Looked

di Fradale91
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Parte I ***
Capitolo 2: *** Parte II ***
Capitolo 3: *** Parte III ***



Capitolo 1
*** Parte I ***


Note inziali: mi vergogno talmente tanto di tornare qui sopra dopo quasi sette mesi di assenza che non so neanche da dove cominciare queste note. Voglio solo dirvi un paio di cose perché chi mi segue su Twitter si è sorbito mesi e mesi di lamentele e tweet riguardanti questa storia e mi sembra giusto specificare qualcosa, anche perché è la prima OS (minilong, in realtà) che posto dopo un blocco durato secoli. E ho un’ansia incredibile.
“Looked” è quella fanfiction che per tutto questo tempo ho chiamato “catfish” (alcuni di voi si erano anche convinti che questo sarebbe stato il titolo). L’idea mi è nata a gennaio, in un periodo in cui MTV mandava ininterrottamente puntate del programma Catfish che, spero, voi conosciate. In realtà, non è indispensabile sapere di cosa tratta il programma televisivo, ma chi ha visto almeno una puntata potrà capire in che senso ha ispirato questa storia.
Non voglio dilungarmi troppo (anche perché le note iniziali non le legge mai nessuno) ma vi faccio il mio solito elenco puntato per riassumervi tutto quello che sento di dover specificare su “Looked”.
  1. In definitiva, nonostante gli intrecci assurdi, questa storia sarà, di fatto, una Larry con side-pairing (“side” mica tanto) Ziall.
  2. Il rating è arancione perché non ci saranno delle scene di sesso slash esplicite. La trama, come capirete, impedirà dei rapporti del tutto “fisici” tra i personaggi.
  3. I capitoli saranno tre.
  4. Il banner è opera di Maria Grazia che ha letto la storia in anteprima e che non finirò mai di ringraziare abbastanza per le bellezze che crea. In più, in un suo momento di noia (testuali parole), ha creato anche queste altre due meraviglie che vi linko qui, sui cuori.  ♥
  5. Il betaggio, invece, è opera di Pia che ha rigirato questo primo capitolo come un calzino per scovare virgole fuori posto e altre oscenità di questo genere. Grazie per la pazienza.
  6. Un grazie va anche a tutte quelle persone che mi hanno coccolata su Twitter, su whatsapp (la Zenzera, Medusa, Fede e Vita), e su Ask mentre io non facevo che lamentarmi per questa storia. Siete tenere, tutte quante.
  7. Infine, altro grazie esclusivo a Medusa che ha creato questa bellezza per farmi sentire coccolata.  



Buona lettura.







 

 





 
A Medusa, che nuota nei miei stessi abissi rischiarandoli con i suoi tentacoli.
Una storia pescegatto, “marina” come noi.
Buon compleanno, anche se in ritardo di quasi sette mesi.



 



Louis
 
Alla fine del suo racconto, Niall aveva le guance chiazzate di rosso: vermiglio e carminio insieme.
Ridacchiai per l’imbarazzo del mio coinquilino ma tossicchiai in un pugno per evitare che se ne accorgesse: prenderlo in giro dopo ciò che mi aveva appena confessato avrebbe fatto perdere punti alla nostra amicizia e alla nostra – fino a quel momento civile – convivenza.
Controllai un sorriso che, dispettoso, cercò di farsi spazio a tutti i costi sul mio viso e “Vediamo se ho capito bene.” esordii tentando di ricapitolare ciò di cui il mio amico mi aveva parlato fino a qualche secondo prima.
Lui annuì per farmi continuare abbassando lo sguardo sulle proprie mani: osservandolo attentamente riuscivo quasi a sentire la voce nella sua testa che, come un mantra, non faceva che ripetergli “smettila di arrossire, santo cielo!”.
Smisi di prestargli attenzione per lasciarlo da solo con la sua lotta interiore e mi alzai dalla poltrona del salotto iniziando a misurare la stanza con grandi falcate.
“Mi stai dicendo che due mesi fa ti sei iscritto ad una chat per ragazzi omosessuali e che lì sopra hai conosciuto questo Harvey” - “Harry…” lo sentii puntualizzare a mezza bocca- “e che adesso lui ti ha chiesto di poterti vedere in webcam?”.
Esposi il mio riassunto tutto d’un fiato e mi fermai di fronte alla grande libreria posizionata dalla parte opposta al divano su cui era seduto Niall.
Tornai a guardarlo per ottenere la conferma che il mio resoconto fosse esatto e lo vidi annuire senza ricambiare il mio sguardo.
Non seppi esattamente cosa lo stesse imbarazzando così tanto: non l’avrei certo giudicato per aver iniziato una relazione online con una persona di cui non conosceva praticamente nulla. La vita era la sua ed io al massimo gli avrei semplicemente consigliato di stare attento e di non fidarsi troppo.
“E’ con Harry” ripresi, ancora incerto sul nome, “che parli quando passi le ore a mandare messaggi con il cellulare?”.
Annuì di nuovo ma questa volta alzò gli occhi per fissarli nei miei, forse per scrutare davvero la mia reazione a tutto quello.
Scrollai le spalle, probabilmente deludendo le sue aspettative, e “Ok.” dissi soltanto, senza entusiasmo.
Si alzò anche lui dal divano per venirmi incontro.
“Non hai nient’altro da dire, Lou?” mi chiese con le guance leggermente più chiare di qualche secondo prima: stava vincendo la sua lotta interiore.
No, non avevo altro da dirgli. Non ero neanche sicuro di sapere quale fosse il reale motivo di quella conversazione.
Così, “Mmm…” feci finta di pensarci su, “mettiti una maglia carina per il vostro primo videoappuntamento.”.
Uno sbuffo fuoriuscì dalla sua bocca ma non ci feci molto caso, troppo occupato a recuperare la mia felpa dalla poltrona per tornare nella mia stanza e troncare lì il discorso.
Non mi fu concesso, ovviamente, perché Niall mi prese per un braccio e “Devi farlo tu al posto mio.” disse agitatissimo, quasi con gli occhi azzurrissimi fuori dalle orbite.
Mi ritrovai a scrutarlo confuso e a sbattere le palpebre più volte sperando che quel lieve spostamento d’aria mi mandasse ossigeno al cervello e mi permettesse di capire cosa il mio coinquilino stesse cercando di dirmi.
“Come dici?” gli chiesi infine, rinunciando all’idea di arrivarci da solo.
Lui prese fiato, ignorando totalmente quel senso di smarrimento che, ero sicuro, stesse caratterizzando i miei occhi in quel momento.
“Farai tu le videochiamate al posto mio.” mi spiegò risoluto, sicuro come non lo avevo mai visto essere su niente da quando lo conoscevo.
Lo fissai per qualche secondo di troppo prima di scoppiargli a ridere in faccia e avviarmi veramente nella mia stanza sperando che la mia improvvisa ilarità fosse una risposta abbastanza esaustiva per lui.
 
La speranza che quel discorso non riuscisse più fuori morì circa due giorni dopo quando Niall entrò in cucina senza – inizialmente - rivolgermi la parola.
Lo vidi aggirarsi nervoso, destreggiarsi tra il frigorifero e il piano cottura per poi aprire il forno e richiuderlo con la stessa espressione insofferente sul viso.
Mi gustai la scena comodamente seduto a tavolino e solo quando iniziai a temere di vedere del fumo uscire dalle sue orecchie mi arrischiai a chiedergli “Tutto ok, Nialler?” sperando che in risposta non decidesse di sfamarsi con me.
“Non sento Harry da ieri a pranzo.” mi informò invece con voce calma e flebile, nemmeno si vergognasse di dirlo con un tono più alto.
Mi presi qualche momento per fare mente locale e ricollegare il nome “Harry” a qualcuno che potessi conoscere e, solo quando mi tornò in mente la conversazione di qualche giorno prima, annuii e lo lasciai continuare.
“Si sarà stancato di me,” si lamentò raggiungendomi al tavolo, “sono già due volte che metto su scuse per non usare la webcam.”.
Lo fissai per qualche secondo cercando di capire cosa potesse trovare di così sbagliato nel suo aspetto tanto da aver paura di farsi vedere da qualcuno. Perché sì, sapevo che fosse la sua bassa autostima a frenarlo in tutta quella situazione. L’avevo capito nel momento esatto in cui aveva chiesto a me di farmi vedere al posto suo.
“Niall” lo richiamai allora, sedendomi più vicino a lui, “non dovresti farti tutti questi problemi.”
Tra di noi non era mai stato così e, in tutta onestà, non sapevo da dove iniziare quel discorso o come tirarlo su di morale. Tra i due era sempre stato lui quello con la battuta pronta, il più chiacchierone, quello capace di risolvere tutto con uno scherzo o una barzelletta detta per smorzare le tensioni.
A ruoli capovolti, probabilmente avrebbe trovato con facilità il modo di convincermi a mostrarmi per quello che ero senza farmi troppe paranoie.
Ma io non ero lui e lui non era me e in quel momento non mi venne in mente niente di utile per poterlo aiutare in qualche modo.
“Io l’ho visto, Lou.” mi rispose affranto, ignorando completamente il mio incoraggiamento e decidendo, invece, di mettermi al corrente di quel particolare “Lui non sa che faccia ho mentre io ho avuto la possibilità di vedere alcune sue foto.”.
Lo lasciai spiegare di come avesse sempre evitato di mettere sue immagini personali in quella chat preferendo, invece, foto di alcuni suoi artisti preferiti. Mi confessò che fu proprio per commentare un’immagine di John Mayer che Harry l’aveva contattato per la prima volta. 
Da lì si erano sentiti per poco più di due mesi, fino a quel momento.
Potevo capire perché a quell’Harry stessero iniziando a venire dei dubbi sulle buone intenzioni di Niall. Nessuno poteva biasimarlo se dopo tutto quel tempo stesse pretendendo di dare un volto al ragazzo con cui parlava ormai ventiquattro ore su ventiquattro da più di sessanta giorni.
Harry, a detta del mio coinquilino, era oggettivamente bello: moro, spettinato – “Ma un tempo era riccio, l’ha addirittura giurato!”- occhi grandi e chiari – “Il colore non so dirtelo: sembrerebbero verdi ma forse sono grigi.”- e gambe da far invidia ad una donna. Lasciai Niall libero di sfogarsi, tanto da arrivare a dirmi che su quelle gambe ci aveva già fantasticato in tutti i modi possibili e immaginabili.
“Ok ok” lo fermai, “credo di avere un quadro completo sia della situazione che di Harry, Niall.”.
Ridacchiò, finalmente un po’ più rilassato, ma vidi i suoi occhi rabbuiarsi subito dopo come se in un attimo fosse tornato con i piedi per terra e la consapevolezza di doversi mostrare a quel ragazzo avesse ripreso ad angosciarlo.
Allora lo anticipai, riprendendo a parlare di nuovo: “Ha parlato con te per più di due mesi.” gli feci notare, sfiorando il suo ginocchio con il mio, “Gli piaci già. Pensi che ti lascerebbe perdere se il tuo aspetto non dovesse soddisfarlo abbastanza?”.
Scrollò le spalle e “Non lo so. Due mesi non sono poi così tanti per conoscere una persona.” mi disse, sputando fuori quella verità come se nulla fosse.
I suoi timori, in fondo, non erano poi così scontati: sembrava tenerci davvero a quella storia e forse stavo sottovalutando le sue paure.
“E non credi che mentirgli possa deluderlo ancora di più?” mi ritrovai a chiedergli nuovamente.
Ma a quello non rispose.
Non seppi esattamente cosa della mia domanda lo fece scattare in piedi in modo quasi euforico. Ma lo fece e, parandomisi davanti, “Ti prego Lou, dimmi che hai ripensato alla mia richiesta e che ti farai vedere al posto mio. Se rifiuterà te non ci resterò tanto male.” snocciolò tutto d’un fiato.
Boccheggiai per qualche secondo prima di scrollarmelo da davanti e liquidarlo con un “Grazie tante!” parecchio sarcastico.
Poi tornai serio, “Comunque no, non ho ripensato ad un bel niente e sono ancora dell’idea che non dovresti mentirgli.” lo informai, scendendo a mia volta dal tavolo.
Mi seguì fino al frigo da dove tirai fuori una bottiglietta d’acqua: sapevo si sarebbe trasformato nel Niall petulante che tanto detestavo.
Gli avevo forse dato speranza di aver rivalutato la sua supplica di qualche giorno prima con quell’ultima mia domanda?
Mi prese per le spalle, scuotendomi e risvegliandomi dai miei pensieri, e poi mi disse ciò che da lì a qualche secondo mi avrebbe convinto ad accontentarlo.
“Lou,” iniziò serio, “ti assicuro che gli dirò tutto. Non dovrai farlo per molto tempo ma soltanto fino a quando non troverò la forza di fargli vedere chi sono. E lo so che hai tutti i motivi per pensare che questa cosa potrebbe richiedere secoli di tempo ma so che non è così, fidati.”.
E decisi di fidarmi.
Mi lasciai prendere dalla sincerità dei suoi occhi chiari nel pronunciare quelle poche frasi sconnesse e accettai di farmi vedere in webcam al posto suo.
Non saprei tuttora dire se con il tempo me ne pentii oppure no.
 
 
 
Niall
 
Sequestrai Louis per la restante parte del pomeriggio.
Lo convinsi a fare la prima videochiamata quella sera stessa e non solo perché ero impaziente di sentire la voce di Harry - anche se, di fatto, non avrebbe parlato con me – ma anche perché non vedevo l’ora di scrivergli, e quella di informarlo della chiamata sarebbe stata un’ottima scusa da sfruttare.
Dovevo mettere al corrente Louis di moltissime cose su Harry. L’idea di dover addirittura studiare per poter fare una chiamata non entusiasmava molto il mio coinquilino ma non potevamo rischiare di essere scoperti prima del tempo.
Avrebbe mantenuto la conversazione sul vago, senza scendere troppo sul personale e, dal momento che, per ovvie ragioni, io sarei stato nella stessa stanza con lui ad ascoltare, avremmo trovato il modo di comunicare nel caso in cui si fosse trovato in difficoltà.
Lo informai delle passioni di Harry: della musica che preferiva, della sua mania per le macchine d’epoca e per le bandane da incastrare tra i capelli, dei suoi tatuaggi più belli e di quelli che per lui non avevano più significato e che, pertanto, stava cercando di coprire con altri. Gli parlai di quasi tutto quello che ci eravamo confidati tenendo per me i momenti che continuavo a ricordare con più affetto, come la prima volta che Harry mi aveva detto di essersi addormentato pensando a me.
Mi venne da riderci su, riflettendoci: come poteva aver preso sonno grazie a me se non mi aveva mai neanche visto in faccia? Mi domandai in che modo avesse immaginato il mio viso.
Louis sbuffò un considerevole numero di volte quel pomeriggio e probabilmente si perse almeno la metà delle informazioni che gli diedi ma ero troppo euforico per potermi curare sul serio di lui e delle sue disattenzioni.
“Niall,” mi fermò dopo circa un’ora di chiacchiere incessanti su Harry, “non mi sottoporrà ad un test e non si porrà il problema di verificare che io sia a conoscenza di queste cose per il semplice fatto che sarà convinto di star parlando con te.”.
Alzai gli occhi al cielo, più per essere stato interrotto nel bel mezzo del mio sproloquio che per quella precisazione in sé.
“Lo so, Lou,” gli risposi seccato, “ti sto dicendo queste cose solo per non farti trovare impreparato nel caso in cui lui dovesse uscirsene con uno di questi argomenti di cui abbiamo già parlato in chat.”.
Si passò una mano sul viso e “Ok, sono abbastanza preparato.” mi liquidò prima di scomparire dalla mia vista.
Non lo fermai: era meglio non tirare troppo la corda con lui. La sua mente era in grado di cambiare idea da un momento all’altro se sottoposta a troppo stress, e non mi sembrò il caso di rischiare quella sera. 
Per di più, avevo un messaggio da scrivere ad Harry e restare solo non mi dispiaceva affatto.
La chat non la usavamo più da un po’ di tempo - più o meno da quando avevamo deciso di scambiarci i numeri di telefono - quindi optai per un semplice sms.
Non sapevo con esattezza cosa avrei dovuto dirgli e il fatto che non ci stessimo sentendo da più di dodici ore non stava aiutando per niente il mio stato d’ansia. Non sapevo se fosse seccato o arrabbiato con me per le scuse che avevo tentato di rifilargli ad ogni sua proposta di accendere la webcam, ma la certezza che ciò che stavo per dirgli avrebbe potuto sistemare le cose mi diede il coraggio necessario per prendere il cellulare in mano e digitare un semplice “Videochiamata stasera? .x” con la speranza che rispondesse presto.
In contrasto con i miei auspici e improvvisamente spaventato dall’idea di ricevere un rifiuto lanciai il cellulare sulla scrivania come se fosse, in un attimo, diventato bollente.
Iniziai a chiedermi in che modo avrei reagito se Harry mi avesse comunicato di aver cambiato idea. Cosa avrei fatto se mi avesse risposto di aver trovato qualcun altro con cui parlare perché troppo seccato dal mio continuo rimandare?
Non ero innamorato di lui, ovviamente, ma forse ci sarei rimasto male lo stesso.
Mi buttai sul letto della mia stanza, dove poco prima era seduto Louis, e schiacciai i palmi delle mani sugli occhi, neanche temessi che il cervello potesse uscire fuori dalle mie cavità per i troppi pensieri.
Mi riscossi solo quando sentii la vibrazione del telefono generare un suono quasi gracchiante con la superfice della scrivania.
Sbarrai le palpebre ma rimasi a fissare il soffitto per qualche secondo senza accennare minimamente a muovermi, l’euforia di qualche minuto prima totalmente scomparsa nel nulla. O nella paura.
Dopo diversi minuti mi costrinsi a fare un respiro profondo e ad alzarmi per raggiungere il tavolo a pochi metri da me. Le mani sudate per il nervosismo presero a tremarmi mentre afferravo il telefono per sbloccarlo e leggere il messaggio in arrivo.
Recitava soltanto “Va bene. .x” e prima di riuscire a tirare un sospiro di sollievo ne arrivò un altro. Stesso mittente, stessa punteggiatura quasi troppo corretta per un semplice sms: “Non vedo l’ora.”.
 
Mi precipitai fuori dalla stanza urlando il nome del mio coinquilino a gran voce, facendolo rimbombare nel corridoio tra le camere e la cucina.
Quando raggiunsi il salotto, però, l’eccitazione e il rossore sulle mie guance scomparvero all’istante.
Accanto al mio migliore amico c’era il suo migliore amico.
Alto, magro come nessun ragazzo sano dovrebbe essere, capelli scuri come la notte e con l’immancabile Malboro incastrata sull’orecchio destro.
Se avessi dovuto descrivere Zayn Malik con una sola parola, avrei scelto “irritante”.
 
 
 
Zayn
 
Lo zerbino fuori l’appartamento di Louis riportava la scritta “You again?”.
“L’ha sicuramente comprato lui.” mi ritrovavo a pensare ogni volta che, sorridendo, leggevo a mente quelle parole con lo stesso tono di voce con cui le avrebbe lette il mio migliore amico.
Ci strofinai sopra le suole delle mie Dr. Martens e bussai come mio solito, ignorando di proposito il campanello.
Una cosa che io e Louis avevamo in comune era l’odio nei confronti di tutto ciò che fosse particolarmente squillante, e il campanello di quella casa rientrava di certo tra quelle cose.
“Ah, sei tu.” constatò proprio lui quando aprì la porta quel tanto sufficiente a lanciare un’occhiata fuori.
“Lo zerbino è proprio suo. Appunto.” pensai ancora una volta per poi alzare il mento a mo’ di saluto ed entrare nel suo salotto senza neanche aspettare un invito.
“Come sono andate le lezioni del pomeriggio?” mi chiese, chiudendo la porta con un tonfo.
Scrollai le spalle e “Vorrei una birra.” risposi come se quelle parole fossero pertinenti alla sua domanda.
Mi tolsi la giacca poggiandola sul bracciolo del suo divano e guardandolo avviarsi verso il frigo della cucina, probabilmente per soddisfare la mia richiesta.
Quando tornò mi parve dieci volte più stanco di quanto mi fosse sembrato qualche secondo prima.
“Qualcosa non va, Tommo?” indagai allora, sfilandogli la mia birra dalle mani per poi prenderne un lungo sorso.
Si passò la mano sul viso, come per scacciare via una fatica incredibile, e “Niall mi ha costretto…” iniziò a raccontare per poi fermarsi quando le urla della persona appena nominata invasero la stanza con una violenza tale da farmi trasalire.
Quando il biondo arrivò in salotto il suo sguardo mi sembrò raggiante ma si rabbuiò in un attimo alla mia vista.
I suoi denti perfettamente allineati erano messi in mostra da un sorriso luminoso; le sue guance erano arrossate per l’eccitazione e, forse, anche per la corsa che aveva fatto per raggiungere Louis dalla sua camera. E i suoi pozzi azzurri, infine, erano quasi totalmente scomparsi dietro le lunghe ciglia chiare, apparendo come due piccole gocce di acqua oceanica, invisibili per un qualsiasi occhio distratto. Non certo per il mio.
Se avessi dovuto descrivere Niall Horan con una sola parola, avrei optato per il semplice, ma pur sempre efficace, “bellissimo”.
 
Mi mise a fuoco, non aspettandosi di trovarmi lì, e tornò serio come se il mio arrivo gli avesse in un attimo rovinato la giornata.
“Pensavo fossi solo.” disse glacialmente in direzione di Louis.
Distolsi lo sguardo prima di rimanere scottato dal suo e “Ciao, Niall.” lo salutai, non aspettandomi di ricevere risposta.
Cosa che, infatti, non accadde.
Forse, un giorno, qualcuno sarebbe stato in grado di spiegarmi il motivo del suo odio nei miei confronti.
A detta di Louis, però, quel motivo non l’avrei trovato mai perché del tutto inesistente.
 
“Niall vive di sensazioni.” mi aveva spiegato la volta che, trovando il coraggio chissà dove, gli avevo chiesto chiarimenti riguardo il comportamento del suo coinquilino, “Se gli resti antipatico è difficile che cambi idea su di te.”
Non mi ero più arrischiato a chiederli altro sulla faccenda. E tanto meno ero riuscito a confessargli il mio interesse per il biondo dal momento che, dalle sue parole, mi era parso chiaro che per me non ci sarebbe stata neanche una misera occasione di conquistarlo.
 
“E invece è arrivato Zayn.” gli rispose Louis con un sorriso. Apprezzai il suo tentativo di smorzare la tensione venutasi a creare ma Niall non sembrò intenzionato a mantenere le cose tranquille.
“E perché è qui?” continuò, come se io non fossi presente nella stanza.
Il mio migliore amico si girò verso di me, inclinò la testa da un lato e “Perché sei qui, Zay?” mi chiese con espressione sinceramente curiosa.
Scrollai le spalle e bevvi un po’ della mia birra. Non c’era un vero motivo per giustificare la mia presenza lì. La mia vita si divideva tra università, appartamento di Louis e casa mia. In tutta onestà, non avevo mai pensato di dover trovare ragioni per poter andare a trovare il mio migliore amico.
Niall borbottò un “Loquace.” del tutto sarcastico e, tornando ad ignorarmi, si stampò di nuovo il suo sorriso smagliante in faccia, come se la parentesi di qualche secondo prima non fosse mai avvenuta.
“Ho avvisato Harry.” riprese con quel tono di voce che gli sentivo usare solo con i suoi compagni di corso o con chiunque gli stesse simpatico. Quello stesso tono che, quindi, non aveva -e non avrebbe- mai usato con me.
“Ah sì?” replicò Louis scocciato. Solo in quel momento mi ricordai del fatto che stesse cercando di raccontarmi qualcosa prima dell’arrivo di Niall.
“Per stasera è tutto confermato. Ceniamo e lo chiamiamo.” andò avanti il biondo per poi ruotare su se stesso e lasciarci di nuovo soli.
Rimasi un attimo impietrito.
Poggiai la mia birra sul tavolinetto da caffè di fronte al divano e, con un filo di voce, chiesi “Harry?” pentendomene subito dopo. Non ero sicuro di voler sapere.
Louis fece qualche passo per raggiungere la sua poltrona e ci si buttò sopra a peso morto.
“Sì, Harry.” rispose enfatizzando quel nome con aria annoiata.
Si sistemò un cuscino sulla pancia e “È quello che stavo cercando di raccontarti prima che arrivasse quel rompipa-.” riprese.
Ma “Louis, parla.” lo interruppi in modo brusco, improvvisamente impaziente di capire chi fosse il ragazzo tanto fortunato da essere stato nominato dalla bocca rosea di Niall.
Patetico, ecco quello che ero.
Il mio migliore amico mi guardò stralunato per i miei modi rudi e mi spiegò tutto per filo e per segno, non prima di aver bofonchiato “Qualcuno ha le palle girate.” con voce neanche troppo bassa.
Alla fine del suo racconto le mie mani erano rosse per la tortura che si erano inflitte a vicenda.
Non dissi niente. Non potevo confessargli quanto mi stesse ferendo il fatto che si fosse prestato ad aiutare Niall ad approfondire la conoscenza di quel ragazzo. Anche perché, in tal caso, avrei dovuto spiegargli il motivo del mio risentimento. E non avevo alcuna intenzione di farlo.
Recuperai la mia giacca e, con occhi vacui, annunciai “Io vado.” dirigendomi verso l’uscita.
“È stato un piacere anche per me, Zay!” mi rispose sarcasticamente Louis prima di urlare un “Westside” come saluto definitivo.
Mi chiusi la sua porta alle spalle, la sigaretta già tra le labbra.
 
 
 
Louis
 
“Ho anche sistemato la tavola al posto tuo, Lou!” mi rinfacciò Niall vedendomi comodamente seduto in poltrona, esattamente come mi aveva trovato dopo l’uscita di scena di Zayn.
“E lo farai anche per le sere a venire, Nialler.” gli risposi con un sorrisino irriverente “È il minimo, considerando quello che sto per fare per te.”.
Non ebbe il coraggio di rispondermi a tono. Sbuffò soltanto e si sedette sul divano afferrando la bottiglia di birra poggiata sul tavolino da caffè, ne prese un sorso e restai lì a godermi la scena fin quando non lo vidi deglutire.
Sorrisi ancora, strafottente, per poi “Era la birra di Zayn, quella.” metterlo al corrente pronto a godermi la sua reazione.
Lo osservai farsi paonazzo, storcere la bocca e poggiare in malo modo la bottiglia sul tavolino.
“Grazie tante per avermi avvisato in tempo.”.
Risi, questa volta di cuore, e solo quando riuscii a tornare di nuovo calmo introdussi l’argomento.
“So già come risponderai,” iniziai incerto, “ma come mai ce l’hai tanto con il mio migliore amico?”.
Lui alzò gli occhi al cielo, infastidito.
“Sensazioni.” disse poi, esattamente come mi aspettavo.
Fortunatamente continuò a parlare prima ancora che potessi interromperlo con altre domande.
“Ha quell’aria di superiorità perennemente stampata in faccia, puzza come una ciminiera e porta l’erba in casa nostra.” elencò per poi chiedere, saccentemente, “Ti basta come spiegazione?”.
Non che fossi nella posizione di smentirlo, vista la veridicità di quelle affermazioni sul mio migliore amico, ma mi sembrò comunque giusto accertarmi “Sai che, nonostante tutto questo è una bravissima persona, vero?” cercando di sembrare serio.
Niall alzò le spalle e chiuse la conversazione sussurrando “Tanto che differenza fa se mi è simpatico o no?” e accasciandosi sul divano alle sue spalle.
Non gli dissi che avevo il sospetto che a Zayn potesse interessare la sua simpatia; non volevo rovinargli la serata e soprattutto non volevo parlare a sproposito: in fondo era solo una mia considerazione e c’era la possibilità che avessi frainteso le reazioni del mio migliore amico in circostanze riguardanti Niall. Come quella di qualche ora prima, quando, dopo avergli raccontato di Harry, si era alzato con sguardo triste senza neanche dire una parola sulla questione.
Lo conoscevo abbastanza da poter scommettere che se la situazione avesse riguardato qualcun altro, un commento sprezzante dei suoi l’avrebbe speso sicuramente.
 
A distogliermi dai miei pensieri fu la vibrazione del telefono di Niall.
Il biondo scattò in piedi come una molla e “Ci siamo.” annunciò euforico leggendo il messaggio, “Harry dice di essere pronto.”.
Da lui dovevano essere le undici visto che noi avevamo da poco finito di mangiare. Da quando ci eravamo trasferiti a Chicago avevamo preso l’abitudine di cenare presto come tutti gli americani; erano da poco passate le cinque. 
Si avvicinò alla poltrona e, tirandomi per le mie braccia, mi costrinse ad alzarmi e seguirlo nella sua camera dove il pc era già pronto sul letto.
L’ansia iniziò ad assalirmi proprio in quel momento. Non l’avrei mai ammesso ad alta voce, non dopo essermi atteggiato da indifferente per tutto il giorno.
Non conoscevo quell’Harry, non avevo mai avuto a che fare con lui e non ero io la persona che nel futuro avrebbe approfondito la sua conoscenza, eppure non potei non sentirmi un po’ protagonista in quella situazione.
Nonostante Niall mi avesse convinto a farmi vedere al posto suo per una questione di autostima e per il fatto che, se Harry avesse rifiutato me, non ci sarebbe stato molto male, non avevo avuto modo di chiedermi, fino a quel momento, in che modo avrei potuto reagire io ad un no.
Sarebbe stato comunque un rifiuto, anche se da uno sconosciuto?
Tentai di prendere dei respiri profondi mentre Niall avviava la richiesta di videochiamata da Skype e continuai a ripetermi che non mi sarebbe importato niente se il ragazzo che stava per apparire sullo schermo di fronte a me mi avesse riso in faccia chiudendo il collegamento.
Ebbi a malapena il tempo di vedere Niall scomparire dal mio fianco e iniziare a passeggiare nervosamente in quella parte della stanza invisibile alla telecamera, che un viso enorme prese spazio su tutto lo schermo del pc.
 
Dovetti sbattere le palpebre per una, due, forse anche dieci volte, la bocca improvvisamente secca e incapace di articolare anche le parole più stupide.
La prima cosa che pensai fu: “Ragazzi così non esistono realmente.”.
E, probabilmente, sarei rimasto di quell’idea per sempre se solo Harry, con voce un po’ metallica, non avesse dato inizio alla conversazione con un “Ciao.” tanto splendente da fargli nascere due profonde indentazioni sulle guance.
Tossii in un pugno.
“Ehi, ciao.” risposi come se lo conoscessi da una vita e quella non fosse affatto la nostra prima videochiamata. O meglio, la prima videochiamata sua e di Niall.
Sorrisi, anche se in ritardo. Probabilmente il mio coinquilino si era descritto come una persona solare e spigliata e dovevo dare l’impressione di essere tale.
Harry si sistemò la manica della t-shirt nera che stava indossando e per un attimo mi sembrò davvero in imbarazzo.
“E così tu sei Niall.” riprese, come realizzandolo in quel momento.
Mi irrigidii appena in un movimento che lui non avrebbe mai potuto scorgere attraverso un computer. Vidi il biondo seduto sul letto di fronte a me ma “dietro” ad Harry annuire con vigore, come a volermi ricordare la versione dei fatti.
Lo ignorai per non distogliere lo sguardo dalla webcam e “Già…” risposi vago, quasi spaventato dal fatto che una parola di troppo da parte mia avrebbe potuto insospettirlo.
Ci guardammo per qualche secondo senza dire niente.
Riuscivo a sentire l’insofferenza di Niall nonostante mi stessi imponendo di non guardarlo. Lui, al posto mio, avrebbe già intavolato una discussione su qualche artista o su qualsiasi altro argomento: era un genio in quanto a chiacchiere inutili.
Per un attimo mi pentii di non averlo ascoltato con attenzione quel pomeriggio. Forse non aveva tutti i torti: qualche dritta su possibili conversazioni da intavolare mi avrebbe potuto far comodo in quel momento.
“Pensavo avessi i capelli più chiari…” parlò di nuovo Harry, salvandomi dalla voglia di sotterrarmi per l’imbarazzo.
Come per riflesso mi passai una mano tra le ciocche più lunghe che mi ricadevano sulla fronte e “Forse sembrano più scuri con questa luce.” improvvisai non sapendo davvero cos’altro dire. Ogni minuto che passava mi pentivo sempre più di essermi messo in quella pessima situazione.
Niall alzò gli occhi al cielo e mosse le mani in modo frenetico per spronarmi a dire qualcosa, a non interrompere la conversazione un’altra volta.
Mi grattai il filo di barba che mi ricopriva le guance e “Spero che gli occhi siano abbastanza azzurri.” scherzai, cercando di risultare simpatico.
Purtroppo mi resi conto proprio in quel momento che parole del genere sarebbero parse divertenti solo se dette da tipi come Niall. Con il mio tono di voce sembrarono sfrontate, acide e accattivanti insieme.
Mi pentii all’istante di averle pronunciate.
Harry comunque ci rise su. Per un attimo pensai di essergli passato del tutto inosservato ma, dopo essersi ripreso, disse “Stai già cercando di flirtare con me, Niall?”.
La maniera in cui avvampai fu quasi indecente.
Il mio coinquilino si affondò le mani nei capelli e scosse la testa in modo sconsolato.
Non stava andando affatto bene e avevo la sensazione che la situazione sarebbe soltanto potuta peggiorare.
Aprii bocca per rispondere ma lui mi interruppe di nuovo, probabilmente cogliendo il mio imbarazzo, e mi tranquillizzò.
“Sto scherzando.” sussurrò. Forse in un attimo si era ribaltata la situazione, trasformando lui in quello che aveva osato troppo. Abbassò lo sguardo sulle sue mani e prese a torturarle.
Non seppi esattamente perché ma mi piacque quel suo cambio repentino di umore.
Ebbi la sensazione di avere di fronte una persona all’apparenza affascinante e senza scrupoli ma dentro dieci volte più insicura.
Mi schiarii la gola e accontentai Niall cercando di introdurre un argomento innocuo.
“Allora,” iniziai con un sorriso “come è andata la tua giornata?”.
E da lì fu tutto più semplice.
Mi parlò delle sue lezioni all’università, del suo ultimo appuntamento dal tatuatore e di Liam, il suo migliore amico.
Il mio coinquilino prendeva a dondolarsi sul letto con aria sognante ad ogni sua parola.
L’avrei trovato ridicolo se solo non avessi ritenuto piacevole anche io il suono della voce di Harry. Era calmo, misurato, basso e –per mia grande gioia- per niente squillante.
Ascoltarlo non richiedeva alcuno sforzo e per un attimo mi balenò nella mente l’idea che mi sarebbe piaciuto continuare a farlo per molto, molto tempo.
Il mio amico si batté una mano sulla fronte quando si rese conto di non avermi nominato per niente Liam. Ma fortunatamente non dovetti intervenire in nessun caso nel monologo di Harry. Parlò a ruota libera per quelli che mi parvero secoli e secondi insieme, finché non fu il mio turno.
“Tu invece? Hai qualche novità da raccontarmi?” mi chiese “In fondo è più di un giorno che non ci sentiamo.”. E rise.
Fu facile e quasi spontaneo, per un attimo, lasciare che l’istinto di raccontargli la mia giornata – e non quella di Niall – prendesse il sopravvento.
Ignorando per l’ennesima volta i suggerimenti del biondo presi a parlare inventando di sana pianta ogni cosa. Tanto, come aveva detto anche Harry, non si sentivano da più di un giorno e la possibilità di dire qualcosa incongruente con la versione di Niall era pressoché inesistente, visto che non c’era nessuna “versione di Niall”.
Parlai anche io del più e del meno, di una normale giornata passata in facoltà, nonostante il mio coinquilino fosse stato tutto il giorno in casa, e conclusi con una frase che, sapevo, mi avrebbe portato a discutere con il biondo.
“E alla fine è arrivato Zayn, l’amico del mio fantastico coinquilino Louis. Ti ho detto che ultimamente mi sembra persino più simpatico?”.
Niall diventò paonazzo di fronte a me e mi sembrò quasi buttare fuori fumo dalle narici per la rabbia.
Repressi un risolino: da lì in poi avrebbe dovuto mantenere quella versione dei fatti riguardo Zayn.
Harry annuì con un sorriso gentile stampato in faccia dandomi conferma del fatto che il mio coinquilino gli avesse parlato del mio migliore amico e del suo odio nei suoi confronti.  
“Sono contento.” disse infine. E lo fece con una tale delicatezza che mi diede la sensazione di essere un ragazzo totalmente incapace di provare antipatia o rancore verso qualcuno, come se fosse del tutto fiducioso nella bontà dell’essere umano.
Mi sentii quasi in colpa: avrei dovuto dirgli che al mondo c’erano anche persone disoneste? Io e Niall, per esempio, lo stavamo ingannando proprio in quel momento. Avrebbe mai provato rancore verso di noi una volta scoperta la verità?
Mi rabbuiai con quei pensieri e mi resi conto che non sarei stato in grado di portare avanti la videochiamata ancora per molto.
Come prima volta poteva bastare.
Lo salutai mettendo su la scusa di dover uscire per incontrare degli amici in un pub e guardai con la coda dell’occhio il biondo annuire, come per dirmi “Ok, per oggi può andare.”.
La frase con cui Harry decise di salutarmi, invece, fu “Quando vuoi, possiamo rifarlo.” con un tono che era un misto tra speranza e preghiera.
 
 
 
Harry
 
Interruppi la videochiamata a malincuore.
Parlare con Niall mi era piaciuto fin troppo e onestamente non riuscivo a pensare ad un motivo valido per cui avesse rimandato così a lungo la possibilità di vederci.
Lui mi era sembrato semplicemente straordinario. Quei capelli, molto più lunghi di quanto li avessi immaginati, ricadevano sulla sua fronte scomposti e nascondevano a tratti i suoi occhi chiari e leggermente gonfi.
La sua carnagione era più scura di come me l’aveva descritta la volta in cui mi aveva confessato di essere uno incline ad arrossire facilmente.
Nonostante ciò niente di lui aveva deluso le mie aspettative e non l’avrei scambiato con nessun altro ragazzo al mondo, neanche se me ne avessero dato la possibilità. 
Con che coraggio avrei potuto preferire una qualsiasi altra persona a lui dopo aver visto la stoffa di cui era fatto il suo sorriso?
Sentivo il bisogno di avviare una nuova chiamata ma l’idea che sarei potuto risultargli strano mi terrorizzò. Per di più mi aveva già detto di dover uscire.
Mi resi conto che parlare “faccia a faccia” con lui era stata una cosa totalmente diversa dal parlargli attraverso qualche sms. Mi era sembrato subito tutto più reale, come se il passo successivo sarebbe stato toccarlo. E magari, con un po’ di fortuna, sarebbe successo presto.
Come potevo già sentire la sua mancanza? Era totalmente assurdo.
Prima della videochiamata ero riuscito a stare un intero giorno senza contattarlo. Ma dopo averlo visto e dopo aver sentito la sua voce era cambiato tutto. Quella sera avrei potuto finalmente addormentarmi con il suo volto stampato nella mente.
All’improvviso mi ricordai di aver fotografato lo schermo del pc durante la chiamata per ricavarne uno stamp.
Lo recuperai con Paint sperando di aver colto un bel momento e, in un attimo, il volto di Niall mi apparve occupando l’intera pagina.
Non so, di preciso, quale divinità ringraziai per avermi permesso di cogliere un momento di totale fermezza: il suo volto immortalato era sorridente e per niente sgranato. Poteva sembrare una fotografia.
Tagliai via la parte comprendente anche il mio volto e la impostai come sfondo del desktop senza preoccuparmi di sembrare ridicolo perfino a me stesso.
Ogni volta che avrei acceso il pc mi sarei ritrovato a flirtare con l’alta possibilità di avere un attacco cardiaco ma la gioia di quella sera non poteva, per nessun motivo al mondo, essere smorzata da cattivi pensieri.
 
La serratura della porta scattò quando ancora ero seduto sul divano del salotto con il computer poggiato in grembo.
Il mio migliore amico fece il suo ingresso con due buste della spesa in mano che avevano l’aria di essere parecchio pesanti. O forse era la sua aria stanca da “post turno serale” a farle sembrare più difficili da trasportare.
Mi alzai a malincuore per andare ad aiutarlo e “Ho appena finito di parlare con Niall.” gli riferii eccitato. In fondo una gioia non è davvero una gioia se non condivisa con qualcuno d’importante.
Lui mi guardò per un breve secondo prima di “Mh mh,” mugolare, “e qual è la novità? Non fai altro, praticamente.”.
Poggiai la busta che avevo in mano sul tavolo della cucina, un piccolo angolo cottura che il proprietario del nostro appartamento ci aveva spacciato per “quinta stanza” insieme al salotto, le due camere da letto e l’unico bagno che eravamo costretti a condividere.
In ogni caso, io e Liam eravamo stati troppo eccitati dall’idea di trasferirci insieme a Londra – “prendere casa con il proprio migliore amico” e tutto il resto – per fare i problematici con il proprietario quando fu l’ora di firmare il contratto. La prima casa a basso prezzo ci era andata più che bene.
“Intendo dire che l’ho visto e che ho sentito la sua voce.” ribattei, stizzito, alla sua constatazione.
Il mio amico buttò quasi la sua busta a terra e, con occhi sbarrati, “Oddio, è qui?” disse passandosi le mani nei capelli.
Sbuffai, riconoscendo una delle sue perfette scene teatrali, una di quelle che metteva su ogni volta che gli parlavo di Niall.
“Tramite Skype, imbecille.” sussurrai in imbarazzo.
La sua espressione tornò in un attimo normale, esattamente come mi aspettavo.
“Ah ecco…” commentò, “quindi non l’hai né veramente visto né veramente sentito.”.
Il suo tono da saccente era una delle poche cose che detestavo di lui. Mi fece innervosire ma tentai di rimanere calmo per non rovinarmi la serata.
“So come la pensi sul conoscere gente in rete ma sarebbe carino se mostrassi un po’ di gioia per una cosa bella che mi è capitata.” risposi seccato “Per me è importante.”.
Lui prese un respiro profondo e si mise a sedere a tavolino, improvvisamente con un aspetto molto più stanco di qualche secondo prima.
“Non voglio darti l’impressione di non essere felice per te, Haz,” mi spiegò “ma non capisco perché tu ti stia fissando così tanto con questo ragazzo!”.
Aprii bocca per ribattere ma lui non me ne diede la possibilità.
“Potresti uscire e incontrare qualcuno qui. Siamo a Londra, cavolo! E tu… ti sei visto? Potresti avere chiunque.”.
Sapevo esattamente cosa stesse facendo ma adularmi per farsi perdonare non avrebbe funzionato: non quella sera, non quando tutto ciò che avevo sperato da parte sua era stato un semplice sorriso, anche finto, che però non era riuscito ad arrivare.
Scrollai le spalle fingendo indifferenza e “Non ho più fame.” dissi abbattuto mentre uscivo dalla cucina per restarmene un po’ da solo.
Passai in salotto per recuperare il pc, la foto di Niall a troneggiare sul mio sfondo, e mi chiusi in camera sbattendo la porta con un calcio.
La verità era che odiavo sentire quelle cose da Liam perché da una parte non potevo fare a meno di pensare che avesse ragione.
Dove mi avrebbe portato quel rapporto che stavo cercando di vivere a tutti i costi? E potevo davvero definirlo “rapporto”?
Quelle domande tornavano a martellarmi nella testa ogni volta che affrontavo il discorso con il mio migliore amico, ogni volte che lui tentava di riportarmi con i piedi per terra.
Non avevo mai avvertito in modo così pressante come in quel momento la paura che non sarei mai riuscito a toccare Niall
 
 
 
Liam
 
Sbuffai frustrato quando sentii la porta della camera di Harry sbattere con violenza.
Mi pentii di essere stato brusco e di avergli rovinato la serata, ma renderlo partecipe dei miei pensieri era stato più forte di me.
Ogni volta che mi parlava di Niall non potevo fare a meno di dargli il mio parere. Non avevo nulla contro quel ragazzo e non mettevo in dubbio il fatto che fosse una bravissima persona in grado di mettere di buon umore il mio migliore amico. Tuttavia non riuscivo a non pensare al fatto che tutto quello non li avrebbe portati da nessuna parte.
Erano mesi che si sentivano eppure ritenevo lontana, se non addirittura improbabile, la possibilità che sarebbero riusciti ad incontrarsi presto.
Harry ovviamente non la pensava come me: Niall stava frequentando l’università in America ma aveva origini irlandesi, e il mio migliore amico era convinto che prima o poi sarebbe tornato. E a quel punto vedersi non sarebbe stato così complicato.
Ma quando sarebbe successo? E, soprattutto, sarebbe davvero successo?
Non volevo che Harry si facesse false speranze e non volevo neanche che sprecasse l’opportunità di farsi una storia “vera” qui con persone in grado di farlo sorridere toccandolo, piuttosto che raccontandogli una barzelletta dall’altra parte di uno schermo.
Sapevo che mettere becco sulla sua vita privata fosse sbagliato ma era del mio migliore amico che si stava parlando, della persona che conoscevo di più al mondo e restarmene con le mani in mano non era un’opzione nemmeno da prendere in considerazione.
 
Decisi, in ogni caso, di ingoiare il rospo per quella sera.
Avevo già fatto un danno distruggendo l’umore di Harry e continuare a parlare di quella storia sarebbe stato controproducente.
Quindi, dopo aver mangiato da solo a quell’orario improponibile, mi stampai in viso l’espressione più dispiaciuta che potessi improvvisare e con un piatto di verdure troppo cotte e un hamburger freddo e secco mi diressi verso la sua camera. Sapevo che non aveva ancora mangiato: mi aspettava sempre quando avevo i turni serali al negozio in cui lavoravo.
Bussai un paio di volte prima di sentire un “Vattene.” brusco dall’altra parte.
Alzai gli occhi al cielo nel constatare quanto Harry fosse ancora un bambino in fatto di liti.
Aprii la porta, certo che non volesse davvero mandarmi via, e infatti quando entrai, non disse assolutamente niente.
Era allungato sul letto a pancia in su con il pc acceso ai suoi piedi ma totalmente abbandonato: come sfondo del desktop l’immagine di un ragazzo sorridente che non avevo mai visto prima.
Niall.
Presi un respiro profondo e con tono gentile pronunciai “E’ lui?” sicuro che avrebbe di certo capito a chi mi stessi riferendo.
Lanciò anche lui un’occhiata allo schermo ma non si bevve il mio tono interessato: sapeva che mi stavo sforzando solo per fargli un favore.
Mi tenne il broncio e borbottò un “Sì.” quasi privo di emozioni, tanto che per un attimo pensai non stesse parlando del suo Niall.
Non mi scomposi più di tanto, era quasi inevitabile che mantenesse quella faccia arrabbiata per un po’ di tempo. L’avevo previsto.
Pensai di buttarmi su un argomento del tutto diverso per smorzare un po’ la tensione.
“Ti ho portato la cena.” gli feci notare dal nulla.
Guardò il piatto che avevo appena poggiato sul suo comodino ma poi decise di tornare al soffitto come se niente fosse.
Forse quella sera avevo davvero esagerato.
Sbuffai: l’unica cosa che potevo fare era scusarmi, anche se nella mia testa sentivo di non aver fatto niente di male.
“Voleva essere un segno di pace.” spiegai “E vorrei che tu la mangiassi.”.
Rise.
“E’ avvelenata?” mi chiese “Visto che l’hai cucinata tu...”.
Sorrisi: fare dell’ironia era il primo segno che stesse cedendo.
Mi avvicinai al letto e mi allungai al suo fianco dandogli dei piccoli colpi con l’anca affinché mi facesse spazio sul materasso.
Mi assecondò e, quando mi sentii abbastanza comodo, allungai un braccio sulla sua pancia per abbracciarlo. Lo sentii rilassarsi sotto il mio tocco e capii che il peggio era passato.
“Parlami della videochiamata.” gli soffiai sul collo per poi poggiare il viso sulla sua spalla.
Per un attimo s’irrigidì di nuovo.
“Non devi chiedermelo per forza.” rispose con voce sottilissima.
“Se te l’ho chiesto è perché voglio davvero saperlo, Haz.” ribattei.
Ed era vero. Da un lato, anche se quella storia non mi convinceva totalmente, volevo comunque continuare ad essere il suo confidente; eravamo diventati l’uno la famiglia dell’altro da quando vivevamo soli e niente doveva mettersi tra noi.
Lui sospirò e prese a raccontare.
Lo lasciai spiegare di quanto fosse rimasto sorpreso dal sentir parlare Niall, come se fino a qualche ora prima avesse dubitato del fatto che anche lui potesse avere una voce. Mi spiegò che capiva perfettamente i miei dubbi riguardo quella storia ma che lui la percepiva comunque vera, esattamente come la nostra amicizia o come il rapporto stretto che aveva con sua madre e sua sorella.
Mi fece notare quanto, anche lui, non avesse ritenuto del tutto opportuna la relazione a distanza tra me e Danielle subito dopo il nostro trasferimento ma di come, allo stesso tempo, mi avesse appoggiato comunque fin dall’inizio sapendomi felice.
Si arrestò dopo un bel po’ e solo per controllare che non stessi dormendo.
Mi passò una mano sui capelli, “Mi piace davvero, Lee.” confessò in un mormorio.
Annuii contro la sua spalla, privo di forze per tentare qualsiasi altra cosa.
“Non so dove mi porterà tutto questo ma voglio scoprirlo.” aggiunse.
E tutto quello che mi sentii di dire prima di addormentarmi su di lui fu “Ti appoggerò finché non lo scoprirai, allora.”.
 
 
 
 
Zayn
 
“Sono passati dieci giorni e Niall non si decide a voler dire a Harry la verità.” si lamentò Louis al mio fianco.
L’aria del giardino del campus era troppo fredda per poter stare all’aperto ma non sarei stato in grado di seguire le lezioni del pomeriggio senza prima fumarmi una sigaretta.
Stavo giusto per ringraziare il mio migliore amico per avermi accompagnato nonostante non toccasse più la nicotina da un po’, quando lui introdusse quell’argomento.
Non volevo parlarne, non volevo sentire quanto Niall fosse preso da quel ragazzo, quanto, a detta di Louis, si eccitasse ogni volta che tramite chat fissavano l’orario di una nuova videochiamata.
E non volevo neanche sorbirmi il mio amico lamentarsene perché, in fondo, lui aveva accettato di partecipare a quell’inganno e stava assecondando Niall in tutto e per tutto.
Repressi il desiderio di urlargli in faccia che era anche colpa sua se da quando mi aveva parlato di quella storia facevo addirittura fatica a dormire la notte.
Ciò che avrei dovuto invece fare era semplicemente togliermi dalla testa il suo coinquilino e accettare l’idea che non avrebbe mai fatto parte della mia vita. O almeno, non nel modo in cui avrei voluto io.
Stavo per rispondere con uno dei miei mugolii, uno di quelli che utilizzavo quando volevo far credere al mio interlocutore di star seguendo il suo discorso o di non esserne particolarmente preso, ma Louis non me ne diede occasione perché pronunciò una frase che mi seccò letteralmente la gola.
“E la cosa peggiore, Zay,” disse quasi in un sussurro, come se non volesse farsi sentire, “è che a me sta bene così.”.
Si strinse nelle spalle quando mi voltai per guardarlo nella speranza di aver capito male. Mi sembrò molto più piccolo di quanto fosse in realtà: si stava vergognando di quella confessione.
Eppure non potei fare a meno di pensare che, vergogna o meno, si era dimostrato più coraggioso di me nel pronunciare quelle parole e nell’ammettere di provare piacere da una cosa oggettivamente sbagliata.
“Non credo di aver capito bene, Lou.” ammisi a mia volta, “In che senso ti sta bene così?”. Visto che non potevo più fingere di non provare interesse per quell’argomento, tanto valeva approfondire la questione.
Louis sbuffò frustrato, come se sapesse che rispondermi gli avrebbe procurato problemi e fatica.
Si sedette sulla panchina alle nostre spalle in attesa che lo raggiungessi.
Aspirai la Malboro e trattenni il fumo il più possibile fino a sentire i polmoni bruciare. Mi avvicinai a lui e mi posizionai al suo fianco.
“Ho capito sai?” mi disse, “So perché Niall non è riuscito a staccarsi dal suo cellulare per due mesi.”.
Rabbrividii al solo pensiero: quante volte l’avevo visto incollato al suo smartphone durante la pausa pranzo nel campus?       Quei sorrisi dolci rivolti allo schermo erano per Harry. Era per merito suo che le labbra del biondo s’incurvavano verso l’alto tanto da rendere i suoi occhi ancora più luminosi e accesi.
“Parlare con Harry,” mi confermò Louis, “è semplice, divertente… naturale.”.
Altra fitta allo stomaco, ma non intervenni. Aspirai di nuovo.
“Parla in modo talmente lento da essere quasi rilassante e il suo inglese è così perfetto che potrebbe essere usato per un doppiaggio.” continuò per poi aggiungere, senza neanche rifletterci, “Mi manca l’accento inglese.”.
Soffiai fuori il fumo in uno sbuffo.
“So che è sbagliato.” concluse, forse in attesa che dicessi qualcosa a riguardo anche io.
E non riuscii proprio a trattenermi dal dire “Sì, Lou, è del tutto sbagliato.” con più acidità di quanto avrei voluto.
Quanto poteva essere assurda quella situazione?
Il mio migliore amico si stava interessando al “ragazzo” di Niall per cui io, a mio volta, avevo una cotta.
Dovevo esserne contento? Per un secondo pensai che magari Louis avrebbe potuto allontanarli e questo, egoisticamente parlando, sarebbe stato un bene per me.
Scossi la testa, già pentito di aver anche solo formulato quel pensiero.
Mi alzai di scatto per tornare a lezione. Non avrei sopportato neanche per un minuto in più l’idea di portare avanti quella conversazione.
“Dovresti tirartene fuori prima di combinare qualche casino dei tuoi.” sputai ancora, pieno di veleno.
Ma quella volta lui reagì, improvvisamente spoglio della vergogna di qualche minuto prima.
“E tu, non dovresti accusarmi di niente, tanto meno di disonestà, dal momento che non riesci neanche ad essere sincero con me.” mi rispose con un tono ricco di insinuazioni, abbandonando la panchina per fronteggiarmi.
Ebbi, per un attimo, la sensazione che l’aria fredda di Chicago mi avesse congelato lì sul posto.
Era impossibile che avesse capito qualcosa riguardo ai miei sentimenti per Niall. Ero stato ben attento a non far trapelare nessuna emozione.
Eppure dovetti ricredermi. I migliori amici, forse, erano davvero quelli in grado di leggere tra le righe.
“Di che parli?” trovai il coraggio di chiedere, seppur con un filo di voce.
Lui sorrise, amaro, e “Della tua evidente cotta per il mio coinquilino, Zay.” disse naturale, come se avesse appena fatto una constatazione sul tempo o sull’ultima notizia di gossip.
Si allontanò lasciandomi lì con il cuore a mille e da lontano urlò “Quando sarai pronto a parlarne sai dove trovarmi.”.
Non risposi. Mi sentivo come schiacciato da un treno.
 
 
 
Niall
 
Mi sentivo benissimo.
Erano giorni che non riuscivo a smettere di sorridere. Sentivo gli zigomi del mio viso quasi doloranti, come se in ogni istante cercassero di rilassarsi ma la mia mente e il mio stato d’animo gli impedissero di farlo.
Raggiunsi Louis in cucina per poggiare il piatto della mia cena nel lavandino.
Quella sera lo vedevo pensieroso ma non mi sembrò il momento adatto per indagare, dato che da lì a qualche minuto Harry avrebbe avviato una videochiamata.
Piuttosto, mi sentivo assolutamente in vena di comunicargli un pensiero che avevo maturato nei giorni appena passati.
“Ehi Lou,” iniziai “stavo pensando una cosa.”.
Lui mi rivolse un’occhiata, giusto per farmi sapere che avevo la sua attenzione e per spronarmi ad andare avanti.
Tossii in un pugno prima di continuare.
“Ho pensato” ripresi “che oggi potrei farmi vedere in webcam.”.
S’irrigidì in maniera quasi spaventosa e mi affrettai a chiarire: “Non come Niall, ma come Louis.” spiegai cercando di non risultare contorto.
Si rilassò e mi guardò stranito, le sopracciglia quasi totalmente nascoste dietro la sua frangia troppo lunga.
Presi un respiro profondo cercando di reprimere la vergogna nel confessare.
“Mi sono reso conto che io continuo a non vedere mai Harry, visto che non mi mostro in webcam. E vorrei… dare un’occhiata anch’io, ecco.”.
Mi sentii subito meglio dopo aver esposto la mia idea. Tuttavia non potei fare a meno di risultare nervoso quando aggiunsi “Altrimenti che senso ha?” ridacchiando subito dopo.
Lui annuì, un movimento con la testa quasi impercettibile che non avrei colto se solo non avessi tenuto lo sguardo fisso su di lui per non perdermi neanche una minima reazione.
“Sì, forse hai ragione.” disse dopo averci riflettuto un po’, “puoi dire di essere me e farti vedere.”.
Non sembrava molto entusiasta all’idea e, onestamente, non riuscivo a capire perché. Era un mio diritto guardare Harry, no? Forse era solo infastidito dal fatto che stessi per “rubare” la sua identità, seppur con il suo permesso. Non si poteva parlare proprio di furto.
O forse, esattamente come avevo fatto anch’io, stava pensando che quella situazione si stesse spingendo troppo oltre ciò che avevamo programmato all’inizio.
“Sei sicuro che per te vada bene?” mi accertai ancora, più per risultare gentile che per mettere in discussione l’idea che avevo avuto.
Lui annuì di nuovo e “Certo.” sussurrò, abbozzando addirittura un sorriso.
Solo allora mi resi conto che quella sera avrei visto Harry e lui, anche se inconsapevolmente, avrebbe visto il mio vero volto.
 
La videochiamata andò avanti per una decina di minuti senza di me.  
Il mio coinquilino aveva imparato fin troppo bene a parlare a ruota libera del nulla o, quanto meno, ormai sembrava abbastanza a suo agio nel farlo.
Aveva parlato ad Harry della cena che avevamo appena consumato in salotto, dell’ultimo disco che avevo comprato un paio di giorni prima e del gatto del vicino che ancora faceva fatica a riconoscere il suo pianerottolo.
A quel punto trovò il modo di introdurmi nella conversazione per farmi finalmente passare dall’altro lato del pc.
“Ehi” disse tranquillamente guardando il riccio nello schermo, “c’è il mio coinquilino Louis qui… vuoi conoscerlo?”.
Dalle casse poggiate sul letto sentii dei rumori provenire dal computer: Harry doveva essersi sistemato meglio sulle lenzuola.
Certo!” bofonchiò subito dopo mettendosi in bocca quella che sembrava essere una patatina.
Arrossii senza neanche rendermene conto, come se tra qualche secondo lui avrebbe scoperto il nostro imbroglio. Però, non c’era da preoccuparsi: perché mai avrebbe dovuto capire tutto?
Mi alzai dal letto e lentamente mi avvicinai a Louis. Mi ritrovai Harry di fronte: bandana in testa, occhi tanto liquidi da sembrare ancora più chiari rispetto alle poche foto che avevo visto sul suo profilo e tatuaggi lasciati in vista da una maglietta dal collo troppo slargato.
Mi sentii la bocca impastata ed ebbi paura di non riuscire neanche a dire una parola.
“Ciao.” sussurrai infine, abbozzando un risolino.
Louis, al mio fianco, scosse la testa per il tono ridicolo con cui la mia voce aveva tirato fuori quel semplice saluto.
Ciao!” ricambiò lui con un sorriso tutto fossette.
Quante volte mi ero perso quell’espressione sul suo volto? Quante volte avrei potuto godere di quella vista che invece continuavo a regalare gratuitamente al mio amico?
L’imbarazzo si fece palese in un attimo ma poi fu di nuovo lui a parlare.
“Niall crea molti casini in casa?” scherzò spostando il suo sguardo su Louis. Non potei fare a meno di pensare che, se solo fossi stato più coraggioso, ora mi sarei ritrovato io a subire quell’occhiata piena d’affetto, come rivolta ad un bambino dispettoso.
Il mio coinquilino si esibì in un “Ehi!” sdegnato, ma solo per gioco, “Sono un perfetto uomo di casa.”.
Harry rise, dolcissimo, prima di annaspare “Non lo metto in dubbio!” e annuire per far contento Louis. Per far contento me.
Quella conversazione iniziò subito a sembrarmi strana. Decisi di averlo osservato abbastanza anche se non mi ero pronunciato quasi per niente: dovevo andare via da lì davanti il prima possibile.
Interruppi il loro battibecco e mi dileguai salutandoli entrambi.
“Io beh… vi lascio alle vostre cose, allora.” dissi con difficoltà scoccando un’occhiata di sottecchi al mio amico. Lui mi guardò a sua volta, come a chiedersi cosa stessi facendo e perché avessi cambiato improvvisamente idea sul voler vedere il riccio.
“E’ stato un piacere conoscerti Harry.” conclusi e mi avviai verso la porta per uscire dalla mia stessa stanza e lasciarli soli.
Feci a malapena in tempo a sentire Harry dire “Anche per me, Louis!” che un nodo mi si strinse intorno allo stomaco.
Era stato tutto decisamente troppo strano.
 
 
 
Louis
 
Niall tornò in stanza nel momento esatto in cui chiusi la chiamata con Harry. Mi invitò ad uscire dalla sua camera per lasciarlo riposare. Non era arrabbiato o altro: mi sembrò solo veramente molto stanco.
Avevo visto il suo entusiasmo smorzarsi dopo essersi fatto vedere in webcam: sul suo viso avevo notato come una sorta di cambiamento in quelle che pensavo fossero le sue aspettative riguardo l’idea che aveva avuto del mostrarsi in videochiamata.
Mi trascinai in salotto e mi buttai sulla mia poltrona dal rivestimento quasi totalmente strappato.
Se non fosse stato per il silenzio che mi avvolse subito dopo non avrei mai potuto sentire i colpi leggeri battuti sulla porta dell’ingresso.
In un qualsiasi altro momento avrei riconosciuto il tocco di Zayn ma, di fatto, sarebbe potuto essere chiunque.
Mi appellai a tutta la mia forza di volontà per rialzarmi dalla poltrona ma alla fine lo feci e mi diressi verso la porta.
Aprii il tanto che mi bastò per riconoscere il profilo del mio migliore amico: sembrava ancora più tenebroso del solito in quell’oscurità della sera.
Non mi ero sbagliato, quindi: era davvero lui.
Ne rimasi un po’ sorpreso. Non mi sarei mai aspettato di rivederlo dopo così poche ore dalla nostra discussione. Ammesso che quella avuta nel pomeriggio potesse essere definita tale.
Ma Zayn restava comunque una persona molto orgogliosa e bisognosa dei suoi tempi, quindi la cosa mi stupì lo stesso nonostante non avessimo esattamente litigato.
“Se non te ne parlo,” iniziò prima ancora che potessi accoglierlo in casa, “non dormirò neanche stanotte.”.
E solo allora, anche se il suo viso era rivolto verso la punta delle sue scarpe, mi resi conto delle occhiaie pronunciate sotto le sue lunghe ciglia.
Mi feci da parte per farlo entrare ma lui scosse la testa facendomi cenno di seguirlo fuori.
Non sapeva che Niall fosse chiuso in camera e, dal momento che mi avrebbe parlato di lui, farlo in casa non doveva essergli sembrata una buona idea.
Presi al volo una felpa appesa vicino l’ingresso e la infilai per uscire.
 
Iniziammo a camminare nei dintorni dello stabile in cui vivevo e mi pentii subito di non aver preso un indumento più pesante per coprirmi.
Lui restò in silenzio al mio fianco, l’unico rumore ad accompagnarci era costituito dalle boccate che aspirava da una delle sue fedelissime Malboro.
Allungai una mano nella sua direzione ma ci mise un po’ a capire che volevo fare un tiro anche io.
Mi guardò per qualche secondo come a chiedermi “Sei sicuro?” ma alla fine me la lasciò prendere.
Dopo attimi che mi parvero secoli si decise a parlare: gli avevo appena sottratto di mano la scusa che stava tenendo la sua bocca occupata.
“Sono uscito con Perrie qualche giorno fa.” mi comunicò tranquillo, come se fossimo lì per confessioni come quella e per farci le treccine a vicenda come due adolescenti.
Stava prendendo il discorso partendo da parecchio lontano ma lui sapeva che una delle qualità che più apprezzavo in lui era la sua schiettezza. Non gli avrei permesso di girarci intorno ancora a lungo.
“Pensavo che avremmo saltato la parte in cui mi confessi di essere gay e di non apprezzare più le ragazze come facevi una volta.” lo stuzzicai.
Lui, in ogni caso, non si scompose. Non prese quella frase come un commento acido o sprezzante: in fondo, detto da me sarebbe stato un controsenso.
S’infilò le mani nelle tasche scavando a fondo: pensai stesse cercando qualcosa da mostrarmi ma in realtà stava solo cercando di scaldarsi.
“Non sono gay, Lou.” sussurrò poi. Mi parve tranquillo e sincero mentre lo diceva e non avrei dubitato di quell’affermazione neanche se una macchina della verità l’avesse dichiarata falsa. In un attimo mi sentii confuso: forse avevo davvero frainteso i suoi comportamenti immaginandomi tutto.
Ma poi alzò lo sguardo su di me: mi fissò intensamente e non potei fare a meno di notare la confusione presente nell’oscurità delle sue iridi.
“Non mi piacciono i ragazzi.” ripeté serio “A me piace solo Niall.”.
 
La confessione non mi parve per niente assurda, fatta da lui.
Zayn aveva sempre avuto una concezione dell’amore come di una cosa assolutamente libera. L’avevo sempre saputo.
Eravamo cresciuti insieme e avevo intuito sin da quando eravamo bambini quale fosse la sua visione di quel sentimento tanto complicato.
Lo capii esattamente il giorno in cui, entrambi undicenni, mi disse “Ti amo un sacco, Lou.” abbracciandomi prima di dividersi da me per tornare a casa da scuola.
Beh, in realtà, non lo capii proprio in quel momento. Mi ci volle qualche ora di riflessione per rendermi conto che con quelle parole non aveva voluto dirmi di essersi “innamorato” di me ma soltanto di provare per me un affetto tale che non gli avrebbe mai permesso di lasciarmi.
Fu lui la prima persona a cui confessai la mia omosessualità. E lo feci perché sapevo che non mi avrebbe mai fatto sentire sbagliato o difettoso per le mie preferenze sessuali.
 
“Ho capito.” dissi dopo qualche minuto di silenzio.
Ero sincero.
E ne era consapevole anche lui perché annuì sorridendomi, come se si fosse appena tolto un enorme peso dal petto e fosse contento che io l’avessi presa così.
“Hai intenzione di fare qualcosa a riguardo?” chiesi.
Lui per un attimo sembrò non capire ma poi realizzò cosa gli avevo appena domandato.
Scosse la testa tanto energicamente che temetti potesse staccarglisi dal collo.
“No, io… no.” balbettò. Aveva l’espressione spaventata, come quella di un bambino che sta per assaggiare per la prima volta lo sciroppo e ne è terrorizzato.
“Non ho intenzione di fare niente, Lou.” riprese con un po’ più di convinzione “Lui mi odia e poi c’è Harry di mezzo adesso…”.
Nel sentire quel nome, m’irrigidii.
Mi tornò in mente il fatto che eravamo lì non solo per le sue confessioni ma anche per le mie.
Lui si accorse della mia reazione: non avrebbe mai potuto non farlo.
Sorrise e, bastardo com’era, non si lasciò sfuggire l’opportunità di cambiare discorso.
“A proposito di Harry…” iniziò. Ma io lo interruppi subito con un “Già…” dal sapore strano. Non sapevo neanche io come avrei affrontato quel discorso.
Zayn si sedette sul marciapiede sotto i nostri piedi e allungò la mano verso di me per riappropriarsi della sigaretta. Sembrò rinascere alla prima boccata.
“Ti piace.” asserì con convinzione.
Mi presi tempo per immagazzinare quell’informazione. Non avevo avuto il coraggio di ammetterlo neanche a me stesso e il mio migliore amico, invece, aveva sputato fuori quella frase come se niente fosse.
Ma sì, era arrivata l’ora di ammetterlo: Harry mi aveva colpito già dalla prima videochiamata, nel momento in cui avevo pensato che ragazzi così non potevano esistere davvero.
“L’ho capito dal modo in cui me ne hai parlato oggi.” continuò il moro “Avevi lo sguardo.”.
E rise.
Lo sguardo’ era quello che, a detta sua, usavo per fantasticare sui ragazzi per cui mi prendevo  una cotta.
Scossi la testa: rifiutavo l’idea di essermi già invaghito di Harry tanto da parlare di cotta.
Lo trovavo bello e una persona piacevole con cui parlare, niente di più, ma in ogni caso non lo contraddissi.
“Tanto devo togliermelo dalla testa.” dissi invece “Non posso fare questo a Niall e non ho nessun diritto di iniziare a provare qualcosa per lui.”.
Sperai che imponendomi di non provare niente sarei riuscito a farlo davvero.
Zayn mi guardò ancora e “Non sono cose che si possono controllare.” mi fece notare con tono quasi paterno “Pensi che se avessi avuto voce in capitolo avrei scelto di innamorarmi di un ragazzo che si ostina ad odiarmi senza un apparente motivo?”.
E a quell’”innamorarmi” arrossì violentemente. Si era lasciato andare anche troppo, conoscendolo.
Non glielo feci notare, però. Non aveva bisogno di qualcuno che lo facesse sentire ancora più vittima di quel sentimento schiacciante che stava provando.
“Giuro che riuscirò a rimanere distaccato.” ripetei solennemente.
Ma, di fatto, ero quasi certo che non ci sarei riuscito.

















Note finali: grazie a chiunque sia arrivato alla fine e alle persone che, nonostante io non mi spieghi il perché, hanno aspettato questo primo capitolo. Spero non vi abbia deluso troppo, i blocchi sono difficili da combattere. Abbiate pietà di me.
In ogni caso, vi lascio il mio Twitter e il mio Ask per qualsiasi domanda o anche solo per ricevere insulti random. Il secondo capitolo arriverà presto! Baciiiiiiiiii.

 
 






   

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Capitolo 2
*** Parte II ***












Niall
 
Ottobre era arrivato a Chicago così come nel resto del mondo.
La differenza fu che da noi, nell’Illinois, sembrò giungere con una certa violenza, quasi arrabbiato.
Quel giorno goccioloni enormi e fitti presero a venire giù fin dalla mattina. Il cielo non sembrava voler smettere di piangere per nessun motivo al mondo.
Era un lunedì ed io mi trovavo in facoltà da un numero di ore improponibile; sentivo solo l’irrefrenabile voglia di tornare a casa, mettermi una tuta e origliare l’ennesima chiamata tra Louis e Harry.
Recuperai l’ombrello dallo zaino e lo aprii quando ero ancora dentro l’edificio del campus. Mi feci coraggio, uscii dalla porta spingendo sulla leva anti-incendio e lasciai che un’aria gelida mi colpisse in pieno facendo sussultare l’ombrello.
Lo strinsi forte e mi avviai verso la fermata dell’autobus. Non c’erano stazioni metropolitane nelle vicinanze dell’università –cosa che mi lasciò parecchio interdetto la prima volta che mi ero ritrovato a mettere piede nel campus – quindi l’unico modo per tornare a casa era aspettare lì sperando che un mezzo pubblico arrivasse presto.
L’acqua e l’umidità minacciavano di penetrarmi fin dentro le ossa.
Due ragazzi fermi sotto la banchina sbuffarono prima che uno dei due “E’ mezzora che aspettiamo, Calum!” si lamentasse, quasi totalmente bagnato dalla testa ai piedi.
L’altro, Calum, scrollò le spalle e “E’ impossibile che non passi neanche un autobus!” gli rispose, come se si rifiutasse di accettare l’idea.
Tuttavia sbuffai anch’io nel sentire quella notizia: aspettare in quel gelo non era esattamente un’idea allettante.
Un lampo squarciò il cielo nero e rabbrividii prima ancora di sentire il rumore del tuono.
I due ragazzi si guardarono.
“Ok, torniamo dentro.” disse di nuovo Calum con il tono sconfitto di uno che stava cedendo troppo in fretta.
Sul viso dell’altro si dipinse un sorriso e un secondo dopo mi passarono entrambi davanti rientrando nell’edificio.
Il mio desiderio di andare via, però, era troppo forte per poter seguire il loro esempio.
Mi strinsi nella giacca, imperterrito, e aspettai ancora.
Dieci minuti e un bel po’ di brividi dopo, tuttavia, iniziai ad accusare segni di cedimento: l’aria era troppo gelida e ammalarmi era l’ultima cosa che avrei voluto.
Un’influenza mi avrebbe impedito di seguire le lezioni, di studiare e di fare una marea di altre cose che non potevo permettermi di abbonarmi.
Così, seppur a malincuore, dovetti far pace con la consapevolezza che non sarei mai tornato a casa in tempo per la videochiamata con Harry e che, per la prima volta, avrei dovuto lasciare tutto in mano a Louis.
In fondo rimandare di qualche ora non era possibile visto che a Londra era già tarda sera.
Feci una corsa per rientrare nel palazzo dell’università. Una volta dentro chiusi l’ombrello del tutto bagnato e mi tolsi la giacca gelida quasi quanto l’aria di fuori.
Mi addentrai di nuovo nei corridoi per cercare un posto più tranquillo e lontano dal chiacchiericcio degli studenti che, come me, erano rimasti bloccati lì per il mal tempo.
Cercai il numero del mio coinquilino in rubrica e quando fui totalmente avvolto dal silenzio avviai la chiamata.
Mi rispose dopo qualche squillo con un “Dimmi.” distratto, me lo immaginai seduto sul tappeto del salotto a giocare all’Xbox.
“Sono bloccato al campus, Lou.” gli riferii senza troppi giri di parole.
Lui restò in silenzio, forse aspettando che continuassi. C’era davvero bisogno di aggiungere altro?
“Mi stai ascoltando?” gli chiesi quando per troppi secondi non ricevetti risposta.
Borbottò qualcosa d’incomprensibile, sicuramente verso il televisore, e “Sì.” mi assicurò, salvo poi specificare “Ma non ho capito come la cosa possa riguardarmi.”.
Alzai gli occhi al cielo per poi rendermi conto che non potesse vedermi.
“Sono le quattro, Louis!” gli ricordai “Tra un’ora avremmo la telefonata con Harry.”.
Emise un suono che sembrò quasi un risucchio.
Percepii il suo panico dall’altra parte della cornetta: mi fu facile immaginare la sua faccia terrorizzata.
Beh,” disse poi “rimandiamo, no?”.
Tipico di Louis. L’idea di prendersi una responsabilità come quella lo stava mandando in iperventilazione.
Buttai fuori una risata.
“No Lou,” lo contraddissi “farai la videochiamata senza di me. A Londra è già tardi e non voglio rimandarla. Ha aspettato fino a quest’ora per parlare e mi dispiacerebbe dargli buca.”.
Imprecò qualcosa tra i denti ma lo ignorai.
“Puoi cavartela benissimo. Non agitarti, ok?” lo rassicurai ancora.
Va bene.” cedette infine “Ma se qualcosa dovesse andare storto non prendertela con me.”.
Poi la sua voce riprese vigore e “Aspetta un attimo!” disse allarmato “Hai il tuo pc dietro, genio, come dovrei chiamarlo?”.
Era forse un ultimo estremo tentativo di convincermi a rimandare la videochiamata? Alzai di nuovo gli occhi al cielo.
“Hai il tuo computer, Louis. Usa il tuo Skype e chiamalo. Inventati qualcosa!” ribattei.
E per non dargli occasione di rispondere ancora lo liquidai con un “Devo andare ora.” riappendendo subito dopo.
 
Feci una passeggiata fino al bar interno del campus per ammazzare il tempo d’attesa. L’ira del cielo sembrava non volersi placare e sentivo la pioggia sbattere violentemente contro i vetri delle aule man mano che le superavo procedendo lungo il corridoio.
Presi volutamente la strada più lunga per raggiungerlo: il peso dello zaino gravava sulle mie spalle ma avevo bisogno di far passare i minuti.
Mi scontrai con qualche ragazzo del mio stesso corso che, costretto dal maltempo, stava ciondolando come me da una parte all’altra di quell’ala dell’edificio.
Con qualcuno mi fermai addirittura a parlare; altri andavano troppo di fretta perché ancora impegnati con qualche lezione.
Alla fine, dopo circa cinque minuti di cammino, mi ritrovai di fronte al bar che, come temevo, aveva un bel po’ di persone davanti al bancone.
Mi avvicinai per mettermi in fila dietro a tutti. Avrei perso venti minuti per prendere un caffè ma tanto non potevo di certo dire di aver fretta. Nessuno mi avrebbe creduto visto che eravamo tutti lì per lo stesso motivo.
Quando pensai che la giornata non potesse andare peggio, però, il fato mi stupì ancora una volta: parecchi posti davanti a me una cresta di capelli neri svettava sulle altre teste, troppo riconoscibile per passarmi inosservata.
La vidi muoversi a destra e a sinistra: Zayn si stava guardando intorno.
Feci per andarmene proprio per evitare di essere visto ma la sua voce e il suo accento strano emersero nel chiacchiericcio generale.
“Ehi Niall!” mi sentii chiamare e fui costretto a fermarmi. Non che mi fossi mai fatto problemi a trattarlo con freddezza ma voltargli le spalle senza ritegno sembrò troppo anche per me. Era pur sempre il migliore amico di Louis.
Gli feci un cenno con la testa sperando che volesse solo salutarmi ma lui, invece, mi invitò a raggiungerlo. Mi guardai intorno e valutai la situazione: non sarebbe stato giusto passare avanti a tutte quelle persone ma ci pensò lui a togliermi dall’imbarazzo.
“Lui è con me.” lo sentii comunicare ai ragazzi che gli erano attorno.
E allora, non avendo praticamente altra scelta, mi avvicinai.
“Così ti risparmi un po’ di fila,” mi sussurrò direttamente nell’orecchio sinistro, stando attendo a non farsi sentire, “io sono qui già da dieci minuti.”.
Borbottai un “Grazie.” senza neanche guardarlo e presi a torturarmi le mani.
Sentivo il suo sguardo scuro bruciarmi il profilo del viso tanto che mi vidi costretto a girare la testa totalmente alla mia destra per riprendere fiato e lasciargli solo la visuale della mia nuca.
L’idea di distogliere i suoi occhi da me, tuttavia, non sembrava sfiorarlo e non si preoccupava neanche di comportarsi in modo discreto: mi guardava e basta, come se la cosa non fosse affatto inquietante.
“Pensi di smetterla?” gli chiesi infine, rivoltandomi per guardarlo a mia volta.
Lui sussultò, neanche l’avessi fatto tornare in un attimo con i piedi per terra dal pianeta in cui si era rifugiato.
“Di fare cosa?” mi domandò con aria innocente.
Non gli ero mai stato così vicino: il suo viso mi parve perfettamente simmetrico e proporzionato. Un filo di barba gli ricopriva il mento e le guance del tutto incavate; il suo naso non era né troppo grande né eccessivamente piccolo. E gli occhi… beh, quelli avrei anche potuto definirli belli se solo la mia testa non fosse stata programmata per detestare lui e tutto ciò che lo riguardasse.
“Di fissarmi.” dissi in un soffio con una voce che non mi apparteneva, debole e secca.
La sua vicinanza mi aveva appena messo in difficoltà senza che potessi accorgermene. Avvampai per quella debolezza che avevo appena mostrato del tutto in contrasto con gli atteggiamenti freddi e distaccati che ero sempre riuscito ad assumere in sua presenza.
Maledissi la facilità di arrossire che il mio viso si ostinava ad avere sempre nelle situazioni meno opportune e imprecai nella mia testa già convinto che quel rossore avrebbe aumentato a dismisura l’ego già parecchio sviluppato del ragazzo che mi era di fronte.
Mi aspettai di vederlo ghignare soddisfatto, convinto di aver conquistato anche me con quel suo fascino da cattivo ragazzo in conflitto con se stesso. Però non accadde.
Ciò se successe, invece, mi lasciò del tutto interdetto.
Arrossì anche lui, nonostante la sua carnagione olivastra avesse reso la cosa quasi del tutto trascurabile, e, distogliendo gli occhi dal mio viso fin troppo vicino al suo, “Scusami,” mi disse “certe volte non me ne rendo neanche conto.”.
L’avevo davvero messo in imbarazzo? Se qualcuno mi avesse raccontato di aver assistito ad una scena del genere non ci avrei mai creduto.
Pensavo che Zayn non si facesse intimorire da niente, che fosse uno di quei ragazzi spavaldi e senza scrupoli capaci solo a farti sentire inferiore.
Non che avrei smesso di ritenerlo irritante, ma almeno mi consolò il fatto di essermi, in parte, sbagliato su di lui.
“Ok.” fu tutto ciò che mi sentii di dire prima di procedere di qualche passo dietro la fila.
 
“Cosa vi porto, ragazzi?” ci chiese Ed, un tipo dai capelli letteralmente arancioni, passando uno strofinaccio su una parte di bancone dove doveva essere caduto un po’ di caffè.
Zayn ordinò rapidamente un latte macchiato prima di girarsi verso di me per spronarmi a rispondere.
Ci pensai su qualche secondo per poi chiedere solo un caffè semplice senza troppe pretese.
Ed batté il nostro ordine sul registratore di cassa e ci chiese due dollari e settanta centesimi. Mi dimenai nel poco spazio che avevo a disposizione per recuperare il portafoglio dallo zaino ma Zayn mi bloccò il braccio senza aggiungere niente.
Pagò prima ancora che potessi protestare e mi ritrovai a fissarlo come la bocca leggermente aperta.
Uscimmo fuori dal quel fiume di gente che ci permetteva a malapena di respirare e solo quando fummo del tutto lontani dalla mischia accennai al secondo “Grazie.” della giornata.
Lui alzò le spalle con noncuranza e “Figurati.” rispose abbozzando un sorriso con gli occhi rivolti verso la sua tazza fumante.
Spostai il mio peso da un piede all’altro per placare la mia insofferenza: non avevamo mai parlato tanto come in quell’ultimo quarto d’ora e difficilmente sarei stato in grado di restare lì ancora per molto.
Tossicchiai guardandomi in giro: “Forse è il caso che io torni alla fermata dell’autobus per vedere se… sai…” incespicai nelle mie stesse parole.
Lui annuì, forse in imbarazzo quanto me e “Oh, ok…” concordò.
L’espressione sul suo viso era del tutto indecifrabile. Sembrava quasi… delusa? Rifiutai quell’opzione.
“Grazie ancora per il caffè.” aggiunsi, già indietreggiando verso il corridoio dal quale ero venuto.
Sorrise appena.
Ma mentre mi allontanavo da lì mi sembrò di sentirgli dire “Grazie a te per la compagnia.”.
 
 
 
Louis
 
Ero nel panico totale.
Dopo la telefonata di Niall avevo spento il televisore prendendo il telecomando con mani tremanti. Ero rimasto seduto sul tappeto del salotto immobile per un intero minuto, come se avessi appena ricevuto la notizia più brutta del secolo.
L’idea di chiamare Harry per la prima volta da solo, senza la presenza del mio coinquilino, mi stava terrorizzando inspiegabilmente.
Sapevo che Niall aveva ragione: avrei potuto farlo tranquillamente, senza alcun intoppo. Durante le ultime videochiamate avevo fatto tutto da solo, senza che lui mi aiutasse in alcun modo o mi suggerisse nulla.
Eppure la sua presenza nella stanza, seppur inconsapevolmente, mi aveva sempre tranquillizzato, come se nel momento del bisogno sarebbe potuto intervenire senza problemi.
Che avrei fatto, invece, se nella videochiamata che stavo per fare fosse successo qualcosa?
Cercai di concentrarmi e di trovare gli aspetti positivi in quel cambio di programma.
Il primo che mi venne in mente era, allo stesso tempo, anche il più sbagliato: sarei stato da solo con Harry. E la cosa non poteva che infondermi una certa gioia.
Ero consapevole che, almeno per lui, non sarebbe cambiato niente rispetto alle altre volte. Ma per me sì, ed ero esaltato e terrorizzato insieme.
L’avrei chiamato con il mio account, dalla mia stanza e avrei parlato da solo con lui. Questo insieme di piccole cose mi mandò letteralmente fuori di testa.
Mi precipitai in camera senza neanche mangiare: l’avrei fatto dopo con la scusa di aspettare Niall per non farlo cenare solo.
Non avevamo mai usato il mio pc per le videochiamate: Harry non conosceva il mio account ma sperai che accettasse lo stesso la mia richiesta.
Quando lo fece, avviai subito la chiamata.
Ci mise un po’ a rispondere e lo immaginai seduto sul suo letto con le gambe incrociate a mordersi le unghie chiedendosi se fosse il caso di farlo o no.
Stavo per abbandonare tutte le speranze ma alla fine la sua immagine mi apparve sullo schermo.
Mi hai fatto prendere un colpo.” fu la prima cosa che mi disse quando mi vide. Poi sospirò tranquillo.
Ridacchiai nel vederlo così agitato.
Ho risposto solo perché sapevo che stavi per chiamarmi.” specificò ancora con un piccolo broncio ad increspargli le labbra.
Mi sembrava più raggiante del solito. Aveva una luce soffusa a circondarlo: forse aveva spento la luce principale e lasciata accesa solo la piccola lampada accanto al suo comodino.
“Scusa.” abbozzai incerto ma divertito.
Avrei potuto esporgli la situazione, dirgli la verità e spiegargli che quell’account apparteneva al “coinquilino Louis”. Ma non lo feci.
Vidi l’opportunità di poterlo richiamare altre volte in totale solitudine e così “Ho un secondo account.” gli mentii spudoratamente, “Quindi potresti ricevere altre chiamate da questo profilo.”.
Lui annuì soltanto. E quando rispose “Lo terrò a mente.” non riuscii proprio a sentirmi in colpa per la bugia appena detta: tutto quello che percepivo era soddisfazione mista ad una strana forma di adrenalina.
Mi sarei ricavato dei momenti solo per noi oltre alle chiamate con Niall.  
 
“Che ore sono lì da te?” chiesi per dare ufficialmente il via alla conversazione.
Lui spostò lo sguardo oltre la webcam, probabilmente per controllare un orologio, e poi “Quasi le undici.” mi rispose “Oggi è presto per me. Non dovresti essere a lezione ora?”.
Alzai le spalle, per niente in ansia per quella domanda scomoda.
“Sono tornato prima per il mal tempo.” spiegai, dando una versione totalmente diversa dalla realtà.
Piove?” mi domandò sovrappensiero.
Io risi sarcasticamente e “Piove è l’eufemismo dell’anno! Sta venendo giù il mondo.” dissi guardando fuori dalla mia finestra. Lui, probabilmente, non doveva neanche essersi accorto che la stanza alle mie spalle non fosse la solita.
E fa freddo?” incalzò.
 A questa domanda, sul suo viso si dipinse un sorriso strano, uno di quelli che non gli avevo ancora mai visto e che, quindi, non sapevo ancora decifrare.
“S-si…” risposi balbettando, intento a capire il senso di quel terzo grado.
Lui abbassò la testa incassandola nelle spalle larghe e tatuate.
Se fossi stato lì ti avrei riscaldato io.” sussurrò poi, serio ma timido: non era riuscito a dire quella frase guardando dritto in camera.
Io, invece, non avevo mai distolto lo sguardo dal suo viso. La sua stanza era buia ma mi sembrò di scorgere un certo rossore sulle sue guance.
Era la prima volta che si spingeva tanto oltre. Non aveva detto nulla di straordinariamente “compromettente” ma il suo era stato comunque un piccolo passo verso qualcosa di nuovo.
Non potevo cambiare argomento: non avrei lasciato che quell’occasione mi sfuggisse di mano.
“Ah sì?” lo provocai godendomi la sua espressione. Lo stavo mettendo in difficoltà, ma non in senso scomodo. Sembrava più intenerito che in imbarazzo.
Sì.” rispose piano, sorridendo ancora verso le sue mani piuttosto che verso di me.
“E sentiamo…” continuai “in che modo mi scalderesti?”.
A quello s’irrigidì appena. Alzò lo sguardo e “Niall!” mi riprese con le guance in fiamme.
Feci finta di ignorare il nome con cui mi aveva appena chiamato e “Che c’è?” chiesi innocentemente “Hai iniziato tu!”.
Scosse la testa e una fossetta uscì fuori solo su un lato del suo viso.
Parlavo di abbracci.” specificò poi. E gli credetti.
“Ah… sei uno che fa le cose con calma.” lo schernii “Mi piacciono i tipi all’antica.”.
Rise di pancia ma non disse niente.
“Vorrai conoscere anche la mia famiglia prima di portarmi fuori per un appuntamento?” chiesi, salvo poi pentirmene subito dopo.
Era tutto così complicato. Lui e Niall avevano mai discusso della reale possibilità di incontrarsi e di uscire in un futuro più o meno vicino? Non ne ero sicuro. Forse il mio amico me ne aveva parlato in uno di quei momenti in cui avevo evitato di ascoltarlo.
In ogni caso mi pentii di aver tirato fuori l’argomento perché non potevo fare a meno di pensare che sarebbe piaciuto a me andare ad un appuntamento con Harry.
Quando rispose “Perché no?” ebbi la conferma che lui e Niall effettivamente avevano parlato dell’eventualità di vedersi.
Sono uno che piace alle famiglie!” aggiunse poi.
E avrei voluto tanto parlargli della mia, di famiglia. Avrei voluto dirgli che non avevo un fratello già sposato con tanto di moglie e figlio a carico ma solo una marea di sorelle biondissime e quasi tutte adolescenti.
Ma non potevo farlo, ovviamente.
Decisi di non rimanere su quell’argomento per evitare di addentrarmi troppo nella questione “Greg e la sua famiglia”, dal momento che non sapevo molto su di loro se non qualche cosa che Niall mi aveva raccontato in rare occasioni.
“Dove mi porteresti per un appuntamento?” indagai per creare un diversivo.
Lui si portò una mano sul mento, facendo finta di pensare a qualcosa, ma poi “Chi dice che dovrei organizzare tutto io?” mi chiese con un’espressione buffa.
Risi scrollando le spalle.
“Nessuno ma… nel caso in cui toccasse a te?” incalzai.
Ignoravo il motivo per cui mi stessi impuntando tanto sulla questione. Forse volevo semplicemente creare qualcosa di solo nostro da poter ricordare.
Probabilmente opterei per la semplice cena seguita dal cinema.” confessò infine “L’hai detto tu che sono uno all’antica.”.
Annuii e “Gli appuntamenti classici sono i migliori.” concordai, non tanto perché la ritenni un’idea geniale, quanto perché ero convinto che, con lui, ogni programma sarebbe andato più che bene.
Magari succederà prima di quanto pensi.” disse poi, quasi in sovrappensiero.
Ma non feci ulteriori domande.
 
 
 
Zayn
 
La notte tra il lunedì e il martedì non dormii.
Non che la mia insonnia fosse una novità negli ultimi tempi.
La vera novità, però, stava nel fatto che quella volta a tenermi sveglio non fu la questione “Harry”, ma il ricordo dell’incontro che io e Niall avevamo avuto al campus.
Era stato relativamente gentile, considerando che non avevo scorto sul suo viso lo sguardo di sufficienza che mi riservava di solito.
I suoi occhi erano rimasti limpidi per tutta la durata del nostro breve incontro.
Era stato bello, nonostante la sua insofferenza e il suo imbarazzo fossero visibili a chiunque.
Lui, al contrario di me, non avrebbe conservato quei momenti nella testa come l’avvenimento più bello delle ultime settimane. Ma la verità era che non me ne importava più di tanto.
Ciò che mi rendeva euforico era il fatto che, se avesse voluto, avrebbe potuto evitare di passare quel tempo con me. E invece aveva scelto di non ignorarmi.
Avrebbe potuto far finta di non sentire la mia voce al mio richiamo al bar o, peggio, sarebbe potuto andare via. Eppure si era girato e mi aveva raggiunto.
Aveva sopportato i miei sguardi, salvo poi farmi notare che averli così insistenti su di sé non si stava rivelando una sensazione del tutto piacevole.
Una parte di me sapeva che non era il caso di attaccarsi a quei pensieri: chiunque le avrebbe considerate cose da niente. Ma io conoscevo Niall ed ero al corrente del fastidio che la mia sola presenza era solita procurargli. La mia mente non aveva potuto fare a meno di godere per quel piccolo traguardo raggiunto, seppur insignificante agli occhi dei più.
 
Quella mattina, quindi, decisi che sarei rimasto a casa.
L’acquazzone che aveva stravolto Chicago il giorno prima sembrava non aver lasciato tracce se non nella mia testa sotto forma di pensieri assillanti.
Mi alzai con calma dal letto: ero rimasto a poltrire più del dovuto e solo quando arrivai in cucina mi accorsi che erano passate le dodici da qualche minuto.
Avrei saltato la colazione per passare direttamente al pranzo.
Mi avvicinai al frigo per decidere cosa mangiare e mandai un messaggio a Louis per dirgli di chiamarmi appena libero delle sue lezioni: sentivo il bisogno di parlargli di Niall visto che, molto probabilmente, il biondo non gli aveva accennato nulla del nostro incontro.
Mi aspettati di ricevere una risposta tramite sms ma mi arrivò direttamente la chiamata.
L’accettai e “Mr. Cowell ha finito in anticipo?” gli chiesi senza neanche salutarlo.
E “Se vuoi lo chiamo per chiederglielo.” mi rispose “Io non te lo posso confermare visto che ho saltato le lezioni della mattina.”.
Che novità. Saltare le lezioni mattutine era sempre stato l’hobby preferito di Louis.
“Ti chiederei come mai ma so già la risposta.” commentai con un sorriso che lui non poteva vedere.
E invece, Zay, questa volta non lo sai.” ribatté lui sorprendendomi.
Prima che potessi chiedergli di darmi spiegazioni parlò ancora.
Non sono riuscito a dormire.” disse.
E il “Pure tu?” che mi venne fuori dopo fu proprio spontaneo.
Lo sentii sospirare.
Il mio problema si chiama Harry Styles, il tuo ha sempre il nome del mio coinquilino?”.
Styles… quindi era quello il cognome di Harry.
Richiusi il frigorifero senza prendere nulla e mi spostai in salotto per sedermi sul divano.
“Sì…” risposi “ma inizia tu.”.
Sbuffò.
In realtà,” continuò poi “non ho molte novità se non quella che inizio ad essere seriamente ossessionato da lui.”.
Mi sfuggì una risata ma la situazione era davvero tragica.
Ieri Niall per colpa del diluvio non è tornato in tempo per la videochiamata e per la prima volta ho dovuto fare tutto da solo.” mi spiegò.
L’idea che il contrattempo che aveva reso felice me, probabilmente, avesse reso triste Niall mi attanagliò lo stomaco.
Ed è stato bellissimo, Zay.” aggiunse.
Potevo scommettere qualunque cosa che sul suo viso, in quel momento, ci fosse “lo sguardo” a modellargli gli occhi.
Non voglio neanche pensare a quanto questo sia sbagliato e inadeguato ma è stato come se ci fossimo solo io e lui e nessuna menzogna in mezzo.” concluse “E non riesco a smettere di pensarci.”.
Lo capivo totalmente, tranne per il fatto delle menzogne. Tra me e Niall non c’erano bugie, solo indifferenza da parte sua. Ma il giorno prima, al bar, mi ero sentito esattamente come Louis: come se ci fossimo solo noi due e tutto fosse estremamente giusto.
Sospirò, come se si fosse tolto un gran peso dal cuore.
Non mi sentivo di dirgli nulla e, se conoscevo un po’ il mio migliore amico, ero quasi certo che non si aspettasse rassicurazioni o commenti da parte mia sulla questione. Il suo era stato solo uno sfogo e per di più gli avevo già dato il mio parere a riguardo.
Dal suo resoconto dedussi, come già mi aspettavo, che Niall non gli aveva nominato minimamente il nostro incontro nel campus.
Ma l’avrei fatto senz’altro io, visto che era arrivato il mio turno di parlare.
“Ieri io e Niall abbiamo passato del tempo insieme.”.
Sentii Louis trafficare con qualcosa dall’altro capo del telefono per poi chiedermi “Quando?” con il tono di uno che aveva appena realizzato la notizia.
Mi strinsi le gambe al petto sedendomi meglio sul divano.
“Nel pomeriggio, quando siamo rimasti bloccati al campus per la pioggia.” gli spiegai. Improvvisamente raccontare quel ricordo mi stava mettendo in difficoltà.
Non vorrei spezzarti il cuore,” commentò “ma Niall non mi ha detto nulla a riguardo.”.
Ridacchiai, senza prendermela.
“Sta tranquillo, Lou.” lo rassicurai “non mi aspettavo niente di diverso.”.
Gli raccontai di come lo avessi visto al bar mettersi in fila dietro a tutti con aria abbattuta e di come l’avessi invitato a raggiungermi.
Tenni per me lo scambio di battute che io e il biondo avevamo avuto sugli sguardi e arrivai dritto al punto in cui gli avevo offerto il caffè.
Pensavo avessi deciso di non fare nulla, di non avvicinarti a lui.” mi interruppe Louis.
“Gli ho solo pagato un caffè…” abbozzai non tanto convinto “molti riterrebbero la cosa equivalente al nulla di cui parli.”.
Rise talmente forte che dovetti allontanare il cellulare dall’orecchio.
Appunto, Zay.” rispose dopo essersi ripreso, “Molti, ma non tu!”.
Odiavo il fatto che mi conoscesse così bene, soprattutto in una situazione complicata come quella.
“Okey…” gli concessi “in effetti potrei non aver dormito proprio per questo.”.
Ammetterlo mi stava facendo sentire ancora più fragile di come mi ero sentito la volta in cui gli avevo confessato di avere una cotta per Niall.
Mi aspettavo di sentire un’altra risata da parte sua ma non accadde.
Sono felice per te” disse dopo un po’ “ma in veste di tuo migliore amico mi sento di avvisarti che, conoscendo il mio coinquilino, la cosa potrebbe non avere un seguito.”.
Sospirai per il peso di quella verità.
Mi odi per avertelo fatto notare?”.
Sorrisi e “No, Lou.” lo tranquillizzai, “ne ero già consapevole.”.
 
 
 
Harry
 
“Questa sera niente videochiamata con Niall?” mi chiese Liam dall’altra parte del tavolo.
Avevo acconsentito ad una cena tra migliori amici perché era passato davvero troppo tempo dall’ultima volta in cui eravamo usciti da soli.
Tuttavia erano le otto e mezza di un martedì sera e, per quanto Londra fosse una città abbastanza viva a qualsiasi ora del giorno e della notte, sembravamo esserci solo noi al pub, considerato il silenzio che ci circondava.
Alzai le spalle e “Ti sei già stancato della mia compagnia?” gli chiesi, consapevole che non fosse quello il punto della questione.
Lui ridacchiò dolcemente.
“Chiedevo soltanto…” rispose “sai che sono contento di averti tutto per me qualche volta.”.
Sorrisi anch’io e poi risposi seriamente alla sua domanda.
“Stasera no, niente videochiamata.”.
Annuì come se avesse immagazzinato la notizia in qualche parte del suo cervello.
Non sembrava né sollevato né dispiaciuto per la cosa. Da un po’ di tempo a quella parte avevo notato quanto si stesse impegnando a nascondere le sue perplessità nei confronti di quella storia.
Lo apprezzavo davvero: come mi aveva promesso mi stava appoggiando senza riserve.
“Vedi?” chiesi “Non siamo così morbosi come credi!”.
Ridacchiò divertito e “No infatti.” concordò.
Per un po’, dopo quella piccola parentesi, cercai di cambiare argomento. Non volevo si sentisse in obbligo di parlare per forza di Niall nonostante non fosse più una questione particolarmente ostica per noi.
Mi raccontò di come andavano le cose tra lui e Danielle e del suo lavoro al negozio di dischi. Mi spiegò che il motivo principale per cui ultimamente si stava facendo dare sempre i turni serali era proprio per poter studiare di pomeriggio. Non mi ero accorto di tutti i sacrifici che stava facendo, troppo preso dalla mia vita sentimentale.
Mi sentii un po’ in colpa: una volta eravamo davvero solo noi due e nessun altro. Ci dedicavamo più tempo e non discutevamo mai.
Decisi che avrei ricavato più spazio per lui nella mia vita, a costo di trascurare un po’ tutti i miei nuovi interessi.
Cenammo con calma e, solo quando arrivammo al dessert, Liam tirò di nuovo fuori l’argomento “Niall”.
“Quindi non vuoi raccontarmi nulla delle ultime chiamate con il tuo amante oltreoceano?” mi chiese mentre prendeva una cucchiaiata dal suo tiramisù.
Sorrisi al mio piatto.
“Procede tutto bene… credo.” dissi con timidezza.
Lui lasciò perdere il suo dolce per qualche secondo e “Tutto qui?” incalzò un po’ deluso “Non hai altro da dire?”.
Mi accasciai sullo schienale della sedia e presi a torturarmi le mani.
“Non lo so, Lee…” iniziai “va tutto bene ma pensare che le cose non potranno evolvere a breve per colpa della distanza, un po’ mi rende… nervoso.”.
Stavo praticamente alimentando le paure che lui aveva avuto fin dall’inizio. Mi sarei aspettato di sentire un “te l’avevo detto” urlato a gran voce da lì a qualche secondo.
Si grattò il ponte del naso invece, la testa apparentemente da un’altra parte.
Non sembrava voler dire niente e allora continuai.
“Durante l’ultima videochiamata ci siamo messi a parlare di appuntamenti e... il fatto che al momento siano infattibili ha smorzato un po’ il mio entusiasmo.”.
Questa volta annuì, più a se stesso che a me dato che continuava ad evitare il mio sguardo.
“Capisco.” lo sentii sussurrare dopo un po’.
Aveva un’aria abbattuta, sembrava sinceramente dispiaciuto.
“So a cosa stai pensando.” intervenni per frenare i suoi pensieri “Hai sempre saputo che questo momento sarebbe arrivato, vero? Che avrei iniziato ad avere dubbi su di lui e su questa strana relazione che abbiamo.”.
Scosse la testa e “Veramente, Haz,” rispose “stavo pensando ad un modo per farvi avere il vostro appuntamento.”.
Aggrottai la fronte e “Come se la cosa fosse possibile!” quasi urlai, frustrato.
Sul suo viso apparve un sorriso enorme.
“Lo è,” mi assicurò “e succederà domani.”.
Tutto ciò che fece dopo fu spiegarmi la sua idea e darmi istruzioni su come metterla in atto.
 
 
 
Louis
 
Non degnai Mr. Cowell della mia presenza in classe neanche il giorno dopo, di mercoledì.
Non c’erano più i pensieri su Harry a turbarmi quella mattina, solo la pigrizia. Non potevo davvero chiamare in causa altre scuse.
La tenacia con cui Niall frequentava le lezioni al campus mi faceva sentire un po’ in colpa: era inversamente proporzionale alla mia voglia di andarci.
 
Lo sfogo avuto con Zayn, comunque, mi aveva calmato: non che il mio amico si fosse degnato di commentare in qualche modo la mia ossessione sbagliata nei confronti di Harry, ma anche il solo esporre i miei pensieri mi era stato utile per togliermi di dosso un po’ il peso delle mie azioni.
Restai a letto a rimuginarci su fin quando non presi il pc dal tappeto su cui l’avevo lasciato la sera della videochiamata con Harry. Lo accesi per passare un po’ il tempo.
Come d’abitudine avviai Facebook per controllare le notifiche: Lottie mi aveva scritto in chat dicendomi che la mamma sentiva la mia mancanza e accusandomi di essere un pessimo primogenito, il peggiore.
In effetti mi resi conto che era passata quasi una settimana dall’ultima volta in cui avevo sentito le mie donne.
Avviai Skype per vedere se mia madre fosse in linea ma il suo profilo non mi apparve disponibile in quel momento. Mi ricordai solo allora di quel piccolo dettaglio chiamato fuso orario: a Doncaster dovevano essere le quattro visto che da noi era quasi mezzogiorno. E il mercoledì alle quattro le gemelle avevano lezione di danza in centro.
Mi districai nelle lenzuola per afferrare il blocchetto di post-it sul comodino e mi appuntai di sentirla in serata.
Stavo per chiudere il pc quando, guardando di nuovo lo schermo, mi accorsi dell’arrivo di una chiamata: era Harry.
Mi irrigidii di riflesso.
Quando realizzai che ero solo in casa e che non c’era pericolo che Niall scoprisse quella chiamata esclusiva, risposi.
Sorrisi appena la sua immagine comparve sul mio computer.
“Che sorpresa!” lo salutai, davvero incredulo per il fatto che ci stessimo sentendo a quell’ora.
Le fossette sulle sue guance comparvero rendendolo bambino.
Stavo per mandarti un messaggio sul cellulare” mi disse “ma poi ti ho visto in linea con questo profilo e ho pensato di chiamarti direttamente.”.
Ringraziai la mia pigrizia e il mio talento nel saltare le lezioni per quello.
“Sentivi la mia mancanza?” gli chiesi ammiccando “Sapevo che un solo giorno senza di me ti avrebbe distrutto.”.
Scosse la testa ma sul suo viso c’era il sorriso più bello che potessi sperare di vedergli addosso.
Adoravo il modo in cui reagiva ai miei tentativi di flirt.
In realtà,” disse poi “ti ho chiamato solo per una comunicazione di servizio.” imponendosi di restare serio.
Annuii con cipiglio interessato, per dargli corda, e “Sono tutto orecchie.” gli riferii.
Si schiarì la voce.
Promettimi che non farai domande.” mi ordinò puntando addirittura il dito verso lo schermo.
Mi misi entrambe le mani sul cuore e “Giuro solennemente che terrò a bada la mia curiosità.” gli assicurai, un sorriso ad incresparmi le labbra per quella buffa conversazione che stavamo avendo.
Vorrei solo che oggi tu preparassi la tua cena diciamo per… le cinque.” mi spiegò, per poi specificare “Le tue cinque, ovviamente.”.
Aggrottai la fronte per quella richiesta bizzarra.
Ma poi “Considerando che è l’ora in cui ceno di solito, credo proprio di poterlo fare.” gli risposi convinto.
Lui batté le mani contento, come se gli avessi appena dato la soddisfazione più grande della sua vita.
Tuttavia non potei fare a meno di domandargli “Posso chiederti perché?” del tutto in contrasto con la promessa che gli avevo fatto qualche secondo prima.
Ovviamente no.” ribatté lui. E prima che potessi protestare un po’ “Avevi detto che avresti tenuto a bada la tua curiosità quindi adesso chiudo la chiamata e torno a fare quello che stavo facendo.”.
E lo fece davvero, ma non prima di ricordarmi “Ti chiamo alle cinque.”.
 
“Ti ha detto semplicemente così?” mi chiese Niall quando gli raccontai tutto ciò che era successo con Harry.
Erano le quattro e mezzo e lui era appena tornato dall’università. La sua espressione divenne subito pensierosa, come se si stesse arrovellando il cervello per cercare di capire cosa avesse in mente il riccio.
Poi, come realizzando solo in quel momento quanto fosse tardi, “Abbiamo solo mezzora per preparare la cena!” sbottò in ansia precipitandosi in cucina.
Evidentemente aveva rinunciato all’idea di trovare un senso a tutto quello.  
Lo seguii trascinandomi come un automa dietro di lui.
“Cosa mangiamo?” mi chiese ancora agitatissimo. Mi fermai sulla soglia della porta e lo vidi trafficare con pentole e padelle.
Alla fine, senza neanche aspettare il mio consiglio, optò per una cosa veloce.
Recuperò il pane dalla credenza e, prendendo ingredienti del tutto casuali dal frigo, compose un paio di sandwich: uno per me e uno per lui.
Si avvicinò alla credenza per tirare fuori qualcosa da bere ma il suo cellulare squillò proprio in quel momento distraendolo dalle sue intenzioni.
Sbuffò e “Mi prenderesti il telefono, Lou? Credo di averlo lasciato in salotto.” mi spiegò.
Feci come mi disse e recuperai il cellulare sul quale il nome Ashton stava lampeggiando per indicare una chiamata in arrivo.
Glielo posai sulle mani sporche di qualche strana salsa per sandwich e lui rispose.
“Irwin!” esordì contento “Dimmi tutto.”.
Dall’altra parte della cornetta il ragazzo aveva preso a parlare a raffica senza che io potessi sentire nulla. Tuttavia l’espressione sul viso di Niall mutò radicalmente facendomi capire che non doveva trattarsi di buone notizie.
Il mio coinquilino imprecò a bassa voce lasciando perdere i panini sul piano cottura e “Ho capito.” borbottò “Prendo il primo autobus e torno al campus.”.
Sgranai gli occhi mentre lui chiudeva la telefonata per poi scaraventare il cellulare con rabbia.
“Che succede?” mi arrischiai a chiedere.
Si diede uno schiaffo di frustrazione sulla tempia e “Succede che sono un coglione.” si insultò poi “Ho dimenticato di firmare la prenotazione per l’esame parziale della settimana prossima e devo tornare in facoltà prima che Mr. Higgins vada via.”.
La gola mi si seccò appena. Gioia o ansia?
“E come facciamo con…?” provai a chiedere alludendo alla videochiamata che sarebbe iniziata da lì a cinque minuti.
Lui sventolò una mano in aria come per zittirmi e “Sai già come fare, Lou.” mi liquidò sbrigativo.
Poi si calmò, forse rendendosi conto di essere stato un po’ brusco.
“Mi dispiace non esserci,” disse abbattuto “so che non ha senso mancare alle videochiamate con Harry ma è davvero un’emergenza.”.
Annuii. Avrei voluto dirgli di non preoccuparsi e che a me non dispiaceva affatto stare solo con il riccio, ma non mi sembrò la cosa più adatta da dire in quel momento.
Riflettendoci, quella sarebbe stata la cosa meno consona da dire in qualsiasi momento.
Uscimmo dalla cucina e lo accompagnai verso la porta stampandomi in faccia un’espressione tanto abbattuta quanto la sua.
“Cerco di tornare il prima possibile.” mi assicurò, ma io sapevo che per almeno un’ora e mezzo sarebbe stato via.
“Ok…” gli dissi. Ma con la mente ero già in camera mia con Skype acceso sul letto.
 
Risposi al secondo squillo, tanto per dare al mio cuore quell’attimo di tempo in più per tentare di calmarsi.
Non funzionò, ovviamente. Harry era in grado di ridurmi così già attraverso uno schermo.
Sventolò una mano per salutarmi appena accettai la richiesta di collegamento.
Adorabile.
Non potei fare a meno di pensare a quanto fossero lunghe le sue dita mentre si agitavano in aria frenetiche.
Hai fatto ciò che ti ho chiesto?” fu la prima cosa che mi disse.
“Ciao anche a te.” lo salutai sarcasticamente io.
Lui arrossì, in imbarazzo, e poi si scusò con l’espressione più innocente che avessi mai visto.
Scusami, sono solo un po’ agitato.” specificò.
Mi guardai le ginocchia: il piatto con il mio sandwich era lì, in bilico sulle mie ossa sporgenti venute fuori dalla posizione all’indiana che avevo assunto.
“Agitato per cosa?” domandai a mia volta, prima di ricordarmi di ciò che mi aveva chiesto lui e rispondere “Comunque sì, ho preparato la mia cena.”.
Batté le mani esaltato, esattamente come lo avevo visto fare la mattina di quello stesso giorno.
Piegò il busto il avanti, come se stesse prendendo qualcosa oltre il suo pc, e sullo schermo mi comparve solo uno zoom del suo petto tatuato che poteva intravedersi attraverso la t-shirt che stava indossando.
Il mio cuore fece una capriola.
Dopo qualche secondo tornò in webcam il suo viso sorridente e la situazione dei miei battiti cardiaci peggiorò ulteriormente.
Cercai di non darlo a vedere.
In mano, in quel momento, aveva un piatto dall’aspetto parecchio invitante. Doveva essere la sua cena.
Aggrottai le sopracciglia fissandolo.
“Ora posso sapere che significa tutto questo?” chiesi curioso e leggermente impaziente “Che stiamo facendo?”.
Lui sorrise e mi parve luminosissimo.
Non è ovvio?” domandò retorico “Ti porto a cena per il nostro primo appuntamento.”.
 
Le mani mi tremarono un po’.
Il mio cervello entrò in un attimo in conflitto con il mio cuore creando una crepa che temetti potesse apparire visibile anche dall’esterno.
Come avrei dovuto reagire? Se Harry fosse stato mio probabilmente sarei saltato sul letto per la gioia, di fronte a lui, senza vergognarmi di sembrare un bambino.
Ma quello non era il mio appuntamento, era l’appuntamento di Niall. Era Niall che Harry stava portando a “cena fuori”, non me. Che diritto avevo di rubar loro quei momenti? Nessuno.
Eppure, quando il riccio mi chiese “Non ti piace l’idea?” dopo diversi secondi di silenzio da parte mia, non potei proprio fare a meno di lasciare al mio sorriso più sincero la possibilità di nascere senza alcun intoppo.
Lui si rilassò nel vederlo, prima ancora di lasciarmi dire qualcosa.
Ma in fondo che avrei potuto dire? Come avrei potuto definire l’idea che aveva avuto?
Era la cosa più dolce e spontanea che qualcuno avesse mai fatto per me. Nonostante non fosse esattamente per me.
Scossi la testa per eliminare quei pensieri. Iniziavano quasi ad annoiarmi.
“Harry…” sussurrai sovrappensiero, “non so davvero che dire.”.
Scrollò le spalle, come se volesse dare alla cosa meno importanza di quella che effettivamente aveva, e “Dimmi solo se ti piace o se invece t’imbarazza.”.
Mi passai una mano sul viso e solo in quel momento mi accorsi di avere le guance in fiamme.
“Mi piace molto,” lo tranquillizzai “e, se ancora non l’avessi capito, accetto molto volentieri di venire a cena con te.”.
I suoi occhi brillarono nella penombra della sua stanza.
Meno male.” disse poi “Perché da me sono le undici e sto davvero morendo di fame.”.
Risi di cuore e mi soffermai a guardarlo mentre prendeva una forchettata dal suo piatto come se non mangiasse da un mese.
Sembrò non badare più a me, troppo preso dalla sua nuova attrazione.
Solo quando mi sorprese a fissarlo, abbassai gli occhi sul mio sandwich e lo presi per mangiare con lui.
 
 
 
Niall
 
Avrei voluto giustificare quella mia distrazione con il fatto che la mia mente fosse sempre più occupata a pensare a Harry ma, in realtà, avevo dimenticato di firmare la prenotazione per l’esame senza un apparente motivo valido.
Non c’erano giustificazioni di alcun tipo e stavo saltando quella che poteva essere una videochiamata importante solo perché la mia testa mi aveva fatto un brutto scherzo.
Mi maledissi per l’ennesima volta scendendo dall’autobus, il mio umore era di una sfumatura triste del grigio più scuro possibile.
Non potei definirlo nero per il semplice fatto che nero ci sarebbe diventato solo di lì a poco.
Mi precipitai dentro all’edificio in cerca dell’aula dove Mr. Higgins era solito ricevere gli studenti ma mi fermai non appena vidi Ashton in fondo al corridoio dal quale ero entrato.
Mi fece segno di raggiungerlo e corsi da lui con il fiatone.
“Allora?” gli chiesi prendendo fiato “In che aula sta?”.
Il mio compagno di corso scosse la testa, desolato, e “Ho cercato di trattenerlo il più possibile con domande assurde ma è andato via dieci minuti fa.” mi riferì senza avere il coraggio di guardarmi. Come se potessi prendermela con lui per la mia sbadataggine…
Sbattei un pugno sul muro al mio fianco per poi pentirmene quando le mie nocche assunsero un colore violaceo.
“Oggi non ne va bene una.” mi lamentai più con me stesso che con lui.
Ashton alzò gli occhi su di me e mi lasciò una pacca sulla spalla prima di borbottare un “Mi dispiace.” e lasciarmi lì in mezzo alla bolgia di studenti pronti a tornare a casa.
Mi portai le mani tra i capelli e li strinsi in un impeto di rabbia.
Avevo ancora la testa rivolta verso il pavimento quando mi sentii chiamare da una voce che, purtroppo, conoscevo bene.
Una brutta giornata non poteva definirsi veramente tale senza la partecipazione di Zayn Malik.
Che male avevo fatto per meritarmi tutto quello? Era davvero necessario il suo intervento dopo un pomeriggio del genere? Perché non potevo avere un po’ di tregua?
Ignorai la sua voce, al contrario di ciò che avevo fatto due giorni prima, e mi diressi di nuovo verso l’uscita.
Ma lui sembrava deciso a volermi parlare a tutti i costi.
“Niall!” mi chiamò di nuovo, raggiungendomi da dietro con una corsa.
E “Non mi hai sentito?” chiese quando fu al mio fianco.
Alzai gli occhi al cielo sperando con tutto me stesso che lo notasse.
Poi lo guardai e “Oggi non è giornata, Malik, lasciami stare.” gli dissi seccato.
Il suo viso non fece una piega, evidentemente era abituato ad essere trattato così da me. In ogni caso non riuscii a sentirmi in colpa per avergli risposto in quel modo.
La sua faccia stava soltanto peggiorando il mio umore e non era colpa mia se si stava trovando nel posto sbagliato al momento sbagliato.
“E’ successo qualcosa?” mi domandò. Sembrò davvero interessato.
Risi amaramente.
Qualcosa è riduttivo.” risposi seccato, riportando lo sguardo avanti.
Mi aspettai di vederlo andar via senza aggiungere altro ma non si scompose per niente di fronte alla mia acidità. Continuò imperterrito con il suo terzo grado.
“Vuoi parlarmene?” mi domandò per poi, forse, pentirsene. Cosa aveva in testa? Pensava davvero che mi sarei sfogato con lui come se fosse uno dei miei più cari amici? Io lo detestavo.
Spalancai la porta d’ingresso del campus e uscii fuori. L’aria fredda mi congelò il naso facendolo arrossare in un attimo.
Soltanto quando fummo in mezzo al cortile principale mi fermai di colpo.
“Ti sembro uno che ha voglia di fare conversazione?” lo aggredii con cattiveria.
Di nuovo, non riuscii a sentirmi in colpa.
I suoi occhi grandi si sgranarono ancora di più, forse colti alla sprovvista da quella mia reazione.
Si guardò intorno per controllare se qualcuno ci stesse osservando.
Diversi gruppi di studenti si erano girati verso di noi nonostante facessero i vaghi per nasconderlo.
“I-io…” balbettò in difficoltà “ volevo solo sapere se ti è successo qualcosa.”.
Buttai la testa indietro, esasperato. Il cielo su di noi era chiaro, in totale contrasto con tutto quello che stavo provando io.
“Se proprio vuoi saperlo te lo dico, così almeno sparirai dalla mia vista.” risposi poi, sempre più velenoso.
Lui fremette ma non disse nulla.
“Ero tornato a casa di buon umore ma poi una telefonata che mi avvisava di aver dimenticato di firmare la prenotazione per l’esame di Higgins mi ha costretto a tornare qui per farlo. E indovina un po’? Higgins è andato via proprio dieci minuti prima che arrivassi io.” dissi senza neanche respirare tra una frase e l’altra.
Sul suo viso si dipinse una smorfia dispiaciuta.
“E come se non bastasse,” continuai sempre più nervoso “non solo tornare qui è stato del tutto inutile, ma per farlo ho anche dovuto rinunciare ad una videochiamata con Harry!”.
Mi resi conto soltanto in quel momento di aver urlato verso la fine del mio discorso.
Gli studenti, in quel momento, avevano preso a guardarci senza neanche più cercare di essere discreti.
Zayn, di fronte a me, sorrise. E quello, se possibile, fu la goccia che fece traboccare il vaso.
“Tutto questo ti fa ridere?” gli chiesi allargando le braccia per l’esasperazione.
Non potevo crederci: quello era esattamente il motivo per cui incontrarlo aveva solo peggiorato ancora di più il mio pomeriggio infernale.
Feci per andarmene voltandogli le spalle ma lui mi trattenne per un polso e “Niall.” mi richiamò piano per farmi girare di nuovo.
“Cosa?” sbottai con le guance in fiamme.
E in risposta mi baciò soltanto.
 
Ogni mio lembo di pelle minacciò di andare a fuoco.
Gli sguardi dei ragazzi del campus su di noi furono come benzina su brace. Io ero la brace.
Tenni gli occhi spalancati sperando che mi aiutassero a rendermi conto della situazione.
Zayn, al contrario di me, li aveva chiusi, quasi serrati, facendo sì che delle piccole rughe andassero ad increspargli il solco tra le sopracciglia.
Sembrava concentrato in ciò che stava facendo. O forse solo spaventato che io potessi allontanarlo bruscamente.
Ed ebbi la conferma di questa seconda ipotesi quando per avvicinarsi di più a me posò la mano con cui non era occupato a tenermi il polso su una delle mie guance roventi.
Le sue labbra si mossero piano in un movimento tanto rilassante che mi portò a chiudere gli occhi a mia volta.
Ciò che mi sconvolse più di ogni altra cosa fu il fatto che si dimostrò estremamente delicato.
Lui, la persona a cui se mi avessero chiesto di associare un colore - soprattutto in una giornata come quella - avrei dato il nero.
Nero come il colore dei suoi capelli, quel pomeriggio bassi sulla fronte, e della giacca di pelle che indossava sempre; nero come il cuoio delle sue scarpe, come i suoi occhi in piena notte quando, andando via dal nostro appartamento, lo vedevo salutare Louis con un abbraccio e me con uno sguardo all’apparenza ostile; nero come quello che credevo essere il suo animo.
Quando avevo riflettuto così a lungo Zayn Malik?
Il suo labbro inferiore si mosse sul mio inglobandolo e risucchiandolo appena, come se volesse tirarmelo via ma senza prepotenza.
Non seppi esattamente quanto durò quel bacio ma mi riscossi solo quando sentii la sua lingua farsi strada tra le mie labbra per sfiorare i miei denti.
Mi districai dalla sua presa e poggiai energicamente entrambi i palmi delle mie mani sul suo petto per spingerlo via da me.
Quando ci separammo boccheggiai per un attimo in cerca d’aria, gli sguardi degli altri studenti ancora su di noi e sul viso di Zayn un sorriso letteralmente estasiato.
Le sue mani andarono a coprire le mie e per un po’ me le lasciai stringere. Il tempo sembrava essere diventato molto relativo, non più un costante scorrere di attimi tutti uguali. Ma fu solo questione di secondi – o giorni? – e mi riscossi anche da quel gesto sfilando via la mia presa dalla sua.
“Che ti prende?” riuscii a chiedergli nonostante le parole facessero fatica a venire fuori: la mia gola non era mai stata tanto secca.
Lui sorrise maggiormente, come se non avesse neanche ascoltato la mia domanda, e la cosa mi mandò del tutto in confusione.
Scossi la testa e “Ripensandoci, non credo di volerlo sapere.” gli riferii facendo alcuni passi indietro.
Qualche risatina mi arrivò alle orecchie e mi guardai intorno per rendermi conto di quanti fossero, effettivamente, i nostri spettatori.
Parecchi.
In ogni caso, quando mi voltai di nuovo verso di lui, lui sembrava non avesse occhi che per me. Continuava a fissarmi, come se fossi una visione o un qualcosa di estremamente bello.
Mi sentii prezioso sotto quello sguardo ma me lo lasciai alle spalle senza voltarmi indietro.
 
 
 
Louis
 
“La buona notizia” esordii appena risposi alla chiamata di Zayn “è che questa volta Niall mi ha parlato di ciò che è successo tra voi.”.
Il mio migliore amico sospirò dall’altra parte della cornetta. Quelle “chiamate-confessioni” stavano diventando sempre più frequenti tra noi.
“La cattiva” continuai “è che sembrava davvero incazzato mentre lo faceva.”.
Di nuovo non disse nulla. Tuttavia riuscivo a sentire gli ingranaggi del suo cervello lavorare in modo frenetico.
Parlai di nuovo.
“Ti dispiacerebbe spiegarmi la cosa dal tuo punto di vista?” gli chiesi.
Le sue azioni, ultimamente, sembravano andare sempre più in contrasto con le sue parole.
“Non vorrei sembrarti ripetitivo, Zay,” aggiunsi “ma ero convinto che non volessi fare nulla, quindi… mi spieghi perché l’hai baciato di fronte a centinaia di studenti?”.
A quel punto sbottò.
Ha nominato Harry e non ci ho visto più, ok?”.
La sua voce mi arrivò distorta, forse a causa della foga con cui aveva pronunciato quella frase.
Lo lasciai sfogare.
Continuava ad urlarmi contro mentre mi raccontava la sua giornata, come se tutte le disgrazie che gli erano capitate fossero dovute alla mia sola esistenza e… quando ha parlato del fatto che, per stare lì, aveva dovuto rinunciare ad una chiamata con Harry ho pensato che, se proprio dovevo prendermi la colpa di tutto, allora tanto valeva prendermela per qualcosa di reale..
Non l’avevo mai sentito in quello stato: probabilmente mai nella sua vita aveva messo vicine tante parole, ma lo feci finire.
Sbuffò e “Non so neanche io cosa sto dicendo…” rifletté frustrato “non è colpa mia se dimentico anche da che verso gira il mondo quando si tratta di lui.”.
Sorrisi, intenerito.
Zayn, il mio migliore amico, quello sempre tranquillo, pacato e rilassato, stava andando nel panico più totale. E lo stava facendo nel modo più lontano da quella che era la sua persona. Se qualcuno mi avesse chiesto “secondo te Zayn bacerebbe un ragazzo nel bel mezzo di un cortile pieno di gente?” io, fino a qualche ora prima, avrei risposto con un “No!” bello secco.
Non era mai stato un tipo così plateale e spontaneo.
Mi sembrava di non conoscerlo più tanto bene. Ma quella presa di coscienza non mi mise in difficoltà.
Forse scoprire di non sapere poi molto sul mio migliore amico dopo anni e anni di conoscenza, avrebbe dovuto scaturire in me qualche reazione. Ma non accadde. Mi resi conto che il motivo per cui tutte quelle azioni che stava compiendo negli ultimi tempi mi erano parse così poco “da Zayn” era perché, da quando lo conoscevo, non l’avevo mai visto davvero innamorato.
In quel momento lo era. Per la prima volta.
Sono un disastro.” disse poi “Lo sono talmente tanto che sono arrivato a cercare persone con occhi azzurri e capelli biondi nella speranza che possano sostituirlo.”.
A quella confessione sgranai un po’ gli occhi. Mi chiesi da quanto tempo stesse in quelle condizioni. Soprattutto, però, mi chiesi come mai io non me ne fossi accorto prima.
Che poi… parliamoci chiaro: “sostituire” non è il termine che dovrei usare dal momento che Niall non è mai stato mio.” concluse “E mai lo sarà.”.
Seguirono dei momenti di silenzio. Non seppi davvero che dire per consolarlo.
Ma era davvero di parole confortanti che aveva bisogno? Forse, a quel punto, aveva più bisogno d’incoraggiamento.
“Zay,” lo informai deciso “anche se non so ancora se positivamente o negativamente, sei riuscito a sconvolgere Niall.”.
Mi schiarii la voce per esporre il mio pensiero.
“L’hai sconvolto a tal punto che, da quando è rientrato, non mi ha ancora chiesto come è andata la videochiamata con Harry.” raccontai “Ed è rientrato almeno due ore fa!”.
Non ero sicuro neanche io di dove volessi andare a parare con quelle riflessioni ma sentivo di dover dare fiducia al mio migliore amico. La stessa fiducia che lui aveva perso per colpa dei continui rifiuti da parte del mio coinquilino.
“Non voglio consigliarti di buttarti a capofitto in questa storia, perché so come ci si sente a ricevere solo dei no, ma… forse dovresti iniziare a pensare in modo più positivo.”.
Non potei fare a meno di realizzare che, se le cose fossero andate male, non mi sarei mai perdonato per avergli dato quei consigli.
Stai dicendo che dovrei continuare su questa strada?” mi chiese insicuro, fragile “Che dovrei seriamente provarci con lui?”.
Annuii a me stesso.
Non mi stai dicendo queste cose solo perché se riuscissi a conquistarlo tu avresti via libera con Harry, vero?” mi chiese poi. Nel suo tono di voce, però, c’era una venatura di risata.
Risi anche io, ma amaramente.
“No Zay,” risposi “io so di avere i tempi stretti con Harry. Prima o poi dovrò dire tutto sia a lui che a Niall.”.
Il peso di quella riflessione mi schiacciò il cuore.
Il mio migliore amico, probabilmente, lo percepì anche attraverso il telefono perché quello che mi disse dopo fu “Quando sarà il momento ci penseremo.”.
E quel plurale mi tranquillizzò. Con Zayn era sempre stato così: faremo, diremo, risolveremo. Un “noi” costante che mi dava la sensazione di non essere mai solo.
Sorrisi per la fortuna che avevo nel possedere un amico del genere.
“Grazie.” mi sentii di dirgli, sincero.
Lui fece finta di ignorare il mio ringraziamento e “Ora ti lascio,” rispose “devo chiamare Perrie e spiegarle perché sono sparito nel nulla.”.
Mi chiesi in che modo le avrebbe detto che i suoi occhi azzurri e i suoi capelli biondi non sarebbero mai stati abbastanza per lui.
In quel caso, però, gli avrei lasciato il compito di sbrigarsela da solo.
 
 
 
 
Louis
 
Mia madre ricevette la tanto attesa telefonata dal suo pessimo primogenito soltanto una settimana dopo tutti quegli avvenimenti. Scrivere sul post-it l’appunto di richiamarla era stato pressoché inutile visto che mi ero degnato di farlo solo dopo otto giorni.
Quel giovedì mi era tornata in mente la frase letta nella chat con Lottie ed ero saltato sul divano ricordandomi improvvisamente di dover chiamare a casa.
E così avevo mandato un messaggio a mia madre e lei si era connessa a Skype per parlarmi.
Quando rispose alla mia richiesta avevo un’aria addolorata stampata in faccia.
“Scusascusascusa.” biascicai cercando di sembrare il più dispiaciuto possibile.
Lei mi fissò per un po’. Mi chiesi se, in quanto sangue del mio sangue, avesse già scoperto la mia messinscena.
Ma quando parlò per la prima volta mi resi conto che quei secondi di silenzio le erano serviti per tutt’altro.
Allora,” iniziò “lui chi è?”.
E quello, se possibile, mi spaventò ancora di più.
Aggrottai le sopracciglia cercando di fare il vago.
“So che non ti chiamo da molto, mamma, ma sono stato impegnato con l’università, non con i ragazzi.” mentii, ancora convinto di poter far credere a mia madre ciò che volevo.
Lei rise portandosi una mano curata e smaltata di rosso a coprire le labbra, come se una signora non potesse lasciarsi andare così tanto.
Non è per quello che te l’ho chiesto, Boo.” rispose con lo stesso tono con cui da bambino mi faceva capire di aver detto una sciocchezza.
Poi si spiegò meglio.
So per certo che c’è qualcuno perché i tuoi occhi sono più luminosi rispetto all’ultima volta che ti ho visto.” mi disse affettuosa come solo una mamma poteva essere.
Il mio sguardo volò verso il soffitto, esasperato.
“Queste sono le sciocchezze che piace dire a voi donne.” ribeccai, per poi aggiungere “E a Zayn.” in un sussurro.
Sapevo che tra qualche minuto sarebbe riuscita ad estrapolarmi tutta la verità ma non ero sicuro che sarei stato pronto a raccontare di Harry a qualcuno che non fosse il mio migliore amico taciturno e tanto allergico ai giudizi da non darne.
Così, nonostante non avessi affatto paura del parere di mia mamma, cercai di tirarla per le lunghe. Cambiai argomento e le chiesi delle ragazze.
Beh… sono quasi tutte adolescenti.” mi disse sorridendo, come se mi stesse dando la notizia dell’anno.
“Raccontami qualcosa che non so, mamma.” le risposi infatti, vedendola scuotere la testa.
Si passò una mano tra i folti capelli scuri: sembrava stanca.
Era per dire che mi danno filo da torcere.” commentò. E solo in quel momento notai i suoi occhi gonfi e le piccole rughe intorno alle palpebre leggermente più accentuate di quanto ricordassi.
Avrei voluto abbracciarla: mi mancava il contatto con lei e non mi vergognavo ad ammetterlo. Cosa potevo dirle per rassicurarla? Che Lottie sarebbe cresciuta presto e che le avrebbe dato una mano con Daisy e Phoebe? In realtà per me sarebbero rimaste sempre delle bambine e se mi fossi permesso di dire quella frase ad alta voce, probabilmente io stesso non avrei creduto alle mie parole.
Fu lei, comunque, a togliermi dall’imbarazzo di dire qualcosa.
E Zayn come sta?” mi chiese infatti, come se giusto qualche secondo prima non mi avesse affatto mostrato il suo lato più fragile. Prese a sorridere, di nuovo radiosa.
Io temporeggiai un po’, sovrappensiero.
Come stava il mio migliore amico? Non avrei saputo dirlo.
Ma poi, “Innamorato.” fu tutto quello che mi uscì di bocca.
Mia madre batté le mani eccitata, come una bambina. Voleva molto bene a Zayn, a tal punto che lui, fin da piccolo, lui era sempre stato abituato a chiamarla “zia”. Mi piaceva guardarli dall’esterno, osservare il loro rapporto così unito.
E chi è la fortunata?” trillò subito dopo, per poi bisbigliare “Il mio bambino.” più a se stessa che a me. Forse voleva evitare che captassi il nomignolo con cui si era appena riferita al mio migliore amico.
“Mmm…” mugugnai, “è Niall, il mio coinquilino.”.
La testa di mia madre fece uno scatto sorpreso: i suoi occhi si spalancarono ma sulle sue labbra si dipinse subito un sorriso dolce.
Oh…” bisbigliò “inaspettato.”.
L’apparente cambiamento subìto dall’orientamento sessuale di Zayn sembrò non sconvolgerla più di tanto. La cosa non mi stupì affatto.
Su di lui non fece altre domande, comunque.
E il tuo fortunato chi è?” chiese invece, finalmente libera di tirar fuori la domanda che le stava pungendo la lingua dall’inizio della chiamata.
Sbuffai con un sorriso sulle labbra, già arrossito.
“Mamma…” cantilenai “è complicato.”. Sperai che mollasse l’osso lasciandomi un po’ di tempo ma non cedette.
E così le raccontai di tutto quello che mi era successo negli ultimi tempi. Lei mi lasciò parlare senza interrompermi mai, nonostante fosse visibile la sua voglia di commentare passo passo ogni cosa che usciva dalla mia bocca.
Le spiegai di come fosse iniziato il tutto e di come Harry mi avesse colpito fin da subito. Le parlai della discussione avuta con Zayn, quando entrambi avevamo avuto paura di esporci l’uno con l’altro per timore di esprimere ad alta voce i nostri sentimenti e di come, poi, avessimo chiarito subito perché l’opzione di perderci per una tale sciocchezza non ci era neanche passata per la testa.
Lei sorrise tutto il tempo cercando di mettermi a mio agio, ma quelle confessioni non facevano altro che farmi sentire sporco. Niall non meritava un amico così: era passato più di un mese da quando mi aveva chiesto di mostrarmi in webcam al posto suo e io, in quel tempo, invece di aiutarlo a trovare la fiducia di cui aveva bisogno per dire a Harry la verità mi ero permesso di maturare sentimenti del tutto fuori luogo per il riccio.
Andavo avanti continuando a giustificare il mio comportamento e ripetendomi a mente ciò che mi aveva detto Zayn: non sono cose che si possono controllare.
E da quella sera avrei aggiunto anche le parole di mia madre alla lista di frasi rassicuranti che la mia testa avrebbe ripetuto come un mantra pur di non lasciare ai miei sensi di colpa la possibilità di avere la meglio su di me.
Vedrai che si sistemerà tutto.”.
Ma non potevo fare a meno di dubitarne.
 
 
 
Zayn
 
Quel pomeriggio non bussai per entrare nell’appartamento del mio migliore amico: la porta era già aperta.
Non vedevo Niall da quando avevamo dato spettacolo al campus e Louis da appena qualche giorno.
Avevo la sensazione che il biondo mi stesse evitando ma fino a quel momento non me ne ero fatto un problema perché era servito anche a me del tempo per riflettere.
Le parole incoraggianti del mio amico mi avevano assillato da mattina a sera per tutti e dieci i giorni che erano passati dal bacio tra me e Niall. Avevo trascorso le ore a chiedermi se fosse il caso di dar retta ai suoi consigli e in quel momento mi trovavo, dopo non seppi neanche io quanti giorni, di nuovo nel loro appartamento pronto a parlare con entrambi.
Avevo il fiatone per le scale che avevo appena fatto in tempo record. In realtà avevo corso da casa mia fino a casa loro proprio perché la possibilità di cambiare la decisione che avevo preso non faceva altro che inseguirmi. Ed io stavo davvero cercando di non farmi prendere.
Ormai avevo deciso: avrei dato retta a Louis e non avrei mollato la presa con Niall per nessun motivo al mondo.
 
“Perché la porta è aperta?” chiesi a fatica appena misi piede nell’appartamento.
Louis, dalla sua solita posizione sulla poltrona, non si voltò neanche a guardarmi.
“Perché dovevo uscire a buttare la spazzatura.” rispose soltanto, distratto da chissà cosa.
“Devo chiuderla?”.
Lui alzò le spalle in un movimento buffo, data la sua postazione, e “Fa come vuoi, Zay.” mi concesse. Sembrava perso nel suo mondo.
Poi, però, finalmente mi guardò. In quel momento parve realizzare la mia presenza.
“Che fai qui?” mi chiese sorpreso “Niall è in camera sua, sei consapevole del rischio che stai correndo?”.
Quella domanda mi ricordò in un attimo il motivo per cui avevo sottoposto le mie gambe ad uno sforzo fisico non indifferente per arrivare fin lì. Scossi la testa, come per risvegliarmi a mia volta dal mio stato di trance, e “Ho deciso che hai ragione.” dissi, salvo poi accorgermi dell’insensatezza delle parole appena pronunciate.
Annuì e “L’hai deciso?” domandò invitandomi a sedere sul divano.
“Mh mh” confermai “quindi sono venuto per farmi avanti con Niall.”.
Lui - in ordine - sgranò gli occhi, rise e si ricompose per poi dire “Sono contento, nonostante sia ancora in pensiero per la tua vita.”.
Alzai gli occhi al cielo trovandolo esagerato.
“Tu che hai, invece?” indagai per cercare di calmare i miei nervi e di non pensare a ciò che avrei detto a Niall tra qualche minuto.
Scrollò le spalle e “Sono solo metereopatico, lo sai,” commentò “e le nuvole di oggi non aiutano.”.
Feci finta di credergli, nonostante fossi consapevole che i suoi pensieri portavano sempre il nome di Harry Styles.
Decisi che ne avremmo parlato in un altro momento, però: avevo altro da fare.
Lui si accorse della mia irrequietezza dal modo in cui la mia gamba continuava a rimbalzare frenetica per il nervosismo.
“Su, avanti!” mi disse “Vai e conquista. Mi mette ansia vederti così.”.
Mi asciugai i palmi sudati sui jeans e mi alzai dal divano: ero un fascio di nervi.
Gli passai accanto per dirigermi verso la camera del biondo ma lui mi prese per un polso proprio quando gli fui davanti.
Aveva un’espressione serissima in viso.
“Sappi che se qualcosa dovesse andare storto,” iniziò, facendomi salire il terrore alle stelle, “non lascerò il tuo corpo insepolto.”.
Le mie spalle precipitarono a terra per l’esasperazione.
Imprecai una bestemmia tra i denti per la sua idiozia e mi liberai dalla sua presa per procedere lungo il mio calvario.
 
La porta della camera di Niall, al contrario di quella dell’ingresso, era chiusa.
Mi ci fermai proprio di fronte, una mano già sulla maniglia fredda. L’impulsività con cui mi ero precipitato lì non mi aveva permesso di pensare a cosa dire. Mi insultai pesantemente per quello: non ero bravo con nessun tipo di discorso, tanto meno con quelli fatti a braccio.
Chiusi gli occhi e presi un po’ d’aria un paio di volte. Alla fine bussai.
 
Dall’interno mi arrivò uno sbuffo e un “Avanti!” parecchio annoiato.
Aprii uno spiraglio per affacciarmi solo con la testa e vidi il biondo seduto alla sua scrivania con la testa china sui libri.
Entrai chiudendomi la porta alle spalle nel più religioso dei silenzi, ma lui continuò a non prestarmi attenzione.
“Ho l’esame di Higgins da preparare per intero, Louis.” mi informò, convinto che fossi il suo coinquilino “Dimmi che almeno è una cosa urgente.”.
Aprii bocca per rispondere ma lui alzò una mano senza ancora guardarmi, come a bloccare qualsiasi mio tentativo di replica.
Scossi la testa e lo lasciai finire la lettura di quel paragrafo che, a quanto pareva, lo stava prendendo parecchio.
Nell’attesa mi persi ad osservarlo.
Aveva i capelli sconvolti dalle innumerevoli volte in cui le sue mani dovevano esserci passate attraverso. Era un gesto che faceva piuttosto spesso.
La sua pelle mi sembrò più bianca del solito, forse a causa della stanchezza. Mi chiesi da quante ore fosse piegato su quel libro.
Una vena più gonfia delle altre faceva mostra di sé sul suo collo niveo, liscio e sporcato, solo qua e là, da qualche piccolo neo. Ciò che avrei voluto fare con quella vena fu un pensiero che censurai persino alla mia testa.
Interruppi il mio percorso sul suo corpo soltanto quando lo sentii dire “Ok, dimmi tutto.” e lo vidi alzare gli occhi su di me.
Per un attimo, tutto sembrò fermarsi intorno a noi.
Poi la sua espressione cambiò. Il colorito del suo viso divenne di un rosa acceso e le sue sopracciglia s’inarcarono in un cipiglio sorpreso.
Lo vidi aprire bocca per sbraitarmi contro ma lo anticipai.
“Vorrei baciarti di nuovo.” mi sentii dire risoluto, senza alcun tremolio nella voce.
Lui strinse le labbra di riflesso e sbarrò gli occhi. Deglutì con difficoltà, come se stesse mandando giù un masso: non era abituato alla mia schiettezza tanto quanto io lo ero alla sua acidità. Si alzò in piedi facendo strisciare la sedia sul pavimento e prese in mano una penna per puntarmela contro come se fosse un’arma.
Sorrisi, intenerito da quel gesto.
“Perché sei in camera mia?” urlò quasi. E “Esci subito!” mi ordinò due secondi più tardi.
Avevo previsto una reazione del genere. Non ne fui affatto sorpreso.
Tuttavia, in totale contrasto con le sue parole, feci qualche passo avanti.
Lui, in risposta, ne fece qualcuno indietro.
“Cosa pensi di fare con quella?” chiesi, alludendo alla penna che stava brandendo in modo, secondo lui, minaccioso.
La guardò per una frazione di secondo, come se non si fosse accorto di averla afferrata nella foga del momento, e poi “Minacciarti di cavarti un occhio nel caso ti rifiutassi di uscire da qui.” improvvisò. Per un istante temetti fosse serio.
Sorrisi di nuovo. Lo trovavo bellissimo anche mentre era intento a mostrare il suo odio nei miei confronti.
“E non dire che vuoi baciarmi di nuovo, per l’amor del cielo!” urlò ancora. Nel dirlo, però, mi sembrò più terrorizzato che schifato dall’idea. La cosa mi tranquillizzò: contro le sue paure avrei potuto fa qualcosa, almeno.
“Perché non dovrei dirlo se è esattamente quello che vorrei fare?” domandai tranquillo, la paura di esprimere ciò che provavo per lui ormai dissolta nel nulla.
Fremette e lanciò letteralmente la penna sul tavolo per avere le mani libere. Se le passò tra i capelli tirando forte alcune ciocche.
“Ma perché?” sbottò, “Pensi sia divertente?”.
Negai con la testa. Aveva un’idea di me totalmente sbagliata. Forse pensava che tutto quello fosse solo un mio capriccio e che ci stessi provando gusto ad infastidirlo.
Mi avvicinai a lui vedendolo retrocedere fino a toccare il muro con le spalle. Non aveva realmente paura di me ma era talmente abituato a respingermi che certi gesti gli venivano naturali, ormai.
“Perché mi piaci.” risposi ignorando la seconda domanda. Poggiai le mani sulla scrivania che mi divideva da lui e lo osservai dritto negli occhi.
Le sue pupille sembravano incapaci di stare ferme: fremevano con lui e si spostavano di continuo ad esaminare ogni tratto del mio viso. Probabilmente stava cercando di capire se fossi serio oppure no.
“Da quando?” bisbigliò piano.
Aggirai il tavolo per fare in modo che non ci fossero più ostacoli tra noi. Lui non si ritrasse e non cercò di scappare da me: la cosa mi rese molto più felice di quanto fosse lecito.
“Da un po’.” risposi vago senza staccare gli occhi dai suoi e senza smettere di camminare verso di lui.
Non stavo evitando di dargli risposte certe ma la verità era che neanche io sapevo quantificare il tempo esatto che avevo passato a sognare di averlo.
“Non posso crederci.” sussurrò a se stesso.
Abbassò la testa scuotendola, incredulo.
Io fermai la mia avanzata soltanto quando mi ritrovai ad un palmo dal suo viso. I nostri petti si sfiorarono appena.
“Ora lo sai.” gli risposi alzandogli delicatamente il mento con una mano affinché tornasse a guardarmi.
Quella vicinanza lo fece arrossire.
“Posso baciarti adesso?” chiesi già sulle sue labbra.
Lui mosse appena la testa tentando di negarmi inutilmente quel permesso: me lo presi un secondo dopo.
Dovetti abbassarmi leggermente per farlo ma alla fine lo baciai di nuovo dopo quella che mi era sembrata un’eternità.
 
In un primo momento lo percepii ancora più freddo e immobile di quanto fosse stato durante il nostro primo breve bacio.
Ma quando sentii le sue labbra rispondere timidamente ai movimenti lenti delle mie, lo strinsi a me per avere di più.
Gli accarezzai la nuca con una mano e avvolsi il suo busto con l’altra per tirarmelo più vicino.
Avrei dato tutto pur di poterlo definire mio, pur di poterlo baciare in ogni momento esattamente come stavo facendo in quell’istante.
Immaginai noi due a cena fuori, al cinema e a fare una passeggiata mano nella mano.
Immaginai noi due fare l’amore tutta la notte.
A quel pensiero strinsi ancora di più la presa sul suo fianco magro.
Lui mugolò, forse più di fastidio che di piacere, ma non si staccò da me. Considerai quel mancato gesto come una prova, come la certezza che quella volta avrei potuto approfondire il bacio, assaporarlo meglio.
Strinsi tra i denti il suo labbro inferiore e lo succhiai appena per arrossarne i contorni. Mi presi delle libertà e violai spazi che non mi erano ancora stati concessi ma sapevo che non sarei mai arrivato a pentirmene.
La sua lingua mi sembrò calda e avvolgente mentre si lasciava accarezzare dalla mia, molto meno timida. Una voragine mi si aprì nel petto e fu la sensazione più forte che avessi mai provato in vita mia.
Ma tutta quella magia, purtroppo, svanì soltanto qualche secondo più tardi quando, per la seconda volta in dieci giorni, mi spinse via dall’assaggio di paradiso che le sue labbra mi avevano regalato, generose.
“Non si può fare.”.
Il suo respiro caldo s’infranse contro il mio mento risvegliandomi definitivamente dal mio sogno.
Lo scrutai per un po’. Il colore delle sue guance era lo stesso di quello della sua bocca martoriata dalle mie attenzioni.
“È per Harry?” chiesi, già sapendo la risposta.
Lui annuì senza dire una parola. Ma non mi lasciai spaventare.
Sapevo già che la strada per averlo sarebbe stata in salita e non mi ero fatto illusioni andando da lui quel pomeriggio. Non mi era mai passata per la testa, in nessuno degli scenari che avevo immaginato nei meandri più remoti della mia mente, l’idea che lui si sarebbe buttato tra le mie braccia come se niente fosse.
“E anche per… te.” disse incerto dopo un po’.
“Ah già,” pensai “c’è anche l’odio che prova per me da dover combattere.”.
Quell’idea mi strinse il cuore ma non lo feci trapelare.
“Non ho intenzione di rinunciare a te.” fu quello che gli dissi prima di riappropriarmi un attimo delle sue labbra, giusto per memorizzarne il sapore in previsione del tempo che, sicuramente, avrei dovuto aspettare per poterle sfiorare di nuovo.
E quando mi staccai, “Né per Harry né per quello che pensi di provare per me.” specificai allontanandomi da lui per lasciare la sua stanza.
 
 
 
 
Louis
 
Deambulavo per casa in cerca di uno scopo da dare alla mia serata.
Quel triangolo che si era venuto a creare tra me, Niall e Harry stava rendendo le mie giornate faticose da vivere.
Non ero in grado di prendere una decisione sulla situazione: il mio cervello sapeva quale fosse la cosa giusta da fare ma nessun atomo del mio corpo sembrava volergli dare retta.
Niall non aveva più parlato della possibilità di farsi avanti, di dire la verità al riccio. Non sapevo cosa gli stesse passando per la testa, se ci stesse pensando, e lui non riusciva a trovare il tempo per parlarmene. Non che io mi stessi comportando in modo sincero con lui…
Per di più Zayn si era aggiunto al nostro terzetto rendendo le cose ancora più complesse – o forse più semplici, non ne ero ancora sicuro. Sapevo cosa provasse lui nei confronti del mio coinquilino ma non cosa le sue confessioni avessero scaturito in quest’ultimo.
Mi sentivo intrappolato in un limbo: una parte di me avrebbe voluto dire la verità ad entrambi ma l’altra, quella interessata ad Harry, avrebbe voluto continuare a mentire e a tenersi quei momenti con il riccio tutti per sé.
Ogni volta che mi mettevo a riflettere sulla questione, però, finivo per distrarmi su altro senza arrivare ad alcuna conclusione.
 
Quella sera ero solo e i miei pensieri non mi erano mai sembrati tanto assillanti.
Niall era uscito per un lavoro di gruppo sul suo esame e di chiamare Zayn non se ne parlava: aveva già i suoi problemi con il biondo e, di fatto, non avevo novità da raccontargli.
La videochiamata con Harry era saltata proprio per gli impegni di Niall ed io non avevo neanche potuto improvvisarne una clandestina perché il mio coinquilino era uscito di casa verso le sei, quando da Harry era già troppo tardi.
In quel momento, erano le otto di un lunedì qualunque e per mia sfortuna ero chiuso in casa a fare nulla. Dovevo farmene una ragione e, possibilmente, trovare un modo per ammazzare il tempo e i pensieri.
Leggere un libro o guardare un film non erano opzioni da prendere in considerazione visto che, conoscendo la mia mente, sapevo per certo che si sarebbe distratta e concentrata su altro. Come… riccioli scuri e occhi chiari.
Mangiai, più per inerzia che per necessità, metà del pacco di biscotti che Niall aveva astutamente nascosto nella parte posteriore della credenza.
Ma, quando iniziarono a farmi nausea, la mia testa dovette davvero sforzarsi di trovarmi un’attività per la serata.
L’unica cosa che mi restava da fare era perdere un po’ di tempo al computer.
Mi trascinai in camera con la pesantezza di un elefante e mi buttai sul mio letto ancora sfatto dalla mattina. Recuperai il pc sulle gambe e lo accesi aspettando che si avviasse.
Sapevo che non avrebbe occupato tutte le seguenti ore di quel lunedì ma almeno mi sarei distratto provando a pensare ad altro.
Avviai i social su cui ero iscritto e diedi un’occhiata alla mia pagina Facebook giusto per controllare se qualcuno mi avesse cercato. La mia scarsa attività lì sopra fu ripagata da un numero di notifiche praticamente inesistente.
Sbuffai innervosito dal fatto che anche una realtà virtuale si stesse sfogando su di me e scrollai la home intento a farmi gli affari degli altri.
Lessi alcuni nomi di vecchi amici che non sentivo da molto e, quasi per riflesso, avviai Skype sperando di trovarne qualcuno in linea.
Ma soltanto dopo aver acceso il programma mi resi conto che nessuno di loro poteva essere connesso a quell’ora: in Inghilterra erano passate le due di notte da almeno mezzora.
E fu proprio per quel motivo che mi ritrovai a fissare lo schermo con la bocca leggermente aperta quando notai nella mia lista di amicizie qualcuno collegato.
Quel qualcuno, con mia sorpresa, era Harry Styles.
 
Mi morsi un labbro fino a sentire il sapore del sangue in bocca.
Era ancora sveglio ed io ero solo in casa, annoiato.
Il mio cervello, puntuale, tentò di dissuadermi dall’avviare una chiamata. Harry sapeva che Niall era uscito per lavorare al suo esame e avrei destato sospetti se avessi fatto qualcosa di tanto stupido come contattarlo.
Eppure il mio cuore, di nuovo, non volle sentire ragioni.
Senza neanche accorgermene mi ritrovai a mordermi anche le unghie in attesa di ricevere una sua risposta.
 
Ed avvenne dopo parecchi squilli. In quei secondi non avevo fatto altro che ripetermi in testa quanto fossi stato stupido ed impulsivo.
Magari aveva lasciato il computer acceso per sbaglio e l’avevo svegliato. O magari era semplicemente uno di quelli abituato a studiare di notte e l’avevo disturbato solo per colpa della mia voglia di sentirlo e della mia incapacità a stargli lontano.
Quando accettò la chiamata e il suo viso comparve sullo schermo, comunque, rimasi senza fiato.
Aveva le guance chiazzate di un rosso talmente acceso da superare di gran lunga il colore che di solito avevano le sue labbra. I capelli erano più scomposti del normale e non c’erano bandane o fasce a tenerli a bada.
Ma più di ogni altra cosa, furono il suo “abbigliamento” e la sua postura a seccarmi le parole in gola.
Era quasi totalmente nudo, ad eccezione del paio di boxer scuro che a malapena riusciva a coprirgli il necessario ed una delle sue grandi mani stava tentando, maldestramente, di nascondere l’evidente erezione tra le sue gambe.
Boccheggiai in difficoltà e arrossii con una tale velocità che non ebbi neanche il tempo di accorgermene e di provare a frenare il rossore.
Non l’avevo svegliato e tanto meno avevo interrotto le sue ore di studio notturne. L’unica cosa che molto probabilmente avevo interrotto era un orgasmo.
 
Non sapevo cosa dire e, anche se avessi trovato le parole adatte, non ero sicuro sarebbero riuscite ad uscire dalla mia bocca.
Lui si passò la mano libera tra i capelli e premette di nuovo l’altra sul cavallo delle sue mutande.
Annaspai e percepii un certo calore attanagliarmi il basso ventre. Cercai inutilmente di ignorarlo.
Non mi aspettavo una chiamata.” sussurrò a bassa voce senza guardarmi, come per giustificarsi. Non mi sembrò di vederlo arrossire ma non avrei potuto dirlo con certezza perché il suo colorito era già improponibile a causa dell’eccitazione.
La sua voce proruppe in un tono assai più basso di quanto mi sarei aspettato e quella costatazione non giovò alle mie terminazioni nervose. Mi sentii pervadere da una vampata di calore ancora maggiore di quella che aveva percepito il mio ventre qualche secondo prima.
Ingoiai a vuoto e “Scusami…” bofonchiai in imbarazzo. Scossi la testa e maledissi di nuovo la mia impulsività.
Pensavo stessi studiando, sono passate solo due ore da quando sei uscito e non credevo ci saremmo sentiti.” continuò, sistemandosi meglio sul suo letto. Il modo in cui cercava di nascondersi non faceva che rendere più evidente ai miei occhi il suo stato.
Di nuovo, la gola mi si seccò.
Io stavo solo…” tentò di spiegare ancora, ma non glielo permisi. Sarebbe stato davvero troppo imbarazzante. Forse avrei dovuto preoccuparmi di rispondere ai suoi dubbi riguardanti la mia presenza in casa, dirgli che io, Niall, avevo finito di studiare prima e che ero rientrato presto. Ma ero troppo distratto per preoccuparmene e per pensare alle conseguenze che quel mio gesto sconsiderato avrebbe portato.
Tutto quello che feci fu scuotere una mano di fronte alla webcam per fermarlo e “Lascia stare,” dirgli frettoloso “penso che ti lascerò alle tue… cose.”.
Ma fu lui in quel momento a mordersi il labbro con violenza.
Me ne accorsi a malapena, intento a trovare con il mouse il cursore sullo schermo che mi avrebbe permesso di chiudere il collegamento.
In ogni caso, non ci riuscii: Harry e le sue parole mi bloccarono ad un passo dal farlo.
Oppure…” mormorò “potresti unirti a me.”.
 
Mi fermai a riflettere: cercai nella sua voce cenni d’insicurezza ma non ne trovai. La sua richiesta mi era arrivata forte e chiara, l’eccitazione aveva cancellato ogni traccia della vergogna e della timidezza che erano tipiche della sua persona.
Sgranai gli occhi rendendomi conto in ritardo di cosa mi avesse appena proposto. Era una cosa del tutto nuova per me e, considerato il fatto che quello era l’ultimo posto in cui mi sarei dovuto trovare, non avrei neanche dovuto prendere del tempo per dare una risposta al suo invito. Avrei semplicemente dovuto dire qualcosa come “Non mi sembra il caso.” o “Magari un’altra volta.” ma la mia dipendenza da lui non mi permise di reagire neanche in quel caso. Per di più, la situazione nelle mie mutande era già diventata insostenibile nel sentirgli pronunciare quelle poche parole.
Mi massaggiai il ponte del naso, in difficoltà, e “In che senso…” provai a chiedere. Ma le parole, di nuovo, non ne vollero sapere di uscire.
La mano che fino a quel momento era rimasta premuta sui suoi boxer, aveva lasciato la sua postazione per intrufolarsi sotto l’elastico firmato, direttamente a contatto con la pelle tesa del riccio.
I suoi occhi rimasero fissi su di me ma io non riuscii a ricambiare lo sguardo, troppo preso dai movimenti lenti del suo polso.
Le mie dita corsero per riflesso oltre il laccio già allentato della mia tuta e sospirai quando le sentii fredde sulla mia pelle accaldata, pronte a darle sollievo.
La mia erezione, formata solo per metà, mi sembrò già troppo ingombrante intrappolata nei miei boxer, tanto che dovetti sistemarmi meglio sul letto in cerca di una posizione più comoda per potermi dare piacere.
Harry fece lo stesso, copiando a specchio i miei movimenti, ma sorprendendomi quando tolse direttamente via le sue mutande, rimanendo totalmente nudo di fronte a me.
La naturalezza con cui lo fece mi lasciò interdetto e piacevolmente sorpreso. L’idea che non si stesse facendo scrupoli, che fosse del tutto a suo agio con il suo corpo, mi ricordo il motivo per cui io - e non Niall - mi stessi trovando lì.
Lui, al contrario del biondo, non aveva mai avuto problemi con il suo aspetto ma non me ne ero mai reso conto del tutto fino a quel momento. Il modo in cui si stava toccando, continuando a fissarmi, mi fece provare invidia nei confronti della confidenza che sembrava avere con ogni parte di sé.
Velocizzai i movimenti della mia mano quando vidi scendere la sua fino ai testicoli per poi risalire più velocemente andando ad inglobare la punta ingrossata.
La massaggiò appena e gemette facendo scattare i muscoli del suo petto in un movimento involontario.
Mi sentii le guance andare a fuoco e percepii il mio respiro velocizzarsi notevolmente.
Una scarica di adrenalina mi portò a liberarmi a mia volta dei pantaloni e dei boxer senza che la mia mente poco lucida potesse rendersene conto.
Lui sorrise, soddisfatto, con uno sguardo carico di lussuria e “Più veloce.” lo sentii dirmi, ordinarmi.
Presi aria dalla bocca per respirare a pieni polmoni: non mi ero mai sentito così eccitato in vita mia. Probabilmente, gran parte di quella eccitazione era dovuta alle circostanze strane in cui stavamo condividendo quell’esperienza.
In ogni caso obbedii e velocizzai i movimenti del mio polso. Mi toccai come non facevo da un po’, con attenzione, come se lo stessi facendo per lui, per offrirgli una visuale che l’avrebbe presto portato al culmine del suo piacere.
E l’apice riuscivo a sentirlo anch’io già all’altezza del mio basso ventre, pronto ad investirmi in pieno.
Rallentai un attimo nel vano tentativo di ritardarlo, ma quando vidi Harry buttare la testa indietro mentre con il pollice faceva pressione sulla sua vena ingrossata non potei fare a meno di riadeguarmi al suo ritmo.
Sentii il mio seme colarmi sulle dita strette intorno alla mia base e continuai a massaggiarmi per godermi pienamente l’orgasmo mentre l’osservavo venire a sua volta.
Il suo piacere, probabilmente, fu più violento del mio perché schizzò sullo schermo all’improvviso.
Sorrisi d’istinto, contento nel vederlo così rilassato e piacevolmente sconvolto.
Ma tutta la mia gioia scomparve quando, inseguendo il suo orgasmo, lo sentii gemere tra i denti un “Niall…” che avrei volentieri fatto a meno di sentire.
 
Mi resi conto, in quell’istante, che la necessità di mettere un punto a quella storia si era fatta più urgente che mai. 










Note finali: vi ho anche risparmiato le note iniziali oggi. Quanto lo state apprezzando in una scala da 1 a 10? Lo so che sono una palla al piede con le mie lagne ma ho le ansie e devo parlarvi di molte cose quando posto una storia. Oggi non dirò nulla comunque. Vi ammollo queste 14k parole e lascio le chiacchiere a voi. Voglio solo ringraziare le dolcissime persone che mi hanno lasciato un pensiero al primo capitolo (risponderò, giuro!) e tutte quelle donzelle silenziose che hanno messo la storia tra le seguite e le preferite. Siete l’amore, davvero.
Vi posto, come al solito, il mio Twitter e il mio Ask e vi do i link delle tre meraviglie che Mary Grace (qui e qui) e Medusa (qui) hanno realizzato per questa storia perché tutti dovete apprezzarle.
Alla prossima per il terzo e ultimo capitolo. 
 

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Capitolo 3
*** Parte III ***











Niall
 
La mia vita sentimentale non era mai stata così complessa come in quel momento.
In realtà, fino ad allora, non avevo neanche mai avuto una vera e propria vita sentimentale e quello era il motivo principale per cui mi stavo ritrovando del tutto impreparato ad affrontare la situazione venutasi a creare.
Quando Harry era entrato nella mia vita mi ero sentito come travolto da un uragano: la mia esistenza non mi era mai sembrata così piena. Avevo finalmente provato per la prima volta la famosa sensazione delle farfalle nello stomaco, dell’alzarsi felici dal letto senza un apparente motivo, del sorridere inaspettatamente perdendosi nei propri pensieri.
E nonostante avessi costretto Louis a farsi vedere al posto mio in tutte le videochiamate, quelle sensazioni non erano mai scomparse del tutto nel corso del tempo.
Forse si erano un po’ affievolite a causa dei miei impegni e delle strane coincidenze che mi avevano portato a mancare ad alcuni collegamenti con il riccio. Ma lui era sempre e comunque lì, nella mia testa. L’unico dettaglio, il problema che stava rendendo la mia vita più complessa di quanto non fosse mai stata, era che Harry aveva iniziato ad avere compagnia nei miei pensieri. Non era più solo ad albergare nella mia mente.
A convivere con lui, tra l’altro, c’era l’ultima persona che mi sarei mai aspettato di trovare nei meandri più profondi della mia psiche: Zayn.
Dopo i due baci che si era preso quasi con prepotenza e, soprattutto, dopo la confessione riguardo i suoi sentimenti nei miei confronti, mi era stato praticamente impossibile non lasciarlo entrare nella mia testa.
Ciò che mi stava sorprendendo più di ogni altra cosa era il fatto che non mi stesse dispiacendo per niente la sua presenza accanto a quella del riccio.
Ma questo non me la sentivo ancora di ammetterlo con qualcuno, tanto meno con lui.
Da quando l’avevo conosciuto non avevo fatto altro che odiarlo: sapevo che continuare a farlo sarebbe stato stupido, soprattutto dopo aver scoperto di quale pasta fosse fatto realmente.
Ricevere suoi baci non mi era dispiaciuto e avevo anche apprezzato la sua sincerità, il suo coraggio nel venire da me ad aprirsi nonostante l’astio che avevo sempre mostrato nei suoi confronti.
Quel gesto aveva cambiato radicalmente il mio modo di vederlo ma c’era comunque Harry nella mia vita e non potevo eliminarlo da un momento all’altro solo perché, all’improvviso, mi si era presentata davanti l’occasione di vivere una storia “reale”.
Nonostante i sogni sugli occhi scuri di Zayn non mi stessero disturbando ne avrei volentieri fatto a meno. Sarebbe stato tutto più semplice.
Passavo le giornate a pensare ad Harry e le notti a lasciarmi travolgere da pensieri ambrati, tanto da sembrare quasi neri.
A confondermi ancora di più, c’era il fatto che i miei contatti con il riccio – quelli diretti tra il vero me e lui – erano diminuiti a dismisura da quando erano iniziate le videochiamate. Non riuscivo a credere che fossero passati due mesi dai primi collegamenti via Skype.
Louis ed Harry si stavano parlando e vedendo da più tempo di quanto avessimo fatto io e il riccio prima che tutto quello iniziasse. Ed io? Beh, io ultimamente non riuscivo neanche più a sentirlo per messaggio. D’altronde che bisogno aveva Harry di scrivermi visto che era convinto di vedermi in webcam praticamente ogni giorno?
Io personalmente avevo evitato di contattarlo per non sembrare assillante: con che scusa potevo mandargli sms subito dopo aver chiuso una chiamata?
Ciò che avrebbe dovuto unirci, costituire un passo avanti nel nostro rapporto, di fatto ci stava allontanando sempre di più.
E non potevo neanche lamentarmene dal momento che era stata tutta una mia idea. Mi ero illuso che con il tempo avrei trovato il coraggio di mostrarmi in webcam, di dirgli chi ero veramente e come stavano le cose. Ma non era successo.
E più passava il tempo più le cose si facevano difficili, decidere di esporsi praticamente impossibile. Come potevo dirgli che per due mesi aveva parlato con quello che per lui era un perfetto sconosciuto?
Era fuori discussione.
 
La porta dell’appartamento sbatté facendo tremare persino le pareti della mia stanza. Mi risvegliai dalle mie riflessioni soltanto apparentemente, dato che una delle cause della mia confusione mentale era appena entrata in casa mia.
Sapevo perfettamente chi aveva varcato la porta dell’ingresso. Zayn aveva preso particolarmente alla lettera le sue parole. Mi aveva detto “non ho intenzione di rinunciare a te” ed era proprio ciò che stava facendo dal giorno della sua “dichiarazione”.
Stava da noi in ogni suo momento libero, senza farsi problemi. La cosa che mi lasciava del tutto interdetto era che non si preoccupava neanche di montare scuse per giustificare la sua costante presenza nel nostro salotto. Era lì per me e non si vergognava ad ammetterlo.
Mi venne da chiedermi se, per caso, anche le sue visite nei mesi passati fossero dovute a quello che provava nei miei confronti. Prima della sua confessione non mi era neanche mai venuto in mente che potesse sentire qualcosa per me e non avevo mai pensato che potesse passare da noi per un motivo diverso dal “far visita al proprio migliore amico”.
Feci ruotare la sedia dietro la scrivania e mi sfilai dalla mia postazione per uscire dalla stanza.
Quel giorno avrei incontrato Ashton e gli altri per un ultimo ripasso di gruppo prima dell’esame di Higgins. I ragazzi del mio corso si erano gentilmente offerti di aiutarmi visto che, non essendomi riuscito a prenotare all’esame parziale di quella materia, avrei dovuto darlo per intero.
Recuperai i libri e la giacca sul letto ed aprii la porta della mia camera per raggiungere l’ingresso.
Il chiacchiericcio di Louis e Zayn raggiunse subito le mie orecchie; mi fermai un attimo prima di svoltare l’angolo per ritrovarmi in salotto faccia a faccia con loro. Presi un respiro profondo e lo feci, le guance già arrossate d’imbarazzo.
Gli occhi del moro saettarono in un attimo verso i miei e abbassai la testa borbottando un “Ciao.” quasi inudibile.
Nella sua mano destra, scura e tatuata, faceva mostra di sé un piccolo mazzo di orchidee. Quando le vidi non potei fare a meno di alzare gli occhi al cielo: avevo perso il conto degli omaggi floreali che mi aveva portato in quei giorni.
Lui se ne accorse ma non si offese per il mio atteggiamento: forse perché aveva notato anche il piccolo sorriso che, bastardo, mi era spuntato sulle labbra. Il tentativo di mascherare l’apprezzamento per quella romanticheria era andato a farsi benedire.
Si avvicinò a me con passo spedito e, solo quando fu talmente vicino da confondere il suo respiro con il mio, mi porse i fiori accompagnando il tutto con un piccolo bacio sull’angolo sinistro delle mie labbra.
Arrossii ancora di più e mossi la testa a mo’ di saluto quando lo sentii bisbigliare un “Ciao, Niall.” quasi timido.
Louis, dall’altro lato della stanza, sbuffò infastidito da quella scenetta uguale a tutte quelle a cui aveva assistito negli ultimi giorni.
Lo ignorai e “Dovresti smetterla di baciarmi.” asserii trovando, chissà dove, il coraggio di guardare Zayn negli occhi. Lui sorrise, sfrontato.
“Non ti ho baciato,” rispose “ma se vuoi che lo faccia per darti la possibilità di rimproverarmi non ho problemi a...”.
Lo interruppi con un gesto della mano e “No, g-grazie.” declinai l’invito balbettando.
Sorrise ancora, divertito dal mio atteggiamento come se non lo stessi affatto rifiutando di continuo, giorno dopo giorno.
Scossi la testa, incredulo. Mi chiesi per quanto tempo avrebbe portato avanti quel corteggiamento prima di gettare la spugna. Non sembrava neanche vicino al voler desistere.
Non ho intenzione di rinunciare a te.
Quella frase non faceva che perseguitarmi giorno e notte.
Indietreggiai un po’ per ricreare una certa distanza tra noi e “Io sto uscendo.” annunciai a nessuno in particolare. O forse per mettere al corrente entrambi.
Louis si buttò sulla poltrona, senza neanche rispondermi.
Il viso di Zayn, invece, s’illuminò.
“Ti accompagno!” si offrì entusiasta, precipitandosi a recuperare la giacca di pelle sul divano. Non dissi nulla, non rifiutai e non accettai. E non lo feci per il semplice fatto che non ero ancora in grado di decidere se le sue proposte fossero fastidiose o lusinghiere. Anche se un’idea iniziavo ad averla.
Posai le orchidee sul mobile dell’ingresso e mi avvicinai alla porta. Solo quando fui ad un passo dall’uscire dall’appartamento mi ricordai di chiedere al mio coinquilino “Puoi chiamare tu Harry?”.
Lo vidi irrigidirsi sulla poltrona ma non ne seppi il motivo.
“Sono passati un po’ di giorni dall’ultima volta che l’abbiamo sentito. Credo che si aspetti una chiamata ma non posso proprio rinunciare a queste ore di studio.” spiegai, come per giustificarmi.
Era talmente assurdo mancare alle videochiamate con il riccio che mi sentivo in dovere di dare chiarimenti almeno a Louis.
Lui mi parve nervoso nonostante non fosse di certo la prima volta che gli chiedevo un favore del genere ma non mi soffermai più di tanto sulla sua reazione.
Lo ringraziai in anticipo e uscii dall’appartamento seguito da Zayn. Prima di arrivare alla fermata dell’autobus mandai un messaggio ad Harry per avvisarlo della chiamata che ci sarebbe stata di lì a poco.
 
 
 
Louis
 
Non l’avrei fatto. Non ne avevo nessuna intenzione.
Erano passati cinque giorni dall’ultima videochiamata che avevamo fatto io e Niall insieme, e tre da quella che avevo fatto solo io ad Harry. In tutta onestà non mi ero ancora ripreso.
Non avevo avuto il coraggio di parlarne neanche a Zayn: un po’ perché non volevo distruggere il suo buon umore – nonostante non riuscissi a capire da cosa fosse scaturito, visti i continui rifiuti del mio coinquilino – e un po’ perché mi sentivo troppo in difetto per quello che avevo fatto.
Il senso di colpa era direttamente proporzionale al piacere che avevo provato nel condividere quel momento con Harry. E continuava a crescere ogni volta che ripensavo alla nostra chiamata. Nell’avviarla, quella sera, non mi sarei mai aspettato di vivere una cosa del genere, così intima.
Mi aveva soddisfatto talmente tanto che avevo paura a farla di nuovo: l’idea mi terrorizzava semplicemente.
Il suo viso stravolto dall’eccitazione, i suoi occhi su di me, ad assorbire ogni mio movimento per goderne il più possibile - nonostante ci fossero un computer e un oceano a separarci -, le sue dita lunghe e sottili strette intorno alla fonte del suo piacere… erano tutte immagini che non facevano altro che tormentare i miei pensieri giorno e notte. Ma poi era arrivato quel nome sussurrato dalle sue labbra a rovinare tutto. Non aveva smorzato il mio orgasmo solo perché ero riuscito a venire prima che lo pronunciasse. Eppure aveva contribuito a rendere il ricordo di quel momento particolarmente amaro.
Ciò che rendeva tutto più complesso era il fatto che non riuscissi a capire cosa avesse generato il piacere di Harry. Aveva nominato Niall ma, di fatto, era me che aveva osservato mentre si toccava con cura e dedizione. Era l’idea che sarei venuto con lui ad averlo guidato verso l’orgasmo, ne ero certo. E quelle erano cose che non si potevano cancellare o negare. Gli piacevo o, quanto meno, gli piaceva il mio aspetto. Ma non potevo fare a meno di pensare che forse lo apprezzava solo perché lo associava all’idea che si era fatto di Niall nei due mesi in cui si erano parlati senza di me, in cui si erano conosciuti. Non avevo certezze di nessun genere su di lui e sui suoi sentimenti, mentre i miei si facevano sempre più pericolosi e scomodi, data la situazione.
Ed era quello il motivo principale per cui mi stavo tenendo lontano dal pc e da Skype.
No, quel pomeriggio non avrei assolutamente chiamato Harry. Avevo bisogno di distaccarmene fino a quando tutto quello avrebbe smesso di sembrarmi sbagliato.
Forse, però, non sarebbe successo mai.
 
Con mia grande sorpresa riuscii a concentrarmi per studiare un po’. Ci riuscii talmente tanto che mi accorsi dell’ora che si era fatta soltanto quando sentii Niall rientrare dalle sue quattro ore di studio. Erano le dieci di sera.
Aveva un’espressione strana dipinta in faccia e continuava a guardarmi senza staccare gli occhi dal mio viso.
Quel suo atteggiamento m’innervosì e mi chiesi se per caso non fosse venuto a conoscenza del fatto che non avessi chiamato il riccio. Scossi la testa dandomi dell’idiota: in che modo avrebbe potuto farlo? In nessuno.
A meno che…
“Harry mi ha scritto un messaggio.” disse avvicinandosi al tavolino da caffè del salotto.
“Come non detto.” pensai.
Si sedette sul divano lanciando la giacca sul posto accanto al suo e lo guardai dalla mia postazione sulla poltrona.
“Ah…” fu tutto ciò che mi uscì di bocca. “E cosa…?” tentai di chiedere ma lui mi interruppe.
“Mi ha chiesto come mai non l’avessi chiamato visto che gli avevo promesso di farlo circa un’ora prima.” mi spiegò.
Non sembrava nervoso ma era senz’altro curioso di capire cosa fosse successo.
Avrei potuto montare una scusa come “Mi sono messo a studiare e mi è passato di mente.” ma che senso aveva rimandare quel discorso? Sapevo che quel confronto era necessario e che sarebbe dovuto avvenire, prima o poi. Tanto valeva affrontarlo.
In ogni caso non gli diedi spiegazioni sul perché non ero stato fedele ai nostri accordi.
“E tu cosa gli hai detto?” gli chiesi chiudendo il libro su cui ero stato piegato per ore.
Si passò una mano tra i capelli, sembrava stanco.
Mi guardò con occhi quasi liquidi e “Non gli ho ancora risposto.” sussurrò. Il modo in cui mi osservò mi fece sentire come se mi fossi appena tradito da solo: il fatto che non avessi neanche tentato di mentire o di mettergli a credere una scusa qualunque, gli fece capire che quella di non chiamare Harry era stata una mia scelta volontaria. E se me l’avesse chiesto esplicitamente, non avrei negato.
Era tempo di smetterla con le omissioni e le bugie.
“Hai avuto un contrattempo?” mi domandò, sorvolando sul fatto che non avessi detto niente dopo la sua risposta. Mi sembrò come se stesse cercando in tutti i modi di sfuggire anche lui dalla realtà, come se non volesse sentirsi dire come stavano veramente le cose. Eppure non avevo dubbi sul fatto che, almeno in parte, avesse capito tutto. O molto.
Scossi la testa e “No, Niall…” ammisi “non ho avuto contrattempi.”.
Lui annuì. Come immaginavo, aveva previsto quella risposta da parte mia.
“Forse dovremmo parlare, Lou…” fu tutto ciò che disse dopo, sedendosi meglio sul divano.
 
L’ultima volta che ci eravamo ritrovati soli nel nostro salotto ad affrontare una conversazione difficile come quella risaliva al giorno in cui Niall mi aveva raccontato per la prima volta di Harry: il giorno in cui tutto era iniziato.
In un modo o nell’altro, sentivo che quello che stavamo vivendo sarebbe stato il giorno in cui, invece, tutto sarebbe finito.
Non aspettai che mi chiese di nuovo come mai non avessi sentito Harry. Era arrivato il mio momento di spiegare.
“Non l’ho chiamato perché l’ultima volta che l’ho fatto è successo qualcosa.”.
Aggrottò le sopracciglia come se mi stesse guardando davvero per la prima volta da quando era arrivato.
Deglutii a fatica mentre lo osservavo riflettere: probabilmente stava tentando di ricordare cosa fosse successo durante l’ultimo collegamento con il riccio, ignaro del fatto che ce ne fosse stato un altro solo tra me e lui.
Confermò la mia ipotesi quando mi chiese “Cosa c’è stato di strano nell’ultima videochiamata che abbiamo…”.
Ma lo interruppi bruscamente e “Quella non è stata l’ultima.” gli dissi.
Vidi la confusione dipingersi sul suo viso e il senso di colpa tornò a divorarmi dall’interno in un attimo.
Capì. Non che fosse difficile indovinare cosa potesse essere successo di sconvolgente in una videochiamata tra due persone divise da un computer, ma non ebbi dubbi sul fatto che capì.
La sua espressione cambiò: si alzò in piedi iniziando a misurare la stanza a grandi falcate. Le mani erano corse a torturare i capelli e per un attimo temetti potesse iniziare ad urlarmi contro.
Poi, invece, si fermò.
“Da quanto tempo ti piace?” chiese senza giri di parole. La gola mi seccò.
Forse l’avevo sottovalutato, non mi ero mai reso conto che i rari momenti che passava immobile durante le videochiamate li spendeva ad osservare me e le mie reazioni a tutto ciò che Harry diceva. Mi sentii nudo, quasi violato, ma durò un attimo, giusto il tempo di rendermi conto che non ero io quello ad essere stato tradito da un amico.
“Ha importanza?” domandai a mia volta, incapace di rispondere. Come potevo dirgli che Harry mi era piaciuto fin dall’inizio? Era una cosa che sembrava ridicola persino a me.
“Certo che ha importanza!” urlò esasperato, la speranza che potesse restare calmo svanita nel nulla, “Potresti cercare di essere sincero almeno adesso?”.
Mi feci piccolo sulla poltrona. Non potevo uscire da quella situazione: avevo sbagliato tutto, fin dall’inizio, e non c’era nulla che potessi dire per giustificare il mio comportamento e tutto quello che avevo fatto.
Non sono cose che si possono controllare.
Le parole di Zayn tornarono a violentare la mia mente anche in quel momento ma non ero sicuro di potermici aggrappare ancora. Erano vere solo in parte e me ne accorsi solo allora.
Alcune cose avrei potuto senz’altro gestirle meglio. I sentimenti nei confronti di Harry magari no: quelli erano nati spontaneamente e contro la mia volontà.
Ma nascondere tutto a Niall per due mesi, beh, quella era stata una scelta mia. Ed era arrivato il momento di farci i conti.
“Mi è sempre piaciuto.” ammisi infine. Glielo dovevo e la mia mente, su due piedi, non aveva trovato altre parole per sganciare quella bomba.
Rise amaramente scuotendo la testa. Mi stava odiando, potevo leggerglielo in faccia.
“Pensavi di dirmelo, prima o poi?” mi chiese. Era deluso e arrabbiato.
Realizzai di tenere veramente a lui solo in quel momento, solo quando ormai lo avevo ferito irrimediabilmente.
“Forse…” bisbigliai incerto “o magari avrei aspettato che mi passasse.”.
Tornò a sedersi sul divano e si accasciò sullo schienale. Sembrava sgonfiato e svuotato da qualsiasi emozione e sentii l’impulso di andare lì ad abbracciarlo. Non lo feci, ovviamente. Non ne avevo il diritto.
Stette zitto per secondi che mi parvero ore e poi “Staremo entrambi lontani da lui per un po’.” sentenziò con il tono di uno che non ammetteva repliche.
Sbarrai gli occhi e tentai di aprire bocca per fare domande, per chiedergli il motivo di quella decisione radicale, ma lui non mi diede la possibilità di dire nulla.
“Ti sto chiedendo un favore e assecondarmi è il minimo che tu possa fare, non trovi?” chiese retoricamente.
Mi zittì. Annuii afflitto ma non lo contraddissi, avrei fatto qualsiasi cosa per rimediare ai miei sbagli. E se non sentire Harry per un po’ l’avrebbe aiutato a calmarsi e a placare l’odio che stava provando per me, avrei fatto anche quello.
 
 
 
 
Liam
 
“Sono passati dieci giorni, Lee.”.
Il mio migliore amico si buttò accanto a me sul letto. I suoi occhi chiari erano cerchiati da scure occhiaie gonfie.
Ad una prima occhiata sembrava uno che non dormiva da giorni. Ad una seconda, uno che non dormiva da mesi.
Mi spostai sul materasso per fargli spazio e gli passai un braccio intorno alle spalle per fargli poggiare la testa sul mio petto in un gesto che aveva il sapore di conforto, rassicurazione e casa.
“Sono passati dieci giorni da cosa?” domandai nonostante sapessi già la risposta. Parlarne gli avrebbe fatto bene.
Lui sospirò e si strinse di più al mio busto, come in cerca di calore.
“Dall’ultima volta che l’ho sentito.” bisbigliò contro la trama della mia maglietta.
Non c’era modo di tranquillizzarlo, non ci sarei riuscito in nessun caso. Cosa potevo dirgli per farlo stare bene? L’unica cosa che l’avrebbe davvero tirato su di morale sarebbe stata sentire Niall. Ma per quello non potevo fare nulla, non dipendeva da me.
Non avere i mezzi per far sorridere Harry mi stava mandando fuori strada: non era mai successo, mai, in tutti i nostri anni di amicizia.
“Gli avevo solo mandato un messaggio per chiedergli come mai non mi avesse chiamato,” continuò “e lui non ha più risposto.”.
La sua voce mi parve sofferente mentre la sentivo esporre per l’ennesima volta la versione dei fatti. Avevo la sensazione che continuare a ricordare e ricapitolare l’ultimo contatto che aveva avuto con Niall gli fosse utile, come se lo alleggerisse ogni volta un po’ di più.
Annuii, nonostante da quella posizione non potesse vedermi.
“Lo so, Haz.” sussurrai sulla sua testa.
Restammo in silenzio per un po’, tanto che iniziai a sentire il suo battito regolare infrangersi sul mio stomaco.
Per un attimo sperai si fosse addormentato, ne aveva bisogno. Ma poi parlo di nuovo.
“Forse gli sono sembrato assillante con quella domanda.” disse con voce impastata “Avrei dovuto evitare…”.
A quel punto mi misi a sedere trascinandolo su con me. Lo presi per le spalle in modo che mi guardasse dritto negli occhi e “Era solo una domanda, non colpevolizzarti sempre.” gli ordinai.
Non era giusto che si stesse sentendo così soltanto per aver chiesto qualcosa. Di legittimo, tra l’altro.
Niall non poteva averlo ignorato per dieci giorni soltanto per quel motivo. Doveva essere successo altro.
Abbassò lo sguardo scuotendo la testa. Non era convinto e sapevo che non avrebbe smesso di sentirsi in colpa solo grazie alle mie parole da migliore amico.
“O forse si sente in difficoltà per ciò che abbiamo fatto durante l’ultima videochiamata.” ipotizzò ancora.
Arrossii. Mi aveva raccontato del momento d’intimità che avevano avuto lui e Niall e non potevo fare a meno di sentirmi un po’ a disagio nel parlarne.
“Anche quello è colpa mia, tra l’altro.” aggiunse sovrappensiero.
Mi ripresi dall’imbarazzo nel sentirlo darsi la colpa un’altra volta.
“A me sembra che a lui non sia dispiaciuto affatto, invece.” dissi con un po’ troppa acidità nel tono di voce.
I suoi occhi si riempirono di lacrime e si coprì il viso con entrambe le mani prima di dire, frustrato, “Sto solo cercando di dare un senso a tutto.”.
Lo abbracciai di nuovo nell’inutile tentativo di dargli conforto.
Cantilenai nel suo orecchio frasi rassicuranti, nonostante non fossi certo di avere la sua totale attenzione: la mia priorità era calmarlo. Quello veniva prima di ogni altra cosa. Lui si lasciò cullare dalle mie parole e solo quando io stesso non seppi più che dire mi spinse via in un attimo di ritrovata energia.
Mi fissò con gli occhi sbarrati, come se improvvisamente avesse avuto l’illuminazione che stava aspettando da dieci giorni.
“So cosa devo fare!” quasi urlò, costringendomi ad allontanarmi un po’ da lui per ripararmi dai suoi strilli.
Aprii bocca per chiedergli quale fosse la sua idea ma lui era già saltato giù dal letto per tornare nella sua stanza.
“Andrò da lui.” sbraitò un attimo dopo dal corridoio.
Ci misi un po’ a rendermi conto di ciò che avesse detto ma, quando le sue parole presero un senso nella mia testa, mi alzai di scatto a mia volta per seguirlo.
“Cosa hai detto?” chiesi in preda al panico. Non poteva essere serio. Non stava davvero pensando di prendere un aereo per andare a cercare un ragazzo che conosceva da poco più di quattro mesi solo perché non riusciva a sentirlo da dieci giorni.
Quando entrai nella sua camera, tuttavia, lo vidi tirare fuori il suo trolley da viaggio da sotto il letto.
Sentii il sudore colarmi sulla schiena per l’agitazione.
“Haz,” tentai di articolare il suo nome nell’attesa che un’idea geniale per fermarlo mi balenasse nella mente “calmati un attimo, per favore.”.
Lui sembrò ignorarmi, la sua attenzione già rivolta verso l’armadio da cui tirò fuori un paio di magliette.
“Non c’è altro da fare, Liam.” mi rispose categorico.
Spalancai le braccia, esasperato.
“Sì che c’è!” urlai “Prova a chiamarlo, no?”.
Finalmente, nel sentirmi dire quelle parole, si fermò. Mi guardò per qualche secondo, come per ponderare se fossi lucido o no, e poi proruppe in una risata che di serio aveva poco.
“Pensi che non ci abbia già provato?” mi domandò “Cosa credi che abbia fatto in questi giorni?”.
Scossi la testa per fargli capire che non ne avevo idea.
“Ho provato di tutto: messaggi, chiamate, chat, Skype… è scomparso nel nulla!” mi spiegò.
Mi avvicinai al suo letto e mi ci buttai sopra. Avevo bisogno di stare calmo per entrambi. Lui sembrava essere impazzito.
“E qual è il tuo grande piano?” chiesi stizzito “Andare a Chicago e cercarlo tra le strade del centro?”.
Infilò due pantaloni in valigia e tornò per la terza volta di fronte al suo guardaroba.
“So dove studia” borbottò “quindi andrò al campus e lo cercherò lì.”
Lo disse con una tale sicurezza da darmi l’impressione che stesse pensando a quel viaggio da un bel po’ di tempo. Per essere un’idea venutagli solo qualche minuto prima, dovetti ammettere che non era male. Quanto meno, cercare Niall in un campus sarebbe stato più semplice che cercarlo in una grande metropoli dell’Illinois.
In ogni caso non potevo permettermi di incoraggiarlo.
“È una follia!” dissi nonostante, minuto dopo minuto, l’idea stesse iniziando a sembrare fattibile anche a me.
Continuò con i suoi preparativi ignorandomi per qualche secondo.
“Non ti sto chiedendo di venire con me, se non vuoi.” sussurrò in tono comunque troppo alto perché lo ignorassi. Sbuffai alzando gli occhi al cielo.
La sua voce era uscita fuori in modo del tutto contrastante con i suoi pensieri: la sua, al contrario di quello che potesse sembrare, era una vera e propria richiesta di compagnia.
E come potevo lasciarlo solo? Come avrei potuto permettere che andasse da solo in uno degli stati più caotici d’America alla ricerca disperata di un ragazzo di cui aveva visto le sembianze solo tramite computer?
Mi alzai dal suo letto e lisciai i miei jeans sulle cosce.
Il suo sguardo ardeva a contatto con il mio: era ansioso di sapere cosa avrei fatto.
Sadico, lo lasciai qualche secondo sulle spine prima di cedere.
“Vedo a che ora c’è il primo volo per Chicago.”.
 
 
 
Harry
 
Passammo la notte in aeroporto.
Il primo volo che avevamo trovato disponibile sarebbe partito alle sei di mattina e sarebbe durato quasi otto ore. Dato il fuso orario una volta arrivati a Chicago lì sarebbero state le sette di mattina: stavamo per vivere il giorno più lungo delle nostre vite.
Io e Liam ci sedemmo nell’enorme sala d’aspetto di Heathrow in attesa di poter ritirare i biglietti prenotati solo un paio di ore prima dal nostro appartamento.
Appena il mio migliore amico poggiò la sua testa sulla mia spalla, già esausto, mi ritrovai completamente solo con i miei pensieri.
Per un attimo mi parve tutto senza senso. Cosa stavo facendo? Da quando ero diventato così impulsivo? Non lo ero mai stato.
“L’amore fa fare cose strane.”
Rabbrividii nel rendermi conto del pensiero che la mia mente aveva appena formulato. Non potevo già parlare d’amore, ne ero consapevole, eppure stavo costringendo me e Liam ad affrontare un viaggio lunghissimo per cercare quella che credevo essere la mia persona.
Magari non ero innamorato di Niall, ma quella che provavo per lui non poteva neanche essere definita semplice attrazione. Non avrei fatto tutto quello per una banale cotta come le altre. Stavo letteralmente attraversando mezzo mondo per lui. Qualcosa doveva pur significare.
Mi convinsi che ne sarebbe valsa la pena. E lo feci anche perché sapevo che ormai non avrei più potuto cambiare idea. O comunque, anche se avessi potuto, non avrei trovato il coraggio per dirlo a Liam.
Era già tanto che mi avesse assecondato in quella follia, non potevo farmi vedere indeciso. Almeno io dovevo continuare a credere che tutto sarebbe andato per il meglio.
 
“L’unica cosa che mi angoscia” disse Liam una volta fatto il check-in “è il fatto che non potrò sentire Dani per le prossime otto ore.”.
Ridacchiai. Avrei voluto fargli notare che in alcuni giorni riuscivano a non sentirsi anche per più di otto ore, ma non mi parve il caso.
Lo vidi osservare ansioso il cellulare.
“E adesso sta dormendo quindi scoprirà della mia partenza solo domani mattina quando non potrò rispondere alle sue chiamate.” aggiunse poi.
Gli posai una mano sulla spalla e “Starà bene, Lee…” lo rassicurai. Non era davvero preoccupato, solo un po’ nostalgico.
Lui scosse le spalle per farmi capire che non aveva più voglia di parlarne e ci avviammo al gate pronti a salire sull’aereo.
 
Il mio migliore amico dormì per quasi tutte le otto ore di volo.
Lo invidiai: io non ero riuscito a chiudere occhio neanche per dieci minuti di fila. Sapevo che quella sera – ci sarebbe stata una sera? Non ne ero ancora sicuro – me ne sarei pentito ma era stato più forte di me. L’ansia e l’oscillare burrascoso dell’aereo non mi avevano permesso di rilassarmi.
Una volta scesi l’aria di Chicago ci raggelò le ossa in un attimo.
Liam si strinse nella sua giacca borbottando qualcosa riguardo il modo frettoloso con cui aveva fatto la valigia. In effetti mi resi conto anch’io di non aver preso molte cose adatte a quella temperatura rigida.
Mi augurai che il freddo fosse dovuto soltanto all’ora, ma ne dubitai un secondo dopo.
Quando fummo definitivamente fuori dall’aeroporto, “Adesso che si fa?” mi chiese il mio amico guardandosi intorno.
Numerosi taxi sfrecciarono per la strada trafficata a causa dei diversi arrivi.
“Colazione.” risposi. Ne avevamo già fatta una prima di partire e una sull’aereo ma per noi era mattina un’altra volta quindi tanto valeva riiniziare bene la giornata.
Lui annuì ed entrammo nel primo bar a disposizione.
Soltanto quando fummo entrambi di fronte ad una tazza fumante di caffè americano, Liam parlò di nuovo.
“Ripetimi il piano in modo più dettagliato.” mi ordinò gentilmente. La sua fronte era aggrottata e il suo sguardo era perso dentro il liquido scuro che ancora non si era deciso a bere.
Io feci un lungo sorso dal mio, invece, e poi “Andiamo al campus e lo cerchiamo, Lee.” ripetei esattamente come avevo fatto quando mi aveva chiesto le mie intenzioni per la prima volta in camera mia.
Per farmi trovare più preparato, però, aggiunsi “Oggi, che io sappia, dovrebbe avere lezione fino alle quattro.”. Non che avessi imparato a memoria il calendario delle lezioni di Niall…
Liam annuì, come per autoconvincersi che la mia fosse proprio un’idea brillante, e poi, finalmente, assaggiò il suo caffè.
 
Il campus era letteralmente enorme.
Dall’aeroporto ci impiegammo un’ora per raggiungerlo, dopo averne persa un’altra per finire con calma la nostra colazione e per chiedere informazioni utili sui mezzi che avremmo dovuto prendere per muoverci verso l’università.
La metro, da come ci avevano detto, non arrivava fino al campus ed eravamo stati costretti a muoverci in autobus, rallentati dal traffico infernale della grande metropoli.
In ogni caso eravamo lì e la paura che forse non sarei comunque riuscito a trovare Niall mi attanagliò lo stomaco. Quel posto era una città nella città.
“L’idea” iniziò Liam “sarebbe quella di mettersi in mezzo a questo enorme giardino e guardarsi intorno, vero?”.
Sorrisi per alleggerire la tensione e “Più o meno…” risposi “a meno che tu non ne abbia una migliore.”.
Lui scosse la testa per farmi capire che non ne aveva. Sospirammo entrambi, contemporaneamente, e ci avviammo verso la scalinata che torreggiava sul giardino principale del campus.
Aspettammo sui gradini fino alle dodici e in quelle ore di attesa Liam mi aveva stretto il braccio per richiamare la mia attenzione ogni volta che un ragazzo dai capelli castano chiaro ci era passato accanto.
Ma di Niall nessuna traccia.
Mi venne il dubbio che forse non l’avevo riflettuto abbastanza durante le nostre videochiamate. E se davvero non l’avessi riconosciuto? Mi diedi una botta al braccio per tornare sul pianeta terra. Il mio migliore amico mi guardò come se fossi pazzo ma poi mi abbracciò le spalle e “Vedrai che lo troveremo.” mi rassicurò.
“Credo sia l’ora della pausa pranzo.” dissi invece io guardandomi intorno.
Un fiume di ragazzi invase la scalinata su cui eravamo seduti dirigendosi tutti verso un’unica direzione.
Io e Liam ci alzammo in contemporanea dalla nostra postazione, più per non essere travolti che per altro, e ci ritrovammo a seguire gli studenti senza neanche rendercene conto. In fondo, se era davvero l’ora di pausa, anche Niall avrebbe raggiunto la mensa insieme agli altri.
 
Ci accorgemmo, dopo circa duecento metri di cammino, che “la mensa”, di fatto, era, almeno in parte, costituita da tavolini all’aperto.
Mi chiesi con che coraggio gli studenti avrebbero mangiato fuori, dato il clima. Eppure un gran numero di ragazzi uscì dall’edificio con enormi vassoi per il pranzo.
Aspettammo che la maggior parte delle persone si sedesse intorno ai tavoli e iniziammo a guardarci intorno quando la situazione si calmò. C’erano centinaia di persone e una parte di me si era già rassegnata al fatto che non avremmo trovato mai la persona che stavamo cercando.
Ci addentrammo tra i tavolini e sentii lo stomaco del mio amico brontolare di nuovo per la fame, nonostante le tre colazioni.
“Pensi che ci faranno mangiare qualcosa o senza la tessera per la mensa non potremo neanche avvicinare alle casse?” chiese Liam, senza smettere di girare la testa a destra e a sinistra come un avvoltoio.
Mi sedetti su una delle panche libere, desolato, e sbuffai senza neanche rispondergli.
Lui riprese a parlare a ruota libera su quanto il cibo degli studenti si sarebbe raffreddato da lì a qualche secondo e proprio quando stavo per bloccarlo, esasperato dalle sue chiacchiere, vidi due figure familiari a qualche tavolo di distanza di fronte a me.
Mi rialzai di scatto e strinsi il braccio di Liam con talmente tanta foga che lo sentii lamentarsi e cercare di allentare la mia presa.
“Lee!” quasi urlai.
Si voltò verso di me e, quando capì cosa – o meglio, chi – avessi visto, seguì il mio sguardo fino a farlo posare sulle due persone che stavo osservando.
“Oddio…” bisbigliò al posto mio. Io sembravo non avere più voce.
Mi scosse per una spalla come per farmi risvegliare dallo stato di shock in cui mi trovavo.
“Quello con lui chi è?” mi chiese in riferimento al ragazzo biondo e magrolino seduto di fronte a Niall.
Deglutii a fatica e “Il suo coinquilino Louis.” risposi con la gola secca.
Restammo fermi, come congelati, per qualche secondo finché Liam non prese di nuovo il mio braccio per strattonarmi.
“Che stiamo aspettando?” domandò retorico, la stretta delle sue dita sempre più forte.
Presi un respiro profondo e quello sembrò farmi tornare con i piedi per terra, come se avesse mandato parecchio ossigeno al cervello immobilizzato dal timore.
Lo guardai dritto negli occhi e annuii deciso, pronto a raggiungere i due ragazzi.
 
Feci dei grandi passi verso il loro tavolo, in un attimo dimentico di Liam. Non sentivo neanche la sua presenza dietro le mie spalle ma non potevo più preoccuparmi di lui.
Le mani presero a sudarmi e le strinsi in due pugni asciugandomi i palmi con le dita.
“Niall.” bisbigliai quando ancora ero troppo lontano per farmi sentire.
Continuai a ripetere il suo nome man mano che avanzavo verso di lui. Lo pronunciai sempre più forte finché il mio bacino toccò il bordo del loro tavolo e mi accorsi di non poter più avanzare.
Raggiunta la mia meta “Niall!” dissi di nuovo, più deciso.
A quel suono, Louis alzò di scatto la testa finalmente accorgendosi della mia presenza.
L’avevo visto solo una volta tramite webcam ma la sua pelle mi parve dieci volte più bianca e trasparente di quanto avesse fatto in quell’occasione. I suoi occhi erano chiarissimi e le sue guance appena chiazzate di rosso.
Lo guardai solo un attimo, però, perché il mio sguardo ricadde subito su Niall in attesa di una sua reazione.
Non mi aveva sentito? Avevo pronunciato il suo nome molto chiaramente…
Nel dubbio, lo feci un’altra volta.
“Niall?” chiesi fissandolo.
Louis, alla mia sinistra, mi guardava con occhi e bocca spalancati senza dire nulla. Mi sentii un fantasma.
Poi, finalmente, successe qualcosa.
“Hai intenzione di rispondere?” chiese Niall senza alzare gli occhi dal suo piatto. Sembrava annoiato.
Mi chiesi a chi si stesse riferendo. Era impazzito? Stava forse parlando con se stesso?
Dovevo essere in un sogno. Mi venne il dubbio che stessi dormendo, che fossi ancora sull’aereo e che fossi finalmente riuscito a prendere sonno, ma il pizzico che mi diedi sul dorso della mano mi confermò di essere del tutto sveglio.
Poi, non ricevendo risposte da nessuno, Niall si decise ad alzare gli occhi su di noi.
Guardò prima il suo coinquilino e poi me. Inizialmente, quando i suoi occhi si posarono sulla mia figura, mi parvero vuoti, come se non avesse realizzato davvero la mia presenza. Ma poi un’infinità di emozioni attraversò le sue iridi bloccandogli il respiro.
Arrossì come non lo avevo mai visto fare e guardò il suo amico senza dire una parola.
Liam mi raggiunse alle spalle presentandosi con un “Ciao!” verso Niall. O meglio, verso quello che io credevo essere Niall. Iniziavo ad avere dubbi sulla situazione.
Non riuscivo a decifrare le loro reazioni, si guardavano senza dire una parola e poi tornavano a guardare me per ricominciare la loro danza di sguardi da capo.
“Qualcuno potrebbe spiegarmi che succede?” chiesi irritato. Nella mia mente si stava formando una certa idea ma il mio cuore si rifiutava di prenderla in considerazione.
Per un attimo, tutto si bloccò.
Poi il biondo, Louis, si alzò dalla panca in legno sulla quale era seduto e “Harry…” bisbigliò con la pelle in fiamme, “sono io Niall.”.
 
 
 
Niall
 
Lo sguardo che mi rivolse il riccio dopo quella confessione non avrei potuto descriverlo neanche con un vocabolario a disposizione.
Nella mia testa cercai di farlo lo stesso. Era deluso, sorpreso, arrabbiato, confuso e smarrito insieme. Era anche un insieme di altre cose ma mi limitai a vederlo così.
Perché era lì? Non potevo credere che Harry fosse davvero di fronte a me. 
In realtà non riuscivo neanche a credere di avergli appena confessato tutto. Avevo sempre pensato che, una volta detta la verità, mi sarei sentito meglio, più leggero e con la coscienza pulita.
Non era così, non mi stavo affatto sentendo sollevato. La sua espressione ferita mi stava aprendo una crepa nel petto.
Respirai dalla bocca per prendere più aria ma fu del tutto inutile.
Lui si girò verso Louis e “Tu chi sei?” gli chiese con un tono di voce piatto.
Il mio coinquilino abbassò lo sguardo e “Louis.” rispose soltanto, in un sussurro quasi inudibile.
Harry si lasciò andare ad una risata sarcastica. Temetti di vederlo scattare verso di noi in un impeto di rabbia da un momento all’altro. Ma non lo fece. Restò lì, in piedi e immobile.
“Non ci credo…” disse, più a se stesso che a noi, alzando gli occhi al cielo.
Liam, appena dietro di lui, aggrottò le sopracciglia, forse ancora un po’ confuso.
“State scherzando?” chiese serio, facendo balzare lo sguardo da me a Louis. Aveva l’aria da bravo ragazzo, un viso buono, ma allo stesso tempo sapevo fosse la persona più vicina ad Harry. Era quasi un fratello per il riccio, uno di quelli parecchio protettivi. Non che non mi meritassi un pugno, in quel momento…
“Giuro che te ne avrei parlato…” trovai il coraggio di dire al riccio “prima o poi…”.
Lui rise di nuovo ma i suoi occhi erano velati da lacrime di rabbia.
“Voglio andare via.” riferì a Liam dandoci le spalle. Fece qualche passo lontano dal tavolo e per istinto allungai un braccio per fermarlo.
Il suo migliore amico però non mi permise di toccarlo. Mi fulminò con lo sguardo e, sfiorando una spalla di Harry, lo bloccò al posto mio.
“Haz…” lo chiamò “abbiamo fatto otto ore di volo per vederlo, forse… potresti sentire cosa ha da dire.”.
Rimasi senza fiato per quelle parole: avrei voluto ringraziare Liam per il suo aiuto. Sapevo che era l’unico che avrebbe potuto convincere il riccio ad ascoltarmi ma non capivo esattamente perché si stesse adoperando a farlo. Avevo ingannato il suo migliore amico e non avevo dubbi sul fatto che mi odiasse. Eppure mi stava dando una mano.
Harry si voltò di nuovo verso il nostro tavolo ma, con mia sorpresa, rivolse la sua attenzione solo a Louis.
Parve riflettere qualche secondo e poi “Lui sa che cosa abbiamo fatto durante l’ultima chiamata?” gli chiese indicando me.
Guardai anche io il mio coinquilino: era nervoso, lo vedevo dal modo in cui si stava torturando il labbro inferiore.
Scosse la testa e “Non proprio…” confessò “ma suppongo lo immagini.”.
Il riccio scosse la testa, l’espressione sul suo viso quasi inorridita da tutto quello che stava venendo fuori dalle nostre confessioni.
Non osavo mettermi nei suoi panni: non potevo immaginare cosa stesse provando in quell’istante.
“Non so chi dei due odio di più al momento” disse “ma Liam ha ragione. Abbiamo fatto otto ore di volo per venire qui e non me ne andrò finché non mi avrete spiegato tutto.”.
 
Tornammo tutti e quattro nell’appartamento mio e di Louis con il primo autobus disponibile.
Lasciammo entrare Liam e Harry in salotto mentre noi ci dirigemmo in cucina per prendere qualcosa da bere. La tensione era ancora alle stelle nonostante avessi la sensazione che il riccio si fosse un po’ calmato.
Il mio coinquilino, invece, non accennava ad aprire bocca. Il suo nervosismo non si era placato e continuava a mordersi le labbra come se volesse staccarsele.
Senza dire niente ci limitammo a prendere acqua e bibite varie dal frigo e a tornare in salotto per non lasciare soli i nostri ospiti. Li trovammo in piedi a perlustrare la stanza.
“Avete fame?” chiesi senza rendermene conto.
Liam si girò a guardarmi e scosse la testa per dire di no. Sul suo viso c’era un’espressione strana, ebbi quasi la sensazione che mi stesse mentendo per educazione, ma non avrei insistito.
Harry invece si passò entrambe le mani tra i capelli, il colorito del suo viso divenne quasi grigio.
“Pensavo di farcela ma non riesco a stare qui.” disse avviandosi di nuovo verso la porta d’ingresso sotto lo sguardo stralunato di tutti.
Per un attimo rimanemmo fermi, indecisi se seguirlo o meno.
Fu Liam a reagire per primo, ovviamente, ma vederlo muoversi verso l’uscita mi risvegliò dal torpore in cui ero caduto.
“Penso di dover andare io…” asserii con un po’ d’incertezza nella voce. Sentivo solo di doverlo fare ma non sapevo ancora cosa avrei detto a Harry, se mai avesse acconsentito a parlarmi.
Il castano annuì e “Lo penso anch’io.” concordò lasciandomi spazio per farmi passare.
 
Trovai Harry fuori il portone del nostro palazzo, le mani ancora tra i capelli e il passo frenetico mentre si muoveva tracciando con i piedi percorsi senza senso.
Non si accorse subito della mia presenza e approfittai per osservarlo in silenzio. Era la prima volta che lo guardavo davvero: fino a quel momento l’avevo visto solo attraverso qualche foto e tramite quell’unica volta che mi ero mostrato in webcam fingendomi Louis.
Era davvero bello, più alto di quanto immaginassi e con delle spalle da fa invidia ad un nuotatore. Mi chiesi se per caso praticasse proprio quello sport. Non potevo saperlo visto che negli ultimi due mesi non ero stato io ad interessarmi a lui, a fargli domande sui suoi hobby e ad approfondire la sua conoscenza.
Solo in quel momento mi resi conto di quanto fossi rimasto estraneo da quel rapporto e di quanto fosse stata inutile la mia idea di non mostrarmi per quello che ero.
Mi ero talmente allontanato da lui che mi stupii di quanto poco mi sarebbe importato se avesse deciso di mandarmi al diavolo.
Mi premeva soltanto che mi perdonasse, non aspiravo neanche più a salvare i brandelli a cui si erano ridotti i nostri contatti.
Presi coraggio e mi feci avanti senza rifletterci più di tanto.
“Stai bene?” chiesi uscendo dal portone.
Lui interruppe il suo percorso e alzò lo sguardo su di me.
“È tutto un casino.” rispose come se io non avessi parlato. Disse quelle poche parole in modo piatto: ebbi quasi la sensazione che fossero solo un suo pensiero uscito per caso dalla sua bocca. Tuttavia non potei ignorarle.
“Lo so… ed è colpa mia.”.
Mi sedetti sui gradini antistanti il portone in attesa che mi raggiungesse. Quando mi fu finalmente vicino restò in silenzio per qualche secondo. Realizzai che forse ero io quello che avrebbe dovuto dire qualcosa, dare spiegazioni, ma le parole mi restarono bloccate in gola.
Da dove potevo iniziare?
“Dimmi perché l’hai fatto.” mi ordinò, ma senza risentimento.
Scrollai le spalle scuotendo la testa. Gli occhi mi si velarono di lacrime ma riuscii a ricacciarle indietro.
“Sei mai stato sincero con me o mi hai ingannato fin dall’inizio?” mi domandò poi, con il tono di uno che, nonostante tutto, aveva paura di ricevere una risposta.
Ed io avevo paura a dargliela ma non potevo lasciargli credere che fossi una persona del genere.
“I primi mesi hai parlato davvero con me, in chat.” iniziai a spiegare “Ma quando mi hai chiesto di farmi vedere in webcam ho avuto paura che potessi non piacerti e allora… ho chiesto a Louis di farsi vedere al posto mio.”.
Lui annuì stancamente guardando l’asfalto tra i suoi piedi e torturandosi le mani.
“Non volevo ingannarti, lo giuro!” aggiunsi “Credevo davvero che prima o poi avrei trovato il coraggio di dirti la verità ma… suppongo che la situazione mi sia un po’ sfuggita di mano.”.
Lo sentii tirare su con il naso e solo in quel momento mi accorsi del fatto che stesse piangendo. Non erano veri e propri singhiozzi ma il nervosismo l’aveva portato alle lacrime: era una cosa che succedeva spesso anche a me, per questo non mi allarmai.
Si asciugò le guance con i palmi ampi delle mani.
“Mi odi davvero?” chiesi voltandomi verso di lui nell’attesa che facesse lo stesso. Le mie guance erano rossissime ma avevo davvero bisogno di guardarlo negli occhi per capire il suo stato d’animo.
Le sue iridi chiare e velate si posarono su di me e le trovai stranamente calme.
“Non lo so…” rispose, sincero.
Lo lascai sfogare senza interromperlo: io avevo spiegato tutto ciò che c’era da sapere sulla mia versione dei fatti.
“Ho capito perché l’hai fatto e, guardandoti, ho la certezza che non era tua intenzione ferirmi o ingannarmi ma io… non so chi sei.”.
Disse quelle ultime parole con un’espressione dispiaciuta e ne capii il senso prima ancora di sentirlo parlare di nuovo.
“Per me sei uno sconosciuto, capisci?” continuò “Non è te che ho visto negli ultimi due mesi, che ho sognato diverse notti e con cui sono andato al mio primo e, probabilmente ultimo, appuntamento tramite computer.”.
C’era amarezza nella sua voce, come se si stesse giustificando per un errore che, però, non aveva commesso lui.
“Perché ho quasi la sensazione che tu stia per scusarti?” chiesi sinceramente confuso.
Lui temporeggiò un attimo e poi “Perché sto per farlo.” confermò, lasciandomi visibilmente perplesso.
Mi presi qualche secondo per capire il motivo per cui avrebbe dovuto fare una cosa del genere ma non mi venne in mente nulla. Era semplicemente assurdo.
“Harry non…” provai ad interromperlo, ma fu lui a bloccare me.
“Voglio scusarmi perché, nonostante io comprenda la tua sincerità, non è per te che provo qualcosa in questo momento.” disse con sicurezza.
Ci misi un po’ a rendermi conto di ciò che avesse appena detto ma fu un attimo e l’immagine di un Louis sorridente di fronte al pc mi apparve nella mente.
Era Louis quello con cui Harry aveva parlato in modo diretto, quello che aveva visto e quello che l’aveva fatto ridere. Il feeling tra loro due l’avevo percepito fin da subito, nonostante all’inizio mi ero rifiutato di ammetterlo anche a me stesso. I loro sorrisi erano sempre stati spontanei o, almeno, lo erano stati quelli del mio coinquilino. Lo conoscevo da un paio d’anni e non l’avevo mai visto ridere anche con gli occhi. Harry era stato in grado di farglielo fare.
“Credo di poterlo capire.” lo rassicurai “Anche se ero convinto che odiassi anche Louis.”.
Si passò una mano tra i capelli, nervoso, e “Infatti non so cosa provo nei suoi confronti al momento.” rispose. Sembrava in difficoltà e in lotta con i suoi stessi pensieri.
“So che mi ha ingannato anche lui” specificò “ma quello che cerco di dirti è che, anche se ho iniziato tutto questo con te, ora sento di conoscere più L-Louis.”.
Sorrisi per l’incertezza che mostrò nel pronunciare il nome del mio migliore amico. Sapeva a malapena come si chiamava ma aveva condiviso con lui molte più esperienze di quante ne avesse condivise con me.
Non potevo davvero fargliene una colpa.
“Forse dovresti parlare con lui, allora.” gli sorrisi tranquillo.
Mi stupii nel sentirmi sollevato dopo quella conversazione. In fondo sembrava essere diventato uno sconosciuto anche lui, per me.
Scosse la testa prima di alzarsi in piedi e “In realtà, credo di aver bisogno di un po’ di tempo per riflettere.” mi rispose.
Annuii ma non lo seguii. Rimasi seduto sul gradino di fronte al portone con gli occhi rivolti verso la strada.
Lui sembrò capire le mie intenzioni e il mio bisogno di restare un po’ solo, perché mi lasciò lì e si incamminò di nuovo dentro.
“Chiamo Liam per andare in albergo.” furono le ultime cose che mi disse prima di sparire.
 
 
 
Harry
 
Il Travelodge Hotel risultò essere più carino di quanto mi sarei aspettato. Non che io e il mio migliore amico, nel prenotarla, avessimo prestato molta attenzione ai comfort che la nostra sistemazione ci avrebbe offerto ma fu comunque un sollievo constatare che non ci fossero scarafaggi in giro. Dopo una giornata come quella sentivo solo la necessità di dormire tranquillo senza dovermi preoccupare di poter contrarre una malattia anche solo respirando.
La stanza che ci era stata assegnata aveva una carta da parati ricoperta di rose sbiadite e un letto matrimoniale a baldacchino che però sembrava sul punto di crollare a terra da un momento all’altro.
Mi buttai sul materasso coprendomi il viso con le mani.
Il nervosismo e la rabbia che avevo provato al campus nel capire le vere identità di Niall e Louis si erano un po’ affievoliti dopo la conversazione con il biondo, ma la situazione mi risultava ancora surreale.
Mi sentivo stupido: non potevo credere di non essermi accorto di nulla per tutto il tempo delle videochiamate. Mi vergognavo per essere stato così ingenuo.
Non riuscivo a capire se fossi stato io troppo cieco o loro troppo bravi a mentire. Più ci pensavo e più non riuscivo a venire a capo della questione. Facevo difficoltà anche a parlarne ad alta voce: avevo paura che, facendolo, sarei parso ancora più ridicolo a me stesso.
Sentii il materasso cedere vicino a me e percepii il corpo di Liam sdraiarsi accanto al mio.
“So quello che stai pensando e vorrei che la smettessi.” mi disse piano, come se non volesse disturbare più di tanto il corso dei miei pensieri.
“No” lo contraddissi “secondo me non lo sai.”.
Ridacchiò sistemandosi meglio al mio fianco e “Scommettiamo?” chiese divertito passandomi una mano tra i capelli. Tolsi le mie dal viso e lo guardai con un sopracciglio alzato che sapeva volesse dire “ci sto”.
Sorrise, in quel modo rassicurante e luminoso insieme, e “Stai pensando che è assurdo che tu non ti sia accorto di aver parlato con una persona diversa da Niall per tutto questo tempo.” snocciolò come se non mi avesse appena letto nella mente.
Sbuffai e alzai gli occhi al cielo, la soddisfazione di dargli ragione neanche da prendere in considerazione.
Pensai avesse finito ma prima che potessi rispondergli aggiunse “E stai pensando anche che, nonostante tutto, non riesci ad odiarli davvero.”.
A quel punto mi misi a sedere: un conto era saper interpretare i miei pensieri, un altro arrivare ad essi ancora prima di me.
“Smettila di fare il veggente!” gli intimai cercando di sembrare minaccioso. Non ci riuscii, ovviamente. Un sorriso mi sfuggì dalle labbra e iniziammo a ridere entrambi.
Mi piacevano le risate con Liam, facevano sembrare il mondo un posto tranquillo e privo di problemi. Ma purtroppo, come tutte le cose belle, durarono poco anche quelle.
“Hai ragione” concordai “non riesco ad odiarli.”.
Lui annuì, quasi soddisfatto di aver avuto ragione fin dall’inizio.
“Voglio dire,” mi corressi, però, subito dopo “di sicuro non odio Niall, quello vero.”.
Liam, ancora sdraiato, aggrottò le sopracciglia ed io mi affrettai a spiegare ancora.
“Ci ho parlato, so perché ha mentito e so anche che non voleva davvero ferirmi.” raccontai sbrigativo.
Non me la sentivo di avercela con lui: avevo capito le sue motivazioni e nonostante lo trovassi un bel ragazzo, non potevo fargliene davvero una colpa se non aveva avuto il coraggio di mostrarsi per quello che era realmente fin dall’inizio.
Di Louis, però, non potevo dire lo stesso. Non sapevo molto di lui, del motivo per cui aveva acconsentito ad appoggiare Niall e per cui aveva portato avanti la menzogna così a lungo. E purtroppo mi resi conto solo in quel momento che erano le sue spiegazioni quelle che mi interessavano di più.
Era lui che sentivo di conoscere, di apprezzare. Ed era per lui che ormai provavo qualcosa. Ma lui, per me, cosa sentiva? Ero solo uno sconosciuto? Il ragazzo a distanza del suo coinquilino? O anche lui nel corso di quei mesi aveva trovato piacevole la mia conoscenza, passare il tempo con me?
Mi era sembrato che ci fosse molto in comune tra noi, nei due mesi in cui gli avevo parlato credendolo Niall. Ma se fosse stato semplicemente un buon attore? Eppure i suoi sorrisi mi erano parsi così veri…
Lo sguardo del mio migliore amico continuava a bruciarmi la pelle, forse in attesa che esprimessi anche quel pensiero ad alta voce.
“È su Louis che hai dei dubbi?” mi chiese mettendosi a sedere a sua volta.
Lo guardai senza rispondere e vidi sul suo volto diverse espressioni susseguirsi una dopo l’altra. L’ultima che gli rimase impressa sulla pelle fu quella di completo stupore.
“Provi qualcosa per lui?” domandò incredulo.
Distolsi gli occhi dai suoi e presi a torturarmi le mani.
“Il fatto che il suo nome non sia Niall non cambia le cose. È con lui che ho condiviso gli ultimi due mesi della mia vita.” risposi sperando che quella spiegazione risultasse sensata anche alle sue orecchie, oltre che alle mie.
Ed evidentemente fu così, perché vidi i tratti del suo viso rilassarsi lasciando spazio alla comprensione.
“Hai ragione,” concordò “sei venuto qui per Louis. Il suo nome, in fondo, non ha poi tutta questa importanza.”.
Annuii, facendogli capire di aver colto il punto della questione.
Mi sistemai di nuovo sdraiato sul materasso poggiando la testa sul cuscino e mi preparai a lamentarmi di quanto fossi stato stupido a trascinare me e lui in hotel prima di parlare anche con Louis. Ma Liam mi anticipò di nuovo, ovviamente.
“Domani mattina torneremo da loro e ti prenderai le spiegazioni che meriti.” mi assicurò con quel tono protettivo che assumeva ogni volta che sentiva il bisogno di prendersi cura di me.
Gli feci cenno di sdraiarsi al mio fianco e solo quando mi raggiunse, al sicuro nella sua stretta, mi arrischiai a chiedergli “E se dovesse andare male?”.
Lui mi strinse un po’ e “Louis non vivrebbe tanto a lungo per pentirsene, se dovesse ferirti.” mi rispose ridacchiando.
Ma io lo sentii a stento: la giornata più lunga della mia vita, con mia sorpresa, aveva raggiunto davvero la sua sera.
 
 
 
 
Louis
 
Feci fatica persino a fare colazione quella mattina. Mi sentivo la bocca impastata, avevo la sensazione che fosse rimasta chiusa per ore e ore.
Io e Niall non avevamo parlato molto dopo che Harry e Liam avevano lasciato l’appartamento per andare in hotel. Il mio coinquilino mi aveva raccontato a grandi linee di essersi scusato con il riccio ma poi era tornato nella sua stanza senza neanche uscire per cena. Non mi era sembrato arrabbiato, il suo viso mi era parso sereno e disteso, nonostante tutto.
Quindi avevo passato la serata in totale solitudine e poi ero andato a dormire –riuscendoci a stento - continuando a rigirarmi nel letto e a ripetermi ciò che il biondo mi aveva riferito prima di chiudersi in camera: “Harry vorrà parlare anche con te.”.
Ripensai alla notte infernale appena passata portandomi svogliatamente alla bocca un pezzo di muffin raffermo sotto lo sguardo silenzioso di Niall.
E fu in quel momento che mi venne in mente Zayn. Mi resi conto del fatto che lui non fosse ancora a conoscenza dell’arrivo di Harry a Chicago. Non avevo dubbi sul fatto che da lì a poco avrei avuto bisogno della sua presenza e delle sue parole di conforto, quindi presi il cellulare dalla tasca, aprii la casella dei messaggi e gliene scrissi uno digitando un semplice “emergenza Harry” che sperai potesse risultargli esplicito.
Poi, il campanello suonò.
 
Per un attimo né io né il biondo facemmo nulla: ci guardammo soltanto.
Un secondo dopo, però, ci alzammo in contemporanea per dirigerci verso l’ingresso.
Sul nostro zerbino, dopo aver aperto la porta, trovammo proprio le due persone che, almeno io, mi ero aspettato di vedere.
Harry aveva lo sguardo rivolto verso il basso, mentre Liam fissava me e il mio coinquilino con l’aria di uno che sembrava dire, con il semplice solco disegnato tra sue sopracciglia, “vi tengo d’occhio”.
Fu il riccio a parlare per primo.
Alzò lo sguardo su di me e “Vorrei parlarti.” mi disse soltanto. Le mani gli tremavano per l’agitazione.
Io annuii, quasi in trance, e mi feci da parte per permettere ad entrambi di entrare in casa. Non potevo di certo dire che quella sua richiesta mi avesse stupito: avevo avuto ore per prepararmi a quel momento anche se l’ansia prese lo stesso il sopravvento dentro di me. Cercai di placarla: in fondo, dall’istante in cui l’avevo visto al campus, non avevo mai pensato davvero che me la sarei cavata senza un confronto diretto con lui. Aveva il diritto di ricevere spiegazioni anche da me ma la paura di restare solo con lui mi attanagliò comunque lo stomaco.
Feci per chiudere la porta ma Niall mi bloccò il braccio: in una mano aveva la sua giacca e sembrava pronto per uscire.
“Vado a prendere un po’ d’aria.” ci informò infilandosi le maniche del giubbino e uscendo dopo aver rivolto un sorriso a tutti.
 
Quando rimasi solo con Harry e Liam ci fu un silenzio imbarazzante per qualche secondo.
Avere il riccio ad un metro di distanza stava creando parecchi problemi al mio battito cardiaco e il fatto che avessi quasi la totale certezza che di lì a poco avrebbe chiuso definitivamente il nostro “rapporto” non faceva altro che deprimermi un po’. Un bel po’.
Ma se sbattermi in faccia il suo odio per me l’avrebbe fatto sentire meglio non mi sarei tirato indietro.
Tenevo molto a lui e gliel’avrei dimostrato in quel modo, se fosse stato necessario.
“O-ok…” balbettai affondando le mani nelle tasche dei miei jeans e acconsentendo definitivamente ad un confronto con lui. Gli feci un cenno con la mano per indicargli il divano e lui lo raggiunse sprofondando sui cuscini.
Poi, fu Liam a parlare.
“Io credo che andrò in bagno per… un po’ di tempo.” ci informò facendo alzare gli occhi di Harry al cielo e provocando a me una risatina nervosa.
Gli diedi istruzione su quale porta aprire e lo vedemmo scomparire nel corridoio.
Per la prima volta ignorai la mia poltrona e raggiunsi il riccio sul divano per sedermi accanto a lui. Se quello doveva essere l’ultimo momento per stargli vicino, l’avrei sfruttato al massimo.
“Se hai intenzione di farmi fuori” iniziai nel tentativo di stemperare la tensione “lasciami almeno raggiungere un attimo Niall per dirgli che potrebbe avere problemi con l’affitto.”.
Tenni lo sguardo fisso su di lui per studiare la sua reazione e quando lo vidi sorridere e coprirsi la bocca con una mano tornai a respirare anch’io, già più sollevato.
“Non ho intenzione di farti fuori.” negò poi, tornando serio.
Ma certo che no.” pensai io tra me e me. Harry non avrebbe fatto del male neanche ad una mosca. Non potevo dire di conoscerlo bene ma su quello non avevo dubbi.
Si passò le mani sul viso e poi guardò il vuoto di fronte a sé: probabilmente si stava chiedendo da dove potesse iniziare il suo discorso.
Ma “Prima che tu dica qualunque cosa” esordii anticipandolo “ci tengo a scusarmi anch’io come so ha già fatto Niall.”.
I suoi occhi chiari volarono su di me e, guardandolo, sentii il bisogno implacabile di avvicinarmi a lui per baciargli le palpebre. E l’avrei fatto se solo la parte razionale del mio cervello non mi avesse fatto notare quanto sarebbe stato fuori luogo un gesto del genere. Scossi la testa per tornare al mio discorso.
“Non so bene quanto ti ha detto lui ma giuro che non era mia intenzione mettermi in mezzo tra voi.” continuai “Dovevo farvi solo da tramite, non era previsto che tu iniziassi… a piacermi così tanto.”.
Avrei voluto distogliere lo sguardo da lui per l’imbarazzo ma il vederlo arrossire, nel sentire quelle mie parole, mi trattenne. Aprì la bocca per lo stupore, sgranò gli occhi e lasciò le sue guance libere di tingersi di rosso. L’avevo visto arrossire diverse volte ma mai a così pochi centimetri da me. Era uno spettacolo.
Avrei volentieri posato i miei palmi freschi sul suo viso per godere del calore della sua pelle.
Mi resi conto soltanto dopo che, data la sua reazione, forse Niall non l’aveva reso partecipe dei miei sentimenti nei suoi confronti.
Arrossii anch’io sperando che non se ne accorgesse.
Non sembrava intenzionato a dire qualcosa e per riempire il silenzio ripresi di nuovo a parlare io.
“Dopo la nostra ultima chiamata,” continuai, arrossendo ancora di più, “non me la sono più sentita di andare avanti.”.
A quel punto, però, m’interruppe.
“Perché ti eri pentito di quello che avevamo fatto.” asserì. Doveva essere una domanda ma gli uscì come un’affermazione. Sembrava esserne convinto.
Sgranai gli occhi nel rendermi conto di quanto stesse andando fuori strada e “No, Harry!” lo contraddissi subito “Tutto il contrario.”.
Distolse lo sguardo da me per rivolgerlo alle sue scarpe.
“Mi sentivo in colpa nei confronti di Niall perché quello che avevamo fatto mi era piaciuto troppo.” spiegai.
E stranamente non mi vergognai ad ammetterlo. Eravamo in ballo e tanto valeva mettere tutte le carte in tavola.
Lui fremette e le sue spalle ebbero un piccolo spasmo. Non trovò il coraggio di guardarmi di nuovo ma vidi un sorriso imbarazzato spuntare sulle sue labbra.
“Non era giusto quello che stavo iniziando a provare per te.” aggiunsi. Ma un secondo dopo mi corressi “Anzi, non è giusto quello che provo per te.”.
Restò in silenzio per un po’ ed io, a quel punto, feci lo stesso. Non avevo molto altro da confessare.
Poi, però, parlò di nuovo.
“Non so cosa dire.” ammise in difficoltà.
Forse non si aspettava tutto quello: forse, prima di parlare con me, nella sua mente si era concretizzata l’idea che io l’avessi solo ingannato per tutto quel tempo, che mi fossi preso gioco di lui e basta.
“Non devi dire niente, Harry.” lo tranquillizzai “Posso capire il motivo per cui mi odi ma io avevo comunque bisogno di farti sapere queste cose.”.
Le sue spalle ebbero di nuovo un fremito.
“È questo che pensi?” mi chiese ansioso “Credi davvero che io ti odi?”.
Soppesai le sue domande e “Beh… sarebbe piuttosto comprensibile.” gli feci notare.
Scosse la testa asciugandosi i palmi sudati delle mani sui jeans.
“Sì” concordò poi “lo sarebbe…”.
“Se non mi odi…” iniziai a chiedere, senza però riuscire a finire la domanda.
“Non lo so cosa provo per te,” mi anticipò lui “ma quello che so è che ora come ora non riuscirei a smettere di pensarti neanche se me lo imponessi con la forza.”.
Concluse quella frase abbassando sempre di più il suo tono di voce.
Non lo presi come un segno d’insicurezza, ma solo come un chiaro segnale di quanto fosse in lotta con se stesso. La sua mente, probabilmente, gli stava suggerendo di detestarmi ma lui non riusciva a farlo. Avrei voluto abbracciarlo.
“Ho condiviso con te momenti importanti, intimi, e sei la persona che sento più vicina a me in questo momento.” continuò, lasciandomi del tutto a bocca aperta “Se escludiamo Liam…”.
Mi guardò di nuovo.
“So che non sei Niall ma… ormai è ai tuoi sorrisi che penso costantemente.”.
Il cuore rischiò di sfondarmi la cassa toracica ma cercai di restare impassibile.
“Non posso fare questo a Niall…” mi sentii di dire. Nonostante mi pesasse pronunciare quelle parole, soprattutto dopo aver sentito ciò che aveva detto Harry, dovevo farlo. Avevo già rischiato di mandare in frantumi la loro storia, non potevo permettermi di farlo di nuovo.
Il riccio sorrise amaramente e “Niall sa già tutto, Louis.” mi rispose “Ma probabilmente il vero problema è che tu non te la senti di portare avanti questo rapporto a distanza con me. In fondo non sei tu ad avermi contattato in chat quattro mesi fa per iniziare una “storia virtuale”.”.
Forse aggiunse altro a quelle parole ma io non me ne resi conto. La mia testa si era fermata al “Niall sa già tutto”. Da lì in poi non avevo più ascoltato nulla.
I miei occhi erano rimasti fissi sulle sue labbra ma non per leggerne il labiale. Aspettai che si girasse di nuovo totalmente verso di me e, in un attimo, lo stavo già baciando. Davvero.
Sobbalzò per quel gesto inaspettato e per un po’ lo sentii immobile, come se non avesse intenzione di reagire a quel contatto.
In ogni caso non mi arresi. Gli cinsi il collo con entrambe le braccia e mi aggrappai a lui per non lasciarlo andare via.
Fu allora che reagì.
Prima sorrise sulle mie labbra e poi mosse piano le sue. I suoi movimenti lenti erano come carezze e me ne beai senza più un briciolo di senso di colpa.
Finalmente ne avevo la conferma: era me che voleva, ero io quello a cui “non riusciva più a smettere di pensare”.
Le sue mani enormi mi strinsero i fianchi sollevandomi appena dal mio posto: mi stava chiaramente invitando a sedermi su di lui. Lo assecondi e mi ritrovai a cingere i lati delle sue cosce con le mie ginocchia che, in qualsiasi altra posizione, ero sicuro avrebbero preso a tremarmi.
Le sue dita s’insinuarono appena sotto l’orlo della mia maglietta mentre rafforzavo la presa sul suo collo con l’intento di non staccarmi più da lui.
Avevo immaginato diverse volte di baciarlo ma la convinzione che fosse sbagliato non mi aveva mai permesso di approfondire i miei pensieri. Comunque nessuna mia fantasia avrebbe reso l’idea.
Quando le nostre lingue entrarono in contatto per la prima volta mi convinsi che per lui sarei anche potuto tornare in Inghilterra per sempre, nel caso in cui me l’avesse chiesto.
Sarei rimasto lì a baciarlo per ore ma la voce di Liam dal corridoio ci interruppe.
“Non so più cosa fare in bagno.” lo sentimmo urlare frustrato.
Ci staccammo ansimando nella stessa aria e mettendo le nostre fronti a contatto, nessuna intenzione di rispondere alle lamentele del castano.
Tutto quello che mi disse Harry, prima di attaccarsi al mio collo per lasciarci su un segno ben visibile del suo passaggio fu: “Adoro i nomi francesi.”.
 
 
 
Zayn
 
Il messaggio di Louis mi aveva fatto scattare come una molla.
Non che avessi capito il significato di quell’”emergenza Harry” ma era comunque riuscito a farmi venire il panico.
Cosa poteva essere successo? Sapevo solo che lui e Niall avevano deciso di prendere le distanze dal riccio per un po’ dopo che la verità, almeno tra loro due, era venuta fuori. Erano giorni che non parlavano di lui e il fatto che il mio migliore amico mi avesse mandato quella evidente richiesta d’aiuto, non doveva essere un buon segno.
Forse lui e Niall si erano ritrovati a parlare di nuovo di Harry e le cose si erano messe male. Forse stavano litigando e avevano bisogno di una persona estranea a tutto quello che mettesse fine al litigio. Ma nello stesso momento in cui mi venne quell’idea, la scartai: io non ero affatto estraneo a tutto quello. Non potevano aver bisogno di me. Non sarei riuscito a prendere le parti di nessuno di loro due, se mai mi avessero chiesto di farlo.
In ogni caso sarei andato da loro.
 
Mi preparai in fretta ed uscii di casa. Mettermi a correre sarebbe stata la soluzione più rapida per arrivare prima possibile all’appartamento dei ragazzi ed io iniziai a farlo. Ma fu in quel momento che mi accorsi di un autobus in lontananza che, sapevo, mi avrebbe lasciato proprio di fronte il palazzo di Niall e Louis.
Lo fermai buttandomi quasi in mezzo la strada e salii mostrando il mio abbonamento all’autista. Ringraziai mentalmente il cielo per quella coincidenza caduta a pennello e per il fatto di non dover affrontare una corsa a perdifiato di almeno dieci minuti.
Rimasi in piedi per tutto il tempo del viaggio, troppo agitato dall’idea, seppur remota, che di lì a poco avrei dovuto scegliere tra il mio migliore amico e quello che, speravo, sarebbe potuto diventare il mio ragazzo, un giorno.
Non riuscivo ad immaginare cos’altro potesse essere successo se non una lite tra i due per Harry.
L’autobus si fermò bruscamente facendomi quasi cadere alle spalle di un anziano quando mi resi conto che si trattava proprio della mia fermata. Ringraziai chiunque l’avesse prenotata al posto mio e scesi di corsa correndo verso il palazzo rosa pallido che conoscevo meglio delle mie tasche.
Ero talmente immerso nei miei pensieri che mi accorsi della presenza di Niall sul gradino di fronte al portone solo quando rischiai di finirgli addosso e calpestarlo. Mi bloccai ad un passo da lui e “Ti ha addirittura cacciato fuori di casa?” gli chiesi.
Lui alzò lo sguardo su di me.
“Di che parli?” mi domandò, poi, a sua volta, visibilmente confuso.
Mi sedetti accanto a lui e sentii il mio battito accelerare per la sua vicinanza.
“Louis mi ha parlato di un’”emergenza Harry”” virgolettai “e ho pensato che stavate litigando per lui.”.
Sospirò come se gli costasse fatica farlo.
“L’emergenza è che Harry è qui.” mi spiegò tranquillo.
Io, al contrario, rischiai quasi di strozzarmi con la mia stessa saliva.
“E Lou non mi ha cacciato di casa,” mi aggiornò subito dopo “sto qui per mia scelta.”.
Sorrisi per quel tentativo di conversazione che stava spontaneamente cercando di portare avanti.
“Peccato” risposi, senza poterne fare a meno, “ero già pronto a proporti una convivenza.”.
Alzò gli occhi al cielo ma un risolino gli sfuggì dalle labbra. Gioii per quella piccola vittoria.
Mi guardò, ancora divertito, e “Ma tu non ti arrendi proprio mai?” mi chiese posando la guancia sul palmo della sua mano come per sorreggersi.
“Di norma sì…” asserii “ma mi sembrava di averti detto che con te non l’avrei fatto.”.
Annuì, forse nello stesso momento in cui le mie parole di qualche tempo prima gli tornarono in mente.
Quando riuscii a riprendermi un po’ dalla sua visione e dalla consapevolezza che il suo viso era di nuovo a pochi centimetri dal mio, realizzai a mente ciò di cui mi aveva messo al corrente qualche secondo prima.
Harry è qui.
La saliva tornò a strozzarmi.
“Quando hai detto che Harry è qui…” iniziai “intendevi dire…”.
Lui mi interruppe e “Sì, intendevo dire che è di sopra, probabilmente nel mio salotto.” confermò.
Avrei voluto riempirlo di domande, del tipo: quando è arrivato? Ha già scoperto tutti i vostri inganni? È arrabbiato? Ti odia? E tu perché non sei con lui?
Ma la sua espressione rilassata mi dissuase dal farlo. Sembrava tranquillo, in pace con se stesso.
“N-non dovresti essere contento?” chiesi confuso. Il suo atteggiamento era inspiegabile. Pensavo avesse aspettato quel momento per mesi e adesso che aveva l’opportunità di parlare, vedere e toccare Harry, se ne stava lì seduto nella calma più totale.
“Ha scelto Louis.” rispose abbozzando un sorriso che, unito a quelle parole, mi parve quasi inquietante “È lui che vuole.”.
La mia bocca si spalancò per lo stupore e per qualche secondo mi sembrò di restare in apnea. Il suo atteggiamento calmo era comunque insensato ma evitai di farglielo notare di nuovo, evitai di chiedergli “E allora perché non sei triste?”. Ero semplicemente scioccato e le parole faticarono ad uscirmi fuori.
Lui osservò attentamente la mia reazione e ridacchiò.
“Non dovresti essere contento?” mi scimmiottò facendomi eco, come se fosse divertito da quella situazione.
Io, in risposta, mi alzai in piedi, le guance rosse di rabbia e i pugni chiusi lungo i fianchi.
“No che non lo sono!” sbottai “Nessuno può permettersi di scartarti! Il fuso orario gli ha liquefatto il cervello?”.
Fu Niall a quel punto a restare a bocca aperta. Cosa si aspettava? La sua felicità veniva comunque prima di ogni altra cosa per me, la mia reazione era del tutto normale.
Si alzò in piedi per tornare alla mia altezza e “Zayn…” tentò di replicare ma io lo interruppi bruscamente.
“No!” ripetei di nuovo “Adesso salgo su e gliene dico quattro.”.
Gli voltai le spalle, deciso, e feci qualche passo verso il portone quando, prima di attraversarlo, mi ritrovai di nuovo il biondo davanti.
Mi rise in faccia come se avessi fatto una battuta particolarmente brillante e “Cretino.” mi apostrofò, poi, prima di bloccarmi il viso con le mani e fiondarsi sulle mie labbra già socchiuse.
Annaspai per la sorpresa e mi appoggiai ai suoi fianchi per non rischiare di cadere.
La mia mente ci mise un po’ a rendersi conto che, per la primissima volta, era lui che stava baciando me. Di sua spontanea volontà!
L’euforia portata dalla realizzazione di quel dato di fatto mi spinse ad abbracciare la sua schiena per tirarmelo addosso, neanche temessi che potesse ripensarci e staccarsi da me.
Ciò che stavo provando nel ricevere un suo bacio non potevo neanche minimamente paragonarlo a quello che avevo sentito, tempo prima, nel rubargliene due.
Sembrava come se lui si stesse impegnando per renderlo ancora più bello. I suoi movimenti erano quasi studiati alla perfezione o, forse, erano semplicemente troppo giusti per le mie labbra. La sua lingua giocava fluida con la mia e il respiro iniziò a mancarmi più per la bellezza di quel momento che per la mia incapacità, effettiva, di prendere aria.
Si staccò lentamente, quasi percependo le mie necessità.
“Lui non vuole me,” mi disse “ma non sono triste perché è da un po’ che neanche io voglio più lui.”.
Temetti di svenire da un momento all’altro ma alla fine sorrisi come avevo fatto poche volte nella mia vita. Lo osservai attentamente, per quanto la vicinanza dei nostri nasi potesse permettermelo.
Avrei voluto dirgli molte cose ma tutto quello che mi venne da riferirgli fu “Hai la pelle così bianca che non vedo l’ora di sporcarla.”.
Le sue labbra, rosse e socchiuse, tremarono appena. Poi, come se volesse prendermi alla lettera, arrossì.
Ridacchiai nel vederlo in difficoltà e, nonostante non avessi dubbi sul fatto che avesse capito perfettamente il vero significato della mia frase, “Non intendevo in questo senso.” aggiunsi, alludendo alle sue guance divenute scarlatte, solo per il gusto di vederlo arrossire ancora di più.
Mi accontentò e la cosa mi deliziò molto più di quanto avrebbe dovuto.
Un secondo dopo l’avevo già spinto con le spalle verso il portone della palazzina per baciarlo di nuovo.
“Mio.” fu l’ultima cosa che gli sussurrai sulla bocca.
 
 
 
 
Quasi due mesi dopo.
 
 
 
Louis
 
Una voce metallica risuonò dagli auto-parlanti dell’aeroporto annunciando l’atterraggio di un volo in arrivo da New York. Mi chiesi se fosse la stessa voce che qualche minuto prima doveva aver annunciato l’arrivo del mio volo da Chicago a tutte le persone presenti nel salone d’attesa di Heathrow.
Mi avviai verso il ritiro bagagli ed estrassi il cellulare dalla tasca per accenderlo di nuovo dopo le otto ore di viaggio.
Ero a Londra, finalmente.
L’ultima volta che c’ero stato risaliva al giorno in cui ero partito insieme a Zayn per iniziare la nostra avventura universitaria americana. Sembravano passati secoli, quando in realtà erano trascorsi solo due anni da allora.
Seppur di passaggio, comunque, ero di nuovo lì, in Inghilterra. E la cosa non poteva che sembrarmi parecchio eccitante.
La mia valigia spuntò fuori sul rullo spiccando tra le altre e la afferrai al volo sospirando sollevato nel constatare che fosse intatta.
Il cellulare mi vibrò nella mano facendomi sussultare e segnalando, proprio in quel momento, l’arrivo di tre messaggi.
Il primo era da parte della mia compagnia telefonica che, premurosa, mi avvisava dei cambiamenti che avrebbe subìto il mio piano tariffario durante la mia permanenza in Inghilterra.
Il secondo era di Niall. Sorrisi aprendolo e constatando che fosse multimediale: era una foto sua e di Zayn. Il moro lo baciava su una guancia, gli occhi chiusi ma comunque sognanti. Sotto di loro, un messaggio scritto che recitava “Salutaci Harry!” e che lessi con il tono di voce squillante del mio coinquilino.
E il terzo, beh, era proprio da parte di colui a cui avrei dovuto riportare i saluti dei miei due migliori amici. Colui che, da circa due mesi, nella mia rubrica si poteva trovare sotto il nome di “Harold”.
Il suo messaggio era costituito da tre semplici parole: “Sono già qui. x”.
Quel “già” mi fece battere il cuore un po’ più forte. Significava un sacco di cose ma, principalmente, il fatto che lui fosse arrivato in aeroporto in largo anticipo solo per aspettarmi.
Guardai l’orario di arrivo dell’sms e notai che risaliva a due ore prima. Sorrisi fino a sentire un certo dolore sugli zigomi. Era ansioso di rivedermi tanto quanto lo ero io di rivedere lui.
 
Mi avviai verso l’uscita con le gambe molli per l’emozione. Giustificai quella sensazione attribuendo parte della colpa al viaggio.
La fila per raggiungere la sala d’aspetto sembrava infinita e scorreva lentamente. Forse anche troppo. Mi guardai intorno cercando di superare le teste davanti a me nel vano tentativo di individuare Harry tra la folla ma la mia visuale non riusciva ad aprirsi più di tanto.
Un gruppetto di ragazzi a qualche metro da me iniziò ad urlare, euforico. Sorrisi leggermente, guardandoli: sembravano non vedersi da tanto tempo.
Ma mi feci distrarre poco da loro. In un attimo la mia attenzione tornò alla folla in cerca di un viso familiare che negli ultimi due mesi avevo ripreso a guardare solo via webcam.
L’ansia che potesse essere andato via dopo le due ore di attesa mi sfiorò per un secondo per poi dissolversi nel nulla quando nella mia visuale comparve un corpo slanciato che agitava le mani in aria nella mia direzione.
Ridacchiai per la sua poca coordinazione e ringraziai la mia statura quando iniziai a farmi spazio tra le persone per uscire da quell’intreccio di corpi estranei e raggiungere l’unico a cui sarei volentieri rimasto incastrato per sempre.
La mia valigia andò a sbattere sulle gambe di qualche povero malcapitato che non rinunciò a mandarmi maledizioni ed insulti. Ma feci finta di niente. Solo quando fui totalmente fuori dalla folla iniziai a correre, per quanto il peso dei bagagli potesse permettermelo.
A qualche metro da Harry, però, lasciai la presa sulla maniglia del mio trolley, facendolo cadere con un tonfo, e mi precipitai su di lui già pronto a prendermi.
L’impatto con il suo corpo mi sarebbe sembrato doloroso in qualsiasi altra situazione. Ma quando lo sentii stringermi la schiena dopo aver avvolto i suoi fianchi con le gambe, la mia mente si rifiutò categoricamente di pensare a dolori e sofferenze di qualsiasi genere.
Restammo così per minuti forse, gli sguardi dei presenti tutti su di noi.
Eravamo in pieno dicembre eppure ebbi la sensazione di andare a fuoco. Sentivo il sudore raffreddarsi dietro la nuca ma non avevo il coraggio di staccarmi da lui. Neanche potesse svanire nel nulla ed io cadere a terra senza più un appoggio.
Allentai la presa delle mie braccia intorno al suo collo solo per poter poggiare la testa sulla sua spalla e lasciargli un bacio sotto il mento.
Rabbrividì sotto il mio tocco e, quando lo sentii sospirare, mi accorsi che nessuno dei due aveva ancora aperto bocca.
Salii con le labbra verso il suo orecchio per lasciare un bacio anche lì e continuai lungo la sua guancia bucata da una fossetta appena nata dal piccolo sorriso che si era cucito addosso.
Quando arrivai sulla sua bocca però, indugiai appena. Mi beai della visione perfetta del suo viso proteso verso il mio, in attesa. Le sue palpebre tremavano di aspettativa e sentii un vuoto farsi largo nel mio stomaco.
Aspettai di vedergli un piccolo broncio increspargli il viso e, ridacchiando, smisi di fare resistenza. Poggiai delicatamente le mie labbra sulle sue e mi sentii come se dopo due mesi qualcuno avesse di nuovo premuto il tasto play sul mio corpo togliendomi finalmente dalla modalità stand-by in cui ero stato obbligato a rimanere in sua assenza.
Forse chiunque al posto nostro avrebbe dato inizio a quell’incontro con una conversazione tranquilla di fronte ad una tazza di caffè presa in un bar anonimo, tanto per riprendere confidenza.
Ma nei mesi in cui ci eravamo sentiti dopo la partenza sua e di Liam da Chicago ci eravamo avvicinati talmente tanto che l’idea di sprecare del tempo con chiacchiere inutili, ero sicuro, non fosse passata nella mente di nessuno dei due.
La mia lingua si fece strada verso la sua e prendemmo aria entrambi prima di approfondire il bacio. Mi resi conto delle sue mani enormi chiuse a stringere i miei glutei solo quando sentii qualcuno tossire vicino a noi tanto da spingermi a staccarmi da Harry per distoglierlo dai suoi intenti.
Ridacchiai sulle sue labbra arrossate e “Non qui.” gli dissi, finalmente rivolgendogli la parola per la prima volta.
Lui annuì ma non spostò le sue mani. Restammo per qualche secondo a guardarci, indecisi se riprendere da dove ci eravamo interrotti o se spostarci da lì alla ricerca di un po’ di privacy.
Alla fine fu il mio cellulare a decidere per noi. Mi vibrò nella tasca e fui costretto a scendere da Harry per rispondere alla chiamata.
Il nome di mia madre lampeggiò un paio di volte prima che mi decidessi a rispondere.
“Sei atterrato e non mi hai avvisata?” mi disse appena accettai la telefonata senza neanche aspettare un “Pronto?” da parte mia.
Ridacchiai e “Stavo per farlo.” mentii passandomi una mano sulle labbra come se lei potesse vederle così, arrossate di baci, e rimproverarmi di aver dato spettacolo in pubblico.
Mi riempì di qualche domanda di circostanza sul viaggio e le risposi a monosillabi mentre osservavo il riccio avvicinarsi al mio trolley per recuperarlo da terra.
In un attimo mi fu di nuovo vicino e mi prese la mano per guidarmi verso l’uscita. Mi emozionai per quel gesto e per poco rischiai di perdermi l’ennesima domanda di mia madre.
Verrai a trovarmi?” chiese speranzosa.
Alzai gli occhi al cielo per la richiesta scontata e le risposi fissando i miei occhi su Harry.
“Mamma, ma certo che verrò a Doncaster uno di questi giorni. Tra l’altro… ho una persona da presentarti.”. 









Note finali: e quindi siamo giunti alla fine di questa catfish!AU. Boh, io non ho molto da dirvi. Spero che il finale non vi abbia deluso e vi ringrazio ancora per aver apprezzato (almeno fino al secondo capitolo LOL) questa minilong. Su Twitter vi ho stalkerate un po’, non me ne vogliate. Ho fangirlato un sacco nel leggervi e mi auguro di non essermi persa dei commenti/citazioni della storia. Come al solito, spero mi lascerete un pensiero qui (dove posso leggerlo di sicuro) o su twitter menzionandomi. Grazie ancora per esservi appassionate/i a Looked. Vi lascio il mio Twitter e il mio Ask. Tanti cuoriiiiii! 

 








 

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