Ultima speranza

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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Appoggiato al castello di poppa Sanji lo fissava allontanarsi mentre sbuffava nuvolette di fumo. L’occhio libero dal ciuffo biondo lasciava trasparire tutta la preoccupazione che ormai vi dimorava da mesi. Non appena avevano attraccato lui si era precipitato giù dalla nave, diretto verso il centro abitato dell’isola. Aspirando una boccata di tabacco, fissò la schiena fasciata dal tessuto verde scuro, le tre katane che cozzavano a ritmo coi suoi passi svelti. Sapeva che non sarebbe tornato per pranzo e probabilmente nemmeno per cena. Anche quel giorno sarebbe avanzata una porzione di cibo ad ogni pasto perché non riusciva a non cucinare anche per lui, nel caso in cui fosse rientrato prima del previsto. Tanto, male che andasse, con Rufy non si buttava via niente. Sospirò mentre pestava la cicca con il tacco per poi abbassarsi a recuperare il mozzicone. Rientrò, intenzionato a fare più rumore possibile mentre cucinava, per colmare quel silenzio innaturale che da tanti, troppi mesi regnava indisturbato sulla Sunny.

                                                                                             
-A cosa stai pensando, Capitano?-
Seduto sulla testa del leone a prua, con il cappello calato sulla fronte Rufy teneva gli occhi sul suo compagno che correva allontanandosi velocemente dalla nave. Quando la voce di Robin raggiunse le sue orecchie non si voltò a guardarla. L’archeologa lo scrutò per qualche minuto, mentre un dolore ormai noto si impossessava del suo petto. Vederlo così la stava uccidendo. Avrebbe dato qualsiasi cosa per vedere il sorriso splendere ancora una volta sul volto del ragazzo.
-Pensi che si risolverà mai questa situazione?- chiese Rufy.
Robin portò lo sguardo nella stessa direzione di quello del capitano. Ormai il samurai era quasi completamente scomparso dalla loro vista.
-Non lo so…- ammise.
Rufy spostò finalmente gli occhi su di lei. La fissò per qualche secondo e poi con un movimento fluido scese dalla polena atterrandole accanto sul ponte della nave. Senza esitazione, la afferrò per i fianchi facendola voltare verso di sé. Presa alla sprovvista, l’archeologa si ritrovò a fissarlo negli occhi, le mani affusolate appoggiate al suo petto. Era cresciuto Rufy, ormai era un uomo. Un bell’uomo. Era alto quanto lei adesso.
-Mi fa paura, quello che provo per te Robin…- le disse, fissandola intensamente -…alla luce di quello che sta succedendo. Ma noi abbiamo la fortuna di poter stare insieme e credo che dovremmo approfittarne. Tu che ne pensi?-
Per tutta risposta l’archeologa annullò la distanza tra loro, unendo le loro bocche in un bacio che entrambi desideravano da tempo.
-Ti amo Rufy- gli sussurrò, quando si staccarono per riprendere fiato.
-Anch’io- rispose posandole una mano sulla guancia e sentendola tremare a quel contatto.
Lentamente e con riluttanza si staccò da lei per avviarsi verso la poppa. Si fermò a metà del ponte.
-Io vado a chiamare Sanji e Usop…- disse voltandosi a guardarla -… puoi pensare tu agli altri? Oggi sarebbe stato il suo compleanno… non ho intenzione di lasciarlo solo…-
L’archeologa annuì.
 
 
Lo trovò nel suo laboratorio, intento a sistemare i suoi proiettili. Rimase sulla soglia qualche minuto a fissarlo. Lo conosceva da anni, erano fratelli e gli era bastato osservarlo per cogliere il suo irrigidimento quando aveva spinto la porta socchiusa della stanza, per spalancarla completamente. Sapeva che era lì, faceva solo finta di non essersi accorto della sua presenza. Insospettabilmente, dopo il samurai, lui era quello che c’era stato più male. E continuava a starci male non  fosse altro perché il comportamento di Zoro impediva a tutti loro di superare la cosa e andare avanti. Si avvicinò piano.
-Oggi scendiamo anche noi- affermò con voce monocorde.
Usop non rispose.
-Non possiamo lasciarlo solo… Oggi è il…-
-Lo so…- lo interruppe il cecchino.
-Ho bisogno che tu sia forte- disse mettendogli una mano sulla spalla e stringendo appena.
-Farò del mio meglio- annuì il ragazzo voltandosi a guardare il suo capitano.
-Grazie, primo ufficiale- rispose Rufy con un debole sorriso.

 
Sanji era impegnato a tagliuzzare e triturare qualche strana spezia, sprigionandone il profumo in tutto il locale, facendo più rumore che poteva con il coltello. Il cigolio della porta che girava sui cardini lo fece voltare. Capitano e cecchino erano sulla soglia. Li guardò, interrogativo.
-Preparati Sanji. Si sbarca-
Senza dire nulla, posò il coltello si pulì le mani in uno strofinaccio, srotolò le maniche, rimise la giacca e, accendendosi una sigaretta, seguì Rufy e Usop sul ponte dove il resto della ciurma li attendeva. Avevano tutti la stessa espressione vuota. Quel giorno più del solito, ed era anche normale. Sapevano che non sarebbero mai più tornati alla normalità. Con il Marimo che si comportava così poi, si stava rivelando ancora più dura. Il capitano si avvicinò a Robin tendendole una mano, che lei afferrò senza esitazione, stringendola per infondergli coraggio.
-Andiamo!- disse prima di avviarsi giù dalla nave.
 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Monkey D. Rufy si era fatto molti nemici da quando si era imbarcato con il desiderio di raggiungere Raftel e il leggendario One Piece. La sua natura altruista gli impediva di ignorare angherie e soprusi senza preoccuparsi di chi fossero le vittime, rendendo per lui essenziale punire i carnefici e facendogli guadagnare una nutrita schiera di antagonisti.
Ma sempre quella stessa natura, unita alla sua ingenuità e al suo essere così dolce e solare, gli aveva assicurato anche degli amici che, oltre a non essere pochi, erano soprattutto leali. E tale lealtà avevano dimostrato alcuni mesi prima quando una tragedia aveva colpito la Sunny. Nessuno si era tirato indietro. Era stato aiutato in ogni modo possibile.
La principessa serpente aveva sfruttato la sua autorità in quanto membro della Flotta dei Sette, permettendogli di escludere Impel Down dalle possibili destinazioni.
Jinbei aveva sguinzagliato gli squali balena per tutto il grande blu.
Kobi lo aveva aiutato ad infiltrarsi clandestinamente nelle frequenze radio della marina per rintracciare eventuali comunicazioni utili.
Non c’era nave pirata che avesse avuto a che fare con Cappello di Paglia e la sua ciurma che non avesse passato mesi a cercare di ottenere informazioni per i Mugiwara.
Si erano messi in contatto con chiunque nel nuovo e vecchio mondo.
Ma era stato tutto inutile. Avevano continuato a sperare per settimane. Ma quando anche Rufy si era rassegnato, qualcosa dentro di loro era morto. La speranza li aveva abbandonati. Tutti tranne uno.
Zoro minacciava di logorarsi in quella perenne ricerca, la sua speranza ostinata sembrava intenzionata a sopravvivergli, uccidendolo lentamente in un sadico gioco che proseguiva ormai da dieci mesi. Nemmeno loro si spiegavano come facessero a sopportare ancora quella situazione.
A volte, durante la navigazione riuscivano, anche se con difficoltà, a ritrovare un po’ di serenità. Serenità che veniva puntualmente spazzata via non appena un’isola spuntava all’orizzonte. Se non avevano buoni motivi per attraccare, Zoro prendeva la mini Going Merry 2 e raggiungeva da solo la costa. Stava via un giorno o due e poi tornava, lo sguardo basso, il cuore stritolato da una morsa, in una scena straziante che i suoi compagni conoscevano a memoria.
Sarebbe stato meglio avere avuto la certezza della sua morte. Era il dubbio a logorarli così. Il dubbio che potesse esserci ancora una possibilità di ritrovarla. Dubbio che sarebbe stato presto sopito nelle menti degli altri pirati se solo il samurai avesse cessato la sua ostinata ricerca. Ma nessuno lo biasimava. Solo si rendevano conto che era tutto inutile.
Non l’avevano portata in nessuna prigione della Marina, non era a Impel Down e non l’avevano giustiziata a Marineford. Era solo sparita nel nulla insieme alla nave che l’aveva catturata, scomparsa all’orizzonte aiutata da una tecnologia molto simile al Coup de Burst ideato da Franky.
Non c’era alcuna evidenza della sua morte ma avevano acquistato un lumacofono e fatto in modo che chiunque potesse mettersi in contatto con loro, a costo di correre il rischio di farsi trovare da qualche vascello nemico. Ma lei non li aveva contattati, non era tornata. Se non era morta, era dispersa.
E faceva poca differenza perché loro non l’avrebbero rivista mai più. Non avrebbero mai saputo che fine avesse fatto. Nami non sarebbe stata mai più la loro navigatrice.
 
 

 

Angolo dell’autrice:
Via senza indugio. Le minacce di morire di crepacuore delle care Zomi, Place e Star mi hanno
spronata ad aggiornare con estrema rapidità. Mi rendo conto che questo capitolo non sia granché
confortante ma so che mi seguite nonostante tutto, perciò a presto.
Piper.  

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Lo trovarono in una locanda ad annegare il suo dolore nell’alcool.
Bastò un’occhiata per capire che aveva fatto di nuovo un buco nell’acqua.
A costo di farsi riconoscere, girava con l’avviso di taglia di Nami infilato nell’haramaki e arrivava a mostrarlo persino ai marine che trovava a volte in giro per le isole, pur di scoprire se era ancora viva. Ma naturalmente non otteneva mai la risposta desiderata.
Si erano avvicinati senza che lui sollevasse nemmeno lo sguardo dalle venature del tavolo di ciliegio.
Solo Usop era rimasto sulla soglia.

Una manona, troppo grande per appartenere a un normale essere umano, si posò, per la seconda volta quel giorno, sulla sua spalla. 
-Non ce la faccio più Franky…- disse il cecchino.
Il suo tono lasciava intendere quanto fosse esausto.
Gli sembrava di vivere in costante apnea.
Voleva superare quella perdita che gli aveva fatto così male, ma Zoro lo stava impendendo a tutti loro come a se stesso.
Voleva rendere giustizia al ricordo della sua migliore amica, che era sempre così sorridente e solare nonostante il suo carattere irascibile, ma era ormai quasi un anno che nessuno di loro sorrideva.
E lui, che si era per giunta ritrovato a coprire la sua carica, non reggeva più tutta quella tensione.
-Forza fratello… Vedrai che passerà presto…-
Non ci credeva nemmeno lui, ma farsi forza a vicenda era tutto ciò che gli restava in quei momenti. 
Si avviarono anche loro verso il tavolo. Prima di sedersi Franky lanciò un’occhiata alla bottiglia posata davanti al samurai per poi incrociare lo sguardo eloquente e sofferente di Robin, con cui da sempre si capiva al volo.
Tequila al mandarino.
Sapeva come crogiolarsi nel dolore.
Rimasero tutti muti intorno al tavolo, guardandolo versare meccanicamente il liquido trasparente in un bicchiere e scolarlo tutto d’un fiato. Poco distante un gruppo di persone scherzava e rideva sguaiatamente, contrastando il loro silenzio tombale.
Passarono alcuni interminabili minuti. Sanji fumava una sigaretta dietro l’altra, Robin e Rufy comunicavano attraverso le loro mani, dandosi coraggio a vicenda, Franky e Brook attendevano immobili come statue e Usop coccolava Chopper che cercava coraggiosamente di trattenere le lacrime. Poi finalmente il samurai parlò.
-Mi dispiace…- cominciò debolmente -… so di avervi torturato con il mio comportamento in questi mesi… mi dispiace molto io… non riuscivo ad accettare di averla persa… ma adesso basta!-
A quelle parole Usop Chopper e Rufy sollevarono uno sguardo incredulo sul compagno. Non potevano credere che quell’incubo stesse davvero per finire.
 -Mi ero ripromesso che se non fossi riuscito a ritrovarla entro questa data, mi sarei rassegnato e avrei accettato la sua… scomparsa…- sollevò il viso dal tavolo rivelando il suo unico occhio lucido di sofferenza. -… vi prego di perdonarmi- concluse deglutendo poi a fatica, nel tentativo di scacciare il nodo che aveva in gola. Uno scroscio di risa dal tavolo vicino li investì.
I Nakama lo guardavano coi petti che si alzavano e abbassavano vistosamente.
Poi, lentamente, il capitano annuì e tentò di aprirsi in un sorriso.
Ci riuscì anche se non era luminoso come al solito.
-Sapete…- disse con tono vivace -…credo che dovremmo festeggiare!-
I compagni lo guardarono attoniti.
-Che vuoi dire?!- chiese Sanji mordendo la cicca tra i denti.
-Che dovremmo ricordarla una volta tanto, felici e non tristi! Dovremmo ricordarci delle cose belle di lei! E oggi è il giorno giusto per farlo!- affermò convinto il capitano, cercando il sostegno della sua donna che annuì regalandogli un serafico sorriso.
-Rufy…- cominciò il cuoco tenendo d’occhio la reazione dello spadaccino a quelle parole -… non credo che sia il c…-
-No! Ha ragione!-
Tutti si girarono verso Usop, stupiti dal suo tono determinato.
-Lei non era mai triste! Mai! Non le piacerebbe vederci così! Avrebbe voluto che la ricordassimo solare e sorridente! Oggi è il suo compleanno! Facciamolo! Parliamo dei ricordi che abbiamo di lei! Quelli belli!-
Uno dopo l’altro, tutti i Mugiwara, Zoro compreso, annuirono convinti mentre al tavolo accanto continuavano a ridere e brindare. A quanto pare anche loro stavano festeggiando qualcosa o qualcuno e questo un po’ li aiutò a farsi coraggio.
Sanji alzò una mano per fermare il cameriere e ordinare da bere per tutti.
Un po’ di alcool avrebbe aiutato.
 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


-Mi ricordo la prima volta che mi ha tirato un pugno! Accidenti che botta!!! Mi sarei voluto mettere nelle mia solita posa e gridarle “Super sorella!!!” ma non riuscivo a muovermi! E io sono di ferro!!!-
Franky ricordava mentre il resto dei Mugiwara rideva intorno al tavolo.
Erano risate strane perché sincere ma accompagnate di tanto in tanto da lacrime di tristezza e malinconia che venivano rapidamente asciugate.

-Ehi amico è della navigatrice di Cappello di Paglia che parliamo! Non dovresti stupirti!- intervenne Usop.
-Beh non era mica una garanzia! visto il cecchino…- commentò il cyborg.
-Come?!?- fece quello indignato -Che vorresti dire?!-
-Che se avessi fatto pestare la sorella dai miei seguaci probabilmente avrebbe fatto saltare in aria la Franky House senza l’aiuto di nessuno!-
-Guarda che io mi sono lasciato picchiare apposta! Per non demoralizzare i tuoi uomini!- disse il cecchino incrociando le braccia al petto e sollevando il mento con fierezza.
-Ah certo certo…-
-E comunque Franky- intervenne il capitano -se avessi osato anche solo pensare di toccare Nami te la saresti dovuta vedere con Sanji!-
-Questo è poco ma sicuro!- confermò il biondo sbuffando un po’ di fumo.
-Certo così saresti finito pestato anche tu!- disse Usop sollevando un sopracciglio -Me la immagino la scena: “Oh dolce Nami-swaaaan!!! Il tuo Mr Prince è arrivato per salvarti!!! Sono il tuo schiavo d’amooooore!!!”- si alzò in piedi volteggiando e imitando la parlata estatica di Sanji, facendo sbellicare i compagni.
Poi si bloccò di colpo per mostrare una fila di denti squalini, sollevando un pugno in aria con il braccio piegato ad angolo retto.
-“Levati di torno, imbecille di un Baka!!!”- sbraitò in una perfetta imitazione della navigatrice.
Persino Robin rideva senza riserve. Si risedette soddisfatto.

Zoro li guardava sorridendo. Avevano avuto ragione, Rufy e Usop.
Credeva sarebbe stato doloroso oltremodo invece, forse grazie anche all’aiuto dell’alcool, quell’esercizio aveva un che di catartico.
Era bello ricordarla. Gli sembrava quasi di sentire la sua risata mischiarsi alla loro.

-E la faccia che ha fatto la prima volta che Brook le ha chiesto di mostrarle le mutandine?!?- disse Rufy tra le lacrime, che scorrevano questa volta per il troppo ridere.  
-Yohohohohoho! Io volevo solo essere gentile!-
-Ahahahahahah! Io mi ricordo quando se l’è presa con te e Sanji perché volevate mangiarmi!- aggiunse il piccolo Chopper che si rotolava sul tavolo.
Improvvisamente ridivenne serio.
-Lei mi difendeva sempre…- disse con un debole sorriso -… quando avevo gli incubi di notte mi coccolava… mi mancheranno le sue carezze…-

Lo guardarono ricominciando a deglutire a fatica, decisi a non cedere alla morsa che attanagliava i loro cuori.
-E a me i suoi pugni…- disse Rufy , aprendosi in un sorriso e contagiandoli.
-E il suo modo di dare ordini come se fosse lei il capitano…- aggiunse Usop.
-E la sua espressione quando si parlava di soldi…-
-La sua risata…-
Zoro prese coraggio e decise di intervenire anche lui prima che il discorso volgesse al termine.
-A me più di ogni altra cosa mancherà il modo in cui mi chiamava…-
-…Buzzurro!!!-
Si bloccò esterrefatto.
Razionalmente, pensò subito di esserselo immaginato ma le facce dei suoi Nakama lo fecero vacillare.
Lo avevano sentito anche loro!

-…Ominide senza cervello! Sei un baka!!!-
Deglutì a vuoto una o due volte guardando i suoi compagni che gli restituivano lo stesso sguardo attonito.
Poi una risata cristallina si sprigionò nell’aria e i Mugiwara, ad occhi sgranati, voltarono lentamente la testa verso la fonte di quel suono celestiale.

Al tavolo accanto, una ragazza dalla pelle di porcellana rideva felice. Aveva un seno prosperoso e stringeva in mano un boccale di birra, al polso un log pose e un bracciale dorato. I suoi occhi erano due enormi pozze di caramello e crema alla nocciola. Aveva i capelli lunghi color cioccolato e sul braccio sinistro portava una fascia nel punto dove avrebbe dovuto essere visibile un tatuaggio blu rappresentante una girandola e un mandarino.
Si guardarono tra di loro in apnea, spostando poi lo sguardo sullo spadaccino che fissava immobile la ragazza.
Nonostante i capelli fossero scuri nessuno di loro aveva il minimo dubbio.

Nami era viva.
Nami era lì.
 
 
 
 
 
 
Angolo dell’autrice:
Vi sento, vi sento che urlate “Lo sapevooooo!!!”! Soprattutto voi, Zomi e Star! XD
Allora lettrici e lettori… In via del tutto eccezionale ho deciso di pubblicare ancora tre o quattro capitoli –ancora non ho deciso– prima della ZoNami week durante la quale metterò in standby le mie due long in corso *si nasconde dalla pioggia di pietre e verdura marcia*.
Questo perché ho calcolato che altrimenti avrei dovuto fare la pausa lasciando la storia in un punto “morto”, diciamo, e non mi andava proprio. Perciò insomma godetevi questa… ehm… cosa, perché poi ricomincio con gli aggiornamenti ogni due o tre giorni –fin tanto che ho sufficiente tempo libero per essere così celere e produttiva–.
Buona lettura per i prossimi capitoli.
Baci.
Piper.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Stava ridendo e scherzando coi suoi amici quando un brivido l’attraversò. Si sentiva osservata.
Si voltò e scoprì che non si sbagliava.
Tutti gli occupanti del tavolo vicino al suo la fissavano a bocca e occhi spalancati.
Nonostante il fastidio e la confusione provocati dall’essere osservata così insistentemente, non poté fare a meno di considerare che quei tizi erano una ben strana compagnia.
Un ragazzo riccio con un naso lunghissimo teneva in braccio quello che sembrava il peluche di un procione con le corna da renna. Un tizio con i capelli blu, due avambracci giganteschi tatuati e il naso di ferro sedeva accanto a quello che era inequivocabilmente uno scheletro con un’improbabile pettinatura afro. Proprio come il piccolo peluche, anche lui doveva avere mangiato un Frutto del Diavolo.
Gli unici normali sembravano essere il ragazzo moro con il cappello di paglia, quella che era chiaramente la sua donna e aveva due splendidi e materni occhi color ghiaccio e il biondo che fumava, il quale sfoggiava un buffo sopracciglio a ricciolo. Si dovette ricredere quando il ragazzo col cappello allungò il suo braccio a dismisura fino a raggiungere il tavolo a cui era seduta. Vide la sua mano avvicinarsi sempre più fino a sfiorarle la guancia coi polpastrelli di due dita.
-Ehi!!!- esclamò spostandosi da quel tocco che era stato incredibilmente delicato.
Lo guardò storta per quello strano gesto e lo vide sillabare un “Oh Kami” con un’espressione sempre più sconvolta che, lentamente, cambiò, fino a diventare un sorriso meraviglioso e luminoso come la luce del sole. Si sentì pervadere da un’improvvisa tranquillità, come se avesse potuto andare a dormire in quel sorriso sapendo che non le sarebbe accaduto nulla.
Improvvisamente, il ragazzo allungabile si mise a saltellare sulla sedia, battendo insieme le mani e le suole dei geta.
-Sorellina!!!- esclamò felice, facendole aggrottare le sopracciglia.
Ma con chi ce l’aveva?!

Notò che tutto il gruppo stavano reagendo in modo strano.
Il nasone e il peluche saltellavano sul tavolo tenendosi a braccetto mentre lo scheletro aveva estratto un violino e suonava volteggiando intorno.
Il biondo aveva lasciato cadere la sigaretta e la fissava con l’unico occhio visibile sgranato mentre un filo di sangue faceva capolino dalla sua narice sinistra.
L’uomo dal naso di ferro piangeva continuando a ripetere che non stava piangendo e che era così felice che fosse viva.
Ma chi?! Lei?!? si domandò, guardandosi intorno.

La donna la fissava con occhi colmi di lacrime e una mano davanti alla bocca a celare un sorriso di pura felicità.
Aprì la bocca, per chiedere cosa diavolo volessero da lei, ma non riuscì a emettere nemmeno un suono che un rumore di sedia strusciata le fece sollevare lo sguardo.
Dalla posizione in cui era non lo aveva notato, perché rimaneva coperto dai compagni, ma c’era un altro ragazzo seduto a quel tavolo.
Quando lo vide, il suo cuore perse un battito. Diede la colpa al fatto che fosse bellissimo.
Aveva i capelli verdi, la mascella squadrata e un occhio cieco attraversato verticalmente da una cicatrice.
Ma ciò che la colpì più di tutto fu l’intensità con cui la guardava con quello sano, nero come la notte.

Si sentiva impotente sotto a quello sguardo che sembrava penetrarla da parte a parte.
Inchiodata alla sedia, incapace di fare alcunché, lo guardò alzarsi e camminare deciso verso di lei, un’espressione  di gioia mista a incredulità sul volto.
 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Angolo dell’Autrice:
Ciao lettrici e lettori!!!
Alcuni di voi sapranno già perché sono qui… Vorrei evitare un linciaggio di massa dicendovelo a fine capitolo. Vi confermo, come già avevo, anticipato che questo è l’ultimo aggiornamento della long prima della ZoNami week che inizia domani.
Vi lascio con un capitolo che scombina un po’ tutte le vostre ipotesi e tanto tempo per farvene delle altre… XD Ah come sono gentile eh?!? *si nasconde dietro al monitor*
Dunque buona lettura!
Ci sentiamo comunque durante la ZoNami week!
Piper.
 
 

 

 

 

 

Non riusciva a credere a ciò che vedeva.
Dieci mesi!
Dieci mesi a cercarla in lungo e in largo per il Grande Blu, dieci mesi a combattere contro le lacrime e il dolore ogni giorno e ogni notte, dieci mesi a rifiutarsi di accettare la dura realtà.
E quel giorno, proprio il giorno del compleanno della sua mocciosa, quando si era finalmente deciso ad affrontare la sua perdita, eccola lì!
Un dono dei Kami, anche se lui non credeva in nessuna divinità.
Felice, sorridente, solare, bellissima. Viva!
Sentì un improvviso calore raggiungere ogni anfratto del suo corpo, regalandogli un sollievo mai provato prima, e l’impulso irrefrenabile di avvicinarsi a lei.
S’alzò senza mollarla un secondo con il suo unico occhio e la vide deglutire e trattenere il fiato sotto il suo sguardo penetrante. Gli bastarono un paio di falcate per arrivarle di fronte.
In automatico, senza che potesse controllarla, un sua mano si mosse verso il viso di lei, con l’intento di accarezzare la sua guancia diafana.
-Nami…- la chiamò con voce roca.
L’espressione confusa e accigliata che assunse lo fece bloccare con l’arto a mezz’aria.
-Prego?!?- chiese aggrottando le sopracciglia -Chi diavolo sarebbe Nami?!-
Sentì i Nakama trattenere il fiato alle sue spalle, mentre sgranava l’occhio a quella domanda.
Cosa significava?!? Non ricordava più chi fosse?! Possibile che non fosse lei?!
No era lei, su questo non c’erano dubbi!
Zoro conosceva a memoria tutte le espressioni del suo viso, il timbro della sua voce, il suo profumo di mandarino, che gli riempiva i polmoni in quel preciso istante.
Fece per parlare, senza sapere esattamente nemmeno lui cosa dirle, ma non fece in tempo ad aprire la bocca.
L’uomo accanto a Nami si alzò e, con un gesto deciso, sebbene non aggressivo, lo sospinse all’indietro.

-Sarà meglio uscire a parlare un attimo- gli disse sottovoce con un tono che non ammetteva repliche.
Zoro lo fissò interdetto e furente al tempo stesso mentre lo trascinava fuori dalla taverna, allontanandolo dalla sua fonte di vita. Ma non si oppose perché capiva bene che c’era sotto qualcosa e voleva delucidazioni su quanto stava succedendo.
Quando furono all’esterno l’uomo lo lasciò andare.
Era alto come lui, muscoloso ma meno possente, con occhi e capelli castani. A giudicare dall’abbigliamento doveva essere un mercante.
Dal suo aspetto sembrava un uomo come tanti ma a Zoro non dava una bella sensazione. E lui raramente si sbagliava.
-Zoro, l’ex cacciatore di pirati, giusto?- gli domandò senza ricevere nemmeno un cenno in risposta.
-Io sono Sander…- aggiunse tendendo la mano -…sono un commerciante di erbe e spezie-
Zoro fissò la mano senza stringerla per poi spostarsi di nuovo sul viso del mercante, con un’espressione che lasciava intendere che non gliene fregava un accidenti di chi fosse e che cosa facesse.
-Che cosa significa?- domandò glaciale indicando con il pollice l’interno della taverna.
-Ah vedo che conosci le buone maniere…- rispose quello sarcastico.
-Fa poco il prezioso, amico!- una voce nota e dura alle sue spalle, fece voltare lo spadaccino.
Usop, Rufy e Sanji, che aveva appena parlato, erano usciti dalla locanda e si stavano avvicinando con passo deciso e sguardo determinato.
-Bene, bene, bene… Rufy Cappello di Paglia… Sanji Gambanera…-
Si fermò a squadrare Usop con sguardo interrogativo e occhi socchiusi.
-…Non credo di avere il piacere…- fece per tendergli la mano ma lo sguardo di fuoco che il cecchino gli lanciò lo fece desistere, non perché facesse particolarmente paura ma perché era chiaro che non avrebbe ottenuto una reazione diversa da quella dello spadaccino.
-Allora cosa sta succedendo?!- chiese Usop incrociando le braccia al petto.
Era incredibile la sua determinazione, non lo avevano mai visto così.
-Suppongo vi riferiate a Miku…-
-Chi diavolo è Miku?!- domandò spazientito il cuoco, il filtro della sigaretta ormai distrutto dal digrignare i denti.
-Miku è la navigatrice della mia nave! Ma, come immagino abbiate già capito, una volta aveva un’altra identità!-
-A noi non importa niente della tua navigatrice okay?!? Noi siamo qui per Nami!- affermò il capitano guadagnandosi un’occhiataccia da parte di Sanji e Usop.
La mente di Zoro lavorava febbrile, cercando di elaborare le informazioni che stava ricevendo.
-Razza di baka!- inveì Sanji a denti stretti contro il capitano -È proprio questo il punto! Nami è la loro navigatrice!-
-Ma non è vero! Nami è la nostra navigatrice! La loro navigatrice si chiama Miku!-
-Oh Kami del cielo!- gemette Usop spalmandosi una mano sulla faccia -Ma come fai a essere così lento di comprendonio?!? Il Frutto del Diavolo ti ha trasformato in gomma anche il cervello?! Miku e Nami sono la stessa persona!!!-
-Cioè volete dire che Nami ha due nomi e non ce lo ha mai detto?!- domandò Rufy grattandosi la testa, con il capo inclinato da un lato, sbattendo le palpebre perplesso.
Usop si avvicinò esaminandolo come se fosse un raro fossile preistorico.
-Dimmi la verità… Robin l’hai drogata vero?! E’ per quello che sta con te!- chiese provocando un momentaneo crollo di Sanji che, data la tensione nell’aria e la gravità della situazione, si concesse solo un piccolo ululato, al pensiero della sua dea tra le braccia di quell’imbecille di gomma del capitano, prima di riprendere controllo su se stesso.
-Quindi Miku è Nami giusto?!-
Cecchino e cuoco annuirono.
-E se Miku è la loro navigatrice allora…- lo guardarono speranzosi -…significa che Nami è la loro navigatrice!-
-Esatto!- affermò il nasone illuminandosi.
Il capitano sorrise, felice di essere riuscito a capire il nocciolo della questione, per poi socchiudere improvvisamente gli occhi in un’espressione contrariata.
-Ehi!!!- si girò verso Sander incrociando le braccia al petto -Ce la devi restituire! Nami è nostra!!!-
Sanji lo appiattì al suolo con un calcio.
-Bada a come parli, cretino! Nami-swan non è un oggetto!-
-Ahia, Sanji!- protestò massaggiandosi il cranio -Andiamo hai capito benissimo cosa volevo dire! Nami è una nostra Nakama, il mio primo ufficiale e la nostra navigatrice!- concluse tornando a fissare in tralice il commerciante.
-Non più ormai!- rispose quello restituendogli l’occhiataccia e facendo ringhiare Zoro, che non era riuscito a spiccicare mezza parola, troppo impegnato a non cedere all’istinto di strangolare quel bastardo che aveva di fronte.
-Che diavolo vorresti dire?!?- ringhiò idrofobo lo spadaccino.
-Che lei non ricorda più niente di quando era una pirata! Anzi non ricorda più niente della sua vita quando era ancora Nami, la Gatta Ladra! Ora ha una nuova vita e non tornerà più con voi! È felice con noi! È felice con me!- affermò,  ghignando sadico, ma subito un lampo di paura attraversò i suo occhi, nel ritrovarsi una lama bianca, sfoderata alla velocità della luce, ad accarezzargli la giugulare.
-Che cosa le hai fatto, bastardo?!? Lei non avrebbe mai rinunciato alla sua vita con noi!-
-A dire la verità dovreste ringraziarmi!- continuò a parlare strafottente nonostante la situazione in cui si trovava –L’ho ripescata io, mentre fuggiva da una nave della Marina! Era in fin di vita! L’ho salvata e le ho dato una nuova identità!-
-Le hai fatto il lavaggio del cervello!!!- ringhiò fuori di sé il samurai.
-L’ho fatto per proteggerla…- disse ghignando viscido e sollevando un sopracciglio.
-Ma di che stai parlando?!- chiese spazientito il cuoco, digrignando i denti.
-Voleva tornare da voi nonostante avesse la Marina alle costole! Troppo pericoloso per noi e per lei da sola! Ma era così testarda… Non ho avuto alternative!-
Il ringhio del samurai aumentò ancora.
-Abbiamo fatto in modo che chiunque…- iniziò il capitano.
-…potesse mettersi in contatto con voi, sì! Ma l’ho scoperto troppo tardi!- disse stringendosi nelle spalle con finta innocenza.
Maledetto bastardo!
-E poi…- aggiunse -…tenendola con me l’ho protetta!- disse con un sorrisetto che lasciava intendere quanto godesse nel vederli così sofferenti e impotenti.
-Lei è una nostra Nakama! Solo noi abbiamo il diritto di proteggerla!- la voce di Zoro ormai era un sibilo.  
-Ah! Come l’avete protetta il giorno che l’hanno catturata?!- chiese, retorico.
Zoro lo lasciò andare indietreggiando.
Era come se gli avesse tirato un pugno in piena faccia.  
Era tutta colpa sua e lo sapeva.
Da dieci mesi non faceva che ripetersi che avrebbe dovuto difenderla meglio quel giorno, che sarebbe dovuto stare più attento a lei anziché buttarsi come suo solito nella mischia…
-Io non ti credo!- disse il capitano fissandolo con sguardo truce -Nami non può averci dimenticato!-
Sander ricambiò lo sguardo, squadrandolo da capo a piedi.
Era cocciuto quel ragazzino!
-D’accordo! Se ne siete così convinti allora perché non andiamo un po’ a chiacchierare con lei?! Magari si ricorda qualcosa!- disse con un tono che lasciava intendere quanto fosse certo che non sarebbe mai accaduto.
Si guardarono a disagio.
Se Sander avesse avuto ragione, affrontare la realtà sarebbe stata durissima.
Ma, si sa, un vero capitano fa qualsiasi cosa pur di riavere un proprio compagno e Monkey D. Rufy era il capitano più ostinato del Grande Blu.
Si avviarono dietro al mercante stringendo le mani fino a farsi sanguinare i palmi.

Solo Zoro rimase indietro, lo sguardo fisso a terra, il torace che si alzava e abbassava in un respiro affannato. Usop tornò verso di lui finché non gli fu di fronte.
Stringersi le spalle a vicenda sembrava essere diventato il nuovo modo di comunicare dei Mugiwara in quel periodo.
-Comunque vada almeno sappiamo che è viva- affermò.
Zoro lo guardò sconvolto per poi annuire lentamente.
Seguì il cecchino, domandandosi dove avrebbe trovato la forza di stare seduto allo stesso tavolo di quel dannato verme senza nuocergli, senza rendersi conto che tutta la forza di cui aveva bisogno lo aspettava già seduta al tavolo della locanda.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Angolo dell’Autrice:

Ciao gente! Sono tornata!
Scusate ma ieri sono stata fuori di casa più di dodici ore!
Buona lettura!
Piper.
PS: mi sono dimenticata di scrivere che Miku in giapponese significa "Bel tempo". 

 


Appena tornati sulla Sunny Zoro si diresse dritto alla palestra e ci si rinchiuse, intenzionato a non uscirne per giorni, mentre il resto della ciurma si era riunito per discutere il da farsi in cucina, così che Sanji potesse cominciare a preparare la cena.
Quando erano rientrati per parlare con Nami e avere una conferma o una smentita delle parole di Sander avevano trovato i tavoli delle due ciurme uniti. Non ci avevano messo molto a capire che il merito era di Robin, che era riuscita ad agganciare una conversazione con l’equipaggio di Sander e stava amabilmente chiacchierando con la sua sorellina, seduta tra lei e il mercante. Chopper era riuscito a farsi prendere in braccio in tempo zero e si stava crogiolando nelle carezze della sua ritrovata compagna, mentre Franky la guardava cercando inutilmente di trattenere lacrime di gioia che scorrevano copiose, malcelate dai suoi troppo piccoli occhiali da sole. Un vistoso bernoccolo sulla testa di Brook testimoniava che lo scheletro aveva già tentato di scoprire il colore delle sue mutandine.
Si erano avvicinati uno dopo l’altro.
Zoro non aveva mai provato tanta ansia in vita sua.
Non appena era entrato, Robin si era alzata per andare a sedersi di fianco al suo uomo lasciando libera la sedia accanto a Nami per lui. Aveva titubato solo un istante prima di dirigersi con passo malfermo ma sguardo sicuro verso la sua mocciosa e si era seduto accanto a lei fissando la superficie del tavolo e restando in silenzio per alcuni minuti.

-Ehi! Ma tu guarda che razza di maleducato! Di un po’ adesso non ci si presenta nemmeno più?! Sei proprio un buzzurro!-
Meravigliose, stupende parole. Credeva che non le avrebbe sentite mai più. Lo avevano convinto a sollevare la testa e incrociare i suoi occhi di cioccolata, nei quali aveva rischiato di sprofondare mentre il cuore accelerava i battiti. L’aveva vista rivolgergli un sorriso che subito aveva ricambiato con un ghigno sghembo.
-Io sono Miku!- aveva detto tendendogli una mano.
-Miku?! E che razza di nome è?- aveva chiesto provocatorio, facendole assottigliare lo sguardo.
-Perché tu come ti chiami?!-
-Zoro…- aveva risposto dopo un attimo di esitazione. Gli era sembrato di notare un fremito nei suoi occhi e aveva sentito la speranza riaccendersi in lui.
-Sarà bello il tuo!-
-Bah fa lo stesso! Tanto io ti chiamerò con il nome che meriti!-
-Cioè?!-
-Mocciosa!-
Per la prima volta era stato felice di ritrovarsi con la faccia spalmata sul tavolo da un suo pugno fumante.
-Cavernicolo senza cervello!- aveva inveito contro di lui. Ma quando aveva sollevato la faccia dalla superficie di legno, massaggiandosela con sguardo imbronciato, l’aveva sentita ridere e girandosi aveva trovato nuovamente un sorriso rivolto a lui ad attenderlo.
Avevano chiacchierato a lungo e Zoro aveva pensato di stare sognando tanto si sentiva bene. Si era dimenticato di tutto, il dolore, i dubbi, la presunta amnesia di Nami, non notava nemmeno il colore diverso dei suoi capelli. Finché la voce di Sander non li aveva interrotti, ammiccando e sorridendo laidamente.

-Miku, tesoro, perché non racconti qualcosa di te ai nostri nuovi amici?!-
-Uh?! Di me!? E perché?!- aveva chiesto perplessa.
-Beh sembrano non avere occhi che per te!-
Si era guardata intorno e aveva notato quanto fosse vero. La metà del tavolo che ospitava la ciurma di pirati la stava fissando in apnea.
Era il momento della verità.
Lei si era stretta nelle spalle e poi aveva iniziato a raccontare. Delle sue origini, delle sue aspirazioni, di come vedeva il suo futuro.
Mentre parlava, i Mugiwara avevano sentito il cuore sprofondare sempre di più, cercando tuttavia di non darlo a vedere dalle loro espressioni.
Era stato tutto inutile! Per due ore avevano chiacchierato senza posa, parlandole di Coconut Village, del Mare Orientale, di tutte le avventure vissute insieme ma la ragazza non aveva dato il minimo segno di cedimento. In quel momento parlava sicura di sé di una vita che non era la sua. Quella non era Nami. Era lei ma non era più lei.

Zoro aveva faticato a mantenere la calma e solo una mano di Robin , spuntata sotto il bordo del tavolo per stringere la sua, era riuscita a non farlo esplodere. Aveva stretto forte, intrecciando le loro dita, rischiando di fare male all’archeologa che, tuttavia non aveva mollato, sapendo quanto bisogno di conforto avesse Bushido-san in quel momento così duro per loro, figuriamoci per lui.
Quando Sander, con estrema strafottenza e compiacimento per avere finalmente dimostrato che Nami non era più Nami e che quindi non lo avrebbe mai abbandonato per tornare da loro, si era sporto verso di lei per omaggiarla di un bacio sul collo Zoro aveva estratto parzialmente la Wado Ichimoji, incapace di trattenersi. Ma si era bloccato vedendo lo sguardo e il sorriso di Nami, sguardo e sorriso che conosceva bene perché spesso erano stati rivolti a lui.
Così felice.
Così innamorata.
Se lo avesse ferito o ucciso l’avrebbe solo fatta soffrire, senza comunque riuscire a farle ricordare alcunché.
Si era sentito morire. Non era più la sua mocciosa e non sapeva se sarebbe mai tornata a esserlo.

Si era alzato in piedi rumorosamente, pregando il capitano con lo sguardo di andarsene da quel posto, andarsene da tutta quella sofferenza, andarsene da lì.
Rufy aveva subito agito sostenendo che dovevano urgentemente tornare alla nave e Sander, naturalmente, non si era opposto. Zoro era uscito dalla locanda senza nemmeno degnarla di uno sguardo mentre il resto dei Nakama salutava, compensando la sua apparente mancanza di buone maniere.
 

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


-Rufy che facciamo?!- chiese Usop, agitato.
Si era comportato stoicamente alla taverna ma ora non riusciva ad accettare la realtà.
-Non lo so Usop! Sono confuso!-
-Non possiamo lasciarla nelle loro mani!- intervenne convinto il cuoco.
-E che vuoi fare, rapirla?! Non sembrava stare lì contro il suo volere…- gli fece notare Robin, con uno sguardo sofferente.
-Ci dovrà essere un modo per aiutarla a recuperare la memoria…- tentò Brook, ricevendo però un cenno di diniego dal medico di bordo.
-Siamo stati ore a parlare con lei delle nostre avventure insieme ma non ho notato nessuna reazione. Se si trattasse di un’amnesia passeggera la nostra presenza avrebbe dovuto riscuoterla almeno un po’- disse sconsolato come non mai.
-Magari parlando con la sorella in modo più diretto…-
-Sono tutti tentativi a vuoto… Rischiamo solo di farle del male!- affermò convinta la piccola renna.  
Si guardarono senza sapere cosa dire. L’istinto gli diceva di prenderla e portarsela via ma razionalmente sapevano che rischiavano solo di farle rivivere la tragedia di cui era stata vittima alcuni mesi prima. Anche tentare di farle recuperare la memoria in modo così brusco e avventato rischiava di essere controproducente.
-Avete notato le parole di Sander?! - intervenne il cecchino.
-Quali in particolare?!- chiese Sanji, digrignando i denti solo a sentire quel nome.
-“Le ho dato una nuova identità”… È un’affermazione interessante…- mormorò, pensieroso, tenendosi il mento con una mano
-Che vuoi dire fratello?!- aggrottò le sopracciglia il cyborg.
-Voglio dire che non è come se le avesse suggerito un nuovo nome e le avesse fatto tingere i capelli… quando Nami ci ha parlato di se stessa alla locanda… non era una semplice frottola raccontata a memoria… ci credeva davvero! Io non credo che abbia perso i suoi ricordi prima di incontrare quel mercante!- affermò convinto, guardando i suoi Nakama che ricambiavano sconvolti -Forse… se scoprissimo come hanno fatto a cancellarglieli e a inculcarle tutte quelle informazioni…-
-…potremmo anche trovare un modo per farle tornare la memoria!- concluse il cuoco accendendosi una sigaretta.
-Robin, Chopper!- li chiamò il capitano -Potete documentarvi, provare a scoprire qualcosa?-
I due annuirono convinti prima di dirigersi verso la biblioteca.
Rufy si avvicinò a Sanji che guardava fuori verso la coffa, dove il loro vicecapitano si stava consumando lentamente, come una candela accesa da troppo tempo. Gli diede una pacca sulla spalla.
-Non è ancora detta l’ultima parola!- affermò con un sorriso a trentadue denti che ancora faticava a illuminarlo come faceva una volta.
Sanji annuì convinto.
-Hai ragione! Io non mi arrendo!-

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


-Allora?!?-
-Ha detto che non ha fame- rispose apatico Sanji, rientrando in cucina.
-Adesso vado là e lo sistemo io!- disse Usop, avviandosi verso la porta della cucina per uscire sul ponte e salire in coffa -La deve finire con questo atteggiamento, non fa bene a lui…- continuava a camminare sul posto, senza accorgersi che una manona di Franky lo teneva bloccato dalla spalla, impedendogli di proseguire -…non fa bene a noi e non… Ehi ma… Franky! Mollami!-
-Sta calmo! Devi dare tempo a fratello samurai di riprendersi!-
-Ma se continua così non si riprenderà mai!!!- affermò spazientito, girandosi verso il cyborg e voltando le spalle all’uscio.
-Usop ha ragione!- annuì convinto il capitano -Andiamo a prenderlo!-
Ma quando si voltarono per uscire se lo trovarono davanti, fermo sulla porta, lo sguardo sofferente ma fiero.
Entrò nella stanza senza dire una parole e si versò un bicchier d’acqua per poi sedersi al tavolo accanto al carpentiere.

-Amico, come va?!-
-Di schifo!- rispose, accennando però un debole sorriso.
-Ti preparo qualcosa da mangiare?-
Lo spadaccino scosse la testa non senza rivolgere uno sguardo di gratitudine al cuoco.
-Robin e Chopper hanno scoperto qualcosa?- domandò.
Sanji lo aveva informato, attraverso la porta chiusa, di cosa era successo poco prima in cucina.  

Come se lo avessero sentito, medico e archeologa fecero la loro apparizione sulla soglia della cucina, lo sguardo grave e un libro stretto tra le mani di lei. “Guida al riconoscimento delle erbe mediche”.
-Capitano- lo chiamò facendogli accelerare i battiti del cuore, come sempre quando incrociavano i loro sguardi, restando immancabilmente incatenati con gli occhi -L’abbiamo trovato-
 

Angolo dell’Autrice:

Ciao gente splendida!
Come va?! Allora sembra il periodo dei dubbi esistenziali per noi autrici. Oggi è il mio turno!
So che l’estate è iniziata e ci tengo a precisare che non sto facendo la prima donna ma non ho potuto fare a meno di notare un’improvvisa diminuzione nei lettori e nelle recensioni… Così chiedo a voi, voi che mi seguite, cosa faccio? Mi metto in stand by per un po’, pubblicando solo qualche storia ogni tanto e ci risentiamo a settembre o continuo così? Naturalmente l’eventuale pausa non vale per questa long! Questa continuo ad aggiornarla finché non è finita!
Ditemi voi perché se voi ci siete io ci sono!
Piper.

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


-Si chiama Goccia di Lete, è molto raro e costoso- stava spiegando Robin, mostrando la foto di un fiore molto simile a una calla ma più piccolo e di un intenso color turchese. -È un prodotto di contrabbando ma per lui non sarà stato un problema trovarlo dato che commercia erbe e spezie.-
-Perché è così caro?!- chiese il cuoco aggrottando il sopracciglio.
-Per il potere del suo polline!- intervenne la renna -Si preleva dal pistillo e si può mischiare a cibi o bevande…-
-E che effetto ha?- domandò il samurai, certo di conoscere già la risposta.
-Perdita di memoria a lungo e breve termine- rispose impassibile l’archeologa.
Il samurai chiuse l’occhio in un gesto rassegnato e sofferente, mentre stringeva a pugno le mani appoggiate sulla superficie del tavolo.
-Come mai siete così certi che abbia usato questo?-
-Perché tutto coincide! Questo fiore non intacca la personalità ma solo la memoria. Ha un effetto narcotico su chi lo assume e nella fase di sonno si possono inculcare nuovi ricordi nella mente del soggetto, cancellando e sostituendo completamente quelli vecchi-
-Quindi lo abbiamo trovato!- affermò il cecchino illuminandosi.
Robin e Chopper annuirono.
-SUPER!!!-
-Ma è una bellissima notizia!!! Ora possiamo rimediare!!!- disse il capitano, sorridendo gioioso. -Perché quelle facce lunghe?!- chiese poi perplesso, vedendo che i due Nakama si scambiavano occhiate serie.
-Non vi abbiamo ancora detto tutto…- disse la renna facendo trattenere il fiato ai compagni. Franky si bloccò nella sua posa preferita mentre il suo sguardo perdeva un po’ della felicità che lo aveva colto poco prima. Robin si avvicinò al suo uomo, posandogli una mano sul braccio. Rufy si voltò a guardarla alla ricerca di risposte.
-Che succede?-
Con un tono che sembrava adatto a pronunciare una sentenza di morte Robin parlò.
-Non c’è rimedio… L’effetto è permanente e irreversibile… Non esiste nessuno che abbia recuperato i suoi vecchi ricordi dopo averlo assunto… -
 

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


-Zoro!!! Fermati dannazione!!!-
Lo rincorsero fuori dalla cucina sul ponte.
Ringhiava scostando bruscamente chiunque o qualsiasi cosa intralciasse il suo cammino verso la vedetta.

Se da qualche parte esisteva un dio, ebbene era più ingiusto di Eneru.
Come poteva essere che, dopo avere sofferto così tanto, l’avesse ritrovata solo per perderla di nuovo??? Perché???
Sarebbe stato meglio non scoprire nemmeno che era viva. Ormai stava per accettare la sua morte…
Ma che stava dicendo?!? Razza di egoista!!!
Come poteva pensare che avrebbe preferito saperla morta piuttosto che lontana da lui, tra le braccia di un altro?!
Quella situazione gli stava facendo perdere il senno.
Sarebbe dovuto essere felice di saperla viva e al sicuro…
Ma quella non era la vita che Nami aveva scelto!
Nami era felice di essere una pirata, la navigatrice di Cappello di Paglia, la sua mocciosa!
Quella non era Nami… Era Miku…
Nami era comunque morta e adesso lui doveva ricominciare da capo quel processo di dolore, negazione, accettazione che aveva richiesto così tanto tempo a concludersi…
Ma ne sarebbe stato in grado?!
Sapendo che Nami era viva, che la sua pelle profumava ancora di mandarino e i suoi occhi si illuminavano ancora di felicità, sarebbe stato in grado di lasciarla andare senza soccombere al dolore?!
-Zoro!!!-
Si sentì afferrare da dietro e fu obbligato a voltarsi.
Sanji lo aveva raggiunto e bloccato.
Si ritrovò a fissare allucinato i suoi compagni, che lo guardavano supplici.
Fu Usop a parlare.
-Zoro ti prego! Non farlo! Non richiuderti di nuovo in palestra! Tu sei più forte di così!-
Zoro lo guardò fuori di sé, tremando di rabbia e di dolore.
-Forte?!? Tu credi che io sia forte?! Se fossi forte… Nami ora sarebbe qui con noi… Perché quel maledetto giorno di quasi un anno fa, l’avrei protetta e non avrei permesso che la portassero via… Io non sono forte!!! Io sono solo un povero spadaccino idiota che ha appena perso tutto!!! LO CAPISCI?!? ME L’HANNO PORTATA VIA PERCHÉ NON SONO STATO CAPACE DI DIFENDERLA!!! È COLPA MIA!!! E ADESSO LEI È TRA LE BRACCIA DI UN ALTRO UOMO, FELICE!!! E IO POSSO AVERCELA SOLO CON ME STESSO PER QUESTO!!! PERCHÉ SONO DEBOLE, DANNATAMENTE DEBOLE E LEI NON SARÀ MAI PIÚ LA MIA NAMI!!!-
Lo guardarono interdetti mentre urlava tutta la sua rabbia e il suo dolore, fino a spolmonarsi e farsi bruciare la gola per il troppo gridare.
Nessuno osò fermarlo mentre saliva verso la coffa, deciso a chiudersi di nuovo in palestra.
Si guardarono consci che, quando sarebbe uscito di lì, non sarebbe stato lo stesso uomo che ci era entrato.
Rufy si girò verso la cucina.
Avevano lasciato la porta aperta e, da lì, poteva vedere il fuoco che scoppiettava allegro sotto la pentola dello stufato.
-Dubito che qualcuno di noi mangerà stasera…- disse, voltando lentamente il viso verso il cuoco -…Credo sia meglio se vai a spegnere lo stufato, vicecapitano…-
Sanji lo guardò sconvolto.
Poi si riscosse e annuì piano.
Niente sarebbe mai più stato come prima.
 

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Angolo dell’autrice:

Ciao a tutti!

Gli angoli dei chiarimenti si sprecano in questi giorni e, per quel che mi riguarda, dovrebbe essere l’ultimo per me. Scusate se ne approfitto ma non posso continuare a scrivere su questo fandom se prima non chiarisco questa cosa.

Ho visto che il dibattito di settimana scorsa riguardo recensioni/impegno/grammatica/numero di visite ha preso più piede del previsto e rileggendo il mio contributo sono inorridita. Sono impulsiva, ho scritto di getto e solo l’altro ieri mi sono resa conto di come le mie parole potessero essere male interpretate. Alcune autrici le ho contattate personalmente per chiarire ma mi sono accorta che ci tenevo a spiegarmi con più gente possibile. Ora quella recensione l’ho modificata perciò per chi non l’ha letta sto per dire cose che equivalgono a come se parlassi arabo.

Punto primo:

Nella recensione in questione ho sottolineato che mi sembrava di essere apprezzata come autrice… Io sono fondamentalmente insicura quando si tratta di integrarsi in un gruppo e spesso sento il bisogno di legittimare i miei interventi nelle discussioni. L’ho fatto anche stavolta, sbagliando due volte perché, non solo non era necessario, ma è anche sembrato che mi stessi vantando. Non è così.

Punto secondo:

Ho parlato di autrici con la A maiuscola, annoverandomi in quel numero ma non mi stavo autoelogiando. Non lo farei mai. Non credo di essere arrivata, anzi non ci sono nemmeno vicina. Mi sto ancora facendo le ossa e di strada da fare ne ho ancora parecchia. Ciò che intendevo era una cosa molto diversa e anche qui ho sbagliato la combinazione dei termini, colpa della fretta e del fatto di essere infervorata in quel momento. Credo che scrivendo su questo fandom tutti ci consideriamo dei dilettanti, insomma di certo io lo sono… considerato che nessuno qui scrive per professione penso che la cosa che contraddistingue un’autrice/autore che prende seriamente ciò che fa sia l’impegno che ci si mette nello scrivere, al di là del talento e della bravura. Parlando di autrici con la A maiuscola intendevo questo, intendevo le autrici che si impegnano. Per questo mi sono permessa di autodefinirmi tale perché è vero che ci metto impegno in questa cosa. Ma non mi considero un’autrice di serie A, nel modo più assoluto. Anzi…

Spero di essermi spiegata, spero vivamente che nessuno mi consideri una prima donna perché non lo sono.

Niente, mi fermo qui. Forse penserete che mi sono tirata una tega mentale assurda ma io preferisco essermi chiarita. Perciò grazie per aver sopportato il mio sfogo e ora vi auguro una buona lettura.

Un bacio.

Piper.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Stava sdraiato sul pavimento di legno, gli occhi infossati nelle assi del soffitto.
Immobile, perfettamente immobile, cercava disperatamente di ignorare la morsa che si era chiusa sul suo cuore come fosse stata una tagliola.
Avrebbe voluto disporre di una cifra illimitata di berry per trovare quel maledetto fiore e usarlo su se stesso.
Lui, il grande samurai, capace di sopportare il dolore sia fisico che spirituale grazie ad anni e anni di meditazione, ora stava soccombendo. Vittima del più bastardo dei sentimenti, quello che aveva cercato di evitare con tutte le sue forze perché consapevole di quanto fosse facile cascarci e quanto fosse altrettanto facile starci male.
E, precisamente mentre era così concentrato a non prendersi una cotta epocale per l’archeologa, così simile a lui nel modo di fare e di rapportarsi col mondo e, proprio per questo, l’unica ai suoi occhi che potesse davvero rappresentare un rischio, una mattina si era svegliato con l’improvvisa epifania di un amore inaspettato, a causa di un sogno rivelatore che non riusciva a scacciare dalla sua mente.
Si era innamorato sì, ma non di Robin. Di Nami.
Nami che silenziosamente e pazientemente si era fatta strada attraverso la sua corazza, aspettando con la stessa calma di un eremita che lui fosse pronto.
Pronto a lasciarsi andare, pronto a cadere tra le sue braccia, pronto a diventare suo.
Perché lei lo aveva sempre saputo che si appartenevano, che era solo questione di tempo.
E ora era lei quella che non gli apparteneva più.
Ora toccava a lui avere pazienza e sopportare in silenzio un amore non ricambiato.
Con la sola differenza che lui aveva l’assoluta certezza che non l’avrebbe riavuta indietro mai.
Sentì lo stomaco contorcersi a quel pensiero e si tirò su a sedere per fare qualche flessione nella speranza che lo sforzo fisico lo aiutasse in qualche modo. Solo allora, dopo essersi sollevato con il busto, si accorse di un occhio ceruleo che, apparso al centro della porta chiusa a doppia mandata, lo fissava. Subito fu seguito da un paio di labbra carnose.
-Bushido-san!- lo chiamò -Apri! Ho bisogno di parlarti!-
Zoro non rispose, mettendosi in posizione per cominciare le flessioni.
-Zoro!-
Cominciò a piegarsi rapido sulle braccia arrivando a sfiorare il pavimento con il naso per poi tirarsi su, stendendo di nuovo gli arti. Continuò per un po’ sentendo lo sguardo dell’archeologa puntato su di lui, ignorandolo con ostinazione.
-E va bene lo hai voluto tu!- disse a un certo punto.
Senza smettere di piegarsi sulle braccia, Zoro voltò il viso di un quarto per vedere un braccio spuntare sotto a occhio e bocca e trafficare con la serratura. Si tirò su muovendo qualche passo verso l’uscio.
-Robin non…-
Ma si fermò quando vide la porta aprirsi e la donna del capitano entrare nella palestra, richiudendosi la porta alle spalle. In mano teneva il lumacofono.
-Dobbiamo parlare!- ripeté guardandolo severa.
Zoro soffiò dal naso infastidito per quell’intrusione ma, dopo un attimo, annuì invitandola a sedersi sulla panca che costeggiava la parete in tutta la sua lunghezza.
Si sedette in modo da poterla vedere con l’occhio buono.
-Rufy ha ordinato che nessuno provi a parlare con Nami per cercare di farle recuperare la memoria- disse senza tanti preamboli. Zoro la fissò impassibile invitandola con lo sguardo a proseguire.
-L’effetto di quel fiore è troppo potente. Chopper ritiene che sarebbe tutto inutile e finiremmo solo per causarle dolore e il capitano non vuole sconvolgerle ancora la vita…- continuò sostenendo il suo sguardo -…io però non sono d’accordo!-
La guardò con la fronte corrugata, ancora senza commentare, in attesa.
-Penso che un forte shock potrebbe aiutarla! Almeno credo che valga la pena tentare!-
Zoro scosse la testa.
-Non funzionerebbe e la farebbe solo soffrire…-
Lo guardò sconsolata.
Possibile che dopo tutti quei mesi ad aggrapparsi a un’inesistente speranza, si fosse arreso proprio adesso che l’avevano trovata? Possibile che non riuscisse a trovare la forza di fare quell’ultimo tentativo, per quanto disperato?
-Vuoi veramente arrenderti?! Adesso?!?-
-L’hai vista anche tu no?! È felice con lui! Lo ama!-
-Quello non è vero amore!-
-E che differenza fa?! Tanto non possiamo fare niente!!!-
-Non ti fidi di me?-
-Con tutto il rispetto Robin, sai che per me sei come una sorella maggiore e che ti stimo moltissimo ma… non sei tu il medico…-
-Sapevo che lo avresti detto!- sorrise trionfante e, una volta tanto, non enigmatica -per questo credo che dovresti sentire cos’ha da dirti chi sta all’altro capo di questo lumacofono- disse tendendogli  il microfono assicurato alla chiocciola.
Lui lo afferrò e se lo portò alle labbra perplesso.
-Pronto?- disse con voce monocorde.
-Roronoa cosa mi combini?!- una voce sarcastica lo fece sobbalzare.
Si concentrò sulla creaturina che lo fissava dal palmo aperto di Robin. Lo fissava a occhi socchiusi con un ghigno strafottente sottolineato da uno stupido ed inutile pizzetto.
-Law?!- domandò scocciato, senza riuscire a nascondere una nota astiosa nella sua voce.
-Allora Roronoa… Avete ritrovato Nami-ya a quanto mi dicono…-
-Già… peccato che non si ricordi assolutamente chi sia realmente…-
-E tu ti rifiuti di aiutarla a recuperare la memoria-
-Bada a come parli, chirurgo! Non mi sto rifiutando, è che è tutto inutile! E lei non deve soffrire!- si alterò il samurai.
-E cosa ti fa pensare che sia tutto inutile?-
-Gli effetti di quel maledetto fiore sono permanenti… Altrimenti l’avrei già portata via e avrei dato una lezione a quel bastardo…- disse digrignando i denti.
-Ma un forte shock potrebbe riscuoterla!- affermò convinto il moro facendogli sgranare l’occhio mentre guardava Robin che si apriva in un sorriso.
-Lo pensi davvero?!-
Okay, lui e Law non andavano molto d’accordo ma era un bravo medico e, in fondo, erano rimasti in buoni rapporti. Sapeva che non gli avrebbe mai consigliato qualcosa che potesse far soffrire Nami se non ci fosse stata almeno una pallida speranza di successo.
-Ti avverto, ci sono poche probabilità che funzioni ma visto che l’alternativa è lasciarla nelle mani di quel farabutto…-
A quel pensiero Zoro strinse i pugni fino a sbiancare le nocche.
Aveva ragione! Law e Robin avevano ragione! Però…
-Preferisco stare male io che far soffrire lei inutilmente…-
-Non è detto che sia inutile-
-Lo hai appena detto tu che le probabilità che funzioni sono poche!-
-Mi stupisci Roronoa… davvero la reputi così debole da non essere riuscita a conservare dei ricordi di voi?!-
No! Aveva ragione! Nami era forte! Più forte di lui a volte. Trattenne il fiato.
-Parliamo di una vostra compagna! E, a quanto ho visto, mi sembra che per te sia anche qualcosa di più…- lo provocò senza però ottenere risposta.
-Allora?! Ti ho convinto?- 
-Sì!- affermò Zoro annuendo anche con la testa, dopo un attimo di esitazione.
-Molto bene!- disse soddisfatto –Allora, buona fortuna, Roronoa… Nico-ya…
-Arrivederci Dottore…-
-Law!- lo richiamò Zoro prima che attaccasse.
-Mh?-
-Grazie…-
Vide la lumaca sogghignare prima di chiudere gli occhi mentre lui riagganciava.

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Il sole calava lentamente, cominciando ad infuocare il cielo mentre Zoro correva verso la taverna, pregando mentalmente di non perdersi una volta tanto.
Robin gli aveva detto che la nave di Sander aveva bisogno di riparazioni e quindi la ciurma del mercante avrebbe alloggiato alla locanda.
Non sapeva nemmeno lui cosa avrebbe detto o fatto, sapeva solo che era disposto a tutto pur di riavere Nami con sé. Per un attimo si era lasciato dominare dallo sconforto ma, per fortuna, l’archeologa non aveva desistito e, con l’aiuto del più inaspettato degli alleati, era riuscita a ritrovare Roronoa Zoro dentro a quel guscio vuoto in cui lo spadaccino si stava trasformando.
Capì, dopo una mezz’ora buona di vagare senza meta, che le sue preghiere non erano state ascoltate e stava già per arrendersi e chiedere informazioni quando, svoltato un angolo, ecco finalmente la taverna in cui, quel pomeriggio, aveva ricominciato a vivere ed era morto di nuovo nel giro di qualche ora.
Si fermò, ansante, davanti alla porta, indeciso sul da farsi. Se Sander l’avesse intercettato prima che lui riuscisse a trovare Nami non gli avrebbe mai permesso di parlarle. E lui voleva davvero evitare di commettere un omicidio.
D’altra parte doveva entrare per forza.
Tese una mano verso la porta ancora titubante.
-Ehi, ma guarda un po’! Il buzzurro dai capelli verdi!-
Trattenendo il fiato e deglutendo a vuoto, Zoro si voltò.
Ed eccola lì, sorridente e bellissima, come sempre, che lo fissava con uno sguardo furbo negli occhi.
La sua mocciosa.
-Zoro, giusto?!- chiese poi avvicinandosi.
Riuscì solo ad annuire, il samurai.
Avrebbe voluto che quel momento durasse in eterno.
Non voleva farla parlare e sentire che Nami non si ricordava niente di lui, di loro, dell’amore che li legava. Ma quella era precisamente la sua missione e mai Roronoa Zoro si era lasciato ostacolare da qualcosa nel portare a termine il compito che gli veniva affidato.
Era lì per se stesso, certo, ma anche i suoi compagni soffrivano per la perdita di Nami.
Doveva tentare, per tutti loro.
-Ciao mocciosa!- disse, ghignando strafottente e incrociando le braccia al petto nella speranza di nascondere il tremito che lo scuoteva, più evidente nelle mani.
-Fai fatica ad articolare il mio nome?!- chiese, assottigliando lo sguardo.
Lui si limitò a stringersi nelle spalle.
Sempre di molte parole!
-Che ci fai qui?! Hai bisogno di Sander?! Te lo vado a chiamare se vuoi!- disse indicando l’interno della locanda con un dito.
La fortuna era dalla sua parte. A quanto pare Nami era fuori da sola. Era l’occasione perfetta.
-Veramente cercavo te!-
La ragazza perse un paio di battiti.
Quello spadaccino le faceva uno strano effetto. Anche quel pomeriggio alla locanda non era riuscita a chiacchierare con nessun altro dopo che era entrato e le si era seduto accanto. Levargli gli occhi di dosso poi, non era nemmeno contemplato.
Si vergognò di sentirsi così emozionata per l’affermazione di lui. Lei aveva già un uomo, che amava e che l’amava con passione e devozione.
Era sempre stata vanitosa e le piaceva sapere di essere guardata ma con quel samurai era diverso. Non era semplice autocompiacimento per essere riuscita ad attirare l’attenzione di un uomo simile. Aveva l’impressione che l’idea che quel ragazzo non provasse interesse verso di lei l’avrebbe uccisa.
-Davvero?!- disse aggrottando per un secondo le sopracciglia mentre non riusciva a impedirsi di sorridere.
-Sì… Oggi è stato piacevole chiacchierare con te…-
-Chiacchierare implica che entrambi gli interlocutori parlino… Tu più che altro grugnivi e rispondevi a monosillabi!- disse sollevando un sopracciglio ma continuando a sorridere, tradendo tutta la soddisfazione provocata da quelle parole.
-Beh in ogni caso… mi chiedevo se ti andasse un secondo round… magari potremmo bere qualcosa…- suggerì il verde.
Lo fissò un attimo, riflettendo.
-Devo andare a fare degli acquisti prima che i negozi chiudano…- lo avvisò -…magari mi puoi accompagnare. Ti va?-
Zoro sorrise.
Mai avrebbe creduto che sarebbe stato felice di accompagnare la mocciosa in una delle sue sessioni di shopping.
 

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


Avevano camminato e chiacchierato finché il sole non si era tuffato nell’oceano. Zoro si era fatto carico dei sacchetti senza che lei dovesse chiederglielo, stupendola non poco. Non pensava che un uomo del genere avrebbe accettato di fare da portaborse senza nemmeno una flebile protesta.
Ormai si stava facendo buio e stavano tornando verso la locanda. Era il momento di agire. La strada laterale in cui si trovavano era deserta, eccezion fatta per loro due. Zoro si fermò, posando i sacchetti a terra e facendola voltare con sguardo interrogativo.
-Tutto a posto?!- chiese, accigliandosi un poco.
-Miku... io…- prese un profondo respiro -…io devo parlarti!-
La navigatrice trattenne il fiato.
Per tutto il tempo in cui erano stati insieme aveva temuto – o sperato?! – che quel momento arrivasse. Non era stupida e si era resa conto di come lo spadaccino la guardasse. Non era semplice lussuria quella che leggeva nei suoi occhi.
Deglutì a vuoto.
Poi si accorse che il ragazzo aveva iniziato a respirare in modo scostante e a tremare, gli occhi infossati sul selciato e le mani strette con le nocche sbiancate.
Soffriva, Zoro, perché sapeva che era giunto il momento della verità e che stava per confonderla e ferirla terribilmente. Sperava con tutto se stesso che almeno fosse utile ciò che si accingeva a fare.
La sentì avvicinarsi di qualche passo. Sentì il suo profumo agrodolce farsi più intenso.
-Tutto a posto?!- chiese, premurosa e preoccupata.
Sollevò la testa e la vide così vicina.
Troppo vicina.
Senza riuscire a frenarsi o a pensare fece un passo verso di lei e la attirò a sé, obbligandola ad appoggiarsi con i palmi al suo petto caldo e muscoloso.
In un attimo le loro labbra si ritrovarono unite.
La baciò per qualche secondo prima di sentirla rispondere, muovendo appena le dita sui suoi pettorali, in una lotta interiore tra il lasciarsi andare e stringersi a lui, e il resistere a quella piacevole sensazione che la bocca del samurai le stava regalando.
Sapeva di rhum e sale e ferro. Sapeva di uomo.
Quando sentì la lingua di lui passare sulle sue labbra per assaporarla meglio non riuscì più a trattenersi.
Si perse.
Si alzò sulla punta dei piedi per raggiungerlo meglio mentre affondava le dita tra i suoi morbidi capelli. Lo attirò verso di sé e sentì la punta della sua lingua solleticarla per farle schiudere le labbra.
Stava già per assecondarlo quando un pensiero le attraversò la mente facendole spalancare gli occhi. Sander!
Si staccò da lui ad occhi sgranati, asciugandosi la bocca che ora sapeva di rhum.
Che cosa stava facendo?! Stava baciando passionalmente in un vicolo un uomo appena conosciuto mentre Sander la attendeva alla locanda.
Che cosa le era preso?! Eppure le era sembrato tutto così giusto e perfetto mentre lui la stringeva a sé. Possibile che fosse stato un  colpo di fulmine?! No, no era una follia!
Ma quel samurai aveva uno strano potere su di lei. La faceva vacillare, le faceva perdere lucidità.
Doveva allontanarsi subito da lui.
-Mi… mi dispiace… io…- parlava mentre il suo petto si alzava e abbassava affannato, proprio come quello dello spadaccino, per quell’assaggio di paradiso così bruscamente interrotto -… io devo andare!- disse poi avviandosi a passo deciso per tornare sulla via principale, diretta alla locanda.
-Aspetta! Nami!-
Si bloccò colta da un improvviso capogiro. L’aveva chiamata così anche quella mattina alla taverna.
Chi era questa Nami?! E perché si rivolgeva a lei con quel nome?!
-Come mi hai chiamato?- chiese voltandosi verso di lui.
-Ti ho chiamato con il tuo nome!- affermò guardandola intensamente.
-Il mio nome è Miku!- fece lei aggrottando le sopracciglia.
-No! Non è vero! Questo è quello che credi tu! Quello che ti ha fatto credere quel maledetto bastardo! Tu non sei Miku, sei Nami!-
-Tu sei pazzo! Stai delirando! Io non conosco ness…-
-Vieni dal Mare Orientale! Non sei originaria di lì, ma sei cresciuta a Coconut Village, con tua madre, che era una marine e tua sorella Nojiko! All’età di dieci anni sei entrata a far parte della ciurma di Arlong, per liberare il tuo villaggio che lui teneva in ostaggio dopo aver ucciso tua madre!-
Parlava a raffica senza lasciarle il tempo di infilare due parole nel discorso ma, tanto, sarebbe rimasta muta lo stesso.
Lo fissava in apnea.
Quelle cose che le stava dicendo la stavano facendo agitare e la testa le girava vorticosamente, le gambe sempre più molli.
-Sei rimasta con loro per otto anni finché io e Rufy non ti abbiamo trovata e, con Usop e Sanji, ti abbiamo aiutata a liberare il tuo villaggio! Tu sei la navigatrice di Cappello di Paglia non di un insulso mercante di spezie! I tuoi capelli sono rossi non scuri e il tatuaggio che porti sul braccio rappresenta una girandola e un mandarino in onore dei tuoi genitori, Genzo e Bellemere!-
Non riusciva più a reggere quel fiume di informazioni che la stavano facendo vacillare, non sapeva nemmeno lei perché.
-Basta!!! Smettila!!! Io non so di cosa tu stia parlando, lasciami stare, lasciami in pace!!! Non sono io la persona che cerchi!!!- urlò mentre si girava e cominciava a correre per uscire da quel vicolo. Si sentì bloccare per un braccio e trascinare all’indietro.
Un attimo dopo stava annegando nel profumo dello spadaccino mentre le sue braccia la tenevano stretta da dietro.
Lo sentì abbassarsi per sussurrarle qualcosa all’orecchio.
-Sei la mia donna… La mia mocciosa… Ci ho messo tantissimo a capire che ti amavo ma tu hai avuto una pazienza infinita… Tu sei mia come io sono tuo… Ti prego… Ti prego, Nami… ricordati… ricordati di me, di noi… Ti prego… Amami…-
Stava per svenire.
Le sembrava di girare come una trottola nonostante non potesse muoversi, bloccata com’era in quell’abbraccio così forte e rassicurante.
La voce di Zoro era malferma e spezzata. Stava soffrendo e lei avrebbe solo voluto voltarsi e abbracciarlo e rassicurarlo. Avrebbe voluto rimpossessarsi di quelle labbra che l’avevano mandata in orbita con un solo tocco.
Ma non poteva.
Sarebbe stata solo un’illusione perché lei non sapeva di cosa lui stesse parlando. Non conosceva quella persona che Zoro sosteneva che lei fosse.
Non riuscendo a nascondere la sofferenza che provava per il dolore che stava per causargli, riuscì solo a mormorare flebilmente.
-Ti prego, lasciami andare…-
E tanto bastò, perché Zoro capì che lei stava male, che stava succedendo proprio ciò che aveva temuto, che stava soffrendo senza che questo fosse servito a niente.
Non ricordava, non riusciva a ricordare.
L’aveva scioccata come gli avevano detto di fare ma era stato tutto inutile.
Lentamente, con estrema riluttanza, mentre il cuore gli sprofondava nello stomaco, sciolse l’abbraccio lasciandola andare.
Non si voltò nemmeno a guardarlo o a recuperare i suoi acquisti, la navigatrice.
Con tutta la forza che aveva in corpo si mise a correre lontano dalla verità, lontano da lui, verso una vita che non le apparteneva ma che, ormai, l’aveva resa prigioniera per sempre.

 

 

 

Angolo dell’autrice:
Ciao people!
Allora ieri ho provato tutto il giorno ad aggiungere il capitolo dello shopping ma non sono riuscita a produrre niente che mi convincesse e nei prossimi giorni avrò poco tempo quindi ho pensato che era inutile ritardare l’aggiornamento… Però spero non siate rimasti troppo delusi… Mi spiace davvero, magari farò un missing moments (licenza poetica, so che non si usa per le proprie ff) o una one shot a rating rosso per farmi perdonare… Scusate  ancora…
Piper.
 

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


-CHE COSA TI È VENUTO IN MENTE ROBIN?!?! LO SAI QUANTO SIA STATA DURA PRENDERE QUELLA DECISIONE?!?! CREDI CHE L’ABBIA FATTO SENZA PENSARCI?!?!-
-VALEVA LA PENA TENTARE RUFY!!! NON POSSO CREDERE CHE FOSSI DISPOSTO A LASCIARLA ANDARE COSÌ!!!-
Da alcuni minuti capitano e archeologa litigavano sul ponte della Sunny, gridandosi addosso, inveendo l’uno contro l’altro, uno spettacolo a cui nessuno dei loro compagni avrebbe mai creduto di poter assistere.
Lui così poco incline a perdere le staffe, lei sempre così pacata.
Eppure, in quel momento, si stavano vomitando addosso parole e grida, cercando di far valere ognuno le proprie ragioni, dopo che Cappello di Paglia aveva scoperto che Zoro era sceso a cercare Nami per farle tornare la memoria, contravvenendo al suo ordine, su consiglio di niente meno che la sua donna.
-CREDI CHE MI FACCIA PIACERE SAPERLA SENZA ALCUN RICORDO DI NOI?!?! VEDERLA COSÌ SE STESSA E AL TEMPO STESSO COSÌ DIVERSA DALLA NAMI CHE CONOSCO IO?!?! DIMMI COSA AVREI DOVUTO FARE, DIMMELO!!!-
-NON C’È BISOGNO CHE TU FACCIA  NIENTE!!! CI HA PENSATO ZORO!!! LO SO CHE È UN TENTATIVO DISPERATO MA IO NON SOPPORTAVO L’IDEA DI PERDERLA SENZA LOTTARE!!! PENSAVO CHE AVRESTI CAPITO!!!-
-SEI TU CHE NON CAPISCI!!! IO AVEVO PROMESSO CHE NON AVREBBE SOFFERTO MAI PIÚ!!! SAI QUANTE VOLTE SONO VENUTO MENO A QUESTA PROMESSA?!?! NE HAI UNA VAGA IDEA?!?! QUESTA VOLTA NON VOLEVO CHE SOFFRISSE!!! SIAMO NOI CHE NON L’ABBIAMO PROTETTA, ADESSO IL MINIMO CHE POSSIAMO FARE È LASCIARLA LIBERA DI VIVERE QUESTA SCHIFOSA VITA A CUI ORMAI APPARTIENE SENZA FARLA SOFFRIRE ANCORA!!!- 
-IO NON TI RICONOSCO!!!-
-LO STESSO VALE PER ME!!!  NON TI RENDI CONTO CHE SE ZORO DOVESSE FALLIRE, COME QUASI SICURAMENTE ACCADRÀ, PER LUI SARÀ IL COLPO DI GRAZIA?!?! SEI STATA UN’EGOISTA!!! PERCHÈ LO HAI FATTO?!?!?!-
Robin ammutolì.
Si fissarono per un tempo interminabile finché Rufy, dopo averla squadrata, si girò diretto verso il sottocoperta deciso ad ignorarla, troppo arrabbiato per ciò che aveva appena fatto.
-Vuoi sapere perché l’ho fatto?!- domandò, la voce incrinata e malferma, facendolo bloccare e voltare -Perché io al suo posto avrei voluto che tentaste anche l’impossibile… Mi ha fatto paura quando hai preso quella decisione… mi ha fatto paura perché mi terrorizza l’idea di venire strappata da te e dalla mia famiglia e sapere che, se mi ritrovaste felice e senza memoria, tu non faresti un ultimo disperato tentativo di riavermi con te solo per non farmi soffrire…- 
Mentre parlava si era avvicinata a lui e ora lo teneva per i baveri della sua casacca rossa.
-Promettilo!!!- ricominciò con le guance ormai inondate dalle lacrime -Promettimi che, se dovesse mai accadermi una cosa del genere, tu mi verrai a cercare e farai di tutto per farmi tornare tua!- si fermò per prendere fiato - Non importa quanto io possa sembrarti felice, io non potrei mai esserlo davvero, essere davvero felice e completa senza di te! Mi hai capito?!?! Promettilo!!!-
Rufy l’aveva fissata a occhi sgranati per tutto il tempo, sentendo il cuore spezzarsi per tutta la sofferenza che leggeva nel suo sguardo di ghiaccio.
Non resistette oltre e l’attirò a sé, abbracciandola stretta, lasciandosi inzuppare la camicia di lacrime salate. L’accarezzò e baciò sui capelli mentre si sfogava e quando sentì i singhiozzi diminuire, consapevole che ora la sua voce sarebbe stata perfettamente udibile, le sussurrò all’orecchio.
-Te lo prometto amore mio…-
 

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


Li aveva trovati ancora lì, sul ponte, Robin addormentata tra le braccia del capitano e Rufy ancora sveglio ad aspettarlo.
L’aveva guardato, lui aveva scosso la testa.
Si erano detti tutto.
Proprio in quel momento l’archeologa si era svegliata e Rufy, dopo averle regalato una carezza, si era alzato per abbracciare il fratello.
Zoro aveva stretto forte, cercando un po’ di coraggio in quel fraterno contatto e per la seconda volta quella sera la camicia di Rufy si era bagnata di lacrime amare.
-Adesso andiamo via…- gli aveva sussurrato ottenendo solo un cenno del capo in risposta.
Era andato sottocoperta a chiamare il resto della ciurma e in un attimo i Mugiwara erano usciti sul ponte ognuno pronto a svolgere il proprio compito.
Il capitano aveva intercettato scheletro e cyborg.
-Brook, disattiva il lumacofono per favore, non ci serve più…- il musicista aveva annuito senza commentare. -Franky, abbiamo abbastanza cola per un Coup de Burst?-
-Certo fratello ma… credi sia il caso?! Non è un’emergenza!- aveva osservato il carpentiere.
Rufy si era girato a guardare eloquente lo spadaccino che, nei pressi della balaustra, fissava il mare con sguardo vacuo stringendo in una mano una sartia.
-Sì che lo è…-
Franky aveva avvisato tutti di tenersi forte mentre si preparava a dare la spinta propulsiva alla Sunny.
-Ancora levata, capitano!-
-Vele spiegate!-
-Siamo tutti pronti?!-
Avevano risposto all’unisono, riempiendo, una volta tanto, la nave di un grido che sarebbe anche potuto sembrare allegro ad orecchie estranee.
-Molto bene!!! COUP…-
Zoro serrò l’occhio abbassando il capo.
-…DE…-
Mocciosa…

-…BURST!!!-

…Addio.
 

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


Non sapeva nemmeno come avesse fatto a raggiungere la taverna, tanto era sconvolta.
Per fortuna il suo senso dell’orientamento era così buono da permetterle di trovare la strada anche con la testa altrove.
Una volta raggiunta la sua meta indugiò per un attimo.

Una parte di lei sentiva una voglia pazzesca di tornare indietro, correre di nuovo da Zoro, buttarsi tra le sue braccia e dimenticarsi di tutto il resto. Ma si rendeva bene conto che era una pazzia. Non sapeva niente di quell’uomo eccetto che era uno spadaccino e un pirata.
Eppure le sembrava di conoscerlo da sempre. Scosse la testa per smettere di pensare a lui.
Sander, il suo uomo, l’aspettava al piano superiore, nella loro stanza.

Si decise ad entrare e, con una lentezza non da lei, salì le scale che portavano al piano superiore e all’alloggio che condivideva con il mercante. Raggiunta la porta della loro stanza esitò un attimo con la mano sulla maniglia, facendo dei respiri profondi per calmare i nervi e i brividi che la scuotevano senza pietà. Poi prese un bel respiro e varcò la soglia notando che l’alloggio era vuoto.
Strano! pensò corrugando le sopracciglia.
La sua attenzione fu subito attirata da un oggetto sulla scrivania della stanza, un bastone di metallo blu, scomponibile in tre pezzi con le due estremità che s’agganciavano a quella centrale bombate. Corrugò la fronte ma capì subito che si trattava di una delle assurde armi che di tanto in tanto Sander acquistava per studiarne il funzionamento, poiché nutriva una certa passione per la tecnologia avanzata.
Tuttavia, sentì l’impulso di avvicinarsi e prenderlo in mano. La testa le girava ma non ci fece molto caso dal momento che, da quando Zoro l’aveva baciata, i capogiri non erano ancora cessati modificandosi solo nell’intensità.
Allungò una mano verso lo strano oggetto ma non fece in tempo a raggiungerlo con le dita che una voce la fece sobbalzare e voltare verso la porta.
-Tesoro! Sei tornata!-
Sander avanzava verso di lei, sorriso sulle labbra e braccia spalancate, ma si bloccò quando la vide in viso. Aveva pianto per tutto il tragitto e sapeva che si notava dagli occhi arrossati e leggermente gonfi. Inoltre era consapevole di avere il viso tirato. Subito assunse un’espressione seria e preoccupata che, tuttavia, non aveva nulla di rassicurante.
-Che ti è successo?!- chiese
-Nulla!- rispose la navigatrice scrollando le spalle nel tentativo di minimizzare.
-Miku!-
-Ma no davvero… non è niente…-
Sander si avvicinò ancora e le posò le mani sulle spalle facendole scorrere su e giù lungo le braccia. Senza un valido motivo, quel contatto la infastidì.
-Qualcuno ti ha importunato mentre eri fuori?-
L’avevano importunata?!
Ripensò al samurai a ciò che le aveva detto a ciò che era successo. Lei non si era sentita affatto importunata, ragion per cui scosse la testa ma non riuscì a non deglutire rumorosamente, tradendosi. 
Sander assottigliò lo sguardo.
-C’entrano quei pirati, non è vero?!-
Un’altra reazione eloquente le sfuggì, stavolta sgranò gli occhi e subito si maledisse.
Il mercante, ormai certo di avere capito tutto, la strinse a sé in un vano tentativo di darle conforto.
Si sentì come in trappola, ma in un modo totalmente diverso rispetto a quando erano state le braccia di Zoro a trattenerla.
Perché le dava così fastidio? Perché nella sua mente continuava a fare dei paragoni con quel buzzurro dal cranio verde?!
Delicatamente si divincolò da lui che la lasciò andare solo in parte, riportando le mani sulle sue braccia.
-Non ti preoccupare…- le disse in un sussurro -…non ci daranno più fastidio-
Il suo cuore perse un battito e fu colta da un’improvvisa agitazione.
Che voleva dire?!
Glielo chiese con un sorriso tirato per nascondere il suo nervosismo.
-Semplicemente che ci ho pensato io!- affermò convinto ed enigmatico.
Non le piacevano quei discorsi, proprio no. Si guardò intorno, vagando per la stanza con gli occhi e notò l’anta dell’armadietto basso semiaperta. Al suo interno una scatola non era stata richiusa con cura e ne  fuoriuscivano fili ed elettrodi.
Le si gelò il sangue nelle vene mentre assumeva un’espressione terrorizzata.
Conosceva quel contenitore. Anche quello faceva parte dell’hobby di Sander per gli oggetti ad alta tecnologia, ma quella parte della sua passione l’aveva sempre disapprovata anche se, fino a quel momento non aveva fatto male a nessuno. Quella era la scatola che conteneva il materiale per costruire bombe ed era evidente che fosse stata appena usata.
Sander,  accortosi dell’improvviso panico nei suoi occhi, seguì il suo sguardo fino all’armadietto.
-Tranquilla…- le disse rassicurante, certo di avere intuito quale fosse il problema -… ho usato il detonatore intelligente, le altre navi attraccate sono al sicuro!- concluse facendole sgranare ancora di più gli occhi e voltare verso di lui.
Il detonatore intelligente?!? Quella sua diavoleria che attivava la bomba nel momento in cui la nave era sufficientemente lontana dal porto?!
-Che cosa hai fatto?!-
Corrugò la fronte confuso, sentendo il suo tono preoccupato ma anche furente.
-Miku che problema c’è?! Sono pirati!!!-
Soffiò dal naso infastidito, fissandolo incredula e furibonda.
-Laido infame!- gli sibilò scostandogli le mani con un gesto deciso -Non toccarmi!-
Si avviò per uscire dalla stanza.
Doveva correre! Doveva avvisarli! Doveva salvarli! Salvarlo!
Era già sulla soglia quando si sentì strattonare all’indietro. Sander l’aveva presa per il polso e fatta voltare verso di lui.
-Lasciami!- ringhiò a denti stretti.
-Cosa credi di fare?!- chiese minaccioso.
Ma chi era quell’uomo?!
Le sembrava di vederlo con occhi diversi ora, come se qualcuno glieli avesse improvvisamente aperti.
Come aveva fatto a innamorarsi di un bastardo viscido  e sleale del genere?!
-Vado ad avvisarli! Mollami!- gli urlò in faccia.
-Tu non vai da nessuna parte mi hai capito?!?-
Sander perse totalmente le staffe e la spinse di prepotenza contro la scrivania. Nell’appoggiare le mani sulla superficie del tavolo, per contrastare la spinta del mercante, mise un palmo sul bastone blu. Nonostante il metallo fosse freddo, sentì la pelle bruciare.
Ecco qui! Si chiama Perfect Clima Takt, ho usato i dial di Skypeia per costruirlo!
Un’immagine si formò  nella sua mente, accompagnata da quelle parole.
Il ragazzo col nasone, conosciuto quella mattina, sorrideva soddisfatto e con un sopracciglio alzato, tendendo quel sansetsukon a qualcuno. Si sentì cogliere da un capogiro che la obbligò a serrare gli occhi e stringere ancora di più la mano intorno a quello strano oggetto.
Oh mia sireeeeeeena! Quando combatti sei ancora più bella!!!
La faccia del ragazzo con le sopracciglia strane, con gli occhi cuoriformi e copioso sangue che usciva dal naso, le apparve, sostituendo l’immagine precedente. Spalancò gli occhi. Che stava succedendo?!
Si rese conto che Sander aveva continuato a inveirle contro e colse solo la conclusione della sua filippica.
-…Ricordati che fai parte della MIA ciurma!-
Si aggrappò al tavolo per non rischiare di cadere, la testa trasformata ormai in una trottola, e sgranò gli occhi rischiando di farli uscire dalle orbite.
Una serie di immagini confuse le attraversarono la mente.
Poi un cumulo di macerie sul bordo di una piscina, un ragazzo con una casacca rossa sulla loro cima e quelle stesse parole, pronunciate però da una voce molto più dolce anche se determinata.
Istintivamente si portò una mano alla testa cercando il cappello di paglia.
Il cuore prese a batterle all’impazzata, minacciando di romperle la cassa toracica.
Nami!!! Ricordati che fai parte della mia ciurma!!!
Rufy!
Nami!!! Smettila! Non puoi picchiare così il grande capitano…
Usop!
Oh dolce Nami-swaaaaaan!!! Ti prego lasciami essere il tuo schiavo d’amoooooore!!!
Sanji!
Nami! Mi racconti una storia?! Non riesco a dormire!
Chopper!
Navigatore?! Il capitano ha bisogno di te!
Robin!
Nami!!! Sei Super sorella!!!
Franky!
Cara Nami-san! Di che colore sono le tue mutandine oggi?!Yohohohoh-oh!
Brook!
Che cosa ci fai ancora in piedi a quest’ora?! Le mocciose come te dovrebbero già essere a letto da un bel po’!
Zoro!!!
Boccheggiò alla disperata ricerca di aria, mentre i ricordi rompevano finalmente gli argini, aiutati dall’intervento determinante di Zoro, riempiendogli la testa, tornando al loro posto nella sua memoria non più distorta.
Come aveva potuto?! Come aveva potuto dimenticarsi di loro, della sua famiglia?! Come aveva potuto dimenticarsi di lui?!? Cos’era successo?!?
-Miku!!! Mi stai ascoltando?!-
Cominciò a tremare incontrollata.
-Io… non sono… Miku!- sibilò idrofoba.
-Come prego?!-
-IO NON SONO MIKU!!!- urlò voltandosi verso di lui e facendolo indietreggiare per la sorpresa -Che cosa mi hai fatto?!-
-Non capisco di cosa tu stia…-
-CHE COSA MI HAI FATTO MALEDETTO BASTARDO?!?-
Sander rimase a fissarla muto, ad occhi sgranati e senza vederla realmente, per qualche secondo.
-Non è possibile… Il Goccia di Lete è infallibile…-
-Goccia di Lete?!?- chiese scioccata -Il  fiore dell’oblio assoluto?! Tu… tu hai usato il Goccia di Lete su di me, mi hai… CANCELLATO LA MEMORIA?!?-
Riportò l’attenzione su di lei.
-PERCHÉ?!?!?-
Sorrise, in un tentativo di essere suadente ma ottenne solo l’effetto di farle assumere una smorfia disgustata.
-Perché siamo destinati a stare insieme! Ne abbiamo parlato spesso in questi anni…-
-Ma che diavolo stai dicendo?! Fino a dieci mesi fa nemmeno ti conoscevo!- rispose scioccata, continuando a tremare senza controllo.
Ora ricordava tutto, tutto! L’attacco della Marina, la nave che l’aveva portata via…
-Ma ne parlavo con il tuo avviso di taglia mia cara!-
Sgranò gli occhi. Se non ci fosse stata la scrivania alle sue spalle avrebbe indietreggiato.
-Non appena ti ho visto su quel manifesto…- cominciò ad avvicinarsi a lei, facendola deglutire a vuoto.
Era bloccata, non poteva fuggire.
-…Ho capito che eri la donna della mia vita! Sai non è stato facile, trovarvi, seguirvi, studiarvi, cercare di capire come funzionava la tecnologia di quel dannato cyborg, che vi permetteva di sparire nel nulla all’orizzonte e riprodurla, più potente, per essere certo di sfuggire ai tuoi compagni una volta che ti avessi presa con me! Sono dei tali egoisti, sapevo che rapirti era l’unico modo per stare insieme! L’ho fatto per noi!- una luce folle e sadica aveva iniziato a brillare nei suoi occhi -Anche rubare le vele e le divise della Marina per camuffare la nave e i miei uomini non è stato facile! Paradossalmente la cosa più semplice è stata procurarmi il fiore! Poi stamattina chi mi trovo alla locanda?! Nientemeno che Cappello di Paglia e la sua ciurma! Non potevo perderti dopo tutta quella fatica!- ormai era a pochi passi da lei -Ma ora non devi più preoccuparti! Non appena ripartiranno da qui, nel giro di un’ora Monkey  D. Rufy e i suoi uomini saranno solo un lontano ricordo per noi e per il resto del mondo! E noi potremo stare insieme per sempre!- concluse sorridendole.
Pazzo!!! Quell’uomo era un pazzo!!!
-Tu sei un folle! Io non ho nessuna intenzione di restare con te!!! Io torno dalla mia famiglia, dal mio uomo!!!-
Il sorriso si spense sul viso del mercante.
-Sono io il tuo uomo!- disse con uno sguardo omicida
Per tutta risposta, Nami gli sputò in faccia. Sander le afferrò il viso con una mano, facendole male e avvicinando la sua fronte alla sua.
-Stupida ragazzina, io ti…-
Ma non riuscì a finire la frase perché crollò a terra fulminato.
Nami non aveva mollato un attimo quella che, ora ricordava, era la sua fedele arma e aveva atteso il momento migliore per sferrare il suo attacco.
Lo vide accasciarsi a terra privo di sensi mentre smontava il bastone e, nonostante l’affanno che le smuoveva il petto, si metteva a correre a perdifiato fuori dalla stanza, lungo il corridoio, giù dalle scale, in strada, verso il porto.
Non c’era un minuto da perdere.
Solo lei poteva salvarli.

 

 

Angolo dell’autrice:
Ciao lettrici e lettori!!!
Aaaaaah Star!!! Metti via la falce una buona volta! Eddai! Ha pure recuperato la memoria, cosa vuoi di più?!?! *si nasconde dietro a un cespuglio*
Oggi mi faccio perdonare con un capitolo un po’ più lungo (finalmente! Direte voi… XD). Mi spiace per la quantità di capitoli brevi in questa ff, nel volere aumentare la tensione mi sono fatta prendere un po’ la mano… *svariate goccioline dell’imbarazzo*.
Volevo avvisare che ci saranno ancora dei capitoli brevi ma questi non posso accorparli (come avrei dovuto fare per alcuni di quelli precedenti) in capitoli più lunghi, quando leggerete capirete perché!
Beh, che dire… Aspetto di sapere cosa ne pensate e nulla. Alla prossima!!! XD
Piper.

 

 

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***


Angolo dell’autrice:
OMG un angolo dell’autrice a inizio capitolo!!! E che sarà mai successo stavolta?!
Niente! Non è un angolo delle paturnie, perciò potete stare tranquilli! Volevo solo avvisare, chi avesse letto la mia fanfiction pubblicata ieri sera, che è poi scomparsa magicamente poco dopo mezzanotte, che mi è stato fatta giustamente notare una somiglianza con un’altra storia e quindi ho preferito cancellarla con la promessa di ripubblicarla modificata! Grazie a chi l’ha letta, a chi l’ha recensita e a chi aveva intenzione di recensirla ma non ha fatto in tempo!
Un bacione e buona lettura.
Piper.
 
 
 
 
 
 
“Corri, Nami, corri, corri, corri…”
Continuava a ripeterlo come una mantra mentre spingeva sulle gambe con tutta l’energia di cui disponeva. Diretta al porto non sentiva nemmeno la fatica.
Non aveva avuto il tempo di riflettere su quanto successo, il rapimento, la perdita di memoria, quei dieci mesi trascorsi pensando di essere qualcun altro…
Raggiunse la sua meta prima del previsto, non realizzando nemmeno quanto avesse corso veloce.
Si mise a setacciare febbrilmente il porto con gli occhi alla ricerca della testa di leone che assomigliava tanto a un girasole ma non riusciva a individuare la polena della Sunny.
Erano già partiti!
Cominciò a respirare sempre più affannata mentre il panico si impadroniva di lei. Si guardò ancora intorno, disperata, e vide un gruppo di marinai intenti a caricare una nave. Si avvicinò rapida.
-Scusate?!- domandò impaziente facendoli voltare verso di lei -Sapete per caso da quanto è partita la nave  con la polena a forma di testa di leone?-
-Quella di Cappello di Paglia?-
Annuì. Si dimenticava sempre di quanto fossero diventati famosi.
-Più o meno un quarto d’ora!-
Tirò un sospiro di sollievo.
Il vento non era a favore e il detonatore intelligente non si attivava finché la nave non si trovava a diversi chilometri dal porto e, dopo l’avvio del conto alla rovescia, avrebbe comunque avuto ancora tre quarti d’ora.
Ergo, aveva tutto il tempo per “procurarsi” una barca e raggiungerli.
Nessuno navigava veloce come lei, sarebbe stato sufficiente individuare una corrente a favore.
Sapeva come disattivare la bomba, Sander glielo aveva spiegato più volte. Lei lo aveva assecondato solo per farlo contento, non immaginava che un giorno sarebbe stata grata per avergli dato retta.
Presto li avrebbe riabbracciati, pensò lasciandosi quasi andare ad un sorriso.
Poi un brivido le percorse la schiena mentre un dubbio atroce si faceva strada in lei.
-Avete…- domandò con voce malferma -…avete visto se… si sono allontanati rapidamente o…-
-Eccome! Sono spariti all’orizzonte in un baleno!- la interruppe uno dei marinai.
Il cuore si fermò e le iridi sbiancarono mentre il peggiore dei suoi incubi diveniva realtà.
Odiò il suo istinto, che non sbagliava quasi mai.
Avevano usato il Coup de Burst!
Perché?! Non lo usavano mai a meno che non ci fosse un’emergenza! Cosa li aveva spinti ad allontanarsi così rapidamente?!
Non aveva tempo per cercare delle risposte.
Calcolò in fretta quale distanza copriva normalmente la nave quando usavano la spinta propulsiva ideata da Franky e la risposta non le piacque. Erano già sufficientemente lontani perché la bomba si attivasse da almeno un quarto d’ora. Cioè aveva all’incirca mezz’ora prima che accadesse l’irreparabile.
Doveva fare qualcosa! Ma cosa?!?
-Stai bene signorina?!-
-Io… io…- boccheggiava senza riuscire a parlare, tenendosi la fronte con una mano.
Si sentiva un macigno pesarle sullo stomaco.
Non poteva essere vero! Non poteva perderli così! Doveva salvarli! Se solo ci fosse stato un modo per contattarli, per parlare con loro!
-Se devi metterti in contatto con Cappello di Paglia, c’è un Ufficio Lumacofoni qua dietro!- disse uno degli uomini indicando un punto imprecisato dietro l’angolo di un edificio.
Nami si accigliò.
-Ma non possiedono un lumacofono…-
-Certo che sì! Tutti sanno che Cappello di Paglia ha un lumacofono da quando ha perso la sua navigatrice! Lo hanno acquistato nel caso in cui lei avesse avuto la possibilità di rintracciarli!-
Sgranò gli occhi.
Avevano fatto davvero una cosa del genere?! Razza di incoscienti, era dannatamente pericoloso!!!
Le si strinse il cuore al pensiero di quello che dovevano avere passato in quei dieci mesi. Sapeva nel profondo del suo essere che avevano fatto di tutto per ritrovarla.
E lei?! Aveva permesso a uno stupido fiore di rubarle tutti i loro ricordi, le loro avventure, la loro vita insieme! Se solo lei fosse stata più forte…
Scosse la testa. Non era il momento di piangersi addosso!
Rapida, ringraziò i marinai e si diresse verso l’Ufficio Lumacofoni.
 
Meno 25 minuti alla detonazione.
 

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Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***


Per raggiungere l’ufficio aveva perso quasi altri dieci minuti, nonostante avesse corso il più veloce possibile. Entrò respirando affannata e attirando l’attenzione del responsabile, un ragazzetto butterato con gli occhiali che sedeva dietro la sua postazione coi piedi appoggiati al tavolino e un giornale sulle gambe. Aveva l’aria annoiata e, quando la cartografa entrò a passo di carica, si limitò a sollevare appena gli occhi dalla sua lettura, sbuffando scocciato per l’arrivo di quell’inaspettato cliente a così pochi minuti dalla chiusura.
Oltretutto era una donna, le donne tendevano a fare telefonate lunghissime.
-Io… bisogno… telefonata… urgente…- cercava di articolare una frase di senso compiuto, la navigatrice, ma i polmoni richiedevano urgentemente aria, impedendole di parlare.
Il ragazzetto aggrottò le sopracciglia continuando a guardarla da sopra gli occhiali che gli erano scivolati sulla punta del naso.
-Spiacente, ma stiamo per chiudere…- borbottò monocorde tornando a concentrarsi sul giornale.
-C-cosa?!- domandò incredula, con il busto ancora piegato in avanti, le mani sulle ginocchia, cercando di prendere fiato.
-Ho detto…- ripeté il responsabile, stavolta senza nemmeno sforzarsi di guardarla -…che stiamo per chiudere-
Nami corrugò la fronte.
Cosa stava dicendo?! Voleva negarle la telefonata?!
-Senta…- disse continuando ad ansimare ma riuscendo a recuperare il  controllo della sua lingua -…Sul serio, è un’emergenza, io…-
-Ah sì me l’immagino l’emergenza…- disse, voltando pagina e dando una scossa secca al giornale per evitare che si piegasse all’indietro. -Che succede?! Ha finito lo smalto per le unghie o non ha la borsa da abbinare alle scarpe?!-
Una vena scarlatta prese a pulsare sulla fronte della navigatrice, mentre  stringeva la mano a pugno fino a sbiancare le nocche. Cominciò a soffiare dal naso furibonda.
Stupido idiota! Ma che si credeva?! Le stava facendo perdere un sacco di tempo!
Lanciò un’occhiata all’orologio a muro.
Mancava un quarto d’ora.
-Mi attivi un lumacofono!- ordinò furente.
-Non ci penso nemmeno!-
-Faccia come le dico o se ne pentirà!- disse minacciosa.
-Ma non ci sente per caso? Le ho detto che stiamo per ch…-
Non riuscì a terminare la frase mentre veniva appiattito al suolo da una scarica di pugni degni del miglior pugile del mondo.
Si rialzò a fatica, tossicchiando e rantolando, sconvolto dalla forza che quella ragazza aveva messo nel picchiarlo. Aveva i capelli scarmigliati, diversi bernoccoli sulla testa, un dente mancante e una lente rotta. Nami annuì soddisfatta vedendo i danni che gli aveva procurato.
Se lo meritava! Quello stupido moccioso!
-Le… le ho a-attivato… i-il n-numero  1…- disse a fatica, un po’ per  la paura un po’ per le botte.
La navigatrice si avvicinò svelta al lumacofono prescelto, una chiocciola gialla con il guscio viola.
Sollevò il ricevitore, mentre scorreva l’elenco dei numeri alla lettera C.
Trovò la combinazione che le interessava e digitò il numero con dita tremanti.
La chiocciola aprì gli occhi.
-Siamo spiacenti, il numero richiesto è stato disattivato-
Nami fissò attonita la creaturina, cercando di registrare ciò che aveva appena detto.
Deglutì rumorosamente mentre provava di nuovo.
-Siamo spiacenti, il numero richiesto è stato disattivato-
-Oh no! No, no, no, no, NO!!!-
 
Meno 12 minuti alla detonazione

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Capitolo 20
*** Capitolo 20 ***


Fissava il ricevitore che teneva in mano con occhi vacui.
Finita!
Era finita!
Non poteva contattarli, non era in grado di raggiungerli.
Una voragine si aprì al centro del suo petto, squassandole il torace, mentre la realtà dei fatti si impossessava del suo cervello.
Non era riuscita a salvarli.
Sarebbero saltati in aria insieme alla Sunny, disintegrati dal folle piano di quel pazzo assassino.
-Oh Kami…- sussurrò mentre le ginocchia cedevano.
Crollò a terra il viso già inondato di lacrime, sentendosi impotente, come quel maledetto giorno a Coconut Village quando si era pugnalata la spalla.
Solo che all’epoca ci aveva pensato Rufy a salvarla, mentre ora…
No, no, no! Come poteva essere?! Non era possibile!
Non riusciva a credere che non li avrebbe più rivisti o riabbracciati. Che non avrebbe più sentito le loro voci.
Non avrebbe più visto il sorriso di Rufy o le assurde pose di Franky.
Non avrebbe più sentito le frottole di Usop, le moine di Sanji, le domande perverse di Brook.
Non avrebbe più accarezzato il pelo morbido di Chopper, non sarebbe più stata stretta dal materno abbraccio di Robin.
Non avrebbe più baciato, respirato, toccato o amato Zoro.
-No…- gemette acutamente, portando una mano tremante alla bocca.
Ripensò a quanto era accaduto qualche ora prima.
Perché non si era ricordata tutto appena le loro labbra si erano unite?! O quando lui le aveva riversato addosso tutte quelle informazioni per scuoterla?!
Sapeva che era stato quell’episodio a demolire la barriera che Sander aveva subdolamente costruito nella sua mente usando il Goccia di Lete.
Se solo avesse recuperato la memoria in quel momento!
Sospettava che se ne fossero andati così in fretta perché non sopportavano il dolore che la sua amnesia aveva causato e stare sulla stessa isola con lei era diventato intollerabile.
Soprattutto per Zoro, di questo ne era certa.  
Era tutta colpa sua.
Non riusciva a farsi una ragione del non averli riconosciuti subito quella mattina quando li aveva visti alla locanda.
Di non aver riconosciuto lui, l’unico uomo che avesse mai amato!
Come aveva potuto essere così debole?!
Sarebbero morti, perché non poteva avvisarli.
Non era in grado di raggiungerli in tempo.
Lei non era in grado di raggiungerli in tempo.
Lei non era in grado.
Lei no.
Lei.
Sollevò la testa di scatto, colta da un’improvvisa illuminazione.
Lei no. Ma forse…
Trattenne il fiato mentre il cervello cominciava a lavorare febbrile.
Ci sarebbe voluta una dose di fortuna non indifferente.
Non sapeva negli ultimi dieci mesi quale rotta avessero seguito i suoi Nakama ma prima del suo rapimento si erano sempre trovati a pochi chilometri di distanza. Grazie al motore a propulsione, di cui anche la loro imbarcazione era dotata, se si fossero trovati in zona avrebbero potuto raggiungere la Sunny in pochi minuti. Poteva spiegargli come disattivare l’ordigno al lumacofono.
Valeva la pena tentare!
Si sollevò, facendo leva con le mani sul lungo bancone dove erano ordinatamente schierate le variopinti chiocciole, riafferrò il ricevitore, stringendolo con tutte le sue forze, e digitò una nuova combinazione, dopo averla rapidamente cercata nell’elenco.
Attese, pregando ad occhi chiusi tutti i Kami che conosceva perché qualcuno rispondesse e subito!
-Pronto?- domandò una voce nota, facendole aprire gli occhi e abbozzare un pallido sorriso.
Forse non era detta l’ultima parola.
Forse c’era ancora un’ultima speranza.
 

Meno 10 minuti alla detonazione
 
 

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Capitolo 21
*** Capitolo 21 ***


Seduto sulla testa di leone a prua, Rufy teneva d’occhio il suo migliore amico che si era accasciato sul ponte contro una paratia e fissava il vuoto.
In meno di 24 ore le condizioni di Zoro erano peggiorate a vista d’occhio, trasformandolo nell’ombra di se stesso.
Si era visto costretto a sollevarlo dal suo incarico e si domandava se sarebbe mai tornato quello di un tempo. Credeva nella sua forza d’animo ma avere ritrovato Nami solo per perderla di nuovo era stato un colpo di una durezza insostenibile per tutti loro.
Da uomo innamorato qual era capiva il dolore di Zoro, sebbene potesse solo immaginarlo.
Avrebbe vissuto il resto dei suoi giorni ricordando le loro notti insieme, i loro litigi e il loro modo di fare pace, così unico, erotico e al tempo stesso romantico.
Avrebbe trascorso ogni ora domandandosi se lei stava bene, se era felice, con chi fosse e cosa stesse facendo.
E non era un eccesso di patetismo, questo no.
Perché non si trattava di avere perso semplicemente una donna per lo spadaccino.
Lui e Nami erano destinati, lei non avrebbe potuto amare nessuno se non lui e lui non avrebbe potuto amare nessun’altra se non lei.
Ciò che Zoro aveva perso era un pezzo della sua anima. Aveva perso la sua perfetta metà e non sarebbe stato completo mai più.
Sentì il bisogno di andare da Robin e, sospirando, scese dalla polena schiacciandosi il cappello in testa con una mano per poi avviarsi sotto coperta.

 

 

 

 

Meno 4 minuti alla detonazione

 

 

 

 

Usop e Chopper guardavano Sanji intento ad affilare i coltelli. Il cuoco sembrava diventato incapace di stare fermo e continuava a cercare qualcosa da fare per tenersi impegnato, dato che nessuno aveva fame e quindi cucinare era perfettamente inutile.
Più che fumare, stringeva tra i denti la sigaretta, martoriando il filtro senza pietà.
-Glielo hai detto?!- domandò Usop, cauto.
-Non credo che sarebbe in grado di capire o anche solo ascoltarmi, in questo momento…- ringhiò il biondo.
Il cecchino scambiò un’occhiata con il medico. Sapeva come si sentiva il suo Nakama.
Quando Rufy aveva scelto lui come nuovo primo ufficiale, il mondo gli era crollato addosso. E non perché non se la sentisse di ricoprire la carica ma perché quelle parole erano equivalse a una sentenza di morte, o comunque di non ritorno, per Nami.
E ora Sanji si trovava in una situazione ben peggiore perché il compagno di cui avrebbe dovuto prendere il ruolo era ancora sulla nave con loro, vivo e vegeto almeno nel corpo, sebbene fosse innegabilmente morto dentro.
Sospirò, chiedendosi se sarebbero mai riusciti a tornare quelli di una volta.
Incapace di sopportare oltre quella tensione decise di smorzarla un po’ usando la sua migliore strategia, quella che aveva fatto tornare il sorriso a Kaya tanto volte.
-Vi ho mai raccontato di quella volta che…-
La voce del capitano, che gridava sul ponte, lo interruppe.
-EHI RAGAZZI!!! VENITE A VEDERE!!!-
Si guardarono perplessi tra loro prima di correre all’aperto.

 

 

 

 

Meno 1 minuto e mezzo alla detonazione

 

 

 

 

Uscendo sul castello di poppa, videro Franky e Rufy che si sporgevano dalla balaustra, mentre Robin usciva dal sotto coperta e Brook scendeva dalla coffa. Anche Zoro si era riscosso e si stava avvicinando per scoprire la fonte di tanta agitazione.
-Ma che roba è?!- chiese perplesso il capitano guardando il cyborg che assottigliava lo sguardo.
Sanji, Chopper e Usop si sporsero direttamente dalla balaustra del castello di poppa, senza perdere tempo a scendere le scale. Seguendo il dito del capitano, che puntava in acqua, notarono, nonostante fosse ormai buio, una scia che seguiva la Sunny. Era come se un nave invisibile stesse navigando a fianco alla loro.
-Ma che diavolo…?- cominciò a imprecare il cuoco.
Poi qualcosa iniziò a fare capolino dall’acqua.
Zoro, dimenticando per un attimo angoscia e sofferenza, sguainò parzialmente una katana, molleggiando sulle gambe già in posizione d’attacco. Ma non fu necessario nessun intervento.
Rufy prese a saltare, gridando come un forsennato.
Illuminato dalla luce della luna, il periscopio di un sottomarino giallo emersero dall’acqua, senza smettere di seguire la nave a velocità sostenuta.
-Toraoooooooo!!!-
Come per rispondere al richiamo di Cappello di Paglia, la porta del castello di prua si aprì lasciando libero il passaggio a Trafalgar Law che, incurante dei copiosi schizzi che lo bagnavano, si mise a gridare, spolmonandosi.
-Rufy fammi salire!!!-
Fortuna che il capitano della Sunny non si poneva troppi problemi. In quel momento ogni secondo era determinante.
Rufy allungò il braccio per afferrare il suo amico e trascinarlo sul ponte.
Non appena il chirurgo toccò il legno coi piedi, si diresse, senza preamboli o convenevoli, verso il sottocoperta, seguito dagli sguardi attoniti e perplessi dei Mugiwara.
-Uomo di latta vieni con me- ordinò perentorio.
Franky guardò il suo capitano che si strinse nelle spalle.
In poche falcate il cyborg era alle spalle di Law e lo seguiva all’interno.

 

 

 

 

Meno 45 secondi alla detonazione

 

 

 

 

Erano scesi fino allo scafo. Il cyborg era sempre più perplesso.
Cos’aveva intenzione di fare?!
-Fratello Tattoo, si può sapere che succede?!-
Law lo fissò indicando con il dito un asse del pavimento. Viaggiando sott’acqua, aveva potuto individuare il punto preciso in cui la bomba era stata assicurata alla nave  dall’esterno.
-Dobbiamo togliere quest’asse-
Franky strabuzzò gli occhi.
-Che cosa?!? Me te lo scordi!!! Io non farò allagare la mia piccolina!!!-
Mandò gli occhi al cielo, il capitano degli Heart, a quelle parole.
Quel tizio era assurdo!
Però si rendeva conto che la sua richiesta risultava fuori luogo senza una spiegazione.
-Vi hanno attaccato una bomba alla chiglia! Bomba che detonerà fra circa 30 secondi! Diamoci una mossa, non ci tengo saltare in aria, okay?!-
Il cyborg lo fissò interdetto.
-Una bomba?! Ma che stai dicendo?!-
-Razza di… Senti sei libero di non crederci, ma ora aiutami con questa dannata asse prima che sia troppo tardi!!!-
Il tono del chirurgo da pacato e freddo si era improvvisamente fatto agitato, considerazione che insinuò il dubbio nella mente del carpentiere, dato che non ricordava di averlo mai visto in uno stato d’animo differente dalla calma e seraficità totale.
Svelto, smontò la falange dell’indice destro, rivelando un laser a punta fine. Lo attivò e disegnò il contorno dell’asse prescelta, staccandola dalle altre. Subito l’acqua cominciò a colare nella nave.
Law estrasse la sua spada e usò la punta per fare leva e sollevare l’asse dal pavimento. La girò rivelando un piccolo ordigno appiccicato sulla parte esterna del pezzo di legno.
Mancavano solo 17 secondi.
Franky non ebbe nemmeno il tempo di imprecare o reagire in alcun modo perché l’acqua aveva preso a zampillare all’interno dello scafo e doveva assolutamente tappare la falla il più in fretta possibile.
Law prese un profondo respiro cercando di mantenere la calma, mentre esaminava i fili.
Quell’affare era una diavoleria a tecnologia avanzatissima. C’era una quantità esagerata di cavi di tutti i colori e un tastierino coi numeri dall’uno al nove. Per disattivarla bisognava digitare un codice i cui numeri coincidevano con il numero dei fili attaccati al detonatore. Prima il numero dei fili rossi, poi i blu, i verdi e infine i gialli. Senza la spiegazione di Nami neppure il migliore degli artificieri sarebbe stato in grado di disinnescarla.
Mancavano 11 secondi.
Esaminò rapido il groviglio di cavi, con il cuore in gola.
Aveva poco tempo e una sola possibilità. Se avesse esitato troppo sarebbero saltati in aria. Ma se avesse sbagliato la combinazione sarebbero saltati in aria comunque.
Quattro fili rossi.
7 secondi.
Sei fili blu.
4 secondi.
Tre fili verdi.
2 secondi.
Un filo giallo.
1 secondo.
Digitò l’ultimo numero sul tastierino, serrando le palpebre.
Non accadde nulla.
Socchiuse un occhio per guardare e vide che il timer si era bloccato.
Tirò un sospiro di sollievo.
Ce l’aveva fatta!

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Capitolo 22
*** Capitolo 22 ***


Erano tutti riuniti nella cucina della Sunny, i Mugiwara e alcuni Heart.
Stranamente, mancavano Bepo e Penguin ma nessuno si era preoccupato di chiedere spiegazioni così come nessuno si era accorto che il sottomarino non navigava più di fianco alla Sunny. Erano troppo sconvolti per la recente scoperta.
Law aveva spiegato loro che un’interferenza nel radar li aveva incuriositi e, avvicinatisi per controllare sfruttando il motore a propulsione, avevano individuato l’ordigno sulla chiglia della Sunny.
Era stata Nami a chiedergli di raccontare una bugia.
Non sapeva se sarebbe riuscita a ricongiungersi alla ciurma e far loro sapere che aveva riacquistato la memoria sarebbe stato ancora più atroce, se non fosse riuscita a sfuggire a Sander.
E, dal momento che si trattava di una bomba ad altissima tecnologia l’interferenza era una spiegazione più che plausibile.
-Qualcuno vuol mangiare qualcosa?!- chiese Sanji, sperando in una risposta affermativa.
Continuava a sentire il bisogno di tenersi impegnato.
Alcuni Heart e, inspiegabilmente, Rufy annuirono convinti riuscendo a strappare un sorriso al cuoco.
Per un po’ nella cucina non si sentì altro che il rumore di pentole e stoviglie che cozzavano e il coltello che pestava il legno triturando le verdure a velocità sostenuta.
Zoro, seduto di fronte al chirurgo teneva le braccia al petto fingendo di meditare o dormire, ma, nonostante gli occhi chiusi, sentiva lo sguardo indagatore di Law su di lui.
Alzò di scatto la testa per intimargli, senza troppi complimenti, di piantarla ma un tonfo sul ponte lo fece bloccare. Si girarono tutti verso la fonte del rumore e anche Sanji smise di occuparsi del pasto che stava preparando, immobilizzandosi con il coltello a mezz’aria.
-Devono essere Bepo e Penguin…- mormorò il capitano degli Heart.
Poi una voce furibonda riempì l’aria, facendo trattenere il fiato ai Mugiwara e ghignare il chirurgo.
-MA COSA TI È SALTATO IN MENTE, DANNATO ORSO POLARE?!?! L’ACQUA È GELIDA!!! NON POTEVI STARE PIÚ ATTENTO?!?!-
Il rumore di una colluttazione li avvisò che presto Bepo avrebbe avuto bisogno di urgenti medicazioni.
Zoro aveva sgranato l’occhio, il cuore che gli si agitava febbrile nel petto.
Era…?! No, era impossibile!
Eppure…
No! Non voleva cedere, non voleva crederci ancora e stare male di nuovo!
Non ce la faceva!
Doveva essere frutto della sua immaginazione!
Ma un sussurro alla sua sinistra lo fece sobbalzare.
-Nami…- mormorò il cecchino.
Non era una domanda.
Era certo di ciò che aveva sentito.
Uno spostamento d’aria gli disse che Usop lo aveva superato uscendo veloce dalla cucina sul castello di poppa.
Franky lo seguì immediatamente.
Deglutendo a fatica, lo spadaccino si voltò a guardare i suoi compagni che sembravano essere stati colpiti dal raggio di Foxy.
Erano perfettamente immobili con gli occhi sgranati, respirando appena per la speranza e la paura.
Poi dei singhiozzi incontrollati riempirono il locale, intervallati dalla voce del cyborg.
-So-so-so… SORELLA!!! Sei qui!!! Oh sono così felice che tu stia bene!!!-
-Ehi Boss! Calmati!-
Era lei!
E aveva chiamato Franky “Boss”!
Quindi, la sua memoria era…
-Cal-calmarmi?! Ma io non sto piangendooooo!!!- piagnucolò il carpentiere.
Un rumore di sedie strusciate, un coltello che veniva lasciato cadere nel lavello e passi svelti che pestavano sul legno. Una serie di ombre si mossero rapide ai margini del suo campo visivo, in quel momento limitato alla superficie del tavolo, mentre scheletro, archeologa, capitano, medico e cuoco uscivano sul ponte.
Fece un profondo respiro, incapace di muoversi, e s’impose di alzarsi e uscire.
Per la prima volta in vita sua, mentre muoveva passi malfermi verso la porta della cucina, tremando incontrollato, si ritrovò a pregare un dio in cui non credeva.
Ti prego, ti prego, ti prego fa che non sia un sogno, fa che sia vero!
Uscì sul castello di poppa.
Bepo giaceva inerme da una lato del ponte erboso, con un vistoso bernoccolo sulla fronte e Penguin accosciato al suo fianco che cercava di riscuoterlo inutilmente.
Ma non ci fece assolutamente caso, Zoro, perché i suoi occhi erano stati calamitati dall’unico magnete che avesse un qualche effetto su di lui.
Nami era immersa nelle braccia del capitano, che l’avvolgevano facendo parecchi giri intorno alla sua vita e alle sue spalle, impedendola nei movimenti.
Rideva felice mentre Usop, Chopper e Franky ballavano a braccetto. Robin piangeva e rideva insieme, asciugandosi le lacrime con le dita affusolate.
Non si rese nemmeno conto che aveva sceso le scale, finché non se la trovò davanti.
Quando intercettò il suo sguardo, Nami smise di ridere e gli occhi le si colmarono di lacrime in un attimo.
Si staccò da Rufy, avvicinandosi con passi incerti, sotto lo sguardo intenso e ancora incredulo del suo unico occhio.
Respirò il suo odore di rhum, deglutendo rumorosamente per poi abbozzare un pallido sorriso.
-Ciao…- gli mormorò con un groppo in gola.
Rimasero immobili a fissarsi, così vicini da potersi toccare, senza fare né dire niente, per alcuni secondi che a loro parvero interminabili.
Poi Zoro si mosse in avanti e la fece annegare nel suo caldo abbraccio rassicurante, dove era giusto che stesse, finalmente al sicuro.
Doveva essere caduta in acqua, perché era fradicia ma il samurai a malapena se ne accorse.
La strinse forte, riscaldandola e asciugandola con il suo corpo, mentre lei iniziava a piangere a dirotto, le mani che stringevano spasmodicamente i baveri dello yukata, le spalle che si muovevano convulsamente, il petto scosso dai singhiozzi.
Era con la sua mente che avevano giocato, era lei che era stata manipolata.
Lui doveva essere forte, per lei.
Ed era quella l’unica ragione per cui non era già ripartito alla volta dell’isola per dare una lezione a quel fottuto bastardo.
Perché lei, Nami, la SUA Nami aveva bisogno di lui lì, in quel momento.
-S-scusa… scu-uhsa… perd…ohnami…- mormorava a fatica tra un singhiozzo e l’altro. -n-non so… co-ohme ho… p-p-potuto dim… ehn-ticarmi di te…-
La strinse ancora di più per frenare quelle parole.
-Non dirlo nemmeno per scherzo…- riuscì a sussurrarle nonostante il nodo che gli bloccava la gola -Non è stata colpa tua…-
-Zoro!!!- gemette passandogli le braccia dietro il collo e stringendosi a lui fino quasi a farsi male, singhiozzando senza ritegno.
Lo spadaccino strinse il tessuto fradicio della sua maglietta con le mani bronzee, serrando gli occhi, aspirando il suo profumo.
-Sono qui… Stai tranquilla…- mormorava, baciandola tra, i capelli -… È finita… È tutto finito…-
Poi se la caricò in braccio, avviandosi verso la zona notte, senza guardare nessuno, gli occhi puntati su di lei, incapaci di captare qualsiasi altra cosa, mentre attraversava il corridoio, diretto alla cabina delle ragazze.
Si sentiva in colpa perché, mentre Nami piangeva disperata, a lui sembrava di stare in paradiso sentendo la pelle del collo bagnarsi per le sue lacrime.
Era vera, era lì tra le sue braccia!
Quanto gli era mancata!
Ora che poteva stringerla di nuovo si chiedeva come avesse fatto a sopravvivere senza il calore del suo corpo accanto.
Non aveva ancora smesso quando, una volta entrato nella stanza, si sdraiò sul letto della navigatrice adagiandosela addosso, continuando a stringerla, mentre lei si rifiutava di sollevare il viso dall’incavo del suo collo.
Le stava piangendo tutte.
Tutte le lacrime che avrebbe pianto in quei dieci mesi, se avesse avuto coscienza di cosa le stava succedendo.
Lacrime di paura.
Lacrime di tristezza.
Lacrime di sofferenza.
Poi, finalmente, arrivarono anche le lacrime di gioia.
Sentì qualcosa di umido sul collo, una sensazione molto diversa da quella che le gocce salate che graffiavano le guance della sua mocciosa gli avevano procurato fino a quel momento, e capì che aveva iniziato a baciarlo. Prima a fior di labbra, poi sempre più forte, marchiandolo a fuoco, risucchiandogli la pelle tra le labbra rosee e carnose.
Continuava a piangere ma allo stesso tempo rideva.
Piangeva, rideva e lo baciava, agitandosi su di lui per raggiungere ogni centimetro di pelle possibile.
Anche lui si mise a ridere, ricambiando i suoi baci e le sue carezze.
E le loro risate, miste a qualche singhiozzo che ancora resisteva tenace nella bocca di Nami, riempirono la nave regalando ai Mugiwara una felicità che era rimasta loro sconosciuta per quasi un anno, facendoli sorridere.
Sorrise Sanji, mentre finiva di sminuzzare le verdure, dopo essere tornato in cucina.
Sorrise Usop, che si era rifugiato nel suo laboratorio per lasciarsi andare a un balletto di pura gioia, sollevato al pensiero che l’indomani non sarebbe più stato il primo ufficiale, lui che diceva di voler diventare il capitano.
Sorrise Franky, mentre riparava la falla con più accuratezza.
Sorrise Chopper mentre si occupava di Bepo, ancora rintronato dal potente cazzotto.
Sorrise Brook, mentre accordava il suo violino per intrattenere i loro ospiti.
Sorrise Robin, tra le braccia del suo uomo, ancora fermo in mezzo al ponte.
Sorrise Rufy, stringendola a sé, sorrise finalmente come un tempo, con quel suo sorriso luminoso che lo aveva reso famoso in tutto il mondo.
Rimasero abbracciati tutta la notte, vicecapitano e primo ufficiale, dopo che Nami si fu tolta i vestiti fradici e si fu intrufolata nello yukata del suo uomo, cercandosi con le labbra, senza mollare mai la presa l’uno sull’altra, guardandosi, sorridendosi, respirandosi.
Ci sarebbe stato tempo per riposare.
Quella notte era per loro da vivere.
Quella notte era per riempirsi gli occhi l’uno dell’altra, per non dimenticarsene mai più.

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Capitolo 23
*** Capitolo 23 ***


A Star.


-Nami!!! Fermati!!!-
La chiamava a gran voce mentre la inseguiva, scartando tra la folla. Per quanto veloce corresse, non riusciva a seminarlo. Oltre a sovrastare la maggior parte delle persone che occupavano la piazza era agevolato dal singolare colore del suoi capelli. Quei ricci di fuoco non passavano certo inosservati.
Alla prima isola su cui avevano approdato era scesa a cercare qualcuno che glieli tingesse per tornare del suo colore naturale, fatto che Zoro aveva apprezzato non poco. Aveva sempre adorato il colore dei suoi capelli, focosi e ribelli proprio come lei.
Finalmente svoltarono in una strada meno affollata e, con più spazio di manovra, riuscì a raggiungerla in un paio di falcate. La afferrò per il braccio, delicato ma deciso, e la fece voltare.
-Lasciami!!!- era furente.
-Si può sapere che ti è preso?!-
-Lascia perdere! Tanto è chiaro che non capisci!!!-
Lo spadaccino strabuzzò gli occhi.
Ma cosa diavolo…?!
Approfittando della sua momentanea confusione, la navigatrice si divincolò e riprese la sua corsa forsennata. Zoro le fu subito dietro di nuovo.
-Dannazione! Come fai a dire che non capisco se non mi dici qual è il problema!-
-Perché dovrebbe esserti chiaro qual è il problema!!!-
-E invece non è così!!! Quindi magari puoi spiegarmelo così vediamo se è vero che non capisco?!?-
-Tanto lo so già!!!-
-Nami!!!- la chiamò fuori di sé.
La cartografa si fermò, voltandosi finalmente a guardarlo e gridandogli in faccia.
-Lo so già Zoro!!! Perché se tu capissi non avresti mai accettato da bere da quello sconosciuto! Mai!!!-
Un lampo di comprensione attraversò l’occhio del samurai.
Ancora?!? Non riusciva a liberarsi di quella storia, nonostante quel bastardo di Sander fosse stato consegnato alle autorità, con la scusa del contrabbando di erbe e fiori illegali, dopo che Penguin e Bepo lo avevano trovato tramortito dalla furia della cartografa Nami che lo aveva ripetutamente fulminato e picchiato, sfogando tutta la sua rabbia.
Capiva bene quanto quella faccenda l’avesse sconvolta ma doveva cercare di reagire, per il proprio bene. Fece un profondo respiro prima di riprendere a parlare più calmo.
-Nami, ancora con questa storia?!-
-Io…- disse già pronta ad attaccare, stringendo i pugni, le braccia lungo i fianchi.
-Tu stai diventando paranoica!- le disse secco, facendole sgranare gli occhi per l’indignazione.
-Come?!?-
-Sono due mesi che ti rifiuti di mangiare o bere qualsiasi cosa che non sia stata preparata da Sanji! Quanto credi di poter continuare così?! Devi reagire!-
-Reagire?!?! Reagire?!?!?! Ma tu ti rendi conto si o no di cosa stiamo parlando Zoro?!?!-
Cominciò a tremare, mentre gli occhi le si riempivano di lacrime che, subito, presero a scorrere sulle sue guance. A quella reazione il samurai ammutolì senza perdere la determinazione che gli si leggeva nell’iride nera.
-Io… io ti amo più… di ogni altra cosa al mondo…- continuò respirando affannata -… e… sono lo stesso riusciti a cancellarti dalla mia mente… lo capisci?!?! Ho bevuto un… bicchiere d’acqua, un fottutissimo  bicchiere d’acqua, mi sono addormentata… e al mio risveglio non sapevo chi fossi! Non mi ricordavo più niente, di me, di te, di noi!!!- aveva ricominciato ad urlare.
Gli spezzava il cuore vederla così.
-Certo che sono paranoica!!! Non voglio più rischiare di perderti!!! Mai più!!!-
Zoro si avvicinò e le appoggiò le mani sulle braccia, sentendola fremere sotto il suo tocco, vedendo come quel semplice contatto la stesse aiutando a calmarsi rapidamente.
-In un modo o nell’altro ci ritroveremo sempre io e te…- le sussurrò piano.
Nami lo fissò, ancora arrabbiata.
-Non mi basta!- mormorò flebile ma decisa -Voglio essere certa di non dimenticarmi di te! Voglio essere certa che tu non ti dimenticherai di me!-
-E’ questo che vuoi?! Qualcosa che ti ricordi di me, qualsiasi cosa accada?!-
Nami lo fissò a occhi sgranati, mentre cercava di riportare il respiro regolare.
Annuì lentamente.
Zoro rifletté un attimo, mentre un’idea si faceva strada nella sua mente. Aveva visto qualcosa che faceva al caso loro.
-Vieni con me!- le disse prendendola per mano e ripercorrendo la strada di poco prima a ritroso.

Sperò di non metterci troppo a ritrovare il posto che gli interessava visto che, una volta tanto, era lui a guidare la sua navigatrice.

 

 

§

 

 

-Ehi Zoro! Che hai fatto all’orecchio?!-
Stavano cenando tutti insieme quando Rufy, allungando il collo all’indietro per afferrare una frittata che Sanji aveva lanciato direttamente dalla padella con troppa forza facendola quasi finire a terra, aveva notato il piccolo cerotto bianco dietro al lobo dell’orecchio coi pendagli del samurai.
-Non è niente Rufy!- rispose toccandosi appena con un dito e sollevando gli occhi a cercare quelli della compagna seduta di fronte a sé. Le ghignò sghembo, ricevendo un sorriso in risposta.
-Marimo, c’è tutto il cibo che vuoi in tavola! Perché non la smetti di mangiare la mia crostatina con gli occhi?!-
Zoro si mise a ringhiare.
-La crostatina di chi, sopracciglio arrotolato?!?!-
-Hai sentito benissimo! Nami-swan è la mia crostatina!!!- disse alzandosi in piedi.
-MA IO TI AMMAZZO!!! NAMI È SOLO MIA!!! LA DEVI PIANTARE CON QUESTA STORIA DEFICIENTE DI UN CUOCO!!!-
Si sollevò dalla sedia per fronteggiare il compagno, sguainando una katana.
-DEFICIENTE A CHI , BRUTTA VERZA AMMUFFITA?!?-
-A TE RIMBECILLITO DI UN…-
Un sonoro pugno li appiattì contro il tavolo.
Sanji scivolò a terra, sopraffatto dal cazzotto e dall’amore per la sua sirena mentre il samurai si rimetteva a sedere dopo essere riuscito, non senza difficoltà, a estrarre la faccia dalla superficie di legno.
Nami si alzò, facendo rapida il giro del tavolo, incapace di trattenersi, e si sedette in braccio a Zoro che si massaggiava la faccia dolorante, per regalargli un bacio che era a metà tra una cura e delle scuse per la botta ricevuta.
Ghignò felice di vederla così passionale e affettuosa anche davanti al resto della ciurma e si abbassò su di lei per posarle una piccola carezza a fior di labbra dietro il lobo del suo orecchio destro. Nascosto dai lunghi capelli rossi un piccolo cerotto bianco copriva la pelle diafana.
Quei due  identici piccoli pezzi di carta adesiva celavano la promessa che si erano fatti quel pomeriggio.
Un piccolo tatuaggio a forma di zeta dietro l’orecchio della cartografa.
Lo stesso simbolo ruotato di novanta gradi, a formare una enne, dietro quello dello spadaccino.
La promessa di non perdersi mai.

 

 

 

 

 

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Angolo dell’autrice:
E anche questa long si è conclusa!
Ragazzi grazie infinite! Grazie a tutti coloro che hanno preferito, seguito, ricordato o semplicemente letto la storia! Grazie per l’infinita pazienza dimostrata di fronte alle mie turbe, grazie per seguirmi e per incoraggiarmi a continuare!
Grazie a (spero di non dimenticare nessuno) Place, Zomi, Metal, Nami Roronoa e Nami Roronoa 96, Miyuki, Principe delle Stelle, Medea 78, Hurricane X, Silver saiyan, Zipi89, Nami87 e Arcadia. Scusate se vi ho fatto penare!
Star… A te un grazie speciale… Ti dedico questo capitolo per ringraziarti di tutto il tuo sostegno.
A presto  e un bacio a tutti quanti!

Piper.

 

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