Belonging.

di Rayon_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Hi everyone, I'm Harry Styles. ***
Capitolo 2: *** New Life. ***
Capitolo 3: *** Colors. ***
Capitolo 4: *** Meetings. ***



Capitolo 1
*** Hi everyone, I'm Harry Styles. ***




Belonging. 




Capitolo 1-  Hi everyone, I'm Harry Styles.
 
6 Aprile 2018.
C'era una volta una ragazza, si chiamava Nora.
No ok, banale come inizio.
Facciamo così;
Ciao a tutti, sono Harry Styles.
Ho 24 anni, e di professione faccio il cantante.
Banale anche questo, direte voi, tutti sanno chi sono.
Certo, alcuni perché mi odiano, altri perché mi amano, ma non importa.
Oggi sono qui, seduto su una delle fresche spiaggie Irlandesi per raccontarvi una storia.
Una storia di appartenenza infinita.
 
 
 
Flashback.
 
Nora's pov.
Come tutti i giorni, alle sette e trenta non ritardò a svegliarci il fastidioso rumore della campanella, che ogni mattina sembrava volerci ricordare che anche quel giorno sarebbe stato monotono e uguale a tutti gli altri giorni di orfanotrofio.
Mi alzai svogliatamente dal calore del letto, e salutai come tutte le mattine James con un bacio sulla guancia. 
James era un bambino di sei anni che mi avevano rifilato in camera quando ne aveva solo due, e con cui era nato un legame molto forte, come se fosse mio fratello.
E davanti a noi si prospettava un'altra inutile giornata di orfanotrofio.
Dopo essermi resa decente, ed aver indossato la stupidissima uniforme scolaresca strinsi la piccola mano di James nella mia, ed insieme raggiungemmo la sala principale.
C'era qualcosa di strano in quello che le suore bisbigliavano quella mattina, e la conferma ne era la presenza della preside Wonckaster in sala.
Di mattina non c'era mai, probabilmente preferiva dormire fino alle dieci, ma quella mattina era lì.
E di solito si presentava solo per dare annunci importanti.
«Silenzio ragazzi!»  La sua voce interruppe tutti i miei pensieri, e anche il fastidioso vociare che c'era nella sala colma di ragazzi.
«Questa mattina per alcuni di voi si svolgerà come tutte le altre, ma c'è una novità; una famiglia ha deciso di prendere in adozione uno di voi, o meglio, una.»
Silenzio.
Non volava una mosca.
Le notizie della Wonckaster riuscivano sempre a mettere a disagio tutti lì dentro.
Chi sarebbe stata la fortunata questa volta?
O, nel mio caso, la sfortunata.
Erano quasi tre mesi che nessuno se ne andava, dopo la mia migliore amica Sunny che ora era in Spagna.
Era strano che se ne andasse una ragazza così grande, di solito le famiglie preferivano adottare bambini piccoli, non adolescenti di 18 anni con un'infanzia difficile alle spalle.
E proprio per quel motivo dubitavo che la prossima sarei stata io. Per fortuna.
Abbandonare lì James non rientrava minimamente nei miei programmi.
Era cresciuto con me. Non aveva i genitori, ma mi sentivo di essere come sua madre, o sua sorella.
E non volevo portare un altro vuoto nella sua infanzia.
Potevo benissimo capire come ci si sentisse a perdere persone importanti da piccoli, era esattamente ciò che mi era successo.
E non avrei mai permesso di farlo soffrire così.
«Signorina Graimen!»
Mi accorsi di essere chiamata solo quando tutti si voltarono verso di me.
Tutti gli occhi mi guardavano curiosi.
E i miei pensieri svanirono improvvisamente.
«Sì?»
Chiesi immobile.
Non poteva essere vero. Non poteva essere così.
«Nel mio ufficio, dopo la colazione.»
Forse avrei dovuto rispondere, ma non ci riuscii, mi sentivo completamente bloccata.
Come era possibile che dopo dieci anni qualcuno avesse deciso di prendermi in custodia?
Volevano proprio distruggermi la vita?
Volevo solo scomparire, o svegliarmi con un lungo sospiro di sollievo dopo quell'incubo troppo realistico.
Ma nulla di tutto questo successe, restai lì, senza pensare a niente.
Già da piccola ero stata completamente traumatizzata dalla perdita dei miei genitori, ero stata da sola un paio di anni, poi era arrivato James che mi aveva cambiata con la sua dolcezza.
E finalmente ora che stavo bene mi portavano via?
Riuscii a riprendere conoscenza solo quando sentii la porta della sala sbattere, e le varie voci iniziarono a sussurrare sollevando un forte brusio intorno a me.
Sentivo pronunciare il mio nome ogni tanto, e le occhiatine trapassarmi la pancia.
«Nora?»
Quella voce mi risvegliò dai pensieri.
«Nora, ci sei?»
Mi voltai con un debole sorriso in volto.
«James, certo.»
Lo vidi corrugare la fronte.
«Non è vero.»
Un ragazzino di sette anni? Lui? Se non lo avessi mai visto gliene avrei dati almeno il doppio.
Riusciva sempre a capirmi, non potevo mentirgli.
«Nora mi rispondi? Perché la preside ti vuole parlare?
»
Dirglielo? Lo avrebbe distrutto.
«James non so.. Io..»
E poi ringraziai mentalemente le suore che zittirono tutti per fare la preghiera della mattina.
Già, suore, un orfanotrofio di suore.
«Nel nome del Padre, del Figlio, e dello Spirito Santo.»
La voce di una delle suore risuonò in tutta la stanza, e rispondemmo tutti Amen in coro.
Dopo di che il silenzio si fece sentire.
Ognuno nei suoi pensieri.
Chi davvero pregava, e chi faceva finta giocando con la tazza o con le posate.
E poi c'ero io, che fissavo James con gli occhi lucidi.
Era lì, di fianco a me, con la testa nascostra tra le mani unite e gli occhi chiusi.
E poi pregai Dio, l'unico supporto che avevo oltre quel ragazzino. Pregavo perché questo fosse tutto un incubo.
Pregavo sperando di svegliarmi in un letto di ospedale, ancora alta meno di mezzo metro, reduce da uno stato di coma in cui avevo sognato tutto quel disastro. Pregavo per poter ricominciare tutto da capo.
Poi lentamente le voci ripresero a parlare, e tutto tornò come prima.
«Non vieni a prendere la colazione?»
Ancora una volta James mi distolse dai pensieri.
«Non ho fame, va pure.»
Risposi sorridendo.
E lo guardai allontanarsi verso il grande banco.
Non potevo permettere che soffrisse come era successo a me.
 
«Va' in camera a lavarti i denti e prendere i libri, ci vediamo a pranzo, okay?»
«Va bene, ma non mi hai convinto. Ne parliamo dopo.»
Quando si voltò cancellai quel sorriso finto dalle labbra e fissai immobile la porta con su scritto ufficio presidenza.
Alzai debolmente il braccio, e bussai contro il legno duro.
«Graimen, la stavo aspettando!» mi salutò con enfasi la preside.
«Buongiorno.»
Riuscii solamente a pronunciare una debole parola, prima di sedermi sulla poltroncina indicata davanti alla cattedra.
«Come credo che abbia intuito, una famiglia ha deciso di prederla in custodia.»
Quella frase mi fece realizzare in pieno ciò che stava succedendo e che io non volevo realizzare.
Dopo quella frase le parole continuarono. Io annuivo, sorridveo, mentre sentivo nomi di sconosciuti, e vedevo fotografie passarmi sotto gli occhi.
Ma la verità era che niente mi importava, perché non sarei mai finita tra quelle persone. Io sarei rimasta lì, con mio fratello.
«Quindi oggi dovrebbe partire il furgoncino con tutte le sue cose, e domani dovrebbero passarla a prendere dopo pranzo.-
Il silenzio alla fine della frase mi riportò alla realtà.
«D'accordo.»
Annuii senza aver capito niente di quello che aveva detto.
«Perfetto, le lezioni per lei si interrompono qui, si faccia dare gli sctoloni da suor Maria, e metta a posto le sue cose.»
«Grazie.»
Mi alzai e uscii salutando.
Non poteva essere successo, tutto così, tutto in poche ore.
La mia vita non poteva essere andata a farsi fottere ancora una volta.
Mi trascinai fino ai magazzini per trovare suor Maria, e poi fino alla camera insieme a quegli scatoloni deprimenti di color marrone sbiadito.
Buttai tutto in camera, e mi chiusi la porta alle spalle scivolando giù.
Restai lì, rannicchiata, alcuni minuti con gli occhi lucidi.
Era strano quanto fino a quella setssa mattina odiassi quel posto. 
Sapevo che non sarei riuscita a ribellarmi, e che avrei lasciato correre tutto, ancora una volta.
Ma in quel momento quella a star male non sarei stata solo io.

«Partiamo dagli oggetti sullo scaffalle.»
Sussurrai a me stessa, cercando di rendere il tutto un po' meno deprimente.
Cosa avrei dovuto fare, piangere? L'avevo fatto troppe volte, non sarebe più servito.
Mi stupivo sempre di più di non aver mai tentato il suicidio.
Iniziai ad incastrare gli oggetti uno dopo l'altro nella prima scatola.
Il pupazzo a forme di pinguino che mi aveva regalato James a Natale, con ancora legato il bigliettino con la dedica.
La tentazione di rileggere quelle parole dolcissime era forte, ma sapevo che farlo mi avrebbe portato solo a un lungo pianto isterico, così in fretta misi l'oggetto come ultimo nella scatola, e la chiusi.




 
Venerdì mattina, una borsa in pelle pendente dalla spalla destra, un paio di jeans blu, una maglietta, una felpa, un paio di vecchie converse che non indossavo da anni, e tanta tristezza nella hall dell'edificio. E poi, un sonno incredibile vista la notte passata a pensare.
Aspettando che una perfetta sconosciuta venisse a rovinarmi la vita.
Ancora.
James? Avevamo lasciato perdere il doscorso, non l'avevo salutato, e non avevo intenzione di farlo.
Avrebbe portato solo più tristezza di quanta già ce n'era nell'aria.
«Nora, non è felice di andarsene?»
Sorrisi amaramente prima di girarmi verso la voce che proveniva dalla preside.
«Certo, solo che avevo legato molto con certe persone qui.»
Vidi che si avvicinava con un sorriso addolcito.
«Vedrai, una ragazza come te si adatterà subito, troverai molte altre persone con cui legare. E poi puoi sempre sentire le persone a cui tieni nell'orario delle telefonate alle otto di sera.»
Feci per rispondere ma l'attenzione della Wonkaster si spostò sulla macchina che si era fermata davanti all'entrata.
Allungò il collo, e poi battè le mani felice.
«Dev'essere arrivata Maura, aspetta qui!»
Si allontanò emozionata per andare ad aprire la porta, e io rimasi ferma lì, senza cambiare espressione.
«Ora vi lascio sole un attimo, così potete parlare.»
Vidi che la Wonkaster si allontanava, e mi ritrovai in un'imbarazzante scena silenziosa, davanti ad una donna apparentemente dolce, non molto alta, con i capelli biondi ed un sorriso in volto.
«Tu.. tu devi essere Nora.»
E per la prima volta sentii la sua voce, esattamente come me la immaginavo.
«Già.»
Risposi con un lieve sorriso imbarazzato.
«Io sono Maura, piacere di conoscerti.»
Allungai la mano e strinsi la sua che si era protesa verso di me.
«Come ti avranno detto Bobby non è potuto venire per il lavoro, ma questa sera lo vedrai a cena.»
Corrugai la fronte, chi era?
«Chi è Bobby?»
Chiesi rendendomi conto subito dopo che era una domanda stupida. Era suo marito, ovviamente. Lei infatti s'irrigidì subito.
«Come n-non ti hanno parlato della famiglia?»
«Oh, oh si certo mi scusi, cioè, scusa, non mi ricordavo.»
Mi faceva strano dare del Tu ad una donna che non conoscevo.
«Non preoccuparti.»
Rispose lei sorridendo ancora una volta, e dandomi una dolce carezza sulla guancia.
A quel movimento rimasi spiazzata, sembrava così strano.
E forse fu proprio la mia espressione quasi terrorizzata a far staccare la sua mano dal mio volto.
Di bene in meglio.
Il mio futuro padre neanche si faceva vedere per il lavoro, e avevo iniziato il rapporto con la mia futura madre con una grande figura di merda.
«Vuoi caricare le tue ultime cose in macchina?»
Alzai lo sguardo dalle scarpe e la guardai negli occhi.
Realizzai che era proprio arrivato il momento.
E nonostante tutte le lotte contro le emozioni, gli occhi diventarono lucidi.
«Ehi, tutto bene?»
Scossi la testa e mi passai le mani sugli occhi, rendendomi conto che stavo mettendo in atto una stupida scenata.
«Tutto bene grazie, solo che.. Sta succedendo tutto così in fretta, ecco..»
Feci spazio ad un piccolo sorriso imbarazzato mentre parlavo.
E anche Maura sorrise.
Poi notai che il suo sguardo si spostò da me ad un qualcosa alle mie spalle.
Così mi voltai per vedere cosa stesse fissando, e con la coda dell'occhio vidi i suoi capelli castani spettinati, e qualcosa dentro me crollò distruggendomi completamente.
«No.» Sentii James pronunciare quella parola in lontananza mentre il cuore mi si riempiva di lacrime.
E poi vidi che piangendo si mise a correre verdo di me.
In quel momento mi dimenticai della terza presenza che ci guardava, e lo abbracciai forte.
«No, no, non puoi andare Nora!»
Le sue parole erano spezzate dai singhiozzi e soffocate dalla mia maglia.
«James noi.. Noi non ci divideremo, okay? Te lo prometto!»
«Tu, tu non puoi prometterlo, te ne stai andando!»
I suoi occhi pieni di lacrime si fissarono sui miei che stavano scoppiando a loro volta.
«James io ti prometto che non ci divideremo, davvero! Anche se me ne vado, okay? Ci sentiremo sempre e comunque! E tu promettimi che non sarai triste, e che ti troverai tanti amici. Me lo prometti?»
Passò qualche secondo di silenzio mentre si asciugava le lacrime, poi mi guardò di nuovo.
«Promesso.»
Sorrisi, era un bambino stupendo.
«Bravo. Ora va' che le lezioni iniziano. Questa sera ti chiamo, d'accordo?
»
Mi sforzai di sembrare tranquilla, e gli sorrisi chinandomi.
«D'accordo.»
Rispose lui abbassando la testa.
«Ehi,»  gli sollevai il viso per guardarlo sorridendo «primo, fammi un sorriso. E secondo ricordati che ci sono sempre io, okay?»
Lui sorrise debolmente prima di rispondere.
«Okay.»
Sorrisi anch'io, per non piangere.
«Vai, hai arte adesso. Devi portare il tuo disegno.
»
Sorridemmo entrambi prima che si allontanasse da me.
«A sta sera Nora.»
Lo salutai in lontananza con la mano, poi mi girai lasciando scivolare via tutta la fintà felicità.
«Un amico?»
Mi chiese Maura dopo che mi ero girata.
Mi fece piacere il fatto che non aveva indagato su di lui aveva semplicemente accennato ad un'amicizia.
«Già.»
Sorrisi.
E poi tornò la Wonkaster con la stessa energia di sempre.
«Bene, credo che vi siate conosciute. Nora, pronta per partire?
»
Sospirai e guardai alla porta.
«Pronta.»
Mentii tornando a guardare la preside che sorrise con il suo carisma.
«Quindi.. In bocca al lupo cara!»
Mi strinse la mano dandomi un bacio sulla guancia, per poi salutare anche la signora accanto a me.
«Possiamo andare?»
Mi chiese voltandosi.
«Subito.»
Risposi partendo con lei.
Salutammo un'ultima volta la presidce ed uscimmo.
Salimmo in macchina e in viaggio calò un silenzio interrotto solo dalla radio accesa.
 
 

 
Aprii lentamente gli occhi combattendo contro la luce proveniente dal finestrino, e focalizzai di essere in viaggio, per una strada che non conoscevo. Mi stropicciai gli occhi e guardai l'ora dalla radio, erano passati quarantacinque minuti.
Sempre meglio insomma.
«Uh, dormito bene?» chiese la donna notando che mi ero svegliata.
«Sì.» risposi ridendo.
«Ti sei svegliata giusto in tempo, siamo arrivate.»
Appena finita la frase, l'auto svoltò in un vicolo davanti ad una villa piuttosto grande, e poi si fermò.
Pensai che se quella fosse stata la mia casa una cosa positiva in tutto quel casino c'era. Era una casa stupendamente enorme.
I muri erano perfettamente bianchi, si vedevano diverse finestre piuttosto grandi, coperte da tende di colori diversi a seconda delle stanze. La porta era in legno scuro, come i bordi intorno ai vetri e come il piccolo balconcino che sporgeva da una porta finestra al secondo piano.
Quando vidi che Maura scendeva, scensi anche io con la mia borsa, e insieme raggiungemmo la porta.
«Caspita, le chiavi!» esclamò Maura guardando nella borsa.
«Beh, dovrebbe esserci mio figlio in casa, suona lì!»
Guardai alla mia destra e pigiai sul bottoncino grigio sotto ad un'etichetta con su scritto Horan.
E dopo pochi secondi ecco che la porta si aprì.
 
Fine Flashback.
 
 
Bene, per oggi direi che può bastare. E' iniziato tutto così.
Penso che voi abbiate capito che il figlio di Maura, la donna, è Niall, giusto? Certo, è una storia sugli One Direction, è ovvio che siete Directioner, ed è ovvio che sapete che Maura è la madre di Niall.
Quindi vi starete chiedendo che cosa centro io in questa storia, giusto? Che ne dite? Magari sono semplicemente un narratore? O forse vi sto raccontando questa storia perché potrei improvvisamente spuntare io sotto forma di principe azzurro?
Resta il fatto che ora devo scappare, ci vediamo domani!
p.s. Non so se l'ho detto, ma tornerò qui ogni giorno per continuare questa storia, per 50 giorni. Buona fortuna!
 
         

-Harry.           
 






Buongiorno!
Come state? Io bene, è tornato tutto a posto, e proprio per questo ho deciso di tornare ad aggiornare questa storia, yeuh!
Aggiornare?
Sì, perché anche se questo è il primo capitolo, in realtà la storia era già al decimo quando l'ho interrotta per vari motivi. E visto che in molti avevano smesso di seguirla, ho colto l'occasione per ricominciarla da capo e cambiare ciò che non mi piaceva. Come il nome della protagonista, che da Cloe è diventata Nora. Come il titolo, che ora è un po' più originale. E altre piccolezze riguardanti la scrittura dei capitoli.
Comunque, sono contenta che alcune persone abbiano deciso di seguirla anche da capo, spero di non annoiarvi.
Dovevo scrivere una cosa importante ma non me la ricordo.
Dunque me ne vado.

 
Baci, Rayon.

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Capitolo 2
*** New Life. ***




Belonging.


 
Capitolo 2- New life.
 
7 Aprile 2018.
Come promesso, eccomi qui anche oggi. Come State?
Qui tutto bene, la storia continua ad andare avanti, e ne ho preparato un nuovo pezzo da raccontarvi.
Pronti?


Flashback.
 
Nora's pov.
Mi ritrovai davanti ad un alto ragazzo biondo, con due oceani al posto degli occhi, ed un sorriso che lo faceva sembrare un bambino di due anni al giorno di Natale.
La situazione era piuttosto imbarazzante, non sapevo precisamente cosa fare o dire, ma fortunatamente ci pensò lui.
«Ciao!»
Il suo urlo entusiasta mi face fare un salto indietro, poi mi ripresi e sorrisi debolmente al biondo.
«Ciao,» Risposi porgendogli la mano «io sono Nora.»
Aspettai qualche secondo che mi stringesse la mano senza molto successo, infatti ricevetti solo uno sguardo stranito. Cosa c'era di strano nel porgere la mano per prendentarsi?
Fatto sta che prima che potessi concludere i miei pensieri mi ero già trovata stretta tra le sue braccia, senza sapere come muovermi.
Riuscii solo a percepire il rossore salire nelle mie guancie, e non mi venne neanche in mente di ricambiare l'abbraccio tanto ero a disagio.
«Niall, non ti pare di essere un po' affrettato?»
Sentii Maura ammonirlo da dietro.
Lui si staccò da me e fece spallucce con uno sguardo innocente.
Era davvero carino, pensai.
Poi vidi Maura spostarsi accando a me sbuffando, probabilmente per l'incoscienza del figlio.
Non che quell'abbraccio mi fosse dispiaciuto, insomma, era dolce alla fine. Ed era anche piuttosto carino.
Okay, ferma, dovrà essere tuo parente, non tuo fidanzato.
«Va beh, entriamo dai.»
Niall si girò di spalle, aprì la porta e dopo essere entrato mi fece segno con la mano di passare, sempre con un caldo sorriso contagioso.
«Grazie» sussurrai passandogli davanti.
Quella che avevo avuto di lui per il momento era senz'altro una buona impressione, anche se le persone invadenti non facevano per me. Ma nonostante tutto avevo capito che se non erano le persone ad invadermi la vita, io tendenvo a lasciarle fuori, dunque era un punto a suo favore.
Mi fermai sull'entrata, e di nuovo si formò un piccolo triangolo silenzioso tra me, Maura, e Niall. Guardando il loro sorrisi potevo leggervi della gioia, e nell'aria si sentiva l'agitazione non solo mia, ma di tutti e tre. Dal tronde non ero solo io che dovevo cercare di fare una buona figura, ma anche loro stavano cercando di essere il più possibile compatibili con me.
«Niall, che ne dici di mostrarle la camera? Magari vuole riposarsi o mettersi un po' a posto.»
In quel momento concordai con Maura e la ringraziai mentalmente, sia per aver interrotto il silenzio, sia perchè non vedevo l'ora di stare un po' sola e rilassare la mente.
«Oh, sì certo. Vieni!» mi invitò il biondo iniziando a salire le scale.
«A dopo!» mi congedò maura, e io le sorrisi in risposta.
Seguii il ragazzo lungo un corridoio e su per la rampa di scale, fino ad arrivare alla seconda porta a destra.
«Allora, quella che abbiamo appena passato è la mia camera, quella infondo al corridio è dei miei, cioè.. Si vabbè hai capito, e questo qui di fronte è il bagno.»
Annuii sorridendo, principalmente per il suo marcato accento irlandese, che si sentiva anche di più del mio. Essendo di Mullingar aveva ovviamente un forte accento irlandese come me, il che era arricchito anche da una buona dose di imbarazzo, di dolcezza e di stupidità, e il risultato era una parlantina piuttosto buffa. Era piuttosto carino in quei panni.
E poi, di punto in bianco, mi ricordai che non mi ero ancora presentata. Cioè, io di lui sapevo solo che si chiamava Niall, non sapevo nemmeno il cognome della mia nuova famiglia.
Presi un po' di coraggio, un sospiro e per la prima volta in quella giornata fui io ad iniziare una conversazione.
«Comunque, non ci siamo ancora presentati.»
Dissi con la voce leggermente spezzata, con un' alzatina di spalle, e cercando di non guardarlo negli occhi. Lui sorrise, sflinado le mani dalle tasche dei pantaloni.
«Io sono Niall, Niall James Horan.»
E nel frattempo vidi che si era inchinato e che mi stava baciando la mano con una faccia piuttosto idiota.
«Non bisogna veramente baciare la mano,» lo corressi mentre si alzava divertito «devi solo fare finta.»
Sorrisi per quella scena piuttosto assurda tra due sconosciuti, e lui rise di rimando.
«Comunque sono Nora.»
Aggiunsi giocherellando con le mani.
«Cognome?»
La domanda mi lasciò un po' di stucco, non mi era mai piaciuto presentarmi agli altri con il cognome di mio padre. 
«Horan, presumo» risposi sperando di aver azzeccato il cognome.
In effetti la verità era che non volevo essere chiamata con quel cognome, non volevo che le persone mi guardassero come la figlia di Joe Graimen, il drogato della città.
Io non avevo il suo sangue, e non appartenevo a quella famiglia.
E solo pensare a lui mi provocò disgusto e malumore.
Pensare che se lui non fosse stato una così pessima persona mia madre sarebbe stata ancora lì con me.

Seduta spensieratamente sul divano rosso della nonna, a guardare Spongebob con tante coccole ed un orsacchiotto di peluches azzurro. Cosa poteva desiderare di più una bambina di otto anni?
Ed ero proprio io, che come la maggior parte delle volte mi trovavo a passare l'intera giornata dalla nonna, mentre i miei genitori stavano via fino a tardi. A volte c'era anche la mamma, ma questa volta era andata con papà.
Improvvisamente il telefono squillò.
«Chi può essere alle dieci di sera?»
Borbottò mia nonna alzandosi dalla poltrona.
Origliai le risposte che dava, non capivo cosa volessero dire, ma di sicuro non era un bel discorso quello che stava avendo.
«D'accordo, arriviamo subito.»
Fu l'ultima frase, poi riattaccò.
«Piccola, dobbiamo andare un attimo via, spegni la tele e infila le scarpe.»
Il suo tono di voce era preoccupato, ma come poteva accorgersene una bambina di otto anni?
Feci quel che aveva detto, e con lei scesi fino all'auto.
«Dove andiamo nonna?»
Chiesi quando anche lei fu salita.
«All'ospedale.»
Sussurrò lei seria.
Non ci diedi molto peso, strinsi il mio orsacchiotto e aspettai in silenzio di arrivare a destinazione. 


Mi sentii soffocare dal ricordo di quella sera, e della notte seguente. E di tutti i brutti avvenimenti che ne seguirono.
«Tutto bene?» mi sentii chidere da Niall, che mi risvegliò dai pensieri.
«Sì» risposi flebilmente, consapevole di non essere convincente.
E lui, accorgendosi che qualcosa non andava, si trovò a disagio almeno quanto lo ero io.
«A-allora vado sotto a prendere le borse, tu intanto fai pure un giro» disse staccandosi dallo stipite della porta a cui eravamo appoggiati.
«Va bene» risposi sorridendo.
Chiusi la porta dietro di me, e lasciai crollare tutto scivolando giù. Stentavo ancora a credere che fosse tutto vero. Mi imposi di non pensare troppo, altrimenti mi sarei distrutta da sola, e andai verso la porta finestra che dava sul balconcino, per osservare il sole che scendeva. Era una grande palla di color arancione, reso pallido dalla lieve nebbia e dalla lontananza. Il paesaggio verdeggiante si sbiadive sempre di più fino a diventare una line confusa tra il cielo e la terra.
«Ehm» sussultai sentendo la vcoce di Niall, e lasciai la tenda per girarmi verso di lui, che aveva di poco aperto la porta. «Ti lascio la roba qui fuori, così hai tempo di metterti a posto»  disse aprendo un po' di più la porta per farmi vedere gli scatoloni e le borse.
«Grazie, a dopo» risposi sorridendogli, riconoscente.
«A dopo»mi salutò lui prima di chiudere la porta.
Aspettai qualche secondo che scendesse, poi aprii e spinsi tutto dentro, in un angolo.
Non avevo intenzione di creare ancora più caos di quanto non ne avessi già in mente, così decisi di rilassarmi nel modo migliore che conoscevo. Certo c'era la musica, c'era prendere a pugni un cuscino, c'era piangere fino allo sfinimento, tagliarsi e tanto altro, ma niente per me era paragonabile a rappresentare le mie emozioni in un disegno.
Sì, un disegno.
Avevo pochi colori e pennelli che usavo per esprimere le mie emozioni in disegni.
Presi un lungo respiro e mi alzai per cercare lo scatolone contenente i miei nove colori rinsecchiti, le mie tele, e i miei pennelli.
Solo guardandomi in giro notai finalmente la mia camera.
Mi piaceva com'era arredata; un muro azzurro chiaro, una porta finestra nell'angolo in fondo a destra, esattamente vicino al letto matrimoniale che stava al centro, tra la finestra ed un comodino.
Sul muro di destra una scrivania con degli scaffali vuoti, e su quello di sinistra un armadio per i vestiti affiancato da uno specchio.
Tutto sui toni dell'azzurro, blu, verde, e legno.
In terra un parquet, al centro coperto da un tappeto blu peloso.
Ripensandoci non era carina, era bellissima come camera.
Scossi la testa e tornai a pensare alla scatola.
La trovai facilmente, era l'unica bianca di plastica, con degli spruzzi di colore rosso.
La sollevai dalla scrivania, dov'era poggiata, e la misi a terra.
Spostai il tappeto sotto al letto per non sporcarlo, poi srotolai il telo di plastica sul parquet, e sopra ci poggiai una tela di misura media, insieme ai barattoli di colore ed ai pennelli.
Tornai ad inginocchiarmi davanti alla tela nella mia felpa grigia sporca di colori che indossavo sempre quando coloravo.
Aprii i barattoli di colore, bagnai il pennello nella bottiglietta d'acqua aperta, chiusi un attimo le palbebre e mi sembrò di sparire.
Ero entrata nel mio mondo.
Un mondo privo di pensieri e angoscie, adornato solo da calma, note dolci, e colori.
Iniziai a fare uno schizzo a matita, per poi riempire gli spazi con colori e sfumature veloci.
i lineamenti della mascella confusi con le macchie di colore, il bianco per creare riflessi e punti di luce, i colori scuri nelle ombre degli occhi e nelle ciocche di capelli spettinati e indefiniti.
E come sempre, passato un tempo a me sconosciuto, venne fuori un disegno che puntava verso l'astratto.
Già, come sempre, non facevo mai figure troppo precise, era più una pittura ad istinto.
E venne fuori una ragazza, con dei capelli neri sul volto, gli occhi che brillavano lucidi, e la bocca schiusa. Come se non capisse cosa stava succedendo. Come se fosse stata strappata via dalla sua vita.
Quella era l'emozione che stavo provando.
Diedi gli ultimi ritocchi, poi mi alzai in piedi per sgranchirmi le gambe. Ininiai come al solito il mio autogiudizio, e non ne ero affatto soddisfatta.
I contorni erano troppo indefiniti, più del solito, e i colori non azzeccavano molto. Insomma sembrava quasi che la tizia avesse la faccia sporca di pennellate di vernice.
Scrollai le spalle sospirando, e mi girai per sciaquare i pennelli in bagno.
Sussultai, rischiando di cadere sulla tela, quando vidi il viso di Niall affacciato alla porta schiusa.
«S-sei qui da tanto?» chiesi mentre apriva la porta.
«Penso una decina di minuti» rispose distratto, mentre osservava il dipinto.
«Wow» lo sentii dire lentamente, sorrisi.
«Non devi fingere che ti piaccia» lo ammonii ridendo
«Stai scherzando?» chiese stupito, questa volta dando attenzione a me. Aveva dei lineamenti davvero particolari, e dei singolari occhi che anche un ceco avrebbe notato.
Lo guardai sollevando un sopracciglio, e scossi la testa.
Poi finalmente si levò quella buffissima espressione sorpresa che aveva in faccia, per poi passare ad un'espressione pensierosa.
«Sai,» lo sentii iniziare, così annuii in segno i continuare «quella ragazza mi ricorda te quando ti ho vista entrare.»
Affermò osservando il disegno e incrociando le braccia al petto. Noai del rossore sorgere sulle sue gunace, mentre combatteva contro l'imbarazzo almeno quanto me. Io corrugai la fornte e mi spostai accanto a lui per osservare.
«Beh sembra spaventata. Sembra che.. Sia caduta dalle nuvole e non sappia cosa succede, ecco.»
Questa volta mi girai verso di lui per guardarlo.
«Stai dicendo che sembro caduta dalle nuvole?»
Gli chiesi facendolo voltare verso di me. Mi aspettavo che cercasse una scusa, o un modo più decente di far uscire quella frase, ma invece annuì confermando quell'affermazione.
«Esatto, sembrava che arrivassi da un altro mondo.»
Ci pensai un attimo, e constatai che quello che aveva detto era esattamente vero.
Quel ragazzo era riuscito a capirmi subito senza problemi, proprio come riusciva a fare James.
James. Quel nome mi riportò indietro a qualche ora prima, quando lo avevo salutato.
Ricordi a cui non dovevo pensare, perchè mi avrebbero solo fatto male.
Ma in quel momento non riuscii a trattenere quell'angoscia che mi separava dal suo sorriso.
E senza che me ne accorgessi gli occhi mi diventarono lucidi.
«N-Nora, tutto bene?»
Mi ripresi immediatamente tornando alla realtà, e accorgendomi di avere gli occhi lucidi. Probabilmente stava pensando che fossi bipolare o qualcosa di simile.
«Sì, scusa» cercai di rimediare sorridendo.
«Okay» concluse lui senza smettere di guardarmi negli occhi. Automaticamente mi girai perché non mi vedesse, e mi sedetti sul bordo del letto. Inaspettatamente lui mi imitò.
«Se vuoi parlare.. Beh non voglio obbligarti, ma io ti ascolto.»
Sorrisi addolcita dal suo imbarazzo.
«Tranquillo, è solo che succede tutto in fretta, ci devo fare l'abitudine. Cioè devo abituarmi a tutto questo, a stare vicino a te, a Maura, a Bobby, e ricominciare da capo. E' difficile.»
Dissi quella frase gesticolando, sperando che capisse, e accorgendomi subito dopo che mi ero appena aperta con un ragazzo che apena conoscevo.
Sentii il letto sprofondare accanto a me quando Niall si spostò un po' più vicino.
Non rispose, presi quell'avvicinarsi da parte sua come un supporto.
Ci fu qualche attimo di silenzio mentre lui pensava, e io lo guardavo senza sapere cosa aspettarmi, sotto quella luce chiara e colorata dai riflessi azzurri, che facevano sembrare i suoi capelli ancora più chiari e i suoi occhi ancora più blu.
Poi lo vidi staccare lo sguardo dal parquet e guardarmi facendo spalluce.
«Adesso hai me però.»
Rispose serio, per poi sorridermi sinceramente.
E anch'io sorrisi per l'estrema tenerezza che quel ragazzo possedeva ed era capace di regalare.
Sorrisi anch'io, pur accorgendomi che una lacrima stava scendendo liberamente sulla mia guancia destra.
Non capivo se fosse emozione, preoccupazione, paura o tristezza, era un misto di emozioni che mi frullavano per la testa, e che furono tutte bloccate quando per la seconda volta le sue braccia si avvolsero intorno a me.
Subito restai ferma, senza sapere cosa fare, poi ricambiai l'abbraccio, e notai che si stava piacevolmente stringendosempre di più a me.
Stavo abbracciando un perfetto sconosciuto, ma aveva dimostrato di tenere a me, perfetta sconosciuta, quindi decisi che non era poi così sconosciuto.
Quando ci staccammo dal silenzioso abbraccio mi asciugai velocemente quella lacrima e sorrisi.
«Ne avevo bisogno.»
Ammisi sorridendo. Era troppo tempo che non ricevevo un abbraccio così da una persona adulta.
«Credo di essere qui per questo» rispose lui ricambiando il sorriso.
«Bene. Ora.. Che ne dici se mettiamo a posto la camera?»
Annuii sorridente, e insieme ci alzammo.
«Vado a prendere le lenzuola per il letto, arrivo subito.»
«D'accordo» risposi prima che si allontanasse.
E per la prima volta in quel giorno sorrisi sinceramente pensando alla tenerezza di quel ragazzo.
Di mio fratello.
 
Fine flashback.
 
 
Ed eccomi alla fine di questa seconda.. Secondo capitoo, ecco. Li chiamerò capitoli e ve racconerò uno per giorno.
Comunque, vi aspettavate un incontro così? E vi aspettavate tutte queste particolarità di Nora?
Beh se vi è sembrata strana, sappiate che ha ancora tante cose da mostrarvi.
Come avrete notato io non sono ancora entrato nella storia, quindi magari servo proprio solo come narratore esterno, non pensate?
E non pensate che magari questi due si innamoreranno? Insomma, sono dolci no?
Vabbè ora la smetto di parlare, ci vediamo al prossimo.. Capitolo.
Preparatevi ad una nuova notizia, a presto!
 

-Harry.                 
 





Buona sera sweeties.
Come state? Io tutto a posto, giovedì è il mio compleanno yeuuh. Il che da una parte è negativo perché sono una ferma sostenitrice del forever young, ma anche positivo perchè sto organizzando una festa secolare waah. Che poi, così a random, secondo voi quanti anni ho?
Comunque, parlando della storia. Non è un capitolo che colpisce molto, lo so, spero di non aver deluso nessuno. E' strano il modo in cui Niall e Nora si conoscono, a parer mio. Alcune emozioni sono volontariamente indefinite, perché mentre lui è semplicemente imbarazzato o cose simili, per lei è tutto nuovo, comprese certe emozioni.
Poi ci ho messo del mio, quando disegna. Mi sono imposta di non prolungarmi tanto perché inizialmente avevo descritto infinitamente il momento in cui nora disegna e noiosissimamente il risultato finale, solo che poi mi sono ricordata che non tutti sono dei pazzi rincoglioniti dall'arte come me, e che leggere quelle parti sarebbe potuto stare noioso.
Sto scrivendo uno spazio autrice troppo lungo, non lo leggerà nessuno.
Ultima cosa, mi è stato chiesto da diverse persone di mettere una foto della protagonista.
Essendo un personaggio inventato di sana pianta e non ispirato a nessuno, sono andata alla disperata ricerca di una foto che soddisfacesse la mia immaginazione, e non l'ho trovata.
Però, visto che me l'avete chiesto, eccovi alcuni stereotipi che si avvicinano almeno minimamente a ciò che Nora potrebbe essere.

      



Ora, so che tra queste immagini ci sono profonde differenze e che praticamente sono accomunate solo dai capelli scuri, ma come vi ho detto non ho trovato nulla che mi soddisfacesse, dunque sta a voi mescolare queste tre immagini e le descrizioni che trovate nella storia per creare il personaggio.
Ringrazio le persone che hanno iniziato a seguire la storia e quelle che hanno continuato a seguirla da capo, e ancor di più ringrazio per le recensioni che mi avete lasciato.
Nothing more to say.
Quindi a presto, fatemi sapere.

 
Baci, Rayon.

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Capitolo 3
*** Colors. ***



Belonging.






Capitolo 3- Colors.
 
8 Aprile 2018.
Buona sera. Come state? Io piuttosto bene, oggi sono uscite le date per il nuovo tour, ma facendo i conti, il tour non inizierà prima dei cinquanta giorni che vi ho promesso per raccontarvi questa storia.
Bene, immagino che vogliate sapere come continua, quindi..
 
 
Flashback.
 
Nora's pov.
Ormai erano passati due giorni da quando me ne ero andata dall'orfanotrofio, e anche se stentavo ancora a crederci, stavo iniziando ad ambientarmi.
Come promesso nelle due sere precedenti avevo chiamato James, e avevamo parlato fino al limite di tempo consentito, ossia venti scarsi minuti.
Era l'una e mezza di domenica pomeriggio ed avevamo appena finito il pranzo in famiglia così, salendo le scale,  decisi di andare a mettere a posto le tele che erano ancora mal piegate in uno scatolone. 
Salii in camera e mi chiusi la porta alle spalle, e subito cercai un posto per mettere i disegni.
L'armadio per i vestiti era pieno, lo scaffale anche, ma decisi di spostare alcune cose della cassettiera di modo da lasciare un cassettone libero.
Le presi una ad una e le stesi nel cassettone sovrapposte, piegando solo quelle più grandi.
Mi passarono sotto gli occhi certi disegni che mi facevano sorridere, altri che invece piegavo in malomodo per non guardarli troppo. Mi soffermai a guardarne uno, era il più confuso che avessi mai fatto. Era una donna anziana, costruita in base ai vaghi ricordi che avevo di mia nonna.
Ero sul letto a piegare l'ultima delle tele grandi, quando sentii bussare alla porta.
«Posso?» Riconobbi la voce di Niall attraverso la porta.
«Entra pure Niall.»
Sentii solo la porta che si apriva e richiudeva mentre guardavo che gli angoli combaciassero, poi un peso fece sprofondare il letto accanto a me.
«Che fai?» chiese guardandomi curioso.
«Niente di che, metto a posto le tele.»
Risposi io alzando le spalle. Non ricevetti risposta, così alzai lo sguardo per vedere che espressione avesse. E quando la vidi, non potei fare a meno di sorridere.
Stava sorridendo, come un bambino, e aveva un'aria piuttosto complice.
«Posso guardarle?» chiese senza cambiare espressione.
Sbuffai lasciando cadere la testa indietro.
«Ma le ho appena messe tutte a posto!» E, oltre a quello, un occhio minimamente attento avrebbe potuto cogliere molte emozioni personali da quei disegni.
Nel frattempo lui si era già alzato e aveva già fatto il giro del letto.
«Non importa, le rimetto poi a posto io.»
Non feci in tempo a girarmi che erano di nuovo tutte appallottolate a terra.
«Ti sto probabilmente odiando» dissi incrociando le gambe sul letto e appoggiando pesantemente il mento su una mano.
«Ti voglio bene anch'io sorella» Rispose senza nemmeno guardarmi, attento ad osservare i disegni.
Probabilmente, capii dal tono in cui l'aveva detto, quella frase era ironica, ma rimasi colpita da quanto quelle poche parole potessero farmi sprofondare in un mare di emozioni.
E forse tutto mi sembrava così strano ed impossibile solo perchè era tanto, troppo tempo che nessun adulto si comportava così bene con me.
Restai imbambolata a pensare fissandolo.
Cambiava espressione continuamente, passando dalle più belle, alle più serie, alle più buffe, e ogni tanto alzava il braccio destro e passava le dita tra i capelli biondi per alzarli.
La verità è che era un ragazzo veramente molto carino. Un fratello veramente molto carino.
«Posso chiederti un favore?» chiese Niall distogliendomi dai pensieri.
Lo guardai sollevando le sopracciglia, in segno di continuare.
«Posso prenderti questo e appendermelo in camera?»
Con un salto scesi dal letto per vedere a quale dei disegni si riferisse.
«Ma proprio questo? Sicuro?» dissi guardando la tela stesa a terra «Insomma, è una persona inventata, ce ne sono di migliori» spiegai mentre lui continuava a guardarlo entusiasta.
«A me piacciono i disegni dei volti. Ci trovo tanti particolari che non credevo neanche di avere in faccia.»
Mi fece ridere per il modo in cui parlava.
«Se vuoi te ne faccio uno migliore di quello. Hai scelto uno dei più brutti!» dissi ridendo, mentre mi sedevo per terra accanto a lui.
«Lo faresti davvero un disegno per me?» mi chiese girandosi, improvvisamente illuminato.
Per un attimo mi persi in quegli occhi, ma subito scossi un po' la testa per riprendermi.
«Certo» risposi facendo spallucce, sorridendo per l'infinita dolcezza che quel ragazzo infondeva anche solo stando fermo.
«Allora fammi un ritratto!» A quella richiesta lo guardai bene per studiare il suo viso.
Non era affatto una cattiva idea, aveva dei lineamenti semplici e delicati. E quello che lui non sapeva era che anch'io adoravo i primi piani, perché ogni volta che ne facevo uno scoprivo un particolare diverso di una persona, e avevo tempo di studiarla e parlarci insieme.
«Mi sembra perfetto» dissi continuando a fissare i suoi lineamenti.
Gli sorrisi tornando ad incatenarmi al suo sguardo.
«Comunque sono davvero belli» constatò lui girandosi a guardare i disegni stesi per terra, e io sorrisi.
«Come fai a fare dei disegni così?» chiese scuotendo la testa, come sconvolto.
«Con quelli» risposi io ironicamente indicando i colori a terra.
«Parli seriamente?» chiese girandosi di nuovo verso di me, con un espressone vagamente seria.
«Che c'è di strano? Dipingo con dei colori» spiegai sollevando le sopracciglia.
«Se risci a scrostarli dal barattolo» borbottò lui, facendomi capire che si riferiva allo stato penoso dei colori.
Lo vidi alzarsi e porgermi la mano per seguirlo. Anche se un po' imbarazzata la afferrai e mi alzai.
«Allora, ti do dieci minuti per vestirti, ti aspetto di sotto.»
Non feci in tempo a rispondere, che aveva già chiuso la porta della camera.
Scossi la testa per riprendermi, e mi avvicinai all'armadio per tirarne fuori qualcosa.
Non avevo voglia di vestirmi bene, e non mi sembrava il caso, quindi presi un paio di skinny jeans grigi, una vecchia canotta da basket rossa e blu, e una felpa grigia sopra.
Mentre mi specchiavo pensai che mi era mancato davvero tanto il fatto di poter scegliere come vestirmi ogni mattina, a seconda del mio umore, invece che con la solita divisa rossa, bianca, e nera.
Raccolsi i capelli scuri e mossi in una coda alta, mi infilai le stesse converse dei giorni precedenti, e prima di uscire mi ricordai del telefono. Lo presi, lo buttai nella borsa marrone a tracolla che appoggiai alla spalla destra.
Non molto secsi, e nemmeno troppo femminile, pensai guardandomi allo specchio, ma non dovevo fare colpo su nessuno. Non mi truccai, ed uscii dalla camera spegnendo la luce.
«Noto con piacere che ti piacciono i vestiti eleganti» sentii Niall commentare da in fondo alle scale, facendomi sorridere.
«Se questa è una critica, la prossima volta ti stupirò» risposi io raggiungendolo.
«Ne dubito, con il lavoro che faccio ne ho viste di belle ragazze, non sono facilmente impressionabile» disse ancora lui quando lo raggiunsi. Mi chiesi se facesse la pornostar o qualcosa del genere, ma poi cancellai l'idea ridendo.
«E quale sarebbe questo tuo lavoro pieno di ragazze?» chiesi mentre ci incamminavamo verso la porta.
«Cantante di una boyband» rispose fermandosi davanti all'entrata, e guardandomi dall'alto in basso.
«Certo, e io sono la figlia di Brad Pitt» ironizzai ridendo.
«Beh, non dev'essere male» rispose lui aprendomi la porta.
Ridemmo entrambi, poi prima di chiudere Niall fece un urlo alla madre per avvisarla che uscivamo.
«Quindi.. Dove andiamo?» chiesi mentre ci incamminavamo lungo la strada.
«Ti porto a fare shopping.»
Un fratello carino, dolce, e che mi porta anche a fare shopping? Ogni giorno mi convincevo sempre di più che sarebbe stato il ragazzo perfetto.
«Fantastico!» risposi ridendo.
«Aspetta però, io non ho soldi» constatai ad un certo punto fermandomi.
«Aaah,» verseggiò lui spingendomi avanti «prima di tutto i soldi che ho io sono anche della tua di madre, e poi prendilo come un regalo di benvenuto.»
Scossi la testa cercando di convincermi di quello che aveva appena detto, e risi.
«E poi i colori che ti compro ti serviranno per farmi un ritratto, quindi!»
Ci pensai un attimo su. Colori?
Sembra stupido detto da una ragazza, ma forse la cosa che veramente amavo di più dei vestiti, erano i colori. 
E poi finalmente avrei potuto fare dei disegni degni di quel nome.
«O preferisci dei vestiti?» chiese perplesso, probabilmente perché non aveva ricevuto risposta.
«Eh? No no, i colori sono perfetti!» lo convinsi sorridendo.
«Benissimo, allora di qua che c'è una scorciatoia.»
Lo seguii girando a sinistra, e proseguimmo la nostra passeggiata in silenzio, in quel vicolo che infondeva una certa inquietudine.
«Ma perchè dobbiamo passare proprio da qui?» chiesi guardandomi in giro.
«Beh, meno gente c'è,  meglio è.»
Non capii esattamente cosa intendesse, ma non ci diedi peso e continuai a camminare.
Quando arrivammo lì davanti guardai prima l'enorme scritta gialla e azzurra, e poi la porta in vetro che si apriva.
Rimasi immobile davanti ad essa.
Sì, ero facilmente impressionabile. Forse perché non erano molte le esperienze che avevo vissuto rinchiusa là dentro, e non erano molti neanche i luoghi e le cose che avevo visto.
E non avevo mai visto così tanti colori in vita mia.
«Sembra che tu non sia mai entrata in un colorificio» mi fece notare Niall, studiando la mia espressione. Il fatto era che  aveva perfettamente ragione, io non ero mai entrata in un colorificio.
Entrai senza parlare, e cominciai a girare tra le corsie, guardando ogni tipo di sfumatura, e immaginandomela stesa su una tela.
Ogni colore, ogni sfumatura trasmetteva un'emozione a sè e inspiegabilmente diversa da tutte le altre.
«Oh, eccoti!» sentii Niall mentre entrava nella mia stessa corsia.
Gli sorrisi guardandolo di sfuggita, poi tornai agli scaffali.
«Va benissimo questo!»
Dissi soddisfatta mostrandogli un pacco con cinque flaconi di colore. Guardai poi la sua reazione, e non sembrava molto d'accordo.
«Mettili giù vah» mi disse serio.
Rimasi perplessa. Cos'avevano di sbagliato? Forse costavano troppo.
Dopo qualche attimo di insicurezza poggiai il cestino come aveva detto, e lo seguii in silenzio lungo la corsia, finché non raggiungemmo un alto scaffale con tutti i barattoli da un litro.
«Mmh, il prezzo..» borbottò con aria pensierosa «perfetto, scegline dieci» mi disse serio, puntando i suoi occhi azzurri nei miei, per poi sorridermi.
Ci pensai un attimo su, poi guardai bene il prezzo di ogni flacone.
«Sei pazzo?» chiesi tornando a guardare lui «Voglio dire, sono quaranta euro per dei colori!- realizzai con gli occhi spalancati. Lui non sembrò importarsese, alzò le spalle indifferente.
«Non fare lo stupido, io non spendo tutti quei soldi.» lo avvisai sicura, poi gli diedi la schiena per cambiare corsia, ma dopo qualche secondo mi ritrovai due braccia che mi stringevano la vita da dietro, senza permettermi di andare avanti.
Provai a fare un passo per liberarmi, ma non ci riuscii, sentii solo Niall che rideva alle mie spalle.
Così mi girai tra le sue braccia chiuse, e solo in quel momento mi accorsi di quanto fossimo vicini. Era strano per me, molto. Ma scacciai per un attimo i miei pensieri e parlai.
«Tanto non mi convinci a prenderli.» dissi a quel punto, ma lui non mollò la presa, e mi guardò sorridente.
«Vuoi scommettere?» mi chiese senza smettere di sorridere.
«Perchè? Altrimenti che mi fai? Non ho paura» Risposi con aria di sfida.
«Ah no? Dovresti averne invece.»
Stavo per rispondere, ma non feci in tempo perchè le sue mani si sganciarono e cominciarono a muoversi sui miei fianchi facendomi il solletico.
Era uno dei miei punti deboli, ma cercai di rimanere ferma.
«Ti è andata male, non soffro il solletico» dissi cercando di non ridere. Ma non ci riuscii per molto, infatti dopo soli pochi secondi scoppiai in una fragorosa risata e cominciai a dimenarmi tra le sue braccia che mi massacravano, fino a che entrambi non cademmo a terra.
«Basta Niall ti prego!» lo supplicai da sotto al suo sedere, senza smettere di ridere.
«Prima mi dici che sono bellissimo, che sono il fratello migliore del mondo, e che prenderai quei colori!»
Cercai di prendere fiato tra le risate, poi continuando a dimenarmi sotto di lui dissi tutto.
«Niall sei stupendo, sei il fratello che ogni ragazza vorrebbe!» risi e mi interruppi per prendere fiato.
«E?» fece lui aspettando che concludessi.
«E prenderò quei fottuti colori!» urlai in fine rilassandomi subito dopo.
Passato qalche attimo il suo sedere si alzò dalla mia schiena, io mi girai su me stessa mettendo la pancia all'aria. Avevamo entrambi il fiatone.
«Tutto bene qui?»
Niall, che mi stava guardando, si girò di dietro, ed io alzai la testa per vedere un commesso.
«Ehm, si tutto bene!» dissi poggiandomi sui gomiti.
Non sembrò molto convinto, ma poi se ne andò, e noi scoppiammo a ridere mentre Niall mi aiutava ad alzarmi.
Scelsi i dieci colori chiedendo ogni tanto consiglio a Niall, e mi sentii un po' in colpa quando lui tirò fuori i quaranta euro dal portafoglio.
Prendemmo la pesante borsa, io per un manico, e lui per l'altro, e ci incamminammo per tornare a casa.
«Nora, avresti voglia di iniziare il mio disegno già oggi?» mi chiese Niall interrompendo il silenzio. Ci pensai un attimo su, non avevo niente da fare, ed ero curiosa di provare a colorare con i colori nuovi.
«Certo» risposi sorridendo.
Quando arrivammo a casa presi tutti i colori, anche quelli vecchi, e con Niall li disposi aperti a terra, davanti ad una tela di taglia media.
Mi inginocchiai per terra, e decisi che prima avrei dovuto fare uno schizzo, non potevo fare un disegno a caso.
Così mi allungai e senza alzarmi riuscii a prendere i gessetti bianchi.
«Eehm, io che devo fare?» chiese Niall, grattandosi la nuca.
Ci pensai un attimo su, poi feci una domanda.
«Vuoi solo la faccia giusto?»
Lui rispose annuendo.
«Okay, allora siediti qui» dissi mostrandoglia il posto di fronte a me.
Quando si sedette iniziai ad osservare i lineamenti del suo viso, in ogni particolare.
Per un attimo rimanemmo entrambi seri, ma quando incrociai i suoi occhi scoppiammo entrambi a ridere.
«Okay, concentriamoci» dissi finendo di ridere e cercando di concentrarmi.
Lui prese un respiro e tornò ad un'espressione naturale.
 
«Ho fame» si lamentò Niall.
Erano passati poco più di quarantacinque minuti, e io stavo concludendo lo schizzo, in tutti i suoi particolari.
«E io ho male alle gambe» dissi mentre tracciavo un dettaglio di un occhio.
«Che ne dici se facciamo merenda?» mi chiese lui. Io sorrisi, poi staccai il gessetto dalla tela.
«Ottima idea.»
Mi alzai, mi stiracchiai, feci scrocchiare le dita, mentre lui mi guardava divertito.
«Possiamo andare» confermai io sorridendo.
Scendemmo le scale fino ad arrivare al salotto.
«Mmh, cosa vuoi?» mi chiese fermanosi e appoggiandosi al retro del divano.
«Ce l'hai la Nutella?» chiesi io sperazosa.
«Ovviamente sì.»
«Perfetto.»
«Aspettami sul divano!»
Feci come aveva detto mentre lui entrava nella cucina, e dopo poco lo vidi tornare con un barattolo di Nutella, e due cucchiai. Sorrisi, mentre lui accese la tele e si sedette accanto a me.
«A lei» disse progendomi un cucchiaio.
Lo presi sorridente, e lo immersi per prima nel barattolo, per poi assaporare quella sostanza che non mangiavo da un po'.
«Mi mancavi Nutella» farfugliai con il cucchiai ancora in bocca.
Niall rise guardandomi, poi immerse anche lui il cucchiaio.
Ero innamorata di quei momenti che avevo avuto modo di vivere poche volte. Buona compagnia, cibo, e divertimento. Avevo sempre pensato che questi momenti così semplici fossero quelli che ti facevano scoprire una persona.
Passarono circa venti minuti in cui chiacchieravamo e scherzavamo mangiando Nutella fino alla nausea; mi sentivo bene con lui, anche se era passato poco tempo era un ragazzo semplice, e fu facile per me iniziare a legare.
«Mh, a proposito!» sbottò improvvisamente lui distogliendo la mia attenzione da Spongebob, e dopo aver deglutito continuò.
«Sai che ieri sera a cena parlavamo che i miei hanno le ferie in questi giorni? Ecco, prima si stavano mettendo d'accordo, e hanno deciso che domani partono e si fanno una vacanza da piccioncini in un hotel al mare, quindi io ho deciso di chiamare qui gli altri quattro.. Niente, volevo avvisarti» concluse facendo spallucce. Io aggrottai la fronte non capendo.
«I fantastici quattro?» chiesi ironicamente, visto che non sapevo a chi si riferisse.
Lui mi guardò e scosse la testa.
«No, no. Gli altri quattro, intendo i componenti del gruppo! Nora, quelli della boyband di prima!» mi spiegò genticolando, e io scossi la testa.
«Giusto, mi ero dimenticata che tu sei una popstar e che io sono la figlia di Bloom. Sai, no, quella delle Winx!» dissi cercando di convincerlo.
«Ma non eri figlia di Brad Pitt?»
«Brad Pitt è il padre» risposi come se fosse stato ovvio.
«Scherza scherza, ma preparati spiritualmente ad una settimana in casa con cinque maschi.»
Scossi ancora la testa ridendo.
«Certo, d'accordo.»
Lui scosse la testa arrendendosi, e io risi.
«Niall, andiamo a piegare le tele e mettere a posto i colori?» dissi ad un certo punto, ricordandomi del disordine che avevamo lasciato in camera.
«Uh, giusto.»
Ci alzammo insieme, portammo Nutella e cucchiai in cucina, ed andammo in camera.
«Allora, tu mi chiudi tutti i colori bene e li metti sul terzo ripiano lì, io intanto piego i disegni.»
Lui annuì, e insieme ci mettemmo al lavoro.
Dopo che Niall ebbe finito di mettere a posto i colori venne ad aiutarmi ed insieme piegammo le ultime tele.

«Finito!» esclamò lui. Sorrisi, e stavo per rispondere, ma la mia attenzione fu attirata da qualcosa, fuori dalla finestra; il tramonto. Mi avvicinai alla finestra e spostai la tenda per aprire la portafinestra.
Subitò un'aria fresca si infiltrò nella camera che aveva preso i colori caldi del sole non appena avevo tolto la tenda.
«Vieni» chiamai Niall, notando che mi guardava perplesso.
Lui mi guardò, e poi annuì facendo spallucce.
Uscii seguita da lui, e mi sedetti appoggiando la schiena al muro, affiancata da lui.
Oltre le sbarre della ringhiera vedevo il sole pallido di settembre che lentamente scompariva dietro l'orizzonte.
Ero sempre stata attratta da fenomeni come quelli.
«Ti pioacciono queste cose, eh?» mi chiese Niall con voce pacata, osservandomi. In risposta sorrisi, ma non dissi niente.
Passarono alcuni minuti, forse dieci, in completo silenzio.
«Niall, tu li hai mai visti i colori?» chiesi piano, per non spezzare l'armonia che si era creata.
«C-certo li vedo tutti i giorni» rispose lui perplesso.
Sorrisi, come mi aspettavo non aveva colto in pieno la domanda.
«No, non hai capito. Intendo dire.. Descrivimi il cielo, il tramonto» chiesi infine, non sapendo come spiegarmi.
Ci fu un attimo di silenzio, in cui forse Niall stava riflettendo, ma poi si schiarì la voce.
«Beh, è azzurro, con delle nuvole. E il sole sta scendendo proprio in questo momento, quindi ci sono anche del rosa e dell'arancione» rispose con gli occhi fissi su quell'orizzonte che trovavo sempre più bello.
«Vuoi sapere come lo vedo io?» chiesi senza spostare lo sguardo. Non avendo ricevuto una risposta continuai. 
«Il cielo, qui spora di noi, è di un blu intenso, che ricorda il colore dell'oceano. Il blu, il colore del mistero, e guarda caso nessuno di noi sa cosa c'è oltre quell'infinito blu. E poi guarda, scendendo verso l'orizzonte è sfumato, sfumato così bene che nemmeno ci si accorge che il blu diventa un azzurro lattigginoso. E quel colore invece descrive un'emozione tutta sua, che ogni persona potrebbe legare a qualcosa che ha provato nella sua vita. Poi quell'azzurro viene un po' bruciato dal sole, diventa rosa, un rosa pallido, rosa confetto, che ricorda il più delicato tra i fiori. Poi ci si avvicina a quell'angolo di sole pallido che spunta dall'orizzonte indefinito, e lì il cielo è di un'arancione intenso, per poi diventare quasi bianco nel punto da cui proviene la luce. Il bianco, la luce pura. Sai, quando si disegna, il bianco non viene mai utilizzato per colorare qualcosa di bianco. Perché tutti i colori vengono alterati da qualcosa. Da un riflesso, da un ombra, dalla luminosità. Il bianco viene invece utilizzato per i punti di luce, come negli occhi, per renderli vivi. Ecco lì fa quasi male agli occhi guardare, da quanto è chiaro e luminoso il sole. Guarda invece le nuvole, che siamo abituati a vedere sempre bianche, o grigie. Guarda come diventano scure e colorate in controluce. Lì in basso sono strisce confuse, tra l'arancione e il magenta, poi diventano violacee, non viola scuro, il viola di una pianta di bouganville appena sbocciata. E poi scompaiono, lasciando il posto al blu e alle stelle che stanno per spuntare. E tutto questo è invaso da uno strato di nebbia che rende tutto più opaco, come se fosse tutto creato da matite colorate.»
Ripresi fiato senza staccare lo sguardo da quello spettacolo.
Con il tempo avevo imparato ad apprezzare le cose.
Perché quando non ti rimane più nessuno, più niente, ogni piccola cosa diventa un sogno, diventa importante.
E la verità era che quella domanda aveva un significato molto più profondo di come appariva.
Ed io avevo appena aperto i miei sentimenti a quel ragazzo, senza che lui se ne accorgesse.
Pensai alla descrizione che aveva fatto lui, e sorrisi debolmente; non era riuscito a vedere tutta quella bellezza, eppure era lì davanti.
E infondo, pensandoci, tutto quel ragionamento sui colori è la base degli autolesionisti.
Hanno una vita così terribile, così pallida, da non riuscire ad essere felice, da non riuscire a vedere i colori. Ed è per questo che si lesionano, per vedere tutto ancora più triste e grigio. Perchè dopo che hai visto tutto grigio, quasi nero, anche il più squallido pallore sembra un bellissimo colore.
Questi erano i ragionamenti che facevo quando ero sola.
Ci pensavo su delle ore, fino ad avere delle rispose.
E non so se voi possiate capire quello che ho scritto, è difficile.
Infine mi girai verso Niall, il suo sguardo sembrava sognante diretto verso l'orizzonte.
Poi anche lui mi guardò, e mi sorrise debolmente.
«Entriamo?»
 
Fine flashback.
 
 
Allora? Che ve ne pare? Io non vi dico niente, solo che tra poco me ne devo andare perché qui sta arrivando un temporale da spiaggia..
Va beh, ovviamente Nora, visto che non esce dall'orfanotrofio da qualche anno, non conosce neanche l'esistenza della band di cui Niall fa parte, ma manca poco alla nostra entrata, e lì diciamo che.. Cambierà tutto.
Okay sta iniziando a piovere, ci vediamo domani gente!

-Harry.          
 






Hey there!    
Come state sweeties? Io bene, sono tornata l'altro ieri da un campeggio di dieci giorni e il 13 parto per andare al mare ew.
Ah, mi scuso per il ritardo, in realtà il capitolo era già quasi pronto prima che io partissi, ma non l'ho fatto per due motivi:
1. Non avrei avuto tempo di ricontrollare.
2. C'erano ancora poche recensioni, e sinceramente non mi andava molto a genio.
Comunque eccomi quii.
Spero che questo capitolo sia uscito bene, forse in certi punti il ritmo è un po' lento, spero non sia noioso.
La mia parte preferita è la descrizione del tramonto. Ci ho messo del mio, veramente. L'alba, il tramonto, le nuvole, sono cose che affascinano, non trovate?
Okay.
Sapete, prendendo spunto dal disegno che ho descritto
nello scorso capitolo, quello della ragazza, ho fatto un disegno. Non è coerente con la descrizione, già solo per il fatto che è ad acquarello e non a tempera, su foglio e non su tela. Però vabbè, anche se non vi interessa sotto metto la foto lol.
Allora vorrei ringraziare di cuore le persone che hanno recensito, in particolare propongo un BIG SHOUT OUT a myricae_ e Miilkshake_, le cui recensioni mi hanno davvero migliorato le giornate. Senza nulla togliere a tutte le altre, ovviamente.
Mi scuso se le immagini della protagonista non vi hanno soddisfatto, o se preferivate un'unica foto, ma come ho già detto è difficile dare una realtà ad un'immagine puramente inventata.
Here there is my drawing:



Lo so, è strabica, ha la faccia da rincoglionita, gli occhi sproporzionatamente grandi, e tanti altri difetti, 'sta porella. Però ci tenevo a farvelo vedere ew.
Ah sì, nel capitolo è citata la pianta di bouganville, per farvi intentere è questa.
Sì, sono fissata con i fiori, come potrete notare anche dalla storia La mia favola.
Bene, ho già occupato fin troppo tempo per lo spazio autrice. Se così mi posso definire.
Dunque a presto, aspetto un boom di recensioni, sempre ben accolte, soprattutto se avete correzioni o consigli.

 
Baci, Rayon.

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Capitolo 4
*** Meetings. ***


 

Belonging.






Capitolo 4- Meetings.
 
9 Aprile 2018.
Buona sera gente. Scusate, sono le undici, so che è tardi e vi ho fatto aspettare, ma sono stato tutto il giorno via. 
Ho anche iniziato a scrivere una nuova canzone con Louis!
Fa abbastanza fresco qui, si sta benissimo, c'è il mare illuminato solo dalla luna.
Comunque, passiamo ai fatti. 
 
 
Flashback.
 
Nora's pov.
Quella mattina, come era già successo, a svegliarmi fu il rumore della porta in legno che scoccava al tocco delle nocche di Niall; ma decisi di non rispondere, e feci finta di dormire.
Passò qualche secondo di completo silenzio, poi sentii di nuovo bussare, e poco dopo la porta aprirsi.
«Nora» mi chiamò pacamente. Non mi girai, ma sentii che lui si avvicinava al letto con passo felpato.
«Nora» mi chiamò ancora, avvicinandosi pericolosamente al mio viso.
«Uah!» urlai con tutta la voce che potevo avere da appena sveglia, spalancando gli occhi.
Sentii solamente qualcosa cadere pesantemente sulle mie gambe, e accendendo la luce notai che Niall era caduto su di me.
«Smettila di ridere, sei malefica!» mi rimproverò con la faccia contro le coperte. Risi ancora di più, mentre lui si alzava e si sdraiava accanto a me.
«Malefica» ripetei mentre entrambi ridevamo.
«Comunque,» riprese smettendo di ridere «ti ho svegliato perché dobbiamo mettere un po' a posto la casa prima di mezzogiorno.»
in risposta feci un verso sommesso per il sonno mentre mi stiracchiavo.
«E perché?» chiesi perplessa, senza spostare lo sguardo dal soffitto.
Lui, che era a pancia in su accanto a me, fece cadere la testa a destra guardandomi in faccia.
«Nora, te 'ho detto ieri.»
Ci pensai un po' su guardando il soffitto, poi mi girai anch'io a guardarlo in faccia.
«Uh già, la band- dissi ironizzando sull'ultima parola.
Lui sospirò facendomi ridere debolmente.
«Band o no, hai intenzione di aiutarmi a riordinare?»
«Certo» risposi avvolgendomi tra le coperte. Lui si mise seduto, e prima di alzarsi ed uscire mi diede un bacio sulla fronte. Rimasi abbastanza impietrita da quel gesto improvviso, e mentre lo guardavo alzarsi e ricomporsi sorrisi inconsapevolmente.
«Vado a scaldare la colazione, ti aspetto giù» disse prima di uscire. Annuii e quando fu uscito mi alzai, consapevole che quella giornata fosse iniziata nel migliore dei modi. 
«E' ora di svegliarsi» sussurrai tra me e me mentre prima di bagnarmi il viso con dell'acqua fresca. Uscita dal bagno mi feci una coda e scesi.
«Oh, eccoti» disse sorridendo, per poi tornare a trafficare sui fornelli. Lo vidi voltarsi di nuovo dopo poco, con una pentola in mano e una faccia divertita.
«Carino il pigiama» rise squadrandomi. Mi ricordai che non mi ero cambiata, e che indossavo ancora la camicia da notte in pile, di color azzurro chiaro con delle stampe a pecorelle.
Risi anch'io, e lo seguii al tavolo.
Scossi la testa sorridendo, poi mi sedetti di fronte a lui e versai un po' del latte nella mia tazza.
«Allora, quanti hai detto che sono e come si chiamerebbero questi tuoi amici?» chiesi dopo aver ingoiato un primo boccone.
«Oh, ti sei decisa a crederci!» esultò con la bocca piena. Poi, prima di continuare, ingoiò.
«Comunque sono quattro; Liam, Louis, Zayn, Harry» rispose, per poi mangiare un altro biscotto.
«Liam, Louis, Har.. No, aspetta.»
«Harry e Zayn.»
Mi stampai i quattro nomi in testa mentre masticavo.
«Liam, Louis, Harry e Zayn» ripetei soddisfatta, vedendolo poi annuire.
«Ma sono belli almeno?» chiesi curiosa.
«Beh, essendo un maschio non so dirtelo, ma alle ragazze piacciono molto. E poi sono simpatici!»
Ci pensai un po' su ed iniziai a fantasticare su quei quattro ragazzi.
«Descrivimeli un po'.»
Lui deglutì rumorosamente prima di parlare.
«Mh, allora, Liam ha gli occhi marroni e i capelli castani, ed è il più.. Come dire, non tranquillo, ma più dolce.» annuii, e lui continuò. «Louis è il più grande, può sembrare un po' scorbutico e menefreghista, ma in realtà è solo molto chiuso, non si apre con tutti. Ah si, lui ha i capelli castani e gli occhi azzurri. Poi c'è Zayn che ha i capelli neri e gli occhi scuri, lui è quello diciamo misterioso, che poi in verità è un ragazzo semplicissimo. E l'ultimo è Harry, ha i capelli castani e un po' ricci, e gli occhi verdi. Lui è il classico playboy della situazione; che poi non è che si faccia tutte queste ragazze, non è vero, però anche se non lo fa lui da quell'immagine di se, ed è contento così.»
Quando finì di parlare calò il silenzio, e io mi immaginai i quattro ragazzi uno dopo l'altro.
E mi immaginai accanto ad ognuno di loro. Forse erano gli ormoni che ribollivano lì da qualche anno visto che non toccavo un ragazzo da un bel po', ma sta di fatto che avevo molta, forse troppa voglia di divertirmi.
«Mh, con quale starei meglio?» chiesi infine. Lui ci pensò un attimo su, sembrava indeciso, poi lo vidi ridere.
«Beh, di sicuro non con Harry. Insomma, lui è strano, non credo sarebbe capace di mantenere una relazione. Credo che possa anche sembrarti gay, così a prima vista. Comunque direi Louis, è uno che ti fa sempre ridere, non stareste male. O forse anche Liam, ma Liam è fidanzato.»
Fece una faccia soddisfatta, poi tornò a bere il latte, e lo stesso feci io. Quando abbassai la tazza vidi Niall davanti a me che mi aspettava.
«Da' qua, le laviamo dopo, ora mettiamo a posto.»
Feci strisciare la tazza sul tavolo verso di lui, che la prese e la mise nel lavandino con la sua, poi mi alzai.
«Allora, io metto a posto la mia camera e il bagno, tu la tua camera e la sala. Bene?» chiesi facendo scrocchiare la schiena.
«Certo capo!» rispose lui portandosi stupidamente una mano in fronte.
Scossi la testa mentre entrambi ridevamo, la sua risata era terribilmente contagiosa.
Lo seguii salendo le scale, poi quando lui entrò in camera sua gli sorrisi, ed aprii la porta di fronte per entrare nella mia stanza. Lasciammo le porte aperte per poter parlare da una stanza all'altra.
«Niall, hai della musica da mettere?» chiesi dopo qualche minuto di completo silenzio.
«Certo capo!»
Feci roteare gli occhi, poi lo vidi uscire con il pc, e poco dopo partì una canzone di un artista che non conoscevo.
«Che canzone è?»
Urlai dalla mia camera.
«Beauty and a Beat, quello che canta è Justin Bieber!»
Justin chi? Boh. Mi ero sempre sentita esonerata dal mondo esterno, e ora che ci ero a contatto mi rendevo conto di quante cose mi ero persa.
«Oh, carina!»
Continuammo a pulire, con la musica era tutto più divertente. Finiti il bagno e la camera raggiunsi Niall che stava riordinando in sala.
«Hai quasi finito qui?» chiesi sorprendendolo alle sue spalle.
«Uhm mi mancano da mettere a posto la fodera dei divani, fai quello tu.»
Mi indicò uno dei due mentre iniziava a lavorare sull'altro. Spostai i cuscini a terra, misi a posto la coperta e appoggiai di nuovo i cuscini negli angoli.
«Finito!» esclamai soddisfatta.
«Perfetto capo!» rispose lui alzando le mani per sbatterle contro le mie.
E così feci, poi mentre le nostre mani erano ancora unite in alto parlai.
«Ora, è mezzogiorno meno dieci, cosa facciamo da mangiare?»
Lo vidi assumere un'espressione pensierosa, mentre le nostre mani, ancora unite, scendevano giù.
E invece che pensare a cosa cucinare mi trovai a pensare alla dolcezza di quei piccoli gesti.
I sorrisi, tenersi la mano, le battutine, era tutto così spontaneo e stavo bene, dovevo ammetterlo.
Ogni piccolo gesto scatenava in me emozioni strane, felicità, non ero abituata a ricevere quelle attenzioni. Se per sbaglio mi soffermavo troppo a pensarci rischiavo di commuovermi.
«Crepes per tutti?» chiese Niall entusiasta, riportandomi alla realtà.
«Ottimo!»
Ed insieme andammo in cucina, sempre a tempo della musica proveniente da suo pc che ora era in sala.
«Ehm, lo porto in cucina il computer?»
Lui annuì, così lo presi e lo poggiai sul ripiano accanto al frigorifero.
«Ehi capo, basta il latte?» chiese improvvisamente Niall girandosi.
«Smettila di chiamarmi capo!» sbottai fingendo di essere infastidita «Comunque aggiungine ancora un po'..»
«Okay capo!» Roteai ancora gli occhi al cielo.
«E non mi chiamare capo!»
Senza accorgermene mi venne spontaneo dargli una piccola spinta sulla spalla, ma inconsapevole di aver la mano piena di farina gli lasciai uno stampo sul tessuto blu scuro.
«Cos'hai fatto, scusa?» chiese stupidamente, spostando di continuo lo sguardo dalla macchia alla mia faccia che cercava in tutti i modi di nascondere una risata.
Mi lasciai andare un piccolo risolino, poi cercai di assumere un'espressione implorante.
«Oh sua altezza, mi perdonerà mai per questo errore?» chiesi inginocchiandomi davanti a lui e appoggiando appositamente le mani ancora sporche sulla maglia.
«Ma allora questa è guerra!» Sbottò lui assottigliando gli occhi.
Quando mi accorsi che aveva preso un uovo mi sbrigai ad alzarmi e correre dall'altra parte del tavolo con il sacchetto di farina.
Riuscii a prendere un primo uovo al volo tra le risate,  glielo tirai colpendolo in pieno viso, e quando le uova furono finite iniziammo a tirarci farina senza smettere di stuzzicarci e di ridere.
«Arrenditi plebea!»
«Neanche a morire!»
«E allora così sia, alla morte!» urlò lui sorpassando il tavolo e saltandomi addosso.
In preda alle risate cercai di scappare, ma finii per scivolare su un guscio d'uovo e cadere a terra con sopra Niall, che si era impossessato del sacco di farina e mi stava massacrando.
Un delirio insomma.
Poi improvvisamente ci fermammo entrambi, quando sentimmo un finto colpo di tosse provenire dall'entrata della stanza.
Appena Niall si sollevò da me mi misi seduta con il fiatone, lui invece si alzò sorridente.
«Harry! Sei arrivato!»
Si avvicinò felice per abbracciarlo, ma il ragazzo fece un passo indietro.
«Oh giusto.» Risero entrambi e scambiarono due parole, mentre io rimasi imbambolata a guardare il ragazzo.
Era proprio lui, riccio, occhi verdi, e una tremenda aria da sex symbol. Non era il mio tipo, ma anche un ceco avrebbe potuto dire che era molto bello.
Improvvisamente mi resi conto che stavano parlando di me, quando mi ritrovai Niall ad indicarmi, mentre mi presentava. Feci un sorriso imbarazzato e mi alzai. Che si faceva in questi casi? Una stretta di mano, un bacio sulla guancia, un saluto? Non ne avevo la minima idea. Poi vidi che aveva allungato la mano destra mentre senza smettere di sorridere pronunciava il suo nome con aria soddisfatta.
«Harry Styles.»
«Nora» risposi ricambiando la stretta di mano.
«Ehm, pizza per tutti?» chiese Niall guardando la stanza, che più che una cucina sembrava un campo da guerra. Mi girai un attimo per poterla vedere, poi lo guardai di nuovo e annuii.
«Buona idea.»
Poi tutti e tre rimanemmo sorpresi nel sentire il campanello suonare.
«Vai tu?» mi chiese Niall con un sorriso innocente.
Non sapevo il perché dovessi andare io, e non avevo voglia di fare una brutta figura, ma quando lui sbattè più volte le ciglia sbuffai e accettai.
«Va bene.» Uscii dalla cucina e percorsi il breve tratto di corridoio fino alla porta d'entrata, feci un sospiro, e aprii.
«Salve Nell..» Un tizio che stava urlando davanti a me si era appena bloccato con le mani in aria e la lingua ferma nel pronunciare la 'L'. Era abbastanza ridicola come immagine.
«Oh, ciao, non ho sbagliato casa vero?» disse in fretta controllando la scita sul campanello accanto alla porta.
Per un attimo non potei fare a meno di sollevare un sopracciglio, poi mi ripresi e sorrisi.
«Entra» dissi ridendo, mentre mi spostavo per farlo entrare.
«Scusa l'indiscrezione, ma tu chi sei?»
Chiese il ragazzo castano mentre chiudevo la porta. Mi schiarii la voce.
«Nora,» dissi porgendogli la mano «la.. sorella di Niall.»
Facevo ancora molta fatica a realizzarlo e soprattutto ad esporlo.
E lui non rispose, così decisi di parlare io.
«Tu invece devi essere Liam, giusto?»
Beh, i capelli castani c'erano.
«No, Louis» rispose sorridendo sincero.
Giusto, occhi azzurri, focalizzai.
Dopo la veloce presentazione lo portai in sala, dove Niall e Harry parlavano di qualcosa a me sconosciuta. Mi sedetti sul divano accanto a Niall, mentre Louis affiancava Harry sull'altro.
Il silenzio tra di noi si stava facendo imbarazzante, e Niall non aveva la minima intenzione di aiutarmi a scappare da quelle occhiate curiose, così decisi di parlare.
«Uhm, Niall mi ha parlato della vostra band, come vi chiamate?»
Improvvisamente tutte le attenzioni furono su di me, più di prima, e mi sentii abbastanza a disagio. Poi uno dei due ragazzi, Harry, rise.
«Mi stai dicendo che non hai mai sentito parlare degli One Direction?»
Poco presuntuoso il ragazzo, pensai sollevando un sopracciglio.
«Ehm, no, scusate se ho passato infanzia e buona parte dell'adolescenza in un orfanotrofio di suore» risposi ironicamente, solo guardandoli mi accorsi che forse avevo creato ancora più disagio. Louis mi guardava serio, mentre Harry sembrava scrutarmi, con un espressione a metà tra l'interessato e il divertito.
«Avete intenzione di farmi sentire qualcosa?» chiesi, sdrammatizzando la situazione.
Appena finita la domanda sentii il campanello suonare, ma subito dopo vidi Niall alzarsi, e tornai alla discussione.
«Subito» rispose Harry tirando prontamente fuori un cellulare di marca apple che sembrava essere davvero molto costoso.
«Lou, quale le metto?» bisbigliò con l'amico.
«Beh, magari una in cui tutti fanno almeno un assolo» rispose l'altro.
Li sentivo farfugliare, e poco dopo partì una melodia suonata a chitarra che pareva tranquilla e dolce. Intanto delle voci si avvicinavano dal corridoio.
«Sbaglio o questo sono io?» chiese un ragazzo dagli occhi e dai capelli profondamente scuri, mentre partivano le parole della canzone. Dopo avermi visto, lui e un'altro ragazzo che era comparso aggottarono la fronte, ma Niall gli fece segno di fare silenzio e li portò in cucina.
Intanto io ero rimasta imbambolata a sentire quella voce e quelle parole dolcissime.
«Questo invece è Liam» disse Louis sorridente, appena prima che la voce cambiasse.
Ascoltai tutte le voci e le parole una dopo l'altra, senza fiatare, e studiandole nei particolari.
Sono davvero bravi, pensai. E poi con dei bei visini come quelli, iniziavo a credere che fossero davvero un successo.
«Ora c'è Niall.» Drizzai la schiena, quello era il momento che aspettavo dall'inizio, quello che mi incuriosiva di più. E quando partì rimasi pietrificata. 
La voce era proprio la sua, l'avrei riconosciuta ovunque, ma aveva qualcosa di diverso.
In qualunque caso, qualunque cosa fosse, era bellissima, come le altre.
Quando la melodia finì e la canzone si concluse c'era un gran silenzio, e mi accorsi che nella stanza c'erano tutti; probabilmente Niall aveva spiegato agli ultimi due chi ero e cosa ci facevo lì.
«Allora? Adesso ci credi?» chiese soddisfatto Niall sedendosi vicino a me, mentre invece i due si appoggiavano al retro dell'altro divano.
«Beh, si» risposi con un mezzo sorriso, ancora abbastanza incredula, mentre cercavo di assimilare le informazioni ricevute.
Quindi, in sostanza, io sarei stata la sorella di un famosissimo cantante di una famosissima boyband?
Cosa?
«Lo ammetto, sì, siete bravi» dissi alzandomi, «molto,» aggiunsi tra me e me «ma ora è meglio ordinare le pizze!»
Cercai di cambiare discorso per non sembrare davvero sconvolta da tutta quella situazione.
Una settimana prima una sconosciuta in un orfanotrofio, una settimana dopo in casa con cinque ragazzi conosciuti ovunque.
Beh, ora certe cose avevano un senso, come Niall che usciva di casa col cappuccio, o come il fatto che il giorno prima per andare in colorificio eravamo passati da un vicolo buio e stretto per evitare il centro.
Mentre io li seguivo pensierosa, i ragazzi si erano spostati in cucina e stavano dando le ordinazioni a Niall che aveva il telefono in mano.
Lo guardai per un attimo e risi, aveva un uovo rotto in testa e la farina appiccicata ai capelli e alla maglietta. Poi istintivamente mi portai una mano alla bocca.
Sì, mi ero appena presentata a quei quattro ragazzi come una sottospecie di.. frittella.
«Che c'è?» chiese Louis, l'unico che si era accorto della mia reazione, mentre gli altri parlavano.
«Ho farina e uova ovunque, vero?» chiesi, sapendo già la risposta.
«Abbastanza» rispose con una mossa di spalle, confermando quello che pensavo.
«Ehm scusate, vado un attimo in bagno» dissi a tutti dileguandomi, ma prima che potessi uscire dalla stanza la voce di Niall mi fermò.
«Aspetta!» mi girai in segno di continuare «Che pizza prendi?»
«Uhm, pata-wurstel!»
Sentii dei commenti mentre mi allontanavo, ma non riuscii a capire cosa dicessero.
Andai in camera e guardandomi allo specchio per poco non mi spaventai: camicia da notte, capelli arruffati ovunque, un po' appiccicati alla faccia dall'uovo, ed il tutto impanato di farina.
«Merda» esclamai con una mano in fronte.
Poi mi avvicinai ai cassettoni cercando di pulire un po' le mani, e ne estrassi un paio di leggins neri ed una maglia larga con le maniche lunghe, tutta colorata con una stampa di un cielo, ad eccezione di un palloncino rosso sul davanti.
Era sempre stata una delle mie maglie preferite, sia per la stampa, sia per il fatto che le maniche arrivassero fino alle dita, permettendomi così di giocherellarci quando mi sentivo stressata o in imbarazzo.
Portai il tutto in bagno, dove mi feci una veloce doccia e mi cambiai. Asciugai velocemente i capelli scuri lasciandoli umidi, e tornai di sotto.
«Oh, ora almeno ti si vede la faccia» commentò Louis, che fu il primo ad accorgersi di me, e a catena tutti si girarono.
«Già, sei carina» ammiccò Harry mordendosi il labbro inferiore.
Automaticamente arrossii, come da manuale, e abbassai lo sguardo insultandolo mentalmente.
Sin dalle descrizioni di Niall era quello che mi era rimasto più impresso, ed era esattamente come lo immaginavo: bello, sfacciato, ed egocentrico. Un classico.
«La tua pizza è lì!» sbottò Niall mentre mi indicava un cartone sul tavolino che c'era tra i divani.
Lo ringraziai con un'occhiata per avermi salvato dalla situazione imbarazzante, anche se lui non sembrò capire, poi presi il cartone e mi sedetti accanto a lui.
 
 
Appena presa la decisione, decisi di correre su velocemente per appropiarmi del bagno, ma prima di chiudermici dentro la voce di Niall mi fermò.
«Nora,» mi chiamò, io mi affacciai dall'ultimo scalino «hai presente quando ieri mi hai detto che mi avresti stupito?»
Ci pensai un attimo su, poi la scena mi venne in mente.
«Sì!»
«Ecco, andiamo in un locale da ricchi, quindi vestiti bene!»
A quell'avviso mi morsi il labbro inferiore, immaginandomi già cosa mettere e come presentarmi.
Decisi di fare per prima cosa il trucco, viso che poi avrei dovuto lasciare il bagno agli altri.
Feci una scappata in camera per prendere i pochi trucchi che avevo e la piastra per i capelli.
Una veloce riga di eye-liner che finiva verso l'esterno nella palpebra superiore, con un velo di ombretto rosa antico, lo stesso colore del vestito che avevo preso qualche tempo fa in vacanza con Sunny. Completai il tutto con una buona dose di mascara.
Poi spazzolai i capelli, e li tirai tutti sulla sulla destra per fare una lunga treccia la cui sottile punta finiva sotto al seno. Feci pipì, poi aprii la porta, e assicurandomi che non ci fosse nessuno sgattaiolai in camera.
«Il bagno è libero!» urlai prima di chiudere il legno.
Sorrisi, poi staccai le spalle dalla porta e mi fiondai sul guardaroba per prendere il vestito.
Era abbastanza semplice: un tessuto leggero, di color rosa antico. Il corpetto sopra era lucido e stretto, aveva uno scollo a cuore, e al centro era coperto da un triangolo in pizzo nero, la cui punta scendeva fino al cinturino spesso circa tre centimetri fatto dello stesso tessuto, posizionato in vita.
Poi scendeva più leggero e morbido, come velato, fino alla mezza coscia, poco più su.
Mi sfilai i capi ringraziando che lo scollo della maglia fosse largo e non mi avesse rovinato i capelli, tolsi il reggiseno ed infilai il vestito.
Avrei abbinato il tutto con le decoltè in vernice nera, se le avessi ancora trovate.
Dopo alcuni minuti di ricerca le trovai in un cassettone, e le indossai pregando per i miei piedi.
Poi mi guardai allo specchio soddisfatta.
E pensare che se non ci fosse stata la mia migliore amica ad obbligarmi non avrei mai comprato niente di simile.
Le mandai un bacio mentre giravo su me stessa, poi mi venne in mente la pochette nera che avevamo comprato da abbinare.
La cercai tra le borse e dopo poco la trovai; misi dentro il telefono e qualche soldo, voilà.
Uscii e passai davanti al bagno, dove vidi Zayn che comodamente si toglieva la maglietta per indossare una camicia, e mi ritrovai ad osservare spudratamente il fisico e i tatuaggi del ragazzo misterioso. Poi dietro di lui notai Harry che dava qualche dritta ai ricci usando del gel. Mi girai per evitare di cadere per le scale, e trovai Niall in fondo con un borsone in mano. Lo posò in un angolo, e poi mi sorrise mentre lo raggiungevo.
Mi sentivo terribilmente in imbarazzo, ma cercai di trattenere il rossore e sembrare spontanea.
«Sì, sei un' ncanto» disse sorridente mentre scendevo l'ultimo scalino, prima di attuare un baciamano seguendo il consiglio che gli avevo dato quando ci eravamo visti per la prima volta. Quando tutti furono scesi ci dividemmo tra le macchina del playboy e quella di Louis, ed io ero accanto a Niall nella prima macchina, insieme al playboy e a Liam.
viaggiammo per circa mezzora, qualcosa di più, poi ci fermammo in un locale di nome Celebrites che pareva essere molto lussuoso e costoso.
C'era una stanza appartata dove cenammo scambiando qualche parola e iniziando a conoscerci, e quando si fece un po' tardi ci spostammo nella grande sala dalla quale proveniva musica ad alto volume. Una discoteca, molto grande, e piena di gente.
Subito prendemmo tutti un drink brindando a non so che cosa, poi andammo a ballare in mezzo alla folla. Era divertente, stavo ballando con Niall da quasi un ora e mi sentivo perfettamente a mio agio, ma la stanchezza cominciava a farsi sentire, così andai al piano bar per bere qualcosa.
«Un gin-lemon, grazie» urlai al barista, per sovrastare la musica. era il primo coktail che avevo preso, sotto consiglio dei ragazzi, e mi era piaciuto tanto da prenderne altri due.
Mi appoggiai ad uno sgabello mentre aspettavo il drink, quando sentii una mano che da dietro si poggiava sui miei fianchi. Subito mi irrigidii, poi quando notai che non era uno sconosciuto mi rilassai un po', nonostante la faccia di Harry non fosse delle più sobrie.
«Nora!» mi salutò con l'enfasi di chi ha bevuto un po' troppo.
«Harry,» ricambiai il saluto «bevuto un po' trop» non feci in tempo a terminare che le sue labbra erano incollate alle mie mentre si muovevano giocosamente. Rimasi abbastanza allibita da quel gesto, e ovviamente non ricambiai, ma gli diedi una spinta per staccarlo.
«Andiamo, ci divertiamo solo un po'!»
Forse erano i due o tre drink che avevo preso, ma qualcosa si stava battendo contro la mia coscienza per convincerla che non c'era niente di male in qualche bacio per divertirsi.
Così quando mi prese la mano e mi tirò con se attraverso la folla non mi opposi, e raggiunsi con lui un piccolo angolo appartato con dei divanetti, forse era anche privato. Nonostante il piccolo senso di colpa che ribolliva, dopo alcuni attimi mi sciolsi e mi lasciai andare a quel gioco. Per un po' fu un semplice contatto di corpi, la mia schiena contro il muro, i nostri petti schiacciati, e le nostre lingue che giocavano, ma quando sentii la sua mano risalire il mio fianco e giungere alla zip del vestito un campanello di allarme mi fece svegliare e spalancare gli occhi.
Io, Nora Graimen, che avevo avuto un ragazzo in tutta la mia vita a quindici anni, che avevo paura di un bacio sulla guancia, avrei dovuto perdere la verginità con uno stupido ragazzo ubriaco che conoscevo da meno di ventiquattro ore? Improvvisamente ripresi lucidità.
«Harry» lo richiamai una prima volta, ottenendo dei baci sul collo «Harry staccati!» Sbottai infine dandogli una spinta più forte.
«Hai bevuto, smettila» cercai di farlo ragionare mentre si riavvicinava. Uscii dalla stanza con il passo più veloce possibile, ma prima che potessi muovermi mi prese per il polso.
«E che t'importa? Andiamo, ci divertiamo!» cercò ancora di convincermi con una voce bassa ,mentre riagganciava le mani dietro l'incavo della mia schiena, ma raccolsi tutte le forse e mi staccai con uno scatto.
«No!»
Non lasciai che intervenisse di nuovo, e me ne uscii da quella stanza più sfinita di prima.
Rialzai lo sguardo solo quando sbattei contro qualcuno.
«Scusa!» dissi prontamente non sapendo chi fosse.
«Oh, sei tu Niall» constatai tirando un sospiro di sollievo, e lui sorrise.
«Si è fatto abbastanza tardi e dobbiamo ancora sistemare le camere, che ne dici di andare a casa?» mi chiese mentre camminavamo verso il bancone.
Tempismo perfetto Niall, davvero, volevo solo andare a casa a dormire.
«Uhm, si perfetto! Troviamo gli altri e usciamo.» Lui annuì, e ci dividemmo per cercare gli altri quattro. Quando furono tutti fuori uscii con Niall, che si sedette nella macchina di Louis con gli altri quattro, lasciandomi fuori.
 «Fate pure, io aspetto qui eh»esclamai battendo sul finestrino dove c'era Louis alla guida.
Lui si guardò dietro, e solo allora si accorse della presenza di Harry.
«Ragazzi, qualcuno di voi prenda le chiavi di Harry, non può guidare in questo stato» disse Louis ai ragazzi dietro.
«Che cretinata» esclamò Harry con poca convinzione. Aprì la portiera e premette sul telecomandino facendo illuminare le frecce per un attimo.
«Harry!» lo richiamò qualcuno di cui non riconobbi la voce. Feci per salire nel posto liberato da Harry ma motai Zayn mezzo sdraiato con gli occhi chiusi, e Liam che lo guardava ridendo.
«Ho capito» sbuffai lasciando la maniglia e andando verso l'auto del riccio. Louis partì e sentii Niall offrirsi di andare al mio posto, ma prima che potessi accettare erano già in strada.
«Avanti!» mi incorraggiò il ragazzo dal finestrino. Roteai gli occhi al cielo e mi sedetti, l'auto partì, insieme ad uo straziante silezio che rendeva l'atmosfera tesa e imbarazzante. 

Fine flashback.
 
 
 
Okay, sono entrato.
Ve l'aspettavante un'entrata così?
Che poi in realtà quello non sono io, ma è uno stupido ragazzino che non si immagina nemmeno cosa lo aspetta.
Comunque sia ho fatto la mia entrata nella storia.
E che entrata! Certo non avevo instaurato un bel rapporto con Nora, si può dire che come primo incontro non è stato il massimo. Eravamo in due punti lontani in quel momento, quasi opposti.
Ma, come si dice, gli opposti si attraggono, no?
 


 
 
-Harry.              
 








 
Buona sera!
Come state? Io bene, domani parto per il mare yeuh. A proposito, non avrete mie notizie fino al 28, mi sembra, ew.
Il capitolo: è lungo e ha qualcosa che non va, non so cosa, ma non mi convince, lo so. Non è dei migliori, ma spero di non avervi deluso. Ho aggiornato, anche se non avevo dieci recensioni, proprio perché domani parto e non mi andava di lasciarvi aspettare così tanto tempo.
Un BIG SHOUT OUT alle recensioni, grazie mille, fanno sempre piacere.
E poi avevo tante cose da dire ma non me le ricordo.
Quindi mi dileguo. Se vi interessa ho appena aggiornato anche La mia favola.
Se volete contattarmi il link li trovate nella bio, cieo.

 
Baci, Rayon.

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