Il regno animale

di PattyOnTheRollercoaster
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La tartaruga e lo squalo bianco ***
Capitolo 2: *** Ragni ***
Capitolo 3: *** Ospite e parassita ***
Capitolo 4: *** Il delfino ***



Capitolo 1
*** La tartaruga e lo squalo bianco ***


Il regno animale





Capitolo uno
La tartaruga e lo squalo bianco





Capace di rifuggire i pericoli rintanandosi all’interno del suo guscio, la tartaruga simboleggia anche la calma ed il procedere per gradi.

   Benedict si era sempre considerato un tipo più razionale che romantico. Forse era proprio per questo che, passati i trenta e verso i temibili “anta”, ancora non aveva realizzato uno dei suoi più grandi desideri: diventare papà. Tutto a causa del suo pensare troppo, si era detto un giorno. Si riteneva un tipo indeciso, pensava alle cose dieci volte prima di farle, soprattutto – e forse particolarmente – nella vita privata. A volte pensava di essere stato una tartaruga nella sua vita passata. Riflessivo e un po’ lento, si rinchiudeva nel suo guscio eliminando il mondo circostante per pensare meglio. In molti gli avevano detto che infondeva tranquillità e che sembrava un tipo stabile. Decisamente una tartaruga. Come contraddirli? Forse era un po’ troppo stabile. Forse per fare qualcosa di spaventoso e meraviglioso come avere dei figli ci si deve solo buttare, aveva pensato Benedict una volta. Ma ecco che iniziava a pensare “Buttarsi, sì, ma con chi? Verso dove? Dovremmo fare in modo di cadere in piedi, poi. In questo momento non credo che sarei in grado di cadere in piedi, forse è meglio aspettare.” Era un circolo vizioso, quello in cui cadeva quando pensava a queste cose. Immaginava il futuro ma non si rendeva conto del presente. Perché era facile avere buone intenzioni, fare fioretti e buoni propositi, quando gli mancava la cosa fondamentale per metter su famiglia: una ragazza.

   «Una ragazza?»
   «Sì, una ragazza.»
   «Ma per ragazza intendi… adolescente?»
   Josh piegò la testa di lato e aggottò le sopracciglia. «Come mei ti interessa tanto?»
   Benedict si strinse nelle spalle. «Solo curiosità. Voglio dire, è già raro che una donna scriva libri di questo genere, se poi aggiungi anche che è giovane direi che è qualcosa degno di nota, no? Volevo sapere.»
   «In effetti a quindici anni è molto più facile scrivere storie fantasy», concesse Josh.
   «Ha quindici anni?!»
   «No, era per dire. Ne ha ventitré.»
  «Oh…» Benedict era piacevolmente stupito. Quando, due settimane prima, aveva ricevuto la sceneggiatura da Josh l’aveva letta tutta in un paio d’ore scarse e aveva trovato la storia interessante. Aveva chiamato Josh e si erano messi d’accordo per incontrarsi nell’ufficio di lui, per sapere quali altri attori fossero stati scelti per i provini, chi sarebbe stato il regista, e in generale che tipo di produzione volevano iniziare. Quando aveva saputo che la storia era stata tratta da un libro aveva subito esclamato che doveva aspettarselo: una sceneggiatura del genere implicava per forza un libro dietro. Quando poi Josh gli aveva detto che era stato scritto da una ragazza, Benedict era andato in visibilio. Amava trovare l’arte nei luoghi e nelle persone più inaspettati, soprattutto se proveniva da qualcuno cui non avresti dato un penny, a vederlo. In effetti non avrebbe mai detto che un libro così fosse stato scritto da una giovane autrice al suo libro d’esordio, avrebbe immaginato qualcuno come Irwin Welsh o Chuck Palahniuk1, un uomo sulla trentina che incuteva un leggero timore.
   «Come si chiama?»
   «Yasmine Casterlane.»
   «Credo che lo leggerò.»
   «Anche se non otterrai la parte?»
   Benedict alzò le spalle. «Perché no?»
   «Perché no non dovresti leggerlo o perché no non dovresti ottenere la parte?»
   «Perché non dovrei leggerlo? Ma anche la seconda, insomma… hai detto che ci sono buone probabilità che scelgano me.»
   «Il regista, a quanto ho capito, sta spingendo perché la scelta sia fra te e attori del taglio di Sam Clafin.»
   «Ricordami chi è esattamente», Benedict aggrottò le sopracciglia.
   Josh fece una ricerca per immagini su Google e poi girò il pc di modo che anche Benedict potesse guardare i risultati. «Diciamo che è un attore che piace molto, al momento… come te, fra l’altro. Ma credo che tu abbia maggiori possibilità, più che altro per come la produzione verrà impostata. La storia ha tematiche molto oscure, è contorta. La immagino come una pellicola a metà tra il sogno e la veglia.»
   «Un sonno piuttosto travagliato», commentò Benedict.
   «Infatti. Un attore giovane come Clafin difficilmente interpreta pellicole del genere proprio quando comincia ad essere notato dal grande pubblico. Se fossi io il suo agente, glielo sconsiglierei, per quanto la produzione possa essere interessante. Sarebbe rischioso e prima sarebbe meglio consolidare l’attenzione che i media e i produttori hanno per lui.» Josh rigirò il computer e chiuse la pagina di Google. «Leggi il libro, potrebbe aiutarti.»
   «Credo che lo farò. A quando i provini?»
   «Credo fra due o tre settimane. Ti mando una mail, d’accordo?»
  Benedict si alzò e salutò il suo agente. Fuori dagli uffici guardò il cielo e si strinse nel cappotto con più decisione, intenzionato a lasciare il freddo fuori dalle ossa. Era passato il periodo più freddo dell’anno ma era fine Febbraio e il clima londinese, personaggio volubile, aveva deciso di ghiacciare ancora un po’ le strade. Vero era che Benedict era particolarmente freddoloso, quindi camminava a passo svelto con le mani affondate nelle tasche e strette a pugno. Si rifugiò presto in una libreria, dove sapeva avrebbe trovato ciò che stava cercando. Si diresse subito verso il commesso più vicino.
   «Salve, sto cercando un libro pubblicato da pochi mesi. Il titolo è “La conversione di Philip”, di Yasmine Casterlane.»
   «Ma certo, seguimi.» Il commesso condusse Benedict entro un dedalo di scaffali e poltroncine più o meno tutte occupate. La musica soffusa della radio si faceva sentire ma non era ingombrante. Il commesso si fermò nella sezione delle ultime uscite e scelse un libro da una delle colonne più fornite. «A te.»
   «Grazie.»
   L’uomo si esibì in un sorriso di cortesia e se ne andò, mentre Benedict esaminava il libro. Aveva la copertina rigida, una sovra copertina spessa e abbastanza pagine da poterlo intrattenere per un po’. Era un lettore accanito. Quando trovava un libro che lo interessava poteva leggerlo in due giorni, a costo di non fare altro per tutta la giornata. Il titolo era scritto in ampie lettere gialle e il disegno che vi campeggiava era “La conversione di San Paolo”, di Caravaggio. Per la precisione si trattava della prima versione del dipinto, detto anche “Caravaggio Odescalchi”, dal nome della famiglia alle quale apparteneva. Benedict non sapeva tutte queste cose, non si poteva ritenere un esperto di arte a quei livelli, ma aveva già visto il quadro e sapeva riconoscere un dipinto di Carvaggio o per lo meno caravaggista, quando ne vedeva uno. Comprò il libro e, appena arrivato a casa, iniziò a leggerlo sprofondato sul divano.

Il grande squalo bianco è risultato essere l’animale dal morso più potente fra gli attuali abitanti della terra.

   «Non posso credere che faccia ancora così maledettamente freddo. Voglio dire, siamo a Marzo! Io voglio il sole, voglio andare in giro con le maniche corte e la gonna.» Yasmine gettò il giubbotto sul dorso della sedia e si srotolò la sciarpa dal collo, incastrandola nel cappuccio.
   Dominic fece un mezzo sorriso e scorse la lista di nomi che aveva davanti. Era già d’accordo con Jerry, produttore escutivo, per la scelta dei protagonisti, ma nonostante il ruolo di regista non era riuscito a far pesare la sua decisione. Yasmine aveva detto che voleva assolutamente fare dei provini e assistervi, soprattutto per gli attori che avrebbero interpretato ruoli principali. L’agente di Yasmine era decisamente in gamba e, in pratica, se volevano produrre quel film lei doveva approvare tutte le scelte. A Dominic non dispiaceva la cosa, per il momento. Gli era parso di capire che la ragazza volesse solo assicurarsi che il film non distruggesse il libro e lo trasformasse in qualcosa di “ispirato da” piuttosto che “basato su”. Era una cosa che capiva e non aveva la minima intenzione di distruggere l’opera di Yasmine, che lo aveva colpito parecchio.
   La ragazza, per parte sue, non voleva risultare antipatica o dispotica, ma in nessun modo avrebbe permesso che rovinassero il libro che aveva impiegato quasi quattro anni a scrivere, fra un esame di università e l’altro. Non avrebbe mai permesso che cambiassero i suoi personaggi, che adattassero al grande schermo le situazioni solo per renderle più piacevoli, per edulcorarle o perché fossero apprezzabili dalla massa. Era decisa a non demordere, se le decisioni prese sarebbero state contro la logica o lo spirito del suo libro. Avrebbe trattenuto Dom e Jerry in una morsa come lo squalo bianco trattiene le sue prede, senza lasciarli andare fino a che non avrebbero ceduto, piuttosto di vedere la sua opera diventare una pellicola sputa-soldi per i produttori. Aveva un contratto che certificava che lei poteva consigliare ciò che voleva al regista e ai produttori, ma ancora non l’aveva firmato. Era entusiasta del fatto che dal suo libro sarebbe stato tratto un film, ma aveva ancora paura di siglare quell’accordo, che a ben vedere non era molto vantaggioso per lei dato che ad avere l’ultima parola era Jimmy. Quando avevano discusso sugli attori da scegliere Yasmine pensava fosse troppo presto, dato che non aveva ancora firmato, ma sospettava che Jimmy e Dominic volessero incoraggiarla e mostrarle quanto erano bendisposti nei suoi confronti.
   Quello era il motivo per il quale erano lì tutti e tre: la scrittrice, il regista e il produttore. Tutti in fila seduti su delle comode sedie di fronte ad uno spazio vuoto, ad attendere quello che agli attori nella sala affianco sembrava un momento crudele e ingiusto, come un esame orale all’università o per alcuni, addirittura, come la passeggiata di un coccoloso coniglietto davanti ad una famiglia di alligatori.
  Dopo tre ore avevano esaminato quattro degli attori che avevano chiamato per i provini e, anche se Jerry era molto soddisfatto e Dominic attendeva di vedere tutti i candidati prima di decidere, Yasmine aveva il naso sempre più arricciato in una smorfia di disapprovazione.
   «Ne mancano solo due», disse Jerry guardando i nomi. «Il primo è Sam Clafin. Negli ultimi quattro anni ha preso parti a produzioni come Hunger Games, Pirati dei Caraibi, Biancaneve e il Cacciatore e altri film del genere.»
   «Insomma, non ha proprio esperienza in film di questo genere», sottolineò Yasmine alzando le sopracciglia con atteggiamento critico.
   «Ti sei proprio svegliata con la luna storta oggi, eh?», osservò Dominic accigliato.
   La ragazza sbuffò. «Non sono del tutto convinta. Ma in fondo gli esperti siete voi, se avete visto qualcosa che io non ho notato per scarsa esperienza vi prego di dirmelo. Al momento i miei occhi vedono solo balbettanti bambocci.»
   «Mi sembra di essere in una versione cinematografica di Masterchef.»
   I tre risero e il ragazzo entrò. La prima cosa che non andò giù a Yasmine fu che probabilmente poteva essere considerato un bel ragazzo da chiunque. Lei certo non ci avrebbe sputato sopra. Peccato che il suo personaggio non fosse un adone, almeno come lo aveva immaginato lei. Era un ragazzo normale. Il suo disappunto calò un poco quando recitò la parte con evidente entusiasmo, senza essere troppo teatrale e nel modo in cui Yasmine aveva immaginato la parte. Era solo un po’ troppo belloccio e aveva quell’aria dolce che difficilmente gli avrebbero strappato dalla faccia, ma d’altronde Yasmine si disse che se stava a guardare tutto non sarebbe mai stata soddisfatta del risultato.
   «Mi piace», esordì non appena quello fu uscito dalla stanza.
   «Sia lodato il cielo!», esclamò Jerry alzando occhi e braccia al soffitto.
   «Aspetta di vederli tutti quanti, abbiamo ancora un candidato. Benedict Cumberbatch, trentacinque anni, è diventato famoso con la serie televisiva della BBC Sherlock, e ha partecipato come protagonista anche a Star Trek, Il quinto potere e The imitation game.»
  «È troppe vecchio», disse subito Yasmine. «Philip ha ventisette anni. Non voglio che sembri come in uno di quei telefilm per adolescenti dove un diciassettenne viene interpretato da uno che ha trent’anni.»
   «Come età ci siamo quasi, e sai che oggigiorno possiamo fare di tutto per ringiovanirlo un po’.»
   «Certo preferirei non usare tutti i soldi della produzione per togliere delle rughe dalla faccia di un attore», commentò Jerry.
  «Il personaggio di Philip è molto contorto, ha dei demoni oscuri nell’animo», intervenne Dominic. «Io credo che con un attore più anziano il personaggio potrebbe solo migliorare. Sarebbe più autentico, avrebbe più credibilità.»
   La porta che si apriva li interruppe. La signorina che si occupava dell’accoglienza fece entrare Benedict con un sorriso, poi si richiuse la porta alle spalle silenziosamente. Il cameraman accese la videocamera e iniziò la nuova registrazione.
   «Buongiorno», esordì Benedict con un leggero sorriso un po’ tirato. Gli sembrava di essere tornato alla scuola di recitazione, quando per ottenere le parti dovevi lottare con le unghie e con i denti. Da tre o quattro anni i ruoli gli venivano offerti, praticamente regalati. Questo era uno dei motivi in più che lo aveva spinto a desiderare quella parte: non voleva adagiarsi sugli allori, abituarsi al fatto di essere un attore richiesto e sopravvalutare le sue capacità. Un provino gli avrebbe fatto bene, e forse non passarlo gli avrebbe fatto anche meglio.
   «Prego», disse Jerry invitandolo a cominciare.
   Yasmine dovette ammettere che Dominic aveva ragione. La maturità dell’uomo faceva la differenza. Il signor Cumberbatch era molto più credibile come Philip più di quanto lo era stato l’attore che avevano visto prima. Il fatto era che l’immagine di Cumberbatch cozzava troppo con quella di Philip che lei aveva nella sua testa. Perlomeno l’altro ragazzo, Clafin, poteva quasi immaginarlo, con i capelli un po’ in disordine e la barba leggermente incolta, nei panni del suo personaggio. Ma quell’uomo, alto e dinoccolato, dal portamento elegante, fiero, non riusciva proprio a vederlo come Philip. Sembrava un tipo rigido e per niente alla mano, con la puzza sotto il naso. Yasmine non si permetteva certo di giudicare a prima vista, ma dati i novanta minuti in cui sarebbe stato su pellicola, credeva che la prima impressione potesse essere decisiva per gli spettatori.
   Non appena l’uomo lasciò la sala, ringraziandoli, la ragazza si esibì in un deciso no con la testa, facendo muovere a destra e a manca la lunga coda alta di capelli neri e sottili, liscissimi. «Dobbiamo andare per voto?»
   «Be’, per la verità io non avrei ancora deciso», disse Dominic. «Preferirei riguardarmi con calma le registrazioni e decidere.»
   «Questo significa che tu hai già deciso, comunque», osservò Jerry.
   Yasmine sorrise. «Già. Ma ne discuteremo quando avremmo deciso tutti e tre.» La ragazza si mise la borsa in spalla e prese con sé sciarpa e cappotto. «Vorrei comunque riguardare quelle registrazioni. Potete inviarle a Pamela, lei me le farà avere. Grazie della pazienza. Signori, è stato un piacere», disse a mo’ di saluto.










1) A chi interessasse Irwin Welsh e Chuck Palahniuk sono due autori che definirei controversi. Ho letto un libro di entrambi, i più famosi: rispettivamente "Trainspotting" e "Fight Club". Li consiglio entrambi, sono molto belli (sia i libri che i film che ne sono stati tratti), ma diciamo che sono per stomaci forti.

Buonsalve a tutti!
Non pubblico una storia da molto, mooolto, mooolto tempo, ma recentemente, come ho spiegato in questo post del mio blog, ho ricevuto della magica ispirazione che definirei di provenienza ormonale. Non scrivo fanfiction da parecchio, quindi volevo ricominciare con qualcosa di semplice e questa è piuttosto corta per i miei standard. Quattro capitoli e conto di aver finito, ma ad essere sincera potrebbe decidere di preseguire, o nascere un'altra storia con protagonista Benedict, perché mi sono affezionata a lui oltre che come attore, anche come personaggio.
Comunque, il titolo della fanfiction è uguale al titolo di un libro che ho letto tempo fa, scritto da Alessandro Bianconi. Ricordo che ne scrissi una recensione nel mio blog, ma non era quel che si dice positiva.
A proposito del blog! In questa pagina troverete una piccola anticipazione del capitolo seguente, per chi si tortura con gli spoiler!
Insomma, quel che voglio dire, fan di Benedict, è che in questa fanfiction potrete bearvi delle turbe mentali del nostro attore preferito! Debole e indifeso come non è mai apparso, sarà in questa fanfiction! Ma mi perdonarà, spero, perché forse (e dico forse, se si comporta bene) ci sarà un lietofine.
Prego lasciare una recensione in cima alla pagina, a tutti coloro che lo faranno prometto tanti cioccolatini! Al prossimo capitolo,
Patrizia

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Capitolo 2
*** Ragni ***


Capitolo due
Ragni





Nelle diverse epoche di civiltà il ragno è stato visto in maniera contrastante. Il suo aspetto migliore, oggi più sottovalutato, è quello dell’instancabile lavoratore che tesse senza sosta la  sua tela.

   La ferma presa dello squalo bianco svanì quasi subito di fronte alle argomentazioni di Dominic e Jerry, probabilmente abili cacciatori di squali che avevano usato l’esca più succulenta che Yasmine avrebbe mai potuto sperare di ingollare.
   «…credo di riuscire a intendermi di più con Benedict. Quando l’ho incontrato mi sono reso conto che siamo, per molte cose, sulla stessa lunghezza d’onda.»
   Yasmine sgranò gli occhi. «Tu- tu l’hai incontrato? Non avevamo ancora deciso chi avrebbe avuto la parte!»
  «Ho incontrato tutti gli attori che sembravano più promettenti. Anche il signor Clafin. Mi è sembrato un ragazzo pieno di talento, certo, riguardando il video della sua audizione non si possono avere dubbi in proposito, ma Cumberbatch continua a sembrare più adatto, a mio parere. Ha più maturità, sia a livello lavorativo che umano, e penso che Philip sia un personaggio molto complesso, per cui vorrei essere sicuro che lo interpretasse qualcuno che può capirlo.»
   La ragazza fece segno di no con la testa. «Non ho intenzione di approvare questa cosa. Non voglio Cumberbatch nella produzione. Non come personaggio principale, almeno. Potrebbe fare Immanuel, al massimo. Ecco, per Immanuel sono d’accordo.»
   «Io e Dominic siamo d’accordo», cominciò Jerry sospirando, «Non farmi dire ciò che non vorrei Yasmine.»
   «Lo so, lo so», sbuffò la ragazza alzando gli occhi al cielo, spazientita. «Io posso consigliare e guidare, non decidere al posto degli esperti su argomentazioni tecniche», disse, citando il contratto. Fece un sorriso mesto. «Questo contratto che abbiamo stilato è un po’ una fregatura. Vorrei ricordarvi che non ho ancora firmato il modulo conclusivo, quindi o togliete quel tizio dal film o mi tolgo io dalle scatole.»
   Dominic si stava strofinando le palpebre come qualcuno che è molto stanco, invece Jerry prese quella frase come l’occasione per introdurre un nuovo discorso che avrebbe potuto cambiare le carte in tavola per tutti. «Riguardo questo punto, avrei una proposta da farti. Un incentivo diciamo.»
   Il legale che stava con lui allungò una pila di fogli a Yasmine e la ragazza iniziò ad esaminarli. «Che cos’è?»
  «Il nuovo contratto che vorremmo stipulare, che potrebbe rendere tutto più facile e meno stressante per tutti. Puoi partecipare alle riprese. Avrai modo di influenzare la produzione, ma ad una condizione: vigerà la regola della maggioranza vincitrice. Se io e Dominic siamo d’accordo su una decisione, allora così verrà fatto. Se lo siamo io e te o tu e Dom, allora il terzo di noi dovrà adeguarsi di conseguenza. Se avremmo tre opinioni discordanti raggiungeremo un accordo che vada bene a tutti.»
   «Dov’è la fregatura?», chiese Yasmine sfogliando ancora le pagine.
  «Nessuna. Solo, c’è un termine per firmare il contratto. Hai dieci giorni di tempo da oggi. Vorrei iniziare il prima possibile, e i tempi per la pre-produzione sono sempre lunghi.»
   «Dieci giorni? Sono un eternità. Io ho già deciso. Fatemi solo leggere con attenzione tutto quanto ma credo che al più tardi per domani vi farò avere la vostra copia con la mia firma.» Yasmine sorrise e decise di ammorbidire la morsa dello squalo.
   In fondo, non era mai stato il suo animale preferito.

  Avrebbero passato un considerevole numero di ore agli studios e fatto poche scene in esterno, Benedict sperava quindi che fossero ben attrezzati per passare il tempo che, inevitabilmente, trascorreva fra un ciack e l’altro. Spesso si trattava solo di avere la compagnia giusta e il tempo passava volando, ma quando aveva voglia di starsene per conto suo andava volentieri a fare una passeggiata nei dintorni. Non che potesse allontanarsi di molto, beninteso, ma a volte anche solo allontanarsi dalla troupe di qualche metro poteva essere una liberazione. Passare giorni, settimane o addirittura mesi con attorno le stesse persone quasi venti ore al giorno poteva essere difficile. Per carità, era un sacrificio minimo in confronto a tutto quel che c’era di positivo nel suo lavoro, ma Benedict dovette ammettere che, come primo giorno di riprese, fu alquanto anomalo.
   Aveva lavorato in diversi ambienti, nella sua carriera. Alcuni seriosi e pretenziosi nei quali pareva si stesse facendo qualcosa di sacro, altri più rilassati e amichevoli, dove era ben chiaro il loro scopo di creare un grande show che intrattenesse la gente. Per fortuna il set di “La conversione di Philip” era come il secondo e prometteva di essere divertente. E per fortuna, avrebbe potuto aggiungere, perché le tematiche del film già di per sé erano piuttosto pesanti. Era meglio affrontarle a cuor leggero.
  Benedict stava dunque entrando assieme alla sua assistente negli studios. Erano le sette di mattina e il sole ancora non era sorto del tutto. L’uomo aveva passato tutte le due giornate precedenti a ripassare il copione, tanto che già alla fine del primo giorno lo sapeva a menadito. Lo attendevano un’oretta abbondante al trucco e ai costumi, dopodiché entrò nel padiglione dove era stata montata una delle scenografie principali, la casa di Philip, il suo personaggio e protagonista del film. Fece appena in tempo ad entrare, sorseggiando il secondo caffè della giornata, che notò il suo viso in una delle inquadrature. E non aveva fatto ancora una ripresa, sorprendente! Guardando meglio, vide che si trattava del video dei provini. A esaminarlo con minuzia sullo schermo di un ipad era una ragazza piuttosto alta, con i capelli corvini legati in uno chignon un po’ cadente, probabilmente a causa del volume dei suddetti. Aveva la pelle chiarissima, colore del latte, e un trucco essenziale sul viso. Braccia e gambe filiformi, così come tutta la sua figura. A Benedict fece venire in mente un ragnetto dalle zampe sottili.
   «Benedict!» La voce di Jerry, produttore esecutivo, lo fece voltare. «Ciao, come stai?»
   «Tutto bene, grazie. Non vedo l’ora di incominciare.»
   «Fra pochi giorni conoscerai tutta la troupe», disse l’uomo facendo un cenno verso la piccola folla che preparava la scena. «Hai già conosciuto Dominic, eccolo lì», e indicò il regista, «ma vorrei presentarti una persona.» Si avvicinò alla ragazza e le posò una mano sulla spalla. Quella si volse repentina, facendo scivolare le cuffie sul collo e Benedict poté vedere i suoi occhi, anche quelli talmente scuri che il marrone delle iridi si confondeva con la pupilla. «Ti disturbo?»
  «Certo che no, dimmi pure.» La ragazza sorrise amabilmente e di colpo il ragnetto divenne un tenero animale domestico, inoffensivo, che tesse la sua tela fischiettando senza che l’idea di morderci gli sfiori anche solo l’anticamera del cervello.
   «Vorrei presentarti il nostro protagonista, il signor Cumberbatch.»
  Il sorriso cambiò radicalmente, così in fretta che Benedict pensò di averlo immaginato. La ragazza si avvicinò a lui con i suoi lunghi arti da ragno e gli tese la mano. «Yasmine Casterlane, molto piacere.» Sembrava tutt’altro che un piacere per lei. A partire dal tono di voce che, se con Jerry era stato dolce e leggermente acuto, con l’attore che aveva davanti si era trasfigurato in un basso ringhio.
   «Benedict Cumberbatch, il piacere è tutto mio.»
   Oh cielo, pareva già una ridicola pantomima! Una cosa del tipo “Io ti odio e tu mi odi ma sorridiamoci e facciamo finta di essere amiconi!”
   «Ho letto il libro, prima di ottenere la parte.» Disse sperando di fare buona impressione. «Mi è piaciuto molto.»
   «Voglio sperare, altrimenti che ci fai qui?»
   L’uomo fece un sorriso tirato. La conosceva da trenta secondi e avrebbe già voluto darle una testata. «Infatti. Credo che per partecipare ad una produzione questa debba, prima di tutto, piacere.»
  Un uomo con auricolare e microfono all’orecchio attirò l’attenzione di Jerry e gli fece segno di seguirlo. «Scusate ragazzi, vi lascio a chiacchierare. Cominceremo fra circa venti minuti Benedict, rimani nei paraggi okay?»
   «Ma certo, a dopo.»
   «Ci vediamo dopo.»
   Fra Yasmine e Benedict cadde un silenzio imbarazzante. «Allora…», cominciò lui, tentando di fare buon viso a cattivo gioco «stavi guardando il mio provino, ho visto.»
   «Infatti.» Yasmine recuperò l’ipad dal tavolo e lo mise dentro la borsa assieme alle cuffie. Si alzò e cominciò ad affrettarsi verso le viscere degli studios. Non aveva molta voglia di parlare con il signor Benedict Cumberbatch, primo sulla lista di molte decisioni sulle quali lei non era d’accordo. Ma se le altre poteva accettarle, che il suo personaggio principale fosse interpretato da un quarantenne con la puzza sotto il naso che aveva fatto qualche filmino che era diventato famoso, non poteva sopportarlo.
   Benedict la seguì. «E quali sono le conclusioni?»
  Yasmine si volse a guardarlo con occhi duri. Il malefico ragno che era tornò ad affacciarsi. La ragazza distolse un attimo lo sguardo e si sistemò meglio la borsa sulla spalla. «Davvero vuoi sapere?»
   «Immagino che sarà molto doloroso, da come ne parli.» L’uomo mantenne un’espressione neutra. Era abituato a sentire le critiche, anche se non poteva dire di mandarle giù tutte. Ma in fondo non si poteva mica piacere a tutti, e poi anche se si arrabbiava non avrebbe risolto niente.
   «Intendiamoci, nulla di personale, ma tu non mi piaci.»
   Benedict aggrottò le sopracciglia. «Be’…»
   «Fammi finire. Ho guardato i tuoi film, ho anche guardato i telefilm che hai fatto, e sei molto bravo. Ma non ce la faccio, è più forte di me! Tu non sei Philip, non sei il mio personaggio! Non sei come vorrei che lui fosse.» Yasmine sospirò e iniziò a passeggiare lungo il capannone, evitando cavi elettrici e gente che correva qua e là. «Mi sembra così lontano da come sei tu che…»
   «Perdonami…», Benedict sorrise un poco, «tu non sai come sono.»
   Yasmine incrociò le braccia. «So come sembri.»
   L’uomo si fermò. «E come sembro?» Yasmine aprì bocca per rispondere ma lui la interruppe: «Aspetta, fammi indovinare: spocchioso, con la puzza sotto il naso. So che lo pensi, e sai perché? Perché me lo hanno già detto.» La ragazza ammutolì, credendo di averlo offeso, ma Benedict sorrideva leggermente e riprese a camminare, le mani affondate nelle tasche. «Non so perché do quest’impressione, forse perché mi piace camminare con la schiena diritta e il mento alzato, ma ti assicuro che è solo questione di educazione.» Alzò le spalle. «Se non stai dritto ti viene la gobba.»
  «Sembri un tipo serio», tentò Yasmine lanciandogli un’occhiata di sbieco, sapendo di essere andata troppo in là. «E sei sempre vestito in giacca e cravatta.»
   Benedict rise. «Vestire con l’abito scuro è d’obbligo alle cerimonie. E preferisco che la gente mi creda anche spocchioso piuttosto che lasciare che fotografie della mia vita privata in cui sono anche in pigiama viaggino per la rete.»
   Yasmine annuiva senza guardarlo. «Anche io, sai», le venne da dire d’impulso, «non sono veramente così.» L’uomo la guardò interrogativo, al che Yasmine rispose: «Di solito non sono così stronza.» Si portò una mano alla bocca e Benedict rise leggermente. «E di solito non uso subito parolacce con gli sconosciuti, solo con le persone che conosco da un po’.»
   «Nessuna offesa. Io uso le parolacce di continuo. All’inizio pensavo che non avrei potuto più dato che quello che dicevo finiva sui giornali o in televisione, ma adesso non gliene frega più un cazzo a nessuno», disse sorridendo.
   La ragazza sorrise in risposta, ringraziandolo mentalmente per averla tolta dall’imbarazzo e aver detto “cazzo”. «Ecco, sì, di solito sono così. Dico la cosa sbagliata al momento sbagliato e non so quando è ora di stare zitta.»
   Benedict sorrise e domandò: «Dai, dimmi: cos’ha questo Clafin che io non ho? Immagino che sia più bello di me, ma… io sono più alto.»
   Yasmine rise e uscì dal capannone dove era montata la scena. «No, ad essere sinceri è solo un fatto di età. Philip ha solo ventisette anni, e lui è più vicino a quell’età. Tu…»
   «In pratica, mi stai dicendo che sono vecchio.»
  «No!» Yasmine mise le mani avanti. «No, non volevo dire che sei vecchio, solo che sei… maturo, che sei… grande per…» La ragazza s’interruppe quando Benedict scoppiò a ridere portandosi una mano alla fronte.
   «È il modo più gentile che abbiano usato fin ora per dirmi che sono vecchio.»
   «No, ma davvero», anche Yasmine rideva, «non sei tu che sei vecchio, è Philip che è giovane! No, forse non era la cosa giusta da dire.»
   «Oh Dio Santo!» Benedict ormai si sbellicava senza ritegno. «Sarà fantastico lavorare assieme, lo sento.»

   «Okay è successo, è ufficiale.» Yasmine si lasciò cadere sulla sedia, al tavolino del bar dove era già seduto Benedict.
   «Cosa è ufficiale?», domandò l’uomo. Le porse un biscotto, che lei accettò.
   «Sono innamorata. Mi scusi, un cappuccino anche per me!»
  Benedict aggrottò le sopracciglia. Conosceva Yasmine da poco, ma si era reso conto che poteva innamorarsi con la facilità con cui un contorsionista piegava l’alluce. Solitamente succedeva una o due volte alla settimana, e ogni tanto l’oggetto del suo desiderio diventava una sorta di fidanzato per qualche giorno, ma appena dopo essersi conosciuti per Yasmine perdevano tutto il loro fascino. Usava dire che non erano abbastanza innovativi, che non pensavano in grande.
   «Che strano», commentò Benedict. «Chi è la vittima questa volta?»
   «Lavora qui da poco, fa il fattorino. Si chiama Hayden.» Yasmine sorrise compiaciuta.
   «Ah, ma sì certo, Hayden.» Benedict alzò un sopracciglio. «È qui da quando siamo arrivati.»
   «Che cosa?»
   «Vorresti dirmi che non l’hai mai visto? Ti ha portato lui le valigie in camera tua quando siamo arrivati.»
   «Dici sul serio?» Yasmine parve seriamente scossa. «O mio Dio, significa che per tutto questo tempo ho ignorato il fatto che il mio vero amore fosse qui?»
   Benedict non poté reprimere un risolino. «Non esageriamo adesso, eh?»
  «Che ne sai che non è il mio vero amore?», domandò Yasmine piccata prendendo il cappuccino che il barista le porgeva. «Potrebbe essere l’uomo della mia vita.»
  «Oh certo, in base al fatto che è biondo, alto e muscoloso? Somiglia un po’ a Sam Clafin, ora che mi ci fai pensare. Ecco perché le volevi in produzione!»
   Yasmine fece un mezzo sorrisino. «E che male c’è a circondarsi di bella gente?»
   «Oh oh! Allora ho ragione, te lo stavi guardando per bene. Be’, mi spiace di essere tanto più bravo e convincente di lui.»
  La ragazza rise e scosse la testa. Alla fine aveva dovuto ammettere che Benedict era stata una scelta oculata, che interpretava il suo personaggio proprio come lo voleva lei. Facevano lunghe chiacchierate su come volevano che fosse Philip, su cosa pensava e come si doveva comportare.
   «A parte le scemenze», riprese Benedict, «non dovresti provarci con Hayden.»
   «Perché no?»
   «Perché se poi lui ci sta quando sarà finita sarà imbarazzante, no? Insomma, vi dovrete vedere per forza.»
   «E chi ti dice che finirà?»
   Benedict alzò un sopracciglio. «Yasmine, sii seria per favore.»
   La ragazza si esibì in una smorfia di offesa e gli diede una gomitata  fra le costole. «Te l’ho già detto oggi che mi stai antipatico?»
   «No, oggi ancora no. Me l’hai detto l’altroieri.»
   «Troppo tempo fa, comunque.» Yasmine sospirò e seguì con lo sguardo il fattorino Hayden che passava di fronte alla porta del bar. «Forse hai ragione, poi chi se lo leva più di dosso? E comunque, sarebbe stato noioso.»
  Benedict, all’ennesima uscita di quel genere, posò la tazza e batté i palmi sul tavolo. «E va bene. Che cosa cerchi si può sapere? Hai conosciuto almeno dieci ragazzi, e anche se la metà erano idioti che volevano solo portarti a letto…»
   «Lieto che non lo abbiano fatto?»
  «… molto lieto, se proprio lo vuoi sapere – ce n’erano uno o due che erano veramente interessati a te, si capiva. Dimmi il tuo segreto, così potrò risparmiare a quei poveri ragazzi che finiscono nella tua tela inimmaginabili sofferenze.»
   «Esagerato...», commentò Yasmine incrociando le mani sotto al mento. «Non so, è che… sai, vorrei qualcuno che sappia buttarsi. Qualcuno con cui svegliarmi al mattino e a cui dire senza alcun preavviso “Andiamocene in Messico”, e che mi risponda “Prenoto il volo!” Capito? Qualcuno che non si fa troppi problemi, con cui ogni giorno può essere diverso.» La ragazza sospirò. «Quelli che conosco sono una palla, vogliono solo comprare una casa, fare carriera e avere dei figli.»
   «Perché? Tu non li vuoi dei figli?»
  «Sì li voglio, ma non li voglio programmare. Se arrivano, bene, se non arrivano si vedrà. E comunque è troppo presto per me per pensarci, Insomma, prima intanto dovrei trovare qualcuno che mi porti in Messico, no?» La ragazza sorrise e si alzò dal tavolo. «Ci vediamo sul set Ben, vado un po’ prima oggi perché devo parlare con Jerry.»
   «Va bene, ci vediamo là.» Benedict la seguì con lo sguardo fino a che non fu fuori dalla sua vista.

L’altro aspetto simboleggiato dal ragno, più noto e facilmente identificabile, è quello del predatore. Silenzioso, si nasconde nel buio e attende che le prede cadano nella sua tela, dalla quale è impossibile fuggire, una volta che si viene catturati.

   Benedict sorrise – anche se non poteva dire fosse il suo sorriso migliore – e bevve un sorso di vino. Posando il calice di fronte a sé, il piattino del dolce vuoto, la pancia piena e le papille gustative appagate, pensò che se non fosse per l’aver scoperto quel bel ristorantino nascosto al grande pubblico, quell’appuntamento si sarebbe rivelato una vera delusione. Non che Anna non fosse simpatica, in realtà aveva passato una serata molto piacevole. Non riusciva però a togliersi di dosso una sensazione sgradevole, come di disagio, e non riusciva a capire perché.
   «Ho passato una bella serata, e grazie per avermi riaccompagnata. Davvero, la prossima volta posso chiamare un taxi.»
   «Non ti preoccupare, è stato un piacere.» Benedict sembrava calmo ma la verità era che dentro il suo cervello gli ingranaggi erano impazziti. Lei aveva detto “la prossima volta”, significava che si aspettava una prossima volta. Doveva dire subito che non aveva intenzione di continuare? Non voleva che Anna avesse l’impressione sbagliata. Forse se lui si fosse tirato indietro avrebbe creduto di essere brutta, o grassa, o antipatica, o un’altra di quelle sciocche paranoie che a volte le donne si facevano e che Benedict semplicemente non concepiva. Alla fine le scoccò un bacio sulla guancia, sentendosi un perfetto imbecille. “Oh, ti prego! Chi bacia sulla guancia dopo un appuntamento del genere?” Scelse una frase neutra per chiudere la serata: «Ci sentiamo allora. Buona notte.»
   «Buona notte», pigolò lei, effettivamente un po’ stupita di quel bacio sulla guancia che le faceva venire in mente un’adolescente timido degli anni cinquanta.
   Benedict rientrò a casa e, una volta accesa la luce del salotto, sbuffò. La casa vuota, silenziosa, lo accolse con insolito calore. Era felice di essere tornato. Senza sapere bene cosa fare sedette su una delle poltrone e rimase a fissare un punto imprecisato fra la lampada da terra e il muro. Lungo la strada non si sentivano particolari rumori, quella era una zona di Londra piuttosto tranquilla, a cinque minuti di metropolitana dal centro ma non eccessivamente frequentata la sera. C’erano solo tre pub negli immediati dintorni, dei ristoranti e piccoli supermarket, ma non era certo il centro città, sempre animato e caotico.
   Per due settimane la troupe era in vacanza. Quando sarebbero tornati per finire le riprese di “La conversione di Philip” avrebbero avuto ancora un mese e mezzo circa di lavoro, dopodiché il tutto sarebbe passato nelle mani dei tecnici. Ancora non aveva alcuna autorizzazione, per contratto, a parlare del film, anche se in giro se ne stava discutendo parecchio, principalmente per il successo che aveva riscosso il libro.
   L’uomo tirò fuori il cellulare dalla tasca e cominciò a scrivere un messaggio. “Cosa penseresti se un uomo al primo appuntamento ti desse un bacio sulla guancia?”
   Era mezzanotte passata, ma di certo Yasmine non stava dormendo. Viveva dall’altra parte della città, un po’ in periferia, e aveva degli orari che Benedict considerava semplicemente da folli. Fino alle due di notte – minimo – scriveva e durante il giorno lavorava in una galleria d’arte.
   Pochi minuti dopo arrivò la risposta: “Dove l’hai portata?”
   “Ristorante. Atmosfera intima”
   “Gay.”
   “Lo sapevo…”
   Pochi secondi dopo il suo cellulare squillò. «Pron-»
   «Perché cazzo le hai dato un bacio sulla guancia?!»
   Benedict si diede qualche attimo per riprendersi dall’aggressione. «Non- non lo so, okay? Non volevo baciarla.»
  «Ma cosa sei? Suo cugino? E poi mica dovevi ficcarle la lingua in bocca, potevi anche solo baciarla sulle labbra. Anzi, sarebbe stato molto meglio così, un bacio sulle labbra, senza lingua. Sarebbe stato il coronamento perfetto di una serata perfetta, con l’uomo perfetto probabilmente.» Yasmine si interruppe all’improvviso. «Voglio dire, è romantico no? Scommetto che l’hai portata in un bel ristorante.»
   «Era molto bello. Me l’ha consigliato il mio amico Martin. Un giorno dovremmo andarci anche io e te, te lo faccio conoscere. Ne vale la pena, fidati.»
   «Okay… Comunque sia, dopo tutto questo romanticismo un bacio sulle labbra sarebbe stato perfetto. Perché l’hai baciata sulla guancia? Lei non ti piace?»
   «Sì mi piace, è bella e intelligente. Non sono molto convinto, ecco. Hai presente, quando il tuo migliore amico dice di avere una cotta per te? Ecco, mi sento così. Lei mi piace, ma non come donna.» Dall’altra parte del telefono si sentiva solo silenzio. «Pronto?»
   «Ti piace qualcuno?»
   Benedict non rispose subito, assimilò prima la domanda e in una frazione di secondo realizzò che la risposta era, maledizione, sì.
  Perché non lo aveva capito prima? Magari per gradi, come succede di solito. Probabilmente era andata così, solo che lui era stato troppo cocciuto per accettarlo. L’aveva negato, soprattutto per l’età e la palese differenza di carattere che c’era fra loro due. Lui era riflessivo, lei si gettava nella situazioni come venivano. Lui era cauto e nascondeva ciò che provava, lei era plateale e quando provava un’emozione forte si vedeva lontano un miglio. Benedict aveva cercato di nasconderlo al suo io conscio, ma il suo inconscio l’aveva capito sin dall’inizio. Da quando l’aveva conosciuta meglio. L’irritazione che sentiva quando parlava dei ragazzi che aveva frequentato gli era sembrata sana. Era normale, era giusto, preoccuparsi e irritarsi se i tuoi amici non trovavano la persona giusta, no? Avrebbe dovuto capirlo anche da come cercava la sua presenza, da come diventava improvvisamente più brillante quando lei si avvicinava. E anche dopo, quando aveva iniziato a seguirla con lo sguardo, considerando tutto sommato che quelle forme non erano poi tanto sottili. Aveva giustificato la cosa pensando “Ehi, dopotutto sono un uomo. Che ci posso fare se ho gli occhi?” Infatti, che poteva farci? Aveva gli occhi, e ne aveva fatto largo uso, facendo scivolare il suo sguardo sulla schiena di lei, indugiando a volte sui glutei e sulle belle gambe sempre fasciate in pantaloni aderenti o liberamente mostrate sotto una gonna. Aveva imparato a memoria la piega che prendevano le sue labbra quando si faceva seria, quelle labbra piccola che lei colorava di rosso acceso, incurante di chi diceva che il rosso si indossa solo la sera, e gli occhi solo leggermente ripassati con l’eyeliner. Avrebbe voluto vedere quella bocca e quegli occhi senza trucco, solo per sapere com’era il suo viso, quando pulito. Sicuramente sarebbe stato ugualmente bello.
   Tutti questi pensieri si affacciarono alla mente di Benedict improvvisamente, quando Yasmine pronunciò quella frase. Intere settimane di “Oh! Sarebbe bellissimo se trovasse qualcuno che la merita davvero!”, si rivelarono per ciò che erano veramente: “Oh! Sarebbe bellissimo se si rendesse conto che farei di tutto per meritarla davvero.”
   Benedict strinse i denti e rispose: «Sì.»
   «Allora…» Yasmine esitò, «perché non esci con questo qualcuno?»
   L’uomo si guardò attorno e strinse la mano sul bracciolo della poltrona. «Sarebbe strano.»
   «Come mai?»
   «Siamo molto diversi. Caratterialmente, dico.»
   «Spero anche fisicamente», sbottò Yasmine, giusto per buttarla sul ridere.
   Benedict si rilassò e rise. «Sarebbe un po’ inquietante altrimenti.»
  «Già.» La ragazza sospirò. «Fammi sapere come va Ben, e non scervellarti. Se stai a guardare tutto non ti andrà bene niente.» Eccola lì, l’ennesima prova del fatto che si trovavano su due poli opposti. Se Benedict pensava che il suo motto poteva tradursi con “Chi va piano va sano e va lontano”, erano messi bene.
  «Grazie del consiglio.» Le augurò una buona notte e chiuse la telefonata. Il suo appartamento, prima così accogliente, era diventato un luogo freddo e inospitale, troppo angusto e buio. Gli tornò in mente l’immagine che aveva visto qualche giorno fa in un giornale e pensò alle tele dei ragni, appiccicose, ti si chiudevano addosso. Proprio come stava facendo la sua vita in quell’istante.
  Maledetti aracnidi, erano dappertutto!




















Hello!
Questa fanfiction potrebbe avere risvolti che nemmeno io mi aspettavo, quando ho iniziato a scriverla. Già questo capitolo era del tutto diverso quando l'avevo scritto, poi qualche giorno fa ho pensato di rileggerlo per scovare gli eventuali errori in vista del postaggio e, chissà come, ho cambiato un sacco di cose! xD
Credo che succederà anche nei prossimi capitoli quindi... si accettano consigli! Come desiderate più vedere Benedict soffrire per amore? Tradimento? Incidente quasi mortale? Rapimento per mano di alieni? Dite, dite, accolgo ogni suggerimento, io adoro torturare i miei personaggi! Mhuahahah!
Be', a voi lo spoiler del prossimo capitolo, cliccate qui se volete leggerlo.
Grazie a tutti coloro che hanno letto e chi segue e/o recensisce. Mi raccomando, voglio leggere taaanti commenti, belli o brutti, non importa, basta che commentiate :)
Alla prossima,
Patrizia

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Capitolo 3
*** Ospite e parassita ***


Capitolo tre
Ospite e parassita





Il parassitismo è una forma di simbiosi nella quale il parassita trae un vantaggio a spese dell’ospite, creandogli un danno biologico.

   Benedict non pensava che il vestito di Yasmine fosse eccessivo, probabilmente era adatto persino a tenere una lezione a degli adolescenti con problemi ormonali. Sobrio, lasciava scoperte le spalle e la parta alta della schiena, scollatura non troppo profonda, gonna al ginocchio. Fantasia che Benedict non avrebbe scelto ma, si sa, i gusti son gusti. Lui l’avrebbe definito: a divanetto della nonna. Era colorata sui toni dell’azzurro, ma con quei disegni che somigliavano alla tela per tende vecchio stile. Il punto non era tanto il vestito quanto chi lo indossava, capì Benedict più tardi, mentre seguiva con gli occhi Yasmine che si aggirava tranquilla fra i tecnici del suono.
   Le gambe delicate che saltellavano qua e là, e quell’angolo di pelle candida sulla schiena che lasciava presupporre una pelle liscia e sensuale nel resto del corpo. Il divanetto più sexy che possa esistere, senza dubbio, pensò Benedict distogliendo lo sguardo mentre lei si voltava.
   Negli ultimi tempi, da quando erano tornati a girare, Ben si era scoperto a struggersi su Yasmine come un dodicenne su una bici da corsa. La seguiva con gli occhi ovunque andasse, cercava di farle compagnia ad ogni occasione e scopriva ogni giorno di più che – incredibilmente – lei era fantastica. Non era proprio il suo tipo, se gli avessero chiesto qual era il suo tipo di ragazza ideale avrebbe risposto: alta, bionda e in generale non troppo longilinea. Invece Yasmine era tutto il contrario! Capelli neri e lisci come spaghetti troppo cotti, alta e decisamente longilinea. Gambe magre, seno piccolo, braccia esili come ramoscelli. Fortunatamente, poté notare Benedict con un certo piacere, aveva un lato b piuttosto pieno. Dal punto di vista fisico era contento – anche se, per come stavano le cose, le sarebbe piaciuta anche se fosse stata bassa, cicciotta e con una risata strana – era da quello caratteriale che aveva qualche difficoltà.
   «Ufff! Non vedo l’ora di buttarmi a letto, è dalle cinque di mattina che sono in giro.» Yasmine sedette affianco a Ben, che le fece spazio sulla panca e diede un’occhiata al cellulare.
   «Siamo in pausa ancora una ventina di minuti. Andiamo a prendere un caffè?»
   «Magari, se non ti scoccia accompagnarmi.» Yasmine si alzò e Benedict la imitò.
   «Figurati, non è affatto un problema.» Soprattutto se considerava il fatto che negli ultimi tempi le stava attaccato come una zecca.
  Dovevano girare una scena in esterno e avevano fatto chiudere una strada non troppo trafficata dalle sei del pomeriggio alle nove di sera, sperando di riuscire a terminare in tempo. Erano già a buon punto, anche se erano già le otto e tutti cominciavano a sentire i morsi della fame. Yasmine e Benedict girarono l’angolo e cominciarono a cercare un bar.
   «Oh, guarda quello!», la ragazza indicò una pasticceria dalla facciata color pastello, con una grossa insegna che recitava “Wild Flour”. Dalla vetrina si scorgevano dolci che facevano aumentare la salivazione tanto parevano golosi.
   Yasmine si girò verso Benedict con un sorriso a trentadue denti e gli occhi scintillanti, proprio lo sguardo al quale l’uomo non poteva resistere.    «Ci andiamo?»
   «Niente caffè?»
   «Magari fanno anche quello!»
  La ragazza si avviò con passo deciso ed entrarono nel locale. Il profumo che si respirava nell’aria era quello dei dolci appena sfornati: avvolgente e tiepido, colpiva il naso non appena si varcava la soglia. C’era un bel po’ di gente ma la coda si esaurì in fretta e presto arrivò il loro turno.
   «Buongiorno, che cosa prendete?» Un ragazzo con un grembiule recante il nome della pasticceria li accolse. Aveva le braccia e il collo tatuati, un dilatatore largo almeno un centimetro ad ogni orecchio e vari piercing sul viso. Per contro era sorridente e pareva simpatico.
   «Per me un chelsea bun, grazie», ordinò Benedict.
   Il ragazzo lo servì e poi si rivolse a Yasmine. La ragazza guardò l’espositore, senza saper scegliere. «Ah, non lo so, c’è così tanta roba. Tu che cosa mi consigli?»
  «Vediamo… se avete del tempo per fermarvi qui a mangiare, ti consiglierei una torta. La mia preferita è la torta di banane», il ragazzo si spostò lungo il bancone per indicargliela, «è una base di pasta frolla con crema di banane sul fondo, ganache al cioccolato e guarnizione di cocco tostato, è buonissima.»
   «Wow, sembra davvero ottima. Purtroppo non ho molto tempo adesso, credo che mi accontenterò di un cupcake pistacchio e fragola.»
   «D’accordo. Sono sette e ottanta, potete pagare alla cassa.»
   «Ci penso io», disse Benedict avviandosi, mentre Yasmine assaggiava già il suo dolce.
   «Oh, è buonissimo!», esclamò la ragazza alzando gli occhi al cielo, estasiata. «Credo che tornerò per quella torta.»
   Il ragazzo che stava al bancone sorrise. «Lo spero, anche se forse non farà molto piacere, al tuo fidanzato», aggiunse lanciando un’occhiata a Benedict.
   «Oh no, lui non è il mio fidanzato.»
   «Ma dai, veramente? Una bella notizia.» Allungò un braccio oltre la vetrina e porse la mano a Yasmine. «Mi chiamo Adam.»
   «Piacere, Yasmine.» La ragazza sorrise e lanciò un’occhiata a Benedict, che aveva terminato di pagare. «Scusa, ma ora devo andare. Buon lavoro!»
   Adam la salutò con un cenno della mano e si rivolse ad un nuovo cliente. Yasmine raggiunse Benedict e, non appena furono usciti dal locale, esordì con: «Ho appena incontrato l’uomo della mia vita.»
   «Il pasticcere?», domandò Ben, per nulla preoccupato dall’ennesima cotta di Yasmine.
   «Non so se è un pasticcere, ma di sciuro è un intenditore di torte. Comunque non posso andare sempre in giro con te, mi rovini la piazza.»
   «Perché?», domandò Benedict a metà morso del suo dolce, indignato.
   «Lui credeva che tu fossi il mio fidanzato.»
   L’uomo, non visto, si esibì un’espressione contrita pensando ‘magari!’. Senza riflettere, gli uscì detto: «Povero stolto, non sa che non potrà mai accadere.»
   Yasmine si bloccò in mezzo al marciapiede. All’improvviso il cuore le aveva fatto un brutto capitombolo, come se fosse scivolato all’altezza dello stomaco. Cosa voleva dire Benedict? Che due come loro, una scrittrice in erba e un attore in rapida ascesa, non sarebbero mai potuti stare assieme? Che una ragazza pazza non poteva piacere ad un uomo elegante, raffinato, simpatico e buono come Benedict?
   «Yasmine?» Ben, più avanti di parecchi passi, si voltò a cercarla.
   «Scusa! Mi era parso- Ho visto… uno che conosco, ma non è così. Eccomi.» La ragazza si affrettò a raggiungerlo e, senza farsi vedere, gettò il resto del cupcake in un bidone dell’immondizia. Le si era chiuso lo stomaco.

Il parassita ha rapporti con un solo ospite ma questi può avere rapporti con più parassiti.

   «Cin-cin!» Il coro di voci si levò fragoroso dal tavolo, mentre tutti brindavano alzando i bicchieri.
  Le riprese erano terminate, era l’ultima sera in cui sarebbero stati tutti assieme. Il giorno dopo quasi tutti sarebbero ripartiti per le rispettive città, mentre al regista e ai tecnici spettava ancora l’arduo compito di montare le scene. Avevano cenato tutti quanti nel ristorante dell’hotel ma dopo cena alcuni avevano deciso di andare a bere qualcosa in un pub. Erano Benedict e la sua co-protagonista, Anna Sophia, Dominic e Yasmine.
   «Dilettanti», stava dicendo Dominic a quella che doveva essere la sua quarta o quinta ordinazione. «Non sapete bere. Basta non mischiare le cose.» In effetti era andato avanti di birra tutta la serata, e sembrava in grado di recitare l’alfabeto al contrario.
   Yasmine, che non beveva spesso e aveva preso un irish coffé e, in seguito a parecchie insistenze, una birra leggera, doveva ammettere che ogni tanto sentiva la testa come muoversi per conto proprio. O girare. O forse era lei che la girava e non se ne rendeva conto.
   «Forse dovremmo ordinare qualcosa da mangiare», propose Benedict alzando un braccio per chiamare un cameriere. «Patatine per quattro, grazie.»
   «Vado un attimo fuori, okay?» Yasmine si alzò, leggermente barcollante sui tacchi, e uscì dal locale.
   Gli ultimi mesi erano stati… complessi. Era felice che fossero finite le riprese, così sarebbe potuta tornare a casa e si sarebbe liberata la mente da tutti i dubbi che nelle ultime settimane l’avevano assalita. La ragazza si guardò attorno e respirò l’aria fresca della sera. La strada non era molto trafficata, le uniche fonti di luce oltre ai lampioni erano le insegne di altri locali o dei supermarket aperti 24h. Il cielo era scuro e senza stelle. Sì, si disse Yasmine, quello era un buon momento per ammetterlo: sono attratta da Benedict.
   Ecco perché doveva tornare di corsa a Londra e possibilmente non rivederlo mai più. Okay, forse si sarebbero rivisti alla prima del film, ma mancavano mesi, e poi non erano costretti a tenersi in contatto. Sarebbe stato meglio così, soprattutto dato che Benedict la considerava alla stregua di una bambina. Era stato piuttosto chiaro su quello. Oh be’, non era stato chiaro, chiaro sarebbe stato se avesse detto: «Yasmine, sei troppo giovane e immatura per me. Cerco qualcuno con cui avere una relazione stabile, non qualcuno con cui andare in Messico.» Non lo aveva detto proprio così, ma se mai glielo avesse chiesto, Yasmine immaginava che la sua risposta sarebbe stata quella.
   In fondo, non sarebbe certo potuta andare diversamente. Benedict era un uomo colto, intelligente, un attore capace e una delle persone più disponibili e simpatiche che Yasmine avesse mai incontrato. Lei invece era solo… Yasmine. Era avventata, volubile, odiava lo sport (cosa che Benedict adorava) e le sue giornate erano sempre un grosso punto interrogativo. Erano troppo diversi per essere qualcosa di più che semplici amici. Yasmine aveva sempre pensato che la persona che l’avrebbe incantata sarebbe stato qualcuno come lei, invece si ritrovava attratta da qualcuno che era l’opposto di lei!
   La ragazza scosse la testa, immersa nei suoi pensieri. La cosa migliore sarebbe stata tornare a casa, al suo lavoro, ai suoi amici, e dimenticare quella storia.
   «Hei ciao!»
   Yasmine si volse e vide un ragazzo che stava attraversando la strada, lasciando un gruppo di amici indietro. «Adam, ciao!»
   «Come stai?»
   «Tutto bene, e tu?», chiese Yasmine tentando di ridarsi un contegno. Era tornata un paio di volte alla ‘Wild Flour’, che era diventata il suo paradiso nei momenti di stanchezza o sconforto. Mangiare un dolce era sempre consolatorio, anche se quel posto lo aveva scoperto con Benedict, e le ricordava lui.
   «Benissimo, sono in giro con alcuni amici.»
   «Domani non lavori?» Nel tempo che aveva trascorso alla pasticceria aveva avuto modo di conoscere meglio Adam. Sapeva che la pasticceria apriva molto presto, e che spesso lui doveva alzarsi alle cinque del mattino per essere lì prima dell’orario di apertura a sistemare i dolci nei vassoi.
   «No, domani riposo. A proposito… ti va di fare qualcosa assieme? Magari possiamo andare al cinema, e poi mangiare qualcosa.»
   «Oh… ehm, mi dispiace, riparto per Londra domani mattina», disse Yasmine.
   «Ah», il sorriso di Adam svanì e il ragazzo puntò gli occhi a terra. «Avrei dovuto chiedertelo prima.»
   Yasmine si strinse nelle spalle. Le dispiaceva per Adam, ma sapeva di non poter essere una buona compagnia per un appuntamento in quel periodo. «Magari ci rivedremo in futuro», disse. Si allungò e gli scoccò un bacio sulla guancia. Si salutarono e il ragazzo tornò dai suoi amici. Yasmine lo guardava allontanarsi quando una figura comparve al suo fianco.
   «Le patatine sono arrivate.»
   «Dio mio Benedict! Mi hai fatto prendere un colpo.»
   «Tutto bene?», chiese l’uomo vedendola un po’ scombussolata.
   «Sì, sì. Eccomi.» Yasmine rientrò e Benedict, dopo aver lanciato uno sguardo alla strada, la seguì.

Il parassita dipende dall’ospite cui è legato da una relazione anatomica e fisiologica.

   Era l’una passata quando rientrarono in hotel. Alla fine, a forza di birre, anche Dominic aveva avuto un piccolo crollo fisico, per non dire una sbornia. Lo avevano accompagnato fino alla sua camera e poi avevano salutato Anna Sophia, che aveva la sua camera sullo stesso piano.
Benedict e Yasmine si ritrovarono soli, in ascensore, in attesa che arrivasse all’ottavo piano.
   L’uomo si schiarì la gola.
   «Come scusa?»
   «No, niente.»
   «Oh…»
  Lanciò un’occhiata a Yasmine e gli occhi gli caddero sulla scollatura appena accennata. Strinse i denti, dandosi del cretino. “Non puoi mica guardarle le tette ogni volta che la vedi. Un po’ di contegno. Sei un uomo adulto, cazzo!” «Senti… era Adam quello fuori dal pub?», se ne uscì alla fine, senza niente di meglio da dire.
   «Sì… era lui.»
   «E cosa voleva?»
   Yasmine si strinse nelle spalle. «Passava di lì con i suoi amici. Ci siamo incontrati per caso.»
   «Vi terrete in contatto?»
   «Mah, può darsi.»
   «Certo», mormorò Benedict fra i denti, immaginando di poterlo strangolare lì, seduta stante. «Mi sembra un bravo ragazzo.»
   «Già… Non è il momento di storie comunque, per me», disse Yasmine senza pensarci.
   L’uomo si voltò a guardarla, di scatto. «Perché?»
   «Ah, ehm… non sono affari tuoi.»
   «Come non sono affari miei?!»
   «Be’ ci sono cose che una donna deve tenere per sé, cose che non sente di poter dire a tutti», cominciò a blaterare la ragazza, senza avere idea di cosa stava dicendo. «E nella mia fragile condizione non vedo come mai dovrei parlarne proprio con uno come te.»
   «Che vuol dire ‘uno come me’?»
   «Uno così… uno che mi conosce così bene.»
   «Io sono sensibile!», esclamò Benedict senza logica alcuna.
   Yasmine si volse a guardarlo e, senza pensare alle conseguenze – come sempre, d’altronde – si alzò sulle punte dei piedi e lo baciò, gli occhi chiusi in un chiaro rifiuto delle conseguenze del suo gesto.
  Benedict rimase per un attimo paralizzato. La testa incassata nelle spalle, gli occhi puntati su Yasmine e il corpo ritratto come a volersi spostare. Realizzò però molto in fretta che lui non voleva affatto spostarsi. Sentiva appena i seni di Yasmine che gli sfioravano il petto, le sue labbra premute sulle sue. Allungò le braccia e la prese per la vita, con una mano le accarezzò la guancia, rispondendo al suo bacio e sentendo il sapore della sua bocca, mentre lasciava scivolare l’altra mano in fondo alla schiena e a stringerle i glutei.
   Fu allora che Yasmine ebbe una folgorazione. Quello non era un bacio romantico – come sperava che fosse. Quello era un bacio passionale. Molto passionale. E finalizzato ad una cosa che nulla aveva a che vedere con il romanticismo.
   La porta dell’ascensore si aprì e così rimase in attesa che loro scendessero.
   «Vuoi venire tu da me o vengo io da te?», domandò la ragazza mordicchiandosi un labbro.
   Benedict deglutì, stentando a credere a quel che stava succedendo. Non poteva crederci! Per tutto quel tempo si era dannato pensando di non piacere a Yasmine, invece lei lo baciava all’improvviso, ed era meravigliosa, e voleva che passassero la notte assieme! «Io… la mia stanza è un casino.»
   «Anche la mia.» Yasmien sorrise, lo prese per mano e corse fuori dall’ascensore, pensando che, per Benedict, si sarebbe anche accontenta di qualcosa di non molto romantico.

Il parassita ha una struttura anatomica e morfologica semplificata rispetto all’ospite.

   «Aspettateci!», urlò tragicamente Yasmine mentre sia lei che Benedict comparivano all’ascensore e la ragazza si gettava nella hall.
   Anna Sophia e Jerry alzarono lo sguardo. «Alla buon’ora», li apostrofò Jerry alzando gli occhi dal suo cellulare e mettendolo in tasca.
   «Ci siamo addormentati», disse Benedict trafelato.
   Nessuno dei due faceva una gran bella figura: un po’ stropicciati e decisamente ancora addormentati, sembravano reduci proprio da quello da cui erano reduci, una notte insonne passata a fare sesso.
   «Ragazzi, siete adulti», disse Anna con un sorrisino, «dovreste sapere quando è il caso di andarci piano, a letto.»
   Jerry prese la sua valigia e si avviò verso l’uscita dell’hotel. «Andiamo, c’è ancora un taxi che aspetta.»
  Avviandosi, Yasmine raggiunse l’attrice e le diede una gomitata. «Scema! Lo sai che siamo solo amici», borbottò la ragazza, suo malgrado arrossendo.
   Lei rise e si strinse nelle spalle. «Era solo una battuta! Come sei permalosa…»
   Dietro di loro, nel sentire quelle parole, Benedict raggelò. Si sentì stupido.
  Aveva passato tutta la notte e tutta la mattina a immaginare a fare castelli in aria, a pianificare i loro appuntamenti e a immaginarsi di lì a un mese e poi ad un anno, ancora assieme, ma era stato uno stupido. Per Yasmine era stato, chiaramente, solo sesso. Puro, semplice sesso. E lui invece vi aveva pontificato sopra come se avessero dovuto per forza fare dei figli dopo che l’avevano fatto.
   «Benedict, muoviti!» L’urlo di Yasmine lo riscosse dai suoi pensieri.
   «Arrivo.» L’uomo strinse le dita alla maniglia del trolley e li seguì, respirando a fondo.




















Heilà! Non sono scomparsa, eccomi qui!
Allora, scusate se ci ho messo tanto a postare ma ho dovuto modificare quasi l'intero capitolo. Diciamo il 75%. Oddio, non che abbia dovuto, ma l'ispirazione mi diceva di fare così! E chi sono io per dirle di no?

Comunque, passiamo alle note importanti (si fa per dire, forse sarebbe meglio chiamarle curiosità).
Per il "Wild flour", letteralmente farina selvaggia,  mi sono ispirata ai bar e alle pasticcerie che fanno vedere spesso in un programma intitolato "Dolci da sogno", inoltre il dolce che prende Benedict, il chelsea bun, esiste davvero, è un dolce tipico inglese.
In questo capitolo viene nominata spesso una signorina che chiamo Anna Sophia. Non ho passato tempo a parlarne ancora, ma nella mia mente mi riferivo ad Anna Sophia Robb, la splendida fanciulla che ha fatto, da bambina, "Un ponte per Terabithia" e poi, per quanto ne so, è scomparsa dalla circolazione. Se qualcuno dovesse avere notizie di Anna Sophia Robb vi prego di dirmelo, il mondo del cinema è preoccupato per lei e ne sente la mancanza.

Vorrei ringraziare chi ha messo la storia fra le seguite, i preferiti o le ricordate. Non pensavo che questa fanfiction avrebbe avuto successo, anche perché la sezione di Benedict è un po' abbandonata (ma noi la faremo risorgere! Vero, miei compagni d'arme?!), invece è andata al di sopra di ogni mia aspettativa! Sapere che c'erano persone che la seguivano mi ha spronata a migliorarla. Grazie mille!
Prego cliccare qui per anticipazioni sul prossimo capitolo (ve lo giuro, niente più insetti!). Alla prossima, con la conclusione di questa sconclusionata storia.
Patrizia

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Capitolo 4
*** Il delfino ***


Capitolo quattro
Il delfino





I delfini si tuffano per vari motivi. Uno dei più importanti è la comunicazione. I delfini comunicano non solo tramite il loro tipico “verso” ma anche attraverso i loro tuffi.

   «Benedict, io credo che tu la stia prendendo un po’ troppo sul personale.»
   «E come altro la dovrei prendere? Prima fa così e poi dice che siamo amici.»
   «Be’ ma è vero, siete amici.»
   Ben puntò l’indice contro il suo assistente che, ignaro di tutto, proseguiva il suo lavoro in un angolo. «Gli amici non ti portano un decaffeinato quando gli chiedi un caffè forte. Che me ne faccio del decaffeinato? Chi lo ha inventato? A cosa serve?!»
  Martin sospirò e mise le mani in tasca mentre una ragazza gli sistemava di nuovo il trucco. «Davvero stai facendo tutte queste storie per un decaffeinato? Io credo che tu sia sottopressione per qualcos’altro.»
   Benedict sbuffò.
   Erano sul set di Sherlock, assieme a Mark e al resto della troupe. Avevano iniziato da soli due giorni ma Ben si sentiva come se fossero lì da un mese. Era piena estate e fuori dalla location di Baker Street si alternavano raggi di sole cocente a nuvoloni accompagnati da folate di vento gelido.
   «Io non sono sottopressione.» Così dicendo tirò fuori una sigaretta e l’accese con tutta la stizza che poteva dimostrare.
   «Certo, è chiaro… Come sta Yasmine?», domandò Martin con finto tono noncurante.
   Benedict s’irrigidì nel sentirla nominare. Tentò di adottare un tono disinteressato. «Bene, credo. Non ci sentiamo da un paio di settimane.»
   «Quindi non siete usciti assieme?»
   «No… no! Perché avremmo dovuto?»
   Martin alzò gli occhi al cielo. «Forse perché stai diventando una donnetta isterica da quando non la vedi. E sono passate poche settimane.»
   «Hmp!» Ben scrollò le spalle, come se la faccenda non lo interessasse. «Non è vero.»
   «Benedict», lo chiamò l’amico, aspettando che si voltasse. Quando furono faccia a faccia prese un grosso respiro e disse: «Lei ti piace, non è vero?»
   «Pfff, ma che dici?»
  «Andiamo, perché non vuoi dirmelo? Lo so che ti piace. Hai passato tutto il tempo da quando sono iniziate le riprese di “La conversione di Philip” a parlarmi di lei, poi ad un tratto hai smesso e non vi sentite più. Avete litigato? Lei è fidanzata?»
   Ben esitò, prese un altro tiro dalla sigaretta e si grattò il mento, guardandosi attorno. «No, non è fidanzata. E non abbiamo litigato.»
   «E allora? Lei ti piace, si capisce che ti piace. Perché non le chiedi di uscire?»
   «Credo che non sia interessata.»
   «Ma gliel’hai chiesto?»
   «No ma…»
   «E come fai a saperlo allora?», domandò Martin allargando le braccia, un sorriso dipinto sul volto.
   «Be’ noi», Benedict si zittì un momento mentre un tecnico del suono passava di lì, «l’ultimo giorno di riprese siamo usciti tutti assieme e poi la sera io e lei… noi, insomma, ci siamo baciati e siamo andati in camera e, sai, una cosa tira l’altra…»
   Martin attese paziente, senza capire quale fosse il problema.
  «Il mattino dopo l’ho sentita dire a una delle attrici che noi siamo solo amici. Capito ora perché non è interessata?» Benedict si guardò di nuovo attorno, quasi con disperazione. «Insomma, io pensavo che dopo quello saremmo stati assieme, o per lo meno saremmo usciti, ma non ci siamo più sentiti invece. Ogni tanto ci scriviamo, ma come possiamo scriverci io e te, o due amici normali. Niente di che, nemmeno un flirt via sms, nulla.»
  Martin parve perplesso. «Be’, magari ha detto così a quella ragazza perché non avete chiarito la situazione. Oppure perché non sono così amiche. Insomma Ben», l’uomo si strinse nelle spalle, «quanti anni hai detto che ha?»
   «Troppo pochi.»
   «Be’, l’importante è che sia maggiorenne e consenziente, comunque oggi come oggi il sesso non è, per tutti, sinonimo di relazione. Perché non uscite e basta? Tu le dici che lei ti piace e vedi che cosa ti risponde.»
   Ben fece una smorfia. «Ma non sono sicuro…»
   «Ma non puoi essere sempre sicuro!», esplose Martin, al limite della pazienza. Uno dei cameraman si volse a guardarli, al che l’uomo abbassò la voce. «Voglio dire… non puoi stare solo con donne che chiaramente sbavano per te perché sei sicuro che vogliano una relazione. Se questa ragazza ti piace, dovresti dirglielo. Avanti, tuffati per una volta. E se non va bene, andrà meglio la prossima volta.»
  «Fra un minuto ricominciamo!» La voce di Mark Gatiss distrasse Martin dal loro discorso. L’uomo diede a Ben una pacca sulla spalla e si allontanò.
   Benedict rimase a guardare la schiena dell’amico, ripensando alle sue parole. Era una buona idea, lo sapeva. Anzi era l’unica idea che avesse un senso, l’unica idea che poteva prendere in considerazione un adulto. Ma lui, negli ultimi tempi e soprattutto quando si parlava di Yasmine, non poteva considerarsi adulto. E non era mai stato particolarmente adulto quando si trattava di capire quando valeva la pena rischiare e, come aveva detto Martin, tuffarsi. Ma prima o poi doveva imparare a farlo. Un bel tuffo, come quelli dei delfini.

Durante la caccia, i delfini si tuffano per confondere i banchi di pesci.

   Quella settimana Yasmine aveva avuto il compito di aprire la galleria per la quale lavorava. Il suo capo era andato a Oxford per fare delle lezioni agli studenti di storia dell’arte e le aveva lasciato le chiavi del negozio. La galleria d’arte non era molto grande, aveva quattro stanze da esposizione e una saletta per i dipendenti dove potevano lasciare le borse e trascorrere una pausa caffè. Non era molto grande, ma era anche vero che oltre a Frederick, il proprietario, gli unici altri dipendenti erano Yasmin e David, la guardia. Il negozio si trovava in una zona molto centrale e trafficata, vicino a Regent’s Park. Yasmine era contenta che Frederick si fidasse di lei a tal punto da lasciarle la completa gestione della galleria. Le sarebbe piaciuto che succedesse più spesso.
   Mancavano dieci minuti all’orario di chiusura per la pausa pranzo, che era di un’ora, quando Yasmine alzò lo sguardo da dietro il bancone di benvenuto, sentendo la porta aprirsi. «Benedict, ciao», salutò sorpresa quando lo vide entrare e sorriderle. La ragazza uscì da dietro il bancone e lo abbracciò, sotto lo sguardo attento di David, un metro e novanta di puro muscolo. «David, lui è un mio amico, Benedict.»
   I due si strinsero la mano e la ragazza propose a Ben di fare una giro lungo la galleria. «Che cosa fai da queste parti?»
   «Non sono mai venuto a vedere la tua galleria d’arte, ed era da un po’ che non ci sentivamo, così…» L’uomo si strinse nelle spalle. «Fai una pausa per pranzo?»
   Yasmine guardò il cellulare. «Dieci minuti, poi vado.»
   «Ti va di mangiare qualcosa assieme?»
   «Perché no?»
   Benedict si fermò di fronte a quello che pareva un vaso di latta preso a manganellate. «Che… che cosa dovrebbe rappresentare?», domandò indicandolo.
   Yasmine si strinse nelle spalle. «Be’ sai, c’è a chi piace avere un cestino per i rifiuti di design.»
  Dopo aver discusso sull’utilità di avere un cestino per i rifiuti di design i due uscirono a pranzo, fermandosi in un locale poco lontano e prendendo posto in uno dei tavolini all’aperto.
   «Come va il montaggio del film?»
  «Quasi finito. In realtà non mi occupa moltissimo tempo, Jerry mi invia ogni settimana qualche file da guardare e devo dire che sono tutti perfetti. E poi, insomma ammettiamolo, io non saprei come farli diversamente. Voglio dire, non è il mio lavoro, non ho idea di come si faccia!»
   «Capisco- Ah, grazie.» Benedict scostò il tovagliolo per fare spazio agli spaghetti di soia che il cameriere gli aveva portato e quando questi se ne andò lui e Yasmine incominciarono a mangiare.
   «Il mio è buonissimo, vuoi assaggiare?», domandò la ragazza.
   «Cos’è?»
   «Gnocchi cinesi con funghi e bambù.»
   «Scambio culturale?», domandò Benedict allungando il suo piatto alla ragazza.
   Lei si strinse nelle spalle. «Perché no?»
  Quando i piatti tornarono ai loro proprietari Benedict bevve un sorso di coca cola e si schiarì la voce. «Stavo pensando… Forse una sera potremmo uscire, impegni permettendo.»
   «Che cosa stai facendo ora?»
   «Sto girando un’altra stagione di Sherlock. Abbiamo appena iniziato. Mi prende tutto il giorno, a volte la sera, ma non ho altri impegni a parte quello. Pensavo», l’uomo si strinse nelle spalle, «che potevamo andare a cena assieme.»
   Yasmine si fermò con una forchettata di gnocchi a mezz’aria e sorrise. «È un appuntamento?»
   Benedict fece una smorfia indecisa. «È molto importante?»
   «Solo per sapere a cosa devo prepararmi. Ci sono molte opzioni.»
   Ben sorrise e incrociò le braccia. «Ma dai? Sentiamo.»
   «Be’ potrebbe essere una semplice uscita fra amici, oppure un appuntamento galante, oppure potrebbe essere... come l’ultima volta.»
   Al sentire quelle parole, Benedict raggelò. Non poteva, non doveva essere come l’ultima volta! Perché l’ultima volta era stato fantastico, certo, magnifico, e non avrebbe disdegnato una replica, ma dopo averci pensato bene era stato solo sesso. Lui non voleva solo sesso, da Yasmine. Voleva una storia. Voleva invitarla a dormire da lui nel weekend, organizzare piccole gite fuori città, presentarla agli amici, conoscere la sua famiglia. Ecco perché raggelò, al ricordo di com’era stato l’ultima volta, e le uniche parole che gli vennero in mente, e che pronunciò precipitosamente e con un enfasi che venne male interpretata, furono: «No! Come l’ultima volta no.»
   Yasmine si ritrasse un poco e il lieve sorriso che le era comparso in volto, svanì. «Oh, scusa, non intendevo…» Guardò altrove e prese fiato. Tornò a fissare gli occhi su Benedict. «Se non vuoi, possiamo non parlarne più.»
   «Come?»
  «Di quello che è successo. Se tu non vuoi, faremo finta che non sia successo nulla.» Con grande sforzo, sorrise, come se la cosa non le pesasse. La verità era che si era sentita oltremodo felice quando aveva visto Benedict entrare in negozio, e che nelle ultime settimane era tornata spesso, con la mente, ai momenti trascorsi assieme a lui. Le piaceva Benedict. Era un uomo simpatico, alla mano, molto intelligente e stare con lui – sentirsi a suo agio con lui – era facile. Non era affatto preoccupata del divario dell’età, non ci aveva mai pensato ad essere sinceri, per il semplice fatto che lei non lo sentiva,
   L’uomo scosse la testa. «Non è che mi sia dispiaciuto, al contrario. Solo, la prossima volta che usciamo possiamo non farlo. Insomma, se tu vuoi, per me va bene, ma se non vuoi…»
   Yasmine aggrottò le sopracciglia. «Sono confusa…»
   «Anche io.»
   I due rimasero un attimo in silenzio, poi la ragazza prese fiato e domandò: «Che cosa vuoi, Benedict?»
  L’uomo non poté impedirsi un sorrisino. Era arrivato il momento, come aveva detto Martin, di tuffarsi. Prese fiato e guardò Yasmine negli occhi. «Tu mi piaci, vorrei che uscissimo assieme come ad un appuntamento. L’altra volta… sono stato un cretino, pensavo che dopo quello che era successo ci saremmo fidanzati, in automatico.» Scosse la testa. «Sono proprio un vecchio eh?»
   Yasmine ridacchiò e gli diede una leggera botta sul braccio. «Scemo. Non sei un vecchio. Io… non credevo che volessi uscire con me. Quella sera, in ascensore, pensavo che dopo esserci baciati sarebbe finita lì, per il momento. Invece, poi», Yasmine si guardò attorno e si chinò sul tavolo, bene attenta a non farsi sentire da nessuno, «mi hai toccato il sedere, e allora credevo che per te fosse solo una questione fisica.»
   Benedict fece una smorfia. «Perché ti ho toccato il sedere?»
   La ragazza parve imbarazzata. «Be’ sì. Insomma, un uomo ti bacia e subito inizia a toccarti il sedere. Che cosa dovevo pensare?»
   «Ma, voglio dire, era lì. Tu eri lì, lui era poco più in basso, ho pensato che toccarlo non fosse un problema.»
   Yasmine annuiva. «Certo, ma certo. A me non è dispiaciuto, a lui neanche. Ho solo… male interpretato il gesto.»
  Benedict fece per dire qualcosa, ma poi rise. «Se avessi saputo che una semplice palpata avrebbe portato a tutte queste incomprensioni, mi sarei tenuto le mani in tasca.»
   Yasmine rimase seria ma poco dopo non poté trattenersi e rise anche lei. Uscirono dal locale e Benedict si offrì di accompagnare la ragazza fino alla galleria. Prima di entrare le chiese: «Allora va bene? Che ne dici di domani sera?»
   «Per me va bene.»
   «Passo a prenderti alle otto allora.»
   Yasmine sorrise e si salutarono con un bacio sulla guancia. Per non destare incomprensioni.

Alcuni studiosi, osservando l’indole giocosa dei delfini, affermano che i delfini si tuffino per giocare e divertirsi.

   I flash dei fotografi erano come piccole esplosioni di luce, tanto potenti quanto fastidiose. Yasmine ci mise un po’ ad abituarsi e quando i suoi occhi non vennero più accecati dalle luci poté distinguere l’entrata del cinema. Tutte le persone con le quali aveva lavorato erano lì, vide Dominic e Jerry che si facevano fotografare assieme, poi gli occhi del regista caddero su di lei.
   «Yasmine!» Le fece segno di raggiungerlo.
   «Dom, ciao!» La ragazza si avvicinò e salutò entrambi, poi si misero in posa qualche attimo per farsi fotografare. «Dove sono gli altri?»
   «Gli altri sono arrivati prima di noi, sono già dentro al cinema, ma non ho ancora visto Benedict.»
   «Siamo venuti assieme, eccolo lì.» Yasmine indicò un punto dove i fotografi stavano creando una piccola folla.
   Dominic le lanciò un’occhiata di sbieco. «Ah, siete venuti assieme. Come sei elegante!», esclamò poi sorridendo allegro.
   «Grazie.» Yasmien girò su sé stessa mostrando l’abito da sera. Non era certo paragonabile a quello delle stelle di Hollywood, ma le piaceva come le stava. Era color blu notte con qualche brillantino qua e là, lo scollo a v scendeva fino a sotto il seno senza però mostrare nulla, la gonna cadeva morbida sulle gambe e uno spacco sulla destra saliva fino a metà coscia. Il tutto accompagnato da una spilla argentata che i suoi genitori le avevano regalato.
   Era a forma di delfino, il suo animale preferito.
   Benedict li raggiunse e salutò Dominic e Jerry.
   «Allora, Yasmine mi ha detto che siete venuti assieme», commentò il regista con un piccolo sorriso.
   «Già, è così infatti.» Benedict fece scivolare una mano a prendere quella di Yasmine e la ragazza ringraziò il trucco di coprire le sue guance che si arrossavano.
   «Ottimo! Vogliamo entrare?»
   I quattro si incamminarono verso l’entrata del cinema, seguiti dal rumore delle fotocamere. Yasmine credette che sarebbero esplose a forza di fare fotografie, quando Benedict si chinò su di lei per parlarle all’orecchio, sempre tenendole la mano. La ragazza fu molto sollevata quando furono al riparo delle mura del cinema.
  Prima dell’inizio del film c’era ancora qualche minuto, così cercò con lo sguardo la sua famiglia e andò loro incontro. I suoi due fratelli, sua madre e il suo compagno, erano già seduti al loro posti. «Ciao, avete avuto problemi ad arrivare fino a qui?»
   «Oh no, figurati, abbiamo preso un taxi», disse sua madre, tutta un sorriso. «Ah! Hai messo la spilla!»
   «Sì», Yasmine giocherellò con il delfino all’altezza della spalla. «Ci sta bene, vero? Comunque, ho pensato che magari domani sera potrei farvi vedere il mio appartamento. Potete venire a cena.»
   «Perché no? E poi così ci presenti il tuo fidanzato!»
   Yasmine sorrise. «Non vede l’ora. Si sta facendo mille pensieri già da quando gli ho detto che sareste venuti.»
   «Chi interpreta nel film?», domandò Cam, il fidanzato di sua madre.
   «Il protagonista, Philip. Comunque ha fatto molti altri film, è quello che fa Sherlock!»
   Fabian, uno dei suoi fratelli, sgranò gli occhi. «Stai con Sherlock?!»
   «Si chiama Benedict», rispose Yasmine piccata.
   «No, impossibile, si chiama Sherlock.»
   «Ma…», sua madre parve perplessa, «quanti anni ha?»
   «Trentotto.» La ragazza alzò lo sguardo e individuò Benedict fra la folla. «Eccolo, Ben!» Agitò le mani e le fece segno di raggiungerlo.
   Benedict la scorse e si avvicinò, salutando un amico e augurandogli buona visione. «Ciao. Iniziano fra poco, andiamo a sederci? Siamo vicino a Jerry.»
   «Sì certo, volevo presentarti i miei genitori.»
  Benedict strinse la mano a tutti, pensando che non si era mai sentito tanto nervoso e sperando che non gli sudasse la mano. Chissà cosa pensavano di lui, forse credevano che fosse un vecchio bavoso che si era accaparrato la loro figlia con il fascino della fama e dei soldi. Oppure… meglio non pensarci, la mano cominciava a sudare.
   «Ci vediamo a fine serata.» La ragazza salutò i suoi familiari e Ben, tenendola per mano, la condusse ai loro posti. Quando furono seduti uno di fianco all’altro la ragazza si avvicinò al suo orecchio. «Ho invitato i miei per cena domani sera, devi venire anche tu.»
   «Per cena? Dobbiamo andare a letto presto, dopodomani dobbiamo andare con Martin e le bambine a pattinare, ricordi?»
   «Ah giusto…» Yasmine si morse un labbro. «Possiamo fare una cosa veloce, gli spiego che mi ero scordata di un impegno al mattino dopo. Puoi rimanere a dormire da me, così facciamo prima.»
   «Dovevamo invitarli a casa mia, è più vicina.»
   «Ma loro vogliono vedere casa mia, non casa tua», bisbigliò Yasmine.
   Benedict si volse di scatto verso di lei, esprimendo qualcosa a cui stava pensando da un po’. Appena prima di aprire bocca venne assalito dai dubbi: forse non era il posto adatto o forse dovevano aspettare ancora un po’. Forse gli alieni li avrebbero invasi o la regina avrebbe deciso che, dopotutto, una repubblica non era così male! Forse, forse, forse! Benedict scacciò dalla mente tutte queste possibilità (quella degli alieni non era poi così improbabile, no?) e prima di potersene pentire disse a Yasmine: «Vieni a vivere a casa mia.»
   Le luci si spensero e l’ultima immagine che vide Benedict fu quella del viso della ragazza, girato verso di lei, in un’espressione di totale sorpresa. L’uomo si sistemò meglio sulla poltrona. Yasmine lo imitò. Nel buio, senza essere vista da nessuno, sorrise. Si chinò verso Benedict. «Okay, ci sto.»
   Benedict si guardò le mani, illuminate dallo schermo che si era acceso, e non poté reprimere un sorriso. Allungò una mano e prese quella di Yasmine. Appena prima che iniziasse il film, Ben non resistette e domandò: «Credi che abbia fatto buona impressione?»
   «Ma certo. Nemmeno tu puoi fare cattiva impressione in due minuti», sussurrò Yasmine.
  L’uomo le diede una leggera gomitata, ma sorrideva. Mentre il film incominciava si ritrovò a pensare che adorava quelle piccole, intime discussioni. Era andato tutto come aveva sperato. Piccole gite fuori città, dormire assieme nei weekend – e, fra poco, dormire assieme tutte le notti – presentarsi agli amici, conoscere le famiglie. Tutto era perfetto. Alla fine, aveva fatto bene a tuffarsi. Certo, era ancora una tartaruga dentro di sé, ma sapeva quando valeva la pena trasformarsi in delfino e quanto potevano essere divertenti i tuffi.





Fine





Questa fanfiction non è stata scritta a fini di lucro ma per divertimento. Nessuna delle persone reali citate sono a conoscenza di questa fanfiction. I nomi di vie e città sono stati utilizzati per dare verosimiglianza alla storia.




















Buondì a tutti!
Wooo! Non pensavo che questa storia sarebbe stata così difficile da portare a termine. L'avevo iniziata per gioco (giusto per avere una scusa per cercare foto e notizie su Benedict XD) ma alla fine è diventata importante: questa è la fanfiction con la quale torno su EFP dopo tanto, tanto tempo. Che dire? Spero che vi sia piaciuta!
Ringrazio molto le persone che hanno letto e commentato. Mi raccomando, dobbiamo continuare a scrivere fanfiction su Ben, questa sezione è troppo poco frequentata! Se Ben lo venisse a sapere la sua vita ne sarebbe distrutta! ...o forse no.
Comunque, a presto con nuove fanfiction :)
Patrizia

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