Huntbastian Week 2014

di Vals Fanwriter
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Day 1 ~ Childhood AU. ***
Capitolo 2: *** Day 2 ~ Not like me. ***
Capitolo 3: *** Day 4 ~ Pen Pals. ***
Capitolo 4: *** Day 5 ~ Body swap. ***
Capitolo 5: *** Day 7 ~ Proposal. ***



Capitolo 1
*** Day 1 ~ Childhood AU. ***


Okay, diciamo che volevo dare il mio contributo a questa week, ma fa davvero troppo caldo per spremersi le meningi. Ecco perché ho approfittato del primo prompt, “infanzia”, per scrivere una mezza cosa stupida. Insomma, non potevo lasciarmi scappare un’occasione per scrivere una babies. È una scemenza di poco più di 600 parole ed inizialmente l'avevo postata solo in pagina, ma poi ho scritto anche la seconda shot e quindi ho deciso di creare una raccolta su efp. Spero vi piaccia, buona week a tutti! :3
 



 
 

Sebastian ha un foglio bianco davanti a sé, ma non ha la minima idea di cosa farsene e, di conseguenza, sta continuando a fissarlo, da ben dieci minuti, con un broncio sulle labbra e l’aria truce. La maestra ha fatto un assegno alla classe: ha chiesto ai bambini di disegnare qualcosa che li fa sorridere e che rende più belle le loro giornate, ma a Sebastian non è venuto ancora in mente nulla. Si è guardato intorno per un bel po’, come cercando qualcuno, o qualcosa, che gli suggerisse un’idea  valida, poi ci ha rinunciato; ha incrociato le braccia al petto, si è poggiato con la schiena alla sedia e si è messo in sciopero.

“È un disegno troppo difficile” si è detto e ha continuato a litigare silenziosamente con il foglio bianco.

Ogni tanto, scocca uno sguardo ai fogli degli altri bambini, forse per prendere spunto, ma quelli non fanno altro che disegnare i genitori, i fratellini, le sorelline, o gli amici di scuola. Lui, volendo, potrebbe disegnare sua madre, l’unica che lo asseconda e lo fa felice ogni giorno. O quasi. Il problema è che succede, anche se raramente, che sua madre lo sgridi, e lui è talmente abituato ad essere coccolato che, quando poi accade, si sente come tradito. Ecco perché quello non è il momento giusto per disegnarla – quella stessa mattina lo ha rimproverato per un capriccio e sono ancora in faida aperta. Fratelli o sorelle, poi, Sebastian non ne ha. Un amico del cuore? Hunter è quello che ci si avvicina di più.

Ha il banco congiunto con il suo e gli siede di fronte, impegnato a completare il suo disegno – che Sebastian non ha idea di come interpretare – con la lingua stretta tra i denti, un colore in mano e lo sguardo concentrato.

‹‹Che disegni?›› prova a domandare Sebastian.

‹‹Il mio gatto›› risponde Hunter senza staccare gli occhi dal foglio.

Sebastian si sporge un po’ di più sul tavolo, inclina la testa di lato per vedere meglio il suo disegno, e storce le labbra, convenendo che ciò che vede sia più simile a una nuvola di zucchero filato – in effetti la coda del gatto di Hunter sembra quasi un bastoncino di legno, sul foglio.

‹‹Tu non disegni niente?›› chiede Hunter, smettendo di pigiare e far roteare la punta del colore sul foglio, per disegnare i due pallini neri che dovrebbero fare da occhi al suo gatto, e sollevando lo sguardo curioso sul compagno.

‹‹Non so che fare.›› Sebastian scrolla le spalle e sbuffa. ‹‹E la maestra mi sgrida se non disegno.››

Il bambino stringe le labbra, onde evitare che il nodo alla gola, che ha sentito formarsi nel dare voce ai suoi pensieri, si tramuti in lacrime. Vede Hunter spostare lo sguardo sulla maestra che sta girando per i banchi, abbastanza lontana da non sentirli o vederli, prima di prendere il foglio su cui ha fatto il suo disegno e scambiarlo con quello di Sebastian, ancora bianchissimo.

‹‹Finisci quello, io ne faccio un altro›› dice, mettendosi subito al lavoro.

Sebastian lo guarda per un lungo momento, con la bocca aperta e lo sguardo stupito, fino a che Hunter non lo costringe a destarsi con un: ‹‹Muoviti, se no la maestra se ne accorge.››

Era certo al cento per cento che Hunter ci tenesse tanto al suo disegno e che non avrebbe mai perso tempo prezioso per aiutarlo e invece, eccolo lì, a disegnare esattamente ciò che Sebastian aveva in mente: due bambini che si tengono per mano. Colora velocemente il disegno, mentre Sebastian finisce di dare vita al batuffolo bianco sul foglio di Hunter. Alla fine, si scambiano di nuovo i fogli e si rivolgono un sorrisino complice.

‹‹Sarà il nostro segreto.››

‹‹Sì, non lo diciamo a nessuno.››





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Capitolo 2
*** Day 2 ~ Not like me. ***


Quest’oggi il prompt è “Not like me”, dove io non l’ho inteso nel senso sovrannaturale – come, a quanto ho capito, avrebbe dovuto essere – perché avevo in mente tutt’altra cosa. E quindi, sì, ho scritto di un Sebastian more like Maleficent alla festa per la nascita di Aurora, ma l’idea in generale era questa qui che segue. Spero vi piaccia, non mi picchiate. #loveallofyou
 


 
 


Quando il campanello suonò, a villa Clarington, Hunter ebbe il sospetto che stesse per accadere qualcosa di grosso. Lo intuì dalla pelle d’oca che gli si formò nel constatare che gli ospiti fossero già tutti presenti e nell’affollarsi, nella sua mente, degli sprazzi della discussione che aveva avuto poche ore prima con la persona che era convinto fosse al di là della porta di ingresso. Non che avesse un appuntamento con quella persona, anzi, gli aveva categoricamente vietato di presentarsi, ma, conoscendolo, era più che certo che la sua reazione sarebbe stata esattamente quella che stava per verificarsi.

Per questo motivo, quando si diresse personalmente all’ingresso ed aprì la porta, non mostrò neanche un pizzico di stupore, alla vista di Sebastian. I suoi lineamenti erano duri, le sue sopracciglia aggrottate e le labbra strette, simbolo evidente del fatto che fosse ancora arrabbiato e scottato dalla discussione che avevano avuto; ma Hunter rimase impassibile e non si lasciò piegare dal fuoco che vedeva ardere dietro le sue iridi.

‹‹Ti avevo detto di non venire.››

‹‹Ed io ti avevo detto di andare a farti fottere, ma, a quanto pare, non hai il coraggio.››

‹‹Smythe...››
 


“Quale momento migliore per far vedere ai tuoi quanto cazzo sei felice?”

“Quale momento migliore per essere diseredato a vita.”


 
Le parole che si erano urlati in camera gli rimbombarono in testa come delle eco ed Hunter si ritrovò a stringere il pugno attorno alla maniglia della porta. Sebastian non avrebbe mai capito, era troppo proiettato nella sua vita da favola per mettersi nei suoi panni ed accorgersi delle difficoltà che vedeva lui.

‹‹Sebastian, te ne devi andare›› gli disse, con estrema lentezza, come assaporando le parole che stavano lasciando le sue labbra, come se stesse trattenendo un tono di voce che sarebbe stato troppo feroce, se si fosse lasciato andare.

‹‹Col cazzo›› ringhiò Sebastian. ‹‹Fammi entrare e lasciami dimostrare quanto diavolo sono testardo.››

‹‹Non hai capito proprio nulla›› sibilò Hunter, la voce resa roca da una fitta improvvisa al cuore che stava cercando di ignorare. ‹‹Io non sono come te. Questa famiglia non è come la tua.››

Sebastian sbuffò una risata amara e scosse la testa. ‹‹Solo perché ti lasci mettere i piedi in testa›› disse, prima di zittirsi e rimanere un lungo momento a guardarlo negli occhi con serietà. Probabilmente, stava cercando di leggergli dentro e di capire che intenzioni avesse con lui. Sebastian avrebbe potuto scommettere qualsiasi cosa sul fatto che, dietro l’armatura solida che soleva indossare Hunter, ci fosse vero affetto e che ci tenesse per davvero a lui, anche se silenziosamente; tuttavia, tramite quello sguardo che si scambiarono, Hunter si premurò di dargli ulteriori certezze, di comunicarglielo come non aveva mai fatto, pur continuando a non emettere un fiato.

‹‹Non mi serve a nulla un ragazzo senza palle›› stabilì alla fine Sebastian, ignorando qualsiasi messaggio segreto gli fosse arrivato. Superò Hunter, sulla soglia, senza che lui potesse fermarlo, e si diresse a grandi passi verso il salotto, dove era in corso la cena d’affari del signor Clarington.

Hunter imprecò tra i denti, chiuse la porta e lo seguì, cercando di raggiungerlo prima che potesse accadere una catastrofe, ma non fu abbastanza veloce.

Non appena Sebastian ebbe fatto il suo ingresso in salotto, gli sguardi di tutti i presenti si puntarono su di lui. Ad Hunter andò via la voce, nello stesso momento in cui sparì il suo coraggio.

‹‹Salve a tutti, scusate l’intrusione›› li sbeffeggiò Sebastian, con il suo solito tono sarcastico.

L’unica cosa che fu in grado di fare Hunter fu afferrargli il braccio e stringere quasi fino a fargli male.

‹‹Ti prego›› sussurrò. “Non lo fare” continuò in mente, ma lo sguardo che gli gettò Sebastian era deciso.

“Io sono sceso a compromessi per stare con te. Adesso è il caso che ricambi il favore.”

‹‹Credo che il mio invito alla festa sia arrivato in ritardo.›› Si voltò ed agganciò gli occhi a quelli del signor Clarington. ‹‹Ma ora sono qui, possiamo continuare tranquillamente.››

Il padre di Hunter, un bicchiere di vino rosso stretto tra le dita massicce e un discorso lasciato a metà, lo guardò come se sapesse già dove il ragazzo volesse arrivare. Naturalmente sapeva già tutto, ma, come ogni Clarington che si rispetti, continuava a cercare di nascondere la polvere sotto un tappeto troppo piccolo.

‹‹Cos’è questa pagliacciata, Hunter?›› domandò retoricamente. Non si aspettava una risposta, bensì, voleva che suo figlio facesse sparire  all’istante il problema.

‹‹Signore, mi offende dandomi del pagliaccio›› ribatté Sebastian, con voce apparentemente calma e appena un po’ derisoria. Hunter provò a stringere ancora la presa sul suo braccio, ma non sortì alcun effetto sul ragazzo. Le sue mani tremavano. Era la fine, sarebbe tornato all’Accademia Militare prima ancora della fine della serata.

‹‹Hunter, di’ al tuo amico›› la voce del Signor Clarington calcò pesantemente su quell’ultima parola, ‹‹che questa è una cena d’affari, non un cabaret. Accompagnalo all’uscita.››

‹‹Sì, pap-››

‹‹Sono abbastanza intelligente da capire cosa sta cercando di fare, Signore›› lo interruppe Sebastian, fingendo poi una risata divertita. ‹‹Ciò che invece non capisco è come faccia a non accorgersi che tutti i suoi sforzi sono vani.››

L’espressione del padrone di casa era marmorea adesso. Sebastian non lo conosceva abbastanza da sapere cosa stesse a significare, ma i suoi lineamenti erano molto simili a quelli di Hunter: la stessa espressione che prendeva forma sul suo viso quando la verità gli si parava davanti e sapeva di avere torto, lo stesso finto contegno che mostrava al nemico quando aveva bisogno di vincere la partita. Una calma apparente che nascondeva una vera e propria tempesta.

‹‹Potrà anche continuare a far finta di nulla, ma, la sa una cosa?, io e suo figlio non siamo mai stati amici, neppure un secondo›› continuò.

Hunter trovò la forza di strattonarlo e riottenere la sua attenzione.

‹‹Sebastian, cosa diavolo…?›› domandò sottovoce, quando gli occhi verdissimi di Sebastian furono di nuovo nei suoi, ma non terminò la frase. Vi lesse dentro una tale tenacia che lo lasciò senza fiato.

Le labbra di Sebastian si incurvarono in un sorrisino malizioso, mentre il ragazzo si voltava completamente verso di lui. L’altro braccio, quello libero da qualsiasi presa ferrea, si sollevò e le sue dita gli andarono a solleticare la mascella, una carezza leggera che gli fece annodare lo stomaco. E poi Sebastian si allungò a baciarlo, sotto gli occhi di tutti, e l’aria si caricò di bisbigli fievoli, sussurri che alle orecchie di Hunter arrivarono a mala pena, dal momento che la bocca di Sebastian aveva annullato ogni suo senso. Non lo respinse, non avrebbe avuto la forza di farlo – come accadeva, del resto, ogni volta che la loro pelle entrava in contatto. Le dita di Sebastian scivolarono tra i suoi capelli, ma il bacio non mutò di intensità. Rimase lento e dolce, come a voler dimostrare, alla gente che riempiva la sala, che tra di loro ci fosse amore, lo stesso sentimento che colorava una qualsiasi coppia eterosessuale, non un semplice vizio.

Quando si separarono, la tensione, che aveva provato fino a poco prima, era sparita e la presa sul braccio di Sebastian si era allentata. Le voci dei presenti tornarono a farsi vivide, ma non guastarono l’atmosfera in cui erano immersi i due ragazzi.

Hunter spostò lo sguardo su suo padre, ma stavolta le sue iridi erano impregnate di coraggio.

‹‹Se lui non resta, andiamo via entrambi›› contrattò.

Vide suo padre serrare le labbra tra di loro e le dita attorno al bicchiere di vino. Era con le spalle al muro, non avrebbe potuto permettersi di fare una scenata davanti ai suoi colleghi. La situazione era già critica di suo.

‹‹Accompagna Sebastian al buffet.›› I suoi occhi però dicevano: “Non finisce qui.” ‹‹Starà morendo di fame.››

‹‹Lei è davvero molto gentile, Signor Clarington.››

Hunter trattenne un sorrisino a quell’ultimo scambio di battute. Sciolse definitivamente la presa sul braccio di Sebastian e corse ad intrecciare le dita di quella stessa mano alle sue, guidandolo poi tra la folla, in direzione del tavolo ricolmo di vivande.

Quella prima battaglia era vinta e qualcosa gli diceva che con Sebastian accanto avrebbe vinto anche la guerra.
 




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Capitolo 3
*** Day 4 ~ Pen Pals. ***


Non ha senso, non ne ha neanche un po’ (forse) ed io non riesco a scrivere più di una scenetta per ogni prompt. Lascio i finali aperti per salvarmi le chiappe lasciare al lettore la possibilità di scegliere se avere un lieto fine o se massacrare ulteriormente i personaggi; ma insomma, meglio di così non so fare. Spero vi piaccia, ci tenevo a scrivere una cosina del genere, molto alla Ryder/Unique di Glee. E boh, fatemi sapere cosa ne pensate, se vi va! Vado a studiare :v
 



 


Il piede di Hunter batteva ritmicamente a terra, mentre osservava il display del computer. Aveva due pagine aperte, una sull’altra: la prima, quella “di copertura”, verteva su una voce dell’enciclopedia, con la quale stava fingendo di studiare diligentemente – il quaderno aperto accanto alla tastiera sul quale, ogni tanto, scriveva su qualcosa –; la seconda era la chat dove si rifugiava tutte le volte che si ritrovava nel laboratorio di informatica della scuola. Alternava lo sguardo dallo schermo alla porta chiusa, quasi stesse aspettando che si spalancasse e che qualcuno entrasse nella sala, e difatti, non dovette aspettare molto perché ciò accadesse.

Tenne lo sguardo fisso sulla porta, giusto il tempo necessario per accertarsi che fosse proprio la persona che stava aspettando, poi distolse lo sguardo e si nascose dietro lo schermo del computer, come a voler sparire dalla stanza e non farsi vedere. I posti della fila in fondo erano tutti occupati, quindi non poteva temere che il suddetto ragazzo potesse andarsi a sedere accanto a lui. Prese un respiro profondo e si azzardò a ridurre la schermata relativa alla finta ricerca che stava facendo, per passare poi ad osservare insistentemente la chat bianca e priva di messaggi.

Continuò a fissarla a lungo e fece una gran fatica per impedirsi di sbirciare oltre il computer ed accertarsi che il ragazzo fosse ancora lì; ma fortunatamente non dovette attendere ancora molto prima che la chat gli segnalasse che “The hottest night” fosse finalmente online. Si morse forte il labbro inferiore e posò le dita sui tasti, indugiando su di essi per decidere come iniziare la conversazione. Le ritirò indietro, fece per chiudere la chat e andarsene, per la vergogna che provava a causa della sua codardia, ma una scritta sulla pagina bianca gli impedì di svignarsela.
 

The hottest night scrive:
A quanto pare ci sei anche tu. Che strana coincidenza!
 

Se avesse spento il computer adesso e fosse uscito dal laboratorio di informatica, sarebbe stato palese che ci fosse esattamente lui dall’altra parte di quella chat. Sebastian, il ragazzo che sedeva tre banchi davanti a lui e che gli stava scrivendo, non aveva la minima idea di chi fosse la persona con la quale conversava da un paio di settimane a quella parte, ed Hunter, dal canto suo, non aveva nessuna voglia di rivelarglielo per due motivi fondamentali: primo, perché quella era l’unica maniera che gli era rimasta per riuscire a fare un discorso sensato e tranquillo con lui; secondo, perché gli erano sfuggiti segreti inconfessabili in quelle conversazioni e, se Sebastian avesse saputo che fossero ricollegabili a lui, sarebbe stato un uomo morto.
 

Liar scrive:
Strana davvero. Come mai qui a quest’ora?

 
Digitò, dopo aver cancellato e riscritto un paio di volte, a causa dell’indecisione e dell’ansia. Si raddrizzò leggermente sulla sedia e sbirciò oltre il computer ed oltre le teste dinanzi a lui. Sebastian stava battendo sulla tastiera, senza preoccuparsi del fatto che, attorno a lui, ci sarebbe potuto essere il ragazzo misterioso della chat, senza preoccuparsi di cercarlo, come fosse un tacito accordo della cui esistenza erano al corrente solo loro due.
 

The hottest night scrive:
Sapevo che ti avrei trovato qui. Volevo accertarmi che la mia teoria fosse esatta.

 
Liar scrive:
Quale teoria?

 
The hottest night scrive:
Quella secondo cui tu mi segui.

 
Liar scrive:
Non ti seguo. Ero già qui.

 
The hottest night scrive:
Allora mi aspetti. Non fa molta differenza.

 
Liar scrive:
Sì, può darsi.

 
Sebastian era sfacciato nella vita reale, con i suoi compagni di scuola, ed era sfacciato anche al di là di quella chat, con un perfetto sconosciuto che aveva deciso di adularlo, nascondendosi agli occhi del mondo. Ad Hunter piaceva quel lato del suo carattere, gli piaceva sapere che, qualsiasi cosa fosse accaduta, Sebastian non si sarebbe mai azzardato a cambiare, a fingersi un’altra persona, o ad occultare la sua natura, cosa di cui lui non era capace. Ammettere che ci fosse un solo ragazzo sulla faccia della Terra, capace di rovesciare i suoi schemi e le sue convinzioni, era come ammettere di preferire i broccoli alla nutella. Non avrebbe mai avuto il coraggio di farsi avanti.
 

The hottest night scrive:
Prima o poi mi darai un indizio per farmi capire chi sei? Voglio dire, o così, oppure dovrò iniziare a fare una lista dei ragazzi che frequentano il laboratorio e fare una sorta di cernita ogni giorno.
 

Liar scrive:
Ti importa così tanto sapere chi sono? Non ti basta sapere che esisto?
 

The hottest night scrive:
Quale persona non vorrebbe dare un volto ad un ragazzo che non fa altro che fargli complimenti?
 

Non aveva ancora finito di scrivere. L’icona che segnalava la scrittura di un nuovo messaggio stava ancora lampeggiando ed Hunter fremeva per sapere cosa venisse dopo quella domanda retorica. Hunter fremeva per dirgli la verità, ma non poteva.

 
The hottest night scrive:
No, il fatto è che mi inquieta un po’ l’idea che tu continui ad osservarmi. Non so mai da che lato girarmi a guardarmi le spalle.
 

Liar scrive:
Non ho intenzione di farti nulla. Lo sai perché ti guardo.

 
The hottest night scrive:
Sarebbe carino se tu me lo ripetessi ogni tanto. Avrei meno paura di te.
 

Ma Sebastian non aveva affatto paura di lui. Hunter avrebbe scommesso qualsiasi cosa sul fatto che al momento stesse ghignando divertito, magari con l’intenzione di prenderlo un po’ in giro. Il messaggio aveva un tono malizioso ed istigatore, ma lui non riusciva ad odiarlo. Riusciva soltanto a sentire lo stomaco aggrovigliarsi e le dita tremare sulla tastiera.

 
Liar scrive:
Ti guardo perché sei bello. Ti basta?
 

The hottest night scrive:
Mi guardi solo perché sono bello?
 

Scrivere nascosti da una chat ti dà un coraggio che non possiederesti mai, se provassi a parlarne a voce. Hunter, infatti, gli disse la pura e semplice verità, senza neppure accorgersene.

 
Liar scrive:
Perché sei l’unico ragazzo che io riesca a trovare bello in quella precisa maniera.
 

The hottest night scrive:
Intendi, sexy?
 

Liar scrive:
Anche, sì.
 

The hottest night scrive:
Anche?
 

Liar scrive:
Tu vedi solo il sex appeal in una persona?
 

The hottest night scrive:
Tu vedi oltre il mio sex appeal?
 

Liar scrive:
Decisamente sì.
 

Per qualche minuto – forse uno soltanto, ma ad Hunter parve che stesse passando un’eternità – non ci fu risposta dall’altra parte. Sebastian non stava neanche provando a battere qualcosa sulla tastiera e lui, per un momento, temette che la conversazione fosse finita lì. Poi ci fu un nuovo messaggio.
 

The hottest night scrive:
Perché non posso sapere chi sei?
 

Una domanda alla quale, questa volta, Hunter non poteva associare la verità. Avrebbe implicato una serie di risposte imbarazzanti come: “Perché stiamo in camera insieme”, “Perché sono etero”, “Perché tu non dovresti piacermi così tanto”, “Perché sei un idiota”, “Perché sono un codardo”.

Indugiò per un po’ sulla tastiera, pensando a qualcosa di alternativo da scrivere; poi scosse la testa e si mise offline, prima che potesse sfuggirgli qualche altra confessione dalla punta delle dita. Chiuse la schermata, ma non si mosse. Si dedicò definitivamente alla ricerca – anche se aveva la testa altrove ed i suoi occhi, puntualmente, andavano a cercare la nuca del ragazzo per il quale aveva quella cotta imbarazzante – e se ne andò soltanto quando Sebastian si fu arreso ed ebbe lasciato la stanza.
 






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Capitolo 4
*** Day 5 ~ Body swap. ***


Detto, fatto. Ormai non posso sperare che questa raccolta di shottine diventi qualcosa di serio, perciò vogliatemi bene lo stesso (?). Ho rivisitato il prompt dello scambio di corpi e ho scritto qualcosa di alternativo. Io amo i gatti e i bambini. Se prima non ne eravate al corrente, adesso lo sapete. Enjoy! :D
 


 
 



I primi fasci di luce iniziano a filtrare dalle imposte della finestra della camera da letto e Sebastian strizza gli occhi per il fastidio che essa gli procura. Non si preoccupa di contenere uno sbadiglio e spalanca le fauci per esternare il suo bisogno di dormire per altri cinque minuti. Si rotola su un fianco e si acciambella nuovamente, dando le spalle alla finestra. Schiude gli occhi solo un momento, ma non si preoccupa del letto vuoto al suo fianco. Hunter si sarà svegliato presto per andare a fare jogging nel parco. Richiude gli occhi e si appisola. Non c’è molto altro che possa fare in quelle condizioni, d’altronde.

Quando la porta della camera si apre, Sebastian non si muove per accertarsi di chi sia appena entrato. Continua a poltrire e si porta una zampetta sugli occhi, come se, così facendo, possa allontanare i rumori delle scarpe da ginnastica del suo compagno di stanza, che vaga tra l’armadio e il letto vuoto. Dopo un po’, avverte il materasso sul quale si trova disteso, abbassarsi e piegarsi sotto il peso di un corpo. La mano di Hunter corre ad immergersi nel suo manto bianco e ad accarezzarlo dietro le orecchie.

‹‹Purrrrrrrr~››

Prima o poi smetterà di fare versi inopportuni, dinanzi alle moine del suo attuale padrone, ma fino ad allora, dovrà sperare che quella sorta di incantesimo che lo ha colpito si annulli al più presto e che lo faccia tornare ad assumere le sembianze di un essere con due braccia, due gambe e la capacità di formulare una frase di senso compiuto.

‹‹Dormi più del solito in questi giorni, uh? Non starai diventando troppo pigro, Rence?››

Esatto. Un paio di mattine fa, Sebastian si è svegliato nei panni di quella dannata bestiola con la quale non è mai riuscito ad andare d’accordo. Forse, il destino, il karma, o chi per lui, ha voluto punirlo per tutte le volte che lo ha chiuso fuori dalla stanza, o l’ha agghindato come un albero di Natale, o per tutte le volte che ha dato ad Hunter del sentimentale. Tutta la scuola, del resto, sa che Clarence sia l’unico e solo punto debole del ragazzo e Sebastian ha avuto modo di rendersene conto ulteriormente, passando del tempo insieme a lui sotto forma di gatto.

Senza che possa protestare o sfuggire dalla sua presa, Clarence – o meglio Sebastian – si ritrova tra le braccia di Hunter, le zampette delicate che si poggiano sul suo petto e la coda che si gonfia, segno evidente del fatto che il neo-felino non sia d’accordo con l’interruzione del suo riposo.

‹‹Non tirare fuori le unghie›› lo ammonisce Hunter, elargendogli qualche carezza dietro la nuca; e Sebastian non ha il tempo di farlo, perché il suo corpo si rilassa, le orecchie appuntite si abbassano e le sue palpebre si calano leggermente, a causa dei brividi che lo colgono. E poi ancora fusa.

La canotta di Hunter è leggermente umida, in seguito alla sua corsa mattutina, ma Sebastian non riesce a storcere il naso per il sudore che la impregna. È troppo occupato a godersi quelle coccole così piacevoli.

Avverte il petto di Hunter tremare leggermente, quando una risata lo scuote, ed è allora che solleva le palpebre e alza il muso per guardarlo. I suoi occhi chiari lo scrutano, divertiti, e la sua bocca è incurvata in un ghigno che ha qualcosa di diverso dal solito: è dolce, simile a quello che si rivolgerebbe solitamente ad un bambino.

Se fosse stato umano, a quest’ora lo avrebbe già deriso, ma nei panni di Clarence, quella velata premura gli stringe il cuore.

‹‹Non ti ho mai visto così tranquillo. Devo coccolarti più spesso.››

Le braccia forti di Hunter lo sollevano un po’ di più, portandolo quasi all’altezza delle sue spalle, dopodiché il ragazzo si abbassa leggermente e affonda naso e labbra nel suo manto soffice, sul collo, lasciandovi su qualche bacio rumoroso.

‹‹Mieh~››

Il miagolio di Sebastian somiglia più ad un pigolio indisposto e contrariato, ma riesce comunque a scatenare un’ulteriore risata da parte di Hunter.

‹‹D’accordo, ti lascio stare e vado a farmi una doccia›› decide, rimettendolo giù, sul materasso che, in teoria, apparterrebbe proprio a Sebastian; poi si alza in piedi e, prima di dirigersi in bagno, aggiunge riferendosi al letto: ‹‹Goditelo adesso, perché quando tornerà quella testa bacata di Smythe, non potrai più neanche avvicinarti alle sue lenzuola.››

Clarence – o meglio Sebastian – arriccia il naso, a seguito di quell’affermazione, e raddrizza la schiena con fare indignato, le unghie che affondano nel materasso.

“Testa bacata sarai tu.”
 





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Capitolo 5
*** Day 7 ~ Proposal. ***


Di nuovo, una scenetta di circa 800 parole, che mi è apparsa in testa tipo film. Di nuovo, una pallina di pelo bianca che si mette in mezzo e che fa da Cupido. Ormai la mia è diventata una Clarence Week. Grazie a tutti quelli che mi hanno accompagnata in questa settimana con i loro commenti carini. Mi avete resa tanto felice.
 




 


L’appartamento è totalmente silenzioso, nemmeno lo scampanellio del collare di Clarence rimbomba nel salotto. Probabilmente, quella bestiaccia è riuscita ad infilarsi nella stanza da letto di Hunter, prima ancora che lui potesse prevederlo, ed ora gli starà rubando qualche carezza, mentre il padrone siede alla scrivania a ripassare pagine e pagine di Diritto Privato.

Il salotto, dunque, è sgombro e a Sebastian tutto sommato non dispiace affatto. Certo, avrebbe preferito irrompere anche lui nella barriera di concentrazione di Clarington e distrarlo a modo suo dall’esame imminente, ma sa benissimo che, se l’avesse fatto, si sarebbe giocato non solo la sessione notturna, ma anche le migliaia di sessioni a venire. Hunter sa essere estremamente intrattabile sotto esame. Così Sebastian si è messo l’anima in pace e si è sistemato sul divano, i piedi sul tavolino in legno e una lettura piacevole tra le mani. È raro che si abbia la concomitanza di casa silenziosa e zero studio nello stesso giorno, perciò gli è parsa un’ottima occasione per terminare la lettura di uno di quei romanzi che, alla sola vista, fanno storcere le labbra di Hunter.

“Vieni a fare qualcosa di più costruttivo, Smythe” dice sempre, quando lo vede immerso nella lettura, e Sebastian ha un tale debole per quella voce così profonda, che non riuscirebbe a negargli una proposta così allettante, neanche se richiesta con un tono così scorbutico. In fondo, lo sa che dietro quell’apparenza rigida e fredda c’è molto altro. Lo sa perché è lui quello a cui si aggrappa Hunter nelle notti fredde, è lui quello che ha rovesciato il suo concetto di solitudine. Anche senza dirselo a parole, sono l’uno parte dell’altro in una maniera unica, e non c’è bisogno che certe definizioni relazionali trovino forma in una frase concreta. Sebastian sa già cosa aspettarsi da lui, senza aver bisogno di chiedere, o disegnare i contorni di un’immagine sfocata. Hunter è come quella casa, per lui, ne conosce ogni scomparto a memoria ormai.

Gli lascia il suo spazio, quindi. Legge una pagina, due, si immerge nel mondo della sua scrittrice preferita senza curarsi del tempo che passa. La lettura lo rilassa e lo estranea dal mondo reale, così quando ode il trillo del campanellino appeso al collare di Clarence e ritorna con la mente nel salotto dell’appartamento che divide da circa un anno e mezzo con Hunter, formula due ipotesi: la prima, Hunter ha deciso di fare una pausa e sta per tornare nel mondo dei giovani spensierati; la seconda, ha deciso di cacciare Clarence fuori dalla stanza perché lo distraeva. Tuttavia, in aggiunta allo scampanellio, non vi è nessun rumore di passi, perciò Sebastian dà per scontato che la seconda ipotesi sia quella esatta.

Gira la pagina e continua a leggere, dal momento che non avrà modo di essere interrotto dalle braccia forti e dai baci del suo compagno. Le sue labbra si arricciano in una smorfia.

“Recupereremo dopo” pensa.

Intanto, lo scampanellio continua. Clarence zampetta per il salotto ed il rumore si fa sempre più vicino alle orecchie di Sebastian, fino a che, con un balzo, il gatto bianchissimo salta sul divano e si avvicina elegantemente a lui. Sebastian non solleva lo sguardo, anche se sa che ormai il gatto gli è vicino. Hunter lo avrà cacciato e lui sarà venuto ad elemosinare coccole dall’unico inquilino disponibile. Sebastian decide di arrivare a fine capitolo, prima di dedicare la sua attenzione al gatto e capire per quale motivo il trillo del campanello non si è ancora interrotto. Odia lasciare le cose a metà, lui.

Giunto all’ultima riga, frappone il segnalibro tra le pagine, con calma, senza scomporsi o innervosirsi – anche Clarence fa parte della loro routine, dopotutto –; posa il libro sul divano e si volta ad osservare il gatto.

‹‹Ehi. Che c’è, mostriciattolo?›› gli fa passare una mano tra i peli bianchi e, al movimento della testolina vaporosa del gatto, qualcosa tintinna; ma non è semplicemente il suono del campanello.

Appeso al collare di Clarence, vi è un cerchietto argentato: un anello.

Sebastian si prende il labbro inferiore tra i denti per non ghignare troppo apertamente, ma la soddisfazione è evidente sul suo volto.

‹‹Che scemo.››
 
 



 
Quando Clarence ritorna nella stanza di Hunter, al posto dell’anello, ha appeso qualcos’altro al collare. Un pezzo di carta, arrotolato e legato al gancio da un nastrino rimediato chissà dove. Al suo interno, Sebastian ha scritto:

“Vieni a dirmelo di persona, per una volta. Intanto l’anello me lo tengo.”







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