Se una notte d'estate, un ladro

di Haydee
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Preludio ***
Capitolo 2: *** Progetti ***
Capitolo 3: *** Black Soul ***
Capitolo 4: *** La Regina dei Ghiacci ***
Capitolo 5: *** Ladruncologia Applicata ***
Capitolo 6: *** 7 peccati capitali ***
Capitolo 7: *** Nottata alcolica ***
Capitolo 8: *** Passato di una ladra ***
Capitolo 9: *** India ***
Capitolo 10: *** Pedinamento ***
Capitolo 11: *** Temporale ***
Capitolo 12: *** Io, te e Crystal ***
Capitolo 13: *** Non ti muovere ***
Capitolo 14: *** Il punto più buio ***
Capitolo 15: *** Le Lacrime della Sirena ***
Capitolo 16: *** Ed il mio bacio scioglierà il silenzio che ti fa mia ***
Capitolo 17: *** Furto con scasso ***
Capitolo 18: *** Giù la maschera ***
Capitolo 19: *** Pausa ***
Capitolo 20: *** Assalto alla dinastia Song ***
Capitolo 21: *** Bimba provocante o scocciatura colossale? ***
Capitolo 22: *** Sonno profondo ***
Capitolo 23: *** Destarsi ***
Capitolo 24: *** Promesse incondizionate ***
Capitolo 25: *** Occhi negli occhi ***
Capitolo 26: *** Terzi incomodi ***
Capitolo 27: *** Appuntamento col botto ***
Capitolo 28: *** I know when to touch ***
Capitolo 29: *** Grigi pensieri ***
Capitolo 30: *** Questione di fiducia ***
Capitolo 31: *** Spedizione punitiva ***
Capitolo 32: *** Whereabouts ***
Capitolo 33: *** Partenze ***
Capitolo 34: *** Doccia gelata ***
Capitolo 35: *** Quel qualcosa di... ***
Capitolo 36: *** La svolta ***
Capitolo 37: *** Caccia alla volpe ***
Capitolo 38: *** R**** ***
Capitolo 39: *** 30 giorni ***
Capitolo 40: *** Un fiore purissimo ***
Capitolo 41: *** White roses ***
Capitolo 42: *** Sari rosso ***
Capitolo 43: *** Nella digradante calura del tramonto ***
Capitolo 44: *** T'adoro come la volta notturna ***
Capitolo 45: *** Risveglio ***



Capitolo 1
*** Preludio ***


Preludio

Preludio

 

- Pinza. -

… Silenzio e nessun movimento…

- EHI!! Ho detto che mi serve una pinza!!! – tuonò una voce da sotto una moto da strada, una Yamaha YZF R1. Una decina di frugate dopo il gentile richiedente vide l’attrezzo in questione sventolare a pochi centimetri dal suo viso:

- Tante grazie… - borbottò afferrandola. Il silenzio si prolungò a lungo, interrotto solo dai rumori che faceva per riparare l’impianto di frenata e dallo sfogliare di numerose pagine in sottofondo. Alla fine sentì un rumore di fogli gettati su un tavolino e un sonoro sospiro.

Il giovane uscì da sotto la moto e guardò il “collega” senza fiatare:

- Il sistema di sicurezza è parecchio complicato, ma ho trovato il modo di aggirarlo. Vedi di sbrigarti a sistemare quella moto Arkel, entriamo in azione fra tre giorni. – sbottò con aria parecchio stanca. Erano almeno 10-15 giorni che rimuginava su fogli e schemi al computer e si sentiva pressoché esausto:

- Agli ordini, Arsenio Lupin. – mugugnò quasi incomprensibilmente il primo tornando a concentrarsi sulla sua “paziente”.

 

Il cosiddetto “Arsenio Lupin” si alzò e ficcando le mani in tasca si diresse verso la villetta fuori mano che occupavano da pochi mesi. Questa città non mi dispiace, potremmo anche stabilirci qui vita natural durante… pensava distrattamente.

Diede una spallata alla porta d’ingresso perennemente accostata ed entrò nella frescura dell’atrio, mentre una musica assurda gli disturbava le orecchie. Mugugnò qualche irripetibile insulto contro un non meglio precisato figlio del Don e si diresse spedito in cucina.

Quando aprì il frigorifero si sentì esasperato: più deserto di un deserto. Il Sahara sarebbe impallidito al confronto, potendo contare su Tuareg e turisti.

In quella entrò una specie di turbine, il buongustaio del diapason:

- Bravo Madian, ti sei messo alla ricerca del Tesoro Perduto! Se trovi qualcosa fammelo sapere, ok? Io intanto do un’occhiata nelle altre stanze! – fece per svignarsela ma venne trattenuto da un ruggito che di umano aveva ben poco:

- Mitja!! Non ti avevo forse ordinato di fare la spesa?!? Sono stato molto occupato, come pure Arkel, ed eravamo d’accordo che te ne saresti occupato tu, o sbaglio? – più che una domanda era una minaccia:

- Ah… ehm… il fatto è che, vedi… sto ideando un nuovo esplosivo, quello dell’ultima rapina era un po’ troppo rumoroso, ricordi? Così io… - il malcapitato non riuscì a finire, a due centimetri dal suo naso una bestia feroce lo minacciava, trattenendo le mani dietro la schiena per non utilizzarle precocemente:

- Me ne sbatto altamente dei tuoi esplosivi, tu adesso prendi il tuo catorcio di macchina e in meno di 20 minuti tornerai con i rifornimenti per almeno 15 giorni, o com’è vero che mi chiamo Madian la prossima cassaforte che svaligeremo i poliziotti non la troveranno vuota: il cadavere di un giovane e sconosciuto russo ornerà bellamente il pavimento come una pelle d’orso bruno nella capanna di un cacciatore cosacco, mi sono spiegato? – queste parole erano state sibilate con la massima calma, ma con una spaventosa luce omicida negli occhi.

Due minuti dopo Mitja sfrecciava lungo la statale per raggiungere il più vicino supermercato, asciugandosi il sudore freddo dalla fronte. Quando il capo perde la pazienza sono dolori…

 

~~~~~

 

4 giorni dopo, all’altro capo della città

 

Il noto ladro Zar colpisce ancora. Nel suo mirino è caduta la National Bank”

Il giornale così titolato venne sbattuto violentemente su un ampio tavolo da architetto, ingombro di progetti:

- Maledizione! – sbraitò una giovane di circa 26 anni, alzandosi in piedi di scatto e prendendo a camminare furiosamente per tutto il diametro del suo ufficio.

Nella stanza accanto la sua segretaria, Fedra, una ragazzina appena diplomata di 19 anni, aveva saltato sulla sedia per lo spavento. Sistemò gli occhialini sul naso, adocchiando la sua datrice di lavoro attraverso la porta spalancata e chiedendosi quale nuova sventura avesse avuto l’ardire di avvenire senza il suo esplicito permesso.

Dopo vari borbottii la bella mora si affacciò allo stipite:

- Non ci sono per nessuno!! – sentenziò sbattendo la porta e isolandosi dal mondo: aveva bisogno di pensare in perfetta calma.

“Quel maledetto ladruncolo, si è messo nella testa di stabilirsi nella mia stessa città, eh? Ma gliela farò passare io la voglia di rubarmi il mestiere! Lui non sa ancora con chi ha a che fare!!” pensava sempre più furente.

 

Dopo un’ora una furia uscì dall’ufficio:

- Io me ne vado Fedra, se vuoi puoi uscire anche tu, per oggi ne ho abbastanza! Ci vediamo domani mattina. – così dicendo fece sbattere la porta dello studio facendo picchiettare i tacchi sugli scalini del condominio.

Rapidamente recuperò la sua auto e in 5 minuti sfrecciava per le vie iper-affollate della città. Litigò con un paio di lumaconi su 4 ruote, sgommò un paio di volte ai semafori e finalmente giunse a destinazione.

Parcheggiò in divieto di sosta e si diresse risoluta verso un’elegante palazzina, interamente di proprietà di una sua conoscente. Certo che la sua consulenza deve fruttarle parecchio se si permette una casetta del genere…

Suonò ad un campanello e un istante dopo una domestica dall’aspetto bonario aprì la porta col sorriso:

- Buonasera signorina, desidera vedere la signora? -

- Sì, grazie. – rispose laconica:

- Allora la annuncio subito, la signora è nello studio. – la ragazza esitò un istante, poi fermò la domestica con decisione:

- Non è necessario Elettra, me la sbrigo da sola con la rigida formalità della padrona di casa. Torni pure al suo lavoro e grazie di tutto! – fece un pallido sorriso mentre si allontanava. Bussò tentando in tutti i modi di non sfondare la porta per l’agitazione:

- Avanti! – una volta entrata la donna seduta alla scrivania prese a rimproverarla senza nemmeno guardarla: - Mia buona Elettra, quante volte devo ripeterle di essere più delicata quando bussa? Un giorno di questi mi farà morire di spavento, non mi piace per niente… - ma non poté finire:

- Finiscila di atteggiarti a Granduchessa d’Austria, non mi incanti! – esordì la ragazza con un sorriso irriverente. La donna alzò il capo sbalordita:

- Oh, Haydée, sei tu! Accidenti a quella domestica, le ho ripetuto mille volte che deve essere lei ad annunciarmi le visite! – fece non contenta che la sua arringa fosse stata interrotta:

- Alt, alt!! Ho insistito io per non essere annunciata, ma adesso vedi di smetterla con queste stupide cerimonie! Ho un problema con la “P” maiuscola! – si accasciò su una poltroncina con sguardo deciso:

- Sentiamo! – sbuffò la donna. I modi sempre eccessivamente spicci della ragazza la esasperavano a volte!

- C’è questo Zar che mi sta rovinando la reputazione, tra un po’ sarà lui il padrone della città! – brontolò gettando sulla scrivania il famoso giornale, ormai completamente stropicciato, col titolo a caratteri cubitali. La donna gli diede un’occhiata:

- Uhm… sì, ne ho sentito parlare anch’io. Pare che non sia niente male: porta a termine lavoretti puliti con la rapidità di un lampo. Vuoi altre informazioni su di lui? -

- Sarebbero estremamente utili, grazie. Però c’è un’altra cosa che mi interessa in questo momento. – mormorò socchiudendo gli occhi con lo sguardo perso nel vuoto:

- Sarebbe? -

- Sybil, ho bisogno di un lavoretto. Una cosa da far girare le budella alla polizia. Devo realizzare il colpo dell’anno, o perderò la faccia. – riprese con un sorrisetto diabolico. La donna di fronte a lei si appoggiò allo schienale della poltrona di pelle marrone ultracomoda perfettamente in tono con l’elegante studio:

- Fammi fare un paio di telefonate. Credo di avere quello che fa per te. -

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Capitolo 2
*** Progetti ***


Progetti

Progetti

 

- Un furto da Bulgari, eh? – mormorò la giovane tra sé.

In meno di 3 giorni Sybil, la migliore informatrice sulla faccia della terra, nonché suo Angelo custode, le aveva già fatto avere piantine, informazioni sui sistemi di allarme e nomi dei fornitori per l’attrezzatura:

- Esatto! La prossima settimana arriva una nuova parure, l’ultima creazione sfornata dalle menti dei migliori orafi del mondo, un vero tripudio di pietre preziose! È un’occasione unica, pare che i primi giorni, a causa di vari contrattempi, non abbiano la cassaforte per riporla. Sarebbe da sciocchi non tentare! – la 40enne gongolava con spudorata evidenza all’idea di avere una percentuale sull’introito:

- La prossima settimana… non ho nemmeno 7 giorni per prepararmi! – obiettò la ragazza. Si alzò in piedi dando bella mostra della sua figura. Non era molto alta, non toccava il metro e 70 neanche di striscio, ma era perfettamente proporzionata, dotata delle classiche curve sinuose mediterranee. I lunghi capelli neri, mossi e ribelli come le onde del mare, le incorniciavano un viso dai lineamenti regolari e puri. Il suo incarnato piuttosto chiaro era dorato dal sole estivo, dando maggiore profondità ai suoi occhi, di un marrone talmente scuro da sembrare addirittura neri. Erano occhi espressivi, dalla forma leggermente allungata e rialzata verso le tempie, in un vago richiamo orientale. Dopotutto nelle sue vene scorrevano anche gocce di sangue indiano, grazie a una bisnonna paterna:

- Oh, quisquilie!! Sono sicura che ce la farai! – esclamò la donna dal suo trono, agitando una mano in un tintinnio di anelli e bracciali. La ragazza seguitava a studiare la piantina del negozio e della stanza con la cassaforte, e incurvò le labbra generose in un sorrisetto:

- Sei troppo ottimista Sybil: mai sopravvalutarsi, l’hai dimenticato? – mormorò soprappensiero.

La donna riprese a ciarlare, ma lei non la ascoltava più, già immersa nella preparazione del suo prossimo colpo.

Raccolse tutta la documentazione cartacea e un cd, poi si avviò alla porta:

- … ok, grazie di tutto, ti farò sapere se entrerò in azione… - borbottò leggendo le informazioni sul sistema d’allarme:

- Ehi, Haydée, ma mi ascolti?! Nel cd ho inserito anche le poche informazioni che ho trovato sullo Zar… ma… - la frase restò sospesa a mezz’aria, la ragazza era già uscita da un po’.

 

Una volta a casa, entrò nascondendo i fascicoli nella sua valigetta per l’ufficio:

- Sono a casa! – sbraitò chiudendo la porta d’ingresso con un calcio e depositando le sue chiavi in un piattino sul mobile all’ingresso.

Una testa riccioluta castano-rossiccia si affacciò dalla porta sul fondo del corridoio dell’ampio appartamento, il naso e la bocca sporchi di cioccolato:

- Ciao!! Indovina cosa stavo facendo? – chiese una vocetta squillante. La mora rise:

- Fammi indovinare Phénice, hai rispolverato il kit del piccolo alchimista, con annesso manuale redatto da Lucrezia Borgia? – azzardò perplessa, ricevendo una linguaccia in risposta:

- Malfidente!! Solo perché l’ultima volta ho scambiato il sale per zucchero non vuol dire che non sia in grado di fare una stupida torta al cioccolato!! – mugugnò la ragazza sparendo di nuovo nella cucina.

Haydée sospirò. Cristo Santo, ha 2 anni in meno di me ma sembrano 20! Pensò ridacchiando mentre si toglieva i sandali, poi la raggiunse in cucina:

- Solo dici? Chi è quella che ha rischiato una lavanda gastrica al pronto soccorso?! Avrò ben il diritto di verificare, d’ora in poi!! – fece tra il serio e il faceto:

- Fa’ un po’ come ti pare… - Ecco, si è arrabbiata! Alzò gli occhi al cielo, lievemente esasperata:

- E va bene! Io non ti controllo, ma la prima fetta la prossima volta te la ingozzi tu!! Io non ne voglio sapere, sia chiaro! – riprese accondiscendente. La sua coinquilina sbuffò per un po’, poi si arrese:

- D’accordo… - mormorò rattristata, poi però la sua allegria ebbe il sopravvento: - Allora, com’è andata al lavoro? – chiese raggiante. Haydée scosse il capo sorridendo e osservandola di sottecchi, incapace di comprendere tanto indistruttibile buonumore:

- Mah, al solito… però ho dovuto portarmi a casa alcune pratiche, quindi dopo cena vedi di non fare baccano o giuro che mi trasferisco! – minacciò ridendo, e tenendo come sempre la sua coinquilina all’oscuro dei suoi traffici. Non doveva sapere del suo secondo lavoro:

- Sì mamma! Però quante storie per un po’ di musica! – si imbronciò:

- Ehi, quella faccia da coniglietto spaventato non mi frega! La tua non è musica, è baccano infernale, ragazzina! – riprese portandosi alle labbra un bicchiere colmo di acqua ghiacciata:

- Quante storie per un po’ di Depeche Mode a palla! Sbaglio o piacciono anche a te? – la rossa si puntò una mano su un fianco e con l’altra armata di cucchiaio minacciava la sua amica:

- Sì, ma non quando devo lavorare. In più i vicini mi hanno fatto una lavata di capo storica stamattina mentre uscivo, pare vivano come in un pollaio e che al tramonto siano già a nanna… Comunque sia, visto che abbiamo scovato questo appartamento per pura fortuna non mi sembra il caso di farci buttare fuori a calci, noi e il nostro impianto Hi-Fi… - la sua voce si spense sparendo nel bagno, mentre pochi minuti dopo l’acqua le scrosciava addosso.

Mentre si rilassava sotto il getto d’acqua pensava ridacchiando alla sua coinquilina. Ormai dividevano casa da 4… forse 5 anni. Sì 5, da quando la riccia aveva cominciato l’università. Era strano, lei che non aveva mai sopportato nemmeno vivere con i suoi genitori e che era letteralmente fuggita di casa per abitare da sola, di punto in bianco dopo un anno e mezzo di vita solitaria aveva affittato una stanza del suo nuovo appartamento (il motivo per il quale si era trasferita preferiva non ricordarlo…) ad una matricola, apparentemente timida e silenziosa. Non poteva certo sospettare che una volta presa confidenza si sarebbe rivelata l’esatto contrario!

A parte gli scherzi però Phénice era diventata la sua migliore amica e le aveva raccontato praticamente tutto di sé, omettendo naturalmente il suo pallino per il furto di gioielli e di oggetti d’arte dai nascondigli dei miliardari trafficanti di statue, quadri e via dicendo. Con quella sua intramontabile allegria e voglia di vivere la compensava perfettamente, lei che era cupa e indisponente verso tutti. Certo, non era colpa sua, era stata la sua vita a farla diventare tale. Ma basta, non voleva pensarci!

- Ehi, mamma!! Che ne dici se domenica ce ne andiamo al mare? È qui a meno di 5 km e non ci andiamo mai! Ormai è primavera inoltrata, la stagione è aperta!! – gorgheggiò l’oggetto dei suoi pensieri:

- Raccontala a qualcun altro: potresti inventarti scuse migliori per andare a vedere qualche ragazzetto in boxer! E poi te lo dico sempre: non devi essere tu a correre dietro agli uomini, fatti desiderare una volta tanto, Cristo! – rispose acida:

- Non se ne parla, non voglio fare la tua fine, io non sarò mai una zitella di mezza età! – come punzecchiatura, era parecchio bastarda:

- EHI! Zitella di mezza età a chi?!? – chiuse l’acqua e si avvolse rapidamente in un accappatoio, scattando fuori dal bagno e inseguendo la bella rossa per tutta la casa, mentre questa lanciava strilli acuti che facevano tremare i vetri.

Una volta acchiappatala e spettinata per bene, Roba che quando la spazzola la vedrà le si afflosceranno tutti i dentini, acconsentì alla “gentile” richiesta. Tanto per la rapina c’era tempo.

Liberò la sua preda e si stiracchiò. E ora al lavoro, cocca!

 

~~~~~

 

Contemporaneamente, all’altro capo della città

 

- Ecco il mio sport preferito: OZIO!! – esclamò un biondino accomodandosi meglio su un divano formato famiglia. Sperava una volta tanto di riuscire a intavolare qualche discorso, anche frivolo, con il suo coinquilino nonché “collega”, ma dopo una decina di tentativi andati a vuoto cominciava a sentirsi… come dire… ignorato?!?

Sbuffò silenziosamente, chiedendosi cosa ci trovasse quello scorbutico di così interessante in quella rivista di moto, tanto da esserci immerso da in tempo che gli pareva infinito. Inspirò profondamente, ripromettendosi che poi non avrebbe più tentato l’impossibile:

- Allora, cosa ne pensi del mio ultimo esplosivo? Eccessivamente distruttivo? Però non ha fatto alcun rumore, vero? – lo guardò speranzoso per almeno due minuti, ma come al solito niente. Si spettinò i capelli biondo scuro con aria scocciata e decise di rispondere all’offesa con la sua stessa moneta: ignorandolo!

 

Arkel in realtà non leggeva nemmeno la rivista, ripensava alla loro rapina e all’eco prodotta sui quotidiani. Era mezzo infastidito dal fatto che gli avessero appioppato un nome ovvio come “Zar”, e tutto solo perché quell’idiota di Mitja si era lasciato sfuggire un’imprecazione da far tremare i Santi in un perfetto russo, facendosi sentire come un pivello da un vigilantes nascosto chissà dove. Eppure gli avevano detto migliaia di volte di non parlare mentre lavoravano, col rischio che arrivassero alla loro identità! E dire che il biondino non era né la mente, parte spettante a Madian, né il braccio destro della banda, che naturalmente era lui. Certo, occuparsi degli esplosivi non era uno scherzo, ma il suo orgoglio urlava di sdegno all’idea di essere confuso con un pivello, figlio di emigranti nati all’ombra degli Urali.

Si passò una mano tra i folti capelli castano scuro, e quello fu il suo unico segno di vita.

 

In quella il terzo occupante della villetta entrò con un sorriso smagliante stampato in faccia:

- Oooh, finalmente qualcuno con capacità di variare espressione! – sbottò il biondo lanciando un’occhiata di sbieco al musone della casa, che naturalmente anche in questa occasione non lo degnò di un’occhiata, visto che non lo ascoltava proprio:

- Non sei ancora riuscito a farlo parlare, eh? – chiese il nuovo arrivato dirigendosi in cucina. Il russo lo seguì:

- Macché!! Lo vedi, se ne sta ore sprofondato in quella rivista, e quando parla mi insulta!! Quando mi hai detto che avremmo avuto un nuovo inquilino una volta trasferiti qui, non avevo idea che fosse una mummia! Sentiamo, a cosa è dovuto quel sorriso? O stiamo facendo il gioco del silenzio e non posso sapere nulla? – chiese appollaiandosi su uno sgabello e appoggiando braccia e viso sul tavolo a penisola della cucina. Madian rise, stappando una bottiglia di aranciata:

- Niente del genere! A proposito, hai trasferito il denaro sui conti? -

- Certo, per chi mi hai preso? Solo perché ho dimenticato di fare la spesa per una settimana non vuol dire che non sia affidabile!! Allora, questa news? -

- Sì, come no… Beh, ho solamente acquistato un fuoribordo! – annunciò raggiante. L’altro sgranò gli occhi:

- Ti sei dato alle spese pazze, eh? Quando avrò l’occasione di provarlo? – chiese sentendo il buonumore riprendere quota:

- Mah, domenica dovrebbe essere già al porto, nel posticino che ho prenotato… - soggiunse con aria d’importanza, strizzandogli un occhio blu zaffiro scuro:

- Facciamo le cose in grande, eh? Bene, bene, magari per rimorchiare… - ridacchiò Mitja:

- Idiota! -

- Sarà il motoscafo la copertura? – era Arkel improvvisamente tornato al presente, appoggiato con noncuranza allo stipite, le braccia conserte:

- Esatto! – rispose Madian:

- Copertura? Per cosa? Perché non sono mai al corrente dei vostri segreti?? -

- Mitja, se tu prestassi attenzione quando discutiamo forse non saresti perennemente all’oscuro dei nostri progetti. L’altra sera a cena, mentre tu ti davi da fare con Final Fantasy, discutevamo sulla possibilità di acquistare un magazzino al porto. Sai, per tenerci i proventi dei nostri furti non facilmente smerciabili come il vil denaro. Ora, ho pensato che avere un fuoribordo da tenerci durante l’inverno potesse giustificare l’acquisto di un piccolo capannone… sotto al quale costruiremo di nascosto alcune camere segrete come, diciamo… cassaforte. Ti piace l’idea? – gli occhi del russo scintillavano:

- Posso ricavarle io le stanze? Ho un esplosivo perfetto per questo lavoretto!! -

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Capitolo 3
*** Black Soul ***


Al porto, domenica mattina

Black Soul

 

Al porto, domenica mattina

 

- Per chi mi hai preso?!! Certo che lo so guidare!! È da quando sono un poppante che sogno di pilotare uno di questi cosi, so tutto! Ad esempio, il davanti si chiama prua e il dietro poppa. – dichiarò con l’aria di uno che ha appena scoperto l’antimateria. Madian si mise un mano sulla fronte, con aria esasperata, mentre Arkel alzava gli occhi al cielo:

- Allora lo sogni da 10 giorni circa… andiamo bene… - borbottò ironicamente:

- Ehi, bada a quello che dici!! Due anni in più non ti danno il diritto di darmi del poppante, mister scorbutico!! Io adoro veramente le barche, e ti ripeto il davanti si chiama… - Madian, in uno slancio di generosità, interruppe la patetica arringa del russo, abbigliato per l’occasione come un vecchio capitano di marina, con tanto di pipa e berretto alla marinara che rendevano la situazione ancora più grottesca:

- Taci Mitja!! Lo sanno anche i bambini come si chiamano il davanti e il didietro delle barche, non è una cosa da accademia navale! Facciamo così: io la porto al largo e poi ti insegno a guidarla come si deve, d’accordo? – chiese tentando di convincerlo:

- Come devo fartelo capire?! Da bambino avevo un motoscafo giocattolo col radiocomando, e ti giuro che andava come una scheggia… -

- Piantala!! Accidenti a te, sarai anche mio amico ma a volte hai la testa più dura di un caprone! Questo coso non è un giocattolo, mi è costato fior di quattrini, e decido io chi lo guida! Adesso siediti a poppa e fai silenzio! – una volta ristabilito l’ordine e ritrovata la calma, mentre Arkel sghignazzava di gusto nel vedere Mitja scornato, riuscirono ad allontanarsi dall’affollamento di barche a vela e yacht e a dirigersi in mare aperto.

 

Dopo un buon quarto d’ora avevano dovuto fermarsi per abbordare alla maniera piratesca uno yacht occupato da belle ragazze, su questo punto il biondino era stato irremovibile.

Arkel era rimasto da solo sul motoscafo, poco interessato a quel diversivo; si era seduto in equilibrio sul bordo con i piedi ammollo e osservava alcune barchette a vela all’orizzonte, simili a fazzolettini gettati al vento, mentre il sole scuriva ancora di più la sua pelle già abbronzata, sotto la quale guizzavano ad ogni movimento una massa di muscoli ben sviluppati. Si rasserenò, una volta tanto, ammirando quella calma tranquillità e il mare azzurro, e inspirò profondamente. Amava l’odore del mare, odore di salsedine e di libertà, odore di luoghi sconfinati e di natura onnipotente, affascinante e terribile al tempo stesso.

 

Un cinguettio insulso e le risate di Mitja lo riscossero dalle profondità dei suoi pensieri:

- Ehi, Capitan Uncino, perché non vieni anche tu? Questa bagnarola è da favola! -

- No grazie. – grugnì in risposta, lo sprazzo di buonumore già volato via:

- Andiamo, vieni a trovarci! Io mi chiamo Sonya, non vuoi fare la mia conoscenza? – una bionda tinta, bocce di solo silicone, lo invitava allungandogli una mano:

- Non se ne parla, miss plastica! Renditi utile e vedi di rispedirmi i due latin lover, piuttosto. – sibilò velenoso. Ne aveva abbastanza di ascoltare lo starnazzare di quelle oche.

Tempo 2 minuti e 10 secondi scarsi e i due pirati mancati erano di nuovo sul fuoribordo:

- Si può sapere perché l’hai offesa? D’accordo, era un po’ troppo finta, ma la barca era sua e le sue amiche non erano assolutamente come lei!! – Mitja era imbronciato come un bambino in castigo:

- Di che ti lamenti? 4/5 numeri di telefono li hai collezionati comunque, mi pare! -

- Sei troppo diplomatico Madian! – commentò il russo.

Stavano avvicinandosi al molo per rientrare al porto quando Madian scorse due figure sotto il faro. Anche Mitja le adocchiò, si alzò e parò gli occhi azzurri dal riflesso del sole sull’acqua con una mano:

- Sono due ragazze! Che ci fanno lì? -

- Mi pare che una stia cercando delle conchiglie. – Madian le scrutava incuriosito.

 

Dopo una giornata di sole le due ragazze si erano concesse una passeggiata fin sul molo, poi Phénice si era avventurata tra gli scogli per recuperare un cornettino che aveva scorto:

- Fai attenzione, non mi sembra il caso di dover scomodare la guardia costiera per una sciocca conchiglia! – ma le raccomandazioni di Haydée andarono a vuoto. Come al solito, fiato sprecato!

- Di che ti preoccupi?! Ti ricordo che tra i tanti sport che ho praticato è compresa la scalata! – rispose una vocetta allegra:

- Sì, come no! Sport che hai praticato una volta quando da bambina i tuoi ti portavano in montagna… - biascicò tra i denti.

In quella un fuoribordo passò rombando dietro di lei. Si volse richiamata da un istinto sconosciuto, e per una fugace frazione di secondo i suoi occhi incontrarono quelli blu zaffiro del ragazzo moro al timone. Fu solo un istante, ma sufficiente a darle una lieve scossa elettrica lungo la spina dorsale che la sconvolse non poco.

Tornò a guardare Phénice, poi ancora il motoscafo che si allontanava. Un biondino la salutava sbracciandosi, ma lei non rispose. Decise di ignorarli e richiamò la ragazza:

- Andiamocene, ne ho abbastanza di mare per oggi! – borbottò trascinandola via, pensando che era una fortuna che non li avesse visti salutarla, altrimenti l’avrebbe obbligata a cercarli per conoscerli, insistendo sul fatto che conosceva ragazzi solo dietro le sue suppliche, e che per una 26enne era un comportamento assurdo. “Neanche mia nonna è più statica di te!” le diceva spesso. Comunque sia, voleva in tutti i modi cancellare la sensazione di disagio che provava, e ci riuscì soltanto una volta al volante della sua Audi, diretta verso casa.

 

Mitja sbraitava come un pazzo:

- Ma l’hai vista?!? Merita che torniamo indietro, no?? -

- Sei il solito arrapato!! Non torno indietro, chiaro? – mugugnò lievemente adirato Madian, chiudendo il discorso. Una strana sensazione lo pervadeva, e quello sguardo…

 

~~~~~

 

Quattro notti dopo, una via del centro

 

Giocherellò col piccolo radiocomando per alcuni istanti, facendo alcuni respiri profondi per raccogliere le forze, poi premette un pulsante e in pochi secondi vide spegnersi la spia sul rilevatore di movimento della stanzetta. Da quel momento aveva si e no 10 minuti, dopodiché l’interruttore di segnale che aveva allacciato al sistema di allarme si sarebbe auto-distrutto, senza lasciare alcuna traccia del suo passaggio.

Uscì dal condotto di aerazione con un balzo felino e si ritrovò in una piccola toilette. Lo so che non è per niente elegante, ma è l’unico modo per entrare nella gioielleria. Meglio, è l’unica alternativa a quella più immediata di procurarsi un carro armato e far saltare la vetrina… il che comporterebbe un leggero rumorino aggiuntivo…

La porta della toilette veniva chiusa ogni sera dall’ultimo dipendente che usciva, tramite una scheda magnetica ed esclusivamente dall’esterno. Maledetta tecnologia dell’ultima generazione…

Posò in corrispondenza della serratura esterna un potente smagnetizzatore e un minuto dopo la porta si aprì lentamente, lasciandole libero il passaggio. Controllò che anche le spie delle telecamere del negozio fossero spente, e visto l’esito positivo della sua verifica si diresse con sicurezza a un ben preciso muro nel retro del negozio. Si mise una mascherina e la parete e il mobile si ricoprirono di innumerevoli strisce rosse luminose. Ripose il radiocomando e tirò fuori dalle tasche dei pantaloni da uomo che indossava quella che sembrava una calcolatrice. Si tolse il giubbetto che avrebbe potuto sfiorare i laser e insinuò il braccio destro, fasciato di una sola maglia nera aderente. Il fondo del mobile verde scuro che ricopriva la parete scivolava perfettamente, rivelando due casseforti a muro, una grande e l’altra notevolmente più piccola. Hai fatto cilecca Sybil, hanno fatto in tempo a metterne un’altra! Poco importa…

Allungò lentamente anche il braccio sinistro e posizionò la “calcolatrice” sulla porticina più piccola; attese un minuto, poi un lievissimo sibilo l’avvertì che era stata individuata la combinazione. Però è un modello semplice. Troppo per i miei gusti… La compose, inserì un passe-par-tout per casseforti dove sarebbe dovuta andare la chiave e un “clack” indicò che la cassetta era stata violata. Intascò di nuovo la “calcolatrice” e la chiave universale, portandosi appresso un voluminoso astuccio da gioielliere che faticò a far passare.

Richiuse tutto alla perfezione, senza impensierirsi per le impronte visto che portava i guanti, tornò nella toilette chiudendosi al porta alle spalle e intascando lo smagnetizzatore, poi con un balzo da ginnasta, aiutandosi con il lavello, era tornata nel condotto dell’aria condizionata. Mise a posto la grata e vide le spie della telecamera riaccendersi, lasciandosi sfuggire un sorriso soddisfatto. Tempismo perfetto!

 

Meno di un quarto d’ora dopo sgattaiolava fuori dal palazzo per una porticina secondaria, in un vicolo buio. Frugava nelle diverse tasche per trovare le chiavi della moto senza targa posteggiata poco distante sotto un cumulo di rifiuti ingombranti, quando lo scatto di una pistola che veniva armata le gelò il sangue. Istintivamente allungò la mano destra per prendere la sua che teneva sotto il braccio sinistro, ma una voce alle sue spalle la bloccò:

- Mani in vista Black Soul, e niente scherzi di cattivo gusto. -

 

~~~~~

 

Poco prima, in una palazzina del centro

 

Sybil, nella vita comune Sophia, camminava avanti e indietro senza tregua nel suo studio. Quella sera qualcun altro avrebbe tentato lo steso furto che aveva in mente Haydée, cioè il ladro Black Soul.

La ragazza, come da accordi, le aveva mandato un’e-mail criptata qualche giorno prima, informandola della data della notte nella quale sarebbe entrata in azione. Quella sera la donna era uscita tranquillamente per cenare con gente dell’ambiente, insieme a suo marito, e soltanto una volta arrivati al dolce le era stata sganciata la bomba.

Al lato opposto del tavolo si trovava un vecchio informatore, quello che le aveva fatto da mentore quando aveva deciso di avventurarsi in quel lavoro. Ebbene, si era alzata per andare alla toilette e aveva sentito una frase strana:

- Se ne occuperà stasera. non vedo l’ora di ammirare quei gioielli, devono essere una favola!! Sarà sicuramente il colpo dell’anno! – aveva proseguito per la sua strada, immaginando che parlassero del famoso Black Soul, poi un particolare assurdo le era balzato davanti agli occhi: lei non aveva ancora parlato del progetto della ladra! Aveva deciso di tenerlo per in gran finale, quando fossero arrivati i caffè e i digestivi, per far andare di traverso la cena a tutti!

Un’angoscia terribile la investì come una valanga di neve gelida. Si precipitò fuori dalla toilette senza nemmeno ritoccarsi il trucco e prese il vecchio per il bavero, sperando per il suo bene che parlasse di tutt’altro genere di gioielli.

Quando lui le aveva detto chi stava, con ogni probabilità, sgattaiolando dentro al negozio di Bulgari ebbe un principio di svenimento, che venne seguito da un mezza crisi respiratoria del suo ex maestro quando seppe dell’inconveniente.

Suo marito l’aveva riportata a casa immediatamente e aveva letteralmente scaraventato giù dal letto la loro domestica per farle preparare una camomilla tripla, che comunque non aveva sortito gli effetti sperati.

Sybil era in uno stato di agitazione pietoso, soprattutto perché non aveva alcun modo per mettersi in contatto con la sua protetta. Si accasciò su una poltrona con un sospiro melodrammatico: non restava che aspettare e sperare. Con l’aiuto di un potente sonnifero, naturalmente!

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Capitolo 4
*** La Regina dei Ghiacci ***


Note:

Note:

Ayla, hai ragione! Non ho messo neanche uno straccio di riferimento indiretto ai personaggi di cui parlavo! Scusami, spero che questo cap riesca a chiarire a tutti le idee. Grazie per avermi segnalato la svista colossale!! Me lo sentivo io che avrei combinato un macello prima o poi… ;p

Anzi, vi spiego: nella mia mente contorta, il vecchio mentore di Sybil ha istruito un altro ladro, di cui leggerete tra poco, per compiere la stessa rapina di Haydée. È H. a portarla a termine e a chiamarsi Black Soul (lo so, è un nome assurdo, ma è il primo che mi è venuto in mente!) perché si veste sempre di nero durante i furti. Tutto chiaro?

 

 

La Regina dei Ghiacci

 

Ancora giovedì notte…

 

- Mani in vista Black Soul, e niente scherzi di cattivo gusto. -

Haydée alzò lentamente le mani, poi tentò di camuffare la voce per sembrare un uomo, aiutata dal passamontagna in poliestere che indossava. Da quando aveva iniziato quella “professione” si era sempre fatta passare per un uomo, indossando passamontagna, giubbetti e pantaloni maschili, ricoperti di tasconi che le deformavano le curve. Aveva adottato anche un sistema sicuro per nascondere il seno, evidente anche con quell’abbigliamento: si fasciava il torace, dalle ascelle alle ultime costole, in modo che anche senza giubbotto non si capisse qual’era il suo vero sesso. Il nomignolo le derivava dal fatto che vestiva sempre di nero:

- Attenta pupa, non sai con chi hai a che fare. – dalla voce aveva capito che il suo aggressore era una donna:

- Invece lo so benissimo. Voltati. – Haydée obbedì, dopotutto non era nella condizione di rifiutarsi. Volgendosi incontrò dapprima la bocca spalancata di una Magnum, e poi…: - Sei piccolo ed esile, sembri un ragazzino. Mi aspettavo di meglio dal grande Black! – commentò ironicamente la donna. Haydée era metaforicamente a bocca aperta: davanti a lei c’era l’incarnazione della compagna di Diabolik, Eva Kant! La stessa calzamaglia nera ultra-sexy e lo stesso chignon di capelli biondi, anche se più scuri rispetto alla trasposizione su fumetto. Il viso era freddo e inespressivo, nascosto da metà fronte al naso da una mascherina nera, la pelle chiara del colore della luna, ma quello che più la colpì erano gli occhi: grigi e taglienti come due lame di ghiaccio, impenetrabili come la calotta antartica. Com’era il nome della cattiva di quella favola che mio nonno mi leggeva da piccola… Ah, sì! La Regina dei Ghiacci! Certo che dall’immaginarla al vederla dal vivo c’è una bella differenza…

- Solo perché non mi conosci… - rispose sprezzante dopo un istante:

- Dubito che ci sia molto da sapere, comunque non è per questo che sono qui. – allungò la mano sinistra: - Coraggio, dammi la parure. – la mora sgranò gli occhi:

- Sei fuori strada, io non sgancio un bel niente! Se la volevi, dovevi arrivare prima! – cominciava a spazientirsi, odiava essere in posizione di svantaggio. Vide la donna fare una smorfia di disappunto:

- Potrebbe essere una buona serata per morire, sai? – aggiunse glaciale. Haydée sentì una goccia di sudore freddo scenderle lungo la schiena: - Avanti, la parure. – insisté. La ragazza si mosse lentamente, allungando una mano ad una tasca dei pantaloni piuttosto appesantita, pensando freneticamente a qualcosa per disarmarla. Ma la dea bendata aveva in serbo qualcosa per lei: un topaccio di fogna delle dimensioni di un pastore tedesco passò vicino alle gambe della bionda, distraendola per una frazione di secondo che le fu sufficiente a infilare la mano destra sotto il giubbotto, estrarre la pistola semiautomatica dalla fondina e raggiungere un pareggio:

- E ora come la mettiamo? – chiese con un sorriso diabolico, nascosto alla sua interlocutrice. Erano in piedi una di fronte all’altra e si fronteggiavano con la pistola puntata. La donna rimase soprappensiero per un po’:

- Credo che dovremmo contrattare… - propose incerta. L’altra annuì:

- Direi che è l’unica soluzione. A te la parola! -

- Vediamo… io potrei rinunciare alla parure… e tu potresti accettarmi come compagna di squadra… - la proposta le sembrava ragionevole, anche se non capiva cosa la spingesse a una richiesta simile:

- Perché?-

- Per affinare la mia tecnica. Allora, cosa ne pensi? -

- Uhm… la prima parte va bene… per la seconda avrei qualche riserva, io lavoro sempre in solitaria… -

- Allora voglio la parure. – Ovviamente…

- … ma potrei fare uno strappo alla regola. Tuttavia vorrei metterti alla prova: se riesci a presentarti al mio indirizzo entro una settimana, sei dentro. - La donna ci pensò su, poi annuì:

- Mi sembra ragionevole. Allora a presto, Black Soul… - abbassarono contemporaneamente le armi:

- Troppo ottimismo non ti porterà da nessuna parte. Buonanotte Regina dei Ghiacci. – si volse per andarsene, ma la donna la bloccò un istante:

- Niente nomignoli per favore. Se ce la farò saprai il mio nome, altrimenti addio. – così dicendo svanì silenziosamente com’era apparsa. Haydée ridacchiò compiaciuta, sicura che tanto non l’avrebbe mai trovata, poi si avviò rapidamente alla sua Ducati 999 nera che giaceva ancora nascosta, giusto in tempo per evitare il giro dei metronotte.

 

~~~~~

 

Sabato mattina

 

La donna era in muta adorazione davanti all’astuccio aperto e non osava nemmeno sfiorare quel ben di Dio:

- Piace? – domandò Haydée con un ghigno soddisfatto sulle labbra morbide. Per Dio, sono riuscita a zittirla!! Mi sento come se avessi vinto alla Lotteria di Capodanno!

- Fa-vo-lo-si… - la ragazza scoppiò a ridere:

- Serve un cordiale? O i sali? Mi sembra che tu stia poco bene… - ironizzò allegra:

- Hai visto il casino che ha fatto la stampa? – chiese Sybil tentando di riprendersi da quella visione scintillante:

- Mmmh… sseee… ma mi è piaciuta di più la faccia del proprietario del negozio! Poveretto, gli avrò fatto perdere almeno 10 anni di vita… - sghignazzò ripensando al volto stravolto del pover’uomo che non riusciva a spiccicare sillaba sotto le domande assurde dei reporter. Sybil si raddrizzò sulla poltrona chiudendo l’astuccio per non avere distrazioni:

- E con l’altra?… Come te la sei sbrogliata? – la ragazza le raccontò l’esito del loro scontro, mentre per la seconda volta la donna restava allibita:

- A proposito… sai come si chiama? – chiese interessata. La donna tracannò un bicchiere d’acqua per riprendersi:

- Compagna di lavoro… quella ti troverà sicuramente, e allora saranno dolori… il suo nome? No, non lo conosco, è famosa perché è la ladra senza nome… nessuno lo sa, nemmeno il mio vecchio mentore. Non te lo ha detto? -

- Me lo rivelerà solo se riuscirà a trovarmi. Beh, metti in cassaforte questo tesoro, io ho da fare e devo andare. – fece alzandosi e indicando l’astuccio. La donna sorrise avidamente:

- Oh, non ti preoccupare, è in buone mani!! E dello Zar che mi dici? – chiese socchiudendo gli occhi:

- Ah, sì… ho letto le informazioni che mi hai lasciato… dubito che sia solo uno come crede la polizia: per quanto possa essere bravo, i furti che ha organizzato necessitano in ogni caso di almeno un complice. – rispose seria:

- Dici? E nemmeno tu ci riusciresti? -

- Se devo dirti la verità, dubito che ce la farei da sola. -

- Ah, allora devono essere almeno due cazzutissimi veterani! Ti lascio andare, vedo che hai fretta. Ci vediamo presto! – fece agitando una mano:

- Ciao Sybil… e vedi di evitare di sbavare sopra ai miei gioielli! – urlò sparendo lungo il corridoio. La donna riaprì l’astuccio e si mise in contemplazione, pensando che avrebbe anche potuto invecchiare lì.

 

~~~~~

 

Nel pomeriggio, al motodromo

 

Chiuse per bene il casco e uscì dai box. Dopo una manciata di secondi sfrecciava già ai 150 km/h, superandoli in scioltezza. Percorse tutta la pista alla massima velocità per diverse volte.

Ad un tratto notò nello specchietto retrovisore una moto completamente nera seguire insistentemente la sua traiettoria, era senza dubbio una Ducati 999. Tentò di seminarla in tutti i modi ma si rivelava tutto inutile. All’ultima curva il maledetto “omino nero”, così l’aveva ribattezzato nella sua mente, lo doppiò e gli fece respirare la sua polvere, lasciandolo sorpreso e infuriato.*

Tornò nei box con un diavolo per capello e si tolse con rabbia casco e sottocasco:

- Chi è quel tipo che ti ha appena stracciato Arkel? -

- Taci se vuoi conservare intatta quella zucca piena di vermi che ti ritrovi sulle spalle! – il biondino fischiò di scherno, alzando gli occhiali da sole e rivelando due occhi cerulei ornati da occhiaie da record, residuo dei bagordi della notte precedente:

- Sul serio, non sai chi è? Pare si sia fermato nel box qui vicino… - questo era Madian, che tentava in tutti i modi di non dare a vedere quanto il furto di Black Soul lo avesse lasciato con l’amaro tra le tonsille per essere stato battuto in popolarità:

- Fa’ che non lo sappia, o gli farò un lavoretto ai connotati che nemmeno sua madre lo riconoscerà più! – sbraitò asciugandosi il sudore con una salvietta. Mitja scostò dagli occhi le ciocche di capelli biondi che quel giorno non ne volevano sapere di starsene al loro posto:

- Il ragazzo non sa perdere! – esordì facendo ridere Madian. Questi andò a mettersi la sua tuta da motociclista:

- Ti dispiace se faccio un paio di giri? – un grugnito incomprensibile gli giunse alle orecchie: - Lo prenderò come un sì! – fece infilandosi il sottocasco di cotone.

Fece rombare la moto sotto di lui, felice di poter finalmente sfogare il nervosismo dovuto al fantasmagorico furto del suo rivale Black Soul, che aveva fatto dimenticare completamente la loro milionaria impresa di nemmeno due settimane prima.

Stava uscendo dal box quando Mitja lo chiamò con un gesto. Alzò la visiera per sentirlo:

- Guarda un po’ quella ragazza… - indicò con un cenno del capo il box accanto dove una ragazza con una crocchia di voluminosi capelli rossicci riccioluti, occhiali da sole, top e ampi pantaloni di lino blu porgeva ridendo un bicchiere con cannuccia di gomma al famoso motociclista in nero, completamente occluso alla loro vista dal casco con visiera oscurata. Madian tornò a guardare il russo senza capire: - Ho l’impressione di averla già vista, ma non riesco a ricordare dove. – il suo amico rise:

- Sarà qualche tua conquista della quale ti eri completamente dimenticato! Dai retta, se vuoi evitare una figura barbina torna nel box. E vedi di stare alla larga da Arkel, è di umore radioattivo! – gli batté ripetutamente una mano guantata su una spalla, poi guardò alle sue spalle se sopraggiungeva qualcuno e partì sgommando.

Mitja tornò ad osservare la rossa, e notò che il tipo sulla moto guardava con interesse Madian partire.

Lo vide liberarsi rapidamente del bicchiere, fare un cenno del capo alla ragazza e partire come una scheggia facendo fischiare le ruote, in un tripudio di pistoni impazziti.

Guardò ancora la ragazza e le fece un timido sorriso, che lei ricambiò. Con sua immensa delusione la vide tornare nel box, richiamata dal trillare di un cellulare. Peccato, non era niente male!

 

Haydée si era accorta subito del cambio di pilota: quello di prima era leggermente più basso e più largo di spalle, oltre ad avere una tuta diversa. Questo aveva la vita più sottile, sembrava più magro.

Una cosa però li accomunava: erano entrambi piloti provetti, a quanto pareva. Sorrise tra sé: non sarebbero mai riusciti a batterla, lei giocava in casa!

Lo tormentò per tutta la pista, rischiando decine di volte di toccarlo e rimanendo sempre perfettamente incollata dietro di lui, ammettendo che era più bravo di quanto si aspettasse, poi sul rettilineo del traguardo lo bruciò letteralmente, sgasandogli in faccia con superiorità.

Madian rientrò ai box ancora più abbattuto di quando ne era uscito:

- E io che credevo di essere un bravo motociclista… - mormorò andandosi a cambiare intristito. Mitja era vicino all’essere esasperato per la prima volta nella sua vita:

- Siete due piaghe! Adesso vi caricate la vostra moto su quel trabiccolo attaccato dietro la macchina e ce ne andiamo, io qui a vedervi minacciare il mondo intero e piangere addosso non ci resto! – così dicendo andò a recuperare la moto parcheggiata fuori. Il tipo della Ducati non era ancora rientrato, ma seduta su uno sgabello a cinguettare con un addetto ai lavori c’era la ragazzina di prima.

Si era tolta gli occhiali da sole e mostrava un visetto da bambola che le dava l’aria di una diciottenne. Aveva un paio di occhi verde smeraldo dolcissimi e la pelle lattea. La guardò ridere ad una battuta, poi si dette mentalmente dello spione e tornò nel garage spingendo a fatica il bestione che i due pazzi fanatici chiamavano signora.

La piantò davanti ad Arkel, volgendo il suo sguardo su Madian:

- Credo che quella ragazza sia una delle due tipe che abbiamo visto al faro domenica pomeriggio. Peccato, ha già il ragazzo! – fece alludendo al motociclista:

- Ah, sì… beh, io direi di andare, ne ho abbastanza di moto per oggi. – rispose distratto.

 

E così ancora una volta Haydée aveva fatto la parte dell’uomo! Phénice aveva riso come sempre di lei quando si era fasciata il seno, non era la prima volta che la accompagnava al motodromo, ma quell’ambiente le era sempre piaciuto, si sentiva “come le “ombrelline” che si vedono alla tv vicino ai veri campioni!” Aveva commentato con un cinguettio divertito.

Haydée l’aveva guardata scotendo il capo, ridendo di lei.

Una volta rientrata ai box la sua amica la sommerse di chiacchiere inutili, finché non se ne uscì con una storia strana, o meglio assurda:

- Ehi, sai che un ragazzo dal box qui accanto mi ha fatto un sorriso? – la mora continuò a cambiarsi:

- Ah sì? E com’era? – chiese fingendo interessamento, Phénice adorava raccontarle i suoi viaggi mentali…

- Oh, era un biondino, piuttosto carino anche! Alto, magro… mi ha sorriso quando tu sei partita come una scheggia per seguire il suo amico in moto. -

- Davvero?! E tu non ti sei presentata!!? – la canzonò allegra. La rossa assunse la sfumatura dei suoi capelli:

- EHI!! Va bene che sono alla ricerca dell’anima gemella, ma non significa che devo saltare addosso a tutti quelli che mi ammiccano! – la ragazza la guardò con un sorrisetto ironico:

- Non offenderti, ma sei stata tu a piombarmi in ufficio non più di due mesi fa annunciando che ti mettevi a caccia del principe azzurro! -

- Beh, si dà il caso che… forse… qualcuno ci sia… - annunciò arrossendo lievemente:

- E me lo dici solo adesso?! Coraggio, chi è il disgraziato? -

- Sei proprio simpatica!… Ti ricordi di Selim? – chiese con un sorrisetto dolce:

- Quel cretino col pedigree che ti ritorceva sempre gli appunti delle lezioni?? Oh, mio Dio… - ridacchiò:

- Haydée!! Come ti permetti!! È un buon ragazzo, tu non lo conosci, mi… mi è sempre stato affezionato… - si giustificò:

- Certo, come no! Quando si trattava di copiare agli esami… E sentiamo, perché proprio lui? -

- Beh, la scorsa settimana è venuto all’università a trovare il Prof. Rubens e abbiamo preso un caffè insieme… poi ieri è tornato e mi ha invitata a uscire stasera… in fondo è un bel ragazzo… - mormorò sentendosi vagamente sotto esame:

- … E suo padre dirige un museo, il sogno della tua vita. Dammi retta Phénice, forse è meglio che lasci perdere, e poi non puoi stare con un ragazzo solo perché è belloccio! – le disse mettendole le mani sulle spalle. La ragazza fece una smorfietta da bambina:

- So badare a me stessa… - piagnucolò allontanandosi.

Haydée la guardò sparire nel retro del garage, chiedendosi il motivo dell’interessamento di quel pallone gonfiato per la sua migliore amica.

 

 

 

 

* nella realtà mi dicono che, tra le moto da strada, le Ducati sono più lente delle Yamaha, ma voi passateci sopra… semplicemente la Ducati mi piace di più!

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Capitolo 5
*** Ladruncologia Applicata ***


Nota: Per caso i nomi sono incomprensibili

Nota: Per caso i nomi sono incomprensibili?? Eppure non ne ho inventato neanche uno…

L’ultima parte forse è esageratamente da “macho man”, ma me li immagino così i miei tagliaborse appena svegli!

Piace Madian, eh? E non ha ancora fatto niente…

 

 

Ladruncologia Applicata

 

Giovedì mattina

 

Haydée era in cucina, faceva colazione e sfogliava distrattamente una rivista di arredamento mentre sorseggiava una tazza di caffè forte.

Quella mattina la sua coinquilina era uscita presto, dicendo che doveva incontrare Selim prima dell’inizio delle lezioni.

Phénice Adler aveva 24 anni e si era laureata da poco in “Conservazione dei beni culturali”. Sognava di dirigere un museo, e aveva cominciato facendo da assistente al professore di Storia dell’Arte, tale Rubens, amico di una quantità indefinibile di proprietari e direttori di gallerie d’arte e musei. Le aveva detto che, dopo un breve periodo nel quale avrebbe lavorato come sua assistente per tastarne le indubbie capacità, l’avrebbe raccomandata ad uno dei suoi innumerevoli amici. Lei ne era stata entusiasta, tanto più che in questo modo non aveva dovuto abbandonare l’ambiente universitario, nel quale si trovava alla perfezione.

La ladra aprì il frigorifero per bere un goccio d’acqua gelata e vide troneggiare al centro di uno scompartimento la torta che la madre della ragazza aveva mandato loro.

Era stato duro per i suoi lasciarla andare, stando a quanto la rossa le aveva raccontato, ma ora erano felicissimi per lei. In un paio di occasioni aveva anche incontrato i coniugi Adler, erano due persone per bene, gentili e timidi.

La sua bocca prese una piega amara: da quanto tempo non vedeva i suoi? Si erano separati anni prima, quando lei aveva finito il liceo, e tutto quello che sapeva di sua madre era contenuto in un paio di cartoline, suo padre invece le telefonava due volte l’anno, a Natale e per il suo compleanno, era sempre stata più legata a lui. Scosse il capo, in fin dei conti due genitori così era meglio perderli che trovarli, il suo problema più grande non erano loro.

No, il suo problema più grande era la sua vita. Era che…

RIIIING!!!

Scocciatori alle 8:30 del mattino?! Beh, se non altro mi hanno distolta dai miei lugubri pensieri!

Si alzò con aria assente e si sforzò di aprire la porta col sorriso.

Fatica sprecata, il personaggio che aveva suonato non meritava un sorriso. Meritava che le avesse sparato una settimana prima quando un topo aveva avuto la brillante idea di distrarla:

- Buongiorno! Sto cercando il signor Grantham. – esordì la sosia di Eva Kant con fare altezzoso. Haydée si appoggiò alla porta per non cadere:

- Il… signor… chi?!? -

- Grantham, quante volte devo ripeterglielo? Lei è la sua amante? Sua moglie? O magari la sua segretaria?! – era spazientita:

- Senti, ti hanno informata male. Qui c’è solo la signorina Grantham, non so se ti interessa… - sorrise divertita. La bionda algida vacillò un istante:

- Ha detto… signorina? Allora devo aver sbagliato… - la mora rise di gusto:

- No, non hai sbagliato, ma dovresti cambiare informatore!! – la prese per un braccio e la tirò dentro. La donna si guardava attorno senza capire, e la padrona di casa la vide portare una mano alla borsettina. La bloccò:

- Non hai bisogno della pistola, ladra senza nome. Chi ti ha detto il mio indirizzo e il mio nome ha dimenticato di informarti che Black Soul è una donna! Chi è stato a dirti di venire qui? – chiese interessata. La donna aprì la bocca con aria assolutamente idiota, poi la richiuse riducendo gli occhi a due fessure grondanti sete di vendetta. Un tale burlone merita una stretta di mano, credo che non rivedrò mai più l’espressione stralunata di questa donna!

- Si chiama Sybil. – disse rigidamente:

- Addirittura! Non mi aspettavo tanto senso dell’umorismo da lei! Ma per favore, evita di cancellarla dalla faccia della terra come sospetto che tu voglia fare, è la mia informatrice, la migliore sulla piazza. Ora, credo che dovrei farti accomodare, a quanto pare ho una compagna di avventure… - svanita l’ilarità iniziale per l’equivoco, si incupì. Una palla al piede era giusto quello che ci voleva…

La fece accomodare in salotto e preparò altri due caffè con la macchinetta per espresso. Dopo una novità del genere, me ne serviranno altri 4 per riprendermi!

Quando tornò nel salotto la donna era seduta su uno dei due divani bianchi e si guardava attorno freddamente:

- Chi ha arredato questa casa? – né dal suo tono, né dall’espressione del suo viso si capiva se apprezzava il gusto o meno. Fantastico, è ancora più incomprensibile di quanto temessi…

- Io. Sono un architetto. – rispose laconica. La donna si volse di scatto a guardarla:

- Hai buon gusto. Un ladro di fama mondiale che nella vita privata fa l’architetto… immaginavo che Black fosse in gamba, ma non fino a questo punto. Con i soldi dei furti non ne hai a sufficienza per vivere? – chiese inarcando un sopracciglio. Haydée la guardò per un istante prima di rispondere:

- Non sarebbero affari tuoi in realtà, ma credo di poterti confessare che faccio l’architetto perché adoro farlo. Il furto… beh, possiamo considerarlo un hobby… - aggiunse con un sorrisetto tirato. La donna davanti a lei le piaceva sempre meno…

- Bene. Immagino che sia ora che mi presenti. – si alzò in tutto il suo snello metro e 75 cm, facendola sentire un tappo: - Winter Finlay, ho 27 anni e potei esercitare come avvocato, ma non sono appassionata di doppi lavori come te… - aggiunse porgendole la mano:

- Haydée Grantham, 26 anni, quello che faccio già lo sai. – strinse una mano perfettamente curata, le unghie lunghe laccate in rosa, lo stesso colore del top che la donna indossava sotto un tailleur bianco. Ma bene, è una fissata… e con quella minigonna cosa credeva, di far cadere Black nel suo letto e farsi regalare tutti i gioielli di questo mondo? Devo averti rotto tutte le uova nel paniere, Eva Kant!

- Le mie valigie sono ancora in auto, dove posso sistemarle? – chiese scostando una fastidiosa ciocca di capelli biondi ultralisci, lunghi fino a metà schiena. Haydée boccheggiò:

- Va-valigie? – balbettò mentre nelle orecchie le rimbombava una delle risate finte del Benny Hill Show:

- Ma certo! Se devo collaborare con te immagino che vivremo insieme. Allora, questa stanza? – sbraitò spazientendosi ancora una volta. La mora imprecò mentalmente in lingue che non immaginava di conoscere e snocciolò rabbiosamente le dita della mano destra sotto il naso altezzoso della bionda:

- Numero 1, il nostro accordo non prevedeva la convivenza, numero 2, io vivo già con una ragazza, e numero 3, ma importante come una disposizione preliminare del tuo fottuto Codice Civile, questa ragazza non sa nulla del mio, chiamiamolo così, hobby!! – Winter credette di vedere le fiamme dell’inferno brillare negli occhi neri della ragazza, ma come al solito non si scompose:

- Allora il nostro accordo salta, e io mi vedo costretta a prendermi la parure e a piantarti una pallottola in un punto qualsiasi della scatola cranica. Prendere o lasciare. – Haydée fece una decina di respiri profondi, nel disperato tentativo di farsi passare il prurito alle mani. Alla fine la sua vena razionale riuscì a spuntarla su quella folle, anche se a fatica:

- E va bene! – ruggì – Seguimi! – con qualche rapida falcata arrivarono ad una delle porte del corridoio d’ingresso e la padrona di casa la spalancò con rabbia: - Ecco! – incrociò le braccia per tenerle sotto controllo e prese a picchiettare nervosamente il parquet con un piede. La donna si guardò attorno per un po’, poi le lanciò un’occhiata di sbieco:

- È già occupata. - obiettò corrucciata:

- Perché la usavamo come studio. A pranzo chiamerò Phénice e la vuoteremo entro sera, così potrai sistemare le tue cose. Per stanotte dovresti farmi il favore di dormire sul divano, domani ti farò avere l’arredamento che tu stessa ti sceglierai. Non puoi restare qui ora, verrai con me in ufficio e sfoglierai caterve di riviste, ti troverai i mobili che più ti piacciono e li avrai, con i migliori servizi offerti dallo studio Grantham. Soddisfatta? – era più una minaccia che una gentile offerta. Winter ci pensò su un po’:

- Direi di sì. Dammi tutte le informazioni necessarie, vorrei dividere con voi le spese per la casa, non sono una parassita. – sentenziò come se fosse il giudice di una corte d’appello:

- Come desiderate, Vostro Onore. Poi ti darò anche le chiavi. Ricorda: per vivere in questa casa non dovrai mai, e ripeto mai, parlare del nostro “hobby” con Phénice, qualsiasi riferimento anche casuale verrà punito con la pena capitale. Ufficialmente tu sarai… una mia amica del liceo classico, e… sei in cerca di lavoro come avvocato, che ti troverai veramente per il tuo bene, altrimenti non saprei spiegare le tue entrate alla mia amica. – si volse per uscire, poi sulla soglia si bloccò: - Un’ultima cosa: perdi la pazienza troppo facilmente. -

- Cos’è, dovrò anche sorbirmi le tue lezioni di vita? -

- No, è la prima lezione del corso di “Ladruncologia applicata”. – borbottò sparendo lungo il corridoio.

 

~~~~~

 

Altrove…

 

- Mitja Krylov! Svegliati, siamo in ritardo! – un brontolio proveniente dall’oltretomba informò Madian che il russo era ancora vivo, anche se non accennava ad alcuna reazione motoria: - Ehi, tovarish, sbaglio o eri tu quello che voleva svegliarsi all’alba per far razzia nei negozi quando in giro non c’è nessuno? – così dicendo prese a caso un lembo di lenzuolo e lo fece volare per aria, rivelando il corpo asciutto, letteralmente pelle, ossa e muscoli, e i capelli scompigliati del biondino. Questi si tirò a sedere, il viso stravolto:

- Negozi?… Ah, si, vestiti… ho un appuntamento domani sera con… con… con… ehi, come si chiama? – Madian rise divertito:

- Mi pare che mi avessi detto Aida… - rispose dirigendosi al bagno. Aveva un disperato bisogno di farsi la barba, era dal sabato precedente che non si rasava e un folto strato di peluria scura gli ricopriva metà viso. Si guardò allo specchio, incontrando i suoi occhi blu zaffiro. Uhm… fa parecchio uomo vissuto… ma è fastidiosa da morire con ‘sto caldo!! Pensò gettandosi sotto il getto d’acqua fredda della doccia per riprendersi.

 

Madian Bailey era alto quasi un metro e 90, ed era quello che uno che abita all’ombra della Tour Eiffel chiamerebbe “tombeur de femme”. Fisico da tuffatore, carnagione scura, capelli neri come la pece lunghi 2/3 cm, perennemente spettinati col gel, occhi blu intensi, brillanti all’inverosimile che nei giorni di brutto tempo assumevano una sfumatura verde, e sorriso accattivante da infarto; insomma, bello come un dio greco. Roba che quando lo incontri per strada non riesci a crede che sia vero.

Mitja e Arkel erano più bassi di lui, anche se di poco. Il russo era più magro, capelli biondo cenere, occhi cerulei e faccia da bravo ragazzo, il tipo che presenteresti alla mamma, mentre Arkel Davies era un caso a parte. Aveva una corporatura lievemente più massiccia del capobanda e i capelli castano scuro, ma erano gli occhi il suo punto di forza. Verde chiaro, il sinistro andava digradando in marrone avvicinandosi alla pupilla, mentre il destro diveniva incredibilmente arancione. Il tutto gli conferiva un aspetto tenebroso, confermato da un caratteraccio burbero e scontroso.

Madian e Mitja erano coetanei, entrambi 28enni, e si erano conosciuti a quelle feste universitarie ultra-distruttive, mentre il “vecchio” della banda era Arkel, di due anni più grande, ed era una vecchia conoscenza di Madian. Da ragazzino con i suoi genitori andava al mare nel villaggio dov’era cresciuto il 30enne, ed erano compagni di giochi. Un anno prima era tornato a visitare quel luogo pieno di ricordi della sua infanzia e aveva trovato il suo antico amichetto, un po’ cresciutello per la verità.

Una volta saputo della sua nuova “professione” aveva deciso di stabilirsi nella capitale insieme ai due ragazzi, organizzando una loro banda. Mitja e Arkel faticavano ad andare d’accordo, uno troppo solare e l’altro troppo orso, ma in fin dei conti si divertivano molto di più così, a punzecchiarsi vicendevolmente. Ne avevano fatto il loro sport preferito!

 

Madian si sciacquò il viso per bene e tornò a guardarsi allo specchio: perfettamente rasato il suo sorriso faceva più effetto, sommato all’abbronzatura.

Sentì un rumore di ciabatte strascicate e dopo interminabili secondi la controfigura della mummia di Tutankhamon con lo sguardo vitreo lo adocchiava dallo stipite:

- Porta aperta, uh? Vuoi mostrare a tutti le tue… doti nascoste? – chiese con voce rauca:

- Sarebbe un modo come un altro per sbarazzarmi di te, perché se vedessi l’armeria ti seppelliresti vivo per la vergogna! Ma il motivo principale è che fa un caldo bestia e questo è l’unico modo per fare un po’ di corrente, fenomeno! – ridacchiò uscendo e lasciandogli campo libero.

Scese in cucina in boxer come si trovava e lanciò un sorriso splendente ad Arkel, immerso nella degustazione di un caffè triplo:

- Buongiorno! Fatto tardi? – chiese notando l’aria sonnacchiosa del ragazzo:

- Uhmmm… - fu la risposta:

- Fatto tardi. Incontrato qualcuno di particolare? – era una conversazione un po’ strana, ma era così da quando era ragazzino e Madian c’era abituato:

- Faust. -

- Nooo!! Il “giustiziere”, il tuo ex vicino di casa?!? Non lo vedo da quando giocavamo ai teppistelli durante l’estate! Che fa adesso? – esclamò sgranando gli occhi. Arkel trangugiò tutto il caffè in un sorso, schiarendosi la voce che risultò comunque roca e bassissima, appena udibile:

- Ha continuato a giocare al giustiziere. Solo che mitra e pistole non sono più di plastica e legnetti… in più ha assoldato una moltitudine di scimmioni da comandare come soldatini. -

- Ma dai!! E così si fa giustizia da solo sul serio, eh? Bene, un giorno di questi dobbiamo incontrarci, sarà divertente rivangare i vecchi tempi! E poi la sua amicizia potrebbe rivelarsi molto utile… - aggiunse socchiudendo gli occhi con fare pensoso. Arkel lo guardò annuendo impercettibilmente:

- Se stasera verrai al “7” lo incontrerai sicuramente. Ci vado anch’io. – Madian sorrise malizioso:

- Deve andarci anche Mitja, riuscirai a sopportarlo anche stasera? – un mugolio sofferente indicò la risposta negativa.

 

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Capitolo 6
*** 7 peccati capitali ***


Note: sarò anche una maniaca della lettura (in questo periodo mi sto dedicando ai russi Tolstoj, Puškin e Dostoevskij e al ted

Note: sarò anche una maniaca della lettura (in questo periodo mi sto dedicando ai russi Tolstoj, Puškin e Dostoevskij e al tedesco Goethe), ma non sono ancora arrivata al livello di farmi fuori la Bibbia, ho semplicemente un’edizione con l’indice dei nomi alla fine. Capirete, capirete…

 

 

7 peccati capitali

 

Venerdì, ore 13

 

Il “7”, nome per esteso “7 peccati capitali”, era la discoteca più in voga in quel momento. Ambientata in un giardino lussureggiante, con tanto di piscine e fontane, era fuori città, ed era uno dei locali più freschi in quel periodo dell’anno, quando l’estate incombe, il caldo soffoca e l’afa è tangibile come una cappa di vetro rovente.

Questa almeno era la descrizione entusiasta che Phénice stava dando ad Haydée, sedute all’ombra di un tiglio nel giardino dell’università a mangiare un paio di tramezzini. Si erano incontrate per il pranzo, lo facevano almeno una volta la settimana, tanto per stare in compagnia:

- Dai, dai, daiii!!! L’hanno aperta da poco, e scommetto che noi siamo le uniche a non esserci ancora andate!! – quel giorno la rossa era più assillante del solito:

- Comincio a pentirmi di essere venuta a pranzo qui. Comunque, se ci tieni tanto… - non aveva ancora finito di dirlo che una pazza saltellante le si era aggrappata al collo:

- Grazieee!! Farò le pulizie per due settimane di fila, te lo giuro!! -

- Sissì, come no… ma dimmi, perché non ci vai con Selim? -

- Perché ci troveremo là… ci va con i suoi amici, e mi ha detto di andarci con qualche amica. Lo diciamo anche a Winter? – chiese sorridente:

- Ah, è vero, tu sei uscita prima che lei si svegliasse! È andata al suo vecchio appartamento per recuperare il resto della sua roba, dice che tornerà domani. – proseguirono il loro pranzo in silenzio, poi Phénice prese a guardarla storto:

- Sei sicura che la nostra nuova inquilina fosse tua amica al liceo? – chiese con sguardo indagatore. Haydée mantenne tutto il suo self-control:

- Che razza di domanda è? -

- No, niente… è che non sembrate molto amiche… - la mora alzò le spalle:

- In effetti non siamo mai state troppo in confidenza, ma cercava un appartamento e visto che abbiamo una stanza vuota e dividere le spese non fa mai male, ho pensato di invitarla da noi. – sperò di averla convinta:

- E perché non me ne hai parlato prima? – insisté:

- Perché è stata un’improvvisata, te l’ho detto: mi ha chiamata ieri mattina e mi sembrava scortese non ospitarla. Ti dispiace che non ti abbia consultata? O il tuo problema è che non ti è simpatica? – fece tentando di rovesciare la situazione:

- No, no! Anzi, mi piace, è così curata in tutti i particolari, sembra una modella! Ero solo curiosa di sapere perché non parlavate quasi ieri sera a cena… - Haydée rise:

- Se è amica mia ti pare che sia una chiacchierona?? – scherzò facendo ridere la rossa:

- In effetti… avete un carattere molto simile. Forse è per questo che vi siete trovate simpatiche! – la mora rise forzatamente. Ti stupirebbe il fatto che la conosco solo da una manciata di ore più di te, vero?

- Ah, dimenticavo: quando finisci in ufficio mi verresti a prendere? Vorrei fare un salto al centro commerciale perché non ho niente di carino per stasera… - miagolò tentando di convincerla:

- Cooosaa?!?? Devo anche accompagnarti a fare compere?!! – non ne era per niente soddisfatta…

- Beh, sì… e poi neanche tu hai qualcosa di adatto, mi pare!! – brontolò irritata:

- E va bene! Ma dopo questa non chiedermi favori per altri due anni minimo! – sapeva che però la sua minaccia sarebbe andata a vuoto. Non riusciva mai a dire di no al musetto che metteva quando voleva qualcosa a tutti i costi! Scosse il capo tra sé, pensando che con una sua ipotetica figlia sarebbe stata sicuramente più severa…

 

~~~~~

 

Venerdì notte

 

Haydée si guardò attorno, nella calca sudaticcia che la circondava, e venne presa da un disperato bisogno di aria pura e di solitudine. Accidenti, non sono fatta per questi posti, io!!

Guardò Phénice al suo fianco che si muoveva appena percettibilmente a ritmo di musica, che in fin dei conti non trovava poi tanto male anche lei, e si ripromise che la prossima volta sarebbe stata irremovibile.

- Selim dovrebbe essere da questa parte!! – si sentì urlare in un orecchio. Annuì e la seguì faticosamente, distribuendo spintoni a destra e a sinistra per riuscire a passare. L’angolino che il ragazzo e i suoi amici si erano fatti riservare non era niente male: poltroncine di vimini, bassi tavolini dello stesso materiale, e cuscini a volontà. Quando Phénice le presentò il ragazzo non si stupì che fosse proprio lui, la faccia da idiota non l’ha persa, anche se devo ammettere che è migliorato.

La ragazza infatti glielo aveva mostrato anni prima, una volta che era andata a prenderla alla fine delle lezioni visto che Phénice, per quanto avesse la patente, non aveva la macchina, e aspettava di potersela comperare con i suoi soldi.

Si scambiarono qualche battuta, poi il ragazzo prese a parlare nell’orecchio della rossa, facendola ridere allegramente.

Altri ragazzi si presentarono, ma non udì nemmeno i loro nomi. Ogni tanto osservava la sua amica: era lievemente arrossata per il caldo, gli occhi brillanti, e pareva divertirsi.

Una sete bruciante la assalì, e lo disse a Phénice. Prontamente Selim le offrì un bicchiere di un qualche strano intruglio superalcolico, che lei rifiutò:

- Niente alcool stasera cocco. Devo guidare al ritorno, e non credo che poteri fare affidamento sulla mia amica… - brontolò osservando la ragazza già brilla. Le parlò all’orecchio, dicendole che andava a prendere qualche succo di frutta tropicale e intimandole di non toccare più niente di quello che le offrivano quei ragazzi. Credette di averla convinta e si allontanò rapidamente, puntando risoluta verso il bancone più vicino.

 

Madian stava scherzando con Faust, il ragazzo non era per niente cambiato da quando era un ragazzino pestifero, terrore del villaggio di pescatori nel quale era cresciuto con Arkel. Quest’ultimo era sprofondato in una poltroncina, ascoltava i due chiacchieroni e ogni tanto sparava una battuta.

Poco distante Mitja intratteneva due ochette sghignazzanti, e ancora non aveva capito se era la mora o la bionda tinta a chiamarsi Aida…

Ad un tratto Madian la vide: aveva un vestitino vaporoso che le arrivava alle ginocchia e che le svolazzava attorno come una nube azzurrina, i capelli raccolti morbidamente sulla nuca e alcune ciocche a sfiorarle le spalle dorate dal sole. La osservò avvicinarsi ad un bancone e sporgersi per ordinare qualcosa al barman:

- È lei… - mormorò fra sé.

Senza pensarci mise il bicchiere che teneva tra le dita in mano a Faust e si allontanò senza una parola, mentre i suoi due interlocutori seguivano sorpresi le sue mosse.

 

Haydée si sgolò per ordinare un succo tropicale, poi per ingannare l’attesa prese a guardarsi attorno, magari anche lei conosceva qualcuno.

Volse lo sguardo prima a destra e poi a sinistra, e si bloccò.

Tornò a guardare alla sua destra e non ebbe dubbi: il moro del motoscafo, in camicia bianca semitrasparente e leggeri pantaloni neri, era lì a pochi metri, l’aveva riconosciuta e puntava dritto verso di lei.

La vocina della Razionalità e del Passato Doloroso nella sua testa le ordinò di scappare, e lei la ascoltò.

Prese a sgusciare rapidamente tra la folla senza guardarsi alle spalle.

Dopo un buon tratto credette di averlo seminato e si volse continuando a camminare all’indietro.

Non fece in tempo a distinguere nessuno dei visi che la circondava: urtò qualcosa con il polpaccio, perse l’equilibrio e si sentì cadere all’indietro, mentre un vago rumore di acqua zampillante le riempiva le orecchie. Oh, cazzo…

 

…..

 

Un improvviso strattone ad un braccio e una presa decisa attorno alla vita la salvarono dal disastro, attirandola contro un solido corpo maschile, vagamente profumato di… di…

- CK…one… - balbettò inebetita dal contatto, non rendendosi conto di aver parlato ad alta voce:

- Esatto! Hai buon fiuto… –una voce bassa e dai toni caldi le aveva risposto dall’alto.

Alzò lentamente lo sguardo e incontrò per la seconda volta nella sua vita gli occhi più belli che avesse mai visto, blu zaffiro, più scintillanti delle stelle che ammiccano nel cielo. Sbatté le palpebre più volte, accecata dal suo sorriso, mentre il profumo che le saliva alle narici le annebbiava la mente.

Sentì una mano muoversi appena attorno alla sua vita per stringerla meglio, e il cervello chiudere bottega per sovraccarico, mentre con l’altra mano le stringeva ancora il braccio destro, salendo lentamente alla mano:

- Uhm… va… tutto bene? -

- S-sì… credo di sì… - mormoravano, ma la reciproca vicinanza consentiva loro di sentirsi alla perfezione:

- Sai che… stavi per finire in una fontana? -

- Ti dirò, lo sospettavo… - Madian rise piano e lei lo guardò con un sorrisetto svanito, mentre nella sua mente un cinesino accendeva saltellando le micce di centinaia di fuochi d’artificio colorati.

Ma il momento idilliaco era destinato ad avere vita breve. La maledetta vocina Razionale tornò a farsi sentire, sbraitando come un’ossessa che era completamente premuta contro un uomo, E che uomo…, abbandonata fra le sue braccia come una qualsiasi svenevole oca!

L’espressione della ragazza mutò completamente, divenne seria e scontrosa:

- Ti dispiacerebbe lasciarmi andare? – fece dura. Lui sgranò gli occhi:

- Oh! Ma certo… - obbedì a malincuore, salutando mentalmente quelle curve mozzafiato. La vide sistemarsi appena, poi guardarlo con aria gelida. Che diavolo è successo?!? Qualcuno me lo spiega??

- Grazie per avermi evitato una figuraccia colossale, sei stato molto gentile. – era rigida e formale, e gli allungò la mano destra. Lui non si lasciò scoraggiare: riprese quella manina delicata e portandosela alle labbra la baciò:

- Di nulla… - mormorò sorridendo. Quando tornò a guardarla si stupì di quanto sembrava furibonda. Decise di ignorarla, voleva conoscerla e niente lo avrebbe distolto dal suo obiettivo. Era o non era un grande ladro?? Uno che si prende tutto quello che vuole senza chiedere il permesso?!

- Ti ricordi di me? Ci siamo visti domenica scorsa al molo. Ero sul fuoribordo che ti è passato dietro… -

- Sì, lo ricordo. – rispose telegrafica. Lui le teneva ancora la mano:

- Io sono Madian. Scusami se ti ho contrariata. – la ragazza lo guardò, sentendo la rabbia sciogliersi come neve al sole, dicendosi che non doveva considerarlo un maniaco solo perché l’aveva salvata da un naufragio. Accidenti a lui, ci sa fare con le donne…

- Haydée. Scusami tu se ti sono sembrata maleducata. – lo vide sorridere per l’ennesima volta:

- Allora, posso offrirti qualcosa da bere? – la mora tentennò, incerta sul da farsi, poi si disse che in fondo non c’era niente di male, che non era più una sprovveduta 18enne, e che un succo di frutta non avrebbe comportato… ehi, questi sono affari miei!

- Beh, dovrò pur farmi perdonare la mia cafonaggine… ma niente di alcolico per favore! – sorrise a sua volta e il ragazzo rimase impalato a guardarla. Dopo un istante si riscosse:

- Benissimo, e… che bel nome Haydée, da dove arriva? – chiese sempre tenendola per mano e trascinandola verso l’angolino che occupava con i suoi amici:

- Mia madre adorava leggere Dumas, si è ispirata a “Il Conte di Montecristo”. Anche Madian è bello, non l’ho mai sentito! – lui scosse le spalle:

- Mio nonno era fissato con la Bibbia, l’aveva letta un paio di volte e non so dove ha pescato il mio nome, obbligando i miei ad affibbiarmelo! – commentò ridendo. Lei alzò gli occhi su di lui e lo guardò. Mai visto un tipo così sexy…

 

Dopo pochi istanti si trovò un ragazzo simpatico, ciarliero e sorridente, fulvo di capelli, attaccato ad una mano:

- Devo ammetterlo Madian, hai gusto nello scegliere le donne! Perdoni signorina, io sono Faust, un vecchio amico di questo spilungone! – Haydée spostò lo sguardo sul moro e dovette convenire che era veramente alto… come mai non se n’era accorta prima?… Subito dopo Madian le presentò un tipo strano, indubbiamente affascinante ma poco propenso al dialogo. Lo sentì mugugnare qualcosa di incomprensibile, e probabilmente aveva fatto una faccia esageratamente buffa perché Madian le si era avvicinato e le aveva mormorato ridendo:

- Ha detto Arkel. – all’orecchio. Nel farlo il suo alito caldo le aveva sfiorato il collo, mandandola in crisi per la seconda volta nel giro di 20 minuti. Lo guardò storto, maledicendo il suo esorbitante tasso di fascino maschile.

Infine le indicarono un tipetto strambo, vestito in modo assurdo, biondo ed evidentemente alticcio, con due bellone attorno:

- Dubito che riesca a parlare visto il suo stato, faccio prima a dirti io che questo è Mitja, e che consuma più vodka lui di quanto una Ferrari consumi benzina… - disse facendola ridere.

Parlarono del più e del meno, tallonati da Faust e osservati dal taciturno Arkel, poi la ragazza si ricordò della sua amica e saltò sul posto, sbraitando:

- Oh, Cristo, ho dimenticato Phénice! – a quell’uscita i tre la guardarono:

- È… una tua amica? – chiese Faust:

- Sì, e le avevo detto che sarei tornata subito, cioè 40 minuti fa! -

- Non era sola, vero? – per la prima volta sentì chiaramente la voce di Arkel. Lo guardò un istante:

- No, ma era con gente di cui non mi fido per niente! – si mosse per andarsene, salutandoli e ringraziandoli:

- Ti accompagno. – sentenziò Madian. Lei lo lasciò fare, limitandosi ad annuire, perché aveva uno strano presentimento…

 

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Capitolo 7
*** Nottata alcolica ***


In breve era tornata al punto di partenza del suo giro solitario, e la situazione diede ragione al suo sesto senso

Nottata alcolica…

 

Ancora venerdì notte…

 

In breve era tornata al punto di partenza del suo giro solitario, e la situazione diede ragione al suo sesto senso. Biascicò una parolaccia tra i denti, mentre con la coda dell’occhio vedeva Madian portarsi una mano alla bocca per non ridere:

- Non mi dire che è la ricciolina… - mormorò scotendo il capo:

- Ebbene, sì! – sibilò lei con le mani sui fianchi, ammirando l’opera di Selim. Il deficiente era sparito, Ma non andrai lontano, ti troverò ovunque tu sia, e allora…. Tornò a concentrarsi su Phénice: era riversa su un divanetto, il viso arrossato e l’aria stravolta. Quando si avvicinò per chiamarla sentì un lezzo terribile di rum:

- Fantastico, è completamente andata! – mugugnò tentando di farla sedere e ricevendo una serie inimmaginabile di lamenti in risposta. Tentò di alzarla in piedi, ma non riusciva nemmeno a reggersi sulle sue gambe, e non fosse stato per Madian che l’aveva presa in braccio al volo probabilmente avrebbe addirittura finito per rompersi l’osso del collo:

- Lascia fare a me: ho una bottiglia d’acqua ghiacciata in macchina. Di solito è per Mitja, ma stavolta faremo un eccezione! – le sorrise rassicurante, notando che era parecchio nervosa: - La tua amica è astemia? – chiese preoccupato:

- No… non mi pare, no… Regge poco l’alcool, ma immagino che la quantità che le hanno fatto trangugiare non la reggerebbe nessuno! – disse facendolo ridere, mentre lo seguiva fuori dal locale.

Con l’aria fresca la ragazza andava lievemente riprendendosi, non che stesse meglio ma per lo meno riusciva a stare in un equilibrio precario, e tentò di stare sulle sue gambe aggrappata ad Haydée.

Ad un tratto mormorò qualcosa che solo la sua amica comprese. La mora si guardò attorno mentre Madian armeggiava dentro la sua auto, le fece passare un braccio attorno al suo collo e la trascinò quasi di peso in un angolino buio, appoggiandola ad un muretto basso e tenendole la testa mentre si “liberava”.

Sentì una mano sfiorarle un braccio e vide il ragazzo porgerle un fazzoletto umido. Lo ringraziò con un piccolo sorriso e premette la stoffa fresca sulla fronte della ragazza, pensando che Phénice gliel’avrebbe pagata molto cara per averle fatto fare una figura del genere la sera in cui aveva conosciuto quell’apollo... Ma che diavolo sto dicendo?! Mi hanno drogato il succo!? A me non importa degli uomini, li odio tutti! Esatto, tutti!!

Per non pensare a… quello… tornò a focalizzarsi su Phénice, che stava leggermente meglio. Dopo vari tentativi riuscì a portarla verso l’auto di Madian e vide che li aveva raggiunti anche Arkel.

L’uomo le andò incontro e la aiutò a sorreggere la ragazzina mentre Madian le lavava la faccia con l’acqua ghiacciata, Haydée poteva vedere ancora il ghiaccio galleggiarci dentro e trattenne un sorriso. Caspita, che organizzazione... Phénice si riprese subito, biascicando qualcosa di incomprensibile. Arkel si abbassò verso di lei divertito:

- Come hai detto? – le mormorò in un orecchio:

- Piantala di tirarmi il ghiaccio in faccia, CRETINO!! – sbraitò infuriata. Il ragazzo si ritrasse con una smorfia sorpresa dipinta in viso, mentre Madian se la rideva:

- Diavolo, l’hanno insaccata per bene! Puzza di rum come uno scaricatore di porto cubano!! – ad un tratto la rossa si afflosciò a terra, e stavolta fu Arkel lesto a recuperarla. La ragazza gli si era prontamente rintanata nell’incavo del collo, bisbigliando un “Come si sta comodi qui” da sciogliere il cuore del misogino più incallito. Naturalmente Arkel non fu indenne, e per un istante Madian era certo di averlo visto vacillare sorpreso, mentre l’ombra di un sorriso soddisfatto gli si dipingeva sulla bocca. Per quanto ubriaca fradicia, la ragazza che teneva tra le braccia era pur sempre bellissima… e poi, come si dice, “in vino veritas”… insomma, poteva considerarlo un complimento!

Guardò la giovane tra le braccia dell’amico e improvvisamente si ricordò di quello che gli aveva detto Mitja al motodromo: “Credo che quella ragazza sia una delle due tipe che abbiamo visto al faro domenica pomeriggio. Peccato, ha già il ragazzo!”. La guardò attentamente, e si convinse che quei capelli rossicci e la pelle diafana appartenevano alla stessa persona del box.

A passo svelto si avvicinò ad Haydée, che era andata alla sua macchina per prendere una giacchetta da mettere sulle spalle nude della sua amica. Si appoggiò al tettuccio della macchina e la guardò attentamente:

- Il ragazzo di Phénice è un bravo motociclista? – chiese quasi casualmente. La ragazza rispose di getto, senza pensare allo scopo della domanda:

- Figurati, non saprà neanche che le moto hanno il cambio!! È un perfetto idiota! – brontolò chiudendo la macchina e avviandosi verso Arkel, che si avvicinava lentamente adocchiando la ragazza abbandonata contro il suo petto:

- E tu? Sai guidare la moto? – la vide sorridere con aria saccente:

- Sono la fattucchiera della moto, la guido da quando ho 16 anni. In 10 anni sono obbligata ad aver affinato la tecnica! – rispose guardando fisso davanti a sé. Ad un tratto si sentì strattonare e girare a forza verso il suo interlocutore:

- Maledizione, non mi dire che eri tu a guidare la Ducati 999 nera allora!!! – Haydée lo guardò stralunata:

- Come sai che ho quella moto? – chiese in un soffio. Madian la lasciò andare e si passò nervosamente una mano tra i capelli:

- Perché quelli che guidavano la R1 blu, sabato scorso al motodromo, eravamo io ed Arkel. – l’altro interessato era davanti a loro:

- L’omino nero… eri tu?! – balbettò incredulo. Haydée sorrise imbarazzata:

- Sorpresa… - Arkel gettò letteralmente Phénice addosso a Madian, grugnì qualcosa e si allontanò rapidamente. La mora lo guardava a bocca aperta: - Che gli prende?? -

- Mi sa che non ha apprezzato molto il fatto di essere stato battuto da una donna. Del resto, sono sorpreso anch’io. – la guardò serio, e Haydée rabbrividì sotto il suo sguardo penetrante. Si mosse a disagio:

- Mi faresti il favore di caricare la mia amica sul sedile del passeggero? – lui annuì e fece come gli era stato chiesto, poi tornò a guardarla mentre le allacciava la cintura e la sistemava. Phénice sembrava dormire della grossa, con la testa che ciondolava. Alla fine lei si alzò e gli lanciò un’occhiata imbarazzata: - Allora… grazie di tutto… - mormorò convinta di aver perso completamente la faccia con l’ultima rivelazione:

- Hai una penna? – alzò lo sguardo su di lui, stupita: - E anche un pezzetto di carta, per favore. – le sorrideva divertito. Senza capire, prese ciò che le era stato chiesto e glielo porse. Lui si appoggiò al tettuccio e scribacchiò qualcosa rapidamente. Dopo un istante le ritornò la penna e il foglietto, e lei lo lesse:

Madian Bailey

255/3791523

- È il numero del mio cellulare. Ti invito formalmente a cena Hydée, chiamami tu quando vorrai per dirmi il giorno e l’ora. – sentenziò con un sorriso più che affascinante infilandosi le mani in tasca.

Haydée boccheggiò, mentre il criceto d’emergenza dentro la sua testa correva freneticamente sulla sua ruotina, rimettendo in moto i neuroni del ragionamento che sembravano addormentati: “Invito a cena… numero cellulare… invito a cena… il giorno e l’ora…”. Lentamente le sue parole fecero presa nella sua testa, convincendola che aveva capito bene.

Dopo 6 anni… un invito a cena da parte di un ragazzo, evidentemente interessato a lei… un ragazzo… uscire ancora con un ragazzo, dopo che per tutti quegli anni si era rintanata in sé stessa… dopo quello che era successo con… con… Phil

Non era forse per evitare queste situazioni imbarazzanti che non usciva mai? Che frequentava discoteche, feste e locali solo dietro esplicita supplica di Phénice? Non era forse per evitare di… conoscere qualcuno che aveva allontanato il mondo da lei? Ed ecco il mondo tornare prepotente ad insinuarsi nella sua vita, stravolgendo il precario equilibrio che si era creata, e proprio l’unica volta in cui aveva abbassato la guardia!

D’improvviso sentì gli occhi riempirsi di lacrime, ma non voleva farsi vedere in quello stato, lei non piangeva mai… da 6 anni a quella parte, lei non voleva piangere ancora!

Fece un respiro profondo, scacciando dalla mente un’immagine dolorosa che credeva di aver cancellato molto tempo prima, un’immagine che l’aveva fatta piangere e soffrire troppo, indurendole il cuore e rendendolo incapace di addolcirsi… e di amare.

Rialzò il capo pochi secondi dopo, anche se per l’intensità dei suoi pensieri le erano parsi ore, e osservò il ragazzo con sguardo indecifrabile:

- G-grazie Madian… non so se… accetterò… ti… ti prometto che ci penserò. Ora scusa, devo andare, e… grazie ancora… per tutto. – chiuse lo sportello e avviò l’auto, facendo manovra rapidamente e allontanandosi premendo sul gas, mentre le lacrime prendevano a sgorgare incontrollate dai suoi occhi.

Sentì una manina posarsi sulla sua che teneva sul cambio e volgendosi un istante incontrò gli occhi annebbiati di Phénice, che attraverso i fumi dell’alcool doveva aver capito il suo turbamento.

Decisamente, quella non era la loro serata.

 

~~~~~

 

Madian osservò l’Audi allontanarsi con un’evidente sorpresa dipinta in volto. Sbagliava, o… erano… lacrime quelle che le allagavano gli occhi?

Avrebbe dovuto fermarla, farsi spiegare, calmarla, qualsiasi cosa!

All’improvviso lo assalì la paura che potesse travolgere qualcuno così sconvolta, o uscire di strada…

Senza pensarci due volte, si avviò di corsa alla sua auto:

- Mitja? – chiese ad Arkel sprofondato nel posto del passeggero:

- Dice che ha da fare, torna con mezzo autonomo. -

- Perfetto!! – così dicendo spinse con forza sull’acceleratore:

- EHI, ti sei bevuto il cervello!!! – sbraitò il suo passeggero perdendo l’equilibrio e rovinandogli addosso:

- Togliti! No, non sono andato fuori di testa. Sono preoccupato per Haydée… -

- Che si arrangi, mi pare abbia dato prova di essere una pilota provetta, no? – sbottò inacidito, dandosi un contegno e mettendosi la cintura di sicurezza, Con un conducente come questo direi che ne ho proprio bisogno…

- Piantala di fare l’offeso! – si incupì, rimanendo in silenzio per diversi istanti: - Stava piangendo. -

- Ah. – Arkel sapeva quanto Madian odiasse vedere piangere chiunque, fossero donne o bambini, e sapeva anche che sarebbe stato inutile tentare di farlo desistere dal suo proposito, perché era più testardo di un mulo! Perciò si limitò a restare in silenzio al suo posto, controllando la vettura davanti alla loro.

Le seguirono fino al loro condominio, poi entrarono nel garage sotterraneo e furono costretti a interrompere il loro pedinamento, fermandosi davanti alla porta d’ingresso. Arkel si schiarì la voce:

- Beh, mi sembra che siano arrivate sane e salve. - tentò di dire:

- Già… -

- Carino questo condominio. -

- Già… -

- Sei un gran pezzo di merda, pedofilo e assassino di bambini. -

- Già... – In questo momento potrei interpretare con successo la parte dell’uomo invisibile nel nuovo film di Spielberg, pensò scocciato. Fece un sospiro, poi allungò un braccio e prese Madian per il bavero, scotendolo con scarsissima grazia, ma con molto, moltissimo affetto fraterno:

- SVEGLIATI BELLO ADDORMENTATO!!! Sono a casa, sono incolumi, chi più e chi meno, e noi sembriamo due maniaci, fermi qui sotto le loro finestre!! – sbraitò facendo tremare i cristalli, mentre all’esterno della vettura un gatto randagio scappava terrorizzato.

Madian sbatté le palpebre un paio di volte, tornando alla realtà e scendendo dal meraviglioso pianeta di nome Haydée sul quale si era incagliato.

Arkel lo lasciò andare, notando con soddisfazione che la sua cura sortiva gli effetti sperati.

Il ragazzo si riprese, lanciò un ultimo sguardo alle finestre dell’ultimo piano che si erano appena accese, e avviò la macchina.

 

~~~~~

 

A casa dei ragazzi, un’ora dopo… forse due… HICK!

 

- È bella, vero? -

- Una vera sventola, amico. -

- Credi che potrei piacerle? -

- Puah! Che razza di domande! Ma se le donne fanno la fila per te! -

Madian ascoltò la risposta pensoso, mentre un paio di occhi neri da cerbiatta gli danzavano nella mente annebbiata dall’alcool:

- Ma sono un ladro… -

- E allora?! Il fascino del mascalzone non ha confini! – rispose Arkel con l’aria di uno che la sa lunga, scolandosi l’ennesimo bicchiere di whisky scozzese e versandone un altro per entrambi.

Madian guardò la bevanda fermentata con aria assente, poi se ne uscì con una domanda che fece quasi strozzare Arkel:

- Tu hai mai avuto la fidanzata? -

- Io sono fidanzato… - rispose dopo aver recuperato il suo normale colorito:

- Davveroo!! E perché io non ne sapevo niente? Chi è? -

- È nel garage, si chiama R1. – biascicò ridacchiando:

- Ma è una moto! Non puoi essere fidanzato con una moto! -

- E invece sì! E sono anche mooolto felice con lei! Pensa: non mi hai mai messo le corna e mai lo farà! Cosa posso volere di più? – esclamò facendo sparire anche quel bicchiere di alcool. Madian ci pensò su un po’, poi lo guardò con aria furbetta:

- E te la porti anche al letto? – chiese malizioso. L’altro lo guardò male, diventando improvvisamente troppo serio:

- No, lei è una vera signora, una santa. Per il sesso, se è questo che vuoi sapere, ci sono le donne comuni, che secondo me sono buone solo per quello. – borbottò tentando di alzarsi dal divano sul quale erano stravaccati, stanco di quella conversazione:

- Ehi, ehi, dove vai? Forza, resta ancora un po’! Avanti, spiegami, perché hai una visione così bassa dell’universo femminile? Una tua ex ti ha messo le corna? – chiese dalla sua nuvoletta alcolica:

- No. Mia madre si è fatta tutto il villaggio di pescatori dove venivi in vacanza, compresa buona metà di quelli vicini. E chissà quanti altri da quando me ne sono andato. – confessò mentre si pentiva immediatamente di aver spifferato il tormento della sua intera esistenza. È triste passare la tua vita chiedendoti se sei un bastardo....

Avrebbe dovuto ricordarsi che l’alcool lo rendeva troppo loquace. Madian si riprese leggermente e si raddrizzò corrucciato:

- Ah. Mi dispiace amico, ma non dovresti generalizzare, non tutte le donne sono così. Sono pressoché certo che mia madre non ha mai fatto l’amore con altri che non fosse mio padre. -

- Già, come no… solo il giorno in cui ne avrò la prova tangibile ci crederò… -

 

Le loro confessioni vennero interrotte da un tonfo sordo contro la porta d’ingresso. Naturalmente nessuno dei due si mosse, troppo stanchi e ubriachi per scomodarsi.

Dopo un po’ sentirono raschiare contro il legno, segno che qualcuno si arrampicava faticosamente:

- Sarà un cane? -

- Sì, probabilmente di razza stupidog russo… - rispose acidamente Arkel, mentre l’altro rideva come un idiota alla battuta più che pessima.

Finalmente una chiave venne inserita nella toppa, seguita da un urlo esultante e da una sfilza di risate solitarie:

- Per essere un cane ride parecchio… - commentò Madian.

Dopo una serie indefinibile di tentativi, il “cane” in questione riuscì a girare la chiave, aprire la porta, estrarre la chiave e chiudere la porta. Queste semplicissime quattro operazioni richiesero mezzora, tra risate e frasi dette a una presenza immaginaria.

Mitja si trascinò in ginocchio fin sulla porta del salotto, salutando con grida gioiose i due ubriachi sul divano:

- Domattina ricordami che ho giurato a me stesso che, una volta smaltita la sbornia, lo avrei soppresso. – mugugnò Arkel alzandosi faticosamente. Madian lo seguì e ci riuscirono sorreggendosi a vicenda.

Nel frattempo Mitja era stramazzato al suolo e russava beatamente:

- Beh, magari non mi ha risparmiato un lavoraccio, ma almeno ha smesso di starnazzare. -

- Credi che dovremmo portarlo a letto, o magari metterlo sul divano? – Arkel sghignazzò:

- Troppo buono! Hai detto bene, “dovremmo”: lasciamolo dov’è, sarà divertente trovarlo ancora lì domani a mezzogiorno e pulirsi le scarpe sporche su quello zerbino di camicia… -. Presero a salire le scale faticosamente, fermandosi ogni due scalini, poi ad Arkel venne in mente una testa riccioluta e sorrise:

- Consolati, pensa che Mitja e Phénice domani staranno come noi, se non peggio… -

- È vero, Phénice! Come mai ti è venuta in mente? Non è che ti piace? -

- E smettila di blaterare!! No, non mi piace! Pensavo solo che dovremmo vomitare anche noi se non vogliamo portarci dietro ‘sta scimmia per 4 giorni! -

- Ok, allora I° tappa bagno! – sentenziò Madian con gli ultimi rimasugli di energia:

- Già, bagno… - borbottò il suo compare di bevute, tentando inutilmente di scacciare l’ingombrante ricordo di morbidi e profumati capelli rossicci e di un corpo caldo e flessuoso dalla sua memoria…

 

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Capitolo 8
*** Passato di una ladra ***


Passato di una ladra

Passato di una ladra

 

Sabato, all’alba di mezzogiorno…

 

Il primo a svegliarsi fu Madian. Girovagò strascicandosi per il primo piano, trovando Arkel che ronfava beatamente nel suo letto e la camera di Mitja vuota.

Ad ogni minimo rumore delle sue ciabatte la testa gli scoppiava, quindi le abbandonò su uno scalino e proseguì la discesa al piano terra.

Una volta giù vide un paio di gambe sbucare dal salotto. Sghignazzò tra sé e fece per sollevare il russo disgraziato. Inchinatosi di 5 gradi però scoprì che il cervello martellava per uscire dalla scatola cranica, così rinunciò al suo buon proposito e si diresse in cucina, puntando dritto ad un armadietto interamente adibito alla cura delle loro sbornie. Dovete sapere che facciamo un uso smodato di aspirine…

Una volta sedutosi ingurgitò la pastiglietta bianca con mezzo litro di acqua gelida, l’ideale per disimpastare la bocca nel dopo-sbronza.

Posò la bottiglia davanti a sé, e le goccioline di condensa che si formavano sulla plastica gli fecero tornare alla memoria la serata precedente, Phénice e… Haydée…

Le aveva lasciato il suo numero, ma non si era preoccupato di farsi dare il suo. Primo grave errore.

E se lei non lo avesse chiamato? Come faceva a contattarla? Semplice, sapeva dove abitava! Secondo grave errore. Se mi presento a casa sua crederà che io sia un maniaco spione.

Appoggiò la testa sulle mani. Gli piaceva. Cristo, quanto gli piaceva! Fisicamente, era l’incarnazione del suo ideale.

 

Un mugolio di dolore lo distolse dai suoi dolci pensieri. 5 minuti dopo Mitja si era trascinato fin davanti al lui, aiutandosi con tutto quello che gli veniva a tiro:

- Uuuuh… la schienaaa… - piagnucolò tastandosi quello che gli rimaneva delle vertebre. Madian non fece una piega: scartò un’altra aspirina e gliela allungò, spostando la bottiglia verso di lui:

- Mi spiace di non averti tirato su, ieri sera ero ubriaco quanto te, come pure Arkel, e adesso la materia grigia urla. – l’altro agitò una mano come a dire che non importava, ingerì la pastiglia e si scolò la restante acqua. Rimasero in silenzio per una buona mezzora, persi in chissà quale sogno nebuloso, poi Madian si schiarì la voce:

- L’hai capito poi chi delle due era Aida? – chiese sorridendo appena:

- Macché! C’ho provato, ma… - fece un gesto vago con la mano destra, mentre con l’altra si sorreggeva la testa pesantissima:

- Capisco… ti ricordi di Haydée? – era proprio fissato…

- Chi?!? – chiese stralunato:

- La mora che avevamo visto al molo. – lo sguardo da pesce palla che gli rispose gli fece capire che Mitja non aveva la più pallida idea di quello che andava blaterando: - Lascia perdere, un giorno di questi, quando staremo meglio, ti spiegherò tutto quanto. – borbottò rovesciando la testa all’indietro.

Un’improvvisa serie di tonfi lungo le scale li riscosse:

- Vai a vedere cos’è stato… - fece Madian. L’altro lo guardò come se avesse parlato in ostrogoto:

- Stiamo scherzando!? Io non mi alzo da qui neanche se mi fate saltare una bomba termonucleare sotto il culo! – così rimasero fermi dov’erano.

Un’esplosione di rabbia, e di bestemmie, li fece sussultare sulle sedie:

- Ma porco mondo!!! Chi è stato quel figlio di una gran brutta passeggiatrice che ha avuto la geniale idea di lasciare le sue ciabatte di merda lungo le scale?!?? -

Madian impallidì, mentre Mitja faceva una smorfia che voleva essere un sorriso:

- Oh-oh! Il dio Vulcano si è incacchiato! Hai sentito degli ultimissimi pacchetti vacanze? Ti mandano su Marte per un nonnulla, ma c’è chi assicura che è un paradiso: pare che ci siano spiagge magnifiche, sconfinate, di sabbia rossa… - Arkel entrò e la sua espressione non prometteva niente di buono:

- Sono tue queste Madian? – sibilò mostrando una ciabatta che aveva visto giorni migliori. Il ragazzo fece un sorrisetto accondiscendente:

- Ehm, temevo di svegliarvi camminando con quelle, così me le sono tolte… - un ringhio rabbioso gli comunicò che Arkel non la beveva quella scusa. Si alzò lentamente, tentando di ammansire la bestia, mentre Mitja se la rideva tranquillo:

- … per la storia della sabbia, credi che ti farebbero dei problemi se me ne porti a casa un vasetto per il mio acquario?? Senza fretta s’intende… -

 

~~~~~

 

All’altro capo della città, ore 10:45 circa

 

- Mi fa male la testa… Haydée?… –

Winter sentì questo lamento ripetuto un paio di volte, così si decise a staccarsi dal suo portatile e a dirigersi verso la fonte di dolore della casa. Era tornata un’ora prima con il restante delle sue cose e aveva trovato l’appartamento ancora avvolto nel silenzio. Si era mossa senza fare alcun rumore e aveva finito in tutta fretta, poi si era rintanata nella sua stanza e si era messa d’impegno a cercare quel famoso lavoro.

Quando entrò nella stanzetta tutta rosa e stracolma di pupazzi della ragazza, per poco non le venne uno sbocco di bile. Sembra la camera di Barbie…

Annusò l’aria pesante con aria disgustata. Qualcuno ieri sera si è dato alla pazza gioia… con una bottiglia di Havana…

Senza scostare le tende, aprì i vetri e accostò le imposte, almeno per risanare l’aria mefitica. La poca luce le permise di vedere il soggetto che si lamentava: Phénice era bocconi sul letto, con solo l’intimo addosso, i capelli arruffati e il viso stravolto e sofferente.

Le posò una mano fresca sulla fronte e vide il visetto della ragazza distendersi per un istante. Winter non sorrise, non ricordava nemmeno da quanti anni non sorrideva, ma il suo viso si addolcì impercettibilmente. Sembra proprio una bambina…

Un rumore nell’atrio la fece raddrizzare di scatto, mentre dopo pochi istanti Haydée faceva la sua comparsa sulla soglia. Fece una faccia sorpresa vedendola lì:

- Buongiorno! Sei tornata? – chiese sedendosi sul bordo del letto e scostando i capelli dal viso della rossa:

- Sì, poco più di un’ora fa… che le è successo? – la mora sospirò:

- Un casino, non sai cosa ti sei persa. Il ragazzo che frequenta l’ha ubriacata, e io non l’ho controllata a dovere… -

- Non sei sua madre. -

- Lo so, ma è così ingenua e dolce… mi ricorda me quando avevo 16-18 anni… - mormorò con uno sguardo lontano e malinconico negli occhi. Si riscosse e alzò lo sguardo sulla bionda accanto a lei: - Hai aperto tu le finestre? -

- Sì, non si respirava… - Haydée sorrise dolcemente:

- Hai fatto bene, siamo tornate tardi e ho dormito come un sasso, altrimenti l’avrei fatto io. – si alzò – Sarà meglio che le vada a prendere un’aspirina, se vuoi seguimi così ti mostro dove teniamo i medicinali. – disse allontanandosi lungo il corridoio.

Winter la seguì, scrutandola attentamente, e si astenne dal commentare che lei non aveva un aspetto migliore di Phénice, con quegli occhi gonfi e arrossati… gli occhi di una che ha pianto…

- Mi sto cercando un lavoro… - disse tanto per iniziare una conversazione:

- Davvero? Ti ringrazio, è già abbastanza difficile convincerla che eravamo amiche, immagina se scoprisse che non fai alcun lavoro! Sembra ingenua, ma nota un sacco di particolari, anche assurdi… -

- Non crede che eravamo amiche al liceo? -

- No, ieri mattina mi ha tempestata di domande… forse dovremmo inventarci qualche aneddoto stupido da raccontarle, tanto per farla stare tranquilla… in fin dei conti, nemmeno io mi crederei!! – disse sorridendo. L’altra annuì, seguendola mentre tornavano nella cameretta rosa:

- Senti, ma non era più semplice dirle che davi la camera a una sconosciuta? – chiese non capendo il perché di tanti sotterfugi:

- Non potevo, le avevo promesso che quella stanza sarebbe stata affittata solo ad amici o parenti, e io mantengo sempre la mia parola. – si erano fermate fuori dalla porta chiusa della camera di Phénice e bisbigliavano:

- Sei un tipo strano, Black. A volte sei dura come roccia, adesso sei dolce come il miele. Si può sapere perché la tratti come se fosse tua figlia? Dopotutto ha 24 anni, due meno di te mi pare, dovrebbe sapersela cavare! – Haydée le fece segno che le avrebbe spiegato più tardi, si volse e sparì nella camera della rossa.

Winter se ne andò in cucina, pronta a ritentare l’assalto. La interessava quella strana situazione… e poi le era simpatica Phénice… era così carina con lei! Le ricordava sua sorella, lo stesso carattere solare e gentile.

Il ricordo doloroso la scosse, si portò una mano alla fronte.

 

Sua sorella Crystal era stata rapita a 10 anni da un mafioso cinese, Chung En-Liu.

Erano le figlie gemelle di un industriale a capo di una multinazionale che aveva avuto la pessima idea di pestare i piedi al muso giallo in questione. Lei e la sorella, insieme a un ragazzino biondo che abitava nella zona povera del quartiere, di un anno più grande di loro, erano inseparabili.

In un caldo pomeriggio di 17 anni prima, una macchina nera con i finestrini oscurati si era fermata davanti al cancello aperto e ne era sceso un uomo vestito di nero, con un sorriso fintamente gentile: era Chung in persona, lo aveva riconosciuto giorni dopo, da una foto segnaletica.

Aveva invitato le due bambine a seguirlo, ma il ragazzino che era con loro aveva intuito che era un tipo pericoloso e si era frapposto tra l’uomo e le sue amichette, intimandogli senza successo di lasciarle in pace.

Dopo vari tentativi l’uomo si era stancato e aveva afferrato Crystal per un braccio. Un altro suo sgherro era sceso, tentando di raggiungere Winter, ma il ragazzino era stato più svelto: con le lacrime agli occhi l’aveva presa per un braccio e l’aveva trascinata via, incitandola a correre sempre più forte. Quella era stata una delle ultime volte che lei aveva pianto, abbracciando disperata il biondino.

Si erano rintanati nella zona dove viveva lui, un dedalo di viuzze dove nemmeno la polizia metteva mai piede, e dopo aver tentato inutilmente di trovarli Chung ordinò di lasciar perdere, dopotutto aveva una delle due bambine e poteva bastare.

Crystal non era più tornata a casa. Il signor Finlay aveva ceduto a tutte le richieste, finendo in rovina, ma della sua bambina non aveva avuto più alcuna notizia. Nel giro di pochi mesi dovettero vendere la casa per far fronte ai debiti, e si allontanarono dalla città nella quale le bambine erano cresciute, convinti che a Winter avrebbe fatto bene.

La ragazzina aveva smesso di mangiare e di parlare, di piangere e di ridere. Solo col suo amico riusciva a spiccicare qualche parola. Quando la allontanarono anche da lui il tracollo fu definitivo.

Visse come un automa fino ai 25 anni, quando si laureò a pieni voti in giurisprudenza per dare almeno una soddisfazione ai suoi genitori.

Una volta tornata a casa, con ancora la corona di alloro in testa, aveva annunciato ai genitori che partiva per cercare sua sorella, le sue valigie erano già pronte nel sottoscala della villetta a schiera che suo padre era riuscito ad acquistare dopo sforzi disumani.

Senza nemmeno cambiarsi d’abito aveva chiamato un taxi e se n’era andata.

Era in giro per il mondo per trovare Crystal, per tornare a vivere, per tornare a ridere. Sapeva che sua sorella era ancora viva, se fosse morta lo avrebbe sentito, dopotutto erano gemelle…

Aveva anche tentato di rintracciare il suo vecchio amico, ma se n’era andato con i suoi genitori dalla loro vecchia città molti anni prima, e nessuno seppe indicarle dove trovarlo, in più non ricordando il suo cognome era praticamente impossibile scovarlo.

C’erano così tanti Mitja figli di emigranti russi in quel paese…

 

Il ritorno di Haydée la riscosse dai suoi pensieri. Quando la mora entrò notò che aveva il viso stravolto, e si bloccò:

- Tutto bene? -

- Mh? Sì, sono solo un po’ stanca… - mormorò osservando la ladra.

Sapeva che Chung era un famoso collezionista di antichità cinesi, e conoscendo la passione di Black Soul per il furto di oggetti d’arte di contrabbando sperava di riuscire ad avere qualche informazione che la portasse da lui. A strozzarlo con le sue stesse mani.

- Serve una mano per trovare lavoro? Ho un’amica che può indicarti con precisione tutti gli studi legali della città dove cercano giovani e brillanti avvocati. – si sentì proporre:

- Uhm… ok, poi mi dirai dove rintracciarla. Rispondi alla mia domanda di prima: perché ti occupi così di Phénice? – la vide bloccarsi e sospirare, mentre riponeva sul ripiano della cucina un bicchiere che aveva riempito d’acqua. Si volse e si guardarono a lungo, poi le sedette di fronte col suo bicchiere:

- Perché Phénice è pura. – attese che le sue parole prendessero il giusto significato nella testa di Winter, poi quando la vide sgranare gli occhi, segno che aveva capito, proseguì: - I suoi me l’hanno praticamente affidata. Phénice voleva vivere vicino all’università, ma i suoi genitori non sapevano come fare perché loro vivono in provincia: la nostra coinquilina è cresciuta nella bambagia, protetta da genitori apprensivi e da due fratelli maggiori. Un giorno mi si è presentata sulla porta, con un paio di occhialoni da secchiona e un block notes in mano. Aveva cercato per mezza città un posto dove stare, e io ero una delle sue ultime spiagge. Devi sapere che ho vissuto da sola per più di un anno e un bel giorno mi sono stancata, cercavo una ragazza con cui dividere le spese. Detto fatto, avevo messo l’annuncio sulle bacheche dell’università una settimana prima e lei lo ha trovato. Mi ha raccontato tutta la sua storia in un pomeriggio e io ho deciso di aiutarla. I suoi mi mandano qualcosa ogni settimana, ad esempio le lasagne che abbiamo mangiato giovedì sera erano un loro pensiero. Una specie di obolo perché io conservi intatta la loro bambina. – Winter si sorbì la storia tutta d’un fiato, senza battere ciglio.

Rimasero in silenzio per un po’, poi la bionda tirò fuori un paio di parole a fatica:

- E così… Phénice non ha mai… - fece un gesto significativo con la mano e Haydée sorrise:

- Esatto. Non ha mai conosciuto carnalmente un ragazzo. – l’altra appoggiò la testa ad una mano:

- Incredibile… a 24 anni… -

- Eh già… se me lo raccontassero forse faticherei a crederlo anch’io. Per questo me la sono presa a cuore. È un fiore raro. – commentò rigirando il bicchiere tra le dita sottili:

- Unico, direi! Per la miseria, se la vendessimo a un emiro come regina del suo harem diventeremmo miliardarie!! – Haydée la guardò storto: - Naturalmente scherzavo… - ci pensò su un po’, poi annuì soddisfatta: - D’accordo, allora ti darò una mano nel tuo difficile compito; dopotutto per un altro piatto di lasagne come quelle dell’altra sera mi pare il minimo! – la mora la guardò come se fosse impazzita:

- Ma… non la conosci nemmeno! – balbettò con gli occhi fuori dalle orbite:

- E allora? Ciò non toglie che mi sia simpatica!! – rispose mezza offesa di tanta malfidenza.

Winter si affaccendò con la colazione, nel tentativo di imparare quello che tenevano nei diversi scomparti. Haydée la guardava attentamente, sorbendosi una tazza di caffè che si era appena preparata.

La osservò prendere un bicchiere, riempirlo d’acqua del rubinetto e infilarci un fiore staccato dalle piantine che la loro protetta teneva sul terrazzo. Mise la sua opera su un vassoio da letto, insieme a un caffè doppio e a una brioche scaldata nel microonde, poi prese il tutto e si avviò spedita alla camera di Phénice:

- Un giorno o l’altro mi racconterai perché in nemmeno due giorni hai cominciato a trattarla come una sorella. – Winter rimase congelata sulla soglia, e la mora non poté scorgere il suo viso sconvolto e la mandibola serrata per trattenere… l’emozione... La bionda si limitò ad annuire rigidamente, poi si allontanò a passo svelto.

 

Haydée la guardò con la tazzina a mezz’aria, chiedendosi cosa ci fosse dietro quei comportamento così bizzarri e contraddittori.

Scosse le spalle, alzandosi e recuperando la sua borsetta abbandonata su un piccolo sofà. Prese a frugarvi alla ricerca del cellulare e le sue dita incontrarono un bigliettino stropicciato, vergato la notte precedente da un aitante ragazzo.

Lo dispiegò lentamente, sedendosi al posto di prima e osservandolo a lungo. Ripensò alla serata, al ragazzo, alle parole che si erano detti, all’invito e ai pensieri che ne erano seguiti e che l’avevano tenuta sveglia praticamente tutta la notte.

Sospirò affranta, prese il biglietto e lo infilò nel portafogli soprappensiero, nel tentativo di dimenticare le sensazioni che Madian aveva risvegliato. Se ne sarebbe liberata più tardi…

 

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Capitolo 9
*** India ***


Capitolo di transizione… non mi piace neanche un po’ ma era indispensabile per ripartire

India

 

Giovedì nel tardo pomeriggio, appartamento del centro

 

Winter entrò sbuffando, maledicendo il caldo, la sua testardaggine e il lavoro che si era trovata. Dopo nemmeno due giorni era già riuscita a litigare con tre quarti dell’ufficio, si erano salvati un collega che si era preso delle ferie arretrate e la donna delle pulizie che non vedevano mai.

Sospirò di stanchezza, pensando che almeno in casa avrebbe avuto un po’ di tranquillità, ma le sue rosee aspettative vennero disattese quando la vocetta infuriata di Phénice le arrivò alle orecchie:

- È stato un incidente, sono stata io a bere, non lui ad ubriacarmi! -

- Ma fammi il piacere… - ribatté Haydée:

- Fammi il piacere tu! Domani sera ci uscirò, mi ha invitata al cinema per scusarsi e io ci vado! -

- E va bene, ma se ti ubriachi di nuovo non chiamarmi! – sbottò l’altra.

Winter si diresse in cucina dove trovò la ladra accasciata su una sedia con una faccia terribile, mentre la rossa si chiudeva soddisfatta nella sua stanza:

- La poppante fa i capricci? -

- Peggio, mi sta esaurendo… Selim è tornato alla carica, con mille scuse e cioccolatini l’ha convinta che non voleva farla ubriacare, che è stato un “incidente” e che la ama alla follia! Davvero patetico! – il tono ironico della bella mora non lasciava spazio a dubbi su come la pensava:

- Magari è sincero… - tentò di obiettare, ma non era preparata alla reazione di Haydée:

- BALLE!! – sbraitò balzando in piedi e pestando un pugno sul tavolo della cucina: - Li conosco i tipi come lui, tante belle promesse, tante belle parole! La verità è che la vuole rovinare e quella testa vuota non lo capisce nemmeno, nonostante i 24 anni che si ritrova! Io ne avevo a malapena 19 quando… - si interruppe prima di rivelare quello che da più di 6 anni la sconvolgeva, corse in camera sua a prendere la sacca per la piscina e uscì come un turbine sbattendo la porta.

Winter rimase ferma in cucina ascoltando tutti i movimenti della sua collega. Una volta ristabilito il silenzio Phénice tornò in cucina tutta gongolante:

- Lo sai che Selim… - la bionda la interruppe con un gesto nervoso:

- Sì, lo so. Sei sicura di quello che fai? – vide la ragazza arrossire:

- Certo che sono sicura! Non ti mettere a farmi la predica anche tu, per favore! – la guardò prendere un libro da una mensola e sparire di nuovo nella sua stanza. Ragazzina pestifera e testarda!

 

~~~~~

 

Giovedì nel tardo pomeriggio, villetta in periferia

 

Mitja rigirava la piantina del museo cittadino senza riuscire a capirne l’orientamento:

- Ehi, sei sicuro che sia la piantina giusta? – Madian prese il foglio spazientito, lo girò e glielo rimise in mano:

- Ecco! – brontolò stanco di dover sempre fare tutto da solo visto che Arkel da un paio di giorni si dava per disperso. Continuò a scaricare le informazioni che gli arrivavano via internet mentre leggeva quelle già arrivate.

- Veramente io continuo a non capire… - stava per strangolare il biondino quando il suo cellulare prese a squillare. Lo agguantò con rabbia e rispose con malagrazia: - Seee!! -

Dall’altra parte silenzio. Aspettò ancora un istante poi riprese:

- Insomma si può sapere chi sei o vogliamo giocare a “indovina chi” ancora per tanto?! Ho da fare io!! – per un attimo la ragazza all’altro capo fu tentata di riattaccare, poi si riprese:

- Ciao Madian, scommetto che ti ricordi di me… - fece gentilmente. Sentendo una voce di donna il ragazzo barcollò:

- Ha-Haydée??! – chiese speranzoso. Ormai da una settimana non faceva che sognarla:

- Sbagliato! Sono Aida! Mitja mi ha dato il tuo numero di cellulare, quell’idiota non ne fa una giusta. Ti dispiace passarmelo? – Madian tirò il telefono in faccia al più richiesto della casa e se ne andò dalla stanza.

Uscì in giardino e girovagò per un po’. Dentro al garage regnava la desolazione, c’era un casino inimmaginabile ma non la moto, come al solito.

Sbuffò spazientito, quella era la giornata giusta per sfogarsi ma a quanto pare era appiedato, senza telefono per sapere se Haydée lo chiamava e senza uno straccio di collaboratore valido per progettare il prossimo furto nei minimi dettagli!

Mitja sarà pure stato il genio degli esplosivi, ed era talmente mingherlino che avrebbe potuto passare tranquillamente per la cruna di un ago, ma quanto a impegno ante-furto era da bocciatura istantanea! Riusciva a far perdere la calma anche a lui, e questo era veramente un bel record.

Borbottò qualcosa di incomprensibile e si sedette sbuffando sotto un albero del giardino, stanco anche di quella calura. Se penso che l’estate è appena iniziata…

Appoggiò il capo al tronco, socchiudendo gli occhi e puntandoli agli stralci di cielo azzurro intenso che la fitta fronda sopra la sua testa non riusciva a nascondere. Immediatamente i suoi pensieri scivolarono lontano, sulle curve di un’incantevole mora…

Non aveva mai incontrato una donna capace di far concentrare tutte le sue attenzioni su di lei come gli accadeva con Haydée. L’aveva vista soltanto 2 volte, di cui una più che di sfuggita, e già faticava a pensare a qualsiasi altra cosa che non fosse lei. Davvero incredibile!

Incrociò le braccia, poggiandole sulle ginocchia, e sospirò. Non era Mitja che gli impediva di lavorare, né tanto meno l’assenza di Arkel come spalla. Erano i suoi pensieri ad essere continuamente dirottati verso altri lidi. E che lidi…

Chiuse gli occhi e la rivide come quella sera in discoteca, la pelle lievemente abbronzata, le curve sinuose e quel vestitino quasi trasparente… Certo che se l’avesse lasciata cadere nella fontana… c’avrebbe perso in cavalleria, ma sai che spettacolo! Non c’era alcun dubbio, se non fosse intervenuto sarebbe stato considerato l’eroe della serata da parte della popolazione maschile!!

Scosse il capo, scacciando i pensieri insani: non ne sarebbe mai stato capace. E poi… lei… era sua…

Questo pensiero lo sbigottì, poi rise di sé: non poteva aver già preso una sbandata! Aveva sentito la sua voce non più di tre, quattro volte!!

Però l’idea che sarebbe stata esposta agli sguardi di tutti quei bavosi se fosse caduta nella fontana lo mandava in bestia…

Venne riscosso dai suoi pensieri da un insulto disumano di Mitja, così si alzò e prese a incamminarsi a capo chino verso la villetta.

Il ragazzo lo accusava di averlo tradito, aveva dato di proposito il suo numero ad Aida perché sperava che lei avrebbe capito che non se la filava per niente, ma Madian si era messo a fare il gioco della ragazza e lui era ancora incastrato con quella stupida petulante.

Madian lo mandò cordialmente al diavolo e si rimise al lavoro.

Avrebbe dovuto analizzare meglio quello che gli stava succedendo, doveva trovare un po’ di tempo libero per pensare, oltre che di privacy… cosa praticamente impossibile con quei due per casa!

 

~~~~~

 

Ore dopo, una viuzza sconosciuta

 

Haydée vagava da ore, senza meta. Era arrivata a piedi fin davanti alla piscina, poi si era accorta che non aveva nessuna voglia di entrare. Così aveva fatto dietro front e si era avviata a casaccio per le vie della città.

Aveva bisogno di tempo per pensare, e camminare da sola la aiutava sempre.

Sistemò meglio il borsone che teneva a tracolla e sospirò.

La sua vita era un vero disastro. Le davano soddisfazione soltanto i suoi due lavori. Amava il suo lavoro di architetto e aveva anche un discreto successo vista la sua precisione e puntualità. Invece essere Black Soul la aiutava a sfogare quello che nella sua esistenza non andava, la entusiasmava poter controllare quella piccola porzione della sua vita.

Essere il grande ladro Black le dava quel senso di potere e assoluto controllo che non era mai riuscita a provare nella vita di tutti i giorni.

 

Suo padre era un diplomatico di origine inglese, dopo il matrimonio si era trasferito in India dove dirigeva l’ambasciata di Sua Maestà. Aveva sangue indiano nelle vene, la moglie di suo nonno era di Delhi.

I novelli sposi vivevano in una cittadina caratteristica fuori dall’agglomerato della metropoli, in un piccolo palazzo di stucco rosa, con un fresco giardino interno e spessi muri che garantivano frescura all’interno dell’abitazione anche senza aria condizionata. Il cortile rigoglioso erano colmo di alberi di aranci e limoni, con una fontanella zampillante.

Qualche anno dopo era nata la bambina, Haydée. Sua madre era bionda e suo padre castano, ma per uno strano scherzo del destino lei aveva ereditato quasi tutte le caratteristiche della bisnonna paterna, soltanto dalla sua carnagione si capiva che era occidentale.

Era cresciuta insieme alla figlia di una vicina, la piccola Ameera. Erano inseparabili e non fosse stato per la sua pelle così chiara sarebbe apparsa anche lei come indiana.

Con gli anni i suoi litigavano sempre più spesso, e lei si staccava sempre più da sua madre che era la causa di quei litigi, impaurita dalle loro urla e dai rumori che facevano quando altercavano. Quando ciò accadeva correva fuori di casa, volava letteralmente fino all’abitazione di Ameera e si rintanava nel grembo di sua madre, tremando e piangendo per il terrore.

Un giorno sua madre se n’era andata, stanca di dover sopportare la calura di quella terra selvaggia e la vita in un paese tanto diverso dalla sua terra, gli Stati Uniti, e l’aveva lasciata a suo padre. Visto però che egli lavorava nel centro di Delhi ed era assente per tutta la settimana, Haydée passava sempre più tempo a casa della madre di Ameera e del padre di lei, un vecchio guerriero indù, e arrivò a considerarli come la sua famiglia.

Il vecchio si era affezionato alla piccola occidentale, e aveva deciso di insegnarle a difendersi da quel mondo crudele che l’aveva resa così infelice dopo l’abbandono della madre. Infatti per quanto suo padre si sforzasse di mantenere il ruolo di entrambi i genitori, non poteva colmare la rabbia e il vuoto che il drastico distacco di sua madre aveva provocato in lei.

Perciò all’età di 6 anni la piccola anglo-americana aveva cominciato ad apprendere il Kalaripayat, un’antica arte marziale indiana, molto spirituale, comprendente anche particolari tecniche respiratorie, utilizzante soprattutto le tipiche armi indiane, ma non solo.

Una volta raggiunti i 14 anni suo padre aveva stabilito che andasse a vivere in occidente per darle la migliore istruzione possibile.

Così si era trasferita in una città a circa 400 km da quella in cui viveva ora, insieme a sua madre. Non era per nulla entusiasta di vivere accanto alla donna, dopotutto per quasi 10 anni l’aveva vista poco più di 5 o 6 volte e sempre per brevi periodi, ma suo padre le aveva promesso che per le vacanze estive sarebbe tornata da lui, in India, quindi alla fine aveva accettato.

Se n’era andata da quella terra romantica e spietata al tempo stesso con la morte nel cuore al pensiero di dover abbandonare suo padre, Ameera e la sua famiglia, per vivere con una donna che diceva di essere sua madre ma che lei non riconosceva come tale, in un paese sconosciuto con una lingua tanto diversa. Fortuna che i suoi le avevano fatto parlare inglese fin dalla nascita…

Come promesso era tornata in India durante l’estate, ma a 15 anni Ameera era stata data in sposa a un giovane del quale era innamorata. Per lei era stata una conquista poter sposare qualcuno che amava visto che nella sua casta, quella degli kshatriya, cioè dei guerrieri, prevalevano ancora i matrimoni combinati, quindi aveva detto addio senza molti rimpianti alla sua fanciullezza spensierata.

Haydée si era sentita abbandonata ancora una volta, durante l’estate andava ancora a trovarla ma era cambiato tutto. Non potevano più giocare e scherzare come due semplici adolescenti. Ameera era diventata all’improvviso una donna, oltre che madre.

A 18 anni aveva conosciuto Phil. Era carino, l’aveva corteggiata a lungo, e lei si era innamorata come una stupida.

Sua madre le proibiva di vederlo, e lei per reazione scappava anche dalla finestra di casa per riuscire a stare con lui. La rincretiniva con promesse che non avrebbe mai mantenuto, le aveva giurato amore eterno e che l’avrebbe portava via di lì per sposarla.

Una sera era arrivato spandendo un forte odore di alcool nell’aria. L’aveva caricata in macchina e portata in un luogo appartato fuori città, facendole ingurgitare mezza bottiglia di un alcolico potente, poi aveva preteso che si spogliasse, aveva in mente un giochetto nuovo. Lei si era lasciata convincere a fatica, lui approfittò della sua semi-ubriachezza e le rubò l’innocenza.

Haydée non pensava che la sua prima volta sarebbe stata così squallida e da dimenticare.

Era corsa a casa sconvolta, la sbornia improvvisamente svanita, e non aveva più voluto vedere il ragazzo. Si era rinchiusa in un mutismo ostinato e non aveva spiccicato parola con nessuno, tanto meno con quell’insulsa di sua madre.

Finito il liceo i suoi le avevano acquistato un appartamento nella zona universitaria dove si era trasferita da sola, e Phil era tornato alla carica. Era riuscito a convincerla che era dispiaciuto, che quella sera era ubriaco e che non voleva farle del male.

Lei era sola, impaurita e ancora sotto shock, gli era caduta di nuovo tra le braccia e lui si era trasferito da lei.

Meno di 6 mesi dopo avevano sospeso una lezione ed era tornata a casa due ore prima del solito. Aprendo la porta aveva avuto la seconda coltellata da parte del ragazzo, quella micidiale: Phil era a letto con una sua compagna di corso che lei stessa gli aveva presentato il giorno prima, e scopavano come ricci.

In quel preciso istante tutta la rabbia per la violenza subita più di un anno prima, per la perdita dell’unica amica e famiglia e per l’allontanamento dalla sua terra e da suo padre per stare con una donna che non capiva nulla di lei, esplosero con una violenza inaudita e un improvviso annebbiamento delle facoltà mentali.

Tutti gli insegnamenti del nonno di Ameera le passarono davanti agli occhi come un film, e senza rendersene conto dopo due minuti guardava con un sorriso diabolico la sua opera: aveva letteralmente cambiato i connotati allo schifoso animale nel suo letto.

Raccolse la sua roba, libri e vestiti, e svanì nel nulla.

Dopo 5 mesi suo padre, sua madre, Ameera e la madre di lei ricevettero ognuno una lettera. Al padre aveva comunicato il nuovo indirizzo e numero di telefono, informandolo del cambio di vita e dicendogli che prima o poi sarebbe tornata a trovarlo, ma di non inviarle soldi perché voleva fare da sé. Alla madre esprimeva tutto il suo odio e risentimento, intimandole di non cercarla mai più se non voleva fare la fine del ragazzo sfigurato, che naturalmente non aveva sporto denuncia per paura di ritorsioni.

Haydée era diventata una belva feroce, una tigre, come le aveva insegnato il nonno di Ameera.

A quest’ultima aveva raccontato gli ultimi orribili avvenimenti della sua vita, scusandosi per non poterla più andare a trovare e promettendole che un giorno sarebbe tornata a casa. Così chiamava l’India.

Infine alla madre della sua amica d’infanzia aveva scritto di ringraziare il vecchio ancora in vita e di non dimenticarla, di benedirla da lontano perché ne avrebbe avuto bisogno.

 

In quel lasso di tempo durante il quale nessuno aveva avuto notizie di lei, aveva preso un treno a caso ed era finita nella città dove viveva attualmente. Dopo nemmeno una settimana si era fatta pescare a rubacchiare in un supermercato, non aveva nemmeno un soldo e da qualche parte doveva pur cominciare se voleva riempire lo stomaco. La fortuna cominciò a girare dalla sua parte proprio allora, perché il quello stesso negozio si trovava Sybil intenta a fare la spesa col marito.

Convinse la guardia giurata a non chiamare la polizia, dicendo che la ragazza era sotto la sua protezione in un programma per il recupero di giovani emancipate. Emancipata sarai tu, megera!!

La donna l’aveva vista muoversi con agilità, sembrava un felino con quei movimenti fluidi, e aveva tutta l’intenzione di farne una ladra professionista, cosa che le riuscì perfettamente.

La donna aumentò esponenzialmente le entrate grazie all’abilità del suo nuovo acquisto, mentre Haydée poté permettersi uno spazioso appartamento, che non voleva in proprietà per paura del ripetersi dell’esperienza passata, e il ritorno all’università.

Un anno e mezzo dopo aveva accolto Phénice nel suo nuovo appartamento ed era diventata la sua migliore amica. La rossa sapeva tutto di lei, tranne naturalmente il fatto che faceva la ladra per non sprofondare nella depressione, e che aveva cominciato per soldi.

 

Haydée era seduta sul muretto di cinta di un parco a pensare a tutto questo, mentre calde lacrime che non si rendeva conto di versare le rigavano il viso. La sua espressione era seria e impassibile, si sarebbe detto che quelle lacrime fossero pioggia che scendeva solo su di lei, per tergere le sue ferite interne.

Le venne in mente Madian, il cui arrivo improvviso nella sua vita stava facendo vacillare il muro che si era costruita attorno quando aveva deciso che lei sarebbe stata sempre sola, che non aveva bisogno di nessuno, che anche se aveva raccontato tutto a Phénice nemmeno su di lei doveva contare.

Aveva imparato a vivere secondo la legge della spietata ed intricata giungla indiana, quella dove un paio di volte da bambina si era avventurata con Ameera e suo nonno, a cavallo di un elefante, e che ancora adesso la affascinava come il ricordo di un sogno lontano.

Ma Madian… non lo conosceva affatto ed era riuscito a sconvolgerla con un paio di sorrisi e uno sguardo limpido. Cosa poteva significare?

Semplice, che era ancora debole.

Il suo addestramento per essere totalmente indipendente e indifferente al mondo esterno non era ancora finito.

 

Una decina di teppisti si avvicinavano lentamente, ma lei non se ne accorse…

 

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Capitolo 10
*** Pedinamento ***


Pedinamento

 

Pedinamento

 

Ancora giovedì sera, vicolo sconosciuto

 

Una decina di teppisti si avvicinavano lentamente, ma lei non se ne accorse…

Era scesa la sera e guardava le poche stelle che ammiccavano dall’alto dei cieli e che la luce della città consentiva di vedere, sognando di ammirare l’immenso tappeto di velluto blu costellato di luci splendenti che invece riusciva a vedere dalla campagna indiana.

Una voce sgradevole la distolse dai suoi sogni:

- Buonasera signorina! – guardò lo scocciatore e si accorse di essere circondata da un gruppetto di delinquenti. Sorrise cattiva, pensando a quanti sciocchi circolassero sulla terra:

- Questa non è serata ragazzi, tornatevene a casa. – borbottò acida. Una risata sghignazzante la convinse che erano proprio un branco di idioti:

- Ma certo mammina, prima però vorremmo divertirci un po’! – quella voce le fece tornare alla mente la sera in cui Phil era andato a prenderla, ubriaco fradicio, e l’aveva…

I suoi occhi si accesero di una luce infernale, perse il controllo e atterrò un paio di teppisti con poche e precise mosse avventandosi come una tigre ferita sul ragazzo che aveva parlato, mentre gli altri che la circondavano osservavano la scena come paralizzati.

Una voce li riscosse:

- Fuori dai piedi, pivelli. È ora di fare la nanna. – la bocca della pistola che l’uomo puntava su di loro li convinse in un attimo, facendoli letteralmente volatilizzare mentre recuperavano i loro amichetti atterrati. Davanti al nuovo arrivato restavano solo una donna che tempestava di pugni il capo della banda, riverso a terra. La guardò con un sorrisetto allegro, poi le arrivò alle spalle sollevandola di peso:

- Direi che ne ha prese a sufficienza, cara la mia furia, non c’è bisogno di ammazzarlo. – commentò osservando la faccia tumefatta e sanguinante del ragazzo. Lo alzò rudemente, dandogli una leggera pacca sulla spalla e strappandogli un gemito sofferente: - Questo è quello che succede ad aggredire le signore. Dai retta, prima di andare a casa passa al pronto soccorso, ne hai bisogno! E vedi di non farti più vedere da nessuna parte, sono stato chiaro? – infine si dedicò alla donna e rimase di sasso:

- Per Dio! La motociclista!! – esclamò sorpreso. Haydée lo guardò solo allora, seduta a terra per recuperare il controllo, gli occhi ancora annebbiati dalla rabbia.

Lo osservò per un po’ senza riuscire a riconoscerlo, poi un vago ricordo la riscosse:

- Arkel… - mormorò con voce incerta. Lui si passò più volte le mani nei capelli, indeciso se prenderla a sberle per averlo battuto in moto o aiutarla ad alzarsi e chiederle chi era il suo insegnante di autodifesa. Si ricordò solo dopo che era una donna, e allora non aveva scelta.

Le porse una mano in silenzio.

Lei la guardò e scosse il capo. Se la toccava lo ammazzava sul serio, conosceva un paio di tecniche istantanee che…

- Fa’ un po’ come ti pare! – borbottò sedendosi accanto a lei: - Allora, che ci fai da queste parti? Non è luogo adatto a una signora questo, soprattutto a quest’ora della sera. – Haydée voltò lentamente il capo, mentre dentro di lei faceva tornare a rilento la sua solita calma zen:

- Andavo in piscina… - mormorò vedendo la sua sacca abbandonata poco distante. Arkel seguì il suo sguardo e annuì:

- Inventane un’altra: la piscina più vicina è a minimo 4-5 km da qui! – la guardò e alla luce incerta dei lampioni si accorse che il suo viso era più che stravolto. Corrugò la fronte ma non disse nulla:

- Davvero? – prese fiato e parlò piano, come a sé stessa: - Non pensavo di aver camminato così tanto… - lui strabuzzò gli occhi:

- Sei arrivata fin qui da sola e a piedi?! Che diavolo combini!! – la ragazza lo guardò: sembrava preoccupato, le ricordava Phénice quando 4 anni prima aveva avuto un’improvvisa crisi di nervi.

Era stato allora che le aveva raccontato di Phil, e Phénice aveva pianto con lei per una notte intera. Chissà perché adesso si comportava come una stupida con Selim…

- Ehi, ce l’ho con te! Mi senti?! – Arkel cominciava a preoccuparsi sul serio, sembrava in trance, non aveva mai visto un’espressione simile. Haydée si volse a guardarlo e, non si rese nemmeno conto come, sorrise.

Il ragazzo tirò un sospiro di sollievo:

- Mi hai spaventato ragazza, credevo che ti stesse per venire un colpo! Non farmi mai più di questi scherzi, intesi? – si alzò pulendosi i jeans: - E ora forza, ti porto a casa. – lei lo guardò sorpresa, accettando la mano che le veniva porta per alzarsi:

- Perché? – chiese ingenuamente, con una vocetta sottile da piagnucolata in arrivo. Arkel sbuffò spazientito:

- Perché poi chi glielo spiega a Madian che avevo la possibilità di aiutarti e non l’ho fatto?! E vedi di non frignare, non dentro al mio casco! – mugugnò avvicinandosi alla sua moto poco distante e allungandole il casco senza guardarla.

Quando si volse per vedere se non era sparita la vide ferma accanto al suo borsone, lo sguardo perso nel vuoto. A rieccola con la fase rem!! Sbuffò sistemandosi il giubbotto imbottito.

Era appena stato a fare uno di quei suoi giri top-secret di cui Madian gli chiedeva sempre e lui non diceva mai niente. Non poteva certo dire che cazzeggiava semplicemente…

 

Haydée era sprofondata ancora nei suoi pensieri solo a sentire nominare Madian.

Per un istante lo rivide davanti a lei, il sorriso radioso e gli occhi limpidi e scintillanti… No, così non poteva andare, era una situazione alla quale doveva porre rimedio, e alla svelta anche!

Si riscosse, infilandosi il borsone a tracolla, e prese il casco che il ragazzo le porgeva:

- Gli uomini sono uno schifo… - mormorò soprappensiero:

- Vacci piano, tanti complimenti potrebbero commuovermi! – rispose dicendosi che in fondo la pensavano allo stesso modo, reciprocamente:

- Scusa, presenti esclusi visto che non ti conosco. E… tu? – chiese incerta riferendosi al casco. Lui sbuffò:

- Non ne ho bisogno, Madre Natura mi ha dotato di una scatola cranica a prova di tritolo. – la vide sorridere divertita e dovette ammettere che Madian non era per niente stupido a nominarla di notte, nei suoi sogni.

Montarono e in meno di un quarto d’ora di pieghe, derapate e semafori bruciati erano arrivati a destinazione.

Haydée scese tutta gasata per la corsa e togliendo il casco rivelò un sorriso a 32 denti:

- Questo sì che si chiama guidare!! Un giorno o l’altro facciamo una gara seria, ok?! – Arkel la guardò disperato: Perché l’altra volta scherzavi?!?

La ragazza si calmò, dandosi un contegno. Era arrabbiata con Phénice e la ragazza le aveva provocato una crisi depressiva come non le succedeva da anni: meritava una bella tirata d’orecchi!

- Come posso ringraziarti del passaggio? -

- Niente ringraziamenti, li odio. Se vuoi fare un’opera pia, chiama Madian. Lo so che ti ha lasciato il numero, o per lo meno lo immagino. È una settimana che mi stressa, fallo felice e poi se ti pare mandalo al diavolo, ma almeno toglilo dall’incertezza! – mugugnò con aria di supplica. Lo sguardo di Haydée si indurì, ma non ebbe altre reazioni strane:

- Vedrò cosa posso fare. Grazie comunque del passaggio. – rispose imponendosi di sorridere. Lui annuì e si infilò il casco:

- Dovere, ragazza. Ci si vede, forse, e… salutami Phénice… - concluse quasi impercettibilmente chiudendo la visiera e scappando via come se avesse il diavolo alle calcagna. La mora però lo aveva sentito benissimo, e sorrideva appena.

Poi si volse e tornò a casa, e in quel momento le venne in mente un particolare. Come diavolo fa a sapere dove abito?!?

 

~~~~~

 

Martedì notte, al museo cittadino

 

- Perché Arkel è rimasto fuori?! – piagnucolò Mitja:

- Perché è uno scansafatiche e non mi ha aiutato, così il palo stavolta lo fa lui! Ha il compito di distrarre la guardia di notte quando inizierà il giro, fingendo un guasto con la moto. – mormorò Madian irritato dalle domande stupide del collega, che dal canto suo avrebbe preferito guardare il nuovo dvd che aveva “preso in prestito” a tempo indeterminato da un negozio specializzato.

La sala del museo che interessava loro era al terzo piano di una palazzina del centro, uno dei vecchi e rinomati palazzi cittadini interamente donata dal sindaco per l’apertura di una galleria.

I due si erano calati dal tetto sul retro del palazzo, con una corda e l’attrezzatura da scalatore; Mitja aveva applicato una ventosa ad un vetro e lo aveva tagliato con una lama, rimovendolo e depositandolo sul davanzale.

Madian insinuò una mano e aprì la finestra, poi uno per volta si issarono sul davanzale ed entrarono.

Madian entrò tranquillamente, camminando sul tappeto rosso che indicava il percorso dei visitatori, mentre Mitja veniva dietro un po’ titubante:

- …Senti… quelle telecamere… mi inquietano… sei sicuro che non ci vedano? – chiese lanciando occhiate oblique agli angoli superiori delle varie sale:

- Sicurissimo: sono finte, servono solo come deterrente. Il museo non ha i soldi per un circuito di sorveglianza del genere, e nemmeno quelli per pagare una dozzina di guardie giurate per controllare i monitor! – affermò con sicurezza dirigendosi al suo obiettivo: alcuni schizzi preparatori e un paio di quadri minori di grandi artisti, prestati al museo dopo mesi di insistenze per riuscire a risollevare le scarse entrate delle ultime stagioni.

Una volta davanti alla teca contenente gli schizzi si infilarono le mascherine per vedere gli infrarossi, mentre Mitja si dedicava ai quadri appesi alle pareti. Madian osservò il vetro spesso con rilevatori di sfondamento:

- Sarà un lavoro lungo… - mormorò chinandosi e controllando la teca da sotto per verificarne tutte le angolazioni.

Si alzò sbuffando, poi…

 

Arkel era all’esterno, era appena arrivato poiché quella era l’ora prevista per il giro della guardia giurata durante la notte.

Si fermò sotto le finestre della saletta dove si trovava la guardia, al piano rialzato, fingendo un guasto alla moto, e si avviò per fare la sua scenetta.

Guardò attraverso la finestra aperta per il caldo e vide l’anziano custode infilarsi gli occhiali e guardare più attentamente un monitor, probabilmente il televisore. Lo osservò alzarsi di botto con le mani nei capelli e avvicinarsi al muro, dove alcuni pulsanti, collegati con la polizia, con i pompieri e probabilmente con un istituti privato di vigilanza, davano l’allarme alle forze dell’ordine. Il vecchio li premette tutti disordinatamente e Arkel bestemmiò mentalmente. Mi sa che non era la tv che guardava… L’avevo detto io al moro che qualcuna delle telecamere funzionava!

Riaccese la moto e se ne andò sgommando prima dell’arrivo di tutte le forze armate dello Stato, tanto Madian era già al corrente dell’allarme perché quello antincendio urlava spezzando il silenzio della notte.

Dopo pochi istanti un’altra moto arrivò, fermandosi in un angolo buio della via. Era nera, compreso il suo conducente che osservava interessato l’evolversi degli eventi.

 

Il suono dell’allarme antincendio stava letteralmente spaccando le orecchie ai due ladri ancora all’interno del museo.

Immediatamente Mitja si avviò di corsa alla loro finestra, voltandosi solo una volta per urlare a Madian di seguirlo.

Quest’ultimo era sbigottito, era stato disturbato in un momento di massima concentrazione e non aveva ancora afferrato del tutto la situazione. Vide il russo fargli cenno di seguirlo con due quadri sotto braccio, ma non voleva arrendersi.

Aveva progettato di rubare quei disegni per proseguire la competizione con Black Soul e non sarebbero di certo stati un paio di sbirri a fermarlo!!

Estrasse la pistola dalla fondina e sparò due colpi alla vetrina. Poi infranse il vetro rimanente con i guanti e prese i cartigli, inserendoli in una specie di zaino rigido che teneva sulle spalle.

Si avviò di corsa alla finestra al sopraggiungere della guardia giurata, e vide che Mitja era già sceso. Si affrettò a seguirlo e una volta a terra abbandonarono l’attrezzatura, non c’era tempo di recuperarla.

Corsero fino all’angolo dove avevano parcheggiato la macchinetta scassata di Mitja truccata a dovere e ci salirono nel momento in cui cominciavano a sentirsi le sirene di polizia e pompieri.

Presero un vicolo in uno stridio di ruote e si allontanarono rapidamente, non accorgendosi di essere seguiti a distanza di sicurezza da una moto con i fari spenti.

- Maledizione, maledizione, maledizione!!!! – sbraitava Madian, picchiando un pugno sul cruscotto, furioso come mai Mitja lo aveva visto. Il russo rimase in assoluto silenzio, concentrandosi sulla guida e pensando che in fondo il furto l’avevano portato a termine…

Dopo una serie di borbottii molto poco eleganti Madian andò calmandosi e si accorse che giravano a vuoto. Si volse verso Mitja con un sorrisetto divertito:

- Stai girando in tondo perché hai paura di come potrei risponderti a una domanda su dove dovremmo andare? – il biondino lo guardò storto:

- Cosa dovevo fare?! Non ci si può parlare con te quando ti incazzi, mi spaventi!! – si lamentò. Madian rise, rilassandosi:

- Hai ragione, il fatto è che odio sbagliare, soprattutto sui sistemi di sicurezza. Mi sa che sono troppo pignolo. Allora andiamo al magazzino al porto: abbiamo merce che scotta da depositare nel nascondiglio che hai creato! – Mitja fece un sorriso smagliante:

- Davveroo?! Era ora, pensavo di aver sprecato del buon plastico per niente!! – disse tutto giulivo.

 

Meno di mezzora dopo erano arrivati a destinazione, scesero guardandosi attorno e sparirono nel piccolo capannone.

La solita moto nera si era fermata a debita distanza, il conducente aveva osservato i dintorni per ricordare il luogo esatto. Infine aveva acceso i fari ed era svanito nella notte.

 

~~~~~

 

Rewind: Lunedì pomeriggio, da Sybil

 

- Oh, bentornata Haydée! Chi è la tua nuova amichetta? – Sybil era in vena di battute sarcastiche, Winter invece aveva appena calmato gli istinti omicidi e mugugnò qualcosa di irripetibile in tedesco, la lingua di sua madre:

- Voleva dire che si chiama Winter, e che non le piaci neanche un po’. Allora, novità? – chiese la mora sedendosi pesantemente su una delle comode poltroncine di pelle di fronte alla scrivania:

- Winter… che nome insolito, ma trovo che per te sia perfetto! Siediti pure, sarà una cosa lunga. – disse alla bionda con un sorriso accondiscendente. La ragazza si sedette, in silenzio:

- Le novità ci sono, non chiedermi come le ho scoperte, ma ci sono. – Haydée annuì e la osservava seria, mentre Winter guardava dall’una all’altra:

- Qualcuno ruberà al museo della città tra qualche giorno, se non stasera stessa. – la mora sgranò gli occhi e si protese in avanti, ma ancora una volta non parlò: - Hanno scaricato tutte le piantine e i sistemi di allarme delle teche. Inoltre si sono procurati dell’attrezzatura per la forzatura di teche antisfondamento. Penso che vogliano rubare alcuni schizzi preparatori e un paio di quadretti insignificanti di grandi artisti, sono l’unica cosa che valga la pena di prendere da quel posto! – commentò altezzosa:

- E… - la incitò la mora. Odiava quando la donna si perdeva in inutili congetture…

- E… credo proprio che sia il tuo amico Zar che ha scaricato il tutto. – Winter la vide balzare in piedi:

- Come lo sai?!? -

- Il codice di accesso al database è sempre quello utilizzato per scaricare le informazioni della rapina alla banca, può essere un caso ma credo che valga la pena controllare… - Haydée schioccò le dita con un sorriso furbo:

- Sei la migliore Sybil! Non so come faccia ma sa sempre tutto! – concluse rivolgendosi a Winter. L’altra tornò a guardare la donna e strinse gli occhi. Incredibile che quella figlia d'Eva assurda e sempliciotta potesse essere l’angelo custode di Black Soul…

- Che hai intenzione di fare? -

- Penso che aspetterò i loro movimenti e vedrò dove si nascondono, o dove nascondono la refurtiva. Sai che non mi piace quando svaligiano i musei ordinari, l’arte non si tocca. Quindi provvederò a restituire il maltolto, per una volta mi trasformerò in Robin Hood in gonnella! Li ridicolizzerò semplicemente. -

 

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Capitolo 11
*** Temporale ***


Temporale

Temporale

 

Una settimana dopo, mercoledì ore 17:30

 

Era un brutto pomeriggio, il cielo era solcato da nuvoloni plumbei che conferivano uno strano colore terreo all’atmosfera. Si preannunciava un temporale coi controfiocchi e probabili cadute di grandine, Haydée era ancora in ufficio con una cliente e spiava la fetta di cielo che vedeva dalla finestra con aria preoccupata.

Quel giorno era andata al lavoro a piedi, desiderosa di fare un po’ di moto, e non si era nemmeno portata l’ombrello.

Una volta liberatasi dell’arpia che voleva ristrutturare una vecchia villa di campagna e che la stressava da mesi con continui cambiamenti di programma, si alzò e passeggiò per l’ufficio, scambiando qualche parola con Fedra, la sua segretaria:

- Brutto tempo, eh? – sospirò spalancando i doppi vetri e facendo entrare folate di vento impazzito. La ragazza si sistemò gli occhiali sul naso, con un piccolo sorriso:

- Non me lo dica! Sono venuta in scooter e non ho nemmeno un impermeabile se comincia a piovere! – fece indicando la maglietta bianca con alcune stampe che con due gocce d’acqua sarebbe diventata trasparente. Haydée annuì sorridendo:

- Mi spiace, non ho niente da darti, pensa che io sono a piedi, non ho l’ombrello e sono almeno a 2 km da casa! – disse tentando di buttarla sul comico.

Si sporse sul davanzale, respirando a pieni polmoni l’odore della forza della natura pronta a scatenarsi, poi richiuse i vetri:

- Che ne dici se ce ne andiamo a casa? Io sono esausta, e non ho nessuna voglia di farmi una doccia fuori programma! – ridacchiò dirigendosi alla scrivania per raccogliere le sue cose.

Fedra tentennò, guardando il telefono:

- E se dovesse chiamare qualche cliente? -

- Ci affidiamo alla tecnologia: la segreteria telefonica è proprio una grande invenzione! – disse riemergendo con tutte le sue cose. La ragazzina sbaraccò in un attimo, così uscirono insieme, salutandosi sulla soglia.

 

La ladra camminava spedita, sperando di arrivare a casa prima dello scatenarsi del temporale. Naturalmente dopo aver fatto qualche centinaio di metri presero a cadere goccioloni grandi come pesche, e lei si mise a correre con la valigetta in testa per ripararsi almeno un po’.

Stava attraversando la strada di corsa, volgendosi a sinistra e a destra, ma aveva saltato un passaggio importante: guardare davanti a sé.

Fatti alcuni passi affrettati andò a sbattere contro qualcosa di alto e solido, ricoperto da una polo blu:

- Mi scusi!! – esclamò dispiaciuta, sentendo con sorpresa che la pioggia aveva smesso di bagnarla:

- Tutto bene? – si sentì chiedere da una voce sensuale e conosciuta che le fece alzare lo sguardo, togliendo la valigetta che impediva ad entrambi di guardarsi in volto.

Sotto ad un ombrello orribile, di quelli che riproducono la Cappella Sistina, stava un viso degno di essere raffigurato dal grande Michelangelo in una delle sue opere immortali:

- Madian! – disse in un soffio, sgranando gli occhi e chiedendosi perché ogni volta che stava per fare un’abluzione fuori programma si ritrovava tra le sue braccia.

L’altro la fissava con un’espressione tra il sorpreso e l’inebetito, e si riprese solo quando il clacson di una macchina alla quale ostruivano il passaggio li richiamò alla realtà.

Trascinò la ragazza con sé sul marciapiedi, mantenendo ferma la presa sul suo braccio sinistro che aveva agguantato per farle mantenere l’equilibrio. Tornò a guardarla come se avesse una visione davanti agli occhi e lei poté notare la sfumatura verde che i suoi begli occhi avevano in quel momento. Cos’è, la fatina buona ti ha pescato direttamente dai miei sogni proibiti?!

- Ciao Haydée, che fai in giro con questo tempaccio? -

- L’intenzione era di tornare a casa, ma dubito che ci sarei arrivata con qualcosa di asciutto addosso! Scusami se ti ho travolto… - si scusò mordendosi il labbro inferiore. Lui trattenne il fiato, mentre un lampo su quello che gli sarebbe piaciuto fare con quella labbra lo travolgeva:

- Oh… non è niente! Figurati… - si schiarì la voce per nascondere l’imbarazzo: - Ti va un caffè? – la ragazza sgranò gli occhi: -…o magari un gelato… - lei si allontanò di un passo nel tentativo di ragionare razionalmente, erano sotto un portico e lì non pioveva. Fece un respiro profondo nel tentativo di prendere il controllo della situazione, poi lo guardò e annuì con un piccolo sorriso:

- Un caffè andrà benissimo, grazie… - non aveva mai visto un sorriso soddisfatto come quello che le fece il ragazzo dopo la sua risposta. Lui la prese per mano e la trascinò nel primo localino decente sulla sua strada, congratulandosi internamente con sé stesso e con la benevolenza della dea bendata: doveva aver fatto qualcosa di veramente eccezionale nella sua vita precedente per meritare tanta fortuna!!

Dopo un po’ di iniziale timidezza cominciarono a parlare: lei gli raccontò del suo lavoro di architetto e lui inventò che lavorava per suo padre, un industriale dal quale stava ereditando il lavoro.

 

Oddio, non erano tutte frottole: suo padre era veramente ricco, e faceva pure l’industriale a tempo perso, quello che aveva omesso era che si era arricchito con la stessa “attività” che aveva realmente trasmesso a suo figlio, il furto!

Per il resto, effettivamente il suo vecchio voleva intestargli un ramo dell’azienda che faceva interamente dirigere da persone competenti, lamentandosi che l’aveva fatto laureare in ingegneria elettronica per niente. Il ragazzo ricusava dicendo che la sua laurea fruttava nel lavoro che già faceva e che per il momento gli andava benissimo così, poi magari in futuro ci si poteva ripensare!

 

Proseguì raccontandole come aveva conosciuto i suoi due amiconi, Arkel e Mitja, e le chiese di Phénice:

- Sta bene, direi che la sbornia le è passata… - rispose facendolo ridere. Le venne in mente della sera in cui Arkel l’aveva accompagnata a casa: - Senti, ho visto Arkel… - cominciò:

- Lo so, me lo ha raccontato! Era curioso di sapere chi è il tuo istruttore di autodifesa, l’hai folgorato! – disse sorridendo. Lei fece un sorrisetto di circostanza, poi rigirò la tazzina di caffè ormai vuota tra le dita e lo scrutò attentamente:

- Come faceva a sapere dove abito? – chiese a bruciapelo. Lo vide spalancare la bocca con aria assolutamente ebete, e non poté trattenersi dal ridere internamente di lui, mentre lo guardava con gravità per ottenere la risposta:

- Ah, beh… noi… vi abbiamo seguite la sera della discoteca… - mormorò sorpreso della sua espressione guardinga:

- Per quale motivo? – Madian prese fiato:

- Che… cosa? – lei sorrise, gelida:

- Rispondi. -

- Perché… mi sembrava che stessi piangendo, e… temevo che potesse succederti qualcosa alla guida. – rispose imbarazzato, sentendosi vagamente sotto torchio. La vide sgranare gli occhi e trattenere il fiato:

- Per… questo? – mormorò dopo un’infinità:

- Sì, solo per questo. – la vide rilassarsi contro lo schienale: - Credevi che fossi un maniaco? – chiese divertito, e quando la vide arrossire ridacchiò senza ritegno:

- Non c’è niente da ridere!! – sbottò lei offesa:

- Scusa… scusa, è che lo dico sempre ad Arkel che con quella faccia da burbero passa per squilibrato, lui invece è convinto che mantenere quell’espressione scostante attiri le donne!! – alla fine anche la ragazza si mise a ridere:

- Mi sa che il tuo amico ha dei seri problemi di socializzazione, dovrei fargli conoscere per bene Phénice, lei è tutto il contrario e magari lo guarirebbe! -

- Venerdì prossimo. – Haydée alzò lo sguardo disorientata, mentre il ragazzo la guardava con un sorrisetto furbo dipinto in volto:

- Prego? -

- Venerdì prossimo. A casa mia. Facciamo una cena, ci saremo solo io e i due soggetti strani, vieni con Phénice, magari da sobria la trovo anche più simpatica! – sorrise vedendola stralunata: - Ehi, niente di formale, una cosa tra amici! Potete venire anche in ciabatte da casa e con i bigodini, non ha alcuna importanza, è solo per conoscersi e stare un po’ in compagnia. -

- Ah… - fu l’unico commento. Madian non si lasciò demolire:

- Coraggio, non mangeremo certo voi due! Magari faremo una grigliata, a Mitja piace cucinare all’aperto. Mi lasci il tuo numero così ti chiamo per dirti l’ora. – intanto frugava in una tasca per trovare la sua penna: - Stavolta mi sono attrezzato! – prese un tovagliolino: - Allora… questo è il mio indirizzo, se lo perdi non esitare a chiamarmi. Se non riesci a orientarti, idem. Qualche domanda? – fece allegro, parlando rapidamente per non darle il tempo di rifiutare. Dì di sì, dì di sì, ti prego, dì di sììì!!!

- C’è anche Winter, non posso lasciarla a casa… - mormorò soprappensiero:

- Un’altra amica? Perfetto! Allora, penso che faremo per le 8, ma ti chiamerò per dirti qualcosa di più preciso. Mi dai il tuo numero? – lei glielo mormorò, con la mente ancora in un altro sistema solare: - Magnifico! – si alzò e lei di riflesso fece altrettanto. Lo vide andare a pagare i due caffè e uscire, e lo seguì: - È tutto ok? – si sentì chiedere:

- Eh? Ah, sì… -

- Allora ci vediamo venerdì? -

- Immagino… di sì… sì. – concluse guardandolo spaesata. Lo vide sorridere per il sollievo:

- Meno male!! Pensavo volessi rifiutare!! – lei guardò l’orologio:

- Scusami ma devo andare ora, avevo dimenticato di avere un appuntamento. – guardò fuori dai portici e vide che aveva smesso di piovere, così porse la mano destra al ragazzo con evidente agitazione: - Grazie per l’invito. Ti farò sapere cosa ne dicono le mie amiche. – lui prese automaticamente la mano, guardandola intensamente negli occhi e maledicendo i rapidissimi temporali estivi, avrebbe voluto accompagnarla…

- Ok, allora aspetto la tua telefonata… ci vediamo, Haydée. -

- Certo, ci vediamo o ci sentiamo! – fece per sciogliersi dalla stretta ma si accorse che lui non faceva altrettanto.

Improvvisamente lo vide avvicinarsi e chinarsi su di lei, mentre il suo profumo fresco la investiva completamente.

Registrò con un brivido infuocato il tocco leggero delle sue labbra morbide su una guancia, mentre un leggero alito del suo respiro caldo le sfiorava un orecchio togliendole qualsiasi traccia di raziocinio dalla mente.

Come in sogno, sentì che le sfiorava un braccio nudo con la mano libera, mentre intrecciava le dita alla sua mano che stringeva ancora, e i respiri profondi che faceva per assaporare il suo profumo.

Dolce follia che la voleva trascinare con sé, e che le annullava qualsiasi capacità di reazione!

 

Ma ecco la solita vocetta Razionale, vestita da vecchia bigotta guastafeste, spalancare la porta del suo cantuccio nella sua mente e prendere a sbraitare come un’ossessa agitando una scopa di paglia.

Haydée si ritrasse di scatto, traballando sui tacchi non molto alti e guardandolo con occhi sgranati:

- Devo… andare… ciao! – mormorò con voce strozzata correndo via e svanendo in mezzo al traffico.

 

Madian rimase bloccato dov’era, con una faccia da bambino a cui abbiano mostrato il regalo di compleanno per poi rubarglielo, rimediando decine di occhiatacce dai passanti e non rendendosene nemmeno conto.

Fece alcuni passi strascicati all’indietro e si appoggiò al primo muro che trovò con la schiena, passandosi lentamente una mano tra i capelli e riprendendo vertiginosamente le funzioni vitali elementari, come il respiro e il battito cardiaco, interrottesi diversi istanti prima:

- Oh… Cristo… -

 

~~~~~

 

Poco dopo, non lontano

 

Arkel tamburellava allegramente con le dita sulle leve dei freni, aspettando lo scattare del verde.

Adorava vagabondare in moto dopo un temporale, certo l’asfalto bagnato era scivoloso e non poteva osare in velocità, ma la frescura che si spande nell’aria, il profumo di pulito dopo che la pioggia ha mondato almeno un po’ lo sporco della città, e il colore del cielo azzurro sopra la testa erano uno spettacolo che lo aveva sempre affascinato.

Aveva intenzione di fare un giro al porto, per vedere le barche dei pescatori, la sabbia bagnata e il mare calmo. Era l’unica cosa che gli mancava del suo villaggio, il mare.

Per una vita lo aveva sempre avuto davanti agli occhi: a casa, a scuola, quando giocava con i suoi amici, le prime volte che usciva con qualche ragazzina, quando aveva scoperto di sua madre e aveva cominciato a temere di non essere figlio di suo padre…

Il mare lo aveva sempre affiancato, nella gioia e nel dolore. Come la moto. In un certo senso era come essere sposato con entrambi: li amava e loro lo rispettavano. Niente di meglio.

Vagò con lo sguardo, era lungo il viale principale, zeppo di bar e negozi d’alta moda.

Sugli ampi marciapiedi si assiepavano già una marea di persone, temporaneamente bloccate dall’imperversare del temporale.

 

Stava per tornare al suo semaforo, cominciava a innervosirsi per quell’eterna attesa, ma un testolina castano/rossiccia che sbucava a intervalli dalla folla catturò la sua attenzione.

Vide la ragazza in questione fermarsi davanti a un bar, controllare l’ora sull’orologio da polso e poi guardare a destra e a sinistra tra la gente.

Venne bruscamente risvegliato dalla sua contemplazione da un clacson innervosito dietro di lui: il semaforo era diventato verde, ma lui non aveva più fretta di correre al porto.

Fece un gestaccio caldamente sconsigliato dal galateo al conducente di una vecchia Peugeot e accostò lentamente a una certa distanza da Phénice, perché era sicuro che fosse lei, l’aveva guardata bene quella sera fuori dalla discoteca.

Spense la moto e lentamente slegò il cinturino del casco, registrando i particolari. I capelli ricci, lunghi oltre le spalle, erano sciolti e la facevano sembrare un piccolo leone. Rise del paragone: con quel fisico esile e minuto era un paradosso pensarla come un feroce e potente leone!

Era lievemente truccata, appena un filo di rossetto e mascara, niente di volgare, come piaceva a lui. Jeans e maglietta, non poteva essere più anonima di così. Inoltre sembrava una bambina così bassa, poco più di un metro e 60 probabilmente, ma aveva quel certo non so che…

Radiosa! Ecco la parola esatta! Come il primo sole in una giornata di fine marzo, quando finalmente si decide a risvegliare la natura avvizzita dall’inverno, dando il via alle danze folli della primavera.

Dove l’aveva letta quella roba non avrebbe saputo dirlo, ma era esattamente la sensazione che provava. Lei era il sole, o meglio la ninfa della primavera, e lui… beh, magari un orso in letargo perenne…

Si tolse il casco e la osservò intensamente, sperando che sentisse il suo sguardo su di sé e si voltasse a guardarlo a sua volta.

Quel giorno doveva essere il suo fortunato, probabilmente uno di quei giorni in cui se acquisti un biglietto della lotteria puoi stare sicuro che è quello vincente, quei giorni in cui ogni scommessa la vinci tu. Insomma, la ragazza si volse e i loro sguardi si incrociarono.

Le sorrise appena e la vide aggrottare le sopracciglia nel tentativo di riconoscerlo. Aveva una faccia talmente buffa che non poté impedirsi di ridere apertamente.

Ma il sorriso gli morì sulle labbra quando un ragazzo le si accostò sfiorandole un braccio e richiamando la sua attenzione. La vide sorridere e dare una bacio sulla guancia al ragazzo, e rimase abbagliato da quel sorriso.

Secco. Ecco la parola esatta. C’era rimasto secco. Non sapeva neanche lui perché, forse perché si era convinto che, essendo una donna il motociclista che lo aveva battuto lei non aveva un ragazzo. Forse ancora perché quella sera al 7 non c’era nessun ragazzo ad assisterla durante la sbornia. Forse perché pensava… che diavolo pensava!!! Lei non doveva avere il ragazzo, e che diamine!!

Li vide prendersi per mano e allontanarsi, solo una volta lei si era voltata e gli aveva fatto un sorrisetto e l’occhiolino.

 

“L’occhiolino?!??

Ragazzina, ma ti rendi vagamente conto a chi l’hai fatto quell’occhiolino?!!

Io lo rovino quel tipo idiota che tieni per mano, per un tuo occhiolino!

Io lo seppellisco con la testa di fuori in un termitaio nel Gran Canyon quel pezzo di cretino che ti vuole mettere le mani addosso, per un tuo occhiolino!!

Basta così!! Diamoci una calmata…” pensò facendo una serie di respiri profondi che neanche una gestante in pieno travaglio avrebbe potuto farli così male.

 

Recuperata la serenità almeno di un 5-10%, era pronto per ripartire.

Si cacciò il casco in testa con rabbia, accese la moto e tagliò la strada a un autobus e due macchine. Sgommò rabbiosamente e puntò dritto verso il mare, l’unico calmante per la sua ansia.

…No, lei non doveva avere il ragazzo, non dopo che lui… che lui… l’aveva… presa di mira…

Al semaforo successivo si fermò e guardò boccheggiando le macchine che avevano la precedenza muoversi lentamente, come ghiri svegliati dal letargo.

Possibile che… gli interessasse davvero quella… bambina??

Perché sicuramente era poco più di una bambina, dimostrava sì e no 18, magari 19 anni… non di più. Lui ne aveva almeno 10, se non 12 più di lei… Cristo, anche per essere sua sorella era troppo giovane!

Ma no, che diavolo!! Lo aveva solo colpito quella sera che era ubriaca perché era così innocente. Magari era il suo istinto paterno che aveva risvegliato, o qualche stronzata simile…

Rise di sé, dandosi mentalmente dell’idiota. Fortuna che non l’aveva visto nessuno sorriderle o l’avrebbero preso per pedofilo!

Finalmente vide il mare davanti a sé, e fu felice di poter accantonare quel pensiero… sgradevole… o meglio fastidioso… per il suo orgoglio maschile… no, non per quello… vabbè, basta psicoanalizzarsi per oggi!!

 

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Capitolo 12
*** Io, te e Crystal ***


Io, te e Crystal

 

Io, te e Crystal

 

Ancora mercoledì, ore 19

 

Haydée entrò nell’appartamento con l’aria di una appena travolta da un treno lanciato a più di 100 km/h. Non salutò nessuno e si chiuse a chiave in camera sua. Non si era nemmeno accorta che in casa oltre a lei c’era solo Winter.

 

La bella mora si era gettata sul letto senza nemmeno togliersi i sandali, guardava il soffitto di un tenue color paglierino con gli occhi sbarrati e l’aria completamente assente.

Sentiva ancora un fresco profumo da uomo aleggiare attorno a lei e un’incontrollabile paura serrarle lo stomaco.

Cosa le stava succedendo?? Perché Madian aveva quel potere su di lei? Non è che per caso, dico PER CASO… lepiaceva

Sentì una stretta terribile ad un muscolo che voleva dimenticare di avere. Dio Santo, non a lei!!

Perché le era toccato inventare una balla (l’appuntamento) per potersene andare?? Perché non riusciva a controllare quello che le succedeva quando quel ragazzo la avvicinava?!?

Si alzò di scatto e prese a camminare nervosamente per la stanza. Accese lo stereo e lo spense. Poi fu la volta della piastra per capelli, anche questa accesa e spenta subito. Infine arrivò il turno del computer. Accese e spense quello fisso, poi accese il portatile, quello che usava per “lavoro”.

Stavolta non lo spense, si collegò a internet e attese l’arrivo della posta elettronica.

Finalmente trovò un argomento di distrazione: c’era una mail criptata di Sybil.

Attese la traduzione in lingua corrente e lesse tutto d’un fiato:

 

Come sta la mia ladra preferita?

Ho finalmente avuto le informazioni che volevi su quel magazzino al porto, nel complesso poca roba. Il proprietario è una società di elettronica a capo della quale si trova un certo Maximilian McKaye. È un riccone annoiato, non la dirige realmente fa fare tutto il lavoro ad alcuni manager esperti pagati fior di quattrini per mandare avanti nel migliore dei modi la baracca. Se ti interessa ti allego la scheda e la piantina, ma non è che un parallelepipedo con un portone e delle finestrine a 5 metri da terra. A quanto pare il riccone ci tiene un fuoribordo, roba neanche tanto appariscente.

Bene, questo è quanto.

Mi sto attivando per qualcosa di grosso, ti farò sapere!

S.

 

Haydée non lesse nemmeno la scheda, diede un occhio alla piantina e chiuse il tutto.

“Chissà se questo McKaye è a capo del traffico o se alcuni suoi dipendenti sono invischiati in qualcosa… magari non sono nemmeno dipendenti, e il caro Zar utilizza il capannone ad insaputa di tutti…” era persa nel filo dei suoi pensieri e aveva dimenticato Madian.

Le tornò in mente quando, frugando nella borsetta per trovare un fazzolettino, trovò il tovagliolino con l’indirizzo.

Andare o non andare? Chiamarlo o mandarlo al diavolo? Mai dilemma amletico fu più difficile da sbrogliare!

Si sedette pesantemente sul letto, sospirando.

Era sbagliato rifiutare, praticamente aveva già accettato mormorando quel “sì” infelice. Lei non voleva dire sì! Era stata la sua linguaccia biforcuta e debole a tradirla!!

Aveva risposto senza pensarci… seguendo la voce del cuore… quante volte suo padre le aveva detto che le scelte migliori si facevano sempre mettendo a tacere il nostro cervello e permettendo al cuore di parlare per noi?

Se poi pensava che l’aveva fatto quando Phil l’aveva baciata la prima volta, tutte le belle parole del suo vecchio andavano a farsi friggere.

Prese in mano il cellulare, rigirandolo e tirandolo sul materasso per poi riprenderlo.

No, non poteva rifiutare ormai, era in ballo e avrebbe dovuto ballare.

Un sorrisetto divertito le si dipinse in volto. Non avrebbe di certo ballato da sola!

 

Diverse ore dopo…

 

- Hai detto venerdì prossimo? Va bene, per una volta Selim farà a meno di me, accetto volentieri! – Haydée volse lo sguardo su Winter. La ragazza aveva la solita espressione impassibile:

- Mmh… non lo so… - borbottò guardandole di sbieco:

- Eddai!! Non fare l’asociale, ci divertiremo!! E poi loro non sono in tre? – cinguettò Phénice all’indirizzo della mora che annuì: - Sì. Il ragazzo che mi ha invitata si chiama Madian, poi ci sono Arkel e Mitja. – si sorpresero entrambe vedendo la bionda sobbalzare sul divano:

- Hai… detto… Mitja?!? – le altre due si guardarono un istante:

- Sì, almeno mi pare si chiami così… Perché me lo chiedi? – inspiegabilmente era impallidita:

- Niente. Va bene, verrò anch’io… - mormorò con voce strozzata alzandosi e allontanandosi:

- Ok… - rispose la mora guardandola. Phénice sospirò senza aver capito un accidente:

- Che strana tizia! –

 

~~~~~

 

La settimana dopo, venerdì sera

 

- Dunque vediamo… la via dovrebbe essere questa… numero dispari, guardate alla vostra sinistra e cercate il n.135 signore, grazie… - Haydée era alla guida, accanto a lei Phénice e sul sedile posteriore una quasi inesistente Winter. Non fosse stato per l’ombra costante sullo specchietto retrovisore avrebbero dimenticato che erano in 3, visto che la bionda era profondamente assorta in chissà quale riflessione.

- Eccola! Carina come villetta, ha un bel giardino! – Phénice si dimenava come una ballerina di lap dance:

- Calmati ragazzina, mi stai facendo venire mal di mare!! – ecco, Winter aveva dato segni di vita.

Una volta parcheggiato solo la rossa scese allegramente. Winter la seguì con molta meno vivacità, semplicemente perché doveva farlo. Per ultima scese Haydée.

Perché improvvisamente le sue gambe erano diventate di piombo e la vocetta Razionale attendeva il momento buono per cominciare a sbraitare mentre faceva qualche sano gargarismo?

No, non doveva farci caso, non quella sera. Aveva deciso che sarebbe stato il primo e l’ultimo appuntamento, dopotutto non stava scritto da nessuna parte che per forza gliene avrebbe chiesto altri. Perciò doveva pensare solo a divertirsi e a rilassarsi, al diavolo tutto il resto!

Finalmente scese anche lei, prendendo dal bagagliaio le tre bottiglie di vino rosso che aveva acquistato tanto per non arrivare a mani vuote.

Avrebbe voluto altri istanti per pensare freddamente, per riuscire a darsi un contegno, per studiare un piano di attacco e di difesa, ma Phénice aveva già suonato:

- Ciao! Vi aspettavamo! – sulla porta c’era Madian, bello più che mai, le sorrideva affascinante. Durante le dovute presentazioni Phénice lo guardava imbambolata, arrivò persino a chiedergli l’autografo. Winter si accontentò di dare un’occhiata critica al suo fondoschiena e dopo attenta valutazione fece l’occhiolino alle altre due. Dio, che dittatrice!

Dalle scale scese di corsa Arkel, e anche lui si presentò sia alla bionda che a Phénice. Questa lo guardò sospettosa, poi il suo viso si illuminò di un sorriso raggiante:

- Ma certo! Ora ricordo!! Eri sul corso mercoledì scorso, dopo il temporale!! Scusami se non ti ho riconosciuto, ero troppo ubriaca quella sera per ricordare… - fece imbronciata facendo ridere Madian. Arkel mugugnò qualcosa a mezza bocca circa il loro incontro e solo Winter lo sentì vagamente, dopo aver valutato anche lui come passabile.

Il padrone di casa, o almeno quello che appariva tale, le condusse nel giardino sul retro, dove a un barbecue stava un ragazzo biondo con un gran grembiule bianco e un cappello da cuoco.

Quando lo chiamarono si volse teatralmente, parlando in una specie di inglese francesizzato che lo rendeva ancora più ridicolo, se possibile.

Fece un galante baciamano sia a Phénice che ad Haydée, ma si bloccò quando vide la bionda:

- Lei è … - ma la mora non riuscì a finire:

- Winter! -  Mitja si avvicinò guardandola attentamente, mentre i suoi colleghi si stupivano di vederlo tanto serio per una volta. La ragazza lo guardò dapprima sorpresa, poi lentamente sembrava che qualcosa cambiasse nel suo sguardo.

Si faceva sera e lui non riusciva a scorgere il colore dei suoi occhi. Il ragazzo la prese per mano avvicinandola ad una lampada all’esterno della casa. Occhi grigi, meravigliosamente simili a ghiaccio, mentre quelli di sua sorella erano azzurri come il cielo. Per il resto erano sempre state due gocce d’acqua:

- Non ti ricordi di me? Sono Mitja. – lei vacillò sulle gambe, aggrappandosi ad un suo braccio con la mano libera: - Ti ricordi? Io, te e … Crystal… - mormorò incredulo. Dopo 17 anni aveva ritrovato una delle sue due più grandi amiche!

- M-Mitja… - sussurrò lei incredula. Il ragazzo annuì, sorridendo al massimo della felicità.

Lei si portò una mano alla bocca, reprimendo un urlo di sorpresa, mentre lui la abbracciava con trasporto, sollevandola appena da terra:

- Mi sembra impossibile di averti ritrovata! – esclamò facendo alcune piroette su sé stesso, ridendo come un pazzo. Alla fine la rimise a terra e lei poté guardarlo per bene, sbattendo le palpebre per ricacciare i lucciconi negli occhi. Aveva finalmente trovato una parte della sua infanzia perduta, la sua missione personale era finalmente giunta ad una svolta dopo più di due anni di affannose ricerche.

Improvvisamente tornò indietro nel tempo a 17 anni prima, quando si trovava in un vicolo buio in fuga dallo sgherro di un cinese, e il dolore di quel momento si fece avanti più vivo che mai.

- Mitja… non l’ho ancora trovata… - mormorò disperata, mentre dopo anni gli occhi tornavano a riempirsi di lacrime.

Mitja la trascinò in cucina, lontano da sguardi indiscreti. Un attimo dopo Winter lo stringeva convulsamente e ripeteva il suo nome con voce straziata rotta dai singhiozzi, mentre lacrime di sollievo e disperazione le bagnavano impietose il bel viso da troppo tempo insensibile a tutto.

La tenne tra le braccia delicatamente, chiudendo gli occhi e assaporando la felicità di averla finalmente accanto… dopo un tempo indefinito sentì i singhiozzi calmarsi lentamente e lei che tentava di scostarsi.

Glielo impedì, stringendola un po’ più forte. Lei alzò i suoi occhi grigi su di lui, che in risposta le sorrise.

Era diventata bellissima. Lo era sempre stata anche da bambina, ma ora…

Deglutì a fatica, poi allungò una mano accanto a sé, tastando nel vuoto. Finalmente trovò un pacchetto di fazzolettini di carta e ne porse uno alla splendida ragazza tra le sue braccia.

La sentì mormorare un ringraziamento a mezza bocca e scosse il capo:

- Nemmeno io l’ho ancora trovata, mi dispiace tanto. – mormorò realmente spiacente:

- Tu… l’hai cercata? – chiese con i lacrimoni che spingevano ancora per uscire dopo tanto tempo in castigo:

- Sì… ma come vedi non ho avuto molto successo… non pensavo che la cercassi anche tu, pensavo… che… avessi superato… -

- Perché, tu l’hai superato? – il ragazzo sorrise appena, scivolando con gli occhi sul suo viso sconvolto:

- No… per tutti questi anni non ho fatto che pensare a te e a tua sorella. – mormorò allungando una mano e sistemandole una ciocca di capelli dietro ad un orecchio.

Lei rabbrividì al contatto e si ritrasse, ponendo fine al loro abbraccio.

Rimasero a lungo in silenzio, mentre lei si riprendeva del tutto:

- Mi sa che gli altri ora aspettano una spiegazione… - mormorò non sapendo come avrebbe reagito:

- È giusto. Potresti dargliela tu? Io non me la sento. - lui la prese per mano:

- Certo! Però verrai di là con me, non ti lascio scappare un’altra volta! – fece allegro.

Raggiunsero gli altri quattro in giardino e Mitja la fece sedere:

- Come stai? – chiese Phénice con una vocetta preoccupata, alzandosi e guardandola con occhi sgranati:

- Meglio… - Winter alzò lo sguardo sul ragazzo accanto a lei, pregandolo di raccontare la loro storia.

Lui annuì e prese a narrare.

 

Dopo un buon quarto d’ora gli altri erano ammutoliti e li guardavano a bocca aperta:

- Quindi… senza contattarvi avete avuto la stessa idea… e autonomamente avete cominciato a cercarla… - mormorò Madian, il primo a riprendersi.

Haydée guardava la bionda con occhi nuovi.

Ora finalmente capiva il suo attaccamento a Phénice, a quanto pareva aveva lo stesso carattere allegro di quella Crystal. E capiva anche perché diffidava di lei quando diceva di voler solo collaborare con lei.

Era sicura che, nonostante Mitja non avesse parlato della loro seconda professione, era proprio per quel motivo che Winter si era avventurata in un mondo nel quale lei era finita quasi per caso.

Ora si spiegava la poca fiducia che aveva provato nei suoi confronti: era dovuta al fatto che fino ad ora Winter aveva mentito su quelle che erano le sue reali intenzioni. Non rubava per vivere, anche se il suo guadagno dava una mano viste le ricerche che doveva fare, rubava per arrivare alla fonte del suo dolore, cioè quel cinese.

Spostò lo sguardo su Mitja, in quel momento aveva un’espressione seria, era seduto sul bracciolo della sedia e teneva un braccio attorno alle spalle della ragazza con fare protettivo.

Chiaramente erano molto legati, chissà se lui sapeva del fatto che lei era una ladra, o se magari lo sospettava.

Probabilmente no, quei tre erano bravi ragazzi a quanto pare. Le avevano accolte come se fossero amici da una vita, non erano i soliti cretini esaltati che tentano di rimorchiarti in discoteca.

Guardò anche gli altri presenti: Phénice aveva un lacrimuccia invisibile che minacciava di scivolare sulla guancia, Arkel accanto a lei le porse un tovagliolino sbuffando, evidentemente mal sopportava gli isterismi delle donne. Però era molto serio, sembrava colpito dalla storia di Winter.

Madian era il più sorpreso: da quanto aveva già saputo era molto amico di Mitja, e magari il fatto che non gli avesse mai accennato a questa storia, come era evidente dalla sua faccia stranita, lo aveva scosso più di quanto non pensasse.

Infine tornò a guardare Winter e il russo. Lei era abbandonata contro lo schienale e aveva uno sguardo lontano, molto triste.

Sospirò: magari confessarle le sue pene avrebbe potuto dimostrarle che si soffre per tanti altri motivi al mondo, e le avrebbe dato coraggio. O almeno le avrebbe fatto capire che poteva anche confidarsi con lei e Phénice, non c’era nulla di male.

In fondo non le dispiaceva essere stata beccata quella notte fuori da Bulgari: ora aveva un motivo valido per continuare ad essere Black Soul, rimandando la sua partenza…

 

Alla fine l’allegria del russo e, una volta che si riprese, di Phénice ebbe la meglio.

Mangiarono e scherzarono fino a notte fonda, e tutto sommato fu una serata piacevole.

Mitja e Winter alla fine si salutarono con trasporto, o per lo meno lui la salutò con trasporto. Lei sembrava più una statua di cera, ma forse era comprensibile visto lo shock.

Una volta a casa Haydée non riuscì a dirle neanche una parola, la bionda si catapultò nella sua stanza senza proferire verbo.

Disse a Phénice che magari un giorno o l’altro potevano mettersi comode a parlare come vecchie amiche, avrebbe fatto bene a tutte.

 

~~~~~

 

Contemporaneamente, nella villetta

 

Mitja chiuse la porta della sua stanza, rimanendo nella più perfetta oscurità.

Spalancò le finestre per far entrare il chiarore lunare e si sedette ai piedi del letto asciugandosi i capelli.

Aveva dovuto fare una doccia per riprendersi, anche se non lo aveva dato a vedere aver ritrovato Winter lo aveva scosso parecchio.

Si alzò pigramente, con solo un asciugamani a cingergli i fianchi, e si accostò alla scrivania.

Aprì un cassetto e ne estrasse una scatola chiusa a chiave. Una volta rivelato il contenuto un lieve sorriso gli increspò le labbra.

Prese alcune vecchie fotografie e si sedette sul davanzale.

La luna gli illuminava le spalle allenate da giornate passate in piscina, come componente della squadra degli amatori dell’università.

Sfogliò le foto e guardò, per la millesima volta da quando aveva perduto di vista le sue amiche, le poche istantanee che avevano tutti e tre insieme.

Una era la sua preferita, perché ritraeva alla perfezione la loro personalità: era inverno ed era nevicato parecchio, lui era bagnato dalla testa ai piedi e stava preparando decine di palle di neve per scaricarle sulle sue ignare vittime, e guardava le ragazzine con un ghigno ridicolo che teoricamente avrebbe dovuto spaventarle.

Crystal rideva a crepapelle e si allontanava dal pupazzo di neve, pronta a fuggire agli attacchi del ragazzino, mentre accanto all’“Omino delle Nevi” stava Winter. Era seria e compassata, incurante dei suoi scherzi stupidi continuava a “vestire” il pupazzo con una vecchia pipa e un berretto di lana, adocchiando quella sciocchina di sua sorella.

Erano identiche, a parte il colore degli occhi… chissà se Crystal era ancora così allegra… chissà se si ricordava di loro, era passato così tanto tempo…

Sospirò, poi richiuse il suo tesoro nel cassetto.

Ne aveva abbastanza di malinconia da tenerlo sveglio tutta la notte, altro che sbronze come lo rimproverava Madian! I suoi occhi alla mattina erano cerchiati per il troppo pensare!

 

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Capitolo 13
*** Non ti muovere ***


Non ti muovere

Non ti muovere

 

Alcune notti dopo, al porto

 

Un’ombra nera scivolò fino al portone di ingresso del piccolo capannone.

Sfilò un grimaldello da una manica e lo introdusse nella serratura, che dopo pochi istanti cedette.

Black gettò un’ultima occhiata intorno, poi si infilò all’interno del fabbricato seguita da un’altra ombra di donna che chiuse la porta delicatamente, senza produrre alcun rumore.

Una volta entrate presero un paio di pile e fecero luce tutt’attorno. Il luogo era spoglio, c’erano alcuni scaffali colmi di attrezzi di meccanica per eventuali riparazioni, mentre al centro si trovava un carrello piuttosto grande con sopra una sagoma blu: era il fuoribordo di cui aveva parlato Sybil, coperto con un telone.

Decisero di lasciarlo perdere e di cercare un eventuale nascondiglio per oggetti d’arte.

 

Dopo una minuziosa ricerca dovettero convenire che erano stati più furbi di loro, almeno fino a quel momento.

Haydée sollevò per un istante il passamontagna e si asciugò qualche goccia di sudore, con quel caldo non c’era niente di più scomodo. Le avrebbero pagato anche quella scocciatura, il caro Zar e il suo amichetto! Era costretta a portarlo, dopotutto non poteva sapere se c’erano o meno delle telecamere nascoste.

Fece un bel sospiro e si accinse a ripetere la sua esplorazione.

Nei muri non poteva esserci niente, erano semplici pannelli di cemento, nient’altro.

Le mensole per gli attrezzi erano sottili, di compensato e lamiera. Niente di ché.

Puntò la torcia al soffitto: nemmeno lì c’era qualcosa di interessante, era veramente uno scatolone senza alcun interesse!

Identica diagnosi dette Winter, non c’era niente dove poter frugare.

Black si decise a scoprire il motoscafo, visto che anche il carrello non le aveva svelato nulla.

Frugò ovunque, intestardendosi persino sui bulloni, ma niente. Effettivamente era un po’ difficile tenere dei disegni e alcuni quadri in un motoscafo di dimensioni così esigue…

Presa dalla curiosità aprì lo sportellino contenente i dati del proprietario. Voleva solo verificare che fosse di quel McKaye, niente di speciale.

 

Il sangue le si gelò nelle vene quando lesse il nome del proprietario:

Madian Bailey. Come sarebbe a dire, Madian Bailey?!?

Sbatté le palpebre più volte, distogliendo lo sguardo. Quando però tornò a leggere le lettere erano sempre quelle:

Madian Bailey.

 

Winter notò la sua espressione e le si accostò da dietro:

- Qualcosa non va? – chiese spiando i documenti.

Presa dal panico Haydée rimise tutto a posto e si costrinse a ragionare razionalmente. La bionda la guardò stupita:

- Il proprietario… Madian… è suo il motoscafo! – fece con voce strozzata. Winter dilatò gli occhi e spalancò la bocca:

- Magari c’è una spiegazione razionale… - mormorò soprappensiero, mentre la mora si perdeva in congetture:

- Giusto! Il capannone potrebbe essere stato dato in affitto… non ho letto la scheda allegata che avevo ricevuto per e-mail, magari lì c’era scritto qualcosa del contratto di locazione a Madian… E allora perché Sybil mi aveva detto che era l’industriale a tenerci un fuoribordo?! McKaye… Bailey… I loro cognomi non si assomigliano affatto, non sono nemmeno uno l’anagramma dell’altro! Quindi non può essere il figlio, anche se me lo aveva detto lui stesso che suo padre è un industriale come questo McKaye… Cosa sta succedendo?? – mormorò confusa.

 

Scese dal motoscafo con un balzo silenzioso, posando una mano a terra.

Fu allora che sentì una fessura nella pavimentazione polverosa.

Dimenticò gli interrogativi di poco prima e si concentrò sul pavimento, l’unico elemento che fino ad allora avevano trascurato.

Seguì il percorso della linea, che semplicemente correva da un capo all’altro del capannone. Erano quelle fessure praticate appositamente per far sopportare al pavimento le temperature eccessive, calde o fredde che siano.

Osservò tutte quelle rette imitata dalla bionda, ma nessuna le disse niente finché non si decise a stendersi a terra e scivolare sotto il carrello.

Finalmente trovò qualcosa di insolito: c’era un quadrato, con lato di circa un metro e mezzo o poco più, proprio sotto lo scafo. Bingo!

Chiamò la sua collega per spostare il fuoribordo e riuscire a vedere con chiarezza.

Le fessure che delimitavano il quadrato erano più profonde di quelle del resto del fabbricato.

Prese un coltellino e lo insinuò, facendo leva per sollevare la piastra. Quando scoprirono quello che celava a occhi indiscreti sgranarono tanto d’occhi.

 

Incassata nel pavimento c’era una porticina con una chiusura pazzesca: era una specie di botola blindata, apribile solo con una chiave a lettura elettronica combinata con un codice numerico di 7 cifre.

Winter prese una macchinetta digitale ultra-sottile e fotografò il tutto più volte. Stavolta avevano parecchio lavoro per Sybil e il vecchio Cyrus, il loro fornitore di strumentazioni d’eccezione e… illegali!

Black sbuffò contrariata, sperava di riuscire a cavarsela quella notte stessa, e invece…

Rimisero tutto come lo avevano trovato, carrello compreso.

Ricoprirono il motoscafo mentre la mora sentiva un’inequivocabile stretta alla bocca dello stomaco.

Che diavolo ci faceva lì il motoscafo del bel marpione?! Doveva scoprirlo al più presto… già, ma come?!?

 

~~~~~

 

Alcuni giorni dopo, pausa pranzo, palazzo del centro

 

Un casuale osservatore davanti ad uno dei nuovi palazzi del centro della città, di quelli tutti vetri e specchi, avrebbe potuto vedere una bionda mozzafiato negligentemente appoggiata contro la parete trasparente dell’ascensore che la conduceva al piano terra.

Questa ragazza guardava con aria distratta la città avvicinarsi nella sua discesa, sospirando di stanchezza.

Una volta giunta alla fine della corsa scese lentamente, avviandosi all’uscita mentre si infilava una mano tra i lunghi capelli biondi per ravviarli.

Passò attraverso le porte girevoli e scese lentamente la breve scalinata all’ingresso, avanzando tranquilla sui vertiginosi ed eleganti tacchi a spillo dei suoi sandali.

Diede una rapidissima rassettata ai pantaloni neri gessati e alla camicetta incrociata e si avviò al solito bar dove pranzava.

Da brava ladra, ormai era nel giro da diversi anni anni, si accorse di un rumore costante di passi dietro di lei. Non sapeva bene il perché, poteva essere benissimo qualcuno che faceva la sua stessa strada, ma aveva la netta sensazione di essere seguita.

Provò a fermarsi per sistemare una cinghietta dei sandali e il misterioso inseguitore si fermò a sua volta. Quando si volse non c’era nessuno.

Riprese a camminare tranquillamente, poi vide una vetrina di chissà cosa da donna e si fermò un’altra volta. E ancora nessuno. Eppure era certa di non averli sognati quei passi!

Decise di fare un’ultima prova, poi se non avesse funzionato sarebbe andata di sua spontanea volontà a farsi rinchiudere nel manicomio più vicino.

Infilò una mano nella borsetta e svoltò al primo incrocio, sparendo dietro l’angolo. Sentì i passi accelerare e si nascose dietro il portone aperto di un condominio.

Quando si scostò per spiare chi fosse il suo inseguitore vide solo un uomo biondo di spalle che si guardava attorno perplesso.

Decise di passare al contrattacco.

 

All’improvviso il ragazzo sentì qualcosa di duro premere contro le vertebre, all’altezza dei polmoni:

- Mi cercavi? – chiese una voce gelida dietro di lui. Si lasciò sfuggire un sorriso e mise le mani in vista:

- Cosa te lo fa pensare? Non sei mica la sola donna su questa terra, Winter! – la ragazza lo fece voltare di scatto e lui poté vedere il “pericoloso” lucidalabbra col quale era stato minacciato:

- Mitja!! Che razza di scherzi sono! Mi sono spaventata!! – sbraitò passando in 5 secondi dal sorpreso all’infuriato:

- Scusa! Tentavo solo di farti una sorpresa o uno scherzo, ma con te non c’è gusto! – le disse scanzonato. Quel lucidalabbra è più che pericoloso, specie su due labbra del genere… Scacciò il pensiero impuro con una risatina nervosa interna. Lui che si metteva a sbavare dietro quel ghiacciolo di Winter, ma andiamo!! Non era ancora caduto così in basso!

- Tu e le tue facezie idiote, ma la finirai mai di fare il cretino!? – sbottò lei guardandosi attorno e riprendendo a camminare:

- Andiamo, cerca di essere più elastica! Dovresti prendere la vita con un po’ più di allegria… - lei si fermò di botto, piantandogli un dito nello sterno:

- Non ho niente per cui essere allegra, lo sai meglio di me. Quindi piantala di fare il buffone che si preoccupa per la mia tristezza e comincia a crescere! – Mitja la guardò mentre riprendeva a camminare con fare altero, e si chiese se avrebbe mai dimostrato che aveva un cuore. La rincorse:

- Aspetta, dai! Scusa se ti ho infastidita, ma non vedo perché te la devi prendere così tanto. – la vide portarsi una mano alla fronte con una leggera smorfia:

- Hai ragione, scusami tu. Ho solo avuto una mattinata pesante, nell’ufficio per il quale lavoro non ho riscosso molte simpatie. Ma dimmi un po’, che ci fai da queste parti? – disse rallentando il passo:

- Sono venuto per pranzare con te! – Mitja sorrideva come uno scemo e riuscì a cavarle una mezza smorfia che con molta fantasia avrebbe anche potuto essere un accenno di sorriso:

- Ma davvero? Dì un po’, non è un modo galante per dirmi che vuoi un pranzo a scrocco, vero? Mi sembra di ricordare che da bambino utilizzavi spesso questa tecnica con mia sorella per sbafarle le merendine… - esordì studiandolo con gli occhi socchiusi. Quando lo vide scoppiare in una risata il suo cuore si alleggerì come quando era bambina.

Da quanto tempo non sentiva una risata così allegra e sincera! Non lo avrebbe ammesso neanche davanti al Sommo Giudice il giorno del Giudizio Universale, ma Mitja… in fondo… ma proprio fondo… le era mancato…

Le erano mancate l’allegria, gli scherzi stupidi dei quali non aveva mai riso, al contrario di Crystal, e le battute perennemente idiote. Era cresciuto, era cambiato fisicamente, ma non si smentiva mai.

- Ehi! Si parla di marachelle di anni luce fa! Non sono cadute in prescrizione, vostro onore? – fece pregandola a mani giunte. Lei gli fece un gesto di stizza con la mano:

- Per carità! Risparmiami la scena madre! – fece esasperata, ma in fondo al cuore era divertita.

 

Incredibilmente fu il ragazzo a prendere da mangiare, stupendola una volta tanto. Si era fatto impacchettare un intero vassoio di panini e l’aveva trascinata in un angolo verde, non molto lontano dall’ufficio per il quale lavorava.

Si sedettero su una panchina e mangiarono, chiacchierando tranquillamente. Una volta terminato il pranzo Mitja si stese sulla panchina accanto e fece mostra di sonnecchiare con il berrettino sportivo calato sugli occhi e un filo d’erba tra i denti.

Winter lo guardò a lungo, ripensando a una miriade di vecchi episodi che nella sua mente formavano l’equivalente di un film in bianco e nero, poi si decise a fargli una domanda:

- Mitja? -

- Mmmh? – fece lui alzandosi con la faccia stralunata e un sorrisetto assurdo:

- Hai detto… che hai provato a cercarla… intendo Crystal… hai smesso? – chiese titubante. Lui divenne improvvisamente serio e si tolse il cappellino:

- In un certo senso. -

- Puoi spiegarti? -

- Certo. – in un attimo era di nuovo seduto accanto a lei, il berrettino su un ginocchio, le braccia allungate sullo schienale e lo sguardo puntato al cielo azzurro: - Dunque, ho cominciato a cercare informazioni su di lei una volta diplomato, ma l’università mi impediva di muovermi a mio agio. Intanto ho… lavorato per avere i mezzi per cercarla, sai che i miei non sono mai stati dei ricconi! Dopo che mi sono laureato ho cominciato a fare sul serio, ma per quanto mi mettessi d’impegno non sono mai riuscito a cavare un ragno dal buco. Poi, circa un anno fa, ho incontrato un vecchio compagno delle superiori. Ero parecchio sbattuto, avevo viaggiato per più di un anno e sembravo un homeless! Gli confessai che cercavo una persona ma che non ero ancora approdato a nulla. Lui mi ha dato una pacca sulla spalla e mi ha detto che sbagliavo tecnica. Diceva che non dovevo continuare a girare a vuoto: avrei dovuto fermarmi. Mi disse queste precise parole:

Se stai fermo, prima o poi è il mondo a passarti davanti.

Io gli ho dato retta, Madian mi ha invitato a stare con lui, ed ecco che mi sbuchi tu dal nulla! – concluse sorridendo.

Winter lo guardò sorpresa, chiedendosi se anche quella non era la tecnica giusta per ritrovare sua sorella. Chissà, magari fermandosi un po’ in quella città sarebbe riuscita ad avere qualche informazione, se aveva portato fortuna a Mitja…

Si immerse nei suoi pensieri, dimentica di tutto, mentre il ragazzo accanto a lei la guardava incantato. Era cambiata molto in quegli anni. Il suo viso era manifestamente triste, ma emanava un fascino irresistibile.

Winter sentì delle dita calde ed esitanti sfiorarle un braccio e si volse a guardarlo. Le sorrideva dolcemente, e inconsapevolmente i suoi lineamenti si distesero. Era la cosa più vicina a un sorriso da 17 anni a quella parte, come quel mattino che aveva trovato Phénice nel dopo-sbornia.

Mitja stava per prendere fiato, voleva dirle quanto aveva cercato anche lei e quanto era sollevato di averla ritrovata, ma una voce li fece sobbalzare:

- Winter! – si volsero e videro un ragazzo osservarli a bocca aperta: - Non ci posso credere! Che ci fai qui!? – Mitja vide Winter impallidire:

- Aaron?! – balbettò alzandosi lentamente e indietreggiando appena. Mitja la guardava sorpreso: Strano, sembra pronta per battere il record dei 1000 metri a ostacoli…

- Incredibile!! E io che pensavo che non ti avrei più rivista! Allora hai ripensato alla mia proposta di vivere insieme! – così dicendo il ragazzo si avvicinava lentamente, ma la distanza tra lui e Winter non diminuiva:

- M-ma… n-no… non sapevo che… abitassi in questa città… - tentò di obiettare con voce tremante:

- Sul serio?! Strano, credevo di avertelo scritto nella mia ultima lettera. Ma allora è stato il destino a riunirci!! Non sai come sono felice… - fece per slanciarsi per abbracciarla ma lei si volse rapidamente e corse via, lasciando la borsetta accanto a Mitja sulla panchina.

Il tale fece per rincorrerla, ma una presa d’acciaio ad una spalla lo bloccò. Volgendosi incontrò lo sguardo duro e scostante di un ragazzo biondo:

- Levami le mani di dosso! – sbraitò divincolandosi:

- Tu lascia in pace Winter. Non mi sembrava entusiasta di rivederti… - sibilò sentendo una strana rabbia crescere dentro.

- E tu che ne sai?? Va bene, abbiamo avuto delle divergenze, ma vorrei appianarle e se tu non mi avessi fermato ora probabilmente l’avrei raggiunta! – Mitja aggrottò le sopracciglia:

- Per fare che? -

- Che razza di domande! Per rinnovare il nostro fidanzamento! – a quel punto il russo cominciò a vederci doppio. Lo prese per il colletto della camicia perfettamente stirata e arrivò a sfiorargli il naso con proprio:

- Senti damerino, Winter si è spaventata, ed evidentemente tu sei un po’ lento di comprendonio perché questo può significare solo che non ne vuole sapere di te. Quindi vedi di girarle alla larga o te la vedrai con il sottoscritto, sono stato chiaro?? – ringhiò vicino al perdere le staffe.

Dopodiché lo lasciò al suo destino, prese la borsetta della ragazza e andò a cercarla.

Cos’era ‘sta storia del rinnovo del fidanzamento?!?? Non gliela raccontavano mica giusta…

Dopo aver fatto qualche decina di metri si bloccò: sapeva qual’era il palazzo, ma non il nome dello studio per il quale lei lavorava!

Sbuffò infastidito: adesso gli toccava anche aspettare che uscisse per poterle ridare le sue cose! Si rassegnò ad aspettare gettandosi di peso sulla prima panchina libera.

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Capitolo 14
*** Il punto più buio ***


Il punto più buio

Il punto più buio

 

Quel pomeriggio nell’ufficio dell’architetto Grantham

 

- Fedra, per favore, manda questo fax al numero che ti ho scritto a matita. Quello scocciatore del sindaco vuole il preventivo esatto… Ma come diavolo faccio a saperlo io?!? Non sono un’impresa edile!! – concluse borbottando fra sé.

Prese una cartella voluminosa dallo schedario, chiedendosi chi gliel’aveva fatto fare di avere due lavori massacranti, dopodiché si sedette alla scrivania e tentò di concentrarsi.

I suoi tentativi però continuavano a fallire perché la segretaria stava facendo un casino infernale con il fax:

- FEDRA!! Che diavolo stai combinando?! – la ragazza la guardò impaurita, ben sapendo che la sua datrice di lavoro era in giornata storta:

- Ecco, il fax non funziona come si deve e io… - l’altra la zittì con un gesto nervoso:

- Sissì, va bene… la prossima volta fammi la cortesia di chiudere la porta allora. – così dicendo chiuse la soglia del suo ufficio con un tonfo rumoroso.

Fece un profondo respiro e tornò alle sue scartoffie.

Dopo nemmeno 10 minuti il telefono prese a squillare e scattò in piedi. Andò alla porta e bisbigliò velenosa:

- Chiunque sia, tu oggi non mi hai vista!! – la ragazza annuì mentre lei si richiudeva la porta alle spalle con un sospiro.

Intanto Fedra aveva sollevato la cornetta:

- Studio Grantham, buonasera. -

- Buonasera signorina, vorrei parlare con l’architetto. – la voce dell’uomo all’altro capo era calda, una voce sensuale:

- Ehm, mi spiace ma… l’architetto non c’è… - mormorò incerta:

- Ah no?… Bene, allora la tenga lì dentro per almeno un quarto d’ora, il tempo di arrivare! – e riagganciò. La ragazza arrossì violentemente… come aveva capito che gli aveva mentito?! Va bene che lei le balle non le aveva mai sapute raccontare, ma farsi pescare addirittura al telefono…

 

Dieci minuti dopo il suono delicato del campanello che avevano fatto installare appositamente per l’indole nervosa della dottoressa, avvertì dell’arrivo di un cliente.

Fedra deglutì, immaginando già il viso furibondo del suo capo, e si alzò per aprire con le ginocchia che le tremavano.

Non era preparata ad aprire a un figo del genere.

Il ragazzo sfoggiò il suo sorriso più riuscito, sfilandosi i Persol con aria da seduttore:

- Buonasera! Allora, sei riuscita a placcarla? – chiese divertito dallo sguardo imbambolato della ragazzina. Lei annuì, senza riuscire a spiccicare parola:

- Perfetto! – così dicendo la scostò gentilmente, dirigendola alla sua scrivania con un braccio attorno alle sue spalle, mentre dava una lunga occhiata all’ufficio: - Mmmh… elegante e sobrio… non per niente è un architetto! È di là, vero? – fece indicando con il pollice la porta chiusa.

La risposta fu un altro movimento affermativo del capo:

- Grazie, sei stata molto gentile! – e si diresse risoluto alla porta aprendola delicatamente.

 

- Fedra, ti prego, ho una valanga di lavoro arretrato, per qualsiasi cosa aspetta più tardi! Uff… non capisco perché non mi decido a prendere un socio… - borbottò scocciata senza neanche alzare il capo dai progetti:

- Va bene anche un ingegnere elettronico? – si sentì chiedere.

Alzò la testa di scatto, sobbalzando sulla poltrona di pelle nera dotata di rotelline:

- Madian?!?! – escalmò incredula:

- Sorpresa! Mi avevi tanto parlato del tuo lavoro e del tuo ufficio che ero curioso di vederti in azione! – fece accomodandosi su una poltroncina:

- Oh… bene… allora, posso offrirti un caffè, un bicchiere d’acqua, un tè… - fece guardandolo sorpresa:

- Niente, grazie. – la vide fare un cenno di diniego col capo alla sua segretaria che li guardava attraverso la porta aperta. Decise di rimediare a quell’intromissione estranea e la chiuse con nonchalance:

- Allora… cosa facevi prima che ti interrompessi? – chiese allegro. Lei lo guardava sorpresa. Gli aveva detto dove si trovava il suo ufficio quel pomeriggio del temporale, se non sbagliava… non credeva certo che si sarebbe presentato proprio lì! Anzi, non credeva proprio che si sarebbe ripresentato!!

- Un palazzo per convegni… dovrei progettare un palazzo, o meglio un albergo per convegni. Una cosa ultra-lussuosa… - lo vide sbirciare le planimetrie e i vari appunti. Prese un foglio dove si era scritta alcune annotazioni:

- Che calligrafia elegante… - commentò all’improvviso. Haydée si sentì arrossire come una stupida a quel complimento così insignificante:

- Grazie… anche tu scrivi bene… - mormorò. Lui la guardò di sottecchi, inarcando un sopracciglio e sorridendo a mezzo:

- Ah già, i miei biglietti… mi sento un po’ patetico ad averti lasciato nome, numero di cellulare e indirizzo in quel modo! – ironizzò restituendole il foglio. Lei sorrise tranquilla:

- Ma no, che dici… - la conversazione cadde e non sapevano come continuare.

In quel momento Haydée ripensò al fuoribordo e al nome del proprietario, e decise che poteva essere il momento buono per iniziare le sue ricerche visto che Sybil stavolta si era rivelata pressoché inutile:

- Senti… la prima volta che ti ho visto eri su un motoscafo… lo avevi noleggiato? – chiese ostentando semplice curiosità e un sorrisetto innocente:

- No, l’avevo acquistato da poco per togliermi uno sfizio… Ora mi crederai un insulso figlio di papà! – fece ridacchiando. Lei fece finta di stare al gioco:

- E, dì un po’… sono indiscreta se ti chiedo dove lo tieni? – chiese casualmente:

- Perché, vuoi prenderne uno anche tu? – chiese allegro. Lei si strinse nelle spalle, evasiva: - Comunque non sei indiscreta: lo tengo al porto, ho il mio posto di attracco ma preferisco tenerlo in un capannone di mio padre, non lo uso spesso. – lei trasalì, tentando in tutti i modi di non darlo a vedere:

- Ah già, tuo padre… mi avevi già accennato qualcosa su di lui… come avevi detto che si chiama? – mentì spudoratamente, non le aveva mai detto il nome, ma sperava che lui non ci facesse caso. Aveva come una strana sensazione…

- Forse non te l’avevo nemmeno detto… Maximilian McKaye comunque. È un tipo simpatico, come pure mia madre, non mi lamento dei miei genitori! E i tuoi? – la vide rabbuiarsi e distogliere lo sguardo.

- Mio padre è in India. A Delhi. Mia madre forse in una di quelle cartoline che vedi dietro la scrivania di Fedra, non ho molte notizie di lei. – rispose a fatica e lui fortunatamente non insistette. Lo ringraziò mentalmente per la sua gentilezza, anche perché ora aveva ben altro a cui pensare che le sue disgrazie familiari:

- Hai detto McKaye… ma tu non ti chiami Bailey? – domandò incuriosita:

- Sì… sono stati i miei a mettermi il cognome di mia madre. Sai, perché non fossi costretto a subire tutta la vita il confronto con quel riccone di mio padre… - Che scusa idiota!! Pensò dandosi mentalmente dell’imbranato. Comunque sia non poteva certo dirle che gli avevano dato un altro cognome per evitargli problemi se quel borsaiolo di suo padre fosse stato arrestato, o magari anche solo smascherato.

- Però… genitori previdenti… - mormorò soppesandolo con gli occhi socchiusi. Finalmente qualche informazione interessante, ma ancora non le era chiaro chi aveva visto entrare quella notte nel capannone… Però, avrebbe potuto fare una prova!

Si alzò di scatto, sorprendendolo:

- Sono stanca di stare in ufficio, che ne dici se scendiamo? C’è un giardinetto proprio qui sotto! -

- Ok! Allora dopo di te! – fece galante aprendole la porta.

 

Pochi minuti dopo sbucarono da un basso colonnato in una piazzetta, proprio sul retro del palazzo che ospitava l’ufficio della ragazza.

Lei si avviò alle panchine attorno al praticello come se niente fosse, ma in realtà spiava l’espressione del ragazzo.

Lui si guardava attorno, osservando i palazzi che li circondavano, e ad un tratto Haydée ebbe la sua prova, o quella che si poteva ritenere tale.

Lo vide sgranare gli occhi per un istante, bloccarsi su due piedi, aprire la bocca ma non dire niente, poi schiarirsi la voce e riprendere a camminare come se nulla fosse.

Haydée socchiuse gli occhi pensierosa: Madian aveva visto il palazzo di giustizia, la procura e la sede centrale della polizia della città. Se non restava impressionato un ladro davanti a questo spiegamento di forze dell’ordine pronte a schiacciarti…

Quella poteva essere la sua prova decisiva. Era convinta che se si fosse agitato e avesse fatto finta di niente a tutti i costi era un ladro, mentre se avesse fatto qualche battuta, ridendoci su, era un onesto cittadino. Altro che architetto, lo strizzacervelli dovevo fare!!

Con un nodo in gola immaginò che lo Zar poteva anche essere lui.

In quel momento ebbe la fulminazione… Mitja… ecco perché “Zar”, il russo!! Le aveva detto lui che Mitja era figlio di emigranti russi, e che parlava perfettamente la sua lingua madre! Qualche spione poteva averlo sentito dire qualcosa e gli aveva appioppato quel nomignolo!

Che stupida a non averci pensato prima!!

Bene, allora con ogni probabilità Madian e Mitja c’erano dentro fino al collo. Restava da vedere se anche Arkel era componente della banda, ma ormai i dubbi andavano sempre più diradandosi: erano loro i suoi nemici!

Senza volerlo un brivido la percorse dalla testa ai piedi.

Si sentiva strana, non era per nulla soddisfatta della sua scoperta, sempre che fosse realmente una scoperta e non un volo azzardato della sua fervida immaginazione. Era quasi… dispiaciuta…

 

- Come mai hai l’ufficio proprio in questa zona ad alto tasso di presenza di avvocati e poliziotti? – si sentì chiedere. Il ragazzo accanto a lei la guardava allegro, non dava segni di preoccupazione:

- Così, per caso… - in realtà lo aveva scelto appositamente.

Lo avevano selezionato lei e Sybil. Oltre a trovarsi nella zona dove si concentravano il maggior numero di uffici di liberi professionisti, dagli avvocati ai commercialisti, passando per gli architetti, era in un posticino insospettabile grazie alla sua vicinanza alla centrale di polizia.

Credeva fermamente nell’antico proverbio che recita:

Il punto più buio è proprio quello sotto la lampada”.

Se per caso un brutto giorno avesse lasciato distrattamente delle tracce sul suo secondo lavoro e fossero riusciti ad arrivare fino a lei, chi avrebbe potuto sospettare di una giovane e bella dottoressa che vive all’ombra della procura?

Nessuno naturalmente! Ed era proprio per questo che il suo ufficio era in quell’angolino tanto particolare.

 

Un cellulare prese a trillare e lo vide frugarsi nelle tasche dei pantaloni:

- Sì… … Cosa?!… Che idiota!… Va bene, arrivo subito. – chiuse il telefonino con un sospiro e posò lo sguardo sulla ragazza seduta accanto a lui: - Problemi a casa, un rubinetto perdeva e Mitja ha provato ad aggiustarlo. Arkel è arrivato a casa e ha trovato il piano terra allagato! – sbuffò innervosito per l’interruzione del loro incontro. Lei rise piano:

- Sarà meglio che tu vada, prima che ti demoliscano la casa! – lui le sorrise:

- Hai ragione… allora, quando ti rivedrò? -

- Ah… non saprei… - balbettò:

- Ti chiamo? -

- V-va bene… chiamami… -

- Allora… ciao. -

- Ciao! – ancora una volta, come quel pomeriggio del temporale, lo vide avvicinarsi, ma stavolta fu più svelta e si ritrasse bloccandolo:

- Che c’è… non… - mormorò lui deluso. Lei distolse lo sguardo e si morse un labbro, Madian la vide arrossire violentemente e alzarsi in fretta:

- Non posso… – borbottò scappando via e lasciandolo lì come un fesso.

 

Madian osservò il punto nel quale era sparita per lungo tempo, non riusciva a capire perché si comportava in modo così fuggevole… Era così brutto o antipatico per lei?!

Si alzò con fare stanco, grattandosi la nuca indispettito.

Era la prima volta che una donna si ritraeva di fronte a una sua avance. Inaudito!!

Infine si allontanò con le spalle curve, affondando le mani nelle tasche dei jeans consunti e calciando un minuscolo sassolino.

Non si accorse che da una finestra al quinto piano dietro di lui, nascosta dietro una tenda, una ragazza lo osservava. E il cuore indurito di questa giovane, che per tanto tempo aveva solo odiato, palpitava come impazzito rendendola ancora più irrequieta.

 

~~~~~

 

Quella notte al porto

 

Winter alzò lo sportello a fatica, la porticina blindata era piuttosto pesante.

Accanto a lei Black Soul puntò una luce nell’apertura oscura:

- Ma è una stanza! – esclamò sorpresa. La bionda guardò sorpresa:

- Che ingegno… è un’ottima idea! – disse soprappensiero. Haydée non la ascoltava nemmeno.

Si era già seduta sul bordo con la pila tra i denti e le gambe a penzoloni nel pertugio:

- Fai la guardia mentre sono giù. – dopo un istante era sparita.

Winter osservò la stanzetta sotterranea: era piuttosto ampia, evidentemente il caro Zar aveva intenzione di riempirla a dovere. Il soffitto era alto, probabilmente 2 metri, o qualcosa di più. Aveva ragione Haydée, il ladro era alto.

Chissà se aveva ragione a sospettare di Mitja e degli altri due, le erano sembrati ragazzi a posto… ma dopotutto lo era anche lei!

Ridacchiò tra sé: sarebbe stato divertente rivelare a Mitja che lei era la collega di Black Soul, chissà che faccia avrebbe fatto! E per una volta sarei io a fargli un bello scherzetto!

Era talmente immersa nei suoi pensieri che si accorse troppo tardi di qualcuno intento ad armeggiare con la porta.

Lasciò Black al suo destino, tanto era certa che avrebbe saputo cavarsela, e si nascose nell’oscurità.

 

Madian guardò la serratura perplesso. Strano, ero sicuro di averla chiusa…

Scosse le spalle ed entrò, rimanendo a bocca aperta. La botola “segreta”, ma a quanto pare non tanto, era aperta e dall’interno proveniva un tenue bagliore.

Sfilò la pistola che aveva portato con sé per ogni evenienza, dopotutto vagabondare per il porto di notte non è il massimo della sicurezza, e si avvicinò silenziosamente, aiutato in questo dalle Nike che non producevano alcun rumore.

Era andato al capannone per prelevare un disegno, forse riusciva a piazzarlo quella sera stessa, ed era solo perché Arkel lo aspettava col cliente.

Arrivato di fronte alla botola puntò la pistola e in quell’istante un’ombra nera si issò agilmente attraverso il buco, posando un ginocchio sul pavimento polveroso:

- Chi diavolo… - mormorò sorpreso, poi collegò l’immagine completamente nera del personaggio che gli stava di fronte con quella di un famoso ladro: - Non sarai Black Soul?!? – non riuscì a dire altro, un forte colpo alla base della nuca gli fece perdere i sensi.

Haydée lo vide accasciarsi al suolo, rivelando l’artefice di quello svenimento: Winter lo aveva colpito con il calcio della sua pistola, arrivandogli alle spalle silenziosamente nell’oscurità:

- A quanto pare avevi ragione. - fece seria la bionda.

L’altra ladra annuì, osservando il viso del ragazzo leggermente contratto per il doloroso colpo ricevuto. Sentì stringersi qualcosa dentro la cassa toracica, preferì non indagare a fondo cosa fosse quel dannato qualcosa, poi si alzò e si allontanò dal corpo esamine senza dire nulla. Winter la rincorse:

- Lo lasciamo lì? – la mora si fermò e sospirò:

- Abbiamo i quadri e i disegni, che altro dovremmo fare? Non ci sono pericoli, se è questo che intendi, non riconoscerà mai nessuna di noi due. – disse con voce scostante e fredda.

Winter annuì e la seguì fuori dal capannone. Questo significava che anche Mitja era invischiato in quell’ambiente…

 

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Capitolo 15
*** Le Lacrime della Sirena ***


Le Lacrime della Sirena

Le Lacrime della Sirena

 

Il mattino dopo, al porto

 

Arkel entrò nel capannone sbuffando.

Aveva aspettato Madian tutta la notte per contrattare quel cliente che alla fine se n’era andato furibondo. Il ragazzo non rispondeva al cellulare e non aveva richiamato.

Appena dentro la scena che vide non gli piacque per niente.

Madian era accasciato a terra al centro dell’edificio, il fuoribordo era stato spostato e la botola era spalancata.

Immediatamente si precipitò a verificare la salute del capobanda. Dopo un esame sommario poté stabilire con certezza che non era ancora andato all’altro mondo e che non aveva nemmeno un graffio, solo un ematoma alla base del collo.

Lo scosse energicamente per svegliarlo e gli ultimi dubbi sul suo stato di salute vennero fugati da un borbottio irritato:

- Ehi, principino, non è colpa mia se tu ti fai i sonnellini sul pavimento di un capannone! Vedi di darti una svegliata! – mugugnò cominciando a verificare le perdite materiali.

 

Madian si alzò a sedere faticosamente, lamentando dolori in ogni parte del corpo.

Quando ricollegò il cervello gli tornò in mente l’avventura della sera precedente:

- Mmmh… Arkel! Ci hanno soffiato i disegni! – mugugnò tastandosi la nuca con un lamento:

- Me ne sono accorto, cretino!! – rispose una voce parecchio innervosita dalla stanza sotterranea. Dopo pochi istanti la faccia collerica del 30enne sbucò dalla botola, insieme alle sue ampie spalle da ex giocatore di rugby:

- E immagino che non saprai chi è stato, eh? – sibilò:

- Black Soul. – finalmente ad Arkel passò la voglia di tirargli il collo. Spalancò la bocca e si sedette a terra davanti a lui:

- Ne sei…. sicuro? - articolò dopo un’eternità:

- Bah! Era uno mingherlino vestito di nero, aveva il passamontagna quindi non può che essere lui. – Arkel si passò una mano tra i capelli castani, mossi e tagliati a spazzola:

- Era solo? – chiese con una smorfia strana. Che fa, sfotte perché mi sono fatto atterrare come una pera matura? Vorrei vedere lui al mio posto!!

- No, lui è sbucato dalla botola, avrei anche potuto tenerlo a bada ma qualcuno mi ha colpito alle spalle. Non ricordo altro. – borbottò mentre cominciava a sentir crescere la rabbia per essere stato fregato.

Arkel scoppiò in una risatina, tanto per sdrammatizzare:

- Un ladro che si fa derubare! Questa sì che è una storia da raccontare ai posteri!! – ghignò sentendosi come Madian.

Erano entrambi orgogliosi, quello che avevano appena ricevuto era uno smacco notevole.

- Che si fa? – il capobanda era parecchio abbattuto. L’altro scosse le spalle:

- Per Dio, si rimette tutto a posto e si trova un altro nascondiglio! Io resto dell’idea che il materasso è sempre la miglior banca, come diceva mia nonna. – fece alzandosi e spolverando i vestiti.

 

~~~~~

 

Poco dopo, appartamento in centro

 

Haydée era alla solita sedia in cucina, sorseggiava una tazza di cappuccino spumoso adocchiando di sbieco un settimanale pieno di pettegolezzi idioti.

Dopo nemmeno 10 minuti il suddetto giornale era già volato a qualche metro da lei, proprio non capiva come potesse interessare quella roba a Phénice…

Una porta spalancata e lo strascicare di un paio di morbide ciabatte sul marmo le segnalarono che Winter si era svegliata. La rossa sarebbe stata decisamente più rumorosa!

- Buongiorno. – fece la bionda legando meglio la vestaglia azzurra:

- ‘Giorno. – mugugnò l’altra facendo rimbombare la voce nella tazza.

L’algida ladra si preparò un caffè e si volse a guardarla in silenzio. Haydée si mosse a disagio, la innervosivano quegli occhi glaciali puntati addosso… era come avere davanti al naso una pistola che spara proiettili di ghiaccio:

- Credi che sia invischiato anche Mitja? – chiese a bruciapelo. Haydée si strinse nelle spalle:

- Secondo te perché lo chiamano Zar? – quella domanda era la sua risposta. Winter annuì e si volse per prelevare il suo caffè forte.

Rimasero una accanto all’altra, guardando fisso davanti a loro. Non siamo impazzite, è mattino anche per noi…

- Credi che dovrei dirglielo? – la mora si volse di scatto a guardarla:

- Cosa? -

- Che sono una ladra anch’io! -

- Non ci provare! – sbraitò saltando in piedi:

- Per quale motivo? Non vedo perché dovrei tenergli nascosta una cosa di questa importanza, lui era il mio migliore amico e… - Haydée non la lasciò finire:

- Te lo do io un motivo valido! Se tu gli spieghi come hai scoperto di loro, sapranno che con te nel capannone di Madian c’era qualcun altro, perché non puoi essere stata sempre tu a sbucare dalla botola e a colpirlo alle spalle, e vorranno sapere chi è quest’altro soggetto! A quel punto cosa gli dirai? – chiese piantando una mano sul tavolo. La bionda rimase in silenzio a guardarla: - Per l’appunto!! Io non ho nessuna intenzione di scoprirmi, perciò non pensarlo mai più o il nostro accordo salta! – le dispiaceva metterla su quel piano, soprattutto ora che sapeva perché Winter aveva voluto lavorare spalla a spalla con lei, ma non poteva fare altrimenti.

Se Madian avesse saputo qual’era la sua seconda identità si sarebbe avvicinato ancora di più a lei, e questo non lo poteva assolutamente permettere.

Lentamente andò calmandosi, notando anche l’espressione pensierosa della sua coinquilina, così tentò di allentare la tensione:

- Senti, scusa… semplicemente ho dei motivi miei per rimanere nell’ombra. Magari un giorno te li racconto, dopotutto io so parecchie cose di te mentre tu non sai niente. Il fatto è che è una lunga storia, l’ho raccontata soltanto a Phénice e a un’altra mia amica che abita in India… Non fare quella faccia, io ci sono cresciuta in quel paese! – fece divertita dallo sguardo sorpreso della bionda:

- In India… non lo sapevo… - mormorò guardandola:

- Ah, lascia perdere, un giorno di questi ti farò un caffè triplo e ti racconterò tutto! Ma ora, visto che siamo in vena di confidenze, dimmi… come mai la settimana scorsa Mitja ti ha riportato la borsetta quando hai finito di lavorare, cioè quando io sono passata a prenderti? – chiese sorniona. Winter mugugnò qualcosa di incomprensibile, dal quale Haydée riuscì a estrapolare un solo nome, Aaron:

- Chi sarebbe ‘sto Aaron? – chiese sorridendo divertita. Quanto le piaceva vedere quella tipa sempre compassata agitarsi come una scolaretta colta in fallo a baciare un compagno di scuola!

- Il mio ex. – fu la risposta innervosita:

- Mmh… interessante… e che hai combinato? Sei scappata con lui lasciando il povero russo a fare la guardia ai tuoi averi? – Ci sto prendendo gusto ragazzi!

- No!! Sono scappata da lui e ho dimenticato la borsetta sulla panchina dov’ero con Mitja. - spiegò a mezza bocca:

- Sempre più interessante! E perché, di grazia, fuggivi dal tuo innamorato? – Voi direte, ma allora non ci tieni proprio alla pellaccia…

- Non è il mio innamorato!! È semplicemente il mio ex stracciapalle, non si è ancora accorto che non stiamo insieme nonostante il fatto che non ci vediamo da mesi! – spiegò ormai rassegnata alle domande sempre più indiscrete. Haydée lo capì e decise di darci un taglio:

- Hai il mio aiuto per un eventuale lavoretto anonimo e notturno di dissuasione, sono un’esperta in questo campo e se ti racconto la mia storia capirai anche perché. Ora scusami ma farò tardi in ufficio… e Phénice? – chiese adocchiando il corridoio:

- Grazie… Non so dove sia, non dovrebbe essere già alzata? – non fece nemmeno in tempo a finire la frase che un turbine in pigiamino rosa spalancò la porta della propria stanza fondandosi in bagno, accompagnando il tutto con strilli da far vibrare i vetri. La mora ridacchiò:

- Mi sa che qualcuno ha bisogno di uno strappo in moto per arrivare in tempo! – e svanì nella sua stanza per infilare il giubbetto imbottito. Aveva proprio voglia di farsi un giretto con la “signora”.

 

~~~~~

 

Alcuni giorni dopo, ufficio Grantham

 

Haydée studiò attentamente il curriculum sotto il suo naso. Il ragazzo era fresco di laurea, aveva una piccola esperienza nell’ufficio di un amico del padre e tanta voglia di staccarsi dalla guida paterna. Alzò lo sguardo su di lui e sospirò. Non era il massimo assumere uno che si imbambola a guardarti la scollatura, ma d’altra parte aveva bisogno di un collaboratore. Se un giorno si fosse decisa a tornare in India doveva passare i suoi lavori a qualcun altro, e perché non addestrare come le pareva un novellino?

Si appoggiò allo schienale e decise di non tenerlo sulle spine:

- Spero che tu abbia voglia di imparare seriamente questo lavoro, ho bisogno di un collaboratore valido che possa prendere il mio posto in caso di necessità. – il ragazzo deglutì e bisbigliò un assenso tremolante: - Dovrai perdere quell’aria insicura e venire in ufficio elegante, ci tengo alla forma. – fece indicando con una smorfia la maglietta nera di un gruppo rock in voga e i jeans che non facevano nulla per coprire la sua biancheria: - Direi che per ora è tutto. – disse infilando il curriculum in un cassetto:

- Mi ha assunto? – chiese il ragazzo con voce tremolante:

- Sì Conway, sei assunto. Puoi cominciare domani mattina, ti aspetto per le 9 in punto. – lo osservò saltare su come una molla e sorridere a 32 denti:

- Grazie signora! Ci conti signora! A domani mattina! – urlò esaltato.

Lo vide sparire di corsa e sospirò leggermente contrariata: Signora a chi, elegantone!

 

Accese il computer e giocherellò un po’, persa nei meandri tortuosi dei suoi pensieri. Quando scaricò la posta del suo indirizzo e-mail segreto trovò un messaggio di Sybil.

Erano solo poche righe, le diceva di andare da lei nel pomeriggio perché aveva un signor affare da proporle.

Sorrise tra sé, finalmente un po’ di movimento! Prese il telefono fisso e fece il numero di Winter.

 

Due ore dopo le due ladre sfrecciavano in mezzo al traffico sull’auto della bionda:

- Ti ha detto di cosa si tratta? -

- No, ma a quanto pare è qualcosa di notevole, non è mai stata tanto riservata nelle nostre comunicazioni. – non parlarono più finché Elettra, la domestica della signora Du Pont, non aprì loro la porta d’ingresso alla palazzina.

Dopo pochi minuti erano sedute nelle loro comode poltroncine, mentre Sybil sorrideva sorniona:

- Grazie per essere venute così presto, stavolta ho qualcosa di veramente interessante da proporvi! – così dicendo volse lo schermo a cristalli liquidi del suo computer di ultima generazione verso le due ragazze, premette un pulsante della tastiera e un’immagine scintillante si materializzò davanti ai loro occhi: - Allora? Che ne pensate? – chiese gongolante.

Winter si sporse in avanti, vagamente abbagliata, mentre Haydée socchiuse gli occhi come per valutare attentamente:

- Notevole. Di cosa si tratta precisamente? – chiese con fare professionale. Sybil schioccò la lingua contrariata:

- Mai che tu mi dia la soddisfazione di entusiasmarti!! Le pietre blu con riflessi smeraldo sono zaffiri molto rari, vengono chiamati “Lacrime della Sirena” per quel loro colore così particolare. Un riccone le ha acquistate ad un’asta milionaria qualche anno fa e le ha fatte montare sulla parure, composta di collana, orecchini, bracciale e diadema. La montatura è interamente in oro bianco e l’opera è stata completata con diamanti purissimi taglio brillante. - sorrise soddisfatta, almeno Winter era a bocca spalancata! La mora invece annuì tranquilla:

- Sai altro? – la donna la incenerì con lo sguardo:

- Ma certo!! Per chi mi hai presa?! – aprì un cassetto e depositò due fascicoli sulla superficie liscia del grande tavolo in legno di ciliegio: - Dunque: l’attuale proprietaria è una famosa cantante lirica, che come immaginerete è la donna del riccone di cui sopra. Lui le ha acquistate per fargliene dono, e francamente la trovo la cosa più romantica che abbia mai sentito! Non ditelo a mio marito, lui crede che l’anello con rubino che ha infilato dentro ad una rosa rossa per il nostro fidanzamento sia il massimo! – le due ragazze si lanciarono un’occhiata annoiata: - Comunque sia, questa cantante si esibirà nella nostra città tra dieci giorni. Porterà i gioielli in scena, dopodiché verranno trasportati da guardie scelte fino al Big Building (NdA: lo so, è un nome idiota, ma non sapevo che pesci pigliare! Soprassedete per cortesia…), il grattacielo più alto della città che come sapete, tra le altre cose, ospita la sede della British Security. Lì verranno rinchiusi in una cassetta di sicurezza, la 3791 mi pare… ci sono un altro migliaio di particolari ma non li ricordo bene, è tutto scritto nel fascicolo! – cinguettò allegra ammirando la piccola meraviglia sullo schermo del pc. Haydée annuì soddisfatta:

- Interessante… e imperdibile. Che ne dici? – fece rivolta alla bionda:

- Direi che dovremmo cominciare immediatamente con i preparativi! – fece l’altra elettrizzata. Lo sapeva che lavorare con Black Soul sarebbe stato esaltante!

- Sì… ma prima vorrei vederla dal vivo questa parure da “Mille e una notte”. Andremo all’opera. – sentenziò con aria di superiorità. Le altre due donne erano a bocca aperta:

- Tu… vorresti andare… dove?! – chiese Winter:

- All’opera. Quale sarà la sua interpretazione? – fece rivolta a Sybil:

- Ah… la “Turandot” di Puccini… è un’opera italiana, non so se… - venne interrotta bruscamente:

- La conosco. Allora grazie per le informazioni, ti farò sapere le mie impressioni. Andiamo Winter? – fecero per allontanarsi ma vennero bloccate sulla porta da una domanda di Sybil:

- E per quell’affare? Per lo Zar? – chiese tranquilla. Si stupì quando notò entrambe le ragazze irrigidirsi:

- Forse siamo arrivate a una svolta, ma non è ancora niente di certo. A presto. – fece secca la bionda. Guardò lo stupite chiuso per un po’. Che strano comportamento! Sembravano… preoccupate…

 

~~~~~

 

Altrove

 

Mitja entrò in cucina con l’aria di un toreador trionfante all’ultima corrida:

- Signori, ho una lavoretto mooolto interessante!! – fece allegro. Madian quasi si strozzò con un tramezzino, mentre Arkel si preparava a sganasciarsi dalle risate come Dio comanda, pregustando già la colossale stronzata che avrebbe sentito tra poco:

- Guardate qua! – fece allungando una foto ai due seduti di fronte a lui. Li osservò mentre valutavano silenziosamente l’immagine:

- Che dovremmo farci con questa befana impomatata? -

- Non c’è bisogno di essere sempre così scurrile, signor Davies!! Guardate meglio! – fece offeso attendendo qualche altro minuto:

- Sul serio Mitja… non capisco cosa ci sia di interessante in questa signora leggermente sovrappeso carica di gioielli… - fece Madian spettinandosi i capelli sulla nuca:

- Bravo Madian!! Hai detto la parola chiave! Gioielli!! – esclamò saltando in piedi per l’euforia:

- Spiegati meglio… -

- Certamente!! Le vedi quelle pietre? Sono zaffiri unici al mondo, le “Lacrime della Sirena”, valgono milioni!! Appartengono ad un soprano ecc. ecc., trovate tutto scritto qui! – fece spingendo davanti ai suoi colleghi un plico di fogli stropicciati:

- Uhmm… ci si può pensare… - fece Madian già immerso nella lettura della documentazione. Che colpo regalare un gingillo simile a chi so io!

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Capitolo 16
*** Ed il mio bacio scioglierà il silenzio che ti fa mia ***


Dopo questo capitolo mi etichetterete come pazza…

Dopo questo capitolo mi etichetterete come pazza, e io apposta vi dico che è il mio preferito. Tié!

Vorrei iniziare un piccolo sondaggio di opinione (si può o dovrei farlo in un altro luogo, tipo forum? O magari dovrei chiedervi di farlo via mail? Mah! Probabilmente la seconda opzione è la migliore per evitare di inserire commenti non inerenti alla storia, perciò se volete il mio indirizzo è tarn5@libero.it): come ve li immaginate i miei personaggi? Segnalatemi foto, immagini o nomi di personaggi famosi. Così, per curiosità! E per vedere se con le descrizioni me la cavo decentemente.

 

 

Ed il mio bacio scioglierà il silenzio che ti fa mia

 

Domenica sera, all’opera

 

Haydée camminava spedita tra la calca all’ingresso, accanto a lei Winter si guardava attorno smarrita. Diciamo che quello non era lo stereotipo del locale che lei frequentava di solito…

Vide la mora porgere i biglietti alla sorridente ragazza all’ingresso, poi si avviò a passo sicuro all’ampia scalinata brulicante di gente.

Dopo pochi istanti arrivarono al primo piano e si incamminarono lungo il corridoio retrostante ai palchi. Haydée andò a colpo sicuro e aprì l’elegante porta del loro palco privato, di quelli di fronte al palcoscenico:

- Hai un palco privato?!? – chiese la bionda allibita, spaziando con lo sguardo sul grande salone riccamente decorato:

- Certo! Da qualche parte dovrò pur spenderli i soldi che guadagno con il mio “lavoro”! – esclamò sorridendo. Winter la guardò: era estremamente elegante quella sera, aveva un abito in stile cinese di quelli con il colletto rigido, lungo fino ai piedi e con due spacchi vertiginosi ai lati. Era nero con sottili ed aggraziati disegni rossi e le stava d’incanto. Era evidentemente allegra, gli occhi brillanti e le guance colorite non dovevano nulla al trucco praticamente invisibile. Infine teneva i capelli raccolti in alto sul capo, mettendo in risalto la linea pura del collo e delle piccole orecchie.

- Sei nel tuo elemento… - mormorò senza rendersene conto. Haydée si volse a guardarla con un sorriso smagliante:

- So cosa stai pensando: “Ma l’opera non è per i vecchi?!”. Forse, ma a me piace… e poi, come puoi vedere tu stessa, ci sono giovani anche qui! Probabilmente sono tutti ricconi annoiati, ma non mi importa, non vengo qui per la gente ma per la musica. – disse con sguardo trasognato. Winter annuì e si limitò ad ammirare quell’ambiente sfarzoso.

Il brusio della gente che entrava continuamente non riusciva a coprire il suono degli strumenti agli ultimi accordi.

Guardò i musicisti entrare poco per volta e disordinatamente, in bianco e nero gli uomini, interamente di nero le donne. C’era qualcosa di rituale in tutto quello che vedeva, era esattamente come lo aveva immaginato o come lo aveva visto qualche volta nei film.

Vide Haydée infilare la mano nella borsettina coordinata al suo abito ed estrarne un elegante e piccolissimo binocolo. Le sorrise furbescamente:

- Non è un semplice binocolo, è dotato di uno zoom molto potente. Me lo ha fatto appositamente Cyrus, il nostro fornitore di attrezzatura tecnologica per il “lavoro”, penso che potresti vederci anche l’ugola dei cantanti che si agita!! – fece allegra. Salutò alcuni vicini di palco, per lo più persone mature, e scambiò qualche parola banale con una signora appena uscita dal casco del parrucchiere, a giudicare dall’orribile cotonatura.

Finalmente la sala sembrava essersi riempita a dovere, probabilmente quella sera erano andati vicino al tutto esaurito, e le luci presero ad abbassarsi lentamente.

La mora si accomodò meglio nella sua poltroncina e Winter seguì ogni minimo avvenimento con attenzione.

I musicisti smisero di accordare, ormai erano tutti ai loro posti, e finalmente fece il suo ingresso il direttore d’orchestra, un ometto sottile e nervoso, irrigidito da un impeccabile frac.

Dopo l’applauso di rito nell’immenso teatro scese un silenzio che Winter aveva creduto impossibile a causa della moltitudine di persone presenti, e nel frattempo le luci si fecero sempre più soffuse, fino a creare una quasi totale oscurità nella quale scintillavano solo i gioielli delle signore.

Un istante e il direttore guardò i musicisti, alzò le braccia, e la melodia partì, togliendole il fiato.

Non era mai stata amante di questo genere musicale, ma dovette ammettere che aveva un notevole impatto emotivo. La musica scivolava sulle pareti, sui visi delle persone presenti che improvvisamente non parvero più grottesche, sui pavimenti lucidi e sui tappeti orientali.

Le note si insinuavano sotto le vesti odorose di canfora delle signore, tra i capelli di qualche bella ragazza, trasparivano dal viso rilassato e rugoso di qualche rubicondo signore, facendo spuntare un sorriso o un espressione rilassata.

Il suono un attimo prima era incredibilmente rilassante, poi d’un tratto diventava potente e imperioso, e ancora dolce e traboccante tenerezza, per poi mutare in duro e inflessibile.

Non riusciva a spiegare… o meglio, si spiegava solo in un modo: la musica trasmetteva sentimenti. L’amore e l’odio, l’affetto e la rabbia, la gioia e il dolore. Tutti questi venivano trasmessi anche senza bisogno di parole o espressioni del viso.

La bionda si volse e guardò Haydée. Sorrideva estatica, e ora capiva anche perché. Era al di là di qualsiasi altra cosa avesse mai visto o sentito, erano emozioni che scivolavano sulla pelle ininterrottamente.

Sentì un brivido quando l’orchestra alzò il volume. No, era stata una sua impressione. Non c’erano amplificatori né microfoni, la musica usciva da quegli strani pezzi di legno che chiamavano violini e arrivava fino a lei. Incredibile!

Dimenticò perfino di guardare i gioielli che erano il solo motivo ad averla condotta lì.

 

Una volta arrivata la fine del primo atto Haydée dovette riscuoterla per farla tornare alla realtà:

- Dalla tua espressione devo dedurre che l’hai trovato anche più orribile di Phénice? – Winter si affrettò a negare col capo:

- Al contrario! Non credevo che l’avrei mai detto, ma mi piace! – fece ancora scombussolata. La mora le sorrise dolcemente:

- Mi fa piacere, quando ho portato lei siamo dovute scappare alla fine del primo atto! Non la smetteva di ridere di tutto e sono stata costretta a portarla fuori con uno scapaccione, non sai quante parolacce ci siamo prese! – fece alzandosi: - Vuoi qualcosa da bere? C’è un bar al quale servono dei martini favolosi! Ho provato a farmi dare la ricetta, ma ci sono solo bariste donne, sai… - fece allusiva. Winter la guardò ironicamente e annuì seguendola.

Mentre la mora ordinava i loro aperitivi lei osservava la moltitudine di persone sorridenti e ciarliere che affollavano l’atrio, e improvvisamente vide due volti conosciuti.

Aveva difficoltà a vederli a causa del sovraffollamento, così si spostò per guardare meglio: Madian era in piedi, con la mano destra teneva un sottile calice tra le dita, mentre la sinistra era affondata nella tasca dei pantaloni del suo completo elegante. Appeso a quel braccio c’era una ragazza, alta circa come lei, castana e tirata da urlo. Il viso troppo truccato era proteso verso il ragazzo che le sorrise. Di fronte a loro, Mitja indossava un completo simile, giacca e pantaloni neri e camicia bianca, rideva tranquillo e teneva un braccio attorno alla vita di una bionda ossigenata che rideva come un’oca.

Indietreggiò senza rendersene conto, incapace di staccare gli occhi da quel quadretto. Ma come? Quella sera della cena da loro era parso più che evidente che Madian fosse preso da Haydée! Cosa significava quella scenetta?! E che ci faceva Mitja, che lei in fondo aveva sempre reputato un ragazzo intelligente, con una svampita di tal fatta?

Non potevano essersi sbagliate sotto ogni aspetto su di loro!! Va bene che con ogni probabilità erano ladri, ma non per questo dovevano essere donnaioli!

- Stronzi casanova!! – mugugnò allontanandosi definitivamente, senza chiedersi il perché di quella sua reazione così drastica…

Abbrancò rabbiosamente il suo drink e trascinò la sua coinquilina lontano da quel posto, sperando che non vedesse quello spettacolino disgustoso.

 

Durante il secondo atto Winter non riuscì a concentrarsi sulla musica, guardò nervosamente la parure che giudicò a denti stretti un capolavoro e passò il suo tempo a cercare con lo sguardo chi sapeva lei, mentre la mora accanto a lei guardava assorta lo spettacolo sul palcoscenico.

Finalmente riuscì a scorgerli: erano in uno dei palchi laterali, insieme a una coppia di mezza età, ma non ne era sicura perché nella penombra era impossibile stabilire con certezza fisionomia ed età delle persone.

Tentò di rabbonirsi e di stare ferma nella sua poltroncina perché Haydée si era girata un paio di volte a guardarla con una muta domanda negli occhi. Lei aveva scosso il capo e una mano per tranquillizzarla, mentre con la coda dell’occhio teneva sotto controllo le due coppie. La bionda tinta era languidamente adagiata su una spalla di Mitja, in un atteggiamento notevolmente sconveniente per un luogo elegante come quello. Non sei al cinema, stupida!! Accanto a loro la brunetta era più composta, ma stava appiccicata a Madian come una mosca al miele, un atteggiamento veramente stomachevole. Insulsa gatta morta!

Finito il secondo atto li vide alzarsi e supplicò Haydée di restare sedute, adducendo un fantomatico dolore ai piedi causato dai tacchi troppo alti.

Non aveva però tenuto conto del fatto che, con le luci alzate, erano perfettamente visibili. Madian gettò un lungo sguardo scrutatore su tutta la sala mentre aspettava che le signore finissero di ciarlare, e ad un tratto fece un passo avanti e si aggrappò al parapetto, sporgendosi per vedere meglio.

Winter non si accorse del suo movimento, decisa ad ignorarli, ma Haydée cominciò a sentire una sgradevole sensazione… come se fosse spiata…

Discretamente cominciò a guardarsi attorno. Strano, non vedeva nessuno! Eppure quell’impressione non accennava a svanire. Finalmente guardò le balconate laterali del teatro e il suo cuore perse un battito. Un paio di occhi blu zaffiro la scrutavano attentamente, e appena lui incontrò il suo sguardo le sorrise affascinante.

Stava per rispondere timidamente al sorriso quando un’altra persona entrò nel suo campo visivo. Una ragazza castana, alta ed estremamente elegante, si accostò al ragazzo abbracciandolo con fare possessivo.

Haydée distolse immediatamente lo sguardo e fece finta di niente, puntando ostinatamente gli occhi sul palcoscenico e sugli orchestrali che parlavano e ridevano disordinatamente. La bionda non aveva perso una virgola di quello scambio di occhiate, e fece una smorfia saccente e contrariata. Avevo ragione a tentare di non farli incontrare! E adesso forse mi si spiega anche perché non vuole farsi conoscere come Black Soul… se non si è presa una cotta lei io non mi chiamo Winter Finlay!!

 

Dopo pochi istanti le luci si abbassarono e il cominciò il terzo ed ultimo atto. Nel buio più completo la mora si alzò:

- Esco un po’, ho bisogno d’aria. Tu aspettami qui. – bisbigliò nell’orecchio della ragazza. Un istante dopo la sua uscita Winter vide aprirsi un’altra porta ai lati della sua visuale e l’ombra alta e prestante di un uomo uscire precipitosamente. Ridacchiò saccente. Ecco la tragedia che si consuma! Bah, godiamoci lo spettacolo!

Nessun dorma, nessun dorma!

 

Haydée era corsa a rotta di collo ad una terrazza all’aperto dalla quale si poteva sentire perfettamente la musica. Una volta a destinazione si appoggiò alla balaustra e deglutì nervosamente.

 

Tu pure, o Principessa, nella tua fredda stanza guardi le stelle

che tremano d’amore e di speranza…

 

Che hai da agitarti così?

Era con un’altra…

E allora?! Non è meglio? Così finalmente ti lascerà in pace!

Ma io…

Io cosa?! Non ti piacerà spero! Perché sembri gelosa…

NO!! QUESTO MAI!!

Ah, ecco… mi sembrava…

 

Dei passi affrettati alle sue spalle interruppero il suo colloquio interno con la vecchia voce Razionale. Si volse e il suo incubo peggiore prese forma.

Ma il mio mistero è chiuso in me…

- Haydée, posso spiegarti… - cominciò Madian avvicinandosi:

- Ciao Madian! Sono venuta a prendere un po’ d’aria, si soffocava la dentro! – rispose evasiva, sorridendo con una tranquillità che era ben lungi dal provare realmente, e che stupì lei stessa per prima.

…il nome mio nessun saprà!

- Lo sai che stasera sei bellissima? - bisbigliò ormai a meno di un metro da lei:

- E tu sei un adulatore. Non dovresti andare in giro a dire queste cose a tutte le donne che incontri, la tua ragazza potrebbe prenderla male. – rispose dura e scostante. Lui le guardava la bocca generosa.

No, no, sulla tua bocca lo dirò…

- Celia non è la mia ragazza… - mormorò abbagliato dalla bellezza della giovane davanti a lui, allungando una mano e prendendo una delle sue:

- Ma certamente… comunque sia non vorrai farla aspettare spero! Noi donne non apprezziamo molto essere messe in attesa. – rispose brusca tentando di divincolarsi.

…quando la luce splenderà…

- Non mi importa nulla di lei, Haydée. – la sua voce era leggermente arrochita, e se possibile era ancora più sensuale:

- Questi sono problemi vostri, che c’entro io? – ribatté, i nervi a fior di pelle. Lui ignorò le sue battute acide, perso in una magia che rendeva l’atmosfera attorno caliginosa, e con un gesto irresistibile l’attirò a sé, annullando la distanza tra i loro corpi. Infilò rapidamente una mano attorno alla sua vita e sorrise di piacere nel tastare la seta scivolosa e fresca ricoprire quel corpo caldo e sinuoso, mentre le sfiorava una guancia morbida e avvicinava il viso a quello bellissimo di lei.

Erano in silenzio, e Haydée sentiva quel famoso muscolo innominato martellare impazzito, mentre il suo sorriso la scioglieva.

Ed il mio bacio scioglierà il silenzio che ti fa mia.

Un inaspettato senso di smarrimento la travolse, provocato dal respiro caldo del ragazzo sulla pelle del suo viso e dalla mano che vagava sulla sua schiena:

- Haydée… - fu un soffio roco.

All’improvviso un contatto, leggero e quasi impercettibile. Nulla più della carezza leggera di una piuma sulle labbra, ma sufficiente a risvegliare la belva sopita in lei.

Con uno strattone violento si liberò dall’abbraccio, sganciandogli uno schiaffo in pieno viso, e lo guardò con occhi fiammeggianti di rabbia. Madian era completamente stordito e a lungo i suoi occhi le comunicarono lo sbigottimento più assoluto, mentre si tastava incredulo la mascella colpita.

(Il nome suo nessun saprà… E noi dovrem, ahimè, morir, morir!)

- Vattene, e non farti vedere mai più! – sbraitò furibonda. Ma prima ancora che lui potesse ribattere si era voltata ed era sparita di corsa all’interno del palazzo, dando una spallata a Celia che era andata a cercare il suo accompagnatore, sorpresa dalla sua sparizione improvvisa:

- Madian!… Tesoro, che succede? – chiese sorpresa, notando la guancia arrossata. Lui non la sentì nemmeno, era appoggiato alla balaustra e tentava ancora di calmare i battiti irregolari del suo cuore per evitare una sincope. Cos’aveva provato stringendola tra le braccia e accarezzandole le labbra morbide a quel modo, lo sapeva solo lui… - Caro, mi vuoi dire cos’è successo?! – insisté con voce flautata:

- Maledizione Celia, piantala di chiamarmi “Tesoro” e “Caro”!! Tra noi è finita da quasi due anni, vuoi ficcartelo in quella testa vuota!! – urlò esasperato, piantandola in asso e avviandosi all’uscita con rapide e lunghe falcate.

Lei lo studiò attentamente, gli occhi ridotti a due fessure di rabbia: - Ti sbagli amore mio, tra noi non è mai finita… - sussurrò senza che lui la sentisse.

Dilegua, o notte! Tramontate, stelle! All’alba vincerò!…

Come no!! Oltre al danno, la beffa!!! Pensò il ragazzo furibondo sentendo gli acuti del tenore di turno. Ora che andava riprendendosi la situazione gli appariva chiara e limpida.

Mai! Mai aveva ricevuto un ceffone in risposta ad un bacio! Il suo amor proprio in quel momento era sceso ai minimi storici, peggiorato dal pulsare della guancia che la ragazza aveva colpito con inaspettata violenza. E chi si immaginava che fosse così manesca?!?

Però era stupenda… vestita in quel modo, con i capelli raccolti… sembrava lei stessa la principessa protagonista dell’opera… e adesso capiva anche quel pazzo di Calaf che nella favola aveva rischiato la decapitazione se non fosse riuscito a risolvere i tre enigmi… e chi non ci avrebbe provato per una del genere?!?

Speranza di rivederla e di spiegarle, e che fosse arrabbiata solo per la sorpresa… Sangue che gli ribolliva nelle vene solo a pensare di poterla stringere ancora e di gustare come si deve quelle labbra da sogno… Turandot, o meglio Haydée, irraggiungibile ed eterea come la luna.

Si fermò davanti alla sua SLK nera con il radiocomando a distanza tra le dita e un sorriso inebetito dipinto sulle labbra… Che sogno quel bacio leggero…

 

~~~~~

 

Poco dopo, su un’Audi nera

 

Dio, che incubo!! Vi prego, svegliatemi!!

Haydée non se l’era sentita di guidare, aveva ripescato Winter e le aveva ficcato in mano le chiavi della sua auto. Ora sfrecciavano nelle vie pressoché deserte della città.

Non avevano ancor parlato, ma nemmeno la bionda sembrava soddisfatta della serata.

Infatti Mitja era andato da lei, su suggerimento di Madian. Aveva cercato di comportarsi come se nulla fosse, poi la ragazza che era con lui li aveva raggiunti.

Aveva detto di chiamarsi Aida, ed era anche più stupida di quanto Winter aveva immaginato. Non faceva che sghignazzare di quanto fossero ridicoli quei tre personaggi che si chiamavano Ping, Pong e Pang… - Ma dico, chi è quel cretino che li ha chiamati così?!? – aveva esclamato con un risolino sciocco.

Winter aveva inarcato le sopracciglia e le aveva detto ironicamente che aveva un futuro nella comicità.

Mitja aveva incassato in silenzio. Anche lui la trovava un pelino insulsa, ma non si aspettava una frecciata dal genere dalla sua vecchia amica.

Poi era arrivata Haydée con una faccia da far paura, anche se era molto carina vestita a quel modo, ed erano letteralmente fuggite via.

 

Ora la mora in questione se ne stava in un silenzio ermetico, sprofondata nel sedile dell’auto.

Winter le gettò un’occhiata in tralice e dalla sua espressione la credette in trance.

La bionda non era lontana dalla realtà: Haydée stava tentando di fare un esercizio di Kalaripayat per ritrovare almeno un po’ di calma, e faceva lunghi e profondi respiri.

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Capitolo 17
*** Furto con scasso ***


Note: attendo speranzosa qualche geniale idea da parte vostra, riguardo al sondaggio del cap

Note: attendo speranzosa qualche geniale idea da parte vostra, riguardo al sondaggio del cap.16 ovviamente…

 

Furto con scasso

 

Notte fonda, appartamento di Haydée

 

- …E questo è quanto. – Haydée finì di sorseggiare il suo tè senza alzare lo sguardo sulla bionda seduta di fronte a lei.

Winter boccheggiò per diversi minuti, impegnata a riordinare le idee su quanto le era appena stato raccontato.

- Perché mi hai detto tutto questo? – chiese con un filo di voce. Per quanto lei avesse sofferto, non riusciva a immaginare come avesse potuto fare a continuare a vivere la sfortunata ladra.

- Perché no? Io sapevo la tua storia, e adesso tu sai la mia. È come uno scambio di confessioni, sai quelle cose che si fanno tra amichette a 15 anni… - fece con un sorriso timido ed evidentemente forzato:

- Phénice? -

- Oh, lei sa tutto da qualche anno… Oddio, non proprio tutto come già sai. – rimasero in silenzio per un po’:

- Vorresti tornarci? Intendo in India? – chiese incuriosita. Haydée tentennò, nemmeno Phénice le aveva mai fatto una domanda del genere:

- Può darsi… Anzi, sì. Prima però ho una cosa da fare. – rispose seria:

- Sarebbe? -

- Aiutarti a trovare tua sorella. -

- Ah. -

- E affidare Phénice a qualcuno. -

- E io chi sono, scusa?! -

- Tu te ne andrai per trovare Crystal, mi serve qualcuno che non abbia motivo per spostarsi da qui, mi capisci? -

- Più che giusto. – così dicendo si alzarono e se andarono nelle loro stanze.

 

~~~~~

 

Alcune notti dopo, ore 20:00, Big Building

 

Al 25esimo piano si svolgeva una festa da ricconi, gli invitati erano tutti magnati dell’alta finanza, direttori di banca, politici di spicco e prostitute d’alto bordo ad accompagnare quella fauna di pelati, grassoni e viscidi della peggior razza.

Haydée arrivò di fronte a un gruppetto di quei luridi e porse con gentilezza e un sorriso tutto falsità un vassoio colmo di stuzzichini. Quelli ne presero un paio solo per cortesia, interessati più che altro al suo fondoschiena e al davanzale, sul quale riversarono osservazioni irripetibili e sorrisetti lascivi.

Si allontanò prima di ammazzarne un paio a sangue freddo, così tanto per gradire! L’idea di Winter di infiltrarsi tra il personale che faceva parte del catering di quella festa non le sembrava più così geniale come le era parso in un primo momento.

Vide la sua collega sgattaiolare via con una bottiglia di champagne e un vassoio di quei salatini, diretta alla postazione delle guardie giurate che sorvegliavano il caveau al 30esimo piano, quello che conteneva la “loro” cassetta di sicurezza, e finalmente sentì il morale risollevarsi. Non era di certo la sua massima aspirazione di vita passeggiare tra quei porci allo stato brado con una divisa che gareggiava con i vestitini sadomaso delle conigliette di Playboy, e non vedeva l’ora di andarsene.

 

Mezzora dopo sgusciò fuori anche lei, era ora di mettersi qualcosa di più coprente. Infilò la sua solita tenuta comoda e fece mettere anche alla bionda il passamontagna di rito, con tutte quelle telecamere non si sapeva mai, e la messa in piega da non rovinare non era una scusa valida per andarsene in giro con i connotati in bella vista!

 

Tempo dieci minuti e arrivò con la sua glaciale quasi-amica proprio davanti alla porta della banca-deposito. Ringraziò mentalmente la stupidità del soprano per non aver nascosto i suoi gioielli in una banca svizzera o sarebbe stato impossibile venirne fuori!

Fu sufficiente passare una scheda magnetica, opportunamente rubata ai guardiani addormentati come angioletti, nel lettore all’ingresso e la porta in vetro antiproiettili si aprì solo per loro.

Si avviarono con sicurezza al caveau, nel retro della banca ultra-tecnologica, e si ritrovarono di fronte una porta blindata che nemmeno un’esplosione nucleare all’uranio avrebbe potuto abbattere.

Haydée si tolse lo zainetto sottile e sfilò un guanto trasparente, infilandolo alla mano destra. Poi prese una scatolina e ne tirò fuori la parte più raccapricciante di quel lavoro: era un occhio finto.

Lo prese con una smorfia, maledicendo i nuovi sistemi di sicurezza con lettura della retina. E per fortuna che Sybil aveva conoscenze tra tutti i medici della nazione! Era riuscita ad avere i dati del direttore della banca dal suo medico personale, ricompensato a dovere per il disturbo, e le aveva fatto fare un guanto con le impronte digitali del barbagianni e l’occhio con lo stesso disegno della sua retina. Un lavoretto fine fine…

Premette il pollice destro sullo scanner per l’impronta, poi ne richiese un’altra, quella dell’anulare. Premette nuovamente e all’altezza dei suoi occhi si aprì un piccolo spiraglio, delle dimensioni di uno spioncino. Prese l’occhio finto e Winter scomodò anche gli dei dell’antico Egitto perché funzionasse.

Uno scatto accanto allo scanner per le impronte le informò che la cassaforte se l’era bevuta: era apparsa una tastiera come quella del computer. Ora non restava che digitare un codice alfanumerico di 12 cifre. Bazzecole! Più o meno…

La bionda prese dal suo zaino una specie di palmare con un cavo che collegò alla cassaforte. In pochi minuti ebbero il loro codice, una sequenza casuale di lettere e cifre che veniva cambiata ogni giorno.

Con alcuni scatti rumorosi la porta cedette e ruotò silenziosamente sui cardini. Davanti a loro apparve uno stretto corridoio tappezzato su due lati da cassette numerate. Winter sospirò di soddisfazione:

- È per momenti come questi che ho scelto di fare la ladra: un po’ di sano appagamento personale non guasta mai, visto i continui fallimenti delle mie ricerche! – mormorò guardandosi attorno estatica. Stava per entrare tranquillamente quando Haydée la bloccò:

- Dove credi di andare? Hai dimenticato che il pavimento ha dei rilevatori? Se tu ci cammini sopra, e se ti cade anche solo uno spillo, parte un impulso collegato con una decina di istituti privati di vigilanza. Non vorrai fare conoscenza con gli sbirri proprio stasera! – fece ironica porgendole uno strano fucile: - Piantalo nel punto più alto al lato opposto e sopra la tua testa, io devo mettermi l’imbracatura. – Winter prese la mira e un istante dopo un gancio si conficcò profondamente nella parete di fronte a loro, portando con sé un cavo resistente. La bionda prese l’estremità che le era rimasta e ripeté l’operazione, creando una specie di ponte perfettamente teso, appeso al soffitto della cassaforte.

Dopodiché Black con un balzo si appese al suddetto cavo, agganciò l’imbracatura da scalatore che si era allacciata alla vita e prese a spostarsi lentamente all’interno del caveau, appesa ad una corda mentre si muoveva sospesa nel vuoto come un ragno.

 

Avevano parlato di quel pavimento anche pochi giorni prima durante la preparazione del piano, nell’ufficio di Haydée:

- Perché non disattiviamo questa scocciatura? – la mora l’aveva guardata male:

- Per il semplice motivo che è possibile solo con un radiocomando che ha solamente il direttore e del quale non siamo riuscite a procurarci la copia. Inoltre la centralina che controlla questo sistema si trova nelle fogne: hai forse voglia di farci un salto?? – Winter aveva arricciato il naso disgustata, poi in fondo si era detta che la moretta era una specie di acrobata… perché rischiare di puzzare per una settimana?

 

~~~~~

 

Era la stesa domanda che si stava ponendo Arkel. Perché diavolo aveva accettato di scendere là sotto per disattivare una stupida centralina?!

Aveva scarpinato per almeno un km e non ne poteva più a causa delle esalazioni di vapore e del caldo dell’aria, in più quell’odore nauseabondo non lo faceva respirare!!

Finalmente arrivò a destinazione: tra decine e decine di scatole contenenti centraline e quant’altro trovò una piccola cassetta con disegnato sopra il famoso Jolly Roger con tanto di teschio e femori incrociati che in teoria avrebbe dovuto spingerlo a non mettere le mani in quel punto.

Sorrise poco divertito e svitò le quattro viti che bloccavano la porticina. Una volta posato il coperchietto accanto a lui si grattò la testa pensoso: e adesso qual’era il filo da staccare?

“Nero! Ne sono sicuro” aveva detto Mitja. Peccato che fossero tutti neri!! Ne spostò un paio con la pinzetta per guardare meglio con la pila e provare a capirci qualcosa: un errore e avrebbe fatto accorrere anche l’FBI!

Ripassò nella mente quello che aveva studiato la notte precedente… teoricamente doveva essere più grosso degli altri, inoltre avrebbe dovuto collegarsi al generatore di corrente generale.

Dopo attenta selezione si decise per uno sagacemente nascosto dietro un contatore. Chiuse gli occhi e fece scattare la forbice da elettricista. Poi prese in mano il cellulare, pronto a riceve le ingiurie più ignobili in caso di errore. Nel frattempo il contatore si era fermato, segno che la corrente elettrica non veniva più erogata al 30esimo piano.

Dopo un minuto Madian lo chiamò:

- Tutto bene, alla festa non si sono accorti di niente. Tieniti pronto con l’auto, io e Mitja siamo entrati e ora saliamo. – e riattaccò.

Arkel sospirò soddisfatto: finalmente poteva uscire da quell’inferno!!

 

~~~~~

 

Winter e Haydée si guardarono attorno sorprese. La bionda corse a vedere cosa fosse la tenue luce che si era improvvisamente diffusa nella banca e tornò con un sorrisetto furbo:

- È saltata la corrente! Si sono accesi i neon d’emergenza, non è nulla. – spalancò la bocca quando la vide sganciarsi dalla corda e posare i piedi a terra.

Niente, nessuna sirena o improvviso trabocchetto a chiuderla dentro. La mora alzò lo sguardo su di lei con un sorriso sinistro:

- Non è saltata la corrente, qualcuno l’ha tolta, altrimenti adesso sarei ingabbiata qui dentro con delle sbarre ad alta tensione. Sono la protezione d’emergenza in caso la società elettrica interrompa l’erogazione di energia. Immagino tu sappia chi sta arrivando… - mormorò armeggiando con la cassetta di sicurezza numero 3791:

- Non crederai… - mormorò l’altra:

- Senza alcun dubbio: lo Zar, solo loro avrebbero potuto individuare la centralina nelle fogne, oltre a noi. E poi cosa credi che ci facessero anche loro all’opera? Tieniti pronta a tutto e ricorda che dobbiamo svignarcela dal tetto. – Winter annuì e andò a darle una mano. Prese un trapanino in miniatura e inserì la punta nella serratura. Dopo pochi secondi la porticina si aprì e infilarono negli zaini il loro tesoro, ognuna aveva due pezzi. In quel momento sentirono la vetrata all’ingresso andare in frantumi e si fecero un cenno d’intesa. Winter uscì di soppiatto dalla cassaforte nascondendosi dietro una scrivania, mentre Haydée rimontò sulla corda e si mantenne in equilibrio con mani e piedi come gli acrobati del circo.

 

Pochi istanti dopo una figura alta e prestante, vestita con la divisa delle guardie giurate che aveva usato per intrufolarsi nel palazzo, sbucò all’angolo e borbottò un’imprecazione: il caveau era già stato violato.

Si guardò attorno con circospezione, ma niente segnalava la presenza di altre persone. Anche dentro alla cassaforte non c’era nessuno. Fece alcuni passi all’interno, notando la cassetta che gli interessava già aperta. Che fregatura!

Stava per controllare cosa fosse rimasto quando un violento colpo alla schiena lo fece cadere bocconi, con qualcuno seduto sopra di sé.

Smadonnò poco soddisfatto, mentre il suo assalitore si alzava e se la dava a gambe. Fece appena in tempo a vedere una figura nera scivolare fuori dalla cassaforte.

Si riprese immediatamente e si lanciò all’inseguimento, convinto a ragione di essere alle calcagna di Black Soul. Adesso mi sente!!

 

Nel frattempo Mitja era passato a controllare come se la passavano le guardie giurate. Prese una boccetta di cloroformio per metterli tutti a nanna e la strinse nella mano sinistra, poi bussò.

Non ottenendo nessuna risposta si abbassò e spiò dalla serratura, trattenendo un’esclamazione.

Spalancò la porta sorpreso: ma lui non l’aveva ancora buttato il sonnifero!! Chi era stato quel dispettoso a togliergli il divertimento?!?

Vide una bottiglia di champagne di una marca famosa quasi finita e un vassoio di tramezzini mangiucchiati. Naturalmente le telecamere erano tutte spente.

- Non vi hanno insegnato alla scuola per giovani reclute che in servizio non si mangia e non si beve?? – fece allegro chiudendosi la porta alle spalle. Un lavoretto risparmiato, ma chi gli aveva portato quella roba da mangiare?! E se la storia di Black Soul che aveva raccontato Madian non fosse una sua allucinazione?? Ahia… la vedo grigia!

 

Corse su per le scale giusto in tempo per vedere un’ombra uscire spedita dalla banca e filare su per le scale, seguita a breve distanza dalla sagoma inconfondibile di Madian:

- Controlla se c’è qualcun altro!! – gli urlò correndo come un pazzo. Mitja annuì e si avventurò dentro l’istituto finanziario, guardandosi attorno con aria sorpresa. Si tolse il cappellino da guardia grattandosi la nuca:

- Pare frequentato ‘sto posto… - borbottò osservando il macello dentro al caveau:

- Molto più di quanto immagini. – disse una voce che gli parve di aver già sentito. Si volse e vide una sagoma nera seduta con fare seducente su una scrivania. Risalì lentamente le lunghe gambe slanciate, valutò come carica la pistola legata alla coscia infinita, apprezzò i fianchi morbidi, la vita sottile e il ventre piatto, misurò una terza di reggiseno evidente anche sotto quella calzamaglia nera e puntò lo sguardo su un passamontagna che lasciava scorgere solo un paio di occhi, troppo distanti per riconoscerne il colore:

- Buonasera chérie! Mi concedi l’onore di questo ballo? – chiese scanzonato allungandole una mano. Con una gnocca del genere sarebbe stato proprio cretino a non provarci, anche se la situazione era quella che era…

- Non sei simpatico. – rispose la donna glaciale, la voce attutita dalla stoffa della sua “maschera”, alzandosi e incrociando le braccia. Notò che sulla scrivania dietro di lei c’era uno zaino e le sorrise divertito:

- È un vero peccato che non mi trovi divertente, conosco qualcun altro che… - si bloccò con un’improvvisa fulminazione. Quella voce… e quel fisico… Ditemelo: Mitja, hai le allucinazioni!

Fece un passo avanti ma la donna lo bloccò puntandogli tranquillamente la pistola al petto:

- Dentro. – fece dura indicando con un cenno del capo il caveau. Lui ridacchiò nervosamente:

- Stai scherzando!? Lì dentro non ci vado, soffro di claustrofobia, io!! – protestò indignato. Lei rimase nuovamente impassibile. Non mi dite che…

- Dico sul serio, muoviti! – sbottò innervosita. Già non le piaceva quella situazione, in più trovarsi anche a litigare con lui!

- E va bene… - mormorò arrendendosi e arretrando lentamente.

Una volta dentro, con le mani bene in vista, puntò gli occhi in quelli di lei:

- Dubito che a Crystal piacerebbe quello che stai facendo. – C’è cascata.

Winter si bloccò immediatamente e sgranò gli occhi. Lui non le diede tempo di reagire: convinto di non sbagliarsi e che non gli avrebbe mai sparato le andò letteralmente addosso intrappolandola contro la porta blindata, bloccandole il braccio destro, mentre con la mano libera le sfilò il passamontagna. Un attimo dopo la lasciò andare:

- Si può sapere che ci fai qua dentro Winter?!? – sbraitò per nulla soddisfatto della sua scoperta:

- Quello che ci fai tu: lavoro! – rispose velenosa:

- Ma non eri un avvocato?! Una donna di legge?!! Si presume che tu sia anche una persona onesta!! – fece infervorato. Lei mise la pistola nella fondina e piantò le mani sui fianchi:

- Ah sì??! E allora cosa penserebbe Crystal del suo amichetto del cuore che sta qui a insultarmi?! Sarebbe soddisfatta di te?? – un rumore di passi lungo le scale proveniente dal basso li interruppe, e rimasero diversi istanti in ascolto.

Indubbiamente qualcuno saliva le scale, anche se lentamente:

- Dobbiamo andarcene. – fece lei rimettendosi il passamontagna senza raccogliere i capelli, che rimasero sulle spalle come una mantellina dorata:

- Per dove? – chiese lui confuso:

- Io per il tetto, tu sono affari tuoi! – sbottò guardandolo con aria di sufficienza:

- Maledizione, io dovrei scendere! – rispose facendo una smorfia contrariata:

- Provaci comunque, io devo scappare! – così dicendo allungò una mano per prendere lo zainetto, ma lui fu più svelto e lo prese, alzandolo sulla testa:

- Piantala di fare lo stupido e dammelo subito. – sibilò lei in preda al panico:

- Non se ne parla nemmeno: prima devi spiegarmi cosa significa tutto questo, con chi lavori e soprattutto chi è quell’Aaron! – lei inarcò le sopracciglia:

- Che ti importa di lui? Avanti Mitja, dammi lo zaino! – i passi erano sempre più vicini:

- Sparami se lo vuoi! Io non te lo darò di certo! – Winter picchiò un piede per terra nel suo atteggiamento di bambina quando si arrabbiava con lui:

- Accidenti a te, Krylov!! – ringhiò dandogli le spalle e avviandosi di corsa sulle scale:

- Dove stai andando? – fece lui sbalordito: - Mi lasci il bottino così? -

- Tientelo, tanto la collana e il diadema li ha Black e sono quelli i pezzi col maggior valore! – disse svanendo alla vista:

- Winter! Dobbiamo parlare di… - ma la voce gli morì in gola, la ragazza non poteva certo sentirlo. Si infilò lo zaino e andò a dare un’occhiata lungo la tromba delle scale: una coppietta si era fermata un pianerottolo più sotto ed era impegnata a pomiciare. Ma proprio ‘sti due sporcaccioni dovevo beccare??

Si avvicinò agli intrusi silenziosamente, poi all’ultimo istante partì di scatto investendoli e ridendo delle grida impaurite della ragazza. Corse giù pensando freneticamente a un modo per uscire senza essere visto, ma in fin dei conti non gli importava: il suo problema era un altro ora, era la scoperta che Winter era una ladra… Beh, poteva consolarsi con due pezzi della parure! Ma lei… perché era finita a rubare?

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Capitolo 18
*** Giù la maschera ***


Giù la maschera

Giù la maschera

 

Ancora la stessa notte

 

- Controlla se c’è qualcun altro!! –urlò a Mitja correndo come un pazzo. Davanti a lui Black Soul guadagnava rapidamente terreno. Come diavolo fa ad essere così veloce?! E io che ero convinto di essere in piena forma fisica! Altre 2 rampe e schiatto!!

Come in risposta ai suoi desideri sentì un colpo di pistola poco sopra di lui e una porta spalancarsi con fracasso. Siamo al capolinea, Black!

Quando finalmente uscì all’aria aperta vide il ladro in nero correre verso uno dei grandi generatori dell’aria condizionata. Senza pensarci due volte sfilò la pistola e sparò un colpo ai piedi del suo rivale, bloccandolo sul posto:

- Era ora che ti fermassi! E adesso voltati! – ordinò perentorio. Black non pensò nemmeno di disobbedire, ci teneva alla pellaccia LEI!

- Bene… ora getta la pistola. – lo sentì ridacchiare sommessamente: - Non ti garba l’idea? Allora facciamo così: mettiamo tutti e due le pistole a terra e ci giochiamo i gioielli come due gentiluomini, battendoci a mani nude. E bada di non rifiutare, dopotutto ti devo una mazzata nella nuca… - fece con un sorriso per nulla divertito. Per tutta risposta l’altro sfilò la pistola dalla fondina, posandola a terra e facendola scivolare lontano da sé. Dopodiché si tolse lo zaino e lo lasciò su un cubo di cemento:

- Vedo che andiamo d’accordo! – rispose Madian imitandolo.

Una volta liberatosi degli intralci si volse a guardare il suo avversario convinto di poterlo battere.

In quel preciso istante lo vide fare una serie di capriole velocissime e bloccarsi infine a meno di un metro da lui:

- Oh, cazzo… - fece in tempo a mormorare prima che una raffica di pugni e calci lo stordisse.

Tentò di battersi in tutti i modi, ma riuscì a malapena a difendersi, parando quasi tutti i colpi. Quando finalmente Black gli concesse un po’ di tregua lo guardò stralunato:

- Sei impazzito?!? Vuoi ammazzarmi per un paio di gioielli, sottospecie di ninja nano?! – sbraitò infuriato. Black non rispose. No, questo era per quel bacio che hai tentato di darmi!!

La lotta riprese ancora più furibonda di prima visto che Madian cominciava a rispondere egregiamente. Durante una pausa, ansimando per riprendere fiato, guardò attentamente il suo avversario:

- Complimenti! Sei piccolo ma molto forte. Non mi aspettavo così grandi cose da te! – ansimò: - Che ne dici di scendere a patti? – tentò di chiedere:

- No. – ringhiò l’altro con voce strana, poi riprese la lotta senza dargli tempo di fare altre proposte idiote.

Haydée non era preparata alla sua successiva mossa. Agilmente Madian riuscì a bloccarle un braccio dietro la schiena, torcendolo e finendole alle spalle, e per riuscire a tenerla ferma le passò un braccio sul torace, dal collo al petto, afferrandola con la mano dove avrebbe dovuto esserci il seno, che naturalmente era castigato con la solita fasciatura.

Boccheggiò incredula e avvampò, mentre la concentrazione sul combattimento svaniva completamente.

Madian non riuscì a capire quello che stava succedendo: Black gli si era abbandonato tra le braccia e non opponeva più alcuna resistenza. Che sia una tattica? Si chiese disorientato. Notò che il ladro era molto più piccolo di lui, era incredibile che fosse così forte! Decise di approfittare dell’attimo di smarrimento e gli lasciò andare il braccio che ancora torceva.

Rapidamente allungò una mano al suo collo e strappò letteralmente via il passamontagna, troppo curioso di vedere il volto di un ladro di tale bravura.

Quando una cascata di capelli neri e mossi, profumati di frutta, gli ricadde sul petto trasalì, mentre la visione di una guancia morbida e di un orecchio piccolo e delicato lo spiazzava: - Una donna!?? – fece incapace di qualsiasi reazione che non fosse quella di togliere la mano da quella posizione imbarazzante. Ma dove diavolo ha il seno?!

- Lasciami Madian. – fece secca una voce che non poteva dimenticare. La girò di scatto, stringendola per le spalle:

- Haydée! Ma cosa… - biascicò con voce strozzata. Lei sospirò, poi si staccò con uno strattone e lo guardò freddamente:

- Spiacente. – poi una ginocchiata in pieno stomaco lo fece piegare dolorante su sé stesso.

 

Si riprese in tempo per vedere una figura nera in piedi sul cornicione con qualcosa di voluminoso sulle spalle. La donna si volse un’ultima volta verso di lui poi fece un balzo e svanì nel vuoto.

Si alzò di scatto, causandosi un dolore acuto alla testa e al ventre, ma non gli importava. Doveva assolutamente sapere dov’era finita Haydée!

Arrivò faticosamente sull’orlo del terrazzo e vide un deltaplano nero fluttuare elegantemente nell’aria.

 

Un attimo dopo un’altra figura in nero gli arrivò di corsa alle spalle e si gettò ugualmente nel vuoto, urlandogli un “A presto, Bailey!” che non lo rincuorò affatto. La seconda ladra era Winter, a quanto aveva potuto giudicare dai lunghi capelli biondi in bella vista. Sto sognando…

 

~~~~~

 

Il giorno dopo, villetta in periferia

 

- Non riesco ancora a crederci! – mugugnò dolorosamente il ragazzo dal divano. Arkel lo osservò con aria di compatimento:

- Se fossi in te non sarei così dubbioso: con tutti gli ematomi e le escoriazioni che ti ritrovi è difficile che sia stata un’allucinazione! – commentò ironicamente.

Mitja era appollaiato su uno sgabello accanto al sofà dove si trovava Madian in agonia, e aveva la faccia più seria che i suoi due coinquilini gli avessero mai visto:

- Ero io lo squattrinato del trio, non lei! – borbottò senza nemmeno badare agli altri due:

- Parla di Winter? – domandò Madian:

- Spero per loro che non abbiano invischiato anche la bimba o stavolta mi sentiranno!! – mugugnò il motociclista immerso nei suoi pensieri:

- E tu parli di Phénice? – chiese nuovamente il ragazzo senza naturalmente ottenere risposta.

 

- Dove lavora Haydée? – si sentì chiedere dopo un po’ da un’imbufalito Arkel:

- L’indirizzo è scritto sulla mia agenda, cerca sotto la G, Grantham. – mormorò stanco. Aveva male dappertutto, soprattutto alla mascella. Suo padre gli aveva spedito il suo medico personale che lo aveva rimesso in sesto, più o meno.

Sentì la porta dell’ingresso sbattere violentemente e qualcun altro salire di corsa le scale:

- La mia povera testa… - piagnucolò dal suo giaciglio di dolore.

Pochi istanti dopo la voce di Mitja lo raggiunse dall’ingresso:

- Ho un affare da sbrigare, richiama il medico se ti serve qualcosa! – Madian tentò di tirarsi a sedere, ma un fianco gli doleva troppo. Se avessi avuto un diverbio con Tyson mi sa che ne sarei uscito meno malconcio!

 

~~~~~

 

Non molto tempo dopo, ufficio Grantham

 

- No, Conway, no!! Così non riuscirai mai a farci stare 4 camere da letto e un bagno!! Guarda come ho fatto il pian terreno, i muri portanti sono quelli e tali rimarranno!! – Haydée sbuffò spazientita. Insegnare il mestiere a quel pivello si stava rivelando un’impresa più ardua del previsto. Si rialzò faticosamente, la notte prima aveva preso un colpo non indifferente al fianco sinistro e maledisse mentalmente la sua vita incasinata.

- Devo fare un paio di telefonate Fedra, chiamami solo se qualcuno ha urgente bisogno. – borbottò chiudendosi nel suo ufficio.

La segretaria annuì e tornò a concentrarsi sul suo lavoro, lanciando un’occhiata in tralice a quello scocciatore del nuovo praticante. Un vero incompetente, per di più cascamorto!

Stava per tirargli il temperamatite a batterie quando uno scampanellio e alcuni pugni battuti sulla porta interruppero le sue intenzioni bellicose.

Si limitò a lanciare un’occhiataccia a Conway che lui ricambiò con un occhiolino e si accostò alla porta per aprirla.

Non fece nemmeno in tempo ad abbassare la maniglia che uno spintone violento la fece arretrare:

- Sto cercando Haydée, una tipa mora coi capelli lunghi. Dimmi dove si nasconde! – fece un ragazzo affascinante ma dall’aria più scontrosa della sua, chinandosi su di lei dall’alto del suo metro e 85:

- Di là, nel suo ufficio. Però mi ha detto… - tutto inutile: lo scorbutico era già pronto a sfondare la porta:

- Buondì architetto! – grugnì sbattendo la porta alle sua spalle.

Fedra sospirò indignata: ma aveva tutti amici così irruenti la sua principale?!?

 

Haydée si alzò di scatto, ignorando il dolore al fianco:

- Che ci fai qui, Arkel? – chiese con aria dura:

- Volevo scambiare alcune parole con te. – rispose serio:

- Riguardo a cosa? -

- Alle tue… o meglio vostre performance di ieri sera. – fece con un ghigno indecifrabile. Lei si risedette, incrociò le dita delle mani e socchiuse gli occhi:

- Non so se potrò rispondere alle tue domande. -

- Io dico di sì. Phénice. – borbottò abbassando la voce. Lei inarcò un sopracciglio:

- Cosa c’entra Phénice adesso? – chiese sorpresa:

- C’entra eccome!! Cosa avete insegnato a quella povera ragazzina?!? – chiese infuriato pestando un pugno sulla superficie trasparente dell’elegante scrivania. Haydée trattenne una risata:

- Non le abbiamo insegnato nulla per il semplice motivo che lei non sa niente del nostro “hobby”. – fece divertita. Lui sgranò gli occhi e lei scorse il particolare della macchia arancione che aureolava la pupilla destra. Begli occhi amico!

- Ne sei sicura? – si sentì chiedere:

- Certamente! Chiedilo a Winter, la prima condizione che le ho messo per lavorare insieme è proprio quella di non rivelare nulla a Phénice. Ti assicuro che non sa nulla, prova a chiederglielo. Lei è convinta che ieri notte abbiamo dormito tutte come angioletti. – fece tranquilla, arrivando addirittura a sorridergli: - E comunque non è poi così ragazzina… - cominciò a dire, ma lui la interruppe:

- Va bene, va bene… allora adesso mi dici chi è il tuo istruttore di arti marziali. Non ho mai visto nessuno ridotto a quel modo!! Neanche Faust è in grado di fare un lavoretto del genere, ne sono sicuro! – sghignazzò ormai rallegrato, sprofondando meglio nella poltroncina ultra-comoda. Haydée si irrigidì oltremisura:

- Non sono affari tuoi Arkel, e poi adesso ho da fare, quindi, se non ti spiace… - il ragazzo la guardò storto:

- EH NO!! Voglio sapere come si chiama e dove lo posso trovare o non mi schiodo da qui! – brontolò come un bimbo. La mora non sapeva se ridere o mandarlo fuori a calci. Decise di accontentarlo, magari era una buona mossa per stordirlo e liberarsi di lui!

- Si chiama Yusaf e vive a qualche decina di km da Delhi, è un guerriero di casta kshatriya ed è stato lui a insegnarmi il Kalaripayat. Contento? – chiese divertita vedendolo sufficientemente stralunato.

Così lo prese per un braccio e lo trascinò fin sulla soglia dell’ufficio, osservata da Fedra e Conway. Stava per chiudergli la porta in faccia, ridacchiando per la sbandata che quel tipo doveva aver preso per la sua coinquilina rossa, quando una battuta la raggelò:

- A proposito, forse ti farà piacere sapere che quando starà meglio Madian verrà a cercarti. Stanotte delirava e diceva che sei la donna ideale per lui. Forse è un po’ sadico, sinceramente non so che gusto ci provi a farsi riempire di sberle da una femmina! Comunque sia non ti lascerà in pace così facilmente. All’occhio guerriera! – ridacchiò sparendo lungo le scale.

Haydée si richiuse nel suo ufficio col sudore freddo.

Doveva sparire per un po’, aveva bisogno di ritrovare la calma e la concentrazione. E c’era un solo posto in città dove poteva vivere senza intralci. Avrebbe fatto la valigia quella sera stessa, anzi subito.

 

~~~~~

 

Contemporaneamente, a un paio di isolati di distanza

 

Winter sbadigliò senza nemmeno tentare di nasconderlo. Era esausta, quella notte si erano date parecchio da fare, lei e Black!

Giocherellò con un tagliacarte, ignorando bellamente le scartoffie da riordinare sulla sua scrivania. Stava ponderando se le conveniva continuare a lavorare in quel posto solo per fare contenta Haydée: era un vero supplizio, perché diavolo aveva fatto giurisprudenza poi?! Ah, sì… per accontentare i suoi vecchi…

Bah, che assurdità! Chissà perché si era lasciata convincere! Avrebbe dovuto mandarli al diavolo quando l’avevano portata alla segreteria dell’università per l’iscrizione, altro che assecondarli!

Era talmente persa nei suoi pensieri che non notò il ragazzo biondo appena entrato nello studio che chiedeva con insistenza di lei.

 

Si riprese quando pochi istanti dopo un paio di mani sbatacchiarono il tavolo entrando nel suo campo visivo:

- Dobbiamo parlare! – alzò lentamente lo sguardo e incontrò i meravigliosi occhi celesti di Mitja:

- Perché? – chiese svogliatamente:

- Perché questa notte abbiamo interrotto una conversazione di estrema importanza!! – sbraitò attirando l’attenzione di tutto l’ufficio. Immediatamente anche il vecchio capoufficio rizzò le orecchie: tutti si aspettavano chissà quali particolari piccanti solo a sentire parlare di “quella notte”!

Winter prese il ragazzo per un braccio e addusse una scusa qualsiasi. Dopodiché presero un ascensore e lo portò fuori dal palazzo, lontano da sguardi e orecchie indiscrete.

Una volta arrivati in un parchetto mezzo deserto vista l’ora e il caldo si sedette su una panchina, mentre Mitja in piedi davanti a lei la guardava con gravità:

- Dove sono i miei gioielli? – chiese la ragazza spazientita. Mitja la ignorò:

- Ma dico, quanto rotelle si sono inceppate nel tuo cervello?!? Come diavolo ti è venuto in mente di fare la ladra?! Hai una laurea, Winter! Non potevi essere un’onesta cittadina come tutti? Non c’era bisogno di mettersi a fare la tagliaborse per avere notizie di tua sorella! – sbraitò come impazzito:

- Senti un po’ da che pulpito viene la predica! Sei stato tu a raccontarmi che sei laureato in ingegneria nucleare o sbaglio? E non sei sempre tu che hai cominciato a rubacchiare alla fine delle superiori per pagarti gli studi?! Sissì, lo so, mi hai detto che hai “lavorato”, ma tanto lo so che non è vero! – rispose velenosa alzandosi e piantandogli un dito nel petto:

- E adesso, caro signorino so-tutti-io, ti spiegherò perché mi sono messa a fare la ladra! Le indagini sul rapimento di mia sorella sono andate avanti per anni e io ho seguito tutto di nascosto dai miei. Ho letto la scheda di Chung e ho scoperto che qualche tempo dopo il rapimento di mia sorella si è sposato. La sua donna si chiama Ya-ching, è cinese anche lei e ha due hobby: innanzitutto colleziona antichità della madrepatria, ovviamente acquistate illegalmente. Se riesco a trovare dove tiene quei tesori, che a volte porta in giro per il mondo in qualche mostra privata, trovo lei e per conseguenza il suo caro maritino. Inoltre adora coprirsi dei gioielli più esclusivi al mondo, senza curarsi di come se li procura, e sono convinta che per riuscire a trovarla devo conoscere alla perfezione il mondo nel quale si muove, cioè quello del furto d’arte e di gioielli. – spiegò paziente. Il ragazzo la guardava con la bocca spalancata:

- Sai tutte queste cose e non mi hai detto niente?!? – mormorò sedendosi senza fiato su una panchina:

- Come potevo dirti tutto? Sai che sono una ladra da ieri sera e non c’è stato tempo! -

- Appunto!! Perché diavolo non mi hai detto prima di essere una… ladra?! – chiese stordito. Winter sospirò e si sedette accanto a lui:

- È stata Haydée a chiedermelo. Non posso spiegarti perché, ma vuole tenere lontano Madian da sé a tutti i costi, e temeva che se avesse saputo della sua seconda occupazione si sarebbe avvicinato troppo a lei. – lui scosse il capo, abbozzando un sorriso:

- Fatica sprecata, come pure le nostre incomprensioni. Madian è disposto a ribaltare un continente per accalappiarla, la tua amica non può più fare nulla per allontanarlo ormai! E non poteva riuscirci neanche prima che tutta questa storia venisse a galla. Senti, tu non lo conosci ma io sì, e posso assicurarti che non mollerà mai. Quando si ficca qualcosa in quella testa granitica è peggio di un panzer tedesco su suolo francese: non lo ferma nessuno!! Tanto meno quella specie di “Linea Maginot” che Haydée credeva di avere in sua difesa non rivelandogli di essere Black Soul! – ridacchiò guardandosi attorno mentre la bionda accanto a lui pensava preoccupata alla mora.

- A proposito… com’è lavorare con il grande Black? Me lo sono sempre chiesto… - le chiese osservandola attentamente:

- Incredibile… - mormorò soprappensiero, lo sguardo perso nel vuoto. Se è così dovrei aiutarla…

- Ah, lo sapevo!… Ehi, sarebbe bello organizzare un furto tutti insieme, che ne dici?! Noi tre e voi tre! – fece allegro. Lei lo guardò storto:

- Noi non siamo in tre! Siamo io e Haydée, chi diavolo ti ha detto che siamo tre? – lui rise:

- Arkel!! Si è convinto che c’era di mezzo anche Phénice e credo che in questo momento ne stia cantando quattro alla tua collega! – Winter lo ignorò:

- La mia collega… devo trovarla, se ha parlato con Arkel è sconvolta… - mormorò tra sé: - Scusa Mitja ma ho da fare. Ci sentiamo per telefono e magari ci incontriamo per parlare di Crystal e di quel cinese, e tu ne approfitterai per riportarmi bracciale e orecchini. Ci vediamo! – fece alzandosi e allontanandosi rapidamente. Mitja si alzò di scatto:

- Ehi!! Non mi hai ancora detto niente di quel tipo, come diavolo si chiama… Aaron!! – sbraitò mentre lei si allontanava. La vide alzare un braccio e agitare una mano, come a voler rimandare la conversazione, poi sparì nel traffico. Il ragazzo sbuffò contrariato, spettinandosi i capelli biondi: - Mai una volta che riesca a concludere un discorso! – borbottò fra sé.

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Capitolo 19
*** Pausa ***


Pausa

Pausa

 

Winter corse come una pazza fino alla sua auto, montò rapidamente e si avviò decisa all’ufficio della sua coinquilina, pensando alle cose giuste da dirle e a come rassicurarla.

Una volta a destinazione salì fino all’ufficio e suonò più volte, finché la segretaria non si decise ad aprire:

- Salve, cercavo… -

- L’architetto non c’è! – la interruppe la ragazza. Winter la guardò per un lungo istante:

- Come sarebbe a dire, l’ufficio è ancora aperto… - tentò di obiettare:

- La signorina Grantham risponderà a qualsiasi suo problema via e-mail, è partita improvvisamente poco fa per un viaggio urgente fuori città e non sappiamo ancora quando sarà di ritorno. Vuole entrare e dirmi in cosa posso esserle utile? – la bionda si morse un dito nervosamente:

- No, grazie. Non sa dov’è andata con precisione? – Fedra scosse la testa con decisione:

- Sono spiacente, non mi ha informata. Ma le ripeto che per qualsiasi problema urgente possiamo contattarla tramite la posta elettronica. È sicura di non volersi accomodare? -

- Sì, grazie comunque… - mormorò pensierosa allontanandosi. Scese le scale lentamente, chiedendosi dove poteva essersi cacciata. Forse voleva semplicemente stare sola e si era rinchiusa nell’appartamento, dopotutto aver scoperto quello che anche lei sapeva poteva essere una ragione più che valida per prendersi una pausa.

Decise quindi di inforcare nuovamente l’auto e di dirigersi al loro appartamento.

 

Dopo meno di mezzora parcheggiò davanti all’ingresso lasciando le chiavi al custode e corse a controllare se la mora si trovava lì.

Suonò all’appartamento ma nessuno andò ad aprire, Phénice doveva ancora rientrare. A quel punto aprì con le sue chiavi e perlustrò l’abitazione.

Di Haydée nessuna traccia, la sua stanza sembrava perfettamente in ordine, come pure tutte le altre.

Andò in sala da pranzo e si sedette pesantemente su una sedia, poi prese il cellulare e compose il numero della sua coinquilina: naturalmente il telefonino risultava spento.

Un improvviso dubbio si insinuò nella sua mente. Si alzò precipitosamente e corse di nuovo nella camera da letto della ladra.

Quando spalancò l’armadio rimase senza fiato: era semivuoto. Black aveva tagliato la corda.

 

~~~~~

 

Dopo meno di mezzora un’altra chiave venne inserita nella serratura della porta. Winter si precipitò nell’atrio per vedere di chi si trattava e trattenne un sospiro di delusione quando una testolina ricciuta fece capolino:

- Ciao Winter! Come mai hai parcheggiato in quella maniera assurda? Un paio di condomini si sono lamentati… - si interruppe quando notò l’espressione accigliata della bionda: - Qualcosa non va? – chiese sgranando gli occhi:

- Temo di sì: non riesco a trovare Haydée. – disse cupa. La rossa scosse i riccioli senza capire:

- Per forza! Mi ha chiamata poco fa, ha detto che deve sbrigare alcuni affari urgenti fuori città e che starà via qualche giorno, forse una settimana. È partita all’improvviso e aveva il cellulare scarico, infatti ha detto a me di informarti quando ti avrei vista. Scusa, perché la cercavi? – Winter la guardava scettica:

- È fuori città… per alcuni affari urgenti… - mormorò sedendosi di peso sul letto perfettamente rifatto:

- Esatto! Le è già successo altre volte, ha contatti con un paio di grossi studi di architetti in diverse città e a volte richiedono la sua presenza per qualche affare importante. Una volta mi ha anche mostrato i progetti che doveva portare, e ti assicuro che è veramente bravissima! Ha costruito una villa per un riccone da fare invidia ai divi di Hollywood! – cinguettò allegra. La bionda la guardo sempre più seria:

- Le è già successo… e partiva sempre così all’improvviso? – volle sapere. Phénice ci pensò su, poi tornò a guardarla:

- No, ora che mi ci fai pensare è la prima volta che parte senza nessun preavviso. Di solito me lo diceva almeno un paio di giorni prima… ma perché tutte queste domande? – Winter si mise una mano davanti agli occhi e si abbandonò all’indietro, distendendosi sul letto:

- Phénice abbiamo un problema. Dubito che Haydée sia in viaggio per affari. – mormorò con voce preoccupata. La rossa ridacchiò divertita:

- Ma che stai dicendo? E allora perché se ne sarebbe andata? –

- Per colpa di un uomo. – la ragazza boccheggiò stupefatta:

- Mi stai dicendo… che Haydée… ha l’uomo?? E perché mai io non ne so niente? – non le diede il tempo di rispondere: - Non mi dirai che è sposato!! Mi rifiuto di crederci!! – urlò fuori di sé. Winter sgranò gli occhi vagamente divertita:

- Ma no, sciocchina! Non c’è nessun uomo sposato, è un ragazzo! – Phénice tirò un lungo sospiro di sollievo:

- Per fortuna… allora dimmi tutto! – cinguettò allegra:

- Phénice, tu sai del passato di Haydée, vero? – la rossa annuì:

- Sì… per questo ero così felice di sentire che c’era qualcuno nella sua vita. Da quando la conosco non è mai uscita con un ragazzo, e se poteva evitava addirittura di uscire con me per non incappare in incontri indesiderati. Ma ora che è successo? – l’altra sospirò:

- Madian si è messo nella testa di conquistarla, lei lo ha saputo e ora sono più che certa che se ne sia andata per la paura. – Phénice sgranò gli occhi istupidita:

- Ma che dici?! Haydée non può avere paura di un ragazzo! Lei è la donna più coraggiosa che conosca!! – obiettò quasi offesa. Winter scosse il capo:

- Tu non capisci: Madian ha provato a baciarla quella sera che siamo andate all’opera e lei ne è rimasta sconvolta. – spiegò lentamente. Vide Phénice sgranare ancora di più gli occhi:

- Ha provato a baciarla?! Ma è impazzito?? Oh mamma, avrà rivissuto sicuramente quella vecchia storia… - mormorò incredula:

- Immagino anch’io di sì. Non so se tornerà tanto presto, non ho nemmeno idea di come fare per contattarla e parlarle. – rimasero diverso tempo in silenzio, sedute l’una accanto all’altra:

- Tornerà. Le scriveremo una bella mail e la convinceremo a fare marcia indietro. Vedrai che riusciremo a farla ragionare! – concluse infine la rossa alzandosi risoluta.

 

~~~~~

 

Alcuni giorni dopo, mattino presto

 

- Come sarebbe a dire che non c’è e non sapete dove sia?!? – il ragazzo sulla soglia, con ancora un polso fasciato, un occhio tumefatto e vari ematomi, la guardava a bocca aperta:

- Quello che ho detto: Haydée non è né a casa né in ufficio. È fuori città per lavoro, non sappiamo quando tornerà. – Phénice cominciava a sentirsi leggermente in soggezione, inoltre non capiva come potesse la sua vecchia amica fuggire da un ragazzo così bello. Non poteva decidersi finalmente a lasciarsi il passato alle spalle? Dove lo trovava un altro tipo del genere?!!

- Ma… non è possibile… da qualche parte deve pur essere! Non vi ha lasciato un nome, un indirizzo… magari un indirizzo di posta elettronica! - ipotizzò il giovane:

- No, quando è in viaggio per affari non vuole essere disturbata. – adesso però cominciava a spazientirsi. Forse è un pelino troppo testone… ma in fondo un difetto deve pur averlo per essere così bello!

- Capisco… allora, ti spiace contattarmi quando torna? Avrei bisogno di parlarle. -

- Senz’altro. Adesso scusami ma devo uscire per andare al lavoro. Ci vediamo Madian. – la rossa chiuse la porta dell’appartamento alle sue spalle con un sospiro. Che pasticcio!

 

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Altrove

 

Haydée si tirò a sedere sull’ampio letto a baldacchino, strofinandosi gli occhi e sbadigliando rumorosamente.

Elettra le aveva portato la colazione su un vassoio d’argento e l’aveva lasciata di nuovo sola con i suoi pensieri.

Si stiracchiò languidamente, alzandosi in piedi e rabbrividendo poi al contatto con la fresca vestaglia di seta che le aveva prestato la sua ospite. La palazzina di proprietà di Sybil era piuttosto antica, e gli spessi muri rivestiti in carta da parati consentivano una notevole frescura interna durante i mesi estivi così caldi.

Prese a sorseggiare il caffè ancora bollente mentre con la mano libera spostava un piccolo lembo di tenda che le ostruiva la vista sulla città.

L’abitazione della sua informatrice si trovava nella parte vecchia della città, costruita su un colle che dominava tutto il paesaggio attorno: era un ottimo punto di osservazione, inoltre garantiva una splendida visuale sull’intera city.

Girovagò stancamente per la stanza, ammirando i mobili in stile barocco e chiedendosi quante case d’asta avevano svaligiato per riempire quell’abitazione di un numero tale di mobili d’antiquariato. Infine spalancò le tende e si sedette alla scrivania, aprendo il portatile e collegandosi a internet.

Immediatamente la sua casella si riempì dei messaggi rassicuranti di Phénice e delle richieste di aiuto di Fedra. Allora sa di quella sera all’opera… glielo avrà detto Winter… Sospirò affranta. Dove diavolo doveva nascondersi per avere un po’ di pace?

 

Una volta sistemate le due scocciatrici spense tutto e si vestì, decisa a visitare quella specie di museo privato.

Il primo piano sembrava completamente disabitato, così poté tranquillamente vagabondare per i corridoi, ammirando dipinti e consolle, oltre che varie stanze in tutti gli stili possibili. Ne aveva trovata addirittura una in perfetto stile giapponese, colma di servizi da tè e con un armadio interamente occupato da kimoni.

All’ora di pranzo era quasi certa di essersi persa, ma fortunatamente Elettra venne in suo aiuto e la condusse nella fastosa sala da pranzo, dove la signora Du Pont l’attendeva impaziente.

Mangiarono in silenzio e solo una volta finito il dolce Sybil incominciò un discorso serio:

- Allora bambina, qual è il problema? Non sarà un uomo! – chiese accomodandosi meglio nella sua poltroncina. La mora avvampò infuriata, facendo immediatamente capire alla donna che era proprio quello il tasto dolente:

- Non c’è nessun problema, e soprattutto nessunissimo uomo!! Avevo solo bisogno di un periodo di pausa, tutto qui! – sbraitò alzandosi di scatto: - Se ti do tanto fastidio posso togliere il disturbo anche subito! – Sybil si alzò precipitosamente:

- Ma no cara, che dici! Pensavo semplicemente che volessi parlarmi dei tuoi problemi, non volevo essere invasiva! – Haydée studiò l’espressione della donna: era evidentemente preoccupata, dopotutto si conoscevano da diversi anni e l’aveva sempre trattata come una figlia. Si rilassò immediatamente:

- Scusami Sybil, è solo che sono sotto pressione, ho un praticante in ufficio e una nuova inquilina, come sai. Non sono abituata a tutta questa confusione, sai che ho sempre amato il silenzio e i luoghi poco affollati. - mormorò tornando a sedersi:

- Certo Haydée… per favore, chiamami Sophia. Dopotutto siamo amiche da così tanto tempo, e tu sei come una figlia per me. Non ti preoccupare comunque, nessuno ti disturberà, tanto meno io con le mie chiacchiere assurde! Resta pure tutto il tempo che vuoi, sei come a casa tua e non darai fastidio a nessuno. – la rassicurò gentilmente la donna:

- Nemmeno a tuo marito? – chiese titubante:

- Figurati!! Il mio Greg non si accorgerà nemmeno che sei qui tanto è distratto! Ora ti lascio tranquilla con i tuoi pensieri, quando ti va di parlare sai dove trovarmi! – Haydée annuì, vagamente rincuorata:

- Grazie Sophia, comunque non starò qui per molto, solo qualche giorno per fare qualche allenamento fuori dalla confusione. – fece allontanandosi. La donna la guardò, trattenendo un sospiro preoccupato.

 

~~~~~

 

Nel pomeriggio

 

Winter picchiettò nervosamente con la scarpa sul porfido perfettamente pulito e dovette attendere solo pochi istanti perché la domestica si decidesse ad aprire la porta.

Una volta entrata schizzò direttamente nell’ufficio della donna, ignorando le proteste della povera Elettra:

- Dov’è. – ordinò perentoria entrando senza bussare e incrociando le braccia sul petto:

- Winter, tesoro, che succede? – fece la donna con aria svanita, come se fosse appena caduta dalle nuvole:

- Non mi incanti Sybil, dimmi dove si trova Black Soul. – ribadì rigidamente. La donna addolcì lo sguardo:

- Siediti Winter, dobbiamo parlare di alcune cose. – ma la ragazza non era disposta ad ascoltare una sola parola:

- So già tutto di lei, ma questo non giustifica il suo comportamento! È immatura e viziata, come può piantare tutto in asso e sparire nel nulla senza curarsi degli altri?? – sbraitò infuriata. I lineamenti di Sybil si indurirono:

- Ti proibisco di parlare in questi termini di Haydée in questa casa. Quella cara ragazza è passata nel fuoco per arrivare fino a qui e tu non sei nelle condizioni di poterla giudicare. Haydée ha bisogno di solitudine e di tranquillità e si è presa una pausa per fare in tutta pace i suoi esercizi di Kalaripayat. Forse non lo sai, ma richiedono una notevole dose di concentrazione. – Winter finalmente si placò, aveva capito di essere in territorio minato, così si sedette su una poltroncina:

- Sì, lo so. Ma non mi sembra molto utile svanire così nel nulla. Phénice era sull’orlo delle lacrime quando l’ho lasciata a casa. – mugugnò contrariata:

- Oh, povera ragazza! L’ho conosciuta un paio d’anni fa, sai? È molto dolce, indubbiamente, ma si preoccupa eccessivamente, e anche tu. Haydée sta bene, ha solo bisogno di alcuni giorni per riprendersi. Intanto tu dì al ragazzo che l’ha molestata di starsene alla larga. – la bionda sgranò gli occhi:

- Ti ha parlato di Madian?? – chiese stupita. La donna sorrise con fare sagace:

- Non l’ho mai sentito nominare, ma sono più che certa che si comporta così per via di un uomo. Sai, per quella vecchia storia col suo ex… - Winter si rabbuiò:

- Allora non sai chi è lo Zar? – Sybil rischiò di strozzarsi con la sua stessa saliva:

- Mi vuoi far credere che voi lo sapete?!? – chiese strabiliata. La bionda annuì:

- Certo. Si tratta di una banda di tre ragazzi: Madian Bailey, il figlio dell’industriale proprietario di quel capannone al porto che ti avevamo fatto controllare, Arkel Davies e Mitja Krylov, un mio amico d’infanzia. Li abbiamo incontrati durante l’ultimo furto, ma sospettavamo di loro già da qualche giorno. – spiegò cupa. La donna davanti a lei strabuzzò gli occhi:

- Stai scherzando?!? E questo Madian, che poi sarebbe lo Zar, fa il filo ad Haydée?? – chiese sempre più sorpresa:

- Esatto. Io me n’ero accorta già da un po’, ma lei ha preferito non vedere. Li hanno conosciuti Haydée e Phénice in discoteca, e si parla di quasi due mesi fa perché erano i primi di giugno. -

- Incredibile! – riuscì a dire infine la signora. Winter ascoltò per un tempo che le parve infinito il ticchettio dei secondi del grande orologio a pendolo, poi finalmente la donna si riprese: - Ascoltami bene Winter: tu cerca semplicemente di tenere questo ragazzo più alla larga possibile, se lo vedi faresti meglio a consigliargli di lasciarla perdere perché non l’ho mai vista così sconvolta… - la bionda la interruppe:

- Non è che è così sconvolta perché anche lei prova qualcosa? – ipotizzò:

- Oh, mio Dio, questo sarebbe troppo!! No, io credo che sia semplicemente confusa e spaventata, non è ancora pronta per una relazione. -

- Ma sono passati 6 anni da quella vicenda, non sarebbe ora che se la lasciasse alle spalle? -

- Per carità!! Non lo ripetere mai a lei! Haydée ha bisogno dei suoi tempi, la conosco non deve essere forzata in nessun modo. Ti prego, non parlarle mai più di queste ipotesi e soprattutto lasciatela tranquilla, vedrete che tornerà prima di quanto immaginate! – così dicendo accompagnò la ragazza alla porta salutandola calorosamente e riempiendola di raccomandazioni. Che pasticcio mi sta combinando quel ragazzo!

 

~~~~~

 

Alcune notti dopo

 

Haydée balzò a sedere sul letto con un grido strozzato.

Scrutò attorno a sé nella debole luce che filtrava dall’esterno e realizzò che quello che aveva appena vissuto era un sogno, che Phil non era tornato, che non aveva più 19 anni e che il suo ventre non era gonfio per una gravidanza.

Si deterse il sudore dalla fronte e scese da letto, posando i piedi nudi sul parquet perfettamente lucidato, dopodiché infilò la vestaglia e uscì dalla stanza dirigendosi verso il bagno, bisognosa di una bella rinfrescata. Le mani le tremavano ancora.

Stava per ritornare nella sua stanza quando un rumore al piano inferiore attirò la sua attenzione. Accese le luci e vide il gatto d’angora di Sybil raschiare con le unghie la porta dello studio della donna.

Sorrise tranquillamente e scese senza produrre alcun rumore, mentre il gatto le lanciava in debole miagolio d’intesa.

 

Una volta alla fine del lungo scalone prese in braccio la bestiola e aprì la porta per farlo entrare. Il micio fece le fusa poi scese dalle sue braccia con un balzo elegante, dirigendosi senza indugio alla sua scodella di acqua.

Haydée lo guardò sorridendo, poi prese ad osservare attentamente lo studio della sua informatrice. Si sedette sulla poltrona e aprì distrattamente qualche cassetto della scrivania, chiedendosi quante persone conosceva e come faceva a intrattenere buoni rapporti con tutti. Non doveva essere un lavoro semplice…

Un fascicolo attirò la sua attenzione: era poca cosa, al massimo una decina di pagine, ma conteneva la descrizione dettagliata di una mostra privata di antichità cinesi che si sarebbe svolta dopo dieci giorni in una villa alla periferia della città.

Il collezionista era una donna, una certa Ya-ching, ed esponeva vari tipi di oggetti della sua madrepatria, dai vasi ai gioielli, tutti fabbricati alla fine del regno della dinastia Song. Le origini della collezione erano dubbie e Haydée ne dedusse che poteva trattarsi in gran parte di oggetti trafugati da qualche sito sconosciuto o da qualche museo regolare troppo povero per avere un sistema d’allarme.

Sorrise soddisfatta: ecco la sua ultima occasione di lavorare freelance, il suo ultimo colpo individuale prima della partenza per casa sua.

Perché era proprio questa la decisione che aveva maturato in quei giorni.

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Capitolo 20
*** Assalto alla dinastia Song ***


Assalto alla dinastia Song

Assalto alla dinastia Song

 

Lunedì mattina, appartamento del centro

 

Phénice uscì sbadigliando dalla sua stanza e si diresse ad occhi chiusi in bagno.

Dopo circa 20 minuti ne uscì qualcosa di molto più vicino a un essere umano di quando era entrata. La sera prima era uscita con Selim e come al solito lui e i suoi amici l’avevano convinta ad alzare un po’ il gomito, così entrò in cucina borbottando ingiurie su ingiurie ai figli di papà che passano i fine settimana a sbronzarsi e a mangiare come maiali:

- Buongiorno Phénice! – la salutò una voce ridente. La ragazza aprì faticosamente un occhio e riuscì a mettere a fuoco una figura flessuosa avvolta in un vestitino leggero. Socchiuse anche l’altro occhio e vide una cascata di capelli neri incorniciare un viso più o meno identificato. Improvvisamente si svegliò:

- Haydée!!! – urlò spiccando un balzo e aggrappandosi alla sua amica come un koala alla madre. La mora boccheggiò disperatamente:

- Ufff! Ma che hai fatto, ti sei messa all’ingrasso? – le risposero solo squittii allegri e una stretta accentuata attorno al collo: - Phénice, tesoro, sono felice anch’io di vederti, ma… coff… non credi che questo presupponga che mi vuoi in vita? Te lo faccio presente perché mi stai soffocando!! – finalmente la rossa si staccò:

- Che bello, sei tornata!! Quando? E perché? Stai bene? Non è successo nulla di grave vero? – la ragazza rise a quel fiume di domande:

- Da meno di mezzora mi pare, perché era ora che tornassi, io sto benissimo e non è successo nulla, almeno che io sappia! – rispose rimanendo soffocata un’altra volta nell’abbraccio di ferro della sua amichetta.

Winter le trovò abbracciate e in equilibrio precario perché la rossa si pesava pericolosamente solo su Haydée:

- Ciao Winter! – la salutò la mora:

- Mmh… - mugugnò semplicemente, in perfetto coma vigile da lunedì mattina. Phénice si staccò un’altra volta, forse quella definitiva:

- Festeggiamo!! – urlò saltellando come una pazza e togliendo dal frigorifero tutto quello che c’era di commestibile. Haydée la bloccò in tempo, spiegandole che era lunedì mattina, che dovevano tutte mettersi al lavoro e che non dovevano perdere tempo in stupidi festeggiamenti:

- Perché sai, potrei anche decidere di portarvi fuori a cena questa sera… - e bastò quell’unico accenno per calmare la ragazza. Ubbidiente se ne andò in camera a vestirsi lasciando sole le due ladre:

- Allora, è andato tutto bene? – tentò di chiedere Black all’indirizzo della bionda:

- Certo. E hai risolto i tuoi problemi con Madian, immagino. – aveva toccato appositamente quel tasto per vedere la reazione della mora. Non si sbagliava, provava davvero qualcosa perché la vide sussultare:

- Questo non ha alcuna importanza. – fece indurendo la sua espressione e rispondendo freddamente: - Sono tornata perché era tempo che lo facessi, il mio allenamento era terminato e dovevo riprendere il lavoro. – la bionda non rispose, limitandosi a sorbire il suo caffè: - Con Phénice tutto bene? –

- Sì, ma ieri sera abbiamo rischiato un’altra sbornia. È ora che le apriamo gli occhi su quel Selim, ho l’impressione che gli si stia affezionando un po’ troppo, e poi quando è tornata a casa l’ho sentita vagheggiare di proposte che lui le ha fatto e che lei ha rifiutato perché, diceva, non era così sbronza da lasciarsi portare a letto da lui. – Haydée serrò le labbra preoccupata:

- Maledizione! Lo sapevo che avevamo aspettato troppo. Alla prima occasione buona le parlo io, e la convincerò dovessi usare le maniere forti! – Winter inarcò un sopracciglio e fece una smorfia divertita:

- Spero non troppo forti! Si è presentato qui il tuo avversario della battaglia sul grattacielo ed era piuttosto malconcio! Deve aver avuto un buon medico per risistemargli tutte le giunture al posto giusto… - insinuò tranquillamente. Haydée borbottò qualcosa in risposta e si diresse in camera sua, lasciando Winter sempre più convinta dei suoi sospetti.

 

~~~~~

 

Venerdì notte, appartamento del centro

 

Haydée finì di infilare la sua tuta nera e il passamontagna. Infine prese il casco e uscì il più silenziosamente possibile, lanciando un ultimo sguardo in direzione della stanza di Phénice.

Una volta nei garage si infilò il casco e si mise a cavalcioni della sua moto, alla quale aveva tolto la targa nel pomeriggio.

La accese con un rombo sordo e uscì rapidamente dal garage per evitare di svegliare tutta la palazzina.

Infine svanì nelle vie illuminate della città, diretta ad una villa in periferia.

 

Winter si rigirò nel letto e sentì un rumore lontano, come il brontolio di un temporale estivo. Rimase diversi istanti in ascolto ma il rumore sommesso si era allontanato per le vie della città.

Improvvisamente si tirò a sedere sul letto con un sospetto a serpeggiarle nella mente ancora intorpidita dal sonno.

Lanciò uno sguardo alla sveglia che segnava le 2 e mezza e si diresse spedita lungo il corridoio, alla camera di Haydée.

Spalancò la porta e vide una sagoma indistinta sotto le lenzuola. Non attacca, fa troppo caldo per dormire coperti.

Accese la luce e scostò le coltri: un paio di vestiti riproducevano la silhouette di una persona addormentata, e dell’inquilina nessuna traccia.

Prese a cercare freneticamente un indizio, qualcosa che potesse svelarle la destinazione della ladra, ma niente. La camera era in perfetto ordine.

Poi si ricordò del nascondiglio nell’armadio dove Black occultava i progetti di furto, e dopo aver frugato per un paio di secondi trovò un fascicolo che non aveva mai visto: “Mostra di oggetti appartenenti alla dinastia Song”, espositore Ya-ching.

Involontariamente un’imprecazione le sfuggì dalle belle labbra: non aveva ancora parlato ad Haydée della presunta moglie di Chung, il suo obiettivo, quindi la ragazza non poteva sapere di essere diretta alla tana del lupo.

Senza pensarci due volte prese il cordless e compose un numero. Dopo interminabili secondi finalmente una voce assonnata le rispose:

- Mitja, sono Winter! – sbraitò agitata:

- Winter?… Ma che diavolo combini, è notte fonda! -

- Muoviti Krylov, ho trovato la donna di Chung e se non aiutiamo Haydée la ridurranno a un groviera! – il ragazzo parve svegliarsi:

- E me lo dici solo adesso!? Perché, dov’è Black? -

- A quanto pare mi ha tagliato fuori dall’organizzazione dell’ultimo furto: è diretta da sola alla villa dove Ya-ching terrà una mostra tra alcuni giorni. Non sa che sta per cacciarsi in un guaio più grande di lei! – protestò la ragazza spazientita da tutte quelle spiegazioni:

- D’accordo, allora spara l’indirizzo e fatti trovare là tra circa 20 minuti, noi ti raggiungiamo al volo. -

 

~~~~~

 

Meno di mezzora dopo

 

Winter parcheggiò in un macchia di sterpaglia, dopodiché abbandonò la sua auto e si diresse all’entrata del parco della villa.

Camminava guardinga, scrutando l’oscurità attorno a sé e tastando il terreno cautamente. Ad un tratto il mozzicone di una sigaretta cadde a pochi centimetri dai suoi piedi, spegnendosi in uno sfrigolio e rivelandole la presenza dell’acqua:

- Attenta ladra, c’è uno stagno proprio sotto il tuo nasino altezzoso! – esclamò piano una voce divertita:

- Dovevi proprio farmi prendere un colpo per farmi capire di non continuare? – Mitja la ignorò:

- Era ora che arrivassi, credevo che non ti avrei più vista! – mugugnò frugando in un borsone: - Tieni. – fece porgendole una pistola. Winter scosse il capo:

- Non serve, ho già la mia. – lui non le diede retta: le prese la mano destra e vi ficcò sopra l’arma:

- Appunto: questa è la seconda ed indispensabile! – fece con un mezzo sorriso saccente, infilandosi la tracolla di una mitraglietta:

- Madian e Arkel? – chiese guardandosi attorno:

- Madian è già entrato: pochi minuti fa abbiamo sentito una scarica di mitra e ha dato di matto. La tua amica l’ha fatto veramente uscire di testa!! Lo scorbutico invece arriverà tra poco, prima voleva fare una visita a un suo vecchio amico che vende fumogeni illegalmente. – chiuse con delicatezza il bagagliaio e le fece cenno di seguirlo.

 

Si avvicinarono silenziosamente alla villa, badando a non attirare l’attenzione delle guardie, ma le loro precauzioni si rivelarono inutili: dall’interno dell’abitazione giunsero un paio di colpi di pistola:

- Eh no, così non vale!! Non doveva cominciare le danze senza di noi! – brontolò contrariato uscendo allo scoperto e correndo come un pazzo verso una veranda aperta con Winter alle calcagna:

- Senti un po’, e adesso dove andiamo? – chiese guardandosi attorno lungo un corridoio. La bionda spostò lo sguardo a destra e a sinistra, da dove sbucarono un paio di gorilla che urlarono qualcosa al loro indirizzo:

- Propongo a destra! – fece sparando un paio di colpi e avviandosi di corsa nella direzione prescelta:

- Concordo a pieni voti!! – rispose l’altro divertito.

Girato l’angolo si scontrarono con Madian:

- Ehilà!! Allora, trovato la tua bella? – Madian ignorò la battuta fuori luogo e osservò il corridoio attento:

- No, non riesco a capire dove diavolo si sia cacciata… - in quel momento alcune grida e una serie di spari al piano superiore attirarono la loro attenzione: - Seguitemi! – fece slanciandosi verso le scale, mentre Mitja e Winter gli coprivano le spalle:

- Però, spari bene! – commentò il biondino:

- Ne dubiti forse? Vuoi una prova? – fece lei infuriata:

- Oh no, le tue performance su questi simpatici scimmioni sono più che sufficienti!! -.

Dopo una corsa interminabile arrivarono al primo piano e quello che videro non piacque loro per niente: tre gorilla sparavano all’interno di una stanza, due con una pistola semiautomatica e un altro, appena sopraggiunto, con una mitraglietta:

- Buonasera signori! – fece Mitja allegramente, sparando a tutto spiano e facendoli fuggire a gambe levate. Madian corse come un pazzo dentro alla sala: il mobilio e le pareti erano crivellati di colpi, mentre in un angolo un divano ribaltato serviva da barricata a qualcuno.

Si avvicinò lentamente, poi sentì un mugolio di dolore e spostò il sofà: Haydée giaceva seduta, con la schiena appoggiata al muro, in una pozza di sangue.

Lo guardò con occhi spenti senza riconoscerlo, tentando di puntargli addosso la pistola ormai scarica:

- Tanto non mi avrete viva, bastardi! – disse con voce rauca e appena percettibile, poi il braccio che sorreggeva l’arma scivolò a terra, perdendo la presa sulla pistola, e i suoi occhi si chiusero.

Madian la prese tra le braccia prima che finisse distesa nel suo stesso sangue, mentre il tempo attorno a lui sembrava essersi congelato:

- Haydée? – tentò di chiamarla delicatamente, togliendole il passamontagna e accarezzandole il bel viso sinistramente terreo, ma lei non rispose. Non può essere… è un incubo…

 

Dietro di lui intanto arrivarono i due biondi. Mitja, vedendo la ragazza tra le braccia del ladro, fraintese la situazione:

- Avanti ragazzi non c’è tempo per gli incontri romantici, dobbiamo svignarcela di qui e alla svelta anche! – solo quando riuscì a scorgere il viso di Haydée e sentì Winter trattenere un grido comprese la reale gravità dei fatti: - Madian? – ma il ragazzo non rispose, continuava ad accarezzare i capelli della bella mora, chiamandola sottovoce, incurante del tempo che passava e del pericolo che correvano.

A quel punto il russo tirò fuori tutto il suo senso pratico, per una volta: si inginocchiò accanto al ragazzo, gli alzò il viso e gli diede una sonora sgridata, scrollandogli vigorosamente una spalla:

- Avanti Madian!! Dobbiamo andarcene e cercare un medico, magari possiamo ancora salvarla se ci muoviamo!! – ma lui stesso non era certo di quello che diceva. Tuttavia la sua cura sortì gli effetti desiderati. Madian infatti si alzò, sempre stringendo il corpo inanimato di Haydée:

- Mitja fammi da apripista, tu invece Winter guardaci le spalle. Sei abbastanza in gamba da occupartene meglio di quell’ubriacone del tuo amico. Dobbiamo sbrigarci. – il russo fece un sospiro: questo era il Madian che conosceva, serio e autoritario, un vero leader. Annuì soddisfatto, pregando in cuor suo che la vita non avesse ancora abbandonato la bellissima ragazza tra le braccia del suo amico. Poi impugnò saldamente la sua arma e, con un ultimo sguardo di incoraggiamento a una mezzo sconvolta Winter si avviò deciso lungo il corridoio.

 

Pochi minuti dopo erano nel parco della villa e fuggivano sotto il fuoco nemico. Il russo non aveva ancora perso la sua verve:

- Maledetti musi gialli!! Giuro che tornerò, magari dentro a un carro armato del caro zio Stalin, e allora sarete voi a fuggire, nanerottoli!! – protestò indignato per tutti i proiettili che piovevano sulle loro teste.

Stavano per essere raggiunti da alcuni scagnozzi del cinese quando una moto entrò rombando frapponendosi fra loro e i loro inseguitori, il motociclista infilò la mano sinistra sotto il giubbotto imbottito, ne estrasse un paio di tubetti lunghi una quindicina di centimetri e strappandone la sicura li lanciò tra le file nemiche.

I fumogeni servirono a coprire la loro fuga, così in breve poterono raggiungere il fuoristrada di Madian e stendere Haydée sul sedile posteriore. Il suo cuore pulsava ancora, ma troppo debolmente:

- Devo chiamare un’ambulanza! – esclamò Winter frugandosi addosso con mani tremanti per trovare il cellulare. Mitja la bloccò:

- Fermati, non puoi chiamare un ospedale qualsiasi! -

- Perché?! – strillò lei. Il ragazzo tentò di farla ragionare:

- Come perché! Vuoi rendere pubblica la vera attività della tua amica? Hai idea di quanti commissari di polizia le danno la caccia?! E dopo questo putiferio sarà ancora peggio di prima!! – sbraitò scotendola per le spalle. Winter parve calmarsi:

- E allora che facciamo? – chiese debolmente volgendo lo sguardo sugli altri due ragazzi. Arkel stava legando un laccio attorno alla coscia della ragazza, Madian avevano individuato la ferita dalla quale fuoriusciva tutto quel sangue e lui tentava così di frenarne il flusso. Nel frattempo il loro capo si era appoggiato ad un albero con aria stravolta, i vestiti sporchi del sangue della ragazza, e digitava un numero su un cellulare:

- Pronto… sono Madian, mandami l’eliambulanza col medico e almeno due infermieri, immediatamente! – ordinò in tono di comando. Poi infilò il cellulare in una tasca e si passò le mani sul viso. I due ragazzi attesero che si riprendesse, e finalmente si riscosse: - L’elicottero arriverà tra poco al solito posto, dobbiamo fare presto e allontanarci il prima possibile da qui. –

- Respira malissimo, mi volete dire che le è successo? – chiese Arkel osservando preoccupato il viso eccessivamente pallido della mora. I due ragazzi scossero il capo:

- Che sappia io nulla: quando l’abbiamo trovata è svenuta, ma per il troppo sangue perso, non capisco cosa… - il russo si bloccò sentendo Winter dare in un’esclamazione. Immediatamente aprì il giubbotto della ragazza e si mosse per alzare la maglia nera aderente:

- Che diavolo credi di fare?? – chiese Madian allarmato vedendo che estraeva un coltellino:

- Guarda. – fece sollevando la stoffa perché potessero vedere:

- Una fasciatura!?! – esclamarono stupiti:

- Esatto. Per passare per un uomo. – borbottò osservandola con la fronte aggrottata. Era quella che le impediva di respirare liberamente, era troppo stretta: - Voltatevi! – ordinò. I tre ragazzi obbedirono imbarazzati, mentre Madian si spiegava perché quella notte del furto sul grattacielo non aveva sentito “nulla” sotto i vestiti. Udirono l’inconfondibile rumore di bende strappate, poi altri movimenti indistinti: - Ora potete guardare. – disse la bionda.

Quando si volsero videro un paio di metri di fasciatura strappata a terra, mentre Haydée era vestita come prima. Madian si avvicinò immediatamente e poté ascoltare più nitidamente il respiro della ragazza:

- Grazie Winter. – disse di slancio guardandola con gratitudine:

- Di nulla, ma ora è meglio che ci muoviamo. Non l’ho di certo salvata. – fece cupa.

Immediatamente Mitja la fece salire nel sedile del passeggero e prese posto al volante, mentre il moro riprese Haydée tra le braccia, sfiorandole la fronte con le labbra. Arkel li guardò sorpreso:

- E Phénice? – chiese indignato:

- È a casa, a letto. Perché me lo chiedi? – Winter lo guardava senza capire:

- Per il semplice motivo che quelli sono mafiosi veri e non ci metteranno molto a trovare la vostra abitazione setacciando tutta la città! A quel punto indovina un po’ con chi se la prenderanno? – sbraitò infuriato calcandosi il casco sulla testa. Winter lo guardava ancora incredula di fronte a tutta quella frenesia:

- Che hai intenzione di fare? – chiese Mitja:

- La vado a prendere, accidenti a voi!! Non può di certo stare in quell’appartamento, almeno finché la questione non sarà completamente risolta! – poi si rivolse a Madian: - Se per te va bene potremmo stare nella villa di tuo padre, è meglio cambiare aria e andare il più lontano possibile da questa città. – il ragazzo annuì distrattamente e Mitja riprese la parola:

- Benissimo, allora ci vediamo tutti alla villa. In bocca al lupo! – fece innestando la prima e avviandosi rapidamente all’eliporto.

Arkel fece un cenno con la mano e partì sgommando. Corse per le vie della città come un pazzo, ansioso solo di avere la rossa sotto la sua protezione.

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Capitolo 21
*** Bimba provocante o scocciatura colossale? ***


Bimba provocante o scocciatura colossale

Bimba provocante o scocciatura colossale?

 

Eliporto, notte fonda

 

Meno di mezzora dopo Mitja era arrivato all’eliporto e vide in lontananza una lucetta nel cielo avvicinarsi rapidamente:

- Stanno arrivando. – disse rivolto a Madian. Non ottenendo risposta si volse per controllare la situazione e lo vide intento a stringere Haydée con la tenerezza di un innamorato. Gli sfuggì un sorriso divertito. Ci sei dentro fino al collo amico!

Infine smontarono proprio mentre l’elicottero atterrava. Ne scesero due uomini con una lettiga e presero il corpo inanimato della ragazza in consegna dal figlio del loro datore di lavoro. Madian salì sul velivolo accanto a lei:

- Raggiungeteci alla villa in auto per favore, non abbiamo posti sufficienti per tutti. – urlò per farsi sentire sopra al rumore delle pale. Mitja gli fece un cenno affermativo e alzò una mano in segno di saluto, mentre con l’altro braccio cingeva le spalle di Winter.

Quando infine l’elicottero prese il volo si volse a guardarla: era sconvolta, probabilmente non si era mai trovata in una situazione del genere, e sicuramente si stava colpevolizzando per non aver raccontato ad Haydée tutta la storia del cinese. La riscosse dolcemente, accarezzandole una guancia:

- Andiamo? – chiese con un sorriso. Lei annuì e si lasciò guidare come un automa, troppo spossata per porre domande.

Ci pensò Mitja a darle tutte le informazioni del caso dopo aver appurato che il silenzio tra loro pesava troppo:

- Dunque, come ti ho già accennato ci stiamo dirigendo alla villa dei genitori di Madian. Devi sapere che suo padre è ricco sfondato, faceva il ladro pure lui! Forse lo sai già, ma io te lo dico lo stesso: si chiama Maximilian, e sua moglie si chiama Rachel. Sono persone squisite, vi troverete benissimo con loro, vedrai! A proposito della casa, preparati a rimanere letteralmente a bocca aperta: è una villa infinita, immersa nel verde, e davanti hanno costruito una piscina olimpionica! – la osservò per vedere se lo stava a sentire, ma Winter guardava fuori dal finestrino e sembrava non ascoltarlo. Scosse le spalle e decise di continuare: - Abbiamo un bel tratto di strada da fare, sono più di 250 km, ma il paesaggio che avrai davanti agli occhi quando arriveremo ti ricompenserà!! È una villa incredibile, bianca, con un ampio colonnato in stile coloniale. Inoltre a qualche centinaio di metri si trova una spiaggia privata e un piccolo porto per le loro barche. Ti ho già detto che sono ricchi come pascià? – cominciava a scoraggiarsi e a ripetersi di fronte all’evidente stato di depressione della ragazza. Dopo alcuni istanti di pausa però fu lei a rompere il silenzio:

- Quei medici – sussurrò – come mai sono arrivati così in fretta? Chi sono? – Mitja le posò una mano su una gamba per confortarla, facendole un sorriso rassicurante:

- Sono alle dipendenze di Maximilian. Non temere, sono estremamente competenti. Scommetto un centone che la tua amica si è già ripresa alla grande! – esclamò sdrammatizzando. Winter annuì leggermente sollevata, ma ancora non era tranquilla:

- Mi dispiace Mitja… -

- E di cosa? – chiese lui perplesso:

- Di non averti detto prima che ero una ladra. Volevo solo tenermi le mie cose per me, sai che non sono mai stata troppo espansiva, ma ora mi è chiaro che farei meglio a non nascondere certe verità. – il ragazzo vide una lacrima brillare sulla sua guancia. Accostò l’auto e le prese il viso tra le mani:

- Ascoltami bene Winter, non hai nessuna colpa in quello che è successo, e non devi scusarti per avermi tenuto nascosto la verità. Dopotutto l’ho fatto anch’io! Per Haydée non devi preoccuparti, starà bene ne sono certo, e allora ci penserà lei a prenderti a scapaccioni nel sedere, ok? – fece sorridendo. La ragazza annuì sciogliendosi dalla sua stretta e soffiandosi rumorosamente il naso: - Va un po’ meglio? – chiese gentilmente, sfiorandole i capelli biondi in disordine. Lo notò e non poté fare a meno di trattenere una battuta: - Con quella pettinatura però rischi di spaventarla la tua amica quando arriveremo! – sghignazzò ripartendo con una sgommata. Winter gli diede un colpetto sulla spalla, ma era più un ringraziamento per le parole di conforto che una sberla indignata.

 

~~~~~

 

Nel centro della città, ancora a notte fonda

 

Una volta giunto alla palazzina Arkel entrò con le chiavi che la stessa Winter gli aveva dato.

Vagabondò per l’appartamento immerso nel buio e aprì tre porte. Una era quella del bagno, mentre le altre due erano camere da letto vuote. Al quarto tentativo trovò quello che cercava.

Phénice era profondamente addormentata: visto il caldo dormiva scoperta e indossava un baby-doll rosa, composto di canottierina e culottes. Arkel la osservò imbambolato per alcuni istanti, deglutendo a vuoto e tentando disperatamente di distogliere lo sguardo dai seni sodi che si alzavano e abbassavano al ritmo del suo respiro regolare.

Alla fine riuscì ad allungare una mano e a coprirla con un lenzuolo, almeno per rendere il suo risveglio meno imbarazzante. Infine le sfiorò delicatamente i capelli con la punta delle dita, sussurrando il suo nome.

Phénice mugugnò qualcosa nel sonno e si girò, riprendendo a dormire indisturbata. Il ragazzo si spazientì e decise di passare alle maniere forti. Individuò l’interruttore e accese la luce:

- Mmmh… Lasciami dormire! – brontolò la ragazza pochi istanti dopo:

- Spiacente ragazzina ma non posso. Ci aspetta un viaggio in moto piuttosto lungo e tu faresti meglio a lavarti il viso e a infilarti una tuta da motociclista. – fece perentorio incrociando le braccia. Vide la ragazza alzarsi di scatto, guardarlo con gli occhi sbarrati, coprirsi fino al mento col lenzuolo e spalancare la bocca per lanciare un acuto da far crepare i vetri del vicinato.

Con notevole prontezza di riflessi, e di spirito, Arkel le tappò la bocca appena in tempo per evitare il disastro, facendole segno di tacere con un dito:

- Calmati bimba!! Sono Arkel, dannazione, non mi riconosci? – sibilò scocciato. Dopo alcuni istanti di smarrimento lei fece segno di sì e la lasciò andare:

- Che succede? Che ci fai qui? – chiese tremante:

- Le tue amiche hanno combinato un pasticcio e le stanno portando al sicuro. Se ci tieni alla pelle dovresti seguirmi senza troppe storie. – borbottò prestando attenzione per un attimo ai rumori che provenivano dalla strada. La ragazza però rimase immobile e lui sbuffò: - Beh? Che diavolo stai aspettando?? – chiese esasperato:

- Che ti volti!! – strillò lei indignata, avvampando fino alla radice dei capelli. Arkel la guardò per un istante con la bocca aperta, poi si volse con un grugnito e uscì dalla stanza, lasciando la porta socchiusa. Attese per quella che gli parve un’eternità, ma che in realtà non erano stati che pochi minuti, e intanto aveva risposto alle domande della ragazza, anche se piuttosto vagamente:

- Muoviti ragazzina, non abbiamo tutta la notte! – in quel momento Phénice emerse dalla sua stanza con addosso una tuta imbottita e un casco sottobraccio:

- Mi perdoni altezza, ma dovrei anche lavarmi il viso! – protestò piantandogli il casco tra le braccia e allontanandosi per raggiungere il bagno: - E comunque non sono né una bimba né una ragazzina!! – precisò infuriata. Lui ridacchiò:

- Sì certo, come no! A 18 anni siete donne ormai, vero? – una testa riccioluta sbucò dal bagno:

- Ma quali 18! Ho 24 anni compiuti da mesi!! E se il tuo era un complimento, non mi è piaciuto!! – sbraitò offesa sparendo di nuovo alla vista. Arkel boccheggiò per la seconda volta nel giro di un quarto d’ora. 24?!?? La ragazzina ha 24 anni??! Ma allora non è così ragazzina…

Quando realizzò appieno cosa comportava il fatto che non era poi così giovane rispetto a lui si diede mentalmente del maniaco. Maledizione, non sono più un 16enne arrapato che si fa i filmini osé in testa!! Riprenditi Arkel!!

Quando qualche minuto dopo Phénice uscì dal bagno lui aveva ripreso il controllo di sé. Più o meno.

Le porse il casco e la precedette lungo le scale, poi la aiutò a montare sulla moto ordinandole di tenersi salda:

- Perché la tua amichetta non è la sola a sapere il fatto suo sulle due ruote! – borbottò con l’orgoglio ancora vilipeso da quella volta in pista. La rossa ridacchiò:

- Sì, come no! Haydée è la migliore e faresti meglio a ficcartelo nella testa anche tu! -

- Vedremo! – sibilò l’altro a denti stretti, dimenticando immediatamente i suoi propositi omicidi quando sentì il seno della rossa premere contro la schiena. Questa ragazza è un attacco in piena regola alla mia virtù!

 

Quando un’ora più tardi fecero una sosta Phénice faticò ad alzarsi dal sellino:

- Perché diamine non ci mettono un po’ più di spugna su quei cosi?!? La mia schiena rimarrà bloccata per una settimana!! – protestò indignata, muovendosi con l’eleganza di un’anatra. Arkel la guardò divertito:

- Non mi venire a dire che non ti sei mai seduta prima su un sellino del genere!! Che diavolo te ne fai allora di quella tuta? – la punzecchiò sghignazzando. La ragazza lo fulminò:

- Non sarebbero affari tuoi, ma per tua informazione io non ho mai fatto più di un’ora filata seduta su quel coso!! – esclamò additando indignata il retro della moto: - E questa tuta me l’ha regalata Haydée per spronarmi a provare l’ebbrezza della velocità, con scarsi risultati, lo ammetto. Senti, sa ancora di nuovo! – fece allungandogli un braccio per farlo annusare:

- Ah, non ne dubito… allora facciamo così: ogni volta che senti di essere troppo stanca per proseguire faremo una pausa, accentuerai la stretta attorno alla mia vita e io mi fermerò alla prima piazzola libera. D’accordo? – la ragazza annuì soddisfatta:

- Ci sto!! – cinguettò terminando di sgranchirsi le gambe e infilandosi nuovamente il casco.

 

Ripartirono poco dopo, ma dopo meno di 5 km Arkel fu costretto a fermarsi di botto.

Si tolse il casco respirando a fatica, mentre la ragazza si era già catapultata giù dalla moto:

- Ma dico, ti ha dato di volta il cervello?! – sbraitò infuriato alzandosi e sovrastandola minaccioso in tutta la sua mole: - Ti ho detto di accentuare la stretta, non di farmi sputare lo stomaco!! – Phénice non sembrava minimamente impressionata:

- Devo andare al bagno! – protestò lei. Il ragazzo sbuffò, facendo sforzi inumani per mantenere la calma:

- Allora prego: quel cespuglio dovrebbe andare bene. – disse indicando una macchia poco distante dalla strada. La ragazza spalancò gli occhi:

- Io non la faccio dietro a un cespuglio come una selvaggia!! Esigo un bagno! – fece indignata incrociando le braccia. Arkel credette di esplodere:

- Non ho mai trovato una femmina più insolente, viziata e dispettosa di te!! – sbraitò ormai fuori dai gangheri:

- E io non ho mai conosciuto uno più bisbetico, antipatico e… brutto di te!!! – quell’ultima offesa lo disarmò completamente:

- Brutto? – chiese incerto. Phénice ci pensò su un secondo, lei non lo trovava affatto brutto, anzi dovette convenire che era veramente un gran bel pezzo di ragazzo, soprattutto per quegli occhi così strani, ma in quel momento non lo avrebbe ammesso neanche sotto tortura:

- Di più: sei sgraziato e abominevole!! – Arkel la osservò con un’espressione che lei non riuscì a decifrare, poi tornò ad indossare il casco e si mise in arcione alla moto: - C-che fai? -

- Sali, cerchiamo una stazione di servizio. – rispose lui in un borbottio sommesso. Phénice annuì obbedendo, leggermente dispiaciuta per quello che gli aveva appena detto. Oh, al diavolo!! Lui non fa che prendermi in giro e trattarmi come una stupida!

Arkel era immerso in pensieri analoghi. Altro che attentato alla mia virtù, questa è una scocciatura colossale! E io che mi sono lasciato imbambolare dal telaio… Insensato! Ma figo, checché ne dica questa… questa!

 

~~~~~

 

Un paio d’ore (e una ventina di soste) dopo

 

Quando Arkel imbucò uno stretto viottolo di terra battuta si sentì stringere lo stomaco a più non posso e si fermò immediatamente, giusto per istinto di sopravvivenza:

- Allora, che c’è adesso. – lui e la ragazza avevano stabilito una tregua un paio di soste prima. Visto che dovevano stare a così stretto contatto ancora per un po’ era meglio evitare di strapparsi i capelli a vicenda, almeno per ora. Phénice si tolse il casco e scosse vigorosamente i suoi poveri ricci appiattiti:

- Sei sicuro che la strada sia questa? Mi avevi detto che era una villa vicino al mare e io qui non vedo mare! – fece puntigliosa guardandosi attorno: si trovavano nel bel mezzo di un bosco fittissimo, all’ombra dell’inizio di una bassa catena montuosa. Arkel sospirò stanco:

- Sempre così puntigliosa bimba? Certo che sono sicuro, ho fatto questa strada più di una decina di volte e sono certo che alla fine sbucheremo in una baia che, Dio volendo, ti toglierà il fiato anche per protestare. Vogliamo muoverci? Ho fretta di fare una doccia. – la ragazza incrociò le braccia sotto il seno:

- Cosa ti fa credere che io voglia fare anche solo un altro metro seduta su quella specie di bauletto?? – Arkel si sedette sulla moto, incrociò le braccia sul manubrio e vi appoggiò la testa sbuffando stancamente e rispondendo con voce arrochita dallo sfinimento:

- Fammi solo questo piccolo favore Phénice, poi ti giuro che ti lascerò in pace per tutto il tuo soggiorno in quella casa, ma ora, ti prego… - non riuscì a finire: sentì alcune dita sottili e calde sfiorargli delicatamente i capelli e scendere fino alla nuca. Quando alzò il viso la ragazza lo guardava con un sorrisino dolce e prese a sfiorargli anche la fronte. Possibile che sia sempre la stessa creatura insopportabile di pochi istanti fa?

- Hai mal di testa? – chiese con una vocetta da bambina innocente. Arkel annuì incantato, ricordando cosa lo aveva colpito così profondamente di lei: quella sua naturale purezza: - Mi spiace, devo avertelo fatto venire io! Me lo dice sempre anche Haydée che sono una terribile scocciatrice, e per giunta incontentabile! – il suo viso divenne improvvisamente triste e ritrasse la mano con enorme dispiacere del ragazzo: - Spero che stiano bene. Poi mi spiegate cos’è successo, vero? – chiese con un tremolio nella voce che lo sciolse. Annuì nuovamente, senza soffermarsi a pensare che non aveva nessuna voglia di raccontare i fatti della mora e di Winter alla ragazza. Ma quel problema poteva aspettare ancora un po’: allungò una mano e aiutò la rossa a issarsi sul sellino.

Le strinse affettuosamente un ginocchio, come a infonderle coraggio, poi si mise il casco e ripartirono lentamente.

Ora finalmente aveva capito cosa l’aveva resa così scontrosa e rompiscatole: aveva intuito che era successo qualcosa di grave e aveva reagito furiosamente, prendendosela col primo malcapitato, cioè lui! Comunque sia aveva avuto la prova che la ragazza che lui aveva cominciato ad osservare con interesse era dolce e gentile, una che sicuramente sarebbe riuscita a tirare fuori il lato migliore di lui.

 

Phénice si era stretta a lui con gratitudine: quella leggera stretta al ginocchio era stata come una risposta al suo gesto di pace, e anche un conforto. Da quando l’aveva svegliata, alcune ore prima, aveva avuto un’orribile sensazione, confermata dallo sguardo velatamente preoccupato che gli aveva visto poco prima.

L’alba era passata da un pezzo, ormai la luce aveva invaso anche la boscaglia attorno a loro, e d’un tratto divenne accecante.

 

Quando riuscì ad aprire gli occhi non riuscì a capacitarsi di essere veramente sveglia e che quello davanti a lei non era un sogno: in un’insenatura naturale stava perfettamente incastonata una villa degna di essere confrontata con la Casa Bianca di Washington. Interamente bianca, con le imposte delle grandi finestre verde scuro, era una delle più belle abitazioni che la ragazza avesse mai visto. L’alto colonnato ombreggiava una luminosa veranda che si immetteva con uno stretto viottolo nel giardino meravigliosamente curato, con tanto di piscina privata. Volgendo lo sguardo alla sua sinistra scorse il mare, distante poco meno di 4-500 metri, e un piccolo porticciolo semi-nascosto dagli alberi rigogliosi. Tutto attorno le montagne:

- Wow… - mormorò ruotando lentamente su sé stessa come una trottola. Quando posò lo sguardo su Arkel si accorse che la guardava con un sorrisetto carino che non gli aveva ancora visto:

- Ero sicuro che saresti rimasta senza parole! – ridacchiò ancora in arcione alla moto. Phénice si avvicinò con occhi brillanti:

- Avevi ragione, è bellissimo qui!! Ora posso sapere dove sono le mie coinquiline? – chiese con aria preoccupata. Arkel si guardò attorno.

Nello spiazzo di fronte alla casa c’era il fuoristrada di Madian, e certamente anche l’elicottero era arrivato da tempo:

- Entriamo. – fece cupo abbandonando il motociclo e conducendola all’imponente ingresso.

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Capitolo 22
*** Sonno profondo ***


Sonno profondo

 

Sonno profondo

 

Sabato mattina, villa McKaye

 

Arkel prese il batacchio e bussò ripetutamente con una certa forza. Allo sguardo interrogativo della ragazza si giustificò:

- La casa è grande, spesso non sentono. – lei tornò ad osservare la porta e lui notò che si contorceva le mani, segno che immaginava che c’era qualcosa che non andava. Non devo essere molto rassicurante…

Venne distolto dai suoi pensieri dal rumore di passi affrettati proveniente dall’interno. Immediatamente la porta si spalancò rivelando una donna di mezza età, castana e con due luminosi occhi azzurri, ancora estremamente affascinante, con l’aria di chi sta faticando per non apparire stravolta:

- Arkel, finalmente siete arrivati!! Tu devi essere la dolce Phénice, giusto? – ma non attese la risposta e preferì prenderla tra le braccia di slancio: - Oh, cara, ti aspettavamo! E tu, scavezzacollo che non sei altro, non potevi fare un po’ prima?! – Arkel ebbe appena il tempo di allargare le braccia e stringersi nelle spalle in segno di impotenza che la donna aveva già distolto l’attenzione da lui: - Ma che sbadata, non mi sono presentata!! Sai, con tutto quello che abbiamo saputo… Comunque io sono Rachel, la mamma di Madian, e tu sei la benvenuta! – fece con un sorriso sincero, interrompendo il suo fiume di parole:

- P-piacere signora, Phénice Adler… - mormorò la giovane confusa, seguendo la donna lungo un corridoio lastricato di marmo bianco:

- Lo so cara, non hai bisogno di presentarti! Mitja mi ha già raccontato tutto quello che sa di te! Sogni di dirigere un museo, giusto? – la ragazza annuì, chiedendosi come aveva estrapolato al ragazzo quell’informazione che lei stessa aveva dimenticato di avergli dato. Forse Winter…: - Ma è meraviglioso!! Allora uno di questi giorni devi darmi la tua opinione sul quadro che starebbe meglio nella nostra sala da pranzo. Io sono dell’idea che una riproduzione dell’“Ultima Cena” di Leonardo da Vinci sarebbe perfetta, ma mio marito la trova di cattivo augurio e preferirebbe “La Creazione”, sai quella porzione della Cappella Sistina di Michelangelo… Ma dico, cosa c’entra la creazione di Adamo con i pranzi che si consumano?! Che idea bislacca, non trovi? – proseguì mentre la ragazza aveva perso completamente il senso dell’orientamento: - Siamo arrivati! Mi raccomando fate silenzio, i dottori sono ancora dentro. – fece abbassando delicatamente la maniglia di una delle tante porte in rovere massiccio. Phénice si volse allarmata verso il ragazzo:

- Dottori?! – chiese con voce appena percettibile. La faccia scura di Arkel non la risollevò di certo. Un attimo dopo si ritrovò in una saletta d’aspetto e gli occupanti si volsero al loro ingresso. Winter sgranò gli occhi e le corse incontro abbracciandola:

- Finalmente sei arrivata! – le sussurrò in un orecchio. Phénice si guardò attorno smarrita, poi vide Mitja avvicinarsi e liberarla dallo strano abbraccio della bionda:

- Ciao Phénice, come va? – il ragazzo non attese la sua risposta: - Dobbiamo darti una buona e una cattiva notizia… - cominciò cautamente, ma venne interrotto da un uomo che si frappose tra loro:

- Aspetta Mitja, non vedi quant’è sconvolta? – poi si rivolse a lei con un sorriso rassicurante: - Ciao, io sono Maximilian McKaye, il padre di Madian. Benvenuta nella mia casa! – fece stritolandole cordialmente una mano. La rossa lo guardò: era un bell’uomo di mezza età, i capelli castano scuro sfumati di grigio sulle tempie gli conferivano maggior fascino ed esaltavano il brillio dei suoi occhi castani. Sorrise di rimando:

- La ringrazio. Io sono Phénice Adler e… mi scusi, ma non ci sto capendo niente! – l’uomo allargò il sorriso:

- È naturale! Coraggio, siediti. – fece indicandole una comoda poltrona in pelle dietro ad una scrivania. Si sedette e Maximilian prese un’altra sedia sedendole di fronte. Nel frattempo ebbe modo di notare anche l’ultimo occupante della sala: Madian sedeva in un angolo, la testa fra le mani e il viso nascosto dai capelli spettinati. Aveva la maglia e i pantaloni scuri macchiati di sangue e si chiese perché, se era ferito, non lo aiutavano. L’uomo richiamò la sua attenzione:

- Sono successe un po’ di cose da ieri sera a questa parte, e io non posso nemmeno dirtele tutte, ma è necessario che tu abbia una spiegazione, o almeno le notizie di cui parlava Mitja. – Phénice si fece più attenta: - Per motivi che non sta a me spiegarti, Haydée è entrata nella villa in affitto della moglie di un mafioso cinese. Naturalmente non sapeva che si trattava di un mafioso, ma questo non cambia il fatto che era sola e che gli uomini agli ordini di questo cinese, di nome Chung, l’hanno scoperta e hanno iniziato una sparatoria. Poco dopo sono arrivati anche Winter e i ragazzi e sono riusciti a trovarla e a portarla in salvo. – prese fiato, mentre la ragazza sgranava sempre più gli occhi: - Purtroppo la tua amica è stata ferita ad una gamba ed ora si trova nella stanza accanto a questa… - fece indicando una porta bianca: - …dove alcuni medici e infermieri di mia fiducia l’hanno operata e la tengono ancora sotto osservazione. – l’uomo sospirò e Rachel le porse un fazzoletto perché la ragazza si asciugasse le lacrime che avevano preso a scendere silenziose. Dopo un’eternità riuscì a chiedere:

- Come sta? – con voce tremante e appena percettibile:

- Non lo sappiamo con precisione, ma i medici sono fiduciosi e credono che se la caverà. – disse la donna rassicurante. Phénice alzò sull’uomo uno sguardo avido di particolari:

- Ha perso molto sangue, la pallottola che l’ha colpita ha sfiorato l’arteria femorale e c’è mancato poco che morisse dissanguata. L’hanno portata qui con l’eliambulanza e hanno dovuto farle una trasfusione quando erano ancora in volo. -

- Ma non sapete il suo gruppo sanguigno! – protestò singhiozzando volgendo lo sguardo sui presenti:

- È vero, ma Madian è di gruppo “0” quindi è tutto a posto. – la ragazza annuì e tornò ad abbassare il capo. Dopo un po’ sentì un braccio circondarle teneramente le spalle:

- Non piangere. – borbottò serio il ragazzo, e sembrava vagamente imbarazzato. Forse non era pratico nel consolare le persone, pensò lei:

- Ci proverò Arkel. –gli fece un sorriso triste poi volse lo sguardo sulla porta bianca e proseguì la sua attesa insieme agli altri.

 

Dopo un tempo indefinito la porta si aprì e tutti alzarono lo sguardo, ansiosi di avere notizie della giovane:

- Allora, come sta? – chiese Maximilian. Suo figlio per la prima volta aveva alzato il capo rivelando un viso stravolto. Winter aveva spiegato alla rossa che il sangue che aveva sui vestiti era di Haydée, e che era stato lui a portarla via da quell’inferno. Il medico sospirò:

- La situazione si è stabilizzata, ha reagito bene alle trasfusioni e non è più in pericolo di vita. Tuttavia… - tutti trattennero il fiato – …non accenna a volersi svegliare. – Phénice si coprì la bocca con una mano per non urlare mentre Madian afferrava il dottore per i lembi del camice immacolato:

- Non è… non… - balbettò con voce rauca. Il medico scosse il capo:

- No, certo che no. Non è in coma, stai tranquillo. Sono certo che si tratti semplicemente di uno stato confusionale, o meglio la reazione a uno shock. Dopotutto stava per rimanere dissanguata, non è facile riprendere le funzioni vitali dopo di ciò. Ritenetevi fortunati che le sue funzioni vitali e celebrali non hanno subito alcun danno. – il ragazzo lo strinse più forte:

- Posso vederla? – chiese in un sussurro. Il medico annuì:

- Certo, ma non farla agitare. Potrebbe sentirti. – fece posandogli un braccio su una spalla e accompagnandolo dentro. Phénice ebbe un piccolo sussulto che non sfuggì al dottore:

- Poi potrete entrare anche voi, pochi per volta. – dopodiché richiuse la porta alle sue spalle.

 

Madian impiegò qualche istante per abituare gli occhi alla semi-oscurità, poi riuscì a distinguere nettamente una figura adagiata sul letto candido, circondata da macchine e tubicini. Si avvicinò con cautela, producendo il minimo rumore: le controllavano la respirazione, il trasfusore era ancora infilato nel suo braccio e una macchina emetteva un “bip” regolare, segno che il cuore pulsava normalmente.

Si sedette pesantemente su una sedia e continuò a guardarla come in sogno.

L’ultima volta che l’aveva vista era piena di energia e lo aveva battuto come un pivello in combattimento, sul grattacielo più alto della città. Poi era fuggita in deltaplano e da allora non l’aveva più vista. Inconsciamente si toccò lo zigomo destro, ormai sgonfio, ma che fino a un paio di giorni prima era violaceo e doloroso anche solo da sfiorare.

Allungò una mano e prese quella sottile di lei, abbandonata sulle lenzuola candide:

- Haydée… - mormorò in un soffio. Nessuna reazione: - Haydée! – chiamò un po’ più forte, ma lei seguitava a rimanere immobile. Un’improvvisa scarica elettrica di rabbia lo percorse. Perché diavolo non sono arrivato 5 minuti prima?!!

Si alzò di scatto e corse furiosamente fuori dalla stanza. Non poteva vederla così, non era naturale, non ci riusciva!

Passò tra gli altri in anticamera e svanì lungo il corridoio, inseguito dai richiami di sua madre. Non vi prestò alcuna attenzione, voleva stare solo accidenti!

Prese le scale e salì al primo piano, dirigendosi rapido alla porticina in fondo al corridoio. La spalancò e si piegò per entrare in un antro buio; senza accedere luci salì per una scaletta a chiocciola e alla fine spalancò una botola sopra la sua testa. Un istante dopo si trovava in un terrazzino nascosto sul tetto della casa, poteva vedere il mare e le montagne dietro di lui ed era il suo angolo preferito della casa perché poteva stare solo con i suoi pensieri.

Amava trovarsi solo a riflettere, e quello era precisamente uno di quei momenti.

Aveva bisogno di pensare a sé stesso, ai suoi sentimenti e… ad Haydée, che giaceva profondamente addormentata in un letto nella casa dei suoi genitori. Haydée che aveva sfiorato la morte e che solo lui con il suo sangue aveva potuto salvare.

Per un attimo sentì la testa girare a causa del sangue che gli avevano prelevato, così si appoggiò al muro e scivolò seduto a terra, spaziando con lo sguardo sul mare e sulla bellissima giornata di sole già inoltrata davanti a lui.

Chissà se ad Haydée sarebbe piaciuto quel posto…

 

~~~~~

 

Un’ora dopo

 

Phénice era seduta su un divano nell’immenso salotto della villa. Non aveva notato i quadri meravigliosi e i mobili di perfetta fattura che la circondavano. Non aveva nemmeno visto la riproduzione de “Il bacio” di Francesco Hayez, uno dei suoi quadri preferiti.

Arkel entrò in quel momento e rimase sulla soglia ad osservarla.

Era affranta, evidentemente triste e preoccupata per la sua amica, così decise di tentare di distoglierla da quei pensieri lugubri:

- Allora, devi avvertire qualcuno che ti trovi qui? – disse facendola sussultare:

- Non ti avevo sentito! – si scusò, poi tornò a guardarsi le mani: - Devo avvertire i miei, il prof. Rubens all’università, qualche amica… ah, anche Selim! – a quel nome Arkel aggrottò le sopracciglia:

- Capisco. Se hai bisogno di un telefono Rachel ha detto che puoi usare quello nello studio, è la stanza di fronte a questa. – Phénice annuì distrattamente e lui fece per allontanarsi sconfitto:

- Arkel! – disse bloccandolo sull’uscio: - Credi che starà bene? – il ragazzo avvertì un leggero tremolio nella sua voce e si affrettò a fare marcia indietro.

Si sedette accanto a lei, appoggiando i gomiti sulle ginocchia, poi la guardò:

- Ne sono sicuro. – disse serio:

- Come fai ad esserne così certo? Insomma, cosa ti dice che si sveglierà? – volle sapere guardandolo negli occhi. Lui vagò con lo sguardo per non annegare nelle sue iridi verdi e si strinse nelle spalle:

- Non so… è una sensazione. La tua amica non ha nessuna intenzione di passare il resto dei suoi giorni dormendo, ne sono più che certo! – ridacchiò pensando alla collana e al diadema che si erano lasciati soffiare la settimana prima:

- Tu sai perché è entrata nella villa di quel… mafioso? – chiese titubante. A quel puntò non poté non guardarla. Annuì impercettibilmente:

- Sì, ma non posso spiegartelo. Deve essere lei a dirtelo, e lo farà non appena si sarà ripresa. -

- Me lo prometti? – lui inarcò un sopracciglio:

- Cosa? -

- Che si sveglierà e mi dirà tutto? – Arkel alzò un angolo della bocca in un sorrisetto scanzonato:

- Fattelo promettere da Madian, è lui ad essere perso per la tua amica! – Phénice spalancò la bocca:

- SUL SERIO?!?? -

 

~~~~~

 

Nel giardino

 

- È tutta colpa mia, maledizione!! – sbraitò la bionda per l’ennesima volta. Mitja sbuffò, stanco delle paturnie mentali della ragazza:

- Piantala o un bel bagno in piscina fuori programma non te lo leva nessuno! – borbottò:

- Non capisci, sono stata io a mandarla dritta in braccio a Chung!! – una voce profonda alle sue spalle la fece trasalire:

- Non serve a nulla che continui a colpevolizzarti. Lo sai bene, indietro non si torna. – Maximilian la guardava serio:

- E allora cosa dovrei fare? – chiese acida:

- Dimenticare quello che è stato e stare accanto alla tua amica. Le sarai sicuramente più di aiuto che non stressando all’inverosimile questo povero ragazzo! – Mitja annuì completamente d’accordo. Finalmente la ragazza si convinse e sospirò:

- Avete ragione, cercherò di aiutare lei e Phénice… - mormorò abbandonandosi su una delle sedie sotto il gazebo accanto alla piscina. McKaye sospirò rilassato:

- E ora coraggio: se vogliamo aiutarla dobbiamo essere in forze, quindi tutti a pranzo! – fece ostentando allegria e trascinandoli in sala da pranzo dove Rachel, Phénice e Arkel li aspettavano.

 

La donna guardò il marito preoccupata:

- Madian? – lui non rispose, si limitò a lanciare uno sguardo al soffitto. Lei sospirò:

- Vado a cercarlo. – fece allontanandosi.

Phénice nel frattempo si era incantata a guardare un orologio:

- Che c’è? – le chiese Winter:

- Hai visto? È mezzogiorno e mezzo… - mormorò svanita:

- Sì, e allora? -

- Niente. Solo mi sembra incredibile che a quest’ora siano già successe così tante cose… -.

 

Intanto al piano superiore Rachel aveva visto la porticina del terrazzino socchiusa e salì facendo attenzione a non scivolare.

Quando arrivò in cima rimase qualche istante a guardare il profilo del ragazzo.

Non ricordava di averlo mai visto così triste e assorto nei suoi pensieri:

- Madian? – chiamò dolcemente. Il ragazzo si volse e le fece un piccolo sorriso:

- Ciao ma’. – mormorò con voce stanca:

- Ti va di venire a pranzo? – lui scosse il capo e tornò a guardare il mare: - Senti Madian, non riuscirai ad aiutarla se non mangi qualcosa… - lui la interruppe bruscamente:

- Ti dico che non mi va. – la donna annuì:

- D’accordo. Ma se dovessi cambiare idea… -

- So dov’è la cucina, grazie. – il ragazzo le sorrise, così si decise a lasciarlo solo.

Incontrò suo marito lungo il corridoio:

- Non l’ho mai visto così Max, che gli sta succedendo? – l’uomo rise sommessamente e la rassicurò, ma lanciò un’occhiata in direzione della porticina. Come faccio a spiegarle che c’è un’altra, e stavolta sul serio?

 

~~~~~

 

Quando qualche ora dopo Rachel entrò nella loro infermeria privata e trovò un biglietto attaccato alla porta:

Non disturbare

Sorrise tra sé: avrebbe riconosciuto la calligrafia di suo figlio ovunque! Così si allontanò senza fare alcun rumore e lo lasciò solo con la bella mora.

 

Madian era seduto sulla sedia a cavalcioni, con le braccia e il viso appoggiati allo schienale, e osservava attentamente il viso di Haydée.

Allungò una mano per scostarle una ciocca di capelli dal collo e se la fece scorrere tra le dita delicatamente:

- Devi svegliarti Haydée… non vorrai ritirarti proprio sul più bello dalla nostra competizione tra ladri. – sussurrò soprappensiero alzandosi e prendendo la poltrona dalla camera accanto. La portò accanto al letto e prese la mano interte della ragazza tra le sue: - E poi devo ancora conoscerti e conquistarti, non mi piace lasciare un lavoro a metà. – le strinse le dita sottili, poi chiuse gli occhi a sua volta e tentò di rilassarsi:

- Haydée… - mormorò in un soffio prima di scivolare nel sonno, insieme a lei.

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Capitolo 23
*** Destarsi ***


Destarsi

Destarsi

 

Domenica mattina, villa McKaye

 

Phénice si stiracchiò languidamente ancora con gli occhi chiusi e allungò una mano per prendere la sveglia sul comodino.

Tastò nel vuoto per un po’ prima di decidersi ad aprire gli occhi. A quel punto si tirò a sedere di scatto, mentre un vago senso di smarrimento si diffondeva nella sua testa.

La stanza era molto carina, il letto a baldacchino un amore e le tende leggere e svolazzanti le adorava già! Però non era casa sua… ricordò perché era lì e per poco non le scappò una frignata storica. Haydée stava male, non si era ancora svegliata da quella specie di sonno artificiale!

Scorse più attentamente la camera per distogliere la mente da quei pensieri troppo tristi e vide una serie di pacchetti sulla scrivania in un angolo.

Presa dalla curiosità si alzò e andò a dare un’occhiata: trovò un costume da bagno e un cambio di biancheria, una gonna con canottiera e un paio di ciabattine coordinate. Poi altri effetti personali vari, come uno spazzolino da denti, alcuni trucchi e altre cosette. In quella la porta si spalancò ed entrò Winter:

- Hanno preso vestiti e tutto il resto anche a te? – fece guardandosi attorno:

- Sì… credi che dovremmo accettare? – l’altra si strinse nelle spalle:

- Abbiamo un’alternativa? -

- Potremmo andarci a prendere qualcosa noi… - la bionda annuì:

- Mi pare di aver sentito che a una mezzora in auto dovremmo trovare un piccolo centro, Mitja nominava una certa East Port. Vuoi andarci? – la rossa annuì:

- Certamente… dobbiamo prendere qualcosa anche per Haydée in ogni caso… - mormorò rattristata. Winter annuì incupendosi:

- Ne parleremo con Rachel a colazione, vestiti e passa a chiamarmi, la mia camera è dopo la tua sulla sinistra. – fece uscendo.

Non erano passati che pochi minuti quando una scarica di colpi contro la porta la fece trasalire:

- Sveglia Phénice, anche tu Winter!! Grandi notizie, muovetevi a scendere! – era Mitja che urlava come un pazzo. Quando aprì la porta per chiedergli spiegazioni era già svanito e lungo il corridoio rimaneva solo Winter, ancora più scapigliata di lei. La guardò con occhi sbarrati:

- Che sia… - bisbigliò incredula. Per tutta risposta la ladra si fiondò nella sua stanza e ne uscì poco dopo perfettamente vestita:

- Andiamo. – ordinò seria. Phénice la seguì e insieme si diressero all’infermeria.

La porta era aperta ed entrarono nella sala d’attesa:

- Entrate ragazze! – Rachel aveva le lacrime agli occhi. Una volta nella stanza della ferita la videro litigare col dottore. Era ancora troppo pallida e faticava anche a parlare, ma la verve era immutata:

- Ho detto che non me ne faccio nulla della mascherina per l’ossigeno, ve lo volete ficcare in quella testa che mi sento bene?! – la rossa prese a piangere come una fontana:

- Haydée!! – urlò gettandosi sul letto e abbracciandola con forza insospettabile. La mora sorrise:

- Ciao Phénice, come stai? – la ragazza la guardò strabiliata:

- Io come sto… tu come stai!! Non ti volevi svegliare, non sai quanto siamo state in pensiero!! – ribatté affondando il viso nel lenzuolo bianco. Haydée alzò lo sguardo sulla bionda:

- Winter… -

- Haydée… - fecero quasi non si conoscessero, ma gli occhi della bionda brillavano per il sollievo. Le due sul letto continuarono a ciarlare di cose inutili e Winter ebbe modo di guardarsi attorno. C’era la poltrona della sala d’aspetto in un angolo, con sopra una coperta in disordine, e dietro, negligentemente appoggiato al muro, si trovava Madian. Il suo viso dava segni di stanchezza, indice che probabilmente aveva passato la notte in bianco, ma i suoi occhi erano scintillanti di felicità:

- Allora, piaciuta la sorpresa? – Mitja era entrato dietro di lei:

- Direi di sì. Quando si è svegliata? – a quel punto intervenne il dottore:

- Poco meno di un’ora fa, dovrei ancora visitarla per saperne di più… - brontolò innervosito per quell’invasione:

- Avanti ragazzini, uscite tutti e lasciatelo lavorare! – Arkel era entrato ridacchiando e sollevando di peso Phénice dal letto:

- Ci vediamo dopo. – fece la mora sorridendo.

 

~~~~~

 

Lunedì pomeriggio

 

Haydée stava abbastanza bene, nonostante tutto, ma doveva rimanere ancora sotto osservazione e fu costretta ad aspettare per trasferirsi nella stanza al piano superiore accanto a quella delle due ragazze, che il giorno precedente, dopo la bella notizia, erano andate a svaligiare un centro commerciale. Una volta tornate Phénice si auto-elesse infermiera personale della sua amica:

- Ferma dove sei! Il dottore ha ordinato assoluto riposo per oggi, non puoi alzarti! – Haydée ridacchiò:

- Accidenti a te, sei peggio della mia ayah di quando stavo in India! Sono stanca di stare ferma… - fece tentando di muovere la gamba destra fasciata dal ginocchio in su e contorcendo il viso in una smorfia dolorante:

- Testona che non sei altro, non vedi che ti fa male?! Piantala di fare i capricci e datti una calmata almeno per un paio di giorni! – Haydée si decise ad obbedire e la osservò affaccendarsi per la camera. Si sentiva ancora molto debole, anche se non lo avrebbe mai ammesso con nessun altro, ma sapeva di dover dare una spiegazione alla ragazza:

- Senti Phénice… - cominciò piano:

- Ho detto NO!! Te ne starai a letto immobile, mi sono spiegata?!! – fece piantandosi le mani sui fianchi:

- Siediti, devo parlarti. – la rossa obbedì seria:

- Haydée… se non te la senti non sei tenuta a spiegarmi niente per ora… mi importa solo che tu ti rimetta presto, io… - ma la mora la interruppe:

- No, devo spiegarti perché sei qui. Adesso. – il suo sguardo era serio e determinato e la rossa non poté far altro che acconsentire.

 

Dopo meno di 20 minuti la ragazza uscì di corsa dalla stanza con le lacrime agli occhi, scontrandosi con Winter:

- Phénice, che diavolo… - ma la udì nemmeno, riprese a correre e svanì alla vista. La ladra entrò nella stanza di Black:

- Le hai detto tutto? – chiese titubante. L’altra annuì e lei si morse un labbro. In silenzio si accostò alla finestra e vide la rossa correre sul prato in direzione della spiaggetta:

- Le passerà. E capirà, vedrai. – Haydée la guardò e si alzò faticosamente sui gomiti:

- Ha detto che ci odia tutti, e non ha tutti i torti. Dovevo aspettarmelo, è una ragazza di sani e incrollabili principi – fece con un soffio di voce. Si era stancata molto durante il colloquio con la ragazza:

- È infuriata e sorpresa, non lo pensa veramente. – tentennò un istante: - Le hai detto anche dei ragazzi e dei genitori di Madian? – l’altra sbottò spazientita:

- Ma certo!! Altrimenti come le spiegavo la nostra presenza qui? – Winter annuì e le si accostò per allungarle il bicchiere d’acqua sul comodino al quale faticava ad arrivare:

- Lasciala assorbire la notizia. Vedrai che starà meglio e ci farà una risata su, come al solito. – la mora annuì poco convinta:

- Spero che tu abbia ragione. – mormorò tornando ad abbandonarsi sui cuscini. Maledetta gamba, che male!!

 

~~~~~

 

Poco dopo

 

Phénice tracciò un segno sulla sabbia con un legnetto portato a riva dal mare e sospirò affranta:

- Ti piace il mare? – si volse di soprassalto e vide Arkel torreggiare a poca distanza da lei, le mani affondate in un paio di pantaloni di lino, una camicia bianca a fargli risaltare l’abbronzatura e gli occhi fissi sulle onde blu:

- A chi non piace? – mormorò tornando a concentrarsi sul suo disegno:

- Conosco parecchie persone che non lo amano invece. – la ragazza si strinse nelle spalle poco interessata e Arkel imprecò mentalmente. Bene: e adesso come continuo?? Ragazzina pestifera…

Si sedette accanto a lei e osservò il disegno:

- Cos’è? Un ippopotamo? – chiese dopo averlo studiato attentamente per un po’. Lei alzò gli occhi su di lui: sedeva con le gambe piegate e con le braccia sulle ginocchia e la guardava incuriosito:

- È York, il mio cane! – rispose arrabbiata. Lui fece un’espressione indecifrabile:

- Ah davvero? Sei… brava a… disegnare! - ridacchiò senza ritegno. Un pugno che teoricamente avrebbe dovuto fargli male lo colpì alla spalla:

- Cafone! – sibilò lei cancellando la figura dal terreno. Lui tentò di darsi un contegno:

- Scusami… ehm… non sapevo che avessi un cane. – E speriamo di riuscire a cavarle più di tre parole…

- Non lo tengo in città. Lui sta dai miei genitori, in campagna. Gli sono molto affezionata. – mormorò triste raccogliendo le gambe e abbracciandole:

- Anch’io avevo un cane. Lo chiamavo Sly e mi seguiva dappertutto. – finalmente lei parve interessarsi:

- E adesso dov’è? – chiese con voce dolce:

- Non c’è più. Era vecchio e malaticcio. Una mattina mi sono svegliato e gli ho portato la colazione come al solito, ma lui non ha più aperto gli occhi né scodinzolato. Avevo 16 anni e ho pianto per giorni. Era il mio migliore amico. – mormorò con voce bassa guardandola negli occhi. Vide un’immensa tristezza allargarsi nelle sue pupille e ne rimase stupito:

- Oh, mi dispiace! – sussurrò lei con una vocetta incerta che lo fece sorridere:

- Sono passati 14 anni, me ne sono fatto una ragione! -

- E non hai mai pensato di prenderne un altro? – lui scosse il capo:

- No, Sly non avrà mai sostituti. L’avevo trovato un pomeriggio, durante un temporale folle, e mia madre ha sbraitato due settimane che lei non voleva sacchi di pulci in casa. Poi però si è rassegnata, anche ad allontanarlo quel cucciolo tornava sempre da me, così è rimasto sotto il mio stesso tetto per quasi 10 anni. È stato il mio compagno di giochi dell’infanzia. – Phénice annuì con uno sguardo di profonda comprensione:

- Ti capisco! Quando sono andata a vivere con Haydée ho pianto per la lontananza da York, non dai miei. E Haydée mi ha aiutata… - mormorò con voce flebile. Lui allungò una mano e le scostò un ricciolo ribelle fuggito alla crocchia provvisoria:

- Le sei affezionata? – chiese gentilmente, stupendo persino sé stesso. Da quando sono così gentile?!?

La rossa annuì asciugandosi una lacrima:

- È la sorella che non ho mai avuto, io ho solo due fratelli più grandi. C’era quando mi sono staccata dal nido familiare, quando mi bocciavano a qualche esame all’università, quando mi sono laureata e quando ho trovato lavoro come assistente di un mio professore. – tirò su col naso: - Anche quando mi beccavo l’influenza, era lei a curarmi. E mi ha assistita quando ho fatto un incidente in scooter e ho deciso che non avrei mai preso la patente. Guarda ho ancora una cicatrice! – fece scostando un braccio dal ginocchio sinistro e mostrando un piccolo segno sulla pelle bianca.

Rimase di sasso quando lui si sporse e le diede un leggerissimo bacio proprio sulla traccia dell’incidente. Arkel si bloccò a mezz’aria e la guardò negli occhi. Oddio, sono uscito di testa!! Che diavolo sto combinando??

Tossicchiò imbarazzato e distolse lo sguardo, allontanandosi rapidamente. Poi si schiarì la voce:

- Non devi avercela con Haydée per quello che ti ha raccontato. È stata coraggiosa a dirti il suo segreto, la ammiro per questo. – fece tentando di darsi un contegno. Phénice lo guardava ancora strabiliata:

- Ah… sì… Forse hai ragione. Non ha senso rovinare la nostra amicizia per quello che ho saputo su di voi… - si alzò in piedi risoluta: - Ora so esattamente cosa dirle e cosa fare. Grazie! – fece asciugandosi le lacrime e rivolgendogli un sorrisetto dolce. Lui sorrise di rimando. E ti credo che poi faccio delle stronzate, se tu mi guardi così…

Tornarono verso la villa insieme e in silenzio, ma una volta sotto il portico la ragazza si volse a guardarlo:

- Ehi… anche tu sei un… beh, sai cosa… - Arkel sospirò mezzo divertito:

- Sì, sono anch’io un ladro di professione, perché? – Phénice lo guardò dritto negli occhi:

- Perché lo fai? E perché hai cominciato? – il ragazzo spalancò la bocca sorpreso:

- Perché?!… Beh, ho cominciato perché… per i soldi, credo… sì, per i soldi. Mio padre è morto che io ero ancora un pupattolo e io e mia madre vivevamo praticamente di carità… ma non saprei dirti perché lo faccio ancora… - borbottò arrivando addirittura ad arrossire per l’imbarazzo. Non era certo un discorso che aveva immaginato di affrontare con lei! La vide annuire soddisfatta:

- Capisco… comunque volevo dirti che… sì, insomma, non pensavo che… siete tutti brave persone, meglio di quelli che si dicono onesti. – mormorò timidamente allontanandosi in fretta. Arkel la guardò perplesso, con un mezzo sorriso stampato in faccia. Devo prenderlo come un complimento?!

 

~~~~~

 

In infermeria

 

Dopo che Winter l’aveva lasciata sola, Haydée era rimasta stesa nel suo letto a guardare il soffitto. Ricordava a malapena quello che era successo nella villa della cinese, o meglio di Chung. Che colpo, lo aveva trovato casualmente! Aveva rischiato la pelle ma almeno era riuscita a fare passi da gigante per la ricerca di Crystal.

Doveva farsi dare un telefono per chiamare Sybil, era necessario mobilitarla immediatamente… magari avrebbe potuto contattare altri informatori, come il vecchio mentore della signora Du Pont, e metterli tutti sulle tracce del mafioso e di sua moglie. Bisognava fare presto però, in quel momento probabilmente si stavano già preparando a svignarsela…

Un paio di colpi alla porta la riportarono alla realtà e allungò una mano per prendere un lenzuolo e una maglietta visto che per il caldo aveva la sola biancheria addosso:

- Avanti! – esclamò una volta coperta a dovere. Il suo cuore perse un battito quando vide il figlio dei padroni di casa fare capolino:

- Ciao. Come stai? – le chiese dolcemente, lanciandole un’occhiata di sfuggita e affacciandosi alla finestra aperta:

- Direi abbastanza bene. – tra loro scese un silenzio carico di tensione che la ragazza si affrettò a spezzare: - Senti, volevo ringraziarti per avermi… beh, salvato la pelle. Se posso sdebitarmi in qualche modo, anche con i tuoi genitori… - lui non la fece finire:

- Esci con me, quando starai meglio. – Haydée riuscì a sbiancare anche se era già esageratamente pallida, poi rispose lentamente:

- Non credo che sia una buona idea… - Madian si volse di scatto e lei zittì sotto il suo sguardo deciso:

- Per quale motivo? – sembrava arrabbiato, ma lei non si lasciò intimorire:

- Non sono affari tuoi Madian. Ti sarò per sempre debitrice per quello che hai fatto, e per qualsiasi cosa sappi che io ti aiuterò, ma quello che mi stai chiedendo è troppo. – il ragazzo si mosse talmente rapidamente che lei quasi non lo vide, e in un attimo era seduto accanto a lei e la stringeva per le spalle:

- Non mi importa dei tuoi ringraziamenti, né del tuo aiuto. Non ti ho salvata per sentirmi dire “grazie”, ti ho salvata perché voglio conoscerti meglio, perché… perché voglio sapere tutto di te e che tu sappia tutto di me, e che il cielo mi fulmini se io… - ma il destino era in agguato dietro la porta sotto forma di un turbine con i capelli rossi. L’uscio sbatté con fracasso e Phénice fece il suo ingresso:

- Haydée devo parlarti, Madian chiama gli altri tre. – sentenziò dura sedendosi su una sedia e osservando i due ragazzi seduti sul letto. Madian lasciò andare la mora lanciandole uno sguardo significativo, poi uscì e diede la voce a Mitja, Winter e Arkel che era appena rientrato.

Una volta riuniti nella stanza di Black la rossa si alzò, schiarendosi la voce:

- Vi ho fatti venire tutti qui perché ho un’importante discorso da farvi. Ho riflettuto molto su quanto mi ha raccontato Haydée, cioè sui vari motivi che vi spingono a fare… quello che fate. – Mitja tossicchiò imbarazzato e Madian annuì serio: - Insomma, credo che nessuno di voi abbia ancora un motivo per continuare a fare il ladro di professione. – il silenzio e lo sbigottimento che si diffusero nella stanza non la scoraggiarono: - Quindi esigo da voi una solenne promessa: che mai più, e per nessun motivo, ruberete di nuovo. – li guardò grave e attese di sentire la loro promessa. Haydée fu la prima a trovare qualcosa da dire:

- Phénice, io… non mi aspettavo una reazione del genere… - ma non riuscì a continuare, troppo stupita per la richiesta ricevuta. La rossa li guardò uno per uno e perse tutto il suo coraggio:

- Non volete promettermelo?… Nemmeno dopo quello che le è successo?! – chiese quasi istericamente indicando il letto dove si trovava la sua migliore amica. Scosse il capo più volte, incredula: - Non posso crederci!! Non vi importa di rischiare la vita… per niente!! – sbraitò sconvolta: - Siete… siete… orribili!! – poi proruppe in lacrime e uscì di corsa dalla stanza, correndo a perdifiato per rinchiudersi nella sua camera. A nulla valsero i tentativi di Winter e Mitja per riportarla alla ragione, non voleva ascoltare nessuno.

I ladri si riunirono tutti nella stanza di Haydée:

- Allora: che si fa? – chiese Arkel, uno dei più sorpresi. Non credeva certo di scatenare quella reazione col suo bel discorsetto!!

Mitja si strinse nelle spalle:

- Non ne ho idea… - mormorò spettinandosi i capelli biondi. Haydée li guardò tutti, poi sospirò:

- Io lo prometterò. – sentenziò con voce stanca, passandosi una mano sulla fronte madida di sudore. Tutta quella confusione e quella tensione la stavano esaurendo. Madian la guardò attentamente ma non disse nulla:

- Beh, allora non vedo perché non dovrei prometterlo anche io. – aggiunse Winter. Mitja la guardò sorpreso:

- Sul serio?! Solo perché te lo chiede lei?? – la bionda scrollò le spalle:

- Certo. Tu forse non sei in grado? -

- Ma… sì… Sì, certo che sono in grado! Però non so… Voi che dite? – fece rivolto ai due ragazzi. Arkel sbuffò come se quei discorsi non lo interessassero e Madian annuì, senza staccare gli occhi dalla mora:

- Più tardi ne parleremo. Ora uscite, Haydée ha bisogno di riposo. – sentenziò lanciando agli altri un’occhiata eloquente:

- Sissignore!! – esclamò il russo spingendo fuori Winter e Arkel e chiudendosi la porta alle spalle.

 

 

 

Dopo attenta riflessione ho deciso che era troppo da maleducata non ringraziare una ad una le mie ADORABILI (Dio, quanto sono ruffiana…) recensitrici, indi per cui a voi (rigorosamente in ordine di commento):

 

*Freya*: Non penso male tessssoro (si aggiunga che di tendenze strane qui non se ne vedono nemmeno col telescopio, infatti…) io ho tentato di glissare l’argomento “Asta di Madian” che hai aperto autonomamente, ma sei recidiva e quindi non potevo trattenermi oltre dal rispondere che, purtroppo per te, nel modo più assoluto e categorico, il MIO Madian non è in vendita, né ora né tra un qualche migliaio di anni luce. Se vuoi affibbiargli un bel faccino mi sta benissimo, ma il giovine sta impegnato, e anche ammettendo che tu non sia gelosa sappi che rischi grosso perché la sottoscritta invece lo è, e parecchio! BIMBA?!?!! Quanti anni credi che abbia?! E niente affogamenti please, neanche con un “gentile” aiuto, roba che non fa per me, devo ancora scassarvi per bene con le mie fantasie perverse prima di andare a suonare l’arpa con un cerchietto di sbieco sul capino! (sempre che mi ci prendano…)

Dimenticavo (con le tue proposte INDECENTI mi fai svarionare) grazie per i complimenti per la storia, fanno sempre piacere… ma non ti perdono di voler sordidamente (che paroloni… grazie al thesaurus di word!) comperare il mio moro, EH NO! ;)

 

Earine: Ciao! Che ti devo dire, per stavolta si farà un tentativo, poi vedremo… intanto grazie per le tue recensioni, e ancora per le descrizioni. Fai male a sminuirti, le avevi scritte benissimo sai? Ah… i tramonti sul mare, la dolce brezza proveniente dalla montagna… così ispirati faranno il putiferio!!

 

Elenim: Davvero ti è piaciuto?! Che strano, io lo trovavo un po’ noioso, tipo capitolo di transizione o roba del genere… Comunque cercherò di continuare il prima possibile, tesi permettendo. (P.S. Sono anche la mia coppia preferita, ma in questo periodo sento una certa predisposizione per Arkel e Phénice… vedremo cosa farò uscire dal cilindro!) ^_^

 

AyLa: La mia più assidua recensitrice!! Li ho fatti talmente deliziosi e poi li sto trascurando nel continuo… 3 coppie bastano e avanzano, credimi!! Sto cercando di infilare almeno due coppie per capitolo, ma quando parto a descrivere una scena non finirei più, quindi risulta un pelino lunga la faccenda… e poi non so mai se sono troppo sintetica o se mi dilungo con delle stupidaggini. Beh, mettiamola così, comunque vada sarà un successo!! Nevvero? EHI, quando ci delizierai con una nuova creazione??

 

Damynex: che posizione scomoda! Sulle spine intendo, non deve essere il massimo della goduria… A parte le stupidaggini, grazie anche a te per i tuoi commenti, sono onorata di averti come fan (oddio, che impressione scriverlo!). Ho fatto abbastanza in fretta per i tuoi gusti? Ciao!! ;)

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Capitolo 24
*** Promesse incondizionate ***


Promesse incondizionate

Promesse incondizionate

 

Ancora lunedì, tardo pomeriggio, in infermeria

 

Appena gli altri li lasciarono soli Madian si sedette accanto a lei e le tastò un polso:

- Mi sa che devo chiamare Paul, non hai un buon aspetto. – mormorò premendo uno dei pulsanti sulla spalliera del letto che permettevano di contattare il medico. Haydée lo osservò con gli occhi socchiusi, lo sguardo evidentemente stanco:

- Grazie… - mormorò quasi impercettibilmente. Lui le sorrise e immediatamente la mandò nel panico più assoluto. La ragazza distolse lo sguardo confusa, chiedendosi perché Madian aveva il potere di confonderla con un solo sorriso. Le si rimescolavano le viscere quando la guardava così:

- Non devi ringraziarmi, lo faccio volentieri. – disse stringendole delicatamente la mano inerte sul lenzuolo.

In quel preciso istante Rachel fece il suo ingresso, affaccendata con un vassoio:

- Haydée, tesoro, ti senti poco bene? – rimase un istante interdetta quando vide suo figlio intento a mangiarla con gli occhi, poi riprese a ciarlare come al solito: - Abbi pazienza, Paul arriverà tra poco. È in laboratorio e ti sta preparando un impacco per rendere la ferita meno dolorosa. Sapevi che è anche un ottimo erborista? – intanto Winter era rientrata per portare alla mora un cambio di biancheria.

Poco dopo sopraggiunse anche il medico e le due donne lasciarono la stanza, precedute da Madian che si affrettò ad andare a fare una doccia. Rachel ebbe allora il tempo di bisbigliare:

- Non l’ho mai visto così, è incredibile… - Winter la sentì e le chiese cosa voleva dire: - Madian. Non si è mai comportato così con una donna, a quanto ne so io. Le sembra molto affezionato… da quanto si conoscono? – la bionda si strinse nelle spalle:

- Un mese e mezzo, forse quasi due… perché me lo chiede? – la donna si morse un’unghia soprappensiero:

- Nemmeno con Celia era mai stato così… - Winter si interessò immediatamente al nome di una ragazza:

- Chi è Celia? – la donna la guardò un istante:

- Tu eri all’opera, vero? – la ragazza annuì: - Allora l’hai vista. Era la ragazza alta e castana con Madian, l’unica fidanzata che ci ha presentato. Sono stati insieme circa un anno, poi lui l’ha lasciata un anno e mezzo fa, mi pare. La cosa strana è che lei non ha mai smesso di venire a trovarci ogni tanto, sempre quando Madian non c’è. Certo, abita ad East Port, magari pensa di farci piacere e quando è di strada entra, ciò non toglie che sia strano visto che non stanno più insieme. – poi la donna abbassò la voce: - Non per essere cattivi, ma secondo me quella è ancora pazza di mio figlio, ma in senso morboso, è invasata di lui o non si spiega perché continua a ronzargli attorno come un’ape al miele! – Winter inarcò le sopracciglia a quei pettegolezzi:

- Non saprei, magari è semplicemente ancora innamorata di lui… - ipotizzò divertita da quelle chiacchiere, ma anche vagamente interessata per la situazione tra il ragazzo e Haydée. Alle sue parole la donna scosse energicamente il capo:

- No, sono sicura che non sia così semplice come sembra a te. Tu non la conosci, è una ragazza un pochino strana, e mi ha stupito molto che Madian abbia deciso di presentarcela. Non so perché, ma ho come l’impressione che sia stata lei ad insistere per conoscerci. Sì, sono certa che è tutta opera sua! – Winter rise internamente delle ansie materne della donna e si allontanò per vedere se riusciva a parlare con Phénice. Aveva altri problemi lei, altro che le assurdità di una madre preoccupata che una donna si sostituisca a lei nel cuore del figlio!

 

~~~~~

 

Quella notte

 

Winter non riusciva assolutamente a prendere sonno. Si rigirò nel letto almeno un centinaio di volte ma nulla, troppi pensieri le si agitavano nella testa, troppe informazioni da riordinare e sfruttare, e ancora non aveva fatto nulla.

Si alzò nervosamente e andò alla finestra: il giardino era illuminato unicamente dalla luce della luna che si rifletteva anche sul mare calmo. Prese una lunga boccata d’aria e decise che valeva decisamente la pena di fare una piccola escursione notturna sulla spiaggia.

Un attimo dopo sgusciò fuori dalla sua stanza con addosso solo una sottoveste e corse come un fulmine giù per le scale, scalza per non produrre alcun rumore. Non si era accorta di un’altra ombra lungo il corridoio.

 

Quando arrivò in riva ansimava, ma era felice di aver fato quella piccola pazzia. Il vento era fresco e pareva volerle togliere dalla mente tutti i pensieri che fino a pochi istanti prima rischiavano di farle scoppiare la testa.

Chiuse gli occhi un istante e assaporò il profumo di salsedine proveniente dal mare, la sabbia morbidamente fresca sotto i piedi e il senso di libertà e di quiete che la pervadevano.

- Bella nottata, vero? – la voce dietro di lei la fece sobbalzare e si volse spaventata:

- Mitja! Che spavento mi hai fatto prendere! Come mi hai trovata? – fece con gli occhi sgranati. Lui le si affiancò e rispose guardando la distesa d’acqua nera davanti a loro:

- Ero lungo il corridoio quando sei uscita. Non ti sei accorta che ero a pochi metri da te? – chiese sorridendo e lanciandole un’occhiata di sbieco. Lei scosse il capo e rimasero in silenzio per un tempo indefinito, gustandosi la reciproca presenza.

Poi Winter rabbrividì e si prese le spalle con le mani. Lui rise:

- Che c’è mammoletta, hai freddo? – la ragazza lo guardò storto:

- E se anche fosse? – replicò acida. Lui alzò le mani in segno di resa:

- Ehi, calmati, stavo solo scherzando! – la vide abbassare il capo e mordersi un labbro dispiaciuta:

- Scusa… è che sono nervosa per tutto quello che abbiamo saputo… Mitja sappiamo che almeno sua moglie è nel paese e non abbiamo ancora fatto niente per trovarlo! – il ragazzo le circondò le spalle con un braccio per tentare di infonderle almeno un po’ di calore:

- Intendi Chung, vero? – lei annuì e lui sospirò pensoso: - Credo che innanzitutto dovremmo contattare Faust, lui sa sempre tutto dei criminali in circolazione nel suo territorio e saprà sicuramente dirci qualcosa. Poi dovremmo interpellare un informatore, qualcuno che riesca a infiltrarsi in qualsiasi banca dati, magari la polizia sa qualcosa sui suoi spostamenti… - si interruppe vedendo Winter cambiare espressione. Sembrava compiaciuta:

- Hai detto bene, un informatore. Conosco il migliore sulla piazza! – lui la guardò senza capire, spronandola a dargli una spiegazione: - Black, o meglio Haydée, lavora con la migliore informatrice in circolazione. Hai mai sentito parlare di Sybil? – il ragazzo la guardò sorpreso:

- Alzi la mano chi nel nostro settore non ha mai sentito parlare di quella donna!! Certo che la conosco, non c’è nessuno che riesca ad avere più informazioni di lei! L’abbiamo cercata anche, ma è lei a farsi trovare e purtroppo la conosco solo di fama. – Winter annuì soddisfatta:

- Esatto! Allora domani la contatterò tramite posta elettronica, abbiamo un programma per criptare i messaggi nel caso qualcuno dovesse intercettarli, quindi ci possiamo muovere in tutta tranquillità. Poi mi darai il numero di quel vostro amico, Faust, e vedrò di chiedere informazioni anche a lui… - si interruppe all’improvviso, Mitja le stava baciando una tempia. Quando si staccò lo guardò interrogativa:

- Non fraintendere! Sono solo… felice che ci siamo ritrovati e che le cose si stiano finalmente sbloccando. – si giustificò agitato. Lei non rispose, limitandosi ad appoggiare la testa sulla sua spalla ossuta.

Dopo un po’ bisbigliò:

- Me la diresti una cosa? – lui annuì:

- Spara. – un attimo di incertezza…

- Da ragazzino ti piaceva Crystal, vero? – Mitja boccheggiò stupito, poi prese a ridacchiare come uno scemo:

- Beh, io… era una cotta da adolescente, anzi poco più che da bambino… ma, che diavolo ti è saltato in mente?! – fece allegro. Winter fece una smorfia e scosse il capo:

- Niente, semplice curiosità! Da ragazzino non mi dicevi mai niente, ma tanto lo sospettavo comunque. – mormorò senza incontrare i suoi occhi:

- Tu sei tutta pazza… coraggio, rientriamo se non vuoi beccarti qualcosa di serio. L’infermeria è già occupata, ladruncola! – rise sollevandola tra le braccia. La ragazza lanciò un urletto sorpreso:

- Mitja, che fai?! Mettimi giù!! – trillò quasi divertita. Lui non le diede retta, incamminandosi svelto verso la villa:

- Non ci penso nemmeno! – esclamò immediatamente. Dopo aver fatto una ventina di metri però si fermò:

- Beh? Che c’è? – lui la guardava in modo strano:

- Winter… - mormorò con voce leggermente arrochita e un lampo brillante negli occhi chiari. Lei rimase senza fiato, persa per un istante nel suo sguardo stranamente dolce…

- Sì… - ancora qualche infinito attimo di silenzio…

- Non pensi che… sarebbe ora che ti mettessi a dieta? – mormorò allargando la bocca in un sorriso idiota. Winter avvampò, sgranò gli occhi e prese a dimenarsi come un’ossessa:

- Mettimi giù!! Cafone che non sei altro, lasciami subito!! – sbraitò piantandogli una mano in pieno viso e impedendogli anche di aprire gli occhi, ma tanto non gli importava, si stava divertendo troppo!

Una volta liberata la visuale vide la ragazza allontanarsi a grandi passi:

- Ehi, aspettami! – quando la raggiunse capì al volo dalla sua espressione che era a metà tra l’arrabbiato e il divertito:

- Non sei cambiato per niente! – brontolò nascondendo la… delusione?… Naaa!! La rabbia!!… Giusto?

- Nemmeno tu, sei permalosa come a 10 anni. – fece serio. Erano sotto il porticato della villa ora e lui l’aveva presa per un polso per fermarla. Si guardarono a lungo nella semioscurità:

- Sono stanca Mitja, lasciami andare. – mormorò lei dolcemente. Lui non pensò nemmeno di trattenerla ancora:

- Ok… allora, buonanotte. – rispose sprofondando con le mani nelle tasche dei jeans che si era infilato per correrle dietro. Lei annuì e alzò un angolo della bocca in qualcosa che ricordava un sorriso:

- Buonanotte. – poi fece una cosa che il ragazzo credeva impossibile: si alzò sulle punte dei piedi e si accostò al suo viso, depositandogli un breve bacio su una guancia. Infine si volse e svanì di corsa all’interno dell’abitazione, mentre lui se ne restava lì come un fesso. E questo cosa significa?! Però, che carina… Pensò mentre un breve sorriso gli sfuggiva dalle labbra, alzando una mano per toccarsi la guancia che lei aveva baciato. Si sentì stranamente leggero e… felice! Che mi prende?!?

 

~~~~~

 

Martedì mattina

 

Erano tutti in cucina da un pezzo, a parte Haydée ovviamente, ma di Phénice ancora nessuna notizia. Senza dare nell’occhio Arkel sbirciò l’ingresso della sala per la milionesima volta, nascondendo la sua falsa indifferenza dietro a un quotidiano di data imprecisata, poi volse lo sguardo sui presenti.

Madian sorseggiava un caffè e ogni tanto lanciava un’occhiata alla tv, davanti alla quale Mitja sgranocchiava biscotti alternandoli con un nevrotico zapping. Poi c’era Winter, anche lei con una tazza di caffè fumante in mano, non riusciva a trattenersi dal picchiettare con le unghie laccate sulla superficie di marmo trattato dell’isola al centro della cucina, lo sguardo perso nel vuoto. Infine sulla veranda i padroni di casa facevano tranquillamente colazione con panini, burro e marmellate varie.

Arkel si stancò di aspettare che qualcuno si decidesse ad andare a cercare la rossa, così si alzò lasciando sul divano il giornale e depositò la sua tazza nel lavello. Quando si volse per dirigersi al piano superiore Phénice fece il su ingresso silenziosamente, e immediatamente tutti dimenticarono le loro “occupazioni”, tranne naturalmente i genitori di Madian che seguitavano ad abbuffarsi beatamente:

- Buongiorno! Come stai? – era stata la bionda a parlare, precedendo tutti. Phénice diede una scrollata di spalle, prese un croissant senza guardare nessuno e si avviò per uscire nuovamente, ma venne raggiunta dalla bionda: - Sei andata a trovare Haydée? – la ragazza abbassò lo sguardo e Winter capì: - Allora andiamoci, deve dirti una cosa. -

- Non mi va di vederla. – borbottò scontrosa. La bionda si spazientì:

- Invece faresti meglio ad andarci, quello che deve dirti è importante. – la ragazza non rispose e si avviò lungo il corridoio. Si fermò in prossimità delle scale, incerta se salirle o proseguire per l’infermeria. Alla fine Winter tirò un sospiro di sollievo vedendola andare diritto.

 

Phénice entrò silenziosamente, preoccupandosi di non svegliare la convalescente se ancora dormiva. Tuttavia le sue premure si rivelarono inutili, la mora era sveglissima:

- Ciao Phénice. – mormorò vedendola entrare, sorridendole appena:

- Ti ho svegliata? – chiese l’altra sedendosi distrattamente ai piedi del letto:

- Macché! Tutto questo far niente mi sta esaurendo, non riesco più nemmeno a chiudere occhio. Mi conosci, odio il riposo forzato! – involontariamente alla rossa sfuggì un sorrisetto: - Lo trovi divertente? – chiese l’altra facendo finta di essere offesa:

- No, no… al contrario… - tentò di ricomporsi: - Volevi parlarmi? – Haydée sospirò e si tirò faticosamente a sedere, ignorando bellamente le proteste della rossa:

- Sì. Volevo dirti che hai ragione a proposito del nostro… ehm, lavoro… insomma, io ho deciso di prometterti che non lo farò mai più. – la guardò negli occhi e vi lesse la sorpresa:

- Dici davvero? Io invece volevo dirti che avevo esagerato e che non dovevi prendermi sul serio… cioè, io ero seria, ma se tu non vuoi… se è troppo… – la mora rimase nuovamente sorpresa:

- Non smetti mia di stupirmi! Comunque non è una richiesta esagerata, e hai ragione non ho più motivo di fare la ladra. – immediatamente venne soffocata da un abbraccio caloroso e travolta da un fiume di ringraziamenti. Alla fine Phénice si staccò con un sorriso smagliante:

- E gli altri? – Haydée rimase un attimo senza parole, poi la porta solo accostata si aprì ed entrò Winter:

- Prometto anch’io! – fece con un’espressione delle più distese. La rossa si fiondò anche tra le sue braccia, ringraziandola nel modo più affettuoso che conosceva, poi le venne naturale guardare alle sue spalle per cercare i ragazzi, ma non c’era nessuno. Si volse verso la mora con gli occhi lucidi:

- E loro? – le due ormai ex ladre si guardarono e Phénice capì che non ne sapevano nulla: - Capisco… - mormorò rattristata. La bionda non le diede il tempo di abbattersi:

- Ho un’idea: che ne dici se per festeggiare ci concediamo un bel bagno in quella favolosa piscina? – Phénice sorrise felice, ma poi si ricordò di in particolare:

- Ma Haydée non può venire… - la mora scosse il capo:

- Vuol dire che dovrai divertirti anche per me, ora andate! – fece sorridendo rilassata. Le guardò uscire e un sospiro le uscì dalle labbra secche. Le inumidì e poi tentò di muoversi. Non ne posso più!

 

~~~~~

 

Dopo poco le due ragazze scesero in piscina e si rilassarono sugli sdrai:

- Magnifico… - mormorò la bionda facendo ridere Phénice:

- Hai ragione, ci voleva! – sospirò l’altra chiudendo gli occhi e assaporando la sensazione di calore che la pervadeva.

Rimasero in silenzio talmente a lungo che la rossa prese a sonnecchiare, ma un improvviso cambiamento di temperatura la costrinse ad aprire gli occhi:

- Ehi, chi ha spento il sole? – borbottò sfregandosi le palpebre:

- Sveglia ragazzina, non è tempo di dormire! – finalmente riuscì a mettere a fuoco la situazione: Arkel era in piedi davanti al suo sdraio e le faceva completamente ombra. Ma, un momento…

Avvampò come una sciocchina: il ragazzo indossava unicamente un paio di bermuda nere, lunghe fino al ginocchio, e metteva in bella mostra… beh, un ben di Dio tra muscoli e abbronzatura… Per completare l’opera la guardava con un sorrisetto talmente sensuale da farle girare la testa:

- Cosa… - mormorò confusa, e ancora prima di capire cosa stava succedendo si ritrovò tra le sue braccia, a più di un metro da terra: - Arkel? – fece allarmata vedendo l’acqua sotto di sé:

- Niente di personale piccola! – esclamò divertito scaraventandola nella piscina. Phénice lanciò uno strillo acuto per poi svanire sott’acqua con un tonfo e mille spruzzi che bagnarono anche il ragazzo: - Quand’è così… - borbottò tuffandosi a sua volta con un gesto fluido.

Un istante dopo la ragazza riemerse boccheggiando e sfregandosi gli occhi per trovare il suo assalitore:

- Dov’è?!! – sbraitò infuriata. Un attimo dopo una presa d’acciaio sulle caviglie la trascinò di nuovo sott’acqua, dove si dibatté come una pazza per liberarsi.

Alla fine riemersero tutti e due e Phénice non perse nemmeno un attimo: si slanciò su di lui tempestandolo di pugni e schiaffi:

- Bruto!… Furfante e molesto!! – strillò con le lacrime agli occhi per lo spavento di poco prima e nessuna voglia di ridere. Arkel capì di aver sbagliato approccio, con un’abile mossa la prese per i polsi e la fece ruotare su sé stessa, stringendola contro di sé in modo da far aderire la schiena della ragazza al suo petto. Poi accostò la testa alla sua, mentre Phénice protestava sempre più piano, e la coccolò gentilmente:

- Lo prometto. – mormorò dolcemente, sfiorandole la guancia col naso e assaporandone il profumo delicato. La ragazza si bloccò all’istante, volgendo appena il capo verso il suo:

- Co-come? – balbettò certa di aver capito male. Arkel le guardava con insistenza la bocca morbida:

- Ho detto… che… lo prometto… - fece distogliendo a forza la sua attenzione dal viso di lei, dandosi mentalmente del maniaco arrapato. Phénice sgranò gli occhi al massimo della sorpresa, poi con un gridolino strozzato si volse e gli gettò le braccia al collo, ridendo come una pazza. È un pelino difficile non perdere il controllo così…

- Arkel!! Dici sul serio?! Oh, grazie! Grazie, grazie! – continuò a trillare felice a lungo, ma il ragazzo non capì che la metà di quanto gli veniva detto: era talmente stordito di averla addosso che non ebbe nemmeno la prontezza di spirito di abbracciarla. Quando alla fine ricollegò lo spinotto del cervello era troppo tardi, l’arrivo di Madian e Mitja l’aveva già distolta da lui e non poté far altro che guardarla allontanarsi:

- Te lo promettiamo anche noi Phénice! – le disse il biondo sorridendo, mentre avanzava galleggiando su una poltroncina gonfiabile, munito di occhiali da sole e cocktail alla frutta. Per la felicità lei prese a schizzare sia lui che Madian a bordo vasca, mentre Winter si preoccupava di allontanarsi di almeno una decina di metri.

Le loro risate giunsero fino alla camera di Haydée, spingendola a volersi alzare per vedere.

 

 

 

Volevo scusarmi con chi non ho nominato nel passato capitolo nei ringraziamenti: semplicemente ho pensato che, partendo di punto in bianco nel bel mezzo della storia, non potevo prendere tutti i nomi di chi ha recensito i capitoli vecchi, quindi ho risposto solo a chi aveva commentato l’ultimo, cioè il 22. Non vi ho dimenticate!! Quindi grazie a Jenny90, Kaho_chan, Londonlilyt, Super Gaia e Tristessa. Chi non si è visto rientrare neanche in questa lista è autorizzato a spedirmi una cassa di frutta e verdura marcia via mail!

 

Earine: spine, carboni ardenti… vogliamo parlare del fornello di Einstein?! Mia cara, tutto è relativo…

 

Elenim: NOOOO!!! Io non volevo farla diventare antipatica!! Cerca di capire il suo punto di vista: la sua migliore amica stava per lasciarci le penne, tu te ne staresti lì a guardare senza fare nulla? Ok, ammetto che come soluzione è un po’ drastica, ma non vedo come potrebbero evitare gli incerti del mestiere senza lasciarlo. E poi lei sa che Haydée ha già un lavoro di successo, e Winter pure, dopotutto è avvocato. Poi ho allargato la proposta ai ragazzi perché si sta affezionando a loro (eheheh!!) visto che hanno salvato la sua amica e che le stanno proteggendo. Ho comunque una sorpresa in serbo per il futuro, e poi ragazza mia come si dice, il lupo perde il pelo ma non il vizio… non disperare!

Ah, ho ricevuto il tuo disegno… OoO… ma sei BRAVISSIMA!!!! L’ho apprezzato moltissimo, sarebbe bello pubblicarlo nella storia da qualche parte ma non so come fare (leggi: si accettano suggerimenti!!! Ed eventuali istruzioni!).

 

Damynex: E tu non puoi sapere quanto ho riso leggendo i soprannomi che hai dato a quei due! Miss Peperone è troppo forte, ma ghiacciolo ambulante è l’apoteosi!! XD  Spero che questo capitolo abbia saziato la tua voglia di sapere sui due biondini… Ciao!^-^

 

AyLa: il discorso del cane l’ho inserito ispirata da una mia amica, lei col cane ci vive in simbiosi e una volta mi ha detto che se dovesse trasferirsi e non potesse portare la sua bestiola con sé le si spezzerebbe il cuore! Le sue parole mi hanno talmente colpito che ho voluto farle questo piccolo omaggio, io purtroppo avevo un cane quando ero piccolissima e me lo ricordo a malapena, ma mi piacciono molto! Beh, a parte questa parentesi cinofila, grazie ancora per aver commentato! Arkel invece è ispirato (udite udite) al mio ragazzo, a volte intrattabile, ma in grado di sorprenderti con gesti dolcissimi, grandi o piccoli che siano. Adesso ho mille cuoricini che mi fluttuano attorno, come nei cartoni animati… che vergogna!

 

Uriko: O.O dopo il tuo urlo disumano ho letteralmente cambiato pettinatura… Caspita che entusiasmo! Grazie, sono contenta che ti piaccia e farò del mio meglio per arrivare alla fine. Scusa se non sarò regolare con gli aggiornamenti (scuse estese a tutte le mie lettrici) ma sono in un momento un po’ incasinato, perdono!!

 

Memole88: sono felice che anche gli altri personaggi vi piacciano, temevo di aver creato solo Madian e Haydée di vostro gradimento! Con Mitja volevo inserire il classico ragazzo simpatico e scherzoso, il tipo che riesce a dare sui nervi con una battuta, ma col quale non ti annoi mai, e che soprattutto sa essere un vero amico. Spero di riuscirci!

 

 

Detto questo, ieri ho avuto la tentazione di chiudere la storia. EHI, calma! Aspettate a tirarmi i pomodori, prima vi spiego.

Dunque, ieri è stata una delle giornate più incredibilmente folli della mia vita, roba che neanche l’ideatore di Fantozzi poteva fare di meglio.

Finalmente ieri mattina sono riuscita a fare e registrare l’ultimo esame, perciò tra un mese mi laureo (FIESTAAAA!!). Comunque, io vagavo allegramente per i negozi, con la ferma intenzione di fondere la casa di un negozio di abbigliamento, con la mia borsa contenente il libretto e tutti i documenti, e un figlio di buona donna (scusate la scarsa finezza, dovevate vedermi ieri) mi ha rubato la borsa.

Ora, se un brutto pezzo di #*##* vi ruba il libretto che due giorni dopo dovevate consegnare in segreteria per iscrivervi alla sessione di laurea, voi come diamine reagite??

Io ho lanciato mille insulti alla mia idea di scrivere su questa categoria di infami e ho mobilitato due caserme di carabinieri, visto che il mio inseguimento non era servito a un beneamato #### (penso che dovrei dedicarmi al footing, ma tanto non mi metterò MAI a correre).

Fortunatamente la storia è finita bene: hanno ritrovato la mia borsa due ore dopo in aperta campagna (come c’è finita non lo sa nemmeno Lucifero in persona), naturalmente il portafogli era bell’è ripulito ma poco importa, ho riavuto documenti e soprattutto il mio amatissimo libretto, che dopo aver soggiornato nel mio materasso per il tempo necessario, se ne andrà felicemente, e sotto scorta, alla segreteria dove spero lo conservino con cura (ma tanto ci credo poco).

Morale? Sono stata indecisa se cestinare la storia tutta la notte. Poi mi sono detta che gliel’avrei data vinta al bastardo (se lo becco sua madre non lo riconoscerà mai), perciò, sprezzante dell’ingiustizia subita e rimossa la terribile avventura, io e la mia testardaggine ci siamo sedute di nuovo davanti allo schermo e ci siamo rimboccate le maniche, certe che il mio sforzo ora sarà più apprezzato (leggi: COMMENTATE!).

Una cosa però l’ho imparata: i calzini sono il nascondiglio più sicuro per qualsiasi cosa!

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Capitolo 25
*** Occhi negli occhi ***


Terzi incomodi

Occhi negli occhi

 

Ancora martedì, giardino villa McKaye

 

Le loro risate giunsero fino alla camera di Haydée, spingendola a volersi alzare per vedere.

Lentamente si sedette sul letto, badando a non sforzare la gamba destra per non riaprire la ferita, e finalmente dopo lente e delicate manovre posò entrambi i piedi a terra. Poi allungò una mano oltre il comodino, dove le avevano posizionato una sedia a rotelle e un paio di stampelle. Optò per le grucce, che naturalmente non avrebbe ancora dovuto usare.

Quando alla fine si ritrovò in piedi non riuscì a trattenere un sorriso di soddisfazione per la sua ritrovata mobilità.

Si mosse cautamente, fermandosi ad ogni passo per guardarsi attorno, riprendere fiato e bilanciarsi al meglio, infine raggiunse il suo obiettivo: la finestra.

Lo spettacolo che le si presentò era indubbiamente uno dei più belli dei quali avesse mai goduto, paragonabile soltanto ai tramonti nella sua adorata India. Inoltre, grazie alla posizione della casa sopraelevata rispetto al livello del mare, aveva un’ottima visuale del giardino fino alla spiaggia.

Il mare luccicava sotto il riverbero del sole, mentre la natura rigogliosa non veniva minimamente intaccata dalla presenza delle costruzioni dell’uomo.

Ammirò il giardino, e mentre il suo lato professionale si chiedeva chi fosse l’ideatore del progetto, l’abitudine al furto la spingeva a domandarsi a quanto ammontasse esattamente il capitale dei McKaye per potersi permettere un paradiso simile. Doveva essere una cifra astronomica…

Infine la sua attenzione venne catturata dai bagnanti: Phénice rideva allegramente degli scherzi di Mitja, che si stava dirigendo insieme a Madian verso un’ignara Winter, immersa in qualche sogno abbronzante, mentre Arkel li guardava con aria di superiorità, come se a lui quei giochi stupidi non interessassero.

Vide i due ragazzi fuori dall’acqua bloccare la bionda, uno la teneva per i piedi mentre l’altro la sollevava per le braccia. Rapidamente la portarono sul bordo della piscina e contando fino a tre la gettarono al volo nell’acqua azzurra, tra le risa della rossa e le sghignazzate faticosamente trattenute del motociclista.

Winter riemerse furibonda, sbraitando acida contro il russo che si tuffò a bomba per coprire i suoi strilli, mentre l’altra coppia nell’acqua si sganasciava dalle risate.

 

Haydée spostò lo sguardo su Madian. Guardava la scenetta con aria divertita, un sorriso rilassato dipinto sulle labbra.

Era notevolmente abbronzato e indossava un paio di bermuda bianche che mettevano in risalto il suo colorito bronzeo. Osservò trattenendo il fiato il fisico scultoreo costellato di minuscole goccioline d’acqua e il gesto sciolto che fece mentre si passava una mano tra i capelli, scompigliandoli per eliminare l’acqua in eccesso che non smetteva di scivolargli sul collo.

Improvvisamente si rese conto che le sue pulsazioni erano eccessivamente accelerate. Mi sto stancando a rimanere troppo in piedi. Si autogiustificò, imponendosi di credere che quello era l’unico motivo per il quale la testa le girava.

Tuttavia non riuscì a trattenersi dal sussultare e dal fare un mezzo passo indietro quando lo vide volgere il capo e puntare gli occhi blu proprio sulla sua finestra. Lo sguardo del ragazzo si incupì e senza alcun gesto o parola si incamminò a lunghi passi verso l’abitazione.

 

Per un istante la ragazza venne presa dal panico, poi andò calmandosi e quando la porta venne spalancata era perfettamente padrona di sé stessa. O almeno questo era quello che credeva:

- Cosa ci fai in piedi? Paul ti aveva detto di non alzarti ancora, specialmente non da sola. – in poche e rapide falcate Madian era accanto a lei, poteva sentire distintamente il suo profumo. Il profumo della sua pelle… vagheggiò un istante con la mente, per poi tornare al presente:

- Ero stanca di starmene ferma a letto, e poi non sono una bambina, posso cavarmela anche da sola! – sbottò risentita. Il ragazzo fece un leggero sospiro mentre lei tentava di muovere qualche passo verso il letto, poi la vide vacillare e sarebbe caduta se non l’avesse presa in braccio:

- Lo vedi che sei debole? E poi appunto perché non sei più una bambina non dovresti disobbedire a Paul. È un bravo medico e sa perfettamente quello che dice! – ribatté guardandola. Lei evitava volutamente il suo sguardo e aveva la testa abbandonata sulla sua spalla:

- Madian mettimi giù. – a sentire mormorare il suo nome in modo così dolce e vagamente incerto si bloccò sui due piedi guardandola con insistenza:

- Haydée? – chiamò piano. Lei tentennò un istante, poi alzò gli occhi terribilmente scuri e profondi su di lui, affascinandolo.

Lentamente Madian si accostò al letto, lo sguardo allacciato a quello di lei, si sedette e la depositò accanto a sé. Poi posò le mani sul materasso ai lati dei suoi fianchi, imprigionandola tra lui e il letto.

Si avvicinò pericolosamente al suo viso, mentre lei nel tentativo di sfuggirgli era finita distesa sotto di lui, esattamente la posizione che voleva evitare. Ma le difese di Haydée crollarono quando sentì sulle guance il suo respiro caldo, e l’improvvisa ondata di calore che la sommerse andò ad aggiungersi alla scarsa percezione della realtà dovuta allo sfiancamento fisico.

 

Madian le sfiorò delicatamente una guancia, poi la guardò negli occhi, tormentandola dolcemente con lo sguardo, e scese ad accarezzare anche l’altra, socchiudendo le labbra e depositandole un breve bacio sulla pelle morbida. Infine tornò a guardarla intensamente, e all’improvviso entrambi ebbero gli occhi dell’altro dentro i loro.

 

La ragazza tremò impercettibilmente mentre lui si bloccava dov’era, e quell’attimo tremulo li portò via con sé.

 

Era una sensazione strana quella che li stava avvolgendo in quell’istante, sembrava essere stato uno scambio o un incontro di anime, un attimo fuggevole volato via semplicemente col loro respiro ma congelatosi ormai per sempre nelle loro menti.

Madian sussurrò il suo nome talmente piano da farle dubitare di averlo realmente sentito, poi il trillo del telefono di casa al piano inferiore li fece irrigidire.

Rimasero ancora immobili, le labbra che si sfioravano, e l’incantesimo venne spezzato definitivamente da passi affrettati lungo le scale e dalla voce di Rachel:

- Madian!!… Madian, dove sei?… C’è Celia al telefono!! – il ragazzo non vide nemmeno i suoi movimenti mentre fuggiva letteralmente: sgusciò sotto di lui, recuperando le stampelle con un  movimento brusco che le strappò un mugolio di dolore, e quando la donna irruppe nella camera lei era già in piedi e saltellò via pericolosamente instabile.

Rachel non pensò nemmeno di fermarla, il suo viso sconvolto parlava già a sufficienza per lei, così si concentrò su suo figlio:

- Che lei hai fatto Madian? – il ragazzo non le rispose, si era sollevato a sedere e guardava il vuoto con aria assente. La donna si mise una mano su un fianco e allungò l’altra verso il figlio, porgendogli il cordless: - Almeno rispondi a Celia, intanto io dovrò cambiare le lenzuola… che ti è saltato in mente di sederti coi pantaloncini bagnati? – continuò a brontolare a lungo ma lui non la ascoltò. Automaticamente prese il cordless e mormorò un “pronto” atono:

- Ciao tesoro!! Io e Aida vi stiamo per fare una sorpresa! – squittì la ragazza all’altro capo del telefono:

- Una… sorpresa? – borbottò senza capire un accidenti:

- Sì! Ieri abbiamo chiamato a casa vostra ma non c’eravate, così ho contattato tua madre e mia ha detto che siete tutti lì. Indovina un po’? Stiamo venendo anche noi! – confessò tutta giuliva. Madian rischiò di strozzarsi:

- Qui? Ma… perché!? – balbettò ricollegando il cervello:

- Come perché! Per passare qualche giorno insieme, no? -

- No, non potete venire! – esclamò riprendendosi del tutto:

- Su, non essere sciocco! Certo che possiamo, avete una villa gigantesca e Aida muore dalla voglia di vederla! Adesso devo riattaccare amore, ci vediamo dopo! <click!> – Madian guardò il portatile incredulo, poi si volse verso sua madre:

- Celia… sta arrivando… perché le hai detto che siamo qui?? – chiese esasperato:

- Tesoro, mi ha chiamata dicendomi che era preoccupata perché non ti trovava e io ho solo pensato di rassicurarla… non pensavo che sarebbe venuta! – lui si guardò attorno con aria smarrita:

- Devo trovare Haydée, dov’è andata? – la donna lo bloccò:

- Forse faresti meglio a lasciarla stare… - rimase un attimo soprappensiero, poi annuì e si avviò alle scale come un automa, mentre Rachel lo guardava con un misto di felicità e preoccupazione negli occhi. Il mio bambino!

 

~~~~~

 

Haydée era uscita dalla stanza di corsa, o meglio arrancando su tre zampe come meglio poteva, ma era confusa e sconvolta e aveva preso la direzione sbagliata: invece di trovare le scale per uscire si era ritrovata davanti al bagno, così senza pensarci due volte si barricò all’interno, chiudendo la porta alle sua spalle a doppia mandata.

Riprese a respirare soltanto quando riuscì a sedersi su un basso sgabello di legno e a distendere la gamba ferita. In quel momento adocchiò la fasciatura, lasciata scoperta dagli shorts, e si accorse con una smorfia che era sporca di sangue, segno che la ferita si era riaperta. Accidenti a me… no, accidenti a lui!!

Finalmente ripensò a quello che era successo pochi istanti prima, e allora desiderò prendersi a revolverate. Ma allora il suo allenamento da Sybil, tutti gli esercizi di concentrazione che aveva fatto e le cose che si era ripetuta migliaia di volte non erano servite a niente!! Come poteva essere talmente sciocca da mostrarsi sempre debole quando si trovava da sola con lui? Perché seguitava a lasciargli fare come voleva, cos’è, non era più capace di tirare una sberla, meritatissima, al primo marpione che incrociava il suo cammino?

Scosse il capo appoggiandosi al lavandino, mentre le immagini davanti ai suoi occhi si fecero confuse e temette di svenire. Abbassò le palpebre facendo lunghi e profondi respiri. Fermate il mondo, gira troppo veloce…

…E poi cos’era successo quando lui l’aveva guardata negli occhi? Le era sembrato di essere stata trafitta nel costato, e in più ora non riusciva a distogliere dalla mente l’immagine dei suoi occhi blu, così dolci e decisi al tempo stesso. All’improvviso si era sentita come svuotata, come se qualcuno le avesse strappato l’anima, e aveva avuto l’impressione che al mondo non ci fossero che loro due.

Così non andava bene per niente, doveva fare qualcosa per riprendere il controllo della situazione…

 

Niente da fare carina, ormai sei cotta!

Non è vero!! Posso ancora tenerlo a bada, e te lo dimostrerò!

Ah sì? E come? Guardandolo mentre si spupazza quella Celia?

Accidenti a te, non me la ricordare!!

Sei gelosa… ammettilo!

No, hai capito? NO!!

 

Dei colpi sulla porta del bagno la riportarono alla realtà:

- Haydée?… Sono Rachel, mi apri? – la ragazza si mosse a disagio, e casualmente lo sguardo le cadde sullo specchio… Era davvero suo quel viso smunto, devastato dalle lacrime?…

- Haydée lo so che sei lì dentro, ti prego aprimi! – rapidamente si passò le mani sulle guance e sugli occhi, nel tentativo disperato di cancellare quello che non voleva vedere:

- Per… per favore Rachel… vorrei stare un po’ sola. – tentò in tutti i modi di dare un’inflessione naturale alla sua voce, ma non ci riuscì e risultò ancora più incrinata del dovuto:

- Non fare così cara, aprimi, coraggio! Non vuoi parlarne? – la ragazza la interruppe con energia:

- NO!… Cioè, io… mi scusi, ma dico sul serio, vorrei restare sola per un po’. La prego. - mormorò stanca. Sentì la donna sospirare, poi finalmente si arrese:

- Come vuoi Haydée. – il rumore dei passi leggeri che si allontanavano la aiutò a calmarsi. Alla fine riuscì anche a rilassarsi, appoggiando la schiena al muro freddo e chiudendo nuovamente gli occhi. Ho pianto… perché?

 

~~~~~

 

Due ore dopo la casa, o meglio il giardino, era pieno delle risa delle due nuove arrivate. Haydée poteva sentirle distintamente, distesa sul letto dell’infermeria, con la gamba medicata di fresco. Fortuna che quel dottore era sempre in circolazione, altrimenti sarebbe veramente morta dissanguata!

Ora non doveva fare altro che rilassarsi e mandare al diavolo Madian la prossima volta che avrebbe tentato di avvicinarsi a lei.

In quel preciso istante sentì qualcuno avvicinarsi alla sua stanza:

- Disturbo? -

- No Winter, entra pure. – mormorò stanca. La bionda la guardò attentamente, poi si sedette accanto a lei:

- Ci sono visite. – buttò lì casualmente per vedere una qualsiasi reazione, che non arrivò:

- Ho sentito. – rispose l’altra telegraficamente:

- Sai chi sono? – Haydée si strinse nelle spalle:

- Celia e una sua amica? – fece indifferente. La ragazza le lanciò un’occhiata obliqua:

- Celia e Aida, quel genio della ragazza di Mitja. Mi chiedo come abbia fatto un ragazzo così in gamba e intelligente a trovarsi una del genere. Non è per niente adatta a lui! – borbottò come se parlasse con sé stessa:

- E sentiamo, che tipo sarebbe adatto a lui? – chiese la mora. Winter ci pensò su un po’:

- Dovrebbe essere in gamba almeno quanto lui, non una stupida del genere. E poi dovrebbe sapere come tenerlo a bada: te lo dico io che lo conosco, sarà pure un simpaticone ma ne capisce della vita come un bambino di 3 anni. Anzi, di meno!… Ecco, gli servirebbe qualcuna che compensi il suo lato burlone, una ragazza seria e con la testa sulle spalle… -

- Una come te? – la interruppe Haydée con un risolino saccente dipinto in volto. La bionda spalancò la bocca incredula:

- Che diavolo ti hanno messo nel sangue delle trasfusioni, scemenza in gocce? – la mora ridacchiò spudoratamente: - Dico, ma sei uscita di testa?! Guarda che io non ci penso nemmeno a Mitja, anzi se proprio lo vuoi sapere è l’ultimo dei miei problemi! – l’altra ormai rideva a crepapelle: - Ma guardatela!! No bella, tu non ci sei tutta col cervello, dai retta! – sbottò innervosita alzandosi e misurando la stanza a grandi passi, dall’alto dei tacchi vertiginosi delle sue ciabattine. Intanto Haydée andò calmandosi, riprendendo più o meno un’espressione normale:

- Dai, non te la prendere… io scherzavo! -

- Sì, sì… scherza tu… intanto Aaron ha scovato dai miei ex-colleghi, perché devi sapere che mi sono licenziata, il mio numero di cellulare. Mi ha chiamata almeno 20 volte da ieri e io non gli ho ancora risposto… - mormorò cambiando discorso e adocchiando distrattamente la piscina in giardino:

- Ti sei licenziata proprio adesso che hai giurato di non fare più la ladra?? -

- No, l’ho fatto prima di prometterlo… e poi potrei sempre mettermi in proprio, che credi, che non saprei gestirlo un ufficio legale??… Tornando al mio ex, cosa devo fare secondo te? – la mora mise le mani avanti:

- Non sono il tipo giusto a cui fare domande da “posta del cuore”! Chiedilo a Phénice! -

- Bah! Proprio a lei! Ha dato a Selim il mio numero di cellulare in caso di bisogno e stamattina l’ha chiamata. Indovina un po’? Lei gli ha detto di essere in vacanza con noi, e lui vuole a tutti i costi venire a trovarla! – Haydée la guardò stranita:

- Mmh… e adesso cosa si fa? – Winter allargò le braccia impotente:

- Ah, non lo so! Lei lo vuole vedere, non gli ha ancora dato appuntamento per consultare noi ma dubito che riusciremo a farle cambiare idea! – la mora prese a pensare freneticamente:

- Non possiamo dirgli di venire qui per tenerli sotto controllo, sarebbe da maleducate nei confronti di Rachel e suo marito… però non possiamo lasciarla tornare in città, col rischio che Chung la intercetti… Ci sono! – esclamò picchiando un pugno su una mano: - Vi incontrerete con loro a East Port, direte che in appartamento ci sono io ammalata e che non potete portarli su perché sono contagiosa… che so, potrei avere la varicella, o quello che pare a te… così tu la tieni d’occhio e non torna in città. Geniale, no? – fece sorridendo soddisfatta:

- Aspetta un momento, “ci incontreremo con loro” chi? Non dovrò fare la balia all’amichetto di Selim spero! – Haydée scosse la testa, rassicurandola per un solo istante:

- Ma no, che hai capito? “Loro” sono Selim e Aaron! Li farai incontrare in un posto che conoscono entrambi, si presentano e poi verranno insieme! E voi naturalmente li raggiungerete nella cittadina! Chiaro? – Winter sperò di aver capito male:

- Stai scherzando spero!? Io non voglio vedere Aaron! – Haydée la fulminò con lo sguardo:

- Ah, bene!! È così che mi aiuti a tenerla d’occhio! – sbraitò infuriata, spaventando la bionda che si affrettò a fare marcia indietro:

- Va bene, va bene! Ok, faremo come dici, ma vedi di tenere fermi mani, piedi e stampelle! Non mi piace il tuo lato manesco, sappilo! – borbottò accasciandosi su una poltrona. Un istante dopo Phénice spalancò la porta con la faccia più indignata che le avessero mai visto:

- Ciao Haydée, come stai? -

- Benino, ma tu cosa… - non riuscì a finire, il turbine Phénice era in azione:

- Winter seguimi, devo chiederti una cosa. – fece prelevando la bionda e trascinandola a forza nella sua stanza.

 

Una volta a destinazione la rossa le puntò un dito sotto il naso:

- Chi è quella spilungona, quella castana? – chiese con l’aria da giurato dell’Inquisizione:

- Celia? – il cenno affermativo della ragazza la spinse a continuare: - La ex di Madian, perché? – Phénice spostò il suo indice accusatore verso la finestra:

- Ma l’hai vista come si struscia contro di lui?? – sibilò infuriata. Winter inarcò un sopracciglio:

- Sì, ma non vedo cosa dovrei farci. – l’altra sbuffò come un toro nell’arena:

- Come cosa dovresti farci?!! Lui è o non è cotto di Haydée?? – a quel punto la bionda prese a divertirsi:

- Immagino di sì, ma non se sono certa. E allora? -

- E allora la dobbiamo ELIMINARE!! Non può venire qui e rovinare tutto!! A proposito… quando è sparito Madian è andato da Haydée? -

- Penso di sì, ma lei non mi ha detto niente. Però quando sono entrata era piuttosto sconvolta… - a Phénice si illuminarono gli occhi:

- Ma certo che lo è! Perché ne è innamorata!! Dobbiamo studiare il modo per allontanare Celia da lui… -

- Lascia perdere, concentrati su Selim. Haydée dice che potreste incontrarvi ad East Port, non è giusto farli venire qui. - la rossa batté le mani allegramente, poi la guardò interrogativa:

- Hai detto farli… chi viene con lui? – Winter imprecò internamente:

- Aaron, il mio ex. Vuole incontrarmi così usciremo tutti insieme, poi magari ci lascerete un po’ soli perché devo parlargli. - la ragazza saltellò al settimo cielo:

- Che bello!! Non vedo l’ora che arrivinooo!! – cinguettò ballando per la stanza mentre la bionda la guardava torva. Certo, come no, anch’io…

 

 

EHI, LAVATIVE!! Nessuna di voi si è interessata della mia nuova storia, Revenge (messaggio promozionale ;p)?! Filate a leggerla o entro in sciopero, e vi assicuro che il mio sindacato non perdona!! ^_o

 

Super Gaia: ciao!! La sai una cosa? Con tutte le recensioni che mi hai lasciato ogni volta mettevi un “besos”. Ebbene, facendo un rapido calcolo, credo che me abbia mandati più tu del mio ragazzo. Preoccupante la cosa… ehi, scherzo sai? Grazie per tutti i complimenti che mi hai lasciato, ma attenta, potrei montarmi la testa!

 

Elenim: SIGNORSISSIGNORA!! Scusa per il ritardo, dovevo affrontare l’esame e sinceramente mi era venuto un blocco già prima di pubblicare il 23esimo capitolo. Adesso però mi sono ripresa, e via alla grande!! Sul serio hai già disegnato Phénice?! Che brava che sei, io sono scarsa in queste cose… ma è fantastico, mandameli tutti!!! Sono veramente curiosa di vedere i miei ragazzi immaginati da te! A presto ;)

 

Uriko: ma no, non hai esagerato… anzi, mi fa piacere che la mia storia ti entusiasmi, cercherò di impegnarmi per mantenere alto l’indice di gradimento!

 

Jennifer90: Mitja è un po’ così, una faccia da sberle unica! Grazie per l’appoggio, dopo tutte le vostre richieste non credo di avere la forza di troncarla così. Come Madian, non mi piace lasciare un lavoro a metà, quindi dritta alla meta!!

 

Damynex: guarda, un’avventura del genere non me la sognavo nemmeno!! Comunque ha avuto un lieto fine, quindi mi sono già tirata su di morale! ^_^ Carini anche i soprannomi per Winter e Mitja, è esattamente così che voglio che vi sembrino, due caratteri opposti. E poi si sa, gli opposti in fisica si attraggono, chissà…

 

Earine: e fai bene a sospettare! DIFFIDA della parola di un ladro, diffida sempre! Interessante, hai una tua teoria… me la bisbigli in un orecchio?! Su, che lo sai il mio indirizzo… sono una terribile curiosona!!

 

AyLa: Ti giuro che non era un bluff. Per alcune interminabili ore, e comunque ancora adesso, ho provato un odio talmente profondo nei confronti di questa persona che non avrei mai creduto possibile. Era una sensazione di cattiveria assoluta, e immediatamente la mia mente è corsa a questa storia che, per quanto sia la mia prima storia, per un lunghissimo istante l’ho odiata con tutte le mie forze. Davvero ho creduto che non sarei riuscita a continuarla, il solo pensare a cosa ho provato ancora mi fa ribollire il sangue, e soprattutto mi ha fatto capire cosa vuol dire “furia cieca”. Quando ho visto quell’uomo correre via con la mia borsa ho sentito la mente squarciarsi, la terra era svanita sotto ai miei piedi e c’era solo una rabbia incontrollata a scuotermi ogni fibra. Io stessa non credevo di poter provare un odio così assoluto, per quanto la mia vita sia lontana dall’essere rose e fiori niente si è mai avvicinato a quello che ho provato quel pomeriggio. Adesso un po’ è passato, ma dal nervosismo e dalla furia ho ancora tutti i muscoli indolenziti. Sarò troppo emotiva?

Comunque è vero, quella di cui vi racconto è gente di classe, non sordidi delinquenti che scippano una ragazza per qualche spicciolo. Questa è gente che svuota casseforti a chi che ne ha in sovrabbondanza, oppure oggetti d’arte trafugati. Niente a che fare con la micro-delinquenza del c****, dimmi tu se vale la pena rischiare per neanche 50 euro…

 

*Freya*: Decisamente non la posso togliere ‘sta storia, io con una che fa box nun ce litigo (per dirla alla romana, come fai tu)!! Come vedi Celia è già un problema, un GROSSO problema… eh sì, stressa pure me… Senti, io mica l’ho capita la battuta su calzini e mutande, ho il cervello in pappa e su questo non si discute, ma non pensavo di avere già problemi di memoria… SOS!

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Capitolo 26
*** Terzi incomodi ***


L’appuntamento

Terzi incomodi

 

Martedì sera, villa McKaye

 

Quella sera stessa mentre erano tutti a cena, comprese Haydée le due ultime arrivate, che avrebbero comunque dovuto levare le tende quella sera stessa per mancanza di posti letto, Winter sganciò la bomba, informando i loro “protettori” che il venerdì successivo, cioè tre giorni dopo, lei e Phénice avevano un appuntamento ad East Port.

Mitja rischiò di soffocarsi con un boccone di bistecca, mentre ad Arkel l’acqua non era mai sembrata così amara. Madian guardò la mora con gli occhi brillanti:

- Tu non vai? – lei si strinse nelle spalle indifferente, ma Phénice non ci stava a vederla fare la figura della sfigata, e per di più davanti a quel bell’imbusto zucca vuota che non si era ancora deciso a mandare la sua ex, acidissima gallinella svampita, al diavolo!

- Oh, non viene solo perché non si sente ancora bene! Il suo ragazzo c’è rimasto malissimo, ma si preoccupa per lei e le ha detto di riposarsi per bene! La prossima volta che verranno qui ci sarà anche lui e allora usciremo tutte insieme!! – fece allegra. Haydée e Winter non ebbero nemmeno la forza di guardarla, sbalordite dalla sua uscita. Madian cambiò colore, facendo immaginare a tutti i presenti che sarebbe schiattato sul colpo, ma si riprese e guardò intensamente la mora:

- Ah, ma allora hai il ragazzo… come si chiama? – esordì Celia con voce flautata. Haydée chinò il capo e arrossì vistosamente, convincendo tutti i presenti, escluse le sue due amiche, che aveva veramente il fidanzato ma che si vergognava a parlarne a causa del suo carattere riservato. In sua vece stavolta intervenne Winter, che cominciò dandole una leggera gomitata:

- Andiamo, non essere timida! – la mora la abbrustolì con lo sguardo, così proseguì: - Dovete scusarla, figuratevi che abbiamo scoperto per caso che aveva il ragazzo, è talmente timida da non averne parlato neanche con noi! Comunque si chiama Josh ed è un suo vecchio compagno di università. È un architetto molto bravo! – disse con fare velenoso alla smorfiosa seduta accanto a Madian. Questa inarcò le sopracciglia e fece un sorrisino di circostanza, mentre il bel moro non staccava gli occhi da Haydée:

- Sul serio? Non me ne avevi mai parlato. - mormorò Mitja ripresosi dallo shock iniziale e tentando di mettere a posto i tasselli di quella strana conversazione:

- Perché avrei dovuto? Dopotutto voi non c’entrate nulla! - rispose sempre più velenosa all’indirizzo di Madian, che arrivato a quel punto non riuscì più a starsene seduto.

Sua madre e Celia lo guardarono allontanarsi, l’una sorpresa e l’altra sospettosa:

- Madian dove vai? Non finisci di mangiare? – il ragazzo si fermò ma non si volse:

- No mamma, devo fare una cosa. Proseguite pure senza di me. – i presenti si guardarono in silenzio, poi Arkel chiese con aria indifferente che programmi avessero (tanto perché non aveva nessuna intenzione di spiarle) e riuscì a rilassare l’atmosfera.

Dopo pochi istanti sentirono una moto rombare e sgommare furiosamente sulla ghiaia del viale, interrompendo per un imbarazzante istante i discorsi dei commensali.

 

~~~~~

 

Una volta finita la cena le tre ragazze si ritrovarono al piano superiore, nella stanza che Haydée occupava da poche ore visti i suoi rapidi miglioramenti. Quando la porta si fu chiusa Winter e Phénice si fecero terribilmente serie, la rossa arrivò addirittura a chinare il capo come una bimba colta a mettere in pratica la peggiore marachella. La mora le guardò ironicamente. Si aspettano una sfuriata…

Senza proferire verbo si stese sul letto a baldacchino, schermandosi con una mano gli occhi dalla luce del lampadario. Dopo un silenzio pesantissimo la rossa cominciò a parlare con una vocina piccola piccola:

- Haydée? – la ragazza volse appena il capo per guardarla ma non disse nulla: - Sei arrabbiata con noi? – mormorò ancora più piano. La mora fece un breve sospiro, poi si sollevò a sedere con uno sforzo notevole. Infine le guardò gravemente:

- No, non sono arrabbiata. In fondo mi avete fatto un favore. – le due spalancarono la bocca istupidite e lei non poté trattenersi dal ridacchiare: - Sì, un favore. Dopo le vostre “rivelazioni” sono certa che Madian abbia finalmente capito che deve starmi alla larga. Grazie! – concluse con un sorriso smagliante.

Le altre due si guardarono tramortite: loro l’avevano pensata al contrario, cioè che lo avrebbero fatto ingelosire!

- Dopotutto non è una cattiva idea: un fidanzato immaginario per tenere alla larga gli scocciatori… devo ammettere che siete geniali! – poi le guardò con aria stanca: - Vi spiacerebbe uscire? Sono stanca, ho bisogno di una bella dormita! – una volta lungo il corridoio le due cospiratrici si guardarono sconvolte:

- Mi sa che abbiamo combinato un casino! – mormorò la rossa:

- Eh già… - borbottò l’altra.

 

All’interno della stanza la mora scosse il capo divertita. Davvero un’idea niente male quella di Phénice, nemmeno a lei sarebbe venuto in mente niente di più astruso e assurdo, ma dovette ammettere che poteva funzionare.

Si stava spogliando quando sentì la moto di Arkel arrivare lentamente e spegnersi sotto la sua finestra. Istintivamente spense la luce, poi prese le stampelle e si avvicinò al piccolo balcone, rimanendo nascosta dalle tende.

Vide Madian togliersi il casco lentamente e spettinarsi i capelli, poi volgersi e avviarsi con passo stanco ad una panchina immersa nell’oscurità.

Cominciava ad essere stanca di stare a guardare, ma in quel momento uscirono dalla villa Celia e Aida, pronte a tornare ad East Port.

Sentì Aida bisbigliare con Mitja e lo scoccare di un bacio, mentre Celia si avviava decisa alla panchina dove si trovava Madian.

Istintivamente strinse con forza le manopole delle grucce, non appena la vide accomodarsi accanto a lui e avvicinare il viso al suo… BASTA!!  Urlò tra sé stringendo le palpebre e allontanandosi immediatamente.

Andò a gettarsi sul letto e si impose di dormire, ma rimase sveglia fin quando, una decina di minuti più tardi, la macchina di Celia si allontanò lungo il viale d’ingresso.

 

Nel frattempo nel giardino Celia aveva insistito col ragazzo per restare a dormire con lui. Gli aveva accarezzato la linea dei bottoni della camicia con fare sensuale, scendendo alla cintura dei pantaloni:

- Avanti tesoro, che ti costa? Non sarebbe bello, tornare indietro nel tempo… - gli aveva mormorato con voce rauca. Lui non si era lasciato abbindolare, le aveva bloccato la mano stringendole il polso fino a farle male, poi le aveva scoccato un’occhiata inceneritrice:

- Va’ al diavolo Celia! – aveva sibilato alzandosi e allontanandosi nervosamente.

Aveva ben altro a cui pensare in quel momento, e poi che gliene importava a lui di Celia?! Proprio niente!! Il suo problema era Haydée in quel momento, anzi il ragazzo di Haydée!

 

~~~~~

 

Venerdì sera

 

Winter entrò nella camera della mora spandendo attorno a sé un delicato e costosissimo profumo:

- Noi andiamo, hai bisogno di qualcosa? – la ragazza scosse il capo con un sorrisino appena accennato:

- Non mi pare, e comunque Rachel è già stata qui almeno un paio di volte, non credo che mi mancheranno le vostre cure! – la rassicurò ridacchiando:

- Ok… lo sai vero che dopo questa sera sarai in debito con me per il resto dei tuoi giorni, vero? – Haydée rise apertamente:

- Sì, come no… la Regina dei Ghiacci è tornata agli antichi splendori! Vai, su, e cerca di comportarti bene con quel povero ragazzo… - la bionda se ne andò borbottando imprecazioni incomprensibili in tedesco. Lungo il corridoio incontrò Mitja in perfetta tenuta da gran serata:

- Ciao Winter! Allora, come sto? – chiese scherzoso facendo un giro su sé stesso con le braccia aperte:

- Un vero figurino, dove te ne vai di bello? – il ragazzo le fece un sorriso a mezza bocca, bloccandole il passo:

- Vorrai dire dove andiamo io, Madian e le due ragazze… Beh, abbiamo deciso di unirci a voi!! – annunciò baldanzoso. Winter lo guardò senza riuscire a crederci veramente. Deve esserci per forza la linea disturbata…

- Scusa, a “voi” chi? -

- Ma come chi?! A te, Phénice e ai vostri ragazzi, mi sembra ovvio! – esclamò spalancando le braccia. Lei sbatté le palpebre più volte, poi gli andò talmente vicino da sfiorarlo senza allungare le mani, sibilando inviperita:

- Tu non farai una cosa del genere Mitja. Non abbiamo bisogno di voi, Maximilian ci presta la sua auto. – il ragazza deglutì a fatica, con la mente inebriata dal profumo sensuale della ragazza:

- Invece verrò, e non mi importa se non sei d’accordo. - mormorò rauco, circondandole la vita con un braccio mentre la faceva indietreggiare e aderire contro il muro, imprigionandola tra sé e la parete. Winter spalancò gli occhi incredula:

- Lasciami andare. – lui le sorrise appena:

- Altrimenti che fai? – disse in un soffio, alzando la mano libera e scostandole i capelli morbidi e vaporosi da una guancia, mentre si chinava per affondare il viso tra quelle onde dorate. Lei socchiuse gli occhi sinistramente facendoli apparire di un grigio ancora più cupo, poi con uno scatto lo rimise al suo posto.

Un attimo dopo Mitja era piegato in due a causa di un dolore lancinante ai gioielli di famiglia:

- Porco! – ringhiò Winter allontanandosi in direzione della stanza di Phénice mentre traballava sui tacchi a spillo. Ma che gli è preso?! Anzi, che mi è preso!! Merda, merda, merda!!

 

Quando finalmente le due ragazze si ritrovarono in auto, la più giovane la guardò preoccupata:

- Sei sicura di poter guidare? – Winter la bruciò sul posto:

- Per chi mi hai preso ragazzina!? – sibilò nervosa:

- Ma… calmati, lo dicevo per te! Sembri eccessivamente agitata… - mormorò spaventata. La bionda iperventilò per alcuni istanti, poi tornò ad avere la sua solita espressione tesa ma non infuriata:

- Ora va meglio! – sentenziò ingranando la retromarcia e facendo manovra sgommando sulla ghiaia, proprio mentre Mitja e Madian uscivano dalla villa:

- Non credi che dovremmo aspettarli? – chiese la rossa titubante:

- Conoscono la strada. – sillabò l’altra decisa a chiudere il discorso. Phénice lo capì e non aprì bocca per tutto il tragitto.

 

Una volta a destinazione parcheggiarono a poca distanza dal luogo del loro appuntamento, che per facilità era stato stabilito davanti a un famoso ristorante, poi si avviarono di buon passo, anche se per motivi diversi. Phénice non vedeva l’ora di rivedere Selim, mentre Winter doveva scaricare un eccesso di tensione, e poi non vedeva l’ora di portare a termine quella serata. Era già sufficientemente stressata dopo quello che era successo con Mitja, ora avrebbe avuto bisogno di tutto il suo self-control per non spaccare la faccia al suo ex:

- Selim! Siamo qui!! – trillò la rossa al suo fianco, riportandola alla realtà. A circa due centinaia di metri da loro vide i due ragazzi volgersi e sorridere soddisfatti. Aveva già avuto occasione di conoscere il ragazzo della sua coinquilina e lo salutò con un cenno del capo mentre si avvicinava a Phénice per salutarla con due casti baci sulle guance. Con me non attacca, marpione!!

- Winter, sei sempre più bella! – esclamò il suo ex fidanzato abbracciandola e avvicinandosi al suo viso per baciarla. Lo fermò posandogli l’indice sul mento:

- Ciao Aaron. Stai molto bene anche tu. – rispose con un sorrisino a denti stretti che di amorevole aveva ben poco. Lui la guardò leggermente confuso, poi si volse verso l’altra coppietta:

- Tu devi essere la bellissima Phénice… Selim non ha fatto altro che decantare le tue lodi durante tutto il tragitto! – disse prendendo la mano che lei gli porgeva e facendole un galante baciamano. La ragazza arrossì graziosamente, cinguettando allegra:

- Grazie Aaron… sono felicissima di conoscerti finalmente! – Winter li interruppe guardandosi attorno nervosamente. Meglio sparire alla vista, questi due sono scocciature più che sufficienti!

- Bene ragazzi, che ne dite di entrare? Avevo prenotato il tavolo e ci aspettano. – fece con aria altezzosa avviandosi all’ingresso senza aspettare il suo “accompagnatore”.

 

~~~~~

 

Nel frattempo, alla villa

 

Haydée spense la televisione sbuffando di noia. Proprio la serata più divertente dell’anno dovevo perdermi?? Io e Josh ci saremmo sicuramente divertiti, andiamo così d’accordo!

Ridacchiò tra sé per un po’, poi si disse che la cosa non era per niente nel suo stile e decise di fare un giretto per la villa visto che quella sera era pressoché vuota. Inforcò le stampelle e si diresse zampettando alle scale, prendendo a scendere uno scalino per volta:

- Hai in previsione di invecchiare su queste scale per caso? – si volse e vide Arkel osservarla dall’alto della scalinata:

- Sinceramente avrei altri progetti, ma finché non recupero questa stramaledetta gamba non riuscirò a fare nemmeno un passo. Tu piuttosto, non hai niente di meglio da fare che criticare le mie evoluzioni? – il ragazzo ridacchiò nervosamente:

- Spiritosa!! – ringhiò quasi offeso, avrebbe voluto essere in città a controllare la situazione ma non ne aveva avuto il coraggio. La mora lo guardò sorpresa scendere rapidamente e porsi un paio di scalini sotto di lei con la schiena leggermente piegata e le braccia aperte. Dopo un po’ si volse appena a guardarla: - Beh? Che vogliamo fare? Mettere radici? Sto aspettando che sali per portarti giù se non si era capito. O credi che questa sia una posizione comoda?! – Haydée rise apertamente, poi con cautela si aggrappò alla sua schiena e cominciarono la discesa: - Alla buon’ora guerriera! – brontolò sbuffando.

Una volta al pian terreno la depositò a terra e la aiutò con le stampelle:

- Non stupirti, anni fa giocavo a rugby e mi sono fatto male ad un ginocchio, quindi so cosa vuol dire andarsene in giro con quelle grucce! -

- Grazie… senti, non ho ancora visto da vicino il parco, che ne diresti di accompagnarmi? La tua schiena è un mezzo di trasporto niente male in caso di bisogno! – il ragazzo ridacchiò:

- E accontentiamo ‘sto relitto, và! – borbottò divertito camminandole a fianco.

 

Rimasero in silenzio per un po’, persi nei rispettivi pensieri, poi la ragazza si fermò per riposare e decise di attaccare bottone:

- A parte gli scherzi, che ci fai stasera in casa? Sono tutti in città, potevi andarci anche tu, no? – Arkel si sedette su una panchina aiutando anche lei, e si strinse nelle spalle:

- Non mi andava di fare il single sfigato in mezzo a delle coppiette, è un duro colpo per il mio orgoglio di macho, cerca di capire… - scherzò poco divertito. Volse lo sguardo sulla ragazza e vide i suoi occhi brillare nell’oscurità:

- Davvero? Niente donna quindi? – lui scosse il capo:

- Perché tutte queste domande? Hai qualche mira su di me? – ironizzò. Haydée gli diede una pacca divertita su una spalla:

- Ma và!! Semplice curiosità, sai, tanto per fare conversazione… - lui mugugnò un assenso e tra loro ripiombò il silenzio. La ragazza lo studiò attentamente per un po’, poi cominciò a parlare con voce dolce:

- Ti piace Phénice? – lui sgranò gli occhi e si volse verso di lei, sorpreso come se gli avesse appena chiesto di sposarlo:

- Cheee?!? – la mora ridacchiò:

- Ti piace la nostra “ragazzina”? Cioè, le sei affezionato? – lui soppesò a lungo la domanda:

- E se anche fosse? -

- Non ti sbilanci mai? -

- Difficilmente. -

- Allora cosa mi rispondi se ti dico che Phénice potrebbe avere bisogno di qualcuno che si prenda cura di lei? – Arkel ci pensò su:

- Dico che dipende cosa intendi per prendersi cura di lei. – Haydée annuì:

- Metti il caso che io debba partire, e che anche Winter parta… lei rimarrebbe a vivere da sola, e devi sapere che non le piace la solitudine. In più sai che il suo ragazzo è una persona poco raccomandabile… anzi, molto poco raccomandabile, e lei è così dolce e ingenua da non essersene nemmeno accorta… in questa situazione, la prenderesti sotto la tua ala protettrice? – lui tornò a guardare il buio davanti a sé, riflettendo:

- Ti posso dire… che di certo non la abbandonerei al suo destino. – poi si volse a guardarla: - Ti basta? – la ragazza annuì nuovamente:

- Certo. – fece soddisfatta rilassandosi e guardandosi attorno: - È proprio bello qui, non trovi? -

- Già… -.

 

~~~~~

 

Madian sbuffò almeno un migliaio di volte nel tragitto dalla villa ad East Port, poi aveva spento la radio e aveva guardato Mitja al volante:

- Portami indietro, non ci voglio venire all’appuntamento con Celia! – Mitja aveva accostato di colpo, rovesciandogli lo stomaco, poi si era voltato con aria truce:

- Sentimi bene, bello, io sto facendo un piacere a te perché hai bisogno di distrarti. Credi che non mi sia accorto che hai sfiorato l’infarto ieri sera? – Madian impallidì:

- IO?!? E perché mai? – il russo sbuffò, agitandosi sul sedile:

- Non mi crederai così scemo spero!! L’hanno capito tutti che sei perso per Haydée, e non provare a negarlo perché tanto è inutile… comunque complimenti, non pensavo che te ne saresti stato così calmo dopo aver saputo che ha il ragazzo… - vide con soddisfazione che il ragazzo si stava agitando:

- E va bene, ma cosa c’entra questa serata con Haydée? – Mitja alzò un indice con fare da maestrino:

- Semplice: te ne stai almeno una sera alla larga da lei per perdere quella faccia da pesce lesso che ti ritrovi, poi torni più latin lover di prima e la stendi con uno schiocco di dita, tutto chiaro? – Madian lo guardò aggrottato per un po’, poi un sorriso complice gli si allargò sulle labbra:

- Adesso ho capito! Vuoi tenere d’occhio Winter!! – Mitja spalancò la bocca, poi tornò a sedersi composto e accese la radio, avvampando:

- Questa conversazione si conclude qui! – borbottò tentando di darsi un contegno, mentre Madian se la rideva:

- Uhuhuh… sissì, come no… -.

 

 

Elenim: Eh, mia cara, mi chiedi cose che nemmeno io so!! Ormai i personaggi hanno preso vita loro, solo le dita che picchiano sui tasti possono dire se finiranno insieme e come! Davvero, io la immagino in un modo e poi scrivendo la stravolgo, mi ci sto immedesimando da morire e quando arriverò alla fine se ne andrà una parte di me. Se sono di mio gradimento?!? Tessssora, certo che lo sono! Davvero, non sai quanto mi facciano piacere, ma non trascurare la scuola mi raccomando (che brava, faccio anche la sorellina maggiore scassa***** adesso…)!! ^_-

 

Earine: Il destino corre sulla linea telefonica… Davvero, tutte ‘ste interruzioni cominciano a dare sui nervi anche a me, vedrò di darci un taglio. Ti giuro, tra un po’ arriverò a fare capitoli di 10 pagine (cerci di mantenermi sulle 5/6 di word ma che fatica!), la cosa comincia a farsi affollata e io odio il casino! Ma se do un taglio netto faccio finire la storia, invece mi diverto così tanto a inventarmi sempre nuovi intrighi!! Per la vostra gioia naturalmente… Che carina, mi mandi le tue elucubrazioni da pazza romantica!! Magari potresti pubblicare un finale alternativo se il mio non ti piacerà, vedremo! ;p

 

Anthenameiko: New entry! Bene! Spero che leggerai queste due righe, ho pensato di ringraziarti per i tuoi complimenti da qui senza rispondere alla mail, ti dispiace? Per le due simpaticone non saprei dire, sono convinta che Celia sospetti qualcosa, cioè che ci sia un’altra, ma l’osso non lo molla tanto facilmente (e che caspita, non lo mollerei nemmeno io!!)! A presto!

 

Damynex: Eh, sarebbe troppo bello che non li interrompessero, ma la morettina mi farebbe una crisi isterica su due piedi, porella!! Dai tempo al tempo, e mentre mi libero degli scocciatori magari… No prolem, Selim farà una fine degna della sua inutilità, ho in mente un trattamento niente male…

 

Uriko: Ho ricevuto talmente tante minacce alla mia vita e/o integrità fisica che dovrei essere masochista per osare interrompere questo racconto. Piuttosto, spero di riuscire a inventarmi una FINE degna della storia, e allora sì che sarà un’impresa…

 

Super Gaia: grazie, grazie, grazie!!! <SMACK!>

 

AyLa: Sì, sono passati… ma adesso ci si mettono in segreteria a farmi girare i cosiddetti… non si finisce mai, è una persecuzione!! Vabbè, tralasciamo le mie disavventure burocratiche e rilassiamoci: POETICHE?! Ma stai scherzando?! Mah, andrò a vedere quali sono… Eh, ragaz, qui la cosa si fa critica, e hai proprio indovinato, ci saranno litigi da far drizzare i capelli! Come mi diverto!!

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Capitolo 27
*** Appuntamento col botto ***


Appuntamento col botto

Appuntamento col botto

 

Venerdì sera, East Port

 

La serata si era rivelata anche peggio delle funeste previsioni di Winter. Selim per tutto il tempo non aveva fatto altro che provarci spudoratamente con Phénice, tentando in tutti i modi possibili di convincerla a dormire con lui in un qualche alberghetto, e adducendo come scusa che sia lui che Aaron erano piuttosto stanchi per il viaggio. Quest’ultimo naturalmente era più che d’accordo, e tentava a sua volta di convincere la bionda a passare la notte insieme. Il tutto col tatto di due scaricatori di porto in piena sbronza da Porto.

L’unica nota positiva era stata la non-presenza di Mitja e compagnia. Fortuna che erano riusciti a seminarli…

- Cosa ne dite di fare una passeggiata in centro? È una bella serata e sembra piuttosto movimentato questo posto… - per una volta Selim aveva avuto una buona idea:

- Direi che è una magnifica idea. Che ve ne pare ragazze? – chiese Aaron. Phénice acconsentì immediatamente, seguita da una molto meno entusiasta Winter. Aveva la netta sensazione che sarebbe successo un casino, e infatti gli avvenimenti di circa un’ora dopo le diedero ragione.

 

Avevano girato il piccolo centro in lungo e in largo, Phénice si era fermata a tutti i negozi di souvenir e cianfrusaglie varie attirata ora da una collanina, ora da un portachiavi, ora da un braccialetto particolarmente appariscente.

Poi si erano concessi un gelato rinfrescante, vista la serata afosa, e si erano seduti su una panchina. Ad un tratto la rossa aveva adocchiato un negozietto di candele e incensi vari e si era allontanata col suo ragazzo, lasciando Winter e Aaron soli.

Dopo diversi istanti di imbarazzante silenzio lui si era agitato sul posto:

- Senti Winter… quando parlavo di rimanere qui qualche giorno dicevo sul serio. Io… tu mi piaci ancora, non ti ho mai dimenticata, e vorrei che ricominciassimo daccapo. Non vuoi concedermi una seconda opportunità? – chiese gentilmente. Lei lo guardò a lungo.

In fondo le dispiaceva trattarlo male, gli voleva bene, si conoscevano da tempo, ma non lo amava. Non lo aveva mai amato, semplicemente si era illusa di poterlo fare, ma si era resa conto quasi subito che il suo era un semplice tentativo di aggrapparsi a qualcuno nel periodo in cui era sola e cercava sua sorella senza alcun risultato. In quel momento lui era lì e le era stato vicino, anche se non sapeva nulla del fatto che era una ladra. Lei gli aveva raccontato del rapimento di sua sorella e Aaron era stato di una dolcezza unica, l’aveva coccolata come si fa con una bambina, senza chiederle niente in cambio.

In quel momento aveva creduto di essersene innamorata, ma mentre passavano i mesi aveva capito che era una sua illusione, un suo desiderio di avere qualcuno accanto a prendersi cura di lei. Ma non era la persona giusta, di questo ne era certa.

Ora erano lì, su quella panchina, le teneva un braccio attorno alle spalle e le chiedeva di ricominciare da zero con uno sguardo talmente dolce da intenerirle per un momento il cuore.

Tuttavia non voleva continuare a tenerlo così in sospeso, per non farlo soffrire ancora inutilmente e per non prendere in giro sé stessa. Sospirando gli prese una mano e si sporse per dargli un bacio su una guancia, poi si ritrasse per parlargli ma venne interrotta da una sfuriata improvvisa:

- Levale le mani di dosso!! – sbraitò qualcuno alle sue spalle. Si volse e si trovò davanti Mitja, con l’aria più stravolta che gli avesse mai visto. A una certa distanza vide arrivare Madian, e dietro di lui le “bellone”: - Mi hai sentito?! Ti ho detto di lasciarla andare!! – riprese il biondino ancor più infuriato di prima. A quel punto Aaron si alzò in piedi per fronteggiarlo:

- Sei il ragazzo che era con lei al parco qualche tempo fa, giusto? – gli rispose un grugnito, così proseguì: - Non sto facendo niente di male a Winter, stavamo parlando di noi e se non ti dispiace vorrei proseguire. – fece volgendosi e porgendo una mano alla ragazza per aiutarla ad alzarsi. Non fece in tempo a farle un sorriso che Mitja lo strattonò per una spalla facendolo voltare:

- Ho detto che non la devi toccare, capito?! -

- Senti, qui quello che deve tenere le mani al suo posto sei tu… - ma Winter lo interruppe, frapponendosi tra loro:

- Mitja, guardami. – lui non obbedì: - Hai bevuto? – Madian rispose per lui:

- Un paio di bicchieri come me, non è assolutamente ubriaco. – la bionda tornò a concentrarsi sul suo amico:

- Senti Krylov, non devi preoccuparti per me. Aaron non mi sta facendo niente di male, stavamo mettendo in chiaro la nostra situazione, tutto qui! -

- Non dovete mettere in chiaro niente, lui non deve toccarti! – sbraitò fuori di sé tentando di avventarsi sul ragazzo. Winter però lo prevenne e gli si gettò tra le braccia, stringendogli convulsamente la camicia sul petto:

- Mitja, per favore… - lo implorò dolcemente, lasciando sbalorditi Madian e Phénice, che nel frattempo era sopraggiunta. Il ragazzo parve calmarsi:

- D’accordo… ma adesso torni a casa con me, ok? – mormorò calmandosi e stringendola per le spalle. Lei annuì:

- Va bene, ma abbi pazienza un po’, vorrei salutarlo come si deve. – lo sguardo del ragazzo si incupì, ma la lasciò andare, guardandola con un groppo in gola mentre parlottava con quell’Aaron. Era talmente concentrato su di lei che non si accorse nemmeno che Aida e Celia se ne erano andate, visto che la prima era più che sconvolta dalla scenata appena avvenuta.

 

~~~~~

 

Sabato mattina, villa McKaye

 

Haydée zampettava per la sua stanza già da un po’, la sera prima era andata a letto presto per la stanchezza, perciò si era svegliata praticamente all’alba.

Uscì dalla sua stanza e si mosse più silenziosamente possibile per non svegliare gli altri. Dovevano essere tornati tardi perché non li aveva sentiti. O forse era il suo sonno ad essere troppo pesante…

Raggiunse il piano terra dopo un bel pezzo e quando arrivò in cucina stava imprecando contro gli inventori delle scale:

- Buongiorno Haydée! Dormito bene? – Maximilian McKaye era in vestaglia e stava preparando la colazione per la sua signora:

- Buongiorno a lei. Grazie, oggi mi sento più in forze. -

- Meraviglioso… ah, ho parlato con Arkel ieri, mi ha detto che Faust si è dato da fare e che presto potrebbe avere le informazioni che vi servono… se hai bisogno del computer fisso è nel mio ufficio, ho sentito che avete contattato un informatore anche voi. – la ragazza annuì:

- Strano, a me non ha detto nulla… Grazie, credo che più tardi darò un’occhiata se ho ricevuto qualcosa. – lo salutò con un cenno del capo e rimase sola nell’ampia cucina a pensare.

Mentre si preparava il caffè si chiese perché Arkel non le aveva detto nulla del suo contatto, poi un sorrisino le increspò le labbra: Phénice, senza ombra di dubbio! Non voleva lasciarla andare via, non così presto…

- ‘Giorno… - la rossa in questione fece il suo ingresso strascicando le infradito:

- Buongiorno a te! Allora, com’è andata la serata? – la ragazza si bloccò su due piedi guardandola sorpresa:

- Come, non ti ricordi… Ah già, tu non c’eri! – esclamò dandosi una manata sulla fronte: - Beh, ti sei persa una scena da Far West, e non indovineresti mai chi era coinvolto! – la mora la guardò interrogativa:

- Allora racconta, muoio di curiosità! – l’altra sbadigliò sonoramente senza coprirsi la bocca e addentò una brioche:

- Dunque, è andato tutto bene fino al dopo cena. Cioè, non eravamo con gli altri, Madian e Mitja… Insomma, io e Selim stavamo curiosando in un negozietto e ad un tratto abbiamo sentito delle urla. Così siamo tornati da Winter che doveva essere seduta su una panchina con Aaron, e indovina un po’? Mitja voleva darle di santa ragione al ragazzo di Winter!! Poi lei è riuscita ad ammansirlo, ma non era mica tanto tranquillo… e nel frattempo Aida e l’altra… Celia, o come si chiama, sono andate a casa loro. Fuori due!! – scherzò dondolandosi su due piedi dello sgabello. Haydée la guardava a bocca aperta:

- No!! Una scenata di gelosia pubblica! Dio, che cosa mi sono persa… - mormorò scotendo la testa. Phénice si sporse verso di lei con aria complice:

- Ehi, ho detto che Celia non c’è più! Non ti importa? – la mora faticò a mantenere il controllo:

- E perché dovrebbe? Mi dispiace per Aida, chissà che colpo vedere il tuo ragazzo geloso di un’altra… ci credo che non sono tornate qui! -

- Beh, a me non dispiace neanche un po’. Non mi stanno per niente simpatiche quelle due! – Haydée la guardò attentamente:

- E con Selim come va? – sul momento la ragazza le fece un sorriso a 32 denti, poi lo smorzò:

- Bene! Cioè, abbastanza bene… insomma, a volte mi sembra che si comporti in modo strano. Gli parlo e non mi ascolta, oppure finge di essere interessato a qualcosa che dico e poi gli chiedo cosa ne pensa e dice di non sapere… Sembra quasi che voglia assecondarmi a tutti i costi. Ad esempio quasi un mese fa siamo passati davanti alla vetrina di una bigiotteria e ho visto un fermaglio per capelli a forma di farfalla, era veramente carinissimo e devo essere rimasta mezz’ora a guardarlo a bocca aperta. Purtroppo avevo pochi soldi con me e non ho potuto entrare a prenderlo. Beh, lui non si è nemmeno accorto che mi ero fermata a guardarlo! È tornato indietro dopo un quarto d’ora con un hot-dog e una coca cola e mi ha chiesto dov’ero andata a finire! – Haydée ci rise su:

- Ma dai, queste sono sciocchezze! – esclamò divertita, ma Phénice non rideva affatto:

- Ridi tu, ma è dalle piccole cose che si capisce cosa conti per una persona! Ad esempio il mio primo fidanzatino, avrò avuto 14 anni ed era il mio compagno di banco pensa! Insomma, un pomeriggio gli ho detto che adoravo gli orsacchiotti che stringono un cuoricino, sai quei pupazzetti carini… ma gliel’avevo detto per caso, vedendolo appeso allo zaino di una ragazzina. Insomma, il giorno dopo ho trovato un pacchettino sul banco, e indovina cosa c’era? Esattamente quell’orsacchiotto! E dire che finite le scuole non l’ho più rivisto! Lui però mi dava retta… - la mora scoppiò in una risata allegra:

- Cristo, sei proprio una bambina!! – esclamò divertita. In quel momento entrò Arkel e rimase a guardarle un istante sulla soglia:

- Buongiorno Arkel! – cinguettò la rossa ignorando le prese in giro di Haydée:

- ‘Giorno. – borbottò sedendosi al lato opposto dell’isola:

- Ehi, ma che faccia scura! Possiamo fare qualcosa per tirarti su di morale? –

- Non saprei, un bel giro in barca a vela per esempio… - rispose ridacchiando ironicamente. Non si aspettava di essere preso sul serio:

- Wow!! Sarebbe bellissimo! Credi che Maximilian te la lasci usare? – esclamò saltellando e rischiando di cadere dallo sgabello sul quale era appollaiata:

- Cosa dovrebbe lasciarvi usare Maximilian? – chiese il diretto interessato facendo ritorno per prelevare la marmellata, evidente capriccio di Rachel:

- La barca a vela! Lo so che ne ha una, l’ho vista! Ad Arkel piacerebbe fare un giro, e anche a me!! Possiamo? – chiese con un broncetto da bambina capricciosa assolutamente irresistibile. L’uomo rise e le diede un’ulteriore spettinata ai capelli:

- Accidenti, come si fa a dirti di no? Potete prenderla, ma a patto che la governi Arkel, lui è un marinaio provetto, ricordo che quando andavamo al mare al suo villaggio era veramente bravo! Buon divertimento! – acconsentì salutandoli con un cenno di una mano. Phénice era al settimo cielo:

- Avete sentito?! Vado immediatamente a prepararmi, non vedo l’ora di salpare!! – urlò dando un bacio sulla guancia ad Haydée e ad Arkel, che rimase mezzo tramortito, per poi schizzare verso la sua stanza. La mora guardò il ragazzo divertita:

- Hai decisamente fatto colpo… - ridacchiò:

- Zitta… stai zitta!! – borbottò lui a metà tra il divertito e lo sconvolto.

Poco dopo vennero raggiunti da Mitja, Madian e Winter, che non degnò nemmeno di un’occhiata il suo vecchio amico d’infanzia a causa della scenata della sera precedente. Arkel propose la gita in barca a tutti quanti, Haydée però non se la sentiva, era ancora troppo debole e non riusciva a muoversi egregiamente, mentre Madian non ne aveva alcuna voglia. Nemmeno Winter voleva partecipare all’escursione, ma venne praticamente obbligata da una gasatissima Phénice, ansiosa di imparare la vita dello skipper.

 

Così nel primo pomeriggio, una volta convinta a dovere la bionda algida, i quattro si ritrovarono sulla barchetta a vela del padrone di casa:

- Sei sicuro di saperla manovrare, vero Arkel? – chiese Winter ancora bisognosa di essere convinta. L’interessato sbuffò:

- Sì, e se non la piantate di chiedermelo giuro che vi butto agli squali! – Phénice gettò un urletto aggrappandosi all’albero maestro:

- SQUALI!! Non mi avevate detto che ci sono gli squali!! – il ragazzo si picchiò una mano sulla fronte con fare melodrammatico:

- Non te l’abbiamo detto per il semplice motivo che non ci sono! Era per dire!! – sbuffò con già una voglia matta di sbarcare. Mitja si fece prendere da un accesso di euforia:

- Bene miei uomini! All’arrembaggio!! – esclamò aprendo il fiocco e facendo virare pericolosamente la barchetta che andò ad urtare il motoscafo di Madian. Arkel lo spostò in tutta fretta e richiuse la vela, arrostendolo con un’occhiata:

- Idiota e cretino, le vele non si aprono MAI dentro a un porto, per quanto sia piccolo. Si esce sempre a motore, impara!! – abbaiò esaurendo la sua misera riserva di pazienza. Cominciamo bene…

 

Dopo vari battibecchi, e dopo che le ragazze si furono infilate un paio di giubbetti salvagente, riuscirono ad allontanarsi dalla costa.

Dalla riva Haydée e Madian li guardavano ridacchiando, arrivando addirittura a scommettere qualche monetina su chi il capitano avrebbe buttato fuori bordo per primo per una visitina fuori programma alla barriera corallina, squali permettendo ovviamente…

Guardarono la barchetta in silenzio, finché non la videro diventare uno svolazzo bianco tra il mare blu e il cielo azzurro.

Madian allungò le braccia sullo schienale della panchina sulla quale erano seduti, arrivando a circondarle le spalle ma senza toccarla:

- Allora, passato una buona serata? – chiese Haydée mantenendo lo sguardo fisso sulla distesa d’acqua. Lui invece la guardò a lungo:

- Non direi, ma il finale è stato sorprendente e mi ha ripagato della noia di tutto il resto del tempo. – La ragazza rise piano:

- Sì, Phénice mi ha raccontato della performance di Mitja… chissà che colpo per Aida! -

- Non mi preoccuperei per lei, dopotutto la loro non è una relazione seria. Semplicemente escono insieme qualche volta… e… lei e Celia insistono per uscire tutti insieme. – fece abbassando la voce:

- Lei e Aida sono amiche? – lui si strinse nelle spalle:

- Mah, può darsi. Non me ne sono mai interessato. – rispose a disagio. Voleva a tutti i costi cambiare argomento, ma non aveva idea di dove andare a parare. Si mosse a disagio, invidiando la calma della ragazza accanto a lui. Ma quale calma, sto iperventilando ma sono talmente brava con i miei esercizi di arti marziali che non se ne accorgerà mai!

- Allora, come va la gamba? -

- Diciamo benino. Mi stanco ancora facilmente ma riesco a muovermi egregiamente, e questo è davvero tanto credimi! – le sorrise quando si volse a guardarlo, e per un istante i loro sguardi rimasero intrecciati. Poi lei si riscosse:

- Senti, questa mattina tuo padre mi ha detto che potrei usare il computer ma mi dispiaceva ficcare il naso in cose non mie, quindi non ho ancora controllato le mie caselle di posta… potresti aiutarmi? Vorrei vedere se ho ricevuto notizie da Sybil e da Fedra, in ufficio. – il ragazzo annuì prontamente e si alzò in piedi per aiutarla:

- Certo, andiamo. – disse porgendole entrambe le mani. Lei le guardò per un istante, poi timidamente posò una delle sue in quella destra di lui, che immediatamente la tirò verso di sé. La vicinanza confuse entrambi per un lungo istante, poi Madian le porse le stampelle e si avviarono lentamente verso la villa, scherzando sull’andatura estremamente sexy della ragazza:

- Beh, avrò la grazia di un ippopotamo obeso ma guarda qui: praticamente sono armata! – esclamò agitando le stampelle con maestria, come se fossero due bastoni da combattimento. Madian si allontanò seduta stante, ridendo nervosamente:

- Sissì, va bene… ma non mi va di fare da cavia un’altra volta, ok? – Haydée lo guardò un istante, poi scoppiò a ridere incantandolo.

Non l’aveva mai vista ridere così apertamente, non con lui per lo meno, e gli sembrava ancora più bella, così allegra con gli occhi brillanti di felicità.

Dal canto suo Haydée non si curava più di mantenere le distanze, stava così bene in quel momento, perché rovinare tutto con la sua assillante razionalità? Avrebbe pensato più tardi al motivo per il quale si sentiva così allegra, col cuore che svolazzava con la grazia di una farfalla e la mente sgombra da qualsiasi preoccupazione. Era felice, ma ancora non se ne era resa conto:

- Scusami per quella volta, mi sono lasciata prendere la mano! – si scusò divertita. Lui le fece un gesto noncurante con una mano e proseguirono.

 

Una volta nello studio di Maximilian, Madian la andò a prendere sulla soglia con la poltrona di pelle dotata di rotelline, poi la portò fino alla scrivania ridendo con lei. Era tutto perfetto, forse troppo, e il ragazzo temeva che da un momento all’altro sarebbe successo qualcosa che li avrebbe di nuovo allontanati, tipo l’entrata in scena di quel fantomatico Josh…

Tornò a prestare attenzione a lei, gli stava raccontando di quando Phénice si era ferita in un incidente e di come se l’erano cavata loro due, combinando un casino dietro l’altro e arrivando ad avere il mal di pancia per il ridere alla sera. Intanto Haydée si era collegata ad internet e scaricava la posta elettronica.

In tutto un paio di lettere di Fedra e Conway, alle quali rispose rapidamente, e una caterva di pubblicità inutile. Stava per cancellare tutto in tronco quando finalmente le arrivò un messaggio scritto in lettere, simboli e numeri disposti casualmente, praticamente incomprensibile:

- È Sybil! – esclamò sottovoce prendendo un mini-cd dalla tasca dei pantaloncini:

- E quello cos’è?! Te ne vai in giro con i cd tu? – le chiese sorpreso:

- Qui c’è il programma di decrittazione. Più o meno l’ho sempre con me, ad esempio quando mi avete portata qui era nascosto negli stivali che usavo per diventare Black Soul. Impossibile rubarmelo. – Madian la osservò in quel momento di concentrazione. Come faceva ad essere sexy anche guardando lo schermo di un computer?! Il viso era teso e vagamente preoccupato, e quelle labbra… morbide e… socchiuse…

- Da non crederci! – esclamò distogliendolo dal suo sogno proibito:

- C-cosa? – balbettò confuso. Lei lo guardò un istante, poi tornò a concentrarsi sul video:

- Sybil ha delle informazioni molto interessanti: pare che Chung fosse in Europa quando abbiamo fatto irruzione nella villa della moglie, ma che sia accorso qui non appena ha saputo del piccolo fuori programma. A quanto pare Ya-ching si è spaventata con tutti quegli spari e quel trambusto e ha richiesto immediatamente il suo intervento diretto. Lui si è precipitato e ora dovrebbe essere in città, infuriato contro tutte le forze dell’ordine per non averci ancora presi. – Madian la guardava esterrefatto:

- E lei come fa a sapere tutto questo? – Haydée sorrise compiaciuta:

- Perché è la donna più pettegola del pianeta, riuscirebbe a farsi raccontare indiscrezioni anche dai morti se non le facessero paura! – esclamò con un sorriso smagliante allungando la schiena contro lo schienale:

- Allora posso ricontattare Faust e comunicargli le novità. Lui farà il resto, nemmeno gli scippatori sfuggono al suo controllo, figurati se si lascia scappare un mafioso di fama mondiale! – la ragazza annuì alzandosi:

- Ok, ti lascio parlare in privato. – fece andandosene. Sulla soglia si volse: - Se ti va digli di passare, mi era parso simpatico e mi farebbe piacere rivederlo! – Madian la guardò chiudersi al porta alle spalle e si chiese perché le riuscivano tutti simpatici tranne lui. Cos’aveva di tanto sbagliato? L’aveva vista scherzare con Mitja e sapeva che aveva instaurato un dialogo con Arkel. Adesso poi voleva rivedere quel pagliaccio pel di carota di Faust! Perché diavolo non riusciva a farsi apprezzare? Cosa doveva fare per avvicinarla?!

 

Pensieri opposti agitavano la mente di Haydée. Gli aveva dato troppa confidenza, doveva partire, e alla svelta anche! Una volta sistemata quella faccenda lei e Phénice sarebbero tornate nel loro appartamento, e allora avrebbe ripreso il controllo della situazione. Era solo questione di tempo, e di quanto fosse bravo Faust nel suo lavoro naturalmente.

 

 

Elenim: Ah sì, vuoi la sorella maggiore… ALLORA CHE CASPITA CI FAI ALZATA A MEZZANOTTE E 16?!? NON LO SAI CHE DEVI ESSERE RIPOSATA PER ANDARE A SCUOLA??! … Sono abbastanza fraterna ^_^? Per la storia, ho messo insieme un bel campionario di zucche dure, eh? Immagino che sia ora di farli ragionare…

 

AyLa: Ah ecco, mi sembrava di sentire un rumore di sottofondo… Io so come continuare, cioè la storia in sé so che direzione voglio che prenda, ma mi trovo a corto di idee per i dialoghi, e in più sono arrivata al punto di rottura, cioè quello in cui succederà il casino che li porterà a… ma, un momento?!? Io non dovrei dirti niente!! Altro che angolo ringraziamenti, sta diventando un angolo spoiler!! Devo tagliare corto prima di rovinarmi con le mie stesse mani, al prossimo capitolo! ;p

 

Earine: Errare humano est, perseverare diabolicum (chi ha studiato latino mi corregga). Il segreto è tutto qui. Alzi la mano chi non ha mai preso un abbaglio nel giudicare una persona, chi non si è mai invaghito di qualcuno che non meritava il proprio affetto e chi non ha mai iniziato una relazione sbagliata!! La signorina in questione è bella, ci sa fare e potrebbe abbindolare chiunque. Non esistono forse queste persone? Madian può essere irrealmente bello ma è un ragazzo qualunque, commette errori (giganteschi!) ma tenta di rimediare e di non ripeterli. E poi si sa, non si finisce mai di conoscere una persona. Siamo complessi e mutevoli, e qualcuno che ora ti sembra perfetto può rivelare un domani una serie infinita di difetti. Non credi?

 

Jennifer90: Nessun problema, non pretendo certo che recensiate ogni volta!! Che ti devo dire, il cervellino bacato di quella ragazza mi stupisce ogni giorno! Certo, sono zucconi, ma hanno anche i loro motivi. Haydée lo sappiamo bene, Arkel ha una pessima opinione del genere femminile dovuta ai suoi trascorsi familiari e Mitja è un perfetto scemo, vedremo cosa deciderà di combinare! ^_^

 

Super Gaia: Vi sto portando all’esaurimento? Perdonatemi ragazze…

 

Damynex: Altro che esaurimento, qui vi sto letteralmente facendo sorgere degli istinti omicidi! Abbi pazienza, il ghiacciolo ambulante si smentirà, ma serve un pochino di tempo!

 

Uriko: Oh no, non siamo ancora in vista della fine, prima ci sono parecchi problemi da risolvere! Quale previsione?? Cosa ho lasciato intendere? Finale a sorpresa dici? Vedremo cosa penserai degli sviluppi! ^_^

 

Memole88: Grazie 1000!! Sono felice che ti piaccia Mitja, è un personaggio che mi sta troppo simpatico! Bye!!

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Capitolo 28
*** I know when to touch ***


Il titolo viene dal testo di una canzone di qualche tempo fa, vi ricordate di “The world is not enough” dei Garbage

Il titolo viene dal testo di una canzone di qualche tempo fa, vi ricordate di “The world is not enough” dei Garbage? Eddai, la colonna sonora di “007 - Il mondo non basta” con Pierce Brosnan e Sophie Marceau, scavate nei vostri giovani cervellini! Non so perché, ma scrivendo mi è venuto in mente, e siccome non riuscivo a trovare un titolo c’ho sbattuto questo. Ci sta bene?

Ah già: ben ritrovate! Vi sono mancata, eh?

 

I know when to touch

 

Sabato sera, villa McKaye

 

Dopo cena i ragazzi si ritrovarono in giardino e Phénice raccontò tutte le scemenze che erano riusciti a fare quel pomeriggio, stupendo i due giovani che non avevano partecipato per la quantità esagerata di battute idiote che Mitja era riuscito a sparare in poche ore:

- …Per poco non scoppiava a ridere anche Winter, figuratevi! – cinguettò divertita. La mora rise e si volse a guardare l’interessata che li osservava con un muso terribile. Dopo un bel pezzo la bionda si alzò di scatto, svanendo nell’oscurità che li circondava.

Immediatamente tutti gli occhi vennero puntati su Mitja:

- Vado a cercarla. – mormorò mogio allontanandosi:

- Devo portarla a letto io la ragazzina? – chiese Arkel arrossendo e ringraziando mentalmente la posizione in ombra che si era scelto. Madian lo guardò stupito, mentre Haydée sorrise:

- Direi di sì, sempre che tu non preferisca lasciarla dormire su quel divanetto, e tu con lei… - la rossa in un primo momento era seduta accanto ad Arkel, idolatrandolo per la sua capacità di governare una barca a vela come se fosse un giocattolo, poi lentamente la stanchezza era scesa su di lei ed era scivolata addosso al ragazzo, prima su una spalla poi direttamente sulle gambe. Ora dormiva placidamente, con un sorriso beato sulle labbra.

Arkel la sollevò delicatamente, dando ai due osservatori l’impressione che tenesse una bambola di cristallo tra le braccia, non una ragazza in carne e ossa. Madian lo guardò a bocca aperta finché non sparì in casa:

- Ma… siamo sicuri che quello è proprio Arkel? – balbettò incredulo, spostando due occhi sgranati sulla ragazza seduta sul dondolo accanto a lui:

- Incredibile, vero? Deve aver preso una bella sbandata per lei! – ridacchiò tentando disperatamene di non affogare nelle sue iridi blu che la attiravano invitanti:

- Forse… non è.. l’unico ad aver preso… una sbandata. – mormorò avvicinandosi a lei. Haydée tentò di indietreggiare, ma il dondolo stesso la imprigionava:

- Madian… non… - tentò di balbettare, ma non riuscì a finire perché il fiato le si mozzò.

 

Il ragazzo l’aveva stretta per la vita con un braccio, mentre con la mano libera le sfiorava delicatamente una guancia, scendendo lentamente al collo e alla spalla scoperta a causa della canottierina esigua che indossava.

 

Rabbrividì, ma non per il freddo, e perse il contatto con la realtà quando le labbra calde e morbide di Madian si posarono sulla pelle ipersensibile sotto l’orecchio, tracciando con lentezza esasperante una linea fino all’incavo tra il collo e la spalla.

Gli occhi le si riempirono di lacrime mentre lui le respirava addosso. Socchiuse le labbra per dire qualcosa ma le sfuggì solamente un gemito che avrebbe voluto essere un “no” di disapprovazione.

Lui le alzò il mento con due dita, risalendo lungo il collo senza mai staccarle le labbra di dosso.

 

Alla fine le baciò delicatamente il mento e le guance, in prossimità delle labbra.

Le guardava la bocca con desiderio reverenziale, ma non osava ancora impossessarsene, nonostante la sentisse completamente abbandonata contro di sé.

 

D’un tratto si accorse sgomento che una lacrima le scorreva lungo una guancia e scostò bruscamente il viso dal suo, guardandola con infinita preoccupazione:

- Haydée?… Cosa… - lei abbassò il capo per nascondere le lacrime e debolmente tentò di allontanarsi, ma Madian non glielo permise.

La sollevò agilmente e si sedette di traverso, depositandola tra le sue gambe, poi la strinse con dolcezza:

- Perdonami… io non volevo, scusami Haydée! – mormorò affranto, mentre la sentiva singhiozzare silenziosamente contro il suo petto. Accentuò la stretta e prese ad accarezzarle la schiena come ad una bambina: - Ti prego, non piangere. Non lo sopporto! – la implorò. Con immenso sollievo sentì che si rilassava e che i singhiozzi cessavano. Rimase in ascolto ancora un po’, poi le accarezzò piano la testa: - Che ho di così sbagliato? Perché ogni volta che mi avvicino a te ti faccio soffrire? – mormorò con voce rauca, dolce e abbattuta al tempo stesso. Haydée scosse il capo, ritraendosi quel tanto che bastava a non farle girare la testa a causa del suo profumo:

- Non hai niente… sono io… - rispose con voce stanca, poi sospirò: - Ora è meglio che vada in camera mia… - si interruppe quando un fazzolettino di carta entrò nella sua visuale:

- Mi sa che ne hai bisogno. – le disse semplicemente. Lo accettò con gratitudine e tentò di darsi una sistemata. Fortuna che non mi trucco mai… - È per il tuo ragazzo vero? Per Josh. – domandò lui secco. La ragazza si stupì di vedere un lampo di puro odio nei suoi occhi solitamente tanto dolci, e senza pensarci due volte scosse il capo:

- No, non ho il ragazzo. Era… beh ecco, Phénice e Winter hanno pensato che… si sono sbagliate. – mormorò avvampando e distogliendo lo sguardo dal suo. Lo sentì sospirare e rilassarsi accanto a lei e per poco non le sfuggì un sorriso:

- Ne sono felice. – le disse semplicemente guardandola con occhi scintillanti. Avrebbe ripreso ad accarezzarla e baciarla ma lei lo respinse con forza.

Poi fece per alzarsi, ma traballava ancora pericolosamente per le sensazioni provate poco prima quando lui… Non pensarci, non pensarci!! Si impose mordendosi a sangue un labbro.

Non poteva mostrarsi ancora debole, non con lui e non in quel momento. Non sarebbe stata in grado di resistere un’altra volta ai suoi attacchi, e aveva una paura folle di quello che voleva da lei.

Tuttavia non lo respinse nuovamente quando le cinse la vita con un braccio per aiutarla a camminare. Gli lanciò una breve occhiata di ringraziamento e non lo guardò più finché non furono davanti alla porta della sua camera:

- Allora… buona notte. – le disse piano:

- Sì, buona notte… - mormorò lei di rimando, tentando di entrare nella stanza:

- Sicura di farcela? – le chiese bloccandola:

- Credo di sì, non preoccuparti. – poi la prese per mano:

- Prometti… prometti che mi dirai perché ti faccio piangere. Ho… bisogno di sapere, io… - si interruppe notando il suo nervosismo:

- Non posso promettertelo. -

- Dimmi almeno che ci penserai. – Haydée non poté fare altro che annuire, non poteva restare ancora in sua presenza senza crollare, e questo non doveva assolutamente accadere:

- Ok, allora ciao. – poi la prese per la nuca e dolcemente si abbassò e si sporse verso di lei, posandole un bacio gentile sulla fronte e accarezzandole una guancia:

- Ciao… - mormorò lei arrossendo e svanendo nella sua stanza.

 

Madian rimase di fronte al battente chiuso per un po’, poi appoggiò la schiena al muro e si lasciò scivolare a terra, sedendosi con le braccia attorno alle ginocchia.

Quanto era sconvolto in quel momento faticava a capirlo perfino lui. Dio, quello che aveva provato baciandola a quel modo!! E il suo corpo caldo, la pelle morbida sotto le sue dita… basta, doveva pensare ad altro o il suo corpo avrebbe avuto una reazione poco elegante…

Quando ricordò le sue lacrime gli si strinse il cuore. Doveva sapere perché la sconvolgeva così ogni volta che tentava di avvicinarla, non poteva continuare a vivere nell’incertezza: voleva a tutti i costi conoscere i sentimenti della ragazza per lui.

Vagamente si accorse di un rumore alla sua sinistra, ma inizialmente non vi prestò molta attenzione. Poi lentamente alzò la fronte, premuta contro gli avambracci intrecciati sulle ginocchia, e vide Arkel chiudere una porta il più silenziosamente possibile. Una porta… ma quella porta…

- Che ci fai ancora in camera di Phénice? – chiese a bruciapelo facendogli prendere un colpo. L’altro lo guardò stranito:

- Ti sei ammattito?! Vuoi forse vedermi fare a una visita agli dei degli inferi prima del tempo?? – Madian ridacchiò:

- Non cambiare discorso, signor Davies! Cos’hai fatto fino ad adesso nella stanza di quella povera ragazzina? – lo interrogò spietatamente, ma si divertiva come un bambino a vederlo cambiare colore:

- Io?! Ah, proprio niente!! Sissignore, proprio niente! Ehm… e comunque non sono affari tuoi, signor Bailey! Buona notte! – sbraitò marciando con decisione verso la sua camera, maledicendo mentalmente la sua assoluta incapacità di raccontare frottole. Che credete?! Non potevo mica dirgli che sono rimasto mezzora a guardarla dormire come uno scemo!! Io non faccio cose così sdolcinate… e guai al primo che fa la spia, chiaro?!

 

Intanto nella sua stanza Haydée si era gettata di peso sul letto, rimanendo al buio.

Cosa significava? Perché non l’aveva aggredito come quando aveva tentato di baciarla all’opera? Perché era così debole nei suoi confronti?

Nel profondo sapeva la risposta a quelle domande, ma si rifiutava semplicemente di ascoltare una simile ipotesi.

Ruotò su un fianco, sentendosi vuota e infelice.

Però al di là delle sua paure, al di là di ogni ragionamento razionale, quando lui l’aveva stretta e baciata a quel modo… sentì la sua voce mentre parlava con Arkel. Era ancora davanti alla sua porta!

Fu tentata di alzarsi e di aprirla, ma si limitò a guardarla, desiderando che lui…

 

Ma che diavolo le prendeva?! Da quando desiderava la presenza di un uomo!! Aveva forse dimenticato cosa le aveva fatto Phil?!

Un improvviso dolore nel petto le fece passare ogni pensiero impuro. Non avrebbe mai più sofferto a causa di un ragazzo, mai più! L’aveva giurato a sé stessa tanto tempo prima, e di certo non sarebbe venuta meno al suo giuramento proprio ora che aveva preso una decisione.

Si impose di chiudere gli occhi e di addormentarsi, ma ci riuscì soltanto a notte fonda. Era rimasta sveglia ad ascoltare i rumori lungo il corridoio.

 

~~~~~

 

Nel frattempo Mitja aveva trovato Winter. Passeggiava nervosamente lungo il viale d’entrata e quando lo vide si bloccò su due piedi, lanciandogli uno sguardo omicida:

- Che fai qui? – chiese lui con l’aria più tranquilla del mondo:

- Volevo parlarti. È da ieri sera che non mi piace il tuo comportamento Mitja. – il ragazzo affondò le mani nelle tasche di un paio di jeans che avevano visto giorni migliori:

- Se ti riferisci al mio scontro con Aaron, guarda che l’ho fatto per te. Non mi piace il suo comportamento, sembra che tu sia di sua proprietà! – borbottò giustificandosi. Lei fece un passo verso di lui, puntando due lame di ghiaccio nei suoi occhi tersi come il cielo:

- E cosa ti fa credere che io non voglia essere di sua “proprietà”? Non ti è passato per la mente che magari volevo riallacciare i rapporti con lui? – sibilò infuriata, ma non perché volesse realmente tornare con Aaron, semplicemente per una questione di principio. Non aveva mai tollerato intromissioni nella sua vita, figurarsi se si lasciava comandare a bacchetta da un vecchio amichetto d’infanzia!!

Mitja boccheggiò un istante:

- Volevi davvero tornare con lui? – chiese mentre sentiva un fastidio sconosciuto dentro la cassa toracica, in prossimità della spalla sinistra:

- Questo non ha alcuna importanza!! Non hai il diritto di intrometterti nelle mie faccende sentimentali, chiaro? – disse a denti stretti. Lui si incupì:

- Lampante. Ma ricordati che l’ho fatto solo perché sono tuo amico. – a quel punto Winter non ci vide più:

- Ah sì?! E un mio amico mi avrebbe sbattuta contro un muro tentando di… di… farmi quello che stavi per fare?!? – sbraitò furibonda, dimenticando perfino di arrossire. Mitja non riuscì a risponderle, ma arrossì per lei facendola fremere di indignazione.

Il ragazzo si sentì impotente, e non riuscì a fare altro che guardarla allontanarsi in direzione delle villa. Certo che era proprio bravo a complicarsi l’esistenza…

 

~~~~~

 

Domenica, primo pomeriggio

 

Phénice si guardò attorno sconsolata: dopo pranzo erano rimasti lei, Arkel, Mitja e Madian, le altre due ragazze si erano rinchiuse nelle loro stanze senza nemmeno finire di mangiare.

Il russo aveva la faccia più abbattuta di questa terra, dava l’impressione di essere stato travolto da un toro alla festa di San Firmino a Pamplona. Dal lato opposto del divano Madian era stravaccato disordinatamente, con la testa abbandonata sullo schienale e gli occhi persi in chissà quale galassia inesplorata.

La rossa si torse le mani senza sapere cosa fare, mentre Arkel la osservava di sottecchi senza farsi notare, mezzo nascosto da un libro pescato chissà dove.

In quel preciso istante un aiuto le giunse dal cielo: qualcuno aveva bussato ripetutamente alla porta d’ingresso, ma Madian non sembrava essersi destato dal suo torpore:

- Ehm… Madian? Ti ricordi che i tuoi non sono in casa oggi? Dovresti… -

- Puoi andare tu? E se mi cercano dì che non ci sono, non ho voglia di scocciatori. – mugugnò lanciandole una breve occhiata supplichevole. La ragazza annuì e corse fino alla porta, allegra per avere finalmente un diversivo contro tutti quei musoni là in casa.

Guardò dallo spioncino ma non aveva mai visto quel ragazzo dai capelli fulvi e con gli occhiali da sole, così aprì uno spiraglio nella pesante porta d’ingresso:

- Sì? – chiese gentilmente:

- Ciao! Sono Faust, vorrei parlare con Madian. Posso entrare? – chiese l’altro con un sorriso smagliante. Phénice rispose timidamente al sorriso e scosse il capo:

- Mi… ehm… mi dispiace, non c’è nessuno… - l’altro fece un sospiro melodrammatico:

- Conosco la scusa! Bailey non ha voglia di parlare con nessuno e ha mandato te a cacciarmi! Che maleducato… comunque tu dovresti essere l’amica delle due ladre, giusto? Mi hanno parlato di te, sei quella famosa Phénice che si era sbronzata in discoteca un paio di mesi fa, vero? – la rossa non apprezzò eccessivamente l’essere ricordata per quella vecchia storia, così spalancò la porta e si piantò bene sulle gambe, con le mani sui fianchi e uno sguardo per nulla rassicurante che le lampeggiava negli occhi verdi:

- E se anche fosse?! Non mi sembra molto carino presentarsi a una persona e ricordarle un piccolo incidente di percorso!! – il ragazzo ridacchiò:

- Caspita che caratterino!! Adesso capisco perché Arkel non fa che parlare di te! – quella battuta la spiazzò:

- Cosa… cosa fa Arkel? – chiese perdendo un po’ della sua furia. Faust si chinò per avere gli occhi alla sua altezza:

- Che c’è? Non mi vorrai far credere che non ti sei accorta che il tuo bel fustacchione scontroso… -

- Cosa diamine le stai dicendo Faust? – il diretto interessato si materializzò dal nulla, bloccandolo sul più bello e salvandosi in corner:

- Sei diventato improvvisamente timido Arkel? Perché mai… -

- Fatti gli stramaledetti affaracci tuoi!! Piantala di blaterare e fila da Madian, spero per te che tu abbia le notizie che ci servono. – borbottò indicandogli il salotto con un cenno del capo e intimandogli con un’occhiata di ronzare alla larga dalla ragazza:

- Sissignore… piacere di conoscerti Phénice! – le disse rivolgendole un cenno del capo e seguendo Arkel in salotto.

Lei rimase sulla porta ancora aperta a guardarli sorpresa. Cosa le stava dicendo quel tipo strano di Arkel? Il suo “fustacchione scontroso” l’aveva chiamato… ma quale fustac…

All’improvviso lo sguardo le cadde sulla figura del ragazzo, e rimase decisamente sorpresa. I jeans che indossava gli fasciavano alla perfezione le gambe atletiche e il fondo schiena era… scosse il capo dandosi della ragazzina stupida e involontariamente spostò l’attenzione sulle spalle. Aveva incrociato le braccia sul petto e la maglietta verde militare che indossava si era tesa, aderendo alla perfezione ai muscoli delle spalle e della schiena, e facendolo sembrare ancora più imponente e… sexy… senza rendersene conto le punte delle dita cominciarono a pruderle e le sfregò contro la gonnellina in jeans che indossava. Che mi prende?… Ho… voglia di… toccarlo!

Si accorse in ritardo che si era voltato e la guardava interrogativo:

- Che fai ancora lì? Puoi venire a sentire se vuoi. – inarcò un sopracciglio quando si accorse che era rossa fino alla radice dei capelli:

- Eeh?? N-no… devo… andare da Haydée! – urlò quasi, sbatacchiando la porta d’ingresso e correndo a rotta di collo sullo scalone di marmo. Arkel la guardò sparire al piano superiore con aria frastornata. Bah, le donne!

 

Phénice intanto si era precipitata nella sua stanza, chiudendosi la porta alle spalle e appoggiandovisi contro con tutto il suo peso. Si portò una mano all’altezza del cuore e sussultò nel constatare che martellava come impazzito. Ma che le era preso?! Stare vicino ad Arkel non le aveva mai fatto un simile effetto… ma poi, ne era così sicura?

Si stese sul letto con gli occhi sbarrati e la prima cosa che le venne sotto mano fu il suo portafogli. Lo aprì distrattamente e trovò una foto di lei e Selim, l’avevano fatta in una di quelle macchinette per fototessere, di quelle che si trovano nelle stazioni.

La guardò a lungo, poi alzò il capo per incontrare la sua immagine riflessa nello specchio attaccato alla parete. Era strano, ogni volta che la guardava si ritrovava sempre un sorrisino ebete stampato in faccia, perché invece in quel momento sentiva l’immagine come estranea? Davvero un bel mistero…

- Ehi, Phénice… Phénice!! – si volse di scatto e vide la testa di Winter fare capolino sulla porta:

- Sì? Che c’è? -

- Sai chi è arrivato? Ho sentito qualcuno parcheggiare un’auto e bussare… ma, va tutto bene? – chiese aggrottando la fronte:

- Tutto bene… mi ha detto che si chiama Faust, tu lo conosci? – si stupì di vedere la bionda agitarsi:

- Non di persona, ma me ne hanno parlato… è venuto perché ha trovato il cinese che ha rapito mia sorella. – Phénice sgranò gli occhi e balzò in piedi, abbandonando il portafogli aperto:

- Allora dobbiamo dirlo ad Haydée e andare immediatamente giù!! – sbraitò sfrecciando nella camera della mora.

Cinque minuti dopo avevano raggiunto il salotto…

 

 

Damynex: Corto? Beh dai, questo ti avrà ricompensata almeno come intensità… Farò di meglio che buttarlo a mare, lo farò sbranare per direttissima! Ma, ahimè, più avanti, e non ti arrabbiare!

 

Elenim: Troppo fraterna? Beh, da così a peggio, domandalo al mio fratellino!! Ti piacerebbe che non guarisse più, eh? A me no, mi stanno diventando claustrofobici e se non mi sbrigo a fargli cambiare aria finiranno col litigare tutti quanti! Crystal sta picchiettando con le unghie sul tavolo, è nevrotica e non ne può più di essere solo nominata ogni tanto, e mi sta facendo strippare i nervi! Mmmh… com’è che sono più fuori del solito?!

 

Earine: Guarda, questi personaggi hanno preso vita. Ormai mi stupisce uscire dalla mia camera al mattino e non incontrare qualcuno di loro in giro per casa, magari Mitja che sbadiglia con la classe di uno uscito dalla discoteca alle 4 e scaraventato giù dal letto dalla sveglia delle 6, oppure Phénice in bagno che lotta e impreca per districare quei capelli impossibili… io proprio non capisco come si possa sopravvivere al phon con i capelli ricci! Toh, c’è Madian!… Aspetta che prendo un bavaglino, và… ok, tutto sistemato. Dicevamo? Ah già, hanno preso vita… e che vita, ragazze mie O.O (questi sono i miei occhi belli lucidati dopo il passaggio del ragassuolo…)!! A proposito del latino, ho fatto ragioneria quindi non ho la più pallida idea degli strafalcioni che potrei scrivere! Sai cosa dice il mio prof. di diritto commerciale?! Che il diritto è la più brutta bestia del mondo, uccide la fantasia della gente perché ci obbliga a parlare e a pensare tutti allo stesso modo. Non c’entra un beneamato fico secco, ma mi piaceva e te l’ho detto, e la trovo una perla di saggezza. Come dici?!… No, non sono ubriaca!

 

AyLa: PPRRRRRRRRRRRRRR!! (sarebbe una pernacchia, si era capito?) Non te lo dico!! Il mio tesoro è uno stinco di santo (anche se farà pensieri e atti impuri… sempre per la vostra gioia, obviously) e poi lo tengo sotto sedativi per farlo stare buono (questa parte sarebbe tutelata dal segreto professionale, ma tanto resta tra me e voi)! Suvvia, conosco persone anche più pazienti di lui… parlo per esperienza diretta ;p ! E poi tu non sai quello che so io… Grazie ancora ^_-

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Capitolo 29
*** Grigi pensieri ***


Grigi pensieri

Grigi pensieri

 

Ancora domenica pomeriggio, villa McKaye

 

Cinque minuti dopo avevano raggiunto il salotto:

- Haydée!! – il nuovo arrivato corse incontro alla ex-ladra con le braccia spalancate, guadagnandosi un’occhiata inceneritrice da parte del padrone di casa:

- Ciao Faust! – lo salutò col sorriso, staccando a fatica la mano dalla stampella destra per porgergliela:

- Questi mascalzoni mi hanno detto cosa ti è successo, ti trovo bene! – disse sorreggendola mentre la accompagnava ad una poltrona:

- Perché mi hanno curata bene. – mormorò arrossendo lievemente e lanciando un’occhiata veloce a Madian, che la ricambiò con un impercettibile cenno del capo. Ci siamo, evvai che ci siamo!!  Esultò tra sé, trattenendosi dallo sciogliersi seduta stante ai piedi di Haydée.

- Bene… - poi volse lo sguardo sulla bionda, che a sua volta lo osservava serio: - Tu devi essere Winter. Sono felice di conoscerti, ho buone notizie per te! – affermò sorridendo e stringendole vigorosamente una mano. Lei annuì soddisfatta:

- Credimi, il piacere è tutto mio. – rispose seria sedendosi su un divano accanto a lui, mentre Mitja li guardava rodendosi il fegato. Si può sapere che ha di tanto speciale pel di carota?! Perché gli fanno tutte le moine?

In realtà si sbagliava, non tutte le ragazze presenti lo osservavano con interesse. Phénice infatti era ancora in piedi sulla soglia, e non si decideva a muoversi.

Improvvisamente una mano si agitò davanti al suo sguardo fisso, che non doveva essere molto intelligente…

- Ti senti bene? – Arkel la guardava preoccupato, e notando ancora una volta il suo rossore le sfiorò la fronte col dorso delle dita, provocandole uno scompenso cardiaco: - Sei rossa in viso e scotti, sicura di non avere la febbre? Sembri una teiera a vapore! – ridacchiò inarcando un sopracciglio. Il suo intento era quello di stuzzicarla per vedere se si riprendeva, ma rimase deluso dalla sua espressione smarrita:

- F-febbre?! No! Assolutamente no, sto benissimo! – rispose con uno strano sogghigno sedendosi rigidamente su un divano per tre persone, al lato opposto del quale si trovava Madian assorto nella contemplazione della mora del gruppo e nell’ascolto delle notizie portate da Faust:

- Se lo dici tu… - borbottò il motociclista sedendosi tranquillamente nel mezzo del sofà e allungando le braccia sullo schienale.

Sarebbe andato tutto bene, cioè Phénice sarebbe riuscita a mantenere la calma nonostante il suo profumo fresco e insistente, se al ragazzo non fosse venuta la bella idea di giocherellare con i riccioli rossicci che aveva incontrato per caso sullo schienale.

Per tutta la durata della conversazione, che naturalmente era stata impossibilitata ad ascoltare, Phénice rimase rigida come il manico di una scopa, pregandolo mentalmente, e inutilmente, di non sfiorarla e tentando in tutti i modi di tenere a freno le mani.

Ogni tanto gli lanciava occhiate fugaci, e all’improvviso era stata assalita dall’impulso di toccargli la scapola, scoperta di pochi centimetri dallo scollo a V della maglietta, e aveva desiderato baciargli quel piccolo lembo di pelle abbronzata e liscia alla base del collo che alla vista sembrava talmente morbido e invitante…

- Allora è deciso, ma non potrò accompagnarvi messa così. Resterò qui con Phénice ad aspettare vostre notizie, giusto? – la ragazza si risvegliò dal suo sogno estatico e si rese conto di avere ben 6 paia di occhi puntati addosso. Trasecolò per alcuni istanti, ricollegando il senso delle parole che aveva casualmente captato con la situazione, poi annuì con convinzione:

- Oh sì!! Sì, certo… noi… vi aspetteremo qui! – esclamò guardandoli confusa e atteggiando il viso ad un sorriso forzato. Gli altri la osservarono dubbiosi, poi tornarono alla loro conversazione ignorandola e consentendole di tirare un bel sospiro di sollievo.

Casualmente si volse e incontrò lo sguardo corrucciato di Arkel:

- Sei sicura che va tutto bene? Non ha un buon aspetto… hai mangiato qualcosa di strano, qualche schifezza che ti ha rifilato Mitja? – Phénice scosse il capo con energia:

- NO! Dico davvero… - poi si alzò e prese ad allontanarsi lentamente: - Anzi, mi è venuto in mente che devo andare… devo andare… in camera!! Sì, in camera… - balbettò confusa girandosi di scatto e correndo in direzione delle scale. Arkel la stava ancora guardando a bocca aperta quando sentì un urletto seguito da un paio di tonfi e da un mugolio di dolore.

Anche gli altri, ancora immersi nella loro conversazione, sentirono e si volsero di scatto a guardare:

- Che succede? – chiese Haydée. Arkel si alzò con la faccia scura:

- Vado a vedere, voi continuate. – borbottò allontanandosi.

 

Una volta ai piedi delle scale non sapeva se ridere o preoccuparsi: Phénice se ne stava seduta per terra, nel pianerottolo che si trovava a metà scalinata, e si massaggiava dolorante il sedere e una caviglia:

- Ahio… sono scivolata, tutta colpa di queste ciabattine! – piagnucolò con un broncetto adorabile, tirando una delle ciabatte incriminate distante da sé. Arkel sorrise divertito:

- Piccolo impiastro che non sei altro… - mormorò avvicinandosi per dare un’occhiata alla caviglia sottile: - Ti fa male se ti tocco? – non ebbe bisogno di risposta, i lacrimoni che le inondavano gli occhi erano una conferma più che sufficiente: - Vieni qui… - sussurrò rauco sollevandola con agilità, mentre lei gli passava un braccio attorno al collo e posava la testolina ricciuta sulla sua spalla sinistra.

Phénice in quel momento era vicina al collasso, ma stava così bene rannicchiata contro di lui che dimenticò la timidezza e il batticuore, e le venne naturale chiudere gli occhi per ascoltare meglio il pulsare rapido e rassicurante del cuore del ragazzo.

Si accorse che l’aveva trasportata nella sua stanza solo quando la depositò sul letto:

- Ferma dove sei, vado a prendere una pomata e una fascia elastica. Non vorrei che quel piedino di fata si gonfiasse fino a diventare uno zampone! – ridacchiò uscendo dalla camera, fuori portata dalla seconda ciabatta pronta a volare:

- Screanzato!! – sbraitò lei piccata, ma in fondo divertita. Dopo pochi istanti era di ritorno e si sedette sul letto accanto a lei, facendola appoggiare contro la spalliera del letto perché gli posasse il piede sulle gambe:

- Ma non è niente, non c’è bisogno che tu… - lui la bloccò con un gesto del capo:

- Niente “ma” bimba, sicuramente non è slogata ma di certo avrai messo male qualche nervo, e posso assicurarti che se si gonfia non riuscirai nemmeno a stare in piedi. – borbottò aprendo il tubetto di crema e spargendone una dose leggermente eccessiva:

- EHI!! Guarda che ho il piedino piccolo io! – Arkel lo guardò un istante e annuì:

- Hai ragione, mi sono lasciato prendere la mano… che numero porti? – chiese iniziando a massaggiare sapientemente. Non si accorse dell’espressione beata apparsa sul viso della ragazza:

- Mmmh… il 37… (NdA: a voi non importa se ho messo la nostra numerazione, vero? Suvvia, è una AU…)  - sospirò adagiandosi meglio sui cuscini. Lui le lanciò un’occhiata veloce e si lasciò sfuggire un sorriso soddisfatto:

- Ti piace? – mormorò dolcemente. Lei annuì trasognata, chiudendo gli occhi e lasciandosi andare alla sensazione di tranquillità e assoluta sicurezza che provava in quel momento.

Aprì gli occhi quando il ragazzo interruppe il massaggio:

- Che c’è? – si morse un labbro quando lo vide osservare qualcosa sul letto. Il portafogli con la foto!! No!!

- Sei… fotogenica. – borbottò spicciandosi a farle la fasciatura:

- Ahio!! – protestò lei: - Stringi troppo! – lui la ignorò quasi, sembrava assente:

- Scusa… - poi si alzò precipitosamente: - Devo tornare in salotto, mi stanno aspettando… più tardi ti mando Winter, per ora non muoverti. – poi svanì lasciando la porta socchiusa dietro di sé, ma non lo sentì scendere le scale: era andato in bagno.

 

Arkel era andato a lavarvi il viso e ora si guardava gocciolante allo specchio. Idiota… mille volte idiota!! Ha il ragazzo Arkel, toglitela dalla testa, capito?

 

~~~~~

 

Lunedì mattina

 

Il mattino successivo Haydée le rispiegò tutto dall’inizio.

Faust, grazie alle conoscenze giuste, era riuscito ad avere l’indirizzo di Chung. Stava proprio nella loro città, possedeva un’intera palazzina di tre piani e Phénice si chiese quanto dovevano esser rimbambiti poliziotti e simili per non aver capito che c’era qualcosa che non andava nel traffici di quell’uomo. Haydée le spiegò che il primo che si faceva prendere dal sospetto non avrebbe visto una nuova alba, così si rassegnò all’inevitabile verità che vede i cattivi spadroneggiare sul mondo e i buoni soffrire come cani (leggi: Winter che disperatamente tenta di trovare sua sorella).

Insomma, con tutti questi discorsi filosofici si era tornati al punto di partenza: bisognava prenderlo, impacchettarlo e portarlo lì insieme a sua moglie, poi si sarebbero “gentilmente” prese le informazioni del caso e li avrebbero lasciati in pasto al miglior offerente, tanto a quei “cani rognosi dell’FBI & co.” (testuali parole della mora) non importava da dove gli arrivavano i cattivi, bastava riuscire a spolparli e ad accaparrarsi una considerevole fetta di celebrità.

Per quanto riguardava l’azione, se ne sarebbero occupati Faust e i suoi ragazzi d’assalto, una squadra piuttosto numerosa di energumeni dal cuore tenero opportunamente nascosto dietro occhiali da sole stile Matrix, giubbetti antiproiettili mascherati all’interno di qualsiasi indumento e chili di piombo.

Mitja, Arkel, Madian e Winter sarebbero stati della partita, ma in seconda linea. Il loro compito, delicatissimo, era di impacchettare i due simpatici coniugi e portarli a destinazione, cioè lì alla villa, vivi e in grado di sopportare un interrogatorio da parte della stessa Haydée, che in qualche modo doveva pur vendicarsi per la sua gamba crivellata e ancora inutilizzabile. Mi pagheranno la plastica per nascondere la cicatrice, quei criminali!! Aveva sbraitato furibonda mentre ne parlava.

Phénice, per quanto pacifista convinta, non aveva potuto fare altro che concordare a pieni voti, sentendosi molto poco in vena di contraddire la ex ladra. L’aveva visto in prima persona quello che la mora aveva fatto a Madian, non le sembrava il caso di subire l’esperienza direttamente sulla sua pelle lattea, che decisamente sarebbe stata molto poco attraente chiazzata di viola e blu. Anche perché con gli occhi verdi e i capelli rossicci i lividi di quel colore stonano un casino!

 

Dopo pranzo la stessa combriccola di sei persone del giorno precedente si riunì in sala da pranzo col progetto per la spedizione punitiva. Avevano la piantina del grattacielo e dell’appartamento di Chung e consorte (gradito presente di Sybil), il numero del fornitore di mitragliette e cianfrusaglie varie e i migliori scassinatori in circolazione in caso di necessità: cosa potevano volere di meglio?

In un pomeriggio di assiduo lavoro avevano già pianificato tutto quanto, Haydée aveva lavorato fino a grondare di sudore per la stanchezza  e l’affaticamento e Phénice portò due caraffe di succo d’arancia fresco di frigorifero. La ragazza aveva preferito tenersi alla larga per tutto il tempo: pensare che si sarebbe sparato, e anche tanto, e che il sangue poteva scorrere a fiumi l’aveva convinta a starsene in giardino tutto il pomeriggio, alternando letture e sonnecchiamenti vari sotto il sole.

- Grazie bella, sei veramente un tesoro! – le aveva detto Faust facendole l’occhiolino con un sorriso complice. Arkel l’aveva abbrustolito con un’occhiata, opportunamente evitata, e aveva bevuto il succo adocchiando la rossa avvolta da un esiguo vestitino e con i capelli raccolti sulla nuca:

- Abbiamo quasi finito, sai? Tra un po’ vorrei uscire anch’io, ho voglia di mettere i piedi a mollo in piscina. – la rossa si volse a guardare Haydée con gli occhi brillanti:

- Finalmente, ero stanca di starmene da sola! -

- Potevi dirlo subito!! – esclamò Faust saltando in piedi allegramente: - Io qui ho già finito, e indovina un po’? Ho portato il costume!! Un secondo e ti raggiungo in piscina! – Phénice gli aveva risposto con un sorriso timido e li aveva salutati tornando in giardino ancora mezza zoppicante, mentre Arkel borbottava un “E ti pareva che non ci avrebbe provato…” tra i denti che nessuno riuscì a intendere, tranne forse Haydée seduta accanto a lui.

 

Quando finalmente terminarono di discutere del piano per il rapimento del cinese uscirono tutti in giardino, raggiungendo Phénice e Faust che se la ridevano allegramente.

Haydée si sedette su uno sdraio e la rossa le corse subito incontro:

- Allora, avete deciso tutto? – l’altra annuì:

- Sì, ormai dobbiamo soltanto stabilire il giorno, che comunque sarà entro la fine della settimana. Che ne dici, giovedì o venerdì? – Phénice ci pensò su un po’, poi le rivolse un sorriso smagliante:

- Venerdì!! Così facciamo un giorno in più di vacanza! – esclamò facendoli ridere tutti, tranne Winter ovviamente che continuava a stare sulle sue dopo la discussione con Mitja.

 

Il biondino aveva provato almeno un migliaio di volte a riprendere il discorso interrotto il sabato, visto anche che voleva fare chiarezza nei suoi stessi sentimenti, ma lei faceva di tutto per evitarlo, arrivando perfino a barricarsi in camera per non incontrarlo a cena. Phénice aveva tentato di farla ragionare, spiegandole che la tensione che c’era tra loro si ripercuoteva su tutti loro, compresi i padroni di casa, ma non c’era stato verso di ricondurla alla ragione.

Alla fine la rossa era uscita dalla sua stanza con un diavolo per capello, mandando metaforicamente a quel paese tutti i testoni del pianeta, e si era completamente disinteressata della questione, limitandosi a trascorrere gli ultimi giorni di “vacanza” accanto ad Haydée e mantenendosi a una certa distanza da Arkel per non incappare in altre figure barbine.

 

La cosa sconvolgente però è che ben presto si era resa conto che riusciva ad evitarlo con facilità solo perché anche lui le girava alla larga di proposito.

Ma come?! Fino a pochi giorni prima se lo ritrovava sempre tra i piedi, e si divertivano anche insieme, come quel pomeriggio che erano usciti in barca, e adesso??

La trattava come una perfetta estranea! Ma dico, si era mai sentita una cosa più assurda?! Perché da perfetti amici dovevano comportarsi come due bambini litigiosi?

Tentò in vari modi di farglielo capire, ma non ne venne a capo così pensò bene di dimenticare la questione e di concentrarsi sulla sua vita.

Entro pochi giorni ormai sarebbe tornata alla sua vita di sempre, alle lezioni all’università, ai progetti per arrivare a realizzare il suo sogno di dirigere un museo, e a Selim.

Già, Selim… non sapeva perché, ma anche se lo aveva visto pochi giorni prima, anche se teoricamente non doveva essere cambiato nulla tra di loro, sentiva qualcosa di diverso nei suoi confronti, o meglio qualcosa in meno…

Alla fine si convinse che era una sua sciocca sensazione dovuta alla lontananza e alla situazione particolare, sicuramente una volta tornata sarebbe tornato tutto come prima e avrebbe ripreso la vita di sempre.

Già… ma intanto continuava ad osservare anche il minimo movimento di Arkel…

 

Seduta accanto a lei su quello sdraio Haydée era persa in pensieri analoghi.

Non aveva alcun dubbio che una volta tornata in città con Phénice avrebbe ripreso il controllo della situazione, avrebbe perso di vista Madian e con lui tutti i suoi problemi sarebbero svaniti.

Finalmente avrebbe potuto dedicarsi a progetti che la interessavano nel profondo, come ricostruirsi una vita partendo da zero.

 

Al contrario di lei Madian era praticamente terrorizzato all’idea di perderla dopo meno di una settimana. Era sicuro che lei avrebbe fatto di tutto per troncare i rapporti con lui, anche se ancora non aveva la minima idea del motivo che la spingeva ad allontanarlo a quel modo, ma un qualcosa nel comportamento della bella mora lo convinceva che non era del tutto convinta di quello che faceva.

Era certo che in qualche angolino del suo essere non voleva andarsene, il problema era riuscire a far scaturire la scintilla che le avrebbe permesso di confessargli il motivo del suo blocco e di poterla finalmente stringere in tutta tranquillità.

Ormai il desiderio di toccarla, baciarla e averla tutta per sé era diventato insopportabile, e finalmente aveva capito di esserne perdutamente e irrimediabilmente… innamorato.

 

Adorava la sua sottile ironia, quegli sguardi incredibilmente espressivi, il profumo che sentiva aleggiarle attorno quando l’aveva accanto, il suo incedere sempre fiero anche con le stampelle, il riflesso azzurrino dei suoi capelli corvini e la curva che qualsiasi maglietta o camicia faceva tendendosi sul seno…

Doveva esserci per forza un modo per farla sua, e lo avrebbe trovato, ne era certo!

 

Al contrario i pensieri di Arkel erano molto più pessimistici.

Aveva dimenticato la promessa fatta ad Haydée, o per lo meno l’assicurazione riguardo al proteggere Phénice. L’unico pensiero che gli si agitava nella mente era che lei aveva il ragazzo, e il pensiero che il suo sorriso, i suoi baci e le sue carezze erano per un altro lo mandava in bestia!

Certo, magari lui non era l’ideale di fidanzato, così scorbutico e poco propenso a scambiare sdolcinatezze, era un orso e un poco di buono, nella sua vita non aveva fatto che rubare, cosa ne sapeva lui di musei e opere d’arte?! Beh, magari era un ottimo skipper, e anche come meccanico non se la cavava poi così male, ma da qui a farne una professione…

Inoltre ogni volta che pensava alle loro personalità e ai loro interessi scopriva sempre più divergenze, lei odiava la moto e lui non sopportava di ritrovarsi al chiuso in una libreria o in un museo, e poi lei era così solare e lui talmente scontroso… però si sentiva diverso insieme a lei, quasi migliore.

Forse, se non ci fosse stato il suo ragazzo tra loro, avrebbero potuto… dopotutto se stava con lei poteva sopportare anche un ambiente come la biblioteca… ma a che serviva pensarci: lei aveva un ragazzo che aveva i suoi stessi interessi, a quanto pareva ne era visibilmente cotta, e a riprova di ciò c’era la foto che aveva visto casualmente nel portafogli aperto; inoltre non lo aveva mai trovato simpatico fin da quando l’aveva prelevata dal suo appartamento, quella era sicuramente un’ottima motivazione.

 

L’unico immune da tutti questi grigi pensieri era Faust, che ignaro degli intrighi che si svolgevano proprio sotto i suoi occhi si rilassava in vista del lavoretto che lo aspettava.

Chissà se la gemella di Winter era bella quanto lei, magari poteva farci un pensierino…

Tirò fuori una macchinetta digitale, un vero gioiellino che gli era costato un occhio della testa:

- Ragazzi? – chiamò divertito.

Tutti si volsero verso di lui e dopo un istante la foto di gruppo era bell’è fatta. Madian lo guardo sorpreso:

- Ma che stai facendo?! – chiese. L’altro ridacchiò tranquillo:

- Una foto ricordo di questo bel gruppetto!! Davvero, questa sarà l’azione più interessante della mia vita, ne sono quasi certo: non posso avere un vostro ricordo? E poi, con queste tre signorine così belle e deliziose… - mormorò rimediandosi addirittura tre occhiate assassine. Si guardò attorno scioccato: - Ma che ho detto…?! -

 

Signore, non ve la prendete se non aggiornerò più con la frequenza di prima ma ho già 3 esami fissati e caterve di roba da studiare, oltre a dover preparare un discorso di almeno 10-12 minuti su un argomento che mi fa ogni giorno più schifo! Comunque non allarmatevi, la storia la porto a termine, eccome se la porto a termine!! Muoio dalla voglia di svelarvi tutto l’arcano…

 

Earinë: Ragazza, i miei personaggi femminili sono testardi almeno la mia metà. Adesso hai una vaga idea di chi hai di fronte?? E del grado di esaurimento nervoso al quale ho portato il mio ragazzo prima di decidermi?! Che sant’uomo… Sinceramente anch’io avevo voglia di pubblicare, e non solo per mandare grattini virtuali ai felini di mezza Italia! Adesso mi sento meglio, aaah, la gioia di condividere un po’ di sana follia! Veramente, mi sento come se fossi tornata a casa da un viaggio forzato.

 

Damynex: Casino? Per le troppe scene o per gli intrighi? Magari la seconda, eh? Eh, chérie, l’amor è una cosa meravigliosa! Ma mi sfugge chi è il Peperoncino… Phénice, vero?

 

AyLa: I dettagli arriveranno, cominciano a formicolarmi le dita e devo scrivere qualcosa di piccante prima che si rivoltino tutti! Sono felice che il capitolo ti sia piaciuto, non so quante volte l’ho riletto e corretto, e devo dire che anche a me piace parecchio, anche se ho modificato le scene almeno 5 volte! ^_-

 

Elenim: Non dirlo a me, ho provato a digitare il nome del sito almeno 5-6 volte convinta di averlo sbagliato, non riuscivo a crederci! Visto che ho inserito la foto?! Adesso sì che puoi sbizzarrirti!!

 

Super Gaia: ODDIO!! Non chiamarmi ciccina, ti prego!! È un nomignolo che mi ha appioppato una compagna stronzetta alle elementari e che ho odiato con tutta me stessa, soprattutto quando altri hanno cominciato ad usarlo! Non perché fossi grassottella, anzi, ma si divertivano a vedere che mi infuriavo! Comunque grazie dei complimenti, fanno sempre un casino di piacere! ;p

 

Jennifer90: Sono felice che questa sia stata la prima storia che hai cercato, davvero è un onore! E grazie per i complimenti anche a te, mi lusingate troppo! A presto ^_^

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Capitolo 30
*** Questione di fiducia ***


Questione di fiducia

Questione di fiducia

 

Giovedì notte, villa McKaye

 

Eccola lì, una delle ultime sere della loro convivenza forzata.

Quasi due settimane vicino al paradiso, di questo era certo. E vicino nel senso che dormiva sul suo stesso piano, a poche decine di metri dal suo letto.

Quel pensiero lo faceva uscire di testa da giorni ormai!

Madian si tirò a sedere di scatto, massaggiandosi la testa che sembrava volergli scoppiare, e sospirò affranto.

Ancora non era riuscito a trovare un modo per far capire ad Haydée che di lui si poteva fidare, come poteva essere tanto sciocco da lasciarsi sfuggire quell’occasione ad un passo da lui?!

Si alzò automaticamente per affacciarsi alla finestra aperta e rimase alcuni istanti immobile ad osservare la figura immersa nell’oscurità proprio sotto di lui.

Senza più pensare si infilò una maglietta stropicciata e un paio di pantaloncini sui boxer, suo unico indumento in quella notte estiva, e in un lampo si era catapultato nel corridoio.

 

Arrivò in giardino scalzo, non aveva avuto tempo per pensare anche a qualcosa da mettere ai piedi, troppo preso dal suo reale obiettivo.

Come aveva fatto la ragazza a scendere in giardino senza che nessuno se ne accorgesse era un mistero, se si contavano le stampelle e la sua scarsa mobilità:

- Ciao Haydée. – mormorò piano per non spaventarla. Con sua immensa sorpresa lei non si volse a guardarlo e non sussultò minimamente. Sembrava che sapesse esattamente ogni suo movimento:

- Bella nottata, vero? – rispose semplicemente continuando a guardare il cielo stellato. Lui le sedette accanto sulla panchina e annuì, guardandola intensamente:

- Magnifica, senza dubbio. – fece assorto:

- Non riuscivi a dormire? – volle sapere lei senza guardarlo:

- Più o meno. Qualcosa mi diceva di stare sveglio e di affacciarmi alla finestra. Chissà, il destino… - lei ridacchiò piano:

- Non dirmi che credi in queste scemenze!! – ironizzò tranquilla, lui non si scompose:

- In questo momento sono propenso a credere a qualsiasi cosa… - mormorò rauco desiderando incontrare i suoi occhi scuri, ma lei seguitava a guardare le stelle:

- In India quando ero bambina se ne vedevano ancora di più, e il cielo sembrava un immenso drappo di velluto blu costellato di diamanti. – fece indicando la volta celeste col mento:

- In… India?! – chiese lui, incerto e stupito. Finalmente lei si decise a guardarlo, sorpresa che lui non sapesse:

- Certo! Sono cresciuta in un villaggio vicino a Delhi, non te l’avevo mai detto? – lui scosse il capo, incredulo:

- Quindi… parli l’hindī. – mormorò con gli occhi sgranati. Lei ridacchiò piano:

- Esatto, perché ti stupisce così tanto? – lui abbozzò un sorriso:

- Perché la prima volta che ti ho vista… ho avuto l’impressione che fossi straniera. Poi però ti ho parlato e non avevi accenti strani. – Haydée socchiuse gli occhi, come a volerlo scrutare più attentamente:

- Davvero? Strano, nessuno se ne era mai accorto. Comunque nessuno dei miei genitori è indiano, ho solo una nonna originaria di quel paese, mio padre è inglese e mia madre americana. – poi distolse gli occhi dal suo viso, che quella sera le sembrava addirittura più bello, e tentò di spostare la sua attenzione su qualcos’altro: - Parlavate sul serio quando avete promesso che non avreste più rubato? –

- Sì, almeno io sì. Ma dovrò trovare qualcos’altro da fare per provare la stessa adrenalina, non mi piace la vita monotona! – lei tornò a guardarlo, sorpresa:

- Pensavo la stessa cosa prima del tuo arrivo. –

- Vuoi… vuoi che troviamo qualcosa da… fare insieme? – chiese lui incerto. A quella proposta Haydée si irrigidì e prese le stampelle per andarsene:

- No Madian, è meglio di no. – lui la trattenne per un polso, facendole alzare la guardia:

- Aspetta!… Ne sei sicura? Non… non sarebbe carino passare un po’ di tempo insieme? – cominciava ad agitarsi in maniera assurda, sentiva che gli stava sfuggendo tra le dita e non riusciva a sopportarlo:

- Sicurissima. Ora lasciami, sono stanca e anche tu dovresti andartene a letto, ti aspetta una giornata dura. – il suo sguardo era ancora più tagliente delle parole che le uscivano dalle labbra e il ragazzo non poté fare altro che lasciarla andare. La osservò fare alcuni passi con il cuore gonfio d’angoscia e il battito impazzito:

- Vuoi una mano? Le scale sono scivolose e sarai stanca… - lei non si fermò nemmeno:

- No, grazie. –

 

Haydée si sentiva soddisfatta per come lo aveva tenuto a bada, finalmente riusciva a comportarsi come voleva!

Un istante dopo però si sentì come persa, aveva nuovamente desiderato che lui insistesse, che abbattesse quel muro insormontabile che aveva elevato tra di loro. Per un lungo e sconvolgente attimo aveva desiderato le sue mani su di sé, la sua bocca che da tanto guardava con un misto di odio e desiderio sulla sua, e il suo profumo ad avvolgerla e a stordirla per un’ora, un giorno, una vita.

Dio, cosa le stava succedendo?! Lei non voleva dipendere ancora da un uomo, non voleva affidare ancora il suo cuore a una persona immeritevole!! Non voleva essere usata e gettata via un’altra volta.

- Voglio darti una mano comunque. – Madian la riscosse dai suoi pensieri chinandosi davanti a lei e porgendole la schiena: - Aggrappati, ti porto in camera tua. – era stanca anche di opporgli resistenza, poi si disse che in fondo non sarebbe successo nulla, era una delle ultime notti sotto il suo stesso tetto e prestissimo sarebbe finito tutto. Poteva anche rilassarsi per alcuni istanti:

- Grazie. – mormorò allacciando le braccia attorno al suo collo e lasciando che la sollevasse per le gambe, con sempre le stampelle in mano.

Madian sorrise nell’oscurità che li circondava mentre la portava al piano superiore, la sentiva inspirare ed espirare profondamente, come a volersi imprimere il suo profumo nella mente. Era la stessa cosa che stava facendo lui.

Una volta davanti alla sua porta non si accontentò di lasciarla lì, lungo il corridoio. Spalancò il battente e la portò vicino al letto, mentre lei protestava debolmente:

- Grazie, ma non c’era bisogno di portarmi fin qui, riesco a fare qualche passo dalla porta al letto, e poi… -

- Hai pensato alla richiesta che ti ho fatto? – la interruppe bruscamente lui. Haydée si morse le labbra, pentendosi di averlo lasciato fare:

- Non è il momento Madian, sono stanca e vorrei dormire. – lui la prese per le spalle trattenendola accanto a sé:

- Non ci hai nemmeno pensato? – la ragazza non rispose, limitandosi a chinare il capo nella semi-oscurità. Poteva distinguere il suo profilo solo grazie alla luce che entrava dalla finestra aperta: - Per quale motivo Haydée? Perché non ti importa niente di… - lei lo interruppe:

- Per favore Madian… ti prego non dire altro. – mormorò stanca. Gli occhi del ragazzo si accesero di una luce nuova:

- Come vuoi, ma prima… - mormorò rauco, poi con un gesto irresistibile la strinse tra le braccia e chinò il capo per sfiorarle il viso: - Desidero… baciarti. – quella confessione così diretta e inaspettata la mandò nella confusione più totale. Già essere completamente addossata a lui era sufficientemente sconvolgente, ma ritrovarsi le sue labbra nuovamente a sfiorare le proprie era troppo.

Prese a divincolarsi, anche se con poca convinzione, ma lui non la lasciò andare:

- Se non vuoi non ti obbligherò. – fece in un sussurro impercettibile. Lei sembrò calmarsi e smise di lottare per liberarsi. Dopo un istante la sentì tremare leggermente:

- Lasciami andare Madian. – sussurrò incerta. Lui scosse il capo mentre erano fronte contro fronte:

- Io… non posso… - ed era vero. Stringerla tra le braccia era l’unica cosa che bramava in quel momento, era un desiderio più impellente dell’aria per respirare. E sentire quel calore contro di lui, quel corpo sinuoso dalle morbide curve delicate, e il suo respiro leggermente affannato… Almeno ora so che non le sono indifferente…

 

Haydée si sentiva sempre più leggera. Non sapeva come né quando, ma aveva posato le mani sulle sue spalle, e mosse quasi con timore le dita, sussultando.

Il corpo caldo, premuto contro il suo, era incredibilmente solido e sembrava aderire perfettamente al suo. Quelle spalle così larghe sembravano essere fatte apposta per… per… proteggerla… Devo fidarmi?

Deglutì a fatica, per spostare lo sguardo sulle braccia che la stringevano. Erano un comodissimo nascondiglio e le trasmettevano un’ineguagliabile sensazione di sicurezza… Posso fidarmi?

Staccò la fronte dalla sua e alzò incerta lo sguardo verso di lui.

Vide i suoi occhi brillare nell’oscurità e un lieve sorriso increspargli le labbra… già, le labbra… sembravano così morbide, fresche e invitanti…

 

Col cervello ormai svaporato alzò una mano tremante e prese a sfiorargli il contorno della bocca, per poi spostarsi sul mento e sulle guance.

Aveva la pelle fresca, leggermente ispida a causa della barba che doveva aver fatto quel mattino. Madian teneva gli occhi chiusi e faceva lunghi e profondi respiri, mentre vagava piano con le mani sulla sua schiena e sui suoi fianchi.

All’improvviso il ragazzo emise un leggero mugolio, come di soddisfazione, e lei interruppe le carezze.

 

Due zaffiri lucenti tornarono ad osservarla, comunicandole una muta richiesta, e non poté fare a meno di proseguire la sua esplorazione.

Riprese a sfiorargli il viso, delineando il contorno degli occhi e degli zigomi, per poi scendere nuovamente a quelle labbra che la attiravano come calamite.

 

Quando lei tornò a sfiorargli la bocca non riuscì più a trattenersi e le depositò un bacio sulla punta delle dita, socchiudendo le labbra.

Quel gesto, apparentemente innocuo, per Haydée aveva la sensualità di un bacio vero e immediatamente si irrigidì, scostando la mano e uscendo dal sogno morbido in cui era precipitata.

 

Madian la guardò allarmato:

- Haydée, no! – mormorò rauco, devastato dalle sensazioni che aveva provato fino a un istante prima e accentuando la stretta attorno a lei. Ma il momento incantato ormai era volato via e sarebbe stato impossibile farlo tornare indietro:

- Non posso Madian… ti prego lasciami, io non posso!! – e suonava come una supplica.

Dopo una lotta furibonda contro tutte le fibre del suo corpo che gli gridavano di non darle retta, e che in fondo lo voleva anche lei, riuscì ad allentare la presa e a lasciarla andare.

Lei fece un passo indietro e si sedette sul letto pesantemente.

 

Dopo un’infinità posò un ginocchio a terra per guardarla negli occhi e parlò a stento:

- Non rinuncerò così a te. – poi si sporse e le depositò un lungo bacio sulla fronte. La guardò un’ultima volta, poi si alzò di scatto e uscì, lasciandola sola.

 

Haydée guardò il battente chiuso a lungo, con la mente completamente libera e gli occhi inondati dalle lacrime.

 

Ti sei innamorata…

Io… no…

 

~~~~~

 

Venerdì, primo pomeriggio

 

Winter caricò il suo borsone sul fuoristrada di Madian e sbuffò scostando i capelli dal collo. Quel caldo infernale la faceva impazzire!

Quando si volse per andare a salutare Phénice e Haydée, si trovò Mitja a meno di un metro. Inarcò un sopracciglio quando lo vide abbandonare un borsone a terra:

- Vorrei stabilire una tregua, almeno per oggi. Abbiamo cose più importanti da fare che continuare a evitarci. – lei si strinse nelle spalle:

- Più che giusto. – rispose telegrafica, poi lui le porse la mano destra:

- Allora pace? – lei tentennò un istante, poi la strinse:

- Pace… ma solo temporanea. Per Crystal. – il ragazzo annuì:

- Per Crystal. – mormorò serio. Non era per niente soddisfatto del patto, ma da quello poteva ricominciare un dialogo. O almeno così sperava…

 

- Allora ragazzi, pronti per la nostra spedizione punitiva?! – esclamò Faust uscendo dalla villa con la sua valigia, il solito sorriso allegro e gli occhiali da sole. Phénice lo guardò sorpresa:

- Sembra che stia partendo per una vacanza, altro che spedizione punitiva! – mormorò ad Haydée accanto a lei. La mora annuì distrattamente, impegnata in uno scambio di occhiate roventi con Madian:

- È il suo lavoro, non sei entusiasta anche tu quando guardi un bel quadro? – a parlare era stato Arkel, l’ultimo ad uscire dalla villa. La ragazza lo guardò incerta e mormorò un assenso mentre lui si dirigeva verso il fuoristrada.

Lo osservò per un po’, mordendosi un labbro, poi quando lo vide allontanarsi per guardare il mare gli corse dietro:

- Aspetta! – cinguettò per fermarlo. Lui si bloccò sui due piedi e la guardò in tralice, giocherellando con qualcosa nella tasca dei jeans:

- Che c’è? – chiese con la sua migliore aria burbera. Phénice si imbronciò:

- Perché devi essere così scorbutico? – lui si strinse nelle spalle, distogliendo gli occhi da lei: - Io… beh, volevo solo augurarti una buona fortuna. – mormorò imbarazzata. Arkel inarcò un sopracciglio e la guardò:

- Grazie. – mugugnò di rimando. Lei si volse per andarsene, ma non le piaceva il modo in cui si stavano lasciando. Tornò a guardarlo e si stupì di trovarlo ad osservarla:

- Stai attento, mi raccomando. –

- Non vedo perché dovresti preoccuparti! – sbottò acido:

- Insomma, si può sapere che ti ho fatto?! – la rossa stava perdendo le staffe, non le piaceva il suo comportamento, e non le piaceva sentirsi parlare così. E poi perché la teneva così a distanza?!

- Nulla… - mormorò lui calciando una minuscola pietruzza sul selciato e tenendo lo sguardo basso. Phénice sospirò. Uomini!

Poi decise che quello che si erano detti non era sufficiente e si avvicinò, alzandosi sulle punte dei piedi per depositargli un bacio su una guancia:

- Parlo sul serio, stai attento. – mormorò dolcemente accarezzandogli il viso mentre il cuore le strombazzava impazzito, poi si volse di scatto e corse via, raggiungendo Haydée.

Arkel la guardò sorpreso, deliziato e spazientito. Piantala di tentarmi!!

 

Nel frattempo Madian ne aveva approfittato per avvicinarsi ad Haydée:

- Allora io vado. – lei annuì evitando in tutti i modi il suo sguardo:

- Fate attenzione, e mi raccomando legate subito le mani dietro la schiena a Chung, è veramente importante. Per sicurezza anche a sua moglie, non si sa mai. E teneteli distanti l’uno dall’altro, se non si vedono e non si parlano è meglio. – lui sospirò, leggermente esasperato:

- Non preoccuparti, ricordo tutto alla perfezione, come pure tutti gli altri. Ti fidi? – la ragazza rimase spiazzata dal doppio senso potenziale di quella domanda, ma si impose di pensare solo a quello cui lui sembrava fare riferimento:

- Si…sì, mi fido… beh, fate attenzione comunque. -

- Ok, allora ciao. -

- Sì, ciao. – mormorò mentre ancora tentava di non guardarlo. Madian le baciò rapidamente la fronte stringendole una spalla, poi si allontanò e si volse solo per salutare i suoi con un cenno del capo.

Maximilian e Rachel erano usciti per le ultime raccomandazioni e si affiancarono alle due ragazze.

L’uomo le prese entrambe per le spalle:

- Andrà tutto bene ragazze! – esclamò entusiasta: se sua moglie non lo avesse bacchettato dicendogli che il tempo per quelle bravate per lui era passato, probabilmente sarebbe partito anche lui!

Haydée lo guardò cupa:

- Lo so, il problema è che volevo esserci anch’io. – mormorò tra i denti mentre si volgeva per rientrare nella villa.

Phénice rimase ancora un istante per dare l’ultimo saluto ai cinque “giustizieri”, poi seguì la mora all’interno dell’abitazione.

 

La trovò in salotto, intenta ad osservare il bellissimo pianoforte a coda nero in un angolo della sala, vicino ad un’ampia vetrata:

- Sarebbe bello che ricominciassi a suonarlo. – Haydée si volse distrattamente, con un sorrisetto divertito dipinto sulle labbra:

- Per carità, rischio di far scoppiare tutti i cristalli della villa! – la rossa rise divertita:

- Ma và!! Lo so che sei bravissima, piantala di sminuirti! – la mora scosse il capo:

- Questo non toglie il fatto che non mi va… piuttosto, che ne dici di spaparanzarci al sole? Ho voglia di rilassarmi! Intanto mi racconti qualcuna delle tue scemenze, è un po’ che non mi dici niente riguardo ai tuoi progetti lavorativi… come sta il prof. Rubens? -

- Ma quali scemenze?!! Il professore sta bene, a parte i soliti acciacchi dell’età… gli è venuto un colpo quando gli ho detto che partivo per un viaggio improvviso, ho dovuto dire che andavo dai miei per alcuni problemi familiari… altrimenti sai la sfuriata!! È una fortuna che in agosto non ci siano corsi e che l’università sia chiusa per metà mese, altrimenti non me la sarei cavata così a buon mercato! In ogni caso quando tornerò mi ha detto che dovrei fare un colloquio, niente di importante… - Haydée sgranò gli occhi sorpresa:

- Hai un colloquio e me lo dici così?!? Avanti ragazzina, seguimi e vuota il sacco! – esclamò cancellando tutto il resto dalla mente, mentre si dirigeva verso il giardino.

 

 

AyLa: Guarda, dispiace moltissimo anche a me, però purtroppo ho dei tempi abbastanza stretti per fare le mie cose… in ogni caso farò del mio meglio per non farvi sentire la differenza, vi ho semplicemente avvertite perché non pensiate che voglio abbandonare la storia, tutto qui! Ah sì, adesso sei interessata a tutti, eh? Bene, bene… (mi sto sfregando le mani…) era proprio quello che volevo!! Preparati a vedere scintille… eheheh!

Sai, se all’università ci fosse un’aula computer per poter scrivere nei tempi morti sarebbe tutto più facile, anzi penso che aggiornerei più spesso :p! Il problema è che è sempre chiusa, la possiamo aprire solo noi studenti prendendoci la responsabilità di eventuali problemi, e sinceramente non me la sento di rimetterci per qualche cretino (e ce ne sono tanti lì da me…) che va a vedere siti VM 18 e che così infila virus a ogni angolo. Che gente ragazza mia, che gente!

 

Elenim: Scusami se non ho messo altri particolari di come erano disposti, ma almeno puoi sbizzarrirti a tuo piacimento! Affare fatto: io pubblico e tu dipingi. Alla prossima!

 

Damynex: Ah, secondo te si sta sistemando… male, molto molto male!! Che dire, adoro il mio trio delle meraviglie, mi piacciono ogni giorno di più! Staremo a vedere come li sistemo, ho in mente qualcosa di diabolicamente interessante…

 

Super Gaia: Grazie, qualsiasi altra cosa andrà bene, ma non c’è bisogno di scusarsi, figurati! ^_^

 

Earinë: Ha ragione la tua compagna di banco, come si fa a infierire su una che non può difendersi direttamente?!? (ma se sbuca fuori dallo schermo sono cavolacci tuoi, spero che tu sia assicurata perché è vendicativa) Ok che è veramente zoppa, povera sfigata, ma andare a spiattellarglielo in faccia!! Per inciso, l’ho fatto anch’io, infatti intrattengo una fitta corrispondenza criptata con lei e ci stiamo insultando amorevolmente, nella speranza che qualcuno con la lingua lunga non le vada a spifferare il mio indirizzo. Perciò il mio è un consiglio, non un rimprovero!

Siete sempre di più ad adorare Arkel, il fatto è che sono io ad essermi innamorata di lui… Mi è passata la cotta per Madian, adesso sarà un problema farlo tornare protagonista, anche se un paio di ideuzze per risvegliarlo dal suo torpore roseo le avrei…

Crepi il lupo, ti riferisci al pianoforte? Eh sì, lo penso anch’io: probabilmente avrei sfogato la mia vena artistica senza capitarvi qui tra capo e collo, seccante non trovi? Non ho saputo resistere e l’ho infilato anche nella storia, adoro la musica.

Mi stanno venendo più lunghe le risposte ai tuoi commenti dei capitoli della storia: preoccupante…

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Capitolo 31
*** Spedizione punitiva ***


Spedizione punitiva

Spedizione punitiva

 

Venerdì, tardo pomeriggio, appartamento imprecisato nei sobborghi

 

Winter scese dall’auto e si guardò attorno leggermente schifata. Il posto era malfamato, sporco e maleodorante. Per strada c’erano delle facce da mettere spavento al secondino più stronzo, e inconsciamente cercò la mano di Mitja.

Avvertendo quel contatto caldo lui si volse a guardarla e le sorrise appena:

- Postaccio, eh? Dai, l’interno è meglio! – le lasciò la mano per circondarle la vita, in modo da infonderle una maggiore sicurezza, poi si avviò ad una palazzina anonima seguendo gli altri tre ragazzi.

Dopo varie rampe di scale semi-pericolanti Faust si piazzò sorridendo davanti a una porta che aveva tutta l’aria di essere blindata e le parlò rassicurante:

- Lo so che la zona ti ha fatto paura, ma ti assicuro che dentro è tutta un’altra cosa! – bussò un paio di volte e attese che qualcuno lo osservasse dallo spioncino, poi la serratura scattò con un rumore sordo e Winter rimase di stucco.

 

L’interno dell’appartamento, che in realtà erano due uniti, era elegante quanto l’interno dello studio ovale alla Casa Bianca.

Muri perfettamente tinteggiati in un bianco candido, parquet lucidati, divani in pelle nera dall’aspetto ultra-comodo, scrivanie in legno massiccio e superfici a specchio, oltre a computer di ultima generazione, riempivano le stanze.

Alle pareti quadri di ogni tipo spaziavano dall’impressionismo al cubismo, ogni stanza il suo genere.

Nell’aria si spandeva una musica tenue, sembrava qualcosa sul genere del jazz o simile, e ad ogni angolo libero si trovavano piante di ogni tipo e dimensione:

- Scusa, dove la troviamo la tua squadra d’assalto?! A giocare a golf col Presidente o a un tè con la Regina? – ironizzò la bionda una volta ripresasi dalla sorpresa. Faust rise divertito:

- Calmati donna, sono in sala riunioni! Ho già dato precise istruzioni e i migliori sono tutti qui. – esclamò aprendo una porta e rivelando una stanza avvolta dalla penombra.

L’oratore all’interno della sala si interruppe immediatamente e lo salutò, facendo accendere la luce e invitandoli ad accomodarsi:

- Stavamo dando una ripassatina, volete unirvi a noi? – chiese un tipo robusto, belloccio e con un paio di occhialini da primo della classe che gli stavano malissimo:

- Certo Simon, prima però vorrei presentarvi i nostri “cani da riporto”: questi tre loschi figuri già li conoscete, mentre questa adorabile signorina è Winter Finlay, siamo in missione per aiutarla a ritrovare sua sorella Crystal. – i quattro interessati lo incenerirono, mentre i presenti li salutavano amichevolmente:

- Cani… da… riporto? - sillabò Arkel imbufalito:

- E dai, non è forse il vostro compito?! Noi vi portiamo alla base del cinese, voi pescate chi vi pare e poi con una ritirata degna dello sgancio della bomba atomica ci lasciamo alle spalle il nulla. Non va bene?! – il ragazzo sbuffò, ignorandolo, mentre Madian se la rideva:

- Il problema è il nome Faust, non è il massimo… -

- Puah, quante storie!! Dovresti sentire il nome che danno ai casi quelli della CIA o dell’FBI, allora staresti allegro! – borbottò offeso, avvicinandosi al tale di nome Simon:

- Questo è tutto pazzo… - sibilò Winter tra i denti, facendo sghignazzare quelli che le stavano attorno e che la sentirono.

 

Impiegarono quasi due ore per definire tutto nei minimi dettagli: nel palazzo dove erano diretti quella sera c’era l’inaugurazione di quella famosa mostra ad opera di Ya-ching. Avrebbero approfittato della confusione e della calca per intrufolarsi il più rapidamente possibile e solo quando si sarebbero trovati tutti all’interno avrebbero dato il via alle danze.

La parte iniziale era prerogativa di Faust e dei suoi ragazzi, poi sarebbero passati alla seconda fase.

Arkel e Madian avrebbero fatto da apripista, mentre Mitja e Winter avevano il compito di tenersi pronti ad aggredire i due asiatici e a legarli come salami, o se preferite come porchette.

Una volta terminata questa operazione Faust aveva carta bianca, in sostanza poteva fare quello che voleva senza danneggiare il minimo manufatto o un qualsiasi innocente.

Semplice no?

 

Naturalmente era più facile a dirsi che a farsi: quando finalmente riuscirono ad entrare si accorsero che la calca era esagerata, rischiavano di trasformare la spedizione in una carneficina! Ma Faust era un mago nel suo mestiere.

Sparpagliò uomini in ogni sala, tenendo con sé Winter e gli altri, poi si sistemò al centro di un salone, di fronte a un vaso splendidamente dipinto e attese il momento perfetto col sorriso sulle labbra. Dopo un po’ guardò l’orologio:

- Sorridete ragazzi, si va in scena! – senza farsi notare fece un cenno a uno dei suoi uomini e attese. Quest’ultimo prese a passeggiare con aria assente, fece finta di inciampare e urtò l’allarme antincendio, scatenando il panico.

Immediatamente le uscite vennero prese d’assalto, creando la confusione più totale, mentre gli uomini di Chung tentavano in tutti i modi e inutilmente di ristabilire la calma.

 

Faust aveva avuto sin dall’inizio il controllo della situazione: la maggior parte degli sgherri del cinese erano sotto tiro ai suoi uomini, la gente era uscita quasi tutta e i padroni di casa erano ancora in circolazione, li vide Mitja infilare una porticina seminascosta da un arazzo.

Immediatamente si slanciarono all’inseguimento, pistole e mitragliette alla mano, mentre Faust li seguiva per sicurezza.

Dopo essersi liberati degli ultimi scimmioni con gli occhi a mandorla raggiunsero un immenso garage sotterraneo e videro una limousine nera sgommare in direzione dell’uscita.

Madian e Arkel presero la mira attentamente, e fortunatamente uno di loro riuscì a colpire una gomma facendo sbandare il veicolo che andò a scontrarsi contro un pilastro.

 

- Che cecchino! – esclamò Arkel soddisfatto. Madian lo guardò storto:

- Ehi, guarda che sono stato io a colpirla! – l’altro si inalberò:

- Ti sbagli amico, sono stato io! – Faust si frappose tra loro:

- Ragazzi, non mi sembra il momento di giocare a chi è più macho. Guardate un po’ Mitja e Winter e prendete esempio da loro! – esclamò correndo in direzione dell’auto seguendo a ruota i due biondi.

 

Mitja spalancò la portiera dei passeggeri e infilò un braccio nell’abitacolo, ma lo ritrasse dopo un istante con un urlo di dolore: Chung lo aveva ferito con un pugnale e ora era sceso puntandoglielo contro:

- Devo ammettere che siete stati bravi, ma non mi avrete ragazzini! – sibilò con voce apparentemente calma. Poi chiamò qualcuno all’interno dell’auto, ma gli rispose solo un gridolino strozzato di donna, segno che il suo uomo era incosciente. Biascicò una bestemmia tra i denti quando si vide puntare contro una pistola:

- Getta quel pugnale! – sbraitò Winter con le lacrime agli occhi mentre tremava come una foglia: - Ho detto getta quel pugnale!! – il cinese la guardò con un sorrisetto sardonico, valutando che era troppo in preda al panico per riuscire anche solo a premere il grilletto:

- Mia cara signorina, noi non ci conosciamo e dovrebbe darmi del lei lo sa? – la ragazza fremette per la voglia di sparagli a sangue freddo:

- Invece ci conosciamo, Chung En-Liu. – mormorò con voce cupa. Dietro di lei si materializzò Faust:

- Faresti meglio a darle retta, signor mafioso, sei sotto tiro, e non è un modo di dire! – esclamò con un sorrisetto poco rassicurante mentre gli puntava contro una mitraglietta. Il cinese smorzò il sorriso:

- Un altro passo e lo sgozzo! – sibilò puntando il coltello alla gola di Mitja, mentre il ragazzo si appoggiava all’auto con la testa che girava per il dolore all’avambraccio.

 

Erano in una situazione di stallo e sarebbe stato difficile uscirne quando le luci del parcheggio si spensero all’improvviso, facendoli piombare nell’oscurità.

Un attimo dopo sentirono un colpo attufato e un grido provenire dal cinese, poi le luci si riaccesero e Faust si lasciò sfuggire un sorrisetto:

- Era ora che vi svegliaste anche voi! Ma, Madian, non c’è bisogno di spezzarglielo quel braccio, basta torcerglielo un po’… - commentò guardando il ragazzo che teneva un ginocchio sulla schiena del mafioso, steso a terra in una posizione molto poco onorevole:

- Quante storie fai! Dammi una mano e allungami la corda invece, ti assicuro che non mi sto divertendo! – esclamò soddisfatto di sé e della sua idea, mentre Arkel si avvicinava sbuffando:

- Sto diventando l’uomo degli sbalzi di corrente, e questo non mi piace per niente… sminuite la mia professionalità in questo modo! – borbottò poco soddisfatto del suo ruolo e infilandosi nella limousine per prelevare la moglie di Chung, mezza svenuta per lo spavento e la paura, mentre Faust controllava la presenza di eventuali terzi incomodi:

- Pensa positivo, almeno tu non ti sei fatto tagliuzzare da questo schifoso. – sibilò Mitja incazzato nero. Madian tirò in piedi il colpevole del ferimento e il ragazzo gli si parò di fronte: - C’è una cosa che desideravo fare da tempo… - non fece in tempo a finire l’ultima parola che aveva già tirato un pugno in pieno viso a cinese, spaccandogli un sopracciglio:

- Ehi, vacci piano, è un prigioniero di guerra non un sacco per la boxe! – lo rimproverò Madian. Mitja sbuffò guardando gli occhi a mandorla dell’uomo che aveva rovinato la famiglia di Winter:

- Me ne sbatto altamente, aspettavo da 17 anni di spaccargli la faccia a questo stronzo! – poi si allontanò per controllare la ragazza.

Winter se ne stava seduta a terra, lo sguardo luccicante di vendetta:

- Tutto bene? – le chiese inginocchiandosi davanti a lei. Annuì e gli guardò il braccio:

- Siediti, sarà meglio fasciarti quella ferita. – mormorò riprendendosi.

Quando ebbe terminato la fasciatura provvisoria lo guardò e incontrò un sorriso dolcissimo:

- Grazie Winter. – lei scosse il capo, vagamente imbarazzata:

- Figurati, lo avresti fatto anche tu per me. – mormorò alzandosi e aiutandolo, mentre Madian si avvicinava:

- Mitja te la senti di guidare? Sai, per la storia di tenerli divisi, voi potreste usare l’auto di Winter che abbiamo recuperato oggi… - il biondino si alzò ormai calmo:

- Certo che me la sento! E Winter sarà con me, vero? – si volse con un sorriso e le circondò le spalle col braccio sano, attirandola a sé e stampandole un bacio sulla fronte:

- Ok. Muoviamoci, non vedo l’ora di essere alla villa. – borbottò la bionda distogliendo lo sguardo dai due cinesi insaccati e avviandosi verso Simon che era arrivato per controllare la situazione.

 

Quando finalmente uscirono la ragazza alzò gli occhi al cielo. In quel momento si sentiva vicina a sua sorella come non accadeva da 17 anni:

- Arrivo Crystal. – mormorò adocchiando Chung mentre veniva caricato nel baule del fuoristrada di Madian.

 

~~~~~

 

Sabato mattina, all’alba, villa McKaye

 

Haydée aprì gli occhi lentamente, mentre una luce tenue le batteva sulle palpebre.

Quando riuscì a mettere a fuoco la figura seduta sul letto accanto a lei si tirò a sedere di scatto coprendo col lenzuolo le spalle lasciate scoperte dalla sottoveste azzurra che indossava:

- Buongiorno Haydée. – le disse sorridendo. Lei scostò i capelli spettinati dal viso, sgranando tanto d’occhi:

- Madian… allora… è andato tutto bene? – mormorò trattenendo a stento un sorriso e lottando per non gettargli le braccia al collo. Era strano come fosse stata colta da un impulso primordiale a quell’ora del mattino, mentre si trovava nel letto un uomo con i primi tre bottoni della camicia slacciati che la guardava con un sorrisetto provocatorio, i capelli neri che facevano venire voglia di affondarvi le dita e gli occhi lucenti che le accarezzavano il viso… In effetti non è poi così strano…

- Perfettamente… stiamo tutti bene, a parte Mitja che si è fatto un graffietto da niente. – lei deglutì a fatica, pregando che quella tortura sensuale finisse presto:

- E Chung? – il ragazzo annuì:

- Lui e sua moglie sono nel seminterrato, in due stanze separate. Puoi cominciare quando vuoi. – Haydée annuì colta da un attimo di euforia e senza pensarci si scoprì scendendo dal letto.

Si rese conto un istante dopo il necessario che era praticamente nuda, con addosso solo le mutandine e una sottoveste che non faceva molti sforzi per coprirla.

Si alzò in piedi rigidamente, sperando che lui se ne stesse fermo e tentando di recuperare almeno una stampella, ma si sentì afferrare per la vita da due mani decise:

- Aspetta… - lo sentì mormorare, rauco e dolce. Chiuse gli occhi e si lasciò attirare contro di lui, dimentica di tutto.

 

Madian seguitò a rimanere seduto, le circondò la vita con entrambe le braccia dopo averla fatta voltare verso di sé e la strinse, appoggiando la fronte al suo ventre e gustandosi l’attimo. Haydée abbassò lo sguardo e le sfuggì un sorriso. Era… rassicurante…

Alzò una mano tremante e non resistette all’impulso di accarezzargli i capelli, delicatamente.

Lo sentì fare un respiro profondo e sospirare soddisfatto. Sembrava che non desiderasse altro che quello, e si scoprì felice di sentirlo così rilassato. Doveva essere stata una nottataccia…

Interruppe i propri pensieri quando lui alzò il capo per guardarla e sorriderle, poi si scostò appena da lei e la attirò inesorabilmente, facendola sedere su una sua gamba.

 

Si guardarono negli occhi a lungo mentre Madian la contemplava con aria estatica, era così bella appena sveglia, con i capelli selvaggi e il viso rilassato.

Lentamente affondò il viso nell’incavo del suo collo, aspirando il profumo dolce della sua pelle con voluttà e accarezzandole un fianco. Sentiva le sue dita sottili ancora intrecciate ai suoi capelli, il seno morbido e caldo premere contro il suo petto, e si sentì completamente rilassato.

Niente poteva togliergli la certezza di essere ricambiato, altrimenti ora non sarebbe stato in quella posizione, con la donna che amava seduta in grembo, li viso affondato nel suo collo e quella pelle morbida, tutta da mordicchiare, a contatto con le labbra…

Quel pensiero improvviso risvegliò i suoi istinti più profondi, facendogli emettere un mugolio di piacere.

Ascoltò assorto il cuore della ragazza a pochi centimetri dal suo orecchio: martellava come impazzito, come solo il suo sapeva fare, e gli sfuggì un sorriso. Lo ricambiava, in tutto e per tutto. E allora perché non si abbandonava a quel sentimento? Cosa c’era che non andava?

Mentre era perso in tali congetture gli venne naturale socchiudere le labbra e respirarle addosso, stringendola possessivo con un braccio e spostando una mano su una sua gamba nuda; capì di averle fatto girare la testa quando la sentì accentuare la stretta sulla sua spalla:

- Mmmh… Haydée… - mormorò rauco, staccandosi appena da lei e osservandola con gli occhi velati dal desiderio.

Lo sguardo gli cadde sulle labbra della ragazza, morbide e rosee, appena inumidite… smaniava per averle…

Si mosse per baciarla ma due dita posate sulla bocca lo fermarono per l’ennesima volta:

- N-no… - Haydée chiuse gli occhi e deglutì, poi tornò a guardarlo: - Dobbiamo andare, è tardi. – poi si sciolse dall’abbraccio e si mosse rapidamente, prendendo una stampella e alzandosi: - Se non ti spiace, vorrei vestirmi. – cercava di apparire fredda e scostante, ma la voce le tremava. Lui non tentò di trattenerla, ormai certo che l’avrebbe avuta anche senza forzare gli eventi:

- Sicura? – mormorò alzandosi e accostandosi a lei, mentre le prendeva una mano per portarsela al cuore che martellava fuori controllo. Lo so che lo senti, non puoi fare finta di niente…

La ragazza deglutì e distolse lo sguardo da lui, senza staccare la mano dal suo petto:

- S-sì… sono sicura. – Madian annuì, la lasciò andare e si allontanò col cuore in tumulto. Avrebbe voluto restare, ma non voleva rischiare di spaventarla un’altra volta:

- Ok… ti aspetto alle scale, così ti aiuto. – le fece un ultimo sorriso e uscì dalla stanza, mentre non riusciva a trattenersi dal sorridere come uno scemo.

Arkel lo guardò storto mentre passava lungo il corridoio, gli fece un gesto osceno e se ne andò ridacchiando, mentre l’altro tentava di fermare la tachicardia.

 

Haydée si sedette su una poltroncina con aria stravolta. Si portò una mano al collo, dove lui si era comodamente rintanato, e chiuse gli occhi.

Le sembrava di sentire ancora quella mano vagarle sulla gamba scostando maliziosamente la sottoveste, le dita che le stringevano la vita, e il suo alito caldo sulla pelle rovente…

Spalancò le palpebre e trattenne il fiato.

 

Te l’avevo detto, ti sei innamorata!

Non dici nulla?

Devo… andare…

… Testona, ti fai del male… e ne fai a lui.

No…

E allora?

Niente.

 

~~~~~

 

Mezzora dopo raggiunse il pian terreno e trovò Winter e Mitja seduti su un divano in silenzio:

- Chi li controlla? – chiese in tono di comando, riferendosi ai due prigionieri di guerra:

- Arkel e Faust, il pazzoide è voluto rimanere con noi. – rispose il russo. Haydée annuì:

- Voi state bene? -

- Benone, grazie. Però Winter non se la sente… - la mora spostò lo sguardo su quella che le era sempre parsa una fredda ladra e capì che era sufficientemente sconvolta. Le rivolse un sorriso comprensivo:

- Più che giusto. Ce ne occuperemo noi, non preoccupatevi. –

- Ok… tieni questa, potrebbe servirti. – fece prendendo una fotografia dal portafogli. Haydée si ritrovò ad osservare una ragazzina sorridente identica a Winter, ma con gli occhi azzurri: - È Crystal. – mormorò Mitja con un sorriso triste. La ragazza annuì, strinse la mano alla bionda per confortarla, poi si volse e seguì Madian nel seminterrato. Vennero raggiunti da Maximilian:

- Vengo a darvi una mano ragazzi, Rachel intanto si occuperà di Winter. Poverina, è parecchio sottosopra… - la ex ladra annuì:

- Siete i nostri angeli protettori, grazie infinite! – mormorò con un breve sorriso mentre zampettava ancora con le stampelle:

- Figurati! – l’uomo le sorrise rassicurante, poi diede una pacca sulla schiena a suo figlio. Sembravano entrambi diversi…

 

 

Sono nera di rabbia, non riesco a rispondere alle mail!! Abbiate pazienza, sono in silenzio stampa forzato ma spero che la cosa si sistemi al più presto. Intanto se volete scrivermi qualsiasi cosa andate al blog, ho messo il collegamento nella mia pagina. L’ho creato il 18, è praticamente vuoto! Se volete metto l’opzione che potete inserire messaggi anche voi, non solo commenti. Anzi, al primo minuto libero la metto, se riesco a venirne a capo. Ok, calmatevi! Adesso la pianto!

Anzi no: come avrete sicuramente notato ho superato i 30 capitoli, e voi avete superato le 150 recensioni. GRAZIEEE!! Sta venendo troppo lunga? Mah, io comunque mi diverto troppo a scrivere di questi svitati…

 

AyLa: Mmh… non lo so… magari un premio fedeltà visto che non hai mai saltato di recensire neanche un capitolo (e qui mi inchino profondamente)… ad esempio c’è Madian qui che vorrebbe mandarti un bacio quale sua prima ammiratrice, ti dispiace? Sto scrivendo su di lui ora, sta affrontando una situazione difficile e strana e si sente depresso, vuoi coccolarlo tu o mi devo arrangiare?! Se ti è piaciuta quella del cap. 30 chissà questa!

 

Earinë: Non sono i tuoi commenti a essere lunghi, sono io a dilungarmi nelle risposte! E dire che alle superiori avevo fama di essere poco prolissa in qualsiasi cosa che facevo… Eheheh, il catenaccio cigola, ma ancora non cede come hai visto! Preparati a un po’ di movimento…

 

Elenim: Sono la specialista delle interruzioni ormai, il fatto è che sto cercando il momento e il luogo perfetto perché succeda quello che tutte aspettate con impazienza, e credo di averlo trovato. L’ispirazione è tornata a fare il suo dovere, e speriamo che continui! Scrivo sempre con una buona scorta di capitoli, ma ero arrivata ad aver pubblicato l’ultimo del magazzino e a non averne di pronti: panico!! Spero di aver fatto sufficientemente in fretta per i tuoi gusti. A presto!

 

Super Gaia: Grazie per l’ennesima volta!

 

Damynex: Mi dispiace, qui niente Phénice e Arkel! Ma presto faranno parlare di loro, non preoccuparti!

 

Jennifer90: Phénice ha un po’ di difficoltà con la chiusura e la riapertura di conti, ma ci penserà qualcun altro a facilitarle il compito (se non si è notato, è un microscopico spoiler!). Gli altri due mi stanno facendo saltare i nervi, adesso gli facci io un piccolo scherzetto… Grazie per i complimenti, mi inchino 1, 2, 10 volte! Poi basta perché la schiena alla mia veneranda età si fa sentire… bye!

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Capitolo 32
*** Whereabouts ***


Whereabouts

Whereabouts

 

Sabato mattina, seminterrato villa McKaye

 

Il seminterrato era umido, piuttosto freddo per quella stagione e scarsamente illuminato. Se le due stanze erano intonate all’ambiente circostante erano una tortura già sufficiente.

Madian si fermò davanti a una porta e gliela indicò:

- Qui dentro ci sono Arkel e la donna, Ya-ching. Vuoi entrare subito o preferisci aspettare ancora un po’? – Haydée lo guardò negli occhi. Ostentava sicurezza, ma sembrava preoccupato per lei:

- No, vado subito. Prima però fai uscire Arkel, devo chiedergli un favore. – il ragazzo entrò e dopo un istante ne uscì il suo collega:

- Che c’è? -

- Com’è l’illuminazione? – il ragazzo guardò Maximilian per un istante, l’uomo si strinse nelle spalle così rispose:

- C’è una lampada al neon attaccata al soffitto, ma non capisco cosa possa interessarti. -

- Mi serve uno di quei lampadari da scrivania, con una lampadina normale… diciamo sui 75 o 80 watt. C’è un tavolo? -

- No, ma posso farti avere un tavolino da giardino. – intervenne Maximilian:

- Perfetto, deve essere messo davanti alla donna, e la lampadina deve puntarle direttamente negli occhi, poi spegneremo il lampadario. – l’uomo si allontanò per farle avere tutto e Arkel la guardava sorpreso:

- Si direbbe che tu sia una “habitué” degli interrogatori… a che ti servono tutte quelle cose? – Haydée gli lanciò un’occhiata saccente:

- A non essere vista in volto e ad evitare così una futura quanto odiosa vendetta, ma soprattutto a mettere l’interrogato a disagio e perciò in agitazione… impara! – esclamò facendogli il verso per quello che aveva detto a Mitja il giorno della gita in barca. Arkel ridacchiò e in quel momento uscì Madian.

Spostò lo sguardo dall’uno all’altra, sorpreso di trovarli a ridere:

- Ha chiesto dell’acqua, vai tu a prenderla? – Arkel annuì allontanandosi e lasciandoli soli:

- Non dargliela, ho in mente un modo per convincerla a cantare. – Madian la guardò attentamente:

- Ok… ti diverti con Arkel? – esordì con voce strana. Haydée lo guardò sorpresa:

- Ho fatto una battuta, che c’è? – il ritorno di Maximilian li interruppe:

- Ecco, Madian porta tutto dentro e accendi la lampadina, poi entrerà Haydée. – il ragazzo annuì e lanciò un’ultima occhiata espressiva alla ragazza, poi richiuse la porta alle sue spalle.

Quando ebbero preparato tutto i ragazzi uscirono e la lasciarono entrare, chiudendole la porta alle spalle:

- Credete che ce la farà? – chiese Maximilian. Arkel si strinse nelle spalle:

- Sicuramente. – rispose Madian incrociando le braccia e preparandosi all’attesa.

 

Dopo aver fatto un paio di passi lenti all’interno Haydée guardò la donna, seduta su una sedia e perfettamente legata.

Aveva gli occhi sbarrati e colmi di paura, si aspettava qualche tortura folle e sadica probabilmente. Con assoluta calma si avvicinò al tavolino in modo da essere esattamente dietro alla luce e non essere vista nemmeno per sbaglio, posò le stampelle sulla sedia e si aggrappò a questa per rimanere in piedi. Poi la cinese parlò:

- Cosa volete da me? Lasciatemi andare! – aveva il pianto nella voce. La ragazza non diede il minimo segno di pietà e parlò con voce calma e pacata:

- Voglio un’informazione, Ya-ching, e sappia che la otterrò. – la donna sgranò gli occhi. Erano due begli occhi, ma erano dilatati per il terrore:

- Come sai il mio nome?! – sbraitò, ma si calmò immediatamente quando vide che la ragazza posava due bicchieri di carta e una bottiglietta d’acqua fresca di frigorifero sul tavolo. Deglutì:

- Non ha importanza come lo so. Quello che mi interessa non ha nulla a che fare col suo nome. – poi infilò una mano nella tasca dei pantaloncini e depositò una foto sul tavolo: - Mi dica dov’è. - la donna non la guardò nemmeno:

- Non risponderò ad una sola delle tue domande! Dimmi il tuo nome! – fece isterica. Haydée inarcò un sopracciglio:

- Questo è tutto da vedere… io non ho un nome… anzi sì, mi chiami Black. Proprio così, Black… in pochi sono riusciti a chiamarmi così di persona e hanno potuto salutare una nuova alba. – scosse il capo ridacchiando, poi riprese: - Ma mi dica Ya-ching, lei non aveva sete? – chiese con una nota di scherno nella voce.

 

Quando uscì, dopo più di mezzora, faticava a stare in piedi:

- Ti senti bene? – le chiese immediatamente Madian:

- Sì… sono solo stanca, sono stata sempre in piedi… - lui la fermò, notando che si dirigeva alla porta successiva:

- Accidenti, ti avevamo messo una sedia… - alzò su di lui due occhi lucidi:

- Se chi ti interroga sta seduto non ti senti in soggezione, e non provi alcuna paura. Almeno così mi ha insegnato Yusaf. – mormorò appoggiandosi al muro:

- Yusaf? Chi diamine… non ha importanza, adesso ti siedi e mi dici cosa hai scoperto. – fece dirigendola a una panchetta di legno. La ragazza si sedette passandosi una mano sugli occhi:

- Yusaf, il mio insegnante di Kalaripayat… è presto per dirti qualcosa, prima devo sentire l’altra versione. Fammi entrate da Faust, per favore! – implorò con sguardo deciso. Madian sbuffò guardando Arkel e suo padre  che entravano nella stanza della donna per prendere luce e tavolino:

- E va bene, andiamo. Ma stavolta verrò dentro anch’io – borbottò aiutandola mentre gli altri finivano il trasloco. Quando fece per entrare con lei lo bloccò:

- No, non tu… rimarrà Faust. – mormorò badando a non guardarlo e a nascondergli il suo imbarazzo. Quando la porta si richiuse dietro di lei allargò le braccia esasperato:

- Perché diavolo non vado bene adesso?! – esclamò al battente chiuso. Arkel ridacchiò:

- Scemo, non l’hai capito? La deconcentri… - insinuò con un ghigno divertito. Madian si fece serio, poi gli scappò un sorriso e guardò il ragazzo di sottecchi, grattandosi la nuca:

- Dici? – suo padre già rideva, picchiandogli ripetutamente una mano sulla spalla.

 

Faust la osservava attentamente. Non aveva mai visto una donna fare un interrogatorio, soprattutto una donna così bella…

- Allora, Chung En-Liu, ha niente da dire? – l’uomo alzò la testa orgogliosamente:

- Ma certo mia cara signorina, posso assicurarle che non avrà nessuna delle informazioni che le servono. Inoltre potete stare certi che una volta uscito da qui voi svanirete dalla faccia della terra. È sufficiente? – la voce era pacata, ma era più letale del morso di un cobra. Faust si chiese se anche Haydée aveva sentito il sangue gelarsi nelle vene.

La ragazza seguitava a guardare l’uomo impassibile:

- Onestamente, mi chiedo cosa le fa credere che uscirà vivo da questo posto, signor Chung. Ma ora passiamo ad altro. – riprese la foto di prima e la depositò sul tavolino: - Si ricorda di lei? – lui non abbassò lo sguardo:

- Temo che non abbia capito: io non risponderò a nessuna delle sue domande! – Haydée serrò la mascella con rabbia:

- Mi ascolti bene: sono stanca, qualcuno dei suoi uomini mi ha bucherellato una gamba che ancora adesso mi fa male in modo incredibile, sono estremamente incazzata per questo e per essere dovuta fuggire dal mio appartamento senza potermi prendere nemmeno un paio di calzini, infine trovo che lei non sia nella posizione di rifiutarsi di collaborare. Ora, signor Chung, guardi bene questa foto e veda di parlare. – sibilò prendendo la foto e mettendola a pochi centimetri dal naso dell’uomo. Attese un po’ poi vide una strana espressione farsi strada sul viso del mafioso. Scostò l’immagine e guardò Faust incerta: Chung stava ridendo!

- State cercando quella bambina?! Poveri illusi!! Potrebbe essere morta a quest’ora, ve ne rendete conto, sì?! Ahahah… Che buffa la vita, vengo rapito insieme a mia moglie per il capriccio di alcuni stupidi ragazzini che vogliono ritrovare una persona della quale non ricordavo nemmeno l’esistenz… - non riuscì a terminare, la gola gli venne serrata da due dita nella posizione perfetta per strangolarlo, e lo sapeva bene:

- Badi bene a quello che dice, signore. Non sto affatto scherzando. So esattamente come uccidere una persona con la semplice pressione di due dita, studio arti marziali da una vita, e non mi farò alcun problema nel privare questo mondo della sua viscida presenza. So già dove trovare la ragazza, sua moglie ha spifferato tutto… - l’uomo dilatò gli occhi e Haydée si lasciò sfuggire un sorrisino soddisfatto: -… le donne, mio caro! La maggior parte non riesce nemmeno a tenere per sé quante volte va al bagno al giorno! Ha fatto male a far gestire l’affare da lei, non è portata per questa vita, mi creda! – ad un tratto si accorse che muoveva le braccia, come per tentare di liberarsi: - Faust, dai un’occhiata alla schiena del signore. – ordinò perentoria. Il ragazzo non se lo fece ripetere e girò attorno alla sedia, chinandosi.

Dopo pochi istanti si rialzò e consegnò un oggettino alla ragazza. Haydée lo guardò con interesse:

- Un anello d’oro giallo con rubino. Sapete scegliervele le pietre preziose voialtri! – commentò osservando la pietra grande come una mandorla. Lasciò la gola dell’uomo e lo guardò più attentamente, spostandolo vicino alla luce.

Allungò un dito e sfiorò il bordo seghettato che orlava la pietra, utilissimo per tagliare una corda, poi vide un pulsantino e fece scattare una minuscola serratura, aprendo un piccolo nascondiglio:

- Polvere bianca! – mormorò assorta. Se ne versò un pizzico sull’indice e sfregandola col pollice annusò: - Mmh… digitale, mi pare… - guardò Chung: - Aveva intenzione di suicidarsi o di ammazzare me? – si sedette dietro alla lampadina, rimanendo sempre in ombra: - Li conosco questi pazzi mafiosi, conoscitori delle antiche droghe cinesi. Sono disposti a morire per tenersi i loro segreti. È un peccato che la pensino così, ma già i droghieri cinesi sono famosi per non aver mai rivelato i loro segreti ad alcuno… una saggezza millenaria destinata ad essere usata da mani malvagie… chissà se gli antichi maestri avrebbero voluto che finisse così. – richiuse l’anello e lo strinse nel pugno: - Aspettatemi qui, farò in fretta. – fece alzandosi e uscendo dalla stanza.

 

Vedendola fuori così presto si spaventarono:

- Tutto bene? Vuoi che entri qualcun altro… - Madian sembrava un marito apprensivo fuori dalla sala parto:

- Dì a Paul di venire qui, subito. È in casa spero… -

- Sì, l’abbiamo chiamato per Mitja e gli ho chiesto di restare a disposizione per qualsiasi altra necessità. Vado subito a chiamarlo! – esclamò Maximilian.

Dopo pochi minuti era di ritorno col medico:

- Ditemi… -

- Vorrei che analizzasse il contenuto di questo anello, sono curiosa di sapere di che veleno si tratta ma non è urgente; piuttosto, mi serve del pentotal. – disse mostrando come si apriva lo scomparto segreto. L’uomo la guardò sorpreso:

- Pentotal? -

- Esatto, pentotal o qualcosa di simile. – un sorriso sinistro le illuminò il viso: - Devo sciogliere una lingua ritrosa. – spiegò. Il medico annuì col sorriso e si mosse per darle quello che cercava, poi avrebbe pensato alle analisi sulla polverina bianca:

- Cos’è? – chiese Madian. La ragazza si sedette asciugandosi il sudore sulla fronte. Nonostante il freddo di quella cantina aveva un caldo assurdo. Doveva muoversi se voleva evitare di svenire davanti al prigioniero per la stanchezza:

- Un narcotico molto potente, la dose che voglio propinargli lo farà cadere in una specie di trance vigile durante il quale riuscirà a capire le mie domande e non faticherà a dare delle risposte. Voglio proprio vedere se la cocciutaggine gli servirà a qualcosa… - i tre uomini la guardavano con ammirazione:

- Sei incredibile! – mormorò Madian sedendosi accanto a lei e sorridendole. Haydée sorrise di rimando:

- Sarebbe un complimento? – lui le circondò le spalle con un braccio, ridendo:

- Sì, wonder woman! – esclamò facendola ridere.

Quando Paul tornò gli fecero somministrare la dose di narcotico a Chung e attesero che facesse effetto, poi rimasero Madian, Haydée e Faust ad ascoltarlo, Maximilian era impegnato a sistemare Ya-ching mentre Arkel era salito per vedere come stavano affrontando la cosa Mitja e Winter.

 

Non era preparato a trovarsi davanti Phénice in preda al panico.

La rossa era infuriata per non essere stata svegliata come Haydée e quando lo vide gli corse incontro gettandogli le braccia al collo:

- Per fortuna anche tu stai bene!! Allora, come sta andando? – il ragazzo boccheggiò un istante mentre lei riprendeva le distanze, poi si ricompose per non dare ulteriore spettacolo a quella vecchia zitella di Mitja:

- Direi piuttosto bene, la tua amica è peggio di un caporale delle SS e li sta facendo cantare come usignoli! – il biondino sorrise soddisfatto:

- Sul serio?! Per fortuna, avrei voluto esserci ma… - l’altro lo interruppe con un gesto della mano:

- Tanto è inutile, non ha fatto entrare neanche noi. – i tre ragazzi e Rachel lo guardarono a bocca aperta:

- Come sarebbe che non vi ha fatti entrare?! -

- Beh, la donna l’ha interrogata da sola, adesso invece sta tenendo sotto torchio Chung, ma è un osso piuttosto duro e Faust e Madian sono riusciti ad entrare… è tosta la vostra amica! – commentò ridacchiando: - Adesso torno giù, vedo se hanno bisogno di qualcos’altro. – e si allontanò lungo il corridoio. Mitja si volse a guardare Winter:

- Va bene che è Black Soul, ma non pensavo che fosse così… di ferro!! – la bionda si strinse nelle spalle, mentre Phénice scoteva i ricci ribelli:

- No, è impossibile. Haydée è così dolce e gentile!! Sicuramente Arkel ci stava prendendo in giro! – ma i due biondini non ne erano così convinti.

 

Quando quasi un’ora più tardi tornarono tutti al piano superiore, escluso Maximilian che ordinava a un paio di “facchini” di disfarsi dei due cinesi, Haydée era in braccio a Madian.

Immediatamente Phénice le corse incontro, sbraitando come un’ossessa che le avevano distrutto l’amica:

- Calmati Phénice, sono solo un po’ stanca! – rispose l’interessata senza staccare la testa dalla spalla del ragazzo. Se fosse stato per lui l’avrebbe portata a letto, ma Winter stava per avere un attacco d’ansia quindi bisognava vuotare il sacco.

Così la adagiò su un divano e le sedette accanto, tenendole una mano tutto il tempo:

- Te la senti di dirci quello che hai saputo? – ma era evidente che la bionda voleva sapere, al diavolo la stanchezza:

- Sedetevi, tutti quanti. – quando le ebbero obbedito prese fiato: - So dove si trova tua sorella, e sono abbastanza certa dell’informazione che ho avuto. – tutti trattennero il fiato, tranne Madian che dalle parole sconnesse di Chung aveva intuito qualcosa:

 

- Crystal è in Europa, e più precisamente in Austria, a Salisburgo. L’hanno affidata a un convento di suore di quella cittadina dopo pochi mesi dal suo rapimento, e presumo che si trovi ancora in territorio austriaco. – Winter strinse le mani di Mitja fino a stritolarle:

- Continua. – mormorò con voce strozzata:

- Dopo averla rapita tua sorella continuava a piangere ogni giorno ininterrottamente, aveva smesso di mangiare e di fare qualsiasi altra cosa. Un giorno Chung ha deciso che ne avrebbe fatta una spia, o qualcosa del genere, e per questo doveva dimenticare tutto della sua vita passata. Così l’ha drogata, cancellandole la memoria. Non ricordava più niente, nemmeno il suo nome, e così si spiega perché non ha mai tentato di contattarvi o di tornare. – fece una pausa per permettere ai due biondi di assimilare con calma le notizie: - Dopo che si è ripresa, il che ha richiesto un discreto periodo perché la droga era molto potente, hanno tentato di darle degli insegnamenti, ma stranamente la ragazzina non voleva avere nulla a che fare con loro. Aveva perso la memoria ma nel profondo sapeva che le avevano fatto del male, perciò non li assecondò mai. Ya-ching l’aveva vista e le aveva fatto pena, così ha chiesto a quello che di lì a poco sarebbe diventato suo marito di risparmiarla e di metterla in qualche orfanotrofio o roba simile per farle vivere la sua vita. Fortunatamente hanno trovato un convento e l’hanno lasciata davanti alla porta in piena notte, svanendo per sempre dalla sua vita. La donna presume che sia ancora lì nei dintorni, qualche anno fa se ne era interessata e all’insaputa del marito aveva controllato dove si trovava. Aveva un lavoro e non viveva più in convento, ma è rimasta a Salisburgo, almeno fino ad allora. Questo è quello che sono riuscita a sapere. – il silenzio che calò dopo quel racconto aveva del surreale. Tutti guardavano Winter in attesa di una qualsiasi reazione, che dopo un tempo indefinito arrivò.

Lentamente si alzò e andò ad inginocchiarsi di fronte alla mora, poi le gettò le braccia al collo stringendola con forza e scoppiò a piangere. E finalmente erano lacrime di sollievo.

Sua sorella era viva, viva!! Poteva sperare di ritrovarla, Crystal era a Salisburgo!!

Dopo un po’ sciolse l’abbraccio e si trovò Mitja di fronte, con gli occhi lucidi, e senza pensarci abbracciò anche lui con quanta forza aveva in corpo, mentre i suoi occhi versavano tutte le lacrime che in quegli anni erano rimaste chiuse nel suo cuore.

 

Erano tutti commossi, perfino Arkel aveva un sorrisetto soddisfatto dipinto in faccia. Phénice gli si accostò tirando su col naso:

- Sei felice anche tu, vero? – chiese con voce tremante. Il ragazzo la mise di spalle a lui e le circondò la vita affettuosamente, cullandola dolcemente:

- Sì… ma non dirlo in giro! – scherzò facendola ridere e piangere insieme.

Poi a turno abbracciarono tutti Winter e Mitja, felici per loro, ma le spiegazioni non erano ancora finite.

Haydée attese che Winter si fosse completamente ripresa per farle una domanda che la tormentava:

- Toglimi una curiosità. Il veleno che le hanno dato le avrà sicuramente cancellato la memoria, ma la lingua che parlava poteva tradirla… come hanno fatto a non accorgersi che non è tedesca, o quantomeno europea? – la bionda si asciugò una lacrima:

- Perché se le hanno parlato in tedesco lei ha risposto in tedesco. Lo parlavamo ogni giorno a casa con nostra madre, lei è di Monaco di Baviera. Per questo nessuno si è accorto che non è tedesca, in realtà lo è per metà. Ora che mi ci fai pensare dovrei dirlo ai miei… - a quel punto Rachel ritenne necessario intervenire:

- Hai perfettamente ragione cara, dovresti avvertirli, ma nel frattempo immagino che tu muoia dalla voglia di riabbracciarla… - la ragazza annuì: - Lo sapevamo, quindi io e Maximilian vorremmo fare un piccolo regalo a te e a Mitja. – i due ragazzi si guardarono perplessi:

- Un… regalo? – la donna annuì e suo marito le circondò le spalle con un braccio:

- Esattamente: due biglietti aerei per Vienna. Vi va l’idea? – Winter non credeva alle sue orecchie: li avevano ospitati per due settimane, avevano creato un casino dietro l’altro, e adesso gli pagavano un viaggio in Europa?! Quei due dovevano essere pazzi:

- Io… davvero non credo di poter accettare… e poi ho i miei soldi, non c’è bisogno… - l’uomo la interruppe con un sorriso e le mostrò il cordless:

- Niente scuse! Ho già memorizzato il numero di un caro amico che gestisce un’agenzia di viaggi, vi troverà posto sul primo volo in partenza. Allora, ci state? – i due ragazzi si guardarono sorpresi, poi Mitja sorrise:

- Io accetto, tu fai quello che ti pare! – lei lo sgomitò:

- Sfacciato!! – tutti scoppiarono a ridere e il momento commovente si tramutò in ilarità generale.

 

 

Chiedo umilmente perdono per il ritardo!!

Ho una piccola domanda da farvi, se siete informate naturalmente: avete idea di quanto duri un volo dalla East Coast (cioè dalla mia fantomatica città negli States) a Vienna? Ho provato a cercare qualcosa in giro ma niente.

 

AyLa: Fammi collegare una cosa… maritino… il maritino ti frantuma… ohporcamiseria!! Sei sposata!! Daaaaiiii!! Che cariiini!! Ah beh, allora Madian me lo coccolo io, và, tanto finché il proprietario dell’anello che ho al dito non sa niente va tutto bene! Il bacio tra i due tormentati è affar serio, ormai siete tutte al limite e se non lo inserisco al più presto finirò male! Però dai, ho trovato l’ambientazione che mi soddisfa e mi sto dando da fare per farvi sciogliere davanti allo schermo, spero di fare un buon lavoro!

Ti dirò, lo sospettavo che sguazzassi nelle situazioni critiche, Litz e Alan sono due esempi perfetti di questa tua passione sadica… sono tornata a rileggere alcune parti della tua storia e devo dire che mi piace sempre di più!

Grazie di essere passata nel blog, visto che ho fatto un salto anche da te?

 

Elenim: Ma così mi spezzi il cuore!! Come non te ne fregava niente di come andava a finire!! Dimmi una cosa: ti sembra scontato quello che succede? Rispondi sinceramente, una critica va sempre bene! La domanda che mi fai è mooolto difficile, oltre che compromettente. Provo un’inclinazione preoccupante per tutti e tre i miei ragazzi: verso Mitja perché è simpatico e tenerissimo, mi viene sempre voglia di coccolarlo, risveglia il mio istinto materno! Madian perché è Madian: un figo da paura!! E poi ha quel qualcosa di magnetico, forse gli occhi, forse il carattere così deciso e testardo; magari tutto quanto insieme. Poi c’è Arkel, il tasto dolente. È diventato praticamente identico al mio ragazzo con quel lato ruvido del carattere in più, anche se inizialmente ne aveva solo l’aspetto. Poi aggiusta di là, cambia di qua, e bam! La frittata è fatta e adesso ho un debole per lui, nel senso che non riesco più a fargli fare quello che voglio. Non ho risposto alla tua domanda, eh? Meglio lasciarti con il dubbio…^.^

 

Antheameiko: Finché non riesco a rispondere alle mail ti lascio un messaggio qui! Eh, lo so, siete esasperate in tante… ma datele un po’ di tempo a quella povera ragazza, vedrete che non vi deluderà! Grazie come sempre per i complimenti, sono commossa!! (P.S. Ah sì, ma pensa che stranezze…)

 

Earinë: T’al dig (vediamo se indovini anche questa…)!! Ottima deduzione, come vedi ho soddisfatto le tue aspettative Watson! Io mi dilungo, ma tu (anzi, voi) cercate di non addormentarvi. ;p

 

Damynex: Grazie, grazie, grazie!! Attenzione però, basta una nuvola a nascondere il sole e a far abbassare la temperatura… ;)

 

Super Gaia: Grazieeee! Un bacio anche a te.

 

Jennifer: Capirai più avanti, non preoccuparti! Grazie anche a te per i complimenti e scusami per il ritardo! Ciao.

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Capitolo 33
*** Partenze ***


Partenze

Partenze

 

Domenica mattina, villa McKaye

 

Rachel si soffiò il naso e asciugò gli occhi lucidi:

- Sapete una cosa? Mi mancherete, tutti quanti. Era bello avere dei ragazzi per casa, è così grande e vuota! – poi si volse verso Haydée e le prese le mani: - Promettetemi che tornerete a trovarmi! – implorò con gli occhi lucidi. La mora la guardò sorpresa ma non ebbe la prontezza di dire niente. Per lei rispose Phénice, che si perse ad abbracciarla e a rassicurarla. Si erano trovati talmente bene lì che sicuramente si sarebbero rivisti tutti quanti, anzi propose di invitare i genitori di Madian a casa loro non appena risistemato tutto.

 

Haydée rimase in disparte, limitandosi a sorridere vagamente agli accenni che le rivolgevano.

Pensava al fatto che ormai non avrebbe più potuto evitare di incontrare tutti loro regolarmente, soprattutto Madian.

Voleva vederlo così spesso? Soprattutto dopo quello che c’era stato tra loro in quei giorni? Non ne era così certa, pensò guardandolo caricare i loro bagagli.

E poi da tempo in lei si era fatto strada un grande desiderio… Prima di tutto però doveva pensare a Phénice, e lanciò un’occhiata ad Arkel, assorto nella contemplazione della dolce ricciolina.

Le scappò un mezzo sorriso. Quella storia era stata positiva: non avrebbe più dovuto preoccuparsi per la sua amica, di questo era certa.

 

- Ragazzi dovremmo partire, io e Winter dobbiamo finire i bagagli se vogliamo prendere l’aereo questa notte. – Mitja per la prima volta in vita sua era serio e preoccupato, evidentemente moriva dalla voglia di essere sull’aereo che avrebbe portato lui e la ragazza in Europa:

- Hai perfettamente ragione, andiamo Rachel, lasciali andare! – Maximilian le cinse le spalle affettuosamente, e lei gli si aggrappò addosso:

- E va bene… Siate prudenti ragazzi, e mandateci vostre notizie al più presto! – li salutò mentre salivano sulle auto, Mitja e Winter su quella della bionda, Madian, Arkel e le altre due ragazze sul fuoristrada del ragazzo:

- Ciao, vi chiamo quando arrivo! – Madian salutò i suoi, poi chiuse lo sportello e sbuffò: -Ogni volta la stessa storia, sembra sempre che stia partendo per la guerra!! Cristo, abito solo a un paio di centinaia di chilometri da qui, non sono su un altro pianeta! – borbottò girando la chiave di accensione, rivolto ad Arkel seduto accanto a lui:

- Tua madre è una bravissima persona, non dovresti parlarne così. – mugugnò l’altro. Madian sorrise:

- Hai ragione, ma non dirmi che non ti sentiresti soffocato con una genitrice simile!! – il ragazzo tentennò col capo, per lui rispose Phénice:

- Oh sì, hai perfettamente ragione!! Pensa che mia madre mi chiama ogni anno il primo giorno d’autunno per dirmi di mettere un coperta in più sul letto! Ti capisco perfettamente Madian, perfettamente! – fece seria picchiandogli una mano su una spalla. Il ragazzo ridacchiò e spostò lo sguardo sullo specchietto retrovisore dal quale vedeva Haydée: la ragazza stava guardando fuori dal finestrino, sembrava non averli nemmeno sentiti.

Poi vide Mitja partire e si avviò dietro a lui, tentando di concentrarsi sulla guida piuttosto che sulla ragazza seduta sul sedile posteriore, esattamente dietro di lui.

 

Il viaggio di ritorno in città fu qualcosa di strano.

Arkel e Phénice si erano becchettati per tutto il tempo, a volte sul serio e a volte litigando. Erano talmente carini e affiatati da sembrare già una coppia.

Haydée aveva guardato fuori dal finestrino per un tempo indefinito, estraniandosi quasi dai discorsi degli altri nell’abitacolo, poi il flusso dei suoi pensieri era stato attirato dal ragazzo seduto davanti a lei e senza rendersene conto si era ritrovata a fissarne la nuca e le spalle larghe.

Voleva davvero troncare ogni rapporto con lui? O magari… poteva prendere in considerazione l’idea di… rincontrarlo e magari… parlarci…

Era talmente assorta che non si era accorta di essere controllata da rapide occhiate sullo specchietto retrovisore.

Quando se ne rese conto si incantò a guardargli gli occhi blu, brillanti, sinceri…

Un brivido le percorse la schiena, era la consapevolezza dell’ultimo scontro che aveva avuto col suo lato razionale.

Aveva quasi ammesso a sé stessa di esserne innamorata.

Inconcepibile!!

Distolse lo sguardo dal suo e riprese ad osservare il paesaggio senza realmente vederlo. Ne aveva abbastanza di quella situazione, sapeva come riprendere il controllo e lo avrebbe fatto.

Anche a costo di… anche a costo di… a tutti i costi!

 

~~~~~

 

Appartamento del centro, primo pomeriggio

 

Phénice fece scattare la serratura e aprì fremendo. Accese la luce e spalancò le braccia:

- Casa, dolce casa!! – esclamò al settimo cielo. Dietro di lei Winter e Haydée si guardarono divertite, poi presero i loro borsoni, piuttosto vuoti in verità, ed entrarono a loro volta.

Nel frattempo la rossa aveva spalancato tutte le imposte per far entrare la luce di quella giornata soleggiata di fine agosto.

Haydée si guardò attorno: erano passate due settimane dalla loro partenza improvvisa, ma con tutte le cose che erano successe sembravano mesi.

Gettò la sua borsa nella sua camera e proseguì in direzione del soggiorno con una sola stampella.

Ormai stava decisamente meglio, la ferita migliorava di giorno in giorno e non si stancava più così tanto camminando. Paul le aveva lasciato ancora qualche integratore da prendere, oltre che una dieta ideale per il suo caso. Era un bravo medico, forse non lo aveva ringraziato a sufficienza.

Si sedette su uno dei loro divani bianchi e osservò l’andirivieni di Phénice da una stanza all’altra, mentre ciarlava di fare una festa e invitare tutti quelli che le avevano aiutate, ma che, accidenti, come si faceva a festeggiare se la bionda se ne andava sul più bello?! Era proprio lei in fondo che dovevano festeggiare! Poco importava però, tanto sarebbe stata nel vecchio continente con sua sorella e Mitja a fare bagordi, loro potevano darsi alla pazza gioia senza la minima riserva!!

 

Diverse ore dopo, quando ebbero ripulito e sistemato tutto Winter si presentò in sala con un trolley gigantesco, un borsone e una borsetta:

- Siete pronte? Tra poco passano Mitja e gli altri con la monovolume di Arkel, dovremmo starci tutti e sei. – Haydée piegò il capo di lato:

- Ma non c’è bisogno, posso guidare… - Phénice però non ne voleva sapere:

- Sei pazza?!? Non sei ancora guarita del tutto, non puoi guidare!! Andremo con loro, e niente storie! – strillò piantata in mezzo alla sala, poi si volse per andare a prendere un pupazzetto che voleva regalare a Winter:

- Non ti sembra che ultimamente stia diventando tirannica?! – chiese la mora ironicamente:

- Beh, tu te la sei viziata, tu te la sopporti! – ribatté l’altra rimediandosi un’occhiata inceneritrice:

- Ah grazie. Davvero, grazie mille! – borbottò ridacchiando per non farsi sentire dalla rossa.

 

~~~~~

 

Domenica sera, aeroporto internazionale

 

Madian aprì la porta e fece entrare le tre ragazze, seguite da Mitja e Arkel carichi di valigie come somari. Winter si volse verso quest’ultimo con un ghigno divertito:

- Grazie davvero Arkel, sei veramente gentile a volermi portare il borsone e a tirare il trolley! – il ragazzo mugugnò qualcosa di incomprensibile, guadagnandosi una metaforica pedata nel didietro da Mitja:

- EHI, cafone?!? È con una signora che stai parlando, non con la tua moto! Quindi, niente parole sconvenienti!! – l’interessato lasciò cadere tutto a terra in un tonfo e prese il biondino per il colletto della camicia alzandolo quasi da terra con le valigie al seguito:

- Ho resistito dal gonfiare quella tua faccetta da finto bambino innocente fino ad adesso, ci tieni così tanto ad andartene in Austria con i connotati modificati?! – sibilò serio. Madian andò a dividerli trattenendo un sorriso: se conosceva abbastanza bene Arkel, e quello era proprio il suo caso, era più che dispiaciuto per la partenza del ragazzo e reagiva così per non dare a vedere quello che provava veramente:

- Piantatela di dare spettacolo, scimmioni trogloditi!! Vi aspettano al check-in! – esclamò allontanandoli l’uno dall’altro e aiutandoli con le valigie.

 

Dopo aver sbrigato tutte le pratiche si ritrovarono tutti davanti allo sportello dal quale sarebbero usciti per prendere il loro aereo:

- Allora… ci vediamo. – Winter era nuovamente vicina alle lacrime adesso che doveva lasciarle, ma in fondo era per riabbracciare sua sorella…

- Si capisce!! Non ti libererai di noi tanto facilmente! – cinguettò Phénice con le lacrime agli occhi:

- Certo Regina dei Ghiacci, ti devo ancora un ricatto perciò vedi di darci notizie più spesso che puoi o giuro che ti piombo a Salisburgo solo per tirati le orecchie! – ironizzò la mora per sdrammatizzare.

Dopodiché, a sorpresa, Winter le strinse in un abbraccio di gruppo riempiendo Phénice di raccomandazioni per il periodo in cui sarebbe stata assente:

- Perché guarda che nemmeno tu ti libererai agilmente di me, né tanto meno di quel buffone di Krylov… - borbottò ironica indicando il ragazzo che stava dando ad Arkel una razione di stronzate necessaria a riempire la sua assenza. Le ragazze risero, poi Haydée si fece seria:

- Spero davvero che tu riesca a trovarla. Non ci sono molti conventi a Salisburgo, dovreste farcela in pochi giorni. Sono certa che le suore vi aiuteranno! – la bionda annuì:

- Siete sicure di non voler venire? – Phénice scosse la testa:

- Dobbiamo tornare ai nostri lavori, settembre è alle porte! -

- Già, Fedra e Conway mi aspettano, credo proprio che gli prenderà un colpo quando mi vedranno con una stampella! – Mitja piombò dietro a Winter facendole prendere uno spavento:

- EHILÀ RAGAZZE!! Allora, ci si vede presto, vero? – fece con un sorriso da orecchio a orecchio. La mora ridacchiò:

- Penso che sia inevitabile Mitja, come potremmo vivere altrimenti senza le tue battute? – lui si chinò teatralmente, con lo stile e l’eleganza di un clown:

- Appunto: non potete!! Allora noi andiamo, recuperiamo la pecorella smarrita e ve la riportiamo! Ve le immaginate due Winter?! Brrr, ho già i brividi… - scherzò guadagnandosi un pizzicotto su una guancia:

- Andiamo omino simpatico, non vorrai farmi perdere l’aereo spero! – fece divertita tramutando il pizzicotto in una carezza, mentre le altre due si lanciavano uno sguardo sornione d’intesa: - Ci sentiamo ragazze, vi farò sapere come vanno le mie ricerche. Tu Phénice tieni buona quella belva che ti ritrovi come amica, e tu Haydée cerca di diventare meno manesca mentre sono via! – le due le fecero il saluto militare:

- Comandi signora! Faremo del nostro meglio! – risposero a turno tristi e felici al tempo stesso, poi si fecero serie:

- Sul serio, fa attenzione e per qualsiasi cosa contattami: faremo tutto il possibile per aiutarti da qui, ok? – Winter annuì:

- Ok… beh, stanno chiamando il nostro volo. Ci si vede ragazze. – mormorò la bionda seria:

- Ci si vede Winter, buon viaggio. – rispose la mora. Phénice aveva un groppone in gola che si vedeva a occhio nudo, così si limitò ad abbracciarla nuovamente e a mormorarle qualche parolina gentile all’orecchio.

Alla fine Winter salutò con un bacio sulla guancia anche Madian e Arkel, e mentre Mitja lanciava saluti e baci alla sua platea, scherzoso come sempre, si avviarono allo sportello, lanciando loro un ultimo saluto prima di svoltare l’ultimo angolo che gli avrebbe impedito di vedersi.

 

Phénice scoppiò nuovamente in lacrime, aggrappandosi ad Haydée:

- Torneranno vero? – chiese con una vocetta tremante. La mora la guardò seriamente:

- Certo, torneranno. – la rossa si staccò asciugandosi le guance, poi sfoggiò un sorriso triste:

- Andiamo dalla vetrata laggiù, si vedono gli aerei partire! – fece prendendo Arkel per mano e trascinandolo con sé per ammirare la sera scesa sulla pista di atterraggio, illuminata da quelle che sembravano stelle cadute.

Madian si avvicinò ad Haydée, prendendole la mano sinistra e intrecciando le dita alle sue:

- Andiamo anche noi? – lei evitò il suo sguardo, troppo dolce in quel momento nel quale si sentiva triste e debole:

- Andiamo. – rispose debolmente mentre lui le passava un braccio attorno alla vita per aiutarla.

 

Phénice guardava gli aerei in arrivo e in partenza con gli occhi sgranati trasudanti tristezza, mentre Arkel la studiava attentamente, come il suo solito.

Non gli aveva ancora lasciato la mano, anzi la stringeva sempre più forte, poi ad un tratto si volse e lo guardò:

- Tu non te ne andrai vero? – Arkel spalancò gli occhi a sua volta, ricordandosi del discorso fatto con Haydée alla villa. Scosse il capo accennando ad un sorriso, al quale lei rispose con aria incredibilmente sollevata:

- Ne sono felice! – bisbigliò aggrappandosi al suo braccio e alzando una mano per asciugarsi una lacrima. Venne preceduta dalla mano grande e calda del ragazzo:

- Non devi piangere. – le mormorò pianissimo, chinandosi appena su di lei. Phénice alzò lo sguardo su di lui e gli sorrise, annuendo, poi tornò a stringergli il braccio come a volerlo trattenere per sempre. Arkel sorrise.

 

Accanto a loro Haydée li aveva osservati senza che se ne accorgessero e si sentiva sempre più tranquilla:

- Qual è il loro aereo? – chiese ad un tratto la rossa:

- Credo che sia quello che sta facendo manovra per partire, lo vedi? – fece Madian mentre Arkel annuiva, concorde:

- Sì, lo vedo… - mormorò piano. Era triste per la partenza di Winter, le si era affezionata subito anche senza sapere la storia di sua sorella. Sentiva che era afflitta da qualche avvenimento anche la prima volta che l’aveva vista.

Ora però non doveva farsi prendere dalla tristezza lei, Winter stava andando da sua sorella, doveva essere felice!!

Si volse verso Arkel e gli fece un sorriso dolcissimo:

- Sono felice per lei! – esclamò tornando del suo solito buon umore, mentre al ragazzo scappava un sorriso dolcissimo. Vi sbagliate, non è il mio sorriso ad essere dolcissimo, è lei ad esserlo…

 

Haydée sospirò. I pensieri che le si agitavano nella mente erano lontani da quelli di Phénice, lei era felice da un pezzo per Winter, il suo problema era un altro.

Il suo problema non sapeva come fare per cominciare una conversazione con lei.

Si volse di scatto, mentre l’aereo diretto in Europa si alzava in volo con apparente leggerezza e facilità, e si avviò all’uscita, augurando un in bocca al lupo a Winter con tutto il cuore.

Dei passi affrettati dietro di lei le fecero stringere il cuore, ma non si fermò:

- Va tutto bene Haydée? – si sentì chiedere da una voce preoccupata:

- Tutto bene, sì. – ribatté telegrafica:

- Fermati un attimo… Haydée fermati! – Madian riuscì a bloccarla, sbarrandole completamente il passo: - Si può sapere cosa ti succede? Sembra che ti abbia morso una tarantola! – esclamò prendendola per le spalle e trascinandola in un angolino tranquillo. Lei si liberò lentamente, ma con decisione:

- Scusa, hai ragione… è che sono un po’ nervosa, devo riprendere la vita di sempre e sono cambiate tante cose… per favore lasciami stare Madian! – lui le prese la mano libera e si appoggiò al muro, infilando l’altra mano in tasca:

- Scusami se ti ho assillata. Mi chiedevo se… - temporeggiò osservandole la mano, le dita sottili e delicate: -… Mi chiedevo se ti andava di uscire con me, una di queste sere. Quando vuoi tu. – la guardò tenendo il capo chino: - Allora, che mi dici? – chiese speranzoso, con gli occhi che gli brillavano.

Haydée impallidì leggermente.

Le aveva appena chiesto un appuntamento, il loro primo appuntamento.

Tentò di liberare la mano, ma inutilmente:

- Vorrei una risposta. – la incalzò lui, cominciando a preoccuparsi. Quel… qualcosa che c’era stato tra loro a casa dei suoi… non poteva essere svanito come una bella favola, lei doveva per forza provare qualcosa per lui, e doveva per forza volerci uscire, anche se faticava ad ammetterlo!

Ma perché continuava quella scenetta?! Perché non gli si gettava tra le braccia! Ormai aveva le dita che gli dolevano per il desiderio di toccarla, di sentire sotto le mani la sua pelle morbida e calda, di sentire i movimenti di quel corpo flessuoso contro il suo… Pensa ad altro Madian, pensa ad altro o si accorgerà che…

- Non… non me la sento Madian, scusami. –

 

Ecco: adesso si sarebbe svegliato e Haydée, stesa in un letto accanto a lui, gli avrebbe sorriso accarezzandogli il viso e ridendo del suo sogno sciocco.

Sbatté le palpebre una, due volte, ma niente. Erano sempre lì, all’aeroporto, e lei lo guardava in quel modo triste e un po’ nervoso, ma non accennava a sorridergli o ad assicurargli che scherzava e che desiderava con tutta sé stessa che loro…

- Perché… - riuscì a dire alla fine, con una voce che faticò a credere gli appartenesse:

- Te l’ho detto, non me la sento. Ora ti prego, lasciami andare. – lui invece la attirò più vicina:

- Dimmi perché! Qual è il vero motivo che ti spinge a tenermi lontano da te! Cristo, Haydée, ma non l’hai capito perché ti ho chiesto di uscire insieme?! – la ragazza impallidì ancora di più:

- N-non posso… lasciami, io… davvero non lo so e non lo voglio sapere, ti prego Madian! – per un lungo istante il ragazzo fu tentato di spiattellarle in faccia la verità, cioè che era innamorato di lei e che la desiderava con tutto sé stesso dalla prima volta che l’aveva vista.

Ma quello non era né il momento né il luogo adatto.

Dopo un’ultima stretta implorante la lasciò andare, osservandola mentre raggiungeva Arkel e Phénice.

Quello non era il luogo, eh? Ebbene, con la collaborazione di Phénice era certo di riuscire a portarla nel posto giusto e a creare il momento adatto.

Quella sera stessa si sarebbe messo in modo per organizzare il suo prossimo “colpo”.

 

 

Super Gaia: Grazie come sempre, non so come altro rispondere! Un bacione anche a te!

 

Elenim: Wow, che recensione! Andiamo con ordine: ci sarà una piccola sorpresina riguardo a Crystal, ma ancora non posso anticipare niente, e anche per il resto non posso risponderti, altrimenti chi leggerebbe più i miei capitoli! ;p

Grazie per aver risposto sinceramente alla mia domanda, ma non immaginavo di avere a che fare con una veggente! Beh dai, allora posso dormire sonni tranquilli senza preoccuparmi di scrivere cose così scontate, vero? Alla prossima!

 

Earine: Uff, con te non c’è nessun gusto, capisci tutto troppo rapidamente!! Brutta roba l’influenza di stagione, nemmeno io sono al 100%… se mi hai attaccato qualcosa via web non ti mando Madian a consolarti, quindi attenzione!

 

AyLa: Allora ti svelo un segreto: non vedo l’ora di sposarmi anch’io! Che bella l’immagine di due bambini in vacanza, è dolcissima e mi dà l’idea di un rapporto meraviglioso e pieno d’amore: sono felice per te! Và che roba, lei non è sadica!! Ma via!

 

Jennifer: Utilissima, grazie!! Avevo una vaga idea che il tempo doveva essere quello, ma non ne ero certa e ho preferito evitare uno strafalcione visto che potevo chiederlo senza darvi anticipazioni. Calma ragazza, prima di assalirmi leggi tutto fino in fondo! Adesso comincio a temere per la mia integrità fisica però… ;p  Grazie ancora, mi sei stata di grande aiuto!

 

Antheameiko: Grazie nani (è un vezzeggiativo dialettale, come dire piccola o carina) e scusami ancora se non riesco a rispondere via mail, non so cosa sia preso a Libero ma ultimamente non riesco a farlo funzionare come si deve, quando premo il pulsante per rispondere si blocca e mi dice “Loading, please wait”, è successo a qualcun altro? Beh, grazie comunque per la tua recensione!

 

Damynex: Come tonto!?!? Prima me lo mettete su un piedistallo e poi me lo demolisci così?!! Ma povero ragazzo, adesso se ne sta mogio mogio in un angolo a meditare sull’ingratitudine umana… via, vai a consolarlo un pochino altrimenti mi va davvero in depressione, già lo maltratto io lasciandolo sempre in sospeso… La fine di Selim arriverà, ma abbi pazienza, la vendetta è un piatto che va consumato freddo… l’avevamo già detto o sto svarionando?!

 

Uriko: Ciiiiiaaaaaooooo a te!! Grazie, sono felice che tu abbia continuato a seguirmi! Ti ringrazio anche per aver risposto alla mia domanda, sia tu che Jennifer siete state molto utili e gentili. A presto!

 

Dark Angel & Light Angel: Ma che onore!! Due lettrici in più in un solo colpo, e sono la prima alla quale lasciate una recensione!! Mi inchino umilmente e vi ringrazio dal profondo del cuore! Eh Dark Angel, come ti capisco… e non sei l’unica! PS: siete gemelle per caso?! Non so perché ma mi è venuta quest’impressione…

 

*Freya*: Lo so, doveva essere più lungo infatti ma mi sembrava di appesantire il capitolo e non finiva più… e poi la storia è già così lunga… Insomma, ho capito che è meglio che non riveda più quello che scrivo, pensare troppo non è una cosa che mi si addica particolarmente a quanto pare… per fortuna nella vita preferisco seguire l’istinto! Niente da dire, una vera poetessa, ma ancora non afferro fino in fondo la storia delle mutande e dei calzini, illuminami perché non ci dormo la notte! Cioè, qualcosa credo di avere capito, ma non so se ti riferisci alla storia o se è una tua perla di saggezza. Ah, grazie per i complimenti e per la piccola critica, fa sempre bene!

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Capitolo 34
*** Doccia gelata ***


Ragazze, da qui iniziano i miei problemi

Ragazze, da qui iniziano i miei problemi. Gli orari che metto nelle varie ambientazioni non sempre coincidono. Nel senso che i vari avvenimenti non sono in contemporanea da un capo all’altro, almeno non nella maggior parte dei casi. Era più realistico se ci riuscivo, ma mi è uscito così e cambiare quello che scrivo di getto di solito mi porta a peggiorare le cose, anche perché ne risulterebbero delle forzature. Spero che sarete clementi!

 

Doccia gelata

 

Domenica notte, appartamento del centro

 

Haydée non vedeva l’ora di buttarsi nel suo letto, perciò scese dalla macchina rapidamente, per quanto glielo consentissero la gamba ferita e la stampella, e si diresse al portone d’ingresso, mentre Madian la guardava torvo alla luce dei lampioni.

Phénice scese più tranquillamente:

- Volete venire su a prendere qualcosa da bere ragazzi? – i due negarono col capo, mentre Arkel le diceva che erano tutti stanchi e avevano bisogno di riposo, salutandola e promettendole che si sarebbero visti o sentiti al più presto.

 

Quella notte nessuno di loro riuscì a chiudere occhio.

 

Phénice pensava a Selim, e non riusciva a spiegarsi perché non riusciva a focalizzare bene nella mente i suoi lineamenti. Eppure doveva essere facile per lei visto che era il suo ragazzo.

Il viso e gli occhi che ricordava meglio in quel momento erano quelli di Arkel, ma immaginò che era perché lo aveva visto poco prima e ci aveva vissuto per due settimane, nulla più.

 

Nella stanza accanto Haydée si chiedeva perché fino all’ultimo istante era stata in dubbio se dire di sì alla proposta di Madian, e soprattutto perché una volta data la risposta negativa si era sentita tremendamente in colpa, e, ancora peggio, come una vigliacca.

Non era da lei essere così, era sempre stata coraggiosa soprattutto visto quello che aveva passato. Che le prendeva all’improvviso?

Ruotò su un fianco mordendosi un labbro e stringendo gli occhi a più non posso. Sapeva cosa fare.

 

Madian passò un tempo indefinito seduto sul letto, con i gomiti sulle ginocchia e la testa tra le mani.

Cos’aveva sbagliato con lei? E cosa era meglio fare arrivati a quel punto? L’unica cosa certa era che non avrebbe mai, e per nessun motivo, dovuto mollare. Era a un passo dal raggiungere il suo obiettivo, non poteva buttare tutto all’aria proprio adesso.

Nemmeno per un istante gli venne in mente che Haydée poteva essere molto più spaventata di quando lui potesse anche solo immaginare.

 

Per finire in bellezza, Arkel era seduto alla finestra e guardava il cielo stellato, senza luna, stendersi sopra di lui in tutta la sua immensità.

Phénice era un po’ come le Pleiadi, e lui era Orione. Per quanto avesse cercato di raggiungere quella fanciulla di incredibile bellezza, non ci sarebbe mai riuscito e avrebbe passato il resto dell’eternità a tentare di toccarla anche solo con un dito.

Per lui però era impensabile farsi bastare quei 15 giorni di convivenza, sentiva che in modo o nell’altro doveva passare all’azione.

E poi c’era la promessa fatta ad Haydée. Al diavolo quel cretino del suo ragazzo, doveva e voleva starle vicino!

 

~~~~~

 

Nel frattempo, nei cieli dell’oceano atlantico

 

Winter si mosse a disagio.

Accanto a lei Mitja dormiva beatamente con addosso la mascherina, sembrava che fosse in viaggio di piacere più che in missione per ritrovare Crystal!

Chiuse di scatto il libro che si era portata per passare il tempo e sbuffò. Non ce la faceva più a stare ferma!! Il problema era che si trovava nel sedile accanto al finestrino, e per potersi muovere avrebbe finito con lo svegliare il ragazzo.

Al diavolo, dormiva da ore come un sacco, avrebbe potuto far saltare per aria l’intero aereo che lui non se ne sarebbe accorto! Quindi si alzò e gli passò davanti, badando a fare meno rumore possibile, quando due mani decise la presero per la vita.

Un istante dopo era seduta in braccio a Mitja:

- Dove credi di andare? – le chiese ridacchiando e togliendosi la mascherina. Lei tentò di zittirlo:

- Ssst!! Vuoi svegliare tutto l’aereo?! – sibilò pianissimo. Lui ridacchiò:

- Nervosa, eh? Dove stavi andando di bello? – lei si rilassò un po’:

- A sgranchirmi le gambe da qualsiasi parte, non ce la faccio più a stare seduta senza fare niente! Tu non sei nervoso? Stiamo per ritrovare mia sorella Mitja, ti rendi conto! – fece agitando le mani a caso. Il ragazzo le fece un sorriso dolcissimo:

- Certo che me ne rendo conto, non per niente cerco di dormire da ore senza riuscirci! Dai, proviamo così… - la fece sedere nuovamente accanto a lui, poi le circondò le spalle con un braccio e la attirò sulla sua spalla.

Quando si furono sistemati erano entrambi in leggero imbarazzo:

- Ehm… va meglio così? – chiese piano, cercando di non fare caso alla mano della ragazza che gli vagava timidamente sul petto, scaldandogli il cuore:

- Sì… abbastanza… - Winter dovette ammettere che quella era la soluzione migliore: era talmente agitata per la vicinanza tra loro che dimenticò quasi il motivo per il quale si trovavano sul quell’aereo:

- Ok, allora cerca di riposare, quando arriveremo a Vienna ci aspetterà ancora un bel viaggetto in treno prima di raggiungere Salisburgo. -

- Buonanotte Mitja. – mormorò lei timidamente:

- Buonanotte Winter. – rispose col sorriso sulle labbra. Ora cominciava a vederci più chiaro nei suoi sentimenti.

 

~~~~~

 

Lunedì ore 16:35 pm, aeroporto di Vienna

 

Una volta scesi dall’aereo recuperarono i loro bagagli e si diressero all’uscita, alla ricerca di un taxi che li portasse alla più vicina stazione dei treni.

Winter fermò il primo tassista disponibile e gli spiegò, in un tedesco fluente, la loro destinazione. Mitja la guardava con gli occhi fuori dalle orbite:

- Però! Sei brava a parlarlo il tedesco! Ma non si capisce un’acca, che gli hai detto? – la ragazza accennò a un sorriso, infilandosi una giacchetta leggera sulla maglietta a maniche corte e spicciandosi con i bagagli:

- Che ci porti alla stazione di Vienna perché dobbiamo prendere un treno per Salisburgo. Muoviti con quelle valigie! – fece con le gote leggermente imporporate. Il ragazzo la guardava felice, non l’aveva mai vista sorridere così tanto da quando l’aveva ritrovata, e sperava che il loro battibecco di una settimana prima fosse completamente superato

 

~~~~~

 

In un albergo di Salisburgo

 

Mitja chiuse la porta e buttò a terra l’ultimo borsone. Era esausto, il volo era stato massacrante e il viaggio in treno ancora di più.

Sia lui che Winter erano sull’orlo dell’esaurimento nervoso, era meglio spicciarsi a trovare Crystal o sarebbero impazziti entrambi!

Prese la piantina della città e guardò i conventi che gli erano stati indicati dall’albergatore. Erano pochi, avrebbero trovato facilmente quello giusto, anche se non sapevano il nome col quale veniva chiamata la ragazza.

Quello però non era un problema reale, probabilmente sarebbe stata sufficiente la somiglianza con Winter ad aprire loro le porte di qualsiasi informazione il clero custodisse gelosamente.

Sospirò stancamente, passandosi una mano tra i capelli che avevano bisogno di una bella lavata.

In quel momento realizzò che avrebbe dovuto fare un doccia al più presto se non voleva ridursi a un sacco di pulci, per cui si spogliò ed entrò nel bagno, rimanendo almeno tre quarti d’ora sotto il getto d’acqua bollente.

 

Rimase a lungo a guardare le spirali di vapore salire verso il soffitto, ascoltando il rumore dell’acqua che scrosciava, e chiedendosi se dovevano presentarsi subito a Crystal una volta saputo dove abitava o se era meglio osservarla e rivelarsi gradatamente.

Haydée gli aveva spiegato che il veleno le aveva sì cancellato la memoria, ma che uno shock improvviso, o la vista di persone a lei molto vicine, potevano rendergliela anche in pochi istanti. Il problema era non spaventarla, poteva non ricordare subito, o magari non ricordare affatto, e allora era meglio andarci cauti.

Chiuse gli occhi e lasciò che l’acqua gli scorresse sul viso, chiedendosi a cosa stava pensando Winter nella stanza vicino alla sua, e in quel momento si accorse che anche nella stanza accanto qualcuno stava facendo la doccia.

Appoggiò una mano e la fronte alle piastrelle e chiuse gli occhi, incominciando a lavorare di fantasia, ma dopo un istante fu costretto a staccarsi, sconvolto dalle sensazioni che si erano risvegliate in lui solo immaginandola sotto la doccia.

Chiuse il getto d’acqua e uscì dal box di vetro completamente appannato, afferrando un’asciugamani e strofinandosi con forza, nel vano tentativo di cancellare le sensazioni di poco prima.

Uscì dal bagno sbattendo la porta, si legò il telo in vita e si sedette sul letto, mentre i capelli gli gocciolavano ancora.

 

Non seppe dire quanto era rimasto lì ad osservare senza vederla la sua valigia, si riprese soltanto quando udì un discreto bussare alla porta.

Senza pensarci andò ad aprire così come si trovava, e si trovò davanti Winter in accappatoio, con i capelli bagnati raccolti nel cappuccio:

- T-ti disturbo? – si sentì chiedere con voce incerta. Immediatamente si riprese e le sorrise:

- No, assolutamente! Ti serve qualcosa? – la ragazza sembrò arrossire leggermente:

- Ho paura che il mio phon sia andato, non è che puoi prestarmi il tuo? – lui si scostò immediatamente, annuendo:

- Certo, entra però. Non vorrai farti vedere da tutto l’albergo! – fece avvicinandosi a un borsone e frugandovi all’interno.

Quando si volse per porgerle l’asciugacapelli era ancora davanti alla porta socchiusa, si guardava attorno nervosamente e si arricciava un ciocca di capelli su un dito.

Mitja le sorrise rassicurante:

- Va tutto bene? – lei annuì, nervosa fino allo spasmo:

- Benissimo! – fece rigidamente. Lui si avvicinò, le prese il mento con due dita e alzò il viso per poterla guardare negli occhi:

- Bugiarda! – ridacchiò più nervoso di lei, guardandola morbidamente e pensando che sotto quell’accappatoio non doveva esserci proprio niente oltre a… lei.

 

Winter lo guardò attentamente. Da quando il suo sorriso la rassicurava in quel modo sconcertante? E quegli occhi, così tersi e sinceri… d’istinto alzò una mano per scostargli le sottili ciocche bionde scivolategli sugli occhi e per un lunghissimo, eterno istante rimasero entrambi senza fiato.

Mitja avrebbe voluto circondarle la vita con l’altro braccio, ma si accorse di avere il phon in mano e lo guardò leggermente infastidito. La ragazza seguì il suo sguardo e si riprese, tornando alla realtà e scostandosi da lui:

- Grazie… te lo riporto prestissimo. – mormorò afferrando l’oggetto e volgendosi per uscire.

Rimase bloccata quando si sentì afferrare per la vita e attirare contro di lui:

- Stai tranquilla Winter, la troveremo prestissimo. – mormorò rauco, desiderando dirle ben altro. Lei annuì, sempre più tesa:

- Grazie Mitja… adesso scusami… - rispose sciogliendosi dalla stretta e riuscendo finalmente a uscire dalla sua stanza, allontanandosi dal suo calore.

 

Mitja guardò la porta chiusa con una voglia pazzesca di spalancarla, uscire lungo il corridoio, sfondare la porta della stanza accanto, prelevare la sua fuggevole preda e portarla nel suo letto, dove avrebbero preso dimora stabile fino alla prossima glaciazione.

Invece fece dietro-front e si buttò ancora sotto il getto d’acqua.

Gelata, stavolta.

 

Winter era rientrata sbattendo la porta, mentre lungo il braccio destro le serpeggiava la voglia di tornare indietro.

Chiuse gli occhi appoggiandosi al battente e lo rivide com’era pochi istanti prima: praticamente nudo, ancora mezzo bagnato, bello come non le era mai sembrato.

Riaprì gli occhi tentando di scacciare quell’immagine peccaminosa dalla mente, così andò in bagno per trovare un presa.

Stava per accendere l’asciugacapelli quando sentì un tonfo contro il muro in comune col bagno della stanza accanto. Sembrava un pugno.

 

~~~~~

 

Sul lato opposto del pianeta, 14:00 pm

 

Haydée infilò l’auto tra altre due con una manovra degna di un pilota di F1 e si mosse per scendere.

Al diavolo Phénice e le sue paure, lei stava bene perciò guidava!!

Si diresse al giardino dell’università con ancora la sua stampella e una borsina di plastica in mano e le scappò un sorriso quando la vide: la rossa era seduta a terra sotto a un albero, i capelli completamente spettinati dal venticello fresco che si era alzato e il capo chino su qualche libro di storia.

La ragazza si riscosse solo quando la borsina di plastica le cadde sulla pagina patinata:

- EHI, sta un po’ attenta!! Se si macchia questo libro Rubens mi fa le scarpe!! – brontolò aprendola rapidamente: - Cosa mi hai portato?! – Haydée, scosse la testa, bastava parlare di cibo e anche il David di Michelangelo diventava un sasso dalla forma strana:

- Toast con dentro tutto quello che c’era in bar, ti va bene? – ridacchiò sedendosi a terra lentamente. Phénice la guardava seriamente, dimentica per un incredibile istante dei panini:

- Sai che non avresti dovuto guidare, vero? – fece col broncio. La mora ridacchiò:

- E tu sai che il formaggio di quei toast farà schifo tra pochi minuti, vero? – la rossa rise e si avventò sul suo tramezzino, chiacchierando del suo rientro a bocca piena:

- Mmh, lo sai che sono tutti invidiosi della mia abbronzatura?! Però, per essere stata al mare solo due settimane ne ho preso di colorito, eh? – fece alzando la manica della maglietta a maniche corte e mettendo in bella mostra una delle carnagioni più vicine al colorito della mozzarella che la ex ladra avesse mai visto:

- Oh, ma certo! Anche se io sinceramente vedo solo tracce evidenti di bruciatura e alcune lentiggini in più sul tuo bel nasino. Sbaglio? – Phénice la fulminò, esibendo una linguaccia da bambina dispettosa che la fece ridere.

 

La rossa stava ancora borbottando qualcosa contro la scarsissima gentilezza umana quando Haydée cominciò ad avvertire la fastidiosa sensazione di essere osservata.

Non si stava sbagliando, e non aveva le traveggole. Sentiva chiaramente un paio di occhi puntati su di loro.

Cominciò a guardarsi attorno con aria disinteressata, calandosi gli occhiali da sole sugli occhi, e dopo un’accurata ricerca lo vide.

Un ragazzo se ne stava lungo il corridoio vicino alla porta che dava sul giardino, fingeva di leggere gli annunci appesi in bacheca e lanciava loro rapide occhiate dalla finestra spalancata.

La mora strinse gli occhi per vedere meglio, ma il ragazzo sembrò accorgersi di essere osservato a sua volta e infilandosi un paio di occhiali scuri se ne andò rapidamente.

Haydée nascose un sorriso divertito: era sicura di non sbagliarsi, ci vedeva troppo bene. Quel ragazzo che le osservava era Arkel, e quando l’aveva vista aveva deciso di togliere il disturbo.

Strano, non avrebbe mai detto che un tipo come lui sarebbe stato timido!

 

 

Arkel aveva osservato Phénice per un po’, ma proprio quando stava per decidersi ad andare da lei era arrivata la tipa manesca, rovinandogli tutta la preparazione psicologica!!

Avrebbe continuato ad osservarle a lungo, se non altro per imprimersi bene nella mente ogni particolare del comportamento della rossa, ma la mora era troppo sveglia per i suoi gusti: non sarebbe mai stato capace di perdere la testa per una che si accorge di essere osservata da qualcuno a quasi 30 metri da lei, non era mica scemo come Madian lui!

Decise di togliere il disturbo sperando che non si fosse già accorta che era lui, così uscì e si diresse alla sua moto.

Accidenti a tutti gli scocciatori!!

 

~~~~~

 

Mezzora più tardi, villetta in periferia

 

Madian lanciò per l’ennesima volta una pallina da tennis contro il muro, riprendendola subito dopo un rimbalzo sul pavimento pulito di fresco.

Era stravaccato sul divano e non aveva voglia di fare assolutamente nulla.

Continuava a pensare ad Haydée, chiedendosi se era una buona idea andarla a cercare in ufficio o se era meglio chiamarla e chiederle un altro appuntamento.

O magari poteva prelevarla direttamente dall’ufficio, obbligandola con qualche scusa geniale a uscire a cena con lui. Già, ma quale scuse geniale?! Ultimamente faticava anche ad articolare delle frasi di senso compiuto, figurarsi se riusciva a escogitare un piano dei suoi!

 

Era perso in questi lugubri pensieri anche quando Arkel rientrò sbatacchiando la porta d’ingresso con malagrazia. Immediatamente smise di lanciare la pallina e si volse a guardarlo:

- Problemi? – chiese interessato:

- Sì. – borbottò l’altro da dentro il frigorifero, producendo un’eco cavernosa:

- Parla. – fece Madian accomodandosi meglio:

- Mmh… lei. – mugugnò a voce quasi impercettibile. Il ragazzo rise:

- Ah-ha, Phénice. E allora? -

- L’ho vista. – Madian perse il sorriso:

- Era in compagnia del suo ragazzo, eh? – l’altro scosse il capo:

- No. -

- Ah no? E allora di chi? – ma appena ebbe posto la domanda sapeva già la risposta, infatti si ritrovò a mormorare:

- Haydée. – insieme ad Arkel.

 

 

Damynex: Ma quale colpo, Madian è ridotto a un’ameba poveraccio!! Adesso gli do io una bella svegliata… Adoro l’intramontabile buonumore del biondino!

 

Jennifer: Niente scuse, scherzavo sai? Anzi, sono felice che la storia ti appassioni così tanto, un motivo in più per dare il meglio di me. Lo so che sta male, sono cattivissima coi miei personaggi, una vera strega!

 

Earinë: No, ho solo starnutito per una giornata intera quando ho pubblicato e credevo di essermi beccata il disastro, invece niente per fortuna! Tieni buona la belva, sono troppo giovane per morire!

 

AyLa: Ha parecchio da raccontare il poveraccio, ma ultimamente ha meno ispirazione di me e una dose di depressione che rispecchia perfettamente la mia. Madian è diventato una sorta di misuratore delle mie ansietà interne, quindi ti posso assicurare che non ha vita facile!

 

Antheameiko: Grazie, grazie, grazie!! Sono un paio di giorni che non provo nemmeno a rispondere via mail, stasera torno a darci un’occhiata. Eheheh, maniaca che non sei altro! Li sto facendo sciogliere a dovere secondo te? ;p

 

Dark Angel & Light Angel: Era semplice curiosità dovuta ai vostri nomi! Dai non essere triste, tanto non li trascurerò i due piccioncini viaggiatori, anzi! Madian ti ringrazia mandandoti un bacio…

 

Uriko: Beh, se non vado di fantasia qui dove vuoi che la applichi?! Non me lo dire, l’Alitalia ha fatto prendere l’aereo sbagliato a mia zia, spedendola a Francoforte invece che a Milano! Robe da pazzi… Ciao!

 

Super Gaia: Oh, me lusingata, ma così divento paonazza!! Un bacio schioccoso anche a te! ^-^

 

Elenim: Ma scusa di che, non sono mica qui a bacchettarvi se non recensite!! Uhm… forse sì, forse no, non so se e cosa ruberà… so solo quando! È troppo perfetto, ultimamente mi dà sui nervi.

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Capitolo 35
*** Quel qualcosa di... ***


Quel qualcosa di…

 

Quel qualcosa di…

 

Salisburgo, 9:00 am

 

Winter aprì gli occhi faticosamente e la prima cosa che vide fu una camera sconosciuta, l’ennesima nel giro di pochi mesi.

Si tirò a sedere lentamente, ormai si era abituata ai cambiamenti di ambiente e non ci faceva neanche più caso. Si trattava solo di capire esattamente dov’era, evitando il più possibile di far aumentare quel mal di testa battente…

Ecco, ora sapeva dove si trovava: il piano antincendio spiegato in tedesco, e a seguire in altre lingue, era più chiarificatore di ogni altra cosa. Era in Austria, doveva ritrovare sua sorella.

Sì, ma perché si era messa a dormire senza infilarsi sotto le coperte?

Si guardò attorno ficcandosi una mano tra i capelli spettinati e capì: Mitja.

Era stata sull’orlo dell’esaurimento nervoso tutta la sera precedente a causa sua, anzi a causa del suo presentarsi nudo alla porta.

Fortuna che quando era tornata a portargli il phon aveva avuto la decenza di infilarsi una maglietta e un paio di pantaloni, altrimenti… beh, non aveva idea di quello che sarebbe successo, visto che aveva il cervello in pappa dopo il viaggio e il jet-lag.

Jet-lag che si stava facendo sentire anche il quel momento tra l’altro… ma no, un momento, questo rumore era reale, non era il cervello a martellare sulle tempie, bussavano alla porta!

Raccolse i capelli con un mollettone a caso e infilò un maglione sulla sottoveste, poi si avvicinò alla porta:

- Ja? – chiese attenta. Non sapeva perché, ma le sembrava naturale stare in guardia:

- Se sta per sì, sono Mitja, e sono venuto a chiamarti per la terza volta. Hai il sonno pesante bellezza! Potresti aprire? Ho bisogno di appoggiarmi da qualche parte! – esclamò tranquillo, sembrava divertito. Winter si guardò attorno per nascondere qualcosa di compromettente che poteva essere rimasto in giro, si diede un’ultima sistemata rapida e aprì:

- Entra. Scusami se non ho risposto, ho un mal di testa da urlo e ho dormito da cani. Hai bussato tanto? – chiese senza guardarlo. Quando si accorse che non accennava ad entrare però fu costretta ad alzare lo sguardo su di lui: - Che c’è? – la guardava attentamente, con gli occhi sgranati, poi alzò una sportina bianca e un sacchetto di carta altrettanto bianco:

- Ho portato le colazione, giù servono solo affettati e caffè imbevibile. – mormorò assorto, senza schiodarsi dalla soglia. Lei si spazientì:

- Insomma, che ti è preso? – chiese piantandosi una mano su un fianco:

- Niente… cioè… sei bella… anche appena sveglia, tutta… scarmigliata… ehm! – farfugliò abbassando la sguardo ed entrando rapidamente.

Winter rimase bloccata per un po’, con la bocca socchiusa e un’espressione ebete. Da quando le faceva dei complimenti?! La cosa cominciava a farsi troppo strana, pensò chiudendosi la porta alle spalle. Il ragazzo intanto aveva ripreso a ciarlare come se niente fosse:

- Comunque non ho bussato tanto, solo un paio di volte e neanche tanto forte. Immaginavo che avessi mal di testa, io mi sono già imbottito di aspirine e qualcosa sembrano fare. Tieni, te le ho portate. – fece depositando una scatolina sulla scrivania. Mentre era ancora in piedi prese a vuotare i vari sacchetti che era uscito a comperare: - Qui ci sono dei krapfen dall’aspetto grasso, unto e super-calorico, la roba che più piace a voi ragazze insomma, poi ho preso dei panini con l’uvetta, la signora del panificio qui di fronte me li ha consigliati; c’è anche del caffè, ma dubito che da qualche parte riescano a farlo decentemente, ha un odore strano. – si volse a guardarla con un bicchiere di cartone in mano: - Che fai? Non mangi? – chiese sorridendole.

Winter era ancora bloccata davanti alla porta:

- No… vorrei… fare la doccia prima… - mormorò arrossendo. Mitja si bloccò a guardarla:

- Ah… Oh! Allora tolgo il disturbo, io non sapevo che… - lei lo fermò, gesticolando:

- No, no! Stai pure qui, io faccio presto… mi servono solo un paio di cose… ecco… faccio in un attimo! – mormorò chiudendosi nel bagno. Tentennò alcuni istanti, indecisa se chiudere a chiave o meno.

Alla fine abbassò la mano senza aver chiuso, e cercando di non pensare al ragazzo nell’altra stanza si spogliò.

 

Mitja stava tranquillamente consumando la moquette nella stanza marciando da un angolo all’altro, poi si schiarì la voce e decise che per pensare ad altro doveva parlare:

- Sai, ho segnato sulla cartina i conventi della città e dintorni, o almeno quelli che mi ha indicato il direttore dell’albergo. – disse a voce alta, sperando di farsi sentire sopra allo scrosciare dell’acqua:

- Hai fatto bene. Allora? – il ragazzo prese fiato. Doveva dirglielo che aveva l’orecchio quasi premuto contro la porta e che aveva posato la mano sulla maniglia almeno 5 volte in 5 minuti?

Naaah!!

- Ce n’è uno qua vicino, se te la senti possiamo andarci in mattinata. -

- Certo che me la sento! Ho la frenesia ormai, e sono stanca di stare a pensare. Spero che ci riconosca, o che almeno riacquisti la memoria senza farsi del male… - il ragazzo annuì, appoggiato contro il muro con le mani in tasca. In un modo o nell’altro, doveva tenerle lontane dalla porta del bagno:

- Sono d’accordo, comunque vada sono certo che si ricorderà immediatamente di te. Non può non riconoscere sé stessa! – trattenne il fiato quando non sentì più l’acqua scorrere:

- Se è per questo riconoscerà subito anche te, eravate inseparabili, non ricordi? Ammetto che ero gelosa di te, stavate insieme più voi di noi due sorelle! – esclamò divertita asciugandosi, avvolta in un telo gigantesco e con i capelli raccolti per non bagnarli:

- Per questo motivo mi rispondevi sempre male? – mormorò rauco.

Winter si volse quasi spaventata: da quanto era dietro di lei? Non se ne era accorta… e come la guardava in quel momento! Sembrava quasi che…

- Ti ho spaventata? – chiese con lo stesso tono. Lei affondò nei suoi occhi azzurri, meravigliosi:

- Un po’… da quanto sei qui? – mormorò con la gola stretta. Mitja si strinse nelle spalle:

- Sono appena entrato. Ti dispiace? – fece avvicinandosi e appoggiando le mani al lavandino, imprigionandola:

- M-Mitja, cosa… - balbettò confusa, stringendosi addosso l’asciugamani:

- Ehi, calmati. Non voglio farti niente! È solo che… te l’ho detto, sei bellissima appena sveglia e colta di sorpresa, non hai la solita espressione imbronciata e scontrosa. Sembri un’altra… - mormorò assorto, alzando una mano per sfiorarle una ciocca di capelli scivolata su una spalla:

- Intendi dire che sembro Crystal? – fece abbassando lo sguardo. Gli occhi le pungevano in maniera insostenibile. Lui sospirò, poi senza riflettere la circondò con le braccia:

- No, intendo dire che sei ancora più bella, Winter. – fece sottolineando il suo nome.

La ragazza si adagiò contro di lui, col cuore in tumulto e una strana sensazione di calore ad avvolgerla, e non erano i vapori del bagno:

- Mi prendi in giro. – disse in un soffio, avvertendo uno strano rollio sotto le dita. È il cuore di Mitja!!

- Ti sbagli, malfidente che non sei altro! – ridacchiò tentando di scaricare la tensione sensuale.

Sentirla così calda e profumata contro di lui, avvolta in un telo da bagno che faceva galoppare la sua immaginazione, era un attentato alla sua salute mentale.

Quasi contro la sua volontà mosse le dita e le sfiorò la pelle della schiena, provocandole una scarica elettrica lungo la spina dorsale.

La sentì irrigidirsi e tendersi contro il suo petto, e si ritrovò a maledire il maglione che si era infilato per uscire e che gli impediva di captare ogni sua curva:

- Mitja, ti prego… - mormorò annientata, con la bocca morbidamente socchiusa e gli occhi brillanti. Il ragazzo si staccò appena, in modo da poterla osservare. Mai visto niente di più bello…

- Cosa? – bisbigliò con voce strozzata, completamente fuori di sé:

- Fermati Mitja… - supplicò quasi, sentendo che le mani di lui si insinuavano sotto l’asciugamano e lottavano per avere campo libero.

Sentì le dita bloccarsi, e in quel momento fu certa che fermarsi gli era costato moltissimo.

Dopo un istante però le prese il viso tra le mani, alzandole il mento con i pollici:

- Perché? – chiese serio. Lei si morse un labbro:

- P-per… favore… - sembrava una preghiera.

Erano completamente persi l’uno nell’altra.

Mitja stava perdendo il controllo: senza più pensare la attirò più vicina con un braccio, senza rendersi conto che in quel modo lei percepiva alla perfezione quel qualcosa di… insolito…

- Non voglio… - sussurrò con voce rauca e sensuale, depositandole un bacio casto ma rovente sulle labbra morbide e tornando quasi subito a guardarla.

Winter non riuscì a sostenere il suo sguardo e chiuse gli occhi lucidi:

- Mitja… - mormorò incapace di qualsiasi reazione. Lui la scosse delicatamente:

- Guardami! – lei obbedì, tremante: - Winter, io… ti sto spaventando? – chiese con un filo di voce. Lei chiuse gli occhi un istante, stringendoli per ricacciare le lacrime, e facendolo sospirare: - Mi dispiace… davvero, non so cosa mi ha preso. – mormorò allentando la stretta ma tenendola sempre tra le braccia.

Le prese nuovamente il viso tra le mani e la tenne vicina: - Sei splendida. – mormorò baciandola delicatamente, senza aspettarsi nulla in cambio e senza approfondire il contatto.

 

Sentì il cuore balzargli nel petto quando percepì un’inequivocabile risposta, un fremito da parte delle labbra di lei.

Le accarezzò le labbra con le sue, chiedendosi freneticamente se era il suo desiderio eccessivo a fargli avere le traveggole o se…

Di nuovo!! Aveva risposto nuovamente!

Socchiuse le labbra avvolgendola col suo alito caldo, ansioso di stabilire un contatto più intimo, ma lei si ritrasse quasi spaventata, tremando:

- Che stiamo facendo? – bisbigliò allontanandolo con forza e coprendosi la bocca con una mano. Lui indietreggiò, appoggiandosi alla porta socchiusa e guardandola come un affamato al quale abbiano tolto quel poco di cibo che poteva avere:

- Hai ragione, scusami. Ti lascio finire. – fece con voce strozzata chiudendosi la porta alle spalle e appoggiandosi al muro con gli occhi chiusi.

 

Deglutì a fatica. Cristo, era completamente uscito di testa!! Chissà cosa pensava ora lei, che era pazzo, che era un maniaco e un approfittatore… probabilmente tutto insieme.

Si sedette sul letto e si prese la testa tra le mani.

Si stava innamorando di lei. O ne era già innamorato.

Il problema era farglielo capire, e forse quel mattino aveva scelto il modo più sbagliato aggredendola direttamente. Se la conosceva almeno un po’ sapeva che non amava andare a sbattere all’improvviso contro la realtà.

Si alzò pesantemente e appoggiò una mano sulla porta del bagno:

- Winter, va tutto bene? – sentì un mugolio di assenso, ma era certo che stava piangendo: - Sei vestita? Posso entrare? – per tutta risposta la porta si aprì e gli apparve davanti perfettamente vestita e con gli occhi arrossati:

- È tutto ok… - mormorò con voce tremula. Lui non si lasciò ingannare, la prese tra le braccia e la coccolò dolcemente:

- Scusami piccola, non volevo spaventarti. Ho perso la testa, ti prometto che non succederà più. – lei si divincolò e si avvicinò rigidamente alla loro colazione:

- Va tutto bene Mitja, dico sul serio. Ora cerchiamo di muoverci, abbiamo da fare e sono ansiosa di ritrovare mia sorella.

Era fredda e distaccata, e lui non sapeva come aiutarla.

Annuì sospirando e poco dopo cominciarono la loro ricerca.

 

~~~~~

 

Dall’altra parte del globo, ore 18:20

 

Haydée uscì dall’ufficio salutando Fedra e Conway, poi scese in strada per andare a prelevare Phénice all’università.

Ero soddisfatta del ragazzo, aveva imparato alla svelta per quanto all’inizio sembrasse un tardone, e cominciava a muoversi egregiamente.

Fedra era una spalla perfetta per lui, anzi quel giorno le era sembrato che se la intendessero meglio di quanto avessero fatto prima della sua partenza. Chissà, magari poteva scoccare la scintilla…

Ridacchiò pensando alle litigate folli che imperversavano tra loro non più di un mese prima: era strano come cambiavano rapidamente le cose!

 

Quel pensiero improvviso la fece bloccare mentre frugava nella borsetta per cercare le chiavi.

Era vero, le cose cambiavano da un giorno all’altro ed era impossibile opporvisi.

Bastava vedere com’era cambiata Winter, quando era partita per l’Europa con Mitja era distante anni luce dalla fredda ladra che le aveva puntato addosso una pistola in un vicolo buio, minacciandola di morte se non l’avesse accettata come compagna di squadra.

Oppure come erano evoluti i sentimenti di Phénice nei confronti di Selim e Arkel. Un giorno si è convinti di amare un persona e poi, quando meno te lo aspetti, ecco che la situazione si stravolge, che nella tua vita entra qualcuno e manda all’aria tutto quanto, mettendo in dubbio anche le tue convinzioni più profonde…

Arrivata a quel punto del ragionamento però non era più sicura se si riferiva a Phénice o a lei.

Era cambiata anche lei dalla Haydée che era quindici giorni prima?

O era sempre la solita?

E… Madian c’entrava qualcosa…

 

Il cellulare nella borsetta prese a suonare insistentemente, facendola sbuffare. Già faticava a trovare le chiavi, adesso ci si aggiungevano anche gli scocciatori al telefono?!

Aprì il telefonino e rispose bruscamente:

- Sì! – fece quasi esasperata:

- Ciao Haydée. – quella voce… mollò la valigetta che cadde a terra con un tonfo, la borsetta sul cofano dell’auto e vi si appoggiò traballando, trattenendo a fatica la stampella:

- M-Madian? – balbettò incerta. Lo sentì ridere sommessamente:

- Ti ho spaventata? Scusami, non volevo… - si sentì avvampare, la sua voce sembrava più calda del solito:

- No, è che… sono sorpresa, tutto qui. Ma dimmi… - mormorò giocherellando con la collanina d’argento che indossava, segno inequivocabile di nervosismo:

- Uhm… mi sembra di averti innervosita con la mia chiamata. Volevo solo sapere come stai, Paul è preoccupato per la sua bellissima paziente! – disse semplicemente. Lei ridacchiò inclinando il capo da un lato:

- Dì a Paul che sto benissimo, la gamba va meglio e riesco anche a guidare egregiamente! – esclamò rilassandosi. Era assurdo agitarsi come una stupida per una telefonata, non averlo di fronte era tutta un’altra cosa:

- Già, me ne sono accorto… e devo aggiungere che sei più bella del solito: quel completo gessato ti sta d’incanto… - mormorò rauco, mandandola nel panico. Mi vede!!

Cominciò a guardarsi attorno allarmata, ma per quanto si sforzasse non riusciva a vederlo. Era la prima volta in vita sua che qualcuno riusciva a spiarla senza che lei se ne accorgesse!

- Dove sei? – la sua voce era notevolmente tesa:

- Qui. – fece una voce da dietro di lei.

Haydée si volse lentamente, sperando di aver sognato, e sempre con il telefono attaccato all’orecchio.

 

Non aveva sognato, Madian era dietro di lei e le sorrideva dolcemente. Avrebbe continuato a guardarlo all’infinito quando lui allungò una mano facendola sobbalzare:

- Ehi, calmati! Volevo solo fare questo… - fece divertito togliendole il cellulare di mano e chiudendolo: - Non ne abbiamo più bisogno, ti pare? – lei annuì, incantata.

Da quando era così bello? Possibile che ogni volta che lo vedeva le sembrava sempre più affascinante?

- Allora, come va? – le chiese affondando le mani nelle tasche. Lei abbassò lo sguardo, confusa:

- B-bene… il lavoro va bene… - mormorò staccandosi dall’auto e tenendosi in equilibrio con l’aiuto della stampella. In quel momento ne aveva decisamente bisogno:

- E Phénice? – lei annuì, temeva che la conversazione scivolasse su argomenti più… pericolosi:

- Sta bene anche lei, anzi devo andare a prenderla e credo di essere in ritardo… - fece muovendosi per raccogliere le sue cose. Madian si chinò e raccolse la valigetta:

- Non c’è bisogno di affrettarsi, Arkel è andato a trovarla! – esclamò con un sorrisetto a mezza bocca, decisamente sensuale. Haydée si riscosse a fatica:

- Ah!… Allora ci sta riprovando! – ritrovò il suo spirito: - Sai, credo di avergli rotto le uova nel paniere ieri, l’ho visto che ci spiava… - mormorò divertita facendolo ridere sommessamente, una risatina frizzante che riuscì a metterla di buonumore:

- Lo credo anch’io, è tornato a casa talmente scornato che ho creduto che avrebbe perso l’appetito! – ribatté divertito. Haydée scosse il capo:

- Quei due sono proprio carini insieme, non trovi? – immediatamente desiderò strapparsi la lingua.

Per fortuna che era lei a voler evitare discorsi scomodi! E adesso che gli diceva?! Oh, come la guardava! Non spogliarmi con lo sguardo Madian, non lo fare…

Tossicchiò imbarazzata, fortunatamente Madian non aveva trovato di che ribattere se non un flebile “Già” che voleva dire tutto e niente, così riprese:

- Hai avuto notizie da Mitja? – il ragazzo si riscosse, imponendosi di non pensare allo strapparle quella camicetta bianca semi-trasparente:

- Sì, sono arrivati e stanno abbastanza bene, considerato il Jet-lag, ma ancora non hanno novità. Spero per loro che la prossima volta possano comunicarmi notizie migliori, soprattutto per Winter. Ha fatto un cambiamento incredibile dalla prima volta che l’ho vista, quando siete venute a cena da noi! – Haydée annuì assorta:

- È esattamente quello che stavo pensando anch’io prima che tu mi chiamassi, ma è tutto merito di Mitja. Con la sua allegria è riuscito a smuovere la coltre di neve e ghiaccio che la ricopriva, non avrei mai creduto che qualcuno ne sarebbe stato capace! Pensa che la prima volta che l’ho incontrata mi ha minacciata di morte! – Madian annuì, ma sembrava assorto in altri pensieri:

- Senti… a proposito di quando siete venute da noi… sarebbe bello ripetere l’esperienza, non trovi? Soprattutto adesso che ci conosciamo meglio. Che mi dici, per venerdì sera andrebbe bene? Purtroppo abbiamo perso il cuoco, ma penso che io e Arkel dovremmo riuscire a ordinare quattro pizze senza mandare a fuoco la casa! – avrebbe voluto farla ridere con quella battuta, ma ottenne soltanto di farle sgranare di più gli occhi:

- V-venerdì!? Io non so… Phénice potrebbe avere degli impegni, io sono indietro col lavoro… - il ragazzo si accostò pericolosamente al suo viso, mozzandole il fiato:

- Ti ho detto che di Phénice se ne sta occupando Arkel, mentre il tuo lavoro ha aspettato quindici giorni: che vuoi che sia una serata in più? – le prese una mano tremante, intrecciando le dita alle sue e affondando nelle sue iridi color caffè, calde come un abbraccio. Haydée lo guardava smarrita:

- N-non lo so… io non… - Madian le posò l’indice sulle labbra:

- Stai tranquilla, voglio solo passare un po’ di tempo con te. È talmente strano non vederti più ogni giorno, non negarmi qualche ora in tua compagnia; e non dimenticare che ci saranno anche Phénice e Arkel, non saremo soli. – lei abbassò lo sguardo, avvampando nuovamente e facendolo sorridere: - Vi aspettiamo per le 8 circa, ti prego vieni! – mormorò dolcemente, baciandole una guancia.

Il tepore del suo alito sulla pelle sarebbe stato sufficiente a confonderla, ma quando si ritrovò tra le sue braccia chiuse gli occhi e si perse in quel contatto.

 

Riacquistò il domino di sé solo quando la lasciò andare, salutandola e rinnovandole l’invito. Lo osservò allontanarsi, con le mani affondate in un paio di jeans né larghi né stretti e le spalle larghe evidenziate dalla maglia nera a maniche lunghe che indossava.

Vide un paio di ragazze voltarsi a guardarlo e per un assurdo istante fu tentata di corrergli dietro e abbracciarlo nuovamente.

Poi svanì alla vista e lei tornò definitivamente alla realtà.

Ecco, era riuscito a estorcerle un appuntamento, anche se fortunatamente non a due.

Però non poteva accettare nemmeno quello, era troppo, doveva fare qualcosa!

 

Salì in macchina e recuperò Phénice, che come c’era da aspettarsi era eccitatissima per l’invito ricevuto.

Lei rimase pensierosa per tutto il tempo, cercando di non pensare alla sua debolezza quando era con lui e a come cambiava non appena la lasciava sola.

Se Phénice avesse anche solo lontanamente sospettato cosa si agitava nella mente della mora forse sarebbe riuscita a farla ragionare col cuore, e non con quella mente che da troppo tempo comandava a bacchetta le sue azioni.

Haydée non sapeva nemmeno più ascoltarla la voce del cuore, sapeva soltanto che lei a quell’appuntamento non doveva andarci.

 

 

Elenim: mi sa che gliene serve un’altra di docce fredde a Mitja… L’ho fatto un po’ diverso l’approccio, ma ci sei andata vicina! Come mi diverto a tenervi in sospeso… non te lo dico!! ;p

 

Super Gaia: mi sento una dea… ^_^

 

Damynex: XDDD A me ha fatto ridere! Arkel ne farà di cotte e di crude, mentre Madian si è stranamente mosso… che stia male?!XD

 

Earinë: Allora incatenalo con qualcosa, qualsiasi cosa! Dormo con una rete da accalappiacani sotto al letto ormai… Anche tu arrossisci? Io prendo letteralmente fuoco, roba che puoi cuocermi un uovo sulla guancia!

 

Uriko: Eh, lo so che mi sto dilungando, ma devo metterla con le spalle al muro e non è facile coglierla impreparata… Abbiate pazienza, sta scoppiando anche Madian ma non posso farci niente, Haydée è furba come una faina!! Lascia perdere la Clerici per carità, non la posso soffrire, non so perché ma il suo programma mi sembra una parodia e lei un cartone animato, poi per carità i cuochi sono bravi.

 

AyLa: Beh, allora diciamo che quanto all’essere sadica ho avuto una buona insegnante… ;p!! Grazie come sempre!

 

Dark Angel & Light Angel: Ciao Light! Lo posso immaginare ^_^ sarei uscita di testa anch’io!! Arkel si smuoverà presto, e farà un bel casino… aspettatevi il peggio!

 

Antheameiko: Non me lo chiedere perché non ho una risposta. Diciamo che quando sono a corto di battute per una coppia mi dedico a un’altra… però a volte devo tagliare per non appesantire e salto a qualcun altro lasciando in sospeso… è una tecnica strana, lo so, ma così funziona il mio cervellino bacato! Ti posso dire che hanno tutti e due delle pessime intenzioni, almeno dal loro punto di vista, ma non posso anticipare altro! Revenge va un po’ a rilento, non riesce a bucare come storia e questo fatto un po’ mi scoraggia, e scoraggia anche la signorina Ispirazione! Ciao ^_^

 

Jennifer: Questo si chiama ragionare razionalmente! Attenta, Haydée sembra gelosa… ;p !!! Come sempre grazie.

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Capitolo 36
*** La svolta ***


La svolta

La svolta

 

Salisburgo, ore 17:45 pm

 

Mitja entrò nell’albergo strascicando i piedi, e dietro di lui Winter quasi nelle stesse condizioni.

Si sedettero di schianto su due divanetti nell’entrata e rimasero immobili come statue per un tempo indefinito:

- Sono distrutto! – biascicò alla fine, non senza un notevole sforzo:

- A chi lo dici… forse faremmo meglio a noleggiare un’auto d’ora in poi, soprattutto se le nostre ricerche continueranno ad essere così infruttuose. – concluse la ragazza cupamente. Lui si raddrizzò di scatto:

- Dai, non dire così. Non potevamo certo pretendere che appena entrati in città sarebbe venuta ad accoglierci con la banda e il sindaco, anche se devo confessare che le majorette non mi sarebbero affatto dispiaciute… - ridacchiò come un idiota prima di guadagnarsi una borsettata nello stomaco: - EHI, donna violenta!! Stavo solo scherzando! – lei trattenne a stento una risata:

- Sei completamente scemo Mitja! – esclamò nascondendosi la bocca con una mano e guardandosi attorno.

Lui sorrise. Per quanto la loro prima giornata di indagini fosse andata male stava comunque meglio, o non avrebbe ridacchiato in quel modo.

Avevano girato mezza città, ottenendo soltanto vesciche nei piedi e un paio di porte sbatacchiate in faccia. Come indagine era stata sufficientemente deludente, ma il pensiero di trovarsi a pochi km da Crystal teneva comunque alto il loro morale.

Si alzò faticosamente, con un mugolio di dolore, e le porse una mano:

- Andiamo: ho bisogno di una doccia bollente, di un bel massaggio nei piedi e nelle gambe e di qualcosa di caldo da mangiare, subito! – esclamò con gli occhi brillanti.

Winter lo guardò divertita:

- Concordo a pieni voti, ho bisogno di rilassarmi o domani non riuscirò nemmeno a infilarmi le scarpe! – esclamò posando la mano nella sua e lasciandosi attirare verso di lui.

Non appena l’ebbe vicina le circondò le spalle con un braccio, e un po’ sorreggendosi, un po’ sorreggendola, si avviarono ridacchiando all’ascensore.

 

~~~~~

 

Impiegarono tre giorni per trovare uno straccio di traccia, poi, finalmente, la svolta.

Parcheggiarono l’auto noleggiata in un cortile fiorito e ben curato, con un pozzo al centro, e bussarono all’ennesima porta, pregando che fosse la volta buona visto che quella era una delle loro ultime spiagge.

Winter si chinò per allacciarsi il laccio di una scarpa mentre Mitja bussava.

Aprì loro una simpatica suorina, alta poco più di un metro e nascosta sotto a un velo nero, e immediatamente il ragazzo attaccò la pappardella in tedesco che gli aveva insegnato Winter:

- Salve sorella, io e la mia amica stiamo cercando una persona e ci chiedevamo se lei magari poteva darci qualche informazione… - si bloccò notando la sguardo della suora fisso su Winter:

- Anya? – la chiamò incerta. La ragazza si alzò scostando i capelli dal viso e guardò la donna con sorpresa:

- Come ha detto? – mormorò sorpresa. La suora allargò il viso in un sorriso:

- Anya, come fai ad avere i capelli così lunghi?! Ti ho vista meno di un mese fa e avevi un caschetto talmente adorabile… ah, cosa si inventano mai questi parrucchieri, riescono ad allungarti anche i capelli ormai… - avrebbe continuato a lungo, ma un’altra suora passò dietro di lei e la fermò: - Guarda Maria, Anya si è fatta allungare i capelli! Secondo me però stavi bene anche prima, sembravi più giovane! E chi è questo bel giovanotto? Un parente di Friedrich? Strano, non mi sembra di averlo mai visto da queste parti, è un cugino venuto dall’estero? Parla in modo parecchio strano… - Winter la bloccò prendendola per le spalle:

- Lei mi conosce?! – chiese agitata. La vecchietta si sistemò gli occhiali leggermente confusa:

- Anya ma che ti prende? Certo che ti conosco, cosa stai dicendo? – un attimo dopo si ritrovò imprigionata dalle braccia della ragazza, che rideva e piangeva insieme:

- Dov’è mia sorella? La prego, mi dica dove si trova!! – esclamò con tono quasi disperato.

Mitja si rese conto che così rischiavano di spaventare tutti, perciò intervenne e liberò la suora dalla stretta di Winter, prendendo la ragazza tra le braccia e accarezzandole il capo rassicurante:

- Anya che ti succede? – mormorò l’altra suora sorpresa.

Quando si fu ripresa Winter rispose:

- Io… non sono quella che voi chiamate Anya, sono Winter la sua gemella. La sto cercando, vi prego ditemi dove si trova, non la vedo da 17 anni! – le due suore si guardarono stupite, poi annuirono e accompagnarono i due ragazzi in una saletta spoglia ma linda:

- Aspettate qui, la superiora arriverà tra breve. – disse la suora che aveva aperto porgendo loro due sedie.

Le accettarono con gratitudine e si sedettero, ormai le gambe non li reggevano più a causa dell’agitazione.

 

Dopo meno di dieci minuti sopraggiunse un’altra suora, che dal modo di comportarsi doveva essere la direttrice del convento.

Si sedette di fronte a Winter e guardandola con dolcezza le disse di cominciare a raccontare.

La ragazza si asciugò le lacrime e le disse tutta la sua storia e quella di Crystal, fermandosi a quel giorno:

-…Così siamo arrivati qui e la suora che ci ha aperto mi ha riconosciuta, chiamandomi Anya e parlandomi come se ci conoscessimo da sempre. So che voi potete aiutarmi, vi prego, la sto cercando da tanto di quel tempo, ditemi dove posso trovarla! – mormorò mentre le lacrime le scorrevano silenziose lungo il viso.

La suora guardò a lungo la foto di loro tre ragazzini mentre giocavano nella neve, e si asciugò una lacrima fugace:

- Vi aiuteremo senz’altro, da tanto tempo pregavamo perché Anya riavesse la sua famiglia. È sempre stata più triste degli altri orfanelli che sono passati di qui, soprattutto quando nevicava; passava le giornate a guardare fuori dalla finestra e delle volte la sentivamo mormorare una storia strana: diceva che un giorno lo spirito gioioso dell’inverno fatto di neve sarebbe venuto a prenderla e l’avrebbe riportata nella sua casa, ovunque essa fosse. Non ricordava nulla del suo passato, tranne appunto la strana storia che vi ho raccontato. Ora credo di capirla. L’inverno è lei Winter, e Mitja lo spirito gioioso di quella stagione fatto di neve, nel vero senso della parola! – esclamò ridendo e indicando il ragazzino sorridente e mezzo ricoperto di neve della foto.

Il ragazzo guardava le due donne confuso, non ci capiva niente ma gli era chiaro che quella suora stava bonariamente ridendo di lui. Sorrise di rimando, grattandosi la nuca con una mano, poi vide Winter asciugarsi le lacrime e prendere le mani della suora:

- La prego, mi dica dove trovarla, o almeno il suo nome per esteso! – implorò emozionata. La suora annuì:

- Si chiama Anya Locke, vive appena fuori Salisburgo, vi scrivo l’indirizzo… - fece prendendo un biglietto e scribacchiando qualcosa: - …Fate attenzione, se è vero che ha perso la memoria nella peggiore delle ipotesi potrebbe non riconoscervi, anche se lo escludo. Ho sempre sospettato che sarebbe bastata una scintilla per far rinascere in lei il ricordo, ma non sapevo come e dove portarla per farla ricordare. Pregherò che vi riconosca e che non abbia un tracollo psicologico, sarebbe terribile per tutti. Quando si sarà ripresa portatele i miei saluti, è una brava ragazza e viene qui spesso! – li salutò accompagnandoli alla porta e augurando loro buona fortuna, insieme a tutte le suorine presenti.

 

Quando furono soli Winter gettò le braccia al collo del ragazzo, stringendosi a lui con tutta la forza che le rimaneva:

- Mitja… l’abbiamo trovata… - piagnucolò ancora incredula. Lui la strinse, sorridendo:

- Già, e allora perché piangi? Dovresti essere al settimo cielo! – mormorò accarezzandole la schiena e respirando a fondo il suo profumo. Lei scoppiò in una risatina:

- Hai ragione, devo essere felice! – fece asciugandosi le lacrime per l’ennesima volta. Si staccò guardandolo con occhi brillanti: - Allora, si va?! – esclamò allegra. Lui allargò il sorriso e le depositò un bacio rapidissimo sulle labbra morbide:

- Si va!! – fece circondandole le spalle con un braccio e trascinandola verso l’auto.

 

~~~~~

 

Villetta in periferia, venerdì ore 20:35

 

Madian passò per la milionesima volta davanti all’orologio nella cucina, imprecando internamente, mentre Arkel, con una calma zen che era lontanissimo dal provare realmente, se ne stava sul divano a guardare il vuoto.

Erano in ritardo di più di mezzora, ergo c’era qualcosa che non andava.

Il ragazzo si alzò sbuffando e prese il cordless, raggiunto da un agitatissimo Madian:

- Che stai facendo?! – chiese quasi istericamente:

- Mi sono stancato di aspettare, voglio spere di che morte devo morire, e se veramente ci hanno rifilato un bidone non voglio certo continuare a crogiolarmi nell’autocommiserazione!! Adesso chiamo Phénice e la facciamo finita, altro che “non vorrai metter loro fretta”!! – sbraitò componendo il numero a memoria.

Il telefono squillò a vuoto almeno sei volte, e proprio quando stava per riattaccare deluso una voce rispose all’altro capo:

- Ciao ragazzina, allora che si fa? – rimase in ascolto un po’, poi aggrottò la fronte e guardò Madian con espressione indecifrabile: - Ah-ha… ho capito… arriviamo. – mormorò chiudendo la chiamata.

Davanti a lui stava un uomo che soffriva le pene dell’inferno:

- Perché arriviamo? Haydée sta male? La ferita le crea fastidio? Hanno avuto un incidente? – Arkel non rispose, gli lanciò il suo giubbotto imbottito e il casco e prelevò le chiavi della moto:

- Meglio che ti fai spiegare da lei, dobbiamo andare là. – borbottò senza specificare se la lei era Phénice o Haydée.

Madian obbedì automaticamente e lo seguì in garage, dove montarono sulla R1 per raggiungere l’appartamento delle ragazze.

 

Venti minuti più tardi parcheggiarono la moto lungo la strada ed entrarono nella palazzina.

Madian non c’era mai entrato e si guardava attorno per vedere dove viveva la donna dei suoi sogni.

Salirono le scale in silenzio, poi bussarono a una porta che si aprì immediatamente, rivelando Phénice in lacrime con due occhioni gonfi e rossi di pianto:

- Arkel… - piagnucolò gettandogli le braccia al collo e singhiozzando incontrollatamente. Il ragazzo entrò tenendosela saldamente addosso, mentre Madian lo seguiva silenzioso. Seguitava a non capire.

Entrò con gli occhi dilatati, intento a carpire ogni piccolo particolare di quella abitazione, e seguendo automaticamente Arkel che si muoveva come a casa sua.

Si ritrovò in un soggiorno elegante, da un lato stava una cucina moderna con un tavolo e le sedie, mentre dall’altra parte c’erano due divani di pelle bianchi e vari mobili.

Non riusciva a capire, dov’era Haydée?

Intanto Arkel era riuscito a calmare un po’ la rossa sedendola su un divano, le accarezzò delicatamente una guancia e la guardò preoccupato:

- Dall’inizio, non gli ho ancora detto niente. – mormorò dolcemente, stupendo Madian per il tono insolito che aveva usato.

La ragazza annuì e alzò sul giovane ancora in piedi un viso stravolto:

- Madian, Haydée non c’è. – fece con voce ancora rotta dai singhiozzi. Lui non capì:

- Come sarebbe che non c’è? È in ritardo per lavoro? La aspettiamo non è un problema… - la ragazza scosse il capo:

- Non è in ritardo per lavoro, lei non è più qui. – a quel punto fu costretto a sedersi, mentre impallidiva terribilmente:

- Phénice… non mi starai dicendo che… - no, non gli stava dicendo una cosa del genere. Decisamente, stava sognando. Anzi, stava avendo il più orribile degli incubi.

La ragazza parve capire in che direzione si muovevano i suoi pensieri e si affrettò a rassicurarlo:

- Non fraintendermi, sta bene, non le è accaduto nulla di male. – Madian riprese a respirare, ma il suo cuore viaggiava a un ritmo vertiginoso:

- E allora cosa significa che non è più qui? – chiese spazientito.

Phénice non rispose, prese alcuni fogli stropicciati e glieli porse.

 

Carissima Phénice,

mia dolce sorellina.

 

Madian tornò a guardare i due ragazzi sul divano di fronte a lui. Phénice continuava a singhiozzare silenziosamente, mentre Arkel le teneva un braccio attorno alle spalle e con la mano libera le accarezzava i capelli. Non lo sto vivendo veramente…

Tornò a guardare i fogli, sgomento.

 

Forse ho scelto il modo peggiore per dirti addio, ma sono una codarda e non me la sono sentita di salutarti di persona. Sarebbe stato troppo straziante e non mi avresti mai permesso di partire. Come vedi, ti conosco piuttosto bene!

 

Scorse la lettera rapidamente, saltando i passaggi personali tra le due ragazze, poi finalmente giunse alla fine.

 

Mi dispiace sorellina, ma non potevo fare altrimenti. Dovevo ritrovare me stessa e rimanendo lì accanto a voi (e a lui) non ci sarei mai riuscita.

Un giorno, quando sarò guarita, potrei decidere di tornare, ma fino ad allora resterò in India, accanto a mio padre e ad Ameera. Sono la mia unica famiglia e spero che con loro riuscirò a ritrovare la mia strada.

Ho commesso tanti errori nella mia vita, tu mi hai aiutata a capirne molti, ma è giunto il momento che affronti le mie paure e i fantasmi del passato. Sai bene di cosa parlo, lo sai meglio anche della stessa Ameera.

Sono certa che col tempo capirai il mio gesto, e spero che potrai perdonarmi il giorno che ci rincontreremo.

Fino ad allora ti porterò nel cuore e ti sarò accanto, il mio indirizzo di posta elettronica sarà sempre aperto per te.

Non posso darti il mio indirizzo, so che nella tua immensa bontà lo daresti a Madian e non posso permettertelo. Ma sappi che se vorrai ti dirò come raggiungermi, magari durante le ferie dal tuo lavoro nel museo (sono certa che ti assumeranno!).

Ti voglio bene Phénice, non dimenticarlo mai.

Arrivederci sorellina

Haydée

 

P.S.: Fidati di Arkel, si è affezionato a te. Analizza i tuoi sentimenti nei suoi confronti, potresti avere delle sorprese.

Buona fortuna.

 

Strinse i fogli senza rendersene conto, stropicciandoli maggiormente. In India… è andata in India…

Rilesse gli unici due accenni che aveva fatto a lui.

Dalle sue parole era chiaro che qualcosa nei suoi confronti doveva provare, altrimenti difficilmente lo avrebbe nominato.

 

Posò i fogli sul basso tavolino tra i due divani prima di distruggerli del tutto, poi si alzò avvicinandosi alla finestra e rimase un tempo indefinito a guardare un parco dove alcuni bambini giocavano e ridevano.

 

Haydée era partita.

Haydée era andata in India e non aveva idea di come trovarla.

Si volse a guardare Phénice:

- Sai se… - dovette schiarirsi la voce, non riusciva a riconoscersi: - Sai se qualcun altro sa della sua partenza? – chiese con la mente completamente vuota.

La ragazza scosse il capo timidamente, non aveva mai visto un’espressione del genere, così triste e abbattuta, ma allo stesso tempo decisa:

- No. Non aveva altre amiche oltre a me e a Winter. Non mi pare che conoscesse altre persone da essere così in confidenza. – mormorò col pianto nella voce:

- Capisco… - borbottò il ragazzo tornando a guardare il parco.

 

Cosa doveva fare? Lasciar perdere e aspettare che fosse lei a dare altre notizie a Phénice?

No, era da escludersi. Non sarebbe riuscito a stare con le mani in mano aspettando chissà cosa.

Non poteva nemmeno tentare di dimenticarla, era impossibile, un’idea da non considerare neanche di striscio.

C’era un’unica cosa da fare: trovarla e farla sua, definitivamente. Doveva smettere di andarci cauto e dare libero sfogo a quello che provava.

Esatto, avrebbe fatto proprio così.

 

Senza dire una parola si volse e uscì dall’appartamento, aveva già una mezza idea di chi contattare.

Era sicuro che una persona sapeva esattamente dove trovarla.

Il problema più urgente perciò era trovare questa “chiave di volta”.

 

~~~~~

 

Villa McKaye, mezzora dopo

 

Rachel stava passando l’aspirapolvere lungo il corridoio, con le cuffiette di un lettore mp3 regalo di Madian infilate nelle orecchie, quando il telefono prese a squillare.

Dopo un’infinità di squilli a vuoto Maximilian arrivò di corsa, sbraitando alla moglie qualcosa che lei non sentì, troppo presa dalle sue faccende.

L’uomo prelevò il cordless e rispose, urlando a chi c’era dall’altro capo di avere un attimo di pazienza.

Quando finalmente riuscì a chiudersi nel suo studio tirò un sospiro di sollievo:

- Pronto? – disse infine:

- Ciao papà, ho bisogno del tuo aiuto. – la voce del ragazzo era grave, estremamente seria, e fece preoccupare l’uomo:

- Va tutto bene Madian? – sentì un sospiro dall’altro capo:

- Più o meno. Devo trovare una persona che nessuno ha mai trovato e ho bisogno del tuo aiuto. Però non posso dirti nulla per telefono, mi chiedevo se tu e la mamma avete voglia di fare un giretto qui in città… - venne interrotto dalle rassicurazioni di suo padre:

- Certamente, adesso le tolgo dalle mani quell’aspirapolvere infernale e la carico in auto. Saremo lì prima possibile! – non sapeva perché, ma qualcosa nelle parole del ragazzo lo preoccupava enormemente.

Chiuse la conversazione e andò a recuperare sua moglie, incuriosito per la strana richiesta del ragazzo.

 

 

Ok, lo so che adesso volete definitivamente cancellarmi dalla faccia della terra, ma io non demordo!! Per eventuali recapiti di frutta e/o verdura marcia avete il mio indirizzo e-mail o eventualmente il mio blog.

 

Elenim: Davvero hai il sorrisino ebete?! Dai, fammelo vedere!! Scherzi a parte, mi sto preparando ad affrontare una vera e propria rivolta, quindi ti saluto e mi rinchiudo nel mio bunker!!

 

Earinë: Allora? Sono cattiva, cattivissima o strega malefica?! Uahahahah!! Così impari a dare dell’arrapato a Mitja, mi ha scritto una mail da Salisburgo in cirillico, non la traduco perché sospetto sia piena di rimostranze non precisamente educate: se se ne sta buono lo coglionate, se si dà da fare lo coglionate il doppio! Il poveretto sta pensando di cambiare sponda, magari così può andare… ;p  PS: tieni buona la belva, ti supplico!!

 

AyLa: Oddio, adesso anche tu mi starai odiando… non so che dirti, consolati con i due biondini… che gran casino! Comunque l’allieva ha superato la maestra, neanche tu hai raggiunto picchi così elevati di cattiveria nei confronti dei tuoi personaggi… beh, mi farò perdonare! E TANTI AUGURI DI BUON COMPLEANNO!! SMACK!!

 

Uriko: Se può servire a migliorare la mia quotazione in questo momento, questa era la scena peggiore… mentre voi leggete io espatrio sulla Luna, dicono che ci sia un paesaggio da mozzare il fiato…

 

Londonlilyt: Ehm… Non la vai ad ammazzare adesso, vero? Mi servirebbe ancora…

 

Antheameiko: Se ho bisogno di un rifugio sicuro posso fare un salto da te? Sai com’è, qui l’atmosfera si sta surriscaldando…O.O

 

Damynex: Forse era il Mambo il ballo che dicevi… a parte questo, hai la mente più malata della mia!!XD Vedrai cosa succederà tra loro, sicuramente sarà diverso dagli altri due.

 

Jennifer: Non so se questo capitolo ti abbia rilassata dopo aver studiato… mi sa che ti ha fatto venire voglia di tornare a studiare! Hai perfettamente ragione, ero incerta e ho messo a caso, poi mi sono dimenticata di cercare una traduzione: errore di distrazione! Comunque ho già corretto, grazie infinite! Niente scenate di gelosia per Arkel, e Winter darà una spiegazione. La poverina è più complessata di quanto credete!

 

Dark Angel & Light Angel: Ciao Dark! Mi state ubriacando passando dall’una all’altra! No dai, scherzo! Non posso anticipare niente su Arkel, farà il suo dovere comunque, da bravo omino innamorato. Hai afferrato perfettamente il concetto per quanto riguarda Winter, ma non mi odiare per quello che ho fatto alla tua coppia preferita!! Ciao anche a Light allora, al prossimo capitolo!

 

Detto questo, mi preparo al bombardamento, e col mio elmetto in testa e la maschera anti-gas vi faccio un rapidissimo ciao-ciao prima di nascondermi per benino! A presto!

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Capitolo 37
*** Caccia alla volpe ***


Si è aggiunto un altro problema: l’ora legale

Si è aggiunto un altro problema: l’ora legale. In India non esiste (con tutti i paesi che ci sono quello dovevo beccare?!), loro vanno tutto l’anno con l’ora solare, quindi rispetto a Greenwich sono avanti di 4 ore e mezza, ma questo solo quando da noi c’è l’ora legale. Quando anche da noi scatta l’ora solare invece sono avanti di 5 ore e 30 minuti rispetto a Greenwich. Per adesso quindi nella storia Salisburgo e la città negli States hanno l’ora legale, mentre quella scriteriata di Haydée ha l’ora solare. Mi si sta fondendo il cervello a forza di calcoli e sto per diventare intrattabile!! Come sempre, se qualcuno ne capisce più di me si faccia avanti, gli aiuti sono sempre graditissimi.

Ah, scusate il ritardo! ^_^

 

Caccia alla volpe

 

Salisburgo, ore 17:00 pm

 

Winter scese dalla macchina e fece un respiro profondo.

Era davanti alla casa di sua sorella. Era arrivata.

Si volse e incontrò il sorriso rassicurante di Mitja, e allungò una mano verso di lui.

Lui la strinse con forza, comunicandole senza bisogno delle parole che era lì accanto a lei per sostenerla.

 

La ragazza scostò il cancelletto e fecero alcuni passi in un piccolo giardino, ritrovandosi poi di fronte alla porta.

Alzò una mano tremante, e dopo un ultimo istante di indecisione premette il campanello, facendo istintivamente un passo indietro.

 

Ecco, la sua mossa l’aveva fatta. Ora non restava che aspettare una reazione da parte dell’abitante della casa.

Attesero diversi minuti, ma tutto attorno a loro era silenzio.

Si scambiarono un’occhiata intensa, poi Mitja suonò la seconda volta.

Stavano per scoraggiarsi quando sentirono una voce e dei passi affrettati.

 

Quando la porta si aprì si trovarono di fronte un ragazzo di una trentina d’anni, alto e castano chiaro.

Guardò Mitja con due occhi castani brillanti all’inverosimile, mentre Winter adocchiava alcune vistose macchie d’erba sulla tuta che indossava.

Quando il giovane posò il suo sguardo sulla ragazza per poco gli prese un colpo:

- An… Anya? – balbettò con voce strozzata. Immediatamente lei scosse il capo, estremamente nervosa:

- No, non sono Anya. Sono sua sorella gemella. Lei è in casa? – mormorò mentre la sua attenzione veniva catturata da dei richiami acuti:

- Pà!…. Pà! – strillava una vocetta insistente, seguita dallo scalpiccio di piccoli passi.

Un attimo dopo un bambino biondo di circa 2-3 anni, con meravigliosi occhi azzurri, fece capolino accanto a una gamba del ragazzo, guardando i due estranei con timidezza e sospetto.

Immediatamente si aggrappò a una gamba di suo padre, distogliendo lo sguardo da quello insistente della ragazza:

- Anya non è in casa, ma tornerà tra poco. Entrate. - mormorò il ragazzo prendendo in braccio il bambino e scostandosi per farli entrare:

- Grazie… - mormorò Mitja intuendo il significato dell’ultima parola e trascinandosi dietro una sconvolta Winter.

 

Dopo pochi istanti si ritrovarono seduti su un comodo divano in un calorosissimo salottino, arredato con gusto.

Winter si guardò attorno con gli occhi sgranati, aveva l’impressione di trovarsi nella casa delle bambole che sua madre aveva regalato a lei e sua sorella tanto anni addietro. In formato gigante naturalmente.

- Io sono Friedrich, il marito di Anya, e questo timidone è Nikolas, nostro figlio. – dopo che Winter ebbe tradotto l’informazione, i due estranei guardarono dall’uno all’altro con gli occhi sempre più sgranati, mentre Mitja non riuscì a trattenersi dal commentare:

- Crystal è sposata e ha un figlio… mio Dio… - Friedrich si volse a guardare Winter con aria interrogativa. Aveva capito quello che aveva detto, spiegò, ma non il nome che aveva usato:

- Crystal è il nome di mia sorella. Ha perso la memoria 17 anni fa e non ricordava il suo vero nome. Le suore l’hanno chiamata così. – spiegò la ragazza guardandolo negli occhi.

D’un tratto sentì due manine piccole e calde posarsi sulle sue, fredde per la tensione:

- Assomigli alla mia mamma! – le disse una vocetta cristallina, e si ritrovò a fissare un visetto sorpreso e dolcissimo. Sembrava il viso di un angelo. Istintivamente accarezzò una gota al bambino, mentre gli occhi le si riempivano di lacrime:

- Lo so, quando abitavamo insieme la gente ci confondeva! – esclamò trattenendo un singhiozzo, poi alzò lo sguardo sul cognato: - Il mio nome è Winter, ti sembrerà incredibile ma sono la gemella di… tua moglie… - lui si raddrizzò sullo schienale, sporgendosi verso di loro e guardandoli duramente:

- In tutti questi anni Anya non ha desiderato altro che ritrovare la sua famiglia. Lei non me lo ha mai detto, ma io so che è così. Non metto in dubbio la veridicità di quello che dici, ma badate di non farla soffrire. Lei è tutto quello che ho, insieme a Nikolas, quindi vi prego di non spaventarla in alcun modo. – il suo sguardo era talmente deciso che entrambi trattennero il fiato, annuendo:

- Non voglio spaventarla, e non voglio farla soffrire. – mormorò d’un soffio con le lacrime agli occhi: - Voglio solo riabbracciare mia sorella, ti prego non allontanarmi ancora da lei! – il viso di Friedrich si addolcì immediatamente:

- Non vi manderò via, voglio che lei riabbia la sua famiglia. Siete identiche, è difficile farsi prendere dal dubbio che tu non sia sua sorella! – fece sorridendo e allungando una mano per stringere le sue. Winter gli sorrise debolmente:

- Grazie Friedrich… grazie!! – poi il ragazzo si volse verso Mitja:

- E lui? È un vostro parente? – la giovane si affrettò a negare:

- Oh, no! Lui è nostro amico da sempre! Si chiama Mitja… ma aspetta, voglio mostrarti una cosa… - fece frugando nella borsetta.

Tirò fuori la famosa foto del pupazzo di neve, la stessa che aveva anche Mitja e che avevano mostrato alla madre superiora del convento: - Questi siamo noi! –

Il giovane la prese, osservandola stupito, poi gli sfuggì un sorriso e si coprì la bocca:

- Avete detto la verità, questa è proprio Anya… o Crystal, come la chiami tu! – gli occhi di Winter si illuminarono:

- Mia sorella è sempre così allegra? – Friedrich non rispose, mettendosi in ascolto mentre Nikolas partiva di corsa verso una destinazione sconosciuta. Il ragazzo le sorrise:

- Potrai giudicare tu stessa! – esclamò alzandosi e mandandola nel panico più assoluto.

 

I due ragazzi rimasero soli per diversi istanti, e Winter si volse allarmata:

- È lei? – fece con voce tremante. Mitja le cinse le spalle, depositandole un bacio sulla fronte:

- Credo proprio di sì. Vieni qui… - mormorò passandole le dita sul viso per toglierle le lacrime: - Non vorrai farti pescare da tua sorella mentre frigni come una bambina! – esclamò tentando di spezzare la tensione.

Poi si zittirono, mettendosi in ascolto.

Sentirono una voce squillante parlare con dolcezza al bambino, poi dei passi sul pavimento di una stanza accanto a quella dove si trovavano.

Winter sentì Friedrich mormorarle qualcosa con dolcezza, e trattenerla un istante per darle tutte le spiegazioni.

Un attimo dopo una figura aggraziata apparve sulla porta alla loro sinistra.

Era una ragazza bionda, alta, con lucentissimi occhi azzurri. Portava i capelli biondi in un caschetto graziosissimo ed era vestita con estrema semplicità, jeans e camicetta.

Posò la borsetta su un tavolino accanto a lei e si mosse in direzione dei due ospiti, guardandoli con occhi sgranati.

 

Winter e Mitja erano pressoché immobili sul divano, osavano a malapena alzare lo sguardo su di lei. Poi la ragazza si fece forza e alzando il capo incontrò sé stessa in due occhi azzurri come il cielo d’estate in alta montagna.

Con gli occhi sbarrati come sua sorella si alzò in piedi, incapace di proferire verbo.

Accanto a loro i due ragazzi le guardavano apprensivi.

 

Poi Crystal fece un passo avanti, sbattendo le palpebre per ricacciare le lacrime che le si erano formate involontariamente negli occhi.

- Win… …Winter! – riuscì a esclamare con voce flebile, poi il mondo attorno a lei prese a ruotare vorticosamente e improvvisamente divenne buio.

 

~~~~~

 

Villetta in periferia 11:00 am

 

Maximilian ascoltò suo figlio attentamente, mentre Rachel aveva già avuto un paio di principi di svenimento.

Non poteva credere che Haydée se ne fosse andata così, da un momento all’altro.

Certo che per avere così su due piedi il biglietto per l’India doveva averlo pronto da tempo, di certo non era un viaggio last-minute! Perciò chissà da quanto sapeva che se ne sarebbe andata.

Eppure gli era sembrata così affiatata con suo figlio la settimana prima, perché aveva deciso di andarsene?

Phénice si era rifiutata di raccontare quella cosa che, stando alla lettera, doveva sapere meglio di chiunque altro. Diceva che non avrebbe deluso la sua amica neanche sotto tortura, quindi si era rinchiusa in un ostinato silenzio e aveva detto a Madian di non supplicarla perché temeva di tradirsi.

 

Quando il ragazzo finì di dargli tutte le informazioni del caso si prese il mento tra pollice e indice, mugugnando qualcosa fra sé e sé:

- E così tu credi che per avere notizie più precise dobbiamo rintracciare Sybil, giusto? – il ragazzo annuì:

- Non lo credo semplicemente papà, ne sono assolutamente certo! Me lo aveva detto lei stessa che quella donna è capace di sapere i segreti dei morti, figurarsi se non sa dov’è finita la sua ladra migliore! – fece innervosito alzandosi e gesticolando:

- Uhm… e va bene, tenterò di contattarla, ma non sarà una cosa facile Madian. Soprattutto adesso che anche Winter, l’unica a sapere dove trovarla, è in Europa e perciò fuori dalla nostra portata. Inoltre ha altri pensieri per la testa, non mi pare il caso di disturbarla. – Madian si sedette pesantemente:

- Lo so, infatti sono stato un’ora davanti al computer incerto se scrivere o meno a Mitja, poi mi sono detto che era meglio lasciarli stare e non ho fatto nulla. Però ho pensato: se è riuscita a trovarla lei, perché noi non dovremmo riuscirci?! Siamo nel giro da molto più tempo e teoricamente dovremmo conoscere molta più gente, perché invece non sappiamo neanche che faccia abbia? – Maximilian ridacchiò:

- Ragazzo, credo che abbiamo a che fare con una femminista convinta. So per certo che ha istruito solamente ladre donna, difficilmente si farà trovare da un uomo! – il ragazzo si spettinò nervosamente:

- Ma allora non c’è via d’uscita! – esclamò esasperato.

Rimasero in silenzio a lungo, incerti sul da farsi; poi Rachel, che fino a quel momento se n’era stata buona in un angolo, tossicchiò:

- Beh, io sono una donna… - mormorò incerta, temendo che la prendessero per pazza.

In effetti erano abbastanza sbalorditi, a giudicare dalle loro espressioni, perciò agitò una mano e sospirò:

- Lasciate perdere, non so da dove mi sia uscita quest’idea… - suo marito si alzò e la prese per le spalle:

- Ma certo!! Spargerai la voce che la cerchi, ed essendo donna magari riuscirai a incontrarla! Cara, sei geniale!! – esclamò dandole un rapido bacio. Lei ridacchiò:

- Credete davvero che sia una buona idea? – suo figlio le fece un sorriso a 32 denti:

- Una buona idea?! Mamma, è perfetta!! Non ci saremmo arrivati neanche in giorni di meditazione! Ah, che madre perfetta! – esclamò prendendola tra le braccia e sollevandola agilmente.

Ora non rimaneva che spargere la voce tra le persone giuste, attendere pazientemente e con ogni probabilità le acque si sarebbero smosse da sé.

 

~~~~~

 

Aeroporto New Delhi, 20:35 pm

 

Lo sportello si aprì e immediatamente l’aria rovente e il riflesso accecante del sole la investirono.

Superato il primo attimo di smarrimento infilò un paio di occhiali da sole e ancora aiutandosi con la stampella uscì nella luce del sole indiano, scendendo lentamente la scaletta mentre una hostess cortese la aiutava.

Si avviò lentamente al terminale, guardandosi attorno per essere certa che non stava sognando, poi vide un uomo in lontananza farle ampi gesti con le braccia.

Rispose alzando un braccio e sorridendo, poi alzò lo sguardo verso il cielo e socchiuse gli occhi.

Sono a casa…

 

~~~~~

 

Salisburgo, 17:15 pm

 

Friedrich aveva preso sua moglie al volo prima che cadesse a terra, l’aveva stesa sul divano lasciato libero dai due ospiti e tentava in tutti i modi di svegliarla.

In quel momento Nikolas prese a singhiozzare piano, aveva provato a trattenersi per far vedere che era un ometto coraggioso, ma proprio non ci riusciva a non piangere!

Si accostò a suo padre tirandolo per il maglione, e non appena ebbe catturato la sua attenzione gli gettò le braccia al collo:

- Cos’ha la mamma? Perché dorme e non si sveglia? – piagnucolò dopo un po’. Friedrich alzò lo sguardo su Winter e Mitja:

- Non ha nulla, è solo stanca ma adesso si sveglia. – mormorò cominciando a preoccuparsi. Quello svenimento non gli sembrava più naturale:

- Credo che… sarebbe meglio chiamare un medico… - mormorò Winter che non aveva ancora staccato gli occhi di dosso a sua sorella. Il ragazzo socchiuse gli occhi:

- Prova a chiamare tua sorella intanto. – fece spostandosi e portando il bambino nella stanza accanto per cercare di calmarlo.

Mitja le sorrise dolcemente, così si sedette accanto a Crystal, o Anya, e la chiamò.

Dopo un paio di tentativi inutili alzò una mano tremante e prese a sfiorarle il viso:

- Svegliati Crystal… svegliati sorellina, mi sei mancata così tanto! – lacrime silenziose le rigavano il viso mentre le prendeva una mano e se la posava su una guancia: - Sono Winter… Crystal sono Winter!! – ma nemmeno quel tentativo andò in porto.

 

Il marito della ragazza stava per chiamare il medico quando Nikolas gli sfuggì e andò ad abbracciare sua madre.

Mormorò qualcosa di incomprensibile all’orecchio della sua mamma, poi appoggiò il capino sul cuore della ragazza:

- Mamma, c’è una che ti assomiglia tanto, sai? – fece con una vocetta tremante e tenerissima, poi le baciò una guancia: - Se non ti svegli la vedo solo io, è tanto bella anche lei! – cinguettò notando un fremito sulle palpebre della madre. Allungò una manina verso Friedrich e saltellò:

- Pà, la mamma si sveglia!! – Winter era esplosa in lacrime, rifugiandosi nell’incavo del collo di Mitja, poi quando aveva sentito quella semplice frasetta si era staccata lentamente, scambiandosi un’occhiata col ragazzo.

Istintivamente lui la scostò dalla visuale della giovane stesa sul divano, non sapeva dire il perché ma era certo che fosse la cosa migliore: lasciarle il tempo di svegliarsi e di riordinare le idee.

 

Anya, alias Crystal, si tirò faticosamente a sedere, mentre suo marito la sorreggeva e il bambino saltellava allegro attorno a loro.

Friedrich le diede un caloroso bacio, tenendole il viso tra le mani:

- Stai bene? – mormorò visibilmente sollevato. Lei annuì, poi gli rivolse un sorriso debole:

- Sì Fried… ma devo dirti una cosa strana… io… beh… mi sembra di ricordare il mio passato, cos’è successo? – lui le sorrise, togliendole alcuni ciuffi di capelli dal viso:

- Spero davvero che tu lo ricordi… il fatto è che qui ci sono due persone legate in modo molto stretto alla tua infanzia. Quando li hai visti sei svenuta: mi hanno detto che da bambina sei stata rapita, ti hanno drogata e hai perso la memoria. Per questo sei stata male. Ora sei più tranquilla? – la ragazza tremava visibilmente:

- Due… persone?… Friedrich, non sarà… non saranno… - venne interrotta da un grido di Nikolas:

- Mamma, guarda!! C’è una uguale a te!! – esclamò correndo verso Winter e Mitja.

Crystal si volse lentamente, temeva di stare ancora male.

Aveva sentito come una voragine squarciarsi nella sua mente, e d’improvviso il suo passato le era parso chiaro come alla luce del sole in una giornata estiva: si era rivista bambina mentre giocava in un cortile insieme a una bambina uguale a lei e a un ragazzino sempre sorridente. Aveva avuto davanti agli occhi lo sguardo di sua madre quando prendeva un bel voto a scuola e il viso di suo padre quando la sera la metteva sotto le coperte. Ricordava tutto ormai, anche il viso dei suoi rapitori. Erano orientali, se lo ricordava bene.

Quando incontrò gli occhi di sua sorella sorrise d’istinto:

- Winter… sei Winter, vero? Mia… mia sorella! – esclamò allungando le braccia verso di lei.

 

La ragazza fece qualche passo avanti, cadde sulle ginocchia e abbracciò Anya con tutte le sue forze:

- Sì, sono Winter… e tu sei Crystal! Dio mio, ti ho ritrovata!! – rideva e piangeva al tempo stesso, e Mitja la guardava sorridendo.

Finalmente rideva, dopo 17 anni la sua Winter aveva ritrovato il sorriso!

Quel pensiero improvviso quasi lo sbigottì, ma non ebbe il tempo di pensare al perché la considerava sua, infatti Friedrich gli stava parlando in un inglese stentato:

- E tu? Non la abbracci? – chiese dandogli una pacca su una spalla. Mitja lo guardò sorpreso:

- Eh? N-no… cioè, prima le sorelle… - si accorse di un improvviso silenzio e si volse verso il divano. Winter sorrideva mentre si asciugava le lacrime, e Crystal lo guardava seria.

 

Si guardò attorno quasi spaventato, temeva che lei non lo riconoscesse.

Poi la ragazza allargò le labbra nel più incantevole dei sorrisi e allungò una mano verso di lui:

- Mitja? Mitja Krylov? Oh, non ci posso credere!! Anche tu qui! – fece alzandosi mentre lui si avvicinava per abbracciarla:

- Ti… ti ricordi anche di me? – lei rideva apertamente:

- Ma certo!! Come potrei dimenticarmi dello yeti?! Che ridere quando giocavamo nella neve!! – poi esplose in una risata che gli fece salire le lacrime agli occhi:

- Crystal… - mormorò chiudendo gli occhi e affondando il viso nella sua spalla. Il suo profumo era cambiato, non era più la bambina di un tempo, ma era sempre allegra e scherzosa quasi quanto lui. La lasciò andare a fatica, e solo perché sapeva che suo marito li osservava. Solo allora guardò Winter e vide nel suo sguardo qualcosa di strano, come un velo di estrema malinconia. Ma non capì a cosa era dovuto.

 

La ragazza era tornata accanto a sua sorella:

- Mamma e papà? – chiese con la massima naturalezza, ma aveva gli occhi lucidi:

- Stanno bene… ma ho viaggiato tanto per ritrovarti, non li vedo da parecchio… - mormorò intimidita. Crystal annuì poi la abbracciò nuovamente, piangendo silenziosamente:

- Sorellina mia… abbiamo tante cose da raccontarci e da ricordare… ma, avete già fatto conoscenza con i miei uomini, vero? – esclamò ridente come se la ricordavano, mentre prendeva Nikolas sulle gambe.

 

 

Uriko: No, non penso che lo farò diventare una specie di Rambo, non gli si addice per niente… ma una bella sculacciata le starebbe bene!;p A presto!

 

AyLa: Lo so, l’allieva ha surclassato di gran lunga la maestra… ;p Beh, pensavo peggio: non ho ricevuto uova marce né polli influenzati, direi che avete assorbito per bene la notizia!J

 

Londonlilyt: Ma no dai, però se vuoi farle qualche scherzetto mi associo volentieri!

 

Jennifer: È quello che mi ha chiesto anche lui, “Cosa ti ho fatto?!”. Non so che dire, non è colpa mia è Haydée che fa quello che le pare! :p!! Dai che da qui è tutta in salita…

 

Dark Angel & Light Angel: Ciao Light! Ha ripreso le funzioni vitali adesso?! Scusatemi per il ritardo, dovevo assorbire la notizia pure io!! Avevo aggiornato più velocemente per fare una regalo ad AyLa per il suo compleanno. Non dovete scusarvi, figuratevi! Per la mail va benissimo, controllo spesso l’indirizzo e ve lo ripeto: tarn5@libero.it. Ah Light, ti è piaciuta questa parte sui due biondi?

 

Antheameiko: Anche qui la temperatura è scesa, infatti ho un mal di gola terribile… beh, ma almeno non ci sono solo 4 gradi!! Ti tengo in considerazione per la prossima volta nella quale dovrò chiedere asilo politico, per stavolta ho evitato la guerra nucleare!! Hai indovinato, va da Sybil… ma non so se ci riuscirà! Ciao e scusa anche tu per il ritardo;)

 

Earinë: Eh, non avevo dubbi. Adesso mi si spiega chi ha lasciato tutto quel casino in giro nel mio cervello, non potevo essere stata io non ci entravo da mesi!! Oh, una che Mitja lo capisce! Saluta il povero Kim, spero si sia ripreso dallo shock!

 

Elenim: Ti confesso che ho avuto la tentazione di metterlo come finale e fare un proseguo, ma mi sono detta che era troppo cattivo! Scusami per il ritardo ma ho avuto una settimana strapiena, adesso mi rimetto d’impegno con le storie e con la lettura, intanto complimenti!

 

Damynex: Immaginavo che fosse solo una svista, solo che mi sono chiesta se poteva esistere un ballo con quel nome di cui no ero a conoscenza… sono molto più fuori di te!! Carina l’idea della canzone!!

 

Super Gaia: Grazie di adorarmi anche se ti faccio dannare!! Grazie, un bacione a te;)

 

*Sakura*: Uao, un’altra new entry! Che dire: complimenti per aver letto tutti i capitoli in una botta, sei da record!! Non abbandono la storia, tranquilla, e scusami anche tu per il ritardo. A presto!

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Capitolo 38
*** R**** ***


R****

R****

 

Villetta in periferia, ore 13:50 pm

 

Arkel sbuffò annoiato.

Maximilian e suo figlio stavano discutendo su chi e come contattare per avere uno straccio di informazione, nemmeno Rachel lo degnava di un’occhiata, troppo concentrata a interpretare la parte della spia.

Non gli piaceva quella faccenda, aveva detto a Madian che lui non avrebbe rincorso una femmina per tutto l’oro del mondo e che sbagliava a volerla rintracciare al lato opposto del globo. Se era scappata a quel modo doveva esserci qualcosa di grosso sotto. D’altro canto però non sapeva se lui al suo posto se ne sarebbe stato calmo…

Immediatamente gli venne in mente Phénice: povera ragazzina, era tutta sola e depressa… e lui aveva promesso di tenerla d’occhio!

 

Si alzò dal divano e finalmente aveva un obiettivo.

Facendo un urlaccio ai due uomini in cucina disse che usciva, prese la moto e sfrecciò per le vie della città in direzione dell’università.

 

Phénice era nel suo studiolo, una cameretta di 3x3 ricolma di libri e scartoffie, polvere e conoscenza. Stava tentando di decifrare la scritta sull’architrave di un vecchissimo portale fotografata dal famoso archeologo che aveva pubblicato il libro che teneva tra le mani, quando bussarono alla porta con discrezione.

Non rispose immediatamente, troppo presa da quella lettura estremamente interessante. Non che stesse facendo una grande scoperta, altri prima di lei avevano già tradotto quell’iscrizione. Semplicemente si stava esercitando per quel famoso colloquio che avrebbe avuto la settimana dopo e voleva essere preparatissima, anche se la sua condizione psicologica era quella che era dopo la partenza di Haydée.

Gettò il libro sul tavolo sbuffando e mugugnò un avanti poco cortese.

 

La persona che aveva bussato aprì la porta senza entrare, così fu costretta a distogliere l’attenzione dalla fetta di cielo che vedeva dalla finestra e a puntare gli occhi verdi e stanchi sulla figura all’ingresso:

- Entra pure… Arkel!! – esclamò sciogliendosi in un sorriso. Lui si guardò attorno imbarazzato, era evidentemente fuori del suo elemento, tuttavia entrò e accostò la porta:

- Ehm… ciao, volevo sapere… sì, ecco… come te la passi dopo che la tua amica ha preso il volo… - non poteva scegliere argomento peggiore per iniziare. La vide rattristarsi all’istante e distogliere lo sguardo dal suo:

- Mmh, insomma. – mormorò torcendosi le mani e guardando le pile di libri davanti a lei con aria abbattuta:

- Posso… posso fare qualcosa per te? – si sentiva sempre più in imbarazzo, cosa diavolo poteva fare?! Lei scosse il capo con un sorriso triste:

- Non credo Arkel, ma grazie comunque. Se veramente molto gentile… - mormorò alzandosi e aprendo la finestra. Ultimamente si sentiva sempre soffocare in quello studio. Era la consapevolezza di essere rimasta… sola?

- Uhm… mi è venuto in mente che noi non abbiamo ancora mangiato quella famosa pizza: che ne dici se… beh, insomma… se una di queste sere noi… - venne interrotto dall’ingresso precipitoso di un ragazzo:

- Ciao bella! – esclamò sbattendo quasi la porta in faccia ad Arkel e sedendosi sulla scrivania, proprio sopra al preziosissimo libro che la ragazza studiava poco prima: - Allora, hai pensato a quell’invito per domani sera? – lei guardò dall’uno all’altra quasi in preda al panico, e solo allora il ragazzo si accorse di un’altra presenza nell’ufficio.

Si volse e incontrò con lo sguardo raggelante di una specie di montagna umana, dall’aspetto burbero e scontroso. Teneva le braccia incrociate e lo guardava con una chiara espressione omicida in quegli stranissimi occhi verde cupo.

Arkel non aveva bisogno delle presentazioni per sapere che quello era Selim. Una faccia di stronzetto del genere non la si dimentica tanta facilmente. Soprattutto se lo hai già visto per ben due volte.

- Selim, lui è Arkel, ed è… - non seppe come continuare e lo guardò con aria smarrita. Ora che ci pensava, cos’era Arkel per lei? Non era semplicemente un amico, o al meno lei non lo vedeva semplicemente così. E allora?

- …E sono un vecchio amico di Haydée, che tu sicuramente conosci. – proseguì per lei lanciandole un’occhiata significativa. Del tipo: “Sono qui per aiutarti, ragazzina”. Phénice riprese a respirare:

- Esatto! È il migliore amico di un ragazzo che fa il filo ad Haydée, una storia un po’ lunga… è venuto a vedere come me la passavo, sa che sono triste da quando lei è partita. – Selim la guardò sorpreso, poi si volse e gli porse la mano, ancora leggermente titubante:

- Piacere Arkel. – lo guardava attentamente, sembrava quasi preoccupato. Arkel invece osservò la mano con un leggero disgusto, poi vide Phénice guardarlo con gli occhi sgranati e decise di accontentarla:

- Selim… ho sentito molto parlare di te. – fece senza guardarlo, tenendo gli occhi ben piantati in quelli della ragazza, e stritolandogli la mano. Il ragazzo si sciolse dalla stretta ridacchiando nervosamente:

- Però, che stretta formidabile! Fai palestra amico? – Arkel sfoggiò il peggiore dei suoi sorrisi:

- Ogni tanto. In ogni caso preferisco correre in pista con la moto. – Selim guardò la ragazza accanto a lui:

- Davvero? Anche ad Haydée piace andare in modo, da quanto ne so… non è che ti piace e stai cercando di rintracciarla? Ti avverto, Phénice non può aiutarti. – quell’uscita fece inarcare un sopracciglio al ragazzo, mentre Phénice impallidiva in modo visibilissimo e si lasciava cadere sulla sedia dietro di lei con lo sguardo fisso:

- Non sono qui per questo, volevo solo sentire come stava la tua ragazza. Stavo togliendo il disturbo comunque. – badò a sottolineare per bene quella parola, poi fece un cenno del capo alla rossa: - Ci vediamo Phénice, stammi bene. – ringhiò uscendo rapidamente e sbattendo la porta alle sue spalle.

Scese le scale di corsa, stringendo i denti a più non posso, poi trovò il chiostro interno e uscì a prendere una boccata d’aria.

Iperventilò diverse volte, imponendosi di mantenere la calma e di non tornare su, o era la volta buona che gli sarebbe scappato il morto.

Come si permetteva quel pupattolo figlio di papà di insinuare una cosa del genere su di lui?! Puah!! Lui che correva dietro ad Haydée, si era mai sentita una cosa più stupida?!?

Misurò il giardinetto con lunghe falcate rabbiose, poi ritrovò un minimo di auto-controllo e si sedette sotto a un albero, lo stesso dove stava Phénice giorno prima.

Perché c’era sempre qualcosa che rovinava tutto quello che si impegnava a fare? Che fosse lo stramaledetto destino a infilarci la zampaccia per impedirgli di essere felice? O magari per evitargli un grossissimo errore?

No, Phénice non poteva essere un errore… quando gli tornarono alla mente gli occhi sgranati e spauriti della ragazza si calmò del tutto.

Aveva promesso di starle vicino e di controllarla… beh, avrebbe fatto molto di più! L’avrebbe protetta lui da quel Selim, solo toccandolo aveva capito perfettamente cosa intendesse Haydée con quel “persona molto poco affidabile”. Era un viscido, ecco cos’era!!

 

~~~~~

 

Villaggio di R****, nelle vicinanze di New Delhi, ore 23:45 pm

 

Haydée uscì nel giardino interno della casa di suo padre, la stessa che l’aveva vista bambina correre insieme alla sua amica d’infanzia, Ameera.

Sedette su una panchina di marmo, alzando gli occhi al cielo vellutato, e sospirò.

Sentiva una pace infinita in quel luogo: era finalmente lontana dagli avvenimenti drammatici della sua vita, era nel suo nido, era a casa!

Chiuse gli occhi e inspirò profondamente il profumo dei fiori che si spandeva nell’aria.

Nulla era cambiato, le piante erano semplicemente cresciute, come del resto lo era lei, ma il silenzio della notte e l’affetto delle persone che la circondavano era immutato.

Suo padre l’aveva accolta con le lacrime agli occhi, si era addirittura preso dei giorni di ferie arretrati dal lavoro per starle accanto e per sapere tutto di lei.

Come sempre era stata ritrosa a parlare di sé, un po’ per la sua timidezza, ma soprattutto perché non sapeva cosa dirgli.

Che doveva fare, confessargli su due piedi che era una ladra, che le avevano sparato, che aveva fatto un interrogatorio a un mafioso e a sua moglie e che era scappata per… paura dell’amore?!

No, infatti: la versione ufficiale era che aveva affidato il suo ufficio al suo assistente per prendersi una pausa a tempo indeterminato, decisione presa dopo essere stata coinvolta in una rapina e aver preso una pallottola vagante in una gamba. Fine del discorso.

Quel brav’uomo si era accontentato del suo “telegramma” e aveva continuato a farle festa, invitando i vicini a salutare la sua bambina tornata dall’America e contattando immediatamente Ameera e sua madre.

 

Le due donne si erano presentate proprio quel pomeriggio, a sorpresa.

Ameera le aveva gettato le braccia al collo, sciogliendosi in lacrime, e altrettanto aveva fatto lei.

Avevano passato tutto il pomeriggio a parlare sedute su quella stessa panchina, mentre i figli della giovane indiana giocavano tra gli aranci e i fiori esotici.

Già perché Ameera aveva un figlio di 9 anni, una bambina adorabile di 6, e un altro maschietto di 4, che col primogenito formava l’equivalente di un monsone devastatore.

Le aveva detto di essere ospite di sua madre in quei giorni, avrebbero potuto vedersi spesso in quel modo. Infatti non abitava più a R****, si era trasferita poco dopo il matrimonio in una cittadina a circa 90 km da lì, per seguire il marito nel suo lavoro.

Era felice lei: aveva una bella famiglia, un marito che l’amava sinceramente e l’affetto di amici e parenti. Haydée l’aveva guardata quasi con invidia, e si era ritrovata a pensare a quanto invece fosse triste la sua vita. Era sola, non riusciva nemmeno a immaginare di avere dei figli con la paura che aveva dell’altro sesso, ed era scappata dai pochi amici che aveva, anzi dalla sua stessa sorellina.

Una lacrima silenziosa le corse lungo una guancia, e non fece nulla per fermarla. Semplicemente aprì gli occhi e si incantò a guardare il cielo, innamorata della luce argentea di luna e stelle.

Non poté impedirsi di scivolare col pensiero a Madian, e immediatamente sentì una stretta nella cassa toracica, in alto a sinistra.

 

Lo aveva lasciato senza un parola, senza una spiegazione. Solo qualche accenno nell’unica lettera che aveva avuto il coraggio di scrivere.

Un sorriso amaro le deturpò i lineamenti perfetti, facendole chinare il capo.

Probabilmente l’aveva già dimenticata, magari con la stessa Celia.

Era strano, non avrebbe dovuto essere così triste di abbandonare una persona che non doveva essere nulla per lei.

Ma era veramente così? Era proprio certa di non provare qualcosa di vero e profondo per Madian?

Scosse il capo come per scacciare quei pensieri.

Aveva bisogno di tempo per fare chiarezza, ed era esattamente quello che era venuta a prendersi in India.

Tempo per pensare e per purificarsi l’anima. Doveva scacciare definitivamente i ricordi dolorosi del passato o non sarebbe più riuscita a vivere.

Poi avrebbe anche potuto decidere di tornare, tanto per vedere se lui era ancora lì, per sapere se l’aveva dimenticata o se c’era veramente qualcosa tra loro.

 

~~~~~

 

Salisburgo, 19:05 pm

 

Winter prese in braccio suo nipote e cominciò a raccontargli di quando la loro mamma le puniva quando disubbidivano.

Crystal lo aveva appena sgridato, era entrato in casa completamente sporco di fango ed era corso nella sua stanza, imbrattando irrimediabilmente la moquette della sua cameretta.

Gli fece appoggiare la testolina sulla sua spalla, cullandolo dolcemente e tentando di farlo smettere di singhiozzare.

- …E sai cos’ha fatto la tua mamma che adesso sembra tanto terribile? – chiese dolcemente, accarezzandogli i capelli biondissimi. Lui scosse il capo, sgranando gli occhi: - Beh, ha cominciato a strillare come una pazza che lei voleva mangiare cioccolato fino a scoppiare, facendo accorrere i vicini, mentre io mi sono rintanata sotto al cuscino per salvarmi i timpani! – Nikolas si raddrizzò, con ancora i lacrimoni negli occhi, e spalancò la bocca:

- Vero vero? – chiese con un filo di voce. Lei annuì ridendo:

- Verissimo! – il bambino si galvanizzò:

- E la vostra mamma vi ha tolto la punizione? – lei ridacchiò:

- No, io sono stata due giorni senza dolcetti, come stabilito, e la tua mamma invece ne ha fatti quattro! – il piccolo si rabbuiò:

- Ah… allora cosa devo fare? -

- Obbedire il più possibile alla mamma, lei sa qual è il tuo bene. Ad esempio se la nostra mamma ci avesse lasciate mangiare tutti i dolcetti che volevamo ci sarebbe venuto un gran male al pancino e non avremmo potuto giocare per giorni! – Nikolas corrugò la fronte:

- Non ci credo! -

- Invece è vero! E la sai un’altra cosa? Se lei non ci avesse punite adesso avremmo dei denti orribili, più brutti di quelli delle streghe! – il bambino sussultò:

- Non è vero!! La mia mamma non è una strega! – esclamò mezzo divertito:

- Ma come?! Non l’hai detto tu che quando si arrabbia fa paura? – il piccolo ci pensò su:

- Uhm… beh sì, ma solo un pochino… invece le streghe fanno paura, e tanta anche! – esclamò ormai rassicurato. Lei rise e lo strinse, spettinandogli i capelli, ma Nikolas aveva già distolto l’attenzione da lei e si divincolò per saettare nella sua stanza:

- Vado a dire alla mamma che non è brutta come una strega! – cinguettò convinto che quel “complimento” avrebbe migliorato la sua posizione.

 

Mitja le sedette accanto, ridacchiando:

- Il nanerottolo aveva uno sguardo poco raccomandabile, per che missione è partito? – chiese divertito:

- Sta andando da Crystal a dirle che non è brutta come una strega, credi che le farà piacere? – lui scoppiò in una risata:

- No! Credo proprio di no! – anche Winter rise, cosa decisamente nuova per lei, mentre Mitja la guardava incantato:

- Non sembri nemmeno tu… - mormorò senza rendersene conto. Lei lo guardo sorpresa:

- Perché? -

- Da quanto non ridevi Winter? – lei si bloccò, immergendosi in qualche oscuro pensiero, poi gli lanciò un’occhiata di sbieco:

- Da quanto ho perso Crystal… e te. – mormorò dolcemente.

Il ragazzo venne preso da un istinto che faticò a trattenere, limitandosi a circondarle le spalle con un braccio e a darle un bacio tra i capelli morbidi.

Rimase un istante ad annusare il suo profumo, mentre Winter si rifugiava nell’incavo del suo collo posandogli la testa sulla spalla.

 

Non si erano accorti che Crystal era scesa al pian terreno e li osservava dalla finestra della cucina, sorridendo e indicando i due ragazzi in giardino al marito appena rientrato:

- Sono carino insieme, non trovi? Pensa, mia sorella e il mio migliore amico di bambina… – lui le circondò la vita con le braccia, affondando il viso nel suo collo e chiudendo gli occhi:

- Sarebbe bello… spero che saranno felici almeno quanto noi… - mormorò rauco mordicchiandole la pelle morbida e strappandole un mugolio divertito:

- Friedrich, potrebbe entrare Nikolas! - fece con una risatina frizzante:

- Mmh… già… - ma interruppe le sue manovre solo in seguito, quando i passi leggeri di suo figlio si avvicinarono alla cucina.

 

~~~~~

 

Palazzina nella città vecchia, ore 15:10 pm

 

Sybil sospirò, appoggiandosi allo schienale della poltrona e massaggiandosi le tempie.

Come aveva potuto Haydée piantarla così, decidendo di smettere di rubare da un giorno all’altro?! E poi la sua partenza per l’India!!

Che colpo di testa assurdo!

Per non parlare di Winter, l’altra sua punta di diamante: in ancora meno tempo di Haydée aveva abbandonato il lavoro di ladra ed era partita per l’Europa!

Certo, almeno lei aveva la scusa che doveva rintracciare sua sorella. Per carità, nulla contro le riunioni di famiglia, ma neanche lasciarla così a bocca asciutta!! Potevano almeno farle un regalino, un colpo d’addio… e invece niente!

Proprio lei, che le aveva aiutate in tutto!

 

Beh, a parte quei discorsi egoistici che facevano parte della sua facciata di informatrice, e che aveva dovuto rifilare ai suoi colleghi per spiegare l’improvviso stallo nei suoi affari, era felice per Winter e preoccupata per Haydée.

La bionda ormai aveva sicuramente ritrovato sua sorella, era una ragazza sveglia e dinamica, sapeva come e dove andare a premere per avere delle informazioni (la riprova era il fatto che aveva ottenuto da Black la promessa di lavorare insieme e da lei stessa l’indirizzo del famoso ladro) e a quanto aveva saputo non era sola, quindi non aveva di che preoccuparsi. Certo che se almeno le avesse scritto qualcosina… ma era meglio lasciar perdere, sicuramente aveva altro a cui pensare che non a lei!

 

Il problema più grave in questo momento era proprio il vecchio Black Soul, la sua ladra migliore, il terrore dei collezionisti e dei gioiellieri.

Si era presentata da lei diversi giorni prima, un taxi carico la aspettava in strada.

Stava partendo per l’India, aveva ancora poco tempo.

Era passata solo per ringraziarla, per salutarla e per dirle che si sarebbero tenute in contatto tramite posta elettronica.

E che caspita, ma proprio in India doveva andare per “ritrovare sé stessa”?!? Non c’era una qualche bel posticino più tranquillo, senza catapultarsi agli antipodi della terra in un paese selvaggio, povero e sovraffollato?!

Che so, una spiaggetta sconosciuta ai Caraibi, la cima di una piramide Inca in Messico… le cascate del Niagara!!

Niente da fare: India, anzi un buco sperduto dalle parti di Nuova Delhi.

Bah!!

Che era cocciuta lo aveva sempre saputo, per carità era anche una dote apprezzata nel secondo mestiere che faceva, ma da lì a piantare tutto in asso per avere un po’ di pace!!

Non ci pensava alla sua amica, Phénice? Non aveva un ottimo lavoro come architetto, anche senza bisogno di fare la ladra?

 

Non aveva un gran bel figliolo che le faceva una corte spietata?

 

Rigirò la foto di Madian tra le dita. Gliel’aveva portata il giorno prima un suo collega.

Conosceva suo padre, anche se solo di fama perché a lei gli uomini che facevano i ladri non piacevano, ma dovette ammettere che si era sempre sbagliata. Era convinta che un uomo rubasse solo per avere i soldi per poter conquistare una donna, visto che solitamente era troppo brutto per fare colpo. E invece eccola lì sotto i suoi occhi: l’eccezione che conferma la regola!

Che gran pezzo di ragazzo, gente!!

 

E così, se n’era andata per colpa sua.

No, non gliel’aveva detto Haydée, lo sapeva e basta, era una donna lei e il sesto senso non le aveva mai fatto difetto!

 

Tsè, uomini! Mai che riescano a tenere a freno i bassi istinti!!

Perché era sicuramente così: lui aveva fatto delle avance troppo esplicite, lei si era spaventata e via, col primo volo per il terzo mondo!!

Ma Cristo, perché quando era stata divisa la delicatezza tutti gli uomini erano andati a guardare la prima partita di calcio?! Infidi esseri senza cervello né tatto…

Sospirò quasi arrabbiata: perché nessuno si è mai preoccupato di spiegare al genere maschile che quella che hanno attaccata al collo è la testa e che dentro a questa c’è un cervello che dovrebbe funzionare e che serve a non fare stronzate?!? Nessuno, eh?!

 

E adesso cosa doveva fare? Incontrare la moglie di McKaye o lasciare che si arrangiassero? Bel problema…

Mmh… meglio lasciarlo cuocere nel suo brodo un altro po’, vediamo come la prende…

 

 

Oggi ce l’ho con l’universo maschile, si vede?!

 

Uriko: Ho pensato anch’io a mettere dei “Contemporaneamente”, ma tanto poi lo so che scrivendo stravolgo tutto!! Vista la lunghezza della storia, mi sa che ci scapperà una serie più che un film, provaci a concentrare 38 capitoli e più in 100 minuti! Non so quando finirà, ma comunque non è poi così lontana. Grazie per i complimenti, ciao!!

 

AyLa: Mi ero resa conto che aspettare fino a giovedì o venerdì era troppo lunga… il fatto è che ho pochissimo tempo per scrivere, così recupero oggi che sono a casa malata! Dai, il raffreddore sta passando, ma è spuntata una fastidiosissima tosse. Ah, ancora complimenti per la tua nuova storia, mi piace moltissimo come inizio!!! ^_^

 

Damynex: Anch’io adoro i bambini (degli altri ;P), volevo troppo inserirne uno! Haydée è una svitata, è proprio vero che i matti più matti sono in circolazione! Ciao!!

 

Antheameiko: Ciao! Adesso la mail funziona, ma se no ti spiace continuo a risponderti qui, è più comodo! Se preferisci però ti rispondo con la posta, non è un problema! Beh, anch’io odiavo la geografia, infatti sto facendo un casino assurdo!! E grazie come sempre, mi fai arrossire!!;)

 

Earinë: Sai com’è, dovevo sistemarla altrimenti da quadrato (Mitja, Winter, Aida e Aaron) diventava un pentagono, e non era più finita!! Mi avevi raccontato della sua avversione per i “dolci” pargoli del tuo vicinato, ma tanto Nikolas è virtuale non viene a tirargli né la coda né i baffi, lo istruisco io per bene! PS: scusami se ho aggiornato ma mi sono resa conto che non aggiornavo da troppo, comunque per aggiornare nuovamente aspetto il tuo commento!^-^

 

Elenim: Eh, che telenovela questa storia, altro che Beautiful (del quale tra l’altro non ho visto per intero neanche una puntata!)! Aspettate e sperate diceva il Conte di Montecristo, e ve lo dico anch’io! ^_^ PS: prego!! Me felicissima!!

 

*Sakura*: Ciao, scusami per il ritardo!! Eh, non posso anticipare niente, vedrete, vedrete! 1 beso a te!

 

Super Gaia: I nomi li hai azzeccati, comunque non è poi così importante… sono felice che ti piacciano anche loro due, sono due simpaticoni! Non dire a Winter che dico così di lei o mi sbrana, comunque grazie come sempre per i tuoi apprezzamenti e a presto!!;)

 

Dark Angel & Light Angel: Ciao ragazze! Non vi spiace se rispondo qui vero? Dark non preoccuparti per Madian, sopravvivrà è di scorza dura! Light la prossima volta le darò un colpo ancora più duro… credi che si riprenderà?! Scusatemi per il ritardo, sono impegnatissima e solo un malanno di stagione è riuscito a inchiodarmi nuovamente al computer! Che vi posso dire, adesso tornano anche Arkel e la rossa, e su Winter sarete aggiornate costantemente! Davvero Dark leggi libri infiniti? Tipo?! Anche a me piacciono libri lunghissimi! Grazie per i complimenti, mi fate un sacco piacere! Niente scuse, sbizzarritevi quanto vi pare che mi fate sganasciare! La mia età non è un segreto: ho 23 anni. Adesso però mi dite voi quanti anni avete! ;)

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Capitolo 39
*** 30 giorni ***


30th days

30 giorni

 

Salisburgo

 

Era quasi passato un mese.

Un mese che aveva ritrovato sua sorella e aveva passato con lei tutto il tempo disponibile.

Un mese che aveva ritrovato il sorriso e la vita.

E un mese… un mese e qualcosa di più che conviveva con Mitja.

 

Come amici, che credete!?

Lui, Mitja, si comportava in modo strano. Un giorno erano tutte moine e sdolcinatezze, un altro era guardingo e freddo, un altro ancora sembrava fregarsene di tutto e pensare solo a divertirsi.

Lo osservava giocare con Nikolas e istintivamente sorrise.

Aveva imparato bene il tedesco, ormai riusciva a farsi capire piuttosto bene e intuiva la gran parte dei discorsi che lei e sua sorella facevano nella lingua della loro madre.

 

Quando a lei… beh, la situazione era un po’ complicata.

Sapeva che non avrebbe più potuto stare senza di lui, nel senso che avrebbe voluto averlo accanto ogni giorno… insomma, aveva un debole per il bel biondino ma non si sarebbe mai e poi mai esposta in prima persona. Decisamente, no!!

Però vivere sempre nell’incertezza… col dubbio che lui potesse essere innamorato sul serio di Aida (non lo dite in giro, ma l’ho sentito parlare al telefono con lei un paio di volte. Grrr!!…), o addirittura che portasse ancora Crystal nel cuore, era a dir poco straziante.

Quante volte, trovandoselo di fronte al mattino con un musetto adorabile, era stata sul punto di gettargli le braccia al collo e supplicarlo di baciarla!

Mentre lui, dopo quella scena alcuni giorni dopo il loro arrivo, evitava qualsiasi contatto. Se ne era accorta dopo una settimana che avevano ritrovato la sua gemellina: era scoppiata in lacrime per la tensione accumulata in quei giorni dopo aver parlato con i suoi genitori che li aspettavano tutti a casa loro per il Natale, e avrebbe tanto voluto rintanarsi tra le braccia del ragazzo.

Lui le aveva semplicemente massaggiato le spalle e le braccia, con fare nervoso e distaccato, mentre le mormorava qualche parolina di circostanza. Poi aveva fatto i salti mortali per poter cambiare aria e lei non lo aveva di certo trattenuto.

Da quel giorno aveva cominciato a studiare i suoi movimenti e si era accorta che, quando riusciva, la spiava, tentando in tutti i modi di non farsi scoprire e trattandola con sempre più distacco.

Era arrivata a convincersi che non le importasse niente di lei, e che la spiasse solo per evitare un suo “attacco”. Per questo motivo aveva deciso di facilitargli il compito, riducendo al minimo gli incontri a due e le situazioni imbarazzanti.

 

Naturalmente Mitja se ne era accorto, e nel suo cervellino malato, quasi allo stesso livello di quello di Winter, aveva deciso che lei non era interessata a lui e che era contenta di quel distacco.

In definitiva, soffrivano entrambi come cani ma non lo avrebbero ammesso neanche davanti a San Pietro in persona il giorni del Giudizio.

 

Beh, forse non a San Pietro, ma a Crystal sì.

La ragazza sapeva perfettamente tutto quello che frullava nella testa dei due disgraziati, perciò, di comune accordo con suo marito, decise di passare all’attacco e di movimentare la situazione.

Era noioso osservarli divorarsi con gli occhi e non vedere mai, e dico mai, il benché minimo miglioramento, quindi aveva progettato un piano perfetto! Almeno secondo lei.

 

Prese da parte sua sorella con la scusa che le serviva una mano per pulire un tappeto gigantesco, mentre Friedrich si occupava di Mitja:

- Allora, come vanno le cose tra te e Mitja? – chiese come al suo solito, senza peli sulla lingua. Ghignò internamente nel vedere Winter cambiare almeno una mezza dozzina di colori:

- Che intendi? – riuscì a gracchiare alla fine, strozzandosi con la sua stessa saliva:

- Io?! Proprio niente!! È solo che ho sentito una voce interessante… - insinuò con aria furbetta. L’altra interruppe quel che stava facendo:

- Quale… voce? – fece socchiudendo gli occhi guardinga. Conosceva il tono di sua sorella, stava tramando qualcosa, senza ombra di dubbio:

- Beh, veramente sarebbe un segreto… - le rivolse uno sguardo complice, poi si avvicinò a un suo orecchio: - Solo perché sei mia sorella: Mitja ha accennato a Friedrich che vorrebbe portarti fuori a cena! – esclamò mordendosi le labbra per non scoppiare a ridere e chinando il capo sul tappeto in questione. Era decisamente una pessima attrice, ma sua sorella era talmente sconvolta che avrebbe anche potuto esibirsi in una danza tribale: non le avrebbe fatto alcun effetto.

- Che… cosa? – sbraitò sedendosi sulla prima sedia che le capitò a tiro. L’altra le fece segno di tacere:

- Ssst!! Vuoi che ci sentano?! Allora ascoltami bene: vuole mettere in chiaro la vostra situazione, cioè tutto questo evitarvi e ignorarvi forzato, e per questo ha in programma una serata romantica. – rivelò con l’aria della peggior cospiratrice. Winter boccheggiò disperatamente:

- N-ne sei sicura? – balbettò incredula. Un invito a cena: pazzesco!! E lei che pensava che lui volesse troncare ogni rapporto! Quel pensiero la fece arrossire, mentre sua sorella si sfregava mentalmente le mani:

- Mi fido della mia fonte, Fried non parla se non ha un buon motivo e se la cosa non è certa. Non gli piacciono i pettegolezzi, ma sono le notizie vere! – la rassicurò ridacchiando. Ormai era fatta, c’era solo da sperare che suo marito avesse lo stesso successo: - Dì, non è che ti serve un bel vestito per l’occasione? Conosco un negozietto che ha proprio quello che fa per te! – fece abbandonando il tappeto, che aveva ricevuto la famosa pulita il giorno prima, e portandola a vedere il suo armadio. Magari poteva prendere spunto…

 

Fried si avvicinò a Mitja con aria piuttosto nervosa. Non era roba che faceva per lui quella, lui era per la politica: “Gli intrighi alle donne, i fatti semplici agli uomini!”, e tutto quel casino gli piaceva sempre meno. Il problema era che alla sua adorata mogliettina proprio non sapeva dire di no, quindi spedì Nikolas a lavarsi le mani sporche di terra e si sedette su una panchetta:

- Allora Mitja… come vanno le cose con Winter? – come inizio non era male, semplice e diretto, come piaceva a lui. E poi aveva catturato immediatamente la sua attenzione. Mitja lo guardò con aria sconsolata, poi si grattò il mento:

- Eh, come vuoi che vada… calma piatta su tutti i fronti! – borbottò spettinandosi i capelli sulla nuca:

- Ne sei sicuro? – insinuò tranquillamente, dicendosi che tutto sommato non era male come attore:

- Che voi dire? – chiese l’altro sull’attenti. Lui fece spallucce:

- Oh, proprio niente… è solo ce ho sentito una certa voce in casa, un paio di giorni fa, e pensavo ti interessasse… - Mitja gli saltò quasi al collo:

- Qu-quale voce?! – fece strabuzzando gli occhi. Friedrich ridacchiò internamente:

- Mah, nulla di particolare… semplicemente Winter diceva che la tensione tra voi la sta uccidendo, vorrebbe cambiare le cose ma non sa come fare. – rivelò con l’aria più tranquilla del mondo. Mitja spalancò la bocca con aria cretina:

- Ah… - fu l’unica sillaba che riuscì ad articolare. Allora lei non lo voleva allontanare… beh, questo cambiava tutto!

- E allora? Non dici nulla? – incalzò l’austriaco. Il russo fece un sorriso malandrino:

- Se non dico nulla?!… Fried, tu sei il mio migliore amico!! – esclamò prendendolo per le spalle e dandogli qualche sonora e amichevole pacca. Il ragazzo sorrise soddisfatto:

- Cosa sta macchinando quella tua mente perversa? – ridacchiò sgomitandolo. Mitja non riusciva a togliersi dalla faccia quel sorriso scemo:

- Dovrei prendere l’iniziativa io, se aspetto lei so già che starò fresco! Però non so cosa potrei inventarmi… - l’austriaco imprecò internamente. Ma doveva fare tutto lui?!

- Uhm… che ne dici di una cenetta romantica a regola d’arte? Champagne, cibi sofisticati e un fascio di rose rosse: funziona sempre! – a Mitja si illuminarono gli occhi:

- Direi che è perfetto, proprio quello a cui stavo pensando! Ma niente rose rosse, da bambina diceva che le odiava… dovrò chiedere a Crystal qual è il suo fiore preferito, sperando che se lo ricordi… - mugugnò pensando febbrilmente a come organizzarsi. In quel momento una manata in piena schiena lo fece sussultare:

- No problem amico, ti aiuto io a organizzare il tutto! Conosco un ristorantino niente male giù in città, ti aiuterò a stenderla! – esclamò ridendo con lui.

 

Poco dopo lui e sua moglie si ritrovarono nella base: la cucina:

- Allora? – chiese lei agitata:

- Ha abboccato alla perfezione, sta già andando a cercare il ristorante che gli ho consigliato. Di Winter che mi dici? – lei batté le mani, eccitata come una bambina:

- Se ne sta da 20 minuti davanti al mio armadio con gli occhi sbarrati, vuole un signor vestito per il loro appuntamento! Oh Fried, mi sento come Cupido!! – cinguettò gettandogli le braccia al collo e saltellando allegra. Lui rise:

- Ehi, quanto entusiasmo… anche per il nostro primo appuntamento eri così nervosa? – chiese divertito. Lei si staccò, puntando i suoi occhi celesti in quelli castani e dolcissimi di lui:

- Molto peggio caro: per tre giorni non ho toccato cibo e quella sera avevo il terrore che potessi sentire le ossa delle mie ginocchia tremare come impazzite! – confessò arrossendo ancora al ricordo.

Lui accentuò la stretta sulla vita di lei, chinando il capo e sfiorandole le labbra:

- Mmh… interessante… c’è qualcos’altro che dovrei sapere, donna dai mille segreti? – mormorò rauco impossessandosi della sua bocca.

 

~~~~~

 

Palazzina nella città vecchia, all’altro capo del pianeta

 

La donna alzò lentamente lo sguardo sul ragazzo appena entrato.

Niente da dire, per quanto fosse evidentemente trascurato, con la barba lunga e i capelli dal taglio indefinito, era il miglior esemplare del genere maschile che avesse mai visto, ma quello che la preoccupava in quel momento era un’altra cosa.

Il giovane si avvicinò lentamente, per poi fermarsi a circa due metri dall’elegante scrivania:

- Grazie di avermi concesso un po’ del suo tempo signora, è un onore per me incontrarla. – fece gentilmente. La donna si alzò e gli porse la mano destra, guardandolo attentamente:

- Figurati Madian… posso chiamarti così vero? – si sciolse quasi quando lui le sorrise, dopo averle galantemente fatto un perfetto baciamano. Haydée, tu sei tutta pazza!!

- Certamente… Sybil. – mormorò con un lampo negli occhi blu. La donna sorrise:

- Prego allora, accomodati. Immagino che sarà una cosa lunga… - lui scosse il capo:

- In realtà spero di poterle rubare il minor tempo possibile. – poi si fece serio e si sporse verso di lei: - Lo so che può aiutarmi, perciò mi dica: dov’è Haydée? – e nei suoi occhi brillava una luce febbrile, segno che aveva atteso anche troppo.

La donna lo soppesò a lungo: lo aveva fatto aspettare quasi un mese appositamente. Voleva essere certa che la sua decisione di avere Haydée non fosse uno sciocco desiderio che sarebbe svanito alla prima difficoltà, doveva essere sicura che la amava veramente e che non l’avrebbe fatta soffrire.

La sua costanza nonostante le continue delusioni era una prova più che sufficiente:

- Tu sai perché se n’è andata? – chiese incrociando le dita sotto al mento, mentre lui si ritraeva e stringeva le labbra sospirando:

- No. So che Phénice ne è a conoscenza, ma non me ne ha mai voluto parlare, e io non ho mai insistito. La prego, se è qualcosa che devo sapere me lo dica! – Sybil rimase in silenzio a lungo, guardando senza vederlo il paesaggio da una delle finestre dello studio, poi si volse e lo scrutò attentamente:

- Sto per raccontarti il passato di Haydée. Sei la quinta persona a venirne a conoscenza oltre a me, Phénice, Winter e Ameera. – lui sgranò gli occhi:

- Chi è Ameera? – chiese mentre una ruga gli solcava la fronte:

- La sorella indiana di Haydée, la ragazza che ha vissuto con lei fino ai 14 anni. Ora sono insieme, nel villaggio di R**** o nelle sue immediate vicinanze, ma di questo parleremo poi, quando ti darò le indicazioni per raggiungerla. Prima devo parlarti del suo passato, e dirti che amo Haydée come una figlia e che voglio il meglio per lei. Sono certa che sarai all’altezza della situazione e che la renderai felice, ma come già sai non sarà facile. Ora prestami la massima attenzione, scoprirai cose su di lei che non hai mai nemmeno lontanamente sospettato. -.

 

~~~~~

 

Al molo

 

Arkel parcheggiò la moto e si stravaccò su una panchina, sbuffando.

Erano quasi 20 giorni che non vedeva Phénice.

Per carità, era felice che quel museo l’avesse finalmente assunta, quando gli aveva telefonato per comunicargli la grande novità aveva gioito per lei… ma non immaginava che meno di una settimana dopo l’avrebbero spedita in uno scavo nello Yucatan perché si facesse le ossa!!

Si grattò la nuca, strano come da quando era partita qualsiasi cosa gli venisse a noia, adesso perfino portare il casco gli creava dei problemi?!

Ringhiò qualcosa fra sé: fortuna che di lì a poche ore sarebbe tornata… gli aveva detto che sarebbero andata a prenderla i suoi fratelli, quindi era relativamente tranquillo, ma solo pensare che tornando avrebbe rivisto anche Selim lo mandava in bestia!

Eppure c’era qualcosa di strano: lo chiamava spesso, o per lo meno spesso in relazione al fatto che non erano fidanzati né niente. Passare le serate a giorni alterni al telefono con una ragazza che teoricamente non dovrebbe avere nulla a che fare con te è decisamente fuori della norma, o no?!

Sia chiaro, non che gli dispiacesse, ma gli faceva sorgere un dubbio che lo faceva sentire meravigliosamente bene: e se lei avesse scoperto di non provare nulla per quell’insulso ragazzino viziato? E se si fosse resa conto di provare qualcosa per… qualcun altro?! E se quel qualcun altro non fosse altri che…

Si era ripetuto miliardi di volte di non crearsi dei filmini in testa, che poi sarebbe rimasto deluso e altre bazze del genere, ma puntualmente gli si contorcevano le budella quando il cellulare prendeva a trillare più impazzito del suo cuore. Cosa sono quelle facce schifate?! Lo sapete che non sono un poeta, quindi se avete dei problemi girate alla larga!! E poi alla fine mi sono risollevato, no? Il cuore che trilla impazzito… ma non lo sentite il lirismo, il pathos di queste parole?!? Incompetenti…

 

Ad un tratto prese a palpeggiare il giubbotto imbottito abbandonato sulla panchina accanto a lui. Aveva le traveggole ed era uscito di testa, o il cellulare aveva preso veramente a suonare?!

Lo tirò fuori con le dita leggermente tremanti, premendo il tasto per la risposta con una certa urgenza e non preoccupandosi di guardare il nome di chi lo chiamava:

- Sì? – rispose rilassandosi contro lo schienale, con il sorriso sulle labbra e la sua migliore voce sensuale. Magari i suoi fratelli avevano avuto un contrattempo e lei si trovava tutta sola e impaurita all’aeroporto, e magari aveva perso le chiavi di casa e non sapeva dove passare la not…

- Spiacente di deluderti Casanova, ho i capelli rossi ma non gli occhi verdi, e tu non sei decisamente il mio tipo! – esclamò una voce divertita esplodendo in una risata sguaiata. Arkel ruggì qualcosa di irripetibile e gli rispose con un urlaccio:

- Piantala, fricchettone che non sei altro! – seguito da altri insulti che gli fecero guadagnare l’odio incondizionato di un paio di vecchiette a passeggio:

- EHI, piano con le parole!! Fricchettone sarai tu che ti fai ancora le seghe mentali su Phénice: ma saltale addosso se proprio non riesci a confessarle il tuo amor cortese, no? Basta che non sfoghi più su di me i tuoi istinti repressi o sarò costretto a darti una revolverata ai gioielli di famiglia, scorbutico arrapato!! – dopo quello scambio di gentilezze degne di qualche epistola tra innamorati, i due contendenti riacquistarono la calma:

- Allora? A cosa devo l’onore di una tua chiamata? – bofonchiò alla fine:

- Oh, niente di ché, semplicemente sospettavo che fossi giù di corda a causa della tua bella. – rispose tranquillo come sempre:

- Ah, sì? E da quando siamo dotati di tutto questo intuito? – chiese sarcastico. Sentì un brontolio sommesso all’altro capo e ridacchiò:

- Da quando mi sono accorto che in 2 settimane non hai mai messo piede nel bar di Lynn, e questo mi porta a una sola conclusione: la situazione è grave e tu sei alla frutta. Quindi metti il culo sulla moto e vedi di essere sulla porta del bar alle 22 precise se non vuoi che mandi qualche ragazzo a polverizzare quel che resta dei tuoi neuroni, chiaro!? – poi riagganciò con veemenza, mentre Arkel se la rideva. Quanto si divertiva a far infuriare quel finto pacifista di Faust!!

 

~~~~~

 

Palazzina nella città vecchia, due ore dopo

 

Madian salutò la donna rigidamente e si lasciò condurre alla porta dalla domestica.

Una volta all’aria aperta alzò lo sguardo al cielo che cominciava ad imbrunire e riempì più che poteva i polmoni.

Mio Dio, cos’aveva saputo…

Haydée, la sua Haydée, viveva da anni con l’incubo di quel ragazzo, quel Phil…

Un improvviso scatto di rabbia lo fece tremare. Se solo lo avesse trovato… se solo lo avesse avuto a portata di mano lui… lui…!!

Aargh!!

 

Camminava con foga, tenendo gli occhi puntati sul selciato e le mani affondate nelle tasche dei pantaloni.

In quel momento più che mai moriva dalla voglia di rivederla e di prenderla tra le braccia.

Smaniava per poterle dire che con lui era al sicuro, che l’avrebbe aspettata per tutto il tempo che voleva, che lui… beh, era perdutamente e follemente innamorato e le voleva solo dare la sua vita. Semplicemente.

Era una cosa così deplorevole volerla amare? Non gli sembrava affatto, perciò aveva già un suo piano.

Sarebbe andato in India, nel villaggio di R****, le avrebbe finalmente detto tutto quello che aveva da dirle senza tanti tentennamenti o giri di parole, l’avrebbe riscossa dal suo torpore mostrandole la vita che si stava perdendo e il sentimento che si ostinava a non riconoscere.

L’avrebbe sconvolta, colpita e conquistata solo con il suo arrivo, solamente con la sua presenza.

 

Non aveva sognato quando lei gli aveva accarezzato il viso quella sera lontana, e nemmeno quando aveva intrecciato le dita tra i suoi capelli e si era lasciata accarezzare, seminuda tra le sue braccia e morbidamente abbandonata contro di lui.

O tutti i tentativi che aveva fatto di baciarla che erano andati a monte a causa di interruzioni esterne. Nemmeno quelli erano frutto della sua fantasia.

 

Solamente con la forza di queste convinzioni era riuscito a non gettare la spugna in quel mese.

Lei era troppo importante ormai, e anche se ai primi fallimenti aveva pensato di mandare tutto all’aria e di piantarla nel buco sperduto nel quale si trovava, immediatamente se ne era pentito ed era tornato sui suoi passi.

Non poteva stare senza di lei, anche se avesse dovuto dare fondo al suo conto in banca non avrebbe mollato, per nessuna ragione al mondo!

 

Prese il cellulare e chiamò suo padre, chiedendogli di prenotare il primo volo disponibile per Nuova Delhi, poi si sedette su una panchina e alzò gli occhi al cielo.

Si stava riempiendo di stelle, gli stessi astri luminosi che aveva contemplato insieme a lei una delle ultime sere che avevano passato insieme.

 

Arrivo Haydée.

 

 

Damynex: Oh, i pensieri di Sybil non erano che un mio piccolo sfogo femminista! Ci sono giorni che vorrei andare in giro per la strada a prendere a calci nel sedere il genere maschile, non vi succede mai?? Sciocchezze a parte, Selim ha le ore contate, per la tua gioia…

 

Dark Angel & Light Angel: Ciao ragazze! Eh sì, sono vecchiotta eh? Ma sì che scherzavo, adesso le cose dovrebbero migliorare, sempre che non mi faccia prendere dal panico un’altra volta naturalmente… Eccoli qui i tuoi piccioncini Light, ti piace il programmino?? Dark anche Madian si è mosso come puoi vedere, e quando la troverà… quando la troverà!!!! Non dico niente!

UAO! Dark, leggi più di me! Non ho mai letto Eragon ed Eldest, ma ho letto anch’io più di una volta il Signore degli Anelli e sto per finire i libri di Tolkien, li ho presi quasi tutti! Ancora non ho adocchiato Harry Potter ma mi farò regalare i libri già pubblicati per Natale, sono troppo curiosa! Beh, il Codice Da Vinci e Angeli e Demoni li ho letti anch’io, poi però mi piacciono i classici: Dumas, Tolstoj, sto leggendo Dostoewskj (mi pare si scriva così), roba pesantoccia!

Oh mamma, hai riletto tutto! Ma sei pazza! Grazie per i complimenti, ma non esagerate o va a finire che ci credo veramente di non fare schifo!

Credo di aver capito la vostra età, caspita siete giovincelle! Non è che devo censurare i capitoli successivi vero? No perché potrebbero esserci alcune cosette…XD

Come non riuscite a pubblicarla! È strano, se ci sono riuscita io a pubblicare potrebbe riuscirci anche l’uomo delle caverne! Ma quale sarebbe il problema? Dai che sono curiosa!!

Ciao e niente scuse, siete troppo divertenti!

 

Super Gaia: Certo che me lo ricordo, me lo ripeti sempre!! Grazie per l’ennesima volta, un bacio a te!

 

Elenim: No, non mi dite che sto scadendo come Beautiful!! (Del quale non ho visto neanche mezza puntata, sono la vergogna del genere femminile!) Selim è troppo stupido per capire che deve espatriare nella tundra siberiana, che nessuno glielo dica devo farlo finire male!! Ecco fatto, Sybil ha cantato. Ho dovuto fare un salto nel tempo altrimenti mi incagliavo, non vi spiace vero?? (PS: non mi hai mandato niente o è la mia casella che non funziona?? Sai, la mia mail fa sempre i dispetti… Ciao!) Ma povero Madian, adesso me lo volete anche far morire!! Povero figone bistrattato… ;)

 

AyLa: Che dire, se non la trova è proprio scemo, e allora cadrà il mito dell’unico uomo sulla terra bello e intelligente… Eheheh, ti piacciono anche i due scemotti eh? Bene bene… Davvero bella la tua storia, ma se non sbaglio aggiorni più lentamente di me… siamo messi male ragaz!

 

Antheameiko: Ho saltato troppo tempo in tronco secondo te? Insomma era più stanca di voi di questo tira e molla, non vedo l’ora di farli cozzare di nuovo e che si spieghino una volta per tutte, caspita!! Sybil ha il cuore tenero, fa tanto la dura femminista e poi si lascia abbindolare da un paio di begli occhi… noi donne siamo proprio delle allocche quando ci mettiamo! Arkel trama vendetta, sta aspettando un qualcosa, un piccolissimo passo falso e poi… eheheh!! C’è da sperare che Haydée si svegli, quella ragazza mi sta snervando sul serio. Grazie ancora e sempre, uno di questi giorni mi esalterò troppo! Ciao!!

 

Uriko: Ma grazie!! No mi sa che hai ragione, sono io che mi formalizzo su delle sciocchezze… tanto chi è che controlla la corrispondenza delle ore a parte la svitata sottoscritta?? Esatto, praticamente nessuno! A presto, baci a te!

 

Earinë: Nikolas non vede l’ora di spupazzarsi Kim, credi che al micio faccia piacere? Io non ne sono molto convinta, ma se dici che se lo merita… Figurati, sono talmente impegnata ultimamente che trovo troppo poco tempo per questa mia storia… devo rivedere le mie priorità, non voglio che pensiate che la abbandono! ;)

 

Londonlilyth: L’avevo sentita anch’io quella voce, che ne dici se ci facciamo un giretto pure noi?? Non è mica giusto che lei che è stata cattiva stia là a farsi dei viaggi mentre noi ci innervosiamo, eh no!

 

*Sakura*: Sarai esaudita reby/sakura!! Scusami per il ritardo, sono presa per la gola con le mie cose… e grazie ancora!

 

Jennifer: Nessun problema, figurati! Grazie come sempre, i complimenti non possono che farmi piacere! Ciao!! Anzi fammi capire: Jenny90 sei sempre tu giusto? Le prime volte mi pare che ti firmassi così, poi anche Jenny… una e trina??

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Capitolo 40
*** Un fiore purissimo ***


Un fiore purissimo

Un fiore purissimo

 

Bar “da Lynn”, ore 22:00 pm

 

Arkel entrò socchiudendo gli occhi e puntando lo sguardo in un punto ben preciso: sapeva che Faust si sedeva sempre nello stesso posto e infatti dopo un istante lo vide.

Ridacchiava come uno scemo, teneva una birra tra le dita ed era praticamente steso sul bancone nel tentativo di far cascare l’occhio nella scollatura di Lynn, la bella castana dietro il bancone che rideva di e con lui.

Si avvicinò lanciando brevi occhiate attorno a sé: la fauna presente non variava mai, a parte qualche faccia nuova capitata lì per sbaglio:

- Buonasera Lynn. - fece con un mezzo sorriso accomodandosi sullo sgabello accanto a quello di Faust:

- Ciao Arkel, finalmente ti degni di tornare tra i vivi! Cosa ti porto? - fece sporgendosi verso di lui e inarcando le labbra truccate in un sorriso seducente:

- Il solito, come sempre! - lei annuì, deliziata dalla sua voce bassa che aveva sempre trovato irresistibile, poi si volse verso un ragazzo dai modi effeminati:

- Ted, una Leffe rossa per il signore, fredda e in bottiglia! - poi tornò a rivolgere la sua attenzione al ragazzo: - Allora, queste pene d’amore. Me le vuoi confessare o Faust può continuare indisturbato a dare aria alla ciabatta? - fece lanciando un’occhiata in tralice al giovane stravaccato sul bancone:

- Ma che avete oggi contro di me? Non vi ho fatto niente io, perché dovete sempre punzecchiarmi? - sbottò offeso tracannando un lungo sorso di birra, bionda e gelata:

- Non prendertela amico, lo sai che non lo facciamo con cattiveria… - ridacchiò l’altro dandogli una manata nella schiena e facendogli rischiare il soffocamento. Quando ebbe finito di tossire allontanò lo sgabello da loro:

- Bah, andate al diavolo, cospiratori! - mugugnò offeso e dedicandosi alla cameriera del locale.

La ragazza ridacchiò divertita:

- Faust non cambierà mai! Ti ricordi che si arrabbiava così anche da ragazzino? - Arkel guardò Lynn con una sorta di rimpianto nello sguardo.

Lui, Lynn e Faust erano dello stesso villaggio di pescatori, poi avevano deciso che quel buco dimenticato da Dio era troppo stretto per loro, così se ne erano andati.

Faust si era dato da fare per aprire la sua attività, realizzando dopo sforzi inimmaginabili il suo sogno di bambino. Lynn aveva cominciato con quel bar e aveva aperto anche una tavola calda nel centro della città, mentre lui faceva il ladro.

E faceva bene a dire “faceva”, ormai aveva promesso alla sua ragazzina che non lo avrebbe più fatto, perciò era disoccupato. Bel problema anche quello, doveva trovare uno straccio di occupazione se non voleva uscirne pazzo:

- Certo che me lo ricordo, come potrei dimenticarmi del mio passatempo preferito? - ghignò spostando lo sguardo sull’entrata del locale che si era appena aperta.

 

Come uscito dal suo incubo peggiore vide ciò che non si sarebbe mai aspettato: un gruppetto di ragazzi, di età media probabilmente inferiore alla sua, erano entrati facendo del casino e accomodandosi a un tavolo defilato, chiamando a gran voce la barista.

Il problema è che tra quei ragazzi c’era lui: Selim.

 

Lynn si accorse del suo sguardo incendiario ma non disse nulla, limitandosi a prendere i listini e a portarli ai nuovi clienti.

Una volta di ritorno si sedette accanto a lui:

- Allora, cosa c’è che non va? - chiese seria. Lui si agitò sullo sgabello, guardandosi attorno come una belva in trappola:

- Lo vedi il tipo seduto a capotavola, quello con la faccia da stronzo figlio di papà? - lei lanciò un’occhiata al diretto interessato e annuì:

- Sì, e non mi piace per niente. - lui annuì:

- Brava: quello è il ragazzo di Phénice. - ringhiò artigliando la bottiglia di birra davanti a lui:

- Mmh… effettivamente è carino, ma sinceramente non gli darei neanche una botta, ha la faccia troppo da stronzo! - lui le lanciò un’occhiata scioccata:

- Una brava ragazza come te non dovrebbe fare certi discorsi! - borbottò serio. Lei rise, posandogli una mano su un braccio:

- Eddai, stai tranquillo… da come si comportano mi sa che sono di passaggio, non stare a romperti il cervello su quel cretino. Vedrai che anche lei lo capirà che deve stargli alla larga, e in fretta anche! - esclamò allontanandosi mentre lui mugugnava un “Ci credo poco” fra sé e sé.

 

Li osservò per un po’ ridere e scherzare, poi uno fece uno strano commento e abbassarono la voce. A quel punto la curiosità prese il sopravvento e si alzò, avvicinandosi al loro tavolo e fingendo di guardare una delle televisioni sopra di loro, dove stavano trasmettendo una partita di football.

- …E dai!! Vuoi farmi credere che ancora non si è sciolta? - Arkel sentì il sangue congelarsi nelle vene vedendo Selim fare un’espressione furba:

- No, ma ci sono vicino. Ricordati che non ho mai perso una scommessa, e di certo non sarà una verginella a farmi perdere 3 centoni! - un altro scosse il capo:

- Non dovresti giocare così con lei, Phénice è una bravissima ragazza… - ma immediatamente il branco di idioti emise un urlo sguaiato:

- E piantala di fare il santarellino, cos’è, te la vuoi fare anche tu? - urlò Selim. Il ragazzo che aveva parlato poco prima fece per alzarsi ma una mano pesante lo trattenne.

Alzando lo sguardo incontrò gli occhi fiammeggianti di un tipo sconosciuto.

 

- Selim, che piacere! - ringhiò quasi contento. Ecco il famoso passo falso che aspettava…

Il ragazzo lo guardò senza capire per un po’, poi impallidì leggermente e fece un sorrisetto nervoso:

- Ah, ciao… sei quell’amico di Haydée vero? Mi… mi ricordo di te… - la sua voce si smorzò quando se lo ritrovò a un passo, con i pugni stretti e un’espressione decisamente furibonda.

Un istante dopo era in piedi, a pochi centimetri dal ghigno infuriato di Arkel che lo stringeva convulsamente per il collo della camicia:

- Tu adesso vieni con me! - sibilò trascinandolo fino allo sgabello di Faust.

 

Il ragazzo aveva osservato tutta la scena attentamente e gli porgeva già le chiavi della macchina:

- Trattamela bene, il sangue sui sedili di pelle è impossibile da tirare via. - con notevole divertimento vide il ragazzo spalancare gli occhi ed emettere un gemito di paura. Arkel si volse a guardarlo con aria di sufficienza:

- Io e te facciamo una bella gita da una persona che merita delle scuse, muoviti smidollato! - borbottò trascinandoselo dietro mentre Lynn lo guardava soddisfatta:

- Che ne dici se festeggiamo Arkel e la sua bella? - le chiese Faust. La ragazza lo guardò seria, poi si sciolse in un sorriso e attirandolo a sé gli stampò un bacio sulle labbra:

- Ecco: festeggiato! - esclamò ridendo della sua espressione ebete. Faust tornò a sporgersi verso di lei:

- Ancora! - esclamò con l’aria di un bambino desideroso di qualche biscotto in più, facendola esplodere in una risata cristallina.

 

~~~~~

 

Appartamento del centro

 

Phénice chiuse lo sportello della lavatrice e accese il pulsante per iniziare il lavaggio, poi prese la valigia ormai vuota e canticchiando andò a riporla nel suo armadio.

Era felice del suo nuovo lavoro, i colleghi erano stati tutti carinissimi con lei e finalmente nella sua vita si sentiva realizzata: lavorava per un museo, aveva avverato il suo sogno!!

Certo, ne aveva di strada da fare prima di arrivare a dirigerne uno, ma questo era veramente un grande passo!

Mentre finiva di riordinare alcuni effetti personali accese il computer, collegandosi a internet e scrivendo una lunga lettera da spedire a Winter e ad Haydée.

Ora che le cose andavano meglio le sembrava di essere meno sola, anche perché si sentiva con loro quasi ogni giorno e soffriva molto meno per il distacco.

 

Premette il pulsante per l’invio del suo messaggio proprio mentre una raffica di scampanellate al citofono la distolsero dai suoi pensieri.

Lanciò un’occhiata all’orologio: erano le 23 passate, chi poteva essere a quell’ora?

Sollevò la cornetta mormorando un “sì” vagamente preoccupato, ma venne rassicurata dalla voce di Arkel all’altro lato:

- Ciao ragazzina, finalmente sei tornata! Puoi aprirmi? C’è una persona che deve dirti una cosa… - aveva un modo strano di parlare, e le sembrava di sentire un rumore di sottofondo, ma aprì senza esitazione. Si fidava ciecamente di lui, e in quei 20 giorni lontana sia da lui che da Selim aveva finalmente preso una decisione.

Era ora di finirla con quella sceneggiata, ormai aveva fatto la sua scelta e glielo avrebbe detto al più presto, sperando con tutto il cuore di non essere respinta.

 

Sgranò gli occhi quando aprendo la porta si ritrovò davanti Arkel e Selim.

Guardandolo meglio si accorse che quest’ultimo aveva un aspetto terribile, un occhio tumefatto, un labbro rotto grondante sangue e lo sguardo terrorizzato:

- Ciao… ma che succede? - Arkel diede una pacca al ragazzo:

- Parla! - intimò incrociando le braccia. Selim abbassò lo sguardo e prese a parlare sottovoce:

- Ho fatto una scommessa con i ragazzi. Entro l’anno nuovo dovevo portarti a letto o sborsare 3 centoni. - mormorò mentre lei si copriva la bocca con una mano, incapace di proferire verbo. Arkel tossicchiò e il ragazzo proseguì:

- L’abbiamo deciso quando una nostra vecchia compagna di corso ci ha detto che… beh, che tu… - Arkel lo fulminò, e lui vuotò il sacco: - …Che tu sei ancora vergine. - si fermò vedendo una lacrima scorrerle su una guancia: - Mi dispiace Phénice… ti chiedo scusa, non volevo, davvero… - venne interrotto bruscamente da uno strattone:

- Il tuo tempo è scaduto verme, adesso vedi di sparire dalla faccia della terra vita natural durante o giuro su tutto quello in cui credo che la prossima volta che ti incontro ti torco il collo a mani nude, chiaro?! - sbraitò infuriato sbattendolo nell’ascensore e chiudendogli la porta in faccia.

 

Rimase immobile per un tempo che gli parve eterno, facendo lunghi respiri e deglutendo a fatica.

La donna dei suoi sogni, bella e pura, era lì a pochi metri dietro di lui e singhiozzava silenziosamente.

Ma aveva una paura folle. Phénice era quello che aveva sempre desiderato: una ragazza bella, dolce e… beh… candida.

Con la fiducia che aveva nelle donne in genere non era mai riuscito a innamorarsi di una qualsiasi. Desiderava con tutto il cuore che la sua donna fosse veramente solo sua, e di nessun altro.

Adesso però… aveva una voglia matta di scappare lontano da lì! Aveva paura di non essere all’altezza, aveva paura della sua purezza. Non voleva essere lui a rovinare quel fiore.

 

La sentì singhiozzare un’altra volta e non si oppose all’impulso che gli ordinava di voltarsi.

Teneva il capo chino, i pugni stretti abbandonati lungo i fianchi e i capelli sciolti le coprivano il viso. Fece un passo verso di lei, mormorando il suo nome dolcemente:

- Phénice? - lei alzò il viso stravolto facendogli trattenere il fiato, poi senza alcun preavviso gli si gettò tra le braccia, stringendosi a lui convulsamente.

 

Dapprima Arkel rimase interdetto, poi si decise ad alzare le braccia e a circondarle le spalle.

Non appena la sfiorò però venne assalito da un attacco di senso iper-protettivo, una cosa del genere: “Amici belli, ho perso la testa!”, e non riuscì più a controllarsi.

La strinse come un pazzo facendola perdere nel suo abbraccio, sussurrandole parole talmente dolci che dubitava perfino uscissero dalla sua bocca, poi la trascinò nell’appartamento e chiuse la porta dietro di sé, isolando sé stesso e la sua donna dal resto del mondo.

 

~~~~~

 

Salisburgo, ore 18:20 pm

 

Winter e Mitja stavano tornando dalla casa di Crystal e suo marito. Avevano passato con loro e Nikolas un’altra giornata e naturalmente erano stati benissimo.

Ancora non sembrava vero di aver ritrovato Crystal e di essere lì con lei da un mese!

Scambiarono poche e brevi parole, poi finirono col chiudersi in un silenzio estremamente imbarazzante, soprattutto dopo le “rivelazioni” che avevano avuto il giorno prima.

Poi, a pochi chilometri dalla loro destinazione, Winter si schiarì la voce:

- Senti Mitja… - lui sussultò quasi:

- Dimmi! - rispose trafelato:

- Non so come dirtelo… ecco io… pensavo che ormai è un mese che siamo qui… - lui annuì, chiedendosi dove voleva andare a parare, e lei continuò: - Ecco, mi chiedevo… non sarebbe ora di andarcene? Insomma, mi sembra che cominciamo a interferire un po’ troppo nella vita di mia sorella e suo marito… e siccome verranno per Natale non mi sembra il caso di rimanere a… - lui la interruppe con foga:

- Cos’è, hai fretta di tornare da Aaron? - sibilò indignato. Che razza di soffiata gli aveva fatto Friedrich?! Winter non ne voleva sapere nulla di lui, voleva parlargli per tornare a casa dall’altro, ecco tutto il suo desiderio di riaprire un dialogo!!

La ragazza lo guardò a bocca aperta per un istante, poi si inalberò:

- Sei uno stupido, ottuso e cafone! - mugugnò richiudendosi in un silenzio ostinato e guardando con insistenza fuori dal finestrino.

 

Non parlarono più finché arrivarono nell’albergo dove alloggiavano, poi Winter si serrò nella sua stanza e si preparò per fare una doccia.

Pochi minuti dopo sentì un lieve tocco sulla porta:

- Sì? - chiese rabbiosamente:

- Ehm… sono Mitja, posso parlarti un istante? - la ragazza tentennò, poi aprì uno spiraglio con un sospiro:

- Dimmi. - lui si schiarì la voce imbarazzato:

- Posso entrare? - chiese agitato. Lei lo accontentò, scostandosi e permettendogli di entrare. Richiuse la porta dietro di lui e restò a guardarlo:

- Cosa c’è? - lui si volse lasciandola di stucco. Non gli aveva mai visto una faccia così sconvolta:

- Mi dispiace per quello che ho detto, io… beh, sai come la penso, Aaron non mi è mai piaciuto e proprio oggi mi è tornato in mente… ho seguito il filo dei miei pensieri e con la mia linguaccia ho combinato un casino come al solito, non essere arrabbiata! - supplicò con un broncetto delizioso. Winter dovette lottare per non sorridergli e non cedere:

- Non mi aspettavo un’uscita del genere, soprattutto dopo la litigata alla villa. Speravo che ti fossi dato una calmata ma a quanto pare mi sbagliavo! - fece volgendosi e tenendolo ancora un po’ sulle spine. Il ragazzo sospirò:

- Senti, davvero, mi dispiace, è solo che io… Baah, non so che fare! - esclamò dandole le spalle a sua volta:

- Cosa Mitja? Cosa vorresti fare? - volle sapere tornando a guardarlo. Il ragazzo le lanciò un’occhiata al di sopra delle spalle che teneva ricurve e deglutì:

- Ve… verresti a cena con me?… Una di queste sere… - era rosso fino alle orecchie, ed era troppo tenero!

Per un lungo istante fu tentata di gettargli le braccia al collo e di tempestargli il viso di baci, poi si accorse che era arrossita a sua volta e si riscosse:

- Ah… va… va bene, ci sto. - mormorò senza sapere dove mettere le mani. Mitja la tolse dall’imbarazzo, catturandogliele e attirandola verso di sé:

- Davvero?! Cioè… sono felice… - bofonchiò facendola ridacchiare:

- Certo, e… sono felice anch’io! - fece sorridendo timidamente. Lui divenne improvvisamente serio:

- Mi perdoni per prima? - mormorò preoccupato. Lei storse il naso, poi con una risatina annuì:

- Sì Mitja, sei perdonato! - poi si alzò sulle punte dei piedi e gli diede un tenero bacio sulla guancia: - Adesso però fila via, devo farmi la doccia! - lui obbedì e un istante dopo si ritrovò lungo il corridoio, mentre ridacchiava come uno scemo.

Aveva un appuntamento con Winter… aveva un appuntamento con Winter!!

 

~~~~~

 

Aeroporto, notte fonda

 

Madian chiamò per l’ennesima volta, ma ancora niente. Il cellulare di Arkel continuava a risultare staccato quindi non poteva nemmeno avvertirlo che stava per partire per l’India.

Beh, ci avrebbero pensato i suoi quando finalmente si sarebbe degnato di tornare a casa!

 

Infilò il telefono in tasca e tornò lentamente verso suo padre e sua madre.

Era stato fortunato, il vecchio amico di suo padre che gestiva un’agenzia di viaggi aveva avuto una disdetta proprio quella sera per un viaggio in India prenotato da mesi, quindi aveva approfittato dell’occasione al volo e aveva immediatamente acquistato il biglietto.

La traversata sarebbe stata lunga, ma non gli importava.

Quello che veramente gli premeva era arrivare il più presto possibile da lei.

 

Controllò per l’ennesima volta i bagagli, poi abbracciò sua madre in lacrime e diede la mano a suo padre:

- Mi raccomando Madian, chiamaci appena possibile e stai tranquillo: era una colonia inglese una volta quindi troverai sicuramente qualcuno che ti capirà… - avrebbe continuato a lungo ma lui la interruppe sorridendo:

- Ho capito mamma, stai tranquilla! L’amico di papà mi ha già prenotato un albergo a Delhi per quando arriverò, e si sta già attivando per farmi avere un’auto per raggiungere R****, non devi preoccuparti di niente! E poi l’inglese è una delle lingue più parlate anche lì, non stare a riempirmi la testa di nozioni storiche… - borbottò guardandosi attorno.

Suo padre tornò dallo sportello della sua linea aerea dopo poco:

- È tutto sistemato, i tuoi documenti sono in ordine e quel mio vecchio amico ha fatto il suo lavoro egregiamente. Credi che ti possa servire qualcos’altro? - chiese consegnandogli alcuni fogli. Il ragazzo scosse il capo:

- Per ora non mi pare, in ogni caso vi chiamerò e vedremo di sistemare il tutto. Tu piuttosto, vedi di occuparti della mamma, sta facendo una scenata assurda. Quanti film strappalacrime le lasci vedere? - ridacchiò divertito. L’uomo aprì le braccia impotente:

- E che ne so? Se ne sta tutto il giorno a guardare quello schifo di soap opera, cosa posso farci io? - commentò divertito, mentre Rachel si dava uno schiaffetto su una mano:

- Non permetterti sai?! Io le soap opera non le guardo, preferisco i vecchi film romantici. Che so, Casablanca, Sabrina… Colazione da Tiffany!! - esclamò con occhi sognanti, mentre Maximilian si picchiava una mano sulla fronte:

- Ecco che ricomincia… Madian portala via con te, per favore! - immediatamente la donna smise di blaterare:

- COSA?!? Non se ne parla nemmeno!! Non ti lascio qui da solo a spassartela, scordatelo! - fece imbronciandosi e facendo ridere i suoi due uomini.

Poco dopo chiamarono il volo per Nuova Delhi e si salutarono definitivamente.

 

Madian salì sull’aereo e guardò l’aeroporto illuminato, come pure la città che si stendeva dietro.

Sarebbe tornato con lei, o non sarebbe tornato affatto.

Era una promessa.

 

BUON 2006 A TUTTE!!!!! E perdonate questa scrittrice degenere per il ritardo…-_-

 

AyLa: Eccomi! Eheheh, adoro lasciarvi sulle spine!! A chi lo dici, sto strippando letteralmente, non so più dove girarmi con tutte le cose che dovrei fare! Ho letto l’aggiornamento, adesso vado a commentare. Un bacione a te!!

 

Elenim: Oh, per fortuna! Le mie amiche le guardano, pensavo di essere l’unica! Ecco cosa voleva Faust, fare il cascamorto! È la cosa che gli riesce meglio a quanto pare… (beh, in questo periodo sono incasinata anch’io, nessun problema!). Piaciuta la fine di Selim?? Era ora, adesso non lo rivedrete più!

 

Jennifer: Grazie, mi inchino profondamente! Crystal ha agito in vece dell’autrice, qualcuno doveva pur infilarci la zampaccia per svegliarli quei due! Alla prossima, ciao!!^_^

 

Antheameiko: Ciao! Sto incasinata da panico, ho un sacco di cose da fare e pochissima voglia di farle… Uomini come i miei? Ma nella mia testolina bacata naturalmente!! Esistessero davvero… Lo so, sono stata cattiva con lui, ma penso di essermi fatta perdonare con questo capitolo, tu che ne dici? Beh, come svolta mi sembra discreta, almeno secondo me! Grazie come sempre, un abbraccio e a presto!

 

Earine: Adoro troncare i capitoli sul più bello, forse ho una vena masochistica perché mi diverto a vedere strippare anche voi!! Spero che la belva si sia calmata, perché Nikolas qui è impaziente per l’arrivo di Babbo Natale e se dovessero incontrarsi temo che ne verrebbe fuori una guerra termonucleare… La finirò, la finirò, scusatemi per i ritardi pazzeschi!

 

Dark Angel & Light Angel: Guai a voi se pensate ancora che voglio abbandonare la storia! Non lo farò, siete in troppe a seguirmi perché possa decidere di fare una cosa simile, e poi ho già tutto nella testa, devo solo finire di scriverlo e il solo problema è che ho pochissimo tempo, per questo aggiorno lentamente. Dark è un po' giù? Se avete qualche problema potete parlarmene, sono una buona ascoltatrice dicono, e non mi infastidite di certo! Madian... ah, Madian!! Ti dico solo questo Dark, immagina, immagina!! Vorrà dire che al più presto li comprerò... ma sono indietro già con almeno 4-5 libri, per ora non ho tempo di leggerli! Provate a dirlo ad Erika per la storia, magari è una sciocchezza e lei potrebbe aiutarvi. OK, OK!!! Non censuro niente!! Caspita ma mi prendete sempre sul serio! Vi pare che mi metto a censurare a questo punto?? Mi fate tutte una crisi isterica, non lo farei mai!! E comunque non avrei mai messo il rating NC17, non serve assolutamente! Al massimo toglievo qualche scena, come dire... ehm!! Niente morti precoci, state tranquille, vi voglio vive e vegete fino alla fine per lasciarmi queste mail esilaranti!! Ciao!

 

Londonlilyth: La storia è nel capitolo 9_India…

 

Damynex: ANDATOOO!!!!!! È una fine sufficientemente crudele per Selim?? Già, anch’io lo preferisco senza barba, ma da quel tocco di trascuratezza e di “uomo vissuto” che… mmh, come dice una mia amica “Ispira sesso!”, posso dirlo?? Faust è un altro burlone un po’ più arrapato di Mitja… che ci posso fare, mi piacciono i ragazzi divertenti!!

 

*Sakura*: Eccome se si smuovono!! Grazie allora, spero ti sia piaciuto anche questo capitolo!!

 

Uriko: Beh, alla cena non assicuro niente… e Madian e Haydée… idem!! Sono diabolica, non dormo la notte pensando a qualche nuovo intoppo… uahahahaha!! Ok, adesso mi calmo… grazie sai? I complimenti fanno sempre mooooolto piacere! Ciao!

 

Ersilia: Una nuova lettrice!! Wow!! Complimenti per la costanza, 39 capitoli in una botta non sono uno scherzo… Perdono per il ritardo! Ho da fare un sacco di cose ultimamente, non ho molto tempo da dedicare alla scrittura. Beh, di Selim finalmente ce ne siamo liberate, spero sia cosa gradita! Grazie infinite comunque, sono commossa!!^_^

 

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Capitolo 41
*** White roses ***


White roses

White roses

Appartamento del centro, ore 08:10 am

Il ragazzo si mosse mugugnando, il sogno che stava facendo rischiava di svanire a causa della luce che si faceva sempre più accecante, e questa cosa lo disturbava parecchio.

Alla fine non riuscì più a proseguire nella sua fantasia e sospirò contrariato, muovendo un braccio per sgranchirlo.

In quel momento si rese conto di un fatto strano: le lenzuola del suo letto sembravano molto più morbide del solito ed inoltre era completamente vestito, che diamine era successo?

Socchiuse un occhio faticosamente e si accorse dell’errore: quel letto non era suo, lui non aveva una stanzetta sulle tonalità del rosa, né tanto meno quella caterva di pupazzi, pupazzini e pupazzetti ad ogni angolo.

Si tirò a sedere di scatto, causandosi un leggero capogiro, poi cominciò a studiare la camera. Gli sembrava di averla già vista, ma non riusciva a ricordare dove…

Spostò lo sguardo sul comodino e immediatamente capì dove si trovava e perché era vestito.

Osservò la foto di Phénice e Haydée con la fronte aggrottata, mentre nella sua mente andava ricostruendo tutti gli avvenimenti della sera precedente.

L’incontro con Selim da Lynn, le sberle che gli aveva rifilato, giustamente, e la confessione. Poi… poi Phénice gli si era gettata addosso e non lo aveva più lasciato, addormentandosi sfinita dal pianto tra le sue braccia.

E così il prode cavaliere aveva salvato la principessa dal drago cattivo… restava da stabilire se lui era il drago o il cavaliere, e qui ne nacque un dissidio interno. A lui piacevano i draghi, e i principi li aveva sempre giudicati dei fighetti smidollati.

Alla fine optò per la Bella e la Bestia, il ruolo di belva feroce gli si addiceva di più, soprattutto visto il trattamento, forse anche troppo gentile, che aveva riservato a quel verme dell’EX ragazzo di Phénice.

Ridacchiò come uno scemo.

Che bel pensiero, il suo EX ragazzo!!

Cosa c’era di meglio del risvegliarsi nel letto della tua donna dopo che lei ha lasciato il suo EX?! Aaah, che bella sillaba…

Si alzò grattandosi la nuca, e allora capì qual’era il fatto più strano: Phénice non c’era.

Prese a girare per l’appartamento, chiamandola a più riprese, ma niente. Cucina, soggiorno, bagno e ripostiglio erano vuoti, comprese le stanze delle altre due ragazze.

Recuperò le scarpe e se le infilò saltellando in direzione della porta. Non sapeva perché ma si era fatto prendere dal panico: perché non era in casa a quell’ora? Dove poteva essere finita?

Socchiuse la porta dell’appartamento e chiamò l’ascensore, deciso a scendere, poi sentì dei passetti leggeri e svelti sotto di lui.

Si sporse per guardare lungo la tromba delle scale e vide una figuretta salire di corsa con un sacchetto bianco stretto al petto.

Phénice arrivò su saltellando e per poco non andò a cozzare contro qualcuno fermo sull’ultimo scalino, rischiando di cadere all’indietro. Una presa salda su un braccio le impedì di cadere:

- Dove sei sparita? – chiese una voce preoccupata. Alzò su di lui lo sguardo più triste che Arkel avesse mai visto e sorrise timidamente:

- Ho preso due paste per la colazione nel bar all’angolo, non avevo niente in casa! – mormorò con una vocetta sottile e lo sguardo smarrito. Arkel tossicchiò imbarazzato tirandola lontano dalle scale e lasciandola andare:

- Ah! – disse semplicemente, nascondendo il suo imbarazzo e guardando con estremo interesse i lacci delle sue scarpe sparpagliati sul pavimento:

- Entra, non vorrai mangiare qui spero! – lui scosse il capo e la seguì, chiudendosi la porta alle spalle come la sera precedente.

Si sedettero in cucina e la ragazza prese a muoversi rapidamente, abbandonando il giubbetto di pelle su una sedia e ciarlando del tempo o di qualche scemenza simile.

Lui la osservava attentamente, poi quando gli depositò accanto una tazzina di caffè l’afferrò per la vita e se la sedette sulle gambe, piantando gli occhi nei suoi:

- Come stai? – chiese dopo un silenzio imbarazzante. Gli occhi della ragazza si riempirono di lacrime:

- Bene. – mormorò con voce tremante. Lui le scostò una ciocca di capelli dal viso:

- Non è vero… - sussurrò rauco stringendola mentre lei si rintanava nel suo petto e nascondeva il viso arrossato nell’incavo della sua spalla.

Arkel la cullò dolcemente, come aveva fatto la sera prima, poi gli parve che si fosse calmata e la staccò da sé per guardarla:

- Meglio? – lei annuì mentre tirava su col nasino. Lui rise:

- Ehi, fontanella ambulante, hai intenzione di allagare l’appartamento?! Ti avverto: come idraulico sono un vero fallimento! – sentì un peso sollevarsi dal cuore quando la vide ridacchiare e asciugarsi le lacrime:

- Oh-oh!! Il super-uomo allora non è invincibile… - scherzò cercando un fazzolettino per soffiarsi il naso. Lui le diede una leggere spinta sulla fronte col dito indice:

- Solo perché sei una frignona non sei autorizzata a prenderti gioco di me, sai? Potrei arrabbiarmi sul serio, e allora… - fece con un ghigno preoccupante mentre le pizzicava i fianchi, facendola sussultare:

- No, fermo!! Soffro il solletico!!! – cinguettò dimenandosi e ridendo, ormai dimentica delle lacrime di poco prima:

- Mmh… per stavolta te la cavi, ma la prossima non sarò così accomodante… ricordatelo!! – la minacciò con un dito mentre lei si alzava e si metteva in guardia:

- Ah sì? Beh, dipende se riuscirai a prendermi, vecchiaccio!! – lui si inalberò:

- Vecchiaccio a chi, pupattola!! Guarda che ho solo 6 anni più di te! – esclamò alzandosi a sua volta e rincorrendola.

Phénice lanciò un paio di urletti mentre lui la agguantava per la vita, trascinandola su un divano e intrappolandola sotto di sé:

- Allora bimba, cosa stavamo dicendo? – lei trattenne una risata:

- Che sei vecchio!! – Arkel emise un mugolio di disapprovazione, la prese per i polsi immobilizzandola e si chinò verso di lei:

- E tu sei… - si bloccò notando il suo respiro leggermente affannoso, le labbra morbide a pochi centimetri dalle sue, le guance arrossate e gli occhi brillanti.

Improvvisamente si rese conto che la loro posizione era a dir poco imbarazzante e si ritrasse leggermente, notando però una leggera nota di disapprovazione negli occhi della ragazza.

Non posso. E tu non guardarmi così!!

La lasciò andare di scatto, mettendosi composto sul divano e guardandosi attorno.

Lei si alzò smorzando il sorriso, forse leggermente delusa… Non farti illusioni!

- Che c’è, hai capito che sono troppo forte per te? – chiese alla fine spezzando la tensione. Lui la guardò di sbieco, accennando a un sorriso:

- Sì… è proprio così. – sussurrò assente, pensando che in fondo era vero. Lei si alzò e gli porse una mano:

- Dai soldato, andiamo che il rancio si fredda! – fece con solito sorriso solare, mentre lui la seguiva di malavoglia.

Aveva voglia di crogiolarsi nei suoi pensieri e di riordinare le idee, doveva essere certo di quello che faceva per non rischiare di combinare un casino.

~~~~~

Salisburgo, ore 20:30 pm

Mitja finì di sistemare la cravatta e si guardò allo specchio con un sospiro.

Era troppo elegante?

Sì, decisamente, sembrava appena uscito da una pubblicità di Armani. Va bene che era un ristorante di classe dove stavano per andare, ma non erano a un matrimonio, poteva anche permettersi il lusso di respirare normalmente!

Sfilò quel moderno strumento di tortura e slacciò i primi due bottoni della camicia, sorridendo soddisfatto: O2!!

Poi guardò i capelli: troppo perfetti, non era da lui. Ficcò una mano tra le ciocche bionde e li sistemò come più gli piaceva, cioè stile è-appena-scoppiata-una-bomba. Obiettivamente, gli davano un fascino inaudito!

Controllò il resto e decise che quel completo blu scuro gessato poteva anche andare, perciò prese il portafogli e le chiavi della stanza chiudendosi la porta alle spalle.

Diede un’ultima controllata all’orologio e si decise a bussare alla porta della stanza accanto alla sua: sapeva che a Winter piaceva la puntualità perciò era bene sbrigarsi.

L’improvviso bussare alla porta la fece sussultare e lanciò un’ultima occhiata allo specchio.

Stava bene? Stava male? Troppo tardi per poter cambiare, doveva andare.

Aprì un piccolo spiraglio e incontrò il sorriso rassicurante di Mitja:

- Ciao! Sei pronta? – per tutta risposta lei scostò la porta e abbassò lo sguardo:

- C-credo di sì. – mormorò imbarazzata, aspettando un commento che non arrivò. Quando si decise a guardarlo sentì un’ondata di calore avvolgerla. Era perfetto. - Mitja? – lo chiamò timidamente. Lui si riscosse chiudendo la bocca e cercando di assumere un’espressione almeno vagamente intelligente:

- Ah… sei… bellissima! – esclamò con gli occhi sgranati.

Winter indossava un vestito viola di raso lungo fino al ginocchio, con sopra un giacchino di lana intrecciato dello stesso colore (*). Aveva i capelli morbidamente raccolti con un fermaglio dello stesso colore dell’abito ed era incantevole.

- Grazie… anche tu stai bene. – fece arrossendo ancora di più mentre stringeva spasmodicamente la maniglia della porta, poi lui le prese la mano libera e la portò alle labbra:

- Anzi, sei incantevole. – mormorò riprendendo il controllo di sé e divorandola con lo sguardo, posandole un bacio sulla mano. Gli sfuggì un sorriso sentendola fredda e tesa:

- P-prendo la borsetta! – esclamò lei volgendosi rigidamente e facendo alcuni passi traballante, mentre Mitja se la rideva. Sembra perfino più agitata di me!

Cinque minuti dopo erano seduti nell’auto che avevano noleggiato e raggiunsero il ristorante in perfetto silenzio.

C’erano troppe cose da dire, troppa tensione e troppo… qualcos’altro.

Durante la cena fortunatamente riuscirono a rilassarsi, soprattutto grazie ai piatti che venivano serviti così insoliti per loro, tanto che Mitja si ritrovò a commentare:

- La prossima volta cerco un McDonald’s, la cucina austriaca non fa decisamente per me! – Winter rise piano, osservando il viso imbronciato del ragazzo seduto di fronte a lei:

- E dai, aspetta che arrivi il dolce e allora cambierai idea! Gli austriaci sono famosissimi per lo strudel e la sacher, una torta di cioccolato con la marmellata, una vera delizia! – lui inarcò un sopracciglio:

- Sarà, ma per il resto Friedrich me la paga, questa roba non mi piace per niente… come hai detto che si chiama? -

- Gulasch, non è che spezzatino. – fece infilandosene un pezzetto in bocca:

- Bah, spero solo che piaccia a te… - bofonchiò distogliendo lo sguardo imbarazzato. Winter lo guardò teneramente: era nervoso per paura di aver fatto una brutta figura e le sembrò ancora più dolce del solito. Istintivamente posò una mano sulla sua abbandonata sul tavolo:

- Non preoccuparti, è tutto perfetto! – mormorò facendogli spuntare un sorriso timido:

- Bene! – esclamò calmandosi un po’ ma continuando a guardarsi attorno nervosamente.

Quando ebbero terminato il dolce Winter si stancò di vederlo così distaccato e aggrottò la fronte:

- Mitja va tutto bene? – lui annuì distrattamente, poi si volse di scatto con gli occhi brillanti e annuì con convinzione:

- Benissimo! – esclamò con un sorriso smagliante, cosa che la fece insospettire:

- Non mi convinci… cosa stavi guardan… do… - rimase senza fiato prima ancora che lui potesse dirle di non guardare. Un cameriere si dirigeva con sicurezza verso di loro, col sorriso stampato in faccia e… un fascio di rose bianche tra le braccia.

Dopo un istante si chinò e glielo porse:

- Per lei signorina! – esclamò mettendole i fiori tra le braccia e allontanandosi discretamente. Winter aveva le lacrime agli occhi:

- M-Mitja… cosa… - lui sospirò imbarazzato:

- Non ti piacciono? No! Ho capito, non me lo dire: dovevo mandartele in camera per non dare spettacolo. Che ci posso fare se sono un megalomane da paura… - lei lo interruppe prendendogli una mano:

- Mitja sono meravigliose… grazie! – esclamò commossa staccando a fatica gli occhi da quella meraviglia. Lui le sorrise, accarezzandole le dita sottili e delicate:

- Non saranno mai belle quanto te. – mormorò avvampando come un bambino e mettendosi in gara col colorito della ragazza.

Quando uscirono il ragazzo propose una passeggiata, per essere metà ottobre era una serata piuttosto tiepida e potevano permettersi due passi senza far rischiare una polmonite a Winter.

Lei camminava come in sogno, continuando a gettare alternativamente occhiate a Mitja e ai fiori che ancora stringeva e che la inebriavano col loro dolcissimo profumo:

- Ti piacciono proprio tanto, eh? – mormorò lui fermandosi nell’oscurità creata da un albero, lontano da occhi indiscreti. Lei annuì, trasognata:

- Moltissimo, te l’ho detto. – rispose sorridendogli. Lui la guardò attentamente:

- Volevo dirti un’altra cosa. – cominciò timidamente, mentre lei gli rivolgeva tutta la sua attenzione: - Ecco, ho pensato a quello che hai detto… cioè al fatto che siamo di troppo qui… beh, mi sono preso la libertà di prenotare due biglietti per il rientro, e altri tre per Crystal, Nikolas e Friedrich il prossimo mese. Ho pensato che era ora di tornare, ci sono persone che ci aspettano anche là… – quando tornò a guardarla rimase scioccato. Sembrava infuriata:

- Ah, è così… prima mi accusi di voler tornare da Aaron, poi mi inviti a cena per farti perdonare… e invece vuoi solo tornare da Aida!! – gli gettò i fiori addosso con rabbia: - Ti odio! – sbraitò volgendosi e tentando di correre via.

Mitja la guardò fare alcuni passi affrettati con l’aria più stranita del mondo, poi sentì qualcosa montare dentro di lui e passò all’azione.

Depositò i fiori su una panchina e con due passi la raggiunse, prendendola per un braccio e fermandola:

- Testona tagliaborse… - mormorò rauco prima di tirarla con forza contro di sé e stringendola possessivo: - …come fai a non averlo ancora capito?! – lei stava per ribattere ma lui non le diede tempo, premendo le labbra contro le sue.

Winter sgranò gli occhi mentre lui si staccava di poco:

- Non l’hai ancora capito che è te che voglio? – mormorò affranto accarezzandole una guancia, mentre continuava a tenerla stretta per la vita: - Dimmi qualcosa. – disse alla fine in un soffio, con lo sguardo depresso e la voce stanca.

Per tutta risposta lei alzò lo sguardo su di lui, incantandolo con i suoi occhi grigi e luccicanti come stelle, poi lentamente alzò una mano e gli accarezzò il viso.

Non riusciva a crederci, si era praticamente dichiarato e lei se ne stava zitta!

Si alzò sulle punte dei piedi e posò le labbra sulle sue in una carezza timida e delicata, staccandosi quasi subito.

Rimasero un tempo indefinito a guardarsi avidamente negli occhi, poi Mitja chinò nuovamente il capo baciandola a fior di labbra una volta, come un piccolo assaggio. Poi un’altra. E un’altra ancora.

Quando finalmente Winter reagì si impossessò della sua bocca e la strinse disperatamente, perdendo la testa.

La baciò a lungo, gustandosi la sua bocca con calma e voluttà, mentre sentiva il corpo di lei abbandonarsi contro il suo e il calore dei loro corpi fondersi.

Infilò una mano tra i suoi capelli, sciogliendoli e accarezzandole la nuca, mentre l’altra mano vagava esaminatrice lungo la sua schiena.

Sentì Winter aggrapparsi a lui ed emettere un lieve gemito nella sua bocca, così si decise a interrompere il bacio per consentire a entrambi di respirare.

Non passarono che pochi secondi però che l’aveva nuovamente catturata, mentre i loro respiri si facevano sempre più affannosi e la mani vagavano alla ricerca di un contatto al di là dei vestiti.

Si staccò ansimando, guardandola con occhi splendenti:

- Vieni con me. – mormorò staccandosi, recuperando i fiori e trascinandola verso l’automobile parcheggiata a una certa distanza.

Nel percorso per raggiungerla si fermarono per baciarsi almeno una decina di volte, mentre Winter aveva ripreso i fiori e si stringeva a lui.

Una volta nell’abitacolo si guardarono a lungo, attentamente, come se non fossero più in grado di riconoscersi e come se quei baci avessero potuto cambiarli esternamente.

Mitja le sorrise, prendendole una mano e portandosela al viso:

- Quanto sei bella! – mormorò rauco, intrecciando le dita alle sue. Winter aveva quasi le lacrime agli occhi:

- Anche tu. – sussurrò rapita, con la mente completamente vuota e il cuore pieno di lui.

Un istante dopo il ragazzo si riprese e avviò l’auto, dirigendosi febbrilmente all’albergo.

Quando furono all’interno dell’ascensore la riprese tra le braccia, premendola contro la parete e ricominciando a baciarla avidamente.

Lasciò che le sue mani scivolassero lungo i fianchi della donna, raggiungendo le gambe per poi alzare maliziosamente il vestito e insinuarsi sotto la stoffa scivolosa, mentre lei ansimava tendendosi contro di lui:

- Mitja… a-aspetta… - mormorò rauca, infilando le mani sotto la giacca aperta e aggrappandosi alla camicia tesa sulla schiena di lui:

- Cosa. – mugugnò proseguendo nelle sue manovre:

- Potrebbe… entrare qualcuno… - sussurrò annientata mentre lui si staccava bruscamente dal suo collo e l’ascensore si bloccava, giunto al loro piano:

- Vieni Winter. – fece risoluto, trascinandola con sé senza staccare gli occhi dai suoi.

Frugò nelle tasche e quando finalmente trovò la chiave spalancò la porta febbrilmente, agguantandola per la vita ed entrando senza accendere la luce, mentre la baciava selvaggiamente e tentava di toglierle il giacchino di lana.

Nel frattempo Winter gli aveva sfilato la giacca e ora si trovavano in piedi l’una tra le braccia dell’altro, guardandosi negli occhi a lungo e con estrema attenzione.

Mitja le sfiorò le spalle nude con delicatezza, giocherellando con le spalline sottili del vestito e ipnotizzato da quella pelle di luna, mentre lei gli sbottonava la camicia con lentezza quasi esasperante. Rabbrividì quando le dita sottili della ragazza gli sfiorarono il petto nudo, poi si sedette attirandola vicina e guardandola dal basso verso l’alto:

- Resta… con me, sempre. – mormorò incantato mentre lei gli sorrideva con estrema dolcezza e annuiva impercettibilmente.

- Sì. – sussurrò d’un fiato un istante prima di essere trascinata irresistibilmente giù, tra le sue braccia.

(*) Lo avete mai visto nelle vetrine dei negozi di Luisa Spagnoli quest’autunno? Io me ne sono innamorata!

AyLa: Sono diventata di una lentezza esasperante, scusatemi! Madian e Haydée tornano nel prossimo capitolo, più incasinati che mai!! Arkel ringrazia, mi chiede se ti va un giretto in moto, Phénice fa un po’ troppe storie…;P ciaoo!!

*Sakura*: Lo so, scusami ancora, prometto che la finisco ma vi chiedo un po’ di pazienza! Eheheh, sì sì che apre gli occhi Phénice, è lui che tentenna adesso!! Sono diabolica! I due biondini hanno sprangato la porta, adesso li sistemo io… Anche per te, la coppia principale sta tornando, preparati! ^-^

Dark Angel & Light Angel: Ciao belle! Eh, Mitja Mitja, ha i suoi tempi anche lui, poverino! Beeeelloooo!!! Lo voglio leggere anch’iooo!!! Non anticiparmi niente Dark, mi raccomando!! Musica rock? Canti, suoni o ascolti solo? Chi ti piace? Che curiosona… Beh dai, a questo punto l’avrai finito immagino il libro, fammi sapere come ti sembra! Ragazze, vi pare che avrei censurato, non è una storia dai toni così pesanti, almeno non mi sembra proprio! Beh sai, il fascino dell’uomo rude e violento, e poi qualche sganassone dà sempre un po’ di colore alla storie!;P - Per la brutta vicenda di Dark mi spiace molto, sono quelle cose che spaccano proprio il cuore e fanno girare i cocomeri. Secondo me non sei egoista e insensibile Dark, al contrario sei sensibilissima e capisco perfettamente che non riesci a perdonarla (e non ti do affatto torto, anzi, strappale i capelli!! E non essere violenta con la povera Light, che ti ha fatto di male!;)), faticherei anch’io a dimenticare uno sgarbo del genere, è naturale. E non credo sia utile tornare a parlare a questa ragazza per forza, certo portare rancore non è mai bello e con certe persone è anche fatica sprecata perché non meritano nemmeno quello, ma solo col tempo potrai guardare con distacco alla faccenda, magari ci farete anche una bella risata su, come è successo a me con cose che una volta mi facevano arrabbiare a morte! Lasciala perdere e non pensarci, è l’unica soluzione, e se continua a insistere per tornare amiche è solo perché si sente in colpa e sa di aver sbagliato. Non mi avete affatto disturbata con la vostra mail, anzi scusatemi voi per il ritardo e non fatevi problemi a parlarmi ancora dei vostri problemi se vi va! Eheh Dark, non ti anticipo nulla su Madian, aspetta il prossimo capitolo! Ah, ho visto la vostra storia, finalmente! Adesso leggo e poi recensisco, ciao!!

Damynex: Eheheh… Arkel ringrazia la sua ammiratrice con un elegante baciamano mentre nasconde un bazooka dietro la schiena, sta pensando di rincorrere Selim attorno al globo tanto per mantenersi in esercizio! I due biondini, ah che sporcaccioni i due biondini!

Londonlilyt: Pardon madame, sono tornata ma a singhiozzo, troppi pensieri ultimamente!;) Chessaràmmai, io me ne sono persa di cose! Ad esempio una storia mooolto interessante su due spie esplosive… molto bella, i miei complimenti, prometto che recensisco!

Ersilia: Darling scusami ancora per il ritardo, proprio non ci riesco ad essere regolare! Arkel è arrossito e ha fatto finta di strozzarsi con una birra, è modesto il ragazzo, ma ringrazia sentitamente. Ormai nuoto nella marea dei tuoi complimenti, ma quale ripetitiva, sono lusingatissima!! Arrivano tutti, tranquilla, non li pianto lì a metà!

Uriko: uahuahuah, sì, diabolicamente diabolica!! Sono un distributore automatico di intoppi io, me ne accadono talmente tanti nella vita reale che non potevo non metterli su carta… pardon, su web. Precipitare l’aereo?!? Mumble, mumble… questa non mi era venuta in mente… paura eh?? No dai, arriverà incolume, questo posso anticipartelo tranquillamente almeno così mi dormi la notte! Infatti, molto da fare e molto da pensare, se vado avanti così mi si fonde il cervellino, ma non abbandono, promesso! ^-^

Earine: Tessssssssorooo!! Tu e la tua lettura del pensiero, hai perfettamente ragione, pensandoci bene è il ragazzo che ho curato di più, anche se inizialmente doveva essere Madian… ci ho messo troppo di qualcuno di cui ben sai, ecco cosa succede e prendere troppa ispirazione dalla realtà!! Che adorabile felino, mi saluta il pupo!! Niki (che tra l’altro è nato davvero, il figlio di mia cugina! Ma non è biondo) strepita impazzito, ha una voglia di tirare la coda al tuo Kim che non immagini, tienilo al sicuro perché la peste è in agguato!;PP Sì, la giusta direzione… hai dimenticato che l’autrice è in agguato?? Eheheheheh…

Antheameiko: Ciao!! Eh sì, l’ispirazione va e viene, troppi pensieri, troppe cose da fare… che gran casino! Dolci i biondini eh? Qui ti sarai sciolta! Per la storia di Selim la penso esattamente come te, il capitolo è un po’ una mia riflessione sull’argomento, e sono giunta alla tua stessa conclusione. Ehi, se hai qualche problema, qualsiasi cosa, puoi parlarmene liberamente, lo sai!;) Grazie ancora, a presto!

Elenim: Barcellona?? BARCELLONA?? E non si manda una cartolina??? Ahah! Dai che scherzo, ci sono stata anch’io e come città non è niente male, come ti è sembrata? Selim ormai è un ricordo lontano, Arkel non la smette di sghignazzare! Madian arriva, tempo che sistemi il prossimo capitolo e arriva!

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Capitolo 42
*** Sari rosso ***


Sari rosso

Sari rosso

 

Salisburgo, notte fonda

 

Mitja la trascinò sul letto stendendola supina accanto a sé per poi incantarsi nuovamente a guardarla.

Era così bella in quel momento, con i capelli vaporosi sparsi sul copriletto di raso, la bocca arrossata e ammorbidita dai suoi baci, gli occhi brillanti e quel movimento leggero che faceva con le gambe…

La prese ancora per la vita, premendola contro di sé mentre scendeva insinuante lungo la coscia, scostandole il vestito per accarezzarle le gambe perfette, mentre le sfiorava il viso col suo per darle una cascata di baci leggeri e sensuali a fior di labbra.

 

Winter chiuse gli occhi abbandonandosi alle sensazioni che la travolgevano, mentre insinuava le mani sotto la camicia per accarezzargli le spalle muscolose.

Lo sentiva respirare affannosamente mentre la sfiorava leggero, percepiva alla perfezione quello che sentiva dal tremore delle sua dita sulla pelle e da quella luce che gli illuminava gli occhi splendenti. Sentì le sue dita forti risalire lungo un braccio e giocherellare con le spalline dell’abito, facendola fremere per un istante e rilassarsi un attimo dopo, quando la stoffa venne scostata di pochi centimetri.

 

Ma Mitja era inquieto come mai prima in una situazione del genere. Si staccò da lei di scatto, sedendosi e facendola mettere rapidamente a cavalcioni su di sé.

La baciò con deliberata lentezza, con calma esasperante per sentirla ansimare e contorcersi contro di lui, mentre prendeva entrambe le spalline del vestito.

Tornò a guardarla e incontrò il suo sorriso morbido e sensuale:

- Winter… - mormorò rauco dimenticandosi per un istante quello che stava facendo e affondando il viso nel suo petto ancora coperto, respirandole addosso e sfregando le guance contro la stoffa morbida e le curve che ricopriva.

La mordicchiò attraverso il raso e sentì le gambe di lei aumentare la pressione sui suoi fianchi, mozzandogli il fiato e costringendolo a staccarsi per riprendere fiato.

 

In quel momento, proprio mentre stava per affondare nuovamente lo sguardo negli occhi lucenti di lei, il telefono prese a squillare.

Attese uno squillo, due, poi tre, ma non accennava a rispondere, preferendo continuare a guardarla. Winter strinse appena le labbra, incerta se dirgli di rispondere o meno, poi distolse lo sguardo e Mitja si staccò per rispondere.

Poteva essere Crystal ad avere bisogno di aiuto, poteva essere Madian o addirittura Arkel, potevano essere i suoi ad aver sbagliato orario a causa del fuso…

- Pronto? – biascicò intontito, osservando la donna muoversi languidamente accanto a lui:

- Ciao Mitja!! Che fai di bello? -

 

~~~~~

 

Aeroporto di Nuova Delhi, primo pomeriggio

 

Madian uscì per raggiungere un taxi e si ritrovò immerso nel caos della capitale indiana. Una vera babele, colorata, rovente e afosa.

Indicò al tassista la sua destinazione un po’ in inglese un po’ a gesti, poi puntò lo sguardo fuori da un finestrino che gridava per essere pulito dalla polvere.

Era incredibile, come poteva Haydée essere innamorata a quel punto di una terra selvaggia e povera come l’India?

Certo, Delhi era praticamente identica alle metropoli occidentali con quei grattacieli, le auto nuovissime e il traffico assurdo ai semafori, ma quel dentista all’angolo della strada che estirpava denti per poche rupie, seduto su una semplice coperta stesa sull’asfalto…

Che razza di posto!!

 

Giunto all’agenzia trovò un attimo di ristoro alla calura insopportabile dell’esterno grazie al generatore di aria condizionata piuttosto vecchio che ronzava in un angolo.

Immediatamente il gestore dell’agenzia gli andò incontro a braccia spalancate, parlandogli in un inglese piuttosto fluente e chiedendogli notizie del suo viaggio:

- Salve, molto piacere… tutto bene, grazie!… Certo, non ne dubiti, ormai so dove trovarvi… Avete trovato un’auto? – chiese alla fine interrompendo il fiume di parole e domande:

- Ma certo! È arrivata poco fa, prego gliela mostro! – nel retro dell’agenzia trovarono una macchina che aveva visto tempi decisamente migliori, era praticamente un catorcio ma il buon uomo gli assicurò che era perfetta:

- Non invoglia i ladri a rubarla, si mimetizza con le poche auto del villaggio in cui siete diretto e non vi dà l’aria del turista! Perfetta! – ripeté a più riprese, fino a convincerlo.

Quello che lo preoccupava non era il modello, non c’era tempo di badare alla forma e non gli interessava, il problema era che gli ispirava la fiducia di un usuraio sorridente che si sfrega le mani. Era un catorcio bello e buono, perciò capacissima di piantarlo in asso nel bel mezzo del nulla più assoluto!

- Non si preoccupi, il mio meccanico l’ha controllata, andrà a meraviglia!! – lo rassicurò sorridendo.

Alla fine se ne andò col suo nuovo acquisto, ridacchiando fra sé e immaginando l’alberghetto al quale era diretto. Se non doveva dare nell’occhio neanche quello, avrebbe dormito nella polvere!

 

~~~~~

 

Alcune ore dopo, villaggio di R****

 

Quando finalmente arrivò al villaggio di R**** scese dall’auto alle prime abitazioni e si parò gli occhi dalla luce accecante.

Haydée era lì da qualche parte, non sarebbe stato difficile trovarla visto che la cittadina era piuttosto piccola.

Cosa le avrebbe detto una volta che l’avesse vista ancora non lo sapeva, probabilmente era meglio improvvisare o addirittura aspettare che fosse lei a parlare. Tanto era inutile pensarci, era arrivato e solo quello importava.

Si chiese nuovamente come poteva la sua Haydée essere cresciuta in una terra simile.

Così spietata e cruda, sovraffollata e piena di gente affamata.

Riprese l’auto e transitò lentamente per le viuzze del centro, alla ricerca del suo albergo. Vide bazar affollati e colorati, inspirò l’odore forte delle spezie, e osservò divertito mucche anoressiche vagabondare indisturbate e farla da padrone per la strada. Assurdo!

Una miriade di colori lo avvolse, sari di donne e tuniche di uomini, in un turbinio di tinte che lo lasciò stordito.

Riuscì a farsi indicare il suo albergo da un vecchio che passeggiava tranquillo aggrappato al suo bastone e salutò la sua stanzetta piccola e relativamente fresca quasi con gioia.

Fortuna che stava scendendo la sera…

 

~~~~~

 

Salisburgo, ancora notte fonda

 

Winter si staccò di scatto dandogli una spinta, prese il golfino e la borsetta e si precipitò fuori dalla porta, mentre Mitja la guardava con la bocca spalancata tendendole una mano a mezz’aria, la cornetta del telefono dell’albergo ancora nell’altra:

- Mitja ci sei? Ehi, Mitja!! – chiamò insistentemente una voce dall’altro lato:

- Sì? – mormorò abbandonandosi sul letto:

- Sono Aida, non mi riconosci? – lui si coprì gli occhi con una mano:

- Sì, ti riconosco… - E a quanto pare non sono l’unico ad averti riconosciuta.

 

Winter chiuse la porta rabbiosamente, scagliando la borsetta e il giacchino contro un muro a caso per poi lasciarsi scivolare lentamente a terra, mentre lacrime di frustrazione le sfuggivano silenziose dagli occhi.

Come aveva potuto essere talmente stupida da cascarci?!

Non era che un surrogato di Aida adesso che lei era lontana, peggio potevano essere entrambe dei ripieghi visto che Crystal ormai era fuori dalla portata del ragazzo!

Si sedette meglio sulla moquette attirando le ginocchia al petto e circondandole con le braccia, per poi appoggiarvi la fronte bollente.

Aveva perso la testa, si era illusa e aveva ceduto ai suoi baci… già, i suoi baci… Dio, come l’aveva baciata! Sembrava tutto così vero!

Ma se fosse stato vero ora lui non sarebbe stato al telefono con Aida, né l’avrebbe lasciata andare così facilmente.

No, non era vero niente, lui l’aveva presa in giro.

Si alzò lentamente, stringendo le labbra per non singhiozzare e avvicinandosi al letto, poi bussarono alla porta e rimase bloccata dov’era:

- Winter?… Winter aprimi per favore! – chiese una voce dall’esterno. La ragazza fece un lungo sospiro sedendosi sul bordo del materasso:

- Vattene Mitja, e non tornare. – mormorò semplicemente ponendo fine al loro brevissimo interludio d’amore, mentre il ragazzo lungo il corridoio appoggiava la fronte alla porta stringendo gli occhi, disperato.

 

~~~~~

 

Villaggio di R****, mattino presto

 

Un’ombra si mosse nella stanza buia, si stiracchiò e scese dal letto, avviandosi alla finestra a tentoni.

Aprì un breve spiraglio rischiando di accecarsi a causa del riverbero del sole e immediatamente venne assalito da un caldo afoso che lo fece boccheggiare.

Madian spettinò i capelli sbuffando e sparendo nel bagno per aprire immediatamente l’acqua della doccia.

Una volta ripresosi dalla sua prima notte indiana si vestì di leggero e si preparò a uscire munito di occhiali da sole. Infilò le mani in tasca e scese nel caos di quella che teoricamente avrebbe dovuto essere la hall per poi uscire lungo la viuzza polverosa davanti all’albergo.

Era un villaggio piuttosto grande, ciononostante le strade erano di terra battuta, polverose e caotiche.

 

Osservò le case di stucco bianche, rosa e di tutte le tonalità simili, fino al color sabbia.

Ora cominciava a capire cosa c’era in questo posto che attirava Haydée.

Se aveva imparato a conoscerla anche solo un pochino, sapeva che le piacevano le cose semplici, e quel posto era quanto di più semplice si poteva immaginare.

 

Un bambino sbucò da una bottega e andò a sbattere contro una sua gamba, cadendo a terra mentre un uomo barbuto usciva veloce dal negozietto per rincorrerlo.

L’uomo prese a strattonare il bambino, frugando tra i vestiti impolverati di quest’ultimo e sbraitando parole incomprensibili ad alta voce.

Alla fine trovò quello che cercava, cioè una barretta di zucchero o roba simile, e lasciò cadere a terra il bambino che piagnucolava. Evidentemente il ragazzino l’aveva rubata, almeno dall’atteggiamento dei due attori quello sembrava il motivo della scenetta.

Madian decise che facevano al caso suo: entrò nella bottega e prese una barretta dello stesso dolciume, la porse al bottegaio e gli allungò alcune rupie per pagarla.

L’uomo lo guardò diffidente, poi arraffò i soldi e mugugnò qualcosa sempre in quella lingua incomprensibile. Il ragazzo decise che poteva provarci e prese una foto dal portafogli, indicandogli una figuretta:

- Mi scusi, posso chiederle se la conosce? – l’uomo osservò la foto ma la sua espressione non tradì nulla: - La conosce? – tentò di domandare ancora. L’uomo bofonchiò, poi gli diede le spalle e si dedicò al suo lavoro, mentre Madian usciva dalla bottega con una smorfia.

Che avevano quegli indigeni da essere così scontrosi?!

Appena fuori vide ancora il bambino di poco prima seduto mogio su una panchetta di legno e si avvicinò con un sorriso:

- Tieni. – fece porgendogli la barretta. Il piccolo lo osservò diffidente per alcuni istanti, poi gli rivolse un sorriso radioso e prese la barretta, ficcandosela immediatamente in bocca. Madian si sedette accanto a lui osservando l’andi-rivieni delle donne avvolte in sari coloratissimi e di uomini sorridenti e abbronzati, tutti con la barba, o almeno con i baffi.

Alla fine tornò a guardare il bambino, che ancora sorrideva felice:

- Bah, proviamo… - borbottò tra sé prendendo nuovamente la foto: - Dimmi piccolo, la conosci? – chiese gentilmente mentre il bambino si bloccava e guardava la foto a bocca spalancata.

Finalmente reagì, saltellando sul posto e indicando l’immagine di Haydée con l’indice, mentre parlava anche lui in quella lingua strana:

- Ancora… maledetta Babele, non ci capisco un accidenti!… Dove abita? – tentò di chiedere, ma inutilmente: - Dove? – chiese facendo un ampio gesto con il braccio ad indicare tutto quello che li circondava, e seguendo i suoi gesti con lo sguardo: - La sua casa! – tentò nuovamente, e finalmente il bambino scattò in piedi prendendolo per mano e tentando in tutti i modi di trascinarlo con sé.

 

Camminarono per un po’, perdendosi nel dedalo di viuzze strette mentre Madian si chiedeva come avrebbe fatto a tornare indietro, finché il ragazzino si infilò attraverso la tenda di una porta, sparendo all’interno di una casa ben tenuta.

Il ragazzo tentennò un po’, non sapeva se doveva entrare o se il bambino gli aveva fatto uno scherzo, poi come in risposta alle sue domande uscì un anziano canuto, sempre trascinato dal bambino.

L’uomo lo guardò un istante con aria sorpresa, poi annuì tra sé accarezzandosi la barba e gli fece un sorriso furbo:

- Ben arrivato, sahib! – fece in un perfetto inglese. Madian sgranò tanto d’occhi:

- Grazie… Lei parla la mia lingua? – chiese titubante e sorpreso:

- Abbastanza, conosco una famiglia di inglesi. – insinuò mentre gli occhi gli brillavano. Il ragazzo si guardò attorno pensoso:

- Perché mi ha detto… “ben arrivato, sahib”? – volle sapere guardandolo con sospetto:

- Sahib significa uomo bianco, e lei è bianco, e le ho dato il benvenuto perché l’aspettavo. Ce ne ha messo di tempo! – ormai rideva apertamente, sinceramente divertito dalla loro conversazione:

- Mi aspettava… come… - l’uomo alzò una mano intimandogli silenziosamente di tacere:

- Venga, le spiegherò tutto! – fece prendendo per mano il bambino e rientrando nell’abitazione, seguito dal ragazzo.

 

Si ritrovarono in una saletta linda e ben tenuta e si sedettero su due poltrone occidentali:

- Ha fatto buon viaggio? – cominciò l’anziano distogliendo Madian dal suo istante di osservazione:

- Sì, grazie… posso sapere chi… - l’uomo lo interruppe:

- Yusaf. Immagino che abbia già sentito parlare di me. – fece drizzandosi un po’ sulla schiena ormai debole, in un’eco flebile dei bei tempi andati, quando era un guerriero forte e coraggioso. Madian trattenne il fiato:

- Lei è… l’insegnante di arti marziali! – esclamò con voce strozzata. Incredibile…

- Esatto! Il nostro incontro non è casuale, gli Dei hanno fatto in modo che lei trovasse mio nipote perché la conducesse a me. E io la condurrò da Haydée, naturalmente. – disse facendolo sobbalzare:

- Dove la posso trovare? Me lo dica, la prego! – esclamò agitato sporgendosi verso di lui:

- Calma sahib, prima devo sapere molte cose su di lei… e sulle intenzioni che ha con la mia allieva. Lei non me ne ha parlato, ma ha sofferto molto in passato e continua a soffrire tuttora. Lo sapeva? – chiese inflessibile. Madian sospirò, adagiandosi stancamente contro lo schienale:

- So cosa le è successo, so perché ha sofferto e credo di sapere perché continua a soffrire. Io non voglio farle nulla di male, io… beh… - sospirò guardando l’uomo negli occhi, quegli occhi così scuri e impenetrabili, ma trasudanti saggezza: - Io sono innamorato di lei… ne sono innamorato da tempo e vorrei dirglielo. Non posso continuare a vivere con questo peso sul cuore, col rimpianto di non averglielo nemmeno detto! – fece d’un fiato, facendo calare il silenzio tra loro.

L’uomo si accarezzò la barba a lungo, chiudendo gli occhi come per raccogliersi in meditazione, poi sospirò e tornò a posare il suo sguardo sul ragazzo, annuendo soddisfatto:

- Sento che siete sincero, e questo mi rende molto felice. Non sarà facile farle ammettere le sue debolezze, è la mia allieva migliore e sono certo di questo poiché sono stato proprio io a dirle di tradurre in azioni quello che ci turba… tuttavia da quando è tornata è distratta e pensierosa, sintomo di sentimenti che le si agitano nella mente e spero anche nel cuore. A lei il compito, sahib, le ridoni il sorriso e la gioia! – sentenziò porgendogli una mano ossuta ma insospettabilmente forte.

Tornarono all’esterno e l’anziano guerriero gli indicò la via da seguire per raggiungere la casa dell’ambasciatore Grantham:

- Ora vada, affido a lei la mia seconda figlia! – mormorò con gli occhi brillanti dandogli una leggera spinta, come per incoraggiarlo.

Madian si avviò di buon passo, volgendosi solo una volta per fare un cenno del capo all’anziano, poi riprese il cammino con la mente sgombra e il cuore leggero.

Era questione di pochi passi ormai, di pochissimi minuti, e poi…

 

Si trovò davanti a un muro di stucco rosa, alto sufficientemente per nascondere il giardino ma non per celare le chiome di alcuni alberi.

Al centro un portone di legno intarsiato e dipinto era l’unica via di accesso alla casa immersa nel verde.

Si avvicinò e bussò un paio di volte, attendendo con trepidazione che qualcuno si affacciasse da qualche parte. Dopo diversi istanti un paio di occhi scuri si affacciarono a una fessura, richiusa immediatamente mentre il portone veniva socchiuso. Un uomo di mezza età, abbronzato e impettito nella sua casacca color avorio, lo guardava con diffidenza:

- Buongiorno, sono Madian Bailey, un amico della signorina Haydée… potrei parlarle? – chiese con calma apparente, ma dentro ribolliva. L’uomo lo squadrò attentamente:

- La begum Haydée non mi ha detto che attendeva ospiti feringhi, addio! – sentenziò in un inglese stentato tentando di chiudergli il portone in faccia. Madian lo bloccò appena in tempo:

- La signorina non mi aspettava, sono qui per farle una sorpresa… - l’uomo era impassibile, non capiva: - Per favore, chiamatela, lei mi riconoscerà! – implorò quasi. Non potevano mandarlo via così, non adesso!

- La begum non è in casa. – ribatté l’altro, dandogli un tuffo al cuore:

- Allora mi faccia parlare col signor Grantham, la prego è importante! – continuò allo stremo della sopportazione. Era quasi in casa sua, non poteva fallire a un passo dalla fine!

L’uomo ci pensò su, poi gli fece un gesto con la mano:

- Aspettate! – esclamò chiudendogli il portone in faccia e facendolo piombare nella disperazione più nera. Dove diavolo era andata a quell’ora del mattino poi…

Dopo poco il portone venne aperto nuovamente e l’uomo gli fece cenno di entrare:

- Entrate, il padrone vi attende. – fece con aria burbera mentre Madian scattava sui due piedi. Finalmente!!

 

Dopo aver attraversato un giardino rigoglioso si trovò in un ingresso ampio e fresco e vide un uomo sulla cinquantina, elegante e con la pelle bruciata dall’impietoso sole indiano marciare deciso verso di lui:

- Buongiorno! Sono Charles Grantham! – esclamò porgendogli una mano con un sorriso rilassato. Madian non esitò a stringerla sorridendo:

- Madian Bailey, molto piacere! – l’uomo annuì:

- Prego, si accomodi! Così mi dirà in cosa posso esserle utile. – insieme si avviarono verso un salottino in stile indiano, variopinto e allegro, dove si sedettero e Madian poté raccontare il motivo che lo aveva spinto fino a lì.

 

Madian aveva vuotato il sacco anche con Charles, gli aveva illustrato la situazione e aveva chiesto, anzi quasi pregato, di poter aspettare lì il ritorno di Haydée.

L’uomo aveva annuito in silenzio, se c’era veramente qualcosa doveva essere sua figlia a stabilirlo, pertanto mise da parte la sua gelosia di padre e gli aveva permesso di restare a pranzo.

Erano passate diverse ore ormai, il sole stava per tramontare, ma di Haydée ancora nessuna notizia.

Il ragazzo uscì in giardino, perdendosi a passeggiare tra le piante esotiche e osservando divertito gli uccelli variopinti all’interno di una gabbia.

Era assorto nei suoi pensieri quando udì distrattamente il portone d’ingresso aprirsi, e volgendosi vide entrare rapida una ragazza avvolta in un sari rosso.

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Capitolo 43
*** Nella digradante calura del tramonto ***


Nella digradante calura del tramonto

Nella digradante calura del tramonto

 

Nuova Delhi, tardo pomeriggio

 

Haydée entrò con passo svelto e leggero, sospirando stanca e soddisfatta.

Aveva passato una giornata con Ameera e sua madre, avevano filato e lavato la biancheria, ripulito la casa della madre della ragazza e chiacchierato allegramente per tutto il tempo.

Le sembrava di non essere mai partita, nulla era cambiato, tranne forse lei, ma questo poteva anche nasconderlo.

Forse poteva nascondere a tutti il fatto che si sentiva… incompleta, e anche depressa, da quando era tornata. Quella sera avrebbe scritto a Phénice, aveva bisogno di sentire come se la passava dopo il brutto episodio con Selim… e in fondo voleva anche sapere come stava Madian. Senza che lei chiedesse niente, la rossa le mandava sempre qualche notizia anche al suo riguardo, insinuandola in qualche poscritto che lei finiva per divorare ancor prima di aver letto la lettera.

Era un male così grande ammettere che le mancava? Le aveva chiesto la ragazza nell’ultima mail. Sto sbagliando ancora.

Con uno scatto abbassò il sari dal capo, lasciando che il sole creasse riflessi rossi tra i suoi capelli, mentre si dirigeva tranquillamente verso la gabbia degli uccelli. Era stata lontana tutto il giorno ed era certa che quello sbadato di suo padre si era dimenticato di dar loro da mangiare.

 

Si stupì di vedere una figura vestita di chiaro accanto alla gabbia, ma ancora non riusciva a distinguerne bene le fattezze a causa del fogliame delle piante:

- Da quanto tempo non giocavamo a nascondino, papà? Non sono più una bambina! – esclamò divertita prima ancora di verificare che fosse lui.

Quando si trovò davanti alla figura misteriosa il suo cuore perse un battito, per poi riprendere a una velocità vertiginosa che la lasciò senza fiato.

 

Madian la guardava attentamente, aspettando.

 

~~~~~

 

Università, ore 09:45 am

 

Phénice sbuffò scostando un ricciolo ribelle che aveva avuto l’indiscrezione di scivolarle sugli occhi, poi riprese la sua contemplazione del nulla.

Chissà perché Rubens l’aveva chiamata, magari si era pentito di averla lasciata andare e ora voleva convincerla a tornare indietro… o magari era solo in vena di fare quattro chiacchiere!

Conoscendo il vecchio professore poteva pensare di tutto, anche che magari l’aveva chiamata per una cosa futile o che aveva già dimenticato.

Guardò le fronde ingiallite degli alberi e sospirò. Chissà se Madian era arrivato a destinazione, e se aveva già trovato quella testona di Haydée… lo sperava tanto, e sperava soprattutto che l’avrebbe convinta a tornare.

Con tutto quello che era successo aveva quasi scordato Winter e Mitja. Le avevano scritto una settimana prima dicendole ancora una volta quanto fossero felici con Crystal, suo marito e il bambino, ma non accennavano mai a loro due. Che razza di zucconi che aveva come amici!!

Magari poteva chiedere ad Arkel se sapeva qualcosa di più, poteva essere in contatto con loro anche telefonicamente… improvvisamente si accorse di essere arrossita come una scolaretta al primo appuntamento e le scappò un risolino isterico: adesso solo pensare a lui la faceva scattare sull’attenti?!

Lui probabilmente le avrebbe riso in faccia, anzi era certa che la considerava una ragazzina sciocca e romantica, smielata e insopportabile.

Era sempre così scorbutico e intrattabile! Non capiva perché se ne stava sempre sulle sue quando si incontravano, ormai erano amici da un pezzo, no?

Amici… quella parola le dava sui nervi ormai. Non lo sentiva come un amico, oh no, lo aveva capito durante quello scavo che aveva fatto come primo lavoretto per il museo.

Lo aveva capito la prima sera, quando rientrata nella sua cameretta d’albergo si era gettata sul letto e aveva messo mano al cellulare.

Senza pensare aveva digitato a memoria un numero e aveva premuto il tasto della chiamata.

Uno squillo. Due squilli. Tre squil

- Sì? – aveva risposto una voce trafelata:

- Ciao Arkel, sono Phénice. – aveva mormorato con un sorrisetto svanito dipinto sulle labbra.

Ecco come lo aveva capito: inconsciamente era lui che voleva sentire, era lui che doveva sapere com’era andata la prima giornata nello scavo per il museo, era la sua voce che voleva sentire, calda e leggermente roca, sensuale e insinuante.

Erano stati al telefono per un’eternità, lei nel frattempo si era alzata e aveva vagabondato per la camera, poi aveva gettato lo sguardo sullo specchio ed era rimasta di sasso.

Eccola l’espressione svanita che aveva avuto i primi tempi con Selim, anzi no, era diversa… era molto, molto peggio! Era arrossita nel sentirlo ridere sommessamente!!

Aveva alzato una mano incerta posandola alla base della gola, e aveva sentito il rollio impazzito del suo cuore… non c’erano dubbi, quella sensazione di panico crescente, la stretta allo stomaco, il formicolio nelle dita e nelle labbra… era innamorata!

Non aveva risposto a una sua domanda e lo aveva sentito alzare il tono della voce:

- Phénice mi senti… mi senti?! – lei aveva annuito distrattamente, sibilando un “sì” quasi impercettibile, mentre dall’altra parte il ragazzo si era lasciato sfuggire un leggero sospiro:

- Meno male, credevo fosse caduta la linea. Allora, quando pensi di tornare? – a quella domanda era letteralmente andata a fuoco.

Cosa significava?! Voleva vederla?! Doveva dirle qualcosa, chiederle un appuntamento, cosa??

- Hai bisogno che venga a prenderti? – le aveva detto semplicemente, facendo scattare una molla nella sua testa. Vuole vedermiiii!!!!

 

Poi i giorni erano passati, lui l’aveva aiutata a liberarsi di Selim, e i loro incontri non avevano nulla di serio. Si trovavano per pranzare, per bere un caffè, o passava a salutarla al museo.

Non era cambiato nulla, e lei si sentiva sempre più strana.

Voleva vuotare il sacco, gettargli le braccia al collo e… e… e non riusciva a pensare ad altro senza rimanere imbambolata per ore!

 

Diede un’occhiata all’orologio e si alzò per andare da Rubens, sistemandosi i vestiti. Vorrei tanto rivederlo…

 

~~~~~

 

India, al tramonto

 

Nella digradante calura del tramonto, mentre il disco rosso del sole spariva tra i palazzi di stucco, colorandoli insieme all'atmosfera di un romantico rosa pastello, si fronteggiavano nel giardino interno, mentre nell'aria aleggiava il profumo degli aranci e il silenzio era rotto dallo zampillare di una fontana.

- Ma… Madian… - mormorò alla fine, sbattendo gli occhi per mantenere la vista lucida e lottando contro lacrime involontarie:

- Ciao Haydée. – ribatté con lo stesso tono, sorridendole timidamente mentre non riusciva a staccarle gli occhi di dosso. Non capiva come poteva essere così bella anche con un semplice telo rosso avvolto attorno al corpo.

La ragazza seguitava a guardarlo incredula, poi prese faticosamente fiato:

- Cosa… perché sei… qui? – sussurrò avvicinandosi di qualche passo:

- Sono qui per te. Perché ho bisogno di te. – rispose sospirando. Era nervoso come un poppante! Lei scosse il capo:

- Io… Madian, che significa? – riuscì a mormorare prima di essere soffocata da un abbraccio disperato.

 

Il ragazzo la cullò a lungo, stringendola come impazzito e aspirando il suo profumo a pieni polmoni:

- Dovevo vederti Haydée, perché sei scappata? Non sa quanto ti ho cercata, credevo di impazzire! – le mormorò col viso sprofondato tra i suoi capelli: - Guai a te se lo fai un’altra volta! -.

Lei non rispose, limitandosi a chiudere gli occhi e a versare lacrime silenziose mentre ascoltava il rollio folle dei loro cuori.

Era venuto fin lì, era arrivato dall’altro capo del mondo solo per vederla! Non poteva crederci, non riusciva a crederci!

Lentamente, quasi senza rendersene conto, alzò le braccia e timidamente gli circondò la vita, posando le mani piccole sulla sua schiena muscolosa e facendolo sobbalzare di gioia, aumentando il contatto tra i loro corpi.

 

Per un istante infinitesimale Haydée si chiese cosa stava combinando, poi sentì le labbra di lui accarezzarle il collo appena sotto l’orecchio e si abbandonò alla sensazione di protezione e sicurezza assoluta che provava tra le sue braccia.

Oh, quant’era stata stupida, come aveva potuto dimenticare quella sensazione? Come aveva osato cancellare dalla mente il calore e l’intensità di quell’abbraccio?

Era stata folle probabilmente, folle e cieca.

Folle a volerlo dimenticare.

Cieca a non vedere cosa stava succedendo, cosa le stava succedendo.

Era impensabile pensare di stare lontana da…

- Sei così bella… - fece il ragazzo in un sussurro dolcissimo.

Un momento!

Dove l’aveva già sentito?

 

Un lampo improvviso: l’abitacolo di un’auto nascosta tra la boscaglia, lei tremante e un ragazzo seminudo che la guardava vacuo:

- Sei talmente bella Haydée… non aver paura. – aveva mormorato con voce arrochita e un ghigno che allora non aveva compreso. No, Phil… NO!!

 

Immediatamente si irrigidì, premendo per staccarsi e riuscendoci dopo che Madian ebbe lottato contro i suoi stessi sensi.

Rimasero a scrutarsi in viso per un tempo che parve infinito, mentre Haydée si perdeva nelle pozze blu che erano gli occhi del ragazzo, poi lui alzò una mano per accarezzarle una guancia morbida:

- Come stai? – sussurrò con la gola riarsa e la frenesia nelle mani. Lei sussultò appena, annuendo:

- Io… bene… Tu? – ribatté confusa:

- Bene, ora che ti ho trovata. – deglutì a fatica, poi prese il coraggio a due mani: - Vorrei rimanere qui per un po’ Haydée, ho bisogno di parlarti, me lo concedi senza fuggire ancora? – chiese con un sorriso triste. Lei annuì come ipnotizzata, mentre lui si scioglieva in un sorriso da infarto: - Grazie! – fece in tempo a mormorare prima di essere interrotto:

- Sei tornata finalmente! Ti sei divertita? – Charles era uscito dall’abitazione in quel momento, andandole incontro per stringerle le mani:

- S-sì… certo, mi sono divertita… - mormorò arrossendo nonostante l’abbronzatura mentre lanciava un’occhiata di sottecchi a Madian, che a sua volta sorrideva rilassato:

- Hai già avuto modo di incontrare il nostro ospite vedo… - commentò l’uomo attirando su di sé due sguardi a dir poco sorpresi:

- Lo conosci?! – balbettò la giovane incredula:

- Certo! Chi credi che l’abbia fatto entrare? – ridacchiò divertito osservando l’espressione stordita di sua figlia:

- Hai detto… il nostro ospite… - mormorò quasi assente:

- Esattamente! È venuto fin qui per vederti, non posso permettere che se ne stia in un albergo! Non è vero? – sorrise spostando lo sguardo sul ragazzo, inebetito di fronte a lui:

- Ah, beh… n-non c’è assolutamente bisogno, davvero, non voglio in nessun modo disturbare… - Grantham non lo lasciò nemmeno finire:

- Sciocchezze! Abbiamo non so quante stanze vuote qui, e poi so per certo che negli alberghetti di qui si mangia in modo terrificante, quindi niente storie: andrai a prendere le tue cose e ti trasferirai qui stasera stessa! – ordinò con fare irresistibile:

- Allora… la ringrazio. – Madian si era arreso più che volentieri.

Charles gli aveva appena servito su un piatto d’argento l’opportunità della sua vita, era folle rifiutare.

Avrebbe vissuto ancora qualche tempo con lei, non poteva assolutamente farsi sfuggire l’occasione. Li salutò cordialmente per poi andarsene a passo di carica, aveva delle valigie da rifare!

 

Haydée si sedette su una panchetta scostandosi da suo padre, mentre seguitava ad avere lo sguardo perso nel vuoto:

- Ti senti bene tesoro? – le chiese lui amorevolmente. La ragazza alzò lo sguardo può vacuo che avesse mai visto:

- Sì papà… sono… sorpresa… - confessò finalmente riprendendo un po’ di vita:

- Ne ero certo! Anch’io ho avuto una bella sorpresa quando me lo sono trovato nell’ingresso, non immaginavo che avessi il fidanzatino! – lei saltò sul posto, spalancando gli occhi:

- Papà!!! – sbraitò indignata, incredula e… e… intimamente quasi felice.

- Oh, quanto sei difficile! È un bel ragazzo, simpatico e ammodo, e credo anche in gamba se è riuscito a scovarti in questo buco dimenticato da Dio! Vuoi farmi credere che non ti piace neanche un po’? – sorrise divertito quando la vide arrossire penosamente: - Lo vedi che sei incoerente? Adesso fai aprire la stanza che preferisci per lui e fatti un bel bagno: avremo ospiti nei prossimi giorni! – esclamò allontanandosi baldanzoso.

Sua figlia aveva bisogno di una bella shakerata, era rigida come un’asse da stiro! Chissà da chi aveva preso, la sua ex moglie era il contrario di Haydée e lui non era poi così gelido… mah.

 

La ragazza rimase sola davanti alla gabbia degli uccelli, fissandone un particolarmente colorato, poi si lasciò sfuggire un sospiro:

- Non mi posso permettere di volare via col vento come voi, la realtà preme per essere vissuta. – mormorò alzandosi per riempire le vaschette di cibo e acqua. E io ho una paura folle.

 

~~~~~

 

Università, ore 10:30 am

 

- Grazie professore… le farò sapere al più presto cosa intendo fare. – l’uomo seduto annuì:

- Pensaci attentamente Phénice, potrebbe essere una grande opportunità per te! – esclamò salutandola.

Un istante dopo Phénice era in piedi in mezzo al corridoio. Qualche ragazzo le passò davanti incuriosito dal suo sguardo vacuo e fisso, ma lei non se ne accorse nemmeno.

Un buon quanto d’ora dopo si mosse lentamente per uscire, ma si bloccò davanti a una panchina, sedendosi di schianto.

Rubens decisamente era impazzito.

Le aveva proposto un lavoro a dir poco folle: una collaborazione con la polizia, nientemeno!!

Aveva cominciato il discorso piuttosto vagamente, calcando sulle molteplici possibilità che capitano nella vita e sulla possibilità che non ricapitino più, quindi le aveva spiegato la necessità di saper scegliere quella giusta. Poi aveva sganciato la bomba: nelle forze dell’ordine stavano cercando di mettere in piedi una squadra specializzata nel combattere il traffico di opere d’arte rubate, con elementi da poter infiltrare nei musei e in generale nel mondo dell’arte, per poter controllare attentamente eventuali movimenti illeciti o quantomeno insoliti all’interno del settore.

Non sarebbe stata un’occupazione a tempo pieno, sarebbe stato una specie di part-time da svolgere insieme al proprio lavoro, niente che avrebbe rubato tempo prezioso in ogni caso. Rubens le aveva detto che il suo compito in particolare sarebbe stato quello di osservare, immagazzinare le informazioni e comunicarle a un ispettore, vecchio amico del professore, e del quale aveva ricevuto il numero di telefono se voleva altre informazioni.

La volevano far diventare una specie di spia!! Aveva sbraitato incredula, spiegando a chiare lettere che lei non voleva invischiarsi in affari strani, non voleva mettere a repentaglio i suoi sogni per un’attività simile!

Rubens le aveva spiegato pazientemente che non era nulla di compromettente: e poi sapeva bene che la paga per i novellini era meno che misera e quella era l’occasione giusta per guadagnare onestamente qualche soldino per arrotondare.

Il problema era che lei non aveva potuto non pensare immediatamente ad Haydée e a quello che le aveva raccontato. La ex ladra si occupava anche di scovare i trafficanti di oggetti preziosi, e a quanto pareva anche Madian e compagnia erano invischiati in affari simili… che strana coincidenza!

E che strane idee cominciavano a frullarle nella testa… opere d’arte rubate che tornano misteriosamente alla luce, lei che aiuta la polizia e che ne trae il suo personale guadagno, poi i suoi amici ex-ladri di professione… non voleva credere di star pensando una cosa del genere!!

 

~~~~~

 

Nuova Delhi, in serata

 

Se non fosse stato per Charles avrebbero cenato in perfetto silenzio.

Haydée se ne stava rigida sulla sua sedia, ogni tanto ingeriva un boccone a fatica, ma la sua occupazione più grande era osservare Madian in tutti i modi possibili, escluso quello diretto.

Non riusciva a credere che lui fosse veramente lì, che l’avesse raggiunta sul serio!

Che fosse stata Phénice a spifferare qualcosa? Impossibile, nemmeno lei sapeva esattamente il nome del villaggio! Allora chi…

- Sybil! – mormorò d’un tratto interrompendo il discorso dei due uomini al tavolo con lei. Madian trattenne il fiato, piantandole negli occhi uno sguardo talmente eloquente da farla tremare visibilmente, mentre suo padre la guardava sorpreso, con un boccone a mezz’aria:

- Che hai detto? – le chiese dopo un po’. Haydée divenne rossa fino alla radice dei capelli, poi balbettò che Ameera voleva portarla in qualche posto del quale non aveva voluto parlarle, ma lei aveva capito che si trattava di uno scherzo, voleva portarla da una veggente o roba simile, una sibilla a quanto pareva. L’uomo annuì incerto, sua figlia era stranissima non l’aveva mai vista in quello stato.

Si volse a guardare il ragazzo e spalancò la bocca vedendo lo sguardo che le lanciava, ma dopo un istante il giovane tornò a sorridergli:

- Stavamo dicendo? – Charles si riscosse, riprendendo il discorso di prima, ma cominciava a sentirsi di troppo. Quei due dovevano parlare, lo percepiva perfettamente, quindi era meglio se toglieva il disturbo.

Inventò la scusa di una pratica ancora da sbrigare per il giorno successivo e dopo meno di un’ora svanì nelle sue stanze, lasciandoli al loro destino.

 

Madian si rilassò contro lo schienale della sua sedia, ammirando il giardino dalla veranda nella quale si trovavano:

- Tuo padre è molto simpatico. – mormorò assorto, percependola perfettamente mentre si agitava:

- C-credi? – balbettò alzandosi nervosamente e facendo qualche passo verso le piante rigogliose:

- Sì. – rispose semplicemente perdendosi nella sua contemplazione. Haydée mosse qualche passo torcendosi le mani, mentre tentava in tutti i modi di non posare nuovamente il suo sguardo su di lui. Come poteva starsene così calmo? A lei sembrava di scoppiare!

Non sapeva come comportarsi, e soprattutto non riusciva a capire cosa voleva lui da lei. Era venuto fin lì solo per vederla? E qual’era la cosa di cui voleva parlarle?

Doveva chiederglielo immediatamente, non poteva vivere un solo minuti di più senza vederci chiaro.

Si volse di scatto pronta ad attaccare quando si ritrovò praticamente addossata a lui che la stringeva per le spalle. Alzò due occhi quasi spaventati su di lui ma venne rassicurata da un sorriso:

- La vuoi sapere una cosa? – Haydée non aveva la forza di rispondere, si limitò a fare un lievissimo cenno col capo. Perché improvvisamente sentiva le ginocchia molli? – Sei ancora più bella di quando abitavamo insieme, alla villa. Sei nel tuo elemento qui. – mormorò lasciandola andare improvvisamente e provocandole uno scompenso cardiaco. Che stava facendo? Perché si allontanava così da lei? Allora non era come sperava… cioè, come temeva… Perché mi infastidisce così che lui non…

- Sai che ti dico? Sono esausto, ti spiace se vado nella mia stanza? – ridacchiò stranamente, passandosi una mano tra i capelli leggermente più lunghi di come li ricordava, ma dall’aspetto ugualmente morbido, da toccare…

Si riscosse dandosi della stupida, annuendo precipitosamente:

- Prego, ti ricordi la strada vero? – mormorò con voce strozzata, sorreggendosi a una colonna del porticato. Non l’aveva abbracciata, non aveva fatto nulla anche se erano soli… dunque non provava per lei quello che le era parso alla villa, si era sbagliata… perché era così doloroso?

- Credo di sì, grazie di tutto e buona notte. – mormorò lui sorridendo:

- Buona notte… - sussurrò lei alle sue spalle, osservandolo sparire nel salotto buio.

Quando fu certa di essere sola si lasciò scivolare a terra, con la schiena contro la colonna fredda e gli occhi chiusi. Madian…

 

 

NdA

Approfitto di questo capitolo per fare una piccola riflessione.

Sono successe molte cose negli ultimi 2 anni, cose che hanno completamente stravolto la mia vita, e proprio in questi giorni mi era tornata in mente questa piccola storia che avevo quasi finito di scrivere. L’ho riletta tutta, chiedendomi a più riprese se veramente queste cose le avevo scritte io, e prima di pubblicare i nuovi capitoli, che avevo già abbozzato prima di sospendere le pubblicazioni, ho iniziato a riflettere.

Non ho mai avuto la pretesa di scrivere chissà che storia, anche se magari per un periodo mi ero convinta che fosse così. L’ho scritta in un momento della mia vita che è stato difficile e triste, e mi sono resa conto che altro non era se non una fuga dalla realtà. Erano sogni e desideri di una vita diversa, mancanza di emozioni reali che cercavo nell’immaginazione.

La trama forse non è granché, anzi rileggendola mi ha ricordato vagamente un romanzetto rosa che ho letto ormai parecchi anni fa, ma mi sono detta che dopotutto forse mi piace proprio per questo, con le sue ovvietà, le sue situazioni trite e ritrite, le descrizioni traballanti e piene zeppe di luoghi comuni o frasi già lette o sentite da qualche altra parte… e mi sono detta “chi se ne importa”.

È e rimarrà quello che è, il sogno di una ragazza che desidera prendere in mano la propria vita, e che stanca di sognare da sola ha trovato questo luogo per comunicare le proprie speranze e fantasie a qualcun’altro.

Una storiella qualsiasi senza pretese e piena di difetti, scritta da una persona qualsiasi senza pretese e piena di difetti. Un piccolo sogno ad occhi aperti, nulla più.

Grazie a tutti quelli che hanno condiviso questo sogno con me.

PS: mi ricordo di tutte!

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Capitolo 44
*** T'adoro come la volta notturna ***


T’adoro come la volta notturna

T’adoro come la volta notturna

 

Due settimane dopo, Salisburgo

 

Winter chiuse la valigia e si guardò attorno, in quella stanzetta che l’aveva ospitata per quasi due mesi. Era tempo di tornare a casa, o per lo meno era tempo di lasciare sua sorella a riordinare le idee prima di andare a trovare i loro genitori per il Natale.

Sospirò e si sentì incredibilmente stanca.

Non voleva lasciare sua sorella, aveva il segreto quanto infondato timore di perderla nuovamente.

Inoltre non voleva stare tutto quel tempo da sola con Mitja. Non sapeva nemmeno contare le volte che se l’era ritrovato tra i piedi in quegli ultimi giorni.

Dopo il fattaccio si era tenuto alla larga una giornata intera, però poi era esploso e aveva cominciato a rifilarle scuse su scuse, arrivando quasi a supplicarla di ascoltarlo. Inaudito!

Non voleva sentire, non voleva sapere più nulla. Voleva solo tornare alla sua vecchia vita, a vivere con Phénice, e voleva trovarsi un lavoro onesto del quale sua sorella e i suoi genitori potessero essere fieri. Infatti aveva deciso di riallacciare il rapporto perduto con i suoi, ora che Crystal era di nuovo presente non aveva motivo di star loro alla larga. La loro presenza non le avrebbe più portato alla mente gli avvenimenti orribili del passato, o almeno lo sperava.

Mitja invece era un problema. La assillava giorno e notte con la sua presenza e con quello sguardo disperato, non riusciva a sopportare di vederlo in quello stato. Soprattutto perché sapeva che non avrebbe potuto resistere a lungo ai suoi attacchi.

Era come una calamita, la attirava inesorabilmente, e in fondo al suo cuore ne era sempre stata invaghita. Però aveva deciso, doveva smetterla con quelle fantasie. Mitja non era per lei, non lo sarebbe mai stato, doveva soltanto rinchiudere in un angolo quello che provava per lui e guardare avanti, non doveva essere poi così difficile.

Prese la borsa che mise a tracolla e gettò un ultimo sguardo attorno a sé.

Tra meno di un’ora dovevano essere sul treno per Vienna, e da lì avrebbero preso l’aereo per tornare a casa. Era tempo di muoversi.

Raccolse le ultime cose e uscì, spegnendo la luce su quel breve periodo che le aveva regalato una delle gioie più grandi della sua vita nel ritrovare sua sorella, e che le aveva insegnato che non sempre le cose vanno come vorremmo, e che persone che sembrano perfette per noi possono rivelarsi totalmente sbagliate. Il segreto per guardare serenamente a quel periodo era levarsi dalla testa quello che aveva sognato riguardo a Mitja, non c’era altra soluzione.

 

Non appena giunse nella hall trovò sua sorella in lacrime, Friedrich e Mitja che parlottavano in un angolo e Nikolas che tentava in tutti i modi di risollevare il morale della sua mamma porgendole il suo giocattolo preferito:

- Guarda mamma, è bello! Puoi tenerlo tu per qualche giorno, ma non piangere! – cinguettava sventolandole sotto il naso quella che era stata un’automobilina in tempi migliori. Crystal annuì ridendo tra le lacrime:

- Sei gentile Nikolas, ma non mi servirà, puoi tenerlo tu! – esclamò accarezzandogli il capino biondissimo. Il bimbo si imbronciò:

- E allora con che gioco ti consoli? – volle sapere guardandola intristito. Lei lo prese tra le braccia, stringendolo forte a sé:

- Non mi servono giochi, mi basta il mio ometto! – il bambino la abbracciò di slancio, affondando il visetto nella sua spalla:

- Ah beh, allora… - mormorò saputo guardando con un misto di dispiacere e sollievo il suo giocattolo… i suoi averi erano salvi fortunatamente!

Winter si avvicinò con un sorriso triste. Le si spezzava il cuore al pensiero di doverli lasciare tra poco:

- Winter ti stavamo aspettando! – intervenne Friedrich sorridendole e avvicinandosi a sua moglie e al bambino. La ragazza gettò un rapido sguardo su Mitja, e ovviamente lo trovò impegnato a divorarla con gli occhi:

- Sono pronta, forse è meglio andare. – mormorò concentrandosi su Crystal e Nikolas. Sua sorella si alzò e la abbracciò di slancio, stringendola disperatamente:

- Mi dispiace per… - tentò di cominciare, ma Winter accentuò la stretta attorno a lei impedendole di continuare:

- Lascia perdere, ho sbagliato io a illudermi. – mormorò duramente. Crystal avrebbe voluto fare qualcosa, qualsiasi cosa per non vederla andare via così triste, ma non sapeva cosa.

Aveva dato una sonora strigliata a quel babbeo di Mitja, ordinandogli di far ridere nuovamente la sua sorellina in tempi brevissimi, ma la testardaggine di Winter era una variabile da tenere sempre ben presente. Se si sentiva presa in giro era praticamente impossibile farla ricredere sul conto di una persona. Mitja aveva decisamente un problema con la “p” maiuscola!

Ed evidentemente ne era perfettamente cosciente, almeno a giudicare dalla sua espressione. Era un misto tra il furibondo e il disperato, sembrava che dovesse scoppiare da un momento all’altro e l’unica che sembrava non essersene accorta era proprio la diretta interessata.

Winter guardò l’orologio:

- È tardi, dobbiamo sbrigarci se vogliamo prendere il treno. – esclamò raccogliendo le sue cose e attendendo che sua sorella la seguisse. Dopodiché si incamminò spedita verso l’uscita dell’albergo, mentre Mitja e Friedrich le seguivano a debita distanza, insieme a Nikolas:

- Non sei ancora riuscito a spiegarti, eh? – mormorò l’austriaco evidentemente dispiaciuto. Sua moglie lo assillava giorno e notte con quella storia, era impossibile non sentirsi coinvolti!

- Macché, non riesco nemmeno ad augurarle il buon giorno, mi tiene lontano neanche fossi radioattivo! – borbottò il biondino scoraggiato. Si volse sorpreso quando si sentì tirare per i jeans e incontrò il visetto furbo del bambino:

- Zio Mitja, senti… - cominciò con la sua vocetta sottile facendolo sorridere dopo giorni. Il piccolo aveva preso l’abitudine di chiamare anche lui zio, come faceva con Winter, e la cosa non poteva che fargli piacere. Avrebbe potuto essere veramente suo zio se solo Winter…

- Dimmi diavoletto! – ridacchiò depositando a terra una valigia per chinarsi:

- La zia Winter è arrabbiata con te? – chiese osservandolo con gli occhioni azzurri sgranati. Mitja sospirò:

- Più che arrabbiata è furiosa, non vuole nemmeno parlarmi! – il piccolo annuì comprensivo, con aria saccente:

- Fa come la mamma, anche lei si arrabbia e non parla più con nessuno! – esclamò con un broncetto delizioso. Il ragazzo annuì:

- Lo immagino, sono gemelle! – il piccolo annuì con forza:

- Sì, sono uguali, ma se sono uguali allora anche alla zia passerà! – fece convinto. Mitja incurvò la bocca in un sorriso triste:

- Non credo che la zia Winter cambierà idea, purtroppo! – il piccolo gli batté una manina sulla spalla, imitando comicamente un gesto che probabilmente aveva visto fare da adulti:

- No, no, sono sicuro, non sarà più arrabbiata! – cinguettò convinto, incuriosendo il ragazzo:

- Perché? – gli chiese avvicinandosi a lui. Nikolas gli si appiccicò all’orecchio, intento a non farsi sentire:

- Perché quando la mamma si arrabbia il papà le da tanti bacini qui… - mormorò toccandogli le labbra: - …e poi lei non è più arrabbiata e ci abbraccia ancora! Allora anche tu devi darle tanti bacini sulla bocca, poi lei non sarà più arrabbiata e farete la pace! – Mitja sgranò gli occhi incredulo:

- Piccola peste, e tu come le sai queste cose?? – sbraitò lanciando un’occhiata ad uno scioccatissimo Friedrich:

- Perché ho visto una volta il papà che lo faceva, e la mamma è tornata e abbiamo fatto la pace anche noi! – esclamò galvanizzato dal discorso, mentre suo padre si asciugava il sudore freddo dalla fronte e riprendeva il colorito che gli era consono. Il russo rise rilassato, accarezzando la testa al bambino:

- Sai che ti dico Niky? Hai proprio ragione, farò così anche con la zia Winter! E quando verrai da noi per Natale ti prometto che non sarà più arrabbiata! – ridacchiò alzandosi e raccattando nuovamente le sue valigie: - Andiamo adesso? – esclamò tranquillo e sorridente mentre raggiungeva Winter e Crystal. Ma guarda, il nanerottolo la sa più lunga di me e di suo padre… e ha perfettamente ragione!

 

~~~~~

 

Appartamento del centro, 8:45 am

 

Phénice agguantò la borsa in fretta e furia mentre tentava di infilarsi uno stivale saltellando.

Era in super-ritardo, da quando aveva cominciato il suo nuovo lavoro non lo era più stata, ma naturalmente quella brutta bestiaccia che chiamiamo iella aveva infilato la sua zampaccia schifosa in quel fresco mattino di inizio autunno.

Più precisamente, le pile della sveglia si erano scaricate lasciandola in balia del casino più assoluto. In più aveva dimenticato di accendere la caldaia e l’acqua per la doccia era gelida, il phon aveva rischiato di abbandonarla almeno un paio di volte e non riusciva a trovare la spazzola!

Era perciò piuttosto semplice immaginare il suo aspetto in quel momento: era congelata, scarmigliata, vestita alla meno peggio e completamente disorientata.

A migliorare la situazione si aggiunse uno scampanellio discreto al citofono:

- Ah, perfetto… proprio perfetto!! – esclamò furibonda rovesciando metà del contenuto dell’armadietto del bagno. Un giorno di questi doveva decidersi a buttare tutte quelle boccette inutili… e quando si decideva a tornare la miss-ordinata-Winter??!

Arrancò faticosamente verso l’ingresso e sollevò il citofono con una certa esasperazione:

- See!! – esclamò con malagrazia mentre tentava di finire di infilarsi il secondo stivale. La cornetta tenuta stretta tra l’orecchio e la spalla però era posizionata male perciò non capì chi la cercava:

- Insomma si può sapere chi è?! – strillò scostandosi nervosamente i capelli dal viso, sbuffando rumorosamente e riacchiappando la cornetta normalmente:

- Siamo nervosi stamattina, eh? Sono il cavaliere senza macchia e senza paura, mi apri o preferisci gettarmi la treccia dalla finestra perché la usi come corda?? – chiese una voce divertita dall’altro capo.

Immediatamente tutti i propositi omicidi della ragazza andarono a farsi friggere, mentre le ginocchia diventavano molli e un sorriso assolutamente idiota le si dipingeva sul viso stravolto:

- Oh, Arkel! Ciao, sali! – esclamò pigiando il bottone per aprire il portone d’ingresso e rimanendo aggrappata al muro per non scivolare a terra:

- Grazie, principessa! – lo sentì mormorare con quella sua voce bassa e sensuale, poi avvertì il tonfo della porta che si chiudeva e riacquistò l’uso del cervello.

Presto, doveva fare presto!!

Saltò letteralmente nel bagno, trovò nella vasca la spazzola che tanto aveva bramato, diede quattro rapidissimi colpi che le strapparono metà della sua chioma fulva ma che le diedero una lontana parvenza umana, chiuse con un paio di tonfi assordanti la porta del bagno e quella della sua camera per nascondere il casino che aveva combinato e quando bussarono alla porta era pressoché in ordine.

Inspirando profondamente abbassò la maniglia e accolse Arkel col suo sorriso più dolce:

- Ciao! – mormorò con la mente completamente svaporata, osservandolo in tutto il suo fascino mentre lui la guardava di sottecchi con un mezzo sorrisetto irriverente, appoggiato al muro con un braccio e con un sacchetto nell’altra mano:

- Buongiorno bimba… che hai fatto a capelli, ti sei pettinata con un gatto idrofobo?? – iniziò subito punzecchiandola; se non lo avesse fatto avrebbe finito sicuramente col scivolare su discorsi troppo… pericolosi. Infatti la ragazza mise subito un broncetto adorabile:

- Siamo complimentosi oggi, eh? Niente battutacce per favore, ho avuto un risveglio traumatico! – esclamò riprendendo la sua solita verve e dimenticando per un attimo con chi aveva a che fare. Arkel ridacchiò senza ritegno:

- L’ho notato! Allora, hai già fatto colazione? – si guardò attorno mentre entrava e schivò una ciabatta solitaria sul suo percorso: - Mi spieghi cos’è successo? Hai litigato con i mobili di casa o c’è stato un terremoto? – ghignò divertito dall’occhiataccia che guadagnò un secondo dopo aver parlato:

- Spiritoso! Sono in ritardassimo e ho fatto la doccia gelata, poi il phon non funzionava a dovere, ho perso la spazzola… insomma, un disastro in piena regola, e se sei venuto per infierire attento che io… - ora era a pochi centimetri da lui, gli sventolava l’indice sotto al naso e poteva percepire alla perfezione l’odore del suo dopobarba, fresco e insinuante, e si accorse che non la guardava più tanto divertito; il suo sguardo era intenso e scrutatore, sembrava che tentasse in tutti i modi di leggere qualcosa dentro ai suoi occhi… si zittì, trattenendo il fiato per non rimanere inebriata più del dovuto dal suo profumo, mentre lo osservava con gli occhi sgranati.

Sussultò vedendo il suo viso chinarsi leggermente verso di lei e notando lo scintillio ansioso nei suoi occhi:

- Phénice? - mormorò rauco. Lei socchiuse le labbra d’istinto:

- Sì… - soffiò appena, facendo un mezzo passetto e precipitandogli quasi tra le braccia.

Arkel la divorava con gli occhi, stringendo spasmodicamente il sacchetto nella mano destra mentre la sinistra si alzava lentamente verso quel visetto dolce e delicato. A metà strada si bloccò tornando sui suoi passi e deglutì:

- Hai… già fatto colazione? – chiese ancora alla fine con voce strozzata. Lei sgranò ancora di più gli occhi, chiudendo di scatto la bocca e avvampando all’improvviso. La vide fare due rapidi passi indietro e si morse l’interno di una guancia nervosamente, chiedendosi se tutto quello che stava succedendo era giusto. Non c’era tempo per perdersi in quei pensieri, gli occhi della ragazza era divenuti improvvisamente lucidi:

- In realtà… no, sono di fretta… anzi se non ti spiace dovrei andare! – ribatté lei rigidamente allontanandosi per raccogliere le sue cose. Arkel la seguì nei suoi movimenti esasperato. Perché continuava a sbagliare sempre tutto con lei? Più tentava di fare le cose razionalmente più faceva figuracce! Probabilmente doveva rivedere il suo schema di conquista…

- Posso accompagnarti al museo, sono in auto. Così puoi mangiare qualcosa. – disse alzando il sacchetto maltrattato mentre lei si fermava a soppesarlo.

Doveva accettare o prenderlo a schiaffi? Che gran pezzo di cretino, aveva creduto che volesse baciarla ed era stata sul punto di chiudere gli occhi e di porgergli le labbra, invece voleva darle da mangiare! Per un attimo fu tentata di mandarlo al diavolo, che si strozzasse lui con la sua colazione!

Poi però gli sorrise timidamente, dandosi mentalmente dell’allocca svenevole:

- Te ne sarei grata, non mi va di farmi tutta quella strada in autobus… - rispose infilandosi una giacchetta di velluto e mettendosi la borsa a tracolla.

Arkel si passò distrattamente una mano sulla nuca:

- Ok, allora andiamo? – chiese imbarazzato. Lei annuì e si avviò verso l’ingresso a capo chino, passandogli accanto senza degnarlo di un’occhiata. Il ragazzo la seguì sospirando, chiedendosi quand’è che sarebbe riuscito a fare la cosa giusta con quella piccola peste!

 

~~~~~

 

Villaggio di R****, notte fonda

 

La giovane si rigirò per l’ennesima volta nel suo letto.

Non poteva prendere sonno, era impossibile sapendo che Madian dormiva nella stanza in fondo al corridoio!

Andava avanti così da due settimane ormai, la tensione era arrivata a livelli inimmaginabili e lei stava per esplodere.

Soprattutto perché ancora non aveva capito cosa volesse il ragazzo con quella visita. Quando era arrivato l’aveva abbracciata con un trasporto che l’aveva travolta, lasciandola senza fiato in balia dei sentimenti che provava per lui, poi la situazione si era capovolta e non aveva più nemmeno tentato di sfiorarle una mano.

Che comportamento assurdo!

Si alzò nervosamente, avvolgendosi un sari azzurro attorno al corpo e prendendo a misurare la stanza a grandi passi.

Non riusciva più a sopportare quel clima di snervante attesa, sembrava che tutti, da suo padre ad Ameera, attendessero una sua reazione. Ma che ne sapeva lei di quello che doveva fare??

Quando se lo trovava di fronte all’improvviso veniva assalita dall’impulso di gettargli le braccia al collo e abbandonarsi ai suoi baci e alle sue carezze, poi quando si riprendeva desiderava con tutta sé stessa fuggire in capo al mondo per potergli stare il più lontano possibile.

Per stare il più lontano possibile dalle sensazioni che risvegliava in lei solo guardandola.

 

Ecco cos’era cambiato, il suo modo di guardarla.

Quando erano stati alla villa dei suoi la guardava attentamente per carpire tutte le sfaccettature della sua personalità, ma in un modo quasi timido, ora era diverso.

Era sicuro di sé e quando lo sorprendeva ad osservarla, praticamente sempre, il suo sguardo era deciso e fermo, scintillante e ammaliatore. Sembrava volerla attirare a sé solo con la forza magnetica dei suoi occhi.

Sembrava volerle baciare le labbra con lo sguardo, sembrava che la spogliasse quando abbassava gli occhi sui suoi vestiti… un brivido le percorse la schiena, ma non era freddo. Era il ricordo di come l’aveva guardata quella sera quando si erano incrociati prima di ritirarsi nelle loro stanze.

Sembrava che le volesse dire qualcosa di importante, ma seguitava a tacere, sempre in attesa di qualcosa.

 

Si stancò di quelle quattro mura, cominciava a sentirsi soffocare.

Perciò socchiuse la porta della sua stanza e si avviò scalza lungo il corridoio, cercando di produrre il minimo rumore.

Corse fino in giardino e si fermò solamente sotto a una pianta particolarmente rigogliosa, chiudendo gli occhi e inspirando a pieni polmoni i profumi della notte.

Quando sentì che il suo animo andava calmandosi socchiuse le palpebre e le labbra si distesero in un sorriso.

Poi fece alcuni passi e andò a sedersi sul bordo in marmo della fontana al centro del giardino, osservando pensierosa nell’acqua il riflesso della sua immagine e del cielo trapuntato di stelle in quella nottata meravigliosa.

 

- T’adoro come la volta notturna, o vaso di tristezza, o grande taciturna... – recitò improvvisamente una voce bassa e sensuale dal fondo del giardino.

Haydée si volse lentamente, rimanendo seduta. Sapeva perfettamente a chi apparteneva quella voce, non poteva sbagliarsi.

Madian si avvicinò lentamente:

- …e più ti amo bella, quanto più mi sfuggi / e mi sembri accumulare, ornamento delle mie notti, più ironicamente leghe su leghe a quelle che dividono le mie braccia dall’azzurro infinito. – terminò ormai a pochi passi da lei, senza mai staccarle gli occhi di dosso.

 

Le sorrise con infinita dolcezza, perdendosi in quegli occhi scuri che ormai da tempo governavano la sua vita e gli avevano rubato il cuore, poi si mosse e con un semplice gesto l'ebbe tra le braccia.

La strinse con tutte le sue forze, imprigionandola in quella trappola d'amore dalla quale non avrebbe più voluto farla fuggire, e infilandole una mano tra i capelli sciolti sulle spalle la attirò vicina, per poterle finalmente sussurrare contro le labbra quel "Ti amo" che da troppo tempo premeva per uscire.

Poi capì che l'attimo perfetto era giunto, doveva soltanto catturarlo. Era lì, su quelle labbra morbide che bramava da un'eternità.

 

Bocca contro bocca, anima contro anima.

 

Haydée tremò mentre la mano di lui le saliva alla nuca, poi tutto svanì nel contatto con le sue labbra, fresche e decise, più dolci di quanto avesse mai immaginato.

Sentì la sua bocca muoversi sulla sua, un alito caldo accarezzarla, e quel bacio casto divenne il loro primo, vero bacio.

Travolgente e infinito, unico e irripetibile.

Dimenticò chi era, dimenticò da dove veniva, dimenticò l'odio e la sofferenza, la tristezza e la solitudine, il rimpianto e il rancore. Rispose al bacio con tutto il trasporto della sua anima, con tutto l'amore che celava da tempo immemore. Con tutta l'intensità del sentimento che le sgorgava incontrollato dal cuore.

All'improvviso il mondo, il suo mondo, si era ridotto a quel contatto, a quel gesto intimo e traboccante d'amore.

 

Si avvinghiò a lui con tutte le sue forze, temendo di cadere in un vortice che li avrebbe allontanati irrimediabilmente, ma non successe nulla del genere. Madian era sempre lì, continuava a stringerla, continuava a divorarla insaziabile e dolcissimo, trascinandola via con sé dove niente contava, se non la loro unione.

 

Il loro bacio durò un istante, un giorno, un anno, una vita intera. In lui erano racchiusi i baci di tutta la loro vita, tutti insieme e tutti in una volta. Il più intenso, il più dolce e il più bello che mai fosse stato dato.

 

Quando si staccarono continuarono a respirare insieme, ansimando leggermente e scrutandosi a vicenda negli occhi.

Iridi blu dentro a pozzi scuri come la notte.

 

- Ti amo Haydée. - mormorò accarezzandole una guancia.

 

 

La poesia che cita Madian è di Baudelaire, l’ho tratta dai “Fiori del Male”. Il titolo del capitolo è il titolo della poesia, che poi sarebbe la prima riga.

Vado in ferie signore! Ma niente paura stavolta, i prossimi capitoli sono già finiti e corretti, appena torno do loro un’ultima occhiata e li pubblico, promesso!

Grazie a tutte.

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Capitolo 45
*** Risveglio ***


Resta

Risveglio

 

Villaggio di R****, ancora notte fonda

 

- Ti amo Haydée. - mormorò accarezzandole una guancia. Lei tremò come una foglia:

- Madian... io... - lui la zittì sfiorandole le labbra con le sue in una carezza leggera:

- Non devi dire niente, amore mio. Resta con me per sempre, solo questo ti chiedo. - gli occhi le si inondarono di lacrime e li chiuse, troppo sconvolta e troppo... cos'era... felice? Non avrebbe saputo dirlo, era tutto così confuso nella sua mente!

Sentiva solo le sue labbra che le sfioravano gli occhi e il viso, il calore che la avvolgeva e quel corpo solido e forte che la proteggeva, nient'altro.

 

- Haydée, guardami. – mormorò contro le sue labbra. Lei socchiuse gli occhi faticosamente, mentre due lacrime le scendevano lungo le guance arrossate. Madian le asciugò lentamente con la punta delle dita per poi tornare a scrutare in quegli occhi splendenti come il cielo sopra le loro teste: - Hai paura di me? – le chiese a bruciapelo, senza staccarsi di un centimetro.

La sentì sussultare tra le sue mani e d’istinto aumentò la stretta attorno a lei, temendo che volesse allontanarlo. Lei scosse il capo lentamente, mormorando qualche sillaba incomprensibile mentre il suo sguardo si faceva via via sempre più triste:

- Calmati, non voglio nulla da te. Solo… questo. – sussurrò sfiorandole le labbra con un bacio dolcissimo. Tutto inutile, la ragazza continuava a tremare contro di lui facendolo preoccupare oltremisura: - Non tremare Haydée, voglio solo proteggerti, non sono… lui… - l’ultima parola la pronunciò con voce talmente dura che le fece sgranare gli occhi dallo stupore: - Io… so tutto… ho parlato con Sybil. – spiegò senza staccare gli occhi dai suoi e attendendo una qualsiasi reazione.

Riprese a piangere silenziosamente e Madian si sentì un perfetto imbecille:

- No… - mormorò lei scotendo appena il capo e spingendo per allontanarlo, ma il ragazzo non glielo permise.

La prese per la nuca stringendosela al cuore e affondò il viso nei suoi capelli, cullandola dolcemente mentre tentava in tutti i modi di calmarne i singhiozzi.

 

Haydée sentì il cuore esplodere. Nascose il viso nell’incavo del suo collo, sfregando la fronte contro la sua pelle calda, e non si rese conto di affondare le dita nella sua schiena mentre i singhiozzi la squassavano.

Lui sapeva. Sapeva tutto di lei… la baciava e la stringeva a più non posso e… le aveva appena confessato di amarla.

Madian la amava. Lei che era fuggita per mezzo mondo, lasciandolo senza una spiegazione, solo perché aveva paura… ma paura di che?

Si rese conto che tutti i fantasmi che da anni le attanagliavano lo spirito erano scomparsi nel suo abbraccio, se solo l’avesse voluto avrebbe potuto scacciare molto tempo prima quel senso di terrore che la assaliva a volte la notte. Invece era fuggita da lui, dal suo amore…

Lentamente i singhiozzi andarono scemando, ma Madian non accennava ad allentare la stretta.

Seguitava a stringerla e ad accarezzarla, mentre le sussurrava dolci parole d’amore e di conforto.

 

Poi la sentì sospirare e vibrare contro di lui, finché non avvertì perfettamente i suoi nervi che si rilassavano e il suo abbraccio diventare tenero e non più disperato.

Sorrise nell’oscurità e la staccò appena da sé per poterle guardare il viso. Rimasero a lungo in silenzio, scrutandosi negli occhi mentre lui le asciugava il viso devastato dalle lacrime, poi le sorrise sensualmente:

- Meglio? – mormorò rauco, deglutendo a fatica. Quelle labbra, quanto desiderava ancora…

- Sì. – sibilò lei mordendosi il labbro inferiore leggermente imbarazzata.

Lui si era dichiarato e lei era scoppiata in lacrime, non era esattamente la risposta migliore a una dichiarazione di quel genere!

Ma era ancora troppo presto perché lei potesse dirgli quello che provava, stava succedendo tutto così dolcemente, non voleva rovinare tutto con il ricordo di avvenimenti ancora dolorosi, le serviva ancora un po’ di tempo… Madian interruppe i suoi pensieri sfiorandole il viso col proprio:

- Posso… - le mormorò osservandola attraverso gli occhi socchiusi, ormai contro le sue labbra, mentre con una mano le sfiorava una guancia.

Per tutta risposta Haydée sorrise dolcemente, si alzò appena sulle punte dei piedi e posò le labbra contro le sue, levandogli il fiato e regalandogli un bacio dolcissimo, come lo sognava da mesi.

Lo sentì ansimare soddisfatto mentre approfondiva il contatto e la baciava con lentezza esasperante, come a voler gustare con la massima attenzione la sua bocca; quando interruppero il bacio per riprendere fiato poté notare una strana scintilla accendersi nei suoi occhi di zaffiro.

Un attimo dopo si staccò da lei, chinandosi e prendendola in braccio, strappandole un’esclamazione sorpresa quando si ritrovò completamente premuta contro di lui:

- Cosa… - tentò di chiedere con voce tremante. Lui la zittì con un bacio a fior di labbra:

- Sorpresa… - mormorò rauco avviandosi verso l’abitazione.

 

Un minuto dopo entrarono nella stanza della ragazza, sorridendosi come due ragazzini. Haydée si guardò attorno mentre cominciava a preoccuparsi:

- Perché siamo qui? – mormorò cercando di divincolarsi. Madian la posò a terra, sorridendole tranquillamente:

- Non lo indovini? – chiese sorridendole dolcemente mentre tentava di riprenderla tra le braccia. La ragazza guardò lui e il letto a baldacchino, sfuggendo al suo abbraccio e indietreggiando spaventata:

- Madian, no… ti prego… - la voce le tremava mentre gli occhi gli trasmettevano una paura folle.

Madian si fermò sui due piedi intuendo cosa la spaventava. Dov’era finita la gelida ladra che aveva combattuto contro di lui sul Big Building? O l’inflessibile donna che aveva estorto le informazioni che voleva a Chung e a sua moglie? Possibile che fosse così sconvolta? Sospirò:

- Vorrei solo dormire abbracciato a te, non voglio altro. È chiedere troppo? – mormorò dispiaciuto che lei non si fidasse minimamente di lui. Come doveva fare per farle capire che non l’avrebbe mai forzata a fare nulla? E che era disposto ad aspettare tutto il tempo che voleva lei per poterla dichiarare sua? La vide bloccarsi e trattenere il respiro:

- A-allora…n-non… - balbettò con voce strozzata. Madian sorrise dolcemente e le si avvicinò lentamente, allungando semplicemente una mano verso di lei:

- No, non voglio nulla. Voglio solo starti accanto. – ribatté serenamente. Haydée guardò la mano che le tendeva con un ultimo sprazzo di incertezza, poi alzò la sua tremante e fredda e la depositò sul suo palmo, senza aggiungere altro. Gli occhi del ragazzo scintillarono mentre un sorriso irresistibile gli si dipingeva sulle labbra, poi la attirò tra le sue braccia.

Un istante dopo erano stesi sul letto, stretti l’uno all’altra, addormentandosi infine cullati dal pulsare dei loro cuori.

 

~~~~~

 

Nel bel mezzo dell’Oceano, alcune ore dopo

 

Mitja si mosse a disagio e lanciò un’occhiata furtiva a Winter, abbandonata sul sedile accanto al suo in una sorta di sonno troppo vigile per i suoi gusti. Soprattutto perché sapeva che Winter aveva la guardia alzata per colpa sua.

Ma che diamine, non era certo stato lui a dire ad Aida di chiamarlo la sera del loro appuntamento! Quella sciocchina aveva pescato il suo numero da chissà chi e lo aveva già chiamato una volta, ma lui le aveva detto che era impegnato, che non doveva disturbarlo e che non sapeva quando sarebbe tornato. Aveva riagganciato in malo modo, sperando che avesse afferrato il concetto, invece no! L’aveva richiamato proprio quando lui e Winter stavano per… per… bah, chissà cosa stavano per fare!

Non sapeva nemmeno lui realizzare quello che era successo in quegli attimi folli, si era lasciato andare completamente e non aveva pensato a nulla, solo a lei tra le sue braccia, con gli occhi scintillanti e le labbra morbide, talmente seducente da fargli girare la testa, e la stoffa di quel vestito sotto le sue dita, scivolosa e terribilmente sensuale su quelle curve…

Saltellò quasi sul posto quando il passaggio di una hostess lo strappò ai suoi pensieri proibiti, e lanciò uno sguardo a Winter, ancora perfettamente immobile al suo fianco.

Solo allora gli tornò alla mente il piccolo Nikolas e la sua teoria sulla “riappacificazione tra grandi” e gli scappò un sorriso. Che saltassero in aria tutte le testate nucleari esistenti sulla terra, lui Winter l’avrebbe conquistata, allora sì che si sarebbe visto chi era il vero testone tra loro!

 

Non poteva immaginare che i pensieri della gelida bionda erano di genere esageratamente simile al suo. Da quando era salita sull’aereo si era imposta la linea dura, cioè nessuna parola, nessuno sguardo e nessun gesto verso quell’essere che le sedeva accanto e col quale aveva avuto la sventatezza di uscire agghindata come una ragazzina svenevole.

Nulla, nemmeno per sbaglio. E così tentava in tutti i modi di fare.

Peccato che anche solo sentirlo respirare fosse ormai una tortura! E quello sguardo, triste e smarrito, sempre e costantemente puntato addosso… le veniva voglia di prenderlo a sberle!!

Come sapeva che la guardava continuamente? Beh, secondo voi il fatto che si sentisse bruciare la pelle cos’era, scottatura? Accidenti a lui e alle sue carezze, ma non poteva essere un pessimo baciatore, imbranato e maldestro?? No! Doveva essere anche dolce, schifosamente sensuale e attraente in modo snervante!! Sentì distintamente un suo lievissimo sospiro e per poco non le saltarono i nervi.

Se non si fossero trovati in un aereo carico di gente lo avrebbe stordito a suon di sberle e avrebbe approfittato di lui seduta stante!!

Quando l’immagine di loro due intenti ad esplorarsi, in pose non esattamente fraterne e in un letto sfatto le attraversò la mente, avvertì distintamente una sferzata lungo la spina dorsale e fu costretta a cambiare posizione, mentre Mitja si bloccava a guardarla con gli occhi sgranati, in attesa di una qualsiasi reazione da parte sua che puntualmente non arrivò.

 

Dopo interminabili istanti riuscì a rilassarsi nuovamente, e non poté trattenersi dal girarsi brevemente verso il suo compagno di viaggio, senza guardarlo apertamente e osservando distrattamente una hostess che transitava con un carrellino.

Mitja aveva chiuso gli occhi e aveva abbandonato la testa all’indietro sullo schienale, i capelli scompigliati più del solito e una leggera ruga a solcargli la fronte.

Avrebbe dovuto stargli alla larga, decisamente. Era impensabile mantenere la linea rigida che si era prefissata se quell’idiota continuava a servirle il suo collo su un piatto d’argento, così non faceva altro che risvegliare il suo istinto vampiresco!! Pensò furibonda piantando lo sguardo su una rivista e imponendosi di credere che guardare il titolo per mezzora fosse estremamente interessante.

 

Non vide il sorrisetto stendersi sulle labbra del ragazzo dopo pochi istanti. Non che si fosse accorto del suo sguardo, intendiamoci, semplicemente un pensiero assurdamente logico lo aveva sfiorato per la prima volta: È gelosa!! E si chiese come aveva potuto non pensarci prima…

 

~~~~~

 

Villaggio di R****, mattino inoltrato

 

Haydée si mosse sospirando, chiedendosi come mai sentiva un peso gravarle sullo stomaco. Spostò una mano per capire cos’aveva sul ventre e spalancò gli occhi trattenendo il fiato.

C’era… un braccio… saldo e piuttosto muscoloso, sicuramente non di donna.

Mosse le dita e sentì qualcuno muoversi dietro di lei, aumentare la stretta e aderire completamente alla sua schiena, mentre due labbra morbide e calde si posavano sulla sua spalla nuda e il proprietario le respirava contro la pelle immediatamente arroventata.

Si mosse lentamente, col cuore che pulsava fuori controllo, e finalmente vide una testa bruna con i capelli scompigliati e una spalla forte circondarla protettiva.

Non sapeva se scattare via come una molla, spaventata a morte, o se piangere e ridere dalla felicità.

Madian… aveva dormito con lei e ancora non la smetteva di tenerla saldamente stretta a sé. Che sensazione meravigliosa, si sentiva perfettamente protetta e al sicuro, come aveva potuto vivere senza l’emozione di svegliarsi al suo fianco fino a quel momento?

Sorrise calmandosi e tornò a guardare avanti a sé, sospirando appena e cercando di muoversi il meno possibile per non svegliarlo.

Iniziò a pensare a cosa sarebbe successo quando si fosse svegliato, a come l’avrebbe guardata, a cosa le avrebbe detto, a come sarebbero cambiate ora le cose tra loro.

Cos’erano adesso, fidanzati? Quel pensiero la mandava nel panico più totale, non se la sentiva ancora di essere legata a lui da qualche promessa, per quanto adorasse la sua presenza e… i suoi baci, fu costretta ad ammettere a sé stessa mentre il viso le si infiammava.

Il ricordo del contatto delle loro labbra la sera precedente la fece agitare nervosamente, non aveva mai provato un’emozione simile, né tanto meno quel senso di completezza tra le sue braccia che ancora adesso la pervadeva.

Si morse distrattamente un labbro, persa nei meandri dei suoi pensieri, quando un mugolio rauco le fece trattenere il fiato.

 

Madian tornò dal mondo dei sogni aumentando la presa su quel corpo morbido e caldo che aveva agguantato la sera precedente, si mosse languidamente e lasciò che le labbra si allargassero in un sorriso suadente, mugolando soddisfatto. Poi si decise a socchiudere gli occhi e vide la donna tra le sue braccia tesa come una corda di violino.

Il sorriso si accentuò quando si accorse che tratteneva il fiato:

- Puoi anche respirare Haydée, sono sveglio non mi disturbi! – ridacchiò sereno. Lei si rilassò immediatamente sentendo quella nota divertita, riprendendo a respirare mentre il cuore ballava un indiavolato can can nel suo petto:

- Buongiorno Madian, dormito bene? – si stupì che la voce non le tremasse, da quando era così coraggiosa?!

- Buongiorno a te Haydée, splendidamente! – rispose rilassandosi e iniziando a baciarle lentamente la spalla. Lei era talmente stordita e affascinata che dimenticò di arrossire e di essere timida, limitandosi a chiudere gli occhi e a sospirare leggermente, mentre la mano di lui correva leggera sul suo fianco, solleticandole ogni singolo nervo attraverso la stoffa sottile del sari che aveva indossato la notte precedente.

Probabilmente Madian avrebbe proseguito a lungo nelle sue dolci esplorazioni, spingendosi molto oltre quello che si era ripromesso da bravo ragazzo, ma evidentemente era destino che per quel mattino dovesse averne abbastanza così.

Infatti dopo pochi istanti si sentì uno scoppio di risa nel giardino della casa, seguito dal vociare di alcune donne e dalle grida di una voce maschile che Madian riconobbe come quella del guardiano del portone:

- Che succede?! – chiese stralunato staccandosi da lei con una faccia che era tutta un programma. Haydée scoppiò in un risatina divertita, sgattaiolando fuori dal suo abbraccio e raggiungendo la finestra, spalancandola per far entrare la luce accecante del giorno:

- Sono le donne che lavorano qui, Hamida deve aver fatto un altro dei suoi scherzi a Niaz, il guardiano della casa. Non sai quante gliene combina, quei due sono come cane a gatto! - spiegò rapidamente prima di mettersi a urlare qualcosa di incomprensibile alle donne giù in giardino. Una di loro spiegò tra le risate cos’era successo, e la confusione aumentò quando sulla soglia di casa apparve Grantham con una sottoveste da camera in disordine, scalzo e spettinato:

- Che diavolo sta succedendo qui!! – sbraitò per l’ennesima volta in anni di vita in quella casa. Non passava mese infatti che Hamida, la domestica di casa da quando era nata Haydée, non si inventasse qualche scherzetto ai danni del permaloso guardiano del portone, che naturalmente appena ne aveva l’opportunità ricambiava.

 

Madian si mise a sedere nel letto, osservando la giovane ridere e scherzare alla finestra. La sua vita gli passò davanti in un lampo.

Aveva avuto una vita facile, mai un problema grave a turbare la sua esistenza, mai un segreto pesante da sopportare con la sola forza delle proprie spalle.

Osservando Haydée finalmente sorridente si chiese se sarebbe stato in grado di sopravvivere senza impazzire a causa di un tormento simile per tutti quegli anni, e guardandosi dentro capì che non ne sarebbe mai stato capace. Era quasi uscito di testa per la sola lontananza da lei durata poco più di un mese, mentre Haydée… lei aveva sopportato il tormento, l’angoscia, la sofferenza… e tutto da sola, tutto senza mai fare affidamento su alcuno. Lui aveva i suoi genitori, e anche Mitja e Arkel a cui confidava tutto… si certo lei si era in parte confidata con Phénice, con Sybil e poi con Winter, ma nessuno aveva potuto fare niente per allontanare definitivamente da lei i fantasmi che da troppo tempo la perseguitavano.

E lui? Lui ne sarebbe stato in grado?

Per come la vedeva ora, sorridente e felice, gli sembrava di si. Ma era la sua presenza o il fatto che la giovane si sentiva a casa, circondata dall’affetto delle persone che l’avevano vista bambina, a farla sentire finalmente sollevata?

Di una cosa fu certo: non poteva forzarla in nulla, non poteva imporle il proprio amore come aveva egoisticamente pensato prima di rincontrarla, e lo capì in quell’istante. Poteva amarla da lontano, ma doveva essere lei ad accettare i suoi sentimenti e a decidere se e quando ricambiarli.

Lei lo amava, ne era quasi certo. La notte passata insieme ne era la conferma quasi assoluta.

Ma doveva assolutamente limitarsi a questo. Farle sentire il proprio amore, vero e incondizionato, dimostrarle come solo con lei voleva avere un futuro, una famiglia… sì, una famiglia! Ma per gradi, senza traumi o sorprese, delicatamente e tranquillamente.

Era la sua unica possibilità.

 

Haydée si sentì osservata e volse su di lui due occhi sorridenti e brillanti all’inverosimile, distogliendolo dalle sue riflessioni.

- Sei pensieroso? - gli chiese dolcemente:

- Si, pensavo a te. - rispose semplicemente facendola arrossire. Poi le allungò una mano, invitandola a sedersi accanto a lui. Quando si fu accomodata anche lei con la schiena contro la spalliera del letto le prese una mano, intrecciando le dita alle sue, e riprese: - Pensavo a quante cose ho sbagliato con te, ho voluto importi un po’ troppe cose quando ancora non eri pronta… - si fermò un istante vedendola arrossire, poi riprese: - Ma ora ho capito quanto tu abbia ancora bisogno dei tuoi spazi, quindi… volevo dirti che aspetterò tutto il tempo che vorrai, e quando sarai pronta io sarò lì con tutto il mio amore pronto ad accoglierti… o a ritirarmi per sempre, se è questo che vorrai… - pronunciò le ultime parole con un filo di voce, guardandola con occhi lucidi e disperati, e lei capì quanto dovevano essergli costate.

Gli sorrise appena e non poté trattenersi dal gettargli le braccia al collo. Quell’abbraccio valeva più di mille discorsi. Madian lo capì: lo stava ringraziando per la sua pazienza e la sua dedizione, per le sue parole e la sua comprensione. E finalmente credette di vedere un po’ di luce alla fine del tunnel.

 

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Appartamento del centro, mattino presto

 

Sbuffò per la milionesima volta, picchiettando le dita sulla superficie lucida del tavolo in cucina, poi esplose:

- E allora?! Non sei ancora pronta? Guarda che siamo in ritardo, arriveranno tra poco! – per un attimo nessuna risposta, si chiese dove diavolo era andata a finire, poi finalmente sentì una porta spalancarsi:

- Eccomi!! Non lamentarti, tu hai i capelli corti, non conosci lo strazio di avere i capelli lunghi e ricci! – esclamò una vocetta innervosita passando da una stanza all’altra.

Arkel ripiombò nella disperazione, buttando la testa all’indietro e lasciando le braccia penzoloni. Non avrebbe mai finito di prepararsi quella pulce pestifera?!?

Rimase così per istanti che gli parvero ore, fissando il soffitto imponendosi di non pensare se lei si stava cambiando, se era svestita, che biancheria indossava… poi finalmente Phénice cinguettò soddisfatta:

- Fatto, possiamo andare… ehi ma che fai lì imbambolato, muoviti, no?! – disse dirigendosi verso l’uscita. Il ragazzo saltò su come una molla, lamentandosi:

- Senti chi parla, è un’ora che aspetto che tu finisca di pettinare quella specie di criniera e… - non poté finire, la pulce aveva strillato irritata:

- Non hai aspettato un’ora, al massimo sono stati 10 minuti, e poi bisogna curarli i propri capelli, altrimenti si rischia di diventare mezzi pelati come te!! – disse facendolo bloccare all’istante.

Arkel si portò lentamente una mano alla testa tastando la sua chioma intatta, col terrore di sentire uno sfoltimento non autorizzato:

- …Ehi, non sono mezzo pelato… - brontolò mezzo offeso. La ragazza si volse con un sorrisetto divertito:

- Permalosone!! – disse ridacchiando e riprendendo a scendere di corsa le scale.

Il giovane piantò il muso borbottando qualcosa contro gli scherzi di cattivo gusto e riprese a scendere dietro di lei, chiedendosi come poteva una parola detta per scherzo da lei essere così importante per lui… perché ne sei innamorato, pirla!!

 

 

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