Un'avventura... non desiderata

di sakichan24
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un normale (ma anche no) inizio settimana ***
Capitolo 2: *** Un brutto risveglio ed un incontro inaspettato ***
Capitolo 3: *** Le sfighe non arrivano mai come casi isolati ***
Capitolo 4: *** C'è sempre una prima volta ***



Capitolo 1
*** Un normale (ma anche no) inizio settimana ***


UN NORMALE (MA ANCHE NO) INIZIO SETTIMANA

 
"Che palle, ricomincia la settimana."
Fu il mio primo pensiero di quel lunedì mattina. Mi alzai subito: non potevo perdere tempo. Già iniziare la settimana era triste, iniziarla col treno delle sette e diciotto invece del sei e quarantaquattro sarebbe stato peggio.
Andai a fare colazione, aprii il frigo ed attaccai un vasetto di crema al cioccolato fondente.
Finita la colazione, mi lavai e mi vestii. Guardai l'ora: erano le sei e mezza. In perfetto orario, come sempre. Uscii di casa e mi avviai verso la stazione.
Arrivata alla mia meta, guardai il tabellone luminoso: tre minuti di ritardo.
"Cazzo" pensai tra me e me, "cominciamo bene".
Il treno arrivò senza troppi problemi. Entrai e trovai immediatamente un posto libero. Ero sola, e preferivo starci. Non c'era nessuno della mia età con i miei stessi gusti, specie in quella città.
Tirai fuori il tablet dallo zaino e l'occhio mi cadde sul libro di latino: avrei dovuto ripassare, ma ero troppo addormentata per farlo.
Cominciai a giocare a Pokémon Smeraldo dall'emulatore.
Intanto passava il tempo.
Passavano le fermate.
Passava il paesaggio fuori.
E lentamente il treno si svuotava.
"Strano che non siamo ancora arrivati…" pensai ad un certo punto. Alzai la testa e guardai fuori dal finestrino: eravamo in una stazione mai vista.
Mi alzai di scatto e andai verso le porte, per vedere dove cavolo fossi finita. Fuori non c'era alcun cartello, alcuna indicazione. Decisi di scendere per chiedere indicazioni a qualcuno, magari al bigliettaio.
La stazione era un grande edificio chiuso, con solo due binari. Ma la cosa che mi colpì di più fu il fatto che fosse vuota. Guardai il mio orologio: le sette e un quarto.
Decisi di uscire dalla stazione, tanto non avevo nulla da perdere. Intanto, lo zaino era misteriosamente diventato più leggero.
Mi resi immediatamente conto di non sapere dove fossi. Mi guardavo intorno, sempre più spaesata. Ero circondata da strade ed edifici sconosciuti, che però mi ricordavano qualcosa.
- È un sogno… deve essere un sogno…
Il mio sguardo cadde su una vetrina. Mi avvicinai per vedere il mio riflesso: ero sempre io, la solita ragazzina di un metro e cinquanta, i capelli lunghi e castani, gli occhi verdi e gli occhiali grigi. Avevo gli stessi abiti indossati quella mattina: i jeans, gli stivali marroni, la giacca viola. I gioielli erano gli stessi di sempre: due anelli d'oro al mignolo e al medio della mano destra, l'orologio blu e il braccialetto multicolore al polso destro. Ma mi accorsi di un dettaglio che per poco non mi fece gridare: il mio zaino con i libri era stato sostituito da una borsa gialla. Mentre cercavo di non cadere in preda all'isteria, cominciai a comminare a casaccio per le strade di quella misteriosa città. Ad un certo punto vidi un cartello: mi ci avvicinai come ad un'ancora di salvezza.
 
Fiordoropoli - metropoli della prosperità
 
Non riuscii più a trattenermi: mi misi a strillare, in preda al panico. Come diavolo ci ero arrivata lì? Che cavolo avrei fatto? Come sarei tornata indietro?
Continuando a gridare, mi tirai un pizzicotto. Non successe nulla. Ero davvero sveglia.
Smisi di strillare, riuscendo ad imporre un controllo emotivo sul mio corpo. Decisi che la cosa migliore da fare era vedere quello che avevo in quella stramaledetta borsa: mi sedetti sul marciapiede e la svuotai.
Constatai felicemente che il mio portafogli e il mio tablet erano ancora lì. Inoltre avevo una piccola schedina, simile a quella dell'abbonamento. La guardai e per poco non mi misi ad urlare di nuovo. Era una Scheda Allenatore.
- Dunque, sono a Fiordoropoli, i miei libri sembrano scomparsi, dovrei essere a scuola, sono magicamente entrata in possesso di una Scheda Allenatore e di… di…
Mi bloccai. Non poteva essere vero. Sei Pokéball erano appoggiate sul marciapiede, assieme al resto del contenuto della borsa. Ne presi una in mano, ipnotizzata. Mi alzai in piedi e la puntai verso il basso.
- Vai!
- Meganiuuum!
Appena vidi che il contenuto della Pokéball era effettivamente un Meganium vivo e vegeto, svenni.

ANGOLO AUTRICE
Salve a tutti! So che ho delle storie già in sospeso, ma questa ci tenevo ad inserirla... vi dico solo che l'avventura avrà un sequel, ma in tutt'altro contesto. Comunque, se vi è piaciuto il capitolo lasciate un commentino!
Alla prossima!
Sakichan

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Capitolo 2
*** Un brutto risveglio ed un incontro inaspettato ***


UN BRUTTO RISVEGLIO ED UN INCONTRO INASPETTATO

Non so quanto effettivamente rimasi svenuta. So solo che al mio risveglio non aprii subito gli occhi, ma cominciai a riflettere sugli avvenimenti.
Avevo sempre sognato di cominciare un viaggio da Allenatrice, di andare da un professore e ricevere il mio primo Pokémon, di avere un rivale con cui confrontarmi e una squadra da rendere sempre più forte...
Certo non mi aspettavo di venire catapultata all'improvviso a Fiordoropoli e lì scoprire che una squadra di Pokémon l'avevo già. Mi frullavano in testa tante domande: come avevo fatto a giungere a Fiordoropoli col treno da una cittadella sfigata come la mia? Come mai avevo già una Scheda Allenatore fatta e finita e una squadra completa di sei Pokémon, ma non un Pokédex? Ma soprattutto, perché polsi e caviglie mi facevano male?
Aprii gli occhi e mi resi conto di essere nei guai.
Ero sdraiata a pancia in su e vedevo sopra di me non il cielo, bensì un soffitto.
"Strano," pensai "ero sicura di essere svenuta per strada..."
- Ma buongiorno, vedo che ci siamo svegliate.
Girai di scatto la testa e vidi l'ultima persona che mi sarei aspettata vedere in quel momento: nientemeno che uno dei quattro Generali Rocket, Milas.
Mi accorsi anche di avere polsi e caviglie legati.
Ora la cosa cominciava a farsi preoccupante: evidentemente ero un'Allenatrice, quindi una facile preda per il Team Rocket. Probabilmente mi avevano vista per strada, ma soprattutto dovevano avere visto le Pokéball.
- Cerca di togliermi una curiosità, Caterina... è così che ti chiami, vero? - chiese rigirandosi tra le dita la mia Scheda Allenatore. Poi, senza aspettare risposta, continuò: - Cosa ci faceva un'allenatrice giovane e carina come te svenuta per strada?
- Vorrei saperlo anch'io.
Non so da dove mi venne il coraggio di rispondere in questo modo. Fatto sta che Milas mi guardò con aria omicida.
- Senti, con chi pensi di parlare?! - mi chiese, minaccioso. Decisi di restare in silenzio, mi sembrava essere la cosa più intelligente in quel momento.
- Comunque non importa, non dovrò essere io ad occuparmi di te.
Assunsi un'espressione che sarebbe stata a pennello sul muso di un Magikarp.
- Abbiamo notato che i tuoi Pokémon sono ad un livello piuttosto alto, sarà difficile che ci obbediscano... Ti spediremo a Mogania. Ricorda che se farai parola con qualcuno di quanto è successo ci saranno conseguenze. - disse. Poi uscì, lasciandomi sola.
Gemetti. Incominciavo ad avere fame e dovevo andare in bagno. Mi guardai intorno per cercare qualche via d'uscita, ma non ne vidi.
Dopo un po' di tempo (non saprei dire se ore o minuti) entrarono nella stanza due reclute, che mi slegarono e mi condussero fuori. Eravamo nei sotterranei e non c'era nessuno a cui chiedere aiuto. Appena uscimmo, rimasi per un attimo accecata dalla luce solare. Quanto ero rimasta là sotto? Ore? Giorni, forse?
Le reclute mi portarono ad un camioncino e mi fecero “accomodare” nel vano posteriore. Ora che potevo rivedere l’orologio, riuscii a calcolare che ero rimasta nei sotterranei per circa cinque ore. Ormai si stava avvicinando il mezzogiorno. Viaggiammo per circa un’ora, poi il camioncino si fermò. Una delle reclute aprì il vano e mi fece scendere, per poi abbandonarmi lì.
Mi guardai intorno. Ora la cosa più importante era procurarsi del cibo. Avevo ancora i miei soldi, per cui si trattava solo di trovare un posto per mangiare. Mi avvicinai ad una casetta nel centro di Mogania.
 
Negozio di ricordini. Non c’è proprio niente di losco, quindi fatevi avanti!
 
All’improvviso la fame sparì. Mille ricordi invasero la mia mente: io aveva giocato a SoulSilver! Sapevo che lì dentro c’era una base del Team Rocket! Potevo entrare e avere la soddisfazione di sbaragliare le reclute dal vivo!
Non aspettai un minuto di più: mi fiondai all’interno del negozio (che stranamente era vuoto) e spostai lo scaffale che conduceva al rifugio. Ma al posto della distesa di reclute che mi aspettavo di trovare c’era…
- MAXUS?!
Urlai il suo nome senza riflettere, poi mi tappai la bocca con una mano. Lui teoricamente non mi conosceva e non poteva sapere che io sapessi il suo nome.
Infatti si voltò con aria piuttosto perplessa.
- Chi saresti tu? Come fai a sapere il mio nome?
Mi dondolai un po’ sui piedi, poi la risposta mi venne spontanea alle labbra.
- Vedi, sono… sono un’intervistatrice che… hmmm… intervista… i più… come dire… i più… desiderati… sì, i più desiderati del momento! – balbettai. Non sapevo se si sarebbe convinto. A quanto pare se la bevve, perché mi rivolse un sorriso e disse: - Va bene. Venga nel mio ufficio, lì saremo più comodi.
 
ANGOLO AUTRICE
Salve a tutti! Spero che questo secondo capitolo vi sia piaciuto! Come vedete, le cose per Caterina si fanno difficili… proprio nel Team Rocket doveva incappare?!
Beh, come mi ha consigliato un recensore, vi allego un’immagine di Caterina.
http://pokemonloveritaly.tumblr.com/
Alla prossima!
Sakichan

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Capitolo 3
*** Le sfighe non arrivano mai come casi isolati ***


LE SFIGHE NON ARRIVANO MAI COME CASI ISOLATI

Le possibilità erano solo due: o ero un mostro nella recitazione, e Maxus si era bevuto tutto, o aveva capito che c'era qualcosa di strano e stava reggendo il gioco. In ogni caso, con quella "intervista" ero riuscita a conoscere cose su Maxus che nemmeno il programmatore avrebbe saputo: innanzitutto, a discapito del suo aspetto, aveva solo diciassette anni.
"Due in più di me, quindi." avevo pensato. Mi faceva molto strano pensare che un mio quasi coetaneo fosse un criminale.
La sua passione per i travestimenti la conoscevo già. E che gli piacesse fumare l'avevo immaginato.
Appresi anche molte altre cose: ad esempio, che Giovanni era già fuggito dalla regione e non se ne avevano notizie da tempo. Sembrava anche piuttosto informato su pettegolezzi riguardanti gli altri Generali: tra loro non doveva correre buon sangue.
Mentre finivo il piatto di salatini che mi aveva offerto, Maxus mi disse: - Tu però non mi hai ancora detto il tuo nome.
Lo guardai mentre emettevo un flebile: -Eh?
- Il tuo nome - ripeté il Generale.
- Ah, già… mi chiamo Caterina.
- Caterina, eh? Che bel nome… - borbottò il ragazzo, più a se stesso che a me. Poi continuò: - mi farebbe piacere che mi venissi a trovare qualche volta… di ragazze simpatiche come te se ne vedono poche in giro.
Deglutii. La cosa aveva un che di inquietante.
- Hmm… certo, sicuro!
Col tempo, iniziai a frequentare l’ufficio di Maxus tutti i giorni. A discapito della mia prima impressione, si era dimostrato piuttosto simpatico ed aperto al dialogo. Avevo anche avuto modo di conoscere Atena e il nuovo capo Archer, verso cui tutti sembravano provare un velo di risentimento. Pareva che fosse addirittura più inflessibile di Giovanni. Maxus mi aveva presentato a loro come una sua cara parente rimasta ormai sola (storia un po’ strappalacrime e di dubbia credibilità), ma nessuno aveva messo in discussione la sua parola e persino Milas aveva per me un occhio di riguardo.
“Fortunatamente”, pensavo, “non sono ancora entrata a fare parte di questa organizzazione criminale.”
Ma, si sa, le sfighe non arrivano mai come casi isolati.
Una mattina mi ero presentata, come al solito, nell’ufficio del Generale dai capelli color lavanda ed egli, dopo avermi offerto un cappuccino, mi stava spiegando come avesse fatto carriera nel team.
- Vedi, iniziai come recluta. Beh, tutti iniziano così, in effetti. Comunque, la mia bravura con i travestimenti non passò inosservata al capo, affatto!, e quindi mi promosse quasi subito. Gli altri generali, Milas, in particolare, mi guardavano male. E ci credo, loro mica avevano il mio talento, gelosi erano, te lo dico io, erano gelosi perché il capo mi aveva promosso subito, e sono gelosi tuttora, tanto che…
Il suo discorso fu interrotto dal rumore della porta che si apriva. Maxus si voltò per ricordare a chi era entrato che era buona norma bussare prima di entrare, ma appena vide la figura sull’uscio si paralizzò, sbiancando. Quanto a me, mi feci piccola piccola sulla poltrona, abbassando gli occhi.
Chi si era preso la libertà di entrare senza bussare era nientemeno che Giovanni, il legittimo capo del Team.
- C-capo… - riuscì a balbettare Maxus.
- Si lavora, vedo. – replicò lui spostando lo sguardo su di me. E in quel momento capii perché tutti conservavano una qualche forma di timore più o meno forte nei suoi confronti. Sembrava, con quello sguardo, che potesse tagliarti a metà da un momento all’altro.
- Ecco, vede… lei…
Probabilmente, la scusa della cara parente con Giovanni non avrebbe retto.
- Lei… è una nuova recluta, le stavo giusto spiegando cosa fare!
- Una nuova recluta, eh? E come mai non ha l’uniforme?
Stavolta Maxus era pronto.
- Abbiamo avuto dei problemi di rifornimento con le uniformi: molte le abbiamo mandate nella regione di Kanto. Lì sono in molti a volersi unire a noi.
A sentire quella risposta, il Boss Rocket cominciò a chiedere informazioni sull’andamento degli affari del Team, domande a cui Maxus rispose velocemente e con sicurezza. Apprezzai molto il suo sangue freddo.
- Capisco. Andrò a chiedere agli altri Generali per conferma.
E, detto questo, si congedò.

ANGOLO AUTRICE
Eh sì, le cose per Caterina si complicano... decisamente la vita nel mondo Pokémon non è come se la aspettava! Lasciate un commentino!
Alla prossima!
Sakichan

 

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Capitolo 4
*** C'è sempre una prima volta ***


C’È SEMPRE UNA PRIMA VOLTA

- Ma… pensavo che non facessi sul serio…

Non mi ero mai sentita più a disagio. Forse una volta, quando ai novant’anni della mia bisnonna avevo pensato bene di mettermi a fare i gargarismi con la Coca-Cola. Il risultato fu che macchiai camicetta, gonna e pavimento del ristorante.

- Insomma, pensavo fosse una copertura provvisoria!

- Così il capo ha detto di fare e così dobbiamo fare. - replicò Maxus scuotendo il capo con aria rassegnata.

- È da quando sono arrivata qui che lo ripeti, ma non ho intenzione di…

- Su, fai la brava. - disse con quel tono falsamente paziente che tanto odiavo.

Volevo ribattere, ma avevo capito che avrebbe vinto lui in ogni caso. Per cui mi rassegnai, abbassando la testa.

Quella mattina, Maxus mi aveva accolta con un po’ troppa cortesia. Non era certo da lui farmi trovare la poltrona già a posto, un vassoietto con una brioche e il solito cappuccino e chiedermi ogni dieci secondi se stessi bene, se dovessi andare in bagno, se fossi scomoda, eccetera. Il tutto condito da un variopinto ed oltremodo pacchiano mazzo di fiori. Quando gli chiesi il perché di tutta quella messinscena, prima si mostrò offeso (“Ma cosa credi? Che io abbia un secondo fine?”), poi mi confessò di avermi procurato una divisa da recluta e di aver cercato di attutire la notizia.

A quel punto avevo (inutilmente) cominciato ad impuntarmi, continuando a ripetere che io in un’organizzazione mafiosa non ci sarei entrata. Però Maxus mi ricordò che se Giovanni fosse venuto a conoscenza della verità ci saremmo entrambi trovati nei guai.

Tutta colpa di quella maledetta scusa usata il giorno prima.

- Dai, lì c’è un camerino. Puoi andare a cambiarti.

Maxus, conscio della mia resa, mi indicò una porta nel muro che non avevo mai notato. Prendendo l’uniforme e borbottando insulti alla mia sfortuna, a Giovanni, a Maxus, al Team Rocket, a qualsiasi cosa avesse dirottato il mio treno in quel fottuto posto, ancora a Giovanni, alla mia scuola che andava raggiunta in treno e poi di nuovo a Giovanni, mi diressi nella direzione indicata. Lì mi cambiai velocemente e mi guardai nello specchio a muro: la gonna era piuttosto corta, sarei dovuta stare attenta a come mi muovevo. Almeno gli stivali coprivano gran parte delle gambe, facendomi sembrare di meno una donna di facili costumi. L’uniforme era piuttosto aderente e risaltava le mie curve, facendomi sembrare più matura. Uscii dal camerino tenendo gli occhi bassi: l’idea di farmi vedere in quello stato non mi piaceva per niente. Senza contare che ora ero ufficialmente parte di un’organizzazione criminale senza scrupoli.

- Stai bene così!

Non sapevo se interpretarlo come un complimento o una presa in giro. Maxus si avvicinò a me e mi sollevò il volto mettendomi due dita sotto al mento. Me lo ritrovai inaspettatamente vicino. Mentre ero impegnata a cercare di tenere a bada l’imbarazzo crescente (“Autostima di granito! Autostima di granito!”), il Generale mi disse: - Forza, vieni che finisco di sistemarti.

Mi avvicinai e lo vidi trafficare su una mensola, borbottando qualcosa tra sé.

- Di che colore hai gli occhi? - mi chiese senza voltarsi.

- Verdi. - borbottai. Guardandolo meglio, mi accorsi che stava scegliendo i trucchi più adatti a me. Non sapevo se ridere per il fatto che un uomo come lui avesse millemila trucchi nel suo ufficio o se per il fatto che, probabilmente, era molto più bravo di me ad usarli.

Mi fece togliere gli occhiali e cominciò a passarmi dell’ombretto sugli occhi. Riflettendo, non era poi tanto strano che lui sapesse truccarsi. D’altronde, se era davvero un mago dei travestimenti, qualcosa sulla faccia per mascherarsi doveva metterselo.

Appena ebbe finito, mi fece guardare allo specchio. Restai sorpresa: ero davvero bellissima.

- Sei bravissimo… - dissi con un filo di voce.

- Modestamente. - ridacchiò lui.

In quel momento sentimmo bussare alla porta: si trattava di Giovanni, che era venuto a vedere come procedeva il lavoro. Sembrò soddisfatto di vedermi in uniforme.

- Perfetto, Maxus. Ora insegna alla nostra… giovane recluta a lavorare. Conto su di te.

Da come aveva detto “giovane recluta” avevo capito che sospettava qualcosa.

- Certamente, capo! - esclamò Maxus mettendosi sull’attenti mentre Giovanni usciva. Poi si rivolse a me.

- Allora, come sei messa? Hai mai rubato?

- Ehm, in realtà no…

- Nessun problema, ti insegno io.

E, detto ciò, mi condusse fuori dalla Base, nell’assolata Mogania. Mi sentivo al centro degli sguardi di tutti gli Allenatori maschi con quegli abiti.

- Per prima cosa - iniziò Maxus con fare da professore - andremo al Centro Pokémon. Lì rubare è molto facile. Ma guarda che devo insegnare ad una ragazzina, mica ad una corda di violino!

Mi accorsi che ero davvero tesissima. In effetti, sembravo proprio una corda di violino. Lanciai un’occhiataccia a Maxus, che tuttavia non si lasciò intimidire.

Arrivammo sul retro del Centro Pokémon. Maxus, dopo aver controllato da una finestra che non ci fosse nessuno, scassinò la porta secondaria e mi fece entrare in un dubbio slancio di galanteria.

- Ora tu prendi più Ball che puoi e me le porti. Ok?

- Ok. - risposi, un po’ preoccupata. Un giorno avrei trovato il modo di riscattare l’azione che stavo per compiere.

Cominciai ad afferrare le Ball a caso, cercando di non guardarle. Dentro di me, chiedevo scusa ai Pokémon che c’erano dentro e ai loro Allenatori. Dopo un tempo che mi parve interminabile, Maxus mi fermò.

- Per oggi può bastare. Ora ce ne andiamo con tutta ca…

In quel momento la porta che dava sulla hall del Centro Pokémon si aprì.

- In tutta velocità! - Si corresse il Generale, afferrandomi per un braccio e iniziando a correre.

Finimmo la nostra corsa poco fuori Mogania, all’entrata del Monte Scodella. Lì, mentre riprendevo fiato, Maxus mi chiese: - Allora, com’è andata? Ti è piaciuto?

- Riportami alla base. - sibilai io per tutta risposta.

- Come vuoi… seguimi.

Entrammo con mia grande sorpresa nel Monte Scodella, da cui (mi spiegò il Generale) c’era un passaggio diretto per la Base.

Spostato con l’ausilio di Forza un grande masso, ci ritrovammo in un lungo corridoio da cui si diramavano altri corridoi secondari. Il tutto dava l’impressione di essere un complesso labirinto.

- Ora, cara la mia corda di violino, stami vicina, altrimenti rischi di perderti.

 

 

 

 

 

 

ANGOLINO AUTRICE

Salve a tutti! Eh, sì, ho aggiornato in ritardissimo. Chiedo scusa a tutti quanti! Beh, spero che comunque la storia vi piaccia. Eh, sì, il capitolo è più lungo del solito.

Alla prossima!

Sakichan

 

 

 

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