I'm here, I'm back

di Marty_Winchester
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Potere e Amore ***
Capitolo 3: *** Uragani e Tempeste ***
Capitolo 4: *** Le due facce di Jessica ***
Capitolo 5: *** Redenzione ***
Capitolo 6: *** Il passato tormenta ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Continuo della serie:    As long as I'm around nothing bad happen to you   
Buona lettura :)

*****************************************************************************************************
 

«Non è giusto, ha già fatto tanto»

«Abbiamo bisogno di lei, è l’unica che può salvare l’umanità»

«Lo so, ma…»

«La conosci: se qualcosa ostacola la vita di persone che ama, si sente in dovere di fare tutto il possibile»

«Ha già sopportato molto, si è meritata la pace»

«Ci odierebbe se scoprisse che non le abbiamo permesso di fare tutto ciò che era in suo potere»

«Già, in suo potere… un potere perso»

«Inconsciamente sa tutto ciò che deve fare per riprenderselo»


               ***


Tutto è in silenzio, il mio cuore batte leggermente e il mio busto si alza e si abbassa a ogni atto respiratorio. Sono avvolta da un leggero torpore, comincio a prendere coscienza del nulla che mi circonda con molta lentezza. Mi sento come stretta in una morsa, apro velocemente gli occhi perché ho la necessità di capire cosa mi circonda. Sbatto freneticamente le palpebre, ma tutto ciò che vedo è il buio. Cerco di alzarmi in piedi, ma sbatto contro qualcosa. Una terribile paura si fa strada tra i miei pensieri, i miei sospetti sono confermati quando sbatto le mani a destra, sinistra e in alto trovando qualcosa di duro. Sono in una bara, la mia paura più grande è diventata realtà: sono stata sepolta viva.

«A-aiuto!»
Inizio a tirare calci verso l’alto, uso anche le mani, mi scortico le unghie, ma è tutto inutile.
Cerco di portare alla mente i miei ultimi ricordi, appaiono così sfocati…
 
«Dean, non uscire oggi. Rimani a casa con me»

«Perché?»

«Ho una sensazione…»
 Dean alza un sopracciglio, ma poi mi rivolge un sorriso che non è cambiato in tutti questi anni.
Mano nella mano, come due ragazzini, ci sediamo sul divano in pelle.

«Amore?»

«Si Dean?»

«Ti amo»
Lo guardo negli occhi, segnati dal tempo, ma ancora brillanti e meravigliosi.

«Anch’io, tanto»
Appoggio la mia testa sulla sua spalla, involontariamente chiudo gli occhi.


Sono morta. Ero vecchia e sono deceduta, allora come sono arrivata qui?

Appoggio una mano sul mio viso: è liscio, senza rughe, ho persino un paio di brufoli!

«Chiunque mi abbia portato qui, mi faccia uscire! Abbi almeno le palle di torturarmi come si deve!»
Prima che me ne renda conto, una mano mi afferra un braccio e in pochi secondi i miei occhi sono invasi dalla luce accecante del sole. Tira un forte vento, mi arriva della polvere negli occhi e faccio fatica a vedere cosa mi circonda. Sento un forte odore di pino, erba tagliata e terra.

«Scusa il ritardo»
Una voce dolce, melodiosa e molto femminile spezza il silenzio, scandito solo dal battito del mio cuore.

«Tu…», Sento le corde vocali assopite, la gola è secca e ogni parola fa fatica a uscire. «chi… sei?»

«Il mio nome è Veronica, non sai che onore parlare con te»

***
nel frattempo in paradiso…
 
«Non vorrai commettere due volte lo stesso errore, vero?»

«Che intendi dire Castiel?»
L’angelo del giovedì, diventato un arcangelo, ruota gli occhi, profondi e blu come l’atlantico, per poi inchiodarli nuovamente su Gabriele.

«Perché hai mandato Veronica da tua figlia, invece che andarci tu?»

«Io… ecco…»

«Soffri per quello che dovrà fare, forse? Non pensi che il sostegno di suo padre sia quello che le serve?»


**angolo dell'autrice**
Non ci credo!  Non pensavo che avrei dato un seguito alla mia prima ff, ma ormai da giorni mi frullava in testa questo desiderio...
che ne pensate? lo dedico a due persone molto speciali: TheWinchesterGirl e
Vanny_Winchester

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Capitolo 2
*** Potere e Amore ***


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«Quindi mio padre ti ha chiesto di venire a tirarmi fuori dalla tomba»

«Esatto…»
Annuisco e continuo a mangiare il mio panino, con prosciutto crudo, pomodoro e maionese.

«Non vuoi sapere perché non è venuto di persona?»
Mi chiede dopo qualche minuto Veronica, un angelo “giovane” come si definisce lei.

«So già la risposta»
Dico con voce neutrale, mentre mi pulisco il lato della bocca dalla maionese.

«Com’è possibile? Io non lo so, e tu non hai ancora ripreso i poteri»

«Conosco mio padre»
Il discorso si chiude così; finisco di mangiare e Veronica mi teletrasporta in una casa abbastanza carina.           
 
«Allora… A cosa vi serve il mio, ormai perso, potere?»
Chiedo dopo qualche minuto, mentre cerco il bagno per potermi lavare i denti.

«A noi servi tu»
Mi chiudo la porta alle spalle, accendo la luce e rimango piacevolmente stupida da tanta eleganza. Mi avvicino al lavandino in muratura, di un piacevole verde smeraldo, e dentro al porta spazzolini trovo pure il mio dentifricio preferito. Lo spazzolino è elettrico, lo accendo e la stanza è invasa da un delicato rumore. Finisco di spazzolarmi i denti, mi sciacquo la bocca e poi esco dal bagno.

«Non offendere la mia intelligenza, non ho i miei poteri, ma non sono stupida: mi avete fatto tornare in vita, cosa che non ho mai chiesto e mai voluto, quindi c’è un problema molto grave da risolvere»
Torno in salotto, Veronica mi guarda con stupore e non smette di fissarmi.

«Hai ragione…»
Sussurra, a un certo punto, abbassando lo sguardo.

«Quindi, cosa sta succedendo?»

«Devi riprendere i tuoi poteri»
Cambia discorso, pensa forse di essere più brava di me in questi sotterfugi.

«Non è quello che ho chiesto»

«Quando riavrai i tuoi poteri, saprai tutto»

«Io voglio sapere tutto adesso!»
L’angelo scuote la testa, riempie i polmoni del suo tramite e mi guarda in modo supplichevole; decido di non insistere, capisco che le hanno ordinato di non dirmi nulla.

«Il mio potere, quindi…»
I suoi occhi si illuminano, mi rivolge un debole sorriso e comincia quello che presumo sarà un discorso lungo.

«Quando avevi quelle visioni di Lucifero, eri riuscita ad avere delle informazioni dal tuo subconscio. Ricordi?»
Annuisco energicamente e mi siedo sulla poltrona marrone scuro: la discussione toccherà argomenti delicati, ho bisogno di stare seduta.

«Ecco… ci serve che tu “sblocchi” quella parte della tua mente»
La sorpresa è così forte che scatto in piedi come una furia; a grandi passi mi avvicino all’angelo e mi specchio negli occhi chiari del suo tramite.

«Non puoi chiedermi di riavere allucinazioni su Lucifero! Sai quanto ci ho messo, cosa ho sopportato per acquisire quella poca sanità mentale che avevo prima di morire?!»

«Lo so che sarà difficile…»

«Difficile? Ma cosa vuoi saperne tu! Ho sopportato cose che manco immagini!»

«Io… ecco…»
Invano cerca le parole giuste, ma non esistono. Passano i minuti, l’orologio a muro produce un fastidiosissimo tic-tac e il mio cuore batte forte nel petto.

«Torna in paradiso, ci penso io»
Una voce familiare, profonda e autoritaria, spezza il quasi silenzio e ci fa voltare entrambe; Veronica annuisce in silenzio e sparisce, io fisso l’arcangelo con stupore.

«Non pensavi che sarei venuto figliola, deduco dalla tua espressione»

«Pensavo ci avessi messo più tempo, molto più tempo»
Il suo sguardo si fa avvilito, mi sento un po’ in colpa: non si merita di essere trattato in questo modo, dopotutto è stato un padre eccezionale nonostante la sua natura angelica.

«Scusami…»

«Non scusarti, hai ragione…», mi stringe al suo petto, mi sento così vulnerabile «Allora, riprendere il tuo potere sarà un processo lungo e difficile; avrai bisogno di un aiuto e so già a chi lo chiederai»




Punto di vista: Dean

Pochi hanno la fortuna di poter condividere il proprio angolo di paradiso con la persona amata; se non avessi Jessica e dovessi vivere –per così dire, dato che sono morto- di soli ricordi, farei di tutto per andarmene.
Questo è uno dei ricordi più belli: sono in macchina, accanto a me Sam legge un giornale, nell’auto c’è un silenzio quasi assoluto. Era il 4 settembre, ci stavamo dirigendo in Oregon per rintracciare un nido di vampiri, non avevo idea che di lì a poche ore avrei fatto un incontro che avrebbe sconvolto il corso della mia vita.
Accelero, tanto in paradiso non corro il rischio di uccidere nessuno o di morire; questa parte è emozionante, ma preferisco di gran lunga i ricordi con i nostri figli.

«Cos’è tutta questa fretta?»
La voce di Sam rompe il silenzio e i miei pensieri. Mi volto verso di lui, purtroppo non è mio fratello, ma solo un ricordo sbiadito.
Alzo le spalle e torno a guardare la strada, illuminata da timidi lampioni. Arrivo prima di quanto in realtà ci vorrebbe: se questo viaggio durasse di più, mi sentirei tremendamente frustrato e il paradiso non lo “permette”. Scendiamo dalla macchina, ci armiamo fino ai denti –anche se so che i vampiri non sono qui dentro- e ci dirigiamo davanti alla casa abbandonata.
 La porta si apre, basta un leggero spintone, e siamo accolti da un odore meno terribile di quanto fosse in realtà. Cammino a passo più spedito di quella volta, in questa casa c’è solo una ragazzina orfana. Arriviamo in quello che doveva essere il salotto, guardo sul divano in cui si era seduta quella volta, ma lei non c’è. Sam mi incita ad andare oltre, a controllare altre zone della casa, ma quando mi giro verso di lui, non c’è più.

«Sam! Hey! Si deve essere rotto qualcosa! Pronto! Angeli!»

«Non si può rompere il paradiso»
Mi giro verso quella voce, incontrando gli occhi familiari di Castiel.

«Cassy, cosa succede?»
Lo vedo mentre mi da le spalle, infila le mani nelle tasche del trench e poi torna a guardarmi.

«Jessica non è qui, è sulla terra»
Strabuzzo gli occhi, mi avvicino a grandi passi verso Cass e gli dico di spiegarmi tutto per filo e per segno.

«Una grande minaccia incombe sull’umanità, sui vostri nipoti: ci serve il potere di Jessica e a Jessica servi tu. Tua moglie ha detto che voleva anche Sam e Vanessa, tutti voi dovrete darle una mano. Avanti vieni, gli altri sono già di sotto»



**angolo dell'autrice**
Allora, che ne pensate?
Lasciatemi una bella recensione se avete gradito il capitolo, una brutta recensione se è stato il contrario xD
alla prossima, grazie a tutti dell'attenzione!


 
 
 
 
 
 

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Capitolo 3
*** Uragani e Tempeste ***


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Punto di vista: Jessica

«Ricordati che lui non è reale»
Sussurra mio padre, allontanando la sua mano dalla mia fronte. Interferire con il muro è stato meno doloroso che costruirlo.

«Avvertimi appena lo vedrai»
Esordisce mio marito, con un tono di voce che non ammette repliche. Annuisco e mi alzo dal divano in pelle, bianco e immacolato. Non ci troviamo a casa nostra, lì ci vivono i figli dei figli dei nostri figli adesso.
Esco dal salotto, metto il piede sul primo gradino, ma la voce di mio marito mi fa fermare.

«Dove stai andando?»

«A prepararmi, non dobbiamo mica andare a caccia?!»
So perfettamente che lui vuole chiudermi in casa, sorvegliarmi 24 ore su 24, ma così rischio di impazzire sul serio.

«Pensi che ti permetta di andare a caccia, con il diavolo libero nella tua mente?»

L’amore talvolta è prevedibile, raramente, ma succede.
Lo fisso, non trovo le parole giuste, così lascio ai miei occhi il compito di rispondere. Un rumore di chiavi che girano nella serratura mi fa voltare; dopo poco la porta si apre e sulla soglia appaiono Vanessa e Sam. Mia cognata ha morbidi capelli neri, occhi verdi molto profondi, labbra carnose, un naso perfetto. Indossa un paio di pantaloni bianchi e una maglietta azzurra, con un piccolo cuore rosso in basso a destra. Sammy, invece, è vestito con maglietta militare e jeans classici.

«Allora, sei emozionata?»
Dico con allegria, rivolgendomi a Vanessa; siamo diventate più che inseparabili nel corso degli anni, la nostra è una amicizia vera: non ci diamo mai per scontate, ci siamo sempre e in ogni occasione, discutiamo, ma poi siamo più unite di prima.

«Sono molto agitata, ma con voi al mio fianco andrà tutto bene»

I due innamorati si scambiano uno sguardo dolce e le loro mani si uniscono, vedere le persone che ami così felici ti rende possibile sopportare qualsiasi cosa.

«Sicuro, ma non pensare che alla tua prima caccia lasceremo che tu ti metta in pericolo. Io e te ci occuperemo della parte noiosa, ma indispensabile»
Gli invito ad entrare e chiudo la porta alle loro spalle. Il fratello minore e sua moglie si dirigono verso il salotto e appena Dean gli vede, li saluta calorosamente.

«Sammy! Vanny, ciao!»

«Io mi preparo, se volete c’è della birra, del caffè fatto da poco e il frigo pieno»

«Grazie»
Annuisco e salgo le scale, per poi entrare in bagno e avvicinarmi al lavandino; mi lavo la faccia con un prodotto specifico per l’acne: sono tornata ad avere diciotto anni, con aspetti positivi e negativi. Mi sciacquo con abbondante acqua, metto la crema –che come al solito o non esce, o ne esce talmente tanta da imbrattare tutto- e mi trucco leggermente, più che altro fondotinta. Indosso dei comodi Jeans, un reggiseno come non ne mettevo da anni (blu, con ferretto e pizzo) una camicetta celeste per mettere in risalto il mio seno, tornato alto e sodo. Mi pettino i capelli setosi e mi guardo allo specchio: sono tornata a essere carina.

“La vecchiaia non ti aveva fatto per niente bene”.

Mi giro di scatto, ma non vedo nessuno. Respiro a fatica, mi sento come se avessi ricevuto un pugno nello stomaco. Faccio dei respiri lunghi e profondi, mi ripeto le parole di mio padre: “Non è reale”, ma sentire la voce del diavolo non è una cosa che ti lascia indifferente. Per quanto sapessi a cosa andavo incontro, non sono affatto pronta.

«Jessy, vieni qui tesoro»

Mio padre è apparso nella stanza, mi stringe forte a sè e mi trasmette calma.

«Ti prego, non farne parola con mio marito. Ho bisogno di distrarmi, di cacciare, non posso stare qui ad aspettare di ricevere la sua visita per avere informazioni…»
Mi accarezza i capelli, sussurra al mio orecchio che non ne farà parola, ma dovrò farlo io quando la sua presenza diventerà più insistente.
Ci stacchiamo, mi da un bacio sulla fronte e mi dice che veglierà su di me dal paradiso, come ha sempre fatto.

***

Appena Dean mi vede, non può evitare di spalancare la bocca e rimanere senza parole. Sorrido e ci scambiamo un bacio dolce, appassionato, vero e pieno di amore. Sam e Vanessa sono seduti in cucina, stanno parlando sorseggiando una birra; quando mi vedono, mi invitano a bere con loro per rilassarci prima di partire.

«Non impazzisco per gli alcolici»
Rispondo, lasciando trasparire qualcosa di più, quel qualcosa che nella vita precedente non mi sono mai lasciata sfuggire. Forse in questa vita dovrei metterli al corrente, in famiglia bisogna dirsi tutto e se lo si è davvero (una famiglia) il rapporto di amore e fiducia non subirà mutamenti. Ora, però, non è il momento.

***

«Allora Jessy… Noi dovremmo fare delle ricerche»
Vengo strappata dalle mie riflessioni; la voce di mia cognata copre ogni pensiero, ogni rumore che affolla la mia mente.

«Hmm…» ho bisogno di qualche minuto per dare un senso alle sue parole «Si» Rispondo semplicemente alla fine.
Mio marito si accorge della stranezza nella mia voce, mi guarda per qualche attimo e poi torna con lo sguardo sulla strada.

«Scusami, stavo pensando ai miei figli»
Non è una vera menzogna: sono morti ormai, troppo grandi per essere ancora vivi. Presto, però, le cose cambieranno: riavrò il potere e potrò muovermi liberamente in ogni angolo del mondo.
E i miei pensieri tornano inevitabilmente al diavolo.

«Già, anche a me mancano tanto Deborah e Marco»
Un velo di tristezza copre gli occhi di Sam e Vanny. Io appoggio la testa al finestrino e stringo la mano di mio marito, in quel momento sul cambio, per poi sciogliere quel contatto quando deve rimettere le mani sul volante.

 
Il viaggio trascorre in modo abbastanza tranquillo, in cielo splende un debole sole, per fortuna siamo a fine novembre: la Louisiana è famosa per le sue incessanti precipitazioni nel mese di ottobre. Siamo qui perché si sta verificando un fatto molto particolare: gli uragani sono del tutto assenti, molto strano visto che solo la Florida supera la Louisiana in quanto a catastrofici giorni di tempesta.
L’impala si ferma davanti a un edificio quasi antico: la biblioteca.
Io e Vanny baciamo i nostri mariti, scendiamo dalla macchina e ci avviamo verso l’ingresso.

«Che cosa cerchiamo?»

«Dobbiamo avere informazioni su leggende locali, fatti strani, precedenti… ma più che altro parlare con le persone: spesso non hanno idea di quanto possano essere importanti le cose a cui invece non danno peso»
Annuisce, apre la porta ed io la seguo all’interno.

L’atmosfera è quasi surreale: luci fievoli, libri perfettamente ordinati, persone sedute in silenzio intorno a dei tavoli.

«Bene, e ora inizia la parte più pallosa: leggi i titoli e lasciati guidare dall’istinto, le informazioni utili possono essere in qualsiasi libro, ma quasi tutti i volumi sono inutili»
Vanessa mi guarda come se avessi parlato in una lingua aliena, le metto una mano sulla spalla per trasmetterle sicurezza.


 
Ormai non vedo più mia cognata da tempo, sarà andata in un’altra zona della biblioteca
I computer sono tutti occupati, così mi tocca affidarmi al materiale cartaceo e alle persone, per fortuna il mio francese non è arrugginito: molti Louisiani, infatti, parlano francese.


“Qui non c’entrano i miei figli, un patto sarebbe una cosa troppo semplice. C’è altro sotto”

 

Rimango esterrefatta e il libro che tengo in mano cade a terra, con un rumore sordo.
Eccolo.
Mi guardo in torno, istintivamente, e mi sposto in una zona più isolata: non vorrei che qualcuno chiamasse la polizia credendomi una squilibrata.

«Lucifero, dimmi cosa devo fare per riavere i miei poteri»

“Vuoi il mio aiuto? Dopo avermi rinchiuso negli abissi più profondi della tua mente, pensi che ti direi alcunché?”

Sto per rispondere, ma lui sparisce, tornando da dove è venuto. Non è nel suo stile sparire così, evidentemente il “muro” dietro cui era confinato non è ancora crollato del tutto.
Con lo sguardo ancora fermo nel punto in cui si trovava prima il diavolo, vengo catturata da un grande volume con un titolo promettente. Lo prendo in mano, lo sfoglio e capisco che sono sulla strada giusta. Lo infilo in borsa e cerco mia cognata.

***

 

«Adad in accadico o Ishkur in sumero…»

È la prima cosa che dico quando ci ritroviamo davanti ai nostri mariti, ma appena sono a pochi passi da Dean ho l’irrefrenabile desiderio di baciarlo e cedo alla tentazione. Dopo un tempo molto lungo, mi stacco da lui a fatica e mi specchio nei suoi meravigliosi occhi, oggi tendenti al verde smeraldo.


«Dicevi?»
Chiedono i Winchester in coro, mentre ci sediamo intorno a un tavolo e chiamiamo un cameriere per ordiniamo da mangiare.

«Sono i nomi del dio della pioggia e della tempesta nella mitologia mesopotamica. Parlando con un signore di nome Jonathan ho scoperto una cosa molto interessante, una leggenda del luogo: si narra che moltissimo tempo fa, un gruppo di uomini abbia commesso una strage, uccidendo dei fedeli al dio Adad e che la sua vendetta sia stata terribile; questo Stato è diventato uno dei più soggetti alla sua furia».

Guardo Vanessa, non voglio prendermi tutto il merito visto che io ho raccolto solo leggende, niente di attuale o rilevante.

«Di recente si sono verificati strani riti, tutti legati a un animale preciso: il toro».

«Sacro al dio Adad».
Intervengo, per sottolineare quel fatto fondamentale. Abbiamo fatto combaciare perfettamente ogni pezzo del puzzle in nostro possesso.

«Quindi…» Inizia Sam, organizzando le idee «Qualcuno sta cercando di ottenere il perdono di questo Dio, con sacrifici»

«Dubito che questo Adad si faccia conquistare con qualche toro dato in sacrificio dopo secoli di punizione “divina”»
Tutti annuiscono alla mia affermazione. Arrivano i nostri piatti e per qualche ora smettiamo di pensare al lavoro.

 

 
**angolo dell'autrice**
eccomi tornata!
Jessica sta per essere disturbata sempre più pesantemente da Lucifero, ma nel frattempo dovrà anche tornare al lavoro. Riuscirà a non perdere la bussola? Di cosa sarà capace il Diavolo? Cosa succederà?
continuate a leggere e avrete le risposte ;)
grazie della lettura, buona domenica! 

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Capitolo 4
*** Le due facce di Jessica ***


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**Punto di vista: Dean**
 
A passi veloci mi dirigo verso il bagno, chiamando a gran voce mia moglie.

«Tesoro c’è una novità terribile nel nostro caso, avanti esci dal bagno»
Busso alla porta, più e più volte, ma non sento il minimo rumore o spostamento.

«Jessica, rispondi! Mi stai spaventando»

Comincio a prendere a spallate la porta e, dopo qualche tentativo, riesco a sfondarla. Davanti allo specchio, immobile, scorgo mia moglie: i capelli castani, lunghi e voluminosi, il fisico perfetto, un gran bel seno; indossa la sua camicia preferita e dei jeans chiari.
Mi avvicino lentamente, ma non appena muovo un passo verso di lei, volta di scatto la testa e mi guarda: i suoi occhi sono diventati color ghiaccio.

«Non avrei mai voluto che tu mi vedessi in questo… stato»
La sua voce è sottile, affranta, e sembra sull’orlo di un attacco isterico.

«Che cosa è successo ai tuoi occhi?»

«Sono gli occhi del diavolo»

Strabuzzo gli occhi e continuo a guardare quella trasformazione: ha delle iridi così chiare da sembrare trasparenti, è sempre bellissima, ma le danno un tocco spettrale. Le poggio una mano sulla guancia e poi le sposto una ciocca di capelli dietro all’orecchio. Jessica ricambia il mio sguardo e con voce bassa e grave riprende a parlare.

«Avere il diavolo nella testa ha molte conseguenze, lui entra nella mia anima e quindi i miei occhi cambiano. Speravo non capitasse anche questa volta»
Sulle sue labbra si legge la disperazione, non riesco a sopportare di vederla in questo stato: la stringo forte al mio petto e le trasmetto il mio amore.

«Perché non ne ho mai saputo niente?»
Mormoro, più a me stesso che alla mia metà.

«Usavo delle lenti a contatto del mio colore naturale e quando finalmente non l’ho più visto, sono tornati come prima»
Rimaniamo un po’ così, l’uno nelle braccia dell’altro. Assaporo il delicato profumo dei suoi capelli, un odore a me così familiare.

«Mi dicevi di alcune novità…»
Esordisce a un certo punto, sciogliendo l’abbraccio e rimanendo a fissarmi.

«Si… Ma non importa adesso, non sei nelle condizioni di lavorare»

«Lo deciderò io quando non sarò più in grado»
La sua voce non è fredda, anzi risuona molto flebile. Il suo sguardo corre a fissare il vuoto, un nulla dove lei vede il diavolo.

«Ci sono state vittime?»

Chiede, a un certo punto, ma sembra essere da un’altra parte: la sua voce è distante, neutrale, non ha emozione. Sposto delicatamente il suo viso in modo che guardi me, non Lucifero; nei suoi occhi chiari non vedo altro se non la donna che amo, da anni come la prima volta.

«Si… Sette bambine di nove anni»
I suoi occhi si inumidiscono, tira un forte pugno contro il lavabo e impreca contro Giuda. Inizia a girare per la stanza in modo frenetico, quasi non la riconosco. “è tutta mia la co… devo fare qual… deve esserci un m…”. Farfuglia, non riesco a capire molto di quello che dice.
Poi, a un certo punto, si blocca; anche il suo respiro si è fermato, mi spavento e inizio a scuoterla. Jessica non sembra destarsi, continua a fissare il muro con molta attenzione, annuisce e riflette sulle parole che il diavolo le sta dicendo: non va per niente bene. Dopo circa trenta secondi si volta verso di me, non mi ha mai guardato in questa maniera.

«Je…»
Sto per appoggiarle una mano sulla spalla, ma lei si ritrae di scatto. Nei suoi occhi leggo la rabbia e una freddezza quasi innaturale.

«Non mi toccare, stronzo!»
Afferra un profumo e me lo tira in faccia, la sorpresa ritarda i miei riflessi e rimango tramortito. Cerco di scattare in avanti il più prontamente possibile, ma non riesco a fermarla: apre la porta del bagno e la sento scendere a passi pesanti le scale. Inizio a correrle dietro, in casa siamo solo noi due quindi nessuno può fermarla a parte me. Quasi inciampo sul terzultimo gradino, ma non rallento, anzi. Jessica apre la porta principale e la chiude immediatamente e con forza alle sue spalle.
Quando esco, l’unica persona che vedo in giro è una signora anziana con un cagnolino appresso.
Maledizione, se succederà qualcosa di brutto sarà tutta colpa mia.


***


Nascosta tra l’erba, una donna rimane in attesa. Gli occhi color ghiaccio fissi e concentrati, il labbro inferiore stretto con i denti, i capelli legati in una coda di cavallo e una pistola, stretta nella mano sinistra, in attesa di sparare.
A circa due metri di distanza, una coppia compiange un paio di lapidi. Un movimento rapido della mano e poi il colpo di pistola squarcia il silenzio. Una delle due figure, la donna, cade a terra sotto gli occhi terrorizzati dell’uomo. Non c’è tempo da perdere, l’assassina deve muoversi in fretta.

Il suo nome è Crystal, la sua missione riprendersi il potere.

 
**Punto di vista: Vanessa**

Ho la mano stretta in quella di mio marito, mentre fissiamo i nomi incisi sulle tombe: Deborah e Marco Winchester. I nostri figli sono morti uno all’età di settantotto anni, l’altra a quasi novantacinque, ma vedere le lapidi dei miei figli è comunque un dolore immenso.
«Tesoro, tra poco Jessica avrà i suoi poteri e potremmo rivederli»
Sussurra Sam al mio orecchio; mi giro verso mio marito e gli rivolgo un sorriso tra le lacrime. Lo bacio, in modo delicato, lui ricambia il mio gesto e mi accarezza i capelli. Le sue mani scendono, mi tiene stretta a sé e il peso che sento nel cuore sembra meno opprimente.
«Non vorrei dovesse farlo»

Mi sposto i capelli dietro alle orecchie e Sam mi asciuga delicatamente le lacrime.

«So che Gabriele e Castiel amano Jessica, non le farebbero subire tutto ciò se non fosse necessario»
Annuisco, rivolgo un ultimo sguardo alle lapidi, poi torno a specchiarmi negli occhi luminosi di Sam.
Un rumore assordante presto lascia spazio a un dolore lancinante: non riesco a mantenere la posizione eretta, cado trafitta da una fitta atroce alla spalla. Tutto diventa confuso, Sam grida e si china su di me.

«Mio dio! Vanny, Vanny resisti! Gabriel, Castiel!»
Mio marito è sconvolto, io sono sotto shock. Tengo la mano destra appoggiata sulla spalla ferita, due millimetri più in là e mi avrebbe colpito il cuore. Conosco solo una persona così abile, ma quella persona non avrebbe sbagliato e soprattutto non mi avrebbe mai sparato.
Sento rumore di passi e la mia mente confusa mi fa immaginare che la donna con la pistola in mano – alle spalle di mio marito- sia Jessica. Impossibile, mia cognata non lo avrebbe mai fatto.

«Mi dispiace Sam, ma gli angeli devono rimanere fuori da questa storia»
Non è la mia immaginazione, quella è proprio mia cognata: la voce è più dura, ma appartiene decisamente a Jessica.
Jessy assesta a mio marito un pugno sul naso, facendogli scendere un sangue denso e rosso. Sam rimane tramortito, non riesco ad aiutarlo perché sto per perdere coscienza. Jessica non si limita a quello: lo colpisce con il gancio della pistola, dritto in fronte, e il mio possente marito cade in terra, come fosse una fragile foglia. Spalanco la bocca, ma non riesco a emettere alcun suono. Jessica mi guarda e mi rivolge un enorme sorriso, per poi scoppiare a ridere. Mi fa un cenno con la mano, in segno di saluto, perché sto chiudendo gli occhi e perdendo i sensi.


**Punto di vista: Dean**


Parcheggio l’Impala e scendo nell’aria umida del pomeriggio. Entro nel cimitero e cerco mio fratello e mia cognata, da solo ho meno probabilità di trovare mia moglie.

«Gabriele! Castiel! Perché cazzo non vi fate vedere?! E tutta colpa vostra!»
Sbraito, per l’ennesima volta, rivolgendomi al cielo: nessuno, però, risponde al mio richiamo. Riprendo a camminare, pieno di paura e rabbia; questo luogo non può lasciar indifferenti e quasi non mi accorgo della figura per terra, a pochi passi da me: è un uomo massiccio con dei lunghi capelli a coprirli il volto pieno di sangue. Mio dio!

«Sam!»
Corro vicino a mio fratello e valuto il suo stato: qualcuno l’ha conciato per le feste. Lo scuoto e sembra destarsi, si sposta i capelli dal viso e lo aiuto ad alzarsi.

«Cos’è successo?!»

«Vanessa! Jessica ha sparato a Vanessa! Non sono stato in grado di proteggere mia moglie!»
Urla, tra le lacrime. Vorrei dirgli che questa è un’assurdità, ma mi manca l’aria e non riesco a emettere nemmeno un suono.

«Quella non era Jessica, ma Crystal»
Sam ed io ci voltiamo di scatto, incontrando un paio di occhi azzurri come il cielo, appartenenti a una donna incantevole.

«Tu chi sei?»
Estraggo la pistola e gliela punto contro, ma la ragazza si avvicina come se non avessi alcunché in mano.

«Piacere: io sono Veronica, un angelo del signore»
Roteo gli occhi e non le stringo la mano, sono solo un paio le creature angeliche di cui ho fiducia, anzi in questo momento non mi fido nemmeno di Gabriele e Castiel.

«Dov’è mia moglie?»
Sam ha una voce molto roca e rotta dal pianto, sentirlo così mi fa contorcere ancora di più lo stomaco.

«Non lo so… Probabilmente è morta» Dice, con una leggerezza che fa accapponare la pelle «Evidentemente le serviva il suo sangue o qualcos’altro per il rito»
Vedo mio fratello cadere in terra e tenersi la testa tra le mani. Perdo la stretta della pistola e l’angelo riesce a togliermela dalle mani.

«Siamo tutti amici, non ti serve questa. Io ho estratto Jessica dalla tomba.» L’angelo rivolge una rapida occhiata a mio fratello, prima di continuare a parlare: «Sam, avanti non fare così. Okay, Jessica è sicuramente sotto il controllo del Diavolo, è diventata probabilmente un’assassina e Vanessa è morta, ma sta facendo tutto questo per recuperare il suo potere e una volta fatto, tornerà quella di prima e salverà il mondo, di nuovo»
Estraggo un coltello e le trapasso lo stomaco, non riesco a evitarlo, ma la sua unica reazione è rivolgermi un’espressione a metà tra il triste e il sorpreso.

«Perché lo hai fatto?»
Chiede, con voce sottile, mentre si estrae il coltello e rimargina la ferità del suo tramite. Non so cosa dirle, lacrime incontrollabili mi bagnano le guance.
 
Ecco perché gli arcangeli erano irrintracciabili…


**Punto di vista: Gabriele**
Sto istruendo le truppe, quando mi sento chiamare da mia figlia. La raggiungo in un edificio abbandonato; accanto a me, al centro di un fuoco santo in fiamme, trovo Castiel. Ecco perché era scomparso, mi stavo preoccupando molto.
Cerco mia figlia, quando mi rendo conto che è la donna davanti a me: occhi di ghiaccio, sguardo glaciale, capelli tinti di nero.

«Figliola, cosa succede?»
Mi guarda come non ha mai fatto, non riesco a trovare niente in lei che mi ricordi mia figlia.
Rimane un po’ a fissarmi, tira un fiammifero sull’olio in terra e si volta; anche la sua camminata è diversa, mia figlia deve essere intrappolata nella sua mente. Sparisce dalla mia visuale, mi volto verso Castiel per avere qualche informazione, ma lui è più confuso di me. Il diavolo la controlla, maledizione è tutta colpa mia! Non avrei dovuto strapparla alla pace eterna e non avrei dovuto sfondarle il muro dietro cui stava Lucifero!

«Hai visto Castiel?! Io te lo avevo detto maledizione! Perché cazzo ho accettato di farla tornare in questo inferno?!»

«Per salvare il mondo. E basta prendertela con me, è stata anche colpa tua! Sei stato tu a sbattere i demoni in quella che era la gabbia di Lucifero!»

«Era il luogo più sicuro!»

«Certo, fino a quando Michele è diventato un traditore e ha aperto la gabbia; adesso tutti quei demoni spietati, “figli” della gabbia del diavolo, sono liberi»
Scuoto la testa e mi volto dalla parte opposta: non voglio mi veda in questo stato.


***


Dopo un tempo che sembra infinito, sento rumore di passi e dalla porta entra Jessica, ma non è sola: trascina il corpo sanguinate di Vanessa. Cerco di avvicinarmi, ma il calore mi ricorda che sono intrappolato. Mia figlia è sporca di sangue, ma niente in confronto a sua cognata.
«Jessica! Cosa sta succedendo?!»
Castiel le grida contro, ma mia figlia pensa solo a mettere il corpo di Vanessa su un tavolo. Quando ha finito, si avvicina a noi e risponde con cinque parole:

«Io non sono più Jessica»



**angolo dell'autrice**
Eccomi tornata! Woow, nè? xD
Il titolo è "preso" da una puntata di Supernatural (l'originale era le due facce di Sam)
Che ne pensate? Poveri ragazzi, mi sento un po' in colpa ahah
Ringrazio mia moglie Niky per l'aiuto con una frase "arrovelata" e per tutto <3 Lasciate una recensione dai, che vi costa? :)
salutii!

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Capitolo 5
*** Redenzione ***


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Flashback (capitolo 5 di  I would do anything for them)

«Ciao Jessica, sei splendida come sempre»
Trasalisco e il mio cuore perde un battito per lo spavento. Quella voce… non può essere: è morto, io sono deceduta per ucciderlo.

«Si sono morto… ma non vado da nessuna parte»
Mi giro di scatto e per poco non vado in iperventilazione.

«Lucifero. Non è possibile»
Borbotto tra i denti, cadendo sulla sedia.

«E invece è possibile: il tuo cervello da umana non riesce a sopportare certe conoscenze, così le “esorcizza”»

«Non riesco a capire…»

«Sono solo frutto della tua testa… Lo sai vero che la mente controlla il corpo? Quindi, se volessi, potrei farti molto male; non diventerò il tuo peggiore incubo, sempre che tu faccia la brava»
Deglutisco e istintivamente cerco un potere che non trovo.

«Mi dispiace, penso proprio che tu abbia le pile scariche»

«Ormai non ho più quelle pile»
Mormoro, con voce quasi inesistente.


«Non ti preoccupare, le hai ancora le pile. Sai dov’è il tuo potere? Un po’ all’inferno, un po’ nella gabbia, un po’ in purgatorio e indovina il quarto luogo»

«In paradiso»
La sagoma del diavolo annuisce e mi rivolge un sorriso ambiguo.

«Bè… cosa conti di fare adesso Jess?»

«Niente »

«Io direi di rimettere insieme il tuo potere; preferisci essere una madre pazza piuttosto che potente?»
Sto per rispondere, ma alle spalle di Lucifero appare Dean…

***

Ho stretto un patto con satana, ma sarebbe più corretto dire con me stessa. Devo liberarmi di Lucifero e per farlo ho bisogno del mio potere, per ottenere il mio dono devo seguire le indicazioni del diavolo. L’unico modo per ricaricare le mie pile è fare delle cose, alcune di queste non saranno molto facili, ma sono necessarie per l’incantesimo:

Il sangue di un angelo caduto;
La prima goccia d’acqua sputata fuori dopo l’annegamento di una persona amata;

Il sangue di un demone.

 
Per ora sono riuscita ad avere solo queste informazioni, ma gli elementi necessari sono molti…

 
Presente: Jessica/Crystal.

«Jessica?»
Sono seduta sul piscio, in una cella senza finestre e senza aria; le catene alle braccia e alle gambe mi permettono movimenti di pochi millimetri, ma ormai da mesi e mesi non muovo nemmeno gli occhi.
Buio, marciume, indolenzimento, umidità… niente mi tocca, il senso di colpa e l’odio verso me stessa sono l’unica cosa che mi ricorda di essere viva. Sempre se questa si può considerare vita, ovvio.

«Jessica, so che sei tu»
Una voce profonda e penetrante ripete il mio nome, ancora e ancora, ma io non parlo; trentacinque battiti dopo risento quella voce, non pronuncia il mio nome questa volta, ma elenca tutte le persone che amavo e che ho distrutto: mi sale un conato, a fatica mando giù il boccone amaro e le parole escono dalla mia gola secca con estrema velocità.
«Chi sei tu? Come osi pronunciare quei nomi?»
Silenzio, quella voce non si sente più; forse sto impazzendo, oppure qualcuno vuole solo stuzzicarmi: mi sono fatta molti nemici, per loro deve essere una goduria vedermi in questo stato, ma non mi importa dei molti, non mi importa di niente se non ti soffrire; devo pagare per tutti i miei peccati, anche se non c’è redenzione per le terribili azioni di cui mi sono macchiata…

 
Passato: Vanessa.

Il buio mi ha inghiottito, non sento né dolore né piacere.
La mia mente mi riporta continuamente a quel cimitero, a quella Jessica dagli occhi vitrei, trasparenti come l’acqua; i suoi capelli corvini e le labbra incurvate in un ghigno spaventoso le davano un’aria mostruosa.
Ha riso guardandomi sanguinate mentre perdevo conoscenza, l’arma tenuta con orgoglio nella mano sinistra.
Perché teneva l’arma con la mano più imprecisa? L’ho vista sparare con la sinistra, è più brava di me che sono mancina, ma non la usa perché sostiene di avere una mira pessima; probabilmente la sua scelta mi ha salvato la vita: se avesse usato la destra, sarei sicuramente morta sul colpo.
L’unica spiegazione è che Lucifero la controlla; dopo di me toccherà anche a… Sam?!
Quel pensiero riesce a farmi rinvenire; anche se sono sotto shock, capisco di essere legata a un tavolo, ma la cosa più terribile è che sono attaccata a una sacca di sangue: ho il terrore degli aghi (**nda: la persona cui ho dedicato questo personaggio ha davvero “paura” degli aghi xD**).
Vicino alla sacca è presente un foglio, riconosco la grafia di Jessica: “Ringrazia l’ago che hai nel braccio, senza questo sangue saresti crepata”.
 
«Vanessa?!»
La voce di Gabriele copre il silenzio assordante in cui mi trovo, mi giro di scatto e non posso nascondere il sollievo nel vedere l’arcangelo.
 
«Sei viva»
Costata, rivolgendomi un sorriso e rilassando leggermente lo sguardo.
 
«Che cosa succede?»
Chiedo, con voce debole e gli occhi pesanti. L’arcangelo si avvicina, cupo in volto; le sue mani si appoggiano sul mio braccio, sono fredde in modo innaturale. Un calore tenue mi penetra in profondità, ogni parte del mio corpo è scaldata dalla sua grazia.
«Adesso sei come nuova»
Esclama, la voce leggermente apatica. Sento dei passi e appare la figura di Castiel, il trench leggermente bruciacchiato.
 
«Qui ormai non c’è più tua figlia. Raggiungiamo i ragazzi: saranno preoccupati per te Vanessa»
Gli occhi profondi come l’oceano di Castiel sono spenti, privi della loro vitalità, e la sua voce è bassa e priva di emozioni. Noto che Gabriele lo guarda appena, ma il mio unico pensiero è abbracciare mio marito.

 
Presente: Jessica/Crystal.

Si, ho salvato Vanessa, ma prima le avevo sparato in preda ai deliri causati dalle visioni di Lucifero; non ero in me, ma la mano sul grilletto era la mia, la mia mano sinistra (la mano dominante del diavolo *) ha sparato al petto di mia cognata.
Non mi perdonerò mai per quel gesto e per tutte le cose terribili che le feci in seguito, anche se non ero veramente io; trattai il suo corpo come fosse carne da macello: la misi senza garbo su un tavolo e la uccisi, annegandola in una bacinella. Era incosciente, ma so perfettamente che ha sofferto, soprattutto quando l’ho rianimata dandole il mio sangue: tossico per qualunque essere umano, anche se in quel momento non avevo alcun potere. Sputò l’acqua che aveva nei polmoni e raccolsi quelle gocce per l’incantesimo; Vanessa perse rapidamente conoscenza, ma ormai non mi serviva più a nulla: la attaccai a una sacca di sangue per puro dispetto e me ne andai.
Magari mi fossi limitata a questo, magari fossi responsabile esclusivamente di questo… Se solo mi fossi rifiutata di abbattere il muro, se solo fossi stata più forte, se solo…


«Jessica non eri tu quella persona, eppure ti sei auto costruita una cella: ti sei pentita e hai scontato la tua pena. Ti sei redenta»

«Chi sei tu per dire questo? Non sai cosa ho fatto»

«Lo so invece, so esattamente tutto quello che hai fatto»

«Allora sai che per certe cose non c’è redenzione»

Segue un lungo silenzio, sento a malapena il mio cuore che batte nel petto; l’assenza di rumore permette ai ricordi del mio passato di riaffiorare…

«Sam! Sam! Oddio fratello mio, cosa ti ha fatto?»
«Non piangere Dean, non servirà a nulla versare lacrime»
«Tu non sei Jessica! Puoi avere anche il suo aspetto, ma non sei mia moglie»
«Amarti è stato l’errore peggiore della mia vita, sei solo uno stronzo figlio di puttana che mi ha rammollito! Avrei dovuto ammazzare tuo fratello anni fa e prendere il controllo sull’inferno»
«Jessica, se mi senti sappi che ti aiuterò a riprendere il controllo»


 
Lo sentivo, ma in quel momento non provavo emozioni: riavere il mio potere, quella era l’unica cosa che mi importava. Credevo di essere forte abbastanza da gestire la coscienza del diavolo nella mia mente, sono stata una stupida ingenua: lui ha gestito me. Quando completai le tre prove della Gabbia, Satana tornò in vita, ma non ero ancora abbastanza forte e lui mi manipolò.

«Hey?»
Una voce diversa dalla precedente si solleva, è appena un sussurro; mille ricordi legati a quella persona si palesano nella mia mente e mi fanno muovere di scatto: le catene si stringono con forza intorno al mio corpo, togliendomi il fiato, mentre una scarica elettrica mi stordisce. Che bisogno avevo di mettere anche questo sistema di sicurezza?! Sono legata a delle catene da cui non c’è possibilità di sottrarsi, mi trovo in una cella, una Gabbia quasi più terribile di quella di Lucifero, senza contare la posizione: al centro esatto del paradiso, circondata da Angeli con l’ordine di tenermi rinchiusa qui dentro.  

 
 «Hiddy?»

«Crystal sono io, sono qui per liberarti»

«Non sono più il mostro che conoscevi tu, sono tornata a essere la persona che ero prima, prima che la coscienza di Lucifero prendesse il sopravvento; Crystal è morta nel momento in cui ho riavuto l’ultimo frammento del mio potere. Non andrò mai via dalla mia cella, mi merito una punizione eterna. Scappa prima che qualcuno ti trovi, tanto nessuno può liberarmi da qui: io stessa, con il mio immenso potere, ho costruito questa cella»

«Qualcuno potrebbe farlo»

«E chi? Non conosco nessuno di così potente che vorrebbe tirarmi fuori»

«Qualcuno ci sarebbe: la figlia che hai avuto con Lucifero»

 

* Non credo a queste cose, però ho inserito precedente il dettaglio della mano sinistra perché lei ha gli occhi vitrei del diavolo e la mano sinistra sempre del diavolo. Chiedo scusa a tutti i mancini, non ho niente contro di voi :*

**Angolo dell'autrice**
Scusate il ritardo ç_ç
Erano mesi che non riuscivo a scrivere niente e poi in due giorni ho scritto tutto questo :D
Spero che sia stata una lettura bella e scorrevole  :)
Lasciatemi una piccola recensione se la storia vi piace :*
Al prossimo capitolo!

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Capitolo 6
*** Il passato tormenta ***


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**Qualche anno prima: Lucifero**

«È solo una puttana dalla testa scombinata, non si rende nemmeno conto di quello che sta facendo»

«Mio signore… Non capisco… Perché le sta facendo fare tutto questo?»

«Hiddy, Hiddy, ingenua Hiddy. Sei solo un demone di serie C, come pretendi di poter capire?»

«Mi spieghi allora!», la mutazione di basso livello deglutisce, vedo il terrore nei suoi occhi, ma devo ammettere che lo nasconde discretamente bene. «La prego» Aggiunge, mordendosi la lingua.

«Se proprio vuoi saperlo… Ci sto salvando tutti»


«In che modo?»

«Quando mia nipote avrà ripreso il suo potere, tornerà pienamente cosciente delle sue azioni e si odierà a tal punto… Sono curioso di sapere come reagirà» Faccio una pausa, pregustando il momento in cui realizzerà di quali orrendi crimini si è macchiata.

«Inoltre, con lei fuori dai piedi, il figlio che ora porta in grembo sarà solo un’arma nelle mie mani. Questa volta non ci sarà nessuno a uccidermi, nessuna donna mi metterà i bastoni tra le ruote!»

Segue un lungo silenzio, Hiddy mi guarda con ammirazione e poi esce dalla stanza; non è per niente male, ma non mi abbasserò mai a un simile livello. Prendo un bicchiere, verso al suo interno del whisky e mi siedo sulla poltrona del mio ufficio. Tutto sta andando esattamente secondo i piani e ho ancora tre anni per divertirmi con quella marionetta. Sento dei passi e ancora prima che Michele bussi, lo invito a entrare.

«Fratello! Tua… nipote, insomma la tua puttana, è nel giardino e sta uccidendo molti soldati! Fermala»
Mi va di traverso il drink e lascio cadere il bicchiere a terra.

«Impossibile, ha ottenuto solo la parte del suo potere contenuta nella Gabbia; per ultimare le prove del paradiso, dell’inferno e del purgatorio le occorre un anno per ognuna e senza tutto il suo potere non può annullare l’incantesimo che le ho fatto alla mente!»

«Non mi hai capito: è confusa e nessuno riesce a farla calmare, vuoi che uccida ogni angelo reso super potente dal soggiorno temporaneo nella tua Gabbia? Per liberarli da quell’oscura prigione in cui Gabriele e Castiel li avevano rinchiusi ho rischiato molto e non lascerò che una puttana renda i miei sforzi vani!»

«Razza di idiota! Ti meriteresti trecentomila frustate per avermi fatto sprecare inutilmente del buon whisky. Se è confusa e non è in pieno possesso delle sue facoltà mentali è la Jessica malleabile, la sua seconda personalità dal nome Crystal»

«Jessica, Crystal comunque chiami quella puttana tienila sotto controllo»

«Non tirare troppo la corda, Michele»

«Non puoi parlarmi così fratello, non sono un tuo subordinato. Potrei anche andarmene e del tuo esercito resterebbe ben poco, chi credi che gli stia più simpatico a quegli idioti senza cervello? Il loro salvatore o chi li ucciderebbe senza pensarci un attimo?»

«Ti strapperei le ali seduta stante, ma ho questioni più urgenti di cui occuparmi; vado a fermare Crystal prima che ammazzi i tuoi amanti»
Michele impallidisce e la mia unica reazione e di ridergli in faccia.

«Ah Michele, ricorda che se la chiami Jessica o puttana ancora una volta, ti ferirò non solo nel corpo e non solo nell’orgoglio»

«Ti scegli le più fuori di testa e poi ti stupisci se passano più tempo a creare problemi che a succhiartelo»
Estraggo la mia spada d’arcangelo e gliela lancio con forza, trafiggendolo lì dove non batte il sole. Esco dalla stanza, ridendo per le sue urla di dolore.
Percorro i lunghi corridoi ignorando i demoni e gli angeli caduti che si zittiscono quando passo io in segno di rispetto; taglierei la gola a ognuno di loro, ma sono pedine necessarie.  
Raggiungo uno dei portoni principali ed esco nell’oscuro giardino della reggia infernale. Non devo cercare con lo sguardo Crystal, poiché si trova poco distante da me circondata da cadaveri ancora caldi.
«Jessica! No! Ti prego!»
Mia nipote con un gesto secco e rapido trafigge l’angelo Caduto con la sola forza della mano e ne afferra la grazia; si sprigiona molta luce, ma dura poco poiché Crystal la estrae dal corpo con tanta furia da ucciderne il proprietario. Nemmeno conoscevo questo metodo per uccidere un angelo.
«Io non sono Jessica, quella era solo una donna fragile ed io non lo sono!»
Tu non sei proprio nulla, cara nipote. La grande Jessica, la figlia dell’arcangelo Gabriele e del demone Lilith, l’eccezionale donna che ha sacrificato la sua vita per uccidere me e la sua stessa madre è solo un lontano ricordo; la gloriosa moglie del Winchester, per cui ogni angelo avrebbe dato la vita, non esiste più. Non sei nessuna delle tue due facce, non sei la spietata Crystal e nemmeno la pura Jessica. Non sei niente, anzi meno di niente. Sei solo la mia puttanella.


**Presente: Gabriele**
Sono sdraiato su un soffice letto, nella mia zona privata del paradiso, accanto a me Castiel fissa il cielo stellato con fare assorto e gli occhi blu non hanno la loro solita luce brillante.

«Che cosa ti angustia?»
Chiedo, voltando un po’ lo sguardo verso di lui; lo vedo sospirare e passarsi una mano tra i capelli mori.

«Stavo pensando a Jessica»
A quel nome mi irrigidisco, mille ricordi e tanto, troppo dolore porta con sé il nome di mia figlia.

«E?»
La voce mi esce strozzata e più alta di qualche ottava rispetto al solito: non mi piace parlare di lei, se ne parlo diventa tutto reale.

«Niente»
Dice poi, freddo, voltandosi dall’altra porta e dandomi le spalle. Da qualche tempo il nostro rapporto non va a gonfie vele, quasi desidero le liti, almeno sarebbe qualcosa…

**Presente: Jessica**

«E chi? Non conosco nessuno di così potente che vorrebbe tirarmi fuori»
«Qualcuno ci sarebbe: la figlia che hai avuto con Lucifero»
Quelle parole mi pungono in pieno petto, nella mia mente si palesa un’immagine: una neonata fragile, coperta di sangue e liquidi, con uno sguardo fin troppo maturo e consapevole.
«Lei… Scarlett… È qui?»
«Si mamma, sono qui»

 

**angolo dell'autrice**
La vita non mi permette quasi di scrivere, la cosa che mi fa respirare aria fresca... Scusate il ritardo.
Grazie della lettura. Alla prossima!

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