Ultima speranza di ___Page (/viewuser.php?uid=663813)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 1 *** Capitolo 1 ***
Appoggiato al
castello di poppa
Sanji lo fissava allontanarsi mentre sbuffava nuvolette di fumo.
L’occhio
libero dal ciuffo biondo lasciava trasparire tutta la preoccupazione
che ormai
vi dimorava da mesi. Non appena avevano attraccato lui si era
precipitato giù
dalla nave, diretto verso il centro abitato dell’isola.
Aspirando una boccata
di tabacco, fissò la schiena fasciata dal tessuto verde
scuro, le tre katane
che cozzavano a ritmo coi suoi passi svelti. Sapeva che non sarebbe
tornato per
pranzo e probabilmente nemmeno per cena. Anche quel giorno sarebbe
avanzata una
porzione di cibo ad ogni pasto perché non riusciva a non
cucinare anche per
lui, nel caso in cui fosse rientrato prima del previsto. Tanto, male
che
andasse, con Rufy non si buttava via niente. Sospirò mentre
pestava la cicca con
il tacco per poi abbassarsi a recuperare il mozzicone.
Rientrò, intenzionato a
fare più rumore possibile mentre cucinava, per colmare quel
silenzio innaturale
che da tanti, troppi mesi regnava indisturbato sulla Sunny.
-A cosa
stai pensando, Capitano?-
Seduto
sulla testa del leone a prua, con il cappello calato sulla fronte
Rufy teneva gli occhi sul suo compagno che correva allontanandosi
velocemente
dalla nave. Quando la voce di Robin raggiunse le sue orecchie non si
voltò a
guardarla. L’archeologa lo scrutò per qualche
minuto, mentre un dolore ormai
noto si impossessava del suo petto. Vederlo così la stava
uccidendo. Avrebbe
dato qualsiasi cosa per vedere il sorriso splendere ancora una volta
sul volto
del ragazzo.
-Pensi
che si risolverà mai questa situazione?- chiese Rufy.
Robin
portò lo sguardo nella stessa direzione di quello del
capitano.
Ormai il samurai era quasi completamente scomparso dalla loro vista.
-Non lo
so…- ammise.
Rufy
spostò finalmente gli occhi su di lei. La fissò
per qualche secondo
e poi con un movimento fluido scese dalla polena atterrandole accanto
sul ponte
della nave. Senza esitazione, la afferrò per i fianchi
facendola voltare verso
di sé. Presa alla sprovvista, l’archeologa si
ritrovò a fissarlo negli occhi,
le mani affusolate appoggiate al suo petto. Era cresciuto Rufy, ormai
era un
uomo. Un bell’uomo. Era alto quanto lei adesso.
-Mi fa
paura, quello che provo per te Robin…- le disse, fissandola
intensamente -…alla luce di quello che sta succedendo. Ma
noi abbiamo la
fortuna di poter stare insieme e credo che dovremmo approfittarne. Tu
che ne
pensi?-
Per
tutta risposta l’archeologa annullò la distanza
tra loro, unendo le
loro bocche in un bacio che entrambi desideravano da tempo.
-Ti amo
Rufy- gli sussurrò, quando si staccarono per riprendere
fiato.
-Anch’io-
rispose posandole una mano sulla guancia e sentendola tremare a
quel contatto.
Lentamente
e con riluttanza si staccò da lei per avviarsi verso la
poppa.
Si fermò a metà del ponte.
-Io vado
a chiamare Sanji e Usop…- disse voltandosi a guardarla
-… puoi
pensare tu agli altri? Oggi sarebbe stato il suo compleanno…
non ho intenzione
di lasciarlo solo…-
L’archeologa
annuì.
Lo
trovò nel suo laboratorio, intento a sistemare i suoi
proiettili.
Rimase sulla soglia qualche minuto a fissarlo. Lo conosceva da anni,
erano
fratelli e gli era bastato osservarlo per cogliere il suo irrigidimento
quando
aveva spinto la porta socchiusa della stanza, per spalancarla
completamente.
Sapeva che era lì, faceva solo finta di non essersi accorto
della sua presenza.
Insospettabilmente, dopo il samurai, lui era quello che c’era
stato più male. E
continuava a starci male non fosse
altro
perché il comportamento di Zoro impediva a tutti loro di
superare la cosa e
andare avanti. Si avvicinò piano.
-Oggi
scendiamo anche noi- affermò con voce monocorde.
Usop non
rispose.
-Non
possiamo lasciarlo solo… Oggi è il…-
-Lo
so…- lo interruppe il cecchino.
-Ho
bisogno che tu sia forte- disse mettendogli una mano sulla spalla e
stringendo appena.
-Farò
del mio meglio- annuì il ragazzo voltandosi a guardare il
suo
capitano.
-Grazie,
primo ufficiale- rispose Rufy con un debole sorriso.
Sanji
era impegnato a tagliuzzare e triturare qualche strana spezia,
sprigionandone il profumo in tutto il locale, facendo più
rumore che poteva con
il coltello. Il cigolio della porta che girava sui cardini lo fece
voltare.
Capitano e cecchino erano sulla soglia. Li guardò,
interrogativo.
-Preparati
Sanji. Si sbarca-
Senza
dire nulla, posò il coltello si pulì le mani in
uno strofinaccio,
srotolò le maniche, rimise la giacca e, accendendosi una
sigaretta, seguì Rufy
e Usop sul ponte dove il resto della ciurma li attendeva. Avevano tutti
la
stessa espressione vuota. Quel giorno più del solito, ed era
anche normale.
Sapevano che non sarebbero mai più tornati alla
normalità. Con il Marimo che si
comportava così poi, si stava rivelando ancora
più dura. Il capitano si
avvicinò a Robin tendendole una mano, che lei
afferrò senza esitazione,
stringendola per infondergli coraggio.
-Andiamo!-
disse prima di avviarsi giù dalla nave.
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Capitolo 2 *** Capitolo 2 ***
Monkey
D. Rufy si era fatto molti nemici da quando si era imbarcato con
il desiderio di raggiungere Raftel e il leggendario One Piece. La sua
natura
altruista gli impediva di ignorare angherie e soprusi senza
preoccuparsi di chi
fossero le vittime, rendendo per lui essenziale punire i carnefici e
facendogli
guadagnare una nutrita schiera di antagonisti.
Ma
sempre quella stessa natura, unita alla sua ingenuità e al
suo essere
così dolce e solare, gli aveva assicurato anche degli amici
che, oltre a non
essere pochi, erano soprattutto leali. E tale lealtà avevano
dimostrato alcuni
mesi prima quando una tragedia aveva colpito la Sunny. Nessuno si era
tirato
indietro. Era stato aiutato in ogni modo possibile.
La
principessa serpente aveva sfruttato la sua autorità in
quanto membro
della Flotta dei Sette, permettendogli di escludere Impel Down dalle
possibili
destinazioni.
Jinbei
aveva sguinzagliato gli squali balena per tutto il grande blu.
Kobi
lo aveva aiutato ad infiltrarsi clandestinamente nelle frequenze radio
della marina per rintracciare eventuali comunicazioni utili.
Non
c’era nave pirata che avesse avuto a che fare con Cappello di
Paglia
e la sua ciurma che non avesse passato mesi a cercare di ottenere
informazioni
per i Mugiwara.
Si
erano messi in contatto con chiunque nel nuovo e vecchio mondo.
Ma
era stato tutto inutile. Avevano continuato a sperare per settimane.
Ma quando anche Rufy si era rassegnato, qualcosa dentro di loro era
morto. La
speranza li aveva abbandonati. Tutti tranne uno.
Zoro
minacciava di logorarsi in quella perenne ricerca, la sua speranza
ostinata sembrava intenzionata a sopravvivergli, uccidendolo lentamente
in un
sadico gioco che proseguiva ormai da dieci mesi. Nemmeno loro si
spiegavano
come facessero a sopportare ancora quella situazione.
A
volte, durante la navigazione riuscivano, anche se con
difficoltà, a
ritrovare un po’ di serenità. Serenità
che veniva puntualmente spazzata via non
appena un’isola spuntava all’orizzonte. Se non
avevano buoni motivi per
attraccare, Zoro prendeva la mini Going Merry 2 e raggiungeva da solo
la costa.
Stava via un giorno o due e poi tornava, lo sguardo basso, il cuore
stritolato
da una morsa, in una scena straziante che i suoi compagni conoscevano a
memoria.
Sarebbe
stato meglio avere avuto la certezza della sua morte. Era il
dubbio a logorarli così. Il dubbio che potesse esserci
ancora una possibilità
di ritrovarla. Dubbio che sarebbe stato presto sopito nelle menti degli
altri
pirati se solo il samurai avesse cessato la sua ostinata ricerca. Ma
nessuno lo
biasimava. Solo si rendevano conto che era tutto inutile.
Non
l’avevano portata in nessuna prigione della Marina, non era a
Impel
Down e non l’avevano giustiziata a Marineford. Era solo
sparita nel nulla
insieme alla nave che l’aveva catturata, scomparsa
all’orizzonte aiutata da una
tecnologia molto simile al Coup de Burst ideato da Franky.
Non
c’era alcuna evidenza della sua morte ma avevano acquistato
un
lumacofono e fatto in modo che chiunque potesse mettersi in contatto
con loro,
a costo di correre il rischio di farsi trovare da qualche vascello
nemico. Ma
lei non li aveva contattati, non era tornata. Se non era morta, era
dispersa.
E
faceva poca differenza perché loro non l’avrebbero
rivista mai più. Non
avrebbero mai saputo che fine avesse fatto. Nami non sarebbe stata mai
più la
loro navigatrice.
Angolo
dell’autrice:
Via
senza indugio. Le minacce di morire di crepacuore delle care Zomi,
Place e Star mi hanno
spronata
ad aggiornare con estrema rapidità. Mi rendo conto che
questo capitolo non sia granché
confortante
ma so che mi seguite nonostante
tutto, perciò a presto.
Piper.
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Capitolo 3 *** Capitolo 3 ***
Lo
trovarono in una locanda ad annegare il suo dolore
nell’alcool.
Bastò
un’occhiata per capire che aveva fatto di nuovo un buco
nell’acqua.
A costo
di
farsi riconoscere, girava con l’avviso di taglia di Nami
infilato nell’haramaki
e arrivava a mostrarlo persino ai marine che trovava a volte in giro
per le
isole, pur di scoprire se era ancora viva. Ma naturalmente non otteneva
mai la
risposta desiderata.
Si erano
avvicinati senza che lui sollevasse nemmeno lo sguardo dalle venature
del
tavolo di ciliegio.
Solo Usop era rimasto sulla soglia.
Una
manona,
troppo grande per appartenere a un normale essere umano, si
posò, per la
seconda volta quel giorno, sulla sua spalla.
-Non ce
la
faccio più Franky…- disse il cecchino.
Il suo
tono
lasciava intendere quanto fosse esausto.
Gli
sembrava di vivere in costante apnea.
Voleva
superare quella perdita che gli aveva fatto così male, ma
Zoro lo stava
impendendo a tutti loro come a se stesso.
Voleva
rendere giustizia al ricordo della sua migliore amica, che era sempre
così
sorridente e solare nonostante il suo carattere irascibile, ma era
ormai quasi
un anno che nessuno di loro sorrideva.
E lui,
che
si era per giunta ritrovato a coprire la sua carica, non reggeva
più tutta
quella tensione.
-Forza
fratello… Vedrai che passerà presto…-
Non ci
credeva nemmeno lui, ma farsi forza a vicenda era tutto ciò
che gli restava in
quei momenti.
Si
avviarono anche loro verso il tavolo. Prima di sedersi Franky
lanciò
un’occhiata alla bottiglia posata davanti al samurai per poi
incrociare lo
sguardo eloquente e sofferente di Robin, con cui da sempre si capiva al
volo.
Tequila
al
mandarino.
Sapeva
come
crogiolarsi nel dolore.
Rimasero
tutti muti intorno al tavolo, guardandolo versare meccanicamente il
liquido
trasparente in un bicchiere e scolarlo tutto d’un fiato. Poco
distante un gruppo
di persone scherzava e rideva sguaiatamente, contrastando il loro
silenzio
tombale.
Passarono
alcuni interminabili minuti. Sanji fumava una sigaretta dietro
l’altra, Robin e
Rufy comunicavano attraverso le loro mani, dandosi coraggio a vicenda,
Franky e
Brook attendevano immobili come statue e Usop coccolava Chopper che
cercava
coraggiosamente di trattenere le lacrime. Poi finalmente il samurai
parlò.
-Mi
dispiace…- cominciò debolmente -… so
di avervi torturato con il mio
comportamento in questi mesi… mi dispiace molto
io… non riuscivo ad accettare
di averla persa… ma adesso basta!-
A quelle
parole Usop Chopper e Rufy sollevarono uno sguardo incredulo sul
compagno. Non
potevano credere che quell’incubo stesse davvero per finire.
-Mi ero ripromesso che se
non fossi riuscito a
ritrovarla entro questa data, mi sarei rassegnato e avrei accettato la
sua…
scomparsa…- sollevò il viso dal tavolo rivelando
il suo unico occhio lucido di
sofferenza. -… vi prego di perdonarmi- concluse deglutendo
poi a fatica, nel
tentativo di scacciare il nodo che aveva in gola. Uno scroscio di risa
dal
tavolo vicino li investì.
I Nakama
lo
guardavano coi petti che si alzavano e abbassavano vistosamente.
Poi,
lentamente, il capitano annuì e tentò di aprirsi
in un sorriso.
Ci
riuscì
anche se non era luminoso come al solito.
-Sapete…-
disse con tono vivace -…credo che dovremmo festeggiare!-
I
compagni
lo guardarono attoniti.
-Che
vuoi
dire?!- chiese Sanji mordendo la cicca tra i denti.
-Che
dovremmo ricordarla una volta tanto, felici e non tristi! Dovremmo
ricordarci
delle cose belle di lei! E oggi è il giorno giusto per
farlo!- affermò convinto
il capitano, cercando il sostegno della sua donna che annuì
regalandogli un
serafico sorriso.
-Rufy…-
cominciò il cuoco tenendo d’occhio la reazione
dello spadaccino a quelle parole
-… non credo che sia il c…-
-No! Ha
ragione!-
Tutti si
girarono verso Usop, stupiti dal suo tono determinato.
-Lei non
era mai triste! Mai! Non le piacerebbe vederci così! Avrebbe
voluto che la
ricordassimo solare e sorridente! Oggi è il suo compleanno!
Facciamolo!
Parliamo dei ricordi che abbiamo di lei! Quelli belli!-
Uno dopo
l’altro, tutti i Mugiwara, Zoro compreso, annuirono convinti
mentre al tavolo
accanto continuavano a ridere e brindare. A quanto pare anche loro
stavano
festeggiando qualcosa o qualcuno e questo un po’ li
aiutò a farsi coraggio.
Sanji
alzò
una mano per fermare il cameriere e ordinare da bere per tutti.
Un
po’ di
alcool avrebbe aiutato.
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Capitolo 4 *** Capitolo 4 ***
-Mi
ricordo la prima volta che mi ha tirato un pugno! Accidenti che
botta!!! Mi sarei voluto mettere nelle mia solita posa e gridarle
“Super
sorella!!!” ma non riuscivo a muovermi! E io sono di
ferro!!!-
Franky ricordava
mentre il resto dei Mugiwara rideva intorno al tavolo.
Erano risate strane
perché sincere ma accompagnate di tanto in tanto da lacrime
di tristezza e
malinconia che venivano rapidamente asciugate.
-Ehi
amico è della navigatrice di Cappello di Paglia che
parliamo! Non
dovresti stupirti!- intervenne Usop.
-Beh
non era mica una garanzia! visto il cecchino…-
commentò il cyborg.
-Come?!?-
fece quello indignato -Che vorresti dire?!-
-Che
se avessi fatto pestare la sorella dai miei seguaci probabilmente
avrebbe fatto saltare in aria la Franky House senza l’aiuto
di nessuno!-
-Guarda
che io mi sono lasciato picchiare apposta! Per non demoralizzare
i tuoi uomini!- disse il cecchino incrociando le braccia al petto e
sollevando
il mento con fierezza.
-Ah
certo certo…-
-E
comunque Franky- intervenne il capitano -se avessi osato anche solo
pensare di toccare Nami te la saresti dovuta vedere con Sanji!-
-Questo
è poco ma sicuro!- confermò il biondo sbuffando
un po’ di fumo.
-Certo
così saresti finito pestato anche tu!- disse Usop sollevando
un
sopracciglio -Me la immagino la scena: “Oh dolce
Nami-swaaaan!!! Il tuo Mr
Prince è arrivato per salvarti!!! Sono il tuo schiavo
d’amooooore!!!”- si alzò
in piedi volteggiando e imitando la parlata estatica di Sanji, facendo
sbellicare i compagni.
Poi si bloccò di colpo per mostrare una fila di denti
squalini, sollevando un pugno in aria con il braccio piegato ad angolo
retto.
-“Levati di torno, imbecille di un Baka!!!”-
sbraitò in una perfetta imitazione
della navigatrice.
Persino Robin rideva senza riserve. Si risedette
soddisfatto.
Zoro
li guardava sorridendo. Avevano avuto ragione, Rufy e Usop.
Credeva
sarebbe stato doloroso oltremodo invece, forse grazie anche
all’aiuto
dell’alcool, quell’esercizio aveva un che di
catartico.
Era bello ricordarla.
Gli sembrava quasi di sentire la sua risata mischiarsi alla loro.
-E
la faccia che ha fatto la prima volta che Brook le ha chiesto di
mostrarle le mutandine?!?- disse Rufy tra le lacrime, che scorrevano
questa
volta per il troppo ridere.
-Yohohohohoho!
Io volevo solo essere gentile!-
-Ahahahahahah!
Io mi ricordo quando se l’è presa con te e Sanji
perché volevate
mangiarmi!- aggiunse il piccolo Chopper che si rotolava sul tavolo.
Improvvisamente ridivenne serio.
-Lei mi difendeva sempre…- disse con un debole
sorriso -… quando avevo gli incubi di notte mi
coccolava… mi mancheranno le sue
carezze…-
Lo
guardarono ricominciando a deglutire a fatica, decisi a non cedere
alla morsa che attanagliava i loro cuori.
-E
a me i suoi pugni…- disse Rufy , aprendosi in un sorriso e
contagiandoli.
-E
il suo modo di dare ordini come se fosse lei il capitano…-
aggiunse
Usop.
-E
la sua espressione quando si parlava di soldi…-
-La
sua risata…-
Zoro
prese coraggio e decise di intervenire anche lui prima che il
discorso volgesse al termine.
-A
me più di ogni altra cosa mancherà il modo in cui
mi chiamava…-
-…Buzzurro!!!-
Si
bloccò esterrefatto.
Razionalmente, pensò subito di esserselo
immaginato ma le facce dei suoi Nakama lo fecero vacillare.
Lo avevano sentito
anche loro!
-…Ominide
senza cervello! Sei un baka!!!-
Deglutì
a vuoto una o due volte guardando i suoi compagni che gli
restituivano lo stesso sguardo attonito.
Poi una risata cristallina si
sprigionò nell’aria e i Mugiwara, ad occhi
sgranati, voltarono lentamente la
testa verso la fonte di quel suono celestiale.
Al
tavolo accanto, una ragazza dalla pelle di porcellana rideva felice.
Aveva un seno prosperoso e stringeva in mano un boccale di birra, al
polso un
log pose e un bracciale dorato. I suoi occhi erano due enormi pozze di
caramello e crema alla nocciola. Aveva i capelli lunghi color
cioccolato e sul
braccio sinistro portava una fascia nel punto dove avrebbe dovuto
essere
visibile un tatuaggio blu rappresentante una girandola e un mandarino.
Si
guardarono tra di loro in apnea, spostando poi lo sguardo sullo
spadaccino che
fissava immobile la ragazza.
Nonostante i capelli fossero scuri nessuno di loro
aveva il minimo dubbio.
Nami
era viva.
Nami
era lì.
Angolo
dell’autrice:
Vi
sento, vi sento che urlate “Lo sapevooooo!!!”!
Soprattutto voi, Zomi e
Star! XD
Allora
lettrici e lettori… In via del tutto eccezionale ho deciso
di
pubblicare ancora tre o quattro capitoli –ancora non ho
deciso– prima della
ZoNami week durante la quale metterò in standby le mie due
long in corso *si
nasconde dalla pioggia di pietre e verdura marcia*.
Questo
perché ho calcolato che altrimenti avrei dovuto fare la
pausa
lasciando la storia in un punto “morto”, diciamo, e
non mi andava proprio.
Perciò insomma godetevi questa… ehm…
cosa, perché poi ricomincio con gli aggiornamenti
ogni due o tre giorni –fin tanto che ho sufficiente tempo
libero per essere
così celere e produttiva–.
Buona
lettura per i prossimi capitoli.
Baci.
Piper.
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Capitolo 5 *** Capitolo 5 ***
Stava ridendo e
scherzando coi suoi amici quando un brivido
l’attraversò.
Si sentiva osservata.
Si
voltò e scoprì che non si sbagliava.
Tutti
gli occupanti del tavolo vicino al suo la fissavano a bocca e occhi
spalancati.
Nonostante
il fastidio e la confusione provocati dall’essere osservata
così insistentemente, non poté fare a meno di
considerare che quei tizi erano
una ben strana compagnia.
Un
ragazzo riccio con un naso lunghissimo teneva in braccio quello che
sembrava il peluche di un procione con le corna da renna. Un tizio con
i
capelli blu, due avambracci giganteschi tatuati e il naso di ferro
sedeva
accanto a quello che era inequivocabilmente uno scheletro con
un’improbabile
pettinatura afro. Proprio come il piccolo peluche, anche lui doveva
avere
mangiato un Frutto del Diavolo.
Gli
unici normali sembravano essere il ragazzo moro con il cappello di
paglia, quella che era chiaramente la sua donna e aveva due splendidi e
materni
occhi color ghiaccio e il biondo che fumava, il quale sfoggiava un
buffo
sopracciglio a ricciolo. Si dovette ricredere quando il ragazzo col
cappello
allungò il suo braccio a dismisura fino a raggiungere il
tavolo a cui era
seduta. Vide la sua mano avvicinarsi sempre più fino a
sfiorarle la guancia coi
polpastrelli di due dita.
-Ehi!!!-
esclamò spostandosi da quel tocco che era stato
incredibilmente
delicato.
Lo
guardò storta per quello strano gesto e lo vide sillabare un
“Oh Kami”
con un’espressione sempre più sconvolta che,
lentamente, cambiò, fino a
diventare un sorriso meraviglioso e luminoso come la luce del sole. Si
sentì
pervadere da un’improvvisa tranquillità, come se
avesse potuto andare a dormire
in quel sorriso sapendo che non le sarebbe accaduto nulla.
Improvvisamente,
il ragazzo allungabile si mise a saltellare sulla sedia,
battendo insieme le mani e le suole dei geta.
-Sorellina!!!-
esclamò felice, facendole aggrottare le sopracciglia.
Ma
con chi ce l’aveva?!
Notò
che tutto il gruppo stavano reagendo in modo strano.
Il
nasone e il peluche saltellavano sul tavolo tenendosi a braccetto
mentre lo scheletro aveva estratto un violino e suonava volteggiando
intorno.
Il biondo aveva lasciato cadere la sigaretta e la fissava con
l’unico occhio
visibile sgranato mentre un filo di sangue faceva capolino dalla sua
narice
sinistra.
L’uomo dal naso di ferro piangeva continuando a ripetere che
non
stava piangendo e che era così felice che fosse viva.
Ma chi?! Lei?!? si
domandò, guardandosi intorno.
La donna
la fissava con occhi colmi di lacrime e una mano davanti alla
bocca a celare un sorriso di pura felicità.
Aprì
la bocca, per chiedere cosa diavolo volessero da lei, ma non
riuscì a
emettere nemmeno un suono che un rumore di sedia strusciata le fece
sollevare
lo sguardo.
Dalla
posizione in cui era non lo aveva notato, perché rimaneva
coperto
dai compagni, ma c’era un altro ragazzo seduto a quel tavolo.
Quando
lo vide, il suo cuore perse un battito. Diede la colpa al fatto che
fosse bellissimo.
Aveva i
capelli verdi, la mascella squadrata e un occhio cieco
attraversato verticalmente da una cicatrice.
Ma ciò che la colpì più di tutto
fu l’intensità con cui la guardava con quello
sano, nero come la notte.
Si
sentiva impotente sotto a quello sguardo che sembrava penetrarla da
parte
a parte.
Inchiodata
alla sedia, incapace di fare alcunché, lo guardò
alzarsi e
camminare deciso verso di lei, un’espressione
di gioia mista a incredulità sul volto.
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Capitolo 6 *** Capitolo 6 ***
Angolo
dell’Autrice:
Ciao
lettrici e lettori!!!
Alcuni
di voi sapranno già perché sono qui…
Vorrei evitare un linciaggio
di massa dicendovelo a fine capitolo. Vi confermo, come già
avevo, anticipato
che questo è l’ultimo aggiornamento della long
prima della ZoNami week che
inizia domani.
Vi
lascio con un capitolo che scombina un po’ tutte le vostre
ipotesi e
tanto tempo per farvene delle altre… XD Ah come sono gentile
eh?!? *si nasconde
dietro al monitor*
Dunque
buona lettura!
Ci
sentiamo comunque durante la ZoNami week!
Piper.
Non riusciva a
credere a ciò che vedeva.
Dieci
mesi!
Dieci
mesi a cercarla in lungo e in largo per il Grande Blu, dieci mesi a
combattere contro le lacrime e il dolore ogni giorno e ogni notte,
dieci mesi a
rifiutarsi di accettare la dura realtà.
E quel
giorno, proprio il giorno del compleanno della sua mocciosa,
quando si era finalmente deciso ad affrontare la sua perdita, eccola
lì!
Un dono
dei Kami, anche se lui non credeva in nessuna divinità.
Felice,
sorridente, solare, bellissima. Viva!
Sentì
un improvviso calore raggiungere ogni anfratto del suo corpo,
regalandogli un sollievo mai provato prima, e l’impulso
irrefrenabile di
avvicinarsi a lei.
S’alzò
senza mollarla un secondo con il suo unico occhio e la vide
deglutire e trattenere il fiato sotto il suo sguardo penetrante. Gli
bastarono
un paio di falcate per arrivarle di fronte.
In
automatico, senza che potesse controllarla, un sua mano si mosse verso
il viso di lei, con l’intento di accarezzare la sua guancia
diafana.
-Nami…-
la chiamò con voce roca.
L’espressione
confusa e accigliata che assunse lo fece bloccare con
l’arto a mezz’aria.
-Prego?!?-
chiese aggrottando le sopracciglia -Chi diavolo sarebbe
Nami?!-
Sentì
i Nakama trattenere il fiato alle sue spalle, mentre sgranava
l’occhio
a quella domanda.
Cosa
significava?!? Non ricordava più chi fosse?! Possibile che
non fosse
lei?!
No era
lei, su questo non c’erano dubbi!
Zoro
conosceva a memoria tutte le espressioni del suo viso, il timbro
della sua voce, il suo profumo di mandarino, che gli riempiva i polmoni
in quel
preciso istante.
Fece per
parlare, senza sapere esattamente nemmeno lui cosa dirle, ma non
fece in tempo ad aprire la bocca.
L’uomo accanto a Nami si alzò e, con un gesto
deciso, sebbene non aggressivo, lo sospinse all’indietro.
-Sarà
meglio uscire a parlare un attimo- gli disse sottovoce con un tono
che non ammetteva repliche.
Zoro lo
fissò interdetto e furente al tempo stesso mentre lo
trascinava
fuori dalla taverna, allontanandolo dalla sua fonte di vita. Ma non si
oppose
perché capiva bene che c’era sotto qualcosa e
voleva delucidazioni su quanto
stava succedendo.
Quando
furono all’esterno l’uomo lo lasciò
andare.
Era alto
come lui, muscoloso ma meno possente, con occhi e capelli
castani. A giudicare dall’abbigliamento doveva essere un
mercante.
Dal suo
aspetto sembrava un uomo come tanti ma a Zoro non dava una bella
sensazione. E lui raramente si sbagliava.
-Zoro,
l’ex cacciatore di pirati, giusto?- gli domandò
senza ricevere
nemmeno un cenno in risposta.
-Io sono
Sander…- aggiunse tendendo la mano -…sono un
commerciante di
erbe e spezie-
Zoro
fissò la mano senza stringerla per poi spostarsi di nuovo
sul viso
del mercante, con un’espressione che lasciava intendere che
non gliene fregava
un accidenti di chi fosse e che cosa facesse.
-Che
cosa significa?- domandò glaciale indicando con il pollice
l’interno
della taverna.
-Ah vedo
che conosci le buone maniere…- rispose quello sarcastico.
-Fa poco
il prezioso, amico!- una voce nota e dura alle sue spalle, fece voltare
lo spadaccino.
Usop,
Rufy e Sanji, che aveva appena parlato, erano usciti dalla locanda
e si stavano avvicinando con passo deciso e sguardo determinato.
-Bene,
bene, bene… Rufy Cappello di Paglia… Sanji
Gambanera…-
Si
fermò a squadrare Usop con sguardo interrogativo e occhi
socchiusi.
-…Non
credo di avere il piacere…- fece per tendergli la mano ma lo
sguardo di fuoco che il cecchino gli lanciò lo fece
desistere, non perché
facesse particolarmente paura ma perché era chiaro che non
avrebbe ottenuto una
reazione diversa da quella dello spadaccino.
-Allora
cosa sta succedendo?!- chiese Usop incrociando le braccia al
petto.
Era
incredibile la sua determinazione, non lo avevano mai visto
così.
-Suppongo
vi riferiate a Miku…-
-Chi
diavolo è Miku?!- domandò spazientito il cuoco,
il filtro della
sigaretta ormai distrutto dal digrignare i denti.
-Miku
è la navigatrice della mia nave! Ma, come immagino abbiate
già capito,
una volta aveva un’altra identità!-
-A noi
non importa niente della tua navigatrice okay?!? Noi siamo qui per
Nami!- affermò il capitano guadagnandosi
un’occhiataccia da parte di Sanji e
Usop.
La mente
di Zoro lavorava febbrile, cercando di elaborare le informazioni
che stava ricevendo.
-Razza
di baka!- inveì Sanji a denti stretti contro il capitano
-È
proprio questo il punto! Nami è la loro navigatrice!-
-Ma non
è vero! Nami è la nostra navigatrice! La loro
navigatrice si
chiama Miku!-
-Oh Kami
del cielo!- gemette Usop spalmandosi una mano sulla faccia -Ma
come fai a essere così lento di comprendonio?!? Il Frutto
del Diavolo ti ha
trasformato in gomma anche il cervello?! Miku e Nami sono la stessa
persona!!!-
-Cioè
volete dire che Nami ha due nomi e non ce lo ha mai detto?!-
domandò Rufy grattandosi la testa, con il capo inclinato da
un lato, sbattendo
le palpebre perplesso.
Usop si
avvicinò esaminandolo come se fosse un raro fossile
preistorico.
-Dimmi
la verità… Robin l’hai drogata vero?!
E’ per quello che sta con
te!- chiese provocando un momentaneo crollo di Sanji che, data la
tensione
nell’aria e la gravità della situazione, si
concesse solo un piccolo ululato,
al pensiero della sua dea tra le braccia di quell’imbecille
di gomma del
capitano, prima di riprendere controllo su se stesso.
-Quindi
Miku è Nami giusto?!-
Cecchino
e cuoco annuirono.
-E se
Miku è la loro navigatrice allora…- lo guardarono
speranzosi
-…significa che Nami è la loro navigatrice!-
-Esatto!-
affermò il nasone illuminandosi.
Il
capitano sorrise, felice di essere riuscito a capire il nocciolo della
questione, per poi socchiudere improvvisamente gli occhi in
un’espressione
contrariata.
-Ehi!!!-
si girò verso Sander incrociando le braccia al petto -Ce la
devi
restituire! Nami è nostra!!!-
Sanji lo
appiattì al suolo con un calcio.
-Bada a
come parli, cretino! Nami-swan non è un oggetto!-
-Ahia,
Sanji!- protestò massaggiandosi il cranio -Andiamo hai
capito
benissimo cosa volevo dire! Nami è una nostra Nakama, il mio
primo ufficiale e
la nostra navigatrice!- concluse tornando a fissare in tralice il
commerciante.
-Non
più ormai!- rispose quello restituendogli
l’occhiataccia e facendo
ringhiare Zoro, che non era riuscito a spiccicare mezza parola, troppo
impegnato
a non cedere all’istinto di strangolare quel bastardo che
aveva di fronte.
-Che
diavolo vorresti dire?!?- ringhiò idrofobo lo spadaccino.
-Che lei
non ricorda più niente di quando era una pirata! Anzi non
ricorda più niente della sua vita quando era ancora Nami, la
Gatta Ladra! Ora
ha una nuova vita e non tornerà più con voi!
È felice con noi! È felice con
me!- affermò, ghignando
sadico, ma
subito un lampo di paura attraversò i suo occhi, nel
ritrovarsi una lama
bianca, sfoderata alla velocità della luce, ad accarezzargli
la giugulare.
-Che
cosa le hai fatto, bastardo?!? Lei non avrebbe mai rinunciato alla
sua vita con noi!-
-A dire
la verità dovreste ringraziarmi!- continuò a
parlare strafottente
nonostante la situazione in cui si trovava –L’ho
ripescata io, mentre fuggiva
da una nave della Marina! Era in fin di vita! L’ho salvata e
le ho dato una
nuova identità!-
-Le hai
fatto il lavaggio del cervello!!!- ringhiò fuori di
sé il
samurai.
-L’ho
fatto per proteggerla…- disse ghignando viscido e sollevando
un
sopracciglio.
-Ma di
che stai parlando?!- chiese spazientito il cuoco, digrignando i
denti.
-Voleva
tornare da voi nonostante avesse la Marina alle costole! Troppo
pericoloso per noi e per lei da sola! Ma era così
testarda… Non ho avuto
alternative!-
Il
ringhio del samurai aumentò ancora.
-Abbiamo
fatto in modo che chiunque…-
iniziò il capitano.
-…potesse
mettersi in contatto con voi, sì! Ma l’ho scoperto
troppo
tardi!- disse stringendosi nelle spalle con finta innocenza.
Maledetto
bastardo!
-E
poi…- aggiunse -…tenendola con me l’ho
protetta!- disse con un
sorrisetto che lasciava intendere quanto godesse nel vederli
così sofferenti e
impotenti.
-Lei
è una nostra Nakama! Solo noi abbiamo il diritto di
proteggerla!- la
voce di Zoro ormai era un sibilo.
-Ah!
Come l’avete protetta il giorno che l’hanno
catturata?!- chiese,
retorico.
Zoro lo
lasciò andare indietreggiando.
Era come
se gli avesse tirato un pugno in piena faccia.
Era
tutta colpa sua e lo sapeva.
Da dieci
mesi non faceva che ripetersi che avrebbe dovuto difenderla
meglio quel giorno, che sarebbe dovuto stare più attento a
lei anziché buttarsi
come suo solito nella mischia…
-Io non
ti credo!- disse il capitano fissandolo con sguardo truce -Nami
non può averci dimenticato!-
Sander
ricambiò lo sguardo, squadrandolo da capo a piedi.
Era
cocciuto quel ragazzino!
-D’accordo!
Se ne siete così convinti allora perché non
andiamo un po’ a
chiacchierare con lei?! Magari si ricorda qualcosa!- disse con un tono
che
lasciava intendere quanto fosse certo che non sarebbe mai accaduto.
Si
guardarono a disagio.
Se
Sander avesse avuto ragione, affrontare la realtà sarebbe
stata
durissima.
Ma, si
sa, un vero capitano fa qualsiasi cosa pur di riavere un proprio
compagno e Monkey D. Rufy era il capitano più ostinato del
Grande Blu.
Si
avviarono dietro al mercante stringendo le mani fino a farsi sanguinare
i
palmi.
Solo
Zoro rimase indietro, lo sguardo fisso a terra, il torace che si
alzava e abbassava in un respiro affannato. Usop tornò verso
di lui finché non
gli fu di fronte.
Stringersi
le spalle a vicenda sembrava essere diventato il nuovo modo di
comunicare dei Mugiwara in quel periodo.
-Comunque
vada almeno sappiamo che è viva- affermò.
Zoro lo
guardò sconvolto per poi annuire lentamente.
Seguì
il cecchino, domandandosi dove avrebbe trovato la forza di stare
seduto allo stesso tavolo di quel dannato verme senza nuocergli, senza
rendersi conto che tutta la forza di cui aveva bisogno lo aspettava
già seduta
al tavolo della locanda.
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Capitolo 7 *** Capitolo 7 ***
Angolo
dell’Autrice:
Ciao gente!
Sono tornata!
Scusate
ma
ieri sono stata fuori di casa più di dodici ore!
Buona
lettura!
Piper.
PS: mi sono dimenticata di scrivere che Miku in giapponese significa
"Bel tempo".
Appena
tornati sulla Sunny Zoro si diresse dritto alla palestra e ci si
rinchiuse,
intenzionato a non uscirne per giorni, mentre il resto della ciurma si
era
riunito per discutere il da farsi in cucina, così che Sanji
potesse cominciare
a preparare la cena.
Quando
erano
rientrati per parlare con Nami e avere una conferma o una smentita
delle parole
di Sander avevano trovato i tavoli delle due ciurme uniti. Non ci
avevano messo
molto a capire che il merito era di Robin, che era riuscita ad
agganciare una
conversazione con l’equipaggio di Sander e stava amabilmente
chiacchierando con
la sua sorellina, seduta tra lei e il mercante. Chopper era riuscito a
farsi
prendere in braccio in tempo zero e si stava crogiolando nelle carezze
della
sua ritrovata compagna, mentre Franky la guardava cercando inutilmente
di
trattenere lacrime di gioia che scorrevano copiose, malcelate dai suoi
troppo
piccoli occhiali da sole. Un vistoso bernoccolo sulla testa di Brook
testimoniava che lo scheletro aveva già tentato di scoprire
il colore delle sue
mutandine.
Si erano
avvicinati uno dopo l’altro.
Zoro non aveva mai provato tanta ansia in vita
sua.
Non appena era entrato, Robin si era alzata per andare a sedersi di
fianco
al suo uomo lasciando libera la sedia accanto a Nami per lui. Aveva
titubato solo
un istante prima di dirigersi con passo malfermo ma sguardo sicuro
verso la sua
mocciosa e si era seduto accanto a lei fissando la superficie del
tavolo e
restando in silenzio per alcuni minuti.
-Ehi! Ma
tu
guarda che razza di maleducato! Di un po’ adesso non ci si
presenta nemmeno più?!
Sei proprio un buzzurro!-
Meravigliose,
stupende parole. Credeva che non le avrebbe sentite mai più.
Lo avevano
convinto a sollevare la testa e incrociare i suoi occhi di cioccolata,
nei
quali aveva rischiato di sprofondare mentre il cuore accelerava i
battiti.
L’aveva vista rivolgergli un sorriso che subito aveva
ricambiato con un ghigno
sghembo.
-Io sono
Miku!- aveva detto tendendogli una mano.
-Miku?!
E
che razza di nome è?- aveva chiesto provocatorio, facendole
assottigliare lo
sguardo.
-Perché
tu
come ti chiami?!-
-Zoro…-
aveva risposto dopo un attimo di esitazione. Gli era sembrato di notare
un
fremito nei suoi occhi e aveva sentito la
speranza riaccendersi in lui.
-Sarà
bello
il tuo!-
-Bah fa
lo
stesso! Tanto io ti chiamerò con il nome che meriti!-
-Cioè?!-
-Mocciosa!-
Per la
prima volta era stato felice di ritrovarsi con la faccia spalmata sul
tavolo da
un suo pugno fumante.
-Cavernicolo
senza cervello!- aveva inveito contro di lui. Ma quando aveva sollevato
la
faccia dalla superficie di legno, massaggiandosela con sguardo
imbronciato,
l’aveva sentita ridere e girandosi aveva trovato nuovamente
un sorriso rivolto
a lui ad attenderlo.
Avevano chiacchierato a lungo e Zoro aveva pensato di
stare sognando tanto si sentiva bene. Si era dimenticato di tutto, il
dolore, i
dubbi, la presunta amnesia di Nami, non notava nemmeno il colore
diverso dei
suoi capelli. Finché la voce di Sander non li aveva
interrotti, ammiccando e
sorridendo laidamente.
-Miku,
tesoro, perché non racconti qualcosa di te ai nostri nuovi
amici?!-
-Uh?! Di
me!? E perché?!- aveva chiesto perplessa.
-Beh
sembrano non avere occhi che per te!-
Si era
guardata intorno e aveva notato quanto fosse vero. La metà
del tavolo che
ospitava la ciurma di pirati la stava fissando in apnea.
Era il momento della
verità.
Lei si era stretta nelle spalle e poi aveva iniziato a raccontare.
Delle sue origini, delle sue aspirazioni, di come vedeva il suo futuro.
Mentre
parlava, i Mugiwara avevano sentito il cuore sprofondare sempre di
più,
cercando tuttavia di non darlo a vedere dalle loro espressioni.
Era stato tutto
inutile! Per due ore avevano chiacchierato senza posa, parlandole di
Coconut
Village, del Mare Orientale, di tutte le avventure vissute insieme ma
la
ragazza non aveva dato il minimo segno di cedimento. In quel momento
parlava
sicura di sé di una vita che non era la sua. Quella non era
Nami. Era lei ma
non era più lei.
Zoro
aveva
faticato a mantenere la calma e solo una mano di Robin , spuntata sotto
il
bordo del tavolo per stringere la sua, era riuscita a non farlo
esplodere.
Aveva stretto forte, intrecciando le loro dita, rischiando di fare male
all’archeologa che, tuttavia non aveva mollato, sapendo
quanto bisogno di
conforto avesse Bushido-san in quel momento così duro per
loro, figuriamoci per
lui.
Quando
Sander, con estrema strafottenza e compiacimento per avere finalmente
dimostrato
che Nami non era più Nami e che quindi non lo avrebbe mai
abbandonato per
tornare da loro, si era sporto verso di lei per omaggiarla di un bacio
sul
collo Zoro aveva estratto parzialmente la Wado
Ichimoji, incapace di trattenersi. Ma si era bloccato vedendo
lo sguardo e
il sorriso di Nami, sguardo e sorriso che conosceva bene
perché spesso erano
stati rivolti a lui.
Così felice.
Così innamorata.
Se lo avesse ferito o ucciso
l’avrebbe solo fatta soffrire, senza comunque riuscire a
farle ricordare
alcunché.
Si era sentito morire. Non era più la sua mocciosa e non
sapeva se
sarebbe mai tornata a esserlo.
Si era
alzato in piedi rumorosamente, pregando il capitano con lo sguardo di
andarsene
da quel posto, andarsene da tutta quella sofferenza, andarsene da
lì.
Rufy
aveva
subito agito sostenendo che dovevano urgentemente tornare alla nave e
Sander, naturalmente, non si era
opposto. Zoro
era uscito dalla locanda senza nemmeno degnarla di uno sguardo mentre
il resto
dei Nakama salutava, compensando la sua apparente mancanza di buone
maniere.
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Capitolo 8 *** Capitolo 8 ***
-Rufy
che facciamo?!- chiese Usop, agitato.
Si
era comportato stoicamente alla taverna ma ora non riusciva ad
accettare la realtà.
-Non
lo so Usop! Sono confuso!-
-Non
possiamo lasciarla nelle loro mani!- intervenne convinto il cuoco.
-E
che vuoi fare, rapirla?! Non sembrava stare lì contro il suo
volere…-
gli fece notare Robin, con uno sguardo sofferente.
-Ci
dovrà essere un modo per aiutarla a recuperare la
memoria…- tentò
Brook, ricevendo però un cenno di diniego dal medico di
bordo.
-Siamo
stati ore a parlare con lei delle nostre avventure insieme ma non
ho notato nessuna reazione. Se si trattasse di un’amnesia
passeggera la nostra
presenza avrebbe dovuto riscuoterla almeno un po’- disse
sconsolato come non
mai.
-Magari
parlando con la sorella in modo più diretto…-
-Sono
tutti tentativi a vuoto… Rischiamo solo di farle del male!-
affermò
convinta la piccola renna.
Si
guardarono senza sapere cosa dire. L’istinto gli diceva di
prenderla e
portarsela via ma razionalmente sapevano che rischiavano solo di farle
rivivere
la tragedia di cui era stata vittima alcuni mesi prima. Anche tentare
di farle
recuperare la memoria in modo così brusco e avventato
rischiava di essere
controproducente.
-Avete
notato le parole di Sander?! - intervenne il cecchino.
-Quali
in particolare?!- chiese Sanji, digrignando i denti solo a sentire
quel nome.
-“Le
ho dato una nuova identità”…
È un’affermazione interessante…-
mormorò, pensieroso, tenendosi il mento con una mano
-Che
vuoi dire fratello?!- aggrottò le sopracciglia il cyborg.
-Voglio
dire che non è come se le avesse suggerito un nuovo nome e
le
avesse fatto tingere i capelli… quando Nami ci ha parlato di
se stessa alla
locanda… non era una semplice frottola raccontata a
memoria… ci credeva
davvero! Io non credo che abbia perso i suoi ricordi prima di
incontrare quel
mercante!- affermò convinto, guardando i suoi Nakama che
ricambiavano sconvolti
-Forse… se scoprissimo come hanno fatto a cancellarglieli e
a inculcarle tutte
quelle informazioni…-
-…potremmo
anche trovare un modo per farle tornare la memoria!- concluse
il cuoco accendendosi una sigaretta.
-Robin,
Chopper!- li chiamò il capitano -Potete documentarvi,
provare a
scoprire qualcosa?-
I
due annuirono convinti prima di dirigersi verso la biblioteca.
Rufy
si avvicinò a Sanji che guardava fuori verso la coffa, dove
il loro
vicecapitano si stava consumando lentamente, come una candela accesa da
troppo
tempo. Gli diede una pacca sulla spalla.
-Non
è ancora detta l’ultima parola!-
affermò con un sorriso a trentadue
denti che ancora faticava a illuminarlo come faceva una volta.
Sanji
annuì convinto.
-Hai ragione! Io non mi
arrendo!-
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Capitolo 9 *** Capitolo 9 ***
-Allora?!?-
-Ha
detto
che non ha fame- rispose apatico Sanji, rientrando in cucina.
-Adesso
vado là e lo sistemo io!- disse Usop, avviandosi verso la
porta della cucina per
uscire sul ponte e salire in coffa -La deve finire con questo
atteggiamento,
non fa bene a lui…- continuava a camminare sul posto, senza
accorgersi che una
manona di Franky lo teneva bloccato dalla spalla, impedendogli di
proseguire
-…non fa bene a noi e non… Ehi ma…
Franky! Mollami!-
-Sta
calmo!
Devi dare tempo a fratello samurai di riprendersi!-
-Ma se
continua così non si riprenderà mai!!!-
affermò spazientito, girandosi verso il
cyborg e voltando le spalle all’uscio.
-Usop ha
ragione!- annuì convinto il capitano -Andiamo a prenderlo!-
Ma
quando
si voltarono per uscire se lo trovarono davanti, fermo sulla porta, lo
sguardo
sofferente ma fiero.
Entrò nella stanza senza dire una parole e si
versò un
bicchier d’acqua per poi sedersi al tavolo accanto al
carpentiere.
-Amico,
come va?!-
-Di
schifo!- rispose, accennando però un debole sorriso.
-Ti
preparo
qualcosa da mangiare?-
Lo
spadaccino scosse la testa non senza rivolgere uno sguardo di
gratitudine al
cuoco.
-Robin e
Chopper hanno scoperto qualcosa?- domandò.
Sanji lo aveva informato, attraverso
la porta chiusa, di cosa era successo poco prima in cucina.
Come se
lo
avessero sentito, medico e archeologa fecero la loro apparizione sulla
soglia
della cucina, lo sguardo grave e un libro stretto tra le mani di lei.
“Guida al
riconoscimento delle erbe mediche”.
-Capitano-
lo chiamò facendogli accelerare i battiti del cuore, come
sempre quando
incrociavano i loro sguardi, restando immancabilmente incatenati con
gli occhi
-L’abbiamo trovato-
Angolo
dell’Autrice:
Ciao
gente splendida!
Come
va?! Allora sembra il periodo dei dubbi esistenziali per
noi autrici. Oggi è il mio turno!
So
che l’estate è iniziata e ci tengo a precisare che
non sto
facendo la prima donna ma non ho potuto fare a meno di notare
un’improvvisa
diminuzione nei lettori e nelle recensioni… Così
chiedo a voi, voi che mi
seguite, cosa faccio? Mi metto in stand by per un po’,
pubblicando solo qualche
storia ogni tanto e ci risentiamo a settembre o continuo
così? Naturalmente l’eventuale
pausa non vale per questa long! Questa continuo ad aggiornarla
finché non è
finita!
Ditemi
voi perché se voi ci siete io ci sono!
Piper.
|
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Capitolo 10 *** Capitolo 10 ***
-Si chiama
Goccia di Lete, è molto raro e costoso- stava spiegando
Robin,
mostrando la foto di un fiore molto simile a una calla ma
più piccolo e di un
intenso color turchese. -È un prodotto di contrabbando ma
per lui non sarà
stato un problema trovarlo dato che commercia erbe e spezie.-
-Perché
è così caro?!- chiese il cuoco aggrottando il
sopracciglio.
-Per il
potere del suo polline!- intervenne la renna -Si preleva dal
pistillo e si può mischiare a cibi o bevande…-
-E che
effetto ha?- domandò il samurai, certo di conoscere
già la
risposta.
-Perdita
di memoria a lungo e breve termine- rispose impassibile
l’archeologa.
Il
samurai chiuse l’occhio in un gesto rassegnato e sofferente,
mentre
stringeva a pugno le mani appoggiate sulla superficie del tavolo.
-Come
mai siete così certi che abbia usato questo?-
-Perché
tutto coincide! Questo fiore non intacca la personalità ma
solo
la memoria. Ha un effetto narcotico su chi lo assume e nella fase di
sonno si
possono inculcare nuovi ricordi nella mente del soggetto, cancellando e
sostituendo completamente quelli vecchi-
-Quindi
lo abbiamo trovato!- affermò il cecchino illuminandosi.
Robin e
Chopper annuirono.
-SUPER!!!-
-Ma
è una bellissima notizia!!! Ora possiamo rimediare!!!- disse
il
capitano, sorridendo gioioso. -Perché quelle facce lunghe?!-
chiese poi
perplesso, vedendo che i due Nakama si scambiavano occhiate serie.
-Non vi
abbiamo ancora detto tutto…- disse la renna facendo
trattenere il
fiato ai compagni. Franky si bloccò nella sua posa preferita
mentre il suo
sguardo perdeva un po’ della felicità che lo aveva
colto poco prima. Robin si
avvicinò al suo uomo, posandogli una mano sul braccio. Rufy
si voltò a
guardarla alla ricerca di risposte.
-Che
succede?-
Con un
tono che sembrava adatto a pronunciare una sentenza di morte Robin
parlò.
-Non
c’è rimedio… L’effetto
è permanente e irreversibile… Non esiste
nessuno che abbia recuperato i suoi vecchi ricordi dopo averlo
assunto… -
|
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Capitolo 11 *** Capitolo 11 ***
-Zoro!!!
Fermati dannazione!!!-
Lo
rincorsero fuori dalla cucina sul ponte.
Ringhiava scostando
bruscamente chiunque o qualsiasi cosa intralciasse il suo cammino verso
la
vedetta.
Se
da qualche parte esisteva un dio, ebbene era più ingiusto di
Eneru.
Come
poteva essere che, dopo avere sofferto così tanto,
l’avesse
ritrovata solo per perderla di nuovo??? Perché???
Sarebbe
stato meglio non scoprire nemmeno che era viva. Ormai stava per
accettare la sua morte…
Ma
che stava dicendo?!? Razza di egoista!!!
Come
poteva pensare che avrebbe preferito saperla morta piuttosto che
lontana da lui, tra le braccia di un altro?!
Quella
situazione gli stava facendo perdere il senno.
Sarebbe
dovuto essere felice di saperla viva e al sicuro…
Ma
quella non era la vita che Nami aveva scelto!
Nami
era felice di essere una pirata, la navigatrice di Cappello di
Paglia, la sua mocciosa!
Quella
non era Nami… Era Miku…
Nami
era comunque morta e adesso lui doveva ricominciare da capo quel
processo di dolore, negazione, accettazione che aveva richiesto
così tanto
tempo a concludersi…
Ma
ne sarebbe stato in grado?!
Sapendo
che Nami era viva, che la sua pelle profumava ancora di mandarino
e i suoi occhi si illuminavano ancora di felicità, sarebbe
stato in grado di
lasciarla andare senza soccombere al dolore?!
-Zoro!!!-
Si
sentì afferrare da dietro e fu obbligato a voltarsi.
Sanji
lo aveva raggiunto e bloccato.
Si
ritrovò a fissare allucinato i suoi compagni, che
lo
guardavano supplici.
Fu
Usop a parlare.
-Zoro
ti prego! Non farlo! Non richiuderti di nuovo in palestra! Tu sei
più forte di così!-
Zoro
lo guardò fuori di sé, tremando di rabbia e di
dolore.
-Forte?!?
Tu credi che io sia forte?! Se fossi forte… Nami ora sarebbe
qui con noi… Perché quel maledetto giorno di
quasi un anno fa, l’avrei protetta
e non avrei permesso che la portassero via… Io non sono
forte!!! Io sono solo
un povero spadaccino idiota che ha appena perso tutto!!! LO CAPISCI?!?
ME
L’HANNO PORTATA VIA PERCHÉ NON SONO STATO CAPACE
DI DIFENDERLA!!! È COLPA
MIA!!! E ADESSO LEI È TRA LE BRACCIA DI UN ALTRO UOMO,
FELICE!!! E IO POSSO
AVERCELA SOLO CON ME STESSO PER QUESTO!!! PERCHÉ SONO
DEBOLE, DANNATAMENTE
DEBOLE E LEI NON SARÀ MAI PIÚ LA MIA
NAMI!!!-
Lo
guardarono interdetti mentre
urlava tutta la sua rabbia e il suo dolore, fino a spolmonarsi e farsi
bruciare
la gola per il troppo gridare.
Nessuno
osò fermarlo mentre saliva
verso la coffa, deciso a chiudersi di nuovo in palestra.
Si
guardarono consci che, quando
sarebbe uscito di lì, non sarebbe stato lo stesso uomo che
ci era entrato.
Rufy
si girò verso la cucina.
Avevano
lasciato la porta aperta e,
da lì, poteva vedere il fuoco che scoppiettava allegro sotto
la pentola dello
stufato.
-Dubito
che qualcuno di noi
mangerà stasera…- disse, voltando lentamente il
viso verso il cuoco -…Credo sia
meglio se vai a spegnere lo stufato, vicecapitano…-
Sanji
lo guardò sconvolto.
Poi
si riscosse e annuì piano.
Niente
sarebbe mai più stato come
prima.
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Capitolo 12 *** Capitolo 12 ***
Angolo
dell’autrice:
Ciao a
tutti!
Gli angoli
dei chiarimenti si sprecano in questi giorni e, per quel che mi
riguarda,
dovrebbe essere l’ultimo per me. Scusate se ne approfitto ma
non posso
continuare a scrivere su questo fandom se prima non chiarisco questa
cosa.
Ho visto
che il dibattito di settimana scorsa riguardo
recensioni/impegno/grammatica/numero di visite ha preso più
piede del previsto
e rileggendo il mio contributo sono inorridita. Sono impulsiva, ho
scritto di
getto e solo l’altro ieri mi sono resa conto di come le mie
parole potessero
essere male interpretate. Alcune autrici le ho contattate personalmente
per
chiarire ma mi sono accorta che ci tenevo a spiegarmi con
più gente possibile.
Ora quella recensione l’ho modificata perciò per
chi non l’ha letta sto per
dire cose che equivalgono a come se parlassi arabo.
Punto
primo:
Nella
recensione in questione ho sottolineato che mi sembrava di essere
apprezzata
come autrice… Io sono fondamentalmente insicura quando si
tratta di integrarsi
in un gruppo e spesso sento il bisogno di legittimare i miei interventi
nelle
discussioni. L’ho fatto anche stavolta, sbagliando due volte
perché, non solo
non era necessario, ma è anche sembrato che mi stessi
vantando. Non è così.
Punto
secondo:
Ho parlato
di autrici con la A maiuscola, annoverandomi in quel numero ma non mi
stavo
autoelogiando. Non lo farei mai. Non credo di essere arrivata, anzi non
ci sono
nemmeno vicina. Mi sto ancora facendo le ossa e di strada da fare ne ho
ancora
parecchia. Ciò che intendevo era una cosa molto diversa e
anche qui ho
sbagliato la combinazione dei termini, colpa della fretta e del fatto
di essere
infervorata in quel momento. Credo che scrivendo su questo fandom tutti
ci
consideriamo dei dilettanti, insomma di certo io lo sono…
considerato che
nessuno qui scrive per professione penso che la cosa che
contraddistingue
un’autrice/autore che prende seriamente ciò che fa
sia l’impegno che ci si
mette nello scrivere, al di là del talento e della bravura.
Parlando di autrici
con la A maiuscola intendevo questo, intendevo le autrici che si
impegnano. Per
questo mi sono permessa di autodefinirmi tale perché
è vero che ci metto
impegno in questa cosa. Ma non mi considero un’autrice di
serie A, nel modo più
assoluto. Anzi…
Spero di
essermi spiegata, spero vivamente che nessuno mi consideri una prima
donna
perché non lo sono.
Niente, mi
fermo qui. Forse penserete che mi sono tirata una tega mentale assurda
ma io
preferisco essermi chiarita. Perciò grazie per aver
sopportato il mio sfogo e
ora vi auguro una buona lettura.
Un bacio.
Piper.
Stava
sdraiato sul pavimento di legno, gli occhi infossati nelle assi del
soffitto.
Immobile,
perfettamente immobile, cercava disperatamente di ignorare la morsa che
si era
chiusa sul suo cuore come fosse stata una tagliola.
Avrebbe
voluto disporre di una cifra illimitata di berry per trovare quel
maledetto
fiore e usarlo su se stesso.
Lui,
il
grande samurai, capace di sopportare il dolore sia fisico che
spirituale grazie
ad anni e anni di meditazione, ora stava soccombendo. Vittima del
più bastardo
dei sentimenti, quello che aveva cercato di evitare con tutte le sue
forze
perché consapevole di quanto fosse facile cascarci e quanto
fosse altrettanto
facile starci male.
E,
precisamente mentre era così concentrato a non prendersi una
cotta epocale per
l’archeologa, così simile a lui nel modo di fare e
di rapportarsi col mondo e,
proprio per questo, l’unica ai suoi occhi che potesse davvero
rappresentare un
rischio, una mattina si era svegliato con l’improvvisa
epifania di un amore
inaspettato, a causa di un sogno rivelatore che non riusciva a
scacciare dalla
sua mente.
Si
era
innamorato sì, ma non di Robin. Di Nami.
Nami
che
silenziosamente e pazientemente si era fatta strada attraverso la sua
corazza,
aspettando con la stessa calma di un eremita che lui fosse pronto.
Pronto
a
lasciarsi andare, pronto a cadere tra le sue braccia, pronto a
diventare suo.
Perché
lei
lo aveva sempre saputo che si appartenevano, che era solo questione di
tempo.
E
ora era
lei quella che non gli apparteneva più.
Ora
toccava
a lui avere pazienza e sopportare in silenzio un amore non ricambiato.
Con
la sola
differenza che lui aveva l’assoluta certezza che non
l’avrebbe riavuta indietro
mai.
Sentì
lo
stomaco contorcersi a quel pensiero e si tirò su a sedere
per fare qualche
flessione nella speranza che lo sforzo fisico lo aiutasse in qualche
modo. Solo
allora, dopo essersi sollevato con il busto, si accorse di un occhio
ceruleo
che, apparso al centro della porta chiusa a doppia mandata, lo fissava.
Subito
fu seguito da un paio di labbra carnose.
-Bushido-san!-
lo chiamò -Apri! Ho bisogno di parlarti!-
Zoro
non
rispose, mettendosi in posizione per cominciare le flessioni.
-Zoro!-
Cominciò
a
piegarsi rapido sulle braccia arrivando a sfiorare il pavimento con il
naso per
poi tirarsi su, stendendo di nuovo gli arti. Continuò per un
po’ sentendo lo
sguardo dell’archeologa puntato su di lui, ignorandolo con
ostinazione.
-E
va bene
lo hai voluto tu!- disse a un certo punto.
Senza
smettere di piegarsi sulle braccia, Zoro voltò il viso di un
quarto per vedere
un braccio spuntare sotto a occhio e bocca e trafficare con la
serratura. Si
tirò su muovendo qualche passo verso l’uscio.
-Robin
non…-
Ma
si fermò
quando vide la porta aprirsi e la donna del capitano entrare nella
palestra,
richiudendosi la porta alle spalle. In mano teneva il lumacofono.
-Dobbiamo
parlare!- ripeté guardandolo severa.
Zoro
soffiò
dal naso infastidito per quell’intrusione ma, dopo un attimo,
annuì invitandola
a sedersi sulla panca che costeggiava la parete in tutta la sua
lunghezza.
Si
sedette
in modo da poterla vedere con l’occhio buono.
-Rufy
ha ordinato
che nessuno provi a parlare con Nami per cercare di farle recuperare la
memoria- disse senza tanti preamboli. Zoro la fissò
impassibile invitandola con
lo sguardo a proseguire.
-L’effetto
di quel fiore è troppo potente. Chopper ritiene che sarebbe
tutto inutile e
finiremmo solo per causarle dolore e il capitano non vuole sconvolgerle
ancora
la vita…- continuò sostenendo il suo sguardo
-…io però non sono d’accordo!-
La
guardò
con la fronte corrugata, ancora senza commentare, in attesa.
-Penso
che un
forte shock potrebbe aiutarla! Almeno credo che valga la pena tentare!-
Zoro
scosse
la testa.
-Non
funzionerebbe e la farebbe solo soffrire…-
Lo
guardò
sconsolata.
Possibile
che dopo tutti quei mesi ad aggrapparsi a un’inesistente
speranza, si fosse arreso
proprio adesso che l’avevano trovata? Possibile che non
riuscisse a trovare la
forza di fare quell’ultimo tentativo, per quanto disperato?
-Vuoi
veramente arrenderti?! Adesso?!?-
-L’hai
vista anche tu no?! È felice con lui! Lo ama!-
-Quello
non
è vero amore!-
-E
che
differenza fa?! Tanto non possiamo fare niente!!!-
-Non
ti
fidi di me?-
-Con
tutto
il rispetto Robin, sai che per me sei come una sorella maggiore e che
ti stimo
moltissimo ma… non sei tu il medico…-
-Sapevo
che
lo avresti detto!- sorrise trionfante e, una volta tanto, non
enigmatica -per
questo credo che dovresti sentire cos’ha da dirti chi sta
all’altro capo di
questo lumacofono- disse tendendogli
il
microfono assicurato alla chiocciola.
Lui
lo
afferrò e se lo portò alle labbra perplesso.
-Pronto?-
disse
con voce monocorde.
-Roronoa
cosa mi combini?!- una voce sarcastica lo fece sobbalzare.
Si
concentrò sulla creaturina che lo fissava dal palmo aperto
di Robin. Lo fissava
a occhi socchiusi con un ghigno strafottente sottolineato da uno
stupido ed
inutile pizzetto.
-Law?!-
domandò scocciato, senza riuscire a nascondere una nota
astiosa nella sua voce.
-Allora
Roronoa… Avete ritrovato Nami-ya a quanto mi
dicono…-
-Già…
peccato che non si ricordi assolutamente chi sia realmente…-
-E
tu ti
rifiuti di aiutarla a recuperare la memoria-
-Bada
a come
parli, chirurgo! Non mi sto rifiutando, è che è
tutto inutile! E lei non deve
soffrire!- si alterò il samurai.
-E
cosa ti
fa pensare che sia tutto inutile?-
-Gli
effetti di quel maledetto fiore sono permanenti… Altrimenti
l’avrei già portata
via e avrei dato una lezione a quel bastardo…- disse
digrignando i denti.
-Ma
un
forte shock potrebbe riscuoterla!- affermò convinto il moro
facendogli sgranare
l’occhio mentre guardava Robin che si apriva in un sorriso.
-Lo
pensi
davvero?!-
Okay,
lui e
Law non andavano molto d’accordo ma era un bravo medico e, in
fondo, erano
rimasti in buoni rapporti. Sapeva che non gli avrebbe mai consigliato
qualcosa
che potesse far soffrire Nami se non ci fosse stata almeno una pallida
speranza
di successo.
-Ti
avverto,
ci sono poche probabilità che funzioni ma visto che
l’alternativa è lasciarla
nelle mani di quel farabutto…-
A
quel
pensiero Zoro strinse i pugni fino a sbiancare le nocche.
Aveva
ragione! Law e Robin avevano ragione! Però…
-Preferisco
stare male io che far soffrire lei inutilmente…-
-Non
è
detto che sia inutile-
-Lo
hai
appena detto tu che le probabilità che funzioni sono poche!-
-Mi
stupisci Roronoa… davvero la reputi così debole
da non essere riuscita a
conservare dei ricordi di voi?!-
No!
Aveva
ragione! Nami era forte! Più forte di lui a volte. Trattenne
il fiato.
-Parliamo
di una vostra compagna! E, a quanto ho visto, mi sembra che per te sia
anche
qualcosa di più…- lo provocò senza
però ottenere risposta.
-Allora?!
Ti ho convinto?-
-Sì!-
affermò
Zoro annuendo anche con la testa, dopo un attimo di esitazione.
-Molto
bene!- disse soddisfatto –Allora, buona fortuna,
Roronoa… Nico-ya…
-Arrivederci
Dottore…-
-Law!-
lo
richiamò Zoro prima che attaccasse.
-Mh?-
-Grazie…-
Vide la
lumaca sogghignare prima di chiudere gli occhi mentre lui riagganciava.
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Capitolo 13 *** Capitolo 13 ***
Il sole
calava lentamente, cominciando ad infuocare il cielo mentre Zoro
correva verso
la taverna, pregando mentalmente di non perdersi una volta tanto.
Robin
gli
aveva detto che la nave di Sander aveva bisogno di riparazioni e quindi
la
ciurma del mercante avrebbe alloggiato alla locanda.
Non
sapeva
nemmeno lui cosa avrebbe detto o fatto, sapeva solo che era disposto a
tutto
pur di riavere Nami con sé. Per un attimo si era lasciato
dominare dallo
sconforto ma, per fortuna, l’archeologa non aveva desistito
e, con l’aiuto del
più inaspettato degli alleati, era riuscita a ritrovare
Roronoa Zoro dentro a
quel guscio vuoto in cui lo spadaccino si stava trasformando.
Capì,
dopo
una mezz’ora buona di vagare senza meta, che le sue preghiere
non erano state
ascoltate e stava già per arrendersi e chiedere informazioni
quando, svoltato
un angolo, ecco finalmente la taverna in cui, quel pomeriggio, aveva
ricominciato a vivere ed era morto di nuovo nel giro di qualche ora.
Si
fermò,
ansante, davanti alla porta, indeciso sul da farsi. Se Sander
l’avesse
intercettato prima che lui riuscisse a trovare Nami non gli avrebbe mai
permesso di parlarle. E lui voleva davvero evitare di commettere un
omicidio.
D’altra
parte doveva entrare per forza.
Tese una
mano verso la porta ancora titubante.
-Ehi, ma
guarda un po’! Il buzzurro dai capelli verdi!-
Trattenendo
il fiato e deglutendo a vuoto, Zoro si voltò.
Ed
eccola
lì, sorridente e bellissima, come sempre, che lo fissava con
uno sguardo furbo
negli occhi.
La sua
mocciosa.
-Zoro,
giusto?!- chiese poi avvicinandosi.
Riuscì
solo
ad annuire, il samurai.
Avrebbe
voluto che quel momento durasse in eterno.
Non
voleva
farla parlare e sentire che Nami non si ricordava niente di lui, di
loro,
dell’amore che li legava. Ma quella era precisamente la sua
missione e mai Roronoa
Zoro si era lasciato ostacolare da qualcosa nel portare a termine il
compito
che gli veniva affidato.
Era
lì per
se stesso, certo, ma anche i suoi compagni soffrivano per la perdita di
Nami.
Doveva
tentare, per tutti loro.
-Ciao
mocciosa!- disse, ghignando strafottente e incrociando le braccia al
petto
nella speranza di nascondere il tremito che lo scuoteva, più
evidente nelle
mani.
-Fai
fatica
ad articolare il mio nome?!- chiese, assottigliando lo sguardo.
Lui si
limitò a stringersi nelle spalle.
Sempre
di
molte parole!
-Che ci
fai
qui?! Hai bisogno di Sander?! Te lo vado a chiamare se vuoi!- disse
indicando
l’interno della locanda con un dito.
La
fortuna
era dalla sua parte. A quanto pare Nami era fuori da sola. Era
l’occasione
perfetta.
-Veramente
cercavo te!-
La
ragazza
perse un paio di battiti.
Quello
spadaccino le faceva uno strano effetto. Anche quel pomeriggio alla
locanda non
era riuscita a chiacchierare con nessun altro dopo che era entrato e le
si era
seduto accanto. Levargli gli occhi di dosso poi, non era nemmeno
contemplato.
Si
vergognò
di sentirsi così emozionata per l’affermazione di
lui. Lei aveva già un uomo,
che amava e che l’amava con passione e devozione.
Era
sempre
stata vanitosa e le piaceva sapere di essere guardata ma con quel
samurai era
diverso. Non era semplice autocompiacimento per essere riuscita ad
attirare
l’attenzione di un uomo simile. Aveva l’impressione
che l’idea che quel ragazzo
non provasse interesse verso di lei l’avrebbe uccisa.
-Davvero?!-
disse aggrottando per un secondo le sopracciglia mentre non riusciva a
impedirsi di sorridere.
-Sì…
Oggi è
stato piacevole chiacchierare con te…-
-Chiacchierare
implica che entrambi gli interlocutori parlino… Tu
più che altro grugnivi e
rispondevi a monosillabi!- disse sollevando un sopracciglio ma
continuando a
sorridere, tradendo tutta la soddisfazione provocata da quelle parole.
-Beh in
ogni caso… mi chiedevo se ti andasse un secondo
round… magari potremmo bere
qualcosa…- suggerì il verde.
Lo
fissò un
attimo, riflettendo.
-Devo
andare a fare degli acquisti prima che i negozi chiudano…-
lo avvisò -…magari
mi puoi accompagnare. Ti va?-
Zoro
sorrise.
Mai
avrebbe
creduto che sarebbe stato felice di accompagnare la mocciosa in una
delle sue
sessioni di shopping.
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Capitolo 14 *** Capitolo 14 ***
Avevano
camminato e chiacchierato finché il sole non si era tuffato
nell’oceano. Zoro
si era fatto carico dei sacchetti senza che lei dovesse chiederglielo,
stupendola non poco. Non pensava che un uomo del genere avrebbe
accettato di fare
da portaborse senza nemmeno una flebile protesta.
Ormai
si
stava facendo buio e stavano tornando verso la locanda. Era il momento
di
agire. La strada laterale in cui si trovavano era deserta, eccezion
fatta per
loro due. Zoro si fermò, posando i sacchetti a terra e
facendola voltare con
sguardo interrogativo.
-Tutto
a
posto?!- chiese, accigliandosi un poco.
-Miku...
io…- prese un profondo respiro -…io devo
parlarti!-
La
navigatrice trattenne il fiato.
Per
tutto
il tempo in cui erano stati insieme aveva temuto – o
sperato?! – che quel
momento arrivasse. Non era stupida e si era resa conto di come lo
spadaccino la
guardasse. Non era semplice lussuria quella che leggeva nei suoi occhi.
Deglutì
a
vuoto.
Poi
si
accorse che il ragazzo aveva iniziato a respirare in modo scostante e a
tremare, gli occhi infossati sul selciato e le mani strette con le
nocche
sbiancate.
Soffriva,
Zoro, perché sapeva che era giunto il momento della
verità e che stava per
confonderla e ferirla terribilmente. Sperava con tutto se stesso che
almeno fosse
utile ciò che si accingeva a fare.
La
sentì
avvicinarsi di qualche passo. Sentì il suo profumo agrodolce
farsi più intenso.
-Tutto
a
posto?!- chiese, premurosa e preoccupata.
Sollevò
la
testa e la vide così vicina.
Troppo
vicina.
Senza
riuscire a frenarsi o a pensare fece un passo verso di lei e la
attirò a sé,
obbligandola ad appoggiarsi con i palmi al suo petto caldo e muscoloso.
In
un
attimo le loro labbra si ritrovarono unite.
La
baciò
per qualche secondo prima di sentirla rispondere, muovendo appena le
dita sui
suoi pettorali, in una lotta interiore tra il lasciarsi andare e
stringersi a
lui, e il resistere a quella piacevole sensazione che la bocca del
samurai le
stava regalando.
Sapeva
di
rhum e sale e ferro. Sapeva di uomo.
Quando
sentì la lingua di lui passare sulle sue labbra per
assaporarla meglio non
riuscì più a trattenersi.
Si
perse.
Si
alzò
sulla punta dei piedi per raggiungerlo meglio mentre affondava le dita
tra i
suoi morbidi capelli. Lo attirò verso di sé e
sentì la punta della sua lingua
solleticarla per farle schiudere le labbra.
Stava
già
per assecondarlo quando un pensiero le attraversò la mente
facendole spalancare
gli occhi. Sander!
Si
staccò
da lui ad occhi sgranati, asciugandosi la bocca che ora sapeva di rhum.
Che
cosa
stava facendo?! Stava baciando passionalmente in un vicolo un uomo
appena
conosciuto mentre Sander la attendeva alla locanda.
Che
cosa le
era preso?! Eppure le era sembrato tutto così giusto e
perfetto mentre lui la
stringeva a sé. Possibile che fosse stato un
colpo di fulmine?! No, no era una follia!
Ma
quel
samurai aveva uno strano potere su di lei. La faceva vacillare, le
faceva
perdere lucidità.
Doveva
allontanarsi subito da lui.
-Mi…
mi
dispiace… io…- parlava mentre il suo petto si
alzava e abbassava affannato,
proprio come quello dello spadaccino, per quell’assaggio di
paradiso così
bruscamente interrotto -… io devo andare!- disse poi
avviandosi a passo deciso
per tornare sulla via principale, diretta alla locanda.
-Aspetta!
Nami!-
Si
bloccò
colta da un improvviso capogiro. L’aveva chiamata
così anche quella mattina
alla taverna.
Chi
era
questa Nami?! E perché si rivolgeva a lei con quel nome?!
-Come
mi
hai chiamato?- chiese voltandosi verso di lui.
-Ti
ho
chiamato con il tuo nome!- affermò guardandola intensamente.
-Il
mio
nome è Miku!- fece lei aggrottando le sopracciglia.
-No!
Non è
vero! Questo è quello che credi tu! Quello che ti ha fatto
credere quel
maledetto bastardo! Tu non sei Miku, sei Nami!-
-Tu
sei
pazzo! Stai delirando! Io non conosco ness…-
-Vieni
dal
Mare Orientale! Non sei originaria di lì, ma sei cresciuta a
Coconut Village,
con tua madre, che era una marine e tua sorella Nojiko!
All’età di dieci anni
sei entrata a far parte della ciurma di Arlong, per liberare il tuo
villaggio
che lui teneva in ostaggio dopo aver ucciso tua madre!-
Parlava
a raffica
senza lasciarle il tempo di infilare due parole nel discorso ma, tanto,
sarebbe
rimasta muta lo stesso.
Lo
fissava
in apnea.
Quelle
cose
che le stava dicendo la stavano facendo agitare e la testa le girava
vorticosamente, le gambe sempre più molli.
-Sei
rimasta con loro per otto anni finché io e Rufy non ti
abbiamo trovata e, con
Usop e Sanji, ti abbiamo aiutata a liberare il tuo villaggio! Tu sei la
navigatrice di Cappello di Paglia non di un insulso mercante di spezie!
I tuoi
capelli sono rossi non scuri e il tatuaggio che porti sul braccio
rappresenta
una girandola e un mandarino in onore dei tuoi genitori, Genzo e
Bellemere!-
Non
riusciva più a reggere quel fiume di informazioni che la
stavano facendo
vacillare, non sapeva nemmeno lei perché.
-Basta!!!
Smettila!!! Io non so di cosa tu stia parlando, lasciami stare,
lasciami in
pace!!! Non sono io la persona che cerchi!!!- urlò mentre si
girava e
cominciava a correre per uscire da quel vicolo. Si sentì
bloccare per un
braccio e trascinare all’indietro.
Un
attimo
dopo stava annegando nel profumo dello spadaccino mentre le sue braccia
la
tenevano stretta da dietro.
Lo
sentì
abbassarsi per sussurrarle qualcosa all’orecchio.
-Sei
la mia
donna… La mia mocciosa… Ci ho messo tantissimo a
capire che ti amavo ma tu hai
avuto una pazienza infinita… Tu sei mia come io sono
tuo… Ti prego… Ti prego,
Nami… ricordati… ricordati di me, di
noi… Ti prego… Amami…-
Stava
per
svenire.
Le
sembrava
di girare come una trottola nonostante non potesse muoversi, bloccata
com’era
in quell’abbraccio così forte e rassicurante.
La
voce di
Zoro era malferma e spezzata. Stava soffrendo e lei avrebbe solo voluto
voltarsi e abbracciarlo e rassicurarlo. Avrebbe voluto rimpossessarsi
di quelle
labbra che l’avevano mandata in orbita con un solo tocco.
Ma
non
poteva.
Sarebbe
stata solo un’illusione perché lei non sapeva di
cosa lui stesse parlando. Non conosceva
quella persona che Zoro sosteneva che lei fosse.
Non
riuscendo a nascondere la sofferenza che provava per il dolore che
stava per
causargli, riuscì solo a mormorare flebilmente.
-Ti
prego,
lasciami andare…-
E
tanto
bastò, perché Zoro capì che lei stava
male, che stava succedendo proprio ciò
che aveva temuto, che stava soffrendo senza che questo fosse servito a
niente.
Non
ricordava, non riusciva a ricordare.
L’aveva
scioccata come gli avevano detto di fare ma era stato tutto inutile.
Lentamente,
con estrema riluttanza, mentre il cuore gli sprofondava nello stomaco,
sciolse
l’abbraccio lasciandola andare.
Non
si
voltò nemmeno a guardarlo o a recuperare i suoi acquisti, la
navigatrice.
Con tutta
la forza che aveva in corpo si mise a correre lontano dalla
verità, lontano da
lui, verso una vita che non le apparteneva ma che, ormai,
l’aveva resa
prigioniera per sempre.
Angolo
dell’autrice:
Ciao
people!
Allora
ieri
ho provato tutto il giorno ad aggiungere il capitolo dello shopping ma
non sono
riuscita a produrre niente che mi convincesse e nei prossimi giorni
avrò poco
tempo quindi ho pensato che era inutile ritardare
l’aggiornamento… Però spero
non siate rimasti troppo delusi… Mi spiace davvero, magari
farò un missing
moments (licenza poetica, so che non si usa per le proprie ff) o una
one shot a
rating rosso per farmi perdonare… Scusate
ancora…
Piper.
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Capitolo 15 *** Capitolo 15 ***
-CHE COSA
TI È VENUTO IN MENTE ROBIN?!?! LO SAI QUANTO SIA STATA DURA
PRENDERE QUELLA
DECISIONE?!?! CREDI CHE L’ABBIA FATTO SENZA PENSARCI?!?!-
-VALEVA
LA
PENA TENTARE RUFY!!! NON POSSO CREDERE CHE FOSSI DISPOSTO A LASCIARLA
ANDARE
COSÌ!!!-
Da
alcuni
minuti capitano e archeologa litigavano sul ponte della Sunny,
gridandosi
addosso, inveendo l’uno contro l’altro, uno
spettacolo a cui nessuno dei loro
compagni avrebbe mai creduto di poter assistere.
Lui
così
poco incline a perdere le staffe, lei sempre così pacata.
Eppure,
in
quel momento, si stavano vomitando addosso parole e grida, cercando di
far
valere ognuno le proprie ragioni, dopo che Cappello di Paglia aveva
scoperto
che Zoro era sceso a cercare Nami per farle tornare la memoria,
contravvenendo
al suo ordine, su consiglio di niente meno che la sua donna.
-CREDI
CHE
MI FACCIA PIACERE SAPERLA SENZA ALCUN RICORDO DI NOI?!?! VEDERLA
COSÌ SE STESSA
E AL TEMPO STESSO COSÌ DIVERSA DALLA NAMI CHE CONOSCO IO?!?!
DIMMI COSA AVREI
DOVUTO FARE, DIMMELO!!!-
-NON
C’È
BISOGNO CHE TU FACCIA NIENTE!!!
CI HA
PENSATO ZORO!!! LO SO CHE È UN TENTATIVO DISPERATO MA IO NON
SOPPORTAVO L’IDEA
DI PERDERLA SENZA LOTTARE!!! PENSAVO CHE AVRESTI CAPITO!!!-
-SEI TU
CHE
NON CAPISCI!!! IO AVEVO PROMESSO CHE NON AVREBBE SOFFERTO MAI PIÚ!!!
SAI QUANTE VOLTE SONO VENUTO MENO A QUESTA PROMESSA?!?!
NE HAI UNA VAGA IDEA?!?! QUESTA VOLTA NON VOLEVO CHE SOFFRISSE!!! SIAMO
NOI CHE
NON L’ABBIAMO PROTETTA, ADESSO IL MINIMO CHE POSSIAMO FARE
È LASCIARLA LIBERA
DI VIVERE QUESTA SCHIFOSA VITA A CUI ORMAI APPARTIENE SENZA FARLA
SOFFRIRE
ANCORA!!!-
-IO NON
TI RICONOSCO!!!-
-LO
STESSO VALE PER ME!!! NON
TI RENDI CONTO CHE SE ZORO DOVESSE
FALLIRE, COME QUASI SICURAMENTE ACCADRÀ, PER LUI
SARÀ IL COLPO DI GRAZIA?!?!
SEI STATA UN’EGOISTA!!! PERCHÈ LO HAI FATTO?!?!?!-
Robin
ammutolì.
Si
fissarono per un tempo interminabile finché Rufy, dopo
averla squadrata, si girò diretto verso il sottocoperta
deciso ad ignorarla,
troppo arrabbiato per ciò che aveva appena fatto.
-Vuoi
sapere perché l’ho fatto?!- domandò, la
voce incrinata
e malferma, facendolo bloccare e voltare -Perché io al suo
posto avrei voluto
che tentaste anche l’impossibile… Mi ha fatto
paura quando hai preso quella
decisione… mi ha fatto paura perché mi terrorizza
l’idea di venire strappata da
te e dalla mia famiglia e sapere che, se mi ritrovaste felice e senza
memoria,
tu non faresti un ultimo disperato tentativo di riavermi con te solo
per non
farmi soffrire…-
Mentre
parlava si era avvicinata a lui e ora lo teneva per i
baveri della sua casacca rossa.
-Promettilo!!!-
ricominciò con le guance ormai inondate dalle
lacrime -Promettimi che, se dovesse mai accadermi una cosa del genere,
tu mi
verrai a cercare e farai di tutto per farmi tornare tua!- si
fermò per prendere
fiato - Non importa quanto io possa sembrarti felice, io non potrei mai
esserlo
davvero, essere davvero felice e completa senza di te! Mi hai
capito?!?!
Promettilo!!!-
Rufy
l’aveva fissata a occhi sgranati per tutto il tempo, sentendo
il cuore
spezzarsi per tutta la sofferenza che leggeva nel suo sguardo di
ghiaccio.
Non
resistette oltre e l’attirò a sé,
abbracciandola stretta, lasciandosi inzuppare
la camicia di lacrime salate. L’accarezzò e
baciò sui capelli mentre si sfogava
e quando sentì i singhiozzi diminuire, consapevole che ora
la sua voce sarebbe
stata perfettamente udibile, le sussurrò
all’orecchio.
-Te lo
prometto amore mio…-
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Capitolo 16 *** Capitolo 16 ***
Li
aveva
trovati ancora lì, sul ponte, Robin addormentata tra le
braccia del capitano e
Rufy ancora sveglio ad aspettarlo.
L’aveva
guardato, lui aveva scosso la testa.
Si
erano
detti tutto.
Proprio
in
quel momento l’archeologa si era svegliata e Rufy, dopo
averle regalato una
carezza, si era alzato per abbracciare il fratello.
Zoro
aveva
stretto forte, cercando un po’ di coraggio in quel fraterno
contatto e per la
seconda volta quella sera la camicia di Rufy si era bagnata di lacrime
amare.
-Adesso
andiamo via…- gli aveva sussurrato ottenendo solo un cenno
del capo in
risposta.
Era
andato
sottocoperta a chiamare il resto della ciurma e in un attimo i Mugiwara
erano
usciti sul ponte ognuno pronto a svolgere il proprio compito.
Il
capitano
aveva intercettato scheletro e cyborg.
-Brook,
disattiva il lumacofono per favore, non ci serve
più…- il musicista aveva
annuito senza commentare. -Franky, abbiamo abbastanza cola per un Coup
de
Burst?-
-Certo
fratello ma… credi sia il caso?! Non è
un’emergenza!- aveva osservato il
carpentiere.
Rufy
si era
girato a guardare eloquente lo spadaccino che, nei pressi della
balaustra, fissava
il mare con sguardo vacuo stringendo in una mano una sartia.
-Sì
che lo
è…-
Franky
aveva avvisato tutti di tenersi forte mentre si preparava a dare la
spinta
propulsiva alla Sunny.
-Ancora
levata, capitano!-
-Vele
spiegate!-
-Siamo
tutti pronti?!-
Avevano
risposto all’unisono, riempiendo, una volta tanto, la nave di
un grido che
sarebbe anche potuto sembrare allegro ad orecchie estranee.
-Molto
bene!!! COUP…-
Zoro
serrò
l’occhio abbassando il capo.
-…DE…-
Mocciosa…
-…BURST!!!-
…Addio.
|
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Capitolo 17 *** Capitolo 17 ***
Non
sapeva
nemmeno come avesse fatto a raggiungere la taverna, tanto era
sconvolta.
Per
fortuna il suo senso dell’orientamento era così
buono da permetterle di trovare
la strada anche con la testa altrove.
Una volta raggiunta la sua meta indugiò
per un attimo.
Una
parte
di lei sentiva una voglia pazzesca di tornare indietro, correre di
nuovo da
Zoro, buttarsi tra le sue braccia e dimenticarsi di tutto il resto. Ma
si
rendeva bene conto che era una pazzia. Non sapeva niente di
quell’uomo eccetto
che era uno spadaccino e un pirata.
Eppure le sembrava di conoscerlo da sempre.
Scosse la testa per smettere di pensare a lui.
Sander, il suo uomo, l’aspettava
al piano superiore, nella loro stanza.
Si
decise
ad entrare e, con una lentezza non da lei, salì le scale che
portavano al piano
superiore e all’alloggio che condivideva con il mercante.
Raggiunta la porta
della loro stanza esitò un attimo con la mano sulla
maniglia, facendo dei
respiri profondi per calmare i nervi e i brividi che la scuotevano
senza pietà.
Poi prese un bel respiro e varcò la soglia notando che
l’alloggio era vuoto.
Strano!
pensò
corrugando le sopracciglia.
La
sua
attenzione fu subito attirata da un oggetto sulla scrivania della
stanza, un
bastone di metallo blu, scomponibile in tre pezzi con le due
estremità che
s’agganciavano a quella centrale bombate. Corrugò
la fronte ma capì subito che
si trattava di una delle assurde armi che di tanto in tanto Sander
acquistava
per studiarne il funzionamento, poiché nutriva una certa
passione per la
tecnologia avanzata.
Tuttavia,
sentì l’impulso di avvicinarsi e prenderlo in
mano. La testa le girava ma non
ci fece molto caso dal momento che, da quando Zoro l’aveva
baciata, i capogiri
non erano ancora cessati modificandosi solo
nell’intensità.
Allungò
una
mano verso lo strano oggetto ma non fece in tempo a raggiungerlo con le
dita
che una voce la fece sobbalzare e voltare verso la porta.
-Tesoro!
Sei tornata!-
Sander
avanzava verso di lei, sorriso sulle labbra e braccia spalancate, ma si
bloccò
quando la vide in viso. Aveva pianto per tutto il tragitto e sapeva che
si
notava dagli occhi arrossati e leggermente gonfi. Inoltre era
consapevole di
avere il viso tirato. Subito assunse un’espressione seria e
preoccupata che,
tuttavia, non aveva nulla di rassicurante.
-Che
ti è
successo?!- chiese
-Nulla!-
rispose la navigatrice scrollando le spalle nel tentativo di
minimizzare.
-Miku!-
-Ma
no
davvero… non è niente…-
Sander
si
avvicinò ancora e le posò le mani sulle spalle
facendole scorrere su e giù
lungo le braccia. Senza un valido motivo, quel contatto la
infastidì.
-Qualcuno
ti ha importunato mentre eri fuori?-
L’avevano
importunata?!
Ripensò
al
samurai a ciò che le aveva detto a ciò che era
successo. Lei non si era
sentita affatto importunata, ragion per cui scosse la testa ma non
riuscì a non
deglutire rumorosamente, tradendosi.
Sander
assottigliò lo sguardo.
-C’entrano
quei pirati, non è vero?!-
Un’altra
reazione eloquente le sfuggì, stavolta sgranò gli
occhi e subito si maledisse.
Il
mercante,
ormai certo di avere capito tutto, la strinse a sé in un
vano tentativo di
darle conforto.
Si
sentì
come in trappola, ma in un modo totalmente diverso rispetto a quando
erano
state le braccia di Zoro a trattenerla.
Perché
le
dava così fastidio? Perché nella sua mente
continuava a fare dei paragoni con
quel buzzurro dal cranio verde?!
Delicatamente
si divincolò da lui che la lasciò andare solo in
parte, riportando le mani
sulle sue braccia.
-Non
ti
preoccupare…- le disse in un sussurro -…non ci
daranno più fastidio-
Il
suo
cuore perse un battito e fu colta da un’improvvisa
agitazione.
Che
voleva
dire?!
Glielo
chiese con un sorriso tirato per nascondere il suo nervosismo.
-Semplicemente
che ci ho pensato io!- affermò convinto ed enigmatico.
Non
le
piacevano quei discorsi, proprio no. Si guardò intorno,
vagando per la stanza
con gli occhi e notò l’anta
dell’armadietto basso semiaperta. Al suo interno
una scatola non era stata richiusa con cura e ne fuoriuscivano
fili ed elettrodi.
Le
si gelò
il sangue nelle vene mentre assumeva un’espressione
terrorizzata.
Conosceva
quel contenitore. Anche quello faceva parte dell’hobby di
Sander per gli
oggetti ad alta tecnologia, ma quella parte della sua passione
l’aveva sempre
disapprovata anche se, fino a quel momento non aveva fatto male a
nessuno.
Quella era la scatola che conteneva il materiale per costruire bombe ed
era evidente che fosse stata appena usata.
Sander,
accortosi
dell’improvviso panico nei suoi
occhi, seguì il suo sguardo fino all’armadietto.
-Tranquilla…-
le disse rassicurante, certo di avere intuito quale fosse il problema
-… ho
usato il detonatore intelligente, le altre navi attraccate sono al
sicuro!-
concluse facendole sgranare ancora di più gli occhi e
voltare verso di lui.
Il
detonatore intelligente?!? Quella sua diavoleria che attivava la bomba
nel
momento in cui la nave era sufficientemente lontana dal porto?!
-Che
cosa
hai fatto?!-
Corrugò
la
fronte confuso, sentendo il suo tono preoccupato ma anche furente.
-Miku
che
problema c’è?! Sono pirati!!!-
Soffiò
dal
naso infastidito, fissandolo incredula e furibonda.
-Laido
infame!- gli sibilò scostandogli le mani con un gesto deciso
-Non toccarmi!-
Si
avviò
per uscire dalla stanza.
Doveva
correre! Doveva avvisarli! Doveva salvarli! Salvarlo!
Era
già sulla soglia quando si sentì strattonare
all’indietro. Sander l’aveva
presa per il polso e fatta voltare verso di lui.
-Lasciami!-
ringhiò a denti stretti.
-Cosa
credi
di fare?!- chiese minaccioso.
Ma
chi era
quell’uomo?!
Le
sembrava
di vederlo con occhi diversi ora, come se qualcuno glieli avesse
improvvisamente aperti.
Come
aveva
fatto a innamorarsi di un bastardo viscido
e sleale del genere?!
-Vado
ad
avvisarli! Mollami!- gli urlò in faccia.
-Tu
non vai
da nessuna parte mi hai capito?!?-
Sander
perse totalmente le staffe e la spinse di prepotenza contro la
scrivania.
Nell’appoggiare le mani sulla superficie del tavolo, per
contrastare la spinta
del mercante, mise un palmo sul bastone blu. Nonostante il metallo
fosse
freddo, sentì la pelle bruciare.
Ecco qui! Si
chiama Perfect Clima Takt, ho usato i
dial di Skypeia per costruirlo!
Un’immagine
si formò nella
sua mente, accompagnata
da quelle parole.
Il
ragazzo
col nasone, conosciuto quella mattina, sorrideva soddisfatto e con un
sopracciglio alzato, tendendo quel sansetsukon a qualcuno. Si
sentì cogliere da
un capogiro che la obbligò a serrare gli occhi e stringere
ancora di più la
mano intorno a quello strano oggetto.
Oh mia
sireeeeeeena! Quando combatti sei ancora più bella!!!
La
faccia
del ragazzo con le sopracciglia strane, con gli occhi cuoriformi e
copioso
sangue che usciva dal naso, le apparve, sostituendo
l’immagine precedente.
Spalancò gli occhi. Che stava succedendo?!
Si
rese
conto che Sander aveva continuato a inveirle contro e colse solo la
conclusione
della sua filippica.
-…Ricordati
che fai parte della MIA ciurma!-
Si
aggrappò
al tavolo per non rischiare di cadere, la testa trasformata ormai in
una
trottola, e sgranò gli occhi rischiando di farli uscire
dalle orbite.
Una
serie
di immagini confuse le attraversarono la mente.
Poi
un
cumulo di macerie sul bordo di una piscina, un ragazzo con una casacca
rossa
sulla loro cima e quelle stesse parole, pronunciate però da
una voce molto più
dolce anche se determinata.
Istintivamente
si portò una mano alla testa cercando il cappello di paglia.
Il
cuore
prese a batterle all’impazzata, minacciando di romperle la
cassa toracica.
Nami!!!
Ricordati che fai parte della mia ciurma!!!
Rufy!
Nami!!!
Smettila! Non puoi picchiare così il grande
capitano…
Usop!
Oh
dolce
Nami-swaaaaaan!!! Ti prego
lasciami essere il tuo schiavo d’amoooooore!!!
Sanji!
Nami! Mi
racconti una storia?! Non riesco a dormire!
Chopper!
Navigatore?! Il
capitano ha bisogno di te!
Robin!
Nami!!! Sei
Super sorella!!!
Franky!
Cara Nami-san!
Di che colore sono le tue mutandine
oggi?!Yohohohoh-oh!
Brook!
Che cosa ci fai
ancora in piedi a quest’ora?! Le
mocciose come te dovrebbero già essere a letto da un bel
po’!
Zoro!!!
Boccheggiò
alla disperata ricerca di aria, mentre i ricordi rompevano finalmente
gli
argini, aiutati dall’intervento determinante di Zoro,
riempiendogli la testa,
tornando al loro posto nella sua memoria non più distorta.
Come
aveva
potuto?! Come aveva potuto dimenticarsi di loro, della sua famiglia?!
Come
aveva potuto dimenticarsi di lui?!? Cos’era successo?!?
-Miku!!!
Mi
stai ascoltando?!-
Cominciò
a
tremare incontrollata.
-Io…
non
sono… Miku!- sibilò idrofoba.
-Come
prego?!-
-IO
NON
SONO MIKU!!!- urlò voltandosi verso di lui e facendolo
indietreggiare per la
sorpresa -Che cosa mi hai fatto?!-
-Non
capisco di cosa tu stia…-
-CHE
COSA MI
HAI FATTO MALEDETTO BASTARDO?!?-
Sander
rimase a fissarla muto, ad occhi sgranati e senza vederla realmente,
per qualche
secondo.
-Non
è
possibile… Il Goccia di Lete è
infallibile…-
-Goccia
di
Lete?!?- chiese scioccata -Il fiore
dell’oblio
assoluto?! Tu… tu hai usato il Goccia di Lete su di me, mi
hai… CANCELLATO LA
MEMORIA?!?-
Riportò
l’attenzione su di lei.
-PERCHÉ?!?!?-
Sorrise,
in
un tentativo di essere suadente ma ottenne solo l’effetto di
farle assumere una
smorfia disgustata.
-Perché
siamo destinati a stare insieme! Ne abbiamo parlato spesso in questi
anni…-
-Ma
che
diavolo stai dicendo?! Fino a dieci mesi fa nemmeno ti conoscevo!-
rispose
scioccata, continuando a tremare senza controllo.
Ora
ricordava tutto, tutto! L’attacco della Marina, la nave che
l’aveva portata
via…
-Ma
ne
parlavo con il tuo avviso di taglia mia cara!-
Sgranò
gli
occhi. Se non ci fosse stata la scrivania alle sue spalle avrebbe
indietreggiato.
-Non
appena
ti ho visto su quel manifesto…- cominciò ad
avvicinarsi a lei, facendola
deglutire a vuoto.
Era
bloccata, non poteva fuggire.
-…Ho
capito
che eri la donna della mia vita! Sai non è stato facile,
trovarvi, seguirvi,
studiarvi, cercare di capire come funzionava la tecnologia di quel
dannato
cyborg, che vi permetteva di sparire nel nulla all’orizzonte
e riprodurla, più
potente, per essere certo di sfuggire ai tuoi compagni una volta che ti
avessi
presa con me! Sono dei tali egoisti, sapevo che rapirti era
l’unico modo per
stare insieme! L’ho fatto per noi!- una luce folle e sadica
aveva iniziato a
brillare nei suoi occhi -Anche rubare le vele e le divise della Marina
per
camuffare la nave e i miei uomini non è stato facile!
Paradossalmente la cosa
più semplice è stata procurarmi il fiore! Poi
stamattina chi mi trovo alla
locanda?! Nientemeno che Cappello di Paglia e la sua ciurma! Non potevo
perderti dopo tutta quella fatica!- ormai era a pochi passi da lei -Ma
ora non
devi più preoccuparti! Non appena ripartiranno da qui, nel
giro di un’ora Monkey D.
Rufy e i suoi uomini saranno solo un
lontano ricordo per noi e per il resto del mondo! E noi potremo stare
insieme
per sempre!- concluse sorridendole.
Pazzo!!!
Quell’uomo era un pazzo!!!
-Tu
sei un
folle! Io non ho nessuna intenzione di restare con te!!! Io torno dalla
mia
famiglia, dal mio uomo!!!-
Il
sorriso
si spense sul viso del mercante.
-Sono
io il
tuo uomo!- disse con uno sguardo omicida
Per
tutta
risposta, Nami gli sputò in faccia. Sander le
afferrò il viso con una mano,
facendole male e avvicinando la sua fronte alla sua.
-Stupida
ragazzina, io ti…-
Ma
non
riuscì a finire la frase perché crollò
a terra fulminato.
Nami
non
aveva mollato un attimo quella che, ora ricordava, era la sua fedele
arma e
aveva atteso il momento migliore per sferrare il suo attacco.
Lo
vide
accasciarsi a terra privo di sensi mentre smontava il bastone e,
nonostante
l’affanno che le smuoveva il petto, si metteva a correre a
perdifiato fuori dalla stanza, lungo il corridoio, giù dalle
scale, in strada,
verso il porto.
Non
c’era
un minuto da perdere.
Solo lei
poteva salvarli.
Angolo
dell’autrice:
Ciao
lettrici e lettori!!!
Aaaaaah
Star!!! Metti via la falce una buona volta! Eddai! Ha pure recuperato
la
memoria, cosa vuoi di più?!?! *si nasconde dietro a un
cespuglio*
Oggi
mi
faccio perdonare con un capitolo un po’ più lungo
(finalmente! Direte voi… XD).
Mi spiace per la quantità di capitoli brevi in questa ff,
nel volere aumentare
la tensione mi sono fatta prendere un po’ la mano…
*svariate goccioline dell’imbarazzo*.
Volevo
avvisare che ci saranno ancora dei capitoli brevi ma questi non posso
accorparli (come avrei dovuto fare per alcuni di quelli precedenti) in
capitoli
più lunghi, quando leggerete capirete perché!
Beh,
che
dire… Aspetto di sapere cosa ne pensate e nulla. Alla
prossima!!! XD
Piper.
|
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Capitolo 18 *** Capitolo 18 ***
Angolo
dell’autrice:
OMG un
angolo dell’autrice a inizio capitolo!!! E che
sarà mai successo stavolta?!
Niente!
Non
è un angolo delle paturnie, perciò potete stare
tranquilli! Volevo solo
avvisare, chi avesse letto la mia fanfiction pubblicata ieri sera, che
è poi
scomparsa magicamente poco dopo mezzanotte, che mi è stato
fatta giustamente
notare una somiglianza con un’altra storia e quindi ho
preferito cancellarla
con la promessa di ripubblicarla modificata! Grazie a chi
l’ha letta, a chi l’ha
recensita e a chi aveva intenzione di recensirla ma non ha fatto in
tempo!
Un
bacione
e buona lettura.
Piper.
“Corri,
Nami, corri, corri, corri…”
Continuava
a ripeterlo come una mantra mentre spingeva sulle gambe con tutta
l’energia di
cui disponeva. Diretta al porto non sentiva nemmeno la fatica.
Non
aveva
avuto il tempo di riflettere su quanto successo, il rapimento, la
perdita di
memoria, quei dieci mesi trascorsi pensando di essere qualcun
altro…
Raggiunse
la sua meta prima del previsto, non realizzando nemmeno quanto avesse
corso
veloce.
Si mise
a
setacciare febbrilmente il porto con gli occhi alla ricerca della testa
di
leone che assomigliava tanto a un girasole ma non riusciva a
individuare la
polena della Sunny.
Erano
già
partiti!
Cominciò
a
respirare sempre più affannata mentre il panico si
impadroniva di lei. Si
guardò ancora intorno, disperata, e vide un gruppo di
marinai intenti a
caricare una nave. Si avvicinò rapida.
-Scusate?!-
domandò impaziente facendoli voltare verso di lei -Sapete
per caso da quanto è
partita la nave con
la polena a forma di
testa di leone?-
-Quella
di
Cappello di Paglia?-
Annuì.
Si
dimenticava sempre di quanto fossero diventati famosi.
-Più
o meno
un quarto d’ora!-
Tirò
un
sospiro di sollievo.
Il vento
non era a favore e il detonatore intelligente non si attivava
finché la nave
non si trovava a diversi chilometri dal porto e, dopo l’avvio
del conto alla
rovescia, avrebbe comunque avuto ancora tre quarti d’ora.
Ergo,
aveva
tutto il tempo per “procurarsi” una barca e
raggiungerli.
Nessuno
navigava veloce come lei, sarebbe stato sufficiente individuare una
corrente a
favore.
Sapeva
come
disattivare la bomba, Sander glielo aveva spiegato più
volte. Lei lo aveva
assecondato solo per farlo contento, non immaginava che un giorno
sarebbe stata
grata per avergli dato retta.
Presto
li
avrebbe riabbracciati, pensò lasciandosi quasi andare ad un
sorriso.
Poi un
brivido le percorse la schiena mentre un dubbio atroce si faceva strada
in lei.
-Avete…-
domandò con voce malferma -…avete visto
se… si sono allontanati rapidamente o…-
-Eccome!
Sono spariti all’orizzonte in un baleno!- la interruppe uno
dei marinai.
Il cuore
si
fermò e le iridi sbiancarono mentre il peggiore dei suoi
incubi diveniva
realtà.
Odiò
il suo
istinto, che non sbagliava quasi mai.
Avevano
usato il Coup de Burst!
Perché?!
Non lo usavano mai a meno che non ci fosse un’emergenza! Cosa
li aveva spinti
ad allontanarsi così rapidamente?!
Non
aveva
tempo per cercare delle risposte.
Calcolò
in
fretta quale distanza copriva normalmente la nave quando usavano la
spinta
propulsiva ideata da Franky e la risposta non le piacque. Erano
già sufficientemente
lontani perché la bomba si attivasse da almeno un quarto
d’ora. Cioè aveva
all’incirca mezz’ora prima che accadesse
l’irreparabile.
Doveva
fare
qualcosa! Ma cosa?!?
-Stai
bene
signorina?!-
-Io…
io…-
boccheggiava senza riuscire a parlare, tenendosi la fronte con una
mano.
Si
sentiva
un macigno pesarle sullo stomaco.
Non
poteva
essere vero! Non poteva perderli così! Doveva salvarli! Se
solo ci fosse stato un
modo per contattarli, per parlare con loro!
-Se devi
metterti in contatto con Cappello di Paglia, c’è
un Ufficio Lumacofoni qua
dietro!- disse uno degli uomini indicando un punto imprecisato dietro
l’angolo
di un edificio.
Nami si
accigliò.
-Ma non
possiedono un lumacofono…-
-Certo
che
sì! Tutti sanno che Cappello di Paglia ha un lumacofono da
quando ha perso la
sua navigatrice! Lo hanno acquistato nel caso in cui lei avesse avuto
la
possibilità di rintracciarli!-
Sgranò
gli
occhi.
Avevano
fatto davvero una cosa del genere?! Razza di incoscienti, era
dannatamente
pericoloso!!!
Le si
strinse il cuore al pensiero di quello che dovevano avere passato in
quei dieci
mesi. Sapeva nel profondo del suo essere che avevano fatto di tutto per
ritrovarla.
E lei?!
Aveva permesso a uno stupido fiore di rubarle tutti i loro ricordi, le
loro avventure,
la loro vita insieme! Se solo lei fosse stata più
forte…
Scosse
la
testa. Non era il momento di piangersi addosso!
Rapida,
ringraziò i marinai e si diresse verso l’Ufficio
Lumacofoni.
Meno 25 minuti
alla detonazione.
|
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Capitolo 19 *** Capitolo 19 ***
Per
raggiungere l’ufficio aveva perso quasi altri dieci minuti,
nonostante avesse
corso il più veloce possibile. Entrò respirando
affannata e attirando l’attenzione
del responsabile, un ragazzetto butterato con gli occhiali che sedeva
dietro la
sua postazione coi piedi appoggiati al tavolino e un giornale sulle
gambe. Aveva
l’aria annoiata e, quando la cartografa entrò a
passo di carica, si limitò a
sollevare appena gli occhi dalla sua lettura, sbuffando scocciato per
l’arrivo
di quell’inaspettato cliente a così pochi minuti
dalla chiusura.
Oltretutto
era una donna, le donne tendevano a fare telefonate lunghissime.
-Io…
bisogno… telefonata… urgente…- cercava
di articolare una frase di senso
compiuto, la navigatrice, ma i polmoni richiedevano urgentemente aria,
impedendole di parlare.
Il
ragazzetto aggrottò le sopracciglia continuando a guardarla
da sopra gli
occhiali che gli erano scivolati sulla punta del naso.
-Spiacente,
ma stiamo per chiudere…- borbottò monocorde
tornando a concentrarsi sul
giornale.
-C-cosa?!-
domandò incredula, con il busto ancora piegato in avanti, le
mani sulle
ginocchia, cercando di prendere fiato.
-Ho
detto…-
ripeté il responsabile, stavolta senza nemmeno sforzarsi di
guardarla -…che
stiamo per chiudere-
Nami
corrugò la fronte.
Cosa
stava
dicendo?! Voleva negarle la telefonata?!
-Senta…-
disse continuando ad ansimare ma riuscendo a recuperare il controllo della sua lingua
-…Sul serio, è
un’emergenza, io…-
-Ah
sì me
l’immagino l’emergenza…- disse, voltando
pagina e dando una scossa secca al
giornale per evitare che si piegasse all’indietro. -Che
succede?! Ha finito lo
smalto per le unghie o non ha la borsa da abbinare alle scarpe?!-
Una
vena
scarlatta prese a pulsare sulla fronte della navigatrice, mentre stringeva la mano a pugno
fino a sbiancare le
nocche. Cominciò a soffiare dal naso furibonda.
Stupido
idiota! Ma che si credeva?! Le stava facendo perdere un sacco di tempo!
Lanciò
un’occhiata all’orologio a muro.
Mancava
un
quarto d’ora.
-Mi
attivi
un lumacofono!- ordinò furente.
-Non
ci
penso nemmeno!-
-Faccia
come le dico o se ne pentirà!- disse minacciosa.
-Ma
non ci
sente per caso? Le ho detto che stiamo per ch…-
Non
riuscì
a terminare la frase mentre veniva appiattito al suolo da una scarica
di pugni
degni del miglior pugile del mondo.
Si
rialzò a
fatica, tossicchiando e rantolando, sconvolto dalla forza che quella
ragazza
aveva messo nel picchiarlo. Aveva i capelli scarmigliati, diversi
bernoccoli
sulla testa, un dente mancante e una lente rotta. Nami annuì
soddisfatta
vedendo i danni che gli aveva procurato.
Se
lo
meritava! Quello stupido moccioso!
-Le…
le ho
a-attivato… i-il n-numero
1…- disse a
fatica, un po’ per la
paura un po’ per
le botte.
La
navigatrice si avvicinò svelta al lumacofono prescelto, una
chiocciola gialla
con il guscio viola.
Sollevò
il
ricevitore, mentre scorreva l’elenco dei numeri alla lettera
C.
Trovò
la
combinazione che le interessava e digitò il numero con dita
tremanti.
La
chiocciola aprì gli occhi.
-Siamo
spiacenti, il numero richiesto è stato disattivato-
Nami
fissò attonita
la creaturina, cercando di registrare ciò che aveva appena
detto.
Deglutì
rumorosamente mentre provava di nuovo.
-Siamo
spiacenti, il numero richiesto è stato disattivato-
-Oh
no! No,
no, no, no, NO!!!-
Meno 12 minuti alla detonazione
|
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Capitolo 20 *** Capitolo 20 ***
Fissava il
ricevitore che teneva in mano con occhi vacui.
Finita!
Era
finita!
Non
poteva
contattarli, non era in grado di raggiungerli.
Una
voragine si aprì al centro del suo petto, squassandole il
torace, mentre la
realtà dei fatti si impossessava del suo cervello.
Non era
riuscita a salvarli.
Sarebbero
saltati in aria insieme alla Sunny, disintegrati dal folle piano di
quel pazzo
assassino.
-Oh
Kami…-
sussurrò mentre le ginocchia cedevano.
Crollò
a
terra il viso già inondato di lacrime, sentendosi impotente,
come quel
maledetto giorno a Coconut Village quando si era pugnalata la spalla.
Solo che
all’epoca ci aveva pensato Rufy a salvarla, mentre
ora…
No, no,
no!
Come poteva essere?! Non era possibile!
Non
riusciva a credere che non li avrebbe più rivisti o
riabbracciati. Che non
avrebbe più sentito le loro voci.
Non
avrebbe
più visto il sorriso di Rufy o le assurde pose di Franky.
Non
avrebbe
più sentito le frottole di Usop, le moine di Sanji, le
domande perverse di
Brook.
Non
avrebbe
più accarezzato il pelo morbido di Chopper, non sarebbe
più stata stretta dal
materno abbraccio di Robin.
Non
avrebbe
più baciato, respirato, toccato o amato Zoro.
-No…-
gemette acutamente, portando una mano tremante alla bocca.
Ripensò
a
quanto era accaduto qualche ora prima.
Perché
non
si era ricordata tutto appena le loro labbra si erano unite?! O quando
lui le
aveva riversato addosso tutte quelle informazioni per scuoterla?!
Sapeva
che
era stato quell’episodio a demolire la barriera che Sander
aveva subdolamente
costruito nella sua mente usando il Goccia di Lete.
Se solo
avesse recuperato la memoria in quel momento!
Sospettava
che se ne fossero andati così in fretta perché
non sopportavano il dolore che
la sua amnesia aveva causato e stare sulla stessa isola con lei era
diventato
intollerabile.
Soprattutto
per Zoro, di questo ne era certa.
Era
tutta
colpa sua.
Non
riusciva a farsi una ragione del non averli riconosciuti subito quella
mattina
quando li aveva visti alla locanda.
Di non
aver
riconosciuto lui, l’unico uomo che avesse mai amato!
Come
aveva
potuto essere così debole?!
Sarebbero
morti, perché non poteva avvisarli.
Non era
in
grado di raggiungerli in tempo.
Lei non
era
in grado di raggiungerli in tempo.
Lei non
era
in grado.
Lei no.
Lei.
Sollevò
la
testa di scatto, colta da un’improvvisa illuminazione.
Lei no.
Ma
forse…
Trattenne
il fiato mentre il cervello cominciava a lavorare febbrile.
Ci
sarebbe
voluta una dose di fortuna non indifferente.
Non
sapeva
negli ultimi dieci mesi quale rotta avessero seguito i suoi Nakama ma
prima del
suo rapimento si erano sempre trovati a pochi chilometri di distanza.
Grazie al
motore a propulsione, di cui anche la loro imbarcazione era dotata, se
si
fossero trovati in zona avrebbero potuto raggiungere la Sunny in pochi
minuti.
Poteva spiegargli come disattivare l’ordigno al lumacofono.
Valeva
la
pena tentare!
Si
sollevò,
facendo leva con le mani sul lungo bancone dove erano ordinatamente
schierate le
variopinti chiocciole, riafferrò il ricevitore, stringendolo
con tutte le sue
forze, e digitò una nuova combinazione, dopo averla
rapidamente cercata nell’elenco.
Attese,
pregando ad occhi chiusi tutti i Kami che conosceva perché
qualcuno rispondesse
e subito!
-Pronto?-
domandò una voce nota, facendole aprire gli occhi e
abbozzare un pallido
sorriso.
Forse
non
era detta l’ultima parola.
Forse
c’era
ancora un’ultima speranza.
Meno 10 minuti
alla detonazione
|
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Capitolo 21 *** Capitolo 21 ***
Seduto
sulla testa di leone a prua, Rufy teneva d’occhio il suo
migliore amico che si
era accasciato sul ponte contro una paratia e fissava il vuoto.
In meno
di
24 ore le condizioni di Zoro erano peggiorate a vista
d’occhio, trasformandolo
nell’ombra di se stesso.
Si era
visto costretto a sollevarlo dal suo incarico e si domandava se sarebbe
mai
tornato quello di un tempo. Credeva nella sua forza d’animo
ma avere ritrovato
Nami solo per perderla di nuovo era stato un colpo di una durezza
insostenibile
per tutti loro.
Da uomo
innamorato qual era capiva il dolore di Zoro, sebbene potesse solo
immaginarlo.
Avrebbe
vissuto il resto dei suoi giorni ricordando le loro notti insieme, i
loro
litigi e il loro modo di fare pace, così unico, erotico e al
tempo stesso
romantico.
Avrebbe
trascorso ogni ora domandandosi se lei stava bene, se era felice, con
chi fosse
e cosa stesse facendo.
E non
era
un eccesso di patetismo, questo no.
Perché
non
si trattava di avere perso semplicemente una donna per lo spadaccino.
Lui e
Nami
erano destinati, lei non avrebbe potuto amare nessuno se non lui e lui
non
avrebbe potuto amare nessun’altra se non lei.
Ciò
che
Zoro aveva perso era un pezzo della sua anima. Aveva perso la sua
perfetta metà
e non sarebbe stato completo mai più.
Sentì
il
bisogno di andare da Robin e, sospirando, scese dalla polena
schiacciandosi il
cappello in testa con una mano per poi avviarsi sotto coperta.
Meno
4 minuti alla detonazione
Usop e
Chopper guardavano Sanji intento ad affilare i coltelli. Il cuoco
sembrava
diventato incapace di stare fermo e continuava a cercare qualcosa da
fare per
tenersi impegnato, dato che nessuno aveva fame e quindi cucinare era
perfettamente inutile.
Più
che
fumare, stringeva tra i denti la sigaretta, martoriando il filtro senza
pietà.
-Glielo
hai
detto?!- domandò Usop, cauto.
-Non
credo
che sarebbe in grado di capire o anche solo ascoltarmi, in questo
momento…-
ringhiò il biondo.
Il
cecchino
scambiò un’occhiata con il medico. Sapeva come si
sentiva il suo Nakama.
Quando
Rufy
aveva scelto lui come nuovo primo ufficiale, il mondo gli era crollato
addosso.
E non perché non se la sentisse di ricoprire la carica ma
perché quelle parole
erano equivalse a una sentenza di morte, o comunque di non ritorno, per
Nami.
E ora
Sanji
si trovava in una situazione ben peggiore perché il compagno
di cui avrebbe
dovuto prendere il ruolo era ancora sulla nave con loro, vivo e vegeto
almeno
nel corpo, sebbene fosse innegabilmente morto dentro.
Sospirò,
chiedendosi se sarebbero mai riusciti a tornare quelli di una volta.
Incapace
di
sopportare oltre quella tensione decise di smorzarla un po’
usando la sua
migliore strategia, quella che aveva fatto tornare il sorriso a Kaya
tanto
volte.
-Vi ho
mai raccontato
di quella volta che…-
La voce
del
capitano, che gridava sul ponte, lo interruppe.
-EHI
RAGAZZI!!! VENITE A VEDERE!!!-
Si
guardarono perplessi tra loro prima di correre all’aperto.
Meno
1 minuto e mezzo alla detonazione
Uscendo sul
castello di poppa, videro Franky e Rufy che si sporgevano dalla
balaustra,
mentre Robin usciva dal sotto coperta e Brook scendeva dalla coffa.
Anche Zoro
si era riscosso e si stava avvicinando per scoprire la fonte di tanta
agitazione.
-Ma che
roba è?!- chiese perplesso il capitano guardando il cyborg
che assottigliava lo
sguardo.
Sanji,
Chopper e Usop si sporsero direttamente dalla balaustra del castello di
poppa,
senza perdere tempo a scendere le scale. Seguendo il dito del capitano,
che
puntava in acqua, notarono, nonostante fosse ormai buio, una scia che
seguiva
la Sunny. Era come se un nave invisibile stesse navigando a fianco alla
loro.
-Ma che
diavolo…?- cominciò a imprecare il cuoco.
Poi
qualcosa iniziò a fare capolino dall’acqua.
Zoro,
dimenticando per un attimo angoscia e sofferenza, sguainò
parzialmente una
katana, molleggiando sulle gambe già in posizione
d’attacco. Ma non fu
necessario nessun intervento.
Rufy
prese
a saltare, gridando come un forsennato.
Illuminato
dalla luce della luna, il periscopio di un sottomarino giallo emersero
dall’acqua,
senza smettere di seguire la nave a velocità sostenuta.
-Toraoooooooo!!!-
Come per
rispondere al richiamo di Cappello di Paglia, la porta del castello di
prua si
aprì lasciando libero il passaggio a Trafalgar Law che,
incurante dei copiosi
schizzi che lo bagnavano, si mise a gridare, spolmonandosi.
-Rufy
fammi
salire!!!-
Fortuna
che
il capitano della Sunny non si poneva troppi problemi. In quel momento
ogni
secondo era determinante.
Rufy
allungò il braccio per afferrare il suo amico e trascinarlo
sul ponte.
Non
appena
il chirurgo toccò il legno coi piedi, si diresse, senza
preamboli o
convenevoli, verso il sottocoperta, seguito dagli sguardi attoniti e
perplessi
dei Mugiwara.
-Uomo di
latta vieni con me- ordinò perentorio.
Franky
guardò il suo capitano che si strinse nelle spalle.
In poche
falcate il cyborg era alle spalle di Law e lo seguiva
all’interno.
Meno
45 secondi alla detonazione
Erano
scesi
fino allo scafo. Il cyborg era sempre più perplesso.
Cos’aveva
intenzione di fare?!
-Fratello
Tattoo,
si può sapere che succede?!-
Law
lo
fissò indicando con il dito un asse del pavimento.
Viaggiando sott’acqua, aveva
potuto individuare il punto preciso in cui la bomba era stata
assicurata alla
nave dall’esterno.
-Dobbiamo
togliere quest’asse-
Franky
strabuzzò gli occhi.
-Che
cosa?!? Me te lo scordi!!! Io non farò allagare la mia
piccolina!!!-
Mandò
gli
occhi al cielo, il capitano degli Heart, a quelle parole.
Quel
tizio
era assurdo!
Però
si
rendeva conto che la sua richiesta risultava fuori luogo senza una
spiegazione.
-Vi
hanno attaccato
una bomba alla chiglia! Bomba che detonerà fra circa 30
secondi! Diamoci una
mossa, non ci tengo saltare in aria, okay?!-
Il
cyborg
lo fissò interdetto.
-Una
bomba?! Ma che stai dicendo?!-
-Razza
di… Senti
sei libero di non crederci, ma ora aiutami con questa dannata asse
prima che
sia troppo tardi!!!-
Il
tono del
chirurgo da pacato e freddo si era improvvisamente fatto agitato,
considerazione che insinuò il dubbio nella mente del
carpentiere, dato che non
ricordava di averlo mai visto in uno stato d’animo differente
dalla calma e
seraficità totale.
Svelto,
smontò la falange dell’indice destro, rivelando un
laser a punta fine. Lo
attivò e disegnò il contorno dell’asse
prescelta, staccandola dalle altre.
Subito l’acqua cominciò a colare nella nave.
Law
estrasse la sua spada e usò la punta per fare leva e
sollevare l’asse dal
pavimento. La girò rivelando un piccolo ordigno appiccicato
sulla parte esterna
del pezzo di legno.
Mancavano
solo 17 secondi.
Franky
non
ebbe nemmeno il tempo di imprecare o reagire in alcun modo
perché l’acqua aveva
preso a zampillare all’interno dello scafo e doveva
assolutamente tappare la
falla il più in fretta possibile.
Law
prese un
profondo respiro cercando di mantenere la calma, mentre esaminava i
fili.
Quell’affare
era una diavoleria a tecnologia avanzatissima. C’era una
quantità esagerata di
cavi di tutti i colori e un tastierino coi numeri dall’uno al
nove. Per
disattivarla bisognava digitare un codice i cui numeri coincidevano con
il
numero dei fili attaccati al detonatore. Prima il numero dei fili
rossi, poi i
blu, i verdi e infine i gialli. Senza la spiegazione di Nami neppure il
migliore degli artificieri sarebbe stato in grado di disinnescarla.
Mancavano
11 secondi.
Esaminò
rapido il groviglio di cavi, con il cuore in gola.
Aveva
poco
tempo e una sola possibilità. Se avesse esitato troppo
sarebbero saltati in
aria. Ma se avesse sbagliato la combinazione sarebbero saltati in aria
comunque.
Quattro
fili rossi.
7 secondi.
Sei
fili
blu.
4 secondi.
Tre
fili
verdi.
2 secondi.
Un
filo
giallo.
1 secondo.
Digitò
l’ultimo numero sul tastierino, serrando le palpebre.
Non
accadde
nulla.
Socchiuse
un occhio per guardare e vide che il timer si era bloccato.
Tirò
un
sospiro di sollievo.
Ce l’aveva
fatta!
|
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Capitolo 22 *** Capitolo 22 ***
Erano
tutti
riuniti nella cucina della Sunny, i Mugiwara e alcuni Heart.
Stranamente,
mancavano Bepo e Penguin ma nessuno si era preoccupato di chiedere
spiegazioni
così come nessuno si era accorto che il sottomarino non
navigava più di fianco
alla Sunny. Erano troppo sconvolti per la recente scoperta.
Law
aveva
spiegato loro che un’interferenza nel radar li aveva
incuriositi e,
avvicinatisi per controllare sfruttando il motore a propulsione,
avevano
individuato l’ordigno sulla chiglia della Sunny.
Era
stata
Nami a chiedergli di raccontare una bugia.
Non
sapeva
se sarebbe riuscita a ricongiungersi alla ciurma e far loro sapere che
aveva
riacquistato la memoria sarebbe stato ancora più atroce, se
non fosse riuscita
a sfuggire a Sander.
E,
dal
momento che si trattava di una bomba ad altissima tecnologia
l’interferenza era
una spiegazione più che plausibile.
-Qualcuno
vuol mangiare qualcosa?!- chiese Sanji, sperando in una risposta
affermativa.
Continuava
a sentire il bisogno di tenersi impegnato.
Alcuni
Heart e, inspiegabilmente, Rufy annuirono convinti riuscendo a
strappare un
sorriso al cuoco.
Per
un po’
nella cucina non si sentì altro che il rumore di pentole e
stoviglie che
cozzavano e il coltello che pestava il legno triturando le verdure a
velocità
sostenuta.
Zoro,
seduto di fronte al chirurgo teneva le braccia al petto fingendo di
meditare o
dormire, ma, nonostante gli occhi chiusi, sentiva lo sguardo indagatore
di Law
su di lui.
Alzò
di
scatto la testa per intimargli, senza troppi complimenti, di piantarla
ma un
tonfo sul ponte lo fece bloccare. Si girarono tutti verso la fonte del
rumore e
anche Sanji smise di occuparsi del pasto che stava preparando,
immobilizzandosi
con il coltello a mezz’aria.
-Devono
essere Bepo e Penguin…- mormorò il capitano degli
Heart.
Poi
una
voce furibonda riempì l’aria, facendo trattenere
il fiato ai Mugiwara e
ghignare il chirurgo.
-MA
COSA TI
È SALTATO IN MENTE, DANNATO ORSO POLARE?!?!
L’ACQUA È GELIDA!!! NON POTEVI
STARE PIÚ ATTENTO?!?!-
Il
rumore di una colluttazione li avvisò che presto Bepo
avrebbe avuto bisogno di urgenti medicazioni.
Zoro
aveva sgranato l’occhio, il cuore che gli si agitava
febbrile nel petto.
Era…?!
No, era impossibile!
Eppure…
No!
Non voleva cedere, non voleva crederci ancora e stare
male di nuovo!
Non
ce la faceva!
Doveva
essere frutto della sua immaginazione!
Ma
un
sussurro alla sua sinistra lo fece sobbalzare.
-Nami…-
mormorò il cecchino.
Non
era una
domanda.
Era
certo
di ciò che aveva sentito.
Uno
spostamento d’aria gli disse che Usop lo aveva superato
uscendo veloce dalla
cucina sul castello di poppa.
Franky
lo
seguì immediatamente.
Deglutendo
a fatica, lo spadaccino si voltò a guardare i suoi compagni
che sembravano
essere stati colpiti dal raggio di Foxy.
Erano
perfettamente immobili con gli occhi sgranati, respirando appena per la
speranza e la paura.
Poi
dei
singhiozzi incontrollati riempirono il locale, intervallati dalla voce
del
cyborg.
-So-so-so…
SORELLA!!! Sei qui!!! Oh sono così felice che tu stia
bene!!!-
-Ehi
Boss!
Calmati!-
Era
lei!
E
aveva
chiamato Franky “Boss”!
Quindi,
la
sua memoria era…
-Cal-calmarmi?!
Ma io non sto piangendooooo!!!- piagnucolò il carpentiere.
Un
rumore
di sedie strusciate, un coltello che veniva lasciato cadere nel lavello
e passi
svelti che pestavano sul legno. Una serie di ombre si mossero rapide ai
margini
del suo campo visivo, in quel momento limitato alla superficie del
tavolo,
mentre scheletro, archeologa, capitano, medico e cuoco uscivano sul
ponte.
Fece
un
profondo respiro, incapace di muoversi, e s’impose di alzarsi
e uscire.
Per
la
prima volta in vita sua, mentre muoveva passi malfermi verso la porta
della
cucina, tremando incontrollato, si ritrovò a pregare un dio
in cui non credeva.
Ti prego, ti
prego, ti prego fa che non sia un sogno,
fa che sia vero!
Uscì
sul
castello di poppa.
Bepo
giaceva inerme da una lato del ponte erboso, con un vistoso bernoccolo
sulla
fronte e Penguin accosciato al suo fianco che cercava di riscuoterlo
inutilmente.
Ma
non ci
fece assolutamente caso, Zoro, perché i suoi occhi erano
stati calamitati
dall’unico magnete che avesse un qualche effetto su di lui.
Nami
era
immersa nelle braccia del capitano, che l’avvolgevano facendo
parecchi giri
intorno alla sua vita e alle sue spalle, impedendola nei movimenti.
Rideva
felice mentre Usop, Chopper e Franky ballavano a braccetto. Robin
piangeva e
rideva insieme, asciugandosi le lacrime con le dita affusolate.
Non
si rese
nemmeno conto che aveva sceso le scale, finché non se la
trovò davanti.
Quando
intercettò il suo sguardo, Nami smise di ridere e gli occhi
le si colmarono di
lacrime in un attimo.
Si
staccò
da Rufy, avvicinandosi con passi incerti, sotto lo sguardo intenso e
ancora
incredulo del suo unico occhio.
Respirò
il
suo odore di rhum, deglutendo rumorosamente per poi abbozzare un
pallido
sorriso.
-Ciao…-
gli
mormorò con un groppo in gola.
Rimasero
immobili a fissarsi, così vicini da potersi toccare, senza
fare né dire niente,
per alcuni secondi che a loro parvero interminabili.
Poi
Zoro si
mosse in avanti e la fece annegare nel suo caldo abbraccio
rassicurante, dove
era giusto che stesse, finalmente al sicuro.
Doveva
essere caduta in acqua, perché era fradicia ma il samurai a
malapena se ne
accorse.
La
strinse
forte, riscaldandola e asciugandola con il suo corpo, mentre lei
iniziava a
piangere a dirotto, le mani che stringevano spasmodicamente i baveri
dello
yukata, le spalle che si muovevano convulsamente, il petto scosso dai
singhiozzi.
Era
con la
sua mente che avevano giocato, era lei che era stata manipolata.
Lui
doveva
essere forte, per lei.
Ed
era
quella l’unica ragione per cui non era già
ripartito alla volta dell’isola per
dare una lezione a quel fottuto bastardo.
Perché
lei,
Nami, la SUA Nami aveva bisogno di lui lì, in quel momento.
-S-scusa…
scu-uhsa… perd…ohnami…- mormorava a
fatica tra un singhiozzo e l’altro. -n-non
so… co-ohme ho… p-p-potuto dim…
ehn-ticarmi di te…-
La
strinse
ancora di più per frenare quelle parole.
-Non
dirlo
nemmeno per scherzo…- riuscì a sussurrarle
nonostante il nodo che gli bloccava
la gola -Non è stata colpa tua…-
-Zoro!!!-
gemette passandogli le braccia dietro il collo e stringendosi a lui
fino quasi
a farsi male, singhiozzando senza ritegno.
Lo
spadaccino strinse il tessuto fradicio della sua maglietta con le mani
bronzee,
serrando gli occhi, aspirando il suo profumo.
-Sono
qui…
Stai tranquilla…- mormorava, baciandola tra, i capelli
-… È finita… È tutto
finito…-
Poi
se la
caricò in braccio, avviandosi verso la zona notte, senza
guardare nessuno, gli
occhi puntati su di lei, incapaci di captare qualsiasi altra cosa,
mentre
attraversava il corridoio, diretto alla cabina delle ragazze.
Si
sentiva
in colpa perché, mentre Nami piangeva disperata, a lui
sembrava di stare in
paradiso sentendo la pelle del collo bagnarsi per le sue lacrime.
Era
vera,
era lì tra le sue braccia!
Quanto
gli
era mancata!
Ora
che
poteva stringerla di nuovo si chiedeva come avesse fatto a sopravvivere
senza
il calore del suo corpo accanto.
Non
aveva
ancora smesso quando, una volta entrato nella stanza, si
sdraiò sul letto della
navigatrice adagiandosela addosso, continuando a stringerla, mentre lei
si
rifiutava di sollevare il viso dall’incavo del suo collo.
Le
stava
piangendo tutte.
Tutte
le
lacrime che avrebbe pianto in quei dieci mesi, se avesse avuto
coscienza di
cosa le stava succedendo.
Lacrime
di
paura.
Lacrime
di
tristezza.
Lacrime
di
sofferenza.
Poi,
finalmente, arrivarono anche le lacrime di gioia.
Sentì
qualcosa di umido sul collo, una sensazione molto diversa da quella che
le
gocce salate che graffiavano le guance della sua mocciosa gli avevano
procurato
fino a quel momento, e capì che aveva iniziato a baciarlo.
Prima a fior di
labbra, poi sempre più forte, marchiandolo a fuoco,
risucchiandogli la pelle
tra le labbra rosee e carnose.
Continuava
a piangere ma allo stesso tempo rideva.
Piangeva,
rideva e lo baciava, agitandosi su di lui per raggiungere ogni
centimetro di
pelle possibile.
Anche
lui si
mise a ridere, ricambiando i suoi baci e le sue carezze.
E
le loro
risate, miste a qualche singhiozzo che ancora resisteva tenace nella
bocca di
Nami, riempirono la nave regalando ai Mugiwara una felicità
che era rimasta
loro sconosciuta per quasi un anno, facendoli sorridere.
Sorrise
Sanji, mentre finiva di sminuzzare le verdure, dopo essere tornato in
cucina.
Sorrise
Usop, che si era rifugiato nel suo laboratorio per lasciarsi andare a
un
balletto di pura gioia, sollevato al pensiero che l’indomani
non sarebbe più
stato il primo ufficiale, lui che diceva di voler diventare il
capitano.
Sorrise
Franky,
mentre riparava la falla con più accuratezza.
Sorrise
Chopper mentre si occupava di Bepo, ancora rintronato dal potente
cazzotto.
Sorrise
Brook, mentre accordava il suo violino per intrattenere i loro ospiti.
Sorrise
Robin, tra le braccia del suo uomo, ancora fermo in mezzo al ponte.
Sorrise
Rufy, stringendola a sé, sorrise finalmente come un tempo,
con quel suo sorriso
luminoso che lo aveva reso famoso in tutto il mondo.
Rimasero
abbracciati tutta la notte, vicecapitano e primo ufficiale, dopo che
Nami si fu
tolta i vestiti fradici e si fu intrufolata nello yukata del suo uomo,
cercandosi
con le labbra, senza mollare mai la presa l’uno
sull’altra, guardandosi,
sorridendosi, respirandosi.
Ci
sarebbe
stato tempo per riposare.
Quella
notte era per loro da vivere.
Quella
notte era per riempirsi gli occhi l’uno dell’altra,
per non dimenticarsene mai
più.
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Capitolo 23 *** Capitolo 23 ***
-Nami!!!
Fermati!!!-
La
chiamava
a gran voce mentre la inseguiva, scartando tra la folla. Per quanto
veloce corresse,
non riusciva a seminarlo. Oltre a sovrastare la maggior parte delle
persone che
occupavano la piazza era agevolato dal singolare colore del suoi
capelli. Quei
ricci di fuoco non passavano certo inosservati.
Alla
prima
isola su cui avevano approdato era scesa a cercare qualcuno che glieli
tingesse
per tornare del suo colore naturale, fatto che Zoro aveva apprezzato
non poco.
Aveva sempre adorato il colore dei suoi capelli, focosi e ribelli
proprio come
lei.
Finalmente
svoltarono in una strada meno affollata e, con più spazio di
manovra, riuscì a
raggiungerla in un paio di falcate. La afferrò per il
braccio, delicato ma
deciso, e la fece voltare.
-Lasciami!!!-
era furente.
-Si
può
sapere che ti è preso?!-
-Lascia
perdere! Tanto è chiaro che non capisci!!!-
Lo
spadaccino strabuzzò gli occhi.
Ma
cosa
diavolo…?!
Approfittando
della sua momentanea confusione, la navigatrice si divincolò
e riprese la sua
corsa forsennata. Zoro le fu subito dietro di nuovo.
-Dannazione!
Come fai a dire che non capisco se non mi dici qual è il
problema!-
-Perché
dovrebbe esserti chiaro qual è il problema!!!-
-E
invece
non è così!!! Quindi magari puoi spiegarmelo
così vediamo se è vero che non
capisco?!?-
-Tanto
lo
so già!!!-
-Nami!!!-
la chiamò fuori di sé.
La
cartografa si fermò, voltandosi finalmente a guardarlo e
gridandogli in faccia.
-Lo
so già
Zoro!!! Perché se tu capissi non avresti mai accettato da
bere da quello
sconosciuto! Mai!!!-
Un
lampo di
comprensione attraversò l’occhio del samurai.
Ancora?!?
Non riusciva a liberarsi di quella storia, nonostante quel bastardo di
Sander
fosse stato consegnato alle autorità, con la scusa del
contrabbando di erbe e
fiori illegali, dopo che Penguin e Bepo lo avevano trovato tramortito
dalla
furia della cartografa Nami che lo aveva ripetutamente fulminato e
picchiato,
sfogando tutta la sua rabbia.
Capiva
bene
quanto quella faccenda l’avesse sconvolta ma doveva cercare
di reagire, per il
proprio bene. Fece un profondo respiro prima di riprendere a parlare
più calmo.
-Nami,
ancora con questa storia?!-
-Io…-
disse
già pronta ad attaccare, stringendo i pugni, le braccia
lungo i fianchi.
-Tu
stai
diventando paranoica!- le disse secco, facendole sgranare gli occhi per
l’indignazione.
-Come?!?-
-Sono
due
mesi che ti rifiuti di mangiare o bere qualsiasi cosa che non sia stata
preparata da Sanji! Quanto credi di poter continuare così?!
Devi reagire!-
-Reagire?!?!
Reagire?!?!?! Ma tu ti rendi conto si o no di cosa stiamo parlando
Zoro?!?!-
Cominciò
a
tremare, mentre gli occhi le si riempivano di lacrime che, subito,
presero a
scorrere sulle sue guance. A quella reazione il samurai
ammutolì senza perdere
la determinazione che gli si leggeva nell’iride nera.
-Io…
io ti
amo più… di ogni altra cosa al mondo…-
continuò respirando affannata -… e…
sono
lo stesso riusciti a cancellarti dalla mia mente… lo
capisci?!?! Ho bevuto un…
bicchiere d’acqua, un fottutissimo
bicchiere d’acqua, mi sono
addormentata… e al mio risveglio non sapevo
chi fossi! Non mi ricordavo più niente, di me, di te, di
noi!!!- aveva
ricominciato ad urlare.
Gli
spezzava il cuore vederla così.
-Certo
che
sono paranoica!!! Non voglio più rischiare di perderti!!!
Mai più!!!-
Zoro
si
avvicinò e le appoggiò le mani sulle braccia,
sentendola fremere sotto il suo
tocco, vedendo come quel semplice contatto la stesse aiutando a
calmarsi
rapidamente.
-In
un modo
o nell’altro ci ritroveremo sempre io e te…- le
sussurrò piano.
Nami
lo
fissò, ancora arrabbiata.
-Non
mi
basta!- mormorò flebile ma decisa -Voglio essere certa di
non dimenticarmi di
te! Voglio essere certa che tu non ti dimenticherai di me!-
-E’
questo
che vuoi?! Qualcosa che ti ricordi di me, qualsiasi cosa accada?!-
Nami
lo
fissò a occhi sgranati, mentre cercava di riportare il
respiro regolare.
Annuì
lentamente.
Zoro
rifletté un attimo, mentre un’idea si faceva
strada nella sua mente. Aveva
visto qualcosa che faceva al caso loro.
-Vieni
con
me!- le disse prendendola per mano e ripercorrendo la strada di poco
prima a
ritroso.
Sperò
di
non metterci troppo a ritrovare il posto che gli interessava visto che,
una
volta tanto, era lui a guidare la sua navigatrice.
§
-Ehi Zoro!
Che hai fatto all’orecchio?!-
Stavano
cenando tutti insieme quando Rufy, allungando il collo
all’indietro per
afferrare una frittata che Sanji aveva lanciato direttamente dalla
padella con
troppa forza facendola quasi finire a terra, aveva notato il piccolo
cerotto
bianco dietro al lobo dell’orecchio coi pendagli del samurai.
-Non
è
niente Rufy!- rispose toccandosi appena con un dito e sollevando gli
occhi a
cercare quelli della compagna seduta di fronte a sé. Le
ghignò sghembo,
ricevendo un sorriso in risposta.
-Marimo,
c’è tutto il cibo che vuoi in tavola!
Perché non la smetti di mangiare la mia
crostatina con gli occhi?!-
Zoro si
mise a ringhiare.
-La
crostatina di chi, sopracciglio arrotolato?!?!-
-Hai
sentito benissimo! Nami-swan è la mia crostatina!!!- disse
alzandosi in piedi.
-MA IO
TI
AMMAZZO!!! NAMI È SOLO MIA!!! LA DEVI PIANTARE CON QUESTA
STORIA DEFICIENTE DI
UN CUOCO!!!-
Si
sollevò
dalla sedia per fronteggiare il compagno, sguainando una katana.
-DEFICIENTE
A CHI , BRUTTA VERZA AMMUFFITA?!?-
-A TE
RIMBECILLITO DI UN…-
Un
sonoro
pugno li appiattì contro il tavolo.
Sanji
scivolò
a terra, sopraffatto dal cazzotto e dall’amore per la sua
sirena mentre il
samurai si rimetteva a sedere dopo essere riuscito, non senza
difficoltà, a
estrarre la faccia dalla superficie di legno.
Nami si
alzò, facendo rapida il giro del tavolo, incapace di
trattenersi, e si sedette
in braccio a Zoro che si massaggiava la faccia dolorante, per
regalargli un
bacio che era a metà tra una cura e delle scuse per la botta
ricevuta.
Ghignò
felice di vederla così passionale e affettuosa anche davanti
al resto della
ciurma e si abbassò su di lei per posarle una piccola
carezza a fior di labbra
dietro il lobo del suo orecchio destro. Nascosto dai lunghi capelli
rossi un
piccolo cerotto bianco copriva la pelle diafana.
Quei
due identici
piccoli pezzi di carta
adesiva celavano la promessa che si erano fatti quel pomeriggio.
Un
piccolo
tatuaggio a forma di zeta dietro l’orecchio della cartografa.
Lo
stesso
simbolo ruotato di novanta gradi, a formare una enne, dietro quello
dello
spadaccino.
La
promessa
di non perdersi mai.
Angolo
dell’autrice:
E anche
questa long si è conclusa!
Ragazzi
grazie infinite! Grazie a tutti coloro che hanno preferito, seguito,
ricordato
o semplicemente letto la storia! Grazie per l’infinita
pazienza dimostrata di
fronte alle mie turbe, grazie per seguirmi e per incoraggiarmi a
continuare!
Grazie a
(spero di non dimenticare nessuno) Place, Zomi, Metal, Nami Roronoa e
Nami
Roronoa 96, Miyuki, Principe delle Stelle, Medea 78, Hurricane X,
Silver
saiyan, Zipi89, Nami87 e Arcadia. Scusate se vi ho fatto penare!
Star…
A te
un grazie speciale… Ti dedico questo capitolo per
ringraziarti di tutto il tuo
sostegno.
A
presto e un bacio a
tutti quanti!
Piper.
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