Beast and 7 Deadly Sins di insiemete (/viewuser.php?uid=664171)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** CAPITOLO 1 ***
Capitolo 2: *** CAPITOLO 2 ***
Capitolo 3: *** CAPITOLO 3 ***
Capitolo 4: *** CAPITOLO 4 ***
Capitolo 5: *** CAPITOLO 5 ***
Capitolo 6: *** CAPITOLO 6 ***
Capitolo 1 *** CAPITOLO 1 ***
BEAST AND
7 DEADLY SINS
CAPITOLO
UNO
[revisionato]
Erin
si calmò di
getto, buttò a terra quel coltello che si era portata dietro e soffocò
un urlo. Sapeva che la sua ora era vicina, sapeva di non potercela più
fare. La creatura si protese verso il suo collo. Erin voleva scappare,
ma era come se tutti i suoi muscoli si fossero bloccati, in una leggera
stretta. Pregò in tutti i modi di poter essere salvata, anche
se non era fedele a nessuna religione. La creatura si posizionò sopra
di lei, la fece cadere.
La schiena della ragazza sbattè contro il terreno ciottoloso,
portandole un dolore lancinante lungo tutto il suo corpo. Basta, il
gioco era finito! Lei era la piccola preda. La creatura le leccò il
collo in modo vorace, per poi annusarglierlo insistemente. Che cosa
poteva fare lei?
Erin non ci pensò due volte. Allungandosi, con tutta la forza che
poteva avere, prese il coltello e lo inficcò nella giugulare
dell'essere. Il sangue schizzò da tutte le parti, il volto di Erin
prese quel colore rossastro e la puzza nauseante del liquido non fece
altro che aumentare la situazione di disgusto.
Erin si divincolò, fino a riuscire a scappare dalla presa di quel
mostro. Erin corse, lasciò la stradina ciottolosa del cimitero per
correre verso il centro città. Era allarmata, cos'era quell'essere? Non
aveva mai visto niente di simile.
La ragazza non capì il fatto, non si ricordò quasi niente. Eppure
quando era in cimitero, ci aveva giurato di essere sola. Stava
sistemando i fiori sulla tomba del padre, mentre si trovava sopra la
scala, quando qualcosa la fece cadere. Si ricordò a malapena due grandi
occhi rosso sangue, con una striscetta verticale gialla accesa,
all'interno. Sembravano occhi da gatto. Era troppo buio per vederci
bene. Era stata trascinata fuori, verso un grande campo.
Lacrime rigarono il volto della ragazza, mentre cercava di fermare
qualche automobilista, senza ottenere nulla. Il cellulare l'aveva
lasciato laggiù, insieme a tutti i suoi beni. Erin si sentì sola, come
se nessuno potesse vederla o sentirla; come se tutto fosse un incubo;
come se lei non esistesse. Eppure la ragazza urlava e correva; ma le
macchine, nessuna di quelle rallentava.
Erin non ce la fece più, si accasciò a terra, posando la schiena su un
grande pino. Il vento pungente di novembre si fece sentire più
persistente e le campane delle nove di sera echeggiavano da tutte le
direzioni. Erin doveva spostarsi; quello non era un posto sicuro per
lei.
Camminò a lungo per le strade della periferia di Dublino, fino a
trovarsi davanti alla casa di sua nonna. Bussò al grande portone di
legno intagliato, doveva riposarsi; le sue forze se ne erano andate
durante quello scontro, contro quella strana creatura maligna, che non
aveva volto. Erin cercò di strizzarsi il cervello, ma niente; solo
immagini vacue e confuse. Non era conscia. Colpì altre volte la porta,
finchè un'anziana signora sbucò da dentro.
<< Nonna >> disse, sforzando uno di quei
sorrisi felici e rassicuranti.
Erin era stesa sul divano, a bere una calda tazza di tè. Sua nonna le
aveva curato quelle ferite sul volto, e i ripetuti tagli sugli arti. La
paura, comunque, si poteva vedere dagli occhi della ragazza. I suoi
verdi smeraldi avevano preso un colore grigiasto tendente a scurirsi,
il suo viso era cupo e nascondeva un grande timore. Era assente, come
se tutto intorno a lei non esistesse.
<< Mi dici cosa è successo, Erin? >> balenò
la nonna, seduta sulla poltrona accanto a lei.
Erin non proferì parola, era dell'idea che nessuno dovesse sapere
quello che le era appena accaduto. La ragazza prese nuovamente del tè
caldo dalla teiera e, messo nella tazzina con tre cucchiani di zucchero
abbondante, se la portò alla bocca. Sorseggiò rumorosamente quella
delizia, sperando che l'anziana cambiasse discorso, del tipo: "non
essere maleducata, non fare rumore". Ma i tentativi della ragazza
furono solo un incompleto successo.
La donna continuò ad istigarla.
<< Parlami, tesoro. Voglio solamente aiutarti, dimmi
cos'è successo >> disse con tono molto calmo e
rassicurante.
Non poteva saperlo, l'avrebbe solo spaventata; pensò la ragazza. Erin
si girò verso la donna, che aveva stampato in volto tanta tristezza e
preoccupazione, e le fece un tenero sorriso. Doveva bastarle!
<< Ora è meglio che io vada, il collegio si starà già
preoccupando di me. Sono in ritardo, e il coprifuoco è già saltato,
finirò in guai grossi >> disse, mentre continuava a
guardare la televisione.
La nonna fece cenno di consenso con il capo. Le due si salutarono con
un caloroso abbraccio.
Erin passeggiò più di venti minuti prima di arrivare nel suo alloggio.
Suonò il citofono, dato che aveva perso le chiavi. Un bip lagnoso aprì
il cancello di ferro dell'entrata.
<< Oddio, Erin. Sei qui, cosa ti è successo? Cosa sono
tutti questi graffi? O Santo Dio, ti abbiamo chiamata parecchie volte
ma non rispondevi mai >> disse allarmata Sarah, mentre
abbracciava la ragazza.
Erin fece cenno di sì con la testa. << Ho perso la
borsetta. Mi dispiace >> ammise, mentre guardava il
pavimento.
<< Erin cosa ti è successo? Parla, per favore
>> riformulò. Erin si scostò dalla donna e salì le scale
per recarsi ai dormitori femminili.
Erin, appena entrata, salutò le sue compagne Kyla e Danielle, per poi
rinchiudersi nel bagno. Scese con la schiena lungo la porta e si portò
le mani al viso, pianse. Pianse tantissimo, uno di quei pianti
silenziosi che servono per far svanire la rabbia. Erin non riuscì a
sbarazzarsi di quella scena, non riuscì a togliere di mente quegli
occhi e quello strano essere che si fiondò vorace su di lei, e sul suo
collo. Portò la mani in quel punto, c'erano pesanti graffi, impregnati
di sangue, del suo stesso sangue. Si levò i vestiti e si guardò nel
piccolo specchio del bagno. Il collo era pieno di segno rossastri e
violacei, in più uno strato di liquido rossastro contornava quello
spettacolo; la fronte riportava un lungo taglio, che si spegneva
all'inizio del sopracciglio destro; le mani erano impregnate di sangue
secco, anche dopo tutte le lavate; i suoi capelli erano appiccicosi,
tra il sudore e il liquido e gli arti erano pieni di tagli,
fortunatamente bendati e disinfettati.
Erin non si riconosceva. Gettò via tutti i suoi vestiti, strappati e
sporchi, degni di una lotta sanguinaria che nemmeno lei pensò di aver
partecipato. Aprì il getto dell'acqua e si lavò tutti i residui di
sporco. Con quale coraggio era riuscita a stendere o paralizzare
quell'essere? Erin sorrise per il suo atto di coraggio, per poco dopo
ricadere nel mondo delle lacrime, come lei osava definirlo. Le partì un
urlo di paura, incontrollabile.
<< Erin, stai bene? Perchè hai urlato? >>
chiese Kyla, suppose, non capiva molto bene la voce per colpa dello
scrusciare dell'acqua.
<< Tutto a posto, ho visto solo un ragno, ma l'ho ucciso
>> disse lei, inventando una balla madonnale.
Erin si strofinò il viso, per svegliarsi dal suo stato di trans che
aveva appena preso. Fece un respiro profondo, e uscì dal box. Si
asciugò velocemente i capelli e si mise il pigiama.
Erin non riuscì a chiudere occhio, e quando lo faceva, si posizionò
davanti a lei sempre la stessa immagine: quegli occhi che la
scrutavano. Erin pianse, soffocando i suoi gemiti sotto il cuscino di
piume d'oca. Non ce la faceva più, le sembrava una persecuzione. Verso
le tre di notte si alzò, scese le scale e andò nella piccola cucinina
del dormitorio. Era stata messa per i ragazzi, quando necessitavano di
qualcosa, c'erano un po' di bevande, dei cibi, dei farmaci e delle
cosucce varie. Erin si preparò una tisana rilassante. Mentre l'acqua
tentava di bollire, la ragazza si guardò attorno. C'era un silenzio
tombale, tutti dormivano; ogni tanto si sentiva il russare di Sarah, la
governante, che le fece strappare un leggero sorriso. Erin si avvicinò
verso la minuscola finestrella del cucinino, guardò fuori. Un leggera
brezza muoveva armoniosamente i rami dei grandi alberi, che stavano a
segnalare l'inizio del bosco, e proprio laggiù, giurò di vedere quei
due occhi rossi e gialli. Perse un battito. Le cadde di mano la tazzina
e sputò un acuto grido.
<< Oh mio Dio, cosa succede tesoro. Cos'hai visto?
>> chiese Sarah che si era precipitata nella stanzetta,
ad accogliere tra le sue grandi braccia confortanti la ragazza.
<< Giur..o ddi aaa..ver..lo vii..stt..o >>
sillabò la ragazza.
Sarah la strinse ancora più forte a sè, lasciandole leggeri baci sulla
nuca rossastra della ragazza.
<< A chi ti riferisci, Erin? >> domandò con
la voce roca.
Erin mandò giù la saliva rumorosamente.
<< Al demonio >> rispose titubante.
Sarah guardò in viso la ragazza e sgranò gli occhi.
<< Tesoro, ti serve una dormita. Devi essere molto
stanca. Vai a letto, domani sarà tutto sistemato, e dirai, che non è
successo niente >>.
Erin non si sentì per niente di conforto, sapeva di aver rivisto quegli
occhi per qualche secondo. No, non se lo era sognato. Non spiegò niente
alla donna, ma ritornò nella sua camera, con l'intento di dormire.
Come aveva programmato, la notte prima non chiuse occhio. Andò a
prepararsi per le lezioni che si sarebbero tenute sessanta minuti dopo.
Si lavò leggermente e si mise una semplice felpa azzurra, con dei jeans
chiari e le sue amate scarpe da ginnastica azzurre medesime. Scese per
andare a fare colazione nella sala del dormitorio, insieme a tutte le
ragazze del padiglione. Si sedette affianco a Kyla e Dana. Non parlò
molto, si limitò a sorridere e fare qualche gesto di consenso o di
negazione.
Il professore di Letteratura entrò con il suo solito fare altezzoso in
classe. Posò i grandi libri sulla cattedra di legno e si sedette. Fece
l'appello e puntò le persone presenti e quelle assenti, come ogni
volta. Erin sentì bussare alla porta, e si girò di scatto verso questa.
<< Avanti >> fece l'uomo scocciato, dato
che aveva interrotto la sua interessantissima lezione.
Un ragazzo moro si presentò dentro, facendo un lieve cenno con il capo
al docente.
Erin era incuriosita.
Era, bellissimo. Erin si puntò a guardarlo, non aveva visto niente di
più bello. Il viso era candido e asciutto, di un colorito abbastanza
chiaro; i capelli erano alzati in un ciuffo nè alto nè basso, castano
scuro; gli occhi erano profondi, di un colore tendente al verde. Ma non
come quelli di Erin, più chiari, verdi come l'erba dopo la pioggia,
come i pascoli irlandesi. Il ragazzo passò al docente un foglio di
carta, che venne firmato all'istante.
Il ragazzo misterioso non si presentò nemmeno, e questo aveva mosso
qualcosa dentro Erin, nutriva già un senso di antipatia verso
l'estraneo. Dana si girò verso la ragazza, che lo continuava a fissare.
<< Beh almeno è carino. Vero? >> disse la
bionda, mentre continuava a scuotere il braccio a Erin. La guardò e
sorrise. Dana si girò un pochino stranita, dal comportamento della
ragazza.
<< Posso sapere il tuo nome? >> sentì Erin
alle spalle, e si girò di scatto.
Con sua sorpresa il ragazzo si voltò verso di lei, continuava a
fissarla senza badare alla ragazza che gli fece la domanda.
<< Aaron >> sussurrò.
Erin era pur sempre lontana, me sentì squillanti quelle parole dentro
le sue orecchie. Aaron, si ripetè in mente; bel nome. Si rigirò
nuovamente verso la sua direzione, ma questo era impegnato a flirtare
con due oche. Erin scacciò immediatamente di mente il ragazzo. Ma che
pensava, uno come lui, che stava con una come lei? Bah. Erin si lasciò
andare sulla sedia, era stanca e aveva molta sonno, dato che la notte
prima non aveva chiuso occhio.
Erin uscì in giardino, durante la pausa pranzo, non si allontanò però.
Non voleva più spingersi lontana, aveva paura. Un senso di angoscia la
stava divorando dentro; sentiva che qualcosa di oscuro era vicino a
lei; sentiva ancora quel respiro e quegli occhi su di lei. Si girò, di
scatto, per guardare l'edificio. Tutti i ragazzi erano dentro, che
parlavano e mangiavano, non c'era nessuno; eppure Erin sentì una
presenza. Si massaggiò le tempie, forse era meglio fare una dormita.
Si stese sul piccolo lettino a una piazza, abbastanza scomodo, e chiuse
gli occhi. Davanti a lei si pararono sempre le solite immagini. Erin si
sforzò a cancellarle di mente, eppure queste tornavano, anche più
insistemente. Gridò. Erano passati solo due giorni, eppure lei era già
stanca di quella situazione. Andò in bagno a sciacquarsi il viso,
magari così poteva rilassarsi. Niente. Erin prese il libro di
Letteratura, e nell'intento di leggerlo, sperò di prendere sonno. No,
era più sveglia che mai.
<< Sì sì, guarda te lo giuro. No, non mi ha chiesto di
uscire, però spero che lo faccia presto. Oh per favore, ma l'hai visto?
Sembra un Dio greco in carne e d'ossa, cioè il suo viso sembra opera di
chissà quali lavori >> sentì la sua amica Kyla, sulla
porta, mentre parlava al telefono.
Erin pensò subito ad Aaron, a lui sicuramente la ragazza si riferiva.
Non poteva immaginarsi un ragazzo più bello, le pareva più impossibile
che raro.
<< Oh Erin, sei qui. Scusami, ti ho per caso svegliata?
>> domandò con una sottile voce. Erin mosse il capo
negativamente, sospirando rumorosamente.
<< Non riesci a dormire? >> chiese sempre
la sua amica. Erin ripetè lo stesso gesto.
<< Io...ho...paa.u..raa >> ammise la
ragazza.
Kyla si sorprese delle sua risposta, erano giorni che non proferiva
quasi nessuna parola, si stava preoccupando. Kyla strinse a sè il corpo
esile dell'altra, confortandola con delle dolci carezze sui capelli
mossi.
Erin si alzò da quell'abbraccio e avanzò verso la porta, quando una
mano le fermò il braccio.
<< Parlami, voglio solo aiutarti >> disse
con voce flebile la ragazza.
Erin non voleva parlarne con nessuno, aveva solo accennato il fatto a
Sarah, che l'aveva presa in giro, e lei non voleva ripetere lo stesso
errore. Erin uscì nuovamente, scese le scale e tornò fuori all'aria
aperta. Quel posto le faceva bene.
Prese aria nei polmoni e inspirò profondamente. Sistemò i suoi capelli
rossastri dietro l'orecchio e cercò piano piano di avvicinarsi al
bosco. Erin non era conscia, sembrava quasi che qualcosa la stessa
trasportando. Erin era caduta nella trappola dell'orso. Singhiozzò,
fece per piangere, ma si morse la lingua, per non creare ulteriori
rumori. Oramai si era inoltrata, i rametti esili sotto i suoi piedi
producevano dei suoni acuti. Erin non voleva farsi sentire, non
dovevano capire che lei si trovava lì.
Ma da chi, poi?
****
SPAZIO AUTRICE
Allora, mi scuso
ragazze, ma ho allungato questo capitolo.
Per mio sbaglio ho perso buona parte del secondo e del terzo, per
questo mi ritrovo ad dover riscrivere tutto.
Siccome il tempo sarebbe stato abbastanza lungo, ho deciso di
aggiungere al primo una parte (salvata miracolosamente) del secondo.
Spero sia di gradimento.
Ah, importante!
Se non vedo recensioni non continuo.
[BANNER PROVVISORIO]
Ci si vede, baci.
Insiemete.
|
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Capitolo 2 *** CAPITOLO 2 ***
BEAST AND
7 DEADLY SINS
CAPITOLO
DUE
[revisionato]
Prese
aria nei polmoni e inspirò profondamente. Sistemò i suoi capelli
rossastri dietro l'orecchio e cercò piano piano di avvicinarsi al
bosco. Erin non era conscia, sembrava quasi che qualcosa la stesse
trasportando. Erin era caduta nella trappola dell'orso. Singhiozzò,
fece per piangere, ma si morse la lingua, per non creare ulteriori
rumori. Oramai si era inoltrata, i rametti esili sotto i suoi piedi
producevano dei suoni acuti. Erin non voleva farsi sentire, non
dovevano capire che lei si trovava lì.
Ma da chi, poi?
Erin si guardò attorno, per cercare qualcosa di familiare in quel bosco
che tanto adorava. Ma in quel momento le sembrava tutto diverso, come
se si trovasse in un altro posto. Aveva un nodo in gola e un brutto
presentimento; si sentiva come osservata. Erin cominciò a passegiare
tra gli arbusti e la neve superflua. Si rannicchiò nella sua grossa
felpa, aveva, comunque, freddo. Erin si chiese perchè si fosse
inoltrata da sola nel bosco.
Era una stupida.
La notte si stava avvicinando.
Stupida, ora come potrai uscirne?
Erin stava passeggiando da ore oramai, e non sapeva dove si stesse
dirigendo. Erin sobbalzò, si mise una mano sul cuore quando si accorse
che era solamente un gufo a gracchiare. La ragazza continuò la ricerca
del collegio o di una eventuale abitazione; oramai il sole era sparito.
Erin aveva molta sonno e stanchezza accumulata dai giorni scorsi e non
ce la faceva più a proseguire.
Si sistemò sulle radici di un albero, erano state scavate ed erano
abbastanza al riparo da quello che si trovava al di fuori. Erin si
rannicchiò portando le ginocchia al petto e affondando la testa tra di
queste. Erin pregò che la notte passasse velocemente, non vedeva l'ora
di ritornarsene in colleggio. Si ripetè, ancora, un milione di volte
che era una stupida, prima di cadere nelle braccia del sonno. Anche se
il posto era abbastanza scomodo, lei lo trovò confortevole per una
dormita, con sottofondo lo scrosciare dell'acqua del torrente.
Dormì poco, perchè venne svegliata da uno strano rumore; sembrava un
terremoto. Erin spalancò gli occhi e si guardò attorno spaventata, ma
le tenebre ricoprivano tutto e lei non riusciva a distinguere nessuna
forma. Si morse il labbro fortemente; il rumore si era dissolto ma
aveva lasciato il posto ad un silenzio tombale. Erin giurò che nemmeno
una foglia si muoveva, tutto si era come spento.
Una risata, gracchiante e al tempo stesso maledettamente spaventosa
arrivò alle orecchie della ragazza.
Erin sgranò gli occhi, non ci credeva, pensava solo che fosse stata la
sua contorta mente. Erin si rintanò ancora più in sotto, cominciava ad
avere terrore di quello che ci poteva essere fuori. Ancora, la stessa
risata. Erin si cacciò la mano in bocca; non poteva piangere,
l'avrebbero sentita. Erin affondò ancora di più la testa tra le gambe.
<< Erin? Dove sei? E' da un po' che ti cerco
>>.
Erin spalancò la bocca. Non poteva essere vero, doveva essere un
fottuto incubo. Erin si riguardò intorno, niente, non vedeva
assolutamente nulla. Si chiese perchè non fosse nata gatto o più
semplicemente, perchè fosse entrata nel bosco verso la tarda sera. Erin
continuava a guardare davanti spaventata, non sapeva dove scappare. Chi
poteva essere quella persona, quella donna? Non aveva mai sentito
quella voce, eppure lei la conosceva.
<< Erin tanto so che sei tra quelle radici, non essere
scortese, salutami >> disse.
Erin mandò giù saliva, come aveva fatto a trovarla? Come? Non c'era
niente davanti lei. Si fece tantissime domande, non sapeva darsi una
risposta.
<< Chi siete? >> domandò con coraggio, lo
stesso che aveva avuto quella sera al cimitero.
La risata gracchiò ancora alle sue orecchie; che cosa c'era di
divertente? Erin si tappò le orecchie, stava crollando.
<< Oh Erin, sei così ingenua, sei caduta nel mio tranello
così velocemente. Comunque, mi sento in dovere di dirti chi io sia. Io
sono stata la prima donna creata, sono stata la prima compagna di
Adamo, colei che scappò dal giardino dell'Eden e che si innamorò della
morte, della malvagità, colei che si innamorò del Re degli Inferi, di
Satana; di Lucifero. Mi chiamo Lilith, se tu non lo sapessi
>> disse con una punta di ironia.
Che cosa ci trovava di divertente in questo? Erin sapeva chi era
Lilith, sapeva la sua storia. Erin ne era sempre stata affascinata
quando ne parlavano a scuola nelle ore di religione, l'aveva sempre
amata per il suo coraggio e per la sua ribellione. Ma non ci poteva
credere che, in quel momento, la prima donna creata, Lilith, stesse
parlando con lei. Non ci dubitava della sua esistenza e che questa si
manifestasse alle persone, era una sorta di Madonna nera, no? Lilith
sospirò profondamente.
<< Perchè mi avete fatto questo, Lilith? >>
proferì parola la ragazza.
La risata gracchiante di Lilith si fece di nuovo sentire, possibile che
tutto la facesse ridere?
<< Oh mia dolce Erin, io sono qui per parlarti. Mia cara,
tu non puoi capire che immenso onore tu abbia solamente perchè io ti ho
contattata. Mia cara Erin, voglio avvertirti che il tuo tempo è scaduto
>> spiegò.
Erin si irrigidì, non riuscì a rispondere, di che cosa parlava?
<< A cosa vi state riferendo? >> chiese.
Troppo tardi, Lilith se n'era andata e con lei anche quel silenzio.
Il rumore dell'acqua si fece risentire, il fruscio delle foglie si fece
risentire, i gufi che bubulavano si fecero risentire: la vita in sè
torno a manifestarsi. Solo Erin sembrava senza vita, sembrava morta.
Erin cercò di gridare, ma sembrava quasi che le parole le fossero morte
in bocca, che tutto il suo corpo si fosse irrigidito e che ora fosse in
una sorta di paralisi. Cercò di muovere il braccio, le faceva un male
lancinante. Fece un sospiro profondo e cercò di alzarsi. C'era
riuscita, finalmente, dopo vari tentativi.
Erin uscì, era ancora buio ma dei leggeri raggi solari si intravedevano
all'orizzonte. Si fece strada tra quell'ammasso di neve, aveva nevicato
abbondantemente ma lei non se ne era resa conto, e si proseguì il suo
cammino. Erin cominciò ad avere parecchia fame, non vedeva di
ritornarsene a casa a bere una tazza di cioccolata calda con dei
marshmallow. Erin si leccò le labbra, che bontà. Erin si guardò
intorno, oramai i raggi solari facevano buca tra i rami e questo la
fece sorridere per poco.
Erin, durante il suo cammino, ripensò a quella voce, a quella donna.
Che cosa poteva volere da lei?
Perchè l'aveva contattata?
A cosa si riferiva?
Chi era Erin?
Erin scosse la testa, per far uscire quei pensieri. Stava camminando da
un'ora oramai e non era ancora riuscita a trovare un villaggio o il
collegio. Era stanca; urlò. Un urlo straziato, stanco. Stanco di quella
vita, stanco di tutto. Erin si fece pensieri poco pertinenti, non
poteva sopportare un'altra nottata del genere, non ce l'avrebbe fatta.
Caddero lacrime, disperate, calde. Erin si stava odiando, si chiedeva
ancora una volta il perchè si fosse addentrata.
<< Perchè mi avete fatto questo? Perchè? Io voglio solo
tornare a casa, sana e salva >> urlò a cielo, con le
lacrime agli occhi.
Si disse basta, si sedette sulle radici degli alberi e aspettò. Erin si
addormentò, almeno così riusciva a calmarsi. Riuscì a riposarsi per
qualche ore, però uno stupido raggio solare le piombò sul viso e lei si
svegliò. Aveva dormito abbastanza bene.
Erin sgranò gli occhi, non poteva crederci. Una persona, in fondo,
verso la fine, si trovava un essere umano. Erin sorrise e alzò
involontariamente la testa al cielo, per poi sussurrare un
semplicissimo << grazie >>.
Erin si alzò, e corse, con tutte le forze che poteva avere. Erin si
sentiva più sollevata; finalmente sarebbe tornata a casa.
<< Ehi, ehi >> urlò agitando le braccia con
impeto verso l'uomo. Questo si girò.
<< Oh per l'amor del cielo. Erin, sei tu >>
disse per poi correre verso di lei e abbracciarla.
L'uomo la strinse contro di sè, mentre le carezzava dolcemente i
capelli.
<< John, mi sono persa. Mi dispiace, non l'ho fatto
apposta >> disse la ragazza, mentre si lasciava a un
silenzioso pianto sulla spalla di John.
John era il guardiano, il marito di Sarah. Entrambi lavoravano nel
collegio da più di quarant'anni, lì si erano conosciuti, lì si erano
innamorati e lì avevano sempre vissuto.
<< Ora ti porto a casa, hai un paio di cosucce da
spiegarci >> le disse dolcemente, mentre le spostava un
ciuffo dietro l'orecchio.
Era arrivata l'ora della verità per Erin. Si sedette sulla sedia,
mentre tra le mani aveva una tazza di tè al limone fumante. Alla sua
destra si trovava Sarah, mentre John era capo-tavola. C'erano anche le
sue amiche: Dana, Danielle e Kyla. Erin sospirò, non sapeva da dove
iniziare e soprattutto non sapeva la loro reazione. Magari non le
credevano, pur sempre Sarah non l'aveva fatto. Erin si portò la tazza
alla bocca, bevendo leggermente, mentre la mano di Danielle la istigava
a cominciare.
<< Erin, parla! >> urlò spazientita Dana.
<< Tutto cominciò quella sera, quando andai in cimitero
da mio padre. Stavo sistemando i fiori sulla sua tomba, sopra alla
scala, e qualcosa mi fece cadere. Io mi divincolai, cercai di capire
cosa fosse successo. Quando mi girai, due occhi rossi erano puntati su
di me. Ero per terra, cercai di scappare, ma quella cosa mi trascinò
per la gamba, fuori dal cimitero, in un campo. Gattonai fin che potevo,
ma questo mi riprese. Cercai di rialzarmi e corsi verso la strada
principale ma questi mi prese per la maglia e mi guardò
>> a Erin scese una lacrima, si stava trattenendo
<< quegli occhi malvagi erano puntati su di me, erano
dello stesso colore del sangue. Mi ricordai che avevo la tracolla con
dentro il coltello, lo presi, cercai di colpirlo, ma lui mi strinse i
polsi >> ecco le lacrime, Erin parlò a stento
<< mi prese per il collo, io gli tirai un calcio e
cademmo insieme. Ero stesa a terra e lui, quella strana creatura,
cominciò a inspirare insistemente, cominciò a annusarmi il collo e poi
cominciò a leccarlo. Non capivo cosa stesse facendo, sembrava quasi
estasiato dal mio odore >> disse per poi indicare il
punto. Rimasero tutti stupiti, persino Sarah. << Con
tutta la forza che avevo allungai il braccio, e gli inficcai il
coltello, che mi era caduto di mano, sul collo. Poi scappai. Questo,
come vi ho detto, era successo quella notte >> disse
infine, sospirando.
<< Dobbiamo chiamare la polizia >> disse
Dana alzandosi.
<< No >> sbraitò Erin << non
servirebbe a nulla >>.
Erin si guardò le mani screpolate a causa del freddo.
<< E stanotte, cos'è successo? >> la istigò
Sarah.
Erin non rispose, aveva già parlato troppo, non sarebbe riuscita a
proferire, ancora, parola.
<< Io... io preferirei non parlarne... >>
disse, continuando a guardare basso.
<< Erin, noi vogliamo aiutarti. Devi parlare, è per il
tuo bene >> continuò Danielle.
Erin non poteva dire le parole di Lilith, cosa avrebbero pensato di lei
dopo? Che lei fosse qualche strana creatura maligna? No, Erin non
poteva.
<< Devi dircelo, non ti giudicheremo. Sennò l'avremmo già
fatto >> disse sicura, ma dolcemente, Dana.
Erin alzò il volto verso le sue tre amiche, sorrise. Si calmò,
sorseggiò ancora un po' di tè e si passò una mano sul viso, per poi
proferire un flebile "okay".
<< Ero fuori, volevo prendermi una boccata d'aria, amo
stare in pace e in tranquillità nel parco. Poi, qualcosa, non so
cosa... Io non so come sia andata >> Erin si tastò la
fronte, cercando di ricordare << io sono entrata, ecco.
Qualcosa mi aveva spinta... Non mi ricordo bene, mi dispiace
>> disse sconvolta.
Dana andò da lei e l'abbracciò.
<< Calmati tesoro, calmati >> disse, mentre
la testa di Erin si trovava sulla sua spalla.
<< Ora è meglio che tu dorma, sei stroppo stanca. Ne
parleremo un'altra volta >> disse infine Sarah, e con
questò sparì dalla stanza.
Erin tornò in camera con le ragazze e tentò di dormire, invano.
****
SPAZIO
AUTRICE
Allora, non mi fa impazzire come capitolo, comunque spero sia lo stesso
di gradimento.
Ah, importante!
Se non vedo recensioni non continuo.
[BANNER PROVVISORIO]
Ci si vede, baci.
Insiemete.
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Capitolo 3 *** CAPITOLO 3 ***
KJHGFVC
BEAST AND
7 DEADLY SINS
CAPITOLO
TRE
[revisionato]
Erin
riuscì a dormire, serenamente. Si svegliò con un grande sorriso in
volto, mentre si stropicciava gli occhi color smeraldo.
Aveva dormito bene, nonostante tutto.
<< Buongiorno ragazze >> disse a Danielle e
Kyla intente a vestirsi e truccarsi.
<< Oh buongiorno anche a te, tesoro >>
disse la prima, che le si avvicinò e le scoccò un sonoro bacio sulla
guancia.
<< Come mai non mi avete svegliata prima?
>> chiese la rossa, confusa.
<< Oh, pensavamo di lasciarti dormire, insomma forse è
meglio se tu... ti riposi, ecco! >> canzonò l'altra.
<< No ragazze, verrò a scuola. Mi sento già molto meglio
oggi, e non vedo l'ora di passare una bellissima giornata con voi
>> disse Erin mentre abbracciò le ragazze.
<< Ma accidenti! Io sono ancora in pigiama e manca
mezz'ora al suono della campanella >> avanzò sempre lei,
mentre si fiondava nel bagno.
Erin sentì delle sonore risate da parte delle amiche. Quella mattina si
sentì meravigliosamente bene, come se tutti i suoi problemi e
dispiaceri fossero svaniti nel nulla. Erin continuava a sorridere,
mentre si preparava. Indossò un paio di jeans chiari con un maglione
verde smeraldo, che le faceva risaltare gli occhi, accompagnato il
tutto da un leggerissimo trucco: mascara e matita. Erin si svegliò più
sicura di sè stessa, sembrava che quella notte nel bosco avesse
risvegliato in lei qualcosa.
<< Erin è pronta >> balenò lei, con un
sorriso a trentadue denti.
Prese le sue amiche a braccetto e si diressero in aula, senza fare
colazione.
Erin si sedette al solito posto: in terza fila, vicino a Danielle.
Tirò fuori il suo cellulare e giocò con Candy Crush per amazzare il
tempo, ma qualcosa la interruppe.
Aaron stava entrando in classe. Il suo passo era pensante, eppure non
faceva il minimo rumore. Indossava una camicia bordeaux leggermente
sbottonata, che lasciava scoperto il collo, e dei jeans aderenti neri.
Erin, continuò ad esaminarlo, come se fosse una strana specie. Solo
allora si accorse dei suoi occhi: non erano verdi, tendevano al verde.
Erano cerulei, chiarissimi. Erin ci si perse dentro, continuava a
guardarlo, in quei istanti che sembravano solo loro, che non finivano
mai.
Quelli non erano occhi!
Il ragazzo si sistemò nella sua stessa fila, dalla parte opposta però.
<< Ciao Aaron >> sentì la ragazza, poco
dopo.
Erin si sporse più indietro, per vedere da chi proveniva quella voce.
Sentì un tonfo al cuore: Dana.
Erin contorse il naso, cosa poteva volere la bionda da lui?
<< Mi puoi chiamare Dana? Le devo chiedere una cosa
>> disse Erin a Kyla, che si trovava nella fila vicina.
La ragazza annuì, non capendone il motivo, ma d'altronde, come poteva
saperlo?
Dana si girò verso Erin e la guardò confusa.
La rossa le fece cenno con la mano di avvicinarsi a lei.
<< Cosa c'è? >> chiese.
<< Volevo chiederti se avevi te il mio saggio
>> rispose.
<< No, non ce l'ho. Ti serve altro? >>
domandò la bionda, portando le braccia sotto il petto. Era scocciata.
Erin voleva tenersela là vicina, non voleva che la sua amica parlasse
con... aspetta cosa?
Erin sgranò gli occhi, cos'era questo gesto inaspettato di... gelosia?
Erin negò con il capo, allora Dana tornò alla sua conversazione con il
moro.
Riprese il cellulare e giocò ancora un po', stranamente il professore
era in ritardo.
<< Buongiorno ragazzi, scusatemi il ritardo. Oh, vedo che
c'è un nuovo pulcino nel mio nido >> disse con il suo
solito fare scherzoso.
Risero tutti, solo Aaron non cambiò espressione nel suo volto.
Incuteva quasi paura; il suo sguardo era ghiacciante, fermo. Non
sbatteva nemmeno le ciglia.
<< Qual è il tuo nome, ragazzo? >> chiese
il signor Butterflies avvicinandosi al nuovo arrivato.
Aaron lo guardò intesamente, il suo sguardò non cambiò per niente.
Infine rispose.
La lezione iniziò normalmente, il professore spiegava e tutti
prendevano appunti, eccetto lui.
Erin se ne accorse, lasciò per un po' il suo blocco notes e si
concentrò sul ragazzo.
Aveva una postura eretta, guardava dritto davanti a sè e le braccia
erano incrociate sopra al banco.
Erin si ricompose quando il ragazzò si girò leggermente verso di lei.
Sospirò profondamente e impegnò di nuovo i suoi pensieri sulla chimica.
Le lezioni della mattinata finalmente terminarono, gli studenti si
recarono in massa nella grande mensa.
<< Cosa desidera signorina Beckett? >> fece
l'addetta.
Erin sorrise e guardò i piatti del giorno.
<< Solo pasta ai quattro formaggi, grazie
>> disse per poi allungarsi e prendere il piatto, e una
bottiglietta d'acqua dentro il cesto.
Erin si sedette nel solito tavolo da sei con Dana, Danielle, Kyla,
Logan e una ragazza che era arrivata l'anno scorso: Meredith.
Meredith era neozelandese, aveva vissuto fino ad allora a Napier,
nell'isola del Nord. I suoi genitori si erano trasferiti per un'offerta
di lavoro e da allora lei frequentò il collegio.
Erin era solare, parlò molto: dai vestiti alla scuola, dai compiti ad i
ragazzi.
Però non voleva toccare quell'argomento, era l'unica cosa che la faceva
incupire.
<< Non è un tipo chiacchierone >> fece
Logan indicandolo con il capo.
Erin si alzò per vederlo; era seduto da solo, in fondo alla sala, in un
tavolo vuoto. Un leggero venticello, che proveniva dalle finestre
aperte, gli scompigliava i capelli e quella, che era una cresta
ordinata. Continuò a fissarlo incessatamente, le sue amiche avevano gli
occhi puntati su di lei.
<< Erin, svegliati! >> urlarono tutte in
coro.
Erin si ricompose, sedendosi educatamente e guardandosi intorno
confusa. Aggrottò la fronte.
<< Smettila di fissarlo, l'ho visto prima io
>> fece Logan con un sorrisetto malizioso sulle labbra.
Erin stava fulminando la finta rossa con lo sguardo, mentre questa si
dirigeva verso di lui.
Non doveva, non poteva toccarlo!
Era concentrata in quella scena.
Logan cercò di sedurlo mordendosi le labbra in modo provocante.
Ma, il suo viso era impassibile.
Ma era senza emozioni? Erin lo guardò nuovamente, interessata.
Il suo viso era pallido, quasi bianco, i lineamenti erano fini e
scolpiti: impossibili da scrivere.
Aaron, mentre rispondeva a qualcosa di Logan, posò lo sguardo sulla
ragazza.
Erin sentì raggelarsi il sangue, sentì un fortissimo dolore alla bocca
dello stomaco che la piegò in due, Erin emise un grido mozzato.
Sentì il suo cuore fermarsi per qualche secondo e vide tutto nero.
Erin si risvegliò su una barella, nell'infermeria. Alla sua destra
c'erano Danielle e Kyla, senza Dana.
Erin cercò di rialzarsi, ma una profonda fitta la fece ricadere
dolorante.
<< Che cosa mi è successo? >> chiese con
voce flebile all'infermiera bionda, era molto giovane.
<< La pasta ai quattro formaggi ti fa male
>> disse con un leggero sorriso, mentre le posava uno
straccio bagnato sulla fronte.
<< Oh, quanto sono rimasta priva di sensi?
>> domandò a quei occhi color caramello fuso.
<< Poco, non preoccuparti, stai molto meglio. Ora puoi
tornare in camera tua, però, non dovrai mangiare niente di pesante
questa sera. Hai lo stomaco scombussolato >> rispose
sempre sorridendo.
Le due amiche la portarono in camera e la distesero sul letto. Erin
sorrise spontaneamente: c'erano sempre per lei e le ringraziava ogni
volta.
<< Grazie ancora, siete fantastiche >>
disse sempre sorridendo.
<< Figurati, è questo che fanno le vere amiche: si
aiutano nel momento del bisogno >> rispose Danielle.
Le due ragazze se ne uscirono, lasciando Erin sola e tranquilla.
Continuava ad aver dolore.
Non era stata la pasta.
Era stato qualcos'altro.
Erin ripensò a quando il ragazzo, per la seconda volta, la guardò così
attentamente. Il suo sguardo era truce e spaventoso, solo all'idea si
spaventava ancora. Voleva rivederlo e capire se fosse stato lui a farle
quell'effetto.
Erin si mise su un paio di stivaletti marroni bassi ed uscì da quella
camera, alla sua ricerca. Camminava un tantino ingobbita, non riusciva
a stare dritta. Attraversò, senza farsi vedere, il dormitorio femminile
e passò in quello maschile. Si guardò intorno, senza farsi vedere e si
recò nei piani alti per trovare la sua camera. Passò più di una ventina
di camere, ma quel ragazzo non si trovava. Sbuffando, scese nuovamente
le scale e uscì nel parco. Lo cercò da tutte le parti: biblioteca,
mensa, laboratori, dormitori, giardini; ma quel ragazzo era come
sparito. Dove si trovava? Erin tornò esausta in camera sua, chiudendosi
la porta alle spalle, sconfitta.
<< Ciao, Erin >> sentì una voce
sconosciuta, molto profonda e un po' roca.
Era lui!
E, come si aspettava, un altro dolore lancinante allo stomaco.
****
SPAZIO
AUTRICE
Allora, questo capitolo anticipa qualcosa di moooolto importante, spero
vi piaccia, davvero.
Ho revisionato quelli scorsi e (lo spero) non ci sono più errori.
CONTINUATE PURE A RECENSIREEEE!
Ah, importante!
Se non vedo recensioni non continuo.
[BANNER PROVVISORIO]
Ci si vede, baci.
Insiemete.
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Capitolo 4 *** CAPITOLO 4 ***
KJHGFVC
BEAST AND
7 DEADLY SINS
CAPITOLO
QUATTRO
[revisionato]
<<
Ciao, Erin >> sentì una voce sconosciuta, profonda e un
po' roca.
Era lui!
E, come si aspettava, un altro dolore lancinante allo stomaco.
<< Ti stavo cercando >> ammise lei
guardando il basso, mentre si teneva la pancia con le braccia.
Erin si accovacciò per terra, dolorante. Il suo respiro diventò
affannoso, il suo cuore cominciò a battere irregolarmente, il sudore scese sul suo viso.
<< Perchè quando ti vedo, mi succede questo?
>> chiese respirando affannosamente ad ogni parola.
<< Forse è meglio che tu non lo sappia >>
disse, alzandosi dalla poltroncina rosso fuoco ed andando verso la
porta.
<< No! >> gridò lei con tutto il fiato
possibile << devi rispondermi! Io sto male. Quando ti
vedo, oppure quando tu sei vicino a me, comincio a sentirmi così
>>.
Aaron la guardò storto e si avvicinò ancora di più a lei, Erin gridò,
più si avvicinava più il dolore aumentava.
<< Stammi lontano >> urlò tra le lacrime.
<< Sai, pensavo che tu fossi più stupida, invece hai
rimesso insieme tutti i tasselli del puzzle >> rise
<< per il tuo bene, ti conviene non cercarmi
>>.
Aaron lasciò la stanza, il dolore nello stomaco di Erin si affievolì.
Non le aveva risposto e questo la mandava in bestia.
Cosa intendeva? Che cosa aveva scoperto?
Erin si fece tantissime domande, doveva assolutamente capire cosa
nascondesse quel ragazzo.
Poco dopo, mentre la ragazza era per terra ai piedi del letto, la porta
della stanza si aprì bruscamente.
<< Erin! >> urlò allarmata Danielle
<< che cosa fai per terra? >> domandò
impaurita e confusa.
<< Sono... caduta >> mentì la rossa.
<< Tu sei peggio di un bambino. Non stai mai ferma e io
non riesco a starti dietro >> disse menodrammatica.
Erin non fece altro che ridere, sonoramente.
<< Mi spieghi cosa c'è da ridere? >>
domandò la mora alzando un sopracciglio.
Erin si alzò dal pavimento e uscì dalla camera.
<< E ora dove pensi di andare signorina? >>
disse la ragazza da dentro la stanza.
<< A mangiare! >> urlò l'altra divertita,
il dolore le era ormai passato.
Erin scese nel cucinino e cercò qualcosa da mettere sotto i denti;
aveva una fame bestiale anche se aveva mangiato una porzione abbondante
di pasta. Trovò degli arachidi e riempì un grosso bicchiere. Uscì nel
giardino e si sedette sotto un albero, sapeva che era molto pericoloso
stare nel bosco dopo quello che era successo, ma si sentì tranquilla.
Erin si stese all'ombra mentre mangiava, guardava il cielo spruzzato
qua e là da delle candide nuvole bianche e i pochi uccelli che volavano.
Quanti passeri! Molti si ammucchiarono vicino a lei, intenti a mangiare
gli arachidi. Ne lanciò una manciata verso il prato, dove una folla di
uccellini si nutrì.
La ragazza sorrise beatamente, mentre si rilassava.
Quello sì che era paradiso, per lei!
Erin alzò di poco il busto per vedere chi si stesse dirigendo verso la
sua parte: Logan e... Dana.
Si dirigevano verso di lei con grandi falcate e il loro volto era
davvero orrendo, trasudavano rabbia da tutti i pori.
<< Tu! >> indicò Erin con un dito, Dana
<< stai lontana da Aaron, oppure dovrai passare sui
nostri corpi >>.
Erin le guardò dal basso, la guardavano in malomodo, la ragazza
continuava a spostare lo sguardo da una a l'altra finendo con una
fragorosa risata. Continuò a ridere, asciugandosi le lacrime con le
dita. Le altre due non avevano cambiato posizione.
<< Io non cerco di rubarvi proprio nessuno, cosa ve lo fa
pensare questo? >> domandò lei tranquillamente.
<< Oggi eravate soli, in camera tua, come mai?
>> chiese, questa volta, Logan.
Oh cazzo. Erin non sapeva cosa rispondere, non poteva di certo dire
quello che era successo.
<< E' venuto a prendere gli appunti... oggi non è stato
attento nell'ora di scienze naturali >> rispose.
Le altre due rimasero zitte, ma continuarono a guardarla male.
<< Meglio per te >> dissero in coro per poi
andarsene.
Erin si ristese sotto l'albero, oramai l'appettito se ne era andato.
Ripensò a quello che era successo quel pomeriggio con il ragazzo.
Quando si avvicinò lei sentì una fortissima fitta dentro il suo addome,
come se tutti i suoi muscoli si fossero contratti dopo aver ricevuto un
pugno. Si guardò intorno, intenta di riconoscerlo da qualche parte.
Voleva tornare da lui, voleva capire perchè le faceva quell'effetto. E
no, non erano delle stupide farfalle causate da una stupida cotta.
Erin si rialzò, si sistemò i vestiti e rientrò a passo veloce. Voleva
trovarlo nuovamente, a costo di tutto!
<< Erin! Cosa ci fai in giro, vai a letto.
Immediatamente! >> sentì strillare Sarah, appena entrata
nella hall del dormitorio.
<< Ma io sto bene, non serve >> rispose la
rossa determinata.
<< Niente scuse, signorina. Fila a letto >>
ordinò.
Erin alzò le mani in segno di resa, buttò via il bicchiere nel cestino
ed andò in camera sua. Entrò e si meravigliò di vedere la ragazza nella
sua camera, seduta sul suo letto.
<< Che cosa vuoi? >> avanzò per prima.
Erin era ancora arrabbiata, se era lì per chiederle scusa... bè, non
l'avrebbe ottenuta! Si appoggiò con schiena contro la parete bianca e
aspettò le sue parole.
Dana si girò verso la sua parte con sguardo truce.
<< Che cosa ci faceva lui qui? >> domandò
abbastanza alterata.
<< Oh, ma insomma... cavoli miei, non credi?
>> canzonò l'altra, sbuffando.
<< Senti >> si alzò e le puntò un dito
contro, ancora << non ci provare con lui, non puoi
toccarlo >>.
Erin sgranò gli occhi, come mai tutta questa gelosia verso il nuovo
ragazzo?
Si ricompose e ricambiò lo sguardo della bionda.
<< A me non me ne frega niente di quel tipo, va bene?
>>.
Ed era vero, a Erin non fregava assolutamente nulla del ragazzo. Voleva
solamente sapere perchè le facesse quell'effetto, e basta.
Dana strinse i denti, e dopo una nuova minaccia, se ne uscì da quella
stanza.
Erin si chiese perchè tutte gli andavano dietro, certo era un
bellissimo ragazzo, ma in fatto di carattere non era proprio il massimo.
Si stese sul letto, lasciando che quella giornata le scivolasse di
torno.
Un assordante tichettare svegliò Erin dalla sua dormita, si passò una
mano sul viso e guardò la sveglia.
7.00.
Aveva dormito così tanto? Aveva anche saltato la cena.
Erin si girò dall'altra parte del letto, Danielle stava ancora
dormendo, mentre Kyla era impegnata a scrivere qualche cosa sul
cellulare.
<< Kyla, ho dormito così tanto, perchè non mi avete
svegliata ieri sera? >> domandò guardandola.
L'amica si girò verso di lei, mostrandole un dolcissimo sorriso. Si
alzò col busto e si sedette con la schiena contro la testiera del letto.
<< Semplice: non volevi >> rispose
sussurrando.
<< Come, prego? >> chiese la rossa.
<< Avevi detto, mentre dormivi naturalmente, che non
avevi fame e che eri molto stanca. Io e Danielle abbiamo pensato di
lasciarti riposare, in più dormivi così beatamente. E poi hai fatto
bene a dormire così tante ore, oggi è una giornata speciale, andiamo a
Glendalough >> urlò le ultime parole, facendo svegliare
la vicina di letto.
<< Ah, già... >> pronunciò Erin per niente
entusiasta. Aveva un brutto presentimento.
<< Ma come già, dovresti esultare di gioia! Cioè è un
posto bellissimo. Visiteremo le torri, il cimitero dei re e i laghi
>> Kyla si alzò tutta felice e si posizionò di fianco ad
Erin mostrandole delle foto del posto << cioè scusami,
non ti sembra eccitante? >>.
<< A me incute paura >> sentirono mugugnare
dal fondo, le ragazze guardarono Danielle che si stropicciava gli occhi
scuri e che si sedette sul letto sostenendosi con le braccia.
<< Che c'è? Oh andiamo, a voi non fanno paura quei posti
in mezzo ai boschi, nel nulla, con dei cimiteri? A me sì
>>.
Le altre due risero. << Danielle anche noi siamo nel
bosco >> pronunciò Kyla.
<< Sì, questo è vero. Ma noi abbiamo il centro a poco
meno di un'ora a piedi e qua vicino ci sono anche i centri commerciali
>> disse facendo la faccia da cucciola.
Kyla e Erin si alzarono e si recarono in bagno a lavarsi il viso, per
poi vestirsi. Erin non aveva affatto voglia di andare in gita, ma
doveva. Si fece un alto chignon che le ricadeva a ciuffi sul pallido
viso, si mise una felpa pesante verde acceso e un paio di pantaloni
scuri. Aveva passato solo un po' di mascara. Le ragazze si recarono in
sala per fare la colazione insieme a tutte le altre ragazze del loro
dormitorio - c'erano tre dormitori per le ragazze, suddivisi in tre
capannine e due dormitori per i maschi, anche questi suddivisi in due
capannine -. Erin mangiò a volontà, aveva un certo languorino da quando
si era svegliata.
<< Avanti ragazzi, muovetevi >> fecero i
professori di chimica e letteratura da dentro l'autobus.
Si guardò intorno e lo cercò, era già dentro il veicolo che parlava e
rideva, seduto tra gli ultimi posti con... Dana, Logan e un mucchio di
ragazze attorno.
D'un tratto era diventato mr. Simpatia? Erin scosse la testa, cercò di
non badarlo e si sistemò tra i primi posti. Non voleva star male quel
giorno e più era lontana da quell'essere meglio stava.
Mise la riproduzione casuale e ascoltò la musica per tutto il tragitto,
il suo repertorio vagava dal rock al jazz, dal pop all'alternative. Il
paesaggio la accompagnava per tutto il tragitto; valli, laghi, colline.
Lei amava l'Irlanda, amava la sua natura, amava quella vita.
Finalmente arrivarono, il paesaggio era da mozzare il fiato, due
grandissimi laghi si trovavano di fronte a loro, in una grande vallata,
e ai piedi dei monti si trovava il mumento.
I professori si diressero a passo svelto verso questo.
<< Muovetevi, siamo in ritardo di mezz'ora: la guida ci
sta aspettando, forza lumache! >>.
Erin si incamminò con gli ultimi ragazzi. Mandò giù saliva quando si
accorse che Aaron si trovava proprio davanti di lei, stranamente non le
faceva male da nessuna parte. Dana, Logan, Meredith e tante altre
ragazze gli stavano incollate come delle sanguisughe.
<< Scusami Kyla, e anche te Danielle, come mai voi non
sbavate dietro al tipo? >> chiese Erin indicandolo con il
capo.
Le due ragazze rimasero zitte e Erin le guardò, una per una, confusa.
<< Avanti, parlate >> disse, facendo il
gesto con la mano.
<< Ecco... anche noi saremo tentate >>
ammisero insieme.
<< Cosa? Ma si può sapere perchè tutte sbavate dietro a
quello? Cosa ci trovate di così tanto bello in lui? Non parla mai, è
sempre lì, cupo e silenzioso >> gridò
indicandolo in malomodo.
<< A noi sorprende il fatto che tu sia l'unica ragazza a
non resistergli >> disse Kyla, ovviamente Erin sapeva che
le piacesse, dopo quelle lunghe telefonate che si scambiava con le sue
amiche, su quel ragazzo.
<< Sembrate delle galline! Questa è una cosa assurda,
come potete essere tutte attratte da lui?! >> le altre
due si guardarono, per poi voltarsi da Erin con una faccia sconsolata
<< avanti, rispondete >> riformulò la rossa.
<< Non lo sappiamo >>.
Erin spalancò la bocca scioccata. << Voi siete assurde!
>> ringhiò tra i denti.
La mattinata passò velocemente e così anche il pomeriggio, Erin non era
affatto felice di quella gita, ma tutto sommato era interessante. La
loro guida, Kurt - quarantenne di origine tedesca - spiegò tutto
meravigliosamente, la parte più interessante, o almeno per lei lo era,
fu il cimitero dei Re. Ascoltò con attenzione la spiegazione mentre si
appuntava sul suo blocco note, ma i gridolini delle oche, intorno a
Aaron, la infastidivano parecchio. Erin si girò fulminandole con lo
sguardo, senza cercare lo sguardo penetrante del ragazzo. Non si era
sentita male, magari aveva ragione l'infermiera, era la pasta. Si
avvicinò alle tombe di pietra, scattando numerose foto.
<< Beckett, è l'unica ragazza interessata alla
spiegazione, venga con me >> la richiamò il professore di
chimica.
<< E voi, tipo nuovo, seguitemi >> annunciò
indicando con il medio Aaron.
Erin annuì e lo seguì in un posto più appartato. Il professore li portò
in un minuscolo sentiero, stretto e molto ombroso, i raggi solari
faticavano ad entrare. Proprio davanti a loro c'era una specie tomba,
scavata su una spessa roccia. La targa con il nome era dorata, sbiadita
con il tempo. Sparsi per terra c'erano mazzolini di fiori, quasi tutti
secchi e ricoperti dal gelo di novembre.
<< Vedete questo posto, qui dicono che siano sepolte le
reliquie di Sant. Kevin, vi dispiacerebbe fare alcune foto? La mia
macchina fotografica si è spenta mentre l'altro non l'ha portata con sè
>>.
<< Sì, capisco, ma perchè avete chiesto anche a Don
Giovanni di venire con me? >> domandò indicandolo, senza
guardarlo negli occhi.
<< Perchè, signorina Beckett, voi siete l'unica ragazza
che si contiene e le altre devono stare attente perchè dopo dovranno
fare un saggio. Spero di non pentirmene e voglio che lei non assuma lo
stesso comportamento delle altre ragazze, con questo è tutto, vi lascio
>>.
<< Bene >>.
Erin, sbuffando, annuì e fece numerose foto a quella strana grotta.
Non cercò di incontrare lo sguardo del ragazzo, non voleva e non poteva.
****
SPAZIO
AUTRICE
Allora, questo capitolo anticipa qualcosa di moooolto importante, spero
vi piaccia, davvero.
CONTINUATE PURE A RECENSIREEEE!
Ah, importante!
Se non vedo recensioni non continuo.
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Ci si vede, baci.
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Capitolo 5 *** CAPITOLO 5 ***
KJHGFVC
BEAST AND
7 DEADLY SINS
CAPITOLO
CINQUE
Erin
non era molto felice di passare del tempo con lui, ma le era stato
imposto.
Cercò di non badarlo, di far finta di essere sola, a studiare. E
infatti quello era un compito.
Le
reliquie erano posate dentro una grande teca di vetro spesso,
contornata dai margini dorati. La lapide era posata ai piedi di una
bianca roccia che dominava dentro tutta la grotta. Sopra c'era inciso
il nome e la data di nascita e morte del Santo.
Poco più sotto, invece, una sottile scritta in corsivo faceva capolino
da dei mazzi di rose appesi.
«
And then there was St.
Kevin and the blackbird.
The Saint is kneeling, arms stretched out, inside
His cell, but the cell is narrow, so
»
«
E poi c'era San Kevin e
il merlo.
Il Santo è in ginocchio, dentro la sua cella
a braccia tese ma la cella è stretta
»
Erin
spostò l'attenzione verso quella scritta e ricollegò tutti i dipinti
del Santo con il merlo. Cercò di ricordarsi dalla lezione poco prima
avvenuta, qualche particolare che potesse interessare la figura
dell'animale, ma, niente ne faceva a che vedere.
Aaron, intanto, fissava la ragazza con la sua solita espressione cupa;
se ne accorse della sua attenzione verso quella frase.
<< Il merlo era un suo simbolo >> disse,
avvicinandosi a passo elegante alla ragazza.
Erin
non si voltò, non voleva trovarsi quelle iridi limpidissime puntate
sulle sue; aveva ancora paura di lui. << Di che cosa stai
parlando? >> formulò mandando giù saliva.
<< Il
merlo era un simbolo di San Kevin, proprio come la daina. Infatti lo
vedi sempre raffigurato con un merlo tra le braccia e questa daina di
fianco al trono dorato >> fece, con un leggero ghigno in
viso,
mentre pichiettava le dita sulla teca.
Erin riprese di mano il taccuino e appuntò quello che stava facendo.
Aaron capì il gioco della ragazza e ricominciò il suo discorso.
<<
Lo ritraevano come un angelo, molti sostenevano che lui fosse proprio
un angelo. Sua madre lo partorì senza alcun sforzo, non provò nessun
dolore e, Kevin nacque accarezzato dalla neve. All'età di dodici anni
era già preparato, aveva una ferrea preparazione religiosa e, anche per
questo, divenne uno degli abati più apprezzati del mondo. Kevin poco
dopo, scappò dal monastero, e si rifugiò in questi boschi, proprio ai
piedi dell'Upper Lake. Visse da eremita per sette anni, finchè non
fondò questo monastero. Era diventato uno dei monasteri più conosciuti
a quei tempi, e pian piano, diventò il più importante d'Irlanda. Saint
Kevin compì moltissimi miracoli, addirittura, alcuni di voi irlandesi,
lo venerano più di San Patrizio. Parecchi anni dopo, però, Kevin
ricevette un messaggio: il suo caro amico Ciaràn stava morendo. Kevin
si recò al più presto a Clonmacnoise - Irlanda del Sud -, ma quando
questi arrivò, Ciàran se ne era già andato >> Aaron fece
una
risata amara prima di proseguire << quello fu il suo
miracolo più
grande. Kevin pregò sul letto del suo amico, e costui si risvegliò.
Ciàran e Kevin si riabbracciarono, e il moribondo gli diede un dono:
una campana argentata, come segno d'amicizia. Subito dopo, Ciàran
rimorì, per sempre. Saint Kevin visse per molti altri anni, fino ai
120, considerandolo uno dei più vecchi abati mai esistiti
>>.
Erin
ascoltò tutta la sua spiegazione con impeto. Era rimasta molto
sorpresa, lui doveva conoscere davvero molto bene la sua storia.
<< Vedo che sei molto informato >> scherzò
lei, scarabocchiando i bordi del foglietto.
Aaron la guardò in malomodo, in segno di sfida.
Proprio allora, senza accorgersene, incontrò i suoi occhi.
Erin ne rimase sorpresa, non si era sentita male... era come, rilassata.
Continuò a guardarlo, per capire se stava solamente sognando o se fosse
vero.
<< Smettila di fissarmi >> esordì lui,
seccato.
Erin
ritornò con lo sguardo dove lo aveva lasciato poco fa e sul suo viso
comparve un leggero rossore. Si sentì le guancie andare a fuoco e un
caldo tepore inebriare tutto il suo minuto corpo.
<<
Forse me ne pentirò, però, ti devo chiedere una cosa >>
disse
lei, per poi riportare lo sguardo su di lui, che la guardava confuso
<< avvicinati a me >>.
Erin ripensò solo dopo a quello che aveva detto, si maledì mentalmente.
Che cosa le era passato in testa?
Aaron
si avvicinò a lei, ancora con lo sguardo assente, e si piegò sulle
ginocchia, facendo inchiodare i loro sguardi. Lui era davanti a lei,
lei era di fronte a lui. Erin si ricompose e si accorse che niente le
faceva male, nemmeno un po' di fastidio... proprio niente.
La
situazione si era fatta imbarazzante, Erin continuava a guardarlo,
mentre lui se ne voleva andare. Sembrava di vedere una scenetta tra
bimbi dell'asilo.
<< Possiamo pure tornare >> disse
lei, raccogliendo le sue cose e seguendo il ragazzo, oramai
spazientito, verso il sentiero.
Durante il tragitto non parlarono mai, e questo dava fastidio alla
rossa, le era parso per un attimo, che lui fosse un ragazzo gentile e
di piacevole compagnia.
Erin si riguardò intorno, memorizzando quel
posto. Non c'era niente di differente dal bosco fuori il collegio:
stessi alberi, stessi animali, stessi ruscelli, stesso freddo...
Dopo una decina abbondante di camminata, i ragazzi tornarono
nell'abbazia.
Stavano
tutti mangiando in un giardinetto interno, dotato di panche e tavoli. I
professori li vennero incontro chiedendo cosa fosse successo e se fosse
tutto andato bene; i due annuirono allunisono.
Erin si precipitò
a passo svelto dalle sue amiche, prendendo un panino dalla sacca di
Kyla. Addentò la croccante crosta bianca e masticò nervosamente il
pranzo.
<< Allora? Com'è andata? >> chiese Kyla con
un velo di irritazione tra le sue parole.
<< A meraviglia >> disse a modo di
botta-e-risposta.
Kyla
e Danielle la guardarono stupite e confuse, fremevano dalla voglia di
sapere cosa fosse successo. Erin si accorse del loro interesse e, prese
le sue cose, si allontanò da loro, sedendosi su una muretta di pietra
grigia.
Intanto Aaron era indaffarato a parlare con Dana.
Quella schifosa mocciosa
incipriata mi ha voltato le spalle così,
pensò Erin. Era arrabbiata e allo stesso tempo ferita, tanto che una
delle sue salate lacrime venne masticata insieme al panino.
Altre scesero giù per il viso; si ricordò quando Dana l'aveva
intimorita,
segno della fine della loro amicizia. Erin non ci voleva ancora
credere, non era possibile che un ragazzo le potesse separare: mai e
poi mai. Mandò giù l'ultimo boccone e poi andò in bagno a darsi
una sistemata.
Il mascara le era colato e la sua felpa si era
macchiata di qualche sostanza grigiastra. Erin prese un pezzo di carta
e sfregò sullo sporco, continuando a piangere.
Si asciugò le lacrime e le ricacciò dentro: non doveva, non aveva fatto
niente di male. Sfoderò un lieve sorriso e ritornò nel giardinetto
insieme a tutta la scolaresca.
Erin continuò a guardarla per quei interminabili minuti di spiegazione
dentro la canonica; Dana le stava vicino e lo continuava a guardarlo
con fare provocante. Si era sempre mostrata interessata alle
spiegazioni tenute, ma, in quel momento, tutto il suo corpo era
impagnato a guardare quella... coppietta?
Ad un tratto sentì una vibrazione sulla sua spina dorsale, che fosse
gelosia?
No. Più rabbia, frustrazione. Erin si girò verso Danielle, che
ascoltava la lezione incuriosita - strano a dirsi - e poi verso Kyla,
che era impegnata a messaggiare, nascondendo il cellulare dentro la sua
sacca di pelle lucida.
Erin non vedeva l'ora che quella giornata finisse.
****
SPAZIO
AUTRICE
Ciao a tutti,
allora scusatemi per il ritardo ma questo periodo è abbastanza
"incasinato" per me.
Allora, che dire?
Il capitolo non mi piace, insomma non è venuto come volevo (colpa della
fretta, della poca voglia e del tempo ristretto).
Lo giuro, i prossimi saranno più corposi e intriganti.
Ah, quasi me ne dimenticavo.
Scusatemi per eventuali errori ma non ho potuto revisionarlo, sono di
fretta.
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Ci si vede, baci.
Insiemete.
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Capitolo 6 *** CAPITOLO 6 ***
KJHGFVC
BEAST AND
7 DEADLY SINS
CAPITOLO
SEI
Il sonno della
ragazza era disturbato, immagini sgranate e terrificanti le avevano
fatto compagnia per tutta la notte. Si rigirava continuamente tra le
calde coperte cercando, invano, di trovare un momento di pace e poter
riposare. Era un incubo, ma uno di quelli realistici, uno di quelli che
ti facevano urlare dalla paura, uno di quelli che ti entravano dentro e
sentivi il tuo corpo irrigidirsi. Erin prese il cuscino e se lo strinse
tra le braccia, oramai inondata dalle lacrime.
Si
alzò dal letto e si mise su una pesante mantellina color rosso cremisi;
uscì dalla stanza senza fare rumore. Il corridoio era completamente
scuro, eppure lei riusciva a vederci abbastanza bene. La ragazza
scrollò la testa, che stava pensando, era impossibile.
Percorse
tutto il dormitorio fino ad uscire dalla porta del retro, che rimaneva
aperta per le emergenze. La brezza di quel gelido novembre la invase
completamente, sentì i suoi muscoli irrigidirsi.
I
piedi di Erin sembravano quasi impossessati, si ritrovò a camminare per
il giardino, entrando nel bosco, contro la sua volontà. Le sembrava di
essere richiamata. Questa volta, però, non aveva paura; c'era qualcosa
dentro di lei che le diceva che nessuno le avrebbe fatto niente.
Erin
camminò tra quei rametti rotti e la neve che era caduta durante la
notte, tra i suoni terrificanti e i canti dei gufi al chiaro di luna.
Si ritrovò in prossimità della grande vallata; ora si era fermata. Si
guardò in giro, cercando qualcosa; cosa?
Erin
si irrigidì quando una calda mano le tocco quella parte della spalla,
nuda. Si girò lentamente, sgranando gli occhi alla vista di quella
persona.
<<
Che cosa ci fai qui? >> sputò lei, spaventata. Si portò
una mano sul cuore.
Il
ragazzo sorrise beffardo; i suoi occhi splendevano ancora più del
solito sotto quella luce lunare, e Erin poteva giurarlo: erano quasi
bianchi.
<<
Potrei farti io la stessa domanda; è contro il regolamento uscire di
notte, piccina >> disse, mostrando un bellissimo sorriso.
<<
Non mi pare che questo ti crei alcun fastidio >> rispose,
portando le braccia sotto il seno.
<<
Esatto >> disse semplicemente.
Erin
seguì con lo sguardo il ragazzo, si stava dirigendo verso l'interno del
bosco, tranquillamente. La ragazza si chiese perchè doveva incontrare
proprio lui, perchè nessun altro? Sembrava quasi che tutto fosse
calcolato.
Presa
dalla curiosità, la ragazza lo seguì, scaltra, facendo attenzione a non
farsi riconoscere. Si nascose tra le ombre del vuio e lo seguì ad ogni
passo.
Erin
spalancò la bocca quando Aaron si fermò davanti ad uno strapiombo che
lei non aveva mai visto in tutto quel tempo. Un'aurora boreale
ricopriva tutti i boschi che si trovavano davanti a loro. Sembrava un
gioco di magia, una stregoneria; era così assurdo. Non si trovavano nei
poli, e questo fenomeno era assente in Irlanda e in Inghilterra;
eppure, in quel momento, era di fronte a loro.
<<
Puoi avvicinarti, sai >> disse Aaron parlando con il
vuoto.
La
rossa si avvicinò al corpo alto e muscoloso del ragazzo; la luce gli
accarezzava perfettamente i contorni della pelle, era un Adone. Erin
voleva toccarlo, sentire che effetto faceva. Continuò a guardarlo, come
se fosse una droga, mentre si avvicinava sempre più al suo fianco.
Erin
si sentì imprigionata in una morsa, schiava da qualcosa, e non poteva
fare altro che assecondare quella sua volontà. Si sentì strana, come se
qualcosa stesse nascendo dentro di lei, eppure non era una cosa buona.
Aveva sfiorato la sua guancia con l'indice. Aaron era bollente, la sua
pelle era puro calore, e se la toccavi potevi ustionarti.
La
ragazza, in preda a sempre più curiosità, ritoccò il suo viso; sentì i
lembi della sua pelle bruciare contro la sua: era spaventata,
terrorizzata, eppure non voleva togliere la mano dal suo viso.
<<
Che cosa sei? >> mormorò nuovamente, guardandolo negli
occhi.
Aaron
posò lo sguardo su di lei, si aprì in un altro radioso sorriso, capace
di scioglierti il cuore, e scosse la testa.
<<
Te l'ho già detto Erin, prima devi scoprire chi sei tu >>
ammise.
<<
Sono semplicemente, me >> ammise la ragazza.
Aaron
la guardò stranito e si mise a ridere sonoramente; si spostò da lei e
si sedette sui rami di un grande albero. Erin lo guardò, per poi
sedersi anche lei, a dovuta distanza.
<<
La tua pelle brucia, i tuoi occhi cambiano di colore ogni giorno, e lo
stesso il tuo carattere. Le persone ti leccano il culo ogni secondo,
tutte. Non ho mai incontrato una persona come te >>
disse, in preda alle lacrime.
<<
E’ un dono >> ammise serio.
<<
Che cosa mi stai dicendo? >> chiese la rossa,
gesticolando in preda al panico.
Intanto
si era creato un tombale silenzio, rotto di tanto in tanto dallo
scalpiccio dei rametti sotto di loro. Erin continuava a guardarlo,
desiderando, ancora, di toccare quella sua vellutata ma pericola pelle.
Desiderava ancora sentire quella sua calda e un tantino roca, oppure
sentirlo vicino a lei.
Si
meravigliò dei suoi stessi pensieri, eppure non poteva fermarli, perché
erano del tutto veri. Erin si sbilanciò, cercando di avvicinarsi
maggiormente a lui.
<<
Raccontami un po' dei tuoi genitori, quelli naturali, intendo
>> disse il ragazzo, guardando dritto davanti a sé.
La
ragazza si bloccò, e si sentì sprofondare in un abisso che non aveva
mai fine. Erin strinse i pugni, pronta a rompere tutto, ma si calmò
poco dopo.
<<
Niente, mi hanno abbandonata, non so altro >> aggiunse,
tra le lacrime.
<<
Perchè ti dovrebbe interessare la mia vita? >> chiese
lei, portando lo sguardo sul ragazzo. Aaron si voltò e la guardò negli
occhi.
<<
Posso farti una domanda? >> disse lei, senza togliere lo
sguardo da lui.
<<
Dipende >> rispose semplicemente.
<<
Da quando sei arrivato te la mia vita è cambiata; ho notti insonne,
sento voci che mi parlano, sento me stessa diversa. E tu c'entri in
tutto questo >> disse lei.
<<
Sì >> rispose lui, tranquillo.
Erin
sussultò, non pensava minimamente che lui le rispondesse; un tassello
del puzzle era completato, come aveva detto lui.
<<
Tu sai chi era? >> ammise titubante, sperando in una
risposta.
<<
Sì >> rispose lui, sempre guardando dritto davanti a sé.
<<
Raccontami di lei, per favore >> supplicò la ragazza,
mentre fermava le lacrime con la manica del suo maglione.
<<
Era un inverno grigio e tetro, io vagabondavo per le vie di una Londra
al chiaro di luna; lungo il cammino c’era questa donna. Stava
piangendo, era accasciata a terra, si teneva il viso tra le mani. I
suoi vestiti erano stati strappati. Mi avvicinai a lei, le chiesi
perché piangesse. Lei rispose che aveva fatto uno sbaglio, che non
doveva innamorarsi di lui, che dopo tutti gli avvertimenti lei aveva
fatto di testa sua, e ora aveva toccato il fondo. Mi disse che
aspettava un figlio; frutto del loro amore eterno, ma che questo era
solo uno sbaglio, non poteva nascere. Disse che doveva ucciderlo in
qualche modo, nel mondo non poteva nascere; era una sciagura. La presi
in braccio e la portai a casa sua; la vidi piangere tutta la notte,
mentre io ero seduto su quel divanetto. Dopodiché non la rividi per molto tempo
>> disse serio.
<<
Ero io? >> urlò la ragazza, presa da un attacco di furia.
Si sentì bruciare dentro, sentì il cuore spezzarsi in mille pezzi.
<<
Partorì due mesi dopo, era una bambina. Lei doveva ucciderla, ma non
ci riuscì; allora la fasciò e la portò fuori dal castello. Ricordo
ancora che mi chiese di portarla con me, mi chiese di portare la bimba
lontano, in un paese sperduto, in cui nessuno le avrebbe mai e poi mai
fatto del male. Io ubbidii. Lasciammo la bimba a una balia, donna di
mia conoscenza, che l’allevasse e che la istruisse. Visse per
diciassette anni al sicuro da tutto e da tutti, ma al suo diciottesimo
compleanno i suoi poteri si manifesteranno per quelli che sono. Oramai
l’ora è giunta e lei deve tornare da dove è venuta >>
spiegò serio.
<<
Che cosa sono? Che cosa sei te? Sei un mago, uno stregone, una fata?
>> disse lei frettolosamente, mangiandosi le parole.
<<
No Erin, molto peggio >>.
<<
Che cosa? >> urlò lei.
Il
terreno vibrò sotto la forza della ragazza, si guardò intorno,
spaventata di quello che aveva appena fatto.
<<
Mia madre era Lilith? >> chiese lei, più convincendo se
stessa che altro. Si mise le mani tra i capelli rossastri e gemette.
<<
No >> rispose, sorridendo.
Aaron
si alzò e prese un rametto di legno dall’albero, per giocarci.
<<
Perciò io sono un… u-n… >>.
Si
bloccò, Erin non riusciva nemmeno a dirlo. Era troppo spaventata.
<<
Un demone >> finì lui.
Il
cuore della ragazza gelò, nel vero senso della parola. Lei non poteva
esserlo. Non ci credeva, e non ci voleva credere.
****
SPAZIO
AUTRICE
Ciao a tutti,
allora scusatemi per il ritardo, inanzitutto.
Allora finalmente le idee sono più chiare, abbastanza diciamo.
E' stata molto dura per me scrivere questo capitolo, l'avrò riscritto
almeno venti volte.
Vabbè spero vi piaccia.
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Ci si vede, baci.
Insiemete.
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