Ricordi di noi

di Jess_Stair
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il viaggio ***
Capitolo 2: *** I nostri ricordi ***



Capitolo 1
*** Il viaggio ***


Angolo autrice
Buongiorno/ buonasera a tutti.
Cari lettori, non vi anticipo niente, dico solo che le parole che seguono raccontano fatti realmente accaduti, dalla prima all’ultima.
Spero di non annoiarvi, e se riuscirò a non farlo e voi finirete di leggere la mia breve storia, vi informo che mi farebbe molto piacere se la recensirete, per sapere cosa ne pensate e se avete dei dubbi, che in tal caso mi impegnerò ad estinguere.
Grazie per essere qui, buona lettura!
Jess_Stair
P.S. La storia è divisa in due capitoli, che comunque caricherò lo stesso giorno.
P.P.S. L’immagine mostra il luogo in cui si svolge il secondo capitolo.


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«Mamma, esco un attimo!»
«Dove vai?»
«Da nessuna parte in particolare... Vado a fare un giro...»
«Ok, a dopo, ciao!»
Esco sul marciapiede, togliendomi dalla visuale di mia madre.
Estraggo le cuffie dalla tasca destra dei miei pantaloncini neri, le collego al mio cellulare e attivo la musica, alzo il volume al massimo affinché sia più alta dei miei pensieri: non devo udirli prima di essere arrivata...
Mi incammino di buon passo verso il mare: non posso permettermi di perdere altro tempo, non ce la faccio più...
“Forse aveva ragione...”
“No, non devo”.
Accelero ulteriormente il passo, ma devo distrarmi.
È una bella giornata, nel cielo sta per splendere un caldo sole estivo, ma è ancora troppo presto, deve ancora sorgere; comunque non c’è traccia di nuvole e in giro vi è un religioso silenzio: solo poche persone, ancora in pigiama o dopo aver infilato la vestaglia, si avventurano per le strade con i loro cani.
“Proprio come fa...”
“No, no, non devo.”
Guardo in alto, scruto i palazzi che sembrano accarezzare dolcemente il roseo cielo mattutino, poi lentamente abbasso lo sguardo. Su un terrazzo una donna visibilmente assonnata e spettinata stende i vestiti umidi. Improvvisamente, dietro di lei viene scostata la tenda della portafinestra e la donna viene raggiunta da un cane scodinzolante.
“Ehi! È un Pinscher! Proprio come...”
“Maledizione! Ma perché mi sono fermata a guardare quella stupida?!”
Le lacrime mi salgono agli occhi, riprendo a camminare il più veloce possibile fissandomi i piedi e cercando di produrre un movimento meccanico.
“Uno, due. Uno, due. Uno, due...”
«Ehi, tu!»
Sono andata a sbattere contro una donna. In una strada deserta. Perfetto. Ora sono obbligata a fermarmi nuovamente.
Sollevo molto lentamente la testa: «Mi scusi, sign...»
“Oh, Dio, perché proprio la sua vicina?!”
Mi scosto e corro via, mentre sento la donna imprecare qualcosa.
“Presto, presto, presto, non ho tempo da perdere, basta. Basta. Ti prego.”
Attraverso la strada, poi percorro la passeggiata sul mare e infine giungo alle porte del parco. Passo dall’entrata secondaria, poi comincio a salire. Noto che diverse coppie di anziani sono già sedute sulle panchine: nessuno parla, ma osservano l’orizzonte persi nei propri pensieri...
A volte mi sorprendo di come abbiano più energia dei miei giovani coetanei...
“Infatti, lei non è così. Lei non dimostra la sua età. Lei è diversa. Lei è...”
“Aspetta, manca ancora poco...”
Mi fermo un attimo per osservare il mare dall’alto, stando attenta a non sporgermi troppo dal muretto alla mia destra. L’enorme distesa di acqua salata, in assenza del sole, è ancora grigiastra, e si infrange dolcemente contro gli scogli o giunge lentamente e in modo regolare ad una minuscola spiaggia creando una candida e leggera spuma; in lontananza è solcata da diverse barche; sul bagnasciuga alcuni bambini stanno giocando con i propri amici, si rincorrono o costruiscono castelli di sabbia, che il mare leviga poco a poco.
“Io non ho tutto questo, vi ho rinunciato tempo fa...”
Mi volto con forza e proseguo la strada, attirando l’attenzione di alcune signore che mi guardano con gli occhi spalancati.
Passo sotto una specie di galleria creata dai rami di alcuni alberi, poi scendo senza prestare attenzione al luogo in cui sono giunta: ci penserò dopo.
Supero un ponticello che si eleva esattamente nel punto in cui il fiume del mio paese si congiunge al mare, poi mi tolgo i sandali neri e affondo i piedi nell’umida sabbia della spiaggia.
Dopo qualche passo devo attraversare un breve tratto di acqua gelida per arrivare ad una serie di rocce: essa, a contatto con la mia pelle, mi fa trasalire, ma continuo imperterrita; mi arrampico, fino ad arrivare, finalmente, ad una piattaforma circolare rialzata che sembra un minuscolo promontorio.
Mi sfilo le cuffie dalle orecchie e spengo il cellulare.
Sono sola. Sono libera.

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Capitolo 2
*** I nostri ricordi ***


“Dunque, questo mi sembrava il posto più adatto: un po’ più avanti è morta mia zia. Aveva quindici anni. Si chiamava Maria, proprio come te. Inoltre il simbolo di questa spiaggia è la tartaruga. Tartaruga. Come tu chiamavi tuo figlio.â€

Mi fermo un istante e inspiro a fondo la brezza mattutina, facendomi cullare dal suono delle onde che si infrangono sotto di me.
Mi siedo sul bordo, i piedi penzoloni, la spuma a pochi metri.
Chiudo gli occhi.

“Ripenso a te, da quando ci siamo conosciute.â€

«Ragazzi, sta arrivando! Sedetevi!»
Entra molto rapidamente una signora di 55-60 anni, ma sembra una ragazzina. È molto bassa, molto più di me che ne ho dieci, ma comunque con le gambe lunghe in sua proporzione, ed eccessivamente magra, sembra quasi anoressica; ha i capelli più belli che io abbia mai visto: sono moltissimi, ricci e di un rosso brillante, un fermaglio ne blocca alcuni; gli occhi, enormi e anch’essi molto belli, sono truccatissimi. È interamente vestita di nero, lo stesso colore dei suoi numerosissimi gioielli.
Si volta energicamente verso di noi sorridendo, e la cascata di capelli le ricade morbidamente sulle spalle.

“Poi cominciò l’inferno: tu, severissima, arrabbiata con il mondo, una cattiveria primordiale, pretendevi tanto, tantissimo, a detta di alcuni anche troppo: spesso ti odiavano; ma tu non guardavi in faccia a nessuno, dritta ai tuoi obiettivi, senza badare alla sofferenza di alcuno.
E poi i miei sentimenti che cominciarono a mutare, tu cominciasti ad essere gentile solo con me.
E mi chiedo ancora adesso se abbia fatto bene ad affezionarmi a te, ma forse l’unico errore è stato quello di averlo fatto in modo eccessivo.â€

«Non pensate di andarvene senza mettere a posto la classe, capito?!»
Guardo l’orologio: 12:53:46… Manca ancora un po’ più di un minuto al suono della campanella: la aiuterò io, come al solito del resto, anche perché sono l’unica ad aver già finito di riempire lo zaino.
Mentre i miei compagni riordinano le loro cose, io raccolgo un pennarello e mi dirigo alla cattedra.
Mi imbatto in lei, e prima che io possa fare qualsiasi cosa lei mi dice che posso darglielo: ci penserà lei a metterlo a posto.
Sto per ringraziarla, quando, passandole il pennarello, le nostre mani si sfiorano, per la prima volta.
Tutto intorno a noi si ferma, poi svanisce, la guardo negli occhi e lei guarda nei miei.
Non vedo più niente, solo lei; non sento più niente, solo il contatto delle nostre mani.
All’improvviso suona la campanella, che ci scuote, ed entrambe torniamo alla realtà.
Lei arrossisce. «Ehm... Ok, grazie», mormora, si volta e si allontana velocemente.
«Grazie...», sussurro io, osservandomi la mano.
“È talmente fredda che non sembra neanche viva...â€

“Non mi era mai successo con nessuno, e anche questo mi colpì così tanto.
Andammo avanti così, con episodi strani e a volte inquietanti, passò un anno, e così arrivò l’ultima ora dell’ultimo giorno di seconda media: quella maledetta ora. Ci dissi che te ne saresti andata... Tutti piangevano, persino i maschi: io ero l’unica a non farlo; soffrivo talmente tanto che non ne avevo la forza, mi girava solamente la testa...â€

«Ascolta, se riesci a non piangere, ti prometto che l’anno prossimo ci sarò. Promesso?», mi disse spalancando i suoi begli occhi e chinando la testa da un lato.
«P-promesso...», balbettai inerme.
«Dai, dammi il cinque!»
Fu bello quanto triste. Io, ovviamente, non piansi, anche se dovetti ricorrere a tutte le mie forze.
Poi, appena uscita da scuola, cominciai a piangere e continuai per diverse ore, per poi non mangiare per due giorni.
“Non voglio perderla...â€

“Tu mantenesti la promessa, in seguito venni a sapere che l’avevi fatto per me. Poi arrivò Natale, il nostro primo abbraccio...â€

«Ok, abbiamo messo il biglietto nella cassetta della posta, ora andiamocene!», mi dice preoccupata la mia compagna di classe.
«Sì... Aspetta un attimo...», rispondo io. Osservo il condominio in cui abita.
“Lei vive lì. Chissà com’è casa sua. Sarà sicuramente bellissima, come lei...â€
Improvvisamente il portone si apre, e ne esce lei.
«Oh mio Dio! Guarda cosa hai combinato! Io scappo!», urla la mia compagna.
«Non fare la stupida, o ti sentirà! Resta qui, inventeremo una scusa.»
Lei si avvicina e ci saluta, un po’ sorpresa, e io le dico che stavamo aspettando una nostra amica. Lei sembra crederci, parliamo un po’ e poi ci augura buone feste, infine abbraccia la mia compagna.
Reprimo un sorriso divertito: lei ha questo vizio, l’ho vista diverse volte abbracciare sue amiche, chissà perché.
“Io non ho mai abbracciato nessuno, la mia migliore amica si fa a malapena toccare...â€
Lei si volta, io le sorrido e mi chino ad abbracciarla.
“Oh mio Dio, oh mio Dio, oh mio Dio!â€
Lei si stacca, ci saluta e si allontana.
«A-arrivederi», balbetto io, rimasta pietrificata.
«Ma è...morbidissima! E profumatissima! Non ci posso credere... Oh mio Dio!»

“Fu allora che decisi definitivamente che non sarei più rimasta senza di te e senza i tuoi abbracci. Inoltre, da quel momento non criticai né tantomeno biasimai più le persone che ti volevano sempre abbracciare.
E poi una serie di altre cose...â€

L’aula magna piena di professori, lei nella fila più vicina alla porta, io che da fuori la vedo. Arriva un professore che mi dice di andarmene, perché è vietato stare lì. Io mi scosto: non mi interessa. La guardo intensamente e sussurro: «Ti prego, ti prego, guardami». Il professore mi raggiunge, sta per mandarmi via con le maniere forti, ma in quel momento si blocca perché lei, l’unica della sala, si volta e mi saluta. Io saluto lei, ci sorridiamo, e continuiamo ad agitare le mani, da lontano: tra noi c’è un grande atrio e una porta chiusa. Ad un certo punto altri professori si voltano a guardare cosa stia succedendo, finché tutti gli insegnanti della scuola mi fissano. Ma non importa, perché lei mi ha visto, mi ha fatto l’occhiolino, e io posso andare: il professore accanto a me guarda prima me poi lei incredulo.
Ma lui non può sapere.

Ho appena finito il saggio di violino, lei non è venuta perché gli strumenti le ricordano suo figlio, ma io so che ha sentito tutto, anche se allora non sapevo ancora che lei fosse al piano inferiore.
Scendo le scale insieme alla mia migliore amica. Ad un certo punto mi blocco e mi volto: non ne comprendo neanche io il motivo. Dopo alcuni istanti la mia migliore amica se ne accorge, mi chiede cosa stia facendo, ma non mi importa, perché davanti a me c’è lei.
«Come è andato il saggio?», mi chiede sorridendo.
«Bene, grazie», rispondo felice, più che lei sia lì che per il fatto che il saggio sia andato bene.
«In gamba! Ci vediamo domani», mi dice facendomi l’occhiolino, poi si volta e si allontana.
«A domani...», sussurro io, incamminandomi verso l’uscita. «A domani»
La mia migliore amica non mi parla, ma io non la considero.

“Poi cominciarono i messaggi: io te li inviavo quando non venivi a scuola ed ero preoccupata che non stessi bene. E sembrava che tu mi rispondessi volentieri.
Infine, l’ultima cosa che mi cambiò, quella che mi diede la forza di decidere definitivamente.â€

Sono andata a vedere il voto dell’esame insieme alla mia migliore amica: 10 e lode.
Entro, perché lo devo fare. Incontro la mia professoressa di violino e parliamo un po’.
Poi arriva lei e io mi blocco. Non so come ma la mia professoressa di violino capisce e mi lascia andare.
Io, finalmente, la abbraccio, poi, quando ci separiamo, restiamo mani nelle mani e lei mi parla. Entrambe abbiamo le lacrime agli occhi. Tutto è perfetto.
Entra la mia migliore amica, la saluta e tutto si interrompe. Dopo un po’ ce ne andiamo, ma io le urlo: «Ci vedremo ancora...promesso!»
Uscendo, non considero la mia migliore amica.

“Il giorno del tuo compleanno, il più bello della mia vita, circa due settimane dopo, ti feci una sorpresa, e stemmo in casa tua per tre ore, solo noi due da sole, per la prima volta.â€

Alla fine dell’estate ero andata a Milano con la mia migliore amica. Quando tornammo in città, io e i miei genitori la accompagnammo in macchina sotto casa. Prima di fermarci la vedemmo.
La mia migliore amica fece cadere il proprio orecchino e mi disse di aiutarla a ritrovarlo. La osservai. Poi mi voltai ad osservare lei, che stava arrivando. Mi rivoltai. Mi alzai e le corsi incontro.
Le parlai per qualche minuto, poi arrivò la mia migliore amica, che interruppe, arrabbiata, il nostro dialogo.

“Fu in quel momento che decisi che non l’avrebbe più fatto.
Il giorno dopo mi recai dalla mia migliore amica per l’ultima volta, e con un lungo discorso le dissi che non intendevo più proseguire la nostra amicizia, anche se continuava ormai da otto anni.
E poi mi recai dalla mia nuova, unica e vera migliore amica, colei che, mi resi conto, mi aveva sempre ascoltato e aiutato, aveva sempre saputo dirmi la cosa giusta.
Da quel momento iniziò la mia nuova vita, a fianco della mia migliore amica, la quale ha quasi mezzo secolo più di me, ma questo non importa, perché lei è giovane dentro, e anche fuori.â€

Respiro profondamente. Penso ai nostri momenti insieme, i più belli e preziosi per me.

“Tu mi ascolti quando non so con chi parlare. Tu mi aiuti quando sono in difficoltà. Tu mi dici la cosa giusta quando non so cosa fare. Tu ci sei sempre, ogni volta che io sono sola.â€

Apro gli occhi e mi alzo.
Il sole sta sorgendo, il cielo è diventato rosato e il mare di un azzurro scintillante ai suoi raggi.
Le lacrime cominciano a scendermi mentre osservo l’orizzonte e il mascara mi cola, ma io non mi asciugo il viso.

“No, non la lascerò, non la lascerò mai. Non importa quanto questa situazione sia difficile e complicata. Niente importa, se ho lei.â€

«Grazie, migliore amica. Grazie, prof.»

 

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