Amore sotto i riflettori

di PiccolaEco
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un sentimento non ricambiato ***
Capitolo 2: *** In amore vince chi fugge. O forse no? ***
Capitolo 3: *** Mente e cuore ***
Capitolo 4: *** L'ammiratore segreto ***
Capitolo 5: *** Un piano semplicemente perfetto ***
Capitolo 6: *** Caccia all'ammiratore ***
Capitolo 7: *** Appuntamento al buio ***
Capitolo 8: *** Rivendicazioni (parte I) ***
Capitolo 9: *** Rivendicazioni (parte II) ***
Capitolo 10: *** Maledetta gelosia ***
Capitolo 11: *** Colpo di fulmine ***
Capitolo 12: *** Perchè tanto interesse per quella talpa, eh Shan-Pu? ***
Capitolo 13: *** Cambiare? ***
Capitolo 14: *** Buon compleanno, Mousse! ***
Capitolo 15: *** Una notizia inaspettata ***
Capitolo 16: *** Incomprensioni ***
Capitolo 17: *** Addio, Mousse! ***
Capitolo 18: *** Che lo spettacolo abbia inizio! ***
Capitolo 19: *** The show must go on ***
Capitolo 20: *** Happy end ***
Capitolo 21: *** 10 years later... ***



Capitolo 1
*** Un sentimento non ricambiato ***


–Bene, per oggi abbiamo finito!-. 
Con un sospiro di sollievo ci dirigiamo tutti nei nostri camerini a farci una meritata dormita dopo la faticosa giornata di oggi. Ad un tratto la vedo passarmi davanti: lei, bellissima come sempre, con quei lunghi capelli color lavanda che emanano lo stesso profumo del fiore.
–Ciao Shan-Pu!-. Le sorrido allegramente come un idiota alzando la mano per salutarla. Ma lei mi oltrepassa continuando a ridacchiare con le sua amiche. 
Ennesima figuraccia. Sì, perché da quando è arrivata Shan-Pu è tutto un susseguirsi di figuracce, malintesi, equivoci. 
Più cerco di catturare la sua attenzione, più finisco per passare per un emerito idiota. Non che generalmente sia un genio, sia ben chiaro, ma quando si è innamorati, chissà per quale misterioso motivo, ci rincretiniamo. Tutti. Fatta eccezione per nessuno. In questo preciso momento l’unica cosa che vorrei è scomparire. Probabilmente tutti quelli che mi vedranno in questa posizione mi prenderanno per un povero fesso. E la cosa peggiore è che avranno anche ragione!
Non so per quanto tempo resto in quella posizione, col sorriso da ebete e la mano ancora in alto in segno di saluto. Mi riscuoto soltanto quando qualcuno mi schiocca le dita davanti agli occhi.
Mi volto lentamente e vedo una ragazza dai capelli squadrarmi con curiosità.
–Che vuoi Ranma?- sbotto infastidito dalla sua presenza. 
Ranma Saotome: il più abile trasformista e il più inguaribile Don Giovanni che io abbia mai conosciuto. Tutte le ragazze del circo stravedono per lui Shan-Pu non fa di certo eccezione. 
–Cosa voglio? Io proprio niente! Tu piuttosto: sono 5 minuti che sei in piedi in quella posizione da stoccafisso e con quell’aria da babbeo!-. 
Arriccio la fronte: Ranma Saotome era l’ultima persona sulla faccia della Terra a cui avrei raccontato i miei problemi d’amore. Tuttavia era anche l’unica persona che mi sarebbe potuta essere d’aiuto in quanto aveva la fama di essere il migliore “latin lover” del circo, se non del mondo intero.
Sono combattuto dal desiderio di buttare lì tutto quello che mi passava per la testa e dal trattenermi per il solo fatto che mi stessi per confidare con Ranma Saotome, non solo il mio più acerrimo nemico in amore ( e anche unico, a pensarci bene!), ma anche il più inguaribile latin lover del circo, come vi ho già detto.
Alla fine decido di rivelargli tutta la faccenda ma proprio quando sto per aprir bocca, sento una voce in lontananza. 
–Ragazza col codino! Dove sei mia adorata!-.
Stavolta è Ranma a farsi rigido come uno stoccafisso. Noto un brivido appena percettibile percorrergli la schiena.
–No, non può essere! Ancora lui!- esclama lui avvilito –Senti mi piacerebbe molto star qui a chiacchierare ma purtroppo devo proprio andare!Ci si vede, Mousse!-. E dicendomi questo sfreccia via come una saetta. Non mi serve chiedergli che cosa gli sia preso: tutti al circo conoscono l’ossessione di Kuno, il tiratore di spade, per Ranma ragazza, alias “ la ragazza col codino”. Naturalmente lui non ha la minima idea che la sua “lei” inraltà sia un “ lui” con la capacità di trasformarsi in una donna. No, non chiedetemi come faccia: un’altra caratteristica di Ranma Saotome è il fatto di essere totalmente imprevedibile. Forse è per questo che attrae le donne. Forse è per questo che attrae Shan-Pu.
Sconsolato mi avvio verso il mio camerino. Ci sarà mai qualcuno in grado di aiutare il povero Mousse? Mah. Se queste sono le prospettive, io non ci giurerei poi tanto.

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Capitolo 2
*** In amore vince chi fugge. O forse no? ***


 Quello che proprio non riuscivo a capire era perché con tante belle ragazze che c’erano qui al circo, quella talpa di Mousse fosse ossessionato proprio da me. Sì, d’accordo: non posso negare di essere una bella ragazza anch’io, formosa, sensuale, a dir poco mozzafiato…ma diamine! Perché proprio me? 
Più sono fredda nei suoi confronti, più lui sembra attaccarsi a me; più cerco di togliermelo dalle scatole, più me lo ritrovo davanti. Sono esasperata, non so più cosa fare per levarmelo di torno!
Sto seriamente cominciando a prendere in considerazione il detto “In amore vince chi fugge”. Io, Shan-Pu, che di solito sono molto scettica riguardo credenze e proverbi popolari, sto dando credito a una diceria nata chissà quanto tempo fa.
A dire il vero, se proprio devo essere sincera, non è che mi dispiaccia poi tanto la corte di un uomo…ma Mousse! Quello nemmeno può essere definito un uomo!
Non è come Ranma: lui sì che è bello, forte, aitante…il mio uomo ideale, insomma! 
Ma poi avete visto che occhi? Cobalto, blu cobalto come il mare in tempesta. Gli occhi di quella sottospecie di talpa, invece, nemmeno si vedono! Sempre dietro quegli spessi occhiali da vista…
Insomma, non c’è proprio paragone! 
Diciamo pure che Mousse ai miei occhi appare più come un fratello…un dannatissimo fratello fastidioso. 
Ma sinceramente adesso sono troppo stanca anche per pensare…figuriamoci a quello stupido prestigiatore!
Così mi avvio verso il mio camerino con tutta l’intenzione di farmi una bella dormita. Proprio davanti alla porta però trovo lui, accovacciato a terra, con un’aria tanto depressa da fare invidia ad un emo in punto di suicidio. Aveva l’aria di aspettare qualcuno. E quel qualcuno non potevo che essere io.
In quel momento ho la forte tentazione di avvicinarmi e chiedergli se vada tutto bene.


Proprio tu glielo vai a chiedere? Proprio tu che sei la causa di tutte le sue sofferenze? Tsk, che ipocrita che sei! Non mi stupirei se ti ridesse in faccia!
sussurra una vocina dentro di me.


Lentamente mi avvicino alla porta. Appena mi vede, si alza di scatto. 
–Sh..Shan-Pu! I-io v-volevo dirti che…-. 
Prima che possa formulare una qualsiasi frase o domanda giro la chiave nella toppa, apro la porta e mi intrufolo nel camerino richiudendogli la porta in faccia. 
Non so che faccia abbia fatto, di sicuro non una felice. Gli ho appena richiuso la porta in faccia, senza nemmeno degnarlo di uno sguardo. O forse sarebbe meglio dire che gli ho letteralmente sbattuto la porta in faccia.

Ti odierà…dopo questa ti odierà da morire. E avrà anche ragione. Che motivo avevi di chiudergli la porta in faccia, eh? Non potevi almeno ascoltare quello che aveva da dirti?

Mi tappo le orecchie nella speranza di non udire più quella dannata voce. In fondo è quello che voglio. Che mi odi. Che mi odi con tutta l’anima, così forse mi lascerà in pace una volta per tutte. Mousse di me può pensare quel che gli pare, tanto non me ne importa un bel niente. 
Già, tanto non me ne importa…

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Capitolo 3
*** Mente e cuore ***


Resto lì impalato come un babbeo davanti alla sua porta per buoni cinque minuti. La seconda figuraccia in una giornata: beh, potrei dire che mi è andata bene stavolta! 
A volte mi chiedo se io non sia l’uomo più sfigato del pianeta. Credo che se partecipassi ad una gara di sfigati, arriverei secondo. Perché? Perché sono sfigato, ecco perché!                       
Dannazione: perché diavolo non sono filato dritto nel mio camerino? Di sicuro avrei risparmiato un’ennesima figura da perfetto idiota davanti a Shan-Pu.

E’ lei che ha fatto una pessima figura con te sbattendoti la porta in faccia. Non puoi prenderti una colpa che non ti spetta: tu non le hai fatto niente! mi dice una voce dentro di me.

Mi tappo le orecchie e scuoto la testa nella speranza di cacciar via quella voce. 
Sapevo che venire qui sarebbe stato un errore. Cosa mi aspettavo? Che mi avrebbe aperto la porta e mi avrebbe fatto gentilmente accomodare nella sua stanza? Sì, magari offrendomi anche tè e biscotti!
Maledetto cuore, è tutta colpa tua: perché ragioni sempre al contrario del cervello? Se voi due mi metteste d’accordo una buona volta, forse ( e sottolineo forse ) la mia vita prenderebbe una piega leggermente diversa. E invece no! Mente e cuore devono sempre ragionare a modo loro altrimenti come me la complicano la vita? 
Il fatto è che Shan-Pu mi fa perdere completamente la ragione. No, il mio non è un semplice capriccio come molti potrebbero pensare perché di ragazze mozzafiato qui dentro ce ne sono in quantità: cinesi, indiane, arabe, thailandesi, russe…ma lei, Shan-Pu, ha qualcosa che mi affascina, mi travolge, sconvolge il mio modo di essere e di pensare. Per quanto io riesca a pensare in sua presenza. 
E’ da quando ha messo piede al circo che non le ho tolto gli occhi di dosso per un istante. Mi ha colpito fin da subito: bella, sensuale, intelligente ed anche un po’ misteriosa. Aveva quel mix di caratteristiche che te la facevano desiderare e non parlo solo fisicamente anche perché io non sono affatto quel tipo di persona da “ un’avventura e via”… ciò andrebbe contro i miei principi di uomo e contro quelli del mio intero popolo del Yukasai*.
Fatto sta che, però, da quando ho incontrato Shan-Pu non c’è stata una sola volta in cui io non mi sia fatto passare per babbeo. Meglio non elencare tutte le mie situazioni imbarazzanti in cui mi sono trovato di fronte a lei: sarebbero troppe da descrivere e da dimenticare.
Avvilito, deciso di dirigermi ( e stavolta definitivamente) verso il mio camerino. Almeno lì potro deprimermi in santa pace senza dover dar conto a nessuno. E chissà che una bella dormita poi non mi aiuti a mettere a posto le idee. 
Mentre cammino silenzioso e immerso nei miei pensieri, vengo riscosso da una voce.                  
–Ehilà Mousse, ti stavo cercando!-. 
Non ho dubbi da chi provenga quella voce, sebbene sia già mezzo addormentato: riconoscerei la fastidiosissima e irritante voce di Ranma Saotome anche fra mille. 
Mi volto e lo vedo appoggiato al muro con le braccia incrociate, con quell’atteggiamento da figo che a me dà altamente sui nervi. Lentamente si avvicina a me, poi mi dà una pacca sulla spalla assumendo l’aria seria di chi mi ha appena psicanalizzato alla grande e ha capito che sono un caso senza speranza.
–Credo di aver capito il tuo problema. A te piace molto…Shan-Pu, non è così?-. 
Bingo! Sbarro gli occhi stupefatto: c’erano tre possibilità per cui il mio interlocutore fosse venuto a conoscenza del fatto che io fossi perdutamente innamorato della cinesina dai capelli color lavanda.
La prima: era talmente evidente che fossi innamorato di Shan-Pu che solo un cieco non se ne sarebbe accorto. E qui l’unico cieco sono io. Per la verità sono miope dalla nascita, ma questo adesso non ci interessa. 
La seconda: da un po’ giravano voci su questo argomento, quindi qualcuno deve averglielo riferito e lui deve aver dato credito a quella voce. Ma dal momento che la mia considerazione è pari a quella di un guscio d’arachide, dubito fortemente di tale possibilità. 
La terza: si è appostato in qualche angolo e mi aveva tenuto d’occhio tutto il tempo. Conoscendolo, metterei la mano sul fuoco per la terza opzione.
–Ma tu…-. –Non ci vuole un genio per capirlo, Mousse! Si vede un miglio che Shan-Pu ti fa letteralmente impazzire!-.
–Ranma…dì la verità!-.
–Ok, mi sono appostato lì dietro e ho assistito a tutta la scena.-. 
Lo sapevo. Ci avevo visto giusto, allora! 
–Comunque sia ho deciso di darti una mano…in fondo siamo amici, no?-.
Il mio stupore sia fa sempre più grande. Lui aiutare me? Io e lui amici? Vi confesso che mi stavo quasi commuovendo. Quasi.
Sebbene mi avesse offerto il suo aiuto, si trattava pur sempre di Ranma Saotome. Colui che ha fatto perdere la testa a Shan-Pu, alla mia Shan-Pu. Il mio peggior rivale in amore, insomma. Sto quindi per rispondergli un “no” secco, ma poi mi fermo a riflettere. E se funzionasse? Se davvero quel gran Casanova di Ranma riuscisse a farmi conquistare la donna dei miei sogni?

Lascia perdere, Mousse. Continua per la tua strada, fa’ quello che ti dice il cuore e non quello che ti dice uno stupidissimo Don Giovanni a cui vanno bene tutte! torna ad assalirmi la stessa vocina di prima.

In fondo anch’io sentivo che se avessi accettato l’aiuto di Ranma mi sarei ficcato in qualche guaio.
–D’accordo Saotome: accetto il tuo aiuto.-. 
Lui sorride compiaciuto. 
Cervello 1, cuore 0.

*Youkasai: luogo di nascita approssimativo di Shan-Pu. Dal momento che nell'anime Mousse e Shan-Pu  sono amici di infanzia, ho dedotto fosse anche quello di Mousse! xD

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Capitolo 4
*** L'ammiratore segreto ***


Caldo. Oggi fa un caldo che si muore. Siamo solo a Maggio e già fa un caldo da Luglio inoltrato. Il solo pensiero che tra due minuti mi devo alzare per andare alle prove mi atterra. Quanto diamine ancora dobbiamo provare per quel maledetto spettacolo?
Stancamente e contro voglia mi alzo dal mio comodo letto e mi avvio in bagno. La prima cosa che faccio è gettarmi dell’acqua gelida sul viso e così riesco a riprendermi un po’.
In fretta finisco di lavarmi e indosso il body rosa a bordi dorati.
Do una veloce occhiata al programma: oggi, 11 Maggio, prove per la piramide umana. Ed io sono la cima. Perfetto. L’idea di dovermi tenere in equilibrio su una piramide di una ventina di persone mi alletta. Mi chiedo se possa andare peggio di così.
Ancora più abbattuta, un po’ per il caldo, un po’ per la difficoltà dell’esercizio, afferro le chiavi ed esco. Un fascio di rose rosse colpisce la mia attenzione. Lo raccolgo con delicatezza e ne annuso il profumo. Accanto alle rose c’è anche un biglietto:


“Vorrei che la tua anima mi fosse amica,
che ogni tuo bacio fosse una rosa rossa
appena sbocciata dal tuo cuore”
                                                               Anonimo

Annuso ancora il profumo delle rose e un radioso sorriso si fa largo sul mio viso: finalmente il mio Ranma ha deciso di farsi avanti!
Mi chiedo solo perché si sia firmato “Anonimo”. Ma certo, che sciocca: se qualcuno venisse sapere che è stato lui a mandarmi queste rose, sicuramente tenterebbe di ostacolare il nostro amore! Sono al colmo della gioia. Gioia che svanisce pochi istanti dopo nel sentire una vocetta stridula alle mie spalle.
–Ohohohohohoh, ma guarda un po’: adesso non dirmi che hai anche un ammiratore segreto, eh Shan-Pu?-.
Risata sguaiata e un’acuta voce che ti perfora letteralmente l’intero canale uditivo: è Kodachi Kuno, senza ombra di dubbio. Mi chiedo se al mondo ci sia una persona più odiosa e irritante di lei.
Essendo anche lei una specie di ginnasta ritmica/ contorsionista, spesso ho avuto il piacere ( e quando dico “piacere” sto facendo del pungentissimo sarcasmo ) di lavorare con lei. E non esagero quando dico che non augurerei una cosa del genere nemmeno al mio peggio nemico. Dopo Akane Tendo, la ragazza per la quale gira voce si sia preso una cotta Ranma, Kodachi è la persona che mi manda più fuori dai gangheri. E lo dico in generale, non solo per il fatto che anche lei sia una delle “pretendenti” del mio caro Ranma, eh!
Ah, ma che brutta sorpresa che avrà quando saprà del nostro fidanzamento! Non dovrò assolutamente perdermi la faccia che farà quando lo verrà a sapere e qualcosa mi diceva che quel giorno non sarebbe arrivato tanto tardi.
Quindi mi impongo di mantenere la calma: non posso dare a quella sciacquetta la soddisfazione di avermi colta alla sprovvista.
Anche perché io sono nota al circo per la mia capacità di mantenere sempre e comunque il sangue freddo, in qualunque situazione. Diciamo che c’era in gioco anche la mia buona fama di ragazza glaciale e impenetrabile.
Torno a guardare le rose e sorrido beffarda.
–Ci hai azzeccato, Kodachi: ho proprio un ammiratore segreto. Tu invece ancora niente, vero? Ma non eri tu quella che diceva che presto il tuo adorato Ranma si sarebbe dichiarato? Strano, eppure sono passati tre mesi da quella volta!-.
E sfoderando tutta la mia sfacciataggine mi avvio nello spiazzo dove si sarebbero tenute le prove, lasciando dietro di me una Kodachi letteralmente a bocca asciutta.                                        

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Capitolo 5
*** Un piano semplicemente perfetto ***


Ecco. Io lo sapevo. Lo sapevo che non dovevo fidarmi di quel Casanova di Ranma!
Prima promette di aiutarmi e poi…puff! Sparisce senza lasciare traccia.
–Lascia fare a me,Mousse. Quando meno te l’aspetti, Shan-Pu cadrà ai tuoi piedi!- mi aveva detto prima di sparire circa un paio d’ore fa. 
Ma dove si è cacciato Ranma! Perché ci mette così tanto? Che cosa avrà in mente?
Ah, mio caro cervello: perché non mi hai messo in guardia da un tipo come lui? Tu lo sapevi che quel dannato ragazzo ti avrebbe piantato in asso!
Sto di nuovo delirando parlando con il mio cervello quando sento qualcuno battermi una mano sulla spalla.
–Scusa il ritardo: ci ho messo più tempo del previsto!-.
–Ranma ma si può sapere che fine avevi fatto? Stavo cominciando a preoccuparmi che mi avessi piantato in asso!-.
–Neanche per sogno! Quando Ranma Saotome da la sua parola di uomo, la mantiene!-.
E sulla “parola di uomo” ci sarebbe da dubitare, credetemi. O almeno nel suo caso, capite cosa intendo.
–Comunque il piano che ho preparato è assolutamente geniale-.
Le sue parole catturano non poco la mia attenzione.
–Che vuoi dire?- gli domando tra il curioso e il preoccupato.
–Adesso ti spiego: prima le ho mandato un mazzo di rose rosse con un biglietto romantico vicino. Poi ho allestito il circo per la più grande caccia al tesoro che si sia mai vista su questo pianeta!-.
–Una caccia al tesoro!?-.  Dire che ero sorpreso sarebbe stato poco. Beh, detesto ammetterlo ma come idea era abbastanza originale. Quello che più che altro mi preoccupava era l’effettiva riuscita del piano messo in atto dal mio amico e rivale. Rivale perché Shan-Pu era ancora innamorata di Ranma, nonostante lui mi stesse aiutando a conquistarla.
–Sì, proprio una caccia al tesoro. Con tanto di biglietti in rima!-.
–Non sapevo tu sapessi scrivere filastrocche, Ranma…-.
Lo vedo tossire con aria seria e la cosa mi spaventa non poco.
–Ranma…non dirmi che hai spifferato il mio segreto amore per Shan-Pu a qualcuno!-.
–Vedi Mousse…il tuo interesse per Shan-Pu…ecco, come dire…non è poi tanto segreto!-.
Decisamente: quel giorno era destinato a essere ricco di sorprese.
–In che… senso?-.
–Ecco,vedi Mousse…tutto il circo sa che sei segretamente innamorato della bella contorsionista cinese. Credo che tu abbia dato un po’…uhm…nell’occhio, ecco!-.
Resto allibito. Che ironia della sorte: tutto il circo sa del mio amore per Shan-Pu tranne lei! Se non si chiama sfiga questa qui…
–Comunque per la caccia al tesoro ho chiesto aiuto ad Akane: sai, ci sa fare proprio con le parole!-.
Akane? Ma tu guarda…allora era vero quello che si diceva in giro sul conto di quella ragazza!
–Ah, ma non ti ho ancora rivelato la parte migliore del piano!-.
Oh, no! Quale altra sorpresa c’era in serbo per me?
–Che altro c’è ancora!?- chiedo esasperato.
–E’ l’ultima fase del piano e la più importante: l’appuntamento al buio!-.
Sbarro gli occhi sorpreso e sebbene questi ultimi fossero nascosti dietro i miei spessissimi occhiali, Ranma sembrò notare la mia espressione stupita.
–U-un…ap-puntamento al b-bu…io?-.
Sentivo la testa esplodere come un vulcano e il viso andarmi letteralmente a fuoco. Mi ci vollero solo due secondi per capire che la mia non era solo una sensazione.
–Mousse, ehi Mousse! Ti senti bene? Stai andando a fuoco!!Aspetta, vado a prenderti dell’acqua…non muoverti!-. 
Sono paralizzato. Dovevo ancora assimilare bene il significato di quelle parole. Pensandoci però forse era meglio che io non avessi assimilato bene il significato di quella frase. Sarei potuto finire ricoverato direttamente in una clinica o peggio…in un centro di assistenza psichiatrica. Quando Ranma era tornato con un bicchier d’acqua, io ero ancora in quella posizione da guardia inglese.
–Ehi, Mousse…va bene che avevo detto di non muoverti, però così mi sembra un po’ esagerato!-.
Alle sue parole mi riscuoto.
–Che cosa…-.
–Sei svenuto...credo che sia stato per quello che ti ho detto…sai, dell’appuntamento con Shan-Pu…-.
Sarei svenuto di nuovo se non fosse stato per gli scossoni di Ranma nel tentativo di farmi riprendere. Si lo so: comportandomi in questo modo sembravo davvero una femminuccia, forse anche più effeminato di Ranma quando si trasformava. Ma per me era un colpo davvero troppo forte: insomma, secondo il piano del mio amico, io agli occhi della mia amata sarei passato da uno stadio di totale indifferenza ad uno di profondo amore. Era un’ipotesi improbabile, a mio parere, ma non del tutto impossibile.
–E’ un piano infallibile:vedrai che in un battibaleno Shan-Pu si innamorerà perdutamente di te!-.
–Se lo dici tu…-.
In fondo che cosa ho io da perdere?

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Capitolo 6
*** Caccia all'ammiratore ***


 –Perfetto guys! Come ben sapete manca poco ormai al big spettacolo per questo pretendo il meglio da voi… but posso già dirvi che se continuate così, faremo una great impression con il pubblico! Bene, adesso se volete avete il resto della giornata libera! Enjoy yourself!-.
Ah, finalmente una giornata libera! Non ne potevo più di numeri di giocoleria, di equilibrismo, di contorsionismo e cose simili.
Sia ben chiaro: amo il mio lavoro, per l’amor del cielo, ma le prove sono davvero estenuanti! Si, devo proprio ammetterlo: stavolta il direttore ha avuto davvero una brillante idea! Solitamente è un tipo a dir poco stravagante: se ne va sempre in giro con una palma sulla testa e indossa sempre abiti hawaiani dai colori vivaci e sgargianti. Senza parlare del suo intromettere continuamente vocaboli inglesi durante i suoi discorsi!
Ma sinceramente adesso non voglio dilungarmi in considerazioni sul direttore. Devo godermi al meglio questa giornata perché chissà quando ricapiterà un’occasione del genere!
Nel dirigermi verso il mio camerino mi accorgo che intorno a me c’è molto silenzio. Troppo silenzio. Mi guardo attorno con aria circospetta: a parte qualche ragazza che chiacchiera nei corridoi o qualche tecnico intento a controllare luci e riflettori, il resto del circo sembra vuoto. Solitamente c’è sempre un gran via vai di ragazzi che corrono da una parte all’altra del tendone e un continuo chiacchierare di ragazze riguardo moda, glamour, ultime tendenze e ragazzi. La cosa mi insospettisce non poco, tuttavia continuo a camminare per la mia strada.
Più volte noto le occhiatine maliziose e trasognanti di alcune mie compagne: non capisco proprio cosa abbiano da guardare in quel modo. Ma anche in questo caso mantengo il mio buon sangue freddo e filo dritta in camerino.
Finalmente, dopo aver attraversato metto teatro, arrivo. Alzo il tappetino, prendo le chiavi e le giro nella serratura. Appena entrata, una bustina rosa di carta colpisce la mia attenzione. A giudicarla sembrerebbe una lettera, ma ad un secondo esame noto che non vi sono scritti né il mittente né il destinatario. Incuriosita apro la piccola busta.

Non è detto che i tesori siano per forza oro, diamanti o gioielli. Io per esempio credo di aver trovato il più grande tesoro che un uomo possa bramare:sto parlando di te che stai leggendo questo messaggio. Voglio che tu sappia chi è il tuo misterioso ammiratore segreto, quindi dovrai trovarmi. Ma per trovare una persona è necessario cercarla, cercarla a lungo. Ecco il primo indizio. Segui tutti gli altri e sono certo che ce la farai. Buona fortuna.

–Ranma vuole dichiararsi apertamente!- esclamo in preda alla felicità totale.
I miei occhi cominciano a brillare e la mia mente a vagare: immagino già il nostro fidanzamento ufficiale, il nostro matrimonio e la marea di bambini che avremo in seguito. Di colpo mi risveglio e mi ricordo dell’indizio.
Apro maggiormente la piccola busta finchè non scovo un bigliettino nascosto in un angolo. Lo tiro fuori e leggo:

Se al prossimo indizio desideri arrivare, un coraggio da leoni dovrai mostrare.

–…un coraggio da leoni…- rifletto a voce alta finchè un’idea non mi balena in mente.
La gabbia dei felini!
Emozionata sto per uscire a cercare il prossimo biglietto. Quando però poggio la mano sulla maniglia della porta mi blocco. Mi do una veloce occhiata attraverso lo specchio appeso all’ingresso e mi rendo conto di essere ancora in body.
*Forse dovrei cambiarmi* penso fra me e me. Così afferro la prima cosa che trovo nell’armadio e scappo fuori.

Osservo un po’ timorosa la tenda scarlatta davanti a me. Al di là di quella tenda si accede all’area riservata ai felini.
–Il prossimo indizio è la dentro. Forza, Shan-Pu!- mi dico per farmi coraggio e questo metodo sembra funzionare. Scosto l’enorme tenda rossa ed entro. Dentro è completamente buio, tant’è che a malapena riesco a vedere dove metto i piedi. Ma non è il buio a spaventarmi, quanto piuttosto le presenze che mi circondano. Sento decine e decine di occhi puntati su di me e rantoli appena soffocati.
–Accidenti, come lo trovo adesso l’indizio con tutta questa oscurità?- sussurro.
Un’ improvviso ruggito mi fa sobbalzare. Per lo spavento perdo l’equilibrio e cado. Che ironia della sorte: fino a poche ore prima ero riuscita a tenermi in perfetto equilibrio su una piramide di venti ragazzi e adesso era bastato un semplice ruggito a farmelo perdere. Se qualcuno mi avesse visto per me sarebbe stata una vera umiliazione!
*Maledetta pantera!* impreco. In realtà non saprei dire se fosse stato il ruggito di una pantera, di una tigre o di una leonessa. Se c’era un’esperta in materia, quella era Akane che per fortuna non era lì in quel momento. Ero troppo impegnata a imprecare contro quell’animale ( leone, tigre o pantera che fosse) per accorgermi su cosa fossi caduta.
–L’indizio!- esclamo sorpresa quando mi ritrovo fra le mani una busta. Il mio grido però deve aver infastidito non poco quei dannati felini che cominciano a ruggire in preda all’agitazione. Svelta mi alzo e mi dirigo velocemente fuori da quella gabbia di matti, nel vero senso della parola.
Una volta fuori, assicurandomi che nessuno mi veda, apro la busta e tiro fuori l’indizio.

Il prossimo biglietto troverai se il seguente enigma scioglierai: “La vertigine non è la paura di cadere ma la voglia di volare”.                                                                                                               

Mi soffermo a riflettere sulla parola “vertigine” e deduco che voglia riferirsi a un posto alto…e qui il luogo più alto che ci possa essere è…
-…il trampolino di lancio!-.
Soddisfatta per la mia brillante intuizione mi dirigo sulla pista principale, un ampio cerchio di colore giallo intenso, in netta contrapposizione con la stanza buia di poco fa.
Appena entro in pista una piacevole sensazione mi pervade tutto il corpo: immagino il pubblico che fra meno di due settimane siederà tra quegli spalti, pronto a urlare ed acclamarmi per il perfetto numero che eseguirò. Ah, sì… e acclamerà anche i miei compagni, certo questo è ovvio. Scuotendo la testa torno a concentrarmi sulla mia “missione”: mi guardo intorno finchè un’altissima struttura d’acciaio non colpisce la mia attenzione. 
Mi avvicino alla scala a pioli che mi avrebbe portato fino al trampolino e inizio a salire. Arrivata in cima, una busta azzurra mi salta subito all’occhio.
–Bingo!-.
Con estrema attenzione cerco di tenermi in equilibrio sull’asse di legno fino ad arrivarne all’estremità, dopodiché afferro la busta e torno indietro con altrettanta cautela.
Finalmente a terra, scarto la busta e tiro fuori il bigliettino.

Se vuoi trovare la giusta strada, fatti coraggio e sguaina la spada!       

Sguainare la spada? Ma che cosa vuol dire? Forse che dovevo battermi in duello…ma no, è impossibile! Ranma non mi farebbe mai combattere in un duello con la spada…al limite potrebbe farmi giocare a freccette!
Mi blocco. Freccette? Ma certo: la ruota delle spade! Si ma dove diavolo la trovo la ruota per il numero di mira con le spade?
–Ah, finalmente sono arrivato! Dovevo avere la giornata libera e invece hanno osato chiedermi di compiere un insulso lavoro manuale! Chi sono io: un semplice e futile manovale? Trasportare un attrezzo del genere non è un lavoro per Tatewaki Kuno, 17 anni, campione internazionale di tiro con la spada!-.
Mi volto attirata dalle continue lamentele di Kuno e noto con mio sommo piacere che l’attrezzo in questione era proprio quello che faceva al caso mio.
Come se si fosse accorto che lo stessi notando ( o meglio dire: che stessi notando l’attrezzo perché per me quel damerino da strapazzo vale meno ancora di quel tale Mousse!) si volta verso di me e col suo solito fare arrogante comincia a darsi delle arie.
–Oh, ciao Shan-Pu…cosa ci fai qui? Aspetta, non dirlo: sapevi che sarei venuto e mi stavi aspettando! Ammettilo: anche tu sei rimasta abbagliata dall’incommensurabile fascino di Tatewaki Kuno, non è forse così?-.
–A dire il vero ero qui solo in qualità di supervisore. Il direttore mi ha chiesto espressamente di controllare che fosse tutto in perfetto ordine in via dello spettacolo- lo freddo acida. Ancora mi stupisco io stessa di come in casi come questi io riesca a mentire spudoratamente. Non per vantarmi ma questa è una delle qualità che apprezzo di più in me!
–Ah, certo..capisco- risponde lui come freddato dalle mie parole, cosa che effettivamente era appena avvenuta. Così per non mettere ulteriormente a rischio il suo orgoglio, Kuno decide saggiamente di lasciare la scena con un: “Beh, sono certo che ci incontreremo ancora mia cara donzella…a presta mia adorata!”. E eccezion fatta per la sua insulsa frase altisonante e fuori luogo, posso fermamente che quella sia stata la decisione più saggia che il campione di tiro con le spade abbia mai preso fino ad ora. Ritornata nuovamente la sola presenza in pista, mi catapulto letteralmente sulla ruota e proprio al centro trovo conficcata con un piccolo pugnale una busta rossa.

Manca poco oramai…fai venti passi verso sud e all’ultimo indizio arriverai

Soltanto uno. Solo un altro piccolissimo indizio e avrei trovato Ranma ad attendermi a braccia aperte che aspettava solo me per potersi dichiarare ufficialmente. 
Questo pensiero basta a darmi la carica per affrontare l’ultima prova, così decisa tento di orientarmi in direzione sud. 
Il problema adesso era: da quale prospettiva dovevo guardare? Volto alternativamente la testa a destra e a sinistra, poi anche in alto e in basso finchè qualcosa non mi lascia incantata. A terra, sul pavimento della pista, si crea davanti ai miei occhi un meraviglioso gioco di colori: luci e ombre si alternano e si mescolano tra loro. Ad un certo punto, a rendere ancora più spettacolare quel gioco di colori, appare l’ombra di un paio d’ali di cigno che si protendono in avanti. Le seguo con lo sguardo fino ad accorgermi che sono puntate verso l’entrata della pista circense.
–Che spettacolo…- non posso fare a meno di sussurrare estasiata. E lentamente, come se non volessi interrompere tutta quell’atmosfera così “magica”, faccio esattamente venti passi nella direzione indicatami da quelle due ali. Arrivo in giardino e mi guardo attorno: a parte il caravan abbiamo i nostri camerini, in quello spiazzo non c’è praticamente nulla.
–E adesso dove lo vado a pescare l’ultimo indizio?- esclamo disperata. Disperazione che dura giusto un attimo perché vengo attirata da un delizioso profumino di pannocchia arrostita. Istintivamente, senza pensarci due volte, seguo quella deliziosa scia di profumo che mi porta fino alle cucine. Cercando di non farmi notare do una sbirciatina all’interno: la cuoca, una ragazza con lunghi capelli castani raccolti in una coda chiusa da un grande fiocco bianco, sta affettando minuziosamente alcuni pomodorini italiani che certamente faranno da contorno alla pannocchia che sta arrostendo in giardino. Per un attimo dimentico l’indizio da cercare e mi concentro sul lavoro della ragazza che, se non vado errata, mi sembra si chiami Ukyo. Osservo la nostra prendere delicatamente i pomodorini e adagiarli su alcune foglie di lattuga disposte in modo circolare in un’enorme insalatiera.
Solo a guardare tutto quel bene del Cielo mi viene l’acquolina in bocca! Anche perché bisogna pur sempre considerare che era già ora di pranzo, a giudicare dall’orologio a muro che segnava le 13 in punto.
Improvvisamente mi ricordo della caccia e dell’ultimo indizio.
–Devo trovare il modo di far uscire Ukyo dalla cucina così potrò infiltrarmi dentro e perlustrarla. Ma sono certa che non si allontanerà mai di sua spontanea volontà…- rifletto fra me e me. Sto pensando a una possibile soluzione quando sento le acute urla della ragazza in questione.
–Vai via dalla mia cucina, bestiaccia! Non permetterti nemmeno di provare a becchettare una sola foglia di lattuga! Questo è il pranzo per gli artisti, non per te! Maledetto Mousse, è tutta colpa sua: lo sa bene che non deve lasciare andare in giro da sole le sue colombe! Ah, ma quando lo prendo…-. 
Lo spettacolo è a dir poco esilarante: una candida colomba bianca cerca di becchettare anche solo una foglia di insalata e Ukyo ,invano, tenta di cacciarla via con la sua enorme e inseparabile spatola da cucina. Ad un tratto, come eseguendo un comando, la colomba scappa via in giardino e si fionda sul barbecue dove stanno arrostendo le pannocchie.
–Ah, le mie pannocchie! Non vi azzardate,eh? Guardate che vi concio per le feste!- urla isterica la cuoca e agitando la sua spatola nella speranza di mandar via l’uccello. 
Approfittando del momento mi infiltro nella piccola cucina e comincio a perlustrarla da cima a fondo finchè non trovo la fatidica busta colorata sotto la cesta del pane. Fulminea la prendo ed esco silenziosa, così come ero entrata, giusto un attimo prima che Ukyo tornasse soddisfatta alle sue faccende. Appostata dietro un cespuglio apro la busta e leggo l’ultimo indizio:

La caccia è giunta al termine. Questo è ormai l’ultimo biglietto: la tappa finale è arrivare al sottotetto…

Ci siamo. E’ lì che mi sta aspettando Ranma…non poteva scegliere un luogo più romantico e appartato del sottotetto! Entusiasta ed eccitata come mai prima d’ora, mi alzo dalla mia scomoda posizione e torno nella tenda. 
Intanto la colomba bianca era sparita senza lasciare traccia. La cosa mi insospettisce un po’: è apparsa quando avevo bisogno di un diversivo ed è scomparsa una volta che avevo recuperato l’indizio. Che sia stato solo un caso? Scuoto la testa cercando di non pensarci troppo e torno a concentrarmi sulla caccia. Tuttavia non posso fare a meno di avere il sospetto che quella colomba fosse stata inviata appositamente da qualcuno.

Dopo aver attraversato l’intero circo, finalmente arrivo al sottotetto, la parte più buia e appartata del tendone. Davanti a me c’è una piccola porta. Deglutisco e abbasso la maniglia. Lentamente entro in quella piccola stanza completamente buia. 
–Ranma?-.

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Capitolo 7
*** Appuntamento al buio ***


Passeggio nervosamente per la stanza finché non sento il cigolare della porta. Sussulto. Eccola, finalmente ci siamo.                                                                                                                        

“Mi raccomando Mousse: fino a quando lei non si sarà dichiarata apertamente tu non dovrai proferire nemmeno una parola: potresti spezzare l’atmosfera che si verrebbe a creare. Siamo intesi?” mi aveva detto Saotome prima di andarsi ad appostare da qualche parte per origliare. Perché lui si sarebbe messo ad origliare, poco ma sicuro. Inutile chiedergli ulteriori spiegazioni, tanto non sarebbe servito a granché dal momento che Saotome quando si spiega ottiene gli stessi risultati di un libro vecchio e stracciato.
Inizio a sudare copiosamente, così cerco di asciugarmi con un lembo della manica del mio vestito bianco cinese. Do anche una veloce pulita ai miei grossi occhiali che intanto si erano appannati. Mi impongo di restare calmo almeno questa volta: mi sto giocando il tutto per tutto e se qualcosa dovesse andare storto non me lo perdonerei mai. E nemmeno lei credo. 
E’ troppo buio per riuscire a vedere qualcosa, così ho giusto il tempo di vedere la sua figura apparire davanti alla porta prima che lei la richiuda completamente e tutto torni ad essere immerso nel buio. Non riesco a vederla ma sento che si sta avvicinando: non saprei dirvi però se questo sia un bene o un male.
–Non posso ancora crederci ailen…finalmente un posto tranquillo dove possiamo stare soli soletti senza che nessuno possa disturbarci-. Il suo tono è tra l’estasiato e il seducente e questo per poco non mi fa urlare di gioia, mandando all’aria “il piano praticamente perfetto”, così aveva ribadito più volte, che Saotome aveva ideato “in ogni minimo particolare”.
Mah, a me dunque non resta altro che confidare in questo assurdo, seppur ben curato, piano.
Mentre cerco di ripassare mentalmente tutti gli avvertimenti impartitimi poco prima dal mio amico, sento i nervi e ogni fibra del mio corpo irrigidirsi improvvisamente. Shan-Pu si era letteralmente avvinghiata al mio braccio e stava strusciando la testa contro la mia spalla.
–Oh ailen, non sai da quanto tempo ho atteso questo momento…speravo che un giorno tu mi avessi portata in un posticino appartato mi avessi confessato il tuo amore…perché è per questo che mi hai fatta arrivare qui con quella caccia al tesoro, non è così, ailen?-. 
Mi concentro sul suono melodioso della sua voce e in particolar modo su quella parola, ailen, che nella mia lingua vuol dire “amore mio”,che aveva ripetuto più volte, quasi volesse farmela entrare in testa e non dimenticare mai più.
Dire che in questo momento sono al settimo cielo probabilmente è troppo poco: diciamo pure che sento di aver raggiunto il Nirvana senza aver avuto il bisogno di attraversare l’Ottuplice Sentiero. E’ difficile da credere, dal momento che la mia filosofia non è buddhista, bensì rigorosamente confuciana, però è così. 
Mi risveglio dal mio torpore e realizzo che se voglio dimostrare a Shan-Pu che ricambio i suoi sentimenti, devo agire anch’io. Così facendomi coraggio e ingoiando un po’ di saliva la stringo più forte al mio torace e immergo il viso nei suoi capelli color lavanda: restiamo così per non so quanto tempo…forse cinque, dieci, quindici minuti o forse solo per pochi istanti…non saprei dirlo con chiarezza, so solo che quel momento sembra interminabile.
–Perché ci hai messo tanto a dimostrarmi così apertamente quanto ci tenessi a me?- mi sussurra con quella voce soave che poche volte prima d’ora avevo avuto occasione di sentire, dato il suo carattere così dannatamente freddo e orgoglioso nei miei confronti.
Avrei voluto risponderle che avevo provato un’infinità di volte a dimostrarle quanto l’amassi, che tutte quelle gaffe non erano altro che frutto di tentativi affinché lei si accorgesse di me o perlomeno mi degnasse di uno sguardo, se quello fosse stato chiedere troppo. 
Ma non posso dirle niente di tutto ciò perché il cuore mi si ferma in gola non permettendomi nemmeno di respirare.
Abbandonando ogni pensiero e ogni tentativo di esprimere un discorso logico e razionale, comincio ad accarezzarle i lunghi capelli, lasciando che quei fili di seta violacea mi scorrano tra le dita e spero in cuor mio che quel momento non possa mai finire. Ma devo ricredermi immediatamente quando la sento alzarsi sulle punte e avvicinarsi pericolosamente alla mia bocca. In men che non si dica vengo travolto dalla più bella sensazione che io abbia mai provato in tutta la mia giovane e patetica ( e sottolineo la seconda parola) vita. Due labbra sottili stanno spingendo contro le mie in un bacio dolce e sincero.
Regna così tanto silenzio attorno a noi che posso sentire con chiarezza il battito unisono dei nostri cuori. 
Ad un tratto mi chiedo se io non sia sbagliato tutto questo: in fondo quell’appuntamento e quella “caccia all’ammiratore” erano stati organizzati da Ranma sebbene tutti quei bigliettini li abbia scritti io di mio pugno. Magari domani fingerà persino di non ricordare nulla e continuerà a ignorarmi. Non dico trattarmi come uno zerbino perché sarebbe già qualcosa da parte sua…significherebbe che almeno sa della mia esistenza.
Ma il mio dubbio svanisce improvvisamente così come mi è arrivato: per una volta devo fregarmene delle conseguenze e cogliere l’attimo. “Carpe diem!” direbbe Kuno, o una cosa del genere: tanto quello chi lo capisce quando parla.
Per una volta devo lasciare il vecchio Mousse, quello sfigato, in un angolo e tirarne fuori un altro, quello menefreghista, quello che vuole dare una svolta alla sua vita e che vuole assaporare la vita in ogni suo attimo.
Quando però sto per dischiudere le mie labbra e ricambiare al bacio, qualcosa mi spiazza completamente.
–Wo ai ni, Lanma-. 
In quel momento in mondo mi crolla addosso e il mio Nirvana sembra improvvisamente essersi autodistrutto.

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Capitolo 8
*** Rivendicazioni (parte I) ***


Felice come non lo ero mai stata in tutti i miei sedici anni, sgattaiolo via dalla stanza saltellando, mentre un sorriso soddisfatto si disegna sulle mie labbra.
Avevo appena baciato Ranma, Ranma Saotome. Insomma, avete idea di cosa significhi per me? Si era appena avverato il sogno che avevo immaginato per ben due anni! Pardon: una parte del sogno che avevo immaginato per ben due anni. Certo, adesso la seconda fase è fidanzarmi ufficialmente con lui e far morire d’invidia tutte le ragazze del circo, in particolar modo quell’ acida, insulsa, isterica e vanitosa di Kodachi. Già immagino la sua faccia appena le racconterò di aver baciato il “suo” adorato Ranma! 
*Calma, calma, Shan-Pu…non devi farti prendere dalla foga del momento: le migliori cose vanno dette con la più totale tranquillità, se si vuole che vadano a segno* mi dico decisa, non potendo fare a meno però di sorridere al pensiero del bacio di poco prima.
–Ohohohoh ma tu guarda un po’ chi si vede! Come mai non sei a civettare con qualcuno Shan-Pu? Erano forse già tutti occupati? Ahahahahah-.
–Parli del diavolo…- esclamo fingendo di concentrarmi su qualcos’altro, attirando così maggiormente l’attenzione della cosiddetta “Rosa Nera”.
–Che vuoi dire? Ti stai forse riferendo a me, maledetta gatta morta?- mi risponde acida lei.
E…CVD, che sta per : Come Volevasi Dimostrare. 
–Chi io parlare di te? E perché mai dovrei? Il tuo solo pensiero mi rovina la giornata!-.
–Avanti sputa il rospo Shan-Pu! Lo so che mi stai nascondendo qualcosa e ti conviene parlare o altrimenti…-.
–Altrimenti cosa? Mi strozzi con il tuo nastrino da quattro soldi? Ma fammi il favore: sai dove te lo puoi mettere il tuo stupidissimo nastro?-.
–Aaah, insulsa villana volgare! Sciacquati la lingua prima di pronunciare anche solo il mio nome!-. 
Non ricordo bene come né perché, ma io e quella sottospecie di essere umano di genere femminile cominciamo a litigare. Volano insulti, maledizioni,parole di scherno e chi più ne ha più ne metta finchè non so per quale misterioso motivo il nostro discorso animato finisce sull’argomento che tanto stavo aspettando di esporre. Intanto tutt’intorno a noi si era venuta a formarsi una calca di persone tra acrobati, giocolieri, trapezisti, domatori e clown.
–Sei solo una dannatissima gatta morta! Scommetto che non esiste nemmeno questo fantomatico “ammiratore segreto”: sarà stato solo un pretesto per metterti al centro dell’attenzione come sempre-. Mi stava provocando. Anzi, rettifico: mi aveva provocata. Istintivamente sorrido beffarda.
–E invece devo deluderti mia cara. Il fantomatico ammiratore segreto esiste davvero. E l’ho persino baciato se ci tieni a saperlo-.
Kodachi sbarra gli occhi incredula mentre alcune goccioline di sudore ( potrei giurarci!) cominciano a colarle dalla fronte. Tuttavia il suo orgoglio le permette di mantenere la calma e sfortunatamente anche il suo solito tono acido e canzonatorio.
–Ah ma davvero? E si può sapere di grazia chi sarebbe questo “misterioso”- e qui mima il gesto delle virgolette con le dita- ammiratore?-.
Prendo una pausa di qualche secondo, facendole rodere il fegato dalla curiosità, sebbene lei non desse a vedere. Lavorando con quella pazza totale ho avuto modo anche di conoscerla abbastanza bene per scoprire uno dei suoi punti deboli: la sete di pettegolezzo. Come d’altronde ogni altra ragazza e almeno in questo può essere considerata abbastanza “normale”.
–Il mio misterioso ammiratore mia cara Kodachi Kuno- esordisco perfettamente calma e con un pizzico di vanità nella voce- altri non era che l’uomo che io avevo sempre sognato.
Kodachi inarca un sopracciglio scettica. Anche il resto della compagnia tende le orecchie e tiene in all’erta la lingua, pronta a scattare al minimo segno di pettegolezzo.
–Vuoi proprio saperlo, Kodachi cara?- le chiedo sarcastica soffermandomi su quel “cara”. All’udire la mia domanda il sorriso della ginnasta si spegne e la sua faccia diventa seria.
–Certo…sono proprio curiosa di sapere chi è lo sfortunato ad aver ricevuto un tuo bacio, gatta morta-.
–Ebbene, lo “sfortunato”, come lo chiami tu, ovvero il mio misterioso ammiratore altri non era che Ranma, Ranma Saotome, proprio quel Ranma Saotome. Ti dice niente?- le chiedo nuovamente sarcastica impettendomi e con le mani sui fianchi-.
Avrei voluto tanto che foste lì a guardare la faccia della mia rivale. Prima bianca cadaverica, poi verde dall’invidia e infine rossa dalla rabbia.
–TUUUU! COME HAI OSATO POGGIARE LE TUE VISCIDE LABBRA SU QUELLE DEL MIO ADORATO RANMA!-. D’accordo: forse avevo un po’ esagerato a provocare Kodachi in quel modo, ma non potete immaginare che piacevole soddisfazione ho provato nell’osservare la sua faccia cambiare colore di volta in volta! Certo adesso mi tocca fare acrobazie a salti mortali per sfuggire alla sua implacabile furia,ma sapete quanto me ne può fregare della sua ira? Niente di niente. In fondo la capisco: avevo baciato Ranma, Ranma Saotome, e non era da poco…quale ragazza di questo pianeta non desidererebbe baciarlo? Senza contare che era lo stesso ragazzo a cui aspirava la mia avversaria. Insomma, cosa si voleva chiedere di più?
Mentre io e Kodachi eseguiamo, una vera e propria “danza del combattimento” volteggiando lei con un nastro ed io con un paio di clavette, posso notare sotto di noi un brusio di voci e un correre agitato di qua e di là di ragazzi e ragazze che spargevano la notizia appena ricevuta. Tra la folla scorgo anche Akane. Perfetto: due piccioni con una fava. In men che non si dica la notizia giunge anche alle sue orecchie dal momento che la vedo stringere i pugni e andarsene via stizzita. Intanto io continuo a lottare per altri buoni cinque minuti con Kodachi, poi convengo che quello strano combattimento era durato anche fin troppo, così con un colpo da maestra mi porto alle sue spalle e la colpisco con la clavetta in un punto vitale in modo da farla cadere a terra svenuta.
–Ah peccato che è già finito lo spettacolo- commenta un acrobata.
–Sì, a questo punto è meglio tornarcene a fare i nostri esercizi- concorda un domatore.
–Qui ormai non c’è più niente da vedere- aggiunge un’equilibrista. 
Così a poco a poco la pista torna sgombera. 
Un brontolio allo stomaco mi avverte che non ho ancora pranzato, perciò , dopo essermi stiracchiata un po’, mi allontano in direzione della sala da pranzo, che si trova in un tendone a parte, nella speranza che a Ukyo sia rimasto almeno qualche avanzo. Prima di uscire getto un’occhiata a Kodachi che sta beatamente dormendo in mezzo alla pista.
–Ma sì, che dorma un po’…male non le può fare di certo!- e ridacchiando esco dal tendone.

Girovago un po’ nel giardino alla ricerca del tendone in questione, quando mi ritrovo davanti Ukyo che impugna la sua fedele spatola gigante.
–Sono vere le voci che circolano?-. 
–Non so di cosa tu stia parlando, spatolona- ribatto noncurante.
–Si vocifera che tu abbia baciato Ranma. E’ vera questa storia?-.
–Ah, intendi quello? Certo che è vera…perché hai qualcosa in contrario?- le chiedo accigliata mettendomi in posizione d’attacco, già sentendo odore di combattimento. 
Si un altro, ma che volete che differenza faccia per me? Anzi, se riesco a battere anche la cuoca, l’ultima rivale che mi resta da sconfiggere è Akane. Tanto lo so benissimo che, anche se non lo ammette e non lo ammetterà mai, anche lei è innamorata di Ranma.
–Certo che ho qualcosa in contrario. Non permetterò a nessuna, né tantomeno a te, di portarmi via Ranma?-.
–Portartelo via? Ma se non sa nemmeno della tua esistenza, per piacere! Torna ai fornelli, va’, che almeno lì puoi renderti utile-.
–Tornerò ai fornelli solo quando ti avrò battuta!-. 
Povera illusa. Lei, una semplice cuoca, crede di poter battere me, Shan-Pu, la più valida combattente della tribù delle Amazzoni. E va bene, vuol dire che se ne pentirà amaramente. Con un abile balzo mi scosto all’ultimo secondo, prima che Ukyo possa colpirmi con la sua spatola.
*Dannazione sono in svantaggio! Rispetto a lei io posso servirmi solo delle mie mani…e della mia arte circense, ma certo!*.
In un primo momento mi concentro solo a schivare i colpi della mia avversaria ma successivamente, appena lei mi porta con le spalle al muro, poggio le mie mani sulle sue spalle e con uno scatto non privo di grazia ed eleganza mi porto alle sue spalle le assesto un calcio che la manda completamente al tappeto. 
–E un’altra è sistemata!- esclamo soddisfatta asciugandomi il sudore col dorso di una mano. Alzo lo sguardo verso il cielo terso: il sole splende così forte che devo portarmi una mano sugli occhi per non restare accecata.
–Preparati Akane Tendo: la prossima sarai tu!-.

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Capitolo 9
*** Rivendicazioni (parte II) ***


Rabbia. Tutto quello che provo in questo momento è solo e soltanto rabbia. 
Rabbia per essere stato ingannato da quello che consideravo quasi un mio amico. 
Rabbia per aver creduto come un babbeo a tutte quelle maledettissime frottole sul “si innamorerà di te a prima vista”, sul “cadrà ai tuoi piedi, vedrai!”, sul “ ti darò io una mano”. Balle! S’è visto come mi hai dato una mano, Ranma!
Ma soprattutto quello per cui provo più rabbia è per il fatto che la donna della mia vita, la mia Shan-Pu, abbia sussurrato il nome di quel viscido, maledetto, ipocrita, bastardo di Ranma Saotome mentre mi baciava. Un attimo prima, potrei giurarci, toccavo il Nirvana con un dito e un attimo dopo quello stesso Nirvana si è auto-disintegrato riportandomi all’amara e triste verità. Che schifo di vita! E’ proprio vero che al mondo non puoi fidarti di nessuno, nemmeno di te stesso perché tanto, prima o poi, inevitabilmente anche quello che fino a un attimo prima avresti considerato il tuo migliore amico ti pugnala alle spalle. Non che io consideri Saotome il mio migliore amico, sia chiaro, ma per un giorno ho avuto almeno l’illusione di avere qualcuno accanto, qualcuno che mi sostenesse e che mi spronasse ad andare avanti. Ma evidentemente mi sbagliavo…no, rettifico: Santo cielo, se mi sbagliavo! 
-Beh, non serve a niente piangere sul latte versato, no? Quindi è meglio che dimentichi una volta per tutte Shan-Pu!- mi dico alzandomi in piedi scatto dalla posizione scomoda in cui mi trovo, accovacciato per terra con la schiena appoggiata alla porta.
Ci metto un po’ a comprendere le mi stesse parole appena pronunciate.
Dimenticare Shan-Pu?
Finora ogni singolo momento della mia giornata l’avevo passato rivolgendo il mio pensiero alla mia coetanea cinese, non sfiorando minimamente l’idea di un possibile “prova a dimenticarla”. –No, no e ancora no!- esclamo quasi sull’orlo di una crisi isterica. –E’ matematicamente impossibile che io riesca a dimenticare Shan-Pu così di punto in bianco! Fino a ieri le stavo dietro come un cagnolino e adesso cosa faccio? Me ne esco con una frase filosofica da Kuno Tatewaki della serie: “Dimentica colei che è causa dei tuoi dolori e delle tue sofferenze”? Ma se nemmeno io credo!-. 
Esasperato decido di andare ad allenarmi in vista dello spettacolo e, perché no, anche per sbollire la rabbia e schiarirmi le idee: afferro così le chiavi poggiate sul tavolo del camerino ed esco.
Attraverso i numerosi corridoi della tenda ricambiando appena con un cenno della mano chi mi saluta di sfuggita, troppo affaccendato nei suoi lavori o a riprendere gli esercizi.
–Ehilà Mousse! Allora, com’è andata con Shan-Pu? Mi devi raccontare tutto, lo sai, vero?-.
Non mi degno neanche di girarmi già sapendo di chi sia quella voce. Lui, spavaldo come al suo solito, arriva e mi da una pacca sulla spalla. Impulsivamente afferro il suo polso e tolgo la sua mano dalla mia spalla. 
–Ehi, ma che ti prende? Ah, aspetta: Shan-Pu ti ha piantato in asso, non è così? E dai, non prendertela: ci saranno altre mille occasioni e io sarò ben felice di…-. 
–Tu non farai proprio niente!-gli sbraito furioso. Generalmente sono un tipo che tende a mantenere la calma e a trovare sempre una via di dialogo per chiarire eventuali fraintendimenti. Beh, sappiate che questo non è il caso.
–Ehi, si può sapere che hai oggi? Se hai qualcosa da dirmi sei pregato di farlo senza troppi misteri!-.
–Cos’ho? Tu hai anche il coraggio di chiedermi cos’ho? Se sono sprofondato nel baratro della depressione e se il mio Nirvana si è praticamente auto-distrutto è solo colpa tua!- continuo a sbraitargli afferrandolo per la collottola.
–E cosa c’entro io con la tua depressione e con Shan-Pu?Credi forse che io stia cercando di soffiartela via?-.
Ed ecco la goccia che fa traboccare il vaso.
–L’hai già fatto lurido bastardo!-.
Da qui inizia una vera e propria lotta all’ultimo colpo: pugni e calci si susseguono senza tregua. 
–Mi dici cos’hai contro di me, eh?-.
–Zitto e combatti!-.
–Adesso mi hai stancato, stupida talpa!-. Mi tira un pugno tanto forte da far volare via gli occhiali. Perfetto: adesso oltre che rimbambito sono anche completamente cieco! Senza occhiali non vedo a un palmo dal mio naso! La potenza del pugno, oltre che mandare letteralmente in orbita i miei occhiali, mi manda completamente al tappeto e così nel giro di qualche secondo mi ritrovo steso per terra e con un livido sulla guancia. 
La potenza di un pugno.
La potenza di un pugno da parte di un combattente di arti marziali, per essere precisi. Ma quanto posso essere stupido in una scala da uno a dieci? Forse dieci proprio no: sarebbe toppo poco. Perché, dico io, non mi faccio gli affari miei e mi limito a far sbucare fiori dalle maniche e colombe dai cappelli?
A stento cerco di rialzarmi in piedi tenendomi con una mano la guancia dolorante.
–Non so perché tu ce l’abbia tanto con me. Se ti è andata male con Shan-Pu la colpa non è mia: io ho solo cercato di aiutarti. Se proprio non i si fila, vuol dire che non è il tipo per te e che perciò devi dimenticarla-. 
Ascolto attentamente ogni singola parola trovando che talvolta parole come quelle siano ben più dolorose di un pugno in piena faccia. 
–E adesso scusami, ma devo andare a provare- mi dice freddamente raccogliendo due secchi d’acqua fredda trovati per caso vicino alla gabbia degli elefanti indiani.
Lo guardo allontanarsi e intanto penso che forse quei secchi d’acqua non saranno mai tanto freddi come le sue parole. 
Arrabbiato con me stesso e con Ranma comincio a correre in una direzione non ben definita…alla cieca potrei dire. In un altro momento forse mi sarebbe anche scappato un sorriso per l’auto-ironia puramente casuale, ma non in quello. Non mi importa dove sto correndo: qualsiasi posto va bene purchè stia da solo. Sono così preso dalla rabbia che non mi rendo nemmeno contro cosa, o meglio chi, mi sono scontrato.
–Ehi guarda dove vai, idiota!-.                                                    
–Scusami, non ti avevo vista,mi dispiace! Il fatto è che quando non ho gli occhiali sono completamente cieco!-.
–Mousse?- sento pronunciare con esitazione dalla ragazza.
–Shan-Pu?- rispondo anch’io, altrettanto incredulo per il semplice fatto che dopo tre anni lei mi abbia rivolto la parola.

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Capitolo 10
*** Maledetta gelosia ***


Lo fisso negli occhi, in quelle due pozze verde acqua. Cerco di distaccarmi da quello sguardo ma è così magnetico che non ci riesco: per un attimo o la sensazione che non ci sia nessun altro oltre noi…o forse, a ben pensarci, non è soltanto una mia sensazione. Sono così attratta dal suo sguardo che dimentico completamente che cosa dovessi fare e perché mi stessi dirigendo verso la gabbia dei felini. Poco importa: se l’ho dimenticato vuol dire che poi non era così importante. 
Dopo un po’ mi riprendo e mi rialzo, assumendo di nuovo il mio aspetto fiero e composto. 
–Dovresti stare più attento a dove metti i piedi- gli rimbecco acida.
–Si hai ragione ma vedi: senza occhiali non vedo assolutamente niente!- ride lui grattandosi dietro la testa imbarazzato. Poi si guarda intorno come in cerca di qualcosa, probabilmente dei suoi preziosissimi occhiali finchè soddisfatto non si allarga in un sorriso:
–Eccoli!- esclama d’un tratta precipitandosi a recuperarli e ad indossarli.
E’ incredibile come Mousse talvolta riesca a spiazzarmi con il suo modo di fare così semplice e ingenuo: insomma, dopo avergli detto implicitamente di essere una completa talpa mi sarei aspettata una qualsiasi reazione da lui, non so…che si mortificasse, che mi chiedesse scusa a testa bassa, che se ne andasse depresso…ma che si mettesse a ridere come se avessi fatto una battuta, mai! 
–Beh, allora se sai di perdere gli occhiali così spesso faresti meglio a metterti un paio di lenti a contatto!- rispondo, se possibile, ancora più acida di prima. In realtà il motivo per il quale gli avevo detto quelle cose era perché ero rimasta letteralmente ammaliata dai suoi occhi magnetici ma naturalmente questo io non potevo dirglielo per il semplice fatto che ne sarebbe andato del mio onore: che figura mai ci avrei fatto davanti a Mousse? Sicuramente sarei apparsa come una qualunque ragazzina fragile, cosa che, come avrete ben capito non sono. La soluzione migliore mi sembra quindi girare i tacchi e andarmene ma proprio quando sto per voltargli le spalle, una fastidiosissima voce all’altoparlante quasi mi sfonda un timpano, se non entrambi.
Hello guys! Vi informo che oggi si terrà una riunione speciale di tutto lo staff, quindi vi pregherei right now di raggiungermi sul retro del tendone. Ho una beautiful surprise per voi!-. Con un rumore alquanto stridulo la comunicazione si interrompe.                                 
–Fantastico: adesso che diavolo vorrà da noi quell’idiota di un direttore?- impreco ad alta voce senza rendermene conto, tant’è che ricevo inaspettatamente una risposta.
–Beh, credo che la cosa migliore da fare per scoprirlo sia fare quanto ci ha detto!-mi sorride Mousse per poi avviarsi verso il cortile sul retro del capannone. Per un attimo sento una piacevole sensazione al cuore, ma dura solo un attimo, per l’appunto, perché subito il mio orgoglio torna a farla da padrone. Io sono Shan-Pu, fiera esponente delle amazzoni cinesi e non c’è spazio per sentimenti come la fragilità e la pena. Perché quello che ho sentito poco fa per Mousse è stata solo pena, giusto?
Ne sei proprio sicura? ritorna a sussurrarmi quella vocina che ormai da un po’ non si faceva sentire.
–Si…solo pena- affermo decisa a me stessa come per autoconvincermene, poi lo seguo fin dietro il cortile. 
Una volta riuniti tutti il direttore prende parola, stranamente stavolta senza troppi giri di parole: la cosa deve essere proprio seria allora!
-Ragazzi oggi voglio presentarvi un new membro della nostra grande family: come on, Xiwan!-.
Una ragazza sui sedici anni, con un vestito blu tipicamente cinese, gli occhi castani e lunghi capelli neri raccolti in due chignon avanza timidamente verso il palchetto di legno allestito per gli annunci importanti.
-Ragazzi vorrei presentarvi Xiwan: viene dalla Cina e ha la capacità di leggere il pensiero e l'animo delle persone. Vi prego di trattarla very good in quanto nuovo membro della compagnia
e di farla sentire perfettamente a suo agio-.
–Wow, che carina!- esclamano Hiroshi e Daisuke  all’unisono. Solita frase da poveri single in astinenza da ragazze: nessuno se li fila quei due.    

–Graziosa fanciulla che tu possa essere benvenuta in questa nostra grande famiglia, dove vige il rispetto reciproco tra ogni individuo…detto questo sarei ben lieto di uscire con te, fanciulla dal cuore casto e innamorato! Lo so, non c’è bisogno che tu proferisca parola: da quando i nostri sguardi si sono incrociati, ho capito che io e te eravamo destinati a…-.
Ed ecco che Kuno aveva fatto come suo solito gli onori di casa: tsk, esibizionista! E’ convinto che tutti gli sguardi delle ragazze siano costantemente puntati su di lui e naturalmente anche Xiwan non fa eccezione…poverina: è neanche arrivata e già deve sorbirsi i vaneggiamenti di Kuno Tatewaki! Non vorrei essere proprio nei suoi panni… Osservandola meglio però mi accorgo che la sua attenzione è rivolta da tutt’altra parte, come se qualcosa avesse attirato la sua attenzione…seguo con lo sguardo la traiettoria del suo, fino ad accorgermi dell’oggetto della sua attenzione. MOUSSE!? Un moto di stizza mi attraversa senza però che io ne sappia il motivo. 
Sposto alternativamente lo sguardo da Mousse ad Xiwan e viceversa: con mia grande sorpresa noto che anche lui sembra non riuscire a staccarle gli occhi di dosso. Sebbene indossi i suoi spessissimi occhiali da vista, io so che in realtà lui la sta fissando: non c’è bisogno che Mousse si tolga gli occhiali per capirlo. E la sta fissando anche molto intensamente, aggiungerei. 
E la cosa non mi piace, non mi piace per niente.

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Capitolo 11
*** Colpo di fulmine ***


POV MOUSSE

-Bene guys: ho detto tutto quella che avevo da dire a you…tornate pure alle vostre occupazioni e ai vostri exercises! Forza! Forza!- esclama il preside battendo le mani. –Ah, quasi dimenticavo: naturalmente la nostra nuova amica avrà bisogno di qualcuno che le mostri un po’ quest’ambiente tanto nuovo per lei…c’è qualcuno che si offre volontario?-
In men che non si dica una marmaglia di giovani acrobati, atleti ed equilibristi in preda ad una crisi ormonale si fiondano ai piedi del piccolo palco in legno. 
–Ehi Xiwan se vuoi io posso farti da guida!- esclamò uno.
–Fatti da parte amico, c’ero prima io che mi ero offerto di fare da guida a Xiwan!-
–No, io!-
–No io!-
Urla e schiamazzi si alzano tra la calca di ragazzi che cerca di fare la corte alla nuova arrivata. –Per favore manteniamo la calma! E’ ovvio che nessuno più del sottoscritto Tatewaki Kuno, 17 anni, è degno di accompagnare questa giovane e splendida fanciulla alla scoperta dei più arcani segreti dell’arte circense!-
E ti pareva se poteva mai mancare lui, il maestro della più pura e semplice modestia? Ovviamente no.
Mi volto a destra e a sinistra e con mia grande sorpresa realizzo di essere l’unico ragazzo a non essersi offerto a Xiwan come guida. Beh, a dire il vero anche Saotome se ne sta appoggiato, poco più lontano, al tronco di un albero con le mani in tasca e un aria annoiata sulla faccia quasi come volesse dire “Che branco di idioti!” (e effettivamente non posso dargli torto), ma come avrete ben capito, quello non è proprio il tipo che si possa definire completamente un “ragazzo”. Morale: Ranma Saotome non fa testo, o almeno in situazioni come questa. Volto ancora lo sguardo sperando di non essere effettivamente l’unico tra i ragazzi a essere rimasto perfettamente lì dov’era, quando incrocio lo sguardo magnetico di Shan-Pu: lei stava fissando…me? No, sicuramente la sua attenzione è rivolta a quell’essere di sesso ancora ignoto che è alle mie spalle. Mi giro: lui è sparito. Ritorno a guardarla negli occhi: che cos’è quell’espressione intensa che mi sta rivolgendo? Tristezza? Rabbia? Malinconia? Gelosia? Senza rendermene conto inizio ad avanzare verso di lei ma non faccio nemmeno due passi che mi sento tirare leggermente per il polso. Una mano bianca e sottile mi sta stringendo e un paio di occhi castani e luminosi mi stanno fissando candidamente.
–Saresti così gentile da farmi da guida del campo? Sai, per me quello del circo è un mondo del tutto nuovo e ho bisogno di qualcuno che mi mostri ogni angolo del campo e mi insegni tutti i trucchi del mestiere!- ride lei mostrando una fila di denti bianchi e splendenti. Devo ammettere però che è proprio carina! 
–Ehm…certo, ma perché proprio io?-
–Oh, beh…ho pensato che dal momento che tu sei cinese, per me sarebbe stato più facile ambientarmi e socializzare con il resto del gruppo!-. Annuisco: in effetti non ha tutti i torti: è già difficile ambientarsi in un posto per lei del tutto nuovo, figurarsi con qualcuno di completamente estraneo a lei alla sua cultura
–Oh, in questo caso sarò ben lieto di aiutarti!- rispondo con gentilezza. Tutto sembra procedere liscio, peccato che io abbia dimenticato un piccolo e insignificante particolare: Shan-Pu era rimasta lì a fissarmi per tutto il lasso di tempo durante il quale io avevo scambiato quelle due parole con Xiwan. Faccio per seguirla ma lei in un attimo sparisce tra gli acrobati che si affrettano a rientrare nel capanno. Perfetto, se prima non mi considerava, adesso per lei sarò del tutto inesistente. Bravo Mousse, ottima mossa. Davvero geniale! 
–Qualcosa non va?- mi chiede una flebile voce alle mie spalle. Con un sonoro sospiro mi volto verso Xiwan e scuoto la testa, sorridendole. –Tutto bene. Andiamo.- le rispondo iniziando a incamminarmi verso l’interminabile fila di caravan dove alloggiamo. Durante il tragitto parliamo del più e del meno, dei nostri interessi, della nostra patria in comune e di come abbiamo deciso di entrare a far parte del misterioso e affascinante mondo del circo. -Io ho deciso di apprendere l'arte circense perchè ero stanca della mia solita vita. Volevo essere libera, indipendente, cercare la mia strada...e tu, invece? Perchè sei diventato un acrobata?- 
-Beh, in realtà sarei un prestigiatore. Fin da piccolo ho sempre amato gli spettacoli di magia e così ho deciso di cimentarmi in quest'arte- rido imbarazzato, ma a lei sembra non convincere tanto la mia risposta. -Solo per questo? Perchè ti affascinano i giochi di prestigio?-. Erano poche ore che ci conoscevamo, forse appena un paio, eppure Xiwan sembrava già conoscermi da tutta una vita. -Avevo bisogno di denaro, la mia famiglia aveva bisogno di denaro e da sola non ce l'avrebbe mai fatta a sostenere le spese per la terra, il bestiame e la casa. Sai, la mia è  una famiglia di contadini che vive ai piedi del monte Tai quindi non era granchè benestante, così,
quando un giorno  giunse la compagnia degli "Acrobati mendicanti, o come si faceva chiamare allora, decisi che sarei partito insieme a loro in giro per il mondo. Senza di me, di certo la mia famiglia avrebbe avuto una persona in meno da mantenere e io mi sarei potuto procurare i soldi necessari per conto mio. In un certo senso, forse, anch'io come te cercavo l'indipendenza, ma a differenza tua quello non era il mio problema principale-. 
Calano fra noi istanti di silenzio. 
-Quindi tu hai lasciato la tua famiglia per il loro stesso bene?- riprende lei dopo un po'.             
Annuisco, non avendo altro come rispondere.                                                                             
-E' stato un gesto molto nobile e altruista da parte tua: mettere da parte il proprio futuro per quello della propria famiglia credo sia quanto più bello un figlia possa fare per i propri genitori. Sono certa che loro sono orgogliosi di te...-                               
-Mousse. Mi chiamo Mousse-mi affretto a dirle. Che idiota, in tutto quel trambusto non mi ero nemmeno presentato.
-...Mousse- ripete lei sorridendomi altrettanto.Continuando a chiacchierare, mi sorprendo non poco quando scopro che Xiwan è una sensitiva e ha persino la capacità di leggere e comunicare con il pensiero. 
–Davvero puoi leggere nella mente?- le chiedo sorpreso, mentre ci fermiamo davanti ad uno dei camerini.
–In realtà io leggo nell’anima delle persone. Riesco a capire ciò che provano, che sentono, se soffrono, se sono felici…e anche se sono innamorati.- A queste parole abbasso involontariamente lo sguardo. 
–E’ per quella ragazza, vero?-. Lo rialzo pochi istanti dopo, visibilmente confuso alle parole della ragazza di fronte a me. –E’ per quella ragazza che stai soffrendo così tanto, dico bene? Quella di poco fa, con i capelli lunghi e color lavanda. E' per lei che la tua anima si sta struggendo? Sei innamorato di lei ma lei non ti ricambia, ho forse sbagliato?-. Sgrano gli occhi e sebbene questi si nascondano dietro un paio di spesse lenti buffe e bianche, Xiwan sembra riuscire a percepire il mio stupore.
–Sono una sensitiva, ricordi?- mi dice sorridendomi e istintivamente sorrido anch’io, sebbene la mia espressione trapeli un po’ d’amarezza. Mi accascio per terra e lei mi raggiunge subito. 
–Sì è per lei. Ma non può funzionare: lei è innamorata di un altro, quindi è meglio che me la tolga dalla testa… -
–Diglielo allora- 
Mi giro a guardarla. 
–Dirlo…a chi?-
–Al tuo cuore- mi risponde innocentemente lei, come se fosse la cosa più naturale del mondo. –Per quanto tu possa riuscire a convincerti di volertela togliere dalla testa, non riuscirai mai a convincerti di toglierla dal tuo cuore-.
Sbatto le palpebre un paio di volte: wow, nessuno mi aveva mai psicanalizzato così prima d’ora, nemmeno io stesso! –A patto che…- lascia la frase in sospeso lei, catturando nuovamente la mia attenzione. 
–A patto che…?- la incito io. 
Prende una pausa di qualche istante. –A patto che tu non voglia darti una seconda opportunità-. 
Lentamente mi sfila gli spessi occhiali, senza i quali non riesco a vedere ad un palmo dal mio naso, e se li poggia sulle lunghe e sottili gambe nivee. –Lascia che qualcuno si prenda cura di te, Mousse. Lascia che sia io a prendermi cura di te-. 
Prima che potessi però chiedere il senso di quella frase, vedo che le sue labbra si poggiano sulle mie in un bacio semplice e delicato. Non so il perché, né tantomeno voglio tentare di spiegarmelo, ma chiudo gli occhi, la prendo per le spalle e l’attiro verso di me, abbracciandola. Oggi, in questo preciso istante, ho capito fin dove può spingersi la disperazione di un uomo. La disperazione di un uomo innamorato.

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Capitolo 12
*** Perchè tanto interesse per quella talpa, eh Shan-Pu? ***


POV SHAN-PU

Ma beh, certo, mi sembra chiaro: adesso vorresti forse farmi credere che tra te e quella… sciacquetta da quattro soldi c’è del tenero? Ma fammi il piacere!                            
Sicuramente non mi sono resa conto di aver espresso i miei pensieri ad alta voce, altrimenti non mi sarei stupita più di tanto nel vedere le facce sconvolte degli altri membri della compagnia nel passarmi davanti.
–Che diavolo avete da guardare voi, eh?- sbotto acida con chiunque mi getti anche solo apparentemente uno sguardo da “questa-qui-è-matta-da-legare”. Non ho idea del motivo per cui mi senta così nervosa e irritata, fatto sta che di certo non ha nulla a che vedere con la scena che mi si è parata davanti pochi minuti fa. No, no di certo. D’altronde, sarebbe veramente inconcepibile (oltre che impensabile!) che io mi senta così frustata, angosciata, irritata e imbestialita ( e aggiungo che sono stata anche piuttosto fine nell’utilizzare tale termine) a causa di…Mousse. Mi fermo un attimo, con ancora in mano la pezza per lavare a terra, e ripenso a quanto accaduto solo pochi minuti prima.

Quel giorno il direttore aveva deciso che ognuno di noi dovesse interrompere la propria attività e contribuire a mettere in ordine quella vecchia catapecchia che, ormai, stava cadendo a pezzi: il telo del tendone ormai era vecchio e consunto ma a questo problema c’avremo pensato poi. 
Il direttore aveva deciso che ognuno si sarebbe occupato di un’area: ad Akane spettava ripulire la gabbia dei felini, a Ukyo mettere ordine alla cucina e al refettorio (nonostante il nostro budget fosse limitato, comunque sì, potevamo permetterci anche un refettorio) e a me toccava lucidare il palco principale. Tutti gli altri si sarebbero dedicati chi al giardino, chi ai vari camerini, chi agli spalti. 
Io, come mio solito, stavo per fatti miei, finche qualcosa non colpì la mia attenzione: una penna bianca. –Che diavolo ci fa una penna qui?- avevo detto fra me e me, ma la risposta non era tardata ad arrivare quando, alzando lo sguardo, avevo notato un colomba bianca appollaiata sulla fune dove generalmente si esibivano i nostri funamboli. Ora, quello che aveva colpito la mia attenzione non era tanto il fatto che ci fosse una colomba appollaiata su una corda, quanto il fatto che ci fosse lì proprio quella colomba. E sì, perché io avevo la netta sensazione (e sono rare le volte in cui il mio sesto senso si sbaglia: oltre che contorsionisti, la mia famiglia vantava anche generazioni di combattenti di arti marziali) di aver già visto quel candido uccello. Come se avesse avvertito il mio sguardo, la colomba spiccò il volo e si precipitò fuori  verso il giardino. Chissà perché, per mia grande disgrazia, quel giorno avevo deciso di abbandonare la mia monotona e tranquilla vita da “mi faccio gli affari miei e vivo cent’anni” e seguire il piccolo uccello, sicura del fatto che era proprio quello il suo intento. Inizio dunque a correre temendo di perderlo di vista, ma a ben pensarci, forse, era meglio così perché la scena che mi si era parata davanti aveva riscosso in mete un moto di stizza. O forse di…gelosia? No, nel modo più assoluto: non potevo credere di provare gelosia nei confronti del mio coetaneo cinese dalla tunica bianca e dagli occhiali a fondo di bottiglia. 
Mousse teneva le mani sulle piccole spalle di Xiwan mentre lei aveva le sue intrecciate dietro la nuca dell’altro. Si stavano baciando e lui non sembrava nemmeno tanto dispiaciuto dalle attenzioni di Xiwan. Credo di aver stretto così forte un pezzo del muro dietro il quale mi ero appostata da farmi venire le nocche bianche e doloranti. –Stupido, stupido Mousse!- avevo imprecato fra i denti, tuttavia ero certo che lui mi avesse sentito ugualmente perché poco dopo si era staccato piano dalla sciacq…da Xiwan e mi aveva rivolto un’occhiata di sfuggita. E’ stato proprio in quell’istante che mi sono voltata e ho iniziato a correre mentre le lacrime rigavano le mie guance. Doveva essermi entrato qualcosa nell’occhio, dannazione e adesso mi bruciava da morire. Prima di rientrare mi ero strofinata più volte l’occhio e le guance: qualunque fosse il motivo per il quale le mie lacrime avessero lasciato la loro naturale sede, io restavo pur sempre la fiera e composta Shan-Pu e a Shan-Pu le lacrime non si addicono.

Ed eccomi qua. A ripensare per l’ennesima volta a quella patetica scena e a rodermi altamente il fegato. Per cosa poi? Per aver visto una stupida talpa mentre baciava senza ritegno un’insulsa ragazzina di sedici anni?

Sì ma quella ragazzina non eri tu, mia cara…

Grazie mille coscienza. Grazie mille di sottolineare il concetto ancora una volta, come se l’auto-lesionismo non fosse mai abbastanza per me. Ma, in fondo, che cosa dovrebbe importarmene? Non capisco nemmeno io il motivo di tanta apprensione nei confronti di una persona che vale poco più di uno zerbino. Non lo considero come amico, figuriamoci come un fidanzato! Che stia con chi vuole quella dannata talpa...anzi, tantomeglio che si sia trovato una fidanzata: può darsi che così mi lascia in pace una volta per tutte. 

Ma chi vuoi prendere in giro? Tu sai di avere un disperato bisogno di lui.

Ha inizio, dunque, da questo momento, una vera e propria battaglia interiore. Cerco con tutte le mie forze di mettere a tacere quella ben nota vocina che ogni tanto torna imperterrita a farsi risentire, senza però ottenere risultati. "Piantala" sbotto improvvisamente "che cosa vuoi saperne tu di me?". Grandioso: ora ci mancava solo che mi mettessi a parlare da sola. O meglio, con me stessa.

Tesoro, non a caso sono la tua coscienza! So meglio di te cosa provi e per chi...piantala allora di nasconderti dietro uno specchio: quello che vedresti sarebbe solo la tua immagine riflessa.

La mia immagine...riflessa? Davanti a me appare nitido il volto di Ranma: i lineamenti marcati e perfetti, la curvatura dei muscoli, la fronte imperlata di sudore, il sorriso spavalto e vincitore di chi sa come conquistare una donna. Ma in effetti nulla di più oltre che un' idolatra adorazione adolescenziale.

Adesso prova a chiudere gli occhi e dimmi la prima cosa che ti viene in mentre se dico la parola "acqua", poi pronuncia il suo nome...

Chiudo gli occhi come suggeritomi dalla voce interiore e inspiro profondamente. 
-Mousse...-. Sbarro gli occhi e mi premo la bocca con entrambe le mani, pur sapendo che non c'erano altri che me in quel tendone e ammesso che ci fosse qualcun altro, avevo pronunciato in un così flebile sussurro quel nome che nessuno avrebbe potuto, anche volendo, sentirmi. 
No, non posso averlo detto sul serio...non posso aver pronunciato il nome di Mousse! -

Invece l'hai fatto, mia cara. E io l'ho sentito forte e chiaro!

-Taci tu!- urlo improvvisamente, guadagnandomi l'ennesim sguardo scioccato di un acrobata che, guardacaso, passava di là proprio in quell'istante. Per tutta risposta gli rivolgo un'occhiataccia fulminante tale da fargli avanzare il passo e sparire dalla mi vista. Mi massaggio le tempie con movimenti circolari ed espiro pesantemente.
-Ok, credo che se non la pianto immediatamente di dare di matto, prima che finisca questa giornata mi verrano a prendere con le camice di forza.- dico rivolta più a me stessa che alla mia coscienza, la quale in quei frangenti era diventata una vera e propria interlocutrice. 
Sospiro stancamente e getto di malavoglia lo strofinaccio nel secchio ancora ricolmo d’acqua. – Per oggi basta così, Shan-Pu- mi dico poco convinta –Hai bisogno di mettere la testa a posto. E chissà…forse anche il cuore-.

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Capitolo 13
*** Cambiare? ***


POV MOUSSE

Sono perfettamente consapevole del fatto che Shan-Pu mi abbia visto mentre baciavo Xiwan…o meglio: mentre lei baciava me. Forse in un altro momento mi sarei alzato di scatto e l’avrei seguita. E invece stavolta no, non mi sono mosso di un centimetro, ho lasciato che lei corresse via infuriata.
–Perdonami Mousse…io non…non so che cosa mi sia preso!-
Ritorno a rivolgere la mia attenzione sulla ragazza accanto a me, la quale, intanto, si era bruscamente spostata di qualche centimetro, coprendosi il viso con le mani. 
–Xiwan…va tutto bene, davvero. Se io non avessi voluto, mi sarei tirato indietro per primo-.
–Che…che cosa vuoi dire?- mi chiede confusa, tentando goffamente di asciugarsi le lacrime con un lembo del kimono.
–Voglio dire che tu…tu mi piaci molto, Xiwan, e…mi chiedevo se tu non volessi iniziare qualcosa di più profondo oltre una semplice amicizia…-
Realizzo solo dopo qualche secondo che quello che ho appena detto mi avrebbe messo al centro di un vortice di pettegolezzi, se non addirittura in un mare di guai, più di quanto io non ne fossi già dentro. Ma, come ho già detto, un uomo disperatamente innamorato non ha limiti e spesso commette errori ritenendo di fare la cosa giusta. Il mio caso è proprio questo: costruire una relazione che non una donna sperando di dimenticare l’altra. Un’emerita cavolata, lo so, ma ho forse altra scelta? Xiwan, in fondo, è carina, dolce, premurosa…ed è innamorata di me, soprattutto. Forse con il tempo potrei anche riuscire a togliermi dalla testa Shan-Pu e porre fine, una volta per tutte, ai miei atti di masochismo/auto-lesionismo.
–Io…non so davvero cosa dire- balbetta lei, incerta.
–Mi serve solo che tu mi dia una risposta…prenditi pure tutto il tempo che ti serve, non c’è fretta- le rispondo con una calma che non riconosco essere mia, dopodiché mi alzo e faccio per rientrare nel capannone.
–Posso farti una domanda?-
Mi volto piano, in silenzio verso la cinesina dai capelli scuri, che prende quel mio gesto come un tacito consenso. 
–Mi hai proposto di diventare la tua ragazza solo per dimenticare quell’altra cinesina?-
Resto dapprima spiazzato da quella domanda apparentemente così semplice, ma allo stesso tempo così difficile da rispondere. Posso mai dirle che le avevo fatto quella proposta solo per togliermi dalla testa una donna, che so non sarebbe mai potuta essere mia? Decido allora di far parlare, ancora una volta, il mio Ego.
–Voglio dimenticare Shan-Pu, è vero, ma non voglio che tu lo consideri, o meglio: ti consideri, come un rimpiazzo…sento davvero qualcosa di speciale per te, Xiwan, anche se non so ben definire cosa- –In questo caso, allora…sarò ben lieta di diventare la tua fidanzata-.
Si alza, mi prende per mano e mi sorride. Forse per me è davvero giunto il momento di cambiare, dare una svolta alla mia patetica vita e di ricominciare da capo…e chissà che questa volta non possa andare meglio.
–Quando hai intenzione di dirlo ai tuoi amici?- mi chiede dopo averle mostrato il resto del giardino.
–Non lo so, credo domani o forse tra due giorni…prima ufficializziamo, più tempo avrà per assimilare la notizia-. In realtà avrei dovuto solo pensare quest’ultima affermazione, ma me ne rendo conto solo dopo la domanda, che mi sapeva più di affermazione, rivoltami dalla mia coetanea: –Ti stai riferendo a Shan-Pu?-.
Senza guardarla né risponderle, mi limito ad abbassare lo sguardo sui miei piedi.
–Sei proprio un ragazzo d’oro, Mousse…non meriti di soffrire tanto-–Chi lo meriterebbe?-
–Nessuno, ma tu in modo particolare- 
Mi fermo per abbracciarla, così, impulsivamente.
–Xiwan…grazie-
–Grazie di cosa?-
–Nessuno si era mai preoccupato sinceramente di me, prima d’ora…è una bella sensazione-
–Se nessuno si è mai curato di te vuol dire che non ti ha mai conosciuto o non ha mai voluto conoscerti veramente- mi spiega sorridendomi e risistemandomi con l’indice gli occhiali che intanto erano scivolati sul naso.
Il rumore di un secchio d’acqua che cade a terra cattura la nostra attenzione. Ah, beh se non è ironia della sorte questa…
–Scusate, non volevo disturbarvi...ero solo venuta a cambiare l'acqua per il paviemnto- si giustifica Shan-Pu, chinandosi in fretta a raccogliere il secchio per poi tornare a riempirlo.
–Io…vi lascio da soli: credo che abbiate qualcosa da dirvi- si congeda Xiwan, tenendo gli occhi fissi su di me, come per farmi capire che quello era il momento opportuno per parlare con Shan-Pu. Dopo che la ragazza se n’è andata, seguo Shan-Pu nella piccola rimessa e la trovo accovacciata al tubo per l’acqua, intenta a riempire di nuovo il secchio. Deve aver avvertito la mia presenza, dal momento che senza voltarsi mi sbotta freddamente: –Non credevo che avessi rapporti così intimi con la nuova arrivata…vedo che hai fatto presto a farla sentire a suo agio-
A questo punto avrei dovuto trovare una qualunque giustificazione per quell’equivoco oppure me ne sarei dovuto uscire candidamente con un: “Non è come credi, Shan-Pu! Posso spiegarti tutto!” e invece con mia grande sorpresa ( e forse anche sua) ho ribattuto alla sua affermazione nel modo più semplice e naturale possibile. 
–Nemmeno io, poi però ho scoperto che io e Xiwan abbiamo più punti in comune di quanto immaginassi-. La mia risposta deve averla irritata non poco, tanto che chiude la valvola del tubo con uno sgradevole rumore e si alza come in preda ad uno scatto nervoso.
–Sono contenta per te…almeno così mi lascerai in pace- Stavolta è il mio turno a rimanere sorpreso.
–Intendi dire che…tu sapevi che avevo una maniacale adorazione per te?-
–Oh, andiamo, chi vuoi che non si accorga di manifestazioni d’amore così eclatanti? Credi davvero che sia così ingenua come te?- sorride lei melliflua.
Grandioso, quindi non solo ho fatto le peggiori figuracce che un ragazzo possa fare con la donna di cui è innamorato, ma sono stato anche preso in giro, fino ad ora, dalla donna oggetto delle mie attenzioni. Bravo, Mousse: ora si può dire che tu sia cieco in tutti i sensi!
–Quindi tu…mi hai preso in giro per tutto questo tempo?-
–Beh, “prendere in giro” è un’espressione grossa…diciamo che ho finto un po’ per vedere fino a che punto saresti arrivato!-. E fa per andarsene sorridente e come se niente fosse, nulla a che vedere con l’atteggiamento di poco prima. Ma non appena mi sorpassa, la rabbia dentro di me decide di esplodere nel peggiore dei modi: con pungente freddezza e incuranza di ferire, proprio come aveva fatto Shan-Pu finora con me.
–Credevo che tu fossi solo fredda e irraggiungibile, ma ora ho capito che sei anche cattiva e bugiarda-.
–Come, scusa?- si volta incredula verso di me.
–Sei una persona cattiva, Shan-Pu. Sei una persona davvero cattiva-. E me ne vado senza averla degnata di uno sguardo.
Lei resta lì, immobile, incapace di fare o dire qualunque cosa, come se d’improvviso qualcuno le abbia aperto gli occhi su se stessa. E quel qualcuno, difficile a credersi, sono proprio io. E’ strano: a quest’ora dovrei sentirmi attanagliato dalla tristezza, dai sensi di colpa, o quanto meno dalla rabbia e da una profonda voglia di spaccare il mondo e invece mi sento inerme, vuoto, un automa, insomma. Quando rientro al capannone, sento qualcuno darmi una botta sulla spalla.
–Ehilà, Mousse! Allora, com’è andata? Ti ho visto mentre parlavi con Shan-Pu…tutto risolto, vero?-.
Getto una più che eloquente occhiata a Saotome, il quale toglie subito la mano dalla mia spalla e si ammutolisce, quasi come se avesse ingerito le corde vocali. Con ben più premura si avvicina Akane Tendo.
–Mousse…stai bene? Ti vedo un po’ giù di corda…è successo qualcosa con Shan-Pu?-. 
Mi chiedo perché tutt’ a un tratto tutti sembrano essersi accorti della mia esistenza. Tuttavia, proprio perché è Akane a rivolgermi questa parole, non ritengo giusto riversare su di lei il mio agitato stato d’animo, perciò, imponendomi una certa calma e compostezza, mi limito a risponderle: –No, tutto bene. E’ solo stanchezza- per poi avviarmi in un angolo della tenda per esercitarmi nella levitazione degli oggetti. Con tutto il trambusto degli ultimi eventi, ho quasi completamente dimenticato che fra meno di due settimane si terrà il “Grande Evento”, come lo suol definire il direttore generale, ovvero lo spettacolo di inizio estate e a cui ogni anno accorrono milioni di persone. Quest’anno poi, chissà per qual misterioso motivo, il direttore è particolarmente legato alla riuscita dello spettacolo: ha intensificato le ore di allenamento, le modalità degli esercizi e, in alcuni casi, ha persino messo a repentaglio la vita degli atleti stessi. A volte mi chiedo come faccia uno come lui a essere ancora in carriera!
Scuotendo la testa rassegnato, tiro fuori le chiavi da una delle mie ampie maniche (non prima però di aver messo a soqquadro l’intera veste) e apro la cassapanca di legno dove sono tenuti tutti gli attrezzi di magia: bacchetta, cappello, girandole per illusioni ottiche, fili di nylon per i trucchi sulla levitazione degli oggetti. Cerco a vuoto per un po’, poi con un sospiro pesante e con ben poca grazia richiudo la cassapanca: mi sarei arrangiato da solo anche stavolta.
Scavo ancora nella mia ampia veste finchè trovo finalmente quello che stavo cercando: Manuale del buon prestigiatore: tutti i segreti per incantare e stupire il pubblico. Sfoglio il manuale fin quando una pagina in particolare, dove era stata praticata una piegatura, non colpisce la mia attenzione: Capitolo 15: L’ipnosi.
Qualcosa inizia a frullarmi nella testa: –E se…- .
Subito mi rendo conto che sarebbe un gesto da veri codardi far innamorare una persona con l’ipnosi, ma a ben pensarci…non ci sarebbe nulla di male se io me ne servissi per scoprire cosa turba l’animo di una donna, no?

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Capitolo 14
*** Buon compleanno, Mousse! ***


POV SHAN-PU

–E anche per oggi abbiamo finito! Ricordate, guys, che mancano solo tre giorni al Great Event!-                                                                                                                                             
Il Grande Spettacolo o Great Event, come ama definirlo il nostro direttore… già, solo tre giorni e poi potrò dire addio per un po’ a tutto questo: agli esercizi, all’andare avanti e indietro, alle assurde prove a cui ci sottopone quel folle direttore, ai pettegolezzi infondati di quelle oche giulive delle mie “compagne”. Insomma, mi aspettano tre mesi di assoluto riposo, chissà magari tornerò  in Cina dalla mia famiglia, dalla bisnonna…è così tanto che non li vedo!
Con un sospiro mi lascio cadere stancamente all’indietro e inclino la testa all’insù: mi soffermo sulla luce bianca dei riflettori, quegli stessi riflettori che fra tre giorni saranno tutti puntati su di me…al solo pensarci mi sale l’ansia!
Mi stiracchio ancora un po’ e mi massaggio il collo e le spalle: è sempre più dura essere una contorsionista! Uno di questi giorni pure mi verrà il colpo della strega se non sto attenta a come mi muovo!
Esco fuori in giardino per sgranchirmi le gambe e per prendere una boccata d’aria fresca. La mia attenzione viene improvvisamente catturata dalle voce acuta e decisa di Akane Tendo.
–Natsumi, Kanae: forza, saltate nel cerchio, su!
Le due tigri sembravano non volerle minimamente dare ascolto: una delle due si era piantata a terra spalancando le fauci e tirando fuori la lingua, come annoiata da quei pesanti esercizi; l’altra, invece, era intenta a rotolarsi nell’erba, stiracchiando le lunghe zampe striate.
A detta di tutti, Akane era forse la miglior domatrice di belve feroci che si fosse mai vista, eppure, ogni tanto, mi sembrava che fosse sull’orlo dell’esasperazione. Non la biasimo: con quest’afa, chi volete che mantenga i nervi saldi? Scuoto la testa nella convinzione che quella sciocca non sarebbe mai riuscita a smuovere quelle tigri nemmeno di un centimetro, poi mi avvio nel mio camerino per una doccia fresca, la soluzione migliore per combattere il caldo torrido. –Allora a domani, Mousse. So che è oggi il tuo compleanno ma la mia sorpresa sarà pronta solo per domani… mi spiace, dovrai aspettare ancora un po’! 
Mi ritiro indietro di qualche passo nello scorgere la snella figura di Xiwan abbracciare Mousse e allontanarsi allegramente dal suo camerino. Un moto di stizza mi coglie all’improvviso e d’un tratto l’unico pensiero che mi attanaglia la testa e andare da quella smorfiosa e dirle che deve piantarla di fare la gatta morta con Mousse.
–Perché lui è solo un povero ingenuo- mi dico convinta, avendo realizzato appieno quel pensiero.
Vedo Mousse richiudere lentamente la porta, abbattuto. Certo, lui non è mai stato il tipo che sprizza gioia da tutti i pori, anzi: a dirla tutta, è sempre apparso come un eterno sventurato preso continuamente a schiaffi dalla vita. Eppure, questa volta, mi è sembrato particolarmente abbattuto, quasi… deluso? Sia chiaro: non che mi importi seriamente di quella talpa, la mia è solo pura curiosità. Credo.
–Oh, al diavolo, Mousse: mi stai facendo diventare matta!- sbotto prima di girare i tacchi e andare in cerca di qualcosa che gli levi quella maledetta espressione da depresso che si ritrova. 
–Tu sei Shan-Pu, vero? 
La figura minuta di Xiwan mi compare davanti, facendomi trasalire. I nostri sguardi si studiano per qualche minuto, poi decido di interrompere quel pesante silenzio: –Sì, sono io. E tu sei Xiwan, la ragazza nuova… dico bene? 
Anzicchè rispondere o asserire col capo, Xiwan sorride furbescamente. –Guarda che mi sono accorta che ci stavi spiando da un po’. Ho avvertito la tua presenza.
*Questa piccola mocciosa si è accorta della mi presenza, ma ha finto ugualmente di non essersi accorta di nulla* penso, senza staccare lo sguardo dalla ragazzina.
–Ti stai chiedendo perché ho finto di non accorgermi di te?- mi legge nel pensiero. –Semplice: volevo coglierti di sorpresa per fare quattro chiacchiere con te. 
Stringo i pugni fino a impiantarmi le unghie nella pelle: questa ragazza è pericolosa, anche troppo. 
–Non ci girerò molto, quindi arriverò subito al sodo: lascia in pace Mousse, allontanati definitivamente da lui. Sei tu la causa della sua sofferenza e non posso in alcun modo vederlo struggersi per una vile gatta morta come te. 
–Come prima cosa, in quanto fiera discendente della tribù delle Amazzoni, io non prendo ordini da nessuno, tantomeno da una ragazzina spuntata fuori dal nulla. In secondo luogo, puoi stare tranquilla: io non provo assolutamente nulla nei confronti di Mousse, anzi… se te lo prendessi, mi faresti davvero un favore. Lei sorride nuovamente. Odio il suo sorriso: è talmente falso e ipocrita!
–Oh, ti prego, risparmiami la solita scusa da “ragazza indifferente”. Leggo la mente e l’anima delle persone, so benissimo quello che provi per Mousse…–Come puoi sapere qualcosa di cui nemmeno io stessa sono a conoscenza?
Le tre secche parole che seguirono furono sufficienti a mandarmi il sangue al cervello e a risvegliare il mio spirito di amazzone guerriera.
–Stupido orgoglio amazzone.
D’impulso l’afferro per un polso, stringendoglielo fino a farle stringere gli occhi dal dolore.
–Non osare mai più insultarmi in questo modo. Non sono violenta, ma posso diventare molto, molto cattiva. Sono stata chiara? 
Non aspetto nemmeno una sua risposta, le molto il polso con uno scatto e mi dirigo al mio camerino per un’altra strada.

Quando arrivo davanti all’ingresso del camerino, qualcosa cattura la mia attenzione: sui gradini davanti la porticina se ne sta appollaiata una splendida colomba bianca dagli occhi rossi. Grazie al fazzoletto lilla attorno al collo, riconosco essere la stessa che mi aveva condotto da Mousse quel giorno in cui lui e Xiwan si erano messi insieme. Mi avvicino lentamente al candido uccello, ma anche quando sono ormai ad un passo, il candido uccello non spicca il volo, ma resta a fissarmi emettendo di tanto in tanto un verso gutturale. Mi inginocchio per prenderlo tra le braccia ed è a quel punto che mi accorgo che ha l’ala destra ferita gravemente. Rientrata in camerino, poggio la colomba sul tavolino all’ingresso e mi dirigo in bagno; tiro fuori la cassetta per il pronto soccorso al cui interno ho lo stretto necessario per ogni evenienza: acqua ossigenata, ovatta, stecche, garze, cerotti. Non me ne intendo di animali, in fondo sono un’artista circense, non una veterinaria, tuttavia cerco di fasciare alla bell’e meglio l’ala della colomba. –Ecco fatto.- sospiro quando ho terminato il lavoro. Dopo aver rimesso a posto la cassetta, mi siedo accanto alla colomba. –Tu devi essere una delle colombe di Mousse, dico bene? 
Ma che faccio: adesso mi metto anche a parlare con gli uccelli? Devo essere davvero sotto stress se mi riduco a parlare con un essere che non può né capirmi né rispondermi. Prendo meccanicamente ad accarezza il dorso del piccolo volatile bianco, sentendo lo stress accumulato fluire via a poco a poco.
–Quel Mousse: dovrebbe stare più attento ai suoi animali! A proposito… sarà meglio che ti riporti da lui, va’. Nel momento stesso in cui mi alzo, il mio sguardo viene catturato da un piccolo oggetto abbandonato in un angolo del mio letto: una scatola quadrata raffigurante un drago cinese dalle varie tonalità di rosso, giallo e arancio. Cercando di fare mente locale su chi me l’abbia data e del perché sia lì, mi avvicino per darvi un’ occhiata più approfondita, rigirandola un paio di volte fra le mani, l’apro e con mia grande sorpresa noto che è vuota. La rigiro ancora tra le mani, finchè non scorgo un’ incisione sul fondo: “
Xiāng de huíyì”, “scatola dei ricordi”.

Con un profondo respiro mi faccio forza e busso due volte alla piccola porta di legno in alto alla quale è appesa una targhetta con scritto “Musi”, il nome di Mousse in lingua madre.
Con la mano sinistra stringo il pacchetto, con la destra la colomba al petto. Un’ inspiagabile ansia si dirama in tutto il mio corpo: io e Mousse non ci siamo più visti né parlati da quella volta alla rimessa. Dopo qualche secondo mi appaiono davanti un inconfondibile abito bianco e un paio di lenti spesse come fondi di bottiglia. 
–Buon compleanno, Mousse.

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Capitolo 15
*** Una notizia inaspettata ***



POV MOUSSE

Boccheggio un paio di volte prima di realizzare ciò che realmente sia successo negli ultimi cinque secondi.
Shan-Pu è sulla soglia del mio camerino.
Shan-Pu tiene tra le mani un pacchetto e una colomba bianca.
Shan-Pu si è ricordata del mio compleanno.
–Posso entrare?- mi chiede timidamente. Mi riscuoto per poi ricadere del panico più totale.
–C-certo, scusami, prego, accomodati! Lei entra piano e richiude la porta dietro di sé: posso leggerle sul viso un’aria… affranta? Preoccupata? Delusa? Non lo so. Certo è, però, che non è la fiera e altezzosa Shan-Pu di sempre.
La sorpresa di vedermela davanti (e che si fosse ricordata del mio compleanno, per giunta!) mi ha fatto persino dimenticare che sono ancora arrabbiato con lei e che a stento le rivolgo la parola. Fra noi cala un pesante silenzio, rotto pochi istanti dopo dal battito di ali della colomba bianca; quel rumore sembra riportare Shan-Pu nel mondo reale, come se si fosse ricordata improvvisamente di qualcosa di importante. –Ah, quasi dimenticavo: poco fa ho trovato questa colomba davanti al mio camerino: era ferita così ho pensato di curarla io. E’ tua, non è così? Fisso più attentamente il candido uccello: non ci sono dubbi, è Korin, la colomba alla quale avevo chiesto di guidare Shan-Pu affinché scoprisse quello che c’era tra me e Xiwan. Allungo un braccio verso di lei e, senza che le abbia comandato nulla con la voce, Korin sbatte un paio di volte le ali e , barcollando, viene a posarsi sulla mi spalla. Mente le solletico la gola, mi chiedo se abbia fatto bene a pianificare tutto questo solo nella speranza che Shan-Pu si allontani da me. Per qualche minuto le mie attenzioni sono rivolte interamente alla colombella, tanto da non rendermi neanche conto che la ragazza per cui spasimo ormai da anni mi sta osservando esterrefatta e quasi incantata. La vedo solo scuotere con voga la testa e avvicinare il piccolo pacchetto a me, distogliendo lo sguardo. –Ti ho preso anche un pensiero. Non lusingarti troppo: non è nulla di speciale, solo una vecchia scatola che ho trovato per caso nel mio camerino. –Ti ringrazio. E’ la prima volta che qualcuno si ricorda del mio compleanno… nemmeno i miei genitori se ne sono mai ricordati.- dico senza pensarci troppo, prendendo a scartare delicatamente il pacchetto. Giro più volte tra le mani la scatola con raffigurato un drago cinese. Sotto la scatola leggo un’iscrizione: “Xiāng de huíyì”, la scatola dei ricordi. Allora è lei la bambina di quella volta... 

Che cos'è questa scatola?  
E' una sctola dei ricordi: nonna dice che quando ci metti dentro qualcosa a cui tieni tantissimo lo spirito di quell'oggetto viene catturato dalla scatola e quando lo riapri lui ti riporta con la mente al momento in cui hai trovato o hai ricevuto quell'oggetto.                                      
Sciocchezze! Sono le solite chiacchiere dei paesani!  
Sarà, ma tu tienila comunque: è un regalo da parte mia e sarei felicissimo se lo accettassi!                                  

Sorrido a quel tenero ricordo di me e Shan-Pu da bambini. Come avevo fatto a non riconoscere il mio primo grande amore, nonostante fosse passato tutto quel tempo? Il dolce ricordo viene, però, spiazzato subito dalla realizzazione di ciò che ho appena detto: quando comprendo di aver buttato fuori anche troppo, mi do mentalmente dello stupido: bravo Mousse, continua a fare la parte del povero imbecille incompreso! Ma stavolta la reazione di Shan-Pu è tutt’altro che prevista: si volta a guardarmi come improvvisamente interessata alle mia vita privata. –Perché?- mi chiede semplicemente, come se quelle parole le fossero sfuggite involontariamente dalla bocca. –Perché siamo troppo poveri e il lavoro occupa tutto il nostro tempo. E’ già tanto se ricorda di avere un figlio. Ma non le faccio un torto, la capisco: deve mandare avanti da sola due persone, è normale che le sfugga di mente una cosa così sciocca come il mio compleanno. A volte dimentica persino di mangiare o di dormire a causa del troppo lavoro… per questo ho deciso di diventare un artista circense: per poter mandarle qualcosa ogni tanto e non far gravare su di lei tutte le spese.
Shan-Pu è a dir poco rapita dalle mie parole: se avessi saputo che per attirare il suo interesse sarebbe bastata qualche parola melodrammatica, c’avrei pensato prima!
–Quindi tu sei qui perché vuoi aiutare tua madre…
Annuisco. Chi l’avrebbe mai detto che io, la talpa eternamente sfortunata, un giorno mi sarei seduto a un tavolo a parlare malinconicamente (ma soprattutto a parlare) della mia vita con la persona da me amata e che non mi ha mai degnata di uno sguardo. –Già… tu perché sei qui, invece?
Shan-Pu si prende un po’ di tempo per riflettere. –Sono scappata perché volevo essere libera. Nessuno sa che sono qui: se lo sapessero, non me lo perdonerebbero mai.-
La cosa mi lascia sorpreso, ma non le chiedo altro e aspetto che lei continui il suo discorso.
–Odio la mia famiglia: combattere, combattere, combattere. Questo solo sanno dire. Mi sentivo in gabbia, oppressa…e sono scappata. E sinceramente non so nemmeno perché sto vendendo a raccontarti tutto questo.
–Forse solo perché hai bisogno di sfogarsi con qualcuno. O su qualcuno.
Ecco, questo deve essere il momento in cui Shan-Pu perde le staffe e mi lascia a terra, più morto che vivo. E, invece, anche stavolta devo ricredermi: lei mi guarda con sofferenza mista a orgoglio infranto e in un pesante sospiro mi dice: –Hai ragione. In realtà sono più sola di quanto credessi. Non so quale forza misteriosa, quale meccanismo cerebrale o istintivo, quale parte del mio ego mi abbia permesso di compiere il gesto più pericoloso che esista a questo mondo: alzarmi meccanicamente e abbracciare Shan-Pu da dietro. No, non uno di quei soliti abbracci da povero innamorato incompreso per il quale poi viene pestato a sangue dalla donna più difficile di questo pianeta. Un abbraccio semplice, affettuoso, comprensivo. –Non sei sola. Io sono qui e non ti abbandonerò. Perché ti amo.-
Sento Shan-Pu tesa e rigida come la corda di un funambolo, poi però si rilassa e si abbandona completamente. Ed è a questo punto che azzardo il limite: con i polpastrelli le volto il viso verso di me e poco alla volta mi avvicino alle sue labbra. Nessuna opposizione da parte sua: né uno schiaffo, né un grido, né altro. Lo sento: il buon profumo della sua pelle, il respiro caldo che soffia dalle narici, il battito del cuore simile al rullo dei tamburi che tengono il pubblico col fiato sospeso durante l’esibizione dei trampolinisti. Manca poco, posso sfiorare le sue labbra con la punta del naso.
–MOUSSE, AI LEN!
La porta sbatte violentemente contro il muro, producendo un rumore sordo. Balzo all’indietro con un solo piede, l’altro che tenta di ristabilire l’equilibrio. Per qualche attimo l’aria che si respira è tesa e soffocante: sposto lo sguardo ora su Shan-Pu ora su Xiwan, mentre osservo le due cinesi scrutarsi con aria truce, quasi di sfida. Xiwan sorride in una maniera tale da incutermi timore, poi si volta verso di me, lasciando perdere Shan-Pu e facendo come se lei non fosse presente lì tra noi. Non mi fa nemmeno domande sulla scena vista poco prima, ma forse questo perché ho fatto in tempo a spostarmi prima che la ragazza dai capelli corvini potesse fraintendere la situazione.
–Mousse, ho provato a resistere, ma non ci sono riuscita, devo dirtelo: ho prenotato un viaggio per noi due… in Cina! Torniamo a casa, sei contento? Poi una volta lì potremo organizzare il matrimonio, ma questo è un altro discorso, poi ne riparleremo! Torniamo in Cina, a casa nostra, capisci? Mi spiace solo che non potremo partecipare allo spettacolo finale: il volo sta alle sei del pomeriggio, in concomitanza con l'inizio dello spettacolo. Comunque ho già parlato con il direttore: dispiace moltissimo anche a lui, sa bene quanto tu ti sia impegnato durante le prove, ma alla fine ha capito la situazione. Perciò, non ci resta che partire e iniziare una nuova vita insieme!
Nell’arco di tre secondi tutti i miei sogni si frantumano come un vaso di cristallo che cade rovinosamente sul pavimento. In Cina…nella mia terra madre, dalla quale sono mancato per tutto questo tempo. Torno a casa.
Il mio sguardo corre a Shan-Pu, ma prima che possa anche solo rivolgerle la parola, la vedo sfrecciare via fuori dal camerino. Qualcosa di caldo giunge sulla mia guancia: mi tocco nel punto bagnato con un dito e lo porto all’estremità della lingua: è salato. Una lacrima.

–Mousse…-
Xiwan mi osserva con aria ferita e irritata. -E’ vero che ho detto che ti avrei aiutato a dimenticare Shan-Pu, ma tu devi collaborare: se desideri dimenticarti di lei, allora non devi farti coinvolgere. E finchè rimarrai qui lei ti coinvolgerà sempre. Per questo ho preso la decisione del viaggio: solo allontanandoti dalla fonte del tuo dolore potrai sperare di continuare a vivere, altrimenti ti logorerai a poco a poco senza nemmeno rendertene conto.
–Perché non ne hai parlato prima con me, eh? La mia opinione non conta nulla?- sbotto alzando inavvertitamente la voce.
–Tu saresti stato in grado di scegliere tra il restare accanto all’amore della tua vita, soffrendo, e l’allontanarti da lei, provando a ricominciare?
La domanda di Xiwan mi spiazza completamente.
Che cosa avrei fatto se Xiwan mi avesse dato la possibilità di scegliere?
Forse è stato meglio così. Per tutti e due, Shan-Pu.

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Capitolo 16
*** Incomprensioni ***


POV SHAN-PU

–Un momento di attenzione, please! Ladies and gentlemen il nostro carissimo prestigiatore Mousse ha un importante annuncio da fare a tutti noi… siete pregati di recarvi immediately al solito spiazzale dietro il tendone. Come on, guys!
Il rumore dell’altoparlante indica che la comunicazione è terminata. Che diavolo vorrà adesso quel dannato direttore dall’accento strano? E cosa c’entra Mousse in tutto questo? Be’, lo scoprirò solo andando nello spiazzale. 
Dopo essermi rialzata dalla mia posizione non proprio comodissima – vi ricordo che sono una contorsionista, io! – stiracchio gambe e schiena ed esco con aria annoiata dalla tenda. Lungo il breve tratto che porta sul retro incontro anche Ranma, Akane, quella schiacq…ahem… Kodachi e il suo fratello schizzato, Kuno, e tanti altri artisti, tutti, forse per la prima volta, incuriositi da un annuncio del direttore. O forse, più semplicemente, perché il diretto interessato era Mousse, il tranquillo e invisibile Mousse.
Nella processione l’unico viso che non riesco a scorgere – fatta eccezione per quello di Mousse – è quello di Xiwan e non vi nascondo che la cosa inizia a puzzarmi non poco. E no, a puzzare non erano certo le frittelle che a volte la Spatolona lasciava cuocere troppo in padella, nossignore. 
Xiwan c’entra in tutta questa storia come il kamaboko* in una scodella di ramen, ne sono sicura.
–Chissà cosa vorrà dirci di tanto importante Mousse – sento commentare da Ranma.
–Mah, non ne ho proprio idea – gli risponde Akane. –Mousse è sempre così tranquillo, non ha mai sporto un reclamo in tanti anni che lavora qui. Certo diventa un po’ esuberante quando si tratta di Shan-Pu, ma per il resto direi che è quasi invisibile. 
Raggiungiamo lo spiazzale sul retro e subito noto che qualcosa di grosso sta per succedere: Xiwan, seduta su una sedia di legno, stringe le mani di Mousse che, in piedi, la abbraccia da dietro.
–Bene, bene, guys…scusate se vi distolgo dai vostri esercizi, so benissimo che domani è il grande giorno e che siete tutti intenti a prepararvi al meglio per il Big Show, ma quello che il nostro caro Mousse ha da dirci è very very important. Mousse… 
L’interessato fa tre passi avanti e raggiunge il centro del palco, seguito a ruota dalla sensuale Xiwan.
Tutti sono col fiato sospeso, in attesa di sentire l’importantissimo annuncio di Mousse, che forse per la prima volta in vita sua si sente considerato e al centro dell’attenzione.
–Cari compagni d’avventura, vi ringrazio di aver temporaneamente sospeso le vostre attività e di avermi raggiunto qui solo per sentire cosa avessi da dire.
Sappiate che sono stato molto lieto di aver preso parte a questa compagnia, così bizzarra – e qui rivolge uno sguardo a Ranma – ma senza la quale adesso non sarei quello che sono. Con alcuni di voi ho legato particolarmente, anche se non l’ho mai dato a vedere, con altri forse un po’ meno, con altri ancora ho avuto qualche diverbio, ma sappiate che, in un modo o nell’altro, voglio un gran bene a tutti voi. Per questo, con mio grande rammarico, vi saluto: domani torno in Cina, dalla mia famiglia e lì ne costruirò una nuova. 
Si volge sorridente verso Xiwan e le prende delicatamente la mano. –Io e Xiwan ci sposiamo.
Segue un momento di sconcerto generale, ma dura, appunto, solo un momento: subito dopo partono gli applausi e le congratulazioni.
–Bene, direi che qui ci vuole una bella festa d’addio per il nostro Mousse, non trovate anche voi, ragazzi? – esclama entusiasta Ukyo già rimboccandosi una manica e ricevendo cenni e commenti di assenso da parte di tutti. 
–Mousse e come farai per lo spettacolo?- chiede qualcuno. 
–Già, è vero, ti sei impegnato tanto per la tua esibizione!
Mousse si schiarisce la voce. 
–Be’, purtroppo non potrò parteciparvi, mi dispiace molto. E’ vero, mi sono impegnato tanto e sono davvero rammaricato di non potermi esibire. Mi auguro per voi che facciate del vostro meglio e che tutto vada a gonfie vele, perciò… in bocca al lupo e fate vedere chi siete! 
E’ strano, ma l’esclamazione di Mousse sembrò animare non poco gli altri artisti circensi. Dico che è strano perché solitamente Mousse è la depressione fatta a persona. Dev’essere proprio cambiato tanto, grazie a Xiwan.

O forse per colpa tua.

Ancora quella dannata voce: era un po’ che non si faceva sentire. Forse aveva deciso che ero stata troppo tranquilla in quel periodo che non era tornata ad assillarmi. Ma sì, adesso ci mancava solo lei, come se i miei problemi non fossero già abbastanza! 
Mentre sono impegnata a insultare la suddetta vocina, vedo che la gente intorno a me inizia a muoversi verso il palco. Tutti vanno a congratularsi con i due sposini, stringono loro le mani, le ragazze starnazzano intorno a Xiwan chiedendole dell’abito, della festa, dell’organizzazione, mentre i ragazzi si congratulano con Mousse dandogli pacche dietro la schiena così forti che gli occhiali gli scivolano continuamente sulla punta del naso. Sto per andarmene indifferente ,

a chi vuoi darla a bere, stai rodendo dentro, mia cara

oh, e va bene: sto per andarmene ribollendo come una pentola a pressione – va bene così, stupida vocina? – quando a un tratto mi fermo e rifletto. Rifletto che il mio comportamento sarebbe scortese nei confronti di Mousse – chi se ne infischia di Xiwan – senza contare che il mio atteggiamento potrebbe essere interpretato come di gelosia. Quindi faccio dietrofront e mi dirigo anch’io verso il palco. –Le mie congratulazioni, Mousse, spero che possiate essere felici  insieme – dico una volta arrivata di fronte a loro, con la gola quasi secca per la tensione. 
–Oh, è molto gentile da parte tua, Shan-Pu. Ti manderemo una cartolina appena saremo arrivati – si intromette Xiwan sfoderando il sorriso più ipocrita e sdolcinato che si possa mostrare. Un moto di stizza si innesca in me: insulsa, ipocrita, sfacciata gatta morta.

Non ti ricorda proprio nessuno il suo atteggiamento? Perché, allora, non la smetti di insultarti da sola?

–Grazie, non vedo l’ora – le rispondo cercando di imitare quello stesso tono palesemente ipocrita, ma tutto quel che mi esce è una voce da zitella acida e sprucida. 
Detto questo alzo i tacchi per la seconda volta nella giornata e me ne vado. Facendomi strada tra la folla di artisti, scorgo per caso Akane. –Adesso so cosa provi, Akane – mormoro più a me stessa che a lei, ma lei si volta comunque verso di me con un espressione interrogativa. –Scusa Shan-Pu, hai detto qualcosa? Ho sentito solo Akane!- ma prima chela giovane domatrice possa finire la frase sono già sparita dietro la tenda.

La sera tutti si danno da fare per organizzare la festa a Mousse. No, nel senso letterale intendo, ovviamente, non certo perché volessero dargliene tante prima della sua partenza per la Cina. Gli equilibristi si occupano delle composizioni floreali, gli acrobati dei festoni, i mangiatori di fuoco delle luci, i giocolieri di imbandire i tavoli e Ukyo, naturalmente, delle varie portate.
Pur essendo piena estate, stasera tira un leggero e piacevole venticello fresco e io resto lì immobile a godermelo. La verità è che in mezzo a tutto questo gran da farsi io mi sento completamente fuori luogo, non so cosa fare, sembra che non ci sia niente che io possa fare, tutti si stanno occupando di tutto e sembra che io non sia indispensabile nell’organizzazione della festa. Così decido di andarmi a fare un giro: ovunque io volga lo sguardo c’è sempre qualcuno indaffarato a correre da una parte all’altra con una scatola piena di decorazioni o a salire sulle spalle di un altro per sistemare una ghirlanda floreale. Passando davanti la cucina vengo investita da un forte odore ora di ramen ora di carne alle griglia ora di pastella per i fiori di zucca. Pur essendo molto giovane, so che Ukyo ha viaggiato molto quindi suppongo che stasera voglia dare il meglio di sé offrendoci anche piatti non tipicamente orientali: tsè, vanitosa. Però devo ammettere che i suoi piatti sono una vera delizia per il palato.
La mia attenzione viene distolta dal tubare di alcune colombe e, facendo qualche passo più avanti, noto la tunica bianco latte a motivi geometrici di Mousse. Vorrei chiedergli cosa ci faccia da solo, triste e sconsolato, sul retro del tendone, ma non ne ho il coraggio. Fortuna che è lui ad avvertire la mia presenza – o meglio, le colombe gli fanno notare la mia presenza – e a compiere il primo passo. 
–Ciao
–Ciao- rispondo senza troppo entusiasmo. E vai con l’allegria! –Cosa ci fai qui da solo? Tutti sono di là a organizzarti la festa… cioè non in quel senso… voglio dire…
–Ho capito, ho capito- sorride lui. –Il fatto è che avevo voglia di starmene un po’ da solo a guardare per l’ultima volta tutto questo, prima di lasciarmelo definitivamente alle spalle. 
Annuisco prendendo posto accanto a lui e cercando di non schiacciare nessuna delle sue colombelle.
–Quindi sei proprio deciso a partire, eh? Stavolta è lui ad annuire. –E’ la cosa giusta da fare. Ormai è troppo tempo che manco dalla mia casa, dalla mia famiglia: per me è arrivato il momento di tornare e di ricrearmi una nuova vita. 
–Con Xiwan -. La mia voleva risuonare come una domanda e invece prese le pieghe di un’affermazione stizzita.
–Cos’ha Xiwan che non va? Mi ama, mi vuole bene, mi tratta con gentilezza, mi accetta per ciò che sono ed è una mia compaesana: cos’altro potrei desiderare in una donna?
–Ma tu non la ami
–Cosa te lo fa credere?
–Mousse, lo so che sei sempre stato pazzo di me, non credere che non l’abbia mai notato. Non puoi pensare di innamorarti dall’oggi al domani di una donna nella speranza di dimenticare l’altra.
–Quindi tu ritieni più giusto che io continui a starti dietro facendomi trattare come uno zerbino?
–No, non è questo… è solo che.. 
–E’ solo che cosa?
Già, è solo che cosa. Non so nemmeno io che cosa devo dirgli.

Oh certo che lo sai. E’ solo che sei maledettamente orgogliosa per dirglielo.

Taci, maledizione. TACI!
–Mousse, ai len? Dove ti sei cacciato? 
Diamine, no, un’altra volta no! 
–Devo andare, mi spiace. Comunque, ‘sta tranquilla ho capito. Ho capito che sei una sporca egoista: non mi hai mai degnato di uno sguardo e ora che finalmente ho trovato qualcuno che mi ami, a te non va a genio che io possa essere di un’altra persona. Credevo fossi cambiata, Shan-Pu, e invece mi sbagliavo. Kami, se mi sbagliavo!
–A-aspetta, Mousse, lascia che ti spieghi! – ma prima ancora che io possa anche solo pensare una giustificazione plausibile, lui si è già alzato ed è spartito dalla mia vista. E forse anche dalla mia vita.

*Nota:

Naruto: Particolare tipo di kamaboko (pietanza a base di pesce) a forma di spirale bianca e rosa che frequentemente si vede negli anime.

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Capitolo 17
*** Addio, Mousse! ***


Un aereo sorvola il capannone ed io non posso far altro che alzare lo sguardo al cielo limpido e terso di quella mattina, abbandonando per un attimo la mia principale occupazione. Se penso che fra poco più di sei ore sarò sul volo diretto in Cina, mi sento già tremare per l’emozione. Rivedrò la mia famiglia, i miei vecchi compagni d’infanzia, la mia terra natale, anche se non nascondo che un po’ mi mancherà la vita circense, il via vai degli artisti, le risate in compagnia, vedere Saotome che non riesce a portare a termine il suo numero neanche una volta, a causa dei vari spasimanti - di entrambi i sessi - che non gli danno tregua (sì, lo ammetto: era uno spasso quando lo sentivo urlare in versione donna e pregare i vari pretendenti di essere lasciato in pace!). O anche vedere Akane Tendo lamentarsi e intavolare vere e proprie conversazioni con tigri, leoni e pantere , pregandole di darle ascolto almeno per una volta e tentando di corromperle con una succulenta bistecca o con dei croccantini per gatti. Per non parlare di manicaretti di Ukyo: sì, quelli sicuramente mi mancheranno! E… Shan Pu. Oh, lei mi mancherà terribilmente. Ripenso alla conversazione avuta la sera prima, a come eravamo partiti così bene e a come eravamo invece andati a finire, al suo comportamento così maledettamente egoistico, al suo perenne atteggiamento da “donna al centro dell’attenzione”. Ma, allo stesso tempo, non posso far altro che pensare che per quanto meschina ed egoista possa apparire Shan Pu, per quanto male che mi abbia fatto e continui a farmi, non riuscirò mai ad odiarla veramente perché se c’è una cosa che ho imparato in tanti anni qui dentro è che puoi solo freddare i rapporti con una persona, ma questo non vuol dire che riuscirai a dimenticarla. 
Mi asciugo il sudore con un fazzoletto pescato dalla manica: oggi il caldo è davvero soffocante, tanto che la testa comincia a pulsarmi. Be’, quello forse è anche dovuto al fatto che ieri ho alzato un tantino il gomito (ma, diamine, quella birra era qualcosa di eccezionale! Per non parlare di quei cocktail vodka e peperoncino: dove diavolo siano andati a pescarli in così poco tempo, io non ne ho proprio idea!
Quanto al caldo, questa è forse l’unica nota positiva: non dovendo partecipare allo spettacolo non sono costretto a esercitarmi fuori in giardino con quest’afa. Mi affaccio alla finestra della roulotte-camerino e osservo il vivace via vai – più intenso del normale - di artisti e giocolieri.
Sospiro e mi dico che è ora che anch’io torni alle mie occupazioni: la valigia di certo non si prepara da sola! Con un po’ di malinconia riprendo tirar fuori vestiti e effetti personali per sistemarli accuratamente nel borsone da viaggio.
–Sarà difficile, ma mi abituerò. Spero
La mattinata vola tra borse, borsoni e valigie da preparare e ben presto qualcuno viene a bussare alla porta del mio camerino per avvertirmi che è ora di pranzo. Raggiungo la mensa, un secondo tendone più piccolo di quello dove ci esibiamo, e trovo già quasi tutti seduti al lungo tavolo. Ecco un’altra cosa che mi mancherà della mia vita da circense: i pranzi insieme attorno alla lunga tavola, quasi fossimo tutti una sola grande famiglia.
–Oh, è arrivato Mousse!- esclamano all’unisono Yuka e Sayuri, le gemelle siamesi. In realtà non sono gemelle, ma devono il loro soprannome al fatto che sono praticamente inseparabili e a quanto pare lo erano ancor prima di mettere piede qui dentro. 
–Mousse, vieni qui, siedi accanto al direttore!- mi chiama Daisuke, agitando la mano.
Sgrano gli occhi meravigliato: in tanti anni non mi sono mai sentito così considerato come in questo momento. Sederò accanto al direttore! 
Chiariamo, non che mi importi qualcosa di quell’uomo così fuori del normale o che lui sia degno della mia stima, ma per uno che in sette anni di carriera circense non è mai stato degnato di uno sguardo da nessuno, sedere, ad un tratto, nel posto accanto a quello del direttore, è un onore. 
Non esagero se vi dico che mi viene da piangere all’idea di lasciare tutto questo, ma mi trattengo perché ho ancora un briciolo di dignità da mantenere.
Ranma mi scosta la sedia e mi invita ad accomodarmi. –Per oggi ti cedo il posto!- mi dice facendomi l’occhiolino.
–Saotome, il fatto che io stia per partire non mi renderà più indulgente nei tuoi riguardi, figurati, poi, se mi spingerà, addirittura, a trattarti come “amico”.
–Ti voglio bene anch’io, Mousse!- esclamò lui, sarcastico come al solito, per poi tornare a prendere posto accanto ad Akane.
–Scusate il ritardo, ero in camerino a preparare i bagagli!
Xiwan entra in mensa trafelata, eseguendo un piccolo inchino rivolto ai vari commensali, per poi andare subito a prendere posto alla destra del direttore, di fronte a me. Mi sorride emozionata e io le sorrido di rimando.
Great, credo che ci siamo tutti, no? 
–Manca Shan Pu! 
–Scusate il ritardo!- esclama l’interessata, sopraggiungendo in sala, quasi come se, prima di entrare, avesse atteso appositamente che qualcuno notasse la sua assenza. Guardo Shan Pu dirigersi spedita a sedersi nel primo posto vuoto che trova ancora libero e non posso fare a meno di pensare che fino all’altro ieri quella era la scena che mi si presentava davanti ogni giorno: dove c’era ancora un posto vuoto, là andavo a sedermi.
–Oh, good, adesso siamo davvero al completo!- esclama il direttore. Poi fa un cenno alla cuoca per indicarle che può iniziare a servire. Sì, perché da noi non si iniziava a mangiare se non eravamo presenti tutti e cinquanta gli artisti. Sarà per questo motivo che solitamente – salvo casi eccezionali – tutti spaccavano il minuto quando si trattava di pranzo e cena? 
Prima di iniziare a fiondarci con le teste nei piatti, il direttore propone un brindisi in mio onore e un “A Mousse e Xiwan!” urlato in coro si espande per la sala. Così anche il pranzo se ne passa in allegria, tra una chiacchiera, una risata, un pugno in piena faccia per Ranma (è superfluo dire da chi proveniva il micidiale sinistro), qualche vaneggiamento di Kuno o Mikado, le assurde pretese di Azusa (pensate, a fine pranzo voleva portarsi via la tovaglia di 80 metri quadri perché convinta che fosse la sua Juliette , strappatale anni addietro!) e i primi pettegolezzi su cosa faremo io e Xiwan appena torneremo in Cina. 
L’unica che sembra non essere coinvolta in quel vortice di risate e voci allegre è Shan Pu. E’ l’unica che finora non ha proferito parola, a tal punto che avevo quasi dimenticato la sua presenza.
Finito di mangiare, io e Xiwan torniamo in camerino a sistemare i nostri bagagli, mentre tutti gli altri si concedono un paio d’ore di relax prima delle prove generali.
Ben presto, le luci del tramonto mi indicano che è ora di andare. Quando esco dal camerino, trovo ad attendermi una folla di artisti, acrobati e giocolieri. Alcuni di loro mantengono un’aria seria, ma, sotto sotto, so che sono dispiaciuti per la mia partenza: anche se non ho instaurato chissà quali rapporti con la maggior parte degli artisti circensi, ero comunque anch’io uno di loro, perciò credo sia più che naturale provare dispiacere quando qualcuno lascia il gruppo. Altri, invece, soprattutto le ragazze, si lasciano andare a fiumi di pianti e a lunghe soffiate di naso, tuttavia non manca chi – come Akane Tendo – un po’ per orgoglio, un po’ per sostegno alle altre, si limita ad assumere un’espressione malinconica e sinceramente dispiaciuta.
–Allora addio, distratta di una talpa.- Tiè, eccolo là, il solito Saotome spiritoso. Ma, d’altronde, non posso dargli torto: senza occhiali non vedo a un palmo dal mio naso!
–Addio, Ranma Saotome. Sappi che imprecherò su di te anche dall’altro versante del Pacifico!- ribatto, sorprendendomi io stesso per la risposta arguta. Però, forse non è così inutile come credevo, quel Saotome! – A parte questo… grazie. Mi hai incasinato la vita, hai mandato allo scatafascio una situazione che era già disastrosa di per sé, mi hai ficcato in guai sempre peggiori… ma sei l’unica persona alla quale siano stati minimamente a cuore i miei problemi e mi sei stato vicino. Ti sei comportato da…
–Amico?- mi chiede beffardo, già conoscendo la risposta, ma volendo sentirla uscire dalla mia bocca. Già, altrimenti non staremo parlando di Ranma Saotome.
–Sì. Ti sei comportato da vero amico. – Per stavolta decido di dargliela vinta: dopotutto, è vero che si è comportato da amico, anche se mi costa parecchio ammetterlo.
–Fate buon viaggio, Mousse – interviene Akane, stringendomi le mani. 
Le sorrido. –Grazie tutto, Akane. Buona fortuna con i tuoi micetti!- esclamo, al che Ranma rabbrividisce agghiacciato. Mi chiedo come faranno a sposarsi quei due, un giorno. Oh sì, perché ne sono convinto: si sposeranno. 
Estraggo dalla manica un orologio da taschino: sono le sei. Dobbiamo sbrigarci se non vogliamo rischiare di perdere il volo a causa delle varie procedure burocratiche in aeroporto.
Quando raggiungo il cancello principale, Xiwan è già lì ad attendermi. Mi volto per l’ultima volta a guardare i miei compagni, imprimo il loro viso nella mia mente, con lo sguardo cerco un viso in particolare, ma non lo trovo. Sospiro.

Cosa ti aspettavi, Mousse? Che Shan Pu giungesse trafelata gettandoti le braccia al collo e pregandoti di non partire?

–In bocca al lupo per lo spettacolo, ragazzi. Fate del vostro meglio e portate alto il vostro buon nome anche per me. 
–Contaci!- mi assicura Ranma. Scambio una veloce occhiata con Xiwan e ci avviamo. Sulla strada avremo sicuramente preso un taxi che ci avrebbe portati fino in aeroporto.
–Addio, Mousse, torna presto a trovarci!- esclama Hiroshi, agitando la mano, seguito da Daisuke. 
–Scriveteci, mi raccomando!- cinguettano Yuka e Sayuri tra le lacrime.
Nel chiarore del caldo sole al tramonto di giugno, le voci dei miei compagni mi giungono lontane, nonostante io non mi sia allontanato di chissà quanti passi. Ma forse, a ben pensarci, è solo la mia mente ad essere ormai lontana.

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Capitolo 18
*** Che lo spettacolo abbia inizio! ***


Li guardo allontanarsi verso il sole al tramonto di giugno, così, mano nella mano, insieme. Davanti al cancello principale un corteo di artisti circensi sosta per dare l’ultimo saluto al compagno. Incredibilmente ci sono tutti: il folle direttore, Ranma, Akane, Ryoga, Kodachi, Kuno, Hiroshi, Daisuke, Yuka, Sayuri, Azusa, Mikado, Tsubasa (immagino sia lei, quel tipo vestito cassetta delle lettere), Ren, Ukyo… e persino Biancanera, la cagnolina di Ryoga, con al seguito i suoi cinque cuccioli!
Sì, c’erano proprio tutti. Tranne me. Certo, cosa vi aspettavate? Che dopo la conversazione – o quella che doveva essere una piacevole conversazione – avuta con Mousse la sera prima, io mi presentassi allegramente davanti a lui e a Xiwan congratulandomi con loro e augurandogli felicità di tutto cuore? Ipocritamente, per giunta? Non che l’ipocrisia e la sfacciataggine, detesto ammetterlo, siano qualità, se così si possono definirle, a me sconosciute, ma qui stiamo parlando di rimetterci la faccia , è un discorso ben differente.

O, semplicemente, non avevi il fegato di guardarlo in faccia dopo ieri sera. Già, tu non hai il fegato per fare niente, eh Shan-Pu?

Ignoro il commento sarcastico della mia coscienza: in questo momento non ce l’ho proprio la forza di intavolare una discussione animata con me stessa.
Il piccolo corteo si scioglie dopo qualche minuto, tra le lacrime di alcune,  i visi dispiaciuti di altri e i commenti eccitati di altri ancora riguardo l’imminente serata. Con un sospiro mi allontano dalla finestra, prendo un bicchier d’acqua dal minifrigo del camerino, afferro le chiavi dal tavolino e apro la porta per raggiungere gli altri nel tendone.
Sto richiudendo la porta quando una voce nota emette un piccolo colpo di tosse per avvertire la sua presenza, da me già oltremodo percepita dal rumore dei passi sull’erba e dall’ombra proiettata sulla porta. –Adesso tu ci spieghi per quale oscuro motivo non ti sei nemmeno degnata di venire a salutare Mousse per l’ultima volta. – sbotta Ukyo con le mani sui fianchi e un piede che batte nervosamente per terra.
–E da quando io e voi saremo così in confidenza, se è lecito saperlo? – replico incrociando le braccia al petto e inarcando un sopracciglio come a voler dire: “E adesso che diavolo volete voi due da me?”.
–Oh, al diavolo la confidenza! Il tuo è stato un comportamento vile e irrispettoso nei confronti di Mousse. Non dico che dovevi per forza congratularti con lui e Xiwan, ma almeno uscir fuori a salutarlo questo sì!- esclama Akane, sorprendendo sia me che la cuoca, nessuna delle due preparata ad una reazione del genere da parte della mite e dolce Akane Tendo.
–La verità è che Mousse ci è rimasto molto male del fatto che tu non ti sia fatta viva… avrebbe tanto voluto vederti un’ultima volta.- aggiunge Ukyo con dolcezza, quasi a voler rimediare alla sua sparata di prima.
–E voi che ne sapete? Cosa sapete di quello che voleva o non voleva Mousse al momento di andare via? E se invece fosse stato meglio così, non farmi vedere e rimanermene chiusa nel mio camerino a guardarlo andare via con Xiwan? Smettetela di fare le saputelle della situazione, perché la verità è che non avete capito niente!
–Sei tu che invece non hai capito niente!- sbotta nuovamente Akane, esasperata.
–Se tu ti fossi degnata di venire, avresti sicuramente visto come Mousse ti cercava con gli occhi.
–Tsk, avrete preso una abbaglio: che cosa volete che vedano quei due fondi di bottiglia?- ribatto ironicamente superandole con due grandi falcate, nel tentativo di troncare la conversazione seduta stante.
–Sai, Shan-Pu?- La voce di Ukyo mi costringe a fermarmi, ma non a voltarmi. – Non è poi così difficile vedere attraverso quei fondi di bottiglia.
Attendo immobile qualche secondo come per metabolizzare la frase della cuoca, ma ben presto decido di ignorare tutto: lei, Akane, quella frase, quella conversazione. Come se non mi avesse detto nulla, riprendo a camminare fino a sparire nel tendone.

–Mamma mia quanta gente!- esclama Yuka con la sua vocetta fastidiosamente stridula, sbirciando fuori dalla tenda che separa l’area di esibizione dalle quinte.
–Cielo, adesso svengo! No, io non ce la faccio a uscire lì fuori, c’è troppa gente!- si lamenta Sayuri, facendosi aria con una mano.
La tensione è al massimo: Kuno tenta di acquietare gli animi delle due ragazze decantando la sua abilità nel mantenere il sangue freddo anche in una situazione del genere, ricevendo in tutta risposta calci e pugni sia dalle due fanciulle in questione sia dai loro rispettivi partner, Hiroshi e Daisuke, già nervosi  per via dello spettacolo, figurarsi poi se ci si mette Kuno con i suoi vaneggiamenti; Akane continua imperterrita a intavolare lunghe conversazioni con i suoi felini, pregandoli di obbedirle almeno sulla scena e promettendo loro come ricompensa succulente bistecche di vitello, rigorosamente al sangue, come piacevano a loro; Ryoga scongiurava tutti gli dei possibili e immaginabili che non lo facessero perdere per i meandri del tendone, sotto lo sguardo confuso e preoccupato di Biancanera e dei suoi piccoli; Ren continuava a esercitarsi nelle sue trasformazioni con il mantello, ma l’agitazione era tale che spesso finiva con il copiare contemporaneamente l’aspetto di persone differenti; Ranma cercava un angolo tranquillo dove poter eseguire le sue trasformazioni, possibilmente al riparo da quella furia scatenata di Kodachi che non perdeva occasione per saltargli addosso, vuoi per strusciarglisi addosso come una gatta in calore, vuoi per stritolargli la gola fino a fagli cessare il respiro ( questo a seconda se lo vedesse in versione uomo o in versione donna). E se ve lo state chiedendo, sì, abbiamo provato in tutti i modi a far capire a lei e a suo fratello che Ranma e “la ragazza col codino” sono la stessa persona, anche con dimostrazioni pratiche, ma niente, sono due teste quadre.
Gli unici che apparentemente sembrano non avvertire minimamente la tensione siamo io , che me ne sto a braccia e a gambe conserte seduta su una cassapanca, Mikado ,che continua a ravvivarsi il ciuffo e a sfoggiare il suo migliore sorriso davanti ad un piccolo specchietto, e Azusa, che non la smette di saltellare in giro raccattando gli oggetti più disparati e dando loro un nome.
–Oh ma che grazioso nastro lilla! Ti chiamerò Marceline!
–Ehi, smorfiosa, molla il mio nastro!
–E’ il mio nastro: si chiama Marceline!
–Scrollati immediatamente dal mio preziosissimo nastro!
Magnifico: ci mancava solo una disputa tra le due circensi più oche che abbia mai conosciuto. Alzo appena lo sguardo per vedere Azusa e Kodachi contendersi il suddetto nastro: la prima lo tira tramite la striscia di stoffa, la seconda tramite la bacchetta. Con la coda dell’occhio noto che Ranma tira un sospiro di sollievo asciugandosi la fronte col bordo di una manica e non posso far altro che sorridere pensando che quel ragazzo è proprio nato con la camicia.
–Ragazzi, ci siamo!- esclama Daisuke agitato.
Le luci si spengono, i riflettori vengono puntati su un uomo al centro del palco.
Welcome to everybody ! Benvenuti, signore e signori, al più grande spettacolo che si sia mai visto in tutta la storia del circo! Solo qui potrete ammirare numeri di magia a tempo di musica, giocolieri in equilibrio su un filo di nylon, trapezisti volteggiare in aria perfetta sincronia, pattinatori su ghiaccio, belve feroci ammaestrate con il semplice sguardo o con un gesto della mano, piramidi di contorsionisti e in ultimo, ma non per importanza, trasformisti che cambiano aspetto coprendosi con un mantello o versandosi addosso acqua ghiacciata! Tutto questo solo per voi! Tutto questo è il Big Show!
Rullo di tamburi. Ci siamo: la scaletta prevede che tutti gli artisti entrino in scena per il benvenuto.
Montiamo in groppa ai cavalli bianchi che sono stati disposti e bardati per noi con copricapi piumati e nastri colorati.
3…2…1…Che lo spettacolo abbia inizio!
Entriamo in equilibrio sui cavalli al galoppo, chi tenendosi con una mano sulla testa dell’animale, chi in piedi sul dorso. Le due file si dispongono in modo da formare due cerchi, uno esterno e l’altro interno, poi, ad un comune segnale, gli della fila esterna con un balzo e una capriola atterrano sui cavalli che galoppano nel cerchio interno e lo stesso fanno gli acrobati della fila interna. Tutto in perfetta sincronia. E’ un vortice di piume, salti, capriole.
Il pubblico esulta e applaude letteralmente incantato. E siamo solo all’inizio!
Dal centro del palco si erge una piattaforma circolare sulla quale capeggia la figura del direttore. La sfrenata corsa in tondo si placa all’istante per incentrare l’attenzione sulla figura al centro del palco e per permettere a noi artisti di riprendere fiato.
Ladies and gentleman vi chiedo un caloroso applauso per la nostra strabiliante compagnia di artisti circensi! Avete visto anche voi quanto sono in gamba, no? Ebbene sappiate che this is just the beginning…insomma, come dire.. ne vedrete… di tutti i colori!
Le luci si spengono. Il direttore sparisce sotto la piattaforma dal quale era emerso e anche noi tutti spariamo dietro le quinte al trotto dei nostri cavalli.
–Ce l’abbiamo fatta!- esclama Sayuri eccitata, ma Hiroshi prontamente le preme una mano sulla bocca.
–Ssssh, parla piano, fuori si sente tutto!
–Santo cielo che emozione! Avete visto quanta gente ci guardava?
–Piuuf, e questa è fatta!
–Non cantiamo vittoria troppo presto- interviene Ranma. –Siamo solo all’inizio, il bello deve ancora venire! –Ranma ha ragione- concorda Daisuke – è ancora troppo presto per rilassarci!
–E ora, gentile pubblico, è il turno delle nostre giocoliere equilibriste sincronizzate: ecco a voi Yuka e Sayuri! Un applauso di incoraggiamento, please!
–In bocca al lupo, ragazze! 
–Crepi!- risposero loro all’unisono.
Yuka e Sayuri fanno un’esibizione a dir poco eccezionale, in una sincronia che credo nemmeno i migliori acrobati del mondo, se anche si mettessero d’accordo sui tempi, riuscirebbero ad equiparare. Ritte come statue, si passano a vicenda due, tre, quattro birilli alla volta senza mai tentennare sul sottile filo di nylon che le sostiene.
L’esibizione è un successo e i commenti estasiati del pubblico lo confermano.
–Guarda come stanno dritte dritte, mamma!
–Sono eccezionali!
–Ma come diavolo fanno?
–Papà, e se adesso cadono?- esclama una bambina in prima fila, coprendosi gli occhi.
–Tranquilla, tesoro, non cadranno: si sono allenate tanto!
Finita la loro esibizione, le luci si riaccendono, Yuka e Sayuri saltano giù con grazia, atterrando in equilibrio sulle mezze punte.
Il pubblico applaude ed urla eccitato “Siete bravissime!”, “Sincronia perfetta”, “Siete un portento!” e loro per tutta risposta, tenendosi le mani si inchinano a mezzo busto allargando gli angoli della bocca in un sorriso a trentadue denti, dopodiché le luci si abbassano e le due giocoliere tornano dietro le quinte. Seguono i commenti estasiati di tutti gli artisti e in particolare quelli di Hiroshi e Daisuke (qui gatta ci cova!), smorzati quasi subito dalla voce del direttore.
–E dopo l’esibizione wonderful di quelle che ci piace definirle “gemelle siamesi”, è il turno di Ryoga e della sua cagnolina ninja Biancanera! Come on guys, fatevi avanti!
Attimi di silenzio. I riflettori vagano alla ricerca dell’artista nominato, ma di lui non c’è traccia. Di Ryoga e Biancanera nemmeno l’ombra. –E’ la fine! Siamo perduti!- esclama qualcuno. 
–Stava procedendo tutto troppo bene!- si lamenta una voce femminile.
–Oh, se solo avessi mostrato prima al mondo il mio talento nel tirare le spade!- vaneggia Kuno, piagnucolando. In un altro momento magari gli avrei tirato volentieri un pugno in pieno naso, ma stavolta no. Ho ben altro a cui pensare. Stavolta il pugno in piena faccia se lo beccherà Ryoga, se non compare entro cinque secondi. 
–Ryoga, ma che fine hai fatto!- mormoro affranta, portandomi una mano sulla faccia, già presumendo il disastro che ne sarebbe seguito.

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Capitolo 19
*** The show must go on ***


Tra il pubblico si odono bisbigli di sorpresa e di suspance. “Ma che succede?” “Dov’è l’artista?” “Forse è andato in bagno”
Dietro le quinte è il panico totale. Le ragazze si guardano spaesate, i ragazzi preoccupati giurano di averlo visto un attimo prima proprio dietro di loro. Ranma, intanto, suda freddo, mormorando tra i denti: –Dannato Ryoga, dove diavolo ti sei andato a cacciare, ci farai perdere lo spettacolo e pure la faccia!
Ma ecco che quando tutto sembra ormai perduto, un’ombra dalla velocità tale che non se ne distinguono i lineamenti, salta da un capo all’altro del tendone per poi andare a posizionarsi al centro della piattaforma con un ginocchio poggiato a terra e l’altro piegato a sostegno dell’avambraccio.
Improvvisamente, facendo leva sul ginocchio piegato, Ryoga scatta in alto e lancia sei hira shurikena quattro punte in direzione del pubblico, il quale fa per alzarsi e correre via, terrorizzato. Ma non ne ha il tempo perché una seconda ombra, veloce come una saetta, raccoglie in pochi secondi tutti e sei gli shuriken per poi atterrare aggraziatamente davanti al padrone. I riflettori illuminano le due figure: Ryoga, nuovamente atterrato nella posizione di prima, e la sua Biancanera, seduta e scodinzolante, con le sei piccole stelle a quattro punte strette tra i denti.
Altri attimi di silenzio. Dietro le quinte si teme il peggio. C’è persino chi, sconsolato, si lascia andare sulla cassapanca di legno tenendosi la testa tra le mani. Poi le urla, gli applausi scroscianti, i complimenti.
“Anche questa è andata” penso con un sospiro di sollievo. Certo che Ryoga stavolta c’ha fatto prendere un colpo bello e buono!
Ryoga rientra pochi minuti dopo, ancora rosso in viso per l’emozione, poi si inginocchia a terra con il viso rivolto verso l’alto. –Non…non…NON MI SONO PERSO!- urla incredulo, ma Kuno provvede subito a tappargli la bocca e gli intima di fare silenzio.
–Perso un accidente!- gli urla Ranma, assestandogli un pugno in testa. –C’hai fatto prendere un colpo, maledetto! 
Ryoga, però, forse ancora scosso – un po’ per l’emozione un po’ per il fatto, per la prima volta nella storia, di non essersi perso – sembra non aver sentito il colpo infertogli da Ranma e, come davanti ad una visione celestiale ( con tanto di occhi sbarrati e sorriso ebete stampato in faccia), comincia a sbandare a destra e a manca, confabulando parole sconnesse, per poi prendere le zampe anteriori di Biancanera e iniziare a ballare con lei continuando a ripetere “Non mi sono perso! Capisci, Biancanera? Per la prima volta in vita mia, non mi sono perso!”. Intanto, anche i cinque cuccioli di Biancanera, forse contagiati dall’euforia del padrone, avevano preso a corrergli in cerchio abbaiandogli festosi.
Quanto alle esibizioni, quella successiva manda letteralmente in visibilio il pubblico, soprattutto le adolescenti, che alla vista di Mikado iniziano a urlare come impazzite.
Ah certo, adesso vi chiederete come abbiano fatto ad esibirsi due pattinatori sul ghiaccio visto che qui di ghiaccio non ce n’è nemmeno l’ombra. E visto che siamo in pieno giugno, per giunta. Beh, sappiate che la tecnologia fa miracoli e quando ancora avevamo un budget piuttosto sostanzioso, non ci crederete, ma ci siamo potuti permettere il lusso di comprare una macchina per fabbricare il ghiaccio e la neve.
Noto il pubblico tirar fuori da chissà dove guanti, felpe, maglioni di lana e giacconi imbottiti, mentre noi dietro il sipario ci geliamo letteralmente.
–M-maled-detto S-Sanzenin…, m-muoviti con la tua e-esibizione!- esclama Ranma, irritato.
–I-io lo s-sapevo che qu-quella d-dannata A-A-Azusa ci avrebbe dato solo problemi!- inveisce Kodachi, tremando. 
Akane, invece, non scomponendosi più di tanto e si limita a starnutire e soffiarsi continuamente il naso gocciolante.
Quanto a me, cerco in ogni modo di non dar a vedere i brividi che corrono lungo le gambe e le braccia, ma non posso certo evitare che i miei denti battano per il freddo.
Gli applausi scroscianti e le urla lì fuori ci fanno comprendere che l’esibizione della coppia di pattinatori è terminata, con gran sollievo da parte di tutti noi che ormai avevamo raggiunto lo stadio dell’acqua sotto gli zero gradi.
Non appena la macchina per il ghiaccio viene spenta, il gran caldo subito scioglie la pista che, ben presto, torna ad essere la piattaforma di prima.
–E ora qualche minuto di intervallo per dare il tempo di risistemare il nostro palcoscenico!- annuncia il direttore con enfasi. –Se volete, fuori c’è lo stand di pietanze internazionali della nostra eccezionale Ukyo: solo qui potete trovare ricette provenienti da tutto il mondo! 
La folla di spettatori si alza ed esce in massa, accalcandosi, spingendosi e cercando di farsi largo: il profumo di frittelle, pop corn e zucchero filato li attira come cuccioli affamati.
–A chi tocca ora?- domanda Ryoga grattando la testa di Biancanera.
–E’ la volta del grande e inimitabile Tatewaki Kuno, naturalmente… come hai potuto dimenticartene, misero Ryoga Hibiki!
Ryoga roteò gli occhi, pentendosi subito amaramente di aver fatto quella domanda: cinque minuti di vaneggiamenti da parte dell’aristocratico – che poi, se è così aristocratico come dice di essere, mi chiedo come sia finito in un circo come questo – lanciatore di spade. Non vorrei essere nei panni di Ryoga, per nessun motivo al mondo.
Intanto tutti se l’erano filata e si erano riuniti nello spazio retrostante il circo.
–Santo cielo quest’attesa è snervante!- esclamò Akane, soffiandosi con un ventaglio. Gli altri annuisco, ma sono piuttosto pensierosi, perciò mi chiedo se abbiano realmente capito cosa abbia detto Akane.
–Io mi inceppo di sicuro!- esclamò Ren in panico.
–Ah, per fortuna che io e Azusa ci siamo già esibiti!- intervenne Mikado pettinandosi un ciuffo ribelle e vi lascio immaginare le occhiate di fuoco che partirono dai presenti in direzione del pattinatore. –E quando lo spettacolo sarà terminato, ti porterò a cena fuori, mia cara Akane Tendo.
A questo punto Ranma scatta in avanti e afferra Mikado per il colletto. –Vedi di fare poco il cascamorto o te ne farò pentire.
La cosa stupisce non poco i presenti, che spostano lo sguardo - prima minaccioso, ora incredulo – da Mikado a Ranma. L’interessato si accorge subito della moltitudine di occhi puntati addosso e lascia immediatamente il colletto del giovane pattinatore, mentre il suo viso assume un colorito sempre più tendente al rosso peperone.
–Ranma…?- lo interpella timidamente Akane.
–N-non fr-fraintendete! Quello che vo-voglio dire è che l’atteggiamento di Sanzenin mi irrita terribilmente, per questo deve smetterla. A chi volete che importi di un maschiaccio distratto e impacciato come Akane, andia…
Seguendo l’esempio dei miei compagni chiudo gli occhi e mi tappo le orecchie prima che Akane scarichi la sua ira funesta su Ranma tirandogli addosso la cassa di legno sulla quale era seduta fino ad un attimo fa.
–Beh, sai che ti dico? Se a te non interessa, vorrà dire che accetterò molto volentieri l’invito di Mikado!
Il giovane sorrise soddisfatto: con quello facevano cento appuntamenti in meno di una settimana, praticamente un nuovo record!
Sarebbe andato avanti per chissà quanto ancora quel battibecco, se la voce del direttore, proveniente dagli altoparlanti, non avesse catturato l’attenzione tutti, invitandoci e rientrare per la seconda parte dello spettacolo.
–Andiamo!- esclamo senza troppa convinzione, rendendomi conto solo pochi secondi dopo che è la prima parola che spiccico da inizio serata. Dovrei sprizzare energia da tutti i pori, essere agitata, o quantomeno emozionata, nervosa e, in effetti, lo sono, eppure c’è qualcosa che mi turba, ma non ho nemmeno io la più pallida idea di cosa possa essere. E’ come se in questa serata così perfetta mancasse qualcosa.
Quando rientriamo, io e Kodachi diamo appena una sbirciata da dietro la tenda: al centro della piattaforma è stato posizionato un bersaglio molto simile a quelli che si usano nel tiro a segno, grande quanto la misura di un uomo e con ampi e colorati cerchi concentrici.
–Sempre il solito esagerato- commenta acida Kodachi.
–Signore e signori per questo numero ci serve un volontario. Any bidders? No?
Il pubblico confabulò qualcosa.
–Quel bersaglio non mi convince…
–Nemmeno morto!
–Perché non provi tu?
–No, ma che scherziamo!?
Alla fine, dall’ultima fila, si alza un uomo sulla quarantina, piuttosto magrolino.
–Mi offro io!- esclama impavido.
–Venga, buon uomo- lo invitò Kuno –le posso garantire con assoluta certezza che questo numero non metterà in alcun modo a repentaglio la sua incolumità. 
L’uomo balza giù dagli spalti con l’agilità di un vecchietto con la sciatica e, come mostrato dal direttore, prende posizione sul bersaglio, aggrappandosi agli appositi appigli.
–Molto bene, signore – comincia il direttore – si tenga forte perché ora la farò roteare, mentre Kuno le lancerà una serie di spade, cercando di non colpirla.
–No, no, un momento come sarebbe a dire: “cercando di non colpirla”!
–Stia tranquillo, buon uomo- intervien il lanciatore di spade- glielo ripeto: la sua incolumità è al sicuro!
–Pronti…
–No, un secondo, fatemi scendere!
–…VIA!!!!
Il pazzoide fa partire il bersaglio, il quale prende a roteare velocemente, mentre Kuno, prendendo la mira, lancia una raffica di spade dalla lama tagliente.
–L’uomo cacciò un grido acuto e prolungato e strinse gli occhi, sudando freddo.
Un “Oooooh” di spavento misto a meraviglia si eleva dagli spalti.
L’uomo riapre gli occhi un minuto dopo, lentamente, prima uno, poi l’altro. Era circondato dalle spade, a meno di un centimetrodi distanza da lui, ma era ancora vivo. Era ancora vivo!
Davanti a lui un Kuno a petto gonfio e aria soddisfatta che si reggeva su una spada più lunga delle altre. Applausi, complimenti e grida di meraviglia si alzano dal pubblico.
–Strepitoso!
–Non ci credo!
–Incredibile! 
Tutti quei complimenti fanno gongolare oltremisura Kuno, il quale resta fermo lì a godersi gli applausi e gli sguardi stupiti fino a quando il direttore non si vede costretto a chiamare la sicurezza per riportare il giovane esibizionista nuovamente dietro le quinte, non risparmiandosi un commento pungente del tipo: “Hai monopolizzato la scena anche abbastanza, ora smamma”.
–E adesso, gentili spettatori, un numero che vi terrà col fiato sospeso per tutto il tempo, che vi farà gelare il sangue nelle vene: i vostri occhi non crederanno a ciò che vedrete!
Dietro di me Akane sospira pesantemente e si alza.
–Posso farcela, devo farcela- dice per farsi coraggio.
Un assistente porta due grosse tigri indiane e le sguinzaglia.
–Natsumi, Kanae: forza, tocca a noi!
Ma i due felini non vogliono saperne di raggiungere la padrona, anzi: con uno sbadiglio che mette in mostra la perfetta e affilata dentatura, si distendono per terra con l’intenzione di schiacciare un pisolino. Akane resta a fissarle per qualche istante, poi pronuncia le tre fatidiche parole: “Allora niente cena”.
Le due micione drizzano subito le orecchie e scattano in piedi per poi prendere posto ai lati della padrona. Akane sorride soddisfatta: avrà pensato che forse non è tutto perduto e ha ancora una speranza di fare bella figura davanti al pubblico. 
–… un applauso di incoraggiamento per la nostra giovane e splendida domatrice Akane Tendo!
La divisa rossa con ricami dorati scintilla sotto i riflettori, così come il mantello dei due animali. Akane fa schioccare la frusta per terra e subito i due felini, come gatti ammaestrati, si posizionano sui due piccoli podi che sono stati allestiti, uno a destra e uno a sinistra, per l’esibizione.
Ad un cenno del direttore, due assistenti incendiano i cerchi davanti i due podi. Akane si volta in modo da guardare i due animali negli occhi, fa schioccare la frusta e quelli, obbedienti e perfettamente sincronizzati, saltano nei rispettivi cerchi infuocati, atterrano, saltano di nuovo, si incociano, attraversano il cerchio infuocato dell’altro e si riposizionano sul podio.
Il pubblico è estasiato, ma non hanno ancora visto nulla.
Da dietro le quinte, Ryoga lancia due enormi palloni di gomma. Akane fa schioccare nuovamente la frustra a terra e le due belve si muovono in direzione dei palloni, li prendono con il muso e li tengono in equilibrio sul naso. Si alzano sulle zampe posteriori e iniziano a lanciarsi a vicenda i palloni, afferrandoli sempre con il muso e tenendoli in equilibrio per un qualche secondo.
Il pubblico ora ride divertito, trovando l’esibizione delle due tigri tenera e divertente.
–Guarda che carine, mamma!- esclama una bambina puntando il dito davanti a sé.
–Mamma anch’io voglio una tigre!- protesta un altro.
Per chiudere il numero, Akane fa schioccare due volte la frustra per terra, allora le tigri lanciano simultaneamente i due palloni in aria e con due balzi si riposizionano ognuna sul proprio podio per poi rialzarsi sulle zampe posteriori e prendere al volo i palloni che ritornano giù.
Akane si volta di nuovo verso il pubblico e si inchina, mentre questo la sommerge di applausi, di complimenti e di urla eccitate. Akane si inchina di nuovo e con un ennesimo schiocco di frusta ordina alle due tigri di fare lo stesso: le due belve, allora, scendono dai rispettivi podi e si inchinano obbedienti, porgendosi ai lati della domatrice.
-E’ andata, è andata!- gioisce Akane sottovoce, non contennendo l’eccitazione.
–Lo sapevo che saresti stata grande, Akane!- si complimenta Ryoga, contagiato dall’euforia, seguito da una scodinzolante Biancanera.
–E voi siete state semplicemente magnifiche!- esclama abbracciando e coccolando le due tigri che le rispondono con leccate e strusciate sul fianco.
Quando il direttore annuncia l’esibizione di Ren, ho un sussulto. Ci siamo quasi. Dopo di lui, è il turno di Ranma, poi ci sono io. In teoria, ci sarebbe stata l’esibizione di Mousse, ma poiché Mousse non c’è, tocca a me “tappare il buco” nella scaletta, come si suol dire.
L’ansia comincia a farsi sentire anche per me, per cui non presto molta attenzione al numero di Ren, a malapena mi accorgo di un volontario tra il pubblico che si offre per il numero dell’imitatore: è un giovane sulla ventina, piuttosto robusto, con una tuta bianca e una cintura nera da judo.
Vedo distrattamente Ren assumere le sembianze volontario e, al suono di un gong, iniziare a combattere contro di lui, parando e schivando ogni suo colpo, come se conoscesse già la mossa successiva.
– Tocca a me!
–Voglio provarci anch’io!
– Anch’io!
–E io pure!
Una moltitudine di persone si alza e si offre come volontaria per testare le capacità dell’imitatore. Ren riesce ad imitare l’aspetto e la personalità di chiunque gli si presenti davanti, lasciando il pubblico senza parole. Ma il pezzo forte sarebbe arrivato dopo e allora sì che il pubblico avrebbe sgranato gli occhi!
–E adesso, caloroso pubblico, il nostro pezzo forte: tenetevi alle panchine perché sgranerete gli occhi per il wonderment! Solo per voi, Ranma Saotome, l’uomo che si trasforma a contatto con l’acqua! Applause, please!
Ranma entra in scena lentamente, nella sua solita divisa cinese rossa con pantaloni neri, mentre alcuni addetti preparano una grossa tinozza d’acqua e un trampolino.
Ranma scrocchia le dita, guarda in alto, sospira. Inizia a salire, sotto gli occhi attenti del pubblico. Arriva in cima, percorre l’asse di legno, si posiziona sulla striscia gialla all’estremità. Guarda in basso: le persone da lassù devono sembrargli tanti puntini neri.
I riflettori sono puntati su di lui. Rullo di tamburi. 3…2…1…
Si lancia nel vuoto da un’altezza di quattro metri. Pochi secondi dopo uno splash e una parete d’acqua che si alza e inonda gli spettatori in prima fila, i quali, prontamente, tirano tutti fuori da chissà dove un ombrello (saranno mica allievi di Mousse?) per ripararsi. Poco dopo dalla tinozza esce fuori una graziosa ragazza dal seno prorompente e dai capelli rossi, legati in una treccia. 
Alcuni in prima fila si sporgono maggiormente, a occhi sbarrati e bocca aperta, non potendo credere ai loro occhi; altri iniziano, invece, a sbavare senza ritegno, ammirando le forme morbide e sinuose della giovane, sotto lo sguardo minaccioso delle fidanzate, altri ancora fischiano e ammiccano suadenti tentando un abbordaggio, con scarsi – e anche piuttosto comici – risultati.
Ranma, dal canto suo, non si scompone più di tanto: saluta, risponde agli ammiccamenti, sbatte le ciglia con fare ingenuo. In tutta sincerità, non so nemmeno io se ridere, rabbrividire o dare di stomaco. O tutte e tre le cose insieme.
Qualche minuto dopo, Akane lo raggiunge con un asciugamano e una teiera d’acqua calda: mantenendo il contenitore con un paio di presine, versa lentamente l’acqua sulla testa della ragazza dai capelli rossi alla quale sfugge un “Ahi!” di dolore non appena il cuoio capelluto entra in contatto con il liquido bollente. Una nube di vapore avvolge le due ragazze. Due istanti e della graziosa ragazza col codino non resta più nulla: muscoli e addominali scolpiti prendono il posto del seno sodo e della pancia piatta; i lineamenti delicati divengono improvvisamente marcati; la folta e lucente chioma rossa si tinge di nero; i grandi occhi blu mare si schiariscono assumendo una tonalità tendente al cobalto.
Il pubblico è impressionato e letteralmente senza parole: finora aveva creduto di aver visto tutto, ma ha dovuto ricredersi. 
Ranma si asciuga alla meglio l’acqua calda che gli gocciola dai capelli, poi ringrazia con un inchino i calorosi spettatori e lascia la scena, seguito a ruota da Akane, tra applausi, grida di stupore e lacrime di delusione da parte di chi sperava di poter combinare qualcosa con la misteriosa ragazza con il codino.
–Bene, ragazzi, è quasi fatta: l’ultimo numero è quello di Shan Pu e della sua piramide umana, poi ci sono solo i ringraziamenti finali...- spiega Ranma asciugandosi i residui di acqua e sudore dalla fronte.
–Siamo quasi giunti al termine di questa serata così gorgeous… e quale miglior modo di lasciarci se non con una, mega, super, ultra altissima piramide umana? Forse anche la più alta che abbiate mai visto in tutta la vostra vita? E allora un grande appaluso per le nostre quaranta contorsioniste! 
Oh, Kami, ci siamo! 
Faccio un bel respiro profondo: per un attimo tutto quello che mi circonda svanisce. Niente musica, niente pubblico, niente artisti, niente spettacolo. Niente. 
Li riapro. Tocca a me. 
Corro, esco, le luci dei riflettori mi abbagliano mentre il mio body lilla scintilla come se avessi addosso una cascata di stelle. Dopo aver percorso l’intero perimetro della piattaforma, saltando e agitando su e giù il nastro e contemporaneamente eseguendo esercizi di equilibrio con la palla – il tutto rigorosamente a tempo di musica - mi accingo a “scalare” quell’abnorme montagna umana, reggendomi con i soli piedi, considerato che le mani mi servono per eseguire gli esercizi con la palla e col nastro.
Una volta in cima, ecco la parte più difficile: tenendo il nastro con la bocca, poggio le mani sulle spalle delle mie due compagne che mi sorreggono, poi una volta stabilizzatami, reclino la testa all’indietro e allungo la gamba sinistra per lasciar scivolare la palla fino al mio piede, con il quale l’afferro e la porto davanti a me, all’altezza degli occhi. Intanto una pioggia di petali neri scende dall’alto mentre una ginnasta inizia a danzare nell’aria passando da una trapezio all’altro. 
Sono ormai certa che lo spettacolo sia giunto al termine, finché uno stormo di colombe bianche, avvolgendo l’intera piramide in un candido turbine. 
No, non può essere lui.
Lui è lontano chilometri da qui. 
Lui è con Xiwan. 
Lui è… tornato?

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Capitolo 20
*** Happy end ***


La musica parte e tutti gli artisti entrano in scena per l’esibizione finale: Ranma e Ryoga zompettando a destra e a manca, seguiti da Biancanera e i suoi cuccioli, Azusa e Mikado volteggiando sui rollerblade, Kuno – con tanto di rosa rossa tra i denti - sguainando e maneggiando qualcosa come una quindicina di spade, Ren agitando il suo ampio mantello e assumendo ogni volta l’aspetto di un artista diverso, Yuka e Sayuri tra capriole e verticali, perfettamente sincronizzate come sempre, e infine Akane in equilibrio sulla groppa dei suoi bei micioni indiani. Il tutto naturalmente a tempo di musica.
La cupola del tendone si scopre e il vortice si innalza verso il cielo per poi diramarsi a raggiera. Tutte le colombe spariscono nel manto scuro, eccetto una che, dopo un giro completo intorno alla platea e alla piramide umana, torna a posarsi sulla mia spalla. Intanto una raffica di fuochi d’artificio illumina senza un attimo di tregua il manto scuro del cielo. Sorridendo soddisfatto per la perfetta esecuzione del numero, mi lascio investire dal caloroso applauso del pubblico. 
–Semplicemente magnifici!
–Uno spettacolo unico!
–Siete fenomenali!            
Che meraviglia!- esclamano in coro alcuni bambini.                                           
Il pubblico è in visibilio: in tanti anni di carriera circense non ho mai visto tanto entusiasmo per un nostro spettacolo. La reazione del direttore è, poi, semplicemente impagabile:fiumi di lacrime gli scorrono giù dagli occhi - coperti dai vetri scuri delle sue lenti consuete – tanto che Hiroshi e Daisuke si sono visti costretti a munirsi di catini e bacinelle per raccogliere tutta quell’acqua salata onde evitare che la nostra piattaforma si trasformasse in un’arena per la battaglia navale.
E’ il momento del discorso finale. Respiro e allargo le braccia, urlando:

E’ giunto il momento, signore e signori,
che ognun ritorni ai suoi vecchi rancori:
i domatori a domare,
le fiere ad obbedire,
gli spadaccini a tirare,
le illusioni a sparire. 
E tuttavia tra urla di giubilo e latrati di lupo,
speriam di tutto cuore che lo spettacolo vi sia piaciuto!

Schiocco e le dita e una nube rosastra avvolge la compagnia circense. Qualche minuto sulla piattaforma non restano che i petali neri di Kodachi.
All’iniziale mormorio di meraviglia degli spettatori seguono risa e applausi scroscianti. Sì, devo ammetterlo: i colpi di scena sono sempre stati il mio pezzo forte! 
E a proposito di colpi di scena, il pubblico non è stato l’unico a restare di stucco alla mia apparizione. Davanti a me la schiera di artisti mi osserva con occhi increduli e si scambia occhiate fugaci come per confermare che la persona davanti a loro non sia una visione.
–Beh, allora? Nemmeno un “Bentornato, Mousse!” ? Mah, e io che mi aspettavo un’accoglienza più calorosa, begli amici! – scherzo fingendomi imbronciato, con tanto di braccia conserte e aria offesa.
–Oh, perdonaci Mousse, ma siamo ancora un po’ sconcertati dalla tua apparizione! – esclama Akane prima di gettarmi le braccia al collo per salutarmi. –Comunque sia, bentornato tra noi! E dopo di lei a mano a mano anche tutti gli altri mi salutano, mi abbracciano mi stringono la mano, mi danno pacche sulla spalla e mi sorridono, contenti del mio ritorno.
–E così ci hai giocati, eh Mousse? Maledetta talpa, tutto questo casino solo per fare la tua entrata a effetto!
Ecco qua. Vi pareva Ranma Saotome non doveva dire la sua? L’unica nota stonata di un’armoniosa melodia! Ma cosa volete farci, Ranma Saotome è pur sempre Ranma Saotome e volenti o nolenti così ce lo dobbiamo tenere. –C’hai preso in pieno, Ranma Saotome. Ho davvero architettato tutta questa messinscena dell’addio per tornare con un’entrata a effetto. E guarda che risultato: è stato praticamente un successo!  BAM! Spiazzato in pieno. E per la prima volta posso godermi la faccia corrucciata ( e anche lievemente arrossata, oserei dire!) del codinato playboy, al quale non viene in mente nessuna risposta con la quale controbattere. Il mio sguardo cade casualmente alla mia destra: in un angolo buio una ragazza mi osserva a braccia conserte e gambe incrociate, appoggiata appena alla colona di cemento che fa da sostegno al tendone. Congedandomi dagli altri mi avvicino a lei.
–Ciao, Shan-Pu.
–Ciao Mousse. Bentornato. – mi risponde lei con lo sguardo sfuggente rivolto verso il basso.
–Usciamo a prendere un po’ d’aria?
Lei scrolla le spalle. –Come vuoi. La piccola folla di artisti si apre per lasciarci passare, poi si ricompone e appena fuori – diavolo se sono prevedibili quelli lì! – accorre in punta di piedi per spiarci. Credo che anche Shan-Pu si sia resa conto del piccolo corteo di curiosi, eppure non fa niente per scacciarli e continua a starmi dietro con le braccia incrociate dietro la schiena e il passo lento.
–Bella serata, eh?- cerco di rompere il ghiaccio ammirando il cielo stellato.
–Mh. – annuisce lei e per la prima volta sento che i ruoli si sono invertiti: adesso sembra lei quella a disagio in mia presenza. Io, al contrario, non mi sono mai sentito più sicuro di me prima d’ora. O semplicemente più tranquillo, forse.
–Perché sei tornato?- mi chiede dopo qualche attimo di silenzio.
La domanda non mi coglie impreparato, ma mi prendo comunque del tempo per formulare una risposta.
–Sono tornato per te, mi sembra ovvio.
Anche se voltato di spalle posso capire che la mia risposta l’ha sorpresa dal leggero sussulto della sua voce. –Per me? No, dico, mi prendi in giro o cosa? Tu stavi con Xiwan e stavi per tornartene al villaggio pronto a cominciare una nuova vita, e adesso vieni a fare il romantico dicendo che sei tornato per me?- sbotta lei ostentando sicurezza, ma tradendo una nota di gelosia. –A proposito…- riprende lei acida dopo lo sfogo – che fine ha fatto la tua bella? Perché non sei tornato indietro con lei, eh? E’ già finito tutto l’amore che provavi nei suoi confronti? Ah, no, forse era solo lo spasso del momento, vero? A questo punto il mio autocontrollo va a farsi benedire e senza nemmeno rendermene conto afferro Shan-Pu per le spalle e tiro fuori quello che per tanto, troppo tempo ho tenuto dentro.
–Vuoi saperlo? Vuoi davvero sapere tutta la verità fin dal principio? Vuoi sapere come io mi sia ridotto a uno zerbino per colpa tua? Tu non hai la minima idea di quanto io abbia sofferto per tutti questi anni, di quanto sia stato male per ogni tuo sguardo indifferente, di quante volte abbia fatto la figura del perfetto imbecille pur di attirare anche solo di sfuggita la tua attenzione… e tu niente, mi sei passata attraverso come se fossi stato un fantasma, una creatura priva di consistenza, inesistente, un signor nessuno. E sai qual è la cosa peggiore, la cosa più umiliante? È che nonostante tutto questo, nonostante tutto il male che ho patito per causa tua, io non riesco a odiarti. Ci ho provato, ma non ci riesco. Anzi, ti amo più di prima.
Le mie parole la investono come un fiume in piena, me ne accorgo dalla dilatazione delle sue pupille.
Per una manciata di secondi nessuno dei due parla, poi lei decide di rompere il silenzio cercando, invano, di mantenere il suo solito tono di voce freddo e piatto.
–Se mi amavi così tanto come dici, perché non hai affrontato il problema apertamente? Perché hai accettato l’amore di Xiwan anziché chiarire con me i tuoi sentimenti?
Mi prendo una seconda pausa.
–Accettiamo l’amore che crediamo di meritare, Shan-Pu- le dico tranquillamente e la mia risposta la lascia a bocca aperta. Lei abbassa nuovamente lo sguardo e da sotto la frangetta color lavanda calde lacrime le rigano il viso di porcellana. E’ la prima volta che vedo piangere Shan Pu. Lei, così fiera, glaciale, dallo sguardo impenetrabile adesso era scossa da tremiti irrefrenabili.
Bianjie...
Mi sta chiedendo scusa. Shan Pu, l’amazzone dal cuore di pietra, sta chiedendo scusa proprio a me, povero contadino della sperduta provincia del Youkasai, in Cina, divenuto poi illusionista di un qualunque circo ambulante.
   Sfioro delicatamente una sua guancia con la mia mano destra e le sollevo piano il viso: i grandi occhi rosso scuro sono diventati ancor più rossi a causa del pianto. Prima che possa anche solo rendermene conto il mio viso è a pochi centimetri dal suo. Il mio cervello ha ormai dichiarato ufficialmente chiusa la sua attività.
Posso percepire il suo respiro irregolare e il profumo della sua pelle, un profumo che inebria i sensi. Lo inalo come a volerlo imprimere nella mia mente e subito una sensazione di vertigine o stordimento si impossessa di me. 
Wo ai ni, Shan Pu.
Incurante della banda di curiosi appostati a pochi metri da noi, incurante delle possibili conseguenze alle quali il mio gesto avrebbe portato, incurante di qualunque altra cosa, appoggio le mie labbra alle sue, avvolgendola in un abbraccio protettivo. In questo preciso momento il tempo sembra essersi fermato. Rinsavito, mi assale il pensiero di una sua possibile reazione (contraria, naturalmente), tuttavia non discosto di un solo millimetro le mie labbra dalle sue. Sono già mentalmente pronto a prendere un volo di svariati chilometri verso una qualche meta ignota – che dire: è stata una vita breve ma intensa, la mia! – ma la reazione della mia bella compaesana mi spiazza: Shan Pu si aggrappa alla mia veste bianca e mi stringe maggiormente a sé.
Qing buyao likai wo – mi sussurra tra le lacrime. “Ti prego non lasciarmi” mi implora.                       
–Yong bu za .-
la rassicuro altrettanto sommessamente. “Mai più” le ho risposto con un sorriso. 
La stringo nuovamente a me, accarezzandole i lunghi capelli e lei mi lascia fare, anzi, si abbandona completamente al mio abbraccio, in cerca di protezione. Le cose cambieranno, niente sarà più come prima. Ne ero sicuro.

*Note dell'autrice*:
La citazione "Accettiamo l'amore che crediamo di meritare" pronunciata da Mousse è tratta dal film "Noi siamo infinito" di Stephen Chbosky.

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Capitolo 21
*** 10 years later... ***


Xiaochen! Xiaochen, dove sei?
Chissà dove sarà andata a finire quella benedetta ragazza. Ogni volta che la cerco per un lavoretto in casa sparisce nemmeno fosse uno dei trucchi di magia di Mousse. Ah, quella piccola peste! Ma se la prendo, questa volta passo alle maniere forti e una bella sculacciata con la canna di bambù non gliela toglie nessuno!
Con lo sguardo scruto il paesaggio davanti a me, aspettandomi che d’improvviso salti fuori una bambina alta quanto un piccolo sacco di riso. Passano i minuti e tutto ciò che interrompe la quiete del luogo sono una lepre che, vedendomi, rizza le lunghe orecchie e muove il musetto color crema per poi riprendere a saltellare tra le colline, e il vento che passa tra le foglie dei tassi. Respiro il vento che scarmiglia i miei capelli e il profumo che proviene dalle piante di ginepro e di tasso. Chiudo gli occhi e mi immergo in quell’aria così estranea e così familiare allo stesso tempo. Era tanto che non sentivo la natura sulla mia pelle, nei miei capelli, nei miei polmoni. “Sono a casa” mi ritrovo a pensare e quel pensiero mi fa sentire stranamente bene, come mai mi era accaduto prima.
Piccoli passetti sull’erba attirano la mia attenzione facendomi tornare con i piedi per terra. Sorrido. Non c’è bisogno di chiedere chi sia. D’un tratto la mia vista si offusca e la schiena si ritrova a sostenere qualche grammo in più.
–Indovina chi sono?- dice una vocina squillante.
Sospiro. I miei propositi di sgridarla, metterla in punizione e picchiarla con il bambù sono già andati al vento.
–Oh, fammi indovinare…sei una piccola peste che quando la mamma chiama per qualche lavoretto in casa schizza via come un leprotto!
E mentre dico questo la afferro per i fianchi e con una capriola comincio a farle il solletico. E’ il suo punto debole, ormai l’ho imparato: fianchi, piedi e pancia. La sua risata fresca e infantile è come il tintinnio di uno scacciapensieri. Resto incantata a guardarla: la pelle bianca come latte di soia, i lunghi capelli color lavanda e gli occhi acquamarina la fanno assomigliare ad una bambola di porcellana, di quelle che tante volte, quando ero piccola, vedevo con mia madre nelle botteghe giù in paese.
Affondo il viso in quella massa glicine e mi lascio inebriare dal profumo di fresco, di lavanda e di erba bagnata.
–Papà, papà aiuto!- grida la piccola tra le risa.
Dietro di me sento passi cadenzati e pesanti. Mousse posa in un angolo della nostra casa la legna raccolta, dopodiché scarica il resto dalla groppa del mulo .
–Papà, la mamma mi fa il solletico! – protesta Xiaochen.
–Ah sì? – chiede Mousse con un sorriso senza però mostrare troppo interesse. –Allora vorrà dire che… avrà bisogno di una mano!
In un attimo ci ritroviamo tutti e tre a rotolare giù per collina, con i nostri corpi a far da scudo alla piccola. Arrivati in fondo, il respiro è pesante, i capelli sono arruffati e piani di foglie e fiori e le mie condizioni a di poco impresentabili. Ma rido. Prima impercettibilmente, poi a singhiozzi, infine senza alcun freno. Rido e la mia risata contagia anche Xiaochen e Mousse. Se qualcuno ci vedesse in questo preciso istante penserebbe di certo che siamo matti da legare. Eppure, non mi importa. Per la prima volta in vita mia mi sento bene, in pace con me stessa…mi sento semplicemente io. I miei occhi si voltano istintivamente alla mia destra e noto con sorpresa che Mousse ha smesso di ridere e mi sta osservando sorridente. E innamorato.  
Arrossisco. –Perché mi guardi? Ho qualcosa sulla faccia per caso? – sbotto sulla difensiva. Beh, d’altronde com’è che si dice: il lupo perde il pelo ma non il vizio. E così io, sebbene con il tempo mi sia addolcita parecchio, questo non vuol dire che abbia rinunciato al mio lato fiero e combattivo. Discendo comunque dall’orgogliosa stirpe delle Amazzoni, non dimentichiamolo.
–No, no, non hai niente che non va. E’ che sei bellissima, tutto qui.
Arrossisco maggiormente. Un giorno o l’altro gliela farò pagare: deve piantarla di uscirsene con queste frasi romantiche e sentimentali… va bene che mi sono “ammorbidita” un po’ negli ultimi anni, ma detesto arrossire come una ragazzina infatuata alla quale viene rivolto un complimento dal ragazzo che le piace.
-Papà, guarda, la mamma è diventata tutta rossa!- esclama Xiaochen puntando il ditino e battendo i piedi divertita. –Beh, credo che sia ora di andare, forza!
Mi alzo in tutta fretta e comincio ad avviarmi su per la collina.
–La mamma ha ragione. – sento dire a Mousse – Dobbiamo andare, è quasi ora di pranzo.
Qualche minuto dopo Mousse mi raggiunge in casa, mentre io sono già indaffarata a tagliare le carote e le erbe speziate da preparare come contorno al manzo bollito.
–Xiaochen, lavati le mani prima di toccare la verdura!
Ma quando mi volto per prendere la pezza per pulire il coltello mi accorgo che Mousse è da solo.
–Xiaochen è fuori a giocare con Qi Bai.
–Kami benedetti! Quand’è che quella bambina si metterà in testa che deve diventare una donna?
–Shan Pu è solo una bambina, l’hai appena detto tu stessa! Ha appena due anni, tutti i bambini alla sua età non pensano che a giocare!
–Sì, ma Xiaochen non è una bambina qualunque. E’ un’Amazzone e che come tutte le bambine amazzoni deve apprendere fin dalla più tenere quale ruolo le spetta in questo mondo. Ben presto dovrà imparare a cucinare, a svolgere i servizi in casa e a combattere, se vuole sperare di cavarsela lì fuori. E’ quello che è stato insegnato a me e amia volta io lo insegnerò a mia figlia e così sarà per tutte le generazioni a venire.
–Vuoi davvero che lei cresca come sei cresciuta tu?
–Intendi forte, fiera, orgogliosa e indipendente? Certo che lo voglio!
–Intendo… infelice.
Mi zittisco. Diavolo, Mousse quando ci si mette sa davvero colpire nel segno.
–Guardati, Shan Pu. Oggi per la prima volta hai riso, hai riso sul serio, di cuore, spontaneamente. Non per fingere interesse, non per educazione. Hai riso perché lo volevi. Ed è stato come se mille colombe si fossero librate in volo dopo esser state tenute per tanto tempo in una gabbia troppo stretta.
Sì, non potevo dargli torto. E’ stata una sensazione magnifica, non so come spiegare… unica.
–Guardala, Shan Pu. Guardala per un solo, lungo istante: vuoi davvero che lei cresca come la più fiera delle Amazzoni? Vuoi realmente che lei rinunci alla sua vita spensierata da bambina per diventare una guerriera?
I miei occhi seguono la direzione del braccio di Mousse e si soffermano sulla finestra: fuori una bambina seduta a cavalcioni sul collo di un mulo tormenta le lunghe orecchie dell’animale, il quale senza scomporsi se ne sta sdraiato all’ombra, assopito.
–Al galoppo Qi Bai, al galoppo!- urla divertita, ma il quadrupede si limita a rispondere con un sonoro sbadiglio.
“Che cosa sto facendo” mi ritrovo a pensare. Senza che io possa fare qualunque cosa per impedirlo le lacrime iniziano a scorrere copiose giù per le guance, poi si trasformano in singhiozzi, infine in un pianto irrefrenabile. Crollo per terra e subito Mousse si accascia accanto a me e mi avvolge in un tenero abbraccio. –Sono un’insensibile- piagnucolo infantilmente – Una pessima madre. Stavo per far condurre a mia figlia la stessa vita che mia madre e mia nonna hanno fatto condurre a me. Non capisco niente di bambini. Non capisco niente della vita.
Mousse prende ad accarezzarmi dai capelli fin giù alla schiena. –Tu sei una madre e una moglie eccezionale, Shan Pu.- mi conforta – Solo che ti hanno istruito troppo sull’orgoglio e sull’onore e troppo poco sulla felicità e i veri valori della vita. Tutto qui.
Mousse mi bacia i capelli e mi stringe ancor di più a sé. Mi lascio cullare dal suo abbraccio e i singhiozzi a poco a poco si placano. Mi sento protetta, al sicuro, come in una campana di vetro. È come se fuori il mondo non ci fosse, come se esistessimo solo noi, noi avvolti in un abbraccio senza fine.
–Papà, che cos’ha la mamma?
Sussulto. Ero riuscita a tal punto ad isolarmi dalla realtà da non avvertire la presenza di Xiaochen. La bimba si avvicina incuriosita e preoccupata e mi scruta con i grandi occhi verde acqua e il minuscolo dito in bocca, cosa che fa quando c’è qualcosa che l’attira particolarmente. –Stai piangendo, mamma? Hai gli occhi tutti rossi…
Maledizione. Adesso ci manca solo che faccia preoccupare mia figlia per i miei complessi da madre incapace. Mi asciugo in fretta gli occhi con un lembo del grembiule e cerco di articolare, mio malgrado, una scusa abbastanza convincente per spiegare la situazione. –N-no, piccolina, no…vedi, la mamma stava solo…
–Sì, tesoro, la mamma sta piangendo- interviene Mousse. Che diamine gli salta in mente? Invece di negare tutto, conferma? È sempre il solito stupido!
–E perché piange?
Bravo Einstein, adesso cosa le vai a raccontare, sentiamo un po’!
– La mamma piange perché è felice…
Ah beh, questa poi! Se si aspetta che si beva una sciocchezza simile è proprio un ingenuo!
–Ma non si piange quando uno è felice! Si piange quando uno è triste! Quando uno è felice sorride!
Ecco, avrà anche due anni ma non è idiota, sai, Mousse?
–Si può piangere anche quando uno è felice, piccola Xiaochen. E la tua mamma adesso è così felice che si è messa a piangere.
–Ohhh!- fa Xiaochen meravigliata e la sua espressione è così buffa che mi strappa una risatina.
–Vedi? Adesso sta ridendo, significa che è contenta.
–È vero, è vero! La mamma è felice, la mamma è felice!- esclama la bimba divertita, balzando in piedi. –Mama shi xingfu de! Mama shi xingfu de! Mama shi xingfu de!
In un attimo la piccola è di nuovo fuori a tormentare il povero Qi Bai, saltandogli in groppa, abbracciandolo e giocando con le sue lunghe e pelose orecchie.
Mi alzo, mi avvicino alla finestra e osservo la spensieratezza della piccola Xiaochen.
–Mousse tu credi che sia questa la felicità?- chiedo senza pensarci troppo. Lui mi abbraccia da dietro e affonda il viso nei miei capelli, inebriandosi del loro profumo.
–Io penso che la felicità sia questo: una casa accogliente, una campagna silenziosa, la moglie dei tuoi sogni, una figlia nostra. Ecco, sì, credo che la felicità sia tutto questo.
Sorrido e annuisco. Oggi, dopo una vita intera passata tra addestramenti, esercizi, spettacoli e contorsioni, ho compreso che per essere felici non sono necessarie la fama, la gloria, i riflettori, gli applausi., bensì semplicemente qualcuno che ti ami, che sia disposto a tutto (ma proprio a tutto) per te, una casa immersa nel silenzio di una campagna dove costruire una famiglia, la tua famiglia.
In fondo, basta poco per essere felici, no?



FINE

*Angolo dell’autrice*:
Salve a tutti, come va? E anche questa è fatta!
 Sì, lo so che per quest’ultimo capitolo vi ho fatto partorire, ma non credete che sia stato facile per me portare a termine questa storia. Ho avuto i miei impegni, la scuola, la maturità, lo studio e così ho potuto aggiornare solo adesso. Beh, meglio tardi che mai, no? Spero non vi siate dileguati tutti nonostante i lunghissimi tempi di aggiornamento.
Ora che la storia è conclusa mi premerebbe sapere che cosa ne pensiate: vi è piaciuta? Quale parte avete preferito? Il finale è stato di vostro gradimento oppure vi ha lasciato con l’amaro in bocca? Vi aspettavate qualcosa di diverso?
Insomma, fatemi sapere in tanti. Attendo con ansia i vostri pareri.
Grazie a tutti coloro che hanno resistito arrivando fino alla fine. Davvero, ragazzi, grazie di cuore.
Beh, che dirvi di più… allora, alla prossima! :-D
Un abbraccio
PiccolaEco

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