Attrazione fatale.

di InWonderland__
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Vicini dal passato. ***
Capitolo 2: *** Un ragazzaccio non è per sempre. ***
Capitolo 3: *** Occasioni. ***
Capitolo 4: *** Masochista. ***
Capitolo 5: *** Giocare col fuoco. ***



Capitolo 1
*** Vicini dal passato. ***


- Chiudi la bocca, Aria. E' Jason DiLaurentis, ricordi?
Hanna mi riporta bruscamente alla realtà con poche, semplici parole. Mi volto a guardarla, con la mia maschera colpevole. Beccata, Aria. Da quant'è che non gli tolgo gli occhi di dosso? Eppure, Jason è così cambiato, così diverso dal ragazzo che ricordo. Possono biasimarmi per esserne tanto stupita? E' sempre stato uno di quei tipi che difficilmente passano inosservati, e noto con piacere che, almeno in questo, è rimasto tale e quale ad allora. Colgo le occhiate delle altre e noto che tradiscono desiderio nei confronti del fratello della nostra migliore amica scomparsa quanto me, seppur inconsciamente. Biondissimo come la sorella, le ciocche dorate sistemate dietro un orecchio, è il ritratto di Alison. Gli stessi occhi azzurro mare, alto come lei, statuario. Di Jason mi è rimasto impresso il fatto che non sorridesse mai. Eppure, ora che i miei occhi si posano di nuovo sulla sua figura, mi sembra quasi di cogliere l'ombra di un sorriso sulle sue labbra sottili. Abbasso subito lo sguardo, imbarazzata. Ricordo l'ultima volta che lo vidi, prima che si trasferisse con i suoi, dopo la scomparsa di Alison. Stava salendo di malavoglia in macchina, e, prima di sbattere la portiera, si era fermato a guardarci da lontano, tutte e quattro. Difficile scordare uno sguardo che traspare disprezzo quanto quello. Io, Spencer, Emily ed Hanna eravamo rimaste a guardare da lontano la familiare dei DeLaurentis sparire dietro l'angolo, e allontanarsi, così, da Rosewood. Fino ad oggi. 
Ma questo Jason non è il Jason che tutte noi ricordiamo. Riesco a percepire un cambiamento, anche se mi è lontano metri su metri. Si cacciava sempre nei guai, era uno di quelli con la bottiglia di vodka in una mano e lo spinello nell'altra. Ora, le sue mani sono occupate a stringere un pennello e un secchio di pittura. Sta riverniciando la facciata di casa DiLaurentis, per riportarla all'antico splendore.
- Da quando in qua Jason si dà ai lavori di casa? Dite che fa anche il decoupage? - dice Hanna, il solito sarcasmo pungente nella voce angelica.
- Probabilmente dovremmo andare a salutarlo, no? - si aggiunge Emily, interrompendo il flusso ininterrotto dei miei pensieri. Mi volto a guardare le mie amiche, giusto in tempo per vedere la temeraria Spencer dare l'okay con un cenno della testa. Seguo le mie amiche, robotica, le gambe si muovono da sole mentre lasciamo il portico di casa Hastings e attraversiamo il giardino di casa DiLaurentis. Qualcosa nell'espressione di Jason mi rivela che tutto quel tempo non aveva fatto altro che aspettarci. Aveva previsto la nostra mossa. Ci saluta cordialmente, esibendo un sorriso sin troppo largo. Potrei quasi credere che sia contento di vederci, ma non ne avrebbe motivo. I suoi occhi si soffermano più del dovuto su di me, e la cosa non passa inosservata a nessuno. Mi sento avvampare. 
Sento Hanna tossire, al mio fianco, prima di sentirla buttare lì a caso "Una bella riverniciata, eh?". Emily non si risparmia un'occhiataccia, Hanna si mordicchia nervosamente le labbra ripassate di gloss.
Spencer le viene in aiuto e accenna un sorriso di scuse a Jason, prima di sussurrare "Ci manca uscire di casa la mattina, guardare da questa parte e vedere Alison correrci incontro.". 
Jason non reagisce alle parole di Spence, ma i suoi occhi tradiscono amarezza. Alison deve mancargli molto. Non sono mai stati molto legati, anzi, dire che si odiavano è dir poco. Ma, nonostante tutto, nessuno, meglio di noi, può capire come si senta. Alison è con noi tutti i giorni, da allora. 
 L'imbarazzo aleggia ormai nell'aria da un pezzo quando schiude le labbra per parlare, gli occhi di nuovo posati su di me. 
- Spero non vi dispiacerà vedere me in giro, da ora in poi. - risponde alla fine, con un sorriso che la dice lunga sulle reali ragioni per cui è tornato a Rosewood. 
- Ti trasferisci con la tua famiglia? - domanda ancora Spencer, incrociando le braccia sul petto. 
Lui scuote la testa e abbassa un istante gli occhi, prima di mormorare "No, sono solo. I miei sono molto impegnati e a me non dispiace tornare qui. E' vero, ci sono tanti brutti ricordi a tenermi inchiodato in questa casa, ma .. c'è anche qualcosa di bello, e certe cose non cambiano.". Eccolo, di nuovo, il suo sguardo mi trapassa da parte a parte. Era un'allusione? Non posso fare a meno di chiedermi a che gioco stia giocando. Il vecchio Jason non era tipo da guardarci insistentemente come lui sta facendo adesso con me. Non che la cosa mi dispiaccia, ma cos'è successo al ragazzo che ci odiava? Era uno spaccone, se la faceva con quelli della Hollis e snobbava tutte le amiche della sorella, ma il ragazzo che ho davanti è solo il pallido riflesso del ragazzaccio che tutta Rosewood ricorda. Ora è un ragazzo perbene, dedito alla casa e alla famiglia. Mi domando se sia fidanzato, mentre la conversazione tra Spencer e Jason va avanti, lasciando fuori me e le altre e permettendomi di estraniarmi il più possibile. 
Lo osservo in controluce, i suoi occhi sembrano trasparenti. Mentre flette il braccio per dare una pennellata al cornicione, la manica della sua t-shirt bianca si solleva, esponendo il suo muscolo marmoreo .. 
Hanna mi pizzica un braccio. Mi volto di scatto a fissarla e colgo la sua occhiata esasperata. 
- Uh, cosa? - mormoro, cercando gli occhi e il sostengo di Spencer, l'unica che non mi farà cadere dalla padella alla brace. O almeno, spero.
- Eri un pò distratta, per caso? Ti ho appena chiesto come vanno le cose a casa, Aria. - sussurra Jason, e la sua voce mi coglie inaspettata. Il suo tono caldo, quello strano sorriso cordiale in bella mostra. 
Mi vorrei mordere la lingua, prima di rispondere "Oh, sì! Certo, tutto bene a casa Montgomery! Benissimo ..". Provo a sorridere, pessimo tentativo. Mi sento una stupida. 
- Bene ..! Io direi che possiamo anche tornare a studiare, no? Domani verifica di letteratura! - esordisce Spencer, prima di prendermi per un polso e guidarmi dietro di lei. 
- Ci vediamo in giro, ragazze. - saluta Jason, ormai alle nostre spalle. Mi volto solo un istante, e in lontananza colgo ancora il suo sguardo fisso di me, ed anche qualcos'altro. Cos'è quella smorfia divertita? 
- Qualcuno ha fatto colpo. - mi rimbecca Hanna, mentre risaliamo il portico di casa Hastings. 
Mi sento punta nel vivo, mentre mi volto a guardarla. Alzo un sopracciglio e mormoro a denti stretti "Non so di cosa tu stia parlando.". 
- Come no! - esclama Spence, prima di entrare in casa. Mi fermo un attimo prima di seguire le altre in casa. Mi auguro che Jason non sia ancora lì, prima di voltarmi per la seconda volta in direzione di casa sua.
Lui è ancora lì. 

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Capitolo 2
*** Un ragazzaccio non è per sempre. ***


- Come ci si sente ad essere guardate a quel modo da Jason DiLaurentis?
Alzo lo sguardo, distratta dalle parole di Emily. Vorrei non essere così trasparente, ma basta sentire pronunciare il suo nome, e un sorriso spontaneo si fa spazio sulle mie labbra. Subito mi mordo imbarazzata il labbro inferiore, sperando che quel sorriso sia sfuggito alle ragazze, e ritorno con gli occhi agli appunti sulla Guerra d'Indipendenza. Intanto, al mio fianco, Spencer si sposta più vicina al mio orecchio."La piccola Aria ha un grande potenziale, mhm?" mi fa, e le ragazze ridono sommessamente, trascinando anche me nel vortice delle risate. Singhiozzo ancora quando, gesticolando, mi alzo a sedere sul letto e dico loro col tono più innocente del mio repertorio "Certo, come no. Ragazze, è Jason. Quel Jason.". Ho sbagliato a puntualizzare, perchè ecco subito Hanna intervenire, esasperata.  
- Quel Jason? Aria, vuoi scherzare? - sbotta Hanna, chiudendo con uno scatto secco il tomo di letteratura e sedendosi con le gambe incrociate sul letto, proprio davanti a me. - Aveva una polo, mi spiego? Non una maglietta grigia, slabbrata e macchiata di birra scadente. Non venirmi a dire che è ancora il ragazzo che conoscevamo, perchè non ne vedo neanche l'ombra. E, ehi, non provare a dire che non hai una cotta per lui dalle medie. Non ti crede nessuno. 
- Se fosse stato davvero il ragazzo di un anno fa, ci avrebbe tirato qualcosa dietro. Su questo non posso darle torto. - si aggrega Spencer, senza spostare gli occhi dalla pagina. 
Ci rifletto in silenzio, giocherellando con la matita. Hanna non ha tutti i torti, in effetti. E' un altro Jason, e questo Jason mi piace molto di più. E ..  forse io piaccio a lui, è mai possibile?
- In ogni caso, non presterebbe mai attenzione ad una come me. - concludo, sbuffando indispettita e riponendo la matita nell'astuccio. 
- Tu dici? Prima non stava flirtando con lo sguardo con me. - punzecchia Hanna.
Mi volto a guardarla e mormoro "Come fai ad essere così superficiale? E' maturato, Hanna. Ha perso sua sorella, la sua famiglia si è trasferita, ha vissuto una tragedia di dimensioni esorbitanti. Non ha posto nella sua vita per uno stupido flirt con una stupida amichetta della sorella.".
- Alison non approverebbe mai. Erano cane e gatto, ricordate? - si aggiunge Ems, ma io fingo di non sentirle neanche, mentre ripongo il libro e l'astuccio dentro la tracolla. 
- Vai già? - mi domanda Spence, ed io, in risposta, guardo fuori dalla finestra. E' il crepuscolo.
- Sì, i miei mi aspettano per cena. - dico con un sorriso, prima di scivolare giù dal letto principesco di Spencer Hastings e andare in direzione della porta. 
- Tutte pronte ad essere rimandate in letteratura? - esordisco, prima di uscire dalla stanza.
"Studia e non lasciarti distrarre dai bicipiti di Jason! Tieniti lontana dalla finestra!" sento Hanna urlare dal corridoio, e rido piano scendendo le scale.
Esco dalla porta sul retro. Il giardino è immerso nel buio, il sole è tramontato ormai da un pezzo. Tira una leggera brezza primaverile, mentre i miei piedi mi portano sulla strada di casa DiLaurentis. Potrebbe sembrare premeditato, ma dovrei passare di là in ogni caso per andare a casa mia. Mi auguro di non dover incontrare Jason, ma sperare non basta. Jason DiLaurentis è seduto sull'ultimo gradino del portico, una gamba allungata, un libriccino tra le mani. Sono in preda al panico, mentre penso a un modo per sgattaiolare via senza attirare la sua attenzione. Ma è troppo tardi. Una foglia scricchiola sotto il mio piede destro, schiacciata dal mio peso, e i suoi occhi si alzano sulla mia figura ferma su un piede. E' imbarazzante. Decido di sorridere, sperando con tutto il cuore che non mi prenda per una stupida. 
- Aria, sei tu. - dice, chiudendo il libro con uno scatto e alzandosi in piedi. 
Lo guardo senza parlare mentre mi si fa più vicino. Giocherello con la cinghia della borsa e deglutisco piano, prima di dire "Sì, non volevo disturbare la tua lettura. Ora devo andare a casa ... A presto, Jason.". 
Riprendo in fretta il mio cammino senza guardarmi indietro, ma sento di nuovo la sua voce. Dice "Mi chiedevo se ti andasse di prendere un caffè con me, in realtà.", ed io mi mordo piano il labbro inferiore. Mi volto con un sorriso decisamente colpevole e mormoro "Ahm ... i miei mi aspettano, stasera dovremmo cenare tutti insieme e succede raramente, quindi ...". Rimaniamo a guardarci in silenzio. Lui ha quel mezzo sorriso del pomeriggio, i capelli pettinati all'indietro. Si è cambiato, adesso ha una polo celeste e un paio di jeans lindi e puliti. Sono distratta dalle sue labbra che si assottigliano. Lo vedo avvicinarsi ancora di più. E' vicino, troppo vicino .. e il mio telefono squilla. E' mia madre. 
- Scusami ... - dico a Jason, prima rispondere al cellulare. Continuo a fissarlo mentre ascolto mia madre parlare velocissimo al telefono. Mio padre ritarderà di almeno un'ora. 
- A dopo, mamma. - le dico, senza aspettare che riattacchi. Dopo ripongo il cellulare nella tasca anteriore dei jean, e sollevo di nuovo lo sguardo. Jason mi fissa con aria interrogativa. "Uhm, l'invito è ancora valido? Mio padre farà tardi, quindi ..." sussurro, scrollando piano le spalle.
- Vieni. - dice, interrompendomi e tendendomi subito una mano. M'imbarazza farmi guidare da lui, conosco la casa a memoria, ma non mi disturba la sensazione delle nostre dita intrecciate, quando gli prendo la mano. Oltrepassiamo la soglia insieme. Inizialmente mi guardo intorno, confusa. La casa è così diversa da come ricordavo. Una foto di Alison e noi quattro è appesa alla parete. Mi fermo a guardarla con un sorriso triste.
- E' passata un'eternità. Perchè il tempo rovina tutte le cose belle? - sussurro tra me e me, quasi senza accorgermene.
- Tu sei sempre la stessa, però. - lo sento dire. Quando mi volto, Jason è già entrato in cucina."Cosa vuole da me Jason DiLaurentis?", mi domando, mentre lo seguo, infilando le mani nelle tasche della minigonna. "Che vuoi dire?", chiedo, prendendo posto su una delle tre sedie intorno al tavolo di noce. Mi tornano in mente tutte le merende con Alison, e la musica rumorosa che usciva dalla camera di Jackson, al piano di sopra ...
 Jason armeggia con la caffettiera, prima di alzare gli occhi e sussurrare in risposta "Che non tutte le belle cose si rovinano col tempo.". 
La sua risposta mi coglie impreparata. L'intensità del suo sguardo mi mette a disagio. Arrossisco, distolgo subito lo sguardo dal suo. Questo caffè sarà bollente, lo so già. 

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Capitolo 3
*** Occasioni. ***


Dopo aver messo la caffettiera sul fuoco, Jason prene posto sulla sedia al mio fianco. Allunga le gambe sul pavimento e incrocia le braccia sul petto, fissandomi con un'espressione intensa, senza proferire parola per diversi secondi. Mi mordo l'interno della guancia e mi stringo nelle spalle, lanciando un'occhiata fuori dalla finestra. Mi chiedo se le ragazze mi abbiano vista entrare in casa sua. Avrei fatto meglio a rimanere ancora a casa di Spencer, non mi troverei in questa situazione al contempo strana e alquanto imbarazzante. 
- Allora, cos'è cambiato in questi mesi? - domanda, dopo un pò.
Alzo lo sguardo su di lui, grata che abbia finalmente rotto il ghiaccio. Allargo un sorriso e mi passo nervosamente una mano tra le ciocche che mi ricadono su una spalla, prima di rispondere. "Non molto, Rosewood non cambia mai. Qui non succede mai nulla di nuovo." mormoro, anche se devo ammettere che il mio primo impulso è stato di rispondergli che l'unica cosa cambiata a Rosewood da un anno a questa parte, è proprio lui.
Jason annuisce in tutta risposta, prima di concentrarsi su un punto indefinito dietro le mie spalle e mormorare con un'espressione grave sul viso "Devo ammettere che ho odiato questo posto talmente a lungo, che ora tornarci di mia spontanea volontà sembra davvero una barzelletta.". Ovviamente so a cosa allude. E' sempre stato uno davvero fuori posto, in questa piccola cittadina di provincia. 
- E com'è il mondo fuori di qui? - domando con un mezzo sorriso, piegando leggermente la testa di lato. Vedo Jason rilassarsi, mentre segue il mio movimento con gli occhi. Si raddrizza con la schiena e giocherella con la cinghia della mia tracolla, mentre scuotendo piano le spalle sussurra semplicemente "E' il mondo.". Lo osservo in silenzio, quasi pensando che sia addirittura poetico. Come ha fatto a cambiare tanto radicalmente?  Può sembrare una mossa stupida, ma decido di chiederglielo. E sto proprio per farlo, quando la macchinetta inizia a rumoreggiare, avvisandoci che il nostro caffè è pronto. Jason se la prende comoda, ha intuito che stessi per domandargli qualcosa, ed ancora non si alza dalla sedia. Il caffè è ormai sul punto di traboccare dalla caffettiera, quando Jason spegne il fornello. Lo osservo di spalle, sospirando con aria distratta. La maglietta gli fascia alla perfezione le spalle larghe, scoprendo leggermente i muscoli, che si intravedono soltanto ... La sua voce mi riporta di nuovo alla realtà, distraendomi. Mi ha appena domandato come mai me ne sto zitta. Cerco qualcosa di intelligente da dire, ma quando mi porta il caffè dentro la tazzina, riesco solo a ringraziarlo con un sorriso. Lui mi fissa ancora in silenzio, prima di appoggiarsi al frigorifero con le spalle. Mi sento osservata e mando giù velocemente il caffè caldo, scottandomi la lingua e strizzando piano gli occhi. Quando alzo gli occhi, Jason sta mandando giù il suo con lentezza mentre non mi toglie gli occhi di dosso. 
- Perchè mi guardi così? - domando, posando la tazzina sul vassoio al centro del tavolo, prima di voltarmi interamente nella sua direzione. Lo vedo farsi pensieroso un istante, prima di posare la tazzina sul ripiano della cucina. Scuote le spalle, le labbra si assottigliano in un sorriso diventato sin troppo familiare. 
- Perchè sei cresciuta, Aria Montgomery. - è la sua risposta. Rimango spiazzata, mentre Jason fa un passo verso di me. Mi sento avvampare e riprendo a giocare con la zip della mia borsa, abbassando gli occhi. Sussurro "Che vuoi dire? Che non sono più una bambina? Non lo ero neppure un anno fa, Jason.". 
- Hai ragione, ma un anno fa ero troppo cieco. Mi accorgo solo ora di aver perso un'occasione preziosa. - sussurra, ormai a un passo da me. Quando sollevo lo sguardo, Jason DiLaurentis mi sovrasta, le mani infilate nella tasche dei jeans. 
- Che intendi? - domando, mentre mi aggrappo alla cinghia della tracolla, quasi avessi bisogno di un sostegno per poter continuare questa conversazione scomoda.
- Intendo dire che se fossi stato allora ciò che sono adesso, non avrei sprecato come un cretino l'occasione di averti così vicina. Eri amica di Alison, credevo fossi come lei. Ali non era come te, tu sei un'altra cosa.- dice, sbattendo piano le ciglia bionde, mentre i nostri occhi ancora si incrociano. 
Non so come reagire alle sue parole. Do un'occhiata fuori dalla finestra e mi accorgo che il tempo deve essere passato in un soffio. E' buio pesto. Subito, balzo in piedi e mi passo la tracolla intorno al collo. Jason rimane lì dov'è, a pochi centimetri da me. I nostri visi sono decisamente troppo vicini, sento il terreno mancarmi sotto i piedi e faccio un passo indietro.  Urto una sedia con il ginocchio e mi sento arrossire fino all'ultimo capello, mentre con un mezzo sorriso mormoro "E' tardi, adesso è meglio che vada.". Lui non risponde, ma mi affianca, mentre imbocco veloce il corridoio. All'ingresso, tiro un sospiro. Mi volto a fissarlo, voglio ringraziarlo per il pomeriggio piacevole. E' stato un piacere stare con lui. No, invece .. è stata un'agonia. Apro la bocca per parlare ... e le nostre labbra si uniscono così, dal nulla. Prima di socchiudere gli occhi, ho appena il tempo di pensare "Sto baciando Jason DiLaurentis.".

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Capitolo 4
*** Masochista. ***


Il tocco delle sue labbra sulle mie è leggero, appena palpabile. Sa di pesca. "Ma cosa sto facendo?" sento la mia voce risuonarmi in testa, e mi allontano con uno scatto dal suo viso. Mi prendo la testa tra le mani e la scuoto ripetutamente, mormorando tra me e me "Che cos'hai fatto?", mentre mi volto, fino a dargli le spalle. Jason allunga una mano, le sue dita mi accarezzano piano una spalla, ma io continuo a dargli le spalle. Guardo fuori, il giardino illuminato, la strada, la luna alta in cielo. E' tardi, troppo tardi. Dovrei essere a casa da un pezzo.
- Devo andare. - dico, il tono duro, l'espressione tirata. 
- Lo so. - risponde, e la sua durezza mi colpisce come un pugno in pieno stomaco. 
Allora è così, per lui era tutto un giochetto. Ora che mi ha baciata, potrà fregarsene allegramente delle conseguenze.
- Non dovevi baciarmi. - dico, prima di aprire la porta e mettere un piede sul portico. 
- Non dovevi rispondere al bacio, se non ti andava. Cos'è? Hai paura del parere di Alison? Lei non è qui, ora. - ribatte, costringendomi a voltarmi. Incredibile a dirsi, ma Jason sta sorridendo. Un sorrisetto beffardo, soddisfatto. 
- Non sei cambiato per niente, non è così? Hai solo finto, per tutto il tmepo. Credevo di aver visto qualcosa di diverso in te. Eppure ..No, Alison aveva ragione ad odiarti. - dico, quasi senza pensarci.
I suoi occhi si riempiono di odio, quando pronuncio quelle parole. La sua espressione si indurisce, le mani si chiudono a pugno. Noto l'effetto che gli fanno le mie parole, e rincaro la dose.
- Allora? Che c'è? Non reagisci? - lo provoco, perchè poco mi importa se perderà il controllo. Che lo perda pure, lo faccio sparire da Rosewood in mezz'ora se osa solo muovere un dito su di me.
Ma Jason fa qualcosa di inaspettato. Rilassa la mascella, tira un sospiro, i suoi occhi sono più tranquilli. Cosa vuole dimostrarmi? Che ci ho visto male? Che è davvero una persona diversa da quella che ricordo io? Chi vuole prendere in giro?
Continuo ad aspettare, ma no, non reagisce. Allora, reagisco io, anche per lui. Alzo una mano e gli pianto uno schiaffo in pieno viso, prima di massaggiarmi le nocche ed abbassare gli occhi. Sento ancora lo scroscio dello schiaffo che gli ho dato nelle orecchie, gli occhi mi si riempiono di lacrime e li abbasso. Non volevo farlo, non so quello che sto facendo. La colpa è tutta sua. E' fuori posto, qui a Rosewood. Non è qui che dovrebbe trovarsi ora. 
Alzo lo sguardo, lo vedo farsi più vicino. Alzo ancora la mano, in un riflesso quasi involontario, per colpirlo ancora. Non voglio che mi si avvicini. Stavolta, però, la sua mano mi circonda il polso con forza. Faccio una smorfia di dolore, una lacrima mi scivola giù per la guancia, mentre sono costretta ad abbassare la mano. Jason, allora, allenta la stretta, senza però lasciarmi. Fa scivolare la mano fino a stringere la mia, le nostre fronti si toccano, ormai. Deve piegarsi un pò per farlo, sono così piccola di statura, rispetto a lui. 
- Non puoi farmi del male, io non te lo permetterò. - sussurro, a pochi centimetri dalle sue labbra. Come se servisse. Lo dico solo per autoconvincermi. So già che mi farà del male.
Sento il suo fiato sulle labbra, e il fatto di averlo ancora una volta così vicino mi disorienta. Ho ancora il suo sapore tra le labbra, me le mordo. E' come se volessi mandarlo via con tutte le mie forze, ma ci fosse qualcosa che me lo impedisce. E questo qualcosa è più forte del resto. Lo guardo negli occhi, mentre i nostri nasi arrivano a sfiorarsi.
- E' l'ultima cosa che voglio, farti male. - mormora, mentre le nostre labbra si toccano, ormai.
- Cosa vuoi da me, Jason? - ripeto, sentendo gli occhi lucidi. Le sue mani arrivano ad accarezzarmi il viso, mi asciugano le lacrime. Lo vedo piegarsi sul mio viso, sento le sue labbra sulle mie, con forza. 
- Io voglio te. 
Mi prende piano il labbro inferiore tra i denti, lo tira piano, ma non sento dolore. Non più. Con le mani, vado a circondargli il collo, mentre mi trascina di nuovo in casa, e la porta si chiude con uno scatto alle nostre spalle. 

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Capitolo 5
*** Giocare col fuoco. ***


Mi lascio guidare di nuovo dentro casa dalle sue braccia. Finisco con le spalle al muro, mi manca il respiro. Sento il cuore battermi impazzito contro la cassa toracica. Non mi disturba averlo così vicino, non più. Lascio che le nostre labbra si sfiorino ancora, che le nostre lingue si intreccino. Porto una mano tra i suoi capelli e li tiro piano, involontariamente, mentre sento le sue mani circondarmi il bacino. Mi solleva con facilità, si porta le mie gambe intorno ai fianchi per tenermi in equilibrio contro il muro. Trattengo un sorriso imbarazzato, ripensando all'ultima volta in cui mi è successa una cosa simile con un ragazzo, troppo tempo fa. Non ricordo più come ci si comporti in queste situazioni, sono arruginita. Lascio che lui mi accarezzi, non mi sottraggo alle sue attenzioni. Non ho più paura di Jason, adesso. Sento le sue labbra posarsi timidamente sull'incavo del mio collo, lasciare una scia di baci che mi fanno rizzare i peli sulle braccia. Lo stringo con tutta la forza che sento di avere, non vorrei mai che sparisse proprio adesso. Non so cosa stiamo facendo, e di sicuro ce ne pentiremo a mente lucida. Ma adesso non voglio pensare alle conseguenze.
- Alison non approverebbe, lo sai? - gli sussurro all'orecchio, mentre le sue mani risalgono sotto la mia maglietta, accarezzandomi i fianchi.
Jason alza lo sguardo, colpito da quelle parole. Non riesco a decifrare la sua espressione, e adesso vorrei non aver mai parlato. 
- Alison non è qui, ora. Qui, ci siamo io e te. - mi sussurra. I nostri visi sono di nuovo vicini, poso la fronte sulla sua. Il suo sorriso mi tranquillizza, annuisco. Mi lascio sfilare la maglietta e cerco ancora le sue labbra. E' come una droga, come se non potessi farne a meno. Nel frattempo, porto le mani contro i bordi della sua maglietta. Voglio tirargliela via, lo voglio con tutta me stessa. Lui se ne accorge, accenna una risata e mi prende in braccio, senza alcun imbarazzo. Mi porta fino alla sua camera da letto e mi fa sdraiare, prima di prendere posto al mio fianco. Guardo il soffitto, ripensando a tutte le volte che ci ha sbattuto la porta in faccia, a me e alle altre. Nessuna di noi ha mai avuto il privilegio di entrare qui dentro.
Posa una mano sul mio fianco nudo, costringendomi a voltarmi nella sua direzione.
- A cosa pensi? - chiede, posandomi una mano sul viso, accarezzandomi la mandibola con l'indice. 
- A ... niente. - dico, tirandolo per la maglietta e trattenendo un mezzo sorriso.
Jason si morde il labbro inferiore, stringendo le mani intorno al mio busto. Conosco quell'espressione beffarda, mi sta provocando. 
- Cos'è tutta questa fretta? - mi domanda, sfilandosi la maglia con rapidità, senza preavviso. Non si preoccupa minimamente dell'effetto che quel gesto potrebbe avere su di me. Per un attimo taccio, osservandolo in tutta la sua perfezione.
Stento davvero a credere che tutto questo stia succedendo a me. 
- Ho una cotta per te dalle medie. - dico. Mi è sfuggito, non intendevo dirlo davvero. Ho solo detto ciò che pensavo, per una volta. Proprio la volta in cui dovevo evitare di farlo, e tenere la bocca chiusa.
Mi aspetto che Jason mi rida in faccia, che torni sui suoi passi e mi cacci da casa sua, credendomi la solita ragazzina, l'amica della sorella che lo guarda ancora con gli occhi a cuoricino. Ancora una volta, sbaglio a prevedere la sua reazione.
Mi afferra per i fianchi e mi fa sedere sulle sue ginocchia. Mi guarda negli occhi senza parlare per diversi secondi, prima di mormorare "Lo so.". Mi sento arrossire fino all'ultima doppia punta e abbasso gli occhi.
- Cosa mi ha tradita? 
- Era il modo in cui mi guardavi. 
- Come se volessi correre a toglierti i vestiti di dosso? - chiedo ingenuamente, con un sorriso imbarazzato.
Jason scuote la testa, sta sorridendo.
- No, come se volessi salvarmi da me stesso.
Alzo gli occhi, lo guardo senza parlare, portando le mani sulle sue spalle larghe. Alla fine, ricambio il suo sorriso, ma non ho ancora superato l'imbarazzo del momento.
- Mi credevi proprio una stupida, vero?
- No, Aria. Ma io ero senza speranza, all'epoca. Non riuscivo a capire come potessi piacere ad una come te. Non abbiamo proprio niente in comune. 
Il suo tono è calmo, il suo sguardo serio, le sue dita mi sfiorano i fianchi. 
Scuoto piano le spalle e sussurro "Non sei quello che credi di essere, Jason. Sei stato sempre meglio di quello che davi a vedere.".
- Non sono quello che credi, non sono un bravo ragazzo. Mai stato. 
Dovrebbe smettere di guardarmi in quel modo. Mi distrae, mi imbarazza. 
Senza accorgermene, mi ritrovo di nuovo sdraiata, con lui addosso. 
- Sei sicura di voler giocare col fuoco? Potresti bruciarti. - sussurra, avvicinando di nuovo le labbra alle mie, guardandomi fisso. 
Ricambio il suo sguardo, per niente intimorita. 
- Le fiamme non mi spaventano. - dico, prima di riprendere a baciarlo con più foga di prima. 

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