Vite finite - Un’aldilà misterioso

di Hiros
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ricordi ***
Capitolo 2: *** Aiuto ***
Capitolo 3: *** Tensioni e scoperte ***
Capitolo 4: *** Viaggio Inaspettato ***
Capitolo 5: *** Il posto giusto ***
Capitolo 6: *** La felicità di alcuni, la disperazione di altri ***



Capitolo 1
*** Ricordi ***


Vite finite - Un’aldilà misterioso
Ricordi



 
Gli occhi curiosi di una bambina volteggiarono per quel paesaggio magnifico, alla ricerca forse di qualcosa o qualcuno che non riusciva a vedere.
Un enorme campo verde, illuminato da un semplice tramonto arancione, si estendeva dinanzi a lei e accanto, sulla collina, un’altalena dondolava cigolando.
Il solo suono del vento in quel momento prese il sopravvento e quegli occhi si soffermarono impassibili sull’altalena.
Essi rimasero come attaccati ad osservare l’oggetto, e il cigolio di quest’ultimo, all’inizio semplice e basso, cominciò ad essere più strano e forte.
Una musica ipnotizzante si propagò nell’aria e una grande ansia cominciò a diffondersi nella bambina.
Poi, tutto cessò di colpo e gli occhi della bambina poterono ricominciare a muoversi.
 

«Ieri l’ho rivista» disse una bambina dai capelli e occhi rossi che, seduta a tavola, mangiava di gusto gli spaghetti al pomodoro come solo sua madre sapeva fare.
Davanti a lei, un bambino dai capelli blu come la notte e gli occhi del medesimo colore che assomigliavano all'oceano, poichè di una sfumatura più chiara, sbuffò.
«Interessante! E com’è andata?» le chiese quest’ultimo, accennando un sorriso sarcastico. La bambina gonfiò le guancie irritata, possibile che la dovesse sempre prendere in giro?
«Sei uno stupido, devi sempre prendermi in giro!» rispose arrabbiata, sbattendo le manine sulla tavola. «Perché non mi credi mai?!» chiese alterata e anche un po’ triste. Sempre così, nessuno le credeva, soprattutto lui.
«Perché quello che dici è assurdo, ma sei completamente convinta delle tue parole» disse noncurante il blu, girandosi tra le mani la forchetta e addentando un pezzo di pane.
«Sei. Davvero. Antipatico!» e con queste ultime parole, la rossa si alzò dalla sedia e si avviò verso la sua camera.
Intanto il bambino dagli occhi oceanici, noncurante, continuò a sbuffare e a mangiare; Sempre la solita storia, si ritrovò a pensare.


Qualche anno dopo.

«Non credi sarebbe meglio chiedere aiuto?» una ragazza dai capelli turchesi e occhi del medesimo colore, se ne stava sdraiata su un divano di pelle grigio, intenta a dipingersi le unghie di blu scuro.
Accanto a lei, seduta sul tavolo da pranzo, una ragazza dalla chioma mora e occhi viola simili a uno smeraldo, le rispose «Non saprei. Tu cerca di fare la brava e stare ferma, abbiamo risolto la questione già una volta, ce la rifaremo» sorrise.
La turchese la guardò poco convinta e la mora quindi, le fece l’occhiolino «Dai, non preoccuparti» scese poi dal tavolo e con un ultimo cenno della mano, se ne andò.
«Non ne sono convinta, questa volta sarà diverso» disse tra se e sè la turchese sospirando, guardando fuori dalla finestra il cielo coperto da grossi nuvoloni neri.
 

Una ragazza dai capelli cremisi e occhi del medesimo colore era seduta su un’altalena - la sua preferita - e piano si dondolava.
Quel posto era magico per lei; conteneva tanti ricordi della sua infanzia e il silenzio, accompagnato da quel vento che soffiava delicato, rendeva tutti i momenti in quel luogo molto rilassanti.
L’altalena su cui era seduta era il ricordo che non moriva di una sua cara amica, ma lo era anche dell’ultima volta in cui la aveva vista, lo stesso giorno in cui sparì completamente.
Preferiva sempre non ricordare quel particolare; ogni volta la sua disperata richiesta d’aiuto e il cigolio fastidioso dell’altalena, ipnotizzante e ansioso, si affacciavano sempre alle porte della sua mente. No, preferiva non pensarci.
La rossa saltò giù dall’altalena e dopo aver osservato per qualche secondo il tramonto che andava giù scomparendo sull’orizzonte, si incamminò prendendo il sentiero che portava ai piedi della collina, verso casa.






 
» NOTE AUTRICE :
Sera a tutti, sono la vecchia redmoon_sweetlove, ma ho cambiato nick. Ho cancellato l'altra storia per scrivere questa, che mi piace di più. Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate della storia e quali errori ho fatto. Aggiornerò ogni venerdì, a partire dalla prossima settimana. Tanto è estate, viva la libertà!
Con questo vi saluto. Un abbraccio. P
s: il titolo è forse provvisorio.

× Redy

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Capitolo 2
*** Aiuto ***


Vite finite - Un’aldilà misterioso
Aiuto



 
-Fine, sveglia!- un ragazzo dai capelli blu era intento a svegliare una ragazzina dai capelli rossi, che beatamente dormiva.
Fine, aprì gli occhi di scatto, spaventata dall’urlo che le era stato rivolto.
-Crow! Ti ricordo che ho imparato a svegliarmi quando mi chiami!- gridò Fine all'indaco, arrabbiata e mezza imbambolata, con un tic all’occhio già di prima mattina.
-Scusami tanto, se al contrario, continuavi a sognare le torte- le rinfacciò Crow, ridendo sotto i baffi per la faccia sorpresa che Fine fece in seguito.
-Brutto stupido, vattene! Hai disturbato il mio sonno, almeno lasciami vestire da sola in santa pace!- urlò stizzita la ragazza, buttando letteralmente fuori dalla stanza Crow, con un calcio dritto dritto nel sedere.
-Che ragazza delicata che sei!- disse ad alta voce Crow, fuori dalla porta chiusa della stanza di Fine, cominciando a ridere subito dopo.
Con le mani in tasca poi, se ne andò, fischiando una qualche canzoncina.
Fine intanto - dopo essersi calmata e aver sospirato – cominciò a vestirsi; era metà giugno, la scuola era finita, ma un’altra cosa fastidiosa aveva rimpiazzato il suo posto: il caldo. Decise quindi d’indossare un semplice vestitino rosa pallido e degli infradito bianchi.
Si fiondò in bagno per lavarsi la faccia e pettinarsi e legò i suoi capelli, rossi e lisci, in una coda alta, lasciando il collo libero per traspirare.
Uscì dal bagno diretta nella stanza di suo fratello.
Non aveva programmi per quel giorno e quindi non sapeva come passare il suo tempo.
-Crow, sei qui?- domandò Fine, entrando in camera. Il ragazzo era sdraiato sul letto, con le gambe incrociate, a leggere un libro.
Sorrise. Suo fratello era davvero uno stupido a volte, ma in realtà era un gran studioso e un bel ragazzo, chissà da chi aveva preso?
Gli si avvicinò piano, sorridente.
-Ehi, andiamo a fare un giro?- chiese lei dolcemente. Il turchese alzò piano gli occhi dal libro.
Non era abitudine che Fine si rivolgesse così amabilmente a lui, era raro, succedeva soltanto quando la ragazza era annoiata a morte. Crow sospirò piano,  mise il segnalibro tra le pagine del libro che stava leggendo e si rivolse a lei con un sorriso –Allora, dove andiamo?- le chiese.
-Non saprei. Non ho programmi per oggi- disse Fine con uno sbadiglio e portandosi la mano davanti alla bocca.
-Non hai fatto colazione sorellina, che ne dici di passare prima dal bar?- propose Crow alla rossa, che per tutta risposta annuì.
Uscirono dalla stanza insieme e dopo aver preso ognuno le proprie cose, scesero le scale in legno di quercia che ospitava, ai lati sui muri, quadri di ogni genere.
Il corridoio color panna dava una sensazione di pace quella mattina e mentre i due fratelli camminavo attraverso esso, Fine sfiorava con le dita l’intonaco freddo che lasciava una sensazione di fresco sotto di esse.
-Mamma, noi usciamo- snnunciò Crow, una mano sulla maniglia della porta d’ingresso.
-Porti Fine a fare colazione?- domadò Elsa, la madre, dalla cucina.
-Si- rispose la rossa al posto del turchese. –A dopo!-
 
 
Le strade del paesino, tra le quali passeggiavano, ospitavano numerosi negozietti e bancarelle e  i sorrisi della gente dominavo le vie.
I due fratelli erano appena usciti dal bar in cui avevano fatto colazione, ormai l’ora di pranzo era già passata e nessuno dei due aveva fame.
Camminando, si ritrovarono sul cammino che portava al luogo dei ricordi di Fine.
-Ehi, questa non è la strada che porta a quel posto?- domandò Crow.
Fine annuì impercettibilmente.
-Ti dispiace ancora per quell’amica immaginaria?- continuò lui, cercando di ravvivare la conversazione.
-Figurati, ma che dici!- rispose Fine, cercando di rimanere il più naturale possibile.
-Hai ragione, in fondo era solo la tua immaginazione- affermò il turchese, senza pensare a quello che aveva appena detto.
Fine si bloccò di colpo. Era solo la tua immaginazione, quanto avrebbe dato perché fosse veramente stato così; quanto avrebbe dato perché, al contrario, avesse potuto dimostrare a suo fratello che si sbagliava.
-Quanto ti sbagli- sussurrò Fine, mentre suo fratello continuava a passeggiare.
 
 
Da tutt’altra parte, un combattimento “sanguinoso” aveva colpito il regno di Ame. Le anime disperate che vivevano da quelle parti, furono attaccate da alcuni feroci nemici del loro stesso mondo - ovvero l'Aldilà -, che li avevano assaliti senza nessun motivo apparente.
-Andatevene brutti mostri!- urlò una ragazzina dai capelli mori che si stava scontrando con lo stesso nemico da più di dieci minuti. L’odore di qualcosa di putrefatto aleggiava nell’aria, sotto quel cielo che da chiaro era divenuto scuro.
Dall’altra parte, un rumore di lame dominava la scena, dove una turchina concentrata sul combattimento, si accorse troppo tardi che la sua migliore amica stava per essere colpita.
-Maria, stai attenta!- urlò la turchese alla mora, che stava per essere battuta.
La marrone intenta a lottare contro chi le stava davanti, si girò troppo tardi all’avvertimento della turchina.
Solo il tempo per sgranare gli occhi, che cadde a terra, colpita dal nemico.
-Maria!- gridò disperata la blu.
-Rein, scappa!- disse Maria, sovrastata da un mostro senza una via d’uscita.
-Ma che dici?! Non posso!- replicò Rein, le lacrime che avevano cominciato a solcare il suo viso, il corpo che diventava più scuro.
-Il tuo corpo! Non devi rattristarti, devi scappare e basta! Vedrai che me la caverò- finì la mora sorridendo, prima di riuscire rialzarsi e continuare a combattere.
Rein, vedendo la sua amica riuscire di nuovo a rimettersi in piedi e continuare a lottare, asciugò le sue lacrime e cominciò a correre, sbaragliando ogni nemico che incontrava sulla sua strada, alla ricerca dell’unica persona che forse poteva aiutarli: la sua vecchia migliore amica.






 
» NOTE AUTRICE :
Buonasera! Eccomi qua, come promesso. Spero che questo capitolo vi sia piaciuto. Forse è troppo corto (919 parole), ma essendo che l'ho scritto per la maggior parte stasera (perchè non ho avuto molto tempo questa settimana) non è venuto più lungo. Per ora vi sembrerà il tutto un po' noioso, ma pazientate, non posso finire la storia in 5 capitoli. Un abbraccio.

× Redy

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Capitolo 3
*** Tensioni e scoperte ***


Vite finite - Un’aldilà misterioso
Tensioni e scoperte



 
Rein correva, correva via da quel campo di battaglia che ai piedi del castello del regno di Ame si era formato. La sua amica Maria era rimasta in balìa di quelle abominevoli creature che li avevano attaccati senza un motivo preciso e questo era molto strano.
L’unica persona che forse in qualche modo li avrebbe potuti aiutare, era molto lontana e probabilmente, non si sarebbe nemmeno ricordata di lei; ma doveva tentare, per il bene di Soul.
Un odore di putrefatto aleggiava nell’aria e Rein dovette tapparsi il naso con le dita per non sentire quel fetore nauseabondo.
La turchina, una volta allontanatasi dalla lotta, si fiondò nel castello.
-Se non sbaglio, il professore aveva detto qualche tempo fa di aver fatto una scoperta- disse Rein tra se e se, camminando tra i corridoi della fortezza –Devo trovarlo!- aggiunse in seguito, lo sguardo deciso e le gambe che ricominciavano a correre.
I corridoi del castello erano grigi, senza luce, distrutti, ed ogni cosa era fuori posto: armadi spaccati, lampadari caduti; non era un bello spettacolo. Svoltato l’angolo di uno dei passaggi, si ritrovò davanti, disteso al suolo, la persona che stava cercando.
-Professore!- esclamò Rein, accovacciandosi a terra, accanto all’uomo dai capelli grigi.
-Rein? Sei tu?- domandò il professore con una voce fioca e senza tonalità.
Una pozza di sangue sotto di lui continuava a propagarsi, sangue denso e rosso sporcava il pavimento grigiastro, come le pareti.
Rein aveva gli occhi spalancati e continuava a fissare la pozza che aveva raggiunto oramai anche lei.
Con voce atona, senza distogliere lo sguardo dal liquido rossastro chiese –Morirà?-
-Soltanto se mi abbandoni qua, al mio destino- rispose il professore con un sorriso divertito sulle labbra.
Rein si stupì delle sue parole.
-Che vuole dire? Non la lascerò qui a morire, ma, in ogni caso, non c’è un modo per salvarla. Non ci sono cure per umani in questo mondo!- affermò la turchina, spaventata. Stava già perdendo due persone in un giorno e questo la distruggeva.
Un rumore di passi si fece largo dietro a un corridoio.
-Non ti preoccupare ragazza!- sussurrò l’uomo –Sono uno scienziato, io, figurati se non ho inventato qualcosa per salvarmi la pelle- continuò il professore.
-La mia stanza è poco lontana da qui. Vai là e portami un liquido blu: quella è la medicina- terminò l’uomo. Le forze lo stavano abbandonando, stava perdendo troppo sangue e non era una cosa buona, affatto.
Rein si guardò attorno. Non poteva sicuramente lasciarlo lì, se qualcuno l’avesse trovato l’avrebbe ucciso.
Si accorse di una stanza non tanto lontana dal posto in cui si trovavano in quel momento e con tutte le sue forze, la turchese lo accompagno fino a là.
-Lei resti qui, farò più in fretta possibile- disse Rein, prima di sparire.
 
 
-Ah!- sospirò Fine, sdraiandosi a braccia aperte sul prato verde.
Il sole, nel suo punto più alto nel cielo, illuminava e riscaldava tutto il paesaggio.
-Ho fame!- disse ad alta voce a un certo punto la rossa, mentre il suo stomaco brontolava.
Poco lontano da lì suo fratello stava arrivando, portando con se sulla schiena tutte le scorte di cibo che la sorella aveva chiesto.
La fronte imperlata di sudore, la maglia fradicia e la mente che imprecava contro quella ragazzina, che di adolescente non aveva niente: così si presentava Crow in quel momento, mentre lentamente, con grande fatica, avanzava verso il posto che avevano scelto per il picnic quel giorno.
Quando arrivò fino a Fine, buttò tutto a terra, non curante delle possibili conseguenze.
-Fatto!- dichiarò Crow, buttandosi a peso morto sull’erba.
-Bene, adesso tocca a te lavorare un po’!- continuò l'indaco, sghignazzando.
-Non mi va- rispose Fine gonfiando le guance.
-D’accordo… allora non si mangia oggi.- disse Crow, con una falsa nota di dispiacere nella voce, che fece cambiare idea a Fine.
-No, certo che no!- la rossa prese dal cesto di paglia un telo a scacchi bianco e rosso e lo adagiò lentamente sull’erba verde e fresca. Dopodichè prese sempre dalla stessa cesta dei patti, delle posate e dei bicchieri in plastica e li poggiò sul telo.
Ormai l’ora di pranzo era arrivata, così cominciarono a mangiare.
Fine, con gli occhi luccicanti, non faceva altro che ingozzarsi, mentre Crow la osservava rassegnato.
Sua sorella era così e non sarebbe mai cambiata.
Finito di pranzare, Fine si alzò.
-Credo che andrò nel bosco. Ho bisogno di andare in bagno- disse, cominciando a camminare.
Crow annuì, senza darle una specifica risposta. Con lo sguardo vagò altrove, verso l’orizzonte, scrutando la distesa azzurra che era sopra e “davanti” a lui.
Decise di alzarsi anche lui e di andare alla collinetta a cui Fine teneva tanto, che stava dietro al posto che avevano scelto per il picnic di quel giorno.
Se già dove avevano pranzato c’era un venticello fresco che soffiava, forse ancora più in alto ce n’era di più. Quel poco caldo infatti che c’era cominciava ad essere un po’ pungente secondo i suoi gusti.
Così si incamminò e, arrivato in alto, si sedette a terra sul prato accanto all’altalena e chiuse gli occhi.
 
 
-Ci sono!- gridò sottovoce Rein, entrando nella stanza dove aveva lasciato il professore.
-Oh, ec-eccoti R-Rein- cercò di dire l’uomo, tossendo poco dopo.
-Professore, non si sforzi. Cosa devo fare con questa?- disse la turchese indicando la bottiglietta blu che aveva in una mano.
Il professore le fece cenno di avvicinarsi, dunque prese la medicina e la ingurgitò, piano piano, fino all’ultima goccia.
L’effetto immediato fu l’affievolirsi dello scorrere veloce e abbondante del sangue. Un traguardo importante per un umano. Ora rimaneva soltanto che la natura facesse il suo corso, accompagnata dal rimedio e che le ferite guarissero, anche se ci sarebbe voluto un po’ di tempo.
La ragazza aiutò l’uomo ad alzarsi e cominciò a parlare.
-Ame è stata invasa, dobbiamo trovare qualcuno che ci aiuti e quel qualcuno so chi è, però, per arrivare a quella persona, ho bisogno di un’invenzione che aveva affermato di aver scoperto: la capsula. Lei ce l’ha, vero?- spiegò tutto d’un fiato Rein, sperando in una risposta positiva dell’uomo.
-La capsula? Non sono sicuro che funzionerà…- rispose titubante lui.
-Perché no?-
-Perché non è stata ancora testata e non so ancora con precisione come si utilizza- continuò, tossendo ancora. Le ferite gli bruciavano un po’.
Rein lo guardò determinata –Dobbiamo provare! Dov’è?-
Il professore stupito dalla determinazione della ragazza, gli indicò il tavolo del laboratorio in cui si trovavano, su cui era appoggiato un piccolo oggetto, poco più grande di uno scarafaggio, in metallo, che sicuramente doveva trattarsi della capsula.
Rein adagiò l’uomo su una sedia lì vicino e si mosse in avanti, arrivando al tavolo e prendendo l’oggetto in mano.
-Mi ricordo che la principessa venne da me per vedere la mia nuova invenzione. Modificammo la capsula così spesso, finchè non arrivammo alla decisione che solo con un grande potere si sarebbe attivata- cominciò a parlare il professore calmo. Nessun rumore, niente. C’erano solo loro due, forse in tutto il castello.
Rein stava cercando un modo per attivare quel pezzo di metallo, come lo aveva chiamato lei, fino a quando non udì le parole del professore. Un grande potere?, si ripetè nella mente. Poi le venne l’illuminazione.
-Il grande potere è- cominciò la turchese, ma qualcuno entrato di corsa e di colpo nella stanza, la interruppe.
La principessa?! Pensarono entrambi, sgranando gli occhi. Era ancora viva, aveva perso molta lucentezza, ma era ancora viva!
Ma quel momento durò poco, un mini fratto secondo, un battito di ciglia, un respiro.
Non c’era un meccanismo preciso per azionare la capsula. Il grande potere doveva essere vicino ad essa e basta, e quel potere ora era lì, accanto a loro: era la principessa!
L’oggetto metallico si illuminò e due piccolissime ante si aprirono.
Una piccola luce uscì da esso, si ampliò, divenne più grande e assunse una forma ovale.
Piccole venature rosse di potevano scorgere all’interno della luce bianca.
Tutti e tre i presenti rimasero sorpresi alla vista di quello che era successo. Ma anche quel momento durò poco.
La turchese sentì d’un tratto come una presa sul suo piede. Un forza più grande. La “presa” la tirò di colpo, poi allentò l’energia con cui la trascinava, e dopo la tirò di nuovo, ancora più forte di prima, senza lasciarla. Rein fu trascinata dentro al portale, senza via di scampo, davanti agli occhi spaventati della principessa e del professore.
Cercò di uscirne quando aveva ancora mezzo busto fuori dal portale e la principessa, dopo un attimo di smarrimento, le prese anche una mano e cercò di tirarla fuori per aiutarla. Invano.
La situazione peggiorò e tutte e due furono trascinate insieme dentro al quel bagliore accecante.
La luce sparì, la piccola capsula ritornò com’era e cascò a terra; e l’uomo sconvolto, rimasto da solo, cadde dalla sedia.






 
» NOTE AUTRICE :
Eccomi qua, dopo tantissimo tempo ad aggiornare e per questo mi scuso. Ho avuto diversi impegni, poi è venuta fuori la questione delle Challenge e poi mi ero bloccata in un punto del capitolo. Punto fortunatamente risolto. Mi scuso ancora tantissimo per il ritardo e direi che da oggi (o già da prima) non aggiorno più ogni venerdì.
Spero recensirete in tanti. Voglio sapere cosa ne pensate per adesso della FF, di come stà andando avanti, ecc... :) Mi raccomando. Ringraziò chi ha recensito gli scorsi capitoli ma anche chi ha letto in silenzio, grazie! Con questo vi saluto.

× Redy

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Capitolo 4
*** Viaggio Inaspettato ***


Vite finite - Un’aldilà misterioso
Viaggio inaspettato



 
-E adesso?- queste erano le prime parole che furono proferite tra le Rein e la principessa, dopo quello che era successo.
La capsula le aveva risucchiate all’interno di una luce bianca, spaventate avevano cercato di liberarsi, di uscire da lì prima di scomparire, ma non ci erano riuscite.
All’interno poi di essa non avevano sentito niente, nessuna sensazione si era fatta largo dentro di loro, erano come leggeri teli al vento, senza nessun peso.
Si ritrovarono poco dopo svenute in una distesa del colore della neve, in cui niente era distinguibile, almeno all’inizio.
Ma a Rein andava bene così, no? Voleva utilizzare la capsula per arrivare dalla sua amica, giusto? Eppure non si aspettava questo cambio di programma. Oppure tutto questo faceva parte di un percorso per arrivare alla sua destinazione?
La turchese si guardò attorno alle parole della principessa. Bianco, solo e ovunque bianco.
Anche sotto di loro era riconoscibile solo quel colore.
Il suo sguardo di spostò sulla ragazza dai capelli biondi. Si mise a sedere a gambe incrociate e sospirò –Non saprei proprio-
La principessa arricciò il naso –Sei tu che ci hai trascinato in questa situazione, quindi adesso sei pregata anche di farci uscire di qui!- disse alterata e con tono arrogante.
-Senti. Primo, non sono stata io a chiederti di tendermi una mano mentre venivo trascinata all’interno di quella luce accecante e secondo, non mi intendo di queste cose. Voglio solo arrivare a-
-alla tua amica?- finì per lei la bionda. Rein annuì –Esatto-
La principessa, che mentre parlavano si era degnata di rivolgere lo sguardo alla turchese, si rivoltò, guardando dritto davanti a se.
-Cerchiamo un’uscita- cominciò –Se riusciamo a stare in piedi, significa che sotto di noi c’è una strada. Dobbiamo solo camminare e sperare di non cadere. Sempre se sia possibile- finì, rivelando a Rein il suo ragionamento.
Quest’ultima, dopo un attimo di silenzio, cominciò a ridere silenziosamente, per poi scoppiare in una fragorosa risata.
-Sicuro, affidiamoci alla fortuna! E sicuramente riusciremo ad arrivare lontano!-
La principessa la guardò in modo truce. Certo, il suo ragionamento non era uno dei migliori. Poteva avere molte falle e buchi, ma a quel punto, cos’era meglio? Restare lì impalate, nella speranza di uscire da quel luogo senza tempo grazie ad un miracolo? Oppure provare ad andare avanti, sperando che quello che aveva pensato funzionasse?
-Hai un’idea migliore?- la interrogò, scrutando poco dopo il suo sguardo pensieroso e senza risposta –Come pensavo. Andiamo!- finì.
 
 
Avevano iniziato a camminare già da molto tempo e la stanchezza non si fece sentire tanto tardi. Ma dovevano continuare, perché sapevano che il loro obbiettivo non era molto lontano.
L’avevano capito durante il loro cammino.
All’inizio, mettendo piano piano un piede dopo l’altro, avevano constatato che sotto di loro c’era veramente qualcosa. In quel nulla senza fine, non c’era il niente. C’era un qualcosa.
Continuando lentamente poi, poterono iniziare a scorgere un cammino, chiaro, fatto di ciottoli a forma esagonale, che a quanto pare era quella cosa che le sosteneva sin dall’inizio. Era un sentiero e quando acquisirono ciò, la principessa iniziò a sghignazzare sotto i baffi, felice che aveva avuto ragione fin dall’inizio. A differenza di Rein, che era davvero a disagio. Aveva riso in faccia alla sovrana, in faccia a un ragionamento che non pensava potesse avere delle fondamenta solide, ma, che al contrario, era giusto.
-Scusa…- furono le uniche parole di Rein.
Continuarono il loro viaggio, sempre in silenzio, fino a quando non scoprirono una porta.
-Milieu- lesse la turchese –Questo significa…?-
La bionda accanto a lei annuì –Indovinato- le rispose, leggendole nel pensiero –Questa porta conduce al luogo in cui vengono conservate quelle anime in attesa del giudizio- rivelò.
Tutte e due avevano un leggero velo di sorpresa negli occhi.
Le anime buone finivano ad Ame, mentre le anime cattive in un altro luogo, a loro ignoto, visto che erano dalla parte della luce. Le anime che dovevano ancora essere giudicate finivano nella di Milieu e assomigliavano molto ai terrestri, sia in aspetto che in comportamento. Per questo, quando si è lì, non è difficile capire chi finirà dove.
Ma ognuno di questi tre luoghi era isolato e nessuna anima poteva vagare liberamente da un regno all’altro. Nemmeno quelle che stavano ai vertici della società, come ad esempio la principessa.
-Vuol dire che… grazie a questa porta possiamo arrivare ad un luogo impossibile da accedere normalmente? E’ impossibile!- urlò la turchese, sconvolta. Avere davanti a se un luogo a lei proibito a cui - in quel momento - poteva giungerci semplicemente varcando una porta, era per lei più che sconvolgente. Anche se ci era già stata, come ogni anima, per attendere il suo giudizio, le era impossibile credere che adesso, da “anima buona”, poteva andarci. Ma l’idea in ogni caso non l’allettava molto. Era come un covo di umani malvagi e buoni messi insieme. E spesso quelli cattivi non erano per niente simpatici, anzi!
La turchese prese per mano la bionda e la trascinò via –Andiamocene!-
Proseguendo il loro percorso incontrarono anche la porta che portava al regno in cui vivevano le “anime malvagie” , Enfern, e altri due luoghi a loro sconosciuti: Blanc e Noir. Erano nomi semplici, da cui però non potevano proprio capire cosa di trovava dietro a quelle entrate.
-Ne hai mai sentito parlare?- disse Rein con una certa perplessità nella voce.
-No, non credo- sussurrò di rimando la principessa –Vuoi entrare?-
-No… continuiamo? Penso che a questo punto deve pur esserci la porta che porta alla Terra, no?- domandò retoricamente la turchese.
-Si, c’è infatti- affermò la bionda, rispondendo comunque alla domanda della sua compagna. Indicò con l’indice un ingresso vicino a quelle due misteriose, su cui era incisa la parola Terra.
Rein si voltò vedendo la sua compagna di viaggio indicare qualcosa in direzione obliqua rispetto a dove si trovavano loro in quel momento.
-Credo… che ci siamo- continuò la bionda –Vieni- e spingendola in avanti, cominciarono ad avvicinarsi alla porta alta almeno due metri e mezzo, in legno, con un arco a chiave di volta sulla parte superiore della cornice.
-Aspetta!- Rein arrestò di colpo la mezza corsetta che la ragazza dietro di lei le stava facendo fare –Come facciamo a sapere in che parte della Terra ci porterà questa porta?- domandò preoccupata e facendo una domanda a cui nessuno aveva pensato.
E in effetti era vero? Dove sarebbero uscite, varcata quella soglia? Avevano la certezza di arrivare nel posto in cui viveva l’amica della blu?
-Penso che devi soltanto avere fiducia- rispose ingenuamente la sovrana –Dopo tutto questo viaggio che abbiamo fatto senza certezze solide, dobbiamo buttarci senza pensare anche qua, non credi?-
Non aveva di certo dato una risposta certa, che poteva togliere tutti i dubbi all’azzurra, ma il modo in cui l’aveva, la spontaneità, un po’ l’ingenuità e la fiducia che sarebbe andato tutto bene, sollevarono Rein e le diedero coraggio.
-D’accordo. Allora facciamolo- disse convinta Rein, con una nuova luce negli occhi.
Si presero per mano e avanzarono di un passo verso la porta.
-Ma prima di andare- incominciò nuovamente la turchese –Mi dici come ti chiami?-
Silenzio.
Rein si voltò verso la persona a cui aveva fatto la domanda, visto che non le aveva risposto.
-Ti interessa veramente?- proferì solo la principessa.
-Sì, perché?- le domandò dubbiosa Rein. Perché? Era così strano interessarsi al nome di una persona che si è avuta per tutto un viaggio – anche corto - accanto?
-Nessuno me lo ha mai chiesto prima d’ora. Tutti mi chiamano principessa per rispetto, come se io fossi solo quello- e mentre diceva tutto questo, la bionda aveva abbassato gli occhi, rivolgendo le sue iridi blu oceano verso il pavimento di ciottolo.
Rein, vedendo la reazione della compagna le strinse forte la mano e la avvolse con tutte e due le sue.
-Scusa, non avrei dovuto- si scusò.
La principessa alzò di colpo la testa, rivolgendo il suo volto alla turchese –No, ma che dici! Non sono triste, anzi, sono molto felice. Tu sei la prima persona che me lo chiede- sisse velocemente, spiegandole la situazione. Quando poi si calmò, dopo un attimo di silenzio, rispose alla domanda che la turchina le aveva fatto all’inizio.
-Il mio nome è Mendy-
 

Oltrepassarono la porta che le avrebbe portate sulla terra, ma ben presto si ritrovarono una sensazione di vuoto sotto ai piedi. Cominciarono a precipitare, nel vuoto, bianco anche quello, però mano nella mano. Il vestitino candido di Rein, dalle rifiniture azzurre, non svolazzava come quello a palloncino giallo scuro della principessa.
Continuarono a cadere, cadere, cadere. Avevano paura di come poteva andare a finire. Tutti sapevano che al termine di una caduta c’era il suolo, che poteva far male o bene a seconda dei casi.
Ma di colpo, però, senza accorgersi di niente, si ritrovarono su qualcosa di verde. Verde e morbido. Forse erba, si disse Rein.
Continuando a precipitare, d’un tratto erano entrate all’interno di un “buco”, che le aveva sputate fuori da un albero. Anzi, da un’altalena. Assurdo forse, ma nessuna delle due poteva riflettere in quel momento. Svenirono e basta, dopo il doloroso e brutto colpo che avevano preso.






 
» NOTE AUTRICE :
Bha, mettere il nome "Redy" mi sa tanto di passato. Ormai ovunque mi chiamano Haru, ma non posso chiedere di chiamarmi in un altro modo qui. Redy è nato qua, su EFP. Allooooora. Si, lo so. Mi volete fare fuori vero? E' più di un mese che non mi faccio sentire. Ma devo anche dire che praticamente metà Agosto non c'ero. Come vi è sembrato questo capitolo? Ho cercato di mettere più riflessioni possibili e diminuire le conversazioni, ma devo ancora migliorare. Vi avverto che questo potrebbe essere l'ultimo capitolo per un po'. Quando ricomincierò la scuola, non avrò più tempo per scrivere, almeno per i primi tempi. Ah, questo è il link {http://okidoki.blogfree.net/?b=1} che porta alla mia pagina (blog) che ho creato, per restare aggiornati sulle mie storie e per chattare anche con me e gli altri utenti. Se volete iscrivervi, a me farebbe piacere, ma non vi costringo. Con questo vi saluto.
Un abbraccio a chi mi segue.

× Redy

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Capitolo 5
*** Il posto giusto ***


Vite finite - Un’aldilà misterioso
Il posto giusto


capitolo dedicato alla mia dolce Luna;
buon compleanno sorellina! ♥



 
Aveva gli occhi puntati sulle due figure che gli stavano davanti. Non poteva credere ai suo occhi. Cos’era successo? Com’era possibile che due ragazze erano uscite d’un tratto, senza preavviso, da un albero?
La mente non reagiva, quella poca lucidità che gli era ancora rimasta la impiegò involontariamente nello spostare lo sguardo sull’altalena, dietro alle due persone ancora svenute.
Quell’oggetto oscillante, un gioco tanto amato dai bambini, stava diventando sempre più misterioso, e lui non potè che guardarlo in modo diffidente.
Oggi ho rincontrato la mia amica al nostro solito posto. Le parole di sua sorella gli rimbombavano ancora in testa, quando tutta sorridente tornava a casa e raccontava le sue giornate trascorse in compagnia dell’amica immaginaria.
I suoi occhi ritornarono ad osservare le due figure svenute poco lontano da lui. La prima era bionda e indossava un abito fuori dal comune e la seconda aveva i capelli insolitamente azzurri. Azzurri… come le descrizioni di Fine sull’amica! Ma come si chiamava la ragazza…?
 
 
La rossa, dopo aver finito di stare nel bosco, corse verso il prato. Non si era allontanata troppo, era abbastanza vicina alla pianura, ma aveva impiegato del tempo nella fitta boscaglia e sperava che suo fratello non fosse arrabbiato o scocciato.
Si stupiva ogni volta quando vedeva quella enorme distesa verde. “Enorme” non era la parola adatta a descriverla, però.
In alto, sulla collina, potè intravedere il blu ancora seduto a terra. Il suo sguardo era spostato lateralmente, stava osservando qualcosa. I suoi occhi cremisi erano troppo però lontani dall’obbiettivo, così decise di incamminarsi per la salita. L’avrebbe fatto lo stesso, in ogni caso.
La strada che circondava la collina aveva una forma a spirale e questo le permetteva di non affaticarsi troppo mentre saliva. Anche se era una brava atleta, non voleva stancarsi e sudare quel giorno. Quando arrivò finalmente in cima, tirò un sospirò di sollievo e chiuse temporaneamente gli occhi, ma poi, quando gli riaprì non potè non sgranarli. Solo una parola le uscì dalle labbre, o meglio, era un nome: -Rein?!-
Nello stesso momento in cui lo disse Fine, anche Crow sussurrò il nome dell’azzurra. Poi, si girò di scatto. –Davvero?- disse, sorpreso di aver indovinato il nome della fanciulla.
Fine annuì impercettibilmente. -Si, è lei- rispose. Non era sconvolta la rossa, più che altro sorpresa e anche un pochino felice. Da quanto non la vedeva? Da tanto, troppo. L’ultima volta che l’aveva vista, era stata da bambine, ora però erano cresciute e tutte e due cambiate. Rein era così adulta…
Intanto il blu stava ancora osservando il volto della sua sorellina. Impassibile, le disse soltanto: -E’ difficile credere a quello che sto vedendo, ma dobbiamo portarle a casa-. E Fine in quel momento non potè che ringraziarlo mentalmente.
 
 
Il viaggio di ritorno fu abbastanza lungo e silenzioso. Nessuno parlò: le due ragazze perché erano svenute, i due fratelli perché non avevano molto da dire. Tanti pensieri si rincorrevano nella testa dei due ragazzi, pensieri che sarebbero rimasti segreti.
Passarono accanto ad alcuni negozietti che stavano chiudendo, le persone li guardavano confusi ma salutavano comunque, per buona educazione, e non chiedevano, per non essere indiscreti, anche se Crow - pensava nella sua testa - avrebbe volentieri accettato una mano a portare la ragazza che teneva in braccio, Mendy, e poi, anche sua sorella non sembrava chiedere altro: infatti, con la fronte sudata, continuava a trascinarsi tendendo su una spalla Rein.
Arrivati a casa, suonarono al campanello e una donna - la loro madre - venne ad aprire. -Bentornati- disse lei, sorridendo. Quel giorno sembrava più raggiante del solito e questo si rifletteva anche sul suo aspetto. I suoi occhioni rossi sembravano più luminosi del solito e la sua pelle lattea sembrava renderli ancora più belli. Tra le mani aveva una panno con cui asciugava un bicchiere.
-Mamma, sembri raggiante oggi. E’ successo qualcosa di bello?- chiese Fine entrando per prima, senza girarci troppo intorno. Anche lei sorrideva, era felice per sua madre.
-In effetti sì, ho incontrato un vecchio amico d’infanzia e…- cominciò lei, per poi fermarsi di colpo alla vista della ragazza svenuta a lei sconosciuta. -Oh mio dio!- esclamò -Cos’è successo?- urlò portandosi le mani alla bocca, meravigliata. La rossa voltò lo sguardo per non incontrare gli occhi di sua madre, perchè non sapeva cosa rispondere. E mentre la situazione si faceva sempre più tesa e Fine sempre più disperata, Crow si degnò di entrare in casa, spezzando la tensione con una semplice frase. -Questa è l’amica immaginaria di Fine- disse indicando la blu –E questa è probabilmente una sua amica- proseguì senza peli sulla lingua. La donna indietreggiò fino al muro e lì, sorreggendosi con una mano, pregò disperatamente che non le venisse un infarto.
 
 
Tutta la famiglia era nel grande salotto collegato alla cucina. Crow era sdraiato pigramente su uno dei due divani e continuava a giocare con una piccola pallina rossa che tirava in aria e poi riprendeva. Fine era seduta su uno dei braccioli del sofà su cui si trovava Crow e osservava la madre che curava le ferite della principessa sul piccolo tavolino in legno e vetro che si trovava al centro della stanza. Erano ferite poco gravi, erano lievi, ma era sempre meglio disinfettarle - recitava spesso la donna dagli occhi rossi e capelli del medesimo colore. La blu invece, era sdraiata sul secondo divano.
-Okay, ho finito. Ragazzi, aiutatemi a scambiare di posto le due ragazze- disse la donna. Crow si alzò e si avvicinò al tavolino. Prese la bionda in braccio e fece cenno a Fine di alzare Rein dal divano e metterla al posto di Mendy, mentre lui faceva il contrario. Così, pochi minuti dopo, la mamma cominciò a curare la blu. Fine sembrava essere molto interessata in quel momento, rispetto a quando c’era la principessa su quel tavolo, forse perché di trattava della sua migliore amica, mentre la castana non l’aveva mai vista prima.
-Non ti preoccupare, Fine- la rassicurò la donna, facendole l’occhiolino –Vedrai che si rimetterà-.
La ragazza sorrise ringraziandola e tornò a guardare il volto di Rein. Crow intanto, stava salendo le scale per andare nella sua stanza.
 
 
Il tempo era passato e la giornata stava volgendo al termine. La notte era già scesa, ma il cielo era ancora chiaro, segno che il sole non se ne era ancora andato. Fine era appoggiata con le braccia incrociate e la testa piegata su di esse al tavolino dove Rein era ancora svenuta. La madre infatti, dopo aver finito il suo compito, l’aveva lasciata lì, ricordandosi di coprirla però con un telo non troppo pesante.
Il fratello della rossa scese le scale per andare in cucina. In casa c’era un silenzio tombale, non aveva la minima idea di dove fosse sua madre, forse - pensò - era in camera sua a guardare la televisione o stava riposando. Vide la sorella addormentata in una posizione decisamente scomoda, così si avvicinò a lei, le accarezzò la testa e la portò di sopra. Tornò poco dopo per andare in cucina, come aveva deciso inizialmente. Stava bevendo un bicchiere d’acqua fresca, quando sentì nel salone collegato alla cucina un rumore. Si avvicinò all’entrata che divideva le due stanze e vide che la ragazza dai capelli biondi che aveva portato in bracco per tutto il tragitto si era svegliata e si stava strofinando gli occhi. In quel momento si sentì decisamente a disagio. Appena la ragazza avrebbe riacquistato un po’ di lucidità si sarebbe agitata, visto che si trovava in un luogo e con una persona a lei sconosciuta.
Così, cercò di rimanere più calmo possibile appena ella aprì gli occhi stanchi, e disse –Buonasera- accennando un sorriso. Lei lo guardò interrogativa e gli rispose, anche se la sua era più una domanda. –Buonasera…?- e guardò fuori dalla finestra.
-E’ sera?- domandò. Poi, come se nella mente le fosse venuta una domanda più interessante, disse ad alta voce –Aspetta… la vera domanda è: chi sei, tu?-. Crow se l’aspettava, però non sapeva comunque come rispondere, quindi con un cenno del capo indicò la turchina. -Siete uscite da un albero e io e mia sorella ci siamo presi il disturbo di portarvi a casa nostra e farvi curare- disse con nonchalance. Ma la bionda non lo stava già ascoltando più, troppo preoccupata per la sua nuova amica.
Crow, che non aveva molta pazienza, le si avvicinò e posò una mano su quella della castana, che continuava a dare ininterrottamente schiaffetti sulla guancia di Rein per farla svegliare. -Sta bene- le disse, -Non preoccuparti. Piuttosto, calmati. Ti porterò un bicchiere d’acqua- e così fece.
Mendy accettò diffidente il liquido trasparente che il ragazzo dai capelli blu le aveva portato, lui infatti aveva dovuto insistere fino a quando lei non accettò. Quando la bionda cominciò a sorseggiare la bevanda, lui si sedette finalmente sul divano antistante a quello su cui era la ragazza.
-Perché sono qui?- chiese subito lei.
-La vera domanda è cosa ci fate voi qui… o meglio, perché siete uscite da un albero?- rispose con un’altra domanda lui. Lei per poco non sputò l’acqua. Ricordava perfettamente quel piccolo viaggio che avevano intrapreso lei e l’azzurra e il salto nel vuoto che avevano fatto, ma non si aspettò di essere uscita da un albero.
-E’ una storia lunga, troppo lunga- gli rispose. -E strana- aggiunse lui. -E strana- concordò lei.
-In ogni caso- continuò poi la bionda -Spero che siamo arrivate nel posto giusto-.
-Nel posto giusto?- domandò Crow -Cosa intendi?-
Lei gli rispose subito -Io e Rein stiamo cercando una persona, una ragazza con cui Rein ha passato spesso il suo tempo da piccola. La sua migliore amica, in poche parole-.
Crow strabuzzò gli occhi meravigliato. Stavano cercando la sua sorellina, perché quella ragazza era Fine, ne era sicuro. Incrociò le braccia al petto e con la schiena si appoggiò allo schienale del sofà.
-Ah, in questo caso, penso proprio che siete arrivate nel posto giusto-.






 
» NOTE AUTRICE :
Buon pomeriggio a tutto il fandom di Twin Princess. E’ da tantissimo tempo che non aggiorno e per questo mi scuso infinitamente, anche se non serve a nulla. Ieri pomeriggio mi è venuto l’impulso di scrivere, così, senza preavviso. Era ormai da tanto che non aspettavo altro che l’ispirazione, che mi è venuta fortunatamente mentre scrivevo il capitolo. Non so se trovate differenze di stile di scrittura nel testo, io un po’ sì, ma meglio che mi esprimo più chiaramente: il primo e il secondo paragrafo l’avevo iniziato già mesi e mesi fa, mentre il resto della storia  l’ho scritto ieri, quindi ci sono delle lievi differenze stilistiche. Infatti, in questo periodo, seppure ho scritto solo due nuove one-shot, sono migliorata. Vabbè, dico questo solo per avvertire. Spero di ricevere delle recensioni, anche di nuove persone, sennò fa niente (tanto siamo tutti abituati). Alla prossima.

× Haru

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Capitolo 6
*** La felicità di alcuni, la disperazione di altri ***


Vite finite - Un’aldilà misterioso
La felicità di alcuni, la disperazione di altri



 
Era un giorno piovoso quando nacque, ed era un giorno piovoso anche quando accettò quel compito.
«Sei pronta?» quella domanda era così semplice e poteva sembrare così innocente, ma nessuno in quel momento, a parte loro due, sapeva a cosa si riferisse.
Gli occhi non tradivano nessuna emozione, forse perché non c’era niente in quel petto che si sollevava e abbassava lievemente ad ogni respiro. Alzò gli occhi per guardare dritto in viso, con i suoi smeraldi, la persona che aveva di fronte e rispose.
«Sì».
 
 
Mendy aprì gli occhi e l’unica cosa che vide fu il colore giallo chiaro del soffitto della camera in cui si trovava in quel momento. Aveva dormito poco quella notte. Era andata a letto tardi e spesso molti pensieri si erano attorcigliati nella sua mente senza farla riposare. Mentre si strofinava gli occhi assonnati e sbadigliava, ricordò cos’era successo il giorno prima, e Rein, che non si era ancora svegliata.
Scese dal letto senza fare troppo rumore e uscì dalla porta della camera degli ospiti in cui aveva alloggiato. Scese le scale e quando arrivò nel grande salone della casa, vide la turchina ancora in un sonno profondo.
«Rein…» sussurò rassegnata.
In cucina c’era Crown che aveva appena finito di mangiare quando sentì la voce della bionda nella stanza accanto. «Buongiorno- le disse senza accennare alcuna emozione particolare. -Sì, lo so. Rein non si è ancora svegliata- continuò.
«Perché? Perché non si è ancora svegliata?!» si agitò la ragazza in preda a sensazioni confuse. «Avrà battuto la testa, è per questo che non si è ancora svegliata? Sarà grave?».
Crow detestava la confusione già di primo mattino, così cercò di mantenere la calma per non urlarle contro. Non si preoccupava per la turchese. Sicuramente – data l’ora – aveva bisogno di dormire ancora un po’. Insomma, era ancora presto, il sole era sorto solo da alcune ore e poi anche Fine era sempre a letto.
Così, per tranquillizzare la ragazza, dette voce ai suoi pensieri e le propose di mangiare qualcosa.
Intanto la sorellina di Crow – Fine – era in preda a un sogno.
Si trovava in quel posto che conosceva ormai troppo bene e nel suo subconscio forse sapeva anche che giorno era. Infatti, c’era una ragazza turchina seduta sull’altalena di legno che guardava all’orizzonte.
«Devo andare» disse così, quella volta, lei.
Cosa? Perché?
«Sono di nuovo tornati a dare fastidio. Papà ha detto che li cacceranno presto, però non posso più tornare qua».
Chi era tornato? Ma soprattutto, perché non sarebbe potuta più tornare? No, non voleva.
«Ecco… è il momento. Ti prometto che ci rincontreremo un giorno» finì con un sorriso e si volatilizzò.
Quella fu l’ultima volta che la vide. Si guardò le mani, piccole piccole in quel momento, e istintivamente chiuse gli occhi.
Vide buio per qualche secondo e quando riuscì a riaprirli era tornata di nuovo in quel luogo, sulla collina. Le sue mani erano ancora davanti al suo sguardo quindi non poté evitare di osservare che erano diventate più grandi, segno che era cresciuta.
«Ciao Fine» esclamò una ragazza. La rossa alzò il sguardo e vide davanti a lei la turchese.
«Rein!» disse, «Sei tornata!». La turchese sorrise dolcemente e annuì.
«Sì, certo. Te l’avevo promesso, no?». Anche Fine sorrise, aveva le lacrime agli occhi, non poteva credere che fosse lì, veramente.
«Ecco, Fine…» cominciò Rein, ma non fece in tempo a finire la frase che l’amica le saltò al collo entusiasta, ma l’impatto fu così forte che entrambe caddero a terra, facendo risvegliare Fine di colpo dal sogno.
Intanto al piano di sotto, anche la turchese che stava ancora dormendo si destò all’improvviso. Con uno scatto fulmineo si ritrovò seduta sul divano e con gli occhi sbarrati.
«Ah!» le uscì ad alta voce dalle labbra.
Crow che era seduto al tavolo della cucina nel posto più vicino alla porta che univa cucina e soggiorno, si sporse un po’ e riuscì a intravederla.
«Oh, ma guarda. La tua amica si è svegliata» commentò semplicemente, rivolgendosi a Mendy.
 
 
Dopo che sia Fine che Rein si erano svegliate, forse grazie a quel sogno misterioso, chissà, la rossa era uscita dalla sua stanza e si era avviata a fare colazione in cucina, senza aspettarsi che avrebbe rivisto la sua amica, questa volta sveglia.
Appena scese le scale in mogano marrone scuro, vide Rein, sul divano, intenta a chiacchierare con Mendy, e Crow che le osservava spiaccicando parola una volta ogni tanto.
Fine si avvicinò cautamente al gruppo e meravigliata, balbettò un po’ prima di poter dire una qualsiasi cosa. «Rein…?» sussurrò, il cuore a mille e il fiato corto.
Rein, ma anche Crow e la principessa, si girò in direzione della voce che l’aveva chiamata, riconoscendola subito - nonostante fossero passati tanti anni dal loro ultimo incontro - e tirò fuori un sorriso smagliante a trentadue denti.
La specialità della turchese era sorridere. Anche in quel momento, più che versare lacrime, lacrime di gioia che stavano inondando il viso di Fine, riusciva soltanto a sorridere, felice e allegra.
La rossa invece era una bambina. Si emozionava con troppa facilità, è per questo anche che le era stata sempre accanto: si sentiva in dovere di proteggerla, come una sorella maggiore protegge la sua sorellina.
Così Rein si alzò, si avvicinò alla sua migliore amica e le asciugò le lacrime. Dopo di che, senza dire niente, sorrise e l’abbraccio, prima che versasse anche lei qualche lacrima e Fine la vedesse.
Nel mentre, Crow e Mendy le osservavano da dietro, sorridenti e felici che quelle due amiche così unite si fossero ritrovate dopo tanto tempo.
Quel momento era così delicato e dolce che spezzarlo sarebbe potuto essere considerato come sacrilegio. Nell’aria si poteva quasi toccare con una mano la calma che aleggiava nella stanza.
 
 
Nell’aria c’era un odore di putrefatto molto forte che non faceva altro che far sentire male in continuazione le persone  e rendere quel posto più sgradevole di quanto già non lo fosse diventato: l’aria tossica, il cielo scuro, edifici e case distrutti.
L’arrivo di quei mostri - anime come gli abitanti di Ame, ma con un aspetto molto, molto più inquietante e disgustoso – aveva sconvolto tutto il regno del paradiso che ora si ritrovava in una situazione che non sembrava aver mai fine: mostri che attaccavano i poveri abitanti da tutti i lati, famiglie spezzate e rovinate in una calda giornata di sole dall’arrivo di quei mostri senza coscienza e anima. I pochi che riuscivano a salvarsi la pelle, scappavano a più non posso, cercando di allontanarsi il più velocemente possibile dal centro ormai invaso. Infatti Ame era un regno piuttosto grande, composto da un centro città la cui scena dominava un maestoso – almeno una volta – castello color pastello, dai tetti celesti come il cielo limpido delle giornate soleggiate.
Il centro città, così come anche il castello, non erano circondato da mura, visto che Ame era il regno più pacifico dell’aldilà, chiamato anche dai terrestri “paradiso”.
Il centro – luogo principalmente costituito da negozi e mercati - veniva ampliato dalla città vera e propria, composta da abitazioni e qualche prato verde che si estendeva qua e là a macchia d’olio.
E poi, per finire, un enorme distesa di alberi che formavano il bosco più grande dell’aldilà, circondava il regno ed era quello il luogo che i fuggitivi cercavano di raggiungere. Il bosco di Ame era enorme, quasi nessuno conosceva la sua vera ampiezza e cosa c’era nella sua parte più profonda, ma nonostante questo, nessuna esitava a raggiungerla in quel momento, perché era l’unica via di salvezza.
Nel castello, di cui il giallo pastello luminoso di un tempo era stato sostituito ormai da un grigiastro tendente al verde, con le finestre rotte, crepe su ogni muro, buchi e porte fuori dai loro archi, una ragazzina aveva lo sguardo basso e emanava un’aura inquietante. E la sua aura sembrava ancor più paurosa, visto che era così bassa e carina da sembrare un dolce angelo innocente.
Aveva dei lunghi capelli bianchi legati in due codini alti chiusi in due nastrini rossi e un vestitino pomposo in pizzo nero e rosso. Portava delle ballerine rosse con un po’ di tacco, probabilmente per compensare quei centimetri mancanti della sua altezza. Dava le spalle ad una grande finestra ancora intatta, ma sporca e rovinata da alcuni graffi, e guardava negli occhi un uomo di mezza età pelato e con gli occhiali.
Lui se ne stava malsanamente sdraiato per terra facendo leva sui gomiti per guardare almeno un minimo in faccia la ragazzina. La sua fronte era imperlata di sudore, il suo cuore batteva a mille. La ragazza albina – così l’aveva soprannominata l’uomo durante quei pochi minuti in cui l’aveva incontrata – alzò lo sguardo, rivelando due grandi occhi verdi chiaro che non riuscivano ad addolcire nemmeno un po’, purtroppo, lo sguardo truce che aveva assunto in quel momento.
Sembrava molto arrabbiata, anzi, non lo sembrava: lo era. Era furibonda. Odiava quell’incarico, ancor di più quando la gente le faceva perdere tempo come quell’uomo.
«Ehi, tu, vecchio. Ti conviene rivelarmi tutto quello che sai, tutte le informazioni che possa ritenere utili» emanò con voce decisa, con quel suo timbro ancora fanciullesco, «altrimenti non te la passerai bene» continuò, rilassando lo sguardo.
L’uomo deglutì un po’ di saliva e cercò di formulare una frase, non solo nella mente ma anche ad alta voce, e ci riuscì. «Come professore e ricercatore ufficiale della nobile famiglia del regno di Ame, non mi è permesso rivelare informazioni segrete di alcun genere. Anche nella mia situazione attuale non permetterò di farmi sfuggire nemmeno una parola, e mai lo farò nemmeno in futuro» cominciò lui, dapprima in un sussurro e via via sempre più forte, alzando e cercando di non fare notare il tremolio nella sua voce «Sul mio onore!» terminò infine.
Quel discorso non sfiorò nemmeno l’anima della fanciulla, che silenziosa e impassibile era rimasta ad ascoltare il discorso non annoiata, ma nemmeno toccata.
Pensò solo che probabilmente aveva frainteso, perché se lui non ubbidiva ai suoi ordini l’unica cosa che le rimaneva da fare era portarlo via, via da quel regno, tra il fuoco e le fiamme, dove la felicità, la verità, e tutti i sentimenti buoni degli umani che dominavano Ame erano solo una mera illusione.
Non l’avrebbe ucciso, non lei almeno, e non in quel momento, non lì. L’avrebbe solo portato al cospetto del Re di Enfer, sovrano degli inferi.
«Forse hai capito male, io non ti ucciderò, farò in modo che tu soffra lentamente nel luogo che non avresti mai voluto visitare».
Lesse negli occhi del professore il terrore, mentre si voltava verso la finestra a guardare la situazione del centro città. Chiuse li occhi riducendoli a due fessure e osservò il cielo pieno di nuvoloni che cominciava a piangere.
Anche quel giorno pioveva.
Perché?, si domandò lei.

Avrebbe mai visto splendere il sole in un limpido cielo azzurro?






 
» NOTE AUTRICE :
Salve a tutto il fandom di TP. Finalmente sono riuscita a finire di scrivere anche il sesto capitolo della mia long e mi sento felice e soddisfatta per questo. Sono riuscita a tornare a scrivere e inoltre il capitolo è anche lungo, almeno per i miei soliti canoni di lunghezza. E nulla, sono contenta. Comunque, la prima e la seconda parte della storia sono scritte diversamente, questo perché le ho scritte in periodo diversi: l’inizio qualche mese fa, la fine in questi giorni. Ma non voglio stare qui ad annoiarvi, era solo un appunto che volevo fare.
Passando a cose più importanti; vorrei modificare il titolo della fanfiction, visto che, per come si sta evolvendo, non ci incastra più molto con la storia, e poi non mi piace tantissimo, anche se sono affezionata a quel “Vite finite”. Seconda cosa, ho deciso di sospendere per un po’ la mia long, per il semplice fatto che non è più molto seguita, e se devo scrivere per nessuno – praticamente -, non mi va proprio. Non fraintendetemi, solo che portare avanti una long è faticoso, inoltre preferisco le one-shot, quindi mi concentrerò su quelle d’ora in avanti. Poi se vedo che qualcuno segue ancora questa storia, beh, potrei farci un pensierino e cambiare la mia idea. Vedremo. Con questo è tutto. Mando tanto amore a quelli che mi vogliono bene, e a quelli che non me ne vogliono beh, mando amore anche a loro (ma amore omicida, eh, eheh). さようなら (ciao!).

× Haru

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