduto ed iniziare a calmarsi. Per tutta la notte non aveva fatto altro che girarsi e rigirarsi, era un continuo volo di cuscini da destra a sinistra. Era riuscito a chiudere occhio solo per 2 o 3 ore, ma non bastavano. 
Si alzò di scatto appena la sveglia suonò, non ne ebbe molto bisogno in realtà. Si fiondò in bagno per sciacquarsi il viso. "Avanti Andrew, è solo il tuo desiderio più grande! Perchè agitarsi?" provò a dirsi. Si affrettò a fare le solite azioni quotidiane che ormai faceva ogni mattina. Era un continuo correre per tutto l'appartamento, tenendo anche conto che era piccolo. Finì di vestirsi, ci aveva messo un'ora solo per scegliere gli abiti. Cercò di aggiustarsi la chioma bionda che aveva ma dopotutto non era mai riuscito a domare i suoi capelli, di certo non ci sarebbe riuscito quel giorno. Si affrettò a prendere tutto l'occorrente che Mattew gli aveva dato la sera prima: un blocchetto, una penna e tante tante fotocopie di cui una raffigurava le domande da fare alla cantante. Una volta finito, lasciò l'appartamento cercando ancora invano di infilarsi il cappotto con tutte le tante cose che aveva in mano, aveva paura di arrivare in ritardo. Si fermò su una panchina per riordinare tutto, ci mise cinque minuti. Appena finito, si aggiustò il solito zainetto sulle spalle e si diresse al negozio.
"Oh finalmente, pensavo non saresti più arrivato" quasi gli urlò Mattew vedendolo entrare, era al settimo cielo.
"Scusa, ho avuto un po' di problemi tecnici"
"Oggi è il grande giorno e mancano solo 15 minuti esatti"
"15 minuti? Mi prendi in giro? Solo 15 minuti?" gli chiese incredulo il ragazzo mentre il cuore aveva già preso a battere ad una velocità più che anormale. "E dove si terrà l'intervista?"
"In un albergo poco lontano da cui, dove lei alloggia da qualche giorno. Ringrazia il cielo che ci abbiano permesso almeno questo."
"Mattew io..." provò a dire il ragazzo, era sicuro che non ce l'avrebbe fatta, quasi certo.
"Hey, che succede? Vuoi tirarti indietro?"
"No, è che io non sono un giornalista! Non voglio farti perdere un'occasione come questa!" 
"Andrew ascoltami" disse stringendogli le spalle "In questi due giorni sei stato grande! Se non fossi stato all'altezza te lo avrei detto senza farti fare figure. Se siamo arrivati a questo grande giorno significa che io voglio che ci vada tu perchè credo in te!" 
"Ma se non ricorderò più niente? Ah, me lo sento"
"Sei tu che ti stai condizionando, vedrai, riuscirai a ricordare tutto!"
"Spero tu abbia ragione!"
"Bene ora andiamo, ti accompagno io"
"Vuoi dire che entrerai con me?" sul viso del ragazzo, un piccolo sollievo si iniziò ad intravedere.
"Ma no! Ti accompagnerò all'albergo, da li farai tutto da solo."
"Eh allora non farmi illudere cosi!"
L'uomo scoppiò a ridere. Si affrettarono ad entrare in macchina e si avviarono verso l'albergo. Durante tutto il tragitto Andrew non fece altro che ripetersi di stare calmo, cercava di guardare fuori dal finestrino per pensare ad altro ma ogni cosa lo riportava a lei, a Demi.
Ci misero 15 minuti esatti, arrivarono proprio per le 8:00.
"Andrew, siamo arrivati" lo avvisò Mattew, anche lui aveva iniziato a tremare. "Dio mi stai facendo sudare! Smettila di agitarti."
"Credo sia difficile che io ci riesca."
"Ma non avevi detto di non essere un fan di Demi? Perchè allora ti comporti in questo modo?" Già, aveva ragione, ma che avrebbe dovuto dirgli? Che stava per incontrare sua sorella?
"No, è che è la mia prima volta e non voglio fare figure di... brutte figure con una cantante come Demi Lovato!"
"Oh smettila! Mi stai mettendo agitazione! Avanti va, io ti aspetto in macchina. All'entrata ci saranno dei bodyguard che ti chiederanno chi sei, metti questa" gli disse porgendogli una tessera di riconoscimento "Capiranno che sei un giornalista"
"Grazie Mattew"
"Grazie a te ragazzo." gli disse sorridendo "Ora va e ripaga tutta la fatica che hai fatto questi due giorni."
Il ragazzo uscì dall'auto e si diresse all'entrata, sentiva che le gambe stavano per cedergli.
"S-salve" disse ritrovandosi davanti due uomini robusti, vestiti di nero e con degli auricolari all'orecchio.
"Giornalista, giusto?" gli chiese uno di loro sorridendogli leggermente.
"S-si"" gli rispose facendogli vedere la tessera che pochi istanti prima gli aveva dato Mattew.
"Tranquillo, entra. Aspetta nell'atrio."
Quelle poche semplici parole messe insieme gli fecero tirare un sospiro di sollievo, almeno la prima fase era riuscita. Entrò e si ritrovò in un immenso atrio, non si immaginava di certo che fosse grande in quella maniera, dopotutto non era mai stato in un albergo cosi costoso e bello. Lentamente si avvicinò ad una delle tante poltrone a disposizione, aveva quasi paura di sedersi ma alla fine dovette farlo per forza, sentiva che le gambe stavano per mollare.
Erano le 8 e 10 minuti esatti, si disse guardando l'orologio. L'attesa era snervante, insopportabile, mancava davvero cosi poco e l'avrebbe vista. Aveva paura che all'ultimo momento qualcosa avrebbe rovinato tutto. Si posizionò meglio sulla poltrona e tirò fuori dallo zaino le tante fotocopie che la sera prima gli aveva dato Mattew. Sembrava quasi come un alunno che ripassa prima di un compito in classe. 
Non ebbe il tempo di richiudere lo zaino che sentì dei passi, erano tacchi, ne era sicuro. Ogni passo andava a ritmo con il suo cuore, il respiro improvvisamente gli mancò. Alzò lentamente la testa per dare un volto, un'identità a quel rumore che in un certo senso fece da interruttore al suo cuore. 
"Demi" si disse appena i suoi occhi si posarono sulla meravigliosa ragazza che gli apparve davanti. Era li davanti a lui che gli sorrideva. I suoi meravigliosi capelli blu e leggermente più chiari verso il bianco arrivando alle punte, il suo meraviglioso sorriso ed i suoi occhi, doveva essere per forza un sogno, pensò lui, non poteva essere la realtà. Il ragazzo si alzò di scatto appena la vide avvicinarsi.
"Ciao, tu sei?" gli chiese porgendogli una mano.
"A-Andrew" riuscì solo a balbettare e la sua mano intrecciò quella della ragazza. Un brivido gli attraversò tutta la schiena. "Che ti succede Andrew? E' tua sorella!" si disse. 
"Piacere"
"P-piacere mio"
Si sedettero entrambi, l'uno di fronte all'altro, sulle uniche due poltrone più vicine. Si era incantato a guardare il suo volto e la cosa stava diventando imbarazzante, forse troppo. "Smettila o se ne accorgerà!" si gridò dentro di se.
"Bene" tossì lei "Sono a tua completa disposizione" gli disse sorridendogli.
"Oh, si certo" si affrettò a tirar fuori il blocchetto e la penna, pensò che forse avrebbe dovuto prepararsi meglio prima. "Bene" tossì "Ho qui con me una piccola lista di... di domande che vorrei farti"
"Posso fartene prima una io?" gli chiese la ragazza con sua enorme sorpresa. 
"C-come?" gli chiese Andrew incredulo.
"Vorrei fartene una io." gli ripetè lei.
"Oh, beh certamente"
"Sei un mio fan o è la tua prima intervista? Te lo chiedo perchè noto che il tuo viso è completamente rosso e la penna ti sta tremando tra le mani." 
Il ragazzo non si era minimamente accorto della sua imbarazzante reazione.
"Oh, ehm..." riuscì solo a borbottare. Demi scoppiò in una meravigliosa risata ed anche lui, era cosi buffo. "Perdonami, è la mia prima intervista e..." gli rispose ridendo.
"Tranquillo, non volevo metterti in imbarazzo, era solo una curiosità. Fa come se io fossi una tua amica, non mordo." lo rassicurò sorridendogli. Il suo sorriso era qualcosa di stupendo e Andrew si stupì dell'effetto che aveva su di lui. Stranamente si sentiva più rilassato, ed anche la conversazione risultava più fluida. Iniziò subito con la prima domanda della lista. Ognuna di loro risultava avere un tempo massimo di 20 minuti circa. Non era solo un intervista, sembrava una vera e propria conversazione tra conoscenti. Inoltre Demi fece il possibile per parlare lentamente, comprendeva che era la sua prima intervista e cercò di dargli tutto il tempo di scrivere ogni cosa. Di tanto in tanto si sentivano meravigliose risate da parte di entrambi, Andrew si era davvero rilassato e dopotutto, notò con piacere che era bello parlare con lei. Riuscì a conoscerla meglio ma non solo come persona, riuscì anche a captare ogni suo comportamento, ogni suo gesto. Quelle poche volte che forse gli aveva fatto una domanda un po' invadente, notava che si toccava i capelli guardando altrove, era un gesto che stranamente lo mandava in paradiso e non ne capiva neanche il perchè. 
Arrivò finalmente all'ultima, quella che lui tanto aspettava. Non era una domanda che Mattew aveva incluso nella lista, ma ormai era in gioco, era andato tutto bene e doveva approfittare della situazione. 
"Bene, questa è l'ultima domanda. Ammetto che non era inclusa nella lista, è una mia domanda personale. Ovviamente puoi rispondere o no, non è obbligatorio." le disse sorridendole leggermente.
"Dimmi pure."
"Se un giorno qualunque si presentasse davanti a te un ragazzo, un ragazzo qualunque, normale, e ti dicesse di essere legato a te da un legame di parentela, di essere tuo fratello, cosa faresti?" Successe ancora una volta. Si passò nervosamente una mano tra i capelli guardando altrove.
"Beh di certo cercherei di indagare. Insomma, chiunque può presentarsi davanti a te e dirti che è tuo fratello o tua sorella o altro. Indagherei e se risultasse vero... beh mi chiederei il perchè. Perchè tenermelo nascosto? Perchè per tutto questo tempo? Semplicemente perchè. Non ti sembra?" gli rispose come se davvero gli fosse successo, si era forse immedesimata nella situazione.
Andrew la guardò per qualche istante. Già, anche lui si chiedeva il perchè, anche lui si chiedeva il perchè di cosi tanto tempo, il perchè di tutto. 
"Già, hai ragione. T-ti ringrazio" gli disse abbassando leggermente lo sguardo "Ti ringrazio per aver risposto a tutte le mie domande e soprattutto per essere stata cosi paziente."
"Non devi ringraziarmi, è stato un piacere."
Il ragazzo si affrettò a rimettere a posto le sue cose ma inserendo una mano nella giacca del cappotto, per sbaglio fece cadere una delle due foto che portava sempre con se. Implorò Dio che non fosse quella di Demi ma quella con suo padre.
"Oh, ecco" disse la ragazza chinandosi per prenderla. Senza volere la vide e gli sembrò davvero bella e dolce. "E' un tuo familiare?" gli chiese.
"Oh, si è mio padre" gli rispose tirando un sospiro di sollievo.
"Vivi con lui? Voglio dire siete di qui?"
"In realtà è morto, qui vivo da solo, sono solo di passaggio." le rispose tutto d'un fiato.
"Oh, mi dispiace. Sembri molto giovane, non hai nessun altro? Madre, sorella o fratello?"
Al solo sentire della parola "sorella", Andrew si irrigidì. 
"N-no, non ho nessuno. Beh come dicono gli altri sono in cerca di avventure."
"Per essere arrivato fin qui da solo, dovrebbe esserci un motivo ben più grande che la ricerca di avventure. Mi sbaglio?" gli disse ridandogli la foto.
"No, non ti sbagli. In realtà sono cui perchè sto cercando una persona."
"Posso chiederti di chi si tratta?"
"Di... m-mia sorella."


Spazio Autrice:
Salvee (?) Devo ringraziarvi infinitamente, 3 stupende recensioni! Ho cercato di fare il prima possibile e spero con tutto il cuore che questo capitolo vi piaccia, fatemi sapere, ci tengo molto. Buona lettura.
Un bacio grande.
TeenAngelita_92


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Capitolo 4
*** She wants to help me. ***


Like a brother.
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4
Dopo quelle sue semplici parole, entrambi rimasero in silenzio. Lo sguardo di Andrew, stranamente, non si era spostato neanche di un centimetro da quello di Demi. 
"Tua sorella?" gli chiese quasi stupita la ragazza.
"Si" rispose lui semplicemente.
"E... lei non è con te?"
"No."
"Ma sa che esisti? Insomma, voglio dire, sa che ha un fratello?"
Il ragazzo la guardò ancora. Per uno strano motivo, i suoi occhi erano diventati lucidi perchè coperti da un sottile strato di lacrime. Che gli stava succedendo all'improvviso?
"N-no" riuscì solo a balbettare e nonostante il grande ed improvviso peso sul petto, non smise di guardarla. Demi se ne accorse. Pensò subito di essere stata forse troppo invadente.
"Forse dovrei smetterla. Il giornalista sei tu, non io" interruppe lei cercando di riaggiustare l'atmosfera che si era creata. Gli sorrise e lui rialzò lo sguardo asciugandosi velocemente gli occhi, se anche ancora nessuna lacrima aveva rigato il suo viso in quel momento, sentiva che doveva impedirlo.
"Ma no, tranquilla." le rispose sorridendo a sua volta.
"Beh in ogni caso, mi piacerebbe aiutarti. Conosco qualcuno che potrebbe aiutarti a trovarla."
Il ragazzo restò immobile mentre i suoi occhi si spalancarono.
"Dimmi il suo nome, proverò a cercare informazioni che possano esserti utili."
Dio, cosa avrebbe dovuto dirle ora? Non poteva di certo dirle la verità, doveva inventarsi qualcosa, un nome, qualcuno... doveva inventarsi una scusa al più presto.
"Ehm..." bisbigliò, Demi si accorse subito di averlo messo in difficoltà.
"Qualcosa non va?" chiese gentile.
"N-no, è che io... Voglio dire, non devi assolutamente disturbarti per me. La cercherò da solo, come ho fatto fino ad ora. Non devi preoccuparti."
"Non mi crea nessun disturbo aiutarti. Mi immagino solo come possa essere vivere da solo in cerca di qualcuno che neanche sa della tua esistenza."
Già, com'era vivere da solo in cerca di qualcuno che non sa neanche della tua esistenza? Improvvisamente Andrew iniziò a chiederselo. Com'era trovarsi davanti a l'unica persona che può aiutarti e non poterle dire la verità? Essere ad un passo da tutto ciò di cui hai bisogno e non poter fare niente? Com'era?
"Dimmi il suo nome." gli ripetè sorridendogli.
"Ahm... Allison, Allison Scott" disse pronunciando il primo nome che gli venne in mente.
"Ecco" disse finendo di scriverlo su un fogliettino qualunque. "Ah, in che modo posso contattarti nel caso avessi notizie?" chiese.
"T-ti scrivo il mio numero." le disse prendendo il fogliettino che lei aveva usato pochi secondi prima. Inevitabilmente le loro mani si toccarono ed Andrew rabbrividì. Per istinto non si staccò ma anzi gliela strinse dolcemente, era incredibilmente stupito di se stesso, cosa stava facendo?
La guardò per qualche secondo, anche lei rimase stupida di quel semplice gesto, forse troppo strano.
"Sc-scusa" le disse staccandosi bruscamente.
"N-no, niente." gli rispose, cercando di calmare il suo imbarazzo. Ancora una volta si passò le mani tra i capelli guardando altrove. 
"Ecco." le porse il fogliettino e stavolta cercò di evitare ogni contatto con la sua pelle. "Ora credo sia meglio che vada. Ti ho rubato già fin troppo tempo e soprattutto fuori dall'intervista."
"E' stato un piacere per me. E' la prima volta che mi sento a mio agio in un intervista e per essere la tua prima intervista, devo ammettere che sai come trattare le persone." gli disse e lui arrossì leggermente.
"Lo pensi davvero?" chiese incredulo.
"Certo."
"Ringraziarti sarebbe troppo poco, soprattutto per l'aiuto che mi hai offerto a... c-cercare mia sorella." Dio, stava ancora pensando alla grossa balla che gli aveva appena detto, la stava prendendo in giro e non avrebbe mai voluto farlo!
"Non devi ringraziarmi. Quando ne ho la possibilità mi piace sempre poter aiutare le persone in qualche modo."
"Grazie ancora, è stato un piacere intervistarti." le disse alzandosi per andare.
"Il piacere è mio, di averti conosciuto. Cercherò di fare il possibile per aiutarti a trovare tua sorella."
"N-non... non devi per forza, non..." lei lo fermò non facendogli finire la frase.
"Ti chiamerò appena avrò notizie" gli porse la mano per salutarlo. A quel punto cosa avrebbe dovuto fare? Porgerle la sua e stringergliela? Rischiando magari un'altra di quelle meravigliose sensazioni che prima l'avevano invaso al solo tocco con la sua pelle. "Dio Andrew! E' tua sorella! Che ti passa per la testa?"
"Grazie infinite" le disse e si decise. Avvicinò la sua mano ed entrambi se la strinsero in una forte stretta. Inutile dire che a quel contatto, i brividi che pochi istanti prima avevano invaso il suo corpo erano ritornati, come sempre, senza alcun preavviso. Si allontanò cercando di camuffare le sue emozioni, forse troppo forti. Continuò a guardarla fin quando si voltò verso l'uscita, lasciandosi alle spalle il più meraviglioso momento della sua vita. 
Camminò fino all'auto di Mattew, la sua espressione era sognante, sembrava quasi uno stupido.
"Andrew, allora?" gli chiese l'uomo appena entrò. Era cosi ansioso di sapere come era andata.
"Q-questa è l'intervista" balbettò dandogli l'intero blocchetto. 
Mattew iniziò a leggere qualche frase di qua e di la cercando di capire se il risultato fosse positivo o negativo. 
"Dio! E' andata alla grande! Sei riuscito a scrivere davvero tutto?"
"C-credo di si" gli rispose ancora con gli occhi spalancati, fissi nel vuoto.
"Ragazzo sei stato fantastico! Perchè hai questa faccia? Era la tua prima intervista ed è andata alla grande!"
"I-io..." cercò di spiccicare qualche parola ma stava ancora tremando.
"Wow, quella ragazza è cosi bella da averti fatto questo effetto?"
Durante tutto il viaggio, Mattew non fece altro che fargli domande su domande, soprattutto a chiedergli il perchè di quella sua reazione. Ovviamente Andrew non gli raccontò di avergli dato il suo numero, della sua offerta d'aiuto e quant'altro, gli disse semplicemente che era una ragazza stupenda ed era naturale avere una reazione di quel genere. "Chiunque avrebbe avuto una reazione come la mia se l'avesse incontrata" si giustificò lui.
Ben presto arrivarono all'albergo, Mattew pensò che accompagnarlo fosse stata la cosa migliore, forse non era più capace neanche di camminare.
"Siamo arrivati" lo avvisò lui.
"Grazie davvero." disse uscendo dall'auto.
"Hey, aspetta" lo chiamò fermandolo. "Sei stato davvero bravo Andrew. Posso sperare di rivederti in negozio?" gli chiese. Era ovvio, dopo essere riuscito perfettamente nel compito che gli era stato affidato, di certo Mattew non avrebbe mai voluto perdere un elemento come lui, ma a lui questo non interessava molto, dopotutto voleva solo incontrare sua sorella e dopo tempo ci era riuscito.
"Mattew... non lo so, voglio pensarci. Se è davvero questo quello che voglio fare nella vita, voglio esserne sicuro" gli rispose, ne aveva tutto il diritto.
"Già, certo, hai ragione. Beh sappi che la porta sarà sempre aperta, ti aspetto ragazzo" gli disse e poco dopo se ne andò. 
Salvation - Gabrielle Aplin
My salvation, my, my
My salvation, my, my
You are the snowstorm, I’m purified
The darkest fairytale, in the dead of night
And let the band play out
As I’m making my way home again
....
I never meant to fall for you but I
Was buried underneath
And all that I could see was white
Quella notte non dormì. Troppi pensieri gli offuscavano la mente, era impossibile dormire. Ogni singolo pensiero comportava una domanda, e mano a mano iniziavano a farsi quasi infinite, ma di risposte? Niente, non poteva spiegarsi il perchè di niente. Soprattutto il perchè di quella sua reazione. Più volte la sua mano aveva sfiorato quella di Demi ed ogni volta dei brividi gli percorrevano tutta la schiena. No, non poteva essere una reazione adatta ad un "fratello". Beh certo, l'agitazione, la contentezza e quant'altro, ma lui provava ben altro. Ogni suo gesto lo mandava in paradiso, le mani tra i capelli, i suoi continui sorrisi, la sua risata, i suoi occhi... "Dio ma che ti prende, dannazione!" continuò a ripetersi dentro di se. Per non parlare poi del senso di colpa che sentiva ogni volta che ripensava alla grossa bugia che le aveva detto, ma dopotutto cosa avrebbe dovuto dirle? "No, stavo scherzando, non ho una sorella" oppure "No, non so il suo nome" o ancora "Sei tu mia sorella". No, era l'unica opzione che aveva ed ora doveva essere bravo a mantenere in piedi tutta quella scena, non era capace di dire bugie ma doveva sforzarsi. Non riusciva a non pensare alla gentilezza e alla dolcezza con la quale, senza pensarci due volte, aveva deciso di aiutarlo. Insomma, lui era un ragazzo qualunque, un semplice giornalista venuto per intervistarla, eppure sembrava tenerci cosi tanto ad aiutarlo.
Nei giorni a seguire continuò a pensarci, era un pensiero fisso, una specie di "Toc, toc, toc" continuo nella testa. Teneva sempre il cellulare tra le mani sperando che Demi lo chiamasse, che improvvisamente si accendesse e squillasse ed una voce meravigliosamente dolce gli rispondesse dall'altra parte. Pensò che forse ci stava sperando troppo, si stava illudendo troppo, forse doveva smetterla. 
Erano le 19:30. Pensò che uscire e prendere un po' d'aria sarebbe stata la cosa migliore. Come sempre, portò con se un paio di cuffie ed il suo i-pod. L'aria era abbastanza fredda, di sera era sempre cosi ormai. Soffiava un leggero venticello che lo fece rabbrividire.
Fece per cliccare "play" alla sua canzone preferita ma lo squillo del cellulare lo fermò. 
Lo prese e guardando sul display si rese conto che era un numero che non conosceva. 
"E' Demi?" si chiese, e per un attimo le mani presero a tremare. "Dio, devo risponderle, se è lei devo risponderle!" si disse e in un attimo, senza pensarci, schiacciò il tasto verde.
"Pronto"
"Pronto, Andrew? Sono Demi" quelle poche e semplici parole bastarono per peggiorare ulteriormente il tremolio delle sue mani.
"D-Demi?" rispose incredulo "S-si sono io."
"Ciao, scusa la chiamata improvvisa. Volevo dirti che sono riuscita ad avere alcune informazioni sul nome che mi avevi dato."
Andrew rimase in silenzio, davvero esisteva qualcuno che si chiamava "Allison Scott?" pensò lui.
"C-cosa?"
"Si. Credo possano esserti utili."
"I-io... T-ti ringrazio, davvero.." provò a rendere tutto il più credibile possibile.
"Sei occupato ora?"
"N-no, perchè?"
"Mi piacerebbe parlarti da vicino. Ti andrebbe di vederci? Almeno posso spiegarti tutto meglio"


Spazio Autrice:
Sera a tuttii (?) perdonatemi se ci ho messo tanto, ma tra le vacanze per le feste, e le varie cose, non ho avuto molto tempo. Spero con tutto il cuore che ne sie valsa la pena di aspettare, e che vi piaccia. Fatemi sapere, per me è molto importante. 
Un bacio grande.
TeenAngelita_92

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Capitolo 5
*** I need a hug, your hug. ***


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5.
Vederla? Averla ancora una volta davanti, a pochi centimetri dal suo corpo e non poterla abbracciare? Andrew rimase in silenzio. Non ce l'avrebbe fatta stavolta, non sarebbe riuscito a controllarsi, non sarebbe riuscito a respingere via tutti i normali e leciti sentimenti che avrebbe sicuramente provato.
"I-io... s-si, va bene." riuscì solo a balbettare non rendendosi neanche conto di aver accettato.
"Perfetto." gli rispose lei con voce tranquilla e leggermente soddisfatta.
"D-dove ci vediamo?" trovò il coraggio di chiederle, ormai non poteva tirarsi indietro.
"Per te va bene se ci vediamo qui, all'albergo dove alloggio? Sai dov'è, no?"
"Si, si certo."
"Bene, ti aspetto"
"S-si, arrivo" fu l'ultima cosa che disse prima di staccare la chiamata e prendersi a schiaffi.
Non aveva mai balbettato cosi tanto in vita sua, quelle poche volte che succedeva era solo quando era davvero agitato, ma cosa centrava con Demi? Perchè ogni volta che sentiva solo il suo nome o la sua voce, il tremolio alle mani si faceva sempre vivo?
Pensò di tornare a casa, cambiarsi o sistemarsi magari, ma capì che avrebbe fatto troppo tardi, così si aggiustò il cappotto coprendosi da quel freddo venticello della sera, respirò profondamente e si incamminò. Ad ogni passo il battito del cuore accelerava.
"Dio, devo smetterla" si disse respirando "La vedrò, ok, va tutto bene" continuava a ripetersi.
Mentre i suoi passi continuavano quasi veloci e man mano i pensieri si facevano sempre più numerosi e fitti nella sua mente, non si accorse di essere quasi arrivato.
Si fermò davanti all'insegna dove era scritto il nome dell'hotel dove alloggiava Demi, segnava la direzione. Quando ci era andato con Mattew non si era minimamente accorto di quel cartello, forse perchè era troppo agitato per pensarci. 
Respirò profondamente ancora una volta ma si pentì. Il freddo che prima non gli dava alcun fastidio, ora gli aveva gelato il corpo, soprattutto il naso. Come sempre, la sua chioma bionda era completamente spettinata dal vento e sul suo viso leggermente bianco spiccava il naso rosso. Si sistemò la sciarpa e continuò per la direzione che segnava l'insegna dell'hotel. Pochi minuti ci vollero e si ritrovò una seconda volta davanti a quel grande edificio. Gli sembrava stranamente nuovo, forse non aveva prestato minimamente attenzione alle sue tante caratteristiche quando ci era andato con Mattew per l'intervista. 
Lentamente si avvicinò all'entrata, aveva quasi paura di entrarci. Fortunatamente non c'erano i bodyguard della prima volta, tirò un sospiro di sollievo. Si chiuse con cura la parta alle spalle per non farla sbattere e girandosi si accorse che l'androne era praticamente pieno rispetto a come l'aveva visto la prima volta. Si sentiva a disagio, inadatto, quasi un intruso, quello non era il suo solito posto. Titubante si avvicinò alla reception e gentile chiese informazioni.
"M-mi scusi" disse rivolgendosi all'uomo abbastanza anziano che si trovò davanti. 
"Mi dica, come posso aiutarla?"
"I-io sono qui p-per la signorina Demi Lovato, dovevamo vederci e..." provò a continuare balbettando.
"Ah certo, la signorina la sta aspettando. Stanza n° 110"
"Grazie mille" rispose quasi sollevato che l'uomo fosse stato cosi gentile con lui.
"Di niente."
Si avviò per le scale ancora spaesato mentre il suo sguardo si posava su ogni persona che vedeva. Dovevano essere tutte ricche famiglie, nobili magari, pensò subito. Percorreva ogni corridoio cercando il numero "110" a caratteri cubitali su ogni porta, sembrava quasi ansioso di trovarlo. Dopo tanto camminare su e giù, finalmente lo trovò. Si fermò davanti alla porta ancora indeciso se bussare o scappare improvvisamente via mandando tutto all'aria.
"Calma" provò a dirsi. 
Si decise. Appoggiò lentamente il pugno chiuso sulla porta ed iniziò a battere. 
"Arrivo" urlò leggermente una voce tranquilla dall'altro lato. Dopo pochi secondi la porta si aprì rivelando la splendida figura della ragazza.
"Hey Andrew! Entra pure" lo invitò lei.
"G-grazie" a stento riuscì a dire lui mentre le sue mani tremavano. Non sapeva se era per il freddo o per l'agitazione. 
"Hai freddo?" chiese vedendolo tremare.
"N-no, non ho freddo" il suo corpo stava dicendo esattamente il contrario.
"Vieni, di qua si sta meglio" 
Lo condusse in un'altra stanza, molto spaziosa ma non troppo. Le prime cose che lo colpirono furono il camino, unica fonte di luce e calore, un divano abbastanza grande proprio davanti ad esso ed infine, una grande finestra posta sulla destra della stanza. Il paesaggio di luci e palazzi nel nero della sera che si poteva benissimo vedere, era a dir poco meraviglioso. 
"Accomodati. Dai a me il cappotto, vado a prenderti una coperta." gli disse vedendolo ancora rabbrividire.
"Non ce ne bisogno, davvero" disse togliendosi lentamente l'indumento ancora stupito della meravigliosa stanza in cui si trovava.
"Lo fai con tutti o solo con me?" gli chiese ridendo.
"A cosa ti riferisci?"
"Dici esattamente il contrario di ogni cosa e diventi rosso, non credo che questo dipenda dal freddo"
"Oh no, cioè voglio dire..." provò a motivare quella sua strana reazione ma non fece altro che peggiorare le cose.
"Hey tranquillo. Sai, sei carino quando sei in imbarazzo" disse sorridendogli. Prese il suo cappotto ed andò ad appenderlo all'attaccapanni che si trovava all'entrata. 
Carino? Gli aveva davvero detto di essere carino? Andrew rimase un attimo a pensare, il respiro gli mancò. Non era normale essere cosi tanto felice di un complimento del genere fatto dalla propria sorella, non lo era per un fratello.
"Eccomi" disse sedendosi accanto a lui. Gli aveva davvero preso una coperta. L'aprì e delicatamente gliela poggiò sulle spalle.
"Ma non ce ne era bisogno." 
"Sai un altra cosa? Parli troppo ragazzo" gli disse ridendo.
Per la prima volta, in quei lughi e difficili mesi che era li, anche lui sorrise. La sua risata, pensò subito, la sua meravigliosa risata. Improvvisamente sentì il grande bisogno di accarezzarle il viso, anche solo sfiorare leggermente la sua pelle proprio come aveva fatto il giorno dell'intervista. "Dio ma che mi succede? Perchè voglio accarezzarle il viso?"
"Allora" disse lei prendendo vari fogli da un piccolo tavolino proprio davanti a loro. "Ho chiesto aiuto ad un mio amico che si intende di queste cose. Gli ho dato il nome che mi avevi detto e beh, sembra che di ragazze che si chiamano cosi ce ne siano molte."
Allison Scott, già, il nome che si era involontariamente inventato. Odiava mentirle, odiava doverle dire bugie su bugie, ma non poteva dirle la verità, non ora che avevano iniziato a creare un rapporto cosi bello, proprio ora che lei era disposta ad aiutarlo. 
"Qui ce ne sono alcune per esempio." disse porgendogli i vari fogli "Tu non l'hai mai vista, vero? Voglio dire, non sai neanche com'è di aspetto."
"N-no, io non l'ho mai vista." gli rispose mentre ogni parola pronunciata gli procurava cosi tanta vergogna. Iniziò a sfogliare i vari documenti che Demi gli aveva appena dato. Lui non sapeva neanche chi fossero tutte quelle persone, non sapeva neanche da dove gli era venuto il nome "Allison Scott". Non sapeva perchè era li, perchè tutto all'improvviso sembrava cosi difficile e strano, non sapeva perchè sentisse ancora il bisogno di stringerla tra le braccia e dirle tutto ma allo stesso tempo, perchè sentisse il bisogno di accarezzarle il viso e non come un fratello. 

How To Save A Life - TheFray
Step one you say we need to talk 
He walks you say sit down it's just a talk 
He smiles politely back at you 
You stare politely right on through 
Some sort of window to your right 
As he goes left and you stay right 
Between the lines of fear and blame 
You begin to wonder why you came 
Fai un passo, dici, abbiamo bisogno di parlare 
lui cammina, tu dici: "Siediti, è solo una chiacchierata" 
lui ti sorride educatamente come risposta 
tu lo fissi educatamente dritto negli occhi 
c'è una sorta di finestra alla tua destra 
mentre lui va verso sinistra e tu te ne stai 
in mezzo tra paura e senso di colpa 
e cominci a chiederti perché sei venuto 


Demi notò la sua strana espressione, il suo sguardo quasi spaesato ed impaurito davanti a tutte quelle identità.
"Hey va tutto bene, tranquillo." gli disse con voce più tranquilla possibile, mentre una sua mano si posò delicatamente sul suo braccio. 
"S-scusa" posò i tanti fogli sullo stesso tavolino di pochi istanti prima strofinandosi il viso. 
"E' normale che tu abbia paura, che tu ti senta spaesato, soprattutto ora davanti a tutte queste persone che neanche conosci" provò a dirgli per cercare di tranquillizzarlo, ma facendo attenzione alla sua reazione, capì che non servì a molto. Si toccò nervosamente il colletto della giacca che all'improvviso gli sembrava troppo stretto.
"Andrew, hey." lo chiamò cercando la sua attenzione. "Da quanto tempo la stai cercando?"
"Sono mesi." le rispose guardandola negli occhi, erano leggermente lucidi e lei se ne accorse subito.
"Stai bene?"
Quante volte gli avevano fatto quella famosa domanda? E quante volte aveva saputo mentire proprio come un attore professionista?
"Sto bene" le rispose cercando di riprendersi dall'improvviso alzarsi della sua temperatura. 
"Non ti conosco da molto, ma è abbastanza per capire che mi stai mentendo."
"Voglio solo poterla abbracciare, solo poterle dire la verità, capisci? Poterle dire che lei è mia sorella e che è tutto ciò che ho al mondo, ma non potrò mai farlo..." le disse tutto d'un fiato. Stava dicendo cose che non avrebbe dovuto dire, le sue emozioni avevano preso il totale controllo su di lui e la paura che da un momento all'altro le avesse detto tutto, si faceva sentire.
"Perchè questo 'mai'? Andrew, c'è qualcosa che ancora non so?"
Il ragazzo prese a fissare il piccolo fuoco del camino proprio davanti a loro, quasi come se quelle fiamme potessero dirgli cosa fare, come se in esse potesse trovare la soluzione o la spiegazione a tutto. 
"Non sarei dovuto venire, non avrei dovuto metterti in questa storia, scusa" le disse in fretta alzandosi ma lei lo fermò avvolgendogli il corpo con le braccia. 
"Non pensare minimamente che io ti lasci andare via ora" gli sussurrò in un orecchio mentre le sue braccia lo strinsero forte a se.
Andrew rimase immobile, sconvolto da quel suo meraviglioso gesto. Strinse gli occhi come per ricacciare dentro di se le lacrime che sicuramente sarebbero venute. Alzò le braccia intorno al suo corpo e stranamente non ebbe paura di stringerla forte a se, di "abbracciarla" come tanto desiderava, di abbracciare sua sorella. Per la prima volta si sentiva completo, felice, anche se sapeva che per lei forse era solo un normale abbraccio, uno di quelli dati per compassione o per consolazione. 
"Non è l'abbraccio che tanto desideri, non sono tua sorella, ma spero di averti sollevato, anche solo un po'." gli sussurrò ancora.
No, lei era sua sorella, era lei e quello era l'abbraccio che tanto desiderava. Perchè era tutto cosi difficile? Perchè non poteva dirglielo?
"E' questo l'abbraccio di cui avevo bisogno" le rispose senza neanche rendersene conto.
"C-cosa?" chiese stranita lei, ma non sciolse l'abbraccio, non ne aveva alcuna intenzione.
"V-voglio dire" tossì lui allontanandosi "Avevo solo bisogno che qualcuno mi a-abbracciasse, ecco"
"Ti va se stasera sono io la giornalista?" gli chiese sorridendo.
"Che vuoi dire?"
"La prima volta sei stato tu ad intervistare me, stasera vorrei farlo io a te."
Andrew la guardò sorridendo "Io non ho niente da dire, non sono nessuno"
"Oh no. Tu sei Andrew ed io voglio sapere tutto di te."
Dopo quella sua ultima affermazione, entrambi si guardarono negli occhi. Intorno a loro solo il silenzio ed il leggero scoppiettio della legna nel camino che li illuminava. Sembrava che non avessero bisogno di parlare per capirsi, poteva sembrare forse un momento di imbarazzo, uno di quelli in cui di solito non si sa cosa dire, ma non lo era. 
"Perchè vuoi aiutarmi? Voglio dire, hai deciso di farlo senza neanche pensarci due volte eppure non mi conoscevi e tutt'ora non mi conosci."
"Quando ne ho la possibilità, cerco sempre di aiutare le persone, perchè non dovrei farlo con te?" gli chiese e a quella domanda, lui rimase stupito. I suoi occhi continuavano a fissarla mentre dentro di lui avrebbe voluto abbracciarla di nuovo.
"Beh poi non è vero che non ti conosco, per esempio so che diventi rosso e le mani ti tremano quando sei in imbarazzo, oppure che inizi a balbettare quando..."
"No, no d'accordo, ho capito, ho capito" la fermò ridendo.
"Oh ma volevo continuare" gli disse ridendo.
Entrambi risero di nuovo ed Andrew non si rese minimamente conto di averlo fatto per due volte di fila, era troppo impegnato a guardare quel fantastico sorriso della ragazza che si disegnava sul suo volto.
Per tutta l'intera serata, si misero a parlare e come Demi aveva deciso, stavolta il ruolo di giornalista spettò a lei. Voleva conoscerlo meglio, sapere di più su di lui ma Andrew non era mai stato molto bravo a parlare di se stesso, per qualche motivo gli risultava difficile e soprattutto quando arrivò l'inaspettata domanda "Come è morto tuo padre?"
Era ovvio che prima o glielo avrebbe chiesto, ma se anche era passato un anno, lui non riusciva ancora a parlarne o forse non voleva ancora accettarlo. Senza aver bisogno di spiegazioni, Demi lo capì subito. Sembrava incredibile ma non ebbe bisogno niente di più di uno sguardo per capire tutto, per capire che non ne avrebbe parlato, o almeno non quella sera.
"Credo si sia fatto tardi e tu domani avrai sicuramente tante cose da fare."
"Già, ma non credi sia un po' troppo buio ora per tornare al tuo albergo? E poi non ha smesso un solo attimo di piovere. So che sei a piedi e, perdonami ma non mi sentirei per niente sicura a lasciarti andare pensando che è cosi buio e sta piovendo a dirotto li fuori."
"Hey, ho quasi 20 anni, so badare a me stesso" le rispose con fare ironico.
"Ah, ma mi prendi in giro?" gli chiese sorridendo "Lo so che hai quasi 20 anni e sai badare a te stesso ma preferirei che questa notte la passassi qui. Mi sentirei più tranquilla."
Passare la notte con lei? Dormire in quella camera d'albergo con lei? Con Demi Lovato?
Era un sogno o uno scherzo?
"Addirittura?" il ragazzo d'istinto spalancò gli occhi "Va bene, visto che la signorina Lovato non si sente tranquilla, appena arrivo all'albergo la chiamo. D'accordo?"
"Cosa c'è? Hai paura di dormire qui percaso?" gli chiese con lo sguardo stranamente sorridente.
"Perchè dovrei?" le rispose lui, in evidente difficoltà.
"Allora cosa ti costa?"
Andrew abbassò lo sguardo sorridendo per nascondere l'evidente rossore in viso.
"Tu sei strana, lo sai?"
"Io strana? Sto solo offrendo di dormire qui ad un ventenne biondo che sa badare a se stesso. Cosa c'è di strano?" rise lei.
"D'accordo, accetto." accettò lui sorprendendo anche se stesso. La conversazione era diventata molto più fluida e soprattutto divertente a tal punto che Andrew si aprì completamente come mai prima d'ora aveva fatto con qualcuno. 


Spazio Autrice:
Buona seraa. Finalmente ho aggiornato e si, chiedo davvero perdono se ci ho messo tanto ma con la scuola ho avuto molto da fare. Spero con tutto il cuore che vi piaccia e per farmi perdonare, avevo intenzione di postarne un'altro di capitolo entro stasera ma solo se vedo qualche recensione. Buona lettura e grazie infinite per la pazienza.

Baci.
TeenAngelita_92


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Capitolo 6
*** It's just a mistake. ***


Like a brother.
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6.
"Oh Dio, hai sentito anche tu? Ha accettato davvero? Oh che miracolo! Grazie Signore!" gridò alzando gli occhi al cielo. 
"Ah, spiritosa" le disse ridendo. "Non ti ci abituare, non mi farò più convincere cosi facilmente."
"Me lo ricorderò la prossima volta che accetterai una mia proposta allora"
"Tu mi stai sfidando o cosa?"
"Io? Ma certo che no!" gli rispose imitando la sua voce "Beh, biondino ventenne che sa badare a se stesso, credo sia ora di andare a letto e..."
"Posso chiederti un favore personale?" la fermò lui.
"Certo, dimmi"
"Posso dormire qui sul divano? Ho sempre amato questo tipo di stanze con il camino proprio davanti al divano."
"Ma non è scomodo? Potresti dormire tu in camera mia ed io qui."
"Scherzi? Io far dormire la signorina Lovato sul divano? No no, è un peccato mortale."
"Ah ah ah, simpatico." gli rispose e lui iniziò a ridere di gusto.
"Sul serio, per me sarebbe fantastico dormire qui sul divano."
"D'accordo allora. Ah, per i vestiti..." si fermò "Beh se non diventi tutto rosso come fai di solito, potrei darti una mia maglia e..." lo punzecchiò lei. 
"Sei cosi simpatica sai" le disse fingendo un sorriso "Comunque non preoccuparti. Sono abituato a dormire in pantaloncini, quando dormo non sopporto i vestiti"
"In pantaloncini?" gli chiese lei estremamente stupita "E non hai freddo?"
"No, sto sempre bene e se a diventare rossa non sei tu, potrei benissimo dormirci" le disse ridendo.
"Vendetta eh? Comunque non preoccuparti, non arrossisco." gli rispose tranquillamente. 
"Buono a sapersi."
Lei si voltò per dirigersi in camera sua ma improvvisamente gli venne in mente che non gli aveva indicato il bagno per cambiarsi, pensò che gli sarebbe servito.
"Ah per cambiarti, il bagno è..." le ultime parole gli morirono in bocca quando voltandosi si rese conto che Andrew aveva già tolto la camicia rimanendo a petto nudo, il bagno non gli sarebbe di certo servito allora.
"Dicevi?" gli chiese guardandola.
"D-dicevo c-che..." provò a ripetere le stesse parole ma incominciò a balbettare. Rimase a guardare la fantastica forma del suo corpo. Andrew non era molto alto ma in quanto al fisico, aveva dei lineamenti perfetti dei muscoli, un corpo davvero invidiabile. Il fuoco del camino illuminava una sola parte del suo meraviglioso corpo, mentre l'altra era nello scuro più totale e fu quell'insieme di circostanze a farla rimanere a bocca aperta.
"Non hai appena detto che non arrossisci?" le chiese lui con fare ironico.
"I-io.. v-vado a dormire, si è fatto tardi" gli disse semplicemente mostrando un leggero sorriso. Andrew sorrise a se stesso aggiustando i cuscini sul divano, era leggermente soddisfatto e per lui era davvero strano, per quale motivo si sentiva soddisfatto della reazione di Demi?
Quella sera non si pose tante domande come di solito faceva sempre quando era da solo. Cercò di godersi il fuoco del camino davanti a se mentre nelle fiamme intravedeva la meravigliosa figura di Demi. Si, la stava sicuramente immaginando ma perchè gli succedeva questo? Era sua sorella e di certo non era per niente normale tutto ciò che stava accadendo. 
Si distese completamente chiudendo gli occhi e cercando di non pensare più a quelle strane emozioni che iniziava a sentire.
Nel cuore della notte, Demi si svegliò. Aveva stranamente sete, non le capitava quasi mai di avere la gola secca durante la notte. Decise si alzarsi e andare a bere. Passò davanti alla stanza dov'era Andrew. Si affacciò alla porta e lo vide dormire dolcemente mentre il fuoco del camino si era lentamente spento. Aveva la testa che pendeva da un lato e il braccio dall'altro. Pensò che forse sarebbe stato meglio sistemarlo altrimenti la mattina dopo si sarebbe svegliato distrutto. Si avvicinò sorridendo e lentamente, senza farlo svegliare, lo sistemò. Stava per alzarsi e tornare in camera ma rimase incantata a guardarlo.
"Biondo ventenne che sa badare a se stesso eh?" sussurrò piano sorridendo. 
La sua mano si appoggiò lentamente sul suo viso iniziando a tracciare tutti i suoi lineamenti. Man mano il suo sorriso stava scomparendo, il tocco con la sua pelle l'aveva fatta rabbrividire e lei stessa si stupì di ciò che stava facendo. Continuò il percorso con la mano arrivando alla schiena. Iniziò a tracciare cerchi invisibili sulla sua pelle sentendo sotto il suo tocco la delicatezza di ogni più piccola parte. Avvicinò il viso iniziando a lasciargli piccoli baci su tutta la zona della spalla. "Dio, cosa sto facendo?" pensò tra se e se ma sembrava qualcosa più forte di lei, qualcosa che non sapeva fermare. 
Le sue morbide labbra premevano ad intervalli di tempo sulla calda pelle di Andrew, era un ritmo maledettamente sensuale di cui ben presto si rese conto anche lui. Aprì leggermente gli occhi sentendo una forte sensazione di benessere e pace invadergli la schiena. Alzò il viso contraendo i muscoli delle braccia per alzarsi leggermente.
"D-Demi" riuscì solo a dire quando vide il meraviglioso volto della ragazza.
"L-la tua pelle, e... il tuo viso..." gli sussurrò con voce tremante. 
Ritornò a baciare la sua pelle ma stavolta si fermò sul suo petto, accarezzando con le mani ogni più piccolo angolo. 
"Demi, non..." le ultime parole vennero sostituite da un piccolo gemito mentre le sue mani le accarezzarono i capelli. 
"Che sta succedendo?" gli sussurrò lei tra i baci. "Perchè ho bisogno di sentire la tua pelle? Perchè ho bisogno di baciarti?"
Andrew si sentiva maledettamente in colpa, come qualcuno che stava commettendo un peccato mortale, ma non poteva far a meno di desiderare le sue labbra ed il suo respiro caldo sulla pelle. Sapeva che lei era sua sorella e non era per niente normale provare cose del genere, lo sapeva fin troppo bene purtroppo.
"Non puoi farmi questo" gli sussurrò ancora lei mentre le sue labbra ritornavano al suo viso. "Non puoi farmi innamorare cosi facilmente, non puoi rendermi cosi debole in un attimo." il suo respiro si fece affannato ed Andrew riuscì a sentirlo. Con sua enorme sorpresa, senza pensarci due volte, le prese il viso tra le mani portandoselo il più vicino possibile.
"Mi sento cosi bene con te" le disse mentre le sue labbra iniziarono a baciarle tutto il viso. "Ho bisogno di te, cosa mi hai fatto?" le sussurrò ancora.
Neanche lui stava ragionando su quello che stava dicendo, era tutto un istinto, qualcosa che entrambi non riuscivano a trattenere. Era quasi come essere ubriachi o avere la febbre e delirare, in quei momenti riesci a liberarti di tutte le cose che non vuoi o che non riesci a dire nelle circostanze normali.
Kiss Me - Ed Sheeran
Settle down with me
Cover me up
Cuddle me in
Lie down with me
Hold me in your armsYour heart’s against my chest
Lips pressed to my neck
I’ve fallen for your eyes
But they don’t know me yet
And the feeling I forget
I’m in love now

Sistemati insieme a me
Coprimi
Coccolami
Stenditi insieme a me
Stringimi tra le tue braccia
Il tuo cuore è contro il mio petto
Le labbra premute sul mio collo
Mi sono innamorato dei tuoi occhi
Ma loro ancora non mi conoscono
E il sentimento che mi ero dimenticato
Adesso sono innamorato


Le loro labbra erano sempre più vicine, quasi si sfioravano. No, Andrew non poteva permetterlo, era su sorella, non poteva essersi innamorato di sua sorella, non poteva e non doveva provare quelle cose per lei.
"Dio, no!" le disse piano cercando di allontanarsi, ma il suo corpo la desiderava, era quasi come una calamita. Cercò di evitare il contatto con le sue labbra e la baciò sulla guancia.
"Mi-mi dispiace.." le sussurrò in un orecchio stringendola forte tra le sue braccia. 
"D-Dio, scusami. Non dovevo venire qui, non dovevo..." si allontanò lei bruscamente. 
"Hey calma, va tutto bene. Non andartene" si alzò e la tirò a se per il braccio.  "E' stato solo un momento di debolezza, d'accordo?" la strinse forte al suo petto e Demi gemette per un attimo.
"No Andrew, questo non è stato solo un momento." gli rispose allontanandosi di nuovo.
"Demi..."
"No Andrew, c'è un motivo se ho fatto quello che ho fatto."
"Sei stata solo condizionata dalle circostanze. E' normale, mi stai aiutando e..."
"No, ne sono certa che non lo pensi. E neanche tu eri condizionato dalle circostanze poco fa. Era la verità ciò che mi hai detto?" gli chiese.
"Demi..."
"Rispondimi, era la verità?"
"Io non lo so. Avevo cosi tanto bisogno che qualcuno si accorgesse di me, che qualcuno mi accarezzasse come tu hai fatto prima e mi sono sentito cosi... felice."
"Allora perchè mi hai fermato?" gli chiese ma Andrew guardò altrove restando in silenzio. "Dio, ma che sto dicendo? Sc-scusa, è meglio che io vada."
"No, Demi aspetta" le disse fermandola per il braccio.
"N-no... Andrew, ho bisogno di pensare. Non preoccuparti, ho promesso che ti aiuterò a trovare tua sorella e lo farò, questa cosa non inciderà minimamente sulla mia promessa." gli sorrise leggermente e ritornò in camera chiudendosi la porta alle spalle.
Andrew rimase li, in piedi davanti al camino ormai spento mentre dalla grande finestra alla sua destra si intravedeva già il colore biancastro del nuovo giorno. Si avvicinò, lo spettacolo li fuori era davvero meraviglioso e rimase li a guardare per un tempo quasi infinito. Riprese la sua giacca e si rivestì in fretta, pensò che tornare a casa fosse stata sicuramente la cosa migliore. Riprese le sue poche cose e si diresse alla porta. Avrebbe tanto voluto salutarla, solo quello, ma di certo non avrebbe più voluto vederlo e questo lui lo capiva, ma non poteva permettere che tra loro succedesse qualcosa, lui era suo fratello e non avrebbe neanche dovuto toccarla e baciarla in quel modo.
Scosse la testa come per cacciare via tutti i suoi mille pensieri, e aprì la porta.
"Andrew" si sentì chiamare, era Demi.
"Hey, ascolta, volevo salutarti ma..."
"N-no, tranquillo. Volevo solo chiederti se vuoi che ti accompagni io a casa."
"D-Demi io..."
"No, non parliamone più d'accordo? Va tutto bene." gli rispose sorridendo. Improvvisamente i suoi meravigliosi sorrisi erano diventati falsi, Andrew se ne era accorto subito ed il solo pensiero che ne potesse essere lui la causa, lo distrusse dentro.
"D'accordo." accettò ed insieme si avviarono all'uscita dell'hotel. Uscirono e si diressero al parcheggio dov'era l'auto di Demi.
Stavano passando la strada quando non si resero conto che un auto stava sfrecciando a tutta velocità proprio davanti a loro. 
"Demi!" urlò.
Solo il tempo di sentire il rumore del freno che Andrew si accorse della situazione e senza pensarci troppo, prese per il busto Demi tirandola a se. 
Entrambi caddero violentemente a terra ma Andrew ne risentì di più sbattendo forte la testa contro il marciapiede. 
"Andrew! Hey!" si voltò velocemente e gli prese il viso tra le mani. "Andrew!"
"D-Demi, s-stai bene?" gli chiese non curandosi di essere a terra sanguinante.
"Andrew, hai una ferita alla testa!" gli disse notando le sue mani sporche di sangue.
"Sto bene, è solo un graffio." le rispose cercando di alzarsi.
"Andrew, guardami" gli riprese il viso tra le mani cercando di vedere meglio da dove provenisse il sangue. "Dobbiamo ritornare all'hotel, devi disinfettarti." gli disse aiutandolo ad alzarsi.
"N-no Demi, sto bene"
"Avanti"
Lentamente riuscirono a ritornare indietro e all'entrata dell'hotel, il signore anziano dietro la reception notò subito qualcosa di strano.
"Signorina, cosa è successo? Lasci che la aiuti" le chiese avvicinandosi.
"Grazie mille"
Grazie all'aiuto dell'uomo che quasi "trascinò" Andrew fino alla stanza n°110, Demi riuscì a farlo stendere sul divano.
"Grazie mille, davvero."
"C'è altro che posso fare per lei? Chiamare un dottore o altro?"
"Si, mi farebbe un grande piacere se chiamasse un dottore."
"Certo, la avverto appena arriva" le disse l'uomo uscendo.
"Grazie mille."
Ritornò velocemente da Andrew che aveva leggermente chiuso gli occhi.
"Andrew, Andrew guardami, non chiudere gli occhi" gli disse accarezzandogli il viso. Aveva la fronte bagnata dal sudore e le mani che gli tremavano.
"D-Demi..." la chiamò stringendole la mano.
"Sono qui, vicino a te, tranquillo." 
"E' tutto cosi sbagliato..." le disse lamentandosi, stava chiaramente delirando.
"Andrew, calmati, va tutto bene"
"No, non va bene. I-io ti amo"
"Stai delirando." cercò di calmarlo mentre con un fazzoletto di stoffa gli asciugava dolcemente il viso. 
"N-no, è la verità..." le disse mentre le bloccò il polso. A fatica cercò di avvicinarsi alle sue labbra. "I-io ti amo Demi."

Spazio Autrice:
Seeraa. Spero di non aver fatto troppo tardi, ho cercato di aggiornare il prima possibile e vi ringrazio infinitamente. Spero con tutto il cuore che vi piaccia questo nuovo capitolo. Buona lettura.
Baci.
TeenAngelita_92


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Capitolo 7
*** The desire of you. ***


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7.
Tutto stava per ripetersi, con la sola differenza che stavolta Andrew non era sicuro che sarebbe riuscito a fermarsi e neanche lei. Eppure lei ancora si chiedeva perchè doveva fermarsi, perchè doveva dimenticare quello che stava provando, Andrew invece lo sapeva benissimo. Fin troppo bene sapeva che non poteva sfiorarla in quel modo, sapeva che non poteva desiderare cosi tanto le sue labbra ma era diventato tutto una maledetta necessità.
Si, ora erano li, davanti allo stesso camino della sera prima, nell'esatta posizione della sera prima, cosa avrebbe potuto fermali? Andrew non ne aveva la forza, il solo pensiero di doversi allontanare da lei, di non poter più sentire il suo respiro pesante sulla pelle a ritmo con il cuore che sembrava scoppiasse. Una voce disperata dentro di lui continuava a gridargli di non farlo, di non appoggiare le sue labbra su quelle della ragazza, di non soddisfare quel bisogno d'amore che aveva ormai da troppo tempo, ma come avrebbe potuto fermarsi ora?
"A-Andrew" solo gemette lei quando lui strofinò leggermente le labbra contro le sue. 
"Non baciarmi, non farlo" cercò di fermarlo solo con il suono della sua voce, ci provò solo con le poche parole che ancora a fatica riuscivano ad uscire dalla sua bocca. Il suo corpo era immobile, non poteva reagire, non ne aveva la forza. Era tutto cosi bello ma allo stesso tempo pauroso: solo sfiorandosi, le difese di entrambi, crollavano come un castello di sabbia al vento ed era proprio questa la paura più grande. Le loro forze crollavano lasciando il posto solo al buono, al debole delle loro anime, riuscivano ad essere se stessi.
"N-non baciarmi, ti prego" provò a sussurrargli ancora lei indietreggiando e per quanto Andrew stesse delirando, se ne accorse subito.
"Non allontanarti, non voglio farti del male." le sussurrò baciandole i capelli sul lato del viso. Il suo respiro caldo la fece rabbrividire lasciando che i suoi occhi si chiudessero. 
"S-stai delirando, q-questo non sei tu. Se mi baci ora, ben presto ti sveglierai e avrai dimenticato tutto e-ed io non lo dimenticherò. Non voglio che succeda."
"Shh" la sua mano iniziò a spostarsi lentamente sulla liscia pelle del suo collo. Stava sbagliando, stava commettendo un errore più grande di lui e ne era consapevole, ma sapeva anche che per un solo attimo sarebbe stato bene, sarebbe stato per la prima volta felice. Forse se ne sarebbe pentito in futuro, ma non ora, non in quel momento, non davanti a lei, non tra le sue labbra ed i suoi respiri caldi. 
"Ti amo e questo non lo dimenticherò" le sussurrò piano. Le sue labbra si spostarono avvicinandosi alla bocca di Demi.
"N-non puoi... non puoi farmi questo" continuò quasi lamentandosi lei, ma senza prestare minima attenzione alle sue parole, Andrew la baciò. Doveva essere un bacio dolce e pieno di paura, e all'inizio lo fu, ma ben presto perse completamente la sua castità. Le loro labbra si cercavano disperatamente. Le loro lingue si insinuavano una nella bocca dell'altro accarezzandone ogni più piccolo angolo, era diventato ormai un ritmo maledettamente sensuale ed instancabile. 
Ed ora erano li, riusciti a soddisfare quel cosi grande bisogno di amore, di un po' d'affetto, di quel dolce e delicato tocco che riesce sempre a far rabbrividire. Erano li, ora, a chiedersi ancora se sarebbero riusciti ad allontanarsi, riusciti a mettere fine a quel meraviglioso sogno ad occhi aperti. 
Pace - Arisa
L'amore diede fiato alla sua voce 
e disse solamente..pace 
cercare solamente un po' di pace 
per chi non parla e per chi troppo dice 
cosi che ogni momento sia felice 
sapessi amore mio come mi piace 
quando mi dici ti amo sottovoce 
perchè la vita sai va via veloce 
e viverla con te mi fa felice. 

"Grazie mille dottore, la ringrazio per essere venuto il prima possibile."
"Non deve ringraziarmi, è il mio lavoro. Ci rivediamo tra una settimana, nel mio studio e mi raccomando, curi la ferita come le ho spiegato, vedrà che presto si risanerà e rimarrà solo un segno più chiaro."
"Va bene, grazie ancora" gli disse lei accompagnandolo verso la porta.
Andrew si era appena svegliato e aprendo leggermente gli occhi, era riuscito solo a captare quelle poche parole tra il dottore e Demi. Sentiva la testa scoppiargli e la temperatura salire improvvisamente, gli sembrava quasi una torrida giornata d'estate. Provò ad alzarsi sulle braccia per strofinarsi gli occhi leggermente appannati, ma la forza gli mancò e lui cadde sui cuscini sotto la sua schiena. Guardò fuori dalla finestra, si accorse che era sera, aveva dormito tutto il giorno. 
"Andrew" lo chiamò Demi accorgendosi che era sveglio. "Hey, che hai?" gli chiese avvicinandosi, vedendolo spaesato.
"D-devo alzarmi, ora sto bene."
"Fermo" gli disse fermandolo con le mani sul petto. Non avrebbe dovuto farlo, una marea di ricordi della sera prima gli scivolarono davanti agli occhi quasi come le scene di un film. "N-non puoi alzarti. Il dottore ha detto che sei ancora debole ed hai bisogno di riposo. La ferita non è grande, ma la botta che hai preso, si."
"Perchè devo rubarti tutto questo tempo?"
"Non mi stai rubando niente. Mi hai salvato la vita stamattina, è il minimo che io possa fare per te."
"Quindi è solo perchè ti ho salvato la vita che stai facendo tutto questo per me, giusto?" le chiese deglutendo, aggiustando meglio la testa sul cuscino. Ma cosa stava dicendo?
"E ora cosa vuoi che ti risponda?" gli chiese ridendo "Cos'è ciò che vuoi sentirti dire?"
"Lascia perdere, non dovevo neanche chiedertelo"
"Lo hai rifatto, lo vedi? Prima parli e poi ti tiri indietro. Cosa ci guadagni, me lo spieghi? Riesci solo a creare dubbi su dubbi ai quali neanche tu puoi dare una risposta, una spiegazione."
"Dubbi? E cosa centri tu? Quali dubbi sto dando a te?"
"Centro! Maledizione ora centro!" gli gridò leggermente "Prima mi hai baciato e... Dio perdonami per quello che sto dicendo, ma quello non era solo un bacio, era puro desiderio! Ma tu lo hai dimenticato, ne ero sicura, hai dimenticato tutto."
"No, io non l'ho dimenticato! Stavo delirando si, ma ero abbastanza lucido da rendermi conto di quello che stavo facendo. Ti ho baciato e si, ti ho maledettamente desiderata! Cosa vuoi che ti dica ora?" anche lui alzò il tono di voce, ma avrebbe fatto meglio a non farlo. Il viso gli diventò completamente rosso, più di quanto già non fosse per il calore. Le mani iniziarono a tremare e dalla sua fronte piccole gocce di sudore iniziarono a rigargli la pelle. La medicazione completamente pulita e bianca che pochi istanti prima il dottore gli aveva messo, era diventata rossa, si era sforzato troppo lasciando che il sangue uscisse ancora.
"Andrew stai sudando e la ferita ha ripreso a sanguinare, calmati!" gli disse mentre con le mani lo fece stendere di nuovo dolcemente. Prese un asciugamano bagnato dal piccolo tavolino davanti a loro e piano, iniziò a tamponargli la fronte, andando poi su tutto il viso.
"Ti fidi di me?" gli chiese improvvisamente lei.
"Perchè me lo chiedi?"
Andrew aveva la giacca completamente bagnata e sporca. Demi pensò di togliergliela senza faro affaticare, ma questo avrebbe comportato troppi ricordi e sensazioni non convenienti, e questo lei lo sapeva bene. Voleva prima avere il suo permesso e la sua totale fiducia.
"Rispondi e basta, ti fidi di me?" gli ripetè lei.
"S-si.." le rispose balbettando, ma non insicuro.
Demi lo guardò per qualche secondo per poi iniziare a sbottonargli lentamente l'indumento. Ad ogni bottone corrispondeva un battito in più, il cuore sembrava quasi scoppiare. Gliela tolse facendo attenzione a non farlo muovere troppo e, con dispiacere, vide sulla zona della pancia, un piccolo livido. Forse era stato quando l'aveva tirata a se per salvarla, pensò subito.
"H-hai un livido" gli disse.
"Non è niente."
"Ti fa male?"
"No, sto bene Demi."
Lei allora ci premette molto leggermente.
"D-Deemi!" gridò strizzando gli occhi.
"Ti fa male Andrew, perchè mi hai detto di no?"
"Non mi fa male, io..."
"Ti rifaccio la domanda, ti fidi di me?"
Stavolta ci mise un po' a rispondere, non perchè non sapesse cosa dire, ma perchè se gli avesse detto di si, avrebbe continuato a prendersi cura di lui e ad ogni suo tocco, non sarebbe più riuscito a controllarsi.
"Si." le rispose ancora fermamente.
Lei allora immerse completamente l'asciugamano di pochi istanti prima nel piccolo recipiente d'acqua, per poi strizzarlo. Lo appoggiò delicatamente sul petto di Andrew facendo attenzione alla sua reazione per capire se gli facesse male o gli desse fastidio. Lui rabbrividì, ormai era inevitabile. Piano arrivo al punto in cui c'era il livido e facendo ancora più attenzione di prima, iniziò a tamponare.
"Demi!" la chiamò prendendole la mano che stava usando.
"Ti ho fatto male?" gli chiese dispiaciuta.
"No, ho solo bisogno di dirti una cosa."


Spazio Autrice:
Buonaseraa. Come sempre vi ringrazio infinitamente per le stupende recensioni, mi fa sempre cosi tanto piacere sapere che piace ciò che scrivo e spero con tutto il cuore che anche questo capitolo vi piaccia. Buona lettura.
Baci.
TeenAngelita_92

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Capitolo 8
*** I want to be happy, with you. ***


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8.
Per un momento, l'idea di poterle dire tutta la verità, lo sfiorò. Doveva liberarsi di quel peso, doveva spiegarle il perchè del suo comportamento, doveva spiegarle che non la stava rifiutando, stava solo cercando di evitare qualcosa di cui forse entrambi, in futuro, si sarebbero pentiti.
"Ti ascolto" gli disse facendogli cenno con la testa di continuare.
Andrew però, restò in silenzio, quasi come per trovare le parole giuste ma soprattutto il coraggio. L'avrebbe creduto? Gli avrebbe urlato contro? Si sarebbe messa a ridere? Avrebbe deciso di non rivederlo più? 
Inevitabilmente queste sue domande iniziarono quasi a "galleggiare" nella sua mente, in attesa che lui stesso trovasse una risposta o una soluzione prima che tutto succedesse. 
"Andrew che succede? Cos'è che devi dirmi?"
"I-io..." cominciò come sempre balbettando. Iniziò a chiedersi se questo suo "balbettio" fosse legato a ciò che provava, o meglio a Demi. "Non posso provare quello che sto provando."
Lei lo guardò ridendo, quasi come segno di stupore o forse semplicemente perchè non aveva capito. 
"Che significa?"
"D-devo andarmene, non posso restare qui" le disse alzandosi, mandando all'aria tutte le sue precedenti intenzioni. Non avrebbe mai potuto dirle che lui era suo fratello. Si era ormai reso conto di amarla e si, si era sentito felice, stava bene perchè per la prima volta qualcuno dimostrava di tenere a lui, di amarlo. Non voleva mettere fine a tutto, distruggere la sua unica speranza di starle accanto e si sentiva quasi un egoista perchè era pronto a nascondere tutto, a far finta che la lettera di suo padre, la parentela e tutto quel susseguirsi di sensi di colpa, non esistessero. Si, era arrivato a pensare che forse la cosa migliore da fare fosse stata quella di non dirle niente ed essere semplicemente felice con lei. 
Perchè era cosi difficile? Perchè non poteva amarla come davvero voleva? Perchè suo padre gli aveva scritto quella maledetta lettera che ora tanto odiava?
"Andrew! Fermati, guardami ti prego" gli disse prendendogli il viso tra le mani. "Perchè non puoi provare ciò che stai provando? Cosa stai provando?" gli chiese mentre nei suoi occhi si intravedeva un senso di tristezza.
I loro sguardi si incrociarono, intorno a loro solo il vuoto, il più totale vuoto. Ne suoni di macchine, freni, luci di strada o altro che provenisse dalla finestra, niente di niente, solo loro davanti a quel tanto amato camino, unico complice di quel loro sentimento segreto, che li aveva visti innamorarsi e soddisfare quel tanto grande bisogno d'amore. 
"N-non posso desiderare le tue mani..." le disse stringendogliele sul suo stesso viso. "Non posso desiderare le tue carezze, la tua pelle sulla mia" continuò mentre la sua bocca iniziò a lasciarle piccoli baci sui palmi delle mani "Non posso desiderare la tua bocca, le tue labbra sulle mie..."
L'aveva rifatto, era ricaduto in quel vortice di desiderio da cui non era mai riuscito ad uscire e ne era certo, neanche stavolta ci sarebbe riuscito.
"Non posso rabbrividire ad ogni tua carezza" continuò a sussurrarle mentre sul suo viso, una lacrima iniziava il suo percorso verso il basso. Non aveva mai pianto per amore, non si era mai sentito cosi fragile e debole, non si era mai accorto di dipendere da una persona, ma quella non era dipendenza, quella era necessità, maledetto bisogno di lei. Quello era vero amore e lui non l'aveva mai provato. 
"Perchè ti imponi di resistere a quello che provi?" gli chiese, baciandogli l'unica lacrima scesa. "Perchè continui a farti del male? Tu non lo meriti, tu meriti di essere felice ed io voglio provarci. Lascia che ti renda felice, lasciami provare."
Quelle sue parole, per quanto belle, non fecero altro che peggiorare le cose. La lacrima caduta pochi istanti prima sul viso di Andrew, ne richiamò con se tante altre. Stava piangendo, si e lo stava facendo per amore, per la persona che amava. 
"Non so cosa ti sta distruggendo dentro, non so qual'è il segreto che non vuoi dirmi e che ti sta facendo del male, che ti impedisce di essere felice, ma sappi che qualunque cosa sia, io non ti lascerò" continuò ed i suoi baci sul suo viso si moltiplicarono in base ad ogni lacrima che scendeva rigandogli lentamente il viso. 
"Non voglio che tutto questo finisca, non voglio perderti, non voglio..."
"Shh" gli sorrise lei poggiando la fronte contro la sua "Non mi perderai, niente di ciò che hai detto succederà, fidati di me."
Andrew avrebbe tanto voluto credere a quelle sue parole, e sapeva che da parte sua erano vere, ma quando sarebbe venuta a conoscenza di tutto? Sarebbero state ancora vere? Avrebbero avuto ancora un valore? Era difficile poterlo dire, tanto quanto era difficile poterlo credere, ma cercò di non pensarci, cercò di godersi al massimo quel loro momento che dava tanto la sensazione di essere l'ultimo, quasi come un addio, quel momento in cui ti senti distrutto e sai che presto tutto finirà e non ricomincerà. 
"No, non tremare" gli disse lei abbracciandolo. Lo strinse forte a se, quasi come per voler "opprimere" tutti quei brutti brividi che avevano iniziato a torturare il suo corpo, ormai ancora bollente e sudato. 
Ci sei e se non ci sei - Arisa
Le mie parole le ho prese e poi stese nell'aria 
per fargli sentire un pò delle tue, 
si capiranno da sole 
o avranno il bisogno 
di dare risposte almeno a noi due...protagonisti 
di questo inverno, 
equidistanti da un punto fermo, 
senza sapere la verità... 
Ci sei e se non ci sei, 
per sempre ci sarai 
Io sono qui,vicino a te 
che cerco noi. 
Ci sei e se non ci sei, 
comunque ci sarai. 
L'amore è qualcosa che 
non muore mai .

Erano le 8:00. Il cielo era ancora scuro e non per il leggero colore biancastro della notte appena finita, ma per i tanti nuvoloni che lo torturavano e davano tanto la sensazione di pioggia. 
Andrew aveva dormito li, all'hotel di Demi. Per tutta la notte, lei lo tenne vicino a se, con la testa sul suo grembo mentre con le mani disegnava segni invisibili tra i suoi biondi capelli. Si era tranquillizzato e forse anche liberato per qualche ora da quel continuo pensiero della "Verità". Ormai erano giorni che quella parola continuava a gironzolargli per la testa, non permettendogli neanche di chiudere gli occhi. 
Lui si svegliò per primo. Si sentiva meglio anche se la botta alla testa si faceva risentire qualche volta. Si alzò lentamente facendo attenzione a non svegliare Demi, che ancora aveva le braccia avvolte al suo corpo. Si avvicinò alla grande finestra alla sua destra, ormai era diventata un'abitudine, se ne era innamorato. 
Aveva iniziato a piovere, ma lo spettacolo che si vedeva da li, lo lasciava sempre a bocca aperta. Si appoggiò leggermente al vetro, si era appena svegliato e la testa gli girava ancora un po. Le gambe stavano stranamente per cedere, ma pensò che fosse solo stanchezza.
"Hey!" Demi lo sorresse da dietro appena lo vide sbandare. "Ti ho preso, tranquillo"
"D-Demi" la chiamò girandosi, ritrovandosi difronte al suo meraviglioso viso. Anche appena sveglia era perfetta, pensò tra se e se. 
"Va meglio?" allargò leggermente la presa attorno al suo corpo senza nessun indumento.
"S-si, perchè ti sei svegliata? Stanotte non hai fatto altro che starmi dietro, avresti dovuto riposare." 
"Se quello che ho fatto ieri sera significa 'starti dietro', allora io amo starti dietro" gli disse mentre si avvicinò al divano per prendergli una maglia pulita "Vieni, ti aiuto a metterla" 
Si avvicinò e lo aiuto ad indossarla.
"Ti ritrovo sempre qui a guardare da questa finestra, ti piace cosi tanto?" gli chiese accarezzandogli il viso per vedere se fosse ancora caldo.
"Io amo ciò che si vede da qui. Per esempio, il cielo oggi è cosi scuro, eppure il panorama è stupendo." le disse indicando fuori dalla finestra, quasi come un bambino felice di aver visto un aquilone.
"Per esempio, tu hai una ferita proprio qui" gli disse lei, toccandogli la fronte "Sulla fronte, eppure sei stupendo lo stesso." 
A quella affermazione, sorrise abbassando lo sguardo imbarazzato.
"Ed il tuo sorriso è cosi bello, dovresti mostrarlo più spesso sai" si fermò ad ammirare il suo volto, sembrava fosse passato tanto tempo dall'ultima volta che l'aveva fatto. "Ah, ricordi quel mio amico che mi sta aiutando a trovare tua sorella?" gli chiese e lui annuì "Mi ha detto che voleva parlarti e sembrava urgente, gli ho detto di venire qui e dovrebbe arrivare a momenti. Spero non ti dia fastidio"
"N-no, certo che no" le rispose ed iniziò a chiedersi per quale motivo quel suo amico volesse parlare con lui. Il rumore dei suoi pensieri venne spazzato via dal bussare alla porta.
"Oh, questo deve essere lui, vado ad aprirgli" disse dirigendosi alla porta. "Vieni entra!" lo condusse alla stanza dov'era Andrew. 
"Mark, questo è Andrew, Andrew, Mark" disse presentandoli.
"Piacere di conoscerti Andrew!" disse stringendogli la mano.
"Piacere mio"
Lo sguardo del ragazzo aveva qualcosa di strano, Andrew riuscì a sentirlo anche se non lo conosceva.
"Beh credo che io debba lasciarvi soli, vado a vestirmi. A dopo."
"A dopo" le risposero loro in coro.
Demi lasciò la stanza e inspiegabilmente Andrew si sentì agitato.
"Sediamoci" lo invitò Mark "Demi mi ha parlato di te e della tua ricerca di tua sorella."
"S-si" annuì lui.
"E mi ha chiesto aiuto. Mi ha parlato di una certa Allison Scott, dico bene?"
Andrew esitò a rispondere, quel ragazzo aveva qualcosa di strano, quasi come se volesse avere la conferma di qualcosa.
"Si" annuì di nuovo.
"Beh ho fatto una ricerca su questo nome, e penso che Demi ti abbia fatto vedere alcuni risultati, no?"
"S-si, me li ha fatti vedere."
"Bene. Beh ieri sera ho provato a restringere il campo, ma nessuna di quelle ragazze con quel nome risulta avere problemi di riconoscimenti per quanto riguarda i genitori e comincio a pensare che questa sia tutta una cosa inventata."
Andrew spalancò gli occhi, aveva capito tutto.
"C-come?"
"Non so cosa tu voglia da Demi, non so se mi sbaglio a pensare che la tua sia solo una bugia, ma ti prego, non mentirle. E' mia amica e le voglio bene, non sopporterei di vederla soffrire ancora."


Spazio Autrice:
Seraa (?) Ma forse credo che sia un po' tardi ahah. Comunque, volevo davvero ringraziarvi per le meravigliose recensioni. Mi hanno fatto davvero felice perchè è molto importante per me sapere cosa pensate di come scrivo e soprattutto di cosa scrivo. Grazie, grazie e ancora grazie. Ho fatto il possibile per aggiornare oggi stesso e chiedo scusa se ho fatto un po' tardi. Spero davvero con tutto il cuore che vi piaccia. Buona lettura.

Baci.
TeenAngelita_92


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Capitolo 9
*** The truth. ***


Like a brother.
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9.
"N-no, no frena un attimo, io non le sto mentendo!" provò a difendersi cercando di non far notare la sua evidente agitazione. 
"Sono sicuro che nessuna di quelle ragazze con quel nome è tua sorella e ti do 2 giorni per pensarci e dirle tutto, non di più." Tutto il suo mondo iniziò a crollare proprio in quel preciso istante, la sola idea che lei potesse venire a sapere di tutto lo distruggeva, lo terrorizzava.
"Sai, ne ho incontrati ragazzi come te che vogliono farsela amica solo per interesse, non è la prima volta." continuò quasi con aria prepotente Mark.
"Cosa? Per interesse? Ma cosa stai dicendo?"
"Avanti, mi ha raccontato che siete diventati molto amici e che tu per lei sei molto importante. Non era quello che volevi?"
"Io spero che tu stia scherzando" gli rispose ridendo debolmente.
"Non sono mai stato più serio di cosi."
"Demi per te non è solo una amica, giusto?" gli chiese improvvisamente. 
Andrew si accorse subito che per Mark, Demi aveva una certa importanza e no, non come amica, ma molto di più e ne ebbe la conferma dal suo sguardo che seguì subito dopo la sua affermazione.
"Il mio rapporto con Demi non è affar tuo."
"Allora neanche il mio con lei è affar tuo. Sei arrivato qui, cosi spudoratamente, senza neanche un motivo valido, senza neanche sapere chi io sia, a insinuare che io le stessi mentendo per farmela amica."
"Credi davvero che ora io ti chieda scusa? So per certo che quello che sto dicendo è vero e credimi, se non sarai tu a dirglielo, lo farò io."
"Mi stai minacciando?"
"No, voglio solo che tu ti allontani da lei."
A quel punto, un miscuglio di rabbia e paura lo assalì.
"Allontanarmi da lei? E per quale motivo? Perchè me lo imponi tu?" Andrew si avvicinò con aria minacciosa, aveva davvero iniziato a stancarlo, iniziò ad averne abbastanza della sua prepotenza. 
"Eccomi!" quasi esultò Demi entrando ed Andrew subito si allontanò. "Allora Mark, ci sono possibilità di trovare sua sorella?" 
"Certo, ci vorrà un po' di tempo, ma la troveremo" le rispose mentre fulminò Andrew con lo sguardo.
"Ti ringrazio Mark" rispose lui facendo altrettanto. Sembrava quasi una guerra fatta solo di sguardi e Demi notò che qualcosa non andava.
"Tutto bene?" chiese stranita.
"Certo. Ora devo andare, ci sentiamo piccola" le disse Mark baciandole la testa.
"Va bene, ciao Mark"
Andrew si senti ribollire dentro. Piccola? Ci sentiamo? Ma chi si credeva di essere? Perchè le aveva baciato la testa? E perchè le aveva accarezzato leggermente la schiena? 
"Tutto bene Andrew?" gli chiese lei vedendolo strano.
"Levami una curiosità, Mark non prova solo amicizia per te, mi sbaglio?"
"No, un po' di tempo fa ci ha provato, ha detto che si era innamorato di me ma non credevo e tutt'ora non credo di amarlo, ne penso che possa piacermi."
Ora era tutto chiaro, Andrew stava chiaramente invadendo il suo "territorio" e non ci avrebbe messo molto a farlo sembrare un bugiardo ed un falso agli occhi di Demi, ed era proprio questo a fargli più paura. Lui non era un bugiardo ed un falso, lui stava solo cercando di essere felice, perchè doveva esserci sempre qualcosa a rovinare tutto?
"Devo tornare al mio hotel." disse lui facendo finta di non aver neanche sentito. Si avvicinò al divano e prese le sue poche cose.
"Hey, perchè sei diventato improvvisamente cosi freddo?" se ne era accorta, ma come non poteva? Andrew era chiaramente freddo e in un tipo come lui, dolce e timido, lo si notava subito. "Mi guardi un attimo negli occhi?" Gli prese il viso e lo porto il più vicino possibile al suo.
"Che succede?"
"Non succede niente, sono solo stanco e credo sia meglio andare." le disse ma con tutte le forze che aveva, cercò di evitare il suo sguardo.
"No, non mi stai ancora guardando."
"Andiamo Demi, lasciami!" provò ancora ma niente.
"Non ti lascerò fin quando non mi guarderai negli occhi."
No, non l'avrebbe fatto, sentiva che se i suoi occhi avessero incontrato quelli di lei, il desiderio di baciarla si sarebbe fatto risentire e lui non voleva, non poteva permetterselo, doveva controllarsi.
"D'accordo, ti sto guardando, ora mi lasci?" finalmente la guardò negli occhi, consapevole che se non l'avesse fatto, lei non l'avrebbe lasciato.
Rimasero in silenzio, a guardarsi, l'uno davanti all'altro. A che sarebbe servito parlare? A cosa sarebbero servite le parole in un momento come quello?
Lei gli sorrise annuendo mentre lui, come tanto temeva, rimase incantato dal suo meraviglioso sorriso. Si allontanò lentamente come aveva promesso, ma stavolta fu Andrew a non lasciarla andare.
"No, aspetta" sospirò e forse, troppo bruscamente, le strinse il braccio tirandola contro il suo corpo.
La baciò, si, fu lui a baciarla, fu lui ad aver bisogno di baciarla e non poteva farne a meno, ne aveva bisogno. Le prese il viso tra le mani mentre quel bacio per niente casto iniziato con tanta avidità, divenne mano a mano più lento, più dolce. La cercava cosi disperatamente: le sue mani cercavano disperatamente la sua pelle, la bocca cercava disperatamente la sua e il suo respiro si fece sempre più affannato, ma non voleva più respirare. Non voleva più farlo se questo avrebbe comportato di allontanarsi da lei. Sarebbe stato capace di morire per mancanza di ossigeno, ma non gli sarebbe servito a niente, aveva solo bisogno delle sue labbra. 
Lentamente spostò le mani sul suo collo arrivando alle spalle, abbassando le spalline della leggera maglia che stava indossando. Ora più che mai, voleva sentire la sua pelle, doveva sentire il meraviglioso calore che riusciva ad emanare. 
"A-Andrew" riuscì solo a dire lei sentendo un piccolo brivido percorrerle la schiena completamente nuda. La sua maglia era ormai finita sul freddo ed umido pavimento della stanza.
"Non so. quello. che. sto. facendo. ma. ne. ho. bisogno." le sussurrò lui alternando ad ogni bacio sul suo collo, una parola.
Anche lei aveva bisogno di sentire la sua pelle nuda, proprio come aveva fatto la prima volta, proprio li, davanti al camino della sua stanza, dove nessuno poteva vederli, nessuno poteva criticarli, nessuno poteva impedirgli di essere felici. Appoggiò le mani ai fianchi di Andrew e piano iniziò a sollevare la maglia che lei stessa, pochi istanti prima, l'aveva aiutato a mettersi. 
"D-Dio, Demi..." gemette lui stringendo gli occhi appena sentì sulla pelle leggermente fredda le sue labbra. Senza alcun preavviso, lei iniziò a baciargli lentamente il petto mandandolo nel paradiso più totale.
Andrew capì di aver superato ogni limite quando senti le sue mani poggiarsi su i fianchi e slegargli lentamente la cintura dei pantaloni.
"No, Demi, no." le disse fermandola. "Non posso, noi non... non possiamo!" si allontanò e lo stesso fece lei.
"Sc-scusa, non so che mi sia preso, io..."
"E' colpa mia, sono stato io a... a baciarti, non avrei dovuto farlo."
"Hai solo fatto ciò che sentivi"
"Io non posso sentire tutto questo..."
"Vorrei poterti chiedere il perchè, ma so che non me lo diresti."
Breathe me - Sia
Help, I have done it again 
I have been here many times before 
Hurt myself again today 
And, the worst part is there's no-one else to blame 
Be my friend 
Hold me, wrap me up 
Unfold me 
I am small 
I'm needy 
Warm me up 
And breathe me 

 
"Wow, bel posto" ammise Demi entrando. Andrew voleva a tutti i costi tornare al suo hotel, ma a lei non andava di lasciarlo solo, voleva conoscere il posto dove ormai viveva da mesi.
"Dici?" le chiese.
"Si, è piccolo ma abbastanza accogliente"
"Vorrei poterti dire 'accomodati' ma tra tutto questo disordine."
"Tranquillo" gli rispose ridendo. "E questa?" gli chiese indicandogli la busta dov'era la lettera di suo padre.
"Quella è... una lettera. L'ultima cosa che ha scritto mio padre prima di morire."
"Devi tenerci tanto..." gli disse guardandolo negli occhi.
"Non so più neanche io se sia felice o no che mi abbia lasciato quella lettera."
"Perchè dici questo? E' l'ultima cosa che ha voluto lasciarti prima di morire."
Già l'ultima cosa che aveva voluto lasciargli prima di morire, ma solo un mucchio di parole utili solo a creargli dubbi su dubbi a cui nessuna risposta che avrebbe potuto aiutarlo.
"Ti va di leggermela?" gli chiese improvvisamente ed Andrew restò in silenzio, senza sapere che cosa dirle. Si guardò le mani mentre senza accorgersene, stava stringendo quel semplicissimo pezzo di carta.
"Non l'ho mai letta a nessuno, l'ho sempre fatto da solo."
"Perchè non l'hai mai letta a nessuno?"
"Perchè ogni volta il ricordo di lui ritorna e... piango, si. Stupido vero? Non voglio che nessuno mi veda piangere."
"Cosi nessuno mai saprà di quanto stai male, nessuno potrà mai aiutarti."
"Non voglio aiuto, non ne ho bisogno"
"Per quanto tempo ancora continuerai a dirlo? Eh? Stai solo provando a convincere te stesso."
"Tutti muoiono, e tutti soffrono per la morte di qualcuno ma poi si riprendono e stanno meglio ed io non faccio la differenza. Starò bene anche io."
"Si, ma tutti hanno bisogno d'aiuto per superare il dolore."
"Io no."
"Sei cosi forte? Sei fatto di ferro?"
"Sono solo io, ho solo bisogno di tempo."
Demi restò a guardarlo, le piaceva cosi tanto farlo. 
"Vieni" gli prese la mano avvicinandolo al letto. Entrambi si stesero e Demi si strinse al suo corpo come se le fosse tanto mancato abbracciarlo, mentre lui iniziò ad accarezzarle i capelli.
"Riesci a farmi stare bene..."
"D-Demi, io non ti ho detto tutta la verità"


Spazio Autrice:
Seraaa. Spero come sempre di non aver fatto troppo tardi, oggi purtroppo avevo molti compiti. Anyway, spero con tutto il cuore che vi piaccia questo nuovo capitolo e come sempre vi ringrazio per le meravigliose recensioni. Buona lettura.
Baci.
TeenAngelita_92

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Capitolo 10
*** Believe me. ***


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10.
Quelle semplici parole uscirono dalla sua bocca senza alcun preavviso, neanche lui si era accorto di ciò che le aveva appena detto.
"Che vuoi dire?"
Il cuore iniziò a battergli troppo velocemente, il corpo a tremargli ed ogni minimo secondo che passava, la paura di perderla si raddoppiava. 
"C'è una cosa che non ti ho detto" continuò.
"Di cosa parli?" 
"Io non ho una sorella che si chiama Allison Scott" le rispose tutto d'un fiato. Si alzò bruscamente allontanandosi per respirare e trovare il coraggio per continuare. "Dio, non ho mai avuto una sorella con questo nome!"
"C-che significa questo? Tu non hai una sorella?" gli chiese e stavolta il suo tono non fu per niente gentile e comprensivo. Il pensiero che l'avesse completamente presa in giro, arrivò subito a sfiorarle la mente. 
"N-no, io ho una sorella, credimi, ho una sorella e sono mesi che la cerco, ma l'ho già trovata e non si chiama Allison." si voltò verso di lei con lo sguardo di qualcuno che la stesse supplicando. 
"A-aspetta, non capisco, allora perchè mi hai mentito? Che bisogno c'era di nascondermelo?"
Restò un attimo in silenzio, come per riordinare tutte le idee. 
"Ho abbracciato mia sorella, lo stretta a me come tanto desideravo, l'ho fatto Demi, ed è stata la cosa più bella di tutta la mia vita." le disse mentre i suoi occhi iniziarono a farsi lucidi.
"Maledizione, perchè mi stai dicendo questo? Perchè mi hai mentito? Perchè Andrew?" gli chiese alzando il volume di voce, in attesa di una spiegazione.
"Perchè ho baciato mia sorella." gli disse semplicemente, ed una lacrima varcò la soglia sul suo viso, iniziando il suo percorso verso il basso. "Perchè l'ho desiderata ed ancora ora la desidero!" nelle sue parole, un miscuglio di tristezza e rabbia si poteva benissimo sentire."Perchè ho accarezzato la sua pelle, perchè si è presa cura di me, nella sua stanza d'albergo, davanti ad un camino, mentre alla nostra destra una finestra ci mostrava l'intera realtà delle cose. Perchè mi sono sentito felice, per la prima volta, perchè io la amo."
Entrambi rimasero in silenzio, a guardarsi, senza dire niente, ma sta volta non era uno di quei loro dolci momenti. 
"Che significa questo, Andrew? C-che stai dicendo?" 
"S-sono tuo fratello." le disse mentre altre lacrime cominciarono a torturare il suo volto. 
Il solo suono di quelle parole, sembrò cancellare ogni cosa: ogni emozione, ogni sentimento, ogni più piccolo respiro condiviso. Non poteva essere vero, pensò subito lei, non poteva essere. 
"N-no, no d'accordo, se proprio volevi che tra noi non ci fosse niente, potevi benissimo dirmelo senza inventare cose del genere" rise debolmente lei.
Andrew si aspettava quella reazione, era ovvia.
"Per quanto mi piacerebbe aver inventato tutto, non l'ho fatto."
Lei restò ancora a guardarlo. Stava ridendo, si, ma in realtà stava morendo dentro. Non sapeva se crederci, se le stesse dicendo la verità, se l'avesse fatto solo per allontanarla. Non sapeva più niente, tutte le sue sicurezze crollarono in quel preciso istante. Un insieme di dubbi e domande iniziò a governare la sua mente. Che significava? Che stava succedendo? Perchè tutto cosi velocemente?
"Non... non può essere. Perchè mi stai dicendo queste cose? T-tu non puoi essere mio fratello."
Fin dall'inizio Andrew sapeva perfettamente che non ci avrebbe mai creduto, come avrebbe potuto? Era tutto cosi strano ed impossibile a tal punto che lui stesso ancora non ci credeva.
"Credimi, non ti sto mentendo." le disse e si avvicinò per accarezzarle il viso appena la vide tremante.
"N-no Andrew..." si allontanò bruscamente evitando la sua mano.
"T-ti prego, non andartene." 
La sua voce era rotta, straziante, rispecchiava meglio il suo stato d'animo. Si era preparato a quella reazione, si era preparato a perderla per sempre, si era preparato ad essere considerato un "pazzo", un bugiardo, un falso e quant'altro, ma ora che lo stava vivendo, ora che davanti ai suoi occhi la stava perdendo, non riusciva a non piangere, a non aver voglia di urlare e dirle qualunque cosa. 
"T-tu non.. non sei mio fratello, levatelo dalla testa d'accordo?" gli disse correndo verso la porta per andarsene.
"Facile cosi, vero?" le urlò lui con la disperata speranza di fermarla, di non permetterle di varcare la soglia della sua porta. "Facile ora far finta di niente! Far finta che io sia un bugiardo e ti stia prendendo in giro! Maledizione hai detto che ti fidavi di me, perchè non mi credi? Perchè dovrei mentirti? Cosa ci guadagnerei?"
Lei si fermò, si voltò ed il suo sguardo era completamente diverso. Non era la Demi che aveva conosciuto, non più. I suoi occhi sapevano tanto di lacrime trattenute, ricacciate dentro.
"Tu non sei mio fratello. Mi fidavo di te ma non riesco proprio a capire perchè tu abbia voluto rovinare tutto inventando una cosa del genere!"
"Dio! Non l'ho inventata! E' scritto in quella lettera, in quella maledettissima lettera! Era l'unica cosa a cui potevo aggrapparmi, tu sei l'unica cosa che possa salvarmi, la mia unica speranza!"
"Smettila! Smettila, ti prego! Perchè continui con questa scena?" gli urlò sorprendendo anche se stessa. "Perchè Andrew? Perchè?"
"Ricordi la prima volta che ci incontrammo? L'intervista? Ricordi? Ti chiesi cosa avresti fatto se da un momento all'altro, un ragazzo normale fosse venuto da te a dirti che era tuo fratello, e tu mi hai risposto che avresti indagato, che ti saresti informata e saresti andata infondo alla questione. Ora ti richiedo, che c'è di diverso in quello che sta succedendo in questo preciso istante? Non puoi informarti? Non puoi lasciarmi la possibilità di dimostrarti che è vero? Che non sono un pazzo?"
"T-tu non sai quello che dici."
"Sei confusa vero? Vorresti risposte che nessuno mai potrà darti. Mi ci sono sentito anche io cosi! Mi ci sento ogni dannato giorno e..." si fermò, avrebbe voluto prenderle la mano e stringergliela senza mai lasciarla ma non avrebbe retto un altro suo rifiuto, non ora.
"Ti prego, non andare via, non lasciarmi" quasi la supplicò.
"D-devo capire, ho... ho bisogno di stare da sola. A-Andrew non cercarmi, te lo chiedo per favore." gli rispose semplicemente e uscì chiudendosi la porta alle spalle. Anche sul suo viso le lacrime avevano già varcato la soglia, ma era riuscita a nasconderlo.
"R-resta..." sussurrò a se stesso fissando la porta ormai chiusa, quella porta che aveva portato via con se tutto ciò che ora aveva al mondo, tutto ciò di cui aveva bisogno, e sarebbe mai ritornata? Si strinse il viso tra le mani mentre la voglia di urlare iniziò crescere sempre di più.
"Perchè? Perchè?" gridò prendendo la tanto amata lettera di suo padre e accartocciandola. Con tanta violenza e rabbia la gettò via. "Perchè solo ora hai sentito il bisogno di dirmi tutto? Eh? Perchè non prima? Perchè solo ora, dannazione!" gridò ancora, come per rivolgersi a suo padre. Prese a pugni la parete della stanza come per liberarsi da tutto, liberarsi da tutta la rabbia, la tristezza, tutto, tutto ciò che aveva dentro. Lo fece con cosi tanta violenza, con cosi tanta forza che era impossibile riconoscerlo. Le sue mani ormai completamente rosse, iniziarono a sanguinare. Piccole ferite iniziarono ad espandersi sulla sua pelle e per quanto potessero bruciare, il dolore non avrebbe mai superato quello che stava già provando.
"Perchè?" continuò come se quella fosse l'unica sua più grande preoccupazione, come se avesse disperatamente bisogno di avere una risposta. Si sedette a terra, sul freddo pavimento della stanza, con la schiena contro la parete che pochi istanti prima aveva preso a pugni. 
Riprese a piangere, ma in effetti non aveva mai smesso, aveva solo dato più spazio al suo sfogo, ma ora che non aveva più niente da prendere a pugni, ora che le sue mani bruciavano come un fuoco, non poteva fare altro che piangere, solo questo.
A Drop In The Ocean - Ron Pope
It's just a drop in the ocean
A change in the weather
I was praying that you and me might end up together
It's like wishing for rain as I stand in the desert
But I'm holding you closer than most,
Cause you are my heaven
E' solo una goccia nell'oceano
un cambiamento nel tempo
pregavo affinchè io e te potessimo stare insieme
è come aspettare la pioggia stando in mezzo al deserto
ti tengo stretta, il più stretta possibile però
perchè tu sei il mio paradiso



Erano ormai giorni, forse settimane che non usciva da quella stanza. Erano giorni che la finestra era diventata la sua unica fonte di luce. Erano giorni che quel tanto rumoroso silenzio era ormai diventato il suo unico amico. Era solo un lento spostamento tra letto e pavimento mentre le ore scorrevano via veloci. Mentre lei non era ancora tornata, mentre lei non voleva più saperne di lui, mentre tutto il mondo fuori da quelle quattro mura ancora continuava, ma lui si era fermato li, si era fermato a quella stessa sera, quella in cui tutto ciò che aveva al mondo era sparito, cancellato, quasi come un insignificante scritta a matita cancellata da una gomma. 
E ancora si chiedeva se si sarebbe rialzato, se fosse riuscito ad uscire da quella terribile stanza che gli riportava alla mentre troppi ricordi per niente convenienti. Ancora si chiedeva se lei fosse tornata e non per dirgli addio, no, non lo avrebbe sopportato. 
Le sue mani erano ancora sporche di sangue, ferite che ancora bruciavano e forse non avrebbero mai smesso. 
Lo squillo del suo cellulare lo fece sobbalzare. "Demi" pensò subito, ma per averne la conferma doveva rispondere.
"Pronto!" rispose con voce tremante, sperava tanto che fosse lei.
"Hey Andrew, sono Mattew!"
"Mattew..." ripetè deluso.
"Tutto bene? E' da un po' che sei sparito dalla circolazione."
"Tutto bene, semplicemente esco molto poco."
"Beh allora preparati perchè stasera voglio che tu venga con me."
Uscire? No, non ne aveva alcuna voglia.
"No, Mattew non credo che..."
"Aspetta aspetta prima di rispondere. Mi hanno invitano ad un locale poco lontano da cui. Mi hanno detto che è stato e ancora è molto frequentato da grandi star."
"Vuoi intervistare qualcuno per caso?" gli chiese leggermente seccato.
"No, semplicemente voglio che tu mi accompagni, potremmo divertirci e magari se la fortuna e dalla nostra parte, potremmo incontrare qualcuno di importante."
"Mattew non è proprio il momento..."
"Andrew sai che ormai mi sono affezionato a te e di certo non ti lascio a deprimerti da solo, in una stanza d'albergo come secondo me stai facendo proprio ora. Avanti hai quasi 20! Devi divertirti! Approfittane!"
Quelle parole riuscirono quasi a convincerlo, dopotutto era vero. Era stato già fin troppo tempo a piangersi addosso in quella stanza. Sicuramente lei aveva già dimenticato tutto, aveva già dimenticato lui, i loro baci, le loro carezze... Ma si, ne valeva davvero la pena stare male quando lei non ci pensava minimamente? 
"D'accordo Mattew, mi hai convinto."
"Grande! Sapevo che avresti accettato! Preparati, vengo a prenderti per le 8:00. Ti voglio allegro, chiaro?"
"Non esagerare però." gli rispose ridendo debolmente.
"Ma che esagerare! Stasera dobbiamo divertirci, devi divertirti"
"D'accordo. A dopo."
"A dopo"
Riattaccò e guardò l'orologio. Erano le 7:15, aveva tutto il tempo per preparasi. Anche se voglia di divertirsi non ne aveva, voleva comunque uscire. Aveva bisogno di distrarsi, di pensare ad altro altrimenti non avrebbe fatto altro che continuare a distruggersi.
Si vestì, indossando un semplice completo: camicia di jeans, semplici jeans e Vans nere. Non era mai stai bravo ad abbinare abiti, ma soprattutto ora, non aveva alcuna voglia di perdere tempo. Cercò invano di aggiustare la sua ribelle chioma bionda ed infine, mise solo un po' di profumo che usava molto, molto raramente.
- Andrew, sono quì sotto, scendi -
Un messaggio fece vibrare il suo cellulare, era Mattew che lo avvertiva che lo stava aspettando. Si guardò un ultima volta allo specchio, solo per respirare profondamente e ragionare.
"Lei non c'è, non c'è Andrew!" si disse sospirando e aggiustandosi il colletto del cappotto.
Uscì chiudendosi la porta alle spalle e si diresse all'auto di Mattew.
"Hey, finalmente eh?" gli disse lui vedendolo entrare.
"Scusa, avevo bisogno di ricontrollare un po' di cose."
"Non preoccuparti, abbiamo l'intera sera davanti." mentre continuava a parlargli, si accorse delle sue mani, il rossore e le ferite erano troppo evidenti per essere nascoste ed Andrew se ne era completamente dimenticato.
"Hey, che hai fatto alle mani?"
"Oh" si accorse guardandosele "Niente, sono caduto e distrattamente ho strofinato le mani"
Era una scusa troppo stupida, e Mattew se ne era chiaramente accorto, ma non gli chiese altro, non voleva rovinargli la serata. Partirono e durante tutto il viaggio, immagini di Demi e piccoli flashback dei momenti passati insieme, continuarono ininterrottamente a passargli davanti agli occhi.
"Eccoci" lo avvertì mentre davanti a loro, una grande insegna e luci neon si accendevano e spegnevano. "Andiamo"
Uscirono e si diressero all'entrata. Andrew si sentì improvvisamente inadatto, come si era sempre sentito. Non gli piacevano i posti cosi rumorosi dove la musica era capace di rompere i timpani, lui preferiva la tranquillità.
"Hey! Vai a prendere qualcosa al bar, io ti raggiungo dopo" gli disse Mattew urlando per farsi sentire.
"D'accordo" fece lui altrettanto.
Si diresse al bar dove quasi una trentina di persone, se non di più stavano sedute a bere. Si avvicinò, stava per aprire la bocca ed ordinare quando voltandosi verso destra, vide qualcosa che non avrebbe mai voluto vedere, anzi, qualcuno. 
Erano Demi e Mark. 

Spazio Autrice:
Yee, finalmente ho postato il nuovo capitolo ahah. Scusatemi se non ho aggiornato ieri, ma l'ho scritto praticamente in due giorni, pezzetto per pezzetto tra compiti e pagine da studiare di Economia ahah. Spero con tutto il cuore che vi piaccia e come sempre, vi ringrazio infinitamente per le meravigliose recensione. Buona lettura.
Un bacio.
TeenAngelita_92

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Capitolo 11
*** Don't run away. ***


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11.
Continuò a fissarli mentre il cuore gli saltò letteralmente in gola, e non capiva se era a causa di Demi o per il fatto che ci fosse anche Mark con lei. 
"Vuoi ordinare qualcosa?" chiese il bar man accorgendosi di lui. "Amico, tutto ok?" gli chiese ancora non avendo ricevuto nessuna risposta. 
"I-io... n-no, grazie" rispose scuotendo la testa quasi per cancellare dalla sua mente quell'immagine di loro due. 
"Sicuro?"
I suoi occhi erano ancora fissi su di loro, mentre le mani avevano già iniziato a tremare, ma questa volta non era paura, era rabbia. 
"No aspetta, ho cambiato idea" 
"Bene, allora cosa posso portarti?"
"Qualunque cosa, mi basta che sia forte" gli rispose subito.
"Arrivo"
Andrew non era mai stato il tipico ragazzo da alcool, ne tanto meno aveva mai bevuto, ma in quel momento non gli importava molto in realtà. Avrebbe bevuto qualunque cosa, qualunque cosa che fosse stata capace di fargli dimenticare tutto, di farlo distrarre. 
"Ecco a te" disse l'uomo porgendogli un bicchiere. Lo bevve senza neanche prestare attenzione a cosa fosse, i suoi occhi stavano ancora fissando Demi e Mark e di certo non era un'allucinazione. 
"Dio!" esclamò strizzando gli occhi quando un sapore leggermente amaro gli invase la bocca. 
"Quanto ti devo?" gli chiese poi riprendendosi. 
"Niente, offre la casa" gli rispose sorridendogli e lui lo ringraziò. 
Lei ora stava sorridendo, si accorse lui. Stava sorridendo come tanto faceva quando erano insieme, quando le loro labbra si toccavano, quando un semplice sguardo bastava più di mille parole. Stava sorridendo quasi come se non fosse successo niente, come se fosse davvero solo lui il pazzo che ancora pensava alla lettera di suo padre, che ancora pensava che lei fosse sua sorella. Lei ancora sorrideva e non era quello a fargli più male, no, il suo sorriso era la cosa più meravigliosa che potesse capitargli in quel giorno cosi cupo e triste che dopo tempo aveva desiderato vedere. Lei ancora sorrideva, ma la causa del suo sorriso non era lui, era evidentemente Mark. 
Demi ben presto si accorse della sua presenza, ed era impossibile evitarlo. Li stava fissando e neanche lui ne capiva il perchè, neanche lui capiva perchè il suo corpo non volesse più reagire, perchè le sue gambe non si muovessero da quel maledetto locale per andare via. 
"Andrew" sussurrò lei a se stessa, quasi per non farlo sentire a Mark.
Ora i loro sguardi si erano incrociati, ma Andrew aveva promesso a se stesso che non ci sarebbe caduto ancora, che non avrebbe ceduto a quella dannata voglia di sentire il suo profumo, di abbracciarla e accarezzare la sua pelle.
La guardò per qualche secondo per poi abbassare lo sguardo e andare via, quasi correndo. Si, inspiegabilmente trovò il coraggio di farlo e Demi lo seguì con gli occhi. 
"Perchè sono venuto! Perchè!" continuò a ripetersi sottovoce mentre raggiungeva il parcheggio. Si fermò all'auto di Mattew e tutta una serie di pensieri e dubbi iniziarono a torturargli la mente. Sicuramente Mark aveva approfittato di quei giorni in cui non si erano più sentiti, aveva approfittato del fatto che Demi non voleva più saperne di lui. Il solo pensiero che forse fosse stato proprio Mark ad allontanarli, lo fece ribollire dentro. 
"L'avrà baciata... l'avrà accarezzata per... per compatirla e..." sul suo volto si creò una smorfia di totale disgusto "Dio!" continuò stringendosi il viso tra le mani. La rabbia che fino a quel momento, dopo giorni e giorni, si era nascosta in un piccolo angolino dentro il suo animo, si fece risentire. Tirò forte un pugno contro il piccolo muretto proprio davanti a lui, si era completamente dimenticato delle già dolorose ferite. 
"Ahm" gemette per il dolore, il sangue aveva ricominciato a gocciolare con estrema lentezza. 
"Andrew" una voce tranquilla e controllata lo chiamò da dietro. Pensò subito a Demi, ormai era la prima che ogni volta gli veniva in mente, ma perchè dovrebbe essere stata proprio lei a chiamarlo? Pensò. Potrebbe essere stato chiunque.
Si girò e tutti i suoi precedenti pensieri vennero spazzati via come fumo al vento. Era proprio lei, Demi. Il suo meraviglioso volto, i suoi occhi, la sua bocca. Gli erano mancati, gli era mancato vederla, sentire il dolce suono della sua voce.
"Perchè non mi guardi?" gli chiese appena si accorse che lui aveva abbassato lo sguardo nascondendosi le mani all'interno delle maniche della giacca. "Sono sempre io.." continuò.
"Perchè mi hai seguito?" gli chiese facendo finta di non aver sentito niente.
"Sono qui, che ti importa se ti ho seguito?"
"Hai detto tu stessa che non dovevo provare a cercarti e credimi non l'ho fatto, questa è solo stata una coincidenza. Ritorna da Mark, ti starà cercando."
"C-cosa?"
"Vattene Demi." gli disse con estrema freddezza. Non voleva dirle quelle cose, e per quanto lo stesse facendo, odiava doverlo fare, ma non voleva dover piangere ancora quando a lei non importava più niente.
"N-no Andrew, non voglio andarmene." si avvicinò a lui alzando lentamente una mano, forse con l'intenzione di accarezzargli il viso.
"Va via, vattene" continuò lui allontanandosi, cercando di evitarla. 
"Sei arrabbiato perchè ti ho lasciato, vero? Perchè credi io non abbia più pensato a te, giusto?"
"Non voglio più ascoltarti, va via."
"Non ho smesso un solo secondo, un solo giorno di pensare a te. Non ho mai smesso di desiderarti, di desiderare le tue labbra..."
"E' stato lui a farti tornare a sorridere, vero? E' stato lui a baciarti al posto mio... Ah, Dio ma certo che è stato lui!" nelle sue parole si sentì una punta di gelosia. Si, era suo fratello, ma l'amava, come avrebbe potuto far finta di niente?
"Andrew ma che stai dicendo?"
"E' stato lui a prendere il mio posto, non è cosi?" continuò e stavolta alzò lo sguardo. Sembrava che avesse completamente dimenticato di essere suo fratello, parlava quasi come un fidanzato geloso, come se lei fosse sempre stata sua... ma lei non lo è mai stata.
"Di cosa stai parlando?" rise debolmente lei incredula. "Non ho più permesso a nessuno di toccarmi come tu hai fatto! Ne tanto meno a lui! Non ho più permesso a nessuno di baciarmi come hai fatto tu..."
"Perchè sei andata via allora? Perchè non mi hai più chiamato o semplicemente cercato?" la sua voce ora sembrava disperata, bisognosa di una spiegazione, di una risposta. 
"Come potevo farlo? Mi avevi appena detto di essere mio fratello ed io invece ti amo! Non sono riuscita a crederci ed anche se io l'avessi fatto, come avrei cancellato per sempre i sentimenti che avevo e che ancora ho per te? Io non sono capace a far finta che non esistano!" gli rispose lei tutto d'un fiato.
"C-cosa hai detto?" gli chiese incredulo dopo averla ascoltata.
"Ho detto che ti amo! Dio, si! E se non ti ho più cercato è stato perchè non volevo vederti! Perchè ogni maledetta volta avrei avuto bisogno di baciarti, stringerti a me e non lasciarti più... ma non potevo e neanche ora posso più farlo!"
"C-credimi, io non ti ho mentito..."
"T-tu non puoi essere mio fratello."
Successe ancora, di nuovo. Bastarono quelle poche parole a distruggerlo. Si sentiva un pazzo ora, che nessuno voleva credergli. 
"Io non sono pazzo! Io non sono pazzo!" iniziò a dire disperatamente, mentre con le mani si stringeva il viso. 
"Andrew!" Si avvicinò subito a lui abbracciandolo.
"Lasciami! Lasciami!" oppose resistenza contro di lei, cercò di allontanarla ma non ne aveva la forza, quella ormai era esaurita, andata perduta tutte quelle maledetti notti in cui non era riuscito a dormire, quei momenti in cui dalla rabbia prendeva a pugni la parete della sua stanza. Ma lei lo strinse forte, non aveva nessuna intenzione di lasciarlo, di lasciare che si facesse ancora del male. Non sapeva ancora se credere o no a quella parentela, se credere che tutto fosse vero, ma ora non voleva pensarci, voleva solo stare con lui.
"Tu non sei pazzo, tu sei Andrew, il mio Andrew." gli sussurrò lei in un orecchio lasciandogli piccoli, leggeri e lenti baci sul lato del viso. 
"Io non sono pazzo" continuò sottovoce lui, il suo respiro era affannato.
"Tu non sei pazzo" stavolta avvicinò il viso il più vicino possibile al suo.
"No... non lo sono."
"No, non lo sei."
Continuavano a ripetere quelle semplici quattro parole, mentre i loro respiri caldi e pesanti si facevano sempre più vicini, mentre loro erano sempre più vicini, mentre tutto intorno a loro moriva ancora una volta in quel silenzio, tanto odiato e amato silenzio.
"L-le tue mani... sanguinano" gli sussurrò debolmente con il fiato corto, accorgendosi delle ferite.
"Non mi fanno male se tu sei qui con me" rispose sottovoce. "Credimi, non sono pazzo."
"Non. sei. pazzo." continuò a sussurrargli lei alternando ad ogni parola un bacio. Si, le loro labbra si erano incontrate ancora, dopo tempo. Il cuore di Andrew aveva ripreso a battere ed i suoi occhi a sorridere. Lei gli prese il viso tra le mani unendo perfettamente le loro bocche. 
Skinny Love - Birdy
I tell my love to wreck it all
Cut out all the ropes and let me fall
My, my, my, my, my, my, my, my
Right in this moment this order's tall
...
And I told you to be patient
And I told you to be fine
And I told you to be balanced
And I told you to be kind
And Now all your love is wasted
And Then who the hell was I?
And I'm breaking at the britches
And at the end of all your lines
Who will love you?
Who will fight?
Who will fall far behind?

Ed ora si sarebbero fermati? Ora avrebbero dato ascolto alla ragione? Alla realtà delle cose? Ora avrebbero distrutto tutto per non sbagliare? Per non pentirsi di qualcosa? 
Ora sarebbero riusciti a non desiderarsi? Ora sarebbero riusciti a dimenticare tutto? Ora sarebbero riusciti a spezzare la corda che con tanta insistenza li teneva ancora uniti, buttandosi tutto alle spalle? 
No, loro erano ancora li, desiderosi di sentirsi, desiderosi di scoprire fino a dove sarebbero arrivati, fino a dove poteva arrivare il loro coraggio, fino a dove le loro mani, bisognose di accarezzare ogni angolo della pelle, si fossero fermate. Le loro labbra non accennavano a staccarsi, neanche per respirare. I loro corpi non sarebbero mai riusciti ad allontanarsi, non ora, non più. 
Istintivamente, Andrew la spinse dolcemente contro la macchina poco lontano da loro. Le sue labbra si spostarono lentamente verso l'angolo della sua bocca, poi al mento, e poi al collo e... poi? E poi non si sarebbe più fermato, ne era sicuro. Troppo tempo era stato senza di lei, troppo tempo senza la sua bocca, senza il suo respiro caldo sulla pelle, senza tutte quelle volte in cui pronunciava il suo nome gemendo. Senza le sue mani sui fianchi, senza i suoi baci sul petto capaci di mandarlo nel paradiso più totale. Troppo tempo era stato senza la sua unica speranza di vita, senza la sua salvezza.
Demi inarcò la schiena per dargli più facile accesso, ma non ce ne fu bisogno. Lentamente una sua mano scese verso il basso, percorrendo la sua perfetta curva. Superò il bordo dello splendido vestito che indossava, fino al ginocchio, ma per quanto potesse essere bello, in un momento come quello, non gli piaceva molto. Lei alzò una gamba attirandolo a se e lui, lasciò scivolare la gonna sotto la sua mano accarezzando la sua pelle nuda, avendone il completo accesso. La sentì rabbrividire letteralmente sotto il suo tocco e ciò non fece altro che incoraggiarlo.
"D-Dio... le tue mani..." gemette piegando la testa all'indietro mentre lui ne approfittò per riprende a baciarle il collo. 
"Demi! Sei qui?"
Tutta quell'atmosfera di pura passione e desiderio, venne completamente spezzata da una voce. La realtà delle cose arrivò a loro quasi come un schiaffo, uno di quelli pesanti.
D'istinto Andrew si fermò riprendendo a respirare contro le sue labbra.
"Chiunque sia. ti prego. non scappare via. non voglio perderti. ancora" gli sussurrò lei e ad ogni parola si alternava un respiro disperatamente bisognoso di baciarlo di nuovo, di sentire le sue mani sulla pelle, di ricominciare tutto da capo.
Lui annuì allontanandosi lentamente prima che entrambi capissero che la voce che li aveva appena interrotti, era di Mark.

Spazio Autrice:
Sono tornata a rompere le scatolee (?) ahah, non fateci caso. Anyway, nuovo capitolo. Credo di essermi impegnata più delle altre volte in questo capitolo, anche se non credo di essere andata bene... mah, me lo sento. Devo ringraziarvi come ogni volta di tutte le magnifiche recensioni, non sapete quanto mi facciano felice. Spero vi piaccia. Buona lettura.
Un bacio.
TeenAngelita_92


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Capitolo 12
*** Gravity. ***


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12.
"Hey Demi, finalmente ti ho trovat.." iniziò Mark, ma le ultime lettere gli morirono in bocca quando accanto a lei vide Andrew.
"Mark..." rispose debolmente lei, ma lui la fermò.
"E lui che ci fa qui? Ti ha seguita?" le chiese, quasi come se fosse pronto a screditarlo davanti a lei.
"No Mark, è stato un caso, avevo bisogno di parlargli."
"Di cosa devi parlargli ancora? E' solo un pazzo bugiardo, come fai a fidarti di ciò che dice?"
Andrew, che fino al solo suono di quelle parole era riuscito a controllarsi, alzò di scatto lo sguardo. No, ora non sarebbe rimasto li, immobile, senza fare niente, continuando ad ascoltare le sue insinuazioni.
"Tu non sai niente di me! Niente!" cercò di avvicinarsi ma Demi gli andò davanti fermandolo.
"No Andrew, guardarmi. Tu non lo sei, credimi, non lo sei" gli sussurrò tenendo la fronte premuta contro la sua, come per coprire la visuale di Mark. Il suo respiro veloce e affannato, il tremolio delle sue labbra, lei se ne accorse subito. 
"Gli credi, vero? Ah, lo sapevo! E' riuscito a farti innamorare, come voleva."
"Mark, smettila maledizione!" gli urlò tenendo ancora il volto di Andrew tra le mani.
"Sto solo cercando di salvarti da un'altra delusione! Lui non ti ama, lo fa solo per interesse!"
"D-Demi..." le sussurrò lui, con l'intenzione di spostarla.
"Andrew, guardami."
"Avanti, non è stato di certo lui ad abbracciarti quando ne hai avuto bisogno! Non è stato lui a raccogliere le tue lacrime quando tu hai pianto, e per chi? Per lui! Sono stato io!"
Andrew spalancò gli occhi. Si accorse che quelli che precedentemente erano stati solo suoi pensieri, paure e filmini mentali, ora erano realtà, o almeno lo erano stati in quei giorni in cui non si erano più sentiti.
La guardò negli occhi come per chiederle la conferma di ciò che aveva appena detto Mark, come a volerlo sentire dalla sua bocca, dalla sua voce. Il solo pensiero che qualcun altro l'avesse abbracciata o accarezzata, il pensiero che qualcun altro fosse riuscito a farla stare bene al posto suo, il pensiero che forse fosse lui la causa delle sue lacrime. 
"E' la verità?" riuscì a chiederle mentre lasciò cadere una lacrima lungo il viso.
Lei lo guardò senza dire niente, le sue mani erano ancora strette al suo viso, quasi come a non volerlo perdere, a non volerlo far scappare. 
"Avanti! Diglielo che sono stato io a stringerti forte e a farti stare bene!" continuò Mark.
Andrew strinse le labbra, ormai bagnate dalle lacrime che iniziarono a moltiplicarsi. Sul suo viso si creò una smorfia di dolore, ma non era dolore fisico, era ben altro. Afferrò le mani di Demi allontanandole bruscamente dal suo volto, per poi allontanarsi completamente da lei.
"No Andrew..." gli sussurrò silenziosamente quando la fronte si staccò dalla sua. 
"Ed ora te ne vai? La cosa più facile da fare, vero? Se davvero tu tenessi a lei, non te ne andresti."
"Mark, basta!"
Lo stava chiaramente provocando, ma perchè? Per quale motivo? Cosa ci avrebbe guadagnato a farlo arrabbiare?
"Tu non lo sai, tu non sai niente" gli rispose con voce controllata lui, era di spalle.
"Io so abbastanza per poter dire che non sei altro che un falso e bugiardo."
Perchè continuava a ripeterlo? E perchè faceva cosi male sentirselo dire? Perchè ogni singola lettera di quelle due parole sembrava come una coltellata al petto?
Andrew si girò di scatto dirigendosi verso di lui, non sembrava avere buone intenzioni. Gli afferrò il colletto della giacca e mai come quella volta, la rabbia prese il totale controllo del suo corpo, non era mai successo, mai. 
"Tu non sai niente! Niente!" gli disse scandendo lentamente parola per parola.
"Allontanati da lei e questa volta non è una richiesta, è una minaccia!" 
Di scatto, Mark lo allontanò colpendolo con un pugno, proprio nell'angolo della bocca. 
"Andrew!" Demi si avvicinò a lui, ormai caduto in ginocchio per il dolore lancinante al viso. 
"Questo è solo un avviso" gli urlò ancora lui. 
Andrew cercò di rialzarsi per reagire, sarebbe quasi scoppiato, lo sentiva. Sentiva il viso bruciare, e le mani fremere dalla rabbia. Si stupì di se stesso, quello non era lui, quello non era il vero Andrew, non lo era mai stato. Demi ancora una volta cercò di fermarlo, con l'unico modo che aveva: abbracciarlo e stringerlo forte. 
"Andrew! Fermati! Non dargli ascolto!" gli disse, affondando completamente il viso nell'incavo tra il collo e la spalla, mentre con le braccia cercò di circondargli il corpo.
"Ed ora che c'è? Ti fai trattenere da una donna?"
"Vattene Mark! Va via ora!" gli gridò lei.
Andrew stava ancora cercando di liberarsi dalle braccia Demi e sarebbe stato semplice farlo, ma non voleva fare del male, non voleva mettere in mezzo anche lei in quella stupida lite.
"Avanti reagisci! E' con me che sei arrabbiato no? Avanti!" continuò Mark, quasi come a volerlo invogliare a picchiarlo. 
"Andrew! Andrew ti prego, guardami!" gli disse ancora lei mentre i loro respiri erano lontani un niente. "Io sono qui, non ti lascio! Sta solo cercando di provocarti. Io non ti lascio, sono qui!" cercando di controllare il suo respiro, Demi gli sussurrò ogni parola con più tranquillità e calma possibile, con la disperata speranza che non facesse una pazzia, non ora. 
"Io la amo! Dannazione la amo e tu non sai niente! Tu non sai niente di me!" Consapevole che non avrebbe più potuto reagire, Andrew decise di gridargli quelle semplici parole che in se racchiudevano tante, forse troppe cose.
Demi lo strinse ancora più forte mentre Mark iniziò ad allontanarsi lentamente, per poi scomparire nel più totale buio della notte. 
"Io la amo! La amo!" continuò a gridargli e ad ogni grido, il petto si svuotava, quasi come una liberazione.
"Shh, va tutto bene, è andato via, è andato via." gli sussurrò lei avvicinando le loro labbra. 
"I-io ti amo" le disse quasi disperato, bisognoso di essere creduto, di essere capito, almeno da lei.
"Anch'io, anch'io amore mio" gli rispose sorridendo contro le sue labbra per poi baciargli dolcemente la fronte. Per la prima volta, l'aveva chiamato "Amore mio". Per la prima volta, aveva sentito il bisogno di chiamarlo cosi, aveva sentito il bisogno di credere che lui fosse suo, che gli appartenesse, che lui fosse l'unica cosa di cui aveva bisogno per vivere.
"Torniamo a casa, solo io e te, nessun altro" gli disse infine lei stringendogli la mano.  
 Gravity - Sara Bareilles
Something always brings me back to you.
It never takes too long.
No matter what I say or do, I still feel you here ’till the moment I’m gone.
You hold me without touch.
You keep me without chains.
I never wanted anything so much than to drown in your love and not feel your rain.
Set me free, leave me be. I don’t want to fall another moment into your gravity.
Here I am and I stand so tall, just the way I’m supposed to be.
But you’re on to me and all over me.
You loved me ’cause I’m fragile.
When I thought that I was strong.
But you touch me for a little while and all my fragile strength is gone.

Qualcosa mi riporta sempre indietro da te
Non ci vuole mai troppo tempo
Non importa quel che dico o faccio, sento ancora che sei qui fino a quando non me ne vado
Mi stringi senza toccarmi
Mi trattieni senza catene
Non ho mai voluto niente così tanto come voglio annegare nel tuo amore 
senza sentire la tua pioggia.
Lasciami libera, lasciami stare. Non voglio cadere un altro momento nella tua gravità
Sono qui e resto a testa alta proprio come ci si aspetta da me
Ma tu mi hai scoperta e sei ovunque intorno a me
Mi hai amata perché sono fragile
Mentre pensavo di essere forte
Ma tu mi tocchi per un istante e tutta la mia fragile forza se n’è andata.



Quella sera, Demi decise di portarlo al suo hotel, con lei. Non voleva lasciarlo solo ma forse non era solo per quello. Desiderava tanto stare con lui, tenersi stretta al suo corpo, tra le sue braccia, perchè non avrebbe potuto? Si chiese tra se e se. Andrew scrisse un breve messaggio a Mattew per avvisarlo che era stanco ed era tornato a casa con un taxi.
Per tutto il tragitto in auto, non avevano smesso un solo attimo di tenersi la mano, neanche una volta arrivati.
"Vieni" gli sorrise lei aprendo la porta.
Andrew entrò lentamente, guardandosi intorno. Stavolta rispetto alla prima volta che aveva visto quel posto, non era agitato, ne ansioso. Si ricordò di quei due giorni passati li, davanti al quel camino che tanto amava ed accanto a quella finestra che non smetteva un solo attimo di guardare. "Con lei" pensò. Quei due giorni passati con lei tra le sue braccia, mentre tutto fuori non aveva più importanza, mentre intorno a loro l'unico rumore che potevano sentire, era lo scoppiettio della legna sul fuoco e magari i battiti dei loro cuori, nient'altro. Gli era mancato tutto questo, gli era davvero mancato. Inevitabilmente si diresse alla sua "stanza preferita" per avvicinarsi alla grande e meravigliosa finestra che tanto amava, quasi come un bambino attratto dal suo giocattolo preferito.
Demi, vedendolo, non potè fare a meno di sorridere. 
Lui appoggiò leggermente le mani al freddo vetro che lo divideva da quel meraviglioso panorama, quella meravigliosa realtà. Il suo sguardo sembrava cosi perso tra tutti quei palazzi e quelle luci che mano mano andavano diffondendosi nel nero della notte.
"Ti piace davvero cosi tanto?" gli chiese le abbracciandolo da dietro.
Andrew, accorgendosene, le strinse istintivamente le mani posizionate sul suo ventre.
"Mi è mancato questo posto."
"Solo questo posto?" gli chiese e lui si girò ritrovandosi faccia a faccia.
"Mi è mancato anche quel camino, e la sua luce che illuminava il tuo corpo. Mi è mancato quel divano e quando mi sono ritrovato tra le tue braccia. Mi è mancata questa finestra perchè è stato proprio qui che mi hai sorriso."
"Quindi ti è mancato questo posto ed i momenti che hai passato qui. E... altro?" annuì lei sorridendo. 
"Mi è mancato questo" disse accarezzandole il viso "e poi questo" con un dito tracciò i contorni delle sue labbra facendole chiudere gli occhi "e poi ancora questo" la sua mano scivolò lentamente sul collo facendola gemere "e questo" avvicinò le labbra lasciandole piccoli baci delicati su ogni più piccolo angolo della sua pelle. 
"D-Demi, io..." ritornò alle sue labbra con l'intenzione di spiegarle tutto, spiegarle della lettera di suo padre, della parentela e di tante altre cose che fino a quel momento non era riuscito a dirgli.
"Shh, no." lei lo fermò poggiandogli delicatamente una mano sulla bocca. "Non voglio sapere niente, non voglio che tu mi dica niente, non ora, non stasera. Voglio solo che tu mi stringa forte tra le braccia, solo questo, ti prego" gli disse quasi supplicandolo e lui, accolse la sua supplica.
L'abbracciò forte, la strinse tra le sue braccia proprio come gli aveva chiesto. A pensarci bene, neanche lui voleva rovinare quel momento, neanche lui voleva ricominciare a parlare di "tutto", quel "tutto" che comprendeva troppe cose in realtà.
"D-Dio... ti prego, non lasciarmi, non voglio dover vivere in un altro posto che non siano le tue braccia." gli disse affondando completamente il viso nel suo petto. 
"Non lo farò, te lo prometto" le baciò piano la testa, respirando il suo magnifico profumo. "Non lo farò amore mio"
Anche lui l'aveva fatto, anche lui l'aveva chiamata "Amore mio", anche lui ne aveva sentito il bisogno. Ora più che mai si appartenevano, l'uno all'altra, e sentivano che niente e nessuno avrebbe potuto allontanarli di nuovo. 
"Vieni, hai il labbro che ti sanguina" gli prese la mano e lo fece sedere sul divano. "Vado a prendere qualcosa, arrivo subito" gli disse e lui annui.
Quando la vide sparire dietro la porta, Andrew si controllò velocemente le mani. Anche quelle profonde ferite sulla avevano ripreso a sanguinare, ma pensò che forse sarebbe riuscito a nasconderle sotto le maniche della camicia. Le tirò sotto il leggero tessuto quando senti dei passi farsi sempre più vicini, era lei.
"Eccomi" gli sorrise e si sedette accanto a lui. Aveva portato un piccolo batuffolo di ovatta, del disinfettante ed un del ghiaccio con se. "Vediamo" gli prese il viso con le mani per controllare. "E' cosi gonfio" lo avvertì lei. Prese una piccola quantità di ghiaccio avvolgendolo in un fazzoletto di stoffa per adagiarlo sull'angolo della sua bocca.
"P-piano" le disse sentendo un piccolo dolore.
"Scusa" gli accarezzò il viso.
"E' la seconda volta che ti predi cura di me. Sto iniziando seriamente a pensare che tu non sia una cantante, ma un'infermiera." le disse ridendo. "Ahi"
"Non ridere, altrimenti ti farà più male" lo avvisò ridendo a sua volta "Comunque mi dispiace per lo stupido comportamento di Mark, da quando lo conosco non ha mai fatto una cosa del genere e non riesco ancora a capirne il perchè"
"Perchè ti ama"
"Non dire stupidaggini, tempo fa gli ho chiaramente detto che per me era solo un amico"
"Lui per te, ma non tu per lui."
"Vuoi dire che è geloso di te?"
"Lo sarei anche io al solo pensare che qualcuno ti abbracci o ti accarezzi al posto mio"
Al suono di quelle parole, Demi si fermò un attimo a guardarlo.
"Nessuno potrà mai abbracciarmi o accarezzarmi come te."
"Però Mark lo ha fatto, ciò che ha detto è vero, no?"
Lei restò in silenzio come per trovare le parole giuste. "Sai anche tu che era l'unica persona che poteva ascoltarmi in quel momento. Mi avevi appena detto di essere mio fratello, cosa dovevo fare?"
"Già, che stupido sono stato a pensare che..." si fermò alzandosi.
"A pensare cosa?" restò in silenzio con lo sguardo altrove "Andrew rispondimi!"
"Lascia perdere!"
"Dimmi una cosa, è per questo che le tue mani sono ferite?" gli disse prendendogliele improvvisamente "E' per questo che stanno sanguinando? Credevi che non me ne sarei accorta?"

Spazio Autrice:
Tornataa (?) Beh prima di tutto buonasera! Ci ho messo un po' ad aggiornare perchè dovevo trovare la canzone giusta da ascoltare mentre scrivevo. Si se non ascolto musica e soprattutto quella giusta, perdo l'ispirazione (che parolone) e non scrivo più niente D: Come sempre ormai devo ringraziarvi. Amo le vostre recensioni, mi fanno davvero felice. Anyway nuovo capitolo e beh, che dire, spero davvero con tutto il cuore che vi piaccia, e soprattutto che vi faccia lo stesso effetto che ha fatto a me ascoltando la canzone. Buona lettura.
Un bacio grande.

TeenAngelita_92

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Capitolo 13
*** Come with me to the sea. ***


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13.
"Le mie mani non centrano niente!" le rispose subito, nascondendole ancora una volta.
"Come te le sei fatte quelle ferite?"
"Ero distratto, tutti qui."
"Andrew" lo chiamò, quasi a volergli dire 'chi credi di prendere in giro?'. Demi sapeva bene che non era vero e non avrebbe smesso di chiederglielo fin quando non le avrebbe detto al verità. "Avanti, credi che io non ci sia arrivata da sola? Credi che non me ne sarei mai accorta? Ti ho visto sai in quel parcheggio, quando hai preso a pugni il muretto."
"E credi di aver capito tutto? Ma certo." la fermò lui. "Perchè solo ora ti accorgi di tutto questo? Eppure qualche giorno fa non ero nei tuoi pensieri, non hai provato una sola volta a chiamarmi."
Era felice di averla ritrovata dopo quelle due interminabili settimane in cui non si erano più visti ne sentiti, ma iniziò a pensare, a riflettere: se lui non fosse andato in quel locale, quella sera, lei si sarebbe ricordata di lui? Sarebbe tornata? 
"D-Di che stai parlando?" gli chiese avvicinandosi.
"Sto iniziando a pensare che se stasera non fossi venuto a quel locale e tu non mi avessi incontrato, non saresti ritornata."
"Ah, i-io... davvero lo pensi?" gli chiese ancora, quasi incredula.
"Se no è vero allora voglio sentirlo da te. Dimmi che avevi intenzione di tornare, di chiamarmi o di vedermi. Dimmi che è tutto un mio stupido pensiero e ci crederò."
"Guardami" gli disse avvicinando lentamente la mano al suo viso "Sarei tornata e credimi, neanche per chiedere spiegazioni, sarei tornata per abbracciarti e dirti quando mi mancavi, avevo intenzione di farlo ma Mark era sempre pronto a farmi pensare ad altro, a farmi distrarre dall'idea di tornare da te."
"D-Dio... avevamo detto che non ne avremmo parlato stasera." le disse abbassando lo sguardo, ma lei glielo rialzò dolcemente con una mano.
"Giusto, ed ora non ne parleremo più. Voglio solo far finta che questi giorni senza di te non siano mai esistiti, che niente sia mai esistito, solo noi due. Me lo prometti?"
Involontariamente e senza neanche accorgersene, una piccola lacrima iniziò a farsi spazio sul viso di Demi. Non sapeva se era tristezza, felicità o disperata voglia di stare con lui, sapeva soltanto che ne aveva bisogno, che era certa di stare bene ora, di essere felice solo perchè c'era lui. 
"Piangi?" gli chiese lui sorridendo, il sorriso più bello che potesse mai regalarle. Anche lei rise al solo guardarlo. "E sorridi nello stesso tempo?" con il pollice gli raccolse dolcemente l'unica lacrima scesa, approfittandone per accarezzarle il viso.
"Sei tu a farmi questo effetto." gli rispose lei sorridendo ancora, cercando di nascondere il leggero rossore in viso.
"Faccio questo effetto? No, aspetta, ho fatto arrossire Demi Lovato? Quella che diceva 'io non arrossisco, non preoccuparti'?" gli disse con faro ironico imitando la sua voce.
"Stupido, smettila!" gli disse dandogli un leggero colpo sul petto. Il rossore non fece altro che aumentare e lei affondò completamente il viso nel petto di Andrew sorridendo.
"Ah e io sono stupido? Ma va bene" rise e la strinse forte a se accarezzandole i capelli. 
"Si, lo sei e smettila." gli sussurrò ridendo nel petto.
"Io sono qualunque cosa tu voglia. Sarò stupido, pazzo, scemo o quant'altro, mi basta solo che ogni volta che me lo dirai, ti stringerai a me, proprio come ora."
Restarono cosi, abbracciarti, in piedi, stretti l'uno all'altro, per un tempo forse quasi infinito. Di tanto in tanto, Andrew le lasciava piccoli baci sulla testa mentre lei si stringeva a lui, quasi come ad aver paura di perderlo, paura che qualcuno l'allontanasse dal suo corpo. Il fuoco del camino illuminava i loro corpi facendone delle sagome sul muro proprio dietro di loro. Sembrava tutto cosi perfetto, tutto cosi organizzato nei più piccoli dettagli, ma non lo era. Quel loro incontro non era stato altro che un volere del destino, o forse no, ma non lo avevano organizzato, non lo avevano progettato. Era tutto cosi semplice e spontaneo: ogni gesto, ogni bacio dato, ogni respiro a ritmo con ogni battito del cuore, ogni carezza, ogni abbraccio. Era proprio questo a rendere quel loro momento cosi speciale, avevano tanto desiderato rivedersi e stringersi forte che non gli importava niente di dove o come l'avrebbero fatto, volevano solo farlo, tutto qui.
Andrew la prese dolcemente in braccio ed insieme, si distesero su quel tanto amato divano, l'unico elemento di quella tanto crudele realtà che non cercava di dividerli, di criticarli, quasi come una "persona" pronta a sostenere in qualunque caso il loro amore. Dava tanto l'idea di un rifugio per entrambi, un posto dove scappare, dove stare meglio, dove poter vivere felice senza aver bisogno di altro e per loro lo era. 
"Andrew..." gli sussurrò lei con occhi socchiusi sentendo il suo respiro caldo sul viso. Lo chiamò quasi come a voler controllare che lui fosse ancora li, a stringerla tra le braccia, come a voler avere la conferma che quello non era un sogno.
"Hey, sono qui." le disse, accarezzandole il viso. "Sono qui" le ripetè ancora lasciandole un bacio sulla fronte.
"Ti piacerebbe andare al mare?"
"Amo il mare in inverno, ma non credi faccia un po' troppo freddo? Potrei ammalarmi e tu saresti costretta a curarmi di nuovo" le chiese sorridendo contro le sue labbra.
"Scemo" gli sussurrò lei ridendo.
"Perchè me lo hai chiesto?"
"Mi ci porteresti?"
"Perchè no? Magari ti ammali tu ed io sarò costretto a prendermi cura di te"
"Ah, andiamo smettila, dico sul serio" gli rispose ridendo "Domani, che te ne pare?"
"Va bene, ci andremo domani. Però se uno di noi due dovesse ammalarsi, ricordati che non è stata una mia idea."
"Ma vuoi smetterla o no?" rise lei prendendolo scherzosamente a schiaffi mentre lui la strinse a se.
"Scusa, scusa. Era solo a titolo informativo."
"Ti amo" gli disse lei improvvisamente, cogliendolo impreparato.
"A-anche io... anche io ti amo" riuscì solo a dirle, e la baciò.

Give Me Love – Ed Sheeran
Give a little time to me
We’ll burn this out
We’ll play hide and seek
To turn this around
And all I want is the taste
That your lips allow
My my my my give me love
My my my my give me love
Give me love like never before
Cos lately I’ve been craving more
And It’s been a while but I still feel the same
Maybe I should let you go
Dammi un po’ di tempo per me
Bruceremo tutto questo
Giocheremo a nascondino
Per capovolgere le cose
E l’unica cosa che voglio è il sapore
Che concedono le tue labbra
Mia, mia, mia, mia, dammi amore
Mia, mia, mia, mia, dammi amore
Dammi amore come mai prima d’ora
Perché ultimamente ne ho un bisogno disperato
Ed è passato un po’ ma i miei sentimenti sono rimasti uguali
Forse dovrei lasciarti andare


Fu lo squillo del cellulare di Demi a svegliarli. Erano le 6:00 del mattino, era strano quanto misterioso, chi avrebbe potuto chiamare a quell'ora?
"Uhm.. no, non andare via" si lamentò Andrew nel sonno appena si accorse che Demi si stava alzando.
"Andrew, è il cellulare." lo tranquillizzò accarezzandogli il viso.
"Lascialo squillare" la strinse di nuovo a se per non farla alzare. 
"Potrebbe essere importante." sorrise lei notando il suo dolce viso affondare nei suoi capelli.
"No, no ,no." continuò a lamentarsi, quasi come un bambino. Demi capì che non aveva alcuna intenzione di mollare la pesa, e in fin dei conti non le dispiaceva affatto. Si allungò un po' per arrivare al tavolino davanti a loro dov'era il cellulare e, a fatica, riuscì a prenderlo.
"Pronto" rispose con voce leggermente assonnata. 
"Demi sono Mark" una voce quasi preoccupata rispose dall'altro lato.
"M-Mark" sussurrò incredula, come per non far sentire ad Andrew che aveva ripreso a dormire.
"Sei a casa? Stai bene? Perchè non mi hai chiamato ieri? Almeno per farmi sapere che eri tornata a casa e stavi bene!" una raffica di domande inondarono il suo povero orecchio, senza neanche darle il tempo di spiegare.
"Mark, Mark calma. Ero stanca ieri, per questo non ti ho chiamato."
"Puoi spiegarmi che ci faceva Andrew li?"
"Mark non credo sia qualcosa che debba interessarti, semplicemente avevo bisogno di parlargli. Piuttosto dovrei chiederti io perchè hai avuto quello stupido comportamento!"
"Non deve interessarmi? Diamine, la mia migliore amica rischia di vivere l'ennesima delusione da un falso e bugiardo ragazzo qualunque e a me non deve interessami?"
"Sappiamo entrambi che non è solo questo il motivo. E' una mia questione e se anche hai buone intenzioni e vuoi proteggermi, non voglio più che tu metta bocca in questa storia. Quel pugno ieri sera potevi anche risparmiartelo."
"E' li con te ora, vero?"
"Non ce nessuno qui!"
"Si. Stai parlando sottovoce, c'è lui."
"D'accordo e allora? Qual'è il problema? Mark, te lo chiedo per favore, un ultima volta. Non intrometterti in questa storia, è una cosa mia e non voglio che nessuno mi impedisca di vedere Andrew, tanto meno tu."
"Ma fa quello che vuoi, non sarò di certo io a impedirti di stare con il tuo tanto amato Andrew, vedrai, è solo questione di tempo, saranno i fatti a darmi ragione. Solo una cosa, quando andrà tutto male ricorda che io non ci sarò" le disse e chiuse bruscamente la chiamata. Ma, quel suo cosi brutto comportamento, non la infastidì più di tanto, era solo arrabbiata per il fatto che lui non riuscisse ancora ad accettare i suoi sentimenti e se si fosse ancora permesso di intromettersi tra lei ed Andrew, non sarebbe stata di certo con le mani in mano. 
"Era lui?" le chiese Andrew aprendo gli occhi con voce assonnata.
"Non importa. Tu sei qui ora." gli disse e si strinse al suo petto, ancora.
"Demi... non voglio che a causa mia.." provò a spiegarle ma lei lo fermò. "Non voglio sentire niente se non il battito del tuo cuore."
"Non volevi andare al mare?" le chiese lui, consapevole del fatto che avrebbe dovuto cambiare discorso. 
"Ma sono le 6:00, non è presto?"
"Ho sempre amato il mare in inverno di mattina presto. E' stupendo, non ti pare?" gli chiese con fare ironico.
"Ma voglio dormire ancora un po' qui vicino a te." disse affondando il viso completamente nell'incavo tra il suo collo e la sua spalla. 
Lui la strinse, iniziando a lasciarle una scia di piccoli baci su tutto il collo. "Potresti. dormire. vicino. a me. anche. sulla sabbia." le disse alternando un bacio ad ogni parola.
"Tu sai come convincere la gente sai."
"Me lo dicono in tanti, soprattutto ragazze" le rispose scherzando.
"Ah ragazze? Allora vacci con loro al mare" si finse arrabbiata allontanandolo.
"Il problema è che io non ho mai avuto ragazze." le disse sorridendo.
"Si, certo."
"Stavo aspettando te."
"Ora non ricorrere alla dolcezza per farti perdonare, tanto non funzionerà."
"Ne sei sicura?" le chiese e avvicinò le labbra al suo collo.
"C-certo c-ch..." iniziò a balbettare appena sentì le sue labbra morbide sul collo. "C-cosi n-non vale però."
"Allora, non dovevamo andare al mare?" le chiese allontanandosi improvvisamente, proprio sul più bello.
"Tu sei cattivo, credimi" gli disse baciandolo.
"Ti amo anche io" le sussurrò tra le labbra ridendo. 



Spazio Autrice:
Ah, finalmente. Sono tornata a rompere le scatole dopo una settimanaa ahaha. Beh mi scuso davvero tanto ma le prof questa settimana hanno simpaticamente e gentilmente deciso di mettere taante taante verifiche (?) e quindi il tempo per scrivere me lo sognavo. Ringrazio di cuore per le meravigliose recensioni, mi fanno sempre cosi tanto felice e spero davvero che sia valsa la pena aspettare tutto questo tempo. 
Buona lettura. Un bacio grande.
TeenAngelita_92

 

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Capitolo 14
*** Like a dream. ***


Like a brother.
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14.
"Si, si, certo. Ora, visto che ti piace cosi tanto il mare di mattina presto, muoviamoci." gli disse e si alzò lasciandolo immobile sul divano.
"Volevi vendicarti eh?"
"Dopotutto non sei il solo che sa essere cattivo quando vuole." gli sorrise maliziosamente per poi andare in camera sua a prepararsi. "Hey, non credi che dovresti avvisare quel tuo amico che era con te ieri?" gli chiese urlando per farsi sentire dall'altra stanza.
"Mattew? A beh, ieri gli ho lasciato un messaggio. Gli ho detto che ero tornato a casa perchè ero stanco."
"Ah, sei tornato a casa ed eri stanco?" gli chiese tornando da lui.
"Ringraziami che non gli ho detto che ero con Demi Lovato. E' un giornalista molto molto insistente, avrebbe fatto di tutto per conoscerti."
"Ah, quindi è grazie a lui che io ho incontrato il quasi ventenne biondino che sa badare a se stesso e diventa tutto rosso quando è agitato?" rise prendendolo in giro. 
"Oggi hai tanta voglia di provocarmi eh?" la tirò a se da dietro, stringendola al suo corpo.
"Ma ovvio, non credi?"
"Naturalmente" le sorrise lasciandole un dolce bacio sulle labbra. "Andiamo?"
"Si, però prima... devo fare una cosa." lo fermò lei.
"Dimmi."
"Ti va se prima passiamo al tuo albergo?"
"Se ne hai bisogno va bene. Ma cosa devi fare?"
"Portami li" gli rispose, senza dirgli altro. Solo un sorriso, un meraviglioso quanto strano sorriso apparve sul suo volto ed Andrew annui, semplicemente. La sua espressione sembrava improvvisamente misteriosa, o forse era lui che continuava a vederla cosi. Forse era solo una sua impressione ma era distante, forse pensierosa, pensò tra se e se. 
Faceva abbastanza freddo fuori, erano appena le 6:30 e quella meravigliosa aria leggermente fredda di prima mattina inondò le loro narici appena uscirono dall'hotel. Andrew amava vedere il cielo ancora scuro, di un colore biancastro, un bianco ancora macchiato dal nero della notte ormai giunta alla fine. 
Come avevano deciso, passarono al suo albergo e lui, ancora cosi curioso di sapere cosa lei dovesse fare.
"Beh, andiamo." l'avvisò facendo per uscire. 
"No, aspetta" lei lo fermò accarezzandogli la mano "Da a me le chiavi, ci vado io."
"C-che?" chiese, ancora confuso.
"Ci vado io, ho bisogno di prendere una cosa e torno."
"Di prendere una cosa? Cosa devi..."
"Shh, fidati di me, d'accordo?" gli accarezzò il viso fermando le sue troppe domande. 
"D'accordo... va bene." le rispose porgendole le chiavi, ma la sua espressione era ancora più confusa e curiosa di prima. Cosa avrebbe dovuto farci con quelle chiavi? Cosa avrebbe dovuto prendere nel suo appartamento? E perchè? 
Improvvisamente, le domande che pochi istanti prima avrebbe tanto voluto fare a lei, iniziarono a tormentargli la mente, ormai succedeva spesso, forse troppo spesso. Ma, nonostante tutto, restò in macchina ad aspettare.
Lei intanto era già entrata. Si chiuse la porta alle spalle iniziando a guardare ovunque, quasi come se fosse in cerca di qualcosa di importante. La sua attenzione venne completamente rapita da altro però. Le pareti di quella stanza: c'erano ancora i segni che Andrew aveva lasciato dopo tutte quelle terribili notti ormai appartenenti al passato. 
Poteva quasi definirli "i segni di guerra", qualcosa che gli avrebbe sempre ricordato tutto. 
Tracciò delicatamente ogni segno con le mani, come se ognuno di loro le facesse rivivere ciò che lui aveva provato, ciò che lui aveva fatto attraverso piccoli flashback. Chiuse gli occhi come per cacciare via tutti quei terribili pensieri ma una lacrima le rigò il viso al solo pensare che lei non c'era stata. Lei non c'era stata quando lui ne aveva avuto più bisogno, lei non c'era stata tutte le notti che le sue mani avevano iniziato a sanguinare, quasi come una forma di autolesionismo e lei sapeva cosa significava, lei poteva capirlo meglio di chiunque altro. 
"Andrew.." sussurrò a se stessa, quasi come per rimproverarsi di averlo lasciato solo per tutto quel tempo. 
Ma, dopo qualche minuto, decise di allontanarsi e continuare nella sua ricerca. Aprì cassetti, armadi, scaffali e quant'altro ma evidentemente non aveva ancora trovato ciò che cercava. Camminando però, sentì sotto la sua scarpa qualcosa. Doveva essere un foglio, pensò, il rumore era simile. Si abbassò a raccogliere il foglietto di carta completamente accartocciato. 
"Eccola" si disse, ciò che tanto stava cercando l'aveva finalmente trovato. Era la lettera del padre di Andrew. Capì subito che forse era stato Andrew a buttarla li per terra, magari in un momento di rabbia. La stese per bene ricomponendola e la sistemò in tasca uscendo dalla stanza. 
"Eccomi" semplicemente gli sorrise rientrando in macchina.
"Posso sapere cos'è che dovevi prendere?" le chiese, aveva bisogno di una risposta, sembrava cosi bisognoso di saperlo.
"Te lo dirò, tu fidati di me, solo questo" gli ripetè, quasi come a volerlo mettere alla prova.
"Demi, va tutto bene? Sei cosi strana e..."
"Hey, va tutto bene, fidati di me" gli disse un ultima volta accarezzandogli il viso e lui le sorrise, consapevole del fatto che non glielo avrebbe mai detto, ma voleva fidarsi. 
Dove si vola - Marco Mengoni
Cosa mi aspetto da te, cosa ti aspetti da me 
Cosa sarà ora di noi, cosa faremo domani 
Potremmo andarcene via, dimenticarci 
oppure giocarci il cuore, rischiare... 
Fammi respirare ancora, portami dove si vola 
Dove non si cade mai. Lasciami lo spazio e il tempo 
E cerca di capirmi dentro, dimmi ogni momento che ci sei 
Che ci sei, che ci sei
....
Adesso che siamo qui, nudi sul tetto del mondo, del mondo 
Potremmo dirci bugie tranquillamente 
Oppure andare per mano per sempre 
Fammi respirare ancora, portami dove si vola 
Dove non si cade mai. Lasciami lo spazio e il tempo 
E cerca di capirmi dentro, dimmi ogni momento che ci sei 
Che ci sei, che ci sei .

"Guarda!" quasi gridò Andrew per la felicità indicando il meraviglioso cielo fuori dal finestrino. Lei gli sorrise dolcemente, ogni volta che si trattava di cielo o paesaggi, proprio come quello che si vedeva dalla finestra della sua stanza, lui sembrava quasi un bambino al settimo cielo ogni volta che riceve il suo giocattolo preferito. 
"Hai gli occhi che ti brillando, nemmeno come se tu avessi visti Demi Lovato in persona" gli disse ridendo.
"Non mi servono gli occhi lucidi per dimostrare a questa Demi Lovato che ogni volta che la vedo sono il ragazzo più felice della terra." 
"Quando la smetterai di essere cosi dolce?"
"Quando mi lascerai e tu ora dovresti rispondere 'mai Andrew' no?"
"Come siamo presuntuosi, chi ti dice che non ti lascerò mai?" gli rispose con fare ironico.
"Ah bene, allora inizia a scappare perchè se ti prendo, un bel bagno in acqua non te lo leva nessuno." le disse e prima ancora che lui potesse finire di parlare, lei era già arrivata alla spiaggia.
Iniziarono a correre mentre la sabbia fredda aveva già riempito completamente le loro scarpe. 
"Cosa hai detto? Credo di non aver capito!" urlò lei ridendo ed Andrew si fermò improvvisamente. La sua risata, la sua meravigliosa risata, la vista del suo viso perfetto mentre il vento le scompigliava i capelli e dietro, il meraviglioso sfondo del mare proprio in una fredda mattinata d'inverno. Cosa poteva esserci di meglio? Pensò tra se e se. Cosa avrebbe potuto desiderare di più? E tutto questo ora gli sembrava davvero un sogno, uno di quei filmini mentali che ti passano sfocati davanti agli occhi mentre cerchi di rimanere lucido, ma sai che non puoi farlo.
"Avanti lumaca! Non volevi farmi fare un bagno?" gli gridò ancora lei ed il suo sorriso ora era più bello che mai.
"Non mi scappi facilmente Lovato!" le rispose e riprese la sua corsa.
Continuarono a correre per l'intera spiaggia, senza che nessuno potesse vederli e di tanto in tanto, l'acqua fredda riusciva a bagnarli quando cadevano perdendo l'equilibrio. 
"Ti ho preso!" dopo tanto correre, finalmente Andrew riuscì a prenderla. La strinse da dietro quasi "trascinandola" in acqua.
"No, no! Ti prego" gridava mentre non poteva far a meno di ridere. "Non ti lascerò, giuro, lo giurò!"
"Cosa, cosa? Come dici?" si fermò, poco distante dalla riva.
"Non ti lascerò, lo prometto." gli rispose ancora ormai col fiatone. Si guardarono e risero, mentre i loro respiri gli impedivano di respirare correttamente.
"Tu... tu sei pazzo." gli disse ridendo tra le sue braccia.
"Esatto! Ma pazzo di te" la strinse forte, in un grande abbraccio. I loro copri divennero come due pezzi di un puzzle, perfetti per essere incastrati l'uno nell'altro, perfetti per completare il tutto, perfetti per rappresentare qualcosa. 
Riuscivano a sentire l'uno il battito quasi sfrenato dell'altro, e questa era la cosa più bella, la cosa più bella da sentire oltre al rumore delle onde dietro di loro e al vento che ancora soffiava forte sui loro corpi facendoli rabbrividire. 
Restarono abbracciati a lungo, ma il tempo ormai non aveva nessuna importanza ora, non aveva nessuna importanza li, su quella spiaggia, non aveva nessuna importanza per loro, nessuna importanza per niente. 
Decisero di allontanarsi dalla riva e sedersi un po' più in la. Erano fradici, il vento continuava a soffiare ma nonostante i brividi sul corpo, nessuno di loro si lamentava del freddo, forse perchè nessuno di loro voleva mettere fine a quel meraviglioso momento e quasi avrebbero sopportato il gelo pur di restare abbracciati.
"Hey." lo chiamò lei prendendogli il viso tra le mani. Sorrise guardando la sua buffa espressione mentre il vento gli scompigliava i capelli. "Sai, volevo dirti per quale motivo ti ho chiesto di portarmi al tuo albergo." gli disse e lui annuì facendole cenno di continuare. 


 
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Spazio Autrice:
Rieccome (?) Non vi ero mancata, vero? Eh si, lo so. Eh niente, domani ho il compito di matematica e sono preoccupatissima per cui, quale miglior cosa di scrivere il nuovo capitolo? (in realtà non vi importa molto, lo so, tranquilli) Anyway, io vi ringrazio sempre ormai e spero che voi sappiate che non è davvero abbastanza, sul serio. Le vostre recensioni riescono a rallegrarmi la giornata nel vero senso della parola e... ringraziarvi è troppo poco. Come sempre spero con tutto il cuore che vi piaccia e... che dire, buona lettura! (Ah, tanto per rendere l'idea del luogo in cui si svolge questo capitolo, ho postato una piccola gif, spero riesca a dare più l'idea perchè non credo proprio di aver descritto bene i dettagli ahah)
Un bacio grande.
TeenAngelita_92

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Capitolo 15
*** I believe you. ***


Like a brother.
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15.
"Hai freddo?" la interruppe prima che potesse continuare.
"Solo un po', ma sto bene." gli sorrise, quasi come una bambina.
"Avanti, vieni qui" le disse e l'avvicinò a se facendola sedere nello spazio tra le sue gambe. La sua schiena era completamente poggiata al suo petto e la testa stava dolcemente adagiata nell'incavo tra il collo e la spalla. Lui la avvolse completamente tra le braccia e lei chiuse gli occhi, quasi come per imprimere quella sensazione nella mente, aveva paura che forse non sarebbe più accaduto.
"Dimmi tutto" l'autorizzò a continuare baciandole la testa.
"Ricordi quando mi parlasti della lettera di tuo padre?" Bastò solo nominare "tuo padre" ed il suo sorriso sparì improvvisamente. 
"Si..." rispose, quasi silenziosamente. 
"Mi hai detto che non hai mai letto quella lettera davanti a qualcuno, l'hai sempre fatto da solo per motivi che posso comprendere." gli ricordò e dalla tasca tirò fuori quel semplice pezzo di carta che prima aveva cercato con tanta insistenza nel suo appartamento.
"E' per questo che volevi entrare nel mio appartamento? Per prendere questa lettera?" le chiese, la sua espressione sembrava quasi irritata, triste più che altro.
"Vedi, l'ho trovata a terra, completamente accartocciata." iniziò a raccontargli guardandolo negli occhi. Si era allontanata dal suo petto ed il freddo aveva ricominciato a farsi sentire. "Mentre sulle pareti della tua stanza c'erano dei segni e sappiamo entrambi di che si tratta. Vuoi continuare cosi?"
"Di cosa stai parlando?" le chiese, ma lui lo sapeva fin troppo bene.
"Non vuoi affrontare l'argomento, giusto?"
"Demi, avevamo deciso di venire al mare per passare una giornata tranquilla e felice, che bisogno c'era di..."
"Di prendere la lettera di tuo padre?" gli chiese completando la sua frase "Di ricordarti tuo padre? Di ricordarti che quei segni su i muri hanno un perchè, hanno un motivo? Di ricordarti che stai cercando di fare di tutto per dimenticare ciò che davvero hai dentro?"
"Perchè l'hai presa?" le chiese guardando altrove, sapeva che qualunque cosa avesse detto, lei sarebbe riuscita a rispondergli in modo giusto, sarebbe riuscita a fare proprio ciò che lui temeva. 
"Voglio che tu me la legga. Non mi importa il contenuto, non mi importa se è proprio questo semplice pezzetto di carta a impedirci di stare insieme, voglio che tu me la legga e se vorrai piangere, fallo, voglio che tu lo faccia con me."
"Non lo farò, se l'hai trovata a terra completamente accartocciata c'è un motivo" le rispose deciso con l'intenzione di alzarsi.
"Fermati, ti prego, guardami un attimo." lo fermò impedendogli di alzarsi e con le mani gli prese stretto il viso. "So che stai male, puoi continuare a nasconderlo facendo finta che io non me ne accorga, ma io sono qui, io lo vedo, sempre. Sono qui, posso aiutarti, posso farlo, devi solo permettermelo."
"Non ho bisogno di aiuto" le rispose evitando il suo sguardo. Gli occhi si erano fatti lucidi e cercava il più possibile di guardare verso il mare in modo da non incontrare i suoi.
"Lo so che non è vero." lei si avvicinò per baciargli la guancia, sapeva che non si sarebbe voltato. "Le tue labbra stanno tremando cosi come le tue mani" gli disse stringendogliele "Questo non è il freddo, tu ora non hai freddo."
"Voglio solo dimenticarmi di lui..." le rispose arrendendosi, aveva bisogno di spiegare a qualcuno perchè gli faceva cosi male rileggere quella stupida lettera. "Voglio che quella lettera sparisca dalla mia vita, voglio dimenticare il suo contenuto." la sua voce sottolineava ogni singola lettera con rabbia, sul suo viso una smorfia di rabbia e disgusto accompagnava le sue parole.
"Non puoi dimenticarlo, è tuo padre e se anche forse ha sbagliato nella sua vita, tu hai bisogno di lui, tu hai ancora bisogno di rileggere quella lettera. Hai ancora bisogno di guardare quella vostra foto insieme, quella che ti è caduta mentre mi intervistavi. Ti manca anche se le tue parole dicono il contrario."
"Tu non lo sai, non puoi saperlo." 
Dio, la solita orribile sensazione di quando le lacrime hanno tanta voglia di inondare il tuo viso si fa sentire. Il naso gli punge, gli occhi iniziano ad appannarsi e la gola inizia a bruciare mentre continua a ripetersi "Non ora, non qui, non davanti a lei.." 
"Lo so, credimi. Io sono qui, accanto a te, se mentre leggerai sentirai le lacrime minacciare di cadere, io sarò qui ad asciugarle, non voglio che tu continua a farlo da solo, ora ci sono io e posso farlo." 
"Io non... non posso leggerla, non voglio" le disse, la sua voce tremava ma ancora cercava con tutte le sue forze di fermare quelle maledette lacrime. 
"Tu puoi, la puoi leggere Andrew." gli accarezzò il viso mentre con le dita tracciò delicatamente il contorno delle sue labbra ancora tremanti. "Senti, senti come tremi?"
"Resta qui, la leggerò ma resta qui" le disse con un filo di voce.
"Non voglio andarmene, non lo farò. Sono qui Andrew, sono qui" gli sussurrò mentre gli prese una mano portandosela al ventre.
Andrew afferrò il foglietto di carta, cosi tanto amato e temuto da lui stesso. Lo apri lentamente per non strapparlo, era stato piegato e ripiegato cosi tante volte. Chiuse gli occhi e respirò profondamente, era sicuro che avrebbe iniziato a balbettare, lo faceva sempre da solo e soprattutto ora che c'era Demi. 
"Sono qui" gli disse un ultima volta appoggiandosi completamente a lui mentre gli teneva la mano. Il vento ancora soffiava ed il cielo ora era grigio, ma nulla sarebbe riuscito a rovinare quel momento, nulla sarebbe riuscito a rovinare il meraviglioso rumore delle onde del mare e la schiuma che si abbatteva sulla sabbia. Lo stesso vento stava muovendo quel tanto temuto foglietto tra le mani di Andrew.

Hey Andrew! 
Che c'è, ti aspettavi un "Caro figlio mio"? No, lo sai che non sono mai stato bravo con le parole, ne tanto meno a scrivere lettere importanti come questa e preferisco farlo con parole mie, non con frasi già fatte, semplici, scontate e convenzionali. 
Perchè questa lettera ti starai chiedendo. Non so per quanto ancora avrò la possibilità di respirare e questo ospedale cosi triste e monotono peggiora tutto. Sei appena andato via, oggi sei venuto a trovarmi con il sorriso stampato sulle labbra, mi piacerebbe tanto sapere perchè. Sai, il tuo sorriso è contagioso, per quanto brutto e triste possa essere questo posto, mi hai rallegrato la giornata, grazie davvero. Sei entrato e mi hai detto "Hey pa' quando uscirai da qui la prima cosa che faremo sarà andare a pescare!" Magari 'pescare' sul serio però e non come la prima volta, che non facemmo altro che schizzarci tutto il tempo e di pesci non ne acchiappammo neanche uno, ma dopotutto quella è stata la giornata più bella di tutta la mia vita. "Pa' e poi dobbiamo giocare a football! Avanti, vecchio, devo ancora avere la rivincita!" sembravi cosi ansioso ed eccitato all'idea che io uscissi da qui e cosi felice di sapere che potevamo continuare la nostra partita che io non potevo dirti il contrario, non potevo dirti ciò che il dottore mi ha appena detto, non voglio che tu lo sappia, voglio che tu ti ricorda di me come il tuo Pa' con il quale devi continuare la partita a football, con il quale andrai a pescare di nuovo, ma stavolta seriamente.
E' appena entrata l'infermiera, le solite medicine, ormai non mi importa neanche più prenderle, sembrano tutte uguali. Sai, sarà lei stessa a darti questa lettera domani e spero leggerai attentamente ogni parola, perchè ciò che ho da dirti è molto importante. 
Mi sento cosi vigliacco ora, codardo a non sapertelo dire in faccia, a non avertelo detto prima. Lo sto scrivendo su uno stupido foglio e so che non basta, so che non ti servirà a niente quando io non ci sarò, so...


Andrew si fermò. Dall'inizio aveva cercato di controllare le sue emozioni e soprattutto la sua voce che non accennava a smettere di tremare, ma quando lesse "quando io non ci sarò" si arrese, le sue lacrime ne approfittarono per invadere il suo volto e distruggere quel sottilissimo strato su i suoi occhi che fino a quel momento era riuscito a tenere.
"I-io non..." provò a spiegarle, ma non poteva, non ci riusciva. 
"Va tutto bene." lo tranquillizzò prendendogli il viso "Va tutto bene, Andrew. Guardami." gli ripetè sorridendogli. Voleva dimostrargli che non aveva fatto niente di male, si era soltanto arreso, aveva bisogno di aiuto e dopo tempo che era riuscito a rimanere cosi forte, lo meritava. 
"Non... non ci riesco, mi dispiace." si alzò dirigendosi verso le onde del mare. Lei non lo fermò, comprendeva che ora aveva bisogno di stare da solo, aveva bisogno di pensare, capire, di riordinare le sue emozioni, di controllarle. Lo vide avvicinarsi all'acqua fredda per sciacquarsi il viso e lentamente sedersi sulla sabbia bagnata con le ginocchia strette al petto. Avrebbe voluto andare da lui, abbracciarlo e dirgli qualunque cosa, ma sapeva che ora non aveva bisogno di lei, ora aveva bisogno di stare con se stesso, e nessun altro. 
People Help The People - Birdy
God knows what is hiding, in that world of little consequence
Behind the tears, inside the lies
A thousand slowly dying sunsets
God knows what is hiding in those weak and drunken hearts
I guess the loneliness came knocking
No on needs to be alone, oh save me
People help the people
And if your homesick, give me your hand and i’ll hold it
People help the people
Nothing will drag you down
Oh and if I had a brain, Oh and if I had a brain
I’d be cold as a stone and rich as the fool
That turned, all those good hearts away
Dio sa cosa si nasconde in queste parole di poca importanza
dietro le lacrime, dentro le menzogne
mille tramonti che muoiono lentamente
Dio sa cosa si nasconde in questi cuori stanchi e ubriachi
suppongo che la solitudine stia venendo a bussare
nessuno ha bisogno di stare da solo, oh salvami
Le persone aiutano le persone
e se hai nostalgia di casa, dammi la tua mano e io te la terrò
Le persone aiutano le persone
e niente ti trascinerà giù
oh e se avessi un cervello
sarei freddo come una roccia e ricco come uno stupido
che allontana tutti quei cuori buoni.


"Hey" Demi cercò di attirare la sua attenzione accarezzandogli la mano. Da quando erano entrati in macchina, per tutto il viaggio, Andrew non aveva fatto altro che guardare fuori dal finestrino senza dire neanche una parola. 
"Hey" le rispose con voce quasi stanca mentre il suo sguardo smise di guardare fuori.
"Stai bene?" 
Lui restò in silenzio con lo sguardo nel vuoto, non sapeva che rispondere o forse non sapeva come stava, che avrebbe dovuto dire?
"Va tutto bene." le rispose rialzando il viso per tornare a guardare fuori dal finestrino. 
"Come se potesse essere vero. Sembra che tu sia arrabbiato con te stesso. Stai ripensando a prima come se piangere per un momento fosse stato un errore mortale, non è cosi?"
"Non dovevo farlo..."
"Ma perchè? Dio Andrew, siamo esseri umani, abbiamo dei sentimenti, perchè ti imponi di tenere tutto dentro? Se senti di dover piangere, fallo!"
"Non voglio! Non voglio Demi!" le rispose con voce leggermente infastidita, ma lei non ci fece tanto caso, voleva solo sapere perchè.
"Perchè?"
"Perchè non voglio piangere, non ne ho bisogno e non voglio farlo, non ancora, non di nuovo."
"Finirai per farti ancora più male, lo sai questo?"
"Starò bene."
"No, no Andrew. Che farai ogni volta che qualcuno nominerà tuo padre? Credimi accadrà, perchè tu sei una persona come tutte le altre e tutti noi a volte abbiamo bisogno di piangere."
"Mi spieghi a che serve? Cosa ci guadagno? Piangere non mi riporterà indietro mio padre! Piangere non mi aiuterà di certo!"
"Neanche far finta di stare bene e cercare di dimenticarlo te lo riporterà indietro, mi sbaglio?"
"Finiamola qui, d'accordo? Tanto qualunque cosa dirai avrai ragione."
"Non mi interessa niente di avere ragione! Voglio solo aiutarti!"
Arrivarono, ed il rumore dell'auto interruppe la loro conversazione. Uscirono dall'auto e si diressero all'entrata dell'hotel.
"Mark!" sussurrò a se stessa Demi quando lo vide nell'atrio, non aveva alcuna voglia di incontrarlo e ricominciare a discutere.
Entrarono e notarono che lui non era solo, c'erano due agenti di polizia e il tutto sembrava troppo strano.
"Demetria" la chiamò con un sorriso soddisfatto sul viso.
"Mark, che ci fai qui? E perchè c'è la polizia?" gli chiese preoccupata.
"Tu sei Andrew?" chiese al ragazzo uno dei due agenti.
"Si, sono io" 
"Dovresti seguirci." iniziò lui afferrandogli leggermente il braccio.
"No, no aspettate. Che significa tutto questo?" chiese Demi coprendo Andrew con il corpo.
"Signorina, dovremmo fare alcune domande al ragazzo riguardo all'aggressione sul..."
"Sul sottoscritto" fini la frase Mark. 
"Aggressione? Di che diavolo stai parlando?" Gli occhi di Andrew si fecero più rossi che mai.
"Di questo" alzò leggermente la maglia per mostrare degli evidenti lividi sul ventre. Demi restò a guadare sconvolta, no, lei sapeva che non era stato Andrew, sapeva che Mark avrebbe fatto di tutto per allontanarli. 
"La prego di seguirci." continuò l'agente portando Andrew con se.
"Ci sei riuscito eh? Bravo. Ti sei fatto picchiare da qualcuno per avere quei lividi? Eh? Cos'è trucco?" 
"E' ciò che tu mi hai fatto" gli rispose sorridendo con espressione soddisfatta, irritante.
"Andrew! Dio, lasciatelo!" Demi si avvicinò a lui cercando di liberarlo dalle mani dei due agenti.
"Demi, credimi non sono stato io" le disse cercando di stringerle le mani ma non poteva farlo.
"Lo so, io lo so, ti credo!" gli prese il viso tra le mani, l'unico modo per tenerlo ancora vicino mentre cercavano di portarlo via. "Andrew..." le lacrime iniziarono ad invadere il suo volto, senza nessun preavviso.
"Andrà tutto bene, credimi, non mi faranno niente." cercò di rassicurarla mentre avvicinò le sue labbra per lasciarle un bacio sulla fronte. "Mi lasceranno andare, sta tranquilla" le sorrise, l'unico modo per tranquillizzarla.
"No Andrew, tu non hai fatto niente... non hai fatto niente.." lo baciò. Cercò di avvicinarsi per baciarlo mentre le sue mani gli tenevano ancora stretto il viso. Quello che sembrava un bacio disperato e bagnato dalle lacrime, venne interrotto quasi subito dagli agenti che li divisero. 
"Non farmi preoccupare, capito?" le sussurrò sorridendo ancora, ma i suoi occhi stavano facendo esattamente il contrario. 


Spazio Autrice:
E... niente. Oggi è Domenica e finalmente ho un po' di tempo. Intanto buona Domenica a tutti. Sono tornataa e boh, avevo cosi tanta voglia di scrivere anche perchè ho cosi tante idee per la testa. Come ogni volta tengo a ringraziarvi davvero tanto di cuore e spero come sempre che questo nuovo capitolo vi piaccia. Buona lettura.
Un bacio grande.
TeenAngelita_92

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Capitolo 16
*** I'm still in love. ***


Like a brother.
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16.
Erano ormai passati due giorni, due giorni da quando lo avevano rinchiuso dietro quelle solite e grigie sbarre di ferro. Solite per dire, per lui erano del tutto nuove, come era nuova quella sensazione di impotenza che si impossessa del tuo corpo quando sai che qualunque cosa tu faccia, non servirà a niente. 
Quelle mura dietro di lui, cosi grigie e segnate da anni ed anni di esistenza, segnate da centinaia di scritte ed incisioni fatte da chi prima di lui era stato li, e solo questo riusciva a tenere la sua mente impegnata, la naturale domanda: Come sono riusciti a resistere qui dentro?
E Demi? Continuava a chiederselo. Lei ora era con lui, con Mark, l'aveva lasciata li in lacrime, come si sarebbe dovuto sentire?
Aveva cosi tanta voglia di vederla e stringerla, di scappare via con lei, si ora l'avrebbe fatto, avrebbe fatto qualunque cosa pur di riuscire ad essere felice. 
L'agente di sicurezza, pensò. Era l'ennesima volta che era venuto a controllare che tutto fosse a posto ed Andrew si sarebbe tanto alzato da quel piccolo letto nell'angolo della cella per dirgli: "Di che ti preoccupi? Tanto non posso scappare, sempre qui devo rimanere!" 
"Ragazzo!" lo chiamò avvicinandosi. Andrew gli rivolse solo un semplice sguardo, senza dire niente, non aveva alcuna voglia di parlare. "Lo so come ti senti, sai? Prima di te qui ce ne sono stati tanti che si sono sentiti nello stesso esatto modo."
"Con l'unica differenza che forse gli altri erano colpevoli di qualcosa di davvero grave, io a quanto pare sono colpevole di amare una donna." gli rispose lui pronto.
"Non l'hai picchiato tu, vero?" chiese sorridendo, quasi come se sapesse già tutto.
"Di chi sta parlando?"
"Di Mark. Sai, lo conosco, ha molte amicizie qui e non ci mette tanto a fare fuori qualcuno che gli da fastidio."
"Ah, Dio qualcuno che mi crede!"
"Lo so ragazzo, ti credo, ma contro quell'uomo è difficile riuscire a dimostrare la propria innocenza."
"Mi ascolti, ho bisogno di chiederle una cosa" disse lui avvicinandosi alle sbarre "La prego, ho bisogno di vedere una persona, io..."
"Già so chi ti piacerebbe incontrare e fosse per me, te la farei vedere subito, ma Mark ha dato ordini agli agenti che ti controllano di non farti vedere nessuno, soprattutto lei." gli rispose subito, lui sapeva già tutto, come se non fosse la prima volta che accadeva una cosa del genere. 
"Figlio di..."
"Dillo a me" lo interruppe l'agente.
"Non è la prima volta che quell'uomo fa una cosa del genere, giusto?" gli chiese Andrew, la sua ipotesi doveva essere giusta.
"Esatto. E' un tipo che ha molta importanza da queste parti e se non te lo fai amico, beh meglio non incontrarlo."
Quella fu l'unica cosa che volle sentire, dopo di che si sedette su quel letto dalle lenzuola grigie nell'angolo della cella. Ora avrebbe ripreso a stare solo, in silenzio, come aveva fatto per tutta una vita, come aveva ripreso a fare nel periodo in cui Demi non era con lui, come ora avrebbe ricominciato a fare senza vederla, senza poterla abbracciare ne accarezzare. 
E quasi lo stesso stava facendo lei. Dopo aver mandato letteralmente al diavolo Mark, non fece altro che passare quei due giorni seduta sul divano, con le ginocchia rannicchiate al petto mentre tra le mani stringeva la maglia di Andrew ancora bagnata dal mare salato, l'unica cosa che potesse farla stare bene in un certo senso. 
Sapeva che Mark le voleva bene, forse anche di più, ma non avrebbe mai pensato che sarebbe arrivato a questo e soprattutto a impedirle di vedere Andrew. 
La sua mente stava fantasticando su ogni più piccola possibilità di vederlo, ma niente di concreto, solo la semplice disperazione e necessità di vederlo che avevano preso il completo controllo del suo corpo. 
Come sta? Cosa sta facendo? Cosa prova? Si sta facendo del male? Sta piangendo?
Tante, forse troppe domande continuavano a girargli per la testa senza alcuna risposta e lei ne aveva bisogno, lei ne aveva maledettamente bisogno. 
"Dio..." sussurrò a se stessa stringendo a se l'indumento di Andrew e ripensando a tutto quel susseguirsi di brutti pensieri con la paura che potessero diventare realtà.
Ormai sapeva com'era fatto Andrew, quasi come se solo le potesse capirlo ed era sicura che in una situazione come questa, avrebbe ripreso a farsi del male, a smettere di parlare, di pensare, di fare qualunque cosa. Non poteva permetterlo, certo, ma come avrebbe dovuto fare?
Quei due giorni iniziali sembravano cosi interminabili, ma ben presto si trasformarono in una settimana. Andrew, come suo diritto, riceveva continui interrogatori, ma per quanto lui potesse dire la verità in ognuno di essi, non sarebbe servito a niente, non contro Mark. 
Le giornate gli sembravano tutte uguali, ma forse lo erano. Di tanto in tanto, davanti ai suoi occhi, piccoli flashback della giornata al mare trascorsa con lei, quasi come le scene migliori del suo film preferito, gli apparivano facendogli ricordare quanto bello fosse il mare d'inverno, quanto fosse bello sentire il vento sulla pelle e combattere il freddo con il calore umano del corpo della donna che amava più di ogni altra cosa al mondo. Qualche lacrima riusciva a scendere ma subito la asciugava con la manica della giacca e si imponeva di resistere, di restare forte, ma quello non era "restare forti", quello era sono una soluzione per evitare di piangere, per evitare che qualcuno vedesse il suo dolore e provasse ad aiutarlo. Non riteneva di non aver bisogno d'aiuto, anzi, ma lo voleva solo da lei, da Demi, era convinto che solo lei avrebbe potuto aiutarlo, dopotutto perchè solo lei riusciva davvero a capirlo e glielo aveva dimostrato in molte occasioni. 
"Ragazzo, hey!" lo chiamò l'agente, ormai solo lui poteva essere definito un suo 'amico'. "E' una settimana che rifiuti il pranzo e la cena, in questo modo non migliorerai le cose!" gli disse, quasi come un padre avrebbe fatto con il proprio figlio, e fu proprio quello a fargli ricordare suo padre.
Era esattamente una settimana che continuava a rifiutarsi di mangiare, sembrava quasi che vivesse solo d'aria. Se ne stava li, steso o il più delle volte seduto sul quel solito letto che sembrava quasi l'unico elemento di quella dannata realtà pronto a sostenerlo.
"Andrew!" continuò l'agente, ma non ci era riuscito prima e non ci sarebbe riuscito neanche oggi a fargli cambiare idea. "Ti va di chiacchierare un po'?" gli chiese, posando per l'ennesima volta il vassoio con il cibo. Per la prima volta, in tanti anni che svolgeva il suo lavoro, sentiva di dover aiutare quel ragazzo, quel ragazzo che se ne stava sempre in silenzio a fissare il vuoto davanti a i suoi occhi. Ma, Andrew non rispose e forse non l'avrebbe fatto.
Still in love (Kissing you) - Beyonce
I’m so in love
I’m still in love
I’ve never met a love quite before
until I saw your face
and watching stars without you
my soul cries, my hething heart
is full of pain, when we’re apart... 
the aching.
I’m kissing you
I’m kissing you
You’re my father, you’re my soldier
you protect me, boy you save me
you’re my best friend, you’re my husband
you are my doctor, counselor,
provider, professor, my everything.
And I love you, I love you, I love you, yes I love you
I need you, I need you, I need you, I can’t live without you
I trust you, I trust you, with every ounce of me
Just teach me, boy teach me, just take me
Sono ancora innamorata..
Non ho mai incontrato l’amore di recente
finchè non ho visto il tuo viso..
e guardare le stelle senza di te..la mia anima piange..
il mio cuore accalorato è pieno di dolore quando siamo separati..
il dolore..
Io ti sto baciando. Io ti sto baciando..
sei mio padre, il mio soldato, mi proteggi, tu mi salvi, sei il mio migliore amico, 
mio marito, il mio dottore, il mio consigliere, fonte, professore, ogni mia cosa
e ti amo ti amo ti amo,sì ti amo io..
ho bisogno di te, ho bisogno di te, ho bisogno di te
non posso vivere senza di te. Mi fido di te,mi fido con ogni parte di me
insegnami ragazzo insegnami,prendimi.


"Sai, mio figlio si chiama Andrew, come te." iniziò lui lentamente, consapevole che avrebbe dovuto spronarlo a parlare "Ha 10 anni ed è davvero un pazzo" continuò sorridendo.
"Perchè un pazzo?" finalmente parlò, dopo un'intera settimana che dalla sua bocca riuscivano ad uscire solo respiri e singhiozzi sforzati.
"Ah, lui... è sempre cosi allegro, pronto a fare qualunque cosa possa definire 'folle', pronto a far sorridere tutti. E' un vero pazzo, nel vero senso positivo della parola." gli rispose sorridente, quasi come se fosse felice di aver finalmente sentito la sua voce. 
"E' bello essere cosi." gli disse semplicemente abbassando lo sguardo. "Non so neanche come si chiama lei" continuò.
"Dammi del tu. Sono l'agente Smith, ma tu chiamami George." 
"D'acc... D'accordo." annuì leggermente,
"Ti va di parlare un po' di cosa ti sta passando per la testa in questi giorni? Non mangi, non parli, non ti muovi. Questo tuo comportamento non migliorerà le cose, credimi."
"Cosa dovrei fare? Spassarmela a disegnare sui muri e attaccarci foto di donne in bikini come molti hanno fatto e ancora fanno?" gli rispose con un espressione di disgusto sul volto.
"Non dico questo, ma pensa a quella ragazza che ti sta aspettando fuori da questo maledetto posto. Come pensi che stia lei? Di certo non meglio di te, Mark le avrà sicuramente proibito di vederti. Non ti immagini come stia a non sapere come stai, cosa fai, se stai bene o male? E se verrebbe a sapere di come ti comporti, beh non ne sarebbe felice." sembrava quasi un padre, si, la figura paterna che a lui tanto mancava, qualcuno che potesse consigliargli, insegnargli, la parte mancate della sua vita.
"Lei lo sa, mi conosce troppo bene per non rendersene conto e se anche provo a nasconderglielo, lo scopre lo stesso. "
"Abbiamo una tipa tosta qui eh?" affermò l'agente ridendo.
"Abbastanza" gli rispose sorridendo leggermente "Ma è la cosa più bella che mi sia mai capitata."
"Sembri davvero innamorato"
"Lo sono, ne sono sicuro."
"E a questo che dovresti pensare ora, non continuare a farti del male, ne tu ne lei lo meritate."
"Ho solo bisogno di vederla..." disse e dopo quella sua ultima affermazione, ci fu silenzio. Lui ancora pensava a ciò che aveva appena detto mentre l'agente aveva sul volto l'espressione di qualcuno che sta pianificando qualcosa. 
"D'accordo, non so quello che sto per dirti e neanche voglio saperlo e... Hey! E' la prima volta che faccio una cosa del genere, ma... potrei andare da lei. Voglio dire, se hai tanto bisogno di dirle qualcosa potrei andare da lei e dirgliela personalmente. E tutto ciò che posso fare."
"Dici sul serio?" chiese lui ed il suo sguardo si accese improvvisamente.
"Si, so che tu vorresti tanto vederla ma..."
"No, mi basta, mi basta. Io..."
"Hey, calma, tranquillo. Vediamo, potresti scriverle una lettera, qualcosa che hai bisogno di dirle. Riordina le idee e non farti prendere dal panico, credimi, le donne se ne accorgono, mia moglie soprattutto per esempio" gli disse con fare ironico.
"Grazie signor agent..."
"Signore Agente? No no, io mio chiamo George!"
"Grazie davvero George." gli rispose sorridendo. Il suo meraviglioso sorriso era riapparso per un attimo sul suo volto, era bastato solo nominare il nome "Demi" e "Lettera" insieme, e l'agente Smith si sentiva cosi felice e soddisfatto di essere riuscito a migliorargli la giornata e a farlo parlare.
"Niente ragazzo, non fartela scappare quella ragazza" gli disse dandogli una pacca sulla spalla attraverso le sbarre.
Come avevano deciso, qualche ora dopo dalla loro conversazione, Andrew era riuscito a mettere insieme qualche parola di "senso compiuto" come di solito definiva sempre tutto ciò che faceva. Era certo di non aver scritto il massimo, ma a lui importava solo poterle dire le cose più importanti, scritte con parole più articolate o no, voleva solo parlare con lei, tutto qui, anche attraverso uno stupido foglio che non avrebbe mai e poi mai potuto contenere quelle tante emozioni che riaffioravano piano piano nella sua mente.  

Spazio Autrice:
Oh, bene. Finalmente ci sono riuscita, eh già, sono tornata a rompere le scatole, non ditemi niente u.u (?) N'zomma mi rendo conto dell'ora ma solo ora (scusate il gioco di parole) sono riuscita ad aggiornate come sempre grazie alla mi taanto taanto amata scuola. Anyway, c'è una novità questa volta! Era da tempo che desideravo fare una specie di... trailer ecco, un trailer di questa storia, tanto per dare meglio l'idea e mi sono detta, perchè no? Giusto, per cui ho fatto anche questo. Ho creato un piccolissimo video (uno schifoso minuto e ci ho messo tipo 3 settimane, ma va bene, non fateci caso) ed insomma eccolo qui: 
http://www.youtube.com/watch?v=UPIgmbQMHuk
Spero tanto che vi piaccia, non tanto perchè credo che sia bello ma perchè non è il mio forte anche se sto "studiando" in questo campo (no, è l'ora, scusatemi, davvero) E insomma niente, io come sempre tengo tanto a ringraziarvi perchè lo sapete, sapete come migliorarmi le giornate con le vostre bellissime recensioni per cui, spero vi piaccia il capitolo cosi come il piccolissimo video. Buona lettura.
Un bacio grande.
TeenAngelita_92 

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Capitolo 17
*** I won't give up on us. ***


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17. 
Il suono del campanello la fece sobbalzare. Si era leggermente appisolata al braccio del divano per cercare invano di riposare: sapeva perfettamente che non ci sarebbe riuscita, non lo aveva fatto per un'intera settimana, come avrebbe potuto quel giorno?
"Dio, chi è ora?" pensò tra se e se. Non aveva voglia di vedere nessuno, ma nessuno nel vero senso della parola. Sembrava che chiunque le parlasse o la chiamasse, le desse fastidio, anche la più piccola, minima ed insignificante cosa la irritava.
"Salve signorina." 
Aprì la porta e si trovò davanti un agente di polizia. Il suo mal umore non fece altro che peggiorare quando, involontariamente, quell'agente gli portò alla mente Andrew, la scena di quel maledetto giorno le passava continuamente davanti agli occhi, come se fosse un incubo: le mani tremanti di Andrew, l'espressione soddisfatta di Mark, il suo cuore che batteva come non mai, gli agenti pronti a portarlo via ed il suo sguardo, quello sguardo perso e preoccupato e per la prima volta non per se stesso, ma per lei. Erano queste le "parole chiave" che potevano riassumere meglio quel giorno, quell'incubo.  
"Agente" disse con espressione interrogativa, forse non suonava come un affermazione ma più come una domanda. 
"Mi scusi se l'ho disturbata signorina Lovato." cercò di essere il più gentile e formale possibile, pensò che dopotutto stava parlando con una famosa cantante. 
"No, non si preoccupi, non mi ha disturbata. E' successo qualcosa? Posso fare qualcosa per lei?" chiese gentile, la sua presenza li le sembrava troppo strana, per quale motivo un agente di polizia era davanti alla sua stanza d'albergo?
"No, assolutamente, non si preoccupi. Non è successo niente e non sono venuto come... beh come ha notato, come un agente di polizia" le spiegò tranquillizzandola, ma non aveva ancora dato nessuna risposta alle sue domande. Un fan? Pensò ancora lei, ma non ne era convinta.
"Ah, bene." rispose sospirando "Beh, non mi ha ancora detto come posso aiutarla."
"Io sono l'agente Smith, George Smith. Controllo la cella di un ragazzo di nome Andrew." Bastò solo nominare il nome 'Andrew' ed il cuore le tornò a battere, come tutte quelle volte che si era sentita protetta, al sicuro tra le sue braccia.
"A-Andrew?" ripetè sottoforma di domanda, quasi incredula. I suoi occhi erano lucidi, finalmente poteva avere sue notizie.
"Si, signorina. Ecco vede, le ho portato una cosa da parte sua, era l'unico modo che aveva per poter parlare con lei."
"Mark gli ha proibito di..." non servì finire la frase, l'agente sapeva già tutto.
"Si, signorina." ripetè quasi deluso e dispiaciuto di doverglielo confermare. 
"La prego, entri." lo invitò lei. Era come se avesse ripreso a respirare, a vivere solo dopo aver sentito il suo nome. "Si accomodi"
"La ringrazio" le rispose l'agente sedendosi.
"C-cosa deve darmi da parte di Andrew?" chiese impaziente.
"Una lettera. Ecco a lei" le disse porgendogliela. "L'ha scritta lui stesso e..." George si fermò. Capì di aver appena detto una cosa ovvia e pure tanto, ma si trovava in difficoltà, voleva parlarle ma non sapeva cosa dire.
"Come sta?" chiese lei con occhi speranzosi stringendo il semplice foglietto di carta.
"Devo..." tossì, schiarendosi la voce "Devo dirle ciò che lui mi ha detto di dirle o... ciò che io vedo ogni giorno?" le chiese, leggermente agitato.
"Mi dica ciò che lei vede ogni giorno, la prego, è l'unico modo che ho per sapere la verità, lui non me la dirà mai."
L'agente, allora, si sistemò meglio sul divano, si passò una mano tra i capelli e prese coraggio. Sapeva che ciò che stava per dirle non avrebbe giovato ne a lei ne a lui, ma dopotutto lei voleva sapere la verità e lui non poteva mentirle, non poteva permettere ad Andrew di continuare a farsi del male senza che nessuno lo sapesse ne lo aiutasse.
"E' lì da una settimana, e da una settimana esatta, da quando mi ha disperatamente chiesto di vederla, si è completamente chiuso in se stesso. Non mangia, niente di niente. Non parla con nessuno, non dorme, neanche prova a sfogarsi piangendo. E' completamente indifferente a qualunque cosa, fissa il vuoto per un tempo quasi infinito e mi piacerebbe tanto poter entrare nella sua testa e vedere a cosa pensa, o meglio a chi, ma forse ho una mezza idea."
Bastarono quelle poche parole a distruggerla dentro, molto più di quanto giù non fosse.
"E... con lei parla? Riesce ad aiutarlo?" gli chiese ed una lacrima varcò la sua ormai altissima soglia di sopportazione. 
"Solo oggi sono riuscito a parlare con lui. E' stato solo perchè gli ho chiesto di parlarmi di lei signorina, perchè gli ho proposto l'idea di venire qui."
"E..." provò lei, ma le lacrime ormai abbondanti la indussero ad abbassare il volto verso il basso. "Le sue mani... Non sono ferite, vero?" gli chiese ricordando le recenti ferite che si era procurato contro la parete della sua stanza, la paura che l'avesse rifatto la terrorizzava.
"No, le sue mani non hanno niente. Perchè me lo chiede?" chiese stranito l'agente.
"Ha presente quella forma di autolesionismo che le persone usano per sfogarsi e sentirsi meglio?" gli chiese tirando su con il naso.
"Ed Andrew..."
"No, lui lo fa in modo diverso, ma per le stesse ragioni." lo interruppe lei.
"Io... questo non lo sapevo" le rispose, quasi come a rimproverare se stesso per non averlo capito prima. "E lei..."
"No agente, mi dia del 'tu'." lo fermò sorridendo e lui annuì.
"E tu come stai?" le chiese, sentiva o meglio aveva capito che anche lei non se la stava spassando, no di certo. Sentiva di doverglielo chiedere, di doverle dare la possibilità di sfogarsi perchè forse nessun altro l'avrebbe fatto.
"Non ha importanza ora" gli rispose subito, senza neanche pensarci.
"Tu pensi agli altri, ma chi pensa a te?" 
Era da tempo che Demi non sentiva una frase del genere, era da tempo che nessuno glielo chiedeva o semplicemente era da tempo che nessuno non ne sentiva più il bisogno di chiederglielo. 
"Stai cercando in tutti i modi di aiutare Andrew, ma chi aiuta te?"
"Non ne ho bisogno, sono abbastanza forte da..."
"Certo, questo lo so. Ringrazia mia figlia più piccola che non fa altro che parlarmi di te." le disse sorridendo e lei fece lo stesso "Ma non sempre possiamo esserlo, ci saranno sempre alcuni periodi in cui anche la persona più forte al mondo ha bisogno di qualcuno pronto a sostenerla. E' ciò che ho detto anche ad Andrew. Quel ragazzo è cosi testardo, non chiede mai aiuto e sono sicuro che non lo farebbe neanche nella più terribile delle situazioni, ma tu non fare questo errore."
"Non lo dica a me, non so quante volte ho provato a farglielo capire ma ha sempre cercato di cambiare discorso" gli disse sorridendo leggermente ripensando a tutte le volte che aveva provato a farlo ragionare, ad indurlo a chiedere l'aiuto che tanto meritava. 
Si passò una mano tra i capelli ed involontariamente l'agente Smith, notò qualcosa che non avrebbe mai voluto notare. Sul suo polso c'erano dei lividi, dei segni forse causa di una stretta un po' troppo forte. 
"Come ti sei fatta quei lividi al polso?" le chiese subito, senza neanche pensarci troppo, senza neanche rendersene conto. 
"Non... non è niente, solo distrazione" gli disse ma non aveva ancora risposto alla sua domanda e dava molto l'idea di non poterlo fare. "Lei prima, quando le ho chiesto di Mark mi ha risposto subito, quasi come se lo conoscesse. E' cosi?" gli domandò cercando di cambiare discorso, ma l'agente se ne accorse subito. 
"So cosa è capace di fare quell'uomo pur di arrivare ai suoi obiettivi... tutto qui." le rispose semplicemente, non voleva dirle altro o forse non poteva, stava ancora fissando il suo polso con espressione stranita e preoccupata, avrebbe potuto riformularle la domanda di pochi istanti prima ma non voleva infastidirla.
"Puo' restare qui mentre... mentre leggo la lettera di Andrew?" gli chiese speranzosa. Improvvisamente aveva bisogno della presenza dell'agente, come se la figura di quell'uomo potesse sostituire quella di Andrew, e dopotutto era una sensazione più che normale e ovvia, era l'unico modo che entrambi avevano per parlare. 
"C-certamente signori... Ehm, Demi." le rispose totalmente incredulo della sua richiesta. "Ma solo se inizia a chiamarmi George, non mi dia del 'lei', la prego" le disse ridendo.
"Va bene" gli rispose sorridendo anche lei. 

"Ora capisco tutte quelle persone che sono state rinchiuse qui dentro, ora capisco perchè ogni volta, da piccolo alla tv, alcune le vedevo piangere e disperarsi. Quelle persone che davvero non avevano fatto niente o semplicemente avevano sbagliato, si, ma non era colpa loro. Ora capisco perchè si rifiutavano di vivere, di combattere, di lottare. Ora capisco tante cose solo fissando il muro grigio della mia cella per giorni interi. 
Ma sai, non è questo a farmi più male. Non è la mancanza di cibo ne il continuo silenzio della mia voce, è la mia mente a distruggermi completamente, a non permettermi neanche di respirare e sai perchè? Perchè sto continuando a pensare a te. 
Non fraintendermi, pensare a te è la cosa più bella che io possa fare, ed è l'unica mia speranza di salvezza, ma davanti ai miei occhi continuano a scorrere veloci, scene di quel giorno di una settimana fa (o poco più). Continuano a passarmi davanti agli occhi le tue lacrime e le tue mani tremanti quando hai cercato di non farmi portare via dagli agenti, ed ora penso: tu come stai? Che hai? Con chi sei? Stai bene? Stai male? E perchè? 
Sto cercando di non pensare che Mark sia li con te, e se cosi non fosse, sto cercando di sperare che non ti abbia fatto niente di male, che non te ne stia facendo e che non te ne faccia. E' inevitabile non pensare che sia io la causa di tutto ciò che ti sta accadendo, se ripenso all'inizio di tutto questo... Io volevo solo conoscere mia sorella, tutto qui. Solo poterla abbracciare senza dirle niente ed invece... Mi sono innamorato per la prima volta in tutta la mia vita e forse non avrei dovuto permetterlo. Non avrei dovuto permettere alle mie mani di soddisfare quel loro cosi grande desiderio di te, della tua pelle, non avrei mai dovuto permettere alla mia bocca di toccare la tua, non avrei mai dovuto... Mai dovuto far parte della tua vita, forse tutto sarebbe andato per il meglio.
Ma è inutile che io ci pensa ora, è inutile continuare a ripeterlo, sarei solo un vigliacco ora a pensare tutto questo. Ora ti amo e non mi importa di quello che avrei dovuto o non avrei dovuto fare, ora devo, voglio proteggerti, voglio starti accanto senza dover pensare a quella maledetta lettera di mio padre, a Mark o a quant'altro. Ti starò accanto solo se tu lo vorrai, mi vorrai. Uscirò da questo dannato posto solo se tu lo vorrai, mi vorrai. 
Ed ora, l'unica cosa che ho bisogno di sapere è: Come stai?
Solo questo ho bisogno di sapere. E si, si è cosi banale questa lettera e credimi, so cosa significa, ma non sono mai stato bravo a descrivere ciò che provo e penso.
Aspettami li, davanti a quel camino che io amo cosi tanto, capito? Ci sarò presto, te lo prometto.
Ti amo.
Andrew."
I won't give up - Jason Mraz
When I look into your eyes, it’s like watching the night sky
Or a beautiful sunrise there’s so much they hold
And just like them old stars
I see that you’ve come so far to be right where you are
How old is your soul?
I won’t give up on us, even if the skies get rough
I’m giving you all my love. I’m still looking up
And when you’re needing your space to do some navigating
I’ll be here patiently waiting to see what you find
‘Cause even the stars they burn, some even fall to the earth
We’ve got a lot to learn
God knows we’re worth it
No, I won’t give up
I don’t wanna be someone who walks away so easily
I’m here to stay and make the difference that I can make

Quando guardo dentro i tuoi occhi, è come vedere il cielo di notte
O una bellissima alba. C’è così tanto in loro possesso
E proprio come le vecchie stelle
Vedo che ne hai fatta tanta di strada per essere qui esattamente dove sei
Quanti anni ha la tua anima?
Non voglio rinunciare a noi, anche se i cieli si fanno difficili
Ti sto dando tutto il mio amore che sto continuando a cercare
E quando hai bisogno del tuo spazio per fare qualche navigata
Sarò qui in paziente attesa per vedere cosa trovi
Perchè anche le stelle bruciano, alcune cadono addirittura sulla Terra
Abbiamo molto da imparare, Dio sa che ne vale la pena
No, non mi arrenderò
Non voglio essere qualcuno che scappa via così facilmente
Sono qui per rimanere e fare la differenza che posso fare.


Fuori pioveva, Andrew riusciva sentirlo. Era sera e come era suo solito fare da quando si trovava li, stava fissando un punto vuoto mentre i suoi occhi indifferenti si erano chiusi per sentire il rumore della pioggia. Il meraviglioso rumore della pioggia che batteva a ritmo con le lancette dell'orologio, sulla piccola e rettangolare finestra della sua cella, l'unica connessione con il mondo esterno, l'unico spiraglio dal quale un raggio di luce poteva illuminare la stanza durante il giorno.
Stava aspettando che l'agente Smith tornasse per dargli notizie di Demi. Non sembrava impaziente o agitato, niente di niente. Era indifferente, tranquillo, silenzioso, era il "solito" ma dentro non di certo. Dentro aveva una tempesta di emozioni che stava cercando con tutte le sue forze di fermare e controllare. Una tempesta paragonabile quasi ad un tornado, uno tsunami, che altro? 
"Andrew" lo chiamò l'agente rientrando affannato e zuppo d'acqua.
"George!" si girò di scatto eliminando completamente il suo precedente stato d'animo di semplice indifferenza. "L'hai vista? Le hai dato la lettera? Come... come sta?" gli chiese frettolosamente avvicinandosi al freddo materiale delle sbarre della cella. 
"Hey calma, dammi il tempo di levarmi il cappotto." gli rispose con fare ironico. "L'ho vista, si, e le ho dato la lettera." gli rispose avvicinandosi.
"E come sta?"
"Puoi immaginarti una possibile risposta, no?"
"Ho smesso di immaginare risposte alle mie troppe domande, voglio i fatti."
"Non sta bene Andrew, è forte certo, quella ragazza sta portando una situazione cosi grande sulle spalle e anche se prova a fingere che tutto vada bene, nessuno ci crederebbe. Appena ho pronunciato il tuo nome, sembrava che avesse ripreso a vivere, quasi a respirare."
"E... Mark era con lei? Era li?"
"N-no, no certo che no. Come avrei potuto darle la lettera se c'era lui?" gli rispose balbettando, stava ancora ripensando ai lividi che aveva visto sul suo polso e si augurava disperatamente che non fosse stato Mark. 
"Che c'è?" gli chiese Andrew. Si era accorto dalla sua voce, dalla sua risposta e dalla sua espressione che stava pensando ad altro.
"Cosa? Di che parli?"
"Perchè hai balbettato quando mi hai risposto? Non sei sicuro della tua risposta?"
"Ma no, cosa dici!"
"George c'è qualcos'altro? Ti prego, ho bisogno di saperlo."
"Ma no, non c'è nient'altro, cosa dovrei nasconderti?"
"George ti prego, sei l'unica persona di cui io possa fidarmi qui dentro, l'unico che non ci ha pensato due volte ad aiutarmi rischiando anche di essere beccato."
"Andrew, a c-cosa ti riferisci? Non ti sto nascondendo niente, io..."
Non voleva parlargli di ciò che aveva visto, non era sicuro dei suoi pensieri, erano solo ipotesi, non voleva rischiare di allarmarlo per nulla ed era più che sicuro che lui non sarebbe rimasto li, nella sua cella a continuare i suoi giorni indifferentemente, non di certo se l'avesse saputo. 
"George, ti prego." gli ripetè con occhi speranzosi e bisognosi di sapere. "Ti ha detto altro? Qualcosa di importante che devo sapere? Hai notato qualcosa? Sta male?" provò ad ipotizzare lui, ma le ipotesi erano troppe per poter trovare una risposta da solo.
"D'accordo, d'accordo, d'accordo, fermati." lo zittò lui cercando di trovare le parole giuste per spiegargli ciò che aveva visto. "D'accordo hai ragione, c'è qualcosa che ho notato ma devi promettermi che starai tranquillo, le mie sono solo ipotesi, supposizioni, d'accordo?"
"Che significa? Di che stai parlando?"
"Ecco, lo vedi? Non posso parlarti se sei cosi..."
"George, George d'accordo, mi calmo ma tu dimmi cosa hai notato."
"Mentre stavo parlando con lei, si è passata una mano tra i capelli e ho notato sul suo polso dei lividi, dei segni forse causati da una stretta un po' troppo forte o semplicemente come mi ha detto lei, era distratta."
"Lividi?" ripetè sottoforma di domanda. "George, dei lividi?"
"Ah vedi? Ti conosco solo da una settimana ma ero sicuro che avresti reagito cosi!"
"George non... non puoi chiedermi di stare tranquillo quando... quando tu mi parli di lividi! Lividi!" gli spiegò mentre sul suo volto, un'espressione di preoccupazione e disgusto aveva preso il totale controllo delle sue emozioni. "Io devo vederla! Devo... devo trovare un modo per uscire da qui, devo andare da lei!"
"Aspetta, che vuoi fare? Ti rendi conto che stai parlando di scappare da questa cella? Da questa struttura? Sai, credevo tu fossi abbastanza intelligente da capire che qui nessuno esce se non è innocente."
"Ma io lo sono!"
"Lo sei ma loro non lo sanno! O meglio, non ci credono e scappando gli darai la conferma di ciò che pensano!"
"Di ciò che pensano gli altri non me ne faccio niente, io ho bisogno di andare da lei, di capire perchè ha quei lividi, capisci? E non mi importa se cosi facendo darò la conferma della mia colpevolezza, resterò qui per il resto della mia vita se è necessario ma ho bisogno di sapere cosa le sta succedendo!"
"Tu... tu sei matto ragazzo! Cosa conti di fare da solo?" gli chiese l'agente cercando di abbassare la voce per non fare troppo rumore.
"Non sono solo, George tu puoi aiutarmi!"
"Aiutarti a scappare? Ah ma certo, almeno cosi il mio lavoro va a farsi benedire del tutto, ma certo che si!"
"Faremo in modo che nessuno dia la colpa a te, mi prenderò io tutta la responsabilità. Diremo che sono stato io a rubarti le chiavi della cella mentre tu eri distratto, tutto qui."
"Tu... Ah, come devo definirti? Sei pazzo! Non posso permetterti di commettere questa pazzia. Ti voglio bene e lo sai, sei diventato come un figlio per me, ma non posso lasciare che tu ti metta nei guai più di quanto già non ci sei."
"L'hai vista, sei stato tu a dirmi che non stava bene, li hai visti tu quei lividi sul polso e non dirmi che non ti sei preoccupato, non dirmi che l'idea che in questo preciso istante sta tormentando me, non abbia tormentato anche te. Non dirmelo perchè non ci credo, lo so che anche tu sei preoccupato."
"Certo che anche io sono preoccupato! Certo che lo sono e per tutto il tragitto per ritornare ho continuato a pensarci, ma la tua idea non è la soluzione giusta."
"Allora dimmi tu qual'è, dimmelo perchè io ne ho bisogno. Chiamala pazzia, ma è l'unica cosa che posso fare, che devo fare!"
"Andrew, non puoi..."
"George, guardami." lo interruppe, stava disperatamente cercando di fargli cambiare idea solo con l'espressione. Avrebbe rischiato tutto, anche di restare li a guardare indifferente il muro grigio della sua cella per tutta la vita, ma doveva andare da lei, doveva capire, scoprire perchè quei lividi, perchè anche George aveva avuto la sua stessa sensazione, i suoi stessi pensieri. 
"Al diavolo tutto, mi hai convinto maledizione! D'accordo!"

Spazio Autrice:
Bene, ci ho messo tipo 2 o 3 giorni per aggiornare? Boh, ma non fateci caso, è cosi. Eh niente, mi ripresento sempre a quest'ora, proprio quando sono... come dire, 'fusa' (ma lo sono sempre, anche di giorno, fidatevi) Eh nulla, volevo solo informarvi che le vostre recensioni al precedente capitolo mi hanno davvero fatto felice, ed è bellissimo per me, soprattutto in un periodo un po' cosi e cosi come questo. (ma voi lo sapete già, no? Ve lo dico ogni santa volta) Grazie davvero! Beh, spero di cuore che il nuovo capitolo vi piaccia e credetemi, nel prossimo, l'Andrew badass che alcuni di voi sicuramente desiderano taanto taaanto, ci sarà, is a promise. (l'improvviso inglese fa sempre parte del fatto che a quest'ora io sono fusa) Ah e volevo anche chiedere scusa se non perdono per quelli che stavano e tutt'ora seguono l'altra mia FF, e tipo.. un anno? Che non aggiorno (no ma scherzo) e volevo spiegare il perchè. Siccome ho tantissime idee per far in modo che non finisca subito (altrimenti potrei semplicemente chiudere la FF con l'ultimo capitolo e festa finita.) voglio cercare di scrivere il nuovo capitolo per bene, non buttando li 3 o 4 parole tanto per aggiornare, non meritate questo, e sono giorni che ci provo ma il fatto è che quando io non sono convinta, non c'è niente che mi smuove (sono capace anche di non dormirci, ceh) eh  niente, solo per chiedere davvero, davvero scusa. Cercherò di aggiornare il più presto possibile. Ora me ne vado via perchè ho rotto le scatole e stop. Buona lettura.
Un bacio grande.
TeenAngelita_92


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Capitolo 18
*** I won't let you. ***


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18. 
"Ah, Dio. George tu sei un grande!" esclamò il ragazzo soddisfatto e felice di essere riuscito a convincerlo.
"Esci da qui dentro prima che io cambi idea, pazzo!" gli sussurrò aprendo velocemente la sua cella: quella solita e convenzionale struttura in ferro che per giorni aveva continuato a fissare nell'inutile tentativo di aprirla con mezzi che non fossero le chiavi del lucchetto. 
"Andrew!" lo fermò l'agente Smith afferrandogli il braccio "Io mi fido di te e per questo ti sto aiutando a fare... Dio si, a fare questa pazzia. Non fare nessuna cavolata che possa metterti nei guai, ne tu ne lei meritate di soffrire ancora." si raccomandò lui con quelle parole che sapevano cosi tanto di affetto paterno, parole che il più delle volte usava suo padre, magari accompagnate da una scherzosa pacca sulla spalla e un bel "Ti voglio bene figliolo". Tutto questo gli mancava, si, gli mancava suo padre e per la prima volta stava per ammetterlo. Ma no, il ricordo di suo padre non poteva, non doveva riaffiorargli nei pensieri proprio in quel momento, non poteva crollare, no.
"Te lo prometto George, te lo prometto" gli rispose sorridendo, cercando di evidenziare il più possibile le sue ultime parole. 
"Va ora, sbrigati! Non dovresti incontrare nessuno per l'uscita, a quest'ora restiamo a controllare solo io ed un mio collega." 
"Grazie George, grazie!" prese a ripetergli iniziando a correre.
"Va, sbrigati! Non pensare a ringraziarmi!" gli disse infine lui con il sorriso sulle labbra, un sorriso soddisfatto e quasi poteva definirlo orgoglioso, estremamente orgoglioso.
Dopo aver dato un ultimo sguardo a quelle quattro mura dove era stato per più di una settimana, si voltò affrettandosi ad arrivare all'uscita. Come gli aveva detto l'agente Smith, fortunatamente non incontrò nessuno lungo il corridoio e riuscì subito ad uscire chiudendosi tranquillamente il cancello alle spalle. 
Era notte fonda, pensò che fossero state l'una o le due circa. Intorno a lui il silenzio, solo il rumore della pioggia che continuava a picchiare forte sui palazzi e sui lampioni ancora accesi, ma ben presto anche il suo corpo divenne un buon bersaglio per ogni goccia di acqua leggermente fredda che lo faceva rabbrividire. Prese a correre, non curandosi del leggero venticello e dell'abbondante acqua che con insistenza continuava da qualche minuto ad inzuppare il suo corpo tremante. 
Ogni passo veloce andava a ritmo con ogni battito del suo cuore, che da quando era uscito da quel maledetto edificio aveva ripreso a funzionare regolarmente. La vista era leggermente appannata e sfocata ed ogni goccia che colpiva in pieno il suo viso, lo costringeva a sbattere velocemente le palpebre. Ma per quanto tutte le circostanze intorno a lui lo stancavano e indebolivano, per quanto l'acqua continuava con estrema insistenza a impedirgli di correre e l'induceva a fermarsi per riprendere fiato, il suo sorriso era ancora li, sulle sue labbra, non era sparito, neanche per un solo attimo. Il tragitto per arrivare all'hotel di Demi era abbastanza lungo, ma neanche il fattore "distanza", che lui non aveva minimamente calcolato, riuscì a fermarlo, a farlo arrendere. 
Continuò a correre fin quando, tra varie luci appannate dall'acqua piovana, riuscì ad intravedere quella che da lontano sembrava una piccolissima insegna dell'hotel che stava disperatamente cercando di raggiungere. Si avvicinò ancora per esserne sicuro ed appena si rese conto di essere arrivato, il suo sorriso si aprì meravigliosamente illuminando il suo volto mentre i suoi occhi si fecero lucidi e non per l'acqua che ancora lo stava bagnando. 
Riprese a correre dopo essersi fermato per regolarizzare il suo respiro ed i movimenti del suo petto che ora sembrava scoppiare. Riprese a correre ancora più velocemente, come se non l'avesse già fatto per una buona mezz'ora. 
Arrivò finalmente all'entrata. Si appoggiò sfinito alla porta per aprirla ed incurante dell'uomo anziano dietro alla reception che iniziò rincorrerlo continuando a gridargli "Ragazzo! Fermati, non puoi entrare in questo modo!" si diresse alla stanza di Demi. 
Rallentò la sua corsa lungo il corridoio, guardando attentamente tutti i numeri a caratteri cubitali su ogni porta, in disperata ricerca di quello giusto. Notò che l'uomo anziano che prima stava cercando di fermarlo, non c'era più dietro di lui, ma questo non gli importò più di tanto. 
Porta per porta, numero per numero, ed ogni battito del cuore che si aggiungeva alla già troppa agitazione. 
"Stanza n°110" disse sottovoce a se stesso quando finalmente la trovò. Si accasciò alla porta, ormai sfinito e zuppo d'acqua. Il suo corpo non aveva smesso un solo attimo di rabbrividire e non solo per i brividi di freddo, sapeva molto bene che non era solo quella la causa del suo continuo tremolio. 
"D-Demi" si ripetè sottovoce cercando rallentare il suo estremamente veloce respiro. Bussò una, due, forse tre volte, quasi con estrema fatica a causa del formicolio alle braccia. 
Nessuna risposta, niente di niente.
Una, due, tre volta ancora. Forse stava dormendo, pensò subito. Alzò ancora il braccio con l'intenzione di riprovare a bussare, ma non ce ne fu più bisogno. La porta si aprì rivelando la meravigliosa figura della persona che ora più di tutte aveva bisogno di vedere, che aveva bisogno di abbracciare.
"M-mio Dio, Andrew!" esclamò la ragazza portandosi una mano alla bocca mentre le lacrime avevano già iniziato a scendere senza preavviso, forse per felicità, forse per paura, forse per tristezza di vederlo cosi stanco e distrutto, non lo sapeva, non lo capiva.
"T-te lo avevo... avevo promesso" provò a dirle sorridendo debolmente e ad ogni parola, si alternava un faticoso respiro. 
Esausto dalla corsa di pochi istanti prima e dai brividi di freddo che continuavano a torturare il suo povero corpo, si accasciò a terra, a pochi centimetri dalla porta. 
"Andrew! Che hai? Che succede? Andrew!" provò a chiedergli sostenendolo da dietro. A fatica quasi lo trascinò dentro chiudendosi la porta alle spalle. "Andrew, rispondimi, ti prego!" 
Si sedette accanto a lui poggiando la sua testa sulla gambe, del tutto incurante del fatto che erano a terra, sul freddo pavimento della sua stanza. 
"Andrew!" continuò accarezzandogli il viso bagnato. Poggiò una mano sul suo petto, notando che ancora si gonfiava e si svuotava più velocemente del normale. 
"Non sono. più. abituato. a correre. cosi tanto." le disse ridendo, come per tranquillizzarla.  
Lei ricambiò con il sorriso, quel sorriso che dopo tempo non si era più visto, che ne lei ne lui avevano più visto, e ne avevano cosi tanto bisogno. Gli passò una mano tra i capelli bagnati, quasi per aggiustarglieli mentre le sue lacrime continuavano ininterrottamente a rigarle il viso. 
"Perchè sei scappato? Perchè sotto questa continua pioggia? Verranno a cercarti, ti porteranno di nuovo via da me, Andrew io non voglio!" iniziò quasi a sfogarsi, ad ammettere che era felice ma allo stesso tempo, che quella sua felicità era affiancata dalla paura di perderlo, ancora una volta.
"No, no basta, shh" la fermò scandendo ogni parola con estrema fatica. Le accarezzò il viso tracciando con le dita il contorno delle sue labbra. Gli era tanto mancato farlo, gli era tanto mancato poter toccare il suo viso cosi vicino, cosi meravigliosamente bello, proprio come in un sogno, uno di quelli che ogni notte faceva mentre cercava invano di soffocare le sue lacrime nel cuscino grigio della sua cella. 
"Resta qui, con me..." la sua voce ancora rotta dalle lacrime e il disperato bisogno di lui che per giorni aveva cercato di soffocare, ora non voleva più farlo. 
Appoggiò sfinita la sua fronte a quella di Andrew, mentre grazie a i loro pesanti e caldi respiri, tutti i meravigliosi momenti che avevano passato insieme, seppur cosi pochi per loro, iniziarono a riaffiorare, senza neanche aver bisogno di essere richiamati alla mente.
Vedrai com'è - Giorgia
Ti ritrovi dentro le domande e i tuoi perché
e sai che le ferite sono le tue
tu che chiedi scusa ma non c’è più una scusa
per non andare avanti ed affrontare me
Vedrai com’è
il respiro nei momenti senza più cadere
lo so com’è, stare senza te.
Momenti pieni colmi di malinconie
passati insieme ad occhi aperti e le tue manie
troppe domande troppe e troppe risposte rotte
ti dice il tempo poi le aggiusterai
Vedrai com’è
il respiro nei momenti senza più cadere
lo so com’è, stare senza te
E ricominciare come sai
tu mi stringerai fino a che saprò che mi ami ancora
e che sei pronto ora e sentirò com’è
Vedrai com’è
il respiro nei momenti senza più cadere
lo so com’è, stare senza te
Senza di te, senza di te
Stare senza di te.

 
"Verranno a cercarti, verranno a riprenderti" continuò a sussurrargli lei con il fiato corto mentre le mani di Andrew presero ad accarezzare ogni più piccolo angolo del suo collo. Le sue parole non significavano niente per lui ora, era il suo corpo a parlare, la sua mente stava solo cercando di farla ragionare. 
"Shh, io sono qui ora" sussurrò contro le sue labbra. Erano in piedi, davanti allo stesso camino di giorni prima, lo stesso camino che lui citava nella sua lettera, quello che tanto amava, quello dove le aveva promesso di esserci, di ritornare. 
"Te ne andrai via di nuovo... lo so" gli ripetè lei accompagnando quelle sue parole con una smorfia di dolore sul suo viso. "Lo so che te andrai via, lo so."
"Sai che non lo permetterò, guardami" le alzò il viso con una mano portandoselo il più vicino possibile. "Non lo permetterò, non ti lascerò da sola" continuò a ripeterle mentre le sue labbra si spostarono su un lato del suo volto, lasciandole dolci e teneri baci sulla pelle. 
"No... non... non è vero, ti porteranno via da me, lo faranno." le sue lacrime, causate dalla dannata paura di perderlo ancora, continuavano, quasi come la pioggia fuori da quella stanza, che ancora insistente, batteva contro le pareti e le finestre dei palazzi. 
Andrew si abbassò leggermente e la baciò, improvvisamente. Non voleva sentirla parlare, non voleva sentire quelle sue parole, non voleva sentire la sua sofferenza, non voleva continuare a vederla star male e fermò quelle sue cosi tante sofferenze con un bacio, forse poco dolce, ma il più bello che si erano mai potuti dare. 
Il sapore della sua bocca, pensò subito. Gli era mancato cosi tanto, cosi tanto e forse troppo che ora non era sicuro di potersi allontanare, ma forse non voleva neanche più farlo. Lei, ormai coinvolta nel meraviglioso vortice di emozioni da lui stesso creato in pochi istanti, poggiò le mani su i suoi fianchi e lentamente, le sue mani si spostarono sotto la sua maglietta ancora zuppa d'acqua. Accarezzò la sua pelle bagnata e fredda e lui riuscì a distinguere il suo tocco, il suo calore che finalmente riusciva a cancellare tutti i suoi brividi. 
Il contatto delle loro labbra non si era perso per un solo attimo, neanche per riprendere a respirare. 
Le loro mani, l'una sull'altra, che si trovavano su i fianchi di Andrew, insieme, quasi in sincronia perfetta, iniziarono ad andare verso l'alto ed ancora insieme si sbarazzarono della sua maglia bagnata e fredda, per lasciar spazio al meraviglioso calore umano dei loro corpi. 
"Hai... hai freddo... t-tremi" gli sussurrò lei vedendolo tremare, ma ormai lui si era abituato a quella sensazione. 
"Non ho freddo, è... è solo acqua." le disse riprendendo a baciarla. 
"Hai freddo... Lo sento." gli ripetè lei allontanandosi leggermente e le sue mani, in compagnia delle sue labbra, si spostarono sul suo petto nudo, quasi ormai asciutto dal calore del fuoco del camino davanti a loro. Iniziò a lasciargli lenti e delicati baci in ogni punto, in ogni più piccolo spazio dove le sue mani non erano ancora arrivate. 
"D-Demi" riuscì solo a gemere lui, voleva dirle qualcos'altro, aveva bisogno di dirle qualcos'altro ma non poteva. 
Ma, quel loro momento cosi importante e perfetto, venne interrotto dal continuo, rumoroso e terribilmente fastidioso bussare alla porta.
"E'... è Mark" gli sussurrò lei tornando alle sue labbra. Sembrava cosi spaventata e sicura di ciò che diceva, ora era il suo corpo a tremare. 
"Shh, tranquilla..." le accarezzò il viso cercando di tranquillizzarla, si era reso conto che la sua visita non sembrava ben accetta.
"Ti porterà via di nuovo, lo farà di nuovo, devi andartene via, ti prego" iniziò a dirgli disperatamente, ma lui non se ne sarebbe andato, non l'avrebbe lasciata li, da sola, con Mark.
"Calma, calma amore mio" l'abbracciò forte, quasi cercando di opprimere e soffocare le sue paure. "Non me ne andrò, starò qui accanto a te, non ti lascerò sola." le sussurrò in un orecchio.
"Nasconditi... non voglio che ti veda, non voglio che ti faccia del male" lei lo strinse più forte, quasi a volerlo difendere.
"Lo faccio, amore mio lo faccio, ma tu sta calma. Guardami, sono li dietro" le disse indicando la porta socchiusa della sua camera da letto. "Sono li, qualunque cosa succederà, io sarò li" la baciò un ultima volta e a malincuore si allontanò dirigendosi nell'altra stanza. La guardò sorridendo, come per incoraggiarla mente il rumore alla porta si fece sempre più insistente.
Lei, incerta e tentennante si avvicinò per aprire e come temeva, si trovò davanti Mark.
"Mark!" esclamò, cercando di sembrare il più sorpresa possibile.
"Andrew è scappato! Qualche ora fa!" quasi urlò lui entrando.
"Scappato?" chiese deglutendo rumorosamente.
"Si! E tu non sei al sicuro qui! Devi venire via con..." si fermò quando passò davanti alla sua visuale, la maglietta che pochi istanti prima Andrew si era tolto.
"E' stato qui! E' ancora qui, vero?" chiese con aria minacciosa voltandosi verso di lei. "E' qui! Ma certo! Non è cosi?" le afferrò un polso, stringendoglielo forse troppo forte e bastò solo quella scena per far si che Andrew capisse tutto: i lividi, quei lividi.
"M-Mark, lasciami! Ti prego!" lo supplicò lei.
"E' stato qui! Vero? E' ancora qui, nascosto da qualche parte!"
"Mark! Mi fai male!" cercò di fargli notare, ma risultò inutile.
"Avanti! So che sei qui, non serve a molto nascondersi ora, da vigliacco."
E no, non fu quella sua frase, quella sua sfida appena lanciata a dargli il coraggio di uscire allo scoperto, di affrontarlo, no, non fu quello. Fu il solo fatto di vedere e capire tutto, il solo pensiero che lui aveva ragione, era stato Mark a farle quei lividi, era stato lui.
"Lasciala andare, le stai facendo male" 

Spazio Autrice:
"Ma sempre a quest'ora?" vi starete sicuramente chiedendo e si, sempre a quest'ora e come ho già detto, è proprio il momento della giornata nel quale sono più fusa ma, boh, riesco a scrivere, non chiedetemi il perchè. Eh nulla, volevo solo informarvi che voi e le vostre meravigliosamente, meravigliose, meravigliosissime (esiste? boh, ma voglio dirlo) recensioni, siete meravigliose. Ceh, io vi amo, giuro. Potrei anche ringraziarvi all'infinito, ma non servirebbe a niente, ma niente niente proprio. Grazie perchè davvero, mi rallegrate le giornate e non c'è cosa migliore per me in questo momento. Beh, stavo cercando un buon aggettivo per questo capitolo e mi sembra che l'unico che mi viene in mente sia "triste". Si, lo è e forse un pochino troppo? Ma spero di non avervi rattristato la giornata, sul serio ahahah. Ma ora vado via, lo spazio autrice diventa sempre un poema con me e avrò anche rotto abbastanza le scatole. 
Buona lettura.
Una bacio granissimo. (più del solito)
TeenAngelita_92

 

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Capitolo 19
*** Who you are. ***


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19.
"Lasciala andare, le stai facendo male" Quelle parole uscirono dalla sua bocca quasi come una minaccia, non era per niente un invito. E il tutto era strano, era strano aspettarsi da "Andrew", quel "Andrew", un qualcosa di diverso da ciò che è sempre stato, da ciò che ha sempre cercato di essere. Quel ragazzo dolce, generoso, timido, sempre nella costante paura di sbagliare, di ferire qualcuno, di procurare sofferenze a qualcuno. Quel biondino ventenne che sa badare a se stesso, che non vuole aiuto da nessuno, quello che apparentemente può sembrare forte, indistruttibile e sempre sorridente, si, sembrare, perchè in realtà non ha certezze, non ha sicurezze, niente a cui potersi aggrappare.
Si fece avanti. Pugni chiusi. L'espressione di chi ormai è stanco di subire, stanco di stare fermo in un angolo a guardare la sua vita che passa veloce sotto gli occhi mentre qualcuno cerca insistentemente di distruggergliela. E si, quel qualcuno aveva un'identità, aveva una faccia, aveva un nome, ed era proprio li davanti a lui.
"Chi si rivede" gli disse con quel fare cosi acido e irritante Mark, che non fece altro che incoraggiare le sue iniziative, improvvisamente decise e preparate a dar spazio alla sua rabbia. 
"Ti ho detto di lasciarla, le stai facendo male." gli ripetè appena si accorse che non aveva colto bene ciò che gli aveva detto precedentemente. 
"Cos'è? La bella settimana di vacanza in cella ti ha cambiato? Oh non mi dire." il suo tono ancora, costantemente e maledettamente irritante, continuava a risuonare nella sua testa, come un eco a cui difficilmente avrebbe potuto mettere fine. 
"Cos'è che non riesci proprio a capire delle due parole 'lasciala andare'?" Andrew si avvicinò e molto probabilmente non aveva buone intenzioni, non poteva averne di certo. Gli prese lentamente e tranquillamente il colletto della giacca tra le mani stringendoglielo al collo. 
"A-Andrew, ti prego..." la voce impaurita e leggermente tremante di Demi, iniziò a risuonare nella sua testa, prendendo il posto di quella di Mark. Lei che ora assisteva alla scena, li, inerme, immobile davanti a ciò che da forse troppo tempo aveva temuto. Eh si, anche se si trattava di Mark, anche se si trattava di mettere fine al loro dolore una volta per tutte, l'avrebbe fermato. Si, l'avrebbe fermato e gli avrebbe impedito di sfogare tutta la sua rabbia perchè lei non voleva perderlo di nuovo, lei non voleva rivivere quella scena, lei non voleva vederlo andar via bloccato dalle braccia di due agenti che non l'avrebbero mai lasciato libero, che avrebbero solo eseguito ciò che gli sarebbe stato ordinato di fare. Ma, per quanto lui l'amasse, per quanto avesse potuto aver ragione, tutto questo lo faceva solo per lei, solo per difenderla. 
Si fermò per un attimo ad ascoltarla ma la sua piccola supplica non venne accolta. La sua attenzione tornò a Mark:
"Lasciala. andare." gli sussurrò in un orecchio. La voce calma e placata evidenziava il più possibile quelle due sole ed uniche parole mentre la sua espressione... La sua espressione era velata da un leggero senso di rabbia ed una smorfia di disgusto che lentamente stavano avendo il totale controllo del suo corpo. 
"E questa come dovrei definirla? Una minaccia?" gli rispose ridendo Mark cercando di restare il più tranquillo possibile. Ma Andrew riusciva a sentirlo. Riusciva a sentire il cuore che quasi stava per saltargli dal petto, il respiro affannato e veloce come di qualcuno che ha paura, si, cosi sembrava. "Avanti, dammi un'altro motivo per convincermi a lasciarla andare." continuò deglutendo rumorosamente, pur sapendo di rischiare. E si, furono esattamente quelle quatto o cinque parole messe insieme: "motivo. per. convincermi. a lasciarla. andare." Quelle parole, bastate in un attimo a distruggere quella sottile e fragile linea immaginaria che percorreva la divisione tra rabbia e calma nella sua mente. 
Un pugno. Un colpo rapido, veloce, uno di quelli allo stomaco, quelli che non ti danno neanche il tempo di respirare, di capire cosa sta succedendo o cosa è appena successo. 
"Andrew!" ed ancora la voce di Demi mentre un gemito proveniente dalla bocca di Mark, si fece spazio nell'immenso silenzio di quella stanza. Si accasciò a terra e non reagì. Perchè?
"Ti ho convinto ora?" gli chiese Andrew, abbassandosi al suo livello per scandire bene ogni parola. 
No, lui non era Andrew, non lo era più stato da quando Mark era entrato in quella stanza, da quando la rabbia aveva ormai preso il totale sopravvento su di lui.
E Demi quasi ne aveva paura, quasi si chiedeva chi fosse ora, in cosa si fosse trasformato, cosa gli altri stavano cercando con tanta insistenza di farlo diventare. 
"C-credi..." iniziò, ridendo faticosamente "Credi che ora io abbia paura di te? Dovresti essere tu a starle lontano."
Ancora un pungo. Ancora un gemito maledettamente trattenuto dalle labbra. Quella fastidiosa, irritante e maledetta risata che ancora riusciva a tirar fuori.
"Non... non vedi cosa sei diventato? S-sei tu quello violento e pericoloso, non io." continuò Mark, continuò e ancora continuò.
Ed ancora un pugno. Ancora un gemito di dolore. Ancora una scintilla di rabbia in più nei suoi occhi rispetto a prima. 
"Andrew!" ed ancora la voce di Demi.
Ed ora sangue, piccole gocce che scendevano con estrema lentezza dalla sua bocca ancora aperta in un isterico sorriso. 
"Dio! Smettila!" urlò Andrew. Si, era stato lui a procurargli quei gemiti, lui a dare inizio al sangue e avrebbe voluto fermarsi ma non poteva. "Perchè non reagisci? Perchè rimani fermo?" continuò mentre, afferrando di nuovo il colletto della sua giacca, gli sollevò la testa da terra. 
"Non... non mi servirà a niente, preso la giustizia farà il suo lavoro" gli rispose semplicemente balbettando, ed ora tutto tornava, era solo una trappola.
"Andrew! Ti prego, fermati! E' questo quello che vuole!" si avvicinò a lui cercando di abbracciarlo, unico modo per fermalo, ma lui la spinse via. 
"Dio! Solo... solo la soddisfazione di poter dire che ho un valido motivo per essere rinchiuso in quella fottuta cella! Solo la soddisfazione di poter dire che sono colpevole e che mi merito quello schifosissimo destino! Solo poter dare la colpa alle mie mani che ti hanno ridotto cosi e non ai tuoi stupidi trucchetti da bastardo!" gli urlò, al limite della sopportazione. "Solo saperti lontano da lei! Lontano da qui!" continuò stringendo le labbra mentre gli occhi si fecero lucidi "Solo poterle stare accanto senza che tu e tutti gli altri come te me la portino via! Dannazione, solo questo!"
Si, sapeva di essere caduto nella sua stupida trappola, sapeva di aver fatto esattamente ciò che lui voleva e sapeva ciò che ora l'avrebbe aspettato una volta fuori da quell'hotel.

Who you are - Jessie J.
I stare at my reflection in the mirror…
Why am I doing this to myself?
Losing my mind on a tiny error,
I nearly left the real me on the shelf…
“No, no, no, no… ”
Don’t lose it all in the blur of the stars!
Seeing is deceiving, dreaming is believing,
It's okay not be okay...
Sometimes it’s hard, to follow your heart.
Tears don’t mean you’re losing, everybody’s bruising,
Just be true to who you are!
Fisso il mio riflesso nello specchio…
Perché sto facendo questo a me stesso?
Sto perdendo la testa su un minuscolo errore,
Ho quasi lasciato il vero me sullo scaffale…
“No, no, no, no… ” 
Non perdere tutto nell’offuscamento delle stelle!
Capire è illudere, sognare è credere,
Va bene non stare bene…
A volte è difficile seguire il tuo cuore.
Le lacrime non significano che stai perdendo, tutti sono pieni di lividi,
Solo per essere coerente con la persona che sei!


"Basta, basta Andrew, basta!" Demi lo strinse velocemente a se in un forte abbraccio, quasi per volerlo zittire, per farlo smettere di parlare, per fermare quelle sue tante e forse troppe emozioni, arrivare cosi, improvvisamente, tutte insieme, in un millesimo di secondo. 
"Andrew! Guardami, maledizione, guardami!" gli urlò leggermente afferrandogli stretto il viso. "E' questo ciò che vuole, non lo capisci?" cercò di allentare la presa per trasformarla in una dolce carezza, ma non servì a molto. 
"Lascialo... Lascialo andare." iniziò a ripetergli lentamente stringendogli le mani "Lascialo andare, tu non sei come lui, tu non lo sarai mai" continuò spostandogli le mani dal colletto di Mark per portarle al suo volto. 
Ma Andrew prese a fissarlo, li, a terra, sanguinante e dolorante mentre iniziava a chiedersi: "Sono stato io? Sono davvero io questo? Che ho fatto? Chi sono? Perchè?"
Domande a cui nessuno avrebbe potuto dare una risposta se non lui stesso. Eppure si era solo ribellato, si era solo sfogato, liberato di tutte le volte che nella vita aveva costantemente subito, subito e subito senza fare niente. Perchè doveva essere sbagliato? Perchè si sentiva in colpa? Perchè sentiva di aver sbagliato? Perchè? Perchè sentiva che ora tutti gli avrebbero dato la colpa? Perchè doveva sentirsi un colpevole quando per anni era stato una vittima?
Tutto questo era strano, era stupido, era insignificante, era solo la sua coscienza a parlare, si, pensò subito che fosse lei, quasi come una persona a cui nelle prossime notti insonne avrebbe sicuramente dato un nome e un'identità ben definita. 
"D-Demi..." riuscì solo a dire con voce tremante. La sua espressione completamente diversa da pochi istanti prima, paura e senso di un vuoto incolmabile presero il posto della tanta precedente rabbia che ora si era polverizzata improvvisamente. 
"E... o-ora ti senti in colpa?" e la voce dell'uomo che ancora era a terra sanguinante, e che Andrew stava continuando a fissare, si fece sentire.
"Guardami Andrew! Non è colpa tua, non dargli ascolto!" 
E lei cercò di dissuaderlo dall'idea che fosse stata colpa sua, cercò di evitare che il "piano", come si poteva definire, di Mark, non funzionasse. 
"Ed ora... saprai per quale motivo ti ritroverai a fissare continuamente il muro grigio della tua cella." Continuò lui mentre a fatica riuscì a rialzarsi per dirigersi verso l'uscita. Si toccò delicatamente la bocca con il palmo della mano per controllare se il sangue stesse continuando a gocciolare e dopo di che, lo guardò un ultima volta "Goditeli questi pochi minuti con lei. Fidati, fallo prima che arrivino a prenderti" gli disse e se andò chiudendosi la porta alle spalle.
"Dannazione!" urlò lui mentre si diresse velocemente contro la porta per non permettergli di andare via, ma Demi lo fermò avvolgendogli il collo con le braccia. 
"Basta Andrew! Basta, basta!" gli sussurrò in un orecchio, come a volerlo calmare.
"Demi..." la allontanò leggermente per poterla guardare negli occhi "C-credimi, io non sono questo, io non... non lo sono mai stato, io..."
"Shh" lo fermò, come se non avesse bisogno di sentire altro "Tu non sei come lui, non lo sarai mai Andrew."
"Non voglio tornare li, non ce la faccio, tutto questo è troppo grande. Non voglio tornare a..."
"Non ci tornerai, guardami" gli disse cercando disperatamente il suo sguardo spaesato ed impaurito "Devi andare via, devi scappare. Non lascerò che ti portino li dentro di nuovo, credimi"
"Demi..."
"Ho bisogno che tu mi ascolti ora, saranno qui a momenti. Va via, nasconditi da qualche parte, qualunque parte, voglio solo che non ti trovino."
"Vieni via con me allora, andiamo via."
"No Andrew, ci troverebbero subito. Va via, vattene da qui, te ne prego, va via."
"Demi..." provò ancora a contraddirla ma lei lo fermò baciandolo. 
Il viso stretto tra le sue mani come a non volerlo perdere ed il copro tangente al suo, quasi stretto, legato al suo, come a non volersi più allontanare. Dava tutta l'idea di essere un dolce e bisognoso bacio, e bisognoso lo era, ma non dolce, era bisognoso a tal punto da renderlo disperato e triste, quasi come se fosse l'ultimo, quasi come se fosse un addio.
"Va via ora." gli disse infine lei, staccandosi leggermente mentre il respiro pesante le impediva di controllare i suoi battiti del cuore, diventati forse troppo veloci. 

Spazio Autrice:
Bene, eccomi di nuovo qui (come sempre, ovviamente) a rompere le scatole dopo un piccolo... chiamiamolo "periodo" durato alcuni giorni, grazie sempre alla mia amata, amatissima e bellissima scuola (che io ovviamente amo tanto, certo!) Eh niente, date la colpa al compito di Fisica che non mi ha permesso di fare altro che studiare e che avevo esattamente stamattina, ed al quale io ed i miei amici d'avventura (no, i miei compagni di classe) abbiamo allegramente fatto usando la tecnica dell' "ambarapaccicciccoccò..." per tutte le domande a crocetta. Ma ovviamente scherzo, ci prenderò 3 ma è tutto normale. No ma ora passiamo alle cose serie, non faccio mai la serie ed oggi voglio farla. (certo, io seria) Insomma, sappiate che le vostre recensioni mi stanno aiutando tantissimo in quest'ultimo periodo un po' cosi e cosi, mi fanno davvero felice (e ve l'ho già detto tipo 38438 volte ma io voglio ripeterlo perchè si) Eh niente, volevo farvelo sapere solo per dirvi che ogni volta che vi ringrazio sempre, è davvero poco, anzi pochissimo, sappiatelo. Ora mi levo dalle scatole, sorry. Buona lettura.
Un bacio graaaande!
TeenAngelita_92

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Capitolo 21
*** My choices. ***


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21.
"Va via ora"
Quelle parole risuonavano nella sua testa, come un eco continuo a cui forse non avrebbe potuto mettere fine. "Va via ora" ed ancora, ancora. Ancora quelle parole che davano tanto l'idea di un ordine, ma un ordine non erano. E lui cosi fece, a malincuore lasciò la presa delle sue braccia, diventata un po' troppo forte. Si allontanò lentamente ma con lo sguardo fisso su di lei, fisso su i suoi occhi, nella vana speranza di poterle far cambiare idea senza bisogno di parole, parole che forse non sarebbero neanche servite e che lei avrebbe subito fermato senza esitazioni. 
Aveva ormai superato la soglia della porta e tutte le sue mille speranze erano state bruciate, rese cenere solo dal pensiero di aver superato quella sottilissima linea immaginaria che li divideva definitivamente.
"Andrew!" solo questo riuscì a dire lei, solo correre verso di lui mandando al diavolo ciò che si era imposta di fare per il suo bene. "Andrew..." sussurrò  ancora un volta tra le sue braccia, mentre lui accolse subito la sua 'supplica', l'unica parola con qui poteva definire quel suo gesto improvviso. 
"Dio..." gemette lui, stringendola il più forte possibile a se. "Vieni via con me, vieni via con me..." le ripetè con il fiato corto sul suo viso. "Vieni via con me..." continuò.
Ed ora? Ora poteva scegliere? Poteva davvero deciere cosa fare?
Tutto sembrava cosi prevedibile e semplice, troppo. Sarebbe stato facile scegliere di scappare via con lui, scegliere di seguirlo, scegliere la via migliore. Eppure sembrava troppo facile. Davvero Mark non ci aveva pensato a questo? Davvero non l'avrebbe previsto? Iniziò a chiederselo. Lei era sempre stata brava ad affrontare situazioni difficili, quelle in cui non sai cosa fare, o meglio ci si era sempre trovata dentro, ma ora sapeva esattamente cosa fare, davanti ai suoi occhi aveva tutto ciò di cui aveva bisogno. Come si dice? Sembrava quasi troppo bello per essere vero. 
"Non ci metteranno molto ad arrivare a me, in questo modo sarà facile trovarti." provò a convincerlo, ma non era lui che doveva convincere, era se stessa. 
"Allora aspetterò qui, aspetterò che vengano a prendermi. Non voglio lasciarti qui, non lo farò."
"Maledizione! Ragiona Andrew!" gli urlò prendendogli il viso tra le mani.
"No, ragiona tu! Pensi che non me ne sia accorto di quei fottuti lividi sul polso? Credi che io sia stupido e non ci sia arrivato da solo a capirlo?"
"Tu non..." il suo corpo si irriggidì cosi come la sua voce, diventata improvvisamente roca e bassa. Lui lo sapeva, lui sapeva di quei lividi. Eppure lei non ne aveva ancora parlato con nessuno, ne tanto meno con lui. Si, forse se ne era accorto da solo, magari in un momento di distrazione, ma sembrava che avesse già capito tutto, già capito chi, come e quando. 
"Andrew tu..." ripetè cercando di finire la frase, ma neanche stavolta ci riuscì.
"Io cosa? Credi che non l'abbia capito che è stato lui? Dio, mi credi davvero cosi stupido?"
"Andrew non... non è cosi, lui..."
"Avanti, non mi dire che stai cercando di difenderlo!"
E mentre quelle sue ultime parole, quasi urlate, risuonavano nel silenzio della stanza, in lontananza si iniziava già a sentire il suono e la luce a scatti delle sirene, contro quella grande finestra alla loro destra che lui tanto amava o forse aveva amato.
"Andrew..." iniziò, con la disperata intenzione di convincerlo a scappare.
"Li senti, vero? Sono già qui, qui per me. Senti? Senti il suono di quelle sirene sempre più vicino?"
"B-basta..." riuscì solo a sussurrargli lievemente.
"Presto saranno qui ed io non li fermerò, se vorranno prendermi lo faranno, non farò resistenza..."
"Smettila Andrew. Vattene!"
"Andarmene? Scappare? E dimmi, servirebbe a qualcosa? Starei meglio scappando e sapendoti qui? Con..."
"Perchè mi fai questo?" lo interruppe.
"Perchè io scapperò solo se ci sarai anche tu con me a farlo." Le disse, mentre da sottofondo a quelle sue parole appena terminate, ci fu ancora quel famoso rumore, quello che avevano udito pochi istanti prima: quelle luci abbaglianti a scatti, quasi a ritmo con quell'assordante suono che man mano si faceva sempre più vicino. Rumore, rumore... E lei iniziò a pensare: quando sarebbe finito tutto? Quando avrebbe potuto chiudere gli occhi e tranquillizzarsi tra le braccia di Andrew? Quando avrebbe potuto stare bene? Perchè lei voleva solo questo, desiderava solo questo e in fin dei conti non chiedeva tanto, voleva solo essere felice con la persona che amava. Perchè tutto questo?
Ora non aveva più molto tempo, ora doveva agire per se stessa, ora voleva essere felice. 
E si,  al diavolo le conseguenze, al diavolo quelle regole convenzionali, logiche e ragionate che la gente da sempre impone nella propria vita, al diavolo la ragione e tutti quelli che non avrebbero mai capito il significato delle sue azioni e delle sue decisioni. 
"Maledizione, si! Andiamo via!" gli disse improvvisamente, affrettandosi ad afferrare forte la sua mano e dirigersi verso l'uscita e lui... Lui ebbe solo il tempo di aprire un sorriso e annuire lievemente mentre cercava di starle dietro senza cadere o inciampare. Percorsero il lungo corridoio che portava all'uscita in meno di qualche minuto e l'anziano uomo dietro la reception li notò, si,  ma si era ormai arreso, abituato al loro alquanto strano via vai, rassegnato all'idea di non poter capire più di tanto. 
Ora erano fuori: la pioggia non aveva smesso un solo attimo di colpire ogni cosa gli passasse sotto tiro con le sue veloci, grosse e gelide gocce d'acqua, mentre il cielo iniziava a farsi di un nero più chiaro, come se la luce del giorno stesse ormai prendendo il sopravvento sulla notte ormai finita. 
E quel loro correre tra le varie auto, e si, senza una vera e precisa meta, tra i suoni moltiplicati ed assordanti delle sirene improvvisamente concentratesi in un solo punto della strada, tutto questo dava tanto l'idea di una 'fuga d'amore'. Ma forse lo era, anzi, sicuramente lo era. Stavano scappando dalla realtà delle cose, quella realtà cosi tanto decisa ad impedirgli di stare insieme, decisa a farli ragionare troppo su ogni loro scelta o decisione, decisa ad indurli ad essere razionali e a seguire la ragione. No, loro non l'avrebbero mai fatto, non avrebbero mai scelto la via più difficile ma più giusta a quella più facile e bisognosa di essere presa. L'avevano fatto per tutta una vita, per tutta una vita avevano fatto scelte e decisioni per il bene degli altri e apparentemente per il loro bene. Si, apparentemente, perchè non lo erano davvero. 
Ed ora correvano, correvano ancora: tra i vari vicoli, stradine, nascondendosi nel piccolo angolo di qualche negozio passato sotto la loro visuale e magari qualche cancello stranamente e fortunatamente aperto. Li avevano visti, li avevano riconosciuti e forse li stavano seguendo ma loro neanche se ne erano accorti e forse neanche gli importava perchè avrebbero continuato a correre con il solo obiettivo di andare lontano, da tutto, da tutti e si, senza neanche sapere dove, quello non era importante. 
E loro, cosi, insieme, davano... davano tanto quell'idea di un "Jack" e una "Rose" in un contesto completamente diverso, in un ambiente o scenario completamente differente da quello che ormai da anni tutti si immaginano solo sentendo il nome "Titanic". E perchè no, tutto questo ora era quasi simile al quella famosa scena in cui i due protagonisti devono lasciarsi, proprio per far si che almeno uno di loro si salvi, "per il loro bene". Quella famosa quanto vera frase detta e ridetta forse tante volte: "Salti tu, salto io, ricordi?" E poi si, un "Caledon Hockley" definibile antagonista c'è anche qui, c'è anche tra loro, è Mark. 
I minuti passavano, cosi come si alleviava quel terribile ed insopportabile rumore delle auto della polizia mentre i loro cuori riacquistavano ogni battito perso nella paura e nell'agitazione, ed il loro petto riprendeva ogni respiro bloccato tra le labbra. 
Si erano allontanati abbastanza? Li avevano seminati? Cosi sembrava o forse cosi speravano.
Si fermarono dietro l'angolo di un grande palazzo, forse abitato, giusto il tempo di riprendere fiato. Fu un gesto improvviso quello di Andrew, forse un bisogno: l'abbracciò forte a se senza neanche lasciarle il tempo di chiarire le idee dopo l'inaspettata corsa e le più che inaspettate emozioni arrivate improvvisamente tutte insieme. La strinse forte affondando completamente il viso nell'incavo del suo collo e dopotutto era solo questo che aveva bisogno di fare: chiudere gli occhi e affondare il respiro nella sua pelle e sentire il suo meraviglioso profumo Solo quello riusciva a cancellare completamente ogni cosa, ogni rumore di auto accese, sirene girovaganti o quant'altro, non esisteva più niente, niente.
"Come stai?" le chiese sussurrando, quasi preoccupato della sua risposta.
"Io sto bene solo se sono con te Andrew, cosi, tra le tue braccia e niente ha più importanza."
I won't let you go - James Morrison
When it’s black, take a little time to hold yourself,
Take a little time to feel around, before it’s gone
You won’t let go, but you still keep on falling down.
Remember how you saved me now, from all of my wrongs.
And if there’s love just feel it,
And if there’s life we’ll see it
This is no time to be alone, alone, yeah
I won’t let you go
Say those words, say those words like there’s nothing left.
Close your eyes and you might begin that there is some way out
Open up, open up your heart to me now
Let it all come pouring out, there’s nothing I can’t take
And if there’s love just feel it,
And if there’s life we’ll see it
This is no time to be alone, alone, yeah
I won’t let you go
(...)
And if your sky falling, just take my hand and hold it
You don’t have to be alone, alone, yeah
I won’t let you go
And if you feel the failing of the light
And you’re too weak to carry on the fight
And all your friends that you care for have disappeared
I’ll be here now darling, forever, holding on 

Quando è buio, prenditi un po’ di tempo per te stesso
Prendi un po’ di tempo sentire cos'hai intorno, prima che se ne sia andato
Non lo lascerai andare via, ma stai continuando a cadere
Ricordati come mi hai salvato ora, da tutti i miei errori
E se c’è amore, percepiscilo
E se c’è vita, lo vedremo
Non è il momento di stare da sola, sola sì
Io non ti lascerò andare
Dì quelle parole, dì quelle parole come se non ci fosse nient'altro
Chiudi gli occhi e potrai cominciare a vedere un’altra via d’uscita
Apri, apri il tuo cuore a me adesso, fallo uscire all'aperto
Non c'è niente che non posso prendere
E se c’è amore, percepiscilo
E se c’è vita, lo vedremo
Non è il momento di stare da sola, sola sì
Io non ti lascerò andare
E se il tuo cielo crolla, allora prendi la mia mano e tienila
Non è il momento di stare da sola, sola sì 
Io non ti lascerò andare
E se senti la mancanza della luce
E sei troppo debole per continuare la lotta
E tutti i tuoi amici a cui ci tieni sono spariti
Sarò qui adesso tesoro, per sempre, tenendoti stretta


"Oh Dio ti ringrazio, sei qui!" esclamò George appena lo vide sbucare dalla porta del salotto, era stata sua moglie a farli entrare, con aria tanto gentile e stranamente preoccupata. Era l'unico posto dove poteva andare, pensò subito Andrew. Certo, avrebbe potuto chiedere l'aiuto di Mattew ma avrebbe dovuto spiegargli troppe cose e soprattutto lui era un giornalista, avrebbe iniziato a fare domande su domande senza neanche dargli il tempo di rispondere. 
Lo abbracciò forte sospirando rumorosamente, sorprendendo sia lui che Demi, ma soprattutto se stesso. Per ore non aveva fatto altro che fare su e giù per la stanza, destra - sinistra, sinistra - destra, davanti al divano, con le mani incrociate dietro la schiena ed il viso verso il basso. Per ore non aveva fatto altro che domandare a sua moglie che ore fossero ed ogni volta che lei provava a chiedergli spiegazioni o semplicemente "Va tutto bene?" lui rispondeva un semplice "Si" con il tono più infastidito ed arrabbiato che avesse mai avuto. Si era davvero preoccupato per Andrew? Si era davvero affezionato cosi tanto a questo ragazzo ventenne incontrato in una prigione?
"Maledizione ti avevo chiesto di non fare pazzie e dopo qualche ora vengo a sapere che hai picchiato Mark?"
"Hanno dato la colpa a te, vero? Sono venuti da te, non è cosi? Ah Dio, ma certo che si!"
"A chi pensavi che avrebbero dato la colpa? La responsabilità era mia! Ma sai, non è neanche questo ciò che più mi preoccupa, è il fatto che tu da ragazzo cosi intelligente e responsabile quale sei, gli hai appena dato un motivo per sbatterti dentro."
"George..." iniziò lui, con la vana speranza di potergli spiegare.
"No, George un corno! Ti cercano dappertutto e stavolta avranno un valido motivo per sbatterti in quella schifosa cella, glielo hai appena dato tu!" gli gridò ed Andrew rimase immobile. Non fu tanto quella sua reazione a sorprenderlo, cioè in parte si, ma quella sua voce forte e ferma, quei suoi gesti e la sua espressione... Sembrava davvero suo padre, gli sembrava davvero di aver visto per un attimo suo padre, come tutte le volte che lo rimproverava o si raccomandava su qualcosa, come tutte le volte che era preoccupato ed agitato. "Non di nuovo, non posso pensare a lui... non ora" pensò tra se e se.
"Va bene, va bene! Scusa pap..." si fermò improvvisamente. Stava davvero per chiamarlo 'papà'? "George... Scusa!" si corresse subito lui. 
George se ne era naturalmente accorto e gli avrebbe subito chiesto spiegazioni se la sua attenzione non fosse passata per un attimo a Demi, diventata improvvisamente pallida e tremante.
"Demi, va tutto bene?" le chiese lui avvicinandosi per accarezzarle delicatamente il braccio.
"S-si, i-io sto bene..." riuscì solo a balbettare, ma a quella sua affermazione ne lui ne Andrew avrebbero mai creduto.
"Demi, guardami" le disse Andrew prendendogli lentamente il viso tra le mani. "Che succede? Stai tremando."
"A-Andrew... i-io..."
Solo il tempo di chiudere gli occhi, quel piccolissimo attimo per capire cosa stava succedendo, poi, buio. 

Spazio Autrice:
Eh, vi ero mancata un po'? Almeno un pochino? Aw lo so, lo so. 
No, sto scherzando, vi ho dato solamente un periodo di tregua ed ora ritorno a rompervi le scatole e voi dovete sopportarmi! u.u (Aw, thanks!) Eh niente, volevo iniziare in qualche modo questo spazio (che di solito diventa sempre un romanzo). Ah, finalmente il mio amato fine settimana! Ma quanto lo amo? Ultimamente un po' troppo. E poi ammettetelo, starete sicuramente pensando "MA FINALMENTE HA DECISO DI AGGIORNARE!" Si, rega', v'ho beccato 'gnamo. Bene, dopo aver sclerato per un po' (ne avevo bisogno dopo una giornata come questa) vorrei solo scusarmi se magari il capitolo sembra un pochino più corto del solito o anzi, magari anche non abbastanza sensato ahah. Non chiedetemi perchè, perchè appunto neanche io lo so. Un grazie ancora più grande e speciale del solito perchè avete sopportato questo sclero-spazio autrice, so che non è facile, vi comprendo. u.u Eh niente.
Un bacione graaande!
TeenAngelita_92


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Capitolo 22
*** Run. ***


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22.
"Demi!" 
Fu una reazione improvvisa quella di Andrew, le sue mani che poco prima le stavano tenendo il volto, passarono velocemente ad afferrare il suo corpo diventato improvvisamente leggero, quasi molle come se le sue gambe non avessero più avuto la forza di tenerla in piedi. 
"Demi!" e aveva continuato a gridare lievemente il suo nome, nella speranza che i suoi occhi si fossero riaperti, che avessero ricominciato a guardare i suoi come avevano sempre fatto, come lui aveva sempre desiderato, ma non successe. 
"Demi, t-ti prego..." avrebbe tanto voluto continuare e terminare la sua frase, continuare e terminare quella sua disperata supplica ma la vista del suo corpo immobile, inerme e apparentemente senza vita tra le braccia, non gli permetteva di pensare, di riflettere su ciò che avrebbe dovuto fare, non gli dava modo di riprendere a respirare in modo più regolare e normale come i battiti del suo cuore avevano ormai smesso di fare da qualche minuto. 
George e sua moglie si erano affrettati a chiamare qualcuno, un dottore, ma lui neanche se ne era accorto: le stava accarezzando nervosamente il viso, ancora pallido e senza alcuna espressione, si guardava intorno come per trovare qualcosa di utile, qualcosa che avrebbe potuto aiutarlo ma anche per lui ora tutto sembrava buio. 
Ora quella realtà si era limitata solo a loro due, come se niente e nessun altro fosse mai esistito, come se quel momento, apparentemente il più brutto e terribile che avessero mai vissuto, appartenesse solo a loro.
"Tu non puoi farmi questo, non ora, non..." le sussurrò appoggiando la fronte contro la sua, quasi come un gesto di stanchezza, di disperazione forse, mentre George più volte aveva provato a farlo tornare alla realtà delle cose, a farlo reagire ma lui indifferente iniziò a pensare.

"Tu non puoi farmi questo, me lo hai promesso.
Mi hai promesso che non mi avresti mai lasciato solo come hanno sempre fatto gli altri. Ed io ti ho creduto, ti credo, mi fidavo, mi fido di te. 
Avanti apri gli occhi, tu sei solo stanca, sfinita e ne hai tutto il diritto. Avanti possiamo scappare di nuovo, possiamo farlo ancora, ci siamo riusciti una volta, possiamo riuscirci anche ora. Avanti, alzati con me, ti terrò stretta la mano ed inizieremo a correre. Sotto la pioggia, sotto la neve, sotto la grandine, sotto il sole, sotto qualunque fenomeno atmosferico, verso qualcosa che non abbiamo mai visto, che non abbiamo mai vissuto. Possiamo lasciarci tutto alle spalle, possiamo farlo credimi. Avanti apri gli occhi e guardami con quel tuo meraviglioso sorriso che mi ha sempre salvato, quello che mi salva ogni giorno, ricordi?
Avanti, tu sei solo stanca e sfinita ed io lo capisco. Questa realtà non ci appartiene, questa realtà ci sta distruggendo, ti sta distruggendo, perchè continuare a permetterglielo? Non lo meritiamo, tu non lo meriti. 
Non mettermi paura, apri gli quegli occhi che ora mi preoccupano terribilmente. Il tuo respiro silenzioso e forse troppo leggero, io non riesco a sentirlo, voglio sentirlo. Ti prego grida, fammi sentire la tua voce, fammela sentire, grida come non hai mai fatto prima. 
Hanno chiamato qualcuno, credo un dottore, ho sentito solo questo e non voglio sentire altro, altro che la tua voce. Ma avanti, tu non ne hai bisogno, tu sei forte... Dio se lo sei! Tu sei Demi, la mia Demi!
Stai solo cercando di riposare, non è cosi? Perchè non l'ho capito prima? Sei cosi stanca, ne hai bisogno, certo. Ma ora non farmi preoccupare, se hai bisogno di riposare apri gli occhi  e dimmelo, lo faremo insieme, ti abbraccerò, ti terrò stretta a me ed insieme riposeremo come tanto desideriamo."


"Andrew! Andrew lasciala andare, allontanati" prese a ripetergli George cercando di allontanarlo "Lascia che siano loro a prendersi cura di lei ora" gli disse riferendosi al dottore e all'infermiera alquanto giovane che ora avevano preso il suo posto accanto al corpo di Demi.
Il dottore? Pensò subito. Quando tempo era già passato? Quanto tempo aveva già speso stando li, immobile a guardarla senza fare niente? Quando tempo aveva speso a sperare che quelle sue parole lei potesse sentirle? Quanto tempo aveva speso a sperare che i suoi occhi si fossero riaperti? Quanto tempo? Quanto? E perchè? Perchè non si era mosso? Perchè non si era affrettato a prenderla e a stenderla da qualche parte per cercare di risvegliarla? Perchè era stato fermo?
"Andrew!" George ci riprovò ancora, ma le sue mani erano come ancorate al corpo di Demi, attaccate, legate, e forse non si sarebbe più allontanato, non ora.
"G-George... non..." lo guardò con occhi spaesati, impauriti forse, ma speranzosi, speranzosi di trovare in lui una figura familiare che avrebbe potuto aiutarlo e l'idea di una figura paterna non si era allontanata dalla sua mente neanche per un secondo, in fin dei conti era quello che senza neanche rendersene conto stava cercando da tempo.
"George.." lo chiamò ancora, come per chiedergli spiegazioni, chiarimenti su qualcosa che neanche lui sapeva o conosceva.
"Andrew..." lo tirò a se, l'unico modo per farlo allontanare. Senza pensarci due volte lo abbracciò stringendolo forte tra le braccia con lo scopo di non permettergli di ritornare ad afferrare le mani di Demi. Ma forse non solo per questo, quello fu anche un gesto affettivo, uno di quelli che sa tanto di preoccupazione e aiuto, uno di quelli che riceveva spesso da suo padre. 
"Sta tranquillo figliolo, va tutto bene" gli disse ed Andrew ebbe quasi paura di esserselo immaginato, di essersi del tutto immaginato la parola "figliolo", il suono più bello che avesse mai potuto sentire. 
Run - Leona Lewis
I’ll sing it one last time for you
Then we really have to go
You’ve been the only thing that’s right
In all I’ve done and I can barely look at you
But every single time I do
I know we’ll make it anywhere
Away from here
Light up, light up
As if you have a choice
Even if you cannot hear my voice
I’ll be right beside you dear
Louder louder and we’ll run for our lives
I can hardly speak I understand
Why you can’t raise your voice to say
To think I might not see those eyes
Makes it so hard not to cry and as we say our long goodbye
I nearly do
(...)
Slower slower
We don’t have time for that
All I want is to find an easier way to get out of our little heads
Have heart my dear, we’re bound to be afraid
Even if it’s just for a few days
Making up for all this mess
Light up, light up
As if you have a choice
Even if you cannot hear my voice
I’ll be right beside you dear
Lo canterò un’ultima volta per te, poi dovremo andare davvero
sei stata l’unica cosa buona in tutto ciò che ho fatto
E riesco a malapena a guardarti
ma ogni volta che lo faccio so che ce la faremo ovunque
lontano da qui
Accendi, accendi, come se avessi scelta
anche se non puoi sentire la mia voce ti sarò accanto caro
Più forte più forte, e correremo per le nostre vite
Riesco appena a parlare capisco
perché non possa alzare la tua voce per dire
Pensare che potrei non vedere quegli occhi rende difficile non piangere
e mentre ci diciamo il nostro lungo arrivederci sono sul punto di farlo
(...)
Rallenta, rallenta
Non abbiamo tempo per questo
Tutto ciò che voglio è trovare un modo più semplice
per uscire dalle nostre piccole teste
Fatti coraggio mio caro, dobbiamo aver paura
anche se solo per pochi giorni
rimettendo insieme tutta questa confusione
Accendi, accendi, come se avessi scelta
anche se non puoi sentire la mia voce
ti sarò accanto caro.


"Come sta?" la prima frase, il primo suono prodotto dalla sua voce da quando la porta della stanza dove Demi era ormai da mezz'ora si era chiusa.
Andrew fu il primo ad alzarsi di scatto al solo sentire la voce del dottore e della giovane infermiera provenire dalla stanza e farsi sempre più vicina, forse stavano parlando di lei, pensò subito.
"Scommetto che tu sei Andrew, dico bene?" chiese con un leggero sorriso sulle labbra il dottore.
"S-si, sono io" gli rispose, stranito di quella sua domanda.
"Ha ripetuto più volte il tuo nome, ti cercava disperatamente e credo che ora abbia bisogno di te più di qualunque altro medico o medicina." gli spiegò e sorrise ancora, come intenerito da quel loro bisogno reciproco. 
"E.. come... come sta? Cosa le è successo? Perchè..." come era abituato a fare quando aveva bisogno di sapere qualcosa, iniziò a fargli domande su domane senza neanche dargli il tempo di rispondere.
"Ragazzo, sta tranquillo, non è niente di grave. Va da lei ora, io parlerò con George."
"Ha ragione Andrew" gli disse George accarezzandogli il viso "Va ora, ti spiegherò io dopo"
Andrew gli rivolse un ultimo sguardo fiducioso, quasi come a farsi promettere che dopo gli avrebbe detto tutto. Si diresse alla porta e lentamente entrò.
Non aveva mai saputo come comportarsi in situazioni del genere, o forse non sapeva farlo. Anche quando suo padre era in una stanza d'ospedale e tutti si aspettavano da lui che gli prendesse la mano e gli stesse accanto, non lo aveva fatto, non ci era riuscito ed anche per questo si era sempre sentito in colpa.
Si avvicinò al suo letto e vide i suoi occhi aprirsi.
"Andrew.." riuscì solo a pronunciare il suo nome con un filo di voce ed un lieve sorriso sulle labbra mentre i suoi occhi gli stavano disperatamente chiedendo di abbracciarla.
"H-hey.." le sorrise timorosamente mentre il suo corpo era immobile. Avrebbe voluto avvicinarsi e stringerla forte tra le braccia, poter dire a se stesso che poteva ancora farlo e rifarlo ogni volta che ne avrebbe sentito il bisogno, ma era immobile, inerme, davanti a lei.
"Come... come stai?" le chiese balbettando ma lei non rispose. Entrambi restarono in silenzio e forse non c'era bisogno di parlare, i loro sguardi erano già abbastanza per capirsi. 
"Di cosa hai paura?" gli chiese guardandogli le mani. Stavano tremando, lui stava tremando.
"Di.. Di cosa stai parlando?" rise, come a voler nascondere quella terribile tensione che si teneva dentro.
"Lo sai di..." si fermò per chiudere leggermente gli occhi e riprendere a respirare meglio "Sai di cosa sto parlando. Le tue mani..."
"Ti ho vista cadere tra le mie braccia" la interruppe "Sono sempre stato io a cadere e tu a tenermi e rialzarmi. Ti ho vista chiudere gli occhi e non riaprirli per troppo tempo. Non ho sentito la tua voce, ho toccato le tue labbra e..." si fermò, come a voler riacquistare il respiro che quelle sue parole gli avevano appena rubato. "Dio, ho paura di toccarti, di accarezzarti e sentire quella stessa sensazione."
"Andrew.." la sua voce come condizionata dalle lacrime che da li a poco avrebbero bagnato il suo viso. 
"Ed ora.. non so cosa fare. I tuoi occhi sono stanchi, tu sei esausta, la tua voce è..."
Si fermò ancora, ma stavolta aveva bisogno di sentirla vicina. Si avvicinò e l'abbraccio forte. Fu una reazione improvvisa, strinse il suo corpo tra le braccia, e riuscì a sentire il suo respiro, il suo meraviglioso respiro, quello che più di qualunque altro suono aveva bisogno di sentire. 
"Non farlo mai più, ti prego..." le disse affondando il viso nei suoi capelli "Non farlo mai più.." le ripetè piano, e dopo quelle sue ultime parole ci fu silenzio, un silenzio per loro diventato ormai meraviglioso, unico loro amico. 
Restarono abbracciati per un tempo indeterminato, stretti l'uno all'altro come se fossero stati lontani per troppo tempo.
"Resta con me, ti prego." gli chiese lei, forse timorosa del fatto che prima o poi quel loro cosi stretto e meraviglioso abbraccio sarebbe finito. 
"Guardami" le disse, allontanandosi leggermente per poter incrociare il suo sguardo. "Sono qui. Ti tengo stretta la mano e ti sto accarezzando il viso. Senti?" le chiese accarezzandole dolcemente una guancia "E non me ne andrò" le sorrise.
Nel bel mezzo di quella meravigliosa atmosfera fatta di puro silenzio e piccole parole sussurrate, il rumore della porta che lentamente si aprì, rubò completamente la loro attenzione.
"Ciao" un viso innocente ed immensamente gentile e dolce spuntò fuori. Era Andrew, il figlio più grande di George, o meglio di dieci anni. Quello di cui gli aveva parlato tempo prima durante la sua permanenza in cella, aveva il suo stesso nome. 
"Hey, e tu chi sei?" gli chiese Demi sorridendo debolmente.
"Io..." tossì entrando completamente "Io sono Andrew!"
"Qualcuno qui ha copiato il mio nome per caso?" disse ironicamente Andrew.
"Papà mi ha parlato di te, sembri un tipo simpatico" gli disse il piccolo liberando un sorriso.
"Oh, grazie!" rise lui compiaciuto e riuscì sorprendentemente a far sorridere anche Demi. Il suo sorriso, la cosa più bella che avesse mai potuto vedere, pensò subito.
Dopo solo qualche minuto, entrò anche George, scusandosi per averli disturbati.
"Andrew, ti avevo detto di aspettare in camera tua." lo rimproverò.
"Ma papà, volevo conoscere quel ragazzo di cui mi parlavi."
"Ma ora non era il momento!"
"Tranquillo George, non c'è nessun problema." lo tranquillizzò.
"Scusatelo, davvero, a volte è un po' troppo curioso. Ora va a giocare, d'accordo?"
"Va bene, ma dopo posso giocare con Andrew a football?" chiese gentile ed Andrew quasi si intenerì della sua proposta.
"Andrew..." iniziò George.
"Va benissimo piccoletto. Ma sappi che contro di me sono davvero in pochi a vincere."
"Vedremo e se vincerai mi insegnerai a giocare!" gli propose con un enorme sorriso stampato sulle labbra.
"D'accordo" annuì lui e il ragazzino uscì chiudendosi la porta alle spalle, come gli era stato chiesto.
"Demi, come stai?" le chiese preoccupato George. 
"Molto meglio. Ti ringrazio tanto per aver chiamato un dottore e..."
"Non dire sciocchezze, era il minimo che potessi fare." le sorrise.
"George, hai avuto notizie da..." si fermò e non aveva bisogno di continuare, George capì subito di cosa stava parlando.
"Vi stanno, o meglio, ti stanno cercando dappertutto. Sono certo che Mark non si arrenderà facilmente. Dio, io ancora non riesco a capire come tu possa essere stato cosi stupido da picchiarlo, era ovvio che era proprio ciò che voleva. Ora ha un motivo più che valido per sbatterti..."
"Ti prego, basta papà!" Andrew pronunciò o per meglio dire, quasi gridò quelle parole con una tale chiarezza che entrambi, compreso lui, ne rimasero straniti e sorpresi mentre Demi, lei aveva capito tutto fin dall'inizio, l'aveva capito anche prima di lui stesso che senza rendersene neanche conto, stava cercando di affidare una specie di figura paterna a George. E stavolta l'aveva davvero, chiaramente, chiamato 'papà' e non sarebbe stato facile evitare domande naturalmente lecite da parte di George, ma soprattutto da se stesso. 

Spazio Autrice:
No, giuro che la smetterò di latitare cosi tanto, lo giuro, ma stavolta prendetevela con la linea internet che fa più schifo di... beh non so neanche a cosa paragonarla. Ma lasciamo perdere e passiamo alle cose davvero, e sottolineo davvero, serie. Io dovrei amarvi soltanto per la vostra immensa pazienza e non scherzo. Eh niente, oggi sono particolarmente.. uhm, come dire, emozionata. Credo sia perchè ho cosi tante idee per la testa che aw, credo che scrivere sia la miglior cosa che abbia mai fatto in tutta la mia vita, forse non l'ho detto prima ma è l'unico mezzo che ho per "scappare" dalla solita realtà e come vi ho sempre detto, è meraviglioso vedere che sostenete cosi tanto questi miei scleri di fantasia ahah.
Beh, mi levo dalle scatole ora e spero che questo capitolo, per quanto tempo io ci abbia messo a pubblicarlo, vi piaccia.
Un bacione graaandissimo!
TeenAngelita_92

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Capitolo 23
*** Memories. ***


Like a brother.
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23.
Silenzio.
Quel silenzio che gli stava permettendo di ripensare a ciò che aveva appena detto. Quel silenzio che fa si che le immagini del passato, che tutti quei ricordi, ritornino alla mente cosi sbiaditi, cosi lucidi e chiari da suscitare tristezza, un'enorme malinconia. Quel silenzio di cui fino ad ora aveva sempre avuto paura. Quel silenzio che in tutti i modi possibili e immaginabili aveva sempre cercato di colmare. Ma ora non ci era riuscito, ora forse avrebbe dovuto affrontarlo, affrontare lui e tutte le spiacevoli e tristi sensazioni che portava con se e che erroneamente aveva cercato di mettere da parte, da tempo, forse di rimandarle, quasi credendo che cosi facendo non sarebbero più esistite. Ma cosi non era: quelle sensazioni, quelle emozioni, quei rimorsi e quei sensi di colpa erano sempre li, con lui, dietro di lui, in quel suo piccolo zainetto che piccolo ora non sembra. 
Sempre li, a pesare sulle sue spalle in attesa di venir tirate fuori, di venir affrontate senza paura. 
Ma George questo ora lo aveva capito. 
Ora, si, e si pentiva di non averlo capito prima, di non aver capito prima che lui aveva bisogno solo di un po' di affetto paterno, non chiedeva tanto, aveva solo bisogno di qualcuno in cui riporre la sua fiducia, un modello, un esempio da poter seguire, un sguardo da poter incontrare nei momenti difficili per riacquistare coraggio, delle braccia dove potersi stringere come un bambino fa di solito quando un brutto sogno lo terrorizza, una pacca sulla schiena, magari accompagnata da un sorriso e da un "Bravo figliolo!" in quei momenti nei quali può essere fiero di se stesso e rendere orgogliosi gli altri. Di questo aveva bisogno, anche se cercava in tutti i modi di apparire un ventenne forte e indifferente a tutto.
"Andrew..." provò lui alzando le braccia con l'intenzione di abbracciarlo. 
"Tu non sei lui... tu... Lui non c'è ed io devo smetterla con questa storia." gli disse rifiutando quel dolce e semplice gesto d'affetto. Pronunciò quelle parole come a voler imporre a se stesso di non cedere, di non accettare che suo padre gli mancava, e più di ogni altra cosa.
"Continuerai cosi per il resto della tua vita? A impedirti di provare ad alleviare quella dannata mancanza che hai dentro? Perchè si Andrew! Ti manca e più di qualunque altra cosa." e quello di Demi suonò quasi come un rimprovero, ma non lo era. 
Provò faticosamente ad alzarsi dal letto che ora sembrava averla rubata a tutto ciò che doveva o sentiva di fare. Si avvicinò a lui, sicura di ciò che gli avrebbe detto di li a poco.
"Stai cercando di dimenticare che lui sia esistito davvero, stai cercando di dimenticarlo, non è cosi?" si fermò per guardare i suoi occhi. Sapeva per certo che non le avrebbe risposto e lei non ne aveva bisogno, il suo sguardo era già abbastanza. "Dio, ma certo che si. Pensi che cosi tutto passi velocemente e indolore, giusto? Pensi che con il tempo il suo ricordo non ritornerà, vero? Ma capirai che è solo un illusione quando la gente ti passerà davanti, si avvicinerà a te e ti chiederà di tuo padre, volontariamente o involontariamente che sia."
"Lui non c'è e non ci sarà!" le rispose alzando il tono di voce.
"Tu stai solo cercando di dimenticare che per te è stato e ancora è importante!" continuò lei.
La guardò. Si la guardò solamente. Solo uno sguardo, inespressivo, uno di quelli che non lasciano capire molto. Ne un emozione, ne un'idea, ne una piccola, minuscola lacrima, ne niente. 
Uno di quegli sguardi di cui spesso si ha paura, ma non perchè facciano paura, ma perchè sanno tanto di stranezza, di tristezza, di malinconia. Quelli in cui non riesci a capire le vere intenzioni di chi li porta, quelli di cui vorresti capire il vero significato ma non ci riesci e probabilmente non ci riuscirai mai. 
Si diresse verso la porta per uscire ma ancora la voce di Demi, nella speranza di fermarlo.
"Andrew..." stava per continuare ma la sua voce venne interrotta da una più entusiasta ed emozionante della sua, era il figlio di George.
"Allora, papà, ora posso andare a giocare con Andrew a football?"
E forse lui stava per voltarsi, ma non lo fece o semplicemente non volle. 
"Ti ho detto di aspettare in..." iniziò George ma fu interrotto. 
"Andiamo piccoletto. Ora vediamo chi vince" lo incoraggiò sorridendo, lasciandosi alle spalle le facce alquanto stupite e sorprese sia di Demi che di George. 

 
To Whom It May Concern - The Civil Wars
Why are you so far from me?
In my arms is where you ought to be
How long will you make me wait?
I don't know much more I can take
I've missed you
But I haven't met you
Oh how I want to
How I do
(...)
I've missed you
But I haven't met you
Oh how I want to
How I do...How I do
Dear whoever you might be
I'm still waiting patiently
A chi può interessare.
Perché sei così lontano da me?
Tra le mie braccia è dove devi essere...
Quanto a lungo mi farai aspettare?
Non so quando ancora posso sopportare...
Mi sei mancato
ma non ti ho incontrato...
Oh, ma voglio farlo,
quanto voglio farlo...
(...)
Mi sei mancato
ma non ti ho incontrato...
Oh, ma voglio farlo,
quanto voglio farlo, quanto voglio farlo...
Caro chiunque tu possa essere,
sto ancora aspettando pazientemente...

Era l'ennesima partita che Andrew perdeva e si era davvero ricreduto di ciò che si era definito qualche ora prima: "Un campione". Quel ragazzino di soli 10 anni l'aveva messo K.O senza se e senza ma e per quante partite avesse potuto fare e rifare di rivincita, avrebbe perso, costantemente e semplicemente perso. 
"D'accordo, d'accordo" gridò sventolando le mani in aria, con un fiatone costante. "Sei riuscito a battermi ed io non sono forte come credevo. Mi arrendo." continuò sedendosi stanco morto sull'erba fresca del giardino di George. Il cielo sembrava essere nuvoloso, poteva quasi definirlo "minaccioso" di pioggia. 
"Mi prometti che giocheremo ancora domani? Anche se non sei bravo, devi avere la tua rivincita!" gli propose con gran entusiasmo il ragazzino. Sembrava cosi felice di aver trovato qualcuno con cui poter giocare, con cui poter condividere gli stessi interessi che Andrew accettò di nuovo.
"D'accordo piccoletto, ma preparati perchè oggi mi sono solo riscaldato, domani ti batterò sicuramente!" gli rispose sorridendo, mentre una mano gli strofinava i capelli folti. 
"Andrew uno e Andrew due, venite dentro che tra un po' verrà a piovere, e la cena è quasi pronta!" urlò Diana, la moglie di George.
"Va bene mamma!" urlò il piccolo.
"Va ora, tra un po' entro anch'io" lo rassicurò lasciandogli una piccola carezza, e lo vide sparire dietro la porta. 
Voleva rimanere li ancora un po'. Seduto sulla fredda e umida erba di quel giardino che gli ricordava tanto quello di casa sua. Già, quello di casa sua. Quello dove ogni Domenica, con suo padre, si divertiva a preparare il barbecue e dopo ogni abbuffata, una partita a football ci stava sempre bene. Anche sotto la pioggia o sotto un sole cocente e costante erano capaci di giocare per ore ed ore senza mai stancarsi. Ora che si guardava intorno, ricordava tutto perfettamente, come se non fosse mai passato cosi tanto tempo dalla sua morte. Ogni più piccolo oggetto, ogni più piccola caratteristica che gli ricordava lui, non faceva altro che peggiorare le cose. 
Ed in quel ragazzino con cui aveva giocato pochi istanti prima, rivedeva se stesso bambino, rivedeva il suo entusiasmo ogni volta che veniva da scuola il sabato e sapeva che il giorno dopo il suo papà avrebbe passato del tempo con lui, rivedeva quella felicità che tempo fa aveva provato, ma che improvvisamente era scomparsa, come cancellata, senza alcun motivo. 
Una lacrima gli rigò il viso, ma lui preferì credere che fosse stato uno schizzo di pioggia. Guardò verso l'alto e tanti altri schizzi iniziarono a cadere con leggera violenza. E quel picchiettare sul viso sembrava quasi piacevole. Riabbassò lo sguardo e deciso a rientrare, si alzò e si diresse alla porta.
Notò che George e la sua famiglia stavano tranquillamente cenando, pensò che se si fossero accorti di lui, li avrebbe sicuramente disturbati e non voleva. Cercando di fare il meno rumore possibile, andò nella camera che avevano riservato a lui e Demi. 
Entrato, si sedette sfinito sul letto e si affrettò a togliersi la maglia ormai zuppa di sudore e acqua. Solo dopo qualche secondo si rese conto che Demi non era li. "Dio, sono davvero cosi distratto?" pensò tra se e se.
"Demi?" provò a chiamare, ma nessuna risposta. E involontariamente iniziò a preoccuparsi. Faceva ancora fatica ad alzarsi e da sola non avrebbe potuto andare da nessuna parte.
"Demi?" insistette ancora, ma niente. "Demi!" 
"Hey, sono qui" finalmente il suono della sua voce, e subito dopo la vide sbucare dal piccolo balconcino della loro camera. 
"Dio, mi sono preoccupato! Perchè ti sei alzata da sola? Potevi chiamarmi, ti avrei..."
"Hei, calma, calma..." lo fermò prendendogli dolcemente il viso tra le mani "Va tutto bene, io sto bene. Mi sono alzata perchè volevo vederti giocare con il piccolo Andrew. Sono stata per ore li fuori a guardarvi."
"Sc-scusa, non... non me ne ero accorto" si giustificò allontanandosi, spezzando bruscamente il contatto con le sue mani.
"Sei stato cosi dolce con quel ragazzino, sembravi davvero essere suo fratello maggiore o..."
"Suo padre..." la interruppe, permettendosi di finire lui la frase.
"Quel bambino mentre giocava con te... Era cosi contento e felice di aver trovato qualcuno con cui poter fare una semplice partita a football." si fermò, per sedersi accanto a lui e riprendere "Quel ragazzino assomigliava tanto a te da piccolo, giusto?"
Lui si limitò a sospirare rumorosamente, quasi come se al posto del cuore, avesse tenuto un macigno. Abbassò lo sguardo e cercò ancora una volta di evitare in qualche modo quella conversazione. 
"Parla con me. Parlami. Non tenere tutto questo rinchiuso dentro di te. Che cosa stai pensando?" provò disperatamente a chiedergli, nella speranza che potesse risponderle. 
"Mi sto chiedendo quando finirò la mia di partita. Quando potrò dare quella famosa rivincita a mio padre." rispose, e subito dopo il silenzio. Ancora e ancora silenzio. Per quanto ancora avrebbe potuto servirsi del silenzio? Per quanto ancora quello che sembrava essere il suo unico amico, avrebbe potuto aiutarlo?
"Dopotutto deve ancora avere la sua rivincita. Lui deve averla..." continuò fissando il vuoto. 
"Andrew..." e fu un gesto istintivo: Demi prese ad accarezzargli il viso mentre con la mano libera, quasi gli aggiustava la folta chioma bionda, ormai leggermente bagnata dall'acqua della pioggia e leggermente in disordine. Quei suoi gesti lenti e dolci, quasi come se stesse "pettinando" un bambino. 
"Eh, Demi? Quando potrò farlo?" ed involontariamente, quella sua voce diede tanto l'idea di disperazione, di un urgente bisogno di spiegazioni, di risposte a tutti i suoi troppi perchè.
"Basta domande" gli disse, appoggiando lentamente la fronte contro la sua. "Basta domande, basta..." gli sussurrò piano mentre con le dita continuava a sfiorargli il viso, disegnandoci piccoli e invisibili cerchi. "Tu ci riuscirai, sono sicura che riuscirai a dargli la rivincita che tanto voleva avere" e ancora gli disse, in un dolce sussurro, quasi respiro. 
E lui, senza neanche accorgersene, era distante un niente dalle sue labbra, quell'unico punto di contatto che gli era mancato cosi tanto ultimamente. Senza neanche darle il tempo di capire o riflettere, premette forte sulla sua bocca, in un bacio per niente casto e dolce, ma uno di quelli bisognosi di essere dati. La strinse forte tra le sue braccia, quasi a volerla proteggere, a creare tra loro e gli altri uno scudo, una divisione ben visibile. 
E quel bacio iniziato con tanta fretta e desiderio, si intensificò: le loro mani, i loro corpi, si cercavano disperatamente. Andrew spostò la sua scarica di baci verso l'angolo della sua bocca, verso il mento, verso il collo e... poi non si sarebbero più fermati. E mentre questo succedeva al viso di Demi, le sue mani, quasi a ritmo con la sua bocca, iniziarono a liberarla da ogni più piccolo capo che avrebbe potuto ostacolare il contatto con la sua meravigliosa e morbida pelle. La giacca nera, la leggera canottiera bianca e... si fermò, giusto per accarezzare con le labbra ogni angolo del suo ventre, che quasi frettolosamente si gonfiava e sgonfiava per riprendere fiato, quel fiato che ad ogni bacio andava perduto. 
"A-Andrew" riuscì solo a gemere, appena senti il calore del suo respiro invadergli il corpo e percorrere ogni centimetro della sua pelle. Ritornò lentamente alle sue labbra, quasi creando un percorso solo di baci.
"T-tu... tu sei mio fratello..." gli sussurrò a pochi centimetri dalla sua bocca, con il fiato corto e la voce tremante. Quella che sembrava essere un'affermazione, suonava in realtà una domanda, una domanda a cui nessuno dei due avrebbe saputo dare una risposta.
"Sono Andrew, il giornalista ventenne biondino che sa badare a se stesso.. Lo stesso che ora ha un maledetto bisogno di te."


Spazio Autrice:
Quanto odio dover far aspettare la gente? Quanto? Ah, amate vacanze di pasqua, sbrigatevi a venire. 
Beh, devo ammettere che ultimamente ho la testa piena di idee e forse è stupido da dire, ma io sono cosi felice per questo. Cioè rega' (romano improvviso) io ho una guerra in testa e non vedo l'ora di potervele esporre ste idee. Dopotutto, voi siete le uniche, cosi gentili e amabili da sopportare i miei scleri di fantasia, no? Aw, è solo il tempo che mi manca... ah, mio amato tempo. Beh passando ora alle cose serie (e sottolineo serie) Domani devo fare un prelievo e ho tanta paur... No, no, sto scherzando, ovviamente, dai. Dicevo, cose serie... uhm, ah ecco: voi lo sapete che ogni santa volta io devo, DEVO ringraziarvi perchè, Dio, voi siete una cosa straordinaria (e non fate i modesti perchè lo sapete) eh oltre a questo, vi chiedo come sempre scusa dell'immeso tempo che ci ho messo e, naturalmente, spero davvero che vi piaccia.
Un bacione graaande graaande. 
TeenAngelita_92

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Capitolo 24
*** Our first time. ***


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24.
"Sono Andrew, il giornalista ventenne biondino che sa badare a se stesso... Lo stesso che ora ha un maledetto bisogno di te."
E quelle sue ultime parole ora rimbombavano nella testa di Demi, quasi come un eco prodotto e riprodotto più volte allo scopo di non essere più dimenticato.
"Andrew, ti prego.." riuscì solo a gemere ancora, mentre le sue mani continuavano libere il meraviglioso percorso sul suo corpo che ora sembrava tremare, fremere ad ogni suo tocco. 
"Ho.. ho bisogno di te." riuscì a balbettare sulle sue labbra, le quali in attesa di un nuovo bacio, un nuovo bisognoso e disperato bacio. La sua voce sembrava voler continuare quella che dava tanto l'idea di una supplica, di una richiesta personale da dover esaudire a tutti i costi ma il suo respiro spezzato non glielo permetteva. Aveva bisogno di lei, dei suoi baci, delle sue carezze, del mondo in cui gemendo pronunciava il suo nome, tutto il resto non esisteva e non avrebbe avuto tanta importanza.
"Tu... tu s-sei mio fratello, ti prego.." provò a ricordagli ancora con voce tremante, alludendo alla famosa lettera scritta da suo padre, tra i gemiti di piacere che sembravano volerla convincere del contrario. Continuava a ripetersi di doversi fermare, di dover fermare quello che da tempo stava aspettando con cosi tanto desiderio ma il suo corpo non reagiva ai suoi pensieri, evidentemente alle sue emozioni. 
E in realtà non riusciva ancora a capire il perchè di quella sua affermazione: "Sei mio fratello". 
Lei non era del tutto convinta delle affermazioni fatte dal padre di Andrew in quello stupido fogliettino di carta ingiallita, non era convinta della loro parentela e dopotutto non lo era mai stata ma qualcosa non le permetteva di lasciarsi andare. Aveva sempre odiato vedere Andrew star male per questo, aveva odiato vedere i suoi occhi rispecchiare colpe che non aveva, rispecchiare quella paura di sbagliare e di non sapere cosa fare, ma quella sera si stupì di vedere nei suoi occhi una certa sicurezza, forse delle certezze in più e dei dubbi in meno, forse meno razionalità e logica e più sentimenti.
"Dio... io sono Andrew, amore mio sono Andrew, non voglio essere altro." le sussurrò lentamente sul collo facendola rabbrividire. Le sue mani si fermarono sul suo seno, ancora coperto dal sottile tessuto del suo reggiseno. "Ho bisogno di fare l'amore con te." le sussurrò ancora una volta avvicinando lentamente le sue labbra all'orecchio. 
E quelle furono le sue ultime parole, quell'ultimo sussurro dopo quel loro miglior amico di nome "Silenzio". Ritornò lentamente sulle sue labbra per baciarla ancora una volta, quasi come a voler chiedere una conferma, una risposta alla sua più che esplicita richiesta di pochi istanti prima e lei glielo diede, e sembrava quasi essere la conferma più convinta che avesse mai potuto dare in tutta la sua vita. 
La sollevò leggermente per aver accesso al gancetto del suo reggiseno e liberare completamente la parte superiore del suo corpo, che tanto desiderava vedere ed accarezzare dolcemente. Non aveva minimamente perso il contatto con le sue labbra, non aveva voluto perderlo e quasi a ritmo con la sua bocca, iniziò ad accarezzarle la schiena, tracciandoci piccole e delicate linee senza fine. 
Si affrettò ad afferrare tra le dita il famoso e tanto ricercato gancetto che ora gli dava cosi tanto fastidio, e senza alcun problema riuscì ad aprirlo facendo scivolare sulla liscia pelle delle braccia di Demi, il tessuto bianco del reggiseno. 
Quel piccolo e semplice gesto la fece rabbrividire, cercando di trattenere il suo ennesimo gemito tra le labbra. Per cui ben presto anche la parte superiore della sua biancheria si ritrovò sul freddo pavimento della camera, a far compagnia a tutti gli altri. 
Andrew la strinse forte a se compiaciuto e finalmente felice di poter sentire la liscia pelle dei suoi seni spingersi contro il suo petto, ancora affannato e in disperata ricerca d'aria per respirare. Gli sembrava cosi strano ora, cosi strano essere li, in quella stanza cosi grande, in quella realtà che per la prima volta appariva meravigliosa, ad accarezzare il corpo della donna che amava. Gli sembrava cosi strano ora viverlo e non doverlo sognare come aveva sempre fatto: il suo profumo, il suo respiro caldo, le sue labbra tremanti, la sua pelle torturata da brividi a cui nessuno dei due sapeva ancora dare un' motivo ne un'origine. 
"Non sono tuo fratello, io... Io non posso essere.." provò a sussurrale ma le ultime parole gli morirono in bocca. Le sue labbra iniziarono senza preavviso a percorrere tutti i meravigliosi lineamenti del suo viso: gli occhi, il naso, le guance, gli angoli della bocca e le sue labbra. 
Aveva sentito di dover pronunciare quelle parole, forse era solo per convincere se stesso ma ne aveva sentito il bisogno, ed ancora un altro piccolo gemito trattenuto.
Le sue mani, che fino a quel momento erano rimaste ferme a tenerle il corpo stretto al suo, passarono ad accarezzarle lentamente i seni. Ancora un gemito, un altro respiro spezzato e senza fine. 
"A-Andrew..." il tono della sua voce, basso e torturato da gemiti corrispondenti ad ogni sua lenta carezza, sembrava essere sorpreso, estasiato e forse proprio nel vedere la persona completamente diversa che ora si ritrovava davanti. Quel ragazzo sempre silenzioso, terrorizzato dai dubbi e dalle tante domande, in costante ricerca di amore e apparentemente forte e indifferente, ora era più sicuro che mai: ora la stava tenendo stretta tra le sue forti braccia, ora stava mandando al diavolo tutto, quel "tutto" che con tanta insistenza continuava a non permettergli di essere felice insieme a lei, ora stava facendo l'amore con lei ed il suo corpo, le sue mani ed ogni più piccola parte di lui, risultava essere sicura di ogni gesto che si prestava a fare. Ne il costante tremolio che lo aveva sempre accompagnato, ne la sua paura di sbagliare, ne niente. 
Sembrava essere lei insicura invece, ancora dubbiosa sul da farsi, ancora a chiedersi se quando tutto sarebbe finito uno dei due si fosse pentito o nel peggiore dei casi, se entrambi si fossero pentiti. Ancora curiosa di sapere fin dove sarebbero arrivati, fin dove le loro mani cosi desiderose fossero arrivate, fin dove la ragione e la realtà delle cose li avrebbe lasciati arrivare.
Ma bastò spegnere la luce, un gesto cosi semplice da parte di Andrew, un solo tasto per spegnere una volta e per sempre tutti quei suoi tanti pensieri, decisi a tormentarla proprio in quel momento.
 
One and Only - Adele
You’ve been on my mind,I grow fonder every day,
Lose myself in time, just thinking of your face.
God only knows why it’s taken me so long to let my doubts go,
You’re the only one that I want,
I don’t know why I’m scared, I’ve been here before,
Every feeling, every word,
I’ve imagined it all,
You’ll never know if you never try,
To forget your past and simply be mine,
I dare you to let me be your, your one and only,
Promise I’m worth it, to hold in your arms,
So come on and give me a chance,
To prove I am the one who can walk that mile,
Until the end starts,
If I’ve been on your mind,
You hang on every word I say,
Lose yourself in time,
At the mention of my name,
Will I ever know how it feels to hold you close,
And have you tell me whichever road I choose, you’ll go?

 
Sei stato nei miei pensieri, mi sono affezionata ogni giorno di più 
Mi sono persa nel tempo, solamente pensando al tuo viso 
Dio solo sa perché mi ci è voluto così tanto 
per dissipare i miei dubbi.
Tu sei l'unico e il solo che voglio 
Non so perché sono spaventata, ci sono già passata 
Ogni sentimento, ogni parola 
Ho immaginato tutto 
Non lo saprai mai, se mai provi a dimenticare il tuo passato 
e a provare semplicemente ad essere mio 
Ti sfido a lasciarmi essere l'unica e la sola per te 
Ti prometto che merito di essere stretta tra le tue braccia 
Perciò avanti, dammi la possibilità di dimostrare che sono l'unica 
che può percorrere questa lunga strada prima che inizi la fine 
Sono stata nei tuoi pensieri, ti aggrappi a ogni parola che dico 
Ti perdi nel tempo solo menzionando il mio nome 
Saprò mai cosa si prova a stringerti forte? 
E ti sentirò mai dire che qualunque strada io sceglierò, la prenderai anche tu? 


"7:00" segnava l'orologio sul piccolo comodino accanto a lei. 
Demi era stata la prima a svegliarsi e forse a causa dell'insistente rumore della pioggia che per l'intera notte li aveva accompagnati senza smettere neanche un secondo. Ma ora non lo sentiva più e notò con piacere che finalmente aveva smesso. 
Si strofinò gli occhi leggermente appannati e si voltò verso Andrew, che sembrava essere caduto in un sonno profondo: la stava tenendo stretta al suo corpo, cosi forte, quasi come ad aver paura che scappasse. E lei, con un meraviglioso piccolo sorriso sulle labbra, si ricordò che non si era mosso da quella posizione neanche per attimo in tutta la notte. 
Si sistemò meglio tra le sue braccia cercando di avvicinare il suo viso, e prese inevitabilmente a guardarlo: sembrava avere un'espressione beata, puro senso di pace e questo la rendeva felice, molto.
Prese dolcemente ad accarezzargli il viso, facendo arrivare le sue dita sulla fronte. Sentì sotto il suo tocco una linea più chiara rispetto al resto della pelle e ricordò che quella era una ferita, se l'era fatta per salvarla.

"Andrew" lo chiamò lei accorgendosi che era sveglio. "Hey, che hai?" gli chiese avvicinandosi, vedendolo spaesato.
"D-devo alzarmi, ora sto bene."
"Fermo" gli disse fermandolo con le mani sul petto."N-non puoi alzarti. Il dottore ha detto che sei ancora debole ed hai bisogno di riposo. La ferita non è grande, ma la botta che hai preso, si."
"Perchè devo rubarti tutto questo tempo?"
"Non mi stai rubando niente. Mi hai salvato la vita stamattina, è il minimo che io possa fare per te."
"Quindi è solo perchè ti ho salvato la vita che stai facendo tutto questo per me, giusto?" le chiese deglutendo, aggiustando meglio la testa sul cuscino. 


Già, tutti i ricordi ora gli apparivano cosi chiari e lucidi davanti agli occhi. Sorrise ripensando al fatto che quella fu la loro prima discussione e capì che forse avrebbe potuto evitarla. 
Fece scorrere le dita alle sue labbra ora, e ancora un altro ricordo.

"Eccomi" gli sorrise e si sedette accanto a lui. Aveva portato un piccolo batuffolo di ovatta, del disinfettante e del ghiaccio con se. "Vediamo" gli prese il viso con le mani per controllare. "E' cosi gonfio" lo avvertì lei. Prese una piccola quantità di ghiaccio avvolgendolo in un fazzoletto di stoffa per adagiarlo sull'angolo della sua bocca.
"P-piano" le disse sentendo un piccolo dolore.
"Scusa" gli accarezzò il viso.
"E' la seconda volta che ti predi cura di me. Sto iniziando seriamente a pensare che tu non sia una cantante, ma un'infermiera." le disse ridendo. "Ahi"
"Non ridere, altrimenti ti farà più male" lo avvisò ridendo a sua volta 


Un altra piccola risata scappò dalle sue labbra senza preavviso. 
"La mia faccia è cosi divertente?" con voce assonnata, la interruppe Andrew, aprendo lentamente gli occhi.
"Oh buongiorno!" gli disse riprendendo a sorridere.
"Uhm..Buongiorno a te." si strinse ancora un po' a lei per sentire il suo meraviglioso profumo. "Perchè ridevi prima?" le chiese curioso.
"Piccoli ricordi, tutto qui."
"Mi fa piacere che ti facciano sorridere, sperando che non siano ricordi riguardanti mie situazioni imbarazzanti." e bastò solo finire la frase che Demi riprese inevitabilmente a ridere. "Bene. Sono mie situazioni imbarazzanti, lo sapevo." affermò sorridendo.
"Ma no." riprese lei sorridendo "Stavo solo ricordando quanto sia meraviglioso poterti essere accanto, tutto qui."
"Si, non usare queste frasi per salvarti il 'sedere' con me. Lo so che stavi pensando a me che arrossisco, inizio a balbettare o che dico frasi senza senso."
"Ma se sei dolcissimo quando lo fai!" gli rispose ridendo, stringendolo in un forte abbraccio.
"Si certo..." sussurrò nel suo petto. Rimasero in quella posizione, in silenzio, forse per qualche minuto, quasi come se fossero passati anni dal loro ultimo abbraccio.
"Demi.." la chiamò alzandosi leggermente.
"Hey." si sistemò anche lei.
"Io.." iniziò tossendo "Beh insomma... stanotte io.. cioè noi abbiamo..."
"Andrew.." lo interruppe prendendogli dolcemente il viso tra le mani "E' stata la notte più bella di tutta la mia vita, credimi." affermò sorridendo.
"Dici...dici sul serio?"
"Si!Io..si, credimi." gli rispose felice.
"Buongiorno!" urlò una voce squillante è felice da dietro la porta. Era Andrew, il figlio di George, che in un attimo si ritrovò sul letto insieme a loro due a saltare dalla gioia senza un apparente motivo.
"Hey! Cos'è quest'irruzione nel mio letto? E chi è questo ragazzino inspiegabilmente felice?" chiese scherzosamente Andrew afferrandolo e bloccandolo in un abbraccio.
"Oggi devi darmi la rivincita, ricordi?" gli chiese con occhi speranzosi il ragazzino.
"Oh ma certo, e sta pur certo che stavolta ti batterò."
"Si certo, come ti ha battuto ieri" rispose Demi guardando altrove.
"Si, infatti." confermò il piccolo con tono da indifferente.
"Ah, ma voi due non vi fidate di me eh? Ora vi faccio vedere io se vinco!" disse e li strinse entrambi in un forte abbraccio, nell'intento di torturarli con il solletico.
"Ah no ti prego" iniziò a ridere lei e subito dopo anche il piccolo Andrew. 
"Buongiorno" tossì qualcuno da fuori la porta. Era George. "Non credevo di avere altri due figli in famiglia" sorrise, alludendo all'infantile ma meraviglioso comportamento di Demi ed Andrew. "Piccolo, va a fare colazione, giù c'è la mamma che ti aspetta, io ed i miei nuovi due figli dobbiamo parlare." sorrise ancora ma con un leggero velo si serietà.
"D'accordo. Ciao Demi" la salutò stampandogli un bacio sulla guancia. "A dopo Andrew."
"Ciao campione." lo salutò strofinandogli la chioma scura.
"Beh, se preferite vi lascio vestirvi e..." iniziò una volta chiusa la porta.
"Di che si tratta?" chiese preoccupato Andrew.
"Di Mark."



Spazio Autrice:
Salve.. *con una faccina dolce nascosta dietro una piccola porta che fa 'ciao' con la manina* No okey, siamo seri. Capisco cosi tanto la voglia che sicuramente qualcuno di voi avrà di picchiarmi (ma ovviamente scherzo, voi non lo fareste mai, no? o.o) No, siamo seri (pt.2) Come sapete ci tengo sempre molto a spiegarvi il motivo delle mie molto frequenti assenze, perchè comunque con la vostra santa pazienza meritate una spiegazione, no? Ma anyway, semplicemente quest'ultimo periodo non è stato uno dei migliori per me e non perchè io non abbia avuto tempo, ma.. non avevo qualcosa (e ancora non so cosa) che mi permettesse di scrivere, boh. Ma sono cosi felice di essere tornata! E spero tanto che per voi non sia stato troppo tutto questo tempo. 
Che altro dire? Sapete già che vi ringrazio infinitamente e che vi adoro (aww *-*) eh.. niente, spero che l'attesa ne sia valsa la pena.
Un bacione grandissimo!
TeenAngelita_92


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Capitolo 24
*** What's going on? ***


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25.
"Di Mark" quelle due insignificanti parole appena pronunciate da George, presero improvvisamente a torturargli la testa, una sensazione paragonabile quasi ad un martello che più e più volte ti colpisce senza alcuna intenzione di smettere. Come se non avesse minimamente sentito, si alzò per rivestirsi.
"Cosa ha fatto stavolta?" provò a chiedere Demi, notando da parte sua una totale indifferenza. Improvvisamente sembrava essere del tutto disinteressato alla questione, quasi come se non avesse più voglia di ascoltare chiunque altra persona intenzionata a parlargli di "Mark".
"In giro si dice che di te sa molto più di quanto tu creda." rivelò riferendosi ad Andrew e tutto ciò che lui fece, fu ridere, quasi come se avesse appena ascoltato una battuta alquanto divertente.
"Che significa questo?" chiese ancora Demi, ormai rassegnatasi a quel suo improvviso e strano comportamento.
"Si dice che conosca, o meglio, conosceva un certo Paul Jones. Andrew, tu sai chi è?" gli chiese ma sembrava già sapere la risposta, mentre sul viso del ragazzo, il suo precedente sorriso sparì in un attimo. I suoi occhi improvvisamente si riempirono di emozioni sconosciute, alle quali neanche lui stesso avrebbe potuto dare una spiegazione, ne un nome. Sembrava quasi paura, rabbia, o altro che ancora non sapeva o non riusciva a definire. La sua espressione divenne indecifrabile per Demi che si fermò ad osservare il suo sguardo perso nel vuoto più totale.
"Andrew che succede? Chi è Paul Jones?" chiese preoccupata avvicinandosi.
"E'.." iniziò George ma Andrew lo fermò.
"E' mio padre." confessò. "E'... mio padre.." ripetè ancora, mentre stupore e confusione si facevano spazio tra i suoi troppi pensieri. 
E Demi ebbe la sua stessa reazione, confusione e stupore, ma ciò che ora governava la sua mente, non erano le stesse tante domande che stavano martellando la mente di Andrew, era la sola preoccupazione di sapere cosa gli stesse succedendo e cosa gli sarebbe successo dopo. 
"Cosa centra suo padre in tutto questo?" chiese preoccupata.
"Non lo so e mi piacerebbe saperlo da Andrew." rispose con tono deciso George, alludendo ad una sua plausibile spiegazione di tutto ciò. Ma se ne Demi, ne George erano riusciti a capire cosa avesse a che fare suo padre con tutto questo e sembravano essere confusi, lui di certo lo era molto di più. 
"C-cosa vuoi sapere da me? Se per tutto questo tempo ti ho preso in giro? Perchè non ti ho mai detto che mio padre conosceva quell'uomo? E' questo quello che vuoi sapere?" gli chiese, leggermente irritato.
"Si, voglio saperlo! Tu lo sapevi, non è cosi?" gli rispose, forse già intenzionato ad incolparlo.
"No, no maledizione! Non ne sapevo niente! E solo ora mi rendo conto che non sapevo e non so niente di mio padre!" gli urlò, ma forse non con la vera intenzione di farlo. 
"Dio, ti fidi di me? Io sto cercando di aiutarti! Voglio solo che tu riesca ad uscire da questa maledetta situazione! Perchè non me ne hai parlato prima?"
"George io non sapevo niente! Cosa diamine avrei dovuto dirti? Cosa vuoi da me?"
"Volete smetterla? Urlavi contro risolverà qualcosa?" si intromise Demi. 
"Credevo che tu ti fidassi di me, ho cercato davvero di farti sentire come uno dei miei figli, perchè non mi hai mai parlato di tuo padre? Ne mi hai mai detto che era morto?" gli chiese George, ora controllando il suo tono di voce. 
"Cosa avrei dovuto dirti? Eh? Che ogni volta che ci penso piango come un bambino? Che nonostante mi abbia riempito di bugie, mi manca cosi tanto? Che di lui mi resta solo una stupida lettera che non riesco mai a leggere senza che inizi a balbettare o a piangere? Avrei dovuto dirti questo?" gli chiese. Il suo tono di voce calmo e deciso, i suoi occhi intenzionati a resistere e le sue mani, ancora tremanti, strette da quelle di Demi, quasi come a voler sostenere e sorreggere quella sua improvvisa forza che da un momento all'altro, sembrava voler cadere, cedere. 
"Mi dispiace ma io non l'ho fatto e non lo farò." confessò infine, alzandosi e uscendo da quella camera, diventata improvvisamente troppo piccola per poter contenere tutti i suoi pensieri in costante guerra contro le sue emozioni. 
"Andrew! Andrew fermati!" provò nella vana speranza di fermarlo, ma fu inutile. Ma dopotutto avevano bisogno di parlare, dovevano parlare e George giurò a se stesso che prima o poi l'avrebbero fatto. 
Uscì dirigendosi al giardino, dove il piccolo Andrew lo stava aspettando per dargli la sua tanto desiderata rivincita. Pensò che sarebbe stata un ottima occasione per pensare ad altro, ad altro che non si chiamasse "Mark" o "La morte di mio padre". Si rese conto di essersi affezionato molto a quel bambino che tanto rispecchiava la sua infanzia, quella sua innocenza e quella su ingenuità che ancora non potevano permettergli di capire tutto ciò che ora necessitava una spiegazione, alla quale lui stesso non riusciva ad arrivare. 
Ma sorprendentemente, e come tanto sperava, riuscì a distrarsi, almeno un po'. Passò l'intero pomeriggio a giocare con lui, a rincorrersi e a rotolarsi nell'erba bagnata e di tanto in tanto, Demi era sollevata e felice di vederlo sorridere e non sembrava forzato nel farlo ma anzi, gli veniva cosi spontaneo. Aveva abbracciato quel ragazzino molte volte, quasi gli sembrava una cosa del tutto naturale farlo, quasi come se il piccolo Andrew potesse essere il fratello minore che non aveva mai avuto, o l'amico di giochi con cui condividere una meravigliosa giornata di sole. 
"Hey, campioni di football." li chiamò lei, dirigendosi verso di loro "Non credete che una doccia vi farebbe bene?" continuò sorridendo.
"Già piccoletto, sai credo che quella rompiscatole di Demetria abbia ragione." gli disse sorridendo.
"Beh io potrò essere rompiscatole, ma tu non hai ancora vinto una sola partita contro di lui"
"Ma ormai lo sa che il campione qui è lui" gli scompigliò con fare scherzoso la folta chioma scura "Ora vai, voglio vederti uscire dal bagno senza neanche una macchia."
"Va bene, ma tu mi prometti che giocheremo ancora?" gli chiese con occhi speranzosi, ma la sua risposta, rispetto all'ultima volta che glielo aveva chiesto, non fu immediata.
"S-si, si.. certo. Ora vai." riuscì solo a balbettare per poi fingere un piccolo sorriso, ed inevitabilmente Demi poté notarne la differenza. Respirò rumorosamente, quasi come se avesse trattenuto il respiro per troppo tempo. Si distese sull'erba cercando di regolarizzare il movimento del suo petto ma qualcosa glielo impediva.
"Hey..." Demi si avvicinò, una volta che il ragazzino si fu allontanato. "Andrew va tutto bene." capì che c'era qualcosa che non andava. Poggiò delicatamente la mano sul suo petto, aiutandolo a respirare più lentamente, mentre con l'altra prese ad accarezzargli il viso. "Cosa c'è che non va? Sembri agitato e..." provò a spiegargli ma lui la fermò tirandola bruscamente a se in un forte abbraccio. La strinse forte tra le braccia affondando completamente il viso nei suoi capelli. 
"Ti prego... Resta con me." le sussurrò. Sembrava fare ancora fatica a respirare e Demi non riusciva ancora a spiegarsi il perchè. Lo strinse a se esattamente come aveva fatto lui qualche istante prima. 
"Resto con te, te lo prometto." gli sussurrò, lasciando piccoli e leggeri baci sul lato destro del suo viso. "Sono qui Andrew. Respira." continuò, tenendo ancora una delle due mani ferme sul suo petto. 
"Sono qui.."
Stay with me - Sam Smith
Guess it’s true
I’m not good at a one night stand
But I still need love ‘Cause I’m just a man
These nights never seem to
Go to plan
I don’t want you to leave
Will you hold my hand?
Oh, won’t you stay with me?
‘Cause you’re all I need
This ain’t love, it’s clear to see
But darling, stay with me
Why am I so emotional?
No, it’s not a good look
Need some self control
And deep down, I know this never works
But you can lay with me so it doesn’t hurt

 
Immagino sia vero
non sono bravo nelle storie di una notte
ma ho ancora bisogno d’amore
perchè sono solo un uomo
queste notti non sembrano mai andare secondo i piani
non voglio che tu te ne vada
mi stringerai la mano?
oh, non starai con me? perchè sei tutto ciò di cui ho bisogno
questo non è amore, è chiaro da vedere
ma tesoro rimani con me.
Perchè sono così sensibile?
no, non è una buona cosa
ho bisogno di autocontrollo
e in fondo so che non funziona mai
ma puoi sdraiarti con me così non farà male


"Hey, la cena è pronta. George vorrebbe che tu cenassi con noi." lo informò Demi entrando. Era ancora sul letto, occupato ad asciugarsi dopo la meritata doccia che aveva fatto per rilassarsi.
"Non ho molta fame, credo che andrò a dormire." le rispose semplicemente, quasi freddo e distaccato.
"Quindi non hai molta fame?" gli chiese ancora e lui si limitò solo ad annuire, finendo di asciugare la sua folta chioma bionda con l'asciugamano. "E non mi dirai cosa ti sta succedendo, giusto?"
"Non mi sta succedendo niente." le disse, ma per Demi era molto semplice capire quando stava mentendo e quando invece no. "Lascia, faccio io." gli disse prendendogli dalle mani una delle asciugamani che stava usando. Prese delicatamente ad asciugargli la schiena mentre continuò quello che poteva definirsi un'interrogatorio.
"George sembra molto preoccupato per te. Ho parlato con Diana qualche minuto fa."
"Cos'è? Vuoi farmi sentire in colpa per stamattina?" le chiese, ancora più freddo e leggermente divertito.
"Perchè ti comporti cosi? Quell'uomo sta cercando di aiutarci in tutti i modi possibili e tu divertito mi chiedi se voglio farti sentire in colpa. Questo non è Andrew."
"Se l'Andrew di cui stai parlando fosse stato qui ora, sarebbe crollato, da debole e vigliacco che è."
"No, se Andrew fosse stato qui, e se fosse crollato, io l'avrei rialzato, come abbiamo sempre fatto. Se Andrew fosse stato qui, ora sarebbe andato di corsa da George ad abbracciarlo e chiedergli scusa."
"Ma Andrew non c'è."
"Allora dov'è? Perchè ha deciso di andarsene e lasciare te?" 
"Basta Demetria!" si alzò bruscamente allontanandosi. 
"Demetria? Ora io sono Demetria? Cos'è? Demi ti sembra troppo piccolo da pronunciare?" gli chiese. Andrew sapeva perfettamente che aveva sempre odiato essere chiamata cosi, eppure ora lo stava facendo, stava facendo cose che non aveva mai immaginato di fare, si stava comportando come mai aveva immaginato di comportarsi. E forse Demi aveva ragione, pensò, ma ciò non servì a molto.
"Ah, Dio! Ma cosa pretendi che faccia? Che sorrida e saltelli dalla gioia sapendo che mio padre conosceva Mark? Che non conosco niente di lui? Che mi sento cosi in colpa perchè ora mi sembra un estraneo? Io non so nemmeno chi è quell'uomo!" urlò, ma ormai non lo faceva intenzionalmente, tutto sembrava avvenire spontaneamente, frutto di emozioni troppo forti da tenersi dentro, bloccate e imprigionate dalla ragione e dalla logica.
"Voglio che tu smetta di comportarti in questo modo! Tutto ciò non ti da il minimo diritto di comportarti cosi con chi ti ama e con chi sta cercando di aiutarti con tutti i mezzi che ha!"
"Mi parli di diritto? Allora spiegami che diritto aveva George di incolparmi? Di accusarmi in quel modo quando anche io come lui ero solo confuso e bisognoso di risposte!"
"Lui è solo preoccupato per te!"
"Ah ma certo! Perchè a me non importa niente di te, ne di lui, giusto? Perchè io non ho paura di incasinare la tua e la sua di vita, perchè io non ho paura di incasinare la vita della sua famiglia!"
"Incasinarmi la vita? Ma di cosa stai parlando?"
"Basta, ti prego basta. Sono stanco, smettiamola." le disse, affrettandosi a vestirsi.
"Dove vi ora?" gli chiese, ancora irritata dal quel suo costante comportamento.
"Dove non si parli ne di te, ne di George, ne di Mark e ne di mio padre!" le rispose, e quella risposta sembrò ferirla, abbastanza da farla allontanare ed arrendere davanti all'evidenza.
Uscì, sbattendo la porta alle sue spalle. Ne uno sguardo, ne un ultima parola o frase che potesse contenere un "scusa". Una di quelle frasi che ora lei tanto sperava di sentire. 
Quella sera cenò con George e la sua famiglia, ma di Andrew nemmeno l'ombra. 
Ciò non fece altro che preoccupare George più di quanto già non lo fosse, che per l'intera notte restò sveglio, nel costante girovagare per casa che comprendeva cucina - salotto, salotto - cucina. E segretamente ed in silenzio, anche Demi sembrava essere preoccupata e stanca dei suoi mille tentativi di chiudere gli occhi, anche solo per un'ora. "Tornerà?" Era questa la domanda che da ore continuava a martellarle la testa. "Dov'è? Con chi? Come sta? Cosa sta facendo?"  

Spazio Autrice:
Credevate di esservi sbarazzati di me eh? No, io sono ancora qua (eh già). Niente, come sempre ormai, di tempo ce ne ho messo per aggiornare, e voi sapete che ogni volta mi chiedo "Ma come fanno ancora a seguirmi? Non avranno voglia di mandarmi a...." (lasciamo i puntini, che è meglio) Ma sapete, ho due notizie da darvi (per me belle, per voi che dovrete sopportarmi ancora, non lo so) LA SCUOLA STA PER FINIRE! *sclera senza apparente motivo* e dunquequindi (?) le verifiche e le interrogazioni si stanno molto.. come dire, affievolendo. E quindi da oggi non vi farò più attendere cosi tanto per aggiornare, visto che ho molto più tempo. Per la seconda notizia invece, si tratta di una nuova fanfic, che ovviamente riguarda Demi (perchè io amo quello splendore) ma ho avuto un'idea del tutto differente dalle altre, credo e spero "nuova". Ci stavo lavorando (che parolone) da qualche mese, e pubblicherò il primo capitolo appena l'inferno scolastico sarà finito, ed ovviamente ora che ho più tempo, terminerò anche la mia prima fanfic.
Bene, ora me ne vado perchè vi ho rubato già fin troppo tempo. Ovviamente fatemi sapere se siete pronti a seguire un mio nuovo sclero di fantasia, no?
Un bacione grandissimo.
TeenAngelita_92 

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Capitolo 25
*** Where are you? ***


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26.
E vagava. Vagava per la strada. Ancora in cerca di qualcuno che l'aiutasse a capire, ancora in cerca di risposte e spiegazioni che probabilmente non sarebbero mai arrivate, se non da lui stesso. Vagava senza meta, senza un necessario scopo per farlo. Vagava per le varie auto che di tanto in tanto suonavano quel rumoroso e fastidioso clacson. E quei fastidiosi ed accecanti fari nella scura visione della notte che rendevano tutto ancora più confuso ed offuscato.
"Cosa sto facendo?" sussurrò a se stesso, coprendosi la testa con le mani. Gli era capitato di sentirsi il mondo cadere addosso, in molte delle situazioni analoghe o comunque simili a quelle che ora stava vivendo, ma tutto improvvisamente sembrava diverso. Ora sentiva davvero i pezzi del "suo" mondo dividersi, staccarsi l'uno dall'altro e cadergli velocemente e con forza addosso, senza neanche lasciargli il tempo di respirare. E capiva allora che forse non aveva mai provato una cosa del genere prima, perchè se mai l'avesse provato, non avrebbe fatto cosi male, non come ora. Non come avrebbe voluto prendersi a pugni, come avrebbe voluto prendere il se stesso "cattivo" e picchiarlo, quasi come se si trattasse di un'altra persona. Ma in realtà era solo lui, solo ed unicamente lui. Non esisteva un "Andrew cattivo" ed un "Andrew buono". Queste rappresentavano solo due facce del vero Andrew, doveva solo metterle insieme senza lasciare che una delle due avesse la meglio sull'altra.
 
"Ah, Dio! Ma cosa pretendi che faccia? Che sorrida e saltelli dalla gioia sapendo che mio padre conosceva Mark? Che non conosco niente di lui? Che mi sento cosi in colpa perchè ora mi sembra un estraneo? Io non so nemmeno chi è quell'uomo!" 
"Voglio che tu smetta di comportarti in questo modo! Tutto ciò non ti da il minimo diritto di comportarti cosi con chi ti ama e con chi sta cercando di aiutarti con tutti i mezzi che ha!"
"Mi parli di diritto? Allora spiegami, che diritto aveva George di incolparmi? Di accusarmi in quel modo quando anche io come lui ero solo confuso e bisognoso di risposte!"
"Lui è solo preoccupato per te!"
"Ah ma certo! Perchè a me non importa niente di te, ne di lui, giusto? Perchè io non ho paura di incasinare la tua e la sua di vita, perchè io non ho paura di incasinare la vita della sua famiglia!"
"Incasinarmi la vita? Ma di cosa stai parlando?"
"Basta, ti prego basta. Sono stanco, smettiamola."
"Dove vai ora?" 
"Dove non si parli ne di te, ne di George, ne di Mark e ne di mio padre!"


"Dove non si parli di te" ricordò di averle detto, mentre gli occhi già rossi di rabbia iniziarono a velarsi di un sottile strato di lacrime, pronto a cedere da un momento all'altro. Ricordò perfettamente la sua espressione, e ciò fu come una pugnalata allo stomaco: triste e delusa, i suoi occhi forse pronti a cedere e... Il suo silenzio, quasi come un segno di rassegnazione. Perchè le aveva detto questo? Perchè si era comportato in quel modo con lei? Perchè anche con George? Perchè aveva trattato cosi male le uniche due persone che stavano rischiando il tutto pur di aiutarlo? 
"Ti prego, perdonami" sussurrò ancora a se stesso, quasi come se volesse parlare con lei o con l'Andrew che non avrebbe mai fatto tutto questo, quello nel quale ora doveva ritornare. "Stai attento a dove cammini, maledizione!" gli aveva gridato un uomo alquanto giovane dalla sua auto, muovendo energicamente un braccio dal finestrino. E ciò interruppe per un attimo il flusso di ricordi che avevano iniziato a scivolargli lentamente davanti agli occhi, uno dopo l'altro. Ma dopotutto lui neanche se ne era accorto, o forse non gli era semplicemente importato di quella stupida voce.
Tutto davanti ai suoi occhi si presentava di un nero intenso, come se ogni cosa avesse improvvisamente perso anima e colore. Faceva freddo, ed un costante e forte vento batteva insistentemente contro il suo corpo, diventato ormai tremante e debole, ma ciò non si notava o forse lui non lo dava a vedere. Indossava una semplice canottiera bianca, una di quelle leggere. Non aveva portato nient'altro con se, solo i suoi ricordi, i suoi dubbi, le sue domande ed i suoi sensi di colpa, che ora sembravano entrati in una guerra in pieno svolgimento, di cui la sua mente ne rappresentava lo sfondo, lo scenario o il luogo più adatto. 
Continuò a camminare ancora, ed ancora e la strada davanti a lui gli parve per un attimo infinita, senza un arrivo ne una fine. Ma la stanchezza iniziava a farsi sentire: inciampò in qualcosa che non si impegnò a definire. Si accasciò a terra rendendosi conto di essersi fatto male, poichè sentiva sulla pelle piccole gocce scendergli con estrema lentezza, di cui solo dopo ne capì l'origine: era sangue. Ben presto anche le palpebre iniziarono a farsi pesanti, cosi come il suo corpo che gli impediva di alzare un qualunque arto. Cercò di stendersi, non sapendo neanche dove, e nel giro di qualche minuto, cadde in un profondo e lungo sonno.
Safe And Sound - Taylor Swift ft. The Civil Wars
I remember tears streaming down your face
When I said, I’ll never let you go
When all those shadows almost killed your light
I remember you said, don’t leave me here alone
But all that’s dead and gone and passed tonight
Just close your eyes
The sun is going down
You’ll be alright, no one can hurt you now
Come morning light, you and I’ll be safe and sound
Don’t you dare look out your window darling
Everything’s on fire
The war outside our door keeps raging on
Hold onto this lullaby, even when the music’s gone
Just close your eyes
The sun is going down
You’ll be alright, no one can hurt you now
Come morning light, you and I’ll be safe and sound
Just close your eyes
You’ll be alright
Come morning light, you and I’ll be safe and sound…
Mi ricordo le lacrime che rigavano il tuo viso
Quando ho detto, che non ti avrei mai lasciato
Quando tutte quelle ombre avevano quasi ucciso la tua luce
Mi ricordo che hai detto, Non lasciarmi qui da solo
Ma tutto questo è morto e sepolto e passato stanotte
Allora chiudi gli occhi
Il sole sta calando
Starai bene, nessuno può farti del male ora
Vieni luce del mattino, tu ed io saremo sani e salvi
Non azzardarti a guardare fuori dalla finestra, caro
Tutto è in fiamme
La guerra fuori dalla nostra porta continua infuriare
Aggrappati a questa ninna nanna
Anche quando la musica è finita
Allora chiudi gli occhi
Il sole sta calando
Starai bene, nessuno può farti del male ora
Vieni luce del mattino, tu ed io saremo sani e salvi
Allora chiudi gli occhi
Starai bene
Vieni luce del mattino, tu ed io saremo sani e salvi


Erano ormai le 2:00 di notte, notò lei, quasi le 3:00 e di Andrew ancora nessuna traccia. Aveva provato più volte a chiudere gli occhi, a ripetersi di stare tranquilla, che magari aveva solo bisogno di stare un po' da solo e che da un momento all'altro sarebbe ritornato, ma ogni minuto che passava, trasformava quei suoi incoraggianti pensieri in fumo al vento. 
Era li appoggiata al piccolo balconcino della sua stanza da un bel po' ormai. I suoi occhi ben aperti nella speranza di vederlo tornare, di poter sentire i suoi passi avvicinarsi, ma ciò sembrava non voler avvenire. Per ogni auto che vedeva avvicinarsi o passarle davanti, seppur molto poche, sperava fosse lui, o qualcuno che avesse sue notizie, ma ancora una volta lo stava solo sperando, immaginando. 
"Hey." George interruppe involontariamente tutti i suoi pensieri, che ancora provavano a trovare un'ipotesi plausibile per spiegare dove fosse potuto andare. 
"Hey." gli rispose voltandosi, rivolgendogli un piccolo sorriso sforzato.
"Come mai sei ancora sveglia? Dovresti dormire, sarai molto stanca dopo tutto ciò che sta succedendo." le chiese avvicinandosi.
"George, potrei farti la stessa domanda e dirti le stesse cose." rispose, quasi zittendolo "Tu sei stanco quanto me, anzi anche più di me dopo tutto ciò che sta succedendo."
"E' per lui, giusto?"
"E' per lui che neanche tu riesci a dormire, giusto?" gli disse semplicemente, quasi evitando la sua domanda. E lui abbassò lo sguardo sospirando, quasi come se avesse trattenuto il respiro. Si sedette al bordo del letto e prese a fissare le sue mani che sfregavano una contro l'altra con agitazione. 
"Perchè?" iniziò a chiedersi "Perchè si comporta cosi? Perchè è andato via cosi? Cosa ho fatto di male per.."
"George..." lei lo interruppe avvicinandosi, sedendosi accanto a lui. "Tu non hai fatto assolutamente niente di male."
"E allora perchè?" chiese ancora, quasi come avesse un bisogno disperato di saperlo.
"Non... Io non lo so. Io mi fido di lui, so che non farà mai niente di azzardato e sono certa che tornerà."
"Come fai ad esserne cosi certa? Tutti possono cambiare, lui..."
"Mi fido di lui e lui questo lo sa." gli rispose ancora, evidenziando il più possibile le due parole "Mi fido.". Stettero in silenzio per un po', quasi come per iniziare a convincere loro stessi di ciò che avevano appena affermato, ma dopotutto potevano solo sperare di aver ragione.
"Qualunque cosa succeda, credimi, ti prometto che riuscirò a tirarvi fuori da questa situazione." le promise, guardandola negli occhi, quasi per darle una conferma in più di ciò che le stava dicendo.
"Ti credo George, ti credo" gli disse, e lo abbracciò forte, quasi come un segno di eterna gratitudine per tutto ciò che stava facendo.
"Ora prova a chiudere gli occhi, ne hai bisogno." le consigliò, allontanandosi leggermente.
"Anche tu ne hai bisogno."
"Vieni qui."
Fu l'ultima cosa che le disse, prima di prenderla tra le braccia e stendersi sul letto dove erano seduti, accanto a lei. Sembrava ancora essere difficile chiudere gli occhi e fermare il loro flusso di pensieri, ma ben presto le palpebre iniziarono a farsi pesanti, cosi come i loro occhi e nel giro di qualche minuto, caddero tra le braccia di Morfeo, lasciandosi al loro disperato bisogno di liberare la mente, anche solo per qualche ora.
Ed esattamente e solamente per qualche ora riuscirono a mantenere il loro tanto bisognoso sonno. Troppo poco tempo per poter affrontare un nuovo giorno, nell'eventualità che fosse stato uguale o peggio del precedente.
Erano solo le 7:00 del mattino quando lo squillo di un telefono li fece sobbalzare. 
Il cielo sembrava ancora voler essere scuro e notturno, ma piccole macchine di bianco iniziarono a farsi vedere con l'arrivo del nuovo giorno. Diana era già sveglia, e quando li aveva visti dormire beatamente nella camera di Demi, aveva preferito non svegliarli dopo la lunga nottata che avevano passato ad aspettare Andrew. Ma ciò fu inevitabile quando al telefono rispose qualcuno che chiedeva disperatamente di lei. 
"Potrebbe cortesemente richiamare più tardi?" gli aveva chiesto con estrema gentilezza Diana, ma l'uomo non sembrava volerla ascoltare.
"La prego, è importante. Ho bisogno di parlare con la signorina Lovato." aveva continuato, con tanta insistenza, a ripeterle lui. E senza neanche bisogno di chiamarla più volte, si svegliò subito, in compagnia di George, con la speranza che fosse Andrew.
"Pronto" rispose, con voce ancora leggermente assonnata ma improvvisamente sveglia e vivace.
"Tu... tu sei Demi?" le aveva chiesto la voce maschile dall'altra parte del telefono.
"Si sono io. Con chi parlo?"
"Io sono Mattew. Non so se Andrew ti ha mai parlato di me, sono un suo amico."
"Mattew?" ripetè più volte quel nome a se stessa, quasi come per voler scavare nella sua memoria e ricordarsi di lui. "Si, certo, il giornalista!" rispose, forse un po' troppo forte.
"Si esatto! Ascoltami, si tratta di Andrew." le disse subito, ed improvvisamente le sue labbra presero a sorridere al solo sentire il suo nome. 


Spazio Autrice:
Ah, la fine della scuola. Da quanto tempo la stavo desiderando? Tanto, troppo. 
Ma veniamo a noi. Finally i'm FREEE. (sclera con inglese improvviso) No, a parte gli scherzi (come dico sempre) che liberazione, anche se un po' mi mancheranno i professori scassa... (lasciamo i puntini). Bene, sono felice di dirvi che in questa settimana ho scritto sia questo capitolo, sia il primo della nuova fanfic e non vedo l'ora di postarlo per farvelo leggere e sapere cosa ne pensate. Anyway, come sempre spero tanto che vi piaccia. Buona lettura.
Un bacio graaande grandissimoo (?)
TeenAngelita_92


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Capitolo 26
*** I will try to fix you. ***


Like a brother.
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27.
"Andrew?" ripetè, quasi come a voler avere la conferma di non aver sentito male. 
"E' Andrew? E' lui? Dio, chiedigli come sta, dov'è finito..." iniziò quasi a gridarle sottovoce George, ansioso di sapere, ma lei cercò di non dargli molta importanza, non in quel momento.
"Tu.. tu sai qualcosa di lui? Sai dov'è o come sta?" iniziò freneticamente a chiedergli, senza neanche dargli il tempo di rispondere.
"E' qui a casa mia ora. Ti do il mio indirizzo e ti spiegherò tutto quando sarai qui."
"D'accordo, d'accordo, ma...come.. come sta? Gli è successo qualcosa o..." provò ancora a chiedergli mentre George la invogliava ad insistere. Aveva iniziato inspiegabilmente a balbettare e il cuore sembrava essersi deciso ad uscirle dal petto.
"Fidati, ti spiegherò tutto quando sarai qui." 
E quella fu l'ultima cosa che le disse prima di riattaccare. 
Ora che sapeva dove si trovava Andrew avrebbe potuto benissimo tranquillizzarsi e tirare un sospiro di sollievo, ma quelle ultime parole di Mattew non furono di certo rassicuranti.
"Ti spiegherò tutto quando sarai qui." 
Ora era quel "tutto" a preoccuparla. Cosa poteva comprendere? Di cosa stava parlando? Che cos'era "tutto"?
"Cosa ti ha detto? Dov'è Andrew?" le chiese George notando la sua espressione confusa.
"Lui.. Lui è a casa di Mattew. E'... E' un suo amico, un giornalista che credo abbia conosciuto qui tempo fa." gli spiegò, ma quel suo balbettio sembrava non volerne sapere di lasciarla in pace. 
"Ti ha detto come sta? Se.."
"George, non lo so... Non lo so." lo fermò, sapendo perfettamente cosa gli avrebbe sicuramente chiesto, e sapeva anche che era esattamente ciò che voleva sapere anche lei.
"Mi ha solamente detto di raggiungerlo e che sarà lui a spiegarmi tutto una volta arrivata." 
"Dio ti ringrazio!" esclamò lui, strofinandosi il viso con le mani.
L'attenzione di Demi venne poi completamente rapita dalla luce del suo cellulare, che si era improvvisamente illuminato. Doveva essere un messaggio. 
Si affrettò a leggere, e si rese conto che il testo conteneva l'indirizzo di Mattew.
"George, questo... questo è l'indirizzo." lo avvisò leggendolo.
"Muoviamoci allora!" le disse solamente, per poi prendere le chiavi dell'auto ed uscire con estrema velocità.
Il tragitto non sembrava essere molto lungo, George si rese subito conto di conoscere già il luogo e sapeva che non era molto lontano. Ma per Demi... quella sembrò essere un'eternità. 
Le parole di Mattew continuavano, costanti ed insistenti a martellarle la testa, come se avessero bisogno di trovare un spiegazione a tutti i costi. Ma lei ancora non ci era riuscita, e il tempo che passava sembrava non volerle essere d'aiuto.

"Avrei potuto evitare tutto questo. Avrei potuto evitarlo se solo io avessi capito tutto prima. L'incontro con Mark, la ricerca di tua "sorella". 
Come ho potuto essere cosi stupida? Come ho potuto? E perchè non mi hai detto tutto subito? Avrei potuto lasciare Mark fuori da questa storia. Si, maledizione, avrei potuto evitare quell'incontro... quella mattina. Per questo eri strano, per questo eri diverso. Lo so, ora l'ho capito. Era stato lui. E' sempre stato lui. Ma perchè non me lo hai detto prima? Avrei potuto evitare tutto questo.. credimi avrei potuto farlo.
Ora tu non saresti lontano da me. 
Se solo tu potessi sentirmi ora, se solo tu potessi sentire queste mie parole.
Io non so come stai, non so a cosa sta pensando, non so cosa ti sia preso e... Perchè continuo a sentirmi in colpa? Perchè forse lo sono. Perchè forse quella sera avrei potuto stringerti a me e non lasciarti andare via. Avrei potuto farlo se solo avessi saputo cosa sarebbe successo. 
Ma tu perchè sei andato via? Perchè mi hai parlato in quel modo? Perchè mi è sembrato di non aver più nessuna importanza per te? Perchè?
Dov'era finito il vero Andrew? Anzi, dov'è ora? Ho bisogno di saperlo, ho bisogno di dirgli che devo abbracciarlo, devo stargli accanto perchè è per questo che io sono qui.
Io ho bisogno di lui e sono certa che lui ha ancora bisogno di me.
Ovunque tu sia ora, posso aiutarti, posso afferrare il tuo corpo e rialzarti, rialzarci, come abbiamo sempre fatto. Possiamo sistemare ogni cosa, possiamo farlo, credimi. Insieme."


"Hey" la chiamò George. Durante il tragitto le aveva dato uno sguardo, forse due o tre volte, ed in quelle due o tre volte si era accorto che qualcosa non andava. 
"Stai bene?" le chiese, rivolgendo di nuovo la sua attenzione alla strada.
"Si.. si." gli rispose, e forse un po' troppo insicura.
"Ora sappiamo dov'è Andrew e tra un po' lo rivedrai. Cos'è che ti preoccupa?" arrivò subito al punto senza tanti giri di parole. Sapeva che quella sua espressione e quella sua aria confusa e preoccupata dipendevano da lui.
"Niente, voglio solo vederlo." 
"Quell'uomo al telefono ti ha detto qualcosa che io ancora non so?" le chiese, non ci aveva minimamente creduto a quella sua affermazione.
"No George."
"E allora perchè..." provò ancora a chiederle, ma lei lo fermò.
"George, voglio solo vederlo. Finchè non l'avrò visto con i miei occhi, non potrò mai smettere di preoccuparmi."
"D'accordo, d'accordo. Ma questo non spiega il perchè della tua espressione confusa."
Ed in realtà era vero, ciò non spiegava il perchè della sua espressione confusa, e forse non c'era neanche una spiegazione. Preferì restare in silenzio. Non sapeva rispondere a se stessa, di certo non avrebbe potuto rispondere a George. Ma ora tutto ciò che gli importava era Andrew, le sue domande e le sue eventuali risposte avrebbero potuto benissimo aspettare.
A distrarla dai suoi pensieri, fu il rumore dell'auto che si fermò.
"Siamo arrivati." l'avvisò lui, ancora desideroso di una sua risposta, ma sapeva che non gliene avrebbe data una, almeno non in quel momento.
Uscì velocemente dall'auto e si affrettò ad avvicinarsi al cancello. Schiacciò il piccolo pulsante del citofono che portava il nome "Mattew Gordon", e la risposta non tardò ad arrivare.
"Si?"
"Mattew, sono... sono Demi." provò a dirgli cercando ancora di controllare il suo improvviso balbettio.
"Demi" ripetè, quasi felice che fosse arrivata "Vieni, terzo piano." le disse, e le aprì il cancello. Seppur non tante, George e Demi salirono quelle scale con estrema velocità ed in meno di qualche secondo, si ritrovarono davanti Mattew che li invitò ad entrare. 
"Mattew, dov'è? Come.. come sta?" riprese subito a chiedergli.
"Sta tranquilla, ora ha solo bisogno di riposare." 
Fix you - Coldplay
When you try your best, but you don't succeed
When you get what you want, but not what you need
When you feel so tired, but you can't sleep
Stuck in reverse
And the tears come streaming down your face
When you lose something you can't replace
When you love someone but it goes to waste
Could it be worse?
Lights will guide you home
And ignite your bones
And I will try to fix you
High up above or down below
When yoùre too in love to let it go, but If you never try yoùll never know 
Just what your worth
Lights will guide you home
And ignite your bones
And I will try to fix you
Tears streaming down your face
When you lose something you cannot replace
Tears streaming down your face and I
...
Lights will guide you home
And ignite your bones
And I will try to fix you

Quando ci provi con il massimo impegno, ma non hai successo
Quando ottieni quello che vuoi, ma non quello di cui hai bisogno
Quando ti senti così stanco, ma non riesci a dormire
Bloccato nella retromarcia
Quando le lacrime si riversano sul tuo viso
Quando perdi qualcosa che non puoi rimpiazzare
Quando ami qualcuno ma finisce male
Potrebbe andar peggio?
Le luci ti guideranno a casa
E accenderanno le tue ossa
Ed io proverò a renderti stabile
Lassù o laggiù
Quando tu sei troppo innamorato per lasciar perdere
E se tu non provi non saprai mai
Quanto vali
Le luci ti guideranno a casa
E accenderanno le tue ossa
Ed io proverò a renderti stabile
Le lacrime si riversano sul tuo viso
Quando perdi qualcosa che non puoi rimpiazzare
Le lacrime si riversano sul tuo viso ed io
...
Le luci ti guideranno a casa
E accenderanno le tue ossa
Ed io proverò a renderti stabile.


"E' stato per puro caso. Sono uscito per andare a lavoro stamattina e camminando per la strada ho notato un uomo a terra. Sembrava stesse davvero dormendo, ma il fatto che fosse a terra mi sembrava troppo strano. Mi sono avvicinato e ho notato qualcosa di familiare nel suo volto. Solo dopo mi sono reso conto che era lui." continuava a raccontargli Mattew.
Erano li già da qualche ora ormai, seduti al tavolo del suo salotto. Avevano preferito lasciarlo riposare ancora un po' prima di vederlo, o almeno era questo ciò che gli aveva chiesto cortesemente Mattew, e sembrava essere davvero preoccupato.
"Forse aveva intenzione di venire da me o... Non ho la minima idea di cosa ci facesse li. Era ferito e..."
"Ferito?" chiese Demi, forse era questo il "tutto" a cui si riferiva Mattew.
"Si, è un taglio sul petto, ma non credo sia niente di molto grave seppur abbastanza esteso."
"Può essere stato qualcuno a procurarglielo?" chiese subito George. Bastò solo uno sguardo per intuire che sia lui che Demi avevano già in mente qualcuno, la stessa persona. 
"No, io non credo. Può esserselo fatto cadendo. Dopotutto era stanco, quando ho provato a farlo alzare sembrava distrutto, non riusciva a reggersi in piedi."
A quelle parole, lei nascose il suo visto tra le mani strofinandoselo leggermente. Le faceva male sentire quelle cose. Perchè era arrivato a tanto? Perchè non era tornato da lei? Perchè non aveva chiesto aiuto a lei? Perchè?
"Demi" la chiamò Mattew, ed il suo viso ora sembrava essere diventato molto più serio. "Non so come Andrew sia potuto arrivare a tanto, non so cosa gli sia successo, non so cosa tu possa centrare in tutto questo. So solo che l'ultima volta che l'ho visto..." si zittì, quasi come a pensarci ancora un po' su per trovare le parole giuste. "Non sembrava stare bene. E tutto questo ora è cosi strano."
"Mattew.." provò lei a spiegargli, ma sapeva che non sarebbero bastate poche e semplici parole a chiarirgli tutti i dubbi che ora aveva. 
"Aspetta, ascoltami. Voglio bene a quel ragazzo, e non voglio che gli accada niente. Ho sempre cercato di convincerlo a tornare in negozio da me, aveva del potenziale e avrebbe potuto sfruttarlo lavorando con me. Ma dopo quell'intervista, dopo che ti aveva visto..."
"Che vuoi dire?" gli chiese lei.
"Appena seppe che il mio dipendente era malato e che quindi non avrebbe potuto intervistarti, si offrì subito. Così, senza neanche che io lo conoscessi e senza neanche che lui conoscesse me. Aveva solo due giorni per imparare a fare una buona intervista, o almeno ad avere le basi e ci ha messo davvero tutto se stesso. Si è impegnato davvero cosi tanto che per un momento ho pensato che non lo stesse facendo per il soldi, ed ancora ora continuo a pensarlo."
Ora tutto tornava. Andrew non le aveva mai detto come aveva fatto a trovare quel suo lavoro da "giornalista" e lei neppure gliel'aveva mai chiesto, non le sembrava una cosa tanto strana. Ma ora capiva, capiva tutto. Quello per lui risultò essere l'unica possibilità per poterla vedere, per poter vedere sua "sorella", cosi come forse diceva la lettera di suo padre. Era l'unico modo che aveva per poterla conoscere, certo.
"Dio.." esclamò lei affondando ancora il viso tra le sue mani. Ora tutto sembrava aver preso il suo preciso ordine, quasi come i pezzi di un puzzle che tutto ad un tratto si rimettono facilmente insieme. 
"Non prendermi per pazzo, ma ho avuto la sensazione che lui volesse solo vedere te. Non gli importava di quel lavoro, ne dei soldi che avrei potuto dargli."
"Che significa Demi?" chiese George. L'aveva vista annuire più volte durante la conversazione con Mattew e questo l'aveva portato a credere che avesse capito tutto, tutto di qualcosa che lui forse neanche conosceva.
"Lui voleva solo conoscermi... Era.. era venuto li per me e..." cercò di spiegargli, e mentre il famoso balbettio era ritornato a tormentarla, una voce a lei molto familiare l'aveva interrotta.
"Demi..." era Andrew. 

Spazio Autrice:

Salve salve salvee (?) Come sempre, sapete che non dovete farci caso.
Insomma finalmente. Anche stavolta ci ho messo tempo e so che starete sicuramente pensando "Qual è la scusa di oggi?" (lo so, vi comprendo ma dovete sopportarmi.) Ma anyway, come forse avrò già detto (non lo ricordo) la linea internet mi sta dando abbastanza problemi. L'altro ieri avevo promesso che avrei aggiornato (L'ho scritto nello spazio autrice dell'altra mia nuova fanfic) ed infatti avrei dovuto farlo se solo il modem non avesse allegramente deciso di farmi.. incavolare, ecco. Ma eccolo qui, e per farmi perdonare, oggi cercherò di aggiornare la nuova fanfic e se riesco, anche questa. Ora vado via, vi risparmierò di sopportarmi ancora (tanto lo so che vi piace sopportarmi, ammettetelo) No, apparte gli scherzi, spero vi piaccia. Buona lettura.
Un bacio grande grande grande.
TeenAngelita_92

 

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Capitolo 27
*** When i'm alone with you. ***


Like a brother.
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28.
"Demi..." era Andrew. 
Era lui, in piedi davanti alla porta mentre tra le mani stringeva la maniglia alla quale si era appoggiato. Il solo contatto con il freddo materiale di quel semplice elemento era bastato a farlo rabbrividire, ma forse non era quella la vera causa. E non ci volle molto prima che anche lei si accorgesse della sua presenza oltre a Mattew e George. Non ci volle molto prima che si alzasse, si dirigesse velocemente verso di lui e lo stringesse forte tra le braccia. Gli circondò completamente il corpo e sospirò a quel contatto che per troppo tempo le era mancato.  
"D-Dio... Andrew!" riuscì solo a balbettare con un filo di voce nell'incavo del suo collo, abbastanza confortevole ora da poter accogliere completamente il suo viso. E lui seppe solo chiudere gli occhi e stringerla a sua volta, senza ne una parola, ne un sospiro e ne un sorriso. Aveva solo bisogno di riabbracciarla, di sentire il suo respiro sulla pelle e lasciare che il tempo passasse veloce senza disturbarli. 
"Dio ti ringrazio." sussurrò a se stesso George, strofinandosi il viso con le mani e tirando un sospiro che poteva definire di grande sollievo. Vederlo di nuovo li, riabbracciare la persona che amava... Si era cosi tanto affezionato a quel ragazzo, tanto da poter affermare che quella circostanza rappresentava per lui il regalo più bello che la vita avesse mai potuto fargli. 
"Dove diavolo sei... sei stato? Perchè sei scappato?" sussurrò ancora lei, come bisognosa di spiegazioni, stringendo ancora un po' più forte la presa attorno al suo corpo. "Avrei potuto aiutarti! Avrei potuto starti accanto come abbiamo sempre fatto! Dio, perchè?" chiese ancora, cosi intenzionata a dimostrargli quanto lui l'avesse delusa, quanto lei fosse arrabbiata. Ma in realtà stava solo cercando di sembrarlo ai suoi occhi, di convincerli, in realtà non ci riusciva. In realtà lei voleva solo tenerlo ancora stretto tra le braccia e non lasciarlo più andare per paura di perderlo ancora. 
"Mi.. Mi dispiace" riuscì solo a farfugliare affondando completamente il viso tra i suoi capelli. "Mi dispiace.. io non..."
"Non farlo mai più..." lo interruppe "Non farlo..." continuò a ripetergli sussurrando, mentre George e Mattew restarono li, fermi a guardarli per un tempo che gli sembrò infinito, convinti di essere di troppo ora, convinti di poter solo lasciare che si chiarissero e si abbracciassero ancora per risanare tutto quel tempo che non avevano potuto farlo. 
"Credo.." tossì Mattew, cercando la loro attenzione "Credo sia meglio che noi andiamo ora." li avvertì ed insieme a George, si avviò verso l'altra stanza. 
"G-George, aspetta." lo fermò Andrew allontanandosi leggermente dal corpo di Demi. Gli afferrò il braccio e provò a guardarlo negli occhi. "Mi.. Mi dispiace, io non.. Non volevo comportarmi in quel modo, non..."
"Va tutto bene, non devi spiegarmi niente."
"No, no George, io devo.." provò ancora, aveva bisogno di farlo.
"Andrew, è tutto ok. Se davvero lo desideri parleremo dopo di tutto, ti ascolterò, ma ora pensa a lei, e a te stesso." gli sorrise, accompagnando quella sua felice espressione con una pacca sulla spalla "Ha cosi bisogno di te, ora." gli disse infine, alludendo ancora a Demi, ed insieme a Mattew uscì lasciandoli soli. 
Restarono in silenzio, a guardarsi senza aver bisogno necessariamente di parole per poter parlare.
"Hai... Hai conosciuto Mattew." notò lui, a corto di coraggio per dirle ciò che sentiva il bisogno di spiegarle. In realtà avrebbe voluto avvicinarsi e poggiare le labbra sulle sue, ma neanche di questo aveva il coraggio, non ora dopo tutto ciò che le aveva fatto e detto.
"Torniamo a letto, hai bisogno di riposare ora." gli prese dolcemente la mano, e del tutto incurante di ciò che lui le aveva appena detto, lo guardò come per chiedergli il consenso, una conferma.
"Va bene." sorrise appena lui, stringendole a sua volta la mano.
 Lo accompagnò nella camera da letto dove prima stava tranquillamente riposando. Lo aiutò a stendersi  e si sedette su una delle due piccole poltroncine poco distanti. Andrew prese a guardarla e notò che il suo sguardo era basso, quasi come se stesse cercando con tutte le forze di nascondere qualcosa. "Perchè non vuole guardarmi?" si chiese tra se e se. Quella fu una delle prime ipotesi a cui pensò per poter spiegare quel suo strano comportamento, ma sperava tanto di sbagliarsi.
"Demi" la chiamò, aggrottando leggermente la fronte. Le prese dolcemente una mano e gliela strinse, come per dimostrarle che ora lui era davvero li, era tornato.
"Tu non.." iniziò a parlare, forse intenzionata a spiegargli, con ancora lo sguardo basso "Tu non sai quanta paura ho avuto di non rivederti." gli confessò, forse sul punto di crollare dopo quelle interminabili ore di ansia. "Tu non sai quanto ho sperato che tornassi, che ti vedessi girare l'angolo e tornare a casa di George. E non sai quanto è stato insopportabile dover far finta che la possibilità che Mark avesse potuto scopriti non.. non c'era. Non sai quanto ho cercato di non pensarci e convincermi che non ti avrebbe mai trovato."
"Io.. ora sono qui" le disse con un filo di voce, stringendole ancora la mano.
"Ora sei qui... Ma non qualche ora fa. Non stanotte, non nella nostra stanza, non sotto le coperte abbracciato a me mentre..." 
"Demi..." provò a fermarla, forse con l'intenzione di rimediare a quello stupido comportamento della sera prima, ma lei non gliene diede la possibilità.
"Andrew, tu non c'eri!" alzò lo sguardo finalmente, ma lui capì che forse non sarebbe più riuscito a sostenerlo stavolta, appena si rese conto dei suoi occhi rossi e lucidi.
"E mi sento cosi stupida adesso che sto cercando di sembrare arrabbiata quando in realtà non lo sono! Non riesco ad esserlo! E giuro... Mi sono chiesta se sia stata colpa mia... Sto solo cercando di capire il perchè ma..."
"Shh.." la interruppe, alzandosi di scatto e avvolgendola completamente tra le sue braccia, quasi per zittire quelle paure e quei pensieri che l'avevano tormentata fino a quel momento.
"Non è colpa tua, non è mai stata colpa tua."
"Perchè sei scappato allora?" gli chiese, con voce tremante e il viso completamente appoggiato al suo petto. "Perchè sei scappato?" continuò.
"Non è colpa tua, credimi, non è colpa tua." strinse la già forte presa intorno al suo corpo e la lasciò sfogarsi, liberarsi dei pensieri e delle domande che le avevano martellato la testa e che ora necessitavano di riposte e spiegazioni. 
"P-Perchè?" continuò mentre la sua voce sembrava intenzionata a sparire mano a mano che Andrew le accarezzava dolcemente la schiena e le sussurrava che non era colpa sua, non lo era mai stata.
Love Song - Adele
Whenever I’m alone with you
You make me feel like I am home again
Whenever I’m alone with you
You make me feel like I am whole again
Whenever I’m alone with you
You make me feel like I am young again
Whenever I’m alone with you
You make me feel like I am fun again
However far away I will always love you
However long I stay I will always love you
Whatever words I say I will always love you
I will always love you
Whenever I’m alone with you
You make me feel like I am free again
Whenever I’m alone with you
You make me feel like I am clean again
However far away I will always love you
However long I stay I will always love you
Whatever words I say I will always love you
I will always love you

Ogni volta che sto sola con te
Tu mi fai sentire come se fossi di nuovo a casa
Ogni volta che sto sola con te
Tu mi fai sentire come se fossi di nuovo intera
Ogni volta che sto sola con te
Tu mi fai sentire come se fossi di nuovo giovane
Ogni volta che sto sola con te
Tu mi fai sentire come se fossi di nuovo divertente
Nonostante sia lontana io ti amerò per sempre
Non importa quanto rimarrò io ti amerò per sempre
Qualunque cosa dirò, ti amerò per sempre
Io ti amerò per sempre
Ogni volta che sto sola con te
Tu mi fai sentire come se fossi di nuovo libera
Ogni volta che sto sola con te
Tu mi fai sentire come se fossi di nuovo pulita
Nonostante sia lontana io ti amerò per sempre
Non importa quanto rimarrò io ti amerò per sempre
Qualunque cosa dirò, ti amerò per sempre
Io ti amerò per sempre

"Non è colpa tua, non è mai stata colpa tua."

Erano già passate un paio d'ore da quando Demi era riuscita a chiudere gli occhi e a riposare tranquillamente. Andrew aveva intuito una certa stanchezza nei suoi occhi e aveva immaginato che probabilmente quella notte non aveva dormito molto, o almeno non abbastanza. L'aveva convinta a stendersi con lui e a lasciare che la sua testa smettesse per un solo attimo di pensare e di riflettere. E questo era risultato essere un'impresa: ci aveva messo molto per farle chiudere gli occhi, per convincerla che non sarebbe più andato via, che non l'avrebbe più lasciata, perchè era di questo che in realtà lei aveva paura. Sapeva che una volta chiusi gli occhi non avrebbe più potuto rendersi conto di ogni suo movimento, quella sua apparente impossibilità di tenerlo stretto e di non lasciarlo andare. 
"Non è colpa tua." aveva continuato a sussurrarle nel sonno, mentre con le mani le accarezzava dolcemente il viso. "Sono stato cosi stupido" pensò. Cosi stupido a comportarsi in quel modo, ad urlarle contro cose che in realtà non pensava minimamente, a lasciarla li e farle credere che non gli importasse più niente di lei, di loro. 
"Voglio solo che tutto questo finisca. Voglio poterti portare ovunque tu voglia senza dover avere paura che qualcuno possa vederci. Senza dover aver paura che lui possa vederci...Voglio poterti portare via con me, lontano da qui." avvicinò la bocca al suo viso, ora apparentemente tranquillo e beato, per lasciargli piccoli e lenti baci lungo le guance. 
Desiderava cosi tanto baciarla, poter sentire di nuovo il sapore delle sue labbra, ma aveva deciso di aspettare. Aveva deciso di aspettare e di rispettare la sua più che giusta reazione a quel loro incontro, formata apparentemente da rabbia e confusione. Apparentemente, perchè lui sapeva che non era rabbia quella, sapeva che era solo paura e bisogno di sicurezza, lo sapeva bene.  
"Mi dispiace cosi tanto." continuò a sussurrarle la sua voce bassa e quasi disperata, nella speranza che lei potesse sentire, perchè forse al suo risveglio non avrebbe più avuto il coraggio di dirle quelle cose.
E fu allora, mentre le dita sfioravano delicatamente la sua pelle, che capì di dover fare qualcosa per porre fine a tutto. Si era reso conto che non avrebbero potuto vivere per sempre nascosti da tutti, da Mark, aspettando che la realtà delle cose cambiasse. Toccava a lui ora fare qualcosa affinché la donna che ora aveva tra le braccia potesse essere felice, affinché potesse amarla senza paura di niente, senza limiti. E non solo quello: doveva porre fine una volta per tutte a quelle sue domande e quei suoi dubbi riguardo a suo padre che da tempo continuavano a tormentarlo, senza ricevere nessuna risposta o spiegazione. Quello era un capitolo della sua vita ormai da concludere, ma che lui aveva lasciato ancora in sospeso per paura. 
"A-Andrew." la voce sottile ed ancora assonnata di Demi lo distrasse per un attimo dai suoi pensieri. Si strinse a lui come per accertarsi della sua presenza, per paura che fosse andato via.
"Sono qui." la rassicurò baciandole la fronte "Sono qui, non sono andato via." le sorrise. "Hai dormito tanto, perchè non mi hai detto che eri cosi stanca?"
"Non era questo ciò che mi importava. Avevo solo bisogno di stare qui, cosi, accanto a te." gli rispose e lui le sorrise ancora, felice di averle permesso di riposare tranquillamente.
"Mattew mi ha spiegato tutto." gli confessò interrompendo il breve silenzio tra di loro. 
"Di.. Di cosa parli?" le chiese, leggermente preoccupato.
"Perchè non mi hai mai parlato di come sei arrivato a me? Di come quel giorno sei riuscito ad intervistarmi e ad avere quel lavoro?"
"Io non..." provò, ma sembrava aver bisogno di più tempo per rimettere insieme le parole e sceglierle con attenzione. "Non credevo fosse importante. Non avevo la minima idea di ciò che sarebbe successo dopo quell'intervista. Credevo che non ti avrei più rivista, che avrei solo avuto bisogno del tuo ricordo per continuare la mia vita come prima, ma non so cosa mi sia successo... Io avevo... Avevo solo bisogno di vederti e poterti conoscere."
"Credo che Mattew questo l'abbia capito." gli disse sorridendo leggermente "Hai fatto tutta quella strada solo per potermi vedere ed io non... Non l'ho capito prima."
"Come avresti potuto capirlo prima? Avevo deciso di tenermi per me quella storia, volevo solo conoscerti, non ti avrei detto comunque niente."
"Quindi se non ti fosse caduta quella foto dalla tasca... Se io non ti avessi chiesto di tuo padre e della tua famiglia... Saresti andato via e non ci saremmo più visti?" gli chiese, le venne spontaneo pensare a cosa sarebbe potuto accadere se quei semplici e piccoli eventi non fossero accaduti. 
"Probabilmente lo avrei fatto..." le confessò abbassando lo sguardo "E... Continuo a pensare che sarebbe stata la cosa più giusta da fare invece di procurarti solo problemi e..." e lei lo interruppe, alzandosi di scatto per poterlo abbracciare e zittire.
"Cosa... Cosa diavolo stai dicendo?" gli disse, tenendogli il viso stretto tra le sue mani. "Tu credi davvero che sarebbe stata la cosa migliore? Tu..."
"Io cosa? A quest'ora non saresti qui, a seguire uno stupido che sta cercando di nascondersi da qualcuno senza neanche aver fatto niente di male! A quest'ora non avresti dovuto lasciare tutto solo per..." e lei lo baciò. Lo interruppe ancora ma stavolta premendo le labbra contro le sue in un bacio per niente dolce e casto. Teneva il suo viso ancora stretto tra le mani come per non permettergli di allontanarsi, e fu allora che Andrew capì di non essere il solo ad aver bisogno di sentire di nuovo il sapore delle sue labbra e quella sensazione che provava ogni volta che riusciva a sentire il suo respiro sulla pelle. 
"A-Andrew..." riuscì solo a dire affannosamente quando si allontanò, solo di qualche millimetro. 
"D-Dio...Ho.. Ho quasi creduto che non mi avresti più baciato in questo modo." le sussurrò balbettando, del tutto sorpreso quanto felice. E lei gli sorrise, un sorriso cosi vero, il primo che era riuscito a vedere da quando si erano rivisti.
"Voglio... Voglio che tutto questo finisca, voglio poter vivere accanto a te senza che nessuno ce lo impedisca. Voglio... Io voglio stare con te Demi." prese a spiegarle, quasi come se avesse atteso troppo tempo per dirglielo. Le prese dolcemente le mani stringendole sul suo stesso viso. 
"Staremo insieme amore mio, credimi ce la faremo, va tutto bene." gli sorrise rassicurandolo.
"N-No, no Demi io devo incontrare Mark. Devo... Devo mettere fine a tutto questo!"


Spazio Autrice:
Ciao *si nasconde dietro una piccola porticina invisibile*
No, cercherò di smetterla *esce completmente* Sapete, ci ho pensato e mi sono detta: "Alessia, la smetterai di fare queste piccole/gigantesche e lunghe pause?" e mi sono anche data una risposta "Si, Alessia, si." 
Ultimamente non ero molto di buon umore, e ogni giorno ho provato a scrivere ma quando è cosi, so già che ciò che scrivo non mi piace per niente. Ed in effetti non credo di aver dato il meglio di me in questo capitolo, ma odio dover far aspettare le persone che con cosi tanta pazienza mi seguono, non volevo farvi pensare che avevo abbandonato tutti. E quindi eccomi qui, intenzionata a fare molto meglio di questo. Chiedervi scusa mi sembra inutile, lo faccio ogni volta ormai e non credo basti. Spero con il cuore di riuscire a farmi perdonare.
Buona lettura. Un bacio graaaaande graaande.
TeenAngelita_92

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