Don't leave me behind

di Amaya12
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Matt e il supermarket ***
Capitolo 2: *** Matt e l'inizio della convivenza ***
Capitolo 3: *** Matt e il caffè ***
Capitolo 4: *** Matt e il giapponese ***
Capitolo 5: *** Matt e il malato ***
Capitolo 6: *** Matt e Aki ***
Capitolo 7: *** Matt e... Mello ***
Capitolo 8: *** Speciale Halloween: fra criceti scomparsi, conigli che tentano di essere diabolici ed Alice che ne sa una in più del diavolo! ***



Capitolo 1
*** Matt e il supermarket ***


Matt e il supermarket

Sembro un maniaco.
Erano passate ormai già cinque ore ma quel pensiero rimaneva un chiodo fisso nella mia mente. Mi trovavo in un supermercato davanti allo scaffale dei dolci. Un caso? Direi proprio di no. Si trattava di una strategia ben ponderata; non abbastanza tuttavia, visto il numero sconsiderato di bambini e bambine che mi additavano a causa dei mie vestiti poco comuni. Certo, le madri li portavano subito via da me, probabilmente pensando fossi una specie di pedofilo considerate le occhiate preoccupate che mi rivolgevano.  A quanto pare gli esseri dal sesso femminile ed io eravamo destinati ad essere perennemente in disaccordo. Facevo un mezzo sorriso nel tentativo di rincuorarle che non avrei mai fatto del male ai loro angioletti? Loro si dirigevano da uno dei responsabili del supermarket ad informarsi di quello strano individuo nella sezione dei dolci.
Il che accadeva ogni sette minuti circa. Fastidioso.
Ora probabilmente vi starete chiedendo perché mai mi ostinassi a rimanermene là a farmi guardare male. Il motivo era molto semplice -e no, non era per scoraggiare i bambini dal comprare troppi dolci-; si trattava di un obbiettivo ben più nobile, il mio.
Ero volato dal mio istituto in Inghilterra fino a Los Angeles per trovare il mio migliore amico. Un gran bastardo, tanto per la cronaca, ma che volete che vi dica? Al cuor non si comanda e inoltre sapevo che lui aveva bisogno di me. Dopo aver passato quasi quindici anni con una persona, la si conosce piuttosto bene... ma torniamo al supermercato.
Insomma, me ne stavo là a fissare quel maledetto scaffale quando, improvvisamente, lui giunse. Una cosa del genere “visione angelica”, avete presente? Solo che la suddetta visione sembrava avesse appena fregato i vestiti ad una prostituta di passaggio, ma tant'è. Vi do solo un piccolo indizio: colletto della “camicia” bordato di pelliccia nonostante fuori ci fossero 40 gradi all'ombra.
Lui inizialmente non mi notò affatto, anzi, mi passò addirittura davanti mentre praticamente correva con la bava alla bocca ad arraffarsi la sua cioccolata 100% extra fondente. Potreste anche pensare che sia buona ma, credetemi, non lo è. Credo che lui sia uno dei pochi esseri sulla Terra a comprarla.
Tornando a noi, afferrò la sua maledettissima cioccolata che prima o poi lo avrebbe riempito di brufoli ed era sul punto di dirigersi verso la cassa senza avermi neanche lontanamente notato, quando...
-Mamma, guarda: un mimo!-
Io odio i bambini. Li odio davvero.
Lanciai uno sguardo omicida alla bimba che mi additava. Non cogli gli sguardi omicida, eh, bambina? Pensai con rabbia mentre tentavo di non trasformare il mio pensiero in parole.
-Tesoro, quello non è un mimo...- fece quindi paziente la madre, tentando di trascinare via di lì la bambina, ma invano: quella infatti mi si era incollata alla gamba tipo piovra. Scrollai la gamba ma pareva avesse intenzione di divenire la mia nuova gamella siamese.
-Piccola, ti garantisco che io non sono un mimo...- Cercai di fare un piccolo sorriso per addolcire le parole; ma suppongo non abbia funzionato a dovere, considerando l'espressione spaventata che mi rivolse la madre della peste.
-Matt...?- Fu solo un sussurro, ma lo colsi benissimo ed alzai di scatto la testa per incrociare quello sguardo cristallino e sorpreso di rivedermi nuovamente dopo mesi di distanza. -Che diavolo ci fai qui?!- Se il tono di prima sembrava sorpreso e quasi dolce, ora pareva fosse arrabbiato ma al contempo freddo come il ghiaccio.
-Mello.- Sorrisi in risposta a quelle parole dure. -Credevi davvero di potermi lasciare indietro?-

E questo, per il momento, è tutto:) Essendo il primo capitolo mi è venuto un po' cortino... nei prossimi cercherò di scrivere qualcosa di più lungo. Questa è la prima storia che pubblico, quindi grazie caro lettore se l'hai letta fino alla fine:) I commenti sono sempre ben accetti, anche perché non ho la minima idea di come sia venuta hehe
Alla prossima, Amaya
PS: scusate se la dimensione del carattere è un po' piccola ma non riesco ad ingrandirla:/

 

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Capitolo 2
*** Matt e l'inizio della convivenza ***


Okay, prima di lasciarvi alla storia, vorrei fare una piccola premessa: la prima parte, ossia quella in corsivo, è un flashback  (potrebbe esservi sembrato ovvio, ma non si sa mai...) Detto questo, vi auguro una buona lettura:)
ATTENZIONE: Volevo informare chiunque abbia letto il primo capitolo prima del lunedì sera di tre settimane fa, che mancavano i dialoghi. Ho sistemato tutto, quindi credo vi converrebbe riguardarvi la fine che altrimenti era un po' nonsense.

Matt e l'inizio della convivenza

Un bambino di circa sei anni era seduto su una sedia di plastica e metallo bianca, posta insieme ad altre in fila davanti ad una porta che recava la scritta “Direttore”.
Si chiamava Mail Jeevas -non il direttore, il bambino- e teneva il mento appoggiato alle ginocchia tirate al petto e di tanto in tanto si mordicchiava il pollice destro, oppure si grattava la nuca coperta di capelli di un rosso cremisi.
Mail non era felice. In realtà erano due settimane che si sentiva depresso. Mail non aveva mai conosciuto i suoi genitori. Ricordava però un vecchio signore distinto che di tanto in tanto gli andava a fare visita nel precedente orfanotrofio in cui viveva, che una volta gli aveva detto che i suoi genitori erano state due grandi persone e che, se si fosse impegnato, anche lui sarebbe diventato come loro.
A volte questo vecchio signore era riuscito ad ottenere un permesso per farlo uscire e lo aveva condotto al cimitero della città; non un granché allegra come gita, ma a Mail piaceva lasciare l'orfanotrofio di tanto in tanto.
Quando Mail vedeva la lapide con scritto Emily e Jordan Jeevas non gli si incupivano gli occhi come accadeva al vecchio. Non provava assolutamente nulla. Gli dispiaceva di non avere genitori, certo, ma faceva fatica a sentire la mancanza di persone che non aveva mai visto prima.
In conclusione Mail, pur non sentendo la mancanza di Emily e Jordan Jeevas, provava il forte desiderio di avere una famiglia: andava bene anche solo una persona, ma sulla quale voleva essere in grado di poter fare completo affidamento.

Ritornando al presente, c'era un preciso motivo per cui il nostro eroe si trovava seduto davanti all'ufficio del direttore. Innanzitutto, quello non era il suo direttore, tanto meno il suo orfanotrofio! Si trovava lì perché, finalmente, qualche angelo lassù in Cielo doveva aver udito le sue preghiere e... aver fatto l'esatto contrario di ciò che aveva chiesto. Quindi forse proprio un angelo non era...
Lo avevano appena costretto a cambiare orfanotrofio dicendo che
lì si sarebbe di certo trovato meglio, credimi. Beh, Mail non ci credeva. Per questo era un po' depresso.
Tirò fuori dallo zaino accanto a lui un gameboy verde e cominciò una nuova ed entusiasmante partita contro Scrabby  il Fantasma che gli impediva l'uscita dal labirinto.
Era talmente preso da Scrabby che, quando una mano abbronzata gli si posò sulla spalla, balzò immediatamente in piedi; voltandosi poi di scatto verso il pazzo che aveva osato toccarlo per poi puntargli contro il gameboy manco fosse un'arma.
In quel preciso istante si sentì una musichetta deprimente e poi la classica voce meccanica e maligna che annunciava:
Game over.
-Ma sei pazzo?! Dio mio, ma ti sembra il caso di comparire alle spalle della gente mentre sta combattendo una battaglia all'ultimo sangue contro un piccolo esserino bianco?!- Ebbene sì, Mail quella notte non aveva dormito molto ed era, quindi, molto più schizzato del solito. Senza contare che più alzava la voce, più questa si faceva a tratti femminea, facendo dunque un po' ridere chiunque lo stesse ascoltando.
Il ragazzo biondo e pazzo davanti a lui -più comunemente conosciuto come Mello-, inizialmente lo guardò perplesso, per poi scoppiargli direttamente a ridere in faccia.
-Scusami tanto, non volevo sottoporre l'umanità ad un simile essere...!- replicò continuando a ghignare. -Io mi chiamo Mello, comunque. Tu invece?-
-Matt.-

Mail non seppe mai per quale motivo lo disse. Forse perché era piuttosto convinto che Mello altro non si trattasse che di un soprannome; forse perché il famoso angelo sopra citato si sentiva in colpa e per farsi perdonare gli consigliò di usare d'ora in poi un nome d'arte in previsione al caso Kira, del quale il nostro eroe non poteva ancora essere a conoscenza; o forse, semplicemente perché aveva dormito troppo poco per scegliersi un nome più originale. Come un certo Mihael Keehl aveva invece fatto, tanto per dirne una.
-Matt...- sillabò lentamente Mello sembrando apprezzare e provocando un brivido a Mail; il quale era sul punto di
supplicarlo affinché ripetesse un'altra volta il suo “nome” con lo stesso tono di voce. -... mi spieghi perché diavolo indossi quei ridicoli occhiali da aviatore...?- concluse quindi il biondino.
Ma quali suppliche e suppliche...!
-Senti un po' da che pulpito viene la predica! Parla quello che sembra si sia rotolato nel carbone...! E quella sull'orlo dei pantaloni, poi, cos'è...?! Pelliccia...?!-
Come potete vedere, tra Matt e Mello non fu subito tutto rose e fiori; tuttavia,  nessuno dei due avrebbe ripensato nei giorni seguenti a quel loro primo incontro senza sorridere.

 

***zzzzzzzzz***


Osservai stupito il salotto arredato con gusto sui toni, ma guarda un po'?!, del bianco e nero davanti a me. -Uhm... quindi questa sarebbe casa tua? E con che soldi l'avresti pagata, esattamente?!-
-Tsk, che razza di ingrato! Ed io che ho pure accettato di ospitarti... Sai, a differenza tua, certe persone lavorano.- Dopo di che, mise su il broncio e si diresse verso le cucina che faceva angolo con il soggiorno  ignorandomi platealmente e lasciandomi solo all'ingresso.
Appoggiai il borsone ai miei piedi e ne tirai fuori un pacchetto di Marlboro, una foto di me e Mello a Halloween e l'xbox che piazzai affianco al televisore al plasma, decidendo di collegarla più tardi.
Mi diressi a casaccio nella prima, nonché unica, camera da letto che trovai e mi gettai con trasporto sul materasso per poi scoprire, non poco entusiasta, che si trattava di un incredibile materasso ad acqua a tre piazze. Con tanto di piumini foderati di seta nera! In poche parole, un sogno di letto.
Avanzai a gattoni fino al comodino in cedro alla mia sinistra e vi posai la foto, per poi trovarne una rappresentante me e Mello a dieci anni nel campetto vicino all'orfanotrofio, con il suo braccio intorno alle mie spalle ed entrambi con indosso un sorriso talmente grande che sembrava occupare metà della nostra faccia.
Sorrisi guardandola, sentendo l'improvvisa voglia di tornare indietro nel tempo solo per vederlo di nuovo sorridere in quel modo.
-Che diavolo staresti facendo... esattamente...?- disse una voce arcigna dietro di me facendomi balzare immediatamente in piedi, mentre ero in procinto di lanciare contro l'intruso la foto che ancora stringevo tra le mani in pieno boomerang-style.
Mello mi lanciò un'occhiata beffarda per poi balzare affianco a me sul letto e calarmi i doodles sugli occhi. Certe cose non cambiavano proprio mai, pensai, allacciandomi addosso al suo corpo come un rampicante sapendo piuttosto bene che non avrebbe apprezzato il gesto, soprattutto con questo caldo.
-Che succede, Matty?- fece lui cercando di scollarmi da sé con tutti i mezzi possibili. -Hai deciso di emulare la bimba-sanguisuga del supermarket?-
-Meglio non parlare, va'... d'ora in poi niente più maglie a righe bianche e nere, credo di essere rimasto traumatizzato... d'ora in poi saranno tutte a righe nere e rosse!-
Mello rise e mi scompigliò con forza i capelli. Al che io gemetti, al che, lui rise semplicemente più forte. Sadico.
-Io non mi lamenterei troppo, fossi in te. Dopotutto, non sei tu quello che ha ricevuto un calcio là dove non batte il sole da una bimba di sette anni con una forza fuori dalla norma...- Al ricordo di Mello  che si proteggeva la parti basse inginocchiato davanti alla piccola sanguisuga mentre il suo viso si faceva sempre più rosso, dovetti stringere con forza le labbra per non far uscire le risa che mi premevano contro la gola.
-Per poi non parlare della madre!- continuò lui. -Sembrava preda di una crisi isterica, cazzo! State lontani dalla mia bambina!- aggiunse in falsetto. -Certo che le staremmo lontani, se solo lei la piantasse di molestare la gente...-
Continuò con il suo monologo per altri cinque minuti, lamentandosi un po' di tutto. Alla fine rimanemmo semplicemente l'uno acconto all'altro in un confortevole silenzio che avevamo sviluppato dopo più di dieci anni di convivenza, senza che mai pesasse a nessuno dei due.
Ad un certo punto tirai fuori una sigaretta dalla scatola che avevo lasciato sul comodino ed estrassi un accendino dalla tasca dei jeans.
-Ehi, Matt! Lo sai benissimo che non si fuma in camera con me e soprattutto non sul mio letto! Vattene in bagno! Anzi, meglio ancora: vacci proprio a dormire in bagno! Nessuno può toccare il mio materasso ad acqua, l'unico motivo per cui non ti ho scacciato prima è perché ci conosciamo da una vita. Ora però è tempo per te di sloggiare!- ringhiò Mello con rabbia per poi spingermi giù dal letto.
Atterrai di faccia e, dopo diversi lamenti ed imprecazioni, mi diressi a grandi passi in bagno, portando con me l'intero pacchetto di Marlboro.
Quando mezzora dopo ne uscii, mi assicurai per bene che la finestra del bagno fosse chiusa in modo da invadere per bene la casa di odore di fumo: una vendetta più che meritata, dopo che quel pazzo mi aveva fatto uscire il sangue dal naso a causa della caduta.
Non appena misi piede nella sua camera, lo trovai mezzo appallottolato a letto, a dormire pacifico come un bambino, nessun pensiero sembrava turbarlo.
I capelli biondi gli nascondevano parte del viso, ma non abbastanza perché non notassi il sorriso rilassato che gli incurvava le labbra, come se fosse preda di un sogno incredibilmente piacevole.
A quel punto gattonai sul letto affinché i nostri volti fossero alla stessa altezza e gli scoccai un bacio sulla guancia.
Sorridendo mi sdraiai al suo fianco per poi cadere addormentato pochi minuti dopo,
immaginando che il motivo per cui ero giunto fino a Los Angeles potesse attendere fino a domani.

Questo è tutto per il momento:) Come al solito, vi vorrei davvero molto bene se lasciaste un commentino, accetto tranquillamente le critiche, purché siano costruttive. Spero di riuscire d'ora in poi ad aggiornare almeno una volta la settimana... Prima non c'ero riuscita perché sono stata in vacanza in Puglia per due settimane, in un campeggio dove dire che non mi prendeva internet, è un eufemismo...
Alla prossima,
Amaya

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Capitolo 3
*** Matt e il caffè ***


~~Ciao a tutti!:) Eccomi di nuovo qui con un nuovo capitolo! Sì, so di essere in ritardo e probabilmente non sarà né la prima, né l'ultima volta... tenterò di scrivere qualcosa ogni settimana, o al massimo sforerò di un paio di giorni (come è successo in questo caso) spero che il capitolo vi piaccia, non so che altro dire tranne che ci ho impiegato un attimo a ricordare che Tom fosse il gatto e Jerry il topo e di questo mi vergogno assai! xD Ah, vorrei ringraziare chi negli scorsi capitoli ha recensito ed invitarvi tutti ancora una volta a lasciarmi un commentino;) Un grazie speciale a mia sorella che mi fa da beta -tranne questa volta, perché è antipatica e vuole vedersi piovono polpette 2... - e commenta ogni volta che scrivo la parola gemito con un “oddio!”  E con questo concludo, credo:D
 

Matt e il caffè
 

Quando la mattina dopo mi svegliai, mi ritrovai faccia a faccia con Mello ancora bellamente addormentato. Eravamo nel bel mezzo di uno strano abbraccio, con il suo braccio destro che mi cingeva la vita stringendomi a sé, le mie mani erano poste sulle sue spalle e le nostre gambe intrecciate.
Inutile dire che le nostre labbra distavano al massimo cinque centimetri e che la mia mente si mise ad elaborare strategie perverse -come se ci fosse bisogno di chissà che strategia!- per diminuire ulteriormente la distanza e fare... mmmh altro, invece che lasciarlo dormire pacificamente con quell'espressione dannatamente sexy.
Basta così, Matty! Quello è il tuo migliore amico, te ne sei dimenticato? Non puoi molestarlo nel sonno! Disse una vocina particolarmente antipatica nella mia testa; alcuni l'avrebbero chiamata coscienza, io la chiamavo semplicemente guastafeste.
Emisi un sospiro depresso e cercai di sganciarmi dalla presa di Mello, con l'intenzione di andare in cucina a mangiarmi qualcosa che potesse soddisfare, almeno in parte, le mie voglie. Manco fossi incinto.
Qualche attimo di lotta e alcuno borbottii infastiditi dopo, riuscii finalmente ad arrivare in cucina e, dopo qualche minuto di ricerca, a trovare la caffettiera.
Sapevo infatti che l'unico modo per ottenere un Mello felice o, quantomeno, meno incazzoso del solito di prima mattina, era risvegliarlo con l'aroma di caffè appena fatto a riempire la stanza.
Per un momento, al pensiero di quei poveri santi che si ritrovavano a lavorare con lui di mattina senza che fossero a conoscenza del trucchetto del caffè, fui pervaso dalla compassione.
Fu proprio quando stavo per mettere la caffettiera sul fornello ed andarmi a prendere dei biscotti, che accadde.
Il cellulare di Mello, dimenticato sul bancone della cucina proprio accanto a me, iniziò a squillare con Mika che intonava Relax.
Disfatta.
Come ho detto precedentemente, l'unico modo per ottenere un Mello con intenti lievemente meno omicidi del solito, è fagli sniffare non appena apre gli occhi, l'aroma del caffè appena fatto.  Se quello si fosse svegliato senza caffè, mi avrebbe come minimo ucciso, poi mi avrebbe sfrattato.
Fui preso dal panico e, senza neanche pensarci troppo su, agguantai immediatamente il cellulare pregando tutti i Kami esistenti -nella mia vita precedente ero un vecchio signorotto giapponese- che La Bestia non si svegliasse prima del tempo.
-Sì?- bisbigliai disperato. Spero dannatamente per te che si tratti di una questione di vita o di morte, o potrei defenestrarti...
-Mello? Perché bisbigli? Oh, che importa! Ivan mi tradisce! L'ho visto l'altra sera al Moon mentre flirtava con quella zoccola della sua segretaria! Gli uomini sono solo dei bastardi! Vorrei cadessero tutti morti stecchiti, o quanto lo vorrei!- strillò una voce femminile inviperita dall'altra parte del telefono.
Vedete, io sono sempre stato una cosa sola da quando sono nato: il confidente di problemi amorosi. Seriamente, quel ruolo mi veniva istintivo e, se solo non ci fosse stato tutto quel casino con Kira e gli attacchi di cuore, in tutta probabilità sarei diventato un consulente matrimoniale. O un sessuologo, magari. Sarebbe stato divertente.
-Hai perfettamente ragione, tesoro...- dissi con calma con voce leggermente effeminata, mettendo finalmente a scaldare il caffè per La Bestia. Ah, ed evitando accuratamente di far notare notare alla ragazza dall'altra parte del telefono che anche io fossi un maschio. - Ora però torniamo un attimino indietro e ricominciamo daccapo: che è successo esattamente tra Ivan e quella zoccoletta?-

 

***zzzzzzzzz***

 

Un'ora e mezza dopo e quella non aveva ancora smesso di parlare. In realtà la cosa non mi dispiaceva più di tanto, dal momento che era piuttosto divertente escogitare piani malefici per vendicarsi del bastardo schifoso che ha osato tradirmi.
In realtà le avevo fatto notare che probabilmente quel povero Ivan stava solo parlando con la sua segretaria di lavoro -Ivan era il futuro direttore di un'industria farmaceutica-, ma lei continuava a sostenere che quello schifoso traditore non si era tirato indietro quando la zoccola gli aveva carezzato affettuosamente la mano, quindi era impossibile che stessero parlando di lavoro.
Proprio quando stava riattaccando un'altra tirata su quegli essere odiosi che dovevano morire uno ad uno tra atroci sofferenze, alla quale io avrei commentato concorde un “Sì, tesoro, hai assolutamente ragione.”, Mello entrò in cucina barcollando come uno zombie e sedendosi a tavola.
Io tirai fuori una tazza un stampato il faccione di Tom di “Tom&Jerry” e vi versai dentro il caffè che avevo rifatto circa una decina minuti prima.
Dal momento che non avevo idea di quando si sarebbe svegliato, avevo già sfornato ben altre due caraffe di caffè che avevo bevuto io non appena si erano freddate perdendone l'aroma, quindi mi sentivo un tantinello su di giri in quel momento e decisamente poco paziente nei confronti del mondo in generale e, di una certa persona che mi stava piagnucolando al telefono in particolare.
Mello emise un sospiro soddisfatto non appena finì la prima tazzona di caffè per poi borbottare un “Ancora.” con l'aria di un drogato.  Ne versai dell'altro borbottando al telefono qualche “mmh-mmh” e “Ma davvero?! Che stronzo!” e nel frattempo misi su altro caffè, sapendo perfettamente che non si sarebbe svegliato del tutto prima della terza tazza.
Ovviamente ebbi ragione.
Solo dopo che ebbe finito anche la terza tazza ed alzò lo sguardo su di me, si accorse che parlavo al cellulare. Il suo cellulare per l'esattezza.
-Che cazzo ci fai con il mio cellulare?- esclamò, per l'appunto, strappandomelo dalle mani per poi portarselo all'orecchio.
-Sarah? Ma che...? ...Ivan?! Smettila, lo sai benissimo che ti ama! Non me ne frega un cazzo di cosa abbia o non abbia fatto con la segretaria. Bene. Sì, ci vediamo tra poco.- e mise giù. Un discorso di dieci secondi ed uno di più di un'ora. Secondo voi quale dei due era stato il più efficace? Ovviamente quello di dieci secondi! La vita è così ingiusta...
-Perché avevi il mio cellulare?- mi domandò lanciandomi un'occhiata assassina: a quanto pareva, con il passare del tempo il caffè stava perdendo efficacia.
-Si è messo a squillare ed ho risposto per evitare di svegliarti.- risposi con calma dirigendomi in salotto per collegare l'xbox.
-Ah,-aggiunsi. -prima che te la prenda con me, io non starei molto a lamentarti, visto che quello ad essersi messo a sfornare caffè su caffè e ad ascoltare donne isteriche, qui, non sei tu.-
Non feci neanche in tempo a prendere il controller, che il mio “migliore amico” me lo strappò di mano ed io fui mezzo preso da una crisi isterica dovuta ai troppi caffè ed a certi individui che, a quanto pare, non conoscono il significato della parola “riconoscenza”.
-Non così in fretta, Matty.- disse Mello con un sorriso bastardo stampato in faccia.-Tra venti minuti dobbiamo essere già a lavorare e la base operativa si trova dall'altra parte della città. Mi sa che non avrai tempo per giocare fino a stasera...- aggiunse con un piccolo broncio ad incurvare quelle labbra sexy, fingendosi dispiaciuto per poi chiudersi in bagno con tanto di risata malefica.
Io gli ringhiai contro per poi cercare il pacchetto di Marlboro e mettermi a fumare una sigarette dopo l'altra come se fosse l'ultima.
D'altronde, se mi fosse venuto il cancro ai polmoni, sarebbe stata solo colpa sua.

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Capitolo 4
*** Matt e il giapponese ***


~~Eccomi di nuovo!
Perdonatemi per l'increscioso ritardo ma, come alcuni di voi sapranno, mi trovavo al mare -sì, ancora xD- cosa che, per inciso, ha fatto in modo che io fossi, se possibile, ancora più indietro con i compiti...
Avrei voluto caricare questo capitolo ieri, sfortunatamente faceva fatica a venire giù come lo volevo e quindi ho rimandato la fine a stasera (dopo un'entusiasmate pomeriggio a fare latino! Yeeeeh!). In realtà tuttora non mi convince più di tanto come è venuto fuori, probabilmente perché mi sembra che fosse un po' meno divertente rispetto ai precedenti, probabilmente anche perché si tratta di un capitolo di passaggioggi che introduce la vera e propria storia... nonostante ciò mi è venuto più lungo! Ben 5 pagine su Word! * doppio yeeeh*
Quindi per favore, fatemi sapere che ne pensate, perché sono un po' insicura al riguardo... Ah, a questo proposito, vorrei ancora ringraziare chi ha recensito lo scorso capitolo: vi adoro! Mi avete fatto sorridere come un'ebete per giorni! Ma anche chi semplicemente legge la storia da dietro le quinte:)
Per concludere questa enorme introduzione, vorrei dedicare questo capitolo al mio pinguino che domani avrà il secondo esame di riparazione: buona fortuna, Eriki! Ti voglio bene!
Ah, un'ultima cosa: questo capitolo non è stato betato da nessuno, quindi è probabile ci siano erroracci di distrazione o quant'altro, perciò vi sarei davvero molto grata se me li faceste notare, ché non mi offendo mica;)
Alla prossima,
colei che non sai scrivere un'introduzione corta:/ ergo, Amaya

PS: Come al solito la parte in corsivo è un flshback;)
 

Matt e il giapponese
 

Con il passare degli anni, il giovane Mail Jeevas e l'altrettanto giovane Mello passarono parecchio tempo insieme. In primo luogo, perché si ritrovarono a condividere la stessa stanza, cosa che fece lamentare a gran voce entrambi -anche se in realtà ne erano segretamente contenti; in secondo luogo perché furono -neanche a dirlo-  assegnati alla stessa classe e, per di più, si ritrovarono pure ad essere compagni di banco.
Spesso entrambi pensavano che qualcuno lassù si divertisse un mondo a farli penare. Forse era vero.
Poco tempo dopo però, cominciarono anche finalmente a stringere un legame particolarmente profondo: tant'è che all'età di 12 anni erano conosciuti ovunque nell'orfanotrofio come “i Gemelli Siamesi”.
Sembrava quasi che soffrissero fisicamente se non avevano l'altro al proprio fianco, ed erano arrivati pericolosamente vicini al punto di accompagnarsi reciprocamente al bagno: giusto per non far sentire solo il compagno.
Molti si chiedevano come avessero fatto a diventare così amici nonostante avessero, evidentemente, pochi punti in comune.
La risposta era molto semplice: si completavano e riuscivano sempre a tirare fuori il meglio l'uno dall'altro.
Matt era l'unico in grado di calmare Mello durante i suoi momenti di crisi.
Mello era l'unico in grado di stimolare abbastanza Matt per fargli fare qualcosa di costruttivo che non comprendesse il passare tutto il tempo davanti ai videogames.

Erano compagni, complici, rivali e, soprattutto, migliori amici fino alla morte.
Tuttavia non è di questo che vi volevo parlare, bensì del momento in cui Matt si rese conto che le ragazze erano fin troppo seccanti per farsele piacere in un qualsiasi altro modo che non comprendesse l'amicizia e di come Mello reagì a questa scoperta.
Accadde duranto un pomeriggio di metà inverno, quando i nostri eroi avevano 12 anni ed avevano deciso, di comune accordo, di non frequentare le lezioni pomeridiane per guardare il lento fioccare della neve che si depositava sopra altra neve.
Si trovavano entrambi seduti in bilico sul davanzale della finestra della loro camera; Mail stringeva fra la mani un bicchierone di tè caldo al limone super zuccherato, Mello invece smangiucchiava pensieroso la sua solita cioccolata 100% extra fondente, apparentemente dimentico della presenza dell'amico al suo fianco.
-Mello...?- lo chiamò esitante Matt, nascondendo parte del viso dietro al bordo della tazza l'imbarazzo.
Mello rispose con un molto profondo -Mmmh?-, continuando a guardare pensoso quel mare bianco.
-I-io...- balbettò l'altro mentre arrossiva intensamente sulle gote ed attirando così l'attenzione del coinquilino. Infine, preso da un attimo di coraggio, posò da parte la tazza e guardò il biondino dritto negli occhi. -Credo mi piacciano i ragazzi. Per te sarebbe un problema...?-
-RagazzI? Nel senso di ragazzi maschi?- L'espressione di Mello rimase immutabile per tutto il tempo, sbocconcellando assiduamente la sua cioccolata come se fosse l'ultima cosa che avrebbe fatto nella sua vita.
Per un istante Matt fu tentato di dare una prova precoce del suo sarcasmo rispondendo: “no, intendevo un ragazzI femmina, sai com'è...” per poi decidere di rimangiarsi il tutto e rispondere semplicemente: -Mmmh-mmh-
-Beh, per me non c'è alcun problema, mica sono omofobo...-
Ci fu un attimo di silenzio durante il quale Mail potè finalmente interrompere quella gara di apnea che si era auto-imposto.
 -...purché quel ragazzo non sia io, okay? Non voglio che la nostra amicizia si incasini per una cosa del genere... Me lo prometti?- aggiunse poco dopo Mello, voltandosi finalmente a guardarlo con aria seria, facendo affondare i suoi penetranti occhi azzurri in quelli verde chiaro dell'amico. Quest'ultimo deglutì piano ed annuì lentamente, facendo annuire deciso a sua volta anche il biondino prima che tornasse nuovamente a guardare fuori e che il silenzio avvolgesse nuovamente la stanza.
Fu quella la prima vera promessa che i due ragazzi si fecero.
Poco importava il fatto che Matt, in cuor suo, avesse sempre saputo che non sarebbe mai stato in grado si mantenerla. Poco importava che lo stesso valesse anche per Mello.

 

   ***zzzzzzzzz***


Dal momento che quell'esibizionista non possedeva un'automobile, mi ritrovai spalmato contro la sua schiena e ad abbracciare la sua vita snella mentre questi guidava una rombante e lucida moto nera.
Quando finalmente accostò ed io potei mollare il suo improbabile corpetto nero, scorsi un'enorme villa bianca in stile neoclassico, con tanto di portico in lucido marmo candido.
Stavo per elogiare Mello per l'ottima scelta che aveva avuto per il Quartier Generale, quando lui mi anticipò: -Prima dobbiamo fare un salto da Ivan per chiedergli se è possibile farti partecipare alle indagini.-
-Scusa, ma non eri tu il capo?- domandai perplesso e mezzo divertito al sentirlo ringhiare inferocito.
-Certo che lo sono.- sbuffò lui -Diciamo semplicemente che Ivan è il “finanziatore”- concluse scrollando le spalle seccato.
Fu così che avanzammo fino al porticato per poi suonare il campanello. Ammetto che mi sentii piuttosto nervoso alla prospettiva di incontrare un mafioso... Ah, mi sa che mi ero dimenticato di dirvelo prima: Mello collaborava con la mafia. Più per necessità che per vera e propria voglia di farlo; ma, essendo orfano come me, non aveva poi molti fondi a cui attingere.
Ci aprì la porta un vecchietto sull'ottantina in abiti da maggiordomo, con tanto di frac sopra la camicia rigorosamente immacolata e occhiali dalla montatura sottile in bilico sulla punta del naso. Fra me e me lo ribattezzai istintivamente Sebastian.
-Prego signori, entrate pure. Padron Ivan- e a questo punto mi tornò in mente Dobby l'Elfo Domestico.- ...vi riceverà tra poco. Nel frattempo, vi pregherei di pazientare per qualche minuto in soggiorno.-
Stranamente non guardò perplesso il nostro outfit -per dirla in modo più stiloso-, cosa che mi fece chiedere chi diavolo bussasse normalmente a quella porta.
Io mi ero infatti calato prontamente i doodles sugli occhi poco prima che Mello suonasse il campanello ed indossavo la solita maglietta a righe -questa volta rosse e nere come promesso-, ed un paio di guanti -non chiedetemi il perché- isolanti neri  che mi arrivavano fino al gomito. Mello calzava i suoi soliti abiti da prostituta incallita; quindi non mi spenderò in molte parole nel descriverlo e vi lascerò ad immaginarlo. E a sbavare, soprattutto.
-Cazzate.- sputò fuori quest'ultimo stizzito. -So benissimo che se non li interrompiamo noi, ci raggiungeranno tra più di un'ora. Quindi, mi dica dove diavolo si sono cacciati.-
Il maggiordomo sembrò sul punto di ribattere, quando notò l'espressione decisa dipinta sul volto del mio compare e desistette con un semplice: -Salottino privato al secondo piano...-
A quel punto Mello mi prese il polso sinistro per poi trascinarmi alla cieca per quella casa enorme, mentre mi domandavo se avesse almeno una vaga idea di dove dovessimo andare; finché, dopo aver abbassato la maniglia dell'ennesima porta, non ci ritrovammo in un accogliente camera sull'arancio, con divani in pelle rossa, una postazione per il computer con vari libri e carte sparsi in giro, un'enorme televisore che batteva di gran lunga quello del mio migliore amico e qualche pianta.
Fu quando ci avvicinammo al divano che li notammo e la scena che ci si parò davanti mi lasciò per un attimo senza parole.
Due baldi giovani se ne stavano appollaiati l'una seduta sull'altro mentre pominciavano come se non ci fosse un domani.
Il ragazzo era moro ed indossava un completo; la ragazza, al contrario, aveva i capelli biondo scuro e sembrava prediligere un abbigliamento composto per il 90% di lana ed il 10% di voglia di morire di caldo.
Fui parecchio tentato di afferrare prontamente la mano di Mello e di trascinarlo nuovamente fuori  per ricostruire la scena che ci si presentava davanti; quando lo sentii tossicchiare non molto delicatamente verso la coppia che, naturalmente, lo ingnorò. Primo errore: mai ignorare un Mello selvatico. La stessa scena i ripeté circa tre o quattro volte, finché Mello, finalmente, non demorse.
-Ora vi scollate.- Più o meno, insomma... La cosa divertente fu che non lo chiese: lo ordinò.
I due finalmente si voltarono mostrandosi un uomo quasi sui 25 di bell'aspetto, dai lineamenti che parevano scolpiti nel marmo e con un paio di occhi così azzurri da sembrare un sogno; ed una ragazza a prima vista nostra coetanea che, al contrario aveva gli occhi di un caldo castano scuro.
L'occhiata che rivolsero a Mello non fu particolarmente amichevole, tanto che l'uomo, -Ivan- sembrava sul punto di prendere a pugni il mio amico per la spiacevole interruzione.
-Okay, che posso fare per voi?- domandò quindi dopo aver esalato un profondo respiro per calmarsi. La ragazza non accennava a scendere dalle sue gambe.
-Ciao anche a te e sì, anche io oggi mi sento piuttosto bene. Non trovi che sia una splendida giornata? Credo che domani, se continua così, me ne andrò a fare un tuffo in piscina, non ti pare un'ottima idea?-
-Pochi scherzi, ragazzino.- sbuffò scocciato l'uomo rifilandogli un'occhiataccia.-Come potrai ben immaginare, ho in previsione programmi ben più piacevoli che starmene qua a parlare con te.-
Mello sbuffò a sua volta,  infilandosi le mani nei pantaloni aderenti di pelle nera e... oops vi ho rivelato qualche altro dettaglio sul suo abbigliamento, perdonatemi.
-Lui- disse infine indicandomi con un cenno del capo -vorrei che partecipasse alle indagini sul caso Kira.-
I due sul divano si volarono per la prima volta nella mia direzione guardandomi con aria incuriosita.
-Vorresti che lavorasse con noi? Per quale motivo, poi?- domandò la ragazza sorridendomi amichevole ed aggiungendo: -Oh, scusa, mi sono dimenticata di presentarmi: mi chiamo Sarah e sono la fidanzata di questo gran bel pezzo di ragazzo di nome Ivan. Tu, invece, come ti chiami?-
-Matt.- Risposi semplicemente per poi allungarmi a stringere la mano che mi era stata  porta. Solo cinque secondi dopo feci due più due e collegai quei nomi alla conversazione telefonica che mi aveva occupato gran parte della mattinata e che mi fece pensare che la ragazza davanti a me passasse dalla modalità “vi voglio tutti morti” alla modalità “il mondo è un posto meraviglioso!”, fin troppo facilmente.
-Sono contento di constatare che il tuo odio nei confronti del genere maschile sia diminuito... Vedendoti ora, intuisco che alla fine tu non lo abbia realmente castrato, giusto?- affermai ghignando in direzione di Ivan che si era immediatamente fatto più pallido, mentre Sarah rideva malignamente divertita a quelle parole.
-Eh già... ma chissà, la giornata è ancora lunga, no?- soffiò lei e  il compagno si fece, se possibile, ancora più bianco.
-Era un mio compagno all'orfanotrofio e so che di lui ci si può fidare. Inoltre è un ottimo hacker, ci potrebbe essere utile.- riprese Mello come se nulla fosse, con l'aria scocciata di chi sente di star perdendo minuti preziosi del proprio tempo a fare cose inutili.
Tsk, solo ottimo? Sono il migliore sulla mercato, bella gente... pensai sbuffando fra me.
-Ahi, ahi... Sai benissimo che un hacker lo abbiamo già e che è più che all'altezza di svolgere il suo compito da sola.- replico tranquillamente Ivan, mentre io avevo un tuffo al cuore a quelle parole; per poi voltarsi nuovamente verso di me. -Tu, quindi, che cosa puoi offrirci più di lei? Vedi, Sarah è davvero molto brava nel suo lavoro, non dubito che tu non lo sia altrettanto, altrimenti Mello non ti avrebbe portato qui da noi. Il punto è che, come potrai ben immaginare, ho molta più fiducia in lei che in te, quindi, anche mettendo in conto che tu sia più esperto in questo campo... Sceglierei comunque lei.- concluse con calma per poi guardarmi in attesa di una replica brillante.
Replica che, per inciso, non avevo. Insomma, certo, ero un genio cresciuto in mezzo ai geni, e certo, me la ero cavata anche in situazioni ben più complicate di quella semplice domanda che aleggiava ancora nella stanza.
Tuttavia, bisognava considerare che, a parte il talento nell'informatica che mi aveva permesso di entrare alla Wammy's e il fatto che fossi, in tutta probabilità, il gamer migliore sulla faccia della Terra, non è che sapessi fare molto... A meno che, come incentivo per l'assumermi, Ivan non volesse una prova della mia bravura in quest'ultimo campo, ecco...
Senza contare il fatto che l'avere puntati addosso ben tre paia di occhi -Mello a quanto pareva si divertiva a fare il sadico-, non incentivasse molto il lavoro della mia materia grigia.
-Ehm... ecco... I-io...- ebbene sì, mi ritrovai a balbettare sotto quegli sguardi maligni mentre facevo vagare i miei di occhi in giro per la stanza con fare -lo ammetto- parecchio disperato, in cerca di uno specchio sul quale arrampicarmi per uscire da quella situazione schifosa.
Fu in quel momento che lo vidi.
Se ne stava lì, abbandonato sulla scrivania affianco ad portatile argentato.
L'ultimo numero di Sekai Ichi Hatsukoi.
Bastò semplicemente quello per far sì che la mia mente acuta si applicasse, senza neanche domandarsi a chi potesse mai appartenere quel manga; -anche se immagino che fosse piuttosto ovvio che la proprietaria fosse Sarah, dal momento che dubitavo seriamente che Ivan, un ragazzo etero, si mettesse a leggere manga a tema yaoi- ed arrivò ad una geniale conclusione.
-Io so il giapponese.- Affermai sicuro con l'aria di chi sa il fatto suo.
Geniale, non trovate? Dopotutto, era ormai risaputo che Kira fosse giapponese ed era quindi, molto probabile che per ascoltare le eventuali ricettazioni fosse necessario avere un interprete.
Senza contare che in fondo, io un po' di giapponese lo sapessi.. insomma, aver guardato tutti quegli anime in giapponese con i sottotitoli inglese, doveva pur avermi insegnato qualche parolina, no? Il resto... avrei potuto semplicemente inventarlo.
Chi di loro avrebbe mai potuto affermare, con certezza, che stessi mentendo? Ero più che certo che nessuno lì lo conoscesse, se non Sarah, ma anche per lei doveva essere qualcosa di parecchio limitato. Okay, era una cosa piuttosto subdola da dire, ma per me la priorità era di non rimanere ancora una volta diviso da Mello. Tutto il resto poteva anche andarsene a 'fanculo, per quanto mi riguardava.
Ivan mi lanciò una lunga occhiata come a voler capire se stessi, effettivamente,  dicendo la verità ed infine annuì, anche se poco convinto.
Sarah mi rivolse un caldo sorriso e Mello mi cinse i fianchi con un braccio per poi dire: -Benvenuto a bordo, Matty.-
Benché la sua espressione sarebbe potuta apparire indifferente ad occhi esterni, io riuscivo a cogliere la gioia e il sollievo che lo pervadeva nell'avermi nuovamente al proprio fianco come compagno di avventura e che lo portava ad incurvare lievemente in su le labbra sottili.
Fu così che incominciò la mia avventura alla caccia di Kira.
Fu così che ebbe davvero inizio questa storia.
Ma, soprattutto, fu così che mi ritrovai a comprare una guida di “Giapponese per Dilettanti” che mi portò a fare uno studio matto e disperatissimo di quella lingua infame, che mi avrebbe fatto rimanere sveglio fino alle quattro del mattino in soggiorno, tutto per non farmi beccare da Mello mentre ripetevo ad alta voce le parole improbabili appena imparate.

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Capitolo 5
*** Matt e il malato ***


Salve bella gente:))
Perdonate la lunga attesa e no, non sono morta! E' stata tutta colpa della scuola – e della depressione da essa derivata -, che per me è iniziata l'8.
Vi chiedo scusa, soprattutto a chi avevo detto che avrei aggiornato una cosa come quindici giorni fa, ma sfortunatamente il destino ha voluto altrimenti...
Grazie mille per le recensioni dello scorso capitolo, che sono state davvero bellissime e mi hanno reso felicissima, dico davvero.
Spero che, dopo questa lunga attesa, il capitolo non vi faccia schifo e che non vi siate dimenticate di me:)
Ci risentiamo a fine pagina, visto che non voglio spoilerarvi nulla xD
Nota: No.6 è un anime/ manga realmente esistente che io trovo incredibilmente bello e dolce e vi consiglio;) Sfortunatamente il manga non è mai uscito in Italia, ma lo si può leggere in inglese:)

 

Matt e il malato

 

Era un inferno.
Ora, so già che vi sarete fatti qualche immagine romantica di me e Mello mentre lavoriamo insieme ma, credetemi, non avevamo proprio nulla di romantico.
Non so chi invocasse di più pietà fra me e Sarah; probabilmente io, d'altronde Sarah a fine giornata riceveva sempre qualche coccola di consolazione  da parte di Ivan -almeno, questo era ciò che mi raccontava. Io invece dovevo spartire il letto con un cane rabbioso -altrimenti noto come Mello-, il quale, a quanto pareva, provava  un forte piacere perverso nel farmi cadere giù dal letto per poi mettersi sadicamente a ridere.
Ed io continuavo comunque a mettergli su il caffè nel tentativo di renderlo più docile ed addomesticabile. Povero illuso.
Senza contare che a forza di berne tre caraffe quasi ogni mattina, mi ritrovavo praticamente a saltare sul posto da quanto ero su di giri; sotto lo sguardo a dir poco perplesso di Sarah che sembrava chiedersi che razza di problema fisico-mentale avessi.
Magari potreste pensare che, dopo anni di convivenza, dovessi essere ormai avvezzo a simili comportamenti, solo che un tempo lui non era così. Insomma, sì, era sempre stato scorbutico e sì, la vena sadica non gliel'aveva mai tolta nessuno: ma non fino a questo punto! Insomma, chi diavolo è che si potrebbe divertire nel far cadere il proprio migliore amico giù dal letto a calci?! Ma non scherziamo!
Quando ne avevo parlato con la mia simpatica collega/consulente matrimoniale, lei aveva risposto che, probabilmente, dopo aver passato più di quattro mesi senza una certa personcina dai capelli rossi da torturare quotidianamente; ora che la suddetta personcina era finalmente tornata, Mello doveva pur in qualche modo recuperare il tempo perso.
Diciamo che Sarah era l'unico puntino luminoso che rischiarasse in qualche minimo modo le mie tetre giornate.
La prima volta che entrai nel Quartier Generale - quello vero, non la casa di Ivan -,  rimasi senza parole.
Era una topaia con tanto di mura dall'intonaco scrostato, muffa e ragnatele ovunque e, ci avrei scommesso il mio mignolo sinistro che ciò che vidi dietro la porta d'ingresso fosse un ratto.  Sarah doveva essere stata della mia stessa opinione, dal momento che si aggrappò come un koala ad Ivan, il quale sembrava a sua volta voglioso di cercare rifugio addosso a qualcuno. Mello mantenne la sua solita espressione imperturbabile, anche se potrei giurare di aver visto un certo terrore anche nei suoi occhi...
Quando ormai già mi accingevo ad estrarre l'accendino dalla tasca sinistra dei miei jeans e ad urlare qualcosa come: - All'inferno, o immonda creatura! -; Mello mi anticipò estraendo una semi-automatica da non-si-sa-dove e puntandola contro il ratto che ci guardava con astio con i suoi malvagi occhietti rossi.
A quel punto Sarah balzò giù da Ivan e si mise nella traiettoria esclamando un: “Non puoi uccidere questa povera creaturina solo perché ti spaventata!”. Mai parole furono più nefaste.
Mello iniziò una sfuriata sul fatto che lui, da uomo virile e coraggioso qual era, non avesse paura proprio di niente; Ivan ricordò alla sua ragazza che, ogni qual volta un insetto osava anche solo ad avvicinarsi a lei, lui si ritrovava costretto a farlo fuori perché altrimenti sarebbe stato castrato. Sarah iniziò quindi ad insultare indistintamente i due mentre io, povero martire capitato là per caso, dovetti cercare di dissuadere Mello dal premere il grilletto contro di lei.
Quando una mezz'oretta dopo finalmente i loro bollenti spiriti si acquietarono, la 'povera creaturina' se l'era già squagliata da un pezzo.
Fu così che inaugurammo il Quartier Generale.
Venni infatti a sapere che Mello e Sarah avevano iniziato a lavorare sul Caso Kira solo da una settimana, durante la quale avevano principalmente tentato di rendere vivibile il loro luogo di lavoro; non che ci fossero riusciti molto, a dir la verità, tuttavia i computer erano già stati collegati ed ognuno di noi poteva disporre di una fantastica sedia girevole.
Da quel giorno in poi, passai gran parte della mia vita nello studio, sempre mezzo appollaiato sulla sedia girevole nel tentativo di trovare una posizione comoda; Sarah aveva ormai optato da tempo di tenere le gambe incrociate all'indiana, mentre leggeva di nascosto manga yaoi cercando di non farsi notare da Mello, il quale diventava spaventosamente simile a Samara di 'The Ring' ogni qual volta anche solo sentiva odore di manga.
La cosa divertente era che, mentre quest'ultimo se ne stava comodamente spaparanzato sulla sua sedia mangiando cioccolato e gettando di tanto in tanto qualche occhiatina alternativamente a noi o al computer; la mia collega ed io eravamo costretti ad un lavoro da schiavi, durante il quale se distoglievamo anche solo per un paio di secondi gli occhi dai computer, la nostra pausa pranzo oltre che venire ridotta, era anche posticipata. Una volta ci ritrovammo a mettere qualcosa sotto i denti solo alle cinque del pomeriggio, dopo che Sarah era riuscita finalmente a mandare un SOS ad Ivan – lui non lavorava mai con noi, chiedetevi il perché ora - che si era premurato di portarci un paio di hamburger sotto lo sguardo a dir poco infastidito di Mello.
In più quest'ultimo non era sempre presente ad alitarci sul collo, anzi, spesso se ne doveva andare per sbrigare non so quali 'questioni mafiose' lasciandoci mangiare ad un orario decente e lasciandoci distrarre quanto più ci pareva.
Parlando di distrazioni, iniziai, sotto la premurosa guida di Sarah, a leggere qualche manga yaoi o shounen-ai. La faccia che Mello fece quando lo scoprì fu indescrivibile.
Fatto sta che mi ritrovai a lavorare dalle nove del mattino fino alle undici di sera con una misera mezzora di pausa pranzo, per poi dedicarmi dalla mezzanotte alle quattro del mattino a studiare giapponese come un disperato mentre Mello dormiva alla grossa. In più dormivo tristemente solo fino alle sette del mattino -ergo, l'orario in cui venivo gettato giù dal letto-, davo un'altra occhiatina alla guida di Giapponese per Dilettanti oppure giocavo un po' con l'Xbox o leggevo qualche manga e mi scolavo le mie solite tre caraffe di caffè in attesa che il mio coinquilino si degnasse a svegliarsi.
Lasciate che vi dica una cosa: dormire tre ore a notte è uno schifo, non credo di essermi mai sentito tanto esaurito quanto in quel periodo. Dire che nel fine settimana cadessi in uno stato comatoso era un eufemismo.
Perché non mi ribellavo ad un Mello calciante? Avevo paure di finirmene a dormire nella vasca da bagno e sarebbe stato a dir poco scomodo.
Senza contare che non avrei per nulla al mondo rinunciato al mio peluche vivente da abbracciare e coccolare mentre dormiva.

Accadde all'incirca un mese e mezzo dopo che entrai per la prima volta nel Quartier Generale.
Mi svegliai come ogni mattina, ergo con il viso spalmato sul pavimento e la consapevolezza di essermi procurato almeno un altro paio di nuovi lividi.
Lanciai un'occhiata astiosa alla figura ancora dormiente del mio migliore amico che ghignava malignamente nel sonno, per poi resettarmi per quanto possibile la maglietta di cotone e i  boxer che usavo come pigiama e dirigermi in cucina.
Misi su come al solito la prima caraffa di caffè e mi spaparanzai sul divano stringendo tra le mani l'ultimo shounen-ai che Sarah mi aveva passato, No. 6. Mi stava prendendo parecchio, quindi per una volta non mi dispiacque troppo di essermi svegliato così presto dal momento che potevo continuare indisturbato la lettura senza trovarmi davanti la faccia schifata di Mello.
Continuai così per l'ora successiva, cercando di non deprimermi troppo alla prospettiva di un'altra giornata di lavoro straziante; senza contare che ultimamente il mio drogato di cioccolato preferito era sempre più spesso preso da lavoretti mafiosi, cosa che, non lo nego, mi infastidiva non poco.
Quando però persino la quinta caraffa di caffè si stava facendo fredda, iniziai a preoccuparmi, chiedendomi perché diavolo Mello non si fosse degnato ancora ad alzarsi e domandandomi se invece altro non fosse che un complotto contro di me, con l'intenzione di farmi ingurgitare persino quella caraffa di caffè e farmi morire intossicato. Conoscendolo era possibile, per non dire probabile.
Finalmente mi decisi ad alzarmi per andarlo a controllando mentre gli lanciavo contro mentalmente maledizioni e insulti vari per essere un così pigro bastardo.
Mai mi sarei aspettato di trovare un Mello moribondo avvolto in un bozzolo di coperte mentre gemeva rigirandosi. Come avesse fatto a rimediarsi cinque coperte senza farsi sentire, rimaneva un mistero.
Subito mi avvicinai al letto e di lui vidi solo una minima porzione di viso arrossato mezzo nascosto dalle ciocche biondo grano.
- Mello. Ehi Mel, svegliati, su. Apri gli occhi. - Gli intimai scostando lievemente il piumino dal volto (vorrei ricordarvi che eravamo in piena estate, un'estate dannatamente calda, per giunta) e scollandolo per una spalla.
Lui emise un basso brontolio ed aprì lentamente gli occhi, mostrandomi un paio di iridi color del ghiaccio e le pupille dilatate, che parevano brillare da quanto erano lucidi.
Gli posai una mano sulla fronte, scoprendo -sorpresa!- che era terribilmente caldo.
-Come ti senti? Ti fa male qualcosa? -
-Sto di merda, ho la testa che mi sta scoppiando e la gola che arde come se ci fossero le fiamme dell'inferno all'interno. - Bofonchiò lui con voce roca, mentre una lacrima gli scendeva involontariamente lungo la guancia a causa della febbre alta.
39.5°C. Questo diceva il termometro dopo che ero andato a raccattarlo dal beauty in bagno e glielo avevo infilato sotto l'ascella. Gli lanciai un'occhiata preoccupata mentre lui si era nuovamente raggomitolato in posizione fetale dandomi le spalle. Ero parecchio tentato di portarlo in ospedale, ma non sarebbe stata una scelta molto saggia visto i tempi che correvano; quindi decisi semplicemente di fare uno squillo a Sarah ed Ivan per avvisarli che per quel giorno – Dio, grazie! - non avremmo lavorato.
Mi rispose Sarah e, fra vari urletti di gioia e suoni di dubbia origine, augurò allo 'sporco schiavista' una pronta  – anche se non troppo –  guarigione, consigliandomi di fargli ingoiare per il momento dell'ibuprofene e poi lei sarebbe venuta a portarmi la tachipirina per abbassare momentaneamente la febbre.
Decisi quindi di buttare via per una buona volta il caffè (cinque caraffe erano troppe anche per me) e di mettere a bollire l'acqua per una camomilla da preparare al volo.
Mi recai in bagno ed ebbe luogo una delle più dure ricerche di qualche pasticca di ibuprofene che fosse mai esistita; alla fine, dopo un quarto d'ora buono, scovai un paio di piccole pastiglie bianche di dubbia annata e che pregai ogni Kami-sama esistente non fossero scadute.
Dopo aver messo la camomilla in una tazza, ritornai finalmente nella nostra camera da letto e la posai sul comodino affianco alle nostre foto che ci ritraevano da bambini. - Su, Mel, apri la boccuccia che così ti do la pastiglia e la bua sparisce. - dissi con fare materno, ricevendo in cambio un'occhiata a dir poco disgustata da parte del mio malato.
- Sai benissimo che io le pastiglie non riesco a mandarle giù, figuriamoci poi se me lo chiedi con quel tono. Va' a cercare qualcos'altro da darmi. - ordinò stancamente continuando a guardarmi male e tentando di darmi nuovamente la schiena ma invano, dal momento che riuscì persino ad impantanarsi nelle sue stesse coperte. Esilarante.
Dopo diversi tentati di convincerlo, prima con le buone e poi con le cattive, ad ingoiare la pastiglia – che poi, insomma, era grande quanto un terzo della mia unghia, quanto mai poteva essere difficile?! -; la mia mente suprema partorì un'altra grande idea.
Mi avvicinai con fare malevolo al suo capezzale ad infilai la piccola pastiglia in bilico fra le mie labbra. Nel frattempo Mello, dopo essere riuscito finalmente a liberarsi dalle coperte, aveva optato per starsene sdraiato supino con le mani raccolte all'altezza dello stomaco e l'ira del moribondo.
Avvicinai lentamente il mio viso al suo e feci sfiorare le mie labbra che stringevano ancora la pastiglia, con le sue rosee, che dischiuse per lo stupore e facendomi così, approfittare della situazione per mettergli in bocca la piccola pillola candida.
Mello deglutì quasi di riflesso, per poi portarsi entrambe le mani alla bocca e spalancare gli occhi di colpo mentre le guance gli si tingevano di un rosa ancora più intenso.
Non riuscii a resistere a quella vista e, dopo avergli scostato le mani, mi accanii nuovamente su quelle labbra che tanto mi avevano tentato; dimentico della promessa che ci eravamo scambiati anni prima, dimentico di tutto ciò che non riguardasse esclusivamente noi due e quel momento.
Cercai un maggiore contatto con la sua bocca iniziando a leccargli e succhiare piano  il suo labbro inferiore. Lui non si fece attendere molto.
Sapeva di cioccolato e... cannella? Non sapevo da cosa derivasse quest'ultimo gusto,  ma mi tentava come nient'altro. Semplicemente era tutto umido e caldo e mi stava facendo impazzire.
Le sue braccia mi cinsero le spalle avvicinandomi a sé, mentre io gli sfioravo i fianchi snelli attraverso i piumini sentendolo gemere piano.
- Potresti piantarla di guardarmi in quel modo? Sei inquietante. Guarda che la pastiglia non la prendo indipendentemente.-



Ed ecco a voi uno dei tanti e fantastici viaggi mentali di Matt! So che è piaciuto a voi tanto quanto a me. La cosa triste era che mi facevo pena da solo.
Mi ritrovai davanti ad un Mello che mi guardava a dir poco seccato con le braccia incrociate al petto come un bambino dispettoso. Ovviamente la fantastica esperienza del bacio l'avevo vissuta solo io.
La vita a volte faceva proprio schifo.
- O ingoi questa maledettissima pillola, o continui a soffrire IN SILENZIO mentre io me ne torno a leggere No.6. La scelta spetta a te. Ma se provai a morirmi in casa, troverò il modo di trovarti per poi squartarti con le mie stesse mani. Chiaro? - Replicai io acido uscendo dalla stanza, ma non prima di aver scorto con la coda dell'occhio Mello mandar giù a malincuore la pastiglia con un sorso di camomilla.
Ritornato in salotto, mi gettai sul divano nero di pancia per poi agguantare, per l'appunto, No.6 e continuare la mia lettura nonostante la mia mente continuasse a vagare verso un certo ragazzo sdraiato a letto con quell'aria maledettamente vulnerabile.
Per le successive due ore continuai a leggere in attesa di Sarah e della tachipirina.
Potete credermi o meno, ma vi posso giurare che non mi ricordai di una sola parola letta in quell'arco di tempo.

 


Eccomi di nuovo! Volevo solo fare un paio di osservazioni: è la prima volta che descrivo un bacio, quindi non me ne vogliate troppo se è venuto malaccio. Povero Matty, la sua mente brillante gli ha giocato un brutto scherzo! xD
In secondo luogo, non so, ci tenevo ad inserire questa scena ed inizialmente volevo anche che fosse un bacio reale; poi ho pensato che, essendo il loro primo bacio, sarebbe stato meglio inserire qualcosa di più intimo e dolce, non una specie di aggressione da parte degli ormoni impazziti di Matty * ride * Comunque, fatemi sapere come vi è sembrato, anche perché non mi sento molto sicura in tal senso:) 

Ora chiudo e vado a dormire, dato che domani mi sono fatta incastrare con una interrogazione d'inglese...
Alla prossima -si spera-,
Amaya

PS: mi sono accorta solo ora, con la rilettura, che forse lo stile è un po' diverso rispetto ai capitoli precedenti... voi che dite?

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Capitolo 6
*** Matt e Aki ***


Salve amici!
Un altro fine settimana è passato e domani ci toccherà svegliarci presto. So che la prospettiva deprime voi quanto me...
Ora, questo capitolo o, almeno, il flashback di questo capitolo, mi è venuto in mente un paio di giorni dopo aver pubblicato il quinto, dopo aver letto le vostre splendide recensioni.
Inizialmente non ero del tutto certa se scriverlo o meno, ho deciso quindi di parlarne con una mia amica che qui su efp è nota come Kasumi22 e che mi ha dato l'okay, incoraggiandomi a buttarlo giù.  E' stata inoltre anche la mia beta nella prima metà del capitolo e per questo la ringrazio infinitamente.
Devo ammettere di essermi divertita non poco a scriverlo -anche perché parla principalmente di Mello e gelosia- e spero quindi che voi possiate apprezzarlo anche solo un decimo di quanto l'ho apprezzato io:)
Avrei un paio di domandine per voi: preferite un capitolo più lungo e che magari ci impiega un po' di più ad essere pubblicato, o un capitolo abbastanza breve e che ci impiega relativamente ad essere postato? La seconda ed ultima parte del flashback la preferite nel prossimo capitolo o in quello dopo ancora?
Con questo vi saluto, ci si risente al prossimo capitolo o, in alternativa nelle recensioni. Vi comunico sin da subito che non ho idea di quando riuscirò ad andare avanti con la storia, in quanto la scuola mi sta succhiando via tutte le forze vitali e, se non sono dell'umore giusto, rischierei di far morire tutti i personaggi principali di una morta particolarmente brutta. Cercherò di non farvi aspettare più di due settimane, comunque.
Alla prossima,
Amaya:)
PS: Scusatemi se in queste note sono un pochetto spenta, ma sono parecchio stanca...


Vorrei dedicare questo capitolo alla mia nee-san (sì, Izzie, sto parlando di te), che è partita per l'università lasciandomi sola e senza calzini bianchi. Ma questa, come si suol dire, è un'altra storia...

Matt e Aki

Crick...
Crick...
Crick...
faceva il pavimento di lucido legno quella notte, sotto i passi insolitamente pesanti di Matt.
Mello si svegliò improvvisamente, aprendo di scatto gli occhi chiari e per un momento rimase disorientato dall'improbabile rumore dovuto al ritorno in stanza del suo migliore amico.
Lanciò un'occhiata stanca alla sveglia digitale posta sul comodino in mogano che segnava le due e mezza di notte.
Ma che cazzo...? Ah, giusto... sarà stato da Miles...
Miles era il quasi-ragazzo di Matt da tre mesi a quella parte e, come voleva il suo ruolo di migliore amico fino alla morte, la seconda persona al mondo che Mello avrebbe voluto vedere morta. Near sarebbe rimasto sempre al primo posto.
Era tutto iniziato tre mesi prima.
Il biondino, a differenza dell'amico, si era subito reso conto degli sguardi insistenti che Miles gli rivolgeva; sguardi che esprimevano molto più della semplice curiosità.
Questi era sempre stato il tipico ragazzo odioso ma tuttavia carismatico, per la quale la maggior parte della popolazione femminile – e anche un buona parte di quella maschile – della Wammy's House avrebbe venduto un rene, purché rivolgesse loro la parola o, ancora meglio 'uno di quei sorrisetti sexy da cattivo ragazzo che ti fanno venir voglia di saltargli addosso'.
Il ragazzo era alto, aveva gli occhi di un intenso azzurro, lievemente più scuro rispetto a quello di Mello; con i capelli castano miele che gli si arricciavano all'altezza delle orecchie e l'aria del cantante di una rock band. Il fatto poi che avesse dichiarato pubblicamente di essere bisessuale, non faceva che far aumentare gli spasimanti.
Poi, un giorno, Miles si era stancato di starsene semplicemente a fissare Matt e aveva avanzato un approccio più diretto, chiedendo se gli andasse di fare qualche partitina insieme con la Play che era riuscito ad ottenere nella propria camera.

Camera che, fra l'altro, non condivideva con nessuno.
La cosa aveva messo parecchio in allerta Mello, il quale, dopo aver allegramente salutato il suo orgoglio, si era messo a pregare Matt affinché potesse venire anche lui per 'supervisionare – tali erano state le sue parole – l'appuntamento'.
Matt si era ovviamente rifiutato di portarselo dietro – 'Okay che ci chiamano i Gemelli Siamesi, ma ora non esageriamo... Su, vedrai che per una sera riuscirai a startene senza di me.' -.
Mello era quindi caduto vittima di vari attacchi di panico – 'Oddeo, quello gli salta addosso mentre io me ne sto qua a girarmi i pollici ad a mangiare cioccolata...' - e, quando Matt era tornato in camera due orette dopo, si era ritrovato un Mello più isterico del solito che, non appena il rosso aveva varcato la soglia, aveva iniziato ad assillarlo con domande invadenti.
Il ragazzo si era dunque premurato di raccontargli accuratamente e in maniera oggettiva la serata; senza accorgersi degli occhi azzurri dell'amico che si scurivano e stringevano ogni qual volta l'altro accennava a quanto Miles fosse 'simpatico e gentile, davvero un bravo ragazzo. Secondo me non se la fa con cani e porci come dicono tutti...'.
Senza contare che, non appena Mello era venuto a sapere che il suo personale demone-venuto-in-Terra-solo-per-turbare-la-sua-anima aveva osato mettere una delle sue schifose braccia intorno alla vita del suo migliore amico per 'mostrargli che tasto premere per accelerare'; aveva pensato seriamente di uccidere qualcuno. Se quel 'qualcuno' fosse il demone o, più semplicemente il suo migliore amico, il quale aveva già gli occhi a cuoricino non appena pronunciava il nome “Miles”, era tutto ancora da stabilire.
Insomma, stiamo parlando di Mello, colui che ad otto anni, durante l'ora di religione, si era alzato in piedi facendo cadere la sedia per poi urlare contro la povera suor Christina ed un prete che stavano tenendo la lezione: 'Non potete imporci il vostro credo, sporchi infedeli!” Questo sotto lo sguardo attonito di tutta la classe, mentre a quel punto anche Matt, dopo aver messo Scrabby in pausa,  si alzava ed urlava il suo essere completamente d'accordo con l'amico per poi concludere con un: “Per la libertà...!” e lanciar un gessetto verde - che teneva sempre in tasca in caso di emergenza - contro la lavagna. Ovviamente dare degli 'infedeli' a due cristiani era un po' un paradosso, tuttavia ciò non sembrava importare più di tanto a nessuno dei due.
Inutile dire che non erano potuti uscire dalla loro camera per oltre un mese.
Bisogna però anche tener presente che infine furono finalmente esonerati dall'ora di religione.
Un mesetto dopo il primo appuntamento, Miles aveva finalmente deciso di fare il grande passo e di uscire dalla friendzone baciando per la prima volta Matt. Quello non fu tuttavia davvero il primo bacio per il rosso, ma questa è un'altra storia.
Fatto sta che, quando poi quella sera si era precipitato in stanza per raccontare l'esperienza a Mello mentre abbracciava il proprio cuscino come se fosse un orsacchiotto, il biondino sentì una spiacevole sensazione crescergli nelle viscere.
Il cuore gli faceva male, respirare sembrava una tortura e, quando un paio di ore dopo spensero la luce per andarsene a dormire, quel 'male di vivere' – passatemi la citazione -, non cessava ed aveva iniziato anche a preovare una spiacevole pressione alla gola; come un... singhiozzo trattenuto? No, Mello non era tipo da singhiozzare solo perché il suo migliore amico aveva appena avuto 'esperienza migliore della sua vita', testuali parole. Quindi cos'era? Cos'era quel senso di... soffocamento? Non riuscì a trovare una risposta.
Nei mesi successivi le cose peggiorarono. Matt passò sempre meno tempo con Mello, cominciando anche a sedersi durante lezione vicino a Miles. Inoltre, percependo l'insofferenza che l'amico provava per il suo fidanzato, smise di confidarsi con lui su certe questioni, credendo che, il fastidio che Mello provava ogniqualvolta sentiva parlare di baci o... altro, fosse dovuto al fatto che, dopotutto, non gli andasse poi così bene l'orientamento sessuale di Matt.

Senza contare che Miles gli aveva più volte suggerito di lasciarlo perdere e di non meritarsi amici “del genere”.
La situazione si fece ben presto insostenibile, con un alternarsi fra momenti di lite incontrollabile a quelli in cui il silenzio sembrava pervadere ogni antro della camera che condividevano.
Stavano entrambi malissimo; Matt aveva però Miles a farlo sentire meglio, mentre Mello iniziò a frequentare altri ragazzi e a farsi quindi nuovi amici.
Tuttavia... la mancanza dell'altro lasciava un'orribile sensazione di vuoto dentro.
Mello aveva tentato più volte di riappacificarsi con Matt – e lo stesso valeva per quest'ultimo -; nonostante ciò, erano entrambi talmente certi di non essere nel torto, che ogni scusa era vana.
I mesi passavano fra occhi che si cercavo senza mai trovarsi.
Mello iniziò a vedere il rosso per un massimo di due ore al giorno, tanto da sembrare quasi che quest'ultimo cercasse di rimanere solo con lui il minor tempo possibile.
Matt, da parte sua, era convinto di disgustare profondamente il suo compagno di stanza con la propria presenza; era infatti ormai certo che Mello fosse omofobo e non riuscisse minimamente a sopportare di averlo nella stessa camera anche solo per quelle misere due orette.
Le cose andarono avanti così fino a quella notte.
La notte in cui i passi pesanti sul pavimento in legno svegliarono di colpo Mello mentre Matt tentava miseramente di trattenere i singhiozzi prima di buttarsi a letto, quasi cercando di soffocarsi col cuscino.
Per un attimo Mello rimase disorientato, non sapendo che cosa fosse meglio fare.
In qualche modo però, in quel momento, capì una cosa molto importante che avrebbe poi determinato significativamente il futuro dei due.
Infatti, per quanto il rapporto tra loro potesse incrinarsi, per quanto potessero litigare ed insultarsi, rimanevano comunque l'uno il migliore amico dell'altro. Per quanto tempo potesse passare e la situazione peggiorare, nessuno dei due aveva mai smesso di definire l'altro il proprio migliore amico dentro di sé. Nulla avrebbe mai potuto cambiare quel fatto. Riuscivano a funzionare davvero bene solo se erano insieme. Non venivano certo chiamati Gemelli Siamesi per caso e Mello non poteva certo abbandonarlo quando aveva più bisogno di lui.
Fu così che si alzò dal letto e, dopo essere inciampato nel proprio piumino, si avvicinò al letto di Matt, sdraiandosi accanto al suo corpo prono e cingendogli le spalle tremanti con un braccio fasciato dal cotone nero del suo pigiama.
Matt si accoccolò immediatamente accanto al suo corpo, sfregando la testa rossa contro il suo collo, mentre Mello vi appoggiò sopra il mento sottile, cominciando ad accarezzare dolcemente quei fili cremisi.
- Scusa... Mi dispiace tanto, ti prego perdonami... - singhiozzò Matt, ripetendo come una nenia più volte quelle parole, mentre stringeva con forza fra le mani la maglia di cotone del compagno, per nulla intenzionato a lasciarlo allontanare nuovamente da sè.
- Calmati... - borbottò piano Mello, poco avvezzo a simili situazioni. - Mi spieghi che è successo? -
Per un interminabile lasso di tempo il silenzio pervase la stanza; fino a quando Matt non scostò lentamente il viso dal petto dell'altro, mostrandogli due incredibili occhi verde giada che sembravano brillare sotto la luce discreta della luna.
-N-non poso... Scusa, ma mi vergogno troppo... T-ti prego, non chiedermi di raccontare... - balbettò piano mentre gli occhi gli si riempivano nuovamente di lacrime.
Solo quando Mello annuì lentamente, il ragazzo gli si rannicchiò nuovamente contro, continuando a tremare fra le sue braccia fino ad addormentarsi parecchie ore dopo.
Mello non smise mai di stringerlo.

 

 ***zzzzzzzzz***

- Vi prego, uccidetemi! - gemette Sarah, sembrando sul punto di dare testate alla tastiera. - Insomma, che genere di peccati ho commesso nella mia vita precedente per meritarmi... questo?! Non ce la faccio più ad andare avanti così! Batman, salvami tu!-
Eravamo ormai a metà novembre e, se l'estate era stata peggio che vivere nel Sahara, l'inverno non poté che essere artico. Per una volta invidiai i vestiti in lana di Sarah.
- Ti riferisci al fatto che lavori come una schiava e sei pure sottopagata, o al fatto che nonostante fuori siamo sotto lo 0, qua abbiamo solo una misera stufetta a scaldarci? - replicò Mello mentre si scrocchiava stancamente  il collo irrigidito.
- Possibile. - Continuai io per lui. - O forse sei così depressa solo perché Ivan è partito per due settimane con la sua segretaria? -
Mello mi rivolse un'occhiata complice, mentre Sarah sembrava sul punto di mettersi a piangere.
- Quel... bastardo! E bastardi pure voi due: vi divertite così tanto a mettere il dito nella piaga?! Ah, ma ora basta, non posso accettare di starmene il venerdì sera rinchiusa in questa stanza triste e fredda. Ora ce ne andiamo a cenare fuori, offro io! - fece la ragazza alzandosi rapidamente dalla sedia girevole, per poi allungarsi a prendere il cappotto rigorosamente in lana nera.
Il mio migliore amico ed io ci alzammo quasi contemporaneamente, Mello scrollando le spalle quasi a voler dire: finché offre lei, la seguirei anche in Canada...
Sarah ci portò in un ristorante italiano chiamato – ma guarda un po'?! - “Bella Italia”. Durante il tragitto Mello ed io rischiammo un principio di assideramento perché avevo avuto il buon senso di dimenticarmi i guanti a casa, quindi lui, preso da un momentaneo attacco  di semi-pietà, ebbe il buon cuore di prestarmi uno dei suoi guanti. In conclusione, la mia mano destra e la sua sinistra tendevano sospettosamente al viola.
La cena fu tranquilla; Sarah ordinò della vera pizza ai quattro formaggi, Mello ed io gli spaghetti al ragù sotto lo sguardo malizioso di lei.
Rischiai la mia vita solo una volta quando, accidentalmente, nel tentativo di avvolgere gli spaghetti alla forchetta, schizzai di piccole gocce di pomodoro miste a pezzettini di carne l'osceno corpetto in lattice del mio migliore amico che mi sedeva di fronte. Sembrò per un attimo indeciso se estrarre la pistola o strangolarmi direttamente con il tovagliolo, giusto per risparmiare tempo.
Si calmò solo dopo che gli lanciai la mia felpa blu scuro che si mise con un borbottio infastidito, senza neanche ringraziarmi per averlo fatto vestire per una volta in maniera decente.
Ce ne andammo un paio di orette dopo, discutendo di un futuro piano che prevedeva l'impossessarsi del Death Note che, a quel tempo, apparteneva ancora alla Polizia Giapponese.
Le opinioni erano piuttosto discordi; Mello propose di rapire un familiare stretto del Sovrintendente, io ero piuttosto convinto di non voler che sulla mia fedina penale comparisse una qualsivoglia traccia di “rapimento”, senza contare che l'idea in sé mi convinceva gran poco, Sarah non si pronunciava lasciandoci parlare.
Quella fu la sera in cui incontrammo Aki.
La prima volta che lo vidi fu solo con la coda dell'occhio: due occhioni di un giallo intenso seguiti da un lampo color petrolio; tuttavia non vi prestai una particolare attenzione.
La seconda volta che lo notai fu perché si attaccò alla gamba di Mello, facendolo urlare come una ragazzina.
Vedete, il mio migliore amico è un idiota. C'è poco da discutere a proposito.
Ora, potrei raccontarvi di almeno un centinaio di situazioni in cui si è comportato in maniera a dir poco idiota, in barba al fatto che dovrebbe essere la secondo persona al mondo con il più alto livello di QI; tuttavia non lo farò, perché sono una brava persona e voi vi dovrete accontentare semplicemente di questo singolo episodio.
Stavamo camminando l'uno affianco all'altro, con Sarah di seguito; Mello indossava una giacca di pelle nera dalla quale sbucava il cappuccio della mia felpa, si era messo come al solito un paio di pantaloni aderenti neri e degli stivali.
Concentriamoci adesso su questi ultimi.
Erano in cuoio nero e facevano la loro porca figura dal momento che gli arrivavano al ginocchio, fasciandogli splendidamente i polpacci. Solo che, invece di avere degli inserti metallici da chiudere a pressione come con gli scarponi da sci, del feltro o, più semplicemente, una zip, erano con le stringhe, che bisognava passare in piccoli uncini in metallo laccato di nero.
Probabilmente, ora vi starete chiedendo perché vi stia descrivendo un paio di scarpe ma, tranquilli, adesso ci arriviamo.
Poco dopo essere usciti dal ristorante gli feci notare, da bravo amico qual ero, che aveva uno stivale slacciato; lui, ovviamente, mi ignorò.
Non so perché lo fece, forse non voleva farsi vedere con il culo per aria mentre tentava di riallacciarselo, forse perché era un idiota, punto.
Fatto sta che, all'incirca una ventina di minuti dopo, invece di inciampare come mi sarei aspettato, quegli stivali furono causa di un altro genere di inconveniente.
Immaginatevi per un secondo di essere un gatto, uno splendido esemplare di felino dal pelo nero come il petrolio; siete piccoli, avrete al massimo quattro mesi, praticamente una palla di pelo ambulante.
E' notte e ve ne state tranquillamente per i fatti vostri a gironzolare e a fare cose da... beh, da gatti.
Quando, improvvisamente, lo notate: una stringa nera che penzola e, miracolosamente non è neanche troppo in alto rispetto a voi. 
C'è un filo che si muove, sembra farlo quasi apposta per provocarvi e voi, beh, voi siete dei gatti. Che fareste?
Vi dico cosa non fece Aki: non si arrampicò sul polpaccio di Mello conficcando gli artigli affilati nel cuoio degli stivali rovinandoli irrimediabilmente. Mello, quindi, non urlò come una tredicenne al concerto del suo cantante preferito – magari con un po' meno gioia, diciamo- e, di certo, non si mise scuotere con forza la gamba nel tentativo di scrollarsi di dosso il sopra citato felino.
Perciò Sarah non si mise ad urlare contro al mio coinquilino, intimandogli di smetterla di maltrattare quel povero micetto.
Da parte mia, non me ne stetti immobile ad osservare la scena perplesso finché non mi decisi a prendere il gatto per la collottola e ad infilarmelo nel giaccone.
Vi dico però quel che successe effettivamente quella notte: Aki tornò a casa con noi.
Arrivati all'appartamento, Sarah ed io gli preparammo una ciotola di latte sulla quale si fiondò immediatamente, mentre Mello continuava a lamentarsi che lui, quella palla di pelo malefica, in casa sua non la voleva.
Noi naturalmente non gli prestammo particolare attenzione, continuando a guardare il piccolo micetto trotterellare in giro per casa e giocare con qualsiasi cosa gli si parasse davanti al nasino roseo.
La mia amica ed io continuammo ad emettere una serie di: Oooh...!, Aaaah... e Ancora, ti prego! Fallo ancora!; questo fino a quando Mello non ci fece notare che sembrava stessimo girando un film porno.
Sarah tornò a casa verso mezzanotte e mezza, poco dopo aver deciso di chiamare il nostro nuovo compagno di avventure Aki, autunno.
Nel momento in cui Mello ed io ci coricammo, quella notte, ricordo che l'ultima cosa che sentii fu Aki rumoreggiare nei pressi della cucina.
Vi rivelo però un segreto: quando più tardi mi svegliai ed il sole non illuminava ancora con i suoi raggi la nostra camera da letto; al mio fianco trovai un Mello sdraiato supino con una piccola palla di pelo acciambellata sullo stomaco.
La accarezzava.

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Capitolo 7
*** Matt e... Mello ***


Salve a tutti!
Credo che ormai non ci speraste più ma ecco a voi un nuovo capitolo! Mi scuso con quelli a cui avevo annunciato che sarei riuscita a pubblicarlo già la scorsa settimana ma, fra una cosa e l'altra non ne ho avuto la possibilità; inoltre è stata una faticaccia buttarlo giù, tanto da dover cancellare e riscrivere spezzoni interi:/
Il seguito del flashback lo troverete, ahimè, solo nel prossimo capitolo ancora; mi ero dimenticata di dire che là i nostri eroi avevano quindici/sedici anni, in quanto per far quadrare il tutto ho dovuto cambiare un po' di cose per quanto riguarda la loro età.
Ora, nel presente narrato da Matt hanno diciannove anni e la sera del 26 gennaio avverrà già dopo un annetto e mezzo.
Quindi nulla, mi scuso ancora per il ritardo e vi ringrazio come sempre per le splendide recensioni che mi lasciate:3
Un bacione e alla prossima,
Amaya
PS: qualcuno di voi va al Lucca Comics? Io l'1 e non vedo l'ora*-*

 

Matt e... Mello

- la Verità


Colpii con forza il ragazzo sulla ventina che mi si parava davanti,  riuscendo ad ottenere in compenso un bell'occhio nero a far compagnia al naso sanguinante che gli avevo procurato precedentemente.
Mello gli si gettò contro quando l'altro riuscì a sbattermi contro un tavolino da bar nero, facendomi per una attimo traballare la vista tanto da farmi perdere la percezione di quel che era sopra e quel che era sotto.
Per un istante colsi l'espressione inorridita sul viso capovolto di Sarah, di fronte a quella che, in tutta probabilità, sembrava gran poco la mia faccia e più un pallone da basket. Un pallone da basket carino, però.
Mi misi in mezzo ai due traballando un poco e rischiando di precipitare più volte faccia a terra, colpendo con i miei pugni e calci tutto ciò che mi si parasse davanti: d'altronde, anche se avessi beccato Mello, quel bastardo se lo sarebbe solo meritato.
Fu in quel momento, quando il mio amico mi lanciò un'occhiata attonita dopo che gli ebbi tirato – volutamente, vorrei aggiungere – un pugno allo stomaco facendolo rimanere momentaneamente senza fiato, che ci raggiunse un omone alto più di due metri a dividerci.
Il ragazzo moro con cui ci eravamo scontrati si asciugò rabbiosamente il sangue che ancora gli colava a fiotti dal naso.
- Volevo solo provarci con la biondina, cazzo! Non c'era mica bisogno di iniziare una rissa per questo! -
Mello sbuffò guardandomi accusatorio, mentre io emisi sospiro stizzito.
Ora osa pure dare la colpa a me?! Doppiamente bastardo!
Osservai sovrappensiero le luci stroboscopiche che illuminavano di mille luccichii il cappellino di paillettes rosse che indossava Sarah, ritornando mentalmente indietro a come una giornata che sembrava essere iniziata in modo relativamente positivo, avesse poi potuto avere una fine tanto disastrosa.

 


Quella mattina mi ero svegliato più tardi del solito e, straordinariamente, da un paio di giorni a quella parte Mello aveva smesso di farmi ritrovare con la faccia spalmata sul pavimento a causa di un suo calcio.
Quando poi, un'oretta dopo, si era alzato anche lui, aveva trovato ad accoglierlo una tazza di caffè fumante come voleva la tradizione e mi aveva persino ricompensato con un sorriso in segno di gratitudine.
Probabilmente, in quel momento avrei dovuto capire che qualcosa di terribile sarebbe accaduto da lì a poco, ma il mio incredibile cervello scelse di non dar peso alla brutta sensazione che avvertivo alla bocca dello stomaco.
Insomma, normalmente di mattina il massimo che ci si potesse aspettare dal mio coinquilino era che sbattesse con l'aria dello zombie contro mobili e pareti; non che si mettesse a sorridere come se sapesse perfettamente di trovarsi sulla Terra e non in quel suo pianeta perfetto dove tutti lo osannavano come un dio.
E, badate bene, questa ultima parte sul pianeta perfetto, erano solo ed esclusivamente parole sue.
Al lavoro, poi, Sarah sembrava incredibilmente di buon umore, non si lamentò nemmeno quando Mello le chiese di documentare tutte le morti dovute ad arresto cardiaco avvenute negli ultimi mesi.
E, dal momento che Kira sembrava non aver niente di meglio da fare se non far collassare la gente, la mia collega ci impiegò tutta la mattinata e gran parte del pomeriggio per catalogarle tutte a dovere.
Uscimmo dalla catapecchia che ci ostinavamo a chiamare "Quartier Generale" già alle sei del pomeriggio, per poi dirigerci nelle rispettive case; non appena arrivati, Aki si mise a miagolare reclamando il suo pasto che ricevette da Mello, non prima di aver subito un altro dei suoi attacchi felini.
La cosa divertente era che si ostinava nonostante tutto a continuare ad indossare quegli stivali con le stringhe.
Forse però godeva nel venir continuamente molestato da gatti in giro per la strada, chissà.
Da parte mia, mi sedetti sul divano ed iniziai a giocare ad Assassin's Creed insultando di tanto in tanto Altair, il protagonista, per la sua idiozia.
- Ma allora sei proprio stupido! - Esclamai ad un tratto facendo sobbalzare Aki che mi si era acciambellato sulle gambe in cerca di coccole che, neanche a dirlo, non stavano arrivando. - Ti ho detto di girare a destra non a sinistra! Ma perché diavolo ora inizi ad arrampicarti sui muri?! Lo vedi che le guardie ti stanno inseguendo, o sei pure diventato cieco?! -
- ...Il migliore gamer in circolazione, eh? Forse, invece di insultare il povero Altair, che non è altro che un ammasso di pixel in movimento, dovresti prendertela con te stesso, Matty... - Commentò Mello ghignando malignamente appollaito sulla poltrona di pelle, guardandomi giocare nel mentre che sbocconcellava la sua cioccolata 100% extra fondente.
- Sta' zitto! Come se invece tu fossi capace a fare di meglio...! E non toccare il gatto quando hai quelle mani lerce, razza di animale! Gli sporchi la pelliccia! -
Il mio amico mi ignorò, per poi prendere Aki per la collottola e posizionarselo in grembo accarezzandogli finalmente il morbido manto nero.
- Sarah mi ha mandato un messaggio poco fa, chiedendomi se avessimo voglia di andare in discoteca questa sera; che le dico?
In tutta risposta feci spallucce, non afferrando neanche del tutto bene le sue parole e liquidando il tutto come chiacchiere inutili adibite solo a distrarmi dall'uccisione di quegli schifosi templari.
Quello fu il primo errore e, quella sera, ne avrei commessi in tutto quattro.
Quando poi, per decidere che avrebbe guidato al ritorno – e quindi, chi non avrebbe dovuto bere alcun tipo di alcolico -, la mia amica prese e mutilò le mie sigarette in modo da poter replicare il gioco del “chi prende il bastoncino più corto, perde” e toccò a me il “bastoncino” più piccolo, non mi opposi minimamente.
Secondo errore.
Arrivati al “Moon”, Sarah riuscì a farci ottenere un tavolo nella sala vip grazie all'influenza che la mafia americana aveva nel locale e, per un istante, mi sembrò che tutto stesse – per quanto possibile – andando per il meglio.
Mi sentivo un po' a disagio, la musica alta e le luci stroboscopiche creavano un'atmosfera opprimente, questo senza contare gli innumerevoli corpi che si strusciavano eccitati gli uni contro gli altri in una danza ipnotica.
Tutto sembrava distorto e confuso, come se si trattasse più di un'illusione che della realtà; quasi non badai a tutti gli alcolici che si erano scolati i miei amici.
Circa un'oretta e mezza dopo il nostro arrivo, Mello e Sarah decisero di inoltrarsi in quel carnevale di corpi mezzi svestiti, lasciandomi triste e solo alla nostra postazione.
Me ne restai incollato alla comoda poltroncina della sala vip per gran parte della serata, cercando di specchiarmi nel vetro del tavolo posto di fronte a me; sorseggiando di tanto in tanto il bicchiere di Coca Cola alla ciliegia che mi era stato offerto da un barista fin troppo amichevole, sentendomi terribilmente stanco e... beh, solo.
Volevo tornare a casa.
Improvvisamente con la coda dell'occhio scorsi Sarah, bicchiere di margarita in mano e sorriso seducente sulle labbra, che si intratteneva con un moretto, tenendolo tuttavia a debita distanza, probabilmente ricordando con l'ultima parte del suo cervello rimasta ancora vigile che aveva un ragazzo che la stava aspettando a casa.
Fu però la vista di  Mello con una ragazza dai corti capelli rossi con la quale si stava strusciando allegramente baciandole le labbra cremisi a farmi paralizzare con il bicchiere a mezz'aria.
Una piccola, minuscola, parte di me sapeva che quando beveva troppo tendeva a diventare... molesto, perdendo ogni inibizione, ma non le diedi retta quando cercò di ricordarmelo.
Mello la aveva afferrata per la nuca, avvicinandola a sé per poi congiungere nuovamente le loro bocche, passandole le mani sul corpo che a malapena poteva definirsi vestito.
Smettila.
Lo stomaco prese a dolermi a causa della rabbia e della tristezza che mi fecero serrare strettamente i pugni mentre tentavo di inghiottire il nodo che avvertivo in fondo alla gola.
Dio, ti prego, falli smettere.
Dentro di me pregai chiunque mi stesse ascoltando affinché potessi alzarmi da quel tavolo e fermarli senza dare tuttavia l'impressione di starlo facendo realmente.
Quando poi, il ragazzo che stava ballando con la mia amica, decise di allungare le mani afferrandole i fianchi per avvicinarla a sé e lei assunse la classica espressione a metà fra lo stupito ed il perplesso di chi si sta chiedendo come diavolo sia potuto finire in quella situazione; trovai la scusa perfetta.
Lasciai il mio bicchiere sul tavolino e mi diressi a passo di marcia da Mello, il quale era tutto intento ad abbracciare la rossa che sgranò gli occhi verdi vedendomi afferrare con aria parecchio incazzata il suo compagno.
- Dobbiamo andare a prendere Sarah! Credo sia troppo fuori per riuscire a scollarsi quella specie di polpo che le sta addosso! - Gli urlai cercando di sovrastare la musica assordante mentre tentavo di trattenermi dal tirargli un pugno.
Può fare quel che vuole, siete solo amici.
Solo amici.
Solo.
Amici.

Mello mi lanciò un'occhiata pensierosa strizzando gli occhi, come a cercare di decifrare le mie parole, prima di annuire lentamente sempre con quell'aria perplessa da idiota.
Io sospirai esasperato afferrandogli il polso caldo e trascinandolo dove sapevo si sarebbe trovata Sarah; questo non prima di aver lanciato un'occhiata di fuoco a quella sgualdrina dai capelli rossi.
Trovammo la nostra amica intenta ad allontanare la piovra umana che nel frattempo si era fatta più audace e stava cercando di baciarla nonostante lei tentasse palesemente di scrollarselo di dosso.
Mentre Mello sembrava voler risolvere pacificamente il tutto allontanando il moro da Sarah per fargli capire – nel caso le proteste di quest'ultima non fossero state abbastanza chiare – che lei non era disponibile; io fui lievemente più... diretto, diciamo.
Ecco, quello fu il terzo errore.
La cosa triste fu che non ebbi neanche la scusa del “ero ubriaco e non avevo il controllo delle mie azioni”.
Prima ancora che Mello potesse anche solo pensare di fare un passo verso quel tizio, io lo presi per una spalla, lo spinsi da parte e tirai un pugno con tutte le forze che avevo in corpo contro il naso del moro facendolo cadere a terra.
Ero stanco, ero furioso ed ero davvero stufo di bere Coca Cola solo per poter portare a casa sani e salvi quei due ingrati.
Il ragazzo si rialzò in piedi guardandomi a metà fra l'attonito e l'arrabbiato, per poi decidere di rispettare la simpatica logica del “non c'è colpo che non renda”* e placcarmi per poi prendermi a pugni, decidendo che la mia faccia sarebbe stata la sua nuova punch ball.
Pochi attimi dopo, Mello capì che forse sarebbe stata l'ora di attivarsi e venire in soccorso della nuova damigella in pericolo - ergo moi -; così placcò quindi a sua volta il mio assalitore – ovviamente non prima che questi mi avesse spaccato un labbro e tirato un pugno bello potente contro il mio povero zigomo –  per poi iniziare a colpirlo.
Quando però il nostro compagno di lotta riuscì a sgusciare in piedi da sotto il corpo non poi così pesante del mio coinquilino, decretai che comportarsi da persona intelligente fosse cosa troppo banale e mi schierai al fianco del mio amico per continuare quella battaglia.
Fu così che ci ritrovammo tutti e tre a rotolare per terra e, fu anche così, che venimmo buttati fuori dal locale da un energumeno indossante l'inquietante maglietta nera con la scritta “SECURITY”.
Pochi attimi dopo ci raggiunse Sarah, la quale, invece di essere preoccupata per i suoi due eroi, si mise sguaiatamente a ridere con la tipica risata di chi è completamente ubriaco, così  decidemmo, di comune accordo, che si fosse fatta finalmente l'ora di tornare a casa.
Il viaggio lo passai con al mio fianco un Mello dalla carnagione pericolosamente verdastra e con una Sarah che si addormentò pacificamente sui sedili posteriori.
Si svegliò solo una volta che fummo arrivati nel cortile di casa sua, per poi lanciare un'occhiata sognante alla villa in stile coloniale in cui viveva con Ivan e commentare:
- Che bel posto... mi piacerebbe entrarci... - Suscitando così una mia occhiata leggermente preoccupata.
Ivan accorse neanche dieci secondi dopo, prendendo Sarah fra le braccia per poi rientrare in casa, permettendo così a me e Mello di poter finalmente dirigerci al nostro appartamento.
Varcai la soglia con il braccio destro di Mello a cingermi le spalle, dal momento che il mio amico non sarebbe mai riuscito a camminare da solo; Aki ci accolse trotterellandoci incontro, per poi decidere, una volta notata l'aura nera che mi circondava, che fosse meglio tonarsene a dormire.
Gettai il mio dolce carico sul materasso ad acqua del nostro letto, lo guardai male e me ne andai a farmi una doccia.
Tornai in camera con un paio di calzoncini di flanella arancioni ed una maglietta verde; non appena mi sdraiai a letto, Mello mi si accoccolò addosso come un koala posandomi la testa bionda sulla clavicola, come faceva ogni vola che si sentiva male,  stuzzicando  la pelle del mio addome con il suo caldo respiro.
- Matt... - mi chiamò. - Mi viene da vomitare... -
- Ti sta bene, - sbuffai stizzito - magari la prossima volta eviterai di bere tutto quel gin tonic. -
Ci fu un attimo di silenzio prima che lo richiamassi io questa volta.
- Mello, perché non mi hai portato con te quando te ne sei andato dalla Wammy's House? - Per quanto potesse sembrare strano, infatti, non ne avevamo mai parlato.
- Io... volevo solo che tu fossi al sicuro. Tutto questo, la rivalità con Near, il caos dopo la morte di L, riguarda solo me. Tu non saresti dovuto finirci in mezzo. Speravo che non accadesse e ho fatto di tutto purché non succedesse.  Invece un giorno mi sono ritrovato a aspettarmi davanti al reparto dei dolciumi di un supermarket proprio te. -
Il suo petto si alzava ed abbassava più velocemente rispetto a prima, mostrandomi quando si sentisse a disagio per quella conversazione. Sapevo infatti che se fosse stato sobrio non lo avrebbe mai ammesso, probabilmente liquidando la mia domanda con un commento sarcastico.
- Matt. - Mi richiamò dopo qualche minuto di silenzio, quando ormai mi ero convinto che si fosse addormentato. - Perché hai colpito quel ragazzo? Non eri forse tu ad essere contro la violenza inutile? -
Per un po' non dissi nulla, ricordandomi infine che, in tutta probabilità, il giorno seguente non si sarebbe ricordato nulla dell'ultima nottata e scelsi di ricambiare la sua confessione dicendo a mia volta la verità.
- E' stata colpa tua. La prossima volta, magari, resta con Sarah invece di provarci con la prima che ti capita davanti. -
- Eri... geloso? - Domandò piano ed era una mia impressione o stava sorridendo? Fatto sta che sentii le mie guance pizzicare all'affluire di sangue, come una silenziosa risposta che però lui, grazie a Dio, non sarebbe mai stato in grado di vedere.
Improvvisamente avvertii delle lievi scosse muovere il letto e percepii il suo corpo vibrare a causa delle risatine trattenute.
- Non hai notato i suoi occhi... o i suoi capelli tanto per dirne una? Praticamente era la tua copia al femminile e persino un cieco se ne sarebbe accorto. E' da molto ormai che ho capito di non sentirmi attratto da nessuno che non sia tu o, almeno, qualcuno che ti assomigli anche solo vagamente. -
- Ma che stai dicendo...? - sussurrai io mentre mi sentivo totalmente perso e scioccato alla sua confessione. - Insomma, noi siamo solo amici... lo hai detto tu stesso più volte!
- No, Matty, ora lasciami parlare. Tu sei la persona più importante di tutta la mia vita, preferirei morire piuttosto che perderti e, credimi, questa è la cosa più sincera che sia mai uscita dalla mia bocca. Probabilmente domani mi dimenticherò di avertelo detto, probabilmente sarebbe stato meglio se non lo avessi mai fatto; ma, ti prego, per stanotte sbagliamo e comportiamoci come vorremo e non come dovremmo. Domani non cambierà niente ma, ti prego, amiamoci solo per stanotte. Probabilmente io comunque domani non sarò cosciente di quel che è accaduto. -
Si mise seduto e mi guardò, tentando di captare la mia risposta nonostante l'oscurità non gli permettesse di scorgere il mio volto.
Non percependo alcun segno di diniego da parte della mia figura sdraiata, si chinò facendo scorrere piano le labbra lungo il mio mento, probabilmente in cerca delle mie.
RagazzI? Nel senso di ragazzi maschi?
Avvertii la sua lingua leccare malandrina il mio labbro inferiore, come a voler chiedere il permesso.
Inutile dire che lo ottenne.
Continuammo a baciarci, mentre le sue dita sfioravano con leggerezza il mio petto e le mie mani erano affondate nei suoi morbidi capelli biondi.
Questo non era uno dei miei film mentali, era la realtà ed io non riuscivo a crederci.
Si sdraiò su di me, alzandomi la maglietta e tracciando il contorno delle mio costole fino a sfiorarmi l'ombelico, quasi a volersi imprimere le linee del mio corpo nella propria memoria a vita.
 ...purché quel ragazzo non sia io, okay? Non voglio che la nostra amicizia si incasini per una cosa del genere... Me lo prometti?
Le sue labbra percorsero il profilo del mio collo fino ad arrivare alle clavicole per lasciarvi un succhiotto ed io allacciai le gambe attorno ai suoi fianchi snelli avvicinandolo ancor di più a me.
Me lo prometti?
Gemetti piano quando le sue dita sfiorarono i miei capezzoli, facendoli inturgidire e gli alzai il mento per poter incontrare nuovamente la sua bocca.
… prometti?
Si scostò lentamente da me, un filo di saliva ancora e legarci ed abbassò la mano al bottone che teneva chiusi i miei pantaloni di flanella facendomi rabbrividire.
Improvvisamente sentii la gola diventarmi secca.
Non potevo farlo.
Afferrai il mio migliore amico per le spalle e, con un piccolo scatto di bacino, invertii le posizioni stingendo fra le mani i suoi polsi sottili,  specchiandomi per quanto possibile in un paio di occhi azzurri con le pupille talmente dilatate da far quasi scomparire l'iride.
- Scusa Mel, non posso farlo. Te l'ho promesso. E, in tutta sincerità, ci tengo troppo a te per rischiare tutto solo per un “probabilmente”. -
Gli mollai i polsi e mi alzai dal letto, andandomi a sdraiare sul divano in salotto, con Aki a farmi compagnia acciambellato sul petto che ancora sentivo formicolare per quelle dita invisibili.
Quello fu il quarto errore.



*avete colto la citazione di L?;)

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Capitolo 8
*** Speciale Halloween: fra criceti scomparsi, conigli che tentano di essere diabolici ed Alice che ne sa una in più del diavolo! ***


BUON COMPLEANNO L!

Salve amici in ascolto:)
siete sorpresi di sentirmi di già, neh? Diciamo che, un paio di giorni dopo la stesura dell'ultimo capitolo, mi sono ricordata che – sorpresa! - la stessa settimana ci sarebbe stato Halloween e a me piacciono tantissimo le fanfiction a tema, quindi mi sono detta: - Ehi, perché non scriverne una? D'altronde hai una settimana di ferie (ebbene sì) -
Inizialmente ho pensato di pubblicarla a parte, senza inserirla in Don't leave me behind, poi mi sono ricordata di un accenno ad una foto scattata durante Halloween nel secondo capitolo, quindi eccomi qui:)
Grazie come sempre per i bellissimi commenti che mi avete lasciato e ai quali risponderò entro stasera, promesso;).
Dopo queste note che probabilmente nessuno di voi leggerà, vi auguro buona lettura e spero di riuscire a strapparvi un sorriso e, soprattutto di non annoiarvi troppo, dal momento che è la cosa più lunga che abbia mai scritto ^^.
Un bacione e alla prossima  ( che, statene certi, non sarà poi tanto presto ),
Amaya

PS: vorrei inoltre ringraziare Kasumi22 che ha betato questo capitolo

 

Speciale Halloween: fra criceti scomparsi, conigli che tentano di essere diabolici ed Alice che ne sa una in più del diavolo!

Quello sarebbe stato il peggior Halloween della sua vita, Matt lo sapeva così come sapeva di avere i capelli rossi e gli occhi verdi.
Innegabile, insomma.
O forse no.
Erano due settimane che litigava con Mello per la scelta del costume; come ogni anno, infatti, avrebbero dovuto travestirsi in coppia ma, mentre durante gli scorsi Halloween alla fin fine mettersi d'accordo non era stato poi così difficile, quella volta sembrava un'impresa titanica.
- In tutta sincerità, non capisco che problema ci sia se io mi vestissi da Jack lo Squartatore e tu da vittima. Pensaci bene, faremo un figurone! Senza contare che sono abbastanza certo di riuscire a prendere un po' di sangue dalla cucina... - per l'ennesima volta, la discussione fu introdotta da Mello; il quale si premurò di cominciarla proprio quando il compagno era nel suo mondo felice, totalmente inconsapevole di cosa accadesse all'esterno.
In altre parole, quando Matt era totalmente preso da Scrabby  e rischiò quindi di venire ucciso un'altra volta per quel futile discorso.
Mise quindi il videogioco in pausa e, dopo aver flesso più volte le dita nel tentativo di mantenere la calma, piegò le labbra nel dolce sorriso che gli usciva ogni qual volta cercava con tutto se stesso di trattenere l'istinto omicida.
- La ragione, mio caro, è che Jack lo Squartatore squartava solo donne. Nella fattispecie, prostitute, pezzo d'idiota che non sei altro. -
L'altro sbuffò infastidito a quelle parole, per poi continuare imperterrito un dibattito che si era ripetuto almeno altre cinque volte quel giorno.
- Guarda che per me puoi anche vestirti da prostituta maschio, non ho mica strane perversioni, dovresti saperlo. - Piccola bugia, ma a chi sarebbe mai importato? A Matty, ovviamente.
- Si chiama gigolò, e te lo puoi tranquillamente scordare. Se ci tieni tanto, perché non ci scambiamo i ruoli? -
Mello sbuffò nuovamente, sapendo benissimo che l'altro già era a conoscenza della risposta.
- Esatto Mel, perché altrimenti non ti divertiresti... - concluse infatti Matt, stingendosi poi nelle spalle e continuando il gioco.
In realtà era un po' preoccupato dalla situazione; si conosceva abbastanza bene da sapere che, se il compagno avesse continuato ad insistere con la storia Jack lo Squartatore-e-Prostituta, avrebbe ceduto prima o poi.
Stupidi occhioni azzurri. E stupido io che gli ho fatto vedere il film con Johnny Depp; insomma, chi scorgendo quel gran bel pezzo di esemplare di maschio non avrebbe voglia di reinterpretare il film?
Matt sospirò stancamente fra sé, chiedendosi come diavolo sarebbe mai riuscito ad uscire da quella situazione schifosa.
Non poteva però sapere che la risposta sarebbe giunta a breve.
Un paio di giorni dopo, infatti, accadde un fattaccio.
Insomma, in realtà fu un incidente ma, come Matt ha sempre detto più volte, Mello è un idiota e, in quanto tale, deve comportarsi da idiota.
Era mattina e, come ogni mattina, Mello si era portato di nascosto la tazza di caffè presa per colazione dalla mensa in camera; infischiandosene di tutte le volte in cui l'amico gli aveva ordinato di non farlo perché avrebbe  potuto sporcare le loro cose.
Mello camminava quindi avanti e indietro per tutta la lunghezza della stanza, pensando e ripensando a come convincere Matt a travestirsi da prostituta; finché, proprio mentre passava affianco alla televisione, sentì un rumore improvviso provenire dalla finestra aperta – probabilmente qualche ragazzino che stava giocando in cortile – e si voltò di colpo.
Il caso volle che quel giorno il ragazzo avesse deciso – come suo solito – di fare il ribelle e non indossare la ciabatte, ma un paio di calzini bianchi di cotone, e che il pavimento fosse in parquet.
Solido, chiaro, lucido parquet.
Solido, chiaro, lucido e scivoloso parquet.
La conclusione fu quindi una sola: scivolò colpendo violentemente il pavimento con l'osso sacro e portandosi quindi anche la tazza di caffè con sé.
Ora, come tutti sappiamo, il caffè è un liquido e, in quanto tale, se il contenitore che lo racchiude subisce movimenti bruschi, difficilmente rimane fermo al proprio posto.
Naturalmente la catastrofe si sarebbe potuta evitare se solo Mello avesse avuto la decenza di tenere diritto in qualche modo il braccio con cui reggeva la tazza – cosa che, fra l'altro, viene alle persone normalmente piuttosto istintiva -; lui invece ebbe il buon senso di muovere con decisione il braccio a destra, ergo, la direzione in cui si trovava il televisore.
E cosa era posta vicino al televisore?
Esatto, la console di Matt.
Quest'ultimo entrò proprio in quell'esatto instante, probabilmente chiedendosi per quale strana ragione l'amico non fosse in mensa a fare colazione come tutti gli altri studenti; nulla avrebbe però potuto prepararlo a ciò che gli si parò davanti.
Mello era infatti ancora seduto a terra e si massaggiava il fondo schiena lamentandosi a bassa voce per la botta subita e, nel mentre, guardava con aria decisamente perplessa la tazza di ceramica bianca ormai vuota; la console dietro di lui fumava.
Avete capito bene, fumava proprio.
Matt l'aveva lasciata in stand-by prima di dirigersi al piano di sotto per fare colazione.
Il ragazzo a quella vista sbiancò di colpo per lo shock, per poi avvampare a causa della rabbia che improvvisamente lo prese.
- Tu... - sibilò. -... razza di deficiente! Quante dannatissime volte ti avrò detto di non portare il caffè qui in camera?! Quante?! Già mi sporchi di ditate di cioccolata gran parte delle mie magliette a righe, ed ora mi porti via anche la console?! - Gli si accanì contro prendendolo per il colletto del maglione nero ed avvicinando i loro volti talmente tanto da far quasi sfiorare i loro nasi.
Mello sgranò per un momento gli occhi chiari per poi scoppiare nella sua classica risata da pazzo.
- Credi sia stato semplicemente un caso? Beh, ti sbagli! Così magari la smetterai di ignorarmi e inizierai a prestare un po' di attenzione al problema Halloween! -
La verità era che, semplicemente, non voleva ammettere di essere stato sconfitto da un paio di calzini, ma andiamo avanti.
Ora, se Mello non avesse mentito probabilmente Matt si sarebbe sì infuriato, ma non al punto di pensare seriamente di far fuori l'amico; per poi ricordarsi che, dopotutto nella sua lista delle priorità la console veniva subito dopo Mello e quindi ci avrebbe rimesso comunque.
Poco prima di sferrargli un pugno in faccia, quindi, si fermò ed incurvò lentamente le labbra in un ghigno satanico che mai aveva preso vita sul suo volto; facendo così spaventare molto più il compagno di quanto mille insulti e pugni potessero fare.
- Molto bene. - Disse quindi il minore, con ancora il ghigno stampato in faccia; mollando la presa sul colletto della maglietta nera che l'altro indossava. - Vorrà dire che tu, per ripagarmi dal danno molto probabilmente irreversibile che la mia play station ha subito, dovrai vestirti nel modo da me stabilito per Halloween. E, -  e qui il ghigno si allargò ulteriormente, - ti posso garantire che non ti piacerà. -

 

La Wammy's House sfornava geni di tutte le età da generazioni.
Le classi erano formate in modo che gli studenti potessero spronarsi sempre l'un l'altro, cercando di migliorare se stessi; inoltre, per evitare che lo sviluppo di questi baldi giovani fosse prettamente scientifico ed individualistico, Roger ebbe la grande idea di far sì che ogni classe “adottasse” un animaletto.
Anche la classe di Matt e Mello quindi ne adottò uno; si trattava di un criceto e, dal momento che i ragazzi, per quanto potessero essere geniali, peccavano di fantasia, lo chiamarono Hamtaro.
Hamtaro non era un granché, era piccolo e spelacchiato, con la pelliccia bianca e arancione – proprio come il protagonista dell'anime da cui aveva preso il nome, insomma. Le ragazze lo adoravano e partivano all'assalto per accarezzarlo non appena entravano in classe; fu probabilmente per questo che, neanche due mesi dopo il suo arrivo, Hamtaro morì d'infarto, gettando la classe nella più completa disperazione.
Roger si premurò quindi di comprarne un altro – questa volta nero come la pece e con due malvagi occhietti che sembravano progettare uno sterminio di massa -, che fu chiamato: Hamtaro II: la Vendetta.
E no, non ci furono abbreviativi.
Hamtaro II: la Vendetta non era un bravo criceto, mordeva chiunque osasse toccarlo e scappava di continuo dalla gabbietta; portando così Roger a decidere che quel piccolo esserino malefico sarebbe stato accudito a rotazione da tutta la classe – questo anche per sventare probabili futuri assalti.
Nella settimana in cui quell'anno cascava Halloween toccò a Britt e alla sua compagna di stanza Nora tenere il criceto.
Le due erano grandi amiche ed adoravano immensamente gli animali – probabilmente fu per gran parte colpa loro se Hamtaro morì d'infarto -; non si fecero quindi troppi problemi ad avere quella piccola macchia di petrolio a scorrazzare in giro per casa.
Britt era una ragazzina minuta dai lunghi capelli biondo platino e con un paio di grandi occhi castani; tuttavia, dal momento che aveva sempre desiderato averli viola, indossava ogni giorno dalla mattina alla sera delle lenti a contatto colorate.
Era una grande appassionata di cucito e faceva da costumista al club di teatro – sì, avevano anche quello -; stava inoltre insieme da due mesi a quella parte ad un ragazzo dal fisico alto e allampanato di nome Eric.
Sfortunatamente i due spesso litigavano e Britt aveva ormai preso l'abitudine di confidarsi con Matt, dal momento che la sua fama di cupido e consulente di coppia era nota in tutto l'istituto.
Fu quindi a lei che si rivolse Matt per chiederle di confezionare per se stesso e per il suo migliore amico dei costumi di Halloween, questo però solo quattro giorni prima il 31 ottobre e senza sapere esattamente che taglia portasse Mello.
Ciò alterò non poco la ragazza, soprattutto quando, dopo aver chiesto un minimo di informazioni in più da parte del ragazzo, questi le rispose: - Di fisico è circa come me, forse un po' più alto di un paio di centimetri. O forse quattro. Chissà. Ah, credo anche che le sue spalle siano leggermente più larghe, ma tu non ti preoccupare, comunque venga fuori il vestito andrà bene. -.
Ecco, in quel momento Britt prese seriamente in considerazione l'idea di strangolarlo con il metro da cucito.
Ma poi si trattenne.
Le serviva un consulente di coppia, dopotutto.
Fu così che Mello si ritrovò continuamente tallonato da una Britt leggermente isterica che tentava invano di prendergli le misure senza farsi notare.
In fondo, se non poteva portare Maometto alla montagna, avrebbe portato la montagna a Maometto, no?

 

- Non riesco a credere che  l'abbia fatto davvero! - mormorò rabbiosamente Maometto – ossia Mello – passando le dita sul corpetto di in organza azzurra e premurandosi di non essere sentito da Matt che lo aspettava al di là della porta del bagno.
Guardò per un attimo il suo riflesso nello specchio del bagno, dovendo ammettere a se stesso che, nonostante tutto, quel vestito gli stesse piuttosto bene.
Consisteva in un abito tagliato all'altezza delle ginocchia, con un corpetto aderente e le maniche a sbuffo, una gonna a campana con sottoveste ricamata in pizzo bianco dalla quale spuntava il bordo dei boxer neri che si era messo quella mattina.
Fortunatamente, Matt aveva avuto il buon cuore di non fargli indossare ballerine o – e qui Mello rabbrividì vistosamente – calze autoreggenti; quindi ai piedi portava le sue solite sneakers talmente consumate da far sì che il bianco naturale delle scarpe fosse diventato grigio.
- Esci, dai! Sono proprio curioso di ammirare cotanta bellezza! - esclamò divertito Matt dall'altra parte della porta, mentre già si immaginava malignamente l'espressione seccata dell'amico che, sicuramente, si sarebbe messo a fargli una scenata non appena avesse messo piede fuori dal suo rifugio.
L'altro invece uscì tranquillamente dal bagno, premurandosi di ancheggiare leggermente in modo da mettere in risalto la sottoveste bianca che gli sfiorava le ginocchia.
Ammetto che è piuttosto sexy, tuttavia vederlo così mi fa un po' paura... Rifletté il più piccolo dei due, toccandosi pensieroso le orecchie da coniglio che aveva in tesa.
- Quindi era questo che avevi in mente? Alice e il Bianconiglio? Vabbè, ora che sono in ballo mi conviene ballare. - L'altro se ne stette zitto, contemplandolo attonito. - Usciamo? - Gli domandò tranquillamente Mello, studiando attentamente con la coda dell'occhio la reazione dell'amico alle sue parole.
- Veramente... io... cioè, tu... - Matt non riusciva davvero a crederci: non sarebbe dovuto andare in quel modo! Mello avrebbe dovuto iniziare a fare l'isterico e, magari, per una volta gli avrebbe chiesto scusa; lui a quel punto avrebbe finto di diventare improvvisamente misericordioso e gli avrebbe dato il permesso di togliersi il vestito.
Dopotutto si era detto che sì, Mello meritasse una piccola vendetta, ma non aveva realmente intenzione di farlo andare in giro per l'istituto a chiedere dolcetto o scherzetto conciato così!
Nonostante avesse dovuto passare giorni interi ad assediare l'ufficio di Roger pregandolo di comprargli una nuova console, Matt aveva ancora un cuore.
Mello a quanto sembrava no.
Ghignava fra sé, notando lo sguardo sconfitto e vagamente disperato dell'amico e godendosi le attenzioni che otteneva da parte di tutto l'istituto; soprattutto dal momento che le ragazze sembravano trovare la sua versione femminile molto più sexy di quella maschile – si fa per dire.
Ancora Matt non poteva saperlo, ma aveva involontariamente dato il via ad il nuovo look di Mello che, da quel momento in poi, avrebbe deciso di vestirsi in modo aderente e scollato dopo la bella esperienza di quella notte.
Quando poi, nel bel mezzo della serata, Mello fece notare al suo povero Bianconiglio che sarebbe stato il caso di fare un salto da Britt per ringraziarla di aver realizzato dei costumi così belli - senza accennare minimamente al suo desiderio di travestirsi da Jack lo Squartatore- , Matt credette seriamente che il suo migliore amico fosse stato rapito dagli alieni.
Dov'è la giustizia divina in tutto questo?!
Si chiese scuotendo la testa come un pechinese triste sotto lo sguardo divertito di Mello che bussò alla porta delle ragazze.
- Avete visto Hamtaro II: la Vendetta? - esplose subito Britt non appena aprì loro la porta.
I due si scambiarono uno sguardo perplesso. - No... avremmo dovuto? -
- E' da tre ore che lo stiamo cercando! Se non lo troviamo siamo MORTE! - replicò la ragazza spalancando gli occhi violetti e afferrando il povero Matt per il bavero del gilet  blu da Bianconiglio.
- Secondo me, una di voi due gli si sarà seduta sopra... - commentò annoiato Mello, già pronto a girare i tacchi e ad abbandonare l'amico che ormai si era fatto paonazzo per la mancanza di ossigeno.
- Mel. - Lo richiamò quindi con voce strozzata, notando che la ragazza non aveva la minima intenzione di mollare la presa. - Non credi che sarebbe una buona idea aiutare Britt e Nora con la ricerca di Hamtaro II: la Vendetta? Dopotutto lei ci ha confezionato dei vestiti così belli... - E mi sta strangolando, aggiunse mentalmente. - Lo hai detto tu stesso, giusto? -
L'altro scrollò le spalle sottili ancor fasciate nelle maniche in  organza e finalmente Britt lasciò la presa su Matt che crollò a terra boccheggiante.
Passarono la serata vagando di stanza in stanza, di corridoi i corridoio, chiedendo a chiunque capitasse loro davanti se avesse per caso scorto anche una minima traccia del malvagio animaletto.
Trovarono ed interruppero  una coppietta che si stava baciando mezza sdraiata su uno dei tavoli della mensa, in compenso.
Matt avrebbe avuto nuovi clienti.
Alle tre di notte, ormai sconfitti, tornarono nella loro camera, decidendo di comune accordo di non passare nuovamente da Britt, giusto per evitare eventuali attacchi.
Fu quando aprirono la porta che lo scovarono.
Sul letto di Mello.
A mangiare cioccolata.
- Giù dalla mia cioccolata, bestiaccia! - strillò Mello ghermendo Hamtaro II: la Vendetta pronto a lanciarlo contro il muro per punizione, mentre lo splendido vestito da Alice gli pendeva basso sui fianchi, dal momento che aveva già iniziato a sfilarlo.
- Ma sei impazzito?! Posa subito quel criceto, idiota! Se gli capita qualcosa, Britt mi ammazza! - urlò di rimando Matt per poi, vedendolo tentennare, aggiungere speranzoso: - Alice non era amica degli animali, in fondo...? -
- Ah, ora ti giochi la carta di Alice?! Come diavolo ti è saltato in mente di farmi vestire in questo modo, eh? E' stato umiliante! - Piccola bugia, ma l'altro non lo avrebbe mai saputo...
- Io non volevo neppure che tu uscissi dalla camera, deficiente! Hai fatto tutto da solo! E poi è stata solo colpa tua che mi hai rotto la Play per un motivo tanto futile!-
- Sono scivolato, cretino!- Esplose Mello, non notando che nel frattempo Hamtaro II: la Vendetta era riuscito a sfuggire dalla sua stretta per tornare a mangiare il cioccolato 100% extra fondente, in barba alla possibile morte per avvelenamento.
- E allora perché non me lo hai detto?! - ribatté Matt sentendosi vagamente in colpa per non averlo capito subito: dopotutto la scena era abbastanza palese.
- Perché non volevo fare la figura dello stupido proprio davanti a te! - rispose di getto Mello, per poi arrossire a quell'ammissione.
Matt abbassò lo sguardo alle babbucce pelose a forma di zampa di coniglio che aveva per scarpe. - Non mi sarebbe importato... -
Entrambi se ne stettero in silenzio per diversi minuti, l'uno di fronte all'altro senza però guardarsi negli occhi; finché non sentirono lo squittio felice di Hamtaro II: la Vendetta che continuava nel mentre a sgranocchiare.
- Scusa – Sussurrarono in contemporanea, alzando poi lo sguardo e sorridendosi a vicenda.
- Ehi, ti andrebbe di fare una foto per immortalare il momento? - Suggerì improvvisamente Mello ripescando la sua macchina fotografica da sotto il letto.
- Per me va bene, - rispose Matt scrollando le spalle, - purché ci sia anche Hamtaro II: la Vendetta con noi. -
Ancora non potevano saperlo, ma quella foto sarebbe stata portata da Matt a Los Angeles, e li avrebbe sorvegliati silente dal comodino vicino al letto ricordando loro quella strana avventura.

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