Conchiglie

di _Misery
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Lino ***
Capitolo 2: *** Come il fiume d’argento nel cielo notturno ***
Capitolo 3: *** Redenzione ***
Capitolo 4: *** Solstizio (Epistassi) ***
Capitolo 5: *** Rêverie ***
Capitolo 6: *** L'ombra dei fiori ***
Capitolo 7: *** Solstizio (Laura e il Diavolo) ***
Capitolo 8: *** Festa di compleanno ***
Capitolo 9: *** Sirene ***
Capitolo 10: *** Giunge la donna delle nevi.../ Berenis la pazza ***
Capitolo 11: *** L'ultima cena ***
Capitolo 12: *** Vanitas ***
Capitolo 13: *** Beloved Mr. Song, ***



Capitolo 1
*** Lino ***


I.   Lino

 « I will sink this boat, this canopic jar
To feel again the beating of your royal heart » 


 
Sollevò il braccio destro dal fianco livido e lo riadagiò sul materasso, per orizzontale; fece lo stesso col sinistro; infine immerse un asciugamano nell’acqua fresca – la più pura del paese, come se questo avesse potuto aiutarlo – e cominciò a tamponare il corpo della ragazza. Lei sembrava un sottile dio crocifisso e all’inizio aveva quasi temuto di romperla; il tempo – già, quanto? – gli aveva insegnato ad affondare le sue brutte mani nel lino umido con gentilezza.
Risalì il petto, lungo lo sterno, bagnando il collo e le mascelle e sfiorando con i suoi capelli neri i capelli aggrovigliati di lei: doveva pettinarli. Sentì il suo respiro stantio, febbrile.
Il vecchio baldacchino sfondato del loro letto mostrava un soffitto grigio e quieto. Non le dirò mai più che la preferisco arrabbiata, si diceva, è una promessa.









 



Oops, sono finalmente in vacanza (tre settimane, non so se mi riprenderò mai completamente dall'ingresso nella vita adulta ç_ç) e potrei aver accidentalmente scritto qualcosa. Magari mi vengono anche delle idee per recensire! *insert altre millemila scuse here*
Ho già cominciato taaante raccolte, gran parte delle quali mai terminate, ma le drabbles che compongono questa sono davvero tutte slegate, dovute a ispirazioni momentanee e ciò potrebbe aiutarmi a non abbandonarla (forse). Sto cercando di eliminare un po' di costrizioni dalla mia vita, soprattutto quelle che partono da me. Chi l'ha detto che devo per forza scrivere testi di una lunghezza decente, pieni di eventi succosi, dialoghi brillanti e contenuti filosofici? *poraccezza* 
Questo ""primo capitolo"" nasce da una delle tante storie su cui rimugino per mesi e mesi e che poi sono troppo pigra per buttare giù; tecnicamente ne è solo una piccola parte. Ecco perché il fatto che un tizio stia semplicemente medicando la sua ragazza malata potrà sembrare strano e/o inutile "XD
(E quella lì sopra è una canzone che adoro di una delle cantanti che più m'ispirano ♥)

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Capitolo 2
*** Come il fiume d’argento nel cielo notturno ***


II.    Come il fiume d’argento nel cielo notturno

« Chi sarà? Chi sarà?
E come sarà giunto
che dirà? che dirà?
Chiamerà Butterfly dalla lontana.
Io senza dar risposta
me ne starò nascosta
un po' per celia, un po' per non morire »

Madama Butterfly



 
Si chiamava John Lynn; dopo aver vissuto con una famiglia di San Francisco, era tornato nel suo paese natale per frequentare una scuola di teatro.
Ren si svegliò di buon’ora, sola a casa, con il cuore gonfio di qualcosa che le pareva tanto fango: era felice, aveva caldo, si sentiva in colpa. Osservò la luce verde del mattino tra i canneti strisciare fino alle sue gambe nude, poi si preparò per uscire.
All’ombra dei portici un bambino suonava il suo flauto – proprio come potrebbe suonarlo un bambino: perlopiù fischiando perché i toni bassi sono troppo difficili, senza rispettare i tempi, eppure così dolcemente. Ren scorse John Lynn alla finestra, con una sigaretta in bilico tra le belle labbra di cantante e lo spesso pennello da trucco in una mano. Anche lui era nervoso e pentito, ma ciò sembrava avvicinarli ancora: come se stessero cercando le radici che non avevano mai avuto tra le loro povere ossa.
Quella sera stessa, Ren attraversò la strada di lucciole e
 si recò a casa dell’uomo per restituirgli l’orologio che aveva dimenticato nel piccolo studio medico di suo padre e suo marito. Tra i fiori vivaci e le strane creature della tappezzeria, mentre il grammofono gracchiava di concubine reali, disse che – semmai avesse avuto una figlia – l’avrebbe chiamata come il fiume d’argento nel cielo notturno.






 

La seconda era già pronta, perciò BAM! Ecco un'altra slice of life senza particolare significato (a parte il fatto che tengo parecchio a questi due protagonisti perché, di nuovo, appartengono ad un progetto più grande che ora non ho voglia di mettere su carta).
In realtà questo è uno dei casi in cui, riportando la storia al computer, pur con tutte le correzioni non riesco a sentirla scorrere bene. E' stonata, come se avessi appena imparato l'italiano. Mi odio un po'.
Poi non è che apprezzi particolarmente l'opera pucciniana, più che altro perché sotto certi aspetti la storia è un po' sciocchina (ma essendo stata scritta agli inizi del Novecento non ci si può aspettare chissà quale precisione); preferisco le varie reinterpretazioni che le si danno col tempo. Ma il punto, come dice Song Liling (vaghi riferimenti all'Opera di Pechino ovunque ♥‿♥), è la musica, non la storia.

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Capitolo 3
*** Redenzione ***


III.    Redenzione   

 
« Atonement, do you know what that means? Big Atonement for big sins.
Small Atonement for small sins. »

Sympathy for Lady Vengeance



Perdonami, Signora, per le mie empie mestruazioni, per la forfora, per lo sporco sotto le unghie –
Maria stringe i polsi in uno spasimo. L’altare rosa e d’oro è la sua unica luce nella notte, mentre l’estate esplode in karaoke e fuochi d’artificio al di fuori; ma non importa, non importa.
– per ogni mio liquido corporeo, la mia poca fede –
Il parroco solleva una cortina di velluto al suo passaggio. La guarda con stupore; i ceri rischiarano i suoi capelli di tremolante madreperla, le ombre s’accalcano dietro di lui, in fondo alla chiesa.
– per la malattia –
Solo un lampo, un fruscìo veloce: zac! La giugulare del prete è recisa. “Anni e anni d’allenamento ad affettare ravanelli” pensa lei “come mia madre”.
Gli s’inginocchia accanto, raccogliendo il sangue tra le mani congiunte per non macchiare la camicetta bianca, e beve. Dicono che nelle vene di santi vergini e preti scorre il nettare migliore: Maria sa che nient’altro potrebbe uccidere il morbo sotto la sua pelle, restituendola alla purezza prenatale.
– e mondami dai miei peccati –
Ci vogliono due ore per ripulire il brutto pavimento di marmo, gli scalini e i banchi di prima fila; poi trascina il corpo lungo la navata – bizzarro matrimonio – e lo spinge a fatica sui sedili posteriori dell’auto. Lecca ancora una goccia dalle dita chiare che sporgono dal cellophane e le irrora di profumo.
Sarà un lungo viaggio.









 

Sto guardando troppi film di Park Chan-wook, il che di certo non giova troppo alla mia salute mentale c: stimola la mia tendenza ad accostare religione e sssangue.
(chiedo venia per le pubblicazioni improvvise e ravvicinate, ma finché c'è ispirazione la sfrutto. Avevo dimenticato che bella sensazione fosse!)
 

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Capitolo 4
*** Solstizio (Epistassi) ***


IV.    Solstizio (Epistassi)


 
« And, Michael, you would fall 
and turn the white snow red as strawberries 
in the summertime... »

White Winter Hymnal - Fleet Foxes



Dopo la sua scomparsa lo si sentì chiamare per qualche giorno. Doveva essersi allontanato da casa durante l’ultimo attacco d’emicrania della madre: detestava vederla col coltello per il pane in mano, pronta ad infilarselo tra gli occhi tant’era il dolore.
Il cancello che separava il giardino sul retro dal resto dell’universo era ancora aperto quando lei v’entrò, circondata dall’olezzo di lavanda; si distese nel plasma dei cachi e dei soffioni. Sembrava potesse udire gli ultimi passi del figlio.
Lo cercarono oltre la superstrada all’orizzonte, tra i boschi radi e gli aneti selvatici. Pensavamo tutti: quanto mai potrà camminare un bambino che perde sangue dal naso al primo sole?
Poi piovve, i fiumi s’ingrossarono e lui tornò senza rumore com’era sempre stato.







 

Ispirato ad una casa un po' sperduta e alla sua atmosfera tutta particolare (soprattutto nel tardo pomeriggio) che ricordo da piccola. Rileggendo mi sono resa conto che l'ultima frase può suonare come un ritorno "fisico" del bambino - anche se non era esattamente il mio scopo iniziale, non mi dispiace. Come al solito, non ha nessun particolare significato :>

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Capitolo 5
*** Rêverie ***


V.    Rêverie


 
« La pioggia cadendo ti aspergerà,
la bruma calando ti raffredderà,
sotto la terra nell'oscurità sarai.
Ma fluttuando sull'onde,
sprofondando nell'onde,
dall'acqua di primavera dolore non avrai ».

Natsume Sōseki



 
Quando mi sporgo per ammirare il lago, strofinando le mani sulla tazza di tè bollente come un volgare viaggiatore, è la sua corona d’aceri ad attrarmi: giorno per giorno, secolo dopo secolo, quell’acqua grigia e verde e improvvisamente blu risale a contorcerli. Solo uno schermo di nebbia li separa dalle grandi ombre frondose delle vette.
Sulla riva, la cameriera con cui ho passato la notte si riannoda la cintura scarlatta a testa china: sembra che debba tenere insieme il suo corpo, proprio come quando tira indietro i capelli con rabbia o stringe le dita simili a rami. Potrebbe benissimo essere scesa dal sentiero insieme a spiriti e streghe.
Esce il sole tra le nuvole umide, e quasi la vedo sciogliersi e ritornare lucertola, o vipera dei monti.





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Capitolo 6
*** L'ombra dei fiori ***


VI.    L'ombra dei fiori


 
« My love does not dream
My love does not close eyes
My love cannot find the way to me »

Lullaby (A Tale Of Two Sisters)


 
Non c’era angolo del corpo di Haneul che io non conoscessi. I segni della biancheria sulla sua pelle, il viso stanco, le onde dei suoi capelli bruni e il profumo di mele secche che il temporale vi lasciava, le sottili vene attorno alle ginocchia quando alzava la gonna per bagnarsi al fiume e la sua voce si disperdeva lamentosa tra le cicale – ricevevo tutto con orgoglio devoto, come un dono che mi si fosse schiuso dopo mille anni.
Ero così giovane che credevo di comprendere anche il suo cuore bronzeo, irascibile.
Guardandola con i suoi alunni non piansi, ma il dolore mi trafisse le spalle. Magari aveva ancora sulle dita i brillantini del mio portagioie tanto odiato – ed io me ne stavo andando a traversare oceani. Sperai che mi dimenticasse, ma che ogni tanto si ricordasse di ricordarmi.





 

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Capitolo 7
*** Solstizio (Laura e il Diavolo) ***


VII.    Solstizio (Laura e il Diavolo)

« God only God knows I'm trying my best 
But I’m just so tired of this loneliness »

Yes - Coldplay


 
Suo cugino puntò l’indice davanti a sé, oltre la galleria di foglie ramate. “È lì che abitava il Diavolo.”
Il Diavolo?
“Mhmh. Secondo il vicinato era un tipo garbato e discreto. L’avevano soprannominato Rhett Butler per le sue basette sempre ben rasate.”
“E il punto della storia qual è?”
“Una studentessa, Laura Nitzsche. Venne dalla città con la famiglia; il Diavolo diventava particolarmente dolce davanti ai suoi grandi occhi gentili. Si conobbero meglio durante una festicciola estiva in giardino, chiacchierando sotto i fuochi d’artificio.”
“E poi?”
“E poi luglio portò le sue tempeste e molti fulmini – nessuno ne conosce il motivo – caddero sulla casa del Diavolo. Laura lasciò la sua bici più o meno qui e si gettò a cercarlo tra le fiamme.
Se lui non l’ha ingannata, magari in questo momento vivono felici sottoterra come marito e moglie.”




 

Sognai questa storia mesi fa (credo avessi appena guardato Via Col Vento per la prima volta) e fu stranissimo, ma anche piuttosto piacevole; da allora mi ripromisi di scriverla. Il Diavolo è Satana Satana ed è tanto carino immaginarlo come un gentiluomo :')

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Capitolo 8
*** Festa di compleanno ***


VIII.    Festa di compleanno
 
[ A C.
E a me ]


« And in the spring I shed my skin
and it blows away with the changing wind
The waters turn from blue to red
as towards the sky I offer it »

Rabbit Heart (Raise It Up) - Florence + The Machine
 

La cucina è un confortevole guscio grigio nel crepuscolo; dopo gli aghi dei canti a mezza bocca sopra le candeline, la lampadina ronzante mi riempie i timpani d’acqua.
Stringo le dita sul cuoio capelluto per estirpare gli ultimi sensi di colpa. La mancanza è arrivata come un pugno tra le scapole: poi è scesa lungo tempie e zigomi, fino ad impedirmi di respirare col naso.
Se liquefarsi fosse una malattia, saprei almeno come fermarlo (aggiungere nuove ossa? cementarle con l’oro per apparire più carina?); ma ogni fetta di torta piomba sullo stomaco come pietra, come se non avessi succhi gastrici.
Mi tremano le mani mentre strappo le campanelle del biglietto con una forchetta. Domattina queste pareti torneranno color pesca.
Tanti auguri anche a te




 

Forse la più personale - e un po' amara - della raccolta, ma sentivo il bisogno di scriverla. In effetti credo sia anche quella davvero più o meno introspettiva, ehm.

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Capitolo 9
*** Sirene ***


IX.    Sirene
 
 
« She dresses up like that 
to go out for noodles? »

In the Mood for Love



 
Era un signore piuttosto cupo. A cena sedeva sempre allo stesso tavolo e ordinava sempre gli stessi spaghetti inondati di sugo, quasi non bastasse l’umidità che sembrava disciogliere le sue occhiaie nel piatto.
Già alle sette il cameriere cominciava ad agitarsi (“non ha una casa come tutti i cristiani?”); la padrona del ristorante lo trovava molto stupido. Poi notò che l’uomo aveva preso a scrutare l’acquario brillante come una gemma azzurra – oltre il saettare dorato dei pesci languiva un volto giovane, costellato di lividi come piccole alghe.
Con un po’ di confidenza in più gli avrebbe detto di lasciar perdere, perché era quel tipo di donna pronta ad acquattarsi nei bagni per qualche banconota; che tutti la chiamavano Nanzi, ma nessuno conosceva il suo vero nome.







 

Nanzi: bellissima e crudele moglie di Ling, re dell'antico stato cinese di Wei (III sec. d.C.); la sua dissolutezza (paragonata a quella delle regine Da e Bao Si e in posizione del tutto antitetica rispetto alla saggezza di Confucio) viene descritta anche nel racconto Kirin di Tanizaki Jun'ichirō.
Per annientare in un attimo la serietà di queste note, ammetto che amavo il suono del nome :'D parte dell'ispirazione viene anche da questa mostra e, in particolare, quest'immagine.

 

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Capitolo 10
*** Giunge la donna delle nevi.../ Berenis la pazza ***


Premessa: il tema di queste drabbles - insieme ad altre due che però devo ancora scrivere - mi è stato suggerito: nella prima si parla di una yuki-onna, nella seconda di un principe esiliato (più o meno insomma, ma è una storia che per vari motivi mi sta moltomolto a cuore e l'input è caduto proprio a fagiolo); per questo si trovano insieme.
La canzone forse non c'azzecca molto col contesto ma dava una buona atmosfera per entrambe (solo dopo ho pensato che, se avessi reso il tutto un po' più frivolo e tragicomico, avrei potuto inserire questa. Uff.)
 




 
X.    Giunge la donna delle nevi dai ghiacciai della montagna…


 
« Oh, Death
Won't you spare me over another year? »

 
La sua tana si trovava dietro vette affilate come schegge blu. Si diceva fosse la più bella shirabyōshidel tempo, ma durante la guerra aveva venduto ai nemici il suo stesso clan: per rimorso o maledizione, abitava le tempeste.
Le sfuggii vent’anni fa, quando rubai il lattante di ghiaccio che portava come esca e lo guardai disfarsi al fuoco senza batter ciglio. Oggi seppellisco le ossa del suo vecchio corpo e qualche ciocca di capelli sotto il nevischio, e so che non accadrà ancora: ogni volta che i prati d’argento ondeggeranno – quando la brina avrà ricoperto i miei bicchieri e imputridirà l’acqua – capirò che sta arrivando.
“Giunge la donna delle nevi dai ghiacciai della montagna” recito (mi pare di scorgerla all’orizzonte, placida come una Kannon2 iridescente) “per le prime gemme di febbraio, e il sangue caldo del perduto viandante”.

 
***

 
XI.    Berenis la pazza

 
« When God is gone and the Devil takes hold
Who will have mercy on your soul? »

 
Rispetto ai suoi fratelli non sorrideva spesso e, quando accadeva, ricordava un cattivo presagio. Il vecchio principe guardò la figlia maggiore in volto: di solito rifletteva l’amara sconfitta e la fuga interminabile attraverso le lande ghiacciate dell’Est, ma nel giorno del suo matrimonio non c’era che quel ghigno a far brillare gli occhi affilati.
Era stata lei ad avvelenare le caraffe del banchetto: doveva aver appreso la morte sottile delle erbe nel suo ultimo mese da fanciulla, durante le lunghe passeggiate notturne nei giardini del monastero. Se le avesse ceduto la guida della famiglia, li avrebbe ugualmente rovinati con l’elmo e con la spada.
“Qualsiasi cosa io faccia è per la mia gente” proruppe Berenis, circondata dai corpi delle schiave e dei mercanti di passaggio, delle sorelline, del ricco sposo; alzando il calice per ultima, i fermagli d’oro nelle volute dei suoi capelli tintinnarono.  “Ricordatevelo, padre.”





 

1 danzatrici che si esibivano nella Corte Imperiale giapponese nel tardo periodo Heian (XII secolo circa); le loro canzoni molto cadenzate si basavano su preghiere buddhiste, ma il vestiario era prettamente maschile e ispirato allo Shintō. Dovevano essere molto educate e potevano dar luce a figli nobili, ma era una cosa secondaria.
2 Kannon (Guanyin in Cina e Gwaneum/Gwanseeum in Corea), più nota come la dea della misericordia e della compassione, è uno dei bodhisattva (coloro che decidono di non entrare nel nirvana finché non avranno aiutato tutti i mortali che ne hanno bisogno) più importanti, spesso raffigurato appunto come donna.

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Capitolo 11
*** L'ultima cena ***


XII.    L'ultima cena

« 'Cause when I look up from the pavement
I know I'm gonna be just fine,
and I'll put on my dancing shoes real tight,
'cause it's just another Saturday night »

Saturday Night - Natalia Kills


 
Mosse la zuppa fredda con attenzione per non cadere in frantumi: il suo riflesso si contorse, pugnalato dal cucchiaio d’argento.
Sedeva lì da quasi un’ora. Alla sua destra, il marito abbandonato perché entrambi avessero salva la pelle giaceva supino con un foro nel bel mezzo della fronte; a sinistra, il sangue s’era rappreso sulla schiena dell’uomo incontrato fuggendo verso sud, ora riverso sul tavolo della cena. Chi aveva sparato per primo?
Girò i polsi all’insù: era Desdemona di ferro, inespressiva e scarmigliata, Amalia con l’abito di seta delle prime teatrali e una carta da parati a fiori per scenografia.
La penombra cittadina li ricoprì ben presto con la rugiada rossa dei lampioni.





 
Per la serie tempismo perfetto, oggi è il mio ultimo giorno di vacanza e domani ricomincia lo studio disperato per la sessione autunnale. O forse dovrei usare il condizionale "XD
Se a qualcuno potesse interessare, questa è la possibile protagonista. Inizialmente non l'ho proprio immaginata così, ecco, solo che mi son fatta prendere la mano... la qualità è quella che è, ma in questo periodo riesco sia a scrivere che a disegnare e mi chiedo per quale rara congiunzione astrale >.>

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Capitolo 12
*** Vanitas ***


XIII.    Vanitas




Nell’acqua fredda ripensò agli alberi lontani, a forma di picche, che ornavano l’orizzonte della vecchia casa. Aveva paura di riaprire gli occhi, preferiva ascoltare: i suoi piedi suonavano morbidi tuoni sul fondo della vasca. Una volta diventata regina dei mari e dei pesci avrebbe smesso di cantare per il Papa.
Acanthe venne a farla riemergere e la baciò sulla bocca.
“Non farmi ritardare ancora” sussurrò, le labbra rosse e tumide come ciliegie sul volto perfettamente incipriato.
Le porse uno specchio e Amoretta per poco non si vide: quant’è vuoto il corpo degli artisti! Almeno i clavicembali hanno corde e persino nei macellai e nei cardinali di Roma – ad aprirli – batte un cuore.






 

Amoretta e Acanthe, patatini, sono un contralto e un castrato della Roma seicentesca; a loro modo fanno parte anche di questa storia, per quanto ambientata dall'altra parte del mondo. In realtà questa drabble avrebbe dovuto essere solo la prima di un trittico (così avrei messo la musica che mi aveva ispirata ; w ;), ma da mesi se ne stava chiusa nel block notes con la seconda scritta solo a metà, perciò la pubblico e via; magari le altre verranno prima o poi.
p.s.: nope, non ho ancora finito d'inserire riferimenti all'acqua ovunque *risata malefica di chi nasconde segreti*. Adesso sparisco perché devo andare a stressarmi un altro po'. 

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Capitolo 13
*** Beloved Mr. Song, ***


« Quando ho spezzato il ramo della siepe, dicesti che saresti venuto via;
batto i piedi alla tua porta, perché ritardi?
[...] Vieni da me! Vieni da me! Vieni e riunisciti a me!
C'incontreremo in un giardino di ricino e camelie, mio amore!
»
Kangwondo Arirang - Youn Sun Nah
 
XIV.    Beloved Mr. Song,



 
sono tornato a casa e non c’era nessuno; la vecchia domestica, giù in paese, dice che di mio padre non è rimasto neanche uno spettro, perciò non dev’essere infelice dove si trova ora.
Stamattina ho scorto il tuo viso tra i gigli incolti. Ricordi cosa dicevi – che ti sembravo una di queste corolle bianche e indifferenti? Ma il fuoco ha divorato la nostra nave e con essa metà del mio corpo, l’equipaggio riposa in fondo al mare; io mi nascondo in queste stanze vicino ai boschi, rabbioso mezzo demone, e tu non me lo dirai più.
Non ti spedirò mai questa lettera, non mi rivedrai: mi ucciderebbe. Ma spero di poterti sussurrare ancora una canzone prima della nostra morte, e sarebbe comunque dolce, sarei comunque felice.







 

Arirang è praticamente l'inno "ufficioso" coreano, tanto è popolare ed amata; ce ne sono più versioni e, ad ora, non ne ho ancora trovata una che non mi piacesse troppissimo. Ciononostante non determina per forza il contesto di questa piccola storia un po' smielata, solo è una canzone che mi fa stringere il cuore ogni volta.
 

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