Off-Camera

di FreddiePie
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo uno: campo Wawanakwa ***
Capitolo 2: *** Capitolo due: Salti e cadute. ***
Capitolo 3: *** Capitolo tre: soffocata da idioti. ***



Capitolo 1
*** Capitolo uno: campo Wawanakwa ***


momento icananas: Sto correggendo i capitoli e sto facendo tutte le copertine… tra un po' continuerò la FF ma per adesso abbiate un po' pazienza :3 Ah, per altre fan art visitate anche il mio profilo deviantart: http://icananas.deviantart.com Image and video hosting by TinyPic

Cara persona anonima102, mi manchi.
Sento ancora il calore dei tuoi abbracci e l'eco della tua risata, ma vivo nel terrore che presto perderò poco a poco anche le ultime tracce di te. 
Nel terrore che mi abbia già cancellata ti scrivo per raccontarti tutto, tutta la mia vita. Le cose dette e non dette, le cose che i fan fremono per sapere ma che giudicherebbero appena sentite. Le stesse cose che forse tu già sapevi, ma che hai preferito rimanessero nel silenzio o nel dubbio.

Se potessi dare un inizio alla mia storia sicuramente si aprirebbe in una villetta di quartiere, una di quelle tante case che si amalgamano con la somiglianza delle altre creando un'immagine di anonimato e di tristezza assoluto che ammazzano l'originalità.
Mi ricordo quella sera, faceva molto freddo, il vento e la pioggia sbattevano sulle finestre e i lampi illuminavano a scatti le pareti della stanza alterando gli oggetti e creando un gioco di luci ed ombre quasi spaventoso. 
E' una di quelle sere impossibili da dimenticare, come una foto stampata nella mia mente che non mi abbandonerà mai, indipendentemente dal tempo che passa. 

Il ricordo ha inizio con una porta d'ingresso che si apre sbattendo con violenza e teatralità, facendo girare di scatto me ed il mio cane; davanti alla porta, con lo sfondo della pioggia e della notte, una sagoma massiccia ed imponente teneva lo sguardo perso nel vuoto.
Traballando da sinistra a destra e tenendosi alle pareti per non cadere, mio padre face capolinea nel soggiorno, lasciandosi dietro una scia di impronte bagnate di fango ed acqua che sporcarono tutta la stanza. Scrutò l'area circostante ed una volta individuato il divano fece un passo per raggiungerlo ma subito dopo era per terra, con la faccia spiaccicata sul parquet e la bottiglia di birra in mille pezzi nella mano a pochi centimetri dalla sua faccia. La puzza di alcool ed un urlo inondarono la stanza e come subito dopo un lampo arriva il tuono, si rialzò in piedi, prese la scatola di pastelli che l'aveva fatto inciampare e la scaraventò con tutta la forza e la rabbia che aveva in corpo verso di me «Brutta stronza!» mi urlava, imprecando e gettandomi contro ogni genere di cosa che aveva sotto tiro.
Invasa da dolore e paura, mi raccolsi la faccia nelle mani e mi chiusi in un angolo tremando e strillando dalla paura.

Il mio pianto e le mie stilla di terrore furono tali che una porta da sopra le scale si aprì e arrivarono correndo mio fratello e mia madre in camicia da notte. Lei si fermò un millesimo di secondo per capire cosa stesse succedendo e subito dopo era già addosso a mio padre cercando di fermarlo.

I miei occhi da ragazzina non capivano bene, vedevano mio padre fare qualcosa a mia madre e capivano che era qualcosa di male perché la faceva dimenare ed urlare.
«Lasciala stare! Lasciala, lasciala le fai male!» Urlavamo io e mio fratello; vedevamo mio padre picchiare mia madre, allontanare il cane che gli azzannava il polpaccio, poi di nuovo picchiare mia madre. Io ero in un angolo a piangere e a guardare la scena senza far nulla, mio fratello osservava in lacrime da sopra le scale. Ero solo una ragazzina di 13 anni, inerme, spaventata e dolorante in ogni punto del corpo. 

Un lampo di luce che entrò dalla finestra illuminò brevemente la scena, fermandola per qualche secondo nei miei occhi. Lo sguardo di mio padre fisso su mia madre, gli occhi iniettati d'odio e di rabbia, la bocca chiusa in un ghigno feroce, un portacenere pronto a colpire nella mano destra. Poi tutto buio. La luce del lampo andò via e lasciò sospesa quella scena ai miei occhi terrorizzati. Pochi secondi dopo mia madre era in un angolo, lo sguardo terrorizzato fisso su mio padre, lui in ginocchio davanti al corpo del mio cane immobile, con in mano ancora il posacenere gocciolante di sangue. Sul tappeto era esplosa la sua testa fracassata lasciandolo privo di vita. Non avrebbe scodinzolato mai più. 

Amavamo quel cane, tutti. Era il nostro punto d'incontro, la nostra ancora per quando avevamo dei problemi. Lui con la sua allegria e spensieratezza riusciva a ridarti le energie per andare avanti. 
Da sobrio era un padre normale: amorevole, gentile, autoritario al punto giusto; forse con un po' di risentimento ed amarezza per qualche rimpianto ma comunque un padre normale. Quando beveva però risaliva a galla tutto quello che cercava di tenere dentro, tutto il dolore e la frustrazione che lo graffiava quando viveva la sua vita. Era in quei casi che arrivava Kida, un cane compratoci per scusarsi dopo una brutta litigata fatta con mia madre. Lui ricordava a me, a mio fratello e a mia madre che nonostante tutto quello che ci facesse nostro padre ci voleva bene, più di ogni altra cosa al mondo. Ci ricordava che dovevamo subire, o almeno provarci in qualche modo, perché non potevamo abbandonare una persona malata in difficoltà. 

Dopo quella sera però era tutto finito. La nostra famiglia, che si aggrappava ad un unico filo sottilissimo, era appena finita. Lo capì mia madre, lo capii io, lo capì mio fratello, lo capì mio padre. Davanti a quella scena ci rendemmo tutti conto che l'unico nostro appiglio non c'era più. 
Si alzò in piedi e se ne andò, non si fece più vedere. Solo una volta mi sembrò di intravederlo, qualche anno fa. Nascosto nell'anonimato di una massa di conoscenti e parenti durante il mio sedicesimo compleanno. Scoprii anche da mia madre che per tutta la durata del reality mi aveva seguito ed aveva registrato ogni singola puntata.  Non so che fine abbia fatto e nemmeno voglio saperlo. Ha commesso degli sbagli come io ho commesso i miei, ma sento che non riuscirò mai a togliermi l'orrore di quei ricordi e la puzza di alcol che mi invase le narici.

L'avevi intuito vero? Avevi capito che c'era una macchia nera nel mio passato giusto? Ma fino che punto avevi capito? Non ho mai trovato il coraggio di dirlo a nessuno, trovare il coraggio di rivivere quel momento orribile a parole. Risentire le urla, l'orrore, il freddo, quell'odore…

Quest'esperienza mi ha cambiata, o quantomeno influenzato la mia crescita.
Ero spaventata dal mondo, dalla società e sopratutto dai pregiudizi che aleggiavano nell'aria. Ragazze perfette pronte a criticare tutto e tutti. Vedevo il mondo prendere in giro persone deboli ed indifese proprio come mia madre. Sapevo che sarei dovuta diventare più forte, per loro, tutti loro. 
A 14 anni decisi di cambiare radicalmente il mio look, come segno di protesta verso quella società fissata con l'apparenza. Persi molte amiche, amiche che ritenevo tali ma che si rivelarono per quello che erano veramente: stupide ipocrite. Convinte che la nuova me fosse troppo trasandata e non adatta a stare con loro.
Vedevo il mio riflesso allo specchio e non mi riconoscevo più, ma la cosa mi piaceva, e molto. Il giorno che tomai a casa con quel nuovo look tra le prese in giro di mio fratello e le prediche di mia madre sentivo finalmente aria di rivoluzione.

«Oh mio dio, Gwenny! Cos'hai fatto ai capelli? I tuoi bellissimi capelli lunghi! E poi cos'è quel corsetto? Sembri una poco di buono!» 
La cosa ridicola fu che non mi chiese nemmeno il perché, si limitò a criticare la mia scelta, come se fosse uno stupido capriccio di un'adolescente impazzita. 

Odio ammettere che quello tra i miei 13 e 16 anni fu il periodo più brutto della mia vita, ancora più brutto del tempo passato con mio padre. Ho preso scelte sbagliate, mi sono persa ed ho cominciato a farmi male.
Odiavo me stessa e gli altri ma per fortuna ho incontrato voi, tutti voi. Andare ad "a tutto reality", mi spiace ammetterlo Chris, mi ha salvata. 

Ricordo ancora la nave che venì a prendermi: faceva un caldo allucinante e durante tutto il tragitto pensavo e ripensavo a come sarebbe stato, convinta in una fregatura dopo l'altra «Che palle, dovrò dividere un campo estivo con degli idioti! Mah, almeno il posto sembra bello e in più posso vincere un po' di soldi…» 
Stavo sulla prua della nave e in lontananza già vedevo qualcosa. Man mano che quel "qualcosa" diventava sempre più visibile sentivo la prima fregatura già tirarmi un calcio nel sedere: il posto era uno schifo.

«Ciao Gwen!» Una voce inspiegabilmente irritante mi accolse appena misi piede sul molo. 
«Intendi dire che staremo qui?» chiesi guardandomi intorno.
«No, voi starete qui! Io sto in un camper con aria condizionata da quella parte» 
«Non ho firmato per questa cosa!» 
«Invece lo hai fatto!» E nel dire questo estrasse con un sorrisetto compiaciuto una pila di cartacce e me la sventolò davanti agli occhi. Mi Sembrò che il vedere la mia faccia delusa ed arrabbiata gli piacque particolarmente tanto e questo non fece altro che irritarmi ancora di più. Gli strappai dalle mani il fascicolo e lo strappai in mille pezzettini, soddisfatta della mia bravata. Non poteva controllarmi, no, non me almeno.  
Inspiegabilmente però quel suo sorrisetto irritante era ancora ben visibile sulla sua faccia, nonostante il mio gesto provocatorio «Sai la cosa bella degli avvocati?» ed estrasse un'altra pila di fogli identica alla precedente «fanno un sacco di fotocopie!»
«Io qui non ci resto!»
«Bene, spero che tu sappia nuotare, perché la tua barca è appena partita!» 
Mi girai e vidi la mia barca scomparire poco a poco nell'orizzonte. Al suo posto ne arrivò un altra da cui proveniva una musica fastidiosamente alta.
«E adesso?» mi chiesi rassegnata.

Un ragazzo con uno stupido cappello da cowboy in testa, ed una camicia rosa sbottonata, saltò giù dalla barca e andò a salutare il conduttore. Il loro saluto fu ancora più stupido del cappello del ragazzo. Si davano dell' "amico" ogni due parole e la cosa mi ricordò del perché ero così titubante a partecipare «se dicono amico un'altra volta, giuro che vomito» 

Prima di me erano arrivati già due concorrenti: un ragazzo grande e grosso con una maglietta verde ed una ragazza con l'apparecchio che non faceva altro che sorridermi inspiegabilmente.
Dopo Geoff (il ragazzo col cappello da cowboy) arrivarono in ordine: una gatta morta, una ragazza forse di origini asiatiche, un punk allupato, uno stuntman maldestro e un nerd sfigato. Dopo quest'ultimo, di nome Harold, scese dalla barca un ragazzo molto carino con la chitarra di nome Trent. Ricordo che per una frazione di secondo i nostri sguardi si incontrarono e l'emozione che ne scaturì fu un inspiegabile senso di felicità misto ad emozione. Quel suo sorriso incredibilmente sexy mi riuscì a sciogliere per qualche secondo.

Subito dopo arrivò una bella surfista di nome Bridgette che suscitò immediatamente l'interesse di Geoff (cappello da cowboy).
Poi arrivarono un sociofobico, una ragazza di origini africane, pincopanco e pancopinco, un privatista, un playboy sfigato, una donnona inquietante, una polpetta gigante ed euforica, una ragazza con i capelli castani, un belloccio, ed infine una pazzoide.

Dopo la disastrosa foto di gruppo che facemmo una volta arrivati tutti i concorrenti, il conduttore (Chris) ci divise in squadre. Sentivo che da un momento all'altro avrei avuto una crisi di nervi. Da qualsiasi parte mi girassi vedevo idioti da tutte le parti e l'idea di un'intera estate con loro mi uccise. 
«No, no e no. Non può essere vero» 
Owen, il ragazzo polpetta, notato il mio malumore afferrò me e ed un altro ragazzo alla sua destra e ci soffocò entrambi sotto il suo abbraccio, togliendoci il respiro. Cercò di tirarci su incoraggiandoci ma senza alcun risultato, ero ancora più irritata di prima.   

Le casette erano qualcosa di improponibile. Costretta a dividerla con Heather (la ragazza asiatica) che si rivelò un'insopportabile bisbetica primadonna; e Lindsay, un'idiota di dimensioni bibliche. Sentivo che non sarei mai riuscita a reggere quella triste agonia... e ancora non avevo visto la cucina.

Lo chef era un omone imponente e minaccioso. Orgoglioso e convinto di saper cucinare, con qualche precedente nell'esercito perché ci urlava contro come fossimo cadetti «Sturatevi le orecchie: servo tre volte al giorno e qui si mangia tre volte al giorno! Vassoi alla mano, prendete il vitto e posate le chiappe sui banchetti!» 
«Em mi scusi, assumeremo cibi appartenenti a tutti i gruppi alimentari?» chiese Beth (la ragazza con l'apparecchio)
«Si, io ho gravi crisi ipoglicemiche se non assumo abbastanza zuccher..» Ma Harold non fece in tempo a finire la frase che Chef lo aggredì urlando «Altro che crisi ti viene se non chiudi quella boccaccia!»
Il tutto con una faccia spaventosa ed agghiacciante. 

«Mi scusi» si intromise Lindsay, incurante probabilmente del rischio a cui stava andando incontro «il mio nutrizionista dice che non dovrei assumere zucchero bianco, farina bianca e latticini»
«Non credo sia questo il problema» intervenni io. Davanti a noi si posavano piatti colmi di una sostanza informe e viscida. La puzza che ne scaturiva era rivoltante e, vi posso giurare, era viva. «Ok, odio essere prevedibile e lamentarmi dal primo giorno, ma il mio panino si è appena mosso» 
Inutile dire che non trovai più il coraggio di ribattere una volta che Chef, con quel suo sguardo minaccioso, spiaccicò il mio piatto con un martello schizzando melma marrone da tutte le parti.«Giusto, va bene così» dissi, togliendomi dai piedi.

Mi sedetti nel tavolo della mia squadra, le marmotte urlanti, proprio di fronte al ragazzo con la chitarra. Il modo con cui giocherellava con la sbobba ricordo che lo trovai adorabile.
«Benvenuti nel padiglione centrale!» disse ad un certo punto una voce teatrale che riconobbi subìto: Chris McLean aveva appena fatto capolinea nella mensa. 
«Hey, ciao amico! Si può ordinare la pizza?» Chiese Geoff mentre spostava da davanti a sè il piatto misterioso di Chef.
Un coltello da cucina che volò proprio sulla sua testa, infilandosi nella parete, gli fece rimangiare subito ciò che aveva appena detto «Bel colpo Chef! La sbobba marrone è ottima! Vero ragazzi?» Da dietro il bancone Chef ci guardava minaccioso e l'unica cosa che potemmo fare fu annuire spaventati. 
«La vostra prima sfida inizia tra un ora» terminò di dire Chris, come se non l'avessero mai interrotto. 
«Secondo te cosa ci farà fare?» chiese al suo vicino di posto una ragazza con due stupidi codini neri. 
Lui con una voce allegra e scherzosa rispose «E' la nostra prima sfida, che sarà mai!» 

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Capitolo 2
*** Capitolo due: Salti e cadute. ***


Parte 1 

 

Dalla cima di quell'unica scogliera dalla forma improbabile, vedevo le rocce incatenarsi sempre più giù dallo strapiombo e terminare in un tuffo di scogli ed acqua. 
Ci stava prendendo in giro vero?
Non riuscivo a capire come una persona si potesse sentire così tranquilla a far lanciare dei ragazzini da una scogliera altra 300 metri. 
Cercavo di calmarmi ripetendomi che non mi sarebbe successo niente, che Chris, essendo una persona adulta non l'avrebbe mai permesso. 
Ad un certo punto però la paura: mi ricordati del suo sorrisetto compiaciuto per la mia delusione e di come gli brillassero gli occhi ogni volta che qualcuno soffriva. 
C
on che genere di mostro eravamo finiti?

A ripensarci ora, quella sfida pare ridicola. Partiti con l'idea del genere sfida "ruba bandiera", arrivati a temere una lenta e triste agonia ogni volta che Chris apre bocca. 

«Allora ragazzi, quella di oggi è una triplice sfida» disse «Il vostro primo compito è di buttarvi nel lago da questa scogliera alta 300 metri!» e si fermò giusto il tempo per assaporare la cattiveria di quelle ultime parole. 
«Se guardate giù vedrete due zone bersaglio: la zona più grande rappresenta la parte di lago che abbiamo rifornito di squali eccitatissimi, i mangiatori di uomini» e non riuscendo più a contenere l'eccitazione si mise a sghignazzare compiaciuto.
«All'interno di quest'area ci sono le acque sicure: quella è la vostra zona bersaglio, nella quale non dovrebbero esserci squali»
«Che cos'ha detto?!» chiese una ragazza di nome Leshawna, togliendomi le parole di bocca.
Come ci aveva già fatto capire in precedenza però, Chris non si curava molto dei nostri commenti o delle nostre lamentele e continuò a spiegarci le regole come se non l'avessimo mai interrotto.

«Per ogni membro della vostra squadra che si tuffa e riesce a sopravvivere, ci sarà una cassa di attrezzi ad attenderlo in basso. All'interno di ogni cassa ci sono gli strumenti che vi serviranno per la seconda parte della prova: costruire una vasca idromassaggio! La squadra che realizzerà la migliore organizzerà un party con idromassaggio incluso! La squadra che perde manderà a casa un suo membro. Vediamo… carpe assassine, cominciate voi!»
Uno ad uno vedevo le carpe buttarsi da quella scogliera e sapevo che presto sarebbe arrivato anche il mio turno. Non ebbi scelta: saltai giù.

Sopravvissuta a quella condanna a morte, Chef aspettava di caricarmi al sicuro (per così dire) sul suo peschereccio malandato e il dubbio se fosse più sicuro restare con gli squali o accettare l'aiuto di Chef attraversò la mia mente. Rischiai con la seconda.

Il resto della sfida procedette bene per le marmotte urlanti; vincemmo facendo lavoro di squadra e non dovemmo mandare nessuno a casa.
Gli altri si sentivano carichi, imbattibili ma non io. Mentre disfacevo i bagli sentivo che nell'ombra Heather e Lindsay stavano progettando qualcosa. Le sentivo bisbigliare e ridacchiare alle spalle di Leshawana e la cosa mi mandò in bestia.

«Qualche problema Gwen?» mi chiese sorridendomi Heather con un tono intimidatorio. 
«Mi sto solo chiedendo come fai a nascondere così bene le tue corna demoniache Belzebù»
La mia provocazione la lasciò spiazzata, non si era certo aspettata una risposta da me. Il suo unico obbiettivo era stato quello di intimidirmi, farmi "restare al mio posto", non quello di farmi ripspondere
Si alzò in piedi e mi guardò sconcertata 
«Scusami?!»
«Sì ti scuso» risposi rassegnata e poco curante del suo sguardo infastidito. 
La mia poca voglia di voler giocare al suo stupido gioco del gatto e il topo mi fece desiderare di essere altrove, lontana da tutto e da tutti.

Cercò di ribattere in qualche modo ma prima che potesse uscire qualcosa dalla sua bocca titubante io ero già sul portico con il diario in mano, diretta verso il bosco.
«Dove vai Gwen?» mi chiese Trent preoccupato.
«Dovunque! Basta che sia lontano da qui!» gli urlai. Non era mia intenzione prendermela anche con lui ma il livello di acidità che mi aveva alzato Heather era diventato inevitabilmente pericoloso per tutti.

Nel buio della notte una debole luce illuminava gli alberi scuri; uno scoppiettante fuoco faceva danzare le ombre delle carpe che ricevevano il loro Marshmallow e mandavano qualcuno a casa. 
​Osservavo il tutto da una collinetta poco distante ed illuminata dal bagliore della luna. Le stelle erano la mia unica compagnia.
Dalla distanza da cui mi trovavo non si riusciva bene a capire cosa stessero dicendo poiché arrivavano solo voci soffocate, ma riuscii a vedere quel tanto che bastava per intrattenermi.
Trascinarono un ragazzo sul molo della vergogna, lo fecero imbarcare e sparì nella notte. 

Cara persona anonima102, quanto tempo è passato dai quei ricordi sbiaditi. Quante lacrime e quanti sospiri sono stati in tuo onore e in tuo ricordo. Su quella collina la mia mente si bloccava per osservare il cielo stellato che dominava sopra la mia testa. Mi sdraiavo sull'erba e respiravo l'aria fresca della notte.
Dimmi… anche se le persone si feriscono più e più volte, amare qualcuno non è mai una colpa vero? Perché ogni volta che il cuore vuole raggiungere la felicità finisce per calpestare tutto e tutti e di conseguenza mi chiedo se esista effettivamente la meta di questa felicità.

Quando mi rialzai per andare a dormire ormai del fuoco era rimasto poco e niente.

Il giorno dopo a Chris non bastarono una maratona di 20 km o una scorpacciata allucinante fino a farci scoppiare; no, lui in serbo per noi aveva qualcosa di molto peggio, aldilà del tuffo mortale: la maratonotte.  

«Tranquilli ragazzi, questa è una prova facile: la squadra il cui componente resta sveglio più a lungo vince la sfida!»
 Fu la prima volta che mi sentii così tanto presa in giro da quell'uomo… la prima di una lunga serie.  
«Come? Ci stai dicendo che la corsa di 20 km e la scorpacciata di tacchino facevano parte del tuo diabolico piano per impedirci di restare svegli? Che volpe…»

«Allora... secondo te quanto ci vorrà prima che svengano tutti?» mi chiese Trent turbato.
«Un'oretta più o meno…» ma dovetti immediatamente ricredermi dopo aver visto le condizioni in cui si trovava Owen, che si trascinava a fatica sotto il suo peso con la bava alla bocca «… forse meno»

Man mano che passavano le ore accettai il fatto che le mie palpebre avrebbero lottato con tutte le loro forze per farmi dormire; ogni secondo di più si appesantivano e sono sicura che se non ci fosse stato lui sicuramente avrei ceduto. 
Fu proprio durante questa sfida che mi resi conto di provare un certo interesse per Trent. Le sue continue attenzioni, il suo sguardo dolce che mi sorrideva e il suo semplice contatto fisico sconvolgeva il mio presente.
Restammo per tutta la durata della maratonotte insieme, incoraggiandoci a vicenda a restare svegli. La sua voce che veleggiava nell'aria era come la luce per una falena: mi aggrappavo a quel suono dolce e tutto il resto scompariva. C'eravamo solo io e lui. 

«Passatempo preferito?»
«Mi piace comporre musica e se non posso farlo… per me non esiste alcun futuro»
«E' così importante per te la musica?»
«Una canzone ha il potere di farsi leggere da ognuno in modo diverso, come se vedessi dentro una parte di me che altri non possono vedere. Comporre musica è il mio modo di tramutare in parole quello che provo..» 
Si fermò un attimo e poi iniziò a canticchiare 
«piani di ciò che ci riserva il futuro, qui in questa sera sembra che siamo così invincibili. Non sei sola quindi lasciami cadere con te»

Al suono di quelle parole così dolci rimasi sospesa, lo sguardo fisso nel suo. In quel momento capii che un solo sguardo non mi sarebbe bastato; volevo tutto di lui. Volevo toccarlo, baciarlo, sentirmi parte di lui.. tutto.

 

 

 

 

 

Parte 2

 

Cara persona anonima102, secondo te un ragazzo di appena 16 anni cosa poteva voler di più dalla vita?
Avevo tutto: salute, amore, serenità… poi per lei ho perso tutto. Avevo perso il suo amore, l'ispirazione per nuove canzoni, ero tormentato da sveglio e nei sogni… ogni particella del mio corpo la desiderava ma il mio cervello lottava per rinnegarla. 

"Mi sento al sicuro tra le tue braccia" bugiarda… "credo di provare qualcosa per Duncan" traditrice...

Ora sto un po' meglio, mi sono ripreso.

Amore: uno tra i misteri più grandi che io abbia mai avuto il piacere di trovare sul mio cammino. 
Tu lo conosci bene giusto? Conosci il vero significato di sofferenza, pazienza, tolleranza… E' assurdo come in una sola parola ce ne siano così tante.

Amore è gioia e tristezza. Amore è colpa e perdono. 

Ma se è sia bene che male perché gli associamo solo il bene? Perché vediamo l'amore come qualcosa di bello e puro se poi è doloroso e sporco? 
Vediamo o non vogliamo vedere? Ci soffermiamo solo sul bello e buono perché pensarlo come qualcosa di buio che fa male è troppo difficile.

Sì, chiudete pure gli occhi se volete ma io intendo vederci chiaro e bene, non vivrò mai più nell'ignoranza.

Appena sceso dalla barca fu lei la prima cosa che notai. Mi incuriosiva il suo sguardo, il suo look, la sua postura… e mi incuriosì ancora di più la sua espressione imbarazzata dopo un mio breve sorriso.
La cercavo di avvicinare in tutti i modi possibili ma più io mi avvicinavo più lei sembrava si allontanasse.

«Dove vai Gwen?»  
«Dovunque! Basta che sia lontano da qui!»  

Diedi la colpa alle mie troppe pressioni. La cercavo continuamente con lo sguardo, volevo capirla, aiutarla, starle accanto e ogni volta che ne avevo la possibilità le parlavo, di qualsiasi cosa, perché quando lo facevo mi sentivo un passo più vicino a lei e la cosa mi piaceva...

La maratonotte fu il punto di partenza per noi.
Fu durante quella sfida che mi resi conto di provare qualcosa per lei. Il perché lei ancora non lo so, ma è proprio quando non puoi rispondere a questa domanda che ti accorgi di essere rimasto fregato dall'amore.

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Capitolo 3
*** Capitolo tre: soffocata da idioti. ***


PARTE 1

 

Prendevo il cuscino e soffocavo un urlo. Era così che riuscivo a tenere a bada il mio pessimo carattere.

Improvvisamente mi ritrovai soffocare… il campo sembrava diminuisse giorno per giorno e più io cercavo di allontanarmi dagli imbecilli più loro sembrava mi tormentassero.

Tra chi riusciva a ruttare tutto l'alfabeto e chi ballava coi serpenti pochi erano quelli che si salvavano. Bridgette era una di questi.

«Come siete messi voi?»

La ragazza con i capelli biondi, avvolti in una coda alzò lo sguardo dalla rivista e posò il pacchetto di patatine che aveva in mano. «Confidiamo nel fatto che voi facciate schifo.»

«Abbiamo Justin che si spoglia.» Risposi ironicamente.

«Non vedo l'ora!» 

Scoppiammo a ridere entrambe contemporaneamente e le nostre risate richiamarono l'attenzione di altri due ragazzi che si trovavano nei paraggi.

«Bridgette, non si fraternizza col nemico!» 

Una ragazza si era alzata e veniva verso di noi. Aveva i capelli e gli occhi molto scuri e teneva stretto in mano un costosissimo violino. 

«Non le starai dicendo i nostri punti vincenti vero? Deve essere a sorpresa, è una tattica! Se sa cosa facciamo ci può battere!»

«Prendi troppo sul serio questa cosa Courtney.» Le rispose Bridgette prendendo un pugno di patatine dal sacchetto unto e riempiendosi la bocca.

«Se lo faccio è perché voglio vincere!» Protestò Courtney.

«Non ha tutti i torti, stiamo parlando di un mucchio di soldi.»

Accanto a noi si era aggiunto Dj che intanto cullava uno scoiattolo addormentato. «E poi se vinciamo nessuno di noi andrà a casa da mamma!»

«Stavamo solo socializzando. Io a differenza vostra sono venuta anche per divertirmi!» Rispose Bridgette infastidita e sputando da tutte le parti pezzi di patatine.

«Bridgette l'unico numero che bene o male si salva è il mio. Ci serve tutta la strategia e la fortuna necessaria per impedire che nessun altro di noi vada a casa!» Disse Courtney ripulendosi schifata la faccia dallo sputo dell'amica.

«La principessa qua a ragione.» 

Ad allargare il gruppo si aggiunse un altro ragazzo che fino a quel momento si era limitato ad intagliare il tronco di un albero con un coltellino pensando ai fatti suoi. 

«Non mi fido mai del nemico e se qualcosa va storto vi garantisco che non sarò io ad andarmene.» E nel dire questo portò la lama sporca di schegge a pochi centimetri dal torace di Dj che per lo spavento lanciò in aria lo scoiattolo che scappò via terrorizzato. Qualche secondo dopo era già partito all'inseguimento dell'animale. «Scusa, scusa Scrotty! Scusa!»

«Mi sa che è più principessa lui di quanto lo sia tu confettino.» Disse ammiccando a Courtney.

«E' arrivato il punk.» Rispose Courtney agitando la mano come se stesse allontanando una mosca fastidiosa. «Comunque, ci vuoi dire che intenzioni hai?» Riprese subito dopo girandosi nel punto dove fino a pochi secondi prima mi trovavo io. 

«Dov'è finita?!»

«Se n'è andata appena avete iniziato a discutere.» Rispose Duncan divertito.

Io me ne ero andata fin da subito, portandomi dietro una parola impressa nella mente: "idioti".

 

Ero tranquilla, seduta su un ceppo quando sentii la sua voce irritante.

«Che cos'hai lì, un diario?»

«Vattene.»

«Oh capisco… è privato eh?»

"No, un diario è qualcosa che vuoi far leggere a tutti" gli avrei voluto rispondere ironicamente ma mi limitai a restare in silenzio irritata.

«Sono d'accordo sì, è d'avvero forte!»

 

Parlava a vanvera. Notai che era agitato e non sapeva cosa dire. La voce era un po' titubante, ingenua, ma sembrava non ci facesse molto caso.

«Quale parte di vattene non capisci?»

Tornai a concentrarmi unicamente sul diario, cercando di dimenticare la presenza fastidiosa alla mia destra.

Ad un tratto lo sentii molto vicino, mi girai e lo vidi nell'atto di annusarmi i capelli.

Mi alzai di scatto cercando di allontanarmi in più possibile da lui. «Ma chi sei?! Una specie di maniaco?!» 

«E'.. che hai.. un.. buon.. profumo.»

«E' solo… sapone.»

«Oh sì, giusto… eheh.»

Con quel silenzio che si era creato la situazione diventò incredibilmente imbarazzante, degenerando sempre di più.

Anche quando me ne andai lui mi seguì come un'ombra che non ti abbandona mai. Mi fu dietro per tutto il sentiero e quando arrivai alla casetta per cambiarmi sembrò mi volesse seguire anche dentro. Non lo sopportavo già più. 

 

Il sole sulla pelle, i piedi nell'acqua, la compagnia di Trent ed il vento che ti scompiglia i capelli non possono certo bastare quando devi convivere con tali idioti.

In quel momento così magico, eravamo solo io e lui, fianco a fianco, a parlare di tutto quello che ci passava per la mente.

Trent era così dolce e bravo a consolarmi ma in contrasto Cody ed Owen furono altrettanto bravi a distruggere tutta la serenità di quel momento.

 

Scappai da quei due imbecilli per poi ritrovarmi Lindsay ed Heather davanti alla casetta. "Di male in peggio" pensai.

Sapevo fin troppo bene che l'accoppiata di Heather più Lindsay creava una bomba ad orologeria che presto sarebbe scoppiata su di me.

«Cosa sta succedendo qua dentro?»

Mi guardai intorno e non notai nulla di strano, ogni cosa era al proprio posto.

Heather nel vedermi si stiracchiò stanca e con uno sbadiglio mi disse «Niente, mi riposavo un po' prima della gara. Sei sempre così paranoica?»

Più che non rendermene conto decisi che la cosa più giusta da fare fosse lasciar perdere. Qualsiasi cosa stessero tramando in quel momento io non volevo entrarci in alcun modo.

 

Solo dopo me ne pentii, la storia penso la sappiano in tanti: Heather lesse il mio diario davanti a tutti. 

Ricordo soltanto il peso della vergogna che si aggiungeva a tutti i miei problemi che già mi tormentavano, soffocandomi ancora di più.

Sentivo che ogni persona nel teatro mi stava guardando e di conseguenza guardasse anche i miei sentimenti, i miei pensieri messi a nudo da Heather. 

 

Scappai.

Nel correre mi ritrovai nel bosco. La mia mentre, troppo occupata dalla vergogna, aveva ceduto carta bianca alle mie gambe che mi avevano portato dove volevano loro.

Dai miei occhi non scendevano lacrime ma il mio umore era devastato. Provavo un senso di rabbia incontrollabile che mi bruciava le viscere.

«Heather, sei morta.» Dissi in un sussurro cercando di controllare la rabbia.

«Se ti serve aiuto, ci sono bellezza mia.»

Da dietro un albero spuntò Duncan, le mani sporche ti terra e fango.

«Si può sapere che stai facendo?»

«Non fare domande a cui sai che non avrai una risposta» 

Si ripulì le mani sudicie sui pantaloni e si guardò intorno.

«Tu stai sempre per i fatti tuoi eh?» Chiesi incuriosita al ragazzo che si allontanava dalle persona tanto quanto me.

«Diciamo che non voglio esser contagiato.»

«Dagli imbecilli?»

«Io preferisco chiamarli cretini.»

Si mise una mano in tasca, prese il suo coltellino ed iniziò ad intagliare nuovamente teschi sul tronco di un albero.

«Siamo in due. Pensa che Lindsay si cosparge la faccia di fango perché altrimenti dice che le escono le rughe. Beth invece preferisce usare la sbobba di Chef…»

«Harold canta la ninna nanna alla sua teca di formiche rosse.»

«Izzy dorme in piedi.»

«Dj è innamorato segretamente della propria madre.»

«Aspetta… Cosa?» Chiesi scoppiando a ridere.

«Ti giuro!» Disse distogliendo la sua attenzione del tronco e riponendo il coltellino. «Ho letto il suo diario e secondo me ha pure pensieri erotici su di lei!»

Improvvisamente il mio sguardo congelò le risate. «Hai letto il suo diario?!»

«Ah già, tu sei quella del diario… Ma io non l'ho letto davanti a tutti.»

«Lo stai dicendo ora a me»

Mi girai e me ne andai irritata.

«Che ansia le donne.» Disse annoiato; lo scricchiolio del metallo sul legno aveva ripreso a farsi sentire.

 

"Se non altro, mi ha dato un'idea per la mia vendetta" pensai. 

 

 

 

 

 

 

PARTE 2

 

«Ti rendi conto?! Mi ha lasciata sotto terra! Sepolta viva!»

«E' un idiota… ma non credo l'abbia fatto apposta»

«Leshawna è stato terribile! Mi sentivo soffocata, oppressa, nel completo panico...»

 

Gwen aveva il respiro affannato e tremava come una foglia. Non mi guardava negli occhi ma teneva lo sguardo fisso in un unico punto, come se non vedesse veramente ciò che la circondasse. 

 

«Ok, ok calma! Ci sono io, ci sono io!»

Ad un tratto si prese la testa nelle mani ed iniziò ad urlare. «Non sono stata io, lasciami! Mi fai male! Non ho fatto niente…» 

Stendendosi ed usando le mie gambe come un cuscino iniziò a piangere. 

Eravamo solo io e lei nella casetta, sedute sul letto. Gli altri stavano tutti nella mensa a cenare e non potevano sentire le sue urla.

Mi avvicinai e la strinsi forte accarezzandole i capelli. Continuava a singhiozzare sulle mia ginocchia, le mani che mi stritolavano la maglietta.  

«…scusa» Disse come un soffio quasi impercettibile. Capii che non era rivolto a me ma a qualcun altro… preferii non fare domande. 

 

Ad un tratto la porta si spalancò ed entro Beth mentre masticava ancora un boccone della cena. Si fermò sulla soglia non appena vide la pietosa scena di Gwen.

«Ma che cavolo…»

«Presto, chiudi la porta ed entra. Subito!» Dissi frettolosamente.

 

Beth molto impacciata e spaesata fece come le era stato detto. Chiuse la porta e mi si avvicinò guardando incuriosita Gwen.

«Beth voglio che tu esca ed impedisca alle telecamere di riprendere qua dentro. Ah e sopratutto non farlo sapere a Chris.»

«Ma cos'ha?»

«Non importa tu fallo e basta! Ci manca solo che quello stronzo di Chris riprenda questa scena»

«Ok, ok vado»

Si girò ed andò verso la porta.

«Beth aspetta!» Urlai un secondo prima che uscisse dalla casetta. «Non dirlo ad Heather.»

Lei mi guardò per qualche secondo poi annuì. Chiuse la porta, se ne andò ed io rimasi sola con Gwen che ancora piangeva e si scusava con qualcuno.

 

 

«Scusa… mi sono un po' lasciata andare, ora sto meglio.» Mi disse qualche minuto dopo.

«Non ti preoccupare tesoro, Leshawna c'è sempre per gli amici. Hai voglia di parlarne?»

«Emm, preferirei di no… scusa.»

«Tesoro smettila di scusarti, questa mitica ragazzona ti ha organizzato una cosa che ti distrarrà un po'»

Lei si asciugò le lacrime dalle guance e mi guardò incuriosita. «E sarebbe?»

«Diciamo che ho sorpreso Mr piercing mentre preparava una bomba di fango per Chef. Ho mantenuto il silenzio a condizione che portasse anche me e te. Ci stai?»

«Solo se la mettiamo nelle sue mutande!»

«Strano, è la stessa cosa che aveva pensato di fare Duncan. Voi due mi fate paura.» 

 

Trovammo il punk che ci aspettava all'inizio del bosco con un sacco nero in mano.

«Eccoci!» Gli urlai da lontano facendo un cenno con la mano per farci notare. Gwen mi diede una gomitata sul braccio mentre lui corse da me arrabbiato. 

«Voi chiudere quella boccaccia!» Mi bisbigliò irritato. «Vuoi farci scoprire?!?»

«Oh scusa! Non ho mai fatto questo genere di cose!» Gli risposi questa volta mantenendo un tono di voce più basso.

«Si può sapere dov'è finito Trent?! E' in ritardo!» Mi chiesi guardandomi intorno nella notte.

Duncan strabuzzò gli occhi e mi guardò sorpreso ed irritato. «Trent?! Mi spieghi cosa pensi che stiamo facendo? Una gita in montagna?! Un picnic sotto il sole con gli uccellini che cinguettano?!?»

«Calmati punk dei miei stivali! Devi sottostare alle mie regole se non vuoi che racconti tutto a Chris! Gli farà sicuramente piacere scoprire chi gli taglia i vestiti mentre dorme!» 

Duncan mi fulminò con lo sguardo. «Gli do 2 minuti, poi vado da solo.»

Gwen mi prese per un braccio e mi disse preoccupata «Leshawna… ha ragione! Più siamo e peggio è! Poi Trent non mi sembra proprio il tipo che fa queste cose…»

«Sì che sono il tipo!»

Trent arrivò da noi facendo il mio stesso errore: urlando troppo.

Duncan afferrò per un braccio Trent mentre Gwen afferrò il mio; tutti e quattro ci buttammo dietro una siepe. 

Dal bosco emergeva una debole luce che si avvicinava sempre di più. Trent non capiva cosa stesse succedendo mentre Gwen e Duncan si lanciavano sguardi preoccupati. 

«Dio perché mi sono portato dietro tutta l'allegra brigata?!» Borbottava tra sé Duncan.

«Taci deficiente o ci sentiranno!» Disse Gwen tirandogli un pugno nello stomaco.

 

Stavamo tutti rannicchiati nel buio, i rametti che mi tagliavano la faccia e le foglie che mi facevano il solletico sul collo. Ad un tratto la testa di una ragazza apparve da sopra il cespuglio. «Ma che state facendo?»

«Courtney! Porca miseria, ci hai fatto prendere un colpo!» Dissi tirando un sospiro di sollievo. «Cosa ci fai in giro a quest'ora con il telefono?»

«Chiamavo i miei amici a casa… E voi?»

«Facciamo una gita tutti insieme» Rispose ironicamente Duncan scocciato.

«Vogliamo fare uno scherzo a Chef!» Disse Trent tirandosi su. «Vieni con noi?»

«Cristo santo!» Si lamentò Duncan. «Che ne dite di svegliare anche gli altri? Così possono venire anche loro!» 

«Che cosa volete fargli?»

«Gli facciamo saltare in aria le mutande mentre dorme.» Le rispose Gwen.  

«Ma siete stupidi? Vi metterete nei casini! Proprio una cosa da cattivo ragazzo, eh Duncan? No, io passo grazie.»

Ci lanciò un'occhiataccia e rientrò nella casetta a dormire.

 

«Allora Duncan, il piano?» Chiesi massaggiandomi il collo indolenzito.

«Allora, più in là sono riuscito a scovare gli appartamenti di Chris e di Chef. Qua ho una bomba piena di fango pronta ad esplodergli nelle mutande. Ci mette dieci secondi per scoppiare quindi abbiamo il tempo per scappare.»

«Non se ne parla, voglio vedere tutta la scena!» Protestò Gwen.

«Ma se restiamo ci scopriranno!» 

«Sono d'accordo con Trent, ci scopriranno!» Dissi preoccupata.

«Ok, ok» Intervenne Duncan. «Appena è innescata voi due scappate, io e Gwen ci nascondiamo da qualche parte.»

«Non lascio Gwen sola!» Disse Trent lanciandole uno strano sguardo che lei ricambiò.

«Va bene, resteremo tutti.» Mi arresi io.

«Aspetta… e se gli mettessimo anche un po' della sua sbobba che cucina nelle mutande?» Propose Gwen. «Aspettate, vado a prenderla in cucina.»

 

Tornò qualche secondo dopo con una pentola di sbobba.

«Mi piace come regioni!» Disse Duncan battendole il cinque.

 

Pochi minuti dopo fummo davanti ad una villetta lussuosissima, con piscina, campi da tennis e molto altro.

«Ma che diavolo di posto è questo?!» Chiesi a bocca aperta. 

«Presto con me!» Ci bisbigliò Duncan facendoci cenno di seguirlo.

 

Entrammo da una finestra aperta: Duncan, Gwen, Trent ed infine io. 

Dentro non si vedeva nulla, se non qualche minimo dettaglio illuminato dalla luce della luna che entrava dalle finestre. 

File e file di porte facevano perdere l'orientamento e qua e là erano appesi inquietanti quadri e statue raffiguranti Chris.

«Io amo gli horror ma devo ammettere che questo posto mette i brividi!» Disse Gwen soffermandosi su un quadro raffigurante Chris su un cavallo bianco.

 

Trovammo con difficoltà la stanza di Chef, era molto buia e non aveva finestre. 

Tastavamo ancora il buio per orientarci quando Duncan ci spinse fuori dalla stanza e disse «Fatto! Presto, nascondetevi!» 

Fu un completo spettacolo: Chef saltò letteralmente in aria, sbatté sul soffitto e ricadde nel letto. Le mutande ed i pantaloni erano lacerati, vi erano brandelli da tutte le parti. Sulle pareti (come su tutta la stanza) chiazze di sbobba e terra coloravano la carta da parati.

Chef cacciò un urlo ma prima che si potesse render conto di ciò che era appena successo noi eravamo già fuggiti lontano.

 

«E' stato FAN-TA-STI-CO!» Urlò Gwen divertita. 

Duncan intanto rideva a crepapelle «Hai visto Chef senza mutande?! Rimpiango la censura della tv!» 

«Oddio si! Non ci posso credere! Cioè, lui è così grande e grosso… pensavo fosse ben dotato!»

«Perchè, ti sei fermata a pensare a quanto sia dotato Chef?»

«Che schifo no, ma ti pare! Solo che lo davo per scontato…»

«Em, ragazzi… mi spiace rovinare questo vostro bel momento da cattivi ragazzi ma dobbiamo proprio andare.» 

«Giusto, non si resta mai sulla scena di un crimine.» Mi diede ragione Duncan.

 

Ci incamminammo sulla strada del ritorno quando Trent afferrò Gwen per un braccio. «Em Gwen, ti va di fare questo sentiero? E' una scorciatoia da cui si vede un bel panorama»

Lei annuì ed entrambi arrossirono. Feci il resto della strada con Duncan e non ci scambiammo nemmeno una parola. Di Gwen e Trent non seppi più nulla se non che sparirono nella notte tenendosi per mano.







Commento Icananas:
E' un po' diverso dagli ultimi capitoli... non so perchè. So colo che ho molto sonno e se non lo finivo stasera non avrei potuto finirlo chissà per quanto.... 
Chiedo scusa in anticipo se è scritto un po' maluccio o con qualche errore di ortografia (mannaggia alla mia dislessia). Non ho proprio tempo e testa di rileggerlo un'altra volta (di solito lo rileggo 20 volte prima di considerarlo accetabile) ma ora proprio mi sento morire Z_Z

Per la continuazione boh.. non mi sta piacendo molto. Avevo pensato di interroperlo e cominciarne un altro incentrato su una serie inventata dopo all stars... 
Non so... non so che fare... non so proprio nulla... "
you know nothing Jon Snow" ma lasciamo perdere frasi di game of thrones per adesso.

Saluto tutti i pochi lettori (spero per ora) che seguono la mia storia e vi chiedo di passare anche per il mio profilo deviantART (yeeee mi auto-pubblicizzo) perchè sono appena iscritta pure li e vivo nell'anonimato.

Per ora ho fatto solo tre fan art ma confido nel fatto di farne molte altre in fututo! :D 
Ah... se siete contro la coppia DxG vi sconsiglio di entrarci... a vostro rischio e pericolo.

http://icananas.deviantart.com  



Non conosco bene il regolamento di EFP... si può fare auto-pubblicità? Ops..

 

 

 

 

 

 

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