A Hidden Secret.

di Shh_S_IsReading
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1. ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2. ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3. ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4. ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5. ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6. ***
Capitolo 8: *** Chiedo venia. ***
Capitolo 9: *** . ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***



«Ti scambierei per Naomi, se avessi gli occhi verdi e qualche chilo in più.»
La ragazza sorrise, nostalgica, e porse a Magnus la mano destra, la sinistra ancora in tasca.
«Allora non ci sarà bisogno delle presentazioni, mi ricordo di te... Eri al matrimonio di mia madre e Davide, avevo sette anni e i tuoi glitter sono qualcosa che non si può certo dimenticare facilmente.»
Magnus ricambiò il sorriso con una certa diffidenza e chiese: «Naomi?»
«Morta. Tra le mie braccia io-» la voce della ragazza si spezzò e chinò il capo, quando lo rialzò aveva gli occhi lucidi ma la voce era ferma anche se un po' tremolante.
«Mi ha detto di venire qui, ha detto che eri l'unico che sapeva, che mi avresti spiegato, mi ha lasciato questi e... Questo.»
Allungò la mano sinistra, dove reggeva una collana e uno stilo adagiati sopra la busta spiegazzata di una lettera, mentre con la destra scopriva una runa sotto la clavicola, spostando la giacca.
«Quella è -» «Una runa di protezione, lo so, ho passato parte della mia infanzia dai Di Angelo, dopotutto.»
Magnus sospirò e si scostò dalla porta.
«Entra, abbiamo molto di cui parlare, Aisha.»
















Angolo Autrice.
Eccomi qui, alle prese con la mia prima fanfiction, spero di non fare un casino.
Grazie a Flavia che mi ha fatto da "editore", ed ad Alice, per l'incoraggiamento, siete fantastiche ragazze. <3
Spero di avervi incuriosito almeno un po', pubblicherò il primo capitolo quando avrò finito di scrivere il secondo, spero presto. :D
Alla prossima!

-S.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1. ***


Aisha Harris non era mai stata una persona molto curiosa.
Insomma, non era una che tartassava di domande la gente per passare il tempo, il periodo dei "perchè?" era finito quando aveva quattro anni, dopo che aveva visto Marco andarsene via lasciando la madre distrutta -e incinta. E aveva smesso d'interrogarsi inutilmente sull'ingiustizia delle cose a dieci, quando Davide -l'unico uomo abbastanza innamorato della madre da sposarsela- era morto in un incidente stradale, lasciando Naomi ancora distrutta -e incinta.
Non sentiva di aver bisogno di tante spiegazioni perchè, come le ripeteva spesso Gabriel, niente è come sembra, soprattutto per una mondata con la Vista. O almeno credeva di essere una mondana, ma, come detto prima, niente è come sembra.
Insomma, arrivata al culmine dei suoi quindici -quasi sedici- anni, le cose se le lasciava passare addosso, e se si presentava una situazione imprevista era l'unica della sua sgangherata famiglia a pensarci con calma e con razionalità, senza rinvagare trascorsi e precedenti.
Purtroppo questa sua filosofia di vita fu messa a dura prova un martedì assolato, quando, di ritorno dalla lezione di violino e una baguette in mano per la cena, aprendo la porta di casa, aveva trovato suo fratello semplicemente steso a terra, i respiri bloccati da una corda e la sorella a carponi sul pavimento, mentre sua madre -l'unica cosa che non era mai cambiata, il suo unico punto fisso- era supina sul tappeto, una mano premuta su un taglio sul petto che sanguinava copiosamente. In quegli istanti -quando era caduta in ginocchio accanto a Brian, undici anni di videogame e fumetti, quando aveva posato sulle gambe la chioma riccioluta di Stella, piccola principessa di cinque anni, l'unica con gli occhi verdi di Naomi; quando aveva sostituito la mano di sua madre con la propria, vedendo scorrere quel sangue come se fosse il proprio- l'unica cosa che riusciva a pensare non era nè razionale, nè calmo ed erano soprattutto domande.
Miriadi di domande -come? Perchè? Quando? Chi?- perchè non si può accettare e lasciarsi passare addosso l'allontanamento o la morte di qualcuno a cui avevi affidato una parte del tuo futuro e presente e con cui condividevi il passato, e non si può restare a gurdare morire chi ti ha donato la vita.
«Aisha... Stai bane? Pic-cola, n-non c'è temp- tempo, sto... Sto morendo... Mi-mi dis-dispiace c-così ta-tanto, a-avrei do-dovuto di-dirtelo su-subito, mi di-dispiace a-amore, mi dis-dispiace...» Naomi stava singhiozzando, lacrime che si mischiavano al sangue, stringendo spasodicamente la mano della figlia posata sul suo petto.
«Chiamo la polizia, l'ambulanza, io... Mamma, andarà tutto bene, starai bene, ma-mamma?» La voce ridotta ad un sussurro isterico, era diventata una domanda -l'ennesima- vedendo la madre fare un cenno di diniego con la testa.
«No-non ho tempo per spie-spiegarti, Aisha, fi-fidati d-di me. Nel ter-terzo cas-cassetto, nel m-mio armadio, c'è u-una scatola, prendila e to-torna qui, ve-veloce... N-non c'è più tempo...»
Scattando in piedi e correndo verso la camera da letto, Aisha ricordò con una stretta dolorosa al petto il periodo successivo all'allontanamento di Marco, quando la madre puliva la casa dei Di Angelo, e delle sue corse sotto il sole o la pioggia con Gabriel.
"Gabriel, cosa faresti tu?"
Senza nemmeno accorgersene si ritrovò di nuovo in ginocchio accanto alla madre, una mano sul taglio e una che reggeva una semplice scatola di scarpe.
«A-aprila. De-dentro c'è una carta di credito, de-devi partire, d-devi andare a, a New York, da-da Magnus, Ma-Magnus Bane, lu-lui ti dirà tutto que-quello che sa.» Il respiro di sua madre era diventato affannoso, le mani che cercavano convulsamente un appiglio per tirarsi su.
«Sta giu, mamma, andrà tutto bene... Ma-Magnus Bane, dici? Lo troverò, non preoccuparti, andrà tutto bene» Aisha sentiva le gote umide di lacrime che non volevano smettere di scendere.
«Non andrà t-tutto be-bene, è sta-stato lui, c-credo sia su-suo figlio, a-amore de-devi stare at-attenta, lu-lui è pe-pericoloso.»
«Cosa stai dicendo? Chi?! Chi è il figlio, di chi?»
Sua madre chiuse gli occhi nello sforzo di tirarsi su, appoggiandosi alle gambe del tavolino al centro del salotto, accanto al tappeto,e prese una biro dalla scatola riversa sul pavimento, una mano dal pallore inquietante poggiata sulla ferita. «Figlio di tuo padre.» La voce tremolante di Naomi si riempì di fermezza e mentre parlava avvicinò la biro al petto della figlia, che la riconobbe con un sussulto. 'È uno stilo.'
Accettò quel bruciore sotto la clavicola sinistra, assimilandolo e rendendolo parte di sè come le parole di sua madre.
«T-tuo padre aveva un bam-bambino con sè, quando mi in-incontrò, se ne andò pri-prima di sapere di te, e io sca-scappai. L-lui era un Shadowhun-hunter, come Gabriel, come Luca Di Angelo, ho pen-pensato che sarebbe stato me-meglio per te crederlo mo-morto, ma l-lui è venuto qua a ce-cercarti, lu-lui ti vuole e i-io ho il do-dovere di pro-proteggerti» Aisha sfiorò la runa sul suo petto, nera come la notte, splendeva sulla sua pelle olivastra.
«Ma-Magnus Bane è l'u-unico che sa, lui... Ti terrà a-al sicuro, ti dirà que-quello che sa.»
I respiri sempre più corti, i tremori più convulsi, le lacrime più cocenti, Aisha si accorse che sua madre stava per andarsene, per morire, e lei sarebbe rimasta da sola. «M-mi dispiace, de-devi andare, o-ora, ne-nella sca-scatola c'è u-una lettera, dalla a- a Magnus, no-non guar-guardarti indietro A-Aisha, va-vattene» pianse Naomi, gli occhi verdi più accesi che mai, spirò un ultimo «ti voglio bene» e morì, gli occhi ancora fissi sulla figura di sua figlia.
Quando tre ore dopo si ritrovò ad aspettare il primo volo per New York all'aereoporto di Milano-Malpensa, seduta su una somoda sedia di plastica, vicino ad un borsone e alla custodia del suo violino, Aisha ricordò con un doloroso distacco -come se non fosse stata lei- quando aveva chiuso gli occhi della madre e l'aveva trasportata accanto a Brian e a Stella, quando era entrata nella sua stanza e buttatto a casaccio vestiti nel borsone e quando era rimasta a piangere sulla soglia della cucina osservando il sangue della madre rappreso sulle sue mani.
Quando aveva chiuso la porta di casa, sapeva che niente sarebbe stato come prima.
Nella sua testa non c'erano più domande, c'era solo rabbia e desiderio di giustizia, una giustizia che si sarebbe fatta da sola.
E senza rendersene neppure conto, si era ritrovata ad infilarsi dietro la porta di un bel palazzo, il panorama dei grattacieli e lo scorbutico tassista solo un ricordo, cercando di ignorare le fitte di angoscia che le attanagliavano le viscere, scorrendo lo sguardo sui campanelli in cerca di 'Magnus Bane'.

Le sarebbe sembrato di non possedere un corpo se non avesse sentito il the caldo scottarle la lingua, calore confortante tra le mani.
Magnus non aveva detto una parola, dopo averle indicato un divano retrò dove accomodarsi, l'aveva ascoltata vomitare fuori tutto quello che era successo, fingendo di ignorare le lacrime che asciugava frettolosamente, e dopo era sparito in un'altra stanza - la cucina, l'aveva capito successivamente, quando era ricomparso con una tazza che le aveva ficcato in mano.
Ora si limitava ad osservarla sorseggiare la bevanda calda, mantre lei sentiva la tensione lasciarle le spalle e i muscoli.
«Non dovevi dirmi qualcosa, tu?» ad Aisha richiese molto coraggio buttare fuori quella domanda, sapeva che quel silenzio era una protezione, una sottile diga che la divideva da verità nascoste e promesse mai mantenute, non era sicura di riuscire a stare in piedi, quando queste l'avrebbero travolta. «Insomma... Come hai conosciuto mia madre? Quando?» la voce incrinata dall'incertezza, Aisha aveva appena deciso di affrontare qualunque cosa le si sarebbe posta davanti.
«Quando...? Vediamo... Aveva... Nove anni, su per giu, figlia meticcia in un paese in continua crescita, credevano fosse pazza, perchè diceva di vedere cose che nessun'altro vedeva, credo... Credo che mi abbia impietosito un po', quando mi aveva bloccato per strada per chiedermi perchè avessi gli occhi così belli» un sorriso divertito increspò le labbra di Magnus, lo sguardo perso nei ricordi; Aisha provò a immaginare la madre da bambina, gli occhi verdi sgranati mentre additava cose invisibili, e si sentì il cuore pesante.
'Quella bambina non c'è più, e nemmeno la donna che è diventata.'
«Le dissi che era una bambina speciale, che riusciva a vedere cose che altri non potevano e di stare attenta, di non dirlo a nessuno. Non la vidi per anni, dopo me la ritrovai davanti in Italia, non ricordavo nemmeno chi fosse...» s'interuppe alzando la testa di scatto, fissando i suoi occhi da gatto in quelli scuri di Aisha.
«Mi trascinò quasi di peso nella stanzetta che aveva affittato all'epoca, non sapeva se poteva fidarsi ma ero l'unico viso familiare per lei e sapeva per certo che ero informato delle vicende dei Shadowhunters, perchè si era cacciata in un bel guaio con uno di quelli.
Mi disse di aver incontrato un uomo, non mi ha mai detto il nome, al cimitero dove stava visitando i suoi genitori, che le aveva chiesto se era possibile trovare alloggio per lui e per suo figlio da quelle parti, lei gli aveva proposto di prendere una stanza a casa sua. Se ne invaghì e dopo alcuni mesi scoprì di essere incinta, avrebbe voluto dirglielo però... Lesse una lettera che stava scrivendo a qualcuno, diceva che aveva trovato un alloggio, un corpo di una donna per "lei", che forse con questo "regalo" gli avrebbe dato il Suo aiuto... Sapeva che era un Cacciatore, sapeva che era in fuga, non sapeva da cosa, nè perchè. Decise di andarsene, di proteggersi, solo per salvaguardare la vita che teneva in grembo.
Non so perchè decise proprio l'Italia e non so nemmeno come mi trovò, so che quel giorno mi fece giurare di proteggerla finchè non fossi nata, e di aiutarla a cercare chi poteva eseguire il Rituale della Nascita il più segretamente possibile e mi fece anche giurare che se fosse successo qualcosa, mi sarei preso cura di te e ti avrei detto ciò che sei realmente.» Taque e il suo sguardo si posò sulla busta appoggiata sul tavolo e l'aprì con un sorriso, come se sapesse già cosa l'aspettava.
Conteneva un semplice foglio piegato, al centro era stata scritta in blu la stessa frase ripetuta sia in inglese che in italiano, vergate nella grafia spiccia di Naomi.

Hai promesso.



















Angolo Autrice
Eccolo qua, il primo capitolo! Sono riuscita ad attacarlo.alla fine <3
Nel prossimo entrano in scena quattro persone che conosciamo mooolto bene, che ve ne pare per l'intanto? :3
Grazie a the worst toilet in Scotland per aver inserito la storia tra le seguite ed a Alyx per averla inserito tra le preferite ed aver recensito (che non ce n'era bisogno Ali, me l'avevi già detto che ne pensavi ahahah <3)

Al prossimo capitolo!

S.

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Capitolo 3
*** Capitolo 2. ***


Alec stava aiutando Clary a migliorare con il tiro con l'arco, mentre controllava che Jace non si addormendasse e, di conseguenza, cascasse giu dalla trave su cui era appollaiato.
Ne aveva passate decisamente troppe, quel ragazzo, per avere una morte così poco gloriosa.
Accolse con sollievo - gioia, quasi - Izzy che annunciava, vagamente annoiata, che la madre voleva vederli nel suo studio; aveva mostrato a Clary -sperava per l'ultima volta- la giusta postura per tirare, dopo aveva posato l'arco, seguendo Jace e Clary sulle scale, stropicciandosi gli occhi per la stanchezza di notti insonni e allenamenti sfiancanti - gli era più facile non pensare a Lui, quando doveva stare concentrato sul suo corpo, sentendo i muscoli contrarsi e tendersi nello sforzo.
Non si accorse di esser arrivato nello studio finchè non sentì Isabelle chiudere la porta con un lieve tonfo.
Sua madre era seduta dietro la scrivania, li osservava con quell'espressione che solitamente associava a una sola frase.
'Brutte notizie.'

Dopo aver raccontato la storia di sua madre, Magnus era rimasto in silenzio cinque minuti buoni, spiando il viso di Aisha per trovarvi traccia di isterismi o reazioni simili.
Era pronto a tutto, tranne a quella domanda.
«Hai vissuto così tanto, Magnus, amato tanto e perso di più. Come hai fatto a sopportarlo?»
Aveva sentito un ondata di affetto per quella ragazzina dai grandi occhi scuri, così simile a sua madre, che l'unica cosa che si era sentito di fare era stata tendersi per stringerle una mano, mormorandole «ci si fa abitudine, all'assenza» e subito dopo spedirla a fare una doccia perchè «Charmain Meow odia l'odore che gli aerei lasciano addosso alle persone».
Così Aisha si era ritrovata a profumare di sandalo - un buon odore, per carità, ma qualcosa di meno forte? - e a sbrogliarsi i nodi formati dai capelli arricciati per l'umidità, per venire a scoprire che il giorno dopo sarebbero andati all'Istituto di New York, dove molto probabilmente avrebbe vissuto, perchè non bastava il sangue a fare di una persona una Cacciatrice, serviva un duro allenamento che lui, suo malgrado, non poteva offrirle.
Lei lo aveva ringraziato e, nell'ombra della stanza dove Magnus l'aveva praticamente spinta perchè «hai bisogno di riposare, con quella faccia spaventi Charmain Meow», aveva annusato la maglia che indossava.
Profumava di detersivo, fiori e vaniglia. L'odore di sua madre.
Sapeva di casa.
Si era addormentata così, le dita strette attorno al tessuto, le lacrime impigliate tra le ciglia.
Casa.
Ci sarebbe stato un posto dove sentirsi di nuovo a casa, per lei?

Alec osservò Jace ascoltare con attenzione quello che Maryse stava dicendo loro, lasciando che le parole gli passassero attraverso, dandole poca importanza.
Dal poco che ascoltò capì che si doveva trattare di una ragazza, figlia illegittima di un Shadowhunter, non si sa come si era ritrovata in un giorno con tre cadaveri a casa e dall'altra parte del mondo -perchè la "povera" ragazza abitava in Italia.
«E perchè mai si è sentita in dovere di venire a New York, di grazia?» Isabelle interruppe la madre un po' scocciata, non le andava a genio l'idea di dover condividere le giornate con una sconosciuta e non voleva perdere tempo allenandola.
«Perchè Magnus Bane ci vive, a New York.»
Improvvisamente la trama del parquet aveva perso ogni interesse per Alec, che aveva alzato la testa di scatto ed aveva esclamato, vergognadosene subito dopo: «Magnus?! Che cosa c'entra Magnus, con questa?»
«Era l'unica persona che la madre le ha indicato, l'unico di cui Naomi Harris si fidasse abbastanza da lasciargli la custodia della figlia.» Maryse sospirò, improvvisamente stanca e poso un gomito sulla scrivania, massaggiandosi piano le tempie - doveva ancora avvertire il Console della faccenda e l'Istituto italiano per far rinvenire i corpi.
«Adesso sono in biblioteca, se andaste a fare la sua conscenza ve ne sarei grata, visto che tra un paio di giorni verrà a vivere qui.»
«Un paio?» chiese Clary, curiosa.
«L'ha deciso Magnus, credo che abbiano alcune faccende da sbrigare, dopo verrà a vivere qui.»

Aisha aveva dormito un sonno senza sogni, svegliandosi in tempo per osservare il sole alzarsi su grattacieli e palazzi, trovando Charmain Meow accoccolato accanto a lei su uno degli infiniti cuscini messi a disposizione da Magnus.
Dopo essersi lavata denti e faccia, cercando di sistemarsi alla bell'e meglio i capelli, aveva trovato Magnus in un salotto diverso da quello del giorno prima, con divani alti e mobili scuri, che le aveva chiesto gioviale cosa volesse per colazione, trascinandola senza aspettare risposta in cucina, dove la tavola era apparecchiata con brioches, cereali, latte, succhi e caffè.
Magnus l'aveva osservata sboncellare una brioches e tracannare mezzo bicchiere di succo d'arancia, mentre beveva del caffè da una tazza azzurra e sbeccata, prima di esordire con naturalezza, come se stesse parlando del tempo, che aveva informato l'Istituto del loro arrivo e che dopo sarebbero andati in Italia tramite Portale, per darle l'occasioni di dire l'ultimo addio alla sua famiglia.
«Non posso. Mamma mi ha detto di non tornare indietro, le farei un torto così.» aveva risposto Aisha allontanando il piatto, improvvisamente il cibo le nauseava il doppio di prima.
«Hai un fratello e una sorella, vero? Anche a loro hai promesso di non tornare?» Aisha si era presa la testa fra le mani, stringendo forte gli occhi, combattento contro le lacrime che si erano affolate dietro alle palpebre al ricordo del sorriso sdentato di Stella e della morbidezza dei capelli di Brian.
Aveva sospirato, annunciando che andava a cambiarsi, facendogli intendere che non aveva più argomenti a disposizione. Aveva vinto lui. O lei?

Fuori dalla porta della biblioteca Jace aveva sentito una voce femminile rispondere a Magnus in un melodico italiano, rivolgendo un'occhiata preoccupata di sottecchi ad Alec, aveva spalancato la porta ed era entrato mentre Clary intrecciava delicatamente le loro dita.
Dentro la stanza c'erano due figure in piedi, Magnus, accanto alla finestra, mentre la ragazza doveva aver rivolto le spalle alla porta tutto il tempo,osservando gli scaffali dei libri, mentre ora gli fissava senza un'espressione particolare.
A occhio e croce non dimostrava più di sedici anni, un poco più bassa di Clary, capelli scuri raccolti in una folta treccia spostata su una spalla, occhi di una calda sfumatura castana dalla forma allungata, dal taglio vagamente orientale, dallo scollo della maglia bianca che indossava si intravedeva una runa nera sulla pelle olivastra, del colore che si associa all'abbronzatura agli inizi dell'estate.
'Almeno è veramente una Shadowhunter.'
Dopo la disastrosa colazione, Aisha si era barricata in camera per alcune ore e verso l'ora di pranzo si era alzata per andare a raggomitolarsi su un divano in salotto. Era stata raggiunta da Magnus poco dopo, che le aveva iniziato a parlare dolcemente, dicendole cose così futili che lei se n'era già dimenticata cinque minuti dopo, calmandola.
Quando si erano alzati per dirigersi verso l'Istituto, Aisha aveva fatto la stessa cosa di Magnus la sera prima, allungandosi per stringergli una mano, un gesto d'affetto, un grazie detto senza parole.
Anche dopo il colloquio con la direttrice dell'Istituto, Maryse, mentre aspettavano in biblioteca l'arrivo dei Cacciatori che si sarebbere occupati del suo allenamento, Magnus aveva continuato a parlarle mentre osservava il panorama dalla finestra, mentre lei studiava i tomi sugli scaffali; si era girata di scatto verso la porta quando l'aveva sentita aprirsi, lanciando a Magnus uno sguardo un po' ansioso, ricevendo in cambio uno imperscrutabile.
Si era trovata davanti un ragazzo biondo che teneva per mano una rossa dagli occhi verdi, mentre da dietro di loro entravano un ragazzo e una ragazza con gli stessi capelli neri, un fratello e una sorella, ipotizzò Aisha, ossevando gli occhi azzurri del ragazzo -che trattenne il fiato quando li posò su Magnus- e quelli neri della ragazza che la fissavano con... Astio.
Aisha si portò le mani dietro la schiena, improvvisamente più nervosa ma del tutto intenzionata a non farlo notare.
«Magnus, non volevi mica smettere di soccorrere noi Cacciatori impavidi?» il ragazzo biondo si rivolse allo stregone con un sorriso di sfida, che Magnus ricambiò privo d'allegria.
«Ci sono promesse che non si possono spezzare, ed ero sinceramente affezionato a sua madre.» gli rispose, dopo si rivolse a lei «Aisha, loro sono Jace, Isabelle e Alec Lightwood, mentre lei è Clarissa Fray.» le disse, indicando prima il ragazzo biondo e dopo la ragazza e il ragazzo dai capelli scuri, per finire con la rossa. Lei rivolse loro un cenno del capo e un sorriso tirato, presentandosi «Aisha Harris, piacere.»
«Mica eri italiana, tu? Harris non è un cognome italiano.» Aisha boccheggiò un attimo, interdetta dalla domanda della ragazza coi capelli scuri -Isabelle, si corresse.
«È il cognome di mia madre, era per metà inglese. Io sono nata e cresciuta in Italia.»
«E non hai proprio idea di chi potrebbe essere tuo padre?» s'intromise Jace. Aisha incrociò le braccia sotto il seno, infastidita.
«Ti pare che starei qui, se lo sapessi? Ho sempre creduto che fosse morto, non che si divertisse ad insegnare al figlio come si uccide la famiglia della sua sorellastra.» concluse con una smorfia, battendo le palpebre per allontare delle lacrime -non sapeva se di frustazione o altro- girandosi feroce verso Magnus che aveva appena represso una risata, posandole una mano su una spalla.
«Perdonali, non sono tipi molto sensibili, affrontano qualsiasi cosa come se si trattasse di una guerra.»
Isabelle rispose con una smorfia infastidita «Beh, non la conosciamo, chi ci dice che non sia un'invenzione di, non so, Sebastian?» porse la domanda in modo ironico, mentre Aisha aggrottava le sopracciglia perplessa sentendo la stretta di Magnus sulla sua spalla aumentare di poco.
«Credi che vi porterei una vipera in seno, io?» la voce del stregone aveva una sfumatura funerea, Aisha ascoltò ancora più perplessa la risposta frettolosa del giovane dai capelli neri, Alec, grata del fatto che la madre le avesse parlato il più possibile in inglese.
«No! No, certo che no, ci fidiamo di te.» Alec aveva risposto precipitosamente, come se avesse altro di cui scusarsi, fissando ansioso Magnus.
«Non sempre, direi.» Alec arrossì un po' ma prima di poter rispondere Magnus aveva ripreso a parlare, rivolgendosi ad Aisha in italiano «Io devo andare, torno a prenderti tra un'ora, d'accordo?» dopo si era rivolto a Clary, stavolta in inglese «Posso affidarla a te? Devi solo farle fare un giro per l'Istituto e farle vedere una stanza, ce ne sono tante libere comunque, no?» dopo la porta della biblioteca si era aperta, e Magnus ne era uscito senza aspettare risposta, dopo aver sfiorato con la propria spalla quella di Alec.












Angolo "Autrice"
Ecco l'ultima parte :3
Il magico quartetto di Cacciatori è entrato in scena! Manca solo un vampiro di nostra conoscenza, che entrerà mooolto dopo, purtroppo.
Cosa ne pensate? :3

Grazie a Fla per le correzioni, Alyx per la recensione (se non cercate qualcosa di bello da leggere, passate da lei, ha scritto un os su Izzy... Magnifica.) e dubhe01 per aver aggiunto la storia alle preferite e per il commento!
Grazie, come sempre aggiornerò quando mi sarò portata avanti di un capitolo, vi avviso già che il prossimo sarà molto di passaggio :/
Alla prossima,

-S.

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Capitolo 4
*** Capitolo 3. ***


Respirare era difficile.
Le raschiava la gola, un peso sul petto difficile da togliere, le mani che strappavano l'erba e le ginocchia affondate nella terra smossa da poco.
Quella notte non aveva stelle, coperte da nuvole grigie che minacciavano pioggia per quando il sole sarebbe sorto.
Avrebbe preferito che fosse già scesa il giorno stesso, cancellando tutto, pulendo le lacrime dal volto dei pochi presenti, per un funerale che non aveva avuto notizia.
Ora, circondata dal buio, si lasciava sommergere dalla disperazione che quelle tre -quattro, sua madre avrebbe sicuramente voluto essere seppellita accanto a Davide- lapidi candide le procuravano, beffandosi di lei nel lieve chiarore di una luna ballerina -ora c'era, ora no, ora sì, adesso non più- erano mai esistite le persone per cui stava versando quelle lacrime?
Se non le puoi vedere, non le puoi toccare, non le puoi sentire  -non più- sono mai esistite per davvero?
Tremiti incontrollati, singhiozzi mal trattenuti dalle labbra schiuse in una smorfia confusa -era rabbia? Dolore?
Aisha era sola.
Per la prima volta in tutta la sua vita, senti la solitudine più cupa circondarla, telo nero che copre e non risparmia, le dita che annaspavano in cerca di un angolo da sollevare, affogando in quel nero, nessuna luce da seguire, nessun aiuto da gridare...
Sola.
 
Magnus strattonò con forza Aisha, che si riscosse da quell'incubo tremando.
«Stavi urlando, stai bene?» Lo stregone aveva gli occhi da gatto fissi sulla sua figura, attento ad ogni tremore che si lasciava sfuggire, porgendole un bicchiere d'acqua.
Aisha rispose dopo alcuni bravi sorsi, alzandosi, poggiando il bicchiere sul comodino accanto al letto.
«Torniamo a New York. Per favore.»
Magnus continuava a guardarla, le sopracciglia appena aggrottate.
«Magnus - » lui la interruppe subito.
«Prepara le tue cose, vado ad aprire un Portale.»
 
Jace stava scendendo le scale per andare a fare colazione, quando vide due figure -una delle quali molto familiare- salirle.
«Uhm, già di ritorno dal Bel Paese?»
Smise di sorridere quando la ragazza alzò il viso stravolto verso di lui.
Aisha era sorpresa, certo, non si aspettava di trovarsi davanti qualcuno alle cinque del mattino, o forse che lui parlasse italiano, mentre Magnus aveva -come sempre- un'espressione illeggibile sul viso.
«Ero preoccupata per la linea, troppa pizza può nuocere alla lunga.»
Jace le sorrise beffardo. «Ce ne saremmo occupati noi, qualche corsa in più ti avrebbe fatto bene.» le rispose, mentre lei lo superava, diretta sicuramente alla stanza che Clary le aveva fatto vedere un giorno e mezzo prima, dopo si girò verso lo stregone, fermo alcuni scalini sotto di lui.
«Ha perso l'intera famiglia e la sua vita è cambiata nel giro di pochissimi giorni, ti dispiacerebbe non comportarti troppo... Da te, quando sei con lei? Almeno per i primi tempi.» gli disse, girandosi per scendere e andarsene -una doccia l'avrebbe fatta volentieri, e anche una dormita.
«Ti sei dimenticato in fretta di Alec, eh?» lo fermò Jace.
«Non l'ho dimenticato, non potrei mai. L'ho protetta, la sto proteggendo, sto mantenendo fede ad un giuramento. Onore e rispetto dovrebbero essere parole familiari per te.»
«Lo sono.»
Raggiunsero gli ultimi gradini in silenzio e sempre in silenzio Magnus si girò e s'incamminò verso l'ascensore.
 
Izzy irruppe nella stanza alle sei -e quattro minuti, puntualizzò dopo- spalancando tende e imposte, lasciando che l'aria fredda del mattino raggiungesse la ragazza, ora seduta sul letto, prima di esclamare: «Su, inizia un altro entusiasmante giorno d'allenamento! Non sei ancora pronta? Dai!»
Non lo avrebbe mai ammesso -non che ne avesse bisogno, era talmente palese- ma ci stava prendendo gusto ad allenare Aisha, coi muscoli doloranti ma sopravvissuta alla prima settimana all'Istituto -sfortunatamente per Jace, che aveva perso cinque dollari con Alec.
«Arrivo, arrivo, vai a mangiare te» sbadigliò la ragazza, ancora inconsapevole di esser una ragione di continuo guadagno per un Cacciatore e impoverimento di un altro -se l'avesse saputo avrebbe capito la metà degli sguardi infastiditi di Jace, ma non sarebbe stato così divertente, pensava Isabelle, che lasciò la stanza dirigendosi verso quella dei fratelli, per svegliare anche loro.
Alle otto -e sette minuti, puntualizzò Isabelle, scandalizzata da questo enorme ritardo- Alec riprendeva in mano l'arco, sperando che con Aisha andasse meglio che con Clary, e così fu.
 
Non che ci volesse molto.















Angolo "Autrice"
Ecco il terzo, l'avevo già detto che era un capitolo di passaggio, vero?

Grazie ad Alyx per la recensione (ha scritto un'altra os su Izzy che è l'Ammooore *-*) e alla Fla che è un angelo e che mi corregge i capitoli. <3
Sto già scrivendo il quinto, nel prossimo entrerà in scena un nuovo personaggio ;)
Alla prossima!
S.

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Capitolo 5
*** Capitolo 4. ***


C'erano due bambini che correvano nel giardino di una graziosa villetta, giocando a chi raggiungeva prima il muro che la delimitava.
Due normali bambini, ecco cosa mostrava la foto.
Una donna mulatta, gli occhi verdi che si scorgevano a malapena, coperti dai ricci che una bambina bionda con i suoi identici occhi chiari, le tirava. Dietro si scorgeva un'altra persona, una ragazzina dagli occhi scuri che rideva, chinata su un bambino.
La stessa ragazzina, più piccola, sorrideva all'obiettivo insieme a quello che era il bambino della prima foto, che la osservava perplesso con gli occhi grigi.
Una foto di famiglia, la donna riccia teneva accanto a sè un bambino coi capelli scuri arruffati, un uomo alto e biondo come miele teneva in braccio la bimba dagli occhi verdi, ad unirli c'era la ragazzetta di ogni foto.
Sorrisi, attimi di felicità e innocenza rubati da pochi scatti, ricordi che non si cancellano, ecco cosa osservava di sfuggita Izzy ogni volta che entrava nella stanza di Aisha per svegliarla, scoprendosi ad invidiarla un po', ricredendosi ogni volta che notava la federa del cuscino bagnata dalle lacrime che le scivolavano nel sonno.
Soffriva, Aisha, ogni raggio di sole che la colpiva al mattino era un fendente di spada che le lasciava cicatrici sempre più nette.
Loro non ci sono più.
 
«Sta un po' più attento, Uomo Torcia!»
Jace retrocesse di un passo, l'ennesimo sorspiro rassegnato fuori dai polmoni.
Come soprannome avrebbe preferito qualcosa che rappresentasse la sua vera essenza, che descrivesse la sua infinita bellezza, forza, eleganza, raffinatezza, eccetera eccetera.
Forse "Stella Sfolgorante", o qualcosa del genere, ma non di certo "Uomo Torcia".
Mica era colpa sua se Clary l'aveva pugnalato con una spada del Paradiso, dopotutto.
Ma no, certi elementi proprio non lo potevano capire, e lui era decisamente troppo buono e paziente per farglielo notare.
«Sicura di tenere abbastanza ai tuoi bei capelli, Harris?»
Appunto, troppo buono e paziente.
 
Erano due settimane e... Quattro giorni che Aisha era venuta a vivere all'Istituto e Jace ancora si comportava come un animale che deve segnare il proprio  territorio. Oppure si divertiva a punzicchiarla aspettando l'arrivo di Clary ma qualunque fosse la ragione, ad Alec la cosa dava decisamente sui nervi, già abbastanza provati dalle molte visite di Magnus e dall'impotenza, perchè lui semplicemente non era più suo per un suo stupidissimo errore e la cosa era abbastanza frustrante, anche se non lo dava a vedere.
«Ti balla l'occhio, sembra che tu stia per assassinare qualcuno, sicuro di star bene?»
Izzy era la dimostrazione vivente che lui non lasciava trasparire assolutamente niente, infatti.
 
Aisha era stanca, affamata e sudata.
Ed odiava essere sudata. Rendeva tutto più... Appicicoso.
Agognava una doccia, due litri d'acqua e un bel piatto di pasta all'italiana, non la cosa molliccia che qui lasciavano passare per pizza o ravioli o qualunque altro piatto avrebbe dovuto rappresentare.
Izzy in quel momento decise che era abbastanza, e mandò tutti sotto la doccia perchè «puzzate come caproni ragazzi».
Così tre quarti d'ora dopo si ritrovò stanca, profumata e affamata a scendere dalla scale bisticciando -come sempre- con Jace, seguiti da un nervoso Alec, che aveva incontrato a metà strada.
Non aveva idea che avrebbe incontrato anche lui, a metà del corridoio, mentre una Izzy  stralunata lo accompagnavano in una camera.
Era di spalle, quella voglia inconfondibile -quante volte l'aveva preso in giro, per quella!- che dal collo finiva nello scollo della maglia, i capelli castani chiari, tendenti al biondo. Era cambiato, era diventato un uomo, certo, l'ultima volta che si erano visti avevano tredici anni, lei era ancora più bassa e lui certamente non aveva quelle spalle.
«Gabriel Andrea Di Angelo.»
Il ragazzo raggelò e si voltò lentamente, indietreggiando di un passo alla vista dell'espressione di Aisha.
 
Izzy era conosciuta per i suoi tempi record nel prepararsi, per cui fu l'unica ad assistere all'entrata di un altro Cacciatore italiano nell'Istituto di New York.
Senza nessun avvertimento, Luca e Gabriel Di Angelo erano arrivati e mentre il padre spariva inghiottito dalla Grande Mela, salutando di sfuggita Maryse, si era presa l'incarico di assegnare al nuovo arrivato una stanza.
C'era qualcosa di famigliare negli occhi grigi-azzurri del ragazzo, ma non sapeva esattamente cosa... Forse l'aveva visto di sfuggita per strada, a Idris, o forse l'aveva visto in...
«Gabriel Andrea Di Angelo.»
...foto.
Gabriel era lo stesso bambino immortalato in un paio di foto assieme alla bambina che era stata Aisha, ecco perchè gli sembrava un viso noto.
Non riuscì a reprimere un sorriso, divertita, osservando lo straniero impallidire mentre indietreggiava alla vista di un'Aisha a dir poco furiosa.
Se Isabelle era convinta che non avrebbe mai visto Aisha perdere il controllo -sembrava così posata, quasi indifesa- da allora non lo fu più, e potè solo dare dell'idiota a Gabriel, che
«È un fottuto scherzo.»
avrebbe dovuto decisamente starsene zitto.  













Angolo "Autrice"
Buoooooooongiorno :3
Chiedo venia, sono in ritardo e cono un capitolo misero e mi dispiace tantissimo, sul serio, ma ho avuto qualche - tanti - contrattempi.
Comunque sono di nuovo qui ^-^
Grazie a dubhe01 per aver recensito (ecco il "preludio delle piccolissima tempesta" lol.) ed ad Djinni , Ouden , radioactive , rosewhite e SammyN94 per aver aggiunto questa storia alle seguite *-*
E, come sempre, grazie alla Fla, mia poetessa e angelo personale. <3
Il prossimo capitolo è pronto e, secondo i miei standart, beeeello lungo.
Non so quando pubbblicherò ancora, spero presto,
Alla prossima (spero presto)
S.

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Capitolo 6
*** Capitolo 5. ***


A Fla, che mi sopporta e supporta e che è veramente un angelo.
Il mio. <3
Grazie, mia poetessa.




Un
Aisha ispirò, improvvisamente tutto sembrava più chiaro,
fottuto
non seppe come, ma si ritrovò a poco più di tre passi di distanza da
scherzo.
Gabriel, che la fissava spaventato.
La conosceva abbastanza bene da sapere che non l'avrebbe passata liscia, quindi non si sorprese quando si ritrovò un suo dito accusatore piantato nel mezzo del petto, che batteva evidenziando ogni singola parola.
«Fottuto scherzo?! Tu, sottospecie di merda rinsecchita, tu sei un fottuto scherzo, tre, tre!, anni a scriverti,chiamarti, inviarti stupidi messaggi e tu, tu, brutto cretino, mi dici, dopo tre anni, osi sperare che io sia uno scherzo?!»
Lui si limitò ad alzare le mani, come a dirsi innocente, e a bisbigliare un «posso spiegarti» nemmeno troppo convinto.
«Spiegarmi?! Spiegarmi cosa? Quanto io mi sia sentita stupida a sperare che il grande Cacciatore si ricordasse di me?»
Ora era Aisha a bisbigliare, come se si fosse ricordata solo in quel momento di avere un pubblico, dopo strinse gli occhi e la mascella e battè il palmo aperto della mano sul petto di Gabriel rivolgendogli uno «stronzo!» poco fine e girandogli le spalle, prendendo un respiro profondo.
Quando aprì gli occhi si ritrovò davanti Izzy e Jace sinceramente divertiti mentre Alec la guardava con un sopracciglio inarcato, vagamente preoccupato.
Gabriel le posò una mano sulla spalla.
Finì immediatamente nella lista delle cose da non fare, visto che si ritrovò inginocchiato a terra, il braccio ritorso dietro la schiena. Sapeva che era una persona manesca, ma lui era un Shadowhunter, per l'Angelo! Non si era mai ritrovato a terra a causa di un mond...
Aisha.
Istituto.
Di New York.
«Che ci fai qui?!» non provò a liberarsi, lei allentò la presa e gli rivolse epiteti poco educati, superando i fratelli Lightwood.
«Che gli stava dicendo in italiano, Jace?» chiese Izzy, curiosa, osservando la ragazza mora imboccare il corridoio che portava all'ascensore.
Starà andando da Magnus.
«Insulti. Tre quarti dei quali non so nemmeno che significhino. È preoccupante.»
«Mi sarei preoccupato io, invece, se la prima cosa che avessi chiesto è com'è che Aisha conosce uno Shadowhunter quando era la prima a non sapere di esserlo.» esordì Alec lentamente, passandosi una mano sul volto che andò ad arruffare i capelli neri, osservando il ragazzo italiano, ora in piedi.
«Lei... Cosa? Aisha è... No, non è possibile, voglio dire, come?! Me ne sarei accorto, sua madre...»
Izzy sbuffò -sorprendentemente non aveva nessuna voglia di perdere tempo con un ragazzo confuso- e indietreggiò di alcuni passi.
«Oh, quante cose ti sei perso. Fortunatamente per te, Alec e Jace saranno lieti di aggiornarti, a dopo!»
Si girò con innata eleganza e s'incamminò velocemente all'ascensore, le proteste di Alec smorzate dal ghigno di Jace lontane. Quando l'aria fredda di New York l'avvolse, tirò fuori il cellulare e digitò un breve messaggio la cui risposta non si fece attendere.
'Frappè di cioccolato e sangue al Taki?'
'Non aspettavo altro'
Con un inconsapevole sorriso sul viso, la ragazza prese a camminare a passo veloce -molto veloce- verso la propria destinazione.
 
All'ultimo secondo, Aisha al posto di imboccare l'ascensore aveva preso la volta delle scale ritrovandosi ansante nella propria stanza.
Lo sguardo le era immediatamente caduto sulla custodia del suo violino sulla poltrona all'angolo della stanza, non suonava da quel pomeriggio...
Con un sospiro e le mani tremanti, tirò fuori lo strumento e l'archetto, era lo stesso violino che aveva lasciato Marco, che l'aveva avvicinata alla musica.
Non ricordava quanti maestri aveva avuto da quando lui aveva deciso di andarsene ma si ricordava di Roberta Di Angelo, la madre di Gabriel.
Ricordava quando la madre l'aveva portata in quella villa che le era sembrata enorme, stringendo il violino un po' spaventata, ascoltando Naomi che le diceva che c'era una donna che l'avrebbe insegnato a suonare meravigliosamente.
Roberta le aveva accolte con un sorriso materno sul volto stanco -si vedeva già allora che era malata.
Aveva fatto vedere alla madre la casa, indicandole le stanze da pulire e alla fine del giro le aveva fatte accomodare nel suo studio, un'esplosione di libri, spartiti e strumenti di tutti i generi.
Aveva offerto loro del the e aveva iniziato a parlare con Naomi, rivolgendole a tratti sorrisi affetuosi.
Ricordava benissimo la propria inquietudine quando la madre si era rimboccata le maniche e aveva lasciato la stanza annunciando, con il suo accento inglese, che avrebbe iniziato a pulire le camere da letto.
Aveva avuto paura, sì, ma di non essere all'altezza, visto che Naomi le aveva chiesto di suonare qualcosa per «la cara signora Di Angelo».
Allora aveva imbracciato il violino insicura della breve e facile melodia insegnatagli da Marco, che con il passare dei giorni -degli anni- era diventata più complessa e veloce sotto le attenzioni di Roberta.
Gabriel le aveva insegnato i fondamenti del piano e con lui intrecciava le note dei due strumenti, mentre Roberta -sempre più stanca, sempre più debole- li ascoltava.
Roberta e Gabriel Di Angelo erano stati i suoi punti cardinali assieme alla figura della madre, non avrebbe mai immaginato di perderli a distanza di pochi anni e di ritrovarsi uno di questi davanti, dopo anni.
Gabriel era stato il suo unico amico, la madre l'aveva sempre fatta studiare a casa, come a volerla tenere nascosta -solo ora capiva.
Una nota bassa, lunga e mal tenuta, le mani le stavano tremando troppo e quella stanza non era la migliore, per il suono.
Spalancò la porta salì scale su scale, ritrovandosi in una stanza smessa vicino alla soffitta.
Gabriel era stato amico e fratello, avevano l'uno riempito la solitudine dell'altro, lei aveva continuato ad andare dai Di Angelo anche quando la madre aveva dato le dimissioni perchè aspettava Brian.
Avevano avuto un'infanzia felice, insieme.
Avevano affrontato qualunque sciocchezza, insieme.
Avevano pianto Roberta, insieme.
Dieci anni, così piccolo, per sopportare un dolore tanto grande, ma Aisha gli era stata accanto e quando il padre, Luca, aveva deciso di andarsene dall'Italia per visitare altri Istituti (per la formazione di Gabriel, diceva) dall'alto dei loro tredici anni, con un'amicizia di nove anni alle spalle avevano deciso, insieme, di continuare a sentirsi e scriversi.
Aveva funzionato per il primo anno, nel secondo si erano sentiti solo nei giorni di festa, le lettere erano diventate cartoline e le chiamate inesistenti, iniziato il terzo anno, Aisha non aveva avuto il coraggio di mandargli gli auguri per il compleanno, certa che non avrebbe avuto risposta.
Eppure aveva continuato a pensare a lui, nei momenti di felicità e nei momenti di difficoltà.
Aveva pensato a lui quando aveva trovato i corpi dei fratelli e quello dissanguato della madre, pensava a lui ogni volta che sentiva la melodia di un piano, pensava a lui ogni volta che vedeva dei bambini giocare, pensava a lui... Sempre.
 
Dopo l'uscita trionfale di Izzy, Jace si era buttato sul letto destinato al loro ospite, mentre Alec spiegava, coinciso e breve, come e perchè Aisha era lì.
Gabriel sentiva il bisogno di prendere a pugni qualcosa, si sarebbe preso volentieri a calci da solo.
Era colpa sua, pensò, stringendo i denti e affondando le mani nei capelli, se Aisha, aveva dovuto affrontare tutto da sola. 
 
Izzy dava le spalle al Taki, le braccia incrociate sotto al seno, si mordicchiava indispettita un labbro.
Come, come!, le era venuta la splendida idea di mandare un messaggio a quel disgraziato di un vampiro, che la stava pure facendo aspet-
«Izzy!» Simon, dopo aver percorso l'ultimo tratto con una leggera corsa, era accanto a lei, i capelli scompigliati dal vento che scoprivano la fronte ora liscia e vuota, gli occhi brillanti e un dolce sorriso ad abbellirgli le labbra.
Adorabile.
Isabelle scacciò con forza l'ultimo pensiero, lanciando un'occhiata al ragazzo, il sorriso ora incerto. «Sai da quando tempo ti sto aspettando?» chiese, il tono talmente freddo da sorprendere anche se stessa.
«Mh, tre minuti?»
«No. Una settimana.» Le parole le erano sfuggite dalla bocca prima di poterle fermare, il tono ora talmente basso da farle sperare che lui non avesse sentito niente.
Speranza vana.
«Cosa...? Ma lo sapevi, mia sorella... E dopo Clary mi ha detto che all'Istituto è arrivata questa nuova e credevo che fossi impegnata e...» Le parole gli morirono in gola, fermate da un'altra occhiata raggelante di Isabelle.
«Ah, con Clary hai tempo di sentirti, non è vero?»
Nella muta incredibilità di Izzy, Simon scoppiò a ridere.
«Ma cosa?! Ti faccio ridere, io?! Voglio vedere quanto riderai quando-»
Le sue amorevoli minacce furono fermate dal Nascosto, che mormorandole un «ma sta un po' zitta», ancora scosso dalle risate, la attirò tra le sue braccia, le proteste attuite contro il suo petto.

Aisha era rimasta ore in quella stanza, pizzicando le corde ma non riuscendo a creare vere e proprie melodie, lasciando che i suoni la circondassero e proteggessero, da cosa non lo sapeva neppure lei. Ora invece, si lasciava avvolgere dalle tranquille spire di polvere e silenzio attorno a lei, in quella stanza dimenticata.
Dietro il vetro sporco delle finestre il sole era tramontato placido, lasciando cadere i suoi ultimi raggi su Alec, che stava lasciando l'Istituto in quell'istante, e su un corridorio percoso da tre figure.
Jace, Gabriel e Alec erano stati raggiunti da un'inconsapevole Clary dopo una o due ore dalla "fuga" di Aisha e Izzy e dopo che Alec aveva deciso di andare da Magnus per recuperare una delle fuggitive (visto che era l'unica che non rispondeva a chiamate o messaggi), mentre il biondo e la rossa, tenendosi delicatamente per mano, stavano accompagnando l'italiano nell'unica stanza presente all'Istituto dedicata alla musica, decisamente perplessi da quest'ultima richiesta. Appena entrati, Jace disdegnò poltrone e sedie, lasciandosi cadere su un tappeto addossato al muro, apoggiando la schiena a questo. Accolse Clary tra le gambe, lasciando che il proprio petto combaciasse con la sua, di schiena, baciandole piano la spalla coperta dalla maglia che indossava, osservando poi Gabriel che, fermo al centro della stanza, osservava l'ambiente.
C'erano alcune chitarre in un angolo, violini, viole e violoncelli su vari mobili, vari strumenti a percussione e, a metà tra la porta e la finestra, c'era un pianoforte. Lucido, imponente, sembrava che aspettasse proprio lui, per sollevare la copertura e accarezzare i tasti.
Gabriel sentì le dita contrarsi e fremere.
«Sai suonare qualcosa?» la domanda era arrivata, chiara e schietta, da Clary, accoccolata su Jace. Gabriel le sorrise e, senza più esitazioni, si diresse verso il pianoforte, trovandolo scordato.
Imprecando piano e dolcemente, come se stesse inveendo contro un vecchio amico, iniziò a incordarlo.

Aisha era al centro della stanza, il violino in spalla e l'archetto in mano, gli occhi rapiti dai rapidi cambiamenti di colore del cielo, un imbrunirsi sempre più cupo. Chiuse gli occhi, lasciando che la tensione delle spalle si sciogliesse per dopo, con calma, raggiungere la porta e chiuderla alle proprie spalle, scendendo poi le scale adagio, lasciando che i piedi la guidassero da qualunque parte.
Si fermò in mezzo a un corridoio dimenticato, sentendo il dolce suono di un pianoforte. Le sembrava che qualcuno le avesse buttato un secchio d'acqua gelata addosso, si sentiva lucida come mai lo era stata, si diresse velocemente verso la fonte del suono, arrivando a una porta socchiusa nello stesso momento in cui Gabriel -ne era certa- componeva quegli accordi, quelli che piacevano tanto a Roberta, gli stessi che avevano suonato tanto assieme e ascoltato ancora di più, caricando e ricaricando quel povero carillon, la stessa melodia che aveva fatto da sottofondo al periodo più felice della sua vita.
Scivolò piano nella stanza, ignorando le due figure addossate al mure e raggiungendo tranquilla Gabriel, ora immobile e silenzioso.
«Ricordi quando tempo ci abbiamo messo, per mettere d'accordo piano e violino, tutta colpa di quel carillon, vero?» Gabriel si girò verso di lei e si limitò a riappoggiare le dita sulla tastiera, sussurrandole un «controlliamo se abbiamo combinato qualcosa di buono, allora» affondando le dita sui tasti e chiudendo gli occhi, sentendo poco dopo il suono vellutato del violino di Aisha accompagnarlo.
Sentì le labbra distendersi in un sorriso.
L'aveva perdonato.
O almeno ci sperava.

Alec stava camminando svelto, ma tranquillo, a dispetto del nervosismo che si sentiva crescere dentro, risalendogli dallo stomaco.
Se nelle ultime tre ore avesse ingerito qualcosa, probabilmente l'avrebbe vomitato, ma visto che aveva un autocontrollo di ferro e lo stomaco chiuso, non avrebbe sputato nemmeno l'acido.
Forse più per il secondo punto, che per il primo, ma dettagli.
Si ritrovò troppo presto davanti al familiare portone e con il cuore stretto nella familiare morsa quando, per abitudine, aveva cercato le chiavi e aveva trovato le tasche maledettamente vuote. Sospirò, affranto, mettendosi a fissare truce il bottoncino colorato d'argento accanto a "Supremo Stregone di Brooklyn", quasi lo potesse schiacciare con la forza del pensiero che con le dita.
Per fortuna o per sfortuna (dipende dai vari punti di vista) il portone si aprì, lasciando passare (per questo la questione di fortuna o sfortuna) il Supremo Stregone di Brooklyn e il suo sopracciglio alzato in persona.
Se Jace fosse stato lì e se avesse avuto la capacità di leggere nel pensiero, sarebbe rimasto profondamente scioccato del fatto che il parabatai conoscesse quasi più imprecazioni di lui.
Quasi.

Isabelle si ritrovò a ridacchiare, suo malgrado, all'ennesima battuta di Simon.
Le sembrava praticamente impossibile essere risoluta e fredda con lui, per questo adorava le sue innate doti d'attrice.
Se fosse stata normale, si sarebbe sicuramente data al cinema.
Se lo fosse stata.
Fortunatamente per le stelle di Hollywood, era troppo impegnata a spintonare, prendere in giro, ridere, farsi baciare e baciare un vampiro, non necessariamente in quest'ordine.
«Dai, sei ancora arrabiata? Sai che mi sei mancata, vero?» Simon la pizzicò giocosamente un fianco, esortandola a rispondere.
«Io non sono mai stata arrabbiata, ero infastidita e annoiata, e no, non sei così uhm... Importante? da mancarmi, caro.» Izzy costrinse le labbra in un sorriso impertinente, quando l'unica cosa che voleva era ridere di fronte all'espressione corruciata del ragazzo, che distolse lo sguardo puntandolo all'orologio al polso.
«Voi superbi Cacciatori non dovete mica mangiare come i comuni mortali?»
«Cosa...?»
«È ora di cena.»
Le chiarì Simon, tranquillo, notanto il cielo tingersi dei colori del tramonto.
«Allora andiamo a mangiare, che dici?» Izzy si alzò, ignorando il ragazzo che borbottava qualcosa riguardo all'essere terribilmente lunatici che si affrettò ad affiancarla.

La porta si chiuse con un piccolo schiocco, risvegliando i due ragazzi dal loro torpore, mentre le ultime note vibravano ancora nell'aria. Jace e Clary si saranno chiaramente sentiti di troppo o volevano lasciare loro il tempo di chiarirsi o...
«Se vuoi ucciderlo dimmelo adesso che voglio assistere!»
...come non detto.
Quella che doveva essere Clary riacciuffò la Torcia dalla maglia, chiudendo di nuovo la porta.
«Ehm... Non vuoi uccidermi, vero?»
Gabriel sembrava vagamente terrorizzato dall'idea, ma lei non ci diede peso, scuotendo leggermente la testa.
«Credo di doverti delle scuse, piuttosto della morte.» tirò fuori in un sospiro.
«Non è solo colpa tua se abbiamo smesso di sentirci, certo, eri te che rispondevi a una chiamata su un milione per dirmi "ci sentiamo dopo" ma tra i due sono io quella testarda che prova e riprova finchè non ci riesce, no?» chiarì, per le sopracciglie alzate di Gabriel, che ora aveva un'aria vagamente stupid- stupita.
Al posto di "no, è colpa mia, bla bla bla, scusa", Aisha si trovò, come arguta risposta, una risata quasi isterica e dovette -ancora- sopprimere i quasi sopiti istinti omicidi, con un grosso respiro, con il quale Gabriel (finalmente) finì di ridere.
«Scusa, mi aspettavo un violino in faccia, o qualcosa del genere, e sinceramente non mi dispiacciono le tue scuse, anche se non saresti te quella che deve farle, perchè beh, è veramente colpa mia, cioè, colpa di mio padre, più che altro.»
«Vuoi spiegarti o il violino lo vuoi in faccia sul serio?»
Gabriel soppresse l'ennesima risata (Aisha non sarebbe stata capace di rompere volontariamente il suo violino, ma era pericolosamente vicina ad una solida sedia di legno scuro).
«Non so se ti hanno raccontato quello che è successo negli ultimi tempi, ehm, la questione di Valentine e il Circolo, hai presente?»
«Grazie al cielo sì, anche volendo non saresti capace di spiegarmela meglio di Alec, nel senso, senza risate isteriche o altro.»
Gabriel represse un moto di stizza per il confronto, e ricominciò a parlare, quasi lei non avesse detto niente.
«Mio padre ha fatto parte del Circolo, cioè, stava per essere ammesso ufficialmente, ma mia... Mia mamma non era convinta, quasi l'obbligò a lasciar perdere.»
«Ma aveva amici nel Circolo, amici che ha perso nel tempo o nelle battaglie; quando Valentine aveva iniziato a riorganizzarsi, mio padre aveva subodorato qualcosa e, soprattutto nell'ultimo periodo, cioè, prima della caduta di Valentine, intendo, mi aveva pregato di non sentirmi troppo con te, per, sì, per proteggervi, io... Mi dispiace tantissimo, Sha.»
Tutt'e due non avevano spostato lo sguardo dalla tastiera del pianoforte, ed entrambi non sapevano a quale perdita il "mi dispiace tantissimo" si riferiva, a quella dell'amico o a quella della famiglia.
A tutt'e due, sospettava Aisha. Sospirò, le dita sottili che torturavano un ciuffo sfuggito alla crocchia disordinata nella quale aveva raccolto i lunghi capelli.
«Dispiace anche a me, Gabbe, dispiace anche a me.»















Angolo "autrice"
Ehilà!
...
C'èancora qualcuno?
Okay, scusate il ritardo e ringraziate che sto male e che quindi ho tempo per pubblicare (anche se ho un mal di testa che mi sta uccidendo lentamente. <3)
Quindi, ta-dà!
Adoro Aisha in questo capitolo, mostra tutta la sua incoerenza (di cui io sono responsabile lol. Insomma, Aisha è una versione faiga della persona che vorrei essere, ci dovremmo assomigliare un po', no?)
Ringrazio tantissimo la Fla, che mi ha aiutato un sacco negli spezzoni Sizzy, visto che Isabelle per me è un mistero, quindi grazie :D
Grazie anche a dubhe01 che ha recensito (e a cui risponderò subito) e a Killapikkoletta e a arualleo per aver aggiunta la storia alle seguite, grazie di cuore.
Non ho la più pallida idea di quando aggiornerò, la scuola mi sta uccidendo, sto male e iniziano le vacanze e forse quest'anno vado veramente (!) in vacanza!
Quindi, non vi prometto niente.
Grazie ancora, mi farebbe veramente piacere un parere in più (no, non riesco mai a ispirare recensioni, sono negata)
Spero a presto!
-S.

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Capitolo 7
*** Capitolo 6. ***




«In piedi, su!»
Aisha si arrotolò meglio nell'ammasso di lenzuola e coperte che la ricoprivano, borbottando qualcosa d'incomprensibile a oreccchio umano.
«Non ho mai incontrato una persona più dormigliona di te, dai!» sbuffò Clary, iniziando a tirare le coperte, cercando di scrollare la ragazza.
«Che... Ore... Sciono...?»
«Le sette e mezza.»
«Che coosa?!»
Aisha saltò su, cercando di liberarsi dal bozzolo di coperte e rischiando di cadere a faccia in giù sul pavimento, il tutto continuando a guardare truce il viso della rossa.
Avrebbe potuto pure incutere timore, se non fosse stato per, nell'ordine: il pigiama giallo canarino che indossava; il precario equilibrio in cui si trovava e un'inguardabile massa di capelli arruffati ritti sulla testa.
Terrificante.
Così tanto che Clary le rise in faccia.
«È domenica, per tutti gli Dei e gli angeli del Paradiso!» Aisha alzò le braccia al soffitto, lasciandosi ricadere sul materasso, sentendosi in pieno diritto di esser melodrammatica - sfortunata conseguenza del traumatico risveglio.
Clary sbuffò, ritornando a scrollare la mezza italiana - l'altra metà ancora non aveva capito cos'era, un po' inglese, un po' asiatica.
«Jace vuole rivedere come tiri i coltelli, visto che oggi verrai a caccia con noi.»
Incredibilmente, Aisha non si lamentò, come aveva fatto sovente negli ultimi due mesi, del cosidetto Uomo Torcia.
Il che non aveva significato che era saltata giù dal letto arzilla, per quello c'erano volute alcune battutaccie di Gabriel in italiano, che si era fatto rincorrere per un paio di corridori, prima di ricordarle il bellissimo pigiama che aveva addosso.
A quel punto lei era tornata nella sua stanza sputando mezze minacce e improperi che «non sono adeguati nella bocca di una fanciulla», come le fece notare Magnus, seduto sul suo letto sfatto con un sorriso accondiscente.
«Bel pigiama, comunque.»
Aisha ringhiò tra i denti, indispettita, qualcosa che sembrava "lo brucierò, questo fottuto pigiama", chiudendosi in bagno e riemergendone mezz'ora dopo, i capelli umidi sciolti sulle spalle e dei vestiti decenti, ritrovando Magnus in stanza, sdraiato sulle lenzuola ora piegate.
«Oltre che per prendermi per il culo» la ragazza aveva deciso di non censurarsi per il resto della giornata, perchè , era scesa dalla sponda sbagliata del letto e quindi aveva tutto il diritto di esser nervosa per ragioni illogiche «sei venuto per fare cosa, scusa?»
«Per augurarti buona fortuna per la tua prima "missione" e assicurarmi che tu sia ancora viva, ovvio.»
Forse il nervosismo non era tanto illogico.

Cinque ore dopo, Aisha era di nuovo nella sua stanza con Clary, l'adrenalina che le scorreva nelle vene, mentre calcolava che trentasette minuti e quarantotto secondi prima aveva rimandato a calci un Eidolon, demone mutaforma, nel suo spazio d'universo dove non rompeva le scatole ad anima viva o morta che fosse. Uhm, forse il resto degli esseri che condividevano lo spazio con quegli Eidolon non sarebbero stati contenti, quei demoni non avevano l'aria di essere così simpatici...
Aisha smise di pensarci quando Gabriel entrò nella stanza - senza bussare - arrufandosi i capelli e andandosi a sedere, o meglio, stravaccandosi sulla sedia della scrivania - senza chiedere il permesso, ovvio - sorridendo alle due gioviale e prendendo poi un'aria che doveva essere seria ma in realtà era molto stupida.
«Si sente soddisfatta, signorina Harris, di aver rimandato tre bestiacce al loro posto?»
Aisha fece mostra di uno dei suoi sorrisi più belli.
«Lo sarei di più se avessi tolto di mezzo la tua presenza.»
Clary giurò di non aver riso mai così tanto.








Angolo "autrice".
Sono le 01:26 di notte secondo il mio cellullare, perchè , sto pubblicando con il cellullare aggiungendo HTML a mano, quindi perdonatemi se ci sono alcune sviste, correggerò quando avrò un computer sottomano, possibilmente quando fuori dalla finestra il cielo è azzurro e al posto della luna c'è il sole. Ahahahah.
Ho pubblicato!
Damn, I'm proud of me.
Nope, lol.
Passando a cose più interessanti(?) dedico il capitolo ad Alyx, perchè non vedo modo migliore di scusarmi se non le ho risposto e i sensi di colpa mi stanno corrodendo. Love ya. <3
Passando ai ringtaziamenti, grazie a rosewhite, Alyx, dubhe01 per le recensioni al capitolo scorso (TRE in un capitolo solo, cieh, wow. *-*).
Grazie alle nove persone che seguono questa storia (appena ho il computer, lo giuro, inserisco i nick) e alle quattro che la preferiscono (stessa cosa, appena ho il computer, giuro!) e, the last but not the least, grazie alla mia beta, Fla. <3
Non so, forse ho dimenticato qualcosa, perdonatemi, è che è tardi! Ahahah
Grazie a tutti,
-S.

ps. = il capitolo è di passaggio, lo so, solo... Tenete a mente l'amicizia fra Aisha e Clary e Aisha e Gabriel, niente spoiler, ma tenetelo a mente. Sparisco! Alla prossima!




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Capitolo 8
*** Chiedo venia. ***


Ebbeeeene sì. Torno dopo mesi con un avviso.
Partiamo prima con l'avviso, dopo le scuse e i pomodori marci che vi offro da tirarmi, perchè sì, I deserve it.
Innanzitutto, mi scuso (non sono brava a seguire l'ordine di nessun tipo di lista) non sapete quanto io sia dispiaciuta, ma!, un nuovo capitolo è quasi concluso, e spero di pubblicare presto.
Ora, i pomodori!
Non potete immaginare quanto mi schifi da sola, cwc.


Vi saluto (sempre che ci sia qualcuno che stia leggendo, T-T.)
E... Alla prossima?
-S.

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Capitolo 9
*** . ***


Ho pensato a lungo cosa scrivere per informarvi che questa fanfiction non vedrà fine e non ne ho cavato un ragno dal buco, ma piuttosto che farvi aspettare ancora inutilmente - sempre che stiate aspettando un aggiornamento, cosa di cui dubito - beh, ve lo scrivo.
Avevo pianificato a grandi linee lo svolgimento della storia, ma in seguito di contrattempi e mancanza di ispirazione non sono riuscita a scriverli, in più il mio computer mi ha tradito e ho perso un capitolo e mezzo, e ci avevo impiegato tantissimo tempo a stilarli...
So che sono ragioni pessime, ma sono le mie ragioni.

Grazie per avermi sostenuto con le belle recensioni, spero di tornare a pubblicare al più presto storie complete su questo sito, ehm...


-S.

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