Beast and 7 Deadly Sins

di insiemete
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** CAPITOLO 1 ***
Capitolo 2: *** CAPITOLO 2 ***
Capitolo 3: *** CAPITOLO 3 ***
Capitolo 4: *** CAPITOLO 4 ***
Capitolo 5: *** CAPITOLO 5 ***
Capitolo 6: *** CAPITOLO 6 ***



Capitolo 1
*** CAPITOLO 1 ***




BEAST AND 7 DEADLY SINS


CAPITOLO UNO
[revisionato]







Erin si calmò di getto, buttò a terra quel coltello che si era portata dietro e soffocò un urlo. Sapeva che la sua ora era vicina, sapeva di non potercela più fare. La creatura si protese verso il suo collo. Erin voleva scappare, ma era come se tutti i suoi muscoli si fossero bloccati, in una leggera stretta. Pregò in tutti i modi di poter essere salvata, anche se non era fedele a nessuna religione. La creatura si posizionò sopra di lei, la fece cadere.

La schiena della ragazza sbattè contro il terreno ciottoloso, portandole un dolore lancinante lungo tutto il suo corpo. Basta, il gioco era finito! Lei era la piccola preda. La creatura le leccò il collo in modo vorace, per poi annusarglierlo insistemente. Che cosa poteva fare lei?

Erin non ci pensò due volte. Allungandosi, con tutta la forza che poteva avere, prese il coltello e lo inficcò nella giugulare dell'essere. Il sangue schizzò da tutte le parti, il volto di Erin prese quel colore rossastro e la puzza nauseante del liquido non fece altro che aumentare la situazione di disgusto.

Erin si divincolò, fino a riuscire a scappare dalla presa di quel mostro. Erin corse, lasciò la stradina ciottolosa del cimitero per correre verso il centro città. Era allarmata, cos'era quell'essere? Non aveva mai visto niente di simile.

La ragazza non capì il fatto, non si ricordò quasi niente. Eppure quando era in cimitero, ci aveva giurato di essere sola. Stava sistemando i fiori sulla tomba del padre, mentre si trovava sopra la scala, quando qualcosa la fece cadere. Si ricordò a malapena due grandi occhi rosso sangue, con una striscetta verticale gialla accesa, all'interno. Sembravano occhi da gatto. Era troppo buio per vederci bene. Era stata trascinata fuori, verso un grande campo.

Lacrime rigarono il volto della ragazza, mentre cercava di fermare qualche automobilista, senza ottenere nulla. Il cellulare l'aveva lasciato laggiù, insieme a tutti i suoi beni. Erin si sentì sola, come se nessuno potesse vederla o sentirla; come se tutto fosse un incubo; come se lei non esistesse. Eppure la ragazza urlava e correva; ma le macchine, nessuna di quelle rallentava.

Erin non ce la fece più, si accasciò a terra, posando la schiena su un grande pino. Il vento pungente di novembre si fece sentire più persistente e le campane delle nove di sera echeggiavano da tutte le direzioni. Erin doveva spostarsi; quello non era un posto sicuro per lei.

Camminò a lungo per le strade della periferia di Dublino, fino a trovarsi davanti alla casa di sua nonna. Bussò al grande portone di legno intagliato, doveva riposarsi; le sue forze se ne erano andate durante quello scontro, contro quella strana creatura maligna, che non aveva volto. Erin cercò di strizzarsi il cervello, ma niente; solo immagini vacue e confuse. Non era conscia. Colpì altre volte la porta, finchè un'anziana signora sbucò da dentro.

<< Nonna >> disse, sforzando uno di quei sorrisi felici e rassicuranti.

Erin era stesa sul divano, a bere una calda tazza di tè. Sua nonna le aveva curato quelle ferite sul volto, e i ripetuti tagli sugli arti. La paura, comunque, si poteva vedere dagli occhi della ragazza. I suoi verdi smeraldi avevano preso un colore grigiasto tendente a scurirsi, il suo viso era cupo e nascondeva un grande timore. Era assente, come se tutto intorno a lei non esistesse.

<< Mi dici cosa è successo, Erin? >> balenò la nonna, seduta sulla poltrona accanto a lei.

Erin non proferì parola, era dell'idea che nessuno dovesse sapere quello che le era appena accaduto. La ragazza prese nuovamente del tè caldo dalla teiera e, messo nella tazzina con tre cucchiani di zucchero abbondante, se la portò alla bocca. Sorseggiò rumorosamente quella delizia, sperando che l'anziana cambiasse discorso, del tipo: "non essere maleducata, non fare rumore". Ma i tentativi della ragazza furono solo un incompleto successo.

La donna continuò ad istigarla.

<< Parlami, tesoro. Voglio solamente aiutarti, dimmi cos'è successo >> disse con tono molto calmo e rassicurante.

Non poteva saperlo, l'avrebbe solo spaventata; pensò la ragazza. Erin si girò verso la donna, che aveva stampato in volto tanta tristezza e preoccupazione, e le fece un tenero sorriso. Doveva bastarle!

<< Ora è meglio che io vada, il collegio si starà già preoccupando di me. Sono in ritardo, e il coprifuoco è già saltato, finirò in guai grossi >> disse, mentre continuava a guardare la televisione.

La nonna fece cenno di consenso con il capo. Le due si salutarono con un caloroso abbraccio.

Erin passeggiò più di venti minuti prima di arrivare nel suo alloggio. Suonò il citofono, dato che aveva perso le chiavi. Un bip lagnoso aprì il cancello di ferro dell'entrata.

<< Oddio, Erin. Sei qui, cosa ti è successo? Cosa sono tutti questi graffi? O Santo Dio, ti abbiamo chiamata parecchie volte ma non rispondevi mai >> disse allarmata Sarah, mentre abbracciava la ragazza.

Erin fece cenno di sì con la testa. << Ho perso la borsetta. Mi dispiace >> ammise, mentre guardava il pavimento.

<< Erin cosa ti è successo? Parla, per favore >> riformulò. Erin si scostò dalla donna e salì le scale per recarsi ai dormitori femminili.

Erin, appena entrata, salutò le sue compagne Kyla e Danielle, per poi rinchiudersi nel bagno. Scese con la schiena lungo la porta e si portò le mani al viso, pianse. Pianse tantissimo, uno di quei pianti silenziosi che servono per far svanire la rabbia. Erin non riuscì a sbarazzarsi di quella scena, non riuscì a togliere di mente quegli occhi e quello strano essere che si fiondò vorace su di lei, e sul suo collo. Portò la mani in quel punto, c'erano pesanti graffi, impregnati di sangue, del suo stesso sangue. Si levò i vestiti e si guardò nel piccolo specchio del bagno. Il collo era pieno di segno rossastri e violacei, in più uno strato di liquido rossastro contornava quello spettacolo; la fronte riportava un lungo taglio, che si spegneva all'inizio del sopracciglio destro; le mani erano impregnate di sangue secco, anche dopo tutte le lavate; i suoi capelli erano appiccicosi, tra il sudore e il liquido e gli arti erano pieni di tagli, fortunatamente bendati e disinfettati.

Erin non si riconosceva. Gettò via tutti i suoi vestiti, strappati e sporchi, degni di una lotta sanguinaria che nemmeno lei pensò di aver partecipato. Aprì il getto dell'acqua e si lavò tutti i residui di sporco. Con quale coraggio era riuscita a stendere o paralizzare quell'essere? Erin sorrise per il suo atto di coraggio, per poco dopo ricadere nel mondo delle lacrime, come lei osava definirlo. Le partì un urlo di paura, incontrollabile.

<< Erin, stai bene? Perchè hai urlato? >> chiese Kyla, suppose, non capiva molto bene la voce per colpa dello scrusciare dell'acqua.

<< Tutto a posto, ho visto solo un ragno, ma l'ho ucciso >> disse lei, inventando una balla madonnale.

Erin si strofinò il viso, per svegliarsi dal suo stato di trans che aveva appena preso. Fece un respiro profondo, e uscì dal box. Si asciugò velocemente i capelli e si mise il pigiama.

Erin non riuscì a chiudere occhio, e quando lo faceva, si posizionò davanti a lei sempre la stessa immagine: quegli occhi che la scrutavano. Erin pianse, soffocando i suoi gemiti sotto il cuscino di piume d'oca. Non ce la faceva più, le sembrava una persecuzione. Verso le tre di notte si alzò, scese le scale e andò nella piccola cucinina del dormitorio. Era stata messa per i ragazzi, quando necessitavano di qualcosa, c'erano un po' di bevande, dei cibi, dei farmaci e delle cosucce varie. Erin si preparò una tisana rilassante. Mentre l'acqua tentava di bollire, la ragazza si guardò attorno. C'era un silenzio tombale, tutti dormivano; ogni tanto si sentiva il russare di Sarah, la governante, che le fece strappare un leggero sorriso. Erin si avvicinò verso la minuscola finestrella del cucinino, guardò fuori. Un leggera brezza muoveva armoniosamente i rami dei grandi alberi, che stavano a segnalare l'inizio del bosco, e proprio laggiù, giurò di vedere quei due occhi rossi e gialli. Perse un battito. Le cadde di mano la tazzina e sputò un acuto grido.

<< Oh mio Dio, cosa succede tesoro. Cos'hai visto? >> chiese Sarah che si era precipitata nella stanzetta, ad accogliere tra le sue grandi braccia confortanti la ragazza.

<< Giur..o ddi aaa..ver..lo vii..stt..o >> sillabò la ragazza.

Sarah la strinse ancora più forte a sè, lasciandole leggeri baci sulla nuca rossastra della ragazza.

<< A chi ti riferisci, Erin? >> domandò con la voce roca.

Erin mandò giù la saliva rumorosamente.

<< Al demonio >> rispose titubante.

Sarah guardò in viso la ragazza e sgranò gli occhi.

<< Tesoro, ti serve una dormita. Devi essere molto stanca. Vai a letto, domani sarà tutto sistemato, e dirai, che non è successo niente >>.

Erin non si sentì per niente di conforto, sapeva di aver rivisto quegli occhi per qualche secondo. No, non se lo era sognato. Non spiegò niente alla donna, ma ritornò nella sua camera, con l'intento di dormire.

Come aveva programmato, la notte prima non chiuse occhio. Andò a prepararsi per le lezioni che si sarebbero tenute sessanta minuti dopo. Si lavò leggermente e si mise una semplice felpa azzurra, con dei jeans chiari e le sue amate scarpe da ginnastica azzurre medesime. Scese per andare a fare colazione nella sala del dormitorio, insieme a tutte le ragazze del padiglione. Si sedette affianco a Kyla e Dana. Non parlò molto, si limitò a sorridere e fare qualche gesto di consenso o di negazione.

Il professore di Letteratura entrò con il suo solito fare altezzoso in classe. Posò i grandi libri sulla cattedra di legno e si sedette. Fece l'appello e puntò le persone presenti e quelle assenti, come ogni volta. Erin sentì bussare alla porta, e si girò di scatto verso questa.

<< Avanti >> fece l'uomo scocciato, dato che aveva interrotto la sua interessantissima lezione.

Un ragazzo moro si presentò dentro, facendo un lieve cenno con il capo al docente.
Erin era incuriosita.

Era, bellissimo. Erin si puntò a guardarlo, non aveva visto niente di più bello. Il viso era candido e asciutto, di un colorito abbastanza chiaro; i capelli erano alzati in un ciuffo nè alto nè basso, castano scuro; gli occhi erano profondi, di un colore tendente al verde. Ma non come quelli di Erin, più chiari, verdi come l'erba dopo la pioggia, come i pascoli irlandesi. Il ragazzo passò al docente un foglio di carta, che venne firmato all'istante.

Il ragazzo misterioso non si presentò nemmeno, e questo aveva mosso qualcosa dentro Erin, nutriva già un senso di antipatia verso l'estraneo. Dana si girò verso la ragazza, che lo continuava a fissare.

<< Beh almeno è carino. Vero? >> disse la bionda, mentre continuava a scuotere il braccio a Erin. La guardò e sorrise. Dana si girò un pochino stranita, dal comportamento della ragazza.

<< Posso sapere il tuo nome? >> sentì Erin alle spalle, e si girò di scatto.

Con sua sorpresa il ragazzo si voltò verso di lei, continuava a fissarla senza badare alla ragazza che gli fece la domanda.

<< Aaron >> sussurrò.

Erin era pur sempre lontana, me sentì squillanti quelle parole dentro le sue orecchie. Aaron, si ripetè in mente; bel nome. Si rigirò nuovamente verso la sua direzione, ma questo era impegnato a flirtare con due oche. Erin scacciò immediatamente di mente il ragazzo. Ma che pensava, uno come lui, che stava con una come lei? Bah. Erin si lasciò andare sulla sedia, era stanca e aveva molta sonno, dato che la notte prima non aveva chiuso occhio.

Erin uscì in giardino, durante la pausa pranzo, non si allontanò però. Non voleva più spingersi lontana, aveva paura. Un senso di angoscia la stava divorando dentro; sentiva che qualcosa di oscuro era vicino a lei; sentiva ancora quel respiro e quegli occhi su di lei. Si girò, di scatto, per guardare l'edificio. Tutti i ragazzi erano dentro, che parlavano e mangiavano, non c'era nessuno; eppure Erin sentì una presenza. Si massaggiò le tempie, forse era meglio fare una dormita.

Si stese sul piccolo lettino a una piazza, abbastanza scomodo, e chiuse gli occhi. Davanti a lei si pararono sempre le solite immagini. Erin si sforzò a cancellarle di mente, eppure queste tornavano, anche più insistemente. Gridò. Erano passati solo due giorni, eppure lei era già stanca di quella situazione. Andò in bagno a sciacquarsi il viso, magari così poteva rilassarsi. Niente. Erin prese il libro di Letteratura, e nell'intento di leggerlo, sperò di prendere sonno. No, era più sveglia che mai.

<< Sì sì, guarda te lo giuro. No, non mi ha chiesto di uscire, però spero che lo faccia presto. Oh per favore, ma l'hai visto? Sembra un Dio greco in carne e d'ossa, cioè il suo viso sembra opera di chissà quali lavori >> sentì la sua amica Kyla, sulla porta, mentre parlava al telefono.

Erin pensò subito ad Aaron, a lui sicuramente la ragazza si riferiva. Non poteva immaginarsi un ragazzo più bello, le pareva più impossibile che raro.

<< Oh Erin, sei qui. Scusami, ti ho per caso svegliata? >> domandò con una sottile voce. Erin mosse il capo negativamente, sospirando rumorosamente.

<< Non riesci a dormire? >> chiese sempre la sua amica. Erin ripetè lo stesso gesto.

<< Io...ho...paa.u..raa >> ammise la ragazza.

Kyla si sorprese delle sua risposta, erano giorni che non proferiva quasi nessuna parola, si stava preoccupando. Kyla strinse a sè il corpo esile dell'altra, confortandola con delle dolci carezze sui capelli mossi.

Erin si alzò da quell'abbraccio e avanzò verso la porta, quando una mano le fermò il braccio.

<< Parlami, voglio solo aiutarti >> disse con voce flebile la ragazza.

Erin non voleva parlarne con nessuno, aveva solo accennato il fatto a Sarah, che l'aveva presa in giro, e lei non voleva ripetere lo stesso errore. Erin uscì nuovamente, scese le scale e tornò fuori all'aria aperta. Quel posto le faceva bene.

Prese aria nei polmoni e inspirò profondamente. Sistemò i suoi capelli rossastri dietro l'orecchio e cercò piano piano di avvicinarsi al bosco. Erin non era conscia, sembrava quasi che qualcosa la stessa trasportando. Erin era caduta nella trappola dell'orso. Singhiozzò, fece per piangere, ma si morse la lingua, per non creare ulteriori rumori. Oramai si era inoltrata, i rametti esili sotto i suoi piedi producevano dei suoni acuti. Erin non voleva farsi sentire, non dovevano capire che lei si trovava lì.
Ma da chi, poi?


****




SPAZIO AUTRICE



Allora, mi scuso ragazze, ma ho allungato questo capitolo.
Per mio sbaglio ho perso buona parte del secondo e del terzo, per questo mi ritrovo ad dover riscrivere tutto.
Siccome il tempo sarebbe stato abbastanza lungo, ho deciso di aggiungere al primo una parte (salvata miracolosamente) del secondo.
Spero sia di gradimento.

Ah, importante!
Se non vedo recensioni non continuo.


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Ci si vede, baci.
Insiemete.

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Capitolo 2
*** CAPITOLO 2 ***




BEAST AND 7 DEADLY SINS


CAPITOLO DUE
[revisionato]







Prese aria nei polmoni e inspirò profondamente. Sistemò i suoi capelli rossastri dietro l'orecchio e cercò piano piano di avvicinarsi al bosco. Erin non era conscia, sembrava quasi che qualcosa la stesse trasportando. Erin era caduta nella trappola dell'orso. Singhiozzò, fece per piangere, ma si morse la lingua, per non creare ulteriori rumori. Oramai si era inoltrata, i rametti esili sotto i suoi piedi producevano dei suoni acuti. Erin non voleva farsi sentire, non dovevano capire che lei si trovava lì.

Ma da chi, poi?
Erin si guardò attorno, per cercare qualcosa di familiare in quel bosco che tanto adorava. Ma in quel momento le sembrava tutto diverso, come se si trovasse in un altro posto. Aveva un nodo in gola e un brutto presentimento; si sentiva come osservata. Erin cominciò a passegiare tra gli arbusti e la neve superflua. Si rannicchiò nella sua grossa felpa, aveva, comunque, freddo. Erin si chiese perchè si fosse inoltrata da sola nel bosco.

Era una stupida.
La notte si stava avvicinando.

Stupida, ora come potrai uscirne?

Erin stava passeggiando da ore oramai, e non sapeva dove si stesse dirigendo. Erin sobbalzò, si mise una mano sul cuore quando si accorse che era solamente un gufo a gracchiare. La ragazza continuò la ricerca del collegio o di una eventuale abitazione; oramai il sole era sparito. Erin aveva molta sonno e stanchezza accumulata dai giorni scorsi e non ce la faceva più a proseguire.
Si sistemò sulle radici di un albero, erano state scavate ed erano abbastanza al riparo da quello che si trovava al di fuori. Erin si rannicchiò portando le ginocchia al petto e affondando la testa tra di queste. Erin pregò che la notte passasse velocemente, non vedeva l'ora di ritornarsene in colleggio. Si ripetè, ancora, un milione di volte che era una stupida, prima di cadere nelle braccia del sonno. Anche se il posto era abbastanza scomodo, lei lo trovò confortevole per una dormita, con sottofondo lo scrosciare dell'acqua del torrente.
Dormì poco, perchè venne svegliata da uno strano rumore; sembrava un terremoto. Erin spalancò gli occhi e si guardò attorno spaventata, ma le tenebre ricoprivano tutto e lei non riusciva a distinguere nessuna forma. Si morse il labbro fortemente; il rumore si era dissolto ma aveva lasciato il posto ad un silenzio tombale. Erin giurò che nemmeno una foglia si muoveva, tutto si era come spento.
Una risata, gracchiante e al tempo stesso maledettamente spaventosa arrivò alle orecchie della ragazza.

Erin sgranò gli occhi, non ci credeva, pensava solo che fosse stata la sua contorta mente. Erin si rintanò ancora più in sotto, cominciava ad avere terrore di quello che ci poteva essere fuori. Ancora, la stessa risata. Erin si cacciò la mano in bocca; non poteva piangere, l'avrebbero sentita. Erin affondò ancora di più la testa tra le gambe.
<< Erin? Dove sei? E' da un po' che ti cerco >>.

Erin spalancò la bocca. Non poteva essere vero, doveva essere un fottuto incubo. Erin si riguardò intorno, niente, non vedeva assolutamente nulla. Si chiese perchè non fosse nata gatto o più semplicemente, perchè fosse entrata nel bosco verso la tarda sera. Erin continuava a guardare davanti spaventata, non sapeva dove scappare. Chi poteva essere quella persona, quella donna? Non aveva mai sentito quella voce, eppure lei la conosceva.
<< Erin tanto so che sei tra quelle radici, non essere scortese, salutami >> disse.

Erin mandò giù saliva, come aveva fatto a trovarla? Come? Non c'era niente davanti lei. Si fece tantissime domande, non sapeva darsi una risposta.

<< Chi siete? >> domandò con coraggio, lo stesso che aveva avuto quella sera al cimitero.

La risata gracchiò ancora alle sue orecchie; che cosa c'era di divertente? Erin si tappò le orecchie, stava crollando.
<< Oh Erin, sei così ingenua, sei caduta nel mio tranello così velocemente. Comunque, mi sento in dovere di dirti chi io sia. Io sono stata la prima donna creata, sono stata la prima compagna di Adamo, colei che scappò dal giardino dell'Eden e che si innamorò della morte, della malvagità, colei che si innamorò del Re degli Inferi, di Satana; di Lucifero. Mi chiamo Lilith, se tu non lo sapessi >> disse con una punta di ironia.
Che cosa ci trovava di divertente in questo? Erin sapeva chi era Lilith, sapeva la sua storia. Erin ne era sempre stata affascinata quando ne parlavano a scuola nelle ore di religione, l'aveva sempre amata per il suo coraggio e per la sua ribellione. Ma non ci poteva credere che, in quel momento, la prima donna creata, Lilith, stesse parlando con lei. Non ci dubitava della sua esistenza e che questa si manifestasse alle persone, era una sorta di Madonna nera, no? Lilith sospirò profondamente.
<< Perchè mi avete fatto questo, Lilith? >> proferì parola la ragazza.

La risata gracchiante di Lilith si fece di nuovo sentire, possibile che tutto la facesse ridere?

<< Oh mia dolce Erin, io sono qui per parlarti. Mia cara, tu non puoi capire che immenso onore tu abbia solamente perchè io ti ho contattata. Mia cara Erin, voglio avvertirti che il tuo tempo è scaduto >> spiegò.

Erin si irrigidì, non riuscì a rispondere, di che cosa parlava?

<< A cosa vi state riferendo? >> chiese.

Troppo tardi, Lilith se n'era andata e con lei anche quel silenzio.
Il rumore dell'acqua si fece risentire, il fruscio delle foglie si fece risentire, i gufi che bubulavano si fecero risentire: la vita in sè torno a manifestarsi. Solo Erin sembrava senza vita, sembrava morta. Erin cercò di gridare, ma sembrava quasi che le parole le fossero morte in bocca, che tutto il suo corpo si fosse irrigidito e che ora fosse in una sorta di paralisi. Cercò di muovere il braccio, le faceva un male lancinante. Fece un sospiro profondo e cercò di alzarsi. C'era riuscita, finalmente, dopo vari tentativi.
Erin uscì, era ancora buio ma dei leggeri raggi solari si intravedevano all'orizzonte. Si fece strada tra quell'ammasso di neve, aveva nevicato abbondantemente ma lei non se ne era resa conto, e si proseguì il suo cammino. Erin cominciò ad avere parecchia fame, non vedeva di ritornarsene a casa a bere una tazza di cioccolata calda con dei marshmallow. Erin si leccò le labbra, che bontà. Erin si guardò intorno, oramai i raggi solari facevano buca tra i rami e questo la fece sorridere per poco.
Erin, durante il suo cammino, ripensò a quella voce, a quella donna.
Che cosa poteva volere da lei?
Perchè l'aveva contattata?
A cosa si riferiva?
Chi era Erin?

Erin scosse la testa, per far uscire quei pensieri. Stava camminando da un'ora oramai e non era ancora riuscita a trovare un villaggio o il collegio. Era stanca; urlò. Un urlo straziato, stanco. Stanco di quella vita, stanco di tutto. Erin si fece pensieri poco pertinenti, non poteva sopportare un'altra nottata del genere, non ce l'avrebbe fatta.
Caddero lacrime, disperate, calde. Erin si stava odiando, si chiedeva ancora una volta il perchè si fosse addentrata.

<< Perchè mi avete fatto questo? Perchè? Io voglio solo tornare a casa, sana e salva >> urlò a cielo, con le lacrime agli occhi.

Si disse basta, si sedette sulle radici degli alberi e aspettò. Erin si addormentò, almeno così riusciva a calmarsi. Riuscì a riposarsi per qualche ore, però uno stupido raggio solare le piombò sul viso e lei si svegliò. Aveva dormito abbastanza bene.
Erin sgranò gli occhi, non poteva crederci. Una persona, in fondo, verso la fine, si trovava un essere umano. Erin sorrise e alzò involontariamente la testa al cielo, per poi sussurrare un semplicissimo << grazie >>.

Erin si alzò, e corse, con tutte le forze che poteva avere. Erin si sentiva più sollevata; finalmente sarebbe tornata a casa.

<< Ehi, ehi >> urlò agitando le braccia con impeto verso l'uomo. Questo si girò.
<< Oh per l'amor del cielo. Erin, sei tu >> disse per poi correre verso di lei e abbracciarla.

L'uomo la strinse contro di sè, mentre le carezzava dolcemente i capelli.

<< John, mi sono persa. Mi dispiace, non l'ho fatto apposta >> disse la ragazza, mentre si lasciava a un silenzioso pianto sulla spalla di John.

John era il guardiano, il marito di Sarah. Entrambi lavoravano nel collegio da più di quarant'anni, lì si erano conosciuti, lì si erano innamorati e lì avevano sempre vissuto.

<< Ora ti porto a casa, hai un paio di cosucce da spiegarci >> le disse dolcemente, mentre le spostava un ciuffo dietro l'orecchio.
Era arrivata l'ora della verità per Erin. Si sedette sulla sedia, mentre tra le mani aveva una tazza di tè al limone fumante. Alla sua destra si trovava Sarah, mentre John era capo-tavola. C'erano anche le sue amiche: Dana, Danielle e Kyla. Erin sospirò, non sapeva da dove iniziare e soprattutto non sapeva la loro reazione. Magari non le credevano, pur sempre Sarah non l'aveva fatto. Erin si portò la tazza alla bocca, bevendo leggermente, mentre la mano di Danielle la istigava a cominciare.

<< Erin, parla! >> urlò spazientita Dana.
<< Tutto cominciò quella sera, quando andai in cimitero da mio padre. Stavo sistemando i fiori sulla sua tomba, sopra alla scala, e qualcosa mi fece cadere. Io mi divincolai, cercai di capire cosa fosse successo. Quando mi girai, due occhi rossi erano puntati su di me. Ero per terra, cercai di scappare, ma quella cosa mi trascinò per la gamba, fuori dal cimitero, in un campo. Gattonai fin che potevo, ma questo mi riprese. Cercai di rialzarmi e corsi verso la strada principale ma questi mi prese per la maglia e mi guardò >> a Erin scese una lacrima, si stava trattenendo << quegli occhi malvagi erano puntati su di me, erano dello stesso colore del sangue. Mi ricordai che avevo la tracolla con dentro il coltello, lo presi, cercai di colpirlo, ma lui mi strinse i polsi >> ecco le lacrime, Erin parlò a stento << mi prese per il collo, io gli tirai un calcio e cademmo insieme. Ero stesa a terra e lui, quella strana creatura, cominciò a inspirare insistemente, cominciò a annusarmi il collo e poi cominciò a leccarlo. Non capivo cosa stesse facendo, sembrava quasi estasiato dal mio odore >> disse per poi indicare il punto. Rimasero tutti stupiti, persino Sarah. << Con tutta la forza che avevo allungai il braccio, e gli inficcai il coltello, che mi era caduto di mano, sul collo. Poi scappai. Questo, come vi ho detto, era successo quella notte >> disse infine, sospirando.
<< Dobbiamo chiamare la polizia >> disse Dana alzandosi.

<< No >> sbraitò Erin << non servirebbe a nulla >>.

Erin si guardò le mani screpolate a causa del freddo.

<< E stanotte, cos'è successo? >> la istigò Sarah.

Erin non rispose, aveva già parlato troppo, non sarebbe riuscita a proferire, ancora, parola.

<< Io... io preferirei non parlarne... >> disse, continuando a guardare basso.
<< Erin, noi vogliamo aiutarti. Devi parlare, è per il tuo bene >> continuò Danielle.
Erin non poteva dire le parole di Lilith, cosa avrebbero pensato di lei dopo? Che lei fosse qualche strana creatura maligna? No, Erin non poteva.
<< Devi dircelo, non ti giudicheremo. Sennò l'avremmo già fatto >> disse sicura, ma dolcemente, Dana.

Erin alzò il volto verso le sue tre amiche, sorrise. Si calmò, sorseggiò ancora un po' di tè e si passò una mano sul viso, per poi proferire un flebile "okay".
<< Ero fuori, volevo prendermi una boccata d'aria, amo stare in pace e in tranquillità nel parco. Poi, qualcosa, non so cosa... Io non so come sia andata >> Erin si tastò la fronte, cercando di ricordare << io sono entrata, ecco. Qualcosa mi aveva spinta... Non mi ricordo bene, mi dispiace >> disse sconvolta.

Dana andò da lei e l'abbracciò.

<< Calmati tesoro, calmati >> disse, mentre la testa di Erin si trovava sulla sua spalla.
<< Ora è meglio che tu dorma, sei stroppo stanca. Ne parleremo un'altra volta >> disse infine Sarah, e con questò sparì dalla stanza.

Erin tornò in camera con le ragazze e tentò di dormire, invano.

****




SPAZIO AUTRICE



Allora, non mi fa impazzire come capitolo, comunque spero sia lo stesso di gradimento.

Ah, importante!
Se non vedo recensioni non continuo.

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Ci si vede, baci.
Insiemete.

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Capitolo 3
*** CAPITOLO 3 ***


KJHGFVC



BEAST AND 7 DEADLY SINS


CAPITOLO TRE
[revisionato]







Erin riuscì a dormire, serenamente. Si svegliò con un grande sorriso in volto, mentre si stropicciava gli occhi color smeraldo.
Aveva dormito bene, nonostante tutto.

<< Buongiorno ragazze >> disse a Danielle e Kyla intente a vestirsi e truccarsi.

<< Oh buongiorno anche a te, tesoro >> disse la prima, che le si avvicinò e le scoccò un sonoro bacio sulla guancia.

<< Come mai non mi avete svegliata prima? >> chiese la rossa, confusa.

<< Oh, pensavamo di lasciarti dormire, insomma forse è meglio se tu... ti riposi, ecco! >> canzonò l'altra.

<< No ragazze, verrò a scuola. Mi sento già molto meglio oggi, e non vedo l'ora di passare una bellissima giornata con voi >> disse Erin mentre abbracciò le ragazze.

<< Ma accidenti! Io sono ancora in pigiama e manca mezz'ora al suono della campanella >> avanzò sempre lei, mentre si fiondava nel bagno.

Erin sentì delle sonore risate da parte delle amiche. Quella mattina si sentì meravigliosamente bene, come se tutti i suoi problemi e dispiaceri fossero svaniti nel nulla. Erin continuava a sorridere, mentre si preparava. Indossò un paio di jeans chiari con un maglione verde smeraldo, che le faceva risaltare gli occhi, accompagnato il tutto da un leggerissimo trucco: mascara e matita. Erin si svegliò più sicura di sè stessa, sembrava che quella notte nel bosco avesse risvegliato in lei qualcosa.

<< Erin è pronta >> balenò lei, con un sorriso a trentadue denti.

Prese le sue amiche a braccetto e si diressero in aula, senza fare colazione.
Erin si sedette al solito posto: in terza fila, vicino a Danielle.
Tirò fuori il suo cellulare e giocò con Candy Crush per amazzare il tempo, ma qualcosa la interruppe.

Aaron stava entrando in classe. Il suo passo era pensante, eppure non faceva il minimo rumore. Indossava una camicia bordeaux leggermente sbottonata, che lasciava scoperto il collo, e dei jeans aderenti neri. Erin, continuò ad esaminarlo, come se fosse una strana specie. Solo allora si accorse dei suoi occhi: non erano verdi, tendevano al verde. Erano cerulei, chiarissimi. Erin ci si perse dentro, continuava a guardarlo, in quei istanti che sembravano solo loro, che non finivano mai.
Quelli non erano occhi!
Il ragazzo si sistemò nella sua stessa fila, dalla parte opposta però.

<< Ciao Aaron >> sentì la ragazza, poco dopo.

Erin si sporse più indietro, per vedere da chi proveniva quella voce.
Sentì un tonfo al cuore: Dana.
Erin contorse il naso, cosa poteva volere la bionda da lui?

<< Mi puoi chiamare Dana? Le devo chiedere una cosa >> disse Erin a Kyla, che si trovava nella fila vicina.

La ragazza annuì, non capendone il motivo, ma d'altronde, come poteva saperlo?
Dana si girò verso Erin e la guardò confusa.
La rossa le fece cenno con la mano di avvicinarsi a lei.

<< Cosa c'è? >> chiese.

<< Volevo chiederti se avevi te il mio saggio >> rispose.

<< No, non ce l'ho. Ti serve altro? >> domandò la bionda, portando le braccia sotto il petto. Era scocciata.

Erin voleva tenersela là vicina, non voleva che la sua amica parlasse con... aspetta cosa?
Erin sgranò gli occhi, cos'era questo gesto inaspettato di... gelosia?
Erin negò con il capo, allora Dana tornò alla sua conversazione con il moro.
Riprese il cellulare e giocò ancora un po', stranamente il professore era in ritardo.

<< Buongiorno ragazzi, scusatemi il ritardo. Oh, vedo che c'è un nuovo pulcino nel mio nido >> disse con il suo solito fare scherzoso.

Risero tutti, solo Aaron non cambiò espressione nel suo volto.
Incuteva quasi paura; il suo sguardo era ghiacciante, fermo. Non sbatteva nemmeno le ciglia.

<< Qual è il tuo nome, ragazzo? >> chiese il signor Butterflies avvicinandosi al nuovo arrivato.

Aaron lo guardò intesamente, il suo sguardò non cambiò per niente. Infine rispose.
La lezione iniziò normalmente, il professore spiegava e tutti prendevano appunti, eccetto lui.
Erin se ne accorse, lasciò per un po' il suo blocco notes e si concentrò sul ragazzo.
Aveva una postura eretta, guardava dritto davanti a sè e le braccia erano incrociate sopra al banco.

Erin si ricompose quando il ragazzò si girò leggermente verso di lei. Sospirò profondamente e impegnò di nuovo i suoi pensieri sulla chimica.
Le lezioni della mattinata finalmente terminarono, gli studenti si recarono in massa nella grande mensa.

<< Cosa desidera signorina Beckett? >> fece l'addetta.
Erin sorrise e guardò i piatti del giorno.

<< Solo pasta ai quattro formaggi, grazie >> disse per poi allungarsi e prendere il piatto, e una bottiglietta d'acqua dentro il cesto.

Erin si sedette nel solito tavolo da sei con Dana, Danielle, Kyla, Logan e una ragazza che era arrivata l'anno scorso: Meredith.
Meredith era neozelandese, aveva vissuto fino ad allora a Napier, nell'isola del Nord. I suoi genitori si erano trasferiti per un'offerta di lavoro e da allora lei frequentò il collegio.

Erin era solare, parlò molto: dai vestiti alla scuola, dai compiti ad i ragazzi.
Però non voleva toccare quell'argomento, era l'unica cosa che la faceva incupire.

<< Non è un tipo chiacchierone >> fece Logan indicandolo con il capo.

Erin si alzò per vederlo; era seduto da solo, in fondo alla sala, in un tavolo vuoto. Un leggero venticello, che proveniva dalle finestre aperte, gli scompigliava i capelli e quella, che era una cresta ordinata. Continuò a fissarlo incessatamente, le sue amiche avevano gli occhi puntati su di lei.

<< Erin, svegliati! >> urlarono tutte in coro.

Erin si ricompose, sedendosi educatamente e guardandosi intorno confusa. Aggrottò la fronte.

<< Smettila di fissarlo, l'ho visto prima io >> fece Logan con un sorrisetto malizioso sulle labbra.

Erin stava fulminando la finta rossa con lo sguardo, mentre questa si dirigeva verso di lui.
Non doveva, non poteva toccarlo!
Era concentrata in quella scena.
Logan cercò di sedurlo mordendosi le labbra in modo provocante.
Ma, il suo viso era impassibile.
Ma era senza emozioni? Erin lo guardò nuovamente, interessata.
Il suo viso era pallido, quasi bianco, i lineamenti erano fini e scolpiti: impossibili da scrivere.
Aaron, mentre rispondeva a qualcosa di Logan, posò lo sguardo sulla ragazza.

Erin sentì raggelarsi il sangue, sentì un fortissimo dolore alla bocca dello stomaco che la piegò in due, Erin emise un grido mozzato.
Sentì il suo cuore fermarsi per qualche secondo e vide tutto nero.

Erin si risvegliò su una barella, nell'infermeria. Alla sua destra c'erano Danielle e Kyla, senza Dana.
Erin cercò di rialzarsi, ma una profonda fitta la fece ricadere dolorante.

<< Che cosa mi è successo? >> chiese con voce flebile all'infermiera bionda, era molto giovane.

<< La pasta ai quattro formaggi ti fa male >> disse con un leggero sorriso, mentre le posava uno straccio bagnato sulla fronte.

<< Oh, quanto sono rimasta priva di sensi? >> domandò a quei occhi color caramello fuso.

<< Poco, non preoccuparti, stai molto meglio. Ora puoi tornare in camera tua, però, non dovrai mangiare niente di pesante questa sera. Hai lo stomaco scombussolato >> rispose sempre sorridendo.

Le due amiche la portarono in camera e la distesero sul letto. Erin sorrise spontaneamente: c'erano sempre per lei e le ringraziava ogni volta.

<< Grazie ancora, siete fantastiche >> disse sempre sorridendo.

<< Figurati, è questo che fanno le vere amiche: si aiutano nel momento del bisogno >> rispose Danielle.

Le due ragazze se ne uscirono, lasciando Erin sola e tranquilla.
Continuava ad aver dolore.
Non era stata la pasta.
Era stato qualcos'altro.
Erin ripensò a quando il ragazzo, per la seconda volta, la guardò così attentamente. Il suo sguardo era truce e spaventoso, solo all'idea si spaventava ancora. Voleva rivederlo e capire se fosse stato lui a farle quell'effetto.
Erin si mise su un paio di stivaletti marroni bassi ed uscì da quella camera, alla sua ricerca. Camminava un tantino ingobbita, non riusciva a stare dritta. Attraversò, senza farsi vedere, il dormitorio femminile e passò in quello maschile. Si guardò intorno, senza farsi vedere e si recò nei piani alti per trovare la sua camera. Passò più di una ventina di camere, ma quel ragazzo non si trovava. Sbuffando, scese nuovamente le scale e uscì nel parco. Lo cercò da tutte le parti: biblioteca, mensa, laboratori, dormitori, giardini; ma quel ragazzo era come sparito. Dove si trovava? Erin tornò esausta in camera sua, chiudendosi la porta alle spalle, sconfitta.

<< Ciao, Erin >> sentì una voce sconosciuta, molto profonda e un po' roca.

Era lui!
E, come si aspettava, un altro dolore lancinante allo stomaco.

****




SPAZIO AUTRICE



Allora, questo capitolo anticipa qualcosa di moooolto importante, spero vi piaccia, davvero.
Ho revisionato quelli scorsi e (lo spero) non ci sono più errori.
CONTINUATE PURE A RECENSIREEEE!

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Se non vedo recensioni non continuo.

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Capitolo 4
*** CAPITOLO 4 ***


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BEAST AND 7 DEADLY SINS


CAPITOLO QUATTRO
[revisionato]







<< Ciao, Erin >> sentì una voce sconosciuta, profonda e un po' roca.

Era lui!
E, come si aspettava, un altro dolore lancinante allo stomaco.

<< Ti stavo cercando >> ammise lei guardando il basso, mentre si teneva la pancia con le braccia.
Erin si accovacciò per terra, dolorante. Il suo respiro diventò affannoso, il suo cuore cominciò a battere irregolarmente, il sudore scese sul suo viso.

<< Perchè quando ti vedo, mi succede questo? >> chiese respirando affannosamente ad ogni parola.

<< Forse è meglio che tu non lo sappia >> disse, alzandosi dalla poltroncina rosso fuoco ed andando verso la porta.

<< No! >> gridò lei con tutto il fiato possibile << devi rispondermi! Io sto male. Quando ti vedo, oppure quando tu sei vicino a me, comincio a sentirmi così >>.

Aaron la guardò storto e si avvicinò ancora di più a lei, Erin gridò, più si avvicinava più il dolore aumentava.

<< Stammi lontano >> urlò tra le lacrime.

<< Sai, pensavo che tu fossi più stupida, invece hai rimesso insieme tutti i tasselli del puzzle >> rise << per il tuo bene, ti conviene non cercarmi >>.

Aaron lasciò la stanza, il dolore nello stomaco di Erin si affievolì.
Non le aveva risposto e questo la mandava in bestia.
Cosa intendeva? Che cosa aveva scoperto?
Erin si fece tantissime domande, doveva assolutamente capire cosa nascondesse quel ragazzo.
Poco dopo, mentre la ragazza era per terra ai piedi del letto, la porta della stanza si aprì bruscamente.

<< Erin! >> urlò allarmata Danielle << che cosa fai per terra? >> domandò impaurita e confusa.

<< Sono... caduta >> mentì la rossa.

<< Tu sei peggio di un bambino. Non stai mai ferma e io non riesco a starti dietro >> disse menodrammatica.

Erin non fece altro che ridere, sonoramente.

<< Mi spieghi cosa c'è da ridere? >> domandò la mora alzando un sopracciglio.
Erin si alzò dal pavimento e uscì dalla camera.

<< E ora dove pensi di andare signorina? >> disse la ragazza da dentro la stanza.

<< A mangiare! >> urlò l'altra divertita, il dolore le era ormai passato.

Erin scese nel cucinino e cercò qualcosa da mettere sotto i denti; aveva una fame bestiale anche se aveva mangiato una porzione abbondante di pasta. Trovò degli arachidi e riempì un grosso bicchiere. Uscì nel giardino e si sedette sotto un albero, sapeva che era molto pericoloso stare nel bosco dopo quello che era successo, ma si sentì tranquilla. Erin si stese all'ombra mentre mangiava, guardava il cielo spruzzato qua e là da delle candide nuvole bianche e i pochi uccelli che volavano.
Quanti passeri! Molti si ammucchiarono vicino a lei, intenti a mangiare gli arachidi. Ne lanciò una manciata verso il prato, dove una folla di uccellini si nutrì.
La ragazza sorrise beatamente, mentre si rilassava.
Quello sì che era paradiso, per lei!

Erin alzò di poco il busto per vedere chi si stesse dirigendo verso la sua parte: Logan e... Dana.
Si dirigevano verso di lei con grandi falcate e il loro volto era davvero orrendo, trasudavano rabbia da tutti i pori.

<< Tu! >> indicò Erin con un dito, Dana << stai lontana da Aaron, oppure dovrai passare sui nostri corpi >>.

Erin le guardò dal basso, la guardavano in malomodo, la ragazza continuava a spostare lo sguardo da una a l'altra finendo con una fragorosa risata. Continuò a ridere, asciugandosi le lacrime con le dita. Le altre due non avevano cambiato posizione.

<< Io non cerco di rubarvi proprio nessuno, cosa ve lo fa pensare questo? >> domandò lei tranquillamente.

<< Oggi eravate soli, in camera tua, come mai? >> chiese, questa volta, Logan.

Oh cazzo. Erin non sapeva cosa rispondere, non poteva di certo dire quello che era successo.

<< E' venuto a prendere gli appunti... oggi non è stato attento nell'ora di scienze naturali >> rispose.

Le altre due rimasero zitte, ma continuarono a guardarla male. << Meglio per te >> dissero in coro per poi andarsene.

Erin si ristese sotto l'albero, oramai l'appettito se ne era andato. Ripensò a quello che era successo quel pomeriggio con il ragazzo. Quando si avvicinò lei sentì una fortissima fitta dentro il suo addome, come se tutti i suoi muscoli si fossero contratti dopo aver ricevuto un pugno. Si guardò intorno, intenta di riconoscerlo da qualche parte. Voleva tornare da lui, voleva capire perchè le faceva quell'effetto. E no, non erano delle stupide farfalle causate da una stupida cotta.
Erin si rialzò, si sistemò i vestiti e rientrò a passo veloce. Voleva trovarlo nuovamente, a costo di tutto!

<< Erin! Cosa ci fai in giro, vai a letto. Immediatamente! >> sentì strillare Sarah, appena entrata nella hall del dormitorio.

<< Ma io sto bene, non serve >> rispose la rossa determinata.

<< Niente scuse, signorina. Fila a letto >> ordinò.

Erin alzò le mani in segno di resa, buttò via il bicchiere nel cestino ed andò in camera sua. Entrò e si meravigliò di vedere la ragazza nella sua camera, seduta sul suo letto.

<< Che cosa vuoi? >> avanzò per prima.

Erin era ancora arrabbiata, se era lì per chiederle scusa... bè, non l'avrebbe ottenuta! Si appoggiò con schiena contro la parete bianca e aspettò le sue parole.
Dana si girò verso la sua parte con sguardo truce.

<< Che cosa ci faceva lui qui? >> domandò abbastanza alterata.

<< Oh, ma insomma... cavoli miei, non credi? >> canzonò l'altra, sbuffando.

<< Senti >> si alzò e le puntò un dito contro, ancora << non ci provare con lui, non puoi toccarlo >>.

Erin sgranò gli occhi, come mai tutta questa gelosia verso il nuovo ragazzo?
Si ricompose e ricambiò lo sguardo della bionda.

<< A me non me ne frega niente di quel tipo, va bene? >>.

Ed era vero, a Erin non fregava assolutamente nulla del ragazzo. Voleva solamente sapere perchè le facesse quell'effetto, e basta.
Dana strinse i denti, e dopo una nuova minaccia, se ne uscì da quella stanza.
Erin si chiese perchè tutte gli andavano dietro, certo era un bellissimo ragazzo, ma in fatto di carattere non era proprio il massimo.
Si stese sul letto, lasciando che quella giornata le scivolasse di torno.

Un assordante tichettare svegliò Erin dalla sua dormita, si passò una mano sul viso e guardò la sveglia.
7.00.
Aveva dormito così tanto? Aveva anche saltato la cena.
Erin si girò dall'altra parte del letto, Danielle stava ancora dormendo, mentre Kyla era impegnata a scrivere qualche cosa sul cellulare.

<< Kyla, ho dormito così tanto, perchè non mi avete svegliata ieri sera? >> domandò guardandola.

L'amica si girò verso di lei, mostrandole un dolcissimo sorriso. Si alzò col busto e si sedette con la schiena contro la testiera del letto.

<< Semplice: non volevi >> rispose sussurrando.

<< Come, prego? >> chiese la rossa.

<< Avevi detto, mentre dormivi naturalmente, che non avevi fame e che eri molto stanca. Io e Danielle abbiamo pensato di lasciarti riposare, in più dormivi così beatamente. E poi hai fatto bene a dormire così tante ore, oggi è una giornata speciale, andiamo a Glendalough >> urlò le ultime parole, facendo svegliare la vicina di letto.

<< Ah, già... >> pronunciò Erin per niente entusiasta. Aveva un brutto presentimento.

<< Ma come già, dovresti esultare di gioia! Cioè è un posto bellissimo. Visiteremo le torri, il cimitero dei re e i laghi >> Kyla si alzò tutta felice e si posizionò di fianco ad Erin mostrandole delle foto del posto << cioè scusami, non ti sembra eccitante? >>.

<< A me incute paura >> sentirono mugugnare dal fondo, le ragazze guardarono Danielle che si stropicciava gli occhi scuri e che si sedette sul letto sostenendosi con le braccia. << Che c'è? Oh andiamo, a voi non fanno paura quei posti in mezzo ai boschi, nel nulla, con dei cimiteri? A me sì >>.

Le altre due risero. << Danielle anche noi siamo nel bosco >> pronunciò Kyla.

<< Sì, questo è vero. Ma noi abbiamo il centro a poco meno di un'ora a piedi e qua vicino ci sono anche i centri commerciali >> disse facendo la faccia da cucciola.

Kyla e Erin si alzarono e si recarono in bagno a lavarsi il viso, per poi vestirsi. Erin non aveva affatto voglia di andare in gita, ma doveva. Si fece un alto chignon che le ricadeva a ciuffi sul pallido viso, si mise una felpa pesante verde acceso e un paio di pantaloni scuri. Aveva passato solo un po' di mascara. Le ragazze si recarono in sala per fare la colazione insieme a tutte le altre ragazze del loro dormitorio - c'erano tre dormitori per le ragazze, suddivisi in tre capannine e due dormitori per i maschi, anche questi suddivisi in due capannine -. Erin mangiò a volontà, aveva un certo languorino da quando si era svegliata.

<< Avanti ragazzi, muovetevi >> fecero i professori di chimica e letteratura da dentro l'autobus.

Si guardò intorno e lo cercò, era già dentro il veicolo che parlava e rideva, seduto tra gli ultimi posti con... Dana, Logan e un mucchio di ragazze attorno.
D'un tratto era diventato mr. Simpatia? Erin scosse la testa, cercò di non badarlo e si sistemò tra i primi posti. Non voleva star male quel giorno e più era lontana da quell'essere meglio stava.
Mise la riproduzione casuale e ascoltò la musica per tutto il tragitto, il suo repertorio vagava dal rock al jazz, dal pop all'alternative. Il paesaggio la accompagnava per tutto il tragitto; valli, laghi, colline. Lei amava l'Irlanda, amava la sua natura, amava quella vita.
Finalmente arrivarono, il paesaggio era da mozzare il fiato, due grandissimi laghi si trovavano di fronte a loro, in una grande vallata, e ai piedi dei monti si trovava il mumento.
I professori si diressero a passo svelto verso questo.

<< Muovetevi, siamo in ritardo di mezz'ora: la guida ci sta aspettando, forza lumache! >>.

Erin si incamminò con gli ultimi ragazzi. Mandò giù saliva quando si accorse che Aaron si trovava proprio davanti di lei, stranamente non le faceva male da nessuna parte. Dana, Logan, Meredith e tante altre ragazze gli stavano incollate come delle sanguisughe.

<< Scusami Kyla, e anche te Danielle, come mai voi non sbavate dietro al tipo? >> chiese Erin indicandolo con il capo.

Le due ragazze rimasero zitte e Erin le guardò, una per una, confusa. << Avanti, parlate >> disse, facendo il gesto con la mano.

<< Ecco... anche noi saremo tentate >> ammisero insieme.

<< Cosa? Ma si può sapere perchè tutte sbavate dietro a quello? Cosa ci trovate di così tanto bello in lui? Non parla mai, è sempre lì, cupo e silenzioso >> gridò  indicandolo in malomodo.

<< A noi sorprende il fatto che tu sia l'unica ragazza a non resistergli >> disse Kyla, ovviamente Erin sapeva che le piacesse, dopo quelle lunghe telefonate che si scambiava con le sue amiche, su quel ragazzo.

<< Sembrate delle galline! Questa è una cosa assurda, come potete essere tutte attratte da lui?! >> le altre due si guardarono, per poi voltarsi da Erin con una faccia sconsolata << avanti, rispondete >> riformulò la rossa.

<< Non lo sappiamo >>.

Erin spalancò la bocca scioccata. << Voi siete assurde! >> ringhiò tra i denti.

La mattinata passò velocemente e così anche il pomeriggio, Erin non era affatto felice di quella gita, ma tutto sommato era interessante. La loro guida, Kurt - quarantenne di origine tedesca - spiegò tutto meravigliosamente, la parte più interessante, o almeno per lei lo era, fu il cimitero dei Re. Ascoltò con attenzione la spiegazione mentre si appuntava sul suo blocco note, ma i gridolini delle oche, intorno a Aaron, la infastidivano parecchio. Erin si girò fulminandole con lo sguardo, senza cercare lo sguardo penetrante del ragazzo. Non si era sentita male, magari aveva ragione l'infermiera, era la pasta. Si avvicinò alle tombe di pietra, scattando numerose foto.

<< Beckett, è l'unica ragazza interessata alla spiegazione, venga con me >> la richiamò il professore di chimica.

<< E voi, tipo nuovo, seguitemi >> annunciò indicando con il medio Aaron.

Erin annuì e lo seguì in un posto più appartato. Il professore li portò in un minuscolo sentiero, stretto e molto ombroso, i raggi solari faticavano ad entrare. Proprio davanti a loro c'era una specie tomba, scavata su una spessa roccia. La targa con il nome era dorata, sbiadita con il tempo. Sparsi per terra c'erano mazzolini di fiori, quasi tutti secchi e ricoperti dal gelo di novembre.

<< Vedete questo posto, qui dicono che siano sepolte le reliquie di Sant. Kevin, vi dispiacerebbe fare alcune foto? La mia macchina fotografica si è spenta mentre l'altro non l'ha portata con sè >>.

<< Sì, capisco, ma perchè avete chiesto anche a Don Giovanni di venire con me? >> domandò indicandolo, senza guardarlo negli occhi.

<< Perchè, signorina Beckett, voi siete l'unica ragazza che si contiene e le altre devono stare attente perchè dopo dovranno fare un saggio. Spero di non pentirmene e voglio che lei non assuma lo stesso comportamento delle altre ragazze, con questo è tutto, vi lascio >>.

<< Bene >>.
Erin, sbuffando, annuì e fece numerose foto a quella strana grotta. Non cercò di incontrare lo sguardo del ragazzo, non voleva e non poteva.

****




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Allora, questo capitolo anticipa qualcosa di moooolto importante, spero vi piaccia, davvero.
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Capitolo 5
*** CAPITOLO 5 ***


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BEAST AND 7 DEADLY SINS


CAPITOLO CINQUE







Erin non era molto felice di passare del tempo con lui, ma le era stato imposto.
Cercò di non badarlo, di far finta di essere sola, a studiare. E infatti quello era un compito.
Le reliquie erano posate dentro una grande teca di vetro spesso, contornata dai margini dorati. La lapide era posata ai piedi di una bianca roccia che dominava dentro tutta la grotta. Sopra c'era inciso il nome e la data di nascita e morte del Santo.
Poco più sotto, invece, una sottile scritta in corsivo faceva capolino da dei mazzi di rose appesi.


« And then there was St. Kevin and the blackbird.
The Saint is kneeling, arms stretched out, inside
His cell, but the cell is narrow, so
»

« E poi c'era San Kevin e il merlo.
Il Santo è in ginocchio, dentro la sua cella
a braccia tese ma la cella è stretta
»

Erin spostò l'attenzione verso quella scritta e ricollegò tutti i dipinti del Santo con il merlo. Cercò di ricordarsi dalla lezione poco prima avvenuta, qualche particolare che potesse interessare la figura dell'animale, ma, niente ne faceva a che vedere.
Aaron, intanto, fissava la ragazza con la sua solita espressione cupa; se ne accorse della sua attenzione verso quella frase.

<< Il merlo era un suo simbolo >> disse, avvicinandosi a passo elegante alla ragazza.

Erin non si voltò, non voleva trovarsi quelle iridi limpidissime puntate sulle sue; aveva ancora paura di lui. << Di che cosa stai parlando? >> formulò mandando giù saliva.

<< Il merlo era un simbolo di San Kevin, proprio come la daina. Infatti lo vedi sempre raffigurato con un merlo tra le braccia e questa daina di fianco al trono dorato >> fece, con un leggero ghigno in viso, mentre pichiettava le dita sulla teca.

Erin riprese di mano il taccuino e appuntò quello che stava facendo.
Aaron capì il gioco della ragazza e ricominciò il suo discorso.

<< Lo ritraevano come un angelo, molti sostenevano che lui fosse proprio un angelo. Sua madre lo partorì senza alcun sforzo, non provò nessun dolore e, Kevin nacque accarezzato dalla neve. All'età di dodici anni era già preparato, aveva una ferrea preparazione religiosa e, anche per questo, divenne uno degli abati più apprezzati del mondo. Kevin poco dopo, scappò dal monastero, e si rifugiò in questi boschi, proprio ai piedi dell'Upper Lake. Visse da eremita per sette anni, finchè non fondò questo monastero. Era diventato uno dei monasteri più conosciuti a quei tempi, e pian piano, diventò il più importante d'Irlanda. Saint Kevin compì moltissimi miracoli, addirittura, alcuni di voi irlandesi, lo venerano più di San Patrizio. Parecchi anni dopo, però, Kevin ricevette un messaggio: il suo caro amico Ciaràn stava morendo. Kevin si recò al più presto a Clonmacnoise - Irlanda del Sud -, ma quando questi arrivò, Ciàran se ne era già andato >> Aaron fece una risata amara prima di proseguire << quello fu il suo miracolo più grande. Kevin pregò sul letto del suo amico, e costui si risvegliò. Ciàran e Kevin si riabbracciarono, e il moribondo gli diede un dono: una campana argentata, come segno d'amicizia. Subito dopo, Ciàran rimorì, per sempre. Saint Kevin visse per molti altri anni, fino ai 120, considerandolo uno dei più vecchi abati mai esistiti >>.

Erin ascoltò tutta la sua spiegazione con impeto. Era rimasta molto sorpresa, lui doveva conoscere davvero molto bene la sua storia.
<< Vedo che sei molto informato >> scherzò lei, scarabocchiando i bordi del foglietto.

Aaron la guardò in malomodo, in segno di sfida.
Proprio allora, senza accorgersene, incontrò i suoi occhi.
Erin ne rimase sorpresa, non si era sentita male... era come, rilassata.
Continuò a guardarlo, per capire se stava solamente sognando o se fosse vero.

<< Smettila di fissarmi >> esordì lui, seccato.

Erin ritornò con lo sguardo dove lo aveva lasciato poco fa e sul suo viso comparve un leggero rossore. Si sentì le guancie andare a fuoco e un caldo tepore inebriare tutto il suo minuto corpo.

<< Forse me ne pentirò, però, ti devo chiedere una cosa >> disse lei, per poi riportare lo sguardo su di lui, che la guardava confuso << avvicinati a me >>.

Erin ripensò solo dopo a quello che aveva detto, si maledì mentalmente.
Che cosa le era passato in testa?
Aaron si avvicinò a lei, ancora con lo sguardo assente, e si piegò sulle ginocchia, facendo inchiodare i loro sguardi. Lui era davanti a lei, lei era di fronte a lui. Erin si ricompose e si accorse che niente le faceva male, nemmeno un po' di fastidio... proprio niente.
La situazione si era fatta imbarazzante, Erin continuava a guardarlo, mentre lui se ne voleva andare. Sembrava di vedere una scenetta tra bimbi dell'asilo.

<< Possiamo pure tornare >> disse lei, raccogliendo le sue cose e seguendo il ragazzo, oramai spazientito, verso il sentiero.

Durante il tragitto non parlarono mai, e questo dava fastidio alla rossa, le era parso per un attimo, che lui fosse un ragazzo gentile e di piacevole compagnia.
Erin si riguardò intorno, memorizzando quel posto. Non c'era niente di differente dal bosco fuori il collegio: stessi alberi, stessi animali, stessi ruscelli, stesso freddo...
Dopo una decina abbondante di camminata, i ragazzi tornarono nell'abbazia.
Stavano tutti mangiando in un giardinetto interno, dotato di panche e tavoli. I professori li vennero incontro chiedendo cosa fosse successo e se fosse tutto andato bene; i due annuirono allunisono.

Erin si precipitò a passo svelto dalle sue amiche, prendendo un panino dalla sacca di Kyla. Addentò la croccante crosta bianca e masticò nervosamente il pranzo.

<< Allora? Com'è andata? >> chiese Kyla con un velo di irritazione tra le sue parole.

<< A meraviglia >> disse a modo di botta-e-risposta.

Kyla e Danielle la guardarono stupite e confuse, fremevano dalla voglia di sapere cosa fosse successo. Erin si accorse del loro interesse e, prese le sue cose, si allontanò da loro, sedendosi su una muretta di pietra grigia.
Intanto Aaron era indaffarato a parlare con Dana.
Quella schifosa mocciosa incipriata mi ha voltato le spalle così, pensò Erin. Era arrabbiata e allo stesso tempo ferita, tanto che una delle sue salate lacrime venne masticata insieme al panino. Altre scesero giù per il viso; si ricordò quando Dana l'aveva intimorita, segno della fine della loro amicizia. Erin non ci voleva ancora credere, non era possibile che un ragazzo le potesse separare: mai e poi mai. Mandò giù l'ultimo boccone e poi andò in bagno a darsi una sistemata.

Il mascara le era colato e la sua felpa si era macchiata di qualche sostanza grigiastra. Erin prese un pezzo di carta e sfregò sullo sporco, continuando a piangere.
Si asciugò le lacrime e le ricacciò dentro: non doveva, non aveva fatto niente di male. Sfoderò un lieve sorriso e ritornò nel giardinetto insieme a tutta la scolaresca.

Erin continuò a guardarla per quei interminabili minuti di spiegazione dentro la canonica; Dana le stava vicino e lo continuava a guardarlo con fare provocante. Si era sempre mostrata interessata alle spiegazioni tenute, ma, in quel momento, tutto il suo corpo era impagnato a guardare quella... coppietta?

Ad un tratto sentì una vibrazione sulla sua spina dorsale, che fosse gelosia?
No. Più rabbia, frustrazione. Erin si girò verso Danielle, che ascoltava la lezione incuriosita - strano a dirsi - e poi verso Kyla, che era impegnata a messaggiare, nascondendo il cellulare dentro la sua sacca di pelle lucida.

Erin non vedeva l'ora che quella giornata finisse.

****




SPAZIO AUTRICE



Ciao a tutti,
allora scusatemi per il ritardo ma questo periodo è abbastanza "incasinato" per me.
Allora, che dire?
Il capitolo non mi piace, insomma non è venuto come volevo (colpa della fretta, della poca voglia e del tempo ristretto).
Lo giuro, i prossimi saranno più corposi e intriganti.

Ah, quasi me ne dimenticavo.
Scusatemi per eventuali errori ma non ho potuto revisionarlo, sono di fretta.

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Ci si vede, baci.
Insiemete.

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Capitolo 6
*** CAPITOLO 6 ***


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BEAST AND 7 DEADLY SINS


CAPITOLO SEI







Il sonno della ragazza era disturbato, immagini sgranate e terrificanti le avevano fatto compagnia per tutta la notte. Si rigirava continuamente tra le calde coperte cercando, invano, di trovare un momento di pace e poter riposare. Era un incubo, ma uno di quelli realistici, uno di quelli che ti facevano urlare dalla paura, uno di quelli che ti entravano dentro e sentivi il tuo corpo irrigidirsi. Erin prese il cuscino e se lo strinse tra le braccia, oramai inondata dalle lacrime.

Si alzò dal letto e si mise su una pesante mantellina color rosso cremisi; uscì dalla stanza senza fare rumore. Il corridoio era completamente scuro, eppure lei riusciva a vederci abbastanza bene. La ragazza scrollò la testa, che stava pensando, era impossibile.

Percorse tutto il dormitorio fino ad uscire dalla porta del retro, che rimaneva aperta per le emergenze. La brezza di quel gelido novembre la invase completamente, sentì i suoi muscoli irrigidirsi.

I piedi di Erin sembravano quasi impossessati, si ritrovò a camminare per il giardino, entrando nel bosco, contro la sua volontà. Le sembrava di essere richiamata. Questa volta, però, non aveva paura; c'era qualcosa dentro di lei che le diceva che nessuno le avrebbe fatto niente.

Erin camminò tra quei rametti rotti e la neve che era caduta durante la notte, tra i suoni terrificanti e i canti dei gufi al chiaro di luna. Si ritrovò in prossimità della grande vallata; ora si era fermata. Si guardò in giro, cercando qualcosa; cosa?

Erin si irrigidì quando una calda mano le tocco quella parte della spalla, nuda. Si girò lentamente, sgranando gli occhi alla vista di quella persona.

<< Che cosa ci fai qui? >> sputò lei, spaventata. Si portò una mano sul cuore.

Il ragazzo sorrise beffardo; i suoi occhi splendevano ancora più del solito sotto quella luce lunare, e Erin poteva giurarlo: erano quasi bianchi.

<< Potrei farti io la stessa domanda; è contro il regolamento uscire di notte, piccina >> disse, mostrando un bellissimo sorriso.

<< Non mi pare che questo ti crei alcun fastidio >> rispose, portando le braccia sotto il seno.

<< Esatto >> disse semplicemente.

Erin seguì con lo sguardo il ragazzo, si stava dirigendo verso l'interno del bosco, tranquillamente. La ragazza si chiese perchè doveva incontrare proprio lui, perchè nessun altro? Sembrava quasi che tutto fosse calcolato.

Presa dalla curiosità, la ragazza lo seguì, scaltra, facendo attenzione a non farsi riconoscere. Si nascose tra le ombre del vuio e lo seguì ad ogni passo.

Erin spalancò la bocca quando Aaron si fermò davanti ad uno strapiombo che lei non aveva mai visto in tutto quel tempo. Un'aurora boreale ricopriva tutti i boschi che si trovavano davanti a loro. Sembrava un gioco di magia, una stregoneria; era così assurdo. Non si trovavano nei poli, e questo fenomeno era assente in Irlanda e in Inghilterra; eppure, in quel momento, era di fronte a loro.

<< Puoi avvicinarti, sai >> disse Aaron parlando con il vuoto.

La rossa si avvicinò al corpo alto e muscoloso del ragazzo; la luce gli accarezzava perfettamente i contorni della pelle, era un Adone. Erin voleva toccarlo, sentire che effetto faceva. Continuò a guardarlo, come se fosse una droga, mentre si avvicinava sempre più al suo fianco.

Erin si sentì imprigionata in una morsa, schiava da qualcosa, e non poteva fare altro che assecondare quella sua volontà. Si sentì strana, come se qualcosa stesse nascendo dentro di lei, eppure non era una cosa buona. Aveva sfiorato la sua guancia con l'indice. Aaron era bollente, la sua pelle era puro calore, e se la toccavi potevi ustionarti.

La ragazza, in preda a sempre più curiosità, ritoccò il suo viso; sentì i lembi della sua pelle bruciare contro la sua: era spaventata, terrorizzata, eppure non voleva togliere la mano dal suo viso.

<< Che cosa sei? >> mormorò nuovamente, guardandolo negli occhi.

Aaron posò lo sguardo su di lei, si aprì in un altro radioso sorriso, capace di scioglierti il cuore, e scosse la testa.

<< Te l'ho già detto Erin, prima devi scoprire chi sei tu >> ammise.

<< Sono semplicemente, me >> ammise la ragazza.

Aaron la guardò stranito e si mise a ridere sonoramente; si spostò da lei e si sedette sui rami di un grande albero. Erin lo guardò, per poi sedersi anche lei, a dovuta distanza.

<< La tua pelle brucia, i tuoi occhi cambiano di colore ogni giorno, e lo stesso il tuo carattere. Le persone ti leccano il culo ogni secondo, tutte. Non ho mai incontrato una persona come te >> disse, in preda alle lacrime.

<< E’ un dono >> ammise serio.

<< Che cosa mi stai dicendo? >> chiese la rossa, gesticolando in preda al panico.

Intanto si era creato un tombale silenzio, rotto di tanto in tanto dallo scalpiccio dei rametti sotto di loro. Erin continuava a guardarlo, desiderando, ancora, di toccare quella sua vellutata ma pericola pelle. Desiderava ancora sentire quella sua calda e un tantino roca, oppure sentirlo vicino a lei.

Si meravigliò dei suoi stessi pensieri, eppure non poteva fermarli, perché erano del tutto veri. Erin si sbilanciò, cercando di avvicinarsi maggiormente a lui.

<< Raccontami un po' dei tuoi genitori, quelli naturali, intendo >> disse il ragazzo, guardando dritto davanti a sé.

La ragazza si bloccò, e si sentì sprofondare in un abisso che non aveva mai fine. Erin strinse i pugni, pronta a rompere tutto, ma si calmò poco dopo.

<< Niente, mi hanno abbandonata, non so altro >> aggiunse, tra le lacrime.

<< Perchè ti dovrebbe interessare la mia vita? >> chiese lei, portando lo sguardo sul ragazzo. Aaron si voltò e la guardò negli occhi.

<< Posso farti una domanda? >> disse lei, senza togliere lo sguardo da lui.

<< Dipende >> rispose semplicemente.

<< Da quando sei arrivato te la mia vita è cambiata; ho notti insonne, sento voci che mi parlano, sento me stessa diversa. E tu c'entri in tutto questo >> disse lei.

<< Sì >> rispose lui, tranquillo.

Erin sussultò, non pensava minimamente che lui le rispondesse; un tassello del puzzle era completato, come aveva detto lui.

<< Tu sai chi era? >> ammise titubante, sperando in una risposta.

<< Sì >> rispose lui, sempre guardando dritto davanti a sé.

<< Raccontami di lei, per favore >> supplicò la ragazza, mentre fermava le lacrime con la manica del suo maglione.

<< Era un inverno grigio e tetro, io vagabondavo per le vie di una Londra al chiaro di luna; lungo il cammino c’era questa donna. Stava piangendo, era accasciata a terra, si teneva il viso tra le mani. I suoi vestiti erano stati strappati. Mi avvicinai a lei, le chiesi perché piangesse. Lei rispose che aveva fatto uno sbaglio, che non doveva innamorarsi di lui, che dopo tutti gli avvertimenti lei aveva fatto di testa sua, e ora aveva toccato il fondo. Mi disse che aspettava un figlio; frutto del loro amore eterno, ma che questo era solo uno sbaglio, non poteva nascere. Disse che doveva ucciderlo in qualche modo, nel mondo non poteva nascere; era una sciagura. La presi in braccio e la portai a casa sua; la vidi piangere tutta la notte, mentre io ero seduto su quel divanetto. Dopodiché non la rividi per molto tempo >> disse serio.

<< Ero io? >> urlò la ragazza, presa da un attacco di furia. Si sentì bruciare dentro, sentì il cuore spezzarsi in mille pezzi.

<< Partorì due mesi dopo, era una bambina. Lei doveva ucciderla, ma non ci riuscì; allora la fasciò e la portò fuori dal castello. Ricordo ancora che mi chiese di portarla con me, mi chiese di portare la bimba lontano, in un paese sperduto, in cui nessuno le avrebbe mai e poi mai fatto del male. Io ubbidii. Lasciammo la bimba a una balia, donna di mia conoscenza, che l’allevasse e che la istruisse. Visse per diciassette anni al sicuro da tutto e da tutti, ma al suo diciottesimo compleanno i suoi poteri si manifesteranno per quelli che sono. Oramai l’ora è giunta e lei deve tornare da dove è venuta >> spiegò serio.

<< Che cosa sono? Che cosa sei te? Sei un mago, uno stregone, una fata? >> disse lei frettolosamente, mangiandosi le parole.

<< No Erin, molto peggio >>.

<< Che cosa? >> urlò lei.

Il terreno vibrò sotto la forza della ragazza, si guardò intorno, spaventata di quello che aveva appena fatto.

<< Mia madre era Lilith? >> chiese lei, più convincendo se stessa che altro. Si mise le mani tra i capelli rossastri e gemette.

<< No >> rispose, sorridendo.

Aaron si alzò e prese un rametto di legno dall’albero, per giocarci.

<< Perciò io sono un… u-n… >>.

Si bloccò, Erin non riusciva nemmeno a dirlo. Era troppo spaventata.

<< Un demone >> finì lui.

Il cuore della ragazza gelò, nel vero senso della parola. Lei non poteva esserlo. Non ci credeva, e non ci voleva credere.


****




SPAZIO AUTRICE



Ciao a tutti,
allora scusatemi per il ritardo, inanzitutto.
Allora finalmente le idee sono più chiare, abbastanza diciamo.
E' stata molto dura per me scrivere questo capitolo, l'avrò riscritto almeno venti volte.
Vabbè spero vi piaccia.

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Ci si vede, baci.
Insiemete.

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