69 Things That I Hate About You

di Liviuz
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Chapter 1 - Unbreakable ***
Capitolo 3: *** Chapter 2 - Tell Me A Lie ***
Capitolo 4: *** Chapter 3 - Voodoo Doll ***
Capitolo 5: *** Chapter 4 - Really Don't Care ***
Capitolo 6: *** Chapter 5 - Dumb ***
Capitolo 7: *** Chapter 6 - You're Not Sorry ***
Capitolo 8: *** Chapter 7 - Just Give Me A Reason ***
Capitolo 9: *** Chapter 8 - Unfriend You ***
Capitolo 10: *** Chapter 9 - Wonderful ***
Capitolo 11: *** Chapter 10 - Hate That I Love You ***
Capitolo 12: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***






Prologo
 
 
 
 
Essere la vicina di casa di Ashton Irwin non mi era mai sembrato così difficile come in quel momento. Sentii Lauren gridare felice, mentre Harry rincorreva Ashton in giardino. Perchè doveva tornare a casa proprio ora? Era la domanda che mi stava assillando da un'ora, cioè da quando Ashton aveva rimesso piede nella casa accanto. Erano appena iniziate le vacanze estive e io non avevo assolutamente niente da fare, se non fare la maratona completa dei film di Zac Efron, che per inciso adoravo. Lauren strillò ancora. Ne avevo davvero abbastanza, avevo bisogno di uscire dalla penombra della mia stanza e staccare gli occhi dal torso nudo di Zac.
- Mamma! Io esco! - urlai scendendo di volata le scale. Mia sorella Rachel se ne stava spalmata sul divano a giocare con wii.
- È uscita. - mi avvertì lei con voce atona. Mi stupivo che mia madre non avesse avuto un maschio invece che una femmina, eppure dicevano che Rachel fosse identica a me. Dove però vedessero le somiglianze, io ancora non lo capivo.
- Puoi avvertirla tu quando torna, allora? -
- Ti ricordo Chris, che siamo nel ventunesimo secolo. Sai, esistono degli apparecchi chiamati cellulari che compiono magie, come mandare messaggi a persone che non si trovano accanto a te e avvertirle che, per esempio, stai uscendo. - ribatté lei senza battere ciglio. Rimasi spiazzata qualche secondo prima di sbuffare. Davvero! Dove la vedete la somiglianza?
- Certo sorellina, allora io vado. - risposi uscendo. La luce del sole mi bruciò gli occhi, cosicchè dovetti aspettare qualche secondo per abituarmici. Inspirai a fondo. Non ricordavo qando fosse stata l'ultima volta che fossi uscita a fare un giro. L'ultimo anno delle superiori era stato un inferno e finalmente erano finiti anche gli esami. Stentavo ancora a crederci! Tirai fuori il cellulare e scrissi due righe a mia madre, in modo che quando fosse tornata a casa non avesse pensato che mi fossi buttata da qualche ponte a causa della lontananza da Jonathan, il mio migliore amico. Aveva deciso di scappare da Sydney quando aveva vinto una borsa di studio, e io non povevo non appoggiare la sua decisione, nonostante anch'io ne avessi vinta una. Ma per lui l'aria era troppo impregnata di veleno, da quando sua sorella era rimasta in carrozzina a causa di un incidente. La colpa non era certamente di John, ma sua sorella era come arretrata di qualche anno. Non faceva altro che commiserarsi e così lui era volato dritto a Los Angeles. Mi guardai attorno, prima che un getto di acqua gelida mi colpisse dritta in faccia. Sentii un dolore tremendo al fondo schiena.
- Harry! Cosa ti avevo detto riguardo al tubo per innaffiare I fiori?! - gridò qualcuno. Ora avevo nuovamente gli occhi che bruciavano. Imprecai ad alta voce, prima che un paio di braccia forti mi sollevassero da terra. Sbattei un paio di volte le palpebre, accorgendomi poi di aver i vestiti zuppi. Ringraziai Dio di non essermi messa in testa di truccarmi. - Oddio! Scusaci Micetta, Harry non aveva nessuno intenzione di bagnarti, solo che sei comparsa lì all'improvviso! -
Ashton Fletcher Irwin. Ecco chi mi stava rivolgendo la parola. Mi staccai dalla sua presa e lo guardai bene in faccia.
- Non volevi, eh? - sputai ironica, sorvolando la questione del soprannome. - Nessuno vuole mai farmi niente, finchè non spunti tu! -
Mi guardò qualche secondo con un ghigno stampato in volto, per poi scoppiarmi a ridere in faccia. Alzai gli occhi al cielo.
- Felice di rivedermi, Micetta? - chiese tra i suoi attacchi d'asma. Puntai le mani sui finchi e lo trucidai con lo sguardo.
- Ti sembro felice, Irwin? -
- Tutti sono venuti a trovarmi, solo tu mancavi, Micetta. -
La prima volta è forse una coincidenza. Le seconda forse è un riflesso. Ma la terza volta era per sfottermi.
- Non chiamarmi Micetta! - strepitai incavolata. Nessuno mi chiamava più così e tanto meno mi sarei fatta chiamare così da lui. La sua espressione si tramutò in sorpresa, ma per poco. Avevo passato tre mesi fantastici, ma putroppo tutto ha una fine, no?
- Ma è il tuo soprannome, almeno è quello che ho sentito da Michael. -
Alzai gli occhi al cielo. Michael Clifford alias Lanterna Verde, ora. Avevo avuto Michael, Luke e Calum come compagni di classe, finchè non avevano deciso di mollare tutto, e Michael aveva deciso di ossigenarsi i capelli. Calum nonostante fosse il migliore amico di Luke e Michael, non era male. Era il tipico ragazzo simpatico, ma che nei momenti opportuni sapeva chiudere la bocca, a differenza di altri. Avrei potuto anche ammettere di avere un debole per lui, ma nessuno me lo aveva mai chiesto.
- È un peccato che il vostro aereo non sia precipitato nel pacifico. Sarei venuta volentieri a trovarvi al vostro funerale. - ribattei lugubramente. Mi guardai nuovamente i vestiti fradici. I miei unici jeans! E ora cosa facevo? Fissai la facciata della casa dove vivevo. Non potevo più uscire. Non avevo altri pantaloni lunghi e di uscire con i pantaloncini, proprio non ne avevo voglia. I pantaloni delle tute me le aveva fregate tutte mia sorella e ora erano a lavare. La mia solita fortuna.
- Mia madre ha detto che hai vinto una borsa di studio. -
Lo guardai male. Non avevo proprio intenzione di fare una conversazione tra bravi vicini in quel momento.
- Non sono affari tuoi. -
- Volevo solo fare conversazione, scorbutica. - disse seguendomi verso la porta di casa. Allora, da dove iniziare? In diciotto anni della mia esistenza, avevo parlato sì e no una dozzina di volte con Ashton-Io-Mi-Credo-Il-Batterista-Più-Figo-Del-Mondo-Irwin, e quelle uniche volte avevano uno scopo ben preciso: lasciarmi dormire la notte, perchè quel idiota provava solo ed esclusivamente durante le ore notturne. Fortunatamente dopo la mia ultima sfuriata, Michael gli aveva proposto di entrare nel loro gruppo e io non avevo più avuto bisogno di rivolgergli la parola. Quindi, ora trovatemi la pecca nella sua “conversazione tra vicini”, qual era il suo secondo fine?
- Io non ho decisamente niente da chiederti, se non di toglierti dai piedi. -
Non gli lasciai il tempo di ribattere, che gli sbattei la porta in faccia.
 
Silenzio. Musica per le mie orecchie.
- Christine?! Sei pronta? - sbottò mia sorella spalancando la porta della mia stanza. La fissai per qualche secondo, prima di spostare lo sguardo sulla montagna di vestiti sparsi sul letto. Era curioso che Rachel mostrasse un interesse fuori dall'ordinario per una festa in spiaggia, quando niente normalmente riusciva a smuoverla da davanti lo schermo della televisione.
- Non ho niente da mettermi. - risposi annoiata. Ancora non capivo cosa ci fosse di speciale in quella festa, anche se non ero molto convinta di volerlo sapere.
- Jeans e maglietta, mi sembra ovvio. - disse tirando fuori una maglietta con stampato sopra il logo di Batman. - Dove sono i tuoi Jeans? - chiese poi cercando nella massa di vestiti. Sospirai seccata.
- A lavare. -
- A lavare? - chiese Rachel sorpresa.
- A lavare. - affermai nuovamente. Guardò l'armadio e poi me. Sapevo cosa le stesse passando per la testa.
- No. Io non mi metterò dei dannatissimi pantaloncini, Ray. -
La vidi supplicarmi con lo sguardo. - Nessuno vedrà le tue gambe, Chris! E' quasi buio e quando arriveremo in spiaggia nessuno noterà niente. -
Annuii.
 
Invece dei pantaloncini, avevo optato per una gonna lunga che mia sorella aveva trovato in fondo al suo armadio e sopra avevo indossato una camicetta, niente di troppo appariscente.
- Cosa c'è di così interessante alla festa? - chiesi mentre mia sorella cercava un parcheggio. La vidi sorridere nella penombra.
- Nessuno degno di nota. Volevo solo fare uno scherzo a Brigitte. -
Alzai gli occhi al cielo. Possibile che quelle due ragazze non avessero altro da fare che farsi scherzi? L'ultima volta mia sorella era stata un giorno intero in bagno a mettere a posto i capelli. La sua migliore amica le aveva versato un barattolo di miele in testa mentre stava dormendo a casa sua. Rachel aveva dovuto camminare fino a casa con i capelli sparati in aria. Non che lei tenesse particolarmente ai suoi capelli, ma io avevo bisogno del bagno, quindi era più un problema mio che suo.
- Siete entrate in un circolo vizioso a cui dovete mettere fine, sorellina. -
- Nah. Io preferisco continuare con gli scherzi. - rise. Sbuffai. Niente avrebbe potuto farle cambiare idea. Ma prima che potessi ribattere Rachel trovò un posto per parcheggiare e balzò fuori dalla macchina, senza che potessi aggiungere altro. Io uscii con più calma.
- Non metterti nei casini. - la ammonì.
- Non lo farò. TI chiamo quando mi sarò stancata! Ciao! - urlò sparendo verso le luci sulla spiaggia. Tirai fuori il cellulare e mi misi gli auricolari. Avril Lavigne era decisamente quello che mi serviva in quel momento. Iniziai a canticchiare Girlfriend a bassa voce, mentre le parole mi inebriavano la mente. Risi guardando una ragazza che stava flirtando con un ragazzo che conoscevo. - Hey! Hey! You! You!. I could be your girlfriend... -. Peccato per lei che lui fosse già fidanzato.
I piedi spofondavano nella sabbia scaldata dal sole della giornata appena passata. La luna era ridotta ad un piccolo spicchio, ancora qualche giorno e sarebbe scomparsa. Mi sedetti sulla sabbia e tolsi i sandali che calzavo. Non sentivo nient'altro che la voce di Avril e vedevo l'oceano brillare sotto la luce della luna. Non avevo intenzione di andare ad ubriacarmi alla festa e nemmeno ballare così tanto da farmi venire male ai piedi. Volevo solo stare da sola. Ma fortunato chi riesce a stare simpatico a Dio...
Sobbalzai all'indietro, mentre al suono della chiatarra di sostituiva una risata fastidiosa.
- Irwin. - ringhiai raccogliando gli auricolari che mi erano caduti.
- Pensavo avessi qualche problema d'udito, stavo quasi per consigliarti Amplifon. - rise lui di gusto. Sbuffai frustrata. Perchè in ogni posto in cui andavo dovevo trovarmi davanti a un idiota come lui?
- Mi stai per caso perseguitando? -
- Chi? Io? Potrei chiederti esattamente la stessa cosa. - disse saccente. Gli avrei volentieri tirato uno schiaffo, ma riuscii a trattenermi. Prima le parole, poi la violenza.
- Perchè non sparisci dalla mia visuale? -
- Perchè non mi presenti tua sorella? -
- Cosa? -
- Cosa? - ripeté lui dipingendosi in volto un espressione sorpresa. Ancora una chance, Chris. Una frase di senso compiuto e se non va... lo prendi a calci.
- Cosa c'entra mia sorella? - chiesi seriamente. Lei era decisamente fuori dalla sua portata. E lei comunque non era interessata a tipi come lui.
- Perchè mi odi? -
Guardai la luna. Prenderlo a calci, o non prenderlo a calci? Questo è il dilemma. Ma dopotutto la sua domanda era legittima.
- Ti potrei elencare almeno mille motivi per cui ti odio. -
- Sessantanove. -
Sessantanove. Certo... Esisteva qualcuno con una mentalità ancora più disturbata della sua?
- “Sessantanove” cosa? -
- Ti rendo la cosa più semplice. Voglio sessantanove cose che odi di me. -
- Perchè sessantanove? -
- Così. E' un numero che mi piace. - rispose alzando le spalle. Ci pensai su. - Rendiamo tutto più interessante. Scommettiamo. - sbottò lui improvvisamente.
- Scommettiamo? - domandai sconcertata.
- Sì. Se non riesci a trovare sessantanove cose che odi di me... mi farai conoscere tua sorella. -
- E se vinco io cosa ci guadagno? -
- Decidi tu. - rispose con malizia. Mi guardai attorno, per poi appoggiare lo sguardo ancora su di lui. - Anche se poi sono convinto che non vincerai mai. Insomma, sono perfetto. -
- La convinzione fotte, Irwin. - feci incastrando il mio sguardo nel suo. - E voglio un viaggio, per Los Angeles. -
- Vuoi fare la piccola viaggiatrice? -
- No, voglio rivedere un ragazzo. -
Mi scrutò negli occhi per poi annuire. - Ok, allora è andata. - sorrise porgendomi la mano. Annuii stringendogliela.
- Ti do un po' di tempo per tirare fuori il primo motivo. Non mi piace vincere facile. - fece poi alzandosi in piedi.
Vincere facile? La convinzione fotte davvero, gente. Nella mia testa avevo almeno dieci motivi in mente, ma infondo la vendetta è un piatto che dev'essere servito freddo no? Facciamo sbollire un po' l'atmosfera.

 
 
 
 
Spazio Autrice:
Ciao Ragazze! Eccovi un “69 Cose Che Odio Di Te” version 5 Seconds Of Summer. Sì, insomma, non esattamente! Se qualcuno di voi avesse mai letto la storia scritta con Louis Tomlinson, avrà notato che non ci sono somiglianze con quella trama, ed è quello che voglio. La mia intenzione nel scrivere questa storia non è di repplicare la Fan Fiction di quella ragazza, quindi non giudicatemi solamente dal titolo, che oltretutto ho tradotto in inglese, e dal numero di “motivi”. Le somiglianze si fermano qui, anche se comunque, con mio grandissimo dispiacere devo ammettere, l'autrice di “69 Cose Che Odio Di Te” ha cancellato la storia dal web. However! Spero davvero che questa storia vi intrighi, è un ratering verde, quindi non ci saranno scene di violenza o sesso di nessun tipo, quindi non guardate il numero 69 con malizia, è un numero che secondo me comunque non passa inosservato e strappa un sorriso a chiunque in qualsiasi parte del mondo *LOL*
Ok, detto tutto ora mi dileguo! Ditemi nelle recensioni cosa ne pensate del testo e del banner, vorrei davvero sapere le vostre opinioni al riguardo!
Vi lascio con le foto dei personaggi. Bye bye!


Cast:
Ashton Irwin Christine Lee (Shay Mitchell)
Rachel Lee (Hailee Steinfeld)
 
 
 

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Capitolo 2
*** Chapter 1 - Unbreakable ***






Chapter 1 - Unbreakable
"We’re gonna scream our rooms out,
Dance in the rain,
We're gon’ be laughing hard,
Yeah, forget the pain,
And they can call us crazy,
Freakin’ untamed."

- Madison Beer - Unbreakable
 

 
 
Mi stropicciai gli occhi assonnata. La sera prima, dopo l'incontro con Ashton, avevo incontrato Calum, o più che altro ci eravamo scontrati, perchè senza accorgersene, mi era caduto addosso. Sembrava sconvolto e nervoso, molto probabilmente stava scappando da qualcuno. Non ero nemmeno riuscita a chiedergli come stava, che mia sorella mi aveva chiamata al telefono per dirmi che voleva tornare a casa. Non le avevo chiesto cosa fosse successo alla festa, né cosa avesse fatto lei alla festa, per il semplice motivo che l'avrei scoperto molto presto. E come avevo previsto, le grida di mio padre mi avevano fatto come sveglia.
- Rachel Sarah Lee! - la ammonì mia madre. Sbuffai seccata prima di mettermi a sedere sul letto. Sbadigliai nuovamente fissando i raggi di sole che passavano attraverso le tende chiuse. Non avevo molta voglia di sapere in quale madornale guaio fosse incappata, ma mi alzai comunque per andare a vedere quanto fosse grande la questione.
- Meno casino, per favore! - bofonchiai entrando in salotto. I nostri genitori stavano in piedi davanti all'accusata, che sembrava fregarsene.
- È stato un incidente. - borbottò Rachel accucciandosi meglio sul divano. Il fatto che l'avessero pure svegliata per farle una ramanzina, la diceva lunga sulla sua malefatta. Sul viso di mia madre si dipinse un'espressione di sdegno.
- Un incidente dici?! - fece mio padre. Ok, tutti sapevano una cosa che io non sapevo, e questo non mi stava bene. Affatto.
- Cos'è successo? - chiesi non sapendo a chi rivolgermi. Nessuno mi rispose. Odiavo non essere presa in considerazione in questi momenti, visto che alla fine ero io che aggiustavo tutti i guai di mia sorella. Sbuffai irritata sedendomi accanto a lei. - Cos'hai fatto a Brigitte? - chiesi più specificatamente.
- Ti ricordi del miele? - domandò Ray di rimando. Annuii. - Beh, ha ricevuto anche lei una vendetta... Appiccicosa. - sbadigliò. - Più o meno. - aggiunse poi. Mio padre borbottò qualcosa di incomprensibile.
- Quindi? -. Davvero non capivo cosa ci fosse di così tragico in tutto questo. I nostri genitori e quelli di Brigitte avevano smesso di rimproverarle, quando avevano capito che non avrebbero mai dato retta alle loro ammonizioni, e di conseguenza si erano adeguati. Brigitte aveva anche subito anche una tinta non esattamente prevista un po' di tempo fa, ma nessuno aveva detto niente quando era tornata a casa con i capelli azzurri invece che con il suo biondo naturale, anzi si erano divertiti un sacco e lei li aveva portati fieramente, senza traccia di imbarazzo.
- Nello scherzo è stato compreso anche qualcuno di imprevisto. - ribatté cupamente mia madre. Inarcai le sopracciglia sorpresa. - Il figlio dei Clifford. -
Michael. Michael Clifford era caduto nello scherzo di mia sorella. Quel ragazzo aveva il potere di capitare nel posto sbagliato, nel momento sbagliato. Sempre.
- Cosa? -
- Non è colpa mia se un idiota mi è andato addosso! Avevo appena steso il telone da spiaggia e messo la colla sopra, quando lui mi spunta alle spalle per cercare di abbracciarmi, così l'ho spinto via. Ma peccato che è riuscito ad inciampare nei suoi stessi piedi ed a cadere sul telo. Poi è arrivata Bridge, e così per non sprecare la parte di telo scoperta, ci ho buttato anche lei sopra. Devo solo averci messo troppa colla, così si sono attaccati anche tra di loro. - mi spiegò brevemente lei. Proprio non riuscivo ad immaginarmi Mike con attaccato un telone da spiaggia addosso, anche se potevo ben credere al ridicolo racconto di mia sorella visto che conoscevo il diretto interessato. Dovevo assolutamente vederlo! Mi imposi di non scoppiare a ridere davanti a tutti e mostrarmi seria, ma lo sarei stata ancora per poco.
- Davvero hai fatto tutto questo? - dissi seriamente a mia sorella, ma ero sicura che aveva notato il luccichio che avevo negli occhi, visto che cercò di nascondere un sorriso. - Sei davvero un'irresponsabile, Rachel Sarah Lee! -. I miei genitori annuirono con un'espressione profonda in volto. - Credo che Michael sarà molto irritato da tutto ciò, quindi propongo che tu vada da lui e gli faccia le tue più sentite scuse. - finii in tono grave. La stanza esplose in un boato, in cui i nostri genitori dicevano che avevo ragione, mentre mia sorella mi malediceva. Non le lasciai dire una parola di più, che la trascinai al piano superiore in camera mia, chiudendomi la porta alle spalle.
- Se pensi che mi scuserò con lui, te lo puoi scordare! - mi additò Rachel. Inarcai un sopracciglio. - Davvero, non sto scherzando. -
- Ti devo ricordare in che stato si trova il povero Clifford? - parlai dandomi un tono che non voleva repliche. Lei provò a dire qualcosa, ma alla fine richiuse la bocca senza aver emesso un solo suono. Io mi catapultai nell'armadio cercando dei vestiti decenti da mettere, ma mi ricordai che non avevo nessun paio di pantaloni.
- Vuoi proprio vedere come ho conciato quel ragazzo, eh? - mi chiese mia sorella appoggiandomi una mano sulla spalla. Iniziai a torturarmi l'interno della guancia con i denti. Mi limitai ad annuire. - Se sei pronta a tutto allora... - sospirò.

Amavo mia sorella in quel momento. Pensavo che mi avrebbe detto di usare dei maledetti pantaloncini, invece aveva fatto comparire un'altra gonna lunga dal fondo del suo armadio. Così ora eravamo dirette verso casa Clifford, nonostante lei era ancora intenzionata a non scusarsi con lui.
Finalmente arrivammo a destinazione e parcheggiai la macchina davanti alla casa di Michael. Rachel pareva non voler scendere dalla macchina.
- Scendi? -
- Non c'entro nulla, io. - replicò lei caldamente. Alzai gli occhi al cielo. Lei era dentro fino alla punta dei capelli. E comunque non potevo andare da Mike e dirgli che volevo solo vedere come Rachel l'aveva conciato, mi avrebbe sbattuto la porta in faccia.
- Fammi il favore di uscire dalla macchina, Rachel! Devi scusarti con Clifford, che tu lo voglia o no. Ok? L'hai ridotto letteralmente uno straccio, credo che questo sia il minimo che tu possa fare. -. Odiavo farle la ramanzina, ma quello era il momento per farlo. Lei mi guardò imbronciata, ma non battei ciglio davanti al suo sguardo. Alla fine sbuffò irritata e uscì dalla macchina. Sorrisi trionfante, mentre suonavo il campanello. Le rivolsi un'altra occhiata, che lei ricambiò.
- Non preoccuparti, ok? Michael non ti mangerà, non... -
- Micetta? -, la porta si spalancò.
Rimasi qualche secondo intontita da quella voce odiosa, prima di voltarmi verso di Irwin. Cosa ci faceva lì a casa di Mike?! Non poteva starsene a casa? A quanto pareva qualcuno là nei cieli, mi voleva davvero molto male.
- Ash? Chi è alla porta? - gridò una voce maschile dall'interno. Mi sorrise sfacciatamente, prima di rendersi conto che accanto a me c'era Ray, a cui regalò un sorriso che avrebbe fatto venire il diabete a chiunque.
- Le sorelle Lee. - gridò di rimando. Strinsi le labbra fino a ridurle due striscioline bianche. Calma, Chris. Ok? Non puoi ucciderlo, non ora. Prendi un respiro e spiega civilmente cosa sei venuta a fare.
- Mia sorella deve scambiare due parole con Michael. Se il scimmione qui presente ci facesse entrare, ne saremmo davvero grate. - spiegai smielosamente. Forse avevo usato delle parole troppo difficili per lui. Un calcio sulla caviglia da parte di mia sorella mi fece gemere dal dolore, prima che le lanciassi un'occhiata assassina.
- Certo Ladies. Accomodatevi pure. - borbottò alla fine di un lungo silenzio Ashton. Ci fece spazio per entrare e lo seguimmo fino in salotto.
Rimasi paralizzata davanti all'entrata. Michael era lì. Presi alcuni respiri profondi. Non ridere. Non ridere. Non ridere. Scoppiai in una risata fragorosa, piegandomi quasi in due dalla scena che mi si era parata davanti. Il povero Mike sembrava essere stato attaccato da una dozzina di cani furiosi, se non fosse stato per il telo attaccato dietro di lui. I suoi vestiti erano a brandelli, molto probabilmente perchè si erano attaccati a Brigitte, mentre altri pezzi di stoffa erano incollati sulla parte scoperta dai vestiti, sicuramente parti dell'abbigliamento di Brigitte. Ai suoi piedi giacevano i brandelli di stoffa che erano riusciti a staccare fino al momento del nostro arrivo. E come ciliegina sulla torta: mia sorella aveva davvero messo troppa colla, i poveri capelli verdi shocking erano attaccati completamente al telone, nella parte dietro della testa.
- Non è affatto divertente. - brontolò Ashton. Alla mia risata si sostituì una tosse convulsiva. Rachel mi diede qualche pacca sulla schiena per farla calmare.
- Non è divertente? - chiesi sbalordita, quando mi ripresi. - Seriamente? Scommetto che voi avete avuto la mia stessa reazione quando l'avete visto per la prima volta! - ribattei scetticamente. E come per confermare la mia tesi, Michael brontolò qualcosa di incomprensibile, mentre Luke arrossì volgendo lo sguardo al pavimento. 
- Comunque se sei venuta solo a sputtanarlo e a fargli una foto, quella è la porta. - parlò Hemmings incrociando il mio sguardo. Foto? Quale foto? Perchè avrei dovuto? Non mi serviva fargli una foto. Ma poi ricordai.
- Non starai dicendo veramente, vero? - sibilai indignata. Mi avevano dato del paparazzo, avevano pensato che fossi una di quelle sanguisughe. - Ci conosciamo dall'età di tre anni, e voi avete una così bassa stima di me? -. Ero letteralmente scioccata. La fama li aveva dato alla testa.
- Calmati, Chris. - parlò Calum per la prima volta. - Luke è solo paranoico ora. Tre mesi pieni di malelingue hanno cambiato anche lui. - spiegò docilmente. Mi calmai e presi un respiro annuendo. - Comunque perché sei venuta? - domandò alla fine.
Mi girai verso mia sorella. Era entrata nel panico e sembrava volesse essere inghiottita dal pavimento. Le sorrisi incoraggiandola, mentre i ragazzi la fissavano straniti. Rachel prese un respiro e incatenò lo sguardo a quello di Clifford.
- Non è colpa mia. - iniziò sbuffando. Alzai gli occhi al cielo. - Ma un idiota mi è andato addosso cercando di abbracciarmi e io stavo facendo uno scherzo alla mia migliore amica. -
Mi voltai per vedere l'espressione dei ragazzi. Non potevano essere più confusi di così.
- Solo io mi sono perso qualcosa? - domandò Luke. - Idiota? È Mike l'idiota? -
- Conoscete qualcun altro che regala abbracci agli sconosciuti? - chiesi ironicamente. Silenzio.
- Ma io pensavo fossi te! - sbottò Michael.
Sgranai gli occhi. Io? Ora il minimo che potevamo fare era scollarlo dal telo.

Non che i ragazzi fossero utili, per niente, visto che la loro tecnica era fare la ceretta a Michael e vederlo agonizzante non era uno spettacolo. Così mia sorella ed io con tutta la pazienza che avevamo ci mettemmo lì a tagliare via i pezzi e ad oliarlo nei pezzi attaccati alla pelle, per contenere il dolore.
- Ok! Prendiamoci una pausa. - sospirai rivolta a mia sorella. Michael aveva stampata in faccia un'espressione da cucciolo bastonato. - Mancano ancora solo i capelli, ok? -
Non avevo molta voglia di togliere il telo da lì ora. Lui adorava i suoi capelli e non ci si parava davanti uno spettacolo roseo.
- Ok. - sospirarono all'unisono i due. Dove fossero finiti i suoi migliori amici, mistero. Io mi diressi verso la cucina per prendere qualcosa da bere. Trovai una lattina di Sprite nel frigo.
- Primo motivo. - disse una voce alle mie spalle. Presi un sorso della bibita, voltandomi verso di Irwin. Era seduto su uno degli sgabelli dell'isola, appoggiato sul bancone. Mi aveva colto di sorpresa, ma mi mostrai indifferente ai suoi occhi.
- Vuoi già iniziare a perdere? -
- Non perderò mai. -
Sorrisi alla sua affermazione e iniziai a canticchiare "Never Say Never" di Justin, ricordandomi che era già la seconda volta che ripeteva che non sarei mai arrivata alla fine della lista. Ashton scoppiò a ridere.
- Never Say Never. - cantai a bassa voce per finire lì la mia improvvisazione.
- Voglio solo sentire la prima scusa assurda che hai da dire. -
Lo trucidai con lo sguardo. Calmati, Christine. Non puoi ucciderlo. C'è una scommessa da vincere, è il tuo unico modo per rivedere Jonh prima che inizi l'università.
- Odio il tuo secondo nome. È orrendo. - dissi appoggiandomi al bancone, davanti a lui. Mi fissò per qualche secondo a bocca aperta. L'avevo preso alla sprovvista. Non sarei andata a dire che odiavo il suo sguardo idiota, non ora almeno.
- Fletcher... Che ha di male? Quello di Michael è davvero orrendo, lui si chiama Gordon. - obiettò.
- Michael ha una faccia dolce, come un panda, mentre tu no. Mentre Calum si chiama Thomas. Thomas è carino. -
- No! Non lo accetto. Non è una scusa valida! - esclamò improvvisamente incrociando le braccia al petto. Inarcai un sopracciglio.
- Perchè no? - chiesi.
- Perchè non è una cosa che dipende da me. Sono i miei genitori che hanno deciso. - replicò caldamente. Gli sorrisi stronza.
- Certo che dipende da te. Se fossi stata una ragazza non ti avrebbero chiamato così. - risposi calmamente. Presi un sorso della lattina guardando bene come avrebbe reagito. Provò a dire qualcosa, ma oltre che ad una serie di rumori, non disse niente che avesse un senso. - Quindi va bene. -
- Te la abbuono. - bofonchiò prendendo il telefono per scriverci qualcosa. - Comunque siamo solo all'inizio, Micetta. -
Strinsi i denti. Gli mostrai due dita. - Punto due: Odio il fatto che mi chiami Micetta senza nemmeno sapere il motivo del mio soprannome. - ringhiai.
- I soprannomi hanno un motivo? - chiese stupidamente lui. Scossi la testa stanca da tanta stoltezza. Certo che ce l'aveva, ma non sarei mai andata a raccontarglierlo.
- Vado da Michael. -

Ci allontanammo tutti di qualche passo da Mike e fissammo la sua nuca.
- Allora? È tutto a posto? - ci chiese lui con un filo di speranza nella voce. Noi ci guardammo tutti negli occhi nervosamente. Se per "a posto", Mike intendeva parti di capelli quasi mancanti o almeno troppo corti per il suo standard di cinque centimetri, allora... Sì erano assolutamente a posto.
- Non sono male. - azzardò Calum. Mia sorella mi guardò tristemente. Era certamente in preda ai dei sensi di colpa senza precedenti. Questa volta l'aveva fatta grossa.
- Davvero? - chiese Mike con voce sollevata, voltandosi verso di noi. Ci limitammo ad annuire. Michael ci sorrise, mentre si passava una mano tra i capelli, ma mia sorella scattò avanti prendendogli la mano prima che si toccasse la nuca.
- Ma sai cosa? Tu sei uno di quei pochi ragazzi a cui i cappelli stanno benissimo. - disse Rachel tenendo stretta tra le mani ancora la mano di Clifford. - Dovresti iniziare ad indossarli! Non come lui a cui i cappelli stanno uno schifo. - affermò indicando Calum con il suo cappello in testa.
- Hey! - replicò Cal. Michael scoppiò a ridere.
- Te l'avevo detto, Calum! -
- Tu invece stai benissimo, vero ragazzi? - ci chiese prendendo dalla testa di Calum il suo cappello e calcandolo in testa a Mike. Annuimmo spasmodicamente. Mia sorella aveva trovato il modo per non far vedere in giro il disastro dietro la sua testa e pregai che Michael non impazzisse quando avesse scoperto tutto. I ragazzi si accerchiarono attorno al loro migliore amico riempiendolo di complimenti e di promesse di regalo, mentre Rachel si avvicinava a me. Le appoggiai un braccio sulle spalle. Doveva sentirsi uno schifo in quel momento.
- Noi andiamo, ragazzi. Ci vediamo in giro. - li salutai.

Per quasi tutto il viaggio in macchina Rachel non aprì bocca, il che era molto preoccupante.
- Mi dispiace un sacco per lui. Non volevo. - sbottò alla fine. La guardai di sfuggita, mentre facevo manovra per girare in una via, era davvero triste.
- Non preoccuparti, Michael non tiene rancore. Non è il tipo. - la consolai.
- Ma i capelli! Se provasse ad abbordare una ragazza... con quei capelli, lei gli riderebbe solo in faccia. Non me lo perdonerei mai. -
- Anche con i capelli verdi una ragazza gli avrebbe riso in faccia. - cercai di ironizzare, ma senza risultati. Ray sospirò affranta.
- Forse dovrei uscire un po' con lui. - continuò come se non mi avesse sentito. Lei uscire con Michael Clifford. Pensai alla scommessa con Ashton. Davvero poi lui voleva uscire con Rachel? Beh fatti suoi se poi lei non voleva, io non l'avevo costretta a fare niente. Comunque questo in caso della mia perdita, ma era ovvio che sarei riuscita ad arrivare fino in fondo alla lista.
- Michael non ti odierà. Non è capace di tenere rancore a qualcuno. -
- Tranne per me! Mi odierà a morte quando scoprirà come sono ridotti i suoi capelli! Gli ho rovinato l'estate. - 
- Non ti odierà a morte. Anzi, per me ti trova già simpatica. Quindi piantala di farti tutti questi complessi. - le sorrisi parcheggiando la macchina davanti a casa. Lei si limitò ad annuire titubante.

Mi chiusi la porta alle spalle e mi tolsi la gonna. Senza accorgermene mi ero piazzata davanti allo specchio. Mi odiavo per l'aspetto che avevo, non riuscivo a vedermi se non con uno sguardo schifato. Chiusi di scatto gli occhi e mi voltai per poi mettermi addosso i pantaloni del pigiama. Avevo bisogno di comprare dei pantaloni nuovi, ma non avevo altri soldi che quelli della borsa di studio che non potevo usare. I miei non mi avrebbero dato neanche un centesimo. Pensavano che dopo la macchina, non avrei più chiesto niente, anche se poi non ero la sola ad usarla, visto che mia sorella aveva appena preso la patente, ma lei aveva ancora la possibilità di chiedere dei soldi per i suoi videogiochi. Forse avrei potuto chiederle un po' di soldi, ma purtroppo avrei dovuto trascinarmela dietro poi. E proprio non i andava di restare una giornata intera in un camerino con lei che continuava a portarmi vestiti da provare.

- Chris! -, la porta della mia camera si spalancò, facendo intravedere la testa castana di Rachel.
Volevo chiederti se avevi il numero di Michael. - parlò dicendo tutto d'un fiato. Rimasi spiazzata dal suo arrivo. Allora qualcuno mi voleva bene lassù! Le sorrisi divertita.
- Potrei. - feci enigmatica.
La vidi stringere le labbra. - Ma a cosa ti serve? -
- Io... -, ma non finì la frase. Sapevo che mi sarei pentita molto di quello che avrei detto, ma non avevo altra scelta.
- Ti propongo un patto. Io non ti chiedo di cosa parli con Michael e tu chiedi dei soldi a papà. -
- Soldi? A cosa ti servono? - chiese lei chiudendosi la porta alle spalle.
- Eh no. Niente domande. -

Presi due paia di leggins, un paio di jeans neri e due azzurri. Forse avrei dovuto provarne un paio, tanto per non tornare a casa e scoprire che i pantaloni non mi stavano. Presi un respiro e mi infilai in un camerino. Tre specchi. Non due o meglio uno, ma ben tre. Si erano proprio sprecati in quel negozio. Sbuffai sedendomi sullo sgabello posto in un angolino, dopo aver appeso i pantaloni che avevo preso sui ganci, e osservai il mio riflesso nello specchio. I miei occhi leggermente a mandorla, come mia madre, poiché era asiatica, gli occhi castani messi in risalto dalla matita nera. Non mi ero quasi truccata, se non fosse stato per la matita. Non ero brutta, ero accettabile nei miei standard. Potevo anche spiccare tra le masse di capelli biondi delle Australiane doc, anzi spiccavo sicuramente, ma non mi dava tanto fastidio. Almeno fino ad un po' di tempo fa.
- Cos'ho fatto per meritarmi tutto questo? - sussurrai alla ragazza triste che era davanti a me. Presi un respiro e mi alzai. Mi tolsi la gonna e mi fissai le gambe. Erano lì in bella vista tutte quelle righette bianche e rosa, poi una spiccava più delle altre lunga qualche centimetro, in rilievo sulla pelle segnata, lì in basso sulla gamba destra. Erano davvero poche le volte che mi guardavo attentamente quelle cicatrici fresche. Sospirai pesantemente e mi infilai il paio di jeans azzurri con stampati sopra dei motivetti floreali. Sorrisi: mi stavano.
- I'm Standing on a bridge
I'm waitin in the dark
I thought that you'd be here by now... -, era partita la suoneria del mio cellulare. Infilai la mano nella borsa e tirai fuori il telefonino. Rimasi quale secondo a fissare lo schermo. Era Jonathan.
- Isn't anyone tryin to find me?
Won't someone please tak... -
- Pronto? - risposi. Non volevo più sentire quelle parole che mi stavano ferendo.
- Christine? Sono Jonh. -
Ingoiai il nodo che mi si era formato in gola e ricacciai indietro le lacrime che minacciavano di rigarmi il viso.
- Lo so. Ho visto il tuo nome sullo schermo. - risi. Battuta patetica, nonostante sentii un suo risolino. Nell'inferno dovevano esserci più piani, se prima pensavo di essere finita dritta nel fondo del baratro, ora mi sarei rimangiata tutto. L'angelo della morte mi aveva spedita dritta nel fuoco più incandescente, nel punto più infimo dell'inferno.
- Come stai? -
Come stavo? Ero in uno stupido camerino per la prima volta da mesi a provarmi degli stupidi pantaloni. Mi sentivo sola come un cane, anzi ero sola come un cane, visto che l'unico che pareva tenere a me è volato dritto dall'altra parte del mondo. Vorrei ridere e piangere nello stesso tempo perchè finalmente il mio migliore amico mi ha degnata di una telefonata. In tutto questo tempo ho progettato il mio suicidio qualche decina di volte, solo che non ho le palle per farlo, ma tutti pensano che stia bene. Non parlo quasi più con nessuno della gente che conoscevo e sto giornate intere e fissare lo schermo del mio computer immaginando di trovarmi in un film con un lieto fine, oppure a fissare le stelle o il soffitto della mia camera ascoltando le parole deprimenti che hanno da dirmi Avril Lavigne, Ed Sheeran e Taylor Swift.
- Magnificamente. - risposi. - Là tutto bene? - chiesi cercando di darmi un tono spensierato. - Hai iniziato ad abbordare qualcuno? - risi con le lacrime che mi solcavano il viso.
- Sto uscendo in questi giorni con una ragazza che si chiama Diana. - fece lui. Non mi sentii il cuore andare in frantumi, ma non avrei giurato di stare bene. Mi sentivo rimpiazzata come migliore amica, era come aver perso un fratello. Lui stava andando avanti con la sua vita, quando io ero ferma su un binario tronco, senza via di scampo. - Tu invece? C'è qualcuno di nuovo a Sydney? -
- No, nessuno. A parte il mio vicino di casa. -
- Oh, ok. -
Silenzio. In tutto quel tempo avevo continuato a dirmi che tra me e Jonh non fosse cambiato niente. Riuscivo a vedere il muro che ci separava, ma non avevo mai fatto niente per demolirlo. Avevo soffocato la realtà con un'illusione, e ora quella sottile facciata era crollata in mille pezzi per sbattermi in faccia quello che avevo cercato di nascondere.
- Già. - sussurrai.
- Uhm... Ok, beh. Ora che so che sei ancora viva, devo andare. Ho un appuntamento con Diana. Augurami buona fortuna. - scherzò.
- Certo, buona fortuna. - e senza nemmeno salutarmi la telefonata si interruppe.
 

 
 
 
Spazio Autrice:
Salve Chicas! Come va? Oggi è una giornata importante! Rendetevi conto... Ben QUATTRO compleanni! Ahahah! Le madri di Luke, Keaton, Theo ed El si sono coalizzate per farci impazzire! LOL
Io intanto tranquilla tranquilla che posto questo capitolo, in cui Luke quasi non compare?! Va beh, mi perdonerete, o meglio... Mi farò perdonare presto! Anche per come ho conciato Michael! Ahahaha! Povero Lanterna Verde! However, la lista è iniziata, solo due punti... e mi sono accorta della somiglianza del soprannome con quello della storia di Louis Tomlinson, ma comunque il motivo le scoprirete il capitolo successivo!
Vi lascio nei vostri dubbi! Recensite, please! Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate! Ok, mi dileguo!

 


Ps: Ho deciso che aggiornerò questa storia due volte a settimana se ce la faccio! Una di Mercoledì e una di Domenica!

Cast:
5SOS 
 Christine Lee (Shay Mitchell) 
Rachel Lee (Hailee Steinfeld)
 
 
 

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Capitolo 3
*** Chapter 2 - Tell Me A Lie ***






Chapter 2 - Tell Me A Lie
"Well, I put up a good fight
But your words cut like knives
And I'm tired
"

- One Direction - Tell Me A Lie
 

 
 
Non è che non avessi una vita sociale come tutte le altre persone, ce l’avevo fino ad un po’ di tempo fa, ma avevo mandato tutto a puttane. Nessuno mi cercava più ed io non vedevo l’ora di iniziare una nuova vita all’università, dove non c’era nessuno che conoscevo. Quindi dire ai miei genitori dove avessi trovato i pantaloni nuovi e rispondere che un’amica me li aveva regalati, era una fesseria. Fortunatamente non indagarono di più.
Mi serviva davvero una bella vacanza, pensai sedendomi sulla spiaggia deserta. Magari a Londra o New York. Dei posti affollati dove sentirsi da soli in compagnia. Chissà se poi riuscendo a vincere la sfida con Ashton, lui avrebbe mantenuto la parola. Ma poi io avrei avuto il coraggio di volare fino ad LA per rivedere Jonh?
Sentii il cellulare vibrare nella tasca della felpa. Era un messaggio da un numero sconosciuto.
 
Sconosciuto:
Terzo motivo, Micetta.
XXX Ash
 
Guardai l’ora. Erano solo le sette di mattina, ero convinta che fosse ancora in coma il mio vicino di casa. Sospirai pesantemente.
 
Christine Lee:
Odio il fatto che tu abbia il mio numero,
senza che io ne sapessi niente!
Chi te l’ha dato?
 
Ashton Irwin:
L’ho preso dal cellulare di Luke ;)
Comunque buongiorno, Micetta.
XXX Ash
 
Alzai gli occhi al cielo. Che bisogno c’era di firmarsi? Avevo appena memorizzato il suo numero.
 
Christine Lee:
Piantala di continuare a firmarti.
 
Ashton Irwin:
Mi piace firmarmi!
XXX Ash
 
Christine Lee:
Odio che continui a firmarti nei messaggi.
Sembra che tu mi ritenga un’idiota.
 
Ashton Irwin:
L’hai detto tu. Io non ti contraddico.
XXX Ash
 
Visualizzai il messaggio restando interdetta. Avrei voluto rispondergli per le rime, ma non sapevo cosa dire.
Spensi il cellulare e lo rimisi in tasca. Chi era lui per insultarmi? Non sapeva niente di me! Forse avrei dovuto rinunciare alla lista, avrei fatto conoscere Irwin a mia sorella e non l’avrei più rivisto, sicura del fatto che mi sorella non lo avrebbe più voluto tra i piedi. Imprecai vivacemente a bassa voce, contro quella testa bacata di Ashton.
- Non sei cambiata di una virgola vedo. – mi sorprese una voce alle spalle. Mi portai una mano sul cuore.
- Luke! Mi vuoi far morire d’infarto? – domandai voltandomi. Lui scoppiò in una risata cristallina. Mi chiedevo se Luke sapesse cosa mi fosse successo. Molto probabilmente no, oppure non mi avrebbe parlato.
- Scusami, non volevo disturbarti. Ero uscito a fare una corsa, anche per rivedere la spiaggia e un po’ Sydney. – spiegò sedendosi accanto a me. Doveva aver corso abbastanza, visto che la condotta che indossava era impregnata di sudore. Si alzò un bordo e si asciugò un po’ di sudore che gli stava colando in faccia. Ma con calma, eh! Si era messo bene in tiro in quel ultimo anno, visto che da degli addominali inesistenti, ora si vedeva un cenno di tartaruga.
- Mi stai dicendo che adesso preferisci lo sport alle schifezze che ti mangiavi? – domandai ironicamente. Non che eravamo stati così amici io e lui, ma tutti sapevano i difetti ed i pregi dei propri compagni di classe, che poi Luke aveva come migliore amico un chiacchierone come Michael, allungava la sua lista di difetti che di pregi.
- Io ho sempre preferito lo sport alle schifezze. – puntualizzò Lucas. – Solo che ho sempre preferito guardarlo che praticarlo. –
Alzai gli occhi al cielo. – Che cambiamento! – ironizzai. Luke scoppiò a ridere stendendosi sulla sabbia a braccia e gambe aperte, come se volesse fare un angelo nella sabbia. Invece rimase lì fermo senza fare niente. Non che volessi fare la guastafeste, ma c’era un dubbio che mi stava rodendo dentro e anche se lui era praticamente il primo conoscente con cui parlavo da mesi, dovevo togliermelo.
- Luke? – lo chiamai piano. In quel momento speravo quasi che non mi avesse sentito, così da non rompere quel sacro silenzio, ma lui aprì gli occhi rivolgendo le sue iridi celesti su di me.
- Sì? –
- Ehm… mi chiedevo se avessi sentito i nostri ex-compagni di scuola in tutto questo tempo, intendo negli ultimi mesi. – chiesi iniziando a scavare un buco nella sabbia con il piede.
- Chi? Quelli che mi prendevano in giro perché ero il più piccolo della classe o quelli che credevano che non sarei mai riuscito a realizzare il mio sogno? – domandò ironicamente. Mi ero completamente dimenticata che aveva avuto un sacco di problemi i primi anni di scuola. Io me lo ero sempre ricordato come quello che andava meglio nelle materie accoppiate in modo più strano: matematica e musica. Calum era quello che andava meglio in inglese e musica, mentre Michael andava bene solo ed esclusivamente in musica. Io decisamente preferivo chimica e fisica. Comunque loro erano diventati amici inseparabile perché erano gli unici a soddisfare pienamente il professore di musica e prima che Luke potesse riaffermarsi all’interno della classe, anche grazie ai suoi migliori amici, avevano mollato tutto e avevano formato una band. Dopo il loro successo, per tutta la scuola non si era parlato d’altro che del loro innato talento per la musica. Forse era anche per quello che avevo dimenticato quanto fosse stato difficile per Luke iniziare le superiori.
- Oh… ora tutti ti adorano. – dissi senza pensarci. Lui mi guardò attentamente, mentre sentivo il viso andarmi a fuoco. – Voglio dire che se li incontrassi ancora tutti, ora saresti trattato in modo molto diverso, non ti prenderebbero più in giro. –
Luke si mise a sedere a gambe incrociate e iniziò a disegnare dei cerchiolini nella sabbia con un dito. Forse avevo fatto male a parlargli della scuola. Abbassai lo sguardo, senza accorgermene avevo scavato un buco un po’ profondo, lo coprii nuovamente con la sabbia che avevo smosso, mentre guardavo di sottecchi il ragazzo a fianco.
- Non ho mai avuto la tentazione di sapere cosa ora loro pensassero di me. – sbottò all’improvviso. – Erano pochi quelli che mi lasciavano stare alle superiori: tu, la sorella di Calum e Jonathan, mi sembra di ricordare. Forse anche qualche altra ragazza che era amica della sorella di Cal, ma la lista finisce qui. –
- Quindi non hai saputo niente di tutti i cambiamenti che ci sono stati qui. – sussurrai.
Luke fece spallucce. – non avevo nessuno da contattare, quindi no. –
Annuii sollevata. Forse qualche amico potevo ancora averlo.
 
- Lo sai che è maleducazione non rispondere ai messaggi. – disse Irwin affiancandomi, mentre mi stavo avvicinando alla porta di casa. Non sapevo se fosse un caso o se mi stesse aspettando, ma decisamente non avevo tempo da perdere ora. Luke mi aveva invitata ad uscire, come amici specifico, per andare al luna park, e l’ultimo dei miei problemi era rispondere ad un messaggio di Irwin.
- Lo sai che è maleducazione insultare le persone che non conosci. – ribattei io.
- Non ti ho insultata! Non ti ho mica detto che sei un’idiota! Te lo sei detta da sola, se pensavi che ti avrei risposto che non lo sei affatto, beh, scherzavo. Non cogli l’ironia. – replicò lui afferrandomi un polso per farmi fermare. Sbuffai indispettita.
- Odio il fatto che prendi tutto come se fosse un gioco. Odio che non riesci a guardare oltre il tuo naso. Odio che non cogli la differenza tra una persona guasta all’interno che finge di stare bene e una che finge di essere guasta, quando non lo è. Ti odio Irwin! Ti odio e basta. – sbottai ritrovandomi ad un centimetro dal suo volto. Vidi la sua espressione tramutare in stupore. Cosa avevo detto? Non potevo aver detto davvero tutto quello, dovevo tenermelo per me.
- Cosa significa tutto questo? –
- Niente. -. Odio che non riesci a capire quello che dico. – Solo un modo per dirti che sei un bambino. Odio il tuo modo di vedere il mondo come quello di un infante. – mormorai. – E ora puoi lasciarmi? – dissi indicando la sua mano stretta ancora attorno il mio polso. La sua mano scivolò via.
- Questa sera porto mio fratello al cinema, volevamo andare a vedere “Planes 2”. Ti va di venire? Ti offro la cena se vuoi. – disse grattandosi imbarazzato la nuca. – Te l’avevo chiesto per messaggio prima, ma non mi hai risposto. –
Sospirai stancamente. Doveva avermelo chiesto dopo che avevo spento il telefono ed io mi ero completamente scordata di riaccenderlo. – Non penso che verrò. Tra un’ora esco a fare un giro con Luke, penso che quando tornerò sarò stanca morta. – spiegai.
- Esci con Luke? Oh, non lo sapevo. Oh, ehm, ok. Se poi comunque non sei troppo stanca, mandami un messaggio il film inizia alle otto, avevamo intenzione di fermarci in una pizzeria verso le sei e mezza, quindi se ti va… Beh, sì. Puoi anche chiamarmi se vuoi. –
Mi limitai ad annuire. – Certo, ora io vado a preparami, ciao. – lo salutai.
 
- Ma come fai ad andare in giro con i pantaloni lunghi? – chiese Luke rubandomi un pezzo di zucchero filato che però mi aveva comprato lui. Praticamente fino ad ora non avevo aperto il portafoglio. Dopo gli avrei ridato tutto. Fortunatamente mia sorella mi aveva aiutata ancora a chiedere dei soldi ai nostri. Sembrava sapere tutto i miei movimenti ancor prima che io le dicessi qualcosa. Questa volta avevo optato per dei pantaloni bianchi che avevo comprato al posto di un paio azzurro.
- Non ho così caldo. – mentii spudoratamente. – Tu invece dovresti smetterla di usare tutte queste canottiere deformi o le tue solite magliette piene di buchi. – risi. Faceva prima ad andare in giro a torso nudo.
- Ma fa un caldo della miseria! – replicò lui vivamente. Ridacchiai nuovamente, mentre infilavo in bocca una striscia blu di zucchero filato. Lucas mi passò un braccio sulle spalle e mi rubò un altro pezzo di zucchero filato. – Dove vuoi  farlo il prossimo giro? –
Mi guardai attorno, non c’era molto altro da provare. Erano rimasti sole le bancarelle dei giochi dei tiro e segno e…
- Che ne dici degli auto scontri? –
Appunto.
- I-io… non credo sia una grande idea, non mi piace quella giostra. – dissi con un filo di voce.
- Hai paura o non sai guidare quelle macchinine? –
- Non mi piacciono e basta. – affermai dandomi un po’ più di tono. Lui mi sorrise annuendo.
- Ok! Per questa volta passi, ma la prossima volta ti insegno, vedrai che ti divertirai un sacco con noi. –
- Noi? – chiesi confusa.
- Io, i ragazzi, se vuole tua sorella e i fratellini di Ashton. – affermò risoluto. Non avrei più messo piede lì dentro, ma almeno ora non mi sarei dovuta mettere alla guida di quei trabiccoli, o anche solo sedermi accanto a Luke mentre andava addosso ad altre persone.
- Ok, meglio la prossima volta. – sorrisi falsamente.
 
Accesi il telefono, ricordandomi solo in quel momento di averlo ancora spento.
 
Ashton Irwin:
Senti scusa, non volevo offenderti.
Che ne dici di venire al cinema?
Io devo portarci mio fratello, potremmo divertirci insieme.
 
Ashton Irwin:
Hey? Ci sei?
Davvero, ero sincero prima!
Ma tenermi il broncio non serve a niente.
 
Ashton Irwin:
Puoi almeno dirmi se vuoi venire?
Se non puoi possiamo fare un altro giorno,
ovviamente se anche tu vuoi vedere “Planes 2”…
 
Si era scusato con me ed io l’avevo trattato doppiamente male. Guardai il paesaggio scorrere fuori dal finestrino, mentre Luke cantava a squarciagola una canzone che non avevo mai sentito. Mi dispiaceva dare buca ad Ashton ora. Diamine, cosa mi stava prendendo? Nemmeno due giorni fa avrei voluto che Irwin affogasse, invece ora stavo anche quasi per andare al cinema con lui.
- Luke, hai programmi ora? – chiesi guardando l’ora. Mancavano appena quindici minuti alle sette e ci avrei messo un’eternità tornando a casa e andando a cercare i fratelli Irwin in pizzeria.
- Programmi? Uhm, non penso. Michael e Calum hanno deciso di fare una serata a fare scherzi telefonici, a cui io molto volentieri farei a meno. Quindi no, non ho niente fare. –
- Bene. Non è che sai dov’è che di solito Ashton va a cena prima di andare al cinema? –
- Sì, perché? –
- Beh, potresti accompagnarmi là? –
 
Nemmeno il tempo di uscire dalla macchina che vidi Ashton e suo fratello uscire dalla pizzeria. Luke parcheggiò, mentre io correvo verso di loro.
- Irwin?! – lo chiamai. Lui alzò la testa chiedendosi chi fosse a chiamarlo. Alzai una mano e la agitai per farmi notare.
- Chris? Cosa ci fai qui? – mi chiese quando fui a portata d’orecchio. Luke intanto si avvicinava a noi con più calma.
- Volevo sapere se l’invito per il cinema era ancora valido e se magari poteva essere esteso anche a Luke. – sorrisi. Lui mi fissò confuso. – Allora? –
- Perché non mi hai chiamato? Potevo aspettarti. – disse passandosi una mano tra i capelli scompigliati. Il suo ragionamento non faceva una piega. Arrossii violentemente.
- Ehm, non uso molto il telefono. E poi ho trovato il modo di parlarti di persona, mi sembra meglio. –
- Ciao Ash! – lo salutò Luke arrivando finalmente. – Harry! Da quanto tempo! – esclamò poi. Il bambino lo fissò come se fosse stato pazzo.
- Ci siamo visti ieri. Siamo venuti a cena da te, Luke. – fece lui. Trattenni a stento una risata, coprendola con una tosse.
- Beh, è un sacco di tempo per me. – puntualizzò Lucas. Alzai gli occhi al cielo e tirai una gomitata nel fianco di Hemmings, che gemette dal dolore.
- Comunque possiamo venire con voi? – chiesi ad Ashton. Avrei voluto parlargli al più presto e forse mi si era parata un’occasione davanti.
- Cosa andiamo a vedere? – volle sapere il biondino curiosamente. Al nostro posto rispose Harry. – Oh, bello! Anch’io volevo andare a vederlo. –
- Stavo giusto chiedendo ad Ashton se potevamo aggregarci a lui. – ribattei ironicamente.
- Abbiamo già prenotato i biglietti. – rispose lui facendo scorrere lo sguardo tra me e Luke. Provai una fitta di delusione.
- Non è vero, Ash. – esclamò una vocina, quella di Harry. Irwin si grattò nervosamente la nuca. Oh, beh. Allora questo spiegava tutto. Sospirai irritata. E io che mi volevo scusare con lui. L’avrei fatto un altro giorno. Ora dovevo far sbollire la mia rabbia.
- Ok. Allora va bene lo stesso. – dissi mostrando il sorriso più falso di sempre. Al diavolo la gentilezza, non era fatta proprio per me. – Mi dispiace avervi disturbati, godetevi il film. –
- Ma… - provò a parlare Luke.
- Ci andremo noi due domani, Luke. Ok? – risposi prevedendo la sua affermazione. Mi sorrise annuendo. – Allora andiamo! Ciao, Harry! Ashton. –
Non aspettai nemmeno il loro saluto che mi diressi verso la macchina di Hemmings. Tirai fuori il telefono.
Voleva una risposta? Gliel’avrei data.

 
Christine Lee:
Odio il fatto che riesci a mentirmi
spudoratamente in faccia.
 
- Chris? Stai bene? – mi chiese Lucas. Alzai il volto verso di lui e gli sorrisi.
- Mai stata meglio. – e cliccai sull’invio.


 
 
 
Spazio Autrice:
Ciao a tutte! Come va? Ho mantenuto la promessa ed ecco qua il nuovo capitolo! Come vi sembra? mi sono fatta perdonare anche per il fatto che nell'altro capitolo Luke quasi non compariva ed era il suo compleanno quando ho pubblicato il primo capitolo... ha un senso tutto questo? No, ok, non ha nesun senso... Comunque Christine si è proprio sfogata con Ashton! Povero... Siceramente è davvero difficile trovare dei difetti in quel ragazzo... insomma è davvero fottutamente perfetto! Nobody is Perfect... Beh, he is Per-fect!
Ahahah! Ok, comunque domandona da farvi:
Avevete qualche idea su cosa sia successo a Chris?
La-la-la... io lo terrò segreto ancora per un po', ma forse qualcuno ha intuito? Tell me!
However! Ora mi dileguo! Aspetto le vostre recensioni e ringrazio tutte le ragazze che stanno leggendo la mia FF e che stanno partecipando attivamente e passivamente! Grazie mille!


 
Cast:
5SOS
 Christine Lee (Shay Mitchell) 
 
 
 

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Capitolo 4
*** Chapter 3 - Voodoo Doll ***






Chapter 3 - Voodoo Doll
“I don’t even like you,
Why’d you want to go and make me fell this way?
I don’t understand what’s happened,
I keep saying things I never say.”

- 5 Seconds Of Summer - Voodoo Doll
 

 
 Il giorno seguente lo passai a finire i film di Zac Efron. Mi asciugai le lacrime che mi stavano rigando il viso e sorrisi, mentre altre lacrime scendevano imperterrite.
- Sparks sei un fottuto genio. – singhiozzai felice mentre Zac e la bionda si scambiavano dei baci a fiordi labbra con un’intensità negli occhi che avrebbe fatto sciogliere chiunque.
- Chris! Io esc… Perché stai piangendo? – irruppe mia sorella. Alzai gli occhi al cielo indicando lo schermo del computer e lei capì immediatamente. – Tu e i tuoi stupidi film sdolcinati. – brontolò. La trucidai con lo sguardo.
- Tu e i tuoi stupidi videogiochi insensati. – ribattei io.
- I miei videogiochi non sono insensati! –
Inarcai un sopracciglio. – Sicura sorellina? Lo sai che la convinz… -
- Sì, sì… Lo so, “La convinzione fotte la gente”. Ne hai fatto ormai un mantra. – sbuffò. – Comunque ti volevo avvertire che io esco. –
Usciva? Da quando? Aveva appena comperato un nuovo videogioco e stranamente si era staccata dalla televisione dopo nemmeno tre ore. Mi stava decisamente nascondendo qualcosa.
- Con chi? – le domandai incuriosita.
- Con Michael, volevamo andare dal parrucchiere, cioè io dovrei accompagnarlo. Ha scoperto del disastro e pensa che la sua parrucchiera del cuore possa mettere a posto la sua testa. –
- Per mettere a posto la testa di Michael ci vorrebbe un miracolo, in tutti i sensi. – risi. Povera donna quella che doveva soddisfare tutti i capricci di Clifford.
- Comunque ora devo andare. –
- Certo. Salutami Mike, e… uhm, a proposito, devo uscire con Luke dopo. Mangio fuori e poi vado al cinema, non so per che ora torno, ma non preoccupatevi, ok? –
Se prima Rachel non vedeva l’ora di andarsene, ora aveva pure chiuso la porta alle sue spalle. – Non pensavo che fosse vero! – esclamò lei sorpresa.
- Cosa? –
- Che tu uscissi con Luke, sì, insomma. Mike me ne ha parlato, ma non pensavo facesse sul serio. –
- Specifico che è un’uscita tra vecchi compagni di scuola e amici. E poi sono io quella che guarda troppi film d’amore! –
- Guarda che a me puoi dire la verità! Il biondino non è male come ragazzo. –
- Potrei farti le stesse domande tra te e Michael. C’è qualcosa tra voi due? – ribattei irritata.
- Certo che no! Lo sto solo aiutando! Siamo solo conoscenti. – disse lei sdegnata.
- Idem. –
 
- Calum? – feci io fissando Luke. I due mi sorrisero, mentre io rimanevo imbambolata, cercando una risposta per la comparsa improvvisa di Hood.
- Ciao, Christine! – mi salutò Luke. – Visto che non sapeva cosa fare, ho invitato anche Cal al cinema. Non ti dispiace vero? –
Dispiacermi? Ve l’ho già detto che Calum aveva un fascino che mi lasciava interdetta ogni volta? Forse sì.
- No, ma potevi anche avvertirmi. Ho prenotato un tavolo, spero solo che sia quello con i divanetti. – parlai passando lo sguardo tra i due. Luke mi lanciò uno sguardo di scusa, mentre Calum ci apriva la porta per entrare nel ristorante italiano. Fortunatamente ci avevano riservato un tavolo con un divano ad angolo ed io finii nell’angolino tra i due ragazzi.
- Michael ha dato di matto? – chiesi tanto per dire qualcosa, mentre sfogliavamo il menù.
- Per cosa? – domandò Luke.
- Mia sorella ha detto che ha scoperto dei capelli. – spiegai. Calum scoppiò a ridere, mentre Luke fece una smorfia.
- Già, è stata una delle sfuriate del secolo. Se l’è presa tutto il tempo con me perché dice che l’ho costretto io ad andare alla festa, quando io avevo solo detto che avevo saputo che ce n’era una. È lui che mi ha costretto poi. – bofonchiò il biondo. Povero, mi faceva quasi pena. Gli appoggiai una mano sulla spalla accarezzandogliela, come per dirgli che lo compativo. Luke vi volse un sorriso di gratitudine ed il resto della cena passò tra una conversazione sui cibi preferiti di ognuno di noi.
 
Se c’era una cosa che la gente mancava di dire tra le ossessioni dei maschi, dopo le ragazze, le auto, lo sport e il sesso… venivano le caramelle. Insomma, qual è la miglior arma per attirare la loro attenzione se non sei in bikini, non possiedi l’auto dei loro sogni, o pratichi uno sport che loro amano? Ovviamente i dolciumi.
- Luke? Sei sicuro di non esagerare? – domandai guardando scetticamente i tre sacchetti che teneva in mano, pieni di una vasta scelta di caramelle. Anch’io ne andavo ghiotta, ma comunque, pensavo anche di prendere dei popcorn. Avevo riempito solo un sacchetto, mentre Calum stava riempiendo il suo terzo sacchetto proprio in quel momento.
- No. Credo che li farò fuori nel primo tempo, poi uscirò a comprarne degli altri nell’intervallo. – mi sorrise porgendo i suoi sacchetti al signore alla cassa.
- Serata tra amici? O voi due state insieme? – ci chiese bonariamente l’uomo. Aprii la bocca sorpresa, mentre Calum ci raggiungeva placidamente.
- Chi sta insieme? – domandò Luke fissando le sua caramelle con occhi sognanti. Gli tirai un coppino, facendolo svegliare dal mondo dei sogni. – Oh? Noi, dice? – fece passando un dito tra me e lui. L’uomo annuì divertito.
- No, siamo solo vecchi compagni di scuola. E comunque se fosse stato un appuntamento, il suo pensiero di “Romantico” sarebbe davvero tragico e sarebbe un insulto verso i ragazzi davvero romantici… Chi è che inviterebbe il suo migliore amico se vuoi uscire con la tua ragazza? – risposi io, indicando Calum.
- Luke lo farebbe. – parlò Calum come se fosse stata la cosa più ovvia del mondo. Rimasi interdetta per qualche secondo, mentre Lucas fissava Calum con uno sguardo che pareva voler dire “Che cazzo stai dicendo? Non ho mai fato niente di simile!”.
- Ehm, certo Cal. Cosa hai afferrato esattamente di tutta la conversazione? –
- Chi è che inviterebbe il suo miglior amico ad un’uscita con la sua ragazza. Ho risposto che Luke lo farebbe. Ashton ha dovuto partecipare ad un’uscita a quattro perché Luke si vergognava ad accompagnare la sua ex al centro commerciale e così anche lei ha dovuto portarsi dietro un’amica. – spiegò Calum, senza accorgersi della minaccia bionda al suo fianco. Rimandai l’interrogatorio di Luke a dopo il cinema e mi limitai a tirare fuori il portafoglio.
- Cosa fai? – mi chiese il biondo fissando i soldi che stavo porgendo al cassiere. – Non osare pagare Lee! Ti ho detto che avrei pagato tutto io oggi! – esclamò. Alzai gli occhi al cielo.
- Non questa volta. Hai già pagato troppo per me, devo ridarti tutto dopo. – dissi sorridendo al cassiere che mi stava dando il resto.
- Perché a lei paghi tutto e a me niente? – si lamentò Calum.
- Perché facciamo lo stesso lavoro e tu guadagni tanto quanto me, stupido. – sbuffò Luke. – E lei è una ragazza! –
- Non faccia caso a questi due bambini. Come le spiegavo non stiamo insieme, devo solo fare da babysitter. – dissi ironicamente. L’uomo scoppiò a ridere, mentre gli altri due brontolavano. – Forza Lukey, Cally! Sbrigatevi che “Planes 2” sta per cominciare! –
 
Non è che fosse stato quel granché il film, cioè della Disney ce n’erano decisamente migliori, come “Frozen”, “Maleficent” ed altri.
- È stato mitico!!! – urlò Luke appena fuori dal cinema, fortunatamente non c’era molta gente, visto che eravamo stati gli ultimi ad uscire. Calum e Lucas si presero a braccetto e iniziarono a saltellare in tondo gridando quanto fosse stato favoloso il film, mentre io mi tenevo a debita distanza, fingendo di non conoscerli.
- Dobbiamo rivederlo, ragazzi! – affermò Calum. No! Vi prego, non invitatemi a vedere nuovamente un film con loro! – Vero che verrai ancora con noi, Chris? – si sgolò il moro, mentre stavano ancora saltellando.
- Perché invece non vi portate dietro Michael, lui è decisamente più partecipe. –
- No! Mike, non lo vogliamo! Veniamo ancora la settimana prossima, ok?! – affermò Luke. Ma fate pure, eh. Sono io quella che vi deve accompagnare e la mia parola non conta, ma grazie.
- Forse. Ora sono stanca. Mi accompagnate a casa? –
- Rivedremo “Planes 2”! – strillarono all’unisono.
Ma convinti, eh.
 
Passai i giorni successivi all’uscita con Luke e Calum a starmene a casa, iniziando la maratona dei film con Liam Hemsworth. Nessuno mi disturbò fino a sabato.
- Chris! C’è un ragazzo alla porta! – mi chiamò mia madre spalancando la porta della mia stanza. Sbattei velocemente le palpebre a causa della luce troppo forte che veniva dal corridoio. Chi è che veniva a disturbarmi? Ero arrivata ad un punto cruciale di “The Last Song”! Miley stava andando ad insultare Liam in spiaggia per avergli mentito e… beh, non vedevo l’ora di vedere la scena successiva in cui facevano la pace.
- Chiunque sia, digli che ora non posso! Ho altre cose da fare. – dissi scocciata.
- Il film può aspettare, Christine! Vai a vedere cosa vuole, è già la terza volta nella settimana che lo mandiamo via. – mi ammonì mia madre. Sbuffai indispettita e aprii la finestra per far entrare un po’ di luce. Dovevo essere ridotta male dopo aver passato più o meno tre giorni a fissare uno schermo, se non per qualche stacco per mangiare, andare in bagno e dormire qualche ora. Chiunque fosse il tizio alla porta si sarebbe sorbito la mia visione in stile zombie. Mi stropicciai gli occhi, mentre scendevo lentamente le scale.
- Lo sai che sei davvero cafona? – disse Ashton alzandosi dal divano. Aspettate… mia madre l’aveva fatto entrare senza nemmeno dirmi niente e lui si permette di insultarmi in casa mia?
- Cafona? Stai parlando con me? – domandai irritata dalla sua presenza. Lui mi guardo serio.
- Non ci sono altre persona in questa stanza. –
Strinsi le mani, tanto da farmi venire le nocche bianche. Quindi, riepiloghiamo: lui è in casa mia, si è comportato come se fosse stata casa sua, mi insulta e mi tratta anche da idiota. Una combinazione davvero perfetta di motivi per buttarlo fuori a calci nelle chiappe.
- Odio che mi insulti senza un motivo. Odio che mi piombi in casa senza un motivo valido e ti ripeto che odio che mi tratti da idiota. – sbottai senza rendermene conto. Irwin fece un passo verso di me, con lo sguardo da cui traspariva tutta la sua furia.
- Cos’hai che non va, te? –
- Cos’ho io? E tu che inizi ad insultarmi? –
- Avrei preferito darti della puttana, ma mi ritengo ancora un gentiluomo. – ringhiò lui avvicinandosi ancora di più. La mia mano fremeva dal tirargli uno schiaffo per quello che avevo appena detto, ma riuscii a contenermi, visto che mia madre era in casa e lui era il mio vicino di casa.
- Tu sei completamente andato con il cervello. – ribattei allontanandomi di un passo.
- No, quella sei tu. Non puoi sedurre tutti i ragazzi che ti trovi attorno e illuderli così! – sbraitò prendendomi per le spalle e scuotermi violentemente. Andai ad urtare con mobiletto, facendomi male al ginocchio. Di cosa stava parlando? Io non avevo nemmeno una cotta in quel momento, se si tralasciava Calum che comunque ora ritenevo solo un amico.
- Odio che riesci a farmi sentire una merda senza nemmeno sapere cos’ho fatto. – singhiozzai, mentre delle lacrime mi rigavano il viso per via del dolore che provavo al ginocchio.
- Mi disgusti in questo momento. Come fai a pensare alla scommessa ora? Ho sentito Luke l’altro giorno che diceva di voler uscire ancora con te al cinema e Michael mi ha detto che Calum ha detto la stessa cosa a lui, poi mi hai detto che vuoi andare a Los Angeles per rivedere un ragazzo. – sbottò. – Non mi va che tieni il piede in due staffe diverse. Non ti permetterò di illudere i miei migliori amici. –
Lo fissai sconcertata, mentre il ginocchio mi pulsava. Cosa stava blaterando? Stavo illudendo Luke e Cal? Avrei voluto gridargli contro, ma le parole mi morirono in gola. Ashton comprese male il mio silenzio.
- Vedi, non hai nemmeno qualcosa da ribattere, visto che è la verità. – disse sprezzante.
- Ho male al ginocchio. – mi limitai a dire. Lui mi lasciò andare, mentre io mi asciugavo le lacrime. Mi poggiai la mano sull’arto che era un po’ gonfio. Iniziai ad alzare i pantaloni del pigiama, ma prima che la stoffa mi scoprisse la caviglia, mi resi conto che avevo davanti un semplice conoscente, anche se ora si era trasformato in un bastardo da evitare. Sospirai frustrata dalla situazione. Non c’era nessuno che mi potesse aiutare, visto che mia madre era sopra a ad occuparsi delle faccende di casa e la casa era vuota.
- Non voglio più partecipare a quella stupida scommessa, credo sia stata la mia più grande stronzata fino ad ora. –
Sentii nuovamente gli occhi pizzicare. Sapete quando si dice che non ci si accorge di avere la cosa più importante della propria vita finché non la si perde? Sentendomi dire che non avevo più la possibilità di rivedere Jonh, mi sentii morire.
- Odio che salti alle conclusioni senza nemmeno sapere la verità. – singhiozzai buttandomi a sedere sul divano.
- Non hai sentito che non c’è più la scommessa? –
- Non mi hai fatto spiegare niente! Tu non mi conosci. Siamo vicini di casa da diciotto anni e non hai mai parlato con me se non fino al tuo ritorno di una settimana fa. Cosa c’è che non va in te? Mi conoscono di più Luke, Michael e Calum che mi hanno vista solo come compagna di scuola per oltre dieci anni, e tu pretendi di sapere tutto di me! Su che cosa ti basi? Io non ti ho mai raccontato della mia vita. Pensi sia una bambolina voodoo che non ha sentimenti e che può essere comandata a tuo piacere? –
- Sei tu che stati trattando i miei amici come bamboline voodoo. –
- Tu non sai nemmeno lontanamente quello che stai dicendo. –
- Sì che lo so. –
- No. Ed ora ti pregerei gentilmente di uscire da casa mia e di non cercarmi più. –
 
Ray irruppe come sempre in camera mia, ma questa volta non stavo facendo niente, se non fissare il soffitto dalla mia stanza.
- Christine? –
- Che succede, Rachel? – domandai mettendomi a sedere sul letto. Mi stropicciai gli occhi che mi bruciavano per le lacrime che continuavano a sgorgare senza freno.
- Uhm, stai bene? – mi chiese lei chiudendo la porta alle spalle. Se stavo bene?
- Se sto bene? Ashton Fletcher Irwin mi ha illusa! Mi ha insultata. Mi ha mentito. E per finire in bellezza mi ha dato della puttana senza sapere nemmeno come stanno le cose! Sto magnificamente! Nemmeno il tempo di aprire bocca che tutto il mondo mi è crollato addosso! Ora che pensavo che potessi riavere una vita normale con degli amici che mi conoscevano dall’età di sei anni, nemmeno voglio rivederli, perché sono i migliori amici di quella testa di cazzo! – mi sfogai. Mia sorella si sedette accanto a me.
- Ehm… Quindi non è il momento giusto per chiederti se vuoi vedere le prove della band, giusto? –
Grugnii seccata, mentre il suo telefono vibrava. Guardò il messaggio e si voltò nuovamente verso di me.
- È Mike. Dice che Luke vorrebbe parlarti, ma che non gli rispondi al telefono. – parlò Ray. Telefono? A che servono i telefoni? Per insultare la gente come ha fatto Irwin? Presi il cellulare e mostrai lo schermo spento a mia sorella.
- Sai cosa? Ho sempre avuto la tentazione di dire alla gente che non avevo un telefono. – feci avvicinandomi alla finestra ed aprendola.
- Cosa hai intenzione di fare, Chris? –
- Questo. – e lanciai l’apparecchio fuori. Lanciai con tutta la forza che avevo. Volò per una decina di metri per poi schiantarsi sul marciapiede davanti a casa mia.
- Cosa diavolo hai fatto?! – urlò Ray correndo verso la finestra aperta.
- Così nessuno potrà più chiamarmi! – strillai anche se non ne avevo motivo. – Così nessuno potrà più scassarmi le palle perché non gli ho risposto ad un fottutissimo messaggio! – la voce mi era diventata fioca. – Così non mi dovrò più sentire in colpa per quello che è successo. – singhiozzai disperata crollando a terra. Raccolsi le ginocchia al petto e sprofondai la faccia nelle gambe. Ray iniziò ad accarezzarmi i capelli dolcemente.
- Non è colpa tua. – mi sussurrò piano. – Non fartene una colpa. È stato un incidente, ok? –
- Non è ok. Non avrei mai dovuto fare la stupida, oppure ora sarei senza tutte queste cicatrici e lei… - non riuscii a continuare.
- No, Christine. Non è colpa tua. – sospirò.
 
Mia sorella mia aveva promesso che mi avrebbe tenuto lontano Irwin, così potevo continuare a frequentare Lucas, Calum e Michael in completa normalità. Non che ora smaniassi dalla voglia di stare con loro, visto che comunque erano i suoi migliori amici ed io volevo dimenticare la sua esistenza.
- Vuoi assistere ad una della nostre prove dopo? – domandò Mike mentre prendeva un sorso della sua lattina di coca. Alzai lo sguardo dal menù e fissai il ragazzo davanti a me confusamente.
- Voi provate anche di Domenica? – chiesi. Luke mi diede una gomitata sul braccio, mentre Calum mi sorrise a fianco di Lanterna Verde.
- Per essere gli artisti che sono, forse provano tutti i giorni. – disse ironicamente mia sorella. Scossi la testa divertita, nonostante tutto.
- Veramente non proviamo più da quasi una settimana. – parlò Michael.
- Clifford! Dovevamo presentarci come dei ragazzi che ci mettono anima e corpo in quello che fanno, ora abbiamo perso il nostro fascino. – si lamentò Lucas. Scoppiai a ridere, seguita da mia sorella.
- Veramente il vostro fascino l’avete perso molto tempo fa. Esattamente quando Michael si è incollato i capelli al telone. – ribatté placidamente mia sorella. Mike emise un piccolo grugnito, mentre Luke e Calum ridevano sommessamente. – Ma senza di quello non ci saremmo mai conosciuti. – finì posando una mano su quella di Michael. Mancava poco che si vedessero i cuoricini sulla testa di Mike. Calum fischiò forte, attirando anche l’attenzione delle persone vicine a noi.
- Michael, Michael… Michael! – parlò Luke lanciandogli degli sguardi maliziosi. Lui non sembrò farci caso, preso troppo da mia sorella. Che siano scoccate le scintille? Da quando mia sorella si prendeva una cotta per un ragazzo suonato come Mike? C’è sempre una prima volta a tutto.
- Mike, la bavetta. – feci io. Lui si rianimò passandosi una mani sulla bocca.
- Ma non c’è nessuna bavetta! – ribatté lui. Scoppiammo tutti a ridere.
- E ci hai pure creduto! – risi.
 
Non ne ero per niente entusiasta, ma dopo le loro suppliche, e un pizzico di curiosità, accettai di andare a casa di Luke per assistere alle loro tanto famose prove. Purtroppo quando misi piede nella sala prove ci trovai la faccia da schiaffi di Fletcher Irwin. Lui mi lanciò un’occhiata assassina, che io finsi di non notare e mi sedetti su un divanetto posto davanti agli strumenti, insieme a mia sorella. I ragazzi iniziarono ad accordare le chitarre ed a mettere a posto i cavi e gli amplificatori.
- È la prima volta che vieni alle loro prove? – domandai all’orecchio di mia sorella.
- Non esattamente. Michael mi aveva invitata una volta, ma mancavano Luke e Cal, così hanno suonato e cantato solo lui ed Ashton. -
- Ma tra te a Mike…? – lasciai la frase in sospeso, lanciandole un’occhiata maliziosa. Lei mi diede una spallata scherzosa, mentre arrossiva leggermente.
- Siamo amici, come tu e Luke o Calum. –
- E chi ti dice che non mi piaccia uno dei due? – scoppiai a ridere.
- Oh, ma piantala! Sì vede lontano un chilometro che l’unica cotta che hai ora è per Liam Hemsworth! –
- Mah, potrei anche nascondere una cotta segreta. – scherzai. Ovviamente non stavo parlando sul serio, era solo per cercare di far ammettere a mia sorella che lei era stracotta di Mike.
- Certo, certo. – mi derise lei.
Scossi la testa divertita e mi voltai per dare un’occhiata ai ragazzi. In fatto di musica sembravano più che organizzati, visto che avevano appena finito di montare i microfoni. L’unico che non sembrava fare niente, se non a limitarsi a fissarmi era Ashton. Mi guardava ancora più malamente di prima, come se avesse sentito solo l’ultima parte del discorso con mia sorella, anche se era molto improbabile, visto che si trovava dall’altra parte della stanza e i ragazzi non facevano poco casino. Avrei voluto alzarmi e scappare via, ma mi imposi di stare ferma, sorridere spensieratamente e guardare gli altri.
- Pronte ragazze? – gridò Luke al microfono, ammiccando nella mia direzione. Io e mia sorella ci scambiammo un’occhiata eloquente e ci voltammo verso di loro.
- Sì!!!! – strillammo entusiaste.

 
 
 
 
Spazio Autrice:
Hi Guys!! How are you? Ahahahaha! Io sto che una meraviglia! Sì, insomma una Directioner come me non può che sentirsi come il giorno di Natale: felice come una pasqua, in pace con se stessa e divertimento sfrenato tutto il tempo. Potrebbe essere anche un giorno importante per la 5SOSFam, anche perché senza gli One Direction io sinceramente non li avrei mai conosciuti, cioè… più o meno. Mi ricordo che la prima canzone dei 5SOS che ho sentito era stata “Heartbreak Girl” e l’ho sentita in televisione in un canale sconosciuto che adesso non trovo più, e sinceramente non sapevo nemmeno che fossero amici degli 1D all’inizio! Sì, comunque a parte questo preambolo, passiamo al capitolo! Che ve ne pare? Gettiamo un velo pietoso sulla discussione tra Ashton e Christine… Ora mi vorrete tutte morta a stecchita per quello che ho fatto *va a scavare la propria fossa*, ma aspettate, prima di arrivare a conclusioni affrettate come Ashton! Vi prometto che la questione non finisce qui ;)
Poi l’uscita a due di Chris diventa un’uscita a tre! Ahahahah! Qualcosa da dire su questa parte? Lascio i commenti a voi!
Poi domandona! (Forse inizierò a prendere l’abitudine della domandona)
Cosa ne pensate del banner? Sono davvero curiosa di sapere se vi piace o se vi fa schifo :/
However! Passiamo ai ringraziamenti! Voi siete stupende ragazze! Tutte e quante!! Ben 7 recensioni ho ricevuto lo scorso capitolo!! Vi amo alla follia, perché sinceramente dopo la prima recensione negativa del primo capitolo in cui c’era una ragazza che mi accusava di plagio, anche se dubito che abbia letto il capitolo, avevo avuto la tentazione di gettare la spugna e cancellare la storia… Ma voi siete davvero fantastiche! Chissà che magari a qualcuno piacerà così tanto la storia da volerla indicare nelle scelte? Non so, sarebbe davvero il grande sogno di ogni scrittrice di EFP? Beh, questo è almeno il mio sogno :) Ok, mi sto dilungando troppo nei miei pensieri! Mi dileguo ora! Per chi interessata sto portando avanti altre storie su altri artisti! Se volete dare un’occhiata basta andare sul mio profilo, mi farebbe davvero molto piacere :)
Bye bye!

 
Ps: Quattro anni dei miei idoli!
Si ritira nell'angolino a piangere…



 

 
Cast:
5SOS
 Christine Lee (Shay Mitchell) 
Rachel Lee (Hailee Steinfeld) and Brigitte White (Elle Fanning)
 
 
 

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Capitolo 5
*** Chapter 4 - Really Don't Care ***






Chapter 4 - Really Don't Care

"But even if the stars and moon collide,
I never want you back into my life,

You can take your words and all your lies,
Oh oh oh! I really don't care!"

- Demi Lovato ft. Cher Lloyd - Really Don't Care
 
 

 
C’erano quei giorni in cui qualunque essere femminile di qualunque specie di essere vivente, vorrebbe essere nata maschio. Ecco, per me era arrivata la settimana del mese in cui desideravo arduamente essere un maschio, che una femmina. Mi rotolai un paio di volte sul divano in cerca di una posizione comoda, ma senza successo. Quella mattina avevo già finito tutte le imprecazioni possibili ed immaginabili verso di tutti e tutto: da mia madre al Padre Eterno, da tutti i ragazzi che conoscevo a quelli che non sapevo nemmeno se esistessero.
- Tesoro? – parlò mio padre sedendosi accanto a me e iniziando ad accarezzarmi i capelli, mentre io rimanevo ferma a pancia in giù tutta dolorante. – Ti ho portato delle pastiglie per alleviare il dolore. – continuò con tono suadente. Mugolai dolorante. Mio padre era l’unico che sapeva trattarmi in queste situazioni, aveva una pazienza che l’avrebbe portato ad essere nominato santo. Mi alzai sbuffando e presi l’antidolorifico e il bicchiere d’acqua che mio padre mi stava porgendo.
- Mamma e Ray se la sono squagliata, vero? – bofonchiai dopo aver buttato giù la capsula e aver posato il bicchiere sul tavolino a fianco.
- Lo sai che non sopportano i tuoi cambiamenti d’umore in questi giorni. – ridacchiò lui. Feci una smorfia imbronciata. Mio padre mi strinse tra le sue braccia ed io mi accoccolai sulla sua spalla, mentre accendeva la televisione. Nel caso avessi mai trovato un ragazzo, sarebbe dovuto essere la copia di mio padre, in caso contrario, l’avrei lasciato perdere subito.
In tele davano “Mamma ho allagato la casa”. Semplicemente mi chiedevo perché ogni volta dovessero proiettare sempre gli stessi film. Ce n’erano un sacco di film sul Natale, molto meglio di quello, eppure ogni volta era sempre la stessa storia.
Qualcuno suonò alla porta, risvegliandomi dai miei pensieri.
- Mamma ha ancora scordato le chiavi di casa? – chiesi a mio padre. Lui si strinse nella spalle e si alzò per andare a vedere chi fosse. Dopo qualche minuto tornò.
- Christine? Ci sono due giovanotti alla porta. -. Quando iniziava con “Giovanotti” c’era poco da ridere. Sbuffai esasperata. Chi è che veniva a disturbarmi proprio ora?! Tutto il mondo doveva sapere che in quei giorni sarei anche arrivata a compiere un omicidio su quelli che non mi lasciavano stare.
- Prova a dire che non ci sono! – urlai. Lui scosse la testa per ritornare alla porta.
- Christine mi ha detto di dirvi che non c’è. – sentii mio padre dire. Alzai gli occhi al cielo e andai a vedere chi fossero le vittime del prossimo omicidio che si sarebbe sentito al telegiornale.
- Sei proprio antisgamo, Chris. – fece ironicamente Michael. Trucidai lui e Calum con lo sguardo, mentre mio padre aspettava che gli presentassi quei due idioti.
- Lanterna Verde è Michael Clifford, mentre il Kiwi è Calum Hood. – dissi rivolta a mio padre.
- Rachel ha ridotto i tuoi capelli così, Michael? – chiese mio padre. – Pensavo che c’era di mezzo solo la colla. –
- Papà, i capelli di Michael sono conciati così per colpa sua. Rachel non avrebbe mai scelto quel colore per tingergli i capelli. - I ragazzi sgranarono gli occhi stupiti.
- Non è il momento ideale per farle visita. I soliti problemi che hanno tutte le donne. – disse mio padre. Calum annuì comprensivo, mentre Mike mi fissava come se fossi stata un’aliena. Mio padre ci lasciò per tornare in casa, mentre io continuavo a fissare i due ragazzi davanti a me, chiedendomi come volessero morire.
- Cosa ne hai fatto della nostra Christine?! – mi urlò contro Michael improvvisamente prendendomi per le spalle e scuotendomi violentemente. – Dov’è ora?! Come hai fatto a rimpiazzarla?! – gridò nuovamente, mentre continuava a scuotermi. Ero certa che Michael mi avesse provocato almeno un ematoma celebrale, se non di più.
- Mike! Lasciala! – esclamò Cal mettendosi tra me e lui.
- Attento, Calum! Potrebbe rimpiazzare anche te! – strillò Mike, come se fosse stato posseduto. Mi presi la testa fra le mani, ora facevo fatica a stare in piedi, visto che vedevo il mondo girare come una trottola.
- Bene, ora sto anche per rimettere per colpa tua, Clifford. – sputai appoggiando una mano sulla pancia sotto sopra. Fortunatamente dopo qualche istante la nausea scomparì, e l’antidolorifico fece effetto. – Perché siete qui? – domandai stancamente.
- Scusalo, Chris. Solo che ieri sera Michael ha voluto guardare “Alien” e non ha chiuso occhio per tutta la notte. – mi spiegò Calum. Annuii stancamente.
- Ok. Comunque cosa siete venuti a fare? Ray non è a casa se la state cercando. –
- Oh, lo sappiamo. Ora è con Luke ed Ash a casa Hemmings. Volevamo chiederti se ti va di venire in spiaggia e schiodare Ashton dalla batteria, non riusciamo a farlo a ragionare e i tamburi sono arrivati quasi al punto di rottura. –
- I piatti sono già andati. È il terzo paio che cambia in un giorno. – annunciò Mike, dopo essersi ripreso dalla scenata da “L’esorcista”.
- Per me Ashton può anche buttarsi dal tetto di casa sua, che non chiamerei nemmeno l’ambulanza per soccorrerlo. Chiamerei direttamente il becchino per sotterrarlo, anche vivo. – risposi cupamente.
- Senti, sappiamo che non è il tuo giorno migliore, ma abbiamo davvero bisogno del tuo aiuto. Quando distruggerà completamente la batteria, inizierà a passare alle chitarre e ai bassi. –
- E quindi? Non è un problema mio. Non avete notato che Irwin ed io non ci parliamo? –
- Ed è per questo che magari a te darà retta. –
Qualcuno mi dia un manuale per capire i ragazzi. Ne avrò davvero bisogno.
 
- Cosa ci fa lei qui? – sputò duramente Irwin, quando misi piede nella stanza delle prove. Arricciai il naso davanti alla sua figura china sulla batteria. Sembrava farlo apposta a spaccare quel povero strumento.
- Non ti montare troppo la testa! – risposi acidamente. – Sono venuta per Luke e Cal. Tu non c’entri un cazzo. –
Vidi mia sorella coprirsi la faccia con le mani, seduta sul divanetto tra Mike e Luke. – Oh no. Ora scoppia la Terza Guerra Mondiale. –
Irwin si alzò e fece per uscire dalla stanza. – Che fai? Non rispondi più? –
- Non avevi detto che non volevi più vedermi? Sto solo scomparendo dalla tua vista! –
- Noi due abbiamo un conto in sospeso Irwin! Solo perché mi hai trattato di merda l’altro giorno e mi hai mentito perché non mi volevi tra i piedi, voglio comunque scusarmi per i messaggi a cui non ho risposto. –
Non che il momento era quello giusto per scusarsi, non mi piaceva avere pubblico, ma tanto importava ormai.
- Scusarti? –
- Sì! Solo perché tu sei troppo orgoglioso ora, non vuol dire che altra gente non sia più umile con te e comunque ora ho spaccato il telefono, quindi nessuno mi chiami più, sarebbe inutile. –
- Solo un’idiota come te getterebbe il telefono fuori dalla finestra. – bofonchiò mia sorella. Mike, Cal e Luke scoppiarono a ridere. Forse pensavano che Ray stesse scherzando, infatti quando videro che non eravamo uniti alla risata, mi guardarono sbigottiti.
- Era tuo il cellulare sul marciapiede? – domandò Ashton passandosi una mano tra i capelli. Mi limitai ad annuire. – L’hai fatto a causa mia? –
Sbuffai. – Non montarti la testa. Tu sei stato solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso. – dissi.
- Quindi, uhm… che ne dire se usciamo? È quasi ora di pranzo. – parlò Michael. Alzai gli occhi al cielo e incrociai le mani al petto. No, eh. Mi sono solo scusata davanti a tutti e io non conto niente. Chris sta bene, come al solito, no?
 
Mangiucchiai a malapena due patatine fregate a mia sorella, mentre i ragazzi si ingozzavano con i loro panini del McDonald. Ashton non mi aveva ancora detto niente e i gli altri sembravano evitarmi accuratamente. O ero io che mi facevo delle pippe mentali? Comunque non dissi niente fino alla fine del pranzo e nessuno mi chiese come stavo. E stavo malissimo.
- Volete andare al centro commerciale? – ci chiese Lucas pulendosi la bocca con un tovagliolo. Io guardai altrove. Chi è che tanto mi ascoltava? – E poi magari stasera andiamo in discoteca. Che ne dite? –
- Io potrei chiedere ad una mia amica di venire. – propose Ray. Non sentii la risposta degli altri, avevo voglia solo di sparire di lì e andare a casa a dormire. E forse di non svegliarmi più. Ero per caso caduta in depressione? Da quando poi? Qualcuno mi schioccò le dita davanti alla faccia, facendomi sobbalzare.
- Vieni, Chris? – domandò Luke. Calum e Ray mi guardarono preoccupati, mentre gli altri sorpresi.
- Cosa? Dove? – chiesi stupita.
- Andiamo prima a prenderci un gelato, e poi andiamo al centro commerciale. – spiegò Mike. Scossi la testa.
- Meglio di no. Torno a casa. –
 
Ingoiai due capsule e bevvi un sorso d’acqua. La nausea era peggiorata durante il tragitto in macchina e poco ci mancava che facessi un incidente, tamponando una macchina ferma allo stop. Mio padre doveva essere uscito con mia madre per andare a salutare degli amici ed io ero in condizioni pietose e sola in casa. Se mi fossi trovata in una storia d’amore come ce n’erano a milioni sul web, avrei dovuto prendere un taglierino e avrei iniziato a rovinarmi i polsi, ma di cicatrici ne avevo abbastanza sul corpo. Chissà se Ashton si leggeva poi quelle storie? Per pensare che i suoi migliori amici si fossero presi una cotta per me, entrambi nello stesso momento, mi sembrava davvero di essere stata catapultata in una di quelle patetiche storie, in cui c’è mezzo mondo che si innamora della ragazza che passa inosservata al mondo finché… Boom! Lei continua a credere di essere cessa, invece alla fine risulta essere la copia di Megan Fox, nonostante continui a dire che non è per niente attraente.
Mi buttai a sedere sul divano. Io sapevo di non essere brutta, non era per vantarmi, ma sapevo che quando passavo a volte i ragazzi si giravano. Eppure non ci facevo molto caso. Certo, c’erano quelli che ritenevo più che coraggiosi che si avvicinavano a scambiare qualche parola e magari per chiedermi il numero di telefono, ma a volte non davo corda e preferivo dire che ero impegnata, anche non lo ero. Possibile che in tutti questi anni non avevo avuto una relazione seria? Non ero una puttana, ma non riuscivo a ricordami se ne era valsa la pena sprecare il mio tempo con dei ragazzi che avevo dimenticato dopo due minuti. Direi proprio di no.
Il telefono di casa squillò.
- Pronto? – chiesi passandomi una mano sulla faccia.
- Chris? Tutto bene? Sono Calum. –
- Oh, sì. Sto bene, pensavo di riposarmi ora. Mia sorella invece sta bene? –
- Sta andando in giro per i negozi con Michael e Luke. Mi hanno lasciato tutti da solo, visto che Ashton mi ha piantato in asso. –
- Oh, mi dispiace. -
- Non fa niente. Dopo comunque vieni in discoteca? –
- Non credo. –
- Ma hai detto di stare meglio. – si imbronciò Cal. Possibile che quei ragazzi mi volessero tra i piedi anche quando nemmeno mia madre e mia sorella mi volevano?
- Vi faccio sapere poi. – sospirai.
- Risposta a trabocchetto. Non ci casco, Chris. –
Sorrisi alzando gli occhi al cielo. Dannazione! Non dovevo dire che avevo rotto il telefono. – Ok, ok. Mi arrendo! Verrò, ma farò da autista, quindi niente alcol per me. –
- Sì! – esultò Calum. – Ci vediamo dopo allora. -
 
Mi stropicciai gli occhi e sbadigliai. Il pisolino che mi ero fatta mi aveva ristorato. Quante ore avevo dormito? Forse c’era la speranza che fosse già troppo tardi per raggiungere gli altri in discoteca. Sorrisi all’idea. Una scatoletta bianca attirò la mia attenzione ed il respiro mi mancò quando capii di cosa si trattasse.
- E questo cellulare da dove spunta fuori? – chiesi a mia sorella, entrando nella sua stanza. Lei mi guardò qualche istante per poi scuotere la testa contrariata.
- Non ci crederai mai, ma i ragazzi hanno voluto farti un regalo quando hai raccontato che fine avesse fatto il tuo cellulare vecchio. –
- Un regalo? –
- Già, hanno detto anche di dirti di non gettare anche quel telefono fuori dalla finestra. –
La guardai allibita. Non avevo mai ricevuto un regalo così costoso in vita mia. Gemetti fissando lo schermo spento. Perché mi stavano facendo tutti quei regali? Non capivo.
- Era anche un modo per convincerti a venire in discoteca. – disse mia sorella come se mi avesse letto nel pensiero. Sbuffai esasperata ed accesi il cellulare. Avevano anche messo a posto tutto il sistema come nel mio vecchio telefono.
 
Ashton Irwin:
Non rompere anche questo telefono.
XXX Ash
 
Ashton Irwin:
Ps: La scommessa è ancora valida.
Sono ancora convinto comunque non arriverai
Mai alla fine.
XXX Ash
 
Sorrisi. Qualcosa era ritornato al suo posto?
 
Christine Lee:
Odio la tua convinzione.
 
Ashton Irwin:
Lo so.
XXX Ash
 
Christine Lee:
Ci vediamo dopo.
Preparati ad una sconfitta senza precedenti.
 
- Pronta, Chris? – mi chiese Ray entrando in bagno. Sfumai l’ombretto nero sopra la palpebra e sorrisi alla ragazza nello specchio, prima di rendermi conto che Rachel mi stava fissando come persa nei suoi pensieri. Le schioccai le dita davanti agli occhi, facendola risvegliare.
- Sei bellissima, Christine. – mi sussurrò abbracciandomi. Per la prima volta da mesi mi sentivo anch’io bella e strinsi tra le braccia Ray.
- Anche tu lo sei, sorellina. –
Non piangere. Non piangere. Non piangere. Presi un respiro e mi calmai.
- Ok, andiamo. – affermò Ray sorridendo radiosamente.
 
- Sei fantastica, Chris! – mi sussurrò all’orecchio Calum passandomi un braccio sulle spalle. Gli sorrisi grata del complimento e passai un braccio sul suo fianco per non stare scomoda.
- Tu e gli altri invece meritare solo un gradissimo insulto da parte mia. – feci io. – Non dovevate regalarmi un cellulare nuovo. –
- E perché no? –
- Perché non saprei come ricambiarvi. –
- Ci basta la tua compagnia. – ammiccò. Scossi la testa. – Io vado a ballare vieni con me? –
- No. Vado a prendere qualcosa da bere. – e mi allontanai dalla sua stretta facendolo ridere. Mi avvicinai al bancone e mi sedetti su uno degli sgabelli.
- Vuoi qualcosa dolcezza?- mi chiese il barista facendomi l’occhiolino. Sorrisi di rimando divertita.
- Certo. Solo una coca. Oggi devo fare da autista a dei pazzi scatenati. – spiegai. Lui annuii comprensivo e preparò tutto in meno di venti secondi. Sorseggiai la bibita tranquilla, mentre la musica rimbombava per il locale, arrivando quasi a far vibrare le mie ossa. Continuavo a guardare le mani del barista che si muovevano veloci, preparando drink e prendendo le mance. La mancia! Non mi aveva chiesto i soldi. Presi la borsetta e presi una banconota da cinque dollari.
- Hey! Ho dimenticato di pagarti! – cercai di farmi sentire dal ragazzo castano, ma niente. Aspettai pazientemente che finisse di servire tutti e miracolosamente per non po’ non rimase nessuno a chiedere da bere. – Ho dimenticato di pagarti. – dissi, mentre passava lo straccio sul bancone, vicino a me. Alzò lo sguardo e mi sorrise.
- Lo so. Offro io. – rispose appoggiandosi sui gomiti davanti a me. Scoppiai a ridere.
- Grazie mille allora. –
- Di niente… -
- Christine. Mi chiamo Christine, Chris per gli amici. –
- Chris. Io mi chiamo William, Will per gli amici. – sorrise. Mio Dio! Era un sorriso stupendo.
- Quanti anni hai? – chiesi cercando di mantenere viva la conversazione.
- Ne ho appena compiuti venti due settimane fa. Tu? –
- Diciotto. – risposi prendendo un sorso della mia coca. – Sei fidanzato? –
Oh. Mio. Dio. Da quando iniziavo a flirtare così sfacciatamente? Il ragazzo mi sorrise annuendo.
- Certo. –
- Oh. -. Non riuscii a dire altro per l’imbarazzo, forse mi aspettavo che dicesse di no e che stesse al gioco. – Uhm, non è che si ingelosisce, se scopre che hai appena offerto da bere ad una ragazza qualsiasi? – ridacchiai, cercando di non far trasparire il mio nervosismo. Iniziai a battere il piede a ritmo di musica, se non più velocemente.
- Oh, non ti preoccupare. Il mio ragazzo sa che non lo tradirei mai. –
Rimasi qualche secondo titubante. – La tua ragazza? –
Will scoppiò a ridere scuotendo la testa. – No, no. Il mio ragazzo. Si chiama James. –
Sentii il viso andare a fuoco. Ok, calma Chris. Ci stavi provando solo con un ragazzo che era dell’altra sponda, non è grave. Non sarà la prima volta che capita, no?
- Non ti preoccupare, non sei la prima. – disse come se mi avesse letto nel pensiero. Annuii, con la faccia in fiamme. – Comunque ne sono lusingato. Anche tu sei una bella ragazza. - Balbettai un “Grazie”, cercando di togliermi di dosso l’imbarazzo che provavo. – Sei venuta con qualcuno? –
Conversazione normale, Chris. È un ragazzo come tutti, solo che gli piacciono i maschi… come te. Sorrisi all’idea di poter iniziare una conversazione su quanto fosse carino un ragazzo, con un maschio. Strana come idea, ma non così tanto. – Sì, un gruppo di amici. – affermai sorridente.
 
William annuì favorevole. – Carini i tuoi amici. – disse prendendo un piccolo sorso della birra che aveva davanti. James gli aveva dato il cambio al bancone, mentre io conversavo tranquillamente con Will. Non avevo mai avuto amici gay, e decisamente loro mi piacevano. Ogni tanto si scambiavano qualche bacio, mentre io continuavo a ripetere che erano dolcissimi insieme. Will sembrava essere più femminile rispetto a Jay, forse nelle movenze, perché sembrava più delicato, ma erano tutti e due dei gran bei ragazzi. Mi avevano detto che avevano preferito venire a lavorare in un locale “Etero” perché non volevano trovarsi con altri ragazzi che flirtavano con loro e li capivo.
- Carini? – risi io guardando come Calum muoveva il bacino. – Non me la bevo, Will. –
- Non posso dire che sono fighi! Chris, ho un ragazzo. – puntualizzò. Scoppiai a ridere.
- L’hai detto! James! – lo chiamai. Il moro venne verso di noi, dopo aver preso l’ultima mancia. – Il tuo ragazzo ha ammesso che i miei amici sono fighi! – risi. James si unì a me.
- Io l’ho detto dieci minuti fa. –. Will bofonchiò qualcosa di incomprensibile, prima che James gli rubasse un bacio, che gli fece rischiarare il volto.
- Voi siete fottutamente dolci insieme. – affermai per la centesima volta.
- Bel mix di volgarità e finezza. – commentò James. Il mio sorriso si allargò ancora di più. Qualcuno mi abbracciò da dietro facendomi sussultare dallo spavento.
- Lucas Robert Hemmings! Sei tutto sudato! Staccati! – gridai, mentre sentivo i vestiti diventare umidi. Luke scoppiò a ridere, mentre si levava.
- Pensavamo che ti stessi ubriacando! – esclamò lui affiancandomi. – Dovevi farci da autista, non ti ricordi? –
- Lo so. Stavo solo parlando con William e James. – sorrisi guardandoli. Luke si voltò a guardarli e li salutò. – Will, Jay. Lui è Lucas, o lui preferisce Luke. Dice che è più mascolino. –, feci spallucce. William scoppiò a ridere, mentre Jay strinse la mano a Lucas.
- Tranquillo per la vostra autista, non le ho ancora dato niente di alcolico. Solo coca. – affermò James.
- E ha pagato lei? – domandò il biondo. Alzai gli occhi al cielo.
- Il primo me l’ha offerto Will. Da Jay non ho potuto sgraffignare niente. – sospirai melodrammatica. – Non sei per niente un gentiluomo. – dichiarai. James sbuffò, facendomi poi l’occhiolino. William gli stampò un bacio sulla guancia. Voltai verso di Luke. Aveva un espressione sbalordita dipinta in volto.
- Hey? C’è qualcosa che non va? – gli chiesi scuotendolo per un braccio. Lui fece scorrere lo sguardo confuso tra me e i due ragazzi, per poi finire a fissare me.
- Ma loro… - lasciò la frase in sospeso.
- Non ti preoccupare. Sono fidanzati tra di loro. – sorrisi. – Non li trovi fottutamente dolci? –
- Dolci? – ripeté lui guardandoli. Alzai gli occhi al cielo.
- Ho capito, queste parole non sono fatte per uscire dalla bocca di un ragazzo mascolino come te. – lo presi in giro.
- No, è solo che non ho mai conosciuto delle persone gay. – ammise lui.
- Benvenuto nel club allora. – ridacchiai.
 
- Voglio un altro motivo. – biascicò Ashton assonnato, mentre uscivamo dal locale. Guardai con la coda dell’occhio Brigitte e Ray che cercavano di sorreggere Calum e Michael. Luke era appoggiato a me, dalla parte opposta a quella di Ashton. Avrei dovuto dire a William e James di non versare più di cinque drink a quei ragazzi.
- Odio doverti accudire come un bambino, e odio che ti sbronzi così, senza avere un limite. – dissi affaticata dal peso dei loro corpi. Fortunatamente non avevo parcheggiato la macchina lontano. Questa era la prima e ultima volta che uscivo con loro. Mi chiedevo poi come facessero a tornare a casa quando uscivano solo loro. Appoggiai Luke alla macchina cercando le chiavi nella borsetta. - Ragazzi, dovete rimettere? – domandai ai quattro ubriachi. Michael e Luke alzarono la mano.
- Non avrei dovuto mischiare la birra con la tequila. – mugugnò Luke. Sospirai frustrata. Diciotto anni buttati nel cesso, in una sola notte. Venti per Ashton.
- E ora aspettiamo che vomitino? – chiese mia sorella guardando preoccupata Mike. Lui si avvicinò all’orecchio per sussurrarle qualcosa. Ray arrossì violentemente dopo qualche secondo, togliendoselo di dosso e appoggiandolo alla macchina vicino a Luke.
- Calum è messo miglio di loro? – domandai a Brigitte.
- Non ho perso l’udito, Chris. – disse Calum stropicciandosi gli occhi. – Io sono messo meglio degli altri. – puntualizzò cercando di stare ritto. Beh, almeno lui sembrava solo stanco, forse era perché era sveglio da più di ventiquattro ore a causa di Mike.
- Quindi che facciamo Cal? – volle sapere Ray. Lui sbadigliò.
- Andiamo a casa di Mike. Sua madre è andata a trovare sua zia e la casa è vuota. – sbadigliò nuovamente.
- E se vomitano in macchina? – chiesi.
- Non vomiteranno. – ci assicurò Calum.
 
- Ti uccido, Hood! – urlò Brigitte. Sentii un odore rancido e mi tappai il naso disgustata. Fortunatamente Calum non aveva vomitato sulla mia auto, ma bensì sulla maglietta di Brige.
- Oh mio Dio! – esclamò Ray disgustata allontanandosi dalla sua migliore amica e da Calum, piegato in due. Aiutai Ashton ad uscire dalla macchina, mentre Luke aveva già smaltito un po’ la sbornia e dava della pacche sulla schiena di Hood che aveva iniziato a tossire.
- Cos’è successo? – chiese Ash facendo una smorfia di dolore.
- Calum ha vomitato addosso a Brigitte. – spiegai brevemente sorreggendolo. – Stai bene? – chiesi premurosamente.
- Ho male alla testa. – disse poggiando una mano tra i capelli. Michael intanto, aiutato da Ray, aveva aperto la porta di casa. Sospirai frustrata ed aiutai Ashton ad entrare in casa. Mandai un breve messaggio a mia madre dicendo che mi sarei fermata a casa di Mchael insieme a Ray e Brige, senza però spigarle il motivo. Uscii dalla casa e andai a vedere come stessero gli altri due ragazzi.
- Cal, tutto bene o devi rimettere ancora? – chiesi prendendo il posto di Luke e iniziando a massaggiargli la schiena. Non sopportavo molto l’ordore del vomito, ma in quel momento era meglio se mettevo da parte il disgusto.
- Ho solo bisogno di un bicchiere d’acqua per risciacquarmi la bocca. – parlò Cal.
- Vado a prendertelo io. – si offrì Lucas che scomparve in casa. Il moro si tenne a me e lo portai in casa, facendolo sedere accanto ad Ashton. Luke ritornò dalla cucina con due bicchieri che porse al suo amico. – Alla faccia del “Non vomiteranno”. – commentai, mentre Hood si risciaquava la bocca.
- Non è colpa mia se tu hai preso tutte le buche che c’erano lungo la strada. – ribatté lui.
- Mi stai dando della pessima guidatrice, Hood? – chiesi incredula. – Io che ho passato il test di guida con il massimo dei voti? –
- I voti non valgono niente, se non sai cavartela nella vita reale. –
- Bene. – risposi. – Sapete cosa? Fottetevi tutti e quanti! La prossima volta vi lascio marcire in quel locale, mezzi storditi perchè non sapete trattenervi! – urlai. Ed uscii di casa sbattendo la porta più forte che potei. Bella gratitudine! Salii in macchina ed accesi il motore, sarei ritornata da William e James e magari avrei bevuto anche qualche bicchierino di vodka.Ma prima che potessi partire, qualcuno si buttò sul cofano.
- Cosa diavolo stai facendo, Irwin?! – strepitai scendendo dall’auto.
- Dove stai andando, tu? Non sai che non si deve guidare quando si è incazzati? Nessuno te l’ha mai insegnato? – fece lui come se non avessi detto niente.
- Questa mi è nuova. – dissi ironica. – Sapevo che non si potesse guidare da ubriachi e drogati, non arrabbiati. –
- Da arrabbiati si fanno cose più stupide di quando si è ubriachi. – spiegò Ash sedendosi sul cofano dell’auto. Sospirai e andai a spegnere il motore. Ashton si sedette sul cofano ed io mi misi accanto a lui. Senza preavviso Ashton chinò la testa di lato e la appoggiò sulla mia spalla. Rimasi paralizzata per qualche secondo, alla fine presi un respiro incerto e cercai di rilassarmi.
- Non volevo insultarvi tutti e quanti prima. – sussurrai torturandomi le mani. – È solo che non voglio che anche voi mi incolpiate di cose che non esistono... –
- Quindi ce l’hai anche con me? – volle sapere Ash incerto. – Intendo per il fatto che pensavo ci volessi provare con Calum e Lucas. Alla fine Calum mi ha detto che è stata un’uscita a tre e cha anche la prossima volta sarà così. – mormorò. Ci pensai su. Ashton era mezzo stordito dall’alcol e per l’altra metà a causa del sonno, ero scettica sulla sua capacità di intendere in quel momento.
- Odio il fatto che riesci a farti perdonare così velocemente da me. – risposi spasimante. Perchè in quel momento mi riusciva difficile avercela con lui. Il silenzio cadde su di noi come una leggera patina di nebbia. – Forse dovremmo entrare. –
- Dovremmo? – domandò Ash.
- Dobbiamo. – mi corressi. Lui sbadigliò facendomi riprendere la sensibilità della spalla. Ci alzammo e ritornammo in casa. Per mia fortuna di Calum non c’era traccia, mentre era comparso invece Michael.
- Dove sono le ragazze? – gli chiesi.
- Uhm, sono in bagno, mi stanno facendo fuori tutti prodotti shampoo e i bagnoschiuma. – si lamntò lui. Gli sorrisi scusandomi. – Comunque non ho abbastanza camere. Qualcuno dovrà dormire sul divano. Luke e Calum hanno preso la stanza degli ospiti, Ray e Brige la camera di mia madre, io ho la mia beh... Ash, se vuoi dormire con me, opuure tu Chris. Ho un letto matrimoniale. –
- No, dormo io sul divano. – risposi.
- Ok. – disse Mike per poi andare su. Ashton rimase intontito accanto a me.
- Ti devo aiutare ad andare su? – domandai, Ashton scosse la testa. – Ok, allora vai a dormire, ne hai bisogno. – risposi stendendomi sul divano. – Buonanotte. -
Senza preavviso Ashton si avvicinò a me e mi si inginocchiò davanti, sorridendomi dolcemente.
- ‘Notte, Chris. – mormorò Ashton lasciando mi un bacio impercettibile sulla fronte.
- Odio il modo in cui mi fai stare bene. – sussurrai con voce impastata. E con la sua risata candida caddi in un sonno profondo.


 
 
 
 
Spazio Autrice:
Ciao Ragazze! Come va? Ok, sarò breve adesso perchè non ho tempo, più tardi se avrò tempo metterò a posto lo spazio autrice.
Questo Capitolo non credo che abbia niente di parcolare, penso... è solo fatto per rendere più umani i miei personaggi. Ho inserito anche James e William perchè, boh... ho avuto questo flash e niente.
Per tutte le altre cose, commentate voi! Ci vediamo!
Bye bye!


Ok, eccomi di nuovo a rompervi le scatole *LOL* al ritmo di "18"! Ogni settimana sono ossessionata da una canzone dei 5SOS e la ascolto finchè non faccio venire la nausea a tutti quelli che mi stanno attorno, la settimana scorsa era "Reject" e la settimana prima ancora era "Heartache On The Big Screen", comunque ritorniamo al capitolo che ho postato ieri mattina! Come vi sembra? Ok... per me è una vera e proprio cagata, specialmente l'inizio, il finale è diciamo accettabile (?) Mi dispiace moltissimo se non era quello che vi aspettavate! Boh, ho cercato ti rendere più "reale" la protagonista diciamo, niente di eccessivamente deprimente come una ragazza che finisce per tagliarsi e bere fino al limite, o una che è egocentrica e che assomiglia ad una barbie (?) Non so se sono riuscita nel mio intento, anzi credo proprio di no...
Calum che vomita su Brigitte non so da dove mi sia venuto fuori, mi sembrava divertente all'inizio ma poi la scena è degenerata con Chris che litiga con lui. Nel rovinare le scene romantiche e comiche sono un mito :(
Riguardo a James e William, loro sono diamo un mio "Sogno nel cassetto" (?) Sì, insomma quei sogni che nessuno conosce a parte te, beh, il mio sogno più infimo non è niente di erotico o cose simili, è semplicemnte avere degli amici dell'altra sponda, specialmente maschi. A chi non piacerebbe trovare un ragazzo con cui puoi parlare liberamente di quanto sia fico un tipo o se sia meglio indossare un verstito o dei jeans ad un appuntamento? Le migliori amiche, certo, servono anche a questo, ma in fondo della "razza" maschile ne sanno quanto noi e si sa che come tra ragazze si intende, anche tra ragazzi sarà la stessa cosa. Ok, mi sto dilungando troppo! Comunque questo è il mio sogno, avere un amico gay :)
Domandona! (Tipo #StatoConosciamoci):
Qual è il vostro sogno nel cassetto?
Vorrei comunque ringraziarvi tutte, quelle che hanno inserito la mia storia tra preferite, ricordate e seguite.

 
Vorrei anche ringraziare voi che avete recensito i miei capitoli! Siete davvero fantastiche!
Loro che hanno recensito tutti i capitoli dall'inizio:
- fedejonas4ever
- MusicIsAllINeed
Grazie mille per il sostegno.
Loro che sono arrivate dopo (ma non tardi!!):
- _Directioner_Horan99
- daiana91love
- Mels_write
- Alexis_Writer_
- dontyouevergrowup
- lukecocopops
- Sofy1906
Vi ringrazio davvero tutte!
Specialmente mi sento il dovere di ringraziare calorosamente Alexis_Writer_ che con una recensione mi è arrivata dritta al cuore con le parole "
hai la capacità di farmi sentire parte della storia!", mi hai letteralmente commossa! Non pensavo che a qualcuno potessi fare questo effetto e sinceramente questo è il mio scopo da sempre quando scrivo. Poi, beh ci sono le recensioni che mi fanno morire dal ridere del tipo "Ok, io ti picchio per averli fatti litigare, ma lascio l'uccisione a dopo se non li fai riappacificare." oppure "Amo follemente Lukey e Cally(?) hhhahahahahahah continua o Rachel e Mikey faranno sesso nel tuo letto sta sera!"
Ok, l'ultima non so da dove sia uscita, ma ho riso per mezzora davanti il computer all'una di notte, mentre mia madre diceva di piantarla. Ahahahhah!
Va bene! Troppi ringraziamenti (?) Ahahah! Meglio se mi dileguo!! Bye bye!



 
 
Ps: Questa settimana ho avuto dei problemi con l'iPad che molte di voi mi hanno segnalato, cioè il fatto che continuavo a pubblicare capitoli uguali, sinceramente non so cosa sia capitato, cercavo di cancellarli, ma dopo un po' ricomparivano, boh, ho appena fatto fuori il telefono perchè sembrava impazzito anche lui perchè mi apriva applicazioni che non avevo neanche toccato, e quindi ne ho comprato uno nuovo, ora spero che questo coso non impazzisca, perchè sennò non saprei più come pubblicare i prossimi capitoli, visto che non ho a disposizione un computer e dal cellulare per me è troppo scomodo. Spero che intanto siate pazienti, darò un'occhiata ogni tanto per vedere se ci sono più capitoli uguali e cercherò di cancellarli, voi sappiate comunque che i giorni in cui aggiorno sono Mercoledì e Domenica

 

 
Cast:
5SOS
 Christine Lee (Shay Mitchell) 
Rachel Lee (Hailee Steinfeld) and Brigitte White (Elle Fanning)
Will (Cody Christian)(*) e Jay (Eric Saade)(*)

(*)L'aspetto dei personaggi è solo fittizio, non so so loro sono omosessuali dichiarati, solo che me li immaginavo così.
 
 
 

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Capitolo 6
*** Chapter 5 - Dumb ***






Chapter 5 - Dumb

"I got so scared
Convinced myself that I didn't really care
Now I know that you're the one
I'm sorry that I've been so dumb
"
- Tich - Dumb
 
 

 Mi svegliai di soprassalto. Cos’era successo? Era scoppiata una bomba in casa? Mi girai per vedere l’ora sull’orologio che avevo sul comodino e mi ritrovai con il fondoschiena attaccato a terra seguito da un dolore atroce.
- Cazzo! – imprecai. Dove diavolo mi trovavo? Mi stropicciai gli occhi gonfi di sonno e realizzai che mi trovavo a casa di Michael Clifford.
- Sicuro di aver seguito tutti i passi? – domandò la voce di Luke. Cos’avevano combinato? Sbadigliai sommessamente e mi alzai da terra.
- Sì. Tu hai messo il timer in modo corretto? – chiese Ashton. Entrai in cucina e mi trovai tutti e quattro i ragazzi fissare il fornello. Mi avvicinai a passi felpati, mentre loro mi davano ancora la schiena. Una puzza di bruciato mi invase le narici ed io non riuscivo a vedere cosa stessero guardando, poiché mi coprivano la visuale.
- Cosa avete combinato? – volli sapere alla fine, stanca di non riuscire a vedere. I ragazzi sobbalzarono spaventati al suono della mia voce.
- Volevi partecipare al nostro funerale, Lee? – esclamò Irwin portandosi una mano sul cuore. Gli altri mi guardavano con occhi stralunati, prima di calmarsi.
- Volete farmi vedere invece cosa avete fatto? Io pensavo che fosse scoppiata una bomba! -. Ma loro rimasero fermi, oscurandomi la visuale.
- Mia madre ci ammazza quando torna. – si lamentò Michael dando una rapida occhiata alle spalle. Potevo immaginare che avessero tentato di improvvisarsi Gordon Ramsay.
- Mike, solo perché ti chiami come uno dei migliori chef del mondo, non vuol dire che tu lo sia. – sospirai. – Ora fatemi vedere. –
E come Mosè divise le acque del mar Rosso, i quattro si divisero.
- Cioè… Sì, insomma. Sarebbe potuto succedere di peggio. – azzardò Calum. Sgranai gli occhi.
- Peggio di così? – feci incredula, indicando il fornello. – Cosa diavolo è quella roba? –
- Teoricamente sarebbe dovuta essere la colazione. – mugugnò Ashton. Aprii la bocca scioccata. Qualunque cosa fosse stata in precedenza, ora era carbonizzata. Il fornello che prima della loro prova di cucina era lindo, ora era completamente incrostato e da una pentola usciva del fumo.
- E ditemi, cosa stavate cercando di preparare? Un souffle?! –
- Veramente noi… - cercò di dire Luke, ma richiuse la bocca arrossendo.
- Cercavamo di fare della uova strapazzate. – sospirò Michael. Non sapevo se scoppiare a ridere o a piangere in quel momento. Optai per la terza scelta: calmarmi. Presi un respiro profondo.
- Volevamo solo cercare di essere carini con voi. – si difese Calum. – Avevamo pensato di portarvi la colazione a letto, prima che vi svegliaste. –
- Abbiamo pure messo la sveglia alle sette del mattino per prepararvi la colazione. – disse Michael sfoderando uno sguardo da cucciolo bastonato. Rimasi a fissarli qualche secondo impietrita, per poi sciogliermi in un sorriso.
- Vi siete svegliati alle sette solo per prepararci la colazione? – domandai ridendo.
- Volevamo farci perdonare per essere stati degli incoscienti ieri… qualunque cosa abbiamo fatto. – disse Calum. Mi accigliai.
- Mi state dicendo che non vi ricordate cosa è successo ieri? – feci allibita. Mike e Luke si passarono una mano tra i capelli, scompigliandoli, Hood si gratto la nuca imbarazzato, mentre Ashton iniziò a battere il piede a terra innervosito. Questo è il colmo! – Ok, vi rinfresco la memoria. Iniziamo da te Hood! Allora, hai vomitato addosso a Brigitte e poi mi hai dato della pessima guidatrice per motivare il tuo gesto. Tu Hemmings, sei stato il più incosciente di tutti! Diciotto anni buttati tutti nel cesso in una sola notte, perché non sai contenerti! Neanche riuscivi a stare in piedi e non sei esattamente un peso piuma. Clifford, dovresti cucirti la bocca da ubriaco! Qualunque cosa tu abbia detto a mia sorella, beh, non voglio nemmeno saperla! Dopo che le hai parlato, ha preso le distanze da te. Infine Irwin, ora capisco perché hai fatto il gentile e tutto con me, eri mezzo stordito, non credo nemmeno tu ricordi una singola parola che ti ho detto. Ti rinfresco la memoria! Odio quando ti sbronzi da far schifo! –
Calum si passò una mano sulla faccia, completamente rosso. Ashton evitò accuratamente di guardarmi negli occhi. Michael mi fissò sbigottito. Lucas prese il piercing tra i denti e iniziò a succhiarlo pensieroso. Erano riusciti a bere così tanto da rimuovere tutti i ricordi della sera precedente! Incredibile!
- Abbiamo, ehm… Abbiamo fatto qualche altra cazzata ieri sera? – volle sapere Ashton. Strinsi i denti.
- Non vi ho fatto da balia tutta la sera. – sputai. – Ho conosciuto dei ragazzi e sono rimasta con loro tutto il tempo. -
- Hai conosciuto dei ragazzi? – fece Calum sorpreso. Ashton alzò di scatto la testa e mi guardò negli occhi.
- Luke li ha conosciuti, prima di sbronzarsi. –
Lo vidi concentrarsi per ricordare qualcosa di ieri sera, ma poi scosse la testa sconfitto. – Non me li ricordo. I miei ricordi arrivano al momento in cui tu sparisci per andare verso il bancone e io vado a ballare con Brigitte. – sospirò. – Poi c’è un buco nero. –
Fissai i quattro ragazzi davanti a me. Era impossibile che non si ricordassero cosa fosse successo prima della loro sbronza!
- Sei così bella… - sussurrò impercettibilmente Ashton. Rimasi interdetta. Provai a dire qualcosa, ma non mi uscii un solo suono dalla bocca. – Christine? – mi chiamò Calum.
Tutto iniziò a vorticare attorno a me.
 
- Christine? – qualcuno mi scosse. Mi alzai dallo spavento. Davanti a me c’era Calum, mentre Ashton mi scuoteva leggermente, inginocchiato a fianco del divano. Sbattei velocemente le palpebre. Era tutto un fottuto sogno. Come poteva essere? Avevo provato un dolore lancinante al fondo schiena. Ancora adesso lo sentivo, c’era qualcosa che mi stava facendo male. Mi scansai a trovai il telecomando della televisione. Ecco spiegato tutto.
- Buongiorno, Chris! – esclamò Calum radioso. Avevo un male alla testa tremendo a cui si aggiungeva la nausea mattutina che avevo sempre in quei giorni.
- Stai bene, Chris? – si accigliò il ragazzo al mio fianco. Scossi la testa.
- Avete un’aspirina? – chiesi posando una mano sulla testa dolorante. Forse era perché avevo passato la notte sul divano, senza una coperta, visto che ero abituata a dormire con le lenzuola anche quando faceva piuttosto caldo. Senza accorgermene mi ritrovai Calum che mi porgeva una capsula bianca ed un bicchiere d’acqua. Lo ringraziai flebilmente.
- Vuoi fare colazione? – domandò Ash. Colazione? Gemetti passandomi una mano sulla faccia.
- Cosa avete combinato? –
- Cosa intendi dire? – fece Calum confuso.
- Avete preparato la colazione? Voi? – chiesi incredula.
- Sei impazzita? Noi ai fornelli siamo pericolosi. – disse Ashton. – Siamo solo usciti mentre voi dormivate e siamo andati a comprare dei croissant e dei cappuccini allo Starbucks. –
Ok, era tutto uno schifosissimo sogno.
- Perché state facendo i dolci e carini con me? –
Calum si grattò nervosamente la testa. – Ehm, era solo un modo per scusarsi. Non ci siamo esattamente comportarti bene ieri. – rispose.
- Quindi vi ricordate tutto? –
- Beh, alcune cose no. Ma quelle più importanti sì. – fece Ashton. – Quello messo peggio è Michael, ha un vuoto dal momento in cui è uscito dal locale, fino a quando non arriviamo a casa sua. – mi mise al corrente. Mi limitai ad annuire. – Allora vieni a fare colazione? Luke e Mike stanno cercando di svegliare Ray e Brige. –
- Devo andare in bagno un attimo. –
 
Passai una mano sotto gli occhi per togliere i residui di mascara che non erano andati via con l’acqua. Era strano che i ragazzi non mi fossero scoppiati a ridere in faccia visto il mio trucco da panda. Che sogno stupido che avevo fatto! I ragazzi che perdevano la memoria. – Un Incubo. – sussurrai.
Toc-Toc.
Sussultai spaventata dal rumore improvviso.
- Chris, stai bene? – mi chiese dall’altra parte della porta Ashton.-
- Ehm. Sì, sì! – mi affrettai rispondere. Aprii la porta e senza accorgermene andai a finire contro il petto di Irwin. Rimasi qualche secondo intontita per la botta, per poi scostarmi imbarazzata. – Torno a casa a fermi una doccia e poi forse ritorno qui. – parlai fissandomi i piedi scalzi.
- Perché non la fai qui? Tanto di prodotti per lavarsi, Michael ce ne ha di tutte le marche. – fece una smorfia Ash. Ridacchiai divertita.
- Non ne dubito, ma volevo andare a cambiarmi i vestiti. – risposi fissando la maglia stropicciata e i pantaloni eleganti rovinati anch’essi. Portai lo sguardo sul ragazzo di fronte che mi stava sorridendo.
- Potremmo prestarti qualcosa noi, come abbiamo fatto con Rachel e Brigitte. –
Uhm, ma anche no? – Va bene. –
- Ok, allora vado a prenderti i vestiti e l’asciugamano. –
Sospirai ritornando in bagno. Chi me l’aveva fatto fare? Chiusi il coperchio del water e mi ci sedetti sopra. Sarei dovuta tornare a casa ieri, mandando al diavolo Ashton. Invece mi ero fatta illudere dai suoi modi gentili. Ero diventata una debole. Mi svestii entrando nella doccia e accesi acqua calda. Lasciai che il vapore riempisse completamente lo spazio attorno a me e cercai di rilassarmi. Forse dopo la colazione sarei andata a fare una visita ai miei nuovi due amici. Mi avevano dato l’indirizzo e avevano detto che sarei sempre stata la benvenuta da loro, visto che ironicamente ero l’unica amica “Etero”. Una bella giornata senza pensieri in testa, solo chiacchierate libere, senza pregiudizi e cose simili.
- Christine? Ti ho portato la roba. – mi risvegliò dai miei pensieri Irwin. Fortunatamente i pannelli che ci separavano non erano trasparenti e a malapena riuscivo a vedere la sua figura.
- Ok, metti tutto sul lavandino. Grazie Ashton. – risposi. Ma non sentii la porta richiudersi. – Irwin? Ora puoi uscire. – dissi.
- Oh… ehm, sì. Volevo solo dirti che dopo la colazione volevamo andare al Luna Park. Ti aggreghi a noi, no? –
Bene, tutti i miei piani mandati in fumo. – Non lo so. -. Tira fuori qualche scusa, Chris! – Ma non è troppo azzardato per voi uscire tutti insieme? Dopotutto siete delle star ora. – feci massaggiandomi la testa con lo shampoo.
- Abbiamo già pensato a tutto. Oggi hanno chiuso per poterci ospitare. – spiegò lui. Dannazione!
- Oh. E ci saremo solo noi? –
- No, vengono anche i miei fratelli, la sorella di Calum e un fratello di Luke. – mi informò lui. Potrei anche dire di no, chi è che me lo vieta? – Tua sorella mi ha detto che non puoi darci buca. Mi ha riferito che se non verrai con noi, ce l’avrà a morte con te per non po’. –
Sbuffai indispettita.
- Quindi perché mi ha chiesto se volevo venire, se sapevi che ci ero costretta? –. Ashton scoppiò a ridere rumorosamente. – Odio la tua risata! – sputai irritata.
- Non puoi odiare la mia risata! – ribatté lui. – Tutti la adorano! –
- Non io e nemmeno gli altri credo la sopportino la mattina presto. – replicai. Lo sentii borbottare qualcosa di incomprensibile, prima che uscisse dal bagno. Finii di lavarmi e dopo essermi asciugata velocemente, indossai l’intimo che avevo lasciato appeso sotto i miei vestiti. Ashton mi aveva portato anche la borsetta con dentro i miei effetti personali, oltre che a dei vestiti di Michael. O erano degli altri? La maglietta dei Nirvana non era di Luke? Forse avevano il guardaroba in comune. Infilai la maglietta enorme che mi arrivava a metà coscia. Sembravo uno spaventapasseri con quella maglietta bucherellata. Feci un nodo all’orlo della maglietta per accorciarla e tirai su le maniche corte facendolo diventare uno smanicato. Presi i pantaloni. Gemetti. Calma, Chris, non è grave. Ti metti addosso i pantaloni di ieri e chiedi se hanno dei pantaloni della tuta, preferibilmente lunghi.
Uscii dal bagno con la mia roba e l’asciugamano sulla testa, come un turbante, in modo che i miei capelli non sgocciolassero dappertutto.
- Buongiorno Christine! – fece una voce roca alle spalle. Mi voltai ritrovandomi Luke in versione “Stupratemi”. Non so se mi spiego. Quel ragazzo era maledettamente sexy di prima mattina, a differenza dei comuni mortali come me. Rimasi paralizzata davanti alla sua figura in pantaloncini, senza maglietta. Lo sentii ridere sommessamente mentre si avvicinava lentamente. Lo faceva apposta? – Ti sta bene la mia maglietta addosso a te. – mi sussurrò al’orecchio ridacchiando sommessamente. Ma figurati! Fai pure, Hemmings. Continua a comportarti come se non fossi già eccessivamente accaldata come in una sauna. Bastardo!
- Già, anch’io mi sono convertita. Christine passione buchi! – replicai allontanandomi da lui. – Non sapevo fosse tua la maglietta. Ashton me ne ha portata una mentre stavo facendo la doccia. –. Chiudi la bocca, Chris. – Sì, volevo dire. È stato gentile a portarmi la roba, non che... -. Chiudi la bocca. – Comunque hai capito, no? –
Lui mi guardò per qualche secondo con uno sguardo enigmatico per poi regalarmi un sorriso mozzafiato. Al diavolo i miei ormoni. Luke mi passò un braccio sulla spalla e scendemmo le scale. Trovammo tutti gli altri in cucina, intenti a fare colazione, scherzando e ridendo. Quei quattro ci tenavano a farmi morire. Ma cosa diavolo mi prendeva?
- Ma non avete freddo? - chiesi ai ragazzi che stavano conversando senza maglietta. Perchè se l'erano tolta?
- Tu non hai caldo? - ribatté Michael, mentre si stropicciava gli occhi ancora gonfi di sonno. Gli altri dovevano averlo fatto scendere dal letto a forza di minacce e altro.
- Uhm, no. - sbiancai. I polmoni non stavano collaborando in quel momento, l'aria faceva fatica ad entrare. - E a proposito... non è che hai da prestarmi dei pantaloni lunghi? -
Ashton mi guardò sorpreso. - Le temperature oggi arriveranno a sfiorare i trentotto gradi, Christine. Dopo avrai caldo. -
- No, io sono abbastanza freddolosa. - risposi stringendomi le braccia attorno al corpo. Non che smaniassi dalla voglia di morire dal caldo. - Forse non dovrei venire, credo di essermi presa l'influenza. -
Luke mi appoggiò una mano calda sulla fronte, in confronto stavo gelando. - No, hai tutto tranne l'influenza. - annunciò lui. Sbuffai indispettita.
- Potrebbero essere i sintomi? - azzardai.
- Christine Emily Lee. - mi ammonì Rachel. Strinsi i denti ed alzai gli occhi al cielo.
- Tanto per prevenire. hai dei pantaloni lunghi, Mike? - chiesi. - Oppure faccio un salto a casa. -
- No, no. - si affrettò a dire Calum. - Certo che ce ne ha. Ne ho lasciato un paio qui l'altra settimana, tua madre deve averli messi in camera tua, Mike. Andiamo a cercarli. - ed afferrò Ashton e Luke per portarli sopra. Brigitte fissò tutta la scena senza fiatare. Speravo che non ci sarebbero state altre domande.

Mi rintanai ancora in bagno per togliermi i pantaloni e mettermi quelli di Calum. Qualcuno bussò mentre mi legavo il laccio della vita.
- Avanti! -
Michael fece il suo ingresso tutto imbarazzato. - Ehm, ciao Chris. -
Gli sorrisi dolcemente e lui ricambiò. - Devi dirmi qualcosa o devi usare il bagno? -
- Devo lavarmi i denti. -
- Ok. anch'io dovrei. Non è che hai uno spazzolino nuovo? - domandai. Lui annuì iniziando a frugare nei diversi scompartimenti del lavandino e tirandone fuori uno spazzolino nuovo, che mi porse. Mi mise il dentifricio e in completo silenzio iniziammo a spazzolarci i denti. Era strano non sentirlo parlare. Cioè, Mike aveva l'abitudine di parlare anche con la bocca piena di cibo, cos'era mai un po' di schiuma? Sputai il dentifricio e mi rischiaquai la bocca, dopo che finii Michael mi imitò.
- Quindi... - iniziai a dire, per poi gettare un'occhiata al ragazzo a fianco. Scoppiai a ridere, mentre lui mi guardava con uno sguardo smarrito. - Hai della schiuma sul naso. - gli indicai la punta. Lui fece una smorfia per poi guardarsi allo specchio.
- Ah, sì? Mi prendi in giro così? - ribatté lui gettandomi uno sguardo enigmatico. Provai a dire qualcosa, ma Mike passò un dito nella schiuma rimasta nel lavandino e me lo passò sulla faccia. Rimasi inebettita qualche istante.
- Che schifo Clifford! - mi lamentai. Lui sogghignò divertito. Guerra? E che guerra sia. Presi un bicchiere che c'era lì e lo riempii di acqua.
- No. Non farlo. - disse quando capì le mie intenzioni. Gli sorrisi stronza e lo schizzai in faccia.
- Ti ho fatto ache un favore, visto che ti ho pulito la faccia. -
- Oh, non dovevi farlo. - ridacchiò lui. Si prese anche Mike un bicchiere e da lì degenerò tutto. Finimmo bagnati dopo cinque minuti di guerra assidua. Il pavimento era fradicio. Michael si avvicinò a me per gettarmi nuovamente l'acqua in faccia, ma mi allontanai di un passo. Senza farlo apposta pestò una pozzanghera perdendo l'equilibrio. Afferrò l'aria per un istante, prima di prendere la mia maglietta. Rotolammo a terra ridendo come dei dannati.
- Michae... - una voce di una donna ci parlò alle spalle.
- Mamma! - guaì Mike. Oh. Mio. Dio. Per la caduta ero finnita a cavalcioni su di lui, in una posizione molto compromettente. Mi alzai velocemente, arrossendo violentemente.
- Michael Gordon Clifford. So che hai diciotto anni, ma questa è quasa mia. - lo sgridò sua mamma. - Lo sai come la penso riguardo a queste cose. -
Micheal arrossì spostando lo sguardo dappertutto, tranne che su sua madre. - Siamo scivolati, mamma. -
- Scivolati? Neghi anche l'evidenza a tua mamma? Potevi anche farmi conoscere la tu fidanzata in un altro modo! - ribatté lei.
- Oh, signora Clifford. Non è come pensa, siamo davvero scivolati, è caduta dell'acqua dal lavandino e abbiamo perso l'equilibrio. - cercai di dire. Ma lei mi guardò compassionevole.
- Oh, ma piccola, so com'è il mio Mikey. Non devi coprirlo. - risspose lei.
Non poteva essere che venissi presa per la sua ragazza ora!

Io e Micheal ci evitammo come la peste, come fecero anche Calum e Brigitte. Passammo a casa di Luke per prendere suo fratello Jack.
- Salve gente! - ci salutò sedendosi tra me e Luke nei sedili posteriori del fugonicino che guidava Ash. Luke lo abbracciò, mentre quelli che lo conoscevano lo salutavano. io rimasi in disparte. Alla fine si accorse dei saluti si accorse della mia presenza accanto a lui. Era preticamente la copia spiaccicata di Lucas. Stesse fossette, sorriso e occhi. - Ciao, io sono Jack. Il fratello maggiore di Lukey. -. Lukey brontolò al suono di quel soprennome. - Tu sei? -
- Ehm. Christine Lee. Chris se vuoi. - mi presentai. Il suo sguardò cambiò radicalmente, sembrava quasi... conoscermi.
- Christine... - mi guardò attentamente. - Ma, Luke, non... -
- Jack! No! - lo fermò scandalizzato. Lo fissai sorpresa.
- Oh. Capisco. - sorrise. Non avevo mai sentito conversazione più strana in vita mia.
Bene. Inizio di giornata migliore non poteva esserci! Luna Park... stiamo arrivando!



 

 
 
 
 
Spazio Autrice:
Hi Peole! I’m Alive!!! Pensavate che non avrei aggiornato oggi?! Invece NO (Jimmy Protested!)! Sono qui a rompervi le palle con i miei pensieri filosofici alle 23.08 :3
Sono o non sono un mito?! Ok. No. Ahahahah! Comunque passiamo al capitolo? Che ve ne pare? L’inizio non è quel granché esaltante, sì insomma... è solo un passo per arrivare ai demoni che perseguitano la nostra Chris. Non posso dirvi nient’altro però.
Riguardo al resto, boh, non so che dirvi! Ashton che cerca di stare il più possibile accanto a Christine, Luke che cerca in tutti i modi di farla stare bene, Calum che evita accuratamente Brigitte e Michael il caso patologico dei disastri ;) Povero ragazzo!
Compare Jack, un altro fico Hemmings... Come andrà a finire la loro gita? Mi scuso immensamente per la cortezza del capitolo, ma mi rifarò con il prossimo! Lo prometto! Ok, nient'altro da dirvi...
Domandona (che serve specialmente a me):
Qualcuna di voi sa come si usa Wattpad?
Ok, detto tutto ora mi dileguo! Ciao!

 
 

 

 
Cast:
5SOS
 Christine Lee (Shay Mitchell) 
Rachel Lee (Hailee Steinfeld) and Brigitte White (Elle Fanning)
Jack Hemmings
 
 

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Capitolo 7
*** Chapter 6 - You're Not Sorry ***






Chapter 6 - You're Not Sorry

"You don’t have to call anymore
I won’t pick up the phone
This is the last straw
Don’t want to hurt anymore
And you can tell me that you’re sorry"

- Taylor Swift - You're Not Sorry
 
 

Ray mi si avvicinò, prendendomi a braccetto, mentre i ragazzi facevano gli stupidi davanti a noi. Mali, la sorella di Calum, ci seguiva qualche passo più indietro con a fianco i fratelli di Ashton.
- Ciao sorellona! – mi salutò lei. Scoppiai a ridere, cercando di dimenticare le poche ore passate prima.
- Hey. –
- Come va tra te ed il biondo? – esclamò, fin troppo ad alta voce per i miei gusti. La trucidai con lo sguardo.
- Non va, perché non è mai cominciato niente. – ribattei.
- Si vedeva da come stavate appiccicati stamattina! – rise. Scossi la testa scocciata. Non avevo nessuna cotta. Niente di niente. Chi meglio di me poteva saperlo? Non certamente mia sorella.
- E tu e Mike allora? -. La vidi arrossire violentemente.
- Siamo semplicemente amici. – sussurrò fissando i ragazzi davanti a noi. Vedete? Come poteva sapere se io avevo una cotta, se nemmeno ammetteva lei di averne una?
- E cosa ti ha detto ieri? – feci curiosamente. Stavo decisamente morendo dalla voglia di sapere cosa diavolo le avesse sussurrato all’orecchio. Ray sbatté velocemente le palpebre.
- Quando? – fece ingenuamente, fingendo malissimo. Alzai gli occhi al cielo.
- La parte che Michael ha rimosso completamente dalla sua testa. -. Se possibile, lei divenne ancora più bordò.
- Ehm, ti devo far sentire una canzone fantastica che mi ha fatto ascoltare Calum, l’altro giorno. – si affrettò a dire, tirando fuori il cellulare. Rachel mi passò un auricolare, che io sbuffando inserii nell’orecchio. Era incredibile come cambiasse così repentinamente argomento. Partì una base rockeggiante che mi assordò per un secondo, prima che una voce maschile talmente dolce mi mandasse in paradiso.
- My mother told me I should go and get some theraphy, I asked… -
Scoppiai in una risata così tanto rumorosa da far voltare i ragazzi. – Ok, di chi è questa canzone? – chiesi fra le risate. Ashton e Michael si avvicinarono a noi.
- Cosa state ascoltando? – domandò Ash affiancandomi.
- Non lo so. Mai sentito questa canzone in vita mia. – risposi. Mia sorella sbuffò indispettita togliendo gli auricolari in modo che la musica si diffondesse nell’aria.
- I met a girl, I took her right up to the balcony, I whisper something in her ear that I just can’t repeat… - canticchiò in contemporanea Ray al mio fianco.
- Ma sono i nostri amici Inglesi! – esclamò entusiasta Michael. Era raro sentire Rachel canticchiare una canzone. Ripetei nella mia mente le parole che aveva cantato.
- Oh mio Dio! – gridai sconvolta. Ora si fermarono anche Luke e suo fratello, mentre Calum tirò dritto verso il cancello del Luna Park.
- Cosa succede? – chiese Jack preoccupato. Trafissi Clifford con lo sguardo, lasciandolo completamente interdetto.
- Ora capisco perché tua madre ha detto che ti conosceva molto bene! –
- Cosa? – domandò Mike.
- Ed io che pensavo fossero gli altri i più pervertiti tra di voi! – continuai. Luke sgranò gli occhi, mentre Ashton iniziò a tossire.
- Christine! – mugolò Rachel. Non le diedi retta.
- Mi sono perso qualcosa? – volle sapere Jack.
- Oh, solo che il tuo fratellino ieri si è ubriacato tanto da rischiare di andare in coma etilico. – feci ironicamente.
- Cosa?! –
- Scherzava! – replicò Lucas. Non m’importava che mentisse a suo fratello. Fatti suoi. Il mio problema ora era Clifford. Presi un respiro profondo.
- La prossima volta che decidi di sbronzarti come ieri, Clifford, stai lontano da Rachel, diamine! – ringhiai. Era inimmaginabile che un ragazzo come lui di quasi diciannove anni dicesse cose sconce all’orecchio di una ragazza di sedici anni! Ok, che non era una bambina, ma Ray era appena uscita da una relazione che le aveva spezzato il cuore, non volevo che un idiota come lui la stordisse con certe cose!
- Ma io… - provò a dire. Lo zittì con un gesto e trascinai vai da lì Rachel. Quando fummo abbastanza lontane da quei depravati rallentai il passo.
- Chris! – fece Ray con un verso strozzato. Mi voltai verso di lei, completamente cinerea in volto.
- Non voglio che ti usi, Ray. Lo faccio per il tuo bene! – esclamai passandomi una mano tra i capelli. Forse avevo esagerato, però. – Non voglio che finisci a fissare uno schermo, giocando ad un videogioco da maschi, solo perché ti ricorda quello stronzo! –
- L’ho dimenticato. – sussurrò. Annuii, non sapendo cos’altro fare. – Comunque Michael era ubriaco, non gliene si può fare una colpa. – rispose prendendo un po’ di colorito.
- Già. – feci disgustata. Non lo dicevo davvero, ero terribilmente incazzata con lui.
- Ha solo detto un po’ di cose non esattamente caste. –. Alzai gli occhi al cielo.
- Del tipo? –
- Devo proprio dirti tutto? –. Non risposi. – Sì, insomma, hai capito più o meno cosa mi ha detto, no? –
- Del tipo che ti vorrebbe vedere senza vestiti e del modo in cui ti farebbe stare bene? – risposi a grandi linee. Non volevo sapere se avesse parlato di lingua, bocca o altro. Proprio no.
- Ehm… quello era il senso alla fine. –
Strizzai gli occhi cercando di cancellare dalla mente il pensiero che Michael fosse così pervertito.
- Non voglio che ti usi come un giocattolo, ok? – sospirai abbracciandola. – So che non esattamente il momento più opportuno per parlare di queste cose, ma… nel caso succedesse quello che ha detto Michael, devi esserne completamente convinta. Solo perché quel bastardo del tuo ex ti ha mollata per quel motivo, non voglio che ti metti in testa che pur di non morire vergine, lo fai con il primo che capita. –
- Non è per niente il momento più adatto, Chris. – mugolò Ray ridacchiando. – Ma non sono così stupida. E Michael non sarebbe “il primo che capita”. –. Sorrisi. In fondo aveva appena ammesso che aveva una cotta per Michael! Sciolsi l'abbraccio notando che i ragazzi che avevo cercato di seminare, erano ora alle nostre spalle. Ray mi strinse un braccio lanciandomi un'occhiata molto eloquente, ed io annuii. Non avrei più sgridato Clifford. Almeno... Finché non sarebbe stato necessario.
- Devo parlarti... credo. - parlò Mike rivolgendosi a mia sorella. Lei mi lasciò il braccio e acconsentì ad andare a parlare in privato con lui. 
Si allontanarono di qualche passo da noi, raggiungendo il cancello. Li fissai finché non li vidi sparire dalla mia visuale. Tirai un sospiro, prima di rendermi conto di essere nel centro dell'attenzione di tre ragazzi.
- Che avete da fissarmi? - sbottai infastidita, iniziando a picchiettare le dita su una gamba.
- Niente. - borbottò Luke spostando lo sguardo a terra.
- E tu quello lo chiami niente? - fece Jack. - A me piacerebbero delle spiegazioni. -
- E voi due sareste fratelli? - chiesi ironicamente, date le loro risposte diverse.
- Che io sappia non c'è stato nessun scambio di culla alla sua nascita. - ribatté Jack. Sorrisi divertita. Quel ragazzo mi piaceva.
- Forse sei tu che non c'entri niente con lui. - replicai. Jack mi sorrise divertito, capendo il mio gioco.
- Allora noi due potremmo essere fratelli separati alla nascita. - rise scavalcando suo fratello e posandomi un braccio sulle spalle. Lucas grugnì infastidito dal suo gesto, ma non ci feci molto caso.
- Potremmo. - concordai.

- Un altro giro!!! - urlò Calum saltellando come aveva fatto Harry davanti allo scivolo gigante. Solo che questa volta nessuno voleva assecondare Calum e salire nuovamente, dopo sei giri, sulle montagne russe.
- Basta, Cal! - si lamentò Mike portandosi una mano sullo stomaco. Aveva un colorito simile a quello dei suoi capelli in quel momento. Tutti gli altri gli diedero ragione.
- Lukey?!? - lo supplicò con gli occhi a cuoricino.
- Non chiamarmi così. E no. - sbuffò lui. Mi faceva davvero pena in quel momento.
- Vengo io, Calum. Mi offro volontaria come tributo. - sdrammatizzai. Hood tornò ad esultare come un bimbo. I ragazzi mi fecero un applauso per il mio "coraggio" e qualcuno mi augurò "buona fortuna". E prima di rendermi conto di dove fossi girata, ero già seduta con la sbarra abbassata, mentre Calum saltellava ancora felice sul posto accanto al mio. Sospirai e il trabiccolo iniziò il suo giro.
- È stato mitico!!!! - strillò Cal alla fine del giro. Scossi la testa sorridendo.
- Non avrai intenzione di fare un altro giro, vero? - gli chiesi. Lui mi rivolse uno sguardo da cucciolo bastonato. - Non mi freghi ora. - gli risposi.
- Uno! - mi supplicò. Scossi energicamente la testa. - Dai... Ti pregoooo!!! -
- Ti stai comportando peggio del fratellino di Ashton, Calum. Renditene conto. - gli feci notare. Lui abbassò la testa sconfitto.
- Ok. - sospirò abbattuto, scendendo e raggiungemmo gli altri.
- Com'è andata? - domandò Mali.
- Direi bene. Calum ha deciso di non salire più sulle montagne russe, per oggi. - risposi. Suo fratello annuì concorde.
- Ok, allora che facciamo ora? - chiese Brigitte.
- Io avrei voglia di zucchero filato. - parlò mia sorella.
- Anch'io. - risposi.
- Allora vado a prenderlo. - fece Luke. Ma prima che potesse fare un solo passo verso il chiosco, gli presi l'avambraccio.
- No. Andiamo a comprarlo io e Ray. - gli dissi dolcemente. Lo vidi posare lo sguardo nervosamente attorno, senza riuscire a guardarmi negli occhi.
- No, voi andate pure alla prossima giostra. Vado io a comprare lo zucchero filato. Volevo anche prendermi da bere. -
- Allora offro io questa volta. - feci risoluta. - Cosa vuoi da bere? -
- Della coca. - sospirò alla fine.
- Ok. Allora noi andiamo. - risposi. Rachel mi si avvicinò prendendomi a braccetto.
- Non trovi fantastico che hanno prenotato un intero Luna Park solo per noi? - cinguettò Ray. La fissai stranita.
- Non è Disney World, Rachel. Là non avrebbero potuto affittare tutto il parco. -
- Ma non intendevo per la loro fama. - replicò lei. - Per me l'hanno fatto solo per farsi perdonare per ieri. -
- Quanti film sdolcinati ti sei vista in questi giorni? Lo sai che a te fanno veramente male, no? -
- Christine! Parlavo sul serio. Infondo non sarebbe stato un problema se avessero deciso di venire con il parco aperto al pubblico. Tu e Luke ci siete venuti. Invece questa volta hanno prenotato tutto, non trovi che la questione sia strana? -
- C'era solo Luke, Rachel. Non erano tutti e quattro. -
- Tu sei uscita con Calum e Luke, non per questo hanno fatto prenotano una sala cinematografica od un ristorante! -
- In un cinema non ci avrebbe notati nessuno e poi siamo andati di sera, quando era buio, anche nel ristorante i posti sono sempre stati appartati. - ribattei. C'era una scusa plausibile per il fatto che avevano prenotato quel posto, e non eravamo noi, ma bensì la loro fama. Ne ero certa.
- Sei odiosa quando non riesci a vedere oltre il tuo naso. - sbuffò lei. Rimasi colpita dalle sue parole. Dovevo continuare la lista con Irwin. Una scommessa era una scommessa.
- Allora sarà stato Mike a fare tutto questo solo per te. - risposi. Rachel alzò gli occhi al cielo spazientita ed andò dal ragazzo al chiosco a prendere le cose che volevamo. La raggiunsi con una piccola corsetta. - Secondo le tue parole, questa è l'unica possibilità: che Michael abbia fatto questo per te, visto che Luke e Calum non farebbero mai niente di simile per me. -
- Ciao! - ci salutò il ragazzo. Mi voltai verso di lui rimanendo completamente spiazzata.
- William?! - feci sorpresa.
- Voi due vi conoscete? - chiese Ray. Will mi guardò stranito, come se non avesse idea di chi fossi.
- Non credo. - rispose lui. Lo guardai sbalordita e leggermente offesa. Come poteva dirmi di non conoscermi? Avevo passato praticamente tutta la serata con lui e James!
- Siamo rimasti insieme tutta la serata ieri, insieme al tuo ragazzo! -
- Ragazzo? Io sono ete... Oh, ma tu hai incontrato mio fratello! - si aprì in un sorriso. Rimasi sconvolta dalla sua affermazione. Io e Rachel eravamo sorelle, non per questo eravamo identiche. - Io sono Bradley. Ho un fratello gemello, William. È lui che hai conosciuto ieri. -
Stupida. Chris, sei un'emerita idiota. Non sapevi che esistessero i fratelli gemelli?!
- Oh. - mi limitai a dire. Dovevo avere le guance in fiamme.
- William? Tu conosci un ragazzo e io non ne so niente?! - parlò mia sorella stizzita.
- Mio fratello è dell'altra sponda. - la avvisò Bradley.
- Oh... Ma tu... -
- No. Mi piacciono le ragazze. - rise. Annuii senza sapere cosa fare o dire. Mia sorella se ne accorse e mi scosse un braccio. - Voi comunque come vi chiamate? -
- Io sono Rachel, mentre lei è mia sorella Christine. - ci presentò.
- Ma voi come fate ad essere qui? Oggi abbiamo chiuso per ospitare una band maschile. -
- Siamo state invitate da loro infatti. - rispose Ray.
- Capito. Siete le loro ragazze, quindi. - concluse. Lo fissai con occhi sbarrati.
- No, no! - mi affrettai a chiarire. - Siamo solo amici. -. Non avevo idea del motivo per cui l'avevo detto.
 Forse era l’impulso che avevo avuto anche con William quando l’avevo incontrato, solo che ‘sta volta si trattava di Brad… e lui non era gay.
- Siamo solo amiche. – confermò Rachel. Sentii il volto bruciare. Volevo sotterrarmi in quel momento.
- Allora siete molto fortunate. -. Dio, quel sorriso! – Comunque volete qualcosa? –
- Tre bastoncini di zucchero filato e… uhm, tre bottiglie di coca e due di acqua, una naturale ed una frizzante. – rispose mia sorella. Vi voltai a guardarla.
- Ma che… -
- Non preoccuparti, scommetto che anche i fratellini di Ashton hanno sete e fame. -. Mi limitai ad annuire titubante, mentre Bradley preparava lo zucchero filato alla fragola.
- Voi siete di Sydney? – chiese il ragazzo davanti a noi improvvisamente.
- Sì. Anche tu, no? – fece Ray.
- Già, ma ancora per poco, penso. – rispose lui.
- Ti trasferisci? – volli sapere.
- No, ho messo un po‘ di soldi da parte in questi anni per fare un viaggio intorno al mondo, se trovo un posto che mi piace, potrei andarci a vivere, forse. –
- Wow! – esclamò Rachel entusiasta. – E partirai da solo? –
- No, ci andremo io e la mia ragazza. -. Possibile che fossi perseguitata dalla sfiga? I miei sogni che vengono infranti due volte di seguito.
- Hai un altro fratello gemello, oltre che a Will? – domandai. Altamente improbabile, ma non avevo niente da perdere.
- No, solo William. – rise Brad. Pazienza. – Ecco a voi lo zucchero filato. – disse alla fine porgendocelo. Ringraziammo e pagai il tutto.
- Ci si vede. – lo salutò Rachel.
- Certo, ci vediamo. – ricambiò.
 
- Ma quanto ci avete messo? – proferì Ashton irritato appena li raggiungemmo.
- Il tempo necessario. – ribadii porgendo a Luke la sua coca.
- Ci siamo fermati a parlare con un ragazzo. – rivelò Rachel. Sbuffai indispettita. Qualcuno alle mie spalle iniziò a tossire convulsamente. Era Michael a cui era andata di traverso l’acqua.
- Un ragazzo? Ma avevamo chiesto espressamente che il parco venisse chiuso! – replicò Luke. Alzai gli occhi al cielo.
- Ed è un gesto che sinceramente trovo ipocrita. – mugugnai spilucchiando il mio zucchero filato. – Nessuno ci ha mai dato fastidio, mi chiedo perché abbiate dovuto chiudere l’intero parco solo per i vostri comodi. – continuai imperterrita.
- Era un modo per prevenire un’ondata di fans. – rispose Calum.
- Se nessuno di voi ha scritto niente sul web, non credo che loro sappiano dove siete. – ribattei.
- Pensavamo che vi sarebbe piaciuto questo. – disse Ashton.
- Magari ai tuoi fratellini, ma non a me. Non siete mica Dio sceso in terra o dei Michael Jackson reincarnati. –
- Christine! – mi rimproverò Rachel. Sbuffai scocciata.
- E comunque era il ragazzo del chiosco. – li informai. – Era il fratello gemello di uno dei ragazzi che ho conosciuto ieri. –
- Anche lui dell’altra sponda? – domandò Lucas.
- No. Ma purtroppo fidanzato. -. In un attimo sentii la tensione nascere. Forse avevo detto qualcosa che non andava. Ripensai alle parole che avevo pronunciato, il tono con cui avevo detto quel purtroppo forse avrei fatto meglio ad evitarlo. Abbassai lo sguardo imbarazzata e iniziai a mangiucchiare lo zucchero filato. Non mi sarei stupita se dopo quel giorno nessuno mi avrebbe rivolto la parola. Dovevo essere sembrata un’ingrata ai loro occhi.
- Comunque! – esclamò Rachel smorzando un po’ la tensione. – Dove andiamo ora? –
- Che ne dite degli autoscontri? – propose Mali innocentemente. Mi sentii gelare le vene. No.
 
- Formiamo le coppie? – chiese Michael guardandoci con un sorriso troppo felice per i miei gusti. Stavo seriamente iniziando a stare male.
- Siamo dispari. – fece notare Jack. Un barlume di speranza!
- Io non vengo! – esclamai, forse troppo affrettata. Tutti mi guardarono sorpresi, mentre mia sorella mi fissava triste. – V-volevo dire, ehm… che non ho voglia di venire, quindi state tranquilli, fate voi le coppie, così nessuno rimarrà solo, no? –
- Ma… - provò a dire Luke.
- Niente ma! – sorrisi. – Andate, io devo anche finire lo zucchero filato. –. Pessima scusa da usare. Infatti nessuno parve abboccare.
- No. – rispose Luke risoluto, incrociando le braccia al petto. Sbattei le palpebre velocemente.
- Come scusa? –
- No. Tu non rimani qui. So che ti senti in imbarazzo ad andare sugli autoscontri. – si aprì in un sorriso splendente. – Ma ora ti insegno! -. Mi sentii mancare.
- Luke, davvero… - provai a dire, ma lui mi prese per mano e mi fece avvicinare a sé, passandomi poi un braccio sulle spalle.
- Non c’è bisogno che ti imbarazzi. Ci siamo noi, solo noi. Ci conosciamo, no? –. Appunto perché erano loro. No, non mi conoscevano.
- Non è il caso, Lucas. – farfugliai con il respiro affannoso. Avevo dannatamente paura.
- Invece sì. Ti divertirai, te lo prometto. – mi assicurò. No. Non promettere.
- Luke, dalle ascolto, per favore. – lo pregò mia sorella andandomi incontro.
- Ti divertirai, Chris. – ripeté convinto. Non riuscii a pronunciare un’altra parola. Ed in un attimo mi ritrovai seduta accanto a Luke su uno di quei trabiccoli. Stavo per avere un attacco di panico. Calma Christine. Ce la puoi fare. Non pensare a niente. Non pensare a cose brutte. Loro non ti farebbero mai male. Non è un gioco pericoloso. Nessuno si farà male. Respira. I polmoni non stavano collaborando. Inspira. No, nemmeno un filo si aria era riuscita ad entrare, nonostante tenessi la bocca spalancata per cercare di respirare. Mi sentivo soffocare. Avevo caldo, anche se le goccioline di sudore che mi correvano lungo la schiena mi facevano rabbrividire dal freddo. Non lasciarti condizionare da quello che è successo.
- Ci divertiremo. – sorrise Luke posandomi una mano sulla mia umidiccia. Iniziai a battere il piede ad un ritmo frenetico.
- Luke… - dissi. La mia voce suonava stridula, ma non la sentì. La giostra era partita. Il cuore mi stava per scoppiare un petto. Hemmings ruotò improvvisamente il volante, mandandomi addosso a lui. Sentivo i ragazzi urlare e ridere. Sentii un colpo venire da dietro. Qualcuno ci era andato addosso. - Basta… -. Qualcuno mi aveva sentita? Mi coprii le gli occhi con le mani. Avevo le guance umide. Una luce forte mi fece venire il mal di testa. Buio. Un rumore assordante. Venni strattonata in avanti. Sangue. Gridai. Aprii di scatto gli occhi. Degli occhi verdi davanti a me. Mi alzai in piedi. Avevo il respiro affannoso. Non riuscivo a capire dove mi trovavo. Tutto mi stava girando vorticosamente attorno. Stavo correndo, ma non ero io a controllare le mie gambe.
- Christine! – urlò qualcuno al mio fianco. Rimasi paralizzata. Spalancai gli occhi dalla paura sentendo un rumore assordante di freni. Michael si fermò a qualche centimetro da me. Sentivo la testa girare più forte. Le gambe ripresero a correre. Il respiro affannoso. Gli occhi appannati. Vedevo macchie rosse dappertutto. Avevo male alle gambe, come se migliaia di aghi mi avessero perforato le pelle. Paura. Terrore. Sgomento. Dovevo andarmene. Qualcosa mi prese la caviglia. Mi ritrovai a strisciare a terra. Passai un dorso della mano sugli occhi, per cancellare le macchie, ma si moltiplicarono. Mi rialzai spaventata. Non riuscivo a capire dove stavo andando. Correvo e basta. Correvo più che potevo. Correvo il più lontano possibile da quel posto. Avevo perso la cognizione del tempo. Potevano essere passati pochi secondi, come alcune interminabili ore. Senza rendermene conto i piedi sprofondarono nella sabbia. In un modo o nell’altro ero arrivata alla spiaggia, che distava nemmeno quattro chilometri dal Luna Park. Finalmente riuscii a calmarmi, crollando a terra. Mi riasciugai gli occhi. Le macchie rosse stavano scomparendo lentamente. Il cuore continuava a battere ad un ritmo frenetico, ma dopo qualche minuto riuscii a calmarmi completamente. Mi ero fatta prendere dal panico. Perché l’avevo fatto, quando mi ero ripromessa un sacco di volte, di calmarmi e non impazzire. Dovevo essere sembrata una pazza da rinchiudere in quel momento. Dovevo averli spaventati a morte. Mi passai una mano tra i capelli e mi sfregai con le mani il viso appiccicoso ed umido a causa delle lacrime. Ero stanca in quel momento. Volevo trovarmi nel mio letto e riposarmi, senza dover dare spiegazioni a nessuno. Mi alzai. Volevo tornare a casa. Mi bastava percorrere la spiaggia ed in qualche ora sarei mi sarei ritrovata nel mio quartiere.
- And now I need you,
And now I miss you,
And now I wonder... –
- Pronto? – risposi al telefono.
- Christine dove sei? – fece affannosamente Ashton. Sembrava a dir poco spaventato. Mi guardai attorno, iniziando a camminare in direzione di casa mia.
- Prendetevi cura di mia sorella, ok? – dissi io invece.
- Christine! Dimmi dove cazzo sei! – urlò Irwin. Sussultai per lo spavento causato dal suo tono di voce. Non ero ancora in grado di subire una strigliata da parte di qualcuno, ero ancora debole psicologicamente.
- Voglio stare da sola. – risposi in un sussurro.
- Christine, mi stai fottendo di paura. Me e tutti gli altri! Tua sorella sta per avere una crisi di panico. Dimmi dove cazzo sei! – ringhiò. Non mi sarei fatta vedere in quello stato dagli altri.
- Non ho bisogno di nessuno in questo momento. State vicino a mia sorella e cercate di farla calmare. –
- Non possiamo calmare tua sorella, porca miseria! Nemmeno noi siamo tranquilli! –
- Sto bene! Piantala di urlarmi contro! – singhiozzai.
- Tu non stai bene! – gridò nuovamente. Era vero.
- Lo so che sono pazza, ok! Lasciatemi stare! – urlai. Chiusi la telefonata e spensi il cellulare. Mi massaggiai le tempie doloranti, mentre continuavo a camminare imperterrita. Mia sorella doveva essere ormai abituata a questi attacchi. Nella prima settimana del mio risveglio dal coma, ne avevo avuti parecchi. Uno dei dottori aveva pure pensato di rinchiudermi in un “centro di riabilitazione”, come dicevano, anche se poi in parole più semplici, si trattava di un manicomio.
 
Feci un passo indietro e aspettai qualche secondo. La madre di Ashton venne ad aprirmi la porta.
- Salve Signora Irwin. – la salutai accennando ad un sorriso.
- Ciao Christine! – mi salutò sorpresa. – Posso fare qualcosa per te? –
- Oh, ehm. Mi scusi immensamente del disturbo. –
- Ma no cara. Non mi hai disturbata affatto. – mi sorrise calorosamente. – Vuoi entrare un momento in casa? Sto preparando una crostata e non vorrei bruciarla. – disse. Mi guardai attorno.
- Oh… Uhm, ok. – risposi entrando in casa Irwin. Seguii la madre di Ashton fino in cucina.
- Allora? Hai bisogno di qualcosa, cara? – mi chiese, controllando la crostata nel forno. Tirai fuori il telefono.
- Ecco, credo che questo sia di Ashton. – mentii posando il cellulare spento sul bancone  dell’isola. La donna mi guardò sorpresa.
- Davvero? Non credo di averlo mai visto, ma ormai non faccio più caso a cosa compra mio figlio! – sospirò.
- Gliel’ho dovuto tenere in borsetta ieri perché gli dava fastidio in tasca, e poi mi sono dimenticata di restituirglielo. – confermai, mentendo spudoratamente. Avevo detto la prima scusa che mi era venuta in mente, non m’importava tanto se ci avrebbe creduto, volevo solo sbarazzarmi di quel telefono e Ashton era la persona più vicina fisicamente. Non mi sarei arrischiata ad andare a casa di qualcun altro.
- Ok, allora quando tornerà a casa glielo ridarò. –
- Sì. Ehm, allora io torno a casa. Arrivederci signora Irwin. – la salutai.
- Certo, ciao Christine. Salutami tua madre! –
 
Ora dovevo solo aspettare. Molto probabilmente nessuno sarebbe venuto più a cercarmi. Chiusi bene la tapparella e le tende della mia finestra e mi svestii mettendomi addosso solo una maglietta larga che mi copriva appena sotto il fondoschiena. Ogni tanto rimanevo al buio in camera da sola, lasciando respirare la pelle delle gambe. Mia sorella prima o poi sarebbe tornata a casa ed i miei genitori questa sera avrebbero cenato fuori. Mi sdraiai sul letto, presi un cuscino e mi ci avvinghiai come un koala. Lo strinsi forte, lasciando che un piccolo senso di sicurezza mi invadesse per un po’. Avevo sempre sognato qualcuno che improvvisamente venisse da me e mi abbracciasse forte, facendomi sentire al sicuro, ma non era mai successo. Così mi limitavo ad abbracciare un cuscino o ad abbracciarmi da sola la notte. Sbadigliai assonnata. Chiusi gli occhi e mi lasciai cadere dolcemente nel tiepido oblio del sonno.
 
- Christine! -. Mi svegliai di soprassalto. Rimasi qualche istante stordita dal sonno, prima di rendermi conto di dove mi trovassi. – Christine! – mi chiamò nuovamente una voce a cui non riuscivo ad abbinare un volto. Mi misi a sedere, prima che qualcuno spalancasse la porta. La luce mi accecò gli occhi. – È qua ragazzi! – urlò il ragazzo. Sentii dei passi correre su per le scale. Dopo qualche secondo mi abituai alla luce. Vidi Ashton e subito dopo comparve Luke. Lo sguardo di Ashton sembrava essere stato catturato da qualcosa ai miei piedi. Abbassai lo sguardo, ritrovandomi a fissare le mie gambe nude.
- Oddio. – dissi con voce strozzata.
- Christine… - provò a dire. Raccolsi le gambe al petto e le nascosi dietro ad una coperta.
- Uscite! – strillai terrorizzata.
- No. – rispose deciso Luke facendo un passo verso di me. Io indietreggiai verso il muro.
- Andatevene! – gridai nuovamente. Rachel apparve nella stanza con Calum e Michael alle calcagna. Avevo la gola secca e gli occhi che bruciavano.
- Christine, noi non ce ne andiamo! – ribatté Lucas avanzando ancora di un passo, ma Ashton lo afferrò per la maglietta, facendolo indietreggiare.
- Lasciatemi da sola! – singhiozzai con voce stridula. Perché si ostinavano così tanto?
- Andiamo ragazzi. – parlò Irwin pacato, lanciandomi uno sguardo sfuggente.
- No! – replicò Hemmings, staccandosi dalla sua stretta. – Io non me ne vado! –
- Invece noi ce ne andiamo, Luke. – soffiò Ashton a pochi centimetri dal suo volto. – L’abbiamo trovata, sta bene, ora ce ne andiamo. –
- Lei sta bene? – fece incredulo indicandomi. – Per te lei sta bene? –
- Ash, penso che forse dovremmo stare con lei. – s’intromise Michael. – Sì, insomma, nel caso succedesse qualcosa. –
- Sono sole in casa. – rincarò Calum. Non avevo potere in quel momento. Non potevo alzarvi. Non avrei mai voluto alzarmi.
- Vi prego, andatevene. – li supplicai. – Ho bisogno di rimanere da sola. – abbassai lo sguardo.
- Ragazzi, uscite. – disse Rachel spingendo fuori Luke per primo. – Ashton? – lo chiamò. Incrociai il suo sguardo, mentre rimaneva lì fermo sullo stipite della porta.
- Non devi avere paura di noi, Christine. –. Rimasi qualche secondo con il fiato sospeso. – Non ti abbandoneremo. –
- Odio le vostre promesse. – parlai con voce roca. Il silenzio aleggiò per qualche secondo nella stanza.
- Questo è tuo. – disse alla fine Ashton. Si avvicinò al letto e ripose il cellulare sul letto accanto a me. Non dissi niente. – E comunque sei bellissima. -. Sgranai gli occhi sorpresa. Non stavo sognando ora. L’aveva detto.
- Odio il fatto che mi trovi bella. – sussurrai. Non rispose. Si voltò e uscì dalla stanza.
 
Erano le nove di sera quando uscii dalla mia camera per andare in cucina a prendere una bottiglietta d’acqua. Non pensavo di trovare qualcuno in casa, se non all’infuori di mia sorella, ma mi sbagliavo. E di grosso.
- Ciao, Chris. – mi salutò Calum, notandomi per primo. Mi ritrovai sei paia di occhi addosso.
- Stai bene? – mi chiese Jack premurosamente. Mi limitai ad annuire, mentre scendevo gli ultimi gradini in un silenzio totalmente imbarazzante.
- Hai fame? – domandò Rachel venendomi incontro.
- No, avevo solo un po’ di sete. Tutto qua. – risposi incerta. Non ero sicura di voler rimanere lì sotto lo sguardo inquisitorio di cinque ragazzi.
- Vado a prenderti da bere, allora. – fece Luke.
- No! – lo fermai. – Non sono un’invalida e poi è casa mia questa. –
- Siediti e riposati. Vado a prenderti da bere. – ripeté, per poi sparire in cucina. Mi trattenni dallo sbuffare, ma alzai gli occhi al cielo seccata. Perché erano tutti lì? Dovevo averli spaventati a morte. Non potevano ancora pensare di rimanere degli amici con me. Era impossibile. Rachel mi posò una mano sul braccio. Vidi Michael muoversi impercettibilmente sul divano, come se fosse stato seduto sui carboni adenti, ma che non volesse attirare l’attenzione su di sé. Il suo sguardo era fisso su di Ray. Ora capivo. Non erano per me che erano preoccupati. Lo erano per mia sorella. Forse erano preoccupati che potessi fare del male a lei. Sì, insomma, mi avevano vista impazzire, non erano sicuri di sapere qual era il mio limite. Sarebbero stati tutti più sicuri se fossi stata rinchiusa in un manicomio.
Lucas ritornò dalla cucina e mi porse un bicchiere d’acqua. Lo afferrai titubante ed iniziai a sorseggiarlo tenendo gli occhi fissi nel bicchiere.
- Mamma e papà mi hanno avvertito che oggi dormiranno fuori. – mi avvisò Rachel improvvisamente. Finii di bere l’acqua.
- Ok. –
- Uhm… Ho… Ho invitato i ragazzi a stare qui con noi. –
Rimasi a bocca aperta, davanti alla sua affermazione. Dovevo aver capito male.
- Come scusa? –
- Ho chiesto ai ragazzi di stare qui. – disse nuovamente.
- E voi avete accettato naturalmente. – parlai ironicamente. Scossi la testa incredula. Volevano fare le guardie del corpo di Rachel ovviamente. Tanto valeva non farsi vedere. – Bene… Io vado a dormire, allora. -. Salii di corsa le scale e chiusi la porta con un colpo secco. Mi tolsi il pigiama e mi infilai dei leggins neri ed indossai sopra una camicia a quadri scozzesi rossa e nera. Mi misi in testa una cuffia nera e mi misi addosso una felpa nera e bianca in stile college con il cappuccio. Afferrai l’ipod e gli auricolari, ficcandomeli in tasca. Mi guardai attorno. Il cellulare era ancora lì dove Ashton l’aveva posato. Senza pensarci due volte afferrai anche quello e lo misi nell’altra tasca. Aprii la finestra e presi le converse bianche. Buttai le scarpe fuori dalla finestra e uscii fuori sul tetto della veranda. Chiusi la finestra ed iniziai a scivolare lungo il bordo, restando attaccata al muro. Alla fine trovai il sostegno dell’edera rampicante. Assomigliava vagamente ad un quadro svedese, solo con i quadri più piccoli e verniciati di bianco. Era la prima volta che provavo a scappare di casa in quel modo. Speravo che quella scaletta riuscisse a reggere il mio peso. Appoggiai il piede su un piolo. Scricchiolò appena. Saggiai ancora un po’ la struttura tenendomi aggrappata ad una trave del tetto e alla fine mi decisi a scendere cautamente la scaletta. Impiegai meno di due minuti ad arrivare a terra. Afferrai le scarpe che avevo lanciato e le indossai saltellando su un piede, avanzando di qualche passo. Mi inginocchiai per mettere a posto le linguette e alla fine mi misi a correre lontano da casa.
La brezza notturna mi accarezzava il volto, mentre a luna piena mi illuminava il percorso, insieme ai pali delle luci. Tirai fuori l’ipod e mi misi gli auricolari, rallentando il passo. Non avrei mai pensato di ritrovarmi a dover scappare da casa mia un giorno. Scelsi “Innocence” di Avril Lavigne. Dovevano essere passate appena le nove e mezza. Non sapevo nemmeno se sarei tornata a casa quella notte. Avevo solo voglia di raggiungere la spiaggia e camminare tutta la notte sulla sabbia, con il riflesso delle stelle e della luna sulle onde. Dopo cinque canzoni di Avril Lavigne ed una di Taylor Swift, arrivai in spiaggia. Mi aprii in un sorriso alla vista di quella meraviglia. Chissà com’era vedere l’oceano da Los Angeles o da una spiaggia Inglese, oppure il mare da una spiaggia Italiana o da una Greca, specialmente di notte. Ogni posto doveva avere un suo fascino segreto.
Inspirai a pieni polmoni l’aria marina e mi avvicinai al bagnasciuga. Faceva abbastanza fresco, anche se indossavo la felpa, ma rimasi comunque immobile fissare quella distesa luccicante. Persi completamente la cognizione del tempo. Forse era passata un’ora, o forse era quasi l’alba. Camminai lungo la riva, stando attenta ad evitare di bagnarmi le scarpe. La musica finì, regalandomi l’ultima nota di una canzone di Ed Sheeran. Tolsi gli auricolari e rimisi l’ipod in tasca, rimanendo ad ascoltare il suono delle onde che s’infrangevano.
- Non dovresti scappare così. – riecheggiò una voce alle mie spalle. Mi voltai di scatto.
- Ashton… -. Forse stavo sognando. Sbattei velocemente le palpebre. Irwin avanzò lentamente verso di me e si fermò a qualche centimetro dal mio volto.
- Ti ho vista correre via, mentre stavo uscendo a prendere una boccata d’aria. –
- Non avresti dovuto seguirmi. – sussurrai. – Dovresti avere paura di me. –
- Tu non mi fai paura. Ho visto migliaia di ragazze impazzire davanti ai miei occhi perché avevano realizzato il sogno di incontrarmi. – ridacchiò.
- Io sono malata psicologicamente, Ashton. Loro erano felici, io sono rinchiusa in una gabbia di terrore e pazzia. -. L’hai detto anche tu.
- È per via dei segni che hai sulle gambe? – domandò cautamente. Sospirai incerta. – Sei un’autolesionista? –
Scossi debolmente la testa. – Ho avuto un incidente in macchina. – risposi. Deglutii rumorosamente ed inumidii le labbra secche.
- Quando? –
- Intorno a marzo. Tu non c’eri, eri in tour in quel periodo, ecco perché nessuno di voi sa quello che mi è successo. Se sapeste… non mi rivolgereste nemmeno più la parola. –
- Non siamo così meschini, Chris. Non ti abbandoneremmo mai. –
Distolsi lo sguardo dal suo e mi sedetti sulla sabbia. Ashton mi imitò aspettando che raccontassi. – Never say never. – mormorai impercettibilmente.
- Conosci Luke, Calum e Michael. Lo sai che di loro ti puoi fidare. Anche di me di puoi fidare. – e mi avvolse in un abbraccio.
- Credo… credo di odiare il fatto di amare i tuoi abbracci. – sussurrai appoggiando la testa sulla sua spalla chiudendo per un attimo le palpebre. – Ha un senso tutto questo? – gli chiesi.
- Non lo so. Potrebbe. – rispose solamente.
- È per questo che non uso molto il telefono o se sono impazzita sugli autoscontri. – ripresi il mio discorso improvvisamente.
- Cos’è successo, Christine? –
- Stavamo andando ad una festa. Guidava Charlotte, la sorella gemella di Jonathan. Io indossavo un vestito corto con le maniche lunghe che lei mia aveva costretto ad indossare, mentre lei si era limitata ad indossare dei skinny jeans ed una canottiera. – sorrisi al ricordo di quanto fossimo elettrizzate ad andare a quella festa sulla spiaggia. – Era stata invitata da un ragazzo che le piaceva tanto. Non guidava ad un velocità eccessiva, era sempre stata prudente. Quella sera continuava a dire che si erano scambiati il numero di telefono. Era felicissima. Lo diceva perché forse si aspettava una chiamata da lui. -. Un singhiozzò mi sfuggì dalle labbra. Ashton mi strinse ancora di più a sé. Potevo sentire il calore che emanava il suo corpo. Io ero completamente fredda, sia dentro che fuori. – Volevo solo farle un piccolo scherzo innocente. – bisbigliai con voce spezzata. – Tirai fuori il telefono e le feci una chiamata. -. Nella mia mente potevo vedere benissimo la proiezione di quei pochi secondi. – Fu questione di un attimo. Lei tirò fuori il cellulare, ed invece di guardare la strada, guardò lo schermo dov’era apparso il mio nome. Si voltò verso di me, forse per rimproverarmi. Non lo so. Invece di fermarsi ad un incrocio, continuò dritta. Un’altra auto ci colpì in pieno. Veniva dalla parte di Charlotte. –. La gola mi bruciava. La mia mente fu invasa del rumore dei vetri infranti e da altri indistinti. – Non so quante volte la nostra auto si decappottò. Avevo serrato gli occhi. Quando li riaprii l’auto era capovolta. – presi un respiro. – Ero intrisa di sangue e c’erano pezzi di vetro dovunque. Avevo un male tremendo alla schiena. Charlotte aveva perso i sensi. Pensavo fosse morta. Sentivo un dolore forte alla testa e non riuscivo a mettermi nemmeno seduta. Strisciai fuori dall’auto, in mezzo ai cocci di vetro. Credo di essere svenuta. Ricordo solo poi di essermi trovata in un letto d’ospedale con le gambe fasciate. Mia madre mi ha detto che sarei morta dissanguata, se non fossero arrivati i soccorsi. Charlotte si risvegliò il giorno dopo il mio. Aveva perso la memoria e la sensibilità delle gambe. – finii. Rimasi qualche minuto a fissare l’orizzonte. – Piano piano ha riacquistato la memoria, ma ha perso completamente la sua personalità. È come se fosse morta. – sussurrai. – L’ho uccisa io. –
- Non è colpa tua, Christine. – parlò Ashton. Mi staccai dal suo abbraccio.
- Certo che è colpa mia! E non c’è persona che non mi accuserebbe! – gridai alzandomi in piedi. – Mi evitano tutti. Mi ritengono responsabile. E lo sono. –
- No che non lo sei, maledizione! –
- Se non avessi fatto quella stupida telefonata, lei non si troverebbe in carrozzina! Ed io non mi ritroverei con il corpo sfregiato. –
- Forse invece è colpa dell’altra macchina! Se si fossero fermati loro, non sarebbe successo niente. –
Rimasi in silenzio. – Tu come fai a sapere che anche l’altra macchina si sarebbe potuta fermare? –
- Mia madre mi ha raccontato dell’incidente. Sull’altra auto c’erano degli ubriachi, Christine. –
- Sono morti, Ashton. – ribattei. Incatenai il mio sguardo al suo. – Io sono ancora viva! –
- E con questo? –
- È colpa mia! Non sarebbero morti se non avessi fatto quella telefonata! –
- Già, ma forse avrebbero ucciso qualcun altro. Voi invece siete vive. Non ci pensi a questo? Forse avrebbero potuto investire qualcuno. –
- Sono morti, Ashton. – ripetei atona perdendomi con lo sguardo nel vuoto.
- E non pensi che se avessero continuato quella folle corsa, magari avrebbero investito un bambino? Mia madre stava passeggiando a pochi isolati con mio fratello e mia sorella, dal luogo dell’incidente. Se quegli ubriachi fossero passati di lì, mentre loro attraversavano la strada, io mi ritroverei senza famiglia. Non ci pensi a queste eventualità? –
- Io ho ucciso delle persone. –
- O forse invece ne hai salvate delle altre. -




 

 
 
 
 
Spazio Autrice:
Ciao Ragazze! Rieccomi qua dopo settimane di assenza! Forse dovrei già scavarmi la fossa, perchè qualcuna di voi ora mi vorrà uccidere! D:
Ok, potrei inventare una qualsiasi scusa per aver ritardato la pubblicazione di questo capitolo, ma oltre al fatto che non avevo voglia di scrivere, ma solo voglia di leggere e guardare film... non ho una scusa valida. Mi scuso immensamente per il ritardo, quindi.
Caliamo in più un velo pietoso su questo capitolo. La coppia Chrishton (o Ashstine) si fa sentire! Mentre Michael e Rachel... beh di loro forse si parlerà presto... Luke cerca di fare il gentile, ma alla fine rovina tutto. Mi odiate, lo so, lo so.
Poi...
(Non chiedetemi perchè ho messo questa gif, perchè non lo so nemmeno io :')) Christine ora gioca a carte scoperte! C'è stato un incidente d'auto, come qualcuno aveva intuito, ma... chi avrebbe mai pensato che c'entrava anche la sorella di Jonathan?! Ammettetelo, vi ho preso alla sprovvista!
Comunque! vi ringrazio immensamente per le 10 recensioni!! Se avete sentito un urlo qualche giorno fa, molto probabilmente ero io! *LOL* Vi amo ragazze! Siete...
Ok, meglio che la smetto con queste cose :')
Passiamo alla domandona:
Con quale canzone descrivereste la mia fan fiction? Avete a disposizione una sola canzone, sono davvero curiosa! Io dirò la mia nel prossimo capitolo, e per curiosità non è la canzone con cui mi sono ispirata per scrivere questa storia, l'ho sentita qualche settimana fa e le parole, credo che rispecchino perfettamente la FF, almeno fino a qui.
Altre cose da dire?! Non so... uhm, avete visto il "Behind the scenes" di Amnesia? Io l'ho trovato divertentissimo, specialmente la parte in cui la macchina non parte :') Calum sembra totalmente imbarazzato, come Louis in WMYB quando scopre di dover guidare un furgoncino da hippie
Sono totalmente estrefatti :')
E naturalmente non posso dimenticare il nuovo video di Taylor "Shake It Off"!
Se non l'avete mai visto, ve lo consiglio vivamente! Basta cliccare sull'immagine di Tay, che vi porta direttamente al video! :D
Poi non dimentichiamo i #ALSIceBucketChallenge, sì insomma, sono memorabili! Hanno partecipato Ashton, Niall Horan, Taylor Swift, la band di supporto degli One Direction con l'aiuto speciale dei 5 Seconds Of Summer, Demi Lovato, Lady Gaga, Zac Efron con Ashley Tisdale, Justin Timberlake, i The Vamps con l'aiuto delle Fifth Armony, Justin Bieber, Austin Mahone, gli Emblem3 (COMPLETAMENTE NUDI, ma ovviamente Wesley con il cappello, no?) e molti altri che ora non riuscirei a elencare :')
Stavo seriamente rischiando di soffocare dalle risate con quando li ho visti!
However! Ho finito, quindi meglio che mi dileguo! Bye bye!
 

 

 
Cast:
5SOS
 Christine Lee (Shay Mitchell) 
Rachel Lee (Hailee Steinfeld)

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Capitolo 8
*** Chapter 7 - Just Give Me A Reason ***






Chapter 7 - Just Give Me A Reason
 

"You were a thief,
You stole my heart,
And I your willing victim,
I let you see the parts of me,
That weren't all that pretty,
And with every touch you fixed them.
Now you've been talking in your sleep,
Things you never say to me,
Tell me that you've had enough
"
- P!nk ft. Nate Ruess - Just Give Me A Reason

 
 

 
Christine Lee:
Odio che riesci a farmi ridere senza fare nessuno sforzo!
Buffone!
 
Riguardai la foto che mi avevo mandato Ashton e scoppiai nuovamente a ridere. Era una selfie, anzi più che altro era una foto molto dettagliata delle sue narici.
 
Ashton Irwin:
Ho un nasino adorabile! Ammettilo, Plebea!
 
Christine Lee:
Plebea? Mi stai dando della Plebea?
Odio il tuo nasone!
 
Scoppiai in una risata fragorosa, mentre mi mettevo a testa in giù nel mio letto, lasciando i capelli cadere giù ed appoggiando le gambe tese al muro. Ashton ora mi aveva attaccato la mania del selfie. Mi feci una foto ridicola, facendo la linguaccia.
 
Ashton Irwin:
Ora il mio nasino si è offeso!
Non ti vuole più vedere finché non ti sarai scusata
Con lui!
 
Gli mandai la foto appena fatta in risposta.
 
Christine Lee:
Allora… ADDIO!
Vado a farmi un giro ora.
Forse riesco a trovare qualcuno con
Un nasone meno presuntuoso…
 
Chiusi la chat e lo bloccai, cosicché non potesse più mandarmi dei messaggi. Nemmeno il tempo di mettermi a sedere che partì “Indipendence Day”, abbinata alla selfie stupida che aveva messo Ashton.
- I’m over this,
I’m over you,
I’m not gonna waste my life away,
This is my Ind... –
- Pronto? –
- Tu non andrai da nessuna parte da sola. – parlò Ashton con fare quasi minaccioso. Alzai gli occhi al cielo, scuotendo la testa divertita. Erano passati appena quattro giorni dalla mia confessione ed Ash non mi aveva lasciata sola un attimo, specialmente se attorno a me c’erano Luke, Calum o Michael. Era arrivato al punto di non andare in bagno e tenersela, saltellando in cerchio, pur di non lasciarmi nella stessa stanza solo con Luke. Quattro giorni in cui avevo aggiunto dieci punti alla lista della cose che odiavo di lui:
1. Odio quando ti presenti a casa mia senza essere stato invitato.
2. Odio quando mi prendi in braccio improvvisamente, vantandoti della tua forza.
3. Odio il tuo ghigno.
4. Odio il fatto che riesci a trascinarmi dovunque tu voglia.
5. Odio la tua impulsività.
6. Odio quando hai ragione.
7. Odio il fatto di adorare le tue bandane.
8. Odio che non mi hai ancora regalato una tua bandana, dopo aver ammesso di adorarle.
9. Odio che tu mi abbia attaccato la selfiemania.
10. Odio che mi tratti come se fossi una bambina.
- E chi me lo impedirebbe? – chiesi attorcigliandomi una ciocca di capelli attorno al dito.
- Ovviamente SmAsh! –
- Odio quando ti fingi un supereroe. – dissi alzandomi. Aprii l’armadio e mi tolsi la tuta che avevo addosso. Presi un paio di jeans neri e mi misi addosso la maglietta dei Nirvana che mi aveva prestato Luke. Non gliel’avevo ancora ridata e dubitavo che volessi restituirla, mi ero affezionata a quella maglietta bucherellata.
- Io non fingo. Io sono un supereroe! –
- Non hai nessun superpotere. – obbiettai andando in bagno per truccarmi. Mi misi un po’ di matita e mi passai il burrocacao sulle labbra secche.
- Riesco a sollevarti e a trasportarti per un isolato. –
- Scommetto che anche Calum ci riuscirebbe. –
- Non è vero! –
- Vengo da voi e glielo chiedo. – lo sfidai. Scesi di corsa le scale e presi di volata le chiavi della macchina.
- Dove hai intenzione di andare? –
- Non sei con i ragazzi? –
- Veramente sono a fare la spesa. –
- Oh, bene bene. Allora ci vediamo a casa di Michael. –
- Chr… - e prima che potesse finire di pronunciare il mio nome, gli chiusi la telefonata in faccia. Sorrisi felice. Una scappata lontano dalle grinfie di Ashton mi avrebbe solo fatto bene.
 
- Ashton ha detto che arriva tra poco. – ci avvertì Calum guardando il cellulare. Nemmeno un minuto era passato da quando era arrivata a casa di Mike. Luke si sedette accanto a me sul divano, mentre si sorseggiava una coca.
- Davvero carina la tua maglietta, Chris. Assomiglia moltissimo alla mia. – commentò lui. Distolsi lo sguardo da lui per guardare la maglietta.
- Sarà perché è la tua. – si intromise mia sorella ridacchiando. Luke mi guardò sconcertato.
- Non mi sono nemmeno accorto che mancava. – si grattò la nuca imbarazzato. Risi di gusto davanti al suo rossore.
- Non credo nemmeno che ti accorgeresti se mancasse il letto nella tua stanza, Luke. – lo prese in giro Calum. – C’è un tale disordine che servirebbe una mappa scovare le tue cose. –
- Non sono così disordinato! – ribatté Lucas infastidito.
- Ah no? – chiese Michael. Prese il telefono e passò il dito sullo schermo. – Dimmi se Cal non aveva ragione. – fece facendoci vedere la foto di… ok, non sapevo nemmeno cos’era quella roba.
- Quella è una stanza? Non credo nemmeno sia abitabile! – esclamai sconcertata.
- Quella è la camera di Luke. – rispose Calum.
- Quella non può essere una camera. – disse Rachel.
- Invece è camera mia. – bofonchiò Hemmings contrariato. Poverino. Luke incrociò la braccia al petto guardando malamente Michael, che ora aveva i capelli biondi. Senza preavviso abbracciai Luke.
- Almeno ti puoi vantare di essere più alto di loro nonostante tu sia il più piccolo. – cercai si sdrammatizzare.
- Ma io sono decisamente più attraente. – replicò Calum, mettendosi in posa come se fosse un fotomodello.
- Nah, sono io il più sexy. – ribatté Michael spingendolo via e mettendosi a sua volta in posa, con la sola differenza che aveva aggiunto le labbra a papera.
- Voi due attraenti? A meno che non indossiate qualcosa in ferro, non attrarreste nemmeno una calamita. – rispose Luke passandosi una mano tra i capelli, con fare seducente e sbarazzino allo stesso tempo. Rachel ed io scoppiammo a ridere.
- Il ragazzo ci sa fare più di voi due. – li canzonò Ray.
- Già. – concordai.
- Le hai pagate, Hemmings! Di’ la verità! – lo incolpò Hood additandolo. Lucas alzò le mani, scuotendo la testa.
- L’invidia ti fa molto male, Cal. E poi non sono così meschino, hanno solo detto la verità. –
- Su cosa? – ci interruppe una voce affannata alle nostre spalle.
- Su chi sia il più attraente tra noi tre. – rispose Michael. – Deve aver pagato Chris e Ray, data la risposta. –
- Chi ha pagato cosa, scusa? – domandò confuso Ashton riprendendo fiato. Doveva aver corso per arrivare qui.
- Luke ha pagato le ragazze per farsi dire che è il più sexy. – spiegò Calum.
- Oh. – disse solamente Ashton annuendo. – No! – esclamò, poi dopo mezzo secondo guardandoci con occhi sbarrati. – Aspettate, credo di aver capito male. –
- Hai capito benissimo, invece. – rise Luke. – Sono il più bello! Sono il più bello! – canticchiò facendo una strana danza della vittoria, da seduto.
- Tra voi tre. – ribatté Ashton, sfoggiando il suo ghigno. Alzai gli occhi al cielo. – E invece tra noi quattro, chi è il più carino? –
- Se dici “carino”, allora Michael. – fece Rachel. Annuii concorde.
- “Carino”? – si lamentò il biondo ossigenato. – Perché “carino”? –
- Perché assomigli più ad un panda coccoloso, che ad un leone intento a braccare una preda. – chiarii.
- Aww. – gli fece il verso Luke.
- Vaffanculo! –
- Un panda coccoloso, non direbbe mai “vaffanculo” – lo prese in giro Calum.
- Da che io sappia, i panda coccolosi non parlano. – rise Ashton. Mike sbuffò contrariato e ci mostrò il dito medio. Rachel gli si avvicinò e gli sussurrò qualcosa all’orecchio. Mike divenne leggermente bordò, prima di rivolgerle un sorriso radioso. – E comunque chi è il più sexy, ora? –
Rimasi qualche secondo a passare lo sguardo tre i tre ragazzi rimasti. – Definisci “sexy”. –
- Luke non ha dovuto definire “sexy”. – obbiettò Calum.
- Beh… Luke si è detto da solo che era sexy. – feci spallucce. Avevo concordato che Luke riusciva a farsi desiderare di più, non che era il più attraente. Non era la stessa cosa.
- Davvero? – chiese Lucas pensieroso. Annuii.
- Beh, comunque devi dirci il verdetto! Vogliamo sapere chi è il più sexy. – affermò Calum con fare risoluto. – Allora? –
Rimasi a bocca aperta, imbarazzata dal mio ruolo di giudice in quel momento. Sì, insomma. Avevo davanti il ragazzo che avevo ritenuto il più carino della scuola fino ad ora, il ragazzo che si era messo a posto nell’ultimo anno, alto qualcosa come 1.80, biondo, occhi azzurri… cioè, avete capito, il tipico “Principe azzurro”, ed il ragazzo che in quegli ultimi giorni mi era stato accanto più di chiunque altro, che aveva degli occhi stupendi in cui ti perderesti ore ed ore a fissarli solo per capire di che colore sono, e che nonostante arrivasse solo all’orecchio di Luke, era decisamente più tonico nelle braccia, per non parlare di quei capelli informi in cui vorresti immergerci le mani per saggiarne la morbidezza.
Come diavolo avrei potuto tirare fuori un nome, davanti a tre ragazzi del genere?
- Facciamo un test. – me ne uscii improvvisamente. I tre mi guardarono straniti.
- Parla, ragazza. – disse Calum, atteggiandosi da tamarro.
- Chi di voi tre riesce a trasportarmi per la maggiore distanza, si aggiudica il titolo di “Ragazzo più fico della band”. – sorrisi.
- Trasportarti? In che senso? – si accigliò Luke. Diedi una veloce occhiata ad un Ashton abbastanza contrariato dalla situazione. Nascosi una piccola risata con un attacco di tosse.
- Che mi dovete prendere in braccio, e chi riesce a trasportarmi il più lontano possibile, rispetto agli altri, senza mettermi giù… diventa il ragazzo più sexy. –
- E perché dovremmo fare tutto questo? – si lamentò Calum. Mi morsi il labbro inferiore ripassando ancora lo sguardo sui tre ragazzi.
- Sapete meglio di me che siete tutti e tre molto attraenti. Quindi ci vuole un test per proclamare il vincitore. –
- E non possiamo semplicemente fare una gara a braccio di ferro? – domandò Ashton. Scoppiai a ridere.
- Certo che no! Dovrete sudare per vincere, allora? Ci state? –
 
- Ce l’ho io quello più lungo! – esclamò a gran voce Luke. Mi guardai attorno imbarazzata. Una vecchietta che passava lì vicino ci guardò con occhi sbarrati, prima di fuggire via.
- Nah. Luke tu hai decisamente bisogno di un paio d’occhiali. Tu hai quello più corto! – ribatté Calum.
- Infatti sono io quello che ce l’ha più lungo! – enfatizzò Ashton fieramente. Michael stava tra me e Rachel, giocando con l’orecchino e guardandosi attorno nervosamente.
- Sentite… Come fate a dire che ce l’avete più lungo del mio! Insomma, l’avete visto?! – li rimbrottò Cal. Mike si schiarì un po’ la gola, cercando di attirare la loro attenzione, invano.
- E tu invece hai visto il mio? – ribatté Lucas. Mi grattai bruscamente la nuca, in preda ad un attacco di caldo improvviso. Mi schiarii anch’io la gola, facendo un passo verso i tre ragazzi.
- Ehm… Gente? – li chiamai. Ashton, Calum e Luke si voltarono verso di me di scatto.
- Sì? – domandò Calum.
- Uhm… potete, sì… ehm, potete abbassare un po’ la voce, ecco? –
- Perché? – chiese ingenuamente Ashton. Michael mi venne in soccorso.
- State urlando da mezzora “Io ce l’ho più lungo del vostro”… sapete… la gente può fraintendere il soggetto della frase. – spiegò indicando i bastoncini che tenevano in mano. Annuii completamente rossa in viso, mentre abbassavo lo sguardo. I tre ci guardarono a bocca aperta, per poi guardarsi attorno imbarazzati.
- Ehm… Ok. – rispose Luke, passandosi una mano tra i capelli. – Allora, ci aiutate a vedere chi inizia per primo? –
 
Lucas mi sorrise radioso, prima di posizionarsi dietro di me. Nemmeno il tempo di prepararmi mentalmente, che non sentii più la terra sotto i piedi.
- Sei comoda? – mi chiese con un ghigno stampato in faccia. Fissai dubbiosa le sue braccia contratte nello sforzo di sorreggermi.
- Spero solo di non cadere rovinosamente a terra. – risposi calcolando con lo sguardo la distanza che avrei coperto, se Luke vi avesse mollata improvvisamente.
- Non ti preoccupare. Sarò io a vincere questa sfida. –
- Non esserne troppo convinto. – ribatté Calum dando una pacca sulla schiena di Hemmings. Di risposta lui gli lanciò un’occhiata assassina.
- Ok, partite. Iniziamo ad arrivare alla spiaggia. – fece Rachel montando dietro alla bicicletta di Michael. Ashton salì sulla sua, mentre Calum usava uno skateboard. Luke iniziò a camminare lentamente, al contrario dei piccioncini che scattarono per raggiungere in fretta la spiaggia.
- Non sei così pesante. – commentò Luke dopo un po’, e come per provare ciò che aveva detto, mi fece saltellare sulle sue braccia. Sbiancai dallo spavento.
- Luke, smettila! Così rischi di farmi cadere, maledizione! – parlai e senza accorgermene passai le braccia attorno al suo collo per tenermi. Lucas scoppiò a ridere al mio gesto.
- Strozzalo pure, Chris. Così si faciliterà la mia vittoria! – si vantò Calum.
- Certo, certo. – ironizzò Ash. – Nemmeno nei tuoi sogni più selvaggi, Hood. Sarà ovvio che vincerò io. – rispose. – Sono il più grande tra voi, non avete esperienza in questo campo. –
Alzai gli occhi al cielo, spazientita da quel continuo battibecco. – La volete smettere? –
- Ok. – assentì Cal. Passammo qualche minuto in silenzio.
- Non è che hai bisogno di una piccola pausa, Lukey? – ruppe il silenzio Irwin. Sbuffai esasperata.
- Smettetela di importunarlo! – sbottai irritata, facendo scattare l’ilarità di Luke. – Se continuate così, è meglio che raggiungiate Rachel e Michael in spiaggia. –
- Ma… - provò a ribattere Calum.
- No! – lo fermai. – Andate! Ora. – li costrinsi. Sbuffando i due andarono avanti e ci seminarono.
- Grazie per averli scacciati. – mi ringraziò il biondo dopo qualche minuto passato nel completo silenzio.
- Di niente. – risposi. Nemmeno il tempo di sorridergli, che si sentì l’arrivo di un messaggio sul mio telefono.
 
Calum Hood:
Non farti corrompere da Lukey!
 
Alzai gli occhi al cielo irritata e divertita allo stesso tempo.
- Che succede? – domandò curiosamente Luke.
- Calum è ancora convinto che mi stai corrompendo. – dissi, e prima che potessi sbuffare, il cellulare suonò nuovamente.
 
Calum Hood:
Ashton mi sta minacciando
Di dirti di sbloccare il suo numero.
Davvero gli hai bloccato il numero di telefono su
Whatsapp?
 
Scoppiai a ridere. Mi ero completamente dimenticata di sbloccargli il numero di telefono. Andai nelle impostazioni e tolsi il suo numero dalle persone da bloccare.
 
Christine Lee:
Luke non mi sta corrompendo
E di’ ad Ash che l’ho sboccato.
 
Riposi il cellulare in tasca e mi accoccolai meglio nelle braccia di Lucas. Non mi sembrava così tanto strano essere trasportata in braccio da un ragazzo, dato che avevo passato un certo periodo della mia vita a cadere rovinosamente a terra, che per inciso succedeva durante le ore di educazione fisica con il salto degli ostacoli, per essere presa in braccio da un ragazzo ed essere trasportata in infermeria. Alla fine il professore mi aveva esonerato da quel attività ogni volta che c’era e gli facevo da assistente. Metà delle ragazze mi invidiava in quel periodo, se non fosse che avevo sempre male alle ginocchia e alla schiena, forse avrei potuto sentirmi in imbarazzo ad essere portata in braccio dai ragazzi più carini e forti della scuola.
- Come sta Jack? – domandai ad un certo punto, per iniziare una conversazione. Luke mi lanciò un’occhiata stranita.
- Jack? Mio fratello intendi? –
- No, pensavo a Jack lo squartatore. – dissi ironica. – Certo, che parlavo di tuo fratello! –
- Sta bene… - fece lasciando la frase in sospeso. Attesi qualche secondo, pensando che continuasse, ma non aggiunse altro.
- Ma…? – chiesi indispettita.
- Ma? – ripeté lui pensieroso. – Ma è preoccupato… per te. – sospirò pesantemente. Rimasi qualche istante stordita da quanto mi aveva rivelato. – E non è l’unico. – aggiunse.
- Che vuoi dire? – volli sapere incerta.
- Sono passati quattro giorni dal tuo… ehm… attacco di panico. Hai praticamente passato quattro giorni fingendo che non fosse accaduto nulla. -. Ingoiai un groppo alla gola e ricacciai le lacrime indietro. – Vogliamo solo sapere cosa ti affligge tanto. Ashton sembra in pace con se stesso, ma è diventato possessivo nei tuoi confronti, mentre tua sorella… lei sembra sempre sul punto di crollare emotivamente. -. Non risposi. – Mi sento in colpa per quello che ti ho fatto ed anche se una parte di me non vuole metterti in soggezione, l’altra vorrebbe sapere se c’è qualcosa che posso fare per aiutarti. Voglio solo sapere cosa ti affligge così tanto da nascondere tutto e fingere che non sia mai successo niente. –
Avevo detto tutto ad Ashton. Ma ero pronta a dire tutto a Luke, Calum e Michael? Raccontare nuovamente quel inferno? Far riemergere nuovamente tutti i miei sensi di colpa? Se non mi fossi trovata in uno stato così emotivamente precario, non credo nemmeno avrei raccontato tutto ad Ashton. Eppure… eppure lui sapeva già. Ashton sapeva già cosa mi affliggeva, forse voleva solamente una conferma e l’aveva avuta. Non era scappato. Sapeva, ma non mi aveva lasciata. Invece gli altri? Loro sarebbero scappati appena avrebbero saputo? Loro non sapevano già quello che mi affliggeva, lo avevo già chiesto a Luke.
- Non… non ne voglio parlare ora. Scusami, Lucas. – sussurrai abbassando lo sguardo.
- Non fa niente. – sorrise pallidamente lui. Dopo qualche passo si fermò. – Sono stanco ora. Mi fermo qua. – mi avvisò posandomi a terra. Mancavano appena venti metri per attraversare la strada ed arrivare in spiaggia. Camminammo in silenzio l’uno accanto all’altro e quando fummo in spiaggia ci mettemmo a cercare con lo sguardo i ragazzi. Con uno scatto qualcuno mi prese da dietro facendomi fare una giravolta. Le mani che mi cingevano i fianchi erano decisamente troppo grandi e familiari per essere scambiate per un’altra persona.
- Hai già perso, Luke! – esultò Calum saltandogli sulla schiena. Ashton mi posò a terra, facendomi poi voltare verso di lui. Finsi un sorriso e gli diedi un pugno amichevole sul braccio. – Dove ti sei fermato? –
- Qualche metro prima di quel incrocio. – rispose indicando vagamente il punto in cui mi aveva posata a terra. Tirai un piccolo sospiro.
- Ora tocca a me! – esclamò Calum che sprizzava gioia da tutti i pori. Mi sentii nuovamente sollevare e mi ritrovai con il viso a pochi centimetri dal sorriso candido di Cal. – Dove ti devo portare principessa? –
Scoppiai a ridere, per poi guardarmi attorno. – Vediamo se riesci a battere, Lukey! – sorrisi. – Arriva a quel chiosco di gelati e riportami dove sono partita con Luke. – proposi.
- Sarà un gioco da ragazzi. – si vantò. Camminammo fino al chiosco con Ashton e Luke alle calcagna, mentre stuzzicavano Hood. Quando arrivammo, qualcuno picchiettò sulla spalla di Calum.
- Poveri figlioli. – parlò una vecchietta guardandoci in modo compassionevole. Io e Calum ci guardammo spiazzati. – Cosa ti è successo, cara? Ti sei fatta male alla caviglia? – domandò premurosamente. Ashton ridacchiò divertito dalla scena. Lo trucidai con lo sguardo e riposai lo sguardo sull’anziana davanti a noi.
- Oh, no. – dissentì.
- Il nostro amico si sta solo esercitando per il suo matrimonio! – se ne uscì Luke, dando una pacca sulla schiena di Calum, come per vendicarsi di quella che gli aveva tirato prima lui. Hood oscillò pericolosamente. Mi aggrappai alla maglietta di Ashton. Fortunatamente Calum non cadde a terra.
- Matrimonio? – fece la vecchia sbalordita.
- Ma sì, sa quando bisogna portare la sposa fino alla camera da letto, senza appoggiarla a terra, prima di… Sì, insomma, ha capito no? – continuò Ashton. Mi sentii avvampare.
- Oh. – rispose solamente la signora.
- Già, ha una fidanzata molto esigente, quindi si deve allenare! – rincarò la dose Luke.
- Uh-uh. La strada è lunga dalla chiesa, fino alla casa del nostro caro amico. – sospirò melodrammatico Ash. Se non fossi stata tra le braccia di Calum, quei due si sarebbero già trovati due metri sotto terra.
- Ok. – sorrise premurosamente la vecchietta. – Siete davvero una bella coppia, comunque. Spero passiate felicemente tutta la vita insieme, siete davvero dolci. –
Rimasi completamente spiazzata, come d’altronde Calum. Nemmeno il tempo di ribattere, che la signora era sparita.
- Dolci insieme? – disse Ashton incredulo, fissando ancora il punto in cui la signora se n’era andata.
- Credeva che foste una coppia! – continuò scettico Luke. I diretti interessati, cioè noi, non parlammo.
- Non state bene insieme! – affermò Ash alzando le mani in cielo.
- Affatto! – confermò Luke, incrociando le braccia al petto. Io ero decisamente ancora sotto shock. Calum invece si era ripreso.
- E perché non potremmo stare bene insieme? – li canzonò Calum riprendendo a camminare. Mi ripresi anch’io e guardai i due ragazzi sorpresi dalla parole dell’amico. Si avvicinarono velocemente a noi, poiché erano rimasti indietro.
- Perché? – fece Ashton.
- Beh, non state bene insieme e basta. – rispose con ovvietà Luke. – C’è bisogno di una motivazione? –
- Certo che sì! – dissi.
- Non sarete mica gelosi voi due? – chiese Cal senza rendersene conto. Ashton prese a tossire convulsamente, mentre se Luke si fosse trovato in un cartone animato, la sua mascella sarebbe arrivata a toccare terra.
- Geloso? E perché dovrei? – fece Ash con voce strozzata.
- Allora perché non potrei stare bene con Calum? –
- Sono convinto che gli opposti si attraggono. – affermò Luke. – Tu e Calum siete troppo simili. –
- E le anime gemelle dove le mettiamo? – lo canzonò Hood. Nemmeno il tempo di sentire i ragazzi ribattere che sentii un dolore tremendo al fondoschiena, per non parlare della gabbia toracica completamente schiacciata dal peso di Calum.
- Christine! – esclamò Ashton. Luke mi tirò via di dosso il suo amico, mentre Ashton mi tirava su in piedi. – Stai bene? Non ti sei fatta male, vero? –
- Sto bene. – risposi pulendomi le mani sporche di polvere.
- Bene! Ecco chi è il perdente! – fece Lucas, indicando Cal. Lui grugnì indispettito.
- Non vale! Sono inciampato in un protuberanza del marciapiede! – sostenne indicando un irregolarità quasi inesistente.
- Certo, certo. – attestò ironicamente Ashton. – Non hai la forza nemmeno per trasportare mia sorella tra poco! – e mi cinse le spalle con un braccio, stringendomi un po’ a sé.
- Ashton ha ragione. – constatò Luke annuendo. – Non sei nemmeno riuscito a fare un isolato. –
- Uffi! Una seconda chance? – mi domandò con uno sguardo da cucciolo. Mi persi un attimo in quegli occhi simili ai miei, ma poi scossi la testa.
- Mi dispiace, Cal. Ora il titolo del “Ragazzo più sexy” se lo contenderanno Lukey ed Ashy! – risi dando un pizzicotto alla guancia di Ash. Luke sbuffò esasperato, ma riuscii a strappare un sorriso a Calum.
- Ashy… mi piace. – affermò ridacchiando. Ashton mi lanciò un’occhiataccia.
- Sicura di stare bene? – mi chiese nuovamente Ashton dubbioso.
- Sì. – affermai seccata.
- Ok. Allora a noi due, Ashton! – lo sfidò Luke. Alzai gli occhi al cielo. Certo, non lo avrei mai ammesso ad alta voce, ma Luke aveva già perso. Ashton mi aveva trasportata per quasi un kilometro il giorno dopo la mi confessione, perché non volevo uscire di casa, quindi in confronto ai cinquecento metri era il doppio. Ora l’unica cosa da sperare era che cadesse rovinosamente a terra come Calum.
- Pronta, Chris? – mi chiese sogghignando Ashton, avvicinandosi pericolosamente alla mia bocca.
- Togli quel ghigno dalla faccia. Il gatto di Alice nel paese delle meraviglie era decisamente più attraente di te in questo momento. –
- Quel gatto non riuscirebbe a trasportarti come faccio io. – rise. Sbuffai. Con uno scatto Ashton si piegò in giù e in pochi secondi mi trovai ad urlare come una pazza battendo i pugni sulla sua enorme schiena.
- Ashton Fletcher Irwin! Mettimi immediatamente giù! –. I ragazzi erano magicamente scomparsi dalla mia vista.
- Ho un titolo da conquistare. – ribatté. Picchiai più duro, ma lui continuava ad incassare i colpi senza fare una piega. – E dai! Smettila ora, Christine! – sbottò dopo alcuni minuti Ash, in seguito aver percorso già tutta la costa fino all’incrocio in cui Luke mi aveva messa giù.
- Non sono un sacco di patate! – replicai incazzata nera.
- Non hai specificato come avrei dovuto tenerti. – affermò ridacchiando.
- Ashton! – piagnucolai. – Lo sai che odio essere al centro dall’attenzione di tutti! –
- Se la smettessi di agitarti, magari, attireresti meno l’attenzione dei passanti. –
- Odio quando fai l’egocentrico. – risposi sprofondando il viso nella sua schiena. – Stai mettendo in bella vista l’unica parte del corpo che odio. –
- A me piacciono invece. –. Sentii il cuore perdere un colpo e le parole mi morirono in gola. – Hai delle belle gambe. Perché non vai a metterti un costume, andiamo a prendere il sole e a farci un bagno, ti va? – Gli occhi mi stavano pizzicando senza un vero motivo. – Da quanto tempo non prendi il sole? –
- Ashton? – lo chiamai debolmente. Avevamo già percorso quattro isolati.
- Sì? – fece ingenuamente. Soffocai un singhiozzò. Eravamo quasi arrivati a casa mia.
- Hai vinto. – risposi con voce atona. – Puoi mettermi giù. –
Irwin si fermò e lentamente si inginocchiò, per permettermi di appoggiare i piedi. Mi pareva che fosse passato un’infinità quando i nostri occhi l’incontrarono. – Eccoti in piedi, Principessa. – scherzò. Forse stava facendo finta di non vedere i miei occhi colmi di lacrime.
- I-io torno a casa. – risposi tirando sul col naso e asciugandomi velocemente gli occhi. – Ciao. –
Nemmeno il tempo di voltarmi che mi ritrovai tra le braccia di Ashton.
- Che succede, Chris? –
Cosa succedeva? Non dissi niente. Mi limitai a sciogliere l’abbraccio prendere Ashton per la maglia e trascinarlo via di lì.
 
Irwin non aveva ancora aperto bocca. Lo buttai in camera mia e chiusi la porta dietro di me, appoggiandomi ci sopra. Alzai lo sguardo verso il ragazzo che mi stava davanti. In che guaio mi stavo cacciando? Ingoiai un groppo che mi si era fermato in gola ed avanzai verso di lui.
- Perché l’hai detto? –
Vidi la confusione nei suoi occhi. – Detto cosa? –
- Le mie gambe. Come fanno a piacerti? Le hai viste. Sono rivoltanti. – singhiozzai. Ero incazzata nera. Non triste.
- Chris… - provò a dire, ma lo fermai.
- No. Non provare a dire niente del tipo che sono una ragazza bellissima, che l’aspetto non conta un cazzo ed altre stronzate simili. -. Lo spinsi indietro. – Sono rovinata. Lo sanno tutti qui. Hanno capito tutti che sono instabile psicologicamente. Perché invece tu ti ostini a volermi stare attorno? -. Il cuore aveva preso a battere ad un ritmo frenetico. Lo spinsi nuovamente. Ashton finì a sedere sul letto. Mi allontanai da lui.
- Non sono stronzate. Tu sei bellissima. -. Ora ne avevo davvero abbastanza. Senza pensarci due volte mi tolsi i jeans, rimanendo in intimo davanti a lui.
- Dillo! – lo sfidai indicando le linee bianche e rosse che si intravedevano nella penombra della stanza. – Ora prova a dirmi che sono bella! Guardami, cazzo! Guarda quanto faccio schifo! – strepitai. I suoi occhi correvano lungo tutto il mio corpo scosso dai singhiozzi. Con uno scatto si alzò e mi raggiunse.
- Mi stai solo provocando così. – sussurrò a pochi centimetri da me. – Tu sei fottutamente sexy. –
- Odio quando mi dici che sono sexy. Le mie cicatrici non sono sexy. –
- Ma addosso a te sono sexy. – mormorò avvicinandosi ancora di più se possibile. Sentivo il suo respiro solleticarmi il viso.
- Perché fai così? –
Non rispose. Sorrise dolcemente. Alzò lentamente una mano e mi sfiorò impercettibilmente il viso.
- Mi hai provocato. Queste sono le conseguenze. -. Non sentii quasi le sue parole. Le sue labbra premute sulle mie. Quelle furono le uniche cose riuscii a percepire.

 


 

 
 
 
 
Spazio Autrice:
Ok. È. Come. Sembra. ASHTON FLETCHER IRWIN HA B-A-C-I-A-T-O CHRISTINE SARAH LEE!
Sì, cioè… di tre dannatissime pagine di Word scritte a carattere 6, io che ho scritto tutto… di tutto quello che è successo sono ancora scioccata dall’ultima scena.
Non preoccupatevi, i due non si lasceranno andare ad un rating rouge… Almeno non credo. No-no. Sto scherzando, NON ci saranno scene di sex in questa fan fiction! Quindi per chi ci sperava, mi dispiace ma si dovrà mettere l’anima in pace! *LOL*
Cosa ne pensate ora della storia? Continua ad affascinarvi? Spero proprio di sì!
Altre parti che mi sono divertita a scrivere è il giochino dei bastoncini! All’inizio l’idea mi era venuta in mente per una storia degli One Direction, immaginatevi quei cinque voltati di schiena in cerchio e tu non vedi cosa stanno facendo, ma senti solo che urlano – Ce l’ho io il più lungo! -, forse questa sarà la cosa più perversa dell’intera storia.
Comunque! Nello scorso capitolo avevo fatto la domandona riguardo alla canzone che vi sembrava descrivere la mia storia ed a mio grande dispiacere nessuno ha risposto, speravo davvero che qualcuno avrebbe risposto, ma non tutto è come si vuole, in ogni caso vi dirò qual è la mia di canzone… ed è… “Give Your Heart A Break” di Demi Lovato!

 

Ok, ora passiamo alla domandona!    
Cosa ne pensate dell'ultima questione che ha messo Calum al centro dell'attenzione di tutto il web?
Io ci sono rimasta un po' male. Non ne senso che c'è l'ho con lui, ma male come un'amica che ti dà buca ad appuntamento, o qualcosa di simile. Dopo aver passato un giorno a chiedermi il perchè del suo gesto, a cui tutti danno la colpa alle età, ma io non riesco a utilizzarlo come motivo valido, ho passato gli altri giorni a chiedermi se quello fosse il primo video erotico che mandava ad una fan, mah... Non so se lo sapremo mai, comunque ditemi i vostri pensieri al riguardo! ;)
However! Ho finito con i miei commenti! Recensite se avete tempo e alla prossima! 

 
Ps: Visto che la FF sta per volgere al termine, ho deciso di aggiornare quando il capitolo arriverà a 7 recensioni, così avrò modo anche di scrivere il prossimo capitolo più lentamente e con più cura! Ovviamente i giorni in cui pubblicherò saranno i Mercoledì e le Domeniche, quindi ora date anche un occhio alle recensioni ;)
 
 

 

 
Cast:
5SOS
 Christine Lee (Shay Mitchell) 
Rachel Lee (Hailee Steinfeld)

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Capitolo 9
*** Chapter 8 - Unfriend You ***






Chapter 8 - Unfriend You

"So it's over, yeah, we're through
So I'mma unfriend you
You're the best liar ever knew
So I'mma unfriend you
'Cause I should have known right from the start
That you didn't have a human heart
"
- Greyson Chance - Unfriend You



Lo avevo respinto. Semplicemente mi sembra il momento più inopportuno. Niente messaggi o chiamate per sei giorni. Quasi una settimana. Mi affacciai alla finestra ed appoggiai la testa al vetro. Io non ero uscita di casa, Ashton non era uscito di casa. Lo avevo spinto via e lui se n’era andato senza dire una parola. Non sentivo tanto la sua mancanza, mi sentivo più in colpa per come avevo reagito. Forse si era messo in testa che sarebbe riuscito ad aggiustarmi, ma come si fa ad aggiustare un giocattolo rotto? L’unica cosa che si può fare è comprane un altro e buttare via quello difettoso. Io ero quella guasta, Rachel era quella perfetta. Era la scommessa,no? Non mi aveva chiesto di uscire o cose del genere, voleva conoscere Rachel. E mi stava bene. Lei non aveva le gambe rovinate ed aveva una personalità forte. Il destino aveva voluto che Ray diventasse la persona che io non ero nemmeno prima dell’incidente. Una bella faccia non può costruire una bella personalità. Io avevo solo una bella faccia. Mi scostai dalla finestra ed accesi al luce. Indossai dei pantaloni azzurri con dei motivi floreali bianchi e sopra indossai una canottiera larga con stampata l’immagine di una spiaggia e sotto una fascia celeste. Per finire mi si dei tacchi verde acqua.
Scesi lentamente le scale mettendomi il cellulare nella tasca posteriore dei jeans.
- Dove vai signorina? – mi chiese mio padre uscendo dalla cucina. Erano appena le otto di sera. Volevo solo andare a fare una visita a Will e Jay.
- Una mia amica mi ha invitata ad uscire per andare a mangiare fuori. – mentii.
- E per che ora pensi di tornare? –
- Penso verso le undici e mezzanotte. – risposi. Mio padre annuì.
- Ok. Domani dovrai aiutare tua madre a cucinare, avremo ospiti, quindi dosati con l’alcol. –
Rimasi qualche secondo interdetta. – Ospiti? –
- Ha voluto invitare gli Irwin a cena. –
Sentii il pranzo risalirmi dallo stomaco. – Da quando la mamma invita i vicini di casa a cena? –
- Da quando ha iniziato a parlare anche con le donne del vicinato. –

- È incredibile! – strepitai prendendo un sorso della birra che James mi aveva messo davanti.
- È solo una coincidenza, Chris. – azzardò William.
- È passata una settimana, ragazzi! Non mi ha contattata in nessun modo ed ora scopro che verrà a cena da noi. Non sono semplici coincidenze! Mia madre non ha mai invitato i nostri vicini di casa a cena. –
- C’è sempre una prima volta a tutto! – esclamò William. James si allontanò andando a servire i ragazzi che aspettavano da bere.
- Sarà, ma non saprei come reagire quando me lo troverò davanti. Mi ha dato un bacio. Uno stupido bacio a stampo sulla bocca. Sono io che sto ingigantendo la cosa o quel bacio doveva dirmi qualcosa? –
- Proviamo. -. Nemmeno il tempo di chiedere cosa volesse dire che William mi stampò un baciò sulle labbra. Niente in confronto al bacio di Ashton, ma quando l’avevo visto per la prima volta non avevo visto sbagliato quando avevo pensato che quel ragazzo fosse perfetto. Baciava in modo meraviglioso.
- Perché non sei etero? – domandai quando il bacio finì. Will scoppiò a ridere, mentre James si avvicinava.
- Mi devo preoccupare? – chiese passando lo straccio sul bancone.
- Il tuo ragazzo è un baciatore perfetto. –
- Oh, lo so. – si vantò. Scoppiai a ridere e i due si scambiarono un bacio.

Non avevo voglia di dormire, così dopo essermi sfilata i tacchi ed essermi messa addosso una felpona, uscii per la seconda volta della mia vita dalla finestra. Mi infilai gli auricolari, dopo aver messo le mie converse bianche. Mi diressi verso la spiaggia controllando un paio di volte che nessuno mi stesse seguendo. Quando arrivai a destinazione mi sedetti sulla sabbia. Tirai fuori il cellulare e fissai lo schermo nero. Prima o poi avremmo dovuto parlare.
Christine Lee:
Odio quando te ne vai senza salutarmi.

Sarebbe stata meglio una conversazione che non richiedesse stare a un metro di distanza l’uno dall’altro, faccia a faccia.
Ashton Irwin:
Non era un mio obbligo.
Non sei la regina d’Inghilterra o
Il presidente Obama.
Rimasi di stucco davanti a quel misero messaggio. Mi venne una fitta al petto, per non parlare delle fottute lacrime che mi stavano rigando il viso.
Christine Lee:
Odio la tua freddezza.

Ashton Irwin:
Ti ho baciata,
maledizione!
Per te non è significato nulla?

Christine Lee:
E pensavi che quello fosse
Il momento più adatto?
Odio che tu abbia guardato le mie gambe senza disgusto.

Ashton Irwin:
Non sono le tue gambe il problema!
Sei tu quella che si inventa tutto!

Christine Lee:
Perché mi hai baciata?
Mi ritieni una fottuta psicopatica,
ma poi mi dici che sono bella.
Ho un personalità di merda,
ed ora hai visto le mie gambe.
Perché hai dovuto complicare le cose?

Ashton Irwin:
Devo andare.

È così che mi voleva affrontare. Con l’indifferenza. Bene. Tra di noi poteva essere ritenuto tutto finito.

Ero seduta accanto a mio padre che stava a capotavola. Rachel sedeva accanto a me e nostra madre accanto a lei. Il padre di Ashton era davanti a me e sfortunatamente Ashton si trovava accanto a lui. Almeno non avrei potuto nemmeno involontariamente incrociare il suo sguardo se lo alzavo dal piatto. Accanto ad Ash si era messo il suo fratellino. A capotavola Lauren e per chiudere il cerchio, tra mia madre e la sorella di Ashton, la signora Irwin. Mia madre si era impegnata a fare i piatti ed io ero rimasta in cucina solo per tagliare qualche verdura od a tirare fuori qualche pentola che le serviva, tutto questo accompagnato rigorosamente dal suo monologo riguardo a come erano cresciuti bene i fratelli Irwin e cose del genere. In tutta la mattinata mi ero fatta fuori qualcosa come una decina di pastiglie di aspirina. Ed ora me ne stavo a nemmeno due metri di distanza da Ashton. Esclusa da tutte le conversazioni.
- Christine? Mi passeresti gli involtini? – mi chiese mia madre. Senza nemmeno fiatare le porsi il piatto degli involtini di primavera e ritornai a far girare il riso fritto che avevo a malapena mangiato. L’unica cosa che volevo fare in quel momento era andare a scolarmi un’intera bottiglia di vodka alla fragola e rimanere tramortita tutta la notte, senza dover pensare a nulla se non a bere fino allo sfinimento. Cosa che però non potevo fare ora.
- Dovresti mangiare qualcosa. – mi sussurrò Rachel avvicinandosi a me per prendere dei ravioli al vapore con i gamberetti. Mi limitai ad alzare le spalle e continuare a girare quel poco riso che avevo messo nel piatto.

Dopo la cena rimasi in cucina da sola a sparecchiare il tavolo. Certamente non sarei rimasta ancora una volta nella stessa stanza insieme a quel ragazzo. Ovviamente se non contro la mia volontà. Fortunatamente tutti sembravano essersi dimenticati della mia presenza. Tirai fuori da uno scompartimento la bottiglia di vino che amavo. Riempii un bicchiere fino all’orlo e senza rumore uscii fuori in giardino. Mi accoccolai nell’erba e presi un sorso del liquido vermiglio. Un gusto dolciastro mi invase i sensi, per poi sostituirsi al sapore della fragola.
Alla fine del bicchiere mi sentivo più leggera. Mi stesi nell’erba con i capelli sparpagliati tutti attorno e guardai il cielo scuro. Non si riusciva a vedere nemmeno una stella a causa delle luci dei lampioni e delle case. Chiusi gli occhi e mi rilassai. Sentivo le formiche insinuarsi tra i capelli e l’erba pizzicare la pelle nuda. Mi sarei volentieri addormentata lì tra quella poca natura che mi apparteneva. Ma niente andava come volevo.
- Non sei una psicopatica. –. Non avevo bisogno di aprire gli occhi per sapere chi stava parlando. Rimasi immobile dov’ero. – Ed hai una personalità stupenda. –
- Odio quando inizi ad usare frasi già fatte, usate e strausate. – sbadigliai. – Prova ad usare qualcosa di nuovo. –
- Sei solo una stupida bambina. –
Scoppiai in una risata stridula. Forse a causa dell’alcol che avevo nelle vene.
- Originale. Ma ho già sentito anche questa frase. – risposi. La brezza notturna mi accarezzò la pelle.
- Provi ancora solo odio nei miei confronti? – mi domandò dopo aver lasciato che il silenzio prendesse il sopravvento per qualche minuto.
- Odio le tue stupide domande. –
- Non hai risposto alla domanda. –
- Non era un mio obbligo. Non sei il principe Carlo o il presidente Obama. – ripetei le sue parole. Sentii un movimento accanto a me. Aprii gli occhi. Irwin si era steso sull’erba come me, solo al contrario. Potevo sentire il suo respiro solleticarmi l’orecchio.
- Perché ti stai mostrando indifferente ora? –
- Sto solo ricambiando il favore. –
- Allora lo fai apposta comportarti come una bambina. –
- Io lo farò apposta, tu lo fai perché lo sei. – ribattei irritata. Ashton si mosse. Me lo ritrovai a qualche centimetro dal volto, con le sue braccia tese ai lati della testa. Mi sembrava buffo vederlo al contrario. Forse se non avessi bevuto quel bicchiere sarei riuscita a rimanere seria, comunque Irwin riuscì a strapparmi un sorriso.
- Perché stai sorridendo? –
- Ho bevuto. – risposi semplicemente. Ashton aggrottò la fronte perplesso. – Odio non riuscirti a dimenticare nemmeno con l’alcol in corpo. – sospirai impercettibilmente. Il cuore aveva preso a pompare il sangue nel corpo più velocemente. – Ed odio quando mi stai troppo vicino. -. Lui di tutta risposta flesse le braccia e si avvicinò ancora di più al mio viso.
- Così? – domandò ingenuamente.
- Sì. – risposi. – Così. –
- Ed hai odiato anche il mio bacio? –
Rimasi qualche secondo a fissare le sue iridi. – William mi ha baciata meglio di te. – replicai debolmente. Ashton sussultò leggermente.
- Ti ho chiesto se hai odiato anche il mio bacio. – ripeté facendo finta che non avessi detto niente.
- Odio le tue labbra. – risposi. La bocca mi si era seccata improvvisamente. Passai la lingua sulle labbra secche. Ashton posò lo sguardo sulle mie labbra deglutendo, poi incatenò nuovamente il suo sguardo al mio.
- Ed il mio bacio? Hai odiato anche quello? – insistette.
- Mi hai sfiorato a malapena le labbra, non lo definirei un bacio. – risposi. Volevo farlo irritare, come lui aveva irritato me con la freddezza dei suoi messaggi.
- Stai evitando poco elegantemente la domanda e l’hai definito anche tu un bacio. -. Ma ora lui stava irritando me. Sbuffai scocciata.
- Puoi spostarti? Odio il tuo respiro sulla pelle. –
- Non mi sposterò fino a quando non dirai di aver odiato il mio bacio. –
- Perché dovrei dirlo? –
- Quindi ti è piaciuto. – replicò. Strinsi i denti ed alzai gli occhi al cielo.
- Spostati. Inizio ad avere freddo e voglio andare a prendere una felpa. – ribattei. Non si mosse, rimase a fissarmi qualche secondo, per poi aprirsi in un sorriso ed avvicinarsi ancora di più. I capelli che erano sfuggiti dalla bandana nera che indossava mi solleticarono le guance accaldate.
- Non finisce qui la nostra conversazione, Micetta. – ghignò. Lo spinsi via con facilità e mi precipitai in casa.

La conversazione invece era felicemente finita lì. Per il resto della serata me n’ero rimasta barricata in camera, con la scusa di un forte male alla testa ed avevo salutato tutta la famiglia Irwin, escludendo ovviamente Ashton che era rimasto in giardino, forse ad aspettarmi invano. Avevo spento il cellulare ed avevo ascoltato la musica tutta la notte. Mi lavai la faccia con dell’acqua gelata. Avevo delle occhiaie terribili sotto gli occhi. Forse nemmeno il trucco sarebbe bastato a coprirle. Quindi ci rinunciai. Mi legai i capelli in una coda alta ed andai in camera a mettermi una tuta, indossai le scarpe da ginnastica e alle sei del mattino mi trovavo a correre lungo le strade di Sydney in compagnia della voce di Demi Lovato con “Heart Attack”.
Non ero una grande appassionata di corsa, ma ogni tanto mi piaceva sentire il vento tra i capelli e la brezza del mattina intorpidirmi il naso. Ovviamente avevo una meta: l'oceano. Feci un ultimo scatto per poi buttarmi a terra nella sabbia fredda. Mi gira sulla schiena e allargai braccia e gambe. Rimasi qualche minuto immobile per riprendere fiato. Mi sedetti tenendomi su con le braccia messe dietro la schiena. Il sole era già sorto da un pezzo, anche se giocava ancora a nascondino dietro la patina di nebbia. Raccolsi l'ipod che era finito nella sabbia nella caduta. Mi tolsi le scarpe e le calze e li posai accanto all'ipod. Mi levai la felpa ed anche la maglietta fradicia di sudore fece la stessa fine. Mi asciugai le goccioline che mi grondavano in volto con la maglia e mi alzai in piedi. Mi stiracchiai un po' per poi dirigermi verso l'acqua. Immersi un piede per testare l'acqua. Era gelata, ma sopportabile. Senza pensarci una seconda volta mi buttai nella distesa blu. Il gelo mi tolse il fiato. Riemersi a pochi metri dalla spiaggia e rimasi lì a mollo immergendomi ogni volta che c'era un'onda abbastanza forte da trascinarmi lontano. I pantaloni bagnati sembravano dei mattoni, ma mi creavano un fastidio sopportabile a quello di stare a gambe nude. Non so quanto tempo passò quando ritornai alla spiaggia, comunque non c'era ancora nessuno. Mi strizzai i capelli e i pantaloni, per poi risedermi accanto alle cose che avevo abbandonato poco prima. Mi misi la felpa ed alzai il cappuccio per scaldarmi un po'. Stesi le gambe in modo che il sole potesse asciugare almeno un minimo il pantaloni fradici. Faceva leggermente freddo, ma non potevo tornare a casa bagnata fradicia. Ad ogni modo non avrei mai rimpianto il bagno che avevo appena fatto. Era da un sacco di tempo che non mi immergevo nell'oceano. Forse avrei anche potuto riprendere a fare surf ogni tanto. Una passione segreta che quasi nessuno conosceva e uno dei motivi per cui amavo particolarmente l'acqua.
- Ciao, Chris! - mi fece sussultare una voce alle mie spalle. Luke mi si sedette accanto a me.
- Ciao, Luke. – lo salutai imbarazzata dal modo in cui ero conciata.
- Hai corso una maratona? – chiese alludendo ai miei capelli bagnati e ai pantaloni fradici.
- Ho fatto un bagno vestita. -. Lui mi guardò sorpreso.
- Vestita? – ripeté. Annuii. Rabbrividii dal gelo che si stava insinuando nelle ossa delle gambe. – Hai freddo? – domandò accoccolandosi accanto a me e prima che potessi rispondere mi ritrovai con la sua felpa smisurata sulle spalle e la schiena a contatto con il suo petto. – Avresti dovuto portarti un cambio se volevi farti un bagno vestita, potresti prenderti un accidenti! – mi rimproverò. In un’altra situazione mi sarei messa a ridere, ma pensavo ancora ad Ashton.
- Avete raccontato ad Ashton la storia del mio soprannome? – chiesi improvvisamente, ripensando al modo in cui mi aveva chiamata. Aveva ripreso a chiamarmi Micetta e non ne capivo il motivo.
- Cosa? – fece colto alla sprovvista Lucas.
- Micetta. Gli avete spiegato perché mi chiamavate tutti così? – spiegai. Hemmings arrossì violentemente.
- Michael per sbaglio l’ha detto una volta quando Calum ha notato un gattino su un albero che non riusciva a scendere. Ha solo detto che gli ricordava te quel gatto, ed invece di chiamarti Christine, è uscito fuori con Micetta. Non credo che abbiamo detto dell’episodio, ma solo che Micetta era il tuo soprannome. – rispose. – Comunque la divisa scolastica potevi anche evitarla. – commentò. Ripensai a quel giorno. Avevo solamente dieci anni e se fossi stata un pochino più coscienziosa forse avrei evitato di restare in gonna e camicetta.
- In fatto di perversione voi siete i primi a capire le cose. – sbuffai impacciata.
- Uhm… TI va di venire a casa mia più tardi? – cambiò argomento. – Abbiamo deciso di fare delle altre prove e credo che Michael abbia già chiesto a tua sorella di venire e forse verrà anche Brigitte. –
- Michael ha chiesto a mia sorella di venire alle prove? – domandai sconcertata. Mi sorella non mi aveva detto niente al riguardo.
- Già… sembrano diventati molto amici. –
- Amici? – feci dubbiosa. – Solo amici? –
- Fino ad ora Michael non ha mai detto di fare sul serio con Rachel. Al massimo saranno migliori amici. -
Annuii distrattamente alla sua affermazione per poi alzarmi in piedi raccogliendo la mia roba. – Scusami ma ho degli impegni, non posso venire dopo. – risposi ripulendo i pantaloni dalla sabbia umida rimasta.
- Oh, ok. Allora sarà per un’altra volta. – disse deluso.
- Alla prossima allora. Ciao, Luke e salutami Calum e Michael. – lo salutai per poi dileguarmi senza attendere la sua risposta.

Il cellulare continuava a vibrare e suonare insistentemente da esattamente due minuti, il tempo passato da quando l’avevo acceso. Lo raccolsi da terra, dove l’avevo fatto cadere sulla moquette. L’bloccai la schermata per ritrovarmi una marea di notifiche di chiamate perse e messaggi, per la maggior parte da Ashton ed altri da Luke, Calum, mia sorella e delle pubblicità sulle promozioni telefoniche.
Ashton Irwin:
Buongiorno Christine.

Ashton Irwin:
Sei a casa?

Ashton Irwin:
Dove sei?
Rachel mi ha detto che sei sparita.

Ashton Irwin:
Ti ho già detto che non
Rispondere ai messaggi è maleducato
Da parte tua.

Ashton Irwin:
Mi vuoi dire dove sei finita?
A casa non sei e nessuno sa niente.

Ashton Irwin:
Dici che odi me quando mi comporto
Da bambino, ma tu non sei meglio!

Ashton Irwin:
Rispondimi cazzo!

Ashton Irwin:
È per la conversazione di ieri?

Ashton Irwin:
Perché continui a odiarmi?

Ashton Irwin:
Ti piace Luke, vero?
Potevi dirmelo.

Ashton Irwin:
Io sono nessuno, giusto?
Tu sei la ragazza perfetta che
Ama i principi azzurri.

Ashton Irwin:
Vuoi dirmi altro che odi di me?

Ashton Irwin:
Sai cosa.
Ti odio anch’io.

Mi fermai a leggere i messaggi che mi aveva spedito Irwin. E l’ultimo era stato il colpo di grazia.
Christine Lee:
È bello sapere che mi odi.
Almeno è una cosa reciproca.
E ti prego, non rispondere a
Questo messaggio.
Odio il tuo sarcasmo.

Non avevo esitato un instante nel mandarglielo. Lo aveva visualizzato e come gli avevo chiesto, non mi rispose. Chiusi la chat e riposi il telefono sulla scrivania. Mi avvicinai alla finestra ed aprii la tenda. Ashton sbatté la porta d’ingresso e percorse a passo pesante il vialetto. Si voltò un secondo indietro e i nostri occhi s’incrociarono. Dal suo sguardo trasparivano rabbia e risentimento. Un luccichio gli percorse la guancia. No, dovevo essermelo sognato. Quella non poteva essere stata una lacrima. Non ebbi nemmeno il tempo di formulare un pensiero che Ashton se n’era andato.

Non c’erano molte opzioni da scegliere tra me ed Ashton. O ci ignoravamo fino alla fine dei nostri giorni, il che non sarebbe stato complicato, visto che lui aveva una carriera da giramondo, mentre io sarei andata all’università e avevo deciso di andare a stare in dormitorio, lontano dalla mia famiglia, per quanto lontano distasse l’università da casa mia, ma specialmente abbastanza lontano da Irwin. Oppure avremmo potuto chiarire quello che c’era tra me e lui, avrei finito la scommessa, io sarei andata a chiarire con Jonathan e comunque dopo tutto quello, Ashton ed io ci saremmo limitati a salutarci nel caso mai ci saremmo incontrati e non ci sarebbe più stato né rabbia e né rancore l’uno per l’altro.
Ovviamente la prima opzione era decisamente più allettante, mancava appena un mese all’inizio dei corsi universitari, e sarebbe stato tutto più semplice per tutti, anche se ero sicura che un ponte ci avrebbe comunque uniti o stesso: Michael e Rachel. Ma avete capito che sono una ragazza complicata e molto controversa.
Rimasi tutta la notte a rimuginare su tutte le cose che avrei dovuto dire e mettere in chiaro e all’alba non ero ancora pronta per affrontarlo. Non sarei mai stata pronta per affrontarlo. Forse questo era il punto.
Mi alzai per farmi una doccia fredda e svegliarmi. Mi strizzai i capelli e dopo aver indossato dei jeans a vita alta azzurri accesi, una camicetta bianca, mi misi un filo di matita e del correttore per le due notti passate in bianco, alla fine mi pettinai i capelli ancora bagnati. Ritornai in camera e mi sedetti sul bordo del letto ancora indecisa sul da farsi. Un messaggio era da escludersi, visto che era chiaro che non avremmo mai potuto chiarire così. Presentarmi alla sua porta era un’altra cosa da escludere, non sarei riuscita a guardarlo negli occhi e subire una porta in faccia da parte sua. Quindi l’unica cosa che potevo sperare era chiedergli di vederci da qualche parte e farlo con una chiamata, almeno sarei stata sicura che l’avrebbe saputo e se avesse rifiutato almeno non avrei dovuto subire l’umiliazione di essere cacciata da casa sua. Presi il telefono e cercai il suo numero in rubrica e sfiorai l’icona di chiamata. Aspettai qualche minuto in attesa, ma la telefona terminò con la voce della segreteria telefonica. Riprovai una decina di volte, prima che rispondesse.
- Pronto? – parlò Ashton con tono scontroso. Deglutii nervosamente, per poi schiarirmi la voce.
- Sono Chris. –
- Che vuoi? –
- Voglio parlarti. Non per telefono. Volevo fare una conversazione civile. –
- Luke ti ha dato buca? Vuoi sapere se ricambia i tuoi sentimenti? – replicò duro.
- Volevo parlare di noi. Non di Luke. –
- Non esiste nessun noi. –
- Vuoi per favore mettere da parte il tuo dannato orgoglio ed ascoltarmi un secondo?! – sbottai irritata dal suo comportamento insensato. – Odio il tuo orgoglio. –
- Odi un sacco di cose di me. –
- Odio le tue risposte insensate. –
- Era per questo che mi hai chiamato? Per dirmi che mi odi? –
- Volevo vederti senza sembrare una stupida che aspetta invano un idiota ad un incontro. Voglio fare una conversazione razionale, ok? –
L’altro capo della telefonata rimase silenziosa per qualche minuto. – Quando? –
- Ora. –
- Ok. – e senza aspettare una mia risposta, mi chiuse il telefono in faccia. Almeno il primo passo era stato fatto, ora bisognava solo fare una conversazione civile. Mi passai una mano tra i capelli e mi accorsi che erano ancora fradici. Non avevo tempo di asciugarli. Presi un cappello con la visiera degli Yenkees azzurro e nascosi i capelli sotto. Mi misi le converse bianche e corsi fuori di casa con in tasca solo le chiavi ed il cellulare. Ashton era appoggiato allo stipite della sua porta d’ingresso. La testa mi si stava congelando, visto il fresco d’agosto, ma non ci feci troppo caso e mi avvicinai velocemente a lui. Alcune ciocche umidicce mi scivolarono via dal cappello.
- Ciao. – lo salutai quando mi trovai a pochi centimetri da lui. Non si ero mosso di un millimetro. Continuava a fissarmi con uno sguardo enigmatico. – Andiamo a fare una passeggiata? – domandai, mentre mi torturavo le mani. Continuava a fissarmi in modo fastidiosamente freddo.
- Dove pensi di uscire con i capelli fradici ad Agosto? – domandò rompendo il silenzio. Spostai il peso da un piede all’altro.
- Andiamo a fare un giro in spiaggia? – insistetti abbassando lo sguardo. Non rispose. Mi afferrò il polso e mi trascinò in casa, per poi togliermi il cappello, lasciando che i capelli freddi mi ricadessero sulle spalle. Mi guardai attorno, preoccupata che da un momento all’altro comparisse sua madre o suo padre.
- I miei non ci sono. Sono tutti andati a fare visita ai miei nonni ieri e hanno deciso di dormire a casa loro. –
Mi sfregai le braccia gelide. – Perché non sei andato con loro? – chiesi tanto per fare conversazione. Ashton scosse la testa seccato.
- Vieni ad asciugarti i capelli. Ti verrà mal di testa. –
Veramente ce l’avevo già, solo che non ci pensavo. Irwin mi trascinò su per le scale e mi trovai nel bagno che doveva essere dei suoi genitori. Tirò fuori un phon da un cassetto ed inserì la spina. Non mi domandò nemmeno se volessi asciugarmeli da sola. Lo accese alla temperatura più alta ed iniziò a passarlo sul capelli, passandoci in mezzo le dita per spazzolarmeli un po’. Mi ritrovai a fissarlo attraverso lo specchio, mentre era completamente concentrato nel suo lavoro. Rimasi non so quanto tempo a guardarlo. Improvvisamente alzò la tesa ed i nostri occhi s’incrociarono.
- Ho finito. – parlò. Sbattei velocemente le palpebre riprendendomi dallo stato di trans in cui ero caduta. Deglutii e mi passai una mano tra capelli annodati ma completamente asciutti.
- Hai… hai una spazzola? – balbettai imbarazzata. Frugò in alcuni scompartimenti, per poi porgermene una. Mi passai la spazzola velocemente, imprecando mentalmente per il dolore dei capelli strappati. Alla fine riuscii a finire e tolsi un po’ dei capelli strappati e li gettai nel gabinetto, per poi tirare l’acqua. Tutto sotto lo sguardo di Irwin. Mi sentivo nervosa come non mai. – Dobbiamo parlare noi due. – parlai rompendo quel silenzio sacro.
Ashton rise amaramente. – Solitamente nei film se qualcuno dice una cosa del genere, o è morto qualcuno, oppure sta per finire qualcosa. –
- Ma noi non ci troviamo in un dannato film. – ribattei. Si zittì.
- Cosa vuoi dirmi? –
- Voglio solo sapere perché ti comporti in modo così irrazionale con me. Un secondo prima mi baci, poi non mi parli per una settimana e mi tratti da schifo. Dopo ti comporti come se volessi baciarmi ancora ed il giorno dopo mi mandi un messaggio in cui mi dici di odiarmi. – dissi tutto d’un fiato. – Tutto questo non ha un senso… -
- È colpa tua. – mormorò appoggiandosi alla porta.








Spazio Autrice:
Non. Uccidetemi. Vi prego!!
La coppia Ashtine (Decisamente meglio di Christon, grazie per il nome ;)) ha avuto una discussione, come se fosse la prima... Ok, forse meglio che non faccio ironia in questo momento, ma se morissi, non sapreste come finirebbe le storia! *LOL*
Ashton è ancora convinto che a Chris piaccia Lukey, mentre Christine non nemmeno da che parte è voltata tra poco! :') Come andrà a finire la loro discussione? Non vi anticipo niente!
Riguardo alla domanda posta da Ash a Christine... chissà se lei dirà se "Odia il suo bacio"... potrebbe, ma potrebbe spezarsi qualcosa tra loro...
Comunque ho un'ideuzza che mi sta vorticando in testa, visto che mancano pochi capitoli alla fine, io sinceramente mi sentirei molto triste ad abbandonare Ashton e Christine, quindi vorrei fare un sequel... qualcuno d'accordo? Potrei anche fare una One Shot per la coppia Mirel, prima di iniziare la nuova Fan Fiction... Non so, provate a dirmi!
Ora passiamo alla domandona di questo capitolo:
Qual è il vostro libro preferito? Il mio è "Dieci Piccoli Indiani" in assoluto, di Agatha Christie. La amo come scrittrice e devo ammettere di essere molto sanguinaria quando scelgo libri e film, soprattuto i film, anche se dopo aver visto appena l'altro giorno "Salvate il soldato Ryan", le budella ed il sangue che ho visto nei primi quindici minuti mi sono bastati per almeno un mese. Il secondo libro che adoro è "Il Mio Disatro Sei Tu" di Jamie McGuire, che ovviamente non c'entra niente con morti o cose del genere, ma sono molto femminista e adoro la parte in cui Travis si trova fuori dalla mensa con il cuore spezzato per la sua stupidità... ok, avete capito che amo i litigi, ma quelli sono i passi precedenti ad un atto di pace esplosivo!
However! Ho finito con i miei commenti! Recensite se avete tempo e alla prossima!
Ps: Visto che la FF sta per volgere al termine, e che sono arrivata alle sette recensioni molto in fretta, ho deciso ora di alzare l'asticella e aggiornare arrivata alle 13 recensioni! Ovviamente aggiornerò sempre di Mercoledì e Domenica!
13 come la data di nascita di Niall Horan che si sta per avvicinare! D:



Cast:
5SOS
Christine Lee (Shay Mitchell)
Rachel Lee (Hailee Steinfeld)<

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Capitolo 10
*** Chapter 9 - Wonderful ***






Chapter 9 - Wonderful
 

"If what you’ve lost cannot be found,
And the weight of the world weighs you down,
No longer with the will to fly,
You stop to let it pass you by,
Don’t stop to let it pass you by,
You’ve gotta look yourself in the eye.
"
- Gary Go - Wonderful

 

 
 
- Odio quando m’incolpi di cose che non ho fatto. – sputai avvicinandomi a lui.
- Lo è invece! – sbottò frustrato. – Tu mi fai sentire totalmente confuso, anche con la sola vicinanza! Anche ora non riesco a pensare lucidamente accanto a te. – rivelò immergendo le mani tra i capelli e tirandoli. Rimasi spiazzata dalle sue parole. – Se per te quel bacio non è significato nulla, per me è significato tutto. – disse quasi impercettibilmente. Avrei voluto non sentire una sola parola, invece aveva sentito tutto.
- Tu… Tu sei completamente pazzo! – sbottai confusa facendo un passo indietro.
Pazzo di te. -. Ok, era decisamente troppo per i miei gusti. Mi sembrava di essere catapultata sul set di un film di un libro di Nicholas Sparks. Non mi sarei stupita se da un momento all’altro qualcuno fosse spuntato fuori con una cinepresa. Ashton fece un passo avanti e si girò uscendo dal bagno. Non so perché ma mi ritrovai a seguirlo. Entrò in quella che doveva essere la sua camera. Era la prima volta che ci entravo. Niente in confronto alla mia. Poster della sua band, poster di altre band, foto con gli amici e vestiti messi un po’ a casaccio sul letto e su una sedia, non tanti però. Si sedette sul letto e coprì il volto con le mani.
- Ashton… - lo chiamai avvicinandomi appena a lui. Non si mosse. Raccolsi tutto il coraggio che avevo e chiusi in un angolo remoto della mia testa l’imbarazzo e la paura. Mi sedetti accanto a lui sul letto torturandomi le mani nervosamente. Alla fine cedetti. – Oh, insomma. Tutto questo è incredibilmente stupido! – proruppi gesticolando. Mi voltai verso di lui che teneva ancora il viso immerso nelle mani. Mi inginocchiai davanti a lui e gli scostai le mani enormi dal volto. Mi guardò diffidente. – Sono diciotto anni che siamo vicini! Come hai fatto a renderti conto della mia esistenza solo ora? – domandai. Volevo solo sapere perché solo ora.
- È solo ora che mi sono deciso a mettermi in gioco. – rispose. Era come se qualcuno mi avesse gettato una secchiata d’acqua gelata in faccia.
- Quindi tu… -. Non sapevo come continuare.
- Sì… mi sei sempre piaciuta. – ammise. Scioccata? No, di più. Completamente stravolta.
- Odio che tu mi abbia detto solo ora di piacerti! – sbottai alzandomi in piedi e camminando avanti ed indietro per la stanza. Non riuscivo a guardarlo negli occhi in quel momento. – E odio la tua vigliaccheria. -. Sentii Ashton sospirare avvilito. Mi decisi di dargli una piccola occhiata, per capire come l’aveva presa. Continuava a fissarmi come se si aspettasse che dicessi qualcosa altro. – Odio anche il fatto che tu mi abbia scioccato così. –
- Dovrebbe farmi sentire meglio quello che mi stai dicendo? – chiese sarcastico. Ok, non lo stavo per niente aiutando, ma io ero già di mio mentalmente instabile, ora doveva arrivare lui a mettermi in subbuglio tutti i miei sentimenti!? Non era una cosa che potevo affrontare così su due piedi. Presi un respiro e mi fermai, incatenando il mio sguardo nel suo.
- Non sembra nemmeno reale questa conversazione! È per questo che ti preoccupavi tanto di Luke? Pensavi che mi piacesse Lucas? – domandai incredula. Lui alzò le spalle.
- Sembra che ci sia un grande affiatamento tra voi due. – spiegò. Nemmeno io sapevo se avessi una cotta! Tutti sembrano sapere che mi piacesse qualcuno prima di me. Era assurdo! – Siete usciti insieme e tutto il resto. – si difese. Sbattei velocemente le palpebre. Ok. Mi dovevo calmare. – Ma forse mi sarei dovuto preoccupare di un altro ragazzo… - sospirò. Sgranai gli occhi allibita. Cos’è? Ora se ne usciva che mi piaceva Calum solo perché una vecchietta ci aveva detto che stavamo bene insieme?
- No-no! – esclamai. – Frena. – feci allungando le mani verso di lui come un vigile che deve fermare un’auto ad un incrocio. – Di chi stai parlando? Odio quando fai supposizioni sulla mia vita sentimentale. –
- Quello per cui è iniziata questa scommessa. –
Cosa? –. Deglutì distogliendo lo sguardo da me. – Odio quando non mi guardi negli occhi, quando devi dirmi qualcosa di importante. -
 
Non potevo crederci! Mi aveva buttata fuori di casa senza spiegazioni! Ero decisamente incazzata. Prima mi dice che gli piaccio e poi mi butta fuori di casa! Tirai fuori il cellulare e trovai un messaggio da Luke.
 
Luke Hemmings:
Lo so che te l’ho già chiesto
Ma mi piacerebbe davvero se venissi alle prove!
Non puoi trovare un buco tra i tuoi impegni?
Rispondimi!!
 
Christine Lee:
Potrei trovare un buco nella
Mia agenda straripante di impegni,
ma devi darmi una buona scusa.
 
Ero stanca di dover trovarmi delle spiegazioni da sola per i comportamenti insensati dei ragazzi. Almeno una piccola certezza poteva darmela Luke.
 
Luke Hemmings:
Potrei insegnarti a suonare
 qualche accordo se ti va.
Plausibile come scusa?
 
Christine Lee:
Ok!
È sempre stato il mio
Sogno avere come
Insegnante di chitarra
Il mitico Luke Robert Hemmings!
Ci vediamo a casa tua!
 
Luke Hemmings:
Ne sono lusingato!
Alle due a casa mia, allora.
 
Ora che me ne accorgevo, avevo fatto la più grande cazzata della mia vita. Avrei rivisto Ashton e per quanto mi riguardava l’incontro di prima mi bastava e mi avanzava anche. Perché l’avevo fatto? Ora non potevo dare buca a Luke. Sbuffai buttandomi sul letto. Dovevo mostrarmi indifferente. Ora quella era l’unica soluzione che mi si parava di fronte.
 
- Non mi stupisce affatto tutto questo casino. - commentò Rachel mentre parcheggiavo la macchina nel vialetto di casa Hemmings. Le avevo raccontato tutta la conversazione con Ashton e non era sembrata affatto sconvolta o perplessa.
- Come scusa? -
- La tua testa è incasinata come la stanza di Luke, Chris. - spiegò lei. Non era affatto un bel paragone.
- Ho dei problemi con cellulari, incidenti stradali e amnesie. Non con i ragazzi. E sinceramente non ne voglio avere. -
- Tu hai dei seri problemi con i ragazzi, Christine. Non vuoi più avere niente a che fare con loro da quando Jonathan è partito. -
Era il mio migliore amico. - mi difesi. - È il mio migliore amico. - mi corressi. Mia sorella scosse la testa come se avesse a che fare con una bambina cocciuta. - E comunque non c’entra con il fatto che Ashton ha una cotta per me. -
- Potrebbe invece c’entrare tutto. -
O niente. - ribattei.
- Quante volte al giorno veniva a casa nostra Jonathan prima? -
- Dove vuoi arrivare Rachel? - la ammonii.
- È solo una supposizione, ma il motivo per cui Ashton non te l’ha mai detto è per Jonathan. - e detto quello aprì la portiera della macchina lasciandomi nella confusione più totale. Sospirai ed uscii anch’io. Luke mi accolse con un sorriso caloroso alla porta.
- Ciao, Chris. - mi salutò abbracciandomi. Per un momento pensai alle parole di Irwin. Che Luke avesse seriamente una cotta per me? No. Ok, non dovevo farmi influenzare dalle sue parole, perché Luke non era cotto di me. O no?
- Ciao, Luke. -
- Allora… pronta per la tua prima lezione di chitarra? - chiese lui euforico.
- Come fai a dire che questa è la mia prima lezione? -
- Non lo è? - fece lui sorpreso.
- Ci avevo provato, un paio di volte, ma decisamente non è il mio strumento la chitarra. - sospirai melodrammatica.
- Quel insegnante doveva essere davvero un incompetente! Ti farò adorare quel magico strumento! - ribatté trascinandomi dentro. Persi qualche battito quando appena messo piede nella loro stanza prove vidi la figura di Ashton accovacciata davanti alla batteria indaffarato con del nastro isolante. Deglutii forse troppo rumorosamente. Si voltò verso di me e rimasi imbambolata davanti a lui. Era stupido quanto la sua dichiarazione mi avesse sconvolta. Infondo non era l’unico e naturalmente nemmeno il primo. Eppure con lui sentivo… cosa sentivo? Non lo sapevo spiegare nemmeno io. Mi sembrava solo sbagliato ignorarlo e passare del tempo insieme a Lucas davanti a lui, anche se mi aveva tratta male. Soffocai sul nascere l’istinto di sedermi accanto a lui e riprendere il discorso che avevamo interrotto a casa sua. Mi sedetti invece accanto a Luke e mi guardai mentre accordava la chitarra con un sorriso ebete dipinto in volto.
- Dov’è Calum? - chiesi cercando di fare conversazione.
- È andato un attimo a casa a recuperare delle corde nuove per il basso. - rispose finendo di accordare l’ultima corda. - Arriverà tra poco. - mi assicurò con un sorriso dolce. Mi voltai vedendo Rachel che parlava con Mikey come se fossero stati vecchi amici. Ashton si era seduto sulla sgabello dietro la batteria mentre metteva a posto i piatti. Era rimasto in disparte.
E come se fosse stato scritto un copione da seguire, Calum fece la sua entrata salutando tutti con un abbraccio e regalando a me ed a Ray un bacio sulla guancia. Michael gli rifilò uno spintone scherzoso, Luke scosse la testa divertito, mentre Ashton non si era nemmeno degnato di voltarsi nella nostra direzione.
- Perché solo a noi il bacio? - rise Rachel. Calum fece una smorfia disgustata.
- Non bacio dei brutti ragazzi che non fanno la doccia da giorni. - ribatté posando a terra la custodia del suo basso. Luke gli fece la linguaccia, facendomi scoppiare a ridere rumorosamente.
- Noi facciamo la doccia, a differenza tua, Hood. - replicò Mike. E prima che Calum potesse rispondergli a tono, Ashton si alzò in piedi con un’espressione enigmatica dipinta in volto.
- Iniziamo a provare ragazzi. - ed anche se non era una domanda, i ragazzi assentirono lanciandosi degli sguardi confusi tra di loro. Mi sedetti accanto a Rachel sul divanetto. Iniziarono con “Don’t Stop”. Ma non li stavo ad ascoltare. Tirai fuori il telefono, mentre Rachel accanto a me cantava ogni singola parola. Non che potessi fare molto con il cellulare. Twitter lo usavo a malapena, perché non c’era nessuno di interessante da seguire, se non Taylor, Ed e Avril, ma Twittavano davvero poco. Facebook ce l’avevo, ma non lo usavo più perché non c’era più nessuno con cui parlare. Avevo diversi account, tra You Tube, Keek, Vine, Tumblr, Instagram e molti altri, a cui malapena davo un’occhiata ogni anno. Whatsapp era forse l’unica applicazione che usavo abbastanza spesso. Entrai nella galleria e feci scorrere la foto che avevo. Risalivano per lo più a prima dell’incidente, a parte le ultime selfie. E mi ritraevano insieme a Jonathan, quasi sempre. Ancora non capivo cosa diavolo volesse dire mia sorella. Perché doveva essere colpa di Jonathan se Ashton non si era deciso prima a parlarmi ed a dirmi che gli piacevo. Ero uscita con diversi ragazzi e nessuno si era fatto dei problemi col fatto che Jonathan era il mio migliore amico. Avevano accettato il fatto che passassi del tempo con lui e nessuno si era sentito minacciato. Sbuffai indispettita alle domande senza risposta che mi affollavano la mente. Ritirai il cellulare in tasca e mi avvicinai all’orecchio di Rachel.
- Vado un attimo fuori a prendere un po’ di aria. - le mormorai. Non rispose, si limitò ad annuire e continuare a canticchiare con i ragazzi. Mi alzai in piedi. Mi sembrò che per un attimo la batteria avesse perso un colpo, ma forse me l’ero immaginata. Diedi una rapida occhiata in direzione dei ragazzi. Suonavano senza sosta, totalmente concentrati. Ovviamente non si sarebbero accorti che mancavo fino a che non avessero finito le prove, il che mi dava almeno due ore di libertà, se non di più. Mi sedetti sui gradini della porta d’ingresso della casa di Luke. Mi appoggiai con la schiena alla porta e rimasi a fissarmi la punta delle scarpe.
Cos’è che non andava in me? Certo, ero davvero confusa, ma non mi sentivo confusa riguardo alla questione “ragazzi”, ci stavo solo andando piano, se così si poteva dire. Ero stata molto legata a Jonathan e non era facile voltare pagina. Non che mi fossi innamorata di lui, ma come si può far finta che non sia mai esistito un legame affettivo come fratello e sorella? Non si può. È questo il punto. Non mi erano mai piaciuti i punti interrogativi riguardo agli amici. O eri amica di una persona, oppure non lo eri. Che senso aveva credere di essere amica di una persona che però non ti riteneva tale? Era come andare a finire in vicolo cieco. Ti ritrovavi ad essere un’idiota e basta. Ma Ashton potevo paragonarlo a Jonathan? Forse era questo il mio problema. Forse ero troppo convinta che Irwin volesse rimpiazzare Jonh. Ashton non voleva rimpiazzare Jonathan, lui voleva un altro tipo di legame. Si era innamorato di me. Ma io? Dalla bocca mi uscì un gemito di frustrazione. Appoggiai la testa sulle gambe immersi le mani nei capelli scompigliati. Non riuscivo a capire cosa realmente provavo per Ashton. Luke, Calum e Michael erano stati dei miei compagni di scuola. Ai tempi Ashton lo ritenevo solamente il mio vicino di casa rompi palle, che poi era diventato il mio vicino di casa rompi palle e migliore amico dei miei compagni di scuola. Ora Luke, Cal e Mike erano diventati dei miei amici, quindi potevo iniziare a classificare Ashton come mio amico, no? Almeno era un inizio. Ma poi? Con lui non provavo le stesse cose che provavo stando in compagnia di Luke, Calum o Michael. Provavo forse qualcosa di più. Con Ashton mi ero aperta a livello emotivo, ma allo stesso tempo c’era una parte di me che era ancora cauta nei suoi confronti. C’era una parte di me che se si fosse trovata in pericolo, non avrebbe esitato a porre tutta la sua fiducia in lui, ma c’era una parte di me che era sicura che lui non era il “giusto”.
- Eccoti. -. Ashton pose fine ai miei pensieri. Non mi mossi. Rimasi immobile con mille pensieri in testa ed il cuore che batteva a mille, forse per lo spavento. - Chris? - mi scosse la spalla. Alzai la testa per guardarlo. - Pensavo stessi dormendo. - disse neutro. Sentii un nodo allo stomaco. Perchè non faceva trasparire nessuna emozione? Avevo bisogno di risposte! Mi alzai in piedi.
- Stavo solo pensando. - risposi frustrata. Non sapevo nemmeno quanto tempo fosse passato. Tirai fuori il telefono per vedere l’ora. - Avete provato solo venti minuti. - mi corrucciai.
- Se volevi stare da sola potevi anche non venire. - replicò brusco. Rimasi spiazzata dalla sua reazione. La sua espressione si colpevolizzò e si passò nervosamente una mano tra i capelli. - Scusami. Non… non volevo risponderti male, solo che non mi sento bene. -
Senza rendermene conto gli posai una mano sulla sua, ferma sulla maniglia. - Ti senti male? Hai la febbre? - chiesi preoccupata. Ashton guardò prima la mia mano sulla sua, poi incrociò il mio sguardo.
- Non… non fare così. Ti prego. Non prendermi in giro. - sputò incrociando le braccia al petto. Mi sentii come se mi avesse pugnalata alle spalle.
- Non ti sto prendendo in giro. Ti sei preoccupato per me quando sono crollata, voglio solo ricambiare il favore. - ribattei.
- Ricambiare il favore. - mormorò amaramente. - Pensavo fossi più sveglia di così. -
- Odio quando pensi che io sia telepatica. Non lo sono, Irwin. Non ti leggo io pensiero, non leggo il pensiero a mia sorella. Non so cosa vi passa per la testa. - sbottai irritata. Non mi era mai piaciuto tirare ad indovinare. Volevo delle risposte dalle persone, non mi servivano degli indovinelli. - Sono un’idiota a quanto pare. - sospirai crucciata. Non mi aspettavo che contraddicesse la mia ultima affermazione e di fatti non replicò. - Forse meglio che vada. - parlai sbrigativamente.
- Dove vai? - domandò Ashton, lasciando trasparire un senso di dolore dalla sua voce.
- Saperlo non ti cambierà la vita. - risposi scendendo i gradini.
- Ogni tua risposta, mi cambia la vita. - parlò lentamente. Mi sboccai scioccata dalle sue parole, come se mi avesse afferrata per il polso per non lasciarmi andare. Mi voltai. Aveva le mani infilate nelle tasche anteriori dei jeans e guardava a terra. - Ogni tuo gesto, mi cambia la vita. Tu mi stai cambiando, Christine. -
Ci misi un paio di minuti per assimilare bene quello che aveva detto.
- Non riesco nemmeno a cambiare me stessa, Ashton. Come posso cambiare te? Non hai capito quale persona schifosa sono? Ho rovinato la vita a tutti quelli che mi stanno attorno, ritengo una fortuna che Rachel abbia trovato un ragazzo come Michael che la tratta come dovrebbe essere tratta. Ogni giorno che passa mi aspetto che nessuno di voi mi voglia più parlare. -
- Nessuno di noi ti volterà le spalle, Christine. -
- Nel caso lo faceste, non lasciate in disparte Rachel, ha avuto troppe delusioni dai suoi amici per colpa mia. - sussurrai. Detto tutto me ne andai.
 
- Come hai potuto lasciarmi a casa di Michael, Chris!! - strepitò Rachel spalancando la porta della mia camera. Era terribilmente incazzata con me. Erano passate quattro ore, di cui io ne avevo passate tre con William e James, e Rachel si era ricordata di me solo ora. Michael la stava distraendo molto ed io ero felice per loro.
- Scusami, solo che pensavo volessi rimanere un po’ con lui e non volevo essere il terzo incomodo. - mentii.
- Calum e Luke sono rimasti tutto il tempo ad infastidire Mikey, peggio di loro non potevi essere. - si accigliò. Ed Ashton? No. Ok, stavo seriamente diventando paranoica. Ashton sarebbe dovuto essere l’ultimo dei miei problemi. Non potevo pensare costantemente a lui e a cosa faceva. Dovevo dimenticarlo. Ma la verità era che non ero rimasta per non rimanere proprio non Ashton. Sospirai affranta.
- La prossima volta rimarrò per distrarli. -
- Quindi preparati. - replicò spicciamente.
- Eh? -
- Hai detto la prossima volta. Calum ci ha invitate a casa sua per vedere un film strappalacrime. Ci saranno anche delle altre ragazze ha detto Luke. -
- Aspetta! Frena. Stasera Calum ci ha invitate a casa sua? -
- Sì. Portati dietro il pigiama. -
- Non ho detto che sarei venuta. -
- Me lo devi. - replicò trucidandomi con lo sguardo. Strinsi i denti.
- Ok. - bofonchiai.
 
Non ne ero entusiasta. Per niente. Per di più le ragazze che avevano invitato erano le cosiddette “amiche di scuola” che avevo. Mi avevano voltato le spalle tutte ed io mi sentivo profondamente a disagio. Nessuno se n’era accorto però. Seduta in un angolo del divano con una coperta addosso, mentre Luke cercava di fare l’uomo stando attento a non scoppiare a piangere quando Gus pregava Hazel Grace di non chiamare l’ambulanza, con Judit che lacrimava pietosamente tirando su col naso, Calum piangeva come una fontana con Victoria spalmata addosso, neanche fosse stata della Nutella su una fetta di pane, incurante del fatto che Augustus stesse per morire o quasi almeno, ed il “suo” ragazzo stesse finendo in disidratazione, Ashton rimaneva impassibile con Karen che lo abbracciava, e per finire Michael e Rachel che frignavano neanche avessero conosciuto veramente quel ragazzo che stava morendo di cancro, stretti in un abbraccio, mentre si facevano fuori una scatola di fazzoletti. Certo non ero rimasta impassibile per tutto il film, ma non mi ero lasciata andare completamente, nonostante alcune lacrime fossero sfuggite al mio controllo. Continuavo a ripetermi come un mantra “Non piangere, non piangere, non piangere” e finalmente il film finì.
- Okay. - singhiozzò Rachel ripetendo le ultime parole di Hazel Grace, mentre Ed Sheeran iniziava a cantare. Calum si avvicinò alla televisione per spegnere tutto.
- No! - lo fermai. Tutti si voltarono verso di me.
- Che? - fece Luke confuso, con gli occhi lucidi. Nascosi uno sbadiglio di stanchezza con una mano.
- Non spegnere, Cal. - risposi.
- Seriamente? Guardi i titoli di coda? - ribatté Karen. Strinsi i denti, da quando era iniziato il film mi era già passato per la mente diverse volte di staccarle quei capelli biondi dalla testa e non ne sapevo il motivo. Forse mi stava antipatica e basta ora. Aprii la bocca per rispondere, ma Ashton mi batté sul tempo.
- Ed. -
- Cosa? - fece l’oca confusa, guardando Ash.
Ed Sheeran, stupida ignorante. - sibilai.
- So chi è, stronza. - disse trucidandomi con lo sguardo. La televisione divenne completamente blu. Bene, mi aveva rovinato la canzone. Sbuffai incazzata.
- Ragazze. - ci richiamò Lucas. - Non litigate. -
- Chi l’ha invitata qui? - domandò sprezzante Judit. Presi un respiro profondo.
- Ci sono stata costretta, ok? Potete anche dirmelo in faccia che non volete avere a che fare con me. -
- Christine. - mi chiamò piano Ray, mentre si asciugava le lacrime dovute al film.
- Se l’hai capito da sola, cosa ci fai ancora qui? - chiese sarcastica Victoria.
- Ho solo voluto fare un piacere a mia sorella. Ora che è finito il film me ne torno a casa. - risposi. Mi scostai la coperta e mi alzai facendo in modo di non cadere sopra Calum che era rimasto seduto a terra con Victoria, Ashton e Karen.
- Ma dai, Chris! - esclamò troppo vivacemente Luke. - Non andare, dobbiamo ancora concludere la serata con i giochi. -
- Sono stanca. -
- Puoi sempre dormire qui, come facciamo tutti. - parlò Michael stringendo Rachel.
- Non riuscirei a dormire qui. - e senza rendermene conto il mio sguardo incrociò quello di Ashton. Distolsi immediatamente gli occhi dai suoi per poi sorridere in segno di scusa a Michael. - Ti lascio le chiavi della macchina, Ray. - e sotto lo sguardo di tutti mi diressi verso la porta d’ingresso. Fortunatamente non mi ero cambiata. Afferrai al volo la mia borsa a tracolla e feci scattare le chiavi nella serratura.
- Aspetta, Christine. - mi fermò Calum. - Davvero vuoi andare? Insomma, la serata è appena iniziata e non sarebbe lo stesso senza di te. -
- Loro sopravvivranno senza di me. -
- Le ragazze sì, ma noi ragazzi no. Sei nostra amica, no? Sei una delle prime persone con cui siamo rientrati in contatto. -
- Sono stanca, Calum. Ho solo voglia di andare a dormire e qui non ho un letto. Preferisco tornare a casa. -
- Mia sorella non è a casa, come nemmeno i miei genitori. Ho due stanze per gli ospiti, non c’è che l’imbarazzo della scelta. -
- Mi odiano, Cal. -
- Ora che lo so non le inviterò più. Pensavo foste ancora tutte amiche. -
- Non lo siamo più da… - le parole mi morirono in gola. Mi schiarii la voce. - … da un po’. -
- Non posso buttarle fuori di casa proprio ora, Chris. Ma puoi restare, per favore? -
- Nel caso restassi, posso astenermi dai giochi che avete in mente? -
- Resti? -
- Posso astenermi dai vostri giochi? - ripetei inarcando un sopracciglio. Calum si grattò la nuca pensandoci su. Alla fine sbuffò sconfitto.
- Ma resti e poi mi aiuti con gli spuntini, ok? -
- Ti aiuto con gli spuntini. - accettai.
 
- Obbligo o verità? - domandò Rachel a Luke davanti al quale si era fermata la bottiglia vuota di Sprite.
- Obbligo. - affermò Luke con un sorriso di noncuranza. Persona sbagliata a cui dire obbligo. Mia sorella gli sorrise diabolicamente.
- Ti obbligo a riempire una ciotola straripante di cubetti di ghiaccio e di infilarteli tutti nelle mutande ed aspettare che si sciolgano completamente. -
Tutti rimasero scioccati dalla richiesta, mentre io e Michael ce la ridevamo.
- Cosa? - fece confuso Lucas.
- Hai capito benissimo. - ribatté Ray sogghignando.
- Tua sorella è un mostro, Christine! - esclamò Luke additandomi. Alzai le spalle e mi accucciai meglio sul divano.
- Vai a fare il tuo obbligo, Hemmings. - lo richiamò Rachel. Lui sbuffò per poi alzarsi da terra ed andare in cucina. Tornò in salotto con una piccola ciotola con un po’ di cubetti di ghiaccio. - Non sono abbastanza! - si accigliò lei.
- Certo che invece sono abbastanza! - replicò lui.
- Non è una ciotola straripante di cubetti di ghiaccio. -
Lucas grugnì contrariato, tornò in cucina sotto la sorveglianza di Ray, per poi apparire nuovamente in salotto con una ciotola decisamente più grande della prima e piena fino all'orlo di ghiaccio. Guardò tutti con un'espressione spaventata.
- Forza. - lo esaltò Rachel.
- Se i 5 Seconds Of Summer non esisteranno più sarà solo colpa di Rachel. - la accusò additandola e finito dire tutto mise un dito nel l'elastico dei pantaloni e lo tirò. Con rapido gesto svuotò la ciotola nelle mutande guardando da tutt'altra parte. Rimanemmo tutti col fiato sospeso per qualche istante. Alla fine Hemmings lanciò un urlo disumano. Iniziò a saltellare in tondo per la stanza. Non riuscii a trattenere una risata a lungo. Spiaccicai il viso nel cuscino che avevo a fianco, mentre il mio corpo era scosso dalle risate.
- Non è divertente! - sentii piagnucolare Luke. Mi asciugai le lacrime che mi avevano riempito gli occhi e posai lo sguardo sul biondo.
- Ray, fagli togliere i cubetti di ghiaccio. - dissi ridacchiando. Lei fissava Luke con una vaga curiosità negli occhi, ma scosse la testa.
- Nah, al massimo se la bottiglia si ferma ancora su di lui non dovrà giocare. - propose. - Ora comunque deve girare la bottiglia. -
Senza farselo ripetere due volte, Lucas fece girare la bottiglia, trucidando con lo sguardo mia sorella. Un’espressione tra l’inferocita e la delusa si dipinse sul suo volto quando la bottiglia si fermò davanti ad Ashton. Molto probabilmente voleva fargliela pagare a Rachel.
- Uffi! - sbuffò. - Obbligo o verità? -
- Verità. -
- Ti sei mai innamorato di qualuno? -
Quella domanda poteva essere ritenuta una generica, senza un vero scopo. Ma quando gli occhi tristi di Ashton incrociarono i miei i rumori della stanza attorno a me si spensero. Sentii un brivido corrermi lungo la schiena.
- Sì. - rispose. Non mi accorsi di aver trattenuto il fiato fino a che i suoi occhi si abbassarono.
- Sì? - chiese sorpreso Calum. - E di chi? - chiese curiosamente.
- Di una ragazza che mi odia. - parlò fecendo spallucce, come se non gli importasse. Ma gli importava. Lo capivo dai gesti del suo corpo. Di una ragazza che mi odiaMa io lo odiavo davvero?


 
 



Spazio Autrice:
Ciao a tutti! Yes, I'm still Alive! Ovviamente non vi avrei fatto morire col dubbio della relazione di Chris ed Ash, non sono così crudele, di crudeltà da parte delle scrittici ne ho avute avvastanza fino ad ora, tipo la fine della trilogia di "The Selection" di Kiera Cass, il libro spezza-cuore (anche se tratta della realtà) "Colpa delle stelle", ed ora mi sto nuovamente spezzando il cuore leggendo "Shadowhunters", libro consigliato vivamente - per non dire sotto minaccia - da una mia carissima amica! Ovviamente nei primi dieci capitoli si deve scoprire che Jace si innamora della persona sbagliata ed io amando gli spoiler in generale, ma penso proprio che di "Shadowhunters" non li voglia, scopro che la persona sbagliata è Clary. Mi sono venute le lacrime agli occhi quando me l'hanno detto! Comunque tralasciando i libri che sto leggendo, cosa che non dovrei fare perchè solo questa settimana ho una verifica di fisica, una di biologia, una di letteratura inglese ed un'interrogazione di italiano, passiamo a questo capitolo! L'ho sccritto di getto, quindi è decisamente pessimo per i miei gusti, non c'è molto da commentare, ma se volete farlo non mi dispiacerebbe!
Ashton ha ancora il cuore spezzato e Chris è ancora confusa, non preoccupatevi tutto si aggiusterà! (Spoiler *LOL*)
L'altra volta ho chiesto se voleta il sequel, in molte hanno riposto di sì, quindi lo farò e ci sto lavorando, molto probabilmente la cosa andrà a rilento, e non so quando avrò il tempo di scrivere, visto che sono sommersa da libri da leggere (ovviamente perchè c'è qualcuno che mi costringe) e molta roba da studiare, ma non mi dimentico dei miei impagni qua su Efp, quindi non preoccupatevi!
Domandona:
Posto in gita in cui vorreste andare? Io sinceramente con la mia classe vorrei andare ad Amsterdam o Londra *-* , sarebbe favoloso! Voi invece?
However! Ho finito con i miei commenti! Recensite se avete tempo e alla prossima!

Ps: Visto che la FF sta per volgere al termine ho messo un minimo di recensioni per capitolo, che in quello scorso però non ho rispettato, comunque non mi dispiacerebbero 13 recensioni, non deludetemi plz! ;)

PPs: Ho scritto una OS incentrata su Michael (non c'entra con Rachel) chi vuole leggerla, basta cliccare sul banner sottostante.

 
 
 
Cast:
5SOS
Christine Lee (Shay Mitchell)
Rachel Lee (Hailee Steinfeld)<

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Capitolo 11
*** Chapter 10 - Hate That I Love You ***






Chapter 10 - Hate That I Love You
 

"And i hate how much i love you boy, 
I cant stand how much I need you,
And I hate how much I love you boy, 
But I just cant let you go, 
And I hate that I love you so."

- Rihanna ft. Ne-Yo - Hate That I Love You

 

 
 
Per tutta la notte mi risuonarono nella testa le parole di Ashton. Alla fine cedetti all’impulso di scappare. Così con un bigliettino di scuse che avevo lasciato sul letto me l’ero filata in completo silenzio ed ero tornata a casa a piedi, nonostante tenessi a fatica gli occhi aperti. Non ero riuscita ad addormentarmi nemmeno nel mio letto. Era terribile passare le notti in bianco e specialmente era terribile avere un pensiero fisso nelle notti in bianco. Il mio erano le parole di Ashton. Anzi, era Ashton stesso. Sospirai frustrata. Perché nessuno si era mai dato da fare nel scrivere un manuale sui ragazzi? Insomma, c’erano anche i libri che ti spiegavano come sopravvivere in posti selvaggi e cose del genere, ma un libro che ti spiegava come sopravvivere ai ragazzi nessuno l’aveva ancora scritto. Insomma io odiavo davvero Ashton. Non riuscivo davvero a sopportare alcune sue cose, ma forse all’odio si era aggiunto qualcosa di inaspettato. Qualcosa come dell’affetto. Nutrivo dell’affetto per Ashton Fletcher Irwin. Un affetto che però non ero riuscita ancora a classificare. Mi sedetti sul letto tra i cuscini e le coperte, non sapendo cosa fare. Non avevo molta voglia di uscire. Avevo voglia di fare nulla. Se non rimanere lì a fissare una parete e cercare di non pensare a niente. Ma non ci riuscivo.
Tic.
Sobbalzai a quel rumore improvviso.
Tic.
Il ticchettio si ripeté. Qualcuno stava lanciando dei sassolini al vetro della mia finestra. Mi alzai lentamente per andare a vedere se la mia supposizione fosse esatta. Riuscivo a scorgere solo una figura incappucciata nella penombra dell’aurora. Aprii la finestra e qualcosa di duro mi colpì duramente la fronte. Gemetti dal dolore.
- Porca miseria! - imprecai per poi massaggiarmi la parte dolorante. Guardai in basso per scorgere il responsabile. - Odio quando mi colpisci in fronte con dei sassolini. - borbottai. Non ero affatto sorpresa di vedere Ashton.
- È la prima volta che succede. - si accigliò infilando nervosamente le mani in tasca.
- E spero l’ultima! - ribattei irritata. Mi pentii subito del tono che avevo usato. - Cosa ci fai qui, comunque? - chiesi in un sussurro, quasi impercettibile, ma Ash afferrò ciò che avevo detto.
- Te ne sei andata con un bigliettino. -
- Volevo solo tornare a casa mia. Non vuol dire niente il bigliettino. -
Rimase in silenzio per qualche istante, poi sospirò tristemente. - Scusami. - parlò.
- Scusarti? - feci sorpresa. Non capivo.
- Sono stato uno stupido. Non volevo metterti in mezzo a quello stupido gioco. Mi dispiace. -
- Era solo un gioco. - risposi. Un soffio di vento mi avvolse facendomi rabbrividire.
- Posso… posso salire? - balbettò lui. Non risposi. Ashton si arrampicò su per il sostegno delle piante rampicanti e in pochi istanti si trovava davanti a me. Mi scostai per farlo entrare e chiusi la finestra. - Ho detto la verità, in quel gioco. Non tanto per il commento che ho fatto, ma per il fatto di aver detto che mi sono innamorato di te. -
- Lo hai già detto. - risposi atona senza accorgermene. Mi sentii un’ipocrita a dire quelle semplici parole. Lui deglutì rumorosamente, posando lo sguardo a terra.
- Scusami. - ripeté come un disco rotto.
- Odio quando mi chiedi di scusarti per cose di cui non hai colpa. -
- Continui ad odiarmi. - disse inespressivo.
- È un sentimento che ho covato a lungo a causa dei tuoi comportamenti. Non posso semplicemente cancellarlo come se fossimo sempre stati amici. - o qualunque cosa noi siamo. - Odio quando pensi che le situazioni sgradevoli si possano cancellare come un segno a matita viene cancellato da una gomma. Non puoi aspettarti una cosa simile dopo appena tre settimane. Sono anni che ti sei comportato come se io fossi invisibile o comunque come se io fossi qualcosa di sgradevole ai tuoi occhi. -
Sussultò alle mie parole, come se gli avessi tirato uno schiaffo. - Non era mia intenzione. -
- Ora lo so. - annuii. - Quindi ti perdono per quello. -
- Grazie. - rispose solamente. Solo in quel momento notai quanto il suo viso fosse sciupato e gli occhi infossati.
- Hai dormito? - chiesi inutilmente, sapendo già la risposta.
- Sì. - si affrettò a rispondere.
- Odio quando fingi di aver dormito. -
- Si nota così tanto? - domandò soffocando uno sbadiglio e stropicciandosi gli occhi.
- Già. - affermai. Si reggeva a malapena in piedi dalla stanchezza. - Hai guidato fino a qui mezzo assonnato? -
- Uh-uh. -
Scossi sconsolata la testa. - Non sai che non si guida assonnati? - lo rimproverai.
- E chi te l’ha detto? -
- È una delle tante raccomandazioni che ti danno quando prendi la patente e comunque tutti quelli che hanno un minimo di buonsenso lo sanno. -
- Come la storia delle persone arrabbiate? -
- Qualcosa di simile. - confermai. Soffocò un altro sbadiglio socchiudendo gli occhi. - Forse meglio che torni a casa. -
Ashton arrossì leggermente. - Ho… Ho dimenticato le chiavi a casa di Calum. -
- Come…? - scossi la testa. Sospirai. Erano appena le cinque del mattino. - Dammi le chiavi della tua macchina. Vado a recuperare le tue cose, tu intanto riposati nel mio letto. -
- Ma nemmeno tu hai dormito! - ribatté.
- Ho riposato sicuramente più di te. - replicai.
- Non è vero! - si corrucciò. - Hai ticchettato le dita sulla gamba, stavi mentendo. - mi indicò la mano che si muoveva nervosamente sulla gamba, battendo le dita ad un ritmo invisibile.
- Cosa? -
- Quando menti inizi a battere le dita sulla gamba. - spiegò come se fosse ovvio. - Non te ne sei mai accorta? - si sorprese, quando non risposi.
- Batto le dita sulla gamba quando sono nervosa, o quando ascolto la musica. -
- Lo fai anche quando menti. - disse facendo spallucce. Sbuffai indispettita. - Non andare. -
- Allora cosa proponi di fare? - domandai seccata, incrociando la braccia al petto, cercando di non muovere le dita, cosa che mi risultava abbastanza innaturale.
- Possiamo… possiamo dormire insieme. - balbettò.
- Odio quando balbetti. -
Ashton si schiarì la gola imbarazzato. - Possiamo dormire insieme. - ripeté. - Se vuoi. - aggiunse torturandosi le mani. Studiai il suo volto. Era davvero troppo stanco per riuscire a tenere gli occhi aperti un altro minuto, ed anch’io ero abbastanza spossata. Non stavamo facendo niente di male infondo.
 
Mi svegliai udendo il battito calmo del cuore di Ashton. In qualche modo dormendo ero finita tra le sue braccia e lui mi stava stringendo in modo protettivo. Non mi sentivo così in pace con me stessa da un sacco di tempo, anzi non credevo di essermi mai sentita bene come in quel momento, in tutta la mia vita. Alzai leggermente la testa per vedere il suo volto. Aveva dipinta un’espressione di tranquillità assoluta. I muscoli del viso completamente rilassati, conferendogli un’espressione quasi seria e serena nello stesso tempo. La bocca leggermente schiusa da dove si vedeva la sua dentatura imperfetta. Le labbra screpolate e bagnate leggermente dalla saliva. Inspirai il suo odore. Sapeva di sudore e sapone. Sapeva semplicemente di… Ashton. Di casa. Di sicurezza. Si mosse leggermente, racchiudendomi completamente tra il suo corpo ed il materasso, incrociando una gamba sopra le mie. Dovevano essere le undici di mattina o addirittura l’una. Nessuno era venuto a controllare camera mia, sicuramente perché nessuno si aspettava che fossi a casa. Il cuore di Ashton continuava a tamburellare, sembrava di sentire il suono della sua batteria quando suonava canzoni come “Amnesia” o “Wherever You Are”. Non mi sarebbe dispiaciuto sentirlo cantare qualche strofa. Se c’era qualcosa che mi piaceva di lui era la sua voce profonda quando era serio.
- ‘Giorno, Christine. -
O la sua voce roca appena sveglio. Non mi ero accorta minimamente che era sveglio. Socchiuse gli occhi e mi sorrise tenuemente. Quando avevo sentito e visto Luke appena sveglio avevo subito pensato che fosse da stupro. Mi sbagliavo leggermente. Ashton gridava “Dio del Sesso”. Deglutii rumorosamente, cercando di divincolarmi dalla sua stretta, senza gradi risultati. Non mi lasciava andare ed io sinceramente non mi stavo impegnando molto nel sciogliere quella stretta.
- Dovremmo andare a casa di Calum, a prendere la tua roba. - rimasi sorpresa non tanto dal fatto che ero riuscita  a mettere in fila più di due parole che avessero un senso  in quel momento e che ero riuscita a pronunciarle in tono calmo, ma dal “noi” che mi era sfuggito.
- Sì… uhm. - balbettò Ash sciogliendo leggermente la stretta. - Forse… forse dovrei andare. -
Sentii un nodo alla gola. Aveva interpretato male le mie parole, pensava che lo stessi scacciando.
- Vengo con te. - gli sorrisi timidamente.
- Immagino che Rachel vorrà una spiegazione per la tua fuga. - rispose atono come se non volesse veramente ascoltarmi.
- Odio quando ti illudi di non capire il significato delle mie parole. - parlai irritata. - Non ti sto prendendo in giro, vengo per te. -
- Per me? - domandò allibito, sgranando gli occhi. - Non… non capisco. - sospirò.
- Ti odio Ashton. - affermai sicura. - Ma questo non vuol dire che non… - mi bloccai.
- Che non…? - volle sapere. Lo vedevo mordicchiarsi l’interno della guancia nervosamente.
- … Che non inizi a provare qualcosa per te che sia diverso dall’odio. -
- Cosa vuol dire? - chiese calibrando bene le parole. Già, cosa volevo dire? Raccolsi tutto il coraggio che avevo. Dovevo smetterla di mentire al mondo intero.
- Che per me sei importante ora. -
 
Non capivo. Quello che avevo detto poteva essere benissimo ritenuta una dichiarazione. Peccato che tra me ed Ashton sembrava essere scesa una bufera di ghiaccio. Anche dei pinguini avrebbero avuto freddo nell’abitacolo dell’auto di Ashton.
Lo avevo pregato di poter venire con lui e sembrava che alla fine aveva acconsentito solo per non sentirmi più parlare. Una mossa astuta da parte mia dirgli che iniziavo a provare dell’affetto per lui. Davvero molto astuta. Che stupida che ero! Solo nei film e nei libri i ragazzi erano dolci e fragili quando la persona di cui si erano innamorati si apriva con loro. Nella realtà diventavano impassibili, per non dire che non gliene fregava niente. Molto probabilmente aveva capito che la sua era solo una stupida cotta durata troppo tempo. Ed io… ero arrivata troppo tardi.
- Odio il tuo silenzio. - mormorai piano. La macchina si fermò bruscamente sul ciglio della strada.
- Scendi. - mi intimò  fissando la strada davanti a lui. Rimasi allibita per qualche secondo.
- Come? -
- Scendi dall’auto. - ripeté impassibile. Sentii la rabbia crescermi nel petto.
- Fottiti Irwin! - sputai incazzata nera. - Sei solo un ragazzino! -. Il petto intanto mi si abbassava ed alzava in modo preoccupante, mentre gli occhi mi si appannavano per la frustrazione. - Odio il fatto che non prendi sul serio le mie parole. -
Soffocai un singhiozzo aspettando che Ashton mi dicesse che era un idiota e che mi chiedesse scusa. Invano. - Scendi dall’auto, Christine. - continuò a dire per poi serrare la mascella. Avrei voluto urlargli contro tutti gli insulti che mi stavano invadendo la mente, ma alla fine ci rinunciai. Che senso aveva sprecare del fiato per dire cose che lui non avrebbe ascoltato? Afferrai la maniglia della portiera a le tirai forte, per poi spalancarla. Lo sportello mi ritornò indietro e mi feci male al polso , quando la fermai. Un singhiozzo mi uscì dalle labbra. Almeno ora avevo un dolore fisico per poter scoppiare a piangere. Scesi dall’auto e rimasi qualche istante in piedi con la mano sulla portiera senza saper cosa fare. La prima lacrima mi solcò la guancia. Senti un bruciore fastidioso all’altezza della gola.
- Puoi chiudere lo sportello ora. -
Non risposi. Rimasi a fissare il suo profilo che diventava sempre più sfocato. - Odio il fatto di aver pensato che tu fossi diverso, Irwin. -. Non gli diedi il tempo di rispondere. Sbattei la portiera e rimasi a fissare l’auto che sfrecciava via lasciando una scia dei pezzi del mio cuore infranto.
 
Una Mini blu metallizzata si fermò davanti a me. Ero rimasta a fissare l’asfalto davanti a me, seduta sul marciapiede, non sapendo se ritornare a casa o andare a casa di Calum. Il finestrino si abbassò e ne venne fuori il viso di William. Non sapendo più chi chiamare mi era venuto in mente lui.
- Piccola, sali in macchina. - mi incoraggiò, volgendomi un sorriso triste. Tirai su col naso, senza riuscire a muovermi. Le gambe non mi avrebbero retto in piedi. Will scese dall’auto, lasciando il motore acceso. Sentii le sue braccia forte avvolgermi in un abbraccio affettuoso. A quel punto non riuscii più a trattenermi. Scoppiai in un pianto irrefrenato - Ragazza, cosa ti è successo? - sussurrò lasciandomi un bacio tra i capelli.
- Ashton. - singhiozzai senza ritegno. - Sono una stupida. -
- Il ricciolino? Cosa ti ha fatto? -
- Ho lasciato che mi spezzasse il cuore. Voleva la sua vendetta e l’ha avuta. -. Il castano continuò a cullarmi, mentre la ferita nel petto mi bruciava. Non sapevo nemmeno quanto tempo ero rimasta a piangere. Alla fine mi trascinò ad uno Starbucks.
- Devi mangiare qualcosa, Piccola. - parlò William facendomi accomodare ad un tavolino appartato.
- Non ho fame. - biascicai soffiandomi il naso in una fazzoletto già usato.
- Non sparare stronzate, della cioccolata fa solo bene in questi momenti. Cosa vuoi che ti prenda? -. Non dissi niente. Non riuscii a proferire parola poiché avevo cominciato nuovamente a versare lacrime. - Ok, allora scelgo io per te. Torno tra un attimo. - e mi lasciò da sola.
Ashton voleva una rivincita e l’aveva avuta. Gli avevo spezzato il cuore e nel momento in cui ero caduta nelle brame dell’amore, lui ne aveva approfittato. Non avevo avuto nemmeno la forza di non piangere davanti a lui. Ero una stupida. Avrei dovuto trattarlo come un semplice amico o lasciarlo etichettato come “il mio vicino di casa”. Will tornò con due tazze e un piattino.
- Eccoti un Frappuccino e un pezzo di brownie. - disse appoggiandomelo davanti. - Non sei allergica al cioccolato, vero? -
Tirai nuovamente su col naso e scossi la testa, non riuscendo a ridere alla sua battuta. - Grazie William. -
- E di cosa? - chiese lui dolcemente appoggiandomi una mano sulla mia.
- Mi conosci appena, ma non hai esitato a venire quando ti ho chiamato. Ti ringrazio molto per questo. - parlai contrita.
- Sei una mia amica, ok? Non provare nemmeno a pensare che ti lascerei sola in un momento del genere. Ci sono passato anch’io una volta prima di incontrare James, mi sono innamorato di una persona meschina che mi aveva preso in giro più della metà del tempo, non era nemmeno gay. - raccontò seriamente. Deglutii per alleviare il bruciore che avevo all’altezza della gola. Sorrisi grata al ragazzo che avevo di fronte.
- Sei l’amico migliore che io possa avere in questo momento. -
 
William mi riaccompagnò a casa e rimase con me fino a che Rachel non tornò.
- Ricordati che lui non vale nemmeno un decimo delle tue lacrime, Chris. Non piangere per uno che non ti merita, ok? - mi consolò Will abbracciandomi saldamente. Rimasi tra le sue braccia per un po’ annuendo di risposta, prima di rendermi conto che non poteva vedermi annuire. Biascicai un “sì” nell’incavo del suo collo e lo salutai rimanendo sulla porta fino a che non salì in macchina e partì. Quando salii in camera trovai Rachel seduta sul mio letto intenta a messaggiare.
- Cosa ci fai qui? - le domandai rimettendo in ordine dei fogli sparpagliati sulla mia scrivania.
- Ashton è venuto da te. - affermò smettendo di messaggiare e fissandomi intensamente. Non ricambiai lo sguardo.
- Se sei venuta a parlare di lui, puoi anche tornare a messaggiare con Michael in camera tua. - ribattei prendendo delle biro per poi riporle in un astuccio.
- L’ho visto oggi. Sembrava distrutto. -
Strinsi i denti e continuai imperterrita a mettere a posto la mia scrivania. - Molto interessante, Ray. - risposi atona, non riuscendo ad essere ironica.
- Michael mi ha appena detto che si rifiuta di mangiare. - continuò lei. Scossi la testa stanca di quel gioco.
- Ashton può anche buttarsi in una vasca piena di budino al cioccolato. Non potrebbe importarmene di meno. - replicai seccata. Mi rifiutai di guardarla negli occhi. Ero certa che sarei crollata nuovamente.
- Piantala di mentirmi. Cosa è successo quando è venuto da te. - domandò duramente.
- Non trattarmi così! - sbottai al limite della sopportazione. - Sono tua sorella maggiore. I miei problemi me li risolvo da sola. - sputai voltandomi di scatto. La trucidai con lo sguardo facendola zittire. Mi stava bene che avesse degli amici, a differenza mia, ma questo non la autorizzava a dirmi che io invece non facevo altro che rovinare la vita della gente che incontravo. - Ora puoi uscire dalla mia stanza, prego. - feci dandole le spalle per continuare a mettere a posto la scrivania. Quando sentii la porta chiudersi crollai a terra. Le guance erano bagnate dalle lacrime e il mio corpo scosso dai singhiozzi. La mia vita era un dannato inferno. Cos’avevo fatto per ridurmi così?
 
Nessuno mi aveva più disturbata. Ero andata a dormire presto, recuperando tutte le ore di sonno perse. Mi ero svegliata qualche ora prima, ma ero rimasta nel letto senza pensare a niente, rimanendo a fissare il cuscino su cui il giorno prima Ashton aveva dormito. Dovevano essere le sette del pomeriggio quando mi decisi di alzarmi. Avevo voglia di disegnare. Non che fossi un’artista, ma quando mi venivano degli attacchi artistici, se si potevano chiamare così, i disegni venivano anche piuttosto bene. Presi un foglio, i pennelli ed i colori acrilici ed iniziai a tracciare uno schizzo di base.
Non sapevo quanto tempo fosse passato da quando avevo tracciato la prima linea a matita, all’ultima pennellata di colore. Posai il fogli in bilico sul tavolo e mi allontanai di qualche passo. Dovevo essere completamente impazzita. Perché avevo fatto il ritratto di un ragazzo riccio e biondo che baciava una ragazza mora? Non avevo disegnato le facce, ma era impossibile non capire chi fossero i soggetti ritratti. All’inizio avevo voluto disegnare solo una ragazza sola, nel buio, invece…
Il suono di un messaggio in arrivo sul cellulare mi distolse dai miei pensieri. Afferrai il telefono, indecisa se leggere da chi veniva o ignorarlo. Alla fine vinse la curiosità. L’ora segnata era l’una passata da un po’. Il messaggio veniva da Ashton.
 
Ashton Irwin:
Scendi.
 
Una semplice parola. Cosa voleva dire? Non mi aveva più contattata per più di ventiquattro ore. Mi aveva evitata tutto questo tempo. Ed ora mi voleva parlare. Strinsi i pugni per scaricare la tensione che mi aveva assalita. Non dovevo illudermi. Basta con le illusioni. Molto probabilmente aveva sbagliato chat. Non era nemmeno a casa. Forse era un messaggio per Michael o Luke, o magari per Calum. Non certamente per me. Era impossibile.
 
Ashton Irwin:
Devo parlati, Lee.
 
Doveva parlare con me. Deglutii rumorosamente. Non mi aveva mai chiamata per cognome, da quello che ricordavo, in quel ultimo periodo. Avevo la bocca secca, mentre rileggevo il messaggio, mi sembrava di avere in bocca un pezzo di stoffa. Cosa dovevo fare? Alzai lo sguardo ritrovandomi a fissare il dipinto che aveva fatto. Avrei dovuto capire che mi sarei fatta solo del male nuovamente, avrei dovuto già imparare la lezione. Eppure senza accorgermene mi stavo già allacciando le Converse bianche ai piedi, dopo aver infilato una felpa larga sul pigiama che indossavo. Sospirai frustrata, prima si issarmi sul bordo della finestra. Ero ancora in tempo per rifiutarmi. Potevo benissimo chiudere la finestra e mettermi sotto le coperte fingendo di dormire. Potevo rispondergli che non volevo più vederlo. Potevo fingere di non aver letto il messaggio. Ma non feci niente di tutto ciò. In meno di due minuti mi stavo pulendo la mani sporche sui pantaloni, dopo essere arrivata a terra. Cercai Ashton con lo sguardo. Lo notai davanti al mio vialetto di casa, mentre mi voltava le spalle curve in avanti, come se dovesse sopportare il peso di tutto il mondo da solo. Un brivido di freddo mi percorse tutto il corpo. Come se avesse percepito la mia presenza, si voltò. Le luci soffuse che venivano dai lampioni accentuavano le occhiaie scure sotto gli occhi e la barba incolta, gli davano un’aria vecchia e trascurata. Sentivo il sangue pompare nelle orecchie in modo quasi assordante, mentre il cuore sembrava quasi scoppiarmi in petto. Non so come, ma riuscii a raggiungerlo senza che le gambe mi cedessero. Finalmente ci trovammo faccia a faccia.
- Sei venuta. - parlò senza salutarmi. Non capivo se fosse un pensiero ad alta voce, o se non si aspettava che mi presentassi.
- Spero che ci sia un motivo valido per cui mi hai chiamata. - sbuffai. Improvvisamente mi sentii stanchissima, gli occhi mi si appesantirono. - Ho sonno. - sbadigliai. - Odio quando mi chiami ad orari assurdi solo per parlarmi. -
Ashton si mosse nervosamente sul posto, spostando il proprio peso da un piede all'altro. Ultimamente era sempre molto nervoso. Non riuscivo a capirne il motivo. Mi evitava, non mi stava a sentire e mi trattava come se fossi un'idiota. Ed ora ero comunque davanti a lui, su sua richiesta.
- Andiamo a farci un giro in spiaggia? - domandò evitando accuratamente il mio sguardo. Mi accigliai.
- È tardi. -
Per un attimo incrociò il mio sguardo. Vidi la disperazione più totale. - Ti prego. - mi supplicò. Rimasi sorpresa dalle sue parole. Strinsi le labbra non sapendo come rispondere. - Andiamo? - chiese nuovamente. Questa volta annuì in risposta.
A passo lento ci avviammo verso la spiaggia. Sentivo i piedi pesarmi come dei macigni, ma non fiatai. Finalmente la distesa scura d'acqua ci si parò davanti in tutto il suo splendore. Amavo l'oceano, ma ancora non capivo perché mi avesse trascinata fino a lì.
- Eccoci. - dissi alla fine, mentre ci fermavamo a mirare le onde argentate. - Allora... Di cosa volevo parlarmi? - chiesi fissandomi i piedi. Sentivo il suo sguardo bruciare su di me. Rimasi in attesa della sua spiegazione, ma lui rimase zitto, in un silenzio fastidioso alle mie orecchie. - Ashton? Cosa mi volevi dire? - riprovai. Alzai lo sguardo, ma lui sfuggì al mio. I miei nervi erano tesi come corde di violino.
- Dimenticati delle mie parole. - disse lui solamente. Sbattei velocemente le palpebre spiazzata dalla sua richiesta insensata.
- Come? -
- Dimenticati quello che ti ho detto a casa mia. -
- Odio le tua richieste insensate. -. Lo vidi stringere i denti. - Cosa significa che devo dimenticarmi delle tue parole? - sbottai arrabbiata.
- Sono stato un stupido. Dimenticati quello che ti ho detto. - sospirò. - Dimenticati che ti abbia detto di... di amarti. - si fermò. Le parole che aveva detto sembravano essergli coste te uno sforzo enorme, eppure era riuscito a dirmele. - Per favore. - aggiunse. Il sangue mi ribolliva nelle vene. Volevo prenderlo a schiaffi e pestarlo a sangue per la sua richiesta, ma non riuscivo a muovere un muscolo.
- E quello che ti ho detto io? Quello non conta niente? -. Ashton alzò lo sguardo ed incontrò il mio.
- Io farò lo stesso con quello che mi hai detto tu. Mi dimenticherò quello che mi hai detto e tu dimenticherai quello che ho detto io. Ritorniamo alle nostre vite ed amici come prima. - concluse. Non riuscii a trattenermi. Scoppiai in una risata stridula, mentre sentivo gli occhi pizzicarmi.
- Seriamente? - feci disgustata. - Pensi sul serio che tutto si possa dimenticare in un colpo? Come se nella mia testa ci fosse un tasto reset? -. Non disse niente. La rabbia aumentò. - Niente ritornerà come prima, né tanto meno ritorneremo a amici. - sputai. - Se non te ne fossi accorto, hai gettato via l'unica chance che avevi con me. -. Non sapevo nemmeno da dove mi venissero quelle parole così crudeli. Volevo solo sfogarmi su di lui.
- Non vuoi più che siamo amici? - domandò stupito e quasi anche rassegnato.
- Cosa pensavi? Che tutto sarebbe stato lo stesso, Irwin? Tra tutte le stronzate che ho sentito nella mia vita"amici come prima" è la peggiore di tutte. -. Il silenzio cadde su di noi come una tempesta di neve. Offrire pane a chi ha sete. Ecco cosa stava succedendo tra di noi. - Perché? - chiesi alla fine con rassegnazione. Stava finendo tutto. Se quella fosse stata l'ultima volta in cui ci saremmo parlati, volevo sapere perché voleva che dimenticassi. - Perché mi hai chiesto una cosa simile? Pensi che io voglia che ti dimentichi le mia parole? -
Passarono alcuni istanti prima che si decidesse a rispondere. - Sto per partire. - iniziò. - Me ne vado per un anno quasi. Tu inizierai l'università. - si bloccò.
- Quindi? -. Non capivo. - Cosa vuoi dire? Spiegati, dannazione! - esclamai stremata.
- Non ha senso iniziare qualcosa che non funzionerà. Non voglio stare male per te. Io proseguirò la mia vita con la musica, mentre tu studierai. Poi tu hai qualcun altro. -
- Io non ho nessuno. - riuscii a dire solamente. Un colpo di vento mi fece trasalire dal freddo. - Quindi questo è un addio, giusto? - domandai atona.
- Parto tra due settimane. Non volevo illudermi di poterti avere per solo due settimane. -
- Non sono un oggetto. Non hai tenuto conto dei miei di sentimenti nel tuo splendido piano? - feci ironica. - Odio il tuo squallido modo di dirmi addio. -. Lo vidi sbiancare e trattenere il respiro, come se lo avessi pugnalato dritto al cuore.
- Sessantanove. - parlò in un sussurro che sembrava essergli costata una fatica immensa.
- Mi prendi anche in giro ora? - feci tagliente. Qualcosa in me scattò, come una scintilla. Lo afferrai con entrambe le mani per la felpa.
- Sessantanove. - ripeté facendosi assente. - Hai vinto la scommessa. - spiegò. Avevo trovato tutti e sessantanove motivi per cui odiavo Ashton Fletcher Irwin. Ero arrivata alla fine della lista. Dalla tasca posteriore dei pantaloni tirò fuori un foglio. Non lo presi. Sapevo cos'era. Ora che c'è lo avevo davanti avevo paura. Non lo volevo più. - Parti la prossima settimana. Congratulazioni. -. Strizzai gli occhi, mentre le lacrime mi rigavano il viso. - Puoi rivedere il tuo ragazzo ora. -. Spalancai gli occhi. Il mio ragazzo? Ad un tratto tutto divenne chiaro nella mia mente. Le parole di Rachel mi tornarono alla mente "Quante volte veniva a casa nostra Jonathan?". Ashton l'aveva visto, ci aveva visti assieme. Aveva sempre pensato che lui fosse il mio ragazzo. Era per quello che non si era mai fatto avanti per tutto quel tempo. Jonathan era partito e lui aveva trovato una possibilità per parlarmi, fino a che quello che avevo desiderato vincendo la scommessa era di rivedere Jonh.
- Sei un idiota. - parlai spingendolo indietro. Dietro a lui c'era una panchina, lo spinsi forte, tanto da farlo cadere su di essa. Mi trovai in piedi davanti a lui che ora era seduto. Avevo ancora le mani strette a pugno sulla sua felpa, mentre il foglio che teneva in mano era caduto ai nostri piedi.
- Non é la prima volta che me lo dici. - sospirò. Aveva lo sguardo basso, quasi timoroso di incontrare il mio.
- Tu... -. Non riuscii a completare la frase. Scoppiai in una risata fragorosa, mentre piangevo sollevata. Dentro di me si continuavano a mescolare emozioni contrastanti.
- Christine, lasciami andare. - disse Ashton afferrandomi le mani, per staccarle da sé. Smisi di ridere. No. Non l'avrei lasciato andare.
- Jonathan era il mio migliore amico, Ashton. - affermai prendendolo per le spalle e spingendolo completamente contro lo schienale della panchina.
- Risparmiamelo, non voglio sapere come vi siete innamorati l'uno dell'altra. - sbottò alzando la testa di scatto.
- Ascoltami! - ribattei. - Hai pensato veramente che Jonathan fosse il mio ragazzo? -
- Cosa vuoi dire? -
- Che non hai capito niente. Il ragazzo che vedevi con me, il ragazzo che voglio rivedere... Lui è soltanto il mio migliore amico, non il ragazzo che amo! - parlai guardandolo negli occhi. - Per anni hai continuato a pensare che Jonh fosse il mio ragazzo, vero? Non ti è mai passato per la mente magari di chiedere a qualcuno chi fosse quel ragazzo? -
- No. - ammise arrossendo leggermente. Scossi la testa sospirando sconsolatamente. Lui abbassò la testa.
- Ashton? - lo chiamai sperando di rivedere le sue iridi, senza successo però. Mi sedetti accanto a lui. Continuava a torturarsi le mani. Gliele afferrai e le intrecciai alle mie. - Non voglio che ti dimentichi delle mie parole. Non voglio perderti, Ashton. - sussurrai. Strinse leggermente la stretta con le mie mani, concentrato sulle mie dita. - Jonathan è scappato da questo posto anche per colpa mia, sua sorella è ridotta così per me, è stato difficile andare avanti senza amici, quando la mia vita per anni era stata legata a quella di Jonathan. - spiegai, sperando che mi dicesse qualcosa.
- Vuoi rimettere a osto le cose con lui quindi? - chiese atono. Sciolsi la stretta delle nostre mani per prendergli volto, in modo che mi guardasse negli occhi.
- Certo che lo voglio. - confermai. - Ma voglio anche te. -. Provò a dire qualcosa, ma lo bloccai. Appoggiai le mie labbra sulle sue e lo baciai dolcemente. Le sue mani mi attirarono verso di lui. Non divenne un bacio passionale, rimase un contatto semplice di labbra, di respiri mescolati. Mi staccai allontanandomi di poco dalla sua bocca, i nostri nasi si toccavano. - Settanta. - mormorai. - Odio il fatto di amarti. -

 


 
 



Spazio Autrice:
And that’s all!
Hola chicas!
Come va? Credo bene. Io non così tanto, queste ultime settimane per me sono state molto pesanti, anche perché un mio compagno ha perso sua madre e beh, anche se non si conosce una persona, alcune cose ti turbano comunque. Tutto è tornato più o meno alla normalità e oggi ho deciso di aggiornare con il mio ultimo capitolo della FF, prima dell’epilogo. Potreste chiedervi perché proprio oggi! Vi rispondo semplicemente che oggi è il mio compleanno, quindi tanti auguri a me(?) Compleanno che ho passato di merda devo dire, a parte per le mie amiche, specialmente la mia best che festeggia tra due giorni, ma a casa ho dei problemi con mia madre e non blandi, quindi è stata una giornata comunque pesante.
La FF comunque è giunta alla fine, cosa dire? Tra un po’ pubblicherò anche l’epilogo, intanto spero che non mi abbandonerete, sto iniziando a scrivere qualcosa della prossima fan fiction, come credo di avervi già detto in precedenza e quindi, boh… Sono a corto di parole oggi *LOL*!
Passo subito alla Domandona:
Il vostro sogno di “gesto romantico” da parte di un ragazzo?
Io vorrei che mi portasse al mare, di notte, mettesse della musica con degli auricolari, qualcosa come “” di Taylor ed Ed a che ci mettessimo a ballare al chiaro di luna, preferibilmente il giorno del ballo di fine anno al posto dell’obrobrio che si organizza a scuola. Sogno ovviamente irrealizzabile per vari motivi!
However, ho detto tutto, ringrazio tutte voi per le splendide recensioni che ho letto fino ad ora e ringrazio coloro che hanno metto la mia storia tra le preferite, seguite e ricordate! Grazie mille! Ora mi dileguo, bye bye!

 

 
 
 
 
Cast:
5SOS
Christine Lee (Shay Mitchell)
Rachel Lee (Hailee Steinfeld)<

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Capitolo 12
*** Epilogo ***






Epilogo
 

Non so in quanti leggeranno il mio Spazio Autrice, comunque vi ringrazio tutti per aver letto questa storia

e per essere stati i "miei" lettori per questi capitoli e dedico questo ultimo capitolo a tutti Voi.

 
 
 
Immersi le mani tra i capelli, completamente stremata. La mia stanza era un disastro, qualcosa come ai livelli della camera di Luke in quel momento. Presi una maglietta dal letto e provai a piegarla senza risultati, poiché le mani mi tramavano troppo. La ributtai sul materasso più spiegazzata di prima. La disperazione era il sentimento che mi stava pervadendo di più in quel momento.
La porta si aprì e comparve una testa riccia.
- Ciao, Micetta! - mi salutò Ashton radioso. Sbuffai esasperata, trucidandolo con lo sguardo.
- Smettila di chiamarmi così! - feci gesticolando. Lui si avvicinò impassibile, continuando a sorridermi. Mi abbracciò e mi posò un bacio sulla fronte. A quel misero contatto il mio corpo si rilassò completamente contro il suo. Passai le braccia attorno al suo busto e appoggiai la testa sul suo petto inspirando il suo profumo.
- Come va? - mi chiese avvicinandosi al mio orecchio. Sentii il suo petto vibrare a quelle parole, mentre il cuore batteva tranquillo.
- Sono un faccio di nervi. - risposi sinceramente. Ci staccammo dall'abbraccio ed Ashton si guardò attorno curiosamente. - Sono un disastro. - sbottai fissando anch'io la mia camera.
- Sei un disastro nel fare le valige. - specificò. Ashton non contraddiceva mai le mie parole, anzi le confermava e ormai mi ero abituata a questo suo comportamento.
Mi corrucciai. - Tu hai già fatto la tua? -
Ashton rivolse nuovamente tutta la sua attenzione su di me regalandomi uno dei suoi splendidi sorrisi. - L'ho preparata due minuti fa, prima di venire qui. - rispose. Rimasi sbigottita.
- Stai scherzando, vero? -
- Uhm... Già. - affermò ridacchiando. Scossi la testa. - Due minuti sono troppi. - aggiunse. - L'ho preparata un minuto fa. - concluse. Sbuffai seccata. Avevo la testa che mi stava per scoppiare. Ash mi prese le mani tra le sue. Non mi ero nemmeno accorta che avevo iniziato a torturarmele.
- Calmati, ok? È solo una valigia. -
- Non è la valigia, Ashton... Non riesco a pensare lucidamente, ho paura. - rivelai. Lui mi guidò verso il letto. Spostò un paio di cose e si sedette, per poi farmi accomodare sulle sue gambe.
- Non dovresti avere paura. - rispose appoggiandomi una mano in grembo. Non riuscivo ad incrociare il suo sguardo. Dovevo sembrargli patetica. Iniziai tracciare dei cerchi immaginari sul suo palmo. - Devi solo parlare con un'altra persona, il tuo migliore amico. -
- Lo so. - esclamai. - Ma è questo il punto, Ashton. Ho paura di parlargli… di sentimi dire che non ne è valsa la pena andare in capo al mondo per lui. -
- Non chiudere gli occhi, Christine. Aprili, non pensare che questo viaggio sia inutile, perché non lo è. Voler avere delle conferme non è stupido e nel caso non andasse bene, non credere assolutamente che non ne sia valsa la pena parlargli. Rimanere con dei dubbi non ti farà stare meglio. - disse lui serio. Annuii con il volto ancora immerso nel suo petto largo.
- Ok. Ho bisogno di salutare un paio di persone prima di partire. - parlai a bassa voce.
- Ti accompagno. -
 
Ashton parcheggiò l’auto davanti al condominio vicino alla downtown di Sydney. Non aspettai nemmeno che scendesse dalla macchina, mi catapultai fuori e corsi incontro al ragazzo castano fermo accanto al suo ragazzo. William allargò le braccia e mi gettai al suo collo soffocandolo in un abbraccio. James se ne stava lì accanto con un sorriso splendente al nostro fianco. Finalmente Ashton ci raggiunse. William ed io ci staccammo dall’abbraccio.
- Ciao! - li salutò Ash con fare impacciato. Doveva essere abbastanza imbarazzato dal fatto che avevo proposto un’uscita a quattro con dei ragazzi che non conosceva e che per di più non si sarebbero morsi la lingua facendogli dei complimenti per l’aspetto. Will lo squadrò dall’alto al basso con fare serio. Certamente non era per dirgli che era un bel ragazzo, ma per ben altro.
- Così tu saresti Irwin, vero? - gli chiese. Ash spostò il proprio peso da una gamba all’altra.
- Ashton. Puoi anche chiamarmi Ashton, solo i miei insegnanti mi chiamavano Irwin, e non era mai un bene se mi chiamavano. - commentò.
- Infatti non è un bene se ti sto rivolgendo la parola ora. - fece William tagliente. - Sentimi bene ricciolino. Tu le spezzi nuovamente il cuore ed io ti spezzo le gambine, ok? Ed in più potresti trovarti accidentalmente dieci metri sottoterra. -. Ash sbatté le palpebre incredulo. - Il concetto è chiaro? - volle sapere.
Ashton si schiarì la gola. - Uhm, penso che se le spezzassi il cuore, mi ritroverei con una pistola dritta al cuore. Non sopporterei di vederla soffrire per me ancora. - ribatté serio. Deglutii allibita. Non poteva aver detto una cosa simile.
- Bene, ti prendo in parola. Te la porter… -
- No. - lo bloccai prima che potesse finire la frase. - Piantatela di parlare di cose così orribili! - li sgridai. - Non mi state aiutando ragazzi, tra meno di quarantotto ore dovrò parlare con Jonathan, non aggiungetemi altri pensieri stressanti. - sospirai.
- Ok, scusami, non volevo. - rispose velocemente Ashton.
- Sì, scusami a anche me. - gli fece eco William.
- Ho bisogno di rilassarmi. - dissi passandomi una mano tra i capelli e scompigliandoli più del dovuto. Ash mi si avvicinò e mi mise a posto alcune ciocche per poi intrecciare le sue dita con le mie.
- Andiamo a farci un giro allora. -
 
Ash mi passò un braccio sulle spalle mentre passavamo attraverso un corridoio abbastanza stretto. Sbucammo in un cortile interno allestito con dei tavoli apparecchiati.
- Non stavi dicendo sul serio prima, vero? - chiesi a bassa voce in modo che mi sentisse solo lui. Per tutto il tempo delle passeggiata con William e James ero rimasta rimuginare sulle sue parole, anche mentre parlavamo dei vari progetti futuri. Il suo desiderio di morte non era sano e non volevo che fosse per me.
- Per cosa? Riguardo ai boxer autografati da Harry Styles da portare a Sam? - mi chiese ridendo. Quando vide che non mi ero aggregata a lui si bloccò. - Christine? -
- No, non per quello. - risposi non sapendo nemmeno quando li avesse nominati. - Riguardo alla pistola, sai… - dissi gesticolando, sperando di non continuare la frase. Lui mi strinse ancora di più a sé.
- Non so cosa vorresti che ti dicessi. Ma so solo che una vita senza di te sarebbe come se morissi, quindi tanto varrebbe che mi sparassi. - rispose pacatamente. Scossi la testa, come se avessi potuto tirare via quelle parole dalla mente.
- Non puoi pensarlo davvero. -
- Perché? Tu pensi che mi lascerai mai? -
- Non posso. Ti amo. -
Il viso di Ashton si addolcì. - Ti appartengo, ogni minuscola particella che mi compone ti appartiene. - e mi baciò la fronte.
 
Stavo decisamente tremando. Stavo fissando il paesaggio soleggiato fuori dal finestrino. Una mano calda si infilò tra le mie dita stringendomi delicatamente la mano. Sussultai per lo spavento voltandomi di scatto. Ashton mosse le labbra, ma non afferrai le sue parole. Sbattei velocemente le palpebre, mentre lui sembrava che aspettasse che dicessi qualcosa.
- Cosa? Puoi ripetere per favore, Ashton? - domandai confusa. Lui mi accarezzò il dorso della mano col pollice con un rilassante movimento circolare.
- Ti ho chiesto se volevi andare in hotel a riposare o se volevi venire a fare un giro con me. - mi sorrise delicatamente. Deglutii a fatica e la gola mi si seccò tutta d’un colpo.
- Ho sonno ma non riesco a riposare. - sospirai battendo ad un tempo immaginario l’indice destro sulla gamba. Il Riccio annuì frustrato dalla situazione, dal suo essere impotente in quel momento e non l’avei illuso. Nessuno mi sarebbe stato veramente d’aiuto in quel momento se non Jonathan stesso. Ero combattuta dal volerlo vedere immediatamente per togliermi tutto quel peso di dosso che mi stava opprimendo, e la voglia di scappare via senza sapere niente.
- Vuoi stare da sola? - chiese lui passandosi una mano tra i capelli, togliendosi la bandana rossa. Reagii all’istante a quelle parole, stringendo più forte la sua mano e tirandolo verso di me per il braccio con l’altra mano. Mi guardò piacevolmente sorpreso.
- Non da sola. Non lasciarmi da sola Ashton. - mormorai affondando il viso nell’incavo del suo collo. Gli occhi mi pizzicavano leggermente. Sentii la sua mano accarezzarmi i capelli, poi mi posò un bacio tra di essi.
- Sono qui con te. - sussurrò nel momento in cui l’aereo toccò terra.
 
Arrivata in albergo la prima cosa che feci fu di mandare un messaggio a Jonathan.
 
                                                                                                                                                                                                                                                                     Christine Lee:
Ciao Jonathan.
Non sapevo se oggi saresti stato
Occupato, ma volevo dirti che
Sono a Los Angeles.
Se ti va potremmo prendere qualcosa
Da bere insieme più tardi. Non so.
Fammi sapere!
 
La risposta non tardò ad arrivare.
 
Jonathan White:
Sei a Los Angeles?
Wow, è grandioso!
Incontriamoci in un caffè. Ti spedisco
Più tardi l’indirizzo, ora sono un po’
Occupato.
 
La sua risposta era normale, come quelle che ci mandavamo un po’ di tempo fa, ma sapevo che non era esattamente come sembrava.
 
Alla fine riuscii a dormicchiare qualche ora usando Ashton come cuscino. Non ero nemmeno riuscita a preoccuparmi di come stesse lui da quanto ero nervosa. In qualche modo sentire il battito del suo cuore mi aveva calmata quel tanto da riuscire ad assopirmi tra un risveglio e l’altro. Quando non riuscii più a riaddormentarmi mi alzai lentamente. Ashton si risvegliò all’istante tenendomi ferma sul suo torace.
- Dove stai andando Micetta? - mi domandò ancora mezzo assonnato.
- Volevo sedermi vicino alla finestra. - risposi cercando di mettermi a sedere. Questa vola Ash mi lasciò allontanarmi da lui quel poco.
- Stai bene? -
- No. - sospirai passandomi una mano tra i capelli, scompigliandoli ancora di più di prima. Mi veniva da dar di stomaco, forse se avessi iniziato avrei rigettato anche l’anima. - Tu invece come stai? - chiesi rendendomi finalmente conto che Ashton aveva dovuto stare per ben tre ore in una posizione a dir poco scomoda solo per lasciarmi sonnecchiare un po’.
- Sto bene. - rispose sbrigativamente.
- Ashton, davvero… Come stai? Sei rimasto un quella posizione solo per lasciarmi dormire. - lo rimproverai. - Avresti potuto spostarmi o qualcosa da genere. -
- Avrei potuto. - assentì lui. - Ma non l’ho fatto, e credimi non lo farei mai. Stringerti tra le braccia mentre dormivi è sempre quello che ho desiderato fare. -
Lo guardai dubbiosa. - Spero che il tuo secondo sogno non sia quello di vedermi rigettare l’anima dopo una sbronza colossale. - ironizzai.
- No. Quello va più o meno al quinto posto. - ribatté lui prendendomi il polso e attirandomi verso di lui. Mi ritrovai completamente sdraiata su di lui con le sue labbra a pochi millimetri dalle mie. - Perché non pensi che sia troppo perverso al secondo posto vanno i baci. - mormorò e con un movimento impercettibile fece combaciare le nostre bocche. Un attimo dopo Ashton mi aveva bloccata sotto di lui col suo corpo e ci stavamo baciando appassionatamente. Mentre infilavo le mani tra i suoi capelli mossi, il mondo e tutti i pensieri che avevo in testa svanirono. Non so quanto tempo restammo avvinghiati a scambiarci quei baci, ma in qualche modo Ashton riuscì a rendermi felice in un momento così disperato.
 
- No. Non posso andare. - dissi rosicchiandomi le unghie. Ero appena uscita dalla hole e mi trovavo davanti all’albergo e camminare avanti ed indietro da almeno dieci minuti buoni. Tra venti minuti sarei dovuta essere in un caffè lì vicino dietro ad una tazza di caffè americano molto zuccherato e davanti a Jonathan. No. Non potevo farcela. Deglutii a vuoto visto che la bocca era totalmente secca. Ashton era rimasto dentro come gli avevo chiesto, o almeno quello che pensavo di volere in quel attimo di panico era di non voler Ashton intorno nel momento in cui avrei affrontato Jonathan. Volevo davvero mettere a posto tutto tra di noi e credevo che la sua presenza sarebbe stata interpretata male da John. Ora pensavo di aver fatto la più grande cazzata di tutta la mia vita. Presi qualche respiro profondo. Se avessi chiamato Ash in quel momento mi avrebbe preso per stupida sicuramente e magari anche per pazza, decisamente. Quindi che fare?
- Sai che la gente ti sta fissando in modo strano, vero? - mi sussurrò una voce all’orecchio. Sobbalzai spaventata. Irwin ridacchiò divertito e mi prese la mano stringendola in una morsa delicata.
- Cosa ci fai qui? - gemetti. Ok, ero molto contraddittoria in quel momento. - Ti avevo det… -
- So cosa mi hai detto. - sorrise. - E so che se non ti porto io a quel incontro rimarrai qui a camminare per almeno altre due ore. -
Come dargli torto? - Sembro un’idiota, vero? - domandai coprendomi il volto con le mani.
- Uhm, già. Non è normale parlare da sola ed aggirarsi in uno spiazzo aperto come se fossi in una gabbia. - accennò lui. Rimasi a fissarlo per qualche secondo. Alla fine scoppiai in una risata liberatoria e gli tirai una pacca sul braccio.
- Ma com’è che mai una volta mi dici “Christine non è vero che sembri una pazza squilibrata.” o “Christine non hai i capelli in disordine quanto credi.”? -
- Ma è impossibile… ti chiamo Christine solo quando ci sono delle conversazioni serie. - disse. Alzai gli occhi al cielo e gli sorrisi. La tensione che avevo accumulato era quasi del tutto sparita. - E poi perché dovrei mentirti? - mi chiese avvicinandosi e circondandomi la vita per poi avvicinarmi gentilmente a sé.
- Si chiamano bugie innocenti, Ash. Little white lies, ce le hai presenti? - parlai scherzosamente.
- Uhm, tipo quelle che sparano tutte le ragazze riguardo ai colori assurdi dei capelli di Michael? - fece soprappensiero.
Ridacchiai. - Dipende quale colore, se parli dei capelli rosso sangue che ha ora… allora sono d’accordo. -
- Ancora non capisco perché dovrei mentire. Se pensi che siano orrendi quei capelli, allora dovresti dirglielo. -
- Michael se la prenderebbe, è questo lo scopo delle bugie innocenti. Cercare di non ferire inutilmente una persona. -
- Ma tu non ti senti ferita quando ti dico la verità. - obbiettò lui. - Giusto? -
- Sarà anche per questo che ti amo. - sospirai melodrammatica.
- Comunque abbiamo ancora dieci minuti per andare dal tuo amico. Dovremmo sbrigarci. - mi riportò sulla Terra il riccio. Ed ecco come caddi nuovamente nel panico.
 
Picchiettai nervosamente le dita sul bordo del tavolino. Jonathan non si era ancora fatto vedere, ed era passato già un fottutissimo minuto. Avevo bisogno di una tanica di ossigeno, anzi avevo bisogno di un vero e proprio respiratore artificiale, perché anche la semplice azione di respirare era diventata improvvisamente difficile. Ashton mi aveva lasciata davvero da sola ora. Mi ero seduta a quel tavolino e lui dopo un semplice bacio in fronte se n’era andato senza dire niente e senza farmi un minimo cenno di un sorriso. Niente.
- Desidera qualcosa? - mi chiese una donna di mezz’età spaventandomi a morte. Il cuore mi martellava in petto. Dov’era Jonathan? - Uhm, i-io sto aspettando una persona. Ancora qualche minuto e penso che arriverà. - balbettai stupidamente. Come se a lei potesse interessare davvero che dovessi incontrare il mio migliore amico per mettere le cose a posto tra di noi. E di fatto annuì come segno di circostanza e andò via come se niente fosse successo o meglio… dovesse succedere. Dannazione, dov’er… Cazzo. Jonathan era appena entrato. Era totalmente cambiato in quei pochi mesi. Deglutii a vuoto e vedendo che mi stava cercando con lo sguardo, mi feci forza ed alzai una mano per farmi vedere. Respira Christine. Non puoi morire soffocata ora. Forse più tardi. Ma. Non. Ora.
- Ciao Christine. - mi salutò lui cordiale. Non avevo la forza di alzarmi in piedi, perciò rimasi dov’ero, almeno con avrei fatto una pessima figura cadendo come una stupida. Gli sorrisi tenuemente.
- Hey, John. -
Silenzio. Lui si sedette di fronte a me. Iniziai a studiare nella mia testa quel primo mezzo secondo.
Jonathan mi aveva chiamata Christine. Non mi aveva abbracciata. Mi aveva sorriso e quello non era nemmeno un sorriso vero, ed io me ne intendevo di sorrisi falsi.
Un inizio stupendo.
Mi schiarii la gola e raddrizzai leggermente la schiena, cercando di non sembrare un cucciolo bastonato.
- Allora, come mai da queste parti? - ruppe il ghiaccio lui. Mi passai una mano nervosamente tra i capelli. Dovevo andare subito al punto.
- Come va con quella ragazza, Dana? - chiesi. Stupida! Meno male che dovevi andare subito al punto.
- Diana. - mi corresse lui. In qualche modo mi sembrava di essere fuori luogo lì seduta davanti a lui. - E ci siamo visti solo un paio di volte, non ha funzionato. - rispose lui noncurante. - Comunque stavamo parlando di te. - mi riprese. Dannazione.
- Io sto uscendo con Ashton. - risposi meccanicamente. La mia bocca aveva parlato senza il consenso del cervello.
- “Ashton” chi? - domandò. Nessuno velo di curiosità nel suo sguardo o nella sua voce. Niente.
- Il mio vicino di casa. - feci. In quel momento arrivò la cameriera di prima ad interrompere la nostra bellissima conversazione. Sia lodato il cielo per una volta! Ordinai una limonata, mentre Jonathan aveva ordinato un caffè americano. Appena la donna se ne andò, il suo sguardo ritornò su di me.
- Non lo odiavi? - mi chiese.
- Lo odio infatti, ma in questo mese mi ha… -. Aiutata a combattere i demoni che avevo dentro, più di quanto hai fatto te prima di andartene. - …sorpreso molto. - conclusi. - Sono venuta qui con lui. Intendo in viaggio, adesso dev’essere in spiaggia o da qualche altra parte in giro. - aggiunsi.
- Quindi sei qui per una vacanza con il tuo nuovo amico? - domandò e prese un sorso della bevanda scura. Lo imitai, anche se non avevo sete. Le sue parole mi stavano ferendo, ma avevo avuto tutto il tempo per prepararmi psicologicamente.
- Sono qui per te. -. L’avevo detto. Finalmente l’avevo detto. Jonathan annuì lentamente. Lo sapeva anche lui.
- Lo immaginavo, solo che pensavo… - si fermò.
- Cosa? Che non avessi avuto il coraggio di venire? -. Era vero, se non fosse stato per Ashton, in quel momento sarei stata ancora a rimuginare su “venire” o “non venire”.
- No. Non per quello. Pensavo che non avresti sprecato tempo e soldi per cercarmi e quando saresti stata in grado di raggiungermi, sarebbe passato abbastanza tempo per esserti rifatta… una nuova vita. - spiegò con voce atona. Non stavamo più fingendo. Lui mi guardava come se non avesse voluto che lo avessi cercato ed io ero sull’orlo di un pianto isterico.
- Una nuova vita. - ripetei senza ascoltare veramente cosa avevo detto. Non sarei riuscita a costruirmi una nuova vita con un capitolo passato ancora da concludere. Sarei rimasta tutta la vita a rimuginare su quello che era successo e Jonathan non sarebbe tornato indietro per me. Solo in quel momento mi resi davvero conto che le la nostra relazione si era lacerata. Uno strappo frastagliato che niente sarebbe riuscito a risanare. Sbattei velocemente le palpebre ricacciando le lacrime indietro. Davanti a me c’era una persona che non conoscevo.
- So che odi quando qualcuno ti mente, quindi non ti illuderò. - affermò lui continuando a sorseggiare il suo caffè tranquillamente. - Dopo l’incidente, io sono cambiato. Hai reso mia sorella una paraplegica con dei disturbi psichici. La sorella che io amavo con tutto il mio cuore l’hai distrutta e la Christine che conoscevo ed a cui volevo bene… non so. In qualche strano modo avrei preferito che fossi morta. -
Rimasi spiazzata dalla sua parole. Boccheggiai aggrappandomi al bordo del tavolo con entrambe le mani. - I-io… - balbettai. Non sapevo cosa dire. Forse mi sarei dovuta scusare o qualcosa del genere, ma non ci riuscii. Le parole mi scivolavano via dalla mente come fumo.
- Per le prime settimane ho cercato di convincermi che era stato un caso, ma più ci pensavo e più nella mia testa la colpa doveva essere tua. Non sono più riuscito a rimanere. Scappare mi era sembrato il modo più semplice per mettermi l’anima in pace. Ti voglio bene, Christine, come mia sorella, ma vederti… mi distrugge. - concluse. Mi inumidii le labbra cercando di assimilare ciò che lui mi aveva detto. Respirai a fatica poiché i polmoni mi dolevano ad ogni respiro. Jonathan mi odiava, ma mi voleva bene.
- Mi dispiace. - disse alla fine di un silenzio teso. Era la cosa più stupida che avessi potuto dire, ma non c’erano altre parole che sarebbero servite in quel momento.
- Non cambierà niente. -
- Lo so. - annuii. - Volevo solo chiederti scusa per essere venuta fino a qui. -
- Avevi bisogno delle tue risposte. Almeno nessuno dovrà più fingere. -
- Ok. - riposi.
- Ok. - assentì anche lui. Rimanemmo nuovamente in silenzio. Le persone ci passavano accanto parlando animatamente tra loro. Dei bambini stavano ridendo ed una coppia di ragazzi si stava baciando. Eppure mi sembrava di essere tagliata fuori da questo mondo. Mi chiedevo se solo io in quel momento mi sentissi così. Forse dall’altra parte del mondo altri due migliori amici stavano mettendo fine alla loro amicizia. Anche se si erano promessi di stare insieme per sempre. Il “per sempre” non esiste in alcuni casi.
- Ti voglio bene, Jonathan. - dissi. Lui non rispose. Rimasi seduta per non so quanto tempo immobile. Jonathan se n’era andato ora.
 
Ashton non parlò. Non so come, né quando, ma me lo ritrovai davanti, seduto in un silenzio sacro a studiarmi attentamente. Non si mosse, non indagò rimase per tutto il tempo che mi serviva davanti a me. Non sapevo se volesse sapere cos’era successo.
- È finita. - dissi comunque. Lui non annuì mi guardò e basta. - È stato… strano. - aggiunsi. Non mi sembrava nemmeno vero che avessi appena rotto con il mio migliore amico, era successo tutto talmente in fretta, era stato tutto così prevedibile…
- Hai ancora sete? - mi chiese invece lui indicando il mio bicchiere mezzo vuoto. Scossi la testa ancora stordita da tutto. Ashton lo prese e finì di berne il contenuto. Rimasi a fissarlo domandandomi se in realtà non avessi parlato solo nella mia mente.
- Ashton… - iniziai a dire.
- Sono rimasto a guardarti lì dietro alla vetrina. - mi bloccò improvvisamente. - Credo che domani il ragazzo si ritroverà con il viso leggermente ammaccato. - mi rivelò.
Rimasi di stucco. - Gli hai tirato un cazzotto? - domandai alla fine sorpresa.
- Cosa? - rispose lui altrettanto sorpreso. - Nooo! - dissentì appoggiando i gomiti sul tavolino che ci separava. - Ho solo dato un paio di dollari ad un bambino iperattivo in modo che casualmente il suo piedino si trovasse nella traiettoria di quello là. -
Rimasi a fissarlo sbalordita. - Gli ha fatto lo sgambetto? -
- Uhm… potrebbe essere. - rispose alzando le spalle. Rimasi ancora qualche secondo a guardarlo, poi scoppiai in una risata liberatoria. Il suo viso si distese in un sorriso, mentre io ridevo ancora più forte. - Non… non p…puoi… -. Non riuscivo a smettere, così aspettai che prima sputassi un polmone e poi ripresi a parlare. Mi asciugai qualche lacrima di riso. - Sei incorreggibile, Ashton. - dissi alla fine mentre un sorriso aleggiava ancora sul mio viso.
- William era d’accordo con me. - obbiettò lui.
- Mi stai dicendo che avevate già progettato tutto? -
- Christine, la verità era abbastanza evidente. Lo vedevo anch’io che lui era un codardo, ed il lupo perde il pelo ma non il vizio. -
Deglutii. Ero stata sempre così cieca da non accorgermi che il mio ex-migliore amico fosse sempre stato un egoista? - Nessuno è predisposto a fare certe scelte, Ashton. Lui non è sempre stato così. - mormorai. No, ero certa che non fosse così.
- Magari no. - assentì. - Ma forse quel incidente ha fatto scattare qualcosa in lui, qualcosa che in lui c’era già, ma che non doveva per forza far vedere. -. Ashton si alzò e pose una banconota da cinque dollari sul tavolo. Mi porse la mano che io fissai persa. - Hai bisogno di ricominciare, Christine. Jonathan è acqua passata, hai appena finito un libro. Ora voglio essere io il tuo nuovo inizio. -
 
Affondai il viso nell’incavo del suo collo e strinsi ancora di più le mie braccia sul suo torace. Ashton mi stava trasportando in non so quale parte dell’hotel. Mi trovavo in groppa alla sua schiena con le gambe a penzoloni ai suoi fianchi e le sue mani che mi tenevano sotto le gambe.
- È un peccato che tu non abbia indossato dei pantaloncini. - lo sentii dire. Mi paralizzai stringendolo ancora di più se possibile. Aveva passato un’ora buona a cercare di convincermi a scoprire le gambe, ed anche se avevo caldo, non avevo ancora avuto il coraggio di farlo. Uscimmo fuori alla luce del sole. Dovevamo trovarci nel retro dell’albergo. Chiusi gli occhi accecati.
- Ashton dove mi stai portando? - gli domandai vedendo tutto bianco. Odiavo passare dal buio alla luce tutto d’un colpo. Non sentii la sua risposta. Ashton iniziò a correre ridendo come un forsennato. Un attimo prima di sentimi cadere vidi i lettini e gli asciugamani. Riemersi in superficie sputando acqua e cloro. Mi aveva buttato in una dannata piscina. Stavo congelando, con i vestiti fradici che pesavano come mattoni.
- Piaciuto il bagno? - mi domandò una voce seducente all’orecchio. Mi voltai spingendo via Ashton, ma lui mi attirò a sé. Appoggiai le mani sulla maglietta bianca diventata ormai trasparente.
- Avresti dovuto dirmelo. - piagnucolai.
- Non me l’avresti permesso. -
- Chi te l’ha detto? - replicai. Finalmente riuscii a divincolarmi. Stranamente tutto attorno a noi era deserto. Presi un asciugamano enorme battendo freneticamente i denti. Lui mi seguii ridacchiando. Mi sedetti su un lettino cercando di scaldarmi, ma non ottenni risultati.
- Me lo avresti permesso? - ribatté lui ironicamente. - Comunque non sapevo in quale altro modo risvegliarti dal tuo stato di trans. -
- Avresti potuto anche gettarmi nella doccia. -
- Oh, non sarei riuscito. Non sei così stupida. -
- Sai che ti odio, Irwin? - dissi invece afferrandogli la nuca.
- Oh… non so. Potevo immaginarlo. - ribatté lui baciandomi.
 
Ashton intrecciò la sua mano con la mia, mentre camminavamo lungo la spiaggia a piedi nudi. Quel pomeriggio finalmente Ashton era riuscito a convincermi ad indossare un costume da bagno che Rachel gli aveva dato. Mi ero coperta comunque con un pareo, ma alla fine quando fui certa che Ashton aveva seriamente bloccato l’ingresso per la piscina ero rimasta a mollo nell’acqua con lui. A quanto pareva Ashton adorava bloccare l’ingresso a molte cose, come anche i luna park. Sospirai tranquilla mente ricambiando la stretta della sua mano. Ash sapeva che amavo l’oceano ed eccomi lì a Los Angeles a vedere la luna e le stelle sulla spiaggia.
- Mi ricorda tanto il giorno in cui ci siamo rivisti tutto questo. – commentò, mentre ci sedevamo sulla spiaggia deserta. Mi passò un braccio sulle spalle ed io appoggiai la testa sul suo petto. Ripensai al giorno in cui era iniziato tutto e sorrisi all’idea di quanto non mi andasse a genio Ashton. – È incredibile che tu sia riuscita a trovare 69 difetti in me. Dovevo essere perfetto. – sospirò melodrammatico.
- Nessuno è perfetto e tu mi piaci così. – sorrisi voltando la testa verso di lui.
- Tu mi ami. – precisò. Alzai gli occhi al cielo e ridacchiai divertita. Ashton appoggiò le sue labbra sulle mie e mi baciò dolcemente. – Tu sei mia e basta. – e mi baciò nuovamente. Un’idea mi balenò in testa e sorrisi compiaciuta. Ashton mi guardò perplesso. – Che c’è? -
- 69. – me ne uscii improvvisamente lasciandolo di stucco.
- Non vorrai…? – chiese incerto. Scoppiai a ridere.
- Lo dicevo che eri tu il pervertito. –
- E allora cosa intendi? –
- Voglio 69 cose che ami di me. – dissi. – Scommetto che non riuscirai a trovarle. – feci sicura.
- Vuoi scommettere, eh? – sfoderò un sorriso Ashton. Annuii. – E cosa vuoi scommettere? –
- Se riuscirai a trovare 69 cose che ami di me… sarò tua per sempre. – proposi.
- Mi piace. – commentò lui lasciandomi un bacio all’angolo della bocca. Alzai gli occhi al cielo divertita.
- Ma se non dovessi farcela… - continuai lasciando poi la frase in sospeso.
- Nel caso impossibile che non dovessi farcela? – domandò stringendomi tra le sue braccia, per poi farmi appoggiare la testa sulle sue gambe in modo che ci potessimo guardare negli occhi. Risi al pensiero assurdo che mi era venuto in mente.
- Dovrai fare un concerto coperto solo da un asciugamano legato in vita. – scoppiai a ridere. Ashton strabuzzò gli occhi sconvolto. – Allora? Ci stai? –
- Giochi sporco, eh? – sogghignò compiaciuto. – Non vedo l’ora che tu sia mia per sempre. –

 
 
 
 



Spazio Autrice:
Ni hao!
Come va ragazze? Spero davvero tutto bene. Io... come dire... sono troppo emozionata. Il fatto di aver finito questa storia, non so voi come vi sentite, ma devo dire che scrvere questa storia, mi ha aiutata molto in questi mesi e voi siete state le lettrici migliori che avessi mai potuto desiderare. Quindi voglio ringraziarvi dalla prima all'ultima!

 

Siete state AMAZING fino ad ora tutte voi, e spero continuerete a leggere ciò che scriverò! Quindi inzio col preannunciarvi il sequel di questa FF che tratterà sembra di loro di Ashton e Chrstine solo... con qualche personaggio in più!
 

Nel frattempo per chi volesse ho pubblicato una One Shot su Calum, si tratta di un piccolo scorcio della sua vita nella FF e per chi è amante del Fantasy sto pubblicando su Wattpad una FF di Shadowhunters, per leggerle basta cliccare sui banner sottostanti.
 
 

Oki, oggi sono proprio a corto di parole, quindi passo direttamente all'ultima Domandona di questa storia:
Quali sono le vostre parole preferite di una canzone? Non dev'essere per forza la vostra canzone preferita, solo le parole. Le mie sono "You look like my next mistake / Love’s a game, want to play?" (Blank Space - Taylor Swift)
However, ho detto tutto, ringrazio tutte voi per le splendide recensioni che ho letto fino ad ora e vi ringrazio ancora tutte! Bye bye!

 
Ps: Ho bisogno di un po' di tempo per scrivere la prossima FF, quindi penso che la pubblicherò quando questo ultimo capitolo arriverà alle 10 recensioni! 

 
 
 
 
Cast:
5SOS
Christine Lee (Shay Mitchell)

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