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- EHI!! Ho detto che mi serve una pinza!!! – tuonò una voce
da sotto una moto da strada, una Yamaha YZF R1. Una decina di frugate dopo il
gentile richiedente vide l’attrezzo in questione sventolare a pochi centimetri
dal suo viso:
- Tante grazie… - borbottò afferrandola. Il silenzio si
prolungò a lungo, interrotto solo dai rumori che faceva per riparare l’impianto
di frenata e dallo sfogliare di numerose pagine in sottofondo. Alla fine sentì
un rumore di fogli gettati su un tavolino e un sonoro sospiro.
Il giovane uscì da sotto la moto e guardò il “collega” senza
fiatare:
- Il sistema di sicurezza è parecchio complicato, ma ho
trovato il modo di aggirarlo. Vedi di sbrigarti a sistemare quella moto Arkel,
entriamo in azione fra tre giorni. – sbottò con aria parecchio stanca. Erano
almeno 10-15 giorni che rimuginava su fogli e schemi al computer e si sentiva
pressoché esausto:
- Agli ordini, Arsenio Lupin. – mugugnò quasi
incomprensibilmente il primo tornando a concentrarsi sulla sua “paziente”.
Il cosiddetto “Arsenio Lupin” si alzò e ficcando le mani in
tasca si diresse verso la villetta fuori mano che occupavano da pochi mesi. Questa città non mi dispiace, potremmo
anche stabilirci qui vita natural durante… pensava distrattamente.
Diede una spallata alla porta d’ingresso perennemente
accostata ed entrò nella frescura dell’atrio, mentre una musica assurda gli
disturbava le orecchie. Mugugnò qualche irripetibile insulto contro un non
meglio precisato figlio del Don e si diresse spedito in cucina.
Quando aprì il frigorifero si sentì esasperato: più deserto
di un deserto. Il Sahara sarebbe impallidito al confronto, potendo contare su
Tuareg e turisti.
In quella entrò una specie di turbine, il buongustaio del
diapason:
- Bravo Madian, ti sei messo alla ricerca del Tesoro
Perduto! Se trovi qualcosa fammelo sapere, ok? Io intanto do un’occhiata nelle
altre stanze! – fece per svignarsela ma venne trattenuto da un ruggito che di
umano aveva ben poco:
- Mitja!! Non ti avevo forse ordinato di fare
la spesa?!? Sono stato molto occupato, come pure Arkel, ed eravamo d’accordo
che te ne saresti occupato tu, o sbaglio? – più che una domanda era una
minaccia:
- Ah… ehm… il fatto è che, vedi… sto ideando un nuovo
esplosivo, quello dell’ultima rapina era un po’ troppo rumoroso, ricordi? Così
io… - il malcapitato non riuscì a finire, a due centimetri dal suo naso una
bestia feroce lo minacciava, trattenendo le mani dietro la schiena per non
utilizzarle precocemente:
- Me ne sbatto altamente dei tuoi esplosivi, tu adesso
prendi il tuo catorcio di macchina e in meno di 20 minuti tornerai con i
rifornimenti per almeno 15 giorni, o com’è vero che mi chiamo Madian la
prossima cassaforte che svaligeremo i poliziotti non la troveranno vuota: il
cadavere di un giovane e sconosciuto russo ornerà bellamente il pavimento come
una pelle d’orso bruno nella capanna di un cacciatore cosacco, mi sono
spiegato? – queste parole erano state sibilate con la massima calma, ma con una
spaventosa luce omicida negli occhi.
Due minuti dopo Mitja sfrecciava lungo la statale per
raggiungere il più vicino supermercato, asciugandosi il sudore freddo dalla
fronte. Quando il capo perde la
pazienza sono dolori…
~~~~~
4 giorni dopo, all’altro capo della città
“Il noto ladro Zar colpisce ancora. Nel suo mirino è
caduta la National Bank”
Il giornale così titolato venne sbattuto violentemente su un
ampio tavolo da architetto, ingombro di progetti:
- Maledizione! – sbraitò una giovane di circa 26 anni,
alzandosi in piedi di scatto e prendendo a camminare furiosamente per tutto il
diametro del suo ufficio.
Nella stanza accanto la sua segretaria, Fedra, una ragazzina
appena diplomata di 19 anni, aveva saltato sulla sedia per lo spavento. Sistemò
gli occhialini sul naso, adocchiando la sua datrice di lavoro attraverso la
porta spalancata e chiedendosi quale nuova sventura avesse avuto l’ardire di
avvenire senza il suo esplicito permesso.
Dopo vari borbottii la bella mora si affacciò allo stipite:
- Non ci sono per nessuno!! – sentenziò sbattendo la porta e
isolandosi dal mondo: aveva bisogno di pensare in perfetta calma.
“Quel maledetto ladruncolo, si è messo nella testa di
stabilirsi nella mia stessa città, eh? Ma gliela farò passare io la voglia di
rubarmi il mestiere! Lui non sa ancora con chi ha a che fare!!” pensava sempre
più furente.
Dopo un’ora una furia uscì dall’ufficio:
- Io me ne vado Fedra, se vuoi puoi uscire anche tu, per
oggi ne ho abbastanza! Ci vediamo domani mattina. – così dicendo fece sbattere
la porta dello studio facendo picchiettare i tacchi sugli scalini del
condominio.
Rapidamente recuperò la sua auto e in 5 minuti sfrecciava
per le vie iper-affollate della città. Litigò con un paio di lumaconi su 4
ruote, sgommò un paio di volte ai semafori e finalmente giunse a destinazione.
Parcheggiò in divieto di sosta e si diresse risoluta verso
un’elegante palazzina, interamente di proprietà di una sua conoscente. Certo che la sua consulenza deve
fruttarle parecchio se si permette una casetta del genere…
Suonò ad un campanello e un istante dopo una domestica
dall’aspetto bonario aprì la porta col sorriso:
- Buonasera signorina, desidera vedere la signora? -
- Sì, grazie. – rispose laconica:
- Allora la annuncio subito, la signora è nello studio. – la
ragazza esitò un istante, poi fermò la domestica con decisione:
- Non è necessario Elettra, me la sbrigo da sola con la
rigida formalità della padrona di casa. Torni pure al suo lavoro e grazie di
tutto! – fece un pallido sorriso mentre si allontanava. Bussò tentando in tutti
i modi di non sfondare la porta per l’agitazione:
- Avanti! – una volta entrata la donna seduta alla scrivania
prese a rimproverarla senza nemmeno guardarla: - Mia buona Elettra, quante
volte devo ripeterle di essere più delicata quando bussa? Un giorno di questi
mi farà morire di spavento, non mi piace per niente… - ma non poté finire:
- Finiscila di atteggiarti a Granduchessa d’Austria, non mi
incanti! – esordì la ragazza con un sorriso irriverente. La donna alzò il capo
sbalordita:
- Oh, Haydée, sei tu! Accidenti a quella domestica, le ho
ripetuto mille volte che deve essere lei ad annunciarmi le visite! – fece non
contenta che la sua arringa fosse stata interrotta:
- Alt, alt!! Ho insistito io per non essere annunciata, ma
adesso vedi di smetterla con queste stupide cerimonie! Ho un problema con la
“P” maiuscola! – si accasciò su una poltroncina con sguardo deciso:
- Sentiamo! – sbuffò la donna. I modi sempre eccessivamente
spicci della ragazza la esasperavano a volte!
- C’è questo Zar che mi sta rovinando la reputazione, tra un
po’ sarà lui il padrone della città! – brontolò gettando sulla scrivania il
famoso giornale, ormai completamente stropicciato, col titolo a caratteri
cubitali. La donna gli diede un’occhiata:
- Uhm… sì, ne ho sentito parlare anch’io. Pare che non sia
niente male: porta a termine lavoretti puliti con la rapidità di un lampo. Vuoi
altre informazioni su di lui? -
- Sarebbero estremamente utili, grazie. Però c’è un’altra
cosa che mi interessa in questo momento. – mormorò socchiudendo gli occhi con
lo sguardo perso nel vuoto:
- Sarebbe? -
- Sybil, ho bisogno di un lavoretto. Una cosa da far girare
le budella alla polizia. Devo realizzare il colpo dell’anno, o perderò la
faccia. – riprese con un sorrisetto diabolico. La donna di fronte a lei si
appoggiò allo schienale della poltrona di pelle marrone ultracomoda
perfettamente in tono con l’elegante studio:
- Fammi fare un paio di telefonate. Credo di avere quello
che fa per te. -
- Un furto da Bulgari, eh? – mormorò la giovane tra sé.
In meno di 3 giorni Sybil, la migliore informatrice sulla
faccia della terra, nonché suo Angelo custode, le aveva già fatto avere
piantine, informazioni sui sistemi di allarme e nomi dei fornitori per
l’attrezzatura:
- Esatto! La prossima settimana arriva una nuova parure,
l’ultima creazione sfornata dalle menti dei migliori orafi del mondo, un vero
tripudio di pietre preziose! È un’occasione unica, pare che i primi giorni, a
causa di vari contrattempi, non abbiano la cassaforte per riporla. Sarebbe da
sciocchi non tentare! – la 40enne gongolava con spudorata evidenza all’idea di
avere una percentuale sull’introito:
- La prossima settimana… non ho nemmeno 7 giorni per
prepararmi! – obiettò la ragazza. Si alzò in piedi dando bella mostra della sua
figura. Non era molto alta, non toccava il metro e 70 neanche di striscio, ma
era perfettamente proporzionata, dotata delle classiche curve sinuose
mediterranee. I lunghi capelli neri, mossi e ribelli come le onde del mare, le
incorniciavano un viso dai lineamenti regolari e puri. Il suo incarnato
piuttosto chiaro era dorato dal sole estivo, dando maggiore profondità ai suoi
occhi, di un marrone talmente scuro da sembrare addirittura neri. Erano occhi espressivi,
dalla forma leggermente allungata e rialzata verso le tempie, in un vago
richiamo orientale. Dopotutto nelle sue vene scorrevano anche gocce di sangue
indiano, grazie a una bisnonna paterna:
- Oh, quisquilie!! Sono sicura che ce la farai! – esclamò la
donna dal suo trono, agitando una mano in un tintinnio di anelli e bracciali.
La ragazza seguitava a studiare la piantina del negozio e della stanza con la
cassaforte, e incurvò le labbra generose in un sorrisetto:
- Sei troppo ottimista Sybil: mai sopravvalutarsi, l’hai
dimenticato? – mormorò soprappensiero.
La donna riprese a ciarlare, ma lei non la ascoltava più,
già immersa nella preparazione del suo prossimo colpo.
Raccolse tutta la documentazione cartacea e un cd, poi si
avviò alla porta:
- … ok, grazie di tutto, ti farò sapere se entrerò in
azione… - borbottò leggendo le informazioni sul sistema d’allarme:
- Ehi, Haydée, ma mi ascolti?! Nel cd ho inserito anche le
poche informazioni che ho trovato sullo Zar… ma… - la frase restò sospesa a
mezz’aria, la ragazza era già uscita da un po’.
Una volta a casa, entrò nascondendo i fascicoli nella sua
valigetta per l’ufficio:
- Sono a casa! – sbraitò chiudendo la porta d’ingresso con
un calcio e depositando le sue chiavi in un piattino sul mobile all’ingresso.
Una testa riccioluta castano-rossiccia si affacciò dalla
porta sul fondo del corridoio dell’ampio appartamento, il naso e la bocca
sporchi di cioccolato:
- Ciao!! Indovina cosa stavo facendo? – chiese una vocetta
squillante. La mora rise:
- Fammi indovinare Phénice, hai rispolverato il kit del
piccolo alchimista, con annesso manuale redatto da Lucrezia Borgia? – azzardò
perplessa, ricevendo una linguaccia in risposta:
- Malfidente!! Solo perché l’ultima volta ho scambiato il
sale per zucchero non vuol dire che non sia in grado di fare una stupida torta
al cioccolato!! – mugugnò la ragazza sparendo di nuovo nella cucina.
Haydée sospirò. Cristo
Santo, ha 2 anni in meno di me ma sembrano 20! Pensò ridacchiando mentre
si toglieva i sandali, poi la raggiunse in cucina:
- Solo dici? Chi è quella che ha rischiato una lavanda
gastrica al pronto soccorso?! Avrò ben il diritto di verificare, d’ora in poi!!
– fece tra il serio e il faceto:
- Fa’ un po’ come ti pare… - Ecco,
si è arrabbiata! Alzò gli occhi al cielo, lievemente esasperata:
- E va bene! Io non ti controllo, ma la prima fetta la
prossima volta te la ingozzi tu!! Io non ne voglio sapere, sia chiaro! –
riprese accondiscendente. La sua coinquilina sbuffò per un po’, poi si arrese:
- D’accordo… - mormorò rattristata, poi però la sua allegria
ebbe il sopravvento: - Allora, com’è andata al lavoro? – chiese raggiante.
Haydée scosse il capo sorridendo e osservandola di sottecchi, incapace di
comprendere tanto indistruttibile buonumore:
- Mah, al solito… però ho dovuto portarmi a casa alcune
pratiche, quindi dopo cena vedi di non fare baccano o giuro che mi trasferisco!
– minacciò ridendo, e tenendo come sempre la sua coinquilina all’oscuro dei
suoi traffici. Non doveva sapere del suo secondo lavoro:
- Sì mamma! Però quante storie per un po’ di musica! – si
imbronciò:
- Ehi, quella faccia da coniglietto spaventato non mi frega!
La tua non è musica, è baccano infernale, ragazzina! – riprese portandosi alle
labbra un bicchiere colmo di acqua ghiacciata:
- Quante storie per un po’ di Depeche Mode a palla! Sbaglio
o piacciono anche a te? – la rossa si puntò una mano su un fianco e con l’altra
armata di cucchiaio minacciava la sua amica:
- Sì, ma non quando devo lavorare. In più i vicini mi hanno
fatto una lavata di capo storica stamattina mentre uscivo, pare vivano come in
un pollaio e che al tramonto siano già a nanna… Comunque sia, visto che abbiamo
scovato questo appartamento per pura fortuna non mi sembra il caso di farci
buttare fuori a calci, noi e il nostro impianto Hi-Fi… - la sua voce si spense
sparendo nel bagno, mentre pochi minuti dopo l’acqua le scrosciava addosso.
Mentre si rilassava sotto il getto d’acqua pensava
ridacchiando alla sua coinquilina. Ormai dividevano casa da 4… forse 5 anni. Sì
5, da quando la riccia aveva cominciato l’università. Era strano, lei che non
aveva mai sopportato nemmeno vivere con i suoi genitori e che era letteralmente
fuggita di casa per abitare da sola, di punto in bianco dopo un anno e mezzo di
vita solitaria aveva affittato una stanza del suo nuovo appartamento (il motivo
per il quale si era trasferita preferiva non ricordarlo…) ad una matricola,
apparentemente timida e silenziosa. Non poteva certo sospettare che una volta
presa confidenza si sarebbe rivelata l’esatto contrario!
A parte gli scherzi però Phénice era diventata la sua
migliore amica e le aveva raccontato praticamente tutto di sé, omettendo
naturalmente il suo pallino per il furto di gioielli e di oggetti d’arte dai
nascondigli dei miliardari trafficanti di statue, quadri e via dicendo. Con
quella sua intramontabile allegria e voglia di vivere la compensava
perfettamente, lei che era cupa e indisponente verso tutti. Certo, non era
colpa sua, era stata la sua vita a farla diventare tale. Ma basta, non voleva
pensarci!
- Ehi, mamma!! Che ne dici se domenica ce ne andiamo al
mare? È qui a meno di 5 km e non ci andiamo mai! Ormai è primavera inoltrata,
la stagione è aperta!! – gorgheggiò l’oggetto dei suoi pensieri:
- Raccontala a qualcun altro: potresti inventarti scuse
migliori per andare a vedere qualche ragazzetto in boxer! E poi te lo dico
sempre: non devi essere tu a correre dietro agli uomini, fatti desiderare una
volta tanto, Cristo! – rispose acida:
- Non se ne parla, non voglio fare la tua fine, io non sarò
mai una zitella di mezza età! – come punzecchiatura, era parecchio bastarda:
- EHI! Zitella di mezza età a chi?!? – chiuse l’acqua e si
avvolse rapidamente in un accappatoio, scattando fuori dal bagno e inseguendo
la bella rossa per tutta la casa, mentre questa lanciava strilli acuti che
facevano tremare i vetri.
Una volta acchiappatala e spettinata per bene, Roba che quando la spazzola la vedrà le
si afflosceranno tutti i dentini, acconsentì alla “gentile” richiesta.
Tanto per la rapina c’era tempo.
Liberò la sua preda e si stiracchiò. E ora al lavoro, cocca!
~~~~~
Contemporaneamente, all’altro capo della città
- Ecco il mio sport preferito: OZIO!! – esclamò un biondino
accomodandosi meglio su un divano formato famiglia. Sperava una volta tanto di
riuscire a intavolare qualche discorso, anche frivolo, con il suo coinquilino
nonché “collega”, ma dopo una decina di tentativi andati a vuoto cominciava a
sentirsi… come dire… ignorato?!?
Sbuffò silenziosamente, chiedendosi cosa ci trovasse quello
scorbutico di così interessante in quella rivista di moto, tanto da esserci
immerso da in tempo che gli pareva infinito. Inspirò profondamente,
ripromettendosi che poi non avrebbe più tentato l’impossibile:
- Allora, cosa ne pensi del mio ultimo esplosivo?
Eccessivamente distruttivo? Però non ha fatto alcun rumore, vero? – lo guardò
speranzoso per almeno due minuti, ma come al solito niente. Si spettinò i
capelli biondo scuro con aria scocciata e decise di rispondere all’offesa con
la sua stessa moneta: ignorandolo!
Arkel in realtà non leggeva nemmeno la rivista, ripensava
alla loro rapina e all’eco prodotta sui quotidiani. Era mezzo infastidito dal
fatto che gli avessero appioppato un nome ovvio come “Zar”, e tutto solo perché
quell’idiota di Mitja si era lasciato sfuggire un’imprecazione da far tremare i
Santi in un perfetto russo, facendosi sentire come un pivello da un vigilantes
nascosto chissà dove. Eppure gli avevano detto migliaia di volte di non parlare
mentre lavoravano, col rischio che arrivassero alla loro identità! E dire che
il biondino non era né la mente, parte spettante a Madian, né il braccio destro
della banda, che naturalmente era lui. Certo, occuparsi degli esplosivi non era
uno scherzo, ma il suo orgoglio urlava di sdegno all’idea di essere confuso con
un pivello, figlio di emigranti nati all’ombra degli Urali.
Si passò una mano tra i folti capelli castano scuro, e
quello fu il suo unico segno di vita.
In quella il terzo occupante della villetta entrò con un
sorriso smagliante stampato in faccia:
- Oooh, finalmente qualcuno con capacità di variare
espressione! – sbottò il biondo lanciando un’occhiata di sbieco al musone della
casa, che naturalmente anche in questa occasione non lo degnò di un’occhiata,
visto che non lo ascoltava proprio:
- Non sei ancora riuscito a farlo parlare, eh? – chiese il
nuovo arrivato dirigendosi in cucina. Il russo lo seguì:
- Macché!! Lo vedi, se ne sta ore sprofondato in quella
rivista, e quando parla mi insulta!! Quando mi hai detto che avremmo avuto un
nuovo inquilino una volta trasferiti qui, non avevo idea che fosse una mummia!
Sentiamo, a cosa è dovuto quel sorriso? O stiamo facendo il gioco del silenzio
e non posso sapere nulla? – chiese appollaiandosi su uno sgabello e appoggiando
braccia e viso sul tavolo a penisola della cucina. Madian rise, stappando una
bottiglia di aranciata:
- Niente del genere! A proposito, hai trasferito il denaro
sui conti? -
- Certo, per chi mi hai preso? Solo perché ho dimenticato di
fare la spesa per una settimana non vuol dire che non sia affidabile!! Allora,
questa news? -
- Sì, come no… Beh, ho solamente acquistato un fuoribordo! –
annunciò raggiante. L’altro sgranò gli occhi:
- Ti sei dato alle spese pazze, eh? Quando avrò l’occasione
di provarlo? – chiese sentendo il buonumore riprendere quota:
- Mah, domenica dovrebbe essere già al porto, nel posticino
che ho prenotato… - soggiunse con aria d’importanza, strizzandogli un occhio
blu zaffiro scuro:
- Facciamo le cose in grande, eh? Bene, bene, magari per
rimorchiare… - ridacchiò Mitja:
- Idiota! -
- Sarà il motoscafo la copertura? – era Arkel
improvvisamente tornato al presente, appoggiato con noncuranza allo stipite, le
braccia conserte:
- Esatto! – rispose Madian:
- Copertura? Per cosa? Perché non sono mai al corrente dei
vostri segreti?? -
- Mitja, se tu prestassi attenzione quando discutiamo forse
non saresti perennemente all’oscuro dei nostri progetti. L’altra sera a cena,
mentre tu ti davi da fare con Final Fantasy, discutevamo sulla possibilità di
acquistare un magazzino al porto. Sai, per tenerci i proventi dei nostri furti
non facilmente smerciabili come il vil denaro. Ora, ho pensato che avere un
fuoribordo da tenerci durante l’inverno potesse giustificare l’acquisto di un
piccolo capannone… sotto al quale costruiremo di nascosto alcune camere segrete
come, diciamo… cassaforte. Ti piace l’idea? – gli occhi del russo
scintillavano:
- Posso ricavarle io le stanze? Ho un esplosivo perfetto per
questo lavoretto!! -
- Per chi mi hai preso?!! Certo che lo so guidare!! È da
quando sono un poppante che sogno di pilotare uno di questi cosi, so tutto! Ad
esempio, il davanti si chiama prua e il dietro poppa. – dichiarò con l’aria di
uno che ha appena scoperto l’antimateria. Madian si mise un mano sulla fronte,
con aria esasperata, mentre Arkel alzava gli occhi al cielo:
- Allora lo sogni da 10 giorni circa… andiamo bene… -
borbottò ironicamente:
- Ehi, bada a quello che dici!! Due anni in più non ti danno
il diritto di darmi del poppante, mister scorbutico!! Io adoro veramente le
barche, e ti ripeto il davanti si chiama… - Madian, in uno slancio di
generosità, interruppe la patetica arringa del russo, abbigliato per
l’occasione come un vecchio capitano di marina, con tanto di pipa e berretto
alla marinara che rendevano la situazione ancora più grottesca:
- Taci Mitja!! Lo sanno anche i bambini come si chiamano il
davanti e il didietro delle barche, non è una cosa da accademia navale! Facciamo
così: io la porto al largo e poi ti insegno a guidarla come si deve, d’accordo?
– chiese tentando di convincerlo:
- Come devo fartelo capire?! Da bambino avevo un motoscafo
giocattolo col radiocomando, e ti giuro che andava come una scheggia… -
- Piantala!! Accidenti a te, sarai anche mio amico ma
a volte hai la testa più dura di un caprone! Questo coso non è un giocattolo,
mi è costato fior di quattrini, e decido io chi lo guida! Adesso siediti a
poppa e fai silenzio! – una volta ristabilito l’ordine e ritrovata la
calma, mentre Arkel sghignazzava di gusto nel vedere Mitja scornato, riuscirono
ad allontanarsi dall’affollamento di barche a vela e yacht e a dirigersi in
mare aperto.
Dopo un buon quarto d’ora avevano dovuto fermarsi per
abbordare alla maniera piratesca uno yacht occupato da belle ragazze, su questo
punto il biondino era stato irremovibile.
Arkel era rimasto da solo sul motoscafo, poco interessato a
quel diversivo; si era seduto in equilibrio sul bordo con i piedi ammollo e
osservava alcune barchette a vela all’orizzonte, simili a fazzolettini gettati
al vento, mentre il sole scuriva ancora di più la sua pelle già abbronzata,
sotto la quale guizzavano ad ogni movimento una massa di muscoli ben
sviluppati. Si rasserenò, una volta tanto, ammirando quella calma tranquillità
e il mare azzurro, e inspirò profondamente. Amava l’odore del mare, odore di
salsedine e di libertà, odore di luoghi sconfinati e di natura onnipotente,
affascinante e terribile al tempo stesso.
Un cinguettio insulso e le risate di Mitja lo riscossero
dalle profondità dei suoi pensieri:
- Ehi, Capitan Uncino, perché non vieni anche tu? Questa
bagnarola è da favola! -
- No grazie. – grugnì in risposta, lo sprazzo di buonumore
già volato via:
- Andiamo, vieni a trovarci! Io mi chiamo Sonya, non vuoi
fare la mia conoscenza? – una bionda tinta, bocce di solo silicone, lo invitava
allungandogli una mano:
- Non se ne parla, miss plastica! Renditi utile e vedi di
rispedirmi i due latin lover, piuttosto. – sibilò velenoso. Ne aveva abbastanza
di ascoltare lo starnazzare di quelle oche.
Tempo 2 minuti e 10 secondi scarsi e i due pirati mancati
erano di nuovo sul fuoribordo:
- Si può sapere perché l’hai offesa? D’accordo, era un po’
troppo finta, ma la barca era sua e le sue amiche non erano assolutamente come
lei!! – Mitja era imbronciato come un bambino in castigo:
- Di che ti lamenti? 4/5 numeri di telefono li hai
collezionati comunque, mi pare! -
- Sei troppo diplomatico Madian! – commentò il russo.
Stavano avvicinandosi al molo per rientrare al porto quando
Madian scorse due figure sotto il faro. Anche Mitja le adocchiò, si alzò e parò
gli occhi azzurri dal riflesso del sole sull’acqua con una mano:
- Sono due ragazze! Che ci fanno lì? -
- Mi pare che una stia cercando delle conchiglie. – Madian
le scrutava incuriosito.
Dopo una giornata di sole le due ragazze si erano concesse
una passeggiata fin sul molo, poi Phénice si era avventurata tra gli scogli per
recuperare un cornettino che aveva scorto:
- Fai attenzione, non mi sembra il caso di dover scomodare
la guardia costiera per una sciocca conchiglia! – ma le raccomandazioni di
Haydée andarono a vuoto. Come al
solito, fiato sprecato!
- Di che ti preoccupi?! Ti ricordo che tra i tanti sport che
ho praticato è compresa la scalata! – rispose una vocetta allegra:
- Sì, come no! Sport che hai praticato una volta quando da
bambina i tuoi ti portavano in montagna… - biascicò tra i denti.
In quella un fuoribordo passò rombando dietro di lei. Si
volse richiamata da un istinto sconosciuto, e per una fugace frazione di
secondo i suoi occhi incontrarono quelli blu zaffiro del ragazzo moro al
timone. Fu solo un istante, ma sufficiente a darle una lieve scossa elettrica
lungo la spina dorsale che la sconvolse non poco.
Tornò a guardare Phénice, poi ancora il motoscafo che si
allontanava. Un biondino la salutava sbracciandosi, ma lei non rispose. Decise
di ignorarli e richiamò la ragazza:
- Andiamocene, ne ho abbastanza di mare per oggi! – borbottò
trascinandola via, pensando che era una fortuna che non li avesse visti
salutarla, altrimenti l’avrebbe obbligata a cercarli per conoscerli, insistendo
sul fatto che conosceva ragazzi solo dietro le sue suppliche, e che per una
26enne era un comportamento assurdo. “Neanche mia nonna è più statica di te!” le
diceva spesso. Comunque sia, voleva in tutti i modi cancellare la sensazione di
disagio che provava, e ci riuscì soltanto una volta al volante della sua Audi,
diretta verso casa.
Mitja sbraitava come un pazzo:
- Ma l’hai vista?!? Merita che torniamo indietro, no?? -
- Sei il solito arrapato!! Non torno indietro, chiaro? –
mugugnò lievemente adirato Madian, chiudendo il discorso. Una strana sensazione
lo pervadeva, e quello sguardo…
~~~~~
Quattro notti dopo, una via del centro
Giocherellò col piccolo radiocomando per alcuni istanti,
facendo alcuni respiri profondi per raccogliere le forze, poi premette un
pulsante e in pochi secondi vide spegnersi la spia sul rilevatore di movimento
della stanzetta. Da quel momento aveva si e no 10 minuti, dopodiché l’interruttore
di segnale che aveva allacciato al sistema di allarme si sarebbe
auto-distrutto, senza lasciare alcuna traccia del suo passaggio.
Uscì dal condotto di aerazione con un balzo felino e si
ritrovò in una piccola toilette. Lo
so che non è per niente elegante, ma è l’unico modo per entrare nella
gioielleria. Meglio, è l’unica alternativa a quella più immediata di procurarsi
un carro armato e far saltare la vetrina… il che comporterebbe un leggero
rumorino aggiuntivo…
La porta della toilette veniva chiusa ogni sera dall’ultimo
dipendente che usciva, tramite una scheda magnetica ed esclusivamente
dall’esterno. Maledetta tecnologia
dell’ultima generazione…
Posò in corrispondenza della serratura esterna un potente
smagnetizzatore e un minuto dopo la porta si aprì lentamente, lasciandole
libero il passaggio. Controllò che anche le spie delle telecamere del negozio
fossero spente, e visto l’esito positivo della sua verifica si diresse con
sicurezza a un ben preciso muro nel retro del negozio. Si mise una mascherina e
la parete e il mobile si ricoprirono di innumerevoli strisce rosse luminose.
Ripose il radiocomando e tirò fuori dalle tasche dei pantaloni da uomo che
indossava quella che sembrava una calcolatrice. Si tolse il giubbetto che
avrebbe potuto sfiorare i laser e insinuò il braccio destro, fasciato di una
sola maglia nera aderente. Il fondo del mobile verde scuro che ricopriva la
parete scivolava perfettamente, rivelando due casseforti a muro, una grande e
l’altra notevolmente più piccola. Hai
fatto cilecca Sybil, hanno fatto in tempo a metterne un’altra! Poco importa…
Allungò lentamente anche il braccio sinistro e posizionò la
“calcolatrice” sulla porticina più piccola; attese un minuto, poi un lievissimo
sibilo l’avvertì che era stata individuata la combinazione. Però è un modello semplice. Troppo per i
miei gusti… La compose, inserì un passe-par-tout per casseforti dove
sarebbe dovuta andare la chiave e un “clack” indicò che la cassetta era stata
violata. Intascò di nuovo la “calcolatrice” e la chiave universale, portandosi
appresso un voluminoso astuccio da gioielliere che faticò a far passare.
Richiuse tutto alla perfezione, senza impensierirsi per le
impronte visto che portava i guanti, tornò nella toilette chiudendosi al porta
alle spalle e intascando lo smagnetizzatore, poi con un balzo da ginnasta,
aiutandosi con il lavello, era tornata nel condotto dell’aria condizionata.
Mise a posto la grata e vide le spie della telecamera riaccendersi, lasciandosi
sfuggire un sorriso soddisfatto. Tempismo
perfetto!
Meno di un quarto d’ora dopo sgattaiolava fuori dal palazzo
per una porticina secondaria, in un vicolo buio. Frugava nelle diverse tasche
per trovare le chiavi della moto senza targa posteggiata poco distante sotto un
cumulo di rifiuti ingombranti, quando lo scatto di una pistola che veniva
armata le gelò il sangue. Istintivamente allungò la mano destra per prendere la
sua che teneva sotto il braccio sinistro, ma una voce alle sue spalle la
bloccò:
- Mani in vista Black Soul, e niente scherzi di cattivo
gusto. -
~~~~~
Poco prima, in una palazzina del centro
Sybil, nella vita comune Sophia, camminava avanti e indietro
senza tregua nel suo studio. Quella sera qualcun altro avrebbe tentato lo steso
furto che aveva in mente Haydée, cioè il ladro Black Soul.
La ragazza, come da accordi, le aveva mandato un’e-mail
criptata qualche giorno prima, informandola della data della notte nella quale
sarebbe entrata in azione. Quella sera la donna era uscita tranquillamente per
cenare con gente dell’ambiente, insieme a suo marito, e soltanto una volta
arrivati al dolce le era stata sganciata la bomba.
Al lato opposto del tavolo si trovava un vecchio
informatore, quello che le aveva fatto da mentore quando aveva deciso di
avventurarsi in quel lavoro. Ebbene, si era alzata per andare alla toilette e
aveva sentito una frase strana:
- Se ne occuperà stasera. non vedo l’ora di ammirare quei
gioielli, devono essere una favola!! Sarà sicuramente il colpo dell’anno! –
aveva proseguito per la sua strada, immaginando che parlassero del famoso Black
Soul, poi un particolare assurdo le era balzato davanti agli occhi: lei non
aveva ancora parlato del progetto della ladra! Aveva deciso di tenerlo per in
gran finale, quando fossero arrivati i caffè e i digestivi, per far andare di
traverso la cena a tutti!
Un’angoscia terribile la investì come una valanga di neve
gelida. Si precipitò fuori dalla toilette senza nemmeno ritoccarsi il trucco e
prese il vecchio per il bavero, sperando per il suo bene che parlasse di
tutt’altro genere di gioielli.
Quando lui le aveva detto chi stava, con ogni probabilità,
sgattaiolando dentro al negozio di Bulgari ebbe un principio di svenimento, che
venne seguito da un mezza crisi respiratoria del suo ex maestro quando seppe
dell’inconveniente.
Suo marito l’aveva riportata a casa immediatamente e aveva
letteralmente scaraventato giù dal letto la loro domestica per farle preparare
una camomilla tripla, che comunque non aveva sortito gli effetti sperati.
Sybil era in uno stato di agitazione pietoso, soprattutto
perché non aveva alcun modo per mettersi in contatto con la sua protetta. Si
accasciò su una poltrona con un sospiro melodrammatico: non restava che
aspettare e sperare. Con l’aiuto di un potente sonnifero, naturalmente!
Ayla, hai ragione! Non ho messo neanche uno straccio di
riferimento indiretto ai personaggi di cui parlavo! Scusami, spero che questo
cap riesca a chiarire a tutti le idee. Grazie per avermi segnalato la svista
colossale!! Me lo sentivo io che avrei combinato un macello prima o poi… ;p
Anzi, vi spiego: nella mia mente contorta, il vecchio
mentore di Sybil ha istruito un altro ladro, di cui leggerete tra poco, per
compiere la stessa rapina di Haydée. È H. a portarla a termine e a chiamarsi
Black Soul (lo so, è un nome assurdo, ma è il primo che mi è venuto in mente!)
perché si veste sempre di nero durante i furti. Tutto chiaro?
La Regina dei Ghiacci
Ancora giovedì notte…
- Mani in vista Black Soul, e niente scherzi di cattivo
gusto. -
Haydée alzò lentamente le mani, poi tentò di camuffare la
voce per sembrare un uomo, aiutata dal passamontagna in poliestere che
indossava. Da quando aveva iniziato quella “professione” si era sempre fatta
passare per un uomo, indossando passamontagna, giubbetti e pantaloni maschili,
ricoperti di tasconi che le deformavano le curve. Aveva adottato anche un
sistema sicuro per nascondere il seno, evidente anche con quell’abbigliamento:
si fasciava il torace, dalle ascelle alle ultime costole, in modo che anche
senza giubbotto non si capisse qual’era il suo vero sesso. Il nomignolo le
derivava dal fatto che vestiva sempre di nero:
- Attenta pupa, non sai con chi hai a che fare. – dalla voce
aveva capito che il suo aggressore era una donna:
- Invece lo so benissimo. Voltati. – Haydée obbedì,
dopotutto non era nella condizione di rifiutarsi. Volgendosi incontrò dapprima
la bocca spalancata di una Magnum, e poi…: - Sei piccolo ed esile, sembri un
ragazzino. Mi aspettavo di meglio dal grande Black! – commentò ironicamente la
donna. Haydée era metaforicamente a bocca aperta: davanti a lei c’era
l’incarnazione della compagna di Diabolik, Eva Kant! La stessa calzamaglia nera
ultra-sexy e lo stesso chignon di capelli biondi, anche se più scuri rispetto
alla trasposizione su fumetto. Il viso era freddo e inespressivo, nascosto da
metà fronte al naso da una mascherina nera, la pelle chiara del colore della
luna, ma quello che più la colpì erano gli occhi: grigi e taglienti come due
lame di ghiaccio, impenetrabili come la calotta antartica. Com’era il nome della cattiva di quella
favola che mio nonno mi leggeva da piccola… Ah, sì! La Regina dei Ghiacci!
Certo che dall’immaginarla al vederla dal vivo c’è una bella differenza…
- Solo perché non mi conosci… - rispose sprezzante dopo un
istante:
- Dubito che ci sia molto da sapere, comunque non è per
questo che sono qui. – allungò la mano sinistra: - Coraggio, dammi la parure. –
la mora sgranò gli occhi:
- Sei fuori strada, io non sgancio un bel niente! Se la
volevi, dovevi arrivare prima! – cominciava a spazientirsi, odiava essere in
posizione di svantaggio. Vide la donna fare una smorfia di disappunto:
- Potrebbe essere una buona serata per morire, sai? –
aggiunse glaciale. Haydée sentì una goccia di sudore freddo scenderle lungo la
schiena: - Avanti, la parure. – insisté. La ragazza si mosse lentamente,
allungando una mano ad una tasca dei pantaloni piuttosto appesantita, pensando
freneticamente a qualcosa per disarmarla. Ma la dea bendata aveva in serbo
qualcosa per lei: un topaccio di fogna delle dimensioni di un pastore tedesco
passò vicino alle gambe della bionda, distraendola per una frazione di secondo
che le fu sufficiente a infilare la mano destra sotto il giubbotto, estrarre la
pistola semiautomatica dalla fondina e raggiungere un pareggio:
- E ora come la mettiamo? – chiese con un sorriso diabolico,
nascosto alla sua interlocutrice. Erano in piedi una di fronte all’altra e si
fronteggiavano con la pistola puntata. La donna rimase soprappensiero per un
po’:
- Credo che dovremmo contrattare… - propose incerta. L’altra
annuì:
- Direi che è l’unica soluzione. A te la parola! -
- Vediamo… io potrei rinunciare alla parure… e tu potresti
accettarmi come compagna di squadra… - la proposta le sembrava ragionevole,
anche se non capiva cosa la spingesse a una richiesta simile:
- Perché?-
- Per affinare la mia tecnica. Allora, cosa ne pensi? -
- Uhm… la prima parte va bene… per la seconda avrei qualche
riserva, io lavoro sempre in solitaria… -
- Allora voglio la parure. – Ovviamente…
- … ma potrei fare uno strappo alla regola. Tuttavia vorrei
metterti alla prova: se riesci a presentarti al mio indirizzo entro una
settimana, sei dentro. - La donna ci pensò su, poi annuì:
- Mi sembra ragionevole. Allora a presto, Black Soul… -
abbassarono contemporaneamente le armi:
- Troppo ottimismo non ti porterà da nessuna parte.
Buonanotte Regina dei Ghiacci. – si volse per andarsene, ma la donna la bloccò
un istante:
- Niente nomignoli per favore. Se ce la farò saprai il mio
nome, altrimenti addio. – così dicendo svanì silenziosamente com’era apparsa.
Haydée ridacchiò compiaciuta, sicura che tanto non l’avrebbe mai trovata, poi
si avviò rapidamente alla sua Ducati 999 nera che giaceva ancora nascosta,
giusto in tempo per evitare il giro dei metronotte.
~~~~~
Sabato mattina
La donna era in muta adorazione davanti all’astuccio aperto
e non osava nemmeno sfiorare quel ben di Dio:
- Piace? – domandò Haydée con un ghigno soddisfatto sulle
labbra morbide. Per Dio, sono
riuscita a zittirla!! Mi sento come se avessi vinto alla Lotteria di Capodanno!
- Fa-vo-lo-si… - la ragazza scoppiò a ridere:
- Serve un cordiale? O i sali? Mi sembra che tu stia poco
bene… - ironizzò allegra:
- Hai visto il casino che ha fatto la stampa? – chiese Sybil
tentando di riprendersi da quella visione scintillante:
- Mmmh… sseee… ma mi è piaciuta di più la faccia del
proprietario del negozio! Poveretto, gli avrò fatto perdere almeno 10 anni di
vita… - sghignazzò ripensando al volto stravolto del pover’uomo che non
riusciva a spiccicare sillaba sotto le domande assurde dei reporter. Sybil si
raddrizzò sulla poltrona chiudendo l’astuccio per non avere distrazioni:
- E con l’altra?… Come te la sei sbrogliata? – la ragazza le
raccontò l’esito del loro scontro, mentre per la seconda volta la donna restava
allibita:
- A proposito… sai come si chiama? – chiese interessata. La
donna tracannò un bicchiere d’acqua per riprendersi:
- Compagna di lavoro… quella ti troverà sicuramente, e
allora saranno dolori… il suo nome? No, non lo conosco, è famosa perché è la
ladra senza nome… nessuno lo sa, nemmeno il mio vecchio mentore. Non te lo ha
detto? -
- Me lo rivelerà solo se riuscirà a trovarmi. Beh, metti in
cassaforte questo tesoro, io ho da fare e devo andare. – fece alzandosi e
indicando l’astuccio. La donna sorrise avidamente:
- Oh, non ti preoccupare, è in buone mani!! E dello Zar che
mi dici? – chiese socchiudendo gli occhi:
- Ah, sì… ho letto le informazioni che mi hai lasciato…
dubito che sia solo uno come crede la polizia: per quanto possa essere bravo, i
furti che ha organizzato necessitano in ogni caso di almeno un complice. –
rispose seria:
- Dici? E nemmeno tu ci riusciresti? -
- Se devo dirti la verità, dubito che ce la farei da sola. -
- Ah, allora devono essere almeno due cazzutissimi veterani!
Ti lascio andare, vedo che hai fretta. Ci vediamo presto! – fece agitando una
mano:
- Ciao Sybil… e vedi di evitare di sbavare sopra ai miei
gioielli! – urlò sparendo lungo il corridoio. La donna riaprì l’astuccio e si
mise in contemplazione, pensando che avrebbe anche potuto invecchiare lì.
~~~~~
Nel pomeriggio, al motodromo
Chiuse per bene il casco e uscì dai box. Dopo una manciata
di secondi sfrecciava già ai 150 km/h, superandoli in scioltezza. Percorse
tutta la pista alla massima velocità per diverse volte.
Ad un tratto notò nello specchietto retrovisore una moto
completamente nera seguire insistentemente la sua traiettoria, era senza dubbio
una Ducati 999. Tentò di seminarla in tutti i modi ma si rivelava tutto
inutile. All’ultima curva il maledetto “omino nero”, così l’aveva ribattezzato
nella sua mente, lo doppiò e gli fece respirare la sua polvere, lasciandolo
sorpreso e infuriato.*
Tornò nei box con un diavolo per capello e si tolse con
rabbia casco e sottocasco:
- Chi è quel tipo che ti ha appena stracciato Arkel? -
- Taci se vuoi conservare intatta quella zucca piena di
vermi che ti ritrovi sulle spalle! – il biondino fischiò di scherno, alzando
gli occhiali da sole e rivelando due occhi cerulei ornati da occhiaie da
record, residuo dei bagordi della notte precedente:
- Sul serio, non sai chi è? Pare si sia fermato nel box qui
vicino… - questo era Madian, che tentava in tutti i modi di non dare a vedere
quanto il furto di Black Soul lo avesse lasciato con l’amaro tra le tonsille
per essere stato battuto in popolarità:
- Fa’ che non lo sappia, o gli farò un lavoretto ai
connotati che nemmeno sua madre lo riconoscerà più! – sbraitò asciugandosi il
sudore con una salvietta. Mitja scostò dagli occhi le ciocche di capelli biondi
che quel giorno non ne volevano sapere di starsene al loro posto:
- Il ragazzo non sa perdere! – esordì facendo ridere Madian.
Questi andò a mettersi la sua tuta da motociclista:
- Ti dispiace se faccio un paio di giri? – un grugnito
incomprensibile gli giunse alle orecchie: - Lo prenderò come un sì! – fece
infilandosi il sottocasco di cotone.
Fece rombare la moto sotto di lui, felice di poter
finalmente sfogare il nervosismo dovuto al fantasmagorico furto del suo rivale
Black Soul, che aveva fatto dimenticare completamente la loro milionaria
impresa di nemmeno due settimane prima.
Stava uscendo dal box quando Mitja lo chiamò con un gesto.
Alzò la visiera per sentirlo:
- Guarda un po’ quella ragazza… - indicò con un cenno del
capo il box accanto dove una ragazza con una crocchia di voluminosi capelli
rossicci riccioluti, occhiali da sole, top e ampi pantaloni di lino blu porgeva
ridendo un bicchiere con cannuccia di gomma al famoso motociclista in nero,
completamente occluso alla loro vista dal casco con visiera oscurata. Madian
tornò a guardare il russo senza capire: - Ho l’impressione di averla già vista,
ma non riesco a ricordare dove. – il suo amico rise:
- Sarà qualche tua conquista della quale ti eri
completamente dimenticato! Dai retta, se vuoi evitare una figura barbina torna
nel box. E vedi di stare alla larga da Arkel, è di umore radioattivo! – gli
batté ripetutamente una mano guantata su una spalla, poi guardò alle sue spalle
se sopraggiungeva qualcuno e partì sgommando.
Mitja tornò ad osservare la rossa, e notò che il tipo sulla
moto guardava con interesse Madian partire.
Lo vide liberarsi rapidamente del bicchiere, fare un cenno
del capo alla ragazza e partire come una scheggia facendo fischiare le ruote,
in un tripudio di pistoni impazziti.
Guardò ancora la ragazza e le fece un timido sorriso, che
lei ricambiò. Con sua immensa delusione la vide tornare nel box, richiamata dal
trillare di un cellulare. Peccato,
non era niente male!
Haydée si era accorta subito del cambio di pilota: quello di
prima era leggermente più basso e più largo di spalle, oltre ad avere una tuta
diversa. Questo aveva la vita più sottile, sembrava più magro.
Una cosa però li accomunava: erano entrambi piloti provetti,
a quanto pareva. Sorrise tra sé: non sarebbero mai riusciti a batterla, lei
giocava in casa!
Lo tormentò per tutta la pista, rischiando decine di volte
di toccarlo e rimanendo sempre perfettamente incollata dietro di lui,
ammettendo che era più bravo di quanto si aspettasse, poi sul rettilineo del
traguardo lo bruciò letteralmente, sgasandogli in faccia con superiorità.
Madian rientrò ai box ancora più abbattuto di quando ne era
uscito:
- E io che credevo di essere un bravo motociclista… -
mormorò andandosi a cambiare intristito. Mitja era vicino all’essere esasperato
per la prima volta nella sua vita:
- Siete due piaghe! Adesso vi caricate la vostra moto su
quel trabiccolo attaccato dietro la macchina e ce ne andiamo, io qui a vedervi
minacciare il mondo intero e piangere addosso non ci resto! – così dicendo andò
a recuperare la moto parcheggiata fuori. Il tipo della Ducati non era ancora
rientrato, ma seduta su uno sgabello a cinguettare con un addetto ai lavori
c’era la ragazzina di prima.
Si era tolta gli occhiali da sole e mostrava un visetto da
bambola che le dava l’aria di una diciottenne. Aveva un paio di occhi verde
smeraldo dolcissimi e la pelle lattea. La guardò ridere ad una battuta, poi si
dette mentalmente dello spione e tornò nel garage spingendo a fatica il
bestione che i due pazzi fanatici chiamavano signora.
La piantò davanti ad Arkel, volgendo il suo sguardo su
Madian:
- Credo che quella ragazza sia una delle due tipe che
abbiamo visto al faro domenica pomeriggio. Peccato, ha già il ragazzo! – fece
alludendo al motociclista:
- Ah, sì… beh, io direi di andare, ne ho abbastanza di moto
per oggi. – rispose distratto.
E così ancora una volta Haydée aveva fatto la parte
dell’uomo! Phénice aveva riso come sempre di lei quando si era fasciata il
seno, non era la prima volta che la accompagnava al motodromo, ma
quell’ambiente le era sempre piaciuto, si sentiva “come le “ombrelline” che si
vedono alla tv vicino ai veri campioni!” Aveva commentato con un cinguettio
divertito.
Haydée l’aveva guardata scotendo il capo, ridendo di lei.
Una volta rientrata ai box la sua amica la sommerse di chiacchiere
inutili, finché non se ne uscì con una storia strana, o meglio assurda:
- Ehi, sai che un ragazzo dal box qui accanto mi ha fatto un
sorriso? – la mora continuò a cambiarsi:
- Ah sì? E com’era? – chiese fingendo interessamento,
Phénice adorava raccontarle i suoi viaggi mentali…
- Oh, era un biondino, piuttosto carino anche! Alto, magro…
mi ha sorriso quando tu sei partita come una scheggia per seguire il suo amico
in moto. -
- Davvero?! E tu non ti sei presentata!!? – la canzonò
allegra. La rossa assunse la sfumatura dei suoi capelli:
- EHI!! Va bene che sono alla ricerca dell’anima gemella, ma
non significa che devo saltare addosso a tutti quelli che mi ammiccano! – la
ragazza la guardò con un sorrisetto ironico:
- Non offenderti, ma sei stata tu a piombarmi in ufficio non
più di due mesi fa annunciando che ti mettevi a caccia del principe azzurro! -
- Beh, si dà il caso che… forse… qualcuno ci sia… - annunciò
arrossendo lievemente:
- E me lo dici solo adesso?! Coraggio, chi è il disgraziato?
-
- Sei proprio simpatica!… Ti ricordi di Selim? – chiese con
un sorrisetto dolce:
- Quel cretino col pedigree che ti ritorceva sempre gli
appunti delle lezioni?? Oh, mio Dio… - ridacchiò:
- Haydée!! Come ti permetti!! È un buon ragazzo, tu non lo
conosci, mi… mi è sempre stato affezionato… - si giustificò:
- Certo, come no! Quando si trattava di copiare agli esami…
E sentiamo, perché proprio lui? -
- Beh, la scorsa settimana è venuto all’università a trovare
il Prof. Rubens e abbiamo preso un caffè insieme… poi ieri è tornato e mi ha
invitata a uscire stasera… in fondo è un bel ragazzo… - mormorò sentendosi
vagamente sotto esame:
- … E suo padre dirige un museo, il sogno della tua vita.
Dammi retta Phénice, forse è meglio che lasci perdere, e poi non puoi stare con
un ragazzo solo perché è belloccio! – le disse mettendole le mani sulle spalle.
La ragazza fece una smorfietta da bambina:
- So badare a me stessa… - piagnucolò allontanandosi.
Haydée la guardò sparire nel retro del garage, chiedendosi
il motivo dell’interessamento di quel pallone gonfiato per la sua migliore
amica.
* nella realtà mi dicono che, tra le moto da strada, le
Ducati sono più lente delle Yamaha, ma voi passateci sopra… semplicemente la
Ducati mi piace di più!
Nota: Per caso i nomi sono incomprensibili?? Eppure non ne
ho inventato neanche uno…
L’ultima parte forse è esageratamente da “macho man”, ma me
li immagino così i miei tagliaborse appena svegli!
Piace Madian, eh? E non ha ancora fatto niente…
Ladruncologia Applicata
Giovedì mattina
Haydée era in cucina, faceva colazione e sfogliava
distrattamente una rivista di arredamento mentre sorseggiava una tazza di caffè
forte.
Quella mattina la sua coinquilina era uscita presto, dicendo
che doveva incontrare Selim prima dell’inizio delle lezioni.
Phénice Adler aveva 24 anni e si era laureata da poco in
“Conservazione dei beni culturali”. Sognava di dirigere un museo, e aveva
cominciato facendo da assistente al professore di Storia dell’Arte, tale
Rubens, amico di una quantità indefinibile di proprietari e direttori di
gallerie d’arte e musei. Le aveva detto che, dopo un breve periodo nel quale
avrebbe lavorato come sua assistente per tastarne le indubbie capacità,
l’avrebbe raccomandata ad uno dei suoi innumerevoli amici. Lei ne era stata
entusiasta, tanto più che in questo modo non aveva dovuto abbandonare
l’ambiente universitario, nel quale si trovava alla perfezione.
La ladra aprì il frigorifero per bere un goccio d’acqua
gelata e vide troneggiare al centro di uno scompartimento la torta che la madre
della ragazza aveva mandato loro.
Era stato duro per i suoi lasciarla andare, stando a quanto
la rossa le aveva raccontato, ma ora erano felicissimi per lei. In un paio di
occasioni aveva anche incontrato i coniugi Adler, erano due persone per bene,
gentili e timidi.
La sua bocca prese una piega amara: da quanto tempo non
vedeva i suoi? Si erano separati anni prima, quando lei aveva finito il liceo,
e tutto quello che sapeva di sua madre era contenuto in un paio di cartoline,
suo padre invece le telefonava due volte l’anno, a Natale e per il suo
compleanno, era sempre stata più legata a lui. Scosse il capo, in fin dei conti
due genitori così era meglio perderli che trovarli, il suo problema più grande
non erano loro.
No, il suo problema più grande era la sua vita. Era che…
RIIIING!!!
Scocciatori
alle 8:30 del mattino?! Beh, se non altro mi hanno distolta dai miei lugubri
pensieri!
Si alzò con aria assente e si sforzò di aprire la porta col
sorriso.
Fatica sprecata, il personaggio che aveva suonato non
meritava un sorriso. Meritava che le avesse sparato una settimana prima quando
un topo aveva avuto la brillante idea di distrarla:
- Buongiorno! Sto cercando il signor Grantham. – esordì la
sosia di Eva Kant con fare altezzoso. Haydée si appoggiò alla porta per non
cadere:
- Il… signor… chi?!? -
- Grantham, quante volte devo ripeterglielo? Lei è la sua
amante? Sua moglie? O magari la sua segretaria?! – era spazientita:
- Senti, ti hanno informata male. Qui c’è solo la signorina
Grantham, non so se ti interessa… - sorrise divertita. La bionda algida vacillò
un istante:
- Ha detto… signorina? Allora devo aver sbagliato… - la mora
rise di gusto:
- No, non hai sbagliato, ma dovresti cambiare informatore!!
– la prese per un braccio e la tirò dentro. La donna si guardava attorno senza
capire, e la padrona di casa la vide portare una mano alla borsettina. La
bloccò:
- Non hai bisogno della pistola, ladra senza nome. Chi ti ha
detto il mio indirizzo e il mio nome ha dimenticato di informarti che Black
Soul è una donna! Chi è stato a dirti di venire qui? – chiese interessata. La
donna aprì la bocca con aria assolutamente idiota, poi la richiuse riducendo
gli occhi a due fessure grondanti sete di vendetta. Un tale burlone merita una stretta di mano, credo che non
rivedrò mai più l’espressione stralunata di questa donna!
- Si chiama Sybil. – disse rigidamente:
- Addirittura! Non mi aspettavo tanto senso dell’umorismo da
lei! Ma per favore, evita di cancellarla dalla faccia della terra come sospetto
che tu voglia fare, è la mia informatrice, la migliore sulla piazza. Ora, credo
che dovrei farti accomodare, a quanto pare ho una compagna di avventure… -
svanita l’ilarità iniziale per l’equivoco, si incupì. Una palla al piede era giusto quello che ci voleva…
La fece accomodare in salotto e preparò altri due caffè con
la macchinetta per espresso. Dopo
una novità del genere, me ne serviranno altri 4 per riprendermi!
Quando tornò nel salotto la donna era seduta su uno dei due
divani bianchi e si guardava attorno freddamente:
- Chi ha arredato questa casa? – né dal suo tono, né
dall’espressione del suo viso si capiva se apprezzava il gusto o meno. Fantastico, è ancora più incomprensibile
di quanto temessi…
- Io. Sono un architetto. – rispose laconica. La donna si
volse di scatto a guardarla:
- Hai buon gusto. Un ladro di fama mondiale che nella vita
privata fa l’architetto… immaginavo che Black fosse in gamba, ma non fino a
questo punto. Con i soldi dei furti non ne hai a sufficienza per vivere? – chiese
inarcando un sopracciglio. Haydée la guardò per un istante prima di rispondere:
- Non sarebbero affari tuoi in realtà, ma credo di poterti
confessare che faccio l’architetto perché adoro farlo. Il furto… beh, possiamo
considerarlo un hobby… - aggiunse con un sorrisetto tirato. La donna davanti a
lei le piaceva sempre meno…
- Bene. Immagino che sia ora che mi presenti. – si alzò in
tutto il suo snello metro e 75 cm, facendola sentire un tappo: - Winter Finlay,
ho 27 anni e potei esercitare come avvocato, ma non sono appassionata di doppi
lavori come te… - aggiunse porgendole la mano:
- Haydée Grantham, 26 anni, quello che faccio già lo sai. –
strinse una mano perfettamente curata, le unghie lunghe laccate in rosa, lo
stesso colore del top che la donna indossava sotto un tailleur bianco. Ma bene, è una fissata… e con quella
minigonna cosa credeva, di far cadere Black nel suo letto e farsi regalare
tutti i gioielli di questo mondo? Devo averti rotto tutte le uova nel paniere,
Eva Kant!
- Le mie valigie sono ancora in auto, dove posso sistemarle?
– chiese scostando una fastidiosa ciocca di capelli biondi ultralisci, lunghi
fino a metà schiena. Haydée boccheggiò:
- Va-valigie? – balbettò mentre nelle orecchie le rimbombava
una delle risate finte del Benny Hill Show:
- Ma certo! Se devo collaborare con te immagino che vivremo
insieme. Allora, questa stanza? – sbraitò spazientendosi ancora una volta. La
mora imprecò mentalmente in lingue che non immaginava di conoscere e snocciolò
rabbiosamente le dita della mano destra sotto il naso altezzoso della bionda:
- Numero 1, il nostro accordo non prevedeva la convivenza,
numero 2, io vivo già con una ragazza, e numero 3, ma importante come una
disposizione preliminare del tuo fottuto Codice Civile, questa ragazza non sa nulla
del mio, chiamiamolo così, hobby!! – Winter credette di vedere le fiamme
dell’inferno brillare negli occhi neri della ragazza, ma come al solito non si
scompose:
- Allora il nostro accordo salta, e io mi vedo costretta a
prendermi la parure e a piantarti una pallottola in un punto qualsiasi della
scatola cranica. Prendere o lasciare. – Haydée fece una decina di respiri
profondi, nel disperato tentativo di farsi passare il prurito alle mani. Alla
fine la sua vena razionale riuscì a spuntarla su quella folle, anche se a
fatica:
- E va bene! – ruggì – Seguimi! – con qualche rapida falcata
arrivarono ad una delle porte del corridoio d’ingresso e la padrona di casa la
spalancò con rabbia: - Ecco! – incrociò le braccia per tenerle sotto controllo
e prese a picchiettare nervosamente il parquet con un piede. La donna si guardò
attorno per un po’, poi le lanciò un’occhiata di sbieco:
- È già occupata. - obiettò corrucciata:
- Perché la usavamo come studio. A pranzo chiamerò Phénice e
la vuoteremo entro sera, così potrai sistemare le tue cose. Per stanotte
dovresti farmi il favore di dormire sul divano, domani ti farò avere
l’arredamento che tu stessa ti sceglierai. Non puoi restare qui ora, verrai con
me in ufficio e sfoglierai caterve di riviste, ti troverai i mobili che più ti
piacciono e li avrai, con i migliori servizi offerti dallo studio Grantham.
Soddisfatta? – era più una minaccia che una gentile offerta. Winter ci pensò su
un po’:
- Direi di sì. Dammi tutte le informazioni necessarie,
vorrei dividere con voi le spese per la casa, non sono una parassita. –
sentenziò come se fosse il giudice di una corte d’appello:
- Come desiderate, Vostro Onore. Poi ti darò anche le
chiavi. Ricorda: per vivere in questa casa non dovrai mai, e ripeto mai,
parlare del nostro “hobby” con Phénice, qualsiasi riferimento anche casuale
verrà punito con la pena capitale. Ufficialmente tu sarai… una mia amica del
liceo classico, e… sei in cerca di lavoro come avvocato, che ti troverai
veramente per il tuo bene, altrimenti non saprei spiegare le tue entrate alla
mia amica. – si volse per uscire, poi sulla soglia si bloccò: - Un’ultima cosa:
perdi la pazienza troppo facilmente. -
- Cos’è, dovrò anche sorbirmi le tue lezioni di vita? -
- No, è la prima lezione del corso di “Ladruncologia
applicata”. – borbottò sparendo lungo il corridoio.
~~~~~
Altrove…
- Mitja Krylov! Svegliati, siamo in ritardo! – un brontolio
proveniente dall’oltretomba informò Madian che il russo era ancora vivo, anche
se non accennava ad alcuna reazione motoria: - Ehi, tovarish, sbaglio o eri tu
quello che voleva svegliarsi all’alba per far razzia nei negozi quando in giro
non c’è nessuno? – così dicendo prese a caso un lembo di lenzuolo e lo fece
volare per aria, rivelando il corpo asciutto, letteralmente pelle, ossa e
muscoli, e i capelli scompigliati del biondino. Questi si tirò a sedere, il
viso stravolto:
- Negozi?… Ah, si, vestiti… ho un appuntamento domani sera
con… con… con… ehi, come si chiama? – Madian rise divertito:
- Mi pare che mi avessi detto Aida… - rispose dirigendosi al
bagno. Aveva un disperato bisogno di farsi la barba, era dal sabato precedente
che non si rasava e un folto strato di peluria scura gli ricopriva metà viso.
Si guardò allo specchio, incontrando i suoi occhi blu zaffiro. Uhm… fa parecchio uomo vissuto… ma è
fastidiosa da morire con ‘sto caldo!! Pensò gettandosi sotto il getto
d’acqua fredda della doccia per riprendersi.
Madian Bailey era alto quasi un metro e 90, ed era quello
che uno che abita all’ombra della Tour Eiffel chiamerebbe “tombeur de femme”. Fisico da tuffatore,
carnagione scura, capelli neri come la pece lunghi 2/3 cm, perennemente
spettinati col gel, occhi blu intensi, brillanti all’inverosimile che nei
giorni di brutto tempo assumevano una sfumatura verde, e sorriso accattivante
da infarto; insomma, bello come un dio greco. Roba che quando lo incontri per
strada non riesci a crede che sia vero.
Mitja e Arkel erano più bassi di lui, anche se di poco. Il
russo era più magro, capelli biondo cenere, occhi cerulei e faccia da bravo
ragazzo, il tipo che presenteresti alla mamma, mentre Arkel Davies era un caso
a parte. Aveva una corporatura lievemente più massiccia del capobanda e i
capelli castano scuro, ma erano gli occhi il suo punto di forza. Verde chiaro,
il sinistro andava digradando in marrone avvicinandosi alla pupilla, mentre il
destro diveniva incredibilmente arancione. Il tutto gli conferiva un aspetto
tenebroso, confermato da un caratteraccio burbero e scontroso.
Madian e Mitja erano coetanei, entrambi 28enni, e si erano
conosciuti a quelle feste universitarie ultra-distruttive, mentre il “vecchio”
della banda era Arkel, di due anni più grande, ed era una vecchia conoscenza di
Madian. Da ragazzino con i suoi genitori andava al mare nel villaggio dov’era
cresciuto il 30enne, ed erano compagni di giochi. Un anno prima era tornato a
visitare quel luogo pieno di ricordi della sua infanzia e aveva trovato il suo
antico amichetto, un po’ cresciutello per la verità.
Una volta saputo della sua nuova “professione” aveva deciso di
stabilirsi nella capitale insieme ai due ragazzi, organizzando una loro banda.
Mitja e Arkel faticavano ad andare d’accordo, uno troppo solare e l’altro
troppo orso, ma in fin dei conti si divertivano molto di più così, a
punzecchiarsi vicendevolmente. Ne avevano fatto il loro sport preferito!
Madian si sciacquò il viso per bene e tornò a guardarsi allo
specchio: perfettamente rasato il suo sorriso faceva più effetto, sommato
all’abbronzatura.
Sentì un rumore di ciabatte strascicate e dopo interminabili
secondi la controfigura della mummia di Tutankhamon con lo sguardo vitreo lo
adocchiava dallo stipite:
- Porta aperta, uh? Vuoi mostrare a tutti le tue… doti
nascoste? – chiese con voce rauca:
- Sarebbe un modo come un altro per sbarazzarmi di te,
perché se vedessi l’armeria ti seppelliresti vivo per la vergogna! Ma il motivo
principale è che fa un caldo bestia e questo è l’unico modo per fare un po’ di
corrente, fenomeno! – ridacchiò uscendo e lasciandogli campo libero.
Scese in cucina in boxer come si trovava e lanciò un sorriso
splendente ad Arkel, immerso nella degustazione di un caffè triplo:
- Buongiorno! Fatto tardi? – chiese notando l’aria
sonnacchiosa del ragazzo:
- Uhmmm… - fu la risposta:
- Fatto tardi. Incontrato qualcuno di particolare? – era una
conversazione un po’ strana, ma era così da quando era ragazzino e Madian c’era
abituato:
- Faust. -
- Nooo!! Il “giustiziere”, il tuo ex vicino di casa?!? Non
lo vedo da quando giocavamo ai teppistelli durante l’estate! Che fa adesso? –
esclamò sgranando gli occhi. Arkel trangugiò tutto il caffè in un sorso,
schiarendosi la voce che risultò comunque roca e bassissima, appena udibile:
- Ha continuato a giocare al giustiziere. Solo che mitra e
pistole non sono più di plastica e legnetti… in più ha assoldato una
moltitudine di scimmioni da comandare come soldatini. -
- Ma dai!! E così si fa giustizia da solo sul serio, eh?
Bene, un giorno di questi dobbiamo incontrarci, sarà divertente rivangare i
vecchi tempi! E poi la sua amicizia potrebbe rivelarsi molto utile… - aggiunse
socchiudendo gli occhi con fare pensoso. Arkel lo guardò annuendo
impercettibilmente:
- Se stasera verrai al “7” lo incontrerai sicuramente. Ci
vado anch’io. – Madian sorrise malizioso:
- Deve andarci anche Mitja, riuscirai a sopportarlo anche
stasera? – un mugolio sofferente indicò la risposta negativa.
Note: sarò anche una maniaca della lettura (in questo periodo mi sto
dedicando ai russi Tolstoj, Puškin e Dostoevskij e al ted
Note: sarò anche una maniaca della lettura (in questo
periodo mi sto dedicando ai russi Tolstoj, Puškin e Dostoevskij e al tedesco
Goethe), ma non sono ancora arrivata al livello di farmi fuori la Bibbia, ho
semplicemente un’edizione con l’indice dei nomi alla fine. Capirete, capirete…
7 peccati capitali
Venerdì, ore 13
Il “7”, nome per esteso “7 peccati capitali”, era la
discoteca più in voga in quel momento. Ambientata in un giardino
lussureggiante, con tanto di piscine e fontane, era fuori città, ed era uno dei
locali più freschi in quel periodo dell’anno, quando l’estate incombe, il caldo
soffoca e l’afa è tangibile come una cappa di vetro rovente.
Questa almeno era la descrizione entusiasta che Phénice
stava dando ad Haydée, sedute all’ombra di un tiglio nel giardino
dell’università a mangiare un paio di tramezzini. Si erano incontrate per il
pranzo, lo facevano almeno una volta la settimana, tanto per stare in
compagnia:
- Dai, dai, daiii!!! L’hanno aperta da poco, e scommetto che
noi siamo le uniche a non esserci ancora andate!! – quel giorno la rossa era
più assillante del solito:
- Comincio a pentirmi di essere venuta a pranzo qui.
Comunque, se ci tieni tanto… - non aveva ancora finito di dirlo che una pazza
saltellante le si era aggrappata al collo:
- Grazieee!! Farò le pulizie per due settimane di fila, te
lo giuro!! -
- Sissì, come no… ma dimmi, perché non ci vai con Selim? -
- Perché ci troveremo là… ci va con i suoi amici, e mi ha
detto di andarci con qualche amica. Lo diciamo anche a Winter? – chiese
sorridente:
- Ah, è vero, tu sei uscita prima che lei si svegliasse! È
andata al suo vecchio appartamento per recuperare il resto della sua roba, dice
che tornerà domani. – proseguirono il loro pranzo in silenzio, poi Phénice
prese a guardarla storto:
- Sei sicura che la nostra nuova inquilina fosse tua amica
al liceo? – chiese con sguardo indagatore. Haydée mantenne tutto il suo
self-control:
- Che razza di domanda è? -
- No, niente… è che non sembrate molto amiche… - la mora
alzò le spalle:
- In effetti non siamo mai state troppo in confidenza, ma
cercava un appartamento e visto che abbiamo una stanza vuota e dividere le
spese non fa mai male, ho pensato di invitarla da noi. – sperò di averla
convinta:
- E perché non me ne hai parlato prima? – insisté:
- Perché è stata un’improvvisata, te l’ho detto: mi ha
chiamata ieri mattina e mi sembrava scortese non ospitarla. Ti dispiace che non
ti abbia consultata? O il tuo problema è che non ti è simpatica? – fece
tentando di rovesciare la situazione:
- No, no! Anzi, mi piace, è così curata in tutti i
particolari, sembra una modella! Ero solo curiosa di sapere perché non
parlavate quasi ieri sera a cena… - Haydée rise:
- Se è amica mia ti pare che sia una chiacchierona?? –
scherzò facendo ridere la rossa:
- In effetti… avete un carattere molto simile. Forse è per
questo che vi siete trovate simpatiche! – la mora rise forzatamente. Ti stupirebbe il fatto che la conosco
solo da una manciata di ore più di te, vero?
- Ah, dimenticavo: quando finisci in ufficio mi verresti a
prendere? Vorrei fare un salto al centro commerciale perché non ho niente di
carino per stasera… - miagolò tentando di convincerla:
- Cooosaa?!?? Devo anche accompagnarti a fare compere?!! –
non ne era per niente soddisfatta…
- Beh, sì… e poi neanche tu hai qualcosa di adatto, mi
pare!! – brontolò irritata:
- E va bene! Ma dopo questa non chiedermi favori per altri
due anni minimo! – sapeva che però la sua minaccia sarebbe andata a vuoto. Non
riusciva mai a dire di no al musetto che metteva quando voleva qualcosa a tutti
i costi! Scosse il capo tra sé, pensando che con una sua ipotetica figlia
sarebbe stata sicuramente più severa…
~~~~~
Venerdì notte
Haydée si guardò attorno, nella calca sudaticcia che la
circondava, e venne presa da un disperato bisogno di aria pura e di solitudine.
Accidenti, non sono fatta per
questi posti, io!!
Guardò Phénice al suo fianco che si muoveva appena
percettibilmente a ritmo di musica, che in fin dei conti non trovava poi tanto
male anche lei, e si ripromise che la prossima volta sarebbe stata
irremovibile.
- Selim dovrebbe essere da questa parte!! – si sentì urlare
in un orecchio. Annuì e la seguì faticosamente, distribuendo spintoni a destra
e a sinistra per riuscire a passare. L’angolino che il ragazzo e i suoi amici
si erano fatti riservare non era niente male: poltroncine di vimini, bassi
tavolini dello stesso materiale, e cuscini a volontà. Quando Phénice le
presentò il ragazzo non si stupì che fosse proprio lui, la faccia da idiota non l’ha persa, anche se devo ammettere
che è migliorato.
La ragazza infatti glielo aveva mostrato anni prima, una
volta che era andata a prenderla alla fine delle lezioni visto che Phénice, per
quanto avesse la patente, non aveva la macchina, e aspettava di potersela
comperare con i suoi soldi.
Si scambiarono qualche battuta, poi il ragazzo prese a
parlare nell’orecchio della rossa, facendola ridere allegramente.
Altri ragazzi si presentarono, ma non udì nemmeno i loro
nomi. Ogni tanto osservava la sua amica: era lievemente arrossata per il caldo,
gli occhi brillanti, e pareva divertirsi.
Una sete bruciante la assalì, e lo disse a Phénice.
Prontamente Selim le offrì un bicchiere di un qualche strano intruglio
superalcolico, che lei rifiutò:
- Niente alcool stasera cocco. Devo guidare al ritorno, e
non credo che poteri fare affidamento sulla mia amica… - brontolò osservando la
ragazza già brilla. Le parlò all’orecchio, dicendole che andava a prendere
qualche succo di frutta tropicale e intimandole di non toccare più niente di
quello che le offrivano quei ragazzi. Credette di averla convinta e si
allontanò rapidamente, puntando risoluta verso il bancone più vicino.
Madian stava scherzando con Faust, il ragazzo non era per
niente cambiato da quando era un ragazzino pestifero, terrore del villaggio di
pescatori nel quale era cresciuto con Arkel. Quest’ultimo era sprofondato in
una poltroncina, ascoltava i due chiacchieroni e ogni tanto sparava una
battuta.
Poco distante Mitja intratteneva due ochette sghignazzanti,
e ancora non aveva capito se era la mora o la bionda tinta a chiamarsi Aida…
Ad un tratto Madian la vide: aveva un vestitino vaporoso che
le arrivava alle ginocchia e che le svolazzava attorno come una nube azzurrina,
i capelli raccolti morbidamente sulla nuca e alcune ciocche a sfiorarle le
spalle dorate dal sole. La osservò avvicinarsi ad un bancone e sporgersi per
ordinare qualcosa al barman:
- È lei… - mormorò fra sé.
Senza pensarci mise il bicchiere che teneva tra le dita in
mano a Faust e si allontanò senza una parola, mentre i suoi due interlocutori
seguivano sorpresi le sue mosse.
Haydée si sgolò per ordinare un succo tropicale, poi per
ingannare l’attesa prese a guardarsi attorno, magari anche lei conosceva
qualcuno.
Volse lo sguardo prima a destra e poi a sinistra, e si
bloccò.
Tornò a guardare alla sua destra e non ebbe dubbi: il moro
del motoscafo, in camicia bianca semitrasparente e leggeri pantaloni neri, era
lì a pochi metri, l’aveva riconosciuta e puntava dritto verso di lei.
La vocina della Razionalità e del Passato Doloroso nella sua
testa le ordinò di scappare, e lei la ascoltò.
Prese a sgusciare rapidamente tra la folla senza guardarsi
alle spalle.
Dopo un buon tratto credette di averlo seminato e si volse
continuando a camminare all’indietro.
Non fece in tempo a distinguere nessuno dei visi che la
circondava: urtò qualcosa con il polpaccio, perse l’equilibrio e si sentì
cadere all’indietro, mentre un vago rumore di acqua zampillante le riempiva le
orecchie. Oh, cazzo…
…..
Un improvviso strattone ad un braccio e una presa decisa
attorno alla vita la salvarono dal disastro, attirandola contro un solido corpo
maschile, vagamente profumato di… di…
- CK…one… - balbettò inebetita dal contatto, non rendendosi
conto di aver parlato ad alta voce:
- Esatto! Hai buon fiuto… –una voce bassa e dai toni caldi
le aveva risposto dall’alto.
Alzò lentamente lo sguardo e incontrò per la seconda volta
nella sua vita gli occhi più belli che avesse mai visto, blu zaffiro, più
scintillanti delle stelle che ammiccano nel cielo. Sbatté le palpebre più
volte, accecata dal suo sorriso, mentre il profumo che le saliva alle narici le
annebbiava la mente.
Sentì una mano muoversi appena attorno alla sua vita per
stringerla meglio, e il cervello chiudere bottega per sovraccarico, mentre con
l’altra mano le stringeva ancora il braccio destro, salendo lentamente alla
mano:
- Uhm… va… tutto bene? -
- S-sì… credo di sì… - mormoravano, ma la reciproca
vicinanza consentiva loro di sentirsi alla perfezione:
- Sai che… stavi per finire in una fontana? -
- Ti dirò, lo sospettavo… - Madian rise piano e lei lo
guardò con un sorrisetto svanito, mentre nella sua mente un cinesino accendeva
saltellando le micce di centinaia di fuochi d’artificio colorati.
Ma il momento idilliaco era destinato ad avere vita breve.
La maledetta vocina Razionale tornò a farsi sentire, sbraitando come un’ossessa
che era completamente premuta contro un uomo, E
che uomo…, abbandonata fra le sue braccia come una qualsiasi svenevole
oca!
L’espressione della ragazza mutò completamente, divenne
seria e scontrosa:
- Ti dispiacerebbe lasciarmi andare? – fece dura. Lui sgranò
gli occhi:
- Oh! Ma certo… - obbedì a malincuore, salutando mentalmente
quelle curve mozzafiato. La vide sistemarsi appena, poi guardarlo con aria
gelida. Che diavolo è successo?!?
Qualcuno me lo spiega??
- Grazie per avermi evitato una figuraccia colossale, sei
stato molto gentile. – era rigida e formale, e gli allungò la mano destra. Lui
non si lasciò scoraggiare: riprese quella manina delicata e portandosela alle
labbra la baciò:
- Di nulla… - mormorò sorridendo. Quando tornò a guardarla
si stupì di quanto sembrava furibonda. Decise di ignorarla, voleva conoscerla e
niente lo avrebbe distolto dal suo obiettivo. Era o non era un grande ladro??
Uno che si prende tutto quello che vuole senza chiedere il permesso?!
- Ti ricordi di me? Ci siamo visti domenica scorsa al molo.
Ero sul fuoribordo che ti è passato dietro… -
- Sì, lo ricordo. – rispose telegrafica. Lui le teneva
ancora la mano:
- Io sono Madian. Scusami se ti ho contrariata. – la ragazza
lo guardò, sentendo la rabbia sciogliersi come neve al sole, dicendosi che non
doveva considerarlo un maniaco solo perché l’aveva salvata da un naufragio. Accidenti a lui, ci sa fare con le
donne…
- Haydée. Scusami tu se ti sono sembrata maleducata. – lo
vide sorridere per l’ennesima volta:
- Allora, posso offrirti qualcosa da bere? – la mora
tentennò, incerta sul da farsi, poi si disse che in fondo non c’era niente di
male, che non era più una sprovveduta 18enne, e che un succo di frutta non
avrebbe comportato… ehi, questi
sono affari miei!
- Beh, dovrò pur farmi perdonare la mia cafonaggine… ma
niente di alcolico per favore! – sorrise a sua volta e il ragazzo rimase
impalato a guardarla. Dopo un istante si riscosse:
- Benissimo, e… che bel nome Haydée, da dove arriva? –
chiese sempre tenendola per mano e trascinandola verso l’angolino che occupava
con i suoi amici:
- Mia madre adorava leggere Dumas, si è ispirata a “Il Conte
di Montecristo”. Anche Madian è bello, non l’ho mai sentito! – lui scosse le
spalle:
- Mio nonno era fissato con la Bibbia, l’aveva letta un paio
di volte e non so dove ha pescato il mio nome, obbligando i miei ad
affibbiarmelo! – commentò ridendo. Lei alzò gli occhi su di lui e lo guardò. Mai visto un tipo così sexy…
Dopo pochi istanti si trovò un ragazzo simpatico, ciarliero
e sorridente, fulvo di capelli, attaccato ad una mano:
- Devo ammetterlo Madian, hai gusto nello scegliere le
donne! Perdoni signorina, io sono Faust, un vecchio amico di questo spilungone!
– Haydée spostò lo sguardo sul moro e dovette convenire che era veramente alto…
come mai non se n’era accorta prima?… Subito dopo Madian le presentò un tipo
strano, indubbiamente affascinante ma poco propenso al dialogo. Lo sentì
mugugnare qualcosa di incomprensibile, e probabilmente aveva fatto una faccia
esageratamente buffa perché Madian le si era avvicinato e le aveva mormorato
ridendo:
- Ha detto Arkel. – all’orecchio. Nel farlo il suo alito
caldo le aveva sfiorato il collo, mandandola in crisi per la seconda volta nel
giro di 20 minuti. Lo guardò storto, maledicendo il suo esorbitante tasso di
fascino maschile.
Infine le indicarono un tipetto strambo, vestito in modo
assurdo, biondo ed evidentemente alticcio, con due bellone attorno:
- Dubito che riesca a parlare visto il suo stato, faccio
prima a dirti io che questo è Mitja, e che consuma più vodka lui di quanto una
Ferrari consumi benzina… - disse facendola ridere.
Parlarono del più e del meno, tallonati da Faust e osservati
dal taciturno Arkel, poi la ragazza si ricordò della sua amica e saltò sul
posto, sbraitando:
- Oh, Cristo, ho dimenticato Phénice! – a quell’uscita i tre
la guardarono:
- È… una tua amica? – chiese Faust:
- Sì, e le avevo detto che sarei tornata subito, cioè 40
minuti fa! -
- Non era sola, vero? – per la prima volta sentì chiaramente
la voce di Arkel. Lo guardò un istante:
- No, ma era con gente di cui non mi fido per niente! – si
mosse per andarsene, salutandoli e ringraziandoli:
- Ti accompagno. – sentenziò Madian. Lei lo lasciò fare,
limitandosi ad annuire, perché aveva uno strano presentimento…
In breve era tornata al punto di partenza del suo giro solitario, e la
situazione diede ragione al suo sesto senso
Nottata alcolica…
Ancora venerdì notte…
In breve era tornata al punto di partenza del suo giro
solitario, e la situazione diede ragione al suo sesto senso. Biascicò una
parolaccia tra i denti, mentre con la coda dell’occhio vedeva Madian portarsi
una mano alla bocca per non ridere:
- Non mi dire che è la ricciolina… - mormorò scotendo il
capo:
- Ebbene, sì! – sibilò lei con le mani sui fianchi,
ammirando l’opera di Selim. Il deficiente era sparito, Ma non andrai lontano, ti troverò ovunque tu sia, e allora….
Tornò a concentrarsi su Phénice: era riversa su un divanetto, il viso arrossato
e l’aria stravolta. Quando si avvicinò per chiamarla sentì un lezzo terribile
di rum:
- Fantastico, è completamente andata! – mugugnò tentando di
farla sedere e ricevendo una serie inimmaginabile di lamenti in risposta. Tentò
di alzarla in piedi, ma non riusciva nemmeno a reggersi sulle sue gambe, e non
fosse stato per Madian che l’aveva presa in braccio al volo probabilmente
avrebbe addirittura finito per rompersi l’osso del collo:
- Lascia fare a me: ho una bottiglia d’acqua ghiacciata in
macchina. Di solito è per Mitja, ma stavolta faremo un eccezione! – le sorrise
rassicurante, notando che era parecchio nervosa: - La tua amica è astemia? –
chiese preoccupato:
- No… non mi pare, no… Regge poco l’alcool, ma immagino che
la quantità che le hanno fatto trangugiare non la reggerebbe nessuno! – disse
facendolo ridere, mentre lo seguiva fuori dal locale.
Con l’aria fresca la ragazza andava lievemente
riprendendosi, non che stesse meglio ma per lo meno riusciva a stare in un
equilibrio precario, e tentò di stare sulle sue gambe aggrappata ad Haydée.
Ad un tratto mormorò qualcosa che solo la sua amica
comprese. La mora si guardò attorno mentre Madian armeggiava dentro la sua
auto, le fece passare un braccio attorno al suo collo e la trascinò quasi di
peso in un angolino buio, appoggiandola ad un muretto basso e tenendole la
testa mentre si “liberava”.
Sentì una mano sfiorarle un braccio e vide il ragazzo
porgerle un fazzoletto umido. Lo ringraziò con un piccolo sorriso e premette la
stoffa fresca sulla fronte della ragazza, pensando che Phénice gliel’avrebbe
pagata molto cara per averle fatto fare una figura del genere la sera in cui
aveva conosciuto quell’apollo... Ma
che diavolo sto dicendo?! Mi hanno drogato il succo!? A me non importa degli
uomini, li odio tutti! Esatto, tutti!!
Per non pensare a… quello… tornò a focalizzarsi su Phénice,
che stava leggermente meglio. Dopo vari tentativi riuscì a portarla verso
l’auto di Madian e vide che li aveva raggiunti anche Arkel.
L’uomo le andò incontro e la aiutò a sorreggere la ragazzina
mentre Madian le lavava la faccia con l’acqua ghiacciata, Haydée poteva vedere
ancora il ghiaccio galleggiarci dentro e trattenne un sorriso. Caspita, che organizzazione...
Phénice si riprese subito, biascicando qualcosa di incomprensibile. Arkel si
abbassò verso di lei divertito:
- Come hai detto? – le mormorò in un orecchio:
- Piantala di tirarmi il ghiaccio in faccia, CRETINO!! –
sbraitò infuriata. Il ragazzo si ritrasse con una smorfia sorpresa dipinta in
viso, mentre Madian se la rideva:
- Diavolo, l’hanno insaccata per bene! Puzza di rum come uno
scaricatore di porto cubano!! – ad un tratto la rossa si afflosciò a terra, e
stavolta fu Arkel lesto a recuperarla. La ragazza gli si era prontamente
rintanata nell’incavo del collo, bisbigliando un “Come si sta comodi qui” da
sciogliere il cuore del misogino più incallito. Naturalmente Arkel non fu
indenne, e per un istante Madian era certo di averlo visto vacillare sorpreso,
mentre l’ombra di un sorriso soddisfatto gli si dipingeva sulla bocca. Per
quanto ubriaca fradicia, la ragazza che teneva tra le braccia era pur sempre
bellissima… e poi, come si dice, “in vino veritas”… insomma, poteva
considerarlo un complimento!
Guardò la giovane tra le braccia dell’amico e
improvvisamente si ricordò di quello che gli aveva detto Mitja al motodromo: “Credo
che quella ragazza sia una delle due tipe che abbiamo visto al faro domenica
pomeriggio. Peccato, ha già il ragazzo!”. La guardò attentamente, e si
convinse che quei capelli rossicci e la pelle diafana appartenevano alla stessa
persona del box.
A passo svelto si avvicinò ad Haydée, che era andata alla
sua macchina per prendere una giacchetta da mettere sulle spalle nude della sua
amica. Si appoggiò al tettuccio della macchina e la guardò attentamente:
- Il ragazzo di Phénice è un bravo motociclista? – chiese
quasi casualmente. La ragazza rispose di getto, senza pensare allo scopo della
domanda:
- Figurati, non saprà neanche che le moto hanno il cambio!!
È un perfetto idiota! – brontolò chiudendo la macchina e avviandosi verso
Arkel, che si avvicinava lentamente adocchiando la ragazza abbandonata contro
il suo petto:
- E tu? Sai guidare la moto? – la vide sorridere con aria
saccente:
- Sono la fattucchiera della moto, la guido da quando ho 16
anni. In 10 anni sono obbligata ad aver affinato la tecnica! – rispose
guardando fisso davanti a sé. Ad un tratto si sentì strattonare e girare a
forza verso il suo interlocutore:
- Maledizione, non mi dire che eri tu a guidare la Ducati
999 nera allora!!! – Haydée lo guardò stralunata:
- Come sai che ho quella moto? – chiese in un soffio. Madian
la lasciò andare e si passò nervosamente una mano tra i capelli:
- Perché quelli che guidavano la R1 blu, sabato scorso al
motodromo, eravamo io ed Arkel. – l’altro interessato era davanti a loro:
- Sorpresa… - Arkel gettò letteralmente Phénice addosso a
Madian, grugnì qualcosa e si allontanò rapidamente. La mora lo guardava a bocca
aperta: - Che gli prende?? -
- Mi sa che non ha apprezzato molto il fatto di essere stato
battuto da una donna. Del resto, sono sorpreso anch’io. – la guardò serio, e
Haydée rabbrividì sotto il suo sguardo penetrante. Si mosse a disagio:
- Mi faresti il favore di caricare la mia amica sul sedile
del passeggero? – lui annuì e fece come gli era stato chiesto, poi tornò a
guardarla mentre le allacciava la cintura e la sistemava. Phénice sembrava dormire
della grossa, con la testa che ciondolava. Alla fine lei si alzò e gli lanciò
un’occhiata imbarazzata: - Allora… grazie di tutto… - mormorò convinta di aver
perso completamente la faccia con l’ultima rivelazione:
- Hai una penna? – alzò lo sguardo su di lui, stupita: - E
anche un pezzetto di carta, per favore. – le sorrideva divertito. Senza capire,
prese ciò che le era stato chiesto e glielo porse. Lui si appoggiò al tettuccio
e scribacchiò qualcosa rapidamente. Dopo un istante le ritornò la penna e il
foglietto, e lei lo lesse:
Madian Bailey
255/3791523
- È il numero del mio cellulare. Ti invito formalmente a
cena Hydée, chiamami tu quando vorrai per dirmi il giorno e l’ora. – sentenziò
con un sorriso più che affascinante infilandosi le mani in tasca.
Haydée boccheggiò, mentre il criceto d’emergenza dentro la
sua testa correva freneticamente sulla sua ruotina, rimettendo in moto i
neuroni del ragionamento che sembravano addormentati: “Invito a cena… numero
cellulare… invito a cena… il giorno e l’ora…”. Lentamente le sue parole fecero
presa nella sua testa, convincendola che aveva capito bene.
Dopo 6 anni… un invito a cena da parte di un ragazzo,
evidentemente interessato a lei… un ragazzo… uscire ancora con un ragazzo, dopo
che per tutti quegli anni si era rintanata in sé stessa… dopo quello che era
successo con… con… Phil…
Non era forse per evitare queste situazioni imbarazzanti che
non usciva mai? Che frequentava discoteche, feste e locali solo dietro
esplicita supplica di Phénice? Non era forse per evitare di… conoscere qualcuno
che aveva allontanato il mondo da lei? Ed ecco il mondo tornare prepotente ad
insinuarsi nella sua vita, stravolgendo il precario equilibrio che si era
creata, e proprio l’unica volta in cui aveva abbassato la guardia!
D’improvviso sentì gli occhi riempirsi di lacrime, ma non
voleva farsi vedere in quello stato, lei non piangeva mai… da 6 anni a quella
parte, lei non voleva piangere ancora!
Fece un respiro profondo, scacciando dalla mente un’immagine
dolorosa che credeva di aver cancellato molto tempo prima, un’immagine che
l’aveva fatta piangere e soffrire troppo, indurendole il cuore e rendendolo
incapace di addolcirsi… e di amare.
Rialzò il capo pochi secondi dopo, anche se per l’intensità
dei suoi pensieri le erano parsi ore, e osservò il ragazzo con sguardo
indecifrabile:
- G-grazie Madian… non so se… accetterò… ti… ti prometto che
ci penserò. Ora scusa, devo andare, e… grazie ancora… per tutto. – chiuse lo
sportello e avviò l’auto, facendo manovra rapidamente e allontanandosi premendo
sul gas, mentre le lacrime prendevano a sgorgare incontrollate dai suoi occhi.
Sentì una manina posarsi sulla sua che teneva sul cambio e
volgendosi un istante incontrò gli occhi annebbiati di Phénice, che attraverso
i fumi dell’alcool doveva aver capito il suo turbamento.
Decisamente, quella non era la loro serata.
~~~~~
Madian osservò l’Audi allontanarsi con un’evidente sorpresa
dipinta in volto. Sbagliava, o… erano… lacrime quelle che le allagavano gli
occhi?
Avrebbe dovuto fermarla, farsi spiegare, calmarla, qualsiasi
cosa!
All’improvviso lo assalì la paura che potesse travolgere
qualcuno così sconvolta, o uscire di strada…
Senza pensarci due volte, si avviò di corsa alla sua auto:
- Mitja? – chiese ad Arkel sprofondato nel posto del passeggero:
- Dice che ha da fare, torna con mezzo autonomo. -
- Perfetto!! – così dicendo spinse con forza
sull’acceleratore:
- EHI, ti sei bevuto il cervello!!! – sbraitò il suo
passeggero perdendo l’equilibrio e rovinandogli addosso:
- Togliti! No, non sono andato fuori di testa. Sono
preoccupato per Haydée… -
- Che si arrangi, mi pare abbia dato prova di essere una
pilota provetta, no? – sbottò inacidito, dandosi un contegno e mettendosi la
cintura di sicurezza, Con un
conducente come questo direi che ne ho proprio bisogno…
- Piantala di fare l’offeso! – si incupì, rimanendo in
silenzio per diversi istanti: - Stava piangendo. -
- Ah. – Arkel sapeva quanto Madian odiasse vedere piangere
chiunque, fossero donne o bambini, e sapeva anche che sarebbe stato inutile tentare
di farlo desistere dal suo proposito, perché era più testardo di un mulo!
Perciò si limitò a restare in silenzio al suo posto, controllando la vettura
davanti alla loro.
Le seguirono fino al loro condominio, poi entrarono nel
garage sotterraneo e furono costretti a interrompere il loro pedinamento,
fermandosi davanti alla porta d’ingresso. Arkel si schiarì la voce:
- Beh, mi sembra che siano arrivate sane e salve. - tentò di
dire:
- Già… -
- Carino questo condominio. -
- Già… -
- Sei un gran pezzo di merda, pedofilo e assassino di
bambini. -
- Già... – In
questo momento potrei interpretare con successo la parte dell’uomo invisibile
nel nuovo film di Spielberg, pensò scocciato. Fece un sospiro, poi
allungò un braccio e prese Madian per il bavero, scotendolo con scarsissima
grazia, ma con molto, moltissimo affetto fraterno:
- SVEGLIATI BELLO ADDORMENTATO!!! Sono a casa, sono
incolumi, chi più e chi meno, e noi sembriamo due maniaci, fermi qui sotto le
loro finestre!! – sbraitò facendo tremare i cristalli, mentre all’esterno della
vettura un gatto randagio scappava terrorizzato.
Madian sbatté le palpebre un paio di volte, tornando alla
realtà e scendendo dal meraviglioso pianeta di nome Haydée sul quale si era
incagliato.
Arkel lo lasciò andare, notando con soddisfazione che la sua
cura sortiva gli effetti sperati.
Il ragazzo si riprese, lanciò un ultimo sguardo alle
finestre dell’ultimo piano che si erano appena accese, e avviò la macchina.
~~~~~
A casa dei ragazzi, un’ora dopo… forse due… HICK!
- È bella, vero? -
- Una vera sventola, amico. -
- Credi che potrei piacerle? -
- Puah! Che razza di domande! Ma se le donne fanno la fila
per te! -
Madian ascoltò la risposta pensoso, mentre un paio di occhi
neri da cerbiatta gli danzavano nella mente annebbiata dall’alcool:
- Ma sono un ladro… -
- E allora?! Il fascino del mascalzone non ha confini! –
rispose Arkel con l’aria di uno che la sa lunga, scolandosi l’ennesimo
bicchiere di whisky scozzese e versandone un altro per
entrambi.
Madian guardò la bevanda fermentata con aria assente, poi se
ne uscì con una domanda che fece quasi strozzare Arkel:
- Tu hai mai avuto la fidanzata? -
- Io sono fidanzato… - rispose dopo aver recuperato il suo
normale colorito:
- Davveroo!! E perché io non ne sapevo niente? Chi è? -
- È nel garage, si chiama R1. – biascicò ridacchiando:
- Ma è una moto! Non puoi essere fidanzato con una moto! -
- E invece sì! E sono anche mooolto felice con lei! Pensa:
non mi hai mai messo le corna e mai lo farà! Cosa posso volere di più? –
esclamò facendo sparire anche quel bicchiere di alcool. Madian ci pensò su un
po’, poi lo guardò con aria furbetta:
- E te la porti anche al letto? – chiese malizioso. L’altro
lo guardò male, diventando improvvisamente troppo serio:
- No, lei è una vera signora, una santa. Per il sesso, se è
questo che vuoi sapere, ci sono le donne comuni, che secondo me sono buone solo
per quello. – borbottò tentando di alzarsi dal divano sul quale erano
stravaccati, stanco di quella conversazione:
- Ehi, ehi, dove vai? Forza, resta ancora un po’! Avanti,
spiegami, perché hai una visione così bassa dell’universo femminile? Una tua ex
ti ha messo le corna? – chiese dalla sua nuvoletta alcolica:
- No. Mia madre si è fatta tutto il villaggio di pescatori
dove venivi in vacanza, compresa buona metà di quelli vicini. E chissà quanti
altri da quando me ne sono andato. – confessò mentre si pentiva immediatamente
di aver spifferato il tormento della sua intera esistenza. È triste passare la
tua vita chiedendoti se sei un bastardo....
Avrebbe dovuto ricordarsi che l’alcool lo rendeva troppo
loquace. Madian si riprese leggermente e si raddrizzò corrucciato:
- Ah. Mi dispiace amico, ma non dovresti generalizzare, non
tutte le donne sono così. Sono pressoché certo che mia madre non ha mai fatto
l’amore con altri che non fosse mio padre. -
- Già, come no… solo il giorno in cui ne avrò la prova
tangibile ci crederò… -
Le loro confessioni vennero interrotte da un tonfo sordo
contro la porta d’ingresso. Naturalmente nessuno dei due si mosse, troppo
stanchi e ubriachi per scomodarsi.
Dopo un po’ sentirono raschiare contro il legno, segno che
qualcuno si arrampicava faticosamente:
- Sarà un cane? -
- Sì, probabilmente di razza stupidog russo… - rispose
acidamente Arkel, mentre l’altro rideva come un idiota alla battuta più che
pessima.
Finalmente una chiave venne inserita nella toppa, seguita da
un urlo esultante e da una sfilza di risate solitarie:
- Per essere un cane ride parecchio… - commentò Madian.
Dopo una serie indefinibile di tentativi, il “cane” in
questione riuscì a girare la chiave, aprire la porta, estrarre la chiave e
chiudere la porta. Queste semplicissime quattro operazioni richiesero mezzora,
tra risate e frasi dette a una presenza immaginaria.
Mitja si trascinò in ginocchio fin sulla porta del salotto,
salutando con grida gioiose i due ubriachi sul divano:
- Domattina ricordami che ho giurato a me stesso che, una
volta smaltita la sbornia, lo avrei soppresso. – mugugnò Arkel alzandosi
faticosamente. Madian lo seguì e ci riuscirono sorreggendosi a vicenda.
Nel frattempo Mitja era stramazzato al suolo e russava
beatamente:
- Beh, magari non mi ha risparmiato un lavoraccio, ma almeno
ha smesso di starnazzare. -
- Credi che dovremmo portarlo a letto, o magari metterlo sul
divano? – Arkel sghignazzò:
- Troppo buono! Hai detto bene, “dovremmo”: lasciamolo
dov’è, sarà divertente trovarlo ancora lì domani a mezzogiorno e pulirsi le
scarpe sporche su quello zerbino di camicia… -. Presero a salire le scale
faticosamente, fermandosi ogni due scalini, poi ad Arkel venne in mente una
testa riccioluta e sorrise:
- Consolati, pensa che Mitja e Phénice domani staranno come
noi, se non peggio… -
- È vero, Phénice! Come mai ti è venuta in mente? Non è che
ti piace? -
- E smettila di blaterare!! No, non mi piace! Pensavo solo
che dovremmo vomitare anche noi se non vogliamo portarci dietro ‘sta scimmia
per 4 giorni! -
- Ok, allora I° tappa bagno! – sentenziò Madian con gli
ultimi rimasugli di energia:
- Già, bagno… - borbottò il suo compare di bevute, tentando
inutilmente di scacciare l’ingombrante ricordo di morbidi e profumati capelli
rossicci e di un corpo caldo e flessuoso dalla sua memoria…
Il primo a svegliarsi fu Madian. Girovagò strascicandosi per
il primo piano, trovando Arkel che ronfava beatamente nel suo letto e la camera
di Mitja vuota.
Ad ogni minimo rumore delle sue ciabatte la testa gli
scoppiava, quindi le abbandonò su uno scalino e proseguì la discesa al piano
terra.
Una volta giù vide un paio di gambe sbucare dal salotto.
Sghignazzò tra sé e fece per sollevare il russo disgraziato. Inchinatosi di 5
gradi però scoprì che il cervello martellava per uscire dalla scatola cranica,
così rinunciò al suo buon proposito e si diresse in cucina, puntando dritto ad
un armadietto interamente adibito alla cura delle loro sbornie. Dovete sapere che facciamo un uso
smodato di aspirine…
Una volta sedutosi ingurgitò la pastiglietta bianca con
mezzo litro di acqua gelida, l’ideale per disimpastare la bocca nel
dopo-sbronza.
Posò la bottiglia davanti a sé, e le goccioline di condensa
che si formavano sulla plastica gli fecero tornare alla memoria la serata
precedente, Phénice e… Haydée…
Le aveva lasciato il suo numero, ma non si era preoccupato
di farsi dare il suo. Primo grave
errore.
E se lei non lo avesse chiamato? Come faceva a contattarla?
Semplice, sapeva dove abitava! Secondo
grave errore. Se mi presento a casa sua crederà che io sia un maniaco spione.
Appoggiò la testa sulle mani. Gli piaceva. Cristo, quanto
gli piaceva! Fisicamente, era l’incarnazione del suo ideale.
Un mugolio di dolore lo distolse dai suoi dolci pensieri. 5
minuti dopo Mitja si era trascinato fin davanti al lui, aiutandosi con tutto
quello che gli veniva a tiro:
- Uuuuh… la schienaaa… - piagnucolò tastandosi quello che
gli rimaneva delle vertebre. Madian non fece una piega: scartò un’altra
aspirina e gliela allungò, spostando la bottiglia verso di lui:
- Mi spiace di non averti tirato su, ieri sera ero ubriaco
quanto te, come pure Arkel, e adesso la materia grigia urla. – l’altro agitò
una mano come a dire che non importava, ingerì la pastiglia e si scolò la
restante acqua. Rimasero in silenzio per una buona mezzora, persi in chissà
quale sogno nebuloso, poi Madian si schiarì la voce:
- L’hai capito poi chi delle due era Aida? – chiese
sorridendo appena:
- Macché! C’ho provato, ma… - fece un gesto vago con la mano
destra, mentre con l’altra si sorreggeva la testa pesantissima:
- Capisco… ti ricordi di Haydée? – era proprio fissato…
- Chi?!? – chiese stralunato:
- La mora che avevamo visto al molo. – lo sguardo da pesce
palla che gli rispose gli fece capire che Mitja non aveva la più pallida idea
di quello che andava blaterando: - Lascia perdere, un giorno di questi, quando
staremo meglio, ti spiegherò tutto quanto. – borbottò rovesciando la testa
all’indietro.
Un’improvvisa serie di tonfi lungo le scale li riscosse:
- Vai a vedere cos’è stato… - fece Madian. L’altro lo guardò
come se avesse parlato in ostrogoto:
- Stiamo scherzando!? Io non mi alzo da qui neanche se mi
fate saltare una bomba termonucleare sotto il culo! – così rimasero fermi
dov’erano.
Un’esplosione di rabbia, e di bestemmie, li fece sussultare
sulle sedie:
- Ma porco mondo!!! Chi è stato quel figlio di una gran
brutta passeggiatrice che ha avuto la geniale idea di lasciare le sue ciabatte
di merda lungo le scale?!?? -
Madian impallidì, mentre Mitja faceva una smorfia che voleva
essere un sorriso:
- Oh-oh! Il dio Vulcano si è incacchiato! Hai sentito degli
ultimissimi pacchetti vacanze? Ti mandano su Marte per un nonnulla, ma c’è chi
assicura che è un paradiso: pare che ci siano spiagge magnifiche, sconfinate, di
sabbia rossa… - Arkel entrò e la sua espressione non prometteva niente di
buono:
- Sono tue queste Madian? – sibilò mostrando una ciabatta
che aveva visto giorni migliori. Il ragazzo fece un sorrisetto
accondiscendente:
- Ehm, temevo di svegliarvi camminando con quelle, così me
le sono tolte… - un ringhio rabbioso gli comunicò che Arkel non la beveva
quella scusa. Si alzò lentamente, tentando di ammansire la bestia, mentre Mitja
se la rideva tranquillo:
- … per la storia della sabbia, credi che ti farebbero dei
problemi se me ne porti a casa un vasetto per il mio acquario?? Senza fretta
s’intende… -
~~~~~
All’altro capo della città, ore 10:45 circa
- Mi fa male la testa… Haydée?… –
Winter sentì questo lamento ripetuto un paio di volte, così
si decise a staccarsi dal suo portatile e a dirigersi verso la fonte di dolore
della casa. Era tornata un’ora prima con il restante delle sue cose e aveva
trovato l’appartamento ancora avvolto nel silenzio. Si era mossa senza fare
alcun rumore e aveva finito in tutta fretta, poi si era rintanata nella sua
stanza e si era messa d’impegno a cercare quel famoso lavoro.
Quando entrò nella stanzetta tutta rosa e stracolma di
pupazzi della ragazza, per poco non le venne uno sbocco di bile. Sembra la camera di Barbie…
Annusò l’aria pesante con aria disgustata. Qualcuno ieri sera si è dato alla pazza
gioia… con una bottiglia di Havana…
Senza scostare le tende, aprì i vetri e accostò le imposte,
almeno per risanare l’aria mefitica. La poca luce le permise di vedere il
soggetto che si lamentava: Phénice era bocconi sul letto, con solo l’intimo
addosso, i capelli arruffati e il viso stravolto e sofferente.
Le posò una mano fresca sulla fronte e vide il visetto della
ragazza distendersi per un istante. Winter non sorrise, non ricordava nemmeno
da quanti anni non sorrideva, ma il suo viso si addolcì impercettibilmente. Sembra proprio una bambina…
Un rumore nell’atrio la fece raddrizzare di scatto, mentre
dopo pochi istanti Haydée faceva la sua comparsa sulla soglia. Fece una faccia
sorpresa vedendola lì:
- Buongiorno! Sei tornata? – chiese sedendosi sul bordo del
letto e scostando i capelli dal viso della rossa:
- Sì, poco più di un’ora fa… che le è successo? – la mora
sospirò:
- Un casino, non sai cosa ti sei persa. Il ragazzo che frequenta
l’ha ubriacata, e io non l’ho controllata a dovere… -
- Non sei sua madre. -
- Lo so, ma è così ingenua e dolce… mi ricorda me quando
avevo 16-18 anni… - mormorò con uno sguardo lontano e malinconico negli occhi.
Si riscosse e alzò lo sguardo sulla bionda accanto a lei: - Hai aperto tu le
finestre? -
- Sì, non si respirava… - Haydée sorrise dolcemente:
- Hai fatto bene, siamo tornate tardi e ho dormito come un
sasso, altrimenti l’avrei fatto io. – si alzò – Sarà meglio che le vada a
prendere un’aspirina, se vuoi seguimi così ti mostro dove teniamo i medicinali.
– disse allontanandosi lungo il corridoio.
Winter la seguì, scrutandola attentamente, e si astenne dal
commentare che lei non aveva un aspetto migliore di Phénice, con quegli occhi
gonfi e arrossati… gli occhi di una che ha pianto…
- Mi sto cercando un lavoro… - disse tanto per iniziare una
conversazione:
- Davvero? Ti ringrazio, è già abbastanza difficile
convincerla che eravamo amiche, immagina se scoprisse che non fai alcun lavoro!
Sembra ingenua, ma nota un sacco di particolari, anche assurdi… -
- Non crede che eravamo amiche al liceo? -
- No, ieri mattina mi ha tempestata di domande… forse
dovremmo inventarci qualche aneddoto stupido da raccontarle, tanto per farla
stare tranquilla… in fin dei conti, nemmeno io mi crederei!! – disse
sorridendo. L’altra annuì, seguendola mentre tornavano nella cameretta rosa:
- Senti, ma non era più semplice dirle che davi la camera a
una sconosciuta? – chiese non capendo il perché di tanti sotterfugi:
- Non potevo, le avevo promesso che quella stanza sarebbe
stata affittata solo ad amici o parenti, e io mantengo sempre la mia parola. –
si erano fermate fuori dalla porta chiusa della camera di Phénice e
bisbigliavano:
- Sei un tipo strano, Black. A volte sei dura come roccia,
adesso sei dolce come il miele. Si può sapere perché la tratti come se fosse
tua figlia? Dopotutto ha 24 anni, due meno di te mi pare, dovrebbe sapersela
cavare! – Haydée le fece segno che le avrebbe spiegato più tardi, si volse e
sparì nella camera della rossa.
Winter se ne andò in cucina, pronta a ritentare l’assalto.
La interessava quella strana situazione… e poi le era simpatica Phénice… era
così carina con lei! Le ricordava sua sorella, lo stesso carattere solare e
gentile.
Il ricordo doloroso la scosse, si portò una mano alla
fronte.
Sua sorella Crystal
era stata rapita a 10 anni da un mafioso cinese, Chung En-Liu.
Erano le figlie gemelle di un industriale a capo di una
multinazionale che aveva avuto la pessima idea di pestare i piedi al muso
giallo in questione. Lei e la sorella, insieme a un ragazzino biondo che
abitava nella zona povera del quartiere, di un anno più grande di loro, erano
inseparabili.
In un caldo pomeriggio di 17 anni prima, una macchina nera
con i finestrini oscurati si era fermata davanti al cancello aperto e ne era
sceso un uomo vestito di nero, con un sorriso fintamente gentile: era Chung in
persona, lo aveva riconosciuto giorni dopo, da una foto segnaletica.
Aveva invitato le due bambine a seguirlo, ma il ragazzino
che era con loro aveva intuito che era un tipo pericoloso e si era frapposto
tra l’uomo e le sue amichette, intimandogli senza successo di lasciarle in
pace.
Dopo vari tentativi l’uomo si era stancato e aveva afferrato
Crystal per un braccio. Un altro suo sgherro era sceso, tentando di raggiungere
Winter, ma il ragazzino era stato più svelto: con le lacrime agli occhi l’aveva
presa per un braccio e l’aveva trascinata via, incitandola a correre sempre più
forte. Quella era stata una delle ultime volte che lei aveva pianto,
abbracciando disperata il biondino.
Si erano rintanati nella zona dove viveva lui, un dedalo di
viuzze dove nemmeno la polizia metteva mai piede, e dopo aver tentato
inutilmente di trovarli Chung ordinò di lasciar perdere, dopotutto aveva una
delle due bambine e poteva bastare.
Crystal non era più tornata a casa. Il signor Finlay aveva
ceduto a tutte le richieste, finendo in rovina, ma della sua bambina non aveva
avuto più alcuna notizia. Nel giro di pochi mesi dovettero vendere la casa per
far fronte ai debiti, e si allontanarono dalla città nella quale le bambine
erano cresciute, convinti che a Winter avrebbe fatto bene.
La ragazzina aveva smesso di mangiare e di parlare, di
piangere e di ridere. Solo col suo amico riusciva a spiccicare qualche parola.
Quando la allontanarono anche da lui il tracollo fu definitivo.
Visse come un automa fino ai 25 anni, quando si laureò a
pieni voti in giurisprudenza per dare almeno una soddisfazione ai suoi
genitori.
Una volta tornata a casa, con ancora la corona di alloro in
testa, aveva annunciato ai genitori che partiva per cercare sua sorella, le sue
valigie erano già pronte nel sottoscala della villetta a schiera che suo padre
era riuscito ad acquistare dopo sforzi disumani.
Senza nemmeno cambiarsi d’abito aveva chiamato un taxi e se
n’era andata.
Era in giro per il mondo per trovare Crystal, per tornare a
vivere, per tornare a ridere. Sapeva che sua sorella era ancora viva, se fosse
morta lo avrebbe sentito, dopotutto erano gemelle…
Aveva anche tentato di rintracciare il suo vecchio amico, ma
se n’era andato con i suoi genitori dalla loro vecchia città molti anni prima,
e nessuno seppe indicarle dove trovarlo, in più non ricordando il suo cognome
era praticamente impossibile scovarlo.
C’erano così tanti Mitja figli di emigranti russi in quel
paese…
Il ritorno di Haydée la riscosse dai suoi pensieri. Quando
la mora entrò notò che aveva il viso stravolto, e si bloccò:
- Tutto bene? -
- Mh? Sì, sono solo un po’ stanca… - mormorò osservando la
ladra.
Sapeva che Chung era un famoso collezionista di antichità
cinesi, e conoscendo la passione di Black Soul per il furto di oggetti d’arte
di contrabbando sperava di riuscire ad avere qualche informazione che la
portasse da lui. A strozzarlo con le sue stesse mani.
- Serve una mano per trovare lavoro? Ho un’amica che può
indicarti con precisione tutti gli studi legali della città dove cercano
giovani e brillanti avvocati. – si sentì proporre:
- Uhm… ok, poi mi dirai dove rintracciarla. Rispondi alla
mia domanda di prima: perché ti occupi così di Phénice? – la vide bloccarsi e
sospirare, mentre riponeva sul ripiano della cucina un bicchiere che aveva
riempito d’acqua. Si volse e si guardarono a lungo, poi le sedette di fronte
col suo bicchiere:
- Perché Phénice è pura. – attese che le sue parole
prendessero il giusto significato nella testa di Winter, poi quando la vide
sgranare gli occhi, segno che aveva capito, proseguì: - I suoi me l’hanno
praticamente affidata. Phénice voleva vivere vicino all’università, ma i suoi
genitori non sapevano come fare perché loro vivono in provincia: la nostra
coinquilina è cresciuta nella bambagia, protetta da genitori apprensivi e da
due fratelli maggiori. Un giorno mi si è presentata sulla porta, con un paio di
occhialoni da secchiona e un block notes in mano. Aveva cercato per mezza città
un posto dove stare, e io ero una delle sue ultime spiagge. Devi sapere che ho
vissuto da sola per più di un anno e un bel giorno mi sono stancata, cercavo
una ragazza con cui dividere le spese. Detto fatto, avevo messo l’annuncio
sulle bacheche dell’università una settimana prima e lei lo ha trovato. Mi ha
raccontato tutta la sua storia in un pomeriggio e io ho deciso di aiutarla. I
suoi mi mandano qualcosa ogni settimana, ad esempio le lasagne che abbiamo
mangiato giovedì sera erano un loro pensiero. Una specie di obolo perché io
conservi intatta la loro bambina. – Winter si sorbì la storia tutta d’un fiato,
senza battere ciglio.
Rimasero in silenzio per un po’, poi la bionda tirò fuori un
paio di parole a fatica:
- E così… Phénice non ha mai… - fece un gesto significativo
con la mano e Haydée sorrise:
- Esatto. Non ha mai conosciuto carnalmente un ragazzo. –
l’altra appoggiò la testa ad una mano:
- Incredibile… a 24 anni… -
- Eh già… se me lo raccontassero forse faticherei a crederlo
anch’io. Per questo me la sono presa a cuore. È un fiore raro. – commentò
rigirando il bicchiere tra le dita sottili:
- Unico, direi! Per la miseria, se la vendessimo a un emiro
come regina del suo harem diventeremmo miliardarie!! – Haydée la guardò storto:
- Naturalmente scherzavo… - ci pensò su un po’, poi annuì soddisfatta: -
D’accordo, allora ti darò una mano nel tuo difficile compito; dopotutto per un
altro piatto di lasagne come quelle dell’altra sera mi pare il minimo! – la
mora la guardò come se fosse impazzita:
- Ma… non la conosci nemmeno! – balbettò con gli occhi fuori
dalle orbite:
- E allora? Ciò non toglie che mi sia simpatica!! – rispose
mezza offesa di tanta malfidenza.
Winter si affaccendò con la colazione, nel tentativo di
imparare quello che tenevano nei diversi scomparti. Haydée la guardava
attentamente, sorbendosi una tazza di caffè che si era appena preparata.
La osservò prendere un bicchiere, riempirlo d’acqua del
rubinetto e infilarci un fiore staccato dalle piantine che la loro protetta
teneva sul terrazzo. Mise la sua opera su un vassoio da letto, insieme a un
caffè doppio e a una brioche scaldata nel microonde, poi prese il tutto e si
avviò spedita alla camera di Phénice:
- Un giorno o l’altro mi racconterai perché in nemmeno due
giorni hai cominciato a trattarla come una sorella. – Winter rimase congelata
sulla soglia, e la mora non poté scorgere il suo viso sconvolto e la mandibola
serrata per trattenere… l’emozione... La bionda si limitò ad annuire
rigidamente, poi si allontanò a passo svelto.
Haydée la guardò con la tazzina a mezz’aria, chiedendosi
cosa ci fosse dietro quei comportamento così bizzarri e contraddittori.
Scosse le spalle, alzandosi e recuperando la sua borsetta
abbandonata su un piccolo sofà. Prese a frugarvi alla ricerca del cellulare e
le sue dita incontrarono un bigliettino stropicciato, vergato la notte
precedente da un aitante ragazzo.
Lo dispiegò lentamente, sedendosi al posto di prima e
osservandolo a lungo. Ripensò alla serata, al ragazzo, alle parole che si erano
detti, all’invito e ai pensieri che ne erano seguiti e che l’avevano tenuta
sveglia praticamente tutta la notte.
Sospirò affranta, prese il biglietto e lo infilò nel
portafogli soprappensiero, nel tentativo di dimenticare le sensazioni che
Madian aveva risvegliato. Se ne sarebbe liberata più tardi…
Capitolo di transizione… non mi piace neanche un po’ ma era
indispensabile per ripartire
India
Giovedì nel tardo pomeriggio, appartamento del centro
Winter entrò sbuffando, maledicendo il caldo, la sua
testardaggine e il lavoro che si era trovata. Dopo nemmeno due giorni era già
riuscita a litigare con tre quarti dell’ufficio, si erano salvati un collega
che si era preso delle ferie arretrate e la donna delle pulizie che non
vedevano mai.
Sospirò di stanchezza, pensando che almeno in casa avrebbe
avuto un po’ di tranquillità, ma le sue rosee aspettative vennero disattese
quando la vocetta infuriata di Phénice le arrivò alle orecchie:
- È stato un incidente, sono stata io a bere, non lui ad
ubriacarmi! -
- Ma fammi il piacere… - ribatté Haydée:
- Fammi il piacere tu! Domani sera ci uscirò, mi ha invitata
al cinema per scusarsi e io ci vado! -
- E va bene, ma se ti ubriachi di nuovo non chiamarmi! –
sbottò l’altra.
Winter si diresse in cucina dove trovò la ladra accasciata
su una sedia con una faccia terribile, mentre la rossa si chiudeva soddisfatta
nella sua stanza:
- La poppante fa i capricci? -
- Peggio, mi sta esaurendo… Selim è tornato alla carica, con
mille scuse e cioccolatini l’ha convinta che non voleva farla ubriacare, che è
stato un “incidente” e che la ama alla follia! Davvero patetico! – il tono
ironico della bella mora non lasciava spazio a dubbi su come la pensava:
- Magari è sincero… - tentò di obiettare, ma non era
preparata alla reazione di Haydée:
- BALLE!! – sbraitò balzando in piedi e pestando un pugno
sul tavolo della cucina: - Li conosco i tipi come lui, tante belle promesse,
tante belle parole! La verità è che la vuole rovinare e quella testa vuota non
lo capisce nemmeno, nonostante i 24 anni che si ritrova! Io ne avevo a malapena
19 quando… - si interruppe prima di rivelare quello che da più di 6 anni la
sconvolgeva, corse in camera sua a prendere la sacca per la piscina e uscì come
un turbine sbattendo la porta.
Winter rimase ferma in cucina ascoltando tutti i movimenti
della sua collega. Una volta ristabilito il silenzio Phénice tornò in cucina
tutta gongolante:
- Lo sai che Selim… - la bionda la interruppe con un gesto
nervoso:
- Sì, lo so. Sei sicura di quello che fai? – vide la ragazza
arrossire:
- Certo che sono sicura! Non ti mettere a farmi la predica
anche tu, per favore! – la guardò prendere un libro da una mensola e sparire di
nuovo nella sua stanza. Ragazzina
pestifera e testarda!
~~~~~
Giovedì nel tardo pomeriggio, villetta in periferia
Mitja rigirava la piantina del museo cittadino senza
riuscire a capirne l’orientamento:
- Ehi, sei sicuro che sia la piantina giusta? – Madian prese
il foglio spazientito, lo girò e glielo rimise in mano:
- Ecco! – brontolò stanco di dover sempre fare tutto da solo
visto che Arkel da un paio di giorni si dava per disperso. Continuò a scaricare
le informazioni che gli arrivavano via internet mentre leggeva quelle già
arrivate.
- Veramente io continuo a non capire… - stava per
strangolare il biondino quando il suo cellulare prese a squillare. Lo agguantò
con rabbia e rispose con malagrazia: - Seee!! -
Dall’altra parte silenzio. Aspettò ancora un istante poi
riprese:
- Insomma si può sapere chi sei o vogliamo giocare a
“indovina chi” ancora per tanto?! Ho da fare io!! – per un attimo la ragazza
all’altro capo fu tentata di riattaccare, poi si riprese:
- Ciao Madian, scommetto che ti ricordi di me… - fece
gentilmente. Sentendo una voce di donna il ragazzo barcollò:
- Ha-Haydée??! – chiese speranzoso. Ormai da una settimana
non faceva che sognarla:
- Sbagliato! Sono Aida! Mitja mi ha dato il tuo numero di
cellulare, quell’idiota non ne fa una giusta. Ti dispiace passarmelo? – Madian
tirò il telefono in faccia al più richiesto della casa e se ne andò dalla
stanza.
Uscì in giardino e girovagò per un po’. Dentro al garage
regnava la desolazione, c’era un casino inimmaginabile ma non la moto, come al
solito.
Sbuffò spazientito, quella era la giornata giusta per
sfogarsi ma a quanto pare era appiedato, senza telefono per sapere se Haydée lo
chiamava e senza uno straccio di collaboratore valido per progettare il
prossimo furto nei minimi dettagli!
Mitja sarà pure stato il genio degli esplosivi, ed era
talmente mingherlino che avrebbe potuto passare tranquillamente per la cruna di
un ago, ma quanto a impegno ante-furto era da bocciatura istantanea! Riusciva a
far perdere la calma anche a lui, e questo era veramente un bel record.
Borbottò qualcosa di incomprensibile e si sedette sbuffando
sotto un albero del giardino, stanco anche di quella calura. Se penso che l’estate è appena iniziata…
Appoggiò il capo al tronco, socchiudendo gli occhi e puntandoli
agli stralci di cielo azzurro intenso che la fitta fronda sopra la sua testa
non riusciva a nascondere. Immediatamente i suoi pensieri scivolarono lontano,
sulle curve di un’incantevole mora…
Non aveva mai incontrato una donna capace di far concentrare
tutte le sue attenzioni su di lei come gli accadeva con Haydée. L’aveva vista
soltanto 2 volte, di cui una più che di sfuggita, e già faticava a pensare a
qualsiasi altra cosa che non fosse lei. Davvero incredibile!
Incrociò le braccia, poggiandole sulle ginocchia, e sospirò.
Non era Mitja che gli impediva di lavorare, né tanto meno l’assenza di Arkel
come spalla. Erano i suoi pensieri ad essere continuamente dirottati verso
altri lidi. E che lidi…
Chiuse gli occhi e la rivide come quella sera in discoteca,
la pelle lievemente abbronzata, le curve sinuose e quel vestitino quasi
trasparente… Certo che se l’avesse lasciata cadere nella fontana… c’avrebbe
perso in cavalleria, ma sai che spettacolo! Non c’era alcun dubbio, se non
fosse intervenuto sarebbe stato considerato l’eroe della serata da parte della
popolazione maschile!!
Scosse il capo, scacciando i pensieri insani: non ne sarebbe
mai stato capace. E poi… lei… era sua…
Questo pensiero lo sbigottì, poi rise di sé: non poteva aver
già preso una sbandata! Aveva sentito la sua voce non più di tre, quattro
volte!!
Però l’idea che sarebbe stata esposta agli sguardi di tutti
quei bavosi se fosse caduta nella fontana lo mandava in bestia…
Venne riscosso dai suoi pensieri da un insulto disumano di
Mitja, così si alzò e prese a incamminarsi a capo chino verso la villetta.
Il ragazzo lo accusava di averlo tradito, aveva dato di
proposito il suo numero ad Aida perché sperava che lei avrebbe capito che non
se la filava per niente, ma Madian si era messo a fare il gioco della ragazza e
lui era ancora incastrato con quella stupida petulante.
Madian lo mandò cordialmente al diavolo e si rimise al
lavoro.
Avrebbe dovuto analizzare meglio quello che gli stava
succedendo, doveva trovare un po’ di tempo libero per pensare, oltre che di
privacy… cosa praticamente impossibile con quei due per casa!
~~~~~
Ore dopo, una viuzza sconosciuta
Haydée vagava da ore, senza meta. Era arrivata a piedi fin
davanti alla piscina, poi si era accorta che non aveva nessuna voglia di
entrare. Così aveva fatto dietro front e si era avviata a casaccio per le vie
della città.
Aveva bisogno di tempo per pensare, e camminare da sola la
aiutava sempre.
Sistemò meglio il borsone che teneva a tracolla e sospirò.
La sua vita era un vero disastro. Le davano soddisfazione
soltanto i suoi due lavori. Amava il suo lavoro di architetto e aveva anche un
discreto successo vista la sua precisione e puntualità. Invece essere Black
Soul la aiutava a sfogare quello che nella sua esistenza non andava, la
entusiasmava poter controllare quella piccola porzione della sua vita.
Essere il grande ladro Black le dava quel senso di potere e
assoluto controllo che non era mai riuscita a provare nella vita di tutti i
giorni.
Suo padre era un diplomatico di origine inglese, dopo il
matrimonio si era trasferito in India dove dirigeva l’ambasciata di Sua Maestà.
Aveva sangue indiano nelle vene, la moglie di suo nonno era di Delhi.
I novelli sposi vivevano in una cittadina caratteristica
fuori dall’agglomerato della metropoli, in un piccolo palazzo di stucco rosa,
con un fresco giardino interno e spessi muri che garantivano frescura
all’interno dell’abitazione anche senza aria condizionata. Il cortile
rigoglioso erano colmo di alberi di aranci e limoni, con una fontanella zampillante.
Qualche anno dopo era nata la bambina, Haydée. Sua madre era
bionda e suo padre castano, ma per uno strano scherzo del destino lei aveva
ereditato quasi tutte le caratteristiche della bisnonna paterna, soltanto dalla
sua carnagione si capiva che era occidentale.
Era cresciuta insieme alla figlia di una vicina, la piccola
Ameera. Erano inseparabili e non fosse stato per la sua pelle così chiara
sarebbe apparsa anche lei come indiana.
Con gli anni i suoi litigavano sempre più spesso, e lei si
staccava sempre più da sua madre che era la causa di quei litigi, impaurita
dalle loro urla e dai rumori che facevano quando altercavano. Quando ciò
accadeva correva fuori di casa, volava letteralmente fino all’abitazione di
Ameera e si rintanava nel grembo di sua madre, tremando e piangendo per il
terrore.
Un giorno sua madre se n’era andata, stanca di dover
sopportare la calura di quella terra selvaggia e la vita in un paese tanto
diverso dalla sua terra, gli Stati Uniti, e l’aveva lasciata a suo padre. Visto
però che egli lavorava nel centro di Delhi ed era assente per tutta la
settimana, Haydée passava sempre più tempo a casa della madre di Ameera e del
padre di lei, un vecchio guerriero indù, e arrivò a considerarli come la sua
famiglia.
Il vecchio si era affezionato alla piccola occidentale, e
aveva deciso di insegnarle a difendersi da quel mondo crudele che l’aveva resa
così infelice dopo l’abbandono della madre. Infatti per quanto suo padre si
sforzasse di mantenere il ruolo di entrambi i genitori, non poteva colmare la
rabbia e il vuoto che il drastico distacco di sua madre aveva provocato in lei.
Perciò all’età di 6 anni la piccola anglo-americana aveva
cominciato ad apprendere il Kalaripayat, un’antica arte marziale
indiana, molto spirituale, comprendente anche particolari tecniche
respiratorie, utilizzante soprattutto le tipiche armi indiane, ma non solo.
Una volta raggiunti i 14 anni suo padre aveva stabilito che
andasse a vivere in occidente per darle la migliore istruzione possibile.
Così si era trasferita in una città a circa 400 km da quella
in cui viveva ora, insieme a sua madre. Non era per nulla entusiasta di vivere
accanto alla donna, dopotutto per quasi 10 anni l’aveva vista poco più di 5 o 6
volte e sempre per brevi periodi, ma suo padre le aveva promesso che per le
vacanze estive sarebbe tornata da lui, in India, quindi alla fine aveva
accettato.
Se n’era andata da quella terra romantica e spietata al
tempo stesso con la morte nel cuore al pensiero di dover abbandonare suo padre,
Ameera e la sua famiglia, per vivere con una donna che diceva di essere sua
madre ma che lei non riconosceva come tale, in un paese sconosciuto con una
lingua tanto diversa. Fortuna che i suoi le avevano fatto parlare inglese fin
dalla nascita…
Come promesso era tornata in India durante l’estate, ma a 15
anni Ameera era stata data in sposa a un giovane del quale era innamorata. Per
lei era stata una conquista poter sposare qualcuno che amava visto che nella
sua casta, quella degli kshatriya, cioè dei guerrieri, prevalevano ancora
i matrimoni combinati, quindi aveva detto addio senza molti rimpianti alla sua
fanciullezza spensierata.
Haydée si era sentita abbandonata ancora una volta, durante
l’estate andava ancora a trovarla ma era cambiato tutto. Non potevano più
giocare e scherzare come due semplici adolescenti. Ameera era diventata
all’improvviso una donna, oltre che madre.
A 18 anni aveva conosciuto Phil. Era carino, l’aveva
corteggiata a lungo, e lei si era innamorata come una stupida.
Sua madre le proibiva di vederlo, e lei per reazione
scappava anche dalla finestra di casa per riuscire a stare con lui. La
rincretiniva con promesse che non avrebbe mai mantenuto, le aveva giurato amore
eterno e che l’avrebbe portava via di lì per sposarla.
Una sera era arrivato spandendo un forte odore di alcool
nell’aria. L’aveva caricata in macchina e portata in un luogo appartato fuori
città, facendole ingurgitare mezza bottiglia di un alcolico potente, poi aveva
preteso che si spogliasse, aveva in mente un giochetto nuovo. Lei si era lasciata
convincere a fatica, lui approfittò della sua semi-ubriachezza e le rubò
l’innocenza.
Haydée non pensava che la sua prima volta sarebbe stata così
squallida e da dimenticare.
Era corsa a casa sconvolta, la sbornia improvvisamente
svanita, e non aveva più voluto vedere il ragazzo. Si era rinchiusa in un
mutismo ostinato e non aveva spiccicato parola con nessuno, tanto meno con
quell’insulsa di sua madre.
Finito il liceo i suoi le avevano acquistato un appartamento
nella zona universitaria dove si era trasferita da sola, e Phil era tornato
alla carica. Era riuscito a convincerla che era dispiaciuto, che quella sera
era ubriaco e che non voleva farle del male.
Lei era sola, impaurita e ancora sotto shock, gli era caduta
di nuovo tra le braccia e lui si era trasferito da lei.
Meno di 6 mesi dopo avevano sospeso una lezione ed era
tornata a casa due ore prima del solito. Aprendo la porta aveva avuto la
seconda coltellata da parte del ragazzo, quella micidiale: Phil era a letto con
una sua compagna di corso che lei stessa gli aveva presentato il giorno prima,
e scopavano come ricci.
In quel preciso istante tutta la rabbia per la violenza
subita più di un anno prima, per la perdita dell’unica amica e famiglia e per
l’allontanamento dalla sua terra e da suo padre per stare con una donna che non
capiva nulla di lei, esplosero con una violenza inaudita e un improvviso
annebbiamento delle facoltà mentali.
Tutti gli insegnamenti del nonno di Ameera le passarono
davanti agli occhi come un film, e senza rendersene conto dopo due minuti
guardava con un sorriso diabolico la sua opera: aveva letteralmente cambiato i
connotati allo schifoso animale nel suo letto.
Raccolse la sua roba, libri e vestiti, e svanì nel nulla.
Dopo 5 mesi suo padre, sua madre, Ameera e la madre di lei
ricevettero ognuno una lettera. Al padre aveva comunicato il nuovo indirizzo e
numero di telefono, informandolo del cambio di vita e dicendogli che prima o
poi sarebbe tornata a trovarlo, ma di non inviarle soldi perché voleva fare da
sé. Alla madre esprimeva tutto il suo odio e risentimento, intimandole di non
cercarla mai più se non voleva fare la fine del ragazzo sfigurato, che
naturalmente non aveva sporto denuncia per paura di ritorsioni.
Haydée era diventata una belva feroce, una tigre, come le aveva
insegnato il nonno di Ameera.
A quest’ultima aveva raccontato gli ultimi orribili
avvenimenti della sua vita, scusandosi per non poterla più andare a trovare e
promettendole che un giorno sarebbe tornata a casa. Così chiamava l’India.
Infine alla madre della sua amica d’infanzia aveva scritto
di ringraziare il vecchio ancora in vita e di non dimenticarla, di benedirla da
lontano perché ne avrebbe avuto bisogno.
In quel lasso di tempo durante il quale nessuno aveva avuto
notizie di lei, aveva preso un treno a caso ed era finita nella città dove
viveva attualmente. Dopo nemmeno una settimana si era fatta pescare a
rubacchiare in un supermercato, non aveva nemmeno un soldo e da qualche parte
doveva pur cominciare se voleva riempire lo stomaco. La fortuna cominciò a
girare dalla sua parte proprio allora, perché il quello stesso negozio si
trovava Sybil intenta a fare la spesa col marito.
Convinse la guardia giurata a non chiamare la polizia,
dicendo che la ragazza era sotto la sua protezione in un programma per il
recupero di giovani emancipate. Emancipata
sarai tu, megera!!
La donna l’aveva vista muoversi con agilità, sembrava un
felino con quei movimenti fluidi, e aveva tutta l’intenzione di farne una ladra
professionista, cosa che le riuscì perfettamente.
La donna aumentò esponenzialmente le entrate grazie
all’abilità del suo nuovo acquisto, mentre Haydée poté permettersi uno spazioso
appartamento, che non voleva in proprietà per paura del ripetersi
dell’esperienza passata, e il ritorno all’università.
Un anno e mezzo dopo aveva accolto Phénice nel suo nuovo
appartamento ed era diventata la sua migliore amica. La rossa sapeva tutto di
lei, tranne naturalmente il fatto che faceva la ladra per non sprofondare nella
depressione, e che aveva cominciato per soldi.
Haydée era seduta sul muretto di cinta di un parco a pensare
a tutto questo, mentre calde lacrime che non si rendeva conto di versare le
rigavano il viso. La sua espressione era seria e impassibile, si sarebbe detto
che quelle lacrime fossero pioggia che scendeva solo su di lei, per tergere le
sue ferite interne.
Le venne in mente Madian, il cui arrivo improvviso nella sua
vita stava facendo vacillare il muro che si era costruita attorno quando aveva
deciso che lei sarebbe stata sempre sola, che non aveva bisogno di nessuno, che
anche se aveva raccontato tutto a Phénice nemmeno su di lei doveva contare.
Aveva imparato a vivere secondo la legge della spietata ed
intricata giungla indiana, quella dove un paio di volte da bambina si era
avventurata con Ameera e suo nonno, a cavallo di un elefante, e che ancora
adesso la affascinava come il ricordo di un sogno lontano.
Ma Madian… non lo conosceva affatto ed era riuscito a
sconvolgerla con un paio di sorrisi e uno sguardo limpido. Cosa poteva
significare?
Semplice, che era ancora debole.
Il suo addestramento per essere totalmente indipendente e
indifferente al mondo esterno non era ancora finito.
Una decina di teppisti si avvicinavano lentamente, ma lei
non se ne accorse…
Una decina di teppisti si avvicinavano lentamente, ma lei
non se ne accorse…
Era scesa la sera e guardava le poche stelle che ammiccavano
dall’alto dei cieli e che la luce della città consentiva di vedere, sognando di
ammirare l’immenso tappeto di velluto blu costellato di luci splendenti che
invece riusciva a vedere dalla campagna indiana.
Una voce sgradevole la distolse dai suoi sogni:
- Buonasera signorina! – guardò lo scocciatore e si accorse
di essere circondata da un gruppetto di delinquenti. Sorrise cattiva, pensando
a quanti sciocchi circolassero sulla terra:
- Questa non è serata ragazzi, tornatevene a casa. –
borbottò acida. Una risata sghignazzante la convinse che erano proprio un
branco di idioti:
- Ma certo mammina, prima però vorremmo divertirci un po’! –
quella voce le fece tornare alla mente la sera in cui Phil era andato a
prenderla, ubriaco fradicio, e l’aveva…
I suoi occhi si accesero di una luce infernale, perse il
controllo e atterrò un paio di teppisti con poche e precise mosse avventandosi
come una tigre ferita sul ragazzo che aveva parlato, mentre gli altri che la
circondavano osservavano la scena come paralizzati.
Una voce li riscosse:
- Fuori dai piedi, pivelli. È ora di fare la nanna. – la
bocca della pistola che l’uomo puntava su di loro li convinse in un attimo,
facendoli letteralmente volatilizzare mentre recuperavano i loro amichetti
atterrati. Davanti al nuovo arrivato restavano solo una donna che tempestava di
pugni il capo della banda, riverso a terra. La guardò con un sorrisetto
allegro, poi le arrivò alle spalle sollevandola di peso:
- Direi che ne ha prese a sufficienza, cara la mia furia,
non c’è bisogno di ammazzarlo. – commentò osservando la faccia tumefatta e
sanguinante del ragazzo. Lo alzò rudemente, dandogli una leggera pacca sulla
spalla e strappandogli un gemito sofferente: - Questo è quello che succede ad
aggredire le signore. Dai retta, prima di andare a casa passa al pronto
soccorso, ne hai bisogno! E vedi di non farti più vedere da nessuna parte, sono
stato chiaro? – infine si dedicò alla donna e rimase di sasso:
- Per Dio! La motociclista!! – esclamò sorpreso. Haydée lo
guardò solo allora, seduta a terra per recuperare il controllo, gli occhi
ancora annebbiati dalla rabbia.
Lo osservò per un po’ senza riuscire a riconoscerlo, poi un
vago ricordo la riscosse:
- Arkel… - mormorò con voce incerta. Lui si passò più volte
le mani nei capelli, indeciso se prenderla a sberle per averlo battuto in moto
o aiutarla ad alzarsi e chiederle chi era il suo insegnante di autodifesa. Si
ricordò solo dopo che era una donna, e allora non aveva scelta.
Le porse una mano in silenzio.
Lei la guardò e scosse il capo. Se la toccava lo ammazzava
sul serio, conosceva un paio di tecniche istantanee che…
- Fa’ un po’ come ti pare! – borbottò sedendosi accanto a
lei: - Allora, che ci fai da queste parti? Non è luogo adatto a una signora
questo, soprattutto a quest’ora della sera. – Haydée voltò lentamente il capo,
mentre dentro di lei faceva tornare a rilento la sua solita calma zen:
- Andavo in piscina… - mormorò vedendo la sua sacca
abbandonata poco distante. Arkel seguì il suo sguardo e annuì:
- Inventane un’altra: la piscina più vicina è a minimo 4-5
km da qui! – la guardò e alla luce incerta dei lampioni si accorse che il suo
viso era più che stravolto. Corrugò la fronte ma non disse nulla:
- Davvero? – prese fiato e parlò piano, come a sé stessa: -
Non pensavo di aver camminato così tanto… - lui strabuzzò gli occhi:
- Sei arrivata fin qui da sola e a piedi?! Che diavolo
combini!! – la ragazza lo guardò: sembrava preoccupato, le ricordava Phénice
quando 4 anni prima aveva avuto un’improvvisa crisi di nervi.
Era stato allora che le aveva raccontato di Phil, e Phénice
aveva pianto con lei per una notte intera. Chissà perché adesso si comportava
come una stupida con Selim…
- Ehi, ce l’ho con te! Mi senti?! – Arkel cominciava a
preoccuparsi sul serio, sembrava in trance, non aveva mai visto un’espressione
simile. Haydée si volse a guardarlo e, non si rese nemmeno conto come, sorrise.
Il ragazzo tirò un sospiro di sollievo:
- Mi hai spaventato ragazza, credevo che ti stesse per
venire un colpo! Non farmi mai più di questi scherzi, intesi? – si alzò
pulendosi i jeans: - E ora forza, ti porto a casa. – lei lo guardò sorpresa,
accettando la mano che le veniva porta per alzarsi:
- Perché? – chiese ingenuamente, con una vocetta sottile da
piagnucolata in arrivo. Arkel sbuffò spazientito:
- Perché poi chi glielo spiega a Madian che avevo la
possibilità di aiutarti e non l’ho fatto?! E vedi di non frignare, non dentro
al mio casco! – mugugnò avvicinandosi alla sua moto poco distante e
allungandole il casco senza guardarla.
Quando si volse per vedere se non era sparita la vide ferma
accanto al suo borsone, lo sguardo perso nel vuoto. A rieccola con la fase rem!! Sbuffò sistemandosi il
giubbotto imbottito.
Era appena stato a fare uno di quei suoi giri top-secret di
cui Madian gli chiedeva sempre e lui non diceva mai niente. Non poteva certo
dire che cazzeggiava semplicemente…
Haydée era sprofondata ancora nei suoi pensieri solo a
sentire nominare Madian.
Per un istante lo rivide davanti a lei, il sorriso radioso e
gli occhi limpidi e scintillanti… No, così non poteva andare, era una
situazione alla quale doveva porre rimedio, e alla svelta anche!
Si riscosse, infilandosi il borsone a tracolla, e prese il
casco che il ragazzo le porgeva:
- Gli uomini sono uno schifo… - mormorò soprappensiero:
- Vacci piano, tanti complimenti potrebbero commuovermi! –
rispose dicendosi che in fondo la pensavano allo stesso modo, reciprocamente:
- Scusa, presenti esclusi visto che non ti conosco. E… tu? –
chiese incerta riferendosi al casco. Lui sbuffò:
- Non ne ho bisogno, Madre Natura mi ha dotato di una
scatola cranica a prova di tritolo. – la vide sorridere divertita e dovette
ammettere che Madian non era per niente stupido a nominarla di notte, nei suoi
sogni.
Montarono e in meno di un quarto d’ora di pieghe, derapate e
semafori bruciati erano arrivati a destinazione.
Haydée scese tutta gasata per la corsa e togliendo il casco
rivelò un sorriso a 32 denti:
- Questo sì che si chiama guidare!! Un giorno o l’altro
facciamo una gara seria, ok?! – Arkel la guardò disperato: Perché l’altra volta scherzavi?!?
La ragazza si calmò, dandosi un contegno. Era arrabbiata con
Phénice e la ragazza le aveva provocato una crisi depressiva come non le
succedeva da anni: meritava una bella tirata d’orecchi!
- Come posso ringraziarti del passaggio? -
- Niente ringraziamenti, li odio. Se vuoi fare un’opera pia,
chiama Madian. Lo so che ti ha lasciato il numero, o per lo meno lo immagino. È
una settimana che mi stressa, fallo felice e poi se ti pare mandalo al diavolo,
ma almeno toglilo dall’incertezza! – mugugnò con aria di supplica. Lo sguardo di
Haydée si indurì, ma non ebbe altre reazioni strane:
- Vedrò cosa posso fare. Grazie comunque del passaggio. –
rispose imponendosi di sorridere. Lui annuì e si infilò il casco:
- Dovere, ragazza. Ci si vede, forse, e… salutami Phénice… -
concluse quasi impercettibilmente chiudendo la visiera e scappando via come se
avesse il diavolo alle calcagna. La mora però lo aveva sentito benissimo, e
sorrideva appena.
Poi si volse e tornò a casa, e in quel momento le venne in
mente un particolare. Come diavolo
fa a sapere dove abito?!?
~~~~~
Martedì notte, al museo cittadino
- Perché Arkel è rimasto fuori?! – piagnucolò Mitja:
- Perché è uno scansafatiche e non mi ha aiutato, così il
palo stavolta lo fa lui! Ha il compito di distrarre la guardia di notte quando
inizierà il giro, fingendo un guasto con la moto. – mormorò Madian irritato
dalle domande stupide del collega, che dal canto suo avrebbe preferito guardare
il nuovo dvd che aveva “preso in prestito” a tempo indeterminato da un negozio
specializzato.
La sala del museo che interessava loro era al terzo piano di
una palazzina del centro, uno dei vecchi e rinomati palazzi cittadini
interamente donata dal sindaco per l’apertura di una galleria.
I due si erano calati dal tetto sul retro del palazzo, con
una corda e l’attrezzatura da scalatore; Mitja aveva applicato una ventosa ad
un vetro e lo aveva tagliato con una lama, rimovendolo e depositandolo sul
davanzale.
Madian insinuò una mano e aprì la finestra, poi uno per
volta si issarono sul davanzale ed entrarono.
Madian entrò tranquillamente, camminando sul tappeto rosso
che indicava il percorso dei visitatori, mentre Mitja veniva dietro un po’
titubante:
- …Senti… quelle telecamere… mi inquietano… sei sicuro che
non ci vedano? – chiese lanciando occhiate oblique agli angoli superiori delle
varie sale:
- Sicurissimo: sono finte, servono solo come deterrente. Il
museo non ha i soldi per un circuito di sorveglianza del genere, e nemmeno
quelli per pagare una dozzina di guardie giurate per controllare i monitor! –
affermò con sicurezza dirigendosi al suo obiettivo: alcuni schizzi preparatori
e un paio di quadri minori di grandi artisti, prestati al museo dopo mesi di
insistenze per riuscire a risollevare le scarse entrate delle ultime stagioni.
Una volta davanti alla teca contenente gli schizzi si
infilarono le mascherine per vedere gli infrarossi, mentre Mitja si dedicava ai
quadri appesi alle pareti. Madian osservò il vetro spesso con rilevatori di
sfondamento:
- Sarà un lavoro lungo… - mormorò chinandosi e controllando
la teca da sotto per verificarne tutte le angolazioni.
Si alzò sbuffando, poi…
Arkel era all’esterno, era appena arrivato poiché quella era
l’ora prevista per il giro della guardia giurata durante la notte.
Si fermò sotto le finestre della saletta dove si trovava la
guardia, al piano rialzato, fingendo un guasto alla moto, e si avviò per fare
la sua scenetta.
Guardò attraverso la finestra aperta per il caldo e vide
l’anziano custode infilarsi gli occhiali e guardare più attentamente un
monitor, probabilmente il televisore. Lo osservò alzarsi di botto con le mani
nei capelli e avvicinarsi al muro, dove alcuni pulsanti, collegati con la
polizia, con i pompieri e probabilmente con un istituti privato di vigilanza,
davano l’allarme alle forze dell’ordine. Il vecchio li premette tutti
disordinatamente e Arkel bestemmiò mentalmente. Mi
sa che non era la tv che guardava… L’avevo detto io al moro che qualcuna delle
telecamere funzionava!
Riaccese la moto e se ne andò sgommando prima dell’arrivo di
tutte le forze armate dello Stato, tanto Madian era già al corrente
dell’allarme perché quello antincendio urlava spezzando il silenzio della
notte.
Dopo pochi istanti un’altra moto arrivò, fermandosi in un
angolo buio della via. Era nera, compreso il suo conducente che osservava
interessato l’evolversi degli eventi.
Il suono dell’allarme antincendio stava letteralmente
spaccando le orecchie ai due ladri ancora all’interno del museo.
Immediatamente Mitja si avviò di corsa alla loro finestra,
voltandosi solo una volta per urlare a Madian di seguirlo.
Quest’ultimo era sbigottito, era stato disturbato in un
momento di massima concentrazione e non aveva ancora afferrato del tutto la
situazione. Vide il russo fargli cenno di seguirlo con due quadri sotto
braccio, ma non voleva arrendersi.
Aveva progettato di rubare quei disegni per proseguire la
competizione con Black Soul e non sarebbero di certo stati un paio di sbirri a
fermarlo!!
Estrasse la pistola dalla fondina e sparò due colpi alla
vetrina. Poi infranse il vetro rimanente con i guanti e prese i cartigli,
inserendoli in una specie di zaino rigido che teneva sulle spalle.
Si avviò di corsa alla finestra al sopraggiungere della
guardia giurata, e vide che Mitja era già sceso. Si affrettò a seguirlo e una
volta a terra abbandonarono l’attrezzatura, non c’era tempo di recuperarla.
Corsero fino all’angolo dove avevano parcheggiato la
macchinetta scassata di Mitja truccata a dovere e ci salirono nel momento in
cui cominciavano a sentirsi le sirene di polizia e pompieri.
Presero un vicolo in uno stridio di ruote e si allontanarono
rapidamente, non accorgendosi di essere seguiti a distanza di sicurezza da una
moto con i fari spenti.
- Maledizione, maledizione, maledizione!!!! – sbraitava
Madian, picchiando un pugno sul cruscotto, furioso come mai Mitja lo aveva
visto. Il russo rimase in assoluto silenzio, concentrandosi sulla guida e
pensando che in fondo il furto l’avevano portato a termine…
Dopo una serie di borbottii molto poco eleganti Madian andò
calmandosi e si accorse che giravano a vuoto. Si volse verso Mitja con un
sorrisetto divertito:
- Stai girando in tondo perché hai paura di come potrei
risponderti a una domanda su dove dovremmo andare? – il biondino lo guardò
storto:
- Cosa dovevo fare?! Non ci si può parlare con te quando ti
incazzi, mi spaventi!! – si lamentò. Madian rise, rilassandosi:
- Hai ragione, il fatto è che odio sbagliare, soprattutto
sui sistemi di sicurezza. Mi sa che sono troppo pignolo. Allora andiamo al
magazzino al porto: abbiamo merce che scotta da depositare nel nascondiglio che
hai creato! – Mitja fece un sorriso smagliante:
- Davveroo?! Era ora, pensavo di aver sprecato del buon
plastico per niente!! – disse tutto giulivo.
Meno di mezzora dopo erano arrivati a destinazione, scesero
guardandosi attorno e sparirono nel piccolo capannone.
La solita moto nera si era fermata a debita distanza, il
conducente aveva osservato i dintorni per ricordare il luogo esatto. Infine
aveva acceso i fari ed era svanito nella notte.
~~~~~
Rewind: Lunedì pomeriggio, da Sybil
- Oh, bentornata Haydée! Chi è la tua nuova amichetta? –
Sybil era in vena di battute sarcastiche, Winter invece aveva appena calmato
gli istinti omicidi e mugugnò qualcosa di irripetibile in tedesco, la lingua di
sua madre:
- Voleva dire che si chiama Winter, e che non le piaci
neanche un po’. Allora, novità? – chiese la mora sedendosi pesantemente su una
delle comode poltroncine di pelle di fronte alla scrivania:
- Winter… che nome insolito, ma trovo che per te sia
perfetto! Siediti pure, sarà una cosa lunga. – disse alla bionda con un sorriso
accondiscendente. La ragazza si sedette, in silenzio:
- Le novità ci sono, non chiedermi come le ho scoperte, ma
ci sono. – Haydée annuì e la osservava seria, mentre Winter guardava dall’una
all’altra:
- Qualcuno ruberà al museo della città tra qualche giorno,
se non stasera stessa. – la mora sgranò gli occhi e si protese in avanti, ma
ancora una volta non parlò: - Hanno scaricato tutte le piantine e i sistemi di
allarme delle teche. Inoltre si sono procurati dell’attrezzatura per la
forzatura di teche antisfondamento. Penso che vogliano rubare alcuni schizzi
preparatori e un paio di quadretti insignificanti di grandi artisti, sono
l’unica cosa che valga la pena di prendere da quel posto! – commentò altezzosa:
- E… - la incitò la mora. Odiava quando la donna si perdeva
in inutili congetture…
- E… credo proprio che sia il tuo amico Zar che ha scaricato
il tutto. – Winter la vide balzare in piedi:
- Come lo sai?!? -
- Il codice di accesso al database è sempre quello utilizzato
per scaricare le informazioni della rapina alla banca, può essere un caso ma
credo che valga la pena controllare… - Haydée schioccò le dita con un sorriso
furbo:
- Sei la migliore Sybil! Non so come faccia ma sa sempre
tutto! – concluse rivolgendosi a Winter. L’altra tornò a guardare la donna e
strinse gli occhi. Incredibile che quella figlia d'Eva assurda e sempliciotta
potesse essere l’angelo custode di Black Soul…
- Che hai intenzione di fare? -
- Penso che aspetterò i loro movimenti e vedrò dove si
nascondono, o dove nascondono la refurtiva. Sai che non mi piace quando
svaligiano i musei ordinari, l’arte non si tocca. Quindi provvederò a
restituire il maltolto, per una volta mi trasformerò in Robin Hood in gonnella!
Li ridicolizzerò semplicemente. -
Era un brutto pomeriggio, il cielo era solcato da nuvoloni
plumbei che conferivano uno strano colore terreo all’atmosfera. Si
preannunciava un temporale coi controfiocchi e probabili cadute di grandine, Haydée
era ancora in ufficio con una cliente e spiava la fetta di cielo che vedeva
dalla finestra con aria preoccupata.
Quel giorno era andata al lavoro a piedi, desiderosa di fare
un po’ di moto, e non si era nemmeno portata l’ombrello.
Una volta liberatasi dell’arpia che voleva ristrutturare una
vecchia villa di campagna e che la stressava da mesi con continui cambiamenti
di programma, si alzò e passeggiò per l’ufficio, scambiando qualche parola con
Fedra, la sua segretaria:
- Brutto tempo, eh? – sospirò spalancando i doppi vetri e
facendo entrare folate di vento impazzito. La ragazza si sistemò gli occhiali
sul naso, con un piccolo sorriso:
- Non me lo dica! Sono venuta in scooter e non ho nemmeno un
impermeabile se comincia a piovere! – fece indicando la maglietta bianca con
alcune stampe che con due gocce d’acqua sarebbe diventata trasparente. Haydée
annuì sorridendo:
- Mi spiace, non ho niente da darti, pensa che io sono a
piedi, non ho l’ombrello e sono almeno a 2 km da casa! – disse tentando di
buttarla sul comico.
Si sporse sul davanzale, respirando a pieni polmoni l’odore
della forza della natura pronta a scatenarsi, poi richiuse i vetri:
- Che ne dici se ce ne andiamo a casa? Io sono esausta, e
non ho nessuna voglia di farmi una doccia fuori programma! – ridacchiò
dirigendosi alla scrivania per raccogliere le sue cose.
Fedra tentennò, guardando il telefono:
- E se dovesse chiamare qualche cliente? -
- Ci affidiamo alla tecnologia: la segreteria telefonica è
proprio una grande invenzione! – disse riemergendo con tutte le sue cose. La
ragazzina sbaraccò in un attimo, così uscirono insieme, salutandosi sulla
soglia.
La ladra camminava spedita, sperando di arrivare a casa
prima dello scatenarsi del temporale. Naturalmente dopo aver fatto qualche
centinaio di metri presero a cadere goccioloni grandi come pesche, e lei si
mise a correre con la valigetta in testa per ripararsi almeno un po’.
Stava attraversando la strada di corsa, volgendosi a
sinistra e a destra, ma aveva saltato un passaggio importante: guardare davanti
a sé.
Fatti alcuni passi affrettati andò a sbattere contro
qualcosa di alto e solido, ricoperto da una polo blu:
- Mi scusi!! – esclamò dispiaciuta, sentendo con sorpresa
che la pioggia aveva smesso di bagnarla:
- Tutto bene? – si sentì chiedere da una voce sensuale e
conosciuta che le fece alzare lo sguardo, togliendo la valigetta che impediva
ad entrambi di guardarsi in volto.
Sotto ad un ombrello orribile, di quelli che riproducono la
Cappella Sistina, stava un viso degno di essere raffigurato dal grande
Michelangelo in una delle sue opere immortali:
- Madian! – disse in un soffio, sgranando gli occhi e
chiedendosi perché ogni volta che stava per fare un’abluzione fuori programma
si ritrovava tra le sue braccia.
L’altro la fissava con un’espressione tra il sorpreso e
l’inebetito, e si riprese solo quando il clacson di una macchina alla quale
ostruivano il passaggio li richiamò alla realtà.
Trascinò la ragazza con sé sul marciapiedi, mantenendo ferma
la presa sul suo braccio sinistro che aveva agguantato per farle mantenere
l’equilibrio. Tornò a guardarla come se avesse una visione davanti agli occhi e
lei poté notare la sfumatura verde che i suoi begli occhi avevano in quel
momento. Cos’è, la fatina buona ti
ha pescato direttamente dai miei sogni proibiti?!
- Ciao Haydée, che fai in giro con questo tempaccio? -
- L’intenzione era di tornare a casa, ma dubito che ci sarei
arrivata con qualcosa di asciutto addosso! Scusami se ti ho travolto… - si
scusò mordendosi il labbro inferiore. Lui trattenne il fiato, mentre un lampo
su quello che gli sarebbe piaciuto fare con quella labbra lo travolgeva:
- Oh… non è niente! Figurati… - si schiarì la voce per
nascondere l’imbarazzo: - Ti va un caffè? – la ragazza sgranò gli occhi: -…o
magari un gelato… - lei si allontanò di un passo nel tentativo di ragionare
razionalmente, erano sotto un portico e lì non pioveva. Fece un respiro
profondo nel tentativo di prendere il controllo della situazione, poi lo guardò
e annuì con un piccolo sorriso:
- Un caffè andrà benissimo, grazie… - non aveva mai visto un
sorriso soddisfatto come quello che le fece il ragazzo dopo la sua risposta.
Lui la prese per mano e la trascinò nel primo localino decente sulla sua
strada, congratulandosi internamente con sé stesso e con la benevolenza della
dea bendata: doveva aver fatto qualcosa di veramente eccezionale nella sua vita
precedente per meritare tanta fortuna!!
Dopo un po’ di iniziale timidezza cominciarono a parlare:
lei gli raccontò del suo lavoro di architetto e lui inventò che lavorava per
suo padre, un industriale dal quale stava ereditando il lavoro.
Oddio, non erano tutte frottole: suo padre era veramente
ricco, e faceva pure l’industriale a tempo perso, quello che aveva omesso era
che si era arricchito con la stessa “attività” che aveva realmente trasmesso a
suo figlio, il furto!
Per il resto, effettivamente il suo vecchio voleva
intestargli un ramo dell’azienda che faceva interamente dirigere da persone
competenti, lamentandosi che l’aveva fatto laureare in ingegneria elettronica
per niente. Il ragazzo ricusava dicendo che la sua laurea fruttava nel lavoro
che già faceva e che per il momento gli andava benissimo così, poi magari in
futuro ci si poteva ripensare!
Proseguì raccontandole come aveva conosciuto i suoi due
amiconi, Arkel e Mitja, e le chiese di Phénice:
- Sta bene, direi che la sbornia le è passata… - rispose
facendolo ridere. Le venne in mente della sera in cui Arkel l’aveva
accompagnata a casa: - Senti, ho visto Arkel… - cominciò:
- Lo so, me lo ha raccontato! Era curioso di sapere chi è il
tuo istruttore di autodifesa, l’hai folgorato! – disse sorridendo. Lei fece un
sorrisetto di circostanza, poi rigirò la tazzina di caffè ormai vuota tra le
dita e lo scrutò attentamente:
- Come faceva a sapere dove abito? – chiese a bruciapelo. Lo
vide spalancare la bocca con aria assolutamente ebete, e non poté trattenersi
dal ridere internamente di lui, mentre lo guardava con gravità per ottenere la
risposta:
- Ah, beh… noi… vi abbiamo seguite la sera della discoteca…
- mormorò sorpreso della sua espressione guardinga:
- Per quale motivo? – Madian prese fiato:
- Che… cosa? – lei sorrise, gelida:
- Rispondi. -
- Perché… mi sembrava che stessi piangendo, e… temevo che
potesse succederti qualcosa alla guida. – rispose imbarazzato, sentendosi
vagamente sotto torchio. La vide sgranare gli occhi e trattenere il fiato:
- Per… questo? – mormorò dopo un’infinità:
- Sì, solo per questo. – la vide rilassarsi contro lo
schienale: - Credevi che fossi un maniaco? – chiese divertito, e quando la vide
arrossire ridacchiò senza ritegno:
- Non c’è niente da ridere!! – sbottò lei offesa:
- Scusa… scusa, è che lo dico sempre ad Arkel che con quella
faccia da burbero passa per squilibrato, lui invece è convinto che mantenere
quell’espressione scostante attiri le donne!! – alla fine anche la ragazza si
mise a ridere:
- Mi sa che il tuo amico ha dei seri problemi di
socializzazione, dovrei fargli conoscere per bene Phénice, lei è tutto il
contrario e magari lo guarirebbe! -
- Venerdì prossimo. – Haydée alzò lo sguardo disorientata,
mentre il ragazzo la guardava con un sorrisetto furbo dipinto in volto:
- Prego? -
- Venerdì prossimo. A casa mia. Facciamo una cena, ci saremo
solo io e i due soggetti strani, vieni con Phénice, magari da sobria la trovo
anche più simpatica! – sorrise vedendola stralunata: - Ehi, niente di formale,
una cosa tra amici! Potete venire anche in ciabatte da casa e con i bigodini,
non ha alcuna importanza, è solo per conoscersi e stare un po’ in compagnia. -
- Ah… - fu l’unico commento. Madian non si lasciò demolire:
- Coraggio, non mangeremo certo voi due! Magari faremo una
grigliata, a Mitja piace cucinare all’aperto. Mi lasci il tuo numero così ti
chiamo per dirti l’ora. – intanto frugava in una tasca per trovare la sua
penna: - Stavolta mi sono attrezzato! – prese un tovagliolino: - Allora… questo
è il mio indirizzo, se lo perdi non esitare a chiamarmi. Se non riesci a
orientarti, idem. Qualche domanda? – fece allegro, parlando rapidamente per non
darle il tempo di rifiutare. Dì di
sì, dì di sì, ti prego, dì di sììì!!!
- C’è anche Winter, non posso lasciarla a casa… - mormorò
soprappensiero:
- Un’altra amica? Perfetto! Allora, penso che faremo per le
8, ma ti chiamerò per dirti qualcosa di più preciso. Mi dai il tuo numero? –
lei glielo mormorò, con la mente ancora in un altro sistema solare: -
Magnifico! – si alzò e lei di riflesso fece altrettanto. Lo vide andare a
pagare i due caffè e uscire, e lo seguì: - È tutto ok? – si sentì chiedere:
- Eh? Ah, sì… -
- Allora ci vediamo venerdì? -
- Immagino… di sì… sì. – concluse guardandolo spaesata. Lo
vide sorridere per il sollievo:
- Meno male!! Pensavo volessi rifiutare!! – lei guardò
l’orologio:
- Scusami ma devo andare ora, avevo dimenticato di avere un
appuntamento. – guardò fuori dai portici e vide che aveva smesso di piovere,
così porse la mano destra al ragazzo con evidente agitazione: - Grazie per
l’invito. Ti farò sapere cosa ne dicono le mie amiche. – lui prese
automaticamente la mano, guardandola intensamente negli occhi e maledicendo i
rapidissimi temporali estivi, avrebbe voluto accompagnarla…
- Ok, allora aspetto la tua telefonata… ci vediamo, Haydée.
-
- Certo, ci vediamo o ci sentiamo! – fece per sciogliersi
dalla stretta ma si accorse che lui non faceva altrettanto.
Improvvisamente lo vide avvicinarsi e chinarsi su di lei,
mentre il suo profumo fresco la investiva completamente.
Registrò con un brivido infuocato il tocco leggero delle sue
labbra morbide su una guancia, mentre un leggero alito del suo respiro caldo le
sfiorava un orecchio togliendole qualsiasi traccia di raziocinio dalla mente.
Come in sogno, sentì che le sfiorava un braccio nudo con la
mano libera, mentre intrecciava le dita alla sua mano che stringeva ancora, e i
respiri profondi che faceva per assaporare il suo profumo.
Dolce follia che la voleva trascinare con sé, e che le
annullava qualsiasi capacità di reazione!
Ma ecco la solita vocetta Razionale, vestita da vecchia
bigotta guastafeste, spalancare la porta del suo cantuccio nella sua mente e
prendere a sbraitare come un’ossessa agitando una scopa di paglia.
Haydée si ritrasse di scatto, traballando sui tacchi non
molto alti e guardandolo con occhi sgranati:
- Devo… andare… ciao! – mormorò con voce strozzata correndo
via e svanendo in mezzo al traffico.
Madian rimase bloccato dov’era, con una faccia da bambino a
cui abbiano mostrato il regalo di compleanno per poi rubarglielo, rimediando
decine di occhiatacce dai passanti e non rendendosene nemmeno conto.
Fece alcuni passi strascicati all’indietro e si appoggiò al
primo muro che trovò con la schiena, passandosi lentamente una mano tra i
capelli e riprendendo vertiginosamente le funzioni vitali elementari, come il
respiro e il battito cardiaco, interrottesi diversi istanti prima:
- Oh… Cristo… -
~~~~~
Poco dopo, non lontano
Arkel tamburellava allegramente con le dita sulle leve dei
freni, aspettando lo scattare del verde.
Adorava vagabondare in moto dopo un temporale, certo
l’asfalto bagnato era scivoloso e non poteva osare in velocità, ma la frescura
che si spande nell’aria, il profumo di pulito dopo che la pioggia ha mondato
almeno un po’ lo sporco della città, e il colore del cielo azzurro sopra la
testa erano uno spettacolo che lo aveva sempre affascinato.
Aveva intenzione di fare un giro al porto, per vedere le
barche dei pescatori, la sabbia bagnata e il mare calmo. Era l’unica cosa che
gli mancava del suo villaggio, il mare.
Per una vita lo aveva sempre avuto davanti agli occhi: a
casa, a scuola, quando giocava con i suoi amici, le prime volte che usciva con
qualche ragazzina, quando aveva scoperto di sua madre e aveva cominciato a
temere di non essere figlio di suo padre…
Il mare lo aveva sempre affiancato, nella gioia e nel
dolore. Come la moto. In un certo senso era come essere sposato con entrambi:
li amava e loro lo rispettavano. Niente di meglio.
Vagò con lo sguardo, era lungo il viale principale, zeppo di
bar e negozi d’alta moda.
Sugli ampi marciapiedi si assiepavano già una marea di
persone, temporaneamente bloccate dall’imperversare del temporale.
Stava per tornare al suo semaforo, cominciava a innervosirsi
per quell’eterna attesa, ma un testolina castano/rossiccia che sbucava a
intervalli dalla folla catturò la sua attenzione.
Vide la ragazza in questione fermarsi davanti a un bar,
controllare l’ora sull’orologio da polso e poi guardare a destra e a sinistra
tra la gente.
Venne bruscamente risvegliato dalla sua contemplazione da un
clacson innervosito dietro di lui: il semaforo era diventato verde, ma lui non
aveva più fretta di correre al porto.
Fece un gestaccio caldamente sconsigliato dal galateo al
conducente di una vecchia Peugeot e accostò lentamente a una certa distanza da
Phénice, perché era sicuro che fosse lei, l’aveva guardata bene quella sera
fuori dalla discoteca.
Spense la moto e lentamente slegò il cinturino del casco,
registrando i particolari. I capelli ricci, lunghi oltre le spalle, erano
sciolti e la facevano sembrare un piccolo leone. Rise del paragone: con quel
fisico esile e minuto era un paradosso pensarla come un feroce e potente leone!
Era lievemente truccata, appena un filo di rossetto e
mascara, niente di volgare, come piaceva a lui. Jeans e maglietta, non poteva
essere più anonima di così. Inoltre sembrava una bambina così bassa, poco più
di un metro e 60 probabilmente, ma aveva quel certo non so che…
Radiosa! Ecco la parola esatta! Come il primo sole in
una giornata di fine marzo, quando finalmente si decide a risvegliare la natura
avvizzita dall’inverno, dando il via alle danze folli della primavera.
Dove l’aveva letta quella roba non avrebbe saputo dirlo, ma
era esattamente la sensazione che provava. Lei era il sole, o meglio la ninfa
della primavera, e lui… beh, magari un orso in letargo perenne…
Si tolse il casco e la osservò intensamente, sperando che
sentisse il suo sguardo su di sé e si voltasse a guardarlo a sua volta.
Quel giorno doveva essere il suo fortunato, probabilmente
uno di quei giorni in cui se acquisti un biglietto della lotteria puoi stare
sicuro che è quello vincente, quei giorni in cui ogni scommessa la vinci tu.
Insomma, la ragazza si volse e i loro sguardi si incrociarono.
Le sorrise appena e la vide aggrottare le sopracciglia nel
tentativo di riconoscerlo. Aveva una faccia talmente buffa che non poté
impedirsi di ridere apertamente.
Ma il sorriso gli morì sulle labbra quando un ragazzo le si
accostò sfiorandole un braccio e richiamando la sua attenzione. La vide
sorridere e dare una bacio sulla guancia al ragazzo, e rimase abbagliato da
quel sorriso.
Secco. Ecco la parola esatta. C’era rimasto secco.
Non sapeva neanche lui perché, forse perché si era convinto che, essendo una
donna il motociclista che lo aveva battuto lei non aveva un ragazzo. Forse
ancora perché quella sera al 7 non c’era nessun ragazzo ad assisterla durante
la sbornia. Forse perché pensava… che diavolo pensava!!! Lei non doveva avere
il ragazzo, e che diamine!!
Li vide prendersi per mano e allontanarsi, solo una volta
lei si era voltata e gli aveva fatto un sorrisetto e l’occhiolino.
“L’occhiolino?!??
Ragazzina, ma ti rendi vagamente conto a chi l’hai fatto
quell’occhiolino?!!
Io lo rovino quel tipo idiota che tieni per mano, per un tuo
occhiolino!
Io lo seppellisco con la testa di fuori in un termitaio nel
Gran Canyon quel pezzo di cretino che ti vuole mettere le mani addosso, per un
tuo occhiolino!!
Basta così!! Diamoci una calmata…” pensò facendo una serie
di respiri profondi che neanche una gestante in pieno travaglio avrebbe potuto
farli così male.
Recuperata la serenità almeno di un 5-10%, era pronto per
ripartire.
Si cacciò il casco in testa con rabbia, accese la moto e
tagliò la strada a un autobus e due macchine. Sgommò rabbiosamente e puntò
dritto verso il mare, l’unico calmante per la sua ansia.
…No, lei non doveva avere il ragazzo, non dopo che lui… che
lui… l’aveva… presa di mira…
Al semaforo successivo si fermò e guardò boccheggiando le
macchine che avevano la precedenza muoversi lentamente, come ghiri svegliati
dal letargo.
Possibile che… gli interessasse davvero quella… bambina??
Perché sicuramente era poco più di una bambina, dimostrava
sì e no 18, magari 19 anni… non di più. Lui ne aveva almeno 10, se non 12 più
di lei… Cristo, anche per essere sua sorella era troppo giovane!
Ma no, che diavolo!! Lo aveva solo colpito quella sera che
era ubriaca perché era così innocente. Magari era il suo istinto paterno che
aveva risvegliato, o qualche stronzata simile…
Rise di sé, dandosi mentalmente dell’idiota. Fortuna che non
l’aveva visto nessuno sorriderle o l’avrebbero preso per pedofilo!
Finalmente vide il mare davanti a sé, e fu felice di poter
accantonare quel pensiero… sgradevole… o meglio fastidioso… per il suo orgoglio
maschile… no, non per quello… vabbè,
basta psicoanalizzarsi per oggi!!
Haydée entrò nell’appartamento con l’aria di una appena
travolta da un treno lanciato a più di 100 km/h. Non salutò nessuno e si chiuse
a chiave in camera sua. Non si era nemmeno accorta che in casa oltre a lei c’era
solo Winter.
La bella mora si era gettata sul letto senza nemmeno
togliersi i sandali, guardava il soffitto di un tenue color paglierino con gli
occhi sbarrati e l’aria completamente assente.
Sentiva ancora un fresco profumo da uomo aleggiare attorno a
lei e un’incontrollabile paura serrarle lo stomaco.
Cosa le stava succedendo?? Perché Madian aveva quel potere
su di lei? Non è che per caso, dico PER CASO… le… piaceva…
Sentì una stretta terribile ad un muscolo che voleva
dimenticare di avere. Dio Santo, non a lei!!
Perché le era toccato inventare una balla (l’appuntamento)
per potersene andare?? Perché non riusciva a controllare quello che le
succedeva quando quel ragazzo la avvicinava?!?
Si alzò di scatto e prese a camminare nervosamente per la
stanza. Accese lo stereo e lo spense. Poi fu la volta della piastra per
capelli, anche questa accesa e spenta subito. Infine arrivò il turno del
computer. Accese e spense quello fisso, poi accese il portatile, quello che
usava per “lavoro”.
Stavolta non lo spense, si collegò a internet e attese
l’arrivo della posta elettronica.
Finalmente trovò un argomento di distrazione: c’era una mail
criptata di Sybil.
Attese la traduzione in lingua corrente e lesse tutto d’un
fiato:
“Come sta la mia ladra preferita?
Ho finalmente avuto le informazioni che volevi su quel
magazzino al porto, nel complesso poca roba. Il proprietario è una società di
elettronica a capo della quale si trova un certo Maximilian McKaye. È un
riccone annoiato, non la dirige realmente fa fare tutto il lavoro ad alcuni
manager esperti pagati fior di quattrini per mandare avanti nel migliore dei
modi la baracca. Se ti interessa ti allego la scheda e la piantina, ma non è
che un parallelepipedo con un portone e delle finestrine a 5 metri da terra. A
quanto pare il riccone ci tiene un fuoribordo, roba neanche tanto appariscente.
Bene, questo è quanto.
Mi sto attivando per qualcosa di grosso, ti farò sapere!
S.”
Haydée non lesse nemmeno la scheda, diede un occhio alla
piantina e chiuse il tutto.
“Chissà se questo McKaye è a capo del traffico o se alcuni
suoi dipendenti sono invischiati in qualcosa… magari non sono nemmeno
dipendenti, e il caro Zar utilizza il capannone ad insaputa di tutti…” era
persa nel filo dei suoi pensieri e aveva dimenticato Madian.
Le tornò in mente quando, frugando nella borsetta per
trovare un fazzolettino, trovò il tovagliolino con l’indirizzo.
Andare o non andare? Chiamarlo o mandarlo al diavolo? Mai
dilemma amletico fu più difficile da sbrogliare!
Si sedette pesantemente sul letto, sospirando.
Era sbagliato rifiutare, praticamente aveva già accettato
mormorando quel “sì” infelice. Lei non voleva dire sì! Era stata la sua
linguaccia biforcuta e debole a tradirla!!
Aveva risposto senza pensarci… seguendo la voce del cuore…
quante volte suo padre le aveva detto che le scelte migliori si facevano sempre
mettendo a tacere il nostro cervello e permettendo al cuore di parlare per noi?
Se poi pensava che l’aveva fatto quando Phil l’aveva baciata
la prima volta, tutte le belle parole del suo vecchio andavano a farsi
friggere.
Prese in mano il cellulare, rigirandolo e tirandolo sul
materasso per poi riprenderlo.
No, non poteva rifiutare ormai, era in ballo e avrebbe
dovuto ballare.
Un sorrisetto divertito le si dipinse in volto. Non avrebbe di
certo ballato da sola!
Diverse ore dopo…
- Hai detto venerdì prossimo? Va bene, per una volta Selim
farà a meno di me, accetto volentieri! – Haydée volse lo sguardo su Winter. La
ragazza aveva la solita espressione impassibile:
- Mmh… non lo so… - borbottò guardandole di sbieco:
- Eddai!! Non fare l’asociale, ci divertiremo!! E poi loro
non sono in tre? – cinguettò Phénice all’indirizzo della mora che annuì: - Sì.
Il ragazzo che mi ha invitata si chiama Madian, poi ci sono Arkel e Mitja. – si
sorpresero entrambe vedendo la bionda sobbalzare sul divano:
- Hai… detto… Mitja?!? – le altre due si guardarono un
istante:
- Sì, almeno mi pare si chiami così… Perché me lo chiedi? –
inspiegabilmente era impallidita:
- Niente. Va bene, verrò anch’io… - mormorò con voce
strozzata alzandosi e allontanandosi:
- Ok… - rispose la mora guardandola. Phénice sospirò senza
aver capito un accidente:
- Che strana tizia! –
~~~~~
La settimana dopo, venerdì sera
- Dunque vediamo… la via dovrebbe essere questa… numero
dispari, guardate alla vostra sinistra e cercate il n.135 signore, grazie… -
Haydée era alla guida, accanto a lei Phénice e sul sedile posteriore una quasi
inesistente Winter. Non fosse stato per l’ombra costante sullo specchietto
retrovisore avrebbero dimenticato che erano in 3, visto che la bionda era
profondamente assorta in chissà quale riflessione.
- Eccola! Carina come villetta, ha un bel giardino! –
Phénice si dimenava come una ballerina di lap dance:
- Calmati ragazzina, mi stai facendo venire mal di mare!! –
ecco, Winter aveva dato segni di vita.
Una volta parcheggiato solo la rossa scese allegramente.
Winter la seguì con molta meno vivacità, semplicemente perché doveva farlo. Per
ultima scese Haydée.
Perché improvvisamente le sue gambe erano diventate di piombo
e la vocetta Razionale attendeva il momento buono per cominciare a sbraitare
mentre faceva qualche sano gargarismo?
No, non doveva farci caso, non quella sera. Aveva deciso che
sarebbe stato il primo e l’ultimo appuntamento, dopotutto non stava scritto da
nessuna parte che per forza gliene avrebbe chiesto altri. Perciò doveva pensare
solo a divertirsi e a rilassarsi, al diavolo tutto il resto!
Finalmente scese anche lei, prendendo dal bagagliaio le tre
bottiglie di vino rosso che aveva acquistato tanto per non arrivare a mani
vuote.
Avrebbe voluto altri istanti per pensare freddamente, per
riuscire a darsi un contegno, per studiare un piano di attacco e di difesa, ma
Phénice aveva già suonato:
- Ciao! Vi aspettavamo! – sulla porta c’era Madian, bello più
che mai, le sorrideva affascinante. Durante le dovute presentazioni Phénice lo
guardava imbambolata, arrivò persino a chiedergli l’autografo. Winter si
accontentò di dare un’occhiata critica al suo fondoschiena e dopo attenta
valutazione fece l’occhiolino alle altre due. Dio,
che dittatrice!
Dalle scale scese di corsa Arkel, e anche lui si presentò
sia alla bionda che a Phénice. Questa lo guardò sospettosa, poi il suo viso si
illuminò di un sorriso raggiante:
- Ma certo! Ora ricordo!! Eri sul corso mercoledì scorso,
dopo il temporale!! Scusami se non ti ho riconosciuto, ero troppo ubriaca
quella sera per ricordare… - fece imbronciata facendo ridere Madian. Arkel
mugugnò qualcosa a mezza bocca circa il loro incontro e solo Winter lo sentì
vagamente, dopo aver valutato anche lui come passabile.
Il padrone di casa, o almeno quello che appariva tale, le
condusse nel giardino sul retro, dove a un barbecue stava un ragazzo biondo con
un gran grembiule bianco e un cappello da cuoco.
Quando lo chiamarono si volse teatralmente, parlando in una
specie di inglese francesizzato che lo rendeva ancora più ridicolo, se
possibile.
Fece un galante baciamano sia a Phénice che ad Haydée, ma si
bloccò quando vide la bionda:
- Lei è … - ma la mora non riuscì a finire:
- Winter! -Mitja si
avvicinò guardandola attentamente, mentre i suoi colleghi si stupivano di
vederlo tanto serio per una volta. La ragazza lo guardò dapprima sorpresa, poi
lentamente sembrava che qualcosa cambiasse nel suo sguardo.
Si faceva sera e lui non riusciva a scorgere il colore dei
suoi occhi. Il ragazzo la prese per mano avvicinandola ad una lampada
all’esterno della casa. Occhi grigi, meravigliosamente simili a ghiaccio,
mentre quelli di sua sorella erano azzurri come il cielo. Per il resto erano
sempre state due gocce d’acqua:
- Non ti ricordi di me? Sono Mitja. – lei vacillò sulle
gambe, aggrappandosi ad un suo braccio con la mano libera: - Ti ricordi? Io, te
e … Crystal… - mormorò incredulo. Dopo 17 anni aveva ritrovato una delle sue
due più grandi amiche!
- M-Mitja… - sussurrò lei incredula. Il ragazzo annuì,
sorridendo al massimo della felicità.
Lei si portò una mano alla bocca, reprimendo un urlo di
sorpresa, mentre lui la abbracciava con trasporto, sollevandola appena da
terra:
- Mi sembra impossibile di averti ritrovata! – esclamò
facendo alcune piroette su sé stesso, ridendo come un pazzo. Alla fine la
rimise a terra e lei poté guardarlo per bene, sbattendo le palpebre per
ricacciare i lucciconi negli occhi. Aveva finalmente trovato una parte della
sua infanzia perduta, la sua missione personale era finalmente giunta ad una
svolta dopo più di due anni di affannose ricerche.
Improvvisamente tornò indietro nel tempo a 17 anni prima,
quando si trovava in un vicolo buio in fuga dallo sgherro di un cinese, e il
dolore di quel momento si fece avanti più vivo che mai.
- Mitja… non l’ho ancora trovata… - mormorò disperata,
mentre dopo anni gli occhi tornavano a riempirsi di lacrime.
Mitja la trascinò in cucina, lontano da sguardi indiscreti.
Un attimo dopo Winter lo stringeva convulsamente e ripeteva il suo nome con
voce straziata rotta dai singhiozzi, mentre lacrime di sollievo e disperazione
le bagnavano impietose il bel viso da troppo tempo insensibile a tutto.
La tenne tra le braccia delicatamente, chiudendo gli occhi e
assaporando la felicità di averla finalmente accanto… dopo un tempo indefinito
sentì i singhiozzi calmarsi lentamente e lei che tentava di scostarsi.
Glielo impedì, stringendola un po’ più forte. Lei alzò i
suoi occhi grigi su di lui, che in risposta le sorrise.
Era diventata bellissima. Lo era sempre stata anche da
bambina, ma ora…
Deglutì a fatica, poi allungò una mano accanto a sé,
tastando nel vuoto. Finalmente trovò un pacchetto di fazzolettini di carta e ne
porse uno alla splendida ragazza tra le sue braccia.
La sentì mormorare un ringraziamento a mezza bocca e scosse
il capo:
- Nemmeno io l’ho ancora trovata, mi dispiace tanto. –
mormorò realmente spiacente:
- Tu… l’hai cercata? – chiese con i lacrimoni che spingevano
ancora per uscire dopo tanto tempo in castigo:
- Sì… ma come vedi non ho avuto molto successo… non pensavo
che la cercassi anche tu, pensavo… che… avessi superato… -
- Perché, tu l’hai superato? – il ragazzo sorrise appena,
scivolando con gli occhi sul suo viso sconvolto:
- No… per tutti questi anni non ho fatto che pensare a te e
a tua sorella. – mormorò allungando una mano e sistemandole una ciocca di
capelli dietro ad un orecchio.
Lei rabbrividì al contatto e si ritrasse, ponendo fine al
loro abbraccio.
Rimasero a lungo in silenzio, mentre lei si riprendeva del
tutto:
- Mi sa che gli altri ora aspettano una spiegazione… -
mormorò non sapendo come avrebbe reagito:
- È giusto. Potresti dargliela tu? Io non me la sento. - lui
la prese per mano:
- Certo! Però verrai di là con me, non ti lascio scappare
un’altra volta! – fece allegro.
Raggiunsero gli altri quattro in giardino e Mitja la fece
sedere:
- Come stai? – chiese Phénice con una vocetta preoccupata,
alzandosi e guardandola con occhi sgranati:
- Meglio… - Winter alzò lo sguardo sul ragazzo accanto a
lei, pregandolo di raccontare la loro storia.
Lui annuì e prese a narrare.
Dopo un buon quarto d’ora gli altri erano ammutoliti e li
guardavano a bocca aperta:
- Quindi… senza contattarvi avete avuto la stessa idea… e
autonomamente avete cominciato a cercarla… - mormorò Madian, il primo a
riprendersi.
Haydée guardava la bionda con occhi nuovi.
Ora finalmente capiva il suo attaccamento a Phénice, a
quanto pareva aveva lo stesso carattere allegro di quella Crystal. E capiva anche
perché diffidava di lei quando diceva di voler solo collaborare con lei.
Era sicura che, nonostante Mitja non avesse parlato della
loro seconda professione, era proprio per quel motivo che Winter si era
avventurata in un mondo nel quale lei era finita quasi per caso.
Ora si spiegava la poca fiducia che aveva provato nei suoi
confronti: era dovuta al fatto che fino ad ora Winter aveva mentito su quelle
che erano le sue reali intenzioni. Non rubava per vivere, anche se il suo
guadagno dava una mano viste le ricerche che doveva fare, rubava per arrivare
alla fonte del suo dolore, cioè quel cinese.
Spostò lo sguardo su Mitja, in quel momento aveva
un’espressione seria, era seduto sul bracciolo della sedia e teneva un braccio
attorno alle spalle della ragazza con fare protettivo.
Chiaramente erano molto legati, chissà se lui sapeva del
fatto che lei era una ladra, o se magari lo sospettava.
Probabilmente no, quei tre erano bravi ragazzi a quanto
pare. Le avevano accolte come se fossero amici da una vita, non erano i soliti
cretini esaltati che tentano di rimorchiarti in discoteca.
Guardò anche gli altri presenti: Phénice aveva un
lacrimuccia invisibile che minacciava di scivolare sulla guancia, Arkel accanto
a lei le porse un tovagliolino sbuffando, evidentemente mal sopportava gli
isterismi delle donne. Però era molto serio, sembrava colpito dalla storia di
Winter.
Madian era il più sorpreso: da quanto aveva già saputo era
molto amico di Mitja, e magari il fatto che non gli avesse mai accennato a
questa storia, come era evidente dalla sua faccia stranita, lo aveva scosso più
di quanto non pensasse.
Infine tornò a guardare Winter e il russo. Lei era
abbandonata contro lo schienale e aveva uno sguardo lontano, molto triste.
Sospirò: magari confessarle le sue pene avrebbe potuto
dimostrarle che si soffre per tanti altri motivi al mondo, e le avrebbe dato
coraggio. O almeno le avrebbe fatto capire che poteva anche confidarsi con lei
e Phénice, non c’era nulla di male.
In fondo non le dispiaceva essere stata beccata quella notte
fuori da Bulgari: ora aveva un motivo valido per continuare ad essere Black
Soul, rimandando la sua partenza…
Alla fine l’allegria del russo e, una volta che si riprese,
di Phénice ebbe la meglio.
Mangiarono e scherzarono fino a notte fonda, e tutto sommato
fu una serata piacevole.
Mitja e Winter alla fine si salutarono con trasporto, o per
lo meno lui la salutò con trasporto. Lei sembrava più una statua di cera, ma
forse era comprensibile visto lo shock.
Una volta a casa Haydée non riuscì a dirle neanche una
parola, la bionda si catapultò nella sua stanza senza proferire verbo.
Disse a Phénice che magari un giorno o l’altro potevano
mettersi comode a parlare come vecchie amiche, avrebbe fatto bene a tutte.
~~~~~
Contemporaneamente, nella villetta
Mitja chiuse la porta della sua stanza, rimanendo nella più
perfetta oscurità.
Spalancò le finestre per far entrare il chiarore lunare e si
sedette ai piedi del letto asciugandosi i capelli.
Aveva dovuto fare una doccia per riprendersi, anche se non lo
aveva dato a vedere aver ritrovato Winter lo aveva scosso parecchio.
Si alzò pigramente, con solo un asciugamani a cingergli i
fianchi, e si accostò alla scrivania.
Aprì un cassetto e ne estrasse una scatola chiusa a chiave.
Una volta rivelato il contenuto un lieve sorriso gli increspò le labbra.
Prese alcune vecchie fotografie e si sedette sul davanzale.
La luna gli illuminava le spalle allenate da giornate
passate in piscina, come componente della squadra degli amatori
dell’università.
Sfogliò le foto e guardò, per la millesima volta da quando
aveva perduto di vista le sue amiche, le poche istantanee che avevano tutti e
tre insieme.
Una era la sua preferita, perché ritraeva alla perfezione la
loro personalità: era inverno ed era nevicato parecchio, lui era bagnato dalla
testa ai piedi e stava preparando decine di palle di neve per scaricarle sulle
sue ignare vittime, e guardava le ragazzine con un ghigno ridicolo che
teoricamente avrebbe dovuto spaventarle.
Crystal rideva a crepapelle e si allontanava dal pupazzo di
neve, pronta a fuggire agli attacchi del ragazzino, mentre accanto all’“Omino
delle Nevi” stava Winter. Era seria e compassata, incurante dei suoi scherzi
stupidi continuava a “vestire” il pupazzo con una vecchia pipa e un berretto di
lana, adocchiando quella sciocchina di sua sorella.
Erano identiche, a parte il colore degli occhi… chissà se
Crystal era ancora così allegra… chissà se si ricordava di loro, era passato
così tanto tempo…
Sospirò, poi richiuse il suo tesoro nel cassetto.
Ne aveva abbastanza di malinconia da tenerlo sveglio tutta
la notte, altro che sbronze come lo rimproverava Madian! I suoi occhi alla
mattina erano cerchiati per il troppo pensare!
Un’ombra nera scivolò fino al portone di ingresso del
piccolo capannone.
Sfilò un grimaldello da una manica e lo introdusse nella
serratura, che dopo pochi istanti cedette.
Black gettò un’ultima occhiata intorno, poi si infilò
all’interno del fabbricato seguita da un’altra ombra di donna che chiuse la
porta delicatamente, senza produrre alcun rumore.
Una volta entrate presero un paio di pile e fecero luce
tutt’attorno. Il luogo era spoglio, c’erano alcuni scaffali colmi di attrezzi
di meccanica per eventuali riparazioni, mentre al centro si trovava un carrello
piuttosto grande con sopra una sagoma blu: era il fuoribordo di cui aveva
parlato Sybil, coperto con un telone.
Decisero di lasciarlo perdere e di cercare un eventuale
nascondiglio per oggetti d’arte.
Dopo una minuziosa ricerca dovettero convenire che erano
stati più furbi di loro, almeno fino a quel momento.
Haydée sollevò per un istante il passamontagna e si asciugò
qualche goccia di sudore, con quel caldo non c’era niente di più scomodo. Le
avrebbero pagato anche quella scocciatura, il caro Zar e il suo amichetto! Era
costretta a portarlo, dopotutto non poteva sapere se c’erano o meno delle
telecamere nascoste.
Fece un bel sospiro e si accinse a ripetere la sua
esplorazione.
Nei muri non poteva esserci niente, erano semplici pannelli
di cemento, nient’altro.
Le mensole per gli attrezzi erano sottili, di compensato e
lamiera. Niente di ché.
Puntò la torcia al soffitto: nemmeno lì c’era qualcosa di
interessante, era veramente uno scatolone senza alcun interesse!
Identica diagnosi dette Winter, non c’era niente dove poter
frugare.
Black si decise a scoprire il motoscafo, visto che anche il
carrello non le aveva svelato nulla.
Frugò ovunque, intestardendosi persino sui bulloni, ma
niente. Effettivamente era un po’ difficile tenere dei disegni e alcuni quadri
in un motoscafo di dimensioni così esigue…
Presa dalla curiosità aprì lo sportellino contenente i dati
del proprietario. Voleva solo verificare che fosse di quel McKaye, niente di
speciale.
Il sangue le si gelò nelle vene quando lesse il nome del
proprietario:
Madian Bailey. Come
sarebbe a dire, Madian Bailey?!?
Sbatté le palpebre più volte, distogliendo lo sguardo.
Quando però tornò a leggere le lettere erano sempre quelle:
Madian Bailey.
Winter notò la sua espressione e le si accostò da dietro:
- Qualcosa non va? – chiese spiando i documenti.
Presa dal panico Haydée rimise tutto a posto e si costrinse
a ragionare razionalmente. La bionda la guardò stupita:
- Il proprietario… Madian… è suo il motoscafo! – fece con
voce strozzata. Winter dilatò gli occhi e spalancò la bocca:
- Magari c’è una spiegazione razionale… - mormorò
soprappensiero, mentre la mora si perdeva in congetture:
- Giusto! Il capannone potrebbe essere stato dato in
affitto… non ho letto la scheda allegata che avevo ricevuto per e-mail, magari
lì c’era scritto qualcosa del contratto di locazione a Madian… E allora perché
Sybil mi aveva detto che era l’industriale a tenerci un fuoribordo?! McKaye…
Bailey… I loro cognomi non si assomigliano affatto, non sono nemmeno uno
l’anagramma dell’altro! Quindi non può essere il figlio, anche se me lo aveva
detto lui stesso che suo padre è un industriale come questo McKaye… Cosa sta
succedendo?? – mormorò confusa.
Scese dal motoscafo con un balzo silenzioso, posando una
mano a terra.
Fu allora che sentì una fessura nella pavimentazione
polverosa.
Dimenticò gli interrogativi di poco prima e si concentrò sul
pavimento, l’unico elemento che fino ad allora avevano trascurato.
Seguì il percorso della linea, che semplicemente correva da
un capo all’altro del capannone. Erano quelle fessure praticate appositamente
per far sopportare al pavimento le temperature eccessive, calde o fredde che
siano.
Osservò tutte quelle rette imitata dalla bionda, ma nessuna
le disse niente finché non si decise a stendersi a terra e scivolare sotto il
carrello.
Finalmente trovò qualcosa di insolito: c’era un quadrato,
con lato di circa un metro e mezzo o poco più, proprio sotto lo scafo. Bingo!
Chiamò la sua collega per spostare il fuoribordo e riuscire
a vedere con chiarezza.
Le fessure che delimitavano il quadrato erano più profonde
di quelle del resto del fabbricato.
Prese un coltellino e lo insinuò, facendo leva per sollevare
la piastra. Quando scoprirono quello che celava a occhi indiscreti sgranarono
tanto d’occhi.
Incassata nel pavimento c’era una porticina con una chiusura
pazzesca: era una specie di botola blindata, apribile solo con una chiave a
lettura elettronica combinata con un codice numerico di 7 cifre.
Winter prese una macchinetta digitale ultra-sottile e
fotografò il tutto più volte. Stavolta avevano parecchio lavoro per Sybil e il
vecchio Cyrus, il loro fornitore di strumentazioni d’eccezione e… illegali!
Black sbuffò contrariata, sperava di riuscire a cavarsela
quella notte stessa, e invece…
Rimisero tutto come lo avevano trovato, carrello compreso.
Ricoprirono il motoscafo mentre la mora sentiva
un’inequivocabile stretta alla bocca dello stomaco.
Che diavolo ci faceva lì il motoscafo del bel marpione?!
Doveva scoprirlo al più presto… già, ma come?!?
~~~~~
Alcuni giorni dopo, pausa pranzo, palazzo del centro
Un casuale osservatore davanti ad uno dei nuovi palazzi del
centro della città, di quelli tutti vetri e specchi, avrebbe potuto vedere una
bionda mozzafiato negligentemente appoggiata contro la parete trasparente
dell’ascensore che la conduceva al piano terra.
Questa ragazza guardava con aria distratta la città
avvicinarsi nella sua discesa, sospirando di stanchezza.
Una volta giunta alla fine della corsa scese lentamente,
avviandosi all’uscita mentre si infilava una mano tra i lunghi capelli biondi
per ravviarli.
Passò attraverso le porte girevoli e scese lentamente la
breve scalinata all’ingresso, avanzando tranquilla sui vertiginosi ed eleganti
tacchi a spillo dei suoi sandali.
Diede una rapidissima rassettata ai pantaloni neri gessati e
alla camicetta incrociata e si avviò al solito bar dove pranzava.
Da brava ladra, ormai era nel giro da diversi anni anni, si
accorse di un rumore costante di passi dietro di lei. Non sapeva bene il
perché, poteva essere benissimo qualcuno che faceva la sua stessa strada, ma
aveva la netta sensazione di essere seguita.
Provò a fermarsi per sistemare una cinghietta dei sandali e
il misterioso inseguitore si fermò a sua volta. Quando si volse non c’era
nessuno.
Riprese a camminare tranquillamente, poi vide una vetrina di
chissà cosa da donna e si fermò un’altra volta. E ancora nessuno. Eppure era
certa di non averli sognati quei passi!
Decise di fare un’ultima prova, poi se non avesse funzionato
sarebbe andata di sua spontanea volontà a farsi rinchiudere nel manicomio più
vicino.
Infilò una mano nella borsetta e svoltò al primo incrocio,
sparendo dietro l’angolo. Sentì i passi accelerare e si nascose dietro il
portone aperto di un condominio.
Quando si scostò per spiare chi fosse il suo inseguitore
vide solo un uomo biondo di spalle che si guardava attorno perplesso.
Decise di passare al contrattacco.
All’improvviso il ragazzo sentì qualcosa di duro premere
contro le vertebre, all’altezza dei polmoni:
- Mi cercavi? – chiese una voce gelida dietro di lui. Si
lasciò sfuggire un sorriso e mise le mani in vista:
- Cosa te lo fa pensare? Non sei mica la sola donna su
questa terra, Winter! – la ragazza lo fece voltare di scatto e lui poté vedere
il “pericoloso” lucidalabbra col quale era stato minacciato:
- Mitja!! Che razza di scherzi sono! Mi sono spaventata!! –
sbraitò passando in 5 secondi dal sorpreso all’infuriato:
- Scusa! Tentavo solo di farti una sorpresa o uno scherzo,
ma con te non c’è gusto! – le disse scanzonato. Quel
lucidalabbra è più che pericoloso, specie su due labbra del genere…
Scacciò il pensiero impuro con una risatina nervosa interna. Lui che si metteva
a sbavare dietro quel ghiacciolo di Winter, ma andiamo!! Non era ancora caduto
così in basso!
- Tu e le tue facezie idiote, ma la finirai mai di fare il
cretino!? – sbottò lei guardandosi attorno e riprendendo a camminare:
- Andiamo, cerca di essere più elastica! Dovresti prendere
la vita con un po’ più di allegria… - lei si fermò di botto, piantandogli un
dito nello sterno:
- Non ho niente per cui essere allegra, lo sai meglio di me.
Quindi piantala di fare il buffone che si preoccupa per la mia tristezza e
comincia a crescere! – Mitja la guardò mentre riprendeva a camminare con fare
altero, e si chiese se avrebbe mai dimostrato che aveva un cuore. La rincorse:
- Aspetta, dai! Scusa se ti ho infastidita, ma non vedo
perché te la devi prendere così tanto. – la vide portarsi una mano alla fronte
con una leggera smorfia:
- Hai ragione, scusami tu. Ho solo avuto una mattinata
pesante, nell’ufficio per il quale lavoro non ho riscosso molte simpatie. Ma
dimmi un po’, che ci fai da queste parti? – disse rallentando il passo:
- Sono venuto per pranzare con te! – Mitja sorrideva come
uno scemo e riuscì a cavarle una mezza smorfia che con molta fantasia avrebbe
anche potuto essere un accenno di sorriso:
- Ma davvero? Dì un po’, non è un modo galante per dirmi che
vuoi un pranzo a scrocco, vero? Mi sembra di ricordare che da bambino
utilizzavi spesso questa tecnica con mia sorella per sbafarle le merendine… -
esordì studiandolo con gli occhi socchiusi. Quando lo vide scoppiare in una
risata il suo cuore si alleggerì come quando era bambina.
Da quanto tempo non sentiva una risata così allegra e
sincera! Non lo avrebbe ammesso neanche davanti al Sommo Giudice il giorno del
Giudizio Universale, ma Mitja… in fondo… ma proprio fondo… le era mancato…
Le erano mancate l’allegria, gli scherzi stupidi dei quali
non aveva mai riso, al contrario di Crystal, e le battute perennemente idiote.
Era cresciuto, era cambiato fisicamente, ma non si smentiva mai.
- Ehi! Si parla di marachelle di anni luce fa! Non sono
cadute in prescrizione, vostro onore? – fece pregandola a mani giunte. Lei gli
fece un gesto di stizza con la mano:
- Per carità! Risparmiami la scena madre! – fece esasperata,
ma in fondo al cuore era divertita.
Incredibilmente fu il ragazzo a prendere da mangiare,
stupendola una volta tanto. Si era fatto impacchettare un intero vassoio di
panini e l’aveva trascinata in un angolo verde, non molto lontano dall’ufficio
per il quale lavorava.
Si sedettero su una panchina e mangiarono, chiacchierando
tranquillamente. Una volta terminato il pranzo Mitja si stese sulla panchina
accanto e fece mostra di sonnecchiare con il berrettino sportivo calato sugli
occhi e un filo d’erba tra i denti.
Winter lo guardò a lungo, ripensando a una miriade di vecchi
episodi che nella sua mente formavano l’equivalente di un film in bianco e
nero, poi si decise a fargli una domanda:
- Mitja? -
- Mmmh? – fece lui alzandosi con la faccia stralunata e un
sorrisetto assurdo:
- Hai detto… che hai provato a cercarla… intendo Crystal…
hai smesso? – chiese titubante. Lui divenne improvvisamente serio e si tolse il
cappellino:
- In un certo senso. -
- Puoi spiegarti? -
- Certo. – in un attimo era di nuovo seduto accanto a lei,
il berrettino su un ginocchio, le braccia allungate sullo schienale e lo
sguardo puntato al cielo azzurro: - Dunque, ho cominciato a cercare
informazioni su di lei una volta diplomato, ma l’università mi impediva di
muovermi a mio agio. Intanto ho… lavorato per avere i mezzi per cercarla, sai
che i miei non sono mai stati dei ricconi! Dopo che mi sono laureato ho
cominciato a fare sul serio, ma per quanto mi mettessi d’impegno non sono mai
riuscito a cavare un ragno dal buco. Poi, circa un anno fa, ho incontrato un
vecchio compagno delle superiori. Ero parecchio sbattuto, avevo viaggiato per
più di un anno e sembravo un homeless! Gli confessai che cercavo una persona ma
che non ero ancora approdato a nulla. Lui mi ha dato una pacca sulla spalla e
mi ha detto che sbagliavo tecnica. Diceva che non dovevo continuare a girare a
vuoto: avrei dovuto fermarmi. Mi disse queste precise parole:
Se stai fermo,
prima o poi è il mondo a passarti davanti.
Io gli ho dato retta, Madian mi ha invitato a stare con lui,
ed ecco che mi sbuchi tu dal nulla! – concluse sorridendo.
Winter lo guardò sorpresa, chiedendosi se anche quella non
era la tecnica giusta per ritrovare sua sorella. Chissà, magari fermandosi un
po’ in quella città sarebbe riuscita ad avere qualche informazione, se aveva
portato fortuna a Mitja…
Si immerse nei suoi pensieri, dimentica di tutto, mentre il
ragazzo accanto a lei la guardava incantato. Era cambiata molto in quegli anni.
Il suo viso era manifestamente triste, ma emanava un fascino irresistibile.
Winter sentì delle dita calde ed esitanti sfiorarle un
braccio e si volse a guardarlo. Le sorrideva dolcemente, e inconsapevolmente i
suoi lineamenti si distesero. Era la cosa più vicina a un sorriso da 17 anni a
quella parte, come quel mattino che aveva trovato Phénice nel dopo-sbornia.
Mitja stava per prendere fiato, voleva dirle quanto aveva
cercato anche lei e quanto era sollevato di averla ritrovata, ma una voce li
fece sobbalzare:
- Winter! – si volsero e videro un ragazzo osservarli a
bocca aperta: - Non ci posso credere! Che ci fai qui!? – Mitja vide Winter
impallidire:
- Aaron?! – balbettò alzandosi lentamente e indietreggiando
appena. Mitja la guardava sorpreso: Strano,
sembra pronta per battere il record dei 1000 metri a ostacoli…
- Incredibile!! E io che pensavo che non ti avrei più
rivista! Allora hai ripensato alla mia proposta di vivere insieme! – così dicendo
il ragazzo si avvicinava lentamente, ma la distanza tra lui e Winter non
diminuiva:
- M-ma… n-no… non sapevo che… abitassi in questa città… -
tentò di obiettare con voce tremante:
- Sul serio?! Strano, credevo di avertelo scritto nella mia
ultima lettera. Ma allora è stato il destino a riunirci!! Non sai come sono
felice… - fece per slanciarsi per abbracciarla ma lei si volse rapidamente e
corse via, lasciando la borsetta accanto a Mitja sulla panchina.
Il tale fece per rincorrerla, ma una presa d’acciaio ad una
spalla lo bloccò. Volgendosi incontrò lo sguardo duro e scostante di un ragazzo
biondo:
- Levami le mani di dosso! – sbraitò divincolandosi:
- Tu lascia in pace Winter. Non mi sembrava entusiasta di
rivederti… - sibilò sentendo una strana rabbia crescere dentro.
- E tu che ne sai?? Va bene, abbiamo avuto delle divergenze,
ma vorrei appianarle e se tu non mi avessi fermato ora probabilmente l’avrei
raggiunta! – Mitja aggrottò le sopracciglia:
- Per fare che? -
- Che razza di domande! Per rinnovare il nostro
fidanzamento! – a quel punto il russo cominciò a vederci doppio. Lo prese per
il colletto della camicia perfettamente stirata e arrivò a sfiorargli il naso
con proprio:
- Senti damerino, Winter si è spaventata, ed evidentemente
tu sei un po’ lento di comprendonio perché questo può significare solo che non
ne vuole sapere di te. Quindi vedi di girarle alla larga o te la vedrai con il
sottoscritto, sono stato chiaro?? – ringhiò vicino al perdere le staffe.
Dopodiché lo lasciò al suo destino, prese la borsetta della
ragazza e andò a cercarla.
Cos’era ‘sta storia del rinnovo del fidanzamento?!?? Non
gliela raccontavano mica giusta…
Dopo aver fatto qualche decina di metri si bloccò: sapeva
qual’era il palazzo, ma non il nome dello studio per il quale lei lavorava!
Sbuffò infastidito: adesso gli toccava anche aspettare che
uscisse per poterle ridare le sue cose! Si rassegnò ad aspettare gettandosi di
peso sulla prima panchina libera.
Quel pomeriggio nell’ufficio dell’architetto Grantham
- Fedra, per favore, manda questo fax al numero che ti ho
scritto a matita. Quello scocciatore del sindaco vuole il preventivo esatto… Ma
come diavolo faccio a saperlo io?!? Non sono un’impresa edile!! – concluse
borbottando fra sé.
Prese una cartella voluminosa dallo schedario, chiedendosi
chi gliel’aveva fatto fare di avere due lavori massacranti, dopodiché si
sedette alla scrivania e tentò di concentrarsi.
I suoi tentativi però continuavano a fallire perché la
segretaria stava facendo un casino infernale con il fax:
- FEDRA!! Che diavolo stai combinando?! – la ragazza la
guardò impaurita, ben sapendo che la sua datrice di lavoro era in giornata
storta:
- Ecco, il fax non funziona come si deve e io… - l’altra la
zittì con un gesto nervoso:
- Sissì, va bene… la prossima volta fammi la cortesia di
chiudere la porta allora. – così dicendo chiuse la soglia del suo ufficio con
un tonfo rumoroso.
Fece un profondo respiro e tornò alle sue scartoffie.
Dopo nemmeno 10 minuti il telefono prese a squillare e
scattò in piedi. Andò alla porta e bisbigliò velenosa:
- Chiunque sia, tu oggi non mi hai vista!! – la ragazza
annuì mentre lei si richiudeva la porta alle spalle con un sospiro.
Intanto Fedra aveva sollevato la cornetta:
- Studio Grantham, buonasera. -
- Buonasera signorina, vorrei parlare con l’architetto. – la
voce dell’uomo all’altro capo era calda, una voce sensuale:
- Ehm, mi spiace ma… l’architetto non c’è… - mormorò
incerta:
- Ah no?… Bene, allora la tenga lì dentro per almeno un
quarto d’ora, il tempo di arrivare! – e riagganciò. La ragazza arrossì
violentemente… come aveva capito che gli aveva mentito?! Va bene che lei le
balle non le aveva mai sapute raccontare, ma farsi pescare addirittura al
telefono…
Dieci minuti dopo il suono delicato del campanello che
avevano fatto installare appositamente per l’indole nervosa della dottoressa,
avvertì dell’arrivo di un cliente.
Fedra deglutì, immaginando già il viso furibondo del suo
capo, e si alzò per aprire con le ginocchia che le tremavano.
Non era preparata ad aprire a un figo del genere.
Il ragazzo sfoggiò il suo sorriso più riuscito, sfilandosi i
Persol con aria da seduttore:
- Buonasera! Allora, sei riuscita a placcarla? – chiese
divertito dallo sguardo imbambolato della ragazzina. Lei annuì, senza riuscire
a spiccicare parola:
- Perfetto! – così dicendo la scostò gentilmente,
dirigendola alla sua scrivania con un braccio attorno alle sue spalle, mentre
dava una lunga occhiata all’ufficio: - Mmmh… elegante e sobrio… non per niente
è un architetto! È di là, vero? – fece indicando con il pollice la porta
chiusa.
La risposta fu un altro movimento affermativo del capo:
- Grazie, sei stata molto gentile! – e si diresse risoluto
alla porta aprendola delicatamente.
- Fedra, ti prego, ho una valanga di lavoro arretrato, per
qualsiasi cosa aspetta più tardi! Uff… non capisco perché non mi decido a
prendere un socio… - borbottò scocciata senza neanche alzare il capo dai
progetti:
- Va bene anche un ingegnere elettronico? – si sentì
chiedere.
Alzò la testa di scatto, sobbalzando sulla poltrona di pelle
nera dotata di rotelline:
- Madian?!?! – escalmò incredula:
- Sorpresa! Mi avevi tanto parlato del tuo lavoro e del tuo
ufficio che ero curioso di vederti in azione! – fece accomodandosi su una
poltroncina:
- Oh… bene… allora, posso offrirti un caffè, un bicchiere
d’acqua, un tè… - fece guardandolo sorpresa:
- Niente, grazie. – la vide fare un cenno di diniego col
capo alla sua segretaria che li guardava attraverso la porta aperta. Decise di
rimediare a quell’intromissione estranea e la chiuse con nonchalance:
- Allora… cosa facevi prima che ti interrompessi? – chiese
allegro. Lei lo guardava sorpresa. Gli aveva detto dove si trovava il suo
ufficio quel pomeriggio del temporale, se non sbagliava… non credeva certo che
si sarebbe presentato proprio lì! Anzi, non credeva proprio che si sarebbe
ripresentato!!
- Un palazzo per convegni… dovrei progettare un palazzo, o
meglio un albergo per convegni. Una cosa ultra-lussuosa… - lo vide sbirciare le
planimetrie e i vari appunti. Prese un foglio dove si era scritta alcune
annotazioni:
- Che calligrafia elegante… - commentò all’improvviso.
Haydée si sentì arrossire come una stupida a quel complimento così insignificante:
- Grazie… anche tu scrivi bene… - mormorò. Lui la guardò di
sottecchi, inarcando un sopracciglio e sorridendo a mezzo:
- Ah già, i miei biglietti… mi sento un po’ patetico ad
averti lasciato nome, numero di cellulare e indirizzo in quel modo! – ironizzò
restituendole il foglio. Lei sorrise tranquilla:
- Ma no, che dici… - la conversazione cadde e non sapevano
come continuare.
In quel momento Haydée ripensò al fuoribordo e al nome del
proprietario, e decise che poteva essere il momento buono per iniziare le sue
ricerche visto che Sybil stavolta si era rivelata pressoché inutile:
- Senti… la prima volta che ti ho visto eri su un motoscafo…
lo avevi noleggiato? – chiese ostentando semplice curiosità e un sorrisetto
innocente:
- No, l’avevo acquistato da poco per togliermi uno sfizio…
Ora mi crederai un insulso figlio di papà! – fece ridacchiando. Lei fece finta
di stare al gioco:
- E, dì un po’… sono indiscreta se ti chiedo dove lo tieni?
– chiese casualmente:
- Perché, vuoi prenderne uno anche tu? – chiese allegro. Lei
si strinse nelle spalle, evasiva: - Comunque non sei indiscreta: lo tengo al
porto, ho il mio posto di attracco ma preferisco tenerlo in un capannone di mio
padre, non lo uso spesso. – lei trasalì, tentando in tutti i modi di non darlo
a vedere:
- Ah già, tuo padre… mi avevi già accennato qualcosa su di
lui… come avevi detto che si chiama? – mentì spudoratamente, non le aveva mai
detto il nome, ma sperava che lui non ci facesse caso. Aveva come una strana
sensazione…
- Forse non te l’avevo nemmeno detto… Maximilian McKaye
comunque. È un tipo simpatico, come pure mia madre, non mi lamento dei miei
genitori! E i tuoi? – la vide rabbuiarsi e distogliere lo sguardo.
- Mio padre è in India. A Delhi. Mia madre forse in una di
quelle cartoline che vedi dietro la scrivania di Fedra, non ho molte notizie di
lei. – rispose a fatica e lui fortunatamente non insistette. Lo ringraziò
mentalmente per la sua gentilezza, anche perché ora aveva ben altro a cui
pensare che le sue disgrazie familiari:
- Hai detto McKaye… ma tu non ti chiami Bailey? – domandò
incuriosita:
- Sì… sono stati i miei a mettermi il cognome di mia madre.
Sai, perché non fossi costretto a subire tutta la vita il confronto con quel
riccone di mio padre… - Che scusa
idiota!! Pensò dandosi mentalmente dell’imbranato. Comunque sia non
poteva certo dirle che gli avevano dato un altro cognome per evitargli problemi
se quel borsaiolo di suo padre fosse stato arrestato, o magari anche solo
smascherato.
- Però… genitori previdenti… - mormorò soppesandolo con gli
occhi socchiusi. Finalmente qualche informazione interessante, ma ancora non le
era chiaro chi aveva visto entrare quella notte nel capannone… Però, avrebbe
potuto fare una prova!
Si alzò di scatto, sorprendendolo:
- Sono stanca di stare in ufficio, che ne dici se scendiamo?
C’è un giardinetto proprio qui sotto! -
- Ok! Allora dopo di te! – fece galante aprendole la porta.
Pochi minuti dopo sbucarono da un basso colonnato in una
piazzetta, proprio sul retro del palazzo che ospitava l’ufficio della ragazza.
Lei si avviò alle panchine attorno al praticello come se
niente fosse, ma in realtà spiava l’espressione del ragazzo.
Lui si guardava attorno, osservando i palazzi che li
circondavano, e ad un tratto Haydée ebbe la sua prova, o quella che si poteva
ritenere tale.
Lo vide sgranare gli occhi per un istante, bloccarsi su due
piedi, aprire la bocca ma non dire niente, poi schiarirsi la voce e riprendere
a camminare come se nulla fosse.
Haydée socchiuse gli occhi pensierosa: Madian aveva visto il
palazzo di giustizia, la procura e la sede centrale della polizia della città.
Se non restava impressionato un ladro davanti a questo spiegamento di forze
dell’ordine pronte a schiacciarti…
Quella poteva essere la sua prova decisiva. Era convinta che
se si fosse agitato e avesse fatto finta di niente a tutti i costi era un
ladro, mentre se avesse fatto qualche battuta, ridendoci su, era un onesto
cittadino. Altro che architetto,
lo strizzacervelli dovevo fare!!
Con un nodo in gola immaginò che lo Zar poteva anche essere
lui.
In quel momento ebbe la fulminazione… Mitja… ecco perché “Zar”, il
russo!! Le aveva detto lui che Mitja era figlio di emigranti russi, e che
parlava perfettamente la sua lingua madre! Qualche spione poteva averlo sentito
dire qualcosa e gli aveva appioppato quel nomignolo!
Che stupida a non averci pensato prima!!
Bene, allora con ogni probabilità Madian e Mitja c’erano
dentro fino al collo. Restava da vedere se anche Arkel era componente della
banda, ma ormai i dubbi andavano sempre più diradandosi: erano loro i suoi
nemici!
Senza volerlo un brivido la percorse dalla testa ai piedi.
Si sentiva strana, non era per nulla soddisfatta della sua
scoperta, sempre che fosse realmente una scoperta e non un volo azzardato della
sua fervida immaginazione. Era quasi… dispiaciuta…
- Come mai hai l’ufficio proprio in questa zona ad alto
tasso di presenza di avvocati e poliziotti? – si sentì chiedere. Il ragazzo
accanto a lei la guardava allegro, non dava segni di preoccupazione:
- Così, per caso… - in realtà lo aveva scelto appositamente.
Lo avevano selezionato lei e Sybil. Oltre a trovarsi nella
zona dove si concentravano il maggior numero di uffici di liberi
professionisti, dagli avvocati ai commercialisti, passando per gli architetti,
era in un posticino insospettabile grazie alla sua vicinanza alla centrale di
polizia.
Credeva fermamente nell’antico proverbio che recita:
“Il punto più buio
è proprio quello sotto la lampada”.
Se per caso un brutto giorno avesse lasciato distrattamente
delle tracce sul suo secondo lavoro e fossero riusciti ad arrivare fino a lei,
chi avrebbe potuto sospettare di una giovane e bella dottoressa che vive
all’ombra della procura?
Nessuno naturalmente! Ed era proprio per questo che il suo
ufficio era in quell’angolino tanto particolare.
Un cellulare prese a trillare e lo vide frugarsi nelle
tasche dei pantaloni:
- Sì… … Cosa?!… Che idiota!… Va bene, arrivo subito. –
chiuse il telefonino con un sospiro e posò lo sguardo sulla ragazza seduta
accanto a lui: - Problemi a casa, un rubinetto perdeva e Mitja ha provato ad
aggiustarlo. Arkel è arrivato a casa e ha trovato il piano terra allagato! –
sbuffò innervosito per l’interruzione del loro incontro. Lei rise piano:
- Sarà meglio che tu vada, prima che ti demoliscano la casa!
– lui le sorrise:
- Hai ragione… allora, quando ti rivedrò? -
- Ah… non saprei… - balbettò:
- Ti chiamo? -
- V-va bene… chiamami… -
- Allora… ciao. -
- Ciao! – ancora una volta, come quel pomeriggio del
temporale, lo vide avvicinarsi, ma stavolta fu più svelta e si ritrasse
bloccandolo:
- Che c’è… non… - mormorò lui deluso. Lei distolse lo
sguardo e si morse un labbro, Madian la vide arrossire violentemente e alzarsi
in fretta:
- Non posso… – borbottò scappando via e lasciandolo lì come
un fesso.
Madian osservò il punto nel quale era sparita per lungo
tempo, non riusciva a capire perché si comportava in modo così fuggevole… Era
così brutto o antipatico per lei?!
Si alzò con fare stanco, grattandosi la nuca indispettito.
Era la prima volta che una donna si ritraeva di fronte a una
sua avance. Inaudito!!
Infine si allontanò con le spalle curve, affondando le mani
nelle tasche dei jeans consunti e calciando un minuscolo sassolino.
Non si accorse che da una finestra al quinto piano dietro di
lui, nascosta dietro una tenda, una ragazza lo osservava. E il cuore indurito
di questa giovane, che per tanto tempo aveva solo odiato, palpitava come
impazzito rendendola ancora più irrequieta.
~~~~~
Quella notte al porto
Winter alzò lo sportello a fatica, la porticina blindata era
piuttosto pesante.
Accanto a lei Black Soul puntò una luce nell’apertura
oscura:
- Ma è una stanza! – esclamò sorpresa. La bionda guardò
sorpresa:
- Che ingegno… è un’ottima idea! – disse soprappensiero.
Haydée non la ascoltava nemmeno.
Si era già seduta sul bordo con la pila tra i denti e le
gambe a penzoloni nel pertugio:
- Fai la guardia mentre sono giù. – dopo un istante era
sparita.
Winter osservò la stanzetta sotterranea: era piuttosto
ampia, evidentemente il caro Zar aveva intenzione di riempirla a dovere. Il
soffitto era alto, probabilmente 2 metri, o qualcosa di più. Aveva ragione
Haydée, il ladro era alto.
Chissà se aveva ragione a sospettare di Mitja e degli altri
due, le erano sembrati ragazzi a posto… ma dopotutto lo era anche lei!
Ridacchiò tra sé: sarebbe stato divertente rivelare a Mitja
che lei era la collega di Black Soul, chissà che faccia avrebbe fatto! E per una volta sarei io a fargli un
bello scherzetto!
Era talmente immersa nei suoi pensieri che si accorse troppo
tardi di qualcuno intento ad armeggiare con la porta.
Lasciò Black al suo destino, tanto era certa che avrebbe
saputo cavarsela, e si nascose nell’oscurità.
Madian guardò la serratura perplesso. Strano, ero sicuro di averla chiusa…
Scosse le spalle ed entrò, rimanendo a bocca aperta. La
botola “segreta”, ma a quanto pare non tanto, era aperta e dall’interno
proveniva un tenue bagliore.
Sfilò la pistola che aveva portato con sé per ogni
evenienza, dopotutto vagabondare per il porto di notte non è il massimo della
sicurezza, e si avvicinò silenziosamente, aiutato in questo dalle Nike che non
producevano alcun rumore.
Era andato al capannone per prelevare un disegno, forse
riusciva a piazzarlo quella sera stessa, ed era solo perché Arkel lo aspettava
col cliente.
Arrivato di fronte alla botola puntò la pistola e in
quell’istante un’ombra nera si issò agilmente attraverso il buco, posando un
ginocchio sul pavimento polveroso:
- Chi diavolo… - mormorò sorpreso, poi collegò l’immagine
completamente nera del personaggio che gli stava di fronte con quella di un
famoso ladro: - Non sarai Black Soul?!? – non riuscì a dire altro, un forte
colpo alla base della nuca gli fece perdere i sensi.
Haydée lo vide accasciarsi al suolo, rivelando l’artefice di
quello svenimento: Winter lo aveva colpito con il calcio della sua pistola,
arrivandogli alle spalle silenziosamente nell’oscurità:
- A quanto pare avevi ragione. - fece seria la bionda.
L’altra ladra annuì, osservando il viso del ragazzo
leggermente contratto per il doloroso colpo ricevuto. Sentì stringersi qualcosa
dentro la cassa toracica, preferì non indagare a fondo cosa fosse quel dannato
qualcosa, poi si alzò e si allontanò dal corpo esamine senza dire nulla. Winter
la rincorse:
- Lo lasciamo lì? – la mora si fermò e sospirò:
- Abbiamo i quadri e i disegni, che altro dovremmo fare? Non
ci sono pericoli, se è questo che intendi, non riconoscerà mai nessuna di noi
due. – disse con voce scostante e fredda.
Winter annuì e la seguì fuori dal capannone. Questo
significava che anche Mitja era invischiato in quell’ambiente…
Aveva aspettato Madian tutta la notte per contrattare quel
cliente che alla fine se n’era andato furibondo. Il ragazzo non rispondeva al
cellulare e non aveva richiamato.
Appena dentro la scena che vide non gli piacque per niente.
Madian era accasciato a terra al centro dell’edificio, il
fuoribordo era stato spostato e la botola era spalancata.
Immediatamente si precipitò a verificare la salute del
capobanda. Dopo un esame sommario poté stabilire con certezza che non era
ancora andato all’altro mondo e che non aveva nemmeno un graffio, solo un
ematoma alla base del collo.
Lo scosse energicamente per svegliarlo e gli ultimi dubbi
sul suo stato di salute vennero fugati da un borbottio irritato:
- Ehi, principino, non è colpa mia se tu ti fai i sonnellini
sul pavimento di un capannone! Vedi di darti una svegliata! – mugugnò
cominciando a verificare le perdite materiali.
Madian si alzò a sedere faticosamente, lamentando dolori in
ogni parte del corpo.
Quando ricollegò il cervello gli tornò in mente l’avventura
della sera precedente:
- Mmmh… Arkel! Ci hanno soffiato i disegni! – mugugnò
tastandosi la nuca con un lamento:
- Me ne sono accorto, cretino!! – rispose una voce parecchio
innervosita dalla stanza sotterranea. Dopo pochi istanti la faccia collerica
del 30enne sbucò dalla botola, insieme alle sue ampie spalle da ex giocatore di
rugby:
- E immagino che non saprai chi è stato, eh? – sibilò:
- Black Soul. – finalmente ad Arkel passò la voglia di
tirargli il collo. Spalancò la bocca e si sedette a terra davanti a lui:
- Ne sei…. sicuro? - articolò dopo un’eternità:
- Bah! Era uno mingherlino vestito di nero, aveva il
passamontagna quindi non può che essere lui. – Arkel si passò una mano tra i
capelli castani, mossi e tagliati a spazzola:
- Era solo? – chiese con una smorfia strana. Che fa, sfotte perché mi sono fatto
atterrare come una pera matura? Vorrei vedere lui al mio posto!!
- No, lui è sbucato dalla botola, avrei anche potuto tenerlo
a bada ma qualcuno mi ha colpito alle spalle. Non ricordo altro. – borbottò
mentre cominciava a sentir crescere la rabbia per essere stato fregato.
Arkel scoppiò in una risatina, tanto per sdrammatizzare:
- Un ladro che si fa derubare! Questa sì che è una storia da
raccontare ai posteri!! – ghignò sentendosi come Madian.
Erano entrambi orgogliosi, quello che avevano appena
ricevuto era uno smacco notevole.
- Che si fa? – il capobanda era parecchio abbattuto. L’altro
scosse le spalle:
- Per Dio, si rimette tutto a posto e si trova un altro
nascondiglio! Io resto dell’idea che il materasso è sempre la miglior banca,
come diceva mia nonna. – fece alzandosi e spolverando i vestiti.
~~~~~
Poco dopo, appartamento in centro
Haydée era alla solita sedia in cucina, sorseggiava una
tazza di cappuccino spumoso adocchiando di sbieco un settimanale pieno di
pettegolezzi idioti.
Dopo nemmeno 10 minuti il suddetto giornale era già volato a
qualche metro da lei, proprio non capiva come potesse interessare quella roba a
Phénice…
Una porta spalancata e lo strascicare di un paio di morbide
ciabatte sul marmo le segnalarono che Winter si era svegliata. La rossa sarebbe
stata decisamente più rumorosa!
- Buongiorno. – fece la bionda legando meglio la vestaglia
azzurra:
- ‘Giorno. – mugugnò l’altra facendo rimbombare la voce
nella tazza.
L’algida ladra si preparò un caffè e si volse a guardarla in
silenzio. Haydée si mosse a disagio, la innervosivano quegli occhi glaciali
puntati addosso… era come avere davanti al naso una pistola che spara
proiettili di ghiaccio:
- Credi che sia invischiato anche Mitja? – chiese a
bruciapelo. Haydée si strinse nelle spalle:
- Secondo te perché lo chiamano Zar? – quella domanda era la
sua risposta. Winter annuì e si volse per prelevare il suo caffè forte.
Rimasero una accanto all’altra, guardando fisso davanti a
loro. Non siamo impazzite, è
mattino anche per noi…
- Credi che dovrei dirglielo? – la mora si volse di scatto a
guardarla:
- Cosa? -
- Che sono una ladra anch’io! -
- Non ci provare! – sbraitò saltando in piedi:
- Per quale motivo? Non vedo perché dovrei tenergli nascosta
una cosa di questa importanza, lui era il mio migliore amico e… - Haydée non la
lasciò finire:
- Te lo do io un motivo valido! Se tu gli spieghi come hai
scoperto di loro, sapranno che con te nel capannone di Madian c’era qualcun
altro, perché non puoi essere stata sempre tu a sbucare dalla botola e a
colpirlo alle spalle, e vorranno sapere chi è quest’altro soggetto! A quel
punto cosa gli dirai? – chiese piantando una mano sul tavolo. La bionda rimase
in silenzio a guardarla: - Per l’appunto!! Io non ho nessuna intenzione di
scoprirmi, perciò non pensarlo mai più o il nostro accordo salta! – le
dispiaceva metterla su quel piano, soprattutto ora che sapeva perché Winter
aveva voluto lavorare spalla a spalla con lei, ma non poteva fare altrimenti.
Se Madian avesse saputo qual’era la sua seconda identità si
sarebbe avvicinato ancora di più a lei, e questo non lo poteva assolutamente
permettere.
Lentamente andò calmandosi, notando anche l’espressione
pensierosa della sua coinquilina, così tentò di allentare la tensione:
- Senti, scusa… semplicemente ho dei motivi miei per
rimanere nell’ombra. Magari un giorno te li racconto, dopotutto io so parecchie
cose di te mentre tu non sai niente. Il fatto è che è una lunga storia, l’ho
raccontata soltanto a Phénice e a un’altra mia amica che abita in India… Non
fare quella faccia, io ci sono cresciuta in quel paese! – fece divertita dallo
sguardo sorpreso della bionda:
- In India… non lo sapevo… - mormorò guardandola:
- Ah, lascia perdere, un giorno di questi ti farò un caffè
triplo e ti racconterò tutto! Ma ora, visto che siamo in vena di confidenze,
dimmi… come mai la settimana scorsa Mitja ti ha riportato la borsetta quando hai
finito di lavorare, cioè quando io sono passata a prenderti? – chiese sorniona.
Winter mugugnò qualcosa di incomprensibile, dal quale Haydée riuscì a
estrapolare un solo nome, Aaron:
- Chi sarebbe ‘sto Aaron? – chiese sorridendo divertita.
Quanto le piaceva vedere quella tipa sempre compassata agitarsi come una
scolaretta colta in fallo a baciare un compagno di scuola!
- Il mio ex. – fu la risposta innervosita:
- Mmh… interessante… e che hai combinato? Sei scappata con
lui lasciando il povero russo a fare la guardia ai tuoi averi? – Ci sto prendendo gusto ragazzi!
- No!! Sono scappata da lui e ho dimenticato la
borsetta sulla panchina dov’ero con Mitja. - spiegò a mezza bocca:
- Sempre più interessante! E perché, di grazia, fuggivi dal
tuo innamorato? – Voi direte, ma
allora non ci tieni proprio alla pellaccia…
- Non è il mio innamorato!! È semplicemente il mio ex
stracciapalle, non si è ancora accorto che non stiamo insieme nonostante il
fatto che non ci vediamo da mesi! – spiegò ormai rassegnata alle domande sempre
più indiscrete. Haydée lo capì e decise di darci un taglio:
- Hai il mio aiuto per un eventuale lavoretto anonimo e
notturno di dissuasione, sono un’esperta in questo campo e se ti racconto la
mia storia capirai anche perché. Ora scusami ma farò tardi in ufficio… e
Phénice? – chiese adocchiando il corridoio:
- Grazie… Non so dove sia, non dovrebbe essere già alzata? –
non fece nemmeno in tempo a finire la frase che un turbine in pigiamino rosa
spalancò la porta della propria stanza fondandosi in bagno, accompagnando il
tutto con strilli da far vibrare i vetri. La mora ridacchiò:
- Mi sa che qualcuno ha bisogno di uno strappo in moto per
arrivare in tempo! – e svanì nella sua stanza per infilare il giubbetto
imbottito. Aveva proprio voglia di farsi un giretto con la “signora”.
~~~~~
Alcuni giorni dopo, ufficio Grantham
Haydée studiò attentamente il curriculum sotto il suo naso.
Il ragazzo era fresco di laurea, aveva una piccola esperienza nell’ufficio di
un amico del padre e tanta voglia di staccarsi dalla guida paterna. Alzò lo
sguardo su di lui e sospirò. Non era il massimo assumere uno che si imbambola a
guardarti la scollatura, ma d’altra parte aveva bisogno di un collaboratore. Se
un giorno si fosse decisa a tornare in India doveva passare i suoi lavori a
qualcun altro, e perché non addestrare come le pareva un novellino?
Si appoggiò allo schienale e decise di non tenerlo sulle
spine:
- Spero che tu abbia voglia di imparare seriamente questo
lavoro, ho bisogno di un collaboratore valido che possa prendere il mio posto
in caso di necessità. – il ragazzo deglutì e bisbigliò un assenso tremolante: -
Dovrai perdere quell’aria insicura e venire in ufficio elegante, ci tengo alla
forma. – fece indicando con una smorfia la maglietta nera di un gruppo rock in
voga e i jeans che non facevano nulla per coprire la sua biancheria: - Direicheper ora è tutto. – disse infilando il curriculum in un cassetto:
- Mi ha assunto? – chiese il ragazzo con voce tremolante:
- Sì Conway, sei assunto. Puoi cominciare domani mattina, ti
aspetto per le 9 in punto. – lo osservò saltare su come una molla e sorridere a
32 denti:
- Grazie signora! Ci conti signora! A domani mattina! – urlò
esaltato.
Lo vide sparire di corsa e sospirò leggermente contrariata: Signora a chi, elegantone!
Accese il computer e giocherellò un po’, persa nei meandri
tortuosi dei suoi pensieri. Quando scaricò la posta del suo indirizzo e-mail
segreto trovò un messaggio di Sybil.
Erano solo poche righe, le diceva di andare da lei nel
pomeriggio perché aveva un signor affare da proporle.
Sorrise tra sé, finalmente un po’ di movimento! Prese il
telefono fisso e fece il numero di Winter.
Due ore dopo le due ladre sfrecciavano in mezzo al traffico
sull’auto della bionda:
- Ti ha detto di cosa si tratta? -
- No, ma a quanto pare è qualcosa di notevole, non è mai
stata tanto riservata nelle nostre comunicazioni. – non parlarono più finché
Elettra, la domestica della signora Du Pont, non aprì loro la porta d’ingresso
alla palazzina.
Dopo pochi minuti erano sedute nelle loro comode
poltroncine, mentre Sybil sorrideva sorniona:
- Grazie per essere venute così presto, stavolta ho qualcosa
di veramente interessante da proporvi! – così dicendo volse lo schermo a
cristalli liquidi del suo computer di ultima generazione verso le due ragazze,
premette un pulsante della tastiera e un’immagine scintillante si materializzò
davanti ai loro occhi: - Allora? Che ne pensate? – chiese gongolante.
Winter si sporse in avanti, vagamente abbagliata, mentre
Haydée socchiuse gli occhi come per valutare attentamente:
- Notevole. Di cosa si tratta precisamente? – chiese con
fare professionale. Sybil schioccò la lingua contrariata:
- Mai che tu mi dia la soddisfazione di entusiasmarti!! Le
pietre blu con riflessi smeraldo sono zaffiri molto rari, vengono chiamati
“Lacrime della Sirena” per quel loro colore così particolare. Un riccone le ha
acquistate ad un’asta milionaria qualche anno fa e le ha fatte montare sulla
parure, composta di collana, orecchini, bracciale e diadema. La montatura è
interamente in oro bianco e l’opera è stata completata con diamanti purissimi
taglio brillante. - sorrise soddisfatta, almeno Winter era a bocca spalancata!
La mora invece annuì tranquilla:
- Sai altro? – la donna la incenerì con lo sguardo:
- Ma certo!! Per chi mi hai presa?! – aprì un cassetto e
depositò due fascicoli sulla superficie liscia del grande tavolo in legno di
ciliegio: - Dunque: l’attuale proprietaria è una famosa cantante lirica, che
come immaginerete è la donna del riccone di cui sopra. Lui le ha acquistate per
fargliene dono, e francamente la trovo la cosa più romantica che abbia mai
sentito! Non ditelo a mio marito, lui crede che l’anello con rubino che ha
infilato dentro ad una rosa rossa per il nostro fidanzamento sia il massimo! –
le due ragazze si lanciarono un’occhiata annoiata: - Comunque sia, questa
cantante si esibirà nella nostra città tra dieci giorni. Porterà i gioielli in
scena, dopodiché verranno trasportati da guardie scelte fino al Big Building
(NdA: lo so, è un nome idiota, ma non sapevo che pesci pigliare! Soprassedete
per cortesia…), il grattacielo più alto della città che come sapete, tra le
altre cose, ospita la sede della British Security. Lì verranno rinchiusi in una
cassetta di sicurezza, la 3791 mi pare… ci sono un altro migliaio di
particolari ma non li ricordo bene, è tutto scritto nel fascicolo! – cinguettò
allegra ammirando la piccola meraviglia sullo schermo del pc. Haydée annuì
soddisfatta:
- Interessante… e imperdibile. Che ne dici? – fece rivolta
alla bionda:
- Direi che dovremmo cominciare immediatamente con i
preparativi! – fece l’altra elettrizzata. Lo sapeva che lavorare con Black Soul
sarebbe stato esaltante!
- Sì… ma prima vorrei vederla dal vivo questa parure da
“Mille e una notte”. Andremo all’opera. – sentenziò con aria di superiorità. Le
altre due donne erano a bocca aperta:
- Tu… vorresti andare… dove?! – chiese Winter:
- All’opera. Quale sarà la sua interpretazione? – fece
rivolta a Sybil:
- Ah… la “Turandot” di Puccini… è un’opera italiana, non so
se… - venne interrotta bruscamente:
- La conosco. Allora grazie per le informazioni, ti farò
sapere le mie impressioni. Andiamo Winter? – fecero per allontanarsi ma vennero
bloccate sulla porta da una domanda di Sybil:
- E per quell’affare? Per lo Zar? – chiese tranquilla. Si
stupì quando notò entrambe le ragazze irrigidirsi:
- Forse siamo arrivate a una svolta, ma non è ancora niente
di certo. A presto. – fece secca la bionda. Guardò lo stupite chiuso per un
po’. Che strano comportamento!
Sembravano… preoccupate…
~~~~~
Altrove
Mitja entrò in cucina con l’aria di un toreador trionfante
all’ultima corrida:
- Signori, ho una lavoretto mooolto interessante!! – fece
allegro. Madian quasi si strozzò con un tramezzino, mentre Arkel si preparava a
sganasciarsi dalle risate come Dio comanda, pregustando già la colossale
stronzata che avrebbe sentito tra poco:
- Guardate qua! – fece allungando una foto ai due seduti di
fronte a lui. Li osservò mentre valutavano silenziosamente l’immagine:
- Che dovremmo farci con questa befana impomatata? -
- Non c’è bisogno di essere sempre così scurrile, signor
Davies!! Guardate meglio! – fece offeso attendendo qualche altro minuto:
- Sul serio Mitja… non capisco cosa ci sia di interessante
in questa signora leggermente sovrappeso carica di gioielli… - fece Madian
spettinandosi i capelli sulla nuca:
- Bravo Madian!! Hai detto la parola chiave! Gioielli!! –
esclamò saltando in piedi per l’euforia:
- Spiegati meglio… -
- Certamente!! Le vedi quelle pietre? Sono zaffiri unici al
mondo, le “Lacrime della Sirena”, valgono milioni!! Appartengono ad un soprano
ecc. ecc., trovate tutto scritto qui! – fece spingendo davanti ai suoi colleghi
un plico di fogli stropicciati:
- Uhmm… ci si può pensare… - fece Madian già immerso nella
lettura della documentazione. Che
colpo regalare un gingillo simile a chi so io!
Capitolo 16 *** Ed il mio bacio scioglierà il silenzio che ti fa mia ***
Dopo questo capitolo mi etichetterete come pazza…
Dopo questo capitolo mi etichetterete come pazza, e io
apposta vi dico che è il mio preferito. Tié!
Vorrei iniziare un piccolo sondaggio di opinione (si può o
dovrei farlo in un altro luogo, tipo forum? O magari dovrei chiedervi di farlo
via mail? Mah! Probabilmente la seconda opzione è la migliore per evitare di
inserire commenti non inerenti alla storia, perciò se volete il mio indirizzo è
tarn5@libero.it): come ve li immaginate i miei personaggi? Segnalatemi foto,
immagini o nomi di personaggi famosi. Così, per curiosità! E per vedere se con
le descrizioni me la cavo decentemente.
Ed il mio bacio scioglierà il silenzio
che ti fa mia
Domenica sera, all’opera
Haydée camminava spedita tra la calca all’ingresso, accanto
a lei Winter si guardava attorno smarrita. Diciamo che quello non era lo
stereotipo del locale che lei frequentava di solito…
Vide la mora porgere i biglietti alla sorridente ragazza
all’ingresso, poi si avviò a passo sicuro all’ampia scalinata brulicante di
gente.
Dopo pochi istanti arrivarono al primo piano e si
incamminarono lungo il corridoio retrostante ai palchi. Haydée andò a colpo
sicuro e aprì l’elegante porta del loro palco privato, di quelli di fronte al
palcoscenico:
- Hai un palco privato?!? – chiese la bionda allibita,
spaziando con lo sguardo sul grande salone riccamente decorato:
- Certo! Da qualche parte dovrò pur spenderli i soldi che
guadagno con il mio “lavoro”! – esclamò sorridendo. Winter la guardò: era
estremamente elegante quella sera, aveva un abito in stile cinese di quelli con
il colletto rigido, lungo fino ai piedi e con due spacchi vertiginosi ai lati.
Era nero con sottili ed aggraziati disegni rossi e le stava d’incanto. Era
evidentemente allegra, gli occhi brillanti e le guance colorite non dovevano
nulla al trucco praticamente invisibile. Infine teneva i capelli raccolti in
alto sul capo, mettendo in risalto la linea pura del collo e delle piccole
orecchie.
- Sei nel tuo elemento… - mormorò senza rendersene conto.
Haydée si volse a guardarla con un sorriso smagliante:
- So cosa stai pensando: “Ma l’opera non è per i vecchi?!”.
Forse, ma a me piace… e poi, come puoi vedere tu stessa, ci sono giovani anche
qui! Probabilmente sono tutti ricconi annoiati, ma non mi importa, non vengo
qui per la gente ma per la musica. – disse con sguardo trasognato. Winter annuì
e si limitò ad ammirare quell’ambiente sfarzoso.
Il brusio della gente che entrava continuamente non riusciva
a coprire il suono degli strumenti agli ultimi accordi.
Guardò i musicisti entrare poco per volta e disordinatamente,
in bianco e nero gli uomini, interamente di nero le donne. C’era qualcosa di
rituale in tutto quello che vedeva, era esattamente come lo aveva immaginato o
come lo aveva visto qualche volta nei film.
Vide Haydée infilare la mano nella borsettina coordinata al
suo abito ed estrarne un elegante e piccolissimo binocolo. Le sorrise
furbescamente:
- Non è un semplice binocolo, è dotato di uno zoom molto
potente. Me lo ha fatto appositamente Cyrus, il nostro fornitore di
attrezzatura tecnologica per il “lavoro”, penso che potresti vederci anche
l’ugola dei cantanti che si agita!! – fece allegra. Salutò alcuni vicini di
palco, per lo più persone mature, e scambiò qualche parola banale con una
signora appena uscita dal casco del parrucchiere, a giudicare dall’orribile
cotonatura.
Finalmente la sala sembrava essersi riempita a dovere,
probabilmente quella sera erano andati vicino al tutto esaurito, e le luci
presero ad abbassarsi lentamente.
La mora si accomodò meglio nella sua poltroncina e Winter seguì
ogni minimo avvenimento con attenzione.
I musicisti smisero di accordare, ormai erano tutti ai loro
posti, e finalmente fece il suo ingresso il direttore d’orchestra, un ometto
sottile e nervoso, irrigidito da un impeccabile frac.
Dopo l’applauso di rito nell’immenso teatro scese un
silenzio che Winter aveva creduto impossibile a causa della moltitudine di
persone presenti, e nel frattempo le luci si fecero sempre più soffuse, fino a
creare una quasi totale oscurità nella quale scintillavano solo i gioielli
delle signore.
Un istante e il direttore guardò i musicisti, alzò le
braccia, e la melodia partì, togliendole il fiato.
Non era mai stata amante di questo genere musicale, ma
dovette ammettere che aveva un notevole impatto emotivo. La musica scivolava
sulle pareti, sui visi delle persone presenti che improvvisamente non parvero
più grottesche, sui pavimenti lucidi e sui tappeti orientali.
Le note si insinuavano sotto le vesti odorose di canfora
delle signore, tra i capelli di qualche bella ragazza, trasparivano dal viso
rilassato e rugoso di qualche rubicondo signore, facendo spuntare un sorriso o
un espressione rilassata.
Il suono un attimo prima era incredibilmente rilassante, poi
d’un tratto diventava potente e imperioso, e ancora dolce e traboccante
tenerezza, per poi mutare in duro e inflessibile.
Non riusciva a spiegare… o meglio, si spiegava solo in un
modo: la musica trasmetteva sentimenti. L’amore e l’odio, l’affetto e la
rabbia, la gioia e il dolore. Tutti questi venivano trasmessi anche senza bisogno
di parole o espressioni del viso.
La bionda si volse e guardò Haydée. Sorrideva estatica, e
ora capiva anche perché. Era al di là di qualsiasi altra cosa avesse mai visto
o sentito, erano emozioni che scivolavano sulla pelle ininterrottamente.
Sentì un brivido quando l’orchestra alzò il volume. No, era
stata una sua impressione. Non c’erano amplificatori né microfoni, la musica
usciva da quegli strani pezzi di legno che chiamavano violini e arrivava fino a
lei. Incredibile!
Dimenticò perfino di guardare i gioielli che erano il solo
motivo ad averla condotta lì.
Una volta arrivata la fine del primo atto Haydée dovette
riscuoterla per farla tornare alla realtà:
- Dalla tua espressione devo dedurre che l’hai trovato anche
più orribile di Phénice? – Winter si affrettò a negare col capo:
- Al contrario! Non credevo che l’avrei mai detto, ma mi
piace! – fece ancora scombussolata. La mora le sorrise dolcemente:
- Mi fa piacere, quando ho portato lei siamo dovute scappare
alla fine del primo atto! Non la smetteva di ridere di tutto e sono stata
costretta a portarla fuori con uno scapaccione, non sai quante parolacce ci
siamo prese! – fece alzandosi: - Vuoi qualcosa da bere? C’è un bar al quale
servono dei martini favolosi! Ho provato a farmi dare la ricetta, ma ci sono
solo bariste donne, sai… - fece allusiva. Winter la guardò ironicamente e annuì
seguendola.
Mentre la mora ordinava i loro aperitivi lei osservava la
moltitudine di persone sorridenti e ciarliere che affollavano l’atrio, e
improvvisamente vide due volti conosciuti.
Aveva difficoltà a vederli a causa del sovraffollamento,
così si spostò per guardare meglio: Madian era in piedi, con la mano destra
teneva un sottile calice tra le dita, mentre la sinistra era affondata nella
tasca dei pantaloni del suo completo elegante. Appeso a quel braccio c’era una
ragazza, alta circa come lei, castana e tirata da urlo. Il viso troppo truccato
era proteso verso il ragazzo che le sorrise. Di fronte a loro, Mitja indossava
un completo simile, giacca e pantaloni neri e camicia bianca, rideva tranquillo
e teneva un braccio attorno alla vita di una bionda ossigenata che rideva come
un’oca.
Indietreggiò senza rendersene conto, incapace di staccare
gli occhi da quel quadretto. Ma come? Quella sera della cena da loro era parso
più che evidente che Madian fosse preso da Haydée! Cosa significava quella
scenetta?! E che ci faceva Mitja, che lei in fondo aveva sempre reputato un
ragazzo intelligente, con una svampita di tal fatta?
Non potevano essersi sbagliate sotto ogni aspetto su di
loro!! Va bene che con ogni probabilità erano ladri, ma non per questo dovevano
essere donnaioli!
- Stronzi casanova!! – mugugnò allontanandosi
definitivamente, senza chiedersi il perché di quella sua reazione così
drastica…
Abbrancò rabbiosamente il suo drink e trascinò la sua
coinquilina lontano da quel posto, sperando che non vedesse quello spettacolino
disgustoso.
Durante il secondo atto Winter non riuscì a concentrarsi
sulla musica, guardò nervosamente la parure che giudicò a denti stretti un
capolavoro e passò il suo tempo a cercare con lo sguardo chi sapeva lei, mentre
la mora accanto a lei guardava assorta lo spettacolo sul palcoscenico.
Finalmente riuscì a scorgerli: erano in uno dei palchi
laterali, insieme a una coppia di mezza età, ma non ne era sicura perché nella
penombra era impossibile stabilire con certezza fisionomia ed età delle
persone.
Tentò di rabbonirsi e di stare ferma nella sua poltroncina
perché Haydée si era girata un paio di volte a guardarla con una muta domanda
negli occhi. Lei aveva scosso il capo e una mano per tranquillizzarla, mentre
con la coda dell’occhio teneva sotto controllo le due coppie. La bionda tinta
era languidamente adagiata su una spalla di Mitja, in un atteggiamento
notevolmente sconveniente per un luogo elegante come quello. Non sei al cinema, stupida!! Accanto
a loro la brunetta era più composta, ma stava appiccicata a Madian come una
mosca al miele, un atteggiamento veramente stomachevole. Insulsa gatta morta!
Finito il secondo atto li vide alzarsi e supplicò Haydée di
restare sedute, adducendo un fantomatico dolore ai piedi causato dai tacchi
troppo alti.
Non aveva però tenuto conto del fatto che, con le luci
alzate, erano perfettamente visibili. Madian gettò un lungo sguardo scrutatore
su tutta la sala mentre aspettava che le signore finissero di ciarlare, e ad un
tratto fece un passo avanti e si aggrappò al parapetto, sporgendosi per vedere
meglio.
Winter non si accorse del suo movimento, decisa ad
ignorarli, ma Haydée cominciò a sentire una sgradevole sensazione… come se
fosse spiata…
Discretamente cominciò a guardarsi attorno. Strano, non
vedeva nessuno! Eppure quell’impressione non accennava a svanire. Finalmente
guardò le balconate laterali del teatro e il suo cuore perse un battito. Un
paio di occhi blu zaffiro la scrutavano attentamente, e appena lui incontrò il
suo sguardo le sorrise affascinante.
Stava per rispondere timidamente al sorriso quando un’altra
persona entrò nel suo campo visivo. Una ragazza castana, alta ed estremamente
elegante, si accostò al ragazzo abbracciandolo con fare possessivo.
Haydée distolse immediatamente lo sguardo e fece finta di
niente, puntando ostinatamente gli occhi sul palcoscenico e sugli orchestrali
che parlavano e ridevano disordinatamente. La bionda non aveva perso una
virgola di quello scambio di occhiate, e fece una smorfia saccente e
contrariata. Avevo ragione a
tentare di non farli incontrare! E adesso forse mi si spiega anche perché non
vuole farsi conoscere come Black Soul… se non si è presa una cotta lei io non
mi chiamo Winter Finlay!!
Dopo pochi istanti le luci si abbassarono e il cominciò il
terzo ed ultimo atto. Nel buio più completo la mora si alzò:
- Esco un po’, ho bisogno d’aria. Tu aspettami qui. –
bisbigliò nell’orecchio della ragazza. Un istante dopo la sua uscita Winter
vide aprirsi un’altra porta ai lati della sua visuale e l’ombra alta e
prestante di un uomo uscire precipitosamente. Ridacchiò saccente. Ecco la tragedia che si consuma! Bah,
godiamoci lo spettacolo!
Nessun dorma,
nessun dorma!
Haydée era corsa a rotta di collo ad una terrazza all’aperto
dalla quale si poteva sentire perfettamente la musica. Una volta a destinazione
si appoggiò alla balaustra e deglutì nervosamente.
Tu pure, o
Principessa, nella tua fredda stanza guardi le stelle
che tremano
d’amore e di speranza…
Che hai da
agitarti così?
Era con
un’altra…
E allora?!
Non è meglio? Così finalmente ti lascerà in pace!
Ma io…
Io cosa?!
Non ti piacerà spero! Perché sembri gelosa…
NO!! QUESTO
MAI!!
Ah, ecco… mi sembrava…
Dei passi affrettati alle sue spalle interruppero il suo
colloquio interno con la vecchia voce Razionale. Si volse e il suo incubo
peggiore prese forma.
- Ciao Madian! Sono venuta a prendere un po’ d’aria, si
soffocava la dentro! – rispose evasiva, sorridendo con una tranquillità che era
ben lungi dal provare realmente, e che stupì lei stessa per prima.
…il nome mio
nessun saprà!
- Lo sai che stasera sei bellissima? - bisbigliò ormai a
meno di un metro da lei:
- E tu sei un adulatore. Non dovresti andare in giro a dire
queste cose a tutte le donne che incontri, la tua ragazza potrebbe prenderla
male. – rispose dura e scostante. Lui le guardava la bocca generosa.
No, no, sulla tua bocca lo dirò…
- Celia non è la mia ragazza… - mormorò abbagliato dalla
bellezza della giovane davanti a lui, allungando una mano e prendendo una delle
sue:
- Ma certamente… comunque sia non vorrai farla aspettare
spero! Noi donne non apprezziamo molto essere messe in attesa. – rispose brusca
tentando di divincolarsi.
…quando la luce
splenderà…
- Non mi importa nulla di lei, Haydée. – la sua voce era
leggermente arrochita, e se possibile era ancora più sensuale:
- Questi sono problemi vostri, che c’entro io? – ribatté, i
nervi a fior di pelle. Lui ignorò le sue battute acide, perso in una magia che
rendeva l’atmosfera attorno caliginosa, e con un gesto irresistibile l’attirò a
sé, annullando la distanza tra i loro corpi. Infilò rapidamente una mano attorno
alla sua vita e sorrise di piacere nel tastare la seta scivolosa e fresca
ricoprire quel corpo caldo e sinuoso, mentre le sfiorava una guancia morbida e
avvicinava il viso a quello bellissimo di lei.
Erano in silenzio, e Haydée sentiva quel famoso muscolo
innominato martellare impazzito, mentre il suo sorriso la scioglieva.
Ed il mio bacio
scioglierà il silenzio che ti fa mia.
Un inaspettato senso di smarrimento la travolse, provocato
dal respiro caldo del ragazzo sulla pelle del suo viso e dalla mano che vagava
sulla sua schiena:
- Haydée… - fu un soffio roco.
All’improvviso un contatto, leggero e quasi impercettibile.
Nulla più della carezza leggera di una piuma sulle labbra, ma sufficiente a
risvegliare la belva sopita in lei.
Con uno strattone violento si liberò dall’abbraccio,
sganciandogli uno schiaffo in pieno viso, e lo guardò con occhi fiammeggianti
di rabbia. Madian era completamente stordito e a lungo i suoi occhi le
comunicarono lo sbigottimento più assoluto, mentre si tastava incredulo la mascella
colpita.
(Il nome suo
nessun saprà… E noi dovrem, ahimè, morir, morir!)
- Vattene, e non farti vedere mai più! – sbraitò furibonda.
Ma prima ancora che lui potesse ribattere si era voltata ed era sparita di
corsa all’interno del palazzo, dando una spallata a Celia che era andata a
cercare il suo accompagnatore, sorpresa dalla sua sparizione improvvisa:
- Madian!… Tesoro, che succede? – chiese sorpresa, notando
la guancia arrossata. Lui non la sentì nemmeno, era appoggiato alla balaustra e
tentava ancora di calmare i battiti irregolari del suo cuore per evitare una
sincope. Cos’aveva provato stringendola tra le braccia e accarezzandole le
labbra morbide a quel modo, lo sapeva solo lui… - Caro, mi vuoi dire cos’è
successo?! – insisté con voce flautata:
- Maledizione Celia, piantala di chiamarmi “Tesoro” e
“Caro”!! Tra noi è finita da quasi due anni, vuoi ficcartelo in quella testa
vuota!! – urlò esasperato, piantandola in asso e avviandosi all’uscita con
rapide e lunghe falcate.
Lei lo studiò attentamente, gli occhi ridotti a due fessure
di rabbia: - Ti sbagli amore mio, tra noi non è mai finita… - sussurrò senza
che lui la sentisse.
Dilegua, o notte! Tramontate, stelle! All’alba vincerò!…
Come no!! Oltre
al danno, la beffa!!! Pensò il ragazzo furibondo sentendo gli acuti del
tenore di turno. Ora che andava riprendendosi la situazione gli appariva chiara
e limpida.
Mai! Mai aveva ricevuto un ceffone in risposta ad un bacio!
Il suo amor proprio in quel momento era sceso ai minimi storici, peggiorato dal
pulsare della guancia che la ragazza aveva colpito con inaspettata violenza. E
chi si immaginava che fosse così manesca?!?
Però era stupenda… vestita in quel modo, con i capelli
raccolti… sembrava lei stessa la principessa protagonista dell’opera… e adesso
capiva anche quel pazzo di Calaf che nella favola aveva rischiato la
decapitazione se non fosse riuscito a risolvere i tre enigmi… e chi non ci
avrebbe provato per una del genere?!?
Speranza di rivederla e di spiegarle, e che fosse
arrabbiata solo per la sorpresa… Sangue che gli ribolliva nelle vene
solo a pensare di poterla stringere ancora e di gustare come si deve quelle
labbra da sogno… Turandot, o meglio Haydée, irraggiungibile ed eterea
come la luna.
Si fermò davanti alla sua SLK nera con il radiocomando a
distanza tra le dita e un sorriso inebetito dipinto sulle labbra… Che sogno quel bacio leggero…
~~~~~
Poco dopo, su un’Audi nera
Dio, che
incubo!! Vi prego, svegliatemi!!
Haydée non se l’era sentita di guidare, aveva ripescato
Winter e le aveva ficcato in mano le chiavi della sua auto. Ora sfrecciavano
nelle vie pressoché deserte della città.
Non avevano ancor parlato, ma nemmeno la bionda sembrava
soddisfatta della serata.
Infatti Mitja era andato da lei, su suggerimento di Madian.
Aveva cercato di comportarsi come se nulla fosse, poi la ragazza che era con
lui li aveva raggiunti.
Aveva detto di chiamarsi Aida, ed era anche più stupida di
quanto Winter aveva immaginato. Non faceva che sghignazzare di quanto fossero
ridicoli quei tre personaggi che si chiamavano Ping, Pong e Pang… - Ma dico,
chi è quel cretino che li ha chiamati così?!? – aveva esclamato con un risolino
sciocco.
Winter aveva inarcato le sopracciglia e le aveva detto
ironicamente che aveva un futuro nella comicità.
Mitja aveva incassato in silenzio. Anche lui la trovava un
pelino insulsa, ma non si aspettava una frecciata dal genere dalla sua vecchia
amica.
Poi era arrivata Haydée con una faccia da far paura, anche
se era molto carina vestita a quel modo, ed erano letteralmente fuggite via.
Ora la mora in questione se ne stava in un silenzio
ermetico, sprofondata nel sedile dell’auto.
Winter le gettò un’occhiata in tralice e dalla sua
espressione la credette in trance.
La bionda non era lontana dalla realtà: Haydée stava
tentando di fare un esercizio di Kalaripayat per ritrovare almeno un po’
di calma, e faceva lunghi e profondi respiri.
Note: attendo speranzosa qualche geniale idea da parte vostra, riguardo
al sondaggio del cap
Note: attendo speranzosa qualche geniale idea da parte
vostra, riguardo al sondaggio del cap.16 ovviamente…
Furto con scasso
Notte fonda, appartamento di Haydée
- …E questo è quanto. – Haydée finì di sorseggiare il suo tè
senza alzare lo sguardo sulla bionda seduta di fronte a lei.
Winter boccheggiò per diversi minuti, impegnata a riordinare
le idee su quanto le era appena stato raccontato.
- Perché mi hai detto tutto questo? – chiese con un filo di
voce. Per quanto lei avesse sofferto, non riusciva a immaginare come avesse
potuto fare a continuare a vivere la sfortunata ladra.
- Perché no? Io sapevo la tua storia, e adesso tu sai la
mia. È come uno scambio di confessioni, sai quelle cose che si fanno tra
amichette a 15 anni… - fece con un sorriso timido ed evidentemente forzato:
- Phénice? -
- Oh, lei sa tutto da qualche anno… Oddio, non proprio tutto
come già sai. – rimasero in silenzio per un po’:
- Vorresti tornarci? Intendo in India? – chiese incuriosita.
Haydée tentennò, nemmeno Phénice le aveva mai fatto una domanda del genere:
- Può darsi… Anzi, sì. Prima però ho una cosa da fare. –
rispose seria:
- Sarebbe? -
- Aiutarti a trovare tua sorella. -
- Ah. -
- E affidare Phénice a qualcuno. -
- E io chi sono, scusa?! -
- Tu te ne andrai per trovare Crystal, mi serve qualcuno che
non abbia motivo per spostarsi da qui, mi capisci? -
- Più che giusto. – così dicendo si alzarono e se andarono
nelle loro stanze.
~~~~~
Alcune notti dopo, ore 20:00, Big Building
Al 25esimo piano si svolgeva una festa da ricconi, gli
invitati erano tutti magnati dell’alta finanza, direttori di banca, politici di
spicco e prostitute d’alto bordo ad accompagnare quella fauna di pelati,
grassoni e viscidi della peggior razza.
Haydée arrivò di fronte a un gruppetto di quei luridi e
porse con gentilezza e un sorriso tutto falsità un vassoio colmo di
stuzzichini. Quelli ne presero un paio solo per cortesia, interessati più che
altro al suo fondoschiena e al davanzale, sul quale riversarono osservazioni
irripetibili e sorrisetti lascivi.
Si allontanò prima di ammazzarne un paio a sangue freddo,
così tanto per gradire! L’idea di Winter di infiltrarsi tra il personale che
faceva parte del catering
di quella festa non le sembrava più così geniale come le era parso in un primo
momento.
Vide la sua collega sgattaiolare via con una bottiglia di
champagne e un vassoio di quei salatini, diretta alla postazione delle guardie
giurate che sorvegliavano il caveau al 30esimo piano, quello che conteneva la
“loro” cassetta di sicurezza, e finalmente sentì il morale risollevarsi. Non
era di certo la sua massima aspirazione di vita passeggiare tra quei porci allo
stato brado con una divisa che gareggiava con i vestitini sadomaso delle
conigliette di Playboy, e non vedeva l’ora di andarsene.
Mezzora dopo sgusciò fuori anche lei, era ora di mettersi
qualcosa di più coprente. Infilò la sua solita tenuta comoda e fece mettere
anche alla bionda il passamontagna di rito, con tutte quelle telecamere non si
sapeva mai, e la messa in piega da non rovinare non era una scusa valida per
andarsene in giro con i connotati in bella vista!
Tempo dieci minuti e arrivò con la sua glaciale quasi-amica
proprio davanti alla porta della banca-deposito. Ringraziò mentalmente la
stupidità del soprano per non aver nascosto i suoi gioielli in una banca
svizzera o sarebbe stato impossibile venirne fuori!
Fu sufficiente passare una scheda magnetica, opportunamente
rubata ai guardiani addormentati come angioletti, nel lettore all’ingresso e la
porta in vetro antiproiettili si aprì solo per loro.
Si avviarono con sicurezza al caveau, nel retro della banca
ultra-tecnologica, e si ritrovarono di fronte una porta blindata che nemmeno
un’esplosione nucleare all’uranio avrebbe potuto abbattere.
Haydée si tolse lo zainetto sottile e sfilò un guanto
trasparente, infilandolo alla mano destra. Poi prese una scatolina e ne tirò
fuori la parte più raccapricciante di quel lavoro: era un occhio finto.
Lo prese con una smorfia, maledicendo i nuovi sistemi di
sicurezza con lettura della retina. E per fortuna che Sybil aveva conoscenze
tra tutti i medici della nazione! Era riuscita ad avere i dati del direttore
della banca dal suo medico personale, ricompensato a dovere per il disturbo, e
le aveva fatto fare un guanto con le impronte digitali del barbagianni e
l’occhio con lo stesso disegno della sua retina. Un
lavoretto fine fine…
Premette il pollice destro sullo scanner per l’impronta, poi
ne richiese un’altra, quella dell’anulare. Premette nuovamente e all’altezza
dei suoi occhi si aprì un piccolo spiraglio, delle dimensioni di uno spioncino.
Prese l’occhio finto e Winter scomodò anche gli dei dell’antico Egitto perché
funzionasse.
Uno scatto accanto allo scanner per le impronte le informò
che la cassaforte se l’era bevuta: era apparsa una tastiera come quella del
computer. Ora non restava che digitare un codice alfanumerico di 12 cifre. Bazzecole! Più o meno…
La bionda prese dal suo zaino una specie di palmare con un
cavo che collegò alla cassaforte. In pochi minuti ebbero il loro codice, una
sequenza casuale di lettere e cifre che veniva cambiata ogni giorno.
Con alcuni scatti rumorosi la porta cedette e ruotò
silenziosamente sui cardini. Davanti a loro apparve uno stretto corridoio
tappezzato su due lati da cassette numerate. Winter sospirò di soddisfazione:
- È per momenti come questi che ho scelto di fare la ladra:
un po’ di sano appagamento personale non guasta mai, visto i continui
fallimenti delle mie ricerche! – mormorò guardandosi attorno estatica. Stava
per entrare tranquillamente quando Haydée la bloccò:
- Dove credi di andare? Hai dimenticato che il pavimento ha
dei rilevatori? Se tu ci cammini sopra, e se ti cade anche solo uno spillo,
parte un impulso collegato con una decina di istituti privati di vigilanza. Non
vorrai fare conoscenza con gli sbirri proprio stasera! – fece ironica
porgendole uno strano fucile: - Piantalo nel punto più alto al lato opposto e
sopra la tua testa, io devo mettermi l’imbracatura. – Winter prese la mira e un
istante dopo un gancio si conficcò profondamente nella parete di fronte a loro,
portando con sé un cavo resistente. La bionda prese l’estremità che le era
rimasta e ripeté l’operazione, creando una specie di ponte perfettamente teso,
appeso al soffitto della cassaforte.
Dopodiché Black con un balzo si appese al suddetto cavo,
agganciò l’imbracatura da scalatore che si era allacciata alla vita e prese a
spostarsi lentamente all’interno del caveau, appesa ad una corda mentre si
muoveva sospesa nel vuoto come un ragno.
Avevano parlato di quel pavimento anche pochi giorni prima
durante la preparazione del piano, nell’ufficio di Haydée:
- Perché non disattiviamo questa scocciatura? – la mora
l’aveva guardata male:
- Per il semplice motivo che è possibile solo con un
radiocomando che ha solamente il direttore e del quale non siamo riuscite a
procurarci la copia. Inoltre la centralina che controlla questo sistema si
trova nelle fogne: hai forse voglia di farci un salto?? – Winter aveva
arricciato il naso disgustata, poi in fondo si era detta che la moretta era una
specie di acrobata… perché rischiare di puzzare per una settimana?
~~~~~
Era la stesa domanda che si stava ponendo Arkel. Perché
diavolo aveva accettato di scendere là sotto per disattivare una stupida
centralina?!
Aveva scarpinato per almeno un km e non ne poteva più a
causa delle esalazioni di vapore e del caldo dell’aria, in più quell’odore
nauseabondo non lo faceva respirare!!
Finalmente arrivò a destinazione: tra decine e decine di
scatole contenenti centraline e quant’altro trovò una piccola cassetta con
disegnato sopra il famoso Jolly Roger con tanto di teschio e femori incrociati
che in teoria avrebbe dovuto spingerlo a non mettere le mani in quel punto.
Sorrise poco divertito e svitò le quattro viti che
bloccavano la porticina. Una volta posato il coperchietto accanto a lui si
grattò la testa pensoso: e adesso qual’era il filo da staccare?
“Nero! Ne sono sicuro” aveva detto Mitja. Peccato che
fossero tutti neri!! Ne spostò un paio con la pinzetta per guardare meglio con
la pila e provare a capirci qualcosa: un errore e avrebbe fatto accorrere anche
l’FBI!
Ripassò nella mente quello che aveva studiato la notte
precedente… teoricamente doveva essere più grosso degli altri, inoltre avrebbe
dovuto collegarsi al generatore di corrente generale.
Dopo attenta selezione si decise per uno sagacemente
nascosto dietro un contatore. Chiuse gli occhi e fece scattare la forbice da
elettricista. Poi prese in mano il cellulare, pronto a riceve le ingiurie più
ignobili in caso di errore. Nel frattempo il contatore si era fermato, segno
che la corrente elettrica non veniva più erogata al 30esimo piano.
Dopo un minuto Madian lo chiamò:
- Tutto bene, alla festa non si sono accorti di niente.
Tieniti pronto con l’auto, io e Mitja siamo entrati e ora saliamo. – e
riattaccò.
Arkel sospirò soddisfatto: finalmente poteva uscire da
quell’inferno!!
~~~~~
Winter e Haydée si guardarono attorno sorprese. La bionda
corse a vedere cosa fosse la tenue luce che si era improvvisamente diffusa
nella banca e tornò con un sorrisetto furbo:
- È saltata la corrente! Si sono accesi i neon d’emergenza,
non è nulla. – spalancò la bocca quando la vide sganciarsi dalla corda e posare
i piedi a terra.
Niente, nessuna sirena o improvviso trabocchetto a chiuderla
dentro. La mora alzò lo sguardo su di lei con un sorriso sinistro:
- Non è saltata la corrente, qualcuno l’ha tolta, altrimenti
adesso sarei ingabbiata qui dentro con delle sbarre ad alta tensione. Sono la
protezione d’emergenza in caso la società elettrica interrompa l’erogazione di
energia. Immagino tu sappia chi sta arrivando… - mormorò armeggiando con la
cassetta di sicurezza numero 3791:
- Non crederai… - mormorò l’altra:
- Senza alcun dubbio: lo Zar, solo loro avrebbero potuto
individuare la centralina nelle fogne, oltre a noi. E poi cosa credi che ci
facessero anche loro all’opera? Tieniti pronta a tutto e ricorda che dobbiamo
svignarcela dal tetto. – Winter annuì e andò a darle una mano. Prese un
trapanino in miniatura e inserì la punta nella serratura. Dopo pochi secondi la
porticina si aprì e infilarono negli zaini il loro tesoro, ognuna aveva due
pezzi. In quel momento sentirono la vetrata all’ingresso andare in frantumi e
si fecero un cenno d’intesa. Winter uscì di soppiatto dalla cassaforte
nascondendosi dietro una scrivania, mentre Haydée rimontò sulla corda e si
mantenne in equilibrio con mani e piedi come gli acrobati del circo.
Pochi istanti dopo una figura alta e prestante, vestita con
la divisa delle guardie giurate che aveva usato per intrufolarsi nel palazzo,
sbucò all’angolo e borbottò un’imprecazione: il caveau era già stato violato.
Si guardò attorno con circospezione, ma niente segnalava la
presenza di altre persone. Anche dentro alla cassaforte non c’era nessuno. Fece
alcuni passi all’interno, notando la cassetta che gli interessava già aperta. Che fregatura!
Stava per controllare cosa fosse rimasto quando un violento
colpo alla schiena lo fece cadere bocconi, con qualcuno seduto sopra di sé.
Smadonnò poco soddisfatto, mentre il suo assalitore si
alzava e se la dava a gambe. Fece appena in tempo a vedere una figura nera
scivolare fuori dalla cassaforte.
Si riprese immediatamente e si lanciò all’inseguimento,
convinto a ragione di essere alle calcagna di Black Soul. Adesso mi sente!!
Nel frattempo Mitja era passato a controllare come se la
passavano le guardie giurate. Prese una boccetta di cloroformio per metterli
tutti a nanna e la strinse nella mano sinistra, poi bussò.
Non ottenendo nessuna risposta si abbassò e spiò dalla
serratura, trattenendo un’esclamazione.
Spalancò la porta sorpreso: ma lui non l’aveva ancora
buttato il sonnifero!! Chi era stato quel dispettoso a togliergli il
divertimento?!?
Vide una bottiglia di champagne di una marca famosa quasi
finita e un vassoio di tramezzini mangiucchiati. Naturalmente le telecamere
erano tutte spente.
- Non vi hanno insegnato alla scuola per giovani reclute che
in servizio non si mangia e non si beve?? – fece allegro chiudendosi la porta
alle spalle. Un lavoretto risparmiato, ma chi gli aveva portato quella roba da
mangiare?! E se la storia di Black Soul che aveva raccontato Madian non fosse
una sua allucinazione?? Ahia… la
vedo grigia!
Corse su per le scale giusto in tempo per vedere un’ombra
uscire spedita dalla banca e filare su per le scale, seguita a breve distanza
dalla sagoma inconfondibile di Madian:
- Controlla se c’è qualcun altro!! – gli urlò correndo come
un pazzo. Mitja annuì e si avventurò dentro l’istituto finanziario, guardandosi
attorno con aria sorpresa. Si tolse il cappellino da guardia grattandosi la
nuca:
- Pare frequentato ‘sto posto… - borbottò osservando il
macello dentro al caveau:
- Molto più di quanto immagini. – disse una voce che gli
parve di aver già sentito. Si volse e vide una sagoma nera seduta con fare
seducente su una scrivania. Risalì lentamente le lunghe gambe slanciate, valutò
come carica la pistola legata alla coscia infinita, apprezzò i fianchi morbidi,
la vita sottile e il ventre piatto, misurò una terza di reggiseno evidente
anche sotto quella calzamaglia nera e puntò lo sguardo su un passamontagna che
lasciava scorgere solo un paio di occhi, troppo distanti per riconoscerne il
colore:
- Buonasera chérie!
Mi concedi l’onore di questo ballo? – chiese scanzonato allungandole una mano.
Con una gnocca del genere sarebbe stato proprio cretino a non provarci, anche
se la situazione era quella che era…
- Non sei simpatico. – rispose la donna glaciale, la voce
attutita dalla stoffa della sua “maschera”, alzandosi e incrociando le braccia.
Notò che sulla scrivania dietro di lei c’era uno zaino e le sorrise divertito:
- È un vero peccato che non mi trovi divertente, conosco
qualcun altro che… - si bloccò con un’improvvisa fulminazione. Quella voce… e
quel fisico… Ditemelo: Mitja, hai
le allucinazioni!
Fece un passo avanti ma la donna lo bloccò puntandogli
tranquillamente la pistola al petto:
- Dentro. – fece dura indicando con un cenno del capo il
caveau. Lui ridacchiò nervosamente:
- Stai scherzando!? Lì dentro non ci vado, soffro di
claustrofobia, io!! – protestò indignato. Lei rimase nuovamente impassibile. Non mi dite che…
- Dico sul serio, muoviti! – sbottò innervosita. Già non le
piaceva quella situazione, in più trovarsi anche a litigare con lui!
- E va bene… - mormorò arrendendosi e arretrando lentamente.
Una volta dentro, con le mani bene in vista, puntò gli occhi
in quelli di lei:
- Dubito che a Crystal piacerebbe quello che stai facendo. –
C’è cascata.
Winter si bloccò immediatamente e sgranò gli occhi. Lui non
le diede tempo di reagire: convinto di non sbagliarsi e che non gli avrebbe mai
sparato le andò letteralmente addosso intrappolandola contro la porta blindata,
bloccandole il braccio destro, mentre con la mano libera le sfilò il
passamontagna. Un attimo dopo la lasciò andare:
- Si può sapere che ci fai qua dentro Winter?!? – sbraitò
per nulla soddisfatto della sua scoperta:
- Quello che ci fai tu: lavoro! – rispose velenosa:
- Ma non eri un avvocato?! Una donna di legge?!! Si presume
che tu sia anche una persona onesta!! – fece infervorato. Lei mise la pistola
nella fondina e piantò le mani sui fianchi:
- Ah sì??! E allora cosa penserebbe Crystal del suo
amichetto del cuore che sta qui a insultarmi?! Sarebbe soddisfatta di te?? – un
rumore di passi lungo le scale proveniente dal basso li interruppe, e rimasero
diversi istanti in ascolto.
Indubbiamente qualcuno saliva le scale, anche se lentamente:
- Dobbiamo andarcene. – fece lei rimettendosi il
passamontagna senza raccogliere i capelli, che rimasero sulle spalle come una
mantellina dorata:
- Per dove? – chiese lui confuso:
- Io per il tetto, tu sono affari tuoi! – sbottò guardandolo
con aria di sufficienza:
- Provaci comunque, io devo scappare! – così dicendo allungò
una mano per prendere lo zainetto, ma lui fu più svelto e lo prese, alzandolo
sulla testa:
- Piantala di fare lo stupido e dammelo subito. – sibilò lei
in preda al panico:
- Non se ne parla nemmeno: prima devi spiegarmi cosa
significa tutto questo, con chi lavori e soprattutto chi è quell’Aaron! – lei inarcò
le sopracciglia:
- Che ti importa di lui? Avanti Mitja, dammi lo zaino! – i
passi erano sempre più vicini:
- Sparami se lo vuoi! Io non te lo darò di certo! – Winter
picchiò un piede per terra nel suo atteggiamento di bambina quando si
arrabbiava con lui:
- Accidenti a te, Krylov!! – ringhiò dandogli le spalle e
avviandosi di corsa sulle scale:
- Dove stai andando? – fece lui sbalordito: - Mi lasci il
bottino così? -
- Tientelo, tanto la collana e il diadema li ha Black e sono
quelli i pezzi col maggior valore! – disse svanendo alla vista:
- Winter! Dobbiamo parlare di… - ma la voce gli morì in
gola, la ragazza non poteva certo sentirlo. Si infilò lo zaino e andò a dare
un’occhiata lungo la tromba delle scale: una coppietta si era fermata un
pianerottolo più sotto ed era impegnata a pomiciare. Ma proprio ‘sti due sporcaccioni dovevo beccare??
Si avvicinò agli intrusi silenziosamente, poi all’ultimo
istante partì di scatto investendoli e ridendo delle grida impaurite della
ragazza. Corse giù pensando freneticamente a un modo per uscire senza essere
visto, ma in fin dei conti non gli importava: il suo problema era un altro ora,
era la scoperta che Winter era una ladra… Beh, poteva consolarsi con due pezzi
della parure! Ma lei… perché era finita a rubare?
- Controlla se c’è qualcun altro!! –urlò a Mitja correndo
come un pazzo. Davanti a lui Black Soul guadagnava rapidamente terreno. Come diavolo fa ad essere così veloce?!
E io che ero convinto di essere in piena forma fisica! Altre 2 rampe e
schiatto!!
Come in risposta ai suoi desideri sentì un colpo di pistola
poco sopra di lui e una porta spalancarsi con fracasso. Siamo al capolinea, Black!
Quando finalmente uscì all’aria aperta vide il ladro in nero
correre verso uno dei grandi generatori dell’aria condizionata. Senza pensarci
due volte sfilò la pistola e sparò un colpo ai piedi del suo rivale,
bloccandolo sul posto:
- Era ora che ti fermassi! E adesso voltati! – ordinò
perentorio. Black non pensò nemmeno di disobbedire, ci teneva alla pellaccia
LEI!
- Bene… ora getta la pistola. – lo sentì ridacchiare
sommessamente: - Non ti garba l’idea? Allora facciamo così: mettiamo tutti e
due le pistole a terra e ci giochiamo i gioielli come due gentiluomini,
battendoci a mani nude. E bada di non rifiutare, dopotutto ti devo una mazzata
nella nuca… - fece con un sorriso per nulla divertito. Per tutta risposta
l’altro sfilò la pistola dalla fondina, posandola a terra e facendola scivolare
lontano da sé. Dopodiché si tolse lo zaino e lo lasciò su un cubo di cemento:
- Vedo che andiamo d’accordo! – rispose Madian imitandolo.
Una volta liberatosi degli intralci si volse a guardare il
suo avversario convinto di poterlo battere.
In quel preciso istante lo vide fare una serie di capriole
velocissime e bloccarsi infine a meno di un metro da lui:
- Oh, cazzo… - fece in tempo a mormorare prima che una
raffica di pugni e calci lo stordisse.
Tentò di battersi in tutti i modi, ma riuscì a malapena a
difendersi, parando quasi tutti i colpi. Quando finalmente Black gli concesse
un po’ di tregua lo guardò stralunato:
- Sei impazzito?!? Vuoi ammazzarmi per un paio di gioielli,
sottospecie di ninja nano?! – sbraitò infuriato. Black non rispose. No, questo era per quel bacio che hai
tentato di darmi!!
La lotta riprese ancora più furibonda di prima visto che
Madian cominciava a rispondere egregiamente. Durante una pausa, ansimando per
riprendere fiato, guardò attentamente il suo avversario:
- Complimenti! Sei piccolo ma molto forte. Non mi aspettavo
così grandi cose da te! – ansimò: - Che ne dici di scendere a patti? – tentò di
chiedere:
- No. – ringhiò l’altro con voce strana, poi riprese la
lotta senza dargli tempo di fare altre proposte idiote.
Haydée non era preparata alla sua successiva mossa. Agilmente
Madian riuscì a bloccarle un braccio dietro la schiena, torcendolo e finendole
alle spalle, e per riuscire a tenerla ferma le passò un braccio sul torace, dal
collo al petto, afferrandola con la mano dove avrebbe dovuto esserci il seno,
che naturalmente era castigato con la solita fasciatura.
Boccheggiò incredula e avvampò, mentre la concentrazione sul
combattimento svaniva completamente.
Madian non riuscì a capire quello che stava succedendo:
Black gli si era abbandonato tra le braccia e non opponeva più alcuna
resistenza. Che sia una tattica? Si
chiese disorientato. Notò che il ladro era molto più piccolo di lui, era
incredibile che fosse così forte! Decise di approfittare dell’attimo di
smarrimento e gli lasciò andare il braccio che ancora torceva.
Rapidamente allungò una mano al suo collo e strappò
letteralmente via il passamontagna, troppo curioso di vedere il volto di un
ladro di tale bravura.
Quando una cascata di capelli neri e mossi, profumati di
frutta, gli ricadde sul petto trasalì, mentre la visione di una guancia morbida
e di un orecchio piccolo e delicato lo spiazzava: - Una donna!?? – fece
incapace di qualsiasi reazione che non fosse quella di togliere la mano da
quella posizione imbarazzante. Ma
dove diavolo ha il seno?!
- Lasciami Madian. – fece secca una voce che non poteva
dimenticare. La girò di scatto, stringendola per le spalle:
- Haydée! Ma cosa… - biascicò con voce strozzata. Lei
sospirò, poi si staccò con uno strattone e lo guardò freddamente:
- Spiacente. – poi una ginocchiata in pieno stomaco lo fece
piegare dolorante su sé stesso.
Si riprese in tempo per vedere una figura nera in piedi sul
cornicione con qualcosa di voluminoso sulle spalle. La donna si volse un’ultima
volta verso di lui poi fece un balzo e svanì nel vuoto.
Si alzò di scatto, causandosi un dolore acuto alla testa e
al ventre, ma non gli importava. Doveva assolutamente sapere dov’era finita
Haydée!
Arrivò faticosamente sull’orlo del terrazzo e vide un
deltaplano nero fluttuare elegantemente nell’aria.
Un attimo dopo un’altra figura in nero gli arrivò di corsa
alle spalle e si gettò ugualmente nel vuoto, urlandogli un “A presto, Bailey!”
che non lo rincuorò affatto. La seconda ladra era Winter, a quanto aveva potuto
giudicare dai lunghi capelli biondi in bella vista. Sto sognando…
~~~~~
Il giorno dopo, villetta in periferia
- Non riesco ancora a crederci! – mugugnò dolorosamente il
ragazzo dal divano. Arkel lo osservò con aria di compatimento:
- Se fossi in te non sarei così dubbioso: con tutti gli
ematomi e le escoriazioni che ti ritrovi è difficile che sia stata
un’allucinazione! – commentò ironicamente.
Mitja era appollaiato su uno sgabello accanto al sofà dove
si trovava Madian in agonia, e aveva la faccia più seria che i suoi due
coinquilini gli avessero mai visto:
- Ero io lo squattrinato del trio, non lei! – borbottò senza
nemmeno badare agli altri due:
- Parla di Winter? – domandò Madian:
- Spero per loro che non abbiano invischiato anche la bimba
o stavolta mi sentiranno!! – mugugnò il motociclista immerso nei suoi pensieri:
- E tu parli di Phénice? – chiese nuovamente il ragazzo
senza naturalmente ottenere risposta.
- Dove lavora Haydée? – si sentì chiedere dopo un po’ da
un’imbufalito Arkel:
- L’indirizzo è scritto sulla mia agenda, cerca sotto la G,
Grantham. – mormorò stanco. Aveva male dappertutto, soprattutto alla mascella.
Suo padre gli aveva spedito il suo medico personale che lo aveva rimesso in
sesto, più o meno.
Sentì la porta dell’ingresso sbattere violentemente e
qualcun altro salire di corsa le scale:
- La mia povera testa… - piagnucolò dal suo giaciglio di
dolore.
Pochi istanti dopo la voce di Mitja lo raggiunse
dall’ingresso:
- Ho un affare da sbrigare, richiama il medico se ti serve
qualcosa! – Madian tentò di tirarsi a sedere, ma un fianco gli doleva troppo. Se avessi avuto un diverbio con Tyson mi
sa che ne sarei uscito meno malconcio!
~~~~~
Non molto tempo dopo, ufficio Grantham
- No, Conway, no!! Così non riuscirai mai a farci stare 4
camere da letto e un bagno!! Guarda come ho fatto il pian terreno, i muri
portanti sono quelli e tali rimarranno!! – Haydée sbuffò spazientita. Insegnare
il mestiere a quel pivello si stava rivelando un’impresa più ardua del
previsto. Si rialzò faticosamente, la notte prima aveva preso un colpo non
indifferente al fianco sinistro e maledisse mentalmente la sua vita incasinata.
- Devo fare un paio di telefonate Fedra, chiamami solo se
qualcuno ha urgente bisogno. – borbottò chiudendosi nel suo ufficio.
La segretaria annuì e tornò a concentrarsi sul suo lavoro,
lanciando un’occhiata in tralice a quello scocciatore del nuovo praticante. Un
vero incompetente, per di più cascamorto!
Stava per tirargli il temperamatite a batterie quando uno
scampanellio e alcuni pugni battuti sulla porta interruppero le sue intenzioni
bellicose.
Si limitò a lanciare un’occhiataccia a Conway che lui
ricambiò con un occhiolino e si accostò alla porta per aprirla.
Non fece nemmeno in tempo ad abbassare la maniglia che uno
spintone violento la fece arretrare:
- Sto cercando Haydée, una tipa mora coi capelli lunghi.
Dimmi dove si nasconde! – fece un ragazzo affascinante ma dall’aria più
scontrosa della sua, chinandosi su di lei dall’alto del suo metro e 85:
- Di là, nel suo ufficio. Però mi ha detto… - tutto inutile:
lo scorbutico era già pronto a sfondare la porta:
- Buondì architetto! – grugnì sbattendo la porta alle sua
spalle.
Fedra sospirò indignata: ma aveva tutti amici così irruenti
la sua principale?!?
Haydée si alzò di scatto, ignorando il dolore al fianco:
- Che ci fai qui, Arkel? – chiese con aria dura:
- Volevo scambiare alcune parole con te. – rispose serio:
- Riguardo a cosa? -
- Alle tue… o meglio vostre performance di ieri sera. – fece
con un ghigno indecifrabile. Lei si risedette, incrociò le dita delle mani e
socchiuse gli occhi:
- Non so se potrò rispondere alle tue domande. -
- Io dico di sì. Phénice. – borbottò abbassando la voce. Lei
inarcò un sopracciglio:
- Cosa c’entra Phénice adesso? – chiese sorpresa:
- C’entra eccome!! Cosa avete insegnato a quella povera
ragazzina?!? – chiese infuriato pestando un pugno sulla superficie trasparente
dell’elegante scrivania. Haydée trattenne una risata:
- Non le abbiamo insegnato nulla per il semplice motivo che
lei non sa niente del nostro “hobby”. – fece divertita. Lui sgranò gli occhi e
lei scorse il particolare della macchia arancione che aureolava la pupilla
destra. Begli occhi amico!
- Ne sei sicura? – si sentì chiedere:
- Certamente! Chiedilo a Winter, la prima condizione che le
ho messo per lavorare insieme è proprio quella di non rivelare nulla a Phénice.
Ti assicuro che non sa nulla, prova a chiederglielo. Lei è convinta che ieri
notte abbiamo dormito tutte come angioletti. – fece tranquilla, arrivando
addirittura a sorridergli: - E comunque non è poi così ragazzina… - cominciò a
dire, ma lui la interruppe:
- Va bene, va bene… allora adesso mi dici chi è il tuo
istruttore di arti marziali. Non ho mai visto nessuno ridotto a quel modo!!
Neanche Faust è in grado di fare un lavoretto del genere, ne sono sicuro! –
sghignazzò ormai rallegrato, sprofondando meglio nella poltroncina
ultra-comoda. Haydée si irrigidì oltremisura:
- Non sono affari tuoi Arkel, e poi adesso ho da fare,
quindi, se non ti spiace… - il ragazzo la guardò storto:
- EH NO!! Voglio sapere come si chiama e dove lo posso
trovare o non mi schiodo da qui! – brontolò come un bimbo. La mora non sapeva
se ridere o mandarlo fuori a calci. Decise di accontentarlo, magari era una
buona mossa per stordirlo e liberarsi di lui!
- Si chiama Yusaf e vive a qualche decina di km da Delhi, è
un guerriero di casta kshatriya ed è stato lui a insegnarmi il Kalaripayat.
Contento? – chiese divertita vedendolo sufficientemente stralunato.
Così lo prese per un braccio e lo trascinò fin sulla soglia
dell’ufficio, osservata da Fedra e Conway. Stava per chiudergli la porta in
faccia, ridacchiando per la sbandata che quel tipo doveva aver preso per la sua
coinquilina rossa, quando una battuta la raggelò:
- A proposito, forse ti farà piacere sapere che quando starà
meglio Madian verrà a cercarti. Stanotte delirava e diceva che sei la donna
ideale per lui. Forse è un po’ sadico, sinceramente non so che gusto ci provi a
farsi riempire di sberle da una femmina! Comunque sia non ti lascerà in pace
così facilmente. All’occhio guerriera! – ridacchiò sparendo lungo le scale.
Haydée si richiuse nel suo ufficio col sudore freddo.
Doveva sparire per un po’, aveva bisogno di ritrovare la
calma e la concentrazione. E c’era un solo posto in città dove poteva vivere
senza intralci. Avrebbe fatto la valigia quella sera stessa, anzi subito.
~~~~~
Contemporaneamente, a un paio di isolati di distanza
Winter sbadigliò senza nemmeno tentare di nasconderlo. Era
esausta, quella notte si erano date parecchio da fare, lei e Black!
Giocherellò con un tagliacarte, ignorando bellamente le
scartoffie da riordinare sulla sua scrivania. Stava ponderando se le conveniva
continuare a lavorare in quel posto solo per fare contenta Haydée: era un vero
supplizio, perché diavolo aveva fatto giurisprudenza poi?! Ah, sì… per accontentare
i suoi vecchi…
Bah, che assurdità! Chissà perché si era lasciata
convincere! Avrebbe dovuto mandarli al diavolo quando l’avevano portata alla
segreteria dell’università per l’iscrizione, altro che assecondarli!
Era talmente persa nei suoi pensieri che non notò il ragazzo
biondo appena entrato nello studio che chiedeva con insistenza di lei.
Si riprese quando pochi istanti dopo un paio di mani
sbatacchiarono il tavolo entrando nel suo campo visivo:
- Dobbiamo parlare! – alzò lentamente lo sguardo e incontrò
i meravigliosi occhi celesti di Mitja:
- Perché? – chiese svogliatamente:
- Perché questa notte abbiamo interrotto una conversazione
di estrema importanza!! – sbraitò attirando l’attenzione di tutto l’ufficio.
Immediatamente anche il vecchio capoufficio rizzò le orecchie: tutti si
aspettavano chissà quali particolari piccanti solo a sentire parlare di “quella
notte”!
Winter prese il ragazzo per un braccio e addusse una scusa
qualsiasi. Dopodiché presero un ascensore e lo portò fuori dal palazzo, lontano
da sguardi e orecchie indiscrete.
Una volta arrivati in un parchetto mezzo deserto vista l’ora
e il caldo si sedette su una panchina, mentre Mitja in piedi davanti a lei la
guardava con gravità:
- Dove sono i miei gioielli? – chiese la ragazza spazientita.
Mitja la ignorò:
- Ma dico, quanto rotelle si sono inceppate nel tuo
cervello?!? Come diavolo ti è venuto in mente di fare la ladra?! Hai una
laurea, Winter! Non potevi essere un’onesta cittadina come tutti? Non c’era
bisogno di mettersi a fare la tagliaborse per avere notizie di tua sorella! –
sbraitò come impazzito:
- Senti un po’ da che pulpito viene la predica! Sei stato tu
a raccontarmi che sei laureato in ingegneria nucleare o sbaglio? E non sei
sempre tu che hai cominciato a rubacchiare alla fine delle superiori per
pagarti gli studi?! Sissì, lo so, mi hai detto che hai “lavorato”, ma tanto lo
so che non è vero! – rispose velenosa alzandosi e piantandogli un dito nel
petto:
- E adesso, caro signorino so-tutti-io, ti spiegherò perché
mi sono messa a fare la ladra! Le indagini sul rapimento di mia sorella sono
andate avanti per anni e io ho seguito tutto di nascosto dai miei. Ho letto la
scheda di Chung e ho scoperto che qualche tempo dopo il rapimento di mia
sorella si è sposato. La sua donna si chiama Ya-ching, è cinese anche lei e ha
due hobby: innanzitutto colleziona antichità della madrepatria, ovviamente
acquistate illegalmente. Se riesco a trovare dove tiene quei tesori, che a
volte porta in giro per il mondo in qualche mostra privata, trovo lei e per
conseguenza il suo caro maritino. Inoltre adora coprirsi dei gioielli più
esclusivi al mondo, senza curarsi di come se li procura, e sono convinta che
per riuscire a trovarla devo conoscere alla perfezione il mondo nel quale si
muove, cioè quello del furto d’arte e di gioielli. – spiegò paziente. Il
ragazzo la guardava con la bocca spalancata:
- Sai tutte queste cose e non mi hai detto niente?!? –
mormorò sedendosi senza fiato su una panchina:
- Come potevo dirti tutto? Sai che sono una ladra da ieri
sera e non c’è stato tempo! -
- Appunto!! Perché diavolo non mi hai detto prima di essere
una… ladra?! – chiese stordito. Winter sospirò e si sedette accanto a lui:
- È stata Haydée a chiedermelo. Non posso spiegarti perché,
ma vuole tenere lontano Madian da sé a tutti i costi, e temeva che se avesse
saputo della sua seconda occupazione si sarebbe avvicinato troppo a lei. – lui
scosse il capo, abbozzando un sorriso:
- Fatica sprecata, come pure le nostre incomprensioni.
Madian è disposto a ribaltare un continente per accalappiarla, la tua amica non
può più fare nulla per allontanarlo ormai! E non poteva riuscirci neanche prima
che tutta questa storia venisse a galla. Senti, tu non lo conosci ma io sì, e
posso assicurarti che non mollerà mai. Quando si ficca qualcosa in quella testa
granitica è peggio di un panzer tedesco su suolo francese: non lo ferma
nessuno!! Tanto meno quella specie di “Linea Maginot” che Haydée credeva di
avere in sua difesa non rivelandogli di essere Black Soul! – ridacchiò guardandosi
attorno mentre la bionda accanto a lui pensava preoccupata alla mora.
- A proposito… com’è lavorare con il grande Black? Me lo
sono sempre chiesto… - le chiese osservandola attentamente:
- Incredibile… - mormorò soprappensiero, lo sguardo perso
nel vuoto. Se è così dovrei
aiutarla…
- Ah, lo sapevo!… Ehi, sarebbe bello organizzare un furto
tutti insieme, che ne dici?! Noi tre e voi tre! – fece allegro. Lei lo guardò
storto:
- Noi non siamo in tre! Siamo io e Haydée, chi diavolo ti ha
detto che siamo tre? – lui rise:
- Arkel!! Si è convinto che c’era di mezzo anche Phénice e
credo che in questo momento ne stia cantando quattro alla tua collega! – Winter
lo ignorò:
- La mia collega… devo trovarla, se ha parlato con Arkel è
sconvolta… - mormorò tra sé: - Scusa Mitja ma ho da fare. Ci sentiamo per
telefono e magari ci incontriamo per parlare di Crystal e di quel cinese, e tu
ne approfitterai per riportarmi bracciale e orecchini. Ci vediamo! – fece
alzandosi e allontanandosi rapidamente. Mitja si alzò di scatto:
- Ehi!! Non mi hai ancora detto niente di quel tipo, come
diavolo si chiama… Aaron!! – sbraitò mentre lei si allontanava. La vide alzare
un braccio e agitare una mano, come a voler rimandare la conversazione, poi
sparì nel traffico. Il ragazzo sbuffò contrariato, spettinandosi i capelli
biondi: - Mai una volta che riesca a concludere un discorso! – borbottò fra sé.
Winter corse come una pazza fino alla sua auto, montò
rapidamente e si avviò decisa all’ufficio della sua coinquilina, pensando alle
cose giuste da dirle e a come rassicurarla.
Una volta a destinazione salì fino all’ufficio e suonò più
volte, finché la segretaria non si decise ad aprire:
- Salve, cercavo… -
- L’architetto non c’è! – la interruppe la ragazza. Winter
la guardò per un lungo istante:
- Come sarebbe a dire, l’ufficio è ancora aperto… - tentò di
obiettare:
- La signorina Grantham risponderà a qualsiasi suo problema
via e-mail, è partita improvvisamente poco fa per un viaggio urgente fuori
città e non sappiamo ancora quando sarà di ritorno. Vuole entrare e dirmi in
cosa posso esserle utile? – la bionda si morse un dito nervosamente:
- No, grazie. Non sa dov’è andata con precisione? – Fedra
scosse la testa con decisione:
- Sono spiacente, non mi ha informata. Ma le ripeto che per
qualsiasi problema urgente possiamo contattarla tramite la posta elettronica. È
sicura di non volersi accomodare? -
- Sì, grazie comunque… - mormorò pensierosa allontanandosi.
Scese le scale lentamente, chiedendosi dove poteva essersi cacciata. Forse
voleva semplicemente stare sola e si era rinchiusa nell’appartamento, dopotutto
aver scoperto quello che anche lei sapeva poteva essere una ragione più che
valida per prendersi una pausa.
Decise quindi di inforcare nuovamente l’auto e di dirigersi
al loro appartamento.
Dopo meno di mezzora parcheggiò davanti all’ingresso
lasciando le chiavi al custode e corse a controllare se la mora si trovava lì.
Suonò all’appartamento ma nessuno andò ad aprire, Phénice
doveva ancora rientrare. A quel punto aprì con le sue chiavi e perlustrò
l’abitazione.
Di Haydée nessuna traccia, la sua stanza sembrava
perfettamente in ordine, come pure tutte le altre.
Andò in sala da pranzo e si sedette pesantemente su una
sedia, poi prese il cellulare e compose il numero della sua coinquilina:
naturalmente il telefonino risultava spento.
Un improvviso dubbio si insinuò nella sua mente. Si alzò
precipitosamente e corse di nuovo nella camera da letto della ladra.
Quando spalancò l’armadio rimase senza fiato: era semivuoto.
Black aveva tagliato la corda.
~~~~~
Dopo meno di mezzora un’altra chiave venne inserita nella
serratura della porta. Winter si precipitò nell’atrio per vedere di chi si
trattava e trattenne un sospiro di delusione quando una testolina ricciuta fece
capolino:
- Ciao Winter! Come mai hai parcheggiato in quella maniera
assurda? Un paio di condomini si sono lamentati… - si interruppe quando notò
l’espressione accigliata della bionda: - Qualcosa non va? – chiese sgranando
gli occhi:
- Temo di sì: non riesco a trovare Haydée. – disse cupa. La
rossa scosse i riccioli senza capire:
- Per forza! Mi ha chiamata poco fa, ha detto che deve
sbrigare alcuni affari urgenti fuori città e che starà via qualche giorno,
forse una settimana. È partita all’improvviso e aveva il cellulare scarico,
infatti ha detto a me di informarti quando ti avrei vista. Scusa, perché la
cercavi? – Winter la guardava scettica:
- È fuori città… per alcuni affari urgenti… - mormorò
sedendosi di peso sul letto perfettamente rifatto:
- Esatto! Le è già successo altre volte, ha contatti con un
paio di grossi studi di architetti in diverse città e a volte richiedono la sua
presenza per qualche affare importante. Una volta mi ha anche mostrato i
progetti che doveva portare, e ti assicuro che è veramente bravissima! Ha
costruito una villa per un riccone da fare invidia ai divi di Hollywood! –
cinguettò allegra. La bionda la guardo sempre più seria:
- Le è già successo… e partiva sempre così all’improvviso? –
volle sapere. Phénice ci pensò su, poi tornò a guardarla:
- No, ora che mi ci fai pensare è la prima volta che parte
senza nessun preavviso. Di solito me lo diceva almeno un paio di giorni prima…
ma perché tutte queste domande? – Winter si mise una mano davanti agli occhi e
si abbandonò all’indietro, distendendosi sul letto:
- Phénice abbiamo un problema. Dubito che Haydée sia in
viaggio per affari. – mormorò con voce preoccupata. La rossa ridacchiò
divertita:
- Ma che stai dicendo? E allora perché se ne sarebbe andata?
–
- Per colpa di un uomo. – la ragazza boccheggiò stupefatta:
- Mi stai dicendo… che Haydée… ha l’uomo?? E perché mai io
non ne so niente? – non le diede il tempo di rispondere: - Non mi dirai che è
sposato!! Mi rifiuto di crederci!! – urlò fuori di sé. Winter sgranò gli occhi
vagamente divertita:
- Ma no, sciocchina! Non c’è nessun uomo sposato, è un
ragazzo! – Phénice tirò un lungo sospiro di sollievo:
- Per fortuna… allora dimmi tutto! – cinguettò allegra:
- Phénice, tu sai del passato di Haydée, vero? – la rossa
annuì:
- Sì… per questo ero così felice di sentire che c’era
qualcuno nella sua vita. Da quando la conosco non è mai uscita con un ragazzo,
e se poteva evitava addirittura di uscire con me per non incappare in incontri
indesiderati. Ma ora che è successo? – l’altra sospirò:
- Madian si è messo nella testa di conquistarla, lei lo ha
saputo e ora sono più che certa che se ne sia andata per la paura. – Phénice
sgranò gli occhi istupidita:
- Ma che dici?! Haydée non può avere paura di un ragazzo!
Lei è la donna più coraggiosa che conosca!! – obiettò quasi offesa. Winter
scosse il capo:
- Tu non capisci: Madian ha provato a baciarla quella sera
che siamo andate all’opera e lei ne è rimasta sconvolta. – spiegò lentamente.
Vide Phénice sgranare ancora di più gli occhi:
- Ha provato a baciarla?! Ma è impazzito?? Oh mamma, avrà
rivissuto sicuramente quella vecchia storia… - mormorò incredula:
- Immagino anch’io di sì. Non so se tornerà tanto presto,
non ho nemmeno idea di come fare per contattarla e parlarle. – rimasero diverso
tempo in silenzio, sedute l’una accanto all’altra:
- Tornerà. Le scriveremo una bella mail e la convinceremo a
fare marcia indietro. Vedrai che riusciremo a farla ragionare! – concluse
infine la rossa alzandosi risoluta.
~~~~~
Alcuni giorni dopo, mattino presto
- Come sarebbe a dire che non c’è e non sapete dove sia?!? –
il ragazzo sulla soglia, con ancora un polso fasciato, un occhio tumefatto e
vari ematomi, la guardava a bocca aperta:
- Quello che ho detto: Haydée non è né a casa né in ufficio.
È fuori città per lavoro, non sappiamo quando tornerà. – Phénice cominciava a
sentirsi leggermente in soggezione, inoltre non capiva come potesse la sua
vecchia amica fuggire da un ragazzo così bello. Non poteva decidersi finalmente
a lasciarsi il passato alle spalle? Dove lo trovava un altro tipo del genere?!!
- Ma… non è possibile… da qualche parte deve pur essere! Non
vi ha lasciato un nome, un indirizzo… magari un indirizzo di posta elettronica!
- ipotizzò il giovane:
- No, quando è in viaggio per affari non vuole essere
disturbata. – adesso però cominciava a spazientirsi. Forse è un pelino troppo testone… ma in fondo un difetto
deve pur averlo per essere così bello!
- Capisco… allora, ti spiace contattarmi quando torna? Avrei
bisogno di parlarle. -
- Senz’altro. Adesso scusami ma devo uscire per andare al
lavoro. Ci vediamo Madian. – la rossa chiuse la porta dell’appartamento alle
sue spalle con un sospiro. Che
pasticcio!
~~~~~
Altrove
Haydée si tirò a sedere sull’ampio letto a baldacchino,
strofinandosi gli occhi e sbadigliando rumorosamente.
Elettra le aveva portato la colazione su un vassoio
d’argento e l’aveva lasciata di nuovo sola con i suoi pensieri.
Si stiracchiò languidamente, alzandosi in piedi e
rabbrividendo poi al contatto con la fresca vestaglia di seta che le aveva
prestato la sua ospite. La palazzina di proprietà di Sybil era piuttosto
antica, e gli spessi muri rivestiti in carta da parati consentivano una
notevole frescura interna durante i mesi estivi così caldi.
Prese a sorseggiare il caffè ancora bollente mentre con la
mano libera spostava un piccolo lembo di tenda che le ostruiva la vista sulla
città.
L’abitazione della sua informatrice si trovava nella parte
vecchia della città, costruita su un colle che dominava tutto il paesaggio
attorno: era un ottimo punto di osservazione, inoltre garantiva una splendida
visuale sull’intera city.
Girovagò stancamente per la stanza, ammirando i mobili in
stile barocco e chiedendosi quante case d’asta avevano svaligiato per riempire
quell’abitazione di un numero tale di mobili d’antiquariato. Infine spalancò le
tende e si sedette alla scrivania, aprendo il portatile e collegandosi a
internet.
Immediatamente la sua casella si riempì dei messaggi
rassicuranti di Phénice e delle richieste di aiuto di Fedra. Allora sa di quella sera all’opera…
glielo avrà detto Winter… Sospirò affranta. Dove diavolo doveva
nascondersi per avere un po’ di pace?
Una volta sistemate le due scocciatrici spense tutto e si
vestì, decisa a visitare quella specie di museo privato.
Il primo piano sembrava completamente disabitato, così poté
tranquillamente vagabondare per i corridoi, ammirando dipinti e consolle, oltre
che varie stanze in tutti gli stili possibili. Ne aveva trovata addirittura una
in perfetto stile giapponese, colma di servizi da tè e con un armadio
interamente occupato da kimoni.
All’ora di pranzo era quasi certa di essersi persa, ma
fortunatamente Elettra venne in suo aiuto e la condusse nella fastosa sala da
pranzo, dove la signora Du Pont l’attendeva impaziente.
Mangiarono in silenzio e solo una volta finito il dolce
Sybil incominciò un discorso serio:
- Allora bambina, qual è il problema? Non sarà un uomo! –
chiese accomodandosi meglio nella sua poltroncina. La mora avvampò infuriata,
facendo immediatamente capire alla donna che era proprio quello il tasto
dolente:
- Non c’è nessun problema, e soprattutto nessunissimo uomo!!
Avevo solo bisogno di un periodo di pausa, tutto qui! – sbraitò alzandosi di
scatto: - Se ti do tanto fastidio posso togliere il disturbo anche subito! –
Sybil si alzò precipitosamente:
- Ma no cara, che dici! Pensavo semplicemente che volessi
parlarmi dei tuoi problemi, non volevo essere invasiva! – Haydée studiò
l’espressione della donna: era evidentemente preoccupata, dopotutto si
conoscevano da diversi anni e l’aveva sempre trattata come una figlia. Si
rilassò immediatamente:
- Scusami Sybil, è solo che sono sotto pressione, ho un praticante
in ufficio e una nuova inquilina, come sai. Non sono abituata a tutta questa
confusione, sai che ho sempre amato il silenzio e i luoghi poco affollati. -
mormorò tornando a sedersi:
- Certo Haydée… per favore, chiamami Sophia. Dopotutto siamo
amiche da così tanto tempo, e tu sei come una figlia per me. Non ti preoccupare
comunque, nessuno ti disturberà, tanto meno io con le mie chiacchiere assurde!
Resta pure tutto il tempo che vuoi, sei come a casa tua e non darai fastidio a
nessuno. – la rassicurò gentilmente la donna:
- Nemmeno a tuo marito? – chiese titubante:
- Figurati!! Il mio Greg non si accorgerà nemmeno che sei
qui tanto è distratto! Ora ti lascio tranquilla con i tuoi pensieri, quando ti
va di parlare sai dove trovarmi! – Haydée annuì, vagamente rincuorata:
- Grazie Sophia, comunque non starò qui per molto, solo
qualche giorno per fare qualche allenamento fuori dalla confusione. – fece
allontanandosi. La donna la guardò, trattenendo un sospiro preoccupato.
~~~~~
Nel pomeriggio
Winter picchiettò nervosamente con la scarpa sul porfido
perfettamente pulito e dovette attendere solo pochi istanti perché la domestica
si decidesse ad aprire la porta.
Una volta entrata schizzò direttamente nell’ufficio della
donna, ignorando le proteste della povera Elettra:
- Dov’è. – ordinò perentoria entrando senza bussare e
incrociando le braccia sul petto:
- Winter, tesoro, che succede? – fece la donna con aria
svanita, come se fosse appena caduta dalle nuvole:
- Non mi incanti Sybil, dimmi dove si trova Black Soul. –
ribadì rigidamente. La donna addolcì lo sguardo:
- Siediti Winter, dobbiamo parlare di alcune cose. – ma la
ragazza non era disposta ad ascoltare una sola parola:
- So già tutto di lei, ma questo non giustifica il suo
comportamento! È immatura e viziata, come può piantare tutto in asso e sparire
nel nulla senza curarsi degli altri?? – sbraitò infuriata. I lineamenti di
Sybil si indurirono:
- Ti proibisco di parlare in questi termini di Haydée in
questa casa. Quella cara ragazza è passata nel fuoco per arrivare fino a qui e
tu non sei nelle condizioni di poterla giudicare. Haydée ha bisogno di
solitudine e di tranquillità e si è presa una pausa per fare in tutta pace i
suoi esercizi di Kalaripayat. Forse non lo sai, ma richiedono una
notevole dose di concentrazione. – Winter finalmente si placò, aveva capito di
essere in territorio minato, così si sedette su una poltroncina:
- Sì, lo so. Ma non mi sembra molto utile svanire così nel
nulla. Phénice era sull’orlo delle lacrime quando l’ho lasciata a casa. –
mugugnò contrariata:
- Oh, povera ragazza! L’ho conosciuta un paio d’anni fa,
sai? È molto dolce, indubbiamente, ma si preoccupa eccessivamente, e anche tu.
Haydée sta bene, ha solo bisogno di alcuni giorni per riprendersi. Intanto tu
dì al ragazzo che l’ha molestata di starsene alla larga. – la bionda sgranò gli
occhi:
- Ti ha parlato di Madian?? – chiese stupita. La donna
sorrise con fare sagace:
- Non l’ho mai sentito nominare, ma sono più che certa che
si comporta così per via di un uomo. Sai, per quella vecchia storia col suo ex…
- Winter si rabbuiò:
- Allora non sai chi è lo Zar? – Sybil rischiò di strozzarsi
con la sua stessa saliva:
- Mi vuoi far credere che voi lo sapete?!? – chiese
strabiliata. La bionda annuì:
- Certo. Si tratta di una banda di tre ragazzi: Madian
Bailey, il figlio dell’industriale proprietario di quel capannone al porto che
ti avevamo fatto controllare, Arkel Davies e Mitja Krylov, un mio amico
d’infanzia. Li abbiamo incontrati durante l’ultimo furto, ma sospettavamo di loro
già da qualche giorno. – spiegò cupa. La donna davanti a lei strabuzzò gli
occhi:
- Stai scherzando?!? E questo Madian, che poi sarebbe lo
Zar, fa il filo ad Haydée?? – chiese sempre più sorpresa:
- Esatto. Io me n’ero accorta già da un po’, ma lei ha preferito
non vedere. Li hanno conosciuti Haydée e Phénice in discoteca, e si parla di
quasi due mesi fa perché erano i primi di giugno. -
- Incredibile! – riuscì a dire infine la signora. Winter
ascoltò per un tempo che le parve infinito il ticchettio dei secondi del grande
orologio a pendolo, poi finalmente la donna si riprese: - Ascoltami bene
Winter: tu cerca semplicemente di tenere questo ragazzo più alla larga
possibile, se lo vedi faresti meglio a consigliargli di lasciarla perdere
perché non l’ho mai vista così sconvolta… - la bionda la interruppe:
- Non è che è così sconvolta perché anche lei prova
qualcosa? – ipotizzò:
- Oh, mio Dio, questo sarebbe troppo!! No, io credo che sia
semplicemente confusa e spaventata, non è ancora pronta per una relazione. -
- Ma sono passati 6 anni da quella vicenda, non sarebbe ora
che se la lasciasse alle spalle? -
- Per carità!! Non lo ripetere mai a lei! Haydée ha bisogno
dei suoi tempi, la conosco non deve essere forzata in nessun modo. Ti prego,
non parlarle mai più di queste ipotesi e soprattutto lasciatela tranquilla,
vedrete che tornerà prima di quanto immaginate! – così dicendo accompagnò la
ragazza alla porta salutandola calorosamente e riempiendola di raccomandazioni.
Che pasticcio mi sta combinando
quel ragazzo!
~~~~~
Alcune notti dopo
Haydée balzò a sedere sul letto con un grido strozzato.
Scrutò attorno a sé nella debole luce che filtrava
dall’esterno e realizzò che quello che aveva appena vissuto era un sogno, che
Phil non era tornato, che non aveva più 19 anni e che il suo ventre non era
gonfio per una gravidanza.
Si deterse il sudore dalla fronte e scese da letto, posando
i piedi nudi sul parquet perfettamente lucidato, dopodiché infilò la vestaglia
e uscì dalla stanza dirigendosi verso il bagno, bisognosa di una bella
rinfrescata. Le mani le tremavano ancora.
Stava per ritornare nella sua stanza quando un rumore al
piano inferiore attirò la sua attenzione. Accese le luci e vide il gatto
d’angora di Sybil raschiare con le unghie la porta dello studio della donna.
Sorrise tranquillamente e scese senza produrre alcun rumore,
mentre il gatto le lanciava in debole miagolio d’intesa.
Una volta alla fine del lungo scalone prese in braccio la
bestiola e aprì la porta per farlo entrare. Il micio fece le fusa poi scese
dalle sue braccia con un balzo elegante, dirigendosi senza indugio alla sua
scodella di acqua.
Haydée lo guardò sorridendo, poi prese ad osservare
attentamente lo studio della sua informatrice. Si sedette sulla poltrona e aprì
distrattamente qualche cassetto della scrivania, chiedendosi quante persone
conosceva e come faceva a intrattenere buoni rapporti con tutti. Non doveva
essere un lavoro semplice…
Un fascicolo attirò la sua attenzione: era poca cosa, al
massimo una decina di pagine, ma conteneva la descrizione dettagliata di una
mostra privata di antichità cinesi che si sarebbe svolta dopo dieci giorni in
una villa alla periferia della città.
Il collezionista era una donna, una certa Ya-ching, ed
esponeva vari tipi di oggetti della sua madrepatria, dai vasi ai gioielli,
tutti fabbricati alla fine del regno della dinastia Song. Le origini della
collezione erano dubbie e Haydée ne dedusse che poteva trattarsi in gran parte
di oggetti trafugati da qualche sito sconosciuto o da qualche museo regolare troppo
povero per avere un sistema d’allarme.
Sorrise soddisfatta: ecco la sua ultima occasione di
lavorare freelance, il suo ultimo colpo individuale prima della partenza per
casa sua.
Perché era proprio questa la decisione che aveva maturato in
quei giorni.
Phénice uscì sbadigliando dalla sua stanza e si diresse ad
occhi chiusi in bagno.
Dopo circa 20 minuti ne uscì qualcosa di molto più vicino a
un essere umano di quando era entrata. La sera prima era uscita con Selim e
come al solito lui e i suoi amici l’avevano convinta ad alzare un po’ il
gomito, così entrò in cucina borbottando ingiurie su ingiurie ai figli di papà
che passano i fine settimana a sbronzarsi e a mangiare come maiali:
- Buongiorno Phénice! – la salutò una voce ridente. La
ragazza aprì faticosamente un occhio e riuscì a mettere a fuoco una figura
flessuosa avvolta in un vestitino leggero. Socchiuse anche l’altro occhio e
vide una cascata di capelli neri incorniciare un viso più o meno identificato.
Improvvisamente si svegliò:
- Haydée!!! – urlò spiccando un balzo e aggrappandosi alla
sua amica come un koala alla madre. La mora boccheggiò disperatamente:
- Ufff! Ma che hai fatto, ti sei messa all’ingrasso? – le
risposero solo squittii allegri e una stretta accentuata attorno al collo: -
Phénice, tesoro, sono felice anch’io di vederti, ma… coff… non credi che questo
presupponga che mi vuoi in vita? Te lo faccio presente perché mi stai
soffocando!! – finalmente la rossa si staccò:
- Che bello, sei tornata!! Quando? E perché? Stai bene? Non
è successo nulla di grave vero? – la ragazza rise a quel fiume di domande:
- Da meno di mezzora mi pare, perché era ora che tornassi,
io sto benissimo e non è successo nulla, almeno che io sappia! – rispose
rimanendo soffocata un’altra volta nell’abbraccio di ferro della sua amichetta.
Winter le trovò abbracciate e in equilibrio precario perché
la rossa si pesava pericolosamente solo su Haydée:
- Ciao Winter! – la salutò la mora:
- Mmh… - mugugnò semplicemente, in perfetto coma vigile da
lunedì mattina. Phénice si staccò un’altra volta, forse quella definitiva:
- Festeggiamo!! – urlò saltellando come una pazza e
togliendo dal frigorifero tutto quello che c’era di commestibile. Haydée la
bloccò in tempo, spiegandole che era lunedì mattina, che dovevano tutte
mettersi al lavoro e che non dovevano perdere tempo in stupidi festeggiamenti:
- Perché sai, potrei anche decidere di portarvi fuori a cena
questa sera… - e bastò quell’unico accenno per calmare la ragazza. Ubbidiente
se ne andò in camera a vestirsi lasciando sole le due ladre:
- Allora, è andato tutto bene? – tentò di chiedere Black
all’indirizzo della bionda:
- Certo. E hai risolto i tuoi problemi con Madian, immagino.
– aveva toccato appositamente quel tasto per vedere la reazione della mora. Non
si sbagliava, provava davvero qualcosa perché la vide sussultare:
- Questo non ha alcuna importanza. – fece indurendo la sua
espressione e rispondendo freddamente: - Sono tornata perché era tempo che lo
facessi, il mio allenamento era terminato e dovevo riprendere il lavoro. – la
bionda non rispose, limitandosi a sorbire il suo caffè: - Con Phénice tutto
bene? –
- Sì, ma ieri sera abbiamo rischiato un’altra sbornia. È ora
che le apriamo gli occhi su quel Selim, ho l’impressione che gli si stia
affezionando un po’ troppo, e poi quando è tornata a casa l’ho sentita
vagheggiare di proposte che lui le ha fatto e che lei ha rifiutato perché,
diceva, non era così sbronza da lasciarsi portare a letto da lui. – Haydée
serrò le labbra preoccupata:
- Maledizione! Lo sapevo che avevamo aspettato troppo. Alla
prima occasione buona le parlo io, e la convincerò dovessi usare le maniere
forti! – Winter inarcò un sopracciglio e fece una smorfia divertita:
- Spero non troppo forti! Si è presentato qui il tuo
avversario della battaglia sul grattacielo ed era piuttosto malconcio! Deve
aver avuto un buon medico per risistemargli tutte le giunture al posto giusto…
- insinuò tranquillamente. Haydée borbottò qualcosa in risposta e si diresse in
camera sua, lasciando Winter sempre più convinta dei suoi sospetti.
~~~~~
Venerdì notte, appartamento del centro
Haydée finì di infilare la sua tuta nera e il passamontagna.
Infine prese il casco e uscì il più silenziosamente possibile, lanciando un
ultimo sguardo in direzione della stanza di Phénice.
Una volta nei garage si infilò il casco e si mise a
cavalcioni della sua moto, alla quale aveva tolto la targa nel pomeriggio.
La accese con un rombo sordo e uscì rapidamente dal garage
per evitare di svegliare tutta la palazzina.
Infine svanì nelle vie illuminate della città, diretta ad
una villa in periferia.
Winter si rigirò nel letto e sentì un rumore lontano, come
il brontolio di un temporale estivo. Rimase diversi istanti in ascolto ma il
rumore sommesso si era allontanato per le vie della città.
Improvvisamente si tirò a sedere sul letto con un sospetto a
serpeggiarle nella mente ancora intorpidita dal sonno.
Lanciò uno sguardo alla sveglia che segnava le 2 e mezza e
si diresse spedita lungo il corridoio, alla camera di Haydée.
Spalancò la porta e vide una sagoma indistinta sotto le
lenzuola. Non attacca, fa troppo
caldo per dormire coperti.
Accese la luce e scostò le coltri: un paio di vestiti
riproducevano la silhouette di una persona addormentata, e dell’inquilina
nessuna traccia.
Prese a cercare freneticamente un indizio, qualcosa che
potesse svelarle la destinazione della ladra, ma niente. La camera era in
perfetto ordine.
Poi si ricordò del nascondiglio nell’armadio dove Black occultava
i progetti di furto, e dopo aver frugato per un paio di secondi trovò un
fascicolo che non aveva mai visto: “Mostra di oggetti appartenenti alla
dinastia Song”, espositore Ya-ching.
Involontariamente un’imprecazione le sfuggì dalle belle
labbra: non aveva ancora parlato ad Haydée della presunta moglie di Chung, il
suo obiettivo, quindi la ragazza non poteva sapere di essere diretta alla tana
del lupo.
Senza pensarci due volte prese il cordless e compose un
numero. Dopo interminabili secondi finalmente una voce assonnata le rispose:
- Mitja, sono Winter! – sbraitò agitata:
- Winter?… Ma che diavolo combini, è notte fonda! -
- Muoviti Krylov, ho trovato la donna di Chung e se non
aiutiamo Haydée la ridurranno a un groviera! – il ragazzo parve svegliarsi:
- E me lo dici solo adesso!? Perché, dov’è Black? -
- A quanto pare mi ha tagliato fuori dall’organizzazione
dell’ultimo furto: è diretta da sola alla villa dove Ya-ching terrà una mostra
tra alcuni giorni. Non sa che sta per cacciarsi in un guaio più grande di lei!
– protestò la ragazza spazientita da tutte quelle spiegazioni:
- D’accordo, allora spara l’indirizzo e fatti trovare là tra
circa 20 minuti, noi ti raggiungiamo al volo. -
~~~~~
Meno di mezzora dopo
Winter parcheggiò in un macchia di sterpaglia, dopodiché
abbandonò la sua auto e si diresse all’entrata del parco della villa.
Camminava guardinga, scrutando l’oscurità attorno a sé e
tastando il terreno cautamente. Ad un tratto il mozzicone di una sigaretta
cadde a pochi centimetri dai suoi piedi, spegnendosi in uno sfrigolio e
rivelandole la presenza dell’acqua:
- Attenta ladra, c’è uno stagno proprio sotto il tuo nasino
altezzoso! – esclamò piano una voce divertita:
- Dovevi proprio farmi prendere un colpo per farmi capire di
non continuare? – Mitja la ignorò:
- Era ora che arrivassi, credevo che non ti avrei più vista!
– mugugnò frugando in un borsone: - Tieni. – fece porgendole una pistola.
Winter scosse il capo:
- Non serve, ho già la mia. – lui non le diede retta: le
prese la mano destra e vi ficcò sopra l’arma:
- Appunto: questa è la seconda ed indispensabile! – fece con
un mezzo sorriso saccente, infilandosi la tracolla di una mitraglietta:
- Madian e Arkel? – chiese guardandosi attorno:
- Madian è già entrato: pochi minuti fa abbiamo sentito una
scarica di mitra e ha dato di matto. La tua amica l’ha fatto veramente uscire
di testa!! Lo scorbutico invece arriverà tra poco, prima voleva fare una visita
a un suo vecchio amico che vende fumogeni illegalmente. – chiuse con
delicatezza il bagagliaio e le fece cenno di seguirlo.
Si avvicinarono silenziosamente alla villa, badando a non
attirare l’attenzione delle guardie, ma le loro precauzioni si rivelarono
inutili: dall’interno dell’abitazione giunsero un paio di colpi di pistola:
- Eh no, così non vale!! Non doveva cominciare le danze
senza di noi! – brontolò contrariato uscendo allo scoperto e correndo come un
pazzo verso una veranda aperta con Winter alle calcagna:
- Senti un po’, e adesso dove andiamo? – chiese guardandosi
attorno lungo un corridoio. La bionda spostò lo sguardo a destra e a sinistra,
da dove sbucarono un paio di gorilla che urlarono qualcosa al loro indirizzo:
- Propongo a destra! – fece sparando un paio di colpi e
avviandosi di corsa nella direzione prescelta:
- Concordo a pieni voti!! – rispose l’altro divertito.
Girato l’angolo si scontrarono con Madian:
- Ehilà!! Allora, trovato la tua bella? – Madian ignorò la
battuta fuori luogo e osservò il corridoio attento:
- No, non riesco a capire dove diavolo si sia cacciata… - in
quel momento alcune grida e una serie di spari al piano superiore attirarono la
loro attenzione: - Seguitemi! – fece slanciandosi verso le scale, mentre Mitja
e Winter gli coprivano le spalle:
- Però, spari bene! – commentò il biondino:
- Ne dubiti forse? Vuoi una prova? – fece lei infuriata:
- Oh no, le tue performance su questi simpatici scimmioni
sono più che sufficienti!! -.
Dopo una corsa interminabile arrivarono al primo piano e
quello che videro non piacque loro per niente: tre gorilla sparavano all’interno
di una stanza, due con una pistola semiautomatica e un altro, appena
sopraggiunto, con una mitraglietta:
- Buonasera signori! – fece Mitja allegramente, sparando a
tutto spiano e facendoli fuggire a gambe levate. Madian corse come un pazzo
dentro alla sala: il mobilio e le pareti erano crivellati di colpi, mentre in
un angolo un divano ribaltato serviva da barricata a qualcuno.
Si avvicinò lentamente, poi sentì un mugolio di dolore e
spostò il sofà: Haydée giaceva seduta, con la schiena appoggiata al muro, in
una pozza di sangue.
Lo guardò con occhi spenti senza riconoscerlo, tentando di
puntargli addosso la pistola ormai scarica:
- Tanto non mi avrete viva, bastardi! – disse con voce rauca
e appena percettibile, poi il braccio che sorreggeva l’arma scivolò a terra,
perdendo la presa sulla pistola, e i suoi occhi si chiusero.
Madian la prese tra le braccia prima che finisse distesa nel
suo stesso sangue, mentre il tempo attorno a lui sembrava essersi congelato:
- Haydée? – tentò di chiamarla delicatamente, togliendole il
passamontagna e accarezzandole il bel viso sinistramente terreo, ma lei non
rispose. Non può essere… è un
incubo…
Dietro di lui intanto arrivarono i due biondi. Mitja,
vedendo la ragazza tra le braccia del ladro, fraintese la situazione:
- Avanti ragazzi non c’è tempo per gli incontri romantici,
dobbiamo svignarcela di qui e alla svelta anche! – solo quando riuscì a
scorgere il viso di Haydée e sentì Winter trattenere un grido comprese la reale
gravità dei fatti: - Madian? – ma il ragazzo non rispose, continuava ad
accarezzare i capelli della bella mora, chiamandola sottovoce, incurante del
tempo che passava e del pericolo che correvano.
A quel punto il russo tirò fuori tutto il suo senso pratico,
per una volta: si inginocchiò accanto al ragazzo, gli alzò il viso e gli diede
una sonora sgridata, scrollandogli vigorosamente una spalla:
- Avanti Madian!! Dobbiamo andarcene e cercare un medico,
magari possiamo ancora salvarla se ci muoviamo!! – ma lui stesso non era certo
di quello che diceva. Tuttavia la sua cura sortì gli effetti desiderati. Madian
infatti si alzò, sempre stringendo il corpo inanimato di Haydée:
- Mitja fammi da apripista, tu invece Winter guardaci le
spalle. Sei abbastanza in gamba da occupartene meglio di quell’ubriacone del
tuo amico. Dobbiamo sbrigarci. – il russo fece un sospiro: questo era il Madian
che conosceva, serio e autoritario, un vero leader. Annuì soddisfatto, pregando
in cuor suo che la vita non avesse ancora abbandonato la bellissima ragazza tra
le braccia del suo amico. Poi impugnò saldamente la sua arma e, con un ultimo
sguardo di incoraggiamento a una mezzo sconvolta Winter si avviò deciso lungo
il corridoio.
Pochi minuti dopo erano nel parco della villa e fuggivano
sotto il fuoco nemico. Il russo non aveva ancora perso la sua verve:
- Maledetti musi gialli!! Giuro che tornerò, magari dentro a
un carro armato del caro zio Stalin, e allora sarete voi a fuggire,
nanerottoli!! – protestò indignato per tutti i proiettili che piovevano sulle
loro teste.
Stavano per essere raggiunti da alcuni scagnozzi del cinese
quando una moto entrò rombando frapponendosi fra loro e i loro inseguitori, il
motociclista infilò la mano sinistra sotto il giubbotto imbottito, ne estrasse
un paio di tubetti lunghi una quindicina di centimetri e strappandone la sicura
li lanciò tra le file nemiche.
I fumogeni servirono a coprire la loro fuga, così in breve
poterono raggiungere il fuoristrada di Madian e stendere Haydée sul sedile
posteriore. Il suo cuore pulsava ancora, ma troppo debolmente:
- Devo chiamare un’ambulanza! – esclamò Winter frugandosi
addosso con mani tremanti per trovare il cellulare. Mitja la bloccò:
- Fermati, non puoi chiamare un ospedale qualsiasi! -
- Perché?! – strillò lei. Il ragazzo tentò di farla
ragionare:
- Come perché! Vuoi rendere pubblica la vera attività della
tua amica? Hai idea di quanti commissari di polizia le danno la caccia?! E dopo
questo putiferio sarà ancora peggio di prima!! – sbraitò scotendola per le
spalle. Winter parve calmarsi:
- E allora che facciamo? – chiese debolmente volgendo lo
sguardo sugli altri due ragazzi. Arkel stava legando un laccio attorno alla
coscia della ragazza, Madian avevano individuato la ferita dalla quale
fuoriusciva tutto quel sangue e lui tentava così di frenarne il flusso. Nel
frattempo il loro capo si era appoggiato ad un albero con aria stravolta, i
vestiti sporchi del sangue della ragazza, e digitava un numero su un cellulare:
- Pronto… sono Madian, mandami l’eliambulanza col medico e
almeno due infermieri, immediatamente!
– ordinò in tono di comando. Poi infilò il cellulare in una tasca e si passò le
mani sul viso. I due ragazzi attesero che si riprendesse, e finalmente si
riscosse: - L’elicottero arriverà tra poco al solito posto, dobbiamo fare
presto e allontanarci il prima possibile da qui. –
- Respira malissimo, mi volete dire che le è successo? –
chiese Arkel osservando preoccupato il viso eccessivamente pallido della mora.
I due ragazzi scossero il capo:
- Che sappia io nulla: quando l’abbiamo trovata è svenuta, ma
per il troppo sangue perso, non capisco cosa… - il russo si bloccò sentendo
Winter dare in un’esclamazione. Immediatamente aprì il giubbotto della ragazza
e si mosse per alzare la maglia nera aderente:
- Che diavolo credi di fare?? – chiese Madian allarmato
vedendo che estraeva un coltellino:
- Guarda. – fece sollevando la stoffa perché potessero
vedere:
- Una fasciatura!?! – esclamarono stupiti:
- Esatto. Per passare per un uomo. – borbottò osservandola
con la fronte aggrottata. Era quella che le impediva di respirare liberamente,
era troppo stretta: - Voltatevi! – ordinò. I tre ragazzi obbedirono
imbarazzati, mentre Madian si spiegava perché quella notte del furto sul
grattacielo non aveva sentito “nulla” sotto i vestiti. Udirono l’inconfondibile
rumore di bende strappate, poi altri movimenti indistinti: - Ora potete
guardare. – disse la bionda.
Quando si volsero videro un paio di metri di fasciatura
strappata a terra, mentre Haydée era vestita come prima. Madian si avvicinò
immediatamente e poté ascoltare più nitidamente il respiro della ragazza:
- Grazie Winter. – disse di slancio guardandola con
gratitudine:
- Di nulla, ma ora è meglio che ci muoviamo. Non l’ho di
certo salvata. – fece cupa.
Immediatamente Mitja la fece salire nel sedile del
passeggero e prese posto al volante, mentre il moro riprese Haydée tra le
braccia, sfiorandole la fronte con le labbra. Arkel li guardò sorpreso:
- E Phénice? – chiese indignato:
- È a casa, a letto. Perché me lo chiedi? – Winter lo
guardava senza capire:
- Per il semplice motivo che quelli sono mafiosi veri e non
ci metteranno molto a trovare la vostra abitazione setacciando tutta la città!
A quel punto indovina un po’ con chi se la prenderanno? – sbraitò infuriato
calcandosi il casco sulla testa. Winter lo guardava ancora incredula di fronte
a tutta quella frenesia:
- Che hai intenzione di fare? – chiese Mitja:
- La vado a prendere, accidenti a voi!! Non può di certo
stare in quell’appartamento, almeno finché la questione non sarà completamente
risolta! – poi si rivolse a Madian: - Se per te va bene potremmo stare nella
villa di tuo padre, è meglio cambiare aria e andare il più lontano possibile da
questa città. – il ragazzo annuì distrattamente e Mitja riprese la parola:
- Benissimo, allora ci vediamo tutti alla villa. In bocca al
lupo! – fece innestando la prima e avviandosi rapidamente all’eliporto.
Arkel fece un cenno con la mano e partì sgommando. Corse per
le vie della città come un pazzo, ansioso solo di avere la rossa sotto la sua
protezione.
Capitolo 21 *** Bimba provocante o scocciatura colossale? ***
Bimba provocante o scocciatura colossale
Bimba provocante o scocciatura colossale?
Eliporto, notte fonda
Meno di mezzora dopo Mitja era arrivato all’eliporto e vide
in lontananza una lucetta nel cielo avvicinarsi rapidamente:
- Stanno arrivando. – disse rivolto a Madian. Non ottenendo
risposta si volse per controllare la situazione e lo vide intento a stringere
Haydée con la tenerezza di un innamorato. Gli sfuggì un sorriso divertito. Ci sei dentro fino al collo amico!
Infine smontarono proprio mentre l’elicottero atterrava. Ne
scesero due uomini con una lettiga e presero il corpo inanimato della ragazza
in consegna dal figlio del loro datore di lavoro. Madian salì sul velivolo
accanto a lei:
- Raggiungeteci alla villa in auto per favore, non abbiamo
posti sufficienti per tutti. – urlò per farsi sentire sopra al rumore delle
pale. Mitja gli fece un cenno affermativo e alzò una mano in segno di saluto,
mentre con l’altro braccio cingeva le spalle di Winter.
Quando infine l’elicottero prese il volo si volse a
guardarla: era sconvolta, probabilmente non si era mai trovata in una
situazione del genere, e sicuramente si stava colpevolizzando per non aver
raccontato ad Haydée tutta la storia del cinese. La riscosse dolcemente,
accarezzandole una guancia:
- Andiamo? – chiese con un sorriso. Lei annuì e si lasciò
guidare come un automa, troppo spossata per porre domande.
Ci pensò Mitja a darle tutte le informazioni del caso dopo
aver appurato che il silenzio tra loro pesava troppo:
- Dunque, come ti ho già accennato ci stiamo dirigendo alla
villa dei genitori di Madian. Devi sapere che suo padre è ricco sfondato,
faceva il ladro pure lui! Forse lo sai già, ma io te lo dico lo stesso: si
chiama Maximilian, e sua moglie si chiama Rachel. Sono persone squisite, vi
troverete benissimo con loro, vedrai! A proposito della casa, preparati a
rimanere letteralmente a bocca aperta: è una villa infinita, immersa nel verde,
e davanti hanno costruito una piscina olimpionica! – la osservò per vedere se
lo stava a sentire, ma Winter guardava fuori dal finestrino e sembrava non
ascoltarlo. Scosse le spalle e decise di continuare: - Abbiamo un bel tratto di
strada da fare, sono più di 250 km, ma il paesaggio che avrai davanti agli
occhi quando arriveremo ti ricompenserà!! È una villa incredibile, bianca, con
un ampio colonnato in stile coloniale. Inoltre a qualche centinaio di metri si
trova una spiaggia privata e un piccolo porto per le loro barche. Ti ho già
detto che sono ricchi come pascià? – cominciava a scoraggiarsi e a ripetersi di
fronte all’evidente stato di depressione della ragazza. Dopo alcuni istanti di
pausa però fu lei a rompere il silenzio:
- Quei medici – sussurrò – come mai sono arrivati così in
fretta? Chi sono? – Mitja le posò una mano su una gamba per confortarla,
facendole un sorriso rassicurante:
- Sono alle dipendenze di Maximilian. Non temere, sono
estremamente competenti. Scommetto un centone che la tua amica si è già ripresa
alla grande! – esclamò sdrammatizzando. Winter annuì leggermente sollevata, ma
ancora non era tranquilla:
- Mi dispiace Mitja… -
- E di cosa? – chiese lui perplesso:
- Di non averti detto prima che ero una ladra. Volevo solo
tenermi le mie cose per me, sai che non sono mai stata troppo espansiva, ma ora
mi è chiaro che farei meglio a non nascondere certe verità. – il ragazzo vide
una lacrima brillare sulla sua guancia. Accostò l’auto e le prese il viso tra
le mani:
- Ascoltami bene Winter, non hai nessuna colpa in quello che
è successo, e non devi scusarti per avermi tenuto nascosto la verità. Dopotutto
l’ho fatto anch’io! Per Haydée non devi preoccuparti, starà bene ne sono certo,
e allora ci penserà lei a prenderti a scapaccioni nel sedere, ok? – fece
sorridendo. La ragazza annuì sciogliendosi dalla sua stretta e soffiandosi
rumorosamente il naso: - Va un po’ meglio? – chiese gentilmente, sfiorandole i
capelli biondi in disordine. Lo notò e non poté fare a meno di trattenere una
battuta: - Con quella pettinatura però rischi di spaventarla la tua amica
quando arriveremo! – sghignazzò ripartendo con una sgommata. Winter gli diede
un colpetto sulla spalla, ma era più un ringraziamento per le parole di
conforto che una sberla indignata.
~~~~~
Nel centro della città, ancora a notte fonda
Una volta giunto alla palazzina Arkel entrò con le chiavi
che la stessa Winter gli aveva dato.
Vagabondò per l’appartamento immerso nel buio e aprì tre
porte. Una era quella del bagno, mentre le altre due erano camere da letto
vuote. Al quarto tentativo trovò quello che cercava.
Phénice era profondamente addormentata: visto il caldo
dormiva scoperta e indossava un baby-doll rosa, composto di canottierina e
culottes. Arkel la osservò imbambolato per alcuni istanti, deglutendo a vuoto e
tentando disperatamente di distogliere lo sguardo dai seni sodi che si alzavano
e abbassavano al ritmo del suo respiro regolare.
Alla fine riuscì ad allungare una mano e a coprirla con un
lenzuolo, almeno per rendere il suo risveglio meno imbarazzante. Infine le
sfiorò delicatamente i capelli con la punta delle dita, sussurrando il suo
nome.
Phénice mugugnò qualcosa nel sonno e si girò, riprendendo a
dormire indisturbata. Il ragazzo si spazientì e decise di passare alle maniere
forti. Individuò l’interruttore e accese la luce:
- Mmmh… Lasciami dormire! – brontolò la ragazza pochi
istanti dopo:
- Spiacente ragazzina ma non posso. Ci aspetta un viaggio in
moto piuttosto lungo e tu faresti meglio a lavarti il viso e a infilarti una
tuta da motociclista. – fece perentorio incrociando le braccia. Vide la ragazza
alzarsi di scatto, guardarlo con gli occhi sbarrati, coprirsi fino al mento col
lenzuolo e spalancare la bocca per lanciare un acuto da far crepare i vetri del
vicinato.
Con notevole prontezza di riflessi, e di spirito, Arkel le
tappò la bocca appena in tempo per evitare il disastro, facendole segno di
tacere con un dito:
- Calmati bimba!! Sono Arkel, dannazione, non mi riconosci?
– sibilò scocciato. Dopo alcuni istanti di smarrimento lei fece segno di sì e
la lasciò andare:
- Che succede? Che ci fai qui? – chiese tremante:
- Le tue amiche hanno combinato un pasticcio e le stanno
portando al sicuro. Se ci tieni alla pelle dovresti seguirmi senza troppe
storie. – borbottò prestando attenzione per un attimo ai rumori che provenivano
dalla strada. La ragazza però rimase immobile e lui sbuffò: - Beh? Che diavolo
stai aspettando?? – chiese esasperato:
- Che ti volti!! – strillò lei indignata, avvampando fino
alla radice dei capelli. Arkel la guardò per un istante con la bocca aperta,
poi si volse con un grugnito e uscì dalla stanza, lasciando la porta socchiusa.
Attese per quella che gli parve un’eternità, ma che in realtà non erano stati
che pochi minuti, e intanto aveva risposto alle domande della ragazza, anche se
piuttosto vagamente:
- Muoviti ragazzina, non abbiamo tutta la notte! – in quel
momento Phénice emerse dalla sua stanza con addosso una tuta imbottita e un
casco sottobraccio:
- Mi perdoni altezza, ma dovrei anche lavarmi il viso! –
protestò piantandogli il casco tra le braccia e allontanandosi per raggiungere
il bagno: - E comunque non sono né una bimba né una ragazzina!! – precisò
infuriata. Lui ridacchiò:
- Sì certo, come no! A 18 anni siete donne ormai, vero? –
una testa riccioluta sbucò dal bagno:
- Ma quali 18! Ho 24 anni compiuti da mesi!! E se il tuo era
un complimento, non mi è piaciuto!! – sbraitò offesa sparendo di nuovo alla
vista. Arkel boccheggiò per la seconda volta nel giro di un quarto d’ora. 24?!?? La ragazzina ha 24 anni??! Ma
allora non è così ragazzina…
Quando realizzò appieno cosa comportava il fatto che non era
poi così giovane rispetto a lui si diede mentalmente del maniaco. Maledizione, non sono più un 16enne
arrapato che si fa i filmini osé in testa!! Riprenditi Arkel!!
Quando qualche minuto dopo Phénice uscì dal bagno lui aveva
ripreso il controllo di sé. Più o meno.
Le porse il casco e la precedette lungo le scale, poi la
aiutò a montare sulla moto ordinandole di tenersi salda:
- Perché la tua amichetta non è la sola a sapere il fatto
suo sulle due ruote! – borbottò con l’orgoglio ancora vilipeso da quella volta
in pista. La rossa ridacchiò:
- Sì, come no! Haydée è la migliore e faresti meglio a
ficcartelo nella testa anche tu! -
- Vedremo! – sibilò l’altro a denti stretti, dimenticando
immediatamente i suoi propositi omicidi quando sentì il seno della rossa
premere contro la schiena. Questa
ragazza è un attacco in piena regola alla mia virtù!
Quando un’ora più tardi fecero una sosta Phénice faticò ad
alzarsi dal sellino:
- Perché diamine non ci mettono un po’ più di spugna su quei
cosi?!? La mia schiena rimarrà bloccata per una settimana!! – protestò
indignata, muovendosi con l’eleganza di un’anatra. Arkel la guardò divertito:
- Non mi venire a dire che non ti sei mai seduta prima su un
sellino del genere!! Che diavolo te ne fai allora di quella tuta? – la
punzecchiò sghignazzando. La ragazza lo fulminò:
- Non sarebbero affari tuoi, ma per tua informazione io non
ho mai fatto più di un’ora filata seduta su quel coso!! – esclamò additando
indignata il retro della moto: - E questa tuta me l’ha regalata Haydée per
spronarmi a provare l’ebbrezza della velocità, con scarsi risultati, lo
ammetto. Senti, sa ancora di nuovo! – fece allungandogli un braccio per farlo
annusare:
- Ah, non ne dubito… allora facciamo così: ogni volta che
senti di essere troppo stanca per proseguire faremo una pausa, accentuerai la stretta
attorno alla mia vita e io mi fermerò alla prima piazzola libera. D’accordo? –
la ragazza annuì soddisfatta:
- Ci sto!! – cinguettò terminando di sgranchirsi le gambe e
infilandosi nuovamente il casco.
Ripartirono poco dopo, ma dopo meno di 5 km Arkel fu
costretto a fermarsi di botto.
Si tolse il casco respirando a fatica, mentre la ragazza si
era già catapultata giù dalla moto:
- Ma dico, ti ha dato di volta il cervello?! – sbraitò
infuriato alzandosi e sovrastandola minaccioso in tutta la sua mole: - Ti ho
detto di accentuare la stretta, non di farmi sputare lo stomaco!! – Phénice non
sembrava minimamente impressionata:
- Devo andare al bagno! – protestò lei. Il ragazzo sbuffò,
facendo sforzi inumani per mantenere la calma:
- Allora prego: quel cespuglio dovrebbe andare bene. – disse
indicando una macchia poco distante dalla strada. La ragazza spalancò gli
occhi:
- Io non la faccio dietro a un cespuglio come una
selvaggia!! Esigo un bagno! – fece indignata incrociando le braccia. Arkel
credette di esplodere:
- Non ho mai trovato una femmina più insolente, viziata e
dispettosa di te!! – sbraitò ormai fuori dai gangheri:
- E io non ho mai conosciuto uno più bisbetico, antipatico
e… brutto di te!!! – quell’ultima offesa lo disarmò completamente:
- Brutto? – chiese incerto. Phénice ci pensò su un secondo,
lei non lo trovava affatto brutto, anzi dovette convenire che era veramente un
gran bel pezzo di ragazzo, soprattutto per quegli occhi così strani, ma in quel
momento non lo avrebbe ammesso neanche sotto tortura:
- Di più: sei sgraziato e abominevole!! – Arkel la osservò
con un’espressione che lei non riuscì a decifrare, poi tornò ad indossare il
casco e si mise in arcione alla moto: - C-che fai? -
- Sali, cerchiamo una stazione di servizio. – rispose lui in
un borbottio sommesso. Phénice annuì obbedendo, leggermente dispiaciuta per
quello che gli aveva appena detto. Oh,
al diavolo!! Lui non fa che prendermi in giro e trattarmi come una stupida!
Arkel era immerso in pensieri analoghi. Altro che attentato alla mia virtù,
questa è una scocciatura colossale! E io che mi sono lasciato imbambolare dal
telaio… Insensato! Ma figo, checché ne dica questa… questa!
~~~~~
Un paio d’ore (e una ventina di soste) dopo
Quando Arkel imbucò uno stretto viottolo di terra battuta si
sentì stringere lo stomaco a più non posso e si fermò immediatamente, giusto
per istinto di sopravvivenza:
- Allora, che c’è adesso. – lui e la ragazza avevano
stabilito una tregua un paio di soste prima. Visto che dovevano stare a così
stretto contatto ancora per un po’ era meglio evitare di strapparsi i capelli a
vicenda, almeno per ora. Phénice si tolse il casco e scosse vigorosamente i
suoi poveri ricci appiattiti:
- Sei sicuro che la strada sia questa? Mi avevi detto che
era una villa vicino al mare e io qui non vedo mare! – fece puntigliosa
guardandosi attorno: si trovavano nel bel mezzo di un bosco fittissimo,
all’ombra dell’inizio di una bassa catena montuosa. Arkel sospirò stanco:
- Sempre così puntigliosa bimba? Certo che sono sicuro, ho
fatto questa strada più di una decina di volte e sono certo che alla fine
sbucheremo in una baia che, Dio volendo, ti toglierà il fiato anche per
protestare. Vogliamo muoverci? Ho fretta di fare una doccia. – la ragazza
incrociò le braccia sotto il seno:
- Cosa ti fa credere che io voglia fare anche solo un altro
metro seduta su quella specie di bauletto?? – Arkel si sedette sulla moto,
incrociò le braccia sul manubrio e vi appoggiò la testa sbuffando stancamente e
rispondendo con voce arrochita dallo sfinimento:
- Fammi solo questo piccolo favore Phénice, poi ti giuro che
ti lascerò in pace per tutto il tuo soggiorno in quella casa, ma ora, ti prego…
- non riuscì a finire: sentì alcune dita sottili e calde sfiorargli
delicatamente i capelli e scendere fino alla nuca. Quando alzò il viso la
ragazza lo guardava con un sorrisino dolce e prese a sfiorargli anche la
fronte. Possibile che sia sempre
la stessa creatura insopportabile di pochi istanti fa?
- Hai mal di testa? – chiese con una vocetta da bambina innocente.
Arkel annuì incantato, ricordando cosa lo aveva colpito così profondamente di
lei: quella sua naturale purezza: - Mi spiace, devo avertelo fatto venire io!
Me lo dice sempre anche Haydée che sono una terribile scocciatrice, e per
giunta incontentabile! – il suo viso divenne improvvisamente triste e ritrasse
la mano con enorme dispiacere del ragazzo: - Spero che stiano bene. Poi mi
spiegate cos’è successo, vero? – chiese con un tremolio nella voce che lo
sciolse. Annuì nuovamente, senza soffermarsi a pensare che non aveva nessuna
voglia di raccontare i fatti della mora e di Winter alla ragazza. Ma quel
problema poteva aspettare ancora un po’: allungò una mano e aiutò la rossa a
issarsi sul sellino.
Le strinse affettuosamente un ginocchio, come a infonderle
coraggio, poi si mise il casco e ripartirono lentamente.
Ora finalmente aveva capito cosa l’aveva resa così scontrosa
e rompiscatole: aveva intuito che era successo qualcosa di grave e aveva
reagito furiosamente, prendendosela col primo malcapitato, cioè lui! Comunque
sia aveva avuto la prova che la ragazza che lui aveva cominciato ad osservare
con interesse era dolce e gentile, una che sicuramente sarebbe riuscita a
tirare fuori il lato migliore di lui.
Phénice si era stretta a lui con gratitudine: quella leggera
stretta al ginocchio era stata come una risposta al suo gesto di pace, e anche
un conforto. Da quando l’aveva svegliata, alcune ore prima, aveva avuto
un’orribile sensazione, confermata dallo sguardo velatamente preoccupato che
gli aveva visto poco prima.
L’alba era passata da un pezzo, ormai la luce aveva invaso
anche la boscaglia attorno a loro, e d’un tratto divenne accecante.
Quando riuscì ad aprire gli occhi non riuscì a capacitarsi
di essere veramente sveglia e che quello davanti a lei non era un sogno: in
un’insenatura naturale stava perfettamente incastonata una villa degna di
essere confrontata con la Casa Bianca di Washington. Interamente bianca, con le
imposte delle grandi finestre verde scuro, era una delle più belle abitazioni che
la ragazza avesse mai visto. L’alto colonnato ombreggiava una luminosa veranda
che si immetteva con uno stretto viottolo nel giardino meravigliosamente
curato, con tanto di piscina privata. Volgendo lo sguardo alla sua sinistra
scorse il mare, distante poco meno di 4-500 metri, e un piccolo porticciolo
semi-nascosto dagli alberi rigogliosi. Tutto attorno le montagne:
- Wow… - mormorò ruotando lentamente su sé stessa come una
trottola. Quando posò lo sguardo su Arkel si accorse che la guardava con un
sorrisetto carino che non gli aveva ancora visto:
- Ero sicuro che saresti rimasta senza parole! – ridacchiò
ancora in arcione alla moto. Phénice si avvicinò con occhi brillanti:
- Avevi ragione, è bellissimo qui!! Ora posso sapere dove
sono le mie coinquiline? – chiese con aria preoccupata. Arkel si guardò
attorno.
Nello spiazzo di fronte alla casa c’era il fuoristrada di
Madian, e certamente anche l’elicottero era arrivato da tempo:
- Entriamo. – fece cupo abbandonando il motociclo e
conducendola all’imponente ingresso.
Arkel prese il batacchio e bussò ripetutamente con una certa
forza. Allo sguardo interrogativo della ragazza si giustificò:
- La casa è grande, spesso non sentono. – lei tornò ad
osservare la porta e lui notò che si contorceva le mani, segno che immaginava
che c’era qualcosa che non andava. Non
devo essere molto rassicurante…
Venne distolto dai suoi pensieri dal rumore di passi
affrettati proveniente dall’interno. Immediatamente la porta si spalancò
rivelando una donna di mezza età, castana e con due luminosi occhi azzurri,
ancora estremamente affascinante, con l’aria di chi sta faticando per non
apparire stravolta:
- Arkel, finalmente siete arrivati!! Tu devi essere la dolce
Phénice, giusto? – ma non attese la risposta e preferì prenderla tra le braccia
di slancio: - Oh, cara, ti aspettavamo! E tu, scavezzacollo che non sei altro,
non potevi fare un po’ prima?! – Arkel ebbe appena il tempo di allargare le
braccia e stringersi nelle spalle in segno di impotenza che la donna aveva già
distolto l’attenzione da lui: - Ma che sbadata, non mi sono presentata!! Sai,
con tutto quello che abbiamo saputo… Comunque io sono Rachel, la mamma di
Madian, e tu sei la benvenuta! – fece con un sorriso sincero, interrompendo il
suo fiume di parole:
- P-piacere signora, Phénice Adler… - mormorò la giovane
confusa, seguendo la donna lungo un corridoio lastricato di marmo bianco:
- Lo so cara, non hai bisogno di presentarti! Mitja mi ha
già raccontato tutto quello che sa di te! Sogni di dirigere un museo, giusto? –
la ragazza annuì, chiedendosi come aveva estrapolato al ragazzo
quell’informazione che lei stessa aveva dimenticato di avergli dato. Forse
Winter…: - Ma è meraviglioso!! Allora uno di questi giorni devi darmi la tua
opinione sul quadro che starebbe meglio nella nostra sala da pranzo. Io sono
dell’idea che una riproduzione dell’“Ultima Cena” di Leonardo da Vinci sarebbe
perfetta, ma mio marito la trova di cattivo augurio e preferirebbe “La
Creazione”, sai quella porzione della Cappella Sistina di Michelangelo… Ma
dico, cosa c’entra la creazione di Adamo con i pranzi che si consumano?! Che
idea bislacca, non trovi? – proseguì mentre la ragazza aveva perso
completamente il senso dell’orientamento: - Siamo arrivati! Mi raccomando fate
silenzio, i dottori sono ancora dentro. – fece abbassando delicatamente la
maniglia di una delle tante porte in rovere massiccio. Phénice si volse
allarmata verso il ragazzo:
- Dottori?! – chiese con voce appena percettibile. La faccia
scura di Arkel non la risollevò di certo. Un attimo dopo si ritrovò in una
saletta d’aspetto e gli occupanti si volsero al loro ingresso. Winter sgranò
gli occhi e le corse incontro abbracciandola:
- Finalmente sei arrivata! – le sussurrò in un orecchio.
Phénice si guardò attorno smarrita, poi vide Mitja avvicinarsi e liberarla
dallo strano abbraccio della bionda:
- Ciao Phénice, come va? – il ragazzo non attese la sua
risposta: - Dobbiamo darti una buona e una cattiva notizia… - cominciò
cautamente, ma venne interrotto da un uomo che si frappose tra loro:
- Aspetta Mitja, non vedi quant’è sconvolta? – poi si
rivolse a lei con un sorriso rassicurante: - Ciao, io sono Maximilian McKaye,
il padre di Madian. Benvenuta nella mia casa! – fece stritolandole cordialmente
una mano. La rossa lo guardò: era un bell’uomo di mezza età, i capelli castano
scuro sfumati di grigio sulle tempie gli conferivano maggior fascino ed
esaltavano il brillio dei suoi occhi castani. Sorrise di rimando:
- La ringrazio. Io sono Phénice Adler e… mi scusi, ma non ci
sto capendo niente! – l’uomo allargò il sorriso:
- È naturale! Coraggio, siediti. – fece indicandole una
comoda poltrona in pelle dietro ad una scrivania. Si sedette e Maximilian prese
un’altra sedia sedendole di fronte. Nel frattempo ebbe modo di notare anche
l’ultimo occupante della sala: Madian sedeva in un angolo, la testa fra le mani
e il viso nascosto dai capelli spettinati. Aveva la maglia e i pantaloni scuri
macchiati di sangue e si chiese perché, se era ferito, non lo aiutavano. L’uomo
richiamò la sua attenzione:
- Sono successe un po’ di cose da ieri sera a questa parte,
e io non posso nemmeno dirtele tutte, ma è necessario che tu abbia una
spiegazione, o almeno le notizie di cui parlava Mitja. – Phénice si fece più
attenta: - Per motivi che non sta a me spiegarti, Haydée è entrata nella villa
in affitto della moglie di un mafioso cinese. Naturalmente non sapeva che si
trattava di un mafioso, ma questo non cambia il fatto che era sola e che gli
uomini agli ordini di questo cinese, di nome Chung, l’hanno scoperta e hanno
iniziato una sparatoria. Poco dopo sono arrivati anche Winter e i ragazzi e
sono riusciti a trovarla e a portarla in salvo. – prese fiato, mentre la
ragazza sgranava sempre più gli occhi: - Purtroppo la tua amica è stata ferita
ad una gamba ed ora si trova nella stanza accanto a questa… - fece indicando
una porta bianca: - …dove alcuni medici e infermieri di mia fiducia l’hanno
operata e la tengono ancora sotto osservazione. – l’uomo sospirò e Rachel le
porse un fazzoletto perché la ragazza si asciugasse le lacrime che avevano
preso a scendere silenziose. Dopo un’eternità riuscì a chiedere:
- Come sta? – con voce tremante e appena percettibile:
- Non lo sappiamo con precisione, ma i medici sono fiduciosi
e credono che se la caverà. – disse la donna rassicurante. Phénice alzò
sull’uomo uno sguardo avido di particolari:
- Ha perso molto sangue, la pallottola che l’ha colpita ha
sfiorato l’arteria femorale e c’è mancato poco che morisse dissanguata. L’hanno
portata qui con l’eliambulanza e hanno dovuto farle una trasfusione quando
erano ancora in volo. -
- Ma non sapete il suo gruppo sanguigno! – protestò
singhiozzando volgendo lo sguardo sui presenti:
- È vero, ma Madian è di gruppo “0” quindi è tutto a posto.
– la ragazza annuì e tornò ad abbassare il capo. Dopo un po’ sentì un braccio
circondarle teneramente le spalle:
- Non piangere. – borbottò serio il ragazzo, e sembrava
vagamente imbarazzato. Forse non era pratico nel consolare le persone, pensò
lei:
- Ci proverò Arkel. –gli fece un sorriso triste poi volse lo
sguardo sulla porta bianca e proseguì la sua attesa insieme agli altri.
Dopo un tempo indefinito la porta si aprì e tutti alzarono
lo sguardo, ansiosi di avere notizie della giovane:
- Allora, come sta? – chiese Maximilian. Suo figlio per la
prima volta aveva alzato il capo rivelando un viso stravolto. Winter aveva
spiegato alla rossa che il sangue che aveva sui vestiti era di Haydée, e che
era stato lui a portarla via da quell’inferno. Il medico sospirò:
- La situazione si è stabilizzata, ha reagito bene alle
trasfusioni e non è più in pericolo di vita. Tuttavia… - tutti trattennero il
fiato – …non accenna a volersi svegliare. – Phénice si coprì la bocca con una
mano per non urlare mentre Madian afferrava il dottore per i lembi del camice
immacolato:
- Non è… non… - balbettò con voce rauca. Il medico scosse il
capo:
- No, certo che no. Non è in coma, stai tranquillo. Sono
certo che si tratti semplicemente di uno stato confusionale, o meglio la
reazione a uno shock. Dopotutto stava per rimanere dissanguata, non è facile
riprendere le funzioni vitali dopo di ciò. Ritenetevi fortunati che le sue
funzioni vitali e celebrali non hanno subito alcun danno. – il ragazzo lo
strinse più forte:
- Posso vederla? – chiese in un sussurro. Il medico annuì:
- Certo, ma non farla agitare. Potrebbe sentirti. – fece
posandogli un braccio su una spalla e accompagnandolo dentro. Phénice ebbe un
piccolo sussulto che non sfuggì al dottore:
- Poi potrete entrare anche voi, pochi per volta. – dopodiché
richiuse la porta alle sue spalle.
Madian impiegò qualche istante per abituare gli occhi alla
semi-oscurità, poi riuscì a distinguere nettamente una figura adagiata sul
letto candido, circondata da macchine e tubicini. Si avvicinò con cautela, producendo
il minimo rumore: le controllavano la respirazione, il trasfusore era ancora
infilato nel suo braccio e una macchina emetteva un “bip” regolare, segno che
il cuore pulsava normalmente.
Si sedette pesantemente su una sedia e continuò a guardarla
come in sogno.
L’ultima volta che l’aveva vista era piena di energia e lo
aveva battuto come un pivello in combattimento, sul grattacielo più alto della
città. Poi era fuggita in deltaplano e da allora non l’aveva più vista.
Inconsciamente si toccò lo zigomo destro, ormai sgonfio, ma che fino a un paio
di giorni prima era violaceo e doloroso anche solo da sfiorare.
Allungò una mano e prese quella sottile di lei, abbandonata
sulle lenzuola candide:
- Haydée… - mormorò in un soffio. Nessuna reazione: -
Haydée! – chiamò un po’ più forte, ma lei seguitava a rimanere immobile.
Un’improvvisa scarica elettrica di rabbia lo percorse. Perché diavolo non sono arrivato 5 minuti prima?!!
Si alzò di scatto e corse furiosamente fuori dalla stanza.
Non poteva vederla così, non era naturale, non ci riusciva!
Passò tra gli altri in anticamera e svanì lungo il
corridoio, inseguito dai richiami di sua madre. Non vi prestò alcuna
attenzione, voleva stare solo accidenti!
Prese le scale e salì al primo piano, dirigendosi rapido
alla porticina in fondo al corridoio. La spalancò e si piegò per entrare in un
antro buio; senza accedere luci salì per una scaletta a chiocciola e alla fine
spalancò una botola sopra la sua testa. Un istante dopo si trovava in un
terrazzino nascosto sul tetto della casa, poteva vedere il mare e le montagne
dietro di lui ed era il suo angolo preferito della casa perché poteva stare
solo con i suoi pensieri.
Amava trovarsi solo a riflettere, e quello era precisamente
uno di quei momenti.
Aveva bisogno di pensare a sé stesso, ai suoi sentimenti e…
ad Haydée, che giaceva profondamente addormentata in un letto nella casa dei
suoi genitori. Haydée che aveva sfiorato la morte e che solo lui con il suo
sangue aveva potuto salvare.
Per un attimo sentì la testa girare a causa del sangue che
gli avevano prelevato, così si appoggiò al muro e scivolò seduto a terra,
spaziando con lo sguardo sul mare e sulla bellissima giornata di sole già
inoltrata davanti a lui.
Chissà se ad Haydée sarebbe piaciuto quel posto…
~~~~~
Un’ora dopo
Phénice era seduta su un divano nell’immenso salotto della
villa. Non aveva notato i quadri meravigliosi e i mobili di perfetta fattura
che la circondavano. Non aveva nemmeno visto la riproduzione de “Il bacio” di
Francesco Hayez, uno dei suoi quadri preferiti.
Arkel entrò in quel momento e rimase sulla soglia ad
osservarla.
Era affranta, evidentemente triste e preoccupata per la sua
amica, così decise di tentare di distoglierla da quei pensieri lugubri:
- Allora, devi avvertire qualcuno che ti trovi qui? – disse
facendola sussultare:
- Non ti avevo sentito! – si scusò, poi tornò a guardarsi le
mani: - Devo avvertire i miei, il prof. Rubens all’università, qualche amica…
ah, anche Selim! – a quel nome Arkel aggrottò le sopracciglia:
- Capisco. Se hai bisogno di un telefono Rachel ha detto che
puoi usare quello nello studio, è la stanza di fronte a questa. – Phénice annuì
distrattamente e lui fece per allontanarsi sconfitto:
- Arkel! – disse bloccandolo sull’uscio: - Credi che starà
bene? – il ragazzo avvertì un leggero tremolio nella sua voce e si affrettò a
fare marcia indietro.
Si sedette accanto a lei, appoggiando i gomiti sulle
ginocchia, poi la guardò:
- Ne sono sicuro. – disse serio:
- Come fai ad esserne così certo? Insomma, cosa ti dice che
si sveglierà? – volle sapere guardandolo negli occhi. Lui vagò con lo sguardo
per non annegare nelle sue iridi verdi e si strinse nelle spalle:
- Non so… è una sensazione. La tua amica non ha nessuna
intenzione di passare il resto dei suoi giorni dormendo, ne sono più che certo!
– ridacchiò pensando alla collana e al diadema che si erano lasciati soffiare
la settimana prima:
- Tu sai perché è entrata nella villa di quel… mafioso? –
chiese titubante. A quel puntò non poté non guardarla. Annuì impercettibilmente:
- Sì, ma non posso spiegartelo. Deve essere lei a dirtelo, e
lo farà non appena si sarà ripresa. -
- Me lo prometti? – lui inarcò un sopracciglio:
- Cosa? -
- Che si sveglierà e mi dirà tutto? – Arkel alzò un angolo
della bocca in un sorrisetto scanzonato:
- Fattelo promettere da Madian, è lui ad essere perso per la
tua amica! – Phénice spalancò la bocca:
- SUL SERIO?!??
-
~~~~~
Nel giardino
- È tutta colpa mia, maledizione!! – sbraitò la bionda per
l’ennesima volta. Mitja sbuffò, stanco delle paturnie mentali della ragazza:
- Piantala o un bel bagno in piscina fuori programma non te
lo leva nessuno! – borbottò:
- Non capisci, sono stata io a mandarla dritta in braccio a
Chung!! – una voce profonda alle sue spalle la fece trasalire:
- Non serve a nulla che continui a colpevolizzarti. Lo sai
bene, indietro non si torna. – Maximilian la guardava serio:
- E allora cosa dovrei fare? – chiese acida:
- Dimenticare quello che è stato e stare accanto alla tua
amica. Le sarai sicuramente più di aiuto che non stressando all’inverosimile
questo povero ragazzo! – Mitja annuì completamente d’accordo. Finalmente la
ragazza si convinse e sospirò:
- Avete ragione, cercherò di aiutare lei e Phénice… -
mormorò abbandonandosi su una delle sedie sotto il gazebo accanto alla piscina.
McKaye sospirò rilassato:
- E ora coraggio: se vogliamo aiutarla dobbiamo essere in
forze, quindi tutti a pranzo! – fece ostentando allegria e trascinandoli in
sala da pranzo dove Rachel, Phénice e Arkel li aspettavano.
La donna guardò il marito preoccupata:
- Madian? – lui non rispose, si limitò a lanciare uno
sguardo al soffitto. Lei sospirò:
- Vado a cercarlo. – fece allontanandosi.
Phénice nel frattempo si era incantata a guardare un
orologio:
- Che c’è? – le chiese Winter:
- Hai visto? È mezzogiorno e mezzo… - mormorò svanita:
- Sì, e allora? -
- Niente. Solo mi sembra incredibile che a quest’ora siano
già successe così tante cose… -.
Intanto al piano superiore Rachel aveva visto la porticina
del terrazzino socchiusa e salì facendo attenzione a non scivolare.
Quando arrivò in cima rimase qualche istante a guardare il
profilo del ragazzo.
Non ricordava di averlo mai visto così triste e assorto nei
suoi pensieri:
- Madian? – chiamò dolcemente. Il ragazzo si volse e le fece
un piccolo sorriso:
- Ciao ma’. – mormorò con voce stanca:
- Ti va di venire a pranzo? – lui scosse il capo e tornò a
guardare il mare: - Senti Madian, non riuscirai ad aiutarla se non mangi
qualcosa… - lui la interruppe bruscamente:
- Ti dico che non mi va. – la donna annuì:
- D’accordo. Ma se dovessi cambiare idea… -
- So dov’è la cucina, grazie. – il ragazzo le sorrise, così
si decise a lasciarlo solo.
Incontrò suo marito lungo il corridoio:
- Non l’ho mai visto così Max, che gli sta succedendo? –
l’uomo rise sommessamente e la rassicurò, ma lanciò un’occhiata in direzione
della porticina. Come faccio a
spiegarle che c’è un’altra, e stavolta sul serio?
~~~~~
Quando qualche ora dopo Rachel entrò nella loro infermeria
privata e trovò un biglietto attaccato alla porta:
Non disturbare
Sorrise tra sé: avrebbe riconosciuto la calligrafia di suo
figlio ovunque! Così si allontanò senza fare alcun rumore e lo lasciò solo con
la bella mora.
Madian era seduto sulla sedia a cavalcioni, con le braccia e
il viso appoggiati allo schienale, e osservava attentamente il viso di Haydée.
Allungò una mano per scostarle una ciocca di capelli dal
collo e se la fece scorrere tra le dita delicatamente:
- Devi svegliarti Haydée… non vorrai ritirarti proprio sul
più bello dalla nostra competizione tra ladri. – sussurrò soprappensiero
alzandosi e prendendo la poltrona dalla camera accanto. La portò accanto al
letto e prese la mano interte della ragazza tra le sue: - E poi devo ancora
conoscerti e conquistarti, non mi piace lasciare un lavoro a metà. – le strinse
le dita sottili, poi chiuse gli occhi a sua volta e tentò di rilassarsi:
- Haydée… - mormorò in un soffio prima di scivolare nel
sonno, insieme a lei.
Phénice si stiracchiò languidamente ancora con gli occhi
chiusi e allungò una mano per prendere la sveglia sul comodino.
Tastò nel vuoto per un po’ prima di decidersi ad aprire gli
occhi. A quel punto si tirò a sedere di scatto, mentre un vago senso di
smarrimento si diffondeva nella sua testa.
La stanza era molto carina, il letto a baldacchino un amore
e le tende leggere e svolazzanti le adorava già! Però non era casa sua… ricordò
perché era lì e per poco non le scappò una frignata storica. Haydée stava male,
non si era ancora svegliata da quella specie di sonno artificiale!
Scorse più attentamente la camera per distogliere la mente
da quei pensieri troppo tristi e vide una serie di pacchetti sulla scrivania in
un angolo.
Presa dalla curiosità si alzò e andò a dare un’occhiata:
trovò un costume da bagno e un cambio di biancheria, una gonna con canottiera e
un paio di ciabattine coordinate. Poi altri effetti personali vari, come uno
spazzolino da denti, alcuni trucchi e altre cosette. In quella la porta si
spalancò ed entrò Winter:
- Hanno preso vestiti e tutto il resto anche a te? – fece
guardandosi attorno:
- Sì… credi che dovremmo accettare? – l’altra si strinse
nelle spalle:
- Abbiamo un’alternativa? -
- Potremmo andarci a prendere qualcosa noi… - la bionda
annuì:
- Mi pare di aver sentito che a una mezzora in auto dovremmo
trovare un piccolo centro, Mitja nominava una certa East Port. Vuoi andarci? – la rossa
annuì:
- Certamente… dobbiamo prendere qualcosa anche per Haydée in
ogni caso… - mormorò rattristata. Winter annuì incupendosi:
- Ne parleremo con Rachel a colazione, vestiti e passa a
chiamarmi, la mia camera è dopo la tua sulla sinistra. – fece uscendo.
Non erano passati che pochi minuti quando una scarica di
colpi contro la porta la fece trasalire:
- Sveglia Phénice, anche tu Winter!! Grandi notizie,
muovetevi a scendere! – era Mitja che urlava come un pazzo. Quando aprì la
porta per chiedergli spiegazioni era già svanito e lungo il corridoio rimaneva
solo Winter, ancora più scapigliata di lei. La guardò con occhi sbarrati:
- Che sia… - bisbigliò incredula. Per tutta risposta la
ladra si fiondò nella sua stanza e ne uscì poco dopo perfettamente vestita:
- Andiamo. – ordinò seria. Phénice la seguì e insieme si diressero
all’infermeria.
La porta era aperta ed entrarono nella sala d’attesa:
- Entrate ragazze! – Rachel aveva le lacrime agli occhi. Una
volta nella stanza della ferita la videro litigare col dottore. Era ancora
troppo pallida e faticava anche a parlare, ma la verve era immutata:
- Ho detto che non me ne faccio nulla della mascherina per
l’ossigeno, ve lo volete ficcare in quella testa che mi sento bene?! – la rossa
prese a piangere come una fontana:
- Haydée!! – urlò gettandosi sul letto e abbracciandola con
forza insospettabile. La mora sorrise:
- Ciao Phénice, come stai? – la ragazza la guardò
strabiliata:
- Io come sto… tu come stai!! Non ti volevi svegliare, non
sai quanto siamo state in pensiero!! – ribatté affondando il viso nel lenzuolo
bianco. Haydée alzò lo sguardo sulla bionda:
- Winter… -
- Haydée… - fecero quasi non si conoscessero, ma gli occhi
della bionda brillavano per il sollievo. Le due sul letto continuarono a
ciarlare di cose inutili e Winter ebbe modo di guardarsi attorno. C’era la poltrona
della sala d’aspetto in un angolo, con sopra una coperta in disordine, e
dietro, negligentemente appoggiato al muro, si trovava Madian. Il suo viso dava
segni di stanchezza, indice che probabilmente aveva passato la notte in bianco,
ma i suoi occhi erano scintillanti di felicità:
- Allora, piaciuta la sorpresa? – Mitja era entrato dietro
di lei:
- Direi di sì. Quando si è svegliata? – a quel punto
intervenne il dottore:
- Poco meno di un’ora fa, dovrei ancora visitarla per
saperne di più… - brontolò innervosito per quell’invasione:
- Avanti ragazzini, uscite tutti e lasciatelo lavorare! –
Arkel era entrato ridacchiando e sollevando di peso Phénice dal letto:
- Ci vediamo dopo. – fece la mora sorridendo.
~~~~~
Lunedì pomeriggio
Haydée stava abbastanza bene, nonostante tutto, ma doveva
rimanere ancora sotto osservazione e fu costretta ad aspettare per trasferirsi
nella stanza al piano superiore accanto a quella delle due ragazze, che il
giorno precedente, dopo la bella notizia, erano andate a svaligiare un centro
commerciale. Una volta tornate Phénice si auto-elesse infermiera personale
della sua amica:
- Ferma dove sei! Il dottore ha ordinato assoluto riposo per
oggi, non puoi alzarti! – Haydée ridacchiò:
- Accidenti a te, sei peggio della mia ayah di quando stavo
in India! Sono stanca di stare ferma… - fece tentando di muovere la gamba
destra fasciata dal ginocchio in su e contorcendo il viso in una smorfia
dolorante:
- Testona che non sei altro, non vedi che ti fa male?!
Piantala di fare i capricci e datti una calmata almeno per un paio di giorni! –
Haydée si decise ad obbedire e la osservò affaccendarsi per la camera. Si
sentiva ancora molto debole, anche se non lo avrebbe mai ammesso con nessun
altro, ma sapeva di dover dare una spiegazione alla ragazza:
- Senti Phénice… - cominciò piano:
- Ho detto NO!! Te ne starai a letto immobile, mi sono
spiegata?!! – fece piantandosi le mani sui fianchi:
- Siediti, devo parlarti. – la rossa obbedì seria:
- Haydée… se non te la senti non sei tenuta a spiegarmi niente
per ora… mi importa solo che tu ti rimetta presto, io… - ma la mora la
interruppe:
- No, devo spiegarti perché sei qui. Adesso. – il suo
sguardo era serio e determinato e la rossa non poté far altro che acconsentire.
Dopo meno di 20 minuti la ragazza uscì di corsa dalla stanza
con le lacrime agli occhi, scontrandosi con Winter:
- Phénice, che diavolo… - ma la udì nemmeno, riprese a
correre e svanì alla vista. La ladra entrò nella stanza di Black:
- Le hai detto tutto? – chiese titubante. L’altra annuì e
lei si morse un labbro. In silenzio si accostò alla finestra e vide la rossa
correre sul prato in direzione della spiaggetta:
- Le passerà. E capirà, vedrai. – Haydée la guardò e si alzò
faticosamente sui gomiti:
- Ha detto che ci odia tutti, e non ha tutti i torti. Dovevo
aspettarmelo, è una ragazza di sani e incrollabili principi – fece con un
soffio di voce. Si era stancata molto durante il colloquio con la ragazza:
- È infuriata e sorpresa, non lo pensa veramente. – tentennò
un istante: - Le hai detto anche dei ragazzi e dei genitori di Madian? –
l’altra sbottò spazientita:
- Ma certo!! Altrimenti come le spiegavo la nostra presenza
qui? – Winter annuì e le si accostò per allungarle il bicchiere d’acqua sul
comodino al quale faticava ad arrivare:
- Lasciala assorbire la notizia. Vedrai che starà meglio e
ci farà una risata su, come al solito. – la mora annuì poco convinta:
- Spero che tu abbia ragione. – mormorò tornando ad
abbandonarsi sui cuscini. Maledetta
gamba, che male!!
~~~~~
Poco dopo
Phénice tracciò un segno sulla sabbia con un legnetto
portato a riva dal mare e sospirò affranta:
- Ti piace il mare? – si volse di soprassalto e vide Arkel
torreggiare a poca distanza da lei, le mani affondate in un paio di pantaloni
di lino, una camicia bianca a fargli risaltare l’abbronzatura e gli occhi fissi
sulle onde blu:
- A chi non piace? – mormorò tornando a concentrarsi sul suo
disegno:
- Conosco parecchie persone che non lo amano invece. – la
ragazza si strinse nelle spalle poco interessata e Arkel imprecò mentalmente. Bene: e adesso come continuo?? Ragazzina
pestifera…
Si sedette accanto a lei e osservò il disegno:
- Cos’è? Un ippopotamo? – chiese dopo averlo studiato
attentamente per un po’. Lei alzò gli occhi su di lui: sedeva con le gambe
piegate e con le braccia sulle ginocchia e la guardava incuriosito:
- È York, il mio cane! – rispose arrabbiata. Lui fece
un’espressione indecifrabile:
- Ah davvero? Sei… brava a… disegnare! - ridacchiò senza
ritegno. Un pugno che teoricamente avrebbe dovuto fargli male lo colpì alla
spalla:
- Cafone! – sibilò lei cancellando la figura dal terreno.
Lui tentò di darsi un contegno:
- Scusami… ehm… non sapevo che avessi un cane. – E speriamo di riuscire a cavarle più di
tre parole…
- Non lo tengo in città. Lui sta dai miei genitori, in
campagna. Gli sono molto affezionata. – mormorò triste raccogliendo le gambe e
abbracciandole:
- Anch’io avevo un cane. Lo chiamavo Sly e mi seguiva
dappertutto. – finalmente lei parve interessarsi:
- E adesso dov’è? – chiese con voce dolce:
- Non c’è più. Era vecchio e malaticcio. Una mattina mi sono
svegliato e gli ho portato la colazione come al solito, ma lui non ha più
aperto gli occhi né scodinzolato. Avevo 16 anni e ho pianto per giorni. Era il
mio migliore amico. – mormorò con voce bassa guardandola negli occhi. Vide
un’immensa tristezza allargarsi nelle sue pupille e ne rimase stupito:
- Oh, mi dispiace! – sussurrò lei con una vocetta incerta
che lo fece sorridere:
- Sono passati 14 anni, me ne sono fatto una ragione! -
- E non hai mai pensato di prenderne un altro? – lui scosse
il capo:
- No, Sly non avrà mai sostituti. L’avevo trovato un
pomeriggio, durante un temporale folle, e mia madre ha sbraitato due settimane
che lei non voleva sacchi di pulci in casa. Poi però si è rassegnata, anche ad
allontanarlo quel cucciolo tornava sempre da me, così è rimasto sotto il mio
stesso tetto per quasi 10 anni. È stato il mio compagno di giochi
dell’infanzia. – Phénice annuì con uno sguardo di profonda comprensione:
- Ti capisco! Quando sono andata a vivere con Haydée ho
pianto per la lontananza da York, non dai miei. E Haydée mi ha aiutata… -
mormorò con voce flebile. Lui allungò una mano e le scostò un ricciolo ribelle
fuggito alla crocchia provvisoria:
- Le sei affezionata? – chiese gentilmente, stupendo persino
sé stesso. Da quando sono così
gentile?!?
La rossa annuì asciugandosi una lacrima:
- È la sorella che non ho mai avuto, io ho solo due fratelli
più grandi. C’era quando mi sono staccata dal nido familiare, quando mi
bocciavano a qualche esame all’università, quando mi sono laureata e quando ho
trovato lavoro come assistente di un mio professore. – tirò su col naso: -
Anche quando mi beccavo l’influenza, era lei a curarmi. E mi ha assistita
quando ho fatto un incidente in scooter e ho deciso che non avrei mai preso la
patente. Guarda ho ancora una cicatrice! – fece scostando un braccio dal
ginocchio sinistro e mostrando un piccolo segno sulla pelle bianca.
Rimase di sasso quando lui si sporse e le diede un
leggerissimo bacio proprio sulla traccia dell’incidente. Arkel si bloccò a
mezz’aria e la guardò negli occhi. Oddio,
sono uscito di testa!! Che diavolo sto combinando??
Tossicchiò imbarazzato e distolse lo sguardo, allontanandosi
rapidamente. Poi si schiarì la voce:
- Non devi avercela con Haydée per quello che ti ha
raccontato. È stata coraggiosa a dirti il suo segreto, la ammiro per questo. –
fece tentando di darsi un contegno. Phénice lo guardava ancora strabiliata:
- Ah… sì… Forse hai ragione. Non ha senso rovinare la nostra
amicizia per quello che ho saputo su di voi… - si alzò in piedi risoluta: - Ora
so esattamente cosa dirle e cosa fare. Grazie! – fece asciugandosi le lacrime e
rivolgendogli un sorrisetto dolce. Lui sorrise di rimando. E ti credo che poi faccio delle
stronzate, se tu mi guardi così…
Tornarono verso la villa insieme e in silenzio, ma una volta
sotto il portico la ragazza si volse a guardarlo:
- Ehi… anche tu sei un… beh, sai cosa… - Arkel sospirò mezzo
divertito:
- Sì, sono anch’io un ladro di professione, perché? –
Phénice lo guardò dritto negli occhi:
- Perché lo fai? E perché hai cominciato? – il ragazzo
spalancò la bocca sorpreso:
- Perché?!… Beh, ho cominciato perché… per i soldi, credo…
sì, per i soldi. Mio padre è morto che io ero ancora un pupattolo e io e mia
madre vivevamo praticamente di carità… ma non saprei dirti perché lo faccio
ancora… - borbottò arrivando addirittura ad arrossire per l’imbarazzo. Non era
certo un discorso che aveva immaginato di affrontare con lei! La vide annuire
soddisfatta:
- Capisco… comunque volevo dirti che… sì, insomma, non
pensavo che… siete tutti brave persone, meglio di quelli che si dicono onesti.
– mormorò timidamente allontanandosi in fretta. Arkel la guardò perplesso, con
un mezzo sorriso stampato in faccia. Devo
prenderlo come un complimento?!
~~~~~
In infermeria
Dopo che Winter l’aveva lasciata sola, Haydée era rimasta
stesa nel suo letto a guardare il soffitto. Ricordava a malapena quello che era
successo nella villa della cinese, o meglio di Chung. Che colpo, lo aveva
trovato casualmente! Aveva rischiato la pelle ma almeno era riuscita a fare
passi da gigante per la ricerca di Crystal.
Doveva farsi dare un telefono per chiamare Sybil, era
necessario mobilitarla immediatamente… magari avrebbe potuto contattare altri informatori,
come il vecchio mentore della signora Du Pont, e metterli tutti sulle tracce
del mafioso e di sua moglie. Bisognava fare presto però, in quel momento
probabilmente si stavano già preparando a svignarsela…
Un paio di colpi alla porta la riportarono alla realtà e
allungò una mano per prendere un lenzuolo e una maglietta visto che per il
caldo aveva la sola biancheria addosso:
- Avanti! – esclamò una volta coperta a dovere. Il suo cuore
perse un battito quando vide il figlio dei padroni di casa fare capolino:
- Ciao. Come stai? – le chiese dolcemente, lanciandole
un’occhiata di sfuggita e affacciandosi alla finestra aperta:
- Direi abbastanza bene. – tra loro scese un silenzio carico
di tensione che la ragazza si affrettò a spezzare: - Senti, volevo ringraziarti
per avermi… beh, salvato la pelle. Se posso sdebitarmi in qualche modo, anche
con i tuoi genitori… - lui non la fece finire:
- Esci con me, quando starai meglio. – Haydée riuscì a
sbiancare anche se era già esageratamente pallida, poi rispose lentamente:
- Non credo che sia una buona idea… - Madian si volse di
scatto e lei zittì sotto il suo sguardo deciso:
- Per quale motivo? – sembrava arrabbiato, ma lei non si
lasciò intimorire:
- Non sono affari tuoi Madian. Ti sarò per sempre debitrice
per quello che hai fatto, e per qualsiasi cosa sappi che io ti aiuterò, ma
quello che mi stai chiedendo è troppo. – il ragazzo si mosse talmente
rapidamente che lei quasi non lo vide, e in un attimo era seduto accanto a lei
e la stringeva per le spalle:
- Non mi importa dei tuoi ringraziamenti, né del tuo aiuto.
Non ti ho salvata per sentirmi dire “grazie”, ti ho salvata perché voglio
conoscerti meglio, perché… perché voglio sapere tutto di te e che tu sappia
tutto di me, e che il cielo mi fulmini se io… - ma il destino era in agguato
dietro la porta sotto forma di un turbine con i capelli rossi. L’uscio sbatté
con fracasso e Phénice fece il suo ingresso:
- Haydée devo parlarti, Madian chiama gli altri tre. –
sentenziò dura sedendosi su una sedia e osservando i due ragazzi seduti sul
letto. Madian lasciò andare la mora lanciandole uno sguardo significativo, poi
uscì e diede la voce a Mitja, Winter e Arkel che era appena rientrato.
Una volta riuniti nella stanza di Black la rossa si alzò,
schiarendosi la voce:
- Vi ho fatti venire tutti qui perché ho un’importante
discorso da farvi. Ho riflettuto molto su quanto mi ha raccontato Haydée, cioè
sui vari motivi che vi spingono a fare… quello che fate. – Mitja tossicchiò
imbarazzato e Madian annuì serio: - Insomma, credo che nessuno di voi abbia
ancora un motivo per continuare a fare il ladro di professione. – il silenzio e
lo sbigottimento che si diffusero nella stanza non la scoraggiarono: - Quindi
esigo da voi una solenne promessa: che mai più, e per nessun motivo, ruberete
di nuovo. – li guardò grave e attese di sentire la loro promessa. Haydée fu la
prima a trovare qualcosa da dire:
- Phénice, io… non mi aspettavo una reazione del genere… -
ma non riuscì a continuare, troppo stupita per la richiesta ricevuta. La rossa
li guardò uno per uno e perse tutto il suo coraggio:
- Non volete promettermelo?… Nemmeno dopo quello che le è
successo?! – chiese quasi istericamente indicando il letto dove si trovava la
sua migliore amica. Scosse il capo più volte, incredula: - Non posso crederci!!
Non vi importa di rischiare la vita… per niente!! – sbraitò sconvolta: - Siete…
siete… orribili!! – poi proruppe in lacrime e uscì di corsa dalla stanza,
correndo a perdifiato per rinchiudersi nella sua camera. A nulla valsero i
tentativi di Winter e Mitja per riportarla alla ragione, non voleva ascoltare
nessuno.
I ladri si riunirono tutti nella stanza di Haydée:
- Allora: che si fa? – chiese Arkel, uno dei più sorpresi.
Non credeva certo di scatenare quella reazione col suo bel discorsetto!!
Mitja si strinse nelle spalle:
- Non ne ho idea… - mormorò spettinandosi i capelli biondi.
Haydée li guardò tutti, poi sospirò:
- Io lo prometterò. – sentenziò con voce stanca, passandosi
una mano sulla fronte madida di sudore. Tutta quella confusione e quella
tensione la stavano esaurendo. Madian la guardò attentamente ma non disse
nulla:
- Beh, allora non vedo perché non dovrei prometterlo anche
io. – aggiunse Winter. Mitja la guardò sorpreso:
- Sul serio?! Solo perché te lo chiede lei?? – la bionda scrollò
le spalle:
- Certo. Tu forse non sei in grado? -
- Ma… sì… Sì, certo che sono in grado! Però non so… Voi che
dite? – fece rivolto ai due ragazzi. Arkel sbuffò come se quei discorsi non lo
interessassero e Madian annuì, senza staccare gli occhi dalla mora:
- Più tardi ne parleremo. Ora uscite, Haydée ha bisogno di
riposo. – sentenziò lanciando agli altri un’occhiata eloquente:
- Sissignore!! – esclamò il russo spingendo fuori Winter e
Arkel e chiudendosi la porta alle spalle.
Dopo attenta riflessione ho deciso che era troppo da
maleducata non ringraziare una ad una le mie ADORABILI (Dio, quanto sono
ruffiana…) recensitrici, indi per cui a voi (rigorosamente in ordine di
commento):
*Freya*: Non penso male tessssoro (si aggiunga che di
tendenze strane qui non se ne vedono nemmeno col telescopio, infatti…) io ho
tentato di glissare l’argomento “Asta di Madian” che hai aperto autonomamente,
ma sei recidiva e quindi non potevo trattenermi oltre dal rispondere che,
purtroppo per te, nel modo più assoluto e categorico, il MIO Madian non è in
vendita, né ora né tra un qualche migliaio di anni luce. Se vuoi affibbiargli
un bel faccino mi sta benissimo, ma il giovine sta impegnato, e anche
ammettendo che tu non sia gelosa sappi che rischi grosso perché la sottoscritta
invece lo è, e parecchio! BIMBA?!?!! Quanti anni credi che abbia?! E niente
affogamenti please, neanche con un “gentile” aiuto, roba che non fa per me,
devo ancora scassarvi per bene con le mie fantasie perverse prima di andare a
suonare l’arpa con un cerchietto di sbieco sul capino! (sempre che mi ci
prendano…)
Dimenticavo (con le tue proposte INDECENTI mi fai
svarionare) grazie per i complimenti per la storia, fanno sempre piacere… ma
non ti perdono di voler sordidamente (che paroloni… grazie al thesaurus di
word!) comperare il mio moro, EH NO! ;)
Earine: Ciao! Che ti devo dire, per stavolta si farà
un tentativo, poi vedremo… intanto grazie per le tue recensioni, e ancora per
le descrizioni. Fai male a sminuirti, le avevi scritte benissimo sai? Ah… i
tramonti sul mare, la dolce brezza proveniente dalla montagna… così ispirati
faranno il putiferio!!
Elenim: Davvero ti è piaciuto?! Che strano, io lo
trovavo un po’ noioso, tipo capitolo di transizione o roba del genere… Comunque
cercherò di continuare il prima possibile, tesi permettendo. (P.S. Sono anche
la mia coppia preferita, ma in questo periodo sento una certa predisposizione
per Arkel e Phénice… vedremo cosa farò uscire dal cilindro!) ^_^
AyLa: La mia più assidua recensitrice!! Li ho fatti talmente
deliziosi e poi li sto trascurando nel continuo… 3 coppie bastano e avanzano,
credimi!! Sto cercando di infilare almeno due coppie per capitolo, ma quando
parto a descrivere una scena non finirei più, quindi risulta un pelino lunga la
faccenda… e poi non so mai se sono troppo sintetica o se mi dilungo con delle
stupidaggini. Beh, mettiamola così, comunque vada sarà un successo!! Nevvero?
EHI, quando ci delizierai con una nuova creazione??
Damynex: che posizione scomoda! Sulle spine intendo,
non deve essere il massimo della goduria… A parte le stupidaggini, grazie anche
a te per i tuoi commenti, sono onorata di averti come fan (oddio, che
impressione scriverlo!). Ho fatto abbastanza in fretta per i tuoi gusti? Ciao!!
;)
Appena gli altri li lasciarono soli Madian si sedette
accanto a lei e le tastò un polso:
- Mi sa che devo chiamare Paul, non hai un buon aspetto. –
mormorò premendo uno dei pulsanti sulla spalliera del letto che permettevano di
contattare il medico. Haydée lo osservò con gli occhi socchiusi, lo sguardo
evidentemente stanco:
- Grazie… - mormorò quasi impercettibilmente. Lui le sorrise
e immediatamente la mandò nel panico più assoluto. La ragazza distolse lo
sguardo confusa, chiedendosi perché Madian aveva il potere di confonderla con
un solo sorriso. Le si rimescolavano le viscere quando la guardava così:
- Non devi ringraziarmi, lo faccio volentieri. – disse
stringendole delicatamente la mano inerte sul lenzuolo.
In quel preciso istante Rachel fece il suo ingresso,
affaccendata con un vassoio:
- Haydée, tesoro, ti senti poco bene? – rimase un istante
interdetta quando vide suo figlio intento a mangiarla con gli occhi, poi
riprese a ciarlare come al solito: - Abbi pazienza, Paul arriverà tra poco. È
in laboratorio e ti sta preparando un impacco per rendere la ferita meno
dolorosa. Sapevi che è anche un ottimo erborista? – intanto Winter era
rientrata per portare alla mora un cambio di biancheria.
Poco dopo sopraggiunse anche il medico e le due donne
lasciarono la stanza, precedute da Madian che si affrettò ad andare a fare una
doccia. Rachel ebbe allora il tempo di bisbigliare:
- Non l’ho mai visto così, è incredibile… - Winter la sentì
e le chiese cosa voleva dire: - Madian. Non si è mai comportato così con una
donna, a quanto ne so io. Le sembra molto affezionato… da quanto si conoscono?
– la bionda si strinse nelle spalle:
- Un mese e mezzo, forse quasi due… perché me lo chiede? –
la donna si morse un’unghia soprappensiero:
- Nemmeno con Celia era mai stato così… - Winter si
interessò immediatamente al nome di una ragazza:
- Chi è Celia? – la donna la guardò un istante:
- Tu eri all’opera, vero? – la ragazza annuì: - Allora l’hai
vista. Era la ragazza alta e castana con Madian, l’unica fidanzata che ci ha
presentato. Sono stati insieme circa un anno, poi lui l’ha lasciata un anno e
mezzo fa, mi pare. La cosa strana è che lei non ha mai smesso di venire a
trovarci ogni tanto, sempre quando Madian non c’è. Certo, abita ad East Port,
magari pensa di farci piacere e quando è di strada entra, ciò non toglie che
sia strano visto che non stanno più insieme. – poi la donna abbassò la voce: -
Non per essere cattivi, ma secondo me quella è ancora pazza di mio figlio, ma
in senso morboso, è invasata di lui o non si spiega perché continua a ronzargli
attorno come un’ape al miele! – Winter inarcò le sopracciglia a quei
pettegolezzi:
- Non saprei, magari è semplicemente ancora innamorata di
lui… - ipotizzò divertita da quelle chiacchiere, ma anche vagamente interessata
per la situazione tra il ragazzo e Haydée. Alle sue parole la donna scosse
energicamente il capo:
- No, sono sicura che non sia così semplice come sembra a
te. Tu non la conosci, è una ragazza un pochino strana, e mi ha stupito molto
che Madian abbia deciso di presentarcela. Non so perché, ma ho come
l’impressione che sia stata lei ad insistere per conoscerci. Sì, sono certa che
è tutta opera sua! – Winter rise internamente delle ansie materne della donna e
si allontanò per vedere se riusciva a parlare con Phénice. Aveva altri problemi
lei, altro che le assurdità di una madre preoccupata che una donna si
sostituisca a lei nel cuore del figlio!
~~~~~
Quella notte
Winter non riusciva assolutamente a prendere sonno. Si
rigirò nel letto almeno un centinaio di volte ma nulla, troppi pensieri le si
agitavano nella testa, troppe informazioni da riordinare e sfruttare, e ancora
non aveva fatto nulla.
Si alzò nervosamente e andò alla finestra: il giardino era
illuminato unicamente dalla luce della luna che si rifletteva anche sul mare
calmo. Prese una lunga boccata d’aria e decise che valeva decisamente la pena
di fare una piccola escursione notturna sulla spiaggia.
Un attimo dopo sgusciò fuori dalla sua stanza con addosso
solo una sottoveste e corse come un fulmine giù per le scale, scalza per non
produrre alcun rumore. Non si era accorta di un’altra ombra lungo il corridoio.
Quando arrivò in riva ansimava, ma era felice di aver fato
quella piccola pazzia. Il vento era fresco e pareva volerle togliere dalla
mente tutti i pensieri che fino a pochi istanti prima rischiavano di farle
scoppiare la testa.
Chiuse gli occhi un istante e assaporò il profumo di
salsedine proveniente dal mare, la sabbia morbidamente fresca sotto i piedi e
il senso di libertà e di quiete che la pervadevano.
- Bella nottata, vero? – la voce dietro di lei la fece
sobbalzare e si volse spaventata:
- Mitja! Che spavento mi hai fatto prendere! Come mi hai
trovata? – fece con gli occhi sgranati. Lui le si affiancò e rispose guardando
la distesa d’acqua nera davanti a loro:
- Ero lungo il corridoio quando sei uscita. Non ti sei
accorta che ero a pochi metri da te? – chiese sorridendo e lanciandole
un’occhiata di sbieco. Lei scosse il capo e rimasero in silenzio per un tempo
indefinito, gustandosi la reciproca presenza.
Poi Winter rabbrividì e si prese le spalle con le mani. Lui
rise:
- Che c’è mammoletta, hai freddo? – la ragazza lo guardò
storto:
- E se anche fosse? – replicò acida. Lui alzò le mani in
segno di resa:
- Ehi, calmati, stavo solo scherzando! – la vide abbassare
il capo e mordersi un labbro dispiaciuta:
- Scusa… è che sono nervosa per tutto quello che abbiamo
saputo… Mitja sappiamo che almeno sua moglie è nel paese e non abbiamo ancora
fatto niente per trovarlo! – il ragazzo le circondò le spalle con un braccio
per tentare di infonderle almeno un po’ di calore:
- Intendi Chung, vero? – lei annuì e lui sospirò pensoso: -
Credo che innanzitutto dovremmo contattare Faust, lui sa sempre tutto dei
criminali in circolazione nel suo territorio e saprà sicuramente dirci
qualcosa. Poi dovremmo interpellare un informatore, qualcuno che riesca a
infiltrarsi in qualsiasi banca dati, magari la polizia sa qualcosa sui suoi
spostamenti… - si interruppe vedendo Winter cambiare espressione. Sembrava
compiaciuta:
- Hai detto bene, un informatore. Conosco il migliore sulla
piazza! – lui la guardò senza capire, spronandola a dargli una spiegazione: -
Black, o meglio Haydée, lavora con la migliore informatrice in circolazione.
Hai mai sentito parlare di Sybil? – il ragazzo la guardò sorpreso:
- Alzi la mano chi nel nostro settore non ha mai sentito
parlare di quella donna!! Certo che la conosco, non c’è nessuno che riesca ad
avere più informazioni di lei! L’abbiamo cercata anche, ma è lei a farsi
trovare e purtroppo la conosco solo di fama. – Winter annuì soddisfatta:
- Esatto! Allora domani la contatterò tramite posta
elettronica, abbiamo un programma per criptare i messaggi nel caso qualcuno
dovesse intercettarli, quindi ci possiamo muovere in tutta tranquillità. Poi mi
darai il numero di quel vostro amico, Faust, e vedrò di chiedere informazioni
anche a lui… - si interruppe all’improvviso, Mitja le stava baciando una
tempia. Quando si staccò lo guardò interrogativa:
- Non fraintendere! Sono solo… felice che ci siamo ritrovati
e che le cose si stiano finalmente sbloccando. – si giustificò agitato. Lei non
rispose, limitandosi ad appoggiare la testa sulla sua spalla ossuta.
Dopo un po’ bisbigliò:
- Me la diresti una cosa? – lui annuì:
- Spara. – un attimo di incertezza…
- Da ragazzino ti piaceva Crystal, vero? – Mitja boccheggiò
stupito, poi prese a ridacchiare come uno scemo:
- Beh, io… era una cotta da adolescente, anzi poco più che
da bambino… ma, che diavolo ti è saltato in mente?! – fece allegro. Winter fece
una smorfia e scosse il capo:
- Niente, semplice curiosità! Da ragazzino non mi dicevi mai
niente, ma tanto lo sospettavo comunque. – mormorò senza incontrare i suoi
occhi:
- Tu sei tutta pazza… coraggio, rientriamo se non vuoi
beccarti qualcosa di serio. L’infermeria è già occupata, ladruncola! – rise
sollevandola tra le braccia. La ragazza lanciò un urletto sorpreso:
- Mitja, che fai?! Mettimi giù!! – trillò quasi divertita.
Lui non le diede retta, incamminandosi svelto verso la villa:
- Non ci penso nemmeno! – esclamò immediatamente. Dopo aver
fatto una ventina di metri però si fermò:
- Beh? Che c’è? – lui la guardava in modo strano:
- Winter… - mormorò con voce leggermente arrochita e un
lampo brillante negli occhi chiari. Lei rimase senza fiato, persa per un
istante nel suo sguardo stranamente dolce…
- Sì… - ancora qualche infinito attimo di silenzio…
- Non pensi che… sarebbe ora che ti mettessi a dieta? –
mormorò allargando la bocca in un sorriso idiota. Winter avvampò, sgranò gli
occhi e prese a dimenarsi come un’ossessa:
- Mettimi giù!! Cafone che non sei altro, lasciami subito!!
– sbraitò piantandogli una mano in pieno viso e impedendogli anche di aprire
gli occhi, ma tanto non gli importava, si stava divertendo troppo!
Una volta liberata la visuale vide la ragazza allontanarsi a
grandi passi:
- Ehi, aspettami! – quando la raggiunse capì al volo dalla
sua espressione che era a metà tra l’arrabbiato e il divertito:
- Non sei cambiato per niente! – brontolò nascondendo la… delusione?… Naaa!! La rabbia!!… Giusto?
- Nemmeno tu, sei permalosa come a 10 anni. – fece serio.
Erano sotto il porticato della villa ora e lui l’aveva presa per un polso per
fermarla. Si guardarono a lungo nella semioscurità:
- Sono stanca Mitja, lasciami andare. – mormorò lei
dolcemente. Lui non pensò nemmeno di trattenerla ancora:
- Ok… allora, buonanotte. – rispose sprofondando con le mani
nelle tasche dei jeans che si era infilato per correrle dietro. Lei annuì e
alzò un angolo della bocca in qualcosa che ricordava un sorriso:
- Buonanotte. – poi fece una cosa che il ragazzo credeva
impossibile: si alzò sulle punte dei piedi e si accostò al suo viso,
depositandogli un breve bacio su una guancia. Infine si volse e svanì di corsa
all’interno dell’abitazione, mentre lui se ne restava lì come un fesso. E questo cosa significa?! Però, che
carina… Pensò mentre un breve sorriso gli sfuggiva dalle labbra, alzando
una mano per toccarsi la guancia che lei aveva baciato. Si sentì stranamente
leggero e… felice! Che mi
prende?!?
~~~~~
Martedì mattina
Erano tutti in cucina da un pezzo, a parte Haydée
ovviamente, ma di Phénice ancora nessuna notizia. Senza dare nell’occhio Arkel
sbirciò l’ingresso della sala per la milionesima volta, nascondendo la sua
falsa indifferenza dietro a un quotidiano di data imprecisata, poi volse lo
sguardo sui presenti.
Madian sorseggiava un caffè e ogni tanto lanciava
un’occhiata alla tv, davanti alla quale Mitja sgranocchiava biscotti
alternandoli con un nevrotico zapping. Poi c’era Winter, anche lei con una
tazza di caffè fumante in mano, non riusciva a trattenersi dal picchiettare con
le unghie laccate sulla superficie di marmo trattato dell’isola al centro della
cucina, lo sguardo perso nel vuoto. Infine sulla veranda i padroni di casa
facevano tranquillamente colazione con panini, burro e marmellate varie.
Arkel si stancò di aspettare che qualcuno si decidesse ad
andare a cercare la rossa, così si alzò lasciando sul divano il giornale e
depositò la sua tazza nel lavello. Quando si volse per dirigersi al piano
superiore Phénice fece il su ingresso silenziosamente, e immediatamente tutti
dimenticarono le loro “occupazioni”, tranne naturalmente i genitori di Madian
che seguitavano ad abbuffarsi beatamente:
- Buongiorno! Come stai? – era stata la bionda a parlare,
precedendo tutti. Phénice diede una scrollata di spalle, prese un croissant
senza guardare nessuno e si avviò per uscire nuovamente, ma venne raggiunta
dalla bionda: - Sei andata a trovare Haydée? – la ragazza abbassò lo sguardo e
Winter capì: - Allora andiamoci, deve dirti una cosa. -
- Non mi va di vederla. – borbottò scontrosa. La bionda si
spazientì:
- Invece faresti meglio ad andarci, quello che deve dirti è
importante. – la ragazza non rispose e si avviò lungo il corridoio. Si fermò in
prossimità delle scale, incerta se salirle o proseguire per l’infermeria. Alla
fine Winter tirò un sospiro di sollievo vedendola andare diritto.
Phénice entrò silenziosamente, preoccupandosi di non
svegliare la convalescente se ancora dormiva. Tuttavia le sue premure si
rivelarono inutili, la mora era sveglissima:
- Ti ho svegliata? – chiese l’altra sedendosi distrattamente
ai piedi del letto:
- Macché! Tutto questo far niente mi sta esaurendo, non
riesco più nemmeno a chiudere occhio. Mi conosci, odio il riposo forzato! –
involontariamente alla rossa sfuggì un sorrisetto: - Lo trovi divertente? –
chiese l’altra facendo finta di essere offesa:
- No, no… al contrario… - tentò di ricomporsi: - Volevi
parlarmi? – Haydée sospirò e si tirò faticosamente a sedere, ignorando
bellamente le proteste della rossa:
- Sì. Volevo dirti che hai ragione a proposito del nostro…
ehm, lavoro… insomma, io ho deciso di prometterti che non lo farò mai più. – la
guardò negli occhi e vi lesse la sorpresa:
- Dici davvero? Io invece volevo dirti che avevo esagerato e
che non dovevi prendermi sul serio… cioè, io ero seria, ma se tu non vuoi… se è
troppo… – la mora rimase nuovamente sorpresa:
- Non smetti mia di stupirmi! Comunque non è una richiesta
esagerata, e hai ragione non ho più motivo di fare la ladra. – immediatamente
venne soffocata da un abbraccio caloroso e travolta da un fiume di
ringraziamenti. Alla fine Phénice si staccò con un sorriso smagliante:
- E gli altri? – Haydée rimase un attimo senza parole, poi
la porta solo accostata si aprì ed entrò Winter:
- Prometto anch’io! – fece con un’espressione delle più
distese. La rossa si fiondò anche tra le sue braccia, ringraziandola nel modo
più affettuoso che conosceva, poi le venne naturale guardare alle sue spalle
per cercare i ragazzi, ma non c’era nessuno. Si volse verso la mora con gli
occhi lucidi:
- E loro? – le due ormai ex ladre si guardarono e Phénice
capì che non ne sapevano nulla: - Capisco… - mormorò rattristata. La bionda non
le diede il tempo di abbattersi:
- Ho un’idea: che ne dici se per festeggiare ci concediamo
un bel bagno in quella favolosa piscina? – Phénice sorrise felice, ma poi si
ricordò di in particolare:
- Ma Haydée non può venire… - la mora scosse il capo:
- Vuol dire che dovrai divertirti anche per me, ora andate!
– fece sorridendo rilassata. Le guardò uscire e un sospiro le uscì dalle labbra
secche. Le inumidì e poi tentò di muoversi. Non
ne posso più!
~~~~~
Dopo poco le due ragazze scesero in piscina e si rilassarono
sugli sdrai:
- Magnifico… - mormorò la bionda facendo ridere Phénice:
- Hai ragione, ci voleva! – sospirò l’altra chiudendo gli
occhi e assaporando la sensazione di calore che la pervadeva.
Rimasero in silenzio talmente a lungo che la rossa prese a
sonnecchiare, ma un improvviso cambiamento di temperatura la costrinse ad
aprire gli occhi:
- Ehi, chi ha spento il sole? – borbottò sfregandosi le
palpebre:
- Sveglia ragazzina, non è tempo di dormire! – finalmente
riuscì a mettere a fuoco la situazione: Arkel era in piedi davanti al suo
sdraio e le faceva completamente ombra. Ma,
un momento…
Avvampò come una sciocchina: il ragazzo indossava unicamente
un paio di bermuda nere, lunghe fino al ginocchio, e metteva in bella mostra…
beh, un ben di Dio tra muscoli e abbronzatura… Per completare l’opera la
guardava con un sorrisetto talmente sensuale da farle girare la testa:
- Cosa… - mormorò confusa, e ancora prima di capire cosa
stava succedendo si ritrovò tra le sue braccia, a più di un metro da terra: -
Arkel? – fece allarmata vedendo l’acqua sotto di sé:
- Niente di personale piccola! – esclamò divertito
scaraventandola nella piscina. Phénice lanciò uno strillo acuto per poi svanire
sott’acqua con un tonfo e mille spruzzi che bagnarono anche il ragazzo: -
Quand’è così… - borbottò tuffandosi a sua volta con un gesto fluido.
Un istante dopo la ragazza riemerse boccheggiando e
sfregandosi gli occhi per trovare il suo assalitore:
- Dov’è?!! – sbraitò infuriata. Un attimo dopo una presa
d’acciaio sulle caviglie la trascinò di nuovo sott’acqua, dove si dibatté come
una pazza per liberarsi.
Alla fine riemersero tutti e due e Phénice non perse nemmeno
un attimo: si slanciò su di lui tempestandolo di pugni e schiaffi:
- Bruto!… Furfante e molesto!! – strillò con le lacrime agli
occhi per lo spavento di poco prima e nessuna voglia di ridere. Arkel capì di
aver sbagliato approccio, con un’abile mossa la prese per i polsi e la fece
ruotare su sé stessa, stringendola contro di sé in modo da far aderire la
schiena della ragazza al suo petto. Poi accostò la testa alla sua, mentre
Phénice protestava sempre più piano, e la coccolò gentilmente:
- Lo prometto. – mormorò dolcemente, sfiorandole la guancia
col naso e assaporandone il profumo delicato. La ragazza si bloccò all’istante,
volgendo appena il capo verso il suo:
- Co-come? – balbettò certa di aver capito male. Arkel le
guardava con insistenza la bocca morbida:
- Ho detto… che… lo prometto… - fece distogliendo a forza la
sua attenzione dal viso di lei, dandosi mentalmente del maniaco arrapato.
Phénice sgranò gli occhi al massimo della sorpresa, poi con un gridolino
strozzato si volse e gli gettò le braccia al collo, ridendo come una pazza. È un pelino difficile non perdere il
controllo così…
- Arkel!! Dici sul serio?! Oh, grazie! Grazie, grazie! –
continuò a trillare felice a lungo, ma il ragazzo non capì che la metà di
quanto gli veniva detto: era talmente stordito di averla addosso che non ebbe
nemmeno la prontezza di spirito di abbracciarla. Quando alla fine ricollegò lo
spinotto del cervello era troppo tardi, l’arrivo di Madian e Mitja l’aveva già
distolta da lui e non poté far altro che guardarla allontanarsi:
- Te lo promettiamo anche noi Phénice! – le disse il biondo
sorridendo, mentre avanzava galleggiando su una poltroncina gonfiabile, munito
di occhiali da sole e cocktail alla frutta. Per la felicità lei prese a
schizzare sia lui che Madian a bordo vasca, mentre Winter si preoccupava di
allontanarsi di almeno una decina di metri.
Le loro risate giunsero fino alla camera di Haydée,
spingendola a volersi alzare per vedere.
Volevo scusarmi con chi non ho nominato nel passato capitolo
nei ringraziamenti: semplicemente ho pensato che, partendo di punto in bianco
nel bel mezzo della storia, non potevo prendere tutti i nomi di chi ha
recensito i capitoli vecchi, quindi ho risposto solo a chi aveva commentato
l’ultimo, cioè il 22. Non vi ho dimenticate!! Quindi grazie a Jenny90,
Kaho_chan, Londonlilyt, Super Gaia e Tristessa. Chi non si è visto rientrare
neanche in questa lista è autorizzato a spedirmi una cassa di frutta e verdura
marcia via mail!
Earine: spine, carboni ardenti… vogliamo parlare del
fornello di Einstein?! Mia cara, tutto è relativo…
Elenim: NOOOO!!! Io non volevo farla diventare
antipatica!! Cerca di capire il suo punto di vista: la sua migliore amica stava
per lasciarci le penne, tu te ne staresti lì a guardare senza fare nulla? Ok,
ammetto che come soluzione è un po’ drastica, ma non vedo come potrebbero
evitare gli incerti del mestiere senza lasciarlo. E poi lei sa che Haydée ha
già un lavoro di successo, e Winter pure, dopotutto è avvocato. Poi ho
allargato la proposta ai ragazzi perché si sta affezionando a loro (eheheh!!)
visto che hanno salvato la sua amica e che le stanno proteggendo. Ho comunque
una sorpresa in serbo per il futuro, e poi ragazza mia come si dice, il lupo
perde il pelo ma non il vizio… non disperare!
Ah, ho ricevuto il tuo disegno… OoO… ma sei BRAVISSIMA!!!!
L’ho apprezzato moltissimo, sarebbe bello pubblicarlo nella storia da qualche
parte ma non so come fare (leggi: si accettano suggerimenti!!! Ed eventuali
istruzioni!).
Damynex: E tu non puoi sapere quanto ho riso leggendo
i soprannomi che hai dato a quei due! Miss Peperone è troppo forte, ma
ghiacciolo ambulante è l’apoteosi!! XDSpero che questo capitolo abbia saziato la tua voglia di sapere sui due
biondini… Ciao!^-^
AyLa: il discorso del cane l’ho inserito ispirata da
una mia amica, lei col cane ci vive in simbiosi e una volta mi ha detto che se
dovesse trasferirsi e non potesse portare la sua bestiola con sé le si
spezzerebbe il cuore! Le sue parole mi hanno talmente colpito che ho voluto
farle questo piccolo omaggio, io purtroppo avevo un cane quando ero piccolissima
e me lo ricordo a malapena, ma mi piacciono molto! Beh, a parte questa
parentesi cinofila, grazie ancora per aver commentato! Arkel invece è ispirato
(udite udite) al mio ragazzo, a volte intrattabile, ma in grado di sorprenderti
con gesti dolcissimi, grandi o piccoli che siano. Adesso ho mille cuoricini che
mi fluttuano attorno, come nei cartoni animati… che vergogna!
Uriko: O.O dopo il tuo urlo disumano ho letteralmente
cambiato pettinatura… Caspita che entusiasmo! Grazie, sono contenta che ti piaccia
e farò del mio meglio per arrivare alla fine. Scusa se non sarò regolare con
gli aggiornamenti (scuse estese a tutte le mie lettrici) ma sono in un momento
un po’ incasinato, perdono!!
Memole88: sono felice che anche gli altri personaggi
vi piacciano, temevo di aver creato solo Madian e Haydée di vostro gradimento!
Con Mitja volevo inserire il classico ragazzo simpatico e scherzoso, il tipo
che riesce a dare sui nervi con una battuta, ma col quale non ti annoi mai, e
che soprattutto sa essere un vero amico. Spero di riuscirci!
Detto questo, ieri ho avuto la tentazione di chiudere la
storia. EHI, calma! Aspettate a tirarmi i pomodori, prima vi spiego.
Dunque, ieri è stata una delle giornate più incredibilmente
folli della mia vita, roba che neanche l’ideatore di Fantozzi poteva fare di
meglio.
Finalmente ieri mattina sono riuscita a fare e registrare
l’ultimo esame, perciò tra un mese mi laureo (FIESTAAAA!!). Comunque, io vagavo
allegramente per i negozi, con la ferma intenzione di fondere la casa di un
negozio di abbigliamento, con la mia borsa contenente il libretto e tutti i
documenti, e un figlio di buona donna (scusate la scarsa finezza, dovevate
vedermi ieri) mi ha rubato la borsa.
Ora, se un brutto pezzo di #*##* vi ruba il libretto che due
giorni dopo dovevate consegnare in segreteria per iscrivervi alla sessione di
laurea, voi come diamine reagite??
Io ho lanciato mille insulti alla mia idea di scrivere su
questa categoria di infami e ho mobilitato due caserme di carabinieri, visto
che il mio inseguimento non era servito a un beneamato #### (penso che dovrei
dedicarmi al footing, ma tanto non mi metterò MAI a correre).
Fortunatamente la storia è finita bene: hanno ritrovato la
mia borsa due ore dopo in aperta campagna (come c’è finita non lo sa nemmeno
Lucifero in persona), naturalmente il portafogli era bell’è ripulito ma poco
importa, ho riavuto documenti e soprattutto il mio amatissimo libretto, che
dopo aver soggiornato nel mio materasso per il tempo necessario, se ne andrà
felicemente, e sotto scorta, alla segreteria dove spero lo conservino con cura
(ma tanto ci credo poco).
Morale? Sono stata indecisa se cestinare la storia tutta la
notte. Poi mi sono detta che gliel’avrei data vinta al bastardo (se lo becco
sua madre non lo riconoscerà mai), perciò, sprezzante dell’ingiustizia subita e
rimossa la terribile avventura, io e la mia testardaggine ci siamo sedute di
nuovo davanti allo schermo e ci siamo rimboccate le maniche, certe che il mio
sforzo ora sarà più apprezzato (leggi: COMMENTATE!).
Una cosa però l’ho imparata: i calzini sono il nascondiglio
più sicuro per qualsiasi cosa!
Le loro risate giunsero fino alla camera di Haydée,
spingendola a volersi alzare per vedere.
Lentamente si sedette sul letto, badando a non sforzare la
gamba destra per non riaprire la ferita, e finalmente dopo lente e delicate
manovre posò entrambi i piedi a terra. Poi allungò una mano oltre il comodino,
dove le avevano posizionato una sedia a rotelle e un paio di stampelle. Optò
per le grucce, che naturalmente non avrebbe ancora dovuto usare.
Quando alla fine si ritrovò in piedi non riuscì a trattenere
un sorriso di soddisfazione per la sua ritrovata mobilità.
Si mosse cautamente, fermandosi ad ogni passo per guardarsi
attorno, riprendere fiato e bilanciarsi al meglio, infine raggiunse il suo obiettivo:
la finestra.
Lo spettacolo che le si presentò era indubbiamente uno dei
più belli dei quali avesse mai goduto, paragonabile soltanto ai tramonti nella
sua adorata India. Inoltre, grazie alla posizione della casa sopraelevata
rispetto al livello del mare, aveva un’ottima visuale del giardino fino alla
spiaggia.
Il mare luccicava sotto il riverbero del sole, mentre la
natura rigogliosa non veniva minimamente intaccata dalla presenza delle
costruzioni dell’uomo.
Ammirò il giardino, e mentre il suo lato professionale si
chiedeva chi fosse l’ideatore del progetto, l’abitudine al furto la spingeva a
domandarsi a quanto ammontasse esattamente il capitale dei McKaye per potersi
permettere un paradiso simile. Doveva essere una cifra astronomica…
Infine la sua attenzione venne catturata dai bagnanti:
Phénice rideva allegramente degli scherzi di Mitja, che si stava dirigendo
insieme a Madian verso un’ignara Winter, immersa in qualche sogno abbronzante,
mentre Arkel li guardava con aria di superiorità, come se a lui quei giochi
stupidi non interessassero.
Vide i due ragazzi fuori dall’acqua bloccare la bionda, uno
la teneva per i piedi mentre l’altro la sollevava per le braccia. Rapidamente
la portarono sul bordo della piscina e contando fino a tre la gettarono al volo
nell’acqua azzurra, tra le risa della rossa e le sghignazzate faticosamente
trattenute del motociclista.
Winter riemerse furibonda, sbraitando acida contro il russo
che si tuffò a bomba per coprire i suoi strilli, mentre l’altra coppia
nell’acqua si sganasciava dalle risate.
Haydée spostò lo sguardo su Madian. Guardava la scenetta con
aria divertita, un sorriso rilassato dipinto sulle labbra.
Era notevolmente abbronzato e indossava un paio di bermuda
bianche che mettevano in risalto il suo colorito bronzeo. Osservò trattenendo
il fiato il fisico scultoreo costellato di minuscole goccioline d’acqua e il
gesto sciolto che fece mentre si passava una mano tra i capelli,
scompigliandoli per eliminare l’acqua in eccesso che non smetteva di
scivolargli sul collo.
Improvvisamente si rese conto che le sue pulsazioni erano
eccessivamente accelerate. Mi sto
stancando a rimanere troppo in piedi. Si autogiustificò, imponendosi di
credere che quello era l’unico motivo per il quale la testa le girava.
Tuttavia non riuscì a trattenersi dal sussultare e dal fare
un mezzo passo indietro quando lo vide volgere il capo e puntare gli occhi blu
proprio sulla sua finestra. Lo sguardo del ragazzo si incupì e senza alcun
gesto o parola si incamminò a lunghi passi verso l’abitazione.
Per un istante la ragazza venne presa dal panico, poi andò
calmandosi e quando la porta venne spalancata era perfettamente padrona di sé
stessa. O almeno questo era quello che credeva:
- Cosa ci fai in piedi? Paul ti aveva detto di non alzarti
ancora, specialmente non da sola. – in poche e rapide falcate Madian era
accanto a lei, poteva sentire distintamente il suo profumo. Il profumo della sua pelle… vagheggiò
un istante con la mente, per poi tornare al presente:
- Ero stanca di starmene ferma a letto, e poi non sono una
bambina, posso cavarmela anche da sola! – sbottò risentita. Il ragazzo fece un
leggero sospiro mentre lei tentava di muovere qualche passo verso il letto, poi
la vide vacillare e sarebbe caduta se non l’avesse presa in braccio:
- Lo vedi che sei debole? E poi appunto perché non sei più
una bambina non dovresti disobbedire a Paul. È un bravo medico e sa
perfettamente quello che dice! – ribatté guardandola. Lei evitava volutamente
il suo sguardo e aveva la testa abbandonata sulla sua spalla:
- Madian mettimi giù. – a sentire mormorare il suo nome in
modo così dolce e vagamente incerto si bloccò sui due piedi guardandola con
insistenza:
- Haydée? – chiamò piano. Lei tentennò un istante, poi alzò
gli occhi terribilmente scuri e profondi su di lui, affascinandolo.
Lentamente Madian si accostò al letto, lo sguardo allacciato
a quello di lei, si sedette e la depositò accanto a sé. Poi posò le mani sul
materasso ai lati dei suoi fianchi, imprigionandola tra lui e il letto.
Si avvicinò pericolosamente al suo viso, mentre lei nel
tentativo di sfuggirgli era finita distesa sotto di lui, esattamente la
posizione che voleva evitare. Ma le difese di Haydée crollarono quando sentì
sulle guance il suo respiro caldo, e l’improvvisa ondata di calore che la
sommerse andò ad aggiungersi alla scarsa percezione della realtà dovuta allo
sfiancamento fisico.
Madian le sfiorò delicatamente una guancia, poi la guardò
negli occhi, tormentandola dolcemente con lo sguardo, e scese ad accarezzare
anche l’altra, socchiudendo le labbra e depositandole un breve bacio sulla
pelle morbida. Infine tornò a guardarla intensamente, e all’improvviso entrambi
ebbero gli occhi dell’altro dentro i loro.
La ragazza tremò impercettibilmente mentre lui si bloccava
dov’era, e quell’attimo tremulo li portò via con sé.
Era una sensazione strana quella che li stava avvolgendo in
quell’istante, sembrava essere stato uno scambio o un incontro di anime, un
attimo fuggevole volato via semplicemente col loro respiro ma congelatosi ormai
per sempre nelle loro menti.
Madian sussurrò il suo nome talmente piano da farle dubitare
di averlo realmente sentito, poi il trillo del telefono di casa al piano
inferiore li fece irrigidire.
Rimasero ancora immobili, le labbra che si sfioravano, e
l’incantesimo venne spezzato definitivamente da passi affrettati lungo le scale
e dalla voce di Rachel:
- Madian!!… Madian, dove sei?… C’è Celia al telefono!! – il
ragazzo non vide nemmeno i suoi movimenti mentre fuggiva letteralmente: sgusciò
sotto di lui, recuperando le stampelle con unmovimento brusco che le strappò un mugolio di dolore, e quando la donna
irruppe nella camera lei era già in piedi e saltellò via pericolosamente
instabile.
Rachel non pensò nemmeno di fermarla, il suo viso sconvolto
parlava già a sufficienza per lei, così si concentrò su suo figlio:
- Che lei hai fatto Madian? – il ragazzo non le rispose, si
era sollevato a sedere e guardava il vuoto con aria assente. La donna si mise
una mano su un fianco e allungò l’altra verso il figlio, porgendogli il
cordless: - Almeno rispondi a Celia, intanto io dovrò cambiare le lenzuola… che
ti è saltato in mente di sederti coi pantaloncini bagnati? – continuò a
brontolare a lungo ma lui non la ascoltò. Automaticamente prese il cordless e
mormorò un “pronto” atono:
- Ciao tesoro!! Io e Aida vi stiamo per fare una sorpresa! –
squittì la ragazza all’altro capo del telefono:
- Una… sorpresa? – borbottò senza capire un accidenti:
- Sì! Ieri abbiamo chiamato a casa vostra ma non c’eravate,
così ho contattato tua madre e mia ha detto che siete tutti lì. Indovina un
po’? Stiamo venendo anche noi! – confessò tutta giuliva. Madian rischiò di
strozzarsi:
- Qui? Ma… perché!? – balbettò ricollegando il cervello:
- Come perché! Per passare qualche giorno insieme, no? -
- No, non potete venire! – esclamò riprendendosi del tutto:
- Su, non essere sciocco! Certo che possiamo, avete una
villa gigantesca e Aida muore dalla voglia di vederla! Adesso devo riattaccare
amore, ci vediamo dopo! <click!> – Madian guardò il portatile incredulo,
poi si volse verso sua madre:
- Celia… sta arrivando… perché le hai detto che siamo qui??
– chiese esasperato:
- Tesoro, mi ha chiamata dicendomi che era preoccupata
perché non ti trovava e io ho solo pensato di rassicurarla… non pensavo che
sarebbe venuta! – lui si guardò attorno con aria smarrita:
- Devo trovare Haydée, dov’è andata? – la donna lo bloccò:
- Forse faresti meglio a lasciarla stare… - rimase un attimo
soprappensiero, poi annuì e si avviò alle scale come un automa, mentre Rachel
lo guardava con un misto di felicità e preoccupazione negli occhi. Il mio bambino!
~~~~~
Haydée era uscita dalla stanza di corsa, o meglio arrancando
su tre zampe come meglio poteva, ma era confusa e sconvolta e aveva preso la
direzione sbagliata: invece di trovare le scale per uscire si era ritrovata
davanti al bagno, così senza pensarci due volte si barricò all’interno,
chiudendo la porta alle sua spalle a doppia mandata.
Riprese a respirare soltanto quando riuscì a sedersi su un
basso sgabello di legno e a distendere la gamba ferita. In quel momento
adocchiò la fasciatura, lasciata scoperta dagli shorts, e si accorse con una smorfia che
era sporca di sangue, segno che la ferita si era riaperta. Accidenti a me… no, accidenti a lui!!
Finalmente ripensò a quello che era successo pochi istanti
prima, e allora desiderò prendersi a revolverate. Ma allora il suo allenamento
da Sybil, tutti gli esercizi di concentrazione che aveva fatto e le cose che si
era ripetuta migliaia di volte non erano servite a niente!! Come poteva essere
talmente sciocca da mostrarsi sempre debole quando si trovava da sola con lui?
Perché seguitava a lasciargli fare come voleva, cos’è, non era più capace di
tirare una sberla, meritatissima, al primo marpione che incrociava il suo
cammino?
Scosse il capo appoggiandosi al lavandino, mentre le
immagini davanti ai suoi occhi si fecero confuse e temette di svenire. Abbassò
le palpebre facendo lunghi e profondi respiri. Fermate
il mondo, gira troppo veloce…
…E poi cos’era successo quando lui l’aveva guardata negli
occhi? Le era sembrato di essere stata trafitta nel costato, e in più ora non
riusciva a distogliere dalla mente l’immagine dei suoi occhi blu, così dolci e
decisi al tempo stesso. All’improvviso si era sentita come svuotata, come se
qualcuno le avesse strappato l’anima, e aveva avuto l’impressione che al mondo
non ci fossero che loro due.
Così non andava bene per niente, doveva fare qualcosa per
riprendere il controllo della situazione…
Niente da
fare carina, ormai sei cotta!
Non è vero!!
Posso ancora tenerlo a bada, e te lo dimostrerò!
Ah sì? E
come? Guardandolo mentre si spupazza quella Celia?
Accidenti a te,
non me la ricordare!!
Sei gelosa…
ammettilo!
No, hai capito?
NO!!
Dei colpi sulla porta del bagno la riportarono alla realtà:
- Haydée?… Sono Rachel, mi apri? – la ragazza si mosse a
disagio, e casualmente lo sguardo le cadde sullo specchio… Era davvero suo quel
viso smunto, devastato dalle lacrime?…
- Haydée lo so che sei lì dentro, ti prego aprimi! –
rapidamente si passò le mani sulle guance e sugli occhi, nel tentativo
disperato di cancellare quello che non voleva vedere:
- Per… per favore Rachel… vorrei stare un po’ sola. – tentò
in tutti i modi di dare un’inflessione naturale alla sua voce, ma non ci riuscì
e risultò ancora più incrinata del dovuto:
- Non fare così cara, aprimi, coraggio! Non vuoi parlarne? –
la ragazza la interruppe con energia:
- NO!… Cioè, io… mi scusi, ma dico sul serio, vorrei restare
sola per un po’. La prego. - mormorò stanca. Sentì la donna sospirare, poi
finalmente si arrese:
- Come vuoi Haydée. – il rumore dei passi leggeri che si
allontanavano la aiutò a calmarsi. Alla fine riuscì anche a rilassarsi,
appoggiando la schiena al muro freddo e chiudendo nuovamente gli occhi. Ho pianto… perché?
~~~~~
Due ore dopo la casa, o meglio il giardino, era pieno delle
risa delle due nuove arrivate. Haydée poteva sentirle distintamente, distesa
sul letto dell’infermeria, con la gamba medicata di fresco. Fortuna che quel
dottore era sempre in circolazione, altrimenti sarebbe veramente morta
dissanguata!
Ora non doveva fare altro che rilassarsi e mandare al
diavolo Madian la prossima volta che avrebbe tentato di avvicinarsi a lei.
In quel preciso istante sentì qualcuno avvicinarsi alla sua
stanza:
- Disturbo? -
- No Winter, entra pure. – mormorò stanca. La bionda la
guardò attentamente, poi si sedette accanto a lei:
- Ci sono visite. – buttò lì casualmente per vedere una
qualsiasi reazione, che non arrivò:
- Ho sentito. – rispose l’altra telegraficamente:
- Sai chi sono? – Haydée si strinse nelle spalle:
- Celia e una sua amica? – fece indifferente. La ragazza le
lanciò un’occhiata obliqua:
- Celia e Aida, quel genio della ragazza di Mitja. Mi chiedo
come abbia fatto un ragazzo così in gamba e intelligente a trovarsi una del
genere. Non è per niente adatta a lui! – borbottò come se parlasse con sé
stessa:
- E sentiamo, che tipo sarebbe adatto a lui? – chiese la
mora. Winter ci pensò su un po’:
- Dovrebbe essere in gamba almeno quanto lui, non una
stupida del genere. E poi dovrebbe sapere come tenerlo a bada: te lo dico io
che lo conosco, sarà pure un simpaticone ma ne capisce della vita come un
bambino di 3 anni. Anzi, di meno!… Ecco, gli servirebbe qualcuna che compensi
il suo lato burlone, una ragazza seria e con la testa sulle spalle… -
- Una come te? – la interruppe Haydée con un risolino
saccente dipinto in volto. La bionda spalancò la bocca incredula:
- Che diavolo ti hanno messo nel sangue delle trasfusioni,
scemenza in gocce? – la mora ridacchiò spudoratamente: - Dico, ma sei uscita di
testa?! Guarda che io non ci penso nemmeno a Mitja, anzi se proprio lo vuoi
sapere è l’ultimo dei miei problemi! – l’altra ormai rideva a crepapelle: - Ma
guardatela!! No bella, tu non ci sei tutta col cervello, dai retta! – sbottò innervosita
alzandosi e misurando la stanza a grandi passi, dall’alto dei tacchi
vertiginosi delle sue ciabattine. Intanto Haydée andò calmandosi, riprendendo
più o meno un’espressione normale:
- Dai, non te la prendere… io scherzavo! -
- Sì, sì… scherza tu… intanto Aaron ha scovato dai miei
ex-colleghi, perché devi sapere che mi sono licenziata, il mio numero di
cellulare. Mi ha chiamata almeno 20 volte da ieri e io non gli ho ancora
risposto… - mormorò cambiando discorso e adocchiando distrattamente la piscina
in giardino:
- Ti sei licenziata proprio adesso che hai giurato di non
fare più la ladra?? -
- No, l’ho fatto prima di prometterlo… e poi potrei sempre
mettermi in proprio, che credi, che non saprei gestirlo un ufficio legale??…
Tornando al mio ex, cosa devo fare secondo te? – la mora mise le mani avanti:
- Non sono il tipo giusto a cui fare domande da “posta del
cuore”! Chiedilo a Phénice! -
- Bah! Proprio a lei! Ha dato a Selim il mio numero di
cellulare in caso di bisogno e stamattina l’ha chiamata. Indovina un po’? Lei
gli ha detto di essere in vacanza con noi, e lui vuole a tutti i costi venire a
trovarla! – Haydée la guardò stranita:
- Mmh… e adesso cosa si fa? – Winter allargò le braccia
impotente:
- Ah, non lo so! Lei lo vuole vedere, non gli ha ancora dato
appuntamento per consultare noi ma dubito che riusciremo a farle cambiare idea!
– la mora prese a pensare freneticamente:
- Non possiamo dirgli di venire qui per tenerli sotto
controllo, sarebbe da maleducate nei confronti di Rachel e suo marito… però non
possiamo lasciarla tornare in città, col rischio che Chung la intercetti… Ci
sono! – esclamò picchiando un pugno su una mano: - Vi incontrerete con loro a
East Port, direte che in appartamento ci sono io ammalata e che non potete
portarli su perché sono contagiosa… che so, potrei avere la varicella, o quello
che pare a te… così tu la tieni d’occhio e non torna in città. Geniale, no? –
fece sorridendo soddisfatta:
- Aspetta un momento, “ci incontreremo con loro” chi? Non
dovrò fare la balia all’amichetto di Selim spero! – Haydée scosse la testa,
rassicurandola per un solo istante:
- Ma no, che hai capito? “Loro” sono Selim e Aaron! Li farai
incontrare in un posto che conoscono entrambi, si presentano e poi verranno
insieme! E voi naturalmente li raggiungerete nella cittadina! Chiaro? – Winter
sperò di aver capito male:
- Stai scherzando spero!? Io non voglio vedere Aaron! –
Haydée la fulminò con lo sguardo:
- Ah, bene!! È così che mi aiuti a tenerla d’occhio! –
sbraitò infuriata, spaventando la bionda che si affrettò a fare marcia
indietro:
- Va bene, va bene! Ok, faremo come dici, ma vedi di tenere
fermi mani, piedi e stampelle! Non mi piace il tuo lato manesco, sappilo! –
borbottò accasciandosi su una poltrona. Un istante dopo Phénice spalancò la porta
con la faccia più indignata che le avessero mai visto:
- Ciao Haydée, come stai? -
- Benino, ma tu cosa… - non riuscì a finire, il turbine
Phénice era in azione:
- Winter seguimi, devo chiederti una cosa. – fece prelevando
la bionda e trascinandola a forza nella sua stanza.
Una volta a destinazione la rossa le puntò un dito sotto il
naso:
- Chi è quella spilungona, quella castana? – chiese con
l’aria da giurato dell’Inquisizione:
- Celia? – il cenno affermativo della ragazza la spinse a
continuare: - La ex di Madian, perché? – Phénice spostò il suo indice
accusatore verso la finestra:
- Ma l’hai vista come si struscia contro di lui?? – sibilò
infuriata. Winter inarcò un sopracciglio:
- Sì, ma non vedo cosa dovrei farci. – l’altra sbuffò come
un toro nell’arena:
- Come cosa dovresti farci?!! Lui è o non è cotto di
Haydée?? – a quel punto la bionda prese a divertirsi:
- Immagino di sì, ma non se sono certa. E allora? -
- E allora la dobbiamo ELIMINARE!! Non può venire qui e
rovinare tutto!! A proposito… quando è sparito Madian è andato da Haydée? -
- Penso di sì, ma lei non mi ha detto niente. Però quando
sono entrata era piuttosto sconvolta… - a Phénice si illuminarono gli occhi:
- Ma certo che lo è! Perché ne è innamorata!! Dobbiamo
studiare il modo per allontanare Celia da lui… -
- Lascia perdere, concentrati su Selim. Haydée dice che
potreste incontrarvi ad East Port, non è giusto farli venire qui. - la rossa
batté le mani allegramente, poi la guardò interrogativa:
- Hai detto farli… chi viene con lui? – Winter imprecò
internamente:
- Aaron, il mio ex. Vuole incontrarmi così usciremo tutti
insieme, poi magari ci lascerete un po’ soli perché devo parlargli. - la
ragazza saltellò al settimo cielo:
- Che bello!! Non vedo l’ora che arrivinooo!! – cinguettò ballando
per la stanza mentre la bionda la guardava torva. Certo, come no, anch’io…
EHI, LAVATIVE!! Nessuna di voi si è interessata della mia
nuova storia, Revenge (messaggio promozionale ;p)?! Filate a leggerla o
entro in sciopero, e vi assicuro che il mio sindacato non perdona!! ^_o
Super Gaia: ciao!! La sai una cosa? Con tutte le
recensioni che mi hai lasciato ogni volta mettevi un “besos”. Ebbene, facendo
un rapido calcolo, credo che me abbia mandati più tu del mio ragazzo.
Preoccupante la cosa… ehi, scherzo sai? Grazie per tutti i complimenti che mi
hai lasciato, ma attenta, potrei montarmi la testa!
Elenim: SIGNORSISSIGNORA!! Scusa per il ritardo,
dovevo affrontare l’esame e sinceramente mi era venuto un blocco già prima di
pubblicare il 23esimo capitolo. Adesso però mi sono ripresa, e via alla
grande!! Sul serio hai già disegnato Phénice?! Che brava che sei, io sono
scarsa in queste cose… ma è fantastico, mandameli tutti!!! Sono veramente
curiosa di vedere i miei ragazzi immaginati da te! A presto ;)
Uriko: ma no, non hai esagerato… anzi, mi fa piacere
che la mia storia ti entusiasmi, cercherò di impegnarmi per mantenere alto
l’indice di gradimento!
Jennifer90: Mitja è un po’ così, una faccia da sberle
unica! Grazie per l’appoggio, dopo tutte le vostre richieste non credo di avere
la forza di troncarla così. Come Madian, non mi piace lasciare un lavoro a
metà, quindi dritta alla meta!!
Damynex: guarda, un’avventura del genere non me la
sognavo nemmeno!! Comunque ha avuto un lieto fine, quindi mi sono già tirata su
di morale! ^_^ Carini anche i soprannomi per Winter e Mitja, è esattamente così
che voglio che vi sembrino, due caratteri opposti. E poi si sa, gli opposti in
fisica si attraggono, chissà…
Earine: e fai bene a sospettare! DIFFIDA della parola
di un ladro, diffida sempre! Interessante, hai una tua teoria… me la bisbigli
in un orecchio?! Su, che lo sai il mio indirizzo… sono una terribile
curiosona!!
AyLa: Ti giuro che non era un bluff. Per alcune
interminabili ore, e comunque ancora adesso, ho provato un odio talmente
profondo nei confronti di questa persona che non avrei mai creduto possibile.
Era una sensazione di cattiveria assoluta, e immediatamente la mia mente è
corsa a questa storia che, per quanto sia la mia prima storia, per un lunghissimo
istante l’ho odiata con tutte le mie forze. Davvero ho creduto che non sarei
riuscita a continuarla, il solo pensare a cosa ho provato ancora mi fa
ribollire il sangue, e soprattutto mi ha fatto capire cosa vuol dire “furia
cieca”. Quando ho visto quell’uomo correre via con la mia borsa ho sentito
la mente squarciarsi, la terra era svanita sotto ai miei piedi e c’era solo una
rabbia incontrollata a scuotermi ogni fibra. Io stessa non credevo di poter
provare un odio così assoluto, per quanto la mia vita sia lontana dall’essere
rose e fiori niente si è mai avvicinato a quello che ho provato quel
pomeriggio. Adesso un po’ è passato, ma dal nervosismo e dalla furia ho ancora
tutti i muscoli indolenziti. Sarò troppo emotiva?
Comunque è vero, quella di cui vi racconto è gente di
classe, non sordidi delinquenti che scippano una ragazza per qualche spicciolo.
Questa è gente che svuota casseforti a chi che ne ha in sovrabbondanza, oppure
oggetti d’arte trafugati. Niente a che fare con la micro-delinquenza del c****,
dimmi tu se vale la pena rischiare per neanche 50 euro…
*Freya*: Decisamente non la posso togliere ‘sta
storia, io con una che fa box nun ce litigo (per dirla alla romana, come fai
tu)!! Come vedi Celia è già un problema, un GROSSO problema… eh sì, stressa
pure me… Senti, io mica l’ho capita la battuta su calzini e mutande, ho il
cervello in pappa e su questo non si discute, ma non pensavo di avere già
problemi di memoria… SOS!
Quella sera stessa mentre erano tutti a cena, comprese
Haydée le due ultime arrivate, che avrebbero comunque dovuto levare le tende
quella sera stessa per mancanza di posti letto, Winter sganciò la bomba,
informando i loro “protettori” che il venerdì successivo, cioè tre giorni dopo,
lei e Phénice avevano un appuntamento ad East Port.
Mitja rischiò di soffocarsi con un boccone di bistecca,
mentre ad Arkel l’acqua non era mai sembrata così amara. Madian guardò la mora
con gli occhi brillanti:
- Tu non vai? – lei si strinse nelle spalle indifferente, ma
Phénice non ci stava a vederla fare la figura della sfigata, e per di più
davanti a quel bell’imbusto zucca vuota che non si era ancora deciso a mandare
la sua ex, acidissima gallinella svampita, al diavolo!
- Oh, non viene solo perché non si sente ancora bene! Il suo
ragazzo c’è rimasto malissimo, ma si preoccupa per lei e le ha detto di
riposarsi per bene! La prossima volta che verranno qui ci sarà anche lui e
allora usciremo tutte insieme!! – fece allegra. Haydée e Winter non ebbero
nemmeno la forza di guardarla, sbalordite dalla sua uscita. Madian cambiò
colore, facendo immaginare a tutti i presenti che sarebbe schiattato sul colpo,
ma si riprese e guardò intensamente la mora:
- Ah, ma allora hai il ragazzo… come si chiama? – esordì
Celia con voce flautata. Haydée chinò il capo e arrossì vistosamente,
convincendo tutti i presenti, escluse le sue due amiche, che aveva veramente il
fidanzato ma che si vergognava a parlarne a causa del suo carattere riservato.
In sua vece stavolta intervenne Winter, che cominciò dandole una leggera
gomitata:
- Andiamo, non essere timida! – la mora la abbrustolì con lo
sguardo, così proseguì: - Dovete scusarla, figuratevi che abbiamo scoperto per
caso che aveva il ragazzo, è talmente timida da non averne parlato neanche con
noi! Comunque si chiama Josh ed è un suo vecchio compagno di università. È un
architetto molto bravo! – disse con fare velenoso alla smorfiosa seduta accanto
a Madian. Questa inarcò le sopracciglia e fece un sorrisino di circostanza,
mentre il bel moro non staccava gli occhi da Haydée:
- Sul serio? Non me ne avevi mai parlato. - mormorò Mitja
ripresosi dallo shock iniziale e tentando di mettere a posto i tasselli di quella
strana conversazione:
- Perché avrei dovuto? Dopotutto voi non c’entrate nulla! -
rispose sempre più velenosa all’indirizzo di Madian, che arrivato a quel punto
non riuscì più a starsene seduto.
Sua madre e Celia lo guardarono allontanarsi, l’una sorpresa
e l’altra sospettosa:
- Madian dove vai? Non finisci di mangiare? – il ragazzo si
fermò ma non si volse:
- No mamma, devo fare una cosa. Proseguite pure senza di me.
– i presenti si guardarono in silenzio, poi Arkel chiese con aria indifferente
che programmi avessero (tanto perché non aveva nessuna intenzione di spiarle) e
riuscì a rilassare l’atmosfera.
Dopo pochi istanti sentirono una moto rombare e sgommare
furiosamente sulla ghiaia del viale, interrompendo per un imbarazzante istante
i discorsi dei commensali.
~~~~~
Una volta finita la cena le tre ragazze si ritrovarono al
piano superiore, nella stanza che Haydée occupava da poche ore visti i suoi
rapidi miglioramenti. Quando la porta si fu chiusa Winter e Phénice si fecero
terribilmente serie, la rossa arrivò addirittura a chinare il capo come una
bimba colta a mettere in pratica la peggiore marachella. La mora le guardò
ironicamente. Si aspettano una
sfuriata…
Senza proferire verbo si stese sul letto a baldacchino,
schermandosi con una mano gli occhi dalla luce del lampadario. Dopo un silenzio
pesantissimo la rossa cominciò a parlare con una vocina piccola piccola:
- Haydée? – la ragazza volse appena il capo per guardarla ma
non disse nulla: - Sei arrabbiata con noi? – mormorò ancora più piano. La mora
fece un breve sospiro, poi si sollevò a sedere con uno sforzo notevole. Infine
le guardò gravemente:
- No, non sono arrabbiata. In fondo mi avete fatto un
favore. – le due spalancarono la bocca istupidite e lei non poté trattenersi
dal ridacchiare: - Sì, un favore. Dopo le vostre “rivelazioni” sono certa che
Madian abbia finalmente capito che deve starmi alla larga. Grazie! – concluse
con un sorriso smagliante.
Le altre due si guardarono tramortite: loro l’avevano
pensata al contrario, cioè che lo avrebbero fatto ingelosire!
- Dopotutto non è una cattiva idea: un fidanzato immaginario
per tenere alla larga gli scocciatori… devo ammettere che siete geniali! – poi
le guardò con aria stanca: - Vi spiacerebbe uscire? Sono stanca, ho bisogno di
una bella dormita! – una volta lungo il corridoio le due cospiratrici si
guardarono sconvolte:
- Mi sa che abbiamo combinato un casino! – mormorò la rossa:
- Eh già… - borbottò l’altra.
All’interno della stanza la mora scosse il capo divertita.
Davvero un’idea niente male quella di Phénice, nemmeno a lei sarebbe venuto in
mente niente di più astruso e assurdo, ma dovette ammettere che poteva
funzionare.
Si stava spogliando quando sentì la moto di Arkel arrivare
lentamente e spegnersi sotto la sua finestra. Istintivamente spense la luce,
poi prese le stampelle e si avvicinò al piccolo balcone, rimanendo nascosta
dalle tende.
Vide Madian togliersi il casco lentamente e spettinarsi i
capelli, poi volgersi e avviarsi con passo stanco ad una panchina immersa
nell’oscurità.
Cominciava ad essere stanca di stare a guardare, ma in quel
momento uscirono dalla villa Celia e Aida, pronte a tornare ad East Port.
Sentì Aida bisbigliare con Mitja e lo scoccare di un bacio,
mentre Celia si avviava decisa alla panchina dove si trovava Madian.
Istintivamente strinse con forza le manopole delle grucce,
non appena la vide accomodarsi accanto a lui e avvicinare il viso al suo… BASTA!! Urlò tra sé stringendo le palpebre e
allontanandosi immediatamente.
Andò a gettarsi sul letto e si impose di dormire, ma rimase
sveglia fin quando, una decina di minuti più tardi, la macchina di Celia si
allontanò lungo il viale d’ingresso.
Nel frattempo nel giardino Celia aveva insistito col ragazzo
per restare a dormire con lui. Gli aveva accarezzato la linea dei bottoni della
camicia con fare sensuale, scendendo alla cintura dei pantaloni:
- Avanti tesoro, che ti costa? Non sarebbe bello, tornare
indietro nel tempo… - gli aveva mormorato con voce rauca. Lui non si era
lasciato abbindolare, le aveva bloccato la mano stringendole il polso fino a
farle male, poi le aveva scoccato un’occhiata inceneritrice:
- Va’ al diavolo Celia! – aveva sibilato alzandosi e
allontanandosi nervosamente.
Aveva ben altro a cui pensare in quel momento, e poi che
gliene importava a lui di Celia?! Proprio niente!! Il suo problema era Haydée
in quel momento, anzi il ragazzo di Haydée!
~~~~~
Venerdì sera
Winter entrò nella camera della mora spandendo attorno a sé
un delicato e costosissimo profumo:
- Noi andiamo, hai bisogno di qualcosa? – la ragazza scosse
il capo con un sorrisino appena accennato:
- Non mi pare, e comunque Rachel è già stata qui almeno un
paio di volte, non credo che mi mancheranno le vostre cure! – la rassicurò
ridacchiando:
- Ok… lo sai vero che dopo questa sera sarai in debito con
me per il resto dei tuoi giorni, vero? – Haydée rise apertamente:
- Sì, come no… la Regina dei Ghiacci è tornata agli antichi
splendori! Vai, su, e cerca di comportarti bene con quel povero ragazzo… - la
bionda se ne andò borbottando imprecazioni incomprensibili in tedesco. Lungo il
corridoio incontrò Mitja in perfetta tenuta da gran serata:
- Ciao Winter! Allora, come sto? – chiese scherzoso facendo
un giro su sé stesso con le braccia aperte:
- Un vero figurino, dove te ne vai di bello? – il ragazzo le
fece un sorriso a mezza bocca, bloccandole il passo:
- Vorrai dire dove andiamo io, Madian e le due ragazze… Beh,
abbiamo deciso di unirci a voi!! – annunciò baldanzoso. Winter lo guardò senza
riuscire a crederci veramente. Deve
esserci per forza la linea disturbata…
- Scusa, a “voi” chi? -
- Ma come chi?! A te, Phénice e ai vostri ragazzi, mi sembra
ovvio! – esclamò spalancando le braccia. Lei sbatté le palpebre più volte, poi
gli andò talmente vicino da sfiorarlo senza allungare le mani, sibilando
inviperita:
- Tu non farai una cosa del genere Mitja. Non abbiamo
bisogno di voi, Maximilian ci presta la sua auto. – il ragazza deglutì a
fatica, con la mente inebriata dal profumo sensuale della ragazza:
- Invece verrò, e non mi importa se non sei d’accordo. -
mormorò rauco, circondandole la vita con un braccio mentre la faceva
indietreggiare e aderire contro il muro, imprigionandola tra sé e la parete.
Winter spalancò gli occhi incredula:
- Lasciami andare. – lui le sorrise appena:
- Altrimenti che fai? – disse in un soffio, alzando la mano
libera e scostandole i capelli morbidi e vaporosi da una guancia, mentre si
chinava per affondare il viso tra quelle onde dorate. Lei socchiuse gli occhi
sinistramente facendoli apparire di un grigio ancora più cupo, poi con uno
scatto lo rimise al suo posto.
Un attimo dopo Mitja era piegato in due a causa di un dolore
lancinante ai gioielli di famiglia:
- Porco! – ringhiò Winter allontanandosi in direzione della
stanza di Phénice mentre traballava sui tacchi a spillo. Ma che gli è preso?! Anzi, che mi è
preso!! Merda, merda, merda!!
Quando finalmente le due ragazze si ritrovarono in auto, la
più giovane la guardò preoccupata:
- Sei sicura di poter guidare? – Winter la bruciò sul posto:
- Per chi mi hai preso ragazzina!? – sibilò nervosa:
- Ma… calmati, lo dicevo per te! Sembri eccessivamente
agitata… - mormorò spaventata. La bionda iperventilò per alcuni istanti, poi
tornò ad avere la sua solita espressione tesa ma non infuriata:
- Ora va meglio! – sentenziò ingranando la retromarcia e
facendo manovra sgommando sulla ghiaia, proprio mentre Mitja e Madian uscivano
dalla villa:
- Non credi che dovremmo aspettarli? – chiese la rossa
titubante:
- Conoscono la strada. – sillabò l’altra decisa a chiudere
il discorso. Phénice lo capì e non aprì bocca per tutto il tragitto.
Una volta a destinazione parcheggiarono a poca distanza dal
luogo del loro appuntamento, che per facilità era stato stabilito davanti a un
famoso ristorante, poi si avviarono di buon passo, anche se per motivi diversi.
Phénice non vedeva l’ora di rivedere Selim, mentre Winter doveva scaricare un
eccesso di tensione, e poi non vedeva l’ora di portare a termine quella serata.
Era già sufficientemente stressata dopo quello che era successo con Mitja, ora
avrebbe avuto bisogno di tutto il suo self-control per non spaccare la faccia
al suo ex:
- Selim! Siamo qui!! – trillò la rossa al suo fianco,
riportandola alla realtà. A circa due centinaia di metri da loro vide i due
ragazzi volgersi e sorridere soddisfatti. Aveva già avuto occasione di
conoscere il ragazzo della sua coinquilina e lo salutò con un cenno del capo
mentre si avvicinava a Phénice per salutarla con due casti baci sulle guance. Con me non attacca, marpione!!
- Winter, sei sempre più bella! – esclamò il suo ex
fidanzato abbracciandola e avvicinandosi al suo viso per baciarla. Lo fermò
posandogli l’indice sul mento:
- Ciao Aaron. Stai molto bene anche tu. – rispose con un
sorrisino a denti stretti che di amorevole aveva ben poco. Lui la guardò leggermente
confuso, poi si volse verso l’altra coppietta:
- Tu devi essere la bellissima Phénice… Selim non ha fatto
altro che decantare le tue lodi durante tutto il tragitto! – disse prendendo la
mano che lei gli porgeva e facendole un galante baciamano. La ragazza arrossì
graziosamente, cinguettando allegra:
- Grazie Aaron… sono felicissima di conoscerti finalmente! –
Winter li interruppe guardandosi attorno nervosamente. Meglio sparire alla vista, questi due sono scocciature più
che sufficienti!
- Bene ragazzi, che ne dite di entrare? Avevo prenotato il
tavolo e ci aspettano. – fece con aria altezzosa avviandosi all’ingresso senza
aspettare il suo “accompagnatore”.
~~~~~
Nel frattempo, alla villa
Haydée spense la televisione sbuffando di noia. Proprio la serata più divertente
dell’anno dovevo perdermi?? Io e Josh ci saremmo sicuramente divertiti, andiamo
così d’accordo!
Ridacchiò tra sé per un po’, poi si disse che la cosa non
era per niente nel suo stile e decise di fare un giretto per la villa visto che
quella sera era pressoché vuota. Inforcò le stampelle e si diresse zampettando
alle scale, prendendo a scendere uno scalino per volta:
- Hai in previsione di invecchiare su queste scale per caso?
– si volse e vide Arkel osservarla dall’alto della scalinata:
- Sinceramente avrei altri progetti, ma finché non recupero
questa stramaledetta gamba non riuscirò a fare nemmeno un passo. Tu piuttosto,
non hai niente di meglio da fare che criticare le mie evoluzioni? – il ragazzo
ridacchiò nervosamente:
- Spiritosa!! – ringhiò quasi offeso, avrebbe voluto essere
in città a controllare la situazione ma non ne aveva avuto il coraggio. La mora
lo guardò sorpresa scendere rapidamente e porsi un paio di scalini sotto di lei
con la schiena leggermente piegata e le braccia aperte. Dopo un po’ si volse
appena a guardarla: - Beh? Che vogliamo fare? Mettere radici? Sto aspettando
che sali per portarti giù se non si era capito. O credi che questa sia una
posizione comoda?! – Haydée rise apertamente, poi con cautela si aggrappò alla
sua schiena e cominciarono la discesa: - Alla buon’ora guerriera! – brontolò
sbuffando.
Una volta al pian terreno la depositò a terra e la aiutò con
le stampelle:
- Non stupirti, anni fa giocavo a rugby e mi sono fatto male
ad un ginocchio, quindi so cosa vuol dire andarsene in giro con quelle grucce!
-
- Grazie… senti, non ho ancora visto da vicino il parco, che
ne diresti di accompagnarmi? La tua schiena è un mezzo di trasporto niente male
in caso di bisogno! – il ragazzo ridacchiò:
- E accontentiamo ‘sto relitto, và! – borbottò divertito
camminandole a fianco.
Rimasero in silenzio per un po’, persi nei rispettivi
pensieri, poi la ragazza si fermò per riposare e decise di attaccare bottone:
- A parte gli scherzi, che ci fai stasera in casa? Sono
tutti in città, potevi andarci anche tu, no? – Arkel si sedette su una panchina
aiutando anche lei, e si strinse nelle spalle:
- Non mi andava di fare il single sfigato in mezzo a delle
coppiette, è un duro colpo per il mio orgoglio di macho, cerca di capire… -
scherzò poco divertito. Volse lo sguardo sulla ragazza e vide i suoi occhi
brillare nell’oscurità:
- Davvero? Niente donna quindi? – lui scosse il capo:
- Perché tutte queste domande? Hai qualche mira su di me? –
ironizzò. Haydée gli diede una pacca divertita su una spalla:
- Ma và!! Semplice curiosità, sai, tanto per fare
conversazione… - lui mugugnò un assenso e tra loro ripiombò il silenzio. La
ragazza lo studiò attentamente per un po’, poi cominciò a parlare con voce
dolce:
- Ti piace Phénice? – lui sgranò gli occhi e si volse verso
di lei, sorpreso come se gli avesse appena chiesto di sposarlo:
- Cheee?!? – la mora ridacchiò:
- Ti piace la nostra “ragazzina”? Cioè, le sei affezionato?
– lui soppesò a lungo la domanda:
- E se anche fosse? -
- Non ti sbilanci mai? -
- Difficilmente. -
- Allora cosa mi rispondi se ti dico che Phénice potrebbe
avere bisogno di qualcuno che si prenda cura di lei? – Arkel ci pensò su:
- Dico che dipende cosa intendi per prendersi cura di lei. –
Haydée annuì:
- Metti il caso che io debba partire, e che anche Winter
parta… lei rimarrebbe a vivere da sola, e devi sapere che non le piace la
solitudine. In più sai che il suo ragazzo è una persona poco raccomandabile…
anzi, molto poco raccomandabile, e lei è così dolce e ingenua da non essersene
nemmeno accorta… in questa situazione, la prenderesti sotto la tua ala
protettrice? – lui tornò a guardare il buio davanti a sé, riflettendo:
- Ti posso dire… che di certo non la abbandonerei al suo
destino. – poi si volse a guardarla: - Ti basta? – la ragazza annuì nuovamente:
- Certo. – fece soddisfatta rilassandosi e guardandosi
attorno: - È proprio bello qui, non trovi? -
- Già… -.
~~~~~
Madian sbuffò almeno un migliaio di volte nel tragitto dalla
villa ad East Port, poi aveva spento la radio e aveva guardato Mitja al
volante:
- Portami indietro, non ci voglio venire all’appuntamento
con Celia! – Mitja aveva accostato di colpo, rovesciandogli lo stomaco, poi si
era voltato con aria truce:
- Sentimi bene, bello, io sto facendo un piacere a te perché
hai bisogno di distrarti. Credi che non mi sia accorto che hai sfiorato
l’infarto ieri sera? – Madian impallidì:
- IO?!? E perché mai? – il russo sbuffò, agitandosi sul
sedile:
- Non mi crederai così scemo spero!! L’hanno capito tutti
che sei perso per Haydée, e non provare a negarlo perché tanto è inutile…
comunque complimenti, non pensavo che te ne saresti stato così calmo dopo aver
saputo che ha il ragazzo… - vide con soddisfazione che il ragazzo si stava
agitando:
- E va bene, ma cosa c’entra questa serata con Haydée? –
Mitja alzò un indice con fare da maestrino:
- Semplice: te ne stai almeno una sera alla larga da lei per
perdere quella faccia da pesce lesso che ti ritrovi, poi torni più latin lover
di prima e la stendi con uno schiocco di dita, tutto chiaro? – Madian lo guardò
aggrottato per un po’, poi un sorriso complice gli si allargò sulle labbra:
- Adesso ho capito! Vuoi tenere d’occhio Winter!! – Mitja
spalancò la bocca, poi tornò a sedersi composto e accese la radio, avvampando:
- Questa conversazione si conclude qui! – borbottò tentando
di darsi un contegno, mentre Madian se la rideva:
- Uhuhuh… sissì, come no… -.
Elenim: Eh, mia cara, mi chiedi cose che nemmeno io
so!! Ormai i personaggi hanno preso vita loro, solo le dita che picchiano sui
tasti possono dire se finiranno insieme e come! Davvero, io la immagino in un
modo e poi scrivendo la stravolgo, mi ci sto immedesimando da morire e quando
arriverò alla fine se ne andrà una parte di me. Se sono di mio gradimento?!?
Tessssora, certo che lo sono! Davvero, non sai quanto mi facciano piacere, ma
non trascurare la scuola mi raccomando (che brava, faccio anche la sorellina
maggiore scassa***** adesso…)!! ^_-
Earine: Il destino corre sulla linea telefonica…
Davvero, tutte ‘ste interruzioni cominciano a dare sui nervi anche a me, vedrò
di darci un taglio. Ti giuro, tra un po’ arriverò a fare capitoli di 10 pagine
(cerci di mantenermi sulle 5/6 di word ma che fatica!), la cosa comincia a
farsi affollata e io odio il casino! Ma se do un taglio netto faccio finire la
storia, invece mi diverto così tanto a inventarmi sempre nuovi intrighi!! Per
la vostra gioia naturalmente… Che carina, mi mandi le tue elucubrazioni da
pazza romantica!! Magari potresti pubblicare un finale alternativo se il mio
non ti piacerà, vedremo! ;p
Anthenameiko: New entry! Bene! Spero che leggerai
queste due righe, ho pensato di ringraziarti per i tuoi complimenti da qui
senza rispondere alla mail, ti dispiace? Per le due simpaticone non saprei
dire, sono convinta che Celia sospetti qualcosa, cioè che ci sia un’altra, ma
l’osso non lo molla tanto facilmente (e che caspita, non lo mollerei nemmeno
io!!)! A presto!
Damynex: Eh, sarebbe troppo bello che non li
interrompessero, ma la morettina mi farebbe una crisi isterica su due piedi,
porella!! Dai tempo al tempo, e mentre mi libero degli scocciatori magari… No
prolem, Selim farà una fine degna della sua inutilità, ho in mente un
trattamento niente male…
Uriko: Ho ricevuto talmente tante minacce alla mia
vita e/o integrità fisica che dovrei essere masochista per osare interrompere
questo racconto. Piuttosto, spero di riuscire a inventarmi una FINE degna della
storia, e allora sì che sarà un’impresa…
Super Gaia: grazie, grazie, grazie!!! <SMACK!>
AyLa: Sì, sono passati… ma adesso ci si mettono in
segreteria a farmi girare i cosiddetti… non si finisce mai, è una
persecuzione!! Vabbè, tralasciamo le mie disavventure burocratiche e
rilassiamoci: POETICHE?! Ma stai scherzando?! Mah, andrò a vedere quali sono…
Eh, ragaz, qui la cosa si fa critica, e hai proprio indovinato, ci saranno
litigi da far drizzare i capelli! Come mi diverto!!
La serata si era rivelata anche peggio delle funeste
previsioni di Winter. Selim per tutto il tempo non aveva fatto altro che
provarci spudoratamente con Phénice, tentando in tutti i modi possibili di
convincerla a dormire con lui in un qualche alberghetto, e adducendo come scusa
che sia lui che Aaron erano piuttosto stanchi per il viaggio. Quest’ultimo
naturalmente era più che d’accordo, e tentava a sua volta di convincere la
bionda a passare la notte insieme. Il tutto col tatto di due scaricatori di
porto in piena sbronza da Porto.
L’unica nota positiva era stata la non-presenza di Mitja e
compagnia. Fortuna che erano riusciti a seminarli…
- Cosa ne dite di fare una passeggiata in centro? È una
bella serata e sembra piuttosto movimentato questo posto… - per una volta Selim
aveva avuto una buona idea:
- Direi che è una magnifica idea. Che ve ne pare ragazze? –
chiese Aaron. Phénice acconsentì immediatamente, seguita da una molto meno
entusiasta Winter. Aveva la netta sensazione che sarebbe successo un casino, e
infatti gli avvenimenti di circa un’ora dopo le diedero ragione.
Avevano girato il piccolo centro in lungo e in largo,
Phénice si era fermata a tutti i negozi di souvenir e cianfrusaglie varie
attirata ora da una collanina, ora da un portachiavi, ora da un braccialetto
particolarmente appariscente.
Poi si erano concessi un gelato rinfrescante, vista la
serata afosa, e si erano seduti su una panchina. Ad un tratto la rossa aveva
adocchiato un negozietto di candele e incensi vari e si era allontanata col suo
ragazzo, lasciando Winter e Aaron soli.
Dopo diversi istanti di imbarazzante silenzio lui si era
agitato sul posto:
- Senti Winter… quando parlavo di rimanere qui qualche
giorno dicevo sul serio. Io… tu mi piaci ancora, non ti ho mai dimenticata, e
vorrei che ricominciassimo daccapo. Non vuoi concedermi una seconda
opportunità? – chiese gentilmente. Lei lo guardò a lungo.
In fondo le dispiaceva trattarlo male, gli voleva bene, si
conoscevano da tempo, ma non lo amava. Non lo aveva mai amato, semplicemente si
era illusa di poterlo fare, ma si era resa conto quasi subito che il suo era un
semplice tentativo di aggrapparsi a qualcuno nel periodo in cui era sola e
cercava sua sorella senza alcun risultato. In quel momento lui era lì e le era
stato vicino, anche se non sapeva nulla del fatto che era una ladra. Lei gli
aveva raccontato del rapimento di sua sorella e Aaron era stato di una dolcezza
unica, l’aveva coccolata come si fa con una bambina, senza chiederle niente in
cambio.
In quel momento aveva creduto di essersene innamorata, ma
mentre passavano i mesi aveva capito che era una sua illusione, un suo
desiderio di avere qualcuno accanto a prendersi cura di lei. Ma non era la
persona giusta, di questo ne era certa.
Ora erano lì, su quella panchina, le teneva un braccio
attorno alle spalle e le chiedeva di ricominciare da zero con uno sguardo
talmente dolce da intenerirle per un momento il cuore.
Tuttavia non voleva continuare a tenerlo così in sospeso,
per non farlo soffrire ancora inutilmente e per non prendere in giro sé stessa.
Sospirando gli prese una mano e si sporse per dargli un bacio su una guancia,
poi si ritrasse per parlargli ma venne interrotta da una sfuriata improvvisa:
- Levale le mani di dosso!! – sbraitò qualcuno alle sue
spalle. Si volse e si trovò davanti Mitja, con l’aria più stravolta che gli
avesse mai visto. A una certa distanza vide arrivare Madian, e dietro di lui le
“bellone”: - Mi hai sentito?! Ti ho detto di lasciarla andare!! – riprese il
biondino ancor più infuriato di prima. A quel punto Aaron si alzò in piedi per
fronteggiarlo:
- Sei il ragazzo che era con lei al parco qualche tempo fa,
giusto? – gli rispose un grugnito, così proseguì: - Non sto facendo niente di
male a Winter, stavamo parlando di noi e se non ti dispiace vorrei proseguire.
– fece volgendosi e porgendo una mano alla ragazza per aiutarla ad alzarsi. Non
fece in tempo a farle un sorriso che Mitja lo strattonò per una spalla
facendolo voltare:
- Ho detto che non la devi toccare, capito?! -
- Senti, qui quello che deve tenere le mani al suo posto sei
tu… - ma Winter lo interruppe, frapponendosi tra loro:
- Mitja, guardami. – lui non obbedì: - Hai bevuto? – Madian
rispose per lui:
- Un paio di bicchieri come me, non è assolutamente ubriaco.
– la bionda tornò a concentrarsi sul suo amico:
- Senti Krylov, non devi preoccuparti per me. Aaron non mi
sta facendo niente di male, stavamo mettendo in chiaro la nostra situazione,
tutto qui! -
- Non dovete mettere in chiaro niente, lui non deve
toccarti! – sbraitò fuori di sé tentando di avventarsi sul ragazzo. Winter però
lo prevenne e gli si gettò tra le braccia, stringendogli convulsamente la
camicia sul petto:
- Mitja, per favore… - lo implorò dolcemente, lasciando
sbalorditi Madian e Phénice, che nel frattempo era sopraggiunta. Il ragazzo
parve calmarsi:
- D’accordo… ma adesso torni a casa con me, ok? – mormorò
calmandosi e stringendola per le spalle. Lei annuì:
- Va bene, ma abbi pazienza un po’, vorrei salutarlo come si
deve. – lo sguardo del ragazzo si incupì, ma la lasciò andare, guardandola con
un groppo in gola mentre parlottava con quell’Aaron. Era talmente concentrato
su di lei che non si accorse nemmeno che Aida e Celia se ne erano andate, visto
che la prima era più che sconvolta dalla scenata appena avvenuta.
~~~~~
Sabato mattina, villa McKaye
Haydée zampettava per la sua stanza già da un po’, la sera
prima era andata a letto presto per la stanchezza, perciò si era svegliata
praticamente all’alba.
Uscì dalla sua stanza e si mosse più silenziosamente
possibile per non svegliare gli altri. Dovevano essere tornati tardi perché non
li aveva sentiti. O forse era il suo sonno ad essere troppo pesante…
Raggiunse il piano terra dopo un bel pezzo e quando arrivò
in cucina stava imprecando contro gli inventori delle scale:
- Buongiorno Haydée! Dormito bene? – Maximilian McKaye era
in vestaglia e stava preparando la colazione per la sua signora:
- Buongiorno a lei. Grazie, oggi mi sento più in forze. -
- Meraviglioso… ah, ho parlato con Arkel ieri, mi ha detto
che Faust si è dato da fare e che presto potrebbe avere le informazioni che vi
servono… se hai bisogno del computer fisso è nel mio ufficio, ho sentito che
avete contattato un informatore anche voi. – la ragazza annuì:
- Strano, a me non ha detto nulla… Grazie, credo che più
tardi darò un’occhiata se ho ricevuto qualcosa. – lo salutò con un cenno del
capo e rimase sola nell’ampia cucina a pensare.
Mentre si preparava il caffè si chiese perché Arkel non le
aveva detto nulla del suo contatto, poi un sorrisino le increspò le labbra:
Phénice, senza ombra di dubbio! Non voleva lasciarla andare via, non così
presto…
- ‘Giorno… - la rossa in questione fece il suo ingresso
strascicando le infradito:
- Buongiorno a te! Allora, com’è andata la serata? – la
ragazza si bloccò su due piedi guardandola sorpresa:
- Come, non ti ricordi… Ah già, tu non c’eri! – esclamò
dandosi una manata sulla fronte: - Beh, ti sei persa una scena da Far West, e
non indovineresti mai chi era coinvolto! – la mora la guardò interrogativa:
- Allora racconta, muoio di curiosità! – l’altra sbadigliò
sonoramente senza coprirsi la bocca e addentò una brioche:
- Dunque, è andato tutto bene fino al dopo cena. Cioè, non
eravamo con gli altri, Madian e Mitja… Insomma, io e Selim stavamo curiosando
in un negozietto e ad un tratto abbiamo sentito delle urla. Così siamo tornati
da Winter che doveva essere seduta su una panchina con Aaron, e indovina un
po’? Mitja voleva darle di santa ragione al ragazzo di Winter!! Poi lei è
riuscita ad ammansirlo, ma non era mica tanto tranquillo… e nel frattempo Aida
e l’altra… Celia, o come si chiama, sono andate a casa loro. Fuori due!! –
scherzò dondolandosi su due piedi dello sgabello. Haydée la guardava a bocca
aperta:
- No!! Una scenata di gelosia pubblica! Dio, che cosa mi
sono persa… - mormorò scotendo la testa. Phénice si sporse verso di lei con
aria complice:
- Ehi, ho detto che Celia non c’è più! Non ti importa? – la
mora faticò a mantenere il controllo:
- E perché dovrebbe? Mi dispiace per Aida, chissà che colpo
vedere il tuo ragazzo geloso di un’altra… ci credo che non sono tornate qui! -
- Beh, a me non dispiace neanche un po’. Non mi stanno per
niente simpatiche quelle due! – Haydée la guardò attentamente:
- E con Selim come va? – sul momento la ragazza le fece un
sorriso a 32 denti, poi lo smorzò:
- Bene! Cioè, abbastanza bene… insomma, a volte mi sembra
che si comporti in modo strano. Gli parlo e non mi ascolta, oppure finge di
essere interessato a qualcosa che dico e poi gli chiedo cosa ne pensa e dice di
non sapere… Sembra quasi che voglia assecondarmi a tutti i costi. Ad esempio
quasi un mese fa siamo passati davanti alla vetrina di una bigiotteria e ho
visto un fermaglio per capelli a forma di farfalla, era veramente carinissimo e
devo essere rimasta mezz’ora a guardarlo a bocca aperta. Purtroppo avevo pochi
soldi con me e non ho potuto entrare a prenderlo. Beh, lui non si è nemmeno
accorto che mi ero fermata a guardarlo! È tornato indietro dopo un quarto d’ora
con un hot-dog e una
coca cola e mi ha chiesto dov’ero andata a finire! – Haydée ci rise su:
- Ma dai, queste sono sciocchezze! – esclamò divertita, ma
Phénice non rideva affatto:
- Ridi tu, ma è dalle piccole cose che si capisce cosa conti
per una persona! Ad esempio il mio primo fidanzatino, avrò avuto 14 anni ed era
il mio compagno di banco pensa! Insomma, un pomeriggio gli ho detto che adoravo
gli orsacchiotti che stringono un cuoricino, sai quei pupazzetti carini… ma
gliel’avevo detto per caso, vedendolo appeso allo zaino di una ragazzina.
Insomma, il giorno dopo ho trovato un pacchettino sul banco, e indovina cosa
c’era? Esattamente quell’orsacchiotto! E dire che finite le scuole non l’ho più
rivisto! Lui però mi dava retta… - la mora scoppiò in una risata allegra:
- Cristo, sei proprio una bambina!! – esclamò divertita. In
quel momento entrò Arkel e rimase a guardarle un istante sulla soglia:
- Buongiorno Arkel! – cinguettò la rossa ignorando le prese
in giro di Haydée:
- ‘Giorno. – borbottò sedendosi al lato opposto dell’isola:
- Ehi, ma che faccia scura! Possiamo fare qualcosa per
tirarti su di morale? –
- Non saprei, un bel giro in barca a vela per esempio… -
rispose ridacchiando ironicamente. Non si aspettava di essere preso sul serio:
- Wow!! Sarebbe bellissimo! Credi che Maximilian te la lasci
usare? – esclamò saltellando e rischiando di cadere dallo sgabello sul quale
era appollaiata:
- Cosa dovrebbe lasciarvi usare Maximilian? – chiese il
diretto interessato facendo ritorno per prelevare la marmellata, evidente
capriccio di Rachel:
- La barca a vela! Lo so che ne ha una, l’ho vista! Ad Arkel
piacerebbe fare un giro, e anche a me!! Possiamo? – chiese con un broncetto da
bambina capricciosa assolutamente irresistibile. L’uomo rise e le diede
un’ulteriore spettinata ai capelli:
- Accidenti, come si fa a dirti di no? Potete prenderla, ma
a patto che la governi Arkel, lui è un marinaio provetto, ricordo che quando
andavamo al mare al suo villaggio era veramente bravo! Buon divertimento! –
acconsentì salutandoli con un cenno di una mano. Phénice era al settimo cielo:
- Avete sentito?! Vado immediatamente a prepararmi, non vedo
l’ora di salpare!! – urlò dando un bacio sulla guancia ad Haydée e ad Arkel,
che rimase mezzo tramortito, per poi schizzare verso la sua stanza. La mora
guardò il ragazzo divertita:
- Hai decisamente fatto colpo… - ridacchiò:
- Zitta… stai zitta!! – borbottò lui a metà tra il divertito
e lo sconvolto.
Poco dopo vennero raggiunti da Mitja, Madian e Winter, che
non degnò nemmeno di un’occhiata il suo vecchio amico d’infanzia a causa della
scenata della sera precedente. Arkel propose la gita in barca a tutti quanti,
Haydée però non se la sentiva, era ancora troppo debole e non riusciva a
muoversi egregiamente, mentre Madian non ne aveva alcuna voglia. Nemmeno Winter
voleva partecipare all’escursione, ma venne praticamente obbligata da una
gasatissima Phénice, ansiosa di imparare la vita dello skipper.
Così nel primo pomeriggio, una volta convinta a dovere la
bionda algida, i quattro si ritrovarono sulla barchetta a vela del padrone di
casa:
- Sei sicuro di saperla manovrare, vero Arkel? – chiese
Winter ancora bisognosa di essere convinta. L’interessato sbuffò:
- Sì, e se non la piantate di chiedermelo giuro che vi butto
agli squali! – Phénice gettò un urletto aggrappandosi all’albero maestro:
- SQUALI!! Non mi avevate detto che ci sono gli squali!! –
il ragazzo si picchiò una mano sulla fronte con fare melodrammatico:
- Non te l’abbiamo detto per il semplice motivo che non ci
sono! Era per dire!! – sbuffò con già una voglia matta di sbarcare. Mitja si
fece prendere da un accesso di euforia:
- Bene miei uomini! All’arrembaggio!! – esclamò aprendo il
fiocco e facendo virare pericolosamente la barchetta che andò ad urtare il
motoscafo di Madian. Arkel lo spostò in tutta fretta e richiuse la vela,
arrostendolo con un’occhiata:
- Idiota e cretino, le vele non si aprono MAI dentro a un
porto, per quanto sia piccolo. Si esce sempre a motore, impara!! – abbaiò
esaurendo la sua misera riserva di pazienza. Cominciamo
bene…
Dopo vari battibecchi, e dopo che le ragazze si furono
infilate un paio di giubbetti salvagente, riuscirono ad allontanarsi dalla
costa.
Dalla riva Haydée e Madian li guardavano ridacchiando,
arrivando addirittura a scommettere qualche monetina su chi il capitano avrebbe
buttato fuori bordo per primo per una visitina fuori programma alla barriera
corallina, squali permettendo ovviamente…
Guardarono la barchetta in silenzio, finché non la videro
diventare uno svolazzo bianco tra il mare blu e il cielo azzurro.
Madian allungò le braccia sullo schienale della panchina
sulla quale erano seduti, arrivando a circondarle le spalle ma senza toccarla:
- Allora, passato una buona serata? – chiese Haydée
mantenendo lo sguardo fisso sulla distesa d’acqua. Lui invece la guardò a
lungo:
- Non direi, ma il finale è stato sorprendente e mi ha
ripagato della noia di tutto il resto del tempo. – La ragazza rise piano:
- Sì, Phénice mi ha raccontato della performance di Mitja…
chissà che colpo per Aida! -
- Non mi preoccuperei per lei, dopotutto la loro non è una
relazione seria. Semplicemente escono insieme qualche volta… e… lei e Celia
insistono per uscire tutti insieme. – fece abbassando la voce:
- Lei e Aida sono amiche? – lui si strinse nelle spalle:
- Mah, può darsi. Non me ne sono mai interessato. – rispose
a disagio. Voleva a tutti i costi cambiare argomento, ma non aveva idea di dove
andare a parare. Si mosse a disagio, invidiando la calma della ragazza accanto
a lui. Ma quale calma, sto
iperventilando ma sono talmente brava con i miei esercizi di arti marziali che
non se ne accorgerà mai!
- Allora, come va la gamba? -
- Diciamo benino. Mi stanco ancora facilmente ma riesco a
muovermi egregiamente, e questo è davvero tanto credimi! – le sorrise quando si
volse a guardarlo, e per un istante i loro sguardi rimasero intrecciati. Poi
lei si riscosse:
- Senti, questa mattina tuo padre mi ha detto che potrei
usare il computer ma mi dispiaceva ficcare il naso in cose non mie, quindi non
ho ancora controllato le mie caselle di posta… potresti aiutarmi? Vorrei vedere
se ho ricevuto notizie da Sybil e da Fedra, in ufficio. – il ragazzo annuì
prontamente e si alzò in piedi per aiutarla:
- Certo, andiamo. – disse porgendole entrambe le mani. Lei
le guardò per un istante, poi timidamente posò una delle sue in quella destra
di lui, che immediatamente la tirò verso di sé. La vicinanza confuse entrambi
per un lungo istante, poi Madian le porse le stampelle e si avviarono
lentamente verso la villa, scherzando sull’andatura estremamente sexy della
ragazza:
- Beh, avrò la grazia di un ippopotamo obeso ma guarda qui:
praticamente sono armata! – esclamò agitando le stampelle con maestria, come se
fossero due bastoni da combattimento. Madian si allontanò seduta stante,
ridendo nervosamente:
- Sissì, va bene… ma non mi va di fare da cavia un’altra
volta, ok? – Haydée lo guardò un istante, poi scoppiò a ridere incantandolo.
Non l’aveva mai vista ridere così apertamente, non con lui
per lo meno, e gli sembrava ancora più bella, così allegra con gli occhi
brillanti di felicità.
Dal canto suo Haydée non si curava più di mantenere le
distanze, stava così bene in quel momento, perché rovinare tutto con la sua
assillante razionalità? Avrebbe pensato più tardi al motivo per il quale si
sentiva così allegra, col cuore che svolazzava con la grazia di una farfalla e
la mente sgombra da qualsiasi preoccupazione. Era felice, ma ancora non se ne
era resa conto:
- Scusami per quella volta, mi sono lasciata prendere la
mano! – si scusò divertita. Lui le fece un gesto noncurante con una mano e
proseguirono.
Una volta nello studio di Maximilian, Madian la andò a
prendere sulla soglia con la poltrona di pelle dotata di rotelline, poi la
portò fino alla scrivania ridendo con lei. Era tutto perfetto, forse troppo, e
il ragazzo temeva che da un momento all’altro sarebbe successo qualcosa che li
avrebbe di nuovo allontanati, tipo l’entrata in scena di quel fantomatico Josh…
Tornò a prestare attenzione a lei, gli stava raccontando di
quando Phénice si era ferita in un incidente e di come se l’erano cavata loro
due, combinando un casino dietro l’altro e arrivando ad avere il mal di pancia
per il ridere alla sera. Intanto Haydée si era collegata ad internet e
scaricava la posta elettronica.
In tutto un paio di lettere di Fedra e Conway, alle quali
rispose rapidamente, e una caterva di pubblicità inutile. Stava per cancellare
tutto in tronco quando finalmente le arrivò un messaggio scritto in lettere,
simboli e numeri disposti casualmente, praticamente incomprensibile:
- È Sybil! – esclamò sottovoce prendendo un mini-cd dalla
tasca dei pantaloncini:
- E quello cos’è?! Te ne vai in giro con i cd tu? – le
chiese sorpreso:
- Qui c’è il programma di decrittazione. Più o meno l’ho
sempre con me, ad esempio quando mi avete portata qui era nascosto negli
stivali che usavo per diventare Black Soul. Impossibile rubarmelo. – Madian la
osservò in quel momento di concentrazione. Come faceva ad essere sexy anche
guardando lo schermo di un computer?! Il viso era teso e vagamente preoccupato,
e quelle labbra… morbide e… socchiuse…
- Da non crederci! – esclamò distogliendolo dal suo sogno
proibito:
- C-cosa? – balbettò confuso. Lei lo guardò un istante, poi
tornò a concentrarsi sul video:
- Sybil ha delle informazioni molto interessanti: pare che
Chung fosse in Europa quando abbiamo fatto irruzione nella villa della moglie,
ma che sia accorso qui non appena ha saputo del piccolo fuori programma. A
quanto pare Ya-ching si è spaventata con tutti quegli spari e quel trambusto e
ha richiesto immediatamente il suo intervento diretto. Lui si è precipitato e
ora dovrebbe essere in città, infuriato contro tutte le forze dell’ordine per
non averci ancora presi. – Madian la guardava esterrefatto:
- E lei come fa a sapere tutto questo? – Haydée sorrise
compiaciuta:
- Perché è la donna più pettegola del pianeta, riuscirebbe a
farsi raccontare indiscrezioni anche dai morti se non le facessero paura! –
esclamò con un sorriso smagliante allungando la schiena contro lo schienale:
- Allora posso ricontattare Faust e comunicargli le novità.
Lui farà il resto, nemmeno gli scippatori sfuggono al suo controllo, figurati
se si lascia scappare un mafioso di fama mondiale! – la ragazza annuì
alzandosi:
- Ok, ti lascio parlare in privato. – fece andandosene.
Sulla soglia si volse: - Se ti va digli di passare, mi era parso simpatico e mi
farebbe piacere rivederlo! – Madian la guardò chiudersi al porta alle spalle e
si chiese perché le riuscivano tutti simpatici tranne lui. Cos’aveva di tanto
sbagliato? L’aveva vista scherzare con Mitja e sapeva che aveva instaurato un
dialogo con Arkel. Adesso poi voleva rivedere quel pagliaccio pel di carota di
Faust! Perché diavolo non riusciva a farsi apprezzare? Cosa doveva fare per
avvicinarla?!
Pensieri opposti agitavano la mente di Haydée. Gli aveva
dato troppa confidenza, doveva partire, e alla svelta anche! Una volta
sistemata quella faccenda lei e Phénice sarebbero tornate nel loro
appartamento, e allora avrebbe ripreso il controllo della situazione. Era solo
questione di tempo, e di quanto fosse bravo Faust nel suo lavoro naturalmente.
Elenim: Ah sì, vuoi la sorella maggiore… ALLORA CHE
CASPITA CI FAI ALZATA A MEZZANOTTE E 16?!? NON LO SAI CHE DEVI ESSERE RIPOSATA
PER ANDARE A SCUOLA??! … Sono abbastanza fraterna ^_^? Per la
storia, ho messo insieme un bel campionario di zucche dure, eh? Immagino che
sia ora di farli ragionare…
AyLa: Ah ecco, mi sembrava di sentire un rumore di
sottofondo… Io so come continuare, cioè la storia in sé so che direzione voglio
che prenda, ma mi trovo a corto di idee per i dialoghi, e in più sono arrivata
al punto di rottura, cioè quello in cui succederà il casino che li porterà a…
ma, un momento?!? Io non dovrei dirti niente!! Altro che angolo ringraziamenti,
sta diventando un angolo spoiler!! Devo tagliare corto prima di rovinarmi con
le mie stesse mani, al prossimo capitolo! ;p
Earine: Errare humano est, perseverare diabolicum (chi
ha studiato latino mi corregga). Il segreto è tutto qui. Alzi la mano chi non
ha mai preso un abbaglio nel giudicare una persona, chi non si è mai invaghito
di qualcuno che non meritava il proprio affetto e chi non ha mai iniziato una
relazione sbagliata!! La signorina in questione è bella, ci sa fare e potrebbe
abbindolare chiunque. Non esistono forse queste persone? Madian può essere
irrealmente bello ma è un ragazzo qualunque, commette errori (giganteschi!) ma
tenta di rimediare e di non ripeterli. E poi si sa, non si finisce mai di
conoscere una persona. Siamo complessi e mutevoli, e qualcuno che ora ti sembra
perfetto può rivelare un domani una serie infinita di difetti. Non credi?
Jennifer90: Nessun problema, non pretendo certo che
recensiate ogni volta!! Che ti devo dire, il cervellino bacato di quella
ragazza mi stupisce ogni giorno! Certo, sono zucconi, ma hanno anche i loro
motivi. Haydée lo sappiamo bene, Arkel ha una pessima opinione del genere
femminile dovuta ai suoi trascorsi familiari e Mitja è un perfetto scemo,
vedremo cosa deciderà di combinare! ^_^
Super Gaia: Vi sto portando all’esaurimento? Perdonatemi
ragazze…
Damynex: Altro che esaurimento, qui vi sto
letteralmente facendo sorgere degli istinti omicidi! Abbi pazienza, il
ghiacciolo ambulante si smentirà, ma serve un pochino di tempo!
Uriko: Oh no, non siamo ancora in vista della fine,
prima ci sono parecchi problemi da risolvere! Quale previsione?? Cosa ho
lasciato intendere? Finale a sorpresa dici? Vedremo cosa penserai degli
sviluppi! ^_^
Memole88: Grazie 1000!! Sono felice che ti piaccia
Mitja, è un personaggio che mi sta troppo simpatico! Bye!!
Il titolo viene dal testo di una canzone di qualche tempo fa, vi
ricordate di “The world is not enough” dei Garbage
Il titolo viene dal testo di una
canzone di qualche tempo fa, vi ricordate di “The world is not enough” dei
Garbage? Eddai, la colonna sonora di “007 - Il mondo non basta” con Pierce
Brosnan e Sophie Marceau, scavate nei vostri giovani cervellini! Non so perché,
ma scrivendo mi è venuto in mente, e siccome non riuscivo a trovare un titolo
c’ho sbattuto questo. Ci sta bene?
Ah già: ben ritrovate! Vi sono
mancata, eh?
I know when to touch
Sabato sera, villa McKaye
Dopo cena i ragazzi si ritrovarono in giardino e Phénice
raccontò tutte le scemenze che erano riusciti a fare quel pomeriggio, stupendo
i due giovani che non avevano partecipato per la quantità esagerata di battute
idiote che Mitja era riuscito a sparare in poche ore:
- …Per poco non scoppiava a ridere anche Winter, figuratevi!
– cinguettò divertita. La mora rise e si volse a guardare l’interessata che li
osservava con un muso terribile. Dopo un bel pezzo la bionda si alzò di scatto,
svanendo nell’oscurità che li circondava.
Immediatamente tutti gli occhi vennero puntati su Mitja:
- Vado a cercarla. – mormorò mogio allontanandosi:
- Devo portarla a letto io la ragazzina? – chiese Arkel
arrossendo e ringraziando mentalmente la posizione in ombra che si era scelto.
Madian lo guardò stupito, mentre Haydée sorrise:
- Direi di sì, sempre che tu non preferisca lasciarla
dormire su quel divanetto, e tu con lei… - la rossa in un primo momento era
seduta accanto ad Arkel, idolatrandolo per la sua capacità di governare una
barca a vela come se fosse un giocattolo, poi lentamente la stanchezza era
scesa su di lei ed era scivolata addosso al ragazzo, prima su una spalla poi
direttamente sulle gambe. Ora dormiva placidamente, con un sorriso beato sulle
labbra.
Arkel la sollevò delicatamente, dando ai due osservatori
l’impressione che tenesse una bambola di cristallo tra le braccia, non una
ragazza in carne e ossa. Madian lo guardò a bocca aperta finché non sparì in
casa:
- Ma… siamo sicuri che quello è proprio Arkel? – balbettò
incredulo, spostando due occhi sgranati sulla ragazza seduta sul dondolo
accanto a lui:
- Incredibile, vero? Deve aver preso una bella sbandata per
lei! – ridacchiò tentando disperatamene di non affogare nelle sue iridi blu che
la attiravano invitanti:
- Forse… non è.. l’unico ad aver preso… una sbandata. –
mormorò avvicinandosi a lei. Haydée tentò di indietreggiare, ma il dondolo
stesso la imprigionava:
- Madian… non… - tentò di balbettare, ma non riuscì a finire
perché il fiato le si mozzò.
Il ragazzo l’aveva stretta per la vita con un braccio,
mentre con la mano libera le sfiorava delicatamente una guancia, scendendo
lentamente al collo e alla spalla scoperta a causa della canottierina esigua
che indossava.
Rabbrividì, ma non per il freddo, e perse il contatto con la
realtà quando le labbra calde e morbide di Madian si posarono sulla pelle
ipersensibile sotto l’orecchio, tracciando con lentezza esasperante una linea
fino all’incavo tra il collo e la spalla.
Gli occhi le si riempirono di lacrime mentre lui le
respirava addosso. Socchiuse le labbra per dire qualcosa ma le sfuggì solamente
un gemito che avrebbe voluto essere un “no” di disapprovazione.
Lui le alzò il mento con due dita, risalendo lungo il collo
senza mai staccarle le labbra di dosso.
Alla fine le baciò delicatamente il mento e le guance, in
prossimità delle labbra.
Le guardava la bocca con desiderio reverenziale, ma non
osava ancora impossessarsene, nonostante la sentisse completamente abbandonata
contro di sé.
D’un tratto si accorse sgomento che una lacrima le scorreva
lungo una guancia e scostò bruscamente il viso dal suo, guardandola con
infinita preoccupazione:
- Haydée?… Cosa… - lei abbassò il capo per nascondere le
lacrime e debolmente tentò di allontanarsi, ma Madian non glielo permise.
La sollevò agilmente e si sedette di traverso, depositandola
tra le sue gambe, poi la strinse con dolcezza:
- Perdonami… io non volevo, scusami Haydée! – mormorò
affranto, mentre la sentiva singhiozzare silenziosamente contro il suo petto.
Accentuò la stretta e prese ad accarezzarle la schiena come ad una bambina: -
Ti prego, non piangere. Non lo sopporto! – la implorò. Con immenso sollievo
sentì che si rilassava e che i singhiozzi cessavano. Rimase in ascolto ancora
un po’, poi le accarezzò piano la testa: - Che ho di così sbagliato? Perché
ogni volta che mi avvicino a te ti faccio soffrire? – mormorò con voce rauca,
dolce e abbattuta al tempo stesso. Haydée scosse il capo, ritraendosi quel
tanto che bastava a non farle girare la testa a causa del suo profumo:
- Non hai niente… sono io… - rispose con voce stanca, poi
sospirò: - Ora è meglio che vada in camera mia… - si interruppe quando un
fazzolettino di carta entrò nella sua visuale:
- Mi sa che ne hai bisogno. – le disse semplicemente. Lo
accettò con gratitudine e tentò di darsi una sistemata. Fortuna che non mi trucco mai… - È per il tuo
ragazzo vero? Per Josh. – domandò lui secco. La ragazza si stupì di vedere un
lampo di puro odio nei suoi occhi solitamente tanto dolci, e senza pensarci due
volte scosse il capo:
- No, non ho il ragazzo. Era… beh ecco, Phénice e Winter
hanno pensato che… si sono sbagliate. – mormorò avvampando e distogliendo lo
sguardo dal suo. Lo sentì sospirare e rilassarsi accanto a lei e per poco non
le sfuggì un sorriso:
- Ne sono felice. – le disse semplicemente guardandola con
occhi scintillanti. Avrebbe ripreso ad accarezzarla e baciarla ma lei lo
respinse con forza.
Poi fece per alzarsi, ma traballava ancora pericolosamente
per le sensazioni provate poco prima quando lui… Non
pensarci, non pensarci!! Si impose mordendosi a sangue un labbro.
Non poteva mostrarsi ancora debole, non con lui e non in
quel momento. Non sarebbe stata in grado di resistere un’altra volta ai suoi
attacchi, e aveva una paura folle di quello che voleva da lei.
Tuttavia non lo respinse nuovamente quando le cinse la vita
con un braccio per aiutarla a camminare. Gli lanciò una breve occhiata di
ringraziamento e non lo guardò più finché non furono davanti alla porta della
sua camera:
- Allora… buona notte. – le disse piano:
- Sì, buona notte… - mormorò lei di rimando, tentando di
entrare nella stanza:
- Sicura di farcela? – le chiese bloccandola:
- Credo di sì, non preoccuparti. – poi la prese per mano:
- Prometti… prometti che mi dirai perché ti faccio piangere.
Ho… bisogno di sapere, io… - si interruppe notando il suo nervosismo:
- Non posso promettertelo. -
- Dimmi almeno che ci penserai. – Haydée non poté fare altro
che annuire, non poteva restare ancora in sua presenza senza crollare, e questo
non doveva assolutamente accadere:
- Ok, allora ciao. – poi la prese per la nuca e dolcemente
si abbassò e si sporse verso di lei, posandole un bacio gentile sulla fronte e
accarezzandole una guancia:
- Ciao… - mormorò lei arrossendo e svanendo nella sua
stanza.
Madian rimase di fronte al battente chiuso per un po’, poi
appoggiò la schiena al muro e si lasciò scivolare a terra, sedendosi con le
braccia attorno alle ginocchia.
Quanto era sconvolto in quel momento faticava a capirlo
perfino lui. Dio, quello che aveva provato baciandola a quel modo!! E il suo
corpo caldo, la pelle morbida sotto le sue dita… basta, doveva pensare ad altro
o il suo corpo avrebbe avuto una reazione poco elegante…
Quando ricordò le sue lacrime gli si strinse il cuore.
Doveva sapere perché la sconvolgeva così ogni volta che tentava di avvicinarla,
non poteva continuare a vivere nell’incertezza: voleva a tutti i costi
conoscere i sentimenti della ragazza per lui.
Vagamente si accorse di un rumore alla sua sinistra, ma
inizialmente non vi prestò molta attenzione. Poi lentamente alzò la fronte,
premuta contro gli avambracci intrecciati sulle ginocchia, e vide Arkel
chiudere una porta il più silenziosamente possibile. Una porta… ma quella porta…
- Che ci fai ancora in camera di Phénice? – chiese a
bruciapelo facendogli prendere un colpo. L’altro lo guardò stranito:
- Ti sei ammattito?! Vuoi forse vedermi fare a una visita
agli dei degli inferi prima del tempo?? – Madian ridacchiò:
- Non cambiare discorso, signor Davies! Cos’hai fatto fino
ad adesso nella stanza di quella povera ragazzina? – lo interrogò
spietatamente, ma si divertiva come un bambino a vederlo cambiare colore:
- Io?! Ah, proprio niente!! Sissignore, proprio niente! Ehm…
e comunque non sono affari tuoi, signor Bailey! Buona notte! – sbraitò
marciando con decisione verso la sua camera, maledicendo mentalmente la sua
assoluta incapacità di raccontare frottole. Che
credete?! Non potevo mica dirgli che sono rimasto mezzora a guardarla dormire
come uno scemo!! Io non faccio cose così sdolcinate… e guai al primo che fa la
spia, chiaro?!
Intanto nella sua stanza Haydée si era gettata di peso sul
letto, rimanendo al buio.
Cosa significava? Perché non l’aveva aggredito come quando
aveva tentato di baciarla all’opera? Perché era così debole nei suoi confronti?
Nel profondo sapeva la risposta a quelle domande, ma si
rifiutava semplicemente di ascoltare una simile ipotesi.
Ruotò su un fianco, sentendosi vuota e infelice.
Però al di là delle sua paure, al di là di ogni ragionamento
razionale, quando lui l’aveva stretta e baciata a quel modo… sentì la sua voce
mentre parlava con Arkel. Era ancora davanti alla sua porta!
Fu tentata di alzarsi e di aprirla, ma si limitò a
guardarla, desiderando che lui…
Ma che diavolo le prendeva?! Da quando desiderava la
presenza di un uomo!! Aveva forse dimenticato cosa le aveva fatto Phil?!
Un improvviso dolore nel petto le fece passare ogni pensiero
impuro. Non avrebbe mai più sofferto a causa di un ragazzo, mai più! L’aveva
giurato a sé stessa tanto tempo prima, e di certo non sarebbe venuta meno al
suo giuramento proprio ora che aveva preso una decisione.
Si impose di chiudere gli occhi e di addormentarsi, ma ci
riuscì soltanto a notte fonda. Era rimasta sveglia ad ascoltare i rumori lungo
il corridoio.
~~~~~
Nel frattempo Mitja aveva trovato Winter. Passeggiava
nervosamente lungo il viale d’entrata e quando lo vide si bloccò su due piedi,
lanciandogli uno sguardo omicida:
- Che fai qui? – chiese lui con l’aria più tranquilla del
mondo:
- Volevo parlarti. È da ieri sera che non mi piace il tuo
comportamento Mitja. – il ragazzo affondò le mani nelle tasche di un paio di
jeans che avevano visto giorni migliori:
- Se ti riferisci al mio scontro con Aaron, guarda che l’ho
fatto per te. Non mi piace il suo comportamento, sembra che tu sia di sua
proprietà! – borbottò giustificandosi. Lei fece un passo verso di lui, puntando
due lame di ghiaccio nei suoi occhi tersi come il cielo:
- E cosa ti fa credere che io non voglia essere di sua
“proprietà”? Non ti è passato per la mente che magari volevo riallacciare i rapporti
con lui? – sibilò infuriata, ma non perché volesse realmente tornare con Aaron,
semplicemente per una questione di principio. Non aveva mai tollerato
intromissioni nella sua vita, figurarsi se si lasciava comandare a bacchetta da
un vecchio amichetto d’infanzia!!
Mitja boccheggiò un istante:
- Volevi davvero tornare con lui? – chiese mentre sentiva un
fastidio sconosciuto dentro la cassa toracica, in prossimità della spalla
sinistra:
- Questo non ha alcuna importanza!! Non hai il diritto di
intrometterti nelle mie faccende sentimentali, chiaro? – disse a denti stretti.
Lui si incupì:
- Lampante. Ma ricordati che l’ho fatto solo perché sono tuo
amico. – a quel punto Winter non ci vide più:
- Ah sì?! E un mio amico mi avrebbe sbattuta contro un muro
tentando di… di… farmi quello che stavi per fare?!? – sbraitò furibonda,
dimenticando perfino di arrossire. Mitja non riuscì a risponderle, ma arrossì
per lei facendola fremere di indignazione.
Il ragazzo si sentì impotente, e non riuscì a fare altro che
guardarla allontanarsi in direzione delle villa. Certo che era proprio bravo a
complicarsi l’esistenza…
~~~~~
Domenica, primo pomeriggio
Phénice si guardò attorno sconsolata: dopo pranzo erano
rimasti lei, Arkel, Mitja e Madian, le altre due ragazze si erano rinchiuse
nelle loro stanze senza nemmeno finire di mangiare.
Il russo aveva la faccia più abbattuta di questa terra, dava
l’impressione di essere stato travolto da un toro alla festa di San Firmino a
Pamplona. Dal lato opposto del divano Madian era stravaccato disordinatamente,
con la testa abbandonata sullo schienale e gli occhi persi in chissà quale
galassia inesplorata.
La rossa si torse le mani senza sapere cosa fare, mentre
Arkel la osservava di sottecchi senza farsi notare, mezzo nascosto da un libro
pescato chissà dove.
In quel preciso istante un aiuto le giunse dal cielo:
qualcuno aveva bussato ripetutamente alla porta d’ingresso, ma Madian non
sembrava essersi destato dal suo torpore:
- Ehm… Madian? Ti ricordi che i tuoi non sono in casa oggi? Dovresti…
-
- Puoi andare tu? E se mi cercano dì che non ci sono, non ho
voglia di scocciatori. – mugugnò lanciandole una breve occhiata supplichevole.
La ragazza annuì e corse fino alla porta, allegra per avere finalmente un
diversivo contro tutti quei musoni là in casa.
Guardò dallo spioncino ma non aveva mai visto quel ragazzo
dai capelli fulvi e con gli occhiali da sole, così aprì uno spiraglio nella
pesante porta d’ingresso:
- Sì? – chiese gentilmente:
- Ciao! Sono Faust, vorrei parlare con Madian. Posso
entrare? – chiese l’altro con un sorriso smagliante. Phénice rispose
timidamente al sorriso e scosse il capo:
- Mi… ehm… mi dispiace, non c’è nessuno… - l’altro fece un
sospiro melodrammatico:
- Conosco la scusa! Bailey non ha voglia di parlare con nessuno
e ha mandato te a cacciarmi! Che maleducato… comunque tu dovresti essere
l’amica delle due ladre, giusto? Mi hanno parlato di te, sei quella famosa
Phénice che si era sbronzata in discoteca un paio di mesi fa, vero? – la rossa
non apprezzò eccessivamente l’essere ricordata per quella vecchia storia, così
spalancò la porta e si piantò bene sulle gambe, con le mani sui fianchi e uno
sguardo per nulla rassicurante che le lampeggiava negli occhi verdi:
- E se anche fosse?! Non mi sembra molto carino presentarsi
a una persona e ricordarle un piccolo incidente di percorso!! – il ragazzo
ridacchiò:
- Caspita che caratterino!! Adesso capisco perché Arkel non
fa che parlare di te! – quella battuta la spiazzò:
- Cosa… cosa fa Arkel? – chiese perdendo un po’ della sua
furia. Faust si chinò per avere gli occhi alla sua altezza:
- Che c’è? Non mi vorrai far credere che non ti sei accorta
che il tuo bel fustacchione scontroso… -
- Cosa diamine le stai dicendo Faust? – il diretto
interessato si materializzò dal nulla, bloccandolo sul più bello e salvandosi
in corner:
- Sei diventato improvvisamente timido Arkel? Perché mai… -
- Fatti gli stramaledetti affaracci tuoi!! Piantala di
blaterare e fila da Madian, spero per te che tu abbia le notizie che ci
servono. – borbottò indicandogli il salotto con un cenno del capo e
intimandogli con un’occhiata di ronzare alla larga dalla ragazza:
- Sissignore… piacere di conoscerti Phénice! – le disse
rivolgendole un cenno del capo e seguendo Arkel in salotto.
Lei rimase sulla porta ancora aperta a guardarli sorpresa.
Cosa le stava dicendo quel tipo strano di Arkel? Il suo “fustacchione
scontroso” l’aveva chiamato… ma quale fustac…
All’improvviso lo sguardo le cadde sulla figura del ragazzo,
e rimase decisamente sorpresa. I jeans che indossava gli fasciavano alla
perfezione le gambe atletiche e il fondo schiena era… scosse il capo dandosi
della ragazzina stupida e involontariamente spostò l’attenzione sulle spalle.
Aveva incrociato le braccia sul petto e la maglietta verde militare che indossava
si era tesa, aderendo alla perfezione ai muscoli delle spalle e della schiena,
e facendolo sembrare ancora più imponente e… sexy… senza rendersene conto le
punte delle dita cominciarono a pruderle e le sfregò contro la gonnellina in
jeans che indossava. Che mi
prende?… Ho… voglia di… toccarlo!
Si accorse in ritardo che si era voltato e la guardava
interrogativo:
- Che fai ancora lì? Puoi venire a sentire se vuoi. – inarcò
un sopracciglio quando si accorse che era rossa fino alla radice dei capelli:
- Eeh?? N-no… devo… andare da Haydée! – urlò quasi,
sbatacchiando la porta d’ingresso e correndo a rotta di collo sullo scalone di
marmo. Arkel la guardò sparire al piano superiore con aria frastornata. Bah, le donne!
Phénice intanto si era precipitata nella sua stanza,
chiudendosi la porta alle spalle e appoggiandovisi contro con tutto il suo
peso. Si portò una mano all’altezza del cuore e sussultò nel constatare che
martellava come impazzito. Ma che le era preso?! Stare vicino ad Arkel non le
aveva mai fatto un simile effetto… ma poi, ne era così sicura?
Si stese sul letto con gli occhi sbarrati e la prima cosa
che le venne sotto mano fu il suo portafogli. Lo aprì distrattamente e trovò
una foto di lei e Selim, l’avevano fatta in una di quelle macchinette per
fototessere, di quelle che si trovano nelle stazioni.
La guardò a lungo, poi alzò il capo per incontrare la sua
immagine riflessa nello specchio attaccato alla parete. Era strano, ogni volta
che la guardava si ritrovava sempre un sorrisino ebete stampato in faccia,
perché invece in quel momento sentiva l’immagine come estranea? Davvero un bel
mistero…
- Ehi, Phénice… Phénice!! – si volse di scatto e vide la
testa di Winter fare capolino sulla porta:
- Sì? Che c’è? -
- Sai chi è arrivato? Ho sentito qualcuno parcheggiare
un’auto e bussare… ma, va tutto bene? – chiese aggrottando la fronte:
- Tutto bene… mi ha detto che si chiama Faust, tu lo
conosci? – si stupì di vedere la bionda agitarsi:
- Non di persona, ma me ne hanno parlato… è venuto perché ha
trovato il cinese che ha rapito mia sorella. – Phénice sgranò gli occhi e balzò
in piedi, abbandonando il portafogli aperto:
- Allora dobbiamo dirlo ad Haydée e andare immediatamente
giù!! – sbraitò sfrecciando nella camera della mora.
Cinque minuti dopo avevano raggiunto il salotto…
Damynex: Corto? Beh dai, questo ti avrà ricompensata
almeno come intensità… Farò di meglio che buttarlo a mare, lo farò sbranare per
direttissima! Ma, ahimè, più avanti, e non ti arrabbiare!
Elenim: Troppo fraterna? Beh, da così a peggio,
domandalo al mio fratellino!! Ti piacerebbe che non guarisse più, eh? A me no,
mi stanno diventando claustrofobici e se non mi sbrigo a fargli cambiare aria
finiranno col litigare tutti quanti! Crystal sta picchiettando con le unghie
sul tavolo, è nevrotica e non ne può più di essere solo nominata ogni tanto, e
mi sta facendo strippare i nervi! Mmmh… com’è che sono più fuori del solito?!
Earine: Guarda, questi personaggi hanno preso vita.
Ormai mi stupisce uscire dalla mia camera al mattino e non incontrare qualcuno
di loro in giro per casa, magari Mitja che sbadiglia con la classe di uno
uscito dalla discoteca alle 4 e scaraventato giù dal letto dalla sveglia delle
6, oppure Phénice in bagno che lotta e impreca per districare quei capelli impossibili…
io proprio non capisco come si possa sopravvivere al phon con i capelli ricci!
Toh, c’è Madian!… Aspetta che prendo un bavaglino, và… ok, tutto sistemato.
Dicevamo? Ah già, hanno preso vita… e che vita, ragazze mie O.O (questi sono i
miei occhi belli lucidati dopo il passaggio del ragassuolo…)!! A proposito del
latino, ho fatto ragioneria quindi non ho la più pallida idea degli
strafalcioni che potrei scrivere! Sai cosa dice il mio prof. di diritto
commerciale?! Che il diritto è la più brutta bestia del mondo, uccide la
fantasia della gente perché ci obbliga a parlare e a pensare tutti allo stesso
modo. Non c’entra un beneamato fico secco, ma mi piaceva e te l’ho detto, e la
trovo una perla di saggezza. Come dici?!… No, non sono ubriaca!
AyLa: PPRRRRRRRRRRRRRR!! (sarebbe una pernacchia, si
era capito?) Non te lo dico!! Il mio tesoro è uno stinco di santo (anche se
farà pensieri e atti impuri… sempre per la vostra gioia, obviously) e poi lo tengo sotto sedativi
per farlo stare buono (questa parte sarebbe tutelata dal segreto professionale,
ma tanto resta tra me e voi)! Suvvia, conosco persone anche più pazienti di
lui… parlo per esperienza diretta ;p ! E poi tu non sai quello che so io…
Grazie ancora ^_-
- Haydée!! – il nuovo arrivato corse incontro alla ex-ladra
con le braccia spalancate, guadagnandosi un’occhiata inceneritrice da parte del
padrone di casa:
- Ciao Faust! – lo salutò col sorriso, staccando a fatica la
mano dalla stampella destra per porgergliela:
- Questi mascalzoni mi hanno detto cosa ti è successo, ti
trovo bene! – disse sorreggendola mentre la accompagnava ad una poltrona:
- Perché mi hanno curata bene. – mormorò arrossendo
lievemente e lanciando un’occhiata veloce a Madian, che la ricambiò con un
impercettibile cenno del capo. Ci
siamo, evvai che ci siamo!! Esultò tra sé, trattenendosi dallo sciogliersi seduta stante ai
piedi di Haydée.
- Bene… - poi volse lo sguardo sulla bionda, che a sua volta
lo osservava serio: - Tu devi essere Winter. Sono felice di conoscerti, ho
buone notizie per te! – affermò sorridendo e stringendole vigorosamente una
mano. Lei annuì soddisfatta:
- Credimi, il piacere è tutto mio. – rispose seria sedendosi
su un divano accanto a lui, mentre Mitja li guardava rodendosi il fegato. Si può sapere che ha di tanto speciale
pel di carota?! Perché gli fanno tutte le moine?
In realtà si sbagliava, non tutte le ragazze presenti lo
osservavano con interesse. Phénice infatti era ancora in piedi sulla soglia, e
non si decideva a muoversi.
Improvvisamente una mano si agitò davanti al suo sguardo
fisso, che non doveva essere molto intelligente…
- Ti senti bene? – Arkel la guardava preoccupato, e notando
ancora una volta il suo rossore le sfiorò la fronte col dorso delle dita,
provocandole uno scompenso cardiaco: - Sei rossa in viso e scotti, sicura di
non avere la febbre? Sembri una teiera a vapore! – ridacchiò inarcando un
sopracciglio. Il suo intento era quello di stuzzicarla per vedere se si
riprendeva, ma rimase deluso dalla sua espressione smarrita:
- F-febbre?! No! Assolutamente no, sto benissimo! – rispose
con uno strano sogghigno sedendosi rigidamente su un divano per tre persone, al
lato opposto del quale si trovava Madian assorto nella contemplazione della
mora del gruppo e nell’ascolto delle notizie portate da Faust:
- Se lo dici tu… - borbottò il motociclista sedendosi
tranquillamente nel mezzo del sofà e allungando le braccia sullo schienale.
Sarebbe andato tutto bene, cioè Phénice sarebbe riuscita a
mantenere la calma nonostante il suo profumo fresco e insistente, se al ragazzo
non fosse venuta la bella idea di giocherellare con i riccioli rossicci che
aveva incontrato per caso sullo schienale.
Per tutta la durata della conversazione, che naturalmente
era stata impossibilitata ad ascoltare, Phénice rimase rigida come il manico di
una scopa, pregandolo mentalmente, e inutilmente, di non sfiorarla e tentando
in tutti i modi di tenere a freno le mani.
Ogni tanto gli lanciava occhiate fugaci, e all’improvviso
era stata assalita dall’impulso di toccargli la scapola, scoperta di pochi
centimetri dallo scollo a V della maglietta, e aveva desiderato baciargli quel
piccolo lembo di pelle abbronzata e liscia alla base del collo che alla vista
sembrava talmente morbido e invitante…
- Allora è deciso, ma non potrò accompagnarvi messa così.
Resterò qui con Phénice ad aspettare vostre notizie, giusto? – la ragazza si
risvegliò dal suo sogno estatico e si rese conto di avere ben 6 paia di occhi
puntati addosso. Trasecolò per alcuni istanti, ricollegando il senso delle
parole che aveva casualmente captato con la situazione, poi annuì con
convinzione:
- Oh sì!! Sì, certo… noi… vi aspetteremo qui! – esclamò
guardandoli confusa e atteggiando il viso ad un sorriso forzato. Gli altri la
osservarono dubbiosi, poi tornarono alla loro conversazione ignorandola e
consentendole di tirare un bel sospiro di sollievo.
Casualmente si volse e incontrò lo sguardo corrucciato di
Arkel:
- Sei sicura che va tutto bene? Non ha un buon aspetto… hai
mangiato qualcosa di strano, qualche schifezza che ti ha rifilato Mitja? –
Phénice scosse il capo con energia:
- NO! Dico davvero… - poi si alzò e prese ad allontanarsi
lentamente: - Anzi, mi è venuto in mente che devo andare… devo andare… in
camera!! Sì, in camera… - balbettò confusa girandosi di scatto e correndo in
direzione delle scale. Arkel la stava ancora guardando a bocca aperta quando
sentì un urletto seguito da un paio di tonfi e da un mugolio di dolore.
Anche gli altri, ancora immersi nella loro conversazione,
sentirono e si volsero di scatto a guardare:
- Che succede? – chiese Haydée. Arkel si alzò con la faccia
scura:
- Vado a vedere, voi continuate. – borbottò allontanandosi.
Una volta ai piedi delle scale non sapeva se ridere o
preoccuparsi: Phénice se ne stava seduta per terra, nel pianerottolo che si
trovava a metà scalinata, e si massaggiava dolorante il sedere e una caviglia:
- Ahio… sono scivolata, tutta colpa di queste ciabattine! –
piagnucolò con un broncetto adorabile, tirando una delle ciabatte incriminate
distante da sé. Arkel sorrise divertito:
- Piccolo impiastro che non sei altro… - mormorò
avvicinandosi per dare un’occhiata alla caviglia sottile: - Ti fa male se ti
tocco? – non ebbe bisogno di risposta, i lacrimoni che le inondavano gli occhi
erano una conferma più che sufficiente: - Vieni qui… - sussurrò rauco
sollevandola con agilità, mentre lei gli passava un braccio attorno al collo e
posava la testolina ricciuta sulla sua spalla sinistra.
Phénice in quel momento era vicina al collasso, ma stava
così bene rannicchiata contro di lui che dimenticò la timidezza e il
batticuore, e le venne naturale chiudere gli occhi per ascoltare meglio il
pulsare rapido e rassicurante del cuore del ragazzo.
Si accorse che l’aveva trasportata nella sua stanza solo
quando la depositò sul letto:
- Ferma dove sei, vado a prendere una pomata e una fascia
elastica. Non vorrei che quel piedino di fata si gonfiasse fino a diventare uno
zampone! – ridacchiò uscendo dalla camera, fuori portata dalla seconda ciabatta
pronta a volare:
- Screanzato!! – sbraitò lei piccata, ma in fondo divertita.
Dopo pochi istanti era di ritorno e si sedette sul letto accanto a lei,
facendola appoggiare contro la spalliera del letto perché gli posasse il piede
sulle gambe:
- Ma non è niente, non c’è bisogno che tu… - lui la bloccò
con un gesto del capo:
- Niente “ma” bimba, sicuramente non è slogata ma di certo
avrai messo male qualche nervo, e posso assicurarti che se si gonfia non
riuscirai nemmeno a stare in piedi. – borbottò aprendo il tubetto di crema e
spargendone una dose leggermente eccessiva:
- EHI!! Guarda che ho il piedino piccolo io! – Arkel lo
guardò un istante e annuì:
- Hai ragione, mi sono lasciato prendere la mano… che numero
porti? – chiese iniziando a massaggiare sapientemente. Non si accorse
dell’espressione beata apparsa sul viso della ragazza:
- Mmmh… il 37… (NdA: a voi non importa se ho messo la nostra numerazione, vero? Suvvia,
è una AU…)- sospirò adagiandosi
meglio sui cuscini. Lui le lanciò un’occhiata veloce e si lasciò sfuggire un
sorriso soddisfatto:
- Ti piace? – mormorò dolcemente. Lei annuì trasognata,
chiudendo gli occhi e lasciandosi andare alla sensazione di tranquillità e
assoluta sicurezza che provava in quel momento.
Aprì gli occhi quando il ragazzo interruppe il massaggio:
- Che c’è? – si morse un labbro quando lo vide osservare
qualcosa sul letto. Il portafogli
con la foto!! No!!
- Sei… fotogenica. – borbottò spicciandosi a farle la
fasciatura:
- Ahio!! – protestò lei: - Stringi troppo! – lui la ignorò
quasi, sembrava assente:
- Scusa… - poi si alzò precipitosamente: - Devo tornare in
salotto, mi stanno aspettando… più tardi ti mando Winter, per ora non muoverti.
– poi svanì lasciando la porta socchiusa dietro di sé, ma non lo sentì scendere
le scale: era andato in bagno.
Arkel era andato a lavarvi il viso e ora si guardava
gocciolante allo specchio. Idiota…
mille volte idiota!! Ha il ragazzo Arkel, toglitela dalla testa, capito?
~~~~~
Lunedì mattina
Il mattino successivo Haydée le rispiegò tutto dall’inizio.
Faust, grazie alle conoscenze giuste, era riuscito ad avere
l’indirizzo di Chung. Stava proprio nella loro città, possedeva un’intera palazzina
di tre piani e Phénice si chiese quanto dovevano esser rimbambiti poliziotti e
simili per non aver capito che c’era qualcosa che non andava nel traffici di
quell’uomo. Haydée le spiegò che il primo che si faceva prendere dal sospetto
non avrebbe visto una nuova alba, così si rassegnò all’inevitabile verità che
vede i cattivi spadroneggiare sul mondo e i buoni soffrire come cani (leggi:
Winter che disperatamente tenta di trovare sua sorella).
Insomma, con tutti questi discorsi filosofici si era tornati
al punto di partenza: bisognava prenderlo, impacchettarlo e portarlo lì insieme
a sua moglie, poi si sarebbero “gentilmente” prese le informazioni del caso e
li avrebbero lasciati in pasto al miglior offerente, tanto a quei “cani rognosi
dell’FBI & co.” (testuali parole della mora) non importava da dove gli
arrivavano i cattivi, bastava riuscire a spolparli e ad accaparrarsi una
considerevole fetta di celebrità.
Per quanto riguardava l’azione, se ne sarebbero occupati
Faust e i suoi ragazzi d’assalto, una squadra piuttosto numerosa di energumeni
dal cuore tenero opportunamente nascosto dietro occhiali da sole stile Matrix,
giubbetti antiproiettili mascherati all’interno di qualsiasi indumento e chili
di piombo.
Mitja, Arkel, Madian e Winter sarebbero stati della partita,
ma in seconda linea. Il loro compito, delicatissimo, era di impacchettare i due
simpatici coniugi e portarli a destinazione, cioè lì alla villa, vivi e in
grado di sopportare un interrogatorio da parte della stessa Haydée, che in
qualche modo doveva pur vendicarsi per la sua gamba crivellata e ancora
inutilizzabile. Mi pagheranno la
plastica per nascondere la cicatrice, quei criminali!! Aveva sbraitato
furibonda mentre ne parlava.
Phénice, per quanto pacifista convinta, non aveva potuto
fare altro che concordare a pieni voti, sentendosi molto poco in vena di
contraddire la ex ladra. L’aveva visto in prima persona quello che la mora
aveva fatto a Madian, non le sembrava il caso di subire l’esperienza
direttamente sulla sua pelle lattea, che decisamente sarebbe stata molto poco
attraente chiazzata di viola e blu. Anche
perché con gli occhi verdi e i capelli rossicci i lividi di quel colore stonano
un casino!
Dopo pranzo la stessa combriccola di sei persone del giorno
precedente si riunì in sala da pranzo col progetto per la spedizione punitiva.
Avevano la piantina del grattacielo e dell’appartamento di Chung e consorte
(gradito presente di Sybil), il numero del fornitore di mitragliette e
cianfrusaglie varie e i migliori scassinatori in circolazione in caso di
necessità: cosa potevano volere di meglio?
In un pomeriggio di assiduo lavoro avevano già pianificato
tutto quanto, Haydée aveva lavorato fino a grondare di sudore per la
stanchezzae l’affaticamento e Phénice
portò due caraffe di succo d’arancia fresco di frigorifero. La ragazza aveva
preferito tenersi alla larga per tutto il tempo: pensare che si sarebbe
sparato, e anche tanto, e che il sangue poteva scorrere a fiumi l’aveva
convinta a starsene in giardino tutto il pomeriggio, alternando letture e
sonnecchiamenti vari sotto il sole.
- Grazie bella, sei veramente un tesoro! – le aveva detto
Faust facendole l’occhiolino con un sorriso complice. Arkel l’aveva
abbrustolito con un’occhiata, opportunamente evitata, e aveva bevuto il succo
adocchiando la rossa avvolta da un esiguo vestitino e con i capelli raccolti
sulla nuca:
- Abbiamo quasi finito, sai? Tra un po’ vorrei uscire
anch’io, ho voglia di mettere i piedi a mollo in piscina. – la rossa si volse a
guardare Haydée con gli occhi brillanti:
- Finalmente, ero stanca di starmene da sola! -
- Potevi dirlo subito!! – esclamò Faust saltando in piedi
allegramente: - Io qui ho già finito, e indovina un po’? Ho portato il
costume!! Un secondo e ti raggiungo in piscina! – Phénice gli aveva risposto con
un sorriso timido e li aveva salutati tornando in giardino ancora mezza
zoppicante, mentre Arkel borbottava un “E ti pareva che non ci avrebbe
provato…” tra i denti che nessuno riuscì a intendere, tranne forse Haydée
seduta accanto a lui.
Quando finalmente terminarono di discutere del piano per il
rapimento del cinese uscirono tutti in giardino, raggiungendo Phénice e Faust
che se la ridevano allegramente.
Haydée si sedette su uno sdraio e la rossa le corse subito
incontro:
- Allora, avete deciso tutto? – l’altra annuì:
- Sì, ormai dobbiamo soltanto stabilire il giorno, che
comunque sarà entro la fine della settimana. Che ne dici, giovedì o venerdì? –
Phénice ci pensò su un po’, poi le rivolse un sorriso smagliante:
- Venerdì!! Così facciamo un giorno in più di vacanza! –
esclamò facendoli ridere tutti, tranne Winter ovviamente che continuava a stare
sulle sue dopo la discussione con Mitja.
Il biondino aveva provato almeno un migliaio di volte a
riprendere il discorso interrotto il sabato, visto anche che voleva fare
chiarezza nei suoi stessi sentimenti, ma lei faceva di tutto per evitarlo,
arrivando perfino a barricarsi in camera per non incontrarlo a cena. Phénice
aveva tentato di farla ragionare, spiegandole che la tensione che c’era tra
loro si ripercuoteva su tutti loro, compresi i padroni di casa, ma non c’era
stato verso di ricondurla alla ragione.
Alla fine la rossa era uscita dalla sua stanza con un
diavolo per capello, mandando metaforicamente a quel paese tutti i testoni del
pianeta, e si era completamente disinteressata della questione, limitandosi a
trascorrere gli ultimi giorni di “vacanza” accanto ad Haydée e mantenendosi a
una certa distanza da Arkel per non incappare in altre figure barbine.
La cosa sconvolgente però è che ben presto si era resa conto
che riusciva ad evitarlo con facilità solo perché anche lui le girava alla
larga di proposito.
Ma come?! Fino a pochi giorni prima se lo ritrovava sempre
tra i piedi, e si divertivano anche insieme, come quel pomeriggio che erano
usciti in barca, e adesso??
La trattava come una perfetta estranea! Ma dico, si era mai
sentita una cosa più assurda?! Perché da perfetti amici dovevano comportarsi
come due bambini litigiosi?
Tentò in vari modi di farglielo capire, ma non ne venne a
capo così pensò bene di dimenticare la questione e di concentrarsi sulla sua
vita.
Entro pochi giorni ormai sarebbe tornata alla sua vita di
sempre, alle lezioni all’università, ai progetti per arrivare a realizzare il
suo sogno di dirigere un museo, e a Selim.
Già, Selim… non sapeva perché, ma anche se lo aveva visto
pochi giorni prima, anche se teoricamente non doveva essere cambiato nulla tra
di loro, sentiva qualcosa di diverso nei suoi confronti, o meglio qualcosa in
meno…
Alla fine si convinse che era una sua sciocca sensazione
dovuta alla lontananza e alla situazione particolare, sicuramente una volta
tornata sarebbe tornato tutto come prima e avrebbe ripreso la vita di sempre.
Già… ma intanto continuava ad osservare anche il minimo
movimento di Arkel…
Seduta accanto a lei su quello sdraio Haydée era persa in
pensieri analoghi.
Non aveva alcun dubbio che una volta tornata in città con
Phénice avrebbe ripreso il controllo della situazione, avrebbe perso di vista
Madian e con lui tutti i suoi problemi sarebbero svaniti.
Finalmente avrebbe potuto dedicarsi a progetti che la
interessavano nel profondo, come ricostruirsi una vita partendo da zero.
Al contrario di lei Madian era praticamente terrorizzato
all’idea di perderla dopo meno di una settimana. Era sicuro che lei avrebbe
fatto di tutto per troncare i rapporti con lui, anche se ancora non aveva la
minima idea del motivo che la spingeva ad allontanarlo a quel modo, ma un
qualcosa nel comportamento della bella mora lo convinceva che non era del tutto
convinta di quello che faceva.
Era certo che in qualche angolino del suo essere non voleva
andarsene, il problema era riuscire a far scaturire la scintilla che le avrebbe
permesso di confessargli il motivo del suo blocco e di poterla finalmente
stringere in tutta tranquillità.
Ormai il desiderio di toccarla, baciarla e averla tutta per
sé era diventato insopportabile, e finalmente aveva capito di esserne
perdutamente e irrimediabilmente… innamorato.
Adorava la sua sottile ironia, quegli sguardi
incredibilmente espressivi, il profumo che sentiva aleggiarle attorno quando
l’aveva accanto, il suo incedere sempre fiero anche con le stampelle, il
riflesso azzurrino dei suoi capelli corvini e la curva che qualsiasi maglietta
o camicia faceva tendendosi sul seno…
Doveva esserci per forza un modo per farla sua, e lo avrebbe
trovato, ne era certo!
Al contrario i pensieri di Arkel erano molto più
pessimistici.
Aveva dimenticato la promessa fatta ad Haydée, o per lo meno
l’assicurazione riguardo al proteggere Phénice. L’unico pensiero che gli si
agitava nella mente era che lei aveva il ragazzo, e il pensiero che il suo
sorriso, i suoi baci e le sue carezze erano per un altro lo mandava in bestia!
Certo, magari lui non era l’ideale di fidanzato, così
scorbutico e poco propenso a scambiare sdolcinatezze, era un orso e un poco di
buono, nella sua vita non aveva fatto che rubare, cosa ne sapeva lui di musei e
opere d’arte?! Beh, magari era un ottimo skipper, e anche come meccanico non se
la cavava poi così male, ma da qui a farne una professione…
Inoltre ogni volta che pensava alle loro personalità e ai
loro interessi scopriva sempre più divergenze, lei odiava la moto e lui non
sopportava di ritrovarsi al chiuso in una libreria o in un museo, e poi lei era
così solare e lui talmente scontroso… però si sentiva diverso insieme a lei,
quasi migliore.
Forse, se non ci fosse stato il suo ragazzo tra loro,
avrebbero potuto… dopotutto se stava con lei poteva sopportare anche un
ambiente come la biblioteca… ma a che serviva pensarci: lei aveva un ragazzo
che aveva i suoi stessi interessi, a quanto pareva ne era visibilmente cotta, e
a riprova di ciò c’era la foto che aveva visto casualmente nel portafogli
aperto; inoltre non lo aveva mai trovato simpatico fin da quando l’aveva
prelevata dal suo appartamento, quella era sicuramente un’ottima motivazione.
L’unico immune da tutti questi grigi pensieri era Faust, che
ignaro degli intrighi che si svolgevano proprio sotto i suoi occhi si rilassava
in vista del lavoretto che lo aspettava.
Chissà se la gemella di Winter era bella quanto lei, magari
poteva farci un pensierino…
Tirò fuori una macchinetta
digitale, un vero gioiellino che gli era costato un occhio della testa:
- Ragazzi? – chiamò divertito.
Tutti si volsero verso di lui e
dopo un istante la foto di gruppo era bell’è fatta. Madian lo guardo sorpreso:
- Ma che stai facendo?! –
chiese. L’altro ridacchiò tranquillo:
- Una foto ricordo di questo bel
gruppetto!! Davvero, questa sarà l’azione più interessante della mia vita, ne
sono quasi certo: non posso avere un vostro ricordo? E poi, con queste tre
signorine così belle e deliziose… - mormorò rimediandosi addirittura tre
occhiate assassine. Si guardò attorno scioccato: - Ma che ho detto…?! -
Signore, non ve la prendete se non aggiornerò più con la
frequenza di prima ma ho già 3 esami fissati e caterve di roba da studiare,
oltre a dover preparare un discorso di almeno 10-12 minuti su un argomento che
mi fa ogni giorno più schifo! Comunque non allarmatevi, la storia la porto a
termine, eccome se la porto a termine!! Muoio dalla voglia di svelarvi tutto
l’arcano…
Earinë: Ragazza, i miei personaggi femminili sono
testardi almeno la mia metà. Adesso hai una vaga idea di chi hai di fronte?? E
del grado di esaurimento nervoso al quale ho portato il mio ragazzo prima di
decidermi?! Che sant’uomo… Sinceramente anch’io avevo voglia di pubblicare, e
non solo per mandare grattini virtuali ai felini di mezza Italia! Adesso mi
sento meglio, aaah, la gioia di condividere un po’ di sana follia! Veramente,
mi sento come se fossi tornata a casa da un viaggio forzato.
Damynex: Casino? Per le troppe scene o per gli
intrighi? Magari la seconda, eh? Eh, chérie, l’amor è una cosa meravigliosa! Ma mi sfugge chi è il
Peperoncino… Phénice, vero?
AyLa: I dettagli arriveranno, cominciano a
formicolarmi le dita e devo scrivere qualcosa di piccante prima che si
rivoltino tutti! Sono felice che il capitolo ti sia piaciuto, non so quante
volte l’ho riletto e corretto, e devo dire che anche a me piace parecchio,
anche se ho modificato le scene almeno 5 volte! ^_-
Elenim: Non dirlo a me, ho provato a digitare il nome
del sito almeno 5-6 volte convinta di averlo sbagliato, non riuscivo a
crederci! Visto che ho inserito la foto?! Adesso sì che puoi sbizzarrirti!!
Super Gaia: ODDIO!! Non chiamarmi ciccina, ti prego!!
È un nomignolo che mi ha appioppato una compagna stronzetta alle elementari e
che ho odiato con tutta me stessa, soprattutto quando altri hanno cominciato ad
usarlo! Non perché fossi grassottella, anzi, ma si divertivano a vedere che mi
infuriavo! Comunque grazie dei complimenti, fanno sempre un casino di piacere!
;p
Jennifer90: Sono felice che questa sia stata la prima
storia che hai cercato, davvero è un onore! E grazie per i complimenti anche a
te, mi lusingate troppo! A presto ^_^
Eccola lì, una delle ultime sere della loro convivenza
forzata.
Quasi due settimane vicino al paradiso, di questo era certo.
E vicino nel senso che dormiva sul suo stesso piano, a poche decine di metri
dal suo letto.
Quel pensiero lo faceva uscire di testa da giorni ormai!
Madian si tirò a sedere di scatto, massaggiandosi la testa
che sembrava volergli scoppiare, e sospirò affranto.
Ancora non era riuscito a trovare un modo per far capire ad
Haydée che di lui si poteva fidare, come poteva essere tanto sciocco da
lasciarsi sfuggire quell’occasione ad un passo da lui?!
Si alzò automaticamente per affacciarsi alla finestra aperta
e rimase alcuni istanti immobile ad osservare la figura immersa nell’oscurità
proprio sotto di lui.
Senza più pensare si infilò una maglietta stropicciata e un
paio di pantaloncini sui boxer, suo unico indumento in quella notte estiva, e
in un lampo si era catapultato nel corridoio.
Arrivò in giardino scalzo, non aveva avuto tempo per pensare
anche a qualcosa da mettere ai piedi, troppo preso dal suo reale obiettivo.
Come aveva fatto la ragazza a scendere in giardino senza che
nessuno se ne accorgesse era un mistero, se si contavano le stampelle e la sua
scarsa mobilità:
- Ciao Haydée. – mormorò piano per non spaventarla. Con sua
immensa sorpresa lei non si volse a guardarlo e non sussultò minimamente.
Sembrava che sapesse esattamente ogni suo movimento:
- Bella nottata, vero? – rispose semplicemente continuando a
guardare il cielo stellato. Lui le sedette accanto sulla panchina e annuì,
guardandola intensamente:
- Magnifica, senza dubbio. – fece assorto:
- Non riuscivi a dormire? – volle sapere lei senza
guardarlo:
- Più o meno. Qualcosa mi diceva di stare sveglio e di
affacciarmi alla finestra. Chissà, il destino… - lei ridacchiò piano:
- Non dirmi che credi in queste scemenze!! – ironizzò
tranquilla, lui non si scompose:
- In questo momento sono propenso a credere a qualsiasi
cosa… - mormorò rauco desiderando incontrare i suoi occhi scuri, ma lei
seguitava a guardare le stelle:
- In India quando ero bambina se ne vedevano ancora di più,
e il cielo sembrava un immenso drappo di velluto blu costellato di diamanti. –
fece indicando la volta celeste col mento:
- In… India?! – chiese lui, incerto e stupito. Finalmente
lei si decise a guardarlo, sorpresa che lui non sapesse:
- Certo! Sono cresciuta in un villaggio vicino a Delhi, non
te l’avevo mai detto? – lui scosse il capo, incredulo:
- Quindi… parli l’hindī. – mormorò con gli occhi
sgranati. Lei ridacchiò piano:
- Esatto, perché ti stupisce così tanto? – lui abbozzò un
sorriso:
- Perché la prima volta che ti ho vista… ho avuto
l’impressione che fossi straniera. Poi però ti ho parlato e non avevi accenti
strani. – Haydée socchiuse gli occhi, come a volerlo scrutare più attentamente:
- Davvero? Strano, nessuno se ne era mai accorto. Comunque
nessuno dei miei genitori è indiano, ho solo una nonna originaria di quel
paese, mio padre è inglese e mia madre americana. – poi distolse gli occhi dal
suo viso, che quella sera le sembrava addirittura più bello, e tentò di
spostare la sua attenzione su qualcos’altro: - Parlavate sul serio quando avete
promesso che non avreste più rubato? –
- Sì, almeno io sì. Ma dovrò trovare qualcos’altro da fare
per provare la stessa adrenalina, non mi piace la vita monotona! – lei tornò a
guardarlo, sorpresa:
- Pensavo la stessa cosa prima del tuo arrivo. –
- Vuoi… vuoi che troviamo qualcosa da… fare insieme? –
chiese lui incerto. A quella proposta Haydée si irrigidì e prese le stampelle
per andarsene:
- No Madian, è meglio di no. – lui la trattenne per un
polso, facendole alzare la guardia:
- Aspetta!… Ne sei sicura? Non… non sarebbe carino passare
un po’ di tempo insieme? – cominciava ad agitarsi in maniera assurda, sentiva
che gli stava sfuggendo tra le dita e non riusciva a sopportarlo:
- Sicurissima. Ora lasciami, sono stanca e anche tu dovresti
andartene a letto, ti aspetta una giornata dura. – il suo sguardo era ancora
più tagliente delle parole che le uscivano dalle labbra e il ragazzo non poté
fare altro che lasciarla andare. La osservò fare alcuni passi con il cuore
gonfio d’angoscia e il battito impazzito:
- Vuoi una mano? Le scale sono scivolose e sarai stanca… -
lei non si fermò nemmeno:
- No, grazie. –
Haydée si sentiva soddisfatta per come lo aveva tenuto a
bada, finalmente riusciva a comportarsi come voleva!
Un istante dopo però si sentì come persa, aveva nuovamente
desiderato che lui insistesse, che abbattesse quel muro insormontabile che
aveva elevato tra di loro. Per un lungo e sconvolgente attimo aveva desiderato
le sue mani su di sé, la sua bocca che da tanto guardava con un misto di odio e
desiderio sulla sua, e il suo profumo ad avvolgerla e a stordirla per un’ora, un
giorno, una vita.
Dio, cosa le stava succedendo?! Lei non voleva dipendere
ancora da un uomo, non voleva affidare ancora il suo cuore a una persona
immeritevole!! Non voleva essere usata e gettata via un’altra volta.
- Voglio darti una mano comunque. – Madian la riscosse dai
suoi pensieri chinandosi davanti a lei e porgendole la schiena: - Aggrappati,
ti porto in camera tua. – era stanca anche di opporgli resistenza, poi si disse
che in fondo non sarebbe successo nulla, era una delle ultime notti sotto il suo
stesso tetto e prestissimo sarebbe finito tutto. Poteva anche rilassarsi per
alcuni istanti:
- Grazie. – mormorò allacciando le braccia attorno al suo
collo e lasciando che la sollevasse per le gambe, con sempre le stampelle in
mano.
Madian sorrise nell’oscurità che li circondava mentre la
portava al piano superiore, la sentiva inspirare ed espirare profondamente,
come a volersi imprimere il suo profumo nella mente. Era la stessa cosa che
stava facendo lui.
Una volta davanti alla sua porta non si accontentò di
lasciarla lì, lungo il corridoio. Spalancò il battente e la portò vicino al
letto, mentre lei protestava debolmente:
- Grazie, ma non c’era bisogno di portarmi fin qui, riesco a
fare qualche passo dalla porta al letto, e poi… -
- Hai pensato alla richiesta che ti ho fatto? – la
interruppe bruscamente lui. Haydée si morse le labbra, pentendosi di averlo
lasciato fare:
- Non è il momento Madian, sono stanca e vorrei dormire. –
lui la prese per le spalle trattenendola accanto a sé:
- Non ci hai nemmeno pensato? – la ragazza non rispose,
limitandosi a chinare il capo nella semi-oscurità. Poteva distinguere il suo
profilo solo grazie alla luce che entrava dalla finestra aperta: - Per quale
motivo Haydée? Perché non ti importa niente di… - lei lo interruppe:
- Per favore Madian… ti prego non dire altro. – mormorò
stanca. Gli occhi del ragazzo si accesero di una luce nuova:
- Come vuoi, ma prima… - mormorò rauco, poi con un gesto
irresistibile la strinse tra le braccia e chinò il capo per sfiorarle il viso: -
Desidero… baciarti. – quella confessione così diretta e inaspettata la mandò
nella confusione più totale. Già essere completamente addossata a lui era
sufficientemente sconvolgente, ma ritrovarsi le sue labbra nuovamente a
sfiorare le proprie era troppo.
Prese a divincolarsi, anche se con poca convinzione, ma lui
non la lasciò andare:
- Se non vuoi non ti obbligherò. – fece in un sussurro
impercettibile. Lei sembrò calmarsi e smise di lottare per liberarsi. Dopo un
istante la sentì tremare leggermente:
- Lasciami andare Madian. – sussurrò incerta. Lui scosse il
capo mentre erano fronte contro fronte:
- Io… non posso… - ed era vero. Stringerla tra le braccia
era l’unica cosa che bramava in quel momento, era un desiderio più impellente
dell’aria per respirare. E sentire quel calore contro di lui, quel corpo
sinuoso dalle morbide curve delicate, e il suo respiro leggermente affannato… Almeno ora so che non le sono
indifferente…
Haydée si sentiva sempre più leggera. Non sapeva come né
quando, ma aveva posato le mani sulle sue spalle, e mosse quasi con timore le
dita, sussultando.
Il corpo caldo, premuto contro il suo, era incredibilmente
solido e sembrava aderire perfettamente al suo. Quelle spalle così larghe
sembravano essere fatte apposta per… per… proteggerla… Devo fidarmi?
Deglutì a fatica, per spostare lo sguardo sulle braccia che
la stringevano. Erano un comodissimo nascondiglio e le trasmettevano
un’ineguagliabile sensazione di sicurezza… Posso
fidarmi?
Staccò la fronte dalla sua e alzò incerta lo sguardo verso
di lui.
Vide i suoi occhi brillare nell’oscurità e un lieve sorriso
increspargli le labbra… già, le labbra… sembravano così morbide, fresche e
invitanti…
Col cervello ormai svaporato alzò una mano tremante e prese
a sfiorargli il contorno della bocca, per poi spostarsi sul mento e sulle
guance.
Aveva la pelle fresca, leggermente ispida a causa della
barba che doveva aver fatto quel mattino. Madian teneva gli occhi chiusi e
faceva lunghi e profondi respiri, mentre vagava piano con le mani sulla sua schiena
e sui suoi fianchi.
All’improvviso il ragazzo emise un leggero mugolio, come di
soddisfazione, e lei interruppe le carezze.
Due zaffiri lucenti tornarono ad osservarla, comunicandole
una muta richiesta, e non poté fare a meno di proseguire la sua esplorazione.
Riprese a sfiorargli il viso, delineando il contorno degli
occhi e degli zigomi, per poi scendere nuovamente a quelle labbra che la
attiravano come calamite.
Quando lei tornò a sfiorargli la bocca non riuscì più a
trattenersi e le depositò un bacio sulla punta delle dita, socchiudendo le
labbra.
Quel gesto, apparentemente innocuo, per Haydée aveva la
sensualità di un bacio vero e immediatamente si irrigidì, scostando la mano e
uscendo dal sogno morbido in cui era precipitata.
Madian la guardò allarmato:
- Haydée, no! – mormorò rauco, devastato dalle sensazioni
che aveva provato fino a un istante prima e accentuando la stretta attorno a
lei. Ma il momento incantato ormai era volato via e sarebbe stato impossibile
farlo tornare indietro:
- Non posso Madian… ti prego lasciami, io non posso!! – e
suonava come una supplica.
Dopo una lotta furibonda contro tutte le fibre del suo corpo
che gli gridavano di non darle retta, e che in fondo lo voleva anche lei,
riuscì ad allentare la presa e a lasciarla andare.
Lei fece un passo indietro e si sedette sul letto
pesantemente.
Dopo un’infinità posò un ginocchio a terra per guardarla
negli occhi e parlò a stento:
- Non rinuncerò così a te. – poi si sporse e le depositò un
lungo bacio sulla fronte. La guardò un’ultima volta, poi si alzò di scatto e
uscì, lasciandola sola.
Haydée guardò il battente chiuso a lungo, con la mente
completamente libera e gli occhi inondati dalle lacrime.
Ti sei innamorata…
Io… no…
~~~~~
Venerdì, primo pomeriggio
Winter caricò il suo borsone sul fuoristrada di Madian e
sbuffò scostando i capelli dal collo. Quel caldo infernale la faceva impazzire!
Quando si volse per andare a salutare Phénice e Haydée, si
trovò Mitja a meno di un metro. Inarcò un sopracciglio quando lo vide abbandonare
un borsone a terra:
- Vorrei stabilire una tregua, almeno per oggi. Abbiamo cose
più importanti da fare che continuare a evitarci. – lei si strinse nelle
spalle:
- Più che giusto. – rispose telegrafica, poi lui le porse la
mano destra:
- Allora pace? – lei tentennò un istante, poi la strinse:
- Pace… ma solo temporanea. Per Crystal. – il ragazzo annuì:
- Per Crystal. – mormorò serio. Non era per niente
soddisfatto del patto, ma da quello poteva ricominciare un dialogo. O almeno
così sperava…
- Allora ragazzi, pronti per la nostra spedizione punitiva?!
– esclamò Faust uscendo dalla villa con la sua valigia, il solito sorriso
allegro e gli occhiali da sole. Phénice lo guardò sorpresa:
- Sembra che stia partendo per una vacanza, altro che
spedizione punitiva! – mormorò ad Haydée accanto a lei. La mora annuì
distrattamente, impegnata in uno scambio di occhiate roventi con Madian:
- È il suo lavoro, non sei entusiasta anche tu quando guardi
un bel quadro? – a parlare era stato Arkel, l’ultimo ad uscire dalla villa. La
ragazza lo guardò incerta e mormorò un assenso mentre lui si dirigeva verso il
fuoristrada.
Lo osservò per un po’, mordendosi un labbro, poi quando lo
vide allontanarsi per guardare il mare gli corse dietro:
- Aspetta! – cinguettò per fermarlo. Lui si bloccò sui due
piedi e la guardò in tralice, giocherellando con qualcosa nella tasca dei
jeans:
- Che c’è? – chiese con la sua migliore aria burbera.
Phénice si imbronciò:
- Perché devi essere così scorbutico? – lui si strinse nelle
spalle, distogliendo gli occhi da lei: - Io… beh, volevo solo augurarti una
buona fortuna. – mormorò imbarazzata. Arkel inarcò un sopracciglio e la guardò:
- Grazie. – mugugnò di rimando. Lei si volse per andarsene,
ma non le piaceva il modo in cui si stavano lasciando. Tornò a guardarlo e si
stupì di trovarlo ad osservarla:
- Stai attento, mi raccomando. –
- Non vedo perché dovresti preoccuparti! – sbottò acido:
- Insomma, si può sapere che ti ho fatto?! – la rossa stava
perdendo le staffe, non le piaceva il suo comportamento, e non le piaceva
sentirsi parlare così. E poi perché la teneva così a distanza?!
- Nulla… - mormorò lui calciando una minuscola pietruzza sul
selciato e tenendo lo sguardo basso. Phénice sospirò. Uomini!
Poi decise che quello che si erano detti non era sufficiente
e si avvicinò, alzandosi sulle punte dei piedi per depositargli un bacio su una
guancia:
- Parlo sul serio, stai attento. – mormorò dolcemente
accarezzandogli il viso mentre il cuore le strombazzava impazzito, poi si volse
di scatto e corse via, raggiungendo Haydée.
Arkel la guardò sorpreso, deliziato e spazientito. Piantala di tentarmi!!
Nel frattempo Madian ne aveva approfittato per avvicinarsi
ad Haydée:
- Allora io vado. – lei annuì evitando in tutti i modi il
suo sguardo:
- Fate attenzione, e mi raccomando legate subito le mani
dietro la schiena a Chung, è veramente importante. Per sicurezza anche a sua
moglie, non si sa mai. E teneteli distanti l’uno dall’altro, se non si vedono e
non si parlano è meglio. – lui sospirò, leggermente esasperato:
- Non preoccuparti, ricordo tutto alla perfezione, come pure
tutti gli altri. Ti fidi? – la ragazza rimase spiazzata dal doppio senso
potenziale di quella domanda, ma si impose di pensare solo a quello cui lui
sembrava fare riferimento:
- Si…sì, mi fido… beh, fate attenzione comunque. -
- Ok, allora ciao. -
- Sì, ciao. – mormorò mentre ancora tentava di non
guardarlo. Madian le baciò rapidamente la fronte stringendole una spalla, poi
si allontanò e si volse solo per salutare i suoi con un cenno del capo.
Maximilian e Rachel erano usciti per le ultime
raccomandazioni e si affiancarono alle due ragazze.
L’uomo le prese entrambe per le spalle:
- Andrà tutto bene ragazze! – esclamò entusiasta: se sua
moglie non lo avesse bacchettato dicendogli che il tempo per quelle bravate per
lui era passato, probabilmente sarebbe partito anche lui!
Haydée lo guardò cupa:
- Lo so, il problema è che volevo esserci anch’io. – mormorò
tra i denti mentre si volgeva per rientrare nella villa.
Phénice rimase ancora un istante per dare l’ultimo saluto ai
cinque “giustizieri”, poi seguì la mora all’interno dell’abitazione.
La trovò in salotto, intenta ad osservare il bellissimo
pianoforte a coda nero in un angolo della sala, vicino ad un’ampia vetrata:
- Sarebbe bello che ricominciassi a suonarlo. – Haydée si
volse distrattamente, con un sorrisetto divertito dipinto sulle labbra:
- Per carità, rischio di far scoppiare tutti i cristalli
della villa! – la rossa rise divertita:
- Ma và!! Lo so che sei bravissima, piantala di sminuirti! –
la mora scosse il capo:
- Questo non toglie il fatto che non mi va… piuttosto, che
ne dici di spaparanzarci al sole? Ho voglia di rilassarmi! Intanto mi racconti
qualcuna delle tue scemenze, è un po’ che non mi dici niente riguardo ai tuoi
progetti lavorativi… come sta il prof. Rubens? -
- Ma quali scemenze?!! Il professore sta bene, a parte i
soliti acciacchi dell’età… gli è venuto un colpo quando gli ho detto che
partivo per un viaggio improvviso, ho dovuto dire che andavo dai miei per
alcuni problemi familiari… altrimenti sai la sfuriata!! È una fortuna che in
agosto non ci siano corsi e che l’università sia chiusa per metà mese,
altrimenti non me la sarei cavata così a buon mercato! In ogni caso quando
tornerò mi ha detto che dovrei fare un colloquio, niente di importante… -
Haydée sgranò gli occhi sorpresa:
- Hai un colloquio e me lo dici così?!? Avanti ragazzina,
seguimi e vuota il sacco! – esclamò cancellando tutto il resto dalla mente,
mentre si dirigeva verso il giardino.
AyLa: Guarda, dispiace moltissimo anche a me, però
purtroppo ho dei tempi abbastanza stretti per fare le mie cose… in ogni caso
farò del mio meglio per non farvi sentire la differenza, vi ho semplicemente
avvertite perché non pensiate che voglio abbandonare la storia, tutto qui! Ah
sì, adesso sei interessata a tutti, eh? Bene, bene… (mi sto sfregando le mani…)
era proprio quello che volevo!! Preparati a vedere scintille… eheheh!
Sai, se all’università ci fosse un’aula computer per poter
scrivere nei tempi morti sarebbe tutto più facile, anzi penso che aggiornerei
più spesso :p! Il problema è che è sempre chiusa, la possiamo aprire solo noi
studenti prendendoci la responsabilità di eventuali problemi, e sinceramente
non me la sento di rimetterci per qualche cretino (e ce ne sono tanti lì da
me…) che va a vedere siti VM 18 e che così infila virus a ogni angolo. Che
gente ragazza mia, che gente!
Elenim: Scusami se non ho messo altri particolari di
come erano disposti, ma almeno puoi sbizzarrirti a tuo piacimento! Affare fatto:
io pubblico e tu dipingi. Alla prossima!
Damynex: Ah, secondo te si sta sistemando… male,
molto molto male!! Che dire, adoro il mio trio delle meraviglie, mi piacciono
ogni giorno di più! Staremo a vedere come li sistemo, ho in mente qualcosa di
diabolicamente interessante…
Super Gaia: Grazie, qualsiasi altra cosa andrà bene,
ma non c’è bisogno di scusarsi, figurati! ^_^
Earinë: Ha ragione la tua compagna di banco, come si
fa a infierire su una che non può difendersi direttamente?!? (ma se sbuca fuori
dallo schermo sono cavolacci tuoi, spero che tu sia assicurata perché è
vendicativa) Ok che è veramente zoppa, povera sfigata, ma andare a
spiattellarglielo in faccia!! Per inciso, l’ho fatto anch’io, infatti
intrattengo una fitta corrispondenza criptata con lei e ci stiamo insultando
amorevolmente, nella speranza che qualcuno con la lingua lunga non le vada a
spifferare il mio indirizzo. Perciò il mio è un consiglio, non un rimprovero!
Siete sempre di più ad adorare Arkel, il fatto è che sono io
ad essermi innamorata di lui… Mi è passata la cotta per Madian, adesso sarà un
problema farlo tornare protagonista, anche se un paio di ideuzze per
risvegliarlo dal suo torpore roseo le avrei…
Crepi il lupo, ti riferisci al pianoforte? Eh sì, lo penso
anch’io: probabilmente avrei sfogato la mia vena artistica senza capitarvi qui
tra capo e collo, seccante non trovi? Non ho saputo resistere e l’ho infilato
anche nella storia, adoro la musica.
Mi stanno venendo più lunghe le risposte ai tuoi commenti
dei capitoli della storia: preoccupante…
Venerdì, tardo pomeriggio, appartamento imprecisato nei sobborghi
Winter scese dall’auto e si guardò attorno leggermente
schifata. Il posto era malfamato, sporco e maleodorante. Per strada c’erano
delle facce da mettere spavento al secondino più stronzo, e inconsciamente
cercò la mano di Mitja.
Avvertendo quel contatto caldo lui si volse a guardarla e le
sorrise appena:
- Postaccio, eh? Dai, l’interno è meglio! – le lasciò la
mano per circondarle la vita, in modo da infonderle una maggiore sicurezza, poi
si avviò ad una palazzina anonima seguendo gli altri tre ragazzi.
Dopo varie rampe di scale semi-pericolanti Faust si piazzò
sorridendo davanti a una porta che aveva tutta l’aria di essere blindata e le
parlò rassicurante:
- Lo so che la zona ti ha fatto paura, ma ti assicuro che
dentro è tutta un’altra cosa! – bussò un paio di volte e attese che qualcuno lo
osservasse dallo spioncino, poi la serratura scattò con un rumore sordo e
Winter rimase di stucco.
L’interno dell’appartamento, che in realtà erano due uniti,
era elegante quanto l’interno dello studio ovale alla Casa Bianca.
Muri perfettamente tinteggiati in un bianco candido, parquet
lucidati, divani in pelle nera dall’aspetto ultra-comodo, scrivanie in legno
massiccio e superfici a specchio, oltre a computer di ultima generazione,
riempivano le stanze.
Alle pareti quadri di ogni tipo spaziavano
dall’impressionismo al cubismo, ogni stanza il suo genere.
Nell’aria si spandeva una musica tenue, sembrava qualcosa
sul genere del jazz o simile, e ad ogni angolo libero si trovavano piante di
ogni tipo e dimensione:
- Scusa, dove la troviamo la tua squadra d’assalto?! A
giocare a golf col Presidente o a un tè con la Regina? – ironizzò la bionda una
volta ripresasi dalla sorpresa. Faust rise divertito:
- Calmati donna, sono in sala riunioni! Ho già dato precise
istruzioni e i migliori sono tutti qui. – esclamò aprendo una porta e rivelando
una stanza avvolta dalla penombra.
L’oratore all’interno della sala si interruppe
immediatamente e lo salutò, facendo accendere la luce e invitandoli ad
accomodarsi:
- Stavamo dando una ripassatina, volete unirvi a noi? –
chiese un tipo robusto, belloccio e con un paio di occhialini da primo della
classe che gli stavano malissimo:
- Certo Simon, prima però vorrei presentarvi i nostri “cani
da riporto”: questi tre loschi figuri già li conoscete, mentre questa adorabile
signorina è Winter Finlay, siamo in missione per aiutarla a ritrovare sua
sorella Crystal. – i quattro interessati lo incenerirono, mentre i presenti li
salutavano amichevolmente:
- Cani… da… riporto? - sillabò Arkel imbufalito:
- E dai, non è forse il vostro compito?! Noi vi portiamo
alla base del cinese, voi pescate chi vi pare e poi con una ritirata degna
dello sgancio della bomba atomica ci lasciamo alle spalle il nulla. Non va
bene?! – il ragazzo sbuffò, ignorandolo, mentre Madian se la rideva:
- Il problema è il nome Faust, non è il massimo… -
- Puah, quante storie!! Dovresti sentire il nome che danno
ai casi quelli della CIA o dell’FBI, allora staresti allegro! – borbottò
offeso, avvicinandosi al tale di nome Simon:
- Questo è tutto pazzo… - sibilò Winter tra i denti, facendo
sghignazzare quelli che le stavano attorno e che la sentirono.
Impiegarono quasi due ore per definire tutto nei minimi
dettagli: nel palazzo dove erano diretti quella sera c’era l’inaugurazione di
quella famosa mostra ad opera di Ya-ching. Avrebbero approfittato della
confusione e della calca per intrufolarsi il più rapidamente possibile e solo
quando si sarebbero trovati tutti all’interno avrebbero dato il via alle danze.
La parte iniziale era prerogativa di Faust e dei suoi
ragazzi, poi sarebbero passati alla seconda fase.
Arkel e Madian avrebbero fatto da apripista, mentre Mitja e
Winter avevano il compito di tenersi pronti ad aggredire i due asiatici e a
legarli come salami, o se preferite come porchette.
Una volta terminata questa operazione Faust aveva carta
bianca, in sostanza poteva fare quello che voleva senza danneggiare il minimo
manufatto o un qualsiasi innocente.
Semplice no?
Naturalmente era più facile a dirsi che a farsi: quando
finalmente riuscirono ad entrare si accorsero che la calca era esagerata,
rischiavano di trasformare la spedizione in una carneficina! Ma Faust era un
mago nel suo mestiere.
Sparpagliò uomini in ogni sala, tenendo con sé Winter e gli
altri, poi si sistemò al centro di un salone, di fronte a un vaso
splendidamente dipinto e attese il momento perfetto col sorriso sulle labbra.
Dopo un po’ guardò l’orologio:
- Sorridete ragazzi, si va in scena! – senza farsi notare
fece un cenno a uno dei suoi uomini e attese. Quest’ultimo prese a passeggiare
con aria assente, fece finta di inciampare e urtò l’allarme antincendio,
scatenando il panico.
Immediatamente le uscite vennero prese d’assalto, creando la
confusione più totale, mentre gli uomini di Chung tentavano in tutti i modi e
inutilmente di ristabilire la calma.
Faust aveva avuto sin dall’inizio il controllo della
situazione: la maggior parte degli sgherri del cinese erano sotto tiro ai suoi
uomini, la gente era uscita quasi tutta e i padroni di casa erano ancora in
circolazione, li vide Mitja infilare una porticina seminascosta da un arazzo.
Immediatamente si slanciarono all’inseguimento, pistole e
mitragliette alla mano, mentre Faust li seguiva per sicurezza.
Dopo essersi liberati degli ultimi scimmioni con gli occhi a
mandorla raggiunsero un immenso garage sotterraneo e videro una limousine nera
sgommare in direzione dell’uscita.
Madian e Arkel presero la mira attentamente, e
fortunatamente uno di loro riuscì a colpire una gomma facendo sbandare il
veicolo che andò a scontrarsi contro un pilastro.
- Che cecchino! – esclamò Arkel soddisfatto. Madian lo
guardò storto:
- Ehi, guarda che sono stato io a colpirla! – l’altro si
inalberò:
- Ti sbagli amico, sono stato io! – Faust si frappose tra
loro:
- Ragazzi, non mi sembra il momento di giocare a chi è più
macho. Guardate un po’ Mitja e Winter e prendete esempio da loro! – esclamò
correndo in direzione dell’auto seguendo a ruota i due biondi.
Mitja spalancò la portiera dei passeggeri e infilò un
braccio nell’abitacolo, ma lo ritrasse dopo un istante con un urlo di dolore:
Chung lo aveva ferito con un pugnale e ora era sceso puntandoglielo contro:
- Devo ammettere che siete stati bravi, ma non mi avrete
ragazzini! – sibilò con voce apparentemente calma. Poi chiamò qualcuno
all’interno dell’auto, ma gli rispose solo un gridolino strozzato di donna,
segno che il suo uomo era incosciente. Biascicò una bestemmia tra i denti
quando si vide puntare contro una pistola:
- Getta quel pugnale! – sbraitò Winter con le lacrime agli
occhi mentre tremava come una foglia: - Ho detto getta quel pugnale!! – il
cinese la guardò con un sorrisetto sardonico, valutando che era troppo in preda
al panico per riuscire anche solo a premere il grilletto:
- Mia cara signorina, noi non ci conosciamo e dovrebbe darmi
del lei lo sa? – la ragazza fremette per la voglia di sparagli a sangue freddo:
- Invece ci conosciamo, Chung En-Liu. – mormorò con voce
cupa. Dietro di lei si materializzò Faust:
- Faresti meglio a darle retta, signor mafioso, sei sotto
tiro, e non è un modo di dire! – esclamò con un sorrisetto poco rassicurante
mentre gli puntava contro una mitraglietta. Il cinese smorzò il sorriso:
- Un altro passo e lo sgozzo! – sibilò puntando il coltello
alla gola di Mitja, mentre il ragazzo si appoggiava all’auto con la testa che
girava per il dolore all’avambraccio.
Erano in una situazione di stallo e sarebbe stato difficile
uscirne quando le luci del parcheggio si spensero all’improvviso, facendoli
piombare nell’oscurità.
Un attimo dopo sentirono un colpo attufato e un grido
provenire dal cinese, poi le luci si riaccesero e Faust si lasciò sfuggire un
sorrisetto:
- Era ora che vi svegliaste anche voi! Ma, Madian, non c’è
bisogno di spezzarglielo quel braccio, basta torcerglielo un po’… - commentò
guardando il ragazzo che teneva un ginocchio sulla schiena del mafioso, steso a
terra in una posizione molto poco onorevole:
- Quante storie fai! Dammi una mano e allungami la corda invece,
ti assicuro che non mi sto divertendo! – esclamò soddisfatto di sé e della sua
idea, mentre Arkel si avvicinava sbuffando:
- Sto diventando l’uomo degli sbalzi di corrente, e questo
non mi piace per niente… sminuite la mia professionalità in questo modo! –
borbottò poco soddisfatto del suo ruolo e infilandosi nella limousine per
prelevare la moglie di Chung, mezza svenuta per lo spavento e la paura, mentre
Faust controllava la presenza di eventuali terzi incomodi:
- Pensa positivo, almeno tu non ti sei fatto tagliuzzare da
questo schifoso. – sibilò Mitja incazzato nero. Madian tirò in piedi il
colpevole del ferimento e il ragazzo gli si parò di fronte: - C’è una cosa che
desideravo fare da tempo… - non fece in tempo a finire l’ultima parola che aveva
già tirato un pugno in pieno viso a cinese, spaccandogli un sopracciglio:
- Ehi, vacci piano, è un prigioniero di guerra non un sacco
per la boxe! – lo rimproverò Madian. Mitja sbuffò guardando gli occhi a
mandorla dell’uomo che aveva rovinato la famiglia di Winter:
- Me ne sbatto altamente, aspettavo da 17 anni di spaccargli
la faccia a questo stronzo! – poi si allontanò per controllare la ragazza.
Winter se ne stava seduta a terra, lo sguardo luccicante di
vendetta:
- Tutto bene? – le chiese inginocchiandosi davanti a lei.
Annuì e gli guardò il braccio:
- Siediti, sarà meglio fasciarti quella ferita. – mormorò
riprendendosi.
Quando ebbe terminato la fasciatura provvisoria lo guardò e
incontrò un sorriso dolcissimo:
- Grazie Winter. – lei scosse il capo, vagamente
imbarazzata:
- Figurati, lo avresti fatto anche tu per me. – mormorò
alzandosi e aiutandolo, mentre Madian si avvicinava:
- Mitja te la senti di guidare? Sai, per la storia di
tenerli divisi, voi potreste usare l’auto di Winter che abbiamo recuperato
oggi… - il biondino si alzò ormai calmo:
- Certo che me la sento! E Winter sarà con me, vero? – si
volse con un sorriso e le circondò le spalle col braccio sano, attirandola a sé
e stampandole un bacio sulla fronte:
- Ok. Muoviamoci, non vedo l’ora di essere alla villa. –
borbottò la bionda distogliendo lo sguardo dai due cinesi insaccati e
avviandosi verso Simon che era arrivato per controllare la situazione.
Quando finalmente uscirono la ragazza alzò gli occhi al
cielo. In quel momento si sentiva vicina a sua sorella come non accadeva da 17
anni:
- Arrivo Crystal. – mormorò adocchiando Chung mentre veniva
caricato nel baule del fuoristrada di Madian.
~~~~~
Sabato mattina, all’alba, villa McKaye
Haydée aprì gli occhi lentamente, mentre una luce tenue le
batteva sulle palpebre.
Quando riuscì a mettere a fuoco la figura seduta sul letto
accanto a lei si tirò a sedere di scatto coprendo col lenzuolo le spalle
lasciate scoperte dalla sottoveste azzurra che indossava:
- Buongiorno Haydée. – le disse sorridendo. Lei scostò i
capelli spettinati dal viso, sgranando tanto d’occhi:
- Madian… allora… è andato tutto bene? – mormorò trattenendo
a stento un sorriso e lottando per non gettargli le braccia al collo. Era
strano come fosse stata colta da un impulso primordiale a quell’ora del
mattino, mentre si trovava nel letto un uomo con i primi tre bottoni della
camicia slacciati che la guardava con un sorrisetto provocatorio, i capelli
neri che facevano venire voglia di affondarvi le dita e gli occhi lucenti che le
accarezzavano il viso… In effetti
non è poi così strano…
- Perfettamente… stiamo tutti bene, a parte Mitja che si è
fatto un graffietto da niente. – lei deglutì a fatica, pregando che quella
tortura sensuale finisse presto:
- E Chung? – il ragazzo annuì:
- Lui e sua moglie sono nel seminterrato, in due stanze
separate. Puoi cominciare quando vuoi. – Haydée annuì colta da un attimo di
euforia e senza pensarci si scoprì scendendo dal letto.
Si rese conto un istante dopo il necessario che era
praticamente nuda, con addosso solo le mutandine e una sottoveste che non
faceva molti sforzi per coprirla.
Si alzò in piedi rigidamente, sperando che lui se ne stesse
fermo e tentando di recuperare almeno una stampella, ma si sentì afferrare per
la vita da due mani decise:
- Aspetta… - lo sentì mormorare, rauco e dolce. Chiuse gli
occhi e si lasciò attirare contro di lui, dimentica di tutto.
Madian seguitò a rimanere seduto, le circondò la vita con
entrambe le braccia dopo averla fatta voltare verso di sé e la strinse, appoggiando
la fronte al suo ventre e gustandosi l’attimo. Haydée abbassò lo sguardo e le
sfuggì un sorriso. Era… rassicurante…
Alzò una mano tremante e non resistette all’impulso di
accarezzargli i capelli, delicatamente.
Lo sentì fare un respiro profondo e sospirare soddisfatto.
Sembrava che non desiderasse altro che quello, e si scoprì felice di sentirlo
così rilassato. Doveva essere stata una nottataccia…
Interruppe i propri pensieri quando lui alzò il capo per
guardarla e sorriderle, poi si scostò appena da lei e la attirò
inesorabilmente, facendola sedere su una sua gamba.
Si guardarono negli occhi a lungo mentre Madian la
contemplava con aria estatica, era così bella appena sveglia, con i capelli
selvaggi e il viso rilassato.
Lentamente affondò il viso nell’incavo del suo collo,
aspirando il profumo dolce della sua pelle con voluttà e accarezzandole un
fianco. Sentiva le sue dita sottili ancora intrecciate ai suoi capelli, il seno
morbido e caldo premere contro il suo petto, e si sentì completamente rilassato.
Niente poteva togliergli la certezza di essere ricambiato,
altrimenti ora non sarebbe stato in quella posizione, con la donna che amava
seduta in grembo, li viso affondato nel suo collo e quella pelle morbida, tutta
da mordicchiare, a contatto con le labbra…
Quel pensiero improvviso risvegliò i suoi istinti più
profondi, facendogli emettere un mugolio di piacere.
Ascoltò assorto il cuore della ragazza a pochi centimetri
dal suo orecchio: martellava come impazzito, come solo il suo sapeva fare, e gli
sfuggì un sorriso. Lo ricambiava, in tutto e per tutto. E allora perché non si
abbandonava a quel sentimento? Cosa c’era che non andava?
Mentre era perso in tali congetture gli venne naturale
socchiudere le labbra e respirarle addosso, stringendola possessivo con un
braccio e spostando una mano su una sua gamba nuda; capì di averle fatto girare
la testa quando la sentì accentuare la stretta sulla sua spalla:
- Mmmh… Haydée… - mormorò rauco, staccandosi appena da lei e
osservandola con gli occhi velati dal desiderio.
Lo sguardo gli cadde sulle labbra della ragazza, morbide e
rosee, appena inumidite… smaniava per averle…
Si mosse per baciarla ma due dita posate sulla bocca lo
fermarono per l’ennesima volta:
- N-no… - Haydée chiuse gli occhi e deglutì, poi tornò a
guardarlo: - Dobbiamo andare, è tardi. – poi si sciolse dall’abbraccio e si
mosse rapidamente, prendendo una stampella e alzandosi: - Se non ti spiace,
vorrei vestirmi. – cercava di apparire fredda e scostante, ma la voce le
tremava. Lui non tentò di trattenerla, ormai certo che l’avrebbe avuta anche
senza forzare gli eventi:
- Sicura? – mormorò alzandosi e accostandosi a lei, mentre
le prendeva una mano per portarsela al cuore che martellava fuori controllo. Lo so che lo senti, non puoi fare finta
di niente…
La ragazza deglutì e distolse lo sguardo da lui, senza
staccare la mano dal suo petto:
- S-sì… sono sicura. – Madian annuì, la lasciò andare e si
allontanò col cuore in tumulto. Avrebbe voluto restare, ma non voleva rischiare
di spaventarla un’altra volta:
- Ok… ti aspetto alle scale, così ti aiuto. – le fece un
ultimo sorriso e uscì dalla stanza, mentre non riusciva a trattenersi dal
sorridere come uno scemo.
Arkel lo guardò storto mentre passava lungo il corridoio,
gli fece un gesto osceno e se ne andò ridacchiando, mentre l’altro tentava di
fermare la tachicardia.
Haydée si sedette su una poltroncina con aria stravolta. Si
portò una mano al collo, dove lui si era comodamente rintanato, e chiuse gli
occhi.
Le sembrava di sentire ancora quella mano vagarle sulla
gamba scostando maliziosamente la sottoveste, le dita che le stringevano la
vita, e il suo alito caldo sulla pelle rovente…
Spalancò le palpebre e trattenne il fiato.
Te l’avevo
detto, ti sei innamorata! …
Non dici
nulla?
Devo… andare…
… Testona,
ti fai del male… e ne fai a lui.
No… sì
E allora?
Niente.
……
~~~~~
Mezzora dopo raggiunse il pian terreno e trovò Winter e
Mitja seduti su un divano in silenzio:
- Chi li controlla? – chiese in tono di comando, riferendosi
ai due prigionieri di guerra:
- Arkel e Faust, il pazzoide è voluto rimanere con noi. –
rispose il russo. Haydée annuì:
- Voi state bene? -
- Benone, grazie. Però Winter non se la sente… - la mora
spostò lo sguardo su quella che le era sempre parsa una fredda ladra e capì che
era sufficientemente sconvolta. Le rivolse un sorriso comprensivo:
- Più che giusto. Ce ne occuperemo noi, non preoccupatevi. –
- Ok… tieni questa, potrebbe servirti. – fece prendendo una
fotografia dal portafogli. Haydée si ritrovò ad osservare una ragazzina
sorridente identica a Winter, ma con gli occhi azzurri: - È Crystal. – mormorò
Mitja con un sorriso triste. La ragazza annuì, strinse la mano alla bionda per
confortarla, poi si volse e seguì Madian nel seminterrato. Vennero raggiunti da
Maximilian:
- Vengo a darvi una mano ragazzi, Rachel intanto si occuperà
di Winter. Poverina, è parecchio sottosopra… - la ex ladra annuì:
- Siete i nostri angeli protettori, grazie infinite! –
mormorò con un breve sorriso mentre zampettava ancora con le stampelle:
- Figurati! – l’uomo le sorrise rassicurante, poi diede una
pacca sulla schiena a suo figlio. Sembravano entrambi diversi…
Sono nera di rabbia, non riesco a rispondere alle mail!!
Abbiate pazienza, sono in silenzio stampa forzato ma spero che la cosa si
sistemi al più presto. Intanto se volete scrivermi qualsiasi cosa andate al
blog, ho messo il collegamento nella mia pagina. L’ho creato il 18, è
praticamente vuoto! Se volete metto l’opzione che potete inserire messaggi
anche voi, non solo commenti. Anzi, al primo minuto libero la metto, se riesco
a venirne a capo. Ok, calmatevi! Adesso la pianto!
Anzi no: come avrete sicuramente notato ho superato i 30
capitoli, e voi avete superato le 150 recensioni. GRAZIEEE!! Sta venendo troppo
lunga? Mah, io comunque mi diverto troppo a scrivere di questi svitati…
AyLa: Mmh… non lo so… magari un premio fedeltà visto
che non hai mai saltato di recensire neanche un capitolo (e qui mi inchino
profondamente)… ad esempio c’è Madian qui che vorrebbe mandarti un bacio quale
sua prima ammiratrice, ti dispiace? Sto scrivendo su di lui ora, sta
affrontando una situazione difficile e strana e si sente depresso, vuoi
coccolarlo tu o mi devo arrangiare?! Se ti è piaciuta quella del cap. 30 chissà
questa!
Earinë: Non sono i tuoi commenti a essere lunghi,
sono io a dilungarmi nelle risposte! E dire che alle superiori avevo fama di
essere poco prolissa in qualsiasi cosa che facevo… Eheheh, il catenaccio
cigola, ma ancora non cede come hai visto! Preparati a un po’ di movimento…
Elenim: Sono la specialista delle interruzioni ormai,
il fatto è che sto cercando il momento e il luogo perfetto perché succeda
quello che tutte aspettate con impazienza, e credo di averlo trovato.
L’ispirazione è tornata a fare il suo dovere, e speriamo che continui! Scrivo
sempre con una buona scorta di capitoli, ma ero arrivata ad aver pubblicato
l’ultimo del magazzino e a non averne di pronti: panico!! Spero di aver fatto
sufficientemente in fretta per i tuoi gusti. A presto!
Super Gaia: Grazie per l’ennesima volta!
Damynex: Mi dispiace, qui niente Phénice e Arkel! Ma
presto faranno parlare di loro, non preoccuparti!
Jennifer90: Phénice ha un po’ di difficoltà con la
chiusura e la riapertura di conti, ma ci penserà qualcun altro a facilitarle il
compito (se non si è notato, è un microscopico spoiler!). Gli altri due mi
stanno facendo saltare i nervi, adesso gli facci io un piccolo scherzetto…
Grazie per i complimenti, mi inchino 1, 2, 10 volte! Poi basta perché la
schiena alla mia veneranda età si fa sentire… bye!
Il seminterrato era umido, piuttosto freddo per quella
stagione e scarsamente illuminato. Se le due stanze erano intonate all’ambiente
circostante erano una tortura già sufficiente.
Madian si fermò davanti a una porta e gliela indicò:
- Qui dentro ci sono Arkel e la donna, Ya-ching. Vuoi
entrare subito o preferisci aspettare ancora un po’? – Haydée lo guardò negli
occhi. Ostentava sicurezza, ma sembrava preoccupato per lei:
- No, vado subito. Prima però fai uscire Arkel, devo
chiedergli un favore. – il ragazzo entrò e dopo un istante ne uscì il suo
collega:
- Che c’è? -
- Com’è l’illuminazione? – il ragazzo guardò Maximilian per
un istante, l’uomo si strinse nelle spalle così rispose:
- C’è una lampada al neon attaccata al soffitto, ma non
capisco cosa possa interessarti. -
- Mi serve uno di quei lampadari da scrivania, con una
lampadina normale… diciamo sui 75 o 80 watt. C’è un tavolo? -
- No, ma posso farti avere un tavolino da giardino. –
intervenne Maximilian:
- Perfetto, deve essere messo davanti alla donna, e la
lampadina deve puntarle direttamente negli occhi, poi spegneremo il lampadario.
– l’uomo si allontanò per farle avere tutto e Arkel la guardava sorpreso:
- Si direbbe che tu sia una “habitué” degli interrogatori… a
che ti servono tutte quelle cose? – Haydée gli lanciò un’occhiata saccente:
- A non essere vista in volto e ad evitare così una futura
quanto odiosa vendetta, ma soprattutto a mettere l’interrogato a disagio e
perciò in agitazione… impara! – esclamò facendogli il verso per quello che
aveva detto a Mitja il giorno della gita in barca. Arkel ridacchiò e in quel
momento uscì Madian.
Spostò lo sguardo dall’uno all’altra, sorpreso di trovarli a
ridere:
- Ha chiesto dell’acqua, vai tu a prenderla? – Arkel annuì
allontanandosi e lasciandoli soli:
- Non dargliela, ho in mente un modo per convincerla a
cantare. – Madian la guardò attentamente:
- Ok… ti diverti con Arkel? – esordì con voce strana. Haydée
lo guardò sorpresa:
- Ho fatto una battuta, che c’è? – il ritorno di Maximilian
li interruppe:
- Ecco, Madian porta tutto dentro e accendi la lampadina,
poi entrerà Haydée. – il ragazzo annuì e lanciò un’ultima occhiata espressiva
alla ragazza, poi richiuse la porta alle sue spalle.
Quando ebbero preparato tutto i ragazzi uscirono e la
lasciarono entrare, chiudendole la porta alle spalle:
- Credete che ce la farà? – chiese Maximilian. Arkel si
strinse nelle spalle:
- Sicuramente. – rispose Madian incrociando le braccia e
preparandosi all’attesa.
Dopo aver fatto un paio di passi lenti all’interno Haydée
guardò la donna, seduta su una sedia e perfettamente legata.
Aveva gli occhi sbarrati e colmi di paura, si aspettava
qualche tortura folle e sadica probabilmente. Con assoluta calma si avvicinò al
tavolino in modo da essere esattamente dietro alla luce e non essere vista
nemmeno per sbaglio, posò le stampelle sulla sedia e si aggrappò a questa per
rimanere in piedi. Poi la cinese parlò:
- Cosa volete da me? Lasciatemi andare! – aveva il pianto
nella voce. La ragazza non diede il minimo segno di pietà e parlò con voce
calma e pacata:
- Voglio un’informazione, Ya-ching, e sappia che la otterrò.
– la donna sgranò gli occhi. Erano due begli occhi, ma erano dilatati per il
terrore:
- Come sai il mio nome?! – sbraitò, ma si calmò
immediatamente quando vide che la ragazza posava due bicchieri di carta e una
bottiglietta d’acqua fresca di frigorifero sul tavolo. Deglutì:
- Non ha importanza come lo so. Quello che mi interessa non
ha nulla a che fare col suo nome. – poi infilò una mano nella tasca dei
pantaloncini e depositò una foto sul tavolo: - Mi dica dov’è. - la donna non la
guardò nemmeno:
- Non risponderò ad una sola delle tue domande! Dimmi il tuo
nome! – fece isterica. Haydée inarcò un sopracciglio:
- Questo è tutto da vedere… io non ho un nome… anzi sì, mi
chiami Black. Proprio così, Black… in pochi sono riusciti a chiamarmi così di
persona e hanno potuto salutare una nuova alba. – scosse il capo ridacchiando,
poi riprese: - Ma mi dica Ya-ching, lei non aveva sete? – chiese con una nota
di scherno nella voce.
Quando uscì, dopo più di mezzora, faticava a stare in piedi:
- Ti senti bene? – le chiese immediatamente Madian:
- Sì… sono solo stanca, sono stata sempre in piedi… - lui la
fermò, notando che si dirigeva alla porta successiva:
- Accidenti, ti avevamo messo una sedia… - alzò su di lui
due occhi lucidi:
- Se chi ti interroga sta seduto non ti senti in soggezione,
e non provi alcuna paura. Almeno così mi ha insegnato Yusaf. – mormorò
appoggiandosi al muro:
- Yusaf? Chi diamine… non ha importanza, adesso ti siedi e
mi dici cosa hai scoperto. – fece dirigendola a una panchetta di legno. La
ragazza si sedette passandosi una mano sugli occhi:
- Yusaf, il mio insegnante di Kalaripayat… è presto
per dirti qualcosa, prima devo sentire l’altra versione. Fammi entrate da
Faust, per favore! – implorò con sguardo deciso. Madian sbuffò guardando Arkel
e suo padreche entravano nella stanza
della donna per prendere luce e tavolino:
- E va bene, andiamo. Ma stavolta verrò dentro anch’io –
borbottò aiutandola mentre gli altri finivano il trasloco. Quando fece per
entrare con lei lo bloccò:
- No, non tu… rimarrà Faust. – mormorò badando a non
guardarlo e a nascondergli il suo imbarazzo. Quando la porta si richiuse dietro
di lei allargò le braccia esasperato:
- Perché diavolo non vado bene adesso?! – esclamò al
battente chiuso. Arkel ridacchiò:
- Scemo, non l’hai capito? La deconcentri… - insinuò con un
ghigno divertito. Madian si fece serio, poi gli scappò un sorriso e guardò il
ragazzo di sottecchi, grattandosi la nuca:
- Dici? – suo padre già rideva, picchiandogli ripetutamente
una mano sulla spalla.
Faust la osservava attentamente. Non aveva mai visto una
donna fare un interrogatorio, soprattutto una donna così bella…
- Allora, Chung En-Liu, ha niente da dire? – l’uomo alzò la
testa orgogliosamente:
- Ma certo mia cara signorina, posso assicurarle che non
avrà nessuna delle informazioni che le servono. Inoltre potete stare certi che
una volta uscito da qui voi svanirete dalla faccia della terra. È sufficiente?
– la voce era pacata, ma era più letale del morso di un cobra. Faust si chiese
se anche Haydée aveva sentito il sangue gelarsi nelle vene.
La ragazza seguitava a guardare l’uomo impassibile:
- Onestamente, mi chiedo cosa le fa credere che uscirà vivo
da questo posto, signor Chung. Ma ora passiamo ad altro. – riprese la foto di
prima e la depositò sul tavolino: - Si ricorda di lei? – lui non abbassò lo
sguardo:
- Temo che non abbia capito: io non risponderò a nessuna
delle sue domande! – Haydée serrò la mascella con rabbia:
- Mi ascolti bene: sono stanca, qualcuno dei suoi uomini mi
ha bucherellato una gamba che ancora adesso mi fa male in modo incredibile,
sono estremamente incazzata per questo e per essere dovuta fuggire dal mio
appartamento senza potermi prendere nemmeno un paio di calzini, infine trovo
che lei non sia nella posizione di rifiutarsi di collaborare. Ora, signor
Chung, guardi bene questa foto e veda di parlare. – sibilò prendendo la foto e
mettendola a pochi centimetri dal naso dell’uomo. Attese un po’ poi vide una
strana espressione farsi strada sul viso del mafioso. Scostò l’immagine e
guardò Faust incerta: Chung stava ridendo!
- State cercando quella bambina?! Poveri illusi!! Potrebbe
essere morta a quest’ora, ve ne rendete conto, sì?! Ahahah… Che buffa la vita,
vengo rapito insieme a mia moglie per il capriccio di alcuni stupidi ragazzini
che vogliono ritrovare una persona della quale non ricordavo nemmeno
l’esistenz… - non riuscì a terminare, la gola gli venne serrata da due dita
nella posizione perfetta per strangolarlo, e lo sapeva bene:
- Badi bene a quello che dice, signore. Non sto affatto
scherzando. So esattamente come uccidere una persona con la semplice pressione
di due dita, studio arti marziali da una vita, e non mi farò alcun problema nel
privare questo mondo della sua viscida presenza. So già dove trovare la
ragazza, sua moglie ha spifferato tutto… - l’uomo dilatò gli occhi e Haydée si
lasciò sfuggire un sorrisino soddisfatto: -… le donne, mio caro! La maggior
parte non riesce nemmeno a tenere per sé quante volte va al bagno al giorno! Ha
fatto male a far gestire l’affare da lei, non è portata per questa vita, mi
creda! – ad un tratto si accorse che muoveva le braccia, come per tentare di
liberarsi: - Faust, dai un’occhiata alla schiena del signore. – ordinò
perentoria. Il ragazzo non se lo fece ripetere e girò attorno alla sedia,
chinandosi.
Dopo pochi istanti si rialzò e consegnò un oggettino alla
ragazza. Haydée lo guardò con interesse:
- Un anello d’oro giallo con rubino. Sapete scegliervele le
pietre preziose voialtri! – commentò osservando la pietra grande come una
mandorla. Lasciò la gola dell’uomo e lo guardò più attentamente, spostandolo
vicino alla luce.
Allungò un dito e sfiorò il bordo seghettato che orlava la
pietra, utilissimo per tagliare una corda, poi vide un pulsantino e fece
scattare una minuscola serratura, aprendo un piccolo nascondiglio:
- Polvere bianca! – mormorò assorta. Se ne versò un pizzico
sull’indice e sfregandola col pollice annusò: - Mmh… digitale, mi pare… -
guardò Chung: - Aveva intenzione di suicidarsi o di ammazzare me? – si sedette
dietro alla lampadina, rimanendo sempre in ombra: - Li conosco questi pazzi
mafiosi, conoscitori delle antiche droghe cinesi. Sono disposti a morire per
tenersi i loro segreti. È un peccato che la pensino così, ma già i droghieri
cinesi sono famosi per non aver mai rivelato i loro segreti ad alcuno… una
saggezza millenaria destinata ad essere usata da mani malvagie… chissà se gli
antichi maestri avrebbero voluto che finisse così. – richiuse l’anello e lo
strinse nel pugno: - Aspettatemi qui, farò in fretta. – fece alzandosi e
uscendo dalla stanza.
Vedendola fuori così presto si spaventarono:
- Tutto bene? Vuoi che entri qualcun altro… - Madian
sembrava un marito apprensivo fuori dalla sala parto:
- Dì a Paul di venire qui, subito. È in casa spero… -
- Sì, l’abbiamo chiamato per Mitja e gli ho chiesto di
restare a disposizione per qualsiasi altra necessità. Vado subito a chiamarlo!
– esclamò Maximilian.
Dopo pochi minuti era di ritorno col medico:
- Ditemi… -
- Vorrei che analizzasse il contenuto di questo anello, sono
curiosa di sapere di che veleno si tratta ma non è urgente; piuttosto, mi serve
del pentotal. – disse mostrando come si apriva lo scomparto segreto. L’uomo la
guardò sorpreso:
- Pentotal? -
- Esatto, pentotal o qualcosa di simile. – un sorriso
sinistro le illuminò il viso: - Devo sciogliere una lingua ritrosa. – spiegò.
Il medico annuì col sorriso e si mosse per darle quello che cercava, poi
avrebbe pensato alle analisi sulla polverina bianca:
- Cos’è? – chiese Madian. La ragazza si sedette asciugandosi
il sudore sulla fronte. Nonostante il freddo di quella cantina aveva un caldo
assurdo. Doveva muoversi se voleva evitare di svenire davanti al prigioniero
per la stanchezza:
- Un narcotico molto potente, la dose che voglio propinargli
lo farà cadere in una specie di trance vigile durante il quale riuscirà a
capire le mie domande e non faticherà a dare delle risposte. Voglio proprio
vedere se la cocciutaggine gli servirà a qualcosa… - i tre uomini la guardavano
con ammirazione:
- Sei incredibile! – mormorò Madian sedendosi accanto a lei
e sorridendole. Haydée sorrise di rimando:
- Sarebbe un complimento? – lui le circondò le spalle con un
braccio, ridendo:
- Sì, wonder
woman! – esclamò facendola ridere.
Quando Paul tornò gli fecero somministrare la dose di
narcotico a Chung e attesero che facesse effetto, poi rimasero Madian, Haydée e
Faust ad ascoltarlo, Maximilian era impegnato a sistemare Ya-ching mentre Arkel
era salito per vedere come stavano affrontando la cosa Mitja e Winter.
Non era preparato a trovarsi davanti Phénice in preda al
panico.
La rossa era infuriata per non essere stata svegliata come
Haydée e quando lo vide gli corse incontro gettandogli le braccia al collo:
- Per fortuna anche tu stai bene!! Allora, come sta andando?
– il ragazzo boccheggiò un istante mentre lei riprendeva le distanze, poi si
ricompose per non dare ulteriore spettacolo a quella vecchia zitella di Mitja:
- Direi piuttosto bene, la tua amica è peggio di un caporale
delle SS e li sta facendo cantare come usignoli! – il biondino sorrise
soddisfatto:
- Sul serio?! Per fortuna, avrei voluto esserci ma… -
l’altro lo interruppe con un gesto della mano:
- Tanto è inutile, non ha fatto entrare neanche noi. – i tre
ragazzi e Rachel lo guardarono a bocca aperta:
- Come sarebbe che non vi ha fatti entrare?! -
- Beh, la donna l’ha interrogata da sola, adesso invece sta
tenendo sotto torchio Chung, ma è un osso piuttosto duro e Faust e Madian sono
riusciti ad entrare… è tosta la vostra amica! – commentò ridacchiando: - Adesso
torno giù, vedo se hanno bisogno di qualcos’altro. – e si allontanò lungo il
corridoio. Mitja si volse a guardare Winter:
- Va bene che è Black Soul, ma non pensavo che fosse così…
di ferro!! – la bionda si strinse nelle spalle, mentre Phénice scoteva i ricci
ribelli:
- No, è impossibile. Haydée è così dolce e gentile!!
Sicuramente Arkel ci stava prendendo in giro! – ma i due biondini non ne erano
così convinti.
Quando quasi un’ora più tardi tornarono tutti al piano
superiore, escluso Maximilian che ordinava a un paio di “facchini” di disfarsi
dei due cinesi, Haydée era in braccio a Madian.
Immediatamente Phénice le corse incontro, sbraitando come
un’ossessa che le avevano distrutto l’amica:
- Calmati Phénice, sono solo un po’ stanca! – rispose
l’interessata senza staccare la testa dalla spalla del ragazzo. Se fosse stato
per lui l’avrebbe portata a letto, ma Winter stava per avere un attacco d’ansia
quindi bisognava vuotare il sacco.
Così la adagiò su un divano e le sedette accanto, tenendole
una mano tutto il tempo:
- Te la senti di dirci quello che hai saputo? – ma era
evidente che la bionda voleva sapere, al diavolo la stanchezza:
- Sedetevi, tutti quanti. – quando le ebbero obbedito prese
fiato: - So dove si trova tua sorella, e sono abbastanza certa
dell’informazione che ho avuto. – tutti trattennero il fiato, tranne Madian che
dalle parole sconnesse di Chung aveva intuito qualcosa:
- Crystal è in Europa, e più precisamente in Austria, a
Salisburgo. L’hanno affidata a un convento di suore di quella cittadina dopo
pochi mesi dal suo rapimento, e presumo che si trovi ancora in territorio
austriaco. – Winter strinse le mani di Mitja fino a stritolarle:
- Continua. – mormorò con voce strozzata:
- Dopo averla rapita tua sorella continuava a piangere ogni
giorno ininterrottamente, aveva smesso di mangiare e di fare qualsiasi altra
cosa. Un giorno Chung ha deciso che ne avrebbe fatta una spia, o qualcosa del
genere, e per questo doveva dimenticare tutto della sua vita passata. Così l’ha
drogata, cancellandole la memoria. Non ricordava più niente, nemmeno il suo
nome, e così si spiega perché non ha mai tentato di contattarvi o di tornare. –
fece una pausa per permettere ai due biondi di assimilare con calma le notizie:
- Dopo che si è ripresa, il che ha richiesto un discreto periodo perché la
droga era molto potente, hanno tentato di darle degli insegnamenti, ma
stranamente la ragazzina non voleva avere nulla a che fare con loro. Aveva
perso la memoria ma nel profondo sapeva che le avevano fatto del male, perciò
non li assecondò mai. Ya-ching l’aveva vista e le aveva fatto pena, così ha
chiesto a quello che di lì a poco sarebbe diventato suo marito di risparmiarla
e di metterla in qualche orfanotrofio o roba simile per farle vivere la sua
vita. Fortunatamente hanno trovato un convento e l’hanno lasciata davanti alla
porta in piena notte, svanendo per sempre dalla sua vita. La donna presume che
sia ancora lì nei dintorni, qualche anno fa se ne era interessata e
all’insaputa del marito aveva controllato dove si trovava. Aveva un lavoro e
non viveva più in convento, ma è rimasta a Salisburgo, almeno fino ad allora.
Questo è quello che sono riuscita a sapere. – il silenzio che calò dopo quel
racconto aveva del surreale. Tutti guardavano Winter in attesa di una qualsiasi
reazione, che dopo un tempo indefinito arrivò.
Lentamente si alzò e andò ad inginocchiarsi di fronte alla
mora, poi le gettò le braccia al collo stringendola con forza e scoppiò a
piangere. E finalmente erano lacrime di sollievo.
Sua sorella era viva, viva!! Poteva sperare di
ritrovarla, Crystal era a Salisburgo!!
Dopo un po’ sciolse l’abbraccio e si trovò Mitja di fronte,
con gli occhi lucidi, e senza pensarci abbracciò anche lui con quanta forza
aveva in corpo, mentre i suoi occhi versavano tutte le lacrime che in quegli
anni erano rimaste chiuse nel suo cuore.
Erano tutti commossi, perfino Arkel aveva un sorrisetto
soddisfatto dipinto in faccia. Phénice gli si accostò tirando su col naso:
- Sei felice anche tu, vero? – chiese con voce tremante. Il
ragazzo la mise di spalle a lui e le circondò la vita affettuosamente,
cullandola dolcemente:
- Sì… ma non dirlo in giro! – scherzò facendola ridere e
piangere insieme.
Poi a turno abbracciarono tutti Winter e Mitja, felici per
loro, ma le spiegazioni non erano ancora finite.
Haydée attese che Winter si fosse completamente ripresa per
farle una domanda che la tormentava:
- Toglimi una curiosità. Il veleno che le hanno dato le avrà
sicuramente cancellato la memoria, ma la lingua che parlava poteva tradirla…
come hanno fatto a non accorgersi che non è tedesca, o quantomeno europea? – la
bionda si asciugò una lacrima:
- Perché se le hanno parlato in tedesco lei ha risposto in
tedesco. Lo parlavamo ogni giorno a casa con nostra madre, lei è di Monaco di
Baviera. Per questo nessuno si è accorto che non è tedesca, in realtà lo è per
metà. Ora che mi ci fai pensare dovrei dirlo ai miei… - a quel punto Rachel
ritenne necessario intervenire:
- Hai perfettamente ragione cara, dovresti avvertirli, ma
nel frattempo immagino che tu muoia dalla voglia di riabbracciarla… - la
ragazza annuì: - Lo sapevamo, quindi io e Maximilian vorremmo fare un piccolo
regalo a te e a Mitja. – i due ragazzi si guardarono perplessi:
- Un… regalo? – la donna annuì e suo marito le circondò le
spalle con un braccio:
- Esattamente: due biglietti aerei per Vienna. Vi va l’idea?
– Winter non credeva alle sue orecchie: li avevano ospitati per due settimane,
avevano creato un casino dietro l’altro, e adesso gli pagavano un viaggio in
Europa?! Quei due dovevano essere pazzi:
- Io… davvero non credo di poter accettare… e poi ho i miei
soldi, non c’è bisogno… - l’uomo la interruppe con un sorriso e le mostrò il
cordless:
- Niente scuse! Ho già memorizzato il numero di un caro
amico che gestisce un’agenzia di viaggi, vi troverà posto sul primo volo in
partenza. Allora, ci state? – i due ragazzi si guardarono sorpresi, poi Mitja
sorrise:
- Io accetto, tu fai quello che ti pare! – lei lo sgomitò:
- Sfacciato!! – tutti scoppiarono a ridere e il momento
commovente si tramutò in ilarità generale.
Chiedo umilmente perdono per il ritardo!!
Ho una piccola domanda da farvi, se siete informate naturalmente:
avete idea di quanto duri un volo dalla East Coast (cioè dalla mia fantomatica
città negli States) a Vienna? Ho provato a cercare qualcosa in giro ma niente.
AyLa: Fammi collegare una cosa… maritino… il maritino
ti frantuma… ohporcamiseria!! Sei sposata!! Daaaaiiii!! Che cariiini!! Ah beh,
allora Madian me lo coccolo io, và, tanto finché il proprietario dell’anello
che ho al dito non sa niente va tutto bene! Il bacio tra i due tormentati è
affar serio, ormai siete tutte al limite e se non lo inserisco al più presto
finirò male! Però dai, ho trovato l’ambientazione che mi soddisfa e mi sto
dando da fare per farvi sciogliere davanti allo schermo, spero di fare un buon
lavoro!
Ti dirò, lo sospettavo che sguazzassi nelle situazioni
critiche, Litz e Alan sono due esempi perfetti di questa tua passione sadica…
sono tornata a rileggere alcune parti della tua storia e devo dire che mi piace
sempre di più!
Grazie di essere passata nel blog, visto che ho fatto un
salto anche da te?
Elenim: Ma così mi spezzi il cuore!! Come non te ne
fregava niente di come andava a finire!! Dimmi una cosa: ti sembra scontato
quello che succede? Rispondi sinceramente, una critica va sempre bene! La
domanda che mi fai è mooolto difficile, oltre che compromettente. Provo un’inclinazione
preoccupante per tutti e tre i miei ragazzi: verso Mitja perché è simpatico e
tenerissimo, mi viene sempre voglia di coccolarlo, risveglia il mio istinto
materno! Madian perché è Madian: un figo da paura!! E poi ha quel qualcosa di
magnetico, forse gli occhi, forse il carattere così deciso e testardo; magari
tutto quanto insieme. Poi c’è Arkel, il tasto dolente. È diventato praticamente
identico al mio ragazzo con quel lato ruvido del carattere in più, anche se
inizialmente ne aveva solo l’aspetto. Poi aggiusta di là, cambia di qua, e bam!
La frittata è fatta e adesso ho un debole per lui, nel senso che non riesco più
a fargli fare quello che voglio. Non ho risposto alla tua domanda, eh? Meglio
lasciarti con il dubbio…^.^
Antheameiko: Finché non riesco a rispondere alle mail
ti lascio un messaggio qui! Eh, lo so, siete esasperate in tante… ma datele un
po’ di tempo a quella povera ragazza, vedrete che non vi deluderà! Grazie come
sempre per i complimenti, sono commossa!! (P.S. Ah sì, ma pensa che stranezze…)
Earinë: T’al dig (vediamo se indovini anche
questa…)!! Ottima deduzione, come vedi ho soddisfatto le tue aspettative
Watson! Io mi dilungo, ma tu (anzi, voi) cercate di non addormentarvi. ;p
Damynex: Grazie, grazie, grazie!! Attenzione però, basta
una nuvola a nascondere il sole e a far abbassare la temperatura… ;)
Super Gaia: Grazieeee! Un bacio anche a te.
Jennifer: Capirai più avanti, non preoccuparti!
Grazie anche a te per i complimenti e scusami per il ritardo! Ciao.
Rachel si soffiò il naso e asciugò gli occhi lucidi:
- Sapete una cosa? Mi mancherete, tutti quanti. Era bello
avere dei ragazzi per casa, è così grande e vuota! – poi si volse verso Haydée
e le prese le mani: - Promettetemi che tornerete a trovarmi! – implorò con gli
occhi lucidi. La mora la guardò sorpresa ma non ebbe la prontezza di dire
niente. Per lei rispose Phénice, che si perse ad abbracciarla e a rassicurarla.
Si erano trovati talmente bene lì che sicuramente si sarebbero rivisti tutti
quanti, anzi propose di invitare i genitori di Madian a casa loro non appena
risistemato tutto.
Haydée rimase in disparte, limitandosi a sorridere vagamente
agli accenni che le rivolgevano.
Pensava al fatto che ormai non avrebbe più potuto evitare di
incontrare tutti loro regolarmente, soprattutto Madian.
Voleva vederlo così spesso? Soprattutto dopo quello che
c’era stato tra loro in quei giorni? Non ne era così certa, pensò guardandolo
caricare i loro bagagli.
E poi da tempo in lei si era fatto strada un grande
desiderio… Prima di tutto però doveva pensare a Phénice, e lanciò un’occhiata
ad Arkel, assorto nella contemplazione della dolce ricciolina.
Le scappò un mezzo sorriso. Quella storia era stata
positiva: non avrebbe più dovuto preoccuparsi per la sua amica, di questo era
certa.
- Ragazzi dovremmo partire, io e Winter dobbiamo finire i
bagagli se vogliamo prendere l’aereo questa notte. – Mitja per la prima volta
in vita sua era serio e preoccupato, evidentemente moriva dalla voglia di
essere sull’aereo che avrebbe portato lui e la ragazza in Europa:
- Hai perfettamente ragione, andiamo Rachel, lasciali
andare! – Maximilian le cinse le spalle affettuosamente, e lei gli si aggrappò
addosso:
- E va bene… Siate prudenti ragazzi, e mandateci vostre
notizie al più presto! – li salutò mentre salivano sulle auto, Mitja e Winter
su quella della bionda, Madian, Arkel e le altre due ragazze sul fuoristrada
del ragazzo:
- Ciao, vi chiamo quando arrivo! – Madian salutò i suoi, poi
chiuse lo sportello e sbuffò: -Ogni volta la stessa storia, sembra sempre che
stia partendo per la guerra!! Cristo, abito solo a un paio di centinaia di
chilometri da qui, non sono su un altro pianeta! – borbottò girando la chiave
di accensione, rivolto ad Arkel seduto accanto a lui:
- Tua madre è una bravissima persona, non dovresti parlarne
così. – mugugnò l’altro. Madian sorrise:
- Hai ragione, ma non dirmi che non ti sentiresti soffocato
con una genitrice simile!! – il ragazzo tentennò col capo, per lui rispose
Phénice:
- Oh sì, hai perfettamente ragione!! Pensa che mia madre mi
chiama ogni anno il primo giorno d’autunno per dirmi di mettere un coperta in
più sul letto! Ti capisco perfettamente Madian, perfettamente! – fece seria
picchiandogli una mano su una spalla. Il ragazzo ridacchiò e spostò lo sguardo
sullo specchietto retrovisore dal quale vedeva Haydée: la ragazza stava
guardando fuori dal finestrino, sembrava non averli nemmeno sentiti.
Poi vide Mitja partire e si avviò dietro a lui, tentando di
concentrarsi sulla guida piuttosto che sulla ragazza seduta sul sedile
posteriore, esattamente dietro di lui.
Il viaggio di ritorno in città fu qualcosa di strano.
Arkel e Phénice si erano becchettati per tutto il tempo, a
volte sul serio e a volte litigando. Erano talmente carini e affiatati da
sembrare già una coppia.
Haydée aveva guardato fuori dal finestrino per un tempo
indefinito, estraniandosi quasi dai discorsi degli altri nell’abitacolo, poi il
flusso dei suoi pensieri era stato attirato dal ragazzo seduto davanti a lei e
senza rendersene conto si era ritrovata a fissarne la nuca e le spalle larghe.
Voleva davvero troncare ogni rapporto con lui? O magari…
poteva prendere in considerazione l’idea di… rincontrarlo e magari… parlarci…
Era talmente assorta che non si era accorta di essere
controllata da rapide occhiate sullo specchietto retrovisore.
Quando se ne rese conto si incantò a guardargli gli occhi
blu, brillanti, sinceri…
Un brivido le percorse la schiena, era la consapevolezza
dell’ultimo scontro che aveva avuto col suo lato razionale.
Aveva quasi ammesso a sé stessa di esserne innamorata.
Inconcepibile!!
Distolse lo sguardo dal suo e riprese ad osservare il
paesaggio senza realmente vederlo. Ne aveva abbastanza di quella situazione,
sapeva come riprendere il controllo e lo avrebbe fatto.
Anche a costo di… anche a costo di… a tutti i costi!
~~~~~
Appartamento del centro, primo pomeriggio
Phénice fece scattare la serratura e aprì fremendo. Accese
la luce e spalancò le braccia:
- Casa, dolce casa!! – esclamò al settimo cielo. Dietro di
lei Winter e Haydée si guardarono divertite, poi presero i loro borsoni,
piuttosto vuoti in verità, ed entrarono a loro volta.
Nel frattempo la rossa aveva spalancato tutte le imposte per
far entrare la luce di quella giornata soleggiata di fine agosto.
Haydée si guardò attorno: erano passate due settimane dalla
loro partenza improvvisa, ma con tutte le cose che erano successe sembravano
mesi.
Gettò la sua borsa nella sua camera e proseguì in direzione
del soggiorno con una sola stampella.
Ormai stava decisamente meglio, la ferita migliorava di
giorno in giorno e non si stancava più così tanto camminando. Paul le aveva
lasciato ancora qualche integratore da prendere, oltre che una dieta ideale per
il suo caso. Era un bravo medico, forse non lo aveva ringraziato a sufficienza.
Si sedette su uno dei loro divani bianchi e osservò
l’andirivieni di Phénice da una stanza all’altra, mentre ciarlava di fare una
festa e invitare tutti quelli che le avevano aiutate, ma che, accidenti, come
si faceva a festeggiare se la bionda se ne andava sul più bello?! Era proprio
lei in fondo che dovevano festeggiare! Poco importava però, tanto sarebbe stata
nel vecchio continente con sua sorella e Mitja a fare bagordi, loro potevano
darsi alla pazza gioia senza la minima riserva!!
Diverse ore dopo, quando ebbero ripulito e sistemato tutto
Winter si presentò in sala con un trolley gigantesco, un borsone e una
borsetta:
- Siete pronte? Tra poco passano Mitja e gli altri con la
monovolume di Arkel, dovremmo starci tutti e sei. – Haydée piegò il capo di
lato:
- Ma non c’è bisogno, posso guidare… - Phénice però non ne
voleva sapere:
- Sei pazza?!? Non sei ancora guarita del tutto, non puoi
guidare!! Andremo con loro, e niente storie! – strillò piantata in mezzo alla
sala, poi si volse per andare a prendere un pupazzetto che voleva regalare a
Winter:
- Non ti sembra che ultimamente stia diventando tirannica?!
– chiese la mora ironicamente:
- Beh, tu te la sei viziata, tu te la sopporti! – ribatté
l’altra rimediandosi un’occhiata inceneritrice:
- Ah grazie. Davvero, grazie mille! – borbottò ridacchiando
per non farsi sentire dalla rossa.
~~~~~
Domenica sera, aeroporto internazionale
Madian aprì la porta e fece entrare le tre ragazze, seguite
da Mitja e Arkel carichi di valigie come somari. Winter si volse verso
quest’ultimo con un ghigno divertito:
- Grazie davvero Arkel, sei veramente gentile a volermi
portare il borsone e a tirare il trolley! – il ragazzo mugugnò qualcosa di
incomprensibile, guadagnandosi una metaforica pedata nel didietro da Mitja:
- EHI, cafone?!? È con una signora che stai parlando, non
con la tua moto! Quindi, niente parole sconvenienti!! – l’interessato lasciò
cadere tutto a terra in un tonfo e prese il biondino per il colletto della
camicia alzandolo quasi da terra con le valigie al seguito:
- Ho resistito dal gonfiare quella tua faccetta da finto
bambino innocente fino ad adesso, ci tieni così tanto ad andartene in Austria
con i connotati modificati?! – sibilò serio. Madian andò a dividerli
trattenendo un sorriso: se conosceva abbastanza bene Arkel, e quello era
proprio il suo caso, era più che dispiaciuto per la partenza del ragazzo e
reagiva così per non dare a vedere quello che provava veramente:
- Piantatela di dare spettacolo, scimmioni trogloditi!! Vi
aspettano al check-in! – esclamò allontanandoli l’uno dall’altro e aiutandoli
con le valigie.
Dopo aver sbrigato tutte le pratiche si ritrovarono tutti
davanti allo sportello dal quale sarebbero usciti per prendere il loro aereo:
- Allora… ci vediamo. – Winter era nuovamente vicina alle
lacrime adesso che doveva lasciarle, ma in fondo era per riabbracciare sua
sorella…
- Si capisce!! Non ti libererai di noi tanto facilmente! –
cinguettò Phénice con le lacrime agli occhi:
- Certo Regina dei Ghiacci, ti devo ancora un ricatto perciò
vedi di darci notizie più spesso che puoi o giuro che ti piombo a Salisburgo
solo per tirati le orecchie! – ironizzò la mora per sdrammatizzare.
Dopodiché, a sorpresa, Winter le strinse in un abbraccio di
gruppo riempiendo Phénice di raccomandazioni per il periodo in cui sarebbe
stata assente:
- Perché guarda che nemmeno tu ti libererai agilmente di me,
né tanto meno di quel buffone di Krylov… - borbottò ironica indicando il
ragazzo che stava dando ad Arkel una razione di stronzate necessaria a riempire
la sua assenza. Le ragazze risero, poi Haydée si fece seria:
- Spero davvero che tu riesca a trovarla. Non ci sono molti
conventi a Salisburgo, dovreste farcela in pochi giorni. Sono certa che le
suore vi aiuteranno! – la bionda annuì:
- Siete sicure di non voler venire? – Phénice scosse la
testa:
- Dobbiamo tornare ai nostri lavori, settembre è alle porte!
-
- Già, Fedra e Conway mi aspettano, credo proprio che gli
prenderà un colpo quando mi vedranno con una stampella! – Mitja piombò dietro a
Winter facendole prendere uno spavento:
- EHILÀ RAGAZZE!! Allora, ci si vede presto, vero? – fece
con un sorriso da orecchio a orecchio. La mora ridacchiò:
- Penso che sia inevitabile Mitja, come potremmo vivere
altrimenti senza le tue battute? – lui si chinò teatralmente, con lo stile e
l’eleganza di un clown:
- Appunto: non potete!! Allora noi andiamo, recuperiamo la
pecorella smarrita e ve la riportiamo! Ve le immaginate due Winter?! Brrr, ho
già i brividi… - scherzò guadagnandosi un pizzicotto su una guancia:
- Andiamo omino simpatico, non vorrai farmi perdere l’aereo
spero! – fece divertita tramutando il pizzicotto in una carezza, mentre le
altre due si lanciavano uno sguardo sornione d’intesa: - Ci sentiamo ragazze,
vi farò sapere come vanno le mie ricerche. Tu Phénice tieni buona quella belva
che ti ritrovi come amica, e tu Haydée cerca di diventare meno manesca mentre
sono via! – le due le fecero il saluto militare:
- Comandi signora! Faremo del nostro meglio! – risposero a
turno tristi e felici al tempo stesso, poi si fecero serie:
- Sul serio, fa attenzione e per qualsiasi cosa contattami:
faremo tutto il possibile per aiutarti da qui, ok? – Winter annuì:
- Ok… beh, stanno chiamando il nostro volo. Ci si vede ragazze.
– mormorò la bionda seria:
- Ci si vede Winter, buon viaggio. – rispose la mora.
Phénice aveva un groppone in gola che si vedeva a occhio nudo, così si limitò
ad abbracciarla nuovamente e a mormorarle qualche parolina gentile
all’orecchio.
Alla fine Winter salutò con un bacio sulla guancia anche
Madian e Arkel, e mentre Mitja lanciava saluti e baci alla sua platea,
scherzoso come sempre, si avviarono allo sportello, lanciando loro un ultimo
saluto prima di svoltare l’ultimo angolo che gli avrebbe impedito di vedersi.
Phénice scoppiò nuovamente in lacrime, aggrappandosi ad
Haydée:
- Torneranno vero? – chiese con una vocetta tremante. La
mora la guardò seriamente:
- Certo, torneranno. – la rossa si staccò asciugandosi le
guance, poi sfoggiò un sorriso triste:
- Andiamo dalla vetrata laggiù, si vedono gli aerei partire!
– fece prendendo Arkel per mano e trascinandolo con sé per ammirare la sera
scesa sulla pista di atterraggio, illuminata da quelle che sembravano stelle
cadute.
Madian si avvicinò ad Haydée, prendendole la mano sinistra e
intrecciando le dita alle sue:
- Andiamo anche noi? – lei evitò il suo sguardo, troppo
dolce in quel momento nel quale si sentiva triste e debole:
- Andiamo. – rispose debolmente mentre lui le passava un
braccio attorno alla vita per aiutarla.
Phénice guardava gli aerei in arrivo e in partenza con gli
occhi sgranati trasudanti tristezza, mentre Arkel la studiava attentamente,
come il suo solito.
Non gli aveva ancora lasciato la mano, anzi la stringeva
sempre più forte, poi ad un tratto si volse e lo guardò:
- Tu non te ne andrai vero? – Arkel spalancò gli occhi a sua
volta, ricordandosi del discorso fatto con Haydée alla villa. Scosse il capo
accennando ad un sorriso, al quale lei rispose con aria incredibilmente
sollevata:
- Ne sono felice! – bisbigliò aggrappandosi al suo braccio e
alzando una mano per asciugarsi una lacrima. Venne preceduta dalla mano grande
e calda del ragazzo:
- Non devi piangere. – le mormorò pianissimo, chinandosi
appena su di lei. Phénice alzò lo sguardo su di lui e gli sorrise, annuendo,
poi tornò a stringergli il braccio come a volerlo trattenere per sempre. Arkel
sorrise.
Accanto a loro Haydée li aveva osservati senza che se ne
accorgessero e si sentiva sempre più tranquilla:
- Qual è il loro aereo? – chiese ad un tratto la rossa:
- Credo che sia quello che sta facendo manovra per partire,
lo vedi? – fece Madian mentre Arkel annuiva, concorde:
- Sì, lo vedo… - mormorò piano. Era triste per la partenza
di Winter, le si era affezionata subito anche senza sapere la storia di sua
sorella. Sentiva che era afflitta da qualche avvenimento anche la prima volta
che l’aveva vista.
Ora però non doveva farsi prendere dalla tristezza lei,
Winter stava andando da sua sorella, doveva essere felice!!
Si volse verso Arkel e gli fece un sorriso dolcissimo:
- Sono felice per lei! – esclamò tornando del suo solito
buon umore, mentre al ragazzo scappava un sorriso dolcissimo. Vi sbagliate, non è il mio sorriso ad
essere dolcissimo, è lei ad esserlo…
Haydée sospirò. I pensieri che le si agitavano nella mente
erano lontani da quelli di Phénice, lei era felice da un pezzo per Winter, il
suo problema era un altro.
Il suo problema non sapeva come fare per cominciare una
conversazione con lei.
Si volse di scatto, mentre l’aereo diretto in Europa si
alzava in volo con apparente leggerezza e facilità, e si avviò all’uscita,
augurando un in bocca al lupo a Winter con tutto il cuore.
Dei passi affrettati dietro di lei le fecero stringere il
cuore, ma non si fermò:
- Va tutto bene Haydée? – si sentì chiedere da una voce
preoccupata:
- Tutto bene, sì. – ribatté telegrafica:
- Fermati un attimo… Haydée fermati! – Madian riuscì a
bloccarla, sbarrandole completamente il passo: - Si può sapere cosa ti succede?
Sembra che ti abbia morso una tarantola! – esclamò prendendola per le spalle e
trascinandola in un angolino tranquillo. Lei si liberò lentamente, ma con
decisione:
- Scusa, hai ragione… è che sono un po’ nervosa, devo
riprendere la vita di sempre e sono cambiate tante cose… per favore lasciami
stare Madian! – lui le prese la mano libera e si appoggiò al muro, infilando
l’altra mano in tasca:
- Scusami se ti ho assillata. Mi chiedevo se… - temporeggiò
osservandole la mano, le dita sottili e delicate: -… Mi chiedevo se ti andava
di uscire con me, una di queste sere. Quando vuoi tu. – la guardò tenendo il
capo chino: - Allora, che mi dici? – chiese speranzoso, con gli occhi che gli
brillavano.
Haydée impallidì leggermente.
Le aveva appena chiesto un appuntamento, il loro primo
appuntamento.
Tentò di liberare la mano, ma inutilmente:
- Vorrei una risposta. – la incalzò lui, cominciando a
preoccuparsi. Quel… qualcosa che c’era stato tra loro a casa dei suoi… non
poteva essere svanito come una bella favola, lei doveva per forza provare qualcosa
per lui, e doveva per forza volerci uscire, anche se faticava ad ammetterlo!
Ma perché continuava quella scenetta?! Perché non gli si
gettava tra le braccia! Ormai aveva le dita che gli dolevano per il desiderio
di toccarla, di sentire sotto le mani la sua pelle morbida e calda, di sentire
i movimenti di quel corpo flessuoso contro il suo… Pensa ad altro Madian, pensa ad altro o si accorgerà che…
- Non… non me la sento Madian, scusami. –
Ecco: adesso si sarebbe svegliato e Haydée, stesa in un
letto accanto a lui, gli avrebbe sorriso accarezzandogli il viso e ridendo del
suo sogno sciocco.
Sbatté le palpebre una, due volte, ma niente. Erano sempre
lì, all’aeroporto, e lei lo guardava in quel modo triste e un po’ nervoso, ma
non accennava a sorridergli o ad assicurargli che scherzava e che desiderava
con tutta sé stessa che loro…
- Perché… - riuscì a dire alla fine, con una voce che faticò
a credere gli appartenesse:
- Te l’ho detto, non me la sento. Ora ti prego, lasciami
andare. – lui invece la attirò più vicina:
- Dimmi perché! Qual è il vero motivo che ti spinge a
tenermi lontano da te! Cristo, Haydée, ma non l’hai capito perché ti ho chiesto
di uscire insieme?! – la ragazza impallidì ancora di più:
- N-non posso… lasciami, io… davvero non lo so e non lo
voglio sapere, ti prego Madian! – per un lungo istante il ragazzo fu tentato di
spiattellarle in faccia la verità, cioè che era innamorato di lei e che la
desiderava con tutto sé stesso dalla prima volta che l’aveva vista.
Ma quello non era né il momento né il luogo adatto.
Dopo un’ultima stretta implorante la lasciò andare,
osservandola mentre raggiungeva Arkel e Phénice.
Quello non era il luogo, eh? Ebbene, con la collaborazione
di Phénice era certo di riuscire a portarla nel posto giusto e a creare il momento
adatto.
Quella sera stessa si sarebbe messo in modo per organizzare
il suo prossimo “colpo”.
Super Gaia: Grazie come sempre, non so come altro
rispondere! Un bacione anche a te!
Elenim: Wow, che recensione! Andiamo con ordine: ci
sarà una piccola sorpresina riguardo a Crystal, ma ancora non posso anticipare
niente, e anche per il resto non posso risponderti, altrimenti chi leggerebbe
più i miei capitoli! ;p
Grazie per aver risposto sinceramente alla mia domanda, ma
non immaginavo di avere a che fare con una veggente! Beh dai, allora posso
dormire sonni tranquilli senza preoccuparmi di scrivere cose così scontate,
vero? Alla prossima!
Earine: Uff, con te non c’è nessun gusto, capisci
tutto troppo rapidamente!! Brutta roba l’influenza di stagione, nemmeno io sono
al 100%… se mi hai attaccato qualcosa via web non ti mando Madian a consolarti,
quindi attenzione!
AyLa: Allora ti svelo un segreto: non vedo l’ora di
sposarmi anch’io! Che bella l’immagine di due bambini in vacanza, è dolcissima
e mi dà l’idea di un rapporto meraviglioso e pieno d’amore: sono felice per te!
Và che roba, lei non è sadica!! Ma via!
Jennifer: Utilissima, grazie!! Avevo una vaga idea
che il tempo doveva essere quello, ma non ne ero certa e ho preferito evitare
uno strafalcione visto che potevo chiederlo senza darvi anticipazioni. Calma
ragazza, prima di assalirmi leggi tutto fino in fondo! Adesso comincio a temere
per la mia integrità fisica però… ;pGrazie ancora, mi sei stata di grande aiuto!
Antheameiko: Grazie nani (è un vezzeggiativo
dialettale, come dire piccola o carina) e scusami ancora se non riesco a
rispondere via mail, non so cosa sia preso a Libero ma ultimamente non riesco a
farlo funzionare come si deve, quando premo il pulsante per rispondere si
blocca e mi dice “Loading, please wait”, è successo a qualcun altro? Beh,
grazie comunque per la tua recensione!
Damynex: Come tonto!?!? Prima me lo mettete su un
piedistallo e poi me lo demolisci così?!! Ma povero ragazzo, adesso se ne sta
mogio mogio in un angolo a meditare sull’ingratitudine umana… via, vai a
consolarlo un pochino altrimenti mi va davvero in depressione, già lo maltratto
io lasciandolo sempre in sospeso… La fine di Selim arriverà, ma abbi pazienza,
la vendetta è un piatto che va consumato freddo… l’avevamo già detto o sto
svarionando?!
Uriko: Ciiiiiaaaaaooooo a te!! Grazie, sono felice
che tu abbia continuato a seguirmi! Ti ringrazio anche per aver risposto alla
mia domanda, sia tu che Jennifer siete state molto utili e gentili. A presto!
Dark Angel & Light Angel: Ma che onore!! Due
lettrici in più in un solo colpo, e sono la prima alla quale lasciate una
recensione!! Mi inchino umilmente e vi ringrazio dal profondo del cuore! Eh
Dark Angel, come ti capisco… e non sei l’unica! PS: siete gemelle per caso?!
Non so perché ma mi è venuta quest’impressione…
*Freya*: Lo so, doveva essere più lungo infatti ma mi
sembrava di appesantire il capitolo e non finiva più… e poi la storia è già
così lunga… Insomma, ho capito che è meglio che non riveda più quello che
scrivo, pensare troppo non è una cosa che mi si addica particolarmente a quanto
pare… per fortuna nella vita preferisco seguire l’istinto! Niente da dire, una
vera poetessa, ma ancora non afferro fino in fondo la storia delle mutande e
dei calzini, illuminami perché non ci dormo la notte! Cioè, qualcosa credo di
avere capito, ma non so se ti riferisci alla storia o se è una tua perla di
saggezza. Ah, grazie per i complimenti e per la piccola critica, fa sempre
bene!
Ragazze, da qui iniziano i miei
problemi. Gli orari che metto nelle varie ambientazioni non sempre coincidono.
Nel senso che i vari avvenimenti non sono in contemporanea da un capo
all’altro, almeno non nella maggior parte dei casi. Era più realistico se ci
riuscivo, ma mi è uscito così e cambiare quello che scrivo di getto di solito
mi porta a peggiorare le cose, anche perché ne risulterebbero delle forzature.
Spero che sarete clementi!
Doccia gelata
Domenica notte, appartamento del centro
Haydée non vedeva l’ora di buttarsi nel suo letto, perciò
scese dalla macchina rapidamente, per quanto glielo consentissero la gamba
ferita e la stampella, e si diresse al portone d’ingresso, mentre Madian la
guardava torvo alla luce dei lampioni.
Phénice scese più tranquillamente:
- Volete venire su a prendere qualcosa da bere ragazzi? – i
due negarono col capo, mentre Arkel le diceva che erano tutti stanchi e avevano
bisogno di riposo, salutandola e promettendole che si sarebbero visti o sentiti
al più presto.
Quella notte nessuno di loro riuscì a chiudere occhio.
Phénice pensava a Selim, e non riusciva a spiegarsi perché
non riusciva a focalizzare bene nella mente i suoi lineamenti. Eppure doveva
essere facile per lei visto che era il suo ragazzo.
Il viso e gli occhi che ricordava meglio in quel momento
erano quelli di Arkel, ma immaginò che era perché lo aveva visto poco prima e
ci aveva vissuto per due settimane, nulla più.
Nella stanza accanto Haydée si chiedeva perché fino
all’ultimo istante era stata in dubbio se dire di sì alla proposta di Madian, e
soprattutto perché una volta data la risposta negativa si era sentita
tremendamente in colpa, e, ancora peggio, come una vigliacca.
Non era da lei essere così, era sempre stata coraggiosa
soprattutto visto quello che aveva passato. Che le prendeva all’improvviso?
Ruotò su un fianco mordendosi un labbro e stringendo gli
occhi a più non posso. Sapeva cosa fare.
Madian passò un tempo indefinito seduto sul letto, con i
gomiti sulle ginocchia e la testa tra le mani.
Cos’aveva sbagliato con lei? E cosa era meglio fare arrivati
a quel punto? L’unica cosa certa era che non avrebbe mai, e per nessun motivo,
dovuto mollare. Era a un passo dal raggiungere il suo obiettivo, non poteva
buttare tutto all’aria proprio adesso.
Nemmeno per un istante gli venne in mente che Haydée poteva
essere molto più spaventata di quando lui potesse anche solo immaginare.
Per finire in bellezza, Arkel era seduto alla finestra e
guardava il cielo stellato, senza luna, stendersi sopra di lui in tutta la sua
immensità.
Phénice era un po’ come le Pleiadi, e lui era Orione. Per
quanto avesse cercato di raggiungere quella fanciulla di incredibile bellezza,
non ci sarebbe mai riuscito e avrebbe passato il resto dell’eternità a tentare
di toccarla anche solo con un dito.
Per lui però era impensabile farsi bastare quei 15 giorni di
convivenza, sentiva che in modo o nell’altro doveva passare all’azione.
E poi c’era la promessa fatta ad Haydée. Al diavolo quel
cretino del suo ragazzo, doveva e voleva starle vicino!
~~~~~
Nel frattempo, nei cieli dell’oceano atlantico
Winter si mosse a disagio.
Accanto a lei Mitja dormiva beatamente con addosso la
mascherina, sembrava che fosse in viaggio di piacere più che in missione per
ritrovare Crystal!
Chiuse di scatto il libro che si era portata per passare il
tempo e sbuffò. Non ce la faceva più a stare ferma!! Il problema era che si
trovava nel sedile accanto al finestrino, e per potersi muovere avrebbe finito
con lo svegliare il ragazzo.
Al diavolo, dormiva da ore come un sacco, avrebbe potuto far
saltare per aria l’intero aereo che lui non se ne sarebbe accorto! Quindi si
alzò e gli passò davanti, badando a fare meno rumore possibile, quando due mani
decise la presero per la vita.
Un istante dopo era seduta in braccio a Mitja:
- Dove credi di andare? – le chiese ridacchiando e
togliendosi la mascherina. Lei tentò di zittirlo:
- Ssst!! Vuoi svegliare tutto l’aereo?! – sibilò pianissimo.
Lui ridacchiò:
- Nervosa, eh? Dove stavi andando di bello? – lei si rilassò
un po’:
- A sgranchirmi le gambe da qualsiasi parte, non ce la
faccio più a stare seduta senza fare niente! Tu non sei nervoso? Stiamo per
ritrovare mia sorella Mitja, ti rendi conto! – fece agitando le mani a caso. Il
ragazzo le fece un sorriso dolcissimo:
- Certo che me ne rendo conto, non per niente cerco di
dormire da ore senza riuscirci! Dai, proviamo così… - la fece sedere nuovamente
accanto a lui, poi le circondò le spalle con un braccio e la attirò sulla sua
spalla.
Quando si furono sistemati erano entrambi in leggero
imbarazzo:
- Ehm… va meglio così? – chiese piano, cercando di non fare
caso alla mano della ragazza che gli vagava timidamente sul petto, scaldandogli
il cuore:
- Sì… abbastanza… - Winter dovette ammettere che quella era
la soluzione migliore: era talmente agitata per la vicinanza tra loro che
dimenticò quasi il motivo per il quale si trovavano sul quell’aereo:
- Ok, allora cerca di riposare, quando arriveremo a Vienna
ci aspetterà ancora un bel viaggetto in treno prima di raggiungere Salisburgo.
-
- Buonanotte Mitja. – mormorò lei timidamente:
- Buonanotte Winter. – rispose col sorriso sulle labbra. Ora
cominciava a vederci più chiaro nei suoi sentimenti.
~~~~~
Lunedì ore 16:35 pm, aeroporto di Vienna
Una volta scesi dall’aereo recuperarono i loro bagagli e si
diressero all’uscita, alla ricerca di un taxi che li portasse alla più vicina
stazione dei treni.
Winter fermò il primo tassista disponibile e gli spiegò, in
un tedesco fluente, la loro destinazione. Mitja la guardava con gli occhi fuori
dalle orbite:
- Però! Sei brava a parlarlo il tedesco! Ma non si capisce
un’acca, che gli hai detto? – la ragazza accennò a un sorriso, infilandosi una
giacchetta leggera sulla maglietta a maniche corte e spicciandosi con i
bagagli:
- Che ci porti alla stazione di Vienna perché dobbiamo
prendere un treno per Salisburgo. Muoviti con quelle valigie! – fece con le
gote leggermente imporporate. Il ragazzo la guardava felice, non l’aveva mai
vista sorridere così tanto da quando l’aveva ritrovata, e sperava che il loro
battibecco di una settimana prima fosse completamente superato
~~~~~
In un albergo di Salisburgo
Mitja chiuse la porta e buttò a terra l’ultimo borsone. Era
esausto, il volo era stato massacrante e il viaggio in treno ancora di più.
Sia lui che Winter erano sull’orlo dell’esaurimento nervoso,
era meglio spicciarsi a trovare Crystal o sarebbero impazziti entrambi!
Prese la piantina della città e guardò i conventi che gli
erano stati indicati dall’albergatore. Erano pochi, avrebbero trovato facilmente
quello giusto, anche se non sapevano il nome col quale veniva chiamata la
ragazza.
Quello però non era un problema reale, probabilmente sarebbe
stata sufficiente la somiglianza con Winter ad aprire loro le porte di
qualsiasi informazione il clero custodisse gelosamente.
Sospirò stancamente, passandosi una mano tra i capelli che
avevano bisogno di una bella lavata.
In quel momento realizzò che avrebbe dovuto fare un doccia
al più presto se non voleva ridursi a un sacco di pulci, per cui si spogliò ed
entrò nel bagno, rimanendo almeno tre quarti d’ora sotto il getto d’acqua
bollente.
Rimase a lungo a guardare le spirali di vapore salire verso
il soffitto, ascoltando il rumore dell’acqua che scrosciava, e chiedendosi se
dovevano presentarsi subito a Crystal una volta saputo dove abitava o se era
meglio osservarla e rivelarsi gradatamente.
Haydée gli aveva spiegato che il veleno le aveva sì
cancellato la memoria, ma che uno shock improvviso, o la vista di persone a lei
molto vicine, potevano rendergliela anche in pochi istanti. Il problema era non
spaventarla, poteva non ricordare subito, o magari non ricordare affatto, e
allora era meglio andarci cauti.
Chiuse gli occhi e lasciò che l’acqua gli scorresse sul
viso, chiedendosi a cosa stava pensando Winter nella stanza vicino alla sua, e
in quel momento si accorse che anche nella stanza accanto qualcuno stava
facendo la doccia.
Appoggiò una mano e la fronte alle piastrelle e chiuse gli
occhi, incominciando a lavorare di fantasia, ma dopo un istante fu costretto a
staccarsi, sconvolto dalle sensazioni che si erano risvegliate in lui solo
immaginandola sotto la doccia.
Chiuse il getto d’acqua e uscì dal box di vetro
completamente appannato, afferrando un’asciugamani e strofinandosi con forza,
nel vano tentativo di cancellare le sensazioni di poco prima.
Uscì dal bagno sbattendo la porta, si legò il telo in vita e
si sedette sul letto, mentre i capelli gli gocciolavano ancora.
Non seppe dire quanto era rimasto lì ad osservare senza
vederla la sua valigia, si riprese soltanto quando udì un discreto bussare alla
porta.
Senza pensarci andò ad aprire così come si trovava, e si
trovò davanti Winter in accappatoio, con i capelli bagnati raccolti nel
cappuccio:
- T-ti disturbo? – si sentì chiedere con voce incerta.
Immediatamente si riprese e le sorrise:
- No, assolutamente! Ti serve qualcosa? – la ragazza sembrò
arrossire leggermente:
- Ho paura che il mio phon sia andato, non è che puoi
prestarmi il tuo? – lui si scostò immediatamente, annuendo:
- Certo, entra però. Non vorrai farti vedere da tutto
l’albergo! – fece avvicinandosi a un borsone e frugandovi all’interno.
Quando si volse per porgerle l’asciugacapelli era ancora
davanti alla porta socchiusa, si guardava attorno nervosamente e si arricciava
un ciocca di capelli su un dito.
Mitja le sorrise rassicurante:
- Va tutto bene? – lei annuì, nervosa fino allo spasmo:
- Benissimo! – fece rigidamente. Lui si avvicinò, le prese
il mento con due dita e alzò il viso per poterla guardare negli occhi:
- Bugiarda! – ridacchiò più nervoso di lei, guardandola
morbidamente e pensando che sotto quell’accappatoio non doveva esserci proprio
niente oltre a… lei.
Winter lo guardò attentamente. Da quando il suo sorriso la
rassicurava in quel modo sconcertante? E quegli occhi, così tersi e sinceri…
d’istinto alzò una mano per scostargli le sottili ciocche bionde scivolategli
sugli occhi e per un lunghissimo, eterno istante rimasero entrambi senza fiato.
Mitja avrebbe voluto circondarle la vita con l’altro
braccio, ma si accorse di avere il phon in mano e lo guardò leggermente
infastidito. La ragazza seguì il suo sguardo e si riprese, tornando alla realtà
e scostandosi da lui:
- Grazie… te lo riporto prestissimo. – mormorò afferrando
l’oggetto e volgendosi per uscire.
Rimase bloccata quando si sentì afferrare per la vita e
attirare contro di lui:
- Stai tranquilla Winter, la troveremo prestissimo. –
mormorò rauco, desiderando dirle ben altro. Lei annuì, sempre più tesa:
- Grazie Mitja… adesso scusami… - rispose sciogliendosi
dalla stretta e riuscendo finalmente a uscire dalla sua stanza, allontanandosi
dal suo calore.
Mitja guardò la porta chiusa con una voglia pazzesca di
spalancarla, uscire lungo il corridoio, sfondare la porta della stanza accanto,
prelevare la sua fuggevole preda e portarla nel suo letto, dove avrebbero preso
dimora stabile fino alla prossima glaciazione.
Invece fece dietro-front e si buttò ancora sotto il getto
d’acqua.
Gelata, stavolta.
Winter era rientrata sbattendo la porta, mentre lungo il
braccio destro le serpeggiava la voglia di tornare indietro.
Chiuse gli occhi appoggiandosi al battente e lo rivide
com’era pochi istanti prima: praticamente nudo, ancora mezzo bagnato, bello
come non le era mai sembrato.
Riaprì gli occhi tentando di scacciare quell’immagine
peccaminosa dalla mente, così andò in bagno per trovare un presa.
Stava per accendere l’asciugacapelli quando sentì un tonfo
contro il muro in comune col bagno della stanza accanto. Sembrava un pugno.
~~~~~
Sul lato opposto del pianeta, 14:00 pm
Haydée infilò l’auto tra altre due con una manovra degna di
un pilota di F1 e si mosse per scendere.
Al diavolo Phénice e le sue paure, lei stava bene perciò
guidava!!
Si diresse al giardino dell’università con ancora la sua
stampella e una borsina di plastica in mano e le scappò un sorriso quando la
vide: la rossa era seduta a terra sotto a un albero, i capelli completamente
spettinati dal venticello fresco che si era alzato e il capo chino su qualche
libro di storia.
La ragazza si riscosse solo quando la borsina di plastica le
cadde sulla pagina patinata:
- EHI, sta un po’ attenta!! Se si macchia questo libro
Rubens mi fa le scarpe!! – brontolò aprendola rapidamente: - Cosa mi hai
portato?! – Haydée, scosse la testa, bastava parlare di cibo e anche il David
di Michelangelo diventava un sasso dalla forma strana:
- Toast con dentro tutto quello che c’era in bar, ti va
bene? – ridacchiò sedendosi a terra lentamente. Phénice la guardava seriamente,
dimentica per un incredibile istante dei panini:
- Sai che non avresti dovuto guidare, vero? – fece col
broncio. La mora ridacchiò:
- E tu sai che il formaggio di quei toast farà schifo tra
pochi minuti, vero? – la rossa rise e si avventò sul suo tramezzino,
chiacchierando del suo rientro a bocca piena:
- Mmh, lo sai che sono tutti invidiosi della mia
abbronzatura?! Però, per essere stata al mare solo due settimane ne ho preso di
colorito, eh? – fece alzando la manica della maglietta a maniche corte e
mettendo in bella mostra una delle carnagioni più vicine al colorito della
mozzarella che la ex ladra avesse mai visto:
- Oh, ma certo! Anche se io sinceramente vedo solo tracce
evidenti di bruciatura e alcune lentiggini in più sul tuo bel nasino. Sbaglio?
– Phénice la fulminò, esibendo una linguaccia da bambina dispettosa che la fece
ridere.
La rossa stava ancora borbottando qualcosa contro la
scarsissima gentilezza umana quando Haydée cominciò ad avvertire la fastidiosa
sensazione di essere osservata.
Non si stava sbagliando, e non aveva le traveggole. Sentiva
chiaramente un paio di occhi puntati su di loro.
Cominciò a guardarsi attorno con aria disinteressata,
calandosi gli occhiali da sole sugli occhi, e dopo un’accurata ricerca lo vide.
Un ragazzo se ne stava lungo il corridoio vicino alla porta
che dava sul giardino, fingeva di leggere gli annunci appesi in bacheca e
lanciava loro rapide occhiate dalla finestra spalancata.
La mora strinse gli occhi per vedere meglio, ma il ragazzo
sembrò accorgersi di essere osservato a sua volta e infilandosi un paio di
occhiali scuri se ne andò rapidamente.
Haydée nascose un sorriso divertito: era sicura di non
sbagliarsi, ci vedeva troppo bene. Quel ragazzo che le osservava era Arkel, e
quando l’aveva vista aveva deciso di togliere il disturbo.
Strano, non avrebbe mai detto che un tipo come lui sarebbe
stato timido!
Arkel aveva osservato Phénice per un po’, ma proprio quando
stava per decidersi ad andare da lei era arrivata la tipa manesca, rovinandogli
tutta la preparazione psicologica!!
Avrebbe continuato ad osservarle a lungo, se non altro per
imprimersi bene nella mente ogni particolare del comportamento della rossa, ma
la mora era troppo sveglia per i suoi gusti: non sarebbe mai stato capace di
perdere la testa per una che si accorge di essere osservata da qualcuno a quasi
30 metri da lei, non era mica scemo come Madian lui!
Decise di togliere il disturbo sperando che non si fosse già
accorta che era lui, così uscì e si diresse alla sua moto.
Accidenti a
tutti gli scocciatori!!
~~~~~
Mezzora più tardi, villetta in periferia
Madian lanciò per l’ennesima volta una pallina da tennis
contro il muro, riprendendola subito dopo un rimbalzo sul pavimento pulito di
fresco.
Era stravaccato sul divano e non aveva voglia di fare
assolutamente nulla.
Continuava a pensare ad Haydée, chiedendosi se era una buona
idea andarla a cercare in ufficio o se era meglio chiamarla e chiederle un
altro appuntamento.
O magari poteva prelevarla direttamente dall’ufficio,
obbligandola con qualche scusa geniale a uscire a cena con lui. Già, ma quale
scuse geniale?! Ultimamente faticava anche ad articolare delle frasi di senso
compiuto, figurarsi se riusciva a escogitare un piano dei suoi!
Era perso in questi lugubri pensieri anche quando Arkel
rientrò sbatacchiando la porta d’ingresso con malagrazia. Immediatamente smise di
lanciare la pallina e si volse a guardarlo:
- Problemi? – chiese interessato:
- Sì. – borbottò l’altro da dentro il frigorifero,
producendo un’eco cavernosa:
- Parla. – fece Madian accomodandosi meglio:
- Mmh… lei. – mugugnò a voce quasi impercettibile. Il
ragazzo rise:
- Ah-ha, Phénice. E allora? -
- L’ho vista. – Madian perse il sorriso:
- Era in compagnia del suo ragazzo, eh? – l’altro scosse il
capo:
- No. -
- Ah no? E allora di chi? – ma appena ebbe posto la domanda
sapeva già la risposta, infatti si ritrovò a mormorare:
- Haydée. – insieme ad Arkel.
Damynex: Ma quale colpo, Madian è ridotto a un’ameba
poveraccio!! Adesso gli do io una bella svegliata… Adoro l’intramontabile
buonumore del biondino!
Jennifer: Niente scuse, scherzavo sai? Anzi, sono
felice che la storia ti appassioni così tanto, un motivo in più per dare il
meglio di me. Lo so che sta male, sono cattivissima coi miei personaggi, una
vera strega!
Earinë: No, ho solo starnutito per una giornata
intera quando ho pubblicato e credevo di essermi beccata il disastro, invece
niente per fortuna! Tieni buona la belva, sono troppo giovane per morire!
AyLa: Ha parecchio da raccontare il poveraccio, ma
ultimamente ha meno ispirazione di me e una dose di depressione che rispecchia
perfettamente la mia. Madian è diventato una sorta di misuratore delle mie
ansietà interne, quindi ti posso assicurare che non ha vita facile!
Antheameiko: Grazie, grazie, grazie!! Sono un paio di
giorni che non provo nemmeno a rispondere via mail, stasera torno a darci
un’occhiata. Eheheh, maniaca che non sei altro! Li sto facendo sciogliere a
dovere secondo te? ;p
Dark Angel & Light Angel: Era semplice curiosità
dovuta ai vostri nomi! Dai non essere triste, tanto non li trascurerò i due
piccioncini viaggiatori, anzi! Madian ti ringrazia mandandoti un bacio…
Uriko: Beh, se non vado di fantasia qui dove vuoi che
la applichi?! Non me lo dire, l’Alitalia ha fatto prendere l’aereo sbagliato a
mia zia, spedendola a Francoforte invece che a Milano! Robe da pazzi… Ciao!
Super Gaia: Oh, me lusingata, ma così divento
paonazza!! Un bacio schioccoso anche a te! ^-^
Elenim: Ma scusa di che, non sono mica qui a
bacchettarvi se non recensite!! Uhm… forse sì, forse no, non so se e cosa
ruberà… so solo quando! È troppo perfetto, ultimamente mi dà sui nervi.
Winter aprì gli occhi faticosamente e la prima cosa che vide
fu una camera sconosciuta, l’ennesima nel giro di pochi mesi.
Si tirò a sedere lentamente, ormai si era abituata ai
cambiamenti di ambiente e non ci faceva neanche più caso. Si trattava solo di
capire esattamente dov’era, evitando il più possibile di far aumentare quel mal
di testa battente…
Ecco, ora sapeva dove si trovava: il piano antincendio
spiegato in tedesco, e a seguire in altre lingue, era più chiarificatore di
ogni altra cosa. Era in Austria, doveva ritrovare sua sorella.
Sì, ma perché si era messa a dormire senza infilarsi sotto
le coperte?
Si guardò attorno ficcandosi una mano tra i capelli
spettinati e capì: Mitja.
Era stata sull’orlo dell’esaurimento nervoso tutta la sera
precedente a causa sua, anzi a causa del suo presentarsi nudo alla porta.
Fortuna che quando era tornata a portargli il phon aveva
avuto la decenza di infilarsi una maglietta e un paio di pantaloni, altrimenti…
beh, non aveva idea di quello che sarebbe successo, visto che aveva il cervello
in pappa dopo il viaggio e il jet-lag.
Jet-lag che si stava facendo sentire anche il quel momento
tra l’altro… ma no, un momento, questo rumore era reale, non era il cervello a
martellare sulle tempie, bussavano alla porta!
Raccolse i capelli con un mollettone a caso e infilò un
maglione sulla sottoveste, poi si avvicinò alla porta:
- Ja? – chieseattenta. Non sapevaperché, ma le sembravanaturalestare in guardia:
- Se sta per sì, sono Mitja, e sono venuto a chiamarti per
la terza volta. Hai il sonno pesante bellezza! Potresti aprire? Ho bisogno di
appoggiarmi da qualche parte! – esclamò tranquillo, sembrava divertito. Winter
si guardò attorno per nascondere qualcosa di compromettente che poteva essere
rimasto in giro, si diede un’ultima sistemata rapida e aprì:
- Entra. Scusami se non ho risposto, ho un mal di testa da
urlo e ho dormito da cani. Hai bussato tanto? – chiese senza guardarlo. Quando
si accorse che non accennava ad entrare però fu costretta ad alzare lo sguardo
su di lui: - Che c’è? – la guardava attentamente, con gli occhi sgranati, poi
alzò una sportina bianca e un sacchetto di carta altrettanto bianco:
- Ho portato le colazione, giù servono solo affettati e
caffè imbevibile. – mormorò assorto, senza schiodarsi dalla soglia. Lei si
spazientì:
- Insomma, che ti è preso? – chiese piantandosi una mano su
un fianco:
- Niente… cioè… sei bella… anche appena sveglia, tutta…
scarmigliata… ehm! – farfugliò abbassando la sguardo ed entrando rapidamente.
Winter rimase bloccata per un po’, con la bocca socchiusa e
un’espressione ebete. Da quando le faceva dei complimenti?! La cosa cominciava
a farsi troppo strana, pensò chiudendosi la porta alle spalle. Il ragazzo
intanto aveva ripreso a ciarlare come se niente fosse:
- Comunque non ho bussato tanto, solo un paio di volte e
neanche tanto forte. Immaginavo che avessi mal di testa, io mi sono già
imbottito di aspirine e qualcosa sembrano fare. Tieni, te le ho portate. – fece
depositando una scatolina sulla scrivania. Mentre era ancora in piedi prese a
vuotare i vari sacchetti che era uscito a comperare: - Qui ci sono dei krapfen
dall’aspetto grasso, unto e super-calorico, la roba che più piace a voi ragazze
insomma, poi ho preso dei panini con l’uvetta, la signora del panificio qui di
fronte me li ha consigliati; c’è anche del caffè, ma dubito che da qualche
parte riescano a farlo decentemente, ha un odore strano. – si volse a guardarla
con un bicchiere di cartone in mano: - Che fai? Non mangi? – chiese
sorridendole.
Winter era ancora bloccata davanti alla porta:
- No… vorrei… fare la doccia prima… - mormorò arrossendo.
Mitja si bloccò a guardarla:
- Ah… Oh! Allora tolgo il disturbo, io non sapevo che… - lei
lo fermò, gesticolando:
- No, no! Stai pure qui, io faccio presto… mi servono solo
un paio di cose… ecco… faccio in un attimo! – mormorò chiudendosi nel bagno.
Tentennò alcuni istanti, indecisa se chiudere a chiave o meno.
Alla fine abbassò la mano senza aver chiuso, e cercando di
non pensare al ragazzo nell’altra stanza si spogliò.
Mitja stava tranquillamente consumando la moquette nella
stanza marciando da un angolo all’altro, poi si schiarì la voce e decise che
per pensare ad altro doveva parlare:
- Sai, ho segnato sulla cartina i conventi della città e
dintorni, o almeno quelli che mi ha indicato il direttore dell’albergo. – disse
a voce alta, sperando di farsi sentire sopra allo scrosciare dell’acqua:
- Hai fatto bene. Allora? – il ragazzo prese fiato. Doveva
dirglielo che aveva l’orecchio quasi premuto contro la porta e che aveva posato
la mano sulla maniglia almeno 5 volte in 5 minuti?
Naaah!!
- Ce n’è uno qua vicino, se te la senti possiamo andarci in
mattinata. -
- Certo che me la sento! Ho la frenesia ormai, e sono stanca
di stare a pensare. Spero che ci riconosca, o che almeno riacquisti la memoria
senza farsi del male… - il ragazzo annuì, appoggiato contro il muro con le mani
in tasca. In un modo o nell’altro, doveva tenerle lontane dalla porta del
bagno:
- Sono d’accordo, comunque vada sono certo che si ricorderà
immediatamente di te. Non può non riconoscere sé stessa! – trattenne il fiato
quando non sentì più l’acqua scorrere:
- Se è per questo riconoscerà subito anche te, eravate
inseparabili, non ricordi? Ammetto che ero gelosa di te, stavate insieme più
voi di noi due sorelle! – esclamò divertita asciugandosi, avvolta in un telo
gigantesco e con i capelli raccolti per non bagnarli:
- Per questo motivo mi rispondevi sempre male? – mormorò
rauco.
Winter si volse quasi spaventata: da quanto era dietro di
lei? Non se ne era accorta… e come la guardava in quel momento! Sembrava quasi
che…
- Ti ho spaventata? – chiese con lo stesso tono. Lei affondò
nei suoi occhi azzurri, meravigliosi:
- Un po’… da quanto sei qui? – mormorò con la gola stretta.
Mitja si strinse nelle spalle:
- Sono appena entrato. Ti dispiace? – fece avvicinandosi e
appoggiando le mani al lavandino, imprigionandola:
- Ehi, calmati. Non voglio farti niente! È solo che… te l’ho
detto, sei bellissima appena sveglia e colta di sorpresa, non hai la solita
espressione imbronciata e scontrosa. Sembri un’altra… - mormorò assorto,
alzando una mano per sfiorarle una ciocca di capelli scivolata su una spalla:
- Intendi dire che sembro Crystal? – fece abbassando lo
sguardo. Gli occhi le pungevano in maniera insostenibile. Lui sospirò, poi
senza riflettere la circondò con le braccia:
- No, intendo dire che sei ancora più bella, Winter. – fece
sottolineando il suo nome.
La ragazza si adagiò contro di lui, col cuore in tumulto e
una strana sensazione di calore ad avvolgerla, e non erano i vapori del bagno:
- Mi prendi in giro. – disse in un soffio, avvertendo uno
strano rollio sotto le dita. È il
cuore di Mitja!!
- Ti sbagli, malfidente che non sei altro! – ridacchiò
tentando di scaricare la tensione sensuale.
Sentirla così calda e profumata contro di lui, avvolta in un
telo da bagno che faceva galoppare la sua immaginazione, era un attentato alla
sua salute mentale.
Quasi contro la sua volontà mosse le dita e le sfiorò la
pelle della schiena, provocandole una scarica elettrica lungo la spina dorsale.
La sentì irrigidirsi e tendersi contro il suo petto, e si
ritrovò a maledire il maglione che si era infilato per uscire e che gli
impediva di captare ogni sua curva:
- Mitja, ti prego… - mormorò annientata, con la bocca
morbidamente socchiusa e gli occhi brillanti. Il ragazzo si staccò appena, in
modo da poterla osservare. Mai
visto niente di più bello…
- Cosa? – bisbigliò con voce strozzata, completamente fuori
di sé:
- Fermati Mitja… - supplicò quasi, sentendo che le mani di
lui si insinuavano sotto l’asciugamano e lottavano per avere campo libero.
Sentì le dita bloccarsi, e in quel momento fu certa che
fermarsi gli era costato moltissimo.
Dopo un istante però le prese il viso tra le mani, alzandole
il mento con i pollici:
- Perché? – chiese serio. Lei si morse un labbro:
- P-per… favore… - sembrava una preghiera.
Erano completamente persi l’uno nell’altra.
Mitja stava perdendo il controllo: senza più pensare la
attirò più vicina con un braccio, senza rendersi conto che in quel modo lei
percepiva alla perfezione quel qualcosa di… insolito…
- Non voglio… - sussurrò con voce rauca e sensuale,
depositandole un bacio casto ma rovente sulle labbra morbide e tornando quasi
subito a guardarla.
Winter non riuscì a sostenere il suo sguardo e chiuse gli
occhi lucidi:
- Mitja… - mormorò incapace di qualsiasi reazione. Lui la
scosse delicatamente:
- Guardami! – lei obbedì, tremante: - Winter, io… ti sto
spaventando? – chiese con un filo di voce. Lei chiuse gli occhi un istante,
stringendoli per ricacciare le lacrime, e facendolo sospirare: - Mi dispiace…
davvero, non so cosa mi ha preso. – mormorò allentando la stretta ma tenendola
sempre tra le braccia.
Le prese nuovamente il viso tra le mani e la tenne vicina: -
Sei splendida. – mormorò baciandola delicatamente, senza aspettarsi nulla in
cambio e senza approfondire il contatto.
Sentì il cuore balzargli nel petto quando percepì
un’inequivocabile risposta, un fremito da parte delle labbra di lei.
Le accarezzò le labbra con le sue, chiedendosi
freneticamente se era il suo desiderio eccessivo a fargli avere le traveggole o
se…
Di nuovo!! Aveva risposto nuovamente!
Socchiuse le labbra avvolgendola col suo alito caldo,
ansioso di stabilire un contatto più intimo, ma lei si ritrasse quasi
spaventata, tremando:
- Che stiamo facendo? – bisbigliò allontanandolo con forza e
coprendosi la bocca con una mano. Lui indietreggiò, appoggiandosi alla porta socchiusa
e guardandola come un affamato al quale abbiano tolto quel poco di cibo che
poteva avere:
- Hai ragione, scusami. Ti lascio finire. – fece con voce
strozzata chiudendosi la porta alle spalle e appoggiandosi al muro con gli
occhi chiusi.
Deglutì a fatica. Cristo, era completamente uscito di
testa!! Chissà cosa pensava ora lei, che era pazzo, che era un maniaco e un
approfittatore… probabilmente tutto insieme.
Si sedette sul letto e si prese la testa tra le mani.
Si stava innamorando di lei. O ne era già innamorato.
Il problema era farglielo capire, e forse quel mattino aveva
scelto il modo più sbagliato aggredendola direttamente. Se la conosceva almeno
un po’ sapeva che non amava andare a sbattere all’improvviso contro la realtà.
Si alzò pesantemente e appoggiò una mano sulla porta del
bagno:
- Winter, va tutto bene? – sentì un mugolio di assenso, ma
era certo che stava piangendo: - Sei vestita? Posso entrare? – per tutta
risposta la porta si aprì e gli apparve davanti perfettamente vestita e con gli
occhi arrossati:
- È tutto ok… - mormorò con voce tremula. Lui non si lasciò
ingannare, la prese tra le braccia e la coccolò dolcemente:
- Scusami piccola, non volevo spaventarti. Ho perso la
testa, ti prometto che non succederà più. – lei si divincolò e si avvicinò
rigidamente alla loro colazione:
- Va tutto bene Mitja, dico sul serio. Ora cerchiamo di
muoverci, abbiamo da fare e sono ansiosa di ritrovare mia sorella.
Era fredda e distaccata, e lui non sapeva come aiutarla.
Annuì sospirando e poco dopo cominciarono la loro ricerca.
~~~~~
Dall’altra parte del globo, ore 18:20
Haydée uscì dall’ufficio salutando Fedra e Conway, poi scese
in strada per andare a prelevare Phénice all’università.
Ero soddisfatta del ragazzo, aveva imparato alla svelta per
quanto all’inizio sembrasse un tardone, e cominciava a muoversi egregiamente.
Fedra era una spalla perfetta per lui, anzi quel giorno le
era sembrato che se la intendessero meglio di quanto avessero fatto prima della
sua partenza. Chissà, magari poteva scoccare la scintilla…
Ridacchiò pensando alle litigate folli che imperversavano
tra loro non più di un mese prima: era strano come cambiavano rapidamente le
cose!
Quel pensiero improvviso la fece bloccare mentre frugava
nella borsetta per cercare le chiavi.
Era vero, le cose cambiavano da un giorno all’altro ed era
impossibile opporvisi.
Bastava vedere com’era cambiata Winter, quando era partita
per l’Europa con Mitja era distante anni luce dalla fredda ladra che le aveva
puntato addosso una pistola in un vicolo buio, minacciandola di morte se non
l’avesse accettata come compagna di squadra.
Oppure come erano evoluti i sentimenti di Phénice nei
confronti di Selim e Arkel. Un giorno si è convinti di amare un persona e poi,
quando meno te lo aspetti, ecco che la situazione si stravolge, che nella tua
vita entra qualcuno e manda all’aria tutto quanto, mettendo in dubbio anche le
tue convinzioni più profonde…
Arrivata a quel punto del ragionamento però non era più
sicura se si riferiva a Phénice o a lei.
Era cambiata anche lei dalla Haydée che era quindici giorni
prima?
O era sempre la solita?
E… Madian c’entrava qualcosa…
Il cellulare nella borsetta prese a suonare insistentemente,
facendola sbuffare. Già faticava a trovare le chiavi, adesso ci si aggiungevano
anche gli scocciatori al telefono?!
Aprì il telefonino e rispose bruscamente:
- Sì! – fece quasi esasperata:
- Ciao Haydée. – quella voce… mollò la valigetta che cadde a
terra con un tonfo, la borsetta sul cofano dell’auto e vi si appoggiò
traballando, trattenendo a fatica la stampella:
- M-Madian? – balbettò incerta. Lo sentì ridere
sommessamente:
- Ti ho spaventata? Scusami, non volevo… - si sentì
avvampare, la sua voce sembrava più calda del solito:
- No, è che… sono sorpresa, tutto qui. Ma dimmi… - mormorò giocherellando
con la collanina d’argento che indossava, segno inequivocabile di nervosismo:
- Uhm… mi sembra di averti innervosita con la mia chiamata.
Volevo solo sapere come stai, Paul è preoccupato per la sua bellissima
paziente! – disse semplicemente. Lei ridacchiò inclinando il capo da un lato:
- Dì a Paul che sto benissimo, la gamba va meglio e riesco
anche a guidare egregiamente! – esclamò rilassandosi. Era assurdo agitarsi come
una stupida per una telefonata, non averlo di fronte era tutta un’altra cosa:
- Già, me ne sono accorto… e devo aggiungere che sei più
bella del solito: quel completo gessato ti sta d’incanto… - mormorò rauco,
mandandola nel panico. Mi vede!!
Cominciò a guardarsi attorno allarmata, ma per quanto si
sforzasse non riusciva a vederlo. Era la prima volta in vita sua che qualcuno
riusciva a spiarla senza che lei se ne accorgesse!
- Dove sei? – la sua voce era notevolmente tesa:
- Qui. – fece una voce da dietro di lei.
Haydée si volse lentamente, sperando di aver sognato, e
sempre con il telefono attaccato all’orecchio.
Non aveva sognato, Madian era dietro di lei e le sorrideva
dolcemente. Avrebbe continuato a guardarlo all’infinito quando lui allungò una
mano facendola sobbalzare:
- Ehi, calmati! Volevo solo fare questo… - fece divertito
togliendole il cellulare di mano e chiudendolo: - Non ne abbiamo più bisogno,
ti pare? – lei annuì, incantata.
Da quando era così bello? Possibile che ogni volta che lo
vedeva le sembrava sempre più affascinante?
- Allora, come va? – le chiese affondando le mani nelle
tasche. Lei abbassò lo sguardo, confusa:
- B-bene… il lavoro va bene… - mormorò staccandosi dall’auto
e tenendosi in equilibrio con l’aiuto della stampella. In quel momento ne aveva
decisamente bisogno:
- E Phénice? – lei annuì, temeva che la conversazione
scivolasse su argomenti più… pericolosi:
- Sta bene anche lei, anzi devo andare a prenderla e credo
di essere in ritardo… - fece muovendosi per raccogliere le sue cose. Madian si
chinò e raccolse la valigetta:
- Non c’è bisogno di affrettarsi, Arkel è andato a trovarla!
– esclamò con un sorrisetto a mezza bocca, decisamente sensuale. Haydée si
riscosse a fatica:
- Ah!… Allora ci sta riprovando! – ritrovò il suo spirito: -
Sai, credo di avergli rotto le uova nel paniere ieri, l’ho visto che ci spiava…
- mormorò divertita facendolo ridere sommessamente, una risatina frizzante che
riuscì a metterla di buonumore:
- Lo credo anch’io, è tornato a casa talmente scornato che
ho creduto che avrebbe perso l’appetito! – ribatté divertito. Haydée scosse il
capo:
- Quei due sono proprio carini insieme, non trovi? –
immediatamente desiderò strapparsi la lingua.
Per fortuna che era lei a voler evitare discorsi scomodi! E
adesso che gli diceva?! Oh, come la guardava! Non
spogliarmi con lo sguardo Madian, non lo fare…
Tossicchiò imbarazzata, fortunatamente Madian non aveva
trovato di che ribattere se non un flebile “Già” che voleva dire tutto e
niente, così riprese:
- Hai avuto notizie da Mitja? – il ragazzo si riscosse,
imponendosi di non pensare allo strapparle quella camicetta bianca
semi-trasparente:
- Sì, sono arrivati e stanno abbastanza bene, considerato il
Jet-lag, ma ancora non hanno novità. Spero per loro che la prossima volta
possano comunicarmi notizie migliori, soprattutto per Winter. Ha fatto un
cambiamento incredibile dalla prima volta che l’ho vista, quando siete venute a
cena da noi! – Haydée annuì assorta:
- È esattamente quello che stavo pensando anch’io prima che
tu mi chiamassi, ma è tutto merito di Mitja. Con la sua allegria è riuscito a
smuovere la coltre di neve e ghiaccio che la ricopriva, non avrei mai creduto
che qualcuno ne sarebbe stato capace! Pensa che la prima volta che l’ho
incontrata mi ha minacciata di morte! – Madian annuì, ma sembrava assorto in
altri pensieri:
- Senti… a proposito di quando siete venute da noi… sarebbe
bello ripetere l’esperienza, non trovi? Soprattutto adesso che ci conosciamo
meglio. Che mi dici, per venerdì sera andrebbe bene? Purtroppo abbiamo perso il
cuoco, ma penso che io e Arkel dovremmo riuscire a ordinare quattro pizze senza
mandare a fuoco la casa! – avrebbe voluto farla ridere con quella battuta, ma
ottenne soltanto di farle sgranare di più gli occhi:
- V-venerdì!? Io non so… Phénice potrebbe avere degli
impegni, io sono indietro col lavoro… - il ragazzo si accostò pericolosamente
al suo viso, mozzandole il fiato:
- Ti ho detto che di Phénice se ne sta occupando Arkel,
mentre il tuo lavoro ha aspettato quindici giorni: che vuoi che sia una serata
in più? – le prese una mano tremante, intrecciando le dita alle sue e
affondando nelle sue iridi color caffè, calde come un abbraccio. Haydée lo
guardava smarrita:
- N-non lo so… io non… - Madian le posò l’indice sulle
labbra:
- Stai tranquilla, voglio solo passare un po’ di tempo con
te. È talmente strano non vederti più ogni giorno, non negarmi qualche ora in
tua compagnia; e non dimenticare che ci saranno anche Phénice e Arkel, non
saremo soli. – lei abbassò lo sguardo, avvampando nuovamente e facendolo
sorridere: - Vi aspettiamo per le 8 circa, ti prego vieni! – mormorò
dolcemente, baciandole una guancia.
Il tepore del suo alito sulla pelle sarebbe stato
sufficiente a confonderla, ma quando si ritrovò tra le sue braccia chiuse gli
occhi e si perse in quel contatto.
Riacquistò il domino di sé solo quando la lasciò andare,
salutandola e rinnovandole l’invito. Lo osservò allontanarsi, con le mani
affondate in un paio di jeans né larghi né stretti e le spalle larghe
evidenziate dalla maglia nera a maniche lunghe che indossava.
Vide un paio di ragazze voltarsi a guardarlo e per un
assurdo istante fu tentata di corrergli dietro e abbracciarlo nuovamente.
Poi svanì alla vista e lei tornò definitivamente alla
realtà.
Ecco, era riuscito a estorcerle un appuntamento, anche se
fortunatamente non a due.
Però non poteva accettare nemmeno quello, era troppo, doveva
fare qualcosa!
Salì in macchina e recuperò Phénice, che come c’era da
aspettarsi era eccitatissima per l’invito ricevuto.
Lei rimase pensierosa per tutto il tempo, cercando di non
pensare alla sua debolezza quando era con lui e a come cambiava non appena la
lasciava sola.
Se Phénice avesse anche solo lontanamente sospettato cosa si
agitava nella mente della mora forse sarebbe riuscita a farla ragionare col
cuore, e non con quella mente che da troppo tempo comandava a bacchetta le sue
azioni.
Haydée non sapeva nemmeno più ascoltarla la voce del cuore,
sapeva soltanto che lei a quell’appuntamento non doveva andarci.
Elenim: mi sa che gliene serve un’altra di docce
fredde a Mitja… L’ho fatto un po’ diverso l’approccio, ma ci sei andata vicina!
Come mi diverto a tenervi in sospeso… non te lo dico!! ;p
Super Gaia: mi sento una dea… ^_^
Damynex: XDDD A me ha fatto ridere! Arkel ne farà di
cotte e di crude, mentre Madian si è stranamente mosso… che stia male?!XD
Earinë: Allora incatenalo con qualcosa, qualsiasi
cosa! Dormo con una rete da accalappiacani sotto al letto ormai… Anche tu
arrossisci? Io prendo letteralmente fuoco, roba che puoi cuocermi un uovo sulla
guancia!
Uriko: Eh, lo so che mi sto dilungando, ma devo
metterla con le spalle al muro e non è facile coglierla impreparata… Abbiate
pazienza, sta scoppiando anche Madian ma non posso farci niente, Haydée è furba
come una faina!! Lascia perdere la Clerici per carità, non la posso soffrire,
non so perché ma il suo programma mi sembra una parodia e lei un cartone
animato, poi per carità i cuochi sono bravi.
AyLa: Beh, allora diciamo che quanto all’essere
sadica ho avuto una buona insegnante… ;p!! Grazie come sempre!
Dark Angel & Light Angel: Ciao Light! Lo posso
immaginare ^_^ sarei uscita di testa anch’io!! Arkel si smuoverà presto, e farà
un bel casino… aspettatevi il peggio!
Antheameiko: Non me lo chiedere perché non ho una
risposta. Diciamo che quando sono a corto di battute per una coppia mi dedico a
un’altra… però a volte devo tagliare per non appesantire e salto a qualcun
altro lasciando in sospeso… è una tecnica strana, lo so, ma così funziona il
mio cervellino bacato! Ti posso dire che hanno tutti e due delle pessime
intenzioni, almeno dal loro punto di vista, ma non posso anticipare altro!
Revenge va un po’ a rilento, non riesce a bucare come storia e questo fatto un
po’ mi scoraggia, e scoraggia anche la signorina Ispirazione! Ciao ^_^
Jennifer: Questo si chiama ragionare razionalmente!
Attenta, Haydée sembra gelosa… ;p !!! Come sempre grazie.
Mitja entrò nell’albergo strascicando i piedi, e dietro di
lui Winter quasi nelle stesse condizioni.
Si sedettero di schianto su due divanetti nell’entrata e
rimasero immobili come statue per un tempo indefinito:
- Sono distrutto! – biascicò alla fine, non senza un
notevole sforzo:
- A chi lo dici… forse faremmo meglio a noleggiare un’auto
d’ora in poi, soprattutto se le nostre ricerche continueranno ad essere così
infruttuose. – concluse la ragazza cupamente. Lui si raddrizzò di scatto:
- Dai, non dire così. Non potevamo certo pretendere che
appena entrati in città sarebbe venuta ad accoglierci con la banda e il
sindaco, anche se devo confessare che le majorette non mi sarebbero affatto
dispiaciute… - ridacchiò come un idiota prima di guadagnarsi una borsettata
nello stomaco: - EHI, donna violenta!! Stavo solo scherzando! – lei trattenne a
stento una risata:
- Sei completamente scemo Mitja! – esclamò nascondendosi la
bocca con una mano e guardandosi attorno.
Lui sorrise. Per quanto la loro prima giornata di indagini
fosse andata male stava comunque meglio, o non avrebbe ridacchiato in quel
modo.
Avevano girato mezza città, ottenendo soltanto vesciche nei
piedi e un paio di porte sbatacchiate in faccia. Come indagine era stata
sufficientemente deludente, ma il pensiero di trovarsi a pochi km da Crystal
teneva comunque alto il loro morale.
Si alzò faticosamente, con un mugolio di dolore, e le porse
una mano:
- Andiamo: ho bisogno di una doccia bollente, di un bel
massaggio nei piedi e nelle gambe e di qualcosa di caldo da mangiare, subito!
– esclamò con gli occhi brillanti.
Winter lo guardò divertita:
- Concordo a pieni voti, ho bisogno di rilassarmi o domani
non riuscirò nemmeno a infilarmi le scarpe! – esclamò posando la mano nella sua
e lasciandosi attirare verso di lui.
Non appena l’ebbe vicina le circondò le spalle con un
braccio, e un po’ sorreggendosi, un po’ sorreggendola, si avviarono
ridacchiando all’ascensore.
~~~~~
Impiegarono tre giorni per trovare uno straccio di traccia,
poi, finalmente, la svolta.
Parcheggiarono l’auto noleggiata in un cortile fiorito e ben
curato, con un pozzo al centro, e bussarono all’ennesima porta, pregando che
fosse la volta buona visto che quella era una delle loro ultime spiagge.
Winter si chinò per allacciarsi il laccio di una scarpa
mentre Mitja bussava.
Aprì loro una simpatica suorina, alta poco più di un metro e
nascosta sotto a un velo nero, e immediatamente il ragazzo attaccò la
pappardella in tedesco che gli aveva insegnato Winter:
- Salve sorella, io e la mia amica stiamo cercando una
persona e ci chiedevamo se lei magari poteva darci qualche informazione… - si
bloccò notando la sguardo della suora fisso su Winter:
- Anya? – la chiamò incerta. La ragazza si alzò scostando i
capelli dal viso e guardò la donna con sorpresa:
- Come ha detto? – mormorò sorpresa. La suora allargò il
viso in un sorriso:
- Anya, come fai ad avere i capelli così lunghi?! Ti ho
vista meno di un mese fa e avevi un caschetto talmente adorabile… ah, cosa si
inventano mai questi parrucchieri, riescono ad allungarti anche i capelli
ormai… - avrebbe continuato a lungo, ma un’altra suora passò dietro di lei e la
fermò: - Guarda Maria, Anya si è fatta allungare i capelli! Secondo me però
stavi bene anche prima, sembravi più giovane! E chi è questo bel giovanotto? Un
parente di Friedrich? Strano, non mi sembra di averlo mai visto da queste
parti, è un cugino venuto dall’estero? Parla in modo parecchio strano… - Winter
la bloccò prendendola per le spalle:
- Lei mi conosce?! – chiese agitata. La vecchietta si
sistemò gli occhiali leggermente confusa:
- Anya ma che ti prende? Certo che ti conosco, cosa stai
dicendo? – un attimo dopo si ritrovò imprigionata dalle braccia della ragazza,
che rideva e piangeva insieme:
- Dov’è mia sorella? La prego, mi dica dove si trova!! –
esclamò con tono quasi disperato.
Mitja si rese conto che così rischiavano di spaventare
tutti, perciò intervenne e liberò la suora dalla stretta di Winter, prendendo
la ragazza tra le braccia e accarezzandole il capo rassicurante:
- Anya che ti succede? – mormorò l’altra suora sorpresa.
Quando si fu ripresa Winter rispose:
- Io… non sono quella che voi chiamate Anya, sono Winter la
sua gemella. La sto cercando, vi prego ditemi dove si trova, non la vedo da 17
anni! – le due suore si guardarono stupite, poi annuirono e accompagnarono i
due ragazzi in una saletta spoglia ma linda:
- Aspettate qui, la superiora arriverà tra breve. – disse la
suora che aveva aperto porgendo loro due sedie.
Le accettarono con gratitudine e si sedettero, ormai le
gambe non li reggevano più a causa dell’agitazione.
Dopo meno di dieci minuti sopraggiunse un’altra suora, che
dal modo di comportarsi doveva essere la direttrice del convento.
Si sedette di fronte a Winter e guardandola con dolcezza le
disse di cominciare a raccontare.
La ragazza si asciugò le lacrime e le disse tutta la sua
storia e quella di Crystal, fermandosi a quel giorno:
-…Così siamo arrivati qui e la suora che ci ha aperto mi ha
riconosciuta, chiamandomi Anya e parlandomi come se ci conoscessimo da sempre.
So che voi potete aiutarmi, vi prego, la sto cercando da tanto di quel tempo,
ditemi dove posso trovarla! – mormorò mentre le lacrime le scorrevano
silenziose lungo il viso.
La suora guardò a lungo la foto di loro tre ragazzini mentre
giocavano nella neve, e si asciugò una lacrima fugace:
- Vi aiuteremo senz’altro, da tanto tempo pregavamo perché
Anya riavesse la sua famiglia. È sempre stata più triste degli altri orfanelli
che sono passati di qui, soprattutto quando nevicava; passava le giornate a
guardare fuori dalla finestra e delle volte la sentivamo mormorare una storia
strana: diceva che un giorno lo spirito gioioso dell’inverno fatto di neve
sarebbe venuto a prenderla e l’avrebbe riportata nella sua casa, ovunque essa
fosse. Non ricordava nulla del suo passato, tranne appunto la strana storia che
vi ho raccontato. Ora credo di capirla. L’inverno è lei Winter, e Mitja lo
spirito gioioso di quella stagione fatto di neve, nel vero senso della parola!
– esclamò ridendo e indicando il ragazzino sorridente e mezzo ricoperto di neve
della foto.
Il ragazzo guardava le due donne confuso, non ci capiva
niente ma gli era chiaro che quella suora stava bonariamente ridendo di lui.
Sorrise di rimando, grattandosi la nuca con una mano, poi vide Winter
asciugarsi le lacrime e prendere le mani della suora:
- La prego, mi dica dove trovarla, o almeno il suo nome per
esteso! – implorò emozionata. La suora annuì:
- Si chiama Anya Locke, vive appena fuori Salisburgo, vi
scrivo l’indirizzo… - fece prendendo un biglietto e scribacchiando qualcosa: -
…Fate attenzione, se è vero che ha perso la memoria nella peggiore delle
ipotesi potrebbe non riconoscervi, anche se lo escludo. Ho sempre sospettato
che sarebbe bastata una scintilla per far rinascere in lei il ricordo, ma non
sapevo come e dove portarla per farla ricordare. Pregherò che vi riconosca e
che non abbia un tracollo psicologico, sarebbe terribile per tutti. Quando si
sarà ripresa portatele i miei saluti, è una brava ragazza e viene qui spesso! –
li salutò accompagnandoli alla porta e augurando loro buona fortuna, insieme a
tutte le suorine presenti.
Quando furono soli Winter gettò le braccia al collo del
ragazzo, stringendosi a lui con tutta la forza che le rimaneva:
- Mitja… l’abbiamo trovata… - piagnucolò ancora incredula.
Lui la strinse, sorridendo:
- Già, e allora perché piangi? Dovresti essere al settimo
cielo! – mormorò accarezzandole la schiena e respirando a fondo il suo profumo.
Lei scoppiò in una risatina:
- Hai ragione, devo essere felice! – fece asciugandosi le
lacrime per l’ennesima volta. Si staccò guardandolo con occhi brillanti: -
Allora, si va?! – esclamò allegra. Lui allargò il sorriso e le depositò un
bacio rapidissimo sulle labbra morbide:
- Si va!! – fece circondandole le spalle con un braccio e
trascinandola verso l’auto.
~~~~~
Villetta in periferia, venerdì ore 20:35
Madian passò per la milionesima volta davanti all’orologio
nella cucina, imprecando internamente, mentre Arkel, con una calma zen che era
lontanissimo dal provare realmente, se ne stava sul divano a guardare il vuoto.
Erano in ritardo di più di mezzora, ergo c’era qualcosa che
non andava.
Il ragazzo si alzò sbuffando e prese il cordless, raggiunto
da un agitatissimo Madian:
- Che stai facendo?! – chiese quasi istericamente:
- Mi sono stancato di aspettare, voglio spere di che morte
devo morire, e se veramente ci hanno rifilato un bidone non voglio certo
continuare a crogiolarmi nell’autocommiserazione!! Adesso chiamo Phénice e la
facciamo finita, altro che “non vorrai metter loro fretta”!! – sbraitò
componendo il numero a memoria.
Il telefono squillò a vuoto almeno sei volte, e proprio
quando stava per riattaccare deluso una voce rispose all’altro capo:
- Ciao ragazzina, allora che si fa? – rimase in ascolto un
po’, poi aggrottò la fronte e guardò Madian con espressione indecifrabile: -
Ah-ha… ho capito… arriviamo. – mormorò chiudendo la chiamata.
Davanti a lui stava un uomo che soffriva le pene
dell’inferno:
- Perché arriviamo? Haydée sta male? La ferita le crea
fastidio? Hanno avuto un incidente? – Arkel non rispose, gli lanciò il suo
giubbotto imbottito e il casco e prelevò le chiavi della moto:
- Meglio che ti fai spiegare da lei, dobbiamo andare là. –
borbottò senza specificare se la lei era Phénice o Haydée.
Madian obbedì automaticamente e lo seguì in garage, dove
montarono sulla R1 per raggiungere l’appartamento delle ragazze.
Venti minuti più tardi parcheggiarono la moto lungo la
strada ed entrarono nella palazzina.
Madian non c’era mai entrato e si guardava attorno per
vedere dove viveva la donna dei suoi sogni.
Salirono le scale in silenzio, poi bussarono a una porta che
si aprì immediatamente, rivelando Phénice in lacrime con due occhioni gonfi e
rossi di pianto:
- Arkel… - piagnucolò gettandogli le braccia al collo e
singhiozzando incontrollatamente. Il ragazzo entrò tenendosela saldamente
addosso, mentre Madian lo seguiva silenzioso. Seguitava a non capire.
Entrò con gli occhi dilatati, intento a carpire ogni piccolo
particolare di quella abitazione, e seguendo automaticamente Arkel che si
muoveva come a casa sua.
Si ritrovò in un soggiorno elegante, da un lato stava una
cucina moderna con un tavolo e le sedie, mentre dall’altra parte c’erano due
divani di pelle bianchi e vari mobili.
Non riusciva a capire, dov’era Haydée?
Intanto Arkel era riuscito a calmare un po’ la rossa
sedendola su un divano, le accarezzò delicatamente una guancia e la guardò
preoccupato:
- Dall’inizio, non gli ho ancora detto niente. – mormorò
dolcemente, stupendo Madian per il tono insolito che aveva usato.
La ragazza annuì e alzò sul giovane ancora in piedi un viso
stravolto:
- Madian, Haydée non c’è. – fece con voce ancora rotta dai
singhiozzi. Lui non capì:
- Come sarebbe che non c’è? È in ritardo per lavoro? La
aspettiamo non è un problema… - la ragazza scosse il capo:
- Non è in ritardo per lavoro, lei non è più qui. – a quel
punto fu costretto a sedersi, mentre impallidiva terribilmente:
- Phénice… non mi starai dicendo che… - no, non gli stava
dicendo una cosa del genere. Decisamente, stava sognando. Anzi, stava avendo il
più orribile degli incubi.
La ragazza parve capire in che direzione si muovevano i suoi
pensieri e si affrettò a rassicurarlo:
- Non fraintendermi, sta bene, non le è accaduto nulla di
male. – Madian riprese a respirare, ma il suo cuore viaggiava a un ritmo
vertiginoso:
- E allora cosa significa che non è più qui? – chiese
spazientito.
Phénice non rispose, prese alcuni fogli stropicciati e
glieli porse.
Carissima Phénice,
mia dolce sorellina.
Madian tornò a guardare i due ragazzi sul divano di fronte a
lui. Phénice continuava a singhiozzare silenziosamente, mentre Arkel le teneva
un braccio attorno alle spalle e con la mano libera le accarezzava i capelli. Non lo sto vivendo veramente…
Tornò a guardare i fogli, sgomento.
Forse ho scelto il modo peggiore per dirti
addio, ma sono una codarda e non me la sono sentita di salutarti di persona.
Sarebbe stato troppo straziante e non mi avresti mai permesso di partire. Come
vedi, ti conosco piuttosto bene!
Scorse la lettera rapidamente, saltando i passaggi personali
tra le due ragazze, poi finalmente giunse alla fine.
Mi dispiace sorellina, ma non potevo fare
altrimenti. Dovevo ritrovare me stessa e rimanendo lì accanto a voi (e a lui)
non ci sarei mai riuscita.
Un giorno, quando sarò guarita, potrei decidere
di tornare, ma fino ad allora resterò in India, accanto a mio padre e ad
Ameera. Sono la mia unica famiglia e spero che con loro riuscirò a ritrovare la
mia strada.
Ho commesso tanti errori nella mia vita, tu mi
hai aiutata a capirne molti, ma è giunto il momento che affronti le mie paure e
i fantasmi del passato. Sai bene di cosa parlo, lo sai meglio anche della
stessa Ameera.
Sono certa che col tempo capirai il mio gesto, e
spero che potrai perdonarmi il giorno che ci rincontreremo.
Fino ad allora ti porterò nel cuore e ti sarò
accanto, il mio indirizzo di posta elettronica sarà sempre aperto per te.
Non posso darti il mio indirizzo, so che nella
tua immensa bontà lo daresti a Madian e non posso permettertelo. Ma sappi che
se vorrai ti dirò come raggiungermi, magari durante le ferie dal tuo lavoro nel
museo (sono certa che ti assumeranno!).
Ti voglio bene Phénice, non dimenticarlo mai.
Arrivederci sorellina
Haydée
P.S.: Fidati di Arkel, si è affezionato a te.
Analizza i tuoi sentimenti nei suoi confronti, potresti avere delle sorprese.
Buona fortuna.
Strinse i fogli senza rendersene conto, stropicciandoli
maggiormente. In India… è andata
in India…
Rilesse gli unici due accenni che aveva fatto a lui.
Dalle sue parole era chiaro che qualcosa nei suoi confronti
doveva provare, altrimenti difficilmente lo avrebbe nominato.
Posò i fogli sul basso tavolino tra i due divani prima di
distruggerli del tutto, poi si alzò avvicinandosi alla finestra e rimase un
tempo indefinito a guardare un parco dove alcuni bambini giocavano e ridevano.
Haydée era partita.
Haydée era andata in India e non aveva idea di come
trovarla.
Si volse a guardare Phénice:
- Sai se… - dovette schiarirsi la voce, non riusciva a riconoscersi:
- Sai se qualcun altro sa della sua partenza? – chiese con la mente
completamente vuota.
La ragazza scosse il capo timidamente, non aveva mai visto
un’espressione del genere, così triste e abbattuta, ma allo stesso tempo
decisa:
- No. Non aveva altre amiche oltre a me e a Winter. Non mi
pare che conoscesse altre persone da essere così in confidenza. – mormorò col
pianto nella voce:
- Capisco… - borbottò il ragazzo tornando a guardare il
parco.
Cosa doveva fare? Lasciar perdere e aspettare che fosse lei
a dare altre notizie a Phénice?
No, era da escludersi. Non sarebbe riuscito a stare con le
mani in mano aspettando chissà cosa.
Non poteva nemmeno tentare di dimenticarla, era impossibile,
un’idea da non considerare neanche di striscio.
C’era un’unica cosa da fare: trovarla e farla sua,
definitivamente. Doveva smettere di andarci cauto e dare libero sfogo a quello
che provava.
Esatto, avrebbe fatto proprio così.
Senza dire una parola si volse e uscì dall’appartamento,
aveva già una mezza idea di chi contattare.
Era sicuro che una persona sapeva esattamente dove trovarla.
Il problema più urgente perciò era trovare questa “chiave di
volta”.
~~~~~
Villa McKaye, mezzora dopo
Rachel stava passando l’aspirapolvere lungo il corridoio,
con le cuffiette di un lettore mp3 regalo di Madian infilate nelle orecchie,
quando il telefono prese a squillare.
Dopo un’infinità di squilli a vuoto Maximilian arrivò di
corsa, sbraitando alla moglie qualcosa che lei non sentì, troppo presa dalle
sue faccende.
L’uomo prelevò il cordless e rispose, urlando a chi c’era
dall’altro capo di avere un attimo di pazienza.
Quando finalmente riuscì a chiudersi nel suo studio tirò un
sospiro di sollievo:
- Pronto? – disse infine:
- Ciao papà, ho bisogno del tuo aiuto. – la voce del ragazzo
era grave, estremamente seria, e fece preoccupare l’uomo:
- Va tutto bene Madian? – sentì un sospiro dall’altro capo:
- Più o meno. Devo trovare una persona che nessuno ha mai
trovato e ho bisogno del tuo aiuto. Però non posso dirti nulla per telefono, mi
chiedevo se tu e la mamma avete voglia di fare un giretto qui in città… - venne
interrotto dalle rassicurazioni di suo padre:
- Certamente, adesso le tolgo dalle mani quell’aspirapolvere
infernale e la carico in auto. Saremo lì prima possibile! – non sapeva perché,
ma qualcosa nelle parole del ragazzo lo preoccupava enormemente.
Chiuse la conversazione e andò a recuperare sua moglie,
incuriosito per la strana richiesta del ragazzo.
Ok, lo so che adesso volete definitivamente cancellarmi
dalla faccia della terra, ma io non demordo!! Per eventuali recapiti di frutta
e/o verdura marcia avete il mio indirizzo e-mail o eventualmente il mio blog.
Elenim: Davvero hai il sorrisino ebete?! Dai, fammelo
vedere!! Scherzi a parte, mi sto preparando ad affrontare una vera e propria
rivolta, quindi ti saluto e mi rinchiudo nel mio bunker!!
Earinë: Allora? Sono cattiva, cattivissima o strega
malefica?! Uahahahah!! Così impari a dare dell’arrapato a Mitja, mi ha scritto
una mail da Salisburgo in cirillico, non la traduco perché sospetto sia piena
di rimostranze non precisamente educate: se se ne sta buono lo coglionate, se
si dà da fare lo coglionate il doppio! Il poveretto sta pensando di cambiare
sponda, magari così può andare… ;pPS:
tieni buona la belva, ti supplico!!
AyLa: Oddio, adesso anche tu mi starai odiando… non
so che dirti, consolati con i due biondini… che gran casino! Comunque l’allieva
ha superato la maestra, neanche tu hai raggiunto picchi così elevati di
cattiveria nei confronti dei tuoi personaggi… beh, mi farò perdonare! E TANTI
AUGURI DI BUON COMPLEANNO!! SMACK!!
Uriko: Se può servire a migliorare la mia quotazione
in questo momento, questa era la scena peggiore… mentre voi leggete io espatrio
sulla Luna, dicono che ci sia un paesaggio da mozzare il fiato…
Londonlilyt: Ehm… Non la vai ad ammazzare adesso,
vero? Mi servirebbe ancora…
Antheameiko: Se ho bisogno di un rifugio sicuro posso
fare un salto da te? Sai com’è, qui l’atmosfera si sta surriscaldando…O.O
Damynex: Forse era il Mambo il ballo che dicevi… a
parte questo, hai la mente più malata della mia!!XD Vedrai cosa succederà tra
loro, sicuramente sarà diverso dagli altri due.
Jennifer: Non so se questo capitolo ti abbia
rilassata dopo aver studiato… mi sa che ti ha fatto venire voglia di tornare a
studiare! Hai perfettamente ragione, ero incerta e ho messo a caso, poi mi sono
dimenticata di cercare una traduzione: errore di distrazione! Comunque ho già
corretto, grazie infinite! Niente scenate di gelosia per Arkel, e Winter darà
una spiegazione. La poverina è più complessata di quanto credete!
Dark Angel & Light Angel: Ciao Dark! Mi state
ubriacando passando dall’una all’altra! No dai, scherzo! Non posso anticipare
niente su Arkel, farà il suo dovere comunque, da bravo omino innamorato. Hai
afferrato perfettamente il concetto per quanto riguarda Winter, ma non mi
odiare per quello che ho fatto alla tua coppia preferita!! Ciao anche a Light
allora, al prossimo capitolo!
Detto questo, mi preparo al bombardamento, e col mio elmetto
in testa e la maschera anti-gas vi faccio un rapidissimo ciao-ciao prima di
nascondermi per benino! A presto!
Si è aggiunto un altro problema:
l’ora legale. In India non esiste (con tutti i paesi che ci sono quello dovevo
beccare?!), loro vanno tutto l’anno con l’ora solare, quindi rispetto a
Greenwich sono avanti di 4 ore e mezza, ma questo solo quando da noi c’è l’ora
legale. Quando anche da noi scatta l’ora solare invece sono avanti di 5 ore e
30 minuti rispetto a Greenwich. Per adesso quindi nella storia Salisburgo e la
città negli States hanno l’ora legale, mentre quella scriteriata di Haydée ha
l’ora solare. Mi si sta fondendo il cervello a forza di calcoli e sto per
diventare intrattabile!! Come sempre, se qualcuno ne capisce più di me si
faccia avanti, gli aiuti sono sempre graditissimi.
Ah, scusate il ritardo! ^_^
Caccia alla volpe
Salisburgo, ore 17:00 pm
Winter scese dalla macchina e fece un respiro profondo.
Era davanti alla casa di sua sorella. Era arrivata.
Si volse e incontrò il sorriso rassicurante di Mitja, e
allungò una mano verso di lui.
Lui la strinse con forza, comunicandole senza bisogno delle
parole che era lì accanto a lei per sostenerla.
La ragazza scostò il cancelletto e fecero alcuni passi in un
piccolo giardino, ritrovandosi poi di fronte alla porta.
Alzò una mano tremante, e dopo un ultimo istante di
indecisione premette il campanello, facendo istintivamente un passo indietro.
Ecco, la sua mossa l’aveva fatta. Ora non restava che
aspettare una reazione da parte dell’abitante della casa.
Attesero diversi minuti, ma tutto attorno a loro era
silenzio.
Si scambiarono un’occhiata intensa, poi Mitja suonò la
seconda volta.
Stavano per scoraggiarsi quando sentirono una voce e dei
passi affrettati.
Quando la porta si aprì si trovarono di fronte un ragazzo di
una trentina d’anni, alto e castano chiaro.
Guardò Mitja con due occhi castani brillanti
all’inverosimile, mentre Winter adocchiava alcune vistose macchie d’erba sulla
tuta che indossava.
Quando il giovane posò il suo sguardo sulla ragazza per poco
gli prese un colpo:
- An… Anya? – balbettò con voce strozzata. Immediatamente
lei scosse il capo, estremamente nervosa:
- No, non sono Anya. Sono sua sorella gemella. Lei è in
casa? – mormorò mentre la sua attenzione veniva catturata da dei richiami
acuti:
- Pà!…. Pà! – strillava una vocetta insistente, seguita
dallo scalpiccio di piccoli passi.
Un attimo dopo un bambino biondo di circa 2-3 anni, con
meravigliosi occhi azzurri, fece capolino accanto a una gamba del ragazzo,
guardando i due estranei con timidezza e sospetto.
Immediatamente si aggrappò a una gamba di suo padre,
distogliendo lo sguardo da quello insistente della ragazza:
- Anya non è in casa, ma tornerà tra poco. Entrate. -
mormorò il ragazzo prendendo in braccio il bambino e scostandosi per farli
entrare:
- Grazie… - mormorò Mitja intuendo il significato
dell’ultima parola e trascinandosi dietro una sconvolta Winter.
Dopo pochi istanti si ritrovarono seduti su un comodo divano
in un calorosissimo salottino, arredato con gusto.
Winter si guardò attorno con gli occhi sgranati, aveva
l’impressione di trovarsi nella casa delle bambole che sua madre aveva regalato
a lei e sua sorella tanto anni addietro. In formato gigante naturalmente.
- Io sono Friedrich, il marito di Anya, e questo timidone è
Nikolas, nostro figlio. – dopo che Winter ebbe tradotto l’informazione, i due
estranei guardarono dall’uno all’altro con gli occhi sempre più sgranati,
mentre Mitja non riuscì a trattenersi dal commentare:
- Crystal è sposata e ha un figlio… mio Dio… - Friedrich si
volse a guardare Winter con aria interrogativa. Aveva capito quello che aveva
detto, spiegò, ma non il nome che aveva usato:
- Crystal è il nome di mia sorella. Ha perso la memoria 17
anni fa e non ricordava il suo vero nome. Le suore l’hanno chiamata così. –
spiegò la ragazza guardandolo negli occhi.
D’un tratto sentì due manine piccole e calde posarsi sulle
sue, fredde per la tensione:
- Assomigli alla mia mamma! – le disse una vocetta
cristallina, e si ritrovò a fissare un visetto sorpreso e dolcissimo. Sembrava
il viso di un angelo. Istintivamente accarezzò una gota al bambino, mentre gli
occhi le si riempivano di lacrime:
- Lo so, quando abitavamo insieme la gente ci confondeva! –
esclamò trattenendo un singhiozzo, poi alzò lo sguardo sul cognato: - Il mio
nome è Winter, ti sembrerà incredibile ma sono la gemella di… tua moglie… - lui
si raddrizzò sullo schienale, sporgendosi verso di loro e guardandoli
duramente:
- In tutti questi anni Anya non ha desiderato altro che
ritrovare la sua famiglia. Lei non me lo ha mai detto, ma io so che è così. Non
metto in dubbio la veridicità di quello che dici, ma badate di non farla
soffrire. Lei è tutto quello che ho, insieme a Nikolas, quindi vi prego di non
spaventarla in alcun modo. – il suo sguardo era talmente deciso che entrambi
trattennero il fiato, annuendo:
- Non voglio spaventarla, e non voglio farla soffrire. –
mormorò d’un soffio con le lacrime agli occhi: - Voglio solo riabbracciare mia
sorella, ti prego non allontanarmi ancora da lei! – il viso di Friedrich si
addolcì immediatamente:
- Non vi manderò via, voglio che lei riabbia la sua famiglia.
Siete identiche, è difficile farsi prendere dal dubbio che tu non sia sua
sorella! – fece sorridendo e allungando una mano per stringere le sue. Winter
gli sorrise debolmente:
- Grazie Friedrich… grazie!! – poi il ragazzo si volse verso
Mitja:
- E lui? È un vostro parente? – la giovane si affrettò a
negare:
- Oh, no! Lui è nostro amico da sempre! Si chiama Mitja… ma
aspetta, voglio mostrarti una cosa… - fece frugando nella borsetta.
Tirò fuori la famosa foto del pupazzo di neve, la stessa che
aveva anche Mitja e che avevano mostrato alla madre superiora del convento: -
Questi siamo noi! –
Il giovane la prese, osservandola stupito, poi gli sfuggì un
sorriso e si coprì la bocca:
- Avete detto la verità, questa è proprio Anya… o Crystal,
come la chiami tu! – gli occhi di Winter si illuminarono:
- Mia sorella è sempre così allegra? – Friedrich non
rispose, mettendosi in ascolto mentre Nikolas partiva di corsa verso una
destinazione sconosciuta. Il ragazzo le sorrise:
- Potrai giudicare tu stessa! – esclamò alzandosi e
mandandola nel panico più assoluto.
I due ragazzi rimasero soli per diversi istanti, e Winter si
volse allarmata:
- È lei? – fece con voce tremante. Mitja le cinse le spalle,
depositandole un bacio sulla fronte:
- Credo proprio di sì. Vieni qui… - mormorò passandole le
dita sul viso per toglierle le lacrime: - Non vorrai farti pescare da tua
sorella mentre frigni come una bambina! – esclamò tentando di spezzare la
tensione.
Poi si zittirono, mettendosi in ascolto.
Sentirono una voce squillante parlare con dolcezza al
bambino, poi dei passi sul pavimento di una stanza accanto a quella dove si
trovavano.
Winter sentì Friedrich mormorarle qualcosa con dolcezza, e
trattenerla un istante per darle tutte le spiegazioni.
Un attimo dopo una figura aggraziata apparve sulla porta
alla loro sinistra.
Era una ragazza bionda, alta, con lucentissimi occhi
azzurri. Portava i capelli biondi in un caschetto graziosissimo ed era vestita
con estrema semplicità, jeans e camicetta.
Posò la borsetta su un tavolino accanto a lei e si mosse in
direzione dei due ospiti, guardandoli con occhi sgranati.
Winter e Mitja erano pressoché immobili sul divano, osavano
a malapena alzare lo sguardo su di lei. Poi la ragazza si fece forza e alzando
il capo incontrò sé stessa in due occhi azzurri come il cielo d’estate in alta
montagna.
Con gli occhi sbarrati come sua sorella si alzò in piedi,
incapace di proferire verbo.
Accanto a loro i due ragazzi le guardavano apprensivi.
Poi Crystal fece un passo avanti, sbattendo le palpebre per
ricacciare le lacrime che le si erano formate involontariamente negli occhi.
- Win… …Winter! – riuscì a esclamare con voce flebile, poi
il mondo attorno a lei prese a ruotare vorticosamente e improvvisamente divenne
buio.
~~~~~
Villetta in periferia 11:00 am
Maximilian ascoltò suo figlio attentamente, mentre Rachel
aveva già avuto un paio di principi di svenimento.
Non poteva credere che Haydée se ne fosse andata così, da un
momento all’altro.
Certo che per avere così su due piedi il biglietto per l’India
doveva averlo pronto da tempo, di certo non era un viaggio last-minute! Perciò chissà da quanto
sapeva che se ne sarebbe andata.
Eppure gli era sembrata così affiatata con suo figlio la
settimana prima, perché aveva deciso di andarsene?
Phénice si era rifiutata di raccontare quella cosa che,
stando alla lettera, doveva sapere meglio di chiunque altro. Diceva che non
avrebbe deluso la sua amica neanche sotto tortura, quindi si era rinchiusa in
un ostinato silenzio e aveva detto a Madian di non supplicarla perché temeva di
tradirsi.
Quando il ragazzo finì di dargli tutte le informazioni del
caso si prese il mento tra pollice e indice, mugugnando qualcosa fra sé e sé:
- E così tu credi che per avere notizie più precise dobbiamo
rintracciare Sybil, giusto? – il ragazzo annuì:
- Non lo credo semplicemente papà, ne sono assolutamente
certo! Me lo aveva detto lei stessa che quella donna è capace di sapere i
segreti dei morti, figurarsi se non sa dov’è finita la sua ladra migliore! –
fece innervosito alzandosi e gesticolando:
- Uhm… e va bene, tenterò di contattarla, ma non sarà una
cosa facile Madian. Soprattutto adesso che anche Winter, l’unica a sapere dove
trovarla, è in Europa e perciò fuori dalla nostra portata. Inoltre ha altri
pensieri per la testa, non mi pare il caso di disturbarla. – Madian si sedette
pesantemente:
- Lo so, infatti sono stato un’ora davanti al computer
incerto se scrivere o meno a Mitja, poi mi sono detto che era meglio lasciarli
stare e non ho fatto nulla. Però ho pensato: se è riuscita a trovarla lei,
perché noi non dovremmo riuscirci?! Siamo nel giro da molto più tempo e
teoricamente dovremmo conoscere molta più gente, perché invece non sappiamo
neanche che faccia abbia? – Maximilian ridacchiò:
- Ragazzo, credo che abbiamo a che fare con una femminista
convinta. So per certo che ha istruito solamente ladre donna, difficilmente si
farà trovare da un uomo! – il ragazzo si spettinò nervosamente:
- Ma allora non c’è via d’uscita! – esclamò esasperato.
Rimasero in silenzio a lungo, incerti sul da farsi; poi
Rachel, che fino a quel momento se n’era stata buona in un angolo, tossicchiò:
- Beh, io sono una donna… - mormorò incerta, temendo che la
prendessero per pazza.
In effetti erano abbastanza sbalorditi, a giudicare dalle
loro espressioni, perciò agitò una mano e sospirò:
- Lasciate perdere, non so da dove mi sia uscita quest’idea…
- suo marito si alzò e la prese per le spalle:
- Ma certo!! Spargerai la voce che la cerchi, ed essendo
donna magari riuscirai a incontrarla! Cara, sei geniale!! – esclamò dandole un
rapido bacio. Lei ridacchiò:
- Credete davvero che sia una buona idea? – suo figlio le
fece un sorriso a 32 denti:
- Una buona idea?! Mamma, è perfetta!! Non ci saremmo
arrivati neanche in giorni di meditazione! Ah, che madre perfetta! – esclamò
prendendola tra le braccia e sollevandola agilmente.
Ora non rimaneva che spargere la voce tra le persone giuste,
attendere pazientemente e con ogni probabilità le acque si sarebbero smosse da
sé.
~~~~~
Aeroporto New Delhi, 20:35 pm
Lo sportello si aprì e immediatamente l’aria rovente e il
riflesso accecante del sole la investirono.
Superato il primo attimo di smarrimento infilò un paio di
occhiali da sole e ancora aiutandosi con la stampella uscì nella luce del sole
indiano, scendendo lentamente la scaletta mentre una hostess cortese la
aiutava.
Si avviò lentamente al terminale, guardandosi attorno per
essere certa che non stava sognando, poi vide un uomo in lontananza farle ampi
gesti con le braccia.
Rispose alzando un braccio e sorridendo, poi alzò lo sguardo
verso il cielo e socchiuse gli occhi.
Sono a casa…
~~~~~
Salisburgo, 17:15 pm
Friedrich aveva preso sua moglie al volo prima che cadesse a
terra, l’aveva stesa sul divano lasciato libero dai due ospiti e tentava in
tutti i modi di svegliarla.
In quel momento Nikolas prese a singhiozzare piano, aveva
provato a trattenersi per far vedere che era un ometto coraggioso, ma proprio
non ci riusciva a non piangere!
Si accostò a suo padre tirandolo per il maglione, e non
appena ebbe catturato la sua attenzione gli gettò le braccia al collo:
- Cos’ha la mamma? Perché dorme e non si sveglia? –
piagnucolò dopo un po’. Friedrich alzò lo sguardo su Winter e Mitja:
- Non ha nulla, è solo stanca ma adesso si sveglia. –
mormorò cominciando a preoccuparsi. Quello svenimento non gli sembrava più
naturale:
- Credo che… sarebbe meglio chiamare un medico… - mormorò
Winter che non aveva ancora staccato gli occhi di dosso a sua sorella. Il
ragazzo socchiuse gli occhi:
- Prova a chiamare tua sorella intanto. – fece spostandosi e
portando il bambino nella stanza accanto per cercare di calmarlo.
Mitja le sorrise dolcemente, così si sedette accanto a
Crystal, o Anya, e la chiamò.
Dopo un paio di tentativi inutili alzò una mano tremante e
prese a sfiorarle il viso:
- Svegliati Crystal… svegliati sorellina, mi sei mancata
così tanto! – lacrime silenziose le rigavano il viso mentre le prendeva una
mano e se la posava su una guancia: - Sono Winter… Crystal sono Winter!! – ma
nemmeno quel tentativo andò in porto.
Il marito della ragazza stava per chiamare il medico quando
Nikolas gli sfuggì e andò ad abbracciare sua madre.
Mormorò qualcosa di incomprensibile all’orecchio della sua
mamma, poi appoggiò il capino sul cuore della ragazza:
- Mamma, c’è una che ti assomiglia tanto, sai? – fece con
una vocetta tremante e tenerissima, poi le baciò una guancia: - Se non ti
svegli la vedo solo io, è tanto bella anche lei! – cinguettò notando un fremito
sulle palpebre della madre. Allungò una manina verso Friedrich e saltellò:
- Pà, la mamma si sveglia!! – Winter era esplosa in lacrime,
rifugiandosi nell’incavo del collo di Mitja, poi quando aveva sentito quella
semplice frasetta si era staccata lentamente, scambiandosi un’occhiata col
ragazzo.
Istintivamente lui la scostò dalla visuale della giovane
stesa sul divano, non sapeva dire il perché ma era certo che fosse la cosa
migliore: lasciarle il tempo di svegliarsi e di riordinare le idee.
Anya, alias Crystal, si tirò faticosamente a sedere, mentre
suo marito la sorreggeva e il bambino saltellava allegro attorno a loro.
Friedrich le diede un caloroso bacio, tenendole il viso tra
le mani:
- Stai bene? – mormorò visibilmente sollevato. Lei annuì,
poi gli rivolse un sorriso debole:
- Sì Fried… ma devo dirti una cosa strana… io… beh… mi sembra
di ricordare il mio passato, cos’è successo? – lui le sorrise, togliendole
alcuni ciuffi di capelli dal viso:
- Spero davvero che tu lo ricordi… il fatto è che qui ci
sono due persone legate in modo molto stretto alla tua infanzia. Quando li hai
visti sei svenuta: mi hanno detto che da bambina sei stata rapita, ti hanno
drogata e hai perso la memoria. Per questo sei stata male. Ora sei più
tranquilla? – la ragazza tremava visibilmente:
- Due… persone?… Friedrich, non sarà… non saranno… - venne
interrotta da un grido di Nikolas:
- Mamma, guarda!! C’è una uguale a te!! – esclamò correndo
verso Winter e Mitja.
Crystal si volse lentamente, temeva di stare ancora male.
Aveva sentito come una voragine squarciarsi nella sua mente,
e d’improvviso il suo passato le era parso chiaro come alla luce del sole in
una giornata estiva: si era rivista bambina mentre giocava in un cortile
insieme a una bambina uguale a lei e a un ragazzino sempre sorridente. Aveva
avuto davanti agli occhi lo sguardo di sua madre quando prendeva un bel voto a
scuola e il viso di suo padre quando la sera la metteva sotto le coperte.
Ricordava tutto ormai, anche il viso dei suoi rapitori. Erano orientali, se lo
ricordava bene.
Quando incontrò gli occhi di sua sorella sorrise d’istinto:
- Winter… sei Winter, vero? Mia… mia sorella! – esclamò
allungando le braccia verso di lei.
La ragazza fece qualche passo avanti, cadde sulle ginocchia
e abbracciò Anya con tutte le sue forze:
- Sì, sono Winter… e tu sei Crystal! Dio mio, ti ho
ritrovata!! – rideva e piangeva al tempo stesso, e Mitja la guardava
sorridendo.
Finalmente rideva, dopo 17 anni la sua Winter aveva
ritrovato il sorriso!
Quel pensiero improvviso quasi lo sbigottì, ma non ebbe il
tempo di pensare al perché la considerava sua, infatti Friedrich gli stava
parlando in un inglese stentato:
- E tu? Non la abbracci? – chiese dandogli una pacca su una
spalla. Mitja lo guardò sorpreso:
- Eh? N-no… cioè, prima le sorelle… - si accorse di un
improvviso silenzio e si volse verso il divano. Winter sorrideva mentre si
asciugava le lacrime, e Crystal lo guardava seria.
Si guardò attorno quasi spaventato, temeva che lei non lo
riconoscesse.
Poi la ragazza allargò le labbra nel più incantevole dei
sorrisi e allungò una mano verso di lui:
- Mitja? Mitja Krylov? Oh, non ci posso credere!! Anche tu
qui! – fece alzandosi mentre lui si avvicinava per abbracciarla:
- Ti… ti ricordi anche di me? – lei rideva apertamente:
- Ma certo!! Come potrei dimenticarmi dello yeti?! Che
ridere quando giocavamo nella neve!! – poi esplose in una risata che gli fece
salire le lacrime agli occhi:
- Crystal… - mormorò chiudendo gli occhi e affondando il
viso nella sua spalla. Il suo profumo era cambiato, non era più la bambina di
un tempo, ma era sempre allegra e scherzosa quasi quanto lui. La lasciò andare
a fatica, e solo perché sapeva che suo marito li osservava. Solo allora guardò
Winter e vide nel suo sguardo qualcosa di strano, come un velo di estrema
malinconia. Ma non capì a cosa era dovuto.
La ragazza era tornata accanto a sua sorella:
- Mamma e papà? – chiese con la massima naturalezza, ma
aveva gli occhi lucidi:
- Stanno bene… ma ho viaggiato tanto per ritrovarti, non li
vedo da parecchio… - mormorò intimidita. Crystal annuì poi la abbracciò
nuovamente, piangendo silenziosamente:
- Sorellina mia… abbiamo tante cose da raccontarci e da
ricordare… ma, avete già fatto conoscenza con i miei uomini, vero? – esclamò
ridente come se la ricordavano, mentre prendeva Nikolas sulle gambe.
Uriko: No, non penso che lo farò diventare una specie
di Rambo, non gli si addice per niente… ma una bella sculacciata le starebbe
bene!;p A presto!
AyLa: Lo so, l’allieva ha surclassato di gran lunga
la maestra… ;p Beh, pensavo peggio: non ho ricevuto uova marce né polli
influenzati, direi che avete assorbito per bene la notizia!J
Londonlilyt: Ma no dai, però se vuoi farle qualche
scherzetto mi associo volentieri!
Jennifer: È quello che mi ha chiesto anche lui, “Cosa
ti ho fatto?!”. Non so che dire, non è colpa mia è Haydée che fa quello che le
pare! :p!! Dai che da qui è tutta in salita…
Dark Angel & Light Angel: Ciao Light! Ha ripreso
le funzioni vitali adesso?! Scusatemi per il ritardo, dovevo assorbire la
notizia pure io!! Avevo aggiornato più velocemente per fare una regalo ad AyLa
per il suo compleanno. Non dovete scusarvi, figuratevi! Per la mail va
benissimo, controllo spesso l’indirizzo e ve lo ripeto: tarn5@libero.it. Ah
Light, ti è piaciuta questa parte sui due biondi?
Antheameiko: Anche qui la temperatura è scesa,
infatti ho un mal di gola terribile… beh, ma almeno non ci sono solo 4 gradi!!
Ti tengo in considerazione per la prossima volta nella quale dovrò chiedere
asilo politico, per stavolta ho evitato la guerra nucleare!! Hai indovinato, va
da Sybil… ma non so se ci riuscirà! Ciao e scusa anche tu per il ritardo;)
Earinë: Eh, non avevo dubbi. Adesso mi si spiega chi
ha lasciato tutto quel casino in giro nel mio cervello, non potevo essere stata
io non ci entravo da mesi!! Oh, una che Mitja lo capisce! Saluta il povero Kim,
spero si sia ripreso dallo shock!
Elenim: Ti confesso che ho avuto la tentazione di
metterlo come finale e fare un proseguo, ma mi sono detta che era troppo
cattivo! Scusami per il ritardo ma ho avuto una settimana strapiena, adesso mi
rimetto d’impegno con le storie e con la lettura, intanto complimenti!
Damynex: Immaginavo che fosse solo una svista, solo
che mi sono chiesta se poteva esistere un ballo con quel nome di cui no ero a
conoscenza… sono molto più fuori di te!! Carina l’idea della canzone!!
Super Gaia: Grazie di adorarmi anche se ti faccio
dannare!! Grazie, un bacione a te;)
*Sakura*: Uao, un’altra new entry! Che dire:
complimenti per aver letto tutti i capitoli in una botta, sei da record!! Non
abbandono la storia, tranquilla, e scusami anche tu per il ritardo. A presto!
Maximilian e suo figlio stavano discutendo su chi e come
contattare per avere uno straccio di informazione, nemmeno Rachel lo degnava di
un’occhiata, troppo concentrata a interpretare la parte della spia.
Non gli piaceva quella faccenda, aveva detto a Madian che
lui non avrebbe rincorso una femmina per tutto l’oro del mondo e che sbagliava
a volerla rintracciare al lato opposto del globo. Se era scappata a quel modo
doveva esserci qualcosa di grosso sotto. D’altro canto però non sapeva se lui
al suo posto se ne sarebbe stato calmo…
Immediatamente gli venne in mente Phénice: povera ragazzina,
era tutta sola e depressa… e lui aveva promesso di tenerla d’occhio!
Si alzò dal divano e finalmente aveva un obiettivo.
Facendo un urlaccio ai due uomini in cucina disse che
usciva, prese la moto e sfrecciò per le vie della città in direzione
dell’università.
Phénice era nel suo studiolo, una cameretta di 3x3 ricolma
di libri e scartoffie, polvere e conoscenza. Stava tentando di decifrare la
scritta sull’architrave di un vecchissimo portale fotografata dal famoso
archeologo che aveva pubblicato il libro che teneva tra le mani, quando
bussarono alla porta con discrezione.
Non rispose immediatamente, troppo presa da quella lettura
estremamente interessante. Non che stesse facendo una grande scoperta, altri
prima di lei avevano già tradotto quell’iscrizione. Semplicemente si stava
esercitando per quel famoso colloquio che avrebbe avuto la settimana dopo e voleva
essere preparatissima, anche se la sua condizione psicologica era quella che
era dopo la partenza di Haydée.
Gettò il libro sul tavolo sbuffando e mugugnò un avanti poco
cortese.
La persona che aveva bussato aprì la porta senza entrare,
così fu costretta a distogliere l’attenzione dalla fetta di cielo che vedeva
dalla finestra e a puntare gli occhi verdi e stanchi sulla figura all’ingresso:
- Entra pure… Arkel!! – esclamò sciogliendosi in un sorriso.
Lui si guardò attorno imbarazzato, era evidentemente fuori del suo elemento,
tuttavia entrò e accostò la porta:
- Ehm… ciao, volevo sapere… sì, ecco… come te la passi dopo
che la tua amica ha preso il volo… - non poteva scegliere argomento peggiore
per iniziare. La vide rattristarsi all’istante e distogliere lo sguardo dal
suo:
- Mmh, insomma. – mormorò torcendosi le mani e guardando le
pile di libri davanti a lei con aria abbattuta:
- Posso… posso fare qualcosa per te? – si sentiva sempre più
in imbarazzo, cosa diavolo poteva fare?! Lei scosse il capo con un sorriso
triste:
- Non credo Arkel, ma grazie comunque. Se veramente molto
gentile… - mormorò alzandosi e aprendo la finestra. Ultimamente si sentiva
sempre soffocare in quello studio. Era la consapevolezza di essere rimasta…
sola?
- Uhm… mi è venuto in mente che noi non abbiamo ancora
mangiato quella famosa pizza: che ne dici se… beh, insomma… se una di queste
sere noi… - venne interrotto dall’ingresso precipitoso di un ragazzo:
- Ciao bella! – esclamò sbattendo quasi la porta in faccia
ad Arkel e sedendosi sulla scrivania, proprio sopra al preziosissimo libro che
la ragazza studiava poco prima: - Allora, hai pensato a quell’invito per domani
sera? – lei guardò dall’uno all’altra quasi in preda al panico, e solo allora
il ragazzo si accorse di un’altra presenza nell’ufficio.
Si volse e incontrò con lo sguardo raggelante di una specie
di montagna umana, dall’aspetto burbero e scontroso. Teneva le braccia
incrociate e lo guardava con una chiara espressione omicida in quegli
stranissimi occhi verde cupo.
Arkel non aveva bisogno delle presentazioni per sapere che
quello era Selim. Una faccia di
stronzetto del genere non la si dimentica tanta facilmente. Soprattutto se lo
hai già visto per ben due volte.
- Selim, lui è Arkel, ed è… - non seppe come continuare e lo
guardò con aria smarrita. Ora che ci pensava, cos’era Arkel per lei? Non era
semplicemente un amico, o al meno lei non lo vedeva semplicemente così. E
allora?
- …E sono un vecchio amico di Haydée, che tu sicuramente
conosci. – proseguì per lei lanciandole un’occhiata significativa. Del tipo:
“Sono qui per aiutarti, ragazzina”. Phénice riprese a respirare:
- Esatto! È il migliore amico di un ragazzo che fa il filo
ad Haydée, una storia un po’ lunga… è venuto a vedere come me la passavo, sa
che sono triste da quando lei è partita. – Selim la guardò sorpreso, poi si
volse e gli porse la mano, ancora leggermente titubante:
- Piacere Arkel. – lo guardava attentamente, sembrava quasi
preoccupato. Arkel invece osservò la mano con un leggero disgusto, poi vide Phénice
guardarlo con gli occhi sgranati e decise di accontentarla:
- Selim… ho sentito molto parlare di te. – fece senza
guardarlo, tenendo gli occhi ben piantati in quelli della ragazza, e
stritolandogli la mano. Il ragazzo si sciolse dalla stretta ridacchiando
nervosamente:
- Però, che stretta formidabile! Fai palestra amico? – Arkel
sfoggiò il peggiore dei suoi sorrisi:
- Ogni tanto. In ogni caso preferisco correre in pista con
la moto. – Selim guardò la ragazza accanto a lui:
- Davvero? Anche ad Haydée piace andare in modo, da quanto
ne so… non è che ti piace e stai cercando di rintracciarla? Ti avverto, Phénice
non può aiutarti. – quell’uscita fece inarcare un sopracciglio al ragazzo,
mentre Phénice impallidiva in modo visibilissimo e si lasciava cadere sulla
sedia dietro di lei con lo sguardo fisso:
- Non sono qui per questo, volevo solo sentire come stava la
tua ragazza. Stavo togliendo il disturbo comunque. – badò a sottolineare
per bene quella parola, poi fece un cenno del capo alla rossa: - Ci vediamo
Phénice, stammi bene. – ringhiò uscendo rapidamente e sbattendo la porta alle
sue spalle.
Scese le scale di corsa, stringendo i denti a più non posso,
poi trovò il chiostro interno e uscì a prendere una boccata d’aria.
Iperventilò diverse volte, imponendosi di mantenere la calma
e di non tornare su, o era la volta buona che gli sarebbe scappato il morto.
Come si permetteva quel pupattolo figlio di papà di
insinuare una cosa del genere su di lui?! Puah!! Lui che correva dietro ad
Haydée, si era mai sentita una cosa più stupida?!?
Misurò il giardinetto con lunghe falcate rabbiose, poi
ritrovò un minimo di auto-controllo e si sedette sotto a un albero, lo stesso
dove stava Phénice giorno prima.
Perché c’era sempre qualcosa che rovinava tutto quello che
si impegnava a fare? Che fosse lo stramaledetto destino a infilarci la
zampaccia per impedirgli di essere felice? O magari per evitargli un
grossissimo errore?
No, Phénice non poteva essere un errore… quando gli
tornarono alla mente gli occhi sgranati e spauriti della ragazza si calmò del
tutto.
Aveva promesso di starle vicino e di controllarla… beh,
avrebbe fatto molto di più! L’avrebbe protetta lui da quel Selim, solo
toccandolo aveva capito perfettamente cosa intendesse Haydée con quel “persona
molto poco affidabile”. Era un viscido, ecco cos’era!!
~~~~~
Villaggio di R****, nelle vicinanze di New Delhi, ore 23:45 pm
Haydée uscì nel giardino interno della casa di suo padre, la
stessa che l’aveva vista bambina correre insieme alla sua amica d’infanzia,
Ameera.
Sedette su una panchina di marmo, alzando gli occhi al cielo
vellutato, e sospirò.
Sentiva una pace infinita in quel luogo: era finalmente
lontana dagli avvenimenti drammatici della sua vita, era nel suo nido, era a
casa!
Chiuse gli occhi e inspirò profondamente il profumo dei
fiori che si spandeva nell’aria.
Nulla era cambiato, le piante erano semplicemente cresciute,
come del resto lo era lei, ma il silenzio della notte e l’affetto delle persone
che la circondavano era immutato.
Suo padre l’aveva accolta con le lacrime agli occhi, si era
addirittura preso dei giorni di ferie arretrati dal lavoro per starle accanto e
per sapere tutto di lei.
Come sempre era stata ritrosa a parlare di sé, un po’ per la
sua timidezza, ma soprattutto perché non sapeva cosa dirgli.
Che doveva fare, confessargli su due piedi che era una
ladra, che le avevano sparato, che aveva fatto un interrogatorio a un mafioso e
a sua moglie e che era scappata per… paura dell’amore?!
No, infatti: la versione ufficiale era che aveva affidato il
suo ufficio al suo assistente per prendersi una pausa a tempo indeterminato,
decisione presa dopo essere stata coinvolta in una rapina e aver preso una
pallottola vagante in una gamba. Fine del discorso.
Quel brav’uomo si era accontentato del suo “telegramma” e
aveva continuato a farle festa, invitando i vicini a salutare la sua bambina
tornata dall’America e contattando immediatamente Ameera e sua madre.
Le due donne si erano presentate proprio quel pomeriggio, a
sorpresa.
Ameera le aveva gettato le braccia al collo, sciogliendosi
in lacrime, e altrettanto aveva fatto lei.
Avevano passato tutto il pomeriggio a parlare sedute su
quella stessa panchina, mentre i figli della giovane indiana giocavano tra gli
aranci e i fiori esotici.
Già perché Ameera aveva un figlio di 9 anni, una bambina
adorabile di 6, e un altro maschietto di 4, che col primogenito formava
l’equivalente di un monsone devastatore.
Le aveva detto di essere ospite di sua madre in quei giorni,
avrebbero potuto vedersi spesso in quel modo. Infatti non abitava più a R****,
si era trasferita poco dopo il matrimonio in una cittadina a circa 90 km da lì,
per seguire il marito nel suo lavoro.
Era felice lei: aveva una bella famiglia, un marito che
l’amava sinceramente e l’affetto di amici e parenti. Haydée l’aveva guardata
quasi con invidia, e si era ritrovata a pensare a quanto invece fosse triste la
sua vita. Era sola, non riusciva nemmeno a immaginare di avere dei figli con la
paura che aveva dell’altro sesso, ed era scappata dai pochi amici che aveva,
anzi dalla sua stessa sorellina.
Una lacrima silenziosa le corse lungo una guancia, e non
fece nulla per fermarla. Semplicemente aprì gli occhi e si incantò a guardare
il cielo, innamorata della luce argentea di luna e stelle.
Non poté impedirsi di scivolare col pensiero a Madian, e
immediatamente sentì una stretta nella cassa toracica, in alto a sinistra.
Lo aveva lasciato senza un parola, senza una spiegazione.
Solo qualche accenno nell’unica lettera che aveva avuto il coraggio di
scrivere.
Un sorriso amaro le deturpò i lineamenti perfetti, facendole
chinare il capo.
Probabilmente l’aveva già dimenticata, magari con la stessa
Celia.
Era strano, non avrebbe dovuto essere così triste di
abbandonare una persona che non doveva essere nulla per lei.
Ma era veramente così? Era proprio certa di non provare
qualcosa di vero e profondo per Madian?
Scosse il capo come per scacciare quei pensieri.
Aveva bisogno di tempo per fare chiarezza, ed era
esattamente quello che era venuta a prendersi in India.
Tempo per pensare e per purificarsi l’anima. Doveva
scacciare definitivamente i ricordi dolorosi del passato o non sarebbe più
riuscita a vivere.
Poi avrebbe anche potuto decidere di tornare, tanto per
vedere se lui era ancora lì, per sapere se l’aveva dimenticata o se c’era
veramente qualcosa tra loro.
~~~~~
Salisburgo, 19:05 pm
Winter prese in braccio suo nipote e cominciò a raccontargli
di quando la loro mamma le puniva quando disubbidivano.
Crystal lo aveva appena sgridato, era entrato in casa
completamente sporco di fango ed era corso nella sua stanza, imbrattando
irrimediabilmente la moquette della sua cameretta.
Gli fece appoggiare la testolina sulla sua spalla,
cullandolo dolcemente e tentando di farlo smettere di singhiozzare.
- …E sai cos’ha fatto la tua mamma che adesso sembra tanto
terribile? – chiese dolcemente, accarezzandogli i capelli biondissimi. Lui
scosse il capo, sgranando gli occhi: - Beh, ha cominciato a strillare come una
pazza che lei voleva mangiare cioccolato fino a scoppiare, facendo accorrere i
vicini, mentre io mi sono rintanata sotto al cuscino per salvarmi i timpani! –
Nikolas si raddrizzò, con ancora i lacrimoni negli occhi, e spalancò la bocca:
- Vero vero? – chiese con un filo di voce. Lei annuì
ridendo:
- Verissimo! – il bambino si galvanizzò:
- E la vostra mamma vi ha tolto la punizione? – lei
ridacchiò:
- No, io sono stata due giorni senza dolcetti, come
stabilito, e la tua mamma invece ne ha fatti quattro! – il piccolo si rabbuiò:
- Ah… allora cosa devo fare? -
- Obbedire il più possibile alla mamma, lei sa qual è il tuo
bene. Ad esempio se la nostra mamma ci avesse lasciate mangiare tutti i
dolcetti che volevamo ci sarebbe venuto un gran male al pancino e non avremmo
potuto giocare per giorni! – Nikolas corrugò la fronte:
- Non ci credo! -
- Invece è vero! E la sai un’altra cosa? Se lei non ci
avesse punite adesso avremmo dei denti orribili, più brutti di quelli delle
streghe! – il bambino sussultò:
- Non è vero!! La mia mamma non è una strega! – esclamò
mezzo divertito:
- Ma come?! Non l’hai detto tu che quando si arrabbia fa
paura? – il piccolo ci pensò su:
- Uhm… beh sì, ma solo un pochino… invece le streghe fanno
paura, e tanta anche! – esclamò ormai rassicurato. Lei rise e lo strinse,
spettinandogli i capelli, ma Nikolas aveva già distolto l’attenzione da lei e
si divincolò per saettare nella sua stanza:
- Vado a dire alla mamma che non è brutta come una strega! –
cinguettò convinto che quel “complimento” avrebbe migliorato la sua posizione.
Mitja le sedette accanto, ridacchiando:
- Il nanerottolo aveva uno sguardo poco raccomandabile, per
che missione è partito? – chiese divertito:
- Sta andando da Crystal a dirle che non è brutta come una
strega, credi che le farà piacere? – lui scoppiò in una risata:
- No! Credo proprio di no! – anche Winter rise, cosa
decisamente nuova per lei, mentre Mitja la guardava incantato:
- Non sembri nemmeno tu… - mormorò senza rendersene conto.
Lei lo guardo sorpresa:
- Perché? -
- Da quanto non ridevi Winter? – lei si bloccò, immergendosi
in qualche oscuro pensiero, poi gli lanciò un’occhiata di sbieco:
- Da quanto ho perso Crystal… e te. – mormorò dolcemente.
Il ragazzo venne preso da un istinto che faticò a
trattenere, limitandosi a circondarle le spalle con un braccio e a darle un
bacio tra i capelli morbidi.
Rimase un istante ad annusare il suo profumo, mentre Winter
si rifugiava nell’incavo del suo collo posandogli la testa sulla spalla.
Non si erano accorti che Crystal era scesa al pian terreno e
li osservava dalla finestra della cucina, sorridendo e indicando i due ragazzi
in giardino al marito appena rientrato:
- Sono carino insieme, non trovi? Pensa, mia sorella e il
mio migliore amico di bambina… – lui le circondò la vita con le braccia,
affondando il viso nel suo collo e chiudendo gli occhi:
- Sarebbe bello… spero che saranno felici almeno quanto noi…
- mormorò rauco mordicchiandole la pelle morbida e strappandole un mugolio
divertito:
- Friedrich, potrebbe entrare Nikolas! - fece con una
risatina frizzante:
- Mmh… già… - ma interruppe le sue manovre solo in seguito,
quando i passi leggeri di suo figlio si avvicinarono alla cucina.
~~~~~
Palazzina nella città vecchia, ore 15:10 pm
Sybil sospirò, appoggiandosi allo schienale della poltrona e
massaggiandosi le tempie.
Come aveva potuto Haydée piantarla così, decidendo di
smettere di rubare da un giorno all’altro?! E poi la sua partenza per l’India!!
Che colpo di testa assurdo!
Per non parlare di Winter, l’altra sua punta di diamante: in
ancora meno tempo di Haydée aveva abbandonato il lavoro di ladra ed era partita
per l’Europa!
Certo, almeno lei aveva la scusa che doveva rintracciare sua
sorella. Per carità, nulla contro le riunioni di famiglia, ma neanche lasciarla
così a bocca asciutta!! Potevano almeno farle un regalino, un colpo d’addio… e
invece niente!
Proprio lei, che le aveva aiutate in tutto!
Beh, a parte quei discorsi egoistici che facevano parte
della sua facciata di informatrice, e che aveva dovuto rifilare ai suoi
colleghi per spiegare l’improvviso stallo nei suoi affari, era felice per
Winter e preoccupata per Haydée.
La bionda ormai aveva sicuramente ritrovato sua sorella, era
una ragazza sveglia e dinamica, sapeva come e dove andare a premere per avere
delle informazioni (la riprova era il fatto che aveva ottenuto da Black la
promessa di lavorare insieme e da lei stessa l’indirizzo del famoso ladro) e a
quanto aveva saputo non era sola, quindi non aveva di che preoccuparsi. Certo
che se almeno le avesse scritto qualcosina… ma era meglio lasciar perdere,
sicuramente aveva altro a cui pensare che non a lei!
Il problema più grave in questo momento era proprio il
vecchio Black Soul, la sua ladra migliore, il terrore dei collezionisti e dei
gioiellieri.
Si era presentata da lei diversi giorni prima, un taxi
carico la aspettava in strada.
Stava partendo per l’India, aveva ancora poco tempo.
Era passata solo per ringraziarla, per salutarla e per dirle
che si sarebbero tenute in contatto tramite posta elettronica.
E che caspita, ma proprio in India doveva andare per
“ritrovare sé stessa”?!? Non c’era una qualche bel posticino più tranquillo,
senza catapultarsi agli antipodi della terra in un paese selvaggio, povero e
sovraffollato?!
Che so, una spiaggetta sconosciuta ai Caraibi, la cima di
una piramide Inca in Messico… le cascate del Niagara!!
Niente da fare: India, anzi un buco sperduto dalle parti di
Nuova Delhi.
Bah!!
Che era cocciuta lo aveva sempre saputo, per carità era
anche una dote apprezzata nel secondo mestiere che faceva, ma da lì a piantare
tutto in asso per avere un po’ di pace!!
Non ci pensava alla sua amica, Phénice? Non aveva un ottimo
lavoro come architetto, anche senza bisogno di fare la ladra?
Non aveva un gran bel figliolo che le faceva una corte
spietata?
Rigirò la foto di Madian tra le dita. Gliel’aveva portata il
giorno prima un suo collega.
Conosceva suo padre, anche se solo di fama perché a lei gli
uomini che facevano i ladri non piacevano, ma dovette ammettere che si era
sempre sbagliata. Era convinta che un uomo rubasse solo per avere i soldi per
poter conquistare una donna, visto che solitamente era troppo brutto per fare
colpo. E invece eccola lì sotto i suoi occhi: l’eccezione che conferma la
regola!
Che gran pezzo
di ragazzo, gente!!
E così, se n’era andata per colpa sua.
No, non gliel’aveva detto Haydée, lo sapeva e basta, era una
donna lei e il sesto senso non le aveva mai fatto difetto!
Tsè, uomini! Mai che riescano a tenere a freno i bassi
istinti!!
Perché era sicuramente così: lui aveva fatto delle avance
troppo esplicite, lei si era spaventata e via, col primo volo per il terzo
mondo!!
Ma Cristo, perché quando era stata divisa la delicatezza
tutti gli uomini erano andati a guardare la prima partita di calcio?! Infidi
esseri senza cervello né tatto…
Sospirò quasi arrabbiata: perché nessuno si è mai preoccupato
di spiegare al genere maschile che quella che hanno attaccata al collo è la
testa e che dentro a questa c’è un cervello che dovrebbe funzionare e
che serve a non fare stronzate?!? Nessuno, eh?!
E adesso cosa doveva fare? Incontrare la moglie di McKaye o
lasciare che si arrangiassero? Bel problema…
Mmh… meglio
lasciarlo cuocere nel suo brodo un altro po’, vediamo come la prende…
Oggi ce l’ho con l’universo maschile, si vede?!
Uriko: Ho pensato anch’io a mettere dei
“Contemporaneamente”, ma tanto poi lo so che scrivendo stravolgo tutto!! Vista
la lunghezza della storia, mi sa che ci scapperà una serie più che un film,
provaci a concentrare 38 capitoli e più in 100 minuti! Non so quando finirà, ma
comunque non è poi così lontana. Grazie per i complimenti, ciao!!
AyLa: Mi ero resa conto che aspettare fino a giovedì
o venerdì era troppo lunga… il fatto è che ho pochissimo tempo per scrivere,
così recupero oggi che sono a casa malata! Dai, il raffreddore sta passando, ma
è spuntata una fastidiosissima tosse. Ah, ancora complimenti per la tua nuova
storia, mi piace moltissimo come inizio!!! ^_^
Damynex: Anch’io adoro i bambini (degli altri ;P),
volevo troppo inserirne uno! Haydée è una svitata, è proprio vero che i matti
più matti sono in circolazione! Ciao!!
Antheameiko: Ciao! Adesso la mail funziona, ma se no
ti spiace continuo a risponderti qui, è più comodo! Se preferisci però ti
rispondo con la posta, non è un problema! Beh, anch’io odiavo la geografia,
infatti sto facendo un casino assurdo!! E grazie come sempre, mi fai
arrossire!!;)
Earinë: Sai com’è, dovevo sistemarla altrimenti da
quadrato (Mitja, Winter, Aida e Aaron) diventava un pentagono, e non era più
finita!! Mi avevi raccontato della sua avversione per i “dolci” pargoli del tuo
vicinato, ma tanto Nikolas è virtuale non viene a tirargli né la coda né i
baffi, lo istruisco io per bene! PS: scusami se ho aggiornato ma mi sono resa
conto che non aggiornavo da troppo, comunque per aggiornare nuovamente aspetto
il tuo commento!^-^
Elenim: Eh, che telenovela questa storia, altro che
Beautiful (del quale tra l’altro non ho visto per intero neanche una puntata!)!
Aspettate e sperate diceva il Conte di Montecristo, e ve lo dico anch’io! ^_^
PS: prego!! Me felicissima!!
*Sakura*: Ciao, scusami per il ritardo!! Eh, non
posso anticipare niente, vedrete, vedrete! 1 beso a te!
Super Gaia: I nomi li hai azzeccati, comunque non è
poi così importante… sono felice che ti piacciano anche loro due, sono due
simpaticoni! Non dire a Winter che dico così di lei o mi sbrana, comunque
grazie come sempre per i tuoi apprezzamenti e a presto!!;)
Dark Angel & Light Angel: Ciao ragazze! Non vi
spiace se rispondo qui vero? Dark non preoccuparti per Madian, sopravvivrà è di
scorza dura! Light la prossima volta le darò un colpo ancora più duro… credi
che si riprenderà?! Scusatemi per il ritardo, sono impegnatissima e solo un
malanno di stagione è riuscito a inchiodarmi nuovamente al computer! Che vi
posso dire, adesso tornano anche Arkel e la rossa, e su Winter sarete aggiornate
costantemente! Davvero Dark leggi libri infiniti? Tipo?! Anche a me piacciono
libri lunghissimi! Grazie per i complimenti, mi fate un sacco piacere! Niente
scuse, sbizzarritevi quanto vi pare che mi fate sganasciare! La mia età non è
un segreto: ho 23 anni. Adesso però mi dite voi quanti anni avete! ;)
Un mese che aveva ritrovato sua sorella e aveva passato con
lei tutto il tempo disponibile.
Un mese che aveva ritrovato il sorriso e la vita.
E un mese… un mese e qualcosa di più che conviveva con
Mitja.
Come amici, che credete!?
Lui, Mitja, si comportava in modo strano. Un giorno erano
tutte moine e sdolcinatezze, un altro era guardingo e freddo, un altro ancora
sembrava fregarsene di tutto e pensare solo a divertirsi.
Lo osservava giocare con Nikolas e istintivamente sorrise.
Aveva imparato bene il tedesco, ormai riusciva a farsi
capire piuttosto bene e intuiva la gran parte dei discorsi che lei e sua
sorella facevano nella lingua della loro madre.
Quando a lei… beh, la situazione era un po’ complicata.
Sapeva che non avrebbe più potuto stare senza di lui, nel
senso che avrebbe voluto averlo accanto ogni giorno… insomma, aveva un debole
per il bel biondino ma non si sarebbe mai e poi mai esposta in prima persona.
Decisamente, no!!
Però vivere sempre nell’incertezza… col dubbio che lui
potesse essere innamorato sul serio di Aida (non
lo dite in giro, ma l’ho sentito parlare al telefono con lei un paio di volte.
Grrr!!…), o addirittura che portasse ancora Crystal nel cuore, era a dir
poco straziante.
Quante volte, trovandoselo di fronte al mattino con un
musetto adorabile, era stata sul punto di gettargli le braccia al collo e
supplicarlo di baciarla!
Mentre lui, dopo quella scena alcuni giorni dopo il loro
arrivo, evitava qualsiasi contatto. Se ne era accorta dopo una settimana che
avevano ritrovato la sua gemellina: era scoppiata in lacrime per la tensione
accumulata in quei giorni dopo aver parlato con i suoi genitori che li
aspettavano tutti a casa loro per il Natale, e avrebbe tanto voluto rintanarsi
tra le braccia del ragazzo.
Lui le aveva semplicemente massaggiato le spalle e le
braccia, con fare nervoso e distaccato, mentre le mormorava qualche parolina di
circostanza. Poi aveva fatto i salti mortali per poter cambiare aria e lei non
lo aveva di certo trattenuto.
Da quel giorno aveva cominciato a studiare i suoi movimenti
e si era accorta che, quando riusciva, la spiava, tentando in tutti i modi di
non farsi scoprire e trattandola con sempre più distacco.
Era arrivata a convincersi che non le importasse niente di
lei, e che la spiasse solo per evitare un suo “attacco”. Per questo motivo
aveva deciso di facilitargli il compito, riducendo al minimo gli incontri a due
e le situazioni imbarazzanti.
Naturalmente Mitja se ne era accorto, e nel suo cervellino malato,
quasi allo stesso livello di quello di Winter, aveva deciso che lei non era
interessata a lui e che era contenta di quel distacco.
In definitiva, soffrivano entrambi come cani ma non lo
avrebbero ammesso neanche davanti a San Pietro in persona il giorni del
Giudizio.
Beh, forse non a San Pietro, ma a Crystal sì.
La ragazza sapeva perfettamente tutto quello che frullava
nella testa dei due disgraziati, perciò, di comune accordo con suo marito,
decise di passare all’attacco e di movimentare la situazione.
Era noioso osservarli divorarsi con gli occhi e non vedere
mai, e dico mai, il benché minimo miglioramento, quindi aveva progettato un
piano perfetto! Almeno secondo lei.
Prese da parte sua sorella con la scusa che le serviva una
mano per pulire un tappeto gigantesco, mentre Friedrich si occupava di Mitja:
- Allora, come vanno le cose tra te e Mitja? – chiese come
al suo solito, senza peli sulla lingua. Ghignò internamente nel vedere Winter
cambiare almeno una mezza dozzina di colori:
- Che intendi? – riuscì a gracchiare alla fine, strozzandosi
con la sua stessa saliva:
- Io?! Proprio niente!! È solo che ho sentito una voce
interessante… - insinuò con aria furbetta. L’altra interruppe quel che stava
facendo:
- Quale… voce? – fece socchiudendo gli occhi guardinga.
Conosceva il tono di sua sorella, stava tramando qualcosa, senza ombra di
dubbio:
- Beh, veramente sarebbe un segreto… - le rivolse uno
sguardo complice, poi si avvicinò a un suo orecchio: - Solo perché sei mia
sorella: Mitja ha accennato a Friedrich che vorrebbe portarti fuori a cena! –
esclamò mordendosi le labbra per non scoppiare a ridere e chinando il capo sul
tappeto in questione. Era decisamente una pessima attrice, ma sua sorella era
talmente sconvolta che avrebbe anche potuto esibirsi in una danza tribale: non
le avrebbe fatto alcun effetto.
- Che… cosa? – sbraitò sedendosi sulla prima sedia che le
capitò a tiro. L’altra le fece segno di tacere:
- Ssst!! Vuoi che ci sentano?! Allora ascoltami bene: vuole
mettere in chiaro la vostra situazione, cioè tutto questo evitarvi e ignorarvi
forzato, e per questo ha in programma una serata romantica. – rivelò con l’aria
della peggior cospiratrice. Winter boccheggiò disperatamente:
- N-ne sei sicura? – balbettò incredula. Un invito a cena:
pazzesco!! E lei che pensava che lui volesse troncare ogni rapporto! Quel
pensiero la fece arrossire, mentre sua sorella si sfregava mentalmente le mani:
- Mi fido della mia fonte, Fried non parla se non ha un buon
motivo e se la cosa non è certa. Non gli piacciono i pettegolezzi, ma sono le
notizie vere! – la rassicurò ridacchiando. Ormai era fatta, c’era solo da
sperare che suo marito avesse lo stesso successo: - Dì, non è che ti serve un
bel vestito per l’occasione? Conosco un negozietto che ha proprio quello che fa
per te! – fece abbandonando il tappeto, che aveva ricevuto la famosa pulita il
giorno prima, e portandola a vedere il suo armadio. Magari poteva prendere
spunto…
Fried si avvicinò a Mitja con aria piuttosto nervosa. Non
era roba che faceva per lui quella, lui era per la politica: “Gli intrighi alle
donne, i fatti semplici agli uomini!”, e tutto quel casino gli piaceva sempre
meno. Il problema era che alla sua adorata mogliettina proprio non sapeva dire
di no, quindi spedì Nikolas a lavarsi le mani sporche di terra e si sedette su
una panchetta:
- Allora Mitja… come vanno le cose con Winter? – come inizio
non era male, semplice e diretto, come piaceva a lui. E poi aveva catturato
immediatamente la sua attenzione. Mitja lo guardò con aria sconsolata, poi si
grattò il mento:
- Eh, come vuoi che vada… calma piatta su tutti i fronti! –
borbottò spettinandosi i capelli sulla nuca:
- Ne sei sicuro? – insinuò tranquillamente, dicendosi che
tutto sommato non era male come attore:
- Che voi dire? – chiese l’altro sull’attenti. Lui fece
spallucce:
- Oh, proprio niente… è solo ce ho sentito una certa voce in
casa, un paio di giorni fa, e pensavo ti interessasse… - Mitja gli saltò quasi
al collo:
- Qu-quale voce?! – fece strabuzzando gli occhi. Friedrich
ridacchiò internamente:
- Mah, nulla di particolare… semplicemente Winter diceva che
la tensione tra voi la sta uccidendo, vorrebbe cambiare le cose ma non sa come
fare. – rivelò con l’aria più tranquilla del mondo. Mitja spalancò la bocca con
aria cretina:
- Ah… - fu l’unica sillaba che riuscì ad articolare. Allora
lei non lo voleva allontanare… beh, questo cambiava tutto!
- E allora? Non dici nulla? – incalzò l’austriaco. Il russo
fece un sorriso malandrino:
- Se non dico nulla?!… Fried, tu sei il mio migliore amico!!
– esclamò prendendolo per le spalle e dandogli qualche sonora e amichevole
pacca. Il ragazzo sorrise soddisfatto:
- Cosa sta macchinando quella tua mente perversa? –
ridacchiò sgomitandolo. Mitja non riusciva a togliersi dalla faccia quel
sorriso scemo:
- Dovrei prendere l’iniziativa io, se aspetto lei so già che
starò fresco! Però non so cosa potrei inventarmi… - l’austriaco imprecò
internamente. Ma doveva fare tutto lui?!
- Uhm… che ne dici di una cenetta romantica a regola d’arte?
Champagne, cibi sofisticati e un fascio di rose rosse: funziona sempre! – a
Mitja si illuminarono gli occhi:
- Direi che è perfetto, proprio quello a cui stavo pensando!
Ma niente rose rosse, da bambina diceva che le odiava… dovrò chiedere a Crystal
qual è il suo fiore preferito, sperando che se lo ricordi… - mugugnò pensando
febbrilmente a come organizzarsi. In quel momento una manata in piena schiena
lo fece sussultare:
- No problem amico, ti aiuto io a organizzare il tutto!
Conosco un ristorantino niente male giù in città, ti aiuterò a stenderla! –
esclamò ridendo con lui.
Poco dopo lui e sua moglie si ritrovarono nella base: la
cucina:
- Allora? – chiese lei agitata:
- Ha abboccato alla perfezione, sta già andando a cercare il
ristorante che gli ho consigliato. Di Winter che mi dici? – lei batté le mani,
eccitata come una bambina:
- Se ne sta da 20 minuti davanti al mio armadio con gli
occhi sbarrati, vuole un signor vestito per il loro appuntamento! Oh Fried, mi
sento come Cupido!! – cinguettò gettandogli le braccia al collo e saltellando
allegra. Lui rise:
- Ehi, quanto entusiasmo… anche per il nostro primo
appuntamento eri così nervosa? – chiese divertito. Lei si staccò, puntando i
suoi occhi celesti in quelli castani e dolcissimi di lui:
- Molto peggio caro: per tre giorni non ho toccato cibo e
quella sera avevo il terrore che potessi sentire le ossa delle mie ginocchia
tremare come impazzite! – confessò arrossendo ancora al ricordo.
Lui accentuò la stretta sulla vita di lei, chinando il capo
e sfiorandole le labbra:
- Mmh… interessante… c’è qualcos’altro che dovrei sapere,
donna dai mille segreti? – mormorò rauco impossessandosi della sua bocca.
~~~~~
Palazzina nella città vecchia, all’altro capo del pianeta
La donna alzò lentamente lo sguardo sul ragazzo appena
entrato.
Niente da dire, per quanto fosse evidentemente trascurato,
con la barba lunga e i capelli dal taglio indefinito, era il miglior esemplare
del genere maschile che avesse mai visto, ma quello che la preoccupava in quel
momento era un’altra cosa.
Il giovane si avvicinò lentamente, per poi fermarsi a circa
due metri dall’elegante scrivania:
- Grazie di avermi concesso un po’ del suo tempo signora, è
un onore per me incontrarla. – fece gentilmente. La donna si alzò e gli porse
la mano destra, guardandolo attentamente:
- Figurati Madian… posso chiamarti così vero? – si sciolse
quasi quando lui le sorrise, dopo averle galantemente fatto un perfetto
baciamano. Haydée, tu sei tutta
pazza!!
- Certamente… Sybil. – mormorò con un lampo negli occhi blu.
La donna sorrise:
- Prego allora, accomodati. Immagino che sarà una cosa
lunga… - lui scosse il capo:
- In realtà spero di poterle rubare il minor tempo
possibile. – poi si fece serio e si sporse verso di lei: - Lo so che può
aiutarmi, perciò mi dica: dov’è Haydée? – e nei suoi occhi brillava una luce
febbrile, segno che aveva atteso anche troppo.
La donna lo soppesò a lungo: lo aveva fatto aspettare quasi
un mese appositamente. Voleva essere certa che la sua decisione di avere Haydée
non fosse uno sciocco desiderio che sarebbe svanito alla prima difficoltà,
doveva essere sicura che la amava veramente e che non l’avrebbe fatta soffrire.
La sua costanza nonostante le continue delusioni era una
prova più che sufficiente:
- Tu sai perché se n’è andata? – chiese incrociando le dita
sotto al mento, mentre lui si ritraeva e stringeva le labbra sospirando:
- No. So che Phénice ne è a conoscenza, ma non me ne ha mai
voluto parlare, e io non ho mai insistito. La prego, se è qualcosa che devo
sapere me lo dica! – Sybil rimase in silenzio a lungo, guardando senza vederlo
il paesaggio da una delle finestre dello studio, poi si volse e lo scrutò
attentamente:
- Sto per raccontarti il passato di Haydée. Sei la quinta
persona a venirne a conoscenza oltre a me, Phénice, Winter e Ameera. – lui
sgranò gli occhi:
- Chi è Ameera? – chiese mentre una ruga gli solcava la
fronte:
- La sorella indiana di Haydée, la ragazza che ha vissuto
con lei fino ai 14 anni. Ora sono insieme, nel villaggio di R**** o nelle sue
immediate vicinanze, ma di questo parleremo poi, quando ti darò le indicazioni
per raggiungerla. Prima devo parlarti del suo passato, e dirti che amo Haydée
come una figlia e che voglio il meglio per lei. Sono certa che sarai
all’altezza della situazione e che la renderai felice, ma come già sai non sarà
facile. Ora prestami la massima attenzione, scoprirai cose su di lei che non
hai mai nemmeno lontanamente sospettato. -.
~~~~~
Al molo
Arkel parcheggiò la moto e si stravaccò su una panchina,
sbuffando.
Erano quasi 20 giorni che non vedeva Phénice.
Per carità, era felice che quel museo l’avesse finalmente
assunta, quando gli aveva telefonato per comunicargli la grande novità aveva
gioito per lei… ma non immaginava che meno di una settimana dopo l’avrebbero
spedita in uno scavo nello Yucatan perché si facesse le ossa!!
Si grattò la nuca, strano come da quando era partita
qualsiasi cosa gli venisse a noia, adesso perfino portare il casco gli creava
dei problemi?!
Ringhiò qualcosa fra sé: fortuna che di lì a poche ore
sarebbe tornata… gli aveva detto che sarebbero andata a prenderla i suoi
fratelli, quindi era relativamente tranquillo, ma solo pensare che tornando
avrebbe rivisto anche Selim lo mandava in bestia!
Eppure c’era qualcosa di strano: lo chiamava spesso, o per
lo meno spesso in relazione al fatto che non erano fidanzati né niente. Passare
le serate a giorni alterni al telefono con una ragazza che teoricamente non
dovrebbe avere nulla a che fare con te è decisamente fuori della norma, o no?!
Sia chiaro, non che gli dispiacesse, ma gli faceva sorgere
un dubbio che lo faceva sentire meravigliosamente bene: e se lei avesse
scoperto di non provare nulla per quell’insulso ragazzino viziato? E se si
fosse resa conto di provare qualcosa per… qualcun altro?! E se quel qualcun
altro non fosse altri che…
Si era ripetuto miliardi di volte di non crearsi dei filmini
in testa, che poi sarebbe rimasto deluso e altre bazze del genere, ma
puntualmente gli si contorcevano le budella quando il cellulare prendeva a
trillare più impazzito del suo cuore. Cosa
sono quelle facce schifate?! Lo sapete che non sono un poeta, quindi se avete
dei problemi girate alla larga!! E poi alla fine mi sono risollevato, no? Il
cuore che trilla impazzito… ma non lo sentite il lirismo, il pathos di queste
parole?!? Incompetenti…
Ad un tratto prese a palpeggiare il giubbotto imbottito
abbandonato sulla panchina accanto a lui. Aveva le traveggole ed era uscito di
testa, o il cellulare aveva preso veramente a suonare?!
Lo tirò fuori con le dita leggermente tremanti, premendo il
tasto per la risposta con una certa urgenza e non preoccupandosi di guardare il
nome di chi lo chiamava:
- Sì? – rispose rilassandosi contro lo schienale, con il
sorriso sulle labbra e la sua migliore voce sensuale. Magari i suoi fratelli
avevano avuto un contrattempo e lei si trovava tutta sola e impaurita
all’aeroporto, e magari aveva perso le chiavi di casa e non sapeva dove passare
la not…
- Spiacente di deluderti Casanova, ho i capelli rossi ma non
gli occhi verdi, e tu non sei decisamente il mio tipo! – esclamò una voce
divertita esplodendo in una risata sguaiata. Arkel ruggì qualcosa di
irripetibile e gli rispose con un urlaccio:
- Piantala, fricchettone che non sei altro! – seguito da
altri insulti che gli fecero guadagnare l’odio incondizionato di un paio di
vecchiette a passeggio:
- EHI, piano con le parole!! Fricchettone sarai tu che ti
fai ancora le seghe mentali su Phénice: ma saltale addosso se proprio non
riesci a confessarle il tuo amor cortese, no? Basta che non sfoghi più su di me
i tuoi istinti repressi o sarò costretto a darti una revolverata ai gioielli di
famiglia, scorbutico arrapato!! – dopo quello scambio di gentilezze degne di
qualche epistola tra innamorati, i due contendenti riacquistarono la calma:
- Allora? A cosa devo l’onore di una tua chiamata? –
bofonchiò alla fine:
- Oh, niente di ché, semplicemente sospettavo che fossi giù
di corda a causa della tua bella. – rispose tranquillo come sempre:
- Ah, sì? E da quando siamo dotati di tutto questo intuito?
– chiese sarcastico. Sentì un brontolio sommesso all’altro capo e ridacchiò:
- Da quando mi sono accorto che in 2 settimane non hai mai
messo piede nel bar di Lynn, e questo mi porta a una sola conclusione: la
situazione è grave e tu sei alla frutta. Quindi metti il culo sulla moto e vedi
di essere sulla porta del bar alle 22 precise se non vuoi che mandi qualche
ragazzo a polverizzare quel che resta dei tuoi neuroni, chiaro!? – poi
riagganciò con veemenza, mentre Arkel se la rideva. Quanto si divertiva a far
infuriare quel finto pacifista di Faust!!
~~~~~
Palazzina nella città vecchia, due ore dopo
Madian salutò la donna rigidamente e si lasciò condurre alla
porta dalla domestica.
Una volta all’aria aperta alzò lo sguardo al cielo che
cominciava ad imbrunire e riempì più che poteva i polmoni.
Mio Dio, cos’aveva saputo…
Haydée, la sua Haydée, viveva da anni con l’incubo di quel
ragazzo, quel Phil…
Un improvviso scatto di rabbia lo fece tremare. Se solo lo
avesse trovato… se solo lo avesse avuto a portata di mano lui… lui…!!
Aargh!!
Camminava con foga, tenendo gli occhi puntati sul selciato e
le mani affondate nelle tasche dei pantaloni.
In quel momento più che mai moriva dalla voglia di rivederla
e di prenderla tra le braccia.
Smaniava per poterle dire che con lui era al sicuro, che l’avrebbe
aspettata per tutto il tempo che voleva, che lui… beh, era perdutamente e
follemente innamorato e le voleva solo dare la sua vita. Semplicemente.
Era una cosa così deplorevole volerla amare? Non gli
sembrava affatto, perciò aveva già un suo piano.
Sarebbe andato in India, nel villaggio di R****, le avrebbe
finalmente detto tutto quello che aveva da dirle senza tanti tentennamenti o
giri di parole, l’avrebbe riscossa dal suo torpore mostrandole la vita che si
stava perdendo e il sentimento che si ostinava a non riconoscere.
L’avrebbe sconvolta, colpita e conquistata solo con il suo
arrivo, solamente con la sua presenza.
Non aveva sognato quando lei gli aveva accarezzato il viso
quella sera lontana, e nemmeno quando aveva intrecciato le dita tra i suoi
capelli e si era lasciata accarezzare, seminuda tra le sue braccia e
morbidamente abbandonata contro di lui.
O tutti i tentativi che aveva fatto di baciarla che erano
andati a monte a causa di interruzioni esterne. Nemmeno quelli erano frutto
della sua fantasia.
Solamente con la forza di queste convinzioni era riuscito a
non gettare la spugna in quel mese.
Lei era troppo importante ormai, e anche se ai primi
fallimenti aveva pensato di mandare tutto all’aria e di piantarla nel buco
sperduto nel quale si trovava, immediatamente se ne era pentito ed era tornato
sui suoi passi.
Non poteva stare senza di lei, anche se avesse dovuto dare
fondo al suo conto in banca non avrebbe mollato, per nessuna ragione al mondo!
Prese il cellulare e chiamò suo padre, chiedendogli di
prenotare il primo volo disponibile per Nuova Delhi, poi si sedette su una
panchina e alzò gli occhi al cielo.
Si stava riempiendo di stelle, gli stessi astri luminosi che
aveva contemplato insieme a lei una delle ultime sere che avevano passato
insieme.
Arrivo Haydée.
Damynex: Oh, i pensieri di Sybil non erano che un mio
piccolo sfogo femminista! Ci sono giorni che vorrei andare in giro per la
strada a prendere a calci nel sedere il genere maschile, non vi succede mai??
Sciocchezze a parte, Selim ha le ore contate, per la tua gioia…
Dark Angel & Light Angel: Ciao ragazze! Eh sì,
sono vecchiotta eh? Ma sì che scherzavo, adesso le cose dovrebbero migliorare,
sempre che non mi faccia prendere dal panico un’altra volta naturalmente…
Eccoli qui i tuoi piccioncini Light, ti piace il programmino?? Dark anche
Madian si è mosso come puoi vedere, e quando la troverà… quando la troverà!!!!
Non dico niente!
UAO! Dark, leggi più di me! Non ho mai letto Eragon ed
Eldest, ma ho letto anch’io più di una volta il Signore degli Anelli e sto per
finire i libri di Tolkien, li ho presi quasi tutti! Ancora non ho adocchiato
Harry Potter ma mi farò regalare i libri già pubblicati per Natale, sono troppo
curiosa! Beh, il Codice Da Vinci e Angeli e Demoni li ho letti anch’io, poi
però mi piacciono i classici: Dumas, Tolstoj, sto leggendo Dostoewskj (mi pare
si scriva così), roba pesantoccia!
Oh mamma, hai riletto tutto! Ma sei pazza! Grazie per i
complimenti, ma non esagerate o va a finire che ci credo veramente di non fare
schifo!
Credo di aver capito la vostra età, caspita siete
giovincelle! Non è che devo censurare i capitoli successivi vero? No perché
potrebbero esserci alcune cosette…XD
Come non riuscite a pubblicarla! È strano, se ci sono
riuscita io a pubblicare potrebbe riuscirci anche l’uomo delle caverne! Ma
quale sarebbe il problema? Dai che sono curiosa!!
Ciao e niente scuse, siete troppo divertenti!
Super Gaia: Certo che me lo ricordo, me lo ripeti
sempre!! Grazie per l’ennesima volta, un bacio a te!
Elenim: No, non mi dite che sto scadendo come
Beautiful!! (Del quale non ho visto neanche mezza puntata, sono la vergogna del
genere femminile!) Selim è troppo stupido per capire che deve espatriare nella
tundra siberiana, che nessuno glielo dica devo farlo finire male!! Ecco fatto,
Sybil ha cantato. Ho dovuto fare un salto nel tempo altrimenti mi incagliavo,
non vi spiace vero?? (PS: non mi hai mandato niente o è la mia casella che non
funziona?? Sai, la mia mail fa sempre i dispetti… Ciao!) Ma povero Madian, adesso
me lo volete anche far morire!! Povero figone bistrattato… ;)
AyLa: Che dire, se non la trova è proprio scemo, e
allora cadrà il mito dell’unico uomo sulla terra bello e intelligente… Eheheh,
ti piacciono anche i due scemotti eh? Bene bene… Davvero bella la tua storia,
ma se non sbaglio aggiorni più lentamente di me… siamo messi male ragaz!
Antheameiko: Ho saltato troppo tempo in tronco
secondo te? Insomma era più stanca di voi di questo tira e molla, non vedo
l’ora di farli cozzare di nuovo e che si spieghino una volta per tutte,
caspita!! Sybil ha il cuore tenero, fa tanto la dura femminista e poi si lascia
abbindolare da un paio di begli occhi… noi donne siamo proprio delle allocche
quando ci mettiamo! Arkel trama vendetta, sta aspettando un qualcosa, un
piccolissimo passo falso e poi… eheheh!! C’è da sperare che Haydée si svegli,
quella ragazza mi sta snervando sul serio. Grazie ancora e sempre, uno di
questi giorni mi esalterò troppo! Ciao!!
Uriko: Ma grazie!! No mi sa che hai ragione, sono io
che mi formalizzo su delle sciocchezze… tanto chi è che controlla la
corrispondenza delle ore a parte la svitata sottoscritta?? Esatto, praticamente
nessuno! A presto, baci a te!
Earinë: Nikolas non vede l’ora di spupazzarsi Kim,
credi che al micio faccia piacere? Io non ne sono molto convinta, ma se dici
che se lo merita… Figurati, sono talmente impegnata ultimamente che trovo
troppo poco tempo per questa mia storia… devo rivedere le mie priorità, non
voglio che pensiate che la abbandono! ;)
Londonlilyth: L’avevo sentita anch’io quella voce,
che ne dici se ci facciamo un giretto pure noi?? Non è mica giusto che lei che
è stata cattiva stia là a farsi dei viaggi mentre noi ci innervosiamo, eh no!
*Sakura*: Sarai esaudita reby/sakura!! Scusami per il
ritardo, sono presa per la gola con le mie cose… e grazie ancora!
Jennifer: Nessun problema, figurati! Grazie come
sempre, i complimenti non possono che farmi piacere! Ciao!! Anzi fammi capire:
Jenny90 sei sempre tu giusto? Le prime volte mi pare che ti firmassi così, poi
anche Jenny… una e trina??
Arkel entrò socchiudendo gli occhi e puntando lo sguardo
in un punto ben preciso: sapeva che Faust si sedeva sempre nello stesso posto e
infatti dopo un istante lo vide.
Ridacchiava come uno scemo, teneva una birra tra le dita
ed era praticamente steso sul bancone nel tentativo di far cascare l’occhio
nella scollatura di Lynn, la bella castana dietro il bancone che rideva di e
con lui.
Si avvicinò lanciando brevi occhiate attorno a sé: la
fauna presente non variava mai, a parte qualche faccia nuova capitata lì per
sbaglio:
- Buonasera Lynn. - fece con un mezzo sorriso
accomodandosi sullo sgabello accanto a quello di Faust:
- Ciao Arkel, finalmente ti degni di tornare tra i vivi!
Cosa ti porto? - fece sporgendosi verso di lui e inarcando le labbra truccate
in un sorriso seducente:
- Il solito, come sempre! - lei annuì, deliziata dalla
sua voce bassa che aveva sempre trovato irresistibile, poi si volse verso un
ragazzo dai modi effeminati:
- Ted, una Leffe rossa per il signore, fredda e in
bottiglia! - poi tornò a rivolgere la sua attenzione al ragazzo: - Allora,
queste pene d’amore. Me le vuoi confessare o Faust può continuare indisturbato
a dare aria alla ciabatta? - fece lanciando un’occhiata in tralice al giovane
stravaccato sul bancone:
- Ma che avete oggi contro di me? Non vi ho fatto niente
io, perché dovete sempre punzecchiarmi? - sbottò offeso tracannando un lungo
sorso di birra, bionda e gelata:
- Non prendertela amico, lo sai che non lo facciamo con
cattiveria… - ridacchiò l’altro dandogli una manata nella schiena e facendogli
rischiare il soffocamento. Quando ebbe finito di tossire allontanò lo sgabello
da loro:
- Bah, andate al diavolo, cospiratori! - mugugnò offeso e
dedicandosi alla cameriera del locale.
La ragazza ridacchiò divertita:
- Faust non cambierà mai! Ti ricordi che si arrabbiava
così anche da ragazzino? - Arkel guardò Lynn con una sorta di rimpianto nello
sguardo.
Lui, Lynn e Faust erano dello stesso villaggio di
pescatori, poi avevano deciso che quel buco dimenticato da Dio era troppo
stretto per loro, così se ne erano andati.
Faust si era dato da fare per aprire la sua attività,
realizzando dopo sforzi inimmaginabili il suo sogno di bambino. Lynn aveva
cominciato con quel bar e aveva aperto anche una tavola calda nel centro della
città, mentre lui faceva il ladro.
E faceva bene a dire “faceva”, ormai aveva promesso alla
sua ragazzina che non lo avrebbe più fatto, perciò era disoccupato. Bel
problema anche quello, doveva trovare uno straccio di occupazione se non voleva
uscirne pazzo:
- Certo che me lo ricordo, come potrei dimenticarmi del
mio passatempo preferito? - ghignò spostando lo sguardo sull’entrata del locale
che si era appena aperta.
Come uscito dal suo incubo peggiore vide ciò che non si
sarebbe mai aspettato: un gruppetto di ragazzi, di età media probabilmente
inferiore alla sua, erano entrati facendo del casino e accomodandosi a un
tavolo defilato, chiamando a gran voce la barista.
Il problema è che tra quei ragazzi c’era lui: Selim.
Lynn si accorse del suo sguardo incendiario ma non disse
nulla, limitandosi a prendere i listini e a portarli ai nuovi clienti.
Una volta di ritorno si sedette accanto a lui:
- Allora, cosa c’è che non va? - chiese seria. Lui si
agitò sullo sgabello, guardandosi attorno come una belva in trappola:
- Lo vedi il tipo seduto a capotavola, quello con la
faccia da stronzo figlio di papà? - lei lanciò un’occhiata al diretto
interessato e annuì:
- Sì, e non mi piace per niente. - lui annuì:
- Brava: quello è il ragazzo di Phénice. - ringhiò
artigliando la bottiglia di birra davanti a lui:
- Mmh… effettivamente è carino, ma sinceramente non gli
darei neanche una botta, ha la faccia troppo da stronzo! - lui le lanciò
un’occhiata scioccata:
- Una brava ragazza come te non dovrebbe fare certi
discorsi! - borbottò serio. Lei rise, posandogli una mano su un braccio:
- Eddai, stai tranquillo… da come si comportano mi sa che
sono di passaggio, non stare a romperti il cervello su quel cretino. Vedrai che
anche lei lo capirà che deve stargli alla larga, e in fretta anche! - esclamò
allontanandosi mentre lui mugugnava un “Ci credo poco” fra sé e sé.
Li osservò per un po’ ridere e scherzare, poi uno fece
uno strano commento e abbassarono la voce. A quel punto la curiosità prese il
sopravvento e si alzò, avvicinandosi al loro tavolo e fingendo di guardare una
delle televisioni sopra di loro, dove stavano trasmettendo una partita di
football.
- …E dai!! Vuoi farmi credere che ancora non si è
sciolta? - Arkel sentì il sangue congelarsi nelle vene vedendo Selim fare
un’espressione furba:
- No, ma ci sono vicino. Ricordati che non ho mai perso
una scommessa, e di certo non sarà una verginella a farmi perdere 3 centoni! -
un altro scosse il capo:
- Non dovresti giocare così con lei, Phénice è una
bravissima ragazza… - ma immediatamente il branco di idioti emise un urlo
sguaiato:
- E piantala di fare il santarellino, cos’è, te la vuoi
fare anche tu? - urlò Selim. Il ragazzo che aveva parlato poco prima fece per
alzarsi ma una mano pesante lo trattenne.
Alzando lo sguardo incontrò gli occhi fiammeggianti di un
tipo sconosciuto.
- Selim, che piacere! - ringhiò quasi contento. Ecco il
famoso passo falso che aspettava…
Il ragazzo lo guardò senza capire per un po’, poi
impallidì leggermente e fece un sorrisetto nervoso:
- Ah, ciao… sei quell’amico di Haydée vero? Mi… mi
ricordo di te… - la sua voce si smorzò quando se lo ritrovò a un passo, con i
pugni stretti e un’espressione decisamente furibonda.
Un istante dopo era in piedi, a pochi centimetri dal
ghigno infuriato di Arkel che lo stringeva convulsamente per il collo della
camicia:
- Tu adesso vieni con me! - sibilò trascinandolo fino
allo sgabello di Faust.
Il ragazzo aveva osservato tutta la scena attentamente e
gli porgeva già le chiavi della macchina:
- Trattamela bene, il sangue sui sedili di pelle è
impossibile da tirare via. - con notevole divertimento vide il ragazzo
spalancare gli occhi ed emettere un gemito di paura. Arkel si volse a guardarlo
con aria di sufficienza:
- Io e te facciamo una bella gita da una persona che
merita delle scuse, muoviti smidollato! - borbottò trascinandoselo dietro
mentre Lynn lo guardava soddisfatta:
- Che ne dici se festeggiamo Arkel e la sua bella? - le
chiese Faust. La ragazza lo guardò seria, poi si sciolse in un sorriso e
attirandolo a sé gli stampò un bacio sulle labbra:
- Ecco: festeggiato! - esclamò ridendo della sua
espressione ebete. Faust tornò a sporgersi verso di lei:
- Ancora! - esclamò con l’aria di un bambino desideroso
di qualche biscotto in più, facendola esplodere in una risata cristallina.
~~~~~
Appartamento del centro
Phénice chiuse lo sportello della lavatrice e accese il
pulsante per iniziare il lavaggio, poi prese la valigia ormai vuota e
canticchiando andò a riporla nel suo armadio.
Era felice del suo nuovo lavoro, i colleghi erano stati
tutti carinissimi con lei e finalmente nella sua vita si sentiva realizzata:
lavorava per un museo, aveva avverato il suo sogno!!
Certo, ne aveva di strada da fare prima di arrivare a
dirigerne uno, ma questo era veramente un grande passo!
Mentre finiva di riordinare alcuni effetti personali
accese il computer, collegandosi a internet e scrivendo una lunga lettera da
spedire a Winter e ad Haydée.
Ora che le cose andavano meglio le sembrava di essere
meno sola, anche perché si sentiva con loro quasi ogni giorno e soffriva molto
meno per il distacco.
Premette il pulsante per l’invio del suo messaggio
proprio mentre una raffica di scampanellate al citofono la distolsero dai suoi
pensieri.
Lanciò un’occhiata all’orologio: erano le 23 passate, chi
poteva essere a quell’ora?
Sollevò la cornetta mormorando un “sì” vagamente
preoccupato, ma venne rassicurata dalla voce di Arkel all’altro lato:
- Ciao ragazzina, finalmente sei tornata! Puoi aprirmi?
C’è una persona che deve dirti una cosa… - aveva un modo strano di parlare, e
le sembrava di sentire un rumore di sottofondo, ma aprì senza esitazione. Si
fidava ciecamente di lui, e in quei 20 giorni lontana sia da lui che da Selim
aveva finalmente preso una decisione.
Era ora di finirla con quella sceneggiata, ormai aveva
fatto la sua scelta e glielo avrebbe detto al più presto, sperando con tutto il
cuore di non essere respinta.
Sgranò gli occhi quando aprendo la porta si ritrovò
davanti Arkel e Selim.
Guardandolo meglio si accorse che quest’ultimo aveva un
aspetto terribile, un occhio tumefatto, un labbro rotto grondante sangue e lo
sguardo terrorizzato:
- Ciao… ma che succede? - Arkel diede una pacca al
ragazzo:
- Parla! - intimò incrociando le braccia. Selim abbassò
lo sguardo e prese a parlare sottovoce:
- Ho fatto una scommessa con i ragazzi. Entro l’anno
nuovo dovevo portarti a letto o sborsare 3 centoni. - mormorò mentre lei si
copriva la bocca con una mano, incapace di proferire verbo. Arkel tossicchiò e
il ragazzo proseguì:
- L’abbiamo deciso quando una nostra vecchia compagna di
corso ci ha detto che… beh, che tu… - Arkel lo fulminò, e lui vuotò il sacco: -
…Che tu sei ancora vergine. - si fermò vedendo una lacrima scorrerle su una
guancia: - Mi dispiace Phénice… ti chiedo scusa, non volevo, davvero… - venne
interrotto bruscamente da uno strattone:
- Il tuo tempo è scaduto verme, adesso vedi di sparire
dalla faccia della terra vita natural durante o giuro su tutto quello in cui
credo che la prossima volta che ti incontro ti torco il collo a mani nude,
chiaro?! - sbraitò infuriato sbattendolo nell’ascensore e chiudendogli la porta
in faccia.
Rimase immobile per un tempo che gli parve eterno,
facendo lunghi respiri e deglutendo a fatica.
La donna dei suoi sogni, bella e pura, era lì a pochi
metri dietro di lui e singhiozzava silenziosamente.
Ma aveva una paura folle. Phénice era quello che aveva
sempre desiderato: una ragazza bella, dolce e… beh… candida.
Con la fiducia che aveva nelle donne in genere non era
mai riuscito a innamorarsi di una qualsiasi. Desiderava con tutto il cuore che
la sua donna fosse veramente solo sua, e di nessun altro.
Adesso però… aveva una voglia matta di scappare lontano
da lì! Aveva paura di non essere all’altezza, aveva paura della sua purezza.
Non voleva essere lui a rovinare quel fiore.
La sentì singhiozzare un’altra volta e non si oppose
all’impulso che gli ordinava di voltarsi.
Teneva il capo chino, i pugni stretti abbandonati lungo i
fianchi e i capelli sciolti le coprivano il viso. Fece un passo verso di lei,
mormorando il suo nome dolcemente:
- Phénice? - lei alzò il viso stravolto facendogli
trattenere il fiato, poi senza alcun preavviso gli si gettò tra le braccia,
stringendosi a lui convulsamente.
Dapprima Arkel rimase interdetto, poi si decise ad alzare
le braccia e a circondarle le spalle.
Non appena la sfiorò però venne assalito da un attacco di
senso iper-protettivo, una cosa del genere: “Amici belli, ho perso la testa!”,
e non riuscì più a controllarsi.
La strinse come un pazzo facendola perdere nel suo
abbraccio, sussurrandole parole talmente dolci che dubitava perfino uscissero
dalla sua bocca, poi la trascinò nell’appartamento e chiuse la porta dietro di
sé, isolando sé stesso e la sua
donna dal resto del mondo.
~~~~~
Salisburgo, ore 18:20 pm
Winter e Mitja stavano tornando dalla casa di Crystal e
suo marito. Avevano passato con loro e Nikolas un’altra giornata e naturalmente
erano stati benissimo.
Ancora non sembrava vero di aver ritrovato Crystal e di
essere lì con lei da un mese!
Scambiarono poche e brevi parole, poi finirono col
chiudersi in un silenzio estremamente imbarazzante, soprattutto dopo le
“rivelazioni” che avevano avuto il giorno prima.
Poi, a pochi chilometri dalla loro destinazione, Winter si
schiarì la voce:
- Senti Mitja… - lui sussultò quasi:
- Dimmi! - rispose trafelato:
- Non so come dirtelo… ecco io… pensavo che ormai è un
mese che siamo qui… - lui annuì, chiedendosi dove voleva andare a parare, e lei
continuò: - Ecco, mi chiedevo… non sarebbe ora di andarcene? Insomma, mi sembra
che cominciamo a interferire un po’ troppo nella vita di mia sorella e suo
marito… e siccome verranno per Natale non mi sembra il caso di rimanere a… -
lui la interruppe con foga:
- Cos’è, hai fretta di tornare da Aaron? - sibilò
indignato. Che razza di soffiata gli aveva fatto Friedrich?! Winter non ne
voleva sapere nulla di lui, voleva parlargli per tornare a casa dall’altro,
ecco tutto il suo desiderio di riaprire un dialogo!!
La ragazza lo guardò a bocca aperta per un istante, poi
si inalberò:
- Sei uno stupido, ottuso e cafone! - mugugnò
richiudendosi in un silenzio ostinato e guardando con insistenza fuori dal
finestrino.
Non parlarono più finché arrivarono nell’albergo dove
alloggiavano, poi Winter si serrò nella sua stanza e si preparò per fare una
doccia.
Pochi minuti dopo sentì un lieve tocco sulla porta:
- Sì? - chiese rabbiosamente:
- Ehm… sono Mitja, posso parlarti un istante? - la
ragazza tentennò, poi aprì uno spiraglio con un sospiro:
- Dimmi. - lui si schiarì la voce imbarazzato:
- Posso entrare? - chiese agitato. Lei lo accontentò,
scostandosi e permettendogli di entrare. Richiuse la porta dietro di lui e
restò a guardarlo:
- Cosa c’è? - lui si volse lasciandola di stucco. Non gli
aveva mai visto una faccia così sconvolta:
- Mi dispiace per quello che ho detto, io… beh, sai come
la penso, Aaron non mi è mai piaciuto e proprio oggi mi è tornato in mente… ho
seguito il filo dei miei pensieri e con la mia linguaccia ho combinato un
casino come al solito, non essere arrabbiata! - supplicò con un broncetto
delizioso. Winter dovette lottare per non sorridergli e non cedere:
- Non mi aspettavo un’uscita del genere, soprattutto dopo
la litigata alla villa. Speravo che ti fossi dato una calmata ma a quanto pare
mi sbagliavo! - fece volgendosi e tenendolo ancora un po’ sulle spine. Il
ragazzo sospirò:
- Senti, davvero, mi dispiace, è solo che io… Baah, non
so che fare! - esclamò dandole le spalle a sua volta:
- Cosa Mitja? Cosa vorresti fare? - volle sapere tornando
a guardarlo. Il ragazzo le lanciò un’occhiata al di sopra delle spalle che
teneva ricurve e deglutì:
- Ve… verresti a cena con me?… Una di queste sere… - era
rosso fino alle orecchie, ed era troppo tenero!
Per un lungo istante fu tentata di gettargli le braccia
al collo e di tempestargli il viso di baci, poi si accorse che era arrossita a
sua volta e si riscosse:
- Ah… va… va bene, ci sto. - mormorò senza sapere dove
mettere le mani. Mitja la tolse dall’imbarazzo, catturandogliele e attirandola
verso di sé:
- Davvero?! Cioè… sono felice… - bofonchiò facendola
ridacchiare:
- Certo, e… sono felice anch’io! - fece sorridendo
timidamente. Lui divenne improvvisamente serio:
- Mi perdoni per prima? - mormorò preoccupato. Lei storse
il naso, poi con una risatina annuì:
- Sì Mitja, sei perdonato! - poi si alzò sulle punte dei
piedi e gli diede un tenero bacio sulla guancia: - Adesso però fila via, devo
farmi la doccia! - lui obbedì e un istante dopo si ritrovò lungo il corridoio,
mentre ridacchiava come uno scemo.
Aveva un appuntamento con Winter… aveva un appuntamento
con Winter!!
~~~~~
Aeroporto, notte fonda
Madian chiamò per l’ennesima volta, ma ancora niente. Il
cellulare di Arkel continuava a risultare staccato quindi non poteva nemmeno
avvertirlo che stava per partire per l’India.
Beh, ci avrebbero pensato i suoi quando finalmente si
sarebbe degnato di tornare a casa!
Infilò il telefono in tasca e tornò lentamente verso suo
padre e sua madre.
Era stato fortunato, il vecchio amico di suo padre che
gestiva un’agenzia di viaggi aveva avuto una disdetta proprio quella sera per
un viaggio in India prenotato da mesi, quindi aveva approfittato dell’occasione
al volo e aveva immediatamente acquistato il biglietto.
La traversata sarebbe stata lunga, ma non gli importava.
Quello che veramente gli premeva era arrivare il più
presto possibile da lei.
Controllò per l’ennesima volta i bagagli, poi abbracciò
sua madre in lacrime e diede la mano a suo padre:
- Mi raccomando Madian, chiamaci appena possibile e stai
tranquillo: era una colonia inglese una volta quindi troverai sicuramente
qualcuno che ti capirà… - avrebbe continuato a lungo ma lui la interruppe
sorridendo:
- Ho capito mamma, stai tranquilla! L’amico di papà mi ha
già prenotato un albergo a Delhi per quando arriverò, e si sta già attivando
per farmi avere un’auto per raggiungere R****, non devi preoccuparti di niente!
E poi l’inglese è una delle lingue più parlate anche lì, non stare a riempirmi
la testa di nozioni storiche… - borbottò guardandosi attorno.
Suo padre tornò dallo sportello della sua linea aerea
dopo poco:
- È tutto sistemato, i tuoi documenti sono in ordine e
quel mio vecchio amico ha fatto il suo lavoro egregiamente. Credi che ti possa
servire qualcos’altro? - chiese consegnandogli alcuni fogli. Il ragazzo scosse
il capo:
- Per ora non mi pare, in ogni caso vi chiamerò e vedremo
di sistemare il tutto. Tu piuttosto, vedi di occuparti della mamma, sta facendo
una scenata assurda. Quanti film strappalacrime le lasci vedere? - ridacchiò
divertito. L’uomo aprì le braccia impotente:
- E che ne so? Se ne sta tutto il giorno a guardare
quello schifo di soap opera, cosa posso farci io? - commentò divertito, mentre
Rachel si dava uno schiaffetto su una mano:
- Non permetterti sai?! Io le soap opera non le guardo,
preferisco i vecchi film romantici. Che so, Casablanca, Sabrina… Colazione da
Tiffany!! - esclamò con occhi sognanti, mentre Maximilian si picchiava una mano
sulla fronte:
- Ecco che ricomincia… Madian portala via con te, per
favore! - immediatamente la donna smise di blaterare:
- COSA?!? Non se ne parla nemmeno!! Non ti lascio qui da
solo a spassartela, scordatelo! - fece imbronciandosi e facendo ridere i suoi
due uomini.
Poco dopo chiamarono il volo per Nuova Delhi e si
salutarono definitivamente.
Madian salì sull’aereo e guardò l’aeroporto illuminato,
come pure la città che si stendeva dietro.
Sarebbe tornato con lei, o non sarebbe tornato affatto.
Era una promessa.
BUON 2006 A TUTTE!!!!! E
perdonate questa scrittrice degenere per il ritardo…-_-
AyLa:
Eccomi! Eheheh, adoro lasciarvi sulle spine!! A chi lo dici, sto strippando
letteralmente, non so più dove girarmi con tutte le cose che dovrei fare! Ho
letto l’aggiornamento, adesso vado a commentare. Un bacione a te!!
Elenim: Oh,
per fortuna! Le mie amiche le guardano, pensavo di essere l’unica! Ecco cosa
voleva Faust, fare il cascamorto! È la cosa che gli riesce meglio a quanto
pare… (beh, in questo periodo sono incasinata anch’io, nessun problema!).
Piaciuta la fine di Selim?? Era ora, adesso non lo rivedrete più!
Jennifer:
Grazie, mi inchino profondamente! Crystal ha agito in vece dell’autrice,
qualcuno doveva pur infilarci la zampaccia per svegliarli quei due! Alla
prossima, ciao!!^_^
Antheameiko: Ciao!
Sto incasinata da panico, ho un sacco di cose da fare e pochissima voglia di
farle… Uomini come i miei? Ma nella mia testolina bacata naturalmente!!
Esistessero davvero… Lo so, sono stata cattiva con lui, ma penso di essermi
fatta perdonare con questo capitolo, tu che ne dici? Beh, come svolta mi sembra
discreta, almeno secondo me! Grazie come sempre, un abbraccio e a presto!
Earine: Adoro
troncare i capitoli sul più bello, forse ho una vena masochistica perché mi
diverto a vedere strippare anche voi!! Spero che la belva si sia calmata, perché
Nikolas qui è impaziente per l’arrivo di Babbo Natale e se dovessero
incontrarsi temo che ne verrebbe fuori una guerra termonucleare… La finirò, la
finirò, scusatemi per i ritardi pazzeschi!
Dark
Angel & Light Angel: Guai a voi se pensate ancora che voglio
abbandonare la storia! Non lo farò, siete in troppe a seguirmi perché possa
decidere di fare una cosa simile, e poi ho già tutto nella testa, devo solo
finire di scriverlo e il solo problema è che ho pochissimo tempo, per questo
aggiorno lentamente. Dark è un po' giù? Se avete qualche problema potete
parlarmene, sono una buona ascoltatrice dicono, e non mi infastidite di certo!
Madian... ah, Madian!! Ti dico solo questo Dark, immagina, immagina!! Vorrà
dire che al più presto li comprerò... ma sono indietro già con almeno 4-5
libri, per ora non ho tempo di leggerli! Provate a dirlo ad Erika per la
storia, magari è una sciocchezza e lei potrebbe aiutarvi. OK, OK!!! Non censuro
niente!! Caspita ma mi prendete sempre sul serio! Vi pare che mi metto a censurare
a questo punto?? Mi fate tutte una crisi isterica, non lo farei mai!! E
comunque non avrei mai messo il rating NC17, non serve assolutamente! Al
massimo toglievo qualche scena, come dire... ehm!! Niente morti precoci, state
tranquille, vi voglio vive e vegete fino alla fine per lasciarmi queste mail
esilaranti!! Ciao!
Londonlilyth: La
storia è nel capitolo 9_India…
Damynex:
ANDATOOO!!!!!! È una fine sufficientemente crudele per Selim?? Già, anch’io lo
preferisco senza barba, ma da quel tocco di trascuratezza e di “uomo vissuto”
che… mmh, come dice una mia amica “Ispira sesso!”, posso dirlo?? Faust è un
altro burlone un po’ più arrapato di Mitja… che ci posso fare, mi piacciono i
ragazzi divertenti!!
*Sakura*:
Eccome se si smuovono!! Grazie allora, spero ti sia piaciuto anche questo
capitolo!!
Uriko: Beh,
alla cena non assicuro niente… e Madian e Haydée… idem!! Sono diabolica, non
dormo la notte pensando a qualche nuovo intoppo… uahahahaha!! Ok, adesso mi
calmo… grazie sai? I complimenti fanno sempre mooooolto piacere! Ciao!
Ersilia: Una
nuova lettrice!! Wow!! Complimenti per la costanza, 39 capitoli in una botta
non sono uno scherzo… Perdono per il ritardo! Ho da fare un sacco di cose
ultimamente, non ho molto tempo da dedicare alla scrittura. Beh, di Selim
finalmente ce ne siamo liberate, spero sia cosa gradita! Grazie infinite
comunque, sono commossa!!^_^
Il ragazzo si mosse mugugnando, il sogno che stava facendo
rischiava di svanire a causa della luce che si faceva sempre più accecante, e
questa cosa lo disturbava parecchio.
Alla fine non riuscì più a proseguire nella sua fantasia e
sospirò contrariato, muovendo un braccio per sgranchirlo.
In quel momento si rese conto di un fatto strano: le
lenzuola del suo letto sembravano molto più morbide del solito ed inoltre era
completamente vestito, che diamine era successo?
Socchiuse un occhio faticosamente e si accorse dell’errore:
quel letto non era suo, lui non aveva una stanzetta sulle tonalità del rosa, né
tanto meno quella caterva di pupazzi, pupazzini e pupazzetti ad ogni angolo.
Si tirò a sedere di scatto, causandosi un leggero capogiro,
poi cominciò a studiare la camera. Gli sembrava di averla già vista, ma non
riusciva a ricordare dove…
Spostò lo sguardo sul comodino e immediatamente capì dove si
trovava e perché era vestito.
Osservò la foto di Phénice e Haydée con la fronte
aggrottata, mentre nella sua mente andava ricostruendo tutti gli avvenimenti
della sera precedente.
L’incontro con Selim da Lynn, le sberle che gli aveva
rifilato, giustamente, e la confessione. Poi… poi Phénice gli si era gettata
addosso e non lo aveva più lasciato, addormentandosi sfinita dal pianto tra le
sue braccia.
E così il prode cavaliere aveva salvato la principessa dal
drago cattivo… restava da stabilire se lui era il drago o il cavaliere, e qui
ne nacque un dissidio interno. A lui piacevano i draghi, e i principi li aveva
sempre giudicati dei fighetti smidollati.
Alla fine optò per la Bella e la Bestia, il ruolo di belva
feroce gli si addiceva di più, soprattutto visto il trattamento, forse anche
troppo gentile, che aveva riservato a quel verme dell’EX ragazzo di Phénice.
Ridacchiò come uno scemo.
Che bel pensiero, il suo EX ragazzo!!
Cosa c’era di meglio del risvegliarsi nel letto della tua
donna dopo che lei ha lasciato il suo EX?! Aaah, che bella sillaba…
Si alzò grattandosi la nuca, e allora capì qual’era il fatto
più strano: Phénice non c’era.
Prese a girare per l’appartamento, chiamandola a più
riprese, ma niente. Cucina, soggiorno, bagno e ripostiglio erano vuoti,
comprese le stanze delle altre due ragazze.
Recuperò le scarpe e se le infilò saltellando in direzione
della porta. Non sapeva perché ma si era fatto prendere dal panico: perché non
era in casa a quell’ora? Dove poteva essere finita?
Socchiuse la porta dell’appartamento e chiamò l’ascensore,
deciso a scendere, poi sentì dei passetti leggeri e svelti sotto di lui.
Si sporse per guardare lungo la tromba delle scale e vide
una figuretta salire di corsa con un sacchetto bianco stretto al petto.
Phénice arrivò su saltellando e per poco non andò a cozzare
contro qualcuno fermo sull’ultimo scalino, rischiando di cadere all’indietro.
Una presa salda su un braccio le impedì di cadere:
- Dove sei sparita? – chiese una voce preoccupata. Alzò su
di lui lo sguardo più triste che Arkel avesse mai visto e sorrise timidamente:
- Ho preso due paste per la colazione nel bar all’angolo,
non avevo niente in casa! – mormorò con una vocetta sottile e lo sguardo
smarrito. Arkel tossicchiò imbarazzato tirandola lontano dalle scale e
lasciandola andare:
- Ah! – disse semplicemente, nascondendo il suo imbarazzo e
guardando con estremo interesse i lacci delle sue scarpe sparpagliati sul
pavimento:
- Entra, non vorrai mangiare qui spero! – lui scosse il capo
e la seguì, chiudendosi la porta alle spalle come la sera precedente.
Si sedettero in cucina e la ragazza prese a muoversi
rapidamente, abbandonando il giubbetto di pelle su una sedia e ciarlando del
tempo o di qualche scemenza simile.
Lui la osservava attentamente, poi quando gli depositò
accanto una tazzina di caffè l’afferrò per la vita e se la sedette sulle gambe,
piantando gli occhi nei suoi:
- Come stai? – chiese dopo un silenzio imbarazzante. Gli
occhi della ragazza si riempirono di lacrime:
- Bene. – mormorò con voce tremante. Lui le scostò una
ciocca di capelli dal viso:
- Non è vero… - sussurrò rauco stringendola mentre lei si
rintanava nel suo petto e nascondeva il viso arrossato nell’incavo della sua
spalla.
Arkel la cullò dolcemente, come aveva fatto la sera prima,
poi gli parve che si fosse calmata e la staccò da sé per guardarla:
- Meglio? – lei annuì mentre tirava su col nasino. Lui rise:
- Ehi, fontanella ambulante, hai intenzione di allagare
l’appartamento?! Ti avverto: come idraulico sono un vero fallimento! – sentì un
peso sollevarsi dal cuore quando la vide ridacchiare e asciugarsi le lacrime:
- Oh-oh!! Il super-uomo allora non è invincibile… - scherzò
cercando un fazzolettino per soffiarsi il naso. Lui le diede una leggere spinta
sulla fronte col dito indice:
- Solo perché sei una frignona non sei autorizzata a
prenderti gioco di me, sai? Potrei arrabbiarmi sul serio, e allora… - fece con
un ghigno preoccupante mentre le pizzicava i fianchi, facendola sussultare:
- No, fermo!! Soffro il solletico!!! – cinguettò dimenandosi
e ridendo, ormai dimentica delle lacrime di poco prima:
- Mmh… per stavolta te la cavi, ma la prossima non sarò così
accomodante… ricordatelo!! – la minacciò con un dito mentre lei si alzava e si
metteva in guardia:
- Ah sì? Beh, dipende se riuscirai a prendermi,
vecchiaccio!! – lui si inalberò:
- Vecchiaccio a chi, pupattola!! Guarda che ho solo 6 anni
più di te! – esclamò alzandosi a sua volta e rincorrendola.
Phénice lanciò un paio di urletti mentre lui la agguantava
per la vita, trascinandola su un divano e intrappolandola sotto di sé:
- Allora bimba, cosa stavamo dicendo? – lei trattenne una
risata:
- Che sei vecchio!! – Arkel emise un mugolio di
disapprovazione, la prese per i polsi immobilizzandola e si chinò verso di lei:
- E tu sei… - si bloccò notando il suo respiro leggermente
affannoso, le labbra morbide a pochi centimetri dalle sue, le guance arrossate
e gli occhi brillanti.
Improvvisamente si rese conto che la loro posizione era a
dir poco imbarazzante e si ritrasse leggermente, notando però una leggera nota
di disapprovazione negli occhi della ragazza.
Non posso. E tu
non guardarmi così!!
La lasciò andare di scatto, mettendosi composto sul divano e
guardandosi attorno.
Lei si alzò smorzando il sorriso, forse leggermente delusa… Non farti illusioni!
- Che c’è, hai capito che sono troppo forte per te? – chiese
alla fine spezzando la tensione. Lui la guardò di sbieco, accennando a un
sorriso:
- Sì… è proprio così. – sussurrò assente, pensando che in
fondo era vero. Lei si alzò e gli porse una mano:
- Dai soldato, andiamo che il rancio si fredda! – fece con
solito sorriso solare, mentre lui la seguiva di malavoglia.
Aveva voglia di crogiolarsi nei suoi pensieri e di
riordinare le idee, doveva essere certo di quello che faceva per non rischiare
di combinare un casino.
~~~~~
Salisburgo, ore 20:30 pm
Mitja finì di sistemare la cravatta e si guardò allo
specchio con un sospiro.
Era troppo elegante?
Sì, decisamente, sembrava appena uscito da una pubblicità di
Armani. Va bene che era un ristorante di classe dove stavano per andare, ma non
erano a un matrimonio, poteva anche permettersi il lusso di respirare
normalmente!
Sfilò quel moderno strumento di tortura e slacciò i primi
due bottoni della camicia, sorridendo soddisfatto: O2!!
Poi guardò i capelli: troppo perfetti, non era da lui. Ficcò
una mano tra le ciocche bionde e li sistemò come più gli piaceva, cioè stile
è-appena-scoppiata-una-bomba. Obiettivamente, gli davano un fascino inaudito!
Controllò il resto e decise che quel completo blu scuro
gessato poteva anche andare, perciò prese il portafogli e le chiavi della
stanza chiudendosi la porta alle spalle.
Diede un’ultima controllata all’orologio e si decise a
bussare alla porta della stanza accanto alla sua: sapeva che a Winter piaceva
la puntualità perciò era bene sbrigarsi.
L’improvviso bussare alla porta la fece sussultare e lanciò
un’ultima occhiata allo specchio.
Aprì un piccolo spiraglio e incontrò il sorriso rassicurante
di Mitja:
- Ciao! Sei pronta? – per tutta risposta lei scostò la porta
e abbassò lo sguardo:
- C-credo di sì. – mormorò imbarazzata, aspettando un
commento che non arrivò. Quando si decise a guardarlo sentì un’ondata di calore
avvolgerla. Era perfetto. - Mitja? – lo chiamò timidamente. Lui si riscosse
chiudendo la bocca e cercando di assumere un’espressione almeno vagamente
intelligente:
- Ah… sei… bellissima! – esclamò con gli occhi sgranati.
Winter indossava un vestito viola di raso lungo fino al
ginocchio, con sopra un giacchino di lana intrecciato dello stesso colore (*).
Aveva i capelli morbidamente raccolti con un fermaglio dello stesso colore
dell’abito ed era incantevole.
- Grazie… anche tu stai bene. – fece arrossendo ancora di
più mentre stringeva spasmodicamente la maniglia della porta, poi lui le prese
la mano libera e la portò alle labbra:
- Anzi, sei incantevole. – mormorò riprendendo il controllo
di sé e divorandola con lo sguardo, posandole un bacio sulla mano. Gli sfuggì
un sorriso sentendola fredda e tesa:
- P-prendo la borsetta! – esclamò lei volgendosi rigidamente
e facendo alcuni passi traballante, mentre Mitja se la rideva. Sembra perfino più agitata di me!
Cinque minuti dopo erano seduti nell’auto che avevano
noleggiato e raggiunsero il ristorante in perfetto silenzio.
C’erano troppe cose da dire, troppa tensione e troppo…
qualcos’altro.
Durante la cena fortunatamente riuscirono a rilassarsi,
soprattutto grazie ai piatti che venivano serviti così insoliti per loro, tanto
che Mitja si ritrovò a commentare:
- La prossima volta cerco un McDonald’s, la cucina austriaca
non fa decisamente per me! – Winter rise piano, osservando il viso imbronciato
del ragazzo seduto di fronte a lei:
- E dai, aspetta che arrivi il dolce e allora cambierai
idea! Gli austriaci sono famosissimi per lo strudel e la sacher, una torta di
cioccolato con la marmellata, una vera delizia! – lui inarcò un sopracciglio:
- Sarà, ma per il resto Friedrich me la paga, questa roba
non mi piace per niente… come hai detto che si chiama? -
- Gulasch, non è che spezzatino. – fece infilandosene un
pezzetto in bocca:
- Bah, spero solo che piaccia a te… - bofonchiò distogliendo
lo sguardo imbarazzato. Winter lo guardò teneramente: era nervoso per paura di
aver fatto una brutta figura e le sembrò ancora più dolce del solito.
Istintivamente posò una mano sulla sua abbandonata sul tavolo:
- Non preoccuparti, è tutto perfetto! – mormorò facendogli
spuntare un sorriso timido:
- Bene! – esclamò calmandosi un po’ ma continuando a
guardarsi attorno nervosamente.
Quando ebbero terminato il dolce Winter si stancò di vederlo
così distaccato e aggrottò la fronte:
- Mitja va tutto bene? – lui annuì distrattamente, poi si
volse di scatto con gli occhi brillanti e annuì con convinzione:
- Benissimo! – esclamò con un sorriso smagliante, cosa che
la fece insospettire:
- Non mi convinci… cosa stavi guardan… do… - rimase senza
fiato prima ancora che lui potesse dirle di non guardare. Un cameriere si
dirigeva con sicurezza verso di loro, col sorriso stampato in faccia e… un
fascio di rose bianche tra le braccia.
Dopo un istante si chinò e glielo porse:
- Per lei signorina! – esclamò mettendole i fiori tra le
braccia e allontanandosi discretamente. Winter aveva le lacrime agli occhi:
- M-Mitja… cosa… - lui sospirò imbarazzato:
- Non ti piacciono? No! Ho capito, non me lo dire: dovevo
mandartele in camera per non dare spettacolo. Che ci posso fare se sono un
megalomane da paura… - lei lo interruppe prendendogli una mano:
- Mitja sono meravigliose… grazie! – esclamò commossa
staccando a fatica gli occhi da quella meraviglia. Lui le sorrise,
accarezzandole le dita sottili e delicate:
- Non saranno mai belle quanto te. – mormorò avvampando come
un bambino e mettendosi in gara col colorito della ragazza.
Quando uscirono il ragazzo propose una passeggiata, per
essere metà ottobre era una serata piuttosto tiepida e potevano permettersi due
passi senza far rischiare una polmonite a Winter.
Lei camminava come in sogno, continuando a gettare
alternativamente occhiate a Mitja e ai fiori che ancora stringeva e che la
inebriavano col loro dolcissimo profumo:
- Ti piacciono proprio tanto, eh? – mormorò lui fermandosi
nell’oscurità creata da un albero, lontano da occhi indiscreti. Lei annuì,
trasognata:
- Moltissimo, te l’ho detto. – rispose sorridendogli. Lui la
guardò attentamente:
- Volevo dirti un’altra cosa. – cominciò timidamente, mentre
lei gli rivolgeva tutta la sua attenzione: - Ecco, ho pensato a quello che hai
detto… cioè al fatto che siamo di troppo qui… beh, mi sono preso la libertà di
prenotare due biglietti per il rientro, e altri tre per Crystal, Nikolas e
Friedrich il prossimo mese. Ho pensato che era ora di tornare, ci sono persone
che ci aspettano anche là… – quando tornò a guardarla rimase scioccato.
Sembrava infuriata:
- Ah, è così… prima mi accusi di voler tornare da Aaron, poi
mi inviti a cena per farti perdonare… e invece vuoi solo tornare da Aida!! –
gli gettò i fiori addosso con rabbia: - Ti odio! – sbraitò volgendosi e
tentando di correre via.
Mitja la guardò fare alcuni passi affrettati con l’aria più
stranita del mondo, poi sentì qualcosa montare dentro di lui e passò
all’azione.
Depositò i fiori su una panchina e con due passi la
raggiunse, prendendola per un braccio e fermandola:
- Testona tagliaborse… - mormorò rauco prima di tirarla con
forza contro di sé e stringendola possessivo: - …come fai a non averlo ancora
capito?! – lei stava per ribattere ma lui non le diede tempo, premendo le
labbra contro le sue.
Winter sgranò gli occhi mentre lui si staccava di poco:
- Non l’hai ancora capito che è te che voglio? – mormorò
affranto accarezzandole una guancia, mentre continuava a tenerla stretta per la
vita: - Dimmi qualcosa. – disse alla fine in un soffio, con lo sguardo depresso
e la voce stanca.
Per tutta risposta lei alzò lo sguardo su di lui, incantandolo
con i suoi occhi grigi e luccicanti come stelle, poi lentamente alzò una mano e
gli accarezzò il viso.
Non riusciva a crederci, si era praticamente dichiarato e
lei se ne stava zitta!
Si alzò sulle punte dei piedi e posò le labbra sulle sue in
una carezza timida e delicata, staccandosi quasi subito.
Rimasero un tempo indefinito a guardarsi avidamente negli
occhi, poi Mitja chinò nuovamente il capo baciandola a fior di labbra una
volta, come un piccolo assaggio. Poi un’altra. E un’altra ancora.
Quando finalmente Winter reagì si impossessò della sua bocca
e la strinse disperatamente, perdendo la testa.
La baciò a lungo, gustandosi la sua bocca con calma e
voluttà, mentre sentiva il corpo di lei abbandonarsi contro il suo e il calore
dei loro corpi fondersi.
Infilò una mano tra i suoi capelli, sciogliendoli e
accarezzandole la nuca, mentre l’altra mano vagava esaminatrice lungo la sua
schiena.
Sentì Winter aggrapparsi a lui ed emettere un lieve gemito
nella sua bocca, così si decise a interrompere il bacio per consentire a
entrambi di respirare.
Non passarono che pochi secondi però che l’aveva nuovamente
catturata, mentre i loro respiri si facevano sempre più affannosi e la mani
vagavano alla ricerca di un contatto al di là dei vestiti.
Si staccò ansimando, guardandola con occhi splendenti:
- Vieni con me. – mormorò staccandosi, recuperando i fiori e
trascinandola verso l’automobile parcheggiata a una certa distanza.
Nel percorso per raggiungerla si fermarono per baciarsi
almeno una decina di volte, mentre Winter aveva ripreso i fiori e si stringeva
a lui.
Una volta nell’abitacolo si guardarono a lungo,
attentamente, come se non fossero più in grado di riconoscersi e come se quei
baci avessero potuto cambiarli esternamente.
Mitja le sorrise, prendendole una mano e portandosela al
viso:
- Quanto sei bella! – mormorò rauco, intrecciando le dita
alle sue. Winter aveva quasi le lacrime agli occhi:
- Anche tu. – sussurrò rapita, con la mente completamente
vuota e il cuore pieno di lui.
Un istante dopo il ragazzo si riprese e avviò l’auto,
dirigendosi febbrilmente all’albergo.
Quando furono all’interno dell’ascensore la riprese tra le
braccia, premendola contro la parete e ricominciando a baciarla avidamente.
Lasciò che le sue mani scivolassero lungo i fianchi della
donna, raggiungendo le gambe per poi alzare maliziosamente il vestito e
insinuarsi sotto la stoffa scivolosa, mentre lei ansimava tendendosi contro di
lui:
- Mitja… a-aspetta… - mormorò rauca, infilando le mani sotto
la giacca aperta e aggrappandosi alla camicia tesa sulla schiena di lui:
- Cosa. – mugugnò proseguendo nelle sue manovre:
- Potrebbe… entrare qualcuno… - sussurrò annientata mentre
lui si staccava bruscamente dal suo collo e l’ascensore si bloccava, giunto al
loro piano:
- Vieni Winter. – fece risoluto, trascinandola con sé senza
staccare gli occhi dai suoi.
Frugò nelle tasche e quando finalmente trovò la chiave
spalancò la porta febbrilmente, agguantandola per la vita ed entrando senza
accendere la luce, mentre la baciava selvaggiamente e tentava di toglierle il
giacchino di lana.
Nel frattempo Winter gli aveva sfilato la giacca e ora si
trovavano in piedi l’una tra le braccia dell’altro, guardandosi negli occhi a
lungo e con estrema attenzione.
Mitja le sfiorò le spalle nude con delicatezza,
giocherellando con le spalline sottili del vestito e ipnotizzato da quella
pelle di luna, mentre lei gli sbottonava la camicia con lentezza quasi
esasperante. Rabbrividì quando le dita sottili della ragazza gli sfiorarono il
petto nudo, poi si sedette attirandola vicina e guardandola dal basso verso
l’alto:
- Resta… con me, sempre. – mormorò incantato mentre lei gli
sorrideva con estrema dolcezza e annuiva impercettibilmente.
- Sì. – sussurrò d’un fiato un istante prima di essere
trascinata irresistibilmente giù, tra le sue braccia.
(*) Lo avete mai visto nelle vetrine dei negozi di Luisa
Spagnoli quest’autunno? Io me ne sono innamorata!
AyLa: Sono diventata di una lentezza esasperante,
scusatemi! Madian e Haydée tornano nel prossimo capitolo, più incasinati che
mai!! Arkel ringrazia, mi chiede se ti va un giretto in moto, Phénice fa un po’
troppe storie…;P ciaoo!!
*Sakura*: Lo so, scusami ancora, prometto che la
finisco ma vi chiedo un po’ di pazienza! Eheheh, sì sì che apre gli occhi
Phénice, è lui che tentenna adesso!! Sono diabolica! I due biondini hanno
sprangato la porta, adesso li sistemo io… Anche per te, la coppia principale
sta tornando, preparati! ^-^
Dark Angel & Light Angel: Ciao belle! Eh, Mitja
Mitja, ha i suoi tempi anche lui, poverino! Beeeelloooo!!! Lo voglio leggere
anch’iooo!!! Non anticiparmi niente Dark, mi raccomando!! Musica rock? Canti,
suoni o ascolti solo? Chi ti piace? Che curiosona… Beh dai, a questo punto
l’avrai finito immagino il libro, fammi sapere come ti sembra! Ragazze, vi pare
che avrei censurato, non è una storia dai toni così pesanti, almeno non mi
sembra proprio! Beh sai, il fascino dell’uomo rude e violento, e poi qualche
sganassone dà sempre un po’ di colore alla storie!;P - Per la brutta vicenda di
Dark mi spiace molto, sono quelle cose che spaccano proprio il cuore e fanno
girare i cocomeri. Secondo me non sei egoista e insensibile Dark, al contrario
sei sensibilissima e capisco perfettamente che non riesci a perdonarla (e non
ti do affatto torto, anzi, strappale i capelli!! E non essere violenta con la
povera Light, che ti ha fatto di male!;)), faticherei anch’io a dimenticare uno
sgarbo del genere, è naturale. E non credo sia utile tornare a parlare a questa
ragazza per forza, certo portare rancore non è mai bello e con certe persone è
anche fatica sprecata perché non meritano nemmeno quello, ma solo col tempo
potrai guardare con distacco alla faccenda, magari ci farete anche una bella
risata su, come è successo a me con cose che una volta mi facevano arrabbiare a
morte! Lasciala perdere e non pensarci, è l’unica soluzione, e se continua a
insistere per tornare amiche è solo perché si sente in colpa e sa di aver
sbagliato. Non mi avete affatto disturbata con la vostra mail, anzi scusatemi
voi per il ritardo e non fatevi problemi a parlarmi ancora dei vostri problemi
se vi va! Eheh Dark, non ti anticipo nulla su Madian, aspetta il prossimo
capitolo! Ah, ho visto la vostra storia, finalmente! Adesso leggo e poi
recensisco, ciao!!
Damynex: Eheheh… Arkel ringrazia la sua ammiratrice
con un elegante baciamano mentre nasconde un bazooka dietro la schiena, sta
pensando di rincorrere Selim attorno al globo tanto per mantenersi in
esercizio! I due biondini, ah che sporcaccioni i due biondini!
Londonlilyt: Pardon madame, sono tornata ma a
singhiozzo, troppi pensieri ultimamente!;) Chessaràmmai, io me ne sono persa di
cose! Ad esempio una storia mooolto interessante su due spie esplosive… molto
bella, i miei complimenti, prometto che recensisco!
Ersilia: Darling scusami ancora per il ritardo, proprio non ci riesco ad
essere regolare! Arkel è arrossito e ha fatto finta di strozzarsi con una
birra, è modesto il ragazzo, ma ringrazia sentitamente. Ormai nuoto nella marea
dei tuoi complimenti, ma quale ripetitiva, sono lusingatissima!! Arrivano
tutti, tranquilla, non li pianto lì a metà!
Uriko: uahuahuah, sì, diabolicamente diabolica!! Sono
un distributore automatico di intoppi io, me ne accadono talmente tanti nella
vita reale che non potevo non metterli su carta… pardon, su web. Precipitare
l’aereo?!? Mumble, mumble… questa non mi era venuta in mente… paura eh?? No
dai, arriverà incolume, questo posso anticipartelo tranquillamente almeno così
mi dormi la notte! Infatti, molto da fare e molto da pensare, se vado avanti
così mi si fonde il cervellino, ma non abbandono, promesso! ^-^
Earine: Tessssssssorooo!! Tu e la tua lettura del
pensiero, hai perfettamente ragione, pensandoci bene è il ragazzo che ho curato
di più, anche se inizialmente doveva essere Madian… ci ho messo troppo di
qualcuno di cui ben sai, ecco cosa succede e prendere troppa ispirazione dalla
realtà!! Che adorabile felino, mi saluta il pupo!! Niki (che tra l’altro è nato
davvero, il figlio di mia cugina! Ma non è biondo) strepita impazzito, ha una
voglia di tirare la coda al tuo Kim che non immagini, tienilo al sicuro perché
la peste è in agguato!;PP Sì, la giusta direzione… hai dimenticato che
l’autrice è in agguato?? Eheheheheh…
Antheameiko: Ciao!! Eh sì, l’ispirazione va e viene,
troppi pensieri, troppe cose da fare… che gran casino! Dolci i biondini eh? Qui
ti sarai sciolta! Per la storia di Selim la penso esattamente come te, il
capitolo è un po’ una mia riflessione sull’argomento, e sono giunta alla tua
stessa conclusione. Ehi, se hai qualche problema, qualsiasi cosa, puoi
parlarmene liberamente, lo sai!;) Grazie ancora, a presto!
Elenim: Barcellona?? BARCELLONA?? E non si manda una
cartolina??? Ahah! Dai che scherzo, ci sono stata anch’io e come città non è
niente male, come ti è sembrata? Selim ormai è un ricordo lontano, Arkel non la
smette di sghignazzare! Madian arriva, tempo che sistemi il prossimo capitolo e
arriva!
Mitja la trascinò sul letto stendendola supina accanto a sé
per poi incantarsi nuovamente a guardarla.
Era così bella in quel momento, con i capelli vaporosi
sparsi sul copriletto di raso, la bocca arrossata e ammorbidita dai suoi baci,
gli occhi brillanti e quel movimento leggero che faceva con le gambe…
La prese ancora per la vita, premendola contro di sé mentre
scendeva insinuante lungo la coscia, scostandole il vestito per accarezzarle le
gambe perfette, mentre le sfiorava il viso col suo per darle una cascata di
baci leggeri e sensuali a fior di labbra.
Winter chiuse gli occhi abbandonandosi alle sensazioni che
la travolgevano, mentre insinuava le mani sotto la camicia per accarezzargli le
spalle muscolose.
Lo sentiva respirare affannosamente mentre la sfiorava
leggero, percepiva alla perfezione quello che sentiva dal tremore delle sua
dita sulla pelle e da quella luce che gli illuminava gli occhi splendenti.
Sentì le sue dita forti risalire lungo un braccio e giocherellare con le
spalline dell’abito, facendola fremere per un istante e rilassarsi un attimo
dopo, quando la stoffa venne scostata di pochi centimetri.
Ma Mitja era inquieto come mai prima in una situazione del
genere. Si staccò da lei di scatto, sedendosi e facendola mettere rapidamente a
cavalcioni su di sé.
La baciò con deliberata lentezza, con calma esasperante per
sentirla ansimare e contorcersi contro di lui, mentre prendeva entrambe le
spalline del vestito.
Tornò a guardarla e incontrò il suo sorriso morbido e
sensuale:
- Winter… - mormorò rauco dimenticandosi per un istante
quello che stava facendo e affondando il viso nel suo petto ancora coperto,
respirandole addosso e sfregando le guance contro la stoffa morbida e le curve
che ricopriva.
La mordicchiò attraverso il raso e sentì le gambe di lei
aumentare la pressione sui suoi fianchi, mozzandogli il fiato e costringendolo
a staccarsi per riprendere fiato.
In quel momento, proprio mentre stava per affondare
nuovamente lo sguardo negli occhi lucenti di lei, il telefono prese a
squillare.
Attese uno squillo, due, poi tre, ma non accennava a
rispondere, preferendo continuare a guardarla. Winter strinse appena le labbra,
incerta se dirgli di rispondere o meno, poi distolse lo sguardo e Mitja si
staccò per rispondere.
Poteva essere Crystal ad avere bisogno di aiuto, poteva
essere Madian o addirittura Arkel, potevano essere i suoi ad aver sbagliato
orario a causa del fuso…
- Pronto? – biascicò intontito, osservando la donna muoversi
languidamente accanto a lui:
- Ciao Mitja!! Che fai di bello? -
~~~~~
Aeroporto di Nuova Delhi, primo pomeriggio
Madian uscì per raggiungere un taxi e si ritrovò immerso nel
caos della capitale indiana. Una vera babele, colorata, rovente e afosa.
Indicò al tassista la sua destinazione un po’ in inglese un
po’ a gesti, poi puntò lo sguardo fuori da un finestrino che gridava per essere
pulito dalla polvere.
Era incredibile, come poteva Haydée essere innamorata a quel
punto di una terra selvaggia e povera come l’India?
Certo, Delhi era praticamente identica alle metropoli
occidentali con quei grattacieli, le auto nuovissime e il traffico assurdo ai
semafori, ma quel dentista all’angolo della strada che estirpava denti per
poche rupie, seduto su una semplice coperta stesa sull’asfalto…
Che razza di posto!!
Giunto all’agenzia trovò un attimo di ristoro alla calura
insopportabile dell’esterno grazie al generatore di aria condizionata piuttosto
vecchio che ronzava in un angolo.
Immediatamente il gestore dell’agenzia gli andò incontro a
braccia spalancate, parlandogli in un inglese piuttosto fluente e chiedendogli
notizie del suo viaggio:
- Salve, molto piacere… tutto bene, grazie!… Certo, non ne
dubiti, ormai so dove trovarvi… Avete trovato un’auto? – chiese alla fine
interrompendo il fiume di parole e domande:
- Ma certo! È arrivata poco fa, prego gliela mostro! – nel
retro dell’agenzia trovarono una macchina che aveva visto tempi decisamente
migliori, era praticamente un catorcio ma il buon uomo gli assicurò che era
perfetta:
- Non invoglia i ladri a rubarla, si mimetizza con le poche
auto del villaggio in cui siete diretto e non vi dà l’aria del turista!
Perfetta! – ripeté a più riprese, fino a convincerlo.
Quello che lo preoccupava non era il modello, non c’era
tempo di badare alla forma e non gli interessava, il problema era che gli
ispirava la fiducia di un usuraio sorridente che si sfrega le mani. Era un
catorcio bello e buono, perciò capacissima di piantarlo in asso nel bel mezzo
del nulla più assoluto!
- Non si preoccupi, il mio meccanico l’ha controllata, andrà
a meraviglia!! – lo rassicurò sorridendo.
Alla fine se ne andò col suo nuovo acquisto, ridacchiando
fra sé e immaginando l’alberghetto al quale era diretto. Se non doveva dare
nell’occhio neanche quello, avrebbe dormito nella polvere!
~~~~~
Alcune ore dopo, villaggio di R****
Quando finalmente arrivò al villaggio di R**** scese
dall’auto alle prime abitazioni e si parò gli occhi dalla luce accecante.
Haydée era lì da qualche parte, non sarebbe stato difficile
trovarla visto che la cittadina era piuttosto piccola.
Cosa le avrebbe detto una volta che l’avesse vista ancora
non lo sapeva, probabilmente era meglio improvvisare o addirittura aspettare
che fosse lei a parlare. Tanto era inutile pensarci, era arrivato e solo quello
importava.
Si chiese nuovamente come poteva la sua Haydée essere
cresciuta in una terra simile.
Così spietata e cruda, sovraffollata e piena di gente
affamata.
Riprese l’auto e transitò lentamente per le viuzze del
centro, alla ricerca del suo albergo. Vide bazar affollati e colorati, inspirò
l’odore forte delle spezie, e osservò divertito mucche anoressiche vagabondare
indisturbate e farla da padrone per la strada. Assurdo!
Una miriade di colori lo avvolse, sari di donne e tuniche di
uomini, in un turbinio di tinte che lo lasciò stordito.
Riuscì a farsi indicare il suo albergo da un vecchio che
passeggiava tranquillo aggrappato al suo bastone e salutò la sua stanzetta
piccola e relativamente fresca quasi con gioia.
Fortuna che stava scendendo la sera…
~~~~~
Salisburgo, ancora notte fonda
Winter si staccò di scatto dandogli una spinta, prese il
golfino e la borsetta e si precipitò fuori dalla porta, mentre Mitja la
guardava con la bocca spalancata tendendole una mano a mezz’aria, la cornetta
del telefono dell’albergo ancora nell’altra:
- Mitja ci sei? Ehi, Mitja!! – chiamò insistentemente una
voce dall’altro lato:
- Sì? – mormorò abbandonandosi sul letto:
- Sono Aida, non mi riconosci? – lui si coprì gli occhi con
una mano:
- Sì, ti riconosco… - E
a quanto pare non sono l’unico ad averti riconosciuta.
Winter chiuse la porta rabbiosamente, scagliando la borsetta
e il giacchino contro un muro a caso per poi lasciarsi scivolare lentamente a
terra, mentre lacrime di frustrazione le sfuggivano silenziose dagli occhi.
Come aveva potuto essere talmente stupida da cascarci?!
Non era che un surrogato di Aida adesso che lei era lontana,
peggio potevano essere entrambe dei ripieghi visto che Crystal ormai era fuori
dalla portata del ragazzo!
Si sedette meglio sulla moquette attirando le ginocchia al
petto e circondandole con le braccia, per poi appoggiarvi la fronte bollente.
Aveva perso la testa, si era illusa e aveva ceduto ai suoi
baci… già, i suoi baci… Dio, come l’aveva baciata! Sembrava tutto così vero!
Ma se fosse stato vero ora lui non sarebbe stato al telefono
con Aida, né l’avrebbe lasciata andare così facilmente.
No, non era vero niente, lui l’aveva presa in giro.
Si alzò lentamente, stringendo le labbra per non
singhiozzare e avvicinandosi al letto, poi bussarono alla porta e rimase
bloccata dov’era:
- Winter?… Winter aprimi per favore! – chiese una voce
dall’esterno. La ragazza fece un lungo sospiro sedendosi sul bordo del
materasso:
- Vattene Mitja, e non tornare. – mormorò semplicemente
ponendo fine al loro brevissimo interludio d’amore, mentre il ragazzo lungo il
corridoio appoggiava la fronte alla porta stringendo gli occhi, disperato.
~~~~~
Villaggio di R****, mattino presto
Un’ombra si mosse nella stanza buia, si stiracchiò e scese
dal letto, avviandosi alla finestra a tentoni.
Aprì un breve spiraglio rischiando di accecarsi a causa del
riverbero del sole e immediatamente venne assalito da un caldo afoso che lo
fece boccheggiare.
Madian spettinò i capelli sbuffando e sparendo nel bagno per
aprire immediatamente l’acqua della doccia.
Una volta ripresosi dalla sua prima notte indiana si vestì
di leggero e si preparò a uscire munito di occhiali da sole. Infilò le mani in
tasca e scese nel caos di quella che teoricamente avrebbe dovuto essere la hall
per poi uscire lungo la viuzza polverosa davanti all’albergo.
Era un villaggio piuttosto grande, ciononostante le strade
erano di terra battuta, polverose e caotiche.
Osservò le case di stucco bianche, rosa e di tutte le
tonalità simili, fino al color sabbia.
Ora cominciava a capire cosa c’era in questo posto che
attirava Haydée.
Se aveva imparato a conoscerla anche solo un pochino, sapeva
che le piacevano le cose semplici, e quel posto era quanto di più semplice si
poteva immaginare.
Un bambino sbucò da una bottega e andò a sbattere contro una
sua gamba, cadendo a terra mentre un uomo barbuto usciva veloce dal negozietto
per rincorrerlo.
L’uomo prese a strattonare il bambino, frugando tra i
vestiti impolverati di quest’ultimo e sbraitando parole incomprensibili ad alta
voce.
Alla fine trovò quello che cercava, cioè una barretta di
zucchero o roba simile, e lasciò cadere a terra il bambino che piagnucolava.
Evidentemente il ragazzino l’aveva rubata, almeno dall’atteggiamento dei due
attori quello sembrava il motivo della scenetta.
Madian decise che facevano al caso suo: entrò nella bottega
e prese una barretta dello stesso dolciume, la porse al bottegaio e gli allungò
alcune rupie per pagarla.
L’uomo lo guardò diffidente, poi arraffò i soldi e mugugnò
qualcosa sempre in quella lingua incomprensibile. Il ragazzo decise che poteva
provarci e prese una foto dal portafogli, indicandogli una figuretta:
- Mi scusi, posso chiederle se la conosce? – l’uomo osservò
la foto ma la sua espressione non tradì nulla: - La conosce? – tentò di
domandare ancora. L’uomo bofonchiò, poi gli diede le spalle e si dedicò al suo
lavoro, mentre Madian usciva dalla bottega con una smorfia.
Che avevano quegli indigeni da essere così scontrosi?!
Appena fuori vide ancora il bambino di poco prima seduto
mogio su una panchetta di legno e si avvicinò con un sorriso:
- Tieni. – fece porgendogli la barretta. Il piccolo lo
osservò diffidente per alcuni istanti, poi gli rivolse un sorriso radioso e
prese la barretta, ficcandosela immediatamente in bocca. Madian si sedette
accanto a lui osservando l’andi-rivieni delle donne avvolte in sari
coloratissimi e di uomini sorridenti e abbronzati, tutti con la barba, o almeno
con i baffi.
Alla fine tornò a guardare il bambino, che ancora sorrideva
felice:
- Bah, proviamo… - borbottò tra sé prendendo nuovamente la
foto: - Dimmi piccolo, la conosci? – chiese gentilmente mentre il bambino si
bloccava e guardava la foto a bocca spalancata.
Finalmente reagì, saltellando sul posto e indicando
l’immagine di Haydée con l’indice, mentre parlava anche lui in quella lingua
strana:
- Ancora… maledetta Babele, non ci capisco un accidenti!…
Dove abita? – tentò di chiedere, ma inutilmente: - Dove? – chiese facendo un
ampio gesto con il braccio ad indicare tutto quello che li circondava, e
seguendo i suoi gesti con lo sguardo: - La sua casa! – tentò nuovamente, e
finalmente il bambino scattò in piedi prendendolo per mano e tentando in tutti
i modi di trascinarlo con sé.
Camminarono per un po’, perdendosi nel dedalo di viuzze strette
mentre Madian si chiedeva come avrebbe fatto a tornare indietro, finché il
ragazzino si infilò attraverso la tenda di una porta, sparendo all’interno di
una casa ben tenuta.
Il ragazzo tentennò un po’, non sapeva se doveva entrare o
se il bambino gli aveva fatto uno scherzo, poi come in risposta alle sue
domande uscì un anziano canuto, sempre trascinato dal bambino.
L’uomo lo guardò un istante con aria sorpresa, poi annuì tra
sé accarezzandosi la barba e gli fece un sorriso furbo:
- Ben arrivato, sahib! – fece in un perfetto inglese. Madian
sgranò tanto d’occhi:
- Grazie… Lei parla la mia lingua? – chiese titubante e
sorpreso:
- Abbastanza, conosco una famiglia di inglesi. – insinuò
mentre gli occhi gli brillavano. Il ragazzo si guardò attorno pensoso:
- Perché mi ha detto… “ben arrivato, sahib”? – volle sapere
guardandolo con sospetto:
- Sahib significa uomo bianco, e lei è bianco, e le ho dato
il benvenuto perché l’aspettavo. Ce ne ha messo di tempo! – ormai rideva
apertamente, sinceramente divertito dalla loro conversazione:
- Mi aspettava… come… - l’uomo alzò una mano intimandogli
silenziosamente di tacere:
- Venga, le spiegherò tutto! – fece prendendo per mano il
bambino e rientrando nell’abitazione, seguito dal ragazzo.
Si ritrovarono in una saletta linda e ben tenuta e si
sedettero su due poltrone occidentali:
- Ha fatto buon viaggio? – cominciò l’anziano distogliendo
Madian dal suo istante di osservazione:
- Sì, grazie… posso sapere chi… - l’uomo lo interruppe:
- Yusaf. Immagino che abbia già sentito parlare di me. –
fece drizzandosi un po’ sulla schiena ormai debole, in un’eco flebile dei bei
tempi andati, quando era un guerriero forte e coraggioso. Madian trattenne il
fiato:
- Lei è… l’insegnante di arti marziali! – esclamò con voce
strozzata. Incredibile…
- Esatto! Il nostro incontro non è casuale, gli Dei hanno
fatto in modo che lei trovasse mio nipote perché la conducesse a me. E io la
condurrò da Haydée, naturalmente. – disse facendolo sobbalzare:
- Dove la posso trovare? Me lo dica, la prego! – esclamò
agitato sporgendosi verso di lui:
- Calma sahib, prima devo sapere molte cose su di lei… e
sulle intenzioni che ha con la mia allieva. Lei non me ne ha parlato, ma ha
sofferto molto in passato e continua a soffrire tuttora. Lo sapeva? – chiese inflessibile.
Madian sospirò, adagiandosi stancamente contro lo schienale:
- So cosa le è successo, so perché ha sofferto e credo di
sapere perché continua a soffrire. Io non voglio farle nulla di male, io… beh…
- sospirò guardando l’uomo negli occhi, quegli occhi così scuri e
impenetrabili, ma trasudanti saggezza: - Io sono innamorato di lei… ne sono
innamorato da tempo e vorrei dirglielo. Non posso continuare a vivere con
questo peso sul cuore, col rimpianto di non averglielo nemmeno detto! – fece
d’un fiato, facendo calare il silenzio tra loro.
L’uomo si accarezzò la barba a lungo, chiudendo gli occhi
come per raccogliersi in meditazione, poi sospirò e tornò a posare il suo
sguardo sul ragazzo, annuendo soddisfatto:
- Sento che siete sincero, e questo mi rende molto felice.
Non sarà facile farle ammettere le sue debolezze, è la mia allieva migliore e
sono certo di questo poiché sono stato proprio io a dirle di tradurre in azioni
quello che ci turba… tuttavia da quando è tornata è distratta e pensierosa, sintomo
di sentimenti che le si agitano nella mente e spero anche nel cuore. A lei il
compito, sahib, le ridoni il sorriso e la gioia! – sentenziò porgendogli una
mano ossuta ma insospettabilmente forte.
Tornarono all’esterno e l’anziano guerriero gli indicò la
via da seguire per raggiungere la casa dell’ambasciatore Grantham:
- Ora vada, affido a lei la mia seconda figlia! – mormorò
con gli occhi brillanti dandogli una leggera spinta, come per incoraggiarlo.
Madian si avviò di buon passo, volgendosi solo una volta per
fare un cenno del capo all’anziano, poi riprese il cammino con la mente sgombra
e il cuore leggero.
Era questione di pochi passi ormai, di pochissimi minuti, e
poi…
Si trovò davanti a un muro di stucco rosa, alto
sufficientemente per nascondere il giardino ma non per celare le chiome di
alcuni alberi.
Al centro un portone di legno intarsiato e dipinto era
l’unica via di accesso alla casa immersa nel verde.
Si avvicinò e bussò un paio di volte, attendendo con
trepidazione che qualcuno si affacciasse da qualche parte. Dopo diversi istanti
un paio di occhi scuri si affacciarono a una fessura, richiusa immediatamente
mentre il portone veniva socchiuso. Un uomo di mezza età, abbronzato e
impettito nella sua casacca color avorio, lo guardava con diffidenza:
- Buongiorno, sono Madian Bailey, un amico della signorina
Haydée… potrei parlarle? – chiese con calma apparente, ma dentro ribolliva.
L’uomo lo squadrò attentamente:
- La begum Haydée non mi ha detto che attendeva ospiti
feringhi, addio! – sentenziò in un inglese stentato tentando di chiudergli il
portone in faccia. Madian lo bloccò appena in tempo:
- La signorina non mi aspettava, sono qui per farle una
sorpresa… - l’uomo era impassibile, non capiva: - Per favore, chiamatela, lei
mi riconoscerà! – implorò quasi. Non potevano mandarlo via così, non adesso!
- La begum non è in casa. – ribatté l’altro, dandogli un
tuffo al cuore:
- Allora mi faccia parlare col signor Grantham, la prego è
importante! – continuò allo stremo della sopportazione. Era quasi in casa sua,
non poteva fallire a un passo dalla fine!
L’uomo ci pensò su, poi gli fece un gesto con la mano:
- Aspettate! – esclamò chiudendogli il portone in faccia e
facendolo piombare nella disperazione più nera. Dove diavolo era andata a
quell’ora del mattino poi…
Dopo poco il portone venne aperto nuovamente e l’uomo gli
fece cenno di entrare:
- Entrate, il padrone vi attende. – fece con aria burbera
mentre Madian scattava sui due piedi. Finalmente!!
Dopo aver attraversato un giardino rigoglioso si trovò in un
ingresso ampio e fresco e vide un uomo sulla cinquantina, elegante e con la
pelle bruciata dall’impietoso sole indiano marciare deciso verso di lui:
- Buongiorno! Sono Charles Grantham! – esclamò porgendogli
una mano con un sorriso rilassato. Madian non esitò a stringerla sorridendo:
- Madian Bailey, molto piacere! – l’uomo annuì:
- Prego, si accomodi! Così mi dirà in cosa posso esserle
utile. – insieme si avviarono verso un salottino in stile indiano, variopinto e
allegro, dove si sedettero e Madian poté raccontare il motivo che lo aveva
spinto fino a lì.
Madian aveva vuotato il sacco anche con Charles, gli aveva
illustrato la situazione e aveva chiesto, anzi quasi pregato, di poter
aspettare lì il ritorno di Haydée.
L’uomo aveva annuito in silenzio, se c’era veramente
qualcosa doveva essere sua figlia a stabilirlo, pertanto mise da parte la sua
gelosia di padre e gli aveva permesso di restare a pranzo.
Erano passate diverse ore ormai, il sole stava per
tramontare, ma di Haydée ancora nessuna notizia.
Il ragazzo uscì in giardino, perdendosi a passeggiare tra le
piante esotiche e osservando divertito gli uccelli variopinti all’interno di
una gabbia.
Era assorto nei suoi pensieri quando udì distrattamente il
portone d’ingresso aprirsi, e volgendosi vide entrare rapida una ragazza
avvolta in un sari rosso.
Capitolo 43 *** Nella digradante calura del tramonto ***
Nella digradante calura del tramonto
Nella digradante calura del tramonto
Nuova Delhi, tardo pomeriggio
Haydée entrò con passo svelto e leggero, sospirando stanca e
soddisfatta.
Aveva passato una giornata con Ameera e sua madre, avevano
filato e lavato la biancheria, ripulito la casa della madre della ragazza e
chiacchierato allegramente per tutto il tempo.
Le sembrava di non essere mai partita, nulla era cambiato,
tranne forse lei, ma questo poteva anche nasconderlo.
Forse poteva nascondere a tutti il fatto
che si sentiva… incompleta, e anche depressa, da quando era tornata. Quella
sera avrebbe scritto a Phénice, aveva bisogno di sentire come se la passava dopo il brutto episodio con Selim… e in fondo voleva
anche sapere come stava Madian. Senza che lei chiedesse
niente, la rossa le mandava sempre qualche notizia anche al suo riguardo,
insinuandola in qualche poscritto che lei finiva per divorare ancor prima di
aver letto la lettera.
Era un male così grande ammettere che le mancava?
Le aveva chiesto la ragazza nell’ultima mail. Sto sbagliando ancora.
Con uno scatto abbassò il sari dal capo, lasciando che il
sole creasse riflessi rossi tra i suoi capelli, mentre si dirigeva
tranquillamente verso la gabbia degli uccelli. Era stata lontana tutto il
giorno ed era certa che quello sbadato di suo padre si era
dimenticato di dar loro da mangiare.
Si stupì di vedere una figura vestita di chiaro accanto alla
gabbia, ma ancora non riusciva a distinguerne bene le fattezze a causa del
fogliame delle piante:
- Da quanto tempo non giocavamo a nascondino, papà? Non sono
più una bambina! – esclamò divertita prima ancora di verificare che fosse lui.
Quando si trovò davanti alla figura
misteriosa il suo cuore perse un battito, per poi riprendere a una velocità
vertiginosa che la lasciò senza fiato.
Madian la guardava attentamente, aspettando.
~~~~~
Università, ore 09:45 am
Phénice sbuffò scostando un ricciolo ribelle che aveva avuto
l’indiscrezione di scivolarle sugli occhi, poi riprese la sua contemplazione
del nulla.
Chissà perché Rubens l’aveva chiamata, magari si era pentito
di averla lasciata andare e ora voleva convincerla a
tornare indietro… o magari era solo in vena di fare quattro chiacchiere!
Conoscendo il vecchio professore poteva pensare di tutto,
anche che magari l’aveva chiamata per una cosa futile o che aveva già
dimenticato.
Guardò le fronde ingiallite degli alberi e sospirò. Chissà
se Madian era arrivato a destinazione, e se aveva già trovato quella testona di
Haydée… lo sperava tanto, e sperava soprattutto che
l’avrebbe convinta a tornare.
Con tutto quello che era successo aveva quasi scordato
Winter e Mitja. Le avevano scritto una settimana prima dicendole ancora una
volta quanto fossero felici con Crystal, suo marito e
il bambino, ma non accennavano mai a loro due. Che razza di zucconi che aveva come amici!!
Magari poteva chiedere ad Arkel se sapeva qualcosa di più,
poteva essere in contatto con loro anche telefonicamente… improvvisamente si
accorse di essere arrossita come una scolaretta al primo appuntamento e le
scappò un risolino isterico: adesso solo pensare a lui la faceva scattare
sull’attenti?!
Lui probabilmente le avrebbe riso
in faccia, anzi era certa che la considerava una ragazzina sciocca e romantica,
smielata e insopportabile.
Era sempre così scorbutico e intrattabile! Non capiva perché
se ne stava sempre sulle sue quando si incontravano,
ormai erano amici da un pezzo, no?
Amici… quella parola le dava sui nervi ormai. Non lo sentiva
come un amico, oh no, lo aveva capito durante quello scavo che aveva fatto come
primo lavoretto per il museo.
Lo aveva capito la prima sera, quando rientrata nella sua
cameretta d’albergo si era gettata sul letto e aveva messo mano al cellulare.
Senza pensare aveva digitato a memoria un numero e aveva
premuto il tasto della chiamata.
Uno squillo. Due squilli. Tre squil…
- Sì? – aveva risposto una voce trafelata:
- Ciao Arkel, sono Phénice. – aveva mormorato con un
sorrisetto svanito dipinto sulle labbra.
Ecco come lo aveva capito: inconsciamente era lui che voleva
sentire, era lui che doveva sapere com’era andata la prima giornata nello scavo
per il museo, era la sua voce che voleva sentire, calda e leggermente roca,
sensuale e insinuante.
Erano stati al telefono per un’eternità, lei nel frattempo
si era alzata e aveva vagabondato per la camera, poi aveva gettato lo sguardo
sullo specchio ed era rimasta di sasso.
Eccola l’espressione svanita che aveva avuto i primi tempi
con Selim, anzi no, era diversa… era molto, molto
peggio! Era arrossita nel sentirlo ridere sommessamente!!
Aveva alzato una mano incerta posandola alla base della
gola, e aveva sentito il rollio impazzito del suo cuore… non c’erano dubbi,
quella sensazione di panico crescente, la stretta allo stomaco, il formicolio
nelle dita e nelle labbra… era innamorata!
Non aveva risposto a una sua domanda
e lo aveva sentito alzare il tono della voce:
- Phénice mi senti… mi senti?! – lei
aveva annuito distrattamente, sibilando un “sì” quasi impercettibile, mentre
dall’altra parte il ragazzo si era lasciato sfuggire un
leggero sospiro:
- Meno male, credevo fosse caduta la linea. Allora, quando
pensi di tornare? – a quella domanda era letteralmente andata a fuoco.
Cosa significava?! Voleva vederla?! Doveva dirle qualcosa, chiederle un appuntamento, cosa??
- Hai bisogno che venga a
prenderti? – le aveva detto semplicemente, facendo
scattare una molla nella sua testa. Vuole
vedermiiii!!!!
Poi i giorni erano passati, lui l’aveva aiutata a liberarsi
di Selim, e i loro incontri non avevano nulla di serio. Si trovavano per
pranzare, per bere un caffè, o passava a salutarla al museo.
Non era cambiato nulla, e lei si sentiva sempre più strana.
Voleva vuotare il sacco, gettargli le braccia al collo e… e…
e non riusciva a pensare ad altro senza rimanere imbambolata per ore!
Diede un’occhiata all’orologio e si
alzò per andare da Rubens, sistemandosi i vestiti. Vorrei tanto rivederlo…
~~~~~
India, al tramonto
Nella digradante calura del tramonto, mentre il disco rosso
del sole spariva tra i palazzi di stucco, colorandoli insieme all'atmosfera di
un romantico rosa pastello, si fronteggiavano nel giardino interno, mentre
nell'aria aleggiava il profumo degli aranci e il silenzio era
rotto dallo zampillare di una fontana.
- Ma… Madian… - mormorò alla fine,
sbattendo gli occhi per mantenere la vista lucida e lottando contro lacrime
involontarie:
- Ciao Haydée. – ribatté con lo stesso tono, sorridendole timidamente mentre non riusciva a staccarle gli occhi di
dosso. Non capiva come poteva essere così bella anche con un semplice telo
rosso avvolto attorno al corpo.
La ragazza seguitava a guardarlo incredula, poi prese
faticosamente fiato:
- Cosa… perché sei… qui? – sussurrò
avvicinandosi di qualche passo:
- Sono qui per te. Perché ho bisogno di te.
– rispose sospirando. Era nervoso come un poppante! Lei scosse il capo:
- Io… Madian, che significa? – riuscì a mormorare prima di
essere soffocata da un abbraccio disperato.
Il ragazzo la cullò a lungo, stringendola come impazzito e
aspirando il suo profumo a pieni polmoni:
- Dovevo vederti Haydée, perché sei
scappata? Non sa quanto ti ho cercata, credevo
di impazzire! – le mormorò col viso sprofondato tra i suoi capelli: - Guai a te
se lo fai un’altra volta! -.
Lei non rispose, limitandosi a chiudere gli occhi e a
versare lacrime silenziose mentre ascoltava il rollio folle dei loro cuori.
Era venuto fin lì, era arrivato
dall’altro capo del mondo solo per vederla! Non poteva
crederci, non riusciva a crederci!
Lentamente, quasi senza rendersene conto, alzò le braccia e
timidamente gli circondò la vita, posando le mani piccole sulla sua schiena
muscolosa e facendolo sobbalzare di gioia, aumentando il contatto tra i loro
corpi.
Per un istante infinitesimale Haydée si chiese cosa stava
combinando, poi sentì le labbra di lui accarezzarle il
collo appena sotto l’orecchio e si abbandonò alla sensazione di protezione e
sicurezza assoluta che provava tra le sue braccia.
Oh, quant’era stata stupida, come aveva potuto dimenticare quella
sensazione? Come aveva osato cancellare dalla mente il calore e l’intensità di
quell’abbraccio?
Era stata folle probabilmente, folle e
cieca.
Folle a volerlo dimenticare.
Cieca a non vedere cosa stava succedendo, cosa lestava succedendo.
Era impensabile pensare di stare lontana da…
- Sei così bella… - fece il ragazzo in un sussurro
dolcissimo.
Un momento!
Dove l’aveva già sentito?
Un lampo improvviso: l’abitacolo di
un’auto nascosta tra la boscaglia, lei tremante e un ragazzo seminudo che la
guardava vacuo:
- Sei talmente bella Haydée… non aver paura. – aveva
mormorato con voce arrochita e un ghigno che allora non aveva compreso. No, Phil… NO!!
Immediatamente si irrigidì,
premendo per staccarsi e riuscendoci dopo che Madian ebbe lottato contro i suoi
stessi sensi.
Rimasero a scrutarsi in viso per un tempo che parve
infinito, mentre Haydée si perdeva nelle pozze blu che erano gli occhi del
ragazzo, poi lui alzò una mano per accarezzarle una guancia morbida:
- Come stai? – sussurrò con la gola riarsa e la frenesia
nelle mani. Lei sussultò appena, annuendo:
- Io… bene… Tu? – ribatté confusa:
- Bene, ora che ti ho trovata. –
deglutì a fatica, poi prese il coraggio a due mani: - Vorrei rimanere qui per
un po’ Haydée, ho bisogno di parlarti, me lo concedi senza fuggire ancora? –
chiese con un sorriso triste. Lei annuì come ipnotizzata, mentre lui si
scioglieva in un sorriso da infarto: - Grazie! – fece in tempo a mormorare
prima di essere interrotto:
- Sei tornata finalmente! Ti sei divertita? – Charles era
uscito dall’abitazione in quel momento, andandole incontro per stringerle le
mani:
- S-sì… certo, mi sono divertita…
- mormorò arrossendo nonostante l’abbronzatura mentre lanciava un’occhiata di
sottecchi a Madian, che a sua volta sorrideva rilassato:
- Hai già avuto modo di incontrare il
nostro ospite vedo… - commentò l’uomo attirando su di sé due sguardi a
dir poco sorpresi:
- Lo conosci?! – balbettò la
giovane incredula:
- Certo! Chi credi che l’abbia
fatto entrare? – ridacchiò divertito osservando l’espressione stordita di sua
figlia:
- Hai detto… il nostro ospite… - mormorò quasi assente:
- Esattamente! È venuto fin qui per vederti, non posso
permettere che se ne stia in un albergo! Non è vero? – sorrise spostando lo
sguardo sul ragazzo, inebetito di fronte a lui:
- Ah, beh… n-non c’è assolutamente bisogno, davvero, non
voglio in nessun modo disturbare… - Grantham non lo
lasciò nemmeno finire:
- Sciocchezze! Abbiamo non so quante stanze vuote qui, e poi
so per certo che negli alberghetti di qui si mangia in modo terrificante,
quindi niente storie: andrai a prendere le tue cose e ti trasferirai qui
stasera stessa! – ordinò con fare irresistibile:
- Allora… la ringrazio. – Madian si era arreso più che
volentieri.
Charles gli aveva appena servito su un piatto d’argento
l’opportunità della sua vita, era folle rifiutare.
Avrebbe vissuto ancora qualche tempo con lei, non poteva
assolutamente farsi sfuggire l’occasione. Li salutò cordialmente per poi andarsene a passo di carica, aveva
delle valigie da rifare!
Haydée si sedette su una panchetta scostandosi da suo padre,
mentre seguitava ad avere lo sguardo perso nel vuoto:
- Ti senti bene tesoro? – le chiese lui amorevolmente. La
ragazza alzò lo sguardo può vacuo che avesse mai visto:
- Sì papà… sono… sorpresa… - confessò finalmente riprendendo
un po’ di vita:
- Ne ero certo! Anch’io ho avuto
una bella sorpresa quando me lo sono trovato
nell’ingresso, non immaginavo che avessi il fidanzatino! – lei saltò sul posto,
spalancando gli occhi:
- Oh, quanto sei difficile! È un bel ragazzo, simpatico e
ammodo, e credo anche in gamba se è riuscito a scovarti in questo buco
dimenticato da Dio! Vuoi farmi credere che non ti piace neanche un po’? –
sorrise divertito quando la vide arrossire penosamente: - Lo vedi
che sei incoerente? Adesso fai aprire la stanza che preferisci per lui e fatti
un bel bagno: avremo ospiti nei prossimi giorni! – esclamò allontanandosi
baldanzoso.
Sua figlia aveva bisogno di una bella
shakerata, era rigida come un’asse da stiro! Chissà da chi aveva preso, la
sua ex moglie era il contrario di Haydée e lui non era poi così gelido… mah.
La ragazza rimase sola davanti alla gabbia degli uccelli,
fissandone un particolarmente colorato, poi si lasciò sfuggire un sospiro:
- Non mi posso permettere di volare via
col vento come voi, la realtà preme per essere vissuta. – mormorò
alzandosi per riempire le vaschette di cibo e acqua. E io ho una paura folle.
~~~~~
Università, ore 10:30 am
- Grazie professore… le farò sapere
al più presto cosa intendo fare. – l’uomo seduto annuì:
- Pensaci attentamente Phénice, potrebbe essere una grande opportunità per te! – esclamò salutandola.
Un istante dopo Phénice era in piedi in mezzo al corridoio.
Qualche ragazzo le passò davanti incuriosito dal suo sguardo vacuo e fisso, ma
lei non se ne accorse nemmeno.
Un buon quanto d’ora dopo si mosse lentamente per uscire, ma
si bloccò davanti a una panchina, sedendosi di
schianto.
Rubens decisamente era impazzito.
Le aveva proposto un lavoro a dir poco folle: una
collaborazione con la polizia, nientemeno!!
Aveva cominciato il discorso piuttosto vagamente, calcando
sulle molteplici possibilità che capitano nella vita e sulla possibilità che
non ricapitino più, quindi le aveva spiegato la
necessità di saper scegliere quella giusta. Poi aveva sganciato la bomba: nelle
forze dell’ordine stavano cercando di mettere in piedi una squadra
specializzata nel combattere il traffico di opere
d’arte rubate, con elementi da poter infiltrare nei musei e in generale nel
mondo dell’arte, per poter controllare attentamente eventuali movimenti illeciti
o quantomeno insoliti all’interno del settore.
Non sarebbe stata un’occupazione a tempo pieno, sarebbe stato una specie di part-time da svolgere insieme al
proprio lavoro, niente che avrebbe rubato tempo prezioso in ogni caso. Rubens
le aveva detto che il suo compito in particolare
sarebbe stato quello di osservare, immagazzinare le informazioni e comunicarle
a un ispettore, vecchio amico del professore, e del quale aveva ricevuto il
numero di telefono se voleva altre informazioni.
La volevano far diventare una specie di spia!! Aveva sbraitato incredula, spiegando a chiare lettere che
lei non voleva invischiarsi in affari strani, non voleva
mettere a repentaglio i suoi sogni per un’attività simile!
Rubens le aveva spiegato pazientemente che non era nulla di
compromettente: e poi sapeva bene che la paga per i novellini era meno che
misera e quella era l’occasione giusta per guadagnare
onestamente qualche soldino per arrotondare.
Il problema era che lei non aveva potuto non pensare
immediatamente ad Haydée e a quello che le aveva
raccontato. La ex ladra si occupava anche di scovare i
trafficanti di oggetti preziosi, e a quanto pareva anche Madian e compagnia
erano invischiati in affari simili… che strana coincidenza!
E che strane idee cominciavano a frullarle nella testa…
opere d’arte rubate che tornano misteriosamente alla
luce, lei che aiuta la polizia e che ne trae il suo personale guadagno, poi i
suoi amici ex-ladri di professione… non voleva credere di star pensando una
cosa del genere!!
~~~~~
Nuova Delhi, in serata
Se non fosse stato per Charles
avrebbero cenato in perfetto silenzio.
Haydée se ne stava rigida sulla sua sedia, ogni tanto
ingeriva un boccone a fatica, ma la sua occupazione più grande era osservare
Madian in tutti i modi possibili, escluso quello
diretto.
Non riusciva a credere che lui fosse veramente lì, che
l’avesse raggiunta sul serio!
Che fosse stata Phénice a
spifferare qualcosa? Impossibile, nemmeno lei sapeva esattamente il nome del
villaggio! Allora chi…
- Sybil! – mormorò d’un tratto
interrompendo il discorso dei due uomini al tavolo con lei. Madian trattenne il
fiato, piantandole negli occhi uno sguardo talmente eloquente da farla tremare
visibilmente, mentre suo padre la guardava sorpreso, con un boccone a
mezz’aria:
- Che hai detto? – le chiese dopo
un po’. Haydée divenne rossa fino alla radice dei capelli, poi balbettò che
Ameera voleva portarla in qualche posto del quale non aveva voluto parlarle, ma
lei aveva capito che si trattava di uno scherzo,
voleva portarla da una veggente o roba simile, una sibilla a quanto pareva.
L’uomo annuì incerto, sua figlia era stranissima non
l’aveva mai vista in quello stato.
Si volse a guardare il ragazzo e spalancò la bocca vedendo
lo sguardo che le lanciava, ma dopo un istante il
giovane tornò a sorridergli:
- Stavamo dicendo? – Charles si riscosse, riprendendo il
discorso di prima, ma cominciava a sentirsi di troppo. Quei due dovevano
parlare, lo percepiva perfettamente, quindi era meglio se toglieva il disturbo.
Inventò la scusa di una pratica ancora da sbrigare per il
giorno successivo e dopo meno di un’ora svanì nelle sue stanze, lasciandoli al
loro destino.
Madian si rilassò contro lo schienale della sua sedia,
ammirando il giardino dalla veranda nella quale si trovavano:
- Tuo padre è molto simpatico. – mormorò assorto,
percependola perfettamente mentre si agitava:
- C-credi? – balbettò alzandosi
nervosamente e facendo qualche passo verso le piante rigogliose:
- Sì. – rispose semplicemente perdendosi nella sua
contemplazione. Haydée mosse qualche passo torcendosi le mani, mentre tentava
in tutti i modi di non posare nuovamente il suo sguardo su di lui. Come poteva
starsene così calmo? A lei sembrava di scoppiare!
Non sapeva come comportarsi, e soprattutto non riusciva a
capire cosa voleva lui da lei. Era venuto fin lì solo per vederla? E qual’era la cosa di cui voleva
parlarle?
Doveva chiederglielo immediatamente, non poteva vivere un solo minuti di più senza vederci chiaro.
Si volse di scatto pronta ad
attaccare quando si ritrovò praticamente addossata a lui che la stringeva per
le spalle. Alzò due occhi quasi spaventati su di lui ma
venne rassicurata da un sorriso:
- La vuoi sapere una cosa? – Haydée non aveva
la forza di rispondere, si limitò a fare un lievissimo cenno col capo. Perché improvvisamente sentiva le ginocchia molli? – Sei ancora più bella di quando abitavamo insieme, alla villa.
Sei nel tuo elemento qui. – mormorò lasciandola andare improvvisamente e
provocandole uno scompenso cardiaco. Che stava
facendo? Perché si allontanava così da lei? Allora non
era come sperava… cioè, come temeva… Perché mi infastidisce così che lui non…
- Sai che ti dico? Sono esausto, ti spiace se vado nella mia
stanza? – ridacchiò stranamente, passandosi una mano tra i capelli leggermente
più lunghi di come li ricordava, ma dall’aspetto ugualmente morbido, da
toccare…
Si riscosse dandosi della stupida, annuendo
precipitosamente:
- Prego, ti ricordi la strada vero?
– mormorò con voce strozzata, sorreggendosi a una
colonna del porticato. Non l’aveva abbracciata, non aveva fatto nulla anche se erano soli… dunque non provava per lei quello
che le era parso alla villa, si era sbagliata… perché era così doloroso?
- Credo di sì, grazie di tutto e buona notte. – mormorò lui
sorridendo:
- Buona notte… - sussurrò lei alle sue spalle, osservandolo
sparire nel salotto buio.
Quando fu certa di essere sola si
lasciò scivolare a terra, con la schiena contro la colonna fredda e gli occhi
chiusi. Madian…
NdA
Approfitto di questo capitolo per fare una piccola riflessione.
Sono successe molte cose negli ultimi 2 anni, cose che hanno completamente stravolto la mia vita, e
proprio in questi giorni mi era tornata in mente questa piccola storia che avevo
quasi finito di scrivere. L’ho riletta tutta, chiedendomi a più riprese se
veramente queste cose le avevo scritte io, e prima di pubblicare i nuovi
capitoli, che avevo già abbozzato prima di sospendere le pubblicazioni, ho
iniziato a riflettere.
Non ho mai avuto la pretesa di scrivere chissà che storia,
anche se magari per un periodo mi ero convinta che fosse così. L’ho scritta in
un momento della mia vita che è stato difficile e
triste, e mi sono resa conto che altro non era se non una fuga dalla realtà.
Erano sogni e desideri di una vita diversa, mancanza di emozioni
reali che cercavo nell’immaginazione.
La trama forse non è granché, anzi rileggendola mi ha
ricordato vagamente un romanzetto rosa che ho letto
ormai parecchi anni fa, ma mi sono detta che dopotutto forse mi piace proprio
per questo, con le sue ovvietà, le sue situazioni trite e ritrite, le
descrizioni traballanti e piene zeppe di luoghi comuni o frasi già lette o
sentite da qualche altra parte… e mi sono detta “chi se ne importa”.
È e rimarrà quello che è, il sogno di una ragazza che
desidera prendere in mano la propria vita, e che stanca di sognare da sola ha
trovato questo luogo per comunicare le proprie speranze e fantasie a qualcun’altro.
Una storiella qualsiasi senza pretese e
piena di difetti, scritta da una persona qualsiasi senza pretese e piena di
difetti. Un piccolo sogno ad occhi aperti, nulla più.
Grazie a tutti quelli che hanno condiviso questo sogno con
me.
Capitolo 44 *** T'adoro come la volta notturna ***
T’adoro come la volta notturna
T’adoro come la volta notturna
Due settimane dopo, Salisburgo
Winter chiuse la valigia e si guardò attorno, in quella
stanzetta che l’aveva ospitata per quasi due mesi. Era tempo di tornare a casa,
o per lo meno era tempo di lasciare sua sorella a
riordinare le idee prima di andare a trovare i loro genitori per il Natale.
Sospirò e si sentì incredibilmente stanca.
Non voleva lasciare sua sorella, aveva
il segreto quanto infondato timore di perderla nuovamente.
Inoltre non voleva stare tutto quel
tempo da sola con Mitja. Non sapeva nemmeno contare le volte che se l’era
ritrovato tra i piedi in quegli ultimi giorni.
Dopo il fattaccio si era tenuto alla larga una giornata
intera, però poi era esploso e aveva cominciato a rifilarle scuse su scuse, arrivando quasi a supplicarla di ascoltarlo.
Inaudito!
Non voleva sentire, non voleva
sapere più nulla. Voleva solo tornare alla sua vecchia vita, a vivere con
Phénice, e voleva trovarsi un lavoro onesto del quale sua sorella e i suoi genitori potessero essere fieri. Infatti
aveva deciso di riallacciare il rapporto perduto con i suoi, ora che Crystal
era di nuovo presente non aveva motivo di star loro alla larga. La loro
presenza non le avrebbe più portato alla mente gli
avvenimenti orribili del passato, o almeno lo sperava.
Mitja invece era un problema. La assillava giorno e notte
con la sua presenza e con quello sguardo disperato, non riusciva a sopportare
di vederlo in quello stato. Soprattutto perché sapeva che non avrebbe potuto
resistere a lungo ai suoi attacchi.
Era come una calamita, la attirava inesorabilmente, e in
fondo al suo cuore ne era sempre stata invaghita. Però aveva deciso, doveva smetterla con quelle fantasie.
Mitja non era per lei, non lo sarebbe mai stato, doveva soltanto rinchiudere in
un angolo quello che provava per lui e guardare avanti, non doveva essere poi
così difficile.
Prese la borsa che mise a tracolla e gettò un ultimo sguardo
attorno a sé.
Tra meno di un’ora dovevano essere sul treno per Vienna, e
da lì avrebbero preso l’aereo per tornare a casa. Era
tempo di muoversi.
Raccolse le ultime cose e uscì, spegnendo la luce su quel
breve periodo che le aveva regalato una delle gioie più grandi della sua vita
nel ritrovare sua sorella, e che le aveva insegnato che non sempre le cose
vanno come vorremmo, e che persone che sembrano perfette per noi possono rivelarsi totalmente sbagliate. Il segreto per
guardare serenamente a quel periodo era levarsi dalla testa quello che aveva
sognato riguardo a Mitja, non c’era altra soluzione.
Non appena giunse nella hall trovò
sua sorella in lacrime, Friedrich e Mitja che parlottavano in un angolo e
Nikolas che tentava in tutti i modi di risollevare il morale della sua mamma
porgendole il suo giocattolo preferito:
- Guarda mamma, è bello! Puoi
tenerlo tu per qualche giorno, ma non piangere! – cinguettava sventolandole
sotto il naso quella che era stata un’automobilina in tempi migliori. Crystal
annuì ridendo tra le lacrime:
- Sei gentile Nikolas, ma non mi servirà, puoi tenerlo tu! –
esclamò accarezzandogli il capino biondissimo. Il
bimbo si imbronciò:
- E allora con che gioco ti
consoli? – volle sapere guardandola intristito. Lei lo
prese tra le braccia, stringendolo forte a sé:
- Non mi servono giochi, mi basta
il mio ometto! – il bambino la abbracciò di slancio, affondando il visetto
nella sua spalla:
- Ah beh, allora… - mormorò saputo guardando con un misto di
dispiacere e sollievo il suo giocattolo… i suoi averi
erano salvi fortunatamente!
Winter si avvicinò con un sorriso triste. Le
si spezzava il cuore al pensiero di doverli lasciare tra poco:
- Winter ti stavamo aspettando! – intervenne Friedrich
sorridendole e avvicinandosi a sua moglie e al bambino. La ragazza gettò un
rapido sguardo su Mitja, e ovviamente lo trovò impegnato a divorarla con gli
occhi:
- Sono pronta, forse è meglio
andare. – mormorò concentrandosi su Crystal e Nikolas. Sua sorella si alzò e la
abbracciò di slancio, stringendola disperatamente:
- Mi dispiace per… - tentò di cominciare, ma Winter accentuò
la stretta attorno a lei impedendole di continuare:
- Lascia perdere, ho sbagliato io a
illudermi. – mormorò duramente. Crystal avrebbe voluto fare qualcosa, qualsiasi
cosa per non vederla andare via così triste, ma non sapeva
cosa.
Aveva dato una sonora strigliata a quel babbeo di Mitja, ordinandogli
di far ridere nuovamente la sua sorellina in tempi brevissimi, ma la
testardaggine di Winter era una variabile da tenere sempre ben presente. Se si
sentiva presa in giro era praticamente impossibile
farla ricredere sul conto di una persona. Mitja aveva decisamente
un problema con la “p” maiuscola!
Ed evidentemente ne era
perfettamente cosciente, almeno a giudicare dalla sua espressione. Era un misto
tra il furibondo e il disperato, sembrava che dovesse scoppiare da un momento
all’altro e l’unica che sembrava non essersene accorta era proprio la diretta
interessata.
Winter guardò l’orologio:
- È tardi, dobbiamo sbrigarci se
vogliamo prendere il treno. – esclamò raccogliendo le sue cose e attendendo che
sua sorella la seguisse. Dopodiché si
incamminò spedita verso l’uscita dell’albergo, mentre Mitja e Friedrich
le seguivano a debita distanza, insieme a Nikolas:
- Non sei ancora riuscito a spiegarti, eh? – mormorò
l’austriaco evidentemente dispiaciuto. Sua moglie lo assillava
giorno e notte con quella storia, era impossibile non sentirsi
coinvolti!
- Macché, non riesco nemmeno ad augurarle il buon giorno, mi
tiene lontano neanche fossi radioattivo! – borbottò il
biondino scoraggiato. Si volse sorpreso quando si
sentì tirare per i jeans e incontrò il visetto furbo del bambino:
- Zio Mitja, senti… - cominciò con la sua vocetta sottile
facendolo sorridere dopo giorni. Il piccolo aveva preso l’abitudine di chiamare
anche lui zio, come faceva con Winter, e la cosa non poteva che fargli piacere.
Avrebbe potuto essere veramente suo zio se solo Winter…
- Dimmi diavoletto! – ridacchiò depositando a terra una
valigia per chinarsi:
- La zia Winter è arrabbiata con te? – chiese osservandolo
con gli occhioni azzurri sgranati. Mitja sospirò:
- Più che arrabbiata è furiosa, non vuole nemmeno parlarmi!
– il piccolo annuì comprensivo, con aria saccente:
- Fa come la mamma, anche lei si arrabbia e non parla più
con nessuno! – esclamò con un broncetto delizioso. Il ragazzo annuì:
- Lo immagino, sono gemelle! – il
piccolo annuì con forza:
- Sì, sono uguali, ma se sono uguali
allora anche alla zia passerà! – fece convinto. Mitja incurvò la bocca in un
sorriso triste:
- Non credo che la zia Winter cambierà idea, purtroppo! – il
piccolo gli batté una manina sulla spalla, imitando comicamente un gesto che
probabilmente aveva visto fare da adulti:
- No, no, sono sicuro, non sarà più
arrabbiata! – cinguettò convinto, incuriosendo il ragazzo:
- Perché? – gli chiese
avvicinandosi a lui. Nikolas gli si appiccicò all’orecchio, intento a non farsi
sentire:
- Perché quando la mamma si arrabbia il papà
le da tanti bacini qui… - mormorò toccandogli le labbra: - …e poi lei
non è più arrabbiata e ci abbraccia ancora! Allora anche tu devi darle tanti
bacini sulla bocca, poi lei non sarà più arrabbiata e farete la pace! – Mitja
sgranò gli occhi incredulo:
- Piccola peste, e tu come le sai queste cose?? – sbraitò lanciando un’occhiata ad uno scioccatissimo
Friedrich:
- Perché ho visto una volta il papà
che lo faceva, e la mamma è tornata e abbiamo fatto la pace anche noi! –
esclamò galvanizzato dal discorso, mentre suo padre si asciugava il sudore
freddo dalla fronte e riprendeva il colorito che gli era consono. Il russo rise
rilassato, accarezzando la testa al bambino:
- Sai che ti dico Niky? Hai proprio ragione, farò così anche con la zia Winter! E
quando verrai da noi per Natale ti prometto che non
sarà più arrabbiata! – ridacchiò alzandosi e raccattando nuovamente le sue
valigie: - Andiamo adesso? – esclamò tranquillo e sorridente mentre raggiungeva Winter e Crystal. Ma guarda, il nanerottolo la sa più lunga di me e di suo
padre… e ha perfettamente ragione!
~~~~~
Appartamento del centro, 8:45 am
Phénice agguantò la borsa in fretta e furia mentre tentava
di infilarsi uno stivale saltellando.
Era in super-ritardo, da quando
aveva cominciato il suo nuovo lavoro non lo era più stata, ma naturalmente
quella brutta bestiaccia che chiamiamo iella aveva infilato la sua zampaccia
schifosa in quel fresco mattino di inizio autunno.
Più precisamente, le pile della sveglia si erano scaricate
lasciandola in balia del casino più assoluto. In più aveva dimenticato di
accendere la caldaia e l’acqua per la doccia era gelida, il phon aveva
rischiato di abbandonarla almeno un paio di volte e non riusciva a trovare la
spazzola!
Era perciò piuttosto semplice immaginare il suo aspetto in
quel momento: era congelata, scarmigliata, vestita alla meno
peggio e completamente disorientata.
A migliorare la situazione si aggiunse uno scampanellio
discreto al citofono:
- Ah, perfetto… proprio perfetto!!
– esclamò furibonda rovesciando metà del contenuto dell’armadietto del bagno. Un giorno di questi doveva decidersi a buttare
tutte quelle boccette inutili… e quando si decideva a tornare la miss-ordinata-Winter??!
Arrancò faticosamente verso l’ingresso e sollevò il citofono
con una certa esasperazione:
- See!! – esclamò con malagrazia mentre tentava di finire di infilarsi il secondo
stivale. La cornetta tenuta stretta tra l’orecchio e la spalla però era
posizionata male perciò non capì chi la cercava:
- Insomma si può sapere chi è?! –
strillò scostandosi nervosamente i capelli dal viso, sbuffando rumorosamente e
riacchiappando la cornetta normalmente:
- Siamo nervosi stamattina, eh? Sono il cavaliere senza
macchia e senza paura, mi apri o preferisci gettarmi la treccia dalla finestra
perché la usi come corda?? – chiese una voce divertita
dall’altro capo.
Immediatamente tutti i propositi omicidi della ragazza
andarono a farsi friggere, mentre le ginocchia
diventavano molli e un sorriso assolutamente idiota le si dipingeva sul viso
stravolto:
- Oh, Arkel! Ciao, sali! – esclamò pigiando il bottone per
aprire il portone d’ingresso e rimanendo aggrappata al muro per non scivolare a
terra:
- Grazie, principessa! – lo sentì mormorare con quella sua
voce bassa e sensuale, poi avvertì il tonfo della porta che si chiudeva e
riacquistò l’uso del cervello.
Presto, doveva fare presto!!
Saltò letteralmente nel bagno, trovò nella vasca la spazzola
che tanto aveva bramato, diede quattro rapidissimi colpi
che le strapparono metà della sua chioma fulva ma che le diedero una lontana
parvenza umana, chiuse con un paio di tonfi assordanti la porta del bagno e
quella della sua camera per nascondere il casino che aveva combinato e quando
bussarono alla porta era pressoché in ordine.
Inspirando profondamente abbassò la maniglia e accolse Arkel
col suo sorriso più dolce:
- Ciao! – mormorò con la mente completamente svaporata,
osservandolo in tutto il suo fascino mentre lui la
guardava di sottecchi con un mezzo sorrisetto irriverente, appoggiato al muro
con un braccio e con un sacchetto nell’altra mano:
- Buongiorno bimba… che hai fatto a capelli, ti sei
pettinata con un gatto idrofobo?? – iniziò subito
punzecchiandola; se non lo avesse fatto avrebbe finito sicuramente col
scivolare su discorsi troppo… pericolosi. Infatti la
ragazza mise subito un broncetto adorabile:
- Siamo complimentosi oggi, eh? Niente battutacce per
favore, ho avuto un risveglio traumatico! – esclamò riprendendo la sua solita
verve e dimenticando per un attimo con chi aveva a che fare. Arkel ridacchiò
senza ritegno:
- L’ho notato! Allora, hai già fatto colazione? – si guardò attorno mentre entrava e schivò una ciabatta solitaria sul
suo percorso: - Mi spieghi cos’è successo? Hai litigato con i mobili di casa o
c’è stato un terremoto? – ghignò divertito dall’occhiataccia che guadagnò un
secondo dopo aver parlato:
- Spiritoso! Sono in ritardassimo e
ho fatto la doccia gelata, poi il phon non funzionava a dovere, ho perso la
spazzola… insomma, un disastro in piena regola, e se sei venuto per infierire
attento che io… - ora era a pochi centimetri da lui, gli sventolava l’indice
sotto al naso e poteva percepire alla perfezione l’odore del suo dopobarba,
fresco e insinuante, e si accorse che non la guardava più tanto divertito; il
suo sguardo era intenso e scrutatore, sembrava che tentasse in tutti i modi di
leggere qualcosa dentro ai suoi occhi… si zittì, trattenendo il fiato per non
rimanere inebriata più del dovuto dal suo profumo, mentre lo osservava con gli
occhi sgranati.
Sussultò vedendo il suo viso chinarsi leggermente verso di
lei e notando lo scintillio ansioso nei suoi occhi:
- Phénice? - mormorò rauco. Lei socchiuse le labbra
d’istinto:
- Sì… - soffiò appena, facendo un mezzo passetto e precipitandogli
quasi tra le braccia.
Arkel la divorava con gli occhi, stringendo spasmodicamente
il sacchetto nella mano destra mentre la sinistra si
alzava lentamente verso quel visetto dolce e delicato. A metà strada si bloccò
tornando sui suoi passi e deglutì:
- Hai… già fatto colazione? – chiese ancora alla fine con
voce strozzata. Lei sgranò ancora di più gli occhi, chiudendo di scatto la
bocca e avvampando all’improvviso. La vide fare due rapidi passi indietro e si
morse l’interno di una guancia nervosamente, chiedendosi se tutto quello che
stava succedendo era giusto. Non c’era tempo per perdersi in quei pensieri, gli
occhi della ragazza era divenuti improvvisamente
lucidi:
- In realtà… no, sono di fretta… anzi se non ti spiace
dovrei andare! – ribatté lei rigidamente allontanandosi per raccogliere le sue
cose. Arkel la seguì nei suoi movimenti esasperato. Perché continuava a sbagliare sempre tutto con lei? Più
tentava di fare le cose razionalmente più faceva
figuracce! Probabilmente doveva rivedere il suo schema di conquista…
- Posso accompagnarti al museo, sono
in auto. Così puoi mangiare qualcosa. – disse alzando il sacchetto maltrattato mentre lei si fermava a soppesarlo.
Doveva accettare o prenderlo a schiaffi? Che gran pezzo di
cretino, aveva creduto che volesse baciarla ed era
stata sul punto di chiudere gli occhi e di porgergli le labbra, invece voleva
darle da mangiare! Per un attimo fu tentata di mandarlo al diavolo, che si strozzasse lui con la sua colazione!
Poi però gli sorrise timidamente,
dandosi mentalmente dell’allocca svenevole:
- Te ne sarei grata, non mi va di farmi
tutta quella strada in autobus… - rispose infilandosi una giacchetta di velluto
e mettendosi la borsa a tracolla.
Arkel si passò distrattamente una mano sulla nuca:
- Ok, allora andiamo? – chiese imbarazzato. Lei annuì e si
avviò verso l’ingresso a capo chino, passandogli accanto senza degnarlo di
un’occhiata. Il ragazzo la seguì sospirando, chiedendosi quand’è che sarebbe riuscito a fare la cosa giusta con quella
piccola peste!
~~~~~
Villaggio di R****, notte fonda
La giovane si rigirò per l’ennesima volta nel suo letto.
Non poteva prendere sonno, era impossibile sapendo che
Madian dormiva nella stanza in fondo al corridoio!
Andava avanti così da due settimane ormai, la tensione era
arrivata a livelli inimmaginabili e lei stava per esplodere.
Soprattutto perché ancora non aveva capito
cosa volesse il ragazzo con quella visita. Quando
era arrivato l’aveva abbracciata con un trasporto che l’aveva travolta,
lasciandola senza fiato in balia dei sentimenti che provava per lui, poi la
situazione si era capovolta e non aveva più nemmeno tentato di sfiorarle una
mano.
Che comportamento assurdo!
Si alzò nervosamente, avvolgendosi un sari azzurro attorno
al corpo e prendendo a misurare la stanza a grandi passi.
Non riusciva più a sopportare quel clima di snervante
attesa, sembrava che tutti, da suo padre ad Ameera, attendessero una sua reazione. Ma che ne sapeva lei di quello che doveva fare??
Quando se lo trovava di fronte all’improvviso
veniva assalita dall’impulso di gettargli le braccia al collo e abbandonarsi ai
suoi baci e alle sue carezze, poi quando si riprendeva desiderava con tutta sé
stessa fuggire in capo al mondo per potergli stare il più lontano possibile.
Per stare il più lontano possibile dalle sensazioni che
risvegliava in lei solo guardandola.
Ecco cos’era cambiato, il suo modo di guardarla.
Quando erano stati alla villa dei
suoi la guardava attentamente per carpire tutte le sfaccettature della sua
personalità, ma in un modo quasi timido, ora era diverso.
Era sicuro di sé e quando lo sorprendeva ad osservarla, praticamente sempre, il suo sguardo era deciso e fermo,
scintillante e ammaliatore. Sembrava volerla attirare a sé solo con la forza
magnetica dei suoi occhi.
Sembrava volerle baciare le labbra con lo sguardo, sembrava
che la spogliasse quando abbassava gli occhi sui suoi
vestiti… un brivido le percorse la schiena, ma non era freddo. Era il ricordo
di come l’aveva guardata quella sera quando si erano
incrociati prima di ritirarsi nelle loro stanze.
Sembrava che le volesse dire qualcosa di importante,
ma seguitava a tacere, sempre in attesa di qualcosa.
Si stancò di quelle quattro mura,
cominciava a sentirsi soffocare.
Perciò socchiuse la porta della sua
stanza e si avviò scalza lungo il corridoio, cercando di produrre il minimo
rumore.
Corse fino in giardino e si fermò solamente sotto a una pianta particolarmente rigogliosa, chiudendo gli occhi
e inspirando a pieni polmoni i profumi della notte.
Quando sentì che il suo animo
andava calmandosi socchiuse le palpebre e le labbra si distesero in un sorriso.
Poi fece alcuni passi e andò a sedersi sul bordo in marmo della fontana al centro del giardino, osservando
pensierosa nell’acqua il riflesso della sua immagine e del cielo trapuntato di
stelle in quella nottata meravigliosa.
- T’adoro come la volta notturna, o vaso di tristezza, o grande taciturna... – recitò improvvisamente una voce
bassa e sensuale dal fondo del giardino.
Haydée si volse lentamente, rimanendo seduta. Sapeva
perfettamente a chi apparteneva quella voce, non poteva sbagliarsi.
Madian si avvicinò lentamente:
- …e più ti amo bella, quanto più mi sfuggi / e mi sembri accumulare, ornamento delle mie notti, più
ironicamente leghe su leghe a quelle che dividono le mie braccia dall’azzurro
infinito. – terminò ormai a pochi passi da lei, senza mai staccarle gli
occhi di dosso.
Le sorrise con infinita dolcezza, perdendosi in quegli occhi
scuri che ormai da tempo governavano la sua vita e gli avevano rubato il cuore,
poi si mosse e con un semplice gesto l'ebbe tra le braccia.
La strinse con tutte le sue forze, imprigionandola in quella
trappola d'amore dalla quale non avrebbe più voluto farla fuggire, e
infilandole una mano tra i capelli sciolti sulle spalle la attirò vicina, per
poterle finalmente sussurrare contro le labbra quel "Ti amo" che da
troppo tempo premeva per uscire.
Poi capì che l'attimo perfetto era giunto, doveva soltanto
catturarlo. Era lì, su quelle labbra morbide che bramava da un'eternità.
Bocca contro bocca, anima contro
anima.
Haydée tremò mentre la mano di lui
le saliva alla nuca, poi tutto svanì nel contatto con le sue labbra, fresche e
decise, più dolci di quanto avesse mai immaginato.
Sentì la sua bocca muoversi sulla sua, un alito caldo accarezzarla,
e quel bacio casto divenne il loro primo, vero bacio.
Travolgente e infinito, unico e irripetibile.
Dimenticò chi era, dimenticò da
dove veniva, dimenticò l'odio e la sofferenza, la tristezza e la solitudine, il
rimpianto e il rancore. Rispose al bacio con tutto il trasporto della sua
anima, con tutto l'amore che celava da tempo immemore. Con tutta l'intensità
del sentimento che le sgorgava incontrollato dal cuore.
All'improvviso il mondo, il suo mondo,
si era ridotto a quel contatto, a quel gesto intimo e traboccante d'amore.
Si avvinghiò a lui con tutte le sue forze, temendo di cadere
in un vortice che li avrebbe allontanati irrimediabilmente, ma non successe
nulla del genere. Madian era sempre lì, continuava a stringerla, continuava a divorarla insaziabile e dolcissimo,
trascinandola via con sé dove niente contava, se non la loro unione.
Il loro bacio durò un istante, un giorno, un anno, una vita
intera. In lui erano racchiusi i baci di tutta la loro vita, tutti
insieme e tutti in una volta. Il più intenso, il più dolce e il più
bello che mai fosse stato dato.
Quando si staccarono continuarono a
respirare insieme, ansimando leggermente e scrutandosi a vicenda negli occhi.
Iridi blu dentro a pozzi scuri come
la notte.
- Ti amo Haydée. - mormorò accarezzandole una guancia.
La poesia che cita Madian è diBaudelaire, l’ho tratta dai “Fiori del Male”. Il titolo del
capitolo è il titolo della poesia, che poi sarebbe la
prima riga.
Vado in ferie signore! Ma niente paura stavolta, i prossimi
capitoli sono già finiti e corretti, appena torno do
loro un’ultima occhiata e li pubblico, promesso!
- Ti amo Haydée. - mormorò accarezzandole una guancia. Lei
tremò come una foglia:
- Madian... io... - lui la zittì sfiorandole le labbra con
le sue in una carezza leggera:
- Non devi dire niente, amore mio. Resta con me per sempre,
solo questo ti chiedo. - gli occhi le
si inondarono di lacrime e li chiuse, troppo sconvolta e troppo...
cos'era... felice? Non avrebbe saputo dirlo, era tutto
così confuso nella sua mente!
Sentiva solo le sue labbra che le sfioravano gli occhi e il
viso, il calore che la avvolgeva e quel corpo solido e forte che la proteggeva,
nient'altro.
- Haydée, guardami. – mormorò contro le sue labbra. Lei socchiuse gli occhi faticosamente, mentre due lacrime le
scendevano lungo le guance arrossate. Madian le asciugò lentamente con
la punta delle dita per poi tornare a scrutare in quegli occhi splendenti come
il cielo sopra le loro teste: - Hai paura di me? – le
chiese a bruciapelo, senza staccarsi di un centimetro.
La sentì sussultare tra le sue mani e d’istinto aumentò la
stretta attorno a lei, temendo che volesse allontanarlo. Lei scosse il capo
lentamente, mormorando qualche sillaba incomprensibile mentre il suo sguardo si
faceva via via sempre più triste:
- Calmati, non voglio nulla da te. Solo… questo. – sussurrò
sfiorandole le labbra con un bacio dolcissimo. Tutto inutile,
la ragazza continuava a tremare contro di lui facendolo preoccupare
oltremisura: - Non tremare Haydée, voglio solo proteggerti, non sono… lui… -
l’ultima parola la pronunciò con voce talmente dura che le fece sgranare gli
occhi dallo stupore: - Io… so tutto… ho parlato con Sybil. – spiegò
senza staccare gli occhi dai suoi e attendendo una qualsiasi reazione.
Riprese a piangere silenziosamente e Madian si sentì un
perfetto imbecille:
- No… - mormorò lei scotendo appena il capo e spingendo per
allontanarlo, ma il ragazzo non glielo permise.
La prese per la nuca stringendosela al cuore e affondò il
viso nei suoi capelli, cullandola dolcemente mentre
tentava in tutti i modi di calmarne i singhiozzi.
Haydée sentì il cuore esplodere. Nascose il viso nell’incavo
del suo collo, sfregando la fronte contro la sua pelle calda, e non si rese
conto di affondare le dita nella sua schiena mentre i
singhiozzi la squassavano.
Lui sapeva. Sapeva tutto di lei… la baciava e la stringeva a
più non posso e… le aveva appena confessato di amarla.
Madian la amava. Lei che era fuggita per mezzo mondo,
lasciandolo senza una spiegazione, solo perché aveva paura… ma paura di che?
Si rese conto che tutti i fantasmi che da anni le
attanagliavano lo spirito erano scomparsi nel suo abbraccio, se solo l’avesse voluto avrebbe potuto scacciare molto tempo prima
quel senso di terrore che la assaliva a volte la notte. Invece
era fuggita da lui, dal suo amore…
Lentamente i singhiozzi andarono scemando, ma Madian non
accennava ad allentare la stretta.
Seguitava a stringerla e ad accarezzarla, mentre le
sussurrava dolci parole d’amore e di conforto.
Poi la sentì sospirare e vibrare contro di lui, finché non
avvertì perfettamente i suoi nervi che si rilassavano e il suo abbraccio
diventare tenero e non più disperato.
Sorrise nell’oscurità e la staccò appena da sé per poterle
guardare il viso. Rimasero a lungo in silenzio, scrutandosi negli occhi mentre lui le asciugava il viso devastato dalle
lacrime, poi le sorrise sensualmente:
- Meglio? – mormorò rauco, deglutendo a fatica. Quelle
labbra, quanto desiderava ancora…
- Sì. – sibilò lei mordendosi il labbro inferiore
leggermente imbarazzata.
Lui si era dichiarato e lei era scoppiata in lacrime, non
era esattamente la risposta migliore a una
dichiarazione di quel genere!
Ma era ancora troppo presto perché lei potesse dirgli quello
che provava, stava succedendo tutto così dolcemente, non voleva rovinare tutto
con il ricordo di avvenimenti ancora dolorosi, le
serviva ancora un po’ di tempo… Madian interruppe i suoi pensieri sfiorandole
il viso col proprio:
- Posso… - le mormorò osservandola attraverso gli occhi
socchiusi, ormai contro le sue labbra, mentre con una mano le sfiorava una
guancia.
Per tutta risposta Haydée sorrise dolcemente, si alzò appena
sulle punte dei piedi e posò le labbra contro le sue, levandogli il fiato e
regalandogli un bacio dolcissimo, come lo sognava da mesi.
Lo sentì ansimare soddisfatto mentre
approfondiva il contatto e la baciava con lentezza esasperante, come a voler
gustare con la massima attenzione la sua bocca; quando interruppero il bacio
per riprendere fiato poté notare una strana scintilla accendersi nei suoi occhi
di zaffiro.
Un attimo dopo si staccò da lei, chinandosi e prendendola in
braccio, strappandole un’esclamazione sorpresa quando si ritrovò completamente
premuta contro di lui:
- Cosa… - tentò di chiedere con
voce tremante. Lui la zittì con un bacio a fior di labbra:
- Sorpresa… - mormorò rauco avviandosi verso l’abitazione.
Un minuto dopo entrarono nella stanza della ragazza,
sorridendosi come due ragazzini. Haydée si guardò attorno
mentre cominciava a preoccuparsi:
- Perché siamo qui? – mormorò
cercando di divincolarsi. Madian la posò a terra, sorridendole tranquillamente:
- Non lo indovini? – chiese sorridendole
dolcemente mentre tentava di riprenderla tra le braccia. La ragazza
guardò lui e il letto a baldacchino, sfuggendo al suo abbraccio e
indietreggiando spaventata:
- Madian, no… ti prego… - la voce le tremava
mentre gli occhi gli trasmettevano una paura folle.
Madian si fermò sui due piedi intuendo cosa la spaventava. Dov’era finita la gelida ladra che aveva combattuto contro
di lui sul Big Building? O l’inflessibile donna che
aveva estorto le informazioni che voleva a Chung e a
sua moglie? Possibile che fosse così sconvolta? Sospirò:
- Vorrei solo dormire abbracciato a te,
non voglio altro. È chiedere troppo? – mormorò dispiaciuto che lei non
si fidasse minimamente di lui. Come doveva fare per farle capire che non l’avrebbe mai forzata a fare nulla? E che era disposto ad aspettare tutto il tempo che voleva
lei per poterla dichiarare sua? La vide bloccarsi e trattenere il respiro:
- A-allora…n-non… - balbettò con
voce strozzata. Madian sorrise dolcemente e le si avvicinò
lentamente, allungando semplicemente una mano verso di lei:
- No, non voglio nulla. Voglio solo starti accanto. –
ribatté serenamente. Haydée guardò la mano che le tendeva con un ultimo sprazzo
di incertezza, poi alzò la sua tremante e fredda e la
depositò sul suo palmo, senza aggiungere altro. Gli occhi del ragazzo scintillarono mentre un sorriso irresistibile gli si
dipingeva sulle labbra, poi la attirò tra le sue braccia.
Un istante dopo erano stesi sul letto,
stretti l’uno all’altra, addormentandosi infine cullati dal pulsare dei loro
cuori.
~~~~~
Nel bel mezzo dell’Oceano, alcune ore dopo
Mitja si mosse a disagio e lanciò un’occhiata furtiva a
Winter, abbandonata sul sedile accanto al suo in una sorta di sonno troppo
vigile per i suoi gusti. Soprattutto perché sapeva che Winter aveva la guardia
alzata per colpa sua.
Ma che diamine, non era certo stato
lui a dire ad Aida di chiamarlo la sera del loro appuntamento! Quella
sciocchina aveva pescato il suo numero da chissà chi e lo aveva già chiamato
una volta, ma lui le aveva detto che era impegnato,
che non doveva disturbarlo e che non sapeva quando sarebbe tornato. Aveva
riagganciato in malo modo, sperando che avesse afferrato il concetto, invece
no! L’aveva richiamato proprio quando lui e Winter stavano
per… per… bah, chissà cosa stavano per fare!
Non sapeva nemmeno lui realizzare
quello che era successo in quegli attimi folli, si era lasciato andare
completamente e non aveva pensato a nulla, solo a lei tra le sue braccia, con
gli occhi scintillanti e le labbra morbide, talmente seducente da fargli girare
la testa, e la stoffa di quel vestito sotto le sue dita, scivolosa e
terribilmente sensuale su quelle curve…
Saltellò quasi sul posto quando il
passaggio di una hostess lo strappò ai suoi pensieri proibiti, e lanciò uno
sguardo a Winter, ancora perfettamente immobile al suo fianco.
Solo allora gli tornò alla mente il piccolo Nikolas e la sua
teoria sulla “riappacificazione tra grandi” e gli scappò un sorriso. Che
saltassero in aria tutte le testate nucleari esistenti
sulla terra, lui Winter l’avrebbe conquistata, allora sì che si sarebbe visto
chi era il vero testone tra loro!
Non poteva immaginare che i pensieri della gelida bionda erano di genere esageratamente simile al suo. Da quando era
salita sull’aereo si era imposta la linea dura, cioè
nessuna parola, nessuno sguardo e nessun gesto verso quell’essere che le sedeva
accanto e col quale aveva avuto la sventatezza di uscire agghindata come una
ragazzina svenevole.
Nulla, nemmeno per sbaglio. E così
tentava in tutti i modi di fare.
Peccato che anche solo sentirlo respirare fosse ormai una
tortura! E quello sguardo, triste e smarrito, sempre e costantemente puntato
addosso… le veniva voglia di prenderlo a sberle!!
Come sapeva che la guardava continuamente? Beh, secondo voi
il fatto che si sentisse bruciare la pelle cos’era,
scottatura? Accidenti a lui e alle
sue carezze, ma non poteva essere un pessimo baciatore, imbranato e maldestro?? No! Doveva essere anche dolce,
schifosamente sensuale e attraente in modo snervante!!
Sentì distintamente un suo lievissimo sospiro e per poco non le saltarono i
nervi.
Se non si fossero trovati in un aereo carico di gente lo avrebbe stordito a suon di sberle e avrebbe approfittato
di lui seduta stante!!
Quando l’immagine di loro due intenti ad esplorarsi, in pose
non esattamente fraterne e in un letto sfatto le attraversò la mente, avvertì
distintamente una sferzata lungo la spina dorsale e fu costretta a cambiare
posizione, mentre Mitja si bloccava a guardarla con gli occhi sgranati, in attesa di una qualsiasi reazione da parte sua che
puntualmente non arrivò.
Dopo interminabili istanti riuscì a
rilassarsi nuovamente, e non poté trattenersi dal girarsi brevemente verso il
suo compagno di viaggio, senza guardarlo apertamente e osservando
distrattamente una hostess che transitava con un carrellino.
Mitja aveva chiuso gli occhi e aveva abbandonato la testa
all’indietro sullo schienale, i capelli scompigliati più del solito e una leggera
ruga a solcargli la fronte.
Avrebbe dovuto stargli alla larga,
decisamente. Era impensabile mantenere la linea rigida che si era prefissata se
quell’idiota continuava a servirle il suo collo su un piatto d’argento, così
non faceva altro che risvegliare il suo istinto vampiresco!! Pensò furibonda piantando lo sguardo su una rivista e
imponendosi di credere che guardare il titolo per mezzora fosse estremamente interessante.
Non vide il sorrisetto stendersi sulle labbra del ragazzo
dopo pochi istanti. Non che si fosse accorto del suo
sguardo, intendiamoci, semplicemente un pensiero assurdamente logico lo aveva
sfiorato per la prima volta: È
gelosa!! E si chiese come aveva potuto non
pensarci prima…
~~~~~
Villaggio di R****, mattino inoltrato
Haydée si mosse sospirando, chiedendosi come mai sentiva un
peso gravarle sullo stomaco. Spostò una mano per capire cos’aveva sul ventre e
spalancò gli occhi trattenendo il fiato.
C’era… un braccio… saldo e piuttosto muscoloso, sicuramente
non di donna.
Mosse le dita e sentì qualcuno muoversi
dietro di lei, aumentare la stretta e aderire completamente alla sua schiena,
mentre due labbra morbide e calde si posavano sulla sua spalla nuda e il
proprietario le respirava contro la pelle immediatamente arroventata.
Si mosse lentamente, col cuore che pulsava fuori controllo,
e finalmente vide una testa bruna con i capelli scompigliati e una spalla forte
circondarla protettiva.
Non sapeva se scattare via come una molla, spaventata a
morte, o se piangere e ridere dalla felicità.
Madian… aveva dormito con lei e ancora non la smetteva di
tenerla saldamente stretta a sé. Che sensazione
meravigliosa, si sentiva perfettamente protetta e al sicuro, come aveva potuto
vivere senza l’emozione di svegliarsi al suo fianco fino a quel momento?
Sorrise calmandosi e tornò a guardare avanti a sé,
sospirando appena e cercando di muoversi il meno possibile per non svegliarlo.
Iniziò a pensare a cosa sarebbe successo
quando si fosse svegliato, a come l’avrebbe guardata, a cosa le avrebbe
detto, a come sarebbero cambiate ora le cose tra loro.
Cos’erano adesso, fidanzati? Quel pensiero la mandava nel
panico più totale, non se la sentiva ancora di essere legata a lui da qualche
promessa, per quanto adorasse la sua presenza e… i
suoi baci, fu costretta ad ammettere a sé stessa mentre il viso le si
infiammava.
Il ricordo del contatto delle loro labbra la sera precedente
la fece agitare nervosamente, non aveva mai provato un’emozione simile, né
tanto meno quel senso di completezza tra le sue braccia che ancora adesso la pervadeva.
Si morse distrattamente un labbro, persa nei meandri dei
suoi pensieri, quando un mugolio rauco le fece trattenere il fiato.
Madian tornò dal mondo dei sogni aumentando la presa su quel
corpo morbido e caldo che aveva agguantato la sera precedente, si mosse
languidamente e lasciò che le labbra si allargassero in un sorriso suadente,
mugolando soddisfatto. Poi si decise a socchiudere gli occhi e vide la donna tra le sue braccia tesa come una corda di violino.
Il sorriso si accentuò quando si
accorse che tratteneva il fiato:
- Puoi anche respirare Haydée, sono sveglio non mi disturbi! – ridacchiò sereno. Lei si rilassò immediatamente
sentendo quella nota divertita, riprendendo a respirare
mentre il cuore ballava un indiavolato can can
nel suo petto:
- Buongiorno Madian, dormito bene? – si stupì che la voce
non le tremasse, da quando era così coraggiosa?!
- Buongiorno a te Haydée, splendidamente! – rispose
rilassandosi e iniziando a baciarle lentamente la spalla. Lei era talmente stordita
e affascinata che dimenticò di arrossire e di essere timida,
limitandosi a chiudere gli occhi e a sospirare leggermente, mentre la mano di
lui correva leggera sul suo fianco, solleticandole ogni singolo nervo
attraverso la stoffa sottile del sari che aveva indossato la notte precedente.
Probabilmente Madian avrebbe proseguito a lungo nelle sue
dolci esplorazioni, spingendosi molto oltre quello che
si era ripromesso da bravo ragazzo, ma evidentemente era destino che per quel
mattino dovesse averne abbastanza così.
Infatti dopo pochi istanti si sentì
uno scoppio di risa nel giardino della casa, seguito dal vociare di alcune
donne e dalle grida di una voce maschile che Madian riconobbe come quella del
guardiano del portone:
- Che succede?! – chiese stralunato
staccandosi da lei con una faccia che era tutta un programma. Haydée scoppiò in
un risatina divertita, sgattaiolando fuori dal suo
abbraccio e raggiungendo la finestra, spalancandola per far entrare la luce
accecante del giorno:
- Sono le donne che lavorano qui, Hamida
deve aver fatto un altro dei suoi scherzi a Niaz, il
guardiano della casa. Non sai quante gliene combina, quei due sono come cane a gatto! - spiegò rapidamente prima di
mettersi a urlare qualcosa di incomprensibile alle
donne giù in giardino. Una di loro spiegò tra le risate cos’era successo, e la
confusione aumentò quando sulla soglia di casa apparve
Grantham con una sottoveste da camera in disordine,
scalzo e spettinato:
- Che diavolo sta succedendo qui!!
– sbraitò per l’ennesima volta in anni di vita in quella casa. Non passava mese infatti che Hamida, la domestica
di casa da quando era nata Haydée, non si inventasse qualche scherzetto ai
danni del permaloso guardiano del portone, che naturalmente appena ne aveva
l’opportunità ricambiava.
Madian si mise a sedere nel letto, osservando la giovane
ridere e scherzare alla finestra. La sua vita gli passò davanti in un lampo.
Aveva avuto una vita facile, mai un problema grave a turbare
la sua esistenza, mai un segreto pesante da sopportare con la sola forza delle
proprie spalle.
Osservando Haydée finalmente sorridente si chiese se sarebbe
stato in grado di sopravvivere senza impazzire a causa di un tormento simile
per tutti quegli anni, e guardandosi dentro capì che non ne sarebbe mai stato
capace. Era quasi uscito di testa per la sola
lontananza da lei durata poco più di un mese, mentre Haydée… lei aveva
sopportato il tormento, l’angoscia, la sofferenza… e tutto da sola, tutto senza
mai fare affidamento su alcuno. Lui aveva i suoi genitori, e anche Mitja e
Arkel a cui confidava tutto… si certo lei si era in
parte confidata con Phénice, con Sybil e poi con Winter, ma nessuno aveva
potuto fare niente per allontanare definitivamente da lei i fantasmi che da
troppo tempo la perseguitavano.
E lui? Lui ne sarebbe stato in
grado?
Per come la vedeva ora, sorridente e felice, gli sembrava di
si. Ma era la sua presenza o
il fatto che la giovane si sentiva a casa, circondata dall’affetto delle
persone che l’avevano vista bambina, a farla sentire finalmente sollevata?
Di una cosa fu certo: non poteva forzarla in nulla, non poteva imporle il proprio amore come aveva egoisticamente
pensato prima di rincontrarla, e lo capì in quell’istante. Poteva amarla da
lontano, ma doveva essere lei ad accettare i suoi sentimenti e a decidere se e
quando ricambiarli.
Lei lo amava, ne era quasi certo.
La notte passata insieme ne era la conferma quasi
assoluta.
Ma doveva assolutamente limitarsi a
questo. Farle sentire il proprio amore, vero e incondizionato, dimostrarle come
solo con lei voleva avere un futuro, una famiglia… sì, una famiglia!
Ma per gradi, senza traumi o sorprese, delicatamente e
tranquillamente.
Era la sua unica possibilità.
Haydée si sentì osservata e volse su di lui due occhi
sorridenti e brillanti all’inverosimile, distogliendolo dalle sue riflessioni.
- Sei pensieroso? - gli chiese dolcemente:
- Si, pensavo a te. - rispose semplicemente facendola
arrossire. Poi le allungò una mano, invitandola a sedersi accanto a lui. Quando
si fu accomodata anche lei con la schiena contro la spalliera del letto le
prese una mano, intrecciando le dita alle sue, e riprese: - Pensavo a quante
cose ho sbagliato con te, ho voluto importi un po’ troppe cose
quando ancora non eri pronta… - si fermò un istante vedendola arrossire,
poi riprese: - Ma ora ho capito quanto tu abbia ancora bisogno dei tuoi spazi,
quindi… volevo dirti che aspetterò tutto il tempo che vorrai, e quando sarai
pronta io sarò lì con tutto il mio amore pronto ad accoglierti… o a ritirarmi
per sempre, se è questo che vorrai… - pronunciò le ultime parole con un filo di
voce, guardandola con occhi lucidi e disperati, e lei capì quanto dovevano
essergli costate.
Gli sorrise appena e non poté
trattenersi dal gettargli le braccia al collo. Quell’abbraccio valeva più di
mille discorsi. Madian lo capì: lo stava ringraziando per la sua pazienza e la sua dedizione, per le sue parole e la sua comprensione. E finalmente credette di vedere un po’ di luce alla fine del
tunnel.
~~~~~
Appartamento del centro, mattino presto
Sbuffò per la milionesima volta, picchiettando le dita sulla
superficie lucida del tavolo in cucina, poi esplose:
- E allora?! Non sei ancora pronta?
Guarda che siamo in ritardo, arriveranno tra poco! – per un attimo nessuna
risposta, si chiese dove diavolo era andata a finire,
poi finalmente sentì una porta spalancarsi:
- Eccomi!! Non lamentarti, tu hai i capelli corti, non
conosci lo strazio di avere i capelli lunghi e ricci! – esclamò una vocetta
innervosita passando da una stanza all’altra.
Arkel ripiombò nella disperazione, buttando la testa
all’indietro e lasciando le braccia penzoloni. Non avrebbe mai finito di
prepararsi quella pulce pestifera?!?
Rimase così per istanti che gli parvero ore, fissando il
soffitto imponendosi di non pensare se lei si stava cambiando, se era svestita,
che biancheria indossava… poi finalmente Phénice cinguettò soddisfatta:
- Fatto, possiamo andare… ehi ma che fai lì imbambolato,
muoviti, no?! – disse dirigendosi verso l’uscita. Il
ragazzo saltò su come una molla, lamentandosi:
- Senti chi parla, è un’ora che aspetto che tu finisca di
pettinare quella specie di criniera e… - non poté finire, la pulce aveva
strillato irritata:
- Non hai aspettato un’ora, al massimo sono stati 10 minuti,
e poi bisogna curarli i propri capelli, altrimenti si rischia di diventare
mezzi pelati come te!! – disse facendolo bloccare
all’istante.
Arkel si portò lentamente una mano alla testa tastando la
sua chioma intatta, col terrore di sentire uno sfoltimento non autorizzato:
- …Ehi, non sono mezzo pelato… - brontolò mezzo
offeso. La ragazza si volse con un sorrisetto
divertito:
- Permalosone!! – disse
ridacchiando e riprendendo a scendere di corsa le scale.
Il giovane piantò il muso borbottando qualcosa contro gli
scherzi di cattivo gusto e riprese a scendere dietro di lei, chiedendosi come
poteva una parola detta per scherzo da lei essere così importante per lui… perché ne sei innamorato, pirla!!