E se Romeo e Giulietta fossero stati Divergenti? di Fiamma Erin Gaunt (/viewuser.php?uid=96354)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Cap 1 ***
Capitolo 3: *** Cap 2 ***
Capitolo 4: *** Cap 3 ***
Capitolo 5: *** Cap 4 ***
Capitolo 6: *** Cap 5 ***
Capitolo 7: *** Cap 6 ***
Capitolo 8: *** Cap 7 ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Prologo
-
Tu non stavi pensando di andarci sul serio. –
La
voce di Eric trasudava incredulità e un pizzico
di panico, quasi sua moglie avesse appena pronunciato chissà
quale frase
assurda.
-
Io non stavo pensando di andarci. – confermò
Fiamma,
per poi aggiungere subdolamente, - Io stavo affermando
che stasera andremo da loro. –
Eric
andò avanti con le sue rimostranze per una
decina di minuti finchè, sconfitto ma ben deciso a non
ammetterlo, si chiuse
dietro la porta della loro camera da letto. Nonostante ciò
si sentivano
chiaramente i suoi borbottii su quel “diavolo di
donna” che si era scelto e su
quanto fosse assurdo che un “Capofazione fosse costretto a
sottostare ai
capricci di sua moglie”.
Eve
sorrise, lanciando un’occhiata di sottecchi al
fratello.
-
Comincia a prepararti, questa sera siamo dagli
Eaton. –
-
Non mi pare che nostro padre abbia detto di sì. –
considerò il gemello, inarcando un sopracciglio.
Aveva
appena finito di parlare che la porta della
stanza si aprì, mostrando un Eric appena cambiatosi con
un’espressione
decisamente arcigna sul volto.
-
Preparatevi, siamo a cena dagli amici di vostra
madre. – sputò, come se quello fosse
l’insulto peggiore che potesse venirgli in
mente.
-
Che somma gioia. – esclamò, ironicamente, Gabriel
mentre si alzava dal letto e apriva le ante dell’armadio.
Padre
e figlio si scambiarono un’occhiata d’intesa,
ma non aggiunsero altro.
Sembrava
che solo il ramo femminile della loro
famiglia trovasse i Prior – Eaton tollerabili.
-
Mi chiedo ancora perché faccia sempre ciò che
dice
la mamma. – considerò poi, pensieroso, una volta
che Eric se ne fu andato.
Eve
gli rivolse uno sguardo che significava quanto
lo ritenesse ingenuo o lento di comprendonio. O magari entrambe le cose.
-
Non è ovvio? –
-
Per niente. –
La
ragazza scosse la testa, facendo ondeggiare la
scintillante massa di onde corvine.
-
Papà sarà anche un Capofazione fuori casa, ma qui
dentro è la mamma che comanda. Anche se lui odia prendere
ordini detesta molto di
più passare la notte sul divano e per giunta solo.
– concluse, ammiccando maliziosamente.
Gabriel
annuì. – Quello che non capisco però
è perché
io debba sorbirmi frigida Eaton e
famiglia al completo. –
La
sorella sbuffò, alzando gli occhi al cielo,
esasperata. Ogni volta era la stessa storia e il fatto che suo fratello
e una
delle sue migliori amiche non potessero sopportarsi la mandava ai
matti; erano
gemelli, stare separati era difficile, ma stare nella stessa stanza con
Gabriel
e Kate era insostenibile.
-
Puoi comportarti bene? Per favore, fallo per me. –
lo pregò, sbattendo gli occhioni azzurri e fissandolo con il
suo migliore
sguardo da cucciola supplichevole. Era il genere
d’espressione con cui riusciva
a farsi accontentare sempre da lui e da suo padre; l’unica
che non ci cascava
era Fiamma che, parole sue, “aveva usato quel trucchetto con
Eric ancora prima
che l’idea di sposarlo fosse stata concepita dalla sua
mente”.
-
D’accordo, ma smettila di fare quella cosa con gli
occhi. – sbottò.
Sorrise
trionfante, scoccandogli un bacio sulla
guancia e precipitandosi nella sua stanza. Quando ne riuscì,
mezz’ora più
tardi, indossava un vestito estivo che le metteva in risalto il fisico
snello e
la vita stretta.
Gabriel
ed Eric la guardarono dall’alto in basso,
pronti a trovare qualcosa da ridire sul suo abbigliamento, ma Fiamma
ruppe gli
indugi.
-
Stai benissimo, tesoro. Non è vero? – aggiunse,
riuscendo a far suonare una domanda innocua come quella in modo
incredibilmente
minaccioso.
-
Certo che sta bene, ma non è un po’ troppo corto?
–
-
Alla sua età indossavo vestiti ben più corti, se
ben ti ricordi. Magari potrei prestargliene qualcuno. –
replicò, lanciandogli
uno sguardo che sembrava essere un messaggio in codice
perché Eric aveva
sgranato gli occhi.
-
Non starai parlando di quel
vestito. –
-
Precisamente. Avevamo più o meno la stessa taglia,
dovrebbe andarle bene. – confermò, sorridendo
serafica.
- Non
oseresti. –
Lo
fissò con aria di sfida: - Tu dici? –
Poi
si rivolse alla figlia: - Tesoro, nel mio
armadio c’è un vestito che potresti indossare,
visto che a tuo padre questo non
piace. –
Eve
osservava divertita il loro scambio di battute.
Imparava molto guardando sua madre e suo padre che si stuzzicavano; a
soli
sedici anni sapeva esattamente come ottenere ciò che voleva.
-
Su che ripiano lo trovo? – domandò, sorridendo
angelicamente.
-
D’accordo, adesso statemi a sentire, tutte e due. Nessuno
indosserà quel vestito
mai più,
specialmente tu, signorina. –
Poi
lanciò un’occhiataccia al figlio. – E tu
non
dici nulla? –
-
Ehm … è proprio necessario che venga con voi?
–
-
Certo. Se io devo sorbirmi il Rigido, l’Idiota e il suo
fratello minore incredibilmente simile, allora devi farlo anche tu.
– decretò,
assottigliando lo sguardo e tornando a essere Eric il Capofazione,
quello a cui
era impossibile dire di no. O meglio, a cui potevi dire di no, se
proprio ci
tenevi così tanto a farti staccare la testa a morsi.
-
Bè, almeno ci ho provato. – borbottò,
controvoglia, mentre seguiva il resto della famiglia verso
l’uscita.
*
-
Kate! Kate, stanno per arrivare. –
La
voce di sua madre la raggiunse, oltrepassando il
rumore della musica che alleggiava nella sua stanza.
Sospirò,
spegnendo lo stereo portatile e
soffermandosi davanti alle ante specchiate dell’armadio.
Studiò il suo
riflesso, storcendo leggermente il naso davanti a quei capelli lisci
come
spaghetti. Avrebbe dovuto farci qualcosa di particolare, qualcosa che
facesse
risultare il suo viso un po’ meno convenzionale. Forse
avrebbe potuto provare
ad arricciarli. Scacciò l’idea con una scrollata
di spalle. Che senso aveva
farsi bella per una cena con degli amici?
Gli
unici che non considerava tali erano Gabriel e
Cesar, ma si sarebbe fatta sparare su due piedi piuttosto che
fantasticare
romanticamente per uno di quei due.
Un
lieve bussare la strappò dai suoi pensieri.
-
Ho capito, mamma, adesso scendo. –
-
Ma che brava bambina obbediente. –
La
risata familiare di Rashel preannunciò
l’apparizione
dell’amica.
-
Ah, Rash, sei tu. – sospirò, sollevata.
Spesso
e volentieri sua madre diventava dispotica e
dimenticava che dentro casa non c’era alcun bisogno che
indossasse i suoi panni
da Capofazione.
-
Hai intenzione di scendere giù in quel modo? –
domandò Rashel, scrutando dalla testa ai piedi il suo
abbigliamento. Una
semplice t shirt blu, jeans consumati e sneaker dello stesso colore
della
maglietta; i capelli le ricadevano sulle spalle fino ad arrivare a
metà schiena
e sul viso non c’era un filo di trucco.
-
Pensavo di fare qualcosa ai capelli, ma non mi
voglio mettere in tiro per quei due idioti. –
L’amica
annuì, aprendosi in un sorriso malizioso che
mise i denti bianchissimi in evidenza, creando un meraviglioso
contrasto con la
sua deliziosa carnagione caffè latte. – Sono due
idioti carini, però. –
-
Sono due idioti, punto. Rafael è carino, dolce e
simpatico, e poi ha la tua stessa meravigliosa carnagione. –
Sospirò.
Con una pelle come quella di Rashel non
occorreva nemmeno il trucco, talmente era priva
d’imperfezioni.
-
Sono contenta che apprezzi la mia negritudine,
Kate, ma non è che stai per confessarmi di avere una cotta
per mio cugino.
Vero? – domandò, fissandola con uno sguardo strano.
Rafael
era davvero carino, con quegli occhi nocciola
screziati di verde e i capelli neri e lucidi come le ali di un corvo.
Però era
il suo migliore amico e non avrebbe mai potuto pensare a lui in quel
senso.
-
Santo cielo, no! Sarebbe troppo strano.
–
-
Meglio così. – replicò ambiguamente,
per poi
sistemarsi alle sue spalle e cominciare a lavorare le ciocche bionde.
-
Che stai facendo? –
-
Ti do una sistemata, non vorrai mica che a Eve
prenda un infarto vedendoti in queste condizioni, no? –
No,
ma non le sarebbe dispiaciuto affatto se l’attacco
di cuore fosse venuto al suo gemello.
Sentì
le labbra stendersi in un ghigno malefico al
solo pensiero.
-
Smettila. –
-
Di fare cosa? –
-
Di pensare a qualsiasi cosa tu stia pensando e,
soprattutto, di ghignare in quel modo. Mi sembri Eric, fai paura.
–
Il
commento le cancellò il ghigno dalle labbra. Okay
il desiderare la morte di Gabriel, ma lei non era poi così
spietata.
-
Ragazze, sono arrivati! –
Questa
volta la voce era quella di Nicole, la madre
di Rashel, che raggiunse le loro orecchie.
-
Promettimi una cosa, Kate, prima che scendiamo. –
La
ragazza inarcò un sopracciglio, perplessa, mentre
studiava con attenzione il modo in cui la treccia laterale in cui
Rashel le
aveva raccolto i capelli le incorniciava il volto. Con il viso scoperto
in quel
modo sembrava che avesse gli zigomi più alti, anche se non
erano neanche
lontanamente scolpiti come quelli di Eve, e la cosa le piaceva.
-
Cosa? –
-
Che non ucciderai nessuno durante la cena. –
replicò.
-
Lo prometto. – disse solennemente, per poi
rovinare tutto aggiungendo: - Va bene se uccido Gabriel subito dopo il
dolce? –
Spazio
autrice:
Come
anticipato nell’introduzione, questa long non è
uno spoiler dei fatti narrati nell’altra mia long,
poiché quella si attiene
alla storia dei libri mentre questa è un semplice what if.
Spero che l’ambientazione
in cui ha luogo sia chiara (praticamente dopo i fatti di Divergent il
Dipartimento ha utilizzato il siero dei Pacifici per cancellare la
memoria a
tutti gli abitanti delle Fazioni e quindi nessuno ha memoria dei
Divergenti o
dei piani di sterminio degli Eruditi. Perciò i nostri
personaggi hanno vissuto
la loro vita in santa pace, senza morti e catastrofi simili, e sono
felicemente
sposati e genitori). Infine, il vestito di cui si parla è
quello che Fiamma
indossa nella long “Be dauntless is a tough job but someone
ha sto do it”
durante la festa organizzata da Zeke. Spero che questo primo capitolo
vi sia
piaciuto e che vi abbia incuriosito. Aspetto il vostro parere tramite
recensione. Alla prossima.
Baci
baci,
Fiamma Erin Gaunt
|
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Capitolo 2 *** Cap 1 ***
Cap
1
Riunire
nella stessa stanza Gabriel e Kate poteva
rivelarsi un’esperienza in grado di far sembrare la seconda
guerra mondiale una
semplice scaramuccia tra bambini. Quella volta, però, i due
ragazzi ostentavano
un’indifferenza palese e, quando proprio non potevano fare
altrimenti, si
rivolgevano brevi frasi condite di una formalità e una
cordialità chiaramente
finta.
-
Non sembrano neanche loro due. – commentò Rafael,
mentre nello stesso momento Cesar lanciava un’occhiata
incredula a Gabriel, che
aveva appena chiesto a Kate di “passargli la salsiera, se non
le era di troppo
disturbo”.
-
Secondo me sono stati ricattati da quelle due. –
replicò il figlio di Peter, lanciando un’occhiata
significativa in direzione di
Eve e Rashel che sembravano incredibilmente divertite dalla situazione.
-
È l’unica spiegazione possibile. –
convenne, prima
di scuotere la testa e ricordarsi con chi stava parlando.
Quasi
gli avesse letto nel pensiero, Cesar emise un
verso disgustato ed esclamò: - Si può sapere
perché mi sono messo a parlare con
te? –
Poi
assestò una gomitata all’amico, venendo
fulminato da un’occhiataccia.
-
Che c’è? – sibilò Gabriel,
mettendo giù il
coltello.
Forse,
se non avesse maneggiato arnesi affilati e
potenzialmente mortali, sarebbe riuscito a trattenere
l’impulso di trasformare
quella cena nella scena di un omicidio particolarmente cruento.
L’idea della
frigida in preda agli ultimi momenti di vita gli passò
fugacemente nella mente.
Sì, non sarebbe stato poi così male.
Certo,
sua madre dopo lo avrebbe disintegrato, ma ne
sarebbe valsa la pena.
-
Calcolami. Stavo quasi cominciando una
conversazione con Pedrad. – replicò.
Sì,
se Cesar cominciava a parlare con Rafael doveva
proprio essersi ridotto in condizioni pietose.
-
Non riesci proprio a mangiare in silenzio, eh? –
-
Perché adesso ti metti a fare domande stupide? Mi
conosci, sai che io non riesco neanche a dormire
in silenzio. –
Già.
Doveva essere stato proprio una persona
orribile nella sua vita precedente se il destino gli aveva assegnato un
migliore amico logorroico. Cesar riusciva a parlare per ore anche del
nulla.
-
Bè, sforzati di riuscirci, perché in questo
momento sono troppo concentrato nell’evitare una strage.
– ribattè, rivolgendo
un sorriso tutto denti alla gemella che lo fissava come se la sua
atroce
sofferenza fosse la cosa più buffa che avesse mai visto in
tutta la sua vita.
-
Oh, andiamo, Kate non è poi così … -
cominciò, ma
l’occhiata assassina che gli rivolse lo spinse a tacere.
-
Non stavi per dire che non è poi
così male, vero? –
-
Assolutamente no. È tremenda, insopportabile, e tu
hai tutte le ragioni del mondo. – lo assecondò.
-
Bene, mi fa piacere che la pensiamo allo stesso
modo. –
Cesar
non ribattè. Improvvisamente l’idea di rimanere
in silenzio non gli sembrava più così malvagia.
Eve
non si era lasciata sfuggire nemmeno una parola
del dibattito in corso, ma per il resto era stranamente silenziosa e fu
proprio
questo ad attirare l’attenzione di Kate e Rashel.
-
Si può sapere che ti succede? – le chiese Kate,
osservandola con la fronte corrugata alla ricerca di qualche segno che
tradisse
un eventuale malore.
-
Stavo pensando … - replicò, vaga.
-
A cosa? –
Un
sorrisetto furbo le increspò le labbra. –
È un
segreto. –
-
E questo segreto com’è? – intervenne
Rashel, con l’aria
di chi la sapeva lunga.
-
Bello come il Sole. –
Kate
e Rashel si scambiarono un’occhiata complice,
il segnale che l’interrogatorio sarebbe cominciato
all’istante e sarebbe andato
avanti finchè la ragazza non avesse confessato il nome di
colui che aveva
attirato la sua attenzione.
-
È di un’altra fazione? –
Scosse
la testa.
-
E farà la Scelta con noi? –
La
domanda di Kate raggelò la loro allegria per un attimo.
La mattina seguente avrebbero affrontato il test attitudinale e la
paura del
risultato attanagliava i loro cuori in una morsa dolorosa. Cosa sarebbe
accaduto
se la Fazione più adatta al loro temperamento fosse stata
un’altra? Ciò avrebbe
significato dire addio alla famiglia, agli amici, cominciare da
un’altra parte
sapendo che tutti i legami costruiti in quei sedici anni sarebbero
stati recisi
come rami secchi.
Tuttavia,
come sempre, fu il tono malandrino di Eve
a spezzare la tensione.
-
No, non farà la Scelta. È più grande
di noi. –
La
rivelazione scatenò un mormorio eccitato. Gli
unici adulti con cui avevano a che fare erano Intrepidi e tra di loro
si
conoscevano almeno di vista quasi tutti. Ciò significava che
dovevano averlo
visto almeno di sfuggita.
-
Aspetta, non sarà mio padre … o mio zio, vero?
–
domandò d’un tratto Rashel.
-
O il mio. – aggiunse Kate, sgranando gli occhioni
azzurri e fissandola con trepidante attesa.
Eve
scoppiò a ridere, scuotendo la testa come se
quelle fossero le assurdità più grosse che avesse
mai sentito in tutta la vita.
-
È ovvio che non si tratta di nessuno di loro … e
nemmeno di Peter, prima che proviate anche solo a pensare di proporlo.
–
aggiunse in fretta.
-
Allora ho finito le idee. – sospirò Rashel,
lasciandosi ricadere contro lo schienale, sconfitta.
Kate
annuì. – Anche io. –
-
Meglio così, siete troppo giovani e innocenti per
sentire certe cose. –
-
Guarda che sei più vecchia solo di un paio di
mesi. – le fece notare Kate.
Eve
scrollò le spalle, in un movimento fluido ed
elegante che le riusciva ogni volta perfettamente naturale.
-
Sarà anche vero, ma non sono certo innocente come
voi due. –
Su
questo non trovarono nulla da obiettare.
Dall’altra
parte del tavolo, intanto, le donne
chiacchieravano allegramente tra di loro mentre tra gli uomini
serpeggiava un
certo imbarazzo. Peter ed Eric, in particolare, si limitavano a
scambiare poche
parole l’uno con l’altro, evitando accuratamente di
rivolgere la parola agli
altri tre quando non era strettamente necessario.
Eric
aveva infatti scoperto che quando riusciva a
mordersi la lingua e non sparare battute al vetriolo sul Rigido
o l’Idiota
le cose miglioravano
sensibilmente e poteva evitarsi le ulteriori discussioni con Fiamma. Fu
proprio
su quest’ultima che soffermò lo sguardo,
registrando come il vestito le
accarezzasse le curve. Sembravano passati secoli da quando si erano
incontrati
eppure guardarla gli suscitava sempre le stesse sensazioni.
Ammirazione,
rispetto, stima, un istinto di protezione che non aveva creduto di
possedere
finchè non l’aveva incontrata e che si era
riversato anche sui loro figli.
E desiderio. Soprattutto desiderio,
proprio come in quel
momento.
Il
pensiero delle sue mani che percorrevano ogni centimetro
di quella pelle alabastrina, che ormai conosceva alla perfezione
proprio come
se si fosse trattato del suo stesso corpo, gli fece ribollire il sangue
nelle
vene.
Le
accarezzò una coscia sotto al tavolo,
trattenendosi a fatica dal ghignare compiaciuto quando la vide
trattenere il
respiro per un attimo. Si chinò su di lei, sussurrandole
all’orecchio: - Perché
non ce ne torniamo a casa? –
Gli
rivolse un’occhiata contrariata, ma il movimento
delle sue dita che le accarezzavano la pelle al di sotto
dell’abito le impedì
di formulare una risposta categoricamente negativa.
-
Allora? – insistè, risalendo verso
l’alto.
Gli
sembrava quasi di poter vedere i denti che
mordicchiavano la parete interna della guancia nella speranza di
riuscire a riprendere
il controllo. Speranza vana, dal momento che non aveva fatto i conti
con lui.
Le
accarezzò lascivamente l’interno coscia,
sentendola fremere sotto il suo tocco.
-
Che tu sia dannato, Eric Murter. Andiamo a casa. –
gli sibilò nell’orecchio.
Sorrise,
soddisfatto, salutando tutti i presenti con
un cenno del capo e rivolgendosi al figlio. Gabriel era un ragazzo
sveglio,
incredibilmente simile a lui sotto tutti i punti di vista,
perciò bastò la sua
occhiata per fargli capire che per quella sera non erano tollerate
interferenze
di alcun tipo.
-
A meno che non si tratti di qualcosa di grave, e con
grave intendo dire che tu o tua sorella siete in procinto di morire,
non voglio
essere disturbato. – gli comunicò sottovoce,
raggiungendolo.
Gabriel
annuì. – Entriamo dalla porta sul retro.
–
-
Bravo ragazzo. –
Raggiunse
Fiamma mentre si scusava con i padroni di
casa, salutandoli e adducendo come pretesto un fastidioso mal di testa
e la
necessità di sdraiarsi al più presto. Quattro e
Tris annuirono, comprensivi,
troppo Rigidi per cogliere la
malizia
di quella situazione, ma Nicole sorrise come chi sapeva perfettamente
come
intendessero curare quel “mal di testa”.
*
Due
ore più tardi, sotto le coperte con Fiamma che
si era accoccolata sul petto muscoloso di Eric, erano avvolti dal
silenzio
della notte e si limitavano a fissarsi negli occhi.
-
Sono un po’ preoccupata. – ammise d’un
tratto,
interrompendo quel momento di perfetta beatitudine.
-
Perché dovresti esserlo? Sono Intrepidi dalla
testa fino alla punta dei piedi, il risultato è scontato.
– replicò Eric,
trattenendo uno sbadiglio.
-
E se volessero fare un’altra scelta, se il posto
giusto per loro fosse un altro? –
Scosse
risolutamente la testa. – Ti preoccupi
troppo, non accadrà. Piuttosto, sai chi sono stati scelti
come istruttori per
gli interni? –
-
Da come lo hai detto non deve trattarsi di niente
di buono. – osservò Fiamma.
-
Patrice … e Reaper. – aggiunse, sputando fuori il
nome con disgusto.
Patrice
era una ragazza di appena diciotto anni,
nata e cresciuta nella Fazione, conosciuta da tutti per un semplice
motivo: era
la figlia di Max. Era in gamba, su questo non si discuteva, ma
bisognava vedere
se avrebbe avuto la stoffa e la tempra necessaria ad addestrare dei
ragazzi
così poco più giovani di lei.
Quanto
a Reaper. Bè, nessuno dubitava del suo valore
come Intrepido, ma Eric non avrebbe chiesto di meglio che farlo a pezzi
a mani
nude. Malgrado fossero passati diciotto anni, continuava a vedere nel
collega Capofazione
il suo peggior nemico. Era qualcuno in grado di far passare in secondo
piano
persino la sua antipatia istintiva per il Rigido
e quello era tutto dire.
-
Reaper? – chiese, sorpresa.
Ancora
adesso avvertiva un fastidio e una punta
irrazionale di gelosia quando la sentiva pronunciare il suo nome.
-
Già, ma ho già messo in chiaro che se
darà
problemi a Gabriel ed Eve poi sarò io a dargli problemi. E
non so quanto la
cosa gli convenga. – ribattè, soffiando minaccioso.
Fiamma
rise, scoccandogli un bacio a fior di labbra:
– Il mio Capofazione iperprotettivo. –
-
Già, ma che non si sappia in giro. –
-
Assolutamente. – promise, baciandolo nuovamente.
Quando
le mani di Eric le afferrarono i fianchi,
facendola aderire il più possibile al suo corpo, rise
nuovamente.
-
Ancora? Sei avido stasera. –
-
Di te? Sempre. –
*
Eve
scivolò giù dal suo letto, stringendosi nella
vestaglia e dirigendosi verso la stanza del gemello. Non riusciva a
dormire,
non con quell’ansia che l’attanagliava.
Aprì la porta, stando attenta a fare
meno rumore possibile, e sbirciò all’interno.
Strinse gli occhi, cercando di
mettere a fuoco la sagoma nel buio più completo che la
circondava.
-
Gabe? Gabe, sei sveglio? –
Un
paio d’occhi grigi incontrarono i suoi azzurri,
in un guizzo metallico che fu l’unica cosa ben visibile
nell’oscurità.
-
Eve, che c’è? –
Avanzò
a tentoni, sedendosi sul bordo del letto.
-
Non riesco a dormire, sono troppo agitata. –
ammise, prima di lanciare un’occhiata timida allo spazio
libero sul materasso.
Erano
passati anni dall’ultima volta che si era
rifugiata nel suo letto alla ricerca di protezione. Però
Gabriel era il suo
fratellone e non l’avrebbe mai presa in giro, neanche se
ormai aveva sedici
anni e ciò che tanto la preoccupava era uno stupido test.
-
Vuoi dormire qui? – chiese, spostandosi di lato e
sollevando le coperte per permetterle di accoccolarsi contro di lui.
Annuì,
sistemandosi meglio che poteva.
Rimasero
in silenzio per un po’ finchè Eve non
riprese la parola.
-
Tu non sei preoccupato per niente? –
-
Certo che no. – affermò, risoluto.
Qualcuno
magari avrebbe anche potuto credere alle
sue parole, ma non lei. No, lo conosceva troppo bene per lasciarsi
ingannare
dai suoi modi da duro.
-
Bugiardo, sei agitato almeno quanto me. –
Scoppiò
a ridere, colto in fallo.
-
Okay, sono agitato, ma neanche lontanamente quanto
lo sei tu. –
-
Come pensi che sarà? – chiese poi.
Gabriel
sbuffò. – Non ce la fai proprio a chiudere
gli occhi e dormire? –
-
Giuro che è l’ultima domanda. – promise.
-
Non ne ho idea, Eve. Non so cosa aspettarmi, ma non
sarà nulla di troppo orribile. –
assicurò.
-
Ne sei sicuro? –
Le
rivolse un’occhiata a metà tra il rimprovero e il
divertimento.
-
Ma non doveva essere l’ultima domanda? –
Eve
rispose con una linguaccia e uno sfarfallio di
ciglia. – Ho mentito. Questa è
l’ultima.
–
-
Sì, ne sono sicuro. E adesso chiudi la bocca e dormi! – ordinò.
Questa
volta gli diede retta, certa che se avesse
continuato a parlare l’avrebbe con ogni
probabilità frullata fuori dalla
finestra. Sarebbe stato anche un buon piano, un ottimo modo per
inscenare un
suicidio da stress pre test.
Chiuse
gli occhi, cercando la mano del fratello. Gabriel
gliela strinse, intrecciando le dita alle sue.
Si
rilassò. Qualsiasi cosa fosse, l’avrebbero
affrontata insieme. Sarebbe andato tutto bene. Doveva andare tutto bene.
Spazio
autrice:
Eccoci
con il nuovo capitolo. Sono rimasta
piacevolmente sorpresa nello scoprire che così tante persone
hanno apprezzato
la mia idea e ci tengo a ringraziarle tutte quante :) Spero che anche
questo
capitolo vi sia piaciuto e nel prossimo, finalmente, si
entrerà nel vivo della
storia. Per il momento, qual è il personaggio della nuova
generazione che
preferite?
A)
Gabriel
B)
Eve
C)
Kate
D)
Rashel
E)
Rafael
F)
Cesar
Vi
lascio qui sotto anche il nome dei prestavolto
che ho scelto per rappresentarli.
Gabriel
è Gaspard Ulliel (con il look che sfoggia
nella pubblicità di Bleu de Chanel);
Eve
è Marie Avgeropoulos;
Kate
è Laura Vandervoort;
Rafael
è Taylor Lautner;
Rashel
è Bianca Lawson;
Cesar
è Mitch Hewer.
Ora
non mi resta che rimandarvi al prossimo
aggiornamento.
Baci
baci,
Fiamma Erin Gaunt
|
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Capitolo 3 *** Cap 2 ***
Cap
2
-
Eve, vuoi sbrigarti? –
Gabriel
camminava avanti e indietro per il salotto
come una pantera in gabbia. Il perché sua sorella dovesse
metterci sempre tutto
quel tempo a prepararsi era qualcosa che andava oltre la sua
comprensione.
-
Metterle fretta è inutile, ci metterà comunque
una
vita. – profetizzò Eric, avvicinandoglisi e
porgendogli una tazza di caffè. Lo
scrutò dalla testa ai piedi, quasi fosse alla ricerca di
qualche segnale di
chissà cosa.
-
Nervoso? –
Scosse
la testa, sorseggiando la bevanda bollente.
-
Bene, perché non hai motivo di esserlo. –
decretò,
asciutto.
-
Lo spero. – borbottò tra i denti, troppo piano
perché
suo padre potesse sentirlo.
Se
solo avesse saputo perché era
così nervoso forse le sue parole sarebbero state
diverse. Sapeva di essere il suo preferito; Eve poteva essere quella
coccolata,
viziata e iper protetta, ma era da lui che suo padre si aspettava il
massimo.
Si rivedeva troppo in lui per anche solo prendere in considerazione
l’idea che
potesse fallire.
-
Eric, dimmi che non gli stai mettendo pressione
già da adesso. – sospirò Fiamma,
scendendo le scale seguita a ruota dalla
figlia.
Vedendole
vicine non si aveva alcun dubbio su chi
avesse ripreso dal lato materno.
-
Non gli sto mettendo pressione. –
Inarcò
un sopracciglio, beffarda: - Ah, no? –
-
Lo sto incoraggiando.
–
Fiamma
alzò gli occhi al cielo, a metà tra il
divertito e l’esasperato. Conosceva abbastanza bene gli
“incoraggiamenti” di
Eric da sapere che in qualsiasi altro posto sarebbero stati etichettati
come “torture
psicologiche”.
-
Qualsiasi cosa ti abbia detto, Gabriel,
dimenticala. –
Il
ragazzo abbozzò un sorriso divertito proprio
mentre Eric apriva la bocca indignato.
-
Donna, mi stai sminuendo. –
-
Chiamami un’altra volta donna e
farò ben peggio che sminuirti. –
minacciò.
Per
un attimo gli sembrò di essere tornato ai giorni
della sua Iniziazione e dei loro battibecchi continui.
Chissà se anche Gabriel
avrebbe trovato un’Intrepida in grado di rimetterlo al suo
posto. In quanto a
Eve … Bè, che non provasse neanche a pensare
di trovare un ragazzo; era ancora troppo giovane e gli
adolescenti a quell’età
erano dei completi idioti. Se lo ricordava bene, perché
anche lui lo era stato
per un periodo, e decisamente non erano il tipo di persona che andava
bene per
la sua principessa.
-
Bè, noi dobbiamo andare. – ruppe il silenzio Eve,
abbracciando la madre per poi buttare le braccia intorno al collo del
padre e
stampargli un bacio sulla guancia. Sorrise nel vederlo arrossire
lievemente.
Gabriel
annuì, seguendola fuori di casa e in
direzione del treno.
Sul
binario trovarono Kate in compagnia dei
genitori, che tenevano per mano il fratellino Rob, intenti nelle ultime
rassicurazioni. Gli sguardi di Gabriel e della ragazza si incrociarono
per un
attimo finchè le loro espressioni mutarono in un cipiglio
disgustato e si
affrettarono a distogliere lo sguardo.
-
Non riuscite proprio a sopportarvi, eh? – rise Tris.
-
Meglio così. Quel ragazzo è troppo
Eric; certe volte mi sembra di rivederlo alla sua
età, è inquietante.
– ribattè Tobias.
-
È un pallone gonfiato, non lo sopporto, e neppure
il suo bell’aspetto migliora la situazione. –
confermò Kate, sorridendo davanti
all’espressione sollevata del padre. Durò poco,
però, perché Tobias sbiancò
all’istante.
-
Tu pensi
che sia di bell’aspetto? –
Si
morse la lingua, rimproverandosi mentalmente per
essersi lasciata sfuggire quel commento. Okay, era un bel ragazzo, ma
c’era proprio
bisogno di dirlo davanti a suo padre? Sì, se voleva fargli
prendere un infarto
prima del tempo.
-
Sì, ma te l’ho detto, è talmente
insopportabile
che non lo guarderei neanche se fosse l’ultimo essere
maschile sul globo. –
Tris
trattenne l’ennesima risata. Un tempo anche lei
aveva pensato lo stesso di Quattro, prima di imparare a conoscerlo e
scoprire
che quella era tutta una facciata sapientemente costruita.
-
Perfetto. Cerca di ricordartelo, okay? – borbottò
Tobias.
Kate
annuì, indicando con un cenno del capo Rashel e
Rafael che arrivavano proprio in quel momento.
-
Devo andare. – decretò.
-
Certo. Andrà tutto bene. – mormorò
Tris,
scompigliandole affettuosamente i capelli.
Sospirò,
per poi correre verso i suoi amici.
*
L’uomo
addetto allo svolgimento del test
attitudinale era un Intrepido che avevano visto spesso in giro per la
Fazione.
Non era mai stato un Capo, ma godeva di un certo rispetto e anni prima
era
stato uno degli Istruttori dei suoi genitori. Aveva capelli biondi e
occhi di
un blu assoluto e, malgrado fosse ormai più vicino alla
quarantina che alla
trentina, conservava una traccia consistente della bellezza che doveva
aver
avuto durante gli anni dell’adolescenza.
Scorse
l’elenco che aveva tra le mani, sgranando
leggermente gli occhi quando si soffermò sul cognome della
ragazza che avrebbe
dovuto esaminare.
-
Eve Murter. –
La
ragazza si alzò in piedi, rivolgendo un’ultima
occhiata al fratello che era stato chiamato nella porta accanto e
incamminandosi verso la porta a testa alta.
C’era
qualcosa di Eric in lei, forse la risolutezza
nello sguardo, ma tutto il resto era di Fiamma.
-
Accomodati lì, Eve. Io sono Bas … - venne
interrotto dalla voce della ragazza.
-
Lo so, tu e mia madre siete diventati amici
durante la sua iniziazione. –
Era
interessante il fatto che non avesse minimamente
accennato a Eric, come se sapesse perfettamente che tra loro non
scorresse
esattamente buon sangue. Era certo, però, che non fosse a
conoscenza del perché.
-
Bevi questo e rilassati, non è nulla di
allarmante. – la rassicurò, sistemandosi dietro al
monitor.
Obbedì,
vuotandolo d’un sorso e arricciando le
labbra per il disgusto. Poi, in appena un battito di ciglia, si
ritrovò nel
buio più completo.
Strinse
gli occhi, mettendo a fuoco, e si ritrovò
nella stessa stanza di prima. Questa volta, però era da
sola. C’erano due
piatti davanti a lei, uno con una fetta di carne e uno con un coltello.
“Scegli.”
D’istinto
afferrò l’arma, ricordando le parole di
suo padre: “Una buona lama può tirarti fuori dai
guai nella maggior parte delle
situazioni.”
Nel
momento stesso in cui ebbe fatto la sua scelta l’altro
piatto sparì e al suo posto comparve un cane ringhiante.
Rabbrividì, muovendosi
indietro finchè non avvertì lo specchio contro di
sé. Aveva sempre avuto una
fobia per i cani, da quando era stata morsa da piccola, e il coltello
sembrava
davvero la scelta migliore che avesse potuto fare.
Quando
l’animale scattò verso di lei, pronto a
morderla, sferrò un fendente preciso e conficcò
il coltello nel torace del cane
fino all’impugnatura.
-
Alzati. –
La
voce di Bas la spinse a riaprire gli occhi.
-
È già finito? – chiese, sorpresa.
-
Il test si sviluppa a seconda delle decisioni che
prendi. Chi uccide con tanta facilità non può
trovare il suo posto che negli
Intrepidi. –
Inarcò
un sopracciglio, piccata. – Stai insinuando
che sono un’assassina? –
Bas
scosse la testa, alzando le mani in segno di
resa: - Ehy, anche io sono tra gli Intrepidi, no? Siamo tutti dei
potenziali
assassini qui dentro. –
Ci
mise un paio di secondi per registrare il senso
di quella frase.
-
Quindi il test ha confermato che sono un’Intrepida?
–
-
Bingo, principessa! –
Non
avrebbe dovuto lasciare la sua famiglia né i
suoi amici. Poteva continuare a vivere la sua vita. Sentì le
labbra stirarsi in
un sorriso gioioso.
Mi
chiamo Eve Murter e sono un’Intrepida.
Una
stanza più in là, sotto l’attenta
analisi di una
ragazza dai ricci biondi e la tenuta degli Abneganti, Gabriel venne
fatto
accomodare sul lettino.
-
Devi bere questo, è il liquido con la simulazione
del test. – gli spiegò, sorridendo più
del necessario.
Sapeva
perfettamente dell’effetto che faceva sulle
ragazze, ma in quel momento era l’ultimo dei suoi pensieri.
Afferrò il
bicchiere, lo annusò con circospezione e lo bevve
lentamente.
Si
trovò davanti a due piatti, uno con la carne e
uno con un coltello. Prese l’arma all’istante e si
guardò intorno con
circospezione. Contro chi avrebbe dovuto usarlo?
Quando
il cane ringhiante si fece avanti, perse un
po’ della sua determinazione. Uccidere un animale, una
creatura che non aveva
fatto nulla che meritasse la morte? Era escluso.
S’inginocchiò
in modo che i suoi occhi e quelli del
cane fossero alla stessa altezza e lo fulminò con il suo
sguardo più
minaccioso. Sapeva che i cani si sottomettevano davanti a qualcuno
più forte di
loro e non gli restava che far capire all’animale che era lui
il maschio
dominante. Il cane gli girò intorno un paio di volte,
annusandolo, poi si
accucciò con un guaito e gli mostrò la gola in
segno di sottomissione.
“Cucciolo,
bel cucciolotto.”
Una
bambina stava richiamando il cane che nel giro
di un istante era tornato a ringhiare famelico. Si lanciò
contro la piccola a
denti scoperti.
Gabriel
valutò le possibilità di raggiungerlo prima
che l’aggredisse. Non era abbastanza veloce per farcela.
Soppesò
il coltello tra le mani. Non era bilanciato
e in condizioni normali lanciare con uno di quelli sarebbe stato molto
stupido,
ma in mancanza di meglio non gli restava che accontentarsi. Socchiuse
un
occhio, prendendo la mira, e lanciò. Il cupo tonfo della
lama che penetrava la
carne venne accompagnato dall’uggiolio della bestia, che si
accasciò a terra
priva di vita.
Riaprì
gli occhi, trovando l’Abnegante che lo
fissava mordicchiandosi il labbro con aria preoccupata.
-
Allora? –
-
Intrepido. –
Annuì,
soddisfatto. In fin dei conti aveva sempre
saputo di essere destinato alla sua Fazione.
-
Ed Erudito. – concluse la ragazza.
Il
sorriso scomparve dal suo volto.
Due
risultati?
-
E questo che
accidenti dovrebbe significare? – esclamò.
La
ragazza scosse i ricci biondi, desolata. – Non ne
ho idea. Verrai segnato come Intrepido; sei il figlio di un
Capofazione, è ciò
che si aspettano tutti. –
-
E, Gabriel, non una parola su questa anomalia. –
lo pregò.
-
Quale anomalia? – replicò, impassibile, mentre gli
occhi grigi erano tornati freddi come al solito.
Kate,
immersa nella simulazione, si ritrovò a
fronteggiare uno sconosciuto dall’aria minacciosa.
“Allora,
lo conosci?”
Prima
il cane e la bambina, adesso quello.
“No,
non lo conosco.”
L’uomo
se li avvicinò maggiormente, mettendole la
foto sotto gli occhi.
“Ne
sei sicura?”
“Assolutamente.”
La
simulazione s’interruppe. Con l’ultima parte era
certa di poter escludere i Candidi, così come il resto del
test aveva fatto
capire chiaramente che non poteva essere una Pacifica. Non che lo
avesse mai
ritenuto possibile, del resto.
Tori,
seduta dietro allo schermo, si portò una mano
tra i capelli.
-
Kate … il test è inconcludente. –
-
Che significa? –
Era
possibile che lei non fosse adatta a nessuna Fazione?
Il suo destino era
quello di diventare un’Esclusa?
-
Il test ha dato due risultati: Intrepidi e
Abneganti. – spiegò.
-
Quindi sta a me scegliere? – chiese, perplessa.
A
questo non aveva neanche pensato. Solitamente ci
si limitava a scegliere la Fazione indicata dal test, certi che quella
fosse la
scelta più saggia; l’idea di poter scegliere non
gli era mai sembrata un’opzione
valida. Non fino a quel momento, per lo meno.
-
Sta a te scegliere, ma è importante che nessuno
conosca il tuo risultato. Sul computer ho inserito che sei
un’Intrepida, ma
alla Scelta la decisione sarà solo tua. –
Annuì,
lasciandosi condurre verso l’uscita sul
retro.
-
Riflettici bene, Kate, perché non potrai tornare
indietro. –
-
Intrepido. –
Cesar
sorrise, soddisfatto, ben sapendo che non
sarebbe stato solo ad affrontare l’iniziazione. Troppo
egoista per gli
Abneganti, decisamente non era il tipo pace e amore dei Pacifici,
l’intelligenza
che possedeva non era proprio sopra la media né tantomeno
era provvisto della
sincerità disarmante dei Candidi.
La
Fazione era in cui era cresciuto era il solo posto
per lui, lo aveva sempre saputo, proprio come suo padre aveva lasciato
i
Candidi per unirsi agli Intrepidi. Ce lo avevano nel sangue, era
qualcosa che
gli altri vedevano come una scintilla di
“spietatezza” ma che lui preferiva
definire “determinazione nel perseguire i propri
interessi”.
-
Candido. –
La
parola rimbombava nelle orecchie di Rafael.
Avrebbe dovuto lasciare tutto ciò che aveva costituito la
sua esistenza per
sedici anni?
-
Puoi anche non scegliere la Fazione che ti viene
indicata. – gli fece notare la donna, scrutandolo con
l’aria di chi sapeva
perfettamente cosa gli stesse passando per la testa.
Ecco
la sincerità disarmante dei Candidi, persino
mentre parlavano con qualcuno che avrebbe potuto infoltire le loro
schiere d’iniziati.
-
Lo so. – mormorò, uscendo dalla stanza.
La
domanda che lo tormentava era un’altra: lui voleva
ignorare il risultato del test?
Rashel
uscì dalla stanza sorridendo. Intrepida,
proprio come aveva sempre sperato. L’unica cosa che la
turbava adesso era il
risultato di Rafael.
Ripensando
agli occhi castano verdi del cugino
avvertì una stretta al cuore. Sarebbe stata in grado di
lasciarlo andare se avesse
fatto una scelta diversa dalla sua? Teneva abbastanza a lui da volere
ciò che
sarebbe stato meglio per lui, ma allo stesso tempo era abbastanza
egoista da
pensare che solo l’averlo vicino le avrebbe impedito di
morire dal dolore che
le avrebbe causato una separazione.
Lei
e Rafael erano cresciuti insieme, quasi come
fratelli, ma il sentimento che in quegli anni aveva sentito crescere
dentro di sé
andava ben oltre il semplice amore fraterno e non voleva rinunciare a
lui … a
quello che un giorno sarebbe potuto diventare un loro.
Spazio
autrice:
Eccoci
con il nuovo capitolo. Allora, che ne
pensate? Sorpresi dai risultati oppure ve lo aspettavate? Spero che il
capitolo
vi sia piaciuto. Al prossimo, con la Scelta.
Baci
baci,
Fiamma Erin Gaunt
|
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Capitolo 4 *** Cap 3 ***
Cap
3
Eruditi?
Intrepidi?
Gabriel
si era rigirato nel suo letto per tutta la
notte alla ricerca di una risposta. Quando sua madre bussò
alla porta per
svegliarlo scattò giù dal letto come una molla,
soffermandosi davanti allo
specchio del bagno. Provò ad immaginarsi con indosso un paio
di pantaloni beige
e un blazer blu, con quei ridicoli occhiali poggiati sul naso.
Storse
le labbra, disgustato. Al diavolo il test,
lui non ci si vedeva proprio tra quei genietti fissati con la
tecnologia, le
ultime innovazioni e gli esperimenti. In effetti non sapeva neanche
cosa avesse
visto il test in lui per indicare una predisposizione agli Eruditi.
Indossò
la tenuta nera degli Intrepidi, accarezzando
per un attimo i tatuaggi sugli avambracci, identici a quelli di suo
padre. Sì,
così andava decisamente meglio.
Scese
le scale, trovando il resto della famiglia
seduta attorno al tavolo. Prese posto tra suo padre e sua sorella,
scoccando
un’occhiata in tralice a quest’ultima. Eve
sorseggiava il suo succo d’arancia e
appariva infinitamente più tranquilla del giorno precedente.
Ne dedusse che non
dovevano esserci stati intoppi con il test e un po’ della
tensione che l’aveva
attanagliato lo abbandonò.
Non
erano mai stati una di quelle famiglie che
consumavano i pasti in silenzio, ma sembrava che quella mattina fossero
tutti
troppo ansiosi per intraprendere un qualsiasi discorso.
-
Verrete anche voi alla Scelta? – domandò, rompendo
il silenzio che li avvolgeva.
-
Ovviamente. – replicò Fiamma, guardandolo come se
fosse completamente impazzito, - Pensavi forse che ci saremo persi un
momento
così importante? –
-
Credevo che papà dovesse accogliere gli iniziati.
–
Erano
anni che Eric si occupava del delicato momento
che costituiva il primo incontro con gli iniziati; non certo
perché fosse
particolarmente pacato o chissà che, quanto
perché rimaneva uno dei Capofazione
più giovani e uno dei pochi che si offriva di supervisionare
agli allenamenti.
-
Quest’anno se ne occuperà Max, almeno per il primo
incontro. – replicò il diretto interessato.
Max
era il “capo” dei Capofazione e a Gabriel
riusciva incredibilmente strano credere al fatto che si fosse
spontaneamente
proposto per quel compito. C’era da dire, però,
che non erano in molti coloro
che si opponevano apertamente a Eric e ai suoi modi “garbati
e gentili”.
-
A proposito, sbrigatevi a finire di mangiare,
manca poco. –
Annuì,
facendo sparire la sua porzione di toast e
bacon croccante mentre sua sorella finiva la fetta di torta al
cioccolato che
aveva nel piatto. All’interno della Fazione quello veniva
considerato il piatto
migliore che esistesse, ma lui faticava a capire cosa ci trovassero;
per i suoi
gusti era troppo dolce, stucchevole, e tutto quel cioccolato riusciva
solo a
causargli un attacco di nausea.
Ultimato
il pasto, corsero lungo i binari, saltando
appena in tempo dentro all’ultimo vagone del treno.
Addossato
alla parete, Gabriel studiò gli iniziati
che lo circondavano. La maggior parte di loro si sforzava di ostentare
un’aria
sicura di sé, qualcun altro si tormentava le mani con aria
nervosa. Tra questi,
notò con stupore, c’era Rafael Pedrad.
Si
chiese distrattamente se anche il risultato del
suo test si fosse rivelato anomalo. O forse non era un Intrepido.
Entrambi i
suoi genitori erano Intrepidi per nascita, era possibile che lui fosse
diverso?
Dopo l’esito del suo test nulla lo sorprendeva più.
Lo
stridio dei freni che rallentavano un po’ la
corsa lungo i binari gli annunciò che dovevano essere giunti
a destinazione. Si
affiancò a suo padre, saltando insieme a lui e atterrando in
piedi, leggermente
sbilanciato in avanti. Sua madre ed Eve atterrarono un paio di secondi
dopo di
loro, una in perfetto equilibrio e l’altra barcollando.
Raggiunsero
la sala principale in silenzio,
accompagnati solo da qualche mormorio di saluto rivolto in direzione di
Eric.
Vide sua madre sorridere all’indirizzo di un uomo con indosso
i colori dei
Candidi e, per qualche strano motivo, suo padre non fece una piega.
-
Kyran, come stai? –
Si
strinsero a vicenda con un trasporto che
imbarazzò non poco Gabriel. Una vecchia fiamma, forse? No,
dubitava che in quel
caso suo padre si sarebbe trattenuto dallo staccargli le mani.
-
E questi sono i tuoi figli? – domandò
l’uomo,
scrutando prima Gabriel e poi Eve.
-
Gabriel ed Eve, lui è vostro zio, Kyran. –
spiegò
loro.
Già,
ora aveva tutto più senso. Sua madre si era
trasferita dai Candidi e aveva un fratello che doveva essere rimasto
nella
Fazione d’origine. Ora che lo guardava meglio, notava una
certa somiglianza tra
i due.
Kyran
accennò alla donna poco dietro di lui, affiancata
da un ragazzo che doveva essere loro coetaneo.
-
Mia moglie, Kelly, e nostro figlio, Derek. –
Eve
osservò con lieve interesse il profilo del
cugino, commentando a mezza bocca: - Niente male il cuginetto.
–
La
fulminò con un’occhiata eloquente. – Non
cominciare. –
La
ragazza alzò le mani in segno di resa, - Era solo
una semplice constatazione. –
Gabriel
non aggiunse altro e si premurò di portare
la conversazione su un terreno più sicuro.
-
Avevo capito che eravamo in ritardo. – si
arrischiò a commentare, cercando lo sguardo del padre. Se
c’era qualcuno che
gli avrebbe dato man forte sicuramente si trattava di lui.
Eric
annuì, indicando i quattro posti centrali della
prima fila.
-
Andate a sedervi, arriviamo subito. –
Presero
posto ed Eve si sentì battere leggermente
sulla spalla. Si voltò, individuando all’istante
Rashel e Kate che sedevano
composte e con la schiena dritta, i genitori al loro fianco.
-
Agitate? –
-
Pietrificate. – ridacchiò Rashel.
-
Chi è quello? – domandò poi Kate,
accennando con
la testa in direzione di Derek.
-
Un cugino saltato fuori dal nulla. Perché, Kitty
Kat, vorresti dirmi che lo trovi carino?
– le chiese, ghignando
maliziosa.
Kate
arrossì lievemente, distogliendo lo sguardo. Il
Candido aveva i capelli neri come Eve e Gabriel, ma i tratti erano
lievemente
meno spigolosi e gli occhi non erano glaciali come i loro ma di un bel
verde.
-
Non è male. – ribattè, cauta.
Eve
e Rashel si scambiarono un’occhiata d’intesa e
si diedero il cinque. – Inizia la missione Cupido. –
-
Perché no, sembra abbastanza imbranato per stare
con te. – aggiunse Gabriel, venendo fulminato dalle
occhiatacce combinate delle
tre ragazze.
Il
gracchiare del microfono che veniva acceso mise
fine a qualsiasi discussione.
Dopo
il consueto discorso sull’importanza della
Scelta, le caratteristiche delle Fazioni e
l’impossibilità di tornare indietro,
il Capo degli Abneganti cominciò a leggere i nomi
dall’elenco che teneva tra le
mani.
I
primi chiamati furono due Pacifici, che rimasero
nella Fazione d’origine, un Erudito che divenne un Candido e
un Abnegante che
si trasferì tra i Pacifici.
-
Derek Balcoin. – chiamò la voce
dell’Abnegante non
appena il vociare dei Pacifici si ridusse.
Il
ragazzo si fece avanti, timoroso. Incise il palmo
con la lama e rimase a fissare il sangue che sgorgava per una manciata
di
secondi. Poi, improvvisamente animato da una nuova decisione,
lasciò che il
sangue sfrigolasse sui carboni ardenti.
-
Intrepido. –
Eve
e le ragazze si unirono al clamore della
Fazione, applaudendo con vigore, mentre Eric si alzava per stringere la
mano al
nipote e lo faceva accomodare al posto di uno degli interni che era
stato
appena chiamato.
L’
iniziata successiva fu Lydia Banks. Si alzò dalla
fila degli Eruditi e s’incamminò con andatura
leggiadra verso le bacinelle.
Aveva un viso simpatico, quasi da folletto stabilì Eve, e
non si poteva negare
che fosse tremendamente carina. I capelli rossi le ondeggiavano sulle
spalle ed
era una delle poche ragazze che non li portava legati nella sua
Fazione, quasi volesse
servirsene come uno strumento per rimarcare la sua diversità.
Guardò
per un attimo verso gli spalti, alla ricerca
di chissà chi, poi premette la lama sulla pelle alabastrina
e lasciò gocciolare
poche gocce tra i carboni.
Mentre
gli Intrepidi l’acclamavano dandole il
benvenuto, Eve non potè fare a meno di notare che suo
fratello aveva fatto
allontanare il ragazzo seduto accanto a lui e aveva indirizzato la
nuova
arrivata proprio in quel posto. Sembrava che quella Lydia avesse fatto
colpo e,
a meno che non si sbagliasse clamorosamente, anche lei doveva nutrire un certo interesse
perché lo
osservava con attenzione e non si perdeva neanche una delle parole che
suo
fratello le stava sussurrando.
Andarono
avanti per altri dieci minuti, elencando
ragazzo dopo ragazzo, finchè non fu chiamata Kate.
Tris
le strinse leggermente la mano,
incoraggiandola, mentre Tobias l’osservava avvicinarsi alle
bacinelle con
apprensione.
Sapeva
cosa fare. Aveva preso la sua decisione e non
sarebbe tornata indietro. Recise il palmo, ammirando come il sangue si
sposasse
alla perfezione con il colore dei carboni.
-
Intrepida! –
Dopo
che Cesar ebbe riconfermato la sua appartenenza
alla Fazione, tra gli applausi di chi lo conosceva e aveva imparato ad
amare e
rispettare le sue feste folli, e altri due trasfazione vennero aggiunti
alle
fila degli iniziati Intrepidi, fu il turno di Eve.
Avanzò
a testa alta, sicura e decisa come mai lo era
stata prima d’allora. Fu probabilmente la scelta
più rapida della giornata e
nell’arco di un minuto era tornata al suo posto sotto lo
sguardo fiero di
Fiamma ed Eric.
-
Gabriel Murter. –
Rivolse
un sorriso di scuse a Lydia. – Torno subito.
– assicurò.
Si
fermò davanti alla bacinella degli Intrepidi.
Era
certo di ciò che stava facendo?
Sì.
Ne
era sicuro?
Al
cento per cento.
Affondò
la lama un po’ più del dovuto, sforzandosi
di ignorare la fitta di dolore che era avvampata dentro di lui, e fece
scorrere
il sangue nell’ampolla.
-
Intrepidi! –
Tornò
al suo posto, venendo accolto dalla pacca
sulla spalla di suo padre e dal sorriso accompagnato da un cerotto di
sua
madre.
-
Lascia, faccio io. – mormorò Lydia,
togliendoglielo dalle mani e sistemandoglielo con cura.
Indugiò
un momento di troppo sul suo palmo,
arrossendo per l’imbarazzo.
-
Scusa, non volevo. –
-
Non fa niente. –
Ripresero
a parlare finchè Axel Night non venne
chiamato.
Lydia
divenne improvvisamente muta, fissando il
ragazzo che si alzava dalle fila degli Eruditi e si avvicinava alle
bacinelle.
Era
sicuramente il tipo di ragazzo che attirava gli
sguardi: alto, abbastanza muscoloso, con gli occhi azzurri e i capelli
castani.
Non aveva niente degli Eruditi mentre sembrava fatto apposta per
riempire le
fila degli Intrepidi.
-
Intrepidi! –
Tra
il clamore, risuonò distintamente la voce di
Eve, che esclamava: - Grazie a Dio, finalmente qualcuno carino!
–
-
Quello non mi piace. – decretò Eric,
così piano da
farsi sentire solo dalla moglie.
Fiamma
rise, scuotendo la testa.
-
Immagino che non c’entri nulla il fatto che piace
a tua figlia. – ironizzò.
-
Non mi piace e basta, ha uno sguardo ambiguo. –
Rise
ancora più forte. Non c’era niente da fare,
Eric sarebbe rimasto asfissiantemente protettivo con tutte le donne
della sua
vita.
La
Scelta venne chiusa con la chiamata di Rafael.
Rashel
si sporse in avanti, osservando il cugino che
indugiava davanti al recipiente dei Candidi. Avrebbe davvero cambiato
Fazione,
li avrebbe lasciati … l’avrebbe lasciata?
Rafael
alzò lo sguardo verso di lei, leggendo la
preoccupazione negli occhi nocciola. Non potevano esserci lacrime negli
occhi
della ragazza più forte che conoscesse, vero?
E
invece sì. Se se ne fosse andato l’avrebbe
distrutta. Lui stesso non sapeva se ne valesse la pena o se rimanere
tra le
persone che lo amavano valesse il sacrificio.
Forse
sì. Occhi come quelli non si riempivano di
lacrime per un nonnulla.
Sospirò,
ferendosi il palmo e abbondando la sua
posizione per raggiungere i carboni ardenti.
-
Intrepidi! –
Rashel
lasciò le fila, dimenticandosi di qualsiasi
forma di etichetta, e gli gettò le braccia al collo.
-
Sei rimasto, sei rimasto! – singhiozzò,
stringendolo a sé.
Ricambiò
la stretta, aspirando il profumo della
ragazza. Sì, quello era l’odore giusto. Era odore
di casa.
Spazio
autrice:
Eccoci
con il nuovo aggiornamento, a tempo di
record. Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto e che vogliate
farmi
sapere che ne pensate. Qui sotto, come sempre, vi lascio i nomi dei
prestavolto
dei personaggi introdotti in questo capitolo:
Derek
è Michael Fjordbak;
Lydia
è Holland Roden;
Axel
è Colton Haynes.
Alla
prossima.
Baci
baci,
Fiamma Erin Gaunt
|
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Capitolo 5 *** Cap 4 ***
Cap
4
Il
viaggio in treno verso la Residenza era stato
rapido e Kate l’aveva passato in religioso silenzio. Come
iniziata interna,
sapeva di partire avvantaggiata almeno per il primo modulo, ma il fatto
di non
essere un’Intrepida pura la preoccupava. Sarebbe riuscita a
scalare la
classifica e garantirsi una posizione che le desse la sicurezza di
restare
nella Fazione? Non lo sapeva.
-
Ehy, si può sapere che ti prende? –
Rashel
la osservava con aria perplessa.
Probabilmente aveva intuito che c’era qualcosa che non andava
in lei, in fin
dei conti era sempre stata una brava osservatrice.
-
Nulla, Rash, sono solo un po’ nervosa per
l’iniziazione.
Ma è tutto okay, non preoccuparti. –
La
ragazza annuì, comprensiva. – Già,
preoccupa da
matti anche me. –
-
Cos’è che vi preoccupa? –
Eve
era arrivata proprio in quel momento, portandosi
dietro il cugino e un ragazzo che indossava a sua volta i colori dei
Candidi.
-
L’iniziazione. –
Derek
inarcò un sopracciglio, perplesso. – Credevo che
voi interni sapeste a cosa andate intorno. –
-
Sul primo modulo sì, ma l’altra parte è
top
secret. –
-
Nepotismo tra gli Intrepidi, eh? Chissà perché
non
ne sono sorpreso. – borbottò l’altro
Candido.
-
Luke, non iniziare. – borbottò Derek, dipingendosi
un sorriso di scuse sul bel viso. – Scusatelo, è
un po’ ipercritico. –
Luke
s’imbronciò, indignato. – Non sono
ipercritico,
solo sincero. Dico ciò che pensano tutti qui dentro.
–
-
Se la pensi così, perché ci hai scelti?
–
intervenne Gabriel, sprezzante.
Kate
si voltò verso di lui, esaminandolo. Era
appoggiato alla parete del vagone, affiancato immancabilmente da Cesar,
in
compagnia della ragazza dai capelli rossi che aveva lasciato gli
Eruditi e dal
suo amico. Gli occhi grigi fissavano gelidi Luke, come se stesse
valutando l’opzione
di schiacciarlo lì sul momento o aspettare di trovarselo
davanti sul ring.
-
E tu chi
saresti? –
Litigioso
per essere un Candido, considerò
distrattamente, mentre Luke replicava a brutto muso e si faceva avanti.
-
Sono quello che ti prenderà a calci se non cambi
atteggiamento, e lo farò anche con estremo piacere.
–
Eve
alzò gli occhi al cielo, sbuffando, e si frappose
tra loro.
-
Piantatela, tutti e due. Sul serio, non è proprio
il caso di fare a botte prima ancora di arrivare. –
Concluse
la frase fissando negli occhi il gemello.
Era una delle poche persone capaci di rimettere in riga Gabriel. Il
ragazzo
alzò le mani in segno di resa, per poi fulminare Luke con
un’occhiataccia che
gli augurava palesemente una morte lenta e dolorosa.
-
Fossi in te mi guarderei le spalle, Candido. –
La
voce di Luke si alzò di un’ottava. –
È una
minaccia? –
Le
labbra di Gabriel si stirarono in un ghigno
divertito. – Assolutamente sì. –
L’aria
intorno a loro irradiava tensione, ben
percepibile da tutti coloro che occupavano lo scompartimento e che si
erano messi
a osservarli. La voce di una delle Intrepide che li aveva accompagnati
durante
il viaggio ruppe il silenzio.
-
Preparatevi a scendere, siamo arrivati. –
-
Perché il treno non rallenta? –
domandò, a bassa
voce, Derek.
Evidentemente
non aveva parlato abbastanza piano perché
la smorfia che comparve sul volto di Gabriel fece capire che aveva
sentito
perfettamente la domanda del cugino. Fu proprio lui a saltare per
primo,
prendendo una piccola rincorsa e lanciandosi nell’aria.
Kate
lo osservò atterrare in perfetto equilibrio un
paio di metri dopo il cornicione. Doveva ammettere che, per quanto
insopportabile e arrogante, sapeva decisamente il fatto suo come
Intrepido.
-
Saltiamo insieme? –
Annuì,
sorridendo all’indirizzo di Rashel ed Eve. Si
addossarono alla parete dello scompartimento, scambiandosi
un’occhiata d’intesa.
-
Al tre … Uno, due e tre. – contò Eve,
dando il via
alla corsa e al salto.
Atterrarono
nello stesso istante, le mani ancora
unite le une alle altre, e persero l’equilibrio finendo a
terra. Si rialzarono
ridendo e spolverandosi i vestiti a vicenda.
Kate
si guardò alle spalle, cercando di capire se
tutti i presenti fossero riusciti ad arrivare sul tetto. Fece una
rapida conta
mentale.
Venti.
Sì, c’erano tutti.
-
Avvicinatevi, possibilmente prima che faccia
notte. –
La
voce di Eric riecheggiò per tutto il tetto,
tacitando tutti i mormorii e suscitando la curiosità dei
trasfazione.
-
Quello chi
è? È terribilmente inquietante. –
mormorò una ragazza con i colori dei
Pacifici.
-
Più che altro assomiglia molto a l’iniziato sexy.
–
aggiunse l’amica e compagna di fazione, indicando Gabriel con
un cenno del
capo.
Kate
storse il naso. Fortunatamente di solito le
Pacifiche non sceglievano gli Intrepidi ma rimanevano nella loro
Fazione o, al
limite, sceglievano gli Abneganti. Quelle due però erano
capitate tra loro per
qualche strano scherzo del destino e come se non fosse bastato
sembravano
esattamente il tipo di ragazza con cui una come lei non sarebbe mai
potuta
andare d’accordo.
Quasi
avesse percepito i suoi pensieri, Eve le diede
di gomito. – E quelle da dove sono uscite fuori? –
Scrollò
le spalle, tornando a concentrarsi sulle
parole di Eric.
-
Per entrare nella Residenza l’ingresso è alle mie
spalle. Qualcuno deve iniziare … chi va per primo?
–
Una
mano si levò timorosamente, attirando lo sguardo
del Capofazione.
Si
trattava di un ragazzo bassino con indosso i
colori degli Abneganti.
Eric
inarcò un sopracciglio. – Sì?
–
-
Tanto per essere chiari. Dobbiamo saltare
di sotto? –
-
No, pensavo di farvi scendere con un ascensore. È ovvio che dovete saltare. –
Tornò
a guardarsi intorno, soffermandosi per una
frazione di secondo sul volto del figlio.
Gabriel
fissava dritto davanti a sé con aria
risoluta, quasi si stesse estraniando dal mondo. La verità
era che il ragazzo
si stava sforzando in tutti i modi di non incrociare lo sguardo del
padre.
Sapeva che si aspettava che si facesse avanti per saltare per primo, ma
non
poteva. L’altezza lo terrorizzava e se saltare giù
da un treno in corsa andava
bene, di sicuro lanciarsi giù da un tetto non era la stessa
cosa.
-
Magari qualche interno vuole andare per primo? –
insistè.
Gabriel
irrigidì le spalle, sperando che qualcun
altro si facesse avanti il prima possibile. Visto che tutti rimanevano
in
silenzio, digrignò i denti e fece per muovere un passo in
avanti. Una voce
femminile però giunse appena in tempo per salvarlo.
-
Vado io per prima. –
Eve
si fece largo tra gli iniziati, ravviandosi con
un gesto della mano il ciuffo corvino e affiancandosi al padre.
Eric
saltò giù dal cornicione, osservandola con un
sorriso orgoglioso mentre prendeva il suo posto e guardava
giù. – Quando vuoi. –
Guardò
giù, non riuscendo a mettere a fuoco nulla
che non fosse il buio più totale. Suo padre però
non l’avrebbe mai fatta
saltare giù da un tetto se non fosse stata una cosa
assolutamente sicura, di
questo era sicura. Prese un respiro, cercando di calmare i battiti
impazziti
del suo cuore, poi voltò le spalle al dirupo e si
tuffò di schiena.
Il
suo lancio venne accolto da una serie di fischi
di ammirazione.
Se
solo avessero saputo che si era lanciata così solo per non
guardare di sotto
durante la caduta.
Atterrò
su una rete elastica, rimbalzando un paio di
volte finchè una mano decisamente maschile si
allungò verso di lei e l’aiutò a
scendere.
Un
paio d’occhi verdi come smeraldi lampeggiarono nel
buio, accompagnati da un sorriso smagliante.
-
Ehy, ragazzina, ci si rivede. –
-
Ehy, splendore. –
Sorrise
di rimando, trattenendo più del dovuto la
presa sulla mano dell’uomo. Era un Intrepido di un paio
d’anni più dei suoi
genitori, che all’epoca era stato il loro istruttore e
sembrava aver conservato
l’aspetto e il fascino che doveva aver avuto diciotto anni
prima.
Reaper.
-
Prima a saltare: Eve. – annunciò ad alta voce.
Un
boato si levò dalle fila degli Intrepidi che
attendevano l’arrivo degli iniziati.
Lasciò
andare la sua mano controvoglia, spostandosi
di lato e accettando le pacche e le congratulazioni di chi la
circondava. Spostò
lo sguardo sulla rete giusto in tempo per vedere suo fratello che
rimbalzava
giù e veniva annunciato al resto dei presenti.
La
terza a saltare fu Kate. Le si avvicinò, con i
capelli biondi leggermente scarmigliati, e puntò gli occhi
blu polvere su di
lei, fissandola con uno sguardo strano che non riuscì a
decifrare.
-
Che c’è? –
-
Chi stai guardando con tanto interesse? –
Eve
scosse la testa, in un muto tentativo di
conversazione. Non era il posto né il momento adatto per
rivelarle il suo
segreto, tantomeno con suo fratello lì vicino che alla
notizia si sarebbe
sicuramente fatto venire un attacco di cuore.
Kate
annuì, capendo alla perfezione cosa c’era che
non andava. Di qualunque cosa si trattasse, doveva essere qualcosa di
grosso
che non poteva essere affrontato con tanta nonchalance.
Quando
il resto degli iniziati li ebbe raggiunti,
Reaper attirò la loro attenzione e li indirizzò
verso l’interno.
-
Per quanti di voi non lo sanno, sono Reaper, un Capofazione,
e sarò uno degli istruttori degli iniziati interni. Gli
altri Intrepidi che si
occuperanno della vostra iniziazione saranno Patrice, Quattro e Uriah.
Impegnatevi
a fondo perché avrete anche un supervisore, il Capofazione
Eric, che avete
conosciuto di sopra. – disse, per poi indicare prima la
ragazza dai capelli
neri e gli occhi grigio verdi che era rimasta in disparte e poi i due
uomini.
-
Io e Patrice ci occuperemo degli iniziati interni,
a cui non serve il giro di orientamento, mentre i trasfazione
seguiranno Quattro
e Uriah. Ci vediamo tra un’ora in mensa per la cena.
– decretò, per poi
aspettare che gli interni si radunassero intorno a lui e dirigersi
verso le
camerate.
La
camerata interna era nella direzione opposta che
avevano preso, però, e Cesar glielo fece notare non appena
ebbero girato l’angolo.
-
Quest’anno siete pochi e la camerata interna serve
ai ragazzi che seguono il corso di perfezionamento, abbiamo deciso di
farvi
dormire con i trasfazione. – spiegò, facendo
scorrere la porta e mostrando loro
una sfilza di brandine perfettamente allineate.
Ricordava
molto l’ambiente di una caserma e i bagni
erano la cosa più atroce che avessero mai visto.
-
Spero che scherzino. Perché dobbiamo vivere per
ben dieci settimane in un posto come questo, cosa abbiamo fatto di
male? –
borbottò Rashel, lasciandosi cadere su una delle brandine
più interne.
-
Ti aspettavi un hotel a cinque stelle, cuginetta? –
-
No, Raf, ma almeno un bagno degno di essere
chiamato in questo modo. –
Kate
dovette ammettere che aveva ragione. Quella
camerata era qualcosa di scandaloso.
-
Un posto come questo dovrebbe essere messo al
bando dagli ispettori sanitari. C’è
un’umidità pazzesca qui dentro. –
-
Umidità? Se mi si gonfiano i capelli e finisco con
l’assomigliare a un leone qualcuno perderà la
testa. – assicurò Eve, fintamente
minacciosa, mentre saltellava sul materasso e cercava di valutarne la
consistenza. Quando fu certa che fosse sufficientemente rigido da non
farla
affondare, ma non duro da causarle il mal di schiena, si tolse la felpa
nera e
la lasciò cadere sul cuscino.
-
A fine allenamento saremo così stanchi da dormire
anche per terra, non ci faremo neanche più caso a quanto fa
schifo questo
posto. – assicurò Gabriel.
-
E questo dovrebbe farci sentire meglio? – chiese
Kate, scettica.
-
Probabilmente no, ma sinceramente non m’interessa
molto farti sentire meglio, frigida. –
Si
tolse la maglietta, lasciandola cadere sul letto
e si diresse verso il bagno.
-
Immagino che nessuno voglia farsi una doccia. –
ironizzò, facendo scorrere il piccolo separè che
divideva i due ambienti e
regolando l’acqua.
Il
getto era moderatamente caldo e l’acqua che
accarezzava il suo corpo asciutto e muscoloso l’aiutava a
rilassarsi. Doveva
escogitare qualcosa per recuperare punti agli occhi di suo padre. Si
era
mostrato debole e sapeva che la cosa aveva irritato Eric, malgrado non
l’avesse
dato eccessivamente a vedere. Si sarebbe riscattato la mattina
seguente,
decise, quando finalmente avrebbero cominciato a combattere.
Quando
uscì dal bagno, con la sola protezione di un
asciugamano legato intorno alla vita e il torace ancora umido,
registrò che
anche i trasfazione stavano cominciando a sistemarsi.
Lydia,
la rossa tremendamente carina, si era seduta
sul letto accanto al suo e aveva già indossato la divisa
degli Intrepidi.
-
Ti dispiace se mi sono sistemata qui? – chiese,
puntando gli occhi verde menta nei suoi mentre le guance chiare
assumevano una
sfumatura abbastanza intensa di rosa.
-
Certo che no. A proposito, ti sta bene la tuta. –
Arrossì
ancora di più, mormorando un ringraziamento,
mentre il suo amico Erudito si faceva avanti e interrompeva la
conversazione.
-
Com’è l’acqua? –
-
Accettabile, ma non so per quanto tempo regga la
caldaia. –
-
Allora ne approfitto. – decretò, gettando via la
maglietta e lanciando un’occhiata in direzione di Eve e le
sue amiche.
Quell’Axel
non era male, probabilmente sarebbero
anche potuti diventare amici, ma sperava davvero che non concentrasse
la sua
attenzione sulla sua sorellina. Se così fosse stato
avrebbero avuto dei
problemi, dei seri problemi.
Lo
vide passare davanti alle ragazze, sorridendo
compiaciuto quando Eve gli rivolse un’occhiata
d’apprezzamento soffermandosi
sulle sue spalle larghe e gli addominali che si intravedevano anche
quando era
a riposo.
-
Axel è un bravo ragazzo, non le darà problemi.
–
gli disse Lydia, quasi avesse letto nei suoi pensieri.
-
Lo conosci da parecchio tempo? –
-
Da quando avevamo tre anni, è il mio fratellastro.
Mio padre aveva una relazione extra coniugale e da quella è
nato Axel; i miei
si sono separati e io ho preso il cognome di mia madre. –
spiegò.
Inarcò
un sopracciglio, sorpreso. Cosa si diceva in
situazioni come quelle?
-
Mi dispiace. Cioè, lo so che suona scontato, ma mi
dispiace sul serio. –
-
Non preoccuparti. Sono passati tredici anni dal
divorzio, praticamente neanche me lo ricordo com’è
avere un padre. È okay. –
minimizzò. Negli occhi verdi, però,
c’era una scintilla di tristezza.
Gabriel
si maledì mentalmente. Poteva essere duro e
stronzo quanto voleva, ma l’unica cosa che non riusciva a
gestire erano le
lacrime femminili. Doveva esserci una specie d’incantesimo
che lo rendeva un
idiota completo e lo portava a fare cose melense e assolutamente
stucchevoli
quando si trovava davanti una ragazza piangente.
-
Non è okay. Cioè, non dovrebbe esserlo lasciare
moglie e figlia per stare con un’altra. Tuo padre
è un vero idiota. –
Lydia
abbozzò un sorriso sincero e sembrò che il
pericolo lacrime fosse momentaneamente rientrato.
-
Sì, un po’ idiota lo è. –
Scoppiarono
a ridere all’unisono, attirando lo
sguardo sorpreso e incuriosito di Kate.
Seduta
sul letto e aspettando pazientemente che Eve
finisse di fissarle la treccia, la ragazza aveva osservato
silenziosamente lo
scambio di confidenze tra Gabriel e l’Erudita. Non
l’aveva mai visto così
rilassato e disinvolto con qualcuno che non conosceva, né se
per questo aveva
mai fatto una cosa così con lei anche se la conosceva da una
vita.
Possibile
che tra quei due fosse scattata una
scintilla a prima vista?
Scosse
la testa. A lei poi cosa importava? Gabriel
Murter era un idiota che saltuariamente si ricordava di essere umano e
decideva
di comportarsi in quel modo.
-
Sta ferma, non riesco a sistemarla se ti agiti. –
borbottò Eve, pizzicandole un fianco per punizione.
-
Scusa. Manca ancora molto? –
-
Due secondi … Ecco, ho finito. –
annunciò vittoriosa.
Kate
lanciò un’occhiata all’orologio da
polso.
Mancavano una decina di minuti all’inizio della cena.
-
Iniziamo ad andare? – domandò, alzandosi e
rassettandosi la divisa.
Eve
annuì, mettendo via lo smalto nero che si era
ritoccata sulle unghie e attendendo pazientemente che Rashel finisse di
allacciarsi
le scarpe.
-
Gabe, noi stiamo andando. Venite con noi? – chiese
Eve, avvicinandosi al fratello e sorridendo amichevolmente
all’indirizzo di
Lydia.
Gabriel
le rivolse un’occhiata eloquente, come a
dire che sapeva perfettamente che la presenza che sperava di avere era
quella
di Axel e non certo la loro, ma si limitò a chiederlo a
Lydia.
-
A te va? –
La
rossa annuì. – Mi piacerebbe conoscere qualche
ragazza, non ho mai avuto molte amiche. –
Eve
capiva alla perfezione il motivo. Lydia era una
di quelle bellezze che lasciavano letteralmente a bocca aperta e quella
sua
aria dolce e fragile suscitava un istinto di protezione nei ragazzi.
Anche suo
fratello sembrava essere preda di quell’incanto e questo era
tutto dire.
Insomma, era il tipo di ragazza che le altre vedevano come una
minaccia. Non
lei, però, perché la sua autostima era abbastanza
forte da sopportare un’amica
come quella.
-
Si va a cena, gente. – annunciò Eve, rivolgendosi
verso Kate e il resto del gruppo.
Uscirono
dalla camerata compatti, raggiungendo la
sala mensa in pochi minuti durante i quali Axel le si
affiancò e provò ad
attaccare bottone.
Tuttavia
il ragazzo non aveva fatto i conti con Eve
e il suo caratterino. La ragazza metteva in atto quella che definiva la
tattica
del “sei carino, ma non ti do troppa confidenza”
perché la divertiva l’avere il
controllo della situazione.
-
Come mai una ragazza così carina è single?
–
-
Ho standard piuttosto alti, non sono in molti
quelli che li reggono. – replicò, sogghignando
maliziosa.
-
E come sarebbero questi standard? –
Lo
punzecchiò leggermente sul petto, constatando
compiaciuta la consistenza dei suoi muscoli, e si tirò
indietro ridendo. – Te l’ho
detto: alti. Devo ancora decidere se sei in grado di soddisfarli.
–
Axel
abbozzò un sorrisetto malizioso. – Mettimi alla
prova, allora. –
-
Forse, ma non è ancora arrivato il momento. Adesso
ho fame. – decretò, piantandolo lì e
raggiungendo Kate e Rashel.
Si
accomodò tra di loro, allungandosi immediatamente
ad afferrare il vassoio con gli hamburger. Se ne servì un
paio, aggiunse una
generosa dose di ketchup e maionese e poi recuperò
l’insalatiera con le patate
fritte.
-
Il trasfazione ti sta osservando. – le sussurrò
Rashel, dandole di gomito.
Annuì,
compiaciuta. – Lo so. –
-
Hai intenzione di farlo impazzire con i tuoi tira
e molla finchè non crollerà, vero? –
-
Ovviamente. –
Spazio
autrice:
Eccoci
con il nuovo capitolo, spero che sia all’altezza
dei precedenti e che vi sia piaciuto. Per il momento qual è
il personaggio che
preferite di più e c’è già
qualche coppia che shippate (anche se lo so che per
questo è ancora presto u.u)? Fatemi sapere. Alla prossima.
Baci
baci,
Fiamma Erin Gaunt
|
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Capitolo 6 *** Cap 5 ***
Cap
5
La
cena si concluse in fretta per dare il tempo a
Max di prendere la parola e pronunciare il consueto discorso di
benvenuto.
-
Noi crediamo negli atti di coraggio ordinario, nel
coraggio che spinge una persona a ergersi in difesa di
un’altra. Noi crediamo
nell’azione. Voi ci avete scelti, ora tocca a noi scegliervi.
Vi do il mio
benvenuto, iniziati. Rendeteci orgogliosi di voi e, soprattutto, siate
coraggiosi. –
Le
sue parole vennero accolte dal clamore degli
Intrepidi che urlavano agitando i pugni in aria in segno
d’assenso.
Eve
assaporò a pieno quel momento, ritrovandosi a
gridare a sua volta, il pugno ben visibile in mezzo al resto degli
iniziati. La
scarica di adrenalina che l’assaliva in momenti come quello
le confermava ciò
che già sapeva: quella era casa sua, comunque fossero andate
le cose, aveva
fatto la scelta giusta.
Uscirono
dalla mensa in gruppo compatto, con Lydia
che si era unita all’istante a loro. Aveva avuto ragione
circa la sua prima
impressione su quella ragazza: era okay e c’erano tutti i
presupposti perché si
integrasse alla perfezione tra di loro.
La
reazione di Kate però l’aveva lasciata perplessa.
Di solito era la prima a mostrarsi disponibile e amichevole con le
persone, ma
non sembrava di quell’avviso nei confronti della rossa.
Decise che avrebbe
affrontato il discorso prima di tornare in camerata. In fin dei conti
avevano
ancora un po’ di tempo prima di buttarsi a letto come delle
vecchie signore
affaticate dai troppi avvenimenti della giornata.
Le
si affiancò, dandole di gomito.
-
Dobbiamo parlare. –
Kate
inarcò un sopracciglio biondo, perplessa, ma la
seguì verso il Pozzo.
-
Di cosa vuoi parlare? – chiese, incuriosita.
-
Di Lydia. Ti comporti in modo strano con lei,
neanche ti avesse fatto chissà che. C’è
qualche motivo per cui non ti piace? –
Kate
si mordicchiò il labbro inferiore, alla ricerca
delle parole migliori per spiegare la situazione. In realtà
neanche lei sapeva
perché la trasfazione non le andasse a genio, doveva essere
qualcosa di
puramente istintivo o, molto più semplicemente, le loro non
erano personalità
compatibili.
-
Non c’è un motivo. Magari conoscendola meglio
cambierò idea, ma al momento non credo che siamo
compatibili. Tutto qui. –
replicò, scrollando le spalle.
Lo
sguardo di Eve diceva chiaramente che non le
credeva affatto.
-
Non dire stronzate, Kat, perché lo sai che con me
non attaccano. Ci deve essere un motivo e io scoprirò qual
è. –
Kate
sospirò, alzando gli occhi al cielo. Quando ci
si metteva Eve diventava davvero esasperante.
-
Certe volte sei peggio di tuo fratello. –
borbottò.
Gli
occhi azzurri della ragazza si illuminarono,
come folgorati da un’idea arrivata solo in quel momento.
-
Ma certo, ecco qual è il problema! –
-
Bene. Visto che l’hai capito, ti spiacerebbe
spiegarlo anche a me? –
Le
puntò un dito contro, minacciosamente, - Non fare
la finta tonta con me, Eaton. Non sopporti Lydia perché
Gabriel sembra essere
interessato a lei. –
Kate
scoppiò a ridere, scuotendo la testa. Quella
era la cosa più assurda che avesse mai sentito in tutta la
vita, compresi tutti
i piani e le idee pazzesche con cui se ne usciva Eve almeno una volta
al
giorno.
-
Stiamo parlando dello stesso Gabriel, quello che
non sopporto da più o meno sedici anni? Litigavamo
già nella culla, figurati se
mi importa di lui o delle persone a cui si interessa. –
Eve
la scrutò con attenzione, quasi volesse
spingerla a confessare con la sola forza del suo sguardo. Tuttavia
conosceva
bene Kate e sapeva che l’amica poteva essere testarda almeno
quanto suo
fratello. Anche se ci fosse stato qualcosa tra loro due, quei testoni
l’avrebbero
negato fin sul letto di morte.
-
D’accordo, facciamo finta che ti credo, ma sappi
che ti tengo d’occhio. – disse, indicando prima se
stessa e poi puntandole
contro due dita.
Kate
finse di rabbrividire. – Come sei minacciosa,
Murter. Sta attenta, potrei farmela addosso. –
La
prese sottobraccio, sfregandole le nocche sui
lisci capelli biondi.
-
Torniamocene in camerata, ho come la sensazione
che quella di domani sarà una giornata davvero lunga.
– sospirò.
*
La
mattina seguente, dopo aver trangugiato una
colazione leggera e ultra rapida, gli iniziati si diressero verso la
sala
allenamenti.
Reaper
li aspettava lì, in compagnia di Patrice, e
non sembrava molto contento. Gabriel ci mise un paio di secondi a
capire cos’era
che non andava. In un angolo, appoggiato al muro e seminascosto al
punto da
sembrare quasi parte integrante di esso, stava Eric.
-
Benvenuti al primo modulo. L’iniziazione si
svolgerà
in due parti: il primo riguarda il lato fisico, il secondo quello
mentale,
entrambi vi spingeranno fino al punto di rottura. Alla fine di ogni
modulo gli
ultimi in classifica verranno eliminati. Siete in venti, ciò
significa che dopo
la prova finale solo la metà di voi entrerà a far
parte della Fazione. –
concluse.
Quelle
parole vennero seguite da un silenzio
glaciale. Gli interni lo sapevano, o almeno questo valeva per lui e il
resto
del gruppo, ma dubitava seriamente che qualcuno avesse informato i
trasfazione
di questo piccolo dettaglio.
-
E se veniamo eliminati che succede? – domandò
l’Abnegante.
Quel
ragazzo si era appena confermato il tipo dalle
domande più stupide della storia degli iniziati.
-
Cosa ti aspetti che succeda, Rigido? Se non passi
l’iniziazione
diventi un Escluso. – rispose, prima che Reaper o chiunque
altro avesse il
tempo di aprire bocca.
-
Ma … Perché nessuno ce l’ha detto?
–
-
Perché si presuppone che chi scelga gli Intrepidi
sia coraggioso. Ma sembra che
persino
una pecora abbia più coraggio di te. –
Piccato,
il ragazzo si voltò verso di lui, come se
stesse per dirgliene quattro. Lo osservò con attenzione, ma
notando la
muscolatura sviluppata e lo sguardo gelido sembrò cambiare
immediatamente idea.
Gabriel
registrò tutto con un’occhiata. Ci aveva
visto giusto, quel tipo era un perdente nato, non sarebbe andato
lontano.
-
Codardo. – sentenziò.
Lasciò
vagare poi lo sguardo sul resto dei suoi
compagni d’iniziazione.
Se
si escludeva Axel e l’altro Erudito, di cui non
conosceva il nome, non credeva che potesse esserci nessuno in grado di
rivaleggiare con lui.
-
Perché non iniziate a farci vedere di cosa siete
capaci? – propose Eric, facendosi avanti e sorridendo senza
alcuna allegria.
Conosceva
quel sorriso ed era l’espressione che suo
padre riservava sempre a coloro che dovevano superare il suo attento
esame.
Eric Murter era un maestro nel capire chi ce l’avrebbe fatta
e chi no, ogni
anno confermava la sua abilità di osservatore decretando fin
dal primo giorno
chi sarebbe stato in cima alla classifica e chi sul fondo.
Reaper
si accigliò leggermente, interdetto. – Molti
di loro non hanno mai neanche tirato un pugno a un sacco. Non sarebbe
meglio
aspettare? –
-
Perché tirare un pugno a un sacco quando puoi
avere un avversario che risponde ai tuoi colpi? Se non altro si faranno
un’idea
di chi hanno davanti. –
L’istruttore
si strinse nelle spalle. Erano entrambi
Capofazione, ma non godevano della stessa influenza. Il ruolo che
Reaper si era
conquistato, un tempo, era stato preso da Eric con la stessa
facilità con la
quale gli aveva soffiato la ragazza da sotto il naso.
-
D’accordo. Gabriel … e Michael. Coraggio, sul
ring. –
Gabriel
si fece avanti all’istante, fronteggiando l’Erudito
che aveva individuato poco prima. Sarebbe stato interessante misurarsi
con lui
e se non altro avrebbe capito se era o meno un avversario temibile.
Si
sistemarono sul ring, ognuno in un angolo,
attendendo un cenno per iniziare.
Eric
annuì. – Combattete. –
Attese
una frazione di secondo, prendendosi quel
tempo per studiare la guardia dell’avversario e capire il
modo migliore per
bucarla.
Intravide
un punto scoperto, poco sotto il braccio
piegato, e scattò in avanti. Lo agganciò con le
braccia, stringendolo a sé e
colpendolo ripetutamente con alcune ginocchiate precise.
Schivò
il calcio laterale e contraccambiò con un
diretto che lo colpì allo zigomo.
La
testa dell’Erudito scattò all’indietro,
ma il
ragazzo non si arrese. Fintò un montante e lo
colpì con una ginocchiata alla
bocca dello stomaco.
Gabriel
si piegò in due, a corto di fiato, e incassò
un calcio. Bloccò la gamba, strattonandola con tutta la
forza che aveva e
facendo finire al tappeto l’avversario. Prese lo slancio,
caricando la gamba e
colpendolo con un calcio vigoroso in piena faccia.
Il
sangue schizzò non appena il naso venne
frantumato, arrivando fino a sporcargli la guancia alabastrina.
Reaper
salì sul ring, intimando il time out.
Osservò
le condizioni di Michael con aria esperta e,
dopo aver decretato che una visita all’infermeria era
d’obbligo, l’affidò a
Patrice dandole il compito di scortarlo.
-
Non avresti dovuto esagerare. – gli disse.
-
Lui non avrebbe dovuto combattere se non era all’altezza.
– fu la replica del ragazzo.
Colse
lo scintillio di approvazione nello sguardo di
suo padre.
A
quanto pareva stava rapidamente recuperando punti ai
suoi occhi dopo l’umiliazione di non essere stato il primo a
saltare.
-
Le prossime sono Kate e Lydia. –
Eve
incrociò lo sguardo dell’amica come per dirle di
andarci piano. Lydia era delicata e femminile, non di certo il tipo di
ragazza
che era abituata a fronteggiare una rissa.
Presero
a girarsi intorno con circospezione,
osservandosi a vicenda con attenzione minuziosa.
La
prima a tentare l’attacco fu Kate, che sferrò un
montante rapido che centrò in pieno il mento della rossa.
Non era un pugno
molto forte, ma Lydia emise un gemito di dolore.
Provò
un calcio, colpendola di striscio e
costringendola a esporre il fianco. Fu lì che Kate
colpì, con un rapido calcio
rotante, facendola cadere carponi.
Lydia
strinse i denti, alzandosi nuovamente in piedi
e ripartendo. Sembrava una gattina decisa a dimostrare che anche lei ce
le
aveva le unghie. Il diretto andò a segno, infrangendosi
contro lo zigomo di
Kate, ma era troppo debole per mettere l’Intrepida in vera
difficoltà.
La
ragazza le bloccò il braccio, esercitando una
leva e fermandoglielo dietro alla schiena in una morsa micidiale.
-
Più ti divincoli e peggio è. –
l’avvisò.
Frustrata,
Lydia abbassò lo sguardo e decretò,
sottovoce, - Mi arrendo. –
-
La vincitrice è Kate. – annunciò
Reaper, mentre
Eric scrutava contrariato l’ex Erudita.
Gabriel
conosceva abbastanza suo padre da sapere che
aveva appena deciso che quella ragazza non avrebbe avuto vita lunga
all’interno
della Fazione.
Voleva
dimostrargli che si sbagliava, che sotto
quelle onde rosse c’era un vulcano pronto a esplodere.
Quando
Lydia tornò al suo posto, abbattuta, si chinò
su di lei.
-
Se vuoi posso insegnarti qualcosa. Hai ancora un
sacco di tempo per dimostrare che puoi farcela. –
Puntò
gli occhi verdi nei suoi, imbarazzata. –
Sprecheresti davvero il tuo tempo con un impiastro come me? –
-
Un impiastro piuttosto carino, quindi certo che
sì. – replicò, strizzandole
l’occhio e facendola avvampare ancora di più.
Poi
tornò a concentrarsi sul ring, sul quale erano
appena saliti Eve e Rafael.
L’incontro
fu breve, tremendamente breve, e accese
un faro sulle lacune del giovane Pedrad. Non era mai stato
granchè nei
combattimenti e Gabriel si era chiesto più volte
perché non avesse colto l’occasione
per lasciare la Fazione e trasferirsi altrove. Se non migliorava molto
e in
fretta sarebbe finito con il diventare un Escluso.
-
Okay, basta così. Pedrad, vatti a far medicare
quell’occhio prima che si gonfi e tu finisca con il non
vederci più nulla. –
ordinò Eric, tornando a prendere la parola, - Gabriel, Kate
ed Eve, molto bene.
Tutti gli altri: siete stati assolutamente penosi, persino mia nonna di
novant’anni
con l’artrite sarebbe più pericolosa e letale di
voi. Gli altri che non hanno
combattuto, ne riparliamo domani. Ora andate a pranzo e sparite dalla
mia
vista. –
Il
gruppo uscì dalla palestra in silenzio, ma
Gabriel venne richiamato indietro dal padre.
-
Aspetta un attimo. –
-
Sì? –
-
Stavo pensando che potremmo pranzare insieme. –
Il
ragazzo si aprì in un sorriso orgoglioso.
Mangiare insieme durante l’iniziazione aveva un significato
tutto speciale:
significava che Eric lo considerava degno di lui e che ne era
orgoglioso al
punto da volerlo far presente a tutta la Fazione.
-
Certo, assolutamente. –
Gli
battè una pacca vigorosa sulla spalla, aprendosi
in uno dei pochi veri sorrisi che regalava unicamente alla sua
famiglia. –
Bravo il mio ragazzo. –
Spazio
autrice:
Sono
in un ritardo pazzesco con l’aggiornamento, lo
so, e questo capitolo fa abbastanza schifo (sono consapevole anche di
questo
u.u). Comunque spero vogliate comunque lasciarmi una recensioncina per
farmi
sapere che ne pensate. Al prossimo.
Baci
baci,
Fiamma Erin
Gaunt
|
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Capitolo 7 *** Cap 6 ***
Cap
6
Eve
vide con la coda un
movimento sulla sua sinistra. Occhi verdi come smeraldi che trapelavano
dall’oscurità
del corridoio. Trattenne a fatica un sorriso.
-
Voi andate, io devo
fare una cosa, ci vediamo in mensa – disse, ignorando
l’occhiata perplessa di
Kate e marciando risolutamente verso l’oscurità.
Aveva
appena voltato
l’angolo che si ritrovò stretta nella presa forte
e familiare di due mani
virili e coperte dai segni degli scontri avuti in quegli anni.
Sorrise,
cingendogli
il collo con le braccia e facendo aderire ancora di più i
loro corpi. Poi un
paio di labbra sottili presero possesso delle sue, coinvolgendola in un
bacio
lungo e mozzafiato. Quando le abbandonarono, spostandosi lungo il collo
candido
e lasciando una scia di baci incandescenti fino alla mandibola, si
lasciò
sfuggire un sospiro.
Avvertì
l’Intrepido
sorridere contro la sua pelle sensibile.
-
È tutta la mattina
che avevo voglia di baciarti, labbra infuocate – disse
l’uomo, utilizzando il
nomignolo che le aveva attribuito durante l’estate e che era
capace di far
arrossire la solitamente sfrontata Eve Murter.
In
effetti quell’iniziata,
appena una ragazzina se paragonata ai suoi trentasette anni, lo
intrigava. Più
spigliata e schietta della maggior parte delle sue coetanee, non si
faceva
alcun problema nel fare ciò che desiderava e nel fregarsene
delle convenzioni
sociali.
-
Ma davvero? –
disse, mordicchiandosi il labbro e guardandolo da sotto le lunghe
ciglia scure.
– Avevi solo voglia di
baciarmi,
Capofazione Reaper? – chiese poi, sbattendo le ciglia con
aria angelica.
Certo,
come se quell’iniziata
non fosse la tentazione fatta persona.
-
Non proprio –
ammise, sorridendo sornione, - Ma immagino che tuo padre avrebbe avuto
qualcosa
da ridire se avessi sbattuto la sua bambina al muro. –
-
Quindi sei
intimorito da lui? –
Il
sorriso scomparve
dalle labbra di Reaper.
-
Non ho detto
questo. –
-
Sembrava di sì.
Sembrava che avessi paura di mio padre – lo
stuzzicò.
Capovolse
le
posizioni con un colpo di reni, imprigionandola tra il suo petto e il
muro
gelido.
-
Io non ho paura di
nessuno – decretò a denti stretti, fissandola come
se volesse sfidarla a
contraddirlo.
Eve
gli si avvicinò
di più, mormorandogli all’orecchio: - Beh, meglio
così. –
Dardeggiò
rapidamente
la punta della lingua sul lobo dell’uomo, strappandogli un
sospiro di piacere,
e si districò agevolmente dalla sua presa.
-
Vado a mensa, ci
vediamo – salutò, accentuando di proposito il
movimento ipnotico dei fianchi
che ondeggiavano mentre si allontanava da lui.
Prima
di voltare l’angolo
gli lanciò un’occhiata con la coda
dell’occhio, trovandolo intento a osservare
con scrupolosa attenzione come i pantaloni della divisa
d’allenamento le
aderissero al lato b.
Sorrise
soddisfatta.
Quella
relazione
clandestina era un gioco divertente.
Varcò
l’ingresso
della mensa sentendo gli occhi puntati su di sé. Era
arrivata quasi a metà
pausa pranzo, quando tutti erano ormai seduti, e se non fosse stata la
figlia
di uno dei Capofazione probabilmente avrebbe dovuto sorbirsi una sonora
lavata
di capo. Intravide Gabriel seduto al tavolo insieme ai loro genitori,
inaspettatamente Lydia era seduta con loro. Rivolse
un’occhiata interrogativa a
Kate, che scosse la testa come a dire che ne sapeva quanto lei, e
decise di
unirsi alla sua famiglia.
Scivolò
accanto a sua
madre.
-
Abbiamo adottato
Lydia e non avete pensato di informarmi? Ho sempre voluto una sorella,
Gabriel
non si faceva acconciare i capelli quando eravamo piccoli –
spiegò, ironica,
rompendo l’imbarazzo che sembrava aleggiare tra di loro.
-
Se è per questo ti
tengo lontana dai miei capelli anche adesso –
chiarì.
-
Perché sei
incredibilmente noioso. Staresti bene con qualche colpo di sole,
darebbe un po’
di luce a quel broncio che hai sempre. –
Il
gemello alzò gli
occhi al cielo, scambiando un’occhiata solidale con il padre.
-
Piuttosto, tu dove
ti eri cacciata? – chiese Eric, puntando le iridi
d’acciaio nelle sue e
fissandola con intensità. Sembrava quasi che volesse
spingerla a confessare
chissà quale colpa.
-
Oh, ero a letto con
il mio amante. Gli ho detto di fare presto, ma non è
riuscito a essere più
veloce di così – replicò, servendosi
una manciata di patate arrosto come se
nulla fosse.
Fiamma
portò il
bicchiere alla bocca, cercando senza troppo successo di nascondere
l’espressione
divertita sul suo viso.
Gabriel
mascherò la
risata che gli era salita alla gola con un diplomatico colpo di tosse.
Ed
Eric quasi si
strozzò con il boccone di carne che aveva appena cominciato
a masticare.
-
COSA? –
Gli
Intrepidi dei
tavoli vicini lanciarono occhiate incuriosite verso di loro.
-
Oh, andiamo, stava
solo scherzando – intervenne prontamente Fiamma, posando una
mano sull’avambraccio
muscoloso e tatuato del marito.
-
Un accidente. Ho
quasi avuto un infarto. Tu sei troppo giovane per avere un …
un … un … -
-
Amante? – suggerì Eve,
inarcando un sopracciglio.
-
Esatto … e tu non
cercare di difenderla. Donne, siete sempre così emotive e
comprensive –
borbottò, lanciando un’occhiataccia alla moglie.
-
Questa donna emotiva e comprensiva ti
dice di
piantarla con le sceneggiate o ti ritroverai a dormire sul divano.
–
-
Il divano no –
borbottò, contrariato.
-
Il divano sì, e
ringrazia che sia così emotiva e comprensiva da non farti
dormire sul tetto. –
Eric
riprese a
mangiare, borbottando tra sé e sé riguardo a
qualcosa che suonava come una
serie di proteste contro il dispotismo di quella donna. Anche se, detto
da lui,
era un po’ come il bue che dava del cornuto
all’asino.
Gabriel
incrociò lo
sguardo di Lydia, che appariva decisamente a disagio, e decise che era
giunto
il momento di tagliare la corda.
-
Beh, è stato bello,
ma noi dobbiamo proprio andarcene – disse, prendendo per mano
l’ex Erudita e
dirottandola verso l’uscita della mensa.
Lydia
gli rivolse un
sorriso di ringraziamento e si lasciò condurre via senza una
parola. Tuttavia,
mentre la teneva per mano, Gabriel si sorprese a pensare che fosse una
cosa
estremamente piacevole. Il che era semplicemente ridicolo
perché lui in tutta
la sua vita aveva tenuto per mano solo due donne: sua madre e sua
sorella.
-
Sono carini –
commentò Fiamma, osservando il figlio che le teneva
cavallerescamente aperta la
porta e non dava alcun segno di volerle lasciare la mano.
-
Ho visto combattere
quella trasfazione, è debole – replicò
per tutta risposta Eric.
-
Può migliorare, c’è
ancora tempo, e credo che Gabriel sarà contento di darle una
mano. –
-
Deve concentrarsi
sulla sua iniziazione, non ha tempo per correre dietro alle ragazze.
–
-
Così come non ne
avevi tu? – chiese, maliziosa.
Eric
parve
imbarazzato e a corto di parole perché tornò a
dedicarsi al pranzo.
Eve
sorrise,
guardandoli intenerita. Stavano insieme da diciotto anni e ancora
formavano una
coppia di tutto rispetto. Le sarebbe piaciuto trovare un amore
altrettanto puro
e duraturo, ma finchè non capitava si sarebbe accontenta di
divertirsi un po’.
-
Vado da Kate e gli
altri, a lei non piace molto Lydia. –
-
E come mai? –
-
Credo che sia
attratta da Gabriel e che le dia fastidio l’attenzione che da
a Lydia –
replicò.
Questa
volta suo
padre parve decisamente divertito, come se il pensiero che la figlia
dei due
Rigidi potesse essere innamorata di un Murter lo riempisse
d’allegria.
-
È ovvio che sia
attratta da tuo fratello, è un Murter –
replicò, come se non avesse fatto altro
che ribadire qualcosa di assolutamente scontato, - Chissà
che faccia farebbe il
Rigido se lo scoprisse. –
Probabilmente
la stessa che faresti tu
se sapessi che io ho davvero un amante … e soprattutto se
scoprissi di chi si
tratta pensò
tra sé e sé la
ragazza.
Quasi
l’avesse
chiamato, accanto al loro tavolo prese posto Reaper, accompagnato dalla
solita
schiera di Intrepide svenevoli.
Il
divertimento
scomparve in fretta dalla faccia di Eric, che scambiò
un’occhiata assassina con
il collega. Reaper indugiò appena sul viso di Eve,
dopodiché riprese a
chiacchierare con le giovani donne sedute con lui.
Ridevano
tutte, quasi
stesse dicendo una barzelletta dietro l’altra, desiderose di
accalappiare l’unico
Capofazione single in circolazione.
Fiamma
roteò gli
occhi, infastidita. – Tra tanti tavoli il gruppo di galline
doveva scegliere
proprio quello vicino al nostro? –
Tra
di loro c’era
anche Sheyleen. Eve non la conosceva personalmente, ma sapeva che aveva
affrontato
l’iniziazione lo stesso anno dei suoi genitori e che, tra i
tanti, ci aveva
provato anche con suo padre. Aveva ricevuto picche, però, e
da allora si era
passata sistematicamente ogni ragazzo Intrepido carino e disponibile.
-
Reaper cerca di
urtarmi il sistema nervoso, è l’unica spiegazione
– ribattè Eric.
Se
il Capofazione
voleva irritare un Murter, tuttavia, Eve era abbastanza sicura che si
trattasse
di lei. Evidentemente non aveva gradito l’essere rimasto a
bocca asciutta e
stava cercando di farle capire che poteva facilmente sostituirla con
una
qualsiasi di quelle sgallettate ridacchianti.
Beh,
a quel gioco si
poteva giocare in due.
Salutò
i genitori,
raggiungendo il tavolo e accomodandosi accanto ad Axel. Gli
posò una mano sull’avambraccio,
attirando la sua attenzione.
Il
ragazzo le rivolse
un sorriso, evidentemente contento di averla accanto a lui.
-
Allora, di che si
parla? – chiese, senza spostare la mano.
Era
sorprendentemente
piacevole stare a contatto con la sua pelle fresca, come se fosse una
cosa
naturale come respirare.
-
Della giornata
delle visite. Credi che tuo padre ci farà ricoprire di
lividi anche domani? –
-
Probabilmente –
rise, per poi aggiungere: - Che programmi avete per questa sera?
–
Derek
e i suoi amici
annunciarono di essere troppo stanchi per fare qualcosa e che
perciò se ne
sarebbero andati di corsa in camerata.
-
Tu che proponi? –
le chiese invece Axel.
-
Possiamo prendere
un paio di bottiglie e andarcene sul tetto. È un bel posto,
di solito ci si va
quando si vuole divertire. –
-
Che genere di
divertimento? – chiese, malizioso.
Eve
gli diede un
buffetto lieve sulla guancia.
-
Il genere di
divertimento che prevede di tenere i vestiti addosso. Più
che altro ci si
ubriaca, si balla e si fanno cose stupide. –
-
Ci sto – approvò.
Annuendo
soddisfatta,
Eve si alzò dal tavolo.
-
Allora ci vediamo
questa sera – disse, a voce leggermente più alta
del solito, tanto per essere
sicura che Reaper la sentisse.
A
giudicare da come
si era accigliato e aveva storto la bocca il messaggio gli era arrivato
forte e
chiaro.
Spazio
autrice:
Ed
ecco che finalmente, dopo un’attesa indegna, si scopre il
“segreto” di Eve. Ve
lo sareste aspettato? Che succederà tra lei ed Axel? E come
reagirà Reaper? E
tra Gabriel e Lydia nascerà qualcosa? E Kate in tutto
ciò cosa farà? Tutto questo
nel prossimo capitolo. Fatemi sapere che ne pensate.
Baci
baci,
Fiamma
Erin Gaunt
|
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Capitolo 8 *** Cap 7 ***
Cap
7
Gabriel
si era
lasciato convincere da sua sorella a prendere parte a quella stupida
uscita.
Non aveva una gran voglia di perdere tempo sul tetto, insieme a una
mezza
dozzina d’Intrepidi più o meno ubriachi, ma Lydia
gli aveva proposto la cosa
con un sorriso lieve e la risposta affermativa gli era uscita dalla
bocca ancora
prima che se ne fosse reso conto. Così aveva confermato a
Eve la loro
partecipazione e aveva alzato gli occhi al cielo quando la gemella
aveva
annuito con una risatina e uno sguardo che diceva chiaramente che lei
la sapeva
lunga.
Che
poi cosa c’era da
sapere?
Sì,
Lydia era carina
e passare il tempo in sua compagnia gli piaceva, ma lui doveva
concentrarsi
sull’iniziazione. Se non si fosse classificato primo aveva la
netta sensazione
che la sua vita sarebbe diventata un vero e proprio inferno in terra.
Eric
Murter non era il tipo che si accontentava, questo lo sapevano tutti, e
l’aveva
preparato per quel momento dalla tenera età di cinque anni.
Undici anni di
allenamento non potevano essere buttati al vento … neppure
per una bella rossa
dagli occhi verdi e l’aria indifesa.
Riemerse
dalla sue
considerazioni giusto in tempo per vedere le ragazze che uscivano dal
bagno
comune, tutte perfettamente vestite e truccate.
Registrò
velocemente
come lo sguardo di Axel avesse accarezzato con palese apprezzamento le
lunghe
gambe toniche che gli shorts di sua sorella lasciavano in bella mostra.
Si
avvicinava sempre più velocemente il momento in cui lui e
quel trasfazione
avrebbero dovuto fare quattro chiacchiere. Eve era disinvolta,
spregiudicata, e
questo era un atteggiamento che poteva essere facilmente frainteso da
un
ragazzo; di solito si fermavano alle apparenze e ignoravano
completamente la
sua intelligenza e il suo brillante senso dell’umorismo. Beh,
lui la conosceva
meglio di chiunque altro e non avrebbe permesso che qualcuno trattasse
sua
sorella come una … beh, sì, come una di quelle.
Poi
il suo sguardo
venne come calamitato da una lunga massa di morbide onde bionde.
Impiegò un
paio di secondi per capire che quella che stava guardando con tanto
d’occhi non
era che Kate “frigida” Eaton. C’era
sicuramente lo zampino di Eve nella trasformazione
della sua amica, soprattutto nel trucco scuro e marcato e nei capelli
perfettamente acconciati; i vestiti erano un po’
più sensuali del solito, nulla
di troppo sfacciato per lei.
Come
se gli avesse
letto nel pensiero, sua sorella gli strizzò
l’occhio con malizia.
Non
riusciva proprio
a capire perché si fosse messa in testa di affibbiargli una
ragazza. Aveva
tutto il tempo del mondo per trovarne una negli anni a venire, che
senso aveva
affrettare le cose?
Lydia
lo raggiunse
con passo incerto, sorridendo imbarazzata e guardandolo al di sotto
delle
lunghe ciglia che incorniciavano un paio d’occhi da
cerbiatta. Con la coda dell’occhio
vide che Axel gli aveva rivolto un’occhiata molto simile a
quella che gli aveva
assestato lui in precedenza. Erano entrambi appena entrati in
modalità da
fratelli protettivi, magnifico. Effettivamente, osservando
l’abitino nero che
la ragazza aveva scelto per l’occasione, doveva ammettere che
una come quella
avrebbe fatto perdere la testa praticamente a chiunque.
-
Quest’abito … -
cominciò, ingoiando il commento che gli era salito alla gola
e optando per uno
più innocente e neutro, – ti dona –
concluse.
Lo
ricompensò con un
sorriso solare, che ebbe il potere di aiutarlo a non sentirsi poi
così idiota
per quel commento.
-
Ti ringrazio, anche
tu stai molto bene. –
Borbottò
un
ringraziamento a mezza bocca, porgendole il braccio come gli aveva
insegnato a
fare suo padre.
L’educazione
e il
rispetto prima di tutto, indipendentemente dal volere costruire o meno
una
storia con una ragazza.
Eve
e Axel aprivano
quel piccolo corteo diretto al tetto. La testa della gemella era
talmente
vicina a quella del trasfazione che le loro chiome sembravano quasi
fondersi l’una
con l’altra. Parlottavano fittamente di chissà
cosa, prorompendo di tanto in
tanto in qualche risatina divertita.
Fecero
strada fino al
centro del tetto, dove gli Intrepidi più grandi erano
già disposti in varie
zone a bere birra ed esibirsi in spacconate di ogni tipo.
Gabriel
intravide Bas
seduto sul cornicione poco lontano, con la biondissima Jo comodamente
seduta
sulle sue gambe, intento a baciarsi con trasporto. Il pensiero che
quell’uomo
fosse addirittura più grande dei suoi genitori e non avesse
ancora dato il
minimo segno di voler maturare gli fece storcere il naso. Okay per il
divertimento, in fin dei conti piaceva anche a lui, ma quel tipo e il
Capofazione Reaper sembravano essere gli eterni Peter Pan della
Fazione.
-
Lo conosci? –
chiese Lydia, curiosa.
-
Bas era uno degli
istruttori dei miei durante la loro iniziazione e Jo fa parte del
gruppo delle
amiche di mia madre. –
Proprio
in quel
momento i due coniugi si separarono e notarono di aver attirato la loro
attenzione. Bas alzò una mano in segno di saluto,
occhieggiando Lydia con un
sogghigno, mentre Jo strizzava loro l’occhio.
Gabriel
sospirò.
A
quanto pareva era
in atto una specie di congiura sentimentale contro di lui.
-
Ti va una birra? –
chiese, nello stesso momento in cui Lydia accennò alla cassa
da cui pompava la
musica e disse: - Ti va di ballare? –
Si
guardarono negli
occhi, scoppiando a ridere all’unisono.
-
Sì, ma è meglio se
prima ci prendiamo una birra. Sono un pessimo ballerino e
l’alcool aiuta a
farmi sembrare un po’ meno rigido –
scherzò, prendendola per mano e
conducendola verso il mini frigo nell’angolo.
Si
appoggiarono al
cornicione mentre sorseggiavano le birre gelate e guardavano i ragazzi
in pista
scatenarsi.
Kate
e Rashel
ballavano insieme al centro di quella pista improvvisata, muovendosi
aggraziate
e sensuali e catturando immediatamente l’attenzione di tutti
gli individui
maschili single presenti.
Eve
e Axel erano poco
distanti da loro, allacciati in un ballo sensuale fatto di lievi tocchi
quasi
impercettibili e repentini allontanamenti. Sembravano divertirsi molto,
quasi
fosse un gioco per loro.
Gabriel
finì la birra
con un ultimo lungo sorso e l’appoggiò sul
cornicione, puntando le iridi chiare
in quelle di Lydia. – Ci buttiamo in pista? –
La
ragazza annuì,
lasciandosi condurre tra quei ballerini più o meno
improvvisati. Gli cinse il
collo con le braccia, avvicinandoglisi quanto bastava per permettergli
di
sentire la fragranza di vaniglia che la circondava. Gabriel chiuse gli
occhi
per un attimo, inspirando il profumo delicato e dolciastro e
sforzandosi di
concentrarsi sul ritmo, dopodiché prese a muoversi con
maggior sicurezza. Lydia
lo assecondò, guardandolo negli occhi e sorridendo di tanto
in tanto con aria
imbarazzata.
Sotto
la luce delle
stelle i suoi occhi sembravano brillare ancora più del
solito e il chiarore
lunare faceva sembrare la sua pelle candida quasi iridescente. Avrebbe
potuto
tranquillamente essere scambiata per una leggiadra e incantevole fata
dei
boschi.
Era
bella, così incredibilmente
bella. Avrebbe voluto dirglielo, ma non era certo il tipo da frasette
sdolcinate.
Così
si limitò a
cingerle i fianchi con maggior decisione, attirandola un po’
più a sé.
Lydia
non oppose la
minima resistenza, anzi rinserrò maggiormente la presa
intorno al suo collo e
lasciò che una guancia si posasse sulla sua spalla
muscolosa, rilassandosi
nella sua stretta.
Continuarono
a
ballare così, stretti l’uno all’altra,
per circa mezz’ora dopo la quale la
ragazza chiese un attimo di riposo.
Tornarono
nel loro
angolino personale, sedendosi a terra e lasciando che la superficie
fredda del
muro si scontrasse con le loro schiene.
-
Non sei poi un
ballerino così tremendo – osservò Lydia.
-
Diciamo che me la
sono cavata meglio del solito, magari dipende dalla ragazza con cui
ballavo –
replicò, rivolgendole un sorriso sghembo.
La
vide arrossire e
distogliere lo sguardo.
Si
era forse
sbilanciato troppo dandole a intendere chissà cosa?
La
mano fredda e
delicata della trasfazione si posò sulla sua guancia nel
momento stesso in cui
tornò a guardarlo negli occhi.
Nel
suo sguardo c’era
una scintilla di determinazione che non aveva mai visto prima. Rimase
fermo
così, in attesa della sua prossima mossa.
Lydia
gli si avvicinò
lentamente, posando le labbra morbide sulle sue.
Fu
un contatto breve,
appena impercettibile, che gli fece venire voglia di avere molto di
più. Così,
quando la ragazza si tirò indietro e lo guardò
con aria titubante come se si
aspettasse chissà quale reazione, lui la trasse nuovamente a
sé e la baciò a
sua volta.
Le
labbra erano
morbide e carnose proprio come gli erano sembrate in quel primo
fulmineo contatto
e avevano un leggero retrogusto di fragola, probabilmente il sapore del
suo
lucidalabbra. Baciarla era piacevole, quasi rilassante, e
continuò a farlo
finchè qualcosa non li
investì in pieno.
Aprì
un occhio
controvoglia, realizzando che il “qualcosa” era in
realtà un “qualcuno”.
Kate
era inciampata
sulle loro gambe distese, rischiando di cadere completamente su di loro.
-
Scusate, ho perso l’equilibrio
– disse, fredda, per poi allontanarsi a passo svelto e
tornare verso Rashel.
Lydia
gli rivolse un’occhiata
perplessa. – C’è qualcosa tra te e lei?
–
Corrugò
la fronte.
Qualcosa tra lui e la frigida? Stava scherzando, vero?
-
A parte un odio
viscerale, intendi? Ogni tanto cerchiamo di ucciderci a vicenda, ma la
cosa
finisce lì. –
-
Dico sul serio,
Gab. Quello lì non era affatto il tono di una che ti odia
… anzi, a dire il
vero credo che se Kate odi qualcuno quel qualcuno sia io. –
Si
allungò verso di
lei per scoccarle un bacio a fior di labbra. – Non
è come pensi tu. –
Ed
era vero.
Tra
lui e la frigida c’era
solo odio, era sempre stato così fin da quando erano nella
culla, ed entrambi
ne erano sempre stati perfettamente consapevoli. Dannazione, tutta la
Fazione
lo aveva sempre saputo.
-
D’accordo, mi fido –
mormorò in risposta, a fior di labbra.
*
Eve
si allontanò da
Axel per andare a prendere l’ennesima birra. L’idea
del tetto era stata
geniale; era una bella serata e un po’ di distrazione dopo
tutti quegli
allenamenti estenuanti ci
voleva
proprio, e poi quel trasfazione era un tipo interessante.
A
una prima occhiata
lo aveva etichettato come il classico belloccio sicuro di
sé, il tipo abituato
a cambiare ragazza con la stessa frequenza con cui lo faceva con i
calzini, ma
evidentemente si era sbagliata. Era acuto, divertente, e si sforzava di
piacerle.
Afferrò
una bottiglia
gelata, guardandosi attorno per cercare l’apri bottiglie. Non
trovandolo, sbuffò
contrariata. Qualcuno doveva esserselo portato in giro per il tetto.
Che
la caccia al
tesoro avesse inizio.
Lo
intravide a una
decina di metri, appoggiato al cornicione nell’angolo
più lontano del tetto. Lo
raggiunse e fece per stappare la bottiglia quando il profilo asciutto e
muscoloso di un uomo comparve davanti a lei.
-
Dannazione, Reaper,
mi hai fatto prendere un colpo – esclamò,
trattenendo all’ultimo secondo la
birra che le era quasi scivolata a terra per lo spavento.
Il
cipiglio del
Capofazione era serio, contrariato.
No,
incazzato, si
corresse prontamente; la vena in corrispondenza della tempia che
pulsava minacciosamente
non lasciava spazio ad alcun dubbio.
-
Che ci fai con quel
novellino trasfazione? –
Sbattè
le lunghe
ciglia, fingendosi completamente ignara del significato della sua
domanda, -
Che significa cosa ci faccio? Sto semplicemente ballando con un mio
compagno d’iniziazione.
Perché, è un problema? –
-
Non provarci
nemmeno a giocare al gatto e al topo con me. Una qualsiasi delle
ragazze della
Fazione sarebbe più che felice di prendere il tuo posto.
–
-
Eppure sei qui,
anche se ci sono molte ragazze stasera sul tetto. Qualcuna è
anche molto carina
-, sorrise sorniona indicandone una poco distante, - Tipo quella
lì. –
Poi
aggiunse,
fissandolo risolutamente negli occhi, - Ricordati che non sei
l’unico che può
trovarsi qualcun altro con cui spassarsela. E, per la cronaca, Axel non
è solo
più giovane e simpatico di te ma anche tremendamente sexy
– concluse, voltando
le spalle alla sua espressione che era un curioso mix di rabbia e
indignazione.
Stava
tirando
parecchio la corda, lo sapeva, ma la verità era che Reaper
era solo un gioco
eccitante che le stava venendo rapidamente a noia. Troppo possessivo,
troppo
geloso e … sì, doveva ammetterlo, troppo grande
per lei.
Axel
accolse il suo
ritorno con un sorriso smagliante, togliendole la birra dalle mani e
prendendone un lungo sorso.
-
Ehy, quella era mia
– protestò, dandogli uno scherzoso pugno sulla
spalla.
-
Mia, tua, è lo
stesso. –
-
Quindi sei un ladro
di birra, eh mr Axel? Sapevo che eri troppo perfetto per essere vero
–
ironizzò, riappropriandosi della bottiglia.
-
Troppo perfetto,
eh? –
-
Sì, ma non montarti
la testa. Mi piacciono i ragazzi sicuri di loro, ma non quelli
arroganti –
liquidò il tutto con un gesto brusco della mano.
-
Immagino che non
siano molti i ragazzi della tua Fazione che ti piacciono allora.
–
Lo
punzecchiò su un
fianco. – Guarda che non tutti gli Intrepidi sono arroganti.
–
-
E tuo fratello che
tipo è? – chiese allora.
Capì
all’istante dove
voleva andare a parare.
-
Gabriel è un tipo
okay, uno di quei ragazzi protettivi su cui si può sempre
fare affidamento.
Tratterà bene Lydia, te lo prometto –
asserì, improvvisamente mortalmente
seria.
Axel
annuì.
-
E se ti dicessi che
la stessa cosa vale anche per me? –
-
Direi che lo dici
solo per cercare di portarmi a letto – rise.
-
Siamo malfidate,
eh? –
Annuì
graziosamente,
giocherellando con una ciocca corvina. – Assolutamente
sì. Io appartengo a
quella scuola di pensiero del “se non vedo non
credo”. –
Rise
insieme a lei,
per poi tornare serio.
-
Quindi mi darai
modo di dimostrarti che ciò che ti ho detto è
vero? –
Finse
di pensarci su,
arricciando le labbra.
-
Credo che ti
lascerò provare a dimostrare che dici la verità.
–
-
Ti piace avere il
coltello dalla parte del manico, eh? –
Sorrise,
compiaciuta.
– Lieta che tu lo abbia capito subito. –
Poi
una mano di Axel
le sfiorò la guancia, accarezzandole il profilo della
mandibola e soffermandosi
sotto il mento per farle alzare un po’ il viso verso di lui.
Dovette fare
appello a tutto il suo autocontrollo per non tremare quando quelle
pozze
profonde e ammalianti che aveva al posto degli occhi catturarono le
sue.
-
Corro troppo se
provo a baciarti? – le chiese sottovoce, con un tono tanto
basso e insinuante
che la faceva sentire stranamente complice con lui.
Si
alzò in punta di
piedi, andandogli incontro e depositandogli un casto bacio
all’angolo della
bocca, per poi sussurrargli all’orecchio: - Non bacio mai al
primo
appuntamento. –
Spazio
autrice:
Eccoci
con l’aggiornamento! Spero che anche questo capitolo vi sia
piaciuto e come
sempre vi chiedo di farmi sapere che ne pensate. Alla prossima.
Baci
baci,
Fiamma
Erin Gaunt
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