Queen of Silence- la Regina delle Nevi

di lunadelpassato
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cuore di Ghiaccio e Cuore di Vetro ***
Capitolo 2: *** La fine dell'Inverno ***



Capitolo 1
*** Cuore di Ghiaccio e Cuore di Vetro ***


Regina di un trono fatto di solitudine e silenzio.

 

 

 

-1.Cuore di ghiaccio e cuore di vetro.

Anni. Erano passati anni da quando, in preda al panico, Elsa era scappata dalla sua incoronazione.

Nessuno era mai andata a cercarla.

Beh, dopotutto, era stata lei a decidere di buttarsi tutto alle spalle e di mandare al diavolo il regno, certa che sua sorella Anna se la sarebbe cavata. E fino ad ora secondo i suoi informatori segreti era stato così.

 

La regina Anna di Arendelle: l'unica secondogenita di una casa reale che era stata chiamata a regnare senza che il primogenito morisse. E così aveva detto alla popolazione: “Popolo di Arendelle, mi è triste annunciarvi che Elsa, la nostra regina, è morta. Da oggi al trono salirò io e prometto di onorarla ogni secondo del mio regno”. Allora tutti avevano applaudito e inneggiato all'usurpatrice, che si era goduta le lodi fino all'ultima.

 

Ovviamente l'ultima cosa che Anna aveva detto era stata una bugia. Aveva sposato Hans. Quello stupido principe da due soldi che le aveva chiesto di accettare, e che lei ovviamente aveva respinto con tutto il cuore.

Come non detto, nemmeno due mesi dopo avevano divorziato, e Anna si era sposata con un' insulso plebeo di nome Kristoff , un semplice venditore di ghiaccio amante delle renne.

 

Ai soli nomi dei due spasimanti le venivano i brividi. Intanto anche Elsa era diventata una regina. Non del regno che le sarebbe dovuto appartenere, ma era il motivo per cui vietava a chiunque di mettere piede nella sua montagna.

Era la regina delle Nevi.

 

Temuta da tutta Arendelle per le sue sfuriate di rabbia -era ormai conosciuta come un essere quasi mitologico- e per la sua neve, sapeva che sarebbe vissuta per sempre nella fantasia del popolo. Ormai nelle sue vene il suo potere aveva avuto il sopravvento: aveva trasformato il suo cuore in ghiaccio. Era impossibile da salvare.

 

La stessa notte in cui era scappata si era costruita un castello del suo materiale, e ancora lì viveva, contornata da mille servitori di neve a cui comandava ogni cosa e a cui lei stessa aveva dato vita.

 

Elsa non era felice. Nonostante avesse avuto in sorte un regno di gran lunga più adatto a lei di quella topaia sul mare toccata alla sorella, non riusciva a sorridere. C'era un vuoto nella sua vita che non riusciva a colmare.

Pensò scioccamente che uno specchio potesse farla diventare felice, aiutarla ad amare la sua nuova identità e ad accettarsi per quello che era diventata. Non uno specchio normale, ovviamente uno specchio di ghiaccio. Riuscì a costruirlo, e per anni si era specchiata in quell'adorabile gioiello (capace di riflettere solo la parte più malvagia dell'essere) finché Anna non aveva avuto il suo primogenito.

 

Allora tutti i sogni di vendetta e di gloria erano svaniti, e per la rabbia aveva sbattuto lo specchio per terra, rompendolo. Aveva affidato i rottami al vento e li aveva maledetti con parole pungenti e gelate che le uscivano dal cuore di ghiaccio, poi aveva preparato la sua slitta di ghiaccio trainata da magnifici cigni di ghiaccio ed era andata in giro per quel regno che era la sua croce e la sua delizia.

 

Andò a seguire uno dei pezzi in particolare. Fu inseguendolo che arrivò alla finestra di una casa borghese di commercianti, apparentemente uguale ad altre mille che ci potevano essere ad Arendelle. In quella casa c'era un bambino sugli undici anni affacciato alla notte. Il suo balcone era traboccante delle più belle rose che Elsa avesse mai visto; facevano vistosamente a gara con quelle della casa di fronte.

 

Il pezzo di vetro affondò nell'occhio del bambino, e nei suoi occhi la luce cambiò. Le rose che aveva di fronte appassirono immediatamente, ed Elsa capì che aveva creato qualcuno degno di starle vicino, che forse poteva provare a far riempire il vuoto che sentiva. Invitò il bambino nella sua carrozza, lui salì e insieme partirono verso il castello di ghiaccio.

 

Erano passati esattamente cento giorni da quando Kai (questo il nome del bambino rapito) aveva fatto la sua bella comparsa nel castello di Elsa, e ora passava le sue giornate a giocare con cubi di ghiaccio (creazione a mano della regina) senza nemmeno provare ad annoiarsi. Era infatti vittima di un' incantesimo.

 

Nonostante il suo cuore fosse ormai oscuro grazie al pezzo di vetro-ghiaccio, c'era infatti sempre il pericolo che potesse uscire dal controllo di Elsa (una cosa che ultimamente odiava da morire), che così gli aveva fatto ingollare una pozione dimenticante che peraltro era la causa del suo continuo gioco: infatti se il ragazzino avesse composto la parola “eternità”, avrebbe riacquistato lo scorrere della vita normale e il pezzo di vetro sarebbe per sempre schizzato via dal suo cuore, ma finché questo non succedeva Elsa poteva stare tranquilla. Kai non aveva scampo.

 

Proprio al mattino di quel dannato centesimo giorno, una bambina si presentò alle sue porte pretendendo di trovare il suo amichetto “Kai”. Elsa scoppiò in una risata perfida.

 

-E chi ti ha detto che io te lo voglia ridare? Non l'ho mica costretto io a salire nella mia carrozza.

La ragazzina sembrava determinata. Le ricordò tanto Anna, quella perfida che con l'aria da ingenua le aveva sgraffignato il trono da sotto il naso.

-Perché sei tanto cattiva? Che cosa ti ho mai fatto? - le chiese la bambina con aria velenosa. Non sembrava minimamente spaventata. Elsa sorrise mostrandogli i denti perfetti e lucenti come perle di neve. Si avvicinò di più al viso della ragazzina.

-Tu? Tesoro, tu assolutamente niente. Ma vedi, io sono la Regina delle Nevi. Qui puoi trovare solo le persone che desiderano il silenzio e la solitudine. Mi sa che il tuo caro caro Kai è venuto con me perché non sopportava la tua parlantina.

 

La ragazzina non accennò minimamente ad un contrattacco. Sembrava anzi leggermente spaventata.

-Io mi chiamo Gerda. E vorrei ritrovare il mio migliore amico.

 

Elsa ghignò divertita. Se proprio voleva provare a salvare Kai doveva vedersela con l'incantesimo combinato al “cuore di vetro” del suo amichetto.

-Prego. Se proprio insisti...- disse scansandosi da un lato e scimmiottando il classico gesto 'dopo di te'. Gerda, usando la tecnica mento-alto-e-petto-in-fuori si mise in cammino verso la prima rampa di scale che trovò.

 

Dovette fare ben tre giri del castello prima di trovare il suo caro. Quello che successe dentro la stanza lo sapete già: Gerda che scoppia a piangere sciogliendo così il cuore di vetro di Kai e lui che dallo stupore getta in terra i cubi che formano l'unica parola che non dovevano formare.

 

Elsa, che non era assolutamente pronta a quella svolta, che anzi già pregustava l'idea di avere due bambini a giocare con i cubi di ghiaccio, fu vittima dell'effetto sorpresa e i bambini la tolsero da mezzo molto facilmente scappando da una delle numerose entrate segrete del castello.

 

Inutile dire che il ritorno a casa di Kai e Gerda fu gentilmente accompagnato da una tremenda tempesta di neve e grandine, a cui però sopravvissero amabilmente per poi tornare alle loro famiglie ed a coltivare le rose nei loro rispettivi balconi.

 

Elsa non si dava pace. Adesso sicuramente i due sarebbero stati interrogati dai genitori, che a loro volta sarebbero stati interrogati dalla regina. E si dà il caso che la regina fosse proprio la sua sorellina Anna.

 

-Non dovevo rapire quel bambino. Quindi non dovevo inseguire quel coccio. A dirla tutta, non dovevo costruire quello specchio. Mi ha portato solo guai.

Elsa soleva parlare con una delle sue creature di ghiaccio più amichevoli. Era il suo secondogenito, si potrebbe dire. Il suo “Anna”. Infatti, guarda caso, era stata la seconda creatura di neve che aveva creato.

 

La prima aveva fatto una brutta fine: troppo idiota e buonista. Elsa aveva trasformato la neve di cui era composto quell'essere in ghiaccio, e ancora la statua faceva la sua bella mostra nella sala principale del castello.

 

Mentre la sua seconda creazione... si chiamava Marshmallow per via della sua forma vagamente 'caramellosa' e parlava solo per grugniti. Era perfetto per esprimere le proprie idee senza avere il minimo pensiero sull'essere contraddetti. Tutte le creature nate dopo Marshmallow erano completamente mute.

 

Era un gigante di neve apparentemente tranquillo e servizievole, mentre in realtà era a comando del più incredibile esercito di esseri mostruosi di neve che si fosse mai visto. Questo incarico gli era stato affidato per la sua incredibile lealtà e affidabilità, nonché per il coraggio e la voracità su cui si buttava nelle cose.

-Quindi secondo te ho ragione? Interessante.

Il mostro aveva grugnito. Elsa lo liquidò con un cenno della mano, e lui fece un goffo inchino per poi avviarsi via. Lei decise di fare un viaggetto per le cime delle montagne lì vicino per sfogarsi un po'.

 

Anna non era come la Regina delle Nevi l' aveva descritta: non si era mai data pace per la sorella scomparsa. Era stata semplicemente costretta a non inseguirla, e ormai la credeva bella che morta per via della scarsità di cibo tipica delle cime innevate, ignorando che Elsa non aveva bisogno di cibo, avendo il cuore di ghiaccio.

 

In effetti non sapeva nemmeno cosa fosse un cuore di ghiaccio. Erano passati ormai ventisette lunghi anni da quando la sorella le aveva “regalato” il regno. Non gliel'aveva ancora perdonato. Come aveva potuto solo pensare che Arendelle nelle sue mani sarebbe stata bene?

 

Per fortuna in quegli anni aveva imparato molto sul tema 'governare bene un paese', in particolare sotto la voce 'come spegnere le voci sulla leggenda della regina delle Nevi e combattere le tempeste annuali in poche semplici mosse- adatto solo per esperti'.

 

Adesso si stava impegnando per spegnere delle nuove voci. infatti due bambini sostenevano di essere stati al castello della regina delle nevi. Avevano descritto così la donna: alta, vestita di ghiaccio, con gli occhi di ghiaccio, con la pelle bianca come il ghiaccio e i capelli di un biondo simile al ghiaccio. Insomma, come doveva essere nell'immaginario comune.

 

Anche se per la maggior parte degli abitanti era usuale incontrarla in giro per il cielo con una slitta di ghiaccio trainata da cigni di ghiaccio. Certo, come no.

 

Anna sospirò rattristata. Da quando la sorella aveva mostrato a tutti il suo potere (tra l'altro per colpa sua) erano iniziate quelle voci e contemporaneamente a queste le tempeste di neve. Tutto faceva pensare che fosse ancora viva, ma Anna aveva perso ogni speranza e, come tutti quelli a cui è accaduto, non vedeva nemmeno gli indizi che le passava sotto il naso. La regina ripensava a tutto questo quando riascoltava per la quinta volta il racconto di Kai.

-... e allora la regina Elsa ha detto:

Anna si risvegliò di scatto. Fermò il bambino e si fece ripetere quella frase.

-Stavo dicendo: stavo giocando con i cubi quando la regina Elsa...

-Elsa, dici?

 

Kai annuì seriamente. Anna ragionò: quanti ragazzini potevano esserci in tutto il regno che potessero conoscere quel nome tanto bandito? Nessuno poteva nominare Elsa da quando un decreto di sé stessa aveva messo al bando quel nome così triste per lei.

 

-Quindi mi stai dicendo che il nome della Regina delle Nevi è Elsa?

-Certo! Presta attenzione! Comunque me l'ha detto lei che si chiama così... che nome buffo!

Anna lo trafisse con lo sguardo e Kai si bloccò dal ridere sul nascere.

-Mia sorella si chiamava Elsa. - disse la regina rischiando il tutto per tutto. Questa sarebbe stata la prova finale per vedere se il bambino aveva saputo da qualcuno di quel nome.

 

Kai la sorprese: incuriosito, si mostrò sorpreso del fatto che la regina avesse una sorella, e per di più le chiese di quanti anni era più piccola. Anna sorrise debolmente.

-Era più grande di me di tre anni. Doveva essere lei la regina, ma il giorno della sua incoronazione... qualcosa andò storto.

 

Kai impallidì. - La regina delle Nevi mi ha detto che aveva qualcosa contro di te, e prima non capivo cosa, ma adesso lo so. Lei pensa che tu le abbia rubato il regno apposta.

Anna si alzò di scatto dal trono, e guardò Kai fisso negli occhi. Non le stava mentendo. Prima che potesse dire qualcosa, la regina scoppiò in lacrime.

-Mio Dio, è viva. Ed è lei.




Angolo autrice:
Grazie a tutti quelli che hanno letto questa storia e ringrazio Franz07 e Queen_the_darkess per le recensioni. Ho corretto alcuni errori che avevo trovato e alcune frasi senza senso, quindi adesso la lettura dovrebbe essere molto più scorrevole e corretta.

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Capitolo 2
*** La fine dell'Inverno ***


Lo sapeva. Cristo, se lo sapeva. Non doveva lasciarli andare via così facilmente. Avrebbe potuto sguinzagliarli dietro i suoi peggiori mostri di neve o avrebbe potuto gelargli il cuore, avrebbe potuto ucciderli! E invece no, li aveva lasciati andare.

 

La regina delle nevi camminava nervosamente avanti e indietro per la sala principale del castello di ghiaccio. Aveva appena ricevuto una notizia sconvolgente da parre di una delle sue sentinelle segrete posizionate a palazzo. Sua sorella sapeva che era viva.

Elsa non voleva vendetta né tantomeno il trono di Arendelle, voleva solo essere lasciata in pace, e adesso invece sicuramente quella reginetta faccio-la-prima-cosa-che-mi-passa-per-la-testa di sua sorella minacciava di fare la cosa per cui era taaanto rinomata.

 

Cioè fare per l'appunto quello che le passava per la testa. E se Elsa conosceva abbastanza sua sorella, allora voleva dire che presto Anna si sarebbe fiondata al suo castello con un' intero esercito per romperle le scatole con domande insulse e per ucciderla.

 

Tale usurpatrice qual'era, cosa poteva fare per tenersi il suo regale sedere posato nel trono rivestito di raso? Elsa non lo sapeva, ma lo immaginava. Ancora piena di sgomento sedette sul trono di ghiaccio che si era auto-costruita. Altro che raso! A lei spettava solo ghiaccio duro e una manciata di neve buttata sopra a mo' di cuscino.

 

Con un gesto scocciato lanciò la mano nell'aria e nello stesso istante con un sibilo una freccia ghiacciata andò a schiantarsi un pelo sopra la porta d'ingresso. Nonostante il rancore e la rabbia che Elsa possedeva contro ogni creatura umana, era sempre stata aperta.

 

Forse aspettava soltanto che qualcuno la cercasse, la trovasse e la riportasse ad Arendelle, o forse semplicemente era stufa di dover tenere sempre la porta chiusa quando viveva ancora nel suo regno.

 

La regina cominciò a torturarsi le mani. Si, in effetti aveva sempre rimproverato alla sorella il fatto che non fosse mai venuta a cercarla, più che il fatto che il regno fosse passato a lei.

-Per me potrebbe essere anche la regina del mondo. Ho sempre pensato che fosse l'unica persona che mi capisse, anche se evidentemente mi sbagliavo di grosso.

 

Aveva tenuto una sola cosa in ricordo della sorella: la treccia. Anna adorava quando da piccola Elsa si faceva la treccia. Era nel suo ricordo che si era disfatta la crocchia, subito dopo aver costruito il castello in cui ora abitava, e nel ricordo della speranza inutile di essere a cuore a qualcuno che l'aveva tenuta sino a quel momento. Ora la speranza l'aveva totalmente persa.

 

Con un gesto rabbioso creò una lama di ghiaccio dalla mano sinistra e con uno sguardo pieno di tante cose si mise a rimirarla. Il suo riflesso la guardava.

-Non si può tornare indietro. Quando smetti di sperare per davvero? Ora lo so. Smetti di sperare quando ti convinci di non avere più nulla in cui credere.

 

La mano prese a tremare. Non voleva uccidersi, no. Non voleva dare quella soddisfazione alla sua sorellina. Voleva solo dimostrare a tutti che aveva perso la cosa più importante. Si prese con la mano libera la treccia candida.

 

Con l'età era diventata più lunga e più regale e le dava una certa aria da essere mitologico (quello che in effetti era diventata).

 

Non era facile separasi da tante delusioni che le ispirava. Si ritrovò a pensare a tutte le sconfitte che aveva avuto nella sua vita da quando era al mondo, e questo le diede la forza necessaria per compiere un gesto tanto aspro. Con un solo colpo preciso tagliò l'unica cosa che ancora la legava alla famiglia.

 

-Marshmallow?

Il gigante di neve si presentò al cospetto della sua regina. Era abbastanza vecchio per sapere che l'ultima luce di giustizia si era spenta negli occhi della donna che aveva davanti. Lei gli porse qualcosa di lungo e intrecciato.

-Falla sparire. Subito.

Il golem si affrettò a prendere l'oggetto che Elsa gli porgeva. Appena capì di che cosa si trattava, per poco non gli venne un colpo, ma si inchinò e andò a buttarla nel dirupo sotto il castello come gli era stato comandato.

 

-Ora sapranno cosa vuol dire lasciarlo andare.

La regina uscì fuori dal castello di ghiaccio. Nell'aria del tramonto, la vasta distesa di neve perenne che ricopriva la cima della sua montagna brillava di luce propria. Elsa schioccò le dita e alla luce rosata si aggiunsero piccoli barlumi scintillanti di fiocchi di neve. Un leggero vento soffiava favorevole.

 

Le braccia della regina ripetevano lo stesso gesto da ormai una decina di minuti. Ad ogni nuovo gesto un piccolo cumulo di neve prendeva la forma di un soldatino di stagno formato gigante, così che a quel punto si ritrovava ad avere ormai un piccolo esercito.

 

Probabilmente erano le creature più mansuete che aveva mai creato (a parte la primissima creatura, che portava ai tempi il simpatico nome di Olaf), e questo perché il loro ruolo era marginale rispetto alla guerra che sarebbe venuta poi.

 

-Andate verso i confini più settentrionali di Arendelle e lì distruggete tutto quello che incontrate.

Questo era l'unico ordine che Elsa impartì alle creature, che in tutta risposta si inchinarono meccanicamente e partirono alla volta della Scala, unico collegamento tra il regno di Elsa e quello appartenente alla sorella.

 

La regina pensava così di distrarre la sorella dall'idea vana di venirla a cercare. Dopo i soldatini di neve sarebbero arrivati i suoi fedeli mostri silenziosi, e dopo loro... non c'era da preoccuparsi più di regni con il nome di Arendelle.

 

Il suo Regno di Ghiaccio si sarebbe esteso fino al fiordo.

 

Mentre i soldatino di Elsa erano ancora allo stadio di creazione, Anna si trovava ormai a metà strada. I due bambini le facevano da guida dalla groppa del cavallo migliore che fosse mai entrato nelle scuderie reali, mentre lei gli seguiva a cavallo di Sven, la renna più mansueta e curata del reame.

 

-Non vedo l'ora di chiarire con mia sorella, - aveva confidato ai bambini la sera prima,

-Merita di sapere la verità.

Kai la descriveva ora come una donna che aveva solo bisogno di amore, mentre ad Anna ronzavano in testa le parole che una volta aveva letto: solo un atto di vero amore scioglierà un cuore di ghiaccio.

 

Era ancora valido il tempo degli atti d'amore? Oppure il ghiaccio residente nel cuore della sorella era ormai perenne? Anna non sapeva come rispondersi. Riusciva solo a cavalcare mesta sulla renna, pronta a recarsi a fare una cosa che avrebbe dovuto fare tanto tempo prima. Troppo tempo prima.

 

L'esercito di soldatini arrivò in città. I loro corpi erano di soffice neve, ma le loro lance erano di ghiaccio scintillante e mortale. Distrussero i confini di Arendelle, come dettato dalla loro regina, ma non toccarono una vita umana: avevano imparato a loro spese di dover prendere alla lettera le parole di Elsa.

 

La popolazione si rifugiò sempre più all'interno finché non restò un solo luogo al sicuro da quelle creature glaciali, e quel luogo era il castello. Kristoff non ci pensò due volte a fa entrare tutti quelli che ci stavano dentro al palazzo, e a che quando sembrava pieno continuava a far entrare le donne ed i bambini, pregando gli uomini di combattere per le loro famiglie sotto la sua guida.

 

Scoprirono così che le creature ignoravano le creature viventi e si limitavano ad abbattere case ed ogni oggetto che passava loro sotto tiro.

-Non possiamo combattere contro esseri che non vogliono farci del male. - urlò Kristoff.

Tutti gli uomini erano d'accordo con lui, così tornarono al castello, posizionandosi sopra le spesse mura di protezione per lasciare più spazio alle loro famiglie e fare la guardia.

 

Passò la notte di veglia e la mattina servì loro per riposarsi. I soldati se n'erano andati da pochi minuti dal regno, lasciando dietro di loro una scia di distruzione totale e di famiglie senza più una casa. Precisamente nessuno aveva una casa agibile.

 

Il cielo prometteva neve.

 

Le ci volle un po' per capire che quella che aveva davanti non era un'illusione ottica. Davanti alla regina Anna si stagliava limpida nell'aria del primo pomeriggio una scala fatta interamente di ghiaccio. La forma era sinuosa e perfetta, tanto che nemmeno una squadra intera composta dai migliori scultori del regno avrebbe potuto creare una meraviglia del genere.

 

-Ha fatto tutto lei? - chiese stupefatta ai bambini. Kai annuì.

Anna scese da Sven e aiutò i bambini a scendere dal loro cavallo, per poi avvicinarsi alla scala e accarezzare il freddo materiale, ipnotizzata dal fascino magnetico del ghiaccio. Sapeva di essere vicino a sua sorella.

 

Attraversarono la scala lentamente e stando attenti a cadere il meno possibile. Kai scivolò al tredicesimo gradino, ma Gerda con una mossa fulminea aveva evitato la caduta. Anna intanto faceva strada.

 

I golem di neve si nascosero a poche ore dal confine con Arendelle. Non era ancora tempo.

Degli uomini un terzo aveva rimontato la guardia al castello, mentre il restante era intento a recuperare il recuperabile dalle case distrutte. Kristoff faceva parte di questi ultimi.

 

Trovò un cuscino a forma di fiocco di neve ed un ciondolo: tutto il resto era rotto o polverizzato. Anche il bottino degli altri non fu migliore. Quando tornarono al castello decisero di abbandonare quella terra. Fu decisa la fine di Arendelle.

 

Elsa piangeva. Lacrime agrodolci le scendevano lungo le guance e diventavano ghiaccio che le si appiccicava alla pelle. Era stato Marshmallow, l'unica sua creatura vivente in grado di parlare ad avvisarla.

 

Anna era alle porte del castello di ghiaccio. Era nel suo regno, pronta a chiederle perdono, a scusare il suo comportamento idiota di tanti anni prima. Elsa non era pronta a ricevere le scuse e probabilmente non lo sarebbe stata mai.

 

Entrò nell'ala superiore del suo castello con passo rabbioso. Quasi ricordava quando, tanti anni prima, aveva provato a perdonare Anna, aveva provato a riprendere il controllo sui suoi poteri, ma l'unica cosa che era riuscita a fare erano delle piccole stalattiti che ancora quel giorno ricoprivano il soffitto.

 

-Non è lei che deve delle scuse a me. Sono io che le devo a lei.

Sarebbe bastato uno schiocco di dita e quelle stalattiti sarebbero cadute sopra di lei, rendendola cibo per vermi in pochi istanti. Quello schiocco non ci fu mai.

 

Anna esitava. Bussare o non bussare? Questo è il dilemma. Alla fine decise per la prima opzione, e la porta, come per miracolo, si aprì sotto le sue nocche.

-Aperta? Mai successo. - si sistemò il vestito regale togliendo la neve che si era accumulata, poi ringraziò i bambini e gli disse di aspettare fuori. Loro annuirono, ma in realtà non ubbidirono ad Anna: appena videro la sua figura sparire inghiottita dal castello fecero le scale a ritroso e una volta sopra il cavallo (la renna non voleva saperne), scapparono via.

 

La stanza era bellissima. Di ghiaccio erano le pareti, il pavimento, perfino una piccola fontana interna era dello stesso materiale. Anna notò molte statue di ghiaccio. Rappresentavano perlopiù mostri di neve di tutte le misure, ma fu una ad incuriosirla davvero.

 

Un piccolo pupazzo di neve cristallizzato la fissava con occhi dolci. Sembrava essere ancora vivo sotto lo strato di ghiaccio che ne faceva di lui una statua. Ancora? Anna scosse la testa. Un conto era vedere con i propri occhi la sorella creare il ghiaccio il giorno dell'incoronazione, un' altro era credere che le sue creature di neve fossero dotate di vita.

 

Trovò un nome per il piccolo congelato.

-Olaf- sussurrò sorridendo. Non sapeva da dove le spuntasse quel nome. Si rese conto più tardi che al contrario sarebbe stato “Falò”, cioè “grande fuoco”, veramente l'opposto per un pupazzo di neve.

 

Il ghiaccio attorno a lei era sempre più blu. C'era solo un modo per avere la felicità di Anna una volta per tutte, finalmente l'aveva capito. Elsa conosceva il prezzo da pagare per non destare in lei preoccupazioni.

 

La verità era che per tutto questo tempo aveva aspettato lei. Anna, così innocente da volere la sorella con sé e da credere ancora in lei dopo quello che aveva fatto. Non poteva ingannarla di nuovo, doveva mettere fine alla sofferenza di sua sorella.

 

-Voglio soltanto che sia felice. - sussurrò la regina delle Nevi. Si inginocchiò al centro della stanza.

Sopra di lei, un bellissimo lampadario simmetrico di ghiaccio ondeggiava lentamente ma innocuo. Il peso del gesto che stava per fare la opprimeva.

 

-Dopo nessun peso mi schiaccerà più. Devo farlo solo per lei. Per Anna. - cercò di convincersi. I capelli, candidi e corti dopo il taglio della treccia, le ondeggiarono lenti mentre il braccio sinistro della regina si alzava lento e tremante.

 

-Elsa?

Anna chiamò la sorella tre volte in tutto il tempo che restò al castello di ghiaccio. Quella fu la prima. L'eco le rispose beffardo da ogni centimetro delle pareti di fronte a lei. Avanzò di un passo, trovandosi davanti a lunghe scale a chiocciola.

 

-Non sei un mostro – sussurrò nella solitudine.

 

Nel palmo di Elsa, un nugolo di piccoli cristalli di neve volteggiarono per un' attimo, prima di unirsi candidi in un' oggetto di ghiaccio più sottile ad un'estremità e più largo nell'altra. Era ruvido per non scivolare via dalla mano nel momento più importante.

 

Anna saliva le scale. I suoi passi leggeri da regina echeggiavano per tutto il castello, creando in Elsa un'agitazione che, stranamente, non ebbe conseguenze nel piano temporale. La temperatura rimase costante.

 

Rimirò il pugnale di ghiaccio che teneva stretto nel palmo tremante. Una lacrima leggera le scivolò via agli occhi, ma non se ne curò. La lacrima scese giù per la sua guancia senza ghiacciarsi, per poi cadere per terra liquida e calda. La prima e ultima lacrima calda di Elsa.

 

Impugnò il pugnale con entrambe le mani, poi chiuse gli occhi per non vedere cosa sarebbe successo. La luce che emanava il castello rendeva ogni cosa all'interno del colore del cielo, come se sapesse già cosa stesse per succedere.

 

Prese un respiro profondo, poi si assicurò che il pugnale puntasse dritto al suo cuore. Solo per Anna, pensava ossessivamente, solo per mia sorella. Il suo cervello diede l'impulso ai muscoli delle braccia di comprimersi in uno scatto fulmineo. Elsa poté sentire ogni singola fibra dei muscoli interessati contrarsi, perfino l'impulso nervoso che arrivava a destinazione le sembrò assordante.

 

Il pugnale affondò nel petto della regina delle Nevi.

 

Sentì un bruciore terribile che dal cuore presto si espanse a tutto il petto. La sensazione fu tale che l'espressione di Elsa mutò completamente, con gli occhi strabuzzati e la bocca aperta in una vocale che non fu mai pronunciata.

 

Il mondo si stava oscurando. Cercò inutilmente e istintivamente di tirare fuori dal suo corpo l'oggetto causa di quell'insopportabile bruciore, ma dovette arrendersi quando capì di non avere abbastanza forze per il gesto. La sua vita scorreva via veloce come il sangue sempre più copioso dal suo petto.

 

Sentì i muscoli rilassarsi e il suo cuore emanare l'ultimo, solitario battito.

L'ultima cosa che udì fu il tonfo del suo corpo nel ghiaccio. Poi il buio.

 

Anna sentì il tonfo mentre saliva gli ultimi gradini. Accelerò il passo, certa che sua sorella la stesse spiando o la stesse aspettando per poi abbracciarla o per tenderle un' agguato e ammazzarla. Non le importava più vivere o morire: voleva solo rivedere Elsa. Si appoggiò due secondi alla colonna per riprendere fiato, poi si affacciò nella stanza che vedeva davanti a sé.

 

L'ultima chiamata esplose dalle sue labbra come una bolla:

-Elsa?

L'accenno di sorriso si spense sulle sue labbra. La sorella era coricata al centro della stanza. Dalla posizione in cui era, si poteva intuire che fosse in ginocchio e che fosse svenuta improvvisamente lasciandosi cadere nel pavimento congelato. Ma Anna osservò tante cose insieme.

 

L'odore di sangue si faceva sempre più forte mentre la pozza rossa che si allargava nel ghiaccio dal corpo della regina la diceva lunga sul suo stato. Anna poté vedere anche la punta di un' oggetto appuntito che sporgeva dalla schiena di Elsa. Era trasparente ma ricoperto di sangue chiaro.

 

-Attenta!

Elsa creò con un lieve gesto incerto delle dita un nuovo cumulo sotto la furia che era sua sorella.

Non pensava a cosa era giusto o cosa poteva fare male: a lei interessava solo giocare. Anna saltava strillando da un cumulo all'altro. Elsa non l'aveva mai vita così felice.

Elsa scivola nel ghiaccio. Sente il pericolo, quasi vede sua sorella schiantarsi contro il nudo pavimento. Subito punta le dita verso la sorella, che cade a terra lo stesso, ma con una piccola striscia bianca tra i capelli.

-Anna?

 

Quando Elsa aveva deciso di sacrificare la sua vita per la felicità della sorella, il cuore le si era scongelato. Tutto il ghiaccio accumulato in anni di dolore era scomparso. Quindi Elsa era morta felice, dimentica di tutti gli incidenti che erano passati nella sua vita.

 

Ricordava solo quell'ultima scena, la scena in cui giocava tranquilla con la sorella, ma non ricordava la fine. Non ricordava l'ultimo cumulo di neve fallito, né la sorella che cadeva a terra. I suoi ricordi finivano lì, all'improvviso, come se fosse morta bambina mentre scivolava nel ghiaccio da lei stessa creata.

 

-Solo un' atto di vero amore scioglierà un cuore di ghiaccio – sussurrò dentro di sé, mentre anche gli ultimi neuroni affaticati si spegnevano pacifici.







Ecco il secondo ed ultimo capitolo. Riconosco che questo genere di storie non è certo il più apprezzato tra i fan di Frozen, ma mi sembra un po' indecoroso non regalarle nemmeno una piccola recensione. Anche negativa, per carita! So di non essere perfetta nello scrivere.
Con speranza e dita incrociate,
la vostra Lunadelpassato.

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