Nutcracker: L'inizio

di Lettera Scarlatta
(/viewuser.php?uid=712189)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Alexander Story ***
Capitolo 2: *** Pomodoro alcolico ***
Capitolo 3: *** Lanterna Verde ***
Capitolo 4: *** Pantofola volante ***
Capitolo 5: *** Chi sono? ***
Capitolo 6: *** Per tutti i baffi di Einstein! ***
Capitolo 7: *** Nutcracker ***
Capitolo 8: *** Felis & Ibis ***
Capitolo 9: *** Cloudy ***



Capitolo 1
*** Alexander Story ***


« Lei è bellissima ed io non sarò mai abbastanza. Spero di non incontrarla proprio oggi che ho i jeans macchiati di dentifricio... Oh no! Anche la maglietta è macchiata di dentifricio. Merda, si vedono i calzini di diverso colore, se provo ad abbassare un po' i pantaloni forse riesco a coprirli... »
« Alex, che stai dicendo? » mi chiese Freaky sistemandosi gli occhiali come suo solito. Era il mio migliore amico da sempre, il classico secchione che tutti prendono in giro. Ci siamo ritrovati perchè anche io, fino a qualche tempo prima, ero preso di mira.
« Sei scemo? Non ho detto nulla. »
Lui ridacchiò emettendo un grugnito fastidioso come sempre, aveva una risata veramente odiosa.

« Probabilmente pensavi ad alta voce. Arrenditi, Cloudy non ti degnerà neanche di uno sguardo. » disse accentuando la sua erre moscia.

Mi diede una pacca sulla spalla e se ne andò sfoggiando la sua camminata più vicina ad un T-rex che ad un essere umano.
« Parla lui con i suoi riccioli biondi ed il suo abbigliamento da nonno. »
La campana era suonata e tutti avevano cominciato a guardarmi.
Cazzo, ho di nuovo pensato ad alta voce!
Andai in classe a testa bassa prima di fare altre figure di merda.

La lezione era particolarmente noiosa.
Qualcuno sta russando, che fastidio.
« Story. »
« Ma perchè è bagnato qui? »
« Story! »
« Cosa? » mi svegliai di soprassalto quando riconobbi la voce del mio insegnante chiamarmi.
Le figure intorno a me si fecero più nitide e riconobbi i miei compagni.
Alcuni ridevano, altri mi guardavano con disgusto: avevo sbavato sul banco.
Dovrei smetterla di giocare a Dota 2 invece di dormire.
Con studiata disinvoltura poggiai il libro di Freaky sulla saliva. Eravamo compagni di banco e per fortuna in quel momento era in bagno.
Destino volle che la campanella suonasse proprio mentre lui tornava facendo si che potessi andarmene io.
« Beh Freaky, a domani! » gli gridai raggiunta una certa distanza da lui.
Mi sorrise come un deficiente ignaro di tutto, andai via di corsa ma ero curioso di vedere la sua faccia quando avrebbe preso il libro.
Povero piccolo Freaky.

Uscito dal portone di scuola notai Cloudy tra la folla e a sorridere come un deficiente in quel momento ero io.
Rimasi a fissare i suoi capelli rossi e i suoi occhi azzurri finchè mi distolse da lei l'arrivo del suo ragazzo. Si stava pericolosamente avvicinando a me e pensai che la cosa migliore da fare fosse tornare a casa.
E' abbastanza per oggi.

Sono Alexander Story, classico sfigatello di diciasette anni. La vita poteva essere un po' più originale.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Pomodoro alcolico ***


La mattinata non sembra andare male, la mia Cloudy mi ha addirittura guardato. Ora sa della mia esistenza. Forse più tardi potrei provare a parlarci. Finalmente vedrei più da vicino le sue tette.
« Passami il sedano! » 
Freaky interruppe i miei pensieri facendomi ricordare che dovevo preparare una 
Piña Colada. 
Frequentavo l'istituto alberghiero Saint Colander e quel giorno degli ispettori avrebbero assaggiato dei cocktail fatti da noi.
« Sembra buono! » osservai notando il Bloody Mary di Freaky.
« Hai ancora diciassette anni, non puoi berlo. Potresti rischiare un coma etilico. »
« Pff, non rompere! » dissi poco prima di berne un sorso incuriosito ma strizzai gli occhi schifato.
« Puah, pomodoro alcolico! Ho bisogno di sciacquarmi la bocca. »
Bevvi velocemente un po' d'acqua e mi affrettai a portare il mio cocktail nella sala.

« L'ispettore ha detto che era proprio buono, ho preso una B! » annunciai contento.
«A te com'è andata? » gli chiesi con finto interesse.
« Non l'ha assaggiato perché si è accorto che qualcuno lo aveva già fatto.
Grazie mille! » mi rimproverò Freaky prima di andare via imbronciato.
Lungo il corridoio notai due figure famigliari. 
Cosa ci fanno nella mia scuola?
« Ciao bambino. » mi disse Elenoire dandomi due schiaffetti.
« Hai solo un anno più di me, non sono un bambino! » puntualizzai seccato.
« Dai, piccolo Story, non prendertela. » rispose Julia pizzicandomi il braccio.
La prima aveva i capelli neri tagliati corti ed usava lenti a contatto colorate, ogni giorno di un colore diverso. Erano rosse quella volta. 
L'altra, dai capelli biondi e lunghi sino alle spalle, aveva gli occhi di un azzurro glaciale e la pelle bianca.
Non feci in tempo a ribattere che le due erano già andate via. Erano mie care amiche anche se non ne sapevo il perché. A volte mi prendevano amichevolmente in giro ma sapevo di poter contare su di loro, sempre.
Il corridoio prese a muoversi da solo e la testa mi grava, poco dopo mi ritrovai a vomitare.
« Te l'avevo detto io che avresti rischiato il coma etlico. Può essere mortale sai? »
Sentii la voce di Freaky ovattata, con le mie ultime forze mi dieti una toccatina alle palle per scaramanzia.
Tutto diventò bianco e  svenni.

Dinnanzi a me apparve Gordon Ramsey.
« Gordon Ramsey?! »
« Smettila di guardarmi così, coglione! Torna subito a scuola a pulire quella merda dal pavimento. » mi disse prima di darmi un pugno sul naso facendomi cadere a terra.
Sobbalzai ritrovandomi nel mio letto, la testa mi faceva male e mi sentivo confuso e scombussolato. 
Presi velocemente il telefono per guardare l'ora ma mi si ruppe in mano.
« Che telefono del cazzo, porca merda! » imprecai.
Mi alzai dal letto barcollando e andai in bagno per rinfrescarmi la faccia, mi soffermai sulla mia immagine riflessa. C'era qualcosa che non andava, anzi, forse andava fin troppo. Vedevo perfettamente senza l'uso degli occhiali, la barba sembrava aumentata e i muscoli erano apparsi dal nulla.
Mi accarezzai i capelli castani e ondulati con fare ammiccante, ero diventato uno strafigo.
« Sono proprio gnocco! »
Feci un sorrisetto malizioso guardando la zip dei pantaloni per l'idea appena avuta. 
Magari è cambiato qualcosa anche la sotto...

Improvvisai la canzone da spogliarello facendomi scivolare i jeans ancheggiando. 
La porta si spalancò, mia madre aveva scelto il momento sbagliato per entrare.
« Non voglio sapere che stai facendo! » disse richiudendo la porta.
« Comunque, se vuoi sapere qualcosa sull'ape e il suo pungiglione chiedi a tuo padre. » aggiunse poco dopo riaprendola.
Sentii la voce di mio padre venire da un'altra stanza.
« Se vuoi misurarlo devi prenderlo e... »
« Papà! » lo interruppi.
Lo sapevo, l'avevo già fatto tante volte in passato. Mi rivestii rapidamente e tornai in camera mia. 
Sentivo che qualcosa era cambiato, ma non laggiù.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Lanterna Verde ***


♫ So wake me up when it's all over...♫ 
« 'Cause I'm wild and love my older... »
Forse non era proprio così.
Allungai la mano per spegnere la sveglia la quale si ruppe sotto il suo peso.
Perplesso osservai i pezzi sparsi sul comodino.
« Pure la sveglia adesso? »
La giornata non prometteva nulla di buono.
Provai un paio di magliette ma erano tutte strette, ne presi una bianca ma infilandola la ruppi. Optai per l'unica maglietta che mi stava, una di Lanterna Verde fosforescente regalatami da mio zio il quale aveva sbagliato taglia. Prima di uscire mi guardai allo specchio insoddisfatto per la maglietta ma fiero per i muscoli. Avevo sentimenti contrastanti a riguardo, feci spallucce ed uscii.
L'autobus era come al solito in ritardo e per ammazzare il tempo giocavo a togliere e rimettere le chiavi nel portachiavi. Vidi in lontananza il ragazzo di Cloudy avvicinarsi alla fermata e cominciai a sudare freddo. Sapevo che voleva concludere l'incontro dell'altro giorno in cui scappai a gambe levate.
Avanzava con passo fiero scocchiandosi le nocche con aria truce.
Il suo viso era squadrato e la mascella prorompente, non era molto più alto di me ma la sua figura era imponente.
« Coglioncello, che cazzo vuoi dalla mia ragazza? » urlò con tono minaccioso.
Mi spinse ma mi limitai a fare un passo indietro rimanendo in piedi.
Fece per darmi un pugno ma d'istinto lo evitai.

La rabbia mi travolse e senza nemmeno rendermene conto lo sollevai da terra e lo scaraventai nel marciapiede di fronte. 
Che cazzo ho appena fatto? 
L'autobus passò giusto in tempo ed io lo presi al volo. 
« Me la pagherai, figlio di puttana! » sentii urlare al di fuori del veicolo, prontamente mi nascosi dietro a un sedile sperando non mi vedesse.
Merda, ho perso il portachiavi!
Pensai quando mi accorsi che nelle tasche le chiavi erano sparse.

« Lo sapevi che il Melanoceto, più comunemente conosciuto come Diavolo Nero, usufruisce della lucina di cui è dotato al di sopra degli occhi per attirare i pesci nel buio degli abissi? Successivamente li intrappola nei suoi denti lunghi e acuminati per poterli ingerire. E' così affascinante, non trovi? » 
Gli occhi di Freaky brillavano mentre teneva le mani unite vicino al petto fiero di quanto appena detto. Appoggiavo la testa sul muro roteando gli occhi annoiato dalle sue parole. Presi la bottiglietta d'acqua e ne bevvi un sorso ma mi venne da tossire e ne sputacchiai un po'.
« Allora sei stato tu a rovesciare l'acqua sul banco. Il mio libro era bagnato, si sarebbe potuto rovinare. Sai quanto ci tengo ai libri e poi ogni anno miriadi di alberi... »
Basta, non lo reggo più!
A volte mi chiedevo per quale motivo fossimo amici, anche se alla fine, tolti i suoi monologhi pallosi, era simpatico e gli volevo bene.
Cloudy mi passò davanti e non mi dovetti più sforzare per non ascoltare Freaky.
Lei Indossava una minigonna nera.
Che culo meraviglioso!
« Hei, aspetta, dove vai? » chiese Freaky confuso.
La seguii lasciandolo da solo nel corridoio.
Sono cambiato, ho un aspetto più maturo, forse ora avrò una speranza.
Appena le fui vicino lei si girò improvvisamente.
Che cazzo dico adesso? 
Rimasi a bocca aperta come un coglione, senza pensare aprii la porta del bagno alla mia sinistra per evitare un'altra figuraccia. Una volta dentro appoggiai la schiena al muro e tirai un sospiro di sollievo ma sbarrai gli occhi appena vidi una ragazza avvicinarsi a me. Era il bagno delle donne. Uscii di corsa e andai in classe.

Pasticciavo il quaderno di fisica ignorando la lezione.
♫ Get out get out get out of my head and fall into my arms instead♫ 
La canzone dei one direction si sentii in tutta la classe. Dopo aver rotto il mio, fui costretto ad utilizzare un vecchio telefono rosa di mia sorella. 
Avrei almeno potuto cambiare la suoneria.
I miei compagni scoppiarono a ridere e il mio insegnante mi squadrò. 
Corsi in bagno, quello giusto stavolta, e risposi.
« Pronto? »
« Ciao piccolo Story, sono Julia. Disturbo? »
Ovviamente si.
« No, tranquilla... » mentii.
« Stasera vieni in facoltà? Ti dobbiamo far vedere una cosa. Ti passiamo a prendere alle 18. » mi rispose lei entusiasta.
« Solo se mi presentate ragazze carine. » dissi io facendo il simpaticone.
Mi chiuse il telefono in faccia: era un no.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Pantofola volante ***


Erano le 18.30 e un forte suono di clackson mi bucò i timpani. 
« Suonati le palle! »
Riconobbi la voce acida di Elenoire. Chissà chi era lo sfortunato con cui se la stava prendendo. Alla guida era pericolosa, avrebbe potuto volontariamente investirti da un momento all'altro. 
« Hei bambino siamo arrivate. » mi disse con tono stranamente dolce.
Me ne sono accorto.
Erano passati solo pochi secondi ma forse troppi per lei.
« Muovi il culo e scendi! » urlò: ora la riconoscevo. 
Arrivammo alla facoltà di informatica che frequentavano e mi sentii ancora più inutile in mezzo a tutti quegli universitari, sopratutto con la maglietta di Lanterna Verde.
« Piccolo Story, ti sei vestito al buio? » osservò Julia guardandomi male.
« Guarda che al buio si illumina. » 
Che commento del cazzo che ho fatto.
« Allora l'hai proprio scelta. » rispose lei con l'aria di chi sta provando pena per qualcuno, in questo caso io.
Ci incamminammo chissà dove ed Elenoire ridacchiò dopo aver visto i muscoli.
« Bambino, stai crescendo! Sono commossa. » mi canzonò.
« Perché te ne accorgi tu e non Cloudy? » 
« Perché io ti conosco e lei non ti caga nemmeno di striscio. Sopratutto se continui a stare con quel Fonzie... Franky. »
« Freaky. » la corressi.
« E sti cazzi, il suo nome è inutile tanto quanto lui. » ribattè indifferente.
Julia mi afferrò subito dopo per un braccio, la sua pelle bianca faceva contrasto con la mia olivastra.
Potremmo fare la pubblicità dei Ringo.
Mi trascinò in una stanza nel settore di Ingegneria informatica. Gli studenti stavano lavorando a un qualcosa che mi ricordava una pantofola.
« Ta-dan! » canticchiò Julia.

« Ecco qui un prototipo dell' RH2000. E' una navicella aperta con due posti. A breve potrà volare. » mi spiegò.
« Wow, una pantofola volante... » dissi con finto entusiasmo. 
« Ci sono voluti anni per progettarla, la pantofola te la do in testa! »
Mi avvicinai alla pantofola incuriosito da un braccio metallico probabilmente usato per assemblarla. Lo toccai e lo ammaccai in un punto. 
« Hei che hai fatto ragazzino? »
Si avvicinò la figura imponente di un ragazzo sulla ventina. El e Julia mi tirarono via da li e mi portarono all'uscita. 
Una volta in macchina Julia mi lanciò un CD che evitai prontamente. 
« Rompilo! » disse El sarcastica riferendosi al CD.
« E' dei Poets of the fall, sei matta? » continuò.
Era più preoccupata per il CD che per il mio occhio che stava per essere colpito da esso. 
Elenoire si accese una sigaretta intossicandomi col fumo.
« Che hai fatto sta volta? Non devi mettere le mani in queste cose, posso essere molto delicate. » mi rimproverò Julia accigliata. 
Rimasi zitto per evitare ulteriori discussioni. 

Mi accompagnarono a casa e, una volta sceso, ripartirono subito.
Stavo per aprire la porta quando d'istinto mi girai e vidi un signore che rischiava di essere investito da una macchina. Con uno scatto troppo veloce per i miei standard arrivai di fronte a quest'ultima. La fermai con le mani ammaccando il para urti e il cofano di davanti. Rimasi colpito e allo stesso tempo spaventato da quel che avevo fatto e corsi fino a camera mia. 
« Torna indietro stronzetto! » 
« Lo stronzo sei tu che mi stavi per investire! »
I due presero a litigare animatamente per un bel po'. 
Che mi succede? 
Pensai coricato nel letto.
« Ora prendo il crick e ti ammacco come la mia macchina! »
Mi misi le cuffie per smettere di sentirli e ascoltai musica fino ad addormentarmi.
Non sapevo cosa mi stesse succedendo ma, qualsiasi cosa fosse, non mi dispiaceva per nulla. 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Chi sono? ***


Che ci faccio qui?
L'acqua calda mi arrivava al petto, sembrava una cisterna piuttosto bassa.
Intravedevo una luce venire dal soffitto leggermente spostato. Mi soffermai ad osservare qualcosa che galleggiava.
Ma quella è una patata!
Incuriosito ne presi un pezzo e l'assaggiai.
« Fi, è poppio ua pafafa! » esclamai con la bocca piena.
Il soffitto si sollevò improvvisamente.
« Ma che cazzo, sono dentro una pentola! »
Al di sopra dei bordi apparve l'enorme faccia di Gordon Ramsey.
« Ancora tu? Mi sto bollendo le palle qui dentro! » gli urlai per farmi sentire.
« Perchè cazzo hai mangiato quella fottuta patata? » disse lui incazzato appena vide il morso. Misi le braccia dietro la schiena e assunsi un'espressione da cucciolo sperando che la mia piccola statura lo intenerisse.
« Smettila di fare quella faccia da coglione. Svegliati e vai a salvare quella troia di Cloudy, testa di cazzo! » le sue urla rimbombarano all'interno della pentola.
« Cloudy è in pericolo? Devo andare! Comunque non è una troia! »
« Copriti quella faccia da culo che ti ritrovi, non ti deve riconoscere nessuno! » disse lui mentre chiudeva il coperchio. 

Mi svegliai di soprassalto.
Che sogno del cazzo.
Mi vestii velocemente, i pantaloni della tuta da ginnastica e una felpa nera andarono bene. Aprii la finestra pronto ad uscire.
Cazzo, mi serve una maschera!
Incominciai a frugare tra i cassetti alla ricerca di un passamontagna.
« Trovato! » esclamai infilandomelo.
Guardai il pavimento e i mobili cosparsi di vestiti.
« Sistemerò più tardi. » dissi mentre saltavo giù nel cortile.
A tutta velocità corsi verso Cloudy, nonostante non sapessi dove fosse le mie gambe mi portarono da lei.
Era notte fonda e mi ritrovai in un vicolo cieco. Lei era spalle al muro: tre ragazzi la tenevano mentre altri due le levavano i vestiti di dosso.
« Aiutat... » provò a dire lei ma uno di loro le tappò la bocca.
« Zitta puttana. » le disse lui sotto voce.
Con uno scatto mi fiondai verso il più vicino scaraventandolo a terra. Per evitare che si rialzasse gli diedi un pugno in bocca facendogli sputare alcuni denti e svenire subito dopo. Nonostante fossi di spalle sapevo che altri due mi stavano venendo contro.
Senza bisogno di girarmi portai le mani indietro e acchiappai il più prossimo a me lanciandolo contro il muro di fronte. Guadagnai un po' di distanza dall'altro poichè le gambe del suo compagno lo colpirono mentre lo sollevavo. Sentii il rumore del carrello di una pistola tornare indietro capendo che allontanarlo non era servito a tanto.
Mi girai di scatto: due di loro tenevano ancora ferma Cloudy che scalciava e piangeva come una bambina. 
« Ti sei divertito fin ora? Adesso è il mio turno. » disse il ragazzo armato poco prima di sparare. Evitai il proiettile lanciandomi contro il suo stomaco.
Una volta a terra gli girai il braccio disarmandolo. Ora quello col coltello dalla parte del manico ero io, anzi, con la pistola dalla parte del grilletto.
Come cazzo si usa?
Non feci in tempo a pormi veramente il problema che i due restanti scapparono via.
Cloudy ansimava accovacciata per terra, a quanto vedevo dai vestiti, ormai strappati, era stata in discoteca.
Mi avvicinai a lei preoccupato per aiutarla ma la spaventai.
« Basta! » urlò mentre strisciava via da me.
« Hei, tranquilla, non ti faccio del male. Quei ragazzi sono andati via. » cercai di rassicurarla.
Lei alzò lo sguardo: aveva il trucco colato e le lacrime agli occhi ma nonostante ciò era comunque bellissima.
La presi in braccio, lei avvolse timidamente le mani attorno al mio collo.

« Grazie. » mi sussurrò.
Arrossii, per fortuna avevo il passamontagna.
« Chi sei? » mi chiese lungo il traggitto.
Bella domanda, chi sono?
Pensai non sapendo cosa rispondere.
« Non ha importanza. Quello che importa veramente è che tu stia bene. »
Che bravo che sono a fare il misterioso.
Il suo respiro si fece più lento e le sue palpebre si chiusero, sfinita si addormentò tra le mie braccia.
Sapevo dove fosse casa sua, mi era capitato di pedinarla dopo scuola, e non era tanto lontana dalla nostra posizione.
Giunti a destinazione scalai il muro della casa tenendo con un braccio lei e con l'altro me stesso per arrampicarmi. Entrai dalla finestra di camera sua, per fortuna, già aperta.
Forse dovrei metterle il pigiama.
Pensai mentre facevo coricare sul letto Cloudy. Sorrisi all'idea e cercai silenziosamente tra i suoi vestiti. In un cassetto trovai un pigiama in cotone bianco.
Uffa, mi aspettavo qualcosa di meglio.
Pensai mentre le sfilavo le scarpe. Lei mugolò, da li a poco si sarebbe svegliata così scesi velocemente dalla finestra.
Era ufficiale: avevo dei superpoteri e non sarei più stato inutile come prima.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Per tutti i baffi di Einstein! ***


La settimana seguente all'accaduto Cloudy non venne a scuola. Non c'era momento in cui non pensassi a lei. Finchè non tornò, e vidi che stava bene, non ebbi pace. 
« Alex! Posso disturbarti un attimo? » sentii l'urlo sguaiato di Freaky avvicinarsi.
« Certo, tranquillo non mi disturbi. Davvero non mi disturbi. » gli dissi calmo.
« Ieri stavo facendo degli esperimenti su un limone e mi sono accorto che era veramente un limone. » rispose lui preoccupato.
« Mi rompi proprio i coglioni! »  sbottai continuando la mia prima risposta.
« Non capisci, se quello di ieri era un limone vuol dire che il succo che ho messo nel Bloody Mary era di quello geneticamente modificato che mi serviva! Li ho invertiti! Devi assolutamente farti visitare da un medico. » mi spiegò.
Io sorrisi e lo abbracciai.
« Grazie Freaky! Tu si che sei un vero amico. » dissi prima di andare via saltellando.
Ora sono anche io come uno di quei supereroi dei fumetti!

Girai un angolo dei corridoi e alla vista di Cloudy e il ragazzo che litigavano mi nascosi dietro al muro. Rimasi fermo ad origliare, non dovetti nemmeno sforzarmi tanto di capire le loro parole dato il tono di voce alto. 
« Sei una puttana! Ti avevo detto di non andare in discoteca. Perché cazzo non me l'hai detto prima? L'ho scoperto poco fa da Jackie. » 
Le urla del ragazzo furono seguite dal suono di uno schiaffo. Preoccupato mi affacciai e vidi lei coprirsi una guancia con la mano. A passo svelto mi diressi verso loro mettendomi tra i due per difenderla. 
« Levati dalle palle tu. Non sono cazzi tuoi. » disse lui poco prima di appoggiarmi una mano sulla spalla cercando di spostarmi ma io rimasi immobile. 
« Lasciala in pace, coglione! » lo intimai.
Lui scoppiò a ridere facendomi incazzare ancora di più. Senza pensare gli diedi un pugno sul naso facendogli uscire sangue. Lui cadde a terra rumorosamente data la sua stazza. Mi chinai e mi avvicinai alla sua faccia tenendogliela girata di profilo con la mano.
« Levati dal cazzo e non avvicinarti più a lei. » gli sussurrai prima di sputargli in un occhio e dargli un calcio nelle costole. Lui gemì di dolore per il colpo e rimase a terra.
Presi la mano di Cloudy e la trascinai via di li, ma pochi metri dopo me la lasciò fermandosi dietro di me. Mi girai verso di lei chiedendomi se quanto fatto al suo ragazzo fosse giusto o meno. 
« Grazie. » le sue parole mi tolsero ogni dubbio.
Oh oh, tocca a me rispondere.
Mi grattai la nuca imbarazzato, quanto avrei voluto un passamontagne in quel momento.
« Piacere, Cloudy. » disse lei porgendomi la mano.
« Lo so, cioè... io sono Alex... cioè, Alexander... ma puoi chiamarm Alex... se vuoi... » dissi teso come la corda di un violino.
Lei sorrise e io provai a ricambiare ma probabilmente sembrava avessi solo una paralisi facciale. 
Spacco il culo alla gente ma quando sono davanti a lei non riesco neppure a dire il mio nome.
« Va bene, Alex, ora devo andare ma spero di ricontrarti presto. » mi diede un bacio sulla guancia e andò via.
Io rimasi fermo come un coglione toccandomi delicatamente il viso. 
« Per tutti i baffi di Einstein! La paralisi è uno degli effetti che l'ingerimento di un organismo geneticamente modificato può provocare! » esclamò Freaky mettendosi davanti a me con le mani sulla testa.

« Ce l'hai tu la paralisi ma al cervello! » gli dissi guardandolo male.
« In realtà la paralisi scaturisce dal fatto che... »
Mentre lui parlava girai i tacchi ed andai via. 
Ero riuscito a scaraventare a terra il ragazzo di Cloudy ben due volte e a difenderla da cinque mal viventi. Quanto avrei voluto che la forza di parlarle fosse la stessa che avevo nelle braccia.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Nutcracker ***


Ogni supereroe ha bisogno di un costume e di un nome, io non avevo nessuno dei due. Scarabocchiavo su un foglio quello che sarebbe potuto essere il mio vestito ma quel che ne venne fuori fu solo una tutina aderente troppo femminile per un ragazzo.
Ciò che volevo ottenere era che i miei muscoli venissero definiti da essa.
Con questa cosa addosso sembrerei appena uscito dal YMCA.
« Tesoro, la cena è pronta. » disse mia madre aprendo la porta di camera mia.
I suoi occhi caddero sul mio schifoso disegno.
« Tesoro... devi dirmi qualcosa? Sappi che io non ho pregiudizi per chi prova interesse verso persone del proprio sesso. » aggiunse sperando che io mi confidassi con lei.
Appallottolai rapidamente il disegno.
« Mamma, che stai dicendo? Io non sono gay. » dissi guardandola storto.
« Certo, certo... comunque la cena è pronta. » rispose facendomi l'occhiolino e richiudendosi la porta alle spalle. Il suo tempismo era davvero pessimo.

Appena arrivai in cucina mia sorella mi osservò ridacchiando. Era fin troppo sveglia per avere dodici anni e temevo che mia madre le avesse detto qualcosa. Si stava arricciando i capelli castani mentre raccontava la storia d'amore tra due cantanti del suo gruppo preferito presunti gay.
« L'amore fra Harry e Louis è sicuramente più sincero di quello tra... »

« Betty, non gliene frega un cazzo a nessuno di quel gruppetto di merda. » puntualizzai mentre mi sedevo sgraziatamente sulla sedia.
Mia madre si mise una mano sul cuore aspirando una sonora "A".
« Alexander Mary Story, modera i termini! » disse lei furente.
« Mamma, io non ho un secondo nome. » risposi perplesso.
« Non trovate che lo schiaccianoci sia un'invenzione geniale? Prende le noci e poi le schiaccia. » disse mio padre rompendone una.
« E poi? E maugni. » concluse mettendosela in bocca.
Aveva passato tutto il tempo a osservarci sgranocchiando noci come se stesse mangiando pop corn davanti a un film.
Come vorrei schiacciare la testa di quello stronzo dell'ex di Cloudy così...
Spalancai gli occhi e colpii il tavolo ammaccandolo per sbaglio.
« Nutcracker! » esultai poco prima di tornare in camera mia.
Ora mi manca solo il costume.

Avevo svuotato tutti i cassetti e l'intero armadio della mia stanza per trovare qualcosa che andasse bene.
Se fossi una ragazza non avrei di questi problemi, sarei piena di vestiti.
« Betty... » dissi sorridendo.
Erano ancora tutti in cucina e stavano guardando la TV, avevo tutto il tempo per frugare.
La stanza era tappezzata di foto dei One Direction e Justin Bieber, nessun angolo di muro era in vista, letteralmente.
Mi sentivo osservato e a disagio li dentro: alcuni sembrava mi seguissero con gli occhi.
Aprii una cassettiera lilla ma dentro ci trovai solo mutande con su scritto i giorni della settimana e calze. Provai con il cassetto subito sotto ma anche quello mi deluse poichè pieno di magliette colorate e comunque troppo piccole per me.
Notai un top coperto di paillettes rosa e gialle.
Ma è orribile.
Pensai tenendolo con la punta delle dita di fronte a me.
La porta si aprì improvvisamente.
« Mamma, avevi ragione. Sta provando i miei vestiti. » urlò mia sorella contenta di avermi colto in flagrante.
« Fatti i cazzi tuoi. » dissi mettendole la maglietta sulla faccia ed uscendo dalla camera.
Diventare un supereroe era più difficile di quanto credessi.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Felis & Ibis ***


 Cuffia nera.
 Kefiah grigia.
 Canottiera nera.
 Pantaloni neri.
 Anfibi neri.
 Guanti in pelle senza dita neri.

Finii di spuntare la lista, il mio costume era completo.
Provai i vestiti poggiati sul letto.
« Ma sono proprio figo. » dissi ammirandomi allo specchio.
Era notte fonda e decisi di uscire di casa, naturalmente dalla finestra, per entrare in azione. Camminai per almeno un'ora prima di ritrovarmi in una strada sterrata fuori città.
« Piccolo stronzo non ti conveniva mangiare quei microcip! » gridò una voce femminile.
« Cagali! » continuò.
Seguii la voce e quando arrivai abbastanza vicino all'origine mi nascosi dietro un albero. Potevo intravedere tre figure, una delle tre era coricata in terra.
Quest'ultima cercò di alzarsi e scappare ma quella che sembrava una donna si avventò su di lui e con una katana gli tagliò le gambe. Sussultai.
L'uomo urlò di dolore guardando i moncherini.
Porca merda, ma quello è l'ispettore che mi ha messo una B!
I raggi di luna illuminarono una ragazza che saliva rapidamente su un macchina sfasciata per poi rifoderare l'arma ancora sporca di sangue. Aveva un body nero, degli stivali col tacco alti fino alla coscia e dei guanti a rete agganciati tra l'indice e il pollice lunghi sino al gomito. Sul viso aveva una maschera nera che lasciava vedere gli occhi e la bocca tinta di rosso. Il suo sguardo era rivolto verso il basso e quando lo alzò notai che i suoi occhi erano totalmente bianchi.
Che figa.
« Se non ce li dai tu saremo costrette a prenderceli. »
A parlare fu la terza figura, la quale per mio stupore restava sospesa in aria agitando delle ali bianche.
« Ma che cazz... » sussurrai prima di tapparmi la bocca. Indossava un vestito bianco con lo strascico che sfumava sul marrone e una maschera di piume sugli occhi.
Quando vide che la ragazza vestita di nero si stava avvicinando, l'uomo indietreggiò con i gomiti lasciando una scia di sangue . Prima che potessi fare qualcosa lei gli squarciò la pancia con le unghie.
« Cazzo! » urlai.
Sono un coglione.
La visuale mi venne oscurata dalla ragazza col vestito bianco che mi piombò addosso. Mi afferrò con i suoi piedi nudi per poi spiccare il volo sollevandomi alcuni metri da terra. Istintivamente mi liberai dalla presa cadendo rovinosamente al suolo vicino alle gambe mozzate. Mugugnai dal dolore mentre mi alzavo rapidamente.
Davanti a me la ragazza in nero stringeva qualcosa tra le mani ricoperte di sangue. Come mi fu vicina cercò di darmi un calcio sul petto che riuscii prontamente ad evitare.
« Non picchio le donne. » dissi con voce rauca.
« Bene, vorrà dire che mi divertirò solo io. » rispose lei mordendosi un labbro.
Sfoderò la katana puntando al mio collo. Deglutii ma mantenni la calma.
« Buh! » mi sussurrò all'orecchio l'altra ragazza. Spaventato mi spostai rapidamente ma la lama mi tagliò sul petto. Loro risero avvicinandosi lentamente a me: una volava, l'altra gattonava.
Non devo avere pietà.
Diedi un calcio alla ragazza in nero ma lei mi afferrò saldamente la gamba poco prima di colpire l'altra facendomi cadere in terra. Poggiò la scarpa sul mio cazzo.
« Se fiati lo perdi. » ghignò mostrandomi dei canini particolarmente aguzzi.
La ragazza alata poggiò lentamente i piedi al suolo subito dietro la sua compagna.
« Felis, perchè non glielo tagli e basta?
» propose seccata.
Urlai di dolore alla pressione del tacco. Subito Felis tolse lo stivale da lì e si avvicinò alla mia faccia.
« Taci puttana. » mi disse lei conficcandomi le unghie della sua mano nel collo.
Prontamente la spinsi via dandole un pugno sullo stomaco. Si piegò in due sputando del sangue per terra, alcune ciocche di capelli neri le caddero sul viso. Alzò lo sguardo e mi soffiò come un gatto.
« Ibis! » urlò chiamando l'altra.
Quest'ultima, girata di spalle, si voltò ruotando solamente la testa di 270 gradi. Dalla bocca fuoriusciva la coda di un topo ancora vivo. Lei lo risucchiò come uno spaghetto.
« Ma che cazzo! » Urlai spaventato e disgustato allo stesso tempo.
« Ti sembra il momento di mangiare quello squallido topo quando abbiamo quì questo gustoso ragazzino? » rispose la ragazza in nero avvicinandosi nuovamente a me, l'altra planò e mi afferrò per le gambe.
« Sta volta voglio essere sicura che non ti alzerai più. » disse mentre volava parecchio in alto. La kefiah si sciolse e cadde a terra, io la seguii poco dopo.
« Tu? » urlò l'altra ragazza mentre cadevo.
Aspettai il colpo ad occhi chiusi ma non arrivò perchè mi prese prontamente in braccio. Mi divincolai cadendo in terra e strisciando via da lei.
« Stai lontano dalla FPT, non avere mai nulla a che fare con loro.
» mi disse preoccupata. Con uno scatto felino si arrampicò su un albero per poi sparire subito dopo. Davanti alla luna vidi l'ombra dell'altra ragazza volare via.
« Ma cosa cazzo sono quelle? » dissi tossendo.
Contro di loro, nonostante la mia forza, mi sentivo impotente.

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Cloudy ***


Avevo sopravvalutato la mia forza, o forse avevo sottovalutato loro due. Certo era che io non bastavo e temevo che ci fosse qualcun altro che non avrei potuto battere da solo. La mia carriera da supereroe era finita ancor prima di incominciare?
Mi trascinavo nella strada verso casa, le mie gambe potevano cedere da un momento all'altro.
Che male, che male, che male.
Mi rifugiai in un vicolo appoggiandomi stremato a un cassonetto. Tremante e dolorante mi tolsi la cuffia e i guanti. Per quella notte poteva bastare.
Uscii dal vicolo e ripresi a camminare ma le gambe non mi sorressero più facendomi cadere a terra. 
« Merda! » imprecai.
Alzai lo sguardo e vidi la finestra di una casa illuminata. Un'ombra si affacciò per poi sparire subito dopo.
« Alex! » una voce dal tono preoccupato urlò il mio nome.
Ooh, un angelo...
I capelli rossi di quest'ultimo erano raccolti in una morbida treccia.
Aspetta un attimo... Cloudy?
Indossava il pigiama in cotone che avrei voluto metterle.
« Che cosa ti è successo? » mi domandò inchinandosi vicino a me e accarezzandomi il viso.
Sono stato aggredito da una ragazza volante e la copia di Catwoman in body.
Fu la prima cosa che pensai ma di certo non avrei potuto dirle la verità.
« Mi sono ritrovato in mezzo a una rissa, venti contro uno... e l'uno ero io. » mentii con un filo di voce.
« Ti aiuto ad alzarti, andiamo in casa. » mi rispose cercando di sollevarmi.
Diedi il meglio di me per riprendere le forze che avevo perso e zoppicando appoggiato a lei arrivai di fronte alla porta d'ingresso.
« Fai piano o i miei si sveglieranno. » mi avvisò aprendo silenziosamente.
Quando fummo d'innanzi alla rampa di scale prese dolcemente la mia mano per aiutarmi a salirle, con l'altra aprì la porta di camera sua.
Sgraziatamente mi sdraiai esausto sul suo morbido letto.
« Torno subito. » mi informò prima di riuscire.
Magari sta andando a mettersi qualcosa di più carino.
Non potei fare a meno di sorridere a quel pensiero.
« Eccomi qua! » esclamò rientrando con in mano un kit del pronto soccorso. Purtroppo aveva ancora addosso quel pigiama. Mise un po' d'alcool su un batuffolo di cotone e rimase ferma a guardarmi aspettandosi qualcosa da me.
« Dovresti... » disse abbassando lo sguardo verso la mia maglietta.
« Ah, già... Non credo di farcela da solo. » risposi con finto dispiacere.
Lei poggiò il cotone sul comodino e iniziò a sfilarmi la maglietta con delicatezza. Sorrisi maliziosamente a labbra serrate mentre alzavo le braccia.
« Sei ridotto davvero male. » osservò dispiaciuta.
« Dovresti vedere gli altr... » le mie menzogne si interruppero al bruciore dall'alcool sui tagli.
« Dai, tra un po' passa. » mi incoraggiò.
« Come mai eri in mezzo a quella rissa? Se posso chiedere. » continuò curiosa.
Pensa Alex, pensa...
« Nulla di particolare, solo dei coglioni ubriachi... » dissi per farla breve.
« Capisco... » rispose concentrata su ciò che faceva.
Nonostante il dolore le sue mani rendevano il tutto più dolce, quasi mi dispiaceva che avesse già finito.
« Credo che tu debba andare adesso, è piuttosto tardi. »
« Di già? Cioè, di già le 4? » dissi alzandomi con fatica dal letto.
« Seguimi, non fare rumore. » mi ricordò.
Ancora instabile scesi le scale tenendole la mano.
« Grazie. » conclusi dandole un ultimo sguardo prima di uscire dispiaciuto.
« Ci vediamo a scuola. » mi disse piano lei affacciandosi all'uscio.
Mi girai a guardarla.
« Davvero? Cioè... d'accordo. » risposi indietreggiando inciampando su una siepe come un coglione. Per fortuna era già rientrata in casa.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2697506