GHOSTBUSTERS-ACCHIAPPAFANTASMI L'ultimo team up

di ToraStrife
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Egon, amico mio ***
Capitolo 2: *** Tutto iniziò così ***



Capitolo 1
*** Egon, amico mio ***


Ghost & Busters
GHOSTBUSTERS-ACCHIAPPAFANTASMI

L'ultimo team up





Dedicato alla memoria di Harold Ramis.



Raymond Stantz.
Quando si era addentrato nella stazione dei pompieri ormai in disuso da anni, aveva trovato trovato solo una coppia di senzatetto venuta a rifugiarsi per la notte.

- Una notte da fantasmi... - Commentò ironicamente.

Sfidando il buio circostante con una torcia elettrica, difettosa come il suo fisico, si chiese perché non aveva aspettato il mattino per addentrarsi nella ex centrale del suo vecchio lavoro.

Trovò la risposta nella notizia che lo aveva gettato nello sconforto, e fatto vagabondare senza meta per New York City per tutto il giorno.

L'esimio collega Egon Spengler si era spento definitivamente, in seguito a complicazioni causate da una vasculite infiammatoria autoimmune.
Era una causa di decesso complicata e difficile da nominare, e quindi si addiceva perfettamente, ironia della sorte, allo stile dei paroloni usati in vita dal "cervellone" della ex-squadra.

L'occhialuto professore era anche stato l'unico a non aver mai smesso di combattere la crociata in difesa di New York, anche dopo i ripetuti scioglimenti della squadra.

Tossì.  - Eh, gli anni stanno cominciando a farsi sentire. - Commentò amaramente.

Il vecchio Egon aveva persino fondato una seconda squadra, con l'aiuto della sempre fedele Janine Melnitz - un vero peccato che lei ed Egon non fossero mai convolati ad una vera storia d'amore - e dell'eterno amico Slimer.
Purtroppo gli anni passarono e l'interesse della popolazione verso i fenomeni paranormali scemò naturalmente.

Non importa quanto la Grande Mela fosse stata salvata, anzi, continuasse ad essere sempre in pericolo di qualche invasione o minaccia criminale: la gente dimentica in fretta, a maggior ragione in una realtà frenetica e inarrestabile come quella Newyorkese.

Anche Superman veniva dimenticato, l'Uomo Ragno, tutti i grandi eroi, figurarsi i tanto decantati Acchiappafantasmi.

L'undici settembre, poi, la data famigerata che sconvolse in modo irrevocabile la città, spezzò definitivamente ogni contatto tra presente e passato.
La gente voleva solamente guardare e andare avanti.

Il vecchio Raymond si districò goffamente tra i cumuli di cianfrusaglie che ingombravano l'edificio.
Oscillando il fascio di luce all'interno dell'androne, l'anziano signore avanzò con circospezione.

Le emozioni suscitate da quel luogo erano miste: tanti ricordi legati ai tempi passati, ma anche una certa inquietudine, merito delle voci che volevano quel luogo come infestato dai fantasmi.

E in effetti era vero: con tutte le presenze spiritiche catturate in quegli anni!

Ray avanzò, passo dopo passo, quando una presenza sbucò alle sue spalle e per poco non gli fece raggiungere il buonanima Spengler, per via di un infarto.

- Ho fame. Del cibo, datemi del cibo!

L'ex acchiappa-fantasmi tirò un sospiro, mentre con la mano libera si premette la mano sul cuore tamburellante. Il fascio di luce illuminò un barbone, che infastidito dalla torcia,  ripeté la domanda.

- Hey, amico, non hai qualcosa da mettere sotto i denti? Sto morendo di fame!

- E io per poco non morivo d'infarto, grazie a te. - Rispose seccato Ray.

- Scusa? - Domandò il senzatetto. - Non ho capito.

- Nulla. - Tagliò corto Ray, frugando nella giacca.

Un paio di  Twix, e un sacchetto di caramelle. Li aveva comprati per i nipotini, ma sarebbero stati certo più utili a quel poveraccio.

- Vanno bene lo stesso? Non è proprio un panino o che..

Il barbone gli strappò avidamente il bottino. - Sempre meglio di niente!

Mettendo in bocca le due tavolette al cioccolato, masticò in maniera oscena, e senza aspettare di finire il boccone, aprì con uno strappo la borsa delle caramelle.

Si fermò all'istante, quando un urlo disumano giunse alle orecchie di entrambi.
Il mendicante, con la bocca ancora piena di poltiglia di cacao e nocciole, si guardò intorno, con terrore.
D'improvviso, una disgustosa forma verde schizzò fuori dal terreno.
Sia Ray che il barbone urlarono, mentre la massa viscida investì il barbone.
Ray si ammutolì, mentre il mendicante continuò a urlare, più forte di prima.

Dopo che la voce si spense nela gola del senzatetto, questi scoprì di essere coperto da capo a piedi da una appiccicosa bava verde. Tremante, si azzardò a fissare la massa svolazzante.
Si accorse che questa massa aveva una bocca e delle braccia. Nella cavità, stavano sparendo tutte le leccornie, compreso il boccone stava masticando pochi istanti fa.

Vedendo la lingua dell'essere che puliva i resti del pasto dai lati della bocca, il pover'uomo si sentì il prossimo della lista.
La prospettiva lo fece urlare di nuovo di terrore, mentre sbloccandosi dalla sua paralisi cominciò a correre via.

- Vuole mangiare anche me! - Si sentì in lontananza, in mezzo ai passi trafelati.

Ray guardò la creatura, stupito.

- Vapore a erranza di quinta classe! - Commentò, meccanicamente, estrapolando dalla sua esperienza nel campo nel paranormale. Ma non era solo quello. Il vapore lo stava guardando a sua volta con aria intensa e incredula.  E quegli occhi erano inconfondibili, tali che Ray ebbe un moto di emozione.

.- Slim...

Venne interrotto dal fantasma che volò immediatamente verso di lui, a braccia spalancate.
Lo slancio gettò entrambi a terra.

- Ray! - Urlò la creatura, strofinando felice il muso contro la faccia del povero scienziato, il quale tentò di parlare.

- Brllblbl!... Brbllblbl! ....

Affondando le mani nella poltiglia verde, riuscì ad allontanare l'affettuoso spettro, poi sputacchiò ripetutamente per liberarsi dalla disgustosa bava verde.

Una volta liberata la cavità orale, Ray poté finalmente pronuciare quel nome, come non faceva ormai da anni.

- Slimer!

- Sì! Sono io, ti ricordi ancora di me! - Piagnucolò il fantasma verde, avvinghiandosi di nuovo al vecchio amico.

- Chi non muore si rivede! - Commentò Raymond, ridacchiando alla paradossale uscita.
Per quella creaturina il tempo era decisamente relativo.
Chi è già morto non può mica morire di nuovo, tantomeno invecchiare. Sicché un'altra domanda si fece strada.

- Sei rimasto sempre qui?

Slimer annuì, sul punto di scoppiare a piangere.

- Ah, caro, piccolo, Slimer. - Commentò teneramente Ray accompagnando una carezza al suo vecchio amico, per poi osservare con lieve disgusto  la mano inzaccherata. - Non sei affatto cambiato.

- E... e Peter, Winston, Egon?

- Son cambiate molte cose, piccola patata in umido. - Rispose amareggiato il vecchio scienziato.

Negli ultimi tempi aveva avuto il presentimento che qualcosa in Egon non andasse.
Lui, che era sempre stato un fissato del metodo scientifico, senza sconti per filosofie o romanticismo di sorta, si era un po' ammorbidito negli ultimi tempi.

Nelle saltuarie telefonate che li univano, lo sorprendeva spesso a recitare frasi fataliste o amareggiate.
Quando glielo faceva notare, Spengler si limitava a minimizzare, ripetendo spesso: "Con l'età la mia razionalità comincia ad abbassare la guardia".

Raymond accarezzava da anni l'idea di un comeback.
Forse anche per un senso di colpa nei confronti di Spengler, per rimediare alla sensazione di averlo lasciato solo.

"La vera, autentica, originale, squadra acchiappafantasmi!" Proponeva entusiasta agli ex-colleghi.

Ma non raccolse mai gli entusiasmi sperati.

Peter si rifiutò categoricamente.

"Te li immagini al giorno d'oggi quattro ciccioni che corrono dietro ai fantasmi?"

Anche Winston era scettico.

"Lo farei anche, in nome della nostra vecchia amicizia. E se c'è lo stipendio fisso, io faccio tutto quello che mi dite. Ma al giorno d'oggi, l'unico stipendio fisso me lo garantisce il mio attuale lavoro."

Impiegato alle assicurazioni, bella sicurezza.

Persino Egon declinò l'offerta.

"Sono uno scienziato, io voglio studiare i fantasmi. Per acchiapparli posso addestrare qualcun altro".

Questi 'qualcun altro' andavano e venivano nel corso degli anni, due squadre ufficiali e diversi apprendisti, ma gli anni passavano e i soldi diminuivano.

Finiti i finanziamenti, Egon fu costretto a sciogliere la società, riservando giusto il minimo necessario per mantenere l'unità di contenimento attiva e funzionante.

Ritornando alla realtà, di fronte agli occhi imploranti del piccolo amico, Ray crollò e buttò fuori la notizia che lo stava consumando.

- Egon è morto! - Disse in un solo respiro. - Ci ha lasciati.

Seguì una scena straziante, dove Ray e Slimer si abbracciarono da vecchi amici, bisognosi di farsi forza l'un altro.
Un colpo di tosse, però, disturbò il quadretto.

Ray e Slimer si voltarono in direzione del nuovo apparso. Quest'ultimo trovò alquanto inquietanti le espressioni stupite che lo fissavano come un... beh, non c'era da stupirsi, dopotutto lo era.

- Non venite a dirmi che non avete mai visto un fantasma. - Commentò, aggiustandosi gli occhiali.

-E-Egon? - Sussultò Ray. Slimer era troppo scosso per fare o dire alcunché.

- Sì, lo so. Sono morto. - Rispose il dottore definto, con straordinaria naturalezza. - Ah, scusate. Ciao Ray, Slimer, quanto tempo, vero?

L'unico vivo del trio cominciò a cercare qualche cosa da dire, e riuscì a tirare fuori solo delle scuse.

- Tu... tu sei vivo...cioé no, morto. Ed io l'ho saputo solo dopo. Non ero accanto a te quando... Non c'era nessuno di noi... Oddio Egon, mi dispiace! - Disse infine, scoppiando in lacrime.

- Oh, lascia stare, Ray. - Rispose Spengler, senza scomporsi. - Non puoi avere colpe: è la vita che va avanti così. Nasciamo, viviamo, muoriamo, diventiamo... fantasmi.

- Sì, però... - Tentò di controbattere Raymond. Ma Slimer in quel momento scattò per andare ad abbracciare, anzi, investire Egon,

- Adesso che siamo della stessa materia organica, possiamo interagire, vero Slimer? - Commentò lo spettrale studioso, cercando di scollarsi di dosso il vecchio amico verde. - Comunque rimani decisamente appiccicoso. - Poi, rivolgendosi a Ray. - E a proposito, Ray, sono contento che tu sia qui. Ho bisogno di un favore.

- Un... favore? - Chiese Ray confuso.

-Precisamente. - Confermò Egon.

- Che cosa posso fare?

- Vedi, - Spiegò Egon. - Tu lo sai bene. Ho passato la vita a studiare i fantasmi, ed ora che sono diventato uno di loro, ho appreso conoscenze tali da poter dire ch'io ne sappia meglio di chiunque altro... chiunque "vivente" - Si corresse.

- Va bene. - Annuì Ray, ma non capisco.

- Diciamo che sono arrivato alla conclusione che sia arrivato il momento di... staccare la spina.





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Capitolo 2
*** Tutto iniziò così ***


Ghost & Busters
TUTTO INIZIO' COSI'


Circa un quarto di secolo prima.

Grande Mela, fine anni '80.

- Ti amo, New York!

Era quello che Winston era solito ripetere dalla finestra della camera da letto, ogni mattina.

Era una città piena di misteri, quella, piena di soprannaturale e, soprattutto, piena di lavoro. C'era sempre un'opportunità per tutti, sia per acchiappare, sia per essere acchiappati.

L'entusiasmo del negro non era pienamente condiviso dal collega Venkman, il quale,  seduto svogliatamente al tavolo della colazione, cercava di rigirare all'infinito il cucchiaino nella tazza di caffé ormai tiepido.

Raymond era però quello messo peggio di tutti; i capelli arruffati indicavano la notte agitata che il povero uomo aveva passato.
Lo spettacolo era così grottesco che Peter fermò il girotondo del cucchiaino e lo guardò allibito.

- Ray, non ti aggirare in quello stato per la Centrale, che poi qualcuno si confonde e ti ingabbia in una trappola.

L'accostamento ad un fantasma stuzzicò un po' l'orgoglio di Ray, che volle assolutamente guardare il primo specchio a disposizione.
La conferma lo impressionò.

- Dio mio! - Commentò. - Devo smetterla con le maratone notturne del Dottor Who.

- Dottor W come Dottor Venkman? - Domandò Peter in uno sfoggio di vanità. - E poi io la notte non corro.

- Certamente la tua lingua è più sveglia di te. - Ironizzò Ray nei confronti di Peter.

- A proposito,. - Intervenne Winston. - Dov'è Cervellone?

- Chi, Egon? - Domandò a sua volta Ray. - Quando sono andato a dormire il suo letto era ancora vuoto.

- Oppure già vuoto. - Puntualizzò il dottor Venkman. - Per quell'uomo gli orari sono un tiro di dadi.

- Il Dottor Spengler si è alzato stamattina presto perché sta seguendo un caso.

La voce femminile sopraggiunta sulla scena fece voltare i tre uomini verso la segretaria, con sottobraccio una borsa carica di generi alimentari.

- Signorina Melnitz. - Rimproverò Peter con un pomposo tono nasale. - Non si dovrebbe fare la spesa durante l'orario di lavoro...

Per tutta risposta, Janine sbatté la busta sul tavolo con violenza tale che la tazzina del caffé ormai freddo si rovesciò, e il contenuto sparso costrinse Peter ad indietreggiare con la sedia e ad alzarsi.

- ... Spesa che TU mi hai mandato a fare perché non riuscite neppure a badare alle vostre necessità! - Sibilò tutto d'un fiato l'indispettita rossa.

Ray intervenne nel tentativo di cambiare argomento.

- Janine, hai detto che Egon è in giro a seguire un caso?

- Strano, da parte sua. - Commentò Winston. - Di solito queste cose le affrontiamo sempre in squadra.

- Magari vuole mettersi in proprio e farci le scarpe. - Ironizzò Peter. - Il canto del cigno prima di pugnalare alle spalle. - Fece con tono teatrale.

Janine lo fulminò con un'occhiataccia, e poi spiegò. - Ha detto che era necessario un sopraluogo preliminare. Parlava di qualcosa che voleva verificare.


##############


Era una catapecchia, un rudere. Non si poteva definire diversamente.
Eppure era  un piccolo gioiello di modernità, anche se più che avanguardia, si doveva parlare di fanta-stramberia.
Una casa coloniale nel bel mezzo dei grattacieli di New York era la cosa più anacronistica che si potesse incontrare in città, e vi si poteva imbettare solamente per caso, girando tra i vicoli tutti uguali della metropoli.

Forse era anche quello il motivo delle intermittenti luci al neon e delle frecce illuminate ad attirare l'attenzione della clientela, che in genere preferiva affidarsi al caro e vecchio telefono.

Il grande problema con il telefono, però, era che questo era un'entità autonoma, al parti della maggior parte degli elettrodomestici di quella casa, nonché rappresentate 'a tema' scheletrico.
Non è mai stato spiegato se fossero ingegnose invenzioni sofisticate o addirittura fantasmi che per sbarcare il lunario si erano adattati a fare da domestici.
Ma fosse anche stato quest'ultimo caso, lo schelefono, questo il suo nome, ad ogni chiamata si limitava a digrignare i tasti/denti e a borbottare frasi decisamente anti-pubblicitarie.

Ed era ciò che Jack Kong Jr stava rimproverando in quel momento al dispettoso apparecchio.

Grunt aveva avanzato più volte l'idea di sostituirlo con qualche mezzo di comunicazione moderno, magari facendosene portare uno direttamente da Futura, ma Jack si era sempre rifiutato, adducendo al fatto che fosse, come tutti, 'parte della famiglia'.

E lo schelefono sbeffeggiava a sua volta le proposte del gorilla, le trovava davvero ridicole.

- Figurati se tra vent'anni andranno tutti in giro con gli schellulari in tasca? Si impiglierebbero in un groviglio di cavi telefonici!

Il caso volle che proprio in quel momento uno squillo interrompesse l'animata discussione, colta prontamente dall'apparecchio, che agì in preda all'abitudine.

- Pronto? Qui gli acchiappafantasmi: sfortunatamente sono in casa, ma siete ancora in tempo per riattaccare e sbagliare numero!

- Non questa volta! - Tuonò Jack, che rapido afferrò la cornetta e si presentò educatamente.

La voce dall'altra parte illuminò il viso del capo: era Jessica, l'amica giornalista, e velatamente qualcosa di più, un segreto di Pulcinella ignoto, come al solito, solo ai diretti interessati, a giudicare dallo sbuffo dello schelefono e lo sghignazzare di Grunt.
Jack ignorò le reazioni degli amici, perché il motivo della chiamata era indubbiamente di lavoro.

- Hai detto, una magione in stile giapponese è apparsa nella periferia della città?

- A quanto pare. - Rispose Jessie dall'altra parte del filo. - Lo stile e le decorazioni non lasciano dubbi.

- E tu sei già sul posto. - Commentò il biondo.

- Se no che giornalista sarei? - Scherzò la donna. - Però è per questo che vi ho chiamati. Quella casa ha decisamente qualcosa di inquietante... soprannaturale!

- Sospetti che sia infestata?

- Forse. E' quello che vorrei verificare con il vostro aiuto.

- D'accordo, Jessica. Non ti muovere da lì e non entrare nella casa: non si sa mai.

- Come vuoi. - Sospirò la giornalista. - Anche se l'odore di scoop è decisamente invitante.

Posata la cornetta, Jack si rivolse al gorilla di fiducia. - Grunt, sai dove si trova Eddie?

Grunt spiegò che l'assistente era in garage a dare una controllata alla Fanta-Buggy.

- Chiamalo. - Ordinò Jack. - C'è del lavoro per noi.

Jack si preoccupò di nascondere l'inquietudine che improvvisamente gli era venuta dopo quella telefonata: là dove Jessica ironizzasse sull'odore di una notizia da prima pagine, il naso del giovanotto in giacca e cravatta era stato pizzicato da un aroma inconfondibile: fantasmi.


##############


La reporter uscì dalla cabina telefonica ed osservò ancora una volta l'inquietante abitato: le pareti sottili  e la struttura in legno trasudavano un'aura spettrale, percepibile anche da lei che non aveva alcuna percezione fuori dal comune.
La cosa più pittoresca era il fatto che tale costruzione fosse apparsa praticamente dal nulla, preceduta, almeno secondo alcuni testimoni, da una nebbia fittissima che aveva investito la zona durante la notte.

Era uno spettacolo ambiguo: esotico ed attraente, ma allo stesso tempo repulsivo e minaccioso. Tutti i sensi urlavano alla donna "Vattene!", ma il suo istinto di cronista la trattenevano.
Alla fine aveva cercato un compromesso e telefonato a Jack per un aiuto.
Sicuramente la sua presenza l'avrebbe resa più tranquilla, e avrebbe così anche potuto sfidare qualunque fantasma a farsi avanti.
Si rimangiò subito l'ultima congettura quando si accorse che una entitàincorporea la stava osservando.
Impietrita dalla paura, studiò lo strano essere verdognolo che la squadrava con aria curiosa  e... affamata.

- Ma i fantasmi non mangiano le persone, vero? - Si chiese retoricamente.

Non era certo la prima volta che si era imbattuta in uno spettro, le sue avventure con gli Acchiappafantasmi  le avevano dato più di un'occasione per studiarli. Certo, in genere erano solo  umanoidi boriosi e stupidi, delle macchiette umane che finivano sempre a piangere dal loro padrone grazie all'intervento di Jack, Eddie e Grunt.
Roba quasi da ridere, insomma.
Ma in quel momento di ridere non aveva affatto voglia. Vedere quello sgorbio gocciolante passarsi la lingua e guardarla così intensamente le fece scorrere un brivido lungo la schiena.

Improvvisamente, una voce venne in aiuto di Jessica, chiamando il fantasma con un nome mai sentito. L'ectoplasma volò entusiasta verso un uomo, certamente uno studioso, dati gli occhiali e l'aria intellettuale, un bloc notes in mano e una penna in perenne movimento.
Nonostante lo spettro fosse stato chiamato da lui e questi gli fosse volato vicino, riservandogli la stessa aria affamata che prima assillava lei, l'uomo non lo degnò di uno sguardo, impegnato com'era a studiare la casa maledetta.

Quando la patata verdognola cominciò a pregare per un po' di cibo, egli si limitò ad un commento distratto.

- Dopo, se fai il bravo ti porto alla bancarella degli hot dog.

Allettato dalla promessa, il fantasma cominciò a gironzolare qua e là. per aria.

Lo studioso continuò a prendere appunti sul notes, quando, durante una pausa per aggiustarsi gli occhiali, si accorse della presenza della giornalista.
Vedendola ancora scossa, realizzò che la colpa era della presenza del fantasma, e quindi si affrettò a spiegare.

- Le assicuro che non morde, anche se ha un grande appetito. Ma a meno che lei non sia un panino, è praticamente innocuo.

La spiegazione stuzzicò ancora di più la curiosità di Jessica.

- Un fantasma ammaestrato?

- E' una storia lunga... si chiama Slimer.

- E lei sarebbe.....?

- Mi scuso per non essermi ancora presentato. - Fece lo studioso, con aria imbarazzata. - Sono il professor Egon Spengler, degli acchiappafantasmi.

Jessica alzò un sopracciglio, senza riuscire a capire- Poi realizzò.

- Ah, lei deve far parte dell'altra squadra...

Quella ufficiale, riconosciuta dal sindaco in persona. Ma quella era un'altra storia.

- Molto piacere, mi chiamo Jessica  Wrai, reporter del...

- Non credo sia il momento giusto per un'intervista. - La interruppe Spengler. - Siamo di fronte a un fenomeno davvero insolito..

- Intende quella casa?

- Precisamente. -  Confermò Egon. - Non è una normale casa.

- Questo lo vedevo anche io. - Commentò ironica la reporter.

- Intendo dire che non è una normale casa stregata. - Precisò lo scienziato. - Le vibrazioni provenienti da quella casa sono di una scala sette volte superiore al normale. Almeno su un calcolo teorico. Ed ho paura degli effetti collaterali...

- Cibo! - Protestò Slimer. - Voglio mangiare!

- Dopo Slimer, dopo... - Rispose Spengler con noncuranza.

- Voglio del cibo, e lo voglio adesso. - Controbatté Slimer, questa volta con una voce nettamente diversa da prima.
Il tono era diventato cavernoso e ringhioso, tale che sia Egon che Jessica si voltarono verso il fantasma verde.

La grottesca faccia golosa di prima si era trasformata in una maschera famelica, la bocca si era spalancata in due enormi fauci, i denti erano diventati zanne e la lingua carica di saliva si passava su e giù per l'arcata indicavano intenzioni ben poco pacifiche.

Jessica mutò la sua espressione in terrore, e istintivamente si abbracciò ad Egon, che condivideva non poca preoccupazione.

- Questo è uno di quegli effetti collaterali? - Chiese la reporter.

- Direi proprio di sì. - Confermò lo scienziato.

Slimer, o meglio, quello che era diventato, partì infine all'attacco, o meglio, verso il banchetto.



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